Little Witch & Hulk di Ninnibell2001 (/viewuser.php?uid=1048054)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 'Brooke Brown. Park Avenue 238' ***
Capitolo 2: *** Colpi d'incanto ***
Capitolo 3: *** 'You're not alone' ***
Capitolo 4: *** Hamptons, regali d'amore ***
Capitolo 5: *** Strega per amore ***
Capitolo 6: *** Loki, lo stregone nero ***
Capitolo 7: *** Little Witch ***
Capitolo 8: *** Magie, sorprese, promesse ***
Capitolo 9: *** Una stella sfolgorante ***
Capitolo 10: *** La tua Little Witch ***
Capitolo 1 *** 'Brooke Brown. Park Avenue 238' ***
1 'Brooke Brown. Park Avenue 238'
'Brooke Brown. Park Avenue 238'.
Bruce Banner lesse di nuovo il laconico messaggio inviatogli via
Wathsapp da Bucky, contenente l'indirizzo dell'amica che aveva invitato a cena
con lui e i colleghi Avengers, scrutando i numeri civici dell’ampio viale che stava
percorrendo, a velocità moderata.
James lo aveva chiamato, pregandolo di passare a prendere la ragazza
al suo posto, a causa di un sopravvenuto impegno 'Bruce, per piacere, puoi
darle un passaggio? Sei in macchina da solo, quello che le abita più vicino e
che, probabilmente, farà una migliore impressione ai suoi genitori. Non
citofonarle, sali al piano del suo appartamento, presentati e portala via,
senza intrattenerti in chiacchiere. Grazie, ti scrivo il suo recapito' Barnes,
incurante di attendere la sua risposta, aveva chiuso la comunicazione in fretta
e furia, non facendolo neanche controbattere.
Banner parcheggiò il suo Maggiolino Volkswagen verde, oramai auto
d'epoca, davanti al portone di un palazzo di gran lusso, al cui interno lo
accolse un anziano portiere, in livrea, che lo indirizzò all'attico dei signori
Brown.
Attraverso un'entrata piena di stucchi dorati e sofà imbottiti arrivò
all'ascensore, dove un altro impiegato in divisa, afroamericano ed in carne,
premette il pulsante del livello richiesto, al suo posto.
Il professore si chiese, salendo, quale ragazza statunitense
venticinquenne vivesse ancora coi propri genitori, ipotizzando che l'amica di
James, di cui conosceva solo nome e cognome, fosse una scansafatiche che
campava di rendita… cospicua rendita, evidentemente.
Suonò il campanello, sistemandosi con le dita i capelli ricci, oramai
striati di bianco sulle tempie, perennemente arruffati. Poteva spazzolarli per
ore, dopo pochi attimi riprendevano il mosso naturale scompigliato, che gli
dava sempre l'aria dello scienziato trascurato.
L'abbigliamento non lo aiutava granché. Era una persona semplice, poco
attenta ai dettami della moda e la vita in un laboratorio non prevedeva certo
completi sartoriali. Per cui, la sua divisa d'ordinanza - che indossava anche
in quel frangente - erano jeans scuri, t-shirt e scarpe da ginnastica.
A cinquant'anni suonati, non proprio il biglietto da visita ideale per
i genitori dell'amica di Bucky. Forse un'amicizia disinteressata per
quest’ultimo, credette; in caso contrario, James si sarebbe catapultato per
scortarla, persino su una seggiola a rotelle, era poco ma sicuro.
Intanto che elucubrava, una donna bionda, sua coetanea, in tuta di
ciniglia nera, aprì la porta, squadrandolo.
Di male in peggio, pensò la dirimpettaia, riconoscendo Bruce
all'istante...in confronto, il giovanotto col braccio bionico, che immaginava
di trovarsi innanzi, pareva una passeggiata di salute; stava per far entrare,
in casa sua, l’Avenger che non ti aspetti, quello che perdeva facilmente il
controllo e non con le sembianze attuali...ma con quelle di Hulk!
Gli porse, comunque, la mano, facendolo accomodare, educata 'Sheila
Brown, sono la mamma di Brooke...credevo venisse Bucky...' sibilò, indicandogli
l'enorme soggiorno, arredato in stile moderno, nei toni del grigio e del panna,
di lato a una terrazza incredibile, che si scorgeva dalle ampie vetrate che
affacciavano sul favoloso skyline newyorkese.
'Ha avuto un imprevisto...' Banner, timidamente, presentandosi, scrutò
il corrucciato viso della sua ospite: bionda, capelli lisci con colpi di sole
freschi di piega, occhi azzurri, in un volto regolare, non modificato dalla
chirurgia estetica, magra ai limiti dell'anoressia. Da giovane, doveva essere
stata una vera bellezza...bellezza che non aveva saltato una generazione, nel
suo caso, anzi.
'Sei arrivato...devi essere Bruce...' una ragazza dall’ovale perfetto,
le labbra carnose e sensuali, gli occhi celeste intenso, racchiusi da
lunghe ciglia castane scure, i capelli fino alla vita della stessa tonalità, un
fisico esile ed al contempo femminile e proporzionato, lo salutò, entrando in
soggiorno dal corridoio, nervosa.
Con un look curato - jeans blu, top crema con fiorellini color rosa
antico, ballerine laccate e giacca avvitata con maniche a tre quarti della
medesima sfumatura, bracciale con anelli metallici e orecchini di perle a
bottoncino - dimostrava molto meno che all’anagrafe.
Banner, colpito dalla sua fisicità, sbarazzina e naturale, si mosse,
tendendole la destra e vedendola fare un saltino all'indietro, mentre
pronunciava il proprio nome, sentendo egli stesso una forte vibrazione; il
tocco delle loro mani aveva prodotto, in entrambi, un'inaspettata scarica
elettrica, che gli sembrò partire dalla ragazza! Che stranezza!
Guardò le loro scarpe... cariche elettrostatiche non avrebbero dovuto
prodursi 'Scusa' mormorò, alla sua risata imbarazzata.
Il professore di mezza età, amico di James, occhi e capelli scuri,
sguardo dolcissimo e modi garbati, non era affatto decrepito e sembrava una
persona carina e cortese, notò Brooke, che gli rispose, divertita 'Di
niente...'. Senza contare la visione che gli era apparsa nella testa, la
premonizione più carnale e al tempo stesso tenera che avesse mai avuto!
Udendo dei passi alle proprie spalle, si girò, intercettando la sagoma
di suo padre. Si sentì come un'adolescente al ballo del liceo: ci mancava che i
suoi vecchi le scattassero foto ricordo con una Polaroid, insieme al suo
accompagnatore, per l'album di famiglia!
In pantaloni eleganti grigi scuri e maglioncino di cotone rosso
bordeaux sopra una camicia chiara, di una somiglianza spiccata con la figlia
per colore di occhi e capelli, Bruce identificò l’uomo di bell’aspetto che gli
venne incontro: Robert Brown!
Diamine, Brown era uno dei cognomi più comuni negli Stati Uniti e
Bucky non gli aveva accennato, minimamente, che si sarebbe trovato di fronte un
premio Nobel.
Alzando lo sguardo sulla mensola sopra il camino, intercettò una
cornice, nella quale un abile artigiano aveva incastonato l'aurea medaglia
d'oro vinta a Stoccolma da colui che aveva scoperto la cura per uno dei mali
che affliggeva migliaia di pazienti destinati a un'esistenza piena di
sofferenze e, spesso, a una morte infausta e dolorosa: la distrofia muscolare,
una patologia a carattere degenerativo.
'È un onore incontrarla, Professor Brown!' rosso come un pomodoro, non
si tenne e si complimentò, di getto 'Ho letto il suo lavoro...eccezionale!'.
L'altro, estremamente infastidito dalla manifestazione di
apprezzamento, minimizzò 'Non sono professore, come lei, Banner...' fece capire
di conoscerlo 'sono dottore in biologia ed insegnavo scienze in una scuola
media di Chicago, prima di tutto questo clamore! Ora mi occupo solo della
produzione del farmaco di mia invenzione!'.
Brooke alzò gli occhi al cielo: il tono di suo padre suonò acido e
sgradevole, perché lo era.
Fortunatamente, Bruce parve accorgersene poco. Rifletteva più che
altro, sulle parole udite: la storia gli era nota. Brown si era approcciato,
per mero caso, a una malattia tremenda, arrivando a un successo invidiato dai
luminari del settore, che avevano studiato, per decenni, la possibilità di una
terapia valida, senza risultati.
'Posso chiederle cosa l'ha spinta a imbarcarsi in una ricerca tanto
distante dal suo campo?' provò a approfondire, spinto da una sana curiosità
professionale.
'Una motivazione alquanto personale' laconico, Robert chiuse la loro
discussione. Confidenze con Hulk in persona nel soggiorno di casa sua, beh,
proprio no!
'Vogliamo muoverci?' la ragazza, sempre più in imbarazzo, sfiorò il
braccio del suo chaperon.
Lui, sovrappensiero, sussultando al suo tocco, balbettò 'Sì,
sì…arrivederci’ rivolse un ultimo saluto generale ai suoi genitori, intanto che
Brooke apriva la porta di casa.
'Divertiti...e non fate troppo tardi' Sheila, turbata, ammonì sua
figlia. Le aveva visto negli occhi una strana luce, non solo dettata
dall'impazienza dell'uscita serale, rara nel suo ménage abituale.
Le era parsa interessata al timido professore, noto per non saper
gestire la propria rabbia e trasformarsi in un mostro verde dalle fattezze
abominevoli. Era un genio schivo ed un Avengers, ovvio, non un ex galeotto o un
coetaneo che l’avrebbe instradata all’uso di alcool e stupefacenti. Le sembrò
peggio, rimuginando che i due avessero moltissimo in comune, forse troppo.
Suo marito la riportò alla realtà, quasi leggendole nella mente; dopo
anni di matrimonio era diventato inevitabile 'Almeno non dobbiamo
preoccuparci...quanto avrà Banner? La mia età, no? Se gli amici di Bucky sono
come lui, non sarà una serata trasgressiva, tesoro...starei tranquilla, fossi
in te!' ridacchiò, dandole un bacio sulla nuca 'ed è l'occasione per coccolarci
un po'!' continuò, con un sorriso complice.
'Se lo dici tu...' lei gli cinse la vita, tentando di celare la
propria profonda inquietudine.
***
'Scusa per i miei, sono eccessivamente apprensivi'
nell'ascensore, Brooke fece ammenda con Bruce per i modi della sua famiglia.
'Sono opprimenti, dei veri rompipalle' le dette manforte l'addetto
all'ascensore, il ragazzo di colore e paffutello dall'aria simpatica che il
professore aveva incrociato pochi minuti prima.
'Hai ragione, Charlie...' annuì, erano in confidenza 'faccio scarsa
vita sociale, Bruce...'.
'Strano, alla tua età e carina come sei, i corteggiatori ti ronzeranno
attorno come mosche!' Banner esplicitò ciò che era piuttosto evidente, in
maniera insolita, per uno riservato come lui.
'È una lunga storia' sentendosi lusingata dal suo apprezzamento, provò
a non darlo a vedere; sbuffò, sollevando con l'aria una ciocca di capelli
dalla fronte, attraversando il portone 'Qual è la tua macchina?' chiese, per
sviare altre domande sull'argomento spinoso, che non desiderava affrontare.
'Quella lì' il professore indicò il Maggiolino.
'Scherzi? Favolosa!' sgranò gli occhi e si precipitò verso il mezzo,
con Bruce che, galante, le aprì lo sportello per farla accomodare e si mise al
posto di guida
'So tutto di questa auto...' lei continuò su quella falsariga.
'Per molti è un rottame, non esaltarti!' il professore ridacchiò.
Aveva pensato di cambiarla con un modello nuovo, ma alla fine desisteva, era
troppo affezionato.
'Un mito, vorrai dire...purtroppo…la cintura di sicurezza non va' al
terzo tentativo non era riuscita nemmeno a sganciarla.
Il moro l’aiutò, stendendosi dalla sua parte e recuperando la chiusura
metallica, che inserì nella fessura centrale 'È un gioco di polso...' alzò lo
sguardo, incrociando quello ceruleo della ragazza seduta al suo fianco, che gli
sorrise, arrossendo 'Immagino che le abbia fatte installare tu...si usano da
pochi anni, in confronto alla data di produzione del Maggiolino! E’
l’automobile tedesca più conosciuta al mondo, simbolo della rinascita
industriale tedesca nel secondo dopoguerra, nonché il primo modello Volkswagen
in assoluto'.
'Allora è vero che sei informata, è proprio così...raccontami di
te...studi? Lavori?' gli sembrò un interrogatorio inevitabile. Si rese conto di
voler conoscere qualche informazione in più su di lei; il colore rosato delle
sue guance, tipico di una femmina d’altri tempi e non di una giovane del terzo
millennio, lo aveva intrigato.
Brooke titubò, poi si buttò 'Sto studiando Storia dell'Arte, per la
seconda laurea; la prima l'ho presa in...' rise, amaramente 'Indovina?'.
'Due lauree? Sono ammirato. Con un padre come il tuo, in biologia...ci
scommetterei il collo!' ribatté, d'istinto, certo di non sbagliare.
'E l'avresti ancora, testa compresa...una bella testa, a ciò che
dicono...' si lasciò sfuggire la ragazza, guardando fuori dal finestrino. E
non solo la testa… ugualmente il resto è molto affascinante, rifletté.
'Grazie, sono a quota due pure io: fisica nucleare e biochimica.
Robert è stato volutamente evasivo, prima, sulla risposta al quesito che gli ho
posto, ovvero perché avesse iniziato a interessarsi della distrofia muscolare,
fino a trovarne la cura definitiva; cos'è, un segreto di stato?' era un tarlo
nella sua mente, aveva avuto i brividi addosso all'espressione trasfigurata
dell'altro uomo, una specie di campanello di allarme.
'Ti ha detto la verità...era motivato personalmente, come nessuno; ero
io il paziente zero per lui. Non gli è mai fregato nulla del resto
dell'umanità, voleva dare una speranza a sua figlia...' mormorò, in un soffio,
girandosi un attimo, per fissarlo in viso, mentre glielo confessava. Suo padre
aveva indirizzato il corso della sua vita, inconsapevole.
'Mi spiace, moltissimo' Bruce emise quasi un lamento, rammaricato e
turbato, premendo inconsciamente il piede sul freno e, allo stesso tempo,
sentendo un colpo sul tettuccio dell'auto.
Una moto, d'epoca anch'essa, gli si era affiancata. La riconobbe al
volo: la famigerata Harley WLA del 1942.
Steve Rogers, Capitan America in persona, alla guida, e Bucky Barnes,
seduto dietro al suo migliore amico, alzarono, contemporaneamente, le visiere
dei caschi scuri che indossavano, salutando con la mano i due passeggeri della
macchina, contraccambiati.
'Buonasera...il locale è quello a destra con l'insegna gialla' Rogers
li informò, e diede gas, per spostarsi, di lato, e salire sul marciapiede, per
parcheggiare, seguito da Banner, che approfittò del garage a pagamento
limitrofo, ringraziando mentalmente il Capitano di aver interrotto un dialogo
dai toni troppo confidenziali, con una persona che conosceva da pochi
minuti.
'Bruce...' Brooke gli bloccò il polso destro, con la mano sinistra, un
attimo prima che scendessero.
Non le piaceva l'atmosfera glaciale scesa fra loro, ed era uscita per
trascorrere una serata in compagnia, su sollecitazione di James 'Ti sei
ammutolito, alla mia confessione. Non imbarazzarti...la malattia da cui sono
stata colpita è un ricordo, oramai. Brutto, ma è il passato'.
Non era stata del tutto sincera, desiderava confortarlo,
era...mortificato! 'Non potevi saperlo ed ho capito che, invece, volevi
comprendere, da scienziato, le motivazioni di mio padre...adesso lo
sai...amen...andiamo a divertirci, dai!' gli fece il suo più bel sorriso e lo
vide riprendersi.
Sciogliersi, avrebbe ammesso il diretto interessato, per la purezza e
il garbo della giovane donna che stava scortando...bellissima donna, non poté
fare a meno di notare, di nuovo, sentendo una rigidità al basso ventre che non
voleva abbandonarlo, pulsante.
Si dette del vero idiota...non era una donna, era una ragazzina,
appresso a lui, che aveva almeno il doppio dei suoi anni. Evita di fare la
figura del vecchio bavoso in piena crisi di mezza età, si auto rimproverò,
entrando, con la Brown, all'interno del locale di East Side Manhattan,
affollato, dove trovarono Bucky, che li aspettava al bar con Rogers, per
accomodarsi insieme al tavolo prenotato.
Jeans neri e maglietta bianca, i capelli lunghi castani
all'orecchio, gli occhi azzurro ghiaccio nel viso da modello, il fisico
massiccio in cui spiccava il braccio bionico a vista, ricordo dei suoi
trascorsi bui come Soldato d'Inverno al servizio dell’Hydra, Barnes si avvicinò
alla sua amica, che gli dette un bacino sulla guancia, presentandosi a Steve,
un attimo dopo.
‘Capitano Steve Rogers, signorina’ formale alla morte, Cap - dieci
centimetri più alto di James, muscoloso e asciutto, occhi azzurri, un ciuffo
castano e la barba lunga ben definita, sorriso smagliante a trentadue denti da
pubblicità, jeans e camicia a quadretti bianchi e blu - stritolò la mano di
Brooke, gonfiando il petto come un pavone.
‘E rilassati’ Tony Stark - moro di capelli, pizzetto curatissimo,
occhiali da vista di foggia stravagante, un abito scuro con gilet, camicia
bianca e cravatta variopinta, il corpo umano che vestiva il guscio metallico
dell'armatura high-tech di Iron Man - prese in giro il collega 'Ci manca che le
fai il saluto militare! Ciao, bellezza!' strizzò l'occhiolino alla ragazza, con
familiarità, circostanza che non sfuggì a Banner.
'Buonasera, Tony!' gli sorrise, delicata.
'Benvenuta fra noi...' Stark cercò di farla sentire a suo agio, gli
aveva dato l'impressione di un pesce fuor d'acqua. E aveva visto bene.
La Brown era ancora sbigottita dalla ricercatezza del Lavo
restaurant & underground club, scelto per il loro incontro definito
informale; in realtà, era particolarissimo, insieme sia ristorante italiano sia
discoteca di tendenza. Aveva letto le recensioni on line che sottolineavano la
squisitezza dei piatti preparati dallo chef e la follia dei prezzi; non era una
discoteca tipica, bensì un locale di prestigio.
'Niente male davvero' seduto su uno degli sgabelli lignei alti in
stile dell'ampio bar, annesso alla sala in cui avrebbero desinato, Bruce
commentava. Era un posto splendido; pareti ricoperte di mattoni rosso scuro,
una formidabile cucina a vista, oltre il vetro divisorio, e tavolini circolari,
apparecchiatura di classe su tovagliato bianco e candele accese con luci
soffuse regalavano al luogo un'atmosfera elegante.
'Tony, sei ostinato a proporci locali di moda, mai una cosa semplice!
Sono arrivati i rinforzi, almeno siamo in due contro quest'orda di
testosterone' una donna di circa trentacinque anni - con un impercettibile
accento russo, capelli ramati lunghi ed occhi verdi, bassina e prosperosa nelle
forme, leggins elasticizzati neri su stivaletti con plateau, top rosso scollato
con lustrini e chiodo di pelle - si stagliò accanto alla Brown, solidale.
'Ti presento Natasha, Nat per gli amici' Barnes introdusse la Romanoff
- soprannominata Vedova Nera, letale ex spia dei Servizi segreti sovietici, ex
assassina e mercenaria, divenuta successivamente agente del compianto
S.H.I.E.L.D. - mentre Brooke metteva a posto, nella testa, i pezzettini dei
racconti di Bucky, dando i nomi ai volti dei presenti.
'Sono malato per ciò che è trendy e voi siete in ritardo...tu soprattutto…'
si lamentò Stark, all'indirizzo di un gigante dai capelli biondi chiari,
imponente, gli occhi azzurri, maglia grigia a v e onnipresenti jeans, che
arrivò trafelato, borbottando 'Odio i taxi e non ho ancora potuto comprare una
macchina! Sono una frana in mezzo al traffico e mi hanno bocciato all'esame di
guida, alla parte pratica, per la terza volta consecutiva, per cui ancora
niente patente...! Perdonatemi per avervi fatto attendere!'. Thor si espresse
in un baciamano estremamente sorpassato alla Brown, che rimase interdetta
dall'occhiata allusiva e compiaciuta.
Il biondo - Dio del Tuono, originario del pianeta Asgard spazzato via
dalla faccia dell'Universo conosciuto e risorto in un piccolo paese di
pescatori sulle coste della Norvegia, stabilitosi in via definitiva negli Stati
Uniti al seguito dei Vendicatori - aveva un debole spiccato per il genere
femminile, di cui non faceva mistero.
'Sorvoliamo e non col martello, sui tuoi modi da provolone...' Nat
fece strada alla tavolata segnalata dal cameriere, ove si accomodarono,
sedendosi casualmente.
Bruce finì accanto alla ragazza, che, all'altro lato, aveva Barnes, a
seguire Steve, la Vedova, Thor e Tony, con cui Banner interloquì un breve
istante, a bassa voce, nel momento dell'ordinazione delle bevande 'Il padre
della fidanzatina di Bucky è Robert Brown! Il premio Nobel!'. Detestava gli
interrogatori; tuttavia si sentì nella parte dell'inquisitore 'La conoscevi
già, vero?'.
'Uhm...non stanno insieme! Gliel'ho presentata io, sperando in una
sana amicizia, in fondo hanno la stessa età, quanto meno sulla carta, James è
classe 1917' fece il vago 'perché ti interessa?'. Il suo collega fratello
scienziato non gliela contava giusta, aveva l'occhietto languido.
'Così, per sapere' l'ennesimo colorito purpureo si espanse, dal collo
alla fronte di Banner.
'Ora si dice per sapere...lo ammetto, è molto attraente, socio! Ha la
bellezza della giovinezza che, in noi, è sfiorita, da tempo. In te di più,
però; io mi mantengo ancora bene, soprattutto da quando Pepper, la mia ex, mi
ha lasciato per un altro e sono di nuovo sul mercato…ho fatto il tagliando,
come le autovetture' fu spiritoso, tentando di spostare il dialogo su un altro
tema. Non era il momento e il luogo per dettagliare di Brooke Brown e perché
fosse tanto importante la sua presenza fra loro.
Fortunatamente, fu proprio la ragazza a trarlo d'impaccio,
rivolgendosi al professore 'Che mi consigli, Bruce? Sono indecisa' spulciava il
menù 'c'è tanta scelta, mi piace tutto...'. Era l'unico con cui fosse in una
zona di confort emotivo; non lo temeva, stante la sua reputazione, la faceva
sentire protetta... tuttavia, non esattamente come un padre.
'Indecisa fra cosa? Vediamo se ti posso aiutare!' si offrì,
recuperando dalla tasca dei pantaloni gli occhiali pieghevoli da presbite,
utili per la lettura. In effetti, più che una lista di piatti, l'elenco delle
pietanze proposte pareva un'enciclopedia.
'Pizza coi funghi e petto di pollo al parmigiano...non posso prenderli
entrambi, non riuscirei a finirli' lo spreco era immorale, per lei, e le
porzioni viste servire agli altri avventori piuttosto abbondanti.
'Ho la soluzione perfetta: li ordiniamo e li dividiamo a metà, così li
assaggerai' propose, gentile. Era onnivoro e lì sembravano cucinare ogni cibo
in maniera ottimale.
Brooke si esaltò 'Sei molto gentile...grazie!'. Gli sfiorò il braccio
sinistro con il suo destro, soffermandosi per un attimo sugli occhi scuri
dell'altro, mentre dava indicazioni al cameriere che digitava sul suo
computerino le loro richieste.
Le preferenze alimentari erano un ulteriore modo per conoscere i
propri straordinari ed originali commensali, rifletté la ragazza.
Tony, noto playboy, mecenate e miliardario, aveva optato per ostriche
ed aragosta, ricercati e costosi; Natasha per una porzione di pasta all'uovo
tirata a mano, nello specifico dei maltagliati con gamberi e verdure croccanti,
una scelta più femminile, leggera e gustosa.
Gli altri tre si erano orientati sulla carne: bistecche con l'osso,
contornate di patate fritte e anelli di cipolla panati, che arrivarono
stracolme di salse...le t-bone erano cotte al sangue e gigantesche. Virilità
alla massima potenza per tre maschi fuori dalla norma, extra large per diversi
aspetti.
'Sembrano bistecche di brontosauro...dei Flingstones' ridacchiò la Brown
'Bucky Barnes, ci metterai un'eternità a digerire; avevi giurato che mi avresti
accompagnato in pista, invece ti butterai su un divanetto a pancia piena'.
'Io e Steve compensiamo gli arretrati di ciò che non abbiamo potuto
ingurgitare quando eravamo sotto ghiaccio, Thor ha sempre appetito...e
comunque...ho uno stomaco robusto, abbi fede!' le rispose per le rime, contento
di vederla prendere confidenza con gli altri colleghi.
Lei e Banner si servivano addirittura dagli stessi piatti senza alcun
imbarazzo, e per il secchione quattrocchi era piuttosto anomalo: timido ed
eccessivamente introverso, viveva tra libri, alambicchi, microscopi e computer,
conduceva un'esistenza solitaria, aggravata dalla condizione connessa all'alter
ego verdognolo che si portava dietro. Fortunatamente, ancorché con uno sforzo
ed un un'abnegazione fuori dall'ordinario, era diventato in grado di gestirne
le trasformazioni e ciò che veniva successivamente.
'Il pollo è ottimo’ al secondo boccone, la Brown si espresse col
professore, che aveva alternato una fetta di pizza alla carne bianca.
'Concordo, ed è un piacere vederti mangiare d'appetito; detesto le
donne che ordinano tristi insalate scondite, diamine, il buon cibo è una delle
poche certezze della vita, almeno per me, che non sono proprio esile' fece una
battuta sulle proprie maniglie dell’amore '...scusami, fra le chiacchiere, mi
ero distratto ed ho fatto la figura del maleducato, trascurandoti...gradisci un
bicchiere di vino?' al suo acconsentire con la testa, giacché aveva la bocca
piena, si affrettò a versarle il rosato scelto da Stark: non un semplice vino
per pasteggiare, bensì uno champagne rosé Brut Veuve Glicot.
Impacciato, urtò il calice, riempendolo, e il liquido colorato
imbrattò il tavolo, schizzando minuscole goccioline sul top di Brooke, dalla
scollatura fin quasi alla pancia.
D'istinto, prese il proprio tovagliolo e lo bagnò nell'acqua minerale,
tamponando la stoffa dell'indumento, per pulirlo ed eliminare le macchie,
velocemente 'Perdonami, sono maldestro all'inverosimile...ti pagherò la
lavanderia'.
Le dita maschili percepirono, sfiorandole, le forme morbide dei seni e
del ventre, sopra il materiale leggero, intanto che l'aiutava. Una sensazione
di calore avvolse il professore, che si ritrasse, vittima di un'ustione di
terzo grado. Un’ustione dell'anima.
La ragazza si era immobilizzata e lo fissava, incerta. 'Non importa,
si vedrà poco' sussurrò, col cameriere precipitatosi a pulire il disastro
'finisco da sola...'.
Col proprio tovagliolo, terminò di darsi una sistemata, turbata dal
contatto con le mani di Bruce. Aveva avuto ben poche esperienze sentimentali
con il sesso opposto e negli scarsi preliminari amorosi, che erano intercorsi
con l'unico partner, coetaneo, non aveva mai provato un simile languore...e per
un uomo molto più grande!
Avrebbe scommesso che per lui fosse lo stesso, dal modo in cui la
guardava. Colpevole...di nulla, poi!
Con gli altri attorno che parlavano del più e del meno, ignari dei
loro pensieri, ricordò il suo doveroso appuntamento quotidiano. Dalla pochette,
estrasse un blister di pillole, contenuto in una scatolina di cartone, e ne
prese una, inghiottendola con un sorso d'acqua, sotto gli occhi di Banner: una
compressa di uno stranissimo rosa, l'elisir di lunga vita scoperto da suo padre.
'Il colore è inquietante...' commentò lo scienziato 'sottolineo,
tuttavia, molto bello...'.
'Il principio attivo è stato amalgamato con un estratto della pianta
di rosa della specie chiamata ‘Antico amore’, e il suo fiore ha la stessa
sfumatura della pillola. E’ il colore che preferisco, in assoluto; è bizzarro,
non ci avevo mai riflettuto...' gli chiarì, terminando, con gusto, l'ultima
fetta di pizza.
'Per piacere, raccontaci qualcosa di te e, soprattutto, come fai a
sopportare questo qui' il Capitano, interrompendoli, si riferì all'amico
storico, che da qualche mese frequentava la ragazza molto graziosa sedutagli di
fronte.
James non si era voluto sbottonare, come fosse il segreto del
millennio, ma Steve aveva compreso che fra i due non ci fosse del tenero. E ne
aveva avuto la conferma, vedendoli assieme, ora che lei parlava con Bruce a
manetta, ricambiata, e James, viceversa, litigava con l'osso della sua
bistecca. Sapeva bene che atteggiamento assumesse Buck, quando corteggiava una
femmina che gli piaceva: dedusse che avessero esclusivamente un rapporto
amicale, il che lo incuriosì ancora di più.
Brooke, di sottecchi, scrutò Stark e Barnes, non sapendo fino a quale
punto potesse sbilanciarsi. Ripeté, con pochi particolari aggiunti, quanto
Bruce già sapeva.
'Ci ha presentati Tony, che è in affari con la mia famiglia, e ci
vediamo saltuariamente. Sono laureata in biologia e sto prendendo una seconda
specializzazione in Storia dell'arte. Sono appassionata di pittura e scultura,
a casa ho un piccolo studio dove mi diletto a creare busti e volti in creta,
con le mani, per lo più'.
Da lì, gli Avengers, interessati, ancorché non fosse il loro campo, si
imbarcarono in una lunga disquisizione sulle arti figurative, che terminò al
sopraggiungere del carrello dei dolci, trascinato dell'addetto.
Erano talmente sazi della cena che soprassedettero al dessert, per
prendere solo un caffè, prima di scendere al piano inferiore, quello della
discoteca, un locale nei toni del nero laccato e del rosso acceso, con lampadari
di cristalli sfaccettati e luminosi di grandi dimensioni, accanto a un bar
preso d’assalto dai numerosi clienti.
Brooke e Nat poggiarono le giacche sul divano riservato ed andarono,
immediatamente, verso la pista, già gremita. La musica era favolosa e coinvolgente
e si scatenarono insieme.
'Niente male...' Thor fece l'occhiolino a Barnes, ammiccando, dopo
aver rimirato la Brown che danzava.
'Point Break...finiamola coi doppi sensi. Siamo amici, te l'ho detto
decine di volte, sei noioso' sbuffò Bucky, scocciato, chiamandolo col
soprannome affibbiatogli da Iron Man anni prima.
'Meglio ballare vicino a loro, per evitare corteggiatori troppo
insistenti; in questo genere di locali c’è di tutto ed è facile che qualcuno
che abbia alzato il gomito o che sia semplicemente troppo insistente, le
importuni' Tony segnalò la presenza di un gruppetto di ragazzi, che aveva
circondato la Romanoff e la Brown, che continuavano a dimenarsi sensuali, al
ritmo delle canzoni passate dal dj.
'Lo credo, sono splendide. Non mi preoccuperei...parliamo di Vedova
Nera che sa difendersi da sola, devi temere per l'incolumità dei poveretti!'.
Bruce minimizzo…il suo problema era non riuscire a togliere a Brooke gli occhi
di dosso.
Emanava freschezza, soavità, era lo sfolgorio della giovinezza ma
anche qualcos'altro. Non avrebbe saputo spiegarlo, si trattava di una
percezione personale che aveva avuto a pelle. E lui difficilmente sbagliava nel
giudicare il prossimo; aveva una delicatezza che lo contraddistingueva, che gli
permetteva di comprendere lo spirito e l'essenza di chi aveva di fronte.
Probabilmente, l'essere spettatore e non parte attiva nella vita
sociale, da cui si era ritratto e estraniato fino a diventare un eremita, aveva
contribuito a acuirne la sensibilità.
Tant'e'...Brooke Brown era speciale.
Inaspettatamente, gli sembrò che anche lei lo cercasse, con la coda
dell'occhio, e, caspita, nel modo in cui la femmina puntava il maschio nel
periodo dell'accoppiamento. Gli venne in mente uno strano paragone con quanto
avveniva in natura, fra gli moltissime specie animali, riflettendo che i
preliminari amorosi dei bipedi non fossero particolarmente differenti.
Posto che entrambi non erano bestie...beh...nel suo caso, la
bestialità forse non innata, si era innescata nel DNA, con le modifiche
strutturali conseguenti l'esposizione ai raggi gamma durante un esperimento non
proprio riuscito. Riuscitissimo, a dire di Stark!
Forse assomigliavano ai protagonisti de 'La bella e la bestia', una
favola dal finale felice; non era la sua storia e non lo sarebbe stata mai. Per
lui, il destino aveva in programma solitarie serate: chino sui suoi libri,
mangiando un pasto surgelato dal contenitore d’alluminio… non una donna, tanto
meno una ragazza così attraente.
Provò a allontanare un simile pensiero; era impossibile che la
creatura incantevole che gli danzava di fronte avesse il benché minimo
interesse per lui.
'Se succedesse qualcosa di strano all'adorata ed unica figlia, Robert
Brown mi ucciderebbe...e non mi salverei nemmeno con l'armatura di Iron Man,
credimi!' una grattatina al pizzetto, Tony lo destò dal suo torpore e lo
sollecitò a accompagnarlo sulla pista 'Andiamo noi due, siamo sufficientemente
adulti da spaventare i ragazzotti, e gli altri sono davvero in fase digestiva
da Maalox' mandò un'occhiata a Steve, Bucky e Thor, semi allungati sui due
divani prenotati, con un'aria al limite dell'insonnolito.
'Sono un pezzo di legno e avulso da qualsiasi ballo...' segnalò il
professore, seguendolo, comunque, nonostante le scarse capacità atletiche e fisiche,
attirato dal fluido magnetico della moretta che, accaldata e sorridente, lo
accolse, con una battuta 'Ce l'hai fatta...Sei un tipo che ama farsi pregare,
Banner? Meglio che lo sappia dall'inizio...'.
Dall'inizio di cosa? Si chiese
Bruce, scuotendo la testa e piazzandosi vicino a lei. Tony si era lanciato in
una sequenza di passi assurdi e si esibiva con Nat, che gli stava dietro e
accondiscendeva alle sue scemenze.
Certo, suo fratello scienziato aveva avuto ragione...i bellimbusti che
avevano puntato le loro due amiche si erano allontanati, di gran lena.
'Dammi la mano e segui me...ti insegno, è semplice' con tranquillità,
la Brown lo spostò verso di sé e gli mostrò come muoversi. Non si trattava
nemmeno di figure particolari, soltanto di un mero tentativo di farlo
sciogliere 'chiudi gli occhi e prova a farti trascinare dalla musica, a
sentirne le vibrazioni' gli suggerì.
Lui obbedì; cullato dalle note, dall'unione delle loro mani,
percependo nelle narici la commistione particolarmente seduttiva tra il profumo
dolciastro di sandalo e vaniglia e un accenno di sudore femminile, si rilassò,
trovando un suo ritmo.
