Sonata al chiaro di luna

di Unforgiven_Ice_Girl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A lezione ***
Capitolo 2: *** Questo amore infinito ***
Capitolo 3: *** Qualcosa che brucia ancora ***
Capitolo 4: *** Una ragazza sbagliata ***



Capitolo 1
*** A lezione ***


Accartoccio il foglio e lo butto nel primo cestino che trovo. Mi guardo intorno per assicurarmi che nessuno mi stia guardando, come se gli altri potessero sapere cosa ci ho scritto. Non possono saperlo, proprio come io non posso sapere a cosa sta pensando la ragazza a pochi passi da me. Sorride e si sistema i lunghi capelli castani dietro l’orecchio. La sua mano è delicata, le unghie lunghe e rosse. Sono un’eterna romantica e penso che stia aspettando qualcuno, ma in realtà non posso saperlo. Non posso neanche sapere cosa sta scrivendo il ragazzo seduto su quella panchina. Sbatte furiosamente le dita sullo schermo del telefono, espressione seria e quasi arrabbiata. Per lo stesso motivo di prima penso che ce l’abbia con la sua ragazza, si sarà innervosito per qualche valida ragione. Ma ancora una volta, non mi è permesso saperlo. In un attimo mi trovo a pensare a loro due: la ragazza con i capelli lunghi e il ragazzo nervoso. Magari se si conoscessero potrebbero andare d’accordo. Lei ha un sorriso così rassicurante che scioglierebbe il cipiglio di quel ragazzo. Ma è impossibile che si conoscano: lui è troppo furioso per calmarsi ma troppo debole per rinunciare a quella tipa che lo fa arrabbiare anche a distanza, mentre lei è troppo su di giri per un ragazzo che si presenterà in ritardo al loro appuntamento. Non andrà. Per un buffo scherzo del destino, non potrà mai funzionare. Passeggio da sola, a volte guardandomi i piedi, altre alzando la testa. Non guardo quasi mai di fronte a me. Sono solita crearmi interi romanzi mentre cammino, e gli altri mi distrarrebbero soltanto. In realtà non creo nessun romanzo, le mie idee dentro la testa sono troppo in disordine e impiegherei troppa energia per riordinarle. Sta arrivando la primavera e si sente in nell’aria fresca e malinconica che mi accarezza il viso come non fa più nessuno da tempo ormai. Eppure a volte mi capita di incontrare e conoscere qualcuno. Ma finché non hai quello che desideri ti sembra sempre di non avere abbastanza. Ed ecco quello che desidero: riprovare certe sensazioni del passato, come quella volta che mi sono innamorata. Precisiamo, non voglio innamorarmi di nuovo, parlo solo delle emozioni di quel periodo. Che dire, erano belle, autentiche. Poi qualcuno mi ha rovinata e non sono più riuscita a sentirmi in quel modo. Sentivo… sento una bolla di malinconia intorno a me, che non mi abbandona nemmeno quando mi diverto. Rido e i muscoli del mio viso si sforzano e mi danno fastidio, come quando fai movimento dopo troppo tempo di fermo. Lavoro mattina e pomeriggio, esco con il ragazzo che mi piace e che mi sono tanto impegnata a conquistare. Ma allo stesso tempo i miei lavori sono al di sotto delle mie possibilità, e quel ragazzo mi piace, ma non riesco a riprovare quelle sensazioni di cui parlavo. Veramente sono