Fairy~ Takuran

di Miharu_phos
(/viewuser.php?uid=800035)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***
Capitolo 3: *** Tre ***
Capitolo 4: *** Quattro ***
Capitolo 5: *** Cinque ***
Capitolo 6: *** Sei ***
Capitolo 7: *** Sette ***
Capitolo 8: *** Otto ***
Capitolo 9: *** Nove ***
Capitolo 10: *** Dieci ***
Capitolo 11: *** Undici ***
Capitolo 12: *** Dodici ***
Capitolo 13: *** Tredici ***



Capitolo 1
*** Uno ***


 

 

 

Erano circa le 5 del pomeriggio quando Riccardo in compagnia del suo nuovo cagnolino si incamminò nel grande parco della sua città. 

 

Era da anni che desiderava possedere un cucciolo di qualsiasi tipo, adorava gli animali e fin da bambino aveva espresso ripetutamente il suo sogno di averne uno tutto per sé.

 

E così, nel giorno del suo tredicesimo compleanno finalmente il desiderio del ragazzo era stato esaudito ed aveva ricevuto in regalo dai suoi genitori un cagnolino tutto suo.

 

Non era un cane di razza, a Riccardo non era mai importato che avesse un aspetto particolare, voleva solo avere un compagno con cui passare il tempo libero e da poter accarezzare la sera, nel letto, quando si sentiva tanto solo da starci male.

 

Riccardo era cresciuto in una famiglia benestante, dove i doveri e l'educazione erano messi costantemente al primo posto.

 

Non aveva mai ricevuto un abbraccio dai suoi genitori, non un bacio, non una carezza da quando ne aveva memoria.

 

Inoltre era figlio unico e pur avendo spesso espresso ai genitori il bisogno di avere un fratellino o una sorellina, loro lo avevano sempre liquidato spiegandogli che i figli possono crescere bene solo se l'attenzione viene concentrata su di loro uno per volta, cosa che, a detta loro, non poteva accadere in una famiglia con più di un bambino.

 

Certo, i suoi genitori erano sempre estremamente gentili e riconoscenti verso gli sforzi che Riccardo compiva per compiacerli: lo elogiavano adeguatamente per i suoi successi scolastici, sportivi e musicali.

 

Ma c'era sempre stata fra lui ed i suoi genitori una distanza insormontabile che lo aveva fatto crescere in una completa e desolata solitudine, che di anno in anno non faceva che dilatarsi.

 

Riccardo era ormai un adolescente e quel poco di tenerezza che i due genitori avevano di rado riservato al ragazzo ormai si era trasformata del tutto in aspettativa verso i suoi doveri.

 

Così Riccardo era cresciuto solo, circondato da servitori e assistenti, soddisfatto in ogni suo bisogno, in ogni suo capriccio, ma solo.

 

Per questo motivo il suo desiderio di possedere un animaletto su cui riversare il suo bisogno di affetto non aveva fatto che crescere e in quel giorno speciale, finalmente, il suo sogno era stato esaudito.

 

Aveva chiamato il cagnolino Misty perché era di un bianco talmente puro e soffice da ricordargli la sensazione di essere completamente immerso nella nebbia.

 

Ovviamente i suoi genitori avevano posto delle condizioni affinché Riccardo potesse tenere il cucciolo: avrebbe dovuto occuparsene lui stesso, nonostante la poca disponibilità di tempo libero, dati tutti i suoi impegni extra scolastici.

 

Ma Riccardo non si era fatto spaventare dalla cosa ed aveva assicurato i suoi genitori che si sarebbe preso cura del suo cagnolino dedicandogli tutte le attenzioni di cui avrebbe avuto bisogno.

 

E così, per la prima volta da tanti anni, si incamminò in una lunga passeggiata nel parco in cui andava spesso a giocare da bambino.

 

 Si avvicinò ad un gruppetto di bambini che giocavano a calcio attirato dalle loro urla e decise di riposarsi su una panchina là vicino dalla quale avrebbe potuto osservare la "partita" mentre il suo cucciolo si raggomitolò subito nell'erba, stanco per la camminata.

 

Mentre osservava i bambini giocare notò una presenza poco distante da lui, qualche albero più in là, che quasi nascosta, osservava la partita con interesse.

 

Non riusciva a vedere il suo viso ma poteva benissimo intuire lo stato d'animo di quella che sembrava essere una ragazzina.

 

Appoggiata all'albero osservava con fervore i bambini giocare, quasi come se avesse voluto intervenire per rubare il pallone e dare una svolta alla partita.

 

Era evidente che si stesse trattenendo e Riccardo sorrise, anche lui spesso provava lo stesso quando assisteva ad allenamenti occasionali come in quel momento.

 

La ragazza aveva dei lunghi capelli rosa raccolti in due codini, aveva la pelle chiara e le braccia coperte da un leggero giacchino bianco erano sottili e delicate.

 

Portava quella che sembrava essere una salopette mentre ai piedi calzava un semplice paio di converse bianche.

 

Mentre Riccardo si perdeva nella sua osservazione non si rese conto che la palla era andata a finire proprio verso la sua direzione, così venne risvegliato dalle richieste dei bambini di riavere la palla.

 

Si dimenticò solo per un attimo di Misty ma quell'istante bastò a far fuggire via il cucciolo mentre Riccardo calciava il pallone per restituirlo ai bambini.

 

La figura dai capelli rosa acciuffò con la velocità della luce il guinzaglio del cagnolino che le era svolazzato per un secondo davanti agli occhi e Riccardo le si era subito incamminato incontro con riconoscenza.

 

-Prego- disse con una voce leggermente mascolina la ragazza, porgendo il guinzaglio a Riccardo che lo afferrò immediatamente.

 

-Ti ringrazio, se non lo avessi preso al volo avrei perso il mio cagnolino il giorno stesso in cui l'ho ricevuto- lo informò per poi sorridergli in segno di gratitudine.

 

La ragazza si inginocchiò subito davanti al cucciolo che prese a farle le feste all'istante.

 

-Di nulla figurati! Come lo hai chiamato? Anche io ho un animale ma è un gatto, si chiama Bibi- mormorò tutto d'un fiato e con inaspettata confidenza quella che fino a quel momento Riccardo aveva creduto essere una ragazza.

 

Il padroncino rispose informandola sul nome del cagnolino per poi presentarsi, sperando in questo modo di ottenere il nome della misteriosa ed interessante persona inginocchiata davanti a lui, così da scoprire se fosse davvero una ragazza.

 

-Piacere Riccardo io sono Gabi- gli rispose lei, confondendo ancora di più Riccardo.

 

Gabi poteva essere sia un nome maschile che femminile e di certo l'ultima cosa che avrebbe potuto fare sarebbe stato chiedere direttamente di quale genere fosse quella persona sorridente che giocava senza posa col suo cucciolo.

 

Solo in quel momento Riccardo notò i suoi occhi color cielo e ne rimase a dir poco incantato.

 

I lineamenti fini e delicati delineavano un volto decisamente femminile ma la voce leggermente profonda che proferiva dalle belle labbra sottili della ragazza tradivano un che di mascolino.

 

Riccardo si tormentava, voleva a tutti i costi scoprire il genere di quella sottospecie di fata che aveva incontrato e così si impegnò a fargli domande nel tentativo di farla esprimere verso se stessa in senso femminile o maschile. 

 

Mentre parlava però non poté non notare il labbro inferiore della ragazza spaccato, sembrava un taglio alquanto fresco.

 

Elaborò velocemente mille pensieri secondo i quali non poteva trattarsi di una ragazza, immaginando che fosse una ferita derivante da una probabile zuffa con altri ragazzi.

 

Osservando i suoi modi però non riusciva a convincersi di trovarsi effettivamente davanti agli occhi un ragazzo: i modi di fare erano fini, il tono di voce era rilassato e giocoso, la posizione abbozzata per giocare con il cane mostrava un atteggiamento aggraziato.

 

Nessun ragazzo, neanche uno di buona famiglia come lui, avrebbe adottato tali femminei atteggiamenti, soprattutto nel periodo della prima adolescenza quando ci si comporta involontariamente in modo goffo e privo di alcuna grazia.

 

C'era però da dire che una ragazza non avrebbe subito attaccato bottone con un ragazzo sconosciuto e che quell'alone di complicità e fiducia che si era subito instaurato fra i due denotava una inconfondibile sensazione di fraternità maschile.

 

Non smise di scervellarsi neanche per un secondo, continuando ad osservare la sua fata con discrezione, e rispondendo sorridente e assertivo ad ogni domanda.

 

-Tu vivi qui?- gli domandò ad un tratto Gabi e Riccardo spiegò che pur vivendo in quella città non frequentava mai il parco a causa dei numerosi impegni pomeridiani.

 

-Sai gioco a calcio e prendo anche lezioni di piano- spiegò -quindi non ho tempo per uscire ed il poco tempo libero che mi rimane lo dedico allo studio. Ma adesso dovrò fare spazio per lui- disse sorridendo ed accarezzando il suo nuovo cagnolino.

 

-Che bello il calcio! Anche a me piacerebbe riprendere a giocare, è una mia grande passione ma non ho mai preso lezioni né ho qualcuno con cui allenarmi. Provavo a fare qualche tiro nel vialetto di casa ma non ero un granché. Tu sarai bravissimo- disse rivolgendosi a Riccardo che scosse la testa con fare modesto.

 

-Ma no, non sono chissà quanto bravo nemmeno io! Ma potremmo allenarci qualche volta, se ti va, qui al parco- si offrì Riccardo facendo arrossire la sua fata di imbarazzo.

 

-Non posso...io non...- cercò di dire Gabi facendo sentire in colpa Riccardo.

 

Magari per lei era un problema giocare con un ragazzo, o semplicemente si vergognava a causa della sua scarsa bravura in quello sport.

 

Così Riccardo decise di non insistere.

 

-Va bene no, scusami era solo per dire- mormorò lui dispiaciuto notando che Gabi aveva preso a mordersi il labbro con nervosismo.

 

-Adesso devo andare- disse rimettendosi in piedi.

 

-Okay, mi ha fatto piacere conoscerti Gabi- disse Riccardo dispiaciuto.

 

-Anche a me! Ciao misty- mormorò lei salutando il cucciolo per poi allontanarsi in tutta fretta mantenendo però i suoi modi aggraziati, mentre scompariva fra gli alberi.

 

Il freddo di ottobre sembrò ricadere su Riccardo tutto in una volta sola.

 

Si sentiva così stupido perché gli era sembrato di essere stato fin troppo invadente con quella proposta.

 

In quel momento fu quasi certo che Gabi fosse in realtà una ragazza ma si sentì in colpa anche per aver elaborato tutto quel groviglio di pensieri e ragionamenti mentre Gabi gli si era avvicinata con spontaneità e senza doppi fini.

 

Una cosa però era certa: che si trattasse di un maschio o di una femmina, Riccardo ne era rimasto a dir poco incantato.

 

In cuor suo sperava di aver chiacchierato con una ragazza ma quando cercava di ricordare la sensazione di fratellanza e confidenza che Gabi gli aveva trasmesso subito, non poteva fare a meno di interrogarsi su come avesse potuto sentirsi così a suo agio con una femmina. 

 

Per quei pochi minuti aveva dimenticato la sua solitudine ed il suo bisogno di affetto che non faceva che rattristarlo particolarmente nel giorno del suo compleanno.

 

Si incamminò verso casa ricordandosi della noiosa cena di compleanno che avrebbe dovuto festeggiare come al solito con i suoi parenti ma non smise neanche per un minuto di pensare alla dolce e delicata Gabi.

 

Lungo tutto il tragitto fino a casa ripercorse col pensiero la conversazione avuta nel parco e si maledì ripetutamente ogni volta in cui nella sua testa si ripeteva quell'invito che a Gabi doveva essere sembrato del tutto fuori luogo.

 

Una volta giunto a casa si fiondò in camera sua per poi gettarsi sul letto con il suo cucciolo che gli si accoccolò  accanto con fare svogliato. 

 

Doveva essere proprio stanco dopo quella lunga camminata.

 

Riccardo chiuse gli occhi e rivide nella sua mente i luminosi e profondi occhi chiari di Gabi.

 

La sua bellezza era disarmante e quel labbro spaccato rendeva la sua figura così fragile e tenera.

 

In quel momento realizzò che non gli importava in fondo sapere se Gabi fosse maschio o femmina.

 

Era la sua fata, e questo poteva benissimo adattarsi ad entrambi i casi. Una piccola e luminosa fata comparsa per caso in un triste pomeriggio di ottobre. Un regalo che Riccardo non avrebbe dimenticato e che avrebbe custodito nel cuore preziosamente. 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Due ***


 

 

Riccardo aveva finito velocemente i compiti, controllando di continuo l'orologio che teneva al polso così da tenere sotto controllo l'orario.

 

Quando scattarono le cinque lui era già pronto con il guinzaglio in una mano ed il pallone sotto il braccio.

 

-Ciao Betty porto Misty al parco!- aveva detto alla governante fiondandosi fuori casa come un fulmine, senza neanche darle il tempo di rispondere.

 

Era impaziente, erano passati due giorni senza che potesse uscire di casa a causa dei suoi impegni pomeridiani e finalmente era riuscito a ritagliarsi un po' di tempo prima di andare agli allenamenti.

 

Per fortuna la sua grande casa distava poco dalla villetta cittadina nella quale aveva conosciuto Gabi, quindi impiegò poco tempo nel giungere alla sua meta, ed una volta lì cominciò subito a passeggiare cercando fra gli alberi la figura della ragazza -o ragazzo- alla quale non aveva mai smesso di pensare.

 

Dopo qualche minuto il suo cucciolo prese a correre talmente forte da far perdere a Riccardo la presa sul guinzagliò, così il ragazzo inseguì il suo cagnolino per poi trovarlo fra le braccia della persona che stava cercando.

 

-Gabi! Che bello ritrovarti qui, temevo che non fossi più venuto!- disse Riccardo correndogli incontro entusiasta, e Gabi gli sorrise in preda allo stupore.

 

-Riccardo! Che bello hai portato il pallone!- mormorò il rosa, per poi vedere la palla arrivargli addosso da parte di Riccardo.

 

Il castano non poté fare a meno di notare il labbro spaccato di Gabi, quasi sul punto di sanguinare: non sembrava affatto essere guarito dalla volta prima. 

 

-Ti prego gioca con me, l'ho portato apposta!- piagnucolò il castano e Gabi sembrò intristirsi.

 

-Io non ho più la certezza di sapere come si gioca- mormorò accarezzando il pallone, così Riccardo lo incitò saltellandogli attorno.

