EPISODIO 4 - Il Futuro del Guerriero Giallo di HikariMoon (/viewuser.php?uid=119941)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
CAPITOLO
1
I passi si allontanarono. Un attimo di
silenzio, e poi una porta si chiuse.
Magisa emise un sospiro di sollievo e
si alzò dal letto il più silenziosamente
possibile. Il materasso cigolò appena.
Quella notte, non era l’unica che non riusciva a dormire.
Nelle scure ore di veglia, non aveva
chiuso occhio da quando ognuno di loro si era ritirato nella propria
stanza,
aveva sentito più volte porte aprirsi e ovattati rumori di
passi. Ogni volta
raggiungevano la stessa porta, per poi tornare da dove erano venuti.
E la Maga non faticava a comprendere
come dovessero sentirsi i Maestri della Luce. Era così
facile credere che, con
le primi luci del giorno, Dan sarebbe svanito con esse.
Si avvicinò alla porta e si
fermò ad
ascoltare. Si fermò soprattutto per trovare il coraggio di
uscire. Temeva di
sapere già quale sarebbe stato il responso di M.A.I.A.
Nell’aria si sentiva solo il ronzio
dei sistemi ancora attivi, evenienza necessaria per una fuga inattesa.
Una porta si aprì di nuovo. Magisa
ritrasse bruscamente la mano dalla maniglia.
Rumori di passi. Silenzio.
Una seconda porta si schiuse. Bisbigli.
“È ancora
lì?”
“Sì.”
“Temevo di essere l’unica
così paranoica.”
Un abbozzo di risata.
“Proviamo a dormire tutti e due, che
dici?”
Di nuovo silenzio, passi, e le porte
di Mai e Hideto tornarono a chiudersi.
Magisa prese un respiro e aprì la
porta. Il corridoio davanti a lei era avvolto nelle tenebre, appena
rischiarate
dalle sottili file di luci vicino al pavimento. Un tenue chiarore
bluastro che
rendeva raggiungere la scala ancora più difficile.
Fece i primi passi e tutto sembrò, per
quanto potesse esserlo, più facile. Ignorare la
realtà non sarebbe servito a
niente, non avrebbe cambiato nulla. E doveva sapere in quanto tempo gli
effetti
avrebbero cominciato a farsi vedere.
Posò il
piede sul primo gradino.
La
luce verde acido dello scanner di
M.A.I.A. superò la sua testa per poi dissolversi. Sullo
schermo si susseguirono
stringhe con un ritmo più veloce di quanto Magisa riuscisse
a seguirle. Il suo
sguardo scivolò verso le vetrate, oltre le quali il
sottobosco del Regno di
Smeraldo sembrava assumere le forme più contorte. Era
difficile vedere il
chiarore della notte dal punto in cui si erano nascosti. Fuori era un
mondo sconosciuto,
minaccioso.
“Scan
eseguito.”
La
Maga trasalì e si obbligò a
voltarsi verso l’AI. Sullo schermo erano apparsi di nuovo i
suoi occhi di pixel
e, nonostante la stanza fosse quasi totalmente avvolta nella penombra,
riusciva
a scorgere un vago rimprovero in essi.
“I
parametri hanno subito un ulteriore peggioramento. La soglia
critica-”
“Elimina
ogni informazione dal
database.” Magisa si posò pesantemente sullo
schienale del divano.
“Maga
Magisa-”
La granroriana chiuse gli occhi,
sofferente, sforzandosi di far uscire quelle parole. “Ho
detto elimina ogni
cosa.”
M.A.I.A.
non protestò oltre. Sul suo
schermo gli occhi scomparvero e una nuova sequela di valori ne prese il
posto,
accompagnati da un indicatore che in pochi istanti raggiunse il cento
per
cento.
“Eliminazione
completata. Ultima informazione contenuta risale a
–”
“Grazie, M.A.I.A.”
Magisa si lasciò scivolare a terra, le
gambe non più in grado di reggere il suo peso, il peso dei
sensi di colpa. Il
pavimento era freddo sotto le sue ginocchia. Posò la fronte
contro lo schienale
e sottili rivoli di lacrime le rigarono il volto.
“Riuscirò
a risolverlo, Maestri della Luce. Ve lo prometto.”
Hideto era abituato alle nottate
passate all’addiaccio. Nei suoi viaggi, sulla Terra e nel
futuro, aveva dormito
su sedie e radici, contro pareti di roccia e sedili di moto, con solo
lo zaino
come cuscino. Il suo corpo, volente o nolente, si era adattato ad
addormentarsi
ovunque e il prima possibile. Non si poteva mai sapere chi o cosa
avrebbe
potuto interromperlo.
Hideto quella mattina non riusciva a
smettere di sorridere. E, ne era sicuro, anche Serjou avrebbe condiviso
la sua
ilarità se solo il granroriano non fosse stato
così determinato a mostrarsi
impassibile sempre e comunque. E a verificare lo stato della Limoviole
con M.A.I.A.
Era quasi
tentato di prendere in prestito la macchina fotografica di
Mai, per immortalare la scena e usarla come futura merce di scambio.
Quasi era
però la parola chiave: ci teneva a diventare vecchio con
tutti gli arti e gli
organi più importanti ancora attaccati al corpo.
Mai era rannicchiata in un angolo, uno
dei cuscini del divano stretto a sé e i capelli raccolti
sulla nuca in modo più
disordinato del solito. Il volto era congelato in una continua smorfia,
nel
vano tentativo di trattenere gli sbadigli.
Yuuki, seduto poco distante dalla
ragazza, era stato il primo a servirsi del caffè che, quasi
a ricordare i bei
vecchi tempi, erano riusciti a preparare insieme al tè e a
una raffazzonata
colazione. Nessuno si era intromesso. Avevano imparato da lungo tempo,
sempre
nei bei vecchi tempi in cui in cui tutti e sei aveva convissuto nelle
stesse
quattro mura, che nessuno doveva osare mettersi tra il Guerriero Bianco
e il
suo caffè. Mai, quella volta, era stata costretta a
eliminare la foto.
Kenzo, accanto al Guerriero Blu,
sgranocchiava un biscotto, la testa che ciondolava a ogni boccone. La
sera
prima era riuscito a tenerli svegli con teorie su teorie sulla
dimensione
lasciata da Mai e Dan. Non era passato poi molto che iniziassero le
loro ronde
random per verificare che Dan fosse ancora nella sua stanza.
“Mi sarei aspettata di dormire
meglio”, borbottò Mai strofinandosi gli occhi con
il dorso della mano. “Avrò
dormito mezz’ora al massimo senza svegliarmi di
soprassalto!”
Yuuki si servì una seconda tazza,
alzando un sopracciglio e voltandosi nella direzione del Guerriero Blu.
“Almeno tu eri in stanza da
sola.”
“Come se tu non ti fossi alzato
altrettante volte! Vero, Kenzo?”
L’unica risposta fu un debole russare.
Hideto colpì con la spalla il Guerriero
Verde, che sussultò sgranando gli occhi. Il ragazzo si
rizzò di scatto e si
guardò attorno freneticamente, sistemandosi in fretta e
furia gli occhi
scivolati sulla punta del naso.
“Non sto dormendo! Ho seguito tutta la
lezione! La formula che-”
Il Guerriero Blu scoppiò a ridere.
“Rilassati, Kenzo. Siamo sulla Limoviole.”
“Limoviole. Gran
RoRo”, ripeté
Kenzo sbattendo le palpebre. “Grazie ai cieli, nessun esame a
sorpresa sugli
onigiri.”
Mai, Hideto e Yuuki si scambiarono
un’occhiata. E non riuscirono a trattenere le risate. Kenzo
li ignorò,
sorridendo assonnato e riprendendo a mangiare il suo biscotto.
“No, sul serio”, riprese Mai
infilando
in bocca un pezzo di dolce. L’ultimo della dispensa.
“Ero davvero convinta che
se avessi chiuso gli occhi, avrei scoperto che fosse tutto un
sogno.”
Tutti i ragazzi annuirono
solennemente. Poi la Guerriera Viola sospirò e
stiracchiò la schiena con una
smorfia.
“E speravo che ormai i dolori fossero
passati. Ho i muscoli a pezzi.”
“Ci siamo lanciati da una
finestra”, commentò
Yuuki nascondendo un ghigno dietro la propria tazza.
Hideto, ridacchiando, versò il
tè
nella propria tazza per poi alzarla verso il centro del tavolino.
“Alle nostre vite assurde!”
Uno dopo l’altro fecero tintinnare le
proprie tazze. “Kanpai!”
“Buongiorno a tutti!”
I quattro gelarono. Kenzo si voltò con
la tazza posata contro le labbra, Mai e Yuuki con le loro ancora
sollevate in
aria. Hideto tossì, spargendo goccioline di tè
tutto attorno. Dan si fermò a
pochi passi dal divanetto, abbassando lentamente la mano, il sorriso
che veniva
sostituito da un’espressione confusa.
“Non volevo spaventarvi.”
Per un lungo e terribile istante, i
quattro seduti incrociarono i propri sguardi, sorpresi, confusi.
Terrorizzati.
Tornarono a voltarsi verso Dan, sfoggiando sul volto il miglior sorriso
che
riuscirono a imbastire.
“Biscotto?”
Kenzo biascicò la domanda, allungando
il braccio verso il Guerriero Rosso. Hideto gli assestò una
gomitata sul
fianco. Il Guerriero Verde trasalì, sbatté gli
occhi e ingoiò il quarto di
biscotto che aveva ancora tra le dita. E ne agguantò un
altro tornando a
porgerlo verso di lui.
“Bifcotto?”
Yuuki strinse la base del naso tra le
dita.
“Volentieri.”
Dan afferrò l’offerta e si
sistemò
sull’altro divano libero. Gli altri si sforzarono di non
guardarlo, mentre
mangiava e si serviva una tazza di tè. Ma era davvero
più forte di loro.
Qualcosa dentro di loro aveva bisogno di quella continua conferma. La
conferma
che Dan non sarebbe svanito davanti a loro in un lampo di luce.
“Sono sporco sulla faccia?”
I quattro Maestri della Luce quasi
sobbalzarono, solo Yuuki riuscì a mantenere un po’
di contegno. Mai,
adocchiando nervosamente la tazza che aveva posato pochi minuti prima,
allungò
le dita per stringere una ciocca di capelli. E si ricordò di
averli tutti
raccolti sulla testa. Abbassò lentamente la mano.
“Hai dormito bene?”
farfugliò,
pentendosene subito.
Dan, però, sorrise e scrollò
le
spalle. “Credo bene. Non ho molti riferimenti, ma mi sento
riposato. Non che
abbia fatto granché finché ero nel
cristallo!”
E ridacchiò. I Maestri della Luce non
riuscirono proprio a unirsi alla sua risata. Hideto tornò a
versarsi una
seconda tazza di tè.
“Niente incubi? Strane
sensazioni?”
Il Guerriero Rosso incrociò lo sguardo
di Hideto, inghiottì e scosse la testa. “No,
niente di particolare.”
E calò il silenzio. Mai, Hideto e
Kenzo continuavano a scambiarsi veloci occhiate, sempre più
nervose. Yuuki
riprese a bere dalla sua tazza. Neppure sotto la minaccia dei nemici
sarebbero
stati in grado di fare così tanto silenzio.
Ed era opprimente.
E sempre più pesante.
Neppure Dan provò a intavolare un
qualsiasi discorso.
Si riusciva a sentire il fruscio degli
alberi e il lontano ronzio degli insetti.
E rumore di passi sulla scaletta
metallica. Magisa emerse dal ponte inferiore e si fermò
immediatamente, colta
alla sprovvista dall’alquanto inatteso mutismo. Aileen
apparve dietro di lei,
sfregandosi gli occhi e finendo contro la schiena della Maga.
“Ouch!”
Strofinandosi il naso, superò Magisa e
si diresse verso il divano.
“Perché siete tutti
così mattinieri?”
Le ultime sillabe si allungarono in uno sbadiglio, anche mentre
occupavano uno degli
spazi ancora liberi sui divani.
Magisa la seguì più
lentamente, con un
sorriso mesto e uno sguardo comprensivo sul volto, che si
posò su ognuno dei
Maestri della Luce.
“Sono felice siate già tutti
qui,”
furono le sue prime parole sedendosi a fianco di Aileen.
“Decidere in fretta le
nostre prossime mosse è di vitale importanza. La foresta non
potrà proteggerci all’infinito.”
Yuuki appoggiò la propria tazza sul
tavolo e si posò contro lo schienale del divano. Anche dagli
altri la tensione
sembrò scivolare lentamente via dal corpo.
“Penso che il nostro obbiettivo
primario sia quello di provare a incontrare il Maestro della Luce che
Aileen ha
percepito.”
“E i Rush!”
La granroriana
proruppe con il boccone in bocca. Poi deglutì.
“Dobbiamo anche decidere quale
sarà la strategia che useremo.”
La titubanza svanì dagli occhi dei
Maestri della Luce che si voltarono confusi verso le granroriane.
“Rush?”
Anche Dan aveva aggrottato la fronte,
quasi stesse cercando di capire se lui avesse dovuto avere
quell’informazione. Le
due granroriane li guardarono come se si stessero chiedendo quanto
fossero
ancora addormentati, o se stessero cercando di far loro uno scherzo.
Infine,
Magisa si sbatté un palmo sulla fronte e scoppiò
a ridere.
“Ottant’anni fa non
c’erano!”
Fu il turno di Aileen di sgranare gli
occhi. “Oh, cavolo è vero!”
Mai nascose la bocca dietro una mano,
faticando a trattenere un sorriso, e scosse la testa. Hideto si
coprì il viso con
le mani. Kenzo sbuffò.
“Scopriamo una cosa nuova ogni
giorno!”
“Ehi! Sono decenni che viviamo con
quelle carte,” replicò Aileen. “Non
potete aspettarvi che ricordiamo ogni
singolo dettaglio!”
Magisa si rimise in piedi, attirando
l’attenzione su di sé.
“Breve riassunto. Fin da subito i
sostenitori dell’Imperatore erano in possesso di carte mai
viste prima a Gran
RoRo. Le Charge, in grado di fornire un enorme
potere attinto da un
singolo simbolo, e le Rush il cui potere derivava
dalle combo tra
simboli diversi.”
La Maga passò tra i divani,
cominciando a camminare avanti e indietro.
“A un certo punto un gruppo di ribelli
è riuscito a rubare un carico di nuove carte. Erano tutte Charge.
Da
quel momento, i Governatori e i migliori tra i granroriani e le
granroriane al
loro servizio si sono specializzati nei Rush.”
La granroriana tornò a voltarsi verso
di loro, le mani sui fianchi e un enorme sorriso sul volto.
“Questo è il
sunto.”
Un diverso tipo di silenzio riempì la Limoviole.
Mai, Hideto, Yuuki e Kenzo si esibirono inconsciamente in quattro
versioni
diverse dell’espressione in egual misura rassegnata ed
esasperata, con tanto di
sopraccigli alzati e braccia incrociate.
Magisa allargò le braccia, sorridendo
imbarazzata. Aileen sembrò farsi il più piccola
possibile sul divano.
Il Guerriero Blu iniziò a tamburellare
sul divano. “Ci mancava solo questo. Come se non fossero
già avvantaggiati.”
“Ma come hanno fatto a creare delle
carte? E senza il Nucleo Progenitore!” Kenzo quasi
sussurrò, un tono
affascinato, lo stesso dopo il quale tante volte gli amici lo avevano
visto
gettarsi a capofitto in una nuova ricerca. Ore e ore dedicate ad
esplorare il
nuovo concetto, la nuova teoria.
“So dell’esistenza di un antico
incantesimo in grado di plasmare l’energia del Nucleo, la
stessa che fluisce
nei mondi, e darle la forma di carte. Ma avevo sempre creduto fosse
andato
perduto nelle ere.”
La risposta di Magisa non servì a
soddisfare la curiosità di Kenzo, che si voltò
con maggior interesse verso la Maga,
gli occhi quasi luccicanti. Mancava un attimo alla sequela di domande
che lui
avrebbe potuto fare. Normalmente, nessuno dei Maestri della Luce
avrebbe avuto
qualcosa in contrario.
Ma era il tempo che loro non avevano.
“Dobbiamo recuperare i Brave.”
Mai
si impose, bloccando sul nascere le domande sulle labbra di Kenzo.
“È il nostro
asso nella manica.”
Il Guerriero Verde la guardò con gli
occhi sgranati. “Vuoi andare nel futuro?”
“Mai, tu sei un genio!” Hideto
si
mostrò subito entusiasta della proposta. “Non
avranno la minima idea di che
cosa gli ha colpiti!”
Era una trovata inaspettata, ma era una
trovata che aveva un suo perché, e anche Kenzo, dopo
l’iniziale sorpresa, ne
vedeva tutti i meriti. Carte che a Gran RoRo non esistevano e che nel
futuro potevano
ottenere senza troppi problemi. Per una volta, era un piano che poteva
solo che
funzionare.
“Sono d’accordo anche
io!”
“E a proposito di carte,” Mai
si alzò
in piedi e affiancò Dan. “Queste sono
tue.”
Tra le mani della ragazza c’erano Siegwurm, Possente Dragone Imperatore
del Tuono e Siegwurm-Nova,
Drago-Supernova. Il Guerriero Rosso le
prese lentamente, sotto gli sguardi esterrefatti degli altri Maestri
della
Luce.
“Mie?”
Mai si strofinò le braccia,
distogliendo lo sguardo e facendo di tutto per non incrociare quello
del
ragazzo.
“Le avevi lasciate indietro prima di
andare nel futuro. Io le ho recuperate in un secondo momento.”
“Sicura di non volerle tenere
tu?”
A quella semplice domanda, Mai sospirò
e annuì con decisione, incrociando solo allora i suoi occhi.
Occhi che erano
allo stesso tempo quelli di un tempo, familiari, ma anche completamente
sconosciuti.
“È giusto che le abbia tu.
L’ho sempre
considerato un prestito.”
Dan fissò le carte, sfiorandone
delicatamente la superficie. Sentiva qualcosa, un legame, una spinta
verso
quelle carte, la stessa per lui ancora inspiegabile
familiarità che aveva
provato per Gran RoRo. Per i Maestri della Luce, nonostante la tensione
e l’incertezza
che percepiva in loro in sua presenza. In un certo senso, la stessa
difficoltà che
provava lui. Ma come comportarsi con coloro che per il momento poteva
chiamare
amici solo per istinto? Con coloro di cui conosceva solo il nome e il
loro
ruolo a Gran RoRo?
Dan sentiva lo sguardo di Mai sulla
sua testa, l’inquietudine dell’attesa della sua
scelta.
Non ricordava quella carte, ma non
poteva dire no a quel tenue filo che sapeva legarlo a esse.
“Ok.”
Kenzo agitò le braccia, riuscendo
efficacemente ad attirare l’attenzione su di sé.
“Torniamo al discorso centrale. Non
credo che andremo tutti nel futuro, quindi dobbiamo fare in modo che si
possa
prendere carte anche per quelli che restano.”
Hideto annuì sovrappensiero.
“Mi
sembra sensato. Allora-”
“Non è dove è
rimasto il precedente
Guerriero Giallo? Pensate che possa tornare lui?”
La domanda di Aileen, così innocua,
zittì il Guerriero Blu e con lui anche gli altri due che
erano andati nel
futuro. Yuuki sospirò e si volto verso di loro.
“Quante possibilità ci sono
che Clarky
esca da quel varco con voi?”
Mai, di nuova seduta sul divano, Hideto
e Kenzo si guardarono negli occhi. Poi, la ragazza si voltò
il Guerriero Bianco
con un sorriso triste.
“Poche, a meno di non farlo sentire in
colpa. Ma non mi perdonerei mai di averlo fatto.”
Kenzo iniziò a mordersi
l’unghia del
pollice. Hideto afferrò la propria tazza. “Si
merita di continuare a vivere la
sua vita.”
Yuuki conosceva bene quanto successo
nel futuro, gli avevano raccontato tante volte la decisione del
Guerriero
Giallo, i legami che aveva stretto lì. Non si era aspettato
una risposta
diversa, ma sapeva quanto fosse difficile, a volte, venire a patti con
una
certa realtà.
“Allora non possiamo ignorare la
presenza dell’altro Maestro della Luce. Io andrò
sulla Terra a cercarlo, voi
andrete a recuperare i Brave nel futuro.”
Hideto incrociò il suo sguardo,
ghignando. “Sicuro di non voler venire anche tu?”
“Qualcuno deve andare sulla Terra. Voi
avete più motivi di rivedere i vostri amici. E se davvero
pensate che Clarky
possa non tornare, dobbiamo aumentare le possibilità che i
Maestri della Luce
siano riuniti.”
Magisa annuì, puntando il dito verso
di lui. “Yuuki ha ragione. I Maestri della Luce devono essere
sei, uniti. Solo
così possiamo avere qualche speranza.”
Mai si rivolse alla più giovane
granroriana. “Aileen, tu pensi di riuscire ad aprire due
portali in così breve
tempo?”
La granroriana alzò le spalle,
afferrando
un biscotto, e strizzò l’occhio.
“Dopo il portale per quella
dimensione, aprire un varco per la Terra, qualunque sia la sua epoca,
sarà il
minore dei miei problemi.”
“Potremmo decidere un tempo massimo di
permanenza,” propose Kenzo con entusiasmo.
“Sincronizzare i timer sui nostri
cellulari, così che tu sappia quando riaprirli.”
Senza troppe sorprese, Mai, Hideto e
Kenzo espressero il desiderio di andare nel futuro. Il Guerriero Blu,
conoscendo già a memoria le carte di Yuuki, come quelle di
tutti gli altri
Maestri della Luce del resto, diede un’occhiata al mazzo di
Aileen. La
granroriana glielo permise senza troppi problemi, con la sola
condizione di
ricordarsi che in quegli anni era stato complicato venire in possesso
di carte
a Gran RoRo. Hideto promise di non fare troppi commenti.
Magisa espanse la descrizione delle
varianti che Charge e Rush
potevano avere, assicurando che ci
sarebbero stati posti in cui avrebbero potuto recuperarne alcune per
loro.
Dan, per tutto il tempo, si tenne in
disparte, contento di poter osservare quelli che un tempo erano i suoi
amici
comportarsi finalmente con spontaneità. Niente
affiorò dalla sua mente, ma
poteva almeno sperare che pian piano sarebbe potuto rientrare con
naturalezza
nelle loro interazioni.
Forse, fu per quello che venne colto
alla sprovvista dal venire direttamente interpellato.
“E tu Dan? Vuoi venire anche tu nel
futuro?”
Il Guerriero Rosso fissò a uno a uno i
Maestri della Luce, quasi sorpresi di avergli fatto una simile offerta,
ma nei
cui occhi vedeva anche una tenue speranza. Lui non aveva idea se
sarebbe stato
sufficiente. Rivedere Gran RoRo non lo era stato, rivedere loro, gli
amici di
un tempo, non lo era stato, rivedere le sue carte non lo era stato. Ma
il
futuro era dove tutto era cambiato, dove si era sacrificato.
E lui voleva ricordare.
E voleva credere che tornare dove
tutto era iniziato sarebbe stato sufficiente.
“Perché no? È
l’ultimo posto in cui sono
stato. Magari mi aiuterà a far riaffiorare i
ricordi.”
Mai fu la prima ad alzarsi, seguita a ruota
dagli altri. Avevano poco tempo per gli ultimi preparativi.
“Allora è deciso.”
E lei,
come anche Kenzo e Hideto, sentiva ora irrefrenabile il desiderio di
rivedere
Clarky, di rivedere tutti gli amici che si erano lasciati alle spalle
quattro
anni prima, di rivedere almeno per qualche ora un mondo dove, a
differenza
della loro Terra e di Gran RoRo, almeno alcune cose erano andare per il
verso
giusto.
Il
30 settembre 2651 aveva segnato un evento epocale,
modificando in modo indelebile la storia di umani e Mazoku.
Nel
piccolo, aveva per sempre cambiando anche la vita di
Clarky Ray. Anche se, dal suo punto di vista, era un’altra la
data che l’aveva
cambiata per sempre.
Ex-salvatore
di Gran RoRo, ex-Guerriero Giallo, ex-Capitano
attivo della Magnifica Sophia, era diventano con Barone il fondatore
dell’organizzazione che avrebbe vegliato sulla pace creata da
Dan, che
super-partes avrebbe impedito quanto successo a Gran RoRo, quanto
successo in
quei secoli sulla Terra.
Avevano
dato cinque anni della loro vita, difendendola con
unghie e denti, battendosi anima e corpo per quella timida e confusa
pace nata
dal sacrificio di Dan. Si erano aspettati fossero sufficienti e si
erano fatti
da parte.
“Di
questo passo, avremmo avuto meno problemi a restarne i
presidenti.”
Clarky
finì di abbottonarsi la manica della giacca,
nascondendo il sorriso al Mazoku già vestito di tutto punto
che lo aveva
affiancato.
“Almeno
ora non dobbiamo presiedere ogni seduta, solo quelle
più importanti.”
“Non
vedo ancora la differenza.”
Barone
aprì la porta della sala riunione, la stessa che
già
tante volte avevano usato in passato e che ancora usavano quando i
consigli dell’HUMAA,
l’Alleanza tra Umani e Mazoku, non necessitavano di un
ambiente più formale.
A
lato del tavolo centrale, Kazan stava discutendo con
alcuni dei rappresentanti del quadrante dell’Asia Orientale,
umani e Mazoku in
ugual misura, la cui sede centrale era situata proprio nel complesso un
tempo
baluardo dell’umanità.
La
loro entrata non passò inosservata. I discorsi si
interruppero e i presenti rivolsero loro cenni di saluto prima di
andarsi a
sedere al proprio posto. Solo Kazan e le due Presidentesse in carica,
di cui
stava per iniziare la seconda metà del loro mandato,
l’umana Yoon Hae-ryung e
la Mazoku Aarel, si avvicinarono ai due.
La
donna aveva un’espressione grave, le labbra strette in
una linea sottile, ma gli occhi erano vigili e determinati. Arrivata al
loro
fianco, chinò brevemente il capo. “Capitano Ray,
Barone. Vi ringraziamo per essere
qui con così poco preavviso.”
La
Mazoku imitò la collega, l’espressione
impassibile, nonostante
il piumaggio che circondava il suo volto sembrasse fremere.
“Non
potevamo fare altrimenti, dico bene?” Clarky sorrise
per un solo fugace istante. “Cos’è
successo?”
Kazan
si diresse verso il tavolo, seguito a ruota dagli
altri.
“C’è
stato un nuovo attacco, manca ancora la rivendicazione
ma il modus operandi è lo stesso.”
“Come
anche le implicite richieste,” concluse bruscamente la
Mazoku prendendo posto al centro della tavola, al fianco della collega
umana.
Clarky
e Barone si sedettero accanto a loro. Il Mazoku
scorse velocemente il resoconto dell’accaduto, fermandosi un
solo istante di
più nel vedere che, ancora una volta, l’attacco
era stato compiute in una delle
aree che lui aveva attraversato, prima della battaglia finale contro
Dan.
Poi,
socchiuse gli occhi e intrecciò le mani davanti al
viso. “La loro risposta non si farà
attendere.”
Clarky
si posò contro lo schienale, incrociando le braccia.
“Si stanno facendo sempre più audaci, ogni giorno
di più.”
“E
il loro consenso sta aumentando,” aggiunse la
Presidentessa Yoon. “Stanno facendo leva
sull’impossibilità di ricucire in
breve tempo le ferite di secoli, e lo stanno facendo bene.”
Aarel
posò una delle mani sul tavolo e gli artigli quasi
stridettero a contatto con la superficie lucida.
“Stanno
approfittando della nostra situazione, un filo da
cui aspettano solo che cadiamo.”
Un
esile filo su cui si stavano giostrando da anni,
costretti a vedere i loro sforzi resi vani o rallentati dai fanatici
che
invocavano alla supremazia di una sola delle due razze. Erano stati
illusi a
credere che i malumori potessero essere placati in così
pochi anni.
Uno
degli inservienti si avvicinò alle spalle delle due
Presidentesse,
attirando la loro attenzione.
“Siamo
pronti, quando volete.”
Hae-ryung
rizzò la schiena, posando le mani intrecciate sul
tavolo. Aarel annuì solennemente. “Attivate le
comunicazioni.”
Sullo
schermo apparvero le immagini provenienti da tutto il
mondo, i duo di umani e Mazoku di tutti i quadranti, convocati di
fronte
all’emergenza. L’ultimo schermo ad attivarsi fu
quello proveniente dalla città
indipendente di Nova Octo, fondata per concedere un centro nevralgico
alla
popolazione Mazoku, come Tokyo ancora lo rappresentava per gli umani.
Su di
esso apparvero le immagini della Regina Gilfam e
dell’ambasciatore umano Zack.
La
Presidentessa Yoon si schiarì la voce.
“Vi
ringrazio di essere qui. Come saprete, questo vertice
straordinario è stato necessario a causa del nuovo attacco
di Cardinal Sign.”
“Ascendant
non si farà attendere, non permetteranno che un
simile affronto passi inosservato.”
Il
significato delle parole di Aarel era implicito: altra
distruzione, altre morti, altri feriti, altro caos.
A
un suo cenno, i volti dei presidenti vennero sostituiti
dalle immagini in rapida sequenza dell’ultimo attacco
compiuto nei confronti
della comunità Mazoku. Le case distrutte, i feriti, il logo
di Cardinal Sign
impresso sulle macerie, la frase Libertà per
l’umanità su volantini
mezzo anneriti.
Clarky
e Barone incrociarono gli sguardi, leggendovi la
stessa rabbia, la stessa impotenza. A otto anni dalla loro promessa,
molti dei
passi avanti che avevano fatto erano stati nullificati.
E
ferite, che appena cominciavano a rimarginarsi, venivano
aperte di nuovo.
SPAZIO
AUTRICE:
Salve a
tutti! Ben più tardi di quanto avrei voluto, ma finalmente
inizia questo nuovo
episodio. Non è stato (e non lo è ancora) un anno
facile per me, principalmente
emotivamente e mentalmente, ma passo dopo passo sono riuscita a
scrivere questo
episodio (anche se devo ancora sistemare alcuni dei capitoli finali).
Come avrete
potuto notare, ci sono alcuni aspetti del futuro che sono stati
ispirati e
incorporati da quel poco che si è visto nel primo episodio
di Battle Spirits Saga
Brave. Ovviamente, tale episodio e i successivi due non sono canon per
questa
mia storia, ma potrebbe capitare che alcuni elementi vengano riadattati
e
modificati da me. Ad esempio, il gruppo che si batte per la supremazia
umana
sui Mazoku si chiama anche qui Cardinal Sign, ma al 99% sarà
alquanto diverso
da quello di Saga Brave. E anche la situazione dei personaggi
sarà diversa.
Chiarito
ciò, mi auguro che il capitolo (e questo episodio) vi
piaccia quanto è piaciuto
a me scriverlo. Sentitevi liberi di fare qualunque domanda o commento,
io
cercherò di rispondere al meglio.
A presto,
HikariMoon
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
CAPITOLO
2
L’ultimo
grafico apparve sullo
schermo, affiancato da un’infinita tabella di dati. La
dottoressa Stella si
tolse gli occhiali e si strofinò stancamente gli occhi. Era
appena passata metà
mattinata, ma si sentiva già sfinita. Sospirando,
afferrò la tazza di caffè
posata sulla pila di rapporti, ogni giorno sempre più alta,
e ne bevve un
sorso. Il liquido freddo le lasciò un retrogusto fastidioso
e amaro in bocca,
inghiottì e posò la tazza con una smorfia.
Rimise
gli occhiali e si obbligò a
confrontare gli ultimi risultati. In quegli anni diversi centri di
ricerca,
anche grazie all’aiuto dei Mazoku, erano rinati e la mole di
lavoro era
ridistribuita nel network che avevano creato. Ma non era ancora
abbastanza.
Resoconti e rapporti venivano continuamente inviati dalle astronavi
sparse per
il mondo e dai vari osservatori a terra.
Era
un lavoro senza fine, senza
sosta e senza veri risultati: deprimente, in una parola soltanto.
Stella
si pentì di non essersi
portata la bottiglietta di vodka. Almeno il caffè freddo
avrebbe avuto un
sapore meno schifoso.
Arrivò
appena all’ottava colonna. La
sirena dell’allarme rimbombò nel corridoio, a
malapena attutita dalla porta
chiusa. La dottoressa scattò in piedi e la sedia
scivolò via sbattendo contro
gli archivi. Il telefono sulla sua scrivania iniziò a
suonare. Afferrò la
cornetta.
“Dottoressa
Stella,” esordì con
durezza aprendo allo stesso tempo il primo cassetto.
“Incursione, dottoressa.
Nell’ala ovest.”
La
donna trasalì e le sue dita si
strinsero sull’impugnatura della pistola. “La
macchina del tempo.”
“Affermativo. La squadra di difesa si sta
già dirigendo sul luogo.”
“Qualcuno
avverta il comandante.
Mi dirigo là.”
Sbatté
il telefono al suo posto e
corse alla porta. Nel corridoio, scienziati e ricercatori venivano
fatti
allontanare, computer e dati più importanti stretti tra le
braccia. La donna fermò
il primo soldato che incrociò, un giovane Mazoku.
“Una
volta che sono entrata,
isolate l’area.”
Il
Mazoku annuì portando la mano
alla ricetrasmittente e la donna proseguì, il camice che
sbatteva contro le
gambe. Raggiunse le scale di sicurezza e si lanciò
giù da esse saltando due
gradini alla volta. Arrivata al piano di destinazione,
aspettò il clic della
sicura ed entrò nella sala di controllo.
Un
soldato e un tecnico, gli unici
presenti, si voltarono appena.
“Cosa
sta succedendo?”
“È
stato registrato un picco di
energia. Si sta aprendo un varco,” replicò il
tecnico continuando a digitare
sul proprio portatile.
“Potrebbe
essere un errore dei
nostri sistemi?”
“Negativo.
La nostra macchina è
spenta. Ho controllato.”
La
dottoressa Stella affiancò il
soldato e guardò oltre la vetrata. Una dozzina tra umani e
Mazoku era allineata
a una decina di metri dalla colonna della macchina del tempo, le armi
puntate
verso un punto luminoso che si stava espandendo, a pochi passi dal
luogo in cui
il varco si era aperto e chiuso per l’ultima volta ormai
quasi otto anni prima.
Quel
varco non era artificiale.
La
luce emessa crebbe sempre di
più, riflettendosi sulle pareti metalliche della stanza. E
il portale aumentava
e ondeggiava, assumendo istante dopo istante una forma rettangolare. E
finalmente si stabilizzò. Nel ritrovato silenzio, il rumore
delle armi che
venivano puntate contro il portale riecheggiò contro le
pareti metalliche. La
dottoressa Stella strinse le dita attorno al grilletto.
Una
prima sagoma scura apparve nel
varco ed emerse rischiando di inciampare e finire a terra. Una seconda
persona
emerse e lo afferrò per un braccio. La scienziata
sgranò gli occhi. I soldati
puntarono le armi contro di loro.
“Non
un passo!”
I
due ragazzi trasalirono e
arretrarono bruscamente, evidentemente colti alla sprovvista dalle armi
puntate
contro di loro. Una ragazza emerse e si ritrovò a sbattere
contro i due
davanti. Un ultimo ragazzo la seguì e il varco si chiuse.
Tutti e quattro
alzarono le mani.
“Non
siamo nemici!” esclamò con
voce acuta il più basso del gruppo.
La
dottoressa Stella premette con
fin troppa foga il pulsante dell’altoparlante, continuando
sbattere le
palpebre, il cuore che batteva all’impazzata nel suo petto.
Il dispositivo si
attivò gracchiando.
“Dottoressa?”
La
donna ignorò il soldato e si
avvicinò al microfono. “Abbassate le armi.
È un ordine!”
Poi
riprese a correre, lasciando i
due uomini nella stanza e dirigendosi al piano inferiore lungo la scala
di
servizio. Spalancò la porta che sbatté contro il
muro e si fermò a fissare i
quattro arrivati. Il ragazzo dai capelli verdi avanzò con un
enorme sorriso.
“Dottoressa
Stella!”
“Bella
accoglienza,” aggiunse
ridendo il ragazzo dai capelli blu.
“Hyoudo,
che diamine ci fate qui?”
“Dottoressa,
conoscete queste
persone?”, domandò una Mazoku avvicinandosi alla
donna. Gli altri soldati
avevano abbassato le armi, ma tenevano sotto controllo il gruppo pronti
al
minimo segnale di pericolo.
“Sì.
Comunicate il cessato allarme
e avvisate il comandante che sono arrivati i Maestri della
Luce.”
“Sì,
signora.”
La
Mazoku raggiunse gli altri
soldati e parlò velocemente e sottovoce con un altro.
Dopodiché, quest’ultimo
attivò la ricetrasmittente e si avviò insieme
agli altri verso l’uscita. Più di
qualcuno lanciò un rapido sguardo, un vago riconoscimento
riflesso nei loro
occhi, sul gruppo.
La
dottoressa Stella tornò a
prestare attenzione ai Maestri della Luce. E li fissò.
Scosse la testa e li
fissò ancora. Kenzo la affiancò e la
afferrò per un braccio, obbligandola a
piegarsi verso di lui.
“Dan
non ricorda nulla.”
Quelle
parole appena sussurrate
nel suo orecchio furono sufficienti a far riprendere il controllo alla
donna,
che spinse tutte le domande in un angolo della sua mente. Non poteva
permettersi di essere emotiva proprio in quel frangente. Non aveva idea
di come
gli altri avrebbe deciso di affrontare la situazione e, fino a quel
momento,
avrebbe dovuto fare il possibile per non insospettirli inutilmente.
“Non
ci aspettavamo una simile
accoglienza,” riprese Kenzo, l’unico che si era
avvicinato. Lo sguardo del
ragazzo si alternava tra la porta da cui erano usciti i soldati e la
pistola
ancora nella sua mano.
La
dottoressa seguì il suo sguardo
e si accorse dell’arma: non si era neppure resa conto di
averla ancora con sé.
Ghignò e riattivò la sicura.
“Hyorò,
non so voi, ma non siamo
abituati a ricevere inaspettate visite da portali luminosi,”
replicò infilando
la pistola nella tasca del camice. “O nel passato avete
macchine del tempo di
cui non ci avete parlato?”
Il
Guerriero Verde sbuffò, le
guance che si tingevano di rosso, e abbassò lo sguardo.
“Andresti tanto
d’accordo con M.A.I.A.,” borbottò.
“Dottoressa
Stella è un piacere
ricontrarla.”
Mai
si avvicinata porgendo la mano
con un sorriso. Dietro di lei, avanzarono anche Hideto e Dan.
Quest’ultimo
aveva lo sguardo puntato verso l’alto, meraviglia, entusiasmo
e confusione che
trapelavano dal suo volto.
Stella
strinse la mano di Mai. “A
cosa dobbiamo questa visita?”
“Ci
siamo ritrovati una certa
situazione tra le mani.”
“E
pensiamo che i Brave potrebbero
esserci di grande aiuto”, concluse Hideto affiancando Kenzo.
La
scienziata annuì e inconsciamente il suo sguardo si diresse
verso l’ultimo dei
Maestri della Luce. Solo allora anche gli altri si resero conto che il
Guerriero Rosso non era più al loro fianco.
Dan
era già stato nel futuro. Era
una delle poche cose di cui poteva essere sicuro. Come fosse stato il
futuro,
cosa fosse successo lì, quello era tutto un altro discorso.
Nell’attesa che
venisse aperto il varco, aveva provato in tutti i modi a far
riaffiorare i
ricordi. Dopotutto, andare nel futuro doveva pur aver lasciato un
impatto.
Ma
non era servito a niente.
Nella
sua mente c’era solo il
vuoto.
Dan
si era voltato verso Mai,
Hideto e Kenzo, gli unici nel gruppo che avevano condiviso la stessa
esperienza. Erano a pochi passi da lui eppure era come se fossero su un
piano
diverso.
