Amore in divenire

di reggina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Caffè ***
Capitolo 2: *** Strega ***
Capitolo 3: *** Ricordo ***
Capitolo 4: *** Camino ***
Capitolo 5: *** Spiaggia ***
Capitolo 6: *** Profumo ***
Capitolo 7: *** Benda ***
Capitolo 8: *** Anello ***
Capitolo 9: *** Bicchiere rotto ***
Capitolo 10: *** Fiori ***
Capitolo 11: *** Caramelle ***
Capitolo 12: *** Halloween ***



Capitolo 1
*** Caffè ***


Nella sua cameretta, Julian conserva gli oggetti più disparati: regali, fotografie, libri che non servono più e altre cose bizzarre come pezzi di vetro colorati e un corn flakes a forma di Illinois.

Ama quelle cianfrusaglie da barbone . Lo aiutano a convincersi che i soldi non servono a nulla.

Come ogni pomeriggio si rifugia in quello spazio tranquillo e si ritaglia un angolo alla scrivania in legno laccato, per studiare.

È in convalescenza, per l’ennesima volta, e la solitudine interiore è una sensazione oscura e persistente che lo segue per tutto il giorno.

In questa fase delicata sente di non appartenere a nulla.

Tuttavia si fa trovare sempre con i capelli pettinati ordinatamente e il viso pulito e fresco quando Amy arriva a portargli i compiti di scuola.

Li fanno insieme. Tutti i pomeriggi.


Amy si muove con esitazione in casa Ross, schivando insidie immaginarie, ma dopo una fugace incursione in cucina sembra una perfetta padrona di casa.

Come un’equilibrista, regge tra le mani un vassoio su cui sono disposti dei biscotti, una zuccheriera, un bricco con il latte e una caraffa di caffè.

“Non c’è niente di meglio di una tazza di caffè per stimolare il cervello!”

Asserisce, con un sorriso così dolce che manda in confusione Julian.

È bellissima e la consapevolezza che, un giorno, qualcuno gliela possa portare via gli provoca una fitta di dolore.

Aspetta che il bruciore diminuisca, si aggiusta i polsini della camicia, poi sposta delicatamente la sedia e prende posto.

È più insicuro del solito, si tormenta un sopracciglio pizzicandolo e non si decide a cominciare. Ad un certo punto sembra pronto: appoggia la punta della penna sul foglio ma, dopo una leggera pressione, si ferma emettendo un sospiro.

“Stai bene?”


Ci pensa l’allarme del suo cronografo da polso a salvarlo o forse a farlo sprofondare ancor di più nell’imbarazzo.

È l’ora di prendere le medicine e, nascondendo un certo disagio, il ragazzo estrae le pillole colorate dai diversi blister sotto gli occhi attenti ma discreti di Amy.

Quando il mix di farmaci è pronto, Julian solleva il bicchiere di plastica verso di lei per proporre un bizzarro brindisi.

“Che ognuno si gusti il suo veleno, insospettabile caffeinomane!”


Sorridere è un modo per esorcizzare i problemi. È un momento in cui entrambi si sentono invincibili, più liberi.

È stato nei giorni più bui di Julian che Amy ha dovuto imparare a divenire sole .

Dopo qualche attimo di un silenzio carico di emozione, sente la pelle vellutata delle mani di lei che quasi sostengono le sue. Si guardano per due interminabili secondi, tanto basta perché lui si perda in quegli occhi da cerbiatto.

“Io voglio soltanto bere con te il primo caffè della giornata, Julian. Mi basta questo.”

E non aggiunge: ma deve essere ogni mattina, per il resto della nostra vita.


***** *****

Questa raccolta è il terzo e conclusivo step del Writober di Fanwriter.it

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Capitolo 2
*** Strega ***


Philip si sente soffocare.

La luce glaciale picchia sui vecchi libri polverosi e su codici decrepiti, che si accumulano sulla superficie in noce, come il sole su una distesa innevata.

Il silenzio può essere tagliato con un coltello.

Sente il ticchettio di una matita su un banco, il frusciare delle pagine che vengono girate nervosamente, la ventola dei portatili con il loro calore assordante.

È quasi un’ora che è in biblioteca ma gli sembrano passati già due lunghi inverni.


Jenny, invece, sembra nel suo elemento naturale.

Comincia a scartabellare voracemente, con la punta dei polpastrelli in una pila di fogli slegati forse in attesa di restauro.

Poi, impugnando la penna come una spada, schiaccia le parole sul suo quaderno degli appunti come vittime di guerra.

Lei adora i libri, la consistenza delle pagine sotto le sue dita, il profumo deciso di inchiostro, passeggiare per gli scaffali a leggere trame per conoscere nuovi autori.