convinta che non riuscirò mai più a riprovarle e che tutto questo è il massimo che possa fare. I miei pensieri rallentano. Suono il campanello e mi trascino dentro l’appartamento. “Un lavoro al di sotto delle mie possibilità”, mi ripeto. Ma oramai ci sono affezionata e mi dispiacerebbe lasciarli da soli o in balìa di un’altra tata, sicuramente non attenta e premurosa come me. Ho scoperto che non sono così egoista come pensavo. Sono cresciuta in una bella famiglia, c’erano problemi ma non era un disastro come tante altre. Ma la cosa che più mi tocca è che a casa litigavo sempre con mio fratello per l’ultimo pezzo di torta. Ed ora mi ritrovo a preparare il pranzo per dei bambini che fino a qualche mese fa erano dei perfetti sconosciuti e a lasciar loro l’ultimo pezzo di carne, naturalmente quello di torta, fare il tifo per loro alle gare sportive, partecipare ai saggi di pianoforte senza lasciarmi scappare nemmeno uno sbadiglio. Mi affaccio alla finestra e guardo una zona ben precisa. E’ lì che tra un po’ dovrò andare ad accompagnare Jack a lezione di musica. I tetti coprono l’edificio, eppure con un po’ di fantasia riesco a vederlo bene. Sento quasi le dita dei piccoli pianisti poggiarsi sui tasti. Ogni tanto suonano la nota sbagliata, eppure per me sono tutti così bravi. Io non sono di certo così esigente come il loro insegnante con la puzza sotto al naso. A volte vorrei chiedere a Jack come fa a sopportare quella persona così presuntuosa. Una volta però ho sognato che chiedevo ai genitori di Jack e Rob come potessero dare dei soldi a quell’essere per delle stupide lezioni di pianoforte… ma devo tacere, perché è stato proprio quell’essere così spregevole a trovarmi questo lavoro, senza il quale non sarei più riuscita a pagare l’affitto della mia stanza e sarei dovuta tornare a casa dai miei, fuori Dublino. Jack saltella verso la porta e suona il campanello. Io mi preparo a mostrare il mio cipiglio e il mio sguardo pieno di rancore, e per un attimo sento che riesco a farlo. Si apre la porta e Jack corre dentro, sembra felice. Lo seguo a passi lenti e silenziosi e lo raggiungo nella stanza. Il grande pianista è lì, saluta affettuosamente Jack e lo invita a sedersi. Io e Jack ci salutiamo con un sorriso complice, come facciamo sempre e sono pronta ad andare via. Pronta, almeno finché non incrocio il suo sguardo, e sento i muscoli del mio viso rilassarsi improvvisamente. “Ciao Cassie.” Mi saluta gentilmente. “Mentre Jack si prepara alla lezione, ti accompagno fuori.” Chiude la porta e mi prende i fianchi. “Mi sei mancata.” Sussurra. Poi mi prende il viso tra le mani… e mi bacia. Uno dei suoi soliti baci impazienti, forti e quasi tossici per me. Le sue mani sono calde e morbide, almeno finché non sento la durezza dell’oro della sua fede che quasi mi pietrifica, come sempre. “Ci vediamo dopo.” Sussurra di nuovo, ed esco silenziosamente a testa bassa. Mi guardo intorno e c’è qualche passante ignaro. Come possono essere tutti così stupidi da non capire che razza di persona sono? Ma scaccio subito questo pensiero e riprendo a camminare per la mia strada.