I
tre ridevano e scherzavano,
sprizzavano euforia da tutti i pori. Non vedevano l’ora di
tornare nel futuro,
di rincontrare amici che credevano di aver salutato per sempre. Amici
di cui
lui non ricordava neppure i nomi.
Aveva
cercato di far finta di
niente, ma vedeva la malinconia nei loro sguardi quando si voltavano
verso di
lui. Quando gli avevano detto che il precedente Guerriero Giallo era
rimasto
nel futuro e che lui e tutti gli altri sarebbero stati felici di
rivederlo,
aveva visto il disappunto celato a fatica per la sua mancata reazione.
Aveva
visto le ombre nei loro sguardi, quando gli aveva chiesto come mai
Yuuki non
fosse andato con loro.
E
si era sentito a disagio.
E,
nell’istante in cui il portale
si era aperto e mentre coloro che restavano auguravano buona fortuna,
li aveva
invidiati. Il loro affiatamento, i loro ricordi condivisi. Li aveva
invidiati e
si era sentito solo, messo da parte.
Dan
si era subito sentito in
colpa, perché non era giusto, perché era
irragionevole. Non era colpa loro, se
lui non ricordava più nulla.
Kenzo
fu il primo a svanire nella
porta di luce.
Hideto
lo seguì a ruota.
Mai
inclinò la testa verso di lui.
“Sei pronto?”
Dan
sorrise e annuì, ricacciando
quelle odiose accuse dentro di lui. Ma, nel seguirla, non
poté evitare di
sentire la mancanza di quello che era stato. Un vuoto che lentamente si
insinuava e prendeva forma dentro di lui.
La
luce lo avvolse e Gran RoRo
scomparve alle sue spalle.
“Ehi,
fermale! Non posso
farlo!”
“Andranno
benissimo quelle del
luogo.”
Dan
sentì una fitta e strinse le
palpebre, portando una mano alla tempia. La luce scemò
attorno a lui e inciampò
sull’inatteso pavimento di metallo. Per un soffio
evitò di finire contro Mai.
Alzò
lo sguardo e imitò di scatto
gli altri. C’erano dei soldati, uomini e creature di Gran
RoRo, davanti a loro.
E li tenevano sotto mira.
“Non
siamo nemici!”
Dan
non si era aspettato molto
dall’arrivo nel futuro, ma quello non gli era neppure passato
per la mente.
Neanche gli altri sembravano esserselo aspettato.
“Cosa
abbiamo fatto per cambiare
il futuro?” bisbigliò costernato Hideto.
Il
Guerriero Rosso gelò, temendo
di vedere la sua stessa realizzazione nei loro movimenti, nei loro
sguardi.
Forse era lui la causa di tutti i cambiamenti. Forse era la sua
presenza che
aveva cambiato tutto.
Un
ronzio statico si diffuse
nell’aria.
“Abbassate
le armi. È un ordine.”
Al
comando della donna, tutti i
soldati si rilassarono impercettibilmente e le armi smisero di essere
puntate
contro di loro.
Dan
e gli altri abbassarono le
braccia, visibilmente sollevati.
A
lato, una porta sbatté con
violenza contro il muro e ne uscì una donna in camice bianco
che si fermò, il
busto inclinato e gli occhi sgranati.
Kenzo
avanzò senza esitazione.
“Dottoressa Stella!”
“Tutto
è a posto, visto?
Pessimista!” disse Mai ridendo.
“Bella
accoglienza,” sbuffò il
Guerriero Blu.
“Hyoudo,
che diamine ci fate qui?”
Dan
seguì gli altri, anche se si
fermò un passo più indietro. Conoscevano quella
donna. L’aveva conosciuta anche
lui? Osservò il suo volto, sperando che potesse far
riaffiorare qualcosa, come
le poche parole che avevano riecheggiato nella sua testa attraversando
il
portale.
Una
dei soldati si avvicinò,
scrutandoli dall’alto verso il basso, lo sguardo sospettoso e
la mano posata
sull’arma che aveva a tracolla.
“Sì.
Comunicate il cessato allarme
e avvisate il comandante. Sono arrivati i Maestri della Luce.”
La
granroriana annuì una singola
volta e ritornò con passo spedito verso gli altri soldati.
Dan
lasciò vagare lo sguardo
attorno a lui. Era una specie di hangar, il soffitto alto e le pareti
di lucido
metallo. Avrebbe voluto che gli sapesse dir qualcosa. Si
allontanò dagli altri,
lasciandoli riallacciare i rapporti con la donna. Lui sarebbe stato di
troppo.
Raggiunse
una delle pareti e vi
posò la mano. Continuò a camminare, lasciando
scivolare le dita sulla
superficie fredda. Si fermò una volta tornato
all’area del varco.
In
un certo senso era familiare.
Era
una sensazione indefinita, che
non riusciva a spiegare.
“Benvenuto
nel futuro. La data
di oggi è 30 settembre 2650.”
Aggrottò
la fronte. Il ricordo
svanì nelle ombre della sua mente, tormentandolo con la sua
vaghezza.
Dan
strinse la mano a pugno. Era
inutile. Sospirò e si voltò verso gli altri. Lo
stavano fissando tutti. Non si
era accorto di essersi allontanato per così tanto tempo.
Scacciò i pensieri di
poco prima e avanzò verso di loro ad ampie falcate,
nascondendo ogni
inquietudine dietro un sorriso.
Si
fermò davanti alla dottoressa e
le porse la mano. “Non so se ci siamo già
conosciuti, ma… Bashin Dan.”
La
donna lo fissò e rimase
immobile. Il sorriso di Dan vacillò. L’ansia si
insinuò nel volto degli altri.
Stava
quasi per abbassare la mano,
convinto di aver fatto un qualche errore, quando la donna
allungò la mano e
gliela strinse. La tensione scivolò via da tutti loro.
“Sono
la dottoressa Stella
Aleksàndrovna.”
Dan
sbatté le palpebre, tentando
di ripetere il nome nella sua testa. Cominciò a sudare.
Kenzo
alzò gli occhi al cielo. “E
non hai sentito il suo cognome…”
La
dottoressa rise e allontanò la mano.
“Puoi limitarti a dottoressa Stella.”
Il
Guerriero Rosso annuì, senza neanche provare a nascondere la
sua gratitudine. Stella
era molto più semplice.
Angers
alzò di scatto la testa dal
cuscino. Il telefono vibrò tra le coperte. Tastò
accanto a lei un paio di volte
prima di trovarlo. Lo posizionò sull’orecchia
nello stesso momento in cui
infilò la prima ballerina.
“Loché.”
“Mon ange, ti ho svegliato?”
La
donna afferrò il borsone ai
piedi del letto, scuotendo leggermente la testa per scacciare via le
ultime
tracce di sonno. Un riccio le scivolò sulla guancia.
“L’allarme
ti ha preceduto. La
situazione?”
“Allarme rientrato. Prendi un
respiro.”
Si
lasciò scivolare sul letto.
“Che cos’è successo? Non eri in
riunione?”
“Siamo stati interrotti nel bel mezzo
della relazione.” Clarky
si interruppe, voci concitate in
sottofondo si accavallarono per poi affievolirsi. Doveva essersi
allontanò di
qualche passo dagli altri.
“Si è
aperto un varco nell’area D. Il protocollo di confinamento
è stato interrotto
dalla dottoressa Stella.”
Sgranò
gli occhi. “L’ala della
macchina del tempo?”
Dall’altra
parte del collegamento
le rispose solo il rumore statico. Angers aggrottò la
fronte, stringendo
istintivamente la cinghia del borsone, ancora tra le sue dita.
“Mon nounours?
Clarky?”
L’uomo
sospirò. Quasi lo vedeva mentre si passava una
mano tra i
capelli, camminando avanti e indietro nella sala.
“Sono
tornati,” rispose infine con
una voce carica di emozione. Dubbio. Gioia. Paura? “Mai,
Hideto, Kenzo…”
Seguì
un secondo sospiro, ancora
più pesante del primo. “Dan.”
La
donna inalò bruscamente. Faticò
a non far tremare la voce. “Sei sicuro che-”
“La dottoressa li ha fatti scannerizzare
immediatamente. I DNA coincidono
con il database.”
Angers
sfiorò il fianco con una
mano, prese un respiro e si rimise in piedi. “Cosa vuoi che
faccia?”
Quasi
percepì il sorriso del
marito.
“Il loro arrivo richiede una riunione
urgente di tutti gli stati
maggiori. Non è una questione che possiamo tenere nascosta.
Anche vista la
situazione.”
Angers
passò davanti alla
scrivania e afferrò il proprio badge, agganciandolo alla
blusa.
“Pensi
siano tornati a Gran RoRo?”
“Non può essere diversamente,
Ange. I dati raccolti all’apertura del
portale dovrebbero confermarlo.”
“Ok”,
sussurrò spostando il riccio
dietro l’orecchio. Odiava lasciarlo solo, soprattutto quando
non poteva
evitarlo. Sperava davvero che la sonnolenza finisse prima di quanto le
fosse
stato comunicato.
“Ho bisogno che tu li tenga occupati
insieme a Yus e Plym. Almeno
finché non sarà deciso il da farsi.”
Attivò
la porta e uscì nel
corridoio, un sorriso divertito che piegava le sue labbra.
“Non ti fidi di
lasciare quei due da soli?”
“Sai che li adoravano, senza di te
racconterebbero ogni cosa. Ho
bisogno che ci sia tu lì, a fare da filtro.”
Angers
premette il pulsante di
chiamata dell’ascensore. “O speri che la mia
presenza sia in grado di distrarli
a sufficienza?”
Clarky
rise dall’altra parte. Le
porte dell’ascensore si aprirono e lei entrò,
scegliendo senza esitazione il
piano di collegamento.
“Mi fido di te, Ange.”
Sorrise
inumidendosi le labbra e
inclinando il capo. “Aspetto il tuo via libero
allora.”
“T’adore.”
Il
silenzio nel comunicatore fu
quasi inatteso, ma Angers sapeva che non potevano permettersi di
perdere tempo.
Inspirò e drizzò la schiena, passando in rassegna
mentalmente tutto quello che
non poteva assolutamente dire ai Maestri della Luce, non senza un via
libera.
Non
sarebbe stato semplice.
Sarebbero
stati pieni di domande.
Troppe domande.
L’ascensore
si fermò. Due voci
dietro la porta continuavano ad accavallarsi. Angers scosse la testa.
Le porte
si aprirono e Plym si fiondò all’interno,
afferrandosi al suo braccio e
trattenendosi appena dal saltellare.
“Angers!
Hai sentito? Hai sentito?”
Yus
la seguì, fermandosi accanto a
loro a braccia conserte, l’indice che tamburellava
insistentemente. Come faceva
sempre quando cercava di mantenere il decoro che ci si aspettava dal
suo ruolo.
Aveva ancora indosso l’uniforme. Ma non avrebbe partecipato
alla riunione quel
giorno.
“Clarky
mi ha avvisato.”
“Io
non ci posso credere!”, trillò
la ragazza nascondendo il sorriso dietro le mani. “Sono
tornati! E hanno
riportato indietro Dan!”
“E
il Capitano ci ha detto che
dobbiamo stare attenti a cosa diremo,” la
rimproverò il ragazzo.
Plym
sbuffò, incrociando le
braccia. “Non sarà certo sufficiente a frenare il
mio entusiasmo! Yus, ma ti
rendi conto? Credevamo che non li avremmo più visti. E
Dan!”
Angers
si infilò tra i due prima
che iniziasse uno dei loro soliti battibecchi.
“Ragazzi,
possiamo assolutamente
mostrare la nostra felicità. Non è questo il
problema. Dobbiamo solo stare
attenti a cosa diremo.”
I
due ragazzi tornarono seri e,
per lunghi istanti, il silenzio regnò
nell’ascensore. Poi, Plym si voltò verso
Angers.
“Clarky
ti ha svegliato, vero?”
La
donna alzò gli occhi al cielo.
“Ovviamente, non mi sembra di fare altro in questo periodo.
Mangio, dormo e
riinizio da capo.”
“Ma
se il Capitano ha dovuto quasi
supplicarti in ginocchio per convincerti a non restare così
a lungo in laboratorio,”
ribatté Yus.
“Quando è troppo, è troppo,”
aggiunse Plym imitando il tono di
Clarky. “Cos’era? Ti aveva trovata addormentata sul
divanetto vero?”
“Stavo
appena riposando un po’ gli
occhi,” puntualizzò Angers mentre i due
trattennero appena una risata. “Clarky
si preoccupa sempre troppo.”
Ma la
sua voce si addolcì su quelle ultime parole. Sorrise e
sfiorò con il pollice la
fede, facendola ruotare delicatamente.
La
vibrazione delle loro ricetrasmittenti li colse di sorpresa. Yus fu il
più
veloce ad attivarla.
“C’è
un
aggiornamento.”
Le
due
donne si affrettarono ad attivare le loro.
“Comunicazione
urgente a tutto il personale in servizio e non: confermata
l’arrivo dei Maestri
della Luce. Protocollo 25B7 attivo.”
Plym
sbuffò. “Lo sapevamo già
questo.”
Yus
le
intimò di fare silenzio.
“Confermata
la presenza di Shinomiya Mai, Suzuri Hideto, Hyoudo Kenzo e Bashin Dan.
Si
informa che Bashin Dan risulta essere colpito da amnesia retrograda. Il
comandante richieda massima discrezione-”
I tre
spensero le comunicazioni in silenzio, occhi sgranati ed espressioni
angosciate. Plym aveva gli occhi lucidi.
“Dan
non ricorda nulla?”
I
tre si ritrovarono davanti alla
porta dell’ufficio della dottoressa Stella. Parte
dell’entusiasmo di pochi
minuti prima era svanito. Come poteva essere diversamente? Erano
felici,
entusiasti di rivedere Mai, Hideto e Kenzo. Ma avrebbe voluto poter
anche
essere felici per Dan, poterlo riabbracciare.
Notando
l’esitazione degli altri, Plym
allungò la mano verso la maniglia. Angers le
afferrò il braccio.
La
donna fissò negli occhi
entrambi i due ragazzi.
“Ricordate”,
ripeté con la voce
poco più alta di un sussurro. “Non una parola
sulla situazione. E tenete a
mente che Dan non ricorda nulla.”
I
due annuirono solennemente.
Angers liberò il polso di Plym e la ragazza aprì
la porta. All’interno, tutti
scattarono in piedi. La dottoressa, a un passo da Kenzo,
incrociò il loro
sguardo.
Poco
oltre c’erano Mai e Hideto.
Non
li vedevano da quasi otto
anni.
“Supermecha
fantastico!”
Plym
si fiondò in corsa verso di
loro, lanciando le braccia al collo di Mai. La Maestra della Luce
ondeggiò
sotto il peso inaspettato ma nel suo sguardo si poteva leggere la
stessa
felicità. E anche tanta sorpresa.
“Mi
siete mancati così tanto!”
biasciò Plym tra le lacrime. Continuava a stringersi a Mai
quasi avesse paura
che svanisse da un momento all’altro.
Yus
la seguì più lentamente, con
la schiena rigida e le mani strette a pugno. Si fermò
davanti a Hideto. Il
Guerriero Blu inarcò un sopracciglio, lo scrutò
dalla testa ai piedi e alla
fine gli assestò una pacca sulla spalla.
“Sei
cresciuto! E più di quanto mi
aspettassi!”
Yus
si rilassò e sorrise,
ricambiando la pacca di Hideto. “È bello
rivedervi.”
“Aspettate
un attimo!” Kenzo si
fece avanti e si fermò tra i due umani del futuro, alterando
lo sguardo tra uno
e l’altra. Il primo lo superava in altezza per più
di un palmo, mentre la
seconda di almeno un paio di centimetri. “Ma non è
giusto! Perché sono sempre il
più piccolo?”
Plym
rise tra le lacrime e allungò
la mano a scompigliargli i capelli. “Come sei
carino!”
Il
Guerriero Verde arretrò,
sbuffando e borbottando oltraggiato.
Angers
si avvicinò al gruppo
sorridendo e posò una mano sulla spalla del ragazzo.
“Puoi ancora crescere, non
temere.”
“Lo
spero.”
Lo
sguardo della donna incrociò
quello di Mai, ancora avvinghiata dalle braccia di Plym. E vide la
realizzazione nel suo sguardo. Ma venne interrotta da Yus.
“Dan?”
La
sua voce suonò titubante. Il
sorriso svanì dai volti del Maestri della Luce. Plym si
separò da Mai,
camminando all’indietro fino ad affiancare Yus, strofinandosi
la faccia con il
dorso della mano.
A
pochi passi da loro, rimasto in disparte fino a quel
momento, c’era Dan. Il ragazzo ricambiò il loro
sguardo con un sorriso
imbarazzato, le mani infilate in tasca. Per
lui stava diventando sempre più snervante
vedere l’entusiasmo negli occhi di quelle persone, che
evidentemente lo avevano
conosciuto, trasformarsi in delusione e tristezza.
Dan
cominciava a rimpiangere l’avere accettato di venire con
loro. Avrebbe fatto meglio a restare a Gran RoRo. Ma ormai era
lì.
“Posso,”
Plym deglutì, “posso abbracciarti?”
Il
ragazzo spalancò gli occhi a quella richiesta inattesa,
non solo da lui ma anche da tutti gli altri, ma non riuscì a
dire no al tono
disperato e speranzoso della ragazza. Annuì.
Plym
singhiozzò e si fiondò contro di lui, affondando
la
testa sulla sua spalla e aggrappandosi a lui con forza. Non sapendo
cosa fare,
Dan ricambiò piano l’abbraccio.
“Mi
dispiace, mi dispiace, mi dispiace!” ripeté Plym
tra i
singhiozzi. “Avrei dovuto controllare quella maledetta
colibrì.”
Dan
sorrise.
“È
ok. Ora sono qui, il resto non ha importanza.”
Plym
scoppiò a ridere tra le lacrime e si staccò da
lui. Yus
si avvicinò lentamente. Mai ne approfittò per
affiancare Angers e intrecciare
le loro braccia, rivolgendo alla donna un luminoso sorriso.
“Le
congratulazioni sono d’obbligo. Quanti mesi?”
“Quasi
cinque. Un inaspettato regalo scoperto al nostro
terzo anniversario.”
La
Guerriera Viola emise un gridolino e abbracciò Angers.
“Sono così contenta per voi! Non vedo
l’ora di incontrare anche Clarky.”
Angers
rise e, quando si separarono, alzò la mano sinistra.
Sull’anulare brillavano una fede dorata con piccoli topazi.
“Abbiamo
sentito la vostra mancanza al matrimonio.”
“Il
vecchio Clarky si è sposato?” si intromise Hideto
divertito. “Quanti giorni ha aspettato prima di
chiedertelo?”
Tutti
scoppiarono a ridere. Angers scosse la mano. “Se non
era per tutta la faccenda della ricostruzione, avremmo organizzato
tutto molto
prima.”
“Siete
davvero anime gemelle!” ribatté il Guerriero Blu.
Kenzo
aggrottò la fronte e cominciò a contare sulle
dita. Si
interruppe e ricominciò. Arrivò a due e poi si
voltò verso la dottoressa
Stella.
“Quanti
anni sono passati?”
“Quasi
otto, Kendurò.”
I
Maestri della Luce si scambiarono un’occhiata sbalordita.
Quell’informazione spiegava un sacco di cose. In primis
quanto fossero
cresciuti rispetto a loro. Plym e Yus erano di un anno più
grandi anche di Mai.
Avevano creduto che Aileen fosse riuscita ad aprire il portale molto
più vicino
al giorno in cui erano partiti.
Yus
li scrutò perplesso.
“Perché?
Per voi quanti anni sono passati?”
SPAZIO
AUTRICE:
Salve a tutti! Sono molto
contenta di
essere riuscita a pubblicare questo capitolo nei tempi che mi ero
ripromessa.
Sono molto soddisfatta di
questo
capitolo: esplorare il futuro da punti di vista esterni ai Maestri
della Luce
(che, poveri, sperano/credono che tutto sia rose e fiori almeno
lì) è stato
davvero divertente. Come noterete, ci sono molte cose diverse rispetto
a Saga
Brave. Anche se, ovviamente, Clarky e Angers sono sposati (e in attesa
del loro
primo pargolo). E sì, Clarky e Angers parlano in francese
tra di loro (anche se
non mi vedrete mai trascrivere loro dialoghi con google translate).
La parte di Dan è
stata interessante per
tutta una serie di altri aspetti. In un certo senso, è stata
un po’ una sfida
riuscire a rendere Dan il Dan di sempre ma allo stesso tempo
riflettendo la
situazione particolare in cui si trova.
Ah, ho leggermente
modificato il nome di
Stella (nella mia storia il nome completo sarà Stella
Aleksàndrovna Korabelishchikova)
nel tentativo di aderire all’onomastica russa. Spero di non
aver sbagliato.
Detto questo, spero che il
capitolo vi
sia piaciuto. Per qualunque cosa, dubbio e commento, io sono qui e se
volete
potete lasciarmi una recensione per dirmi cosa ne pensate.
A presto,
HikariMoon
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
CAPITOLO
3
Yuuki
era rimasto in disparte a
guardare gli amici attraversare il varco per il futuro.
“Puoi
venire con noi, lo sai? Così
scopriresti perché è divertente immaginarti nel
futuro.”
Ridendo,
Hideto glielo aveva
chiesto ancora una volta, anche se sapevano entrambi che lui si era
già preso
un’altra missione. Con un po’ di fortuna, mentre
loro erano via, avrebbe
trovato sulla Terra e portato a Gran RoRo il Maestro della Luce
percepito da
Aileen. Una precauzione necessaria considerando soprattutto che
né Mai, né
Hideto, né Kenzo si aspettavano davvero che Clarky tornasse
dal futuro con
loro.
Era
tutto già stato deciso, ma per
un fugace istante era stato tentato. Vedere la nuova era, rivedere
Clarky,
rivedere Kazan, scoprire i Brave di cui tanto loro
parlavano. Ma doveva
fare la sua parte.
Aileen
abbassò le mani e l’aura
iridescente smise di avvolgerla.
Nella
radura erano rimasti solo in
tre: lui e le due granroriane. Ora che anche il varco era chiuso, si
riusciva
di nuovo a sentire il fruscio delle foglie e il ronzio degli insetti.
Il
Guerriero Bianco scrutò
un’ultima volta attorno a sé, augurandosi che la
folta vegetazione fosse
sufficiente a nascondere la Limoviole
finché non fossero tornati. Serjou
aveva promesso che lui e M.A.I.A. avrebbero ripristinato lo scudo
protettivo al
massimo delle sue funzionalità nel minor tempo possibile.
Non potevano che
sperare fosse sufficiente.
“Aileen
conosce il luogo dove c’è
il passaggio per la Terra. Dovresti essere in grado di aprirlo con il
tuo
simbolo bianco.”
Yuuki
annuì e riaccese il
cellulare, rimasto spento da quando erano arrivati a Gran RoRo. Non
prevedeva
di mettersi in contatto con nessuno, ma era meglio essere pronto a ogni
evenienza.
“Sei
sicura che non sia meglio
venga anche io? Al ritorno-”
“Il
passaggio è a pochi minuti da
qui”, replicò con tono esasperato la Guerriera
Verde. “Magisa, per favore.
Penso di riuscire a cavarmela nelle foreste della mia
infanzia.”
La
Maga scoppiò a ridere,
scambiando un veloce sguardo rassegnato con lui. Avrebbe preferito
anche lui
che la temporanea Maestra del Nucleo Progenitore non girovagasse da
sola, ma se
avessero voluto attaccarli avrebbero avuto già mille
occasioni. M.A.I.A. aveva
assicurato che non si registravano attività sospette
nell’arco di chilometri. E
non che la sua presenza avesse fatto una grande differenza con Kajitsu.
Yuuki
infilò in tasca il telefono.
“Pronto?”
esclamò Aileen con
entusiasmo. Forse un po’ troppo.
Nessuno
dei due aveva ancora ben
capito come comportarsi con l’altro e, obbiettivamente, non
c’era stato neppure
granché tempo per farlo. Ma Yuuki aveva promesso e, anche se
ancora si chiedeva
se non fosse meglio che lei stesse il più lontano possibile
da lui, avrebbe
provato.
“Pronto.
Se tutto va bene, spero
di essere qui prima del ritorno degli altri.”
Magisa
sorrise. “Buona fortuna.”
Yuuki
annuì brevemente e si mise
alle spalle di Aileen, che già si stavano avviando verso il
folto della
foresta.
Magisa
seguì con lo sguardo le figure di Yuuki e Aileen che si
infilarono tra
la vegetazione, seguendo un sentierino di terra appena visibile
nell’erba fitta.
La
radura era così tranquilla,
ora che tutti i Maestri della Luce erano impegnati nelle loro missioni,
che
quasi riusciva a illudersi che la calma di quella foresta fosse reale.
Ma
sentiva la trama che si
stava diffondendo sulla sua pelle, anche se nascosta ai suoi occhi.
Si
voltò verso la rampa della Limoviole,
controllando che Serjou fosse ancora all’interno insieme a
M.A.I.A.
Con
dita tremanti, sollevò il
lembo di stoffa dalla spalla. Non le servì spostarlo molto:
le sottili linee
che partivano dal suo cuore avevano quasi raggiunto la sua spalla.
“Maga
Magisa.”
La
granroriana trasalì,
rialzando di scatto la testa e lasciando il bordo dell’abito
come se scottasse.
“Posso
parlarvi un attimo?”
Magisa
ruotò velocemente, una
risata nervosa sulle labbra. “Certo. Qual è il
problema Serjou?”
Il
granroriano era a pochi
passi da lei, le braccia incrociate dietro la schiena, la postura
dritta e il
volto impassibile. Per un attimo, sembrò scrutarla
attentamente e lei si sforzò
di restare ferma.
“Mentre
controllavo i sistemi
insieme a M.A.I.A., ho notato la presenza di alcune lacune nella sua
memoria.”
Magisa
inspirò rumorosamente, il
cuore che cominciava a battere forsennatamente nel petto, e
incrociò le
braccia. Doveva essere solo un caso, non poteva averla scoperta: era
stata
attenta. Abbozzò una risata, stridula e davvero poco
convincente. Si fermò
subito.
“Forse
dovresti provare a
parlarne con Mai e Kenzo quando tornano. Sono sicura che
loro-”
“Non
avete eliminato i dati
dal backup centrale.”
Magisa
abbassò lo sguardo. In
un certo senso, se l’era aspettato. Non che avrebbe potuto
nasconderlo ancora a
lungo. “Cosa hai visto?”
Il
granroriano avanzò ancora
sulle erba bassa della radura.
“Le
sue condizioni sono
preoccupanti. Perché non avete detto nulla ai Maestri della
Luce?”
La
Maga sospirò e alzò lo sguardo
verso l’alto, verso gli squarci di cielo azzurro che si
intravedevano tra le
fronde.
“Non
voglio che si sentano in
obbligo di fare altre deviazioni. La situazione di Gran RoRo
è più importante.”
Magisa
avrebbe preferito che
quel discorso finisse lì, che le sue mancanze come
protettrice di Gran RoRo non
continuassero a venire portate a galla.
“Quando
è iniziato?”
La
voce di Serjou era pacata,
priva di alcun giudizio nei suoi confronti, quasi comprensiva. La sua
coscienza
la faceva continuamente sentire peggio.
“Non
ne sono sicura, ma l’ho
notato poco dopo che mi è stato portato via il mio
bastone.”
Magisa
raggiunse la rampa e vi
si posò contro, lasciando vagare lo sguardo sulla foresta.
Serjou si avvicinò
di un paio di passi, ma rimase a una distanza confortevole. E per
quello gli
era grata.
“Forse
è il motivo per cui non
mi è stato possibile riprendere il Nucleo.”
E, se
doveva essere sincera,
parlarne finalmente con qualcuno era liberatorio. Non sarebbe stato
sufficiente
a risolvere la sua situazione, non aveva idea neppure se potesse essere
risolta
o quale ne fosse la causa, ma la faceva stare meglio.
“Non
credete, allora, che
possa essere tutto collegato? Forse qualcuno voleva che quei poteri
fossero in
mano di qualcuno di meno potente. O più inesperto.”
Magisa
sgranò gli occhi e
sentì il sangue gelarle nelle vene. Le parole di Serjou
rimbombarono nella sua
mente. Mai aveva avuto il coraggio di contemplare una simile
eventualità per
più di un fugace istante. Aveva voluto sempre credere che
fossero coincidenze ma,
se anche Serjou le aveva notate, non poteva più mentire a
sé stessa. Anche se
era difficile non essere soffocata dalle recriminazioni.
“Pensi
che qualcuno abbia
volutamente fatto in modo che succedesse? Ma chi? Come? Ero la Maestra
del
Nucleo Progenitore! Sono la Strega del Mondo Altrove! Come è
possibile che non
me ne sia resa conto?”
“Riflettete,
Maga Magisa.
Ancor prima di cedere il Nucleo ad Aileen, non eravate più
in grado di
mantenere una forma non fisica. E se non sbaglio, i cambiamenti nei
mondi sono
iniziati attorno allo stesso periodo.”
La
granroriana si staccò dalla
rampa e si voltò di scatto verso Serjou. Per quanto aveva
avuto quei sospetti?
Da quanto aspettava di chiederle spiegazioni?
“Perché
non ne hai parlato
prima?”
“Perché
la speravo una
coincidenza, o che la vostra situazione fosse una semplice conseguenza
del
deterioramento dei sei mondi. Ma, forse, qualcuno voleva che
succedesse.”
“Qualcuno
che voleva i Maestri
della Luce a Gran RoRo.”
Il
solo pensiero che i suoi
ragazzi fossero ancora più in pericolo di quanto avessero
potuto pensare, che
qualcuno li volesse come mezzo per i suoi piani, fu sufficiente a farla
riemergere dall’abisso di autocommiserazione in cui era
sprofondata.
“Se
la tua ipotesi è corretta,
la situazione è più preoccupante di quanto
credessimo.” Non avrebbe permesso a
nessuno di far loro del male. “D’ora in avanti
dovremmo indagare.”
Yuuki
e Aileen avanzarono tra la
vegetazione in silenzio, l’unico rumore i loro passi che
arrancavano sulla
terra bagnata e le mille radici che sporgevano dal terreno, il
frusciare delle
foglie e degli arbusti che spostavano con il loro passaggio.
La
granroriana svoltò su un
terreno in leggera pendenza, che si insinuava in una vegetazione ancora
più
fitta. La luce faticava a infiltrarsi tra le foglie e l’aria
umida era piena
del ronzio degli insetti.
Si
fermò in uno slargo nel verde,
dove i tronchi si intrecciavano a formare quasi una cupola, e un rivolo
d’acqua
sgorgava tra rocce ricoperte di muschio, disperdendosi poi nel terreno.
I loro
piedi affondavano nel fango.
“È
qui uno dei passaggi verso la
Terra.”
Il
Guerriero Bianco annuì e la
superò, fermandosi a pochi passi da lei. Inspirò
e lasciò che il simbolo bianco
apparisse davanti al suo petto, lasciando che il desiderio di tornare
sulla
Terra fluisse nell’energia.
Gli
insetti ronzarono inquieti,
disturbati dalla loro presenza, disturbati dal varco luminoso che
apparì
davanti a lui.
Aileen
lo affiancò, una mano
protesa in avanti e una farfalla verde adagiata sul suo palmo.
“Indirizzerò
il varco verso il
luogo in cui ho sentito il Maestro della Luce. Pensi di riuscire a
trovarlo?”
La
farfalla si sollevò e volteggiò
contro il portale, dissolvendosi in esso.
Yuuki
sorrise. “Non è la prima
volta che lo faccio. Tu, piuttosto, sei sicura di spedirmi nel posto
giusto?”
La
granroriana sbuffò e posò un
braccio sul fianco. “L’ho percepito di nuovo. E se
non è lo stesso dell’altra
volta, avrai di che preoccuparti.”
“Speriamo.
La Limoviole sta
diventando affollata.”
Il
Guerriero Bianco avanzò. Aileen
si guardò attorno, indecisa. Strinse le braccia al busto.
Lui stava per varcare
il portale.
“Yuuki,
aspetta.”
Il
brusio degli insetti e la tenue
vibrazione del portale erano gli unici suoni, quasi quella radura fosse
completamente separata dal mondo, ma lui si voltò e
scrutò tra i tronchi quasi
si aspettasse che una minaccia fosse piombata su di loro dal nulla.
Aileen
roteò gli occhi.
“Ho
bisogno di farti una domanda.”
Yuuki
le fece cenno di proseguire.
Lei inspirò, già pentendosi di non essere stata
zitta.
“Quando
Mai è andata a salvare
Dan, perché non hai chiesto di poter salvare tua
sorella?” Deglutì. “È a causa
mia? Perché ho i suoi ricordi?”
Il
Guerriero Bianco si irrigidì,
tornandosi a voltare bruscamente verso il portale, lasciandola fissare
il suo
profilo scuro contro la luce dietro di lui.
“No.”
Aileen
si morse un labbro. Non
aveva mai frugato tra tutte le memorie che riaffioravano senza che lei
lo
chiedesse, che le riempivano la testa di scene di cui non aveva mai
fatto parte
quando abbassava le difesa. Ma se c’era qualcosa che era
riuscito a filtrare,
incurante dei suoi sforzi, era il dolore. Il senso di rimpianto. Il
senso di nostalgia.
“Perché
no allora?”
Gli
insetti e il debole sciabordio
dell’acqua contro le rocce riempirono il silenzio tra loro
due. L’aria pesante
intrappolata tra le fronde intrecciate dagli alberi era resa ancora
più
soffocante dalla tensione che si emanava da loro.
“Era
già una missione impossibile
così com’era. Non volevo costringerli a fare una
scelta.”
Avanzò
e svanì subito dopo, il
varco che si chiuse alle sue spalle.
Aileen
rimase immobile a fissare
nella penombra che era tornata ad avvolgere la conca. Gli insetti
ripresero a
volare con più audacia, allontanandosi dai tronchi e
sciamando in nugoli sopra
all’acqua. Un grosso scarabeo dal guscio lucido, nero e
verde, uno smeraldo
incastonato sul dorso, volò attorno a lei e si
posò sulla sua mano protesa. Le
piccole zampette le solleticarono la pelle.
Sorrise
senza convinzione, mille
pensieri che si creavano e disfacevano nella sua mente, intrecciandosi
all’eco
di nostalgia e dolore di vite passate, all’impulso vitale che
saliva dal
terreno umido sotto i suoi piedi e dalle foglie pesanti attorno a lei.
Lo
scarabeo sembrò guardarla per
un fugace battito di ciglia. E volò via, confondendosi tra
tanti altri.
La
Guerriera Verde abbassò la mano
e ruotò su sé stessa, sforzandosi di ripercorrere
i passi che li avevano
condotti lì prima che i suoi pensieri spiraleggiassero fuori
dal suo controllo.
Non
avrebbe dovuto essere costretto a farla neppure lui.
Il
bagliore del varco scomparve,
sostituito da un parquet di legno ambrato sempre più vicino.
Yuuki riuscì
appena in tempo ad allungare le braccia e a recuperare sufficiente
equilibrio
per non finire con la faccia contro il pavimento.
Il
gelo con cui la semplice
domanda di Aileen aveva avvolto il suo cuore, domanda che si
sorprendeva
nessuno gli avesse ancora fatto, si sciolse fin troppo lentamente.
Yuuki spinse
tutto in un angolo della sua mente. Non era quello il momento: aveva
una
missione.
Ancora
inginocchiato e le mani
posate a terra, alzò lo sguardo e sgranò gli
occhi.
Era
il salotto-biblioteca della
casa di Elisabeth, primo piano, due porte oltre la sua camera.
Faticò
a trattenere una risata. Il
destino era sadico.
La
porta si aprì e lui scattò in
piedi. Si ritrovò davanti il nonno di Elisabeth, bastone e
libro stretto tra le
dita. Reduce della guerra, ci voleva ben più di
un’inaspettata apparizione per
farlo sobbalzare. L’anziano lo scrutò e
assottigliò gli occhi, sul volto
evidente rimprovero.
“Mia
nipote mi aveva detto saresti
stato via per diverso tempo, in quel mondo apparso anni fa. Voi giovani
siete
così melodrammatici.”
“Sono
qui soltanto per un tempo
limitato. Dov’è-”
L’anziano,
già di spalle, posò il
libro sul tavolino accanto al divano e si mise a scorrere i dorsi dei
libri
sulle mensole.
“In
camera sua. Oggi è ritornata
di cattivo umore. Chiedi a mia moglie.”
Il
Guerriero Bianco annuì e uscì
dalla stanza. La familiarità di quel corridoio, di quelle
porte, le aiuole che
si intravedevano tra le tende e le voci della nonna di Elisabeth e
della cuoca
che salivano dal piano inferiore erano stranianti; familiari, ma
già così
lontani.
Raggiunse
la porta di Elisabeth e
si fermò, indeciso se bussare. Da oltre la porta si sentiva
qualcuno tirare su
con il naso.
Bussò.
Ci
furono un grido strozzato di
sorpresa, il rumore di un corpo che gattonava sul letto e il calpestio
di piedi
nudi sul pavimento.
“Nonna!
Sto bene. Te l’ho già
detto-”
La
porta si aprì e la ragazza di
fronte a lui imbastì il suo miglior sorriso. Un triste
contrasto con gli occhi
arrossati. Elisabeth trasalì.
“Yuuki?”
La
sua voce tremò, incredula e
speranzosa, e gli occhi le si inumidirono. Lui fece appena in tempo ad
allargare le braccia; la ragazza si fiondò contro di lui,
stringendo le dita
sulla maglia e affondando il volto nella sua spalla.
“Nozomi
mi ha lasciato.”
Il
Guerriero Bianco ricambiò la
stretta e la guidò di nuovo nella stanza, facendola sedere
sul letto e
affiancandola. Sulle lenzuola lo schermo del cellulare era attivo, una
foto
delle due ragazze che ridevano in spiaggia.
“Ti
va di parlarne?”
“Ha
detto che i suoi genitori
cominciavano a sospettare,” sussurrò ancora
stretta a lui. Yuuki sentì il
tessuto inumidirsi. “Non ha avuto il coraggio di affrontarli.
E il suo nuovo
lavoro…”
Elisabeth
singhiozzò e tirò su con
il naso. “Non riesco ad avercela con lei,” si
lamentò tra le lacrime, scuotendo
piano la testa.
Il
ragazzo sorrise tristemente e
staccò delicatamente la ragazza da lui. Lei teneva gli occhi
bassi, le mani ora
strette sui pantaloni.
“Mi
dispiace.”
“Vorrei
solo non finisca ogni
volta così.”
Yuuki
le posò una mano sul pugno e
lei alzò lo sguardo, i rivoli di lacrime che stavano
appicciando le ciglia in
forme strane.
“Troverai
una persona speciale,
vedrai.”
Elisabeth
abbozzò un sorriso, non
molto convincente con gli occhi gonfi e rossi, ma sciolse il pugno e
ricambiò
la stretta.
“Come
fai a essere così
comprensivo, Yuuki? Non hai battuto ciglio, neanche quando
l’hai scoperto.
Avevo paura di perderti e tu-”
“Ho
imparato che l’amore non ha
etichette.”
La
ragazza scoppiò a ridere e si
gettò di schiena sul materasso, le mani sul viso e sui
capelli arruffati, gli
occhi chiusi.
“C’era
un motivo se mi ero presa
una cotta per te! Posto giusto, momento giusto: un altro dei
superpoteri di voi
Maestri della Luce?”
“Ci
proviamo.”
Un
battito di ciglia dopo,
Elisabeth si rizzò sui gomiti.
“Aspetta
un secondo,” esordì
lanciandogli uno sguardo accusatorio. “Che diamine ci fai qui? Dovresti essere a Gran
RoRo!”
Yuuki
nascose il proprio divertimento,
per non essersi accorta di quel dettaglio fino a quel momento doveva
essere
veramente addolorata per la storia con Nozomi. Ma avrebbe dovuto aver
letto
l’e-mail.
“Sono
venuto a cercare un Maestro
della Luce. Sappiamo che è qui.”
