White Mesa

di FreddyOllow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: White Mesa ***
Capitolo 2: *** Cap1: Cosa ci fanno i militari qui? ***
Capitolo 3: *** Cap2: via d'uscita ***
Capitolo 4: *** Cap3: L'orda ***



Capitolo 1
*** Prologo: White Mesa ***


"Si svegli, signor Freeman, si svegli. Il tempo richiede la vostra presenza"

Freeman aprì gli occhi. 
Era nel treno, diretto alla base sotterranea di White Mesa.
Fuori dai finestrini la neve scendeva abbondante e leggera, come se stesse ballando con il vento.
Imponenti motagne sovrastavano le porte d'ingresso del laboratorio, sopra di esso un cartellone bianco con su scritto in giallo
"Benvenuti a White Mesa"
Le porte si aprirono e il treno entrò nel lunghissimo tunnel, illuminato a intervalli da un forte luce bianca.
Il convoglio proseguì per alcuni minuti. Freeman potè guardare, attraverso alcune fermate, scienziati e guardie di sicurezza in diverse sale.
In una stanza in particolare, un uomo con abiti formali, giacca blu, cravatta rossa e una valigetta, parlava con una guardia.
Poco dopo l'uomo misterioso si volse verso Freeman, si aggiustò la cravatta e andò via.

Il treno preseguì lento fino ad arrivare al capolinea. Settore F zone anomalie.
Uno scienziato, capelli grigi disordinati, baffi sulla parte superiore del labbro, occhiali da vista neri e un camice bianco, con una targhetta di riconoscimento al petto, si avvicinò al vagone.
Con uno stridulo suono le porte del treno si aprirono e Freeman uscì.
<< Buongiorno, Dottor Freeman >> Esordì lo scienziato.
Freeman guardò la targhetta di riconoscimento dell'uomo.
<< Sono Freud Truth, felice di fare la vostra conoscenza. Il vostro talento come ricercatore vi precede, sapete? >>
I due si incamminarono verso l'entrata del settore F, vicino al muro una guardia di sicurezza.
<< Con lei al nostro fianco faremo grandi progressi, nè sono sicuro >>
Lo scienziato mise il viso vicino allo scanner, posto di fianco all'ingresso, che gli scanssionò gli occhi per l'autorizzazione.
La portà si aprì. 
All'interno dell'enorme sala, una guardia armata era seduta alla reception e digitava qualcosa sulla tasteria del computer.
I due si avvicinarono all'uomo, che nel primo momento, non si accorse della loro presenza se non quando smise di scrivere.
<< Oh, scusatemi. Non vi avevo visti >> Disse la guardia << Lei dev'essere Gordon Freeman? Bene, aspettate un secondo... >>
L'uomo tornò a digitare qualcosa sul computer e quando finì aggiunse.
<< Bene. D'ora in avanti avrete accesso a tutti i settori della White Mesa, signor Freeman. Vi auguro una buona giornata >>
Dopodichè Freud guardò Freeman << Seguimi. Ti accompagno allo spogliatoio >>

In due camminarono per diversi corridoi. Molte delle stanze erano piene di computer e attrezzature simili.
Molti scienziati erano indaffarati nei loro compiti e alcuni di loro discuttevano delle ricerche su degli strani marchingegni.
Tutti gli ingressi erano sorvegliati da una guardia di sicurezza in un uniforme blu, giubotto antiproiettile nero, casco grigio scuro e una pistola nella fondina, oltre alla targhetta di riconoscimento.
Poco dopo arrivarono a destinazione.
Gli spogliatoi avevano una panca, diversi armadietti e un bagno con delle doccie.
<< Dottor Freeman, quello è il vostro armadietto >> Indicò con il dito Freud << Si cambi e mi raggiunga al laboratorio di ricerca >>

