canzoni di una vita

di BigGio98
(/viewuser.php?uid=979193)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** bad liar ***
Capitolo 2: *** fireflies ***
Capitolo 3: *** waiting for love ***
Capitolo 4: *** One call away ***



Capitolo 1
*** bad liar ***


Ci sono quelle giornate in cui non ti va di fare niente: ti inventi una scusa per convincere te stesso (ma soprattutto i tuoi genitori) a non uscire di casa e poltrire; ti metti sul divano, coperta e via… Tu, la tua Xbox, il tuo telefono: tutto quello che ti serve è a meno di un metro da te; per quel giorno la tua testa non pensa ad altro, se non a come umiliare gli avversari con cui ti scontri online nei videogiochi. Dopo ore passate attaccato alla tv, pensi che forse dovresti avere la decenza di staccare e come minimo studiare un po’, perciò stacchi il computer dalla carica e cominci a ripassare i tuoi appunti; finisci quelle letture (anche se sai che ti scorderai tutto passati gli esami) ed esci di casa, perché purtroppo è ora di andarsi ad allenare. Arrivi già stanco in palestra, dopo non aver fatto praticamente niente tutto il giorno, ma essendo un uomo, appena vedi una qualsiasi forma femminile in quell’edificio, magicamente ti si riaccende la voglia di vivere (pensi di poter spaccare il mondo, manco fossi Hulk); ecco come riesci ad ingannare facilmente fisico e mente: basta un solo sguardo. Finito di allenarti (e dopo aver osservato con attenzione le dee che ti si sono poste davanti nella palestra, la quale ormai ti ricorda l’Olimpo al femminile), torni a casa e la prima cosa che fai è mangiare, probabilmente anche le gambe del tavolo vista la tua fame. Continui a pensare alla tua giornata, a come l’avresti potuta vivere se fossi andato in università e di come, forse, saresti stato più stanco in quel momento; alla fine non puoi fare altro che sdraiarti sul letto, prendere le cuffie ed iniziare ad ascoltare un po’ di musica in riproduzione casuale (sei talmente stanco che non hai le forze per scegliere cosa ascoltare). Passi da canzoni depresse a più cariche e per sbaglio incappi già in quelle natalizie (non si sa come, visto che non è il periodo adatto); c’è, però, una canzone in particolare che ti rimane in testa dopo che l’hai ascoltata e non riesci a scacciare via dalla mente una frase specifica (a chi non è capitato di cantare sempre un ritornello?). Ci pensi e ci ripensi più volte, ma non sai perché quella frase: “Wish I could erase it, make your believe, but I’m a bad liar”; non sai che valore abbia o che significato dare a queste parole. Probabilmente la canticchi per quella piccola bugia detta la mattina di quel giorno; ecco come si chiude il cerchio della giornata, tutto sommato non così inutile, benché avessi pensato il contrario precedentemente.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** fireflies ***