'Bravo, così' Brooke lo spronò ancora e stavolta si scatenò sul serio,
una canzone via l'altra, fino a rimanere senza fiato.
'Devo bere, sono troppo vecchio per questa roba' le indicò il bar, per
dirigersi lì, a passo svelto 'sto morendo di sete...'.
'Pure io. Non mi sono mai divertita tanto, però...' sistemandosi i
capelli umidi, prese l’analcolico alla frutta passatole dal cameriere,
trangugiandolo, mentre si spostavano in un lato della sala più appartato,
lontano dall'attenzione dei colleghi.
Banner, in silenzio, bevve il proprio drink tutto d'un fiato,
percependo, tuttavia una strana atmosfera. La liberò dal bicchiere di vetro
vuoto per poggiarlo sul vassoio dell’inserviente che li stava ritirando,
unitamente al suo. Un leggero tremore scaturì dal contatto delle loro mani nel
frangente...sentì quelle di Brooke posarsi sulla sua vita, poco sopra la
cintura e, lentamente, risalire verso il torace, il viso a pochi centimetri dal
proprio, con gli occhi celesti fissi nei suoi.
Lo guardava, languida ed in attesa, con la bocca socchiusa, in maniera
estremamente sexy.
I polpastrelli erano arrivati al suo collo, e non le aveva ancora
detto una parola. Era teso, irrigidito e imbalsamato, la gola secca nonostante
il recente abbeveraggio. Lo aveva desiderato da tutta la sera, ed ora se la
faceva sotto, per molte ragioni diverse.
Fu l'attrazione a guidarlo, più il corpo che la mente. Istintivamente,
la prese per i fianchi per stringerla a sé, pur se non avrebbe dovuto.
L'indice della mano destra di lei, in quel preciso istante, arrivò al
proprio volto, e si poggiò all'angolo delle labbra, iniziando a percorrerne il
perimetro.
'Oh...' emise un gemito, sospirando, coi jeans che diventavano
insopportabili da tenere addosso, per la brama prorompente che gli aveva
provocato.
'Mi piaci tanto, professore...' Brooke sussurrò, catturata dalla loro
vicinanza.
‘Anche tu, sei favolosa...ma giovanissima...io...non posso' quasi
balbettò e tentò di respingerla, razionalmente, col poco autocontrollo di cui
ancora disponeva.
Lei mormorò, angelica 'Se non mi vuoi, dimmelo adesso e smettiamo' ciò
che non abbiamo nemmeno iniziato, finì la frase mentalmente, vedendolo
cedere al desiderio ed aprire le labbra, per unirle con le sue.
Morbide e delicate, si mossero sulle proprie, per qualche secondo, fin
quando lei si fece audace e insinuò, leggera, la punta della lingua nella sua
bocca, scatenando in entrambi un incendio di sensi. Avevano scoperchiato
insieme il vaso di Pandora, ed il tappo era saltato via in un lampo…non ci
avrebbe fatto più ritorno!
Si ritrovarono con le lingue aggrovigliate e il bacetto innocuo e a
stampo divenne un lunghissimo bacio appassionato, con i loro corpi avvinghiati,
vicendevolmente, in maniera viscerale, presi l'uno dal sapore altrui, quello
personale degli umori unito al gusto tropicale delle bevande consumate…un
contatto torrido e quasi soffocante.
Le braccia di lei cingevano il collo di lui, quelle maschili le
carezzavano la schiena, nell’adorabile scoperta iniziale del fisico del
partner. La bruna si sciolse in un desiderio mai provato, con un languore che
veniva dal profondo del suo essere, il professore aprì un lieve spiraglio della
porta affacciata su un paradiso pericolosamente disponibile.
Furono solo un paio di minuti, che durarono un'eternità, interrotti
dal briciolo di sale in zucca di Banner, che ritrovò anche un pizzico di
razionalità; ogni ingrediente a piccole dosi, quanto basta, come in una ricetta
culinaria da non terminare 'Brooke...non dovevamo...è sbagliato' con dolcezza,
se ne staccò, a malincuore, allontanandola da sé.
'Una cosa tanto bella non può essere sbagliata...sei uno
scienziato...non ti pare un'eccellente teoria? Aspetto le tue
confutazioni...sono sicura non ne avrai' lei commentò, senza ulteriori
insistenze, con un'espressione seria, tornando, silenziosa, verso i divanetti,
dove il gruppo si era ricostituito al completo, con Stark e la Romanoff che,
stufi di ballare, consumavano le proprie bevande, chiacchierando con gli altri.
Bruce la seguì, terribilmente in imbarazzo. Aveva la sensazione che
chiunque lo avesse guardato in faccia, avrebbe capito l'accaduto, soprattutto i
suoi amici. Sedette accanto a Thor, confuso, toccandosi le labbra; erano
arroventate, come le sue guance. In petto, lo strazio di aver dovuto respingere
Brooke.
Quest'ultima scambiò qualche battuta con Bucky e Steve, finché la
Vedova espresse l'intenzione di tornare a casa, riprendendo il chiodo di pelle
'Bei ragazzi, ho un'età e già so che dovrò passarmi più volte il copriocchiaie,
domani...sto diventando decrepita!'.
L'asgardiano e Tony le proposero di condividere un taxi, dirigendosi
verso l'uscita e la russa acconsentì di buon grado.
Al momento di accomiatarsi, coi tre che salutavano, muovendo le mani
dal finestrino abbassato dell'auto gialla, Barnes e Rogers dettero per scontato
che il professore avrebbe riaccompagnato la Brown, come all’andata, indossando
i caschi e salendo in moto 'Buonanotte!' bofonchiò il Capitano, sovrapponendosi
alla voce di James 'Ti chiamo domani, Brooke! Ciao, Banner!' in men che non si
dica, volarono via, con una sgommata.
Bruce fissò le punte delle scarpe da ginnastica, muto.
'Ti tocca, mi spiace...' la bruna bisbigliò, dispiaciuta del suo
rifiuto. Era un uomo meraviglioso, sapeva di essere, non aveva bisogno di
apparire e questo lo rendeva irresistibile ai suoi occhi.
'A me no...' gli uscì spontaneo 'mettiti la giacca, fa freddo'. Prese
l'indumento che lei teneva ripiegato sul braccio e lo aprì, affinché lo
indossasse, galante.
'Grazie' la ragazza girò il volto indietro, incrociandone gli occhi
scuri, in preda alla forte emozione della sua prossimità.
'Andiamo' Banner indicò il parcheggio dove aveva lasciato il
Maggiolino, camminandole di fianco.
Le loro mani, dopo un primo sfioramento iniziale, si unirono, come per
magia, inevitabilmente.
'Ho letto su una rivista che gli spazi tra le dita delle mani di
ciascuno di noi sono stati creati per essere riempiti da quelle di un'altra
persona…con una soltanto combaciano perfettamente' commentò Brooke, con uno
sguardo intenso 'adesso ho compreso il reale significato di quelle parole, fra
le nostre non ci sono spazi…'.
'Brooke...' decine di concetti gli volteggiavano nel cervello a
velocità folle, come in frullatore. Si zittì, preso dal momento tenero e
romantico.
All'auto si separarono, per sedersi ai rispettivi posti. La bruna, non
appena lui mise in moto ed uscì dalla rimessa, accelerando e passando in
seconda marcia, poggiò la sinistra sulla sua destra, che stringeva il cambio,
con una richiesta esplicita 'Vai piano, per favore, così il tragitto durerà più
a lungo'.
Il professore obbedì, spostandosi nella corsia laterale e tenendo una
velocità moderata. Il tempo, tutto a un tratto, era diventato il bene più
prezioso che possedeva.
Terminato un viaggio fatto di silenzi che parlano, di occhiate più che
espressive e di falangi saldate, giunsero davanti al portone del palazzo di
Park Avenue.
L'uomo si fermò sulla carreggiata opposta; aveva meditato a lungo su
cosa dirle, senza cavare un ragno dal buco, oscillando fra la speranza di
strapparle un appuntamento per rivederla e la certezza di doverla salutare in
via definitiva, data l'impossibilità oggettiva di una loro frequentazione.
'Bruce...' lo interruppe nelle farneticazioni mentali, sbattendo le
lunghe ciglia e rivolgendoglisi, con amabilità infinita 'conosci la storia del
primo bacio?'.
'Ehm, no. Tu sì. Immagino che fra due minuti la saprò' fece una
battutina, nervoso. Dove voleva arrivare?
'Pare che il primo bacio sia splendido...il secondo...migliore!'
spostò il capo verso di lui, che non si trattenne. Le prese il viso fra le
mani, incantato dagli occhioni cerulei, leccandole le labbra, che si
incollarono alle sue, in un valzer di lingue ed umori, dolce come il miele.
La sentì fremere e vibrare al loro contatto, che cercò maggiormente
cingendolo con le braccia, come la volta precedente, l'unica, con la destra
affondata nei riccioli sale e pepe, i morbidi boccioli che gli premevano sulla
t-shirt, come una piacevole tortura che gli stava infliggendo.
Senza respiro, affannato, la liberò dal suo avvinghio, e lei scese dal
Maggiolino, con un sorriso splendente, incredibile...gli parve la perfezione
assoluta...lo impresse nella memoria, per non scordarlo, per portarlo con sé,
certo che le ore appena trascorse fossero state un episodio isolato, che tale
sarebbe rimasto. Un pezzetto di favola, forse mezza pagina.
Brooke lo stupì, di nuovo. Non gli fece promesse, non gli lasciò il
suo numero di telefono. Prima di chiudersi lo sportello alle spalle, mormorò,
semplicemente 'Non sono mai stata tanto bene con qualcuno. Grazie, Bruce!'.
Impedendogli di replicare, andò verso il portone, senza voltarsi
indietro.
'Anche io' Banner rispose ad alta voce dall'abitacolo, dove era
rimasto solo, seguendo la figura femminile con la giacca rosa, che spariva,
nella notte newyorkese.
Se avesse alzato lo sguardo verso l'alto, avrebbe notato Sheila Brown,
in vestaglia, affacciata alla terrazza del suo lussuoso attico: aspettava il
ritorno della figlia e assistette all’inverosimile scenetta, con gli occhi
sgranati.
***
N.d.a.
Spesso l’ispirazione di una storia è nata dal desiderio di
approfondire una sfaccettatura dell’amore, sfruttando la mia passione per gli
Avengers, che li ha visti poi protagonisti dei racconti: il sentimento per
qualcuno già impegnato (The Hawk), la passione alla stato puro (Avenger’s sex
tape), un’amicizia legata all’intimità che si trasforma in altro (Stella
d’argento), e via così.
‘Little Witch & Hulk’ racconta di un legame fra persone con una
grande differenza d’età, un amore comunque intenso, senza confini anagrafici;
il protagonista maschile è Mark Ruffalo, nelle vesti di Bruce Banner-Hulk.
E’ stata una sfida ulteriore, poiché è la prima volta che mi sono
ritrovata a scrivere di un personaggio che mi piace e che conosco, per cui
tuttavia non nutrivo particolare passione. Nutrivo…Infatti, nel corso delle pagine,
me ne sono invaghita, grazie al nodo amoroso instauratosi, per magia, fra il
professore schivo, educato e tenero e la dolce Brooke. Il loro rapporto mi ha
molto toccato, come mai.
Segnalo che, cronologicamente, l’ambientazione della storia è tre anni
post sconfitta di Thanos, che i Vendicatori sono sopravvissuti al Titano Viola
al gran completo e che i genitori di Brooke, Robert e Sheila Brown hanno, nella
mia testa, il viso, rispettivamente, degli attori Patrick Dempsey e Michelle
Pfeiffer.
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Capitolo 2 *** Colpi d'incanto ***
2 Colpi d'incanto
‘Grazie del passaggio, Happy!’ Brooke salutò il fedele autista e
assistente personale di Stark, ferma sul portellone aperto del piccolo e
sofisticato aereo che l’uomo aveva fatto atterrare.
‘Di niente, signorina Brown. Sergente Barnes, buonasera…e si ricordi
che Tony vuole che la riporti sana e salva’ laconico, Hogan - di stazza
notevole, il viso rotondo e simpatico, vestito con un elegante e formale abito
scuro - fece calare la scaletta del velivolo, uno sguardo corrucciato al
braccio bionico ed al mitragliatore di James, con cui non correva buon sangue.
Era sempre l’assassino dei genitori del suo datore di lavoro, ancorché, in un
tempo passato, inconsapevole e burattino nelle altrui mani!
‘Oggi non è il giorno per morire!’ Bucky, scaramantico e spavaldo -
indosso l’uniforme da combattimento sagomata, blu nella parte superiore del
corpo, nei pantaloni con le tasche - scese per primo, sulla terrazza di un
palazzo in pieno centro di Lagos, la città africana in cui Stark, il direttore
delle operazioni degli Avengers, novello Fury, li aveva spediti, in appoggio a
questi ultimi.
Iron Man aveva titubato fino all’ultimo; la missione era molto
pericolosa e una mano avrebbe fatto comodo…anzi due, nel caso di Brooke. Contro
un nemico forte e parzialmente conosciuto, più si era e meglio era, ovviamente.
Aveva, tuttavia, dubitato sulle capacità della ragazza, per la quale auspicava
un battesimo del fuoco meno complesso. Alla fine si era convinto, spronato da
Barnes, che aveva garantito per lei.
‘Seguimi’ James le aveva indicato una porta che conduceva alle scale
di sicurezza della struttura, che avevano percorso in fretta ‘io e te saremo di
copertura ai colleghi. Li affianchiamo, e li proteggiamo in caso di bisogno.
Come soggetti passivi. E non attacchiamo. Ti è chiaro?’.
‘Bucky, lo hai ripetuto cento volte. Sì, ti giuro che ho capito e…non
sono nervosa’ un paio di leggins ed un dolcevita neri, stivaletti tipo anfibi,
gli si era messa alle calcagna.
Si erano ritrovati in strada, in quello che pareva un bazar a cielo
aperto, una bancarella dopo l’altra, zeppo di clienti che facevano la spesa al
mercato, in una confusione incredibile di aromi e di suoni. Uno su tutti,
un’esplosione da ovest. Si girarono, il tempo di scorgere il Capitano Rogers -
in tuta azzurra attillata, all’altezza del petto una stella grigia chiara -
che, perso lo scudo, veniva giù da un tetto, inseguito da un uomo che indossava
un’armatura metallica particolare.
Dall’altro lato della piazza in cui si trovavano, altre grida
indirizzarono la loro visione ad un inseguimento che vedeva protagonisti la
Romanoff, Thor e…Brooke aggrottò le sopracciglia…un essere dalle sembianze
umane, alto almeno il doppio di una persona normale, coperto dalla vita alle
ginocchia di ciò che rimaneva di un paio di jeans, la pelle di uno strano verde
brillante…Bruce Banner, trasformato nella creatura che aveva preso il nome di
Hulk, minacciosa, sconvolgente…e…bellissima. Il fascino di una diversità
spiccata la ammaliò...il suo cuore perse un battito!
‘Dormi? E’ soltanto Banner…non ti farà nulla…andiamo’ James,
interpretando erroneamente i suoi ragionamenti, le dette un colpetto sul
braccio con l’impugnatura del mitragliatore, per spronarla a correre dietro di
sé.
Si precipitò, con lui, in scia ai tre, in tanto che Natasha, raggiunto
il ragazzo di colore che puntava, iniziò una colluttazione difficoltosa, in
mezzo ai passanti, che la fissavano, incuriositi e spaventati.
Arrivati limitrofi alla scena, si fermarono.
Thor, mantello rosso e corazza scura, Mjollnr alla mano, notò la loro
presenza ‘Che diavolo ci fate qui? Soprattutto lei! Come ti è passato per la
testa di portarti dietro la tua ragazza, Barnes?’.
‘E’ un ordine di Tony. Non è la mia ragazza, è una…collega’ ribatté,
sgarbato.
L’asgardiano scosse il capo: Brooke non era nemmeno armata, sai che
aiuto! Poi si concentrò sul lavoro ‘Abbiamo lasciato il tipo alla Vedova,
l’oggetto da recuperare è piuttosto delicato e io e il mio socio siamo due
caterpillar’ con un movimento della spalla, indicò Hulk, dieci passi dietro di
sé, rimasto a bocca aperta alla visione della Brown.
Pur se trasformatosi, era in grado di utilizzare perfettamente la
propria coscienza.
Erano passate due settimane, dalla serata in discoteca, e non si erano
più incontrati. Aveva pensato continuamente a quanto accaduto fra loro, ai baci
che si erano scambiati, all’emozione del loro contatto. Era spaccato a metà; la
parte razionale di sé gli aveva impedito di chiedere a Tony e a Bucky il suo numero
di telefono, o di piazzarsi sotto casa sua, con la speranza di vederla uscire
per caso, o magari di mandarle dei fiori.
La parte romantica e sognatrice si sarebbe buttata, avrebbe tentato di
rintracciarla per comprendere se esistesse la possibilità di prendere un caffè
insieme, come all’inizio di un regolare corteggiamento. Riflettendo che il
corteggiatore aveva il doppio degli anni della corteggiata e l’età di suo
padre, aveva desistito da qualsiasi ulteriore approccio, vergognandosi, a tal
punto da non averne accennato neanche a Stark, suo confidente e amico più caro.
Lei lo stupì ancora, salutandolo, come nulla fosse 'Ciao, Bruce'.
La creatura si limitò a alzare la mano, contraccambiando,
concentrandosi sui movimenti di Nat, impegnata a sferrare colpi al suo
avversario e, nel contempo, a tentare di preservare l'integrità della fiala che
quello teneva stretta nella destra.
'E' ciò che penso?' chiese James, allarmato.
'Sì' a mezza bocca, il biondo confermò 'l'arma batteriologica che
hanno rubato...con una goccia, saremmo tutti fuori gioco...e non solo noi'.
'E non sarebbe una goccia...' l'altro borbottò.
In un attimo, si ritrovarono spiazzati e nel panico. All'ultima botta
che la Romanoff aveva dato al ragazzo di colore, il contenitore di vetro era volato
verso l'alto, in mezzo alle loro due teste.
Il malvivente aveva placcato la Vedova a terra, avvinghiandola in una
danza di guerra.
Agghiacciato, Hulk fissò la fiala che stava per infrangersi al suolo,
come al rallentatore.
'Brooke...ora!' Bucky strillò all'indirizzo della Brown, che, con la
coda dell'occhio, Bruce aveva osservato muovere le dita delle mani davanti a
sé, le iridi azzurre che avevano acquistato una strana sfumatura tendente al
lilla chiaro, quasi sul rosato.
Una piccola sfera dello stesso colore le si materializzò fra l'indice
ed pollice e, velocissima, volò verso la provetta, avvolgendola, e tornando
indietro verso la bruna, che l’agguantò, facendo scomparire la nuvoletta
purpurea.
Immediatamente, consegnò la fiala a Bucky, che la ripose nella tasca
interna della sua tuta da combattimento, sul petto, sotto lo sguardo attonito
dei presenti.
Natasha approfittò del momento di distrazione, per sferrare un calcio
volante agli attributi dell'avversario che, senza fiato, cadde a terra, il tempo
per essere colpito in testa da Thor, col martello.
'Molto ben fatto!' si complimentò Barnes, intanto che Banner ragionava
sul gesto della ragazza affascinante sulla cui bocca era quasi stecchito.
Era stata la nuance della palla di energia da lei creata che lo aveva
incuriosito, la stessa del medicinale che le aveva visto ingurgitare durante la
cena consumata assieme. La scarsa loquacità di Bucky, di Stark e della diretta
interessata sulla loro conoscenza, e più del resto, lo sguardo di Robert Brown,
ne avevano stimolato la deduzione da scienziato: una mezza idea dell'origine
del suo potere l'aveva. Quanto potesse essere immenso...no.
Bloccato sulle proprie riflessioni, alzò gli occhi su Brooke. Era
intimidita e spaventata, al centro di un'attenzione non voluta, e perdeva
sangue dal naso e da un orecchio.
Con un grugnito, Hulk indicò le gocce rosso scuro che le solcavano il
volto pallido, preoccupato.
Lei minimizzò 'Non è nulla, un effetto collaterale dell’uso del
colpo!'.
'Muoversi, supporto al Capitano' l'asgardiano segnalò la colluttazione
che vedeva coinvolto Steve e l'uomo mascherato. Più tardi, avrebbe indagato
sulle capacità della ragazzina, era allergico alle sorprese inaspettate.
'Chi diavolo è?' chiese la Brown, avvicinandosi con gli altri e
riferendosi al nemico.
'E' Brock Rumlow; era un agente dello S.H.I.E.L.D., a suo tempo,
faceva parte di una squadra chiamata Team STRIKE. Si è scoperto che fosse una
talpa dell'Hydra. E' rimasto gravemente ferito, ma è sopravvissuto, dopo gli scontri
al Triskelion di Washington. I nostri informatori ci hanno comunicato che fosse
qui, col suo gruppo, per rubare l'arma biologica che dobbiamo recuperare; ne
avevamo perso le tracce da più di dieci anni' spiegò Bucky.
'Si fa chiamare Cross Bones' aggiunse Thor; l'appellativo era
azzeccato, stante l'armatura con un pettorale molto pronunciato su cui spiccava
una x formata da due ossa incrociate, un elmetto inquietante con soli due fori
per gli occhi, un mitragliatore nella destra e una sorta di sega elettrica
piccola e sofisticata nella sinistra. Era chiaramente dotato di una potenza
fisica fuori dal comune, giacché teneva testa a Rogers, in estrema difficoltà.
'Ti sei sforzata a sufficienza, rimani qui, nelle retrovie' Barnes
ammonì la bruna, spostandosi, più limitrofo al fedele amico, sentendola
annuire.
Il problema della gestione del conflitto era esclusivamente uno: lo
zaino che Cross Bones si portava dietro, e che conteneva un quantitativo di
siero instabile e più che pericoloso, maggiore della fiala del liquido letale
che avevano già ripreso.
Il Capitano - sul cui torace Rumlow cercava di poggiare la sega in
funzione - con un colpo da maestro, lo disarmò, e, con un altro, fece volar via
l'elmo metallico, scoprendogli il viso massacrato da profonde ustioni malamente
cicatrizzate.
L'ex agente spostò lo zaino che aveva sulle spalle davanti a sé,
aprendolo e mostrandone il contenuto: oltre alla decina di provette che si
aspettavano, un ordigno di piccole dimensioni. Minacciò, spavaldo, innescando
il detonatore 'Andrò all'inferno, ma certo non da solo, Rogers!'.
Si girò, rimirando con un sorrisetto compiaciuto prima i numerosi
clienti del mercato, più distanti, poi gli altri Avengers che lo avevano
circondato e che nulla avrebbero potuto per fermare la detonazione in un
intervallo di tempo tanto breve...il mostro verde in testa, che era anche il
più vicino.
Banner si sentì inutile, nella circostanza specifica; la furia in sé
proprio non aiutava...sarebbe servito un miracolo. Maledisse di non poterlo
mettere in pratica, chiedendosi se esistesse un modo per preservare la salute
degli astanti e di coloro che, per decine di miglia quadrate, sarebbero rimasti
intossicati dalla tossina mortale portata dal vento.
Dovette ammettere con se stesso che gli interessasse dell'incolumità
di una persona più delle altre: la tenera Brooke, ancora nel fiore degli anni.
Fu fortunato che lei avesse la sua medesima priorità. Si era fatta
strada fra i neo-colleghi, non appena aveva intuito le intenzioni di Rumlow, il
corpo gigante di Hulk negli occhi, a un metro dallo zaino.
Dimentica dell'avvertimento di James, tentò di ritrovare il vigore
perduto nella creazione del precedente campo di forza. Gli occhi cangianti del
solito rosato, il sangue che gocciolava dal naso, mosse le dita, generando una
palla di energia molto più grande, che abbracciò completamente l'uomo, lo
sollevò in aria e lo trasportò in alto nel cielo, sopra le loro teste, appena
in tempo perché udissero il boato dell'esplosione attutita e vedessero il
fisico del nemico disintegrato in minuscole particelle, che furono
letteralmente assorbite dalla sostanza rosa di cui la sfera era formata,
insieme al siero letale polverizzato ed inattivo.
La Brown si sentì mancare, accasciandosi verso il suolo, che non
toccò, sorretta dalle braccia di Banner, che l'agguantò come una piuma,
precipitandosi con lei, e gli altri al seguito, nella zona più isolata dove
erano atterrati col Quinjet, per accertarsi delle sue condizioni. Era stretta
fra i suoi enormi bicipiti verdi e per nulla spaventata, anzi, rassicurata.
'Mettila giù, Bruce, ce ne occupiamo noi!' lo esortò Steve,
inginocchiandosi, immediatamente, accanto alla ragazza, debole ma cosciente.
'Maledizione, Brown, ti avevo detto di rimanere in disparte, cos’è che
non hai afferrato delle mie parole?' Bucky, in pena, la rimproverò, alle spalle
un evidente e significativo grugnito di Hulk.
Li aveva salvati, loro e molte altre vite, non era il momento per gli
ammonimenti.
'Ne parleremo più tardi, te la senti di tornare a casa?' domandò
Barnes, porgendole la mano per aiutarla a mettersi in piedi.
Lei annuì, vedendo Banner in preda a uno strano sussulto, che si
scansava dal gruppo. Fece cenno a James di aspettare: voleva osservarne la
trasformazione, avendo compreso che stesse per riprendere le sembianze umane.
Fra molti spasimi e gesti inconsulti, sbattendo il corpo, che man mano
diventava più piccolo, da una parte all'altra, il colorito che da verde sfumava
verso il candido, il professore riemerse dall'oblio. Steso sul terreno a pancia
in sotto, ansimante e sudato, i vestiti slabbrati indosso, faceva anche lui
fatica a risollevarsi.
I colleghi, avvezzi alla scena a cui avevano assistito molte volte,
non si scomposero; Natasha gli portò una coperta termica, recuperata nella
stiva del velivolo, e, aiutatolo a rialzarsi, gliela poggiò sulle spalle.
Banner ci si avvolse completamente, colto da un forte attacco di
brividi che non pareva interrompersi, e si resse, con difficoltà, al corrimano
della scaletta dell’aereo, salendo i gradini, con estrema lentezza, davanti a
sé la sagoma di Brooke che andava su prima di lui; si era voltata, spesso,
impensierita per il suo stato, carinamente, ma era a tal punto provato da non
poter abbozzare nemmeno un sorriso.
Si accomodò sul pavimento della parte posteriore del Quinjet, come
d’abitudine in quei frangenti, forte della riservatezza del team, che lo
lasciava sbollire per conto proprio. Allungato, si posizionò di fianco, il
tempo per vedere la Brown metterglisi accanto, in mano un paio di asciugamani
di spugna bianca. Con uno si tamponava l’epistassi dal naso, con l’altro gli
asciugava il sudore di cui era impregnato.
‘Lascia stare’ le bisbigliò, senza voce.
Lei sembrò non sentirlo e continuò, dedicandosi al suo petto colmo di
goccioline dorate, un torace ben definito e ricoperto di una folta peluria
scura, molto maschile. A Brooke parve una connotazione particolarmente erotica.
Tentò di non mostrare il proprio turbamento ‘Come ti senti?’.
‘Come sempre…tu?’.
‘Stanca…sto benino, nel complesso’ segnalò, laconica, in attesa delle
sue domande.
L’uomo fu tanto sensibile da non porle. Non era il tipo. Stante
l’astenia e la crisi post trasformazione, riuscì a concentrarsi ‘Ricordami la
storia degli spazi tra le dita delle mani…’ sussurrò, prendendole la destra e la
unì alla propria sinistra, intuendo ciò di cui avesse necessità in
quell’attimo…tenerezza, affetto e senso di normalità.
Grata, Brooke abbozzò un sorriso, posando le lavette a terra.
‘Chi sei? Cosa sei?’ Thor, in piedi sopra di loro, la squadrava, in
cerca di risposte concrete ‘Una dea? Vieni da uno dei Nove Regni che non sia
Midgard?’. Il tono usato non era affatto cordiale, bensì scocciato,
inquisitorio.
‘Principe, stai esagerando’ intervenne Barnes, seduto dietro a Rogers,
che, alzando il tono della discussione, preoccupato, prese, anzi, le parti
dell’asgardiano ‘Buck, Point Break non ha torto; l’hai portata fra noi, senza
avvertirci né raccontarci la verità, come niente fosse, prima alla cena e poi
oggi. Non mi piacciono i sotterfugi, soprattutto nel nostro lavoro’.
'Meritiamo una spiegazione!' la Romanoff li esortò a parlare.
Udirono la voce di Tony, in collegamento da New York, e videro il suo
volto proiettato sul vetro del muso del jet, in trasparenza, per non creare
problemi ai due piloti, il Capitano e Vedova Nera 'Ragazzi, scusate, è stata
colpa mia' sospirò 'avevo chiesto a Bucky e a Brooke di non raccontarvi nulla,
e organizzato la serata al Lavo restaurant & underground club per
farvela incontrare, con un basso profilo. Volevo aspettare ancora un po' per
farla combattere insieme a voi; ho pensato che oggi avrebbe potuto farvi comodo
e Barnes mi ha convinto che potesse affiancarvi'.
La Brown guardava Bruce, in attesa della verità. Sarebbe stato opportuno
che lei stessa avesse fornito le spiegazioni richieste. Non si era mai
vergognata di ciò che era e non avrebbe iniziato ora.
Fissò gli occhi scuri ed attenti del professore e rassicurata dal
sinolo delle loro mani, iniziò, mettendosi a sedere 'Alla nascita, mi è stata
diagnosticata la distrofia muscolare, una patologia degenerativa. Ogni paziente
è a sé; c'è chi ha un'esistenza quasi normale, con lievi tremori o blandi
problemi ai tessuti. Per altri, purtroppo, il corpo è compromesso, già in
giovane età.
Significa sedia a rotelle, respirazione artificiale, alimentazione
assistita e zero autonomia. Io ero così. A dieci anni ebbi un peggioramento
significativo: vivevo attaccata a un polmone artificiale. Ero una specie di
vegetale, con una coscienza; è la cosa più brutta che possa capitare a un
essere umano, avere un cervello attivo in un fisico morto, che non si controlla
più.
I miei genitori non si riuscivano a darsi pace, cure non esistevano.
Mio padre, che è biologo, aveva da tempo iniziato dei propri studi sul male che
mi aveva colpito. E ci è riuscito. Ha individuato i meccanismi neuronali che
interagiscono col gene incriminato ed imperfetto, la cui modifica, in fase
embrionale, provoca la malattia'. Riprese fiato, con gli Avengers che avevano
drizzato le orecchie.
Stark aveva soprasseduto a narrare in prima persona, lasciando la
scena alla ragazza. ‘Continua' Bruce la tranquillizzò, il racconto lo aveva
assai turbato.
L'immagine di Brooke bambina in quel letto di morte e sofferenza era
straziante. Doveva e voleva ascoltare il resto.
'Creò un principio attivo che ricostruiva la parte assente alla base
del deficit neuronale, in casa, nel piccolo laboratorio che aveva messo su
nella nostra sala hobby. Non si trattava di contattare case farmaceutiche per arricchirsi
o avere velleità di premi prestigiosi. Il suo scopo era curare me. Mi
somministrò il principio sintetizzato e, in poco tempo, mi ripresi. Già dal
giorno successivo alla prima dose potevo respirare da sola, parlare...non
potete sapere cosa significò per me.
Non mi alzavo dal letto da dieci mesi...ritornai a camminare ed il
resto, senza effetti collaterali apparenti. In previsione di rimettermi
completamente, mi aspettavano dei semplici trattamenti di fisioterapia.
Ricominciai a vivere. Era stato un miracolo e io e mia madre insistemmo con
papà, affinché il prodotto da lui concepito fosse disponibile per tutti i
malati nelle mie condizioni...'. Si bloccò, deglutendo.
Tony l’aiutò 'Qui entrai in scena io. Robert Brown non è mai stato
avido né cercava l’agiatezza. Ma la fortuna e la caparbietà lo avevano portato
sulla giusta strada, permettendogli di dare una speranza concreta a migliaia di
persone. Venne da me, con il suo lavoro ed il suo principio attivo.
Non aveva voluto interpellare altri imprenditori, si era rivolto alle
Industrie Stark, sapendo che sono un filantropo. Era disponibile a farmi
produrre il farmaco su larga scala, a una condizione: che il suo prezzo fosse
abbordabile, si tratta di una compressa che va presa per la vita, come l'insulina
per un diabetico. Acconsentii, ovviamente.
Seguimmo la via ordinaria prevista dalla Food and Drug
Administration, l'Agenzia americana per i farmaci; iniziammo i cosiddetti trial,
le sperimentazioni in vitro e in vivo sugli animali, fino a giungere a quelle
sugli esseri umani. Avemmo un successo via l'altro, e la pillola rosa fu messa
in produzione…accadde tre anni dopo il giorno in cui Brown si presentò alla mia
porta… solo che...' Stark aveva udito un gemito di Brooke, che intravedeva
seduta…e, diavolo, mano nella mano con Bruce! Come due novelli fidanzati!
La fidanzatina prese un respiro profondo 'Abitavo ancora a Chicago con
la mia famiglia. Avevo appena compiuto quindici anni e da quattro, ogni giorno,
prendevo la mia dose di farmaco; inizialmente le prime pastiglie, sintetizzate
da mio padre, poi quelle prodotte su larga scala.
Durante una passeggiata in mountain bike, sul Lago Michigan - più
precisamente a ridosso dell’Indiana Dunes National Lakeshore, dov’ero in
vacanza con mia mamma - incrociai un'altra ragazza, sul sentiero che stavo
percorrendo. Avevo la precedenza e non volle darmi strada, così iniziammo a
discutere. Trascorso qualche minuto, in preda a una rabbia pazzesca, sentii un
formicolio alla base del cranio' si toccò il collo, sotto i capelli 'le mie
dita si mossero, con i polpastrelli tesi verso la ragazza.
Fu come se un calore dall'interno del mio corpo volesse...uscirne. Non
potei trattenerlo e probabilmente non volli... produssi una piccola sfera
colorata di rosa e la indirizzai contro l'altra… la colpì, sbalzandola dalla
bicicletta. Mia madre, che era con me, mi disse che i miei occhi avevano
assunto la medesima colorazione della sfera...' la voce di Brooke era diventata
un soffio, per l'emozione del ricordo di un evento tanto sconvolgente.
'La stessa della medicina creata da Robert...' evinse Bruce.
Stark confermò le supposizioni di quest'ultimo. 'Esatto, fratello
scienziato! Fortunatamente, la ragazza non si era fatta nulla, il colpo era
stato leggero...Sheila avvertì me e suo marito e ci precipitammo entrambi. Misi
a tacere possibili pettegolezzi sull'accaduto, con un congruo risarcimento, e
subito io e il dottor Brown iniziammo a tentare di capire cosa fosse andato
storto, perché il prodotto era stato distribuito in ogni farmacia del pianeta.
Per di più, la stessa mattina della prima manifestazione dei poteri di Brooke
ci avevano avvisato da Stoccolma che Robert aveva vinto il premio Nobel per la
medicina'.
'Mi hanno sottoposto a centinaia di test...migliaia...' la bruna
bisbigliò, con la mano di Bruce stretta alla morte alla propria 'ed è emerso
che le mie connessioni neuronali, a seguito dell'esposizione al farmaco su un
lungo periodo, avessero prodotto un aumento delle funzioni metaboliche e
cerebrali, in maniera tanto anomala da permettermi di generare campi di forza,
incendi e esplosioni’.