Freeman si cambiò i vestiti e indossò un camice bianco, poi raggiunse lo scienziato.
Nella sala ricerche due lettini erano posti al centro. Vicino ai muri, qualche bancone con sopra delle attrezzature da laboratorio.
<< Eccovi, dottor Freeman. Mettetevi vicino a quel computer >>
Freeman raggiunse la postazione e si sedette sulla sedia.
<< Come già sepete, abbiamo scoperto un nuovo modo per spostarci tra i mondi tramite il teletrasporto. Il procedimento è ancora spartano è pieno di effetti collaterali.
Abbiamo mandato alcuni uomini, di una agenzia governativa segreta, in uno di questi mondi. Purtroppo nessuno è mai tornato indietro.
Non so se siano morti oppure dispersi, quel che sappiamo che uno di loro aveva cercato di contattarci, ma non abbiamo capito un granchè. 
Le trasmissioni erano disturbate da una frequenza anomala e non siamo riusciti a scoprirne l'origine.
La faccio breve. Stiamo tentando di aprire un nuovo portale che ci condurrà in quel mondo. Chi lo sà, forse potremmo persino aiutare quei poveretti >>
Freud si allontanò dalla console e si diresse verso un computer pieno di pulsanti, posto vicino al muro.
Pigiò alcuni pulsanti e borbottò fra sè.
<< Okay, Dottor Freeman. >> Aggiunse lo scienziato voltandosi verso di lui << Lo vedete quel pulsante rosso al centro della console? Premetelo non appena vi dirò farlo >>
Freud premette alcuni pulsanti sul computer e si diresse nelle stanza affianco.
Un enorme struttura arancione era posta al centro della stanza, sopra di esso, attaccato al tetto un'altra attrezzatura.
<< Mi sentite, dottor Freeman? >> Una voce giunse dalla radio incorporata della console << Bene, aspettate il mio ordine >>

Poco dopo la struttura arancione iniziò a roteare su se stessa, prima lento poi veloce. Dall'attrezzatura posta sul tetto comparve una sfera rossastra contornata da alcuni piccoli fulmini.
Scese lenta fino a posizionarsi al centro della struttura, predendo una forma sempre più consistente e vivace.
<< Premete il pulsante, dottor Freeman! >>
Freeman lo pigiò e un forte suono, simile a una bomba, si liberò nella stanza, facendo tremare le mura.
La sfera si espanse, rilasciando attorno numerosi fulmini.
Freud, che era protetta da un vetro, proseguì con l'esperimento.
Fin'quando il nucleo della sfera si rimpicciolì su se stessa e dopo qualche secondo, esplose con un forte boato, facendo tremare la terra. 
Esplosione squarciò le pareti e la porta d'ingresso del laboratorio.
Il corpo di Freud venne fatto a pezzi dall'onda d'urto, che distrusse tutti macchinari presenti nella sala.
Freeman venne scaraventato verso il muro e persi i sensi.
L'intera White Mesa fu lacerata dall'esplosione. Attrezzature e computer non furono risparmiati.

Freeman si svegliò. La vista era appannata e faticava a mettere a fuoco ciò che aveva davanti.
Sentì un urlo. Un esplosione. Raffiche di pistole. Tutto era nel caos.
La sirena girava su se stessa e suonava initerottamente, illuminando con un fascio di luce rosso quello che ne rimaneva della stanza.
Freeman si scrollò di dosso i detriti. Cercò di alzarsi a fatica. Si appoggiò con il gomito al muro e si guardò attorno.
L'intera sala era distrutta. Del fumo fuoriusciva dai macchinari e tra le macerie vide un braccio, o quello che ne rimaneva.
Camminò lento verso l'uscita e cercò di respirare.
L'ascensore era stato distrutto dall'esplosione, ma le scale erano ancora intatte. Le usò.
Salì fino a raggiungere il piano superiore. Qui la situazione non era diversa, ma poteva respirare.
Qualche scienziato giaceva a terra senza vita. Una guardia di sicurezza era a terra con le spalle al muro, senza gambe.
Accanto a sè aveva una pistola. Freeman la prese e controllò il caricatore. Diciasette colpi.

Camminò verso l'uscita del corridoio. L'illuminazione era debole, ma riusciva ad orientarsi.
Arrivò davanti a una piccola stanzetta. Sul tavolo il corpo senza vita di una guardia, con il ventre lacerato.
Si avvicinò per controllare se avesse una pistola. La vide, era proprio accanto a lui. La prese e svuotò il caricatore. Altri diciasette colpi.
D'un tratto sentì uno strano rumore provenire dal corridoio. Si voltò e ne verificò l'origine.
Infondo, vicino alla porta di emergenza, una strana creatura. 
Era piccola e camminava su quattro zampe. Sul ventre un grossa bocca con denti affillati.
Si muoveva agile sul pavimento alla ricerca di qualcosa. Ogni tanto emanava un gemito.