Quando non sai cosa aspettarti, ecco che arrivi in università e ti ricordi che hai davanti a te un’ora di teologia da affrontare. Parli del peccato e di come viene visto nel suo senso teologico, o per lo meno il tuo prof lo fa, tu sei lì ad ascoltarlo.
Finisce la lezione e torni a casa talmente veloce, che potresti essere arrestato per eccesso di velocità; nel viaggio, però, non ti dimentichi di andare a comprare le bibite per la riunione che hai la sera con il tuo gruppo degli educatori.
Arrivi al momento dell’incontro in oratorio in cui pensi che sarà, al solito, una serata come le altre: noiosa, lunga ed interminabile. Accade, però, che il tema di cui si parla sono i giovani, dei loro modi di esprimersi, delle loro vite e del loro futuro: inizi a ridere ed a scherzare, ma impari anche a criticarti, perché sei tu il giovane su cui si sta discutendo.
Sei tu, giovane, a sapere cosa ti passa per quello che tu credi sia il tuo cervello, ma che in realtà si tratta di un ammasso di nodi talmente intricato, che nemmeno le cuffie per il telefono o le luci di Natale appena tirate fuori dalla scatola sarebbero più aggrovigliate.
Finisce la riunione e, di conseguenza, anche la serata. Torni a casa. Vai in bagno, perché dentro stai esplodendo di gioia. Esci da quel luogo nauseato e corri in camera da letto. Ed è proprio lì che inizi a ripensare alla tua giornata.
Pensi che sia bello sapere dell’esistenza di un qualcosa di nuovo all’interno della tua routine quotidiana (come scrivere delle riflessioni durante la sera, quando di giorno non riesci nemmeno a scrivere la data, mentre tenti di prendere appunti a lezione).
Pensi che sei giovane e che hai ancora una vita molto lunga davanti a te, che sia essa già stata scritta per te da altri o sia tutta da scoprire, oppure tutte e due queste cose insieme.
Pensi all’amore: lo vedi come qualcosa di così semplice e facile da capire, eppure così intricato; così vicino, ma anche così lontano.
Pensi, per ultimo, a domani, alle attività da svolgere, a chi incontrerai (e a chi non vorresti incontrare, ma per fortuna tua è solo un compagno/a di scuola/università), a che cosa ti darà la giornata che verrà.
La sera dopo la stessa cosa. E la sera successiva ancora e così via. Tutto ricomincerà da capo: ogni sera ti rifai le stesse domande e, puntualmente, non riesci a darti una risposta. Poi comprendi che a mezzanotte gli unici due neuroni che ti sono rimasti stanno scioperando, perché li stai sfruttando peggio degli operai nelle fabbriche a fine ‘800.
Cosa si po' fare a quel punto? Non lo sai nemmeno tu, perciò stacchi da tutto e vai a dormire (più che altro inizi a russare ed emettere suoni che ricordano il rumore di una motosega mentre cerca di disboscare l’intera foresta amazzonica).
Forse, però, è proprio nel sonno che riesci a trovare le risposte che cercavi, ma tanto non le ricorderai mai, dato che la mattina successiva sei alla ricerca anche tu di un cervello, come se fossi uno zombie di “The Walking Dead”. E, quindi, sei di nuovo al punto di partenza.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** waiting for love ***


Come mai è sempre così difficile aspettare? Vogliamo tutto subito e non ci godiamo quell'attesa che renderebbe il momento del ricevere ancora più straordinario. Il vero problema è che agiamo molto spesso in questo modo, in qualsiasi ambito, in tutte le situazioni che ci capitano; figuriamoci se si parla di questioni di cuore! In questi casi riusciamo sempre a dare il peggio di noi stessi, anche se, in realtà, vogliamo solo fare del bene; purtroppo, benché lo si faccia involontariamente, spesso capita qualcosa di male. Aspettiamo sempre che sia l'altra persona a fare il primo passo, che sia questa a dire il fatidico "ti amo" (due parole che dovrebbero spaventare molto, perché di un certo peso) e che sia essa la prima persona ad aiutarci nel momento del bisogno. Aspettiamo, ma con una certa frenesia: forse non vogliamo pensare a quell'attesa. Tutto questo accade, tranne che durante le famose "pause di riflessione" (che, detto tra noi, ho sempre considerato inutili scuse per fare tutt'altro): questi momenti sono solo lunghe attese che nessuno può velocizzare. E più passa il tempo, più crescono l'attesa ed il bisogno di sapere; per cosa poi? Aspettare un amore che, molto probabilmente, è stato messo a tacere dall'idea della "pausa per riflettere"? Perché non ascoltiamo quel saggio uomo che fu Leopardi? Anche un personaggio come lui, che ha vissuto periodi travagliati nella sua esistenza, trovava un po' di gioia e di piacere nell'attesa; "l'attesa del piacere è essa stessa il piacere": il buon Giacomino aveva ragione per una volta (ma, nonostante tutto, rimane uno degli autori più odiati da studiare). Forse credo di essere uno dei pochi a cui non dispiacere aspettare l'arrivo dell'autobus (tanto so che passa con poca frequenza), attendere i miei amici per uscire (sapendo che puntualmente qualcuno di loro ritarderà) o solamente aspettare la conclusione della partita quando gioco per, poi, tornare a casa e rilassarmi. Non ho mai capito tutta questa fretta che è presente nelle persone: sarà perché l'attesa non piace loro o semplicemente incute qualche genere di timore? Mah, chi lo sa... Un esempio per far capire quanto, invece, sia bella l'attesa è quella legata al Natale: ammettiamolo, tutti lo aspettiamo impazientemente (per varie ragioni). Molti negozi già da agosto mettono in vetrina i prodotti natalizi, quindi si può capire quanto ci piaccia l'arrivo di questa festività. Se viviamo l'attesa del Natale con allegria e spensieratezza, perché non possiamo sempre fare così anche in altri momenti, quando le circostanze sono favorevoli? Perché la frenesia che, ormai, è presente nel mondo di oggi non ce lo permette; non abbiamo mai il tempo per aspettare qualcuno o qualcosa, pretendiamo subito che sia presente per noi. Questo accade soprattutto in amore: non aspettiamo la persona giusta, anzi spesso siamo noi stessi a cercarla impazientemente (sfortunatamente, molte volte senza ottenere alcun successo).