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Capitolo 2
*** Questo amore infinito ***


È sempre così: ogni volta che lo vedo mi fa sentire felice e questa felicità dura addirittura per qualche giorno. A farla svanire è solo il tempo, o a volte qualche sua uscita infelice, come ad esempio quando mi dice che i miei capelli non sono proprio il massimo o che non mi sono depilata alla perfezione.
Ma ora non voglio pensarci, ora il suo amore riempie tutto il mio spirito e mi sento appagata. Prima mi ha anche detto che oggi sono particolarmente bella e ha addirittura notato che di recente ho perso qualche kg. Quando sono lontana da lui non faccio che pensare a quanto sia arrogante e presuntuoso e mi chiedo come mai io non mi decida a porre fine a tutto questo e a smetterla di sopportare proprio tutto. Ma poi ogni volta che mi chiede di vederci io non riesco a rinunciare a lui. Ho anche provato a fare una lista dei suoi “pro” e dei “contro”. Era venuta fuori una cosa del genere:
PRO: ha una bella voce, suona il pianoforte, guadagna tanti soldi, ha una bella macchina nuova e nera fiammante…
CONTRO: con la sua bella voce dice cose orribili per le mie orecchie, non fa che rinfacciarmi che lavora per la metà delle mie ore di lavoro e guadagna il doppio di me, con i suoi soldi non mi ha MAI fatto un regalo, mi mortifica almeno una volta ogni due giorni, mi dà per scontata, mi fa sentire inferiore a sua moglie…
Mentre riscrivo la lista per quella che credo sia la decima volta in tutta la mia vita mi blocco. Con la penna calco forte sulla parola “moglie”, fino a strappare il foglio. A questo punto lo accartoccio e lo butto. Ripenso a quella volta che mi disse che l’avrebbe sposata… quella volta avrei voluto che i suoi vicini di casa mi avessero vista piangere, perché chi non si preoccuperebbe di una ragazza in lacrime? Mi avrebbero chiesto quale fosse stato il problema e finalmente avrei detto tutto a qualcuno. Ma non incontrai nessuno, solo il tabaccaio più tardi, con cui cercai di nascondere le mie lacrime… e ci riuscii, perché non pensava fossi maggiorenne e la cosa mi fece sorridere. Fumai tre sigarette di seguito fino a farmi girare la testa. Non gli scrissi nemmeno quanto fosse stato stronzo. Lui probabilmente se ne stava infischiando di me, quando io avrei voluto prendere a mazzate il suo amato e costoso pianoforte a coda.
Neanche quella volta, che fu la più terribile di tutte, trovai il coraggio di rovinargli la vita andando al negozio della futura sposa e presentarmi in qualità di amante del suo presumibilmente fedele compagno. Piuttosto che rovinare l’esistenza e il matrimonio a uno stronzo o a una ragazza ignara di tutto decisi di rovinarmi dentro. Credo di non averlo mai superato.
Mi avrà minacciata un milione di volte dicendomi che non ci saremmo più visti, eppure ogni volta non era vero. L’ultima volta è stato qualche giorno fa: mi ha detto che con i miei nuovi orari di lavoro non riusciremo più a vederci. Sul momento mi sono arrabbiata e per consolarmi ho dovuto fare un discorso tra me e me, dove mi dicevo che visti i precedenti era meglio così. Nessuna presa in giro, nessuna paura di gravidanze indesiderate, nessuna rabbia repressa… finalmente avrei potuto vivere a pieno la mia relazione con il mio nuovo quasi ragazzo (lui dice che non stiamo insieme, che ci frequentiamo e basta). Mento a me stessa. So benissimo che questa storia del cazzo non finirà mai.

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Capitolo 3
*** Qualcosa che brucia ancora ***