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Capitolo 2
*** Cap1: Cosa ci fanno i militari qui? ***


La creatura si avvicinò lentamente verso di lui. Freeman, indietreggiò di qualche passo. Non sapeva se affrontarla con la pistola avrebbe avuto i suoi frutti.
Voltandosi, corse più in fretta possibile, la creatura fece un enorme balzo in avanti e quasi non lo prese. Freeman girò l'angolo.
Il corridoio era completamente buio e non riusciva a vedere a più di due metri, ma doveva passarci, non poteva fermarsi.
Corse, finchè non inciampo su qualcosa di solido, cadde a terra e perse i sensi.

<< Mmmh guarda, si sta svegliando >> Disse una voce provenire dietro di lui. 
Si trovava in una piccola stanza, legato ad una sedia e illuminata al centro da una lampada. 
<< Gordon Freeman, eh? >> Era un soldato: Divisa mimetica e un fucile d'assalto tra le mani.
<< Abbiamo sentito parlare di te. Sei stato tu a creare questo casino >> il soldato si volse verso l'altro militare, come per avere conferma.
<< Comunque, abbiamo avuto l'ordine di arrestarti e la fortuna ci ha assistito >> rise il soldato.
<< Dobbiamo chiamare il quartier generale. Tienilo d'occhio >> Aggiunse l'altro militare, che abbandonò la stanza.
<< Tre interi reparti sono stati mobiliati >> il soldato prese una sedia e si sedette << Non so chi tu sia, ma non mi sembri così tanto pericoloso >>
<< Credo proprio che mi daranno una bella ricompensa, magari un bel bonus >> sospirò l'uomo.

D'un tratto si udì un forte boato.
<< Merda! >> il soldato sobbalzò alzandosi dalla sedia << Che cazzo è successo? >>
il militare aprì la porta della stanza e la chiuse dietro di sè. Freeman cercò di slegarsi, dimenandosi sulla sedia, finchè non caddè a terra.
Rumori di spari, urla, si ripeterono come un loop. Infine Freeman riuscì a slegarsi. Si alzò e prese il piede di porco che si trovava sul tavolo di fianco a lui.
Aveva perso la pistola, ma non era quello il momento adatto per lamentarsi, doveva andarsene prima che i soldati fossero di ritorno.
Abbandonò la stanza e si ritrovò davanti una scena spaventosa. Le mura dell corridoio erano stato distrutte, dando la possibilità di uscire dalla base.
Ma riversi sul pavimento, una ventina di soldati con gli arti dilaniati e alcuni di essi erano persino irriconoscibili.
Freeman si guardò attorno,cercando di capire chi fosse l'autore di questa strage. D'un tratto, udì dei rapidi passi provenire fuori dalle mura.
Dal muro sbucò una strana creatura aliena. Il colore della pelle giallo-verde, con delle strisce di tigre blu elettrico sulle spalle. Camminava su tre zampe, due poste davanti e una dietro.
Sulla testa un occhio grande nero, composto da molteplici palpebre. La creaturà si accorse della presenza di Freeman ed emise suono acuto, simile all'abbaiare di un cane.
D'un tratto dalla sua bocca dentata, si sprigionò un onda d'urto che si espanse rapidamente tutto attorno. Freeman si riparò dietro il muro, che tremò all'impatto.
Era stato quell'attacco ad aver fatto a pezzi i militari. Freeman indietreggiò e cercò tra i cadaveri delle armi. Prese il fucile d'assalto e mirò alla creatura.
Una raffica di colpi trafisse il corpo dell'alieno che sia accasciò a terra con un terribile lamento. Freeman rimase fermo per un po, non sapendo se la creatura fosse morta o meno.
Vedendo che non si muoveva più da qualche secondo, controllò il caricatore del fucile d'assalto. Vent'uno munizioni su trentadue.
Rimise apposto il caricatore e raccattò dai cadaveri tutti le munizioni possibili. Arrivò fino a centodieci munizioni.
Proseguì fuori dal muro distrutto. Il cielo era azzurro e il sole splendeva forte in cielo. Il terreno era pieno di neve. Si incamminò verso un camion militare e salì a bordo.
Notò tre casse, le distrusse con il piede di porco. Ci trovò due medi kit e scese dal veicolo. Si guardò attorno, scoprendo che la zona era stata occupata interamente dai militari.
Vicino all'ingresso F, c'era una postazione difensiva militare: sacchi di sabbia, casse e una rete mimetica verde.
A Freeman gli diventò ben chiara la situazione. L'esplosione causata dall'esperimento fallito, aveva attirato l'attenzione dei servizi segreti.
Il Governo invece, avrebbe risolto tutto con una bella bomba atomica, che avrebbe spazzato via ogni eventuale problema.
I militari dunque, non facevano parte del Governo, ma di una sorta di organizzazione paramilitare segreta.