 

-Dai tira! Vedrai come te la rubo!- ridacchiò, facendo sorridere Gabi che con insicurezza posò il pallone per terra per poi dargli un leggero calcio.

 

Riccardo rubò subito la palla e Gabi partì al suo inseguimento, stupendosi lui stesso -o lei- di come, man mano che continuasse a giocare, si riscoprisse sempre più bravo.

 

Per qualche motivo aveva dimenticato il suo amore per il calcio e la sua capacità di giocare, ma grazie a Riccardo stava ricordando, e si stava divertendo tantissimo.

 

Passarono così diversi minuti, poi Riccardo si fermò per bere dalla fontana e si legò in vita la felpa che indossava, rimanendo a maniche corte.

 

-Tu non hai caldo? Togliti il giacchino o ti scioglierai- lo incitò Riccardo, e Gabi fece spallucce, lui non aveva sudato affatto, ma seguì l'esempio dell'amico e si legò il giacchino in vita.

 

Si piegò per bere ma stranamente, una volta a contatto con l'acqua, si rese conto di non avere affatto sete.

 

Riccardo rimase pietrificato quando notò diversi lividi e taglietti sulle sue braccia, rimaste scoperte, e nell'osservare come qui colori spaventosi ricomparissero poi sulla gola, fino ad allora rimasta coperta.

 

Riccardo notò anche che Gabi indossava esattamente gli stessi abiti di due giorni prima, e che avevano le stesse e identiche macchie di terra ed erba, come se fino al ritorno di Riccardo, Gabi fosse sparito per poi ricomparire tale e quale a quando si erano separati.

 

"E se fosse davvero una fata?" Si domandò pensieroso.

 

-Senti Gabi, che cosa hai fatto alle braccia? Sei caduto?- domandò, sperando di ottenere una risposta dalla quale avrebbe potuto capire il genere della persona che tanto gli piaceva.

 

Era ancora tormentato da quel dubbio e sperava di farlo parlare il più possibile per toglierselo.

 

Gabi si guardò le braccia con orrore, come se non gli appartenessero, come se non avesse mai notato quei brutti lividi e graffi che le ricoprivano.

 

-Io non lo so- disse semplicemente, continuando a fissarsi la pelle tumefatta.

 

I graffi sembravano freschi, doveva essere caduto da poco, pensò Riccardo.

 

-Non importa, guariranno! Io qualche mese fa mi sono infortunato giocando a calcio e sono dovuto rimanere diverse settimane a riposo, ma adesso sono completamente guarito!- raccontò Riccardo, facendo annuire Gabi.

 

-Per fortuna non mi fanno neanche male- spiegò il rosa.

 

Riccardo si sdraiò nell'erba, seguito subito dal suo cucciolo che gli si accoccolò di fianco.

 

Gabi seguì il suo esempio e rimasero per qualche secondo in silenzio a fissare le nuvole.

 

-Dove vai a scuola?- domandò Riccardo ad un tratto, e dopo diversi secondi, durante i quali sembrava quasi che Gabi non riuscisse a ricordare, finalmente arrivò una risposta.

 

-Frequento la Raimon Junior High, sono al secondo anno, nella sezione G!- disse con convinzione.

 

-Sul serio?! Ma anche io frequento quella scuola! Sono al secondo anno come te ma nella A, alla scala opposta. Potremmo incontrarci a scuola domani, durante la ricreazione, che ne dici?- domandò Riccardo entusiasta.

 

Finalmente avrebbe potuto togliersi tutti i suoi dubbi, la divisa che Gabi indossava a scuola li avrebbe chiariti.

 

-Non lo so, io...non credo di poterlo fare- disse tremante il rosa dopo essersi rimesso in piedi, facendo accigliare Riccardo.

 

-Perché no?- domandò mettendosi a sedere.

 

-Non lo so, sento che non posso. Adesso voglio andare via, scusami- disse poi velocemente. 

 

Riccardo non ebbe il tempo di rimettersi in piedi e corrergli dietro perché la sua fata era già sparita.

 

Si era come dissolta, fra gli alberi, senza lasciare traccia.

 

-Gabi?- chiamò il ragazzo guardandosi attorno, ma nulla, non c'era più nessuno lì.

 

Riccardo sospirò, era un gran peccato che Gabi se ne fosse andato via, adorava parlarci.

 

E non aveva ancora capito se fosse un ragazzo o una ragazza.

 

Sospirò, controllando l'orario.

 

Era già ora di andare.

 

Prese Misty in braccio e si incamminò verso casa, non voleva rischiare di fare tardi agli allenamenti.

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Tre ***


 

La campanella che segnalava la fine della ricreazione suonò, e Riccardo fu costretto a ritornare in classe.

 

Aveva vagato nei corridoi per diversi minuti, in cerca di una chioma rosa, aveva gironzolato attorno alla classe di Gabi, la seconda G, ma non c’era traccia della sua dolce fata, neanche quando il ragazzo aveva provato a spiare nell’aula.

 

Poi si era fatto coraggio ed aveva chiesto ad una ragazza che se ne stava appoggiata alla porta, osservando il corridoio.

 

-Qui non viene nessuno che si chiama Gabi- aveva risposto la studentessa quando Riccardo le aveva spiegato chi stava cercando ed il ragazzo ci rimase alquanto male, perché questo significava necessariamente che Gabi gli aveva mentito.

 

-Capisco, scusami per il disturbo allora- si era scusato il castano, per poi allontanarsi abbattuto.

 

Non vedeva l’ora di ritornare al parco per chiedere spiegazioni a Gabi e cercare di scoprire di più sul suo conto.

 

Non è che non si fidasse di lui -o lei- ma lo aveva sempre trovato alquanto indeciso e confuso ogni volta in cui gli aveva rivolto una domanda precisa.

 

Di quella interessante persona conosceva soltanto il nome, ed il nome del suo gattino, Bibi, o almeno, del gattino che diceva di avere perché poteva aver mentito anche su quello.

 

Riccardo si ripromise di farsi coraggio e chiedergli di portare il micio con sé la prossima volta, così avrebbe scoperto se almeno l’esistenza del gatto fosse vera.

 

Purtroppo non poté ritornare al parco prima di altri due giorni, a causa dei suoi numerosi impegni, ma non appena poté ritornare in quel magico posto vide Gabi spuntare subito fra gli alberi, come se lo stesse aspettando.

 

Indossava la solita salopette con il giacchino e le converse bianche ed il suo labbro non era ancora guarito.

 

Riccardo cominciò a credere che Gabi fosse un senzatetto, perché altrimenti non si sarebbe riuscito a spiegare in alcun modo la sporcizia dei suoi abiti, che per giunta non erano mai stati cambiati da quando si erano conosciuti.

 

Così dopo essersi salutati ed aver dato qualche calcio al pallone che Riccardo aveva portato con sé, il castano cominciò subito con le domande con l’intenzione di indagare.

 

-Dimmi Gabi, tu abiti qui vicino?- domandò mentre se ne stava disteso sull’erba al fianco del misterioso ragazzo-fata.

 

-Si! Abito...- si fermò qualche secondo a pensare, come se lo avesse dimenticato, poi come colto da un’illuminazione riprese a parlare.

 

-Ah, Si! Abito poco lontano da qui, vicino alla grande piazza con la statua, di fianco al ristorante di ramen, è il ristorante dei miei genitori! La mia casa ha il tetto verde ed un grande giardino con un ciliegio al centro- spiegò Gabi, come se stesse ricordando -o inventando- le informazioni strada facendo.

 

Riccardo tentò di fare mente locale, ma proprio non gli veniva in mente quel ristorante di ramen di fronte alla piazza, così si offrì di riaccompagnare Gabi a casa, per imparare dove fosse casa sua.

 

-Che ne dici? Poi se vuoi ti faccio vedere la mia casa, è grandissima- si offrì Riccardo, ma Gabi sembrò sentirsi a disagio tutto ad un tratto.

 

-Non voglio...io devo restare qui- mormorò diventando triste tutto ad un tratto, senza un motivo valido.

 

Riccardo credette di essere stato troppo invadente, forse Gabi si era sentito in qualche modo soffocato dalla pretesa di Riccardo di conoscere il luogo in cui abitava.

 

-Capisco, no scusami, non fa niente, torna pure da solo- disse il castano sperando di non aver rovinato l’atmosfera di confidenza che era riuscito a conquistare.

 

Rimasero in silenzio per svariati minuti, poi Riccardo si fece coraggio, era giunto il momento di fargli quella domanda, così provò a girarci intorno tentando di non essere troppo diretto.

 

-Senti Gabi volevo chiederti una cosa se me lo permetti- mormorò il castano con fare insicuro.

 

-Ma certo, dimmi pure- rispose gentilmente Gabi, attendendo il suo quesito.

 

-Ecco, mi chiedevo...hai un ragazzo?- domandò con coraggio.

 

Gabi arrossì violentemente, quella domanda era del tutto inaspettata e distolse lo sguardo dal volto di Riccardo, il quale studiò attentamente la sua reazione.

 

-Come mai me lo chiedi?- domandò a sua volta per poi voltarsi, guardandolo dritto negli occhi, ma Riccardo non ebbe il coraggio di spiegare il vero motivo, così continuò a girarci intorno.

 

-Nulla, ero curioso di sapere se fossi innamorata di qualcuno- biascicò, mordendosi il labbro e voltando il viso dal lato opposto per evitare lo sguardo dolce e imbarazzato di Gabi.

 

Il rosa sembrò pensarci su a lungo, sembrava quasi che la sua memoria si fosse azzerata e che recuperasse i ricordi di volta in volta, con le domande di Riccardo.

 

-Non lo so- rispose infine, facendo rimanere di sasso il castano che imprecò mentalmente.

 

Alla fine si fece ulteriore coraggio e gli porse la domanda diretta, senza giri di parole.

 

-Ma sei...una ragazza, no?- gli domandò timoroso.

 

Gabi sbiancò di colpo e si alzò in piedi.

 

Cominciò a guardare Riccardo con timore facendo spaventare il castano che non riusciva a capire cosa stesse accadendo.

 

-Ho detto qualcosa di sbagliato?- domandò alzandosi in piedi a sua volta ma Gabi si allontanò cominciando a guardarlo con rabbia.

 

-Io non lo so...ho paura!- gridò, per poi cominciare a correre via, mentre si copriva il viso con entrambe le mani.

 

Riccardo tentò di inseguirlo, anche il cagnolino gli andò dietro per un po’ ma ad un certo punto ritornò da Riccardo, come se avesse perso le tracce.

 

Il ragazzo era sempre più confuso da quella persona così misteriosa, tutto quello che riguardava Gabi era assurdo, le sue ferite che non guarivano, le sue bugie sulla scuola, e ora anche la sua confusione sul proprio genere sessuale.

 

Ma che persona strana era Gabi? 

 

Ad un certo punto si rassegnò e, afferrato il guinzaglio di Misty, si diresse verso l’uscita dei giardini, per ritornare a casa.

 

Mentre camminava però, gli balenò in mente un idea: sarebbe passato dalla piazza principale, per cercare la casa di Gabi ed il ristorante di ramen.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Quattro ***


 

Riccardo osservava confuso la casa davanti a sé.

 

Era esattamente l’abitazione che gli aveva descritto Gabi: tetto verde e un grande giardino con un ciliegio, ormai spoglio, al centro. 

 

Solo che la casa era alquanto malandata, il giardino era trascurato e pieno di sterpi, ma, cosa ancor più strana, sembrava che ci abitasse una coppia di anziani, che se ne stavano tranquillamente sul portico a prendere il the. 

 

Inoltre non c’era traccia del ristorante di ramen di cui aveva parlato Gabi, l’unica insegna affianco alla casa col ciliegio era quella di un comunissimo negozio di abbigliamento.

 

Riccardo vi entrò facendosi coraggio, voleva chiedere informazioni alla commessa e magari scoprire qualcosa in più sulla casa di fianco.

 

-Mi dispiace ragazzino, io sono qui solo da pochi anni, quando sono arrivata questo locale era vuoto e dismesso- spiegò, per poi aggiungere che nella casa col ciliegio ci abitavano da anni quei due anziani.

 

Riccardo annuì e ringraziò in modo riconoscente, poi uscì dal negozio e si fermò ancora davanti alla casa dal tetto verde.

 

Dopo averci rimuginato sopra a lungo infine decise di chiedere anche alla coppietta che prendeva il the, sperando che loro, che abitavano nella presunta casa di Gabi, avessero qualche informazione in più.

 

-Perdonatemi signori, mi dispiace tanto disturbarvi- cominciò Riccardo, attirando l’attenzione dei vecchietti che lo avevano visto addentrarsi nel loro giardino solo in quel momento.

 

-Ma guarda che bel giovanotto, salve caro, parla pure- mormorò quello che Riccardo suppose essere il marito della donna che invece rimaneva in silenzio guardandolo intenerita.

 

-Avrei alcune domande da farvi se permettete- spiegò Riccardo, e i vecchietti annuirono attendendo che il ragazzo riprendesse a parlare.

 

-Cerco un ristorante di ramen che si affaccia sulla piazza, vedete, pensavo di trovarlo proprio vicino a questa casa- spiegò il castano e i due anziani si guardarono sorridendosi l’un l’altra, quasi con nostalgia.

 

-Sono anni che qui non c’è più un ristorante di ramen ragazzino, mi dispiace. Ma ce n’è uno ottimo proprio in fondo alla strada, ha aperto da poco- lo informò gentilmente il vecchietto.

 

Riccardo rimase immobile per qualche secondo, cercando di elaborare le informazioni di quel signore anziano, infine si ridestò e ringraziò cortesemente i due vecchietti.

 

Dopo aver fatto un inchino di riconoscenza il ragazzo si allontanò e riprese a camminare al fianco del proprio cucciolo che ormai era stanco e caminava a fatica.

 

Insieme si diressero verso casa, mentre Riccardo continuava a riflettere sugli avvenimenti di quella giornata.

 

Era in qualche modo arrabbiato con Gabi perché sembrava avergli mentito su diverse cose, ma allo stesso tempo trovava assurdo che lui -o lei- potesse fare una cosa del genere, e anche se fosse, con quale scopo? 

 

Ma la cosa che più faceva pensare Riccardo era il fatto che le informazioni fornite da Gabi si fossero rivelate in qualche modo accurate: la casa esisteva davvero, ma era ovvio che lui non ci abitasse, e per quanto riguardava il ristorante effettivamente c’era stato un tempo in cui era esistito davvero, tanti anni prima.

 

Ma il ragazzo non riusciva comunque a capire quale fosse l’obbiettivo di Gabi nel raccontare tutte quelle frottole: prima la scuola, ora la casa.

