Ubi in secretum perveni

di ValeS96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cloe ***
Capitolo 2: *** Ersilia ***
Capitolo 3: *** Diomira ***
Capitolo 4: *** Fedora ***
Capitolo 5: *** Zaira ***
Capitolo 6: *** Bauci ***
Capitolo 7: *** Zenobia ***



Capitolo 1
*** Cloe ***





Nota: Questa raccolta è un esperimento che spero possa proseguire per un po’. Il desiderio di scrivere qualcosa partendo da Le città invisibili di Italo Calvino mi ronza in testa da molto tempo, quindi ho pensato di provare a farne venire fuori qualcosa.
Ogni drabble sarà collegata per ispirazione alla città di cui porta il titolo e per ognuna di queste città verrà riportata una citazione dal romanzo. Non seguirò l’ordine di Calvino e non c’è nessun legame cronologico tra le singole drabble, semplicemente è un passaggio da una stanza all’altra di questi “sotterranei” immaginari.
Mi sono permessa di escludere le citazioni dal conteggio delle parole, altrimenti diventa impossibile rientrare nei numeri ristretti di una drabble.
Ovviamente consiglio a chi non lo ha mai fatto di dare anche solo un’occhiata a Le città invisibili: ha una magia e una poesia che a mio parere sono meravigliose.
Grazie per l’attenzione e buona lettura.







CLOE



 
 
 
«Una vibrazione lussuriosa muove continuamente Cloe, la più casta delle città.
Se uomini e donne cominciassero a vivere i loro effimeri sogni […] la giostra delle fantasie si fermerebbe».
 


 
 


Giunsi allora in una stanza,
in cui tutto intorno pulsavano ripetitivi i secondi, dove gocce martellanti sui vetri scandivano le nostre lunghe giornate di pioggia. Ticchettavamo io e te a un metro di distanza, ticchettavamo in sincrono, ticchettavano i miei secondi le dita frenetiche sulla tastiera, ticchettavano i tuoi secondi le dita nervose sulla poltrona. Noi, bombe in attesa di esplodere, scandivamo gli attimi impiegati a non parlarci, zittivamo le sillabe strabordanti nella metrica ben scandita della nostra esistenza. Noi, divisi da un metronomo in mezzo alla stanza, oscillanti ora a destra ora sinistra per riuscire a guardarci negli occhi.

[100 parole]








 

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Capitolo 2
*** Ersilia ***








ERSILIA


 
 
 
«A Ersilia, per stabilire i rapporti che reggono la vita della città,
gli abitanti tendono dei fili tra gli spigoli delle case […].
Quando i fili sono tanti che non ci si può più passare in mezzo, gli abitanti vanno via:
le case vengono smontate; restano solo fili e i sostegni dei fili. […]
Così viaggiando nel territorio di Ersilia incontri le rovine delle città abbandonate,
senza le mura che non durano, senza le ossa dei morti che il vento fa rotolare:
ragnatele di rapporti intricati che cercano una forma.»
 
 


 


Giunsi allora in un’altra stanza,
e un fiato di vento gelido mi penetrò nelle ossa. Sul pavimento una distesa di foto scricchiolanti che mi si appiccicavano alle suole, foto sfuocate, tagliate, bruciate, impressioni di volti contratti, cadaveri sfregiati, proiettili esplosi, armi imbrattate, stanze devastate. E fili scoloriti, ciondolanti e sgualciti portavano legati altri residui di fotografie, e mi sfioravano ovunque e il loro gelo mi tagliava la pelle.
Alcuni fili mi conducevano stancamente nel buio, lassi, verso il punto in cui si traggono le conclusioni. Ma qui, stanza di assassini e assassinati, c’era solamente il cimitero delle conclusioni già tratte.


[100 parole]
 
 




Nota: la citazione è effettivamente molto lunga (quasi quanto la drabble a dire la verità), ma mi faceva piacere che si capisse un po’ meglio e tagliandola troppo non rendeva. Ho immaginato che i casi più inquietanti risolti da Sherlock ( i fili rossi sono quelli che collegano foto di vittima, sospettati, luoghi ecc.) si trovino in questa stanza, in cui non ha più senso quell’intrico di fili che era stato tessuto per risolverli: un cimitero di casi archiviati e soprattutto un angolo della mente di Sherlock che elabora veramente cosa sta dietro un omicidio, pur brillantemente risolto.