 

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Capitolo 3
*** Cap2: via d'uscita ***


Il Governo aveva certamente mandato l'esercito a fermare qualunque cosa stesse accandendo a White Mesa, ma i servizi segreti? Perché erano lì. Forse cercavano qualcosa di molto importante? Oppure erano lì per eliminare tutti, compresi i militari? Freeman camminò lungo un corridoio. Le pareti bianche, senza finestre e porte. Il suono delle sue scarpe echeggiava da un muro all'altro. Dopo pochi metri, vide una porta alla sua destra ed entrò. L'ufficio era sotto sopra. Tavoli, sedie e schedari ribaltati. I Computer danneggiati o fumanti. Una scia di sangue molto intensa finiva dietro un angolo. Freeman puntò la pistola davanti a sé, camminò cauto verso l'angolo e vide cinque scienziati ammucchiati ormai privi di vita. Gli abiti sporchi di sangue, interiora di fuori e alcuni avevano la faccia mangiucchiata. Un odore intenso colpì in pieno Freeman, che si tappò il naso. Si voltò, cercò qualcosa tra gli schedari e non avendo trovato nulla, lasciò la stanza. Chi aveva messo i corpi là? Erano stati i militari? I servizi segreti? Gli scienziati? Le guardie di sicurezza?

Mentre ci pensava sù, sentì un forte trastuono provenire dal tetto del corridoio. Freeman si irrigidì. Aspettò. Sentì il suono avvicinarsi e diventare sempre più forte. Poi un fortissimo boato. Il tetto crollò, a pochi passi da lui. La polvere ricoprì l'intero corridoio. Saltarono le luci. L'aria era quasi irrespirabile. Si mise la mano davanti alla bocca e socchiuse lievemente gli occhi. Cercò di vedere qualcosa, qualsiasi cosa, ma non vide altro che oscurità. Cominciò a tossire, prima piano, poi forte. Doveva andarsene da lì. Alzò un braccio, cercò il muro vicino e lo toccò. Tenendo la mano sul muro, seguì quella direzione. Uno, due, tre passi. Infine inciampò su un pezzo di pietra e cadde riverso sulle macerie. Sentì qualcosa uscire dal palmo della mano. Forse si era ferito, forse usciva del sangue. Avvicinò il palmo della mano al naso, ma sentiva solo un soffocante puzza di calcestruzzo. Coprì il naso con l'altra mano e mise la punta della lingua sulla parte che credeva una ferita. Sapore metallico: era sangue.