 

Il castano infine si rassegnò, infondo non erano state le uniche informazioni ambigue che Gabi gli aveva fornito: aveva anche detto di non saper giocare a calcio, ed invece era bravissimo, per non parlare del fatto che sembrava non ricordarsi se fosse maschio o femmina.

 

Tutto ciò non faceva che confondere Riccardo sempre di più, così decise che la prossima volta in cui si sarebbero incontrati, lui si sarebbe fatto coraggio e gli avrebbe detto che aveva scoperto le sue bugie, anche a costo di perdere la sua amicizia.

 

Infondo si conoscevano appena, e le cose che Riccardo sapeva di Gabi erano pochissime, oltre che false.

 

Poi chissà, magari Gabi non era neanche il suo vero nome, forse era davvero un senzatetto e si vergognava ad ammetterlo.

 

Ciò non cambiava il fatto che Riccardo si sentisse estremante attratto da quella figura a dir poco fatata.

 

I suoi modi di fare, i suoi gesti, il suo tono di voce, per non parlare del l’immensa bellezza del suo viso così delicato e dell’insuperabile profondità dei suoi occhi cielo, tutte queste sue caratteristiche non potevano che attirare Riccardo come una calamita. 

 

Il ragazzo decise di smettere di rimuginare sui suoi dubbi riguardo a Gabi e tentò di concentrarsi sugli allenamenti a cui avrebbe dovuto partecipare di lì a poco.

 

Prima che potesse ritornare al parco in cerca di Gabi però passarono diversi giorni; i suoi genitori stavano cominciando a non vedere di buon occhio il fatto che lui si prendesse troppo cura del cucciolo, rischiando di trascurare gli esercizi musicali ed il calcio, per non parlare dello studio.

 

Spesso lo minacciarono persino di portargli via il cagnolino, il ché spaventava enormemente il ragazzo.

 

Così Riccardo nei giorni a seguire si impegnò maggiormente del solito, in modo da compiacere il più possibile i suoi genitori, che da lui si aspettavano soltanto successi su successi.

 

Era molto stanco, ma sapeva di doverlo fare se non voleva rischiare di perdere il suo cagnolino, e soprattutto, se non voleva rischiare di perdere la possibilità di passare altri pomeriggi al parco.

 

Dopo svariati giorni di studio intenso perciò, a Riccardo fu permesso ancora di portare a spasso il piccolo Misty.

 

Cercò a lungo quella chioma rosa, gridò anche il suo nome di tanto in tanto, ripercorrendo i luoghi in cui gironzolavano di solito, ma Gabi sembrava non esserci quel giorno.

 

Ricomparve solo quando ormai Riccardo aveva perso le speranze e si era diretto verso i cancelli dei giardini, per ritornare a casa.

 

-Gabi! Allora ci sei! Pensavo non fossi venuto!- mormorò Riccardo correndogli incontro.

 

Gabi sorrise, sembrava non essere più arrabbiato, come se avesse dimenticato tutto riguardo all’incontro precedente.

 

-Non ti è ancora guarito il labbro eh?- domandò Riccardo provocando in Gabi un’espressione di stupore.

 

-Che vuoi dire?- domandò il rosa, leccandosi le labbra per capire cosa ci fosse di male.

 

Poi si portò le dita alla bocca toccandosi la ferita e rimase di sasso quando le ritrovò sporche di sangue.

 

Aggrottò le sopracciglia, come se non riuscisse a spiegarsi la provenienza di quel taglio al labbro mentre Riccardo lo guardava incuriosito.

 

-Non sapevi di averlo? Come quelli sulle braccia- osservò il castano, provocando ulteriore stupore in Gabi che lo guardò con fare interrogativo.

 

-Perché cos’hanno che non va le mie braccia?- domandò.

 

Riccardo lo osservò attentamente, seriamente preoccupato.

 

Davvero aveva dimenticato i taglietti ed i lividi sulle braccia, per non parlare di quelli sul collo? Come era possibile che non li avesse mai notati, ma soprattutto com’era possibile che avesse dimenticato di averli quando Riccardo glieli aveva fatti notare giorni prima?

 

Il ragazzo non poté fare a meno di guardare Gabi di sottecchi: o stava mentendo, oppure aveva dei seri problemi di memoria.

 

-Levati il giacchino- disse Riccardo, riferendosi al solito giacchino insudiciato che Gabi portava, assieme alla salopette, la t-shirt e le converse bianche.

 

“Non si cambia mai gli abiti, dev’essere proprio un senzatetto” pensò Riccardo dispiaciuto.

 

-Perché? Non voglio- protestò Gabi facendo roteare gli occhi del castano che tentò di sfilargli l’indumento con la forza.

 

-Che cosa fai non toccarmi!- gridò il rosa profondamente spaventato, allontanandosi di colpo da Riccardo.

 

-Voglio solo controllare se ti sono passati i lividi- spiegò Riccardo tendando di riavvicinarsi ma Gabi si allontanò ulteriormente.

 

-Stammi lontano- disse con sguardo feroce.

 

Riccardo non riusciva a spiegarsi quella reazione, e cominciò seriamente a supporre che Gabi fosse folle.

 

-Forse ho capito- mormorò Riccardo con fare indagatore -c’è qualcuno che ti picchia, non è così? E ti vergogni ad ammetterlo- spiegò il castano, facendo innervosire ancora di più Gabi.

 

-Ma che cosa stai dicendo non è vero!- urlò il rosa, senza preoccuparsi minimamente della possibilità di attirare l’attenzione degli altri visitatori del parco, i quali, stranamente, sembravano non accorgersi delle sue grida.

 

-Okay, okay adesso calmati. Non volevo farti arrabbiare. Ma mi stai dicendo un mucchio di frottole e non ne capisco il motivo- ammise Riccardo, finalmente.

 

-Come ti permetti! Non ti ho detto alcuna frottola, qui il bugiardo sei tu! Vattene via e lasciami in pace!- urlò ancora il rosa, ormai su tutte le furie.

 

-Non sono un bugiardo, questa è la verità! Mi hai mentito sulla tua classe, ho domandato a scuola e nessuno sa chi sei! E la casa col ciliegio, quella accanto al ristorante di ramen, beh quella non è casa tua ed il ristorante nemmeno esiste! E poi scommetto che tu neanche ce l’hai un gatto, vero? E molto probabilmente non ti chiami nemmeno Gabi. Mi hai raccontato un mucchio di frottole, qui il bugiardo sei tu!- gridò per poi correggersi ed aggiungere - o forse dovrei dire bugiarda-

 

Gabi guardò il castano con sguardo affranto, non sapeva cosa dire, sembrava sconvolto.

 

Si toccò il petto abbassando lo sguardo e cominciò a piangere.

 

-Io non ho mentito- disse tremante, in preda alle lacrime.

 

Riccardo si sentì profondamente in colpa, non voleva far piangere la sua fata, non era quella la sua intenzione, lui voleva solo vederci chiaro.

 

-Mi dispiace Gabi, non volevo!- si affrettò a dire il ragazzo, ma il rosa non gli lasciò il tempo di scusarsi, perché corse via dopo pochi secondi, senza guardare più in faccia Riccardo.

 

Lui tentò di riacciuffarlo ma come suo solito Gabi scomparve nella boscaglia, come se stesse ritornando al mondo a cui apparteneva, quello della natura.

 

“Magari sei veramente una fata” si disse ancora Riccardo nella testa, tormentato dal senso di colpa.

 

“Forse sei solo una fata che si è smarrita e che non riesce a ritrovare il modo di tornare nel suo mondo” ipotizzò infantilmente il ragazzo, sospirando.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Cinque ***


 

Gabi era sparito.

 

Non veniva più al parco da diversi giorni, da quando Riccardo lo aveva accusato di mentire.

 

Era stata esagerata la sua reazione? Forse. 

Avrebbe potuto semplicemente spiegare al castano i motivi delle sue bugie -se davvero di bugie si trattava poi- senza piangere o offendersi come un bambino, o almeno, così la vedeva Riccardo, che non faceva che crogiolarsi nel risentimento ormai da giorni.

 

Nonostante ciò però aveva continuato a ritornare al parco ogni volta che aveva avuto un momento libero, ci passava anche al ritorno da scuola, o mentre si dirigeva agli allenamenti nel pomeriggio.

 

Qualsiasi momento era utile per andare a dare un'occhiata, nella speranza che Gabi si rifacesse vivo.

 

Ma lui non ci era mai tornato, o almeno, non nei momenti in cui ci si recava Riccardo.

 

Magari, aveva fantasticato Riccardo, aveva ritrovato la strada per il suo mondo magico e si era ricongiunto con i suoi simili.

 

Oppure, semplicemente, era troppo arrabbiato con lui ed aveva deciso di interrompere quell'amicizia che in fondo non avrebbe dovuto contare poi così tanto per nessuno dei due.

 

Eppure per Riccardo contava, e anche tanto, nonostante si conoscessero da poco tempo, nonostante i rari momenti in cui si erano potuti incontrare e nonostante il pessimo e permaloso carattere di Gabi.

 

Il ragazzo non faceva che pensare a Gabi, sentiva la sua mancanza come un macigno nello stomaco ed ogni volta in cui attraversava il parco, senza scorgere la sua testolina rosa, sentiva un forte pizzico al cuore.

 

Malgrado tutto lui continuava a cercarlo, ovunque e in ogni momento.

 

Se mai avesse potuto rivederlo gli avrebbe certamente chiesto perdono per il suo comportamento ed avrebbe fatto di tutto per riacquistare la sua fiducia: lo avrebbe fatto confidare e lo avrebbe rassicurato, qualunque disagio lui stesse vivendo.

 

Nonostante tutti questi buoni propositi però Gabi non veniva più in quel luogo che aveva permesso la nascita della loro amicizia speciale e di conseguenza Riccardo perdeva sempre più le speranze di poterlo ritrovare.

 

Se Gabi fosse stato davvero un senza tetto, come Riccardo temeva, certamente doveva trovarsi in difficoltà, per strada, chissà dove, al freddo e senza un riparo, né cibo caldo nello stomaco.

 

Riccardo era seriamente preoccupato ed avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di rimediare.

 

Ma purtroppo non poteva tornare indietro nel tempo ed evitare il litigio, ormai era accaduto e lui si era giocato quell'amicizia preziosa in uno schiocco di dita.

 

Avendo perso le speranze quindi restò enormemente sorpreso quando una sera tardi, mentre ritornava a casa accompagnato da un suo compagno di squadra, scorse fra la boscaglia del parco una figura dai codini rosa che dondolava sull'altalena.

 

 Riconobbe subito Gabi e si affrettò a corrergli incontro seguito dall'amico che gli stava dietro a malapena.

 

-Ma che ti prende Riccardo! Perché ti sei messo a correre tutto ad un tratto, dove vuoi andare?!- domandò il compagno.

 

-Non ho tempo per spiegarti Arion, è una cosa importantissima!- disse soltanto Riccardo.

 

Ma quando riuscì ad avvicinarsi abbastanza all'altalena Gabi era già fuggito via, spaventato dall'arrivo dei due ragazzi nella propria direzione.

 

-Accidenti! Gabi dove sei, perché te ne sei andato! Gabi!- gridò Riccardo trafelato mentre il suo amico lo guardava perplesso.

 

-Ma chi stai cercando Riccardo? Non vedi che il parco è deserto?- gli domandò con le sopracciglia aggrottate, ma senza ricevere risposta dal castano che, nel frattempo, si era messo a cercare fra gli alberi chiamando il nome del rosa.

 

-Gabi ti prego! Mi dispiace, non volevo dirti quelle cose orribili, sono stato cattivo, perdonami!- gridava, senza però ottenere alcuna risposta.

 

Quando alla fine si arrese e ritornò dal compagno di squadra con il broncio sul viso, quello non poté fare a meno di chiedere spiegazioni a Riccardo.

 

-C'era una persona qui, con cui ho litigato, che si è nascosta appena mi ha visto- spiegò il castano, senza entrare nei particolari.

 

-Una persona? Ma di chi parli Riccardo, io non ho visto nessuno!- osservò l'amico, provocando fastidio nel castano che sbuffò infastidito.

 

-Diamine Arion era proprio lì, sull'altalena, l'hai visto anche tu! Aveva due lunghi codini rosa e portava degli abiti dai colori chiari- spiegò Riccardo, ma il suo amico continuava a guardarlo perplesso.

 

-Non c'era nessuno sull'altalena, te lo posso giurare, Ricky- insistette l'amico.

 

Riccardo all'inizio lo guardò sorpreso, possibile che non avesse visto Gabi? Eppure era difficile non notarlo, con quei capelli. 

 

Poi però lasciò perdere, era troppo stanco per preoccuparsi anche di quello che Arion aveva visto o no.

 

-Avrai visto male. Adesso andiamo o faremo tardi- mormorò il castano, riflettendo su come avrebbe potuto agire.

 

Accompagnò il compagno fino al luogo in cui abitava, poi tornò a casa propria, dove spiegò di aver tardato perché aveva cenato con un amico.

 

Si chiuse nella sua cameretta ed aspettò pazientemente che tutti, compresi i servitori, fossero andati a dormire.

 

Sapeva bene quello che avrebbe dovuto fare quella notte.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Sei ***


 

ATTENZIONE questo capitolo contiene scene molto macabre e raccapriccianti, non voglio turbare nessuno quindi se potreste sentirvi male non leggete. I prossimi capitoli saranno simili, quindi interrompete qui la lettura in caso!

 

 

•••

 

La casa era già sprofondata nel silenzio quando Riccardo era sgattaiolato fuori, direttamente dalla porta principale.

 

In quel momento il ragazzo fu grato di non avere più un portiere che stesse alzato a vigilare tutta la notte, gli avrebbe impedito di uscire.

 

Invece i corridoi di casa sembravano deserti, i servitori erano andati tutti via ed i genitori di Riccardo dormivano profondamente.

 

Il ragazzo aveva dovuto camminare un po' prima di raggiungere il parco cittadino nel quale era certo di ritrovare Gabi, la persona a cui non aveva mai smesso di pensare fin dal primo giorno in cui l'aveva incontrata.

 

Poche ore prima, mentre era assieme al suo compagno di squadra, lo aveva visto scappare nella boscaglia che si estendeva dietro le altalene, ma quando finalmente giunse nel luogo in cui era diretto, notò subito che il tenero Gabi era ritornato a dondolare, con uno sguardo triste sul suo bel visino delicato.