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** One call away ***


Questo capitolo è dedicato ad una persona davvero speciale per me: la mia migliore amica Emma. Cosa dire di lei? Beh, è nata nel 1997 (NB: la chiamo sempre vecchia, pur avendo lei solo un anno di differenza in più di me), ci conosciamo ormai da tanti anni (andavamo persino nello stesso liceo), adora i cavalli, stravede per la montagna e per lo sci (in cui io sono estremamente negato). Fra tutte le cose che mi hanno colpito di lei all’inizio e che ancora oggi mi fanno impazzire (in positivo, ovviamente), quella più importante è una sola: è una persona che non ti lascerebbe mai e poi mai abbandonato a te stesso in un angolo in solitudine. Come capita spesso tra amici, abbiamo litigato, a volte anche in modo talmente pesante, che per giorni non ci siamo neanche sentiti; per fortuna, poi riuscivamo sempre a chiarirci ed a tornare i grandi amici di sempre e che tutt’ora siamo (sperando di esserlo sempre). Ci siamo sempre stati l’uno per l’altro in tutte le situazioni, siano state esse stupende od orribili da affrontare: so che, a prescindere da ciò che riserverà il futuro, lei ci sarà comunque per me, così come io per lei. Ci sono stati momenti in cui mi sono chiesto effettivamente come sarebbe stata la mia vita senza averla conosciuta: sarei la stessa persona di adesso? Chi può dirlo? Sarei forse migliore? Di sicuro questo no. Emma è quella persona che è sempre riuscita a farmi sorridere, mostrandomi il lato positivo di ogni situazione, soprattutto dopo le delusioni d’amore (che se stessi ad elencare, due libri non mi basterebbero); mi ha sempre incoraggiato ad andare avanti e non mollare; mi ha prestato aiuto e soccorso anche quando non ho avuto il coraggio di chiederlo io per primo (benché ne avessi bisogno). So per certo che se non fosse stato per lei, non sarei felice come sono ora; magari avrei altro a cui pensare, ma non sarei così felice. Sapere che esiste una persona distante da te solo una chiamata di telefono, un whatsapp, un direct o altro, è ciò che ti renderà perennemente felice, perché basta farle uno squillo o mandarle un messaggio e lei ti risponderà con gioia, dato che sa che se le compiesse lo stesso gesto, tu saresti pronto a rispondere al’istante. E così è il mio rapporto con Emma; spero davvero possa rimanere così a lungo, perché non c’è persona a cui voglia più bene di lei.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3866200