Non sembrava grave. Per Freeman era di primaria importanza uscire da quel corridoio. Poi avrebbe controllato meglio la ferita. Si alzò con un mano e sempre con quella cercò qualcosa di solido davanti a sé. Rischiò di inciampare diverse volte. Toccò di nuovo il muro. In un primo momento credette di tornare indietro, ma poi si lasciò guidare dal suo intuito. Arrivò dall'altra parte del corridoio e tastò il muro. Era piatto, liscio. Nessuna porta. Poi sentì un esplosione fortissima. Il pavimento tremò. Cadde della polvere dal soffitto assieme a qualche piccolo pezzo di muro. Poi sentì il frastuono di prima e il tetto crollò. Instintivamente Freeman si protesse la testa con le mani. Alla sua sinistra si aprì una voragine nel muro. Un fascio di luce intenso ci penetrò dentro. Il tetto stava per crollare ancora, ma Freeman fu svelto nel correre verso quella crepa. Rimase incastrato con il piede e cercò in fretta di libersi. Il soffitto del corridoio venne definitivamente giù, ma Freeman fece in tempo a liberarsi. Una nube di polvere fuoriuscì dalla crepa, colpendo in pieno. Freeman tossì fortemente. Poi pian piano si mise in piede. Si voltò diverse volte circospetto e osservò la stanza in cui era entrato per salvarsi la pelle. Era un magazzino. Molte casse sparse in giro, tre muletti, due container rossi e una piccola stanza di guardia all'angolo. Camminò circospetto, scoprì che alla sua destra, si apriva a un enorme stanzone. Freeman preferì entrare nella stanza di guardia. Appena toccò la maniglia della porta grigia, questa cadde a terra. I pannelli dei Computer erano ancora intatti. Vide dalla schermo centrale che le telecamera esterne erano ancora in funzione, quelle interne non più. Una sedia d'ufficio girevole giaceva a terra. Poco distanti da questa, un cartellino di riconoscimento. Freeman lo raccolso e scrutò l'uomo nella foto. Un viso ovale, quasi grasso; capelli neri rasati e sopracciglie folte. Una mascella prorompente e un lieve doppio mento. Il suo nome: Bob Hall. Freeman posò il cartellino di riconoscimento sull pannello del computer e si mise a guardare le telecamere esterne. 

Un camion militare era parcheggiato vicino alla recinzione di ferro. Un soldato era appoggiato su di esso. Legato sulla spalla destra, un fucile d'assalto. Freeman capì che avevano tolto la corrente per le scariche elettriche che la recinzione usava come difesa. Vide un altro militare avvicinarsi a questo e dargli una sigaretta che accesso subito dopo. I due fumarono insieme e sembravano chiacchierare. Freeman ricordò che le telecamera avevano i microfoni. Una scelta del direttore che sospettava che gli scaricatori oziassero tutto il giorno invece di lavorare. Trovo il pusante, lo premette e dopo un fastidiso ronzio, la frequenza fu chiara.

<< Troppi soldati secondo me >> disse il miltare senza casco << Sono tutti scenziati. Teste d'uovo. Basta un commando di cinque uomini per mettere tutti a tacere, non credi? >> il militare inspirò la sigaretta.
<< Beh, non credo >> rispose il militare con il fucile d'assalto << Sono più di mille scenziati. Ci vorrebbe un eternità per trovarli tutti, sopratutto per stanare chi si nasconde. Io avrei optato per dei missili >>.
<< No, troppo casino. I media avrebbero scosso l'opinione pubblica. Questo è un lavoro segreto. Duecento soldati pronti a trucidare i migliori sapientoni del pianeta. Non so nemmeno del perché siamo qua >>
Il militare con il fucile d'assalto inspirò il fumo della sigaretta. Un secondo dopo espirò. Il fumo fuoriscì dal naso. Poi disse << Non ho mai fatto domande. Non m'importa chi mi dicono di uccidere. Per me sono tutti uguali. Siamo soldati. Non pensatori >> sorrise falsamente.
<< Ho il vizio di pensare >> Il militare senza casco buttò la cica della sigaretta per terra << Questo posto è una fortezza se ci pensi. Siamo sperduti nell'artico in mezzo alla neve. Qui fanno qualcosa di grosso. Quel tipo di cose che tengono segreto a noi comuni mortali, capisci? >>
<< Guarda, a me non m'importa >> Il militare con il fucile d'assalto guardò oltre la recinzione, per poi guardare il soldato di fronte << Siamo venuti su un elicottero. Non ho nemmeno potuto salutare la mia famiglia. Mi hanno letteramente sbattuto su quell'affare e fatto volare qua. Niente domande. Solo un obbiettivo: ammazzare tutti gli scenziati. Per il nostro silenzio 300.000 testoni. Non male come lavoro. E poi pensaci: Il lavoro duro lo stanno facendo gli altri. Noi siamo solo di guardia al vento e alla neve. Qua fuori non c'e' anima viva. Vorrei che mi pagassero sempre così profumatamente quando si tratta di ammazzare gente >>
Il miltare senza casco sbuffò, dicendo << Sei troppo materialista e poi... >>