 

Si era avvicinato molto lentamente e lo aveva chiamato timoroso, Gabi lo aveva sentito ed era scattato sull'attenti, pronto a scappare ancora una volta.

 

Ma Riccardo aveva alzato piano le mani, in segno di pace e gli aveva detto "aspetta Gabi, non andare via, te ne prego".

 

Il rosa aveva esitato un pochino, ma poi era tornato a sedersi sull'altalena, ormai ferma.

 

-Non voglio spaventarti Gabi, neanche prima volevo farlo. Mi dispiace- mormorò il castano mentre l'amico se ne restava a testa bassa, fissando le sue scarpe sudicie.

 

-È okay. Non ho paura- aveva detto Gabi, con voce insicura.

 

Riccardo si era avvicinato ulteriormente ed aveva fatto cenno di sedersi sull'altalena al fianco di quella su cui era poggiato Gabi.

 

-Posso?- aveva domandato, e Gabi aveva annuito in silenzio.

 

-Mi spiace di averti detto quelle brutte cose, Gabi. Mi dispiace veramente tanto- aveva detto sincero Riccardo ed il rosa aveva annuito ancora una volta silenzioso.

 

-Spero che possiamo tornare ad essere amici come prima. Mi distrugge sapere che sei arrabbiato con me o che non potremo più stare insieme- aveva aggiunto il castano, attirando così lo sguardo di Gabi che finalmente si era posato su di lui.

 

-Perché vuoi essere mio amico, Riccardo? Non lo vedi che sono solo? Nessuno mi considera, nessuno mi parla, è come se non esistessi. Perché tu fai così invece?- aveva domandato il rosa.

 

Aveva un tono molto triste, quasi rassegnato.

 

Riccardo aveva percepito subito quel suo strano tormento che si portava dentro e ne aveva provato una immensa pietà.

 

Voleva bene a Gabi, gliene voleva tanto, anzi era decisamente convinto di provare per lui -o lei- qualcosa che andava oltre l'amicizia.

 

Così decise di dirglielo, non voleva perdere neanche più un secondo con quel suo amico speciale.

 

-Beh è perché io- disse esitando -Ecco Gabi io mi sono innamorato di te!- confessò infine, facendo richiamo a tutto il coraggio che possedeva.

 

Gabi era rimasto immobile per qualche secondo, fissando il castano.

 

Era stupefatto da quello che gli aveva appena confessato Riccardo, era l'ultima cosa che si sarebbe aspettato da lui.

 

-Quindi questo significa che sono una ragazza?- aveva domandato il rosa, più a se stesso che all'amico, che lo ascoltava confuso.

 

-Che cosa vuoi dire Gabi? Davvero non lo sai?- aveva chiesto a sua volta Riccardo, sconcertato.

 

-Io...- aveva cominciato a dire, poi aveva guardato Riccardo.

 

-Io non lo so più. Lo sapevo un tempo, me lo ricordo. Ma sento delle sensazioni strane dentro, e non capisco, è troppo difficile- tentò di spiegare il rosa.

 

-Come faccio a capirlo? Tu puoi aiutarmi?- aveva domandato poi speranzoso.

 

Riccardo non sapeva cosa dire, le parole di Gabi gli sembravano senza senso ma pareva più che sincero nella sua confusione.

 

-Puoi Ricky?- aveva domandato ancora, dato che non riceveva alcuna risposta.

 

-Beh, è molto semplice Gabi- aveva detto Riccardo arrossendo.

 

Gabi lo guardava interessato, sembrava davvero disperato.

 

-Dipende- aveva cominciato a dire sempre più in preda alla vergogna- da cosa hai in mezzo alle gambe, proprio qui- aveva spiegato, toccando il proprio inguine.

 

Gabi lo aveva guardato confuso, sembrava non capire.

 

Si era accarezzato nello stesso punto per un istante, poi aveva allontanato di scatto la mano, come punto da uno spillo affilato.

 

Si era fatto triste tutto ad un tratto, poi aveva cominciato silenziosamente a piangere.

 

Riccardo si era spaventato, non capiva cosa stesse prendendo al rosa, voleva aiutarlo ma non sapeva davvero come fare.

 

-Che cosa c'è Gabi? Cosa c'è che non va?- aveva domandato premurosamente.

 

Gli aveva accarezzato la schiena e si era piegato lentamente verso di lui, per guardare meglio il suo viso in lacrime.

 

-Ho capito che cosa vuoi dire, Ricky, ma in quel punto per me c'è solo sangue. Non c'è più niente. Sono pieno di sangue e non capisco perché!- urlò con la voce strozzata dai singhiozzi.

 

Riccardo era sempre più sconvolto, Gabi sembrava delirare.

 

-In che senso, sangue? Ti sei fatto male?- aveva domandato tentando di capire di più.

 

Gabi lo aveva guardato con gli occhi in preda al pianto ed aveva scosso la testa in segno di negazione.

 

-Sono pieno di sangue Ricky- aveva ripetuto -ce n'è anche sulla pancia, ma non sento nulla- aveva detto poi, spaventando sempre di più il castano.

 

Poi si era slacciato delicatamente la salopette e ne aveva calato le bretelle, scoprendo una magliettina inzuppata di sangue, era sangue fresco, come appena sgorgato.

 

Riccardo era inorridito da quella vista ma non immaginava che quello che di lì a poco avrebbe visto fosse decisamente più terrificante di una semplice maglietta sporca di sangue.

 

Gabi sollevò lentamente l'indumento, scoprendo un pancino lacerato da tagli profondi, che lo squarciavano in vari punti, continuando sull'inguine che Gabi continuava a tenere coperto.

 

Riccardo fece qualche passo indietro, credeva di star sognando, quello che stava guardando non poteva essere vero, pensava, era impossibile.

 

-Ho paura Riccardo- aveva detto Gabi piangendo sempre più forte mentre si riavvicina al suo amico che ormai era caduto per terra all'indietro e lo guardava inorridito e con gli occhi spalancati, increduli.

 

-Aiutami Ricky ho paura!- aveva detto ancora spaventando maggiormente il castano.

 

Riccardo si era alzato di colpo e si era allontanato di corsa, inciampando di continuo.

 

Non sapeva nemmeno lui perché avesse cominciato a correre, era in preda all'orrore più puro, aveva paura neanche lui sapeva di cosa, ma una cosa era certa, voleva andar via di lì.

 

Mentre correva però si ritrovò ad un tratto Gabi davanti, a sbarrargli la strada.

 

Aveva ancora la salopette abbassata fino in vita e gli chiedeva aiuto, con occhi supplicanti.

 

Riccardo cadde ancora per terra, guardandosi attorno, possibile che Gabi fosse stato così veloce da raggiungerlo? Era alle altalene un momento prima.

 

La sua paura cresceva sempre di più, così come la sua confusione.

 

Tutto stava diventando sempre più assurdo.

 

-Non ti avvicinare ti prego- aveva detto poi con un filo di voce, rivolto verso Gabi.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Sette ***


 

Riccardo era in preda all'orrore.

 

Gabi gli stava davanti, chiedendogli aiuto in lacrime, mentre sfoggiava la sua magliettina intrisa di sangue a coprirgli l'addome.

 

Il castano cercava di indietreggiare come poteva, aveva paura, non sapeva esattamente di cosa, ma sentiva che voleva fuggire.

 

Gabi ci mise qualche secondo nel comprendere il terrore di Riccardo, poi si inginocchiò per terra, continuando a piangere, e si coprì il viso con le piccole mani.

 

Riccardo lo guardò timoroso ma lentamente la sua paura si diradò, facendo spazio alla pietà nei confronti del rosa, disperato davanti a lui.

 

Restò immobile a lungo prima di prendere coraggio ed avvicinarsi a Gabi che restò sorpreso nel trovarlo ad un tratto vicino a sé.

 

-Scusami Riccardo non volevo spaventarti- disse il rosa singhiozzando, ma senza guardare l'amico.

 

Il castano era profondamente impietosito, sentiva una morsa al cuore nel vedere il suo adorato Gabi in quelle condizioni, e tutto ad un tratto si sentì in colpa per aver tentato di fuggire dopo quella terribile scoperta.

 

-No Gabi, scusami tu, sono stato uno stupido. Mi dispiace per la mia reazione, non avrei dovuto trattarti così- mormorò il castano mentre Gabi non smetteva di singhiozzare.

 

-Vuoi raccontarmi che cosa ti è successo?- aggiunse dopo un po', sperando di riuscire in qualche modo a tranquillizzare il rosa.

 

Gabi annuì asciugandosi le lacrime, poi si lasciò aiutare da Riccardo per rimettersi in piedi ed insieme ritornarono verso le altalene.

 

-Chi ti ha fatto quei tagli Gabi? Sembrano coltellate, dovresti essere morto o quantomeno svenuto- spiegò Riccardo.

 

Gabi non rispondeva, continuava a fissare le proprie mani mentre giocavano con i bottoncini della salopette.

 

-Adesso chiamo un'ambulanza, okay? Ti aiuteranno e guarirai presto- disse prendendo il suo cellulare dallo zainetto che portava sulle spalle ma Gabi lo guardò confuso, sembrava non aver mai visto un cellulare in vita sua.

 

-Come pensi di fare?- gli domandò, osservandolo mentre componeva il numero.

 

-Userò il telefono- disse con tono ovvio Riccardo, notando la reazione meravigliata di Gabi.

 

-Non dormi che non ne hai mai visto uno Gabi- ridacchiò per poi perdere il sorriso quando il rosa scosse il capo in segno di negazione.

 

Il castano osservò Gabi, incredulo. Era davvero possibile che nell'epoca in cui viveva potesse esistere qualcuno che non sapesse dell'esistenza dei cellulari?

 

In certi momenti Gabi sembrava sul serio provenire da un altro mondo.

 

-Beh vedi è semplice, tocchi lo schermo e scegli cosa fare, tutti ne hanno almeno uno, di solito- spiegò -e puoi chiamare o andare su internet e- stava dicendo ma Gabi lo bloccò.

 

-Internet?- domandò, sempre più sorpreso.

 

Riccardo dovette osservarlo per qualche secondo per convincersi realmente che Gabi fosse sincero.

 

Più che da un altro mondo sembrava provenire da un'altra epoca.

 

Poi Gabi afferrò il telefono e cominciò a toccarlo sullo schermo un po' a caso, come per testarlo.

 

Riccardo sorrise, sembrava un bambino.

 

-Adesso chiamiamo Gabi, o finirai per svenire sul serio- mormorò Riccardo, riprendendosi il cellulare, ma Gabi lo bloccò.

 

-Ma no Ricky, sto bene. Te l'ho detto, non sento nulla, non mi fa male come sembra. Ed è questo a spaventarmi- spiegò con tono preoccupato.

 

Il castano aggrottò le sopracciglia allarmato, Gabi sembrava ancora sincero, e tutta quella storia diventava sempre più strana.

 

-Vuoi dire che non ti fa male, Gabi? Hai dei tagli profondi che scendono fino all'inguine, dovresti essere già morto dissanguato, come minimo!- spiegò con tono serio.

 

-Lo so. È per questo che ho paura, Ricky. Non so come faccio a ritrovarmi queste coltellate, spesso mi dimentico di averle e quando le scopro, ancora, realizzo di averle sempre avute. Ma io sto bene, non sento nulla- spiegò convinto il rosa.

 

-Tu v-vuoi dire che le hai da tempo?- domandò inorridito il castano e Gabi annuì con rassegnazione.

 

-Sento di essere diverso da te, o dagli altri bambini che vengono qui a giocare. A volte mi sembra di non esistere affatto, è come se dimenticassi di essere al mondo. Ma poi tu mi parli ed è come rinascere- spiegò il rosa.

 

Riccardo non poté fare a meno di trattenere un sorriso.

 

C'era qualcosa di assurdo in tutta quella situazione, era a dir poco surreale, ma le parole di Gabi in un certo senso lo avevano addolcito.

 

-E dove sei mentre io non ci sono? Senti di scomparire?- domandò il castano, sempre più interessato.

 

-No, io sono qui, vedo tutto, semplicemente non sento nulla, nessuna emozione, nessun pensiero. Ma quando arrivi tu in me si risveglia tutto quanto- mormorò Gabi, e Riccardo annuì in segno di aver capito.

 

-Senti Gabi, avevi detto di avere una casa, non è vero? Perché non ci andiamo insieme? I tuoi genitori potranno aiutarti a capire cosa succede, okay?- propose Riccardo, guardando Gabi negli occhi, fiducioso.

 

-I miei genitori...?- domandò il rosa e Riccardo annuì prendendolo per mano e mettendosi in piedi, pronto a partire.

 

-No, io non posso, non riesco ad uscire di qui, non ce la farò- mormorò sconfortato Gabi.

 

-Proviamoci! Ti accompagno io e ti tengo sempre per mano. Promesso- insistette Riccardo ma Gabi ritirò la propria mano e scosse ancora il capo.

 

-Adesso lasciami stare, Ricky. Non posso. Io devo rimanere qui- disse con convinzione il rosa e l'amico lo guardò preoccupato.

 

-Quindi non tornerai dai tuoi genitori?- domandò, ottenendo la solita risposta silenziosa e triste del rosa.

 

Riccardo deglutì, non voleva insistere ancora ma era talmente preoccupato e confuso da non sapere cosa pensare.

 

-Posso almeno restare qui con te per la notte?- domandò il castano e Gabi annuì abbozzando un piccolissimo sorriso riconoscente. 

 

-Possiamo stenderci nell'erba, come l'altra volta- propose il rosa ma Riccardo ci pensò su per qualche secondo, poi parlò.

 

-Oppure potremmo stare nel tubo dove vanno a giocare i bambini- propose -staremo stretti, ma così è anche meglio perché non sentiremo freddo e potremo riscaldarci a vicenda- disse con tono convincente e Gabi annuì in pieno accordo.

 

Insieme andarono ad infilarsi nel luogo prestabilito e dopo i primi istanti di imbarazzo alla fine si stesero sul fondo, l'uno accanto all'altro.

 

-Se hai freddo possiamo abbracciarci- propose il castano, ma Gabi fece spallucce.

 

-Io non ho mai freddo- mormorò e Riccardo annuì, come se avesse dovuto immaginarlo.

 

-Quindi non senti proprio nulla? Tipo se faccio...così- sussurrò il castano sfiorandogli un braccio -non senti che ti tocco?- domandò e Gabi scosse ancora il capo.

 

-So che c'è qualcosa di strano in me, che tutto ciò non è normale, ma ne sono abituato- sussurrò in risposta il rosa e Riccardo fece caso alle parole utilizzate da Gabi.