‘Li chiamiamo colpi d’incanto…' Stark si intromise, di nuovo ‘quando
Brooke scoprì la sua peculiarità era assai giovane; durante l’adolescenza, i
poteri erano instabili, complici gli eccessi emotivi, che la condizionavano,
negativamente. I suoi genitori si trasferirono a New York, con la speranza che,
in breve, avremmo trovato una soluzione al problema, nel frattempo tentando di
esporla il meno possibile alla socialità, per evitare incidenti a sé e agli
altri.
Robert Brown, nonostante avesse firmato per una percentuale bassissima
dei diritti sulla vendita del medicale, è diventato uno degli uomini più ricchi
del mondo e ha la possibilità economica di realizzare ciò che
desidera…ehm…segregazione compresa!’.
‘Eufemisticamente, mi hanno recluso in casa; un appartamento splendido
a Park Avenue, una gabbia dorata per l’animale che non sapevano gestire e di
cui avevano paura!’ la bruna mormorò, con amarezza.
Il professore, finalmente ripresosi dalla trasformazione, annuì,
comprensivo; aveva vissuto la medesima condizione, e lui era certamente una
belva!
‘Non dire così! Volevamo proteggerti…’ il miliardario si rammaricò
delle parole udite ‘le abbiamo tentate tutte, addirittura provare a non
somministrarle il farmaco, ma già al secondo giorno, la muscolatura era
scompensata e non riusciva a muoversi. La scelta era tornare a essere un
vegetale, andando incontro a morte certa, rinunciando alla compressa
quotidiana, o convivere col proprio potere. Un potere unico, dacché, per
fortuna, è l’unica paziente che abbia avuto in regalo i colpi d’incanto’.
La Brown sperò di non averlo ferito ‘Scusa, Tony. In fondo, senza la
tua ingerenza, non mi sarei potuta allenare con Barnes e non sarei qui, ma
ancora rinchiusa nella torre dorata’.
‘Cosa c’entra Bucky?’ chiese Rogers.
‘Il nostro capo ha proposto a Brooke di coadiuvarci, nelle operazioni
di lavoro; poi ha dovuto convincere i suoi genitori, contrari all’idea, che
fosse cosa buona e giusta. Il progetto era che mi mostrasse i poteri, per
riuscire a gestirli in battaglia. Ci siamo esercitati insieme, l’ho aiutata
nella comprensione di tattica, disciplina e combattimento. Oggi, però, sei
stata una delusione…’. James la squadrò, a mo’ di rimproverò, voltandosi.
La ragazza non proferì parola e Barnes proseguì ‘Ci hai salvato, noi e
molte altre persone, ma ti avevo dato un preciso ordine, perché ancora non
riesci a dosare le tue potenzialità nel modo giusto per evitare momenti di
crisi o, peggio, di lasciarci le penne. Sei un’arma preziosa, e perderti era un
rischio più grande che la morte dei nigeriani. Devi capire che è necessario
fare delle scelte, e che, a volte, non spettano a te!’.
‘Signori miei, state per atterrare! Ci vediamo fra pochi minuti…ah,
tesoro, ci sono i tuoi vecchi…’ Tony lo disse, ironico, intanto che Rogers e
Romanoff si preparavano alla manovra di discesa, silenziosi come gli altri
occupanti del velivolo che rimuginavano sulla triste storia appena ascoltata.
‘Dovrò prepararmi psicologicamente alla lavata di testa!’ Brooke
ridacchiò, tenendosi alla paratia alle sue spalle, per non essere troppo
sollecitata dalle vibrazioni del Quinjet, facendo un tenero buffetto sul mento
di Bruce che la osservava, sconsolato ‘Che c’è?’ lo interpellò, temendo la sua
risposta.
‘Sono un individuo in lotta con due parti di me stesso, in bilico
perenne fra l’oscurità e la luce; Brooke, qualsiasi cosa faccia nella mia vita
è filtrato dai miei problemi di controllo. Ti capisco più di chiunque altro,
non c’è bisogno che tu finga di stare bene, con me’ era serio, negli occhi due
pozze di tensione.
‘Sto bene, invece, perché ci sei tu…’ lei lo confessò, un battito di
ciglia come ali di farfalla ‘mi stai guardando come un uomo guarda una donna,
non mi vedi mostruosa o strana, ed è ciò di cui ho bisogno. E non perché hai un
alter ego verde che si chiama Hulk…sei così e…siamo attratti l’uno dall’altra,
ci assomigliamo…immensamente. Scendiamo, su!’.
Banner fu travolto dalla sua dolcezza e dallo scompiglio interiore che
le sue frasi avevano causato nella sua mente…nella sua anima, si ritrovò a
pensare, affrontando, uno per volta, i gradini della scaletta dell’aereo. Era
la sintesi della verità, e nero su bianco…della loro verità, per lo meno.
Sgradita e incomprensibile agli occhi dei coniugi Brown che, severi e
angosciati, li aspettavano all'interno dell'hangar della base.
'Brooke, tesoro mio, come stai?' Sheila, elegante in pantaloni neri a
sigaretta e maglioncino di cachemire beige, si precipitò da sua figlia col
cuore in pena, cogliendone la spossatezza.
'Mamma, ciao... bene. Sono soltanto stanca' minimizzò, con gli
Avengers che sfilavano in silenzio, mettendosi di lato; riservati ed avendo
capito l’antifona, preferirono evitare di impicciarsi degli affari altrui.
'Tony, ti avevamo detto che era troppo presto. Non è pronta e forse
non lo sarà mai...' Robert, in abito scuro, era da sempre contrario
all'inserimento della bruna nei Vendicatori e rincarò la dose.
'È già pronta, ha bisogno di essere un po' indirizzata...' Bruce,
accanto, lo enunciò a voce alta, ricevendo uno sguardo di ringraziamento
dall'interessata.
'Banner, non si intrometta! Vi ho visti, sotto casa mia...dubito della
sua imparzialità' inviperita, Sheila fulminò il professore, il cui viso diventò
dell'intera gamma dei colori dell'arcobaleno.
Fu lì che Stark ricevette una folgorazione. Glissando sul commento
della donna, su cui avrebbe indagato a tempo debito, intravide proprio nel
fratello scienziato la risoluzione al problema 'Ho deciso che sarà Bruce ad
affiancare Brooke, al posto di Bucky. Avrei dovuto pensarci prima, hanno
parecchio in comune, la gestione della loro interiorità. Anni fa, dissi a
Banner che l’esposizione ai raggi gamma avrebbe dovuto ucciderlo e che ciò non
avvenne perché Hulk stesso lo aveva salvato, così come il principio scoperto da
Robert ha permesso a Brooke di sopravvivere, regalandole un potere che non è
soltanto una disgrazia’.
Nell’aviorimessa silenziosa, continuò ‘Non si accettano rifiuti da
nessuno di voi, è un progetto troppo importante, non si tratta affatto di un
capriccio' alzò la mano in faccia ai Brown, che iniziavano a opporsi e
strepitare 'il mio team deve andare a fare una doccia e riposare, l'operazione
odierna è stata particolarmente faticosa.
Ci vedremo domani, per parlarne con calma. Vi messaggerò i dettagli.
Buona serata a tutti'. Tony, parlato a raffica, si volatilizzò più velocemente
che con l'armatura di Iron Man, per sviare scontri e musi lunghi.
'Arrivederci' il Capitano si mosse verso lo spogliatoio, con i
colleghi affilati che salutarono la giovane.
Il professore aveva indugiato, incerto, sentendosi ridicolo, ed
impresentabile; era scalzo, coi jeans ridotti a uno straccio ed avvolto nella
coperta termica.
Fu la bruna a dimostrarsi più matura e sciolta. Serena e sorridente,
gli si avvicinò garbatamente e gli sfiorò la guancia, con un bacio innocente
'Ciao...riguardati! A domani!'. Sapeva di avere il fiato sul collo dei suoi
genitori, che non vedevano l'ora di portarla via dal Quartier Generale e
approfittò dei cinque secondi di libertà dalle loro grinfie, per un gesto
affettuoso.
'Buonasera...' Bruce contraccambiò, sotto lo sguardo truce di Sheila,
che lo squadrava come fosse il diavolo in persona. Prima lo aveva beccato a
sbaciucchiare la figlioletta in auto, poi aveva assistito allo spettacolo di
ciò a cui si riduceva post trasformazione. Se ne rammaricò,
immensamente, dandosi dell'idiota.
Si era disinteressato da sempre dell'opinione altrui...ora era
diverso, c'era di mezzo Brooke...quanto gli piaceva! Confermando a se stesso il
sentimento che provava per lei, si sentì come un adolescente alla prima cotta,
durante il tempo in cui raggiungeva gli altri nello spogliatoio e lei lasciava
la base.
Si era tolto la stoffa lacerata da dosso, lentamente, e si era buttato
sotto il soffione dell'acqua calda, nel box limitrofo a quello dove si stava
lavando Rogers, che, pieno di schiuma di shampoo nei capelli, lo apostrofò
'Avere la Brown in squadra sarebbe un valore aggiunto! Che ne pensi...da
scienziato, intendo?'
Su Brooke, ragiono come uomo...e non come studioso; questo avrebbe risposto, se avesse potuto essere sincero. Fu
laconico 'Sì, hai ragione! Vediamo domani cosa tirerà fuori Stark dal capello a
cilindro!' chiuse il discorso, aumentando intensità e temperatura dell'acqua.
Il calore, unito alla piacevolezza della sensazione del bagnoschiuma
sulla pelle, lo aiutò a rilassarsi e a interrompere il flusso di riflessioni ed
emozioni legate alle confessioni della ragazza.
Rimase lì, un tempo infinito, per allungare l'attesa di un ritorno
solitario al suo appartamento, che per lui aveva rappresentato un luogo sicuro,
in cui nascondersi dal mondo esterno.
Per la prima volta, da quando i raggi gamma avevano sconvolto la sua
vita, desiderò aprirsi a un pezzettino di quel mondo...era un pezzettino con un
nome e un cognome...Brooke Brown!
***
Il messaggio di Tony era arrivato in notturna, laconico: nulla più
dell'ora dell'appuntamento del mattino al Quartier Generale.
Nel proprio studio, Brooke, mettendo le mani nella creta da aggiungere
alla scultura che stava realizzando, modellandone il volto, tentava di
ricordare le fattezze del soggetto della propria rappresentazione.
Utilizzare la manualità e l'estro era stato, dall'inizio, il modo che
aveva trovato per esprimere se stessa, ciò che provava, ciò che amava.
Nei lunghi giorni di reclusione, aveva creato, spesso usando la
fantasia o immagini recuperate da libri o su internet, in assenza di modelli in
carne e ossa. Oggi, scolpiva con un'intenzione ben precisa. Guardando
l'orologio appeso al muro, si pulì con uno straccio e si mosse verso la propria
camera da letto, annessa, per vestirsi per la riunione con Stark, l'ennesimo
patibolo da affrontare.
Pantaloni cinque tasche color tortora, una polo indaco di Ralph Lauren
e le Adidas bianche ai piedi, scese silenziosamente in garage coi suoi
genitori, chiusi in un logorante mutismo dalla sera precedente. Le erano
sembrati in attesa di ricevere delle scuse, ma si era veduta bene dal
porgergliele.
Non si sentiva per nulla in colpa, né per quanto avvenuto nel corso
dell'operazione a Lagos, men che mai per il bacio con Bruce, che sua mamma
aveva evidentemente intercettato...l'euforia che l'aveva accompagnata, a
seguito delle loro tenere e brevi effusioni, era stata un fulmine a ciel
sereno...i fulmini che aprono il cielo a una luce che scalda, che avvolge. Nel
suo caso una luce verde personalissima!
Della tonalità del Maggiolino che faceva manovra accanto alla
limousine scura di suo padre, nello spazio dedicato al Quartier Generale degli
Avengers e da cui il professore, jeans neri e polo gialla, scese, nervoso,
passandosi una mano nei ricci più scompigliati del solito.
'Buongiorno' si espresse. La negatività provocatagli dalle espressioni
di rimprovero dei coniugi Brown si dileguò, alla vista del sorriso disarmante
della figlia.
Fu certo che, se non ci fossero stati testimoni, gli avrebbe gettato
le braccia al collo e pure che l'avrebbe contraccambiata senza freni, dato ciò
che gli aveva risvegliato in ogni parte del corpo, soprattutto dalla cintola in
giù e più ancora nel muscolo cardiaco.
Quelli, formali, salutarono, con freddezza spaventosa, dirigendosi
senza ulteriori indugi verso l'ufficio di Tony dove erano stati convocati, certi
di poter chiudere la questione con poche battute, seguiti dagli altri due, che
si scrutavano l'una con l'altro, non volendo sprecare nemmeno un secondo dietro
inutili malumori.
Convinto, Robert interloquì Stark, sedendosi davanti la scrivania che
Iron Man, quasi strafottente, usava come poggiapiedi 'Non so cosa tu abbia in
mente, la mia risposta è no. Mia figlia non farà mai parte dei tuoi Avengers né
avrà Banner come mentore...piuttosto dovrai passare sul mio cadavere!'.
Tony non fece una piega e si voltò verso Brooke, che si era accomodata
accanto a Bruce, quasi schierata al lato opposto dei suoi genitori, due falangi
contrapposte di un immaginario esercito 'Uhm...sei scontato...ti ricordo che
lei' la indicò 'ha venticinque anni...non ha bisogno del tuo benestare. Per
favore, collega, racconta ai nostri amici come sei diventato il mostro verde
che li terrorizza tanto!' spronò il suo gemello scienziato, che sbuffò 'Sono
biochimico e fisico nucleare. Lavoravo a un progetto dell'Esercito statunitense
che faceva capo al Generale Thaddeus Ross, un programma segreto per creare un
ordigno atomico, in un laboratorio nel deserto del Nuovo Messico.
Durante uno degli esperimenti, un ragazzo si è introdotto, per
scommessa, nel reattore custodito in laboratorio; sono intervenuto
immediatamente, per provare a salvarlo e ci sono riuscito, ma sono stato
investito, al suo posto, dai raggi gamma prodotti dall'esplosione.
In apparenza ne sono uscito illeso, però...' fu incerto; Brooke gli
accarezzò la mano, intenerita dalla sua generosità, e lui continuò 'dopo
qualche minuto mi trasformai...pelle verde, corpo enorme, indole…' rise,
malinconicamente 'infantile...una forza brutale e spaventosa che utilizzai,
distruggendo la struttura. Tornato normale, non ne avevo neppure memoria.
Capì che il passaggio al mio alter ego era legato a rabbia e stress. I
primi tempi sono stati terribili, ero incapace di gestire Hulk. In un momento
di profonda depressione, ho persino tentato di uccidermi con due colpi di
pistola in bocca, ma l’altro li ha sputati' confessò, amareggiato.
'Ci sono voluti anni, per riuscire a conviverci. Ho trovato un
equilibrio con il bestione, grazie ai miei sforzi personali ma pure con l'aiuto
di Tony' soprassedette a chiarire che i metodi di Iron Man erano giusto un
pochino fuori dall'ordinario: massaggi orientali, Spa, vacanze e bevute in
compagnia. Però erano serviti, lo avevano fatto svagare, la sua mente era
diventata più sgombra e più libera e leggera per poter orientare la personalità
verde.
'Non ultimo ha giovato il suo ingresso nel team, mettere a
disposizione la sua tragedia al servizio del bene comune. Dà uno scopo morale
di livello, è il pane dell'anima' Stark terminò per lui, poetico.
'Sulla carta sembra fantastico' sibilò Sheila 'invece, come madre, sono
molto preoccupata per la loro vicinanza' meglio non le era uscito ed era
evidente si riferisse al bacio intercettato.
Il capo politico degli Avengers alzò il sopracciglio. Aveva visto
giusto, già dal giorno precedente. La battutina analoga della bionda
rigidissima davanti a lui, e le mani incrociate dei piccioncini intercettate
sul Quinjet erano due indizi che formavano una prova: c'era del tenero fra il
professore e la ragazza...grande, Bruce, finalmente! Ottima scelta!
Avrebbe voluto gridare e si tenne 'A meno che non sia un problema per i diretti
interessati, non lo è per il sottoscritto...per cui, che mi dite? Ci state?'
fissò Banner e la Brown, alternativamente.
'Certo!' la bruna rispose per prima, con entusiasmo.
'Va bene, proviamo, tenterò di aiutarla a gestire i suoi poteri' Bruce
acconsentì, esclusivamente per trascorrere del tempo insieme a Brooke, scettico
sul tipo di sostegno che potesse fornirle in concreto.
'Potere, al singolare...non poteri!' ribadì Robert, stizzito,
alzandosi dalla poltrona di pelle rossa imbottita, con tanta foga, da farla
ribaltare.
***
N.d.a.
Brooke ha svelato i propri poteri, i famigerati colpi d’incanto,
ispirati a quelli lanciati da Wanda Maximoff, con una provenienza molto
differente.
La licenza autoriale ha spostato in avanti, temporalmente, rispetto
alla linea dei film Marvel, l’episodio del recupero dell’arma batteriologica di
Laos, presente all’inizio di 'Captain America - Civil War'.
|
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Capitolo 3 *** 'You're not alone' ***
3 'You're not alone'
Brooke Brown si stagliava sulla porta dell'appartamento del professor
Bruce Banner, in un vestitino fiorato color cipria, a contrasto di una giacca
jeans e scarpe da ginnastica, uno zainetto di medie dimensioni in spalla.
'Ciao, Bruce...Bucky mi ha dato il tuo indirizzo, spero non ti
spiaccia! Mangiamo qualcosa insieme?' uscirono dalla sua bocca le parole più
semplici che avrebbe potuto pronunciare, con il cuore in tumulto, suonato il
campanello, incerta di come l'altro l'avrebbe presa o se fosse in casa.
'Certo, entra' meravigliato di vederla lì, a ridosso dell'ora di cena,
a sorpresa, senza una telefonata o un messaggino a annunciarsi, Bruce spalancò
la porta e lei si accomodò, stupita 'Accidenti, che casino!'.
Nel soggiorno del trilocale, sito nella zona di Washington Heights,
troneggiava un divano con chaise longue grigio scuro, accanto a un sofà
classico a due posti, un tavolo da pranzo rotondo con sei seggiole ed una tv
gigantesca poggiata a terra. Ovunque, testi e riviste scientifiche in ordine
sparso.
Spiccava un angolo cottura realizzato in legno chiaro, con una
penisola per mangiare.
Buttò un occhio allo studio annesso; al centro della stanza una
scrivania enorme, con tre pc, di cui due portatili, stampanti e modem, una
libreria alta fino al soffitto, con una scaletta con le rotelle, anch'essa stracolma
di testi, due poltrone coi braccioli.
In fondo al corridoio, nella camera, intravide un letto matrimoniale
lineare, una piccola cabina armadio ed un bagno con doccia, che completavano il
tutto.
‘Sì, detesto mettere in ordine’ borbottò, estasiato dalla sua
leggiadria.
'Il caos che vedo fa molto scienziato pazzo' la bruna, sghignazzando,
poggiò lo zaino e la giacca sul pavimento, unico spazio libero che reperì
'ecco, ora è chiara la confusione che hai nella testa, parte tutto da qui...'
scherzando, gli toccò la fronte con un dito.
'Che è successo? Hai litigato coi tuoi? Lo sanno che sei uscita?' le
chiese, frenetico, a manetta, rammaricato di essere presentabile alla stregua
di un barbone, ovvero scalzo - dato che amava camminare sul parquet senza pantofole
- pantaloni della tuta blu e maglietta bianca Fruit of the loom, molto anni
Ottanta. In fondo, non aspettava ospiti, lei men che meno; in caso contrario
avrebbe dato una sistemata...all'appartamento e a se stesso.
'Uhm...rispondo a una sola domanda!' non era molto lontano dalla
verità, la bruna cercò la linea della diplomazia, per non ferirlo 'abbiamo
discusso, pensano ancora che non debba partecipare al progetto di Stark e
smettere di frequentarvi'.
'Me...intendevano me, Brooke. Non ricordi la frase di tua mamma? Come
darle torto? Sono di un anno più grande di tuo padre e non proprio il genero
che desidererebbero per la loro unica figlia. A mettersi nei loro panni, è una
riflessione logica, o no?' al centro del soggiorno, Banner teneva una conferenza
sulle motivazioni per cui dovessero interrompere la loro conoscenza, in una
recita che serviva per autoconvincersi, e, seduta stante, pagare la corsa di un
taxi direzione Park Avenue alla signorina affascinante, che lo fissava
languida, con due stelle azzurre al posto degli occhi.
Comprendendone le intenzioni non espresse, la Brown lo prese in
contropiede; con lui, l'improvvisazione e le mosse a stupire andavano a
bersaglio, lo spiazzavano.
Avvicinando il volto al suo, umettandosi le labbra con la punta della
lingua, gli mormorò, con voce roca 'Non c'è logica in questo...' un attimo
prima di iniziare a baciarlo, imprimendogli sulla pelle, come un tatuaggio
indelebile, la bocca al sapore di burro di cacao alla vaniglia.
Banner cedette le armi, senza combattere. Respingerla era l'ultima
cosa che il suo cuore desiderava.
I baci si fecero sempre più ardenti e appassionati; lei era calda,
affettuosa, tenera come un pasticcino da mangiare a piccoli morsi. Li ricevette
da Bruce, che non riuscendo a staccarsene, la condusse attraverso il corridoio
in direzione della camera da letto, con molte tappe della singolare Via Crucis
di effusioni amorose 'Non ti fare strane idee, è il punto più ordinato della
casa...' si giustificò.
'Il letto? Almeno non è stracolmo di libri pure quello...' si tolse le
scarpe da ginnastica, seduta sul materasso, la bocca maschile che le lasciava
una lunga scia di succhiotti sul collo. Lei lo spinse con la schiena sul
talamo, sopra le lenzuola, e gli si posizionò sopra, facendo aderire il corpo
al proprio, maliziosa.
Fissandolo negli occhi, un rossore diffuso sul viso, confessò ciò che
l'altro non aveva minimamente intuito 'Meglio che tu lo sappia
subito...ehm...alla mia veneranda età, ancora non ho avuto rapporti
completi...'.
Banner sbiancò 'È impossibile...sei tanto bella...'.
'I miei genitori mi hanno sempre tenuto sotto una campana di vetro e,
con difficoltà, ho allacciato relazioni sentimentali. Ho avuto un breve legame
col figlio di un amico di mio padre, ma non avevo voglia di farlo col primo che
passava...ho preferito essere sincera dall’inizio, per evitare fraintendimenti,
e perché non sapevo quali aspettative avessi' spiegò.
L'uomo fu preso dal panico. Tentò di controbattere, con la medesima
trasparenza 'Non ho fretta. Ogni cosa a suo tempo'.
'Uhm...non sono d'accordo...un po' di fretta... io ce l'ho'
strusciandosi come una gattina, gli passò una mano nei capelli ricci,
incollando le labbra alle sue.
Tempo dieci secondi, lo aveva liberato dalla t-shirt e si dedicava a
sbaciucchiarlo sul torace, giocando con la sua peluria scura 'Non avrei mai
immaginato mi potesse attirare un maschio...villoso...così si dice, che termine
antiquato!' Brooke sussurrò 'però mi piace tanto'.
Scese fino all'ombelico, usando i denti per tirare i peli e solleticarlo.
Resasi conto dell'impulso che gli aveva provocato, per nulla mimetizzato dalla
tuta blu, ridacchiò e ci strofinò il viso sopra, in maniera sfuggente ma
particolarmente erotica, sentendo le sue mani che l'afferravano per le braccia,
per riportarla alla propria altezza, coi visi vicini sui due guanciali 'Vuoi
fare tutto tu? Sei una scostumata‘ scherzò il professore, aprendole, con
lentezza, i bottoncini dell'abito da cui fecero capolino i seni morbidi e sodi
che sfidavano la forza di gravità, non racchiusi da alcun reggiseno, di cui non
aveva bisogno.
Deglutì, estasiato, senza smettere di fissarla, spogliandola del
vestitino, che volò a terra. La bruna si mise supina, e Banner si dilettò coi
polpastrelli sulle mammelline, perfette, di forma a goccia, leggermente più
piene di una coppa di champagne 'Sei deliziosa' gli uscì, intanto che lei
mugolava, al giocare delle dita sui capezzolini rosati e sporgenti. Passato un
momento di incertezza, intensificò le proprie carezze, non potendosi frenare in
alcun modo.
Le spremette il seno sinistro, tenendolo nell'intera mano, per
portarne alla bocca l'apice, inturgidito e pronunciato, e stuzzicarlo con la
punta della lingua, che passò più volte intorno all'areola diventata di una
tonalità di vermiglio pronunciata, udendo la Brown sussurrare 'Bruceeee...'.
Passò alla zona erogena speculare del lato destro, riservandole lo
stesso trattamento. Abbassandosi ulteriormente realizzò che la ragazza fosse
rimasta con indosso un paio di mutandine microscopiche a vita bassa, in
prezioso e morbido pizzo ricamato, color noisette, umide nella parte centrale,
segno del gradimento dei preliminari che stavano conducendo e che aveva
intenzione di far rimanere tali, soprattutto visto il tenore delle sue
rivelazioni.
Finendo di straziare la squisita sfera, le carezzò il ventre setoso,
col dorso della mano. Un sussulto, alitato, accompagnò il gesto e i successivi…
lo sfiorare di Banner il tessuto esterno degli slip, prima, e il percorrere la
sagoma delle carnose ali di farfalla che si percepivano, con chiarezza,
attraverso la stoffa oramai bagnata, poi. Allentò la parte sui fianchi, per
farglieli scivolare fino ai piedi e liberarla, in un movimento che lo fece
ritrovare col viso all'altezza del sesso di Brooke, schiuso e ricolmo di umori.
Gli arrivò nelle narici il suo afrore sublime, l'odore più sensuale
mai provato, negli occhi la visione della piccola e curata striscia di scuro,
come un giardino dell'Eden in cui gli parve facile perdersi, forse inevitabile.
Quasi timoroso di profanarla, anche solo con le dita, si rinvigorì,
osservando un'ulteriore impercettibile apertura delle sue cosce nella propria
direzione.
Brooke si muoveva verso di lui, come era stato dall'inizio, un
avvinarsi che li aveva portati ad un punto da cui era impossibile tornare
indietro. Lasciatosi remore morali alle spalle, si dedicò a ciò cui aspirava,
donare piacere alla creatura straordinaria che gli si stava offrendo e che lo
guardava in attesa, con gli occhi luminosi pieni di desiderio e di lui...voleva
lui, schietta, e non esisteva un elisir più efficace sulla faccia della terra
per motivarlo.
Piazzatosi di nuovo al suo fianco, per riempirla di baci, con l'indice
ed il medio della mano destra si fece strada nel canale femminile, incuneandoli
dolcemente. Gli si mozzò il respiro dall'emozione grandissima che lo travolse,
nel possederla.
Alternava un tocco costante e più lento, facendo fluttuare le dita, a
un ritmo più intenso, muovendole avanti ed indietro, con le braccia della Brown
che lo avevano stretto, tremanti, ed il viso a tre centimetri dal suo; si
contemplavano a vicenda, senza riuscire a unire nemmeno le loro labbra, per la
tensione del momento.
Nel rigirare la mano per l'ennesima volta, l'uomo si soffermò con il
polpastrello del pollice sul bottoncino femmineo, che, spiccava, in evidenza,
lucido e gonfio. Con leggeri sfioramenti, continuando la penetrazione fino al
punto in cui la barriera dell'illibatezza glielo permise, fu stretto sulla
destra da spasmi che aumentarono di intensità, fino a farsi cadenzati, e
proporzionati ai singulti emessi dalla voce tenera della bruna, che fu pervasa
da un orgasmo travolgente, entusiasmante.
Fu come essere stata colpita da uno dei fulmini richiamati da Thor col
Mjollnr, rifletté la ragazza. Sconquassata dalle contrazioni uterine
irrefrenabili che si irradiarono dal centro del suo eros nell'intero corpo,
cervello compreso, produsse un lieve getto acquoso, al momento degli spasmi,
raggiunto il picco del piacere.
Senza fiato, rimase immobile, e Bruce, contento di averle provocato
una simile soddisfazione, le dette un bacio mozzafiato 'Sei bellissima'.
Brooke, pian piano, nel suo abbraccio, appagata, si calmò della
tempesta che l'aveva travolta, i lunghi capelli stesi sul cuscino a raggiera,
gli occhi vivi.
'Professore...' con delicatezza, sagomò i suoi pettorali, dal torace
all’inguine, afferrando insieme l'elastico dei pantaloni della tuta e dei boxer
grigio mélange che indossava, spogliandolo di entrambi in un sol colpo.
Banner non era stato in grado di opporsi, alla sua mossa, ubriaco di
desiderio.
Il sesso maschile, pienamente innalzato, puntava nella sua direzione,
osservò lei, ed era di tutto rispetto. 'Ti difendi...' gli dette una battuta,
agitata; era un uomo adulto, non il ragazzino con cui aveva pomiciato in
passato, e ci teneva che stessero bene, entrambi.
Con la manina poco esperta circondò il puntello virile,
sollecitandolo, con una manovra di sfregamento, che il diretto interessato
coadiuvò, sorridendo e poggiando la destra su quella di lei, dandole il ritmo
del movimento più gradito, spingendosi nella sua destra.
Brooke lo comprese immediatamente, spronata da un istinto puro e
naturale, mettendoci del suo.
Accentuò la beatitudine di Bruce con una torsione del polso, e con
tenere carezze ai globi tumidi e al sensibile lembo di pelle sottostante.
'Anche tu ti difendi...' quasi balbettando, per la difficoltà di
mettere in connessione mente e parole, Bruce si espresse in un complimento,
senza alcun disagio; la trovava estremamente sexy, nella movenza.
La bruna si chiese quanto sarebbe durato e, in quell'attimo, un
irrigidimento le annunciò l'imminenza ciò che stava per accadere; aumentò
l'intensità del gesto, udendo il compagno respirare più affannato. Vide il suo
ventre, gli addominali non tartarugati, ritrarsi e sulle mani i sussulti del
pungolo maschile, a cui seguì lo sgorgare del piacere del compagno.
I fiotti del nettare di Banner si sparsero sui due amanti,
immediatamente tersi dalla Brown, premurosa, con un fazzolettino di carta
reperito sul comodino, con cui pulì anche la propria mano, l’odore pungente e
selvaggio ancora nelle narici.
‘Brooke…’ passata la sbornia amorosa, mormorò il professore, con tono
preoccupato, ricoprendoli entrambi con il lenzuolo.
‘Banner, per favore, non ribadire che non avremmo dovuto farlo…
stasera non potrei sopportarlo’ si lamentò, la testa poggiata sulla sua spalla,
intanto che giocava, divertita, con la peluria sul torace. Era troppo contenta
e non voleva ramanzine o rimproveri.
Lui la bloccò, afferrandole il mento fra il pollice e l’indice, con
delicatezza, e fu costretta a alzare il viso ‘Non era mia intenzione…volevo
solamente dirti che mi sono innamorato di te…’ confessò, gli occhi lucidi,
pieni di un sentimento che non aveva mai provato per nessuna e che non era riuscito
a tenersi dentro.
‘Ce ne hai messo a capirlo’ rigirandoglisi sopra per sbaciucchiarlo,
contraccambiò ‘Anche io mi sono innamorata di te…’.
‘E’ un guaio…’ l’uomo posò il braccio sulla fronte, simulando un gesto
di disperazione.
‘Come un guaio? Come ti permetti?’ la Brown sbottò a ridere ‘Per gli
altri sarà una catastrofe, per noi sarà fantastico! Cominciamo da
subito…dobbiamo cenare! Rendiamolo stupendo!’.
'Va bene...' Bruce, accolta la proposta con entusiasmo, si alzò dal
letto, in direzione bagno 'mi preparo!'.
Era arrivato quasi alla porta che si sentì chiamare 'No, no, bel
ragazzo. Non mi hai dato un bacio come si deve, prima' la bruna lo rimproverò,
allargando le braccia, in cui lui si tuffò di nuovo, morendo sulle sue labbra
morbide.
'Adesso puoi andare' Brooke fece un sorrisetto, aspettando il proprio
turno per la toilette, e utilizzando il tempo per una visita non guidata alle
stanze dell'appartamento, iniziando dallo studio.
Nuda, girò fra mille tomi scientifici poggiati ovunque, i diplomi delle
due lauree ottenute con lode, incorniciati ed appesi al muto. Master ed
attestati vari.
'Che fai?' il professore, terminato di sistemarsi, le andò alle
spalle, baciandole una scapola.
'Mi impiccio...chi sono?' prese una foto dalla scrivania, in cui era
ritratto fra una ventina di persone giovani.
'I miei studenti del corso di biochimica alla Columbia University di
New York, la classe dello scorso anno!'. Nel prestigioso istituto, Bruce era
considerato un vero e proprio luminare ed era idolatrato dai propri alunni.
'Sembrano simpatici' lei si girò e lo fissò 'Una mattina verrò a
seguire una tua lezione, mi incuriosisce...secondo me sei bravo'.
'Ti aspetto...un po' più vestita...sono un tipo geloso' la carezzò sui
fianchi morbidi e femminili.
'Certo, per chi mi hai preso? Ti farò fare un'ottima figura' un ultimo
bacetto e si allontanò.
'Ho lasciato una coppia di asciugamani puliti in bagno, sul
lavandino...' la avvertì.
'Grazie' gli occhi cerulei lo trafissero 'sai, Bruce, ho capito subito
come sei...mi hai aperto lo sportello dell'auto, hai diviso la cena con me
soltanto per farmi piacere, ugualmente il ballo...ho visto la premura con cui
mi hai liberato del bicchiere vuoto e con cui mi hai aiutato a indossare la
giacca, perché evitassi di prendere freddo. Ogni tuo comportamento racconta di
te. Le persone come te parlano molto più col cuore di quanto pensi. Amami col
cuore, con i gesti, come hai fatto finora. Le parole contano meno, per me!'
rivelò, tutto d'un fiato, pensando di non essersi mai scoperta così tanto con
qualcuno, nudità compresa.
'Ti amo...e ti amerò con tutto me stesso, come meriti' commosso, la
vide arcuare le labbra che formarono un cuoricino, per un romantico bacino che
si perse nell'aria, con il relativo schiocco, prima di chiudere la porta del
bagno.
***
'Hai preferenze per la nostra meta?' cercando le chiavi del Maggiolino
dalla tasca dei jeans, appena fuori dal palazzo, Bruce, jeans e camicia,
interpellò Brooke, che lo stupì con un'insolita richiesta.
Fissava l'insegna della fermata della Metropolitana di Washington
Hights, a circa un centinaio di metri da loro 'Non ci crederai, ma non ho mai
preso la metro in vita mia. A Chicago, i sintomi della malattia e la connessa
disabilità non mi permettevano di girare coi mezzi pubblici, e da quando sono
arrivata a New York' ridacchiò 'non ne ho avuto bisogno; nelle poche uscite
sono stata accompagnata da autisti e guardie del corpo!'.
'Ti accontenti di poco, mia signora. E sia' con un gesto plateale,
l’abbracciò, facendole strada verso l'edicola limitrofa per acquistare i
biglietti, e poi conducendola sulla scala mobile.
‘Direzione Empire State Building!’ lei propose, rendendosi conto
fossero sulla linea rossa che portava direttamente a Midtown Manhattan.
‘Non sei stata mai nemmeno lì’ glielo lesse nella mente.