Elisabeth
balzò seduta, il dorso
di una mano ad asciugare gli occhi e l’altra mano a cercare
di districare la
treccia.
“Cosa
stiamo aspettando? Ti do una
mano,” proseguì mettendosi in piedi e sistemandosi
i vestiti. Si guardò attorno
e afferrò il cellulare, chiudendo lo schermo dopo un attimo
di esitazione. “In
due faremo di sicuro prima. Anche se non ho la minima idea…
come si cerca un
Maestro della Luce?”
La
ragazza cominciò ad avviarsi
verso la porta, concedendosi una smorfia nel vedere il proprio stato
nello
specchio dell’armadio.
“Elisabeth,”
la fermò afferrandole
la mano. “L’ho già trovata.”
I
loro sguardi si incrociarono.
Lei aggrottò la fronte e inclinò la testa. Poi
arretrò di scatto.
“Mi
stai prendendo in giro!”
sbottò con gli occhi sgranati e sciogliendosi dalla sua
presa bruscamente. “Mi
rimangio tutto quello che ho detto poco fa.”
Il
Guerriero Bianco si limitò ad
alzare un sopracciglio, ben abituato ai primi scatti di confusione. E
il
ricordo di Kajitsu riaffiorò.
I
lunghi momenti di silenzio si
protrassero, con Elisabeth con lo guardava in attesa che smentisse, che
rivelasse fosse tutto uno scherzo per tirarla su di morale.
La
smentita non arrivò.
“Sei
serio? Dei del cielo, sei
serio! Io? Una Maestra della Luce?”
La
ragazza prese a camminare per
la stanza, agitando le mani tutto attorno a sé.
“Per
la miseria, la farfalla verde
che parlava! Cioè, quando mi è arrivata la tua
e-mail… c’era una farfalla che
brillava e si dibatteva e ha iniziato a parlare con la voce di una
ragazza.”
Si
fermò in mezzo alla stanza,
voltandosi verso Yuuki, rimasto in attesa che lei si sfogasse, e
incrociò il
suo sguardo con gli occhi sgranati, come quelli di un animale
spaventato. Un
giorno sarebbe stata grata, quando avrebbe saputo il modo con cui aveva
portato
Dan.
“Credevo
volesse avvertirmi che ve
ne eravate andati,” il suo sguardo si mosse verso lo
specchio. “Che idiota.”
Sbuffò,
soffiando via un ciuffo
dal viso. “Sono una Maestra della Luce.”
Elisabeth
emise un gridolino e si
portò le mani alla bocca, non ben chiaro se fosse per gioia
o per terrore.
“Sono una Maestra della Luce!”
Poi
tornò a voltarsi verso il
Guerriero Bianco, il sorriso sostituito da un’espressione
seria e vagamente
preoccupata.
“Non
ho la più pallida idea di che
cosa vi aspettiate da me.”
Fino a sei anni prima, non si sarebbe
fatto grandi scrupoli. Avrebbe fatto leva sulle debolezze di Elisabeth,
l’avrebbe spinta ad accettare nonostante i dubbi, illudendola
che Gran RoRo le
avrebbe dato la possibilità di ottenere tutto ciò
che desiderava.
A posteriori, non uno dei momenti di
cui era più orgoglioso.
Yuuki le fece cenno di tornare a
sedersi accanto a lui. Elisabeth lo raggiunse senza farselo ripetere.
“Per prima cosa, devi capire che
è
pericoloso. Certo ricordi tutto quello che è successo qui
sulla Terra dopo la
nostra vittoria, ma combattere a Gran RoRo ti mette in prima
linea.”
Lei annuì lentamente.
“Nei pochi giorni che siamo stati a
Gran RoRo, ci siamo infiltrati in una base da cui siamo scappati
lanciandoci da
un finestra e siamo stati inseguiti dentro un canyon.”
Elisabeth sgranò gli occhi.
“Come fate
a essere ancora vivi?”
Yuuki le
posò le mani sulle spalle. “Non è come
nelle storie, dove l’eroe parte e sai
che salverà il mondo. Ci siamo riusciti una volta, ma essere
un Maestro della
Luce è pericoloso. Non pensare neppure per un attimo di
essere obbligata.”
Yuuki
era immobile in un angolo,
la schiena contro il vetro della metropolitana, la mano stretta a un
passamano.
Da dietro agli occhiali da sole scrutava ogni movimento di coloro che
lo
circondavano. Il vagone non era molto affollato, gran parte delle
persone
ancora sul posto di lavoro o seduta dietro un banco di scuola. Ma era
un’abitudine che non era più riuscito a scrollarsi
d’addosso.
Ma
nessuno lo guardava, nessuno
sembrava vedere in lui niente di più di un altro passeggero
come gli altri. Si
meravigliava ancora di come il passaggio del tempo modificasse la
percezione
umana. Chi avrebbe riconosciuto tra la folla una persona ritenuta
morta? La
gente vedeva solo quello che voleva.
Il
cellulare, in tasca da quando
aveva lasciato la Limoviole,
vibrò
contro la sua gamba. Yuuki aggrottò appena la fronte e lo
estrasse. C’erano un
messaggio e l’avviso di una chiamata persa.
Siete ancora qui? Perché Mai non risulta
raggiungibile? È successo
qualcosa???
Il
mittente era Shinomiya Kaoru.
Fissò a lungo quelle parole, non trascurando la
possibilità che fosse una
trappola. Mai aveva detto che Kaoru e Andrew erano in America, il loro
ritorno
atteso solo per le festività dell’anno nuovo.
Solito posto tra due ore.
Infilò
nuovamente il cellulare
nella tasca e si avvicinò alle porte, la sua fermata appena
annunciata sul
display. Fu l’unico a scendere. Attraversò la
stazione con lo sguardo basso e scrutando
ciò che lo circondava con la coda dell’occhio,
rilassandosi soltanto una volta
raggiunti i vicoli più deserti che si diramavano tra casette
e muri divisori.
Non
era una buona idea la sua, ma
era stata una a cui non si era potuto sottrarre.
Si
fermò a diversi metri di
distanza, ma sufficientemente vicino per vedere il cancelletto
d’entrata e,
oltre esso, il piccolo giardino che precedeva la casa. Non era del
tutto sicuro
che i suoi abitanti fossero lì, ma doveva almeno fare un
tentativo. Avevano
diritto di sapere.
Anche
se rischiava di instillare
in loro speranze senza futuro, di costringerli a soffrire ancora.
Yuuki
superò la strada e si fermò
al cancello.
Bashin.
Era
sempre stato strano tornare in
quel luogo, soprattutto dopo il suo risveglio. Erano stati loro a
volerlo
incontrare, dopo che Mai si era lasciata involontariamente sfuggire la
verità
su di lui. C’era stato il panico tra di loro,
finché lui aveva deciso di
accettare.
“Dan
avrebbe voluto che tu
vivessi con noi.”
“Ricordarti
che qui avrai
sempre una famiglia. È il minimo che possiamo
fare.”
Yuuki
suonò il campanello. Se
Elisabeth aveva mandato l’e-mail come promesso, ci sarebbe
stata più di qualche
domanda a cui rispondere.
Non
dovette aspettare a lungo. Il
citofono gracchiò e si sentì una voce di donna.
“Chi
è?”
“Yuuki.”
La
donna inspirò rumorosamente
dall’altra parte della cornetta. Il cancello si
aprì immediatamente.
Il
Guerriero Bianco entrò e
raggiunse la porta in un paio di falcate. La porta d’entrata
si spalancò prima
che lui la raggiungesse. Sull’uscio c’erano
entrambi i genitori di Dan.
“Entra.”
Akane si spostò per
lasciarlo passare. Takuto chiuse la porta alle sue spalle.
I
tre raggiunsero il soggiorno in
silenzio e la donna si diresse subito a chiudere il fornello su cui una
teiera
stava bollendo.
“Abbiamo
ricevuto l’e-mail. Non ci
aspettavamo di vederti.”
“Sono
tornato per contattare un
nuovo Maestro della Luce.”
Takuto
sbiancò. Akane si lasciò
sfuggire la teiera, con tanto di acqua bollente che si
rovesciò sui fornelli.
La donna agitò un mano e ruotò con gli occhi
dilatati dalla paura.
“Né
Hinata né Hiroki,” si affrettò
ad aggiungere, comprendendo quale fosse il loro timore.
Il
terrore scivolò via dai due
come neve che si scoglie e si aggrapparono l’uno
all’altra.
“Non
volevo darvi questa
impressione, mi dispiace.”
Akane
scoppiò a ridere, una risata
forzata e nervosa, e si staccò dal marito sedendosi al
tavolo.
“Kenzo
aveva nove anni. Non era
insensato fare il collegamento.”
“E
anche lei usa il rosso,”
aggiunse con un misto di rassegnazione e sollievo Takuto. “E
gli assomiglia
così tanto.”
Il
Guerriero Bianco si era sempre
sorpreso di quanto Hinata riuscisse ad assomigliare al fratello che
quasi non
ricordava più: nel modo di duellare,
nell’atteggiamento di fronte alle difficoltà.
“Ma
se non è per portare a Gran
RoRo uno di loro due, perché sei qui?”
La
porta d’entrata si aprì e i tre
adulti si immobilizzarono.
“Sono
arrivato prima io!”
“Solo
perché hai imbrogliato!”
“Colpa
tua che ti sei distratta.”
Tonfi
di scarpe e zaini posati a
terra. La porta venne chiusa. “Siamo a casa!”
I
due Bashin incrociarono lo
sguardo di Yuuki che annuì. Takuto inspirò.
“Siamo in soggiorno.”
Passi
di corsa e risate nel
corridoio. Akane strinse la mano del marito. Yuuki si voltò
verso la porta e il
suo sguardo incrociò quello limpido e divertito di una
bambina, che si arrestò
di botto nel vederlo, gli occhi che si spalancarono e la risata che
tramutò in
una silenziosa espressione di sorpresa. Il bambino dietro di lei
impatto contro
la sua schiena, colto alla sprovvista dall’azione della
sorella. Si portò le
mani alla faccia e mugolò.
“Perché
ti sei fermata!”
Hinata
gridò di gioia e si lanciò
contro di lui, un enorme sorriso che brillò sul suo volto.
Yuuki la prese tra
le braccia con la facilità nata dall’abitudine.
“Yuuki!”
“Tra
un po’ non riuscirò più a
prenderti in braccio.”
Il
fratello zittì le proprie
lamentele e si rese conto solo allora della sua presenza. Anche lui si
lanciò
contro di lui con espressione adorante.
“Finché
sarò più bassa di te, sì!”
“Forse
non sarai mai più alta di
me.”
Hinata
scoppiò a ridere. “Meglio
per me!”
“Smettila
di tenertelo tutto per
te!” protestò Hiroki strattonando la gamba
penzolante della sorella. Yuuki
sorrise e gli scompigliò i capelli, piegandosi per far
scendere la bambina.
Hiroki
gli saltò in braccio
trionfante mentre Hinata sbuffò, l’aria che
andò a scompigliare i già
spettinati capelli tenuti appena in ordine in due codini. Poi si
voltò
imbarazzata verso i genitori che stavano cercando di trattenere le
risate.
“Ciao,
mamma. Ciao, papà.”
Anche
Hiroki saltò giù dalle
braccia di Yuuki e corse a salutare i genitori. Akane sfiorò
le guance dei
figli con un bacio.
“Perché
non andate a sistemare le
vostre cose?”
Sui
volti di Hinata e Hiroki
apparvero espressioni gemelle di disappunto.
“Ma
c’è Yuuki!”
Takuto
alzò gli occhi al cielo. “E
non se ne andrà prima di salutarvi. Ma ora dobbiamo parlare
di cose da grandi.”
Hinata
sbuffò e afferrò la mano
del fratello. “Va bene.”
“Ma
c’è Yuuki,” ripeté con tono
petulante Hiroki.
“E
io sono la sorella maggiore.
Quindi mi devi ascoltare!”
I
due bambini svanirono in
corridoio. Un attimo dopo passarono di nuovo davanti al vano della
porta,
questa volta zaini in spalla. Le loro voci e i loro passi si
affievolirono
dietro una porta che si chiudeva.
Yuuki
tornò a voltarsi verso i due
coniugi Bashin, che lo guardavano in attesa.
“Quindi
siete tornati a Gran
RoRo?”
La
voce dell’uomo era neutra, mal
riuscendo a nascondere l’incertezza. Yuuki non li poteva
biasimare, vedeva nei
loro occhi la confusione e la paura che, in fondo, fosse davvero venuto
per uno
dei loro due figli. In un certo senso, invidiava di non aver avuto
genitori del
genere. Anche se avevano fatto difficoltà ad appoggiare Dan
dopo Gran RoRo,
anche se per lungo tempo non erano riusciti a capirlo. Ma, alla fine,
c’erano
stati.
Yuuki
ricordava i suoi genitori,
ma faceva fatica a ricordare qualunque cosa avvenuta prima del giorno
in cui
Kajitsu aveva mostrato di essere diversa. Amore, affetto,
preoccupazione
c’erano stati, ma erano sentimenti avvizzite da tutto quello
che era successo
dopo. Ricordava la paura nei loro occhi nel vedere la loro figlia
anormale, i
movimenti bruschi con cui lo separavano da lei per paura che la sua
stranezza
fosse contagiosa, il timoroso sospetto nei loro sguardi che osservavano
i suoi
movimenti. I suoi genitori forse li avevano amati, ma non abbastanza da
accettarli così com’erano.
Qualche
volta, avrebbe voluto
dimenticare anche i ricordi belli, le risate, gli abbracci,
perché rendevano
ancora più difficile il capire come i suoi genitori avessero
potuto comportarsi
in quel modo.
E
Dan, invece, rischiava di non
ricordare mai più la famiglia che lo amava.
Avrebbe
scambiato in un battito di
ciglia quei pochi ricordi felici con la possibilità che Dan
ricordasse. Perché
anche i Bashin avevano sbagliato, avevano lasciato che la paura
rischiasse di
logorare inesorabilmente il legame con Dan, ma lo avevano realizzato in
tempo.
Avevano cercato di rimediare, di recuperare pezzo per pezzo
l’affetto e la
fiducia.
Aveva
fatto bene a venire.
Se
alla fine di tutto Dan non
avrebbe ricordato, la sua famiglia lo avrebbe accettato comunque.
Avrebbero
ricostruito tutto.
“Yuuki?”
Il
Guerriero Bianco tornò a
focalizzare i volti dei due Bashin. Confusione, curiosità e
forse una punta di
preoccupazione sui loro volti.
“È
successo qualcosa, poco dopo il
nostro arrivo a Gran RoRo.”
“Voi
state tutti bene, vero?”
domandò la donna con trepidazione.
Yuuki
annuì.
“Abbiamo
riportato Dan tra di
noi.”
I
due continuarono a guardarlo
come se non lo avessero sentito. Poi, lentamente, sbatterono le
palpebre e
realizzazione il significato delle sue parole.
“Il
nostro bambino.”
“Il
nostro Dan è vivo?”
Avevano
le voci tremanti e gli
occhi lucidi, brillanti non solo di lacrime ma di quella speranza che
spazzava
via il dolore di quattro anni, il dolore di una famiglia che aveva
perso un
figlio senza poter far nulla, senza saperlo.
“Gli
altri non sanno che sono
venuto a dirvelo, ma ritengo che sia giusto che voi lo
sappiate.”
Akane
scoppiò a piangere, subito
stretta tra le braccia del marito che iniziò a sussurrarle
nell’orecchio parole
di conforto senza forma. Poi l’uomo si voltò verso
di lui, deglutendo a fatica.
“Perché
non è qui con te?”
La
donna trasalì e gli rivolse uno
sguardo terrorizzato, artigliando una mano sul bordo del tavolo.
“Non sta bene?
Non ci ha ancora perdonato?”
Yuuki
si protese in avanti e posò
una mano su quella di Akane, che subito gliela strinse con forza.
“Dan
non ricorda nulla. Solo il
suo nome. Solo di essere il Guerriero Rosso. Se avesse ricordato, non
credo
avremmo potuto fare nulla per impedirgli di tornare da voi.”
Akane
annuì lentamente e ritrasse
la mano, che aggrappò alla maglia del marito, contro la cui
spalla era ancora
posata.
“Il
nostro bambino”, sussurrò con
voce spezzata.
Yuuki
rimase in silenzio. Aveva
previsto che quella notizia sarebbe stato un duro colpo per loro, ma
non poteva
illuderli. Ed era meglio che far loro credere che Dan li odiasse.
Takuto
tornò a voltarsi verso di
lui.
“Grazie,
Yuuki. Non pensare che
non siamo grati per avercelo voluto dire.” Rise sommessamente
scuotendo la
testa. “Ma è tanto da assorbire.”
“Lo
so. Sappiate che farò di tutto
per riportarvelo sano e salvo.”
Akane
gli rivolse un flebile
sorriso. “Vi rivogliamo entrambi a casa sani e
salvi.”
Il
Guerriero Bianco si limitò ad
annuire, rialzandosi e rimettendo la sedia al suo posto. Dopo un veloce
scambio
di saluti, lasciò i due Bashin da soli e uscì
dalla stanza. Nella camera dei bambini
sentì rumori di passi affrettati, qualcosa che cadeva e
qualcuno che si gettava
contro un tavolo. La porta dondolò sui cardini.
Sorrise
e scosse la testa,
superando il corridoio ed entrando nella stanza.
Hiroki
stava giocando con foga con
una console di giochi, disteso sul letto con le braccia tese in alto.
Hinata,
invece, era seduta sulla scrivania e girava rumorosamente le pagine di
un
quaderno.
“Hinata?”
La
ragazzina saltò sulla sedia e
si voltò, un enorme e sospetto sorriso stampato in volto.
“Hai finito di
parlare con mamma e papà?”
Il
Guerriero Bianco sollevò un
sopracciglio e si avvicinò. Hinata tornò a
voltarsi verso il quaderno.
“È
al contrario.”
La
ragazzina emise un grido
strozzato e lo girò, arrossendo di botto.
“L’avevo
detto che ti scopriva.”
“Zitto
tu! Non avresti fatto
meglio!” ribatté Hinata mostrandogli la lingua.
“Hinata,
cos’hai sentito?”
La
ragazzina posò la matita e
abbassò lo sguardo, stringendo le mani in grembo. Poi,
alzò la testa, gli occhi
lucidi.
“Lo
sapevo che Dan non poteva
essere morto. Come te.”
E
gli gettò le braccia al collo,
affondando il viso contro la sua spalla. “Grazie.”
Lui
ricambiò l’abbraccio,
dimenticandosi per un momento che quella non era davvero la sua
famiglia. Ma
quanto avrebbe voluto che lo fosse.
“Ti
riporterò tuo fratello.”
“Lo
so. Ti voglio bene, Yuuki.”
SPAZIO
AUTRICE:
Salve a tutti! E anche con
questo terzo
capitolo sono in ordine con la tabella di marcia. Molto probabilmente
me ne
pentirò quando l’episodio sarà finito e
mi ritroverò ancora in alto mare con il
prossimo costringendovi, ad aspettare di nuovo… ma si fa
quel che si può! (e se
anche il team di Battle Spirits ci fa aspettare per gli OVA, penso di
non aver
troppo da recriminare dato che noi siamo solo in due XD)
Comunque, per questo
capitolo abbiamo
temporaneamente lasciato il futuro per vedere come se la cava Yuuki con
la sua
missione. E l’identità del possibile nuovo Maestro
della Luce è stata rivelata:
Elisabeth Reiko Nakano. Accetterà di entrare nella gabbia di
matti?
Probabilmente più di qualcuno di voi aveva intuito che
potesse essere lei. Non
è che abbia cercato di nasconderlo così tanto.
Dopotutto, è bello spargere
indizi qua e là e poi vedere che i lettori gli uniscono!
Abbiamo anche cominciato a
svelare qualche
dettaglio sulla situazione di Magisa, entrata ovviamente in
modalità mamma
orso.
E abbiamo rivisto la
famiglia Bashin!
Con tanto di piccini cresciuti (Hinata ha 10 anni e Hiroki 7), che
anche se
Yuuki non ne è consapevole del tutto, l’hanno
ormai adottato come membro della
famiglia. Con i Bashin può succedere questo e
altro… Ma sono riuscita a farvi
commuovere almeno un po’?
Non penso di aver altro da
aggiungere. Per
qualunque cosa, dubbio e commento, io sono qui e se volete potete
lasciarmi una
recensione per dirmi cosa ne pensate.
A presto,
HikariMoon
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
CAPITOLO
4
Superata la sorpresa nel rendersi conto che anche
lì erano passati
più anni di quanti ne avessero vissuti loro, i Maestri della
Luce del passato
riempirono di domande Angers, Yus e Plym. Volevano sapere cosa fosse
successo a
ognuno di loro.
Plym
raccontò con entusiasmo della
piccola officina che aveva inaugurato da poco e di come continuasse a
gestire
la manutenzione della Magnifica Sophia.
Yus rivelò
con un misto di orgoglio e di imbarazzo che prestò avrebbe
assunto
ufficialmente il ruolo di liaison tra l’HUMAA fondata da
Clarky e Barone e il
governo del Giappone.
Stella si
vantò dei nuovi risultati ottenuti nello studio di umani e
Mazoku e
dell’interazione tra Nucleo e tecnologia, guadagnandosi
un’occhiataccia e una
linguaccia da Kenzo.
Angers
aveva ripreso il suo ruolo di ingegnere aerospaziale ed era a capo
dell’equipe
che stava preparando il ritorno di umani e Mazoku sulla base
internazionale.
Kazan
aveva con gioia dismesso il proprio ruolo di comandante delle forze
umane,
continuando a gestire soltanto la sicurezza del centro politico e di
ricerca di
Tokyo.
Scoprire
che Zolder e Flora, a bordo della Centurion, erano
diventati ambasciatori
per le relazioni tra umani e Mazoku aveva suscitato non poco sconcerto
e
ilarità.
Ilarità
che non era riuscita a risollevare del tutto gli animi, quando avevano
scoperto
che En e Fant non erano a Tokyo. Dopo che nessuna ricerca era riuscita
a ritrovare
i loro genitori, i due piccoli Mazoku erano stati presi sotto
l’ala della
regina Gilfam che li aveva portati a Nova Octo. Lì, tenuti
d’occhio da Gaspard,
stavano frequentando una delle prime scuole che puntavano
all’integrazione tra
umani e Mazoku.
Neppure
Izaz era a Tokyo ma, come confermato da Plym, Yus e Stella, il fatto
non
destava grandi preoccupazioni. Il Mazoku andava e veniva, quando voleva
e dove
voleva, tornando quando uno meno se lo aspettava. Per ripartire
altrettanto
inaspettatamente sulla scia di una qualche leggenda. Sia Barone sia
Clarky si
erano arresi e lo lasciavano fare come voleva.
Rugain,
come si erano aspettati, aveva preso in mano il governo dei territori
di
famiglia. Era anche diventato famoso per essere il primo Mazoku a
indire
elezioni per la formazione di un governo formato da umani e Mazoku.
Grazie alla
correttezza e imparzialità, tutti si aspettavano che sarebbe
stato rieletto per
un secondo mandato. Il resto della sua famiglia era sparso per il
mondo, come
Zack che era diventato ambasciatore per l’HUMAA a Nova Octo.
Duc e Shima
invece, dopo essersi goduti un po’ di tempo per loro, avevano
aperto una scuola
che preparasse i politici del futuro, umani e Mazoku che fossero.
Ogni
dettaglio che scoprivano in più su tutti i loro amici non
faceva altro che
aumentare la gioia e la soddisfazione di aver contribuito, seppur in
minima
parte, a quel futuro.
Da lì, il discorso tornò sul
piccolo o sulla piccola che presto avrebbe
portato a tre i componenti della famiglia Ray. Ed era sfociato un
putiferio,
con tanto di scommesse sul nome, risate e sfide lanciate
l’uno verso l’altro.
Tanto che dal corridoio, nonostante la porta della sala fosse chiusa,
si
riusciva a sentire ogni parola.
Clarky si era fermato lì, contro il
muro, a godere a occhi chiusi
delle voci degli amici. Si era preso il compito di comunicare loro la
parziale
decisione del consiglio in nome del suo ruolo, ma la realtà
era che non sarebbe
resistito un minuto di più sapendo che loro erano
lì.
“Ve lo ripeto, Sophia è
assolutamente il nome più probabile se è
una bambina!”
“Oh, andiamo! Pensi davvero che sarebbe
così prevedibile?”
Clarky ridacchiò e posò la
testa contro la parete. Quanto gli
erano mancati.
“Angers, cosa ne pensi?”
Si staccò dal muro e si
sistemò la divisa. Era arrivato il momento
di smettere di tergiversare. Attivò la porta ed
entrò. E si complimentò
mentalmente di non aver fatto vacillare il sorriso e di non essere
scoppiato a
ridere. La dottoressa Stella stava lanciando occhiatacce infuocate a
Kenzo che
le arrivava alla spalla, mentre tutto il resto del gruppo era attorno
al tavolo
a fissare un’imbarazzata Angers.
E proprio Angers fu la prima ad accorgersi del suo
arrivo. Gli
rivolse un enorme sorriso colmo di gratitudine.
Clarky finse una tossita. “Suvvia,
bambini. Fate i bravi,
altrimenti dovrò sequestravi i Brave.”
I Maestri della Luce scattarono
sull’attenti e ruotarono sul posto.
La fugace sorpresa fu sostituita in un lampo dall’entusiasmo.
Mai gli corse
addosso lanciandogli le braccia al collo. Clarky la fece ruotare per
non
perdere l’equilibrio. Rimasti vicino al tavolo, Plym
ghignò colpendo con il
gomito Yus che sbuffò, alzò gli occhi al cielo e
le porse una banconota.
“Non sai quanto mi sei
mancato!” furono le prime parole della
Guerriera Viola non appena tornò con i piedi per terra.
Hideto e Kenzo lo avevano già raggiunto,
anche loro sorridenti,
anche loro entusiasti.
“Non sapete quanto voi
mi siate mancati!”
Clarky allungò la mano e
scompigliò i capelli del più piccolo.
“Sei cresciuto un sacco!”
“Non abbastanza mi sembra,”
borbottò Kenzo tornando a sistemarsi i
ciuffi.
Rivederli, abbracciarli, non sembrava quasi vero.
Avrebbe avuto
tante domande da far loro, avrebbe voluto sapere tutto quello che era
successo
in quegli anni. Ma stare lì a chiacchierare era un lusso
che, purtroppo, non
aveva.
“Vorrei continuare con voi a parlare di
nomi e bebè,” riprese
Clarky facendo l’occhiolino ad Angers, che scosse la testa,
fingendosi
esasperata. “Ma sono qui soprattutto in veste
ufficiale.”
Nel pronunciare quelle parole, estrasse una card
dalla tasca e la
porse a Hideto.
“Il consiglio vi ha concesso
l’autorizzazione a usare l’archivio
delle carte. Con questa potete accedervi senza problemi.”
“Ne faremo buon uso!”
Erano parole innocue, ma nella bocca del Guerriero
Blu suonavano
quasi minacciose. Forse era un bene che il consiglio non conoscesse
Hideto così
tanto, rifletté Clarky divertito, o altrimenti non gli
avrebbero mai permesso
di mettervi mano.
“Comunque,” riprese Clarky
avvicinandosi al tavolo e posandovisi
contro. Incrociò le braccia e scambiò uno sguardo
d’intendimento con Angers,
Plym, Yus e Stella. La giovane meccanica allargò gli occhi e
venne appena in
tempo zittita dalla gomitata di Yus. “Devo avvisarvi che
troverete alcune
novità tra le carte e penso che le apprezzerete.”
Negli occhi di Hideto brillò una luce
rapace, mentre Mai e Kenzo
gli fecero cenno di proseguire. Clarky ridacchiò.
“Dottoressa Stella, vuole fare gli
onori?”
“Molto volentieri, Capitano.”
La donna estrasse dalla tasca un telecomando e
attivò lo schermo
sulla parete alle loro spalle. I Maestri della Luce si voltarono
proprio nel
momento in cui venne proiettata una carta.
“Skorpios, Brave dello Scorpione
Rinato?”
“Un Brave dello Zodiaco?”
“Che significa?”
“Come avete potuto notare,”
disse la donna con fin troppa
soddisfazione nel vedere i volti esterrefatti dei Maestri della Luce,
“la prima
novità sono i Brave dello Zodiaco.”
Clarky si staccò dal tavolo e
affiancò Stella. “La prima, proprio
quello dello Scorpione, è stata trovata casualmente dal team
di archeologi
inviati nelle rovine dove era stata trovata la X-Rare.”
Sullo schermo la carta si rimpicciolì e
apparvero altre dodici a
formare un anello. Da ciascuna di esse partiva una freccia che le
collegava a
una casella con scritto il nome della carta e il simbolo del segno
zodiacale.
“Le voglio tutte,”
mormorò quasi reverenzialmente il Guerriero
Blu, gli occhi fissi sullo schermo.
La dottoressa Stella premette il telecomando e, al
posto delle
carte, apparve una mappa del mondo con dodici puntini luminosi.
“Ben presto ci siamo resi conto che, nei
luoghi in cui un tempo
risiedevano le carte dello zodiaco, sono apparsi questi
Brave.”
“Trovare quello dei Gemelli è
stato uno dei più divertenti,”
aggiunse Clarky ridendo. Doveva ammettere che Zolder e Flora, in quegli
anni,
erano stati una fonte inesauribile di grattacapi e di risate.
“Ma è una storia
per un’altra volta.”
Mai, Kenzo e Hideto ebbero tutta l’aria
di voler protestare, ma
zittirono non appena apparve una nuova carta sullo schermo.
“E questa,” proclamò
con solennità la dottoressa, “è una
degli
Imagine Brave.”
Hideto raggiunse Clarky e gli passò una
mano attorno alle spalle.
“Vecchio mio, non sai il mondo di bene
che ti voglio.”
L’ex-Guerriero Giallo, però,
non fu sicuro se quelle parole
fossero rivolte a lui. Gli occhi di Hideto, infatti, non si staccarono
mai
dallo schermo.
“Sono delle carte mecha-fantastiche! Puoi
contemporaneamente
usarle per fare Brave con due Spirit e ciascuno di essi avrà
un diverso
effetto!”
I Maestri della Luce si voltarono verso i due, gli
unici rimasti
attorno al tavolo oltre ad Angers ancora seduta.
“Plym! Lo stava per dire la dottoressa
Stella, lo sai vero?”
La ragazza sbuffò e incrociò
le braccia. “Ci stavano mettendo
troppo tempo.”
La dottoressa si portò una mano alla
fronte e spense lo schermo.
“Beh, in ogni caso, vedrete meglio come funzionano
studiandole nell’archivio.”
Kenzo, però, sovrastando anche le
domande di Hideto, non si
accontentò di tale risposta. La dottoressa, Plym e Yus
iniziarono quindi a
raccontare di come avessero scoperto quelle carte pochi mesi dopo la
distruzione del Nucleo creato dai Mazoku al centro della Terra.
Clarky, ben conoscendo la teoria che la loro
apparizione fosse
collegata all’interazione tra esso, la Rampa di Lancio e il
Nucleo Progenitore,
raggiunse Angers. Arrivato al suo fianco, le posò una mano
sulla spalle e si
chinò a sfiorarle la tempia con un bacio.
“Immagino che il consiglio ti abbia
lasciato libero solo
temporaneamente.”
“Immagini bene. Vogliono parlare
direttamente con uno di loro.
Sono venuto anche per quello.”
Angers gli strinse la mano che era sulla spalla e
chinò la testa
di lato. Clarky seguì il movimento e il suo sguardo si
posò finalmente su Dan.
L’amico di un tempo, la testa calda che era riuscito a
trascinarlo a diventare
un Maestro della Luce era fermo contro una delle finestre. Doveva
essere
rimasto in disparte tutto quel tempo.
Come avrebbe reagito lui a ritrovarsi in un mondo
di cui non ricordava
nulla? Nessun amico, nessun luogo, nessuna persona amata.
“Va da lui,”
sussurrò dolcemente Angers.
Clarky le rivolse un sorriso e riprese a camminare.
Dan si accorse
delle sue intenzioni e lo incontrò a metà strada,
la mano tesa verso di lui.
“Tu devi essere il Guerriero Giallo,
Clarky Ray.”
Si sentì stupido a illudersi in quel
modo, ma cercò nello sguardo
del Guerriero Rosso il più piccolo segnale di
riconoscimento. Ma lo sguardo
rimase neutro, l’espressione amichevole ma distaccata.
“Esatto.”
E gli strinse la mano. Dan ricambiò
subito la stretta.
“So che non ti ricordi di me, ma sono
davvero felice di
rivederti.”
“Non sei il primo a dirmelo,”
replicò Dan strofinandosi i capelli
della nuca.
Clarky non smise di sorridere ma, in
un certo senso, era come rivivere gli istanti di otto anni prima di
nuovo.
“Sicura che non ti dispiacerà
non scegliere le carte in prima
persona?”
Avevano lasciato gli altri pochi minuti prima,
mentre si
dirigevano verso una delle aree computer da cui avrebbero potuto
accedere all’archivio
delle carte.
Mai, mani incrociate dietro alla schiena e sguardo
assorto, emise
un verso di diniego. Poi, inclinò la testa verso di lui.
“Kenzo vorrà sicuramente
parlare il più possibile con Stella. E
sarebbe stato crudele chiedere a Hideto di non guardare le
carte,” rise
tornando a guardare avanti. “In più, conosce il
mio stile di gioco forse quasi
meglio di me. Mi fido che sceglierà le carte
migliori.”
Non nominò neppure Dan, ma non ce
n’era bisogno. Sapevano entrambi
che il Guerriero Rosso non avrebbe mai potuto assumersi quel ruolo
nella sua
situazione. E, dopotutto, Mai aveva ben dimostrato a Gran RoRo e otto
anni
prima di saper perfettamente gestire l’essere messa sotto i
riflettori.
“Non dovrebbe volerci molto. Io e Barone
siamo riusciti a
convincere il consiglio che non sia necessaria tutta la pompa magna. Ci
saremo
solo io, Barone, Kazan, le cariche principali dell’HUMAA e la
regina Gilfam, in
collegamento da Nova Octo.”
La sala riunioni non era molto lontana, ma il
silenzio amplificava
le distanze. In quel momento, non c’era il tempo per tutte le
domande, per
tutto quello che Clarky avrebbe voluto sapere. E, senza che lui potesse
impedirlo, la sua mente tornava all’estraneità
negli occhi di Dan.
“Com’è
stato?”
Mai non si voltò neppure verso di lui.
“Strano. Diverso da quello che avrei mai
sperato. Sembra così
tanto lui, ma…”
Si fermò prima di poter continuare. I
loro passi risuonavano nel
corridoio. La Guerriera Viola si strinse le braccia al corpo.
“Ma non lo è. Non
ancora.”
E si fermò, lo sguardo basso, gli occhi
nascosti dalle ciocche di
capelli.
“Pensi che abbiamo sbagliato?
È da quel giorno che continuo a
chiedermi se non abbiamo fatto un errore. E se Dan non
ricorderà più nulla? Se
diventerà una persona diversa dal Dan che conoscevamo? Se ci
odierà per averlo
riportato indietro? Ho cercato di nasconderlo agli altri, non voglio
farli
preoccupare, ma temo pensino la stessa cosa.”
Clarky la obbligò a voltarsi e le
posò le mani sulle spalle.
Represse velocemente un moto di stizza nei propri confronti: nessuno
dei suoi
amici era un bambino, ma sentiva comunque l’irrefrenabile
bisogno di prendersi
cura di loro. E mancavano ancora quattro mesi. Angers lo avrebbe preso
in giro
per tutta la vita.
“Mai, sono certo che avrei fatto la
stessa cosa. Tutti noi
l’avremmo fatto. Vedrai che pian piano sarà tutto
più semplice.”
Lei abbozzò un timido sorriso. Ripresero
a camminare. “Lo spero.
Dovevi vederci questa mattina. Avrei voluto sprofondare. Eravamo tipo
uh? Mh?
Eh? Ciao?” Scoppiò a ridere, una risata amara.
“Così imbarazzante. Non avevamo
idea di come comportarci.”
Clarky le strinse delicatamente una spalla
un’ultima volta e fece
un cenno con la testa verso la porta a pochi metri da loro.
“Siamo arrivati.”
Avanzò superandola di alcuni passi, ma
Mai gli afferrò un braccio.
“Clarky. Ho bisogno di parlare con te e
Kazan, in privato. È
importante, per favore.”
L’incertezza di poco prima era evaporata
dal suo volto e dalla sua
voce. Davanti a lui c’era di nuovo Shinomiya Mai, la
Guerriera Viola.
“Ok.”
Ottenere ancora un paio di minuti non fu troppo
difficile e,
Clarky ne era sicuro, il merito doveva essere soprattutto di Barone.
Kazan uscì
dalla sala e ridusse i convenevoli a un rapido cenno del capo. Era
sempre stato
un uomo pratico.
“Shinomiya, il vostro arrivo è
stata un’inaspettata ma piacevole
sorpresa. Barone li sta tenendo buoni, ma non possiamo trattenerci a
lungo.
Qual è la questione?”
Mai alternò lo sguardo tra loro due,
giocherellando con una ciocca
di capelli. Poi, inspirò.
“Riguarda Yuuki.”
E, per la seconda volta in quelle paio
d’ore dall’arrivo dei
Maestri della Luce, i pensieri nella testa di Clarky si arrestarono.
Deglutì e
si voltò verso Mai, che lo fissava a testa alta e senza far
nulla per stroncare
sul nascere l’assurda illusione che si stava formando nella
sua testa. Non
poteva essere possibile. Avevano riportato indietro Dan.
Non poteva essere successo anche quello: sarebbe
stato troppo
bello.
Le loro vittorie avevano sempre avuto un prezzo da
pagare.
“Mai non…”
E lei sorrise e avanzò, allungando la
mano per stringere la sua.
Il corridoio sembrava allo stesso tempo enorme e soffocante. Il
silenzio
scioccato di Kazan era quasi confortante.
“È vivo. Lo è
sempre stato. Quando noi lo credevamo morto, ci sono
state delle persone che lo hanno protetto e nascosto.”
Era tutto così assurdo. Poche ore prima,
la sua più grande
preoccupazione era la crescente attività di Cardinal Sign e
di Ascendant. Mai
avrebbe potuto immaginare che i suoi amici arrivassero e stravolgessero
tutto
di nuovo.
Kazan deglutì e portò le mani
dietro alla schiena. Clarky fu certo
di vederle tremare.
“Ma come? E perché
non…”
“Era in coma. Per più di un
anno. Ma ora è con noi, a Gran RoRo. È
stato con noi per tre anni. Sta bene.”
Clarky scoppiò a ridere e
abbracciò di slancio la Guerriera Viola.
Di quel passo, avrebbe cominciato a credere di star sognando.
“È tutto vero,
Clarky.”
Annuì contro la sua spalla e chiuse gli
occhi. Clarky si dovette
sforzare di non far cadere le lacrime, che già alla notizia
di Dan si erano
accumulate dietro le sue palpebre. E per fortuna che doveva essere
Angers a
dover gestire gli sbalzi ormonali.
“Perdonate l’interruzione, ma
sarebbe meglio che entriate.”
Clarky si staccò da Mai,
inspirò e, quando si voltò verso il
Mazoku, aveva ripreso il controllo di sé. Quegli anni
all’HUMAA e tra i
politici gli erano stati utili almeno per quello. Lo raggiunse e,
passando, gli
diede una pacca sulla spalla.
“Hai ragione, Barone. Meglio non far
scaldare gli animi politici.”
Kazan lo seguì a ruota e, prima di
entrare, Clarky scambiò con lui
uno sguardo d’intesa. In un certo senso, capiva che cosa
stesse provando il
comandante. Aveva sempre sospettato che, in fondo, avesse sempre
considerato
Yuuki come un figlio.
Gettando uno sguardo alle sue spalle, vide Mai
affiancarsi a
Barone.
“È bello rivederti
Barone.”