 

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Capitolo 3
*** Diomira ***







DIOMIRA
 
 


«Tutte queste bellezze il viaggiatore già conosce per averle viste anche in altre città.
Ma la proprietà di questa è che chi vi arriva una sera di settembre,
quando le giornate si accorciano [...] gli viene da invidiare
quelli che ora pensano di aver già vissuto una sera uguale a questa
e d’esser stati quella volta felici».





 
 
 

Giunsi allora in un’altra stanza,
e una lunga strada londinese correva verso un orizzonte senza indirizzo. Qui la Londra dei tramonti, quando cercavo negli occhi dei passanti parvenze di prospettive ancora incomprese, quei rari istanti in cui smettevo di analizzare e provavo a leggere. Ma non carpivo che profili analitici e identità sterili.
E mi scoprivo ad invidiare ciò che di loro non comprendevo, ad essere geloso, io, del loro modo di guardare. Invidiavo l’istante di malinconia in cui c’era chi sapeva guardarsi dentro mentre il sole moriva, mentre ogni secondo che passava avvicinava alla notte e allontanava dal giorno.


[100 parole]







Nota: ho trovato molto complesso rendere la bellezza di Diomira. Personalmente adoro le città al tramonto, infatti Diomira è la città del romanzo che preferisco; ma nell'abbinarla a Sherlock mi sono trovata un po' in difficoltà. Ho voluto comunque pubblicare questo tentativo, perchè alla fine è venuto fuori qualcosa a cui in parte mi sono affezionata.






 

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Capitolo 4
*** Fedora ***





FEDORA

 
 
 
«Al centro di Fedora, metropoli di pietra grigia,
sta un palazzo di metallo con una sfera di vetro in ogni stanza.
Guardando dentro ogni sfera si vede una città azzurra
che è il modello di un'altra Fedora. […]
Una racchiude ciò che è accettato come necessario
mentre non lo è ancora;
le altre ciò che è immaginato come possibile
e un minuto dopo non lo è più.»
 
 
 

 
Giunsi allora in un’altra stanza,
dove linee di metropolitana sfrecciavano in infinite direzioni, senza mappe, senza orari. Solo arrivi improvvisi e partenze scapicollanti. Un treno si ferma, esito, riparte, sfreccia in una galleria, sparisce: l’eco di un’esplosione. Fulmineo un altro treno mi taglia la strada, barcollo, si sgretola contro un muro. Sotto i miei piedi già trema il binario, lo stridio di un nuovo treno mi infilza i timpani. Provo a calcolare tempi e percentuali, ma luci intermittenti di treni in arrivo e partenza mi stordiscono.
E intravedo, troppo lontana, la mappa dei rapporti tra possibilità infinite e occasioni perse.


[100 parole]
 
 



Nota: Fedora è sicuramente complessa da capire a fondo, però ho voluto con poche pretese rendere omaggio a questo capitolo e provare a dare una mia versione.
Non voglio assolutamente dilungarmi in spiegazioni, ma solo chiarire il legame tra il capitolo di Calvino e questa drabble. Quando ho letto per la prima volta la descrizione di Fedora, ho subito pensato a una metropolitana: ho immaginato che la grande Fedora e le piccole Fedore ideali nelle sfere di vetro si potessero associare alle linee della metropolitana, che sono un intreccio di rapporti tra le possibilità così come ce le immaginiamo, quindi ideali, e scelte che sono inevitabilmente reali. Credo di essere stata influenzata abbastanza da “Sliding doors”, film che parla appunto delle conseguenze di un' azione, se un treno sia stato preso in tempo oppure no.
Mi taccio, grazie mille per l’attenzione e a presto,
Vale






 

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Capitolo 5
*** Zaira ***






ZAIRA
 


 
«Una descrizione di Zaira quale è oggi dovrebbe contenere tutto il passato di Zaira.
Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano,
scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre […]
ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole.»



 


Giunsi allora in un’altra stanza,

dove conservavo la tua storia, letta per la prima volta sotto le dita. E io, che credevo di vedere tutto, mi scoprii cieco.
Ruvide, consumate, nude, le tue pagine stavano davanti a me. Percorrevo con le dita le trincee nei tuoi lineamenti, attraversavo gli interminabili giorni di solitudine impressi sulla tua schiena, cercavo le sillabe di abbandono sperando di poterle cancellare, con la paura che le mie mani maldestre disperdessero il loro inchiostro su di te.
La tua pelle come un libro scritto in braille, e io, tremante, che cercavo di leggerti sfiorandone i solchi.