Legge sottovoce, scandendo le parole con le labbra e segue un filo logico che distrae Philip che è costretto a storcere la bocca per deviare uno sbadiglio.

Vorrebbe semplicemente mettere i piedi sulla scrivania invece di starsene lì imbalsamato.


Escono da lì quando l’ombra del tramonto ormai incombe trasformando tutto in oro.

Jenny è soddisfatta di tutto il materiale che è riuscita a racimolare sulla caccia alle streghe di Salem ma quando fissa lo sguardo su Philip ha un’espressione stranissima.

Un adorabile cipiglio che gli fa venire voglia di chinarsi su di lei e accarezzargli la fronte per distendere quel solco corrucciato che l’attraversa.

“Potevi almeno sforzarti di mostrare un po' di coinvolgimento per questi tragici eventi che sto studiando, invece di assumere per un’ora e mezza quella postura da statua egizia sul trono!”

“Per una storia di oltre trecento anni fa? E poi lo sai che io soffro di una sorta di antiamericanismo !”

Philip le sorride in quel modo un po' beffardo che la fa infuriare ma che, allo stesso tempo, la fa impazzire.

Jenny sfila la mano dalla tasca del cappotto e trattiene le dita su quelle del ragazzo per un mezzo secondo più del necessario.

Sapendo di essere stato perdonato, Philip abbassa il viso per baciarla piano, gustandosi il sapore delle sue labbra screpolate e invitanti.

“E se avessi appena baciato una strega?”

Lo provoca divertita.

“Quando una strega è così bella, beh, si chiama fata!”

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Capitolo 3
*** Ricordo ***


Amy custodisce gelosamente album pieni di fotografie di un passato ormai sfocato.

Sente un’emozione forte quando riguarda i momenti insieme, da fidanzatini, dei suoi genitori ventenni. E poi ci sono quelle semplici immagini, incollate su un foglio di carta di riso, che le fanno rivivere in ogni dettaglio gli avvenimenti risalenti all’epoca dello scatto.

Un ricordo limpido.


È seduta insieme a Julian sotto il pergolato di glicine, il cui profumo riesce a rilassarla ogni volta, e si tormenta le dita con lo sguardo abbassato sul bricco pieno di acqua e menta ghiacciata.

“Voglio mostrarti una cosa!”

Ha esordito così mentre gli porgeva l’album e Julian lo prendeva, avido di quel contatto.

Aveva fatto scivolare i polpastrelli sulla copertina rigida, ma allo stesso tempo delicata, e aveva iniziato a sfogliarlo lasciandosi assorbire da quella piccola fetta della vita di Amy di cui lui non aveva fatto parte.


“Guarda un po' qui Holly che capelli a triglia che aveva!”

Commenta divertito additando l’istantanea di un bambino con un pallone sotto il braccio e un sorriso sdentato che fissa l’obiettivo e tiene l’altra mano sulle spalle di una bimbetta con la faccina birbante con le lentiggini, un gran sorriso e le trecce rosse alla Pippi Calzelunghe.

“Ehi perché Oliver Hutton ti stava abbracciando?”

Nota un accenno di durezza nella voce di Julian quando pronuncia il nome di Holly, una leggera increspatura, e non può fare a meno di sorridere compiaciuta perché lui si è appena messo in un fuorigioco d’amore .

È geloso di un ricordo.

“Mah sarà stata scattata quel giorno all’asilo quando, davanti alla classe, mi giurò: quando saremo grandi ti sposerò!”

Lo provoca, lasciandosi sfuggire una bassa risata di gola.

Poi si lascia coinvolgere, entrando in un’altra epoca fatta di mode passate, di luoghi cambiati, di tempi persi per sempre.


Julian continua quell’incredibile viaggio nei ricordi dell’amata scoprendone la somiglianza nel sorriso della madre o negli occhi del padre.

Poi un’altra memoria dell’infanzia di Amy attira la sua attenzione.

La bambina con una morbida fascia tra i capelli rossi e un cappottino violetto di lana, ha un sorriso incerto e ingenuo e gli occhi spalancati a contemplare il fagottino che tiene tra le braccia.

“Questa è stata scattata il giorno in cui abbiamo portato a casa Isa dall’ospedale. Quando è nata era così brutta che ho chiesto ai miei genitori di lasciarla in ospedale…”

Racconta, non certo fiera di non essere stata una buona sorella maggiore all’inizio.

Julian sorride nell’ascoltare quell’aneddoto, facendo fatica ad immaginarsi la Amy dolce come lo zucchero e paziente quasi fino allo stoicismo come una bambina dispettosa.

E, all’improvviso, anche lui si vede teletrasportato in un ricordo doloroso, di quelli che cerchi di nascondere nell’angolo più remoto della memoria per evitare di soffrire.