Clarky si sedette, tenendo lo sguardo fisso sul
tavolo. I sensi di
colpa stavano tornando a costringergli lo stomaco. Era stata sua la
proposta di
celare ai Maestri della Luce la reale situazione in cui si trovavano.
Barone lo
aveva appoggiato senza esitazione, anche se non era stato tenuto a
farlo, anche
se aveva letto negli occhi la sua disapprovazione.
E gli aveva permesso il lusso di riunirsi con i
loro amici lontano
dai loro ruoli, offrendosi di restare in sala riunioni.
“Il vostro arrivo porta sempre molti
cambiamenti.”
Poi, sentì la porta chiudersi e i due si
sedettero alla sua
destra. La regina Gilfam posò il suo sguardo su di lui,
impassibile e
imperscrutabile, per poi rivolgere un sorriso compiaciuto a Mai.
“Viole Mai, quale piacere
rivedervi.” La Mazoku posò il mento sul
dorso della mano. Le lunghe unghie sfiorarono il tavolo dietro cui era
seduta.
“Comincio a credere che, nonostante tutto, siamo riusciti a
sottovalutare voi
Maestri della Luce. Riportare indietro Bashin non è
un’impresa da poco.”
Clarky vide Mai arretrare impercettibilmente contro
lo schienale,
gli occhi appena spalancati. La regina sembrava sapere più
di quanto avesse
fatto credere sul salvataggio di Dan. L’ex-Guerriero Giallo
abbozzò un sorriso:
Gilfam riusciva sempre a sorprenderli su quanto conoscesse sul mondo
che i
Mazoku terrestri avevano abbandonato da secoli.
“Shinomiya Mai,”
proseguì la Presidentessa Aarel. La Mazoku
insieme alla collega si trovava ora dalla parte opposta del tavolo e la
distanza da loro, ora che molti dei presenti avevano lasciato la sala
per
quell’interludio, sembrava enorme. Clarky si stupiva ogni
volta, anche dopo
tutto quel tempo, di quanto fosse ormai abituato a trovarsi in sale
affollate.
“Penso di parlare a nome di tutti nel
consiglio nel dirle che è un
onore fare la vostra conoscenza. Il vostro contributo
nell’evacuazione di Octo
di otto anni fa è e sarà sempre fonte di grande
ispirazione per l’HUMAA.”
“Sono lusingata,”
replicò Mai con voce ferma. Ma Clarky vedeva
l’orgoglio brillare nei suoi occhi. “Aiutai i
Mazoku perché era la cosa giusta
da fare, ma sono davvero felice di aver contribuito alla pace tra umani
e
Mazoku.”
La Presidentessa Yoon annuì e
intrecciò le mani davanti a lei.
“Se possibile, vorremo che ci racconti
nel maggior dettaglio possibile come avete riportato tra noi il
Guerriero Rosso
e quale motivo vi ha spinti a tornare nel futuro.”
Lasciata la sala riunione alle loro
spalle, Mai si lasciò guidare da Clarky lungo i corridoi
dell’edificio,
contenta di poter ascoltare dopo tanto tempo l’amico. Ogni
pochi passi, Clarky
le indicava qualcosa oltre le vetrate, un edificio già
ricostruito e quali
fossero i lavori svolti, un monumento in corso di restauro, un giardino
i cui alberi
erano finalmente riusciti a dare i primi frutti. Ogni volta
accompagnandolo da
un aneddoto divertente.
La rendeva appagata e orgogliosa,
rasserenando finalmente una piccola parte dei suoi pensieri: era
meraviglioso
vederlo così a suo agio, così inserito. Come
aveva notato durante la riunione,
Clarky sembrava essere nato per essere lì, per fare quello
che faceva. Per
nulla scoraggiato dalle tante strutture crollate ancora con le travi
rivolte al
cielo, monconi di palazzi che non erano ancora stati ricostruiti.
“Sembra non finire mai, vero?
C’è
sempre qualcos’altro da ricostruire.”
“Che vuoi, gli edifici non sono le
uniche ferite da far rimarginare dopo secoli.”
E ovunque passavano, c’era sempre
qualcuno che incrociavano. Tutti, umani e Mazoku, salutavano Clarky.
Anche
quelli impegnati a parlare, si interrompevano per fare un breve cenno
verso di
lui.
Ogni passo che facevano erodevano la
vana illusione a cui una parte di lei si aveva continuato ad
aggrapparsi.
Clarky non era più solo il Guerriero Giallo. Non sarebbe
tornato con loro. Non
poteva tornare con loro.
Quella consapevolezza non la abbandonò
neppure quando raggiunsero uno dei giardini che Clarky le aveva
indicato. E
neppure a lui passò inosservato il suo cambio di umore, il
suo sorriso un po’
più spento. Non appena si sedettero, le posò una
mano sul braccio.
“C’è qualcosa che
non va, Mai?”
La Guerriera Viola soffiò con
più
forza del solito l’aria dalle narici e strinse le dita sul
bordo della
panchina.
“È stupido, perché
lo sapevo già. Ma una
piccola parte ha sperato fino all’ultimo che tu saresti
tornato.”
Mai spostò lo sguardo sul volto
dell’amico e, nei suoi occhi, vide un velo di tristezza,
forse un vago senso di
colpa, ma anche la conferma.
“Ma va bene. Questa è casa
tua. La tua
famiglia.”
Clarky si voltò verso il cielo azzurro
contro cui si stagliavano i grattacieli di Tokyo. Spostò la
mano dal suo
braccio e si inclinò in avanti, posando i gomiti sulle
ginocchia, il suo
sguardo lontano e malinconico.
“Mi mancate. Ogni giorno. Voi, i miei
genitori, Andrew. Anche la vecchia Tokyo mi manca.”
Abbozzò una risata e tornò a
drizzare
la schiena. “Ma è vero, il mio posto è
qui. È dove sento di dover essere.
Andarmene, non lo so, lo sentirei come una fuga, come un arrendersi per
prendere la strada più semplice.”
Mai sorrise e si avvicinò contro lui,
posando la testa sulla sua spalla.
“Stai davvero definendo venire a Gran
RoRo con noi la strada semplice?
Devo
cominciare a preoccuparmi. 25 anni e già sei senile?
Povera Angers!”
Clarky scoppiò a ridere e la Guerriera
Viola si aggiunse subito. E tutto sembrò tornare a come era
prima della
separazione, due amici che erano sulla stessa onda e che sapevano
apprezzare un
buon gossip.
“Allora, Capitano Clarky Ray, credo tu
mi debba diversi arretrati di notizie.”
“Avresti dovuto avvisarmi che volevi
il resoconto completo, così mi preparavo.”
Mai alzò gli occhi al cielo e lo
colpì
giocosamente con la spalla. “Che ne so, potresti cominciare
con il tuo
matrimonio. O che stai per diventare padre!”
“Gelosa?”
“No,” replicò la
ragazza ghignando.
“Estremamente offesa. Dovevo essere la tua damigella e fare
il discorso al
pranzo! Tu non sai quanti aneddoti avrei potuto tramandare ai posteri
grazie a
tua madre.”
Sul volto del Guerriero Giallo apparve
una smorfia di orrore. “Perché hai parlato della
mia infanzia con mia madre?”
Mai sbuffò e si posò contro
lo
schienale. “Danni collaterali. In realtà stavo
accumulando materiale su Andrew.
È quasi un anno che sto cercando di fare sposare quei due!
Lo sai quante volte
ho dovuto modificare il loro video?”
E allargò le dita di entrambe le mani,
una volta e una volta, e ancora e ancora, finché Clarky ne
ebbe abbastanza e
gliele afferrò per impedirle di continuare. Era difficile
non scoppiare a
ridere di nuovo.
“Kaoru cosa ne pensa del tuo
impicciarti nella sua vita sentimentale?”
“Per favore, io e te avevamo capito
che erano perfetti l’uno per l’altro mesi
prima di loro. E sei riuscito a sposarti prima tu!”
“In difesa dei nostri fratelli, sono
passati molti più anni.”
“Nessuna intenzione di farli aspettare
tanto.”
I due incrociarono gli sguardi
facendosi improvvisamente seri. “Vecchie
pettegole.”
E scoppiarono a ridere come matti,
quasi piegandosi in due e abbrancandosi l’uno
sull’altra per evitare di finire
giù dalla panchina. Dal giorno in cui Hideto, tanti anni
prima, li aveva
apostrofati in quel modo, ne avevano fatto un vanto.
Mai passò le dita sugli occhi per
togliere le lacrime. Le aiuole e i fiori tornarono a prendere contorno,
non più
chiazze colorate sfocate.
“No, sul serio. Se hai qualcosa che
vuoi che aggiunga nel discorso per il loro matrimonio, riferisci pure.
Sono
sicura che Andrew ne sarà felicissimo.”
Clarky le lanciò un’occhiata
scettica
tentando di frenare l’ennesimo scroscio di risate.
“Lo immagino.”
“Lo sai che faccia farà quando
gli
racconterò che tu ti sei sposato per primo? Non che non
facessi il tifo per
voi, ma credevo avreste aspettato ancora un po’. Sposati e
con pargolo in
arrivo… anche se conoscendovi…”
L’ilarità evaporò
dal volto di Clarky,
una strana occorrenza che Mai aveva notato più volte da
quando era rimasta sola
con lui. Tutto ad un tratto, bastava una parola, un riferimento alla
situazione
della ricostruzione o ai rapporti umani e Mazoku, e sul suo volto
appariva
un’ombra, qualcosa che non riusciva a spiegarsi e che non
rimaneva mai
abbastanza per determinarne la causa.
“È semplicemente successo.
Giorno dopo
giorno siamo scivolati in una routine sempre più familiare
finché ci è sembrato
naturale fare l’ultimo passo.”
“Carpe
diem. Non si sa mai quando l’ennesima catastrofe
piomberà su di noi, vero?”
Il sorriso di Clarky fu strano,
divertito ma allo stesso tempo tirato. “Mmn, una cosa
così.”
Un gruppo di umani e Mazoku li superò.
Tutti salutarono il Guerriero Giallo e alcuni di loro diedero
l’impressione di
riconoscere anche Mai. I due li guardarono allontanarsi verso uno degli
edifici
che circondavano il giardino.
“Comunque è stata Flora ha
occupare il
tuo posto.”
“Flora ha fatto da damigella
d’onore?”
Mai si posò contro lo schienale,
piegando il braccio posato su di esso e reclinandovisi sopra la testa.
“Non puoi immaginare. Flora e Angers
sono diventate praticamente amiche del cuore. Qualche volta,
è inquietante a
pensarci.”
E rabbrividì in modo fin troppo
accentuato. Mai roteò gli occhi e lo colpì sul
braccio con il dorso della mano.
“Flora e Angers?”
Clarky annuì e portò un
braccio oltre
lo schienale, lo sguardo lontano e un ghigno sulle labbra.
“Loro dicono che è iniziato
con un
diario. Quello che so è che ad un certo punto Flora ha
lanciato contro Zolder
un libro centrandolo in piena fronte. Per la settimana successiva, lei
alternava tra ripetere che se l’era meritato e sentirsi in
colpa per averlo
fatto. Lui invece tra inveire contro di lei e mostrarsi colpito dalla
sua
mira?”
Mai si portò una mano alla bocca,
riducendo la nuova risata in uno sbuffo appena attutito. In un certo
senso, era
rincuorante avere anche da Clarky la conferma che almeno Zolder e Flora
fossero
rimasti quelli che avevano conosciuto. Non che fosse in grado di
determinare se
fosse un bene oppure no.
“Ma pensi che abbiano ricordato? Sono
otto anni, possibile che non ne abbiano idea?”
“Loro fanno gli gnorri. Credo che solo
Angers sappia la verità. Passano interi pomeriggi insieme
quando Flora è a
Tokyo.”
Mai lo guardò con un sopracciglio
alzato. Clarky si abbassò verso di lei, il tono di voce
cospiratorio.
“Facciamo tutti finta di crederci, ma
in realtà sono anni che vanno avanti scommesse dietro alla
loro schiena.”
La Guerriera Viola quasi squittì e
saltò su, agitando le mani. “Cieli, pensi stiano
assieme?”
Clarky si picchiettò il naso.
“Ne sono
praticamente convinto, io ho fiuto per certe cose. E certi sguardi che
si
lanciano ogni tanto non sono sguardi tra amici,
fidati”
Lo afferrò sul braccio, trascinandolo
ancora di più verso di lei. “Devi dirmi ogni
cosa!”
Hideto, se li avesse sentiti, avrebbe
alzato gli occhi al cielo e borbottato qualcosa sulla loro passione di
impicciarsi dei fatti altrui. Per poi aggiungere la sua scommessa.
SPAZIO
AUTRICE:
Salve a
tutti! Miracolosamente anche questa volta sono in orario. In effetti,
da un
paio di settimane qui da me imperversa la pioggia. Coincidenze?
Con questo
capitolo siamo tornati nel futuro, con Clarky come
“quasi” assoluto
protagonista. La parte finale del capitolo, con i nostri cari vecchi
pettegoli,
è stato in assoluto una delle parti che mi è
piaciuto scrivere di più. Ridevo
come una stupida da sola, quindi spero che sarà lo stesso
per voi.
E ci sono
nuove carte, nuove in tutti i sensi. Dopo i Charge
e i Rush,
hanno fatto la loro entrata in scena anche gli Imagine Brave
che come
spiegato nella storia (molto succintamente) sono dei brave speciali che
permettono di fare brave contemporaneamente con due spirit, dando loro
un
effetto diverso in base al lato (dx o sx) su cui si è fatto
Brave.
E ha fatto
il suo debutto una delle prime fan card create da me e mio fratello! I Brave
Rinati sono una sorta di remake delle Reverse Zodiac Braves
ufficiali che
però erano legate alla meccanica Ultimate e che avevano
fatto la loro comparsa
in Battle Spirits Saikyo Ginga Ultimate Zero. I nostri 12 Brave sono
quindi ispirati
a loro e ai 12 Brave dello Zodiaco. Man mano scopriremo i loro effetti:
spero
vi piaceranno!
Grazie a
tutti quelli che recensiscono e un grazie speciale a ShawnSpenstar che
ogni
settimana mi lascia puntualmente una meravigliosa recensione!
Niente altro da aggiungere.
Per
qualunque cosa, dubbio e commento, io sono qui e se volete potete
lasciarmi una
recensione per dirmi cosa ne pensate.
A presto,
HikariMoon
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
CAPITOLO
5
Hideto
si lasciò trascinare lungo
il corridoio da Plym, faticando a trattenere una risata. Non si era
aspettato
un simile entusiasmo, quando aveva accettato senza troppo pensarci la
proposta
di Yus di mostrargli la sua vecchia moto. Si era sempre chiesto se Yus
avesse
mai avuto l’occasione di seguire il suo consiglio: quella era
un’occasione
ideale per scoprirlo.
E
Plym si era mostrata più
elettrizzata di loro due messi assieme. Angers aveva ridacchiato
guardandoli
uscire.
Non
aveva neppure avuto occasione
di parlare, tanto di corsa stavano raggiungendo l’hangar. Ma
era bello vedere
che nessuno dei due era davvero cambiato, anche se entrambi ormai erano
più
grandi anche di lui. Ogni volta che ci ripensava, Hideto si ritrovava a
trattenere le risate. Ogni volta che li guardava, si ritrovava a
sbattere le
palpebre perché si era aspettato per l’ennesima
volta di rivedere i ragazzini
di un tempo.
Anche
il futuro era andato avanti,
come Gran RoRo e come loro.
Di
fronte alla porta dell’hangar,
Hideto rabbuiò: chi o cosa ognuno di loro aveva lasciato
indietro?
Plym
lo trascinò in avanti,
cogliendolo quasi alla sprovvista.
“Guarda
in che stato si trova!”
L’entusiasmo di Plym si era trasformato in un tono
battagliero e oltraggiato.
“Diglielo tu a Yus che anche tu vorresti che venga sistemata
e migliorata! Non
ha bisogno di restare alle caratteristiche di otto anni fa!”
Yus
borbottò qualcosa e si coprì
la faccia con le mani. “Era per questo che correvi
tanto?”
Plym
gli lasciò finalmente il
polso e affiancò la moto, indicando in modo esasperato prima
il monitor,
secondo lei troppo datato, poi i graffi sulla vernice e le ammaccature
sulla
copertura.
“Ho
cercato di rovinarla il meno
possibile e ho permesso a Plym solo di effettuare manutenzione e
riparazione di
pezzi guasti.” Yus arretrò vicino al tavolo di
lavoro, pieno di attrezzi,
tavolette digitali e appunti attaccati in ogni angolo. “Non
volevo privarla del
suo significato.”
La
ragazza assottigliò gli occhi e
spalancò la bocca per difendere la sua posizione, ma si
fermò non appena vide
Hideto avvicinarsi.
Il
Guerriero Blu affiancò la moto
e ne sfiorò la superficie lucida, l’usura del
tempo non faceva che aumentarne
il suo fascino. Era emozionante ritrovarla. Aveva vissuto tante
avventure sulla
sua sella. Avventure che lo avevano aiutato a ritrovare e scoprire
sé stesso.
Senza pensarci, si sedette afferrando il manubrio. Voleva tanto
accendere il
motore. Chiuse gli occhi e si ritrovò a desiderare la
carezza del vento sul
viso, il ruvido della sabbia contro la pelle.
“Perché
non la porti con te a Gran
RoRo?”
Hideto
sbatté le palpebre e si
voltò verso Yus, posato contro il tavolo a braccia conserte.
Plym era seduta
accanto a lui, con le gambe che penzolavano dal bancone. Entrambi
sorridevano.
Il Guerriero Blu deglutì.
“Non
so se-”
“Perché
no, Suzuri?”
Yus
scattò sull’attenti e Plym
saltò giù dal bancone. Kazan li raggiunse e gli
rivolse un sorriso bonario.
“Il
reparto meccanico te ne
sarebbe grato. A causa dei loro battibecchi credo che più di
qualcuno abbia
fatto domanda di trasferimento a un’altra base.”
“Non
anche lei, comandante!”
Hideto
e Yus si scambiarono uno
sguardo complice. Plym era fantastica, ma qualche volta tendeva a
esagerare un
tantino troppo con quelli che chiamava upgrade.
Alla
fine, però, Plym si fece
concedere la possibilità di fare una revisione completa.
Secondo lei, non
poteva mandarlo a Gran RoRo senza un meccanico di cui si fidasse e con
un mezzo
difettoso. Hideto aveva acconsentito distrattamente: dopotutto, la cosa
più
importante era che la sua moto sarebbe tornata con lui.
Plym
e Yus si sistemarono al
bancone, dove lei aprì schemi e progetti e
cominciò a elencare i punti in cui
avrebbe potuto apportare le sistemazioni. Yus serviva soprattutto a
tenerla a
freno.
“Questo
è per voi, comandante:
l’elenco delle carte.”
Hideto
passò a Kazan il tablet che
gli aveva prestato Angers. “Spero che diate l’ok,
anche perché altrimenti
dovrete trovare qualcuno che spulci tra le pile per trovare le carte da
togliere.”
L’uomo
alzò un sopracciglio e
iniziò a sfogliare l’inventario. Dopo un attimo,
allontanò il dito dallo
schermo e tornò a guardare il Guerriero Blu.
“Per
caso è stata compilata la
lista delle carte che non hai scelto?”
Hideto
ghignò.
“Mi
conoscete troppo bene,
Comandante Kazan! È il secondo file, ma per quello dovete
ringraziare Angers:
l’idea è stata sua.” E tornò
a concentrarsi sulla moto.
Kazan
riprese a sfogliare la ben
più corta lista delle carte scartate e, prima di rendersene
conto, si ritrovò a
chiedersi quale fosse il ragionamento dietro all’esclusione
di un paio di
dozzine di carte. Antipatia? Caso? Poi trasalì e
ricontò il numero di carte escluse.
Su tutto l’archivio, il Guerriero Blu aveva scartato 47 carte.
Sarebbe
stato interessante
spiegarlo al consiglio.
“Lo
sa, pensandoci lei e Yuuki vi
assomigliate molto.”
Kazan
si fermò con il dito a
mezz’aria, alzando bruscamente lo sguardo sul volto
sorridente di Hideto.
“Non
vorrei sbagliarmi,” riprese
accavallando una gamba e protendendosi in avanti, “ma
immagino che il Gossip
Duo si sia riformato. Cavolo, è meglio di vecchie
pettegole. Questo me lo
devo ricordare.”
Il
comandante lo fissò stralunato,
realizzando solo dopo imbarazzanti lunghi secondi che si stesse
riferendo a
Shinomiya Mai e al Capitano Clarky Ray.
“Cosa
stavo dicendo? Ah, sì.
Barone immagino avrà voluto rivedere Dan di persona. E
arriviamo a lei.
Scommetto tutte le carte della lista,” e puntò un
dito verso il tablet, “che
avreste voluto chiedere a Mai un sacco di cose su Yuuki. O anche
rivedere di
persona Dan.”
Kazan
incrociò le braccia dietro
alla schiena. “Non capisco a cosa tu voglia
arrivare.”
“Che
lei è qui per controllare le
carte, magari è anche passato a vedere che Kenzo e la
dottoressa Stella non si
stiano sbranando. Ha scelto il dovere, come Yuuki. Anche lui sarebbe
potuto venire,
ma ha scelto di andare sulla Terra a cercare un possibile Maestro della
Luce e
dare a noi la possibilità di rivedere tutti voi.”
Non
era facile poter replicare a
una così accurata descrizione della realtà.
Qualche
volta si dimenticava di
quanto percettivo fosse diventato il Guerriero Blu. Abilità
che non sembrava
essere stata scalfita dagli anni lontano dal ruolo di Maestro della
Luce.
“Faccio
solo il mio dovere.”
Era
quello che aveva sempre fatto,
era diventata la sua seconda natura.
Quando
la Terra stava morendo, aveva
sacrificato senza battere ciglio i pochi tenui legami di
quell’epoca inquinata
e aveva attraversato il varco per Gran RoRo senza voltarsi indietro.
Quando
era arrivato il momento di
tornare in un futuro ignoto, non aveva esitato. Era stata la sua
missione fin
dall’inizio, non aveva tempo per fermarsi troppo a pensare.
Quando
la nuova Terra aveva avuto
bisogno di un leader contro i Mazoku, qualcuno che prendesse le redini
al posto
del Comandante Grave, non si era tirato indietro.
Quando
erano arrivati i Maestri
della Luce, spezzati, confusi, così giovani, aveva messo da
parte tutto quello
che non sarebbe servito ad aiutare la sopravvivenza
dell’umanità. La morte di
Lord Yuuki era nel passato, o almeno così poteva illudersi.
Anche
dopo, quando Clarky e Barone avevano preso le redini e
lui si era fatto da parte, aveva continuato a fare quello che era il
suo
dovere.
“Ho
un sacco di foto. E anche un
sacco di aneddoti. Siamo diventati grandi amici, io e Yuuki. Anche solo
per
sopravvivere ai lunghi pomeriggi in cui Mai e Kenzo
s’inoltravano nel loro
mondo di super cervelloni.”
Kazan
abbozzò un sorriso e, alla
fine, si concesse di rilassarsi. “Mi farebbe molto
piacere.”
Hideto
si limitò a un piccolo
ghigno di vittoria e pescò il proprio cellulare, un modello
talmente datato per
gli standard di quell’epoca che fece quasi aggrottare la
fronte a Kazan.
La
prima foto che gli mostrò
doveva anche essere una delle ultime. Lord Yuuki era di fianco e stava
parlando
con Magisa. Non sembrava essersi accorto dello scatoo.
“Non
gli abbiamo mai detto di Flora e Zolder. Lui fa sempre
l’indifferente, ma sono
sicuro che sono tre anni che si arrovella su che cosa possa esserci di
così
terribile da doverglielo nascondere. Immagino fosse il secondo motivo
per cui
sarebbe venuto, oltre a rivedere lei.”
Stella
aveva dimenticato la foga,
l’entusiasmo e la curiosità che Kenzo era in grado
di dimostrare. Le aveva
sempre fatto ricordare un’altra bambina, che guardava nel
televisore gli
attacchi dei Mazoku e apriva i libri determinata a fare la differenza.
Forse
era anche per quello che lo
aveva preso sotto la sua ala.
Forse
era anche per quello che si
divertiva a prenderlo in giro.
Ed
era per quello che avrebbe
ammesso solo a sé stessa d’aver sentito la sua
mancanza.
“Impressionante,
vero?”
Accentuò
l’orgoglio nella sua voce, un po’ perché
non riusciva a evitarlo, un po’ perché
si divertiva a punzecchiarlo. Kenzo, però, non distolse
neppure lo sguardo
dallo schermo, continuando a spostarsi da una relazione
all’altra.
“Davvero.”
La
donna si sporse sopra la sua spalla e sbirciò
l’articolo su cui si era fermato.
Riguardava gli ulteriori sviluppi sulla differente evoluzione di umani
e
Mazoku, che lei e Kenzo avevano iniziato otto anni prima. Era pronta a
scommettere che non avrebbe dato solo un’occhiata veloce.
“Se
vuoi, puoi scaricare e portarti via le pubblicazioni che preferisci. Il
Comandante Kazan ha confermato il permesso del consiglio.”
Kenzo
interruppe la lettura e si voltò di scatto verso di lei, con
tanto di sedia che
ruotò con lui.
“Posso
davvero?”
Qualche
volta, guardare Kenzo le dava impressione di guardarsi allo specchio.
“Scorri
l’elenco e prendi quello che vuoi.”
Ovviamente,
la lista comprendeva solo le pubblicazioni e gli studi che era
autorizzata a
mostrargli. Non che quello fosse un dettaglio di cui lui avesse bisogno
di
venire a conoscenza.
Kenzo
non se lo fece ripetere due volte. Stella si allontanò verso
la seconda
scrivania, mettendosi a sistemare le pile di fogli.
“Cerca
solo di non sfruttarli per avere un vantaggio sui colleghi della tua
epoca.
Rischieresti di cambiare troppo il futuro!”
L’unica
risposta fu un mezzo mugugno. La donna ghignò e scosse la
testa, mettendosi a
contare nella sua testa. Si sentiva stupida a sentirsi così
nervosa ed eccitata
per una cosa talmente insignificante.
“Non
sono così falso. Li userei al massimo come
ispiraz-”
La
voce
di Kenzo si spense. Era arrivata a cinque. Stella inspirò,
posò il plico di
fogli che aveva in mano e tornò a guardarlo. Il Guerriero
Verde era immobile a
fissare lo schermo del computer, con gli occhi sgranati e il dito a
mezz’aria a
puntare a qualcosa sullo schermo. Aprì e chiuse la bocca un
paio di volte. Poi,
deglutì e incrociò il suo sguardo. Aveva gli
occhi lucidi.
“Qui.”
Stella
incrociò le braccia e scrollò le spalle.
“Non dovresti sorprenderti. Molte
delle prime pubblicazioni sono basate su tutti i nostri studi. Non
credo che
nella tua epoca fosse tanto diverso.”
Kenzo
spostò nuovamente lo sguardo sullo schermo, abbassando
lentamente la mano.
“Qui
c’è il mio nome.”
E
saltò
giù dalla sedia più velocemente di quanto lei
avrebbe impiegato a pensare una
nuova frecciatina. Le corse incontro e quasi si schiantò
contro di lei,
facendole perdere il respiro. Stella allargò le braccia, un
po’ per sorpresa un
per non cadere, e sgranò gli occhi.
Il
laboratorio divenne improvvisamente troppo silenzioso, troppo piccolo.
Stella
cercò attorno a sé un aiuto, poi si
ricordò che erano rimasti da soli. Non era
quello che si era aspettata. Kenzo non avrebbe dovuto reagire in quel
mondo nel
vedere Hyoudo K. inserito tra gli autori di una
dozzina di
pubblicazioni. Dopotutto, doveva averlo immaginato. Avevano portato
avanti insieme
quegli studi. Avevano buttato giù le bozze, ne avevano anche
cominciato a
scrivere un paio nel mese antecedente la loro partenza.
Non
poteva non saperlo.
La
dottoressa inspirò e abbassò lo sguardo sul
ragazzo che ora la stava
abbracciando, con la testa schiacciata contro la sua spalla. Senza
mostrare
alcuna intenzione di volerla lasciare.
Dov’era
il Capitano Clarky quando serviva? O Angers. O chiunque.
Non
aveva la più pallida idea di come gestire un adolescente. La
loro
rivalità-amicizia aveva funzionato perché Kenzo
si era sempre comportato come
uno suo collega. Si era sempre chiesta come diamine avesse fatto a
consolarlo
quel lontano pomeriggio, pochi giorni dopo la scomparsa di Dan.
“Grazie.”
Gli
ingranaggi nella sua testa si arrestarono così bruscamente
che si sorprese non
si fosse sentito il rumore fuori dal suo cranio. Ma qualcosa
cliccò e,
finalmente, realizzò la causa di quella reazione. Ricordava
ancora i vaghi
accenni, i mozziconi di discorsi con cui Kenzo e gli altri avevano
raccontato
quanto successo loro dopo Gran RoRo e prima del futuro.
Nessuno
dei loro sforzi era mai stato apprezzato.
Stella
abbozzò un sorriso e, lentamente, ricambiò
l’abbraccio stringendolo a sé, come
otto anni prima. Il silenzio nel laboratorio non sembrava
più così pesante,
nonostante tutto quello che aveva dovuto ommettergli. E il tenue ronzio
dei
computer riusciva quasi a cullarla.
“Ora
non montarti la testa, però, Renzò.”
Kenzo
sbuffò contro la sua spalla e rise sommessamente.
“Mi chiamo Kenzo.”
Quando
la porta si aprì, Barone
trovò una stanza molto meno affollata di quanto si fosse
aspettato. Di tutti
quelli che si erano avviati lì prima della riunione, erano
rimasti soltanto
Angers e Dan. Lei era seduta sul divano ed era concentrata sullo
schermo del
suo portatile, lui invece davanti una delle due postazioni che
sfogliava
l’archivio di carte.
La
postazione accanto alla sua, quella
su cui ci sarebbe dovuto essere seduto Hideto, era vuota e
l’unica traccia del
ragazzo erano pile e pile di carte che riempivano l’intero
tavolo.
Barone
tornò a voltarsi verso
Angers e incrociò il suo sguardo.
“Barone.”
Il
Mazoku si avvicinò alla donna,
lanciando un’occhiata alla schiena di Dan. “Dove
sono gli altri? Hideto non
doveva selezionare le carte?”
La
donna ridacchiò. “Oh, ma l’ha
già fatto.”
Barone
ruotò verso la postazione
di comando. Le pile erano così tante che sembrava un
miracolo che fossero
ancora tutte in piedi.
“Credo
che abbia scelto almeno la
metà del nostro archivio,” Angers
abbassò lo schermo del computer. Il Mazoku
spostò lo sguardo su di lei. “Forse
più.”
“Non
abbiamo così tante carte
blu.”
Angers
si lasciò scivolare contro
lo schienale del divano, una mano appoggiata sul pancione, e un leggero
soffio
di sollievo le uscì dalle labbra.
“Non
solo blu. Lo sai no, che
Hideto si è preso l’incarico di prendere carte per
Mai? Quindi blu, viola e
rosso. Entrambi usano anche il rosso ora.”
“Se
sei stanca, posso mandare
qualcun altro a sostituirti.”
La
donna alzò gli occhi al cielo.
“Barone, non cominciare anche tu,”
scoppiò a ridere, “passi troppo tempo con
mio marito.”
Barone
incrociò le braccia. Angers
scosse la testa e tornò dritta, le mani intrecciate in
grembo.
“Stavo
dicendo, poco dopo essere
arrivati qui, Kenzo ha chiesto alla dottoressa Stella di poter vedere
alcune
delle nostre ricerche e così Hideto si è offerto
di prendere le carte anche per
lui. Quindi verde. E doveva prendere carte anche per persone che non
sono
venute? Credo abbia razziato il catalogo di tutti e sei i
colori.”
Barone
alzò un sopracciglio.
“Fortunatamente, siamo in grado di realizzare più
copie. Se quello che dici è vero,
avremmo rischiato di ritrovarci senza più carte.
Dov’è adesso? Pensa ci siano
carte nascoste da qualche altra parte?”
Angers
rise, nascondendo la bocca
dietro una mano. “No, per fortuna no. È andato con
Plym e Yus nell’hangar.
Voleva vedere la sua vecchia moto e così hanno pensato di
mostrargli gli
upgrade alle nostre astronavi. Penso che Plym voglia convincerlo a
ritoccare
anche la moto.”
Il
Mazoku annuì.
“Tutto
secondo i piani?” proseguì
con tono molto più sommesso.
“Affermativo,
non sospettano
nulla.”
Barone
annuì una seconda volta e
si avvicinò a Dan. Alle sue spalle sentì il
rumore del portatile che veniva
riaperto. Si fermò a un passo dal ragazzo, completamente
concentrato sulla
sequenza di carte rosse sul suo schermo.
“Bashin.”
Dan
allontanò la mano dallo
schermo, le file di carte si fermarono, e si voltò verso di
lui sorridendo.
“Scusa,
ti avevo sentito entrare
ma pensavo fossi venuto per parlare con lei. Barone, giusto?”
“Posso
parlarti un momento?”
Il
Guerriero Rosso balzò su dalla
sedia. “Certo, tanto avevo praticamente finito.”
Come
a sottolineare le sue parole,
accanto al computer apparve il nuovo deck appena stampato.
Il
Mazoku si avviò verso la porta a vetri che dava sulla
terrazza, Dan lo seguì
afferrando il deck e infilandolo in tasca. Angers rimase in silenzio a
guardarli uscire e, non appena la porta si chiuse alle loro spalle,
afferrò la
propria ricetrasmittente.
I
due si fermarono vicino al
parapetto, Dan con le mani in tasca e Barone a braccia conserte.
Entrambi
fissarono per lunghi minuti la città in continua evoluzione.
Cantieri, rovine e
palazzi rinati a nuova vita.
Il
Mazoku spostò lo sguardo
sull’umano e contrasse la mascella, stringendo più
forte le dita attorno alle
sue braccia. Dan non ricordava nulla. Il rivale che quasi otto anni
prima non
sapeva di star aspettando, il rivale che l’aveva spinto ad
andare oltre le sue
certezze, il rivale che sfidandolo gli aveva mostrato quanto umani e
Mazoku
potevano fare assieme, il rivale che era diventato suo amico, non
ricordava
nulla.
Era
come quella notte in cui aveva
scoperto che non c’erano vere differenze tra i loro due
popoli, quel senso di
impotenza, di ritrovarsi in una situazione completamente fuori dal suo
controllo. Neppure il preoccupante fermento nel mondo o
l’inspiegabile attività
del Nucleo erano riusciti a farlo sentire così in balia
degli eventi. Almeno lì
potevano agire, stavano agendo.
“Cosa
ricordi del duello con cui è
stata attivata la Rampa di Lancio?”
Dan
distolse lo sguardo dalla
città. “Non molto. Quasi nulla a dire il vero. So
solo che c’è stato, che ho
duellato e che alla fine ho attivato la Rampa.”
“Ricordi
il tuo sfidante?”
Il
Guerriero Rosso abbassò
impercettibilmente lo sguardo, il volto rabbuiato.
“No.”
“Ero
io.”
Dan
trasalì e alzò lo sguardo sui
di lui, scrutandolo quasi nella speranza che il suo volto potesse
contenere
quell’indizio che avrebbe riacceso i suoi ricordi. Barone
avrebbe voluto che
succedesse, ma già sapeva che né Gran RoRo
né i suoi amici erano stati
sufficienti a farli riaffiorare.
“Voglio
una rivincita.”
“Adesso?”
Barone
portò una mano al fianco. “Non vedo
perché aspettare. Magari venir sconfitto
dai miei Spirits aiuterà la tua mente a ricordare.”
Il
Guerriero Rosso gli lanciò uno sguardo determinato, come il
sorriso sicuro che
aveva sulle labbra. “Non credo ti sarà
così facile. L’ultima volta ho vinto,
no?”
Per
un
istante, Barone poté illudersi che niente fosse cambiato. Ma
tante cose non
erano più come prima e Dan non era più colui che
aveva conosciuto. Non del
tutto.
Barone
ruotò su sé stesso, i suoi capelli vennero mossi
dal vento. Ghignò, sentendo
nonostante tutto l’adrenalina della sfida nelle sue vene.
“Solo
perché non ricordi le due volte in cui ti ho
sconfitto.”
“Credevo
andassimo nella stanza in
cui siamo arrivati. Non è lì il
simulatore?”
Barone
gettò uno sguardo dietro
alle sue spalle, tornando subito a voltarsi in avanti e proseguire
lungo il
corridoio.
“In
genere lo usiamo per gli
allenamenti, per la sua praticità.”
Dan
accelerò il passo e lo
affiancò. “Dove stiamo andando?”
I
due si fermarono davanti a una
porta e Barone posò la mano contro un pannello. Il display
si illuminò
scannerizzando l’impronta del Mazoku. Un flash verde fece
scomparire la porta
nel muro e davanti a loro si aprì un hangar. Le luce si
attivarono sulle pareti
laterali, riflettendosi sulle pareti lucide e i vetri di due
colibrì. L’oro, il
rosso e il blu contrastavano contro il grigio del metallo.
I
due si avvicinarono, i passi che
risuonavano nel silenzio della stanza, fermandosi sulla piattaforma che
separava le due navicelle, disposte diagonalmente rispetto ad essa.
Davanti a
esse si prolungavano i binari di lancio, separati dal mondo esterno da
una
paratoia.
Dan
si avvicinò a una delle due e
vi posò la mano, muovendola a seguire tutto il suo profilo.
Si fermò una volta
contro il vetro, le luci che vi facevano riflettere il suo volto,
rendendo
appena visibili i comandi e il sedile interno.
Barone
lo fissò immobile. Poi,
distolse lo sguardo e raggiunse una piccola plancia con alcuni pulsanti.
“Ti
consiglio di fare un passo
indietro.”
Premette
il pulsante e le due
colibrì vibrarono: i due parabrezza si sollevarono
permettendo l’accesso
all’interno.
“Dopo
il nostro duello, abbiamo
sviluppato un sistema di colibrì che non necessitasse delle
astronavi. Non lo
usiamo spesso, ma ritengo che l’occasione lo
richieda.”
Il
Mazoku premette altri pulsanti
sulla console, facendo scorrere sul display le sagome di diverse
uniformi da
battaglia. Selezionò l’uniforme desiderata e
tornò a voltarsi verso Dan, che
non stava più guardando le colibrì ma stava
fissando lui.
“Mi
sono permesso la libertà di
selezionare l’uniforme che hai usato in passato.”
Il
Guerriero Rosso trasalì e
aggrottò la fronte, lanciando una veloce occhiata alle
colibrì. Fissate sui due
sedili, c’erano due uniformi piuttosto anonime, niente di
più di una struttura
grigia che copriva spalle e braccia ricoperta da una sequela di sensori.
“Non
è cambiato nulla.”
Barone
abbassò lo sguardo e scosse
la testa, soffocando una risata. “Vedrai sul campo di
battaglia. La dottoressa
Stella trovava alquanto seccante soddisfare materialmente i gusti di
tutti.”
E
si diresse verso la colibrì
sulla sinistra. Entrò, lasciò che
l’uniforme si agganciasse attorno al suo
busto, e si voltò verso Dan, ancora in piedi sulla
piattaforma.
“La
formula di attivazione è la
solita. Ci vediamo sul campo di battaglia, Bashin.”
Il
parabrezza si abbassò e si
ricompose sopra a Barone. Il portellone alla fine dei binari si
aprì, lasciando
filtrare la luce esterna. Lungo le pareti del tunnel si attivarono una
serie di
luci rosse. Dietro alla colibrì scosse di energia brillarono
sempre più intense
finché la navicella non venne spinta a enorme
velocità dentro il tunnel.
Dan
rimase solo e si voltò verso
il display.
Campo
di battaglia completato.
Distanza:
900.
Colibrì
1 agganciata.