‘No…ho vissuto proprio poco e voglio recuperare. Sono stanca di essere
come vogliono i miei genitori e di vivere la vita che desiderano per me. Forse
ti sembrerà infantile, come affermazione, o penserai che avrei dovuto impormi
prima con la mia famiglia, ma soltanto ora sto dando un senso ai miei desideri’
ammise.
‘E’ il tempo giusto, poiché è il tuo. Ogni cosa ha il suo tempo’
filosofeggiò lo scienziato.
E’ il tempo perfetto perché ho incontrato te e adesso siamo in due, rifletté lei senza dirglielo, entrando al volo nel vagone della
carrozza quasi vuota, su cui trovarono due posti a sedere, per continuare a
stringersi e a confabulare, fino al momento di scendere.
‘Caspita, è altissimo’ la Brown, dal basso, rimirava il grattacielo
più famoso del mondo ‘per il resto è identico a ciò che ne ho visto in tv e nei
film e chiaramente dal finestrino dell’auto blindata…’.
‘La fila è minima, ci sbrigheremo’ Banner si mise in coda, per
prendere gli ingressi, tirando fuori dal portafoglio il tesserino
dell’Università e la carta di credito per pagare ‘c’è uno sconto, per i
professori’ le spiegò.
La bruna sbottò a ridere, carezzandogli i capelli ‘Credevo avessi la
riduzione dei pensionati’.
‘Ragazzina impertinente’ le fece solletico sulla vita, ritirando i
tagliandi dall’addetta; Brooke si contorse al suo tocco e finirono appoggiati
sulla parete accanto, a sbaciucchiarsi, sotto gli occhi divertiti degli altri
in attesa.
‘Di questo passo, arriveremo in cima, passata la chiusura…’ gli dette
un altro bacio, caparbia, tenendolo per il bavero della camicia a scacchi verdi
e blu che aveva indossato, l’indumento più elegante che avesse nell’armadio.
‘Ne dubito…’ prendendola per mano, Bruce si affrettò verso gli
ascensori che portavano alla terrazza panoramica.
‘Quanti piani in tutto? Centodue!’ indicò la pulsantiera metallica
all’interno della cabina di quello ove entrarono per salire.
‘L’ultimo è chiuso da vetrate, ed è ricavato all’interno della struttura
del pennone…punto sul piano ottantasei…’ Banner c’era stato in diverse
occasioni, le spiegò, scortandola proprio sulla piattaforma di osservazione,
commentando ‘La serata è particolarmente limpida, e il cielo è terso…si vede la
città, ma ugualmente i territori degli stati confinanti’.
Agganciata con le falangi a quelle del suo accompagnatore, Brooke
osservò il dito dell’altra mano del professore indicare in sequenza il
Massachusetts, il Connecticut, il New Jersey e la Pennsylvania, oltre a ogni edificio
storico e via principale della città di New York, splendida, all'imbrunire.
Seduta sul muretto della terrazza, con Banner alle spalle, che teneva
il viso poggiato sulla sua guancia, teneramente, come una qualsiasi coppia di
innamorati, la ragazza, il cuore zeppo di felicità, alzò la testa, per sentire
le labbra del compagno congiungersi alle sue.
Era un senso di normalità mai provato. Rabbrividì, non di freddo,
scostandosi leggermente, con uno scatto in avanti, al bacio successivo, facendo
una risatina. Lui se ne accorse, riconoscendo la stessa reazione che aveva
avuto al momento della loro presentazione.
Le circondò la vita sottile con entrambe le braccia, riaccostandola a
sé e le bisbigliò ‘Dimmi cosa hai visto, stavolta…’.
La bruna sospirò: Bruce era al di là dell’intuitività, era un vero e
proprio genio, ed aveva compreso il suo segreto, che era sfuggito, in anni,
alle persone, che la circondavano, Stark incluso.
‘Lo avevi già capito, vero?’ gli domandò, girandosi per guardarlo
negli occhi; non era un tipo di confessione che poteva fare in maniera
differente ‘Oggi, alla fine della discussione con mio padre, hai utilizzato la
parola poteri, al plurale…’.
Affondando la sinistra nei capelli setosi, l’altro annuì ‘Credo che tu
abbia avuto una specie di visione. E’ così?’.
‘Sei perspicace. Sì…qualche tempo dopo la scoperta dei colpi
d’incanto, ho avuto la prima premonizione. Avevo smesso di frequentare la
scuola ed avevamo traslocato da poco nell’attico dove sei stato. Studiavo a
casa, con un’istitutrice privata. Un pomeriggio, mentre mi spiegava un
esercizio di matematica, l’ho sfiorata sul braccio ed ho avuto una visione di
lei, al capezzale di una donna anziana in fin di vita. Nitida e reale. E’ stato
come un elettroshock, una scarica di adrenalina. Ho tentato di dissimulare il
mio stupore, lei pensò non mi sentissi bene…comunque, non ne parlai ad anima
viva. Il giorno successivo telefonò ai miei genitori per informarli che sua
mamma aveva avuto un incidente d’auto ed era in gravi condizioni. Ciò che vidi
si avverò ed è stato così per ogni visione che ho avuto’ gli fornì una breve
spiegazione.
‘Quanto spesso capita?’ si informò Bruce.
‘Random, a volte per mesi rimango in stand-by…e sono premonizioni sia
positive sia negative’ sghignazzò.
‘Uhm…quando ci siamo dati la mano, nel soggiorno dei tuoi…cosa ti è
apparso?’ chiese, curioso.
Brooke arrossì leggermente sulle gote ‘Io e te, che facevamo l’amore,
sul letto del tuo appartamento. L’ho riconosciuto oggi, quando mi hai fatto
entrare in casa: ero sopra di te, e ci baciavamo, con passione e dolcezza. E'
la stessa immagine che ho veduto qualche minuto fa, identica…doppia visione,
difficile non si avveri’.
Banner deglutì, sospirando, dandole un bacino sulla fronte ‘Insomma,
eri già in vantaggio su un povero professore anziano…’.
‘Più o meno…eravamo particolarmente felici, nelle premonizioni, non
hai nulla da temere’ lo rassicurò ‘però vorrei che questa capacità rimanesse
celata, sia alla mia famiglia, sia agli Avengers. E’…personale, e non so
spiegarla, mi tormenterebbero tutti con decine di test per capire come funziona
il mio cervello o, peggio, per conoscere il proprio futuro’.
Bruce non poté fare a meno di concordare ‘Sono per la tua linea; mi
preoccuperei solo nel caso in cui tu vedessi un pericolo prossimo da
affrontare. Sei nella squadra e intuizioni di quel tipo potrebbero aiutarci e
aiutarti, in battaglia. Manifestare, improvvisamente, l’esistenza di un potere
simile senza un enorme scetticismo altrui, al contrario, sarebbe impossibile.
Colleghi come Bucky e Steve, soldati e estremamente razionali, non sono tipi da
lettura della mano o palla di vetro!’.
‘Sono tipi da bistecca con l’osso!’ ribatté Brooke, simpaticamente,
per stemperare l’agitazione del momento ‘Grazie…lo valuterò, è una riflessione su
cui non mi ero soffermata’.
‘Sono certo che lo farai…adesso ti riporto a casa, è meglio. Ci
fermiamo a mangiare un boccone e poi via, direzione Park Avenue’ dissapori coi
Brown, all’inizio della relazione con la figlia, proprio no.
‘Sono affamata. Davanti l’entrata dell’Empire c’era un chioschetto che
vendeva hot dog…mi offri lì la cena?’ entrando con lui per ridiscendere in
ascensore, fece un’altra richiesta piuttosto semplice da esaudire.
‘Andrò fallito! Non ti basterà un panino!’ Banner la prese palesemente
in giro; con l’acquolina in bocca, la bruna aveva fatto farcire il suo sandwich
con ogni tipo di salsa e contorni e si era munita di una decina di fazzolettini
di carta, per impedire che l’eccesso che fuoriusciva dal pane le sgocciolasse
sull’abito.
Tentava di morderlo, seduta a terra sui gradini di un negozio chiuso,
con la schiena poggiata alla vetrina, per gustarne ogni boccone, con Bruce, che
arrivato al suo fianco, le puliva la bocca, continuamente.
‘E’ il cibo più buono che abbia mai mangiato!’ quasi con le lacrime
agli occhi, lo ringraziò.
‘Addirittura?! Non è male…Bevi!’ le versò un bicchiere di Coca Cola da
una lattina, cosicché potesse inghiottire la quotidiana pasticca rosa.
‘Ha un sapore delizioso, speziato…e la verdura sopra mi piace moltissimo’
indicò i crauti che ricoprivano ciò che rimaneva del wurstel.
‘Sei una buongustaia…aspettami’ al volo, il professore si diresse
nuovamente dal venditore, e tornò più veloce della luce, in mano un altro hot
dog più imbottito e ricco del precedente, con un sorriso divertito
‘Mademoisselle! Ecco a lei il bis! Vedo che dell’altro non è rimasta nemmeno
una briciola, ingorda!’.
‘Ti amo, Bruce…’ la ragazza gli sussurrò, seria, vedendolo bloccarsi
ed abbassarsi, con la testa, alla sua altezza.
Banner le si inginocchiò di fronte, e la osservò, concentrato, negli
zaffiri che lo avevano ammaliato ‘Mi hai fatto un incantesimo…i tuoi occhi mi
hanno rubato il cuore e l’anima…ti amo, piccola strega’; dichiaratosi, le
schioccò un bacio, sulle labbra sporche di senape, aggiungendo, timoroso ‘il
panino è da dividere, metà per ciascuno…sei sicura che mi ami lo stesso?’.
‘Un po’ meno’ ribatté, scherzosa, spaccando il sandwich con le mani e
passandogli il suo pezzo. Entrambi lo ingurgitarono, terminando la bibita e
dirigendosi alla fermata della Metro, mano nella mano, silenziosi.
Appena scesi dalla scala mobile interna, in prossimità della banchina,
dove i passeggeri attendevano l’arrivo del treno, udirono nell’aria le note
della parte finale di un famoso brano di Michael Jackson, ‘Black or withe’.
Accompagnato da una base suonata da un lettore portatile, un giovane
afroamericano, cappellino scuro, giacca e pantaloni neri con banda laterale
argentata e maglietta bianca si esibiva, chiaramente, in cover della star del
pop.
‘Michael Jackson mi piaceva moltissimo, era un artista di un talento
incredibile e una persona molto sfortunata…tanto sola, secondo me’ la Brown
commentò ‘sai, la solitudine è come una malattia infettiva, sei isolato dal
resto del mondo e spesso non c’è cura’.
Bruce annuì, era chiaro si riferisse alla propria condizione, che
l’aveva accompagnata dalla scoperta dei suoi poteri fino a quel momento, oltre
alla patologia reale che l’aveva colpita da bambina e costretta in un letto.
‘A proposito di solitudine…neanche a farlo di proposito…’ Brooke
inizio a seguire, canticchiando, la voce del ragazzo che intonava ‘You are
not alone’, ritrovandosi sotto il naso la mano tesa di Banner, un chiaro
invito a danzare con lui.
Aggrottò la fronte, leggermente in imbarazzo. Non ballava nessuno, ed
erano sotto la Metro.
‘Insisto, signorina Brown’ Bruce fece un inchino scenografico e lei
non poté esimersi dall’accettare la sua proposta. Abbandonato lo zaino di lato,
fu avvolta dal suo abbraccio. La stringeva per la vita e con la mano opposta
teneva la sua sinistra, in un romantico lento, danzato sotto lo sguardo
divertito dei passeggeri e dello stesso giovane artista.
‘E’ come recita il testo della canzone…non sei più da sola, Brooke…e
nemmeno io…perché tu sei la mia favola…’ le bisbigliò, in un soffio,
all’orecchio, con le labbra sulla sua tempia, tremando al solo pensiero che la
felicità immensa e preziosa che li aveva avvolti svanisse da un momento
all’altro.
‘E tu sei la mia, la favola che non mi sarei mai aspettata di vivere…’
controbatté la bruna, volteggiando, leggera e aggraziata insieme al maturo
professore che aveva sentito vicino più di ogni altro essere sulla faccia della
terra, il cui corpo saldo la teneva agganciata alla concretezza di un amore che
la faceva palpitare.
Bruce era lì, per lei, alla stregua di una nuova casa calda e
accogliente, invitante ed estremamente rassicurante, con gli occhi scuri che la
guardavano come fosse uno scrigno prezioso da custodire, le mani che le avevano
donato un piacere immenso, le labbra morbide che si stavano di nuovo unendo
alle proprie, il profumo di dopobarba muschiato che lo caratterizzava. Piccoli
particolari che completavano il quadro dell’uomo adorabile che le stava
regalando anche tre minuti di emozione profonda.
Che divenne maggiore alle sue parole, sussurrate ‘Come ho fatto senza
di te, finora, mia piccola strega? Ti conosco da pochissimo ed è come ti
conoscessi da sempre…’ le fece fare una giravolta e la riprese fra le braccia,
stringendola ancora più forte e dandole un bacio mozzafiato...e poi un altro!
Allo sfumare della melodia, un lieve applauso si levò dall’esiguo
pubblico che aveva seguito la scenetta e che si era affrettato, subito dopo, a
salire sulla carrozza del treno arrivato nel medesimo frangente.
I due ballerini si interruppero, ridendo, e Banner recuperò il
portafoglio per lasciare una banconota al novello Michael Jackson, che lo
interloquì ‘Grazie, fratello’.
‘Grazie a te!’ salutò il ragazzo, indicando alla Brown, che riprese lo
zaino, la pensilina, dove giungeva il treno successivo che aveva appena aperto
le porte.
'I tuoi sapevano che uscissi? Prima hai volutamente glissato' domandò
Bruce: glielo aveva già chiesto, senza ottenere una risposta precisa e si
stavano apprestando a giungere a Park Avenue 'abbiamo trascorso dei
momenti...favolosi...e...vorrei concludere la serata com’è iniziata…come una
favola, senza drammi'.
'Ho mandato a mia mamma un messaggio dal taxi. Il testo era generico.
Sono sicura che avrà capito che fossi con te...' sospirò 'con chi altri,
sennò?'.
'Forse è meglio se ci parlo io!' suggerì.
'Per dirgli?'.
'Uhm, qualcosa mi inventerò' la sua mente eccelsa non riusciva a
immaginare cosa potesse tranquillizzare i genitori di Brooke, convincerli che
fosse una buona frequentazione. La differenza d'età e la presenza dell'altro sé
verdognolo non erano un biglietto da visita di livello. Preso dai suoi
ragionamenti, si ritrovò sotto il loro palazzo, troppo velocemente.
'Ci diamo la buonanotte qui?' la bruna avvicinò il viso al suo.
Banner alzò la testa, incrociando lo sguardo di Sheila e Robert che,
tesi, li attendevano, scrutando dalla terrazza il momento del loro arrivo.
Mosse la mano per un saluto e segnalò a Brooke il portone 'Salgo insieme a
te!'. Non era mai stato un codardo. Mite e tranquillo, sincero ed educato, non
si fece intimorire, intuendo le preoccupazioni altrui.
'Non dovevi...' commentò lei, in ascensore dove rimasero abbracciati,
contemplati dall'inserviente, con una smorfietta ironica.
'Non sei più da sola, Brooke...' mormorò, a voce bassa, ripetendo la
medesima frase di quando danzavano, scortandola fino alla porta di casa,
aperta, dove i coniugi Brown si stagliavano.
'Buonasera' Bruce li interloquì, sereno e senza permettergli di
interromperlo proseguì, simpaticamente 'abbiamo visitato l'Empire State
Building e mangiato un panino...e nessuno dei due si è fatto notare'.
'Meno male...' Robert commentò, tagliente. Si era preparato un
predicozzo per il professore, ma il sorriso di sua figlia che fissava Banner,
nel mezzo del pianerottolo, lo meravigliò; era stato come assistere all'arrivo
della luce del giorno quando albeggiava. Era raggiante, come non l'aveva mai
vista.
L'uomo percepì la mano di sua moglie che stringeva la propria, certo
che avesse avuto la sua medesima impressione e che lo spronasse a soprassedere
a qualsivoglia rimprovero. Sapevano meglio di chiunque altro quanta poca
felicità avesse permeato l'esistenza di Brooke.
'A presto, professore' spostandosi dallo stipite della porta blindata
per lasciare un po’ di privacy alla ragazza, Sheila si ritirò all'interno del
lussuoso appartamento, unitamente alla sua dolce metà, che fece un cenno a
Bruce col capo, prima di rientrare.
'Sei stato bravo, non hanno fatto una piega!' sfiorandogli il petto
sopra la camicia, la Brown baciò quest’ultimo, delicata, sulle labbra
'Buonanotte!'.
'E' merito tuo, piccola strega!' la prese in giro, e sussurrò,
vedendola rincasare 'Buonanotte, amore mio'; nel cuore portò la forte emozione
dell'ultimo sguardo che poté darle.
***
N.d.a.
In questo capitolo, Bruce inizia a giocare con Brooke, chiamandola
‘piccola strega’, l’appellativo che le rimarrà appicciato, teneramente, per
l'intero racconto. E ognuno dei due mostra il proprio cuore all'altro, di cui
si è scoperto innamorato.
Ringrazio la mia dolce Sis, per l’aiuto nella scelta della canzone di
Michael Jackson - che dà il titolo al Capitolo stesso - sulle cui note i
protagonisti danzano sotto la Stazione della Metropolitana.
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Capitolo 4 *** Hamptons, regali d'amore ***
4 Hamptons, regali d'amore
'Tesoro, posso entrare?' Sheila bussò alla stanza dello studio della
figlia, che era chiusa lì da un paio d'ore, impegnata con le sue sculture di
creta.
Brooke coprì velocemente il lavoro che stava terminando con uno
strofinaccio bagnato, per risponderle e nascondere, al contempo, l’opera dal
suo sguardo 'Vieni pure'.
Sua madre fece capolino, recando con sé una pianta di rose, color
rosa, avvolta nella carta trasparente di un noto fiorista newyorkese 'L'anno
consegnata adesso, è per te...c'è un bigliettino'. Passandogliela, indicò una
piccola busta di carta bianca, spillata sulla confezione.
La bruna sbirciò il tagliandino posto all'interno della terra del
vaso, su cui spiccava la descrizione della specie della pianta: 'Antico amore'.
Staccò la bustina per leggere il talloncino, avendo chiaramente intuito chi
fosse il mittente.
In bella grafia, un breve messaggio di Bruce ‘Ti passo a prendere alle
undici per la prima lezione, piccola strega!’. Lei ridacchiò, riponendolo nella
tasca dei pantaloni, colta da un rimescolamento dell’anima.
‘E’ un regalo di Banner…’ Sheila commentò ‘è un bel pensiero…ti piace
molto?’ conosceva la risposta, ma da qualche parte avrebbe dovuto iniziare. Ci
aveva ragionato per l’intera notte, senza farne parola con Robert, concludendo che
un’apertura al dialogo e alle confidenze avrebbe giovato al rapporto con la sua
giovane figlia. Preferiva essere sua complice che sua nemica.
‘Tanto, è una persona meravigliosa…’ rispose, d’istinto.
‘Hai diritto a fare le tue esperienze e sei una donna adulta, ancorché
tu abbia vissuto poco. Sappi che ci sarò sempre, se avrai bisogno di qualsiasi
cosa, se volessi parlarne con me’ mormorò l’altra, con le lacrime agli occhi.
Brooke era cresciuta, non era più la sua bambina e doveva prenderne atto, trattarla
come una sua pari, nonostante le sue peculiarità.
‘Grazie…mamma…lo so’ le dette un bacio veloce ‘vado a prepararmi,
Bruce viene fra un’oretta’ le segnalò, per piazzarsi davanti al proprio
armadio, in cerca di qualcosa da indossare.
Si chiese che tipo di allenamento avrebbe affrontato con Banner,
ricordando che anche le lezioni di tattica e simili fornite da Bucky erano
meramente teoriche e gli avesse permesso di esibirsi per lui nei suoi colpi
d’incanto soltanto in ampi e isolati spazi a cielo aperto.
Alla fine scese da basso indossando jeans skinny col risvolto, una
maglietta bianca girocollo sotto un cardigan verde militare e scarpe da
ginnastica, cinta marrone alla vita e una lunga collana di metallo argentato,
formata da piccoli quadrifogli.
All’ora stabilita, trovò Bruce, puntuale, che l’aspettava, appoggiato
al Maggiolino, jeans e t-shirt viola. Lo sguardo che ricevette, carico di
struggimento, valse più di mille complimenti … il nanosecondo seguente era
racchiusa fra le sue braccia, i nasi che si sfioravano, le labbra che si
cercavano ‘Buongiorno, professore’.
‘E' il più bel buongiorno che abbia mai ricevuto’ le bisbigliò
all’orecchio, sollevandole i capelli e carezzandola sulla schiena.
‘Sarà il primo di una lunga serie, se vorrai…’ controbatté lei.
‘Ci puoi scommettere le tue magie’ le fece strada all’altro lato del
veicolo, per aprirle lo sportello e farla accomodare, sedendosi al posto di
guida, accendendo il motore ed inserendo un nastro nello stereo.
‘Banner, è roba della Seconda Guerra Mondiale, un residuato bellico
degno di Bucky e Steve…’ lo prese in giro, zittendosi alle note di ‘I just
can’t stop loving you’ di Michael Jackson.
L’uomo le aveva preso la sinistra e l’aveva portata alla bocca, per
baciarla sull’incavo del polso ‘Era una dedica per te, signorina Brown, da
parte del tuo ragazzo attempato…’.
Brooke sbattè le ciglia, emozionata, gli occhioni lucidi di felicità
‘Mi stai viziando…la pianta è splendida e ti sei ricordato che ne avessimo
parlato a cena, al Lavo restaurant’.
‘Vero, ho buona memoria e sono sempre stato un secchione! Quale esame
stai preparando?’ chiese, iniziando una lunga conversazione, intanto che
guidava in direzione dell’estremità orientale di Long Island, senza menzionare
la destinazione, che fu chiara, tuttavia, dai cartelli segnaletici della
Statale che stavano percorrendo: gli Hamptons, la parte di costa più famosa e
rinomato luogo di villeggiatura dei newyorkesi.
Il dialogo, inframezzato da sguardi languidi e bacini, terminò davanti
a un cancello elettrico che Bruce aprì con un telecomando posato nel vano
portaoggetti, per imboccare una stradina sterrata, fino a giungere, cinque
minuti dopo, all’ingresso di un bungalow fronte mare ‘E’ di proprietà di Tony e
non ci viene mai’ fece tintinnare nella mano un mazzo di chiavi ‘e io me ne
sono appropriato!’
La Brown scese dall’auto, entusiasta, verso la palafitta bianca
costruita direttamente sulla sabbia.
I gradini la portarono sul patio esterno, la cui porta finestra
principale affacciava su un soggiorno con un angolo cottura nei toni chiari
dell’avorio e del beige; accanto una camera da letto con vista sulla spiaggia,
nel mezzo il talamo di legno di bambù, con una grande zanzariera agganciata al
soffitto, di estremo design e semplicità insieme.
‘E’ stupendo qui! Che bella idea!’ esclamò, facendo una piroetta al
centro del salone.
‘La stagione non permette ancora la balneazione, l’acqua è troppo
fredda. Una passeggiata ed un pranzetto con il tavolo orientato sull’Oceano,
sì…camminiamo?’ le propose.
Lei rispose con un gesto, sedendosi sui gradini della veranda,
togliendo scarpe da ginnastica e calzini e facendo un risvolto al bordino dei
jeans, imitata dall’uomo.
‘La parte di battigia su cui è stata edificata la casetta appartiene
alla famiglia di Stark, l’aveva acquistata suo padre Howard molti anni fa.
Aveva buon fiuto per gli affari e comprese che la località degli Hamptons
sarebbe diventata di gran moda. Si tratta di una lingua di terra di circa
dodici miglia di lunghezza, interamente recintata e protetta, anche se le misure
di sicurezza sono poco visibili. Insomma, saremo soli soletti…’ spiegò il
professore.
‘Sembra una proposta sessuale e non un progetto di lavoro’ ridacchiò
la Brown, il braccio che cingeva la vita di Banner, che, col proprio, faceva
altrettanto, entrambi con gli occhiali da sole a proteggersi dalla luce
primaverile accentuata dal candore della sabbia, i piedi scalzi nell’acqua
fresca del mare.
Lasciandole un bacio sul collo, Bruce si schernì ‘Per chi mi hai
preso?’ poi si fece serio ‘Te lo ha accennato proprio Tony…ho avuto delle
difficoltà, eufemisticamente, a gestire Hulk. L’energia dei raggi gamma, che
avevo accumulato durante l’esperimento, veniva liberata nei momenti di stress o
rabbia. La prima volta che combattemmo insieme, Steve mi chiese se potessi
trasformarmi…e lo feci, in pochi secondi, rivelandogli il mio segreto…ero
sempre arrabbiato. Ho provato per lungo tempo a cercare una cura, senza
risultati e, in parallelo a controllare il mio alter ego. Sono riuscito, per
l’ultimo aspetto, grazie a Stark…ho trovato il modo di conservare le mie
facoltà mentali, nel momento della mutazione, e posso padroneggiare Hulk…’.
La bruna annuì, pensierosa ‘Come? Che consigli ti ha dato?’.
‘Il mio amico è un tipo eclettico; gli altri Avengers sono soldati, ex
spie, guerrieri, inquadrati e razionali…’ confermò ciò che già sapeva.
‘E’ vero, Bucky è una persona eccezionale, però l’infarinatura di
tattica e schemi di combattimento che mi ha dato, pur se validissima e da
conoscere, non è stata risolutiva’.
‘Tony se ne è fregato delle convenzioni. Quando mi vedeva nervoso,
organizzava un’attività divertente o rilassante, chiaramente secondo i suoi
parametri. Coi suoi mezzi immensi, mi ha portato in giro per i locali modaioli
della città, prime a cinema e teatri, massaggi. Secondo lui, dovevo
rasserenarmi e smettere di concentrarmi su ciò che mi affliggeva, per liberarmi
delle mie paure. Alla fine, è stato caparbio, mi ha preso per stanchezza e l’ho
seguito nelle sue proposte, divertendomi pure moltissimo. E, chiaramente, ha
avuto ragione sull’intera linea, sono riuscito a ritrovare me stesso e la
serenità…non in maniera completa, credo sia impossibile per chiunque…Brooke,
vorrei avvalermi del metodo Stark con te…’.
La Brown corrugò la fronte; si erano fermati nel parlare ed erano
rimasti uno di fronte l’altra ‘Professore, è meglio di una proposta
sessuale…quasi’ le labbra ricoperte di gloss trasparente si aprirono in un
sorriso, intanto che acconsentiva, ricominciando la passeggiata.
Trascorsa un’oretta, arrivarono davanti a un’insenatura rocciosa, i
cui massi calcarei giganteschi interrompevano il percorso sulla lingua di
sabbia.
‘E’ un peccato non poter proseguire…’ commentò la bruna.
‘Qui finisce il limite est della proprietà…ti va di mostrarmi qualche
trucchetto?’ Bruce lo domandò con nonchalance, voleva si sentisse a suo
agio.
Lei sospirò, togliendosi gli occhiali da sole e agganciandoli alla
maglia ‘Niente di più di ciò che hai già visto, non aspettarti nulla di
trascendentale’.
‘Giudicherò io stesso’ si spostò da lei di un paio di metri e si mise
a braccia conserte ‘mantieniti concentrata e con la mente…aperta. Qui non farai
male a nessuno e …siamo insieme!’.
Brooke, tranquilla e assorta, fissò le proprie dita, iniziando a
muoverle. Una luce rosa soffusa ne uscì, formando un piccolo cuore che si
ingrandì man mano, fino a diventare tanto ampio da poter contenere una persona.
Il cuore si spostò verso Bruce e lo avvolse.
Banner non lo avrebbe mai immaginato quando l’aveva esortata
all’esibizione. Immobile, si ritrovò in una nuvoletta rosata che altro non era
che un campo di forza, lo stesso che aveva circondato prima la provetta con
l’arma batteriologica e poi Brock Rumlow, a Lagos.
L’aria, nello spazio interno, sembrava rarefatta e gli parve che il
mondo si fosse fermato, non potendo udire alcun rumore provenire da fuori;
poggiò i palmi delle mani sulla sostanza, percependola fredda e dura al
contempo. Era imprigionato e impossibilitato a uscire.
Sentì un’oscillazione e fluttuò, dentro il cuore, verso l’alto; ogni
movimento era indirizzato dalle dita della Brown, a suo piacimento. La vide
sorridere e rivoltare le mani verso la sabbia, nel momento in cui il cuore si
abbassò a terra, scomparendo, permettendogli di atterrare in piedi, con
tranquillità. Era rimasto senza parole, in preda alla forte emozione di un’esperienza
unica ed esaltante e soprattutto di una simile condivisione.
Gli aveva mostrato una parte di sé che aveva dovuto nascondere per
l’intera vita, il contrappasso di una guarigione miracolosa e nefasta insieme.
‘Grazie…’ bisbigliò, serio, mentre lei gli andava incontro.
‘Era il mio regalo per te…sono sempre in difetto di uno, però’
sdrammatizzò, con una battutina, bloccandosi a considerare ‘Per la prima volta,
non ho avuto effetti collaterali…niente sangue dal naso e simili’.
‘Ottimo, hai dominato l’ansia’ Banner l’avvolse in una stretta dolce,
affettuosa, sentendola scostarsi, stranamente. Eccitata, gli si rivolse ‘Non ho
finito…guarda!’. Manovrò le mani insieme verso l’acqua del mare di fronte a
loro e una banda di colore rosa si materializzò, andando in senso parallelo
alle onde, prendendo fuoco. Le fiamme si spensero al contatto con l’Oceano,
dove erano state indirizzate, volutamente.
‘Sei pirocinetica, mi ero scordato…Molto affascinante’ ancora ammirato
dalle sue capacità, rimirava il fumo lievemente acre che si alzava nell’aria.
‘Un’ultima cosa…piccola piccola’ si rivoltò, dandogli le spalle, e
scrutò la pineta che costeggiava la spiaggia. Con un colpo di mano, scaraventò
un sfera rosa minuscola verso un gruppo di pini marittimi, che esplose,
disintegrandoli in schegge impercettibili.
‘Niente male davvero! Terrò a mente che è meglio non contraddirti…ho
altre abilità per cui complimentarmi, streghetta?’.
‘No, queste…’ rispose, tendendogli la destra.
Dandole un bacino sulla nuca, ricordò lo scontro a Lagos e gli si aprì
un mondo ‘In Africa eri destabilizzata, a causa mia…ti sei agitata perché ero
io il più vicino alla zaino che stava per deflagrare…’ commentò, e non suonava
affatto come una domanda. Gli fece una tenerezza infinita e rammentò pure di
aver avuto la stessa intenzione e remora.
La sentì annuire.
I silenzi erano poco da lei, lo spaventavano più dei colpi d’incanto
‘Il tuo silenzio mi toglie il respiro…’ le confessò.
‘Sì, ho lanciato la sfera per proteggerti. La conseguenza è stata la
distruzione del nostro avversario e del residuo della bomba batteriologica, ma
la mia unica motivazione sei stato tu. Era molto semplice, e in questo aveva
ragione Barnes…’ mormorò, a mezza bocca.
Bruce sospirò, tornando verso il bungalow ‘Controllerai anche tale
aspetto, il più difficile, la parte emotiva. Combattere insieme a qualcuno a
cui vuoi bene è complicato, e vale per ognuno di noi Vendicatori’.
‘E’ stato allestito per il pranzo sulla veranda…che meraviglia…come
hai fatto?’ Brooke contemplò l’armonia dell’apparecchiatura sul tavolo rotondo,
ricoperto da una pezza di tessuto a sfondo viola con dei pesciolini stilizzati
bianchi, sottopiatti di vimini intrecciato scuro, due piatti candidi per ciascun
commensale e appoggiato un tovagliolo della stessa sfumatura lilla debitamente
ripiegato insieme a una stella marina. Uguali decorazioni di stelle marine e
conchiglie riempivano un contenitore squadrato minimale, che racchiudeva una
lanterna metallica beige traforata, al cui interno era accesa una candela che
spargeva nell’ambiente un profumo di cannella. Una brocca di cristallo di
foggia antica per l’acqua con i bicchieri abbinati e una bottiglia di vino
bianco già stappata, in un cestello per il ghiaccio dalla linea semplice,
completavano il tutto.
‘Ho i miei segreti’ galante, le spostò la seggiola, per farla
accomodare, e andò in cucina, tornando con tre vassoi retti come un giocoliere
improvvisato, che mise fra i loro due coperti ‘Il menù prevede insalata di
mare, spigola arrosto con patate e frittura mista!’.
Le versò l’acqua ed il vino, e, vedendola incerta, si stupì ‘Non ti
sei ancora servita, rimedio subito’. Le colmò il piatto di antipasto, facendo
lo stesso col proprio. Lei era sempre immobile e lo fissava ‘Tutto bene? Non ti
piace?’.
Con gli occhi lucidi, la Brown si espresse, allungando la mano verso
il professore, che le riempì gli spazi fra le dita ‘Nessuno ha mai fatto nulla
di simile per me…Bruce, ti amo…e lo dico sul serio, perché lo sento’.
‘Piccola strega, mi hai rubato il cuore…su, mangia e fammi contento’
toccato nell’anima, inforcò un pezzo di polpo dell’insalata, concentrato sulla
forte emozione che li stava attraversando entrambi su quella terrazza elegante
e discreta, godendo della brezza marina che li avvolgeva, del verde azzurro
delle onde dell’Oceano e dell’indaco del cielo, che si confondeva col ceruleo
delle iridi di Brooke.
Lontano dal resto del mondo, esistevano soltanto loro due, in un
attimo di unione eterna, talmente sublime da impedirgli di proseguire la
conversazione; rimasero muti, cibandosi del delizioso pesce e delle parole
inespresse, che leggevano ognuno nel volto dell’altra, fino al dolce, una
granita al limone di una nota gelateria italiana.
‘Sai qual era la frase ricorrente del Mahatma Ghandi?’ lo interpellò
la bruna, gustando l’ultimo cucchiaino di sorbetto.
‘Me lo dirai fra tre secondi, ci metterei la mano sul fuoco…’.
‘Se urli tutti ti sentono. Se bisbigli ti sente solo chi ti sta
vicino. Ma se stai in silenzio, solo chi ti ama ti ascolta’ declamò,
alzandosi, ed ancheggiando, voluttuosa, voltandosi verso di lui, col chiaro
intento di farsi seguire. Era una donna sensuale al massimo della femminilità,
non più una ragazzina spaurita…
Bruce, spiazzato, la tallonò, per vederla andare in bagno e riuscirne
senza jeans, cardigan e maglietta - con indosso sole le mutandine di pizzo
candido e virginale - e stendersi sul letto matrimoniale, le gambe nude
incrociate in una mossa sexy, il seno esposto senza vergogne. Lo stava
provocando, consapevolmente.
Era interdetto, bloccato sullo stipite della porta. La Brown lo chiamò
a sé, arricciando le dita, generando un colpo d’incanto a forma di cuoricino
che volò verso di lui, per poi poggiarsi all'altezza del petto e svanire… a una
richiesta tanto romantica, gli tremarono le ginocchia e dovette arrendersi al
fascino della sua ragazza, raggiungendola, liberandosi veloce dei propri abiti,
rimanendo coi soli boxer blu scuri, in piedi, al bordo del letto.