“Beh allora avresti dovuto mollare anche me in ospedale!”

Cerca di mettere tutta la leggerezza e l’ironia di cui è capace in quella battuta ma il fiato gli si congela in gola.

Amy allunga una mano per prendere la sua e Julian la lascia fare. Lo bacia all’angolo della bocca e risale sulla punta del naso per poi parlare sicura.

“Per me tu sei sempre stato bellissimo, in ogni situazione. Ti ho sempre guardato con gli occhi dell’amore!”

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Capitolo 4
*** Camino ***


Philip ama la neve per la stessa ragione per cui ama il Natale: unisce le persone mentre il tempo si ferma.

Lo mette di buon umore passeggiare per le strade imbiancate di Furano, al punto da sembrare uscite da una cartolina.

Saluta tutti con un sorriso e osserva con indulgenza le coppie che si tengono per mano serpeggiando tra i sentieri sepolti e i bambini che tirano le slitte e si inseguono con le palle di neve.

In fondo cos’è la neve? Un po' di freddo e tanta infanzia.


Prima di uscire per la passeggiata, il ragazzo ha lasciato un buon fuoco acceso affinché, vivo e lucente, fosse un allegro guardiano della casa.

Accovacciarsi davanti al caminetto e riscaldarsi con i ceppi secchi che ardono in una grande fiammata è uno dei piaceri più solidi nell’inverno dell’Hokkaido.

E per stasera pregusta già una romantica serata davanti al camino a base di vin brulè e coccole, mentre fuori il vento gelido taglia l’aria.

C’è un piccolo spicchio di beatitudine nascosta tra le fiamme di un caminetto!


Quando rientra, con le scarpe fradice, i geloni alle dita e il fiato corto, però non ci sono fiamme che sventolano come bandiere ad accoglierlo.

Il camino è spento. Un fumo stagnante e acre si alza dalla grata e gli brucia la gola.


Jenny arriva come un’unica luce in quel mondo grigio, inaspettata come una rosa in inverno.

Bella come una fata dei boschi.

Philip, invece, è sporco. Tutto coperto di nero, le mani imbrattate di cenere e carbone e il viso coperto da fuliggine.

Difronte a quello spettacolo è impossibile rimanere seri!

La risata della ragazza esplode come un sole in quella stanza fredda.

“Sembri lo spazzacamino di Mary Poppins!”

Ridi che ti passa!

Philip si gusta quello scoppio di ilarità, finendo per esserne presto contagiato.

Dispettoso, la attira a sé e con il pollice sudicio le tinge due strisce sulle guance facendola assomigliare ad una guerriera tribale.

Prima che Jenny possa protestare le chiude le labbra con un bacio.

“Lo sai come si dice? Il bacio di uno spazzacamino porta fortuna!”

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Capitolo 5
*** Spiaggia ***


Quella tra Julian e la spiaggia è una storia complicata.

Non ha quasi mai voglia di andare al mare d’estate e, quando vi è costretto, al ritorno ha appena il segno del costume.

Ha problemi a definirsi perché non è né il festaiolo che trascorre le serate tra un cocktail e un ballo sulla sabbia, né lo sportivo con la palla da beach-volley sotto il braccio o che si concede nuotate o immersioni.

Preferisce restare a leggere sotto l’ombrellone anche se gli sembra di buttar via le giornate.


Amy ama il mare e allo stesso tempo ne ha paura.

Per lei non significa soltanto nuotare tra le sue onde (lei è una di quelle persone che starebbero sempre in acqua e che ogni tanto passeggiano sul bagnasciuga), significa anche affidargli i suoi pensieri, confidarsi con lui, osservarlo nella sua infinità.

Quello tra Amy e il mare è un legame forte a cui non può rinunciare.

D’estate la vitalità della spiaggia e gli spruzzi d’acqua di chi gioca tra le onde le danno gioia.

Tuttavia, per riuscire a trascinare Julian con sé, ha accettato un compromesso e ora si trova su una spiaggia deserta e davanti a un mare calmo come una scrittrice in crisi che cerca la giusta ispirazione al mattino presto.


Sembra incredibile che a pochi chilometri da Tokyo, dal centro pulsante del Paese, ci sia spazio per le distese di sabbia bianca e per le acque del Pacifico.

“È fantastico!”

Esclama Amy, felice come una bambina che ha appena ricevuto un enorme lecca-lecca di zucchero colorato.

Julian si mette a ridere a questo suo guizzo d’energia, lei sorride di rimando. Poi la mano del ragazzo si chiude sulla sua e si incamminano insieme verso la spiaggia.