Non
riuscì a evitare che il suo
sguardo tornasse sulla colibrì. Era stranamente famigliare,
quasi il debole
ricordo di un sogno, una sensazione che non aveva forma o immagine. Si
avvicinò
lentamente e si fermò quando la punta dei suoi piedi
sfiorarono la fine della
piattaforma.
Voleva
entrare, sedersi, iniziare
a combattere. Come la prima volta che aveva pronunciato Gran RoRo, si
sentiva
inesorabilmente attratto da quell’adrenalina che scorreva
dentro di lui al
pensiero di duellare, di vedere gli spirits al suo fianco.
Sorrise.
Arretrò
di qualche passo e poi
prese la rincorsa, usando il bordo inferiore del parabrezza come perno
per
infilarsi sul sedile. L’uniforme si chiuse contro il suo
petto, i vetri della
colibrì isolarono dal cabina dal mondo esterno.
Dan
allungò le mani sui comandi,
assaporando la ruvidità contro le sue dita. Si sentiva a
casa.
Il
tunnel si aprì, le luci si
attivarono sulle pareti.
Clarky
sentì la vibrazione della
ricetrasmittente nella tasca e faticò a nascondere
l’improvvisa tensione. Abbozzò
un sorriso tirato a Mai che lo guardò perplessa, e
portò l’auricolare in
posizione.
“Ray.”
“Clarky,
c’è stato uno
sviluppo. Ho già avvisato il comandante Kazan. Barone e Dan
si sono allontanati
insieme verso la piattaforma delle colibrì.”
L’ansia
scivolò via dal suo corpo,
rilassò le spalle e si posò contro la panchina.
“Avrei
dovuto aspettarmelo.”
Angers
rise dall’altra parte della
comunicazione.
“Io
sono nella sala riunione al
piano terra. Dovreste riuscire a raggiungermi prima che inizino il
duello.”
“Arriviamo.”
Clarky
si voltò verso Mai. “Dan e
Barone stanno per duellare.”
La
Guerriera Viola si irrigidì,
pallida e con gli occhi sgranati. Clarky realizzò solo in
quel momento cosa
doveva portarle alla memoria quella situazione e si sporse in avanti,
afferrandole e stringendole le mani.
“Mai,
va tutto bene. Non succederà
nulla. Non ci sono Rampe di Lancio o riconfigurazioni da fermare. Il
sistema di
colibrì è stato completamente rivisto da Plym e
dai migliori ingegneri umani e
Mazoku. Hanno aggiunto così tanti sistemi di sicurezza che
neppure ti immagini.
Andrà tutto bene.”
Lei
annuì lentamente e Clarky la
tirò a sé, stringendola tra le braccia. Lei
affondò il viso contro la sua
spalla, aggrappando con forza le dita sulla stoffa della sua giacca.
“Andrà
tutto bene.”
Mai
smise di tremare piano piano,
la stretta delle sue dita che si faceva meno convulsa. Alla fine, fu
lei a
staccarsi da lui per prima, gli occhi lucidi e un sorriso incerto.
“Grazie.
Lo so che è sciocco. È
tutto diverso dall’ultima volta.”
Clarky
le strinse la mano. “No, è
comprensibile. Andiamo?”
Mai
annuì e i due si alzarono,
dirigendosi a passo spedito verso l’edificio che avevano
lasciato un paio d’ore
prima.
Kazan
aveva diversi rapporti da controllare nel suo ufficio, ma si concesse
ancora qualche minuto nell’hangar. Il Guerriero Blu non si
era lesinato nei
suoi racconti. E a ogni foto era collegato un aneddoto. Gli aveva
sciorinato a
memoria anche il mazzo.
Ma,
la cosa più importante per
Kazan, era stata constatare che Lord Yuuki avesse finalmente potuto
vivere una
vita normale, con degli amici, con persone che gli volevano bene. Era
felice
che finalmente le ombre avessero lasciato lo sguardo del Guerriero
Bianco.
Plym
aveva cominciato ad
apportare le migliorie alla moto, quelle assolutamente
necessarie prima
che Hideto la portasse via. Yus, anche mentre lei lavorava, continuava
a
ripeterle che non c’era né il tempo né
il bisogno.
“Ma
mi stai ascoltando?”
“Sì,
sì. Mi passi la chiave
otto?”
Yus
alzò gli occhi al cielo,
ma le passo l’attrezzo richiesto comunque. Il Guerriero Blu,
invece, li
guardava divertito e imperturbato da sopra al tavolo.
Era
facile potersi illudere
che tutto fosse sempre così semplice, così
tranquillo. I pochi anni dopo la
Rampa di lancio erano stati solo una dolce e toppo breve tregua.
Ma
Kazan non si sarebbe
arreso, non lo aveva fatto dal giorno in cui era andato a Gran RoRo in
cerca di
un futuro migliore, non quando un futuro diverso ma sempre in pericolo
lo aveva
accolto al suo ritorno. E non poteva farlo ora, non quando la
possibilità che
anche il peggio potesse migliorare non sembrava più una
sciocca speranza. Lord
Yuuki era vivo e Bashin Dan era stato riportato a Gran RoRo.
Doveva
sperare che anche per
loro le cose si sarebbe concluse per il meglio.
La
ricetrasmittente emise il
debole bip di una comunicazione in attesa. Non lasciando trapelare
nulla dal
suo volto, Kazan si allontanò di alcuni passi.
“Qui
il comandante Kazan.”
“Comandante,
mi è stato
riferito di comunicarle che il sistema delle colibrì
è stato attivato da Barone
Chiaro di Luna e Bashin Dan.”
“Ricevuto.”
Era
una notizia inattesa, ma
che non riusciva a sorprenderlo del tutto. Poche cose ormai erano in
grado di
farlo, e una di quelle stava per far rivivere il duello che aveva
segnato
quell’epoca.
“E
invece sì!”
“Invece
no!”
“Sì!”
“No!”
Tornò
ad affiancare Hideto,
che si voltò verso di lui ridendo. “Comandante,
vuole fare una scommessa su chi
dei due l’avrà vinta?”
L’uomo
sospirò e chiuse gli
occhi. Cominciava a essere troppo vecchio per tutto
l’entusiasmo di quei
ragazzi.
“Preferire
di no. È appena
arrivata una comunicazione.”
Il
tono severo e di comando
zittì di botto i due, con Yus che si fermò
all’ultimo dallo scattare
sull’attenti.
“Barone
e Bashin stanno per
duellare.”
“Cosa?”
Plym
scattò come una molla,
schivando moto e cassette di attrezzi, per fiondarsi al tavolo in fondo
alla
stanza dove erano posizionati i computer utilizzati per i check-up.
Yus
la seguì con gli occhi,
alterando lo sguardo tra lei e Kazan, per poi fiondarsi dietro di lei.
Kazan
e Hideto li seguirono
con più calma. Il Guerriero Blu aveva infilato le mani nelle
tasche dei
pantaloni e aveva negli occhi uno sguardo malinconico, lontano.
“Sarà
strano, vero?”
Kazan
non poteva dargli torto.
Poche cose del resto non lo erano state nella sua vita.
Lasciare
Kenzo scegliere quali pubblicazioni copiare su una chiavetta usb aveva
avuto lo
stesso effetto del lasciar scegliere le carte al Guerriero Blu. Si
faceva prima
a fare l’elenco di quanto non era stato scelto.
E,
nel
caso del Guerriero Verde, ben poco.
Quando
i dati avevano finito di essere trasferiti, insieme ad alcune bozze di
suoi
personali studi aggiuntivi, Kenzo aveva afferrato la chiavetta come se
fosse la
cosa più preziosa che avesse mai avuto.
Stella
lo aveva anche preso in giro, ma senza ottenere alcun effetto.
Poi
era
arrivata la comunicazione di Kazan.
“Dottoressa
Stella, Barone e Bashin stanno per duellare.”
“Ricevuto.”
Kenzo
interruppe la lettura degli articoli. “È successo
qualcosa?”
La
donna chiuse la ricetrasmittente e allungò la mano per
afferrare la seconda
sedia del suo ufficio.
“Dipende
dai punti di vista.”
Si
sedette, subito imitata da Kenzo che le lasciò spazio
davanti al computer. Le
ci volle un attimo per connettersi al server. Il grafico scomparve e al
suo
posto apparvero le immagini del terreno di gioco. La prima
colibrì stava
completando l’ancoraggio. Il Guerriero Verde
inspirò rumorosamente e si spinse
avanti, protendendosi sulla scrivania.
“Quello
è Barone! Con chi-” incrociò il suo
sguardo. “Dan, non è vero?”
Stella
annuì. Entrambi tornarono a fissare lo schermo.
Non
c’erano rampe da attivare, nuclei da distruggere o mondi da
salvare, ma
rivederli di nuovo insieme sullo stesso terreno di gioco fece salire un
groppo
in gola alla dottoressa. E per Kenzo non doveva essere più
semplice. Allungò
una mano e gliela posò sulla spalla, stringendola
delicatamente.
“Questa
volta è solo un duello.”
Ma
era
ovvio che, nessuno di loro, avrebbe ripreso a respirare normalmente
fino alla
fine del duello.
“Comandante
Zolder, un messaggio
urgente dalla base di Tokyo.”
Zolder
sbuffò e posò il mento
contro il pugno. “Cosa è successo
adesso?”
Flora
lo colpì sulla spalla con il
dorso della mano. “Modi.”
L’uomo
sobbalzò teatralmente,
portandosi la mano sul punto colpito. “Ehi! Che ho detto di
male questa volta?
Arrivano loro dal passato ed è una comunicazione urgente
dopo comunicazione
urgente.”
La
Mazoku roteò gli occhi. Poi
saltò sul braccio, piegando le gambe sotto di lei.
“Qual è il messaggio?”
“La
richiesta di invio di dati
video. Barone Chiaro di Luna e Dan Bashin stanno per iniziare un
duello.”
Zolder
colpì con un pugno l’altra
mano, un ghigno soddisfatto in volto. “Ora, questo
sì che è interessante.
Autorizzazione concessa. Cosa state aspettando?”
“Non
ho mai sperato di poter
rivedere un loro duello,” aggiunse Flora con espressione
feroce.
Lo
schermo venne proiettato
davanti a loro, proprio nell’istante in cui la seconda
colibrì si agganciò
sulla piattaforma.
“Ti
va di rendere la sfida più
emozionante?”
La
Mazoku si voltò verso di lui.
“Io Barone e tu Dan.”
I
loro
sguardi si incrociarono. “Ci sto.”
Una
volta conclusa la riunione,
nonostante l’inaspettata piega che aveva assunto, e congedato
Zack, la Regina
Gilfam si era ritirata nelle sue stanze.
Distese
sul divano, la Mazoku
fissava intrigata la propria libreria personale. Tra i libri salvati da
Octo,
ce n’erano alcuni che conservava gelosamente. Libri che
provenivano dal Mondo
Perduto, da Gran RoRo.
Aveva
letto lì del Mondo tra i
Mondi, della realtà che si ipotizzava collegasse i sei regni
di Gran RoRo, la
realtà plasmata dall’energia del Nucleo
Progenitore. L’unico luogo da cui lo
spirito di Bashin Dan avrebbe potuto essere recuperato.
Le
sue labbra si piegarono in un
sorriso sottile.
“Ti
ho sottovalutato un’altra
volta, Magisa.”
La
porta della stanza si spalancò
in quel momento. En e Fant corsero dentro chiacchierando, solo un paio
di passi
più avanti di Gaspard. I due piccoli la salutarono con un
enorme sorriso e, al
suo cenno del capo, corsero via verso le proprie stanze. Il Mazoku,
invece, si
inchinò e rimase immobile al centro della stanza.
Gilfam
si mise a sedere, sfiorando
la stoffa del divano con una delle sue lunghe unghie.
“So
già cosa vuoi chiedermi.”
“I
Maestri della Luce hanno fatto
ritorno.”
La
Mazoku alzò le spalle e afferrò
la tazza di tè dal tavolino. “Ho chiesto di tenere
la cosa tranquilla per il
momento, ma immagino che le voci corrano comunque.”
Ghignò tornando a
guardarlo. “Sì. I Maestri della Luce sono a Tokyo
e hanno portato con loro
Bashin Dan.”
A
suo credito, l’unica reazione di
Gaspard fu semplicemente quella di deglutire e lanciare una veloce
occhiata
alla porta da cui En e Fant erano usciti.
“Non
intendo rivelarglielo, almeno
per il momento. Bashin Dan non ha memoria di quanto avvenuto otto anni
fa.
Immagino neppure di quanto avvenuto a Gran RoRo e nel loro
tempo.”
“Com’è
possibile?”
Gilfam
riposò la tazzina. L’unghia
stridette contro la porcellana. “Effetti collaterali,
immagino.”
Sarebbe
stata curiosa di sapere se
Magisa avesse fatto loro davvero comprendere tutte le possibili
ramificazioni.
Era un peccato non poter osservare più da vicino, e
più a lungo, la seconda
persona a venir riportata indietro dal Nucleo.
Il
comunicatore accanto alla
teiera si attivò, proiettando il busto di Zack.
“Chiedo
perdono, Regina Gilfam. Ci
è appena arrivata una comunicazione urgente da Tokyo. Da
quanto risulta, Barone
Chiaro di Luna e Bashin Dan sono in procinto di iniziare un
duello.”
Gilfam
si alzò. “Inviate il
collegamento video nelle mie stanze.”
“Sarà
fatto.”
L’immagine
di Zack scomparve. La
Mazoku incrociò lo sguardo di Gaspard.
“Assicurati
che En e Fant siano
occupati per il tempo necessario.”
Il
Mazoku si inchinò una seconda
volta. “Come desiderate, Vostra Maestà.”
La
giornata si stava rivelando più
interessante di quanto avesse previsto.
SPAZIO
AUTRICE:
Salve a
tutti! Due settimane non è molto come ritardo, no? Grazie
per la vostra
pazienza!
L’ennesimo
capitolo in cui l’azione esterna è poca, ma quella
interna no. Che volete,
voglio farvi provare un po’ di feelings!
Decisamente un cambio di
registro dai precedenti episodi. Ma ogni tanto dobbiamo farli pur
respirare i
nostri eroi. Come avrete intuito, con il prossimo capitolo
inizierà la parte
più “accesa” di questo episodio: il
duello tra Dan e Barone. Immagino che pochi
di voi saranno sorpresi di questo.
Si è rivista
(seppur brevemente) anche un sacco di vecchia gente. Qualcuno
apparirà anche
nei prossimi capitoli, ma non potevo metterli tutti qui o questo
capitolo non
finiva più (fino ad adesso, è il secondo
più lungo di questo episodio).
Come ogni
volta, grazie a tutti quelli che leggono (pochi ma buoni) e il solito
grazie
speciale a ShawnSpenstar (per le sue sempre lunghissime recensioni)!
Niente altro da aggiungere.
Per
qualunque cosa, dubbio e commento, io sono qui e se volete potete
lasciarmi una
recensione (corta o lunga che sia, per me non ha importanza) per dirmi
cosa ne
pensate.
A presto,
HikariMoon
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
CAPITOLO
6
TURNO
1
Quando
la colibrì completò le manovre di aggancio, il
silenzio
tornò a regnare sovrano sul campo di battaglia. Barone
alzò lo sguardo verso le
nubi rossastre create dalla simulazione. E attese.
Aveva
passato la vita a duellare. Anche in quegli ultimi
otto anni, anche se con un significato diverso, aveva tenuto le carte
in mano
così tante volte che aveva perso il conto. Non ricordava
neppure più che cosa
significasse il nervosismo prima di un duello.
Eppure,
una parte di lui sentiva che quel duello era
diverso.
Il
pensiero dell’imminente battaglia riaccendeva in lui la
stessa passione viva, bruciante che lo aveva guidato tanti anni prima.
E,
dentro di lui, qualcosa aveva atteso quel momento da quel giorno
lontano.
Nel
cielo si stagliò sempre più vicino il profilo
della
seconda colibrì.
Dan
non aveva esitato.
Barone
sorrise, senza neppure provare a placare l’esilarante
adrenalina che scorreva dentro di lui.
La
colibrì si agganciò, l’uniforme si
materializzò sopra al
busto di Dan. Il duello poteva avere finalmente inizio. Barone non
aspettava
altro. E afferrò le prime quattro carte.
“Fase
Iniziale e Fase di Acquisizione.”
Per
un solo attimo, lasciò lo sguardo soffermarsi su una
carta, non lasciando trapelare la soddisfazione di ritrovarsi proprio
quella
già al primo turno.
“Fase
Principale. Evoco Zaneegun
al livello 2.”
Il
simbolo di diamante apparve sopra al terreno,
infrangendosi per lasciare spazio al piccolo androide a forma di
aragosta dalla
lucida corazza rossa e bianca.
“Termino
il mio turno.”
TURNO
2
Dan
non riusciva a distogliere lo sguardo dal campo da gioco
che si stendeva enorme davanti ai suoi occhi. Quando la
colibrì si era
agganciata e l’uniforme dorata si era materializzata attorno
al suo busto, il
respiro gli si era mozzato in gola. Come quando aveva visto contro il
cielo
azzurro la sfera luminosa circondata dai sei anelli, come quando la
colibrì
l’aveva attraversata e il campo di battaglia era apparso
davanti ai suoi occhi.
Allungò
la mano e sfiorò lentamente il bordo del suo terreno
di gioco.
“Fase
Iniziale.”
La
postazione si illuminò. E Dan sorrise.
C’era
ancora tanto, troppo, che non ricordava. Ma quella
sensazione era uguale a quella che aveva provato ripetendo il nome di
Gran
RoRo.
Era
quello il suo posto.
“Fase
dei Nuclei e Fase di Acquisizione.”
Dan
afferrò la quita carta nello stesso istante in cui il
nuovo nucleo si materializzò nella Riserva.
“Fase
Principale.”
E
voltò la carta appena pescata.
“Utilizzo
la carta magia Pescata
Estiva che mi permette di aggiungere altre due carte alla
mia mano.”
Dalla
carta stretta dalle sue dita, voltata verso l’avversario,
fuoriuscirono fulmini rossi che poi svanivano nel bagliore creato da
essi. Dan
afferrò le due nuove carte, aggiungendole alla sua mano.
“Termino
il mio turno.”
TURNO
3
“Uguale
ma diverso,” sussurrò Barone vedendo le mosse di
Dan, così simili ad allora ma allo stesso tempo non
più quelle: come era stato
incontrare il loro proprietario.
“Fase
Iniziale, Fase dei Nuclei, Fase di Acquisizione e Fase
di Recupero.”
Forse
era una vana speranza, quello di credere che un duello
potesse farlo ritornare com’era un tempo. Ma ci avrebbe
provato comunque. E non
si sarebbe tirato indietro.
“Abbasso
Zaneegun al
livello 1.”
Barone
estrasse con un gesto rapido la carta successiva.
“Attivo il Nexus Suprema
Spada dell’Oscurità
Lucente al livello 1.”
Alle
sue spalle sorse dal terreno l’imponente sagoma lucente
della spada. Il cielo dietro di essa si tinse di grigio e di viola,
spesse di
nubi che permettevano appena di far passare alcuni intensi raggi di
luce. La
spada era incastonata su una piattaforma di marmo, avorio e ossidiana.
La lama
passava dal lucido nero al candido argento. Nell’intricata
impugnatura, argento
e oro, era incastonata una gemma rossa e verde. Un’aura la
circondava, che
sfumava dall’inquietante viola allo sfolgorante bianco.
“E,
ora, Fase d’Attacco.”
Barone
portò la mano sull’unico spirit pronto sul suo
terreno.
“Vai
Zaneegun!”
Dalle
robotiche chele del crostaceo vennero emessi dei getti
che lo spinsero in avanti ad alte velocità, permettendogli
di attraversare il
terreno in un battito di ciglia.
“Rispondo
all’attacco con la Vita!”
Un
guscio bianco avvolse Dan e su di esso Zaneegun sparò
dalle sue chele. Un paio di colpi
furono sufficienti a far infrangere la protezione e, con essa, anche il
primo
nucleo delle vite di Dan.
“A
te la mossa.”
TURNO
4
Dan
inspirò ed espirò, stringendo la mano attorno
alla
ringhiera e tornando a portarsi ritto. Quasi trasfigurato,
portò la mano sopra
l’armatura dorata, sfiorando la cavità ormai vuota
della sua quinta vita.
Non
se l’era aspettata, la scarica di energia che aveva
attraversato il suo corpo. Non si era aspettato un impatto
così forte da una
creatura così piccola.
Ed
era qualcosa di nuovo, ma sempre tremendamente e inutilmente
familiare.
Chiuse
gli occhi e scavò nella sua mente, nella disperata e
sempre futile ricerca dei suoi ricordi. Ma erano solo pallide e
impalpabili
sensazioni, quelle che trovava, prive di forma, prive di sostanza.
“Cos’è,
Bashin? Non sei più abituato?”
Dan
riaprì gli occhi e guardò oltre il terreno di
gioco,
guardò il suo avversario e, nonostante tutto, si
ritrovò a sorridere. I ricordi
potevano aspettare, almeno per un paio di turni, almeno fino alla fine
del
duello.
“Mi
adatto in fretta. Fase Iniziale.”
I
nuovi nuclei apparvero, vicini a quelli recuperati dagli
Scarti. La nuova carta venne aggiunta alla mano. Se c’era una
cosa a cui poteva
ancora aggrapparsi, una certezza a cui affidarsi, era Battle Spirits.
“Fase
Principale. Evoco Drago della
Pioggia al livello 2 e Drago
del Vento Solare al
livello 1.”
I
due nuclei rossi risplendettero sopra al terreno. Dal
primo, ne emerse un drago serpentiforme, ricoperto da squame blu cielo
e
bianche ali. Dal secondo, apparve una creatura draconica
dall’aspetto di
grifone, il corpo e le ali ricoperte da piume, rosso e bianche, e tre
gemme
incastonate nel petto.
Dan
sentì un brivido corrergli lungo la schiena,
un’emozione
così forte e struggente a cui non riusciva a dare nome,
un’emozione di cui non
riusciva a capacitarsi di aver vissuto senza, di aver dimenticato.
“Fase
d’Attacco. Drago
della Pioggia,
Drago del Vento Solare attaccate!”
I
due draghi ruggirono e le loro ali fendettero l’aria, con
scintille di fuoco che si dispersero dalle piume del secondo. E
puntarono
dritti contro il suo avversario.
“Effetto
di primo livello di Drago
del Vento Solare. Posso distruggere uno spirit con meno di
4000 PB. Zaneegun viene
distrutto!”
Il
grifone draconico superò l’altro drago,
più veloce e più
in alto. Arrivato sopra al piccolo androide, arrestò il suo
volo e spalancò le
ali dalle quali si sprigionò una pioggia di fiamme
incandescenti. Zaneegun
usò le sue chele per deviare i primi
colpi, ma i suoi sforzi furono vani, e la pioggia lo distrusse.
“Rispondo
ad entrambi gli attacchi con la Vita.”
I
due draghi si ricongiunsero davanti alla sfera rossa
apparsa attorno a Barone, che spalancò le braccia, quasi a
invitarli a colpirlo
con tutto quello che avevano. Dalle fauci dei due draghi eruttarono due
spirali
infuocate che si intrecciarono e mandarono in frantumi due delle Vite
di
Barone.
Dan
inspirò, tornando a rilassare le spalle.
“Termino
il mio turno.”
Ma
avrebbe voluto che spettasse già di nuovo a lui
dichiarare la Fase Iniziale.
TURNO
5
L’intero
campo di battaglia li separava, ma Barone non aveva
bisogno di vedere per riconoscere nel suo avversario la sete per Battle
Spirits.
Non poteva essere diversamente: ci aveva convissuto fin da quando
ricordava.
Era confortante, in un certo senso, constatare che almeno quello non
fosse
cambiato in Dan.
“Lo
senti, non è vero?”
Il
richiamo degli Spirit, l’energia dei Nuclei, la potenza dei
Brave, il potere delle magie. Ogni singola carta già
scoperta, ogni singola
carta ancora racchiusa nel mazzo non chiedeva altro che prendere forma,
dare
battaglia.
“Sì.”
Erano
stati tante cose: eroi, guide, speranze. Ma, nella
loro essenza, erano entrambi duellanti.
“Fase
Iniziale, Fase dei Nuclei, Fase di Acquisizione e Fase
di Recupero.”
E
si concesse il più piccolo dei sorrisi, le labbra appena
arcuate in un ghigno di soddisfazione. Anche se la carta lo riportava a
un
altro duello, a una vita che ormai era lontana. Un duello che non aveva
alcuna
intenzione di imitare nella conclusione.
“Fase
Principale,” gettò la carta sul terreno di gioco,
“evoco Sliderbear
al livello 2.”
Il
nucleo bianco fluttuò nell’aria il tempo
necessario
affinché i nuclei si spostassero sulla carta. Poi, si
infranse in una raffica
di vento gelido e uno spruzzo di cristalli di ghiaccio. Al suo posto
fece la
sua comparsa un orso corazzato, oro e argento, dagli occhi di rubino
che ruggì
e sferzò il terreno con una zampata, sollevando la terra e
imprimendo su essa
l’impronta dei suoi artigli.
Barone
afferrò una seconda carta dalla sua mano.
“Utilizzo
la carta magia Pescata della
Rinascita e scelgo
di utilizzare l’effetto che mi permette di pescare due carte
dal mio mazzo.”
Aggiunse
le due carte e tornò a spostare il suo sguardo su
Dan. “Un tempo mi dicesti che chi ha passione, ha anche
responsabilità. Se
anche non dovessi ricordare altro, ricorda
questo.”
Vide
la confusione nello sguardo di Dan, la stessa sete di
uno perso nel deserto, ma non gli lasciò il tempo di fare
domande.
“Fase
d’Attacco: Sliderbear
vai!”
L’orso
emise un secondo ruggito, più potente del primo, e
scattò in avanti. Lo spirit sfrecciò
letteralmente sul terreno di gioco, gli
artigli sostituiti da ruote, lasciandosi dietro una nube di polvere e
terra e
lanciandosi verso la postazione di Dan.
Il
Guerriero Rosso continuò a fissarlo, come se nella sua
postura, nel suo sguardo, nelle sue carte potesse scorgere un indizio,
un
aiuto, come se avesse potuto aiutare a dare un senso e una forma alle
sue
parole. Barone non si illudeva di avere le risposte che Dan stava
cercando.
Solo
quando Sliderbear superò
i suoi spirit e si lanciò verso di lui, Dan distolse il suo
sguardo e tornò
alla battaglia. Non sembrava neppure sorpreso dello spirit davanti a
lui. In un
battito di ciglia era tornato a concentrarsi sul duello, come se non ne
avesse
mai distolto l’attenzione.
“Rispondo
all’attacco con la Vita.”
Sliderbear impattò
contro
il guscio bianco attorno a Dan, che lo fissò immobile, senza
tradire alcuna
emozione sul volto. L’orso spalancò le fauci e gli
occhi brillarono di rosso.
Un turbine gelido infranse il cristallo e con esso la seconda vita di
Dan. Il
ragazzo mosse appena la spalla per ridurre l’urto.
“Termino
il mio turno.”
TURNO
6
Le
parole di Barone continuavano a riecheggiare nella sua
mente. Suonavano familiari, come se davvero ricordasse di averle
già sentite.
Ma non riusciva a sentirle con la sua voce: se non fosse stata per
l’affermazione del suo avversario, non avrebbe avuto alcun
modo di poter
provare di averle pronunciate.
Per
quello che lo riguardava, poteva non averle mai neppure
pensate prima.
Passione
e responsabilità.
Dan
abbozzò un sorriso. Anche se non le ricordava, erano un
buon ideale a cui aspirarsi. Sapeva di essersi sacrificato per salvare
il
mondo: il suo ultimo duello era stato per quello. Ma non ricordava cosa
avesse
provato. Aveva avuto paura? Si era sentito obbligato?
Eseguì
le fasi preparatorie quasi senza pensarci.
Avrebbe
mai ricordato chi era stato?
“Fase
Principale. Utilizzo nuovamente la carta magia Pescata Estiva.”
I
fulmini rossi esplosero dalla carta per infrangersi sul
suo mazzo. Le prime due carte si illuminarono. Dan le
afferrò e le aggiunse
alla sua mano.
“Abbasso
Drago della Pioggia al
primo livello.”
Il
dragone ceruleo si avvicinò al terreno, quasi le sue ali
non avessero più la forza di reggerlo in alto come prima.
Dan gli rivolse un
breve cenno del capo, un muto ringraziamento alla forza che gli stava
prestando. E afferrò una seconda carta, tendendo il braccio
davanti a sé.
“Dispiega
le tue ali e raggiungi le stelle, evoco Siegwurm-Altair,
Drago Scintillante di livello 1!”
Dietro
di lui, le nubi rosate si dispersero rivelando un
cielo sgombro punteggiato di stelle. Una delle stelle oltre la sua
spalla
brillò sempre più intensa, facendo impallidire
gli altri astri. Nel suo
chiarore, apparve una sagoma scura che si avvicinava sempre
più veloce.
Un
potente ruggito annunciò il suo arrivo.
Il
drago superò Dan e atterrò sul terreno di gioco.
La creatura
era un possente drago bianco e rosso, con ampie ali bianche le cui
piume erano
marchiate con un simbolo dorato. Sul petto un rubino era incastonato in
una
corazza dorata e il muso, circondato da piume rosse, era in parte
nascosto da
un copricapo di lucido metallo bianco e dorato.
Era
una creatura magnifica.
“Felice
di conoscerti, Siegwurm-Altair.”
Lo
spirit reagì alle sue parole appena sussurrate, voltando
il muso verso di lui. I loro sguardi si incrociarono e Dan
percepì il legame
che già li univa. Niente l’aveva preparato
all’entusiasmo che scorreva nelle sue
vene nell’evocare un tale potente spirit, ma era qualcosa che
non faceva altro
che spingerlo oltre.
Le
carte lo chiamavano.
Lui
non desiderava altro che rispondere.
Dan
tornò a voltarsi verso la parte del terreno avversario.
Ricordava quali fossero i punti di forza del mazzo bianco e dubitava
che Barone
avesse attaccato senza un modo per evitare di scoprirsi.
“Non
è ancora il momento.”
Il
drago emise uno sbuffo di fumo dalle narici.
“Termino
il mio turno.”
TURNO
7
Barone
aveva percepito prima di vederlo, quando Dan aveva
iniziato a evocare uno dei suoi spirit chiave. Solo
l’esperienza gli aveva
permesso di non mostrare la sorpresa nel constatare che non fosse uno
dei
dragoni legati al Sole.
Ma
era anche liberatorio. Adrenalinico.
Non
sarebbe stato un duello particolarmente interessante,
fosse stato solo la pallida copia di otto anni prima.
“Fase
Iniziale. Fase dei Nuclei. Fase d’Acquisizione e Fase
di Recupero.”
Barone
ghignò nel ritrovarsi nelle mani la carta appena
pescata.
“Fase
Principale.”
Il
Mazoku allargò le braccia. Ogni evocazione degli spirit
chiave era come la prima volta, entusiasmante, galvanizzante. Lo faceva
sentire
potente.
Non
aveva bisogno di girarsi per vedere il cielo scuro e la
luna che risplendeva alle sue spalle, inondando il suo terreno di gioco
di luce
perlacea.
“Dalla
Luna illuminata dai raggi del Sole, evoco il drago
dalle ali scarlatte, Pheonix-Siegwurm, Drago Fenice della Luce Lunare al
livello 2.”
Il
chiarore crebbe fino a diventare pari a quello del Sole
e, nel suo bagliore, il drago spiegò le sue ali e
sfrecciò accanto a lui per
poi posarsi a fianco dell’altro spirit, ruggendo verso la sua
nuova nemesi.
Aveva
scelto quello spirit come erede di Stirke-Siegwurm,
un erede che potesse onorare il
colore del suo avversario. Non avrebbe mai pensato che sarebbe stato
anche
l’erede che avrebbe combattuto al suo fianco nella rivincita.
L’aspetto
del drago era così simile al suo vecchio amico,
compagno di centinaia di duelli, ma era come se avesse lasciato che il
rosso
tingesse le sue squame, i suoi artigli, le sue ali. Ed era diventato
più forte,
come lo dimostravano i cannoni argentati che svettavano accanto alle
sue ali.
“L’effetto
dell’evocazione di Pheonix-Siegwurm mi
permette di distruggere due spirit
avversari con punti battaglia uguali o inferiori a 8000.”
Rispondendo
all’implicito comando, Pheonix-Siegwurm spiccò
il volo ruggendo scintille di
fuoco e ghiaccio. Arrivato sopra al terreno di Dan, spalancò
le ali. I due
cannoni si caricarono e, dopo un battito di ciglia, da essi
fuoriuscirono due
getti bianco-dorati.
Siegwurm-Altair e Drago del Vento Solare
ruggirono fiamme che
contrastarono il ghiaccio dorato diretto verso di loro. I due getti
rimasero di
ugual potenza per pochi istanti. Poi, un ruggito del drago fenice ne
fece aumentare
l’energia e i due draghi rossi vennero spazzati via.
L’unica
reazione di Dan fu quella di stringere le dita sulle
proprie carte.
Barone
allungò la mano e ruotò le due delle carte sul
terreno di gioco, senza neanche aspettare che i cannoni del suo drago
smettessero di fumare.
“Fase
d’Attacco. Sliderbear,
Pheonix-Siegwurm attaccate!”
Dan
posò entrambe le mani ai bordi del terreno di gioco,
incrociando il suo sguardo con determinazione.
“Rispondo
ad entrambi gli attacchi con la Vita!”
I
due spirit di Barone non attesero altro. Le zampe di Sliderbear si
trasformarono in ruote e lo spirit
sfrecciò verso il guscio bianco che avvolgeva Dan. Il drago,
invece, si lanciò
in picchiata, le fauci spalancate che si riempivano di ghiaccio e magma.
I
due attacchi infransero il cristallo nello stesso istante,
spazzando via due ulteriori vite dall’armatura dorata di Dan.
Il Guerriero
Rosso riuscì a reggere il colpo, con solo i piedi che
strisciarono sul metallo
della pedana.
“Spirit
interessante,” commentò, tradendo appena
l’affanno
causato dal colpo.
Barone
ricambiò il suo sguardo e, nonostante rimpiangesse il
rivale che era diventato amico e alleato, sentì rinsaldarsi
la comprensione, il
legame che li aveva uniti un tempo. Forse, Dan non era davvero cambiato
e, forse,
un giorno sarebbe tornato quello che era.
Ma,
per il momento, Barone si sarebbe accontentato di
riavere un rivale.
“Termino
il mio turno.”
TURNO
8
Dan
sorrise e sfiorò con una mano l’ultima vita ancora
incastonata sopra al suo petto. Barone non gli stava dando un attimo di
respiro, non gli concedeva vantaggi, non esitava nel timore di vederlo
infrangersi come un vaso delicato sotto la più minima
pressione.
Forse
era solo il duello, ma ogni turno gli aveva ricordato
che, nonostante tutto, aveva la propria vita nelle mani. E aveva il
potere di
cambiarla.
Quando
aveva incrociato lo sguardo di Barone, aveva visto il
proprio riflesso, aveva riconosciuto una parte di sé stesso.
Non faticava a
credere che, nel passato che non ricordava, fossero stati rivali,
fossero stati
amici. Battle Spirits era ancora il filo invisibile che li legava.
“Fase
Iniziale, Fase dei Nuclei, Fase di Acquisizione e Fase
di Recupero.”
E
la nuova carte fu la scintilla che fece divampare le
fiamme.
“Fase
Principale. Utilizzo la carta magia Pioggia
Stellare della Rinascita. Posso fare tornare
in mano dagli Scarti uno spirit o fino a tre spirit nella famiglia Drago
Astrale.”
Non
appena finì di pronunciare le ultime due parole, la
carta stretta tra le sue dita venne ricoperta da fiamme rosse. Due
lingue di
fuoco si separarono da essa e sfrecciarono verso gli scarti avvolgendo,
quasi
abbracciando, due carte che fluttuarono sopra il terreno di gioco. Dan
lasciò
andare la carta magia che si dissolse, afferrando I due spirit appena
distrutti
e riportandoli nella propria mano.
Poi,
Dan rivolse un sorriso di sfida a Barone e rivelò una
seconda carta magia.
“Utilizzo
la carta magia Energia Big
Bang. Per questo turno, grazie al suo effetto tutti gli
spirit Drago
Astrale nella mia mano hanno un costo pari a quello delle mie
Vite.”
Tre
carte si illuminarono di luce rossa.
“Evoco
ancora una volta Siegwurm-Altair,
Drago Scintillante e Drago
del Vento Solare entrambi
al livello 1.”
A
fianco di Drago della Pioggia,
apparve il simbolo che si dissolse con il ruggito stridente del grifone
draconico. Dietro alle spalle di Dan, il drago stellare riapparve dagli
astri.
“Siegwurm-Altair avrò
bisogno
della tua forza.”
Lo
spirit si voltò verso di lui e ruggì con tale
intensità
da scompigliargli i ciuffi di capelli sulla fronte. Dan rise.
“Lo
prendo come un sì.” E afferrò
l’ultima carta ancora
illuminata di rosso. “Utilizzo Siegwurm-Altair
come tributo!”
Il
drago dispiegò le ali e venne avvolto nelle fiamme, come
una fenice che stava per rinascere.
“Il
drago nato dalle stelle del firmamento, evoco Siegwurm-Nova, Drago Supernova al
livello 2!”
Nel
bozzolo di fiamme prese forma una sagoma luminosa come
le stelle. Alle sue spalle, si spiegarono una dopo l’altra
due ali luminose
ricoperte di candide piume. Poi, la luce svanì rivelando le
forme del possente
drago, una creatura dalle squame vermiglie e dalla corazza bianco e
argento. Lo
spirit aprì gli occhi, che si illuminarono di luce verde.
Siegwurm-Nova
posò a terra le
possenti zampe, affondando gli artigli nella terra facendola tremare, e
spinse
il busto in avanti, spalancando le enormi fauci ed emettendo un ruggito
che
sollevò la polvere attorno a lui.
“Grazie
all’utilizzo di Siegwurm-Altair
come tributo, l’effetto
dell’evocazione mi permette di recuperare Vite
fino a un massimo di cinque.”
L’armatura
di Dan venne circondata da un bagliore bluastro,
che lo avvolse completamente come una spirale di cristalli
scintillanti. Una
dopo l’altra, le cavità nella sua armatura
tornarono a brillare con quattro
nuovi nuclei.
Dan
aspettò che l’ultima Vita riapparisse, per poi
abbassare
il braccio e incrociare lo sguardo con quello smeraldo del drago appena
evocato. Lo spirit emise un basso ruggito, scintille di fiamme che
brillarono
nelle sue fauci e nel suo sguardo.
Il
Guerriero Rosso fu colto da una nuova ondata di
familiarità, malinconia e dolore. Abbozzò un
sorriso che faticava a riflettere
tutto il turbinio di emozioni nella sua mente.
“Ci
siamo già incontrati, non è vero amico
mio?”
Siegwurm-Nova, in tutta
risposta, ruggì. Dan chiuse gli occhi, lasciando che il viso
venisse accarezzato
dal calore trasportato nell’aria, che i capelli venissero
scompigliati, che
ogni suono venisse annullato nel ringhio che risuonava nelle sue
orecchie.
Solo
quando lo spirit tornò a voltarsi verso il suo
avversario, Dan riaprì gli occhi.
“Termino
il mio turno.”
TURNO
9
Barone
riconobbe immediatamente lo spirit. E come non avrebbe potuto? Insieme
a Darkwurm-Nova,
Mai ne aveva fatto il suo elemento
distintivo durante tutta la sua collaborazione con lui. Grazie a
Gaspard e
Clarky, aveva saputo tutto sul suo ritrovamento e sul significato che
essa
aveva avuto per il Guerriero Rosso.
Era un crudele
ironia che lui ne sapesse più di colui che l’aveva
usata per sconfiggere il Re
del Mondo Altrove.
Barone eseguì
una dopo l’altra le fasi preparatorie.
Ed era
un’interessante situazione il fatto che Dan, inconsciamente,
avesse creato un
mazzo che riflettesse entrambe le sue avventure. Ma sarebbe riuscito a
far
convivere questi due aspetti di sé in un unico mazzo?