 

-Gabi, tu sei...un ragazzo? Cioè so che non lo sai neanche tu, me lo hai spiegato, ma hai utilizzato il maschile per rivolgerti a te e...- biascicò Riccardo, cercando di essere chiaro.

 

-Non lo so, non ci faccio caso. Penso di averlo dimenticato chi io sia in realtà- spiegò Gabi.

 

Riccardo sospirò rassegnato, osservando il soffitto del tubo giallo.

 

In quel momento si rese conto di non riuscire affatto a percepire la presenza di Gabi al suo fianco.

 

Non sentiva del calore accanto a lui, ma neanche del freddo, solo un profondo e triste vuoto.

 

Che Gabi fosse un essere diverso ormai era chiaro, su questo non c'era da dubitare.

 

Ma che cos'era, alla fine?

 

La sua esistenza doveva pur avere un suo senso, una spiegazione.

 

-Gabi, tu provi dei sentimenti?- domandò ad un certo punto, interrompendo il silenzio.

 

Il rosa tacque per un po', poi parlò.

 

-Come ti ho spiegato non penso o non sento nulla quando sono solo ma quando interagisco con qualcuno  è diverso, anche se nessuno si accorge mai di me. Provo invidia verso i bambini che giocano, o tristezza quando vedo gli anziani che passeggiano da soli. Provo felicità quando sono con te e- si interruppe un momento -quando mi hai detto che ti piaccio, beh, penso di aver provato qualcosa dentro, come un brivido. Ero molto contento- disse infine.

 

Riccardo arrossì, aveva del tutto dimenticato la propria confessione, e ad un tratto si sentì avvampare, Gabi a quella dichiarazione ci aveva fatto caso e la ricordava.

 

-Anche tu mi piaci, Ricky- aveva detto dopo un po', esitante.

 

Riccardo si era morso il labbro inferiore, era contentissimo ma al tempo stesso incredulo per la felicità.

 

-Davvero?- aveva domandato a bassa voce e Gabi aveva sorriso, annuendo, mentre lo guardava negli occhi.

 

Si rigirarono entrambi su un fianco per ritrovarsi l'uno di fronte all'altro, stesi.

 

Gabi si appoggiò al petto di Riccardo senza dire nulla e chiuse gli occhi, con un'espressione serena sul viso.

 

Riccardo tentò di abbracciarlo, ma sentiva come se la sua mano potesse attraversare quel corpo tanto fragile e delicato.

 

Così non lo toccò affatto e chiuse a sua volta gli occhi.

 

-Ricky- lo chiamò dopo un po' Gabi e Riccardo mugugnò in risposta, attendendo che continuasse a parlare.

 

-Non hai paura che io possa essere un ragazzo e non una ragazza?- domandò sottovoce.

 

Riccardo sorrise e parlò dopo un po', continuando a tenere gli occhi chiusi.

 

-Non importa, se sei tu- aveva risposto in un sussurro.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Otto ***


 

La campanella per la ricreazione era appena suonata e tutti gli studenti cominciarono ad alzarsi ed a gironzolare per le classi e per i corridoi.

 

Riccardo non aveva molta voglia di passeggiare quel giorno, fosse stato per lui avrebbe trascorso i pochi minuti concessi a starsene semplicemente seduto a fissare il cielo fuori dalla finestra.

 

D'altro canto aveva mal di schiena ed una camminata per sgranchirsi le gambe l'avrebbe fatta volentieri.

 

Dopo aver mangiucchiato qualcosa si alzò e cominciò a passeggiare per i corridoi, fra i vari studenti che chiacchieravano e mangiavano spensierati.

 

Giunse fino alla teca che conservava i trofei di calcio che la scuola aveva conseguito negli anni e si mise ad osservarli, immaginando quanto sarebbe stato bello un giorno vincerne uno con la propria squadra.

 

Accanto ad ogni trofeo c'erano le foto delle rispettive squadre, alcune delle quali erano addirittura in bianco e nero.

 

Ad un certo punto, mentre osservava i volti dei giovani calciatori, non poté evitare di soffermarsi sulla squadra che aveva vinto nel lontano 1982: il viso di uno di quei calciatori gli era fin troppo familiare.

 

Riccardo credette quasi di sognare, si stropicciò gli occhi e tentò di aguzzare la vista per poter guardare meglio: il numero tre sembrava proprio il suo amico Gabi, lo stesso con il quale aveva passato quasi l'intera notte scorsa.

 

La foto non era in bianco e nero, quindi poté riconoscere tranquillamente il colore dei suoi capelli, mentre quello degli occhi non era chiaro, a causa delle dimensioni della foto.

 

Ma non c'erano dubbi, quello era Gabi, con il suo sorriso tenero ed i suoi inconfondibili codini rosa.

 

Sfoggiava la maglia della Raimon, come il resto della squadra e stava in prima fila, inginocchiato per terra con le dita che segnavano una V.

 

Riccardo non perse tempo, voleva andare infondo a quella storia.

 

Aveva ancora dieci minuti prima della fine della ricreazione, così si diresse in biblioteca, dove andò dritto verso lo scaffale dei vecchi annuari scolastici.

 

Trovò quello del 1982 e cominciò a sfogliarlo, andando subito agli studenti che all'epoca frequentavano il secondo anno: Gabi gli aveva detto di frequentare la seconda G e Riccardo era ormai quasi certo di trovarlo relegato proprio fra gli studenti di quella classe.

 

Finalmente trovò la classe che cercava e fece scorrere velocemente lo sguardo sui vari volti, finché non riconobbe quello raggiante di Gabi: si chiamava Gabriel Garcia e all'epoca aveva solo tredici anni.

 

Riccardo sentì un piccolo fremito al cuore.

 

Dunque Gabi era un maschio? Nella foto indossava l'inconfondibile uniforme maschile della Raimon ed inoltre il nome "Gabriel" non lasciava spazio ad alcun dubbio.

 

Riccardo si era innamorato di un ragazzo, quindi?

 

Tentò di non pensarci per il momento e strappò la pagina, stando ben attento a non farsi notare da nessuno.

 

Prima di andar via però pensò che sarebbe stato interessante controllare anche l'annuario dell' 83, per assicurarsi che la sua teoria fosse esatta: come aveva previsto nella classe di Gabi dell'anno dopo tutti i compagni erano rimasti, i frequentanti della terza, tranne appunto Gabi.

 

Su di lui non c'era nulla, non una nota, non un posto vuoto; semplicemente c'era una foto in meno.

 

In quel momento la campanella suonò ed il castano si diresse velocemente verso la propria aula, dopo aver rimesso l'annuario al suo posto ed aver riposto accuratamente nella propria tasca la pagina piegata.

 

Riccardo stava fremendo, non vedeva l'ora di poter incontrare Gabi e raccontargli quello che aveva scoperto: Gabi doveva certamente aver viaggiato nel tempo -in qualche assurdo modo- ed essersi ritrovato catapultato nel futuro, all'epoca di Riccardo.

 

Certo, tutta quella storia era a dir poco assurda, ma ci poteva essere un'altra spiegazione per la quale un ragazzino vissuto nei primi anni 80 si ritrovasse ad avere ancora tredici anni più di trent'anni dopo?

 

Riccardo non sapeva ancora come avrebbe cercato di spiegare il tutto al suo amico ma la cosa importante era assolutamente informarlo, almeno per il momento.

 

Aspettò pazientemente la fine delle lezioni e una volta uscito da scuola chiamò i propri genitori spiegando che avrebbe pranzato da un amico; loro fecero un po' di storie ma lo lasciarono andare.

 

Il ragazzo si incamminò in direzione del parco cittadino in cui era ormai certo di trovare Gabi ma lungo la strada pensò di passare prima da quella che Gabi giorni prima aveva indicato come casa propria.

 

Ormai le sue affermazioni avevano senso in qualche modo, e quei vecchietti che Riccardo aveva visto sotto il portico potevano benissimo essere i veri genitori di Gabi, ormai invecchiati; inoltre il ristorante di ramen di cui il rosa aveva parlato era effettivamente esistito, all'epoca a cui lui apparteneva.

 

Riccardo giunse davanti alla casa col grande ciliegio e si addentrò nel giardino, diretto verso la porta d'ingresso.

 

Non c'era alcun campanello così bussò energicamente sulla porta finché, qualche secondo dopo, il presunto padre di Gabi andò ad aprire.

 

-Oh, ciao, di nuovo tu ragazzino. Prego entra pure, hai bisogno di qualcosa?- domandò cortesemente l'uomo.

 

La donna si avvicinò lentamente a Riccardo e lo accolse calorosamente, invitandolo anch'essa ad entrare.

 

-Salve signori, spero di non disturbarvi, mi rendo conto che è solo l'ora di pranzo ma c'è qualcosa di urgente di cui devo assolutamente parlarvi se me lo permettete- spiegò, tentando di essere il più educato possibile.

 

I due anziani si guardarono inteneriti e lo invitarono a sedersi, accettando la sua richiesta.

 

La donna mise sù il the mentre l'uomo offrì a Riccardo dei pasticcini.

 

-Ecco, serviti pure senza complimenti ragazzino, la tua visita ci fa piacere- mormorò lentamente il vecchietto, mentre Riccardo attendeva che anche la donna li raggiungesse.

 

Il ragazzo era estremamente intimorito, temeva una brutta reazione da parte dei due anziani ma doveva tentare, nel caso peggiore gli avrebbero detto di non conoscere affatto Gabi.

 

Una volta che anche la donna li ebbe raggiunti, portando un vassoio con tre fumanti tazze di the, Riccardo si fece coraggio e pose loro la domanda che avrebbe voluto fargli fin da subito.

 

-Perdonatemi signori per la domanda- disse Riccardo timoroso ma il vecchietto scosse la testa sorridente.

 

-Parla pure ragazzo- lo incitò, bevendo un sorso di the.

 

-Beh, ecco, volevo domandarvi se voi avete, o avete mai avuto in passato un figlio, di nome Gabriel- disse tutto d'un fiato, temendo la risposta dei vecchietti che lo guardarono stupiti e turbati allo stesso tempo.

 

-Perché questa domanda? Come fai a sapere di Gabriel?- domandò l'anziano con un tono leggermente arrabbiato.

 

Riccardo deglutì per la paura e tirò fuori il foglio dalla propria tasca, aprendolo davanti alla coppia e mostrando loro la foto.

 

-Si trattava per caso di lui?- domandò, indicando il volto di Gabi.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Nove ***


Attenzione, anche in questo capitolo ci sono parti un po' cruente che potrebbero turbare

 

 

 

 

 

-Va fuori da questa casa immediatamente!- aveva gridato l'anziano verso Riccardo, che scattò in piedi spaventatissimo.

 

Riccardo aveva affermato di conoscere Gabi, che si trovava al parco cittadino e che non vedeva l'ora di tornare a casa, ma i due anziani non gli avevano creduto e lo avevano aggredito verbalmente.

 

La donna era scoppiata a piangere ed il marito cercava di consolarla mentre cacciava via Riccardo.

 

-Sei soltanto un bugiardo venuto qui per prenderti gioco di noi! Ma come ti permetti!- aveva gridato l'uomo e Riccardo era dovuto andar via a gambe levate se non voleva rischiare seriamente di prenderle.

 

Corse fuori dal cancello sconvolto e continuò a correre finché non fu abbastanza lontano da stare al sicuro.

 

Si accasciò su di una panchina e tentò di riprendere fiato, mentre si asciugava il sudore dalla fronte con il polso.

 

Non capiva davvero che problema avessero quei due tizi: avevano ammesso che il ragazzino nella foto fosse figlio loro ma quando Riccardo gli aveva detto di conoscerlo ed essere in contatto con lui i due anziani avevano dato di matto.

 

Poi Riccardo ricordò come un flash di aver notato un altarino funebre, nella fretta, pieno di foto di Gabi.

 

Lì per lì non ci aveva fatto tanto caso ma ripensando alla reazione dei due vecchietti cominciò a collegare un po' di cose.

 

Si incamminò verso la biblioteca comunale e chiese di poter consultare l'archivio informatico delle notizie relative al Giappone che la biblioteca conservava da decenni; se Gabi era veramente morto allora avrebbe certamente trovato quantomeno un suo necrologio.

 

Ma trovò di peggio: non appena digitò il nome e cognome completo del ragazzo comparvero prima numerose notizie relative alla sua scomparsa, nell'ottobre 1982, poi un articolo sulla confessione del suo presunto assassino.

 

Riccardo si sentì gelare il sangue nelle vene ed esitò un po' prima di aprire l'articolo e cominciare a leggerlo.

 

Riferiva il modo in cui, con tono beffardo, il rapitore aveva ammesso, durante un lungo interrogatorio, di aver ammazzato il ragazzino in modo cruento e spietato; aveva raccontato di come lo avesse adescato una sera mentre il giovane calciatore ritornava a casa propria, e di come lo avesse poi immobilizzato ed ucciso, per poi mutilarlo e deturparne il corpo.

 

Riccardo dovette trattenere l'istinto di vomitare dall'orrore mentre leggeva quelle notizie, che all'epoca in cui erano emerse dovevano aver turbato l'intera città.

 

L'unica cosa che l'uomo non aveva voluto confessare era dove avesse nascosto il cadavere: quel segreto se lo sarebbe portato nella tomba.

 

Difatti in seguito l'uomo era stato condannato a morte e di Gabi non c'era mai stata altra notizia, mai alcuna traccia venne ritrovata.

 

I genitori, da quanto diceva il giornale, ne furono distrutti, tanto da mandare in rovina il proprio ristorante e rinchiudersi in casa, senza mai aver più contatti con il mondo esterno; il governo aveva offerto loro un piccolo risarcimento per la perdita ma i due genitori non avevano accettato e si erano chiusi nel loro dolore.

 

Il ragazzo leggeva la serie di notizie collegate, mentre si rattristava sempre di più nel pensare a cosa doveva aver subito il povero Gabi ma soprattutto a quanto sarebbe stato doloroso per lui venire di nuovo a conoscenza dei dettagli della sua scomparsa.

 

Si, perché Gabi sembrava aver totalmente rimosso tutti gli avvenimenti documentati in quelle vecchie notizie del secolo scorso: era come se la sua memoria si fosse fermata a prima dell'incontro con il suo assassino.

 

Riccardo stampò ogni cosa e ripose tutto nella propria cartella, per poi uscire dalla biblioteca e dirigersi verso il parco, dove era ormai sicuro di trovare Gabi.

 

Quello che non riusciva a spiegarsi era perché mai il rosa fosse rimasto proprio lì in quel parco per tutto quel tempo, e non avesse mai tentato di ritornare a casa.