Ogni volta che la considerava come amante, il fascino del proibito lo
ammaliava e lo frenava, era diviso in due…come con il suo alter ego. ‘Sei tanto
bella, amore’ le confessò.
Fu lei a stupirlo, gattonando sul materasso per metterglisi accanto,
in ginocchio, e accostarsi, strusciando i seni sul suo costato, tormentandolo,
coi capezzoli duri come spilli marmorei, gli occhi spiritati colmi di un
desiderio palpabile ‘Non ho fatto che pensare a noi…’.
Mentre lo leccava sul collo, salendo con la bocca fino al lobo del suo
orecchio destro, provocandogli un attacco di brividi, avvertì la mano sulla
propria; la presa fu ferma e decisa…la portò all’interno delle sue mutandine
bianche, con un gemito poco equivocabile.
Cercava la soddisfazione di un impulso carnale incontrollabile, da
spegnere insieme. Era già meravigliosamente ricoperta di umori e ciò agevolò
l’entrata delle dita di Bruce, su cui la ragazza iniziò a danzare, lussuriosa e
sorridente, abbassando gli slip a metà coscia, per agevolare i loro movimenti.
Ondeggiava, con naturalezza, alla ricerca dell’apice della
soddisfazione, tra un urletto e un sussulto, tenendosi con i palmi al torace di
Banner; le carni rosee avvolgevano le falangi quest’ultimo, che ne percepì lo
struggimento, insieme a una serie di contrazioni lunghe ed intense, la bocca
schiusa da cui sfuggiva ripetutamente il suo nome, gli occhi saldi nei propri
scuri.
La carezzò, più delicato, colmandola di baci, finché non si fu
calmata, per sfilarle le mutandine, oramai inutilizzabili, e farla allungare
sul letto, coprendola col lenzuolo di lino. Era ancora leggermente affannata e
si premurò di prenderle un bicchiere d’acqua fresca, che le porse e che bevve
d’un fiato, rimettendosi giù.
Tornato dalla cucina, dove erano scemati leggermente i propri bollenti
spiriti, non poté non notare che lo squadrasse, ancora su di giri. Si era
liberata del lenzuolo, un rossore diffuso le aveva colorato le guance, le
mammelline erano tese, i capezzoli si ergevano in rilievo come more mature; le
pupille dilatate lo trafiggevano, in cerca di un ulteriore contatto che non
sapeva come reclamare. Non ce ne fu bisogno, la spontaneità era alla base del
loro legame.
‘Sei stupenda, piccola strega…e ti amo, moltissimo’ si accoccolò
accanto a lei, sfiorandole le labbra in un bacio soffiato, che divenne profondo
e viscerale.
La bocca umida ed aperta del professore percorse un linea immaginaria
sul corpo della bruna, iniziando dal mento perfetto, passando per l’incavo
sotto il collo che recava le note dell’acqua di colonia al gusto di sandalo e
vaniglia; si soffermò, sopra i seni tondi e straordinari, cibandosi dei
capezzolini tesi come punte di freccia, banchettandone come fossero cibo
prelibato...il cibo dell'anima, gratificata dalle espressioni femminili di
compiacimento estremo.
Scese, rasente l’ombelico, per poi bloccarsi alla tenera attaccatura
fra la coscia destra e l’inguine.
Le lasciò affettuosi bacetti in quella zona soffice, godendo
dell’afrore femminile che l’aveva intossicato, drogato. Fissò le gocce di
rugiada che ricoprivano l’unico prato che volesse conoscere, stillate per lui,
copiose.
Si accostò, timoroso, al monte della sua Venere, percorrendo con la
punta della lingua l’interno della corolla di petali che ricopriva il bocciolo
del fiore inviolato di Brooke, che, in attesa e smaniosa, studiava le sue
mosse.
Era talmente morbida e aromatica, con un sapore dolce ed acre allo
stesso tempo e comunque sublime che gli parve di impazzire, letteralmente, a
vivere assieme un momento così intimo. Si sarebbe nutrito di quell'elisir vita
natural durante, senza smettere mai.
La sollazzò, appassionato, avvertendo la sua mano che gli carezzava i
capelli scompigliati, per stringerli nel pugno, in preda a una lussuria mai
vissuta, spostandogli il volto verso il bacino, per dargli la cadenza del
movimento del proprio piacere, in una scoperta continua della propria fisicità
e sessualità inesplorata.
Col compagno giusto, realizzò la bruna, osservando Bruce che l'amava
con tutto se stesso, in un modo per lei inusuale…un labirinto di concupiscenza
in cui si addentrava, mano nella mano, col suo professore.
Era un gentiluomo, semplice e complicato, un genio e insieme la
persona più umile che avesse conosciuto. Attento, garbato...lo adorava in ogni
sfaccettatura della personalità, verde compresa.
All'ennesima stimolazione della mucosa maschile, una scarica elettrica
la colpì, irradiandosi dal profondo del suo ventre verso l'inguine, sfociando
in una nuova tempesta di spasmi incontrollati, più violenti e decisi delle
volte precedenti 'Ti amo, Bruce...' urlò, inarcando la schiena, il viso rivolto
al soffitto ed alla zanzariera bianca che non avrebbe mai dimenticato.
Anche stavolta Banner la lusingò a lungo, appagato dalle sue parole e
dai sentimenti che gli avevano invaso il cuore come un'edera rampicante che non
poteva né voleva estirpare; le accarezzò le cosce dal ginocchio ai fianchi,
sbaciucchiandola sui glutei, mordicchiandola. Era sua e la voleva soffocare di
attenzioni.
Al termine del gioco, la abbracciò, tenero, e lei si affrettò a ripulirgli
la bocca sporca e lucida di sé, assaggiando il proprio capriccio, per la prima
volta. 'Mai provato nulla del genere, professore’ ammise, con la genuinità
che la caratterizzava.
‘Nemmeno io…’ ribatté, sincero e preso da lei in ciascuna singola cellula
del suo essere, leccandole le labbra, che si affrettarono, veloci, a ricambiare
la soddisfazione ricevuta. Disegnò una costellazione di baci sul torace
dell’uomo, trastullandosi con la sua peluria sale e pepe per cui aveva un
debole, strofinando le guance sull’addome fino alla fascia elastica dei boxer
blu che morse con i denti, ridacchiando, le dita a solleticargli schiena e
lombi.
‘Che vorresti fare?’ le domandò, intuendone le intenzioni impudiche.
L’aveva amata senza contropartita; non gli interessava il do ut des, anche se la desiderava moltissimo.
‘Questo…’ non riuscendo a toglierli come si era prefissata, si aiutò
con le mani, ritrovandosi faccia a faccia con l’eccitamento completo di Banner,
che aveva già adocchiato dalla stoffa tesa, piuttosto compiaciuta dell'effetto
che aveva su di lui.
‘Non è il caso’ tentò di farla desistere, sentendo, al contempo, la
presa delle dita affusolate attorno al suo membro; lei, accesa dall’odore della
sua virilità, vi strofinò il viso e le labbra. All’ennesimo ansimo, la
boccuccia angelica accolse la punta dello scettro maschile.
La Brown gustò il sapore selvaggio che la invadeva, con gli occhi
cerulei fiammeggianti, in cui la malizia si sovrapponeva all’innocenza,
superandola.
Senza dimenticare alcun centimetro di carne, con precisione, curò la
pratica erotica, dedicandosi al tronco su cui risalì, per lambirlo ancora con
estrema tenerezza, carezzandolo fra le cosce, con la punta delle dita.
L’uomo, in fermento, si era finalmente lasciato andare e si reggeva
con le mani alle lenzuola, tra un sussulto e un tremito.
Percependo, pertanto, che Bruce fosse fuori controllo e al limite, lei
accelerò il ritmo, provocandolo con la lingua, disegnando ornamenti e fregi
sulla sua pelle.
Pulsazioni e vibrazioni l’avvisarono che era arrivato a un punto di
non ritorno; udì un gemito strozzato e si ritrovò, l’attimo seguente, colma del
nettare del compagno, di cui si nutrì, beata, continuando, licenziosa, ancora e
ancora. Era stata l’ennesima condivisione e non si era schifata affatto; ogni
sua parte era bella per lei e non ci avrebbe rinunciato.
Questo pensò, intanto che l’uomo la stringeva, ribadendole che l’amava
alla follia.
Era rimasta così, con la testa sul suo petto, a fissare l’Oceano che
si vedeva dalla finestra, completamente aperta, di fronte al letto ‘Dobbiamo
tornare per forza a New York?’.
‘Temo di sì. Se vorremo rimanere a dormire, magari per un fine
settimana, chiederò prima il permesso ai tuoi genitori’ propose il professore.
‘Ho venticinque anni, non mi ho bisogno della giustificazione…’ si
lamentò, scocciata.
‘Serve a me. Vivi con loro e non voglio inimicarmeli, già mi tollerano
poco…’ bofonchiò.
‘E se non te lo dessero?’.
‘Hai venticinque anni, no? Verremo ugualmente!’ esasperato, alzò il
tono della voce, in maniera inusuale.
‘Cavolo, mi piace! Sei un duro’ la bruna sbottò a ridere,
carezzandogli la guancia ‘lo sai che succederà, la prossima volta che ci
ritroveremo insieme, dentro un letto?’. Si riferì al feeling fra di loro e alla
doppia visione che aveva avuto.
‘Ho una vaga idea…’ sì, che mi terrorizza, però. Prendere la
verginità della donna che si ama era certo un privilegio, e parimenti una
responsabilità.
‘Una bella idea… Ti conservavi anche tu per me, ammettilo! Perché non
sei ancora sposato o fidanzato?’ chiese, curiosa.
‘Sono sempre stato poco socializzante, te l’ho spiegato. A seguito
dell’esperimento finito male, una vera e propria clausura’ spiegò.
‘E la Romanoff? Bucky mi ha raccontato che vi frequentavate’.
La domanda lo spiazzò, da tanto non ci pensava. Non aveva avuto
segreti, per Brooke, dall’inizio ‘Natasha mi reclutò, su ordine di Nick Fury,
il Capo dell’organizzazione chiamata S.H.I.E.L.D., che non esiste più. C’era un
feeling, lei si era interessata a me. Durante una missione, a casa di Clint Barton
- un componente degli Avengers che si è ritirato per dedicarsi alla famiglia -
ci baciammo, persino. Nat vedeva un futuro per noi; io, invece, non essendo in
grado di gestire Hulk stabilmente mi tirai indietro e decisi di percorrere una
strada solitaria, allontanandomi per un po’ dalla squadra. Vagai per regni
diversi dalla Terra, finendo addirittura ad Asgard, insieme a Thor e suo
fratello Loki. E’ tutto qui…ed è finita, non provo nulla per la Vedova’.
‘Capisco. Non sono gelosa…’ la Brown lo aveva fissato, mentre le
rispondeva e sapeva fosse la verità ‘mi interessa sapere se vedi un futuro per
noi…’. Aspettò, col cuore in tumulto.
‘Sì’ ammise, riluttante, spaventato e felice ‘non nel modo in cui lo
percepisci tu, però non solo lo vedo…sono certo ci sarà’. Non fece in tempo a
terminare che le labbra femminili si unirono alle proprie, ritrovandosi il viso
bagnato dalle lacrime di coinvolgimento che scendevano dagli occhi di Brooke.
***
N.d.a.
Il rapporto di amore fra Bruce e Brooke diventa più solido e profondo,
anche nell'intimità che condividono; spero che la descrizione di questa parte
sia risultata tenera come desideravo, al di là della mera fisicità che li ha
visti coinvolti.
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Capitolo 5 *** Strega per amore ***
5 strega per amore
'Voglio i dettagli piccanti e i particolari morbosi. Sono o non sono
il tuo amico più caro? E dai, Brucino, non ti sei sbottonato!' Tony tormentava
Banner, al laboratorio del Quartier Generale.
'Lasciami in pace, per la miseria!' l'altro tentò di arginare la
curiosità di Iron Man.
'Te l'ho presentata io…sei un vero ingrato, ecco cosa sei'.
'Per piacere...stiamo insieme, ti può bastare?'.
'Veramente no. La signora delle pulizie che si occupa della casa agli
Hamptons mi ha rivelato che avevi organizzato un pranzetto di pesce e...che il
letto era sfatto, due settimane fa…' commentò, con un sorriso idiota.
Il professore arrossì, senza scomporsi.
'Ti ho beccato, fratello...' Stark fece un salto sul posto.
'È molto complicato...'.
'Banner, il sesso non è mai complicato. La gente, invece, è contorta'
la massima delle undici del mattino del miliardario, sparata davanti al
microscopio elettronico, fu troppo persino per un tipo mite come il professore
'È tanto che non sto con una donna...e lei non ha mai avuto esperienze...a me
pare...complicato'.
'Nooo' Tony sembrò meditare sulle parole ascoltate, niente affatto
stupito 'però vista la situazione, mi permetto un consiglio e sai che sono un
mago in questo. Rendilo speciale, fa che sia indimenticabile per entrambi,
soprattutto per Brooke. Poteva avere tutto dalla vita, non ha avuto niente, se
non quel regalo assurdo...forse tu sei il suo regalo e lei il tuo...impegnati,
pensa a ciò che le piacerebbe fare...e lontano dai Brown, ovvio'.
Il suggerimento era giustissimo, rifletté Bruce 'Grazie...'. Come un
lampo, nel cervello gli era balenata una proposta che la sua ragazza avrebbe
più che gradito. Non appena tornato a casa, studiò, in rete, come realizzarla,
e, carta di credito alla mano, si sbizzarrì.
Fomentato, e quasi in stato di tranche, scese in garage, si mise alla
guida del Maggiolino e raggiunse Park Avenue, con l’acceleratore a manetta, per
quanto gli permettesse il traffico newyorkese, per ritrovarsi a suonare il
campanello dell’attico dei Brown venti minuti dopo.
Prese fiato, tentando di darsi un tono e coraggio, che venne meno
quando fu Robert in persona ad aprirgli.
‘Buonasera, professore, non l’aspettavamo’ lo salutò, caustico.
‘Bruce, per favore…’ lui provò.
‘Accomodati, Bruce’ la voce imperiosa di Sheila, che si era alzata dal
divano del soggiorno, per stemperare l’atteggiamento sempre rigido ed
oppositivo di suo marito, risuonò nell’ingresso dell’appartamento,
sovrapponendosi a quella della figlia ‘Ciao…che ci fai qui? E’ successo
qualcosa?’. Pantaloni della tuta e canotta, le mani sporche di creta che si
puliva con un panno, Brooke li raggiunse, preoccupata. Si sarebbero dovuti
vedere per mangiare insieme ed era rimasta stupita della sua visita.
Avevano trascorso le ultime due settimane fra cenette, passeggiate, coccole,
e parecchi preliminari amorosi che avevano aumentato il desiderio di entrambi,
presi da un magnetismo irresistibile, unito al sentimento che li aveva fatti
avvicinare. L’allenamento particolare auspicato da Stark!
Il professore camminò verso di lei, ghermendole la mano e dirigendosi
in soggiorno, per sedersi su uno dei divani, con l’intenzione di parlare
civilmente e pacatamente ‘Nulla di grave. Ero qui…’ si rivolse ai suoi
genitori, timido ‘perché mi piacerebbe molto trascorrere il prossimo fine
settimana con Brooke, fuori città. E’ più che maggiorenne e non ha bisogno del
vostro permesso; tuttavia, senza averlo, non partirei tranquillo’. La sincerità
non era un vestito comodo, per lui; era il vestito più pulito che potesse
indossare, davanti a loro.
Robert era in pizzo alla poltrona di destra, in tensione, con le
braccia conserte; Sheila più tranquilla, sul divano più piccolo accanto, le
gambe incrociate che facevano capolino dall’abito di seta blu che indossava.
La bruna si voltò a guardare Banner, al settimo cielo per l’idea, e poi
girarsi verso sua mamma e suo papà, dubbiosa che avrebbero accondisceso; si
preparò, mentalmente, qualche frase per convincerli.
Robert deglutì, gli parve gli mancasse l’aria, di essere in apnea nel
mare più profondo e di non poter salire a galla…la sua bambina con quell’uomo
tanto più grande...Hulk…una notte fuori…certo, uscivano regolarmente e lui
viveva per conto suo, ovvio, non gli serviva una camera d’albergo per fare
sesso…erano i due termini…Brooke e sesso, proprio non legavano, nella sua testa
di genitore.
La sinistra di sua moglie, che gli carezzava l’avambraccio, lo salvò
da altre elucubrazioni folli ‘Lo apprezziamo molto. Nostra figlia non ha mai
dormito fuori casa…che programmi avresti?’. Tentò di essere amichevole; Brooke
sarebbe corsa a preparare i bagagli subito, se fosse dipeso da lei e nulla
l’avrebbe fermata, poteva scommetterci. E il professore era molto determinato;
rifletté che essere una persona perbene non voleva dire affatto essere deboli,
e nel caso specifico lo dimostrava che in lui alberasse, latente, la
personalità di Hulk.
‘Ho organizzato per andare a Salem, in Massachussets, per due giorni;
partiremmo sabato mattina per rientrare domenica sera. Vi lascerò il recapito
dell’albergo e vi chiameremo, per farvi sapere come va…’ spiegò.
‘Salem… Bruce, è fantastico, ho sempre voluto visitarla!’ lei fu tanto
spontaneamente gioiosa che suo padre si sentì dire ‘Va bene’.
‘Grazie, papà’ la bruna saltò dal divano come una molla per
abbracciarlo; non lo faceva da tempo immemorabile, e lui si intenerì.
‘Vi sono davvero grato…’ si unì il professore.
‘Io e Robert ci siamo stati, ai tempi dell’Università; è un posto
carino e suggestivo, sono certa vi divertirete.
Ceni con noi, Bruce? Ci farebbe molto piacere’ Sheila lo invitò; non era
un nemico da combattere, bensì un alleato da conoscere.
‘Non vorrei disturbare ed avevamo altri progetti, non so…’ incerto,
rimase in attesa di un’indicazione dalla sua ragazza.
‘Mamma è una cuoca eccellente, credimi. Nessun ristorante è alla sua
altezza’ la Brown elogiò le doti della sua bionda genitrice, acconsentendo per
entrambi.
‘Quand’è così, accetto volentieri’ in leggero imbarazzo, intanto che
la padrona di casa scompariva in cucina per predisporre il pasto, fu trascinato
da Brooke verso il suo studio.
‘Colgo l’occasione per farti vedere i miei lavori, dato che sei qui’
al termine di un lungo corridoio, accanto alla propria camera da letto, gli
indicò una stanza d’angolo, che aveva le due pareti esterne, in cui spiccavano
ampie vetrate, che fornivano la luce giusta, indispensabile per quel tipo di
espressività artistica.
Al centro del locale c’erano un tornio e un tavolo di legno, ricolmo
di attrezzi; sui due lati interni dello studio, erano appese decine di mensole
con numerose sculture in creta.
Banner indossò gli occhiali, per rimirarle nei dettagli; poté ammirare
la progressione delle sue abilità. I primissimi lavori erano più semplici,
animali e volti stilizzati, gli ultimi invece perfetti, ricchi di particolari e
molto ben realizzati. Riconobbe i visi di alcuni personaggi del mondo dello
spettacolo, oltre che di Robert, di Sheila e di Brooke stessa…evidentemente,
non aveva avuto a disposizione modelli dal vero, tranne loro tre, e si era
arrangiata con filmati e foto.
Non erano copie, avevano qualcosa di speciale ‘E’ come se avessero
l’anima’ mormorò, oltremodo coinvolto ‘sono splendide’.
‘E’ il più bel complimento che potessi farmi…’ lei minimizzò, col
cuore che scoppiava di contentezza.
‘A che ti stai dedicando, ora?’ Bruce segnalò un busto ricoperto da
uno telo di lino bianco inumidito, poggiato al centro del tavolo ‘Posso?’
sentendola annuire, spostò la stoffa, che gli scivolò dalle mani non appena
vide la nuova opera, l’ultima.
Trattenne a stento un gemito…davanti a sé, c’era un volto diviso a
metà…al lato sinistro, le fattezze umane del proprio viso, al lato destro
quelle bestiali del mostro che si portava dentro…Hulk, insieme poeticamente
assemblati, dalle tenere manine della ragazza di cui si era innamorato.
‘E’ bellissimo, non so che dire…’ il modo in cui lei lo vedeva e in
cui lo aveva raffigurato, un Giano bifronte moderno ed attuale, lo aveva
centrato nel profondo del proprio essere, nemmeno una freccia lanciata da
Cupido avrebbe avuto un effetto tanto potente. Era davvero senza parole…
‘Siete diventati il centro del mio mondo…tu e lui…manca qualche
rifinitura, ma è praticamente terminato’ la bruna lo cinse da dietro, con le
braccia attorno alla vita, e gli dette un bacino sulla scapola destra ‘Ti piace
sul serio? Avrei voluto regalartelo…ora non so…sto pensando di tenerlo per me,
muoio un po’ all’idea di rinunciarci…’.
‘Ci contavo…’ si rigirò, per poggiare le labbra sulla sua fronte,
udendo i passi di Sheila che li cercava, per informarli che la cena fosse pronta.
Affacciatasi alla porta dello studio, sgranò gli occhi alla vista
della scultura; avrebbe dovuto capire chi fosse il soggetto raffiguratovi,
dalle remore della figlia di mostrargliela.
Brooke aveva un grande talento; il volto di Banner era una e vera e
propria opera d’arte, il cui valore non era racchiuso nella manualità o nella
perfezione delle forme, ma era rappresentato dall’empatia della
scultrice…empatia…sentire la felicità e il dolore dell’altro, sentirlo nella
propria carne e nella propria persona.
‘E’ il busto più interessante che tu abbia mai prodotto…è
meraviglioso’ commentò, seria, intanto che si mettevano seduti a mangiare. 'Ho
preparato scaloppine al marsala e sformato di patate, spero ti piacciano,
Bruce' la bionda aveva servito per primo il professore, che non si era
risparmiato in complimenti sinceri. I piatti erano gustosi e delicati.
‘A Chicago, per un periodo, presa la laurea in matematica, ho
insegnato in un liceo statale. Io e Robert ci incontrammo proprio sul lavoro,
in una scuola di periferia, al nostro primo incarico…ci siamo innamorati e
sposati, nel giro di pochi anni, e poi è nata Brooke. Ero riuscita a
barcamenarmi tra lavoro e famiglia, ma quando la sua malattia è peggiorata,
mollai la professione per dedicarmi esclusivamente a lei. Era a uno stadio
della distrofia muscolare molto avanzato e necessitava di assistenza continua e
costante. Non fu il lato economico a motivarmi; soprattutto non volevo che ci
fosse un estraneo, al suo fianco, nei momenti di sofferenza...desideravo starle
accanto ogni minuto, che non fosse sola...' lo disse, con gli occhi lucidi, e
fu sua figlia a carezzarle, prontamente, la mano sopra il tavolo. Senza la
mamma non sarebbe sopravvissuta, ne era consapevole.
Bruce immaginò che, pensando al peggio ovvero a una prematura
dipartita della ragazza, Sheila avesse deciso in tal senso. Saggiamente, a suo
avviso.
'Comunque, quando si rimise e Robert iniziò a produrre il farmaco
insieme a Tony, le nostre entrate finanziarie aumentarono, a dismisura;
parallelamente, il treno della carriera era passato e ho preferito dedicarmi ai
miei cari. Sono diventata una casalinga disperata, che ha imparato a cucinare e
fare torte...'.
'Mamma mi ha fatto compagnia...come sai uscivo poco...' ribadì la
Brown, con amarezza.
'Basta storie tristi...Bruce...' Robert si era leggermente sciolto 'so
che insegni biochimica all'Università!'.
Banner si buttò in una lunga conversazione col quasi collega e
signora, che l'aiutò a entrare più in confidenza col mondo di Brooke e la
serata proseguì, con serenità; consumarono il dolce e il caffè in soggiorno,
tra ulteriori chiacchiere, fino a che, data l'ora tarda, il professore ritenne
di togliere il disturbo, accomiatandosi.
La bruna lo accompagnò all'ascensore 'Salem, allora...non sto più
nella pelle!'. Aveva lo sguardo sovraeccitato.
'È un piccolo pensiero, volevo farti una sorpresa...'.
'E ci sei riuscito' uno sfarfallio di labbra sulle sue completò il
loro saluto.
***
'Telefonaci quando arrivate!' Sheila lo aveva ripetuto almeno dieci
volte, in pena.
'Sì, mamma!' Brooke si stava avviando verso l'auto di Bruce, che aveva
già messo il suo trolley nel bagagliaio.
'E vi ho preparato dei panini per il tragitto' le porse un voluminoso
sacchetto marrone.
'Grazie, Sheila!' dovevano percorrere qualche centinaio di miglia,
rifletté Bruce, sulla strada era pieno di tavole calde e lui non proprio uno
squattrinato; forse non ricco come Stark o Robert, ma piuttosto ben
messo.
'Mamma mi vede sempre deperita...' intuendo i suoi pensieri, la bruna
rise, fornendo la spiegazione alla premura.
'Buon viaggio!' suo padre le dette un bacino sulla fronte, prima di
lasciarla andare.
'Giusto un po' asfissianti...' lei commentò, non appena soli.
'Li capisco...mi metto nei loro panni, ti vogliono bene...' rispose
d'istinto il professore.
'Pure tu me ne vuoi...'.
'È diverso, io ti amo, piccola strega...e per questo andiamo nella
città delle streghe'.
'Mi sono preparata, ed ho comprato una guida' tirò fuori un libretto
dalla copertina azzurra dallo zaino ‘Nel villaggio, la caccia alle streghe
iniziò nel 1691; alcune ragazze si incontravano per predire il futuro. Ti
ricorda qualcuno?' si riferì a sé 'Fra loro c'era una certa Sarah Cole, che
dichiarò di aver visto uno spettro, sotto forma di bara, in quella che
utilizzavano come una sfera e che in realtà era un albume d'uovo sospeso in un
bicchiere di acqua. E, in ugual modo, per tale aspetto...la sfera...mi
inquieta!
Comunque, le giovani in questione assunsero comportamenti strani,
bestemmiavano e cadevano in tranche; i medici le visitarono senza trovare una
spiegazione e fu dichiarato che erano vittime di Satana. Alcune confessarono di essere delle streghe
ed iniziarono dei processi; furono incarcerate e giustiziate molte persone,
uomini, donne e persino bambini...è orribile...Se qualcuno mi vedesse in
azione, chissà...'.
'Le tue abilità sono un dono e derivano dalla combinazione fra i tuoi
neuroni e la medicina che prendi per sopravvivere; è un caso diverso'
controbatté Banner.
'Forse hai ragione; piaciuto l'excursus?'.
'Sì, ed immagino avrai stilato un elenco di attrazioni da visitare!'.
'Ovvio! Una lunga lista' alzò un foglio scritto a penna, ridacchiando.
'Prima passiamo in albergo a lasciare le valigie, l'ho prenotato on
line e voglio accertarmi che sia come appariva'. Agitato, parcheggiò alla
rimessa del Salem Waterfront Hotel, centralissimo e con vista sulla baia e sul
porto turistico Pickering Wharf Marina, provvedendo alla loro registrazione.
L'addetto ai bagagli li scortò fino alla camera, una suite in stile
marinaro con un enorme letto matrimoniale, su cui erano poggiati cuscini
bianchi e blu con il fregio di un'ancora. Tende color ocra e mobilio di legno
scuro completavano la stanza, lussuosa e elegante.
'Proprio niente male, e il panorama è splendido' uscendo sul piccolo
balcone, Brooke lo strinse a sé, segnalando il golfo, in cui spiccava il
turchese dell'insenatura del mare e un veliero antico a tre alberi, un
suggestivo bastimento di media portata, molto ben conservato. Alle sue spalle,
decine di piccole imbarcazioni, le cui vele candide sembravano ali di
farfalline.
'Sono contento che ti piaccia' tirò un sospirò di sollievo, dando uno
sguardo all'interno della camera ed al talamo che li attendeva in notturna, con
un brivido...fremente per l'attesa e terrorizzato per il timore di fare o dire
la cosa sbagliata.
‘Propongo di cambiarci d’abito e cominciare la visita di Salem!’
avevano optato per viaggiare indossando la tuta da ginnastica e si
rinfrescarono, scegliendo vestiti puliti e più da passeggio.
Una canotta bianca, cardigan lungo beige, leggins neri elasticizzati e
sneakers scure per Brooke, una camicia blu cobalto e jeans grigi per Bruce. Lei
agguantò lo zaino e si diresse a piedi per le stradine curate della città delle
streghe, tirandosi dietro il suo professore.
Il tiepido sole della giornata tersa li riscaldava, intanto che
giravano per le attrazioni che la ragazza aveva puntato; per primo il Peabody
Essex Museum, per scoprire i tesori dell’architettura e dell’arte esposti, la
ricchezza storica e culturale approdata lì da tutto il mondo, chiacchierando
per quasi due ore, senza mai stancarsi, per proseguire al Salem Witch Museum,
dove furono spettatori della rievocazione dei turbolenti processi alla
stregoneria del 1962.
Lo spazio espositivo si componeva di una parte moderna, con teche
zeppe di oggetti e libri, ed un parte esterna, nel cortile antistante, ovvero
un fienile in legno in cui si erano svolte le impiccagioni che avevano visto
protagoniste le presunte streghe e dove furono accompagnati da una guida,
unitamente a un piccolo gruppo di altri visitatori.
La struttura in legno era suggestiva, perfettamente mantenuta e
riempita di balle di fieno profumate, in ogni angolo.
‘Il racconto è angosciante, poverine!’ la Brown si era stretta al
braccio di Banner, alla spiegazione di quanto accaduto, nella parte dei
dettagli più raccapriccianti.
‘Hai ragione, erano altri tempi…in realtà, le giovani condannate a
morte erano state infettate dal vaiolo, e la malattia le aveva fatte
sragionare; a quell’epoca, per estrema ignoranza furono considerate invasate e
indemoniate’ cercò di fornirle una spiegazione razionale, buttandola sullo
scherzo ‘ti senti coinvolta perché sei una piccola strega, la mia’.
‘Sono già più tranquilla’ il suo professore diceva la cosa giusta al
momento giusto…'Aspetta, facciamoli uscire' Brooke lo trattenne, intanto che il
resto del gruppo lasciava il fienile, per nascondersi dietro una balla di fieno
e baciarlo, appassionatamente.
'Quanto sei bella...' mormorò lui: il sole filtrava dalla grande
apertura quadrata e colpiva la ragazza sul viso, sottolineando le sfaccettature
più chiare sulle ciocche dei capelli castani e le iridi cerulee, che brillavano
come fanali accesi.
'E' romantico, qui...' sottolineò la Brown, con i baci che diventavano
sempre più ardenti e a cui nessuno dei due poteva sottrarsi.
'Per la location, certamente...e per la compagnia...' l'uomo sentì
montare in sé un ardore che lo trascinò in una spirale di unione di labbra
frenetico…indiavolato!
Lentamente, con piccoli passi, quasi danzando e senza rifletterci, si
ritrovò steso con la Brown sugli accumuli di paglia.
Si sollevò, per fissarla; il suo sorriso soave e pieno di aspettative
gli riempì il cuore, unitamente alle sue parole 'Ti amo...sarà fantastico...'.
Avrebbe voluto dirgli di non avere paura, non ce ne fu bisogno.
Bruce non aveva programmato in alcun modo di farlo lì, gli parve un
posto inusuale, tuttavia con un’atmosfera unica e speciale. Rammentò il termine
utilizzato da Tony, adatto: indimenticabile!
Le poggiò le mani sul vitino da vespa, sotto la canotta bianca che
sollevò, assaporando la morbidezza dei fianchi femminei, segnando un solco con
le dita fino alle mammelle rotonde, imprigionate fra le sue dita.
Le massaggiò, impastandole, giocherellando coi capezzoli in rilievo,
diventati color vermiglio, nel momento in cui la bruna si liberava della
canottiera, facendola passare sopra la testa.
'Camicia raffinata...nuova?' non gliela aveva mai vista e aveva
intuito che il genio che non badava alla moda avesse ampliato il proprio
guardaroba, in occasione del viaggio, per essere più attraente per lei.
La sbottonò, partendo dal basso, fino ad arrivare all'ultima asola e
spogliarlo dell'indumento, che accostò vicino al proprio 'Stai meglio senza...'
bisbigliò, togliendosi le sneakers con l'utilizzo delle dita dei piedi,
concentrata sulle moine al torace di Banner, che sfiorò con la punta delle
unghie, girando intorno ai suoi capezzoli, strappandogli ben più di un brivido.
'Mai come te...come fai a essere tanto seducente, sempre?' aveva
cominciato una battaglia con i leggins stretti all'inverosimile, che lo stava
vedendo protagonista, verso la conquista del premio contenuto in uno squisito
slip di pizzo rosa, mentre Brooke si distingueva per abilità in un'inusuale
caccia al tesoro: in un battibaleno, i jeans maschili ed i pantaloncini in
cotone erano finiti in cima alla catasta di abiti, limitrofa.
Mancava solo una barriera alla completa nudità femminile e lui la fece
venir meno; provò a essere più galante possibile, nel gesto. Si erano dilungati
in preliminari fisici ogni qual volta che si erano incontrati, ma il momento
che stavano vivendo, nel fienile, era carico di significato, e voleva che fosse
straordinario. Glielo aveva detto in precedenza, non aveva fretta.
Morì, comunque, carezzandola fra le cosce rugiadose, stringendola di
fianco, roteando la lingua nella sua, come un abile giocoliere.
‘Brooke, amore mio, lo sai che poi nulla sarà più come è adesso?’ la
interpellò, prima che il turbinio del cuore lo coinvolgesse al punto in cui si
perdeva qualsiasi barlume di razionalità, a discapito del vortice dei sensi,
per essere certo della consapevolezza piena della sua scelta.
‘Lo spero bene, professore…poi… sarà meglio…’ con la maturità che la
caratterizza, dette, ovvia, la risposta perfetta, anche con il proprio corpo.
Si sentiva fremente e smaniosa, non spaventata. Aveva desiderato Bruce dal
primo secondo di conoscenza, certa che fossero predestinati.
Lo ghermì, facendolo posizionare sopra di sé, con le gambe che si
aprivano, con leggerezza, per accoglierlo.
Lui, al contatto fra i loro sessi, si rizzò sulle ginocchia, facendole
una carezza che partì dall’attaccatura dei capelli al mento, tenero. Era
pronto, per la sua donna, da tempo, probabilmente da sempre, rifletté.
Si mosse, puntando il bottoncino vellutato, che sfregò con il suo
nerbo, procurandole un languore oscuro, espresso con un gridolino di
compiacimento.
La Brown si sollevò dalla balla di fieno, alzando il bacino, con naturalezza,
per facilitare il suo ingresso nel proprio ventre, le braccia allacciate dietro
il suo collo.
‘Sei il mio empireo’ confessò il professore, godendo della strettezza
delle sue carni; attraverso il suo fiore, arrivò al punto più puro e intatto
dell’essere che amava, il cruccio dell’ultimo periodo, la barriera che lo
bloccava nelle intenzioni, pure morali.
Con le sue labbra che lo estasiavano e i loro corpi che si baciavano
e, più del resto, con lo sguardo della sua donna, che gli spalancò le porte del
paradiso, si protese nella sua gemma, aumentando l’intensità della pressione,
forzando appena appena.
Fu un passaggio breve ed intenso, un lasciapassare per la felicità
futura, credette lei; un bruciore quasi tagliente la attraversò, accompagnato
da un gemito soffuso, sostituito, all’istante, da un piacevole senso di
pienezza. Equilibrio, sofferenza, stupore mescolati insieme, come in un filtro
d’amore.