Barone non
desiderava altro che metterlo alla prova.
“Fase
Principale. Chiamo al mio fianco Nemelion, Brave
del Leone Rinato!”
Sul terreno di
gioco apparve un simbolo bianco. Attorno a esso si illuminarono piccole
stelle
luminose che si disposero a formare la costellazione del Leone. Quando
l’ultimo
punto venne collegato, un cerchio apparve attorno al simbolo e alla
costellazione, attorno alla quale si disegnò la sagoma del
leone che prese
forma solida e balzò sul terreno di gioco circondato da
polvere di cristalli di
ghiaccio.
Il leone era
un androide plasmato in metallo argentato, la cui criniera e giunture
erano
sigillate da bordature color del cielo, con lunghi artigli dorati.
Barone ghignò
e spostò la carta sopra a quella di Pheonix-Siegwurm,
sovrapponendole sul lato sinistro del Brave. Sopra le due carte si
espanse
un’aurea bianco ghiaccio.
“Brave!”
Il drago
spiccò il volo e il leone corse e saltò. Il suo
corpo venne avvolto dalla
stessa luce bianca e si scompose. Il muso e la criniera si fissarono
nella
forma di uno scudo che si aggancio su una delle zampe anteriori del
drago. Il
resto del corpo si riunì in un’armatura argento e
blu attorno all’altra zampa
anteriore, ricoprendo gli artigli del drago con lunghi e acuminati
artigli
dorati. Pheonix-Siegwurm, avvolto anch’esso dal bagliore
glaciale, ruggì fendendo l’aria con i nuovi
artigli.
“E ora Fase d’Attacco.
Vai Brave Spirit, spazza via ogni sua difesa!”
Il drago
spiccò il volo con la voce di Barone che ancora risuonava
nell’arena e puntò
verso il terreno di gioco di Dan, dove erano schierati i suoi draghi, e
oltre
ancora. Dan spostò per un breve istante lo sguardo sulle
proprie carte, sui
propri spirit, per poi alzarlo sulla creatura che si dirigeva verso di
lui.
“Rispondo
all’attacco con la Vita.”
Gli artigli
dorati di Pheonix-Siegwurm si
ricoprirono di arabeschi di brina che li incastonarono in una
risplendente
coltre di ghiaccio che si illuminò di azzurro, argento e
bianco, creando una
scia di polvere e luce che si protendeva alle sue spalle.
Il guscio
bianco avvolse Dan. I draghi al suo comando ruggirono scintille di
fuoco contro
l’avversario che, però, li ignorò
avventandosi contro il Guerriero Rosso.
Gli artigli
squarciarono il guscio come burro sotto la loro potenza. Il cristallo
venne
ricoperto di una patina ghiacciata che lo infranse in scaglie argentate
e
polvere gelida. I frammenti acuminati piovvero sulla postazione di Dan,
più
rigidi dell’acciaio stesso in cui si conficcarono, creando un
cerchio attorno
ai piedi di Dan.
Due dei
frammenti si conficcarono nell’armatura del Guerriero Rosso,
obbligando a
compiere un passo indietro per reggere l’impatto. I cristalli
di ghiaccio
gelarono le capsule dei Nuclei fino a infrangerli.
Mentre il
Brave Spirit tornò a posarsi sul terreno di gioco, gli
sguardi di Barone e Dan
tornarono a incrociarsi. E in essi brillava lo stesso entusiasmo.
Non c’era
davvero mai stato un duello tra loro due che non avesse messo qualcosa
in
gioco, fossero carte o i loro ideali, e che allo stesso tempo li avesse
visti
dalla stessa parte.
Non fino a
quel momento, almeno.
Barone chiuse
gli occhi e sorrise appagato. Era ironico che, quel duello che un tempo
aveva
tanto desiderato, un duello fatto solo per la passione per Battle
Spirits, lo
avesse finalmente ottenuto otto anni dopo aver perso il suo rivale,
sfidando un
Dan ormai privo di memoria.
“Termino il
mio turno.”
TURNO
10
Dan
non ricordava quali emozioni avesse provato in tutti i
duelli che nel passato lo avevano portato a salvare Gran RoRo, la
Terra, il
futuro.
Ma
avrebbe ricordato il senso di libertà, il sentirsi quasi
librare nell’aria, di quel duello. Avrebbe ricordato
l’entusiasmo, la passione.
Avrebbe ricordato le parole di Barone.
Non
credeva avrebbe potuto avere un duello migliore come suo
nuovo primo duello.
“Fase
Iniziale, Fase dei Nuclei, Fase di Acquisizione e Fase
di Recupero.”
Per
la prima volta, da quando era stato riportato indietro,
si sentiva in pace nell’essere Bashin Dan.
Non
esitò a rivelare la prima carta di quel turno.
“Fase
Principale. Utilizzo la carta magia Frattura
Vulcanica.”
Alle
spalle di Dan le nubi si contorsero e condensarono,
formando una spirale di luce e fiamme che si aprì come un
portale. In esso,
apparve l’immagine di un vulcano in eruzione. La pietra scura
era ricoperta
dalla lava e rocce e lapilli venivano gettati verso l’alto in
una torre di
fiamme e magma.
“Grazie
al suo effetto, posso distruggere tutti i Nexus
avversari e, per ognuno di essi, pescare una carta.”
Dal
portale dai bordi infuocati, uno dei lapilli emerse e
attraverso il terreno di gioco, disperdendo rocce infuocate e
arroventando
l’aria. Il frammento di lava impattò contro la
spada alle spalle di Barone,
facendola crollare e dissolvere tra le fiamme.
Barone
gettò appena un’occhiata alle sue spalle per poi
voltarsi verso Dan, con un sorriso sulle labbra che sembrava quello di
un
predatore.
“Cominciamo
a fare sul serio. Non aspettavo altro.”
Dan
afferrò la carta che si sollevò dal proprio
mazzo. “È
solo l’inizio.”
E
gettò la nuova carta sul terreno di gioco.
“Attivo
il Nexus Città
Stellare
dell'Eruzione Magmatica al
primo livello.”
Non
appena la carta fu posizionata sul terreno, dietro le spalle
di Dan emersero costoni di roccia scura punteggiati da minuscole e
fitte luci
che li facevano assomigliare a enormi grattacieli. Al centro, il
terreno si
frantumò in una conca circolare che si riempi di rovente
lava rossa e arancio,
la cui luce rossastra si riverberava sulla piattaforma metallica, tanto
da
farla sembrare in fiamme. Le scintille si confondevano con il fumo che
saliva
verso l’alto, incontrando fulmini bluastri che si abbattevano
sulla lava da
nubi scure che avevano reso cupo il cielo.
“Dopodiché,
evoco Archerion, Brave
del Sagittario Rinato!”
Come
prima sul terreno di gioco di Barone, il simbolo rosso
venne circondato da piccole stelle luminose che andarono a congiungersi
a
formare la costellazione dello zodiaco. Il cerchio si andò a
completare attorno
al simbolo e lo trascinò verso l’alto. Il rubino
si infranse e le polveri
scintillanti si condensarono in un centauro ricoperto da
un’armatura rossa e
oro. La creatura galoppò fino a raggiungere il terreno di
gioco e i suoi
zoccoli lasciarono scintille al suo passaggio. Nella sua mano prese
forma un
lungo arco vermiglio.
“Brave!”
Dan
spostò la carta su Siegwurm-Nova,
sovrapponendole sul lato destro dello spirit. Quella parola, quel
comando,
aveva vibrato dentro di lui. E, nelle ombre e nei contorni sfocati
della sua
mente, qualcosa aveva esultato.
Siegwurm-Nova
spiccò il volo
seguito al galoppo dal Brave. Entrambi vennero avvolti da una luce
rossa e oro
che rifletteva l’anello di luce propagatosi alla congiunzione
delle due carte. Archerion
rilasciò il proprio arco che si dissolse e
il suo corpo si separò in più parti.
L’armatura rossa sulle sue spalle, dalle
lunghe piume dorate, andò a ricomporsi su quella del drago.
Il resto del corpo
si assemblò in un enorme arco dalla curva elegante, dal
colore del fuoco e
dall’impugnatura argentata.
Il
drago, ancora più maestoso, ancora più potente,
ruggì al
centro del campo di battaglia.
Il
Guerriero Rosso estrasse dalla sua mano una nuova carta.
“Ora
evoco Gornic-Eagle
e
l’effetto di Archerion
mi permette di fare
nuovamente Brave!”
Il
simbolo rosso apparve a fianco del drago e da esso ne
uscì un’aquila dai lunghi artigli argentati, dalle
piume brunite e con un
rubino incastonato sulla fronte. Entrambi vennero avvolti dalla luce
rossa e le
ali dell’aquila si fissarono sulle ali di Siegwurm-Nova
ricoprendole di un secondo strato di piume bronzee e
rilucenti.
Dan
non esitò a ruotare il gruppo di carte.
“Fase
d’Attacco!”
“Ti
sto aspettando Brave Spirit!”
“Siegwurm-Nova, Drago Supernova
attacca!”
Il
drago ruggì e spiccò il volo, rilucente nella sua
armatura, le fauci riempite di fiamme e l’arco luminoso di
stelle.
“Utilizzo
l’effetto brave di Archerion
e spostò un nucleo dagli Scarti sul Brave
Spirit, che recupera e sale al
terzo livello. Impatto Devastante!”
Siegwurm-Nova venne avvolto
da una luce dorata e la carta sul terreno di Dan tornò a
posizionarsi verticale.
“Pheonix-Siegwurm recupera
grazie all’effetto di secondo
livello!”
Dalla
parte opposta del drago di fuoco, il drago della Luna
venne illuminato da una luce argentata e tornò a portarsi
ritto, i lunghi
artigli dorati pronti a essere sfoderati contro l’avversario.
“Sliderbear
blocca!”
L’orso
sfrecciò sulle sue zampe trasformatesi in ruote e
balzò, puntando dritto contro il drago rosso. Siegwurm-Nova
ruggì e ruotò su sé stesso, schivando
facilmente l’impatto con lo spirit
bianco. Dopodiché, puntò l’arco verso
di lui, incoccando una freccia di fuoco e
rilasciandola.
Il
dardo lasciò dietro di sé faville rosse e lingue
di
fuoco. Sliderbear
fece appena in tempo a
vederlo prima che lacerasse la sua armatura. Un’esplosione
segnò la fine dello
spirit.
Ma
non la fine del volo di Siegwurm-Nova.
Il
drago riprese ad avanzare. Dan tornò a ruotare la carta.
“Brave
Spirit attacca ancora una volta con Impatto
Devastante!”
Il
suo ruggito fece fremere l’aria già arroventata.
“Pheonix-Siegwurm blocca!”
I
due draghi si incontrarono in alto, al centro del terreno
di gioco. Il primo rosso e oro, armato di arco, il secondo rosso e
argento,
armato di lunghi artigli dorati. Volarono in cerchio, studiandosi per
istanti
allo stesso tempo infinitesimi e infiniti.
Poi,
Siegwurm-Nova spalancò
le sue fauci rilasciando una pioggia di fuoco sul drago della Luna. Pheonix-Siegwurm
alzò il suo scudo, argento e blu, proteggendosi dalle lingue
di fuoco che lo
colpirono con forza inaudita. Usando la sua immensa forza, il drago
spazzò via
il resto delle fiamme e si lanciò contro
l’avversario, i lunghi artigli dorati
ricoperti di gelo che si lasciavano alle spalle una scia di cristalli. Siegwurm-Nova schivò
uno, due, tre, quattro fendenti
del drago lunare. Al quinto tentativo, lo afferrò e lo
gettò al suolo.
Il
drago lunare cercò di fermare la caduta, ma si
ritrovò
contro le rocce prima di poter ritrovare l’equilibrio. Il
campo di battaglia
cedette sotto la forza dell’impatto, scagliando polvere e
frammenti tutto
attorno. Pheonix-Siegwurm
tornò ad alzarsi, anche se con maggior fatica,
usando gli artigli come
appiglio. Le zampe cedettero e una di esse sbatté con il
ginocchio al suolo. Il
drago ruggì verso l’avversario. Siegwurm-Nova,
impassibile, feroce, inclemente, incocco una freccia infiammata e
scoccò.
Il
dardo era seguito da una spirale di fuoco e fendette
l’aria come una cometa che solcava velocissima il cielo. Il
drago lunare tentò
di bloccarla con lo scudo, ma lo perforò per poi conficcarsi
nel suo petto. Pheonix-Siegwurm emise
un grido di dolore e venne distrutto in un’enorme
conflagrazione di roccia e
fiamme.
Nemelion si
riformò e venne
sbattuto via, schiantandosi con il dorso contro la parete sotto la
postazione
di Barone.
Siegwurm-Nova, invece,
tornò
a posarsi davanti alla postazione di Dan, fiero e maestoso.
“Termino
il mio turno.”
TURNO
11
Barone
abbassò il braccio con le carte e spostò lo
sguardo
sul proprio terreno quasi sguarnito, poi oltre verso l’enorme
voragine, dai
bordi frastagliati e anneriti, che si era aperta al centro
dell’arena. E, poi,
oltre il fumo che ancora riempiva l’aria, oltre i draghi di
fiamme schierati
dalla parte opposta, incrociò lo sguardo di Dan.
“Non
male per un duellante privo di memoria.”
“Mai
detto di non ricordare Battle Spirits.”
Barone
abbassò lo sguardo e smorzò una risata scuotendo
la
testa.
“Fase
Iniziale, Fase dei Nuclei, Fase d’Acquisizione e Fase
di Recupero.”
Il
terreno di gioco si illuminò, i nuclei si spostarono
nella Riserva, la nuova carta venne pescata.
“Sono
riuscito a resistere al tuo Brave Spirit. Pensi di
riuscire a fare lo stesso?”
Dan
sorrise divertito, il riflesso di una risata che
brillava nei suoi occhi. “Prima devi riuscire a
evocarlo.”
“Fase
Principale.”
E
rivelò la prima carta, lanciandola sul terreno.
“Evoco
Chamaeleopus al
primo
livello.”
Dal
simbolo rosso apparso sul terreno emerse una creatura
bipede rettiliforme, dalle squame dorate. Larghi occhi e due lunghe
corna
dominavano il suo muso.
“Grazie
al suo effetto, ogni volta che evocò uno spirit con
costo pari o superiore a 7, Chamaeleopus
ottiene
due simboli rossi addizionali.”
Barone
fissò la carta che stava per evocare, una di quelle
che aveva scelto negli anni per quel mazzo rosso-bianco, quel mazzo
creato per
onorare il sacrificio del suo più grande rivale, alleato,
amico. Non avrebbe
mai immaginato che un giorno l’avrebbe davvero usata in un
duello con Dan. Ma,
ora che stava succedendo, avrebbe voluto vedere la sua faccia, avrebbe
voluto
vedere la sua reazione per quel mazzo in cui lui aveva cercato di
fondere i
loro due stili di gioco.
Il
Mazoku sfiorò la carta accanto, quella appena pescata, un
Brave che però non avrebbe evocato. Dopotutto, Dan lo aveva
anticipato.
“Forza,
mostrami tutto quello che sai fare.” La voce del
Guerriero Rosso risuonò forte e sicura nell’arena.
Barone
ghignò. “Mi auguro non te ne pentirai, Bashin
Dan.”
Afferrò
la carta e la estrasse dalle altre. Lingue di fiamme
cerulee e vermiglie divamparono attorno a essa, allargandosi e
diffondendosi
come onde attorno a lui. Alle sue spalle il cielo divenne nero, come lo
spazio
siderale, e in esso brillarono in tutto il loro splendore il Sole e la
Luna.
“Forgiato
tra le fiamme solari e temprato dal gelo lunare,
evoco Strike-Apollodrago,
Supremo Imperatore Stellare al
livello 2!”
Dalla
turbolenta superficie solare emerse una creatura,
completamente ricoperta dal plasma dorato. Poi, spiegò le
ali e spiccò il volo.
Un vortice di fiamme argento e oro lo avvolse man mano che si
avvicinava,
circondato dall’accecante luce del Sole. Il drago
volò e sfiorò con i suoi
artigli la superficie della Luna per poi dirigersi verso Barone ed
entrare
nell’area quasi lambendo le spalle del Mazoku.
Un
potente ruggito fu il suo benvenuto.
Strike-Apollodrago era un possente
drago rosso, così simile
nell’aspetto ai dragoni di cui portava il nome, ma allo
stesso così diverso
grazie a quei dettagli che lo facevano rassomigliare ai draghi della
Luna un
tempo usati da Barone. Il suo muso era circondato da
un’armatura argento e oro,
che poi proseguiva sulle sue spalle e sul suo petto. Anche le zampe
erano
corazzate, ma da una spessa armatura argentata che si allungava in due
speroni
che raggiungevano in altezza quasi le sue spalle. Ma era nelle sue ali
che
l’unione tra il Sole e la Luna era più evidente.
Le quattro ali dall’iniziale
aspetto meccanico, argento, viola e nere, con tanto di razzi, si
trasformavano
nella parte finale in ali draconiche rosse e oro.
“E,
ora, Brave!”
Con
un’unica creatura, Strike-Apollodrago e Nemelion ruggirono
avvolti dalla stessa luce bianca. Il leone tornò una seconda
volta a scomporsi,
questa volta in modo diverso attorno alla figura in volo del drago dal
doppio
simbolo. L’armatura sul suo petto si dissolse in un lampo di
luce per venire
sostituita da una corazza argento e blu su cui risaltava il muso
leonino. Il
resto del corpo del Brave andò invece a formare
un’enorme spada argentata, con
una lunga venatura blu nel centro e un’impugnatura dorata.
“Vai,
Brave Spirit!”
Il
drago ruggì e partì in volo, a una
velocità che quasi
rendeva difficile seguirlo con lo sguardo, grazie ai razzi delle sue
ali. Volò
in alto, fino a quasi diventare un puntino nel cielo rosato per poi
scendere in
picchiata verso il campo di battaglia di Dan.
Barone
rivelò una nuova carta.
“Utilizzo
la carta magia Fiamma
Sacra e con il suo effetto distruggo il brave Archerion!”
Dietro
a Strike-Apollodrago, nel cielo
avvolto da nubi si aprì uno
squarcio che brillò di luce rossa. Da esso, strali di fiamme
superarono il
drago attaccante e raggiunsero Siegwurm-Nova,
aderendo e bruciando solo le parti che appartenevano al Brave. Dietro,
la carta
saltò via dal terreno di gioco e finì negli
scarti di Dan.
“Dato
che un Brave è stato distrutto, posso distruggere un
numero di spirit con un totale di 10000 BP. Drago della
Pioggia e Drago
del Vento Solare vengono
distrutti!”
Nuovi
strali di fiamme caddero dal cielo, colpendo e
squarciando i corpi dei due draghi che divamparono e si dissolsero tra
le
fiamme. Siegwurm-Nova,
inginocchiato a terra,
alzò lo sguardo smeraldino verso l’avversario ed
emise un basso ruggito. Un ruggito
che ammetteva la sconfitta.
Dan
si rimise ritto, rilassò i muscoli, si staccò
dalla
postazione metallica e abbassò il braccio con le ultime
carte. Lo sguardo del
Guerriero Rosso si diresse verso il drago del proprio avversario.
“È
stato bello duellare di nuovo.” Sorrise, un sorriso
sereno, nostalgico.
Strike-Apollodrago
sfrecciò verso di lui, le ali draconiche e
meccaniche che sferzavano l’aria in mezzo ai getti dei razzi
che lo spingevano
avanti, verso il guscio bianco e rosso che aveva avvolto Dan. La spada
stretta
tra gli artigli si ricoprì di una patina di cristalli di
ghiaccio, creando una
scia di polvere gelida e argentata.
“Rispondo
all’attacco con la Vita.”
La
lama impattò contro il guscio, infrangendolo, e
l’onda
d’urto creatasi, una mezzaluna bianco e argento,
proseguì fino a sferzare
l’armatura dorata di Dan.
Gli
ultimi tre nuclei di Dan si infransero, le cavità
persero la loro luce azzurra.
Un
lampo di luce bianchissima avvolse il Guerriero Rosso.
SPAZIO
AUTRICE:
Salve a
tutti! Le festività natalizie mi hanno scombinato i piani
più di quanto mi
aspettassi (pensare che avrei voluto finire di pubblicare questo
episodio entro
Natale… vabbé).
E siamo
arrivati al duello tra Dan e Barone. Il duello, che fino a ora,
è anche quello
più lungo dal punto di vista delle parole.
Cosa ne
pensate? Ho cercato in tutti i modi di rendere giustizia a questo
duello, per
quello che significava e per il cambiamento che comunque
c’è stato in entrambi.
Arriverà il giorno in cui mi deciderò a scrivere
duelli con qualche skip (ma
non è questo il giorno), ma non questo duello non mi
sembrava per nulla adatto.
Mi auguro riesca a reggere il confronto con l’ultimo e
sfolgorante duello dell’episodio
50.
Inizialmente,
avevo pensato di intervallare il duello (in un paio di punti) con
brevissimi
spezzoni con le reazioni degli altri, ma poi ho cambiato idea e per due
motivi.
Uno, perché la lunghezza era già mastodontica
(ho, ovviamente, battuto il
record dello scorso capitolo come capitolo più lungo
dell’episodio) e, due, perché
mi sono resa conto che avrebbe scalfito l’impatto del duello.
Alcune piccole
precisazioni: Nemelion e Archerion sono due carte inventate da me e mio
fratello (come già avevo accennato in precedenza; i loro
effetti sono
pubblicati in inglese nella fan wiki di Battle Spirits); entrambi i due
Brave
sono due Imagine Brave (anche questo già accennato in
precedenza).
Come ogni
volta, grazie a tutti quelli che leggono (pochi ma buoni) e il solito
grazie
speciale a ShawnSpenstar (per le sue sempre lunghissime recensioni)!
Niente altro da aggiungere.
Per qualunque
cosa, dubbio e commento, io sono qui e se volete potete lasciarmi una
recensione (corta o lunga che sia, per me non ha importanza) per dirmi
cosa ne
pensate.
A presto,
HikariMoon
P.S: come
al solito, l’elenco dei turni e i deck verranno inseriti in
fondo all’ultimo
capitolo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
CAPITOLO
7
Dan
non registrò neppure il tragitto dal campo di battaglia
all’ancoraggio sulla piattaforma della colibrì.
L’unica cosa che vide fu la
sfera luminosa svanire, gli anelli dei sei colori spegnersi nel cielo.
Nella
sua testa, le immagini degli spirit, dei loro
attacchi, ghiaccio, fiamme e roccia continuavano a riaffiorare. Era
impossibile
pensare ad altro, anche se aveva perso: ma aveva importanza con un
duello che
lo aveva entusiasmato tanto da fargli dimenticare ogni altra cosa?
Dan
si ritrovò a sorridere: l’unica cosa che gli
impediva di
mettersi a ridere, di mettersi a urlare a tutti per scaricare tutta
l’energia
che si sentiva in corpo.
Il
sordo rumore dell’aggancio finale e il successivo
silenzio, niente più vibrazioni o rumore elettronico, fu
quello che gli permise
di arrestare quel turbine di emozioni.
Chiuse
gli occhi, allora, e posò la testa contro lo
schienale. Attorno al suo corpo, l’armatura dorata era
svanita, tornata a
essere una lista di comandi in un computer. Ma la colibrì
era ancora lì. Le sue
dite erano ancora strette al volante.
Fino
all’inizio del duello si era sentito sbilanciato,
perso.
Ora,
per la prima volta, sentiva veramente di aver ritrovato
qualcosa di sé. Si sentiva finalmente ancorato a quella
realtà che un tempo
aveva chiamato sua.
Dan
riaprì gli occhi, si slacciò
dall’armatura e uscì dalla
colibrì.
Barone
era fermo sulla piattaforma. Lo fissava con le
braccia conserte, gli occhi leggermente socchiusi e
un’espressione
impenetrabile.
Il
rumore dei suoi passi rimbombò nel silenzio. Era
difficile abituarvisi, dopo le esplosioni, i ruggiti. Infilò
la mano in tasca e
sfiorò il mazzo di carte.
I
loro sguardi si incrociarono e rimasero immobili a fissarsi.
Poi, il mazoku fece un passo in avanti e allungò la mano.
“Otto
anni.”
Dan
corrugò la fronte, spostando lo sguardo dalla mano al
volto di Barone, la propria mano sollevata a mezz’aria.
“Sono
otto anni che aspetto questa stretta di mano.”
Il
Guerriero Rosso non riuscì a impedire al proprio sorriso
di allargarsi e gli strinse la mano, venendo subito ricambiato.
“Ti
ringrazio, Barone. Non mi dimenticherò mai di questo
duello.”
“Ti
prendo sulla parola.” Anche
il mazoku sorrise.
“Comunque,
è stato davvero un bel duello.”
Dan
e Barone avevano percorso in silenzio buona parte dei
corridoi. Silenzio interrotto soltanto dai saluti delle persone che
incrociavano, che spesso si allontanavano bisbigliando, e dal messaggio
di
Clarky che comunicava loro il luogo dove li stavano aspettando.
In
quel lasso di tempo, il Guerriero Rosso non aveva fatto
altro che ripensare al duello.
“Le
combinazioni di carte che hai usato sono state davvero
interessanti. E non mi sarei aspettato, dopo la distruzione di Pheonix-Siegwurm,
l’evocazione
di Strike-Apollodrago.
Immagino tu abbia scelto di abbinare rosso e bianco per sopperire ai
rispettivi
punti deboli, vero?”
Barone
rallentò fino a fermarsi. Dan fece un paio di passi
prima di realizzare che il mazoku non era più al suo fianco.
Fermatosi a sua
volta, si voltò corrugando la fronte.
“C’è
qualcosa che non va?”
Barone
lo fissò per un istante lunghissimo, con quel suo
sguardo sottile e imperscrutabile. E riprese a camminare. Dan
tornò a
riaffiancarlo, continuando a guardarlo perplesso.
“In
un certo senso, posso dire che ci sia quello alla base
della mia scelta.” Inclinò la testa verso di lui,
la stranezza di poco prima
scomparsa dal suo volto. “Anche la tua scelta di strategia
è stata
interessante. Mi hai dato filo da torcere.”
Dan
rise. “Posso ritenermi soddisfatto, allora. Per essere il
mio ritorno sul terreno di gioco, non è andato
male.”
Barone
tornò a guardare avanti, uno strano sorriso che
piegava le sue labbra. Dan si ritrovò a chiedersi se fosse
la stessa malinconia
e nostalgia per il suo vecchio sé che sentiva spesso nelle
parole dei Maestri
della Luce, che vedeva nei loro sguardi e nei loro gesti.
“No,
davvero non male.”
Per
il resto del tragitto discussero di carte e strategie,
quel piccolo episodio ormai alle spalle. Sulla porta della sala
indicata da
Clarky, Barone lo lasciò solo e si allontanò per
occuparsi di impegni legati
all’HUMAA.
“Ho
duellato con te. Mi pare doveroso lasciarti un po’
anche a Clarky e agli altri.”
Una
volta aperta la porta, Dan venne accolto da Plym che gli
corse incontro e si afferrò al suo braccio, ridendo e
ripetendo come quel
duello fosse stato mecha-fantastico. Yus
alzò gli occhi al cielo e le
suggerì di lasciarlo almeno sedere prima di tormentarlo con
le domande.
Nonostante
quel rimprovero, però, fu proprio Yus il primo e
il più assiduo a fargli domande sul duello. Dopo i
complimenti di Mai, Hideto e
Kenzo, le cui parole ancora una volta furono cariche di emozione, e di
Clarky e
Angers, Plym cominciò a punzecchiare Yus e fare bruschi
cenni del capo verso Dan.
Il giovane uomo sbuffò e arrossì sempre di
più dopo ogni ditata contro il
fianco, finché non scattò in piedi e si
inchinò bassissimo, parlando velocissimo.
“Mi
faresti l’onore di fare un duello con me?”
Plym
scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
Dan
accettò con entusiasmo. I due si sistemarono al tavolo,
circondati dagli altri, con i tappetini e i nuclei che uno dei robot di
Plym,
apparso fuori quasi dal nullo tanto da far quasi sobbalzare Clarky,
porse loro.
Ben
presto fu evidente che la sfida sarebbe stata tra il
mazzo rosso di Dan e quello rosso-blu di Yus.
“Non
immaginavo che il rosso fosse un colore così
usato.”
Il
Guerriero Rosso alzò lo sguardo sul gruppo e la reazione
fece svanire il divertimento dal suo sguardo, sostituito da confusione.
Yus
balbettò e fissò le carte in mano con fin troppo
interesse. Clarky, Mai,
Hideto, Kenzo e Plym si scambiarono un’occhiata terrorizzata.
Il
primo si passò la mano tra i capelli, ridacchiando
nervosamente. “Già, chissà come
mai.”
La
Guerriera Viola lo fulminò con lo sguardo e passò
un dito
davanti al collo.
Rassegnandosi
al fatto che fosse un altro di quei
riferimenti ad avvenimenti di cui non aveva memoria, Dan riprese a
concentrarsi
sul duello.
La
successiva interruzione della tranquillità ci fu quando
Clarky si allontanò per accettare una comunicazione nella
ricetrasmittente.
“Ho
appena ricevuto un messaggio da Barone,” esordì
tornando
verso di loro.
Sui
volti di Angers, Plym e Yus sfrecciò velocissima
un’ombra. Solo un brevissimo cenno di Clarky tornò
a farli rilassare. Tutto fu
così rapido che Dan si chiese se non se lo fosse immaginato.
“Sembra
che En e Fant siano venuti a sapere che siete qui.”
Fu
il turno di Mai, Hideto e Kenzo di sgranare gli occhi e
impallidire.
“Sanno
che-”
“Anche
di Dan, ma sembra non abbiano scoperto che ha perso i
ricordi.” I tre Maestri della Luce tirarono un sospiro di
sollievo. “Vogliono
assolutamente parlarvi e vedervi, ma la regina Gilfam ha promesso che
glielo
permetterà solo con la vostra approvazione.”
Dan
tornò per l’ennesima volta a ritrovarsi gli
sguardi di
tutti addosso, a sentire la loro incertezza sulla sua pelle. Se avesse
detto
no, nessuno degli altri si sarebbe opposto. Ma non se la sentiva di
impedire
loro di rivedere persone a cui tenevano.
Non
era giusto far loro perdere quell’occasione solo per
semplificargli la vita.
“Se
per voi non è un problema, non vedo perché
no.”
Mai,
Hideto e Kenzo si scambiarono occhiate preoccupate. Per
lunghi istanti, sembrarono portare avanti un intero discorso con
soltanto occhi,
sopracciglia e muscoli facciali. Alla fine, il Guerriero Blu
annuì verso
Clarky.
“Possiamo
provarci e sperare che vada tutto bene.”
Plym
saltò su con aria determinata, i pugni contro i
fianchi. “Qui ci vuole un aggiornamento rapido della
memoria!”
La
Guerriera Viola sospirò e posò la fronte contro
il palmo
della mano, scuotendo lentamente la testa.
La
sua reazione non scalfì minimamente l’energia con
cui la
giovane donna portò avanti il proprio piano.
Trascinò Dan su una sedia, allontanò
via tutti quelli che potevano fungere da distrazione e gli
piazzò davanti alla
faccia il proprio cellulare.
Clarky
e Angers si sistemarono in un angolo della sala,
nascondendo le proprie risate dietro le mani.
La
prima foto che gli venne presentata era quella di due
bambini mazoku seduti dietro a un enorme piatto di riso al curry.
“Questa
è di poco prima la cerimonia tenuta da Clarky e
Barone otto anni fa. Non so come abbiano resistito per tutto il
discorso. Hanno
finito in massimo cinque minuti una volta dato loro il via
libera.”
“L’hanno
mangiato? Gli è piaciuto? Voglio vedere!” Mai si
fiondò accanto alla ragazza.
Kenzo
e Hideto la seguirono a ruota, l’ultimo sghignazzando.
“Visto che sono ancora vivi, potevi essere sicura di aver
cucinato almeno
qualcosa di commestibile.”
“Zitto
tu!” replicò Mai dandogli una pacca sul braccio.
“O
il prossimo è per voi!”
Clarky,
dall’angolo in cui si trovava, rabbrividì e si
spostò impercettibilmente verso Angers stringendole un
braccio attorno ai
fianchi.
Hideto
inorridì e si affrettò a chiedere perdono. Kenzo
sbuffò. “E io che cosa
c’entro?”
Plym
alzò gli occhi al cielo e riprese a fargli scorrere
davanti agli occhi una foto dopo l’altra.
“E
crescono così veloce! Tu non te lo ricorderai, ma erano
così piccoli.” Si piegò fino a portare
la mano all’altezza delle sue ginocchia.
“Ora invece non riesco più quasi a sollevarli.
Fant soprattutto.”
Dan
abbozzò un sorriso, più che altro divertito dal
pensiero
che Plym fosse in grado di sollevare il piccolo mazoku.
“Qui
invece…”
Hideto
le strappò il telefono dalle mani, scoppiando a
ridere e voltando lo schermo verso gli altri due Maestri della Luce.
“Cieli,
guardate questa!”
“Non
ci posso credere,” Mai biascicò tra le risa. Kenzo
sembrò sul punto di soffocare.
Dan
dovette alzarsi per scoprire quale fosse la fonte di
tanta ilarità. Sullo schermo, c’era Fant in piedi
su una sedia, quasi proteso
sopra un tavolo, che dava l’impressione di aver appena vinto
una sfida di
braccio di ferro con un uomo, l’istruttore Zolder gli
ricordò Plym, con gli
occhi stralunati e la faccia rossa dallo sforzo. En esultava a lato di
Fant
mentre dietro a Zolder una mazoku, Flora gli ripeté Yus, si
copriva il volto
con le mani.
“Dovevate
vederlo la settimana successiva,” proseguì Yus
dopo aver gettato un’occhiata alla foto. “Viveva in
palestra. Continuava a
ripetere che non poteva farsi battere da un bambino.”
“E
com’è finita?” Dan non riuscì
a resistere dal chiedere.
“Il
decimo giorno, Flora ha praticamente sfondato la porta
con un calcio e l’ha trascinato via sul terreno di
gioco.” Plym fece una
smorfia ed esagerò un brivido. “Quel giorno faceva
davvero paura.”
La
sua risposta non fece altro che dare il via a un nuovo
scroscio di risate. Mai si afferrò al braccio di Hideto,
quasi piegato in due.
La risata di Kenzo cominciò a essere interrotta da acuti
singhiozzi. In
disparte, Clarky e Angers si scambiarono un’occhiata complice.
Dan
guardò il gruppo, guardò i due coniugi,
guardò Plym che
si era rimpossessata del telefono e Yus che aveva ripreso in mano il
suo tablet
e cercava in tutti i modi, fallendo, di non ridere a sua volta.
E
un po’ dell’invidia che aveva provato
tornò a farsi largo
dentro di lui. Ma la ricacciò via con maggior
facilità. Doveva solo avere
pazienza.
“Allora,
la prossima…”
Foto
dopo foto, Plym e gli altri gli raccontarono aneddoto
dopo aneddoto sulla vita di En e Fant, dal giorno in cui erano stati
trovati,
dalla loro presenza nel viaggio nello spazio, fino a quello che stavano
facendo
a Nova Octo. I loro cibi preferiti, i loro passatempi, quello che
stavano
studiando.
“Mi
dispiace interrompervi, ma la Regina Gilfam chiede se è
possibile attivare le comunicazioni ora.”
Plym
lanciò un’occhiataccia a Clarky e, borbottando,
infilò il
cellulare in tasca. “Ne avevo ancora da mostrare.”
Yus
la guardò con un sopracciglio alzato. “Tu hai
sempre
altre foto da mostrare. I tuoi robot ci inseguono
dappertutto.”
“Non
voglio rischiare di perdermi qualcosa. Giusto, Mai?”
La
Guerriera Viola annuì ridendo.
“Giustissimo.”
“Riepilogando,”
si intromise Hideto, “di tutta questa roba,
ti riuscirai a ricordare le informazioni più
importanti?”
Dan
ridacchiò imbarazzato, conscio che, di
quell’ammasso di
informazioni, ben poche erano riuscite a consolidarsi nella sua memoria
senza
essere un groviglio confuso.
“Salvati
da un gruppo di umani che voleva usarli come
ostaggi. Mi si erano affezionati. Adorano mangiare. Sono venuti di
nascosto
nello spazio con noi.”
Mai
si morse un labbro e sospirò, sedendosi al fianco del
Guerriero Rosso. “Dovrà essere
sufficiente.”
“Noi
saremo comunque nella videochiamata con te,” si
intromise Kenzo posizionandosi alle spalle di Dan. “Non
è che sarai da solo.
Saremo in grado di coprirti le spalle.”
“Grazie.”
Al
cenno di Hideto, Plym attivò lo schermo del computer e
avviò la videochiamata. Poi, si allontanò in
silenzio alzando verso di loro i
pollici in segno di incoraggiamento.
I
quattro Maestri della Luce rimasero in silenzio, guardando
con trepidazione l’inizio della comunicazione. Gli altri
avevano lasciato a uno
a uno la stanza, chi per necessità chi semplicemente per dar
loro un po’ di
privacy, con la promessa di tornare per salutarli prima della loro
partenza.
La
schermata di attesa scomparve e al suo posto apparve il
volto della regina Gilfam.
“Maestri
della Luce, ne è passato di tempo.” La mazoku
posò
il mento sul dorso della mano. Il suo sguardò si
soffermò su ciascuno di
loro. “Come
dicevo a Shinomiya, ho
appreso con particolare interesse delle vostre ultime imprese. Non
credevamo ti
avremmo rivisto, Bashin Dan.”
Le
sue parole furono seguite da un attimo di silenzio, poi
Gilfam si sollevò dalla sedia.
“Non
vi farò perdere altro tempo. Vi auguro il meglio nelle
vostre future missioni, Maestri della Luce.”
E
uscì dal campo di vista della telecamera. Il suo posto
venne subito riempito. Una sedia apparve dal bordo superiore,
affiancandosi con
un tonfo sordo a quella già presente. La testa di En fu la
prima a comparire,
seguita a ruota da quella di Fant. Entrambi avevano un sorriso che
mostrava
tutti i loro denti.
“Mai!
Dan! Kenzo! Hideto!”
I
due piccoli mazoku quasi schiacciarono le loro facce
contro la telecamera, strillando i loro nomi con entusiasmo. Si
strattonarono e
spintonarono per alcuni istanti prima di arretrare, sempre sorridenti.
E
iniziarono a parlare.
Il
racconto di tutto quello che En e Fant ritenevano
importante, dalla scuola che frequentavano a Nova Octo allo strappo nei
loro
berretti preferiti, seguì un filo logico a cui solo i due
piccoli mazoku
riuscirono davvero a stare al passo. Saltavano da un discorso
all’altro, anche
a metà della frase, con sempre la stessa eccitazione
dirompente e dando l’impressione
che qualcuno, probabilmente la regina Gilfam, li avesse avvisati che la
chiamata avrebbe avuto un tempo limitato. En e Fant
sembravano davvero
intenzionati a condensare in ogni minuto gli argomenti di
un’ora.
A
un certo punto, i due balzarono giù dalla sedia e
scomparvero dalla visuale. I quattro Maestri della Luce si sporsero in
avanti,
piegandosi di lato quasi nella speranza che lo schermo potesse
catturare un
pezzetto in più della stanza.
Rumori
di passi affrettati.
Una
porta che sbatteva contro il muro.
Altri
passi di corsa.
La
voce severa di Gilfam.
“Scusaci!”
La
porta che tornava a chiudersi.
Passi
frettolosi e i due mazoku riapparvero con in mano un
grosso foglio arrotolato. En e Fant si guardarono e ridacchiarono.
“Guardate!”
E
spalancarono il foglio.
Era
un disegno, neanche troppo elaborato o accurato. Le
linee erano rozze, le figure semplici, i colori quasi sparpagliati sul
foglio.
Ma i Maestri della Luce si ritrovarono comunque senza fiato.