[100 parole]




Nota: Eccomi con un nuovo capitolo, dopo non poco tempo. Ho questa drabble sul pc da mesi, è la prima che ho scritto per questa raccolta ma poi l'ho modificata e rivista mille volte; comunque, ho fin da subito collegato la descrizione di questa città alle cicatrici che John si porta addosso, fisiche e non.
Grazie e a presto,
Vale




 

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Capitolo 6
*** Bauci ***






 
BAUCI

 
 
«A terra gli abitanti si mostrano di rado:
hanno già tutto l’occorrente lassù e preferiscono non scendere.
[…] Tre ipotesi si danno sugli abitanti di Bauci:
che odino la Terra; che la rispettino al punto d’evitare
ogni contatto; che la amino com’era prima di loro
e con cannocchiali e telescopi puntati in giù
non si stanchino di passarla in rassegna, […]
contemplando affascinati la propria assenza.»
 



Giunsi allora in un’altra stanza,
e mi trovai sul cornicione di un tetto. Sotto di me la strada e persone sconosciute da osservare; pur lontane, le leggevo.
Ma ero solo, lì, sul tetto del mondo.
Infine mi voltai, e trovai John seduto sul cornicione: mi sorrise. Capii, e allungai il piede.
Fu la caduta incubo e sogno, fu istantanea e interminabile.
E mi ritrovai sulla strada, tra quelle persone, John ancora con me. Passò una signora, camminando a passo deciso, mi scontrò.
«Mi scusi» disse.
Capii così di esserci. E John sorrise di nuovo, contento di avermi messo al mondo.


[100 parole]




Nota: finalmente sono riuscita a tornare con una nuova Drabble. E questa volta non ho dovuto rifletterci per mesi prima di pubblicare.
La situazione potrebbe assomigliare a quella presente in Diomira, ma il concetto di fondo è differente. In questa stanza Sherlock conserva la sua rinascita grazie a John, rinascita che si esplica con una Caduta, come le cadute che si fanno nei sogni. L’aspetto un po’ sconnesso sta proprio nel fatto che sia un qualcosa a metà tra sogno e palazzo mentale.
Ringrazio tantissimo chi continua a leggere e chi lascia qualche parola, nonostante gli aggiornamenti lenti. Mi fa davvero molto piacere.
A presto,
Vale







 

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Capitolo 7
*** Zenobia ***


 

ZENOBIA
 


«È inutile stabilire se Zenobia sia da classificare
tra le città felici o tra quelle infelici.
Non e in queste due specie che ha senso dividere la città,
ma in altre due:
quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni
a dare la loro forma ai desideri
e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città
o ne sono cancellati.»


 
 
 
Giunsi allora in un'altra stanza,
e la trovai immersa nella penombra, con una sola finestra troppo piccola. Lì accanto stava un uomo, imponente ed elegante nella sua divisa militare. Fissava immobile un cielo spento, e mi invase un dolore così profondo da farmi dimenticare chi fossi.
Mi avvicinai, una domanda sospesa.

«Lo amavi?»

Mi guardò.
Annuì.

«E lui?»
«Lui non lo ha capito.»
«Perché non glielo hai detto?»

Non rispose. Tornò a guardare il cielo: quel cielo gli entrò dentro, e si posò sulle cicatrici che gli attraversavano gli occhi.
Moriva quella stanza, lentamente, e James Sholto moriva con lei.

[100 parole]
 



Nota: era da parecchio tempo che volevo scrivere qualcosa che includesse James Sholto, un personaggio che mi ha interessato molto e su cui un giorno mi piacerebbe scrivere ancora.
Un certo gioco di identificazione tra Sherlock e Sholto si nota nella serie, e ho voluto provare a rendere una percezione di Sholto, introiettata in modo molto profondo da Sherlock. Riguardo al rapporto con la citazione, vorrebbe evidenziare quel passo che consiste nel provare a dare forma ai propri desideri: andare avanti con John, parlargli e dirgli la verità, o l’involuzione e la morte di quel desiderio, un rischio che Sherlock ha corso.
Ringrazio ancora di cuore chi continua a leggere e chi lascia un commento. A presto,

Vale





 

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