D’istinto, con fervore, legò le proprie gambe sui reni di Banner,
all’altezza della schiena, incrociando i piedi.
I loro bacini si erano fusi insieme, come un’unica colata di bronzo…le
venne in mente la propria arte, la scultura, nello specifico la bellezza e la
perfezione dei corpi di coloro che si amavano, che aveva ammirato nei lavori
dei grandi maestri.
Era la perfezione connessa al talento dell’artista; nel loro caso, al
sentimento schietto e autentico che provavano reciprocamente, e che lesse negli
occhi scuri di Bruce, che le sussurrava ‘Ti amo tantissimo, grazie…’,
riconoscente per il privilegio che aveva avuto in sorte, di possederla per
primo e in ogni senso.
La bruna adorò l’intensità che lui metteva quando si rialzava e
abbassava, cercando di sfregare la sua fragolina, per compiacerla. Si sentiva
sciolta, di voluttà e di gioia immensa.
Lui incrementò la cadenza e la velocità delle spinte, preso da una
frenesia che doveva calmare; il respiro si fece più affannato e si sovrappose a
quello più tenue di Brooke, nelle sue orecchie.
Un’ondata di piacere simultanea avvolse i loro corpi, che sussultarono
assieme, aggrappati ed avviluppati, intanto che le bocche si staccavano e si
rincollavano, di continuo.
Si persero insieme, in un mondo onirico riservato e personalissimo, di
profonda beautitudine, in cui le parole erano superflue, in cui era sufficiente
l’esistenza reciproca, in cui, più del proprio piacere, era contato quello
donato al partner e la vicinanza che avevano sentito nell’essere uno
nell’altra.
Lo scorrere del tempo non aveva più importanza, lo spazio intorno non
aveva più importanza - il fienile era scomparso alla vista, sarebbero potuti
essere ovunque - l’universo conosciuto non aveva più importanza e forse non
l’avrebbe più avuta.
Si erano calmati, dal fervore di quella trepidazione del cuore, per
ritrovarsi, più coscienti, qualche minuto successivo, Brooke con le mani a
giocare nei capelli arruffati di lui ‘Sempre un disastro, la tua chioma
ribelle’.
‘Il tuo pensiero, dopo la nostra prima volta, è per i miei ricci?’ la
schernì, all’ennesimo bacio schioccato sulle labbra rosate.
‘Certo…anzi, no…non sono stata mai così bene con nessuno, è la frase
che ti dissi quando ci salutammo, la sera della cena al Lavo Restaurant.
La uso come frase per le prime volte!’ la bruna prese una pausa ‘Ti amo, Bruce
Banner! Semplice!’.
‘Idem, piccola strega’ contraccambiò lui, guardando l’ora ‘stanno per
chiudere la struttura, dobbiamo muoverci’.
‘Agli ordini’ la Brown aprì la tasca esterna dello zainetto e gli
porse dei fazzolettini umidificati, da una piccola confezione rettangolare.
‘Organizzata al massimo’ le fece l’occhiolino, intanto che si
ripulivano ‘hai sentito molto dolore?’ doveva chiederglielo, al di là delle
impressioni percepite.
‘E’ stata una fitta lieve ed è passata subito. Come togliersi un
dente’ fu simpatica ‘avevo letto che difficilmente il rapporto in cui perdi la
verginità sia memorabile; per me varrà il contrario, mi è piaciuto moltissimo’
maliziosa, si rivestì, con una promessa ‘ed è l’inizio di una lunga serie di
coccole…’.
‘Ti prendo in parola, credi che voglia tirarmi indietro?’.
‘Uhm, con te non si sa mai’ sghignazzò, uscendo dal fienile stretta al
suo amore.
***
Era stato l’inizio di una serata e di una nottata che avrebbero
ricordato per tutta la vita. Era stata sufficiente una breve passeggiata sul
Derby Wharf, accanto alle banchine del mare e ai negozietti limitrofi, perché
la Brown considerasse completato l’elenco dei luoghi da visitare; i baci
scambiati li avevano incendiati entrambi e i piedi, all’unisono, li avevano
portati verso l’albergo, dove si erano amati ancora, più di una volta.
‘Brooke, ci sono dei ristoranti magnifici…a quest’ora saranno chiusi!
Che razza di fidanzato ti sei trovata?’ si lamentò Bruce, a mezzanotte, con il
corpo femminile steso sul proprio, zero fiato e brividi ovunque.
La ragazza, senza colpoferire, aveva afferrato la cornetta del
telefono sul comodino, chiamando la reception e interloquendolo, dispettosa
‘Non ti basta il servizio in camera, professore? Io non desidero altro che
te!’.
Gli passò il microfono e lui ordinò uova strapazzate, pancetta e
pancake, pane tostato, succo d’arancia e caffè, per due.
‘Caspita, volevi portarmi a cena fuori e ti sei lanciato sulla
colazione?’ lo prese in giro.
‘Visto che è già mattina…mi avvantaggio’.
‘Mi piace, bravo…anticonformista’ un bacio sul torace, si avvolse con
lui fra le lenzuola, per continuare il gioco degli sbaciucchiamenti, fino
all’arrivo del cameriere, che depositò sul letto un enorme vassoio d’argento
colmo del cibo commissionato.
Al volo, la bruna agguantò una fetta triangolare di pane tostato,
mettendosi a sedere e poggiando la schiena sui cuscini di piume alle sue
spalle.
‘No, signorina, mi pare riduttivo come pasto’ mettendole il piatto
sotto il naso, Banner la imboccò, dolcemente, con una forchettata di uova
strapazzate.
‘Uhm’ un gridolino estasiato gli confermò che avesse una fame da lupi
e che fossero gustose ‘hai sempre ragione…’ aprì la bocca per accogliere un
pezzetto di pancetta, con un sorrisetto complice e mosse le dita, formando un
cuoricino rosa, che volò verso la guancia del professore, romanticamente.
‘Grazie, adoro quando lo fai…’ era compiaciuto.
‘Vieni’ Brooke indossò l’accappatoio bianco fornito dall’hotel, come
Bruce, che aveva dovuto aprire la porta al concierge, indicando la piccola
terrazza che avevano a disposizione, e portando il vassoio che poggiò sul
davanzale del balconcino ‘Così mangeremo…fuori e sarai contento…la vista è
spettacolare e l’atmosfera pure perché siamo insieme’.
La baia, illuminata in notturna, aveva un grande fascino, aumentato
dal canto di due civette, che volarono, rasenti la terrazza: in piedi,
abbracciati per la vita, si imboccarono l’un l’altra fino a terminare il
breakfast, fra mille baci, prima di rientrare in camera e continuare a fare
l’amore fino al mattino seguente, complici e…stregati!
***
‘Dove facciamo la colazione vera?’ la interpellò Bruce; si erano
svegliati talmente tardi al mattino che la sala dell’hotel dedicata era chiusa
da un pezzo e, presi dalla smania di voleva terminare la visita di Salem, si
erano diretti, appena pronti, nel cuore della città.
‘Lì’ Brooke segnalò un semplice chioschetto ‘un caffè ed un cornetto a
portar via per ciascuno, così mangiamo passeggiando’.
‘Andata…’ comprò quanto richiesto e si imbarcò con la ragazza in un
lungo tour su Chestnut Street, d’obbligo per ammirare le case d’epoca dove
abitavano i ricchi e i proprietari delle navi, fino al Forest River Park, un
parco naturale pieno di turisti e locali che si rilassavano, godendo del clima
dolce regalato dalla baia sull’Atlantico.
‘Torniamo indietro? Ho adocchiato un negozietto niente male’ propose
la Brown.
‘Certo; avevano ragione i tuoi genitori. La cittadina è speciale, per
l’atmosfera magica che si respira, direi che è ben più della città delle
streghe’ si espresse il professore, seguendola in una boutique dal taglio molto
originale, che vendeva capi usati e vintage ‘Come mai ti ha ispirato?’.
‘Ho visto questo’ la bruna prese un lungo spolverino di pelle nera da
un espositore. Era di linea semplice, avvitato.
‘Ci sarebbero i leggins abbinati’ la proprietaria si avvicinò e glieli
porse ‘sono in similpelle nera, nello stile punk gotico romantico, per via
degli inserti in pizzo che partono dalla coscia, fino ad arrivare a metà
polpaccio e della sagomatura, che li rende femminili’.
‘Provali, mi piacciono…sono da…combattimento’ Bruce la spronò, intanto
che entrava nel camerino con i due capi.
Erano soli e poté continuare, girando fra gli scaffali e le
rastrelliere ‘Non hai un’armatura e credo non ti servirebbe; tuttavia l’idea
che tu possa indossare una specie di divisa, originale ed a tema… mi diverte’.
‘In che senso, a tema?’ infilando i leggins, che le davano un’aria
assai sensuale, si rimirò allo specchio soddisfatta. Aveva gambe lunghe e
snelle, tornite il giusto. Le donavano.
‘Innanzitutto darei un tocco di colore, che ricordi il tuo potere…’ da
sopra la porta del camerino le passò una canotta di seta rosa, della stessa
sfumatura dei colpi d’incanto, con la parte rasente il seno sagomata e
arricchita da una striscia di pizzo. ‘Potresti mettere sotto un’altra canottiera,
magari nera, per essere più libera nei movimenti e meno esposta agli sguardi
altrui…lo dico a mia tutela personale…’ scherzò, aveva trovato anche
l’indumento scuro speculare e la invitò a sovrapporle.
‘Mancano le scarpe…’ suggerì di cercarne un paio, coerente al tipo di
outfit che stavano componendo, poiché le sue sneakers non si abbinavano affatto
col resto.
‘Ti mancavano…è il tuo numero e sono comodi, nel caso in cui dovessi
correre’ aveva scovato degli stivaletti in cuoio nero, con la zip interna, una
leggera punta e un tacco medio, con stelline metalliche argentee applicate
all’altezza della caviglia.
Brooke li calzò e uscì, immediatamente, per farsi ammirare dal
professore e avere il suo benestare ‘Che ne pensi?’.
Bruce era un libro aperto, puro e genuino in ogni espressione e,
perfino in quel momento, non trattenne in viso la propria emozione ‘Fantastica’
balbettò, toccato dalla sua visione e entusiasmato ‘era ciò che immaginavo per
te…perché tu sei…Little Witch…piccola strega, insomma’. Fu la prima volta che
pronunciò il soprannome che le sarebbe rimasto attaccato, come una seconda
pelle.
‘Come mi hai chiamata?’ lei ridacchiò, schioccandogli un bacio,
davanti il grande specchio accanto la cassa.
‘Little Witch…se Nat è Vedova Nera, Tony è Iron Man e non ti tedio con
gli altri nomi in codice o di battaglia che utilizziamo, per me incluso…sei la
mia piccola strega ed avrei voluto che rimasse fra noi, tuttavia ti si addice
moltissimo, è perfetto…’.
‘Little Witch sia, allora, look compreso!’ fece una giravolta e,
poiché la proprietaria era uscita dal negozio per recuperare un monile dalla
vetrina che dava sulla strada, mosse le dita, producendo il solito cuoricino
rosato che si andò a posare, stavolta, sul petto di Bruce ‘Cuore su cuore,
amore mio!’ lo ammonì.
‘E’ davvero splendida…per completare il look le consiglierei il
ciondolo a forma di pentacolo: è un simbolo magico, una stella a cinque punte,
contenuta in un cerchio’ la donna, appena rientrata, glielo porse, per
farglielo indossare.
Agganciato a una lunga catena, era in argento, con l’incisione della
parola witch, strega, composta da cinque lettere. Per ogni lettera, le virtù
che doveva possedere una strega perfetta: la saggezza (wisdom), l’integrità
(integrity), la verità (truth), il coraggio (courage) e infine l’onore (honor).
Banner lo contemplò, e ponendosi alle spalle della sua ragazza, aprì
il moschettone per agganciarlo sul suo collo, intanto che lei alzava i capelli,
agevolandolo ‘So che il pentacolo è parallelamente anche la rappresentazione
delle cinque forze della natura umana, ovvero aria, acqua, terra e fuoco a cui
si aggiunge lo spirito…affascinante…e, signora, lo prendiamo, insieme al
resto…’ si rivolse alla gestrice - che provvide a fare il conto degli acquisti
- e poi si accostò alla bruna, per lasciarle un tenero bacio sul collo ‘sei una
streghetta a tutti gli effetti, da ora in avanti’.
Lei si voltò all’indietro, in cerca delle sue labbra…una ricerca breve
e fortunata ‘Va bene, sarò Little Witch…la tua Little Witch…’.
‘I vestiti e il ciondolo sono un mio regalo: ci terrei moltissimo che
mi permettessi di comperarteli’ la contemplò, innamorato e lei annuì,
estremamente dolce, unendo le falangi a quelle di Banner.
***
N.d.a.
I protagonisti si completano, in ogni senso, anche fisicamente,
unendosi come mai. La gita a Salem è stata lo sfondo per la loro prima volta e
per l'acquisto dei capi d'abbigliamento che Little Witch indosserà, combattendo
fra gli Avengers.
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Capitolo 6 *** Loki, lo stregone nero ***
6 loki lo stregone nero
‘Non essere assurdo’ Thor si era scocciato, Loki lo stava angosciando
da tre quarti d’ora. Si era presentato alla base senza avvisarlo, con una borsa
di pelle chiara a tracolla, blaterando un mucchio di scemenze.
‘Fratello, devi ascoltarmi; non sono pazzo…l’ho visto…’ l’altro era
maledettamente insistente e non mollava.
‘Certo…durante un incantesimo, nel fumo delle foglie che bruciavi? Con
la lettura della mano o dei fondi del caffè, magari solubile? Abbi pazienza,
badiamo alla concretezza. Che prove hai?’ Tony, di principio, non era contrario
all’esoterismo e le arti magiche lo interessavano; la scienza ed il
pragmatismo, però, erano le linee guida della sua esistenza.
‘Non ci crederete, concordo con Stark’ Rogers, in piedi vicino
all’inseparabile russa, sospirò; il moro era sempre stato una fonte
inesauribile di problemi, nonostante la recente redenzione.
‘Accomodatevi’ Iron Man fece cenno di entrare, con la mano, a Bruce e
Brooke, rimasti sulla porta della sua stanza, in attesa e interdetti dal tenore
della conversazione. Erano passati per aggiornare i colleghi sulle attività
svolte insieme e non si aspettavano di trovarli presi in un'accorata
discussione.
‘Lui è Loki, mio fratello adottivo, Brooke! E’ il capo dell’esigua
comunità di asgardiani che, sopravvissuti a Thanos, si è stabilita in Norvegia,
in una città chiamata New Asgard; ahimè, non hanno avuto molta fantasia, nella
scelta del nome. E non è proprio una cittadina, sono quattro case di legno,
impregnate dall’odore di pesce e di birra’ il biondo lo sottolineò, con gli occhi
al cielo. Detestava il paesello. Anzi, quando ci pensava, lo assaliva una
rabbia crescente: erano passati da un palazzo dorato e meraviglioso, centro di
una terra rigogliosa, a un luogo di quart’ordine.
‘Fratello, non hai l’animo per apprezzare le cose semplici. Ci dipingi
come sfortunati, ma il nostro popolo è felice, sereno…’ ribatté Loki,
l’occhietto interessato alla giovinetta dai lineamenti delicati.
‘Da quando filosofeggi?’ Natasha lo fissava, allibita. Il principe
sembrava aver trovato la pace dei sensi, in maniera repentina; e sì che lo
aveva conosciuto in circostanze molto diverse, ovvero la battaglia con i
Chitauri, nel cielo newyorkese, che aveva lasciato alle loro spalle macerie,
soprattutto emotive.
‘Vedova…sei la solita vulvetta lamentosa! A differenza tua, mi sono
dato una calmata. Ho messo la testa a posto, mi sono sposato e io e mia moglie
abbiamo quattro figli!’ spiegò, soddisfatto.
‘Quattro? Ero rimasto a due…’ Bucky chiese, curioso.
‘Erika, la mia dolce metà, è specializzata in parti gemellari…un
maschio e una femmina a botta…’ con un sorrisetto a incurvare le labbra, tirò
fuori uno smartphone dalla tasca dei pantaloni e si avvicinò a Barnes,
cingendolo con un braccio sulla spalla bionica e mostrandogli lo screensaver
affollato, molto orgoglioso, lo sguardo di sbieco verso il professore.
‘Lo dico sempre, i miracoli possono accadere ed esiste una speranza
per ogni essere vivente… Mostro verde, ti sei fidanzato persino tu, con una
donna di gran calibro…’ non era affatto una domanda per Bruce; Loki ridacchiò,
facendosi subito serio, rimettendo a posto il cellulare.
‘La vera fortuna di certa gente è la mia educazione’ gli sibilò Bruce,
in cagnesco; lo aveva strapazzato ben bene, strizzandolo come uno straccio per
pavimenti, sul parquet della Stark Tower, con le sue altre sembianze. Non aveva
voglia di litigare con lui e il modo in cui si interessava alla bruna lo
impensierì.
Quello, fregandosene di controbattere, si mosse verso la Brown e le
girò intorno, lentamente, con le braccia dietro la schiena, scrutandola…fin
dentro l’anima, percepì lei.
Gli occhi color smeraldo del giovane - di aspetto assai gradevole e
distinto, molto alto, sottile e muscoloso, i capelli corvini all’orecchio,
vestito con jeans scuri, camicia azzurra e giubbotto di pelle nera, una
tracolla marrone addosso - non la mollavano; non era un’attenzione sentimentale
o una lusinga per la sua avvenenza - esaltata dall’abito corto e stretto, nero,
con un profilo bianco sul davanti - ad averlo colpito… lo aveva capito,
immediata.
‘Sei una strega potente…’ sibilò, ammirato, nella sua direzione, al
terzo giro.
La ragazza sussultò, intanto che Thor alzava la voce ‘Basta con le
fesserie, finiscila, non darle fastidio’.
‘Sciocco ed ignorante che altro non sei; principe asgardiano, un Dio,
e non vedi ad un palmo dal naso, pur avendola avuta sotto gli occhi da molto
più tempo di me. Non si tratta del ciondolo che indossa, è chincaglieria…lo
messinscena è finita, strega!’ sfiorò, con la punta delle dita, la collanina
col pentacolo, a sfregio, e prese la bruna per il polso; spostandola in avanti
verso la scrivania di Tony, avvertì un brivido in lei, che li percorse
entrambi, attraversandoli.
Nel girarsi e scrutarla in viso, lo colpirono le sue iridi, divenute
per un attimo di un colore rosato, e la premura immediata di Bruce, che le si
affiancò, comprendendo stesse avendo una visione. Come previsto, spiegarlo ai
colleghi sarebbe stato complesso e le immagini erano certamente spiacevoli,
giacché il volto della sua ragazza appariva contratto, deformato.
'Cos’hai visto, amore?' la interloquì Banner, colpito, altresì, dal
cambiamento della nuance dei suoi occhi, tornate cerulee.
'Un uomo...un essere…non saprei se fosse davvero umano! Era enorme,
muscoloso, calvo e con un pizzetto nero. Il suo aspetto mi ha fatto paura:
aveva una cicatrice sull'occhio, altre sullo stomaco e dei tatuaggi sbiaditi,
indossava solo dei pantaloni e portava stracci sulla spalla. Teneva una spada
enorme, nella mano destra, aveva i polsi cinti da catene ed era...inquieto,
arrabbiato...e cercava qualcuno...tuo fratello' si voltò verso il biondo e poi
verso Loki 'Chi è?'.
'Piuttosto che fare domande, dovresti darci delle spiegazioni...' si
intromise Stark; era turbato dal racconto, dal viso impallidito della Brown e
dall’esatta coincidenza delle sue parole con le frasi ascoltate cinque minuti
prima, proprio dalla bocca di Loki, a cui aveva dato del pazzo, forse troppo in
fretta.
‘Brooke ha delle premonizioni’ il professore, strettala per la vita,
rispose al suo posto ‘sono iniziate diversi anni dopo la comparsa dei suoi
poteri. Si sono sempre avverate’.
All’espressione allibita degli astanti, il moro intervenne; mai, in un
millennio, aveva incontrato un’entità tanto forte ‘E’ una strega bianca; e non
sono avvertimenti, vede il futuro. Probabilmente i presagi non si accompagnano
a dettagli, il che significa che non sa quando si verificheranno gli eventi. E’
certo che accadrà, il se non è indubbio, signori miei’.
La ragazza annuì ‘E’ come sostieni; tuttavia non sono una
fattucchiera, le mie abilità sono connesse ad un farmaco che assumo’. Gli
espose, in breve, la propria storia.
L’altro, scettico, scosse la testa ‘Uhm, non è così…’.
‘Mi interessa il motivo per cui sei venuto…Kratos…dicci di più’ lo
spronò Steve. Conoscere il pericolo imminente era fondamentale.
'Faccio, periodicamente, delle invocazioni dei miei nemici...ehm,
nostri, fratello' si rivolse a Thor 'meglio essere preparati a ciò che può
venirci in sorte. Il rito è molto semplice: si unge una candela nera con olio
di oppio, si carica di energia, si accende l'incenso e la candela stessa e si
inizia l'evocazione vera e propria'.
L'altro rabbrividì 'E' il modo di lanciare una maledizione, non di
invocare i nemici...la tua è magia nera'.
'Più o meno...stregoneria e basta!' Loki lo sfidò. 'Ovviamente, tanto
più è forte il potere dello stregone, tanto più è facile che si generi una
proiezione e veritiera; durante l'ultima invocazione, l’altro ieri, dal fumo
sprigionato della candela, si è materializzata l’immagine spaventosa...Kratos...esattamente
come è apparso a Brooke'.
'Pensavo fosse una leggenda o così narrava nostro padre' Thor era
perplesso più che mai.
'Forse lo disse per proteggerci o perché amava i segreti' si riferì
alle menzogne sulla propria discendenza 'comunque ho fatto delle ricerche per
mio conto; Kratos era un guerriero spartano che, spaventato di perdere la vita
in battaglia, chiese ad Ares, Dio della guerra, di essere salvato. Fu
risparmiato, in cambio della sottomissione a quest'ultimo, che legò alle sue
braccia due enormi spade. Si macchiò di delitti ed azioni turpi, ed entrando in
villaggio che la Dea Atena gli aveva ammonito di risparmiare, non si accorse
che lì c'erano sua moglie e sua figlia, che adorava, e le uccise. La sua pelle
divenne bianca per le ceneri dei corpi bruciati delle due, che gli si
attaccarono addosso come una maledizione...lo chiamano il Fantasma di Sparta'.
'E poi?' esortò il Capitano.
'Si liberò dell'influenza di Ares, ma mai dei suoi incubi, legati alla
perdita delle persone che amava. Divenne Dio della Guerra lui stesso e
protagonista di battaglie e azioni in apparenza eroiche. Scoprì di essere
figlio di Zeus...acquisì la capacità di uccidere un dio e la Spada dell'Olimpo,
e arrivò a un punto di rottura proprio con gli Dei, che manipolavano gli uomini
come burattini. Purtroppo, a suo tempo, i peccati che uscirono dall'apertura
del vaso di Pandora si trasferirono sugli Dei stessi, prendendo il sopravvento
e rendendoli ostili verso l'umanità, che però assorbì la Speranza, proprio da
Kratos, che riuscì, sacrificandosi a risollevare il mondo dalle proprie
rovine'.
'Credevo che fossero storie che si studiavano al liceo' mormorò la
Romanoff.
'Dietro il mito esiste una verità; per millenni, se ne sono perse le tracce.
L'ultima sua ubicazione nota è la Scandinavia...vicino casa mia. Si trasferì
lì, si sposò di nuovo ed ebbe un figlio. Quando sua moglie si ammalò, prima di
morire, gli chiese di essere cremata e di spargere le proprie ceneri sul monte
più alto dei Nove Regni' chiarì.
Suo fratello sbuffò, borbottando 'La cima più alta è a Jotunheim, la
terra dei Giganti di ghiaccio, e non si può raggiungere...'.
'Esatto, il Regno di cui sarei sovrano...' Loki precisò, gli occhi al
cielo.
'Da quando il Bifrost è stato distrutto, insieme a tutto ciò che c'era
su Asgard, non esiste un modo per andarci...per fortuna!' Point Break sembrò
sollevato.
'Veramente, debbo contraddirti...esiste, piuttosto, ed è un luogo dove
si può viaggiare per i Nove Regni, che si trova a Alfheim; da lì in direzione
di Tyr, attraverso un sentiero segreto che conduce al Regno dei Giganti, ci si
può arrivare…senza questo, però, il varco per il Regno, non si apre' il moro
sganciò i lacci della borsa di pelle color brandy, tirando fuori un cubo azzurro
e luminoso.
'Maledizione, è il Cubo cosmico, avevi giurato di averlo
distrutto...Lokiiiiiiiii' Thor sbottò, avvicinandosi al fratello, tentando di
strapparglielo dalle mani, con impeto, in un parapiglia in cui i colpi volarono
all’impazzata.
Gli altri rimasero muti testimoni di quanto accadeva, poiché nessuno
di loro era in grado di poter nemmeno sfiorare l’oggetto conteso.
Il Tesseract sfuggì dalla presa di entrambi i contendenti, in tempo
perché, d’improvviso, una sfera di energia rosa lo avvolgesse, indirizzandolo
verso Brooke, che, spontaneamente, si era ritrovata a custodirlo, avendone
compreso l’importanza. Era stato più forte di lei…aveva generato il campo di
forza senza pensare.
‘Ce la fai?’ le chiese Bruce, angosciato.
‘Banner, è una strega assai potente!’ Loki lo ribadì.
Il professore, sbuffando, teso, le spiegò ‘Tesoro, è il contenitore
della Gemma dello Spazio. Non serve per viaggiare nel tempo, tuttavia potrebbe
condurre su un altro pianeta o in qualunque luogo si desideri; si arriverebbe
in un altro posto, nel momento storico attuale. Loki, dopo lo scontro con
Thanos - che ci ha visto vincitori e sopravvissuti - aveva promesso di
liberarsene. Con le Gemme nascoste o assenti, assemblare di nuovo il Guanto
dell’Infinito ed annientare mondi e intere comunità, come è avvenuto per la
Terra, sarebbe impossibile’.
Thanos, il Titano pazzo, al fine di uccidere la metà degli essere
senzienti dell’Universo, era riuscito a recuperare le sei Gemme che
rappresentavano il Tempo, lo Spazio, la Mente, l’Anima, la Realtà e il Potere e
che, riunite assieme, davano al loro possessore potere e conoscenza
indescrivibili.
A fronte dello scoriandolamento, ovvero della distruzione fisica della
metà dei terrestri, cinque anni dopo, gli Avengers avevano trovato il modo di
viaggiare nel tempo e rimpossessarsi delle Gemme, per riportare in vita gli
scomparsi; in tale occasione, erano riusciti a sconfiggere lo stesso Titano,
che, con un’astuzia, era sbucato per affrontarli in battaglia, con la speranza
di prendere le pietre stesse.
‘Tre anni fa hai avuto il compito di eliminare il Cubo! Mi sono
occupato personalmente delle altre Gemme…allora? Che hai combinato?’ Steve,
agitato, era arrivato sotto il naso di Loki e lo guardava, minaccioso.
Lui alzò le mani in verticale, con i palmi verso il petto di Rogers
‘Calma, calma, Capitano…non ce l’ho fatta a liberarmene. Vi assicuro di non
averlo mai utilizzato ma solo conservato…’.
‘La Gemma che è nel Cubo, detto Tesseract, rende il possessore
onnipresente, capace di esistere in ogni luogo nel medesimo istante, e permette
di muovere qualsiasi oggetto attraverso la realtà, di modificare a piacimento
lo spazio e alterare il moto e la velocità degli oggetti e delle persone; se
cadesse nelle mani sbagliate, sarebbe un vero disastro’ Vedova Nera riassunse i
loro timori.
‘Adesso Kratos lo vuole per sé, per andare a Jotunheim e spargere lì
le ceneri di sua moglie…e era molto astioso, nell’immagine che ho visto; non
credo si fermerà davanti a nulla, fin quando non ne entrerà in possesso…e se ci
riuscirà, poi sarà suo’ sottolineò Brooke, avvilita. L’energia che sprigionava
l’oggetto che teneva fra le braccia era pazzesca, incredibile. Era quasi un
piacere la sua vicinanza e non lo aveva ancora restituito a Loki.
‘E sapendo questo, lo hai portato da noi? Alla base?’ Point Break era
fuori di sé e strillava, a pieni polmoni, contro quest’ultimo.
‘Dovevo lasciarlo al paesello, come lo chiami tu, per farlo prendere
al Fantasma? Avrebbe trovato la mia famiglia e i nostri concittadini, che non
sono proprio degli assi nel combattimento, a meno che le canne da pesca non si
trasformino in spade e pugnali, per respingere una sorta di Dio’ ribatté il
fratello, ironico.
‘Invece noi possiamo affrontarlo; pensi questo?’ Bucky lo pungolò.
‘Non ne ero proprio sicuro…finora’ squadrò la Brown ‘io e lei, sì!
Saremmo in grado di tenerlo lontano dal Cubo e tu’ dette a Barnes un buffetto
sul braccio metallico ‘e i tuoi compari lo fareste fuori…siete ben messi’.
‘Sei un imbecille! Sarebbe il tuo piano?’ tuonò Thor.
‘Non gridare, fratellone. Alternative?’ laconico, sedette, sbracato,
su una delle seggiole in pelle rossa, davanti alla scrivania di Tony, alzando
le gambe e incrociando i piedi sulla base del cristallo che ricopriva la base
lignea, con le braccia conserte e le labbra incurvate verso Stark.
Nessuno rispose e valse come un implicito assenso.
***
‘Insomma, il tuo fidanzato non ti ha raccontato molto delle nostre
scorribande?’ appollaiato al centro del sedile posteriore del Maggiolino, Loki
tormentava Brooke di domande ‘Ad Asgard non era il solito mostro verde; si dava
un sacco di arie, peggio di un Dio’.
La bruna ridacchiò ‘Me lo immagino’. L’altro era simpatico, arguto e
sembrava…comprenderla.
‘Quindi sei Little Witch…mi piace, ti si addice; delicato e femminile,
sempre di strega trattasi. Ammetto che il professore’ gli dette una pacca sulla
spalla, con forza, facendogli perdere la presa sul volante, con l’auto che
sbandò leggermente ‘abbia delle uscite geniali’.
‘Smettilaaaa!’ l’uomo lo ammonì, dal posto di guida. Gli faceva
perdere la pazienza come nessuno!
Sentendo squillare il cellulare e vedendo il numero chiamante, la
bruna lo zittì ‘Scusa. Vediamo se la strega riesce a fare un incantesimo contro
sua madre! Ciao, mamma…’ si dilungò ad arginare Sheila, a cui aveva comunicato,
con un messaggio, che avrebbe dormito a casa di Bruce. Era una novità epocale e
la sua ansiosa genitrice aveva subito voluto parlarle.
Gli Avengers erano stati concordi che lei stessa e Loki fossero gli
unici in grado di gestire il Cubo; per cui avrebbero trascorso la notte
nell’appartamento di Banner, insieme ai colleghi, Thor in testa e l’oggetto
delle mire di Kratos. Soltanto che non poteva rivelare ai suoi genitori il
perché dell’inaspettata trasferta a Washington Heights.
‘Mi aspettavo di peggio…’ mormorò Brooke, stringendo la mano destra di
Bruce ‘se n’è fatta una ragione…’.
‘Odino pensava che la severità fosse la linea guida principale nella
gestione dei figli. L’ho odiato per la sua rigidità; adesso che sono padre a
mia volta, mi ritrovo spesso a ragionare nello stesso modo…’ l’asgardiano
riflette, saggiamente, ad alta voce.
‘Sono colpito…sei strano’ Banner faceva strada fino al proprio
appartamento, rimuginando sulla trasformazione prodigiosa che aveva
radicalmente modificato l'approccio del principe a...tutto! O quasi!
'Carino qui: casa mia è più spartana, dato che siamo in tema è il
termine giusto' Loki poggiò lo borsa di pelle, contenente il Tesseract, con
indifferenza, sul divano grande del salone, iniziando ad accatastare i libri
che lo avevano invaso, uno sull'altro, formando una pila piuttosto alta.
Riordinava…
'La camera da letto è per voi, suppongo. Mi sistemo qui...uff… temo
che non dormirò…che pallosi, già sono qui': un lungo ed energico scampanellio
aveva interrotto la conversazione.
Brooke aprì la porta d’ingresso e Thor, Steve e Bucky si precipitarono
all'interno del trilocale, trafelati, in abiti normali, ognuno con una grande
busta di stoffa scura.
Senza dire una parola, si piazzarono in soggiorno, aprendole e
tirandone fuori il singolo contenuto...particolare. Il Capitano agganciò lo
scudo in vibranio all'avambraccio, Thor strinse nella mano il Mjollnr e Barnes
un mitragliatore di medie dimensioni.
'Esagerati...' il moro li squadrò.
'Meglio essere preparati, casomai arrivasse Kratos...' spiegò Steve,
sobillato.
'Materializzarsi, nel caso del nostro nemico, è un verbo più adeguato,
Rogers' Loki guardò la Brown, scuotendo la testa.
'Ordiniamo la cena?' Banner, teso all'inverosimile, provò a
concentrarsi su altro che non fosse l'imminente pericolo in cui la ragazza era
coinvolta e che era evidente avrebbe affrontato coi suoi poteri. Passati molti
anni, realizzò di essere poco lucido e di avere difficoltà a tenere sotto
controllo la rabbia e la paura che lo attanagliavano.
Lei se ne accorse: Bruce era trasparente come l'acqua cristallina
dell'oceano dal fondo di sabbia bianca. Lo strinse a sé, davanti agli altri,
zero remore, per ritrovarsi nel suo caldo abbraccio, che la confortò. Aveva il
suo Hulk, cosa doveva temere?
Preso dalla tenerezza della loro effusione, il Capitano collocò lo
scudo a terra, ai piedi del divano, facendo segno agli altri due colleghi di
deporre le armi.
'Aborro la robaccia consegnata a domicilio...se non vi spiace...' il
moro si diresse verso il frigorifero, per esaminarne il contenuto, unitamente
ai pensili della cucina 'È una dispensa triste, me la caverò ugualmente!'.
'Da quando sei chef? Non credevo...' Buck si toccò il mento, perplesso.
'Soldato...' gli piaceva usare l'epiteto legato al Soldato d'Inverno,
l’ex assassino condizionato e crudele, che era stato James 'ti stupirò. Quando
ci si innamora e si decide di donare la propria esistenza ad un'altra persona,
si cambia...'.
Il professore annuì, il ragionamento era semplice e condivisibile.
Persino se proveniva da una mente contorta come quella di Loki. Per lui
maggiormente, da quando Brooke era diventata un pezzo del suo cuore, e del suo
tutto.
'Sei stato fortunato a trovare un'anima gemella...noi siamo single, da
sempre' borbottò Steve, con leggera invidia.
'Perché avete un brutto carattere, una rigidità di stampo militare che
si riflette in ogni aspetto, siete aggressivi. Tuttavia, probabilmente incontrare
Erika era nel mio destino, non un caso. Dopo aver deciso di stabilirmi a
Midgard, ho viaggiato un po'. Ammetto che New Asgard sulle prime mi sia
sembrato...squallido. Al contrario, molte capitali europee mi hanno
affascinato, per la ricchezza di storia e cultura. Ho trascorso a Londra
qualche settimana e io e la mia futura sposa ci siamo letteralmente scontrati,
camminando nel parco di Kensington Garden; le nostre strade e le nostre vite si
sono incrociate, in senso letterale.