Appena sente il rumore delle onde, ad Amy sembra di tornare bambina con la voglia di correre a riva per sentire sabbia e mare sotto i piedi.

Si spoglia del prendisole e rabbrividisce un attimo in bikini, alla brezza fresca del mattino.

Julian resta impassibile. Le sue mani indugiano sulla t-shirt ed esita un secondo di troppo perché lei non si accorga di cosa lo cruccia.

“Ancora con quel complesso del: la mia cicatrice non è una bellezza da esibire ? I bambini usano le cicatrici come medaglie, gli innamorati come armi da svelare!”

Gli parla con un ardore così inaspettato che il viso le diventa più rosso dei suoi capelli mentre sfila la maglietta a Julian, lasciandolo a torso nudo.

Lui non cerca di nascondere quel solco bianco e verticale che, ormai, sembra far parte del suo corpo da sempre. La addita.

“Non è per questo. E neanche per la sabbia che mi si appiccica addosso, per il sole che mi cuoce la pelle o per l’afa che mi lascia sotto l’ombrellone con due di pressione…”

La ragazza vorrebbe replicare che è proprio per evitargli questi disagi che, quelle rare volte, vanno al mare all’alba o al tramonto ma di tutte le possibili ragioni che Julian potrebbe propinargli, quella che le confessa imbarazzato è la più inaspettata.


“Io non so nuotare, Amy! Non aspettarti da me uno stile rana o uno stile farfalla, tutto al più posso esibirmi in uno stile papera!”

Lei scoppia a ridere. Poi si tira su i capelli ed entra in acqua, nuotando piano, piano e facendo attenzione a non bagnarsi la chioma, stile papera.

Julian la guarda perplesso e poi si sente meravigliosamente bene.

“Allora Donald Duck non vieni a galleggiare insieme a me?”

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Capitolo 6
*** Profumo ***


L’odore dell’aria pungente, dell’ossigeno che passa dal naso ma stordisce il cuore per Philip significa casa.

È un profumo, a malapena percepibile, che cade dal cielo e ricopre il terreno. Un odore che si confonde con le sensazioni e gli aromi dell’inverno.

È profumo di neve.


Forse è per questo che gli eschimesi hanno oltre cento parole per indicare la neve e il ghiaccio!

Lo scricchiolio della neve sotto i suoi passi è l’unico suono che gli piace sentire sulla splendida pista di Furano.

Poi Jenny risale la collina rotonda, come una regina delle nevi, con gli sci ai piedi e strati di vestiti e altri profumi evocativi stuzzicano l’olfatto di Philip: cotone e lana, lo sporco scalciato dalle slitte e dai toboga.

Nella scena ariosa, tra fiocchi bianchi e cielo pallido, si inserisce la bellezza della ragazza, delicata come un sussurro.

C’è però qualcosa di insolito, che stona, nel suo aspetto aggraziato: un paio di paraorecchie in maglia con un vivace e infantile stemma di Micky Mouse.

“Dove hai trovato questo pezzo da museo? Sono anni che mi chiedo che fine avessero fatto e ora scopro che li avevo dati a te!”

Philip schettina verso di lei sfoderando uno di quei sorrisi che, quasi sempre, diventano un bacio.

Lei si sente colpevole e abbassa il viso il tempo necessario per trovare la testa e fargli una confessione sorprendente.

“Te li ho rubati in realtà! Li ho presi nello spogliatoio della Flynet l’inverno prima che partissi per l’America.”

Basta la presa salda del ragazzo sulle sue mani guantate a convincerla a continuare.

“Un intrico di muschio e fiori di mandorlo. Li ho messi nella valigia per poter sentire il tuo profumo anche da lontano!”


Tutto è come allora, eppure ne sono successe di cose!

Philip le accarezza la guancia con il dorso, prima di ritirare la mano con un sorriso, mentre Jenny arrossisce deliziosamente.

Fresca come i lillà, radiosa come una fata stregata.

“Io ho fatto lo stesso annusando il tuo hachimaki, che profumava come un bouquet di fiori. Per anni è stato una poesia silenziosa che mi risollevava nelle giornate malinconiche e nelle notti insonni!”

Per un uomo delle montagne schivo ed essenziale, un metaforico orso polare, è una dichiarazione d’amore in piena regola.


C’è una dolce tranquillità nell’aria e il candido strato di piume ghiacciate lava via i ricordi.

Philip le si avvicina e le soffia teneramente un bacio sulle palpebre socchiuse, sulla pelle aromatizzata di vaniglia che può toccare.

Il bacio dell’angelo .

“Adesso ho il profumo migliore: quello della felicità!”

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Capitolo 7
*** Benda ***


I bambini sono come i colori dell’arcobaleno, come un giardino d’estate.