“Questi
siamo noi.”
“Noi.”
En
indicò con enfasi le due figure in primo piano,
riconoscibili soprattutto per i due codini rosa e i capelli verdi. Poi
la
piccola mazoku spostò il dito su alcune figure sulla
sinistra, elencandole una
dopo l’altra.
“Questa
è la Regina Gilfam.” “Gilfam.”
Aveva i capelli
viola, il vestito scuro e un’improbabile corona dorata sulla
testa. “Gaspard.”
“Gaspard.”
“Poi
ci sono Plym, Yus…”
Codini
arancioni e chiave inglese in mano, capelli blu e una
riga dritta al posto della bocca.
“Barone,
Clarky e Angers con il bambino.”
“Con
il bambino.”
I
Barone e Clarky del disegno sembravano star duellando
attorno a un rettangolo marrone. Angers era quasi tonda, con due
riccioli a
spirale arancioni.
“E
questi siete voi!”
“Voi!”
Lo
annunciarono con ancora maggior orgoglio di prima,
voltandosi verso di loro con enormi sorrisi, e schiacciando il foglio
contro lo
schermo.
I
Maestri della Luce, come gli altri, erano a mala pena
riconoscibili, più che altro grazie al colore dei capelli.
Mai aveva un
rettangolo viola alle spalle e in mano un ovale bianco e marrone. Kenzo
era più
occhiali che altro, con un rettangolo grigio stretto tra le mani.
Hideto era
seduto su due cerchi collegati da una linea spessa e i capelli blu
erano
nascosti da un cappello. Dan aveva spuntoni rossi al posto dei capelli,
un
rettangolino nero stretto tra le mani e una colonna multicolore che lo
circondava.
“Qui
è come Dan è tornato. Con un lampo di luce, come
quando
è andato via.”
“Come
Dan è tornato.”
Dan
piegò le dita della mano sulla gamba, le strinse a pugno
senza distogliere lo sguardo da quei due entusiasti e ingenui bambini.
No, non
era tornato. Non come loro credevano. Quel Dan era ancora nei colori
luminosi
che avevano disegnato. Il nuovo Dan stava appena cercando di capire chi
fosse.
“Ma
è bellissimo!” La voce di Mai tremò di
commozione.
“Ci
siamo davvero tutti.” Hideto rise, ma senza alcuna
traccia di derisione.
“I
miei occhiali non sono così grandi,”
bofonchiò Kenzo. Ma
anche lui sorrideva.
Erano
tutti felici. Era l’ennesima riunione di cui lui faceva
parte di default, ma di cui non riusciva davvero a sentirsi parte. Gli
avevano
raccontato tante cose su loro due e non faticava a immaginarsi di
potersi
affezionare a loro. Era difficile non adorarli anche avendoli appena
incontrati.
“Ti
piace, Dan?”
“Ti
piace?”
Il
Guerriero Rosso trasalì e si ritrovò gli occhioni
speranzosi ed eccitati dei due bambini fissi su di lui. E si
scoprì a sorridere
anche lui. Se non ci si soffermava troppo, poteva credere di averli
davvero
trovati in una piccola stanza di pietra, di aver passato tempo con
loro, di averli
visti scorrazzare come fulmini nei corridoi di un’astronave.
Almeno per qualche
minuto, per loro, poteva credere che fosse tutto vero.
“Valeva
la pena tornare anche solo per questo disegno.”
En
e Fant esultarono, saltando e battendo il cinque. Per poi
saltare di nuovo giù dalla sedia e tornare con due
mucchietti di carte. Hideto
si illuminò non appena le vide.
“Abbiamo
cominciato a giocare.”
“A
giocare.”
I
due sparpagliarono sul tavolo davanti a loro le carte, un
ammasso costituito principalmente da carte rosse e viola. En
afferrò una delle
carte e la schiacciò contro lo schermo, imbronciata.
“Usiamo
anche Bladra. Ma noi
siamo più buoni con lui.”
“Più
buoni.”
Sottolineò Fant con solennità.
Mai,
Hideto e Kenzo si sbellicarono dalle risate. Dan
alternò lo sguardo tra En e Fant, che lo fissavano con tale
rimprovero da
metterlo a disagio, e i tre che lo circondavano. Privo di aiuto da
parte dei
suoi ricordi e da parte dei traditori seduti al suo
fianco, quasi
piegati in due per l’ennesima battuta che lui non riusciva a
capire, alzò una
mano a strofinarsi la nuca.
“Che
ho fatto?”
Quella
domanda non fece altro che accentuare l’ilarità
generale. En e Fant scossero la testa in sincro, sospirando con
rassegnazione.
“È
per questo che lo tratti male.”
“È
per questo.”
Dan
si agitò sulla sedia, sempre più in
difficoltà, e
rivolse loro un sorriso tirato. “Mi dispiace?”
Alla
fine, fu Mai ad avere pietà di lui. Ancora ansimante
per le risate, passandosi le dita sugli occhi e con una mano sullo
stomaco, la
Guerriera Viola attirò l’attenzione dei due mazoku.
“E
come avete costruito i vostri mazzi?”
La
domanda non distrasse solo i due mazoku. Anche Hideto si
rizzò e tornò a fissare lo schermo, protendendosi
in avanti sopra alla ragazza.
Anche Kenzo si infilò tra le due sedie su cui lui e Mai
erano seduti per
intromettersi nei consigli del Guerriero Blu.
Dan
si posò contro lo schienale
e rimase a guardare il gruppetto attorno a lui, i due bambini che
presentavano
le carte da loro scelte e i tre Maestri della Luce che si alternavano
nel dar
loro consigli, con Hideto che si presentava come l’esperto di
creazione dei
mazzi.
E si
sentì sereno.
Forse
non ricordava l’amicizia
che un tempo lo aveva legato a tutti loro, ma poteva ripartire da zero,
ricrearla come aveva fatto con il proprio mazzo.
Nel
frattempo, poteva sempre
godere di momenti come quelli, finché, un giorno, non ne
avrebbe fatto parte
davvero.
Elisabeth
aveva parlato con i suoi
nonni, per così tanto tempo che erano sembrate ore. Aveva
sperato che servisse
a schiarirle la mente, a placare l’ansia e i dubbi sulla
scelta che Yuuki le
aveva messo davanti. Ma, anche se aveva letto nei loro sguardi e nei
loro gesti
la scelta che avrebbero voluto prendesse, non ne avevano fatto parola,
pregandola ancora e ancora di riflettere bene. E i dubbi erano rimasti,
lasciandola divisa a metà.
Chiuse
gli occhi, obbligandosi
finalmente a distogliere lo sguardo dalla tenue macchia scolorita del
soffitto.
Per poi posarlo d’istinto sulla piccola mensola
nell’angolo, con le foto di suo
padre e suo fratello. Il pallido filo di fumo dell’incenso ne
confondeva appena
i contorni.
Elisabeth
sorrise nel vedere la
foto di suo fratello. Era una di quelle che più le
piacevano, lui tutto
sorridente e con la faccia sporca di torta di compleanno.
E,
come ogni volta, il suo sguardo
si spostò un po’ più a destra, sulla
mensola vicina, dove c’erano le foto di
sua madre. Erano solo ritagli di giornali, stampe del suo volto prese
dai
servizi televisivi, vicino all’ultima foto che le aveva
ritratte insieme
felici. Il suo primo giorno di scuola delle medie, ancora con
l’apparecchio e
ancora così cieca davanti alla frattura sempre
più grande tra i suoi genitori.
Non
c’erano più state molte
occasioni per foto felici per loro due.
Dopo
il divorzio, dopo che aveva
lasciato il Giappone, l’aveva rivista solo due volte di
persona. Al funerale di
suo fratello e un paio di mesi dopo il funerale di suo padre.
L’aveva
incontrata per caso al cimitero, silenziosa e inaspettata presenza di
fronte
alla lapide del padre.
Perché
così tanti momenti
miliari della sua vita si erano svolti al cimitero?
Elisabeth
distolse lo sguardo,
coprendosi il viso con le mani e zittendo così
l’amara risata che le salì alle
labbra.
“Non
avrei sopportato gli
sguardi, il loro giudizio, il ribrezzo per quello che ho voluto
essere.”
Aveva
voluto gridare quel giorno,
dirle che non le importava niente, che continuasse a viaggiare quanto
voleva, a
fare i suoi servizi d’inchiesta, a mostrare le ingiustizie
con le sue
interviste. Per lungo tempo aveva provato rancore verso la sua
famiglia, verso
suo padre e i suoi nonni che l’avevano obbligata a scegliere,
verso sua madre
che aveva rinunciato a lei. Ma poi sua madre aveva ripetuto quanto
assomigliasse a suo padre. E lei era stata zitta, l’aveva
lasciata andare via.
Suo
padre era stata la goccia che
corrode la pietra, i suoi gesti piccoli ma costanti.
Sua
madre era un fiume in piena
che voleva cambiare il mondo con la sua forza. Suo fratello le aveva
assomigliato
tanto.
Elisabeth
si morse un labbro e si
alzò dal letto con un sospiro. Raggiunse lentamente la
scrivania, gettando
appena uno sguardo all’armadio aperto e lo zaino rovesciato a
terra, resti del
primo quarto d’ora di puro entusiasmo, e si sedette davanti
al computer.
Attivò
il software delle
videochiamate chiedendosi che cosa si aspettasse dal parlare con sua
madre. Non
si era opposta alla scelta di studiare archeologia, ma non ne era stata
neppure
entusiasta. Andare a Gran RoRo sarebbe stata
un’azione sufficientemente
risoluta per lei? Lo sarebbe stato combattere a fianco dei Maestri
della Luce?
Cominciò
a tamburellare sul mouse.
Al
terzo tentativo fallito di
instaurare una connessione, Elisabeth chiuse il computer e si
inclinò in
avanti, posando la fronte al tavolo. Lacrime le pizzicarono le ciglia.
Lei
non era capace di grandi gesti
plateali.
Non
avrebbe mai avuto il coraggio
di gettarsi da una finestra.
O
viaggiare sola per il mondo.
O
guidare un gruppo di scienziati
senza neanche essere adolescente.
O
coordinare l’evacuazione di un
intero popolo.
Lei
portava riso e coperte ai
senzatetto. Aiutava a raccogliere fondi. Sognava di portare alla luce
dettagli
del passato per chiarire convinzioni che fossero errate.
Elisabeth
tornò ad alzare il busto
e guardò ancora una volta le foto della sua famiglia. Poi,
prese un profondo
respiro e si alzò bruscamente dalla sedia, avviandosi con
passo deciso verso
l’armadio.
Avrebbe
dimostrato che anche una goccia poteva fare la
differenza.
Yuuki
si fermò ai piedi della
scalinata e si guardò attorno. Strada e marciapiede erano
poco trafficati e le
persone più vicine erano un gruppetto di ragazzini davanti
alle porte del
centro di Battle Spirits.
Alzò
lo sguardo verso le siepi che
riempivano la sua terrazza.
Era
di nuovo lì, dopo appena pochi
giorni.
Il
ragazzo inspirò e salì con
passo lento e misurato, pronto a reagire a qualunque minaccia. Era
un’abitudine
che, a volte, diventava opprimente. Si infilò in uno dei
vialetti, quello che
lo avrebbe portato alla meta con la strada più lunga. Si
fermò dietro l’ultimo
angolo e si sporse appena.
Kaoru
e Andrew erano lì, in piedi
a pochi metri da lui. La donna era seduta sul muretto e
l’uomo di fronte a lei.
Ai loro piedi c’erano dei borsoni. Stavano discutendo tra di
loro, animatamente
nonostante il basso tono di voce, muovendo le mani e ogni tanto
sfiorandosi le
braccia. Erano soli.
Rassicurato,
Yuuki controllò
un’ultima volta attorno a sé e uscì sul
vialetto. Andrew si accorse immediatamente
della sua presenza e si voltò verso di lui, Kaoru lo
imitò e, riconosciutolo,
balzò giù dal muretto. L’uomo
intrecciò immediatamente le sue dita con quelle
della compagna, impedendole così di fiondarsi contro Yuuki.
Kaoru
riuscì a contenersi appena il
tempo necessario che il Guerriero Bianco fosse a un passo da loro.
“Dov’è
Mai? Come sta?”
“Sta
bene. Stanno tutti bene. Sono
a Gran RoRo.”
La
tensione lasciò in un soffio il
corpo di Kaoru che si appoggiò al fianco di Andrew, che
subito le passo un
braccio attorno alle spalle e le sfiorò una tempia con le
labbra.
“Mai
vi aspettava per le festività
del nuovo anno.”
Andrew
ridacchiò e la punta delle
sue orecchie avvampò. “Ecco, in realtà,
c’è stato un piccolo cambio di
programma. Stavamo per imbarcarci quando abbiamo ricevuto il vostro
messaggio.”
“Tempismo
impeccabile,” borbottò
la donna.
“Kaoru
voleva che abusassi del mio grado
per ottenere un
trasporto più veloce.”
La
donna lo colpì sul fianco con
una gomitata. “Abbiamo capito che era una pessima idea. Era
la tensione, ok?
Possiamo parlare di cose più importanti?”
Sapevano
tutti e tre benissimo che,
la sorella della mia fidanzata e i suoi
amici sono tornati di nuovo a Gran RoRo senza preavviso, non
sarebbe stato
un motivo sufficientemente valido per richiedere un volo militare
privato per Tokyo.
Anzi, Andrew avrebbe rischiato di perdere il proprio grado, e la
propria
faccia, con una richiesta del genere.
“Ad
esempio, come mai tu sei qui e
loro no.”
Yuuki
posò la schiena contro una
delle siepi e incrociò le braccia.
“Solo
temporaneamente. È un caso
che siate riusciti a incontrami. Sono venuto per mettermi in contatto
con un
nuovo Maestro della Luce.”
“Qualcuno
che conosciamo?” scherzò
Andrew.
“In
effetti sì, Mai credo ve ne
abbia parlato. Nakano Elisabeth, la ragazza che mi ha soccorso quattro
anni
fa.”
I
due sgranarono gli occhi e non
riuscirono a trovare parole. Il Guerriero Bianco fece un cenno verso i
borsoni.
“Il
vostro bagaglio? Da quante ore
siete arrivati?”
Andrew
si riscosse e si avvicinò
alle borse. “In realtà no. Siamo atterrati
l’altro ieri. Queste sono cose per
voi.”
Kaoru
lo affiancò e sollevò un
borsone grigio e viola, un pupazzetto dalle somiglianze di Mai appeso
al
manico.
“Dopo
il vostro messaggio, i
nostri genitori si sono messi in contatto con le altre famiglie, con
gli Hyoudo
e i Suzuri. Eravamo tutti un po’ fuori di testa in queste
ultime ore, ricevere
il messaggio che il tuo numero era tornato contattabile ci ha veramente
salvato.”
Andrew
lanciò uno sguardo
cospiratorio verso Yuuki e usò un tono di voce che fingeva
soltanto di essere
sussurrato.
“Era
come il giorno prima delle ferie
in cui la sveglia non funziona e le valigie sono ancora
vuote.”
“Ray
Andrew, stiamo cercando di
fare un discorso serio noi.”
L’uomo
le rivolse un sorriso
smagliante e le prese la mano per portarsela alle labbra.
“Chiedo
perdono, mia diletta.”
Kaoru
alzò gli occhi al cielo, ma
le labbra si piegarono in un evidente sorriso. Poi, la donna fece cenno
ad
Andrew di smetterla e tornò a voltarsi verso Yuuki.
“Abbiamo
pensato che almeno in
questo modo potevamo aiutarvi. Mamma ha detto che Mai era in spiaggia
l’altra
mattina, dubito che possa avere granché con sé.
È veramente andata a Gran RoRo
in infradito?” Kaoru scosse la testa abbozzando una risata.
“Non è molto, ma-”
Yuuki
afferrò il manico del
borsone e fece un cenno con il capo. “Sarà molto
per tutti.”
La
donna annuì e gli lasciò il
borsone. Andrew aveva già in mano gli altri due.
“Cercate
di non cacciarvi in guai
più grossi di quelli in cui siete già.”
Yuuki
prese lo zaino che gli
passava Andrew, così consumato dall’uso che poteva
solo essere uno di quelli di
Hideto, e se lo mise in spalla. Sistemò anche quello di Mai
in spalla.
“Yuuki.”
Kaoru
aveva estratto dalla borsa
una grossa busta e la continuava a stropicciare tra le mani. I loro
sguardi si
incrociarono e la donna gliela porse bruscamente, gli occhi
improvvisamente
umidi.
“Dalla
a Mai. Per favore.”
Il
Guerriero Bianco afferrò la
busta. Kaoru, non appena l’involto lasciò le sue
mani, deglutì e gettò le
braccia al suo collo, cogliendolo di sorpresa.
“Tienili
d’occhio, ti prego,”
mormorò la donna con il volto premuto contro la sua spalla.
“Non possiamo
perdere nessuno di voi.”
“Farò
di tutto per proteggerli.”
Kaoru
annuì e si separò da lui,
venendo subito accolta dalle braccia di Andrew. Poi, i due lo
guardarono con
determinazione, nonostante le lacrime e le espressioni rassegnate.
“Vi
aspettiamo. Tutti.”
Yuuki
afferrò l’ultimo borsone,
quello di Kenzo. “Non so ancora cosa ci aspetterà,
ma non permetterò a nessuno
di far loro del male. Ve li riporterò.”
Kaoru
si morse un labbro,
distogliendo lo sguardo e voltandolo verso l’alto.
“Anche
tu, cerca di non metterti a
sacrificarti. Dovete proteggervi a vicenda. Vi rivogliamo tutti a
casa,” ripeté
Andrew stringendo con più forza la compagna a sé.
“Torneremo.”
Dopo,
non ci
fu più molto altro da dire. Yuuki sistemò la
busta al sicuro e salutò i due. Il
momento in cui Aileen avrebbe riaperto il varco per il futuro si stava
avvicinando. E, con o senza Elisabeth, Gran RoRo lo aspettava. Ma,
prima di
quel momento, c’era un ultimo posto in cui doveva andare.
Yuuki
posò i borsoni ai piedi
della lapide che ancora lo ritraeva e superò i pochi metri
che lo separavano
dalla sua meta. Arrivato davanti a essa, si lasciò scivolare
a terra. E rimase
così, immobile, inginocchiato, a fissare il volto nella
foto, il volto della
sorella che era morta per proteggerlo e che, non soddisfatta, era
tornata anche
a riportarlo fuori dal coma.
Il
Guerriero Bianco allungò la
mano e le sue dita sfiorarono appena il vetro che proteggeva la foto
dalle
intemperie. La allontanò subito, come se ne fosse stato
scottato, e distolse lo
sguardo. Sul suo volto apparve una smorfia sofferente e le sue ciglia
si
inumidirono.
Aveva
sempre creduto che il torto
più grande che le avesse fatto fosse stato non riuscire a
salvarla, a non darle
il futuro che le aveva promesso. Anche uscito dal coma, il suo
più grande
rimorso e rimpianto era stato quello.
L’avrebbe
continuato a pensare per
il resto della sua vita, ma era tornato a Gran RoRo e aveva incontrato
Aileen Dealan.
Aveva
sempre immaginato si sarebbe
finalmente sentito in pace una volta mantenuta la sua promessa, una
volta che
l’avesse ritrovata.
Invece,
la Guerriera Verde, con la
sua determinazione nel difendere con unghie e denti la propria
individualità,
l’aveva messo davanti all’amara realtà.
A
morire in quel giorno d’estate,
tra cespugli di rose avvizzite, era stata Momose Kajitsu, la sua amata
sorellina. Era lei che aveva perso per sempre sei anni prima.
Rivoli
di lacrime gli bagnarono le
guance.
“Ti
ho mai davvero conosciuta,
sorellina?”
Perché
Aileen aveva ragione.
Quella vita, quei ricordi non erano loro. Erano dentro di loro, ma non
erano
loro. Ma non riusciva a farne una colpa ai due bambini che erano stati,
ritrovatisi all’improvviso senza una famiglia, una famiglia
che mai davvero li
aveva accettati. Si erano aggrappati a quelle che avevano potuto, a
quell’unica
cosa che dava loro una speranza per il futuro, alle strane favole
raccontate da
una voce di bambina.
Ma,
da iniziale conforto, era
diventata una spirale da cui non erano più riusciti a
uscire. E, giorno dopo
giorno, Momose Kajitsu e Momose Yuuki erano scomparsi, assorbiti da un
passato
che avevano fatto diventare il loro presente.
Era
stata solo Aileen a
rispondergli con rabbia? O nelle sue parole si era celato il mai
espresso
rancore di quella bambina che non aveva mai potuto sbocciare sotto il
fardello
di un’altra vita?
Era
stato uno sprovveduto.
Yuuki
si avvicinò ancora alla
lapide, posandovi la fronte contro la superficie ruvida e fredda. E,
per la
prima volta, non pianse la perdita di colei la cui vita si era
intrecciata alla
sua in una diversa era, pianse la sorella che aveva perso, la sorella
che non
aveva mai conosciuto.
La
bambina che aveva costruito
castelli di sabbia con lui.
La
bambina che rideva sempre
quando giocava con lui.
La
bambina che gli portava il
proprio orsacchiotto quando era triste.
“Perdonami.”
Strinse
le dita attorno ai petali
appassiti.
“Perdonami.”
Una
sottile brezza gli sfiorò il
viso, spazzò via le briciole di petali scivolate tra le sue
dita. Fu il
silenzio a spingerlo a staccarsi dalla lapide, a guardare la foto che
non
riusciva davvero a dare giustizia alla sua sorellina.
Yuuki
allungò la mano e staccò uno
dei petali dalle rose ancora in fiore. Lo sfiorò con il
polpastrello e lo
infilò nella tasca della propria felpa.
“Non
farò lo stesso errore. Anche
a costo di non averti al mio fianco.”
Il
Guerriero Bianco sfiorò ancora
una volta la foto, una carezza fredda su un volto che avrebbe dovuto
essere
morbido e caldo. Ma non poteva cambiare il passato, per quanto
soffrisse, per
quanto rimpiangesse non aver preso decisioni diverse. Si
alzò in piedi ed
estrasse dalla tasca Ragna-Rock, senza
che i suoi occhi si staccassero dal
volto sorridente immortalato nel vetro.
“Ti
voglio bene, sorellina. Mi
manchi.”
E
si allontanò. Afferrò i borsoni
e se li mise in spalla, lasciò che i sentierini lo
guidassero all’uscita.
Neanche una volta permise che la nuova ferita aperta nel suo cuore lo
spingesse
a voltarsi.
Un
tempo, non era stato in grado
di proteggerla dalla crudeltà del suo regno, implacabile e
gelida come le
tormente, e non era stato in grado di proteggere sua sorella dalla
crudeltà del
mondo e dalla folle ambizione del Re del Mondo Altrove, dal Nucleo
Progenitore
e dalla sua stessa stoltezza.
Non
avrebbe permesso che succedesse
un’altra volta.
Era
arrivato il momento di scoprire il futuro. Il suo
futuro.
SPAZIO
AUTRICE:
Salve a tutti! Non
è il solito giorno da
update, ma non volevo farvi aspettare ancora fino a lunedì.
Siamo tornati a uno dei
capitoli
“classici” (il che fa un po’ ridere a
dirlo, visto che questo è Battle Spirits…
e uno potrebbe pensare che i duelli dovrebbero essere
l’elemento “classico”)
tutto incentrato su personaggi ed emozioni. E forse dovrei chiedervi
scusa per
essere passata dalle parti iniziali a quella finale di Yuuki? Mio
fratello
quando l’ha letta ha detto che era come “rivivere
una seconda sparizione di
Dan”… e se è così, devo
essere sincera, la scrittrice in me non è nemmeno tanto
pentita.
Comunque, stiamo arrivando
verso la fine
dell’episodio e sia nel futuro sia sulla Terra si stanno
tirando le somme. Il
duello è finito, Yus ha avuto il duello che tanto aveva
desiderato (e no, non
dirò nulla su come possa essere finito… sta a voi
immaginarlo), abbiamo rivisto
En e Fant (ho esagerato con la dolcezza?), Elisabeth ha preso la sua
decisione.
Per quanto riguarda Yuuki e
in
particolar modo la scena nel cimitero, penso sia un passo necessario
per il suo
personaggio e il suo sviluppo. Flora e Zolder hanno dimostrato nella
serie come
avere i ricordi delle vite passate non cambia in alcun modo la propria
personalità (il “gentil” modo che
caratterizza i loro comportamenti è
decisamente poco legato ai loro ricordi). Ripensando a come Yuuki e
Kajitsu
hanno sempre parlato della loro situazione, mi ha fatto pensare che fin
da bambini
abbiano usato quei ricordi come un rifugio sicuro, qualcosa che li
spingesse ad
andare avanti nella situazione tragica in cui erano. Ma, penso che
siano andati
troppo oltre e il loro legame con le loro vite passate sia diventato
“malato”. Questo
Yuuki aveva bisogno di capirlo e penso che l’incontro con
Aileen (e il suo
diverso atteggiamento verso questi ricordi) sia stato quello che ha
fatto
scattare qualcosa e glielo ha fatto realizzare.
Finite queste mie
elucubrazioni, grazie
a tutti quelli che leggono (pochi ma buoni) e il solito grazie speciale
a
ShawnSpenstar (per le sue sempre lunghissime recensioni)!
Come sempre, per qualunque
cosa, dubbio
e commento, io sono qui e se volete potete lasciarmi una recensione
(corta o
lunga che sia, per me non ha importanza) per dirmi cosa ne pensate.
A presto,
HikariMoon
P.S. con il prossimo
capitolo (oltre a
mazzi e turni del duello) ci sarà una grandissima sorpresa
per voi che spero vi
piacerà! Io sono stra emozionata! Era già da
tempo che volevo farvi questa
sorpresa, ma come vedrete è alquanto laboriosa. Qualcuno di
voi indovinerà che
cos’è?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
CAPITOLO
8
Yuuki
si avviò sul vialetto che
separava la strada dalla residenza Nakano. L’automobile di
Kosuke non c’era
più, segno che aveva finito di sistemare il giardino.
Entrò nell’atrio e posò
zaini e borsoni.
“Yuuki,
sei tu? Viene in salotto,
caro.”
“Signori
Nakano,” disse il
Guerriero Bianco non appena mise piede nel salottino. I due coniugi,
nonni di
Elisabeth, erano seduti sul divano. La donna aveva gli occhi vagamente
arrossati mentre l’uomo stringeva tra le dita il pomolo del
suo bastone, le
nocche quasi bianche.
“Nostra
nipote ci ha raccontato il
motivo del tuo ritorno.”
Yuuki
si limitò ad annuire. Non
era compito suo cercare di giustificare la situazione. Elisabeth era
una
Maestra della Luce. Era solo suo diritto decidere se rispondere alla
chiamata
oppure no. Aveva già sbagliato in passato, obbligando o
manipolando la
decisione in quelli che ora erano i suoi amici. Non più. Lui
non si sarebbe
opposto, qualunque fosse stata la sua decisione.
La
nonna di Elisabeth abbassò lo
sguardo sulle proprie mani strette in grembo, che continuava a
stringere tremanti.
“Tu
sai che la nostra famiglia ha
avuto una storia complicata, lo sai che c’è voluto
un soffio che Reiko venisse
portata via da sua madre.”
“Ci
è rimasta solo lei. Prenditene
cura,” si intromise il nonno incrociando il suo sguardo,
penetrante e severo
come ogni volta che qualcosa legato alla famiglia entrava in un
discorso.
Rumore
di passi affrettati
giunsero dalla scala, qualcosa sbatté contro il muro.
Elisabeth si fiondò nella
stanza un istante dopo, arrestandosi appena in tempo prima di finire
contro
Yuuki. La ragazza aveva in spalla uno zaino che sembrava più
grande di lei. A
tracolla indossava invece la sacca dei suoi attrezzi.
“Mi
sembrava di averti visto
arrivare!” trillò eccitata per poi voltarsi verso
i due anziani. “Nonni, ne
abbiamo già parlato! So cavarmela e Yuuki e tutti gli altri
saranno con me.”
“Tesoro
mio, ci preoccuperemo
finché non ti rivedremo.”
Elisabeth
corse al divano e,
nonostante gli zaini, abbracciò i due. “Mi
mancherete così tanto.”
“Stai
attenta, Reiko.”
La
sveglia sull’orologio di Yuuki
suonò. Gli altri tre presenti nella stanza si voltarono
verso di lui.
“Gli
altri stanno per tornare. È
ora di andare, Elisabeth.”
La
ragazza annuì. Fulminea, si
piegò ancora una volta per schioccare un bacio sulle guance
dei due anziani.
“State
bene. E salutate ancora
Kosuke. E la signora Yoshido. E-”
“Staremo
bene, nipote. Andate.”
Elisabeth
sorrise verso i due e
uscì dalla stanza. Yuuki si voltò
un’ultima volta verso i due coniugi.
“Avete
la mia parola.”
La
nonna sorrise malinconica, il
nonno annuì solennemente.
Yuuki
raggiunse Elisabeth in
corridoio e la vide sollevare il borsone che lui aveva preparato prima
di
uscire.
“L’ho
preso dalla tua stanza
quando ti ho sentito arrivare.”
“Sicura
di riuscire a portare
anche quello?”
“Tu
ne hai tre da portare, credo di
potermela cavare per qualche metro.”
Il
Guerriero Bianco cedette e,
ripresi in spalla i tre zaini e borsoni, uscì accompagnato
da Elisabeth. In
silenzio, uno di fianco all’altra, raggiunsero il punto in
cui, ore prima, si
era aperto il portale che aveva riportato lì Yuuki.
I
due si fermarono.
“Dobbiamo
aspettare? O fare
qualcosa?”
“Ci
sono dei varchi per Gran RoRo,
nei punti più sottili tra esso e questo mondo. Se il Nucleo
Progenitore non si
oppone alla loro apertura, possono essere usati per attraversarli,
soprattutto
se sei un Maestro della Luce. Basta solo concentrarsi e
volerlo.”
Yuuki
chiuse gli occhi per un
battito di ciglia. Un tenue chiarore bianco, che nella luce del giorno
uno
avrebbe potuto neanche accorgersene, tremò davanti a loro.
Poi un lampo a pochi
passi da loro. Elisabeth si voltò di scatto, la bocca
spalancata e gli occhi
sgranati. A pochi passi un varco luminoso era apparso, bianco e
lucente,
attraversato da scosse di energia.
Elisabeth
deglutì, sentendosi
improvvisamente piccola piccola. E folle. Oltre quel varco
l’aspettava un mondo
che non conosceva, pieno di pericoli che non conosceva. Avrebbe
rischiato di
essere solo un intralcio per gli altri Maestri della Luce. Quasi
certamente più
debole nei duelli, certamente più inesperta rispetto a loro
che quel mondo lo
avevano già salvato.
La
ragazza strinse le mani a pugno
e sentì i palmi freddi e sudati. Il cuore
accelerò i suoi battiti. E lei
continuava a fissare, affascinata e terrorizzata, il varco luminoso.
Stava
davvero prendendo la
decisione giusta?
Yuuki
le posò una mano sulla
spalla. “Puoi ancora cambiare idea.”
Elisabeth
trasalì e incrociò il
suo sguardo, si rese conto che lui era veramente sincero.
Tornò a voltarsi
verso il portale. Chiuse gli occhi e inspirò.
“No.”
Aprì
nuovamente gli occhi e sorrise.
“Ho preso la mia decisione. E, poi, qualcuno deve tenerti
d’occhio!”
Yuuki
annuì ed Elisabeth lo imitò.
Insieme, affiancati, attraversarono il varco luminoso.
I
nonni
di Elisabeth rimasero a guardare dalla finestra finché
l’ultimo lampo di luce
svanì nel nulla.
L’attraversamento
del portale fu
più breve di quanto Elisabeth si sarebbe potuta aspettare,
giusto il tempo di
chiudere gli occhi contro l’accecante bagliore. La ragazza li
aprì e niente era
come un attimo prima.
Le
aiuole curate del giardino, che
aveva visto crescere negli anni, erano state sostituite da una foresta
lussureggiante, enorme e piena di piante che non avevano nulla da
spartire con
quelle della Terra.
Elisabeth
lasciò cadere a terra il
borsone di Yuuki, evitando per puro caso una pozzanghera, e avrebbe
fatto
cadere anche il suo se non fosse stato ben saldo sulle sue spalle, e si
portò
le mani alla bocca. Il suo sguardo continuava a muoversi, ogni cosa
attirava la
sua attenzione e le impediva di formulare un pensiero coerente.
“Sono
davvero a Gran RoRo,”
sussurrò contro i palmi delle sue mani.
“Tutto
bene?”
La
Guerriera Gialla distolse
bruscamente lo sguardo da un fiore tigrato e lo fermò sul
volto divertito di
Yuuki.
“Benvenuta
a Gran RoRo,
Elisabeth.”
E
lei scoppiò a ridere, allo stesso
tempo euforica e incredula. Corse avanti e chiuse gli occhi, ruotando
su sé
stessa. Si fermò un attimo dopo e incrociò ancora
lo sguardo di Yuuki,
nuovamente seria.
“Sicuro
che sia stata una buona
idea portarmi qui? Non ho alcuna esperienza a differenza
vostra.”
Yuuki
alzò le spalle e le sorrise
rassicurante, sollevando anche il proprio borsone.
“Tu
non hai visto gli altri nei
loro primi giorni a Gran RoRo. Qualche volta, mi chiedo ancora come
abbiamo
fatto a sconfiggere il Re del Mondo Altrove.”
“Erano
veramente così –”
“Peggio,
ma in loro difesa, li
avevamo quasi obbligati a venire.”
Il
Guerriero Bianco si avviò tra
la boscaglia, su un sentiero che lei non riusciva a vedere,
confermandole che
la loro metà era la famosa Limoviole.
Elisabeth lo affiancò immediatamente,
anche se dovette accelerare per stare al suo passo.
“Non
ero uno dei buoni, Elisabeth.
Non per tanto tempo.”
Elisabeth
sbuffò e obbligò Yuuki a
cederle il borsone dopo un paio di strattoni. “Ma ti sei
pentito e hai
rimediato. Possiamo non cambiare discorso? Sono io il pesce fuor
d’acqua in
questa situazione.”
“Andrà
tutto bene.”
Il
portale li aveva riportati a
poca distanza da dove lui aveva lasciato Gran RoRo, ma per il tragitto
di
ritorno impiegarono quasi il doppio del tempo. In parte, la colpa era
di tutto
l’armamentario di zaini e borsoni che si stavano trascinando
dietro, in parte
(la causa maggiore) era perché ogni cosa attirava lo sguardo
e la curiosità di
Elisabeth. Più di una volta Yuuki l’aveva convinta
a proseguire dopo l’ennesima
domanda, in genere sulla flora e la fauna di quel regno, di cui lui non
conosceva minimamente la risposta.
Il
Guerriero Bianco fu decisamente
sollevato di vedere il profilo dell’astronave sbucare dal
sottobosco.
Ai
piedi della Limoviole, a
pochi passi della rampa, Aileen e Magisa erano sedute a gambe
incrociate.
Entrambe aprirono gli occhi e si voltarono nella loro direzione al loro
arrivo.
Serjou emerse dall’astronave e le raggiunse. Elisabeth
zittì di botto e
rallentò bruscamente il proprio passo.
Il
granroriano fu il primo a
venire loro incontro e ad affiancare Yuuki.
“Sono
lieto nel constatare che la
vostra missione ha avuto buon esito, Guerriero Bianco.”
“Più
di quanto potessimo sperare,”
replicò e indicò con un cenno del capo i borsoni
che avevano con lui.
Serjou
afferrò il borsone di Mai,
voltandosi verso Elisabeth. Aileen e Magisa li raggiunsero nello stesso
momento. La ragazza si immobilizzò a pochi passi da loro,
deglutì e si inchinò
così bruscamente che, per un attimo, lo zaino sulle sue
spalle sembrò avere
tutta l’intenzione di finire oltre la sua testa. Il borsone
di Yuuki finì
ancora una volta a terra con un tonfo.
“Onorata
di conoscervi. Sono
Elisabeth Reiko Nakano. Ma preferisco che mi chiamiate Elisabeth. O
Liz. Cioè,
se avete bisogno di chiamarmi. O devo imparare a rispondere a Guerriera
Gialla?”
Serjou
chinò il capo verso di lei,
Aileen sorrise divertita e Magisa scoppiò a ridere,
raggiungendola e posandole
le mani sulle spalle per farla rimettere ritta.
“Non
so cosa ti hanno raccontato i
Maestri della Luce, ma non siamo così formali e non
mordiamo.”
“I
suoi stivali sì,” aggiunse
Aileen piegandosi in avanti e sussurrando dietro alla mano.
Elisabeth
arrossì di bottò e
abbassò lo sguardo, balbettando sottovoce. Per rialzare
bruscamente la testa alle
parole della granroriana e gettare uno sguardo allarmato ai piedi di
Magisa.
“Io
sono Maga Magisa, ma solo Magisa va benissimo. E gli
stivali mordono solo i maleducati,” proseguì la
donna lanciando un’occhiataccia
ad Aileen. “Felice di averti qui con noi,
Elisabeth.”
La
Guerriera Gialla rialzò di scatto lo sguardo,
inspirò
rumorosamente e sorrise a trentadue denti.
“Quella
Maga Magisa? La Maga del Mondo Altrove? La
Maestra del Nucleo Progenitore? Ti ho visto in uno dei servizi
televisivi!”
Magisa
drizzò la schiena e allargò le spalle,
compiaciuta e
inorgoglita. “In persona.” Poi allungò
la mano ai capelli, esitò e tornò ad
abbassarla ridacchiando nervosamente. “Anche se ora sto
affrontando un po’ di
problemi. E temporaneamente non custodisco più neppure il
Nucleo.”
“Oh,”
Elisabeth si morse un labbro e si voltò verso Yuuki
indignata. “Potevi anche dirmelo!” E
ruotò per guardare nuovamente la Maga. “Ma
se non l’hai tu…”
Aileen
fece un passo avanti, alzando la mano e sforzando un
tono allegro. “Presente!”
Quando
i loro sguardi si incrociarono, la granroriana porse
la mano, ancora parzialmente bendata. “Aileen Dealan,
temporanea Maestra del
Nucleo Progenitore. Tecnicamente sarei solo la Guerriera Verde, come
Kenzo, ma
si fa quel che si può. Conto che risolveremo il problema il
prima possibile.”
“Piacere
mio.”
Aileen
lasciò la presa e intrecciò le loro braccia,
guidandola verso la Limoviole.
“Vieni
che ti mostro dove sistemarti. Credo che condividerai
la stanza con Mai.”
Mentre
le due si avviavano, Magisa afferrò il borsone
lasciato indietro da Elisabeth e si accodò a Yuuki e Serjou
nel seguirle verso
l’interno, inclinando la testa verso i loro fardelli.
“Saranno
felici di tutto
questo.”
“Ci
sono anche gli album di
Hideto.”
Magisa
ghignò. “Siamo
felici di tutto questo.”
“Cosa
ne pensate?”
Barone
posò la mano sopra la scrivania e spostò lo
sguardo
sulle proiezioni di Duc, Shima e Izarz. I due coniugi avevano
espressioni
gravi.
“Dato
che non sei il tipo da disturbare le persone per
sentire le tue lodi,” replicò con tono divertito
Izarz, “immagino ti riferisca
alla situazione del Guerriero Rosso.”
Barone
si limitò ad alzare un sopracciglio, per poi voltarsi
verso Duc.
“Potrebbe
essere simile a quanto ti successe otto anni fa?”
Il
mazoku interpellato sospirò e incrociò le
braccia. “Non
sono un esperto, ma temo che quanto mi successe non possa essere
confrontabile
con le conseguenze dell’interazione con la Rampa di
Lancio.”
“Dopotutto,
mio marito subì soltanto un lavaggio del
cervello, per quanto indotto da poteri magici.”
Izarz
si girò verso la coppia, piegandosi leggermente in
avanti con le mani congiunte davanti a sé. “Nessun
rancore, mi auguro.”