Improvvisamente le telecamera si spensero uno dopo l'altra. Le luci della stanza di guardia però rimasero accesse, anche quelle nel grande magazzino. Forse le telecamere si erano guastate? Qualcuno le aveva bloccate? Forse i militari? I servizi segreti? Gli stessi scienziati o guardie? Poi Freeman udì un leggero gemito provenire fuori dalla stanza di guardia. Rimase impassibile, fermo. Guardò l'entrata. Il gemito divenne più intenso. Sembrava un lamento, come qualcuno che chiede aiuto. Freeman puntò la pistola davanti a sè. Le mani stringevano precisi il calcio dell'arma. Il respiro divenne più intenso. Il cuore betté forte. Poi un fortissimo gemito; un lamento, una supplica.



 

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Capitolo 4
*** Cap3: L'orda ***


Sulla porta sbatté qualcosa. Freeman indietreggiò, la pistola puntata davanti a sé. Uno, due, tre colpi, la porta vibrava sotto i colpi dell'essere. Udì un gemito gutturale dietro di essa. I colpi diventarono forti, pesanti, insistenti. Freeman indietreggiò di nuovo, urtò la schiena contro la parete. Altri gemiti si unirono.
La porta venne giù con un tonfo. 
Freeman aprì il fuoco. Dalla canna, lampi di luce illuminarono la stanza inghiottita dall'oscurità. Le pallottole squarciarono la carne di quelle cose che avanzavano goffamente, strascicando i piedi in direzione di Gordon. Udì dei lamenti provenire da loro, parole contorte, distorte, al contrario. Uno cadde a terra, mentre gli altri passarono sopra il suo corpo. Continuò a sparare. Un altro cadde di faccia a terra. Freeman mise una mano sul muro, lo seguì ciecamente. Un mano gli afferrò l'avambraccio, cercò di divincolarsi.
Le luci si accesero di colpo.
Vide tre uomini con camice da scienziato, le facce coperta da uno strano essere che aveva visto tempo prima e a cui aveva sparato; un headcrap. Sparò in faccia al primo che si accasciò al suolo, poi si spostò velocemente di lato, sparando al secondo a una gamba e al terzo sul petto. Uno indietreggiò, l'altra cadde su un ginocchio. Freeman prese la mira e sparò in testa ai due.
Si guardò intorno; Sulle pareti schizzi di sangue, il pavimento un lago che si andava riempendo. Freeman osservò i quattro uomini, che di umano non avevano più nulla. Non aveva mai visto una cosa simile. Quelle orrende creature avevano divorato la testa degli scienziati, assumendone il controllo del loro corpo. Aveva sentito dei gemiti, lamenti, parole provenire da loro. Forse non erano del tutto morti?

Quando lasciò la stanza di guardia, scendendo gli scalini, intravide dietro a delle casse altri esseri; zombie. Quelli cominciarono a marciare verso di lui. Duecento zombie tra scienziati, guardie e militari. Un esercito di non morti i cui gemiti rimbombavano da una parte all'altra del magazzino. Freeman si voltò, vide una porta a 100 metri e corse il più veloce possibile verso di essa. Mise una mano sulla maniglia, ma quella non si aprì. La scosse, la colpì con il calcio della pistola, ma niente; la maniglia rimase intatta. L'orda di zombie si fece sempre più vicina. Solo 50 metri e lo avrebbero raggiunto. 
Preso dal panico, cominciò a dare calci alla porta. Gli zombie si avvicinavano. La porta non dava segni di cedimento. Gli furono quasi addosso, quando alle spalle dell'orda si levò un suono assordante. Raffiche di spari, pallottole che volavano in tutte le direzioni. Tutti gli zombie si voltarono, marciando ciechi verso la direzione degli spari. I gemiti diventarono assordanti lamenti che coprirono il frastuono della armi. Freeman non perse tempo, e ricominciò a colpire la porta. Gli spari si affievolirono, mentre urla di dolore si perdevano in aria travolti dall'orda.
La porta cadde a terra.