A volte guardo la gente che mi circonda e vorrei far saper loro che la mia vita è un po’ come una soap opera, magari una di quelle con la voce narrante in sottofondo.
La prima puntata inizierebbe con una scena di me che cammino un po’ malinconica lungo un viale, rigorosamente con i tacchi (sì, sarebbe inverosimile, ma per l’appunto è una soap opera!), vestita bene e con i capelli ordinati; la voce narrante direbbe qualcosa del tipo: “Cassie è una donna che ha superato da poco i 30, con una vita all’apparenza perfetta, ma con la costante sensazione che manchi qualcosa.”
Mi capita di soffermarmi a pensare, perché nonostante i miei due lavori mi ritrovo spesso sola con me stessa e la mia mente vaga tantissimo; basta un luogo, un odore, un evento a ricordarmi qualcosa successo in passato. Soffro molto di nostalgia per tutto ciò che è legato al mio passato, spesso penso che avrei dovuto fare scelte diverse, ma come potevo saperlo tempo fa?
Qualche giorno fa navigavo su LinkedIn e ho ritrovato diversi compagni dell’università, tutti che hanno fatto carriera magari in un lavoro inerente al loro percorso di studi. Io mi sono accontentata di quello che ho trovato qualche anno fa e ad oggi… beh, avrei voluto non accontentarmi. Ma oramai non posso cambiare le cose, almeno finché non ne avrò l’opportunità.
Un altro social che danneggia in modo profondo la mia autostima è ovviamente Facebook. Vedere amici d’infanzia sposati o comunque sistemati… beh, fa male. Naturalmente sono contenta per loro, ma  inevitabilmente faccio il paragone con la mia vita. Sentimentalmente che cos’ho? Una relazione con un bravo ragazzo, eppure c’è qualcosa che mi brucia e non smette mai. Quel grande amore che mi ha cambiato l’esistenza.
Frequentavo ancora l’università, avevo diversi progetti per il futuro, progetti che ormai ho dimenticato. Ho conosciuto Dave in modo molto casuale, abitava a un isolato dall’università. Ero seduta al tavolino di un bar con una tazza di cioccolata calda e il mio quaderno d’appunti da sistemare. Entrando aveva notato che i miei appunti erano scritti in altre lingue, quindi ci mise un secondo a chiedermi se studiassi all’università di lingue lì vicino. Per stabilire un contatto con me, mi disse che quell’effetto che provavo io nel riconoscere il significato di una parola straniera lo provava anche lui quando udiva un suono, perché a quel suono associava una determinata nota musicale: era un pianista.
“Dovrei chiamarti Mozart?” Gli chiesi.
“In realtà Mozart non era un pianista, ma un clavicembalista.” Rispose prontamente. “E comunque io mi chiamo Dave.”
Ci scambiammo i numeri e iniziammo a sentirci e a telefonarci. Ricordo benissimo quel sabato sera che mi scrisse: “Mi sto rendendo conto che per me stai diventando sempre più speciale”.
Tutto molto romantico, tutto meraviglioso, no? Peccato che qualche minuto dopo mi disse che aveva già la ragazza. Credo che quella fu la primissima volta che mi spezzò il cuore, la prima di una lunga serie. Eppure questo non mi impedì di incontrarlo qualche giorno dopo in un parcheggio buio e appartato. Mi capita ancora di passarci davanti qualche volta, spesso mi fermo a fumare una sigaretta lì. Si dice che fumando una sigaretta si voglia compensare il bisogno e il desiderio di un bacio. Per me è proprio così, mi aggrappo ancora al ricordo di quel bacio, non un bacio qualunque. Quel primo bacio proibito.

 

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Capitolo 4
*** Una ragazza sbagliata ***