Lei era lì per vacanza; era giunta dall'Italia per assistere alla
pièce teatrale di un famoso attore britannico. Nemmeno ci andò, per rimanere
insieme a me. E non mi ha più lasciato; invece, ha mollato tutto ciò che aveva,
lavoro e famiglia di origine compresa, per vivere in Norvegia e...' fissava,
davanti a sé, con gli occhi innamorati 'è rimasta incinta la prima volta che
abbiamo fatto l'amore'.
'Risparmiaci i dettagli sconci' lo rimproverò Thor, in imbarazzo,
subito colpito sull'avambraccio da Barnes con la mano bionica 'Zitto tu, voglio
ascoltare!'.
‘E’ ovvio che quando sei tanto preso, vuoi che la vita a due inizi
prima possibile. Così è stato, nel nostro caso. Potete guardare in galleria’
lanciò il cellulare a Rogers, seduto sul divano accanto a suo fratello, che
esaminò le foto della famigliola.
Una donna esile, dai capelli chiari, lunghi alle spalle, un bel paio
di occhi verdi in un’espressione furba e intelligente, sorrideva all’obiettivo
di molti selfie, abbracciata a suo marito. In altre immagini, la coppia era immortalata
con dei frugoletti; prima fra le braccia, e poi in marsupi moderni indossati a
mo’ di zaino. Nelle ultime immagini, i bambini erano raddoppiati. I due più
piccoli erano nel doppio passeggino, i primogeniti in piedi, mano nella mani
con i genitori.
‘Proprio bellini!’ esclamò il Capitano, intenerito. 'Come si
chiamano?'.
'Thomas e Lisa i primi, William e Ariel i secondi; i nomi sono stati
scelti dalla loro madre' Loki aggiunse, assai compiaciuto.
‘Le tue figlie hanno qualcosa di nostra madre, nei tratti del volto’
il biondo sapeva che non fosse geneticamente possibile - Loki non era figlio
naturale di Odino e Frigga ancorché lo avessero cresciuto come tale - ma ne era
convinto.
‘Ci ho pensato molte volte’ gli rispose, pulendo il piano della
cucina, su cui rivoltò della farina bianca da un sacchetto, a cui unì acqua e
olio, iniziando a impastare di gran lena, per poi comandare ‘Bucky, metti un
pizzico di sale e inizia a tagliare le verdure…le poche che Banner ha nel
cassetto del frigo: zucchine, carote e peperoni. La cena prevede una focaccia
farcita ed ho bisogno di una mano… per quell’aspetto, non ti batte nessuno’.
Alla battuta sciocca, James, messosi in piedi, cercò il barattolo ed
obbedì, dedicandosi all’attività richiesta.
'Ah, in freezer c'è un arrosto da scongelare. Mostro verde, ci pensi
tu?' il moro continuava, sull’andazzo dell’ironia spinta.
'Lokiiiiiii' Thor strillò all'indirizzo del fratello; ci mancava che
offendesse il padrone di casa.
'Che permalosi. La carne va quindici minuti al microonde, Bruce,
successivamente lo inforno, assieme alla focaccia. Farò una salsa tonnata, le
scatolette non ti mancano. Per l'apparecchiatura, mi affido a voi nullafacenti
portatori di armi' il dito sporco di farina si posò, idealmente, su Steve e
Point Break, che sbuffarono come locomotive.
'Li aiuto!' si offrì Brooke.
'No, Little Witch, per favore...raccontami di te. Voglio sapere tutto'
la pregò, fattosi serio, ad un tratto.
Lei si bloccò, indecisa. Lo aveva conosciuto da meno di due ore;
purtuttavia era intrigante, sfacciato, ed incredibilmente intelligente. Per di
più, Dio degli inganni…e l'unico maestro di arti oscure e magia nera
disponibile; le sembrava così convinto che fosse una vera strega, da voler
approfondire la sua teoria, per smentirla. La storia della magia era un
giochino divertente tra lei e il professore, non c’era nulla di reale.
'Siediti accanto al cuoco' la mano gentile di Banner, che ne aveva
letto i pensieri, l’accompagnò, affettuoso, fino allo sgabello alto vicino alla
penisola della cucina 'il nostro ospite è un tipo interessante!'.
La Brown prese posto vicino a Loki, poi fece un bel respiro e si
concentrò, raccontando la storia della propria breve esistenza.
Il suo interlocutore ascoltava, attento, ponendo domande e, nel
contempo, terminando la preparazione delle due pietanze promesse, a cui
aggiunse una variegata macedonia.
Bruce, Cap, Thor e Bucky rimasero in disparte, con discrezione,
sistemando il tavolo della sala.
‘E’ pronto’ Loki portò l’arrosto e la focaccia già porzionati, affinché
ognuno potesse servirsi facilmente e i commensali, sedutisi, fecero girare i
vassoi, col professore che mesceva il vino rosso da una bottiglia recuperata
nello studio, regalo dei suoi allievi.
‘Ammetto che sei bravo’ a bocca piena, Steve, perenne ipercritico, si
complimentò col novello chef.
‘Si fa quel che si può’ lui si schernì, mantenendo volutamente la
conversazione su temi neutri, fino al termine della cena.
‘Dunque…streghetta, veniamo a noi! Molti credono che la magia sia
l’arte di lanciare incantesimi, invocazioni e scongiuri. E’ alquanto
limitativo, come concetto. Non è sufficiente un grimorio per esercitarla, in
caso contrario avremmo più stregoni che terresti, Rogers compreso…’ il morò
parlava, con pacatezza ‘si tratta di possedere doti innate…e tu le hai, non è
questione di reazione chimica del corpo col principio attivo scoperto da tuo
padre. Forse è stato l’evento iniziale, il motore del tutto, ma se non avessi
preso la medicina e fossi rimasta in vita e in grado di gestire il tuo fisico e
la tua mente, saresti arrivata allo stesso punto…’.
Brooke mise la mano su quella di Bruce, sopra il tavolo ‘Le mie
abilità, i colpi che lancio… sono una conseguenza del farmaco’.
‘Non ti sei mai domandata perché fossi l’unica? Eppure mi hai detto
che è una terapia molto diffusa, somministrata a milioni di persone…e tu sei la
sola a cui ha fatto quell’effetto? Strano…Per di più, hai smesso di assumerla
per pochi giorni, nelle prove che fecero tuo padre e Stark a suo
tempo...secondo me, in un lungo periodo di mancata somministrazione, avresti
avuto, di nuovo, i sintomi della distrofia muscolare, ma non avresti, al
contrario, perduto le tue abilità.
Le premonizioni sono alla base delle tua natura… ehm…incantatrice.
Sappi che i presagi non vengono mai da soli, si accompagnano al resto…e, di
conseguenza, anche le sfere di energia sono legate alla magia bianca. Sei una
strega molto potente’ lo ribadì, per l’ennesima volta.
‘Quale resto?’ domandò il professore. Conosceva il principe, non
parlava mai a caso ed i suoi ragionamenti erano validi, e non avrebbe potuto
smentirli.
‘Vieni’ Loki si spostò al centro del soggiorno, pregando la bruna di
seguirlo.
Lei si alzò dalla seggiola, lentamente, e gli altri lo stesso,
posizionandosi, a semicerchio, intorno ai due.
L’asgardiano si esibì un ghigno buffo e…bum… si levò in alto…volò,
letteralmente, fino a toccare il soffitto con la testa, per riposizionarsi a
terra, accanto alla Brown che lo fissava, incredula. ‘Non so farlo!’.
‘Credo di sì; tenta, usa la forza che è in te, senza sprigionarla in
sfere o lingue di fuoco. Trattienila, come se dovesse rimanere dentro le tue
viscere e datti uno slancio, mentalmente’ le suggerì, pacato.
Scoccata un’occhiata a Bruce, che assentì col capo per incoraggiarla, lei
provò…una spinta potente e improvvisa la sollevò dai piedi, come un ballerino
in una presa con la propria partner; arrivò al limitare della volta del
corridoio alle sue terga, a lato del lampadario, in posizione stabile, sentendo
un coro stupefatto sotto di sé.
'Fai lo stesso sforzo psichico per tornare giù, è più semplice' il
moro la esortò e Brooke, eseguendo l’ordine impartito pedissequamente, gli
atterrò accanto, con leggiadria. Gli sorrise, con gratitudine, spostando la
mano indietro le cui falangi si incollarono a quelle di un silenzioso Banner.
Dovette ammettere con se stessa di averlo sempre saputo... di essere speciale,
non convenzionale.
'Fratello, che altro dobbiamo aspettarci?' Thor detestava dar ragione
a Loki.
'Me li porto bene, ma ho molti anni sulle spalle e… non ho mai
percepito un potenziale tanto immenso in un entità che esercita le arti
magiche. Potresti fare qualsiasi cosa, a mio avviso, sta a te scoprirlo...' gli
smeraldi splendenti ed arguti cercarono la giovane strega.
'Mi insegneresti? Non saprei da che parte cominciare. Per favore' la
Brown sperò nel suo appoggio.
'Se sopravviviamo a Kratos...forse. Vorrei tornare a casa mia e poi…’
esitò ’per tirare fuori la tua energia e la tue capacità non esiste un metodo
oggettivo. Ognuno ha il proprio e finora il tuo' scrutò il professore 'ha dato
risultati eccellenti. La strada che avete percorso è giusta...' sembrò volersi
sottrarre a istruirla.
Point Break percepì un tentennamento nell'altro, un timore. E Loki era
spavaldo, impavido allo strenuo. Possibile avesse paura della piccola strega,
tanto da non volerla aiutare? La propria riflessione lo turbò oltre misura,
poiché non fu in grado di comprenderne il vero motivo.
'È un bene averti fra noi, Brooke' Rogers volle essere solidale e
positivo, meno razionale del solito; era un’arma non convenzionale, e lui se ne
intendeva…
'Concordo...' Barnes le sorrise, con i suoi bei trentadue denti
candidi.
'Ci sarebbe un'ultima questione da sviscerare; ho presunto che Kratos
si sarebbe manifestato in un luogo dove ero presente, per via del Tesseract, e
di aver fatto da esca, portandolo fino a voi...a noi, che insieme, possiamo
tentare di sconfiggerlo' il moro era lì per quel motivo 'Brooke, dobbiamo
capire come e quando lo farà. La tua visione è stata inutile, ti propongo di
evocarlo assieme...possono farlo streghe e stregoni di qualsiasi, ehm,
categoria. Sono venuto preparato, con l’occorrente'.
Non dandole il tempo di rispondere, si diresse alla propria borsa,
estraendone due ceri neri arricchiti di venature color oro, dei bastoncini di
incenso e una boccetta di vetro marrone scuro, contenente un liquido oleoso.
Dall'acquaio in cucina, prese tre piattini, e mise gli oggetti sul
tavolinetto basso di fronte ai divani, sedendosi a terra, a gambe incrociate,
sopra il tappeto; in uno dei piatti posizionò le anime in legno ricoperte di
polvere profumata, accendendole, con dei fiammiferi tirati fuori dalla tasca
dei jeans.
Thor, rassegnato e pieno di pensieri, si sedette a sua volta, con gli
Avengers limitrofi, e la Brown davanti a suo fratello.
'E' il rito di cui vi accennai...apri le mani a conca' col contagocce
Loki depositò un piccolo quantitativo di olio di oppio sui palmi della bruna e
sui propri 'ora ungi una delle due candele nere, io farò lo stesso'. Massaggiò
l'unguento sul cilindro scuro, che aveva impugnato, in ogni sua parte,
osservandola obbedire; accese entrambi i ceri, con un altro fiammifero, fissando
il proprio con una goccia di cera liquefatta per posizionarlo in verticale sul
piatto più vicino.
La bruna lo seguì, nel gesto, utilizzando il terzo ed ultimo piattino,
nelle orecchie il respiro pesante e angosciato di Bruce.
'Inizia l'evocazione...formiamo una catena con le mani...pure se non
siete stregoni o avvezzi alle arti magiche, è indubbio abbiate un’inequivocabile
energia' Loki dette la destra a Thor e la sinistra a Rogers, che scettico,
congiunse l'altra con Buck; dovette ricredersi all'istante, poiché, per ogni
lato del corpo, fu attraversato da una sorta di corrente elettrica a basso
voltaggio, sprigionata dall'asgardiano e da Brooke… ci avrebbe scommesso lo
scudo.
Il Capitano sentì uno spiffero alle spalle, malevolo, e nemmeno lieve,
perché gli spostò il ciuffo di capelli castani dalla fronte. La stretta di
Barnes, nervoso, divenne più vigorosa; quest'ultimo, a sinistra, aveva Little
Witch, che era congiunta con Bruce, ovviamente, che chiudeva il cerchio,
stringendo la destra di Point Break.
Un'atmosfera nefasta permeava il soggiorno del professore; osservarono
lo spazio fra la fiammella delle due candele accese, che, agitate, si mossero,
lasciando una scia opaca, un’onda di cerchi concentrici da cui comparve
un’immagine…sconvolgente, di un essere calvo, il naso imponente, il mento
adunco, il fisico massiccio, armato con una spada…ben poco amichevole.
Riconobbero, con facilità, nei pochi secondi della visione, il luogo su cui
poggiava i piedi: una terrazza che, per la Brown, aveva avuto ben altro significato.
‘E’ l’ottantaseiesimo piano dell’Empire State Building, io e Bruce ci
siamo stati di recente’ segnalò, affranta, alla dissolvenza della visione:
probabilmente non era stato un caso.
‘Manca il quando…’ il moro, disgiunte le mani e spenti ceri e incensi,
sospirò. ‘Il suo arrivo è imminente, pareva avesse il diavolo alle calcagna;
avvertite Stark, che faccia presidiare il grattacielo. Forse sarebbe meglio
interdire l'accesso al pubblico, magari con una scusa, lavori di
ristrutturazione o simili’.
‘Buona idea, lo chiamo’ Banner usò il telefono cordless di casa, per
avvisare Tony e Nat, rimasti al Quartier Generale per un precedente impegno.
‘Io sparecchio’ Thor si sgranchì le gambe e portò in cucina le
stoviglie sporche; James le sciacquava e Rogers caricava la lavastoviglie.
Dissimulavano la tensione provocata dall’evocazione, e non era trascurabile!
‘In economia domestica avreste preso il massimo dei voti’ li
sbeffeggiò Loki, vedendosi arrivare, in mezzo agli occhi, lanciato da suo
fratello, incavolatissimo, un coltello che afferrò al volo e rimandò al
mittente che, a sua volta, lo schivò, facendolo atterrare direttamente nel
lavandino.
‘E dai…’ si lamentò Bucky ‘dobbiamo pure dormire assieme. In quattro
sui divani, che scocciatura’ con un sguardo rassegnato spizzò i sofà,
immaginando la schiena a pezzi del giorno seguente.
‘Nello studio ci sono due poltrone letto; non le ha mai usate nessuno,
le comperai a suo tempo, potevano essere utili nel caso in cui avessi avuto
ospiti…almeno non litigherete’ il professore li informò.
‘Prenotate!’ per il Capitano esisteva un’unica opzione: che Point
Break si sacrificasse, stando lui con suo fratello.
‘Va bene, va bene…’ il biondo rinunciò a opporsi.
‘Guarda che dovrei essere io a non volere la tua compagnia in
notturna. Russi sempre come una locomotiva? Dovrai vedertela con me…e non sarò
da solo’ Loki si esibì in un’ultima provocazione, proiettando la propria forma
astrale ovunque nel soggiorno…decine di immagini di sé che, vorticosamente,
ruotavano nello spazio.
‘Caspita…niente male! E’ tardi. Noi vi lasciamo, buonanotte' la Brown,
divertita dall’ennesima magia, si diresse verso la camera da letto, con un
cenno del capo al suo fidanzato a seguirla; aveva bisogno di riordinare un po’
le idee.
‘Meglio se ti porti la mia borsa…’ il principe moro segnalò l’elegante
contenitore del Cubo cosmico, che la ragazza sollevò, con delicatezza, fino a
depositarlo sopra il comò della stanza.
‘Stai bene?’ Bruce le carezzò il viso, amorevole.
‘Uhm, credo di sì. Loki mi inquieta per un verso; tuttavia è simpatico
e stimolante, i suoi poteri sono incredibili…’.
‘Vuoi venire a vivere con me?’ il professore lo domandò, di getto,
tirando fuori la frase direttamente dai propri polmoni e senza ampollosi
preamboli, udendo, nello stesso momento, la voce di Brooke che si sovrapponeva
alla propria ‘Mi ospiteresti a tempo indeterminato?’.
Avevano avuto un identico desiderio e lo avevano espresso, nel
medesimo istante. Fu la coincidenza a stupirli, non il resto.
Entrambi sussurrano un sì, abbracciandosi alla morte, entusiasmati,
tuffandosi sul letto.
‘Perché ti è venuto in mente ora?’ lei era curiosa.
‘Sognavo di averti tutta per me e le parole di Loki mi hanno spronato’
rispose Banner, con sincerità, intanto che le sfiorava il mento ed il contorno
della guancia sinistra, con il dorso della mano.
‘Anche a me, forse non è fortuito…’ si leccò le labbra, sensuale, in
un gesto che sapeva il suo compagno adorasse, trovandosi avvinta a lui l’attimo
seguente.
‘Dobbiamo festeggiare la convivenza…ho chiuso la porta a chiave’
specificò Bruce, con una smorfietta, liberandosi degli abiti, con maestria e
voluta malizia nell’espressione.
‘Mossa audace, mostro verde! Contraccambierò con la stessa moneta!’ la
bruna si tolse il vestito nero e bianco dalla testa, spogliandosi, alla
velocità della luce; la bralette a triangolo in pizzo scuro e la brasiliana
abbinata, invece, vennero via celermente, ma con studiata provocazione.
Banner la guardava, ammirato, steso sul letto, nella sua bellezza
innocente, le carni lattee e morbide che, da ora in avanti, avrebbe avuto a
disposizione ogni notte, sospirando.
Capì che lei non voleva attendere oltre per unirglisi; lesta, Brooke,
si posizionò all’altezza dei suoi fianchi, a cavalcioni, complice la sua
eccitazione piena ed evidente, frizionandogli contro il proprio fiore già colmo
di rugiada. Comprendeva la sua impazienza, che era la propria, e, in fondo, un
modo per sfogarsi della carica di negativa che avevano assorbito.
L’uomo provò a rallentarne il passo amoroso, per farle assaporare gli
attimi che vivevano assieme. Le sagomò il corpo splendido, con entrambe le
mani, raccogliendo le sfere dei seni, tonde come arance mature, sotto i palmi,
per trattenerle; le soppesava, come ogni volta, nella loro perfezione, con le
dita a giocare sui chiodini purpurei che emergevano, sfrontati, duri a tal
punto che sperò di non farle male.
Ed era così... a riprova dell’effetto provocatole dalla torsione del
loro apice fra i pollici e gli indici maschili, un lungo mugolio voluttuoso le
uscì dalle labbra.
Si rialzò a sedere, immediato…spettatore passivo del miracolo che gli
era capitato in sorte, mai. Raddrizzandosi, la baciò sulla spalla destra, sotto
il manto dei soffici capelli profumati di shampoo alla ciliegia, strofinando il
naso contro la sua pelle, fino ad arrivare al collo e succhiarle il lobo
dell’orecchio, strappandole l’ennesimo gridolino.
Scivolò dolcemente in lei, quasi cullandola fra le braccia.
Sapeva di buono, di un paradiso a cui gli era stato concesso di
accedere. Era Brooke la chiave dell’immensa felicità che lo aveva travolto,
come un fiume in piena: era un dogma scolpito nella pietra.
Non la strega, né la donna che aveva avuto in dono i colpi d’incanto,
solo Brooke Brown!
‘Brookeeeee’ era il mantra che ripeteva nella testa, un bisbiglio
continuo dell’anima, una nenia infinita che accompagnava ogni suo gesto mentale
e che le esplicitò.
La spostò, su di sé, riempendola di carezze e di buffetti, tenendola
per il bacino, imprimendole un ritmo delicato e sollecito, al tempo stesso.
Gli effluvi femminei, piacevolissimi e odorosi, che li avevano
ricoperti copiosamente, li aiutavano a scorrere l’una nell’altro, intanto che
le loro labbra si rincorrevano, in una gara di passionalità, che li vedeva
entrambi vincitori.
La Brown, al termine della strana giornata trascorsa, si liberò delle
sue angosce e paure, che volarono via, come uno stormo di falchi, unitamente ai
suoi sospiri, che creavano un’eco nello spazio vuoto della stanza.
Inarcò la schiena, per liberare anche se stessa, sentendo montare
un’esplosione di calore dal fulcro della propria intimità, nel percorso di
estrema soddisfazione in cui il suo uomo la stava conducendo.
Ergendosi verso di lui, lo contemplò, osservandolo con attenzione;
aveva le palpebre chiuse, in preda a un’ebbrezza di sensi, con la mano sinistra
finita nel solco delle sue natiche che la serrava, imperioso, in un gesto di
possesso che la emozionò, ulteriormente. Era sua, gli apparteneva, e viceversa.
Destandosi come da un incantesimo, Bruce la guardò, con gli occhi
lucidi d'amore, sussurrando il suo nome, ancora; Brooke sentì il piacere puro
che la inondava, che la invadeva, che iniziava a scorrerle nelle vene e in ogni
particella del corpo.
Si contrasse, sotto la sua bocca, in piena estasi 'Ti amo, ti amo,
Bruce, ti amo da impazzire' non riusciva a smettere di ripeterlo, ricordando,
nel preciso frangente, che la posa erotica nella quale si erano ritrovati,
fosse la medesima delle due visioni che aveva avuto su di loro.
***
N.d.a.
Loki di Asgard è un vecchio pallino; ironico, affascinante, un
personaggio dalle molte sfaccettature. La sua positiva storia familiare spinge
Bruce e Brooke a completarsi nella convivenza.
Ringrazio Sis, che mi ha ispirato per la presenza del principe e di
Erika (giacché è lei stessa) e che mi ha aiutato per la parte dell'evocazione
'magica' di Kratos.
Cercavo un nemico originale da far affrontare agli Avengers e a Little
Witch, in particolare, e, per mero caso, mi sono imbattuta proprio
nell'immaginario protagonista della saga videoludica 'God of War'.
Approfondendo, ho scoperto che il gioco chiamato 'Una nuova vita' del 2018 è
davvero connesso ai Giganti di Giaccio e alla mitologia norrena... la
coincidenza ha fatto il resto.
|
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Capitolo 7 *** Little Witch ***
7 Little Witch
'Ciao...buongiorno' con un vassoio in mano, sopra quattro tazze ed
altrettanti cornetti fragranti, Brooke si aggirava per il soggiorno e lo studio
di Banner.
Gli occupanti delle due stanze ronfavano come ghiri. Thor aprì
l'occhio buono - l'altro era artificiale, la sua perdita un regalino ricevuto
in battaglia - inebriato dall'aroma della bevanda 'Ehm...grazie, ciao' afferrò
uno dei mug ed un croissant, smollando una pedata a suo fratello, che dormiva
sul divano accanto ‘Basta dormire!’.
'Che rompiscatole...' Loki si girò, dandogli le spalle e coprendosi
fino alla testa col plaid scozzese 'ancora cinque minuti, martellante...'.
'Se Kratos fosse arrivato in notturna, non avrebbe avuto scampo' il
padrone di casa prese in giro Bucky e Steve. Appena svegli, coi capelli più
arruffati dei propri, e i vestiti sgualciti, avevano l'aria sconvolta.
'Sono crollato...è stata colpa della seduta spiritica' il Capitano si
giustificò.
'Mi associo...grazie' Barnes prese il suo cornetto con la mano umana
e, con un morso, ne mangiò la metà.
'Ne scongelo altri...' la Brown si diresse verso il freezer, sentendo
squillare all'unisono il telefono fisso di casa e il cellulare di Rogers. Ebbe
la certezza che il loro nemico si fosse materializzato su New York City, circostanza
confermata dai dialoghi fra Bruce e Steve e, dall'altra parte della linea,
rispettivamente, da Stark e Romanoff.
'In auto abbiamo le tute...veloci, facciamo più in fretta ad arrivare
all'Empire da qui' James aveva già preso la porta, il mitragliatore a tracolla,
seguito dagli altri.
'Noi tre andiamo per conto nostro...e ti ricordo la mia borsa' Loki
fissò il professore e Little Witch, riferendosi al Tesseract che non potevano
certo lasciare incustodito.
Banner recuperò le chiavi del Maggiolino nello svuotatasche
all'ingresso, rivolgendosi a Brooke 'I tuoi abiti sono nel portabagagli della
macchina. Puoi cambiarti, sul sedile posteriore; il bellimbusto millenario
siederà davanti con me e non si azzarderà a guardarti...è un Dio un po’
gracilino'. Fece una battuta che il principe ben ricordava.
Lei annuì.
'Ti sei attrezzata...sei una strega moderna, perfetta!' l'asgardiano
rimirava la bruna, nel tragitto verso il grattacielo 'è un interesse
professionale, non inalberarti!' schioccò l'occhiolino a Bruce.
'Senti, Loki...ti sembra il momento? Non sei agitato?' il professore
si stava snervando.
'È il mio modo di sdrammatizzare...e sì, sono piuttosto teso. Ho
cinque pezzi di cuore che mi aspettano in Norvegia, molto più da perdere di voi
altri messi assieme'.
'Colpa tua...se avessi distrutto il Cubo cosmico, non saremmo a questo
punto...'.
'Touché''.
'Andrà bene...' con ognuna delle mani la Brown carezzò le spalle dei
due uomini, materna.
'Hai avuto una visione?' le domandò il principe.
'No, è una certezza' lo asserì, convinta, per tranquillizzarli,
osservando davanti a loro il presidio delle forze dell’ordine, che avevano
chiuso le strade in prossimità della base dell’Empire, come suggerito da Stark.
I poliziotti alzarono la transenna, per far passare l’auto verde,
avvertiti da Rogers, la cui jeep era già parcheggiata davanti l’entrata della
struttura.
Gli altri Avengers, che li avevano preceduti, erano schierati nelle
loro tute da combattimento, armati fino ai denti, insieme a Vedova Nera a cui
si erano riuniti; un sibilo dall’alto fece alzare le loro teste, mentre
scendevano dal Maggiolino, in direzione dell’armatura gialla e rossa di Iron
Man…erano al completo!
‘Sei Little Witch, dunque! Carino!’ Natasha - equipaggiata con
un’uniforme aderente nera, antiproiettile, ai polsi bracciali metallici che
emettevano scariche elettriche paralizzanti - dette un’occhiata
all’abbigliamento della Brown, che trovò parecchio azzeccato, soprattutto alla
luce degli ultimi avvenimenti di cui era stata resa edotta dai colleghi.
‘Loki, tu? Gli abiti neri e verde oro?’ Thor domandò al fratello, che
scosse il capo ‘Li ho lasciati a casa…ne farò a meno… ho sempre questi!’
sollevò i lembi della camicia azzurra, che non aveva potuto cambiarsi,
mostrando, agganciati alla cintura, due pugnali, di medie dimensioni,
affilatissimi e sottili, l’impugnatura dorata, intarsiata di serpenti dalle
venature verde intenso.
‘Tutti su’ il Capitano, scudo alla mano, indicò l’ascensore,
precipitandosi appena in tempo sia per schivare i detriti di cemento e di vetro
che cadevano dalla terrazza dell’edificio, prodotti e spinti giù dallo strano
uomo di un’epoca lontana, il cui pensiero, dalla sera precedente lo aveva
inquietato, sia per vedere il mantello rosso del suo amico principe librarsi in
aria.
Con il Mjollnr, il biondo raggiunse l’ottantaseiesimo piano,
affiancando Stark, in attesa dei colleghi, studiando l’avversario che li
fissava, con un’espressione spavalda.
Lo spettacolo che gli si parò innanzi - come agli altri, che uscirono dall’elevatore
con estrema prudenza, schierati a protezione di Little Witch, ultima alla fine
della fila, a tracolla la borsa color brandy recante il prezioso Tesseract - fu
spaventoso.
Il corpo dell’essere, estremamente muscoloso, rasato, un’orrenda cicatrice
nel viso arcigno, era attraversato da un tatuaggio rosso - che iniziava dalla
testa, gli attraversava il petto e comprendeva il braccio sinistro - che
sembrava pulsare di luce propria e non era sbiadito, come nella prima immagine
vista da Loki e dalla Brown.
‘E’ più forte…’ la bruna affermò; percepiva in Kratos un rinnovato
vigore.
‘Lo hai detto tu, andrà tutto bene’ Bruce cercò di essere positivo,
allontanandosi ‘Ci vediamo fra un pochino, aspettami…’. Non desiderava lo
osservasse al momento della trasformazione e cercò, con lo sguardo, un angolo
appartato, per poter liberare la fiera latente in lui.
Sentì la sua presa, sul polso sinistro ‘Credevo lo avessi capito,
anche per via della scultura: io amo entrambe le tue facce, le due personalità
che albergano in te…’. Era una preghiera a non lasciarla, a realizzare la sua
metamorfosi, con lei presente.
‘Lo sai, non indosso un’armatura; io sono scoperto, e Hulk è come un
nervo, è un incubo, la mia parte peggiore’ provò ad opporsi, intuendo di stare
per cedere, su tutta la linea, agli occhioni cerulei e questuanti. Era lampante
che lo amasse, che lo avesse accettato per ogni sfaccettatura, più di quanto
lui stesso si fosse mai accettato.
‘Non lo è più, da quando siamo insieme…non sei solo’ ribatté Brooke,
certissima delle proprie parole, a cui l’uomo non poté resistere; lei osservò,
serena, il viso del suo compagno, caduto in ginocchio, dilatarsi nelle carni,
le braccia riempirsi di enormi muscoli ben delineati che stracciarono la stoffa
della camicia, le gambe divenire tronchi possenti.
Con un grugnito animalesco, liberatosi di quanto rimaneva della
camicia bianca, il novello Hyde si rimise in piedi, indosso solo i jeans che,
slabbrati, lo coprivano dalla vita alle ginocchia, e la fissò, digrignando i
denti in una smorfia. Gli occhi però…erano gli splendidi quarzi scuri di cui si
era innamorata.
Gli strinse una manona verde con la propria, piccola, candida ed
affusolata…la stessa con la quale lo accarezzava nell’intimità, con lo stesso
affetto ‘Andiamo…’.
Kratos era ben equipaggiato; nella destra aveva una spada di
dimensioni esagerate, nella sinistra uno scudo, che pareva sapere utilizzare
con estrema precisione. Li muoveva davanti al Capitano e a Bucky, per
spaventarli, senza un fiato.
‘Ve lo ricordo…’ Loki, un passo indietro, li redarguì ‘è la Spada
dell’Olimpo, può creare lame magiche e risucchiare energia dai nemici, e lo
scudo pure, credo sia particolarmente robusto…evitate di fare gli spacconi’.
‘Proviamolo, va’ dall’alto, Tony scaricò i raggi repulsori emessi dal
palmo dei suoi guanti metallici, alla massima intensità.
Lo spartano li parò, con facilità, alzando il clipeo e rimandandoli al
mittente.
‘Steve, è meglio del tuo’ incazzato, Stark fece una battuta a Rogers,
che decise di affrontare l’avversario apertamente, gettandosi contro di lui,
con Barnes, alle spalle, che iniziò a sparare un colpo dopo l’altro, insieme
alla Romanoff.
Kratos deviò le pallottole, come nulla fosse, e fu lesto nello
schivare le mosse del Capitano, che si era fatto sotto; non si trattava di
abilità, Rogers era ovviamente preparato, ma la potenza del contendente era
davvero fuori dall’ordinario, fu chiaro da subito.
‘Mi ricorda tanto Thanos…’ commentò Thor, osservando Steve sbalzato
dalla sua posizione, steso a terra, con lo scudo stelle e strisce finito al
lato opposto ‘lasciatelo a me’.
Così dicendo, saltò verso l’alto, per ricadere con il martello
all’altezza della testa del nemico, che alzò il proprio clipeo, per fermarlo;
lo stridio delle due armi, sgradevole, risuonò nell’aria, unitamente all’urlo
del biondo, colpito alla spalla sinistra da una lama rossa uscita dallo
spadone, come un fulmine affilato.
‘Fai attenzione, si tratta anche di magia’ lo rimproverò suo fratello,
osservando, con apprensione, la profonda ferita da cui il sangue sgorgava a
fiotti.
‘Asgardiano…’ lo sguardo truce della creatura si posò proprio su Loki,
squadrandolo, nei suoi abiti moderni ‘hai affidato il prezioso Cubo nelle mani
di una dolce fanciulla…comprendo abbiate perso il vostro Regno, per colpa solo
vostra, pensavo aveste mantenuto coraggio, orgoglio e dignità…quella di vostro
padre…ah, dimenticavo…Odino non era tuo padre…’.
Lo sbeffeggiò, cogliendo nel segno delle debolezze emotive dell’altro,
che non si scompose affatto, anzi…sbuffò, con un mezzo sorriso. ‘E’ da una vita
intera che sento certi discorsi…e, credimi, è un’esistenza infinita…’.
Si preoccupò più dell’incolumità della bruna - rimasta nelle retrovie,
accanto al mostro verde, che non se ne era staccato, come una guardia del corpo
di tutto rispetto - nel momento in cui Kratos le si avventò contro, puntando la
borsa marrone, da cui si intravedeva un bagliore azzurro e pulsante.
Banner, non appena ne comprese l’intenzione, scattò, frapponendosi fra
lo spartano e la Brown, in uno scontro per lui soltanto fisico; non avrebbe mai
permesso che arrivasse a Brooke, mai.
Provò a disarmarlo, con la sua forza bestiale, non riuscendoci,
insistendo nel corpo a corpo; i colleghi avrebbero voluto andargli in appoggio,
ma avevano troppo timore di ferirlo, nella concitazione e nella velocità delle
mosse, Tony in testa.
Fu Little Witch a togliergli le castagne dal fuoco…nel senso letterale
del termine, estremamente motivata dalla temerarietà e risolutezza di Hulk,
sgomenta all’idea di perderlo e, allo stesso tempo, in equilibrio interiore,
mosse le mani davanti a sé - con gli occhi mutati in una lieve sfumatura rosata
cangiante - sputando da esse una lingua di fuoco della stessa nuance, che colpì
in pieno lo scudo di Kratos.
L’oggetto poteva parare le fiammate, ma l’intensità del colpo
d’incanto fu tale che il metallo cominciò a liquefarsi e la parte interna,
surriscaldata, ustionò il braccio di colui che lo indossava.
In un impeto di dolore e rabbia, lo spartano - colta la mossa della bruna
e la motivazione per cui si era rivelata in quel momento del combattimento,
riversò il suo interesse sul bestione verde - infliggendogli un taglio netto
sul bicipite destro con la lama della Spada dell’Olimpo, credendo di poter
fermare la donna dalle molte doti, con un’astuta manovra: destabilizzarla,
colpendone il lato emotivo, ferendo la creatura poco umana a cui era
evidentemente legata. E sarebbe stato l’inizio di una lunga serie di mortali
ferite, non si sarebbe risparmiato.
All’urlo bestiale di Bruce, accadde esattamente il contrario di quanto
previsto.
Little Witch prese un respiro profondo, e si levò in aria, levitando,
e osservando Loki, con la coda dell’occhio, fare lo stesso.