Non sono fiori da mettere in un vaso.

Amy ama stare a contatto con loro pieni di stupore, a cui basta la fantasia e la voglia di giocare.

È per questo che, nei pomeriggi che non è all’università, è impegnata come baby-sitter part time.

Oggi i piedini delle due bambine calpestano tappeti di foglie secche e scricchiolanti e l’aria si riempie delle loro risate argentine.

Amy si sfila il foulard che porta annodato al collo, alla francese.

“A cosa giochiamo?”

Chiede Maya mentre la ragazza piega a triangolo il fazzoletto di seta, poi lo arrotola e lo fa diventare una benda.

“A un gioco molto bello. Si chiama mosca cieca!”

Lo mette sugli occhi di Kimi, l’altra sorellina, lo lega dietro la testa e poi le fa fare due giri su sé stessa.

“Adesso ci devi cercare, noi stiamo ferme in silenzio. Quando ci trovi, toccandoci il viso, devi indovinare di chi si tratta.”


Le tre stanno ancora giocando, con le braccia tese in avanti, quando la signora Suzuki torna a casa.

È il turno di Amy di rincorrere le bambine.

Poi non tasta la pelle morbida e profumata di bagnoschiuma alla fragola di una delle due fatine con cui stava giocando.

Le sue mani toccano spalle tornite, poi risalgono sul viso sbarbato di fresco.

È avvolta nell’oscurità ma riconoscerebbe il suo profumo ovunque.

“Dea bendata ho una sorpresa per te!”

La risata di Julian è bassa e profonda. Amy la sente così di rado che le entra nel cuore e lo riempie di una melodia che crea dipendenza. Vorrebbe sentirla ancora.

Fa per togliersi la benda dagli occhi ma lui la ferma.

“No. Lo terrai, finché non sarò io a togliertelo!”


È una sorpresa e Julian vuole farla bene.

Lungo il tragitto, mentre lui guida per meno di un quarto d’ora, lei cerca di indovinare le vie che passano finché non ne può più della curiosità.

Finalmente Julian parcheggia, scende dall’auto, fa il giro e la prende per mano.

“Ancora qualche minuto e potrai toglierti la benda!”

Si fida di lui che le spiega per filo e per segno la strada che deve seguire. Le dice dove passare, le segnala gli scalini e le svolte da fare.


Quando, finalmente, il foulard scivola dagli occhi di Amy riconosce il grazioso cottage immerso nella campagna nei dintorni di Tokyo. La famiglia Ross lo usa, nei fine settimana, per sfuggire alla folla della capitale.

La tavola che troneggia al centro del giardino è apparecchiata da sogno, con tanto di candele e fiori di bouganville sparsi sulla tovaglia.

Amy ha gli occhi che brillano e un lieve rossore le colora le guance.

“Che meraviglia!”

“E deve ancora arrivare la parte migliore!”

Un attimo dopo Julian sbuca dalla cucina con uno strofinaccio bianco che gli pende ancora dalla spalla, accarezzandogli i muscoli torniti, e un cappello di carta dalla forma di una meringa gonfia.

Un sorriso soddisfatto sul volto mentre appoggia il piatto di ceramica fumante e invitante sul tavolo.

“Avanti signorina Aoba si faccia sotto! Chef Ross per servirla!”

Lei si mette il tovagliolo sulle gambe, poi incrocia le dita a quelle di Julian.

“Ti amo!”

È tutto perfetto.

E anche se la felicità è un timer, c’è un patto taciuto tra i due innamorati: si godranno ogni attimo del tempo del loro amore, prima che il tempo si porti via loro.

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Capitolo 8
*** Anello ***


È incredibile come cambi il paesaggio di Furano nel corso delle stagioni!

La neve bianchissima, immacolata, che in inverno sembra scendere a valle come un tendaggio in estate lascia il posto a meravigliosi e variopinti campi di lavanda in fiore.

È una serata di festa anche nel giardino dei Fujisawa e il compleanno di Jenny sembra accompagnato da un concerto armonioso di grilli.

Lei è bellissima con i suoi sedici anni, i lineamenti delicati e fini, la pelle morbida, gli occhi castani e vellutati valorizzati da una frangetta alla moda e un accenno di timido sorriso a tutte le attenzioni che stasera sono per lei.

L’abito senza spalline aderisce alla perfezione al suo corpo e la lei hawaiana che Grace le ha messo al collo è un tocco di colore in più alla suo essere giovane e pura.

È la festeggiata, principessa per un giorno, e fa di tutto per dividersi tra famiglia e amici.

Soltanto dopo che la torta di compleanno è stata distribuita tra gli invitati in porzioni generose si accorge che Philip non è più con Peter, Tony e gli altri ragazzi della Flynet.