Il rumore della mia tazzina di caffè che cade sul pavimento (naturalmente piena di caffè) mi fa sobbalzare e mi sveglia dai miei pensieri.
Perché mi ostino a bere caffè se non mi dà l’energia di cui ho bisogno? Non ho bisogno di caffè… ho bisogno di dormire, di non lavorare, di avere un po’ di tempo per fare la pulizia del viso o truccarmi.
Mi chino a raccogliere i cocci dal pavimento con attenzione, cercando di non ferirmi… sono troppo stanca e sbadata… non credo di resistere per altre 3 ore come baby sitter e poi impartire un’altra lezione di tedesco.
Non faccio che pensare, tutto il giorno, alla mia vita… ho superato i 30, sono laureata, e cosa faccio? Mi sveglio alle 5.30 per andare a svolgere un lavoro che odio, la barista… passo la mattinata a trattenermi dal rovesciare in testa ai clienti arroganti il loro cappuccino bollente, chiedendomi chi odi di più… gli arroganti o i depravati che ci provano con me. Finito il mio turno, me ne torno a casa a mangiare. Di solito mi riporto dal bar un tramezzino o un sandwich, quando ho parecchia fame un’insalata ben condita, ma non mangio assolutamente in quel posto. A casa mangio velocemente, perché dopo un po’ devo ripartire per andare a fare la baby sitter. Già questo lavoro è un po’ più gradevole, ma ovviamente non ho un contratto né questo grande stipendio. Ripensandoci… al mattino lavoro il doppio delle ore scritte nel contratto e la paga è sempre abbastanza misera. Ok, ritratto ciò che ho pensato. Dopo aver lavorato come baby sitter, a volte faccio quello per cui ho studiato, e cioè impartisco lezioni di lingue straniere, come il tedesco e il francese. Poi torno a casa, a volte ceno con un tè caldo e mi metto a dormire. Questa è la mia vita… lavoro come una pazza per poter pagare un affitto (fortunatamente condiviso con una coinquilina) e per cos’altro?
“Sono a casa!” grida la mia coinquilina, Abby. Almeno su una cosa sono stata fortunata… ho una coinquilina modello. Io stessa lo sono… non sono mai a casa, e quando ci sono… dormo!
“Eccoti! Io ho appena fatto cadere il mio caffè… sono troppo stanca oggi!” rispondo come se fossi la tristezza fatta persona.
“Sei sbadata… per caso ti ha richiamato lo stronzo? Ti fa sempre questo effetto quando ti chiama.” Abby sa tutto di Dave, e mi ha sempre vietato tassativamente di invitarlo nel nostro appartamento. Dice sempre che se ne accorgerebbe se mai lui entrasse, e in effetti credo che abbia ragione. Per questo non l’ho mai fatto venire da me.
“No, non mi chiama da giorni. Meglio così, sono troppo giù per starlo a sentire.”
“Se ha problemi con la moglie, che andasse pure da uno psicoterapeuta. O almeno fatti pagare, visto che non ti decidi a bloccarlo!” Abby mi consiglia di bloccarlo da una vita. Ma come faccio a spiegarle che semplicemente non ci riesco?
“Non è una mossa astuta bloccarlo… rischio di vederlo ogni volta che accompagno Jack a lezione di musica!”
“Così almeno capirebbe che non ti deve più rompere. Hai anche un ragazzo, secondo te quanto ci metterà a chiamarti mentre sei con Colin?”
“In quelle occasioni lo blocco.”
“Sì, e dovresti tenerlo bloccato. Tesoro… arriverà una sera che sbadatamente ti dimenticherai di bloccarlo, sua moglie sarà fuori con le sue amiche idiote e lui avrà voglia di una psicologa… ti chiamerà e Colin ti chiederà spiegazioni. Ti consiglio di cominciare a pensare a qualche scusa, perché questo ti assicuro che succederà!”
Dentro di me so bene che ha ragione da vendere… e ho pensato tante volte anch’io a quello che mi sta dicendo lei… ma è così difficile troncare tutto.
“Hey…” continua Abby “ma non devi andare al lavoro?”
Guardo l’orologio e in effetti è tardi.
“Oh sì, ma ho fatto quel casino con il caffè…”
“Ci penso io, tu vai! E ricordati che abbiamo la festa stasera!”
“Uh, vero!” afferro la borsa. “Sarò a casa per le 19 stasera. A dopo!”
 
“Che ne dici?” chiedo ad Abby.
Indosso un semplice vestito nero, un tubino con la gonna corta. E naturalmente scarpe con il tacco nere. Capelli raccolti in uno chignon.
“Sei uno schianto! Vorrei che ti potesse vedere Mozart! Piuttosto, a che ora passa a prenderci Colin? Io sono ancora in alto mare! E fortuna che ho avuto il pomeriggio libero…”
“Sarà qui tra quindici minuti, però è puntualissimo… dobbiamo essere pronte! Dai, ti aiuto io con il trucco!”
“Cassie…”
“Dimmi, Abby”
“Se Colin volesse rimanere a dormire… per me va bene! Io mi chiuderò in camera mia e farò finta di non sentire né sapere niente!”
Sorrido. “Sai, a volte gliel’ho proposto… ma ha sempre declinato l’invito.”
“Oh… beh, allora… se volesse trattenersi un po’ di più prima di andare a casa sua a dormire, il discorso non cambia, mi barricherò in camera!”
“Grazie, sei un tesoro… ma vedi, ancora non siamo arrivati a quel punto… e da come parla penso che ci vorrà ancora un altro po’.”
“Ma non ci sarebbe niente di male… vi frequentate da mesi ormai!”
“E non siamo mai andati oltre il bacio… non me lo ricordare! Sai bene che non dipende da me!”
“Ma deve sbrigarsi! In questo modo ti porta a cercare altrove. Poi ci credo che corri dietro a quel pianista da quattro soldi! In quanto tale, sicuramente ci sa fare con le dita!”
Scoppiamo a ridere e continuiamo a spettegolare, fino a quando Colin non arriva sotto casa. It’s party time!
 