Corse lungo il corridoio. Il fumo aleggiava alla base del soffitto penetrando dalle sezioni di muro e tetto crollati. Altri zombie sbucarono dalle porte, dai muri. Alcuni caddero dal soffitto schiantandosi al suolo. Freeman udì le loro ossa scricchiolare sotto il loro peso. Capì in quell'istante che gli zombie erano ciechi. Non lo vedevano sotto la nube nera di fumo che si intensificava sempre più. Vagavano senza meta, gemendo e buttandosi volontariamente nelle fiamme che divorava loro le carni. Morivano sotto strazianti lamenti. 
Un Headcrap strappò la presa dalla testa dell'uomo avvolto dalla fiamme, e balzò sul pavimento. Freeman gli puntò la canna della pistola. La creatura zampettò rapida sotto un cumulo di macerie e scomparve. Gordon si guardò attorno, puntando l'arma in tutte le direzioni. 
Gli zombie si strascicarono nel corridoio. Non sembravano percepire la sua presenza. Poi sentì qualcosa alle sue spalle, si voltò. Vide l'Headcrap all'altezza del muro. Fece per prendere la mira, ma quello gli saltò addosso per primo. Sei zampe cercarono di serrarsi attorno alla sua testa. Freeman cercò con una mano di liberarsi dalla morsa, mentre con l'altra tentava di mirare al corpo dell'HeadCrap. Nella lotta, Freeman urtò la schiena al muro, inciampò sui detriti e cadde a terra. Le zampe avevano quasi avvolto la sua faccia, davanti ai suoi occhi vide una piccola bocca con i denti seghettati. La creatura sbatteva le fauci, cercando di strappargli il naso. Poi si udì uno sparo. L'Headcrap cadde sul pavimento. Del sangue sgorgò fuori dalla sua ferita letale. Lo sparò fece eco nel corridoio. Gli zombie si voltarono nella sua direzione con un gemito assordante. 
Freeman intravide solo goffe sagome nere avvolte dal fumo nero. Sparò alla cieca, ma non colpì nessuno. Poi sentì un Click! Il caricatore era finito. Lo buttò via. Prese un caricatore dalla tasca del pantalone, lo mise nella pistola e cominciò nuovamente a sparare alla cieca. Il fumo diventava via via più intenso. 
Uno zombie gli si lanciò contro, lacerandogli la manica della sua giacca con gli artigli. Freeman gli sparò quattro colpi; tre sullo stomaco e uno in testa.
Altri zombie lo raggiunsero, ma Freeman fu svelto a fuggire attraverso una crepa nel muro. Si ritrovò in uno spogliatoio. L'acqua sgorgava intensamente dai tubi distrutti che pendevano fuori dai muri, allagando la stanza. Vide due scienziati in pancia in giù, la schiena squarciata. Superò i due cadaveri, entrando in una piccola stanza. Vi erano panche, armadietti e corpi di scienziati rivoltati ovunque. Molti di essi avevano il ventre lacerato, arti strappati e alcuni avevano il corpo diviso a metà. Il sangue si amalgamava con l'acqua. Uscì dallo spogliatoio, ritrovandosi in un corridoio. Qui il fumo nero non era intenso. Un fascio di luce rosso illuminava intermittente il corridoio. Era l'allarme. Le lampade che un tempo erano appese ai soffitti, si erano schiantate al suolo. A parte il fascio di luce rossa intermittente, il corridoio era buio. Freeman non udì nessun gemito, fatta eccezioni per lo spogliatoio che andava via via riempiendosi di zombie. Corse fino all'ascensore aperto di fronte a sé. Quando vi arrivò, vide che la scala antincendio appesa al muro era caduta in profondità, ma la parte sottostante era rimasta appesa. Così discese la scala verso il piano terra.