Lo trova in un angolo nascosto, lontano da ogni sentiero, dove un tempo si accatastavano ramaglie e foglie e che sua madre ha trasformato in un’aiuola fiorita.

Philip è con il naso all’insù, lo sguardo perso nel cielo stellato come se stesse cercando grandi sogni.

“È così interessante la luna stasera?”

La voce che gli soffia all’orecchio è un sussurro di fata. Sorride, la afferra per la vita sottile e l’attira a sé.

“Niente è più bello di te Taiyō , stasera!”

Lei sente le guance prendere colore rapidamente mentre resta in silenzio a fissarlo: anni di lontananza non la aiutano di certo a nascondere le emozioni che prova ogni volta che lui la chiama il suo raggio di sole.

“Perciò avevi bisogno del tuo momento da lupo solitario? Temevi che le paillettes del mio vestito ti abbagliassero?”

A Jenny basta la sua risata, la felicità che butta fuori e che per lei è un po' come una medicina, di quelle che ti fanno sentire bene.

“No, non volevo darti il mio regalo davanti a un pubblico così esigente. Volevo un po' di privacy!”

Intanto estrae dalla tasca dei jeans una scatolina di velluto.


“Guarda che un anello è un regalo impegnativo!”

“È una sciocchezza. Ma quando l’ho visto ho subito pensato a te!”

Nella custodia c’è un cerchietto di metallo, un mood ring a forma di cuore.

Un anello dell’umore.

“La mia vita è stata così buia in questi ultimi anni senza di te, Jenny. Riaverti qui vale lo spettro di tutti i colori visibili e non!”

La ragazza rimira quel cerchietto prezioso , poi lo porge a Philip e si atteggia ad una regina di romanzi medievali, allungando nel vuoto la mano dalle dita affusolate.

“Vuole avere l’onore di mettere questo anello al dito della sua dama, messere Callaghan? Sono proprio curiosa di sapere di che colore è il cuore di una ragazza innamorata!”

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Capitolo 9
*** Bicchiere rotto ***


Tutti i pomeriggi Amy cambia due autobus per arrivare a casa di Julian. È una casa grande, con i suoi volumi imponenti e il salotto dal soffitto alto, con alle pareti dipinti di nature morte e quadri moderni che appartengono alla signora Ross.

Quando arriva, però, la ragazzina si sente spaesata in mezzo a quel mondo nuovo sebbene sia pronta ad accogliere le ondate di solitudine di Julian.


C’è un velo d’ombra sull’esito positivo dell’intervento al cuore da cui il ragazzo si sta riprendendo e la lunga convalescenza lo rende triste e taciturno.

Ad Amy, in passato, è capitato di bruciarsi mentre cercava di cucinare e sa com’è una bruciatura quando guarisce ma le cicatrici di Julian sono più pronunciate di quelle di una bruciatura superficiale. La sua pelle è più morbida, più fragile.

Lei vorrebbe odiarle, invece ne è grata perché sono lì a testimonianza del fatto che sarebbe potuta andare peggio.

Perché lui è lì, seduto sul divano a guardare la televisione: è ancora troppo confuso e debole per aver voglia di dedicarsi ad altro.

È una splendida giornata di sole che rende quella prigionia ancora più triste ma non c’è altro posto in cui Amy vorrebbe stare.


Julian non è tipo da pestare i piedi o gridare la sua frustrazione perciò la ragazzina ci mette qualche secondo a capire che è stato proprio lui a battere con forza un pugno sul bracciolo del divano.

È una reazione di rabbia così inattesa che il vassoio che tiene in mano vacilla e il succo di frutta contenuto in due bicchieri si rovescia a terra.

“Mi dispiace, non volevo spaventarti!”

Ancor prima che Amy possa rendersi conto del piccolo incidente, Julian è chino accanto a lei per aiutarla a raccogliere i cocci.

Le basta lanciare un’occhiata al televisore che rimanda l’immagine di un sorridente Oliver Hutton e di una New Team in festa per capire qual è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso della sopportazione di Julian.

Non è il fatto che gli amici e avversari si siano laureati, ancora una volta campioni. Non è il risultato che invidia il capitano della Mambo ma il non avere la libertà di poter fare ciò che più di qualsiasi altra cosa lo rende felice.

“Non è nulla.”

“Non è giusto!”

La recriminazione sale alle labbra del ragazzo come un urlo troppo forte per poterlo ricacciare in gola.

Con gli altri gli sembra di emettere un grido che non trapassa, come contro il vetro di una finestra, accolto da indifferenza ma con Amy è diverso.


“Mi sento come questo bicchiere rotto. Sono stanco di vedere gli altri divertirsi, lottare per realizzare i propri sogni mentre io sono costretto a star qui a fare il malato!”