“Più che un compleanno sembrerebbe un pre-pensionamento.” dice Abby sorseggiando il suo cocktail “Però l’alcol è delizioso!”
“Mi ricordi chi sarebbe il festeggiato?” chiede Colin con la sua birra in mano.
“Un mio collega di lavoro. Mi ha detto di portare chi volevo, e io non potevo affrontare questa noia da sola.”
Mi guardo intorno e mi sento già girare tutto intorno. Reggere l’alcol non è uno dei miei pregi. In queste situazioni divento anche abbastanza paranoica, perché ho sempre paura di incontrare qualcuno che conosco… e tutti sembrano somigliare a Dave!
“Tutto bene?” mi chiede Colin.
Ah, dimenticavo. Da ubriaca mi eccito molto facilmente.
“Sì… stavo pensando a una cosa.”
“E a cosa?”
Mi avvicino ancora di più a lui, lo abbraccio e inizio a baciarlo sul collo.
“Cassie, ma che fai? Davanti a tutti poi…”
“In privato non me lo fai fare…”
Si stacca da me e mi lancia un’occhiataccia. “Forse dovresti darci un taglio con quei bicchieri.”
Mi allontano nervosa, ma non posso neanche andare a fumare perché lui farebbe storie. Ma che palle!
“Ma che succede?” nel frattempo mi ha raggiunta Abby, che probabilmente ha visto tutto.
“Mi ha rifiutata. Non è una novità.”
“Ascolta… la festa è una noia, tu sei splendida! Che ne dici se andiamo a casa e cerchi di recuperare la serata con Colin? Magari se rimanete da soli va meglio… ok? Io mi chiudo in camera, promesso!”
 
“Sono esausta!” Abby toglie le scarpe e mi fa l’occhiolino. “Lo so che è ancora presto e domani non si lavora, ma sono stanca e ubriaca e me ne vado a dormire. Grazie per il passaggio, Colin! Notte a tutti e due, fate i bravi!”
In un attimo si è dissolta nella sua camera, io invece ho già in mente qualcosa.
“Ah, Colin… ti devo ridare il tuo cappello, l’avevi lasciato da me l’altra sera… seguimi.”
Entriamo nella mia camera, cerco il suo cappello e mi avvicino per metterglielo in testa.
“Ti piace il mio vestito?” gli chiedo restando attaccata a lui.
“Stai molto bene.”
“Grazie.” Avvicino le labbra alle sue, sento che non ha intenzione di spostarsi e lo bacio. Lui ricambia e andiamo avanti per un po’. Indietreggio per raggiungere il letto, mi lascio cadere trascinandolo sopra di me. Lascio scivolare la mia mano sulla cerniera dei pantaloni e sento che è molto eccitato.
“No, aspetta…” mi sussurra.
“Dimmi.” Rispondo.
“Ma che fretta hai?”
“Voglio solo stare un po’ insieme a te. Non ti va?” chiedo baciandolo.
“Sì, anch’io. Ma senza fretta. Anzi, ora si è fatto anche tardi.” Cerca di ricomporsi.
“Colin… qual è il problema? Sono io? Non fai che rifiutarmi!”
“No… tu mi piaci, davvero. Ma ci sarà tempo anche per questo. Dai, ora vado. Grazie per il cappello.”
Mi dà un bacio a stampo e se ne va. Io rimango totalmente immobile, senza dire una parola.
Abby apre la porta della sua stanza. “Ti prego, dimmi che è sceso a prendere i preservativi in macchina!”
Continuo a non dire una parola. Un secondo dopo scoppio in lacrime. Quale uomo rifiuta una donna che è intenzionata a saltargli addosso? Dove ho sbagliato?

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