Shima
gli rivolse uno sguardo gelido e le zampe di ragno
attorno al suo corpo si contrassero. Izarz tornò dritto
sorridendo
nervosamente.
“Comunque,”
riprese con tono spavaldo, “posso confermarlo
anche io. Ero perfettamente consapevole che Duc avrebbe recuperato
progressivamente tutti i suoi ricordi se fosse riuscito a
sfuggi-” Shima tossì.
“Ehm, se fosse riuscito a restare sufficientemente a lungo
alle cure della
propria famiglia. Se speravi di trovare in noi un rimedio per
recuperare la
memoria di Bashin-”
Barone
si alzò dalla sedia e spostò lo sguardo sulla
città
visibile oltre la vetrata del suo ufficio. Non si era illuso di trovare
la
risposta. Anche Gilfam lo aveva messo in guardia, quando
l’aveva ricontattata
per richiedere ulteriori dettagli su quanto avesse fatto intendere di
sapere
sulla condizione di Dan durante la riunione.
“Viole
Mai è stata cauta nel presentare i rischi che
comporta riportare indietro qualcuno dal Nucleo Progenitore. E fin
troppo ottimista
nel presentare il recupero della memoria di Bashin.”
Il
mazoku tornò ad avvicinarsi alla scrivania, appoggiandovi
una mano.
“Neppure
in tutte le tue ricerche nel mondo della magia?”
Izarz
posò una mano sul fianco e scosse la testa.
“Dovrei
essere a Gran RoRo per riuscire a far ricerche su un potere pari a
quello del
Nucleo Progenitore. Attualmente, non credo di poter darti
più informazioni di
quelle che la Regina Gilfam ti ha sicuramente già
fornito.”
“Vi
ringrazio.”
Le
tre proiezioni svanirono e la stanza tornò a farsi
silenziosa. Barone si sedette nuovamente, estraendo il proprio deck e
rivelando
le prime quattro carte. Pheonix-Siegwurm, Strike-Apollodrago, Nemelion e
Archerion.
“Ho
fiducia in te, Bashin Dan.”
“E
raccontate, raccontate di quella volta che avete fatto a
gare su chi dei due reggesse meglio l’alcol!” Kenzo
biascicò in mezzo alle
risate.
Mai
e Hideto inorridirono, sbiancando leggermente, al veder
tirare fuori quella vicenda che si erano giurati a vicenda di non
nominare mai.
Clarky,
Angers, Plym e Yus, pure Dan travolto
dall’entusiasmo del gruppo, furono fin troppo interessati a
quella notizia.
“Questa
la voglio sentire. Mi sono perso la vostra prima sbornia!”
Clarky si portò una mano al petto, fingendosi ferito.
“Se
vi può tirare su di morale,” aggiunse Plym,
“non è che
Yus-”
“Plym!
Avevi giurato!”
La
giovane donna zittì e gli mostrò la lingua.
L’attenzione
di tutti tornò sui due Maestri della Luce, ancora a bocche
cucite e con sguardi
che promettevano vendetta.
“Credo
che fosse il compleanno di Hideto,” iniziò Kenzo
ignorando le mute minacce degli amici. “Non mi ricordo
neppure com’è iniziata.
Abbiamo provato a fermarli, eh, io e Yuuki. Ma abbiamo
fallito.”
“Mai,
no! Non puoi testare se in skateboard arriveresti
al piano terra prima che con l’ascensore.”
La
ragazza ondeggiò e saltò per l’ennesima
volta. La
punta delle sue dita non riuscì neppure a sfiorare il bordo
dello skateboard,
saldamente tenuto a distanza di sicurezza da Yuuki. Quando
atterrò, il
Guerriero Bianco le afferrò il braccio per evitarle un
capitombolo sul divano.
“Preferirei
che la tua famiglia ti ritrovi intera al loro
rientro da Kyoto.”
“Dai,
Yuuuuki! Non fare il guastafeste.” Le lamentele di
Mai vennero interrotte da un singhiozzo.
La
ragazza ridacchiò e afferrò una bottiglia mezza
vuota
da un mobile. La sollevò alle labbra per ritrovarsi la mano
vuota. Mai aggrottò
la fronte e portò le mani sui fianchi, ondeggiando una
seconda volta. La
bottiglia era in mano a Yuuki.
“Se
hai lo skateboard, la bottiglia è mia.”
“No.”
“Nooiooso.”
A braccia conserte e con il broncio, Mai si
sedette pesantemente sul divano, dopo qualche tentativo, a gambe
incrociate.
Yuuki
abbassò il braccio senza distogliere lo sguardo da
lei.
La
ragazza si illuminò. “Oppure
potrei…”
“No.”
Mai
afferrò un cuscino sbuffando.
“Yuuki,
vieni a salvarmi.” Kenzo si voltò verso il
Guerriero Bianco dalla sedia in cui era intrappolato a causa di Hideto
che,
bottiglia stretta in mano, continuava ad agitarla per sottolineare le
sue
parole.
“Lo
sapete, non ho mai acconsentito a essere ancora la
vostra baby-sitter.”
“E,
il peso dell’età, della conoscenza, delle
responsabilità,” si intromise Hideto annuendo
solennemente. “Da grande potere
derivano grandi responsabilità.” E si
scolò un sorso.
“Quanto
sei originale,” sbottò Kenzo.
“L’originalità,
esiste ancora l’originalità? O tutte le
storie sono già state raccontate? E ora non resta che
ripeterle.”
“Yuuki!”
Il
Guerriero Bianco roteò gli occhi e raggiunse i due
amici.
“Ho
una domanda per te, Hideto,” Yuuki gli strappò la
bottiglia dalla mano. “Se potessi salvare una sola carta dai
tuoi album, quale
sarebbe?”
“Qu-
car- una?”
“Una.”
Hideto
spalancò gli occhi e chiuse la bocca. Kenzo ne
approfittò per sgusciare via e nascondersi alle spalle di
Yuuki.
“Guastafeste,”
bofonchiò Mai semi-distesa sul divano.
“Niente
più gare, avete capito?”
Kenzo
dovette smettere di raccontare. Non che la sua voce
avrebbe potuto essere sentita oltre le risate sguaiate di tutti i
presenti. Yus
e Plym erano uno afferrato all’altra, mezzi piegati in due.
Angers aveva la
testa schiacciata contro la spalla di Clarky che continuava a passarsi
una mano
sugli occhi per togliere le lacrime. Anche Dan si era unito
all’ilarità.
Mai
era rossa in volto e stava torturando una ciocca di
capelli, Hideto si era nascosto la faccia dietro al cappello.
“Cioè,
non è cambiato niente da quell’estate?”
Kenzo
si voltò con un ghigno verso Clarky.
“Niente.”
“Possiamo
smetterla!” Mai si intromise con forza. “Non
riderei Clarky, sono sicura che Angers e gli altri non sanno tutte le
storie
che-”
Gli
acuti trilli di un allarme bloccarono nella sua gola le
parole. Il sorriso scomparve dal suo volto, come da quello di Kenzo e
Hideto.
Uno
dopo l’altro, anche gli altri smisero di ridere.
“Che
succede?” Yus suonò titubante.
Il
Guerriero Verde esitò, incrociò lo sguardo degli
altri e,
alla fine, recuperò dalla tasca il proprio cellulare.
Il
timer era arrivato allo zero.
“Succede,”
deglutì, “succede che dobbiamo andare
via.”
E
non rialzò lo sguardo, tenendolo fisso sullo schermo.
“Oh.”
Gli occhi di Plym si inumidirono. Yus strinse le
labbra e distolse lo sguardo. Clarky e Angers intrecciarono le dita,
cercando
forza l’uno nell’altra.
Nessuno
si era illuso diversamente al loro arrivo. Nessuno
aveva pensato che la presenza di Mai, Dan, Hideto e Kenzo potesse
essere
qualcosa di più di un fugace incontro.
Eppure,
con ogni parola, ogni risata, ogni momento passato
insieme, la consapevolezza del sempre più vicino addio si
era fatta da parte,
nascosta dall’allegria, dalla felicità.
Si
erano tutti un po’ illusi che, in fondo in fondo, quelle
ore non sarebbero finite mai.
Ma
le ore erano finite.
E
l’addio non poteva essere più
rimandato.
Rientrare
nella sala della macchina del tempo, dove solo
poche ore prima erano arrivati, sembrava completamente diverso da
allora.
Anche
se si erano ritrovati armi puntate contro, la stanza
era stata piena di entusiasmo, di attesa nel rivedere amici salutati
tanti anni
prima senza la certezza di poterli mai rincontrare.
Ora,
la stanza non solo era più vuota, ma l’aria era
pesante, tanto da sembrar voler piegare giù gli angoli delle
bocche tirate in
sorrisi malinconici.
In
un certo senso, era un addio quasi più difficile di otto
anni prima. Avevano avuto tempo di prepararsi allora e, dentro di loro,
avevano
bramato quella possibilità di allontanarsi dal dolore che
ancora li aveva
accompagnati dopo un mese. Ed era stato come mettere un punto a quel
capitolo
della loro vita; era stato triste ma appagante.
Invece,
quel giorno, erano tornati a rinsaldare con così
tanta facilità l’amicizia, gli affetti che
quell’addio faceva male come un
improvviso schiaffo in faccia.
Hideto,
una volta entrato nella stanza e notata la propria
moto appesantita da contenitori scuri, aveva provato a scherzarci su,
ma le
risate erano state solo superficiali. L’allegria non aveva
raggiunto gli occhi
di nessuno di loro.
Senza
contare che, la fila delle persone che avrebbero
potuto salutare, era assai più breve di quella che avrebbero
voluto. Barone,
Clarky, Angers, Yus, Plym, Stella e Kazan erano gli unici presenti.
En,
Fant, Zolder, Flora, Lugain, Duc, Shima, Izarz, Zack,
Gilfam, Gaspard e tanti altri ancora non erano lì.
Mai
fu la prima a farsi coraggio, avvicinandosi a uno a uno
e stringendoli in un forte abbraccio, anche alla dottoressa Stella e
Kazan.
“Vi
ringrazio, per Lord Yuuki.”
La
Guerriera Viola annuì e passò avanti. Strinse Yus
e Plym,
che le si aggrappò addosso come se non volesse farla andare
via. Abbracciò
Angers augurandole tanta fortuna e felicità per la loro
famiglia.
Salutò
Barone in silenzio, scambiandosi uno sguardo di intesa
e un cenno del capo.
Arrivata
a Clarky, gli lanciò le braccia al collo, alzandosi
sulle punte per riuscire a posare il mento sulla sua spalla. Come otto
anni
prima. Così diversamente da otto anni prima.
“Mi
mancherai, Clarky.” La sua voce tremò.
“Saluta
Andrew, i miei genitori e Kaoru.” Clarky strinse gli
occhi. “E state attenti.”
Kenzo
aveva salutato Barone, si era fatto stringere,
arruffare i capelli e si era fatto anche chiamare piccolo
da Clarky,
Angers, Yus e Plym. Aveva accettato tutto di buon grado,
perché lamentarsi non
avrebbe fatto altro che ingrossare il groppo in gola e liberare le
lacrime che
premevano ai bordi dei suoi occhi. Salutò con un inchino
Kazan e si fermò
davanti alla dottoressa Stella.
La
donna deglutì e gli porse bruscamente un hard-disk
argentato.
“Tieni.
Ci sono tutti gli articoli che ti ho promesso e
anche qualcun altro, i dati, i programmi. Tutto. E anche una marea di
foto e
video con cui Plym ha pensato di intasare la memoria.”
Kenzo
annuì, strizzando più volte gli occhi.
“Grazie.”
E
le gettò le braccia attorno al corpo. Stella, quella
volta, non si fece cogliere di sorpresa. Lo strinse forte per poi
staccarlo
delicatamente.
“Un
po’ di decoro, Kyrò.”
“Mi
chiamo Kenzo,” sussurrò afferrando
l’hard-disk e facendo
un passo indietro.
Tutti
fecero finta di niente quando la dottoressa si voltò
di lato e, velocissima, sollevò gli occhiali per asciugarsi
gli occhi.
Hideto
salutò Barone e Stella con una stretta di mano, Plym
con un cinque e Yus con una calorosa pacca sulla spalla.
Accettò l’abbraccio di
Angers e quello successivo di Plym che decise di imitarla. Lui e Clarky
si
afferrarono gli avambracci e si abbracciarono.
Arrivato
davanti a Kazan, i due si sorrisero e accennarono
un inchino del capo.
“Grazie
ancora per le carte. Ci saranno davvero di grande
aiuto.”
“Vi
auguro buona fortuna, Guerriero Blu. Possa la vostra
battaglia essere vittoriosa.”
Hideto
afferrò la tesa del proprio cappello e la piegò
in
avanti.
I
saluti per Dan furono i più difficili. E non più
per i
motivi che lo avevano messo a disagio durante l’iniziale
incontro. Non
ricordava ancora nessuno di loro. Sapeva di loro solo quel poco che gli
avevano
raccontato. Eppure, in quelle ore, erano riusciti a farsi largo dentro
di lui.
Forse
non aveva nessuno dei ricordi del vecchio Dan che
rattristassero quel saluto, ma il nuovo Dan era riuscito comunque ad
affezionarsi, in un certo senso, a loro. E quello rendeva doloroso e
allo
stesso tempo più spontaneo dir loro davvero addio.
Non
gli fu difficile scambiare il solenne cenno di saluto di
Stella e Kazan.
Non
gli fu difficile ricambiare l’abbraccio stretto di Plym
o la lunga stretta di mano con Yus.
Non
gli fu difficile augurare il meglio a Clarky e Angers o
accettare l’abbraccio dell’uomo che un tempo era
stato suo amico.
Non
gli fu difficile neanche stringere ancora una volta la
mano di Barone o sorridere ripensando al duello che ancora lo faceva
entusiasmare.
“Non
dimenticare le mie parole, Bashin Dan.”
“Non
lo farò. Non dimenticherò nulla.”
Niente
di quello gli fu difficile, non come sarebbe stato
poche ore prima. Ma ognuno di quei gesti, marchiato nei suoi nuovi
ricordi, lo
obbligò a usare tutta la sua volontà per andare
avanti.
Ma
avanti ognuno di loro doveva andare.
Scambiarono
gli ultimi saluti, gli ultimi abbracci proprio
nell’istante in cui, alle loro spalle, un sibilo
anticipò il lampo di luce del
varco per Gran RoRo.
Hideto
spinse la moto in avanti e gli altri Maestri della
Luce si allinearono dietro di lui. Ognuno di loro tornò a
voltarsi più volte,
agitando le mani e ripetendo saluti a tutti.
Ma
non potevano rimandare all’infinito.
E
Mai, Dan, Hideto e Kenzo, uno
dopo l’altro, tenendo gli occhi fissi sugli amici che
salutavano, svanirono nel
varco di luce.
Il
portale svanì davanti ai loro
occhi, separando ancora una volta il passato dal futuro. Clarky rimase
immobile
e Angers intrecciò le proprie dite con le sue,
l’altra mano che sfiorava la
curva del vestito. Il Capitano ricambiò la stretta.
Per
lunghi istanti, nessuno di
loro spezzò il fragile silenzio che li avvolgeva, nessuno di
loro fece notare
agli altri i rivoli bagnati che rigavano le guance di più di
qualcuno di loro.
Plym
tirò su con il naso,
rumorosamente, e si strofinò un braccio sugli occhi. Yus,
tenendo la testa
bassa, pescò un fazzoletto dalla tasca e glielo porse.
Kazan
inspirò lentamente, portò le
mani dietro alla schiena e fece un passo avanti, girandosi verso di
loro.
“Dottoressa
Stella, mi auguro che tutto
abbia aderito al protocollo.”
“Affermativo.”
Tornò a rizzarsi,
gli occhi asciutti, l’espressione sicura, la postura della
scienziata.
“Nell’hard-disk non c’è nulla
che possa far loro sospettare la nostra
situazione.”
“Siamo
stati attenti, Comandante,”
proseguì Angers con tono pacato. “Siamo sempre
stati con loro.”
Kazan
annuì lentamente. “Ottimo.
Comunicherò la partenza dei Maestri della Luce.”
Si voltò verso Clarky e
Barone. “Fatemi sapere quando volete discutere della
situazione di Cardinal
Sign e Ascendant Sign.”
Il
Comandante, seguito dalla
dottoressa Stella, fu il primo a uscire. Plym e Yus, in silenzio, li
imitarono
un attimo dopo.
Barone,
solo allora, distolse lo
sguardo dal punto in cui era svanito il portale.
“Credi
davvero sia stato giusto
non dire loro nulla?”
“È
come deve essere,” replicò a
bassa voce Clarky. Poi, chiuse gli occhi per un istante,
espirò e li riaprì,
alzando il mento e drizzano la schiena. “Se Gran RoRo e il
loro tempo sono in
pericolo, è di quello che si devono preoccupare.”
Umano
e mazoku si fissarono negli
occhi.
Al
messaggio della dottoressa
Stella, ne avevano parlato veloci, con fermezza e senza esitazione,
ottenendo
rapidamente l’appoggio del Consiglio e impartendo silenziosi
ordini insieme a
Kazan. Avevano nascosto le tracce di quello che si stava abbattendo sul
mondo,
avevano mostrato al gruppo di Maestri della Luce solo quello che si
sarebbero
aspettati di vedere.
L’alleanza
tra le diverse culture.
La
ricostruzione.
Le
piccole gioie che, nonostante
tutto, riuscivano ancora a proteggere.
Avevano
mentito con facilità,
forse per concedere anche a loro stessi alcune ore in cui i malumori
non
esistevano, in cui Cardinal Sign, Ascendant Sign e quello che
rappresentavano
non esistevano.
Clarky
e Barone, in quella stanza
ormai vuota, dove le voci seppur basse rimbombavano, si strinsero
ancora una
volta la mano: umano e mazoku, amici e compagni d’arme, uniti
per scelta e per
destino a guidare quel futuro. Era la promessa che si erano fatti otto
anni
prima tra le macerie, tra la speranza e l’ottimismo che
rinascevano.
“Questa
è la nostra battaglia.”
La
luce attorno a loro svanì, il metallo lasciò
spazio
all’erba, il soffitto d’acciaio alle folte chiome
della foresta del regno di
Smeraldo.
Barone,
Clarky e gli altri che si erano lasciati alle
spalle, furono sostituiti da coloro che li stavano aspettando.
Yuuki,
Magisa, Serjou e Aileen sorridevano a pochi passi da
loro.
Mai,
Hideto, Kenzo e Dan lasciarono che la tristezza, la
malinconia, il dolore affondassero nei loro cuori, e sorrisero a loro
volta.
Magisa
gli guardò uno per uno e il suo sguardo si
addolcì.
“Spero
che abbiate rivisto i vostri amici.”
La
Guerriera Viola annuì con gli occhi lucidi.
“Sì. Clarky
vi saluta.”
Kenzo
strinse al petto l’hard-disk, Hideto strinse le dita
attorno al manubrio. Poi, il Guerriero Blu spinse avanti la moto.
“Mi
auguro ci sia spazio per la moto sulla Limoviole.”
“Vedremo
cosa si potrà fare, Guerriero Blu.”
Hideto
annuì e cominciò a sganciare le cassette scure.
“Prima però ci sono le carte. Ne troverete
sicuramente che vadano bene per il
vostro stile di gioco.”
Dan
si guardò attorno e poi si voltò verso Yuuki.
“Non sei
riuscito a trovare il Maestro della Luce?”
Gli
altri Maestri della Luce accanto a lui trasalirono, rendendosi
conto solo in quel momento dell’assenza della nuova aggiunta
al loro gruppo.
Mai
si morse un labbro alla mancata risposta del Guerriero
Bianco. “O non è voluto venire?”
“Sorpresa!”
Da
dietro alle spalle di Yuuki, Elisabeth saltò fuori con le
braccia spalancate e un enorme sorriso sulle labbra.
Mai,
Hideto e Kenzo sgranarono gli occhi. “Elisabeth!”
“Sono
una Maestra della Luce!” E, ridendo, la nuova
Guerriera Gialla si lanciò contro Mai, gettandole le braccia
al collo.
La
Guerriera Viola, dopo un attimo di esitazione, ricambiò
la stretta e ben presto le due ragazze iniziarono a saltellare strette
assieme.
“Non
ci posso credere!”
“Non
ci credevo neppure io! L’avevi predetto!”
Le
due risero e strillarono dalla gioia. Poi Mai si staccò
da lei, con un sorriso luminoso sulle labbra.
“E
siamo tre! Tre ragazze! Avevo avuto Kajitsu per un
periodo l’altra volta ma,” Mai rise, “ero
sempre circondata da ragazzi!”
Elisabeth
ghignò e le afferrò il braccio, strattonandola
verso Aileen a cui si aggrappò al braccio.
“Faremo
un sacco di cose!”
“E
reintrodurremo la serata dei film,” aggiunse Mai
voltandosi verso gli altri Maestri della Luce. “Se solo
avessi i miei
hard-disk…”
“Credo
siano tra le tue cose,” si intromise Yuuki indicando
con la mano la rampa della Limoviole. “Le
vostre famiglie hanno
preparato un borsone per ciascuno di voi.”
Mai
scattò a correre per prima, trascinandosi dietro
Elisabeth che, a sua volta, trascinò dietro di sé
una sconcerta Aileen che non
era riuscita a liberarsi dalla presa.
“Il
mio shampoo! E il balsamo! Fa che ci sia il mio
bagnoschiuma preferito! E la mia macchina fotografica!”
L’elenco
di cose bramate dalla Guerriera Viola proseguì fino
all’interno, quando fu troppo lontana perché si
sentisse ancora la sua voce.
Kenzo
si guardò attorno e poi corse dietro di loro. “I
miei
libri!”
Magisa
scambiò uno sguardo divertito con Serjou.
“Immagino
ne avessero sentito la mancanza durante il primo viaggio.”
Serjou,
nella cui mente riaffiorò la prima sosta che la
Guerriera Viola aveva preteso non appena entrata in possesso della Limoviole
e la scorta che aveva fatto di saponi e profumi, annuì.
La
Maga scoppiò a ridere e si voltò verso il
Guerriero Blu.
“Tu non hai niente che ti manca?”
Hideto
alzò le spalle. “Sono abituato ad andare avanti
con
quello che capita. Succede a viaggiare per il mondo con solo uno zaino
in
spalla.”
Yuuki
inarcò un sopracciglio e ghignò.
“Dovresti ridurre il
numero di album allora, sembrava mi portassi dietro mattoni con il tuo
zaino.”
“Album?”
Hideto aggrottò la fronte. Poi spalancò la bocca.
“La mia roba è a Gran RoRo? I miei album
sono a Gran RoRo!”
Il
Guerriero Blu riagganciò la cassetta che aveva
già
staccato e iniziò a spingere la moto.
“Aiutami
a portarla su! Dai! Non stare lì impalato, Yuuki!”
Il
Guerriero Bianco scosse la testa e iniziò a spingere dal
lato opposto. Dan li raggiunse, aiutandoli dal fondo della moto. Magisa
scosse
la testa e li anticipò insieme a Serjou.
A
metà della rampa, Yuuki si voltò indietro,
incrociando lo
sguardo del Guerriero Rosso.
“C’è
una borsa anche per te.” Il Guerriero Blu si voltò
sorpreso verso di lui. “So che non te li ricordi, ma la tua
famiglia ha voluto
prepararti qualcosa comunque.”
Dan
si rabbuiò e abbassò lo sguardo sulla moto, che
ormai
erano riusciti a spingere sulla piattaforma esterna
dell’astronave.
“Non
credo che-”
“Erano
felici di poterti aiutare,” interruppe Yuuki
ignorando la sorpresa del guerriero Blu. “E ti vogliono bene
Dan. Te ne
vorranno anche se non recupererai la tua memoria.”
Il
ragazzo annuì lentamente senza alzare gli occhi.
Una
volta sistemata la moto contro il parapetto e accanto
alle sdraio, Hideto si fiondò all’interno. Quando
anche Yuuki rientrò
all’interno della Limoviole,
trovò Kenzo seduto sui divani che impilava
quasi reverenzialmente una pila di libri, Hideto che abbracciava i suoi
album
di carte e Mai seduta a terra accerchiate da bottigliette colorate e da
due
divertite Elisabeth e Aileen.
Il
Guerriero Bianco controllò che Dan stesse effettivamente
guardando cosa la sua famiglia li avesse preparato e superò
il gruppo per
raggiungere i divani. Lì, prese la busta affidatagli dalla
maggiore Shinomiya e
raggiunse il gruppo di ragazze sedute a terra.
“Kaoru
mi ha chiesto di
consegnarti anche questa.”
“Kaoru?”
Mai si rialzò in piedi e
afferrò la busta che Yuuki le porgeva. Staccò la
colla quasi aspettandosi fosse
uno scherzo o le minacce della sorella di tornare sana e salva.
“Credevo fosse
ancora in America.”
Dentro
c’era una foto.
La
Guerriera Viola la tirò fuori
corrugando la fronte. E spalancò gli occhi ed emise un verso
di sorpresa che
bloccò sbattendosi la mano sulla bocca. Gli altri si
voltarono subito verso di
lei. La ragazza, ignara completamente dei loro sguardi, aveva chiuso
gli occhi
e sorrideva, nonostante lacrime le imperlassero le ciglia, stringendo
la foto
al petto.
“Mai?”
“Sto
bene,” replicò riaprendo gli
occhi e strofinandosi le guance. Scoppiò a ridere.
“Vado a sistemare le mie
cose.”
Afferrò
il proprio borsone, gettò all’interno alla rinfusa
tutto ciò che aveva già
tirato fuori e corse al ponte inferiore, senza lasciare tempo agli
altri di
opporsi.
Hideto,
aiutato da Yuuki e Dan,
portò all’interno della Limoviole
tutte le cassette scure contenenti le
carte. Una dopo l’altra, le ammonticchiarono contro la parete.
Dopo
aver posato l’ultima, il
Guerriero Blu portò le mani ai fianchi e annuì
soddisfatto.
“Qui
nessuno tocca niente senza
chiedermi il permesso.”
Yuuki
incrociò le braccia e alzò
un sopracciglio. “Sei veramente sicuro di non averle prese di
nascosto? Devo
chiedere la conferma a Mai e Kenzo?”
“Se
sei così scettico, non te ne
lascerò prendere neppure una.”
“Come
se non tu non avessi già
deciso quali carte potrebbero interessare a chi.”
Hideto
ruotò sui piedi e scoppiò a
ridere. “Mi hai beccato. Vuoi che te ne mostri un
paio?” Si voltò verso Dan.
“Ho alcuni consigli per come potresti ampliare il tuo
mazzo.”
Il
Guerriero Rosso sorrise e
picchiettò la propria tasca. “Non ti preoccupare.
Per il momento sono a posto.”
“Come
vuoi.”
Hideto
era già inginocchiato a
terra, scrutando le cassette per intuire quale fosse il ragionamento
con cui le
carte fossero state inserite all’interno.
“Sai
che posso scegliermi le carte
da solo,” proseguì Yuuki posandosi contro la
parete della Limoviole.
“E
non ti faresti aiutare dal tuo
caro e vecchio amico? Mi ferisci.” Hideto aprì
metà delle cassette davanti a
lui, ci passò un dito sopra ciascuna di essa e poi ne
afferrò la quarta. “Qui
ci sono i Brave bianchi!” Si sedette a gambe incrociate e
fece segno a Yuuki di
avvicinarsi. “Sono sicuro che li adorerai anche tu.”
M.A.I.A. volò attorno a loro, li
fissò
un attimo con gli occhi di pixel per poi continuare il suo volo.
Sfrecciò oltre
la testa di Dan che si stava avvicinando ai divani e sorvolò
il tavolo
centrale, facendo trasalire ogni volta Elisabeth, che ancora non si era
abituata
al piccolo androide volante. Poi, il robot si fermò sopra
l’hard-disk e il
computer di Kenzo.
Il Guerriero Verde si lanciò in avanti
e afferrò l’hard-disk, rivolgendo
un’occhiataccia al robot.
“Questo è mio. Ti
converrà trattarmi
un po’ meglio, se vorrai vedere anche solo mezzo di questi
dati provenienti dal
futuro.”
M.A.I.A. emise un bip indispettito,
quasi uno sbuffo, e ruotò su sé stessa
allontanandosi.
“Guarda te
se mi interessa, Kiodò.”
Kenzo le mostrò la lingua alle spalle.
Poi, afferrò il cavo usb dell’hard-disk. A un
soffio dal collegarlo al computer,
però, si fermò.
“Qualcosa non va con i dati?”
Kenzo incrociò lo sguardo con Hideto,
arrivato in quel momento alle spalle del divano insieme a Yuuki. Scosse
la
testa e tornò a fissare lo schermo con il logo di
attivazione.
“No.”
“E allora che cosa
c’è?”
“Non lo so. Ma è come se
qualcosa mi
sfuggisse. E da quando siamo tornati che-”
Kenzo corrugò la fronte e
fissò
l’hard-disk argentato che gli aveva dato Stella. Non era in
grado neppure lui
di spiegare perché qualcosa gli sembrasse fuori posto. Aveva
come l’impressione
che ci fosse qualcosa di ovvio che lui non stava considerando, ma cosa
fosse
non ne aveva idea.
“Lascia stare, starò ancora
elaborando
tutto quello che è successo in queste ore.”
Il Guerriero Blu si posò con entrambe
le mani allo schienale. “Non posso darti torto. Qualcun altro
vuole vedere un
po’ delle carte del futuro?”
Aileen si illuminò e si spinse in
avanti per alzarsi dal divano. “Io-”
“A me piacerebbe tanto che qualcuno mi
racconti qualcosa di più su questo regno!”
esclamò Elisabeth con entusiasmo.
“Piacerebbe anche a me,”
aggiunse Dan.
Il sorriso sul volto della granroriana
si rimpicciolì, ma tornò comunque a sedersi.
Hideto scrollò le spalle e si staccò
dal divano.
“Come volete, più divertimento
per me
e Yuuki.”
Aileen lanciò un’occhiataccia
alle sue
spalle, ma presto la sua attenzione fu rivolta alle domande che la
Guerriera
Gialla cominciò a farle su tutte le piante che aveva visto
durante il tragitto.
Con tutti
impegnati in un modo o nell’altro, Magisa raggiunse Serjou
sulla plancia di
comando e si posò al parapetto metallico. Alle sue spalle,
il granroriano
attivò i comandi della Limoviole, che
vibrò all’accensione dei motori, e
iniziò il cauto attraversamento della foresta. Finalmente
riuniti, non sarebbe
stato saggio fermarsi ancora a lungo nello stesso luogo.
La Maga
rimase a fissare il gruppetto dei Maestri della Luce, sorridendo
dolcemente.
“Non
credevo avrei rivisto di nuovo una scena del genere.”
“Riporta
alla mente tanti ricordi, vero?”
“Già.”
Mai
raggiunse quella che era
diventata la sua stanza, che avrebbe condiviso con Elisabeth, e
posò la foto
sul letto. Sistemò con cura tutto ciò con cui la
sua famiglia le aveva riempito
il borsone, i cambi di vestiti furono piegati e riposti
nell’armadio a muro, le
altre cose sparse tra le poche mensole e il piccolo bagno.
Prima
di uscire, si sciacquò il
viso e, ancora sgocciolante, sorrise verso lo specchio.
“Quanto vorrei
raccontartelo, Clarky.”
Uscì
e riprese la foto,
lisciandola e guardandola dolcemente. Poi, la posò sul
comodino contro la sua
macchina fotografica. Lasciò la stanza e sullo stipite si
voltò ancora una
volta verso la foto.
Il
negativo di un’ecografia.
E
sopra, scritto in penna rosa acceso, il messaggio della sorella: Non azzardarti a non tornare. Kaoru.
Mai
emerse nuovamente sul ponte
superiore e si sentì mancare il fiato. Tutti gli altri
Maestri della Luce erano
là, chi seduto chi in piedi, e M.A.I.A. che saettava tra le
teste. Aileen stava
raccontando qualcosa sul regno, indicando più volte
ciò che c’era fuori dalle
vetrate. Elisabeth, soprattutto, e Dan ascoltavano affascinati. Magisa
sorrideva rasserenata e alle sue spalle intravedeva la testa di Serjou
impegnato ai comandi. Kenzo era sul divano con il naso infilato nel
computer.
Yuuki e Hideto erano in piedi, posati appena contro gli schienali dei
divani, e
ridevano per qualcosa che il Guerriero Blu aveva appena detto.
La
Guerriera strinse le dita sul
passamano e sorrise dolcemente, un’ondata di malinconia,
nostalgia e
contentezza la riportarono indietro con la memoria. A
un’altra avventura. A
un’altra Gran RoRo.
Molte
cose erano cambiate, ma in
fondo tutto era rimasto lo stesso.
“Mai,
che fai? Non ci raggiungi?”
domandò Hideto, appena accortosi del suo arrivo.
La
ragazza rise e avanzò verso i
divani.
Gran
RoRo poteva essere in
pericolo. Potevano essere in svantaggio contro i propri nemici. Ancora
un sacco
di cose sarebbero potute andare male. Avrebbero dovuto combattere.
Avrebbero
sicuramente sofferto.
Ma,
finalmente, nel piccolo mondo
di Mai tutto era al suo posto.
Nel
piccolo mondo dei Maestri
della Luce tutto era al suo posto.
E,
per il momento, era sufficiente
così.
… TO BE CONTINUED …
SPAZIO
AUTRICE:
Mi crederete se vi dico che,
oltre ad avere avuto qualche problemino con la sorpresa, mi ero
completamente
dimenticata che dovevo anche preparare le anticipazioni per il prossimo
episodio?
Comunque…
Finalmente, siano arrivati
alla
fine anche di questo episodio. Un episodio un po’ particolare
perché segna per
me la fine di quello che considero il primo arco di Battle Spirits
Resurgence.
Ora che i Maestri della Luce sono riuniti, inizia una nuova fase della
nostra
storia.
E, in un certo senso, non
abbiamo (almeno io e voi lettori) salutato definitivamente Clarky e
coloro che
si trovano nel futuro. Non avranno un ruolo centrale in Resurgence ma,
ogni
tanto, vedremo come la situazione stia evolvendo nel futuro.
Detto ciò
ringrazio davvero dal
più profondo del cuore tutti coloro che hanno letto (anche i
lettori silenziosi,
a cui ricordo che io sono qua: anche due righe sono in grado di
rendermi
felice). E un grazie speciale va a:
FantasyAnimeManga96, lalla20fairy e ShawnSpenstar.
Se continuo a scrivere
questa
storia è anche un po’ grazie a tutti voi.
E, come promesso, vi lascio
qui
i turni e i mazzi di questo episodio (in grassetto ci sono le carte
create da
noi e con (R) viene indicato che la versione utilizzata, anche se
all’interno
della storia non ha alcun impatto, è quella considerata
Revival):
*(TURNO 1) Strike-Apollodrago,
Supremo Imperatore Stellare, Zaneegun,
Pescata della Rinascita,
Suprema Spada dell’Oscurità
Lucente
+ Chamaeleopus
(R)
*(TURNO 2) Archerion, Brave del Sagittario Rinato,
Siegwurm-Altair, Drago
Scintillante, Aura
Impavida, Pescata
Estiva,
+ Pescata Estiva; (Drago
della Pioggia, Siegwurm-Nova,
Drago Supernova)
*(TURNO 3) Sliderbear
*(TURNO 4) Drago del Vento Solare
*(TURNO 5) Nemelion, Brave del Leone
Rinato; (Codice di Riavvio,
Fiamma
Sacra)
*(TURNO 6) Pioggia Stellare della Rinascita;
(Sprite-Dragon, Rottura
Vulcanica)
*(TURNO 7) Pheonix-Siegwurm, Drago Fenice della Luce
Lunare
*(TURNO 8) Energia Big Bang
*(TURNO 9) Dorado-Dragon
*(TURNO 10) Gornic-Eagle
*(TURNO 11) Archerion, Brave del Sagittario Rinato
(DAN) Siegwurm-Nova,
Drago Supernova 1x, Sieg-Meteorwurm,
Supremo
Drago Stellare 1x, Siegwurm,
Possente Drago
Imperatore del Tuono 1x, Siegwurm-Altair,
Drago
Scintillante 1x, Darkwurm,
Oscuro Drago
Imperatore 1x, Drago
del Vento Solare 3x,
Staba-Dragon 2x, Sprite-Dragon
2x, Corona-Dragon,
Guardiano dallo Scudo
Fiammeggiante 3x, SunGlazer,
Drago Cometa 3x,
Dragone Arco di Luna 2x,
Drago della Pioggia 3x,
Tempesta della
Fiamma Rinata 1x, Rottura
Vulcanica 2x, Terreno
Infiammato 2x, Energia
Big Bang 2x, Pioggia
Stellare della Rinascita 3x,
Pescata Estiva 3x,
Aura
Impavida 3x, Tempio
della Pietra del Sole 2x,
Nido del Dragone di Oort 2x,
Città Stellare
dell’Eruzione Magmatica 2x, Deserto delle Stelle 2x, Archerion,
Brave del Sagittario Rinato 3x, Gaimimus 2x,
Gornic-Eagle 2x
(BARONE) Strike-Apollodrago, Supremo Imperatore Stellare
1x, Lunatech-Strikewurm,
Supremo Drago della Luce
Lunare 1x, Strike-Siegwurm,
Drago della Luce
Lunare 1x, Strikewurm-Betelgeuse,
Drago
dell’Ombra Lunare 1x, Pheonix-Siegwurm, Drago Fenice della Luce Lunare
1x, Delfino
Diamante 2x, Dorado-Dragon
2x, Aquilam 2x,
Asterio-Venera
9, Macchina da Caccia 3x, Sliderbear 3x,
Chamaeleopus (R)
3x, Cigno-Kigna
Mk-II 2x, Zaneegun
3x, Fiamma Sacra 2x,
Pescata della
Rinascita 2x, Lucchetto
del Silenzio
2x, Potenziamento
Magico 2x, Codice
di Riavvio 3x, Aura
Impavida 3x, Suprema
Spada dell’Oscurità
Lucente 2x, Cubo
Fortezza 2x, Risveglio
della Divinità Demone delle
Fiamme 2x, Nemelion, Brave del Leone
Rinato
3x, Archerion,
Brave del Sagittario Rinato 3x, Karkinos, Brave del Cancro
Rinato
3x
Come per il mazzo di Mai,
anche
quello di Dan è solo una prima versione. E mi sono resa
conto solo ora che ogni
volta ho indicato il nome italiano (o quello tradotto da me delle carte
inglesi) senza pormi il dubbio se fosse chiara la carta che era
indicata. Nel
caso, fatemi sapere.
Ed ecco qui che le
anticipazioni
del prossimo episodio. Lascio la parola al nostro Guerriero Rosso, Dan:
Ancora
incerti sulla nostra mossa successiva, incroceremo
la nostra strada con quella di un gruppo in ricognizione del villaggio
di
Aileen. L’iniziale riunione felice verrà
però messa da parte nel tentativo di
raggiungere prima del Governatore una delle carte più
potenti del regno. E, mentre
Aileen sarà messa alle strette dal fratello che ritiene sia
tempo per lei di
tornare da loro, il duellante più forte tra i Maestri della
Luce dovrà farsi
avanti per fermare il Governatore. Tutto questo nel prossimo episodio:
OMBRE NELLA
FORESTA.
Con questo vi saluto e vi
ringrazio ancora. Non so dirvi con certezza quando arriverà
il prossimo
episodio, sicuramente non prima di qualche settimana.
Cercherò di non farvi
aspettare troppo. In ogni caso, farò del mio meglio per
tenere aggiornata la
mia pagina autrice.
Varco
Apriti, Energia!
Alla prossima, HikariMoon
P.S. per la sorpresa,
dovrete
cliccare su questo link che vi porterà a una pagina del
forum di EFP (dove, se
doveste avere voglia, potete accedere e rispondere anche se non siete
iscritti):
https://www.freeforumzone.com/d/11678850/HikariMoon-s-Gallery/discussione.aspx.
Fatemi sapere che cosa ne pensate!
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3866839
|