 

Il castano ricordava che quando gli aveva chiesto di ritornare lui aveva detto che non poteva, ma senza spiegarne il perché.

 

Poi Riccardo ci arrivò: era lì che doveva essere morto, proprio in quel parco; la sua anima doveva essere rimasta in qualche modo intrappolata nel luogo della sua morte, senza riuscire a vagare altrove e al tempo stesso senza potersi liberare.

 

Solo che Gabi questo non lo sapeva, in tutta probabilità, anzi sicuramente, neanche si rendeva conto di essere morto.

 

Solo allora il castano riuscì a collegare tutto: le sue presunte bugie, la sua totale indifferenza al caldo o al freddo, il fatto che non avesse bisogno di bere, le sue ferite che non guarivano mai ed infine il fatto che Riccardo sentisse un vuoto inspiegabile quando tentava di toccarlo.

 

Dunque Gabi era solo uno spirito; uno spirito intrappolato nel luogo in cui era molto probabilmente morto, uno spirito che non sapeva di essere tale ma che al contrario era convinto di essere ancora vivo.

 

Tutto ciò aveva spezzato il cuore di Riccardo in modo profondamente doloroso, ma sapeva di non dover cedere alla tristezza perché il compito più difficile -raccontare la verità a Gabi- doveva ancora essere adempiuto, e toccava a lui svolgerlo.

 

Mentre rifletteva sul modo in cui avrebbe potuto spiegare tutto al suo amico, Riccardo giunse finalmente nel luogo in cui era diretto.

 

Si avvicinò alle altalene, dove era certo di trovare Gabi, ma stranamente lui sembrava non esserci.

 

Si guardò attorno mentre dondolava, poi notò all'improvviso la presenza del rosa accanto a se, come se fosse comparso dal nulla.

 

-Oggi non hai portato il pallone?- domandò Gabi con il suo solito sorriso, e con un'espressione sospettosamente spensierata sul volto.

 

-Gabi ma da dove sei sbucato fuori?- aveva domandato Riccardo ed il rosa aveva fatto spallucce.

 

-Sono sempre stato qui- spiegò con tono ovvio, per poi avvicinarsi al mucchio di fogli che Riccardo nel frattempo aveva tirato fuori dalla sua cartella.

 

-Che cosa sono?- aveva domandato incuriosito ma Riccardo si era allontanato, voleva spiegare tutto con calma, temeva di dargli un dolore troppo forte se fosse stato diretto.

 

-Aspetta Gabi, prima devo dirti una cosa. Riguarda i tagli che hai sulla pancia e...sull'inguine- aveva mormorato il castano, vedendo un'espressione di puro stupore dipingersi sul volto dell'amico.

 

-Di che tagli stai parlando?- aveva domandato Gabriel estremamente confuso, come se ad un tratto avesse dimenticato di averli.

 

"Ma come?" Aveva pensato il castano "è stato lui a parlarmene. Possibile che se ne sia dimenticato?"

 

Poi ricordò la sua teoria: la sua memoria si fermava a prima della sua morte.

 

-Gabi devo dirti una cosa ma non ti spaventare- aveva detto cauto il castano, e Gabi lo aveva guardato incuriosito.

 

-Di che si tratta? Avanti parla, che succede?- aveva domandato e Riccardo gli aveva lentamente sfilato il giacchino lurido dalla spalle, scoprendo le sue braccia livide.

 

Gabi inizialmente si era guardato meravigliato, poi lentamente aveva assunto un'espressione rassegnata, come se ad un tratto avesse realizzato di aver sempre saputo di quei lividi.

 

-I tagli...- aveva detto dopo un po', toccandosi il ventre coperto dalla salopette.

 

Poi si era sfiorato sul pube ed era arrossito: aveva ricordato anche quello.

 

-Tu sei un ragazzo Gabi. Ti ricordi? Ti chiami Gabriel Garcia e sei un maschio. Hai 13 anni e frequenti la Raimon Junior High. Abiti accanto al ristorante di ramen, poco lontano da qui- gli disse poi Riccardo, guardandolo negli occhi mentre lentamente la convinzione e la consapevolezza si facevano spazio sul viso del rosa.

 

-Gabriel...- aveva ripetuto dopo un po'.

 

-Hai un gatto che si chiama Bibi e giochi nella squadra di calcio della tua scuola, sei un difensore, il numero 3- gli aveva detto dopo un po' e Gabi aveva annuito, trovandosi d'accordo con tutte le informazioni fornite dal castano.

 

-Siamo nel 1982, non è vero Gabi?- aveva domandato poi Riccardo, a malincuore, ed il ragazzo aveva annuito ancora, ricordando tutto.

 

-Tu stavi ritornando a casa, era una sera di ottobre e faceva freddo. Un uomo sconosciuto ti ha fermato. Voleva qualcosa da te, Gabi e ti ha fatto del male. Ti ricordi? - domandò dopo un po' ma Gabi smise di annuire e fece qualche passo indietro, intimorito.

 

-Ti ha fatto lui quei tagli e quei lividi, è stato lui a mutilarti. Tu molto probabilmente hai urlato e ti sei opposto ma lui era più forte- aggiunse.

 

Gabi tremava e tratteneva il bisogno di piangere, scuoteva la testa e si allontanava sempre di più ma Riccardo gli prese le mani delicatamente, tentando di non farsele sfuggire a causa della loro consistenza quasi impalpabile.

 

-Lui ti ha tolto la vita Gabi. È successo qui, non è vero?- domandò infine, vedendo le lacrime farsi sempre più spazio sul volto fragile e delicato del ragazzino di fronte a lui.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Dieci ***


Gabi era rannicchiato su se stesso e piangeva, in silenzio.

 

Riccardo avrebbe voluto consolarlo abbracciandolo ma la sua natura ormai non più terrena glielo avrebbe certamente impedito.

 

Si mise semplicemente accanto a lui e tentò, per quel che gli era possibile, di accarezzargli la schiena con fare affettuoso.

 

Gabi sembrava non avvertire i tocchi del castano però, e forse infondo era meglio così, nessuno avrebbe mai più potuto sfiorarlo o fargli del male.

 

Riccardo gli porse silenziosamente le ricerche stampate ed il rosa le afferrò tremante, per poi cominciare subito a leggerne il contenuto.

 

Il suo viso veniva ripetutamente rigato da lente gocce candide che sembravano dissolversi lungo il corso del suo stesso viso, senza mai cadere al suolo.

 

Il castano restava in silenzio, non avrebbe saputo cosa dire per alleviare il dolore che Gabriel stava provando e certamente il povero ragazzino avrebbe avuto bisogno di tempo per metabolizzare il tutto.

 

Dopo svariati minuti di quiete finalmente Riccardo parlò, ponendo nuovamente a Gabi la domanda che lo tormentava.

 

-È successo in questo parco, non è vero?-

 

Gabi si morse le labbra spaccate e annuì piano, quasi impercettibilmente.

 

-Ti va di raccontarmelo?-

 

Il ragazzino era visibilmente turbato, il dolore provocato dal ricordo era straziante e più tentava di far emergere le immagini dell'accaduto nella propria mente, più gli riusciva penoso continuare a ricordare.

 

Avrebbe voluto rimuovere tutto quanto per non doverci pensare mai più.

 

Fu come rivivere tutto di nuovo.

 

L'accaduto cominciò a scorrere nella sua mente come un film, e dopo un po' Gabi non fu più capace di fermarlo, la verità stava riemergendo nella sua mente e bussava cruda e tagliente sulla sua coscienza.

 

-Non ricordo che ore fossero di preciso. Era sera inoltrata, quasi notte. Faceva un freddo cane ed io mi stavo pentendo di essermi vestito così leggero. Indossavo questi abiti.-

 

Riccardo annuì, aveva immaginato che la sporcizia dei sui vestiti fosse dovuta all'accaduto di quella sera.

 

-Mia madre me lo diceva sempre di non vestirmi così femminile, con i codini sembravo già una ragazza e c'era il pericolo che qualcuno a scuola potesse prendermi in giro. Ma a scuola ero accettato e ben inserito, i miei compagni mi volevano bene ed apprezzavano l'abbigliamento che usavo nel tempo libero.

Quella sera rientravo da una festicciola fatta con i compagni della squadra di calcio. Non avevo il cappotto, ma solo questo leggero giacchino e stavo tremando di freddo.

Uno dei miei compagni si offrì di accompagnarmi ma rifiutai. Casa mia distava solo un chilometro e in dieci o al massimo quindici minuti di camminata sarei arrivato.

Ero felice, il nuovo anno era cominciato da poco e noi avevamo davanti il campionato, ero entusiasta ed orgoglioso di far parte della mia squadra.-

 

Il castano sorrise intenerito, comprendendo bene le emozioni descritte dall'amico. Poi lo guardò, invitandolo a continuare con lo sguardo. 

 

-Stavo passando lungo il confine della villetta, altri cinque minuti e sarei arrivato a casa. Lui mi fermò, gli servivano alcune informazioni. Era vecchio, molto più vecchio di mio padre e sovrappeso. Era vestito da operaio, aveva tutta la divisa sporca, sembrava che avesse terminato da poco di lavorare.

Voleva sapere dove si trovasse la fontana centrale del parco. Lì per lì non mi insospettii, gli diedi subito confidenza e senza esitare cominciai a spiegargli come raggiungere quello che gli interessava.

Mi sembrava di aver già visto quell'uomo, il suo viso mi era particolarmente familiare ma non mi ci soffermai più di tanto.

Lui mi convinse ad addentrarmi con lui all'interno della villetta, voleva che gli mostrassi di preciso dove fosse la fontana. 

Ricordo che ne avevano terminato da poco la costruzione e che quando giungemmo lì notai che alcune lastre e mattoni erano stati smontati, lo trovai strano, la fontana era nuova di zecca e mi sembrò impossibile che i vandali vi si fossero già accaniti.

Lui mi appoggiò una mano sulla schiena, mi ringraziò. Mi disse che mi trovava molto bello, che non aveva mai visto un ragazzino carino come me e che ero gentile. 

Solo allora cominciai a sentirmi a disagio e capii che non dovevo essere lì. 

Ma quando tentai di allontanarmi mi trattenne a sé con la forza. 

Cominciai a divincolarmi, lui mi schiaffeggiò, mi insultò; cominciò a colpirmi sempre più forte finché non mi arresi alle sue botte.

Poi non ricordo molto altro, credo di aver perso i sensi ad un certo punto.

Non mi sono più risvegliato.-

 

Riccardo ascoltava attentamente il racconto con sguardo addolorato.

 

Immaginare tutto quello che aveva dovuto passare il suo amico, il suo prezioso Gabi, gli spezzò il cuore.

 

Non riuscì a trattenere le lacrime e cominciò a piangere anche lui, estremamente sconvolto.

 

Gabi gli accarezzò una mano per consolarlo ed il castano avvertì solo un leggero soffio di vento laddove il rosa lo aveva toccato.

 

-Mi dispiace così tanto di averti fatto ricordare tutto, Gabi. Volevo solo aiutarti-

 

I singhiozzi di Riccardo riempirono l'aria fredda di ottobre, facendo sussultare per il dispiacere il piccolo corpo del rosa.

 

-Adesso è tutto finito, Ricky. Grazie a te adesso so quello che mi è successo ed il motivo per cui sono qui. Non devi scusarti, ti sono riconoscente per quello che hai fatto per me.-

 

La voce di Gabi era calda e dolce, come lo era sempre stata.

 

Riccardo provò ad asciugarsi le lacrime ma Gabi lo fermò perché posò le sue labbra fredde e quasi percettibili sulla sua guancia, per poi sorridergli con impegno, cercando di ignorare il profondo dolore che gli stava soffocando il petto.

 

-È finita, okay? Adesso sto bene, sono libero, non soffro più, non vedi? E poi ho te-

 

Riccardo non poté fare a meno di sorridere, sincero.

 

Si asciugò completamente il volto, poi si mise in piedi e porse le mani a Gabi per invitarlo a fare lo stesso.

 

Per quanto difficile e quasi impossibile fosse, prese la mano del rosa nella sua e lo guardò con determinazione.

 

-Dobbiamo trovare il tuo corpo adesso, Gabi. Lo faremo insieme e finalmente tutti sapranno la verità, tu sarai libero ed i tuoi genitori potranno seppellirti. Dobbiamo farlo ora Gabi perché presto potresti dimenticare tutto di nuovo. Ci stai?-

 

Gabi era titubante, era visibilmente spaventato e guardava il suo amico con indecisione.

 

-Lo faremo insieme. Ci sono io con te-

 

La voce rassicurante di Riccardo lo raggiunse, riscaldandogli il cuore ormai gelido ed apatico da troppo tempo.

 

-Facciamolo allora. Facciamolo insieme- mormorò poi, abbozzando un sorriso.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Undici ***


 

I due ragazzini gironzolavano nel parco da ore.

 

Riccardo aveva saltato gli allenamenti pur di continuare le ricerche assieme a Gabi ed aveva rifilato ai suoi genitori un mare di bugie per giustificare la sua assenza.

 

Sapeva che prima o poi sarebbe finito nei guai, un bambino controllato come lui, che aveva tutta la vita pianificata e che di punto in bianco cominciava a tralasciare i propri impegni, non poteva sperare di passarla liscia troppo a lungo.

 

L'insegnante di pianoforte si sarebbe fatto sentire ed altrettanto avrebbe fatto il mister, per non parlare dei professori di scuola che lo vedevano sempre più distratto e disinteressato.

 

Ma per Riccardo in quel momento contava solo venire a capo di quella storia, avrebbe fatto il possibile pur di aiutare il povero Gabi ed era intenzionato a concentrarsi sulle ricerche finché il corpo non fosse venuto fuori.

 

L'uno affianco all'altro continuarono a setacciare il parco minuziosamente, sperando che i ricordi di Gabi potessero dare un po' d'aiuto, ma essendo stato ammazzato prima di essere seppellito era impossibile che lui avesse potuto in qualche modo conoscere il luogo in cui giaceva il suo piccolo corpo.

 

-Gabriel non hai notato per caso se il tizio avesse con sé degli attrezzi? Che so, una pala, un qualcosa per scavare?-

 

Solo dopo aver fatto la domanda Riccardo si rese conto di essere stato troppo diretto, dopotutto era di un cadavere che stavano parlando.

 

-Scusami...spero di non averti turbato-

 

-No, sta tranquillo, è tutto a posto. Solo, mi sembra improbabile che io mi trovi sotto terra, tutto qui-

 

Il castano spalancò gli occhi sorpreso.