È come un vetro rotto in un gioco di specchi dove realtà e desiderio si sfiorano e si confondono.

È sempre difficile consolare un dolore ma la calma serafica di Amy riesce a rilassare anche Julian.

È sufficiente la sua presenza a ricordargli che non è solo.

“Sarai anche rotto all’esterno, tutto ammaccato, ma sei ancora funzionante…anzi indispensabile , Capitano!”

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Capitolo 10
*** Fiori ***


Abbracci e lacrime di gioia. Scene da aeroporto.

Figli che incontrano i genitori, una bambina appena atterrata che riabbraccia la nonna, un cagnolino che festeggia il ritorno del padrone, innamorati che si bacano perché la separazione è conclusa…

Philip è in attesa davanti alla porta scorrevole degli arrivi con un mazzo di fiori tra le braccia che sembrano voler dire: Sono qui per te!


Jenny ama l’aeroporto di Sapporo. Ogni volta che torna sente quel profumo inconfondibile dell’Hokkaido, di quella collina che da settanta primavere diventa rosa, un lungo serpentone di giochi di colore e profumo muschiato.

Si accoda alla fiumana di passeggeri, che scorrono come catene di operai fino al nastro bagagli, poi volge lo sguardo consapevole della presenza di qualcuno che è lì ad attenderla.

Sorride ed è come guardarsi nello specchio migliore del mondo, perché anche Philip sta sorridendo.

Ama i loro incontri in aeroporto, come se fosse questa la vera meta del viaggio: ritrovarsi in un abbraccio ristoratore che vuol dire, nel suo silenzio, Sono tornata !


Philip le allunga il mazzo di fiori, senza battute ad effetto mentre il suo cuore stordito saltella nel petto come un bambino impaziente.

Jenny tuffa il viso al centro del bouquet, comprato al chiosco vicino all’aerodromo, e inspira profondamente. Il suo naso comincia a pizzicare ma si costringe a non starnutire. Mugola sperando che Philip scambi quel verso inarticolato per piacere invece che per disperazione.

Le rose hanno la bellezza di un giardino perduto, la lavanda e il gelsomino addolciscono la composizione nella quale, sfortunatamente, spuntano anche ciuffetti di artemisia e ambrosia. Maledetta allergia!

“Sono fiori stupendi! Chi è il mio ammiratore?”


Ditelo con i fiori, anche a chi soffre di allergia !

In quel momento Philip si dà del cretino per aver accettato il suggerimento di Peter Shake.

Si gratta il mento, imbarazzato, poi solleva sulla ragazza uno sguardo mortificato.

Regalo la regina dei fiori alla regina del mio cuore. È tentato di rispondere con quella frase da biscotti della fortuna.

“La prossima volta è meglio se il tuo ammiratore viene ad accoglierti con una scatola di cioccolatini!”

Sbuffa attraverso le labbra contratte. Jenny scoppia in una fragorosa risata.

“Cioccolatini e fiori sono un binomio intramontabile. Lo sai che solo raramente si è allergici ai fiori?”

Trascinato dall’amore, Philip la abbraccia in modo che possa annusare i suoi capelli, la sua pelle morbida, il suo cuore.

“Le rarità ai rari!” *

**** ****

• Citazione di Friedrich Wilhelm Nietzsche

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Capitolo 11
*** Caramelle ***


Durante il periodo in cui la sua vita dipendeva da pillole di varie forme e colori, sia all’andata che al ritorno da scuola Julian ed Amy passavano davanti ad un negozio di dolci.

Lui indugiava davanti alla piccola vetrina come i due bambini di Somewhere in Dreamland , un cortometraggio animato che trasmettevano, di tanto in tanto, in tv.

Fissava i grandi barattoli di dolciumi di ogni tipo: caramelle alla fragola, stick di liquirizia, lecca-lecca aromatizzati alla frutta…Serrava le labbra e ingoiava a vuoto perché i genitori e i dottori gli avevano proibito quell’eccesso di zuccheri.


Questo pomeriggio è seduto sulla panchina del campo di allenamento della Mambo, sulle ginocchia un taccuino e tra le dita una penna stilografica.

Invece di scribacchiare schemi di gioco e tattiche difensive, è distratto dalle nuvole che sembrano montagne di zucchero filato.

Amy gli si avvicina, e con quel suo particolare modo di fare, con la testa leggermente inclinata ed esibendo il suo più bel sorriso, lo guarda dal basso in alto con aria rassicurante. Alza il braccio e con la mano aperta accarezza con affetto la parte alta di quello di Julian, immediatamente sotto la spalla.

“Tutto bene?”