<< ALT! >> Urlò un militare, la faccia dipinta di strisce verdi e nere, l'elmo cadeva un po' verso sinistra. << Alza le mani! >> 
Freeman vide la canna del fucile d'assalto puntata a pochi metri dalla sua faccia. Quando fece per alzare le mani, il militare notò che aveva una pistola di piccolo calibro. << Buttala a terra! SUBITO! >>
Freeman la gettò a terra, alzando le mani.
<< Jasper! >> Gridò il militare, gettando un occhiata alle sue spalle. << Ho trovato una testa d'uovo! >> Aspettò una risposta che non arrivò mai.
<< Jasper! Dove cazzo sei? >> 
Freeman lanciò un occhiata alla pistola che aveva buttato sul pavimento.
Il militare si girò quasi del tutto verso la porta dove si aspettava l'uscita di Jasper, mentre abbassò la punta dell'arma al suolo. Freeman si gettò sulla pistola. Il militare si voltò di scatto per sparargli, ma Freeman fu più rapido. Tre colpi al petto che si fermarono dentro il giubbotto antiproiettile e uno alla gola. Il militare cadde all'indietro, sparando al soffitto da cui venne giù una nube di polvere. Freeman gli puntò la pistola alla testa, mentre il militare cercava di chiudere la ferita alla gola con entrambi le mani. Annaspava, affogava nel suo stesso sangue, gli occhi guardarono fissi quelli di Freeman che abbassò l'arma. Il militare morì poco dopo.
Strisciando con le spalle contro il muro, Freeman proseguì verso l'entrata alla sua sinistra. La porta era aperta. Si affacciò sulla soglia spiando dentro con un solo occhio. La stanza era in perfetto ordine e stonava con il caos là fuori. Vi erano sedie, scrivanie, computer, schedari e diversi quadri. Non vi era presenza umana. 
Quando entrò, vide una porta alla sua destra. Non l'aveva notato prima. La porta era chiusa, e mentre girò la maniglia, udì qualcosa dietro di essa.
La porta fu sradicata con tale violenza che travolse Freeman. La pistola gli cadde di mano e scivolò sotto una scrivania. Atterrò di spalle a terra. Poi si mise seduto sul pavimento, guardando sgranato la stanza adiacente che era avvolta totalmente dall'oscurità. Poi sentì uno zampettio. Si alzò subito in piedi, e si guardò intorno alla ricerca della pistola. Si mise a cercarla, quando sentì un grugnito. Si voltò. Sulla soglia vi era un mostro imponente; la carne rossa esposta, tappezzata da tre Headcrap dal corpo nero ebano. Uno li cingeva la testa. Erano molto più grossi di quelli che aveva visto precedentemente. Freeman fece per correre verso l'uscita, quando il possente zombie si strappò un Headcrap dalla carne e glielo lanciò contro con tutta la forza. L'Headcrap nero gli sfiorò di poco la scapola sinistra, schiantandosi inerme contro il muro. Freeman sussultò, ma riuscì a uscire dalla stanza. Scivolò verso il militare morto, gli strappò con tutta fretta il fucile d'assalto dalla mano e nel voltarsi cadde col sedere a terra. Non vide nessuno. Freeman deglutì. Attese, ma niente. Si mise su un ginocchio, puntò l'arma verso l'entrata della stanza. Tutto taceva.
Il muro esplose, lanciando pietre di varie dimensioni in tutte le direzioni. Una lo colpì al fianco, facendolo cadere di lato. Per sua fortuna era piccola, ma l'impatto era stato violento. Dalla nube di polvere si materializzò lentamente la sagoma del possente zombie. Dolorante, Freeman puntò il fucile verso la sua direzione e sparò. Una raffica di pallottole colpì in pieno lo zombie che urlò dalla rabbia, quasi un gemito. Un headcrap nero zampettò vicino al suo piede, lanciandosi verso Freeman che lo ridusse a mille pezzi in volo. Il possente zombie gli lanciò contro un secondo Headcrap nero, ma Freeman non riuscì a colpirlo. L'Headcrap si aggrappò sopra la canna del fucile d'assalto. Freeman sussultò dalla spavento e lo lasciò cadere istintivamente. Corse a perdi fiato dritto davanti a sé, verso il fascio di luce che illuminava il corridoio. Dopo 40 metri, si ritrovò fuori dall'edificio, annaspando dalla fatica, mentre la neve si liquefaceva sul suo volto caldo imperlato di sudore.




 

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