 

-Senti in qualche modo una vicinanza con il tuo corpo? Come una connessione?-

 

-Non esattamente, non riesco più a percepirlo se è questo che intendi. Ma sento una sensazione strana, quasi claustrofobia la definirei, si. Sento certamente di essere chiuso-

 

Riccardo deglutì, parlare con così tanta leggerezza di un argomento del genere non era di certo piacevole ma bisognava mettere da parte il disgusto e cercare di concentrarsi.

 

-Pensi che ti abbia portato via con se?-

 

Il rosa scosse il capo con espressione decisa.

 

-Io sono qui Ricky, lo sento. Altrimenti non sarei rimasto intrappolato proprio in questo parco. Lui mi ha chiuso qui, da qualche parte, e fa freddo. Fa ancora freddo come quella sera.-

 

Riccardo rabbrividì sentendo quelle parole e cominciò a guardarsi intorno, nella speranza di trovare un luogo in cui sarebbe stato possibile chiudere qualcuno.

 

-Ci serve un capanno, uno sgabuzzino, qualcosa del genere- osservò il castano, ma Gabi scosse ancora il capo.

 

-No, è qualcosa di più piccolo, qualcosa di stretto e soffocante. È buio. Si sente l'acqua scorrere e mi gocciola addosso-

 

Gabi era diventato strano, il suo sguardo era vuoto e parlava come se fosse in uno stato di trance.

 

Riccardo pensò che fosse opportuno approfittarne ai fini della ricerca e così gli pose altre domande.

 

-Sei steso?-

 

-No, sono seduto, sono rannicchiato su me stesso.-

 

-Che colori vedi attorno a te?-

 

-Non ci sono colori, è buio. Ma ci sono delle ragnatele.-

 

-Adesso tocca le pareti Gabi. Sono di legno? O senti qualcosa di più freddo, come un muro di mattoni?-

 

-Non ci sono pareti, solo tanto ciarpame e pietre. Il suolo è ghiacciato.-

 

-Ghiacciato come cemento?-

 

Gabi scosse la testa.

 

-Ho la schiena appoggiata a qualcosa di freddo e umido, sento l'acqua che ci gocciola sopra. È marmo.-

 

Riccardo smise di parlare, voleva solo riflettere e tentare di capire dove potesse trovarsi il corpo del suo amico.

 

C'erano diverse cose di marmo al parco, statue, piccoli monumenti, panchine, fontane.

 

Poi le parole di Gabi sullo sgocciolio d'acqua gli risuonarono in mente: ma certo, la fontana!

 

Quando si voltò verso il rosa per riferirgli i suoi sospetti però, poté osservare Gabi camminare lentamente, con lo stesso sguardo vuoto di prima, diretto verso i giochi.

 

Non volle interromperlo, sentiva che stava camminando attirato dal proprio corpo, così lo seguì in silenzio.

 

Superò le altalene, gli scivoli, la giostrina, per poi continuare a camminare in direzione della grande fontana centrale.

 

L'altro non smise di seguirlo senza parlare, osservando attentamente il corpo del rosa che si inginocchiava davanti alla fontana.

 

Ne accarezzò il dorso, come se fosse attratto da una specie di richiamo che veniva dall'interno.

 

-C'è un vuoto qui.-

 

Gabi teneva la mano su una delle grosse lastre di marmo che componevano la base della fontana e la fissava intensamente.

 

-Quella sera, quando giungemmo qui, questo blocco era stato spostato. Si trovava qui- mormorò indicando il proprio fianco -e si riusciva a vedere l'interno della base. Era pieno di tubi. La fontana era spenta e perciò sentivo le gocce d'acqua risuonarci dentro.-

 

Riccardo si accovacciò di fianco all'amico, poi sfiorò a sua volta il blocco.

 

-Sei qui dentro?- domandò più verso il corpo dall'altra parte che alla presenza di fianco a lui.

 

Gabi non rispose, continuò a fissare quel punto mentre il suo viso si faceva sempre più triste.

 

-Perché è dovuto succedere a me, Ricky? Perché mi ha fatto quelle cose? Cosa ho fatto di male?- 

 

La voce di Gabi era rotta e spezzava il cuore solo a sentirla.

 

Riccardo gli accarezzò una mano, poi gli circondò le spalle con un braccio e lo invitò ad appoggiarsi a lui.

 

Se qualcuno fosse passato di lì in quel momento avrebbe solo visto un bambino seduto davanti alla fontana che stringeva a sé il nulla.

 

Ma per Riccardo, così come per Gabi, quell'abbraccio -quel primo abbraccio- fu il contatto più dolce e rincuorante mai avuto.

 

Il rosa si appoggiò singhiozzante alle spalle del suo amico il quale tentava di accoglierlo fra le braccia con maggior delicatezza possibile.

 

Vento freddo era ciò che sentiva sul proprio collo ma non gli importava.

 

Anche se Gabi non era tangibile come un comune essere umano, per lui era quanto di più vero e concreto con cui avesse mai avuto a che fare nei suoi tredici anni.

 

-Tu non hai fatto niente di male Gabi. Sei stato buono e fiducioso, così come sei adesso. Hai visto del bene anche dove non c'era ed una persona crudele e malata ne ha approfittato. Tu non hai fatto nulla di sbagliato, Gabi.-

 

Anche Riccardo ormai aveva preso a piangere ma cercava di non darlo a vedere; quello era un dolore solo di Gabi e al massimo dei suoi genitori.

 

-I tuoi genitori Gabi, quasi dimenticavo. Loro devo saperlo, devono poterti prendere, anche se sarà rimasto poco di te dopo tutti questi anni. Vuoi che li faccia venire qui?- domandò il castano, facendo riprendere di poco l'amico che si staccò mentre tirava su col naso asciugandosi le lacrime.

 

-E se non ti credono? Come farai a convincere qualcuno a venire qui ed aprire questa fontana? Sei solo Ricky, nessuno ti crederà- mormorò sconsolato il rosa.

 

-Ci riuscirò Gabi, devo farlo per te, non posso lasciarti lì sotto. Farò di tutto, potessero prendermi per matto io lo farò, anche se dovessi distruggere questo marmo con le mie forze. Tutti devono sapere Gabi e tu devi poter essere libero-

 

Il tono di Riccardo era determinato e nonostante fosse consapevole di quanto sarebbe stato difficile convincere i genitori di Gabi e la polizia, era pronto ad affrontare tutto quanto pur di concedere la libertà al suo amico.

 

Il rosa gli sorrise, ignorando il dolore che ancora provava nel petto.

 

-Sei il migliore amico che io abbia mai avuto Ricky. Ti auguro di riuscirci, ed anche se non posso uscire da qui sarò affianco a te con il pensiero. Ora vai, o potrei ancora dimenticare tutto quanto. Ti aspetto qui- gli disse il ragazzino, ancora inginocchiato e con il viso inumidito dalle lacrime.

 

Riccardo gli sorrise di rimando, più incoraggiato che mai.

 

Sfiorò la fronte del rosa con un bacio, poi si alzò e cominciò ad allontanarsi gridando all'altro -Faccio presto!- mentre lui restava ancora per terra, sorpreso da quel piccolo gesto d'affetto.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Dodici ***


 

-Vi dico che è lì che si trova, sotto la fontana centrale!-

 

-E tu insulso ragazzino vorresti farmi credere che il nostro Gabi sia venuto a parlarti per dirti dove si trova? E ti aspetti che noi ti crediamo?!-

 

Il tono dell'uomo era fortemente alterato, tanto da mettere paura a Riccardo che continuava nonostante tutto a sostenere il suo sguardo.

 

-Caro perché non gli diamo una possibilità? Non lo hanno mai ritrovato, magari si trova veramente lì-

 

La donna parlava invece con tono pacato, anche se le affermazioni di Riccardo l'avevano scossa non poco.

 

Si era messa subito a piangere e aveva dovuto sedersi per non perdere l'equilibrio, mentre il ragazzino spiegava loro come aveva ottenuto quelle informazioni.

 

-Perché non è venuto da noi? Perché ha parlato con te che sei un estraneo?-

 

La voce della vecchietta era molto turbata, tuttavia prestava grande attenzione alle parole del castano.

 

-Lui è bloccato nel parco perché è lì che è stato ucciso, non può uscire! E poi io non sono un estraneo, noi due siamo amici!-

 

-Adesso basta moccioso, te ne devi andare. Stai facendo piangere mia moglie, ma non ti vergogni? Torturare in questo modo due poveri anziani!-

 

-Io sono venuto a dirvi la verità! Lui vuole essere trovato, è bloccato lì da più di trent'anni e voi lo avete dimenticato!-

 

Uno schiaffo sonoro colpì violentemente la guancia di Riccardo, facendolo voltare con violenza.

 

Il ragazzino restò immobile per qualche secondo con il viso abbassato, mentre lentamente si toccava la guancia.

 

-Che cos'hai fatto, caro! Gli hai fatto male!-

 

-Non è niente. Non mi tocchi, sto bene.-

 

Riccardo si allontanò prendendo il suo zainetto e cominciando a dirigersi verso l'uscita.

 

-Aspetta non te ne andare!-

 

-No cara, lascialo andare, è solo un ragazzaccio che si diverte a ferire la povera gente come noi. Ha mentito, non devi credere alle sue parole.-

 

-Ma sapeva così tante cose del nostro Gabi, e se stesse dicendo la verità...-

 

Riccardo continuava a sentire i discorsi dei due anziani mentre si allontanava, attraversando il grande giardino malandato.

 

La guancia colpita gli bruciava tantissimo ma quel dolore era nulla in confronto alla delusione che provava verso quei due vecchi scettici.

 

Cosa avevano da perdere infondo, ad ascoltare le sue parole? 

 

Nessuno gli avrebbe mai riportato il figlio in ogni caso e se c'era almeno una traccia, anche piccola che avrebbe potuto gridarli verso il luogo in cui si trovava sarebbe stato stupido non seguirla.

 

Decise di andare dritto alla polizia allora, da solo.

 

Almeno loro non avrebbero potuto ignorare le sue parole, Riccardo ne era certo.

 

Quello che assolutamente non immaginava era che lo avrebbero trattenuto lì per ore interminabili, contro la sua volontà.

 

Dopo che ebbe spiegato in breve la storia ad uno degli agenti che lo aveva accolto, avevano chiamato i suoi genitori e lo avevano fatto accomodare in una stanza con alcune scrivanie, dove due poliziotti molto gentili avevano lentamente cominciato a fargli domande.

 

Riccardo aveva spiegato loro tutto ciò che sapeva, ribadendo più volte, nonostante lo scetticismo dei due uomini, che lui era in grado di comunicare con il ragazzino in questione.

 

Gabi continuava ad essere il suo pensiero fisso, temeva di stargli lontano per troppo tempo e che presto il rosa si sarebbe dimenticato tutto ancora una volta.

 

Ma non c'era modo di velocizzare le cose, ed una volta che Riccardo fu libero venne affidato ai suoi genitori, i quali lo attendevano in centrale profondamente indignati.

 

-Ti vieto severamente di uscire di casa da ora in avanti, Riccardo. Riceverai i tuoi insegnanti direttamente nel tuo studio da ora in poi, e abbandonerai gli allenamenti di calcio. Faremo allestire in casa una palestra per la tua attività fisica.-

 

Le parole del padre erano dure e prive di sentimento.

 

Gli parlava mantenendo lo sguardo fisso sul proprio cellulare mentre l'autista riportava la famiglia nella propria abitazione.

 

-Padre ma ho detto la verità, dovete credermi! Non ho mentito, Gabi esiste davvero!-

 

-Taci! Non ti permetto di avere questo tono, né tanto meno di rispondere così a tuo padre! Questa non è una punizione, ma è quello che avremmo dovuto fare fin dall'inizio, mandarti in una scuola pubblica è stato un errore!-

 

Il tono della madre invece era rabbioso, si era sentita profondamente umiliata dalla situazione e ci era mancato poco che rimproverasse il figlio direttamente davanti agli agenti.

 

Riccardo non tentò più di ribattere, sapeva bene quanto tutto ciò sarebbe stato inutile con i suoi genitori, troppo fissati con l'educazione e la reputazione della famiglia.

 

Sospirò in silenzio e cominciò a pensare ad un modo per poter ritornare da Gabi, lasciarlo solo per tutto quel tempo non era di certo quello che si aspettava di fare, ma le cose gli erano sfuggite di mano e la situazione aveva preso una piega veramente impossibile.

 

Una volta tornati nella loro residenza i genitori relegarono il povero Riccardo nella sua cameretta, dove lo attendeva il suo adorato cucciolo Misty.

 

Riccardo abbracciò il cagnolino e si rannicchiò sul letto accanto a lui, tentando di trattenere le lacrime.

 

Come avrebbe fatto ad uscire di lì? E come avrebbe mai potuto aiutare il piccolo Gabi se nessuno credeva al suo racconto?

 

Tormentato da tutto ciò il castano si addormentò profondamente, cadendo subito in un lungo sonno.

 

Si svegliò intorno a mezzanotte, una voce familiare sembrava chiamarlo nel sonno, con il tentativo di svegliarlo.

 

Chiedeva aiuto, era disperata e chiamava Riccardo con  la voce rotta dal pianto.

 

Il castano si alzò di scatto.

 

Quello gli era sembrato più di un semplice incubo, era qualcosa di molto più reale e spaventoso.

 

Gabi lo stava cercando disperatamente.

 

Si alzò di corsa e si preparò per uscire, non gli importava come ma era intenzionato a raggiungere il suo amico perché era in pericolo, lui lo sentiva.

 

Si aggirò furtivamente per la casa, appurando che uscire dalla porta principale sarebbe stato impossibile dato che il portiere la sorvegliava.

 

Decise così di fare il giro dalle cucine ormai deserte e uscire direttamente dal retro, ritrovandosi così nel piccolo giardino contornato da un lungo muro ininterrotto, che scavalcò senza problemi.

 

Cominciò a correre con tutta la forza che aveva, sentiva una bruttissima sensazione crescergli dentro e temeva che qualcosa di molto brutto stesse accadendo al suo amico.

 

Ci mise una buona mezz'ora a raggiungere il parco ma quando vi giunse era ormai troppo tardi: una folla gremita di gente si era accumulata attorno ai lavori della polizia che avevano delimitato l'area attorno alla fontana con delle strisce gialle.

 

Quando il castano riuscì a farsi spazio fra tutte quelle persone poté notare soltanto degli agenti che richiudevano una lunga sacca nera, poggiata su di una barella.