Il classico saluto affettuoso sentito migliaia di volte.


Non è stato facile. Ci sono stati momenti difficili, apparentemente invalicabili come muri di cemento che lo hanno fatto sentire impotente, ma è durata solo un attimo.

Quei muri Julian è riuscito a sgretolarli, granello di polvere dopo granello di polvere.

Grazie alla sua testardaggine, alla sua rabbia, alla sua volontà.

Grazie ad Amy .

“Tutto bene. Allora ce le hai?”

Chiede in tono cospiratorio. Lei sbuffa ed è così carina che il ragazzo sorride di rimando.

Ha le tasche rigonfie e ne estrae involucri colorati come una vecchia nonna.

“Mi sento complice del tuo reato. Anzi peggio, la tua pusher di caramelle!”


La risata piena e spontanea di Julian riempie l’aria che sa di zucchero.

“Quando si ama qualcuno si soffre insieme a lui!”

Scarta una pallina colorata e la lascia sciogliere in bocca per pochi, splendidi, minuti.

“A volte penso che l’unica cosa che amo di più del fatto di essere guarito dalla mia malattia è il fatto che posso mangiare le caramelle quando e quante voglio!”

Poi cogliendo di sorpresa Amy, la bacia. La sua bocca sa di fragola e miele.

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Capitolo 12
*** Halloween ***


Il pomeriggio del trentun ottobre le case di Furano sono serrate contro il vento freddo e un pallido sole illumina la città.

Quando il giorno svanisce all’improvviso, tutto sembra tagliato in un morbido velluto nero, dorato e arancione.

Mentre raggiunge la casa di Jenny a piedi nel suo costume da samurai, così scomodo e goffo che il suo unico pensiero è di mantenere l’equilibrio, Philip ha paura di trovare sgradite sorprese ad ogni angolo di strada.

Avrà l’intera serata per assistere ad una parata di costumi spaventosi, lanterne intagliate, caramelle e giochi nel party da paura organizzato dalla Flynet.


Vincendo la sua avversione, il ragazzo si ritrova a sorridere pensando ai compagni di squadra trasformati in fantasmi, mostri e zombie.

Un Peter versione Dracula con finti denti da vampiro o una Grace versione Mirtilla Malcontenta , un fantasma piagnucolone con gli occhiali rotondi, sono delle immagini così assurde ma fedeli ai suoi cari amici che scoppia a ridere e ridimensiona il suo malcontento per essere costretto a trascorrere la serata insieme a bambini urlanti e persone orrendamente truccate.

Poi la sua attenzione è calamitata dalla zucca grossa e tonda che fa bella mostra nel giardino dei Fujisawa: ha vissuto lì per tutta l’estate mentre cresceva sul viticcio e ora ha due occhi, un sorriso sdentato e un viso che risplende.

Non è quello però a far rabbrividire Philip.

Bizet, il gatto nero di Jenny, inarca la schiena e arruffa il pelo nel famoso atteggiamento di difesa felina. Si mette di lato allo scopo di sembrare più grosso e spaventare il nuovo arrivato.

“Ci mancava anche il gatto di Halloween !”

Sospira e cerca di ingraziarsi il felino allungando una mano per fargli una carezza. Per tutta risposta il micio soffia e lo graffia.


Uno scalpiccio leggero di passi, un tremolare di luci e Jenny compare facendogli morire in gola qualsiasi imprecazione.

È bellissima nel suo costume da strega nero e viola. Un look che non intacca minimamente la dolcezza dei suoi lineamenti.

“Che peccato che tu non ti sia travestita da diavoletta sexy o da gattina maliziosa…Avresti reso più facile la discesa nella pancia del diavolo!”

Jenny gli si butta tra le braccia ridendo. Un accento familiare, una melodia dolce, un varco alla felicità.

“Phil lo so che odi Halloween!”

“Non capisco perché dobbiamo essere succubi dell’America. Se loro festeggiano Halloween anche noi dobbiamo festeggiare le zucche…”

Quel tono polemico ma bonario è uno dei difetti che l’hanno fatta innamorare di Philip.

“Beh goditi i sorrisi e la gioia di stare insieme a tutti i tuoi amici in questa serata misteriosa e traboccante di sorprese. E la polpa di cui sono è stata svuotata quelle povera zucca sta cuocendo in forno. Perché domani non vieni a pranzo da me?”

I lunghi capelli della ragazza si muovono al vento e prima che possa aprire di nuovo bocca, anche solo per riprendere fiato, Philip china il capo e la bacia.

Un bacio lungo e appassionato. Occhi chiusi e mani di lui intrecciate dietro la sua nuca.

“Ora sono pronto. Andiamo a fare insieme dolcetto o scherzetto?”

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