 

Riconobbe i genitori di Gabi, giunti li chissà come e ad un tratto tutta la situazione sembrò avvolgerlo come un vortice, impedendogli di capire cosa fosse avvenuto; la fontana era stata distrutta pezzo per pezzo e alcuni agenti ancora continuavano a raccogliere dei campioni dalle macerie.

 

Notò poi uno di loro inserire degli abiti logori in delle bustine separate, facendogli sentire un fremito al cuore: riconobbe la salopette, la maglietta ed il giacchino, anneriti dal sangue secco e dall'umidità.

 

Gabi era dunque stato ritrovato senza vestiti.

 

Non riuscì più a contenersi e superò i nastri gialli, correndo in direzione della barella che ormai stavano portando via.

 

-Aspettate, fatemelo vedere! Voglio vedere Gabi!-

 

I genitori del rosa lo riconobbero e si strinsero l'uno all'altro, travolti dalle lacrime.

 

-Ragazzino come sei arrivato qui?! Portatelo via!-

 

-Vi prego devo vedere Gabi, è il mio migliore amico voglio vederlo!-

 

Nonostante lo scalpitio con cui si dimenava, Riccardo venne immobilizzato da uno dei poliziotti che lo obbligò a tenersi a distanza dalla sacca che ormai veniva caricata su di un furgone.

 

Riccardo era in lacrime, era arrivato tardi e non aveva potuto vedere il corpo del suo amico.

 

Ma che fine aveva fatto Gabi, il suo Gabi, quello con cui aveva passato la giornata nelle ricerche? 

 

Si guardava attorno speranzoso ma non sembrava più essere lì. 

 

"E se si fosse liberato?" Pensava Riccardo, disperato.

 

Questo avrebbe significato non poterlo più rivedere, non poterci più parlare, non poterlo sfiorare mai più.

 

Sentì le gambe cedere al solo pensiero.

 

Non poteva perderlo così, senza neanche un saluto, senza un'ultima carezza o un ultimo bacio.

 

Non voleva crederci, gli sembrava un incubo.

 

Forse far ritrovare Gabi non era stata la cosa giusta da fare.

 

Riccardo si vergognò per il suo pensiero, mentre le mani del poliziotto cominciarono ad accarezzargli gentilmente le spalle.

 

Riccardo lo guardò, era lo stesso che lo aveva interrogato.

 

-È stato tutto merito tuo- gli disse con un sorriso rassegnato.

 

Riccardo non riuscì più a trattenersi e scoppiò in un fragoroso pianto.

 

Aveva perso il suo amico, non c'era più nulla da fare.

 

Avrebbe così tanto voluto poter tornare indietro e non raccontare a nessuno di lui, così da tenerlo per sempre tutto per sé.

 

Provava così tanto affetto verso Gabi da vergognarsene...e cominciava a sospettare che quell'affetto fosse un po' andato oltre l'amicizia.

 

In fondo era stato così fin da subito, fin da quando lo aveva definito la sua fata.

 

Si lasciò accarezzare le spalle dall'agente e rimase lì per tutta la notte, ad assistere assieme alla folla al lavoro della scientifica.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Tredici ***


 

 

La grande foto di Gabi svettava nel cumulo di fiori che si erano ammucchiati attorno alla bara.

 

Dopo la fuga durante la sera del ritrovamento, Riccardo era stato ulteriormente punito ma i suoi genitori gli avevano permesso di assistere almeno al funerale, al quale era stato accompagnato soltanto dall'autista di famiglia.

 

La cerimonia funebre si era tenuta circa un mese dopo il ritrovamento del corpo; dopo il riconoscimento ed uno studio sulle spoglie che aveva prodotto una descrizione dettagliata delle torture che quel povero corpo aveva subito all'epoca dell'assassinio, quel che restava del ragazzino era stato finalmente restituito ai genitori.

 

Questi ultimi avevano anche dedicato a Riccardo un ringraziamento ufficiale, accompagnato dalle loro più sincere scuse.

 

I poliziotti si erano congratulati con lui, anche se nessuno era pienamente convinto che la storia che Riccardo gli avesse raccontato corrispondesse esattamente alla verità.

 

Ma tanto a lui non importava.

 

Se ne stava seduto nel suo completo elegante, accanto all'autista che gli suggeriva di tanto in tanto di mantenersi dritto sulla schiena.

 

Se non avesse sperato fino alla fine di poter rincontrare Gabi almeno al suo funerale, di certo non ci sarebbe andato; non perché non gli importasse, era chiaro, ma di che beneficio poteva mai essere ad una persona morta, la propria presenza al suo funerale?

 

Riccardo se lo era sempre chiesto ed era per questo che ogni volta in cui i suoi genitori lo avevano obbligato ad assistere ad una cerimonia funebre per pura educazione, il ragazzino non aveva fatto altro che covare dentro di sé odio e fastidio per avvenimenti del genere.

 

Odiava vedere la gente in lacrime, persone che magari Gabi neanche lo avevano conosciuto o non lo ricordavano; all'epoca non erano state fatte abbastanza indagini e di questo si era scusato addirittura il sindaco cittadino, a nome di quello in carica a quei tempi, ormai deceduto.

 

Inoltre sentiva che nessuna di quelle persone avesse conosciuto realmente Gabi come aveva fatto lui; parlavano di un ragazzino cortese ed umile, un bambino perfetto con il sorriso sempre pronto.

 

Ma cosa ne sapevano loro? Qualcuno ad esempio lo aveva mai visto arrabbiarsi quando non era d'accordo con il suo interlocutore, o offendersi quando gli veniva rivolta una critica? Qualcuno lo aveva mai visto ridere di gusto, o piangere di disperazione?

 

Qualcuno sapeva del suo amore per il calcio, del suo debole per gli animali o della sua predilezione per i vestiti femminili? Nessuno parlava di questo, nessuno parlava di come si illuminassero i suoi occhi ogni volta in cui correva dietro ad un pallone, o di come si stendesse esausto sull'erba dopo essersi stancato.

 

Nessuno sapeva quanto bello potesse diventare il suo viso quando veniva illuminato dal sole e di come i suoi occhi si riempissero di cielo ancora di più quando guardava le nuvole.

 

E di certo nessuno sapeva quanto potesse affezionarsi a qualcuno, facendo affezionare inevitabilmente anche l'altro.

 

Gabi non era semplicemente un bambino educato, lui era molto di più, ma questo sembrava ricordarlo solamente Riccardo.

 

D'altronde dopo tutti quegli anni era assurdo pensare che qualcuno potesse ancora soffrire per la sua morte, eppure c'erano comunque i soliti soggetti bisognosi di attenzioni che non esitavano a mostrare la loro finta sofferenza.

 

A Riccardo tutto ciò dava solamente fastidio ma attese il termine del funerale educatamente, per poi ritornare a casa accompagnato dal proprio autista.

 

Passando di fianco al parco aveva guardato le altalene con sguardo malinconico.

 

Non aveva mai pensato di poter provare così tanta nostalgia eppure quello era l'effetto che l'assenza di Gabi gli faceva.

 

Sentiva ancora un vuoto nel cuore, come se fra lui e l'amico fosse rimasto in sospeso qualcosa che non avevano fatto in tempo a dirsi; eppure era assurdo, Gabi era rimasto lì per oltre trent'anni e quando finalmente aveva trovato un amico tutto era finito con un soffio di vento.

 

L'atteggiamento dei genitori nei confronti del piccolo Di Rigo era decisamente cambiato; pur non essendo molto presenti si erano accorti di come quella strana storia avesse influito sul loro figlio ed avevano allentato un po' la punizione, anche se non avevano cambiato idea sul farlo studiare esclusivamente a casa.

 

Quando Riccardo aveva chiesto loro di andare a trovare la tomba di Gabi perciò, lo avevano accontentato, pur non approvando il suo attaccamento nei confronti di un bambino morto decenni prima.

 

Come al solito al suo fianco c'era solo l'autista ma il castano aveva chiesto di restare solo, mentre contemplava la bellissima foto posta sulla lapide.

 

Era rimasto in silenzio per tanto tempo, poi finalmente era riuscito a sbloccarsi, mentre torturava le margherite che gli aveva portato per abbellire la tomba.

 

-Mi manchi tantissimo...so che non puoi più sentirmi e che essere venuto qui sia inutile, se sei sparito è perché sei finalmente libero, è quello che volevi infondo. Ma scusami Gabi, io non ci riesco ad essere contento per te, perché ti vorrei ancora qui, a chiacchierare con me, a discutere, a giocare ai detective. E scusami se ti dico questo, so che è un ragionamento egoista ma se avessi saputo che saresti scomparso così non ti avrei aiutato a farti trovare. Anzi non ti avrei mai detto nulla di quello che sapevo, mi sarei tenuto tutto per me e ti avrei assecondato nel farti vivere nei tuoi vecchi ricordi...è che mi manchi così tanto e...- si asciugò una piccola lacrima - e non sono mai riuscito a dirtelo ma sono -singhiozzò -sono innamorato di te, lo sono stato fin da subito, mi sono preso una bella cotta- mormorò, ridacchiando appena con tono triste.

 

-E lo so che sembra strano perché sei un maschio ed anche io lo sono...ed è sbagliato...ma eri così bello e stare con te mi faceva sentire così bene, come se stessimo galleggiando sulle nuvole solo noi due. Mi manchi da morire. E avrei voluto poterti dire tutte queste cose di persona ma te ne sei andato ed è stata tutta colpa mia. Ed ora non so più che fare perché stare senza di te fa troppo male-

 

Il ragazzino era scoppiato in un pianto, incapace di trattenersi oltre.

 

I suoi capelli castani ondeggiavano accarezzati dal vento mentre si teneva il viso singhiozzante fra le mani, assalito dal rimpianto e dal dolore.

 

-Io ti amo Gabi- aveva aggiunto poi con un ultimo singhiozzo.

 

Si era accucciato per terra, di fianco alla lapide, incurante del pericolo di potersi sporcare ed era rimasto lì, a soffocare le sue lacrime sulle proprie ginocchia.

 

Il suo autista lo guardava da lontano e sospirava.

 

Aveva visto quel bambino crescere completamente da solo ed ora sembrava aver perso la sua unica fonte di gioia, qualunque essa fosse stata.

 

 

 

 

Per l'ennesima volta Riccardo si addormentò in lacrime quella sera; lasciava sempre la finestra spalancata oramai, perché il vento gelido sul viso gli ricordava tanto il tocco fresco e quasi impercettibile di Gabi.

 

Misty dormiva accanto a lui ed il suo nuovo gatto, Bibi, faceva le fusa di fianco alla sua testa.

 

Lo aveva trovato per caso vicino alle altalene, le stesse dove giocavano lui e Gabi, e il micetto gli aveva miagolato contro affamato, in cerca di cibo.

 

I suoi genitori avevano acconsentito all'adozione del nuovo cucciolo, a patto che se ne prendesse cura lui stesso, come per il cane; e per Riccardo non c'era modo migliore di sfogare la sua tristezza se non abbracciando quei due animaletti, tanto bisognosi di attenzioni.

 

Lo aiutavano a sopprimere la solitudine e a farlo dormire più sereno.

 

Quella notte però Riccardo fece uno strano sogno.

 

Gabi gli veniva incontro e lo abbracciava, sorridente.

 

I suoi vestiti erano puliti e portava i capelli sciolti; era ancora più bello.

 

Il suo corpo non era più impalpabile come lo ricordava; era diventato un corpo normale, morbido, consistente, come quello di qualunque altro essere umano.

 

Riccardo lo aveva stretto a sé ed aveva sentito il suo profumo, sapeva di margherite fresche.

 

Poi Gabi si era staccato di poco, quel pò che bastava per far sì che potesse accarezzare il viso dell'amico;

 

Le sue mani erano calde, sottili, morbide.

 

-Non piangere più Ricky. Io sto bene, finalmente grazie a te sto bene- gli aveva detto con un sorriso riconoscente.

 

-Ma sono solo adesso Gabi! Mi hai abbandonato!-

 

Gabi aveva scosso la testa e gli aveva preso una mano, posando delicatamente una margherita nelle dita del castano.

 

Riccardo l'aveva stretta subito, temendo di perderla.

 

-Vedo che hai conosciuto il mio piccolo amico. Te l'ho mandato io, prenditi cura di lui, non ha più la mamma- aveva spiegato, facendo cenno al gattino che era spuntato da chissà dove e che aveva cominciato a strusciarsi fra le gambe dei due ragazzini.

 

Riccardo aveva annuito, sorridendo con sguardo rassegnato.

 

-E scusami se non te l'ho detto prima, non ho fatto in tempo. Ma anch'io ti amo, anche se siano maschi ed io non esisto più da un pezzo. Non dimenticherò mai quello che hai fatto per me.-

 

Lo sguardo di Gabi era dolce e riconoscente e spezzava il cuore solo a guardarlo.

 

Riccardo sorrise sentendo le lacrime salire con prepotenza ma l'amico gli prese il viso fra le mani, bloccando quel pianto imminente con un casto bacio sulle labbra.

 

Riccardo spalancò gli occhi mentre sentiva il cuore battergli all'impazzata.

 

-Non mi dimenticare. Io non lo farò-

 

Gabi si era allontanato ed aveva cominciato a sparire, avvolto da una nebbia calda e leggera.

 

-Te ne vai, mi lasci di nuovo?- la voce di Riccardo era talmente triste da far pena persino a se stesso.

 

Gabi gli sorrise mentre svaniva fra quelle goccioline leggere e lo salutò con la mano.

 

-Ci rivedremo, te lo prometto. Voglio vederti sempre sorridere fino ad allora però. Ciao Ricky!-

 

Riccardo non era più riuscito a trattenere le lacrime, vedeva il suo Gabi dissolversi e non poteva farci nulla.

 

Si risvegliò disturbato dall'abbaiare del suo cagnolino che si era messo in piedi sul letto mentre fissava la finestra aperta.

 

Anche il gattino era sveglio ed osservava rapito nella stessa direzione, come se qualcosa o qualcuno li avesse attirati.

 

Riccardo si alzò per andare a richiudere e notò che all'esterno la nebbia aveva invaso tutto il suo giardino.

 

Poi si toccò Istintivamente le labbra, sembravano umide ed un sorriso spontaneo vi si dipinse mentre fantasticava sul sogno meraviglioso appena fatto. Gli sembrava quasi che Gabi fosse realmente stato lì e che lo avesse baciato.

 

Guardò ancora una volta fuori dalla finestra, ammirando la nebbia che ricopriva tutto come un manto soffice.

 

Sorrise, sentendo una sensazione estremamente familiare invadergli il petto.

 

Poi guardò verso il basso ed aprì le dita della mano che teneva strette in un pugno.

 

C'era una margherita.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3866858