Liberò la sua mente, e fu facile; si colmò dei ricordi dei momenti
bellissimi che aveva passato con il suo adorato professore, il sapore dei baci
intensi scambiati, l’odore della paglia del fienile di Salem, in cui si erano
amati la prima volta, il tocco delle falangi unite delle loro mani…sgombra di
paure e remore, piena soltanto d’amore, mosse gli avambracci, con i palmi
aperti ed arcuati, da cui si librò una sfera di energia rosa che vorticò su se
stessa, rimanendo per pochi secondi davanti al suo petto, unitamente a quella
prodotta dal principe asgardiano, verde oro, più piccola e meno potente.
Coordinati e sincroni, scagliarono i globi contro Kratos, mirando al
torace.
L’avversario fu spiazzato, e non tentò nemmeno di difendersi o
scappare… non vi sarebbe comunque riuscito.
L’energia, sotto forma dei colpi d’incanto degli stregoni, entrò nel
suo corpo, che iniziò a sgretolarsi, lasciando intravedere, al di sotto dello
strato di pelle, le sue viscere, incandescenti come la lava che scorre dai
vulcani, fra decine di ululati, insopportabili.
‘Spostati, Bruce, accidenti’ Iron Man volò a recuperare l’amico,
rimasto in ginocchio con la manona sulla ferita e gli occhi puntati su Brooke,
che volteggiava sopra l’Empire State Building e gli sorrideva, candida e soave,
col vento che si infilava fra i lembi dello spolverino avvitato, che parevano
petali di un fiore nero…magnifico!
‘Al riparo’ Steve, intuendo la causa della preoccupazione di Tony,
afferrò lo scudo e coprì sé, Nat e Barnes, dalle schegge della forte esplosione
che disintegrò, dall’interno, il leggendario spartano, intanto che Point Break
svicolava, dietro una colonna portante a ridosso degli ascensori.
La bruna, compreso il pericolo, parallelamente, generò un campo di
forza a semicerchio, che protesse lei e Loki e permise loro di scendere a terra
indenni, sopra il pavimento del grattacielo, oramai in pezzi.
La portata della detonazione fu tale da provocare ingenti danni, per
fortuna soltanto ai materiali di cui era composto l’edificio.
‘L’hai rimandato indietro al mittente, Little Witch! Molto ben fatto’
il moro si complimentò.
Lei non lo ascoltò; in quel frangente, le interessò solo di Bruce. Gli
corse accanto, non appena atterrò sulla terrazza fra le braccia di Stark, che
la informò, alzata la visiera dell’elmetto ‘E’ un bel taglio, vediamo di
comprenderne l’entità, dopo la trasformazione…’.
Dai lembi della ferita, lei scorse muscoli e nervi, grazie a Dio non
l’osso. Ugualmente provato perfino con le sembianze di Hulk, Banner dette vita
alla solita pantomima che conoscevano, per ritornare in sé, col Capitano che si
era già attivato per recuperare una valigetta di primo soccorso, disponibile
all’interno di una delle sale del grattacielo.
Sudato e dolorante, il professore si accasciò, di schiena, sul
pavimento del belvedere, tenendo la mano sulla lesione, a fermare l’emorragia.
‘Bruce’ mormorò Brooke ‘ci penso io…lasciami fare’. Quasi strappando
le garze imbevute di disinfettante dalle grinfie di Stark, si premurò di
passarle sul taglio, tamponandolo e poi premendo per bloccare l’afflusso di
sangue, premurosa, cercando di controllare la propria agitazione.
‘Grazie’ balbettò Banner, avvertendo la destra della Brown che gli
accarezzava la fronte per immergersi nei suoi riccioli, in un abituale gesto
colmo di tenerezza. Gli parve di sentirsi già meglio, sotto il suo tocco.
‘Guarirai presto’ gli sussurrò, colta dallo scompiglio che le aveva
innescato l’osservarlo in quelle condizioni. Era invulnerabile, ai suoi occhi;
aveva goduto del senso di protezione che le dava, quando erano insieme, ed ora
si ritrovava a pensare che potesse abbandonarla, che non fosse indistruttibile.
‘Serviranno dei punti, proporrei di andare al Quartier Generale’ Tony
suggerì, giacché anche Thor aveva necessità di una ricucita ‘Point Break, ti
aspetto’.
‘Fratello, non è da te…affettato come un salame’ ridacchiò Loki,
all’indirizzo di quest’ultimo, con l’armatura di Iron Man già lontana nel cielo
plumbeo.
Il biondo scosse la testa ‘Mi tormenti, ma stavolta con ragione; le
spade di Kratos erano peculiari, magiche, come avevi preannunciato’.
‘Ti sbagli! Di magico abbiamo solo Little Witch!’ il principe moro
spostò la testa di trequarti, esibendosi nel suo tipico sorriso ironico,
intanto che la diretta interessata aiutava Bruce a rimettersi in piedi.
***
Sorreggendo Banner per la vita, con un braccio, con Loki che faceva lo
stesso dall'altro lato, la Brown ridiscese con l'elevatore al piano terra.
Nell'androne dell'Empire, oltre all’ingente spiegamento degli agenti
della Polizia di New York, trovò, sorpresa, suo padre e sua madre, atterriti,
entrambi con indosso un impermeabile beige. Stava per piovere e lei nemmeno se
ne era accorta.
'Come state? Bruce?' Robert si accostò, con gentilezza, al professore,
sotto lo sguardo immensamente grato di sua figlia.
'Un graffio, rischi del mestiere...' commentò l’altro, per non
preoccuparli, anche se il dolore era lancinante, pulsante.
'Fuori ci sono le ambulanze coi paramedici che vi aspettano' Sheila
indicò la porta a vetri, da cui si intravedeva il portellone aperto del primo
veicolo bianco e rosso parcheggiato davanti l'entrata.
Il cuore le si era fermato in petto, quando, dal piazzale antistante
il grattacielo - dove era corsa con suo marito con la propria limousine,
avvertita da Stark di quanto accadeva - aveva alzato gli occhi azzurri e scorto
Brooke levarsi in aria, insieme al moro che l'accompagnava, e lanciare colpi
d'incanto di immensa portata.
Vestita con un abbigliamento bizzarro, le parve misteriosa,
affascinante e incantevole. Non perché fosse sua figlia, era un parere
obbiettivo. Il potere, in lei si era accresciuto e modificato; era diversa,
profondamente. Forte, impavida, una guerriera...le fece quasi paura.
Stava bene e, a differenza delle altre volte in cui aveva utilizzato
le proprie capacità, non era stanca o provata, non aveva alcun sanguinamento
dal naso o dalle orecchie.
Il ferito era Banner, e, evidentemente, le lezioni con lui, di
qualsiasi natura fossero, erano servite.
Seguì il gruppo verso l'ambulanza, al cui seggiolino interno due
giovani paramedici fecero sedere Bruce. La lesione, già pulita sulla terrazza,
fu suturata e fasciata, previa somministrazione di un anestetico locale e
successiva iniezione di antidolorifico, con Brooke che, in piedi, immobile,
fissava il lavoro degli addetti, torturandosi il ciondolo a forma di pentacolo
che portava al collo.
Le mise una mano sulla schiena, sopra lo spolverino, e, in un attimo,
sua figlia le si strinse, in maniera tenerissima, come quando era bambina,
scoppiando in un pianto liberatorio. Le carezzò i capelli, provando a
consolarla. Le lacrime derivavano dal timore di perdere il suo ragazzo, le
parve chiaro…beh, ragazzo, più o meno, aveva un anno in più di suo marito ‘Si
rimetterà, stai tranquilla’ tentò di farla ragionare.
‘Little Witch, su, ha ragione tua mamma. E’ il mostro verde, ha
sconfitto Thanos, ed anche me quando venni nel 2012…ha un curriculum di
rispetto, per tutti gli Dei!’ Loki fece una battuta, presentandosi ai coniugi
Brown, educatamente, osservando gli Avengers che sopraggiungevano, suo fratello
compreso, per accertarsi delle condizioni del collega.
‘Sono abile…’ Banner non fece in tempo a scendere dall’ambulanza, che
la bruna gli gettò le braccia al collo, con attenzione, evitando di sfiorare il
punto dolente ‘in pessime condizioni, come sempre…una sorta di barbone perenne,
scusatemi…’ abbassò il viso, sui pantaloni inesistenti; accidenti, pensò, è la
seconda volta che i miei quasi suoceri mi vedono post trasformazione…la
solita sfortuna.
‘Per quello posso aiutarti…l’ho presa al volo uscendo di casa…è dei
Chicago Bulls, però, spero non ti dispiaccia, sono un loro fan accanito’ Robert
gli passò, aiutandolo a indossarla, una felpa grigia scura con cappuccio e zip
sul davanti, con un’applicazione gommata in rilievo di un toro dal muso rosso e
dalle corna bianche sulla schiena.
Aveva avuto un’intenzione carina, sua figlia se ne rallegrò ‘Grazie,
papà, non è un problema. Bruce non segue granché lo sport’.
‘Piuttosto, non credo tu possa guidare. Lasci qui il Maggiolino e lo
veniamo a prendere domani?’ propose Natasha; erano piuttosto stanchi, era
meglio organizzarsi con calma.
‘Ci penso io, genio! Torna a casa con loro e vi seguo con la tua auto…
ehm… d’epoca, ha un grande fascino…è vintage come me’ Loki si offrì, segnalando
la limousine scura che, con l’autista in divisa al volante, attendeva i
genitori della sua nuova amica.
‘Ah…tu hai la patente?’ bofonchiò Thor, urtato più da quella notizia
che dal fastidio della lesione alla spalla.
‘Certo…non dirmelo, ti hanno bocciato ancora’ il moro sghignazzò ‘sei
una causa persa…’.
‘Non ne ho bisogno, in fondo; la tua è gretta invidia’ arrabbiato,
Point Break alzò il braccio sano, volando via col suo martello argentato.
‘Efficace, come uscita di scena, e lui è un maestro in questo…le
chiavi?’ il fratello si rivolse al professore, che le recuperò nella tasca dei
pantaloni e gliele passò, entrando nella lussuosa vettura dei Brown, pochi
secondi dopo il commiato dai Vendicatori, che si appropinquarono verso le
proprie abitazioni, riaccompagnati dal Capitano, con la sua jeep.
'Tenete' Sheila servì Banner e la figlia di un bicchiere d'acqua
minerale, versato da una bottiglietta del frigobar della limousine.
'Vi va di raccontarci cos’è accaduto?' li interpellò Robert, curioso,
dato l’indirizzo di Washington Heights allo chauffeur 'abbiamo tempo, il
traffico intorno alla zona dell'Empire State Building è congestionato, per le
chiusure imposte dalle forze dell’ordine su suggerimento di Stark, e ci vorrà
parecchio per arrivare'.
Brooke si irrigidì, alla richiesta, avvertendo il calore della mano di
Bruce sul ginocchio, un sollievo immediato.
Lui rispose al suo posto, venendole in appoggio; non poteva esimersi,
i Brown avevano assistito alla performance della bruna e volevano sapere.
Iniziò la narrazione, dall'arrivo di Loki, non dimenticando di spiegare delle
premonizioni, e ogni dettaglio che ritenne utile, terminando 'così ora per
tutti Brooke è Little Witch...era un gioco fra noi...ed invece, secondo il
nostro amico asgardiano, è una strega bianca e le sue capacità non derivano
dall'utilizzo del farmaco contro la distrofia muscolare, sono innate...'.
Suo padre emise un sospiro, con un misto di sollievo e preoccupazione
'Mi sono sempre incolpato...avevo trovato il modo di salvarti, condannandoti al
peso di un potere che non era un dono, a mio avviso...la magia, la stregoneria,
la preveggenza...non sono la mia materia...vivo di scienza, di biologia'.
'Loki è uno stregone nero? Da temere?' sua madre lo aveva inquadrato
poco.
'Non esercita la magia...quotidianamente...credo potrà insegnarmi a
gestire le mie abilità, anche a scoprirle' Brooke, serena, espresse una propria
speranza. Poi li fissò, alternativamente, molto seria 'Mamma, papà...starò a
casa di Bruce...'.
'Lo immaginavamo, vista la ferita che ha riportato' Sheila ebbe un
brivido, non si trattava di quello.
'Intendo stasera e per le sere a venire. Abbiamo deciso di vivere
insieme, se per voi non è un problema...' avrebbe omesso le ultime sette parole
ma volle indorare la pillola, erano sbiancati.
'No...no...certo...' Robert balbettò, in preda al panico, stringendosi
nell’impermeabile…fuori dal finestrino scendeva una leggera pioggia, che
saturava l’aria di umidità. Che potevano dirle? Potevano opporsi? A Little
Witch?
'Ci vedremo spessissimo, non perderemo i contatti. Se non vi spiace,
continuerei a venire da voi per scolpire e terrei lì le mie cose. Bruce ha
l'appartamento pieno di libri...zeppo come un uovo...potrò portarmi il minimo
indispensabile' rise, alzando il viso verso di lui, con gli occhi brillanti di
una felicità assoluta.
Sua madre pensò che non fosse stati mai tanto bella, come in quel
momento; le salì un brivido, e pure una lacrima, che ricacciò indietro, con il
suo solito savoir faire.
'Siamo contenti per voi...dico sul serio' le uscì di bocca,
spontaneamente: era la verità, ciò che provava nel vederli insieme, rassicurata
all’idea che Banner fosse l'unico, nella sua testa, a poter agevolare la
convivenza della propria figlia con ciò che era o sarebbe diventata…Sempre di
convivenza si trattava, in fin dei conti.
‘Siamo arrivati…’ il professore segnalò il proprio portone,
all’accostarsi della limousine verso il marciapiede. Scendendo, vide Loki che
posteggiava il Maggiolino e gli si avvicinava, con la mano destra tesa davanti
a sé.
‘Mi dileguo…mai veloce come mio fratello col martello, anzi, per
favore, salutatelo da parte mia’ indicò la fermata della Metropolitana alle
proprie spalle, restituendo le chiavi della macchina al suo proprietario ‘da lì
prendo il treno per l’aeroporto, e il primo volo per la Norvegia’.
‘Pensavo ti saresti trattenuto qualche settimana, per farmi da
mentore, per…’ la bruna non se lo aspettava, e rimase spiazzata. Si stava
affezionando allo stregone nero, la sua spalla nel combattimento odierno…e già
la lasciava…perché?
‘La vita di molti ha un unico filo conduttore, l’estremo egoismo; tu,
invece, hai un grande cuore, Little Witch…ed anche il tuo fidanzato verde…per
cui non hai bisogno di me, casomai il contrario…’ le bisbigliò, inquieto e in
difficoltà, con i coniugi Brown che assistevano al breve scambio di battute,
senza intromettersi, sotto la pioggerellina newyorkese.
‘Loki ha la sua famiglia da cui tornare; ci rivedremo presto, ne sono
sicuro’ Bruce afferrò la destra dell’asgardiano, e spostò Brooke leggermente in
avanti, confidando lo salutasse con serenità.
‘Mi mancherai…’ la ragazza lo fissò negli smeraldi, ritrovandosi fra
le sue braccia, in una stretta amichevole e affettuosa.
‘Pure tu…addio, preziosa Little Witch’ un bacino fraterno sulla
fronte, un segno di congedo ai suoi genitori, Loki si dileguò, più lesto di
come si era presentato.
‘Uno strano giovane…’ commentò Robert e si accostò a Sheila, che,
paralizzata, di tre quarti, seguiva la discesa del moro nelle scale della
Metropolitana; la maschera di dolore che il principe asgardiano portava nel
volto le evocò un oscuro presagio, pur non possedendo alcuna dote di
preveggenza.
‘Se aveste necessità di qualsiasi cosa, per favore, non esitate a
chiamarci’ suo padre li spronò, ritirandosi verso la limousine, con la sua
signora.
‘I tuoi genitori sono stati molto gentili, non me lo aspettavo…’
Banner commentò, appena nell’appartamento, per sviare l’interesse mentale di
Brooke dalla dipartita di Loki.
Cosa che non gli fu possibile, giacché lei, nel riflesso della propria
immagine nel grande specchio dell’ingresso, notò la tracolla color brandy
dell’amico, da cui si era sentita quasi tradita, che ancora portava.
‘Mi ha mollato il Cubo!’ si lamentò, levandoselo da dosso e aprendo il
gancio metallico, per estrarre il Tesseract…una luce blu si diffuse nel salone,
irradiandolo.
‘Perché riteneva che fossi una custode migliore di lui e che ne
avresti fatto buon uso’ spiegò il professore, convinto.
La Brown provvide a rimetterlo nella borsa, osservando il tavolino del
soggiorno…erano andati via dall’appartamento in fretta e furia, al mattino, e
non se ne era accorta, in precedenza; in bella vista, erano rimaste le due
candele nere, i bastoncini d’incenso e l’olio di oppio, serviti per
l’evocazione di Kratos. Non le parve né una dimenticanza né un caso.
‘Ti ha lasciato gli strumenti di lavoro, piccola strega’ Bruce
sogghignò, divertito dalla sua espressione stralunata, tirando giù la zip della
felpa dei Chicago Bulls. Seppe come distrarla ‘I paramedici mi hanno ammonito a
non bagnare i punti di sutura, ma avrei bisogno di una doccia, puzzo come una
capretta…ti va di aiutarmi?’.
‘Sì…io…scusa’ la bruna realizzò che si era disinteressata di come
stesse, presa, egoisticamente, da arzigogoli inutili ‘sarà un vero piacere…’
gli sorrise, andando con lui verso la stanza padronale, facendolo sedere al
bordo del letto disfatto e iniziando a spogliarsi.
Il reggiseno a triangolo in pizzo e cotone color rosa chiaro, che
indossava sotto le due canottiere, e il perizoma abbinato volarono via, con una
mossa volutamente sensuale.
Gli sfilò i calzoni ridotti a brandelli e gli slip nelle stesse
condizioni, furbetta ‘Hulk…uguale: aumento globale delle dimensioni del tuo
corpo…dovrei lasciarti e mettermi con lui’.
Sentì uno schiaffetto sulla natica destra ‘Ti laverò la bocca col
sapone, la prossima volta che ti esprimerai così’ la rimproverò.
‘Uhm…davvero?’ scese verso il suo viso, piegando la schiena, e con la
mano afferrò i riccioli scuri per fargli sollevare la testa verso di sé. Il
respiro mozzato, avvicinò la bocca alla sua, e con la punta della lingua ne
delineò il perimetro.
La lingua maschile iniziò ad avvilupparsi alla propria, in un vortice
di sensi. Se ne staccò, impertinente ‘Banner…ti piace più il sapore dei miei
baci o quello del sapone? E’ questione di scelte…’.
‘Mi arrendo…’ l’uomo si alzò, senza nascondere l’evidente desiderio
che il loro contatto gli aveva provocato, in direzione del box doccia, dove
entrarono insieme.
La Brown, raccolti i capelli sulla nuca con un elastico morbido, aprì
il rubinetto, tenendo in una mano il doccino e, nell’altra, una spugna gialla
colma di bagnoschiuma che avrebbe utilizzato per detergere il professore, in
attesa della giusta temperatura dell’acqua ‘Tieni il braccio in alto, del resto
mi occupo io’.
Bruce obbedì, godendo del liquido tiepido addosso e del successivo
massaggio. Con movimenti circolari, come un ragioniere svizzero, la ragazza non
tralasciò un centimetro di pelle. La fragranza agrumata del bagnoschiuma ed il
calore dell’acqua avevano generato, nell’ambiente, una leggera nuvola di
vapore, traportandoli, idealmente, in un luogo rilassante e luminoso.
All’ennesima sollecitazione di Brooke sull’inguine, il professore,
fomentato, non trattenne un gemito e una battuta ‘Lo fai di proposito, sei
cattiva…’.
‘No…sono una strega bianca…dimmi la verità, ti sei messo con una
giovane come me perché diventassi la tua badante? Non ci contare…’ lo provocò,
assistendo alla sua reazione inaspettata.
Con una mossa fulminea, chiuso il rubinetto, le strappò la spugna
piena di schiuma e la rivoltò di spalle, cominciando a passargliela sotto il
collo ‘E’ il mio turno, badante…Brooke…amore mio…mi fai impazzire’ confessò,
continuando a torturarla col piacevole supplizio, utilizzando solo la mano sinistra,
fino alla completa pulizia del suo corpo statuario che idolatrava, con la
stanza da bagno riempita di gridolini femminili, la melodia più dolce e
celestiale mai ascoltata dalle proprie orecchie.
L’acqua aveva lavato via il sudore e l’adrenalina, di cui si erano
negativamente caricati. La bruna, sciacquatasi, uscì per prima dalla doccia,
infilando l’accappatoio color avorio che il premuroso professore aveva in
precedenza acquistato per lei, per farla sentire a proprio agio quando si
tratteneva a casa sua, in uno dei gesti gentili che lo caratterizzavano ‘Avevo
guardato avanti, comprandotelo…’.
‘Vero…era una previsione piuttosto facile, non posso starti lontana
nemmeno un secondo…’ lei, con una confessione romantica, prese quello marrone
maschile e lo tenne aperto per aiutare Bruce a indossarlo, facendo attenzione
al suo braccio destro ‘Sei a posto. Come ti senti?’.
‘Userò le parole che mi dicesti a Lagos, sul jet. Sto bene perché ci
sei tu’ fu sincero, tirandole via l’elastico e sciogliendole i capelli. Ne
sfiorò il contorno, lentamente, sagomandole le guance ed il mento ‘Little
Witch…ti amo…’ subito il sapore della bocca di Brooke si fece strada,
prepotente, sulle sue labbra e nella sua anima.
‘Anche io. Tanto…tantissimo…’ controbatté, percependo l’abituale
tensione fisica generata dalla reciproche effusioni, a cui non riusciva mai a
resistere ‘Mi tieni stretta stretta?’ domandò, candida e provocante, udendolo
annuire, con un alito di parole leziose che apprezzò ‘Rimarrai abbracciata a me
per il resto della vita, signorina Brown, preparati!’.
Con calma, tornarono, mano nella mano, verso la camera, e tirate giù
le tapparelle, si infilarono sotto le lenzuola.
Il corpo caldo e ammaliante della bruna, profumato all'essenza di
mandarino cinese e di bergamotto del bagnoschiuma, si unì a quello del suo
compagno, in un’alchimia perfetta fra attrazione e seduzione, che gli fece
scordare, repentinamente, la presenza della fasciatura, per dedicarsi insieme
al loro gioco passionale preferito: amarsi!
***
N.d.a.
Brooke ha mostrato il suo immenso potere. E' Little Witch davvero, con
ciò che ne conseguirà...
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Capitolo 8 *** Magie, sorprese, promesse ***
8 magie, promesse, paure
Il tragitto da casa loro all’Ateneo era stato breve, quattro fermate
di Metropolitana…casa loro…a Brooke pareva ancora un bel sogno…ed invece era
vero. Dirigendosi alla Columbia University di New York, dove avrebbe assistito,
a sorpresa, a una lezione del suo amato professore, si soffermò a riflettere
sulle ultime settimane.
Appena Banner aveva potuto togliere i punti alla ferita inferta da Kratos,
aveva traslocato, e non ci era voluto molto tempo. Era bastato un unico viaggio
fra Park Avenue e Washington Heights con il Maggiolino verde stipato
all’inverosimile di un paio di grandi valigie e scatoloni, riempiti grazie
all’aiuto dei genitori che si erano mobilitati con cartoni e scotch marrone,
per impacchettare i suoi effetti personali: abiti, scarpe, libri e qualche
oggetto, di cui pensava di non poter fare a meno.
I Brown non avevano fatto un dramma della sua dipartita, fazzoletti a
parte al momento del commiato proprio il giorno del trasloco. Sua mamma passava
a trovarla spesso, con una borsa frigo zeppa piatti prelibati in contenitori
d'alluminio, che poteva conservare in freezer e scongelare a piacimento; si era
informata, carinamente, sui gusti del professore, per cucinare pietanze che
incontrassero anche il suo favore, ed approfittava di quei momenti per fare due
chiacchiere in confidenza con sua figlia...la vedeva felice...al settimo cielo!
Lei stessa aveva sempre immaginato che vivere con Bruce sarebbe stato
splendido ed aveva avuto ragione; ripensava, continuamente, alle parole di
Loki, alla storia del grande cuore…quello di Banner era di dimensioni
esagerate. Affettuoso, altruista, la coccolava in ogni circostanza e avevano
trovato un equilibrio perfetto, nella convivenza.
Quando il suo ragazzo era impegnato con le lezioni, la bruna si recava
nell’appartamento dei genitori per scolpire. Gli teneva, viceversa, compagnia
in laboratorio durante i momenti di lavoro al Quartier Generale con Stark…ed
utilizzavano il metodo di quest’ultimo per l’allenamento: cercare la serenità e
lo svago mentale, che, per loro due, aveva un unico significato…stare insieme.
Si era esibita con i colpi d'incanto, sempre più potenti,
esclusivamente per il compagno e più volte, alla spiaggia degli Hamptons,
poiché non c’era stata la necessità di accompagnare gli Avengers in operazioni
o missioni.
Sulla scia dei pensieri felici, raggiunse il lato occidentale di
Manhattan, ove si stagliava la Columbia University, scendendo dal treno
all'omonima fermata sulla 116esima Strada.
Camminando all’interno del Campus, incrociò la
notevole Low Library - la Biblioteca Universitaria - uno degli
edifici più scenografici e affascinanti dell’intera struttura, con le sue
maestose colonne e la meravigliosa cupola.
Attraversò il piazzale quadrangolare, nei pressi dell’ingresso
principale, caratterizzato da un’insolita pavimentazione realizzata in
mattonelle rosse, muovendosi come una qualsiasi studentessa fuori corso,
respirando l'aria tipica dei grandi atenei americani. Grazie alle conoscenze di
suo padre, aveva preso la prima laurea e studiava per la seconda, dando gli
esami a casa oppure on line…la vita nel Campus le parve eccitante,
entusiasmante!
Si diresse, a passo svelto, verso il padiglione della Facoltà di
Biochimica, individuato sulla mappa dell’istituto. Aveva sbirciato nello studio
di Bruce e trovato l'orario delle elezioni oltre alla denominazione esatta del
corso che teneva.
Ricevette tante occhiate maschili, nel lungo corridoio che portava
all'aula che stava cercando; la facoltà era a numero chiuso, gli studenti si
conoscevano tutti, almeno di vista, e tra loro vi erano poche ragazze. Nessuna
attraente come lei...gli stessi sguardi interessati che riscosse, entrando
nell'aula, a forma di semicerchio, coi banchi posti su alte gradinate di fronte
la cattedra, a cui Banner, già all’opera, era poggiato col sedere, pantaloni
beige e camicia lilla chiaro con le maniche arrotolate, un testo in mano, gli
occhiali da lettura sul viso.
Si diresse al banco vuoto in prima fila - estremamente sexy e
femminile nell'elegante abito nero coi profili bianchi, che aveva su il giorno
dell'evocazione - mentre il professore la fissava...con stupore, sulle prime, e
pure con sorriso splendente che tentò di trattenere, dopo.
La Brown gli strizzò l'occhiolino e si mise seduta composta,
ascoltando, con attenzione, la lezione appena cominciata.
Gli allievi, passata l’iniziale curiosità, si abituarono alla sua
silenziosa presenza. Il professore spiegò per circa un’ora, introducendo,
successivamente, la parte dedicata alle domande.
Si svolse un breve dibattito, fino a che, a ridosso del pranzo, Bruce
salutò i suoi studenti, dando loro appuntamento alla volta successiva.
Alcuni, tuttavia, riempiti gli zaini e prese le giacche, scesero i
gradini dell’aula come furie, per porgli altri quesiti, infervorati dalla
materia che volevano approfondire ‘Signori…è stato un piacere, come sempre…ma
ho un appuntamento’.
Arrossendo fino alla punta delle orecchie, aveva visto Brooke mettersi
in piedi per raggiungerlo vicino alla cattedra. Le tese la mano che lei
agguantò, avvicinandosi e poggiandogli la destra sul petto ‘Lezione
interessante, professor Banner, sei bravissimo’ orgogliosa, sentì una carezza
sui fianchi e, di nuovo, la voce di Bruce ‘Vi presento Brooke, la mia
fidanzata’.
Passato un attimo di lieve disagio, un ragazzo sui vent’anni, alto,
rosso di capelli, sparò una battuta che fece ridere gli astanti, abbassando il
livello di imbarazzo ‘Hai capito il professore! La solita fortuna! Mi prenoto,
casomai avesse un’amica altrettanto carina da farmi conoscere’.
‘Puoi dirlo forte, Jack’ l’uomo, che conosceva i nomi di tutti i suoi
allievi, rispose per le rime, sulla linea della simpatia ‘per l’uscita a
quattro, evitiamo’.
'Mai una gioia!' il giovane alzò gli occhi al cielo, salutando e
uscendo dall’aula, insieme al piccolo gruppo di colleghi, lasciandoli soli.
‘Manca qualcosa…’ lei lo sollecitò, sbattendo le ciglia, e Banner si
chinò, per rincorrere le sue labbra con le proprie.
‘Sei soddisfatta?’ le domandò, ammiccante.
‘No, non basta…’ fece un passo indietro, aprì le mani, rivolgendo i
palmi verso l’alto e produsse un cuore rosa che si depositò sul torace di
Bruce, all’altezza del suo muscolo cardiaco, sopra la camicia viola chiaro.
'Mi fai impazzire con i tuoi cuoricini...più con queste!' si ritrovò a
succhiarle di nuovo le labbra, a tenerle nelle proprie, avvinto dal desiderio
di impossessarsi anche della sua anima, stringendola in un abbraccio
travolgente, catturato in lei, con l'intero corpo.
'Grazie per la sorpresa, non me lo aspettavo...' le palesò, col fiato
corto.
'Te lo avevo promesso e mi mancavi; non mi andava di scolpire,
oggi...il mio ultimo lavoro mi ha dato talmente tanta soddisfazione da avere
difficoltà a trovare un altro soggetto valido da riprodurre' si riferì alla
testa di Bruce-Hulk, che aveva il posto d'onore nel soggiorno della loro casa.
'Ti posso invitare a pranzo? Con gli hot dog del Campus ti leccherai i
baffi e farò un figurone!' propose.
'Diamine...sono venuta appositamente!' commentò, entusiasta davanti ai
mega panini che offriva il chiosco limitrofo alla Biblioteca. Parevano persino
più gustosi di quelli venduti sotto l’Empire State Building.
Si erano accomodati, a terra, sul curato prato all’inglese
dell'Università, all'ombra di un grande cipresso dalla folta chioma.
Banner si era seduto con la schiena appoggiata al tronco e la Brown
fra le sue gambe, con la testa sulla sua spalla.
'Mangia piano' all'ennesimo boccone enorme, Bruce le strappò l'hot dog
di mano 'sei peggio di Bucky...'.
'Prepotente! Mai...ridammelo' lei si difese e tentò di riprenderlo,
sotto minaccia ‘Ti lancio un colpo d’incanto’.
‘Per carità' il professore lasciò il maltolto e la bruna lo afferrò,
per rimetterlo in bocca, aprendo le labbra come le fauci di una fiera.
'Sei meno carina del solito...' la rimproverò, dandole un bacino sul
collo, giocoso.
Al tocco della pelle di Bruce, lei ebbe un tuffo al cuore. Oscillò in
avanti, con un brivido gelato lungo la schiena e i peli dritti sull'epidermide,
emettendo un lamento.
Il braccio del professore la cinse, con forza 'Visione brutta?'.
Non rispose, incerta se rivelarne il contenuto, il respiro affannato
come mai.
'Dimmelo, per piacere, non farmi preoccupare' poggiando il proprio
panino a terra sul tovagliolo, le girò il viso verso di sé e insistette.
Brooke aveva gli occhi lucidi di una felicità assoluta 'Non
spaventarti...ho visto solo un frammento di immagine, nessun viso. Ma…eravamo
noi due, ne sono certa, io ero con questo stesso vestito indosso, e le nostre
mani avevano le falangi intrecciate, come facciamo sempre...erano appoggiate
sul mio pancione...ero incinta e noi sposati, perché, agli anulari, avevamo due
fedi di oro giallo' lo disse, con tenerezza infinita, curiosa della sua
reazione, che non tardò ad arrivare.
Bruce la guardò, scoppiando in lacrime come un bambino, un’esplosione
di gioia in petto 'Mi fai scoppiare pure il cuore, Little Witch! Non vedo
l'ora...ti amo' scoppiò, invece, nel suo abbraccio, con il volto nascosto fra i
suoi capelli, assaporando la sua donna, nelle narici il profumo di sandalo e
vaniglia.
'Ti amo, professore...mi porti a casa? Vorrei che la premonizione si
realizzasse prima possibile...rinuncio addirittura all'hot dog!' si alzò in
piedi, invitandolo a seguirla, repentinamente.
***
Le loro labbra erano legate, i loro corpi erano legati…soprattutto le
loro anime erano legate.
Rimasero legati l’intero pomeriggio, fino a serata inoltrata, sul
talamo della camera padronale.
Vezzeggiandosi fra le lenzuola, come una micetta, Brooke lo interloquì
‘Sei stato bravo…ottime performance, data la tua età!’.
Subito le arrivò un pizzicotto su una natica ‘Se non la smetti di
offendermi, non mi concederò mai più, per le tue maratone di concepimento…’.
‘Troverò un altro, allora e senza capelli bianchi’ la mano destra
corse fra i riccioli sale e pepe, scompigliati ‘sembri un porcospino’.
‘Sei mia, Little Witch’ la bocca di Bruce, amorevole, volò a lambirle
l’incavo fra i morbidi globi su cui spiccavano i boccioli rosati.
‘Sì, amore, e tu sei mio…ci saranno problemi, per la trasmissione
della distrofia muscolare di cui soffrivo oppure dei nostri, ehm, poteri al
bambino?’ chiese, passandogli la punta delle unghie sul petto.
Banner rifletté, prima di sbilanciarsi ‘Più probabile per la
distrofia, ma in tal caso, esiste il farmaco che ha scoperto tuo padre; non
sono sicuro, ma credo di no, per le nostre' rise 'abilità…faremo ogni
accertamento possibile, come qualsiasi altra coppia, comunque, quando sarà il
momento, per stare più tranquilli...’.
‘Mi pare un’ottima idea. Bruce, ascoltami bene. La visione è stata
molto intensa emotivamente, credimi, la più toccante che abbia avuto. Finora le
premonizioni si sono avverate, nessuna esclusa, per cui…non diciamo nulla ai
miei genitori e ai nostri amici, prima di avere la certezza che sia rimasta
incinta e che il bambino stia bene’ lo pregò.
‘Certo, con me sfondi una porta aperta, sai quanto sia riservato…’ le
sfiorò il contorno del viso col dorso della mano ‘Sei angosciata, per qualcosa
in particolare?’.
‘E’ che’ prese un respiro ‘ho sempre creduto che avrei vissuto
segregata per via delle mie peculiarità…invece, quando ci siamo conosciuti, è
iniziata la nostra favola e…la sera che mi hai fatto danzare, sotto la Metro,
ho pensato che era il tempo perfetto perché avevo incontrato te ed eravamo in
due…Fra poco saremo in tre e mi sembra impossibile, troppo bello per essere
vero…’.
‘Però lo è…’ sussurrò Bruce ‘e tu sei bella, forte, coraggiosa…sei
Little Witch, la mia piccola strega…’.
‘Grazie, mostro verde…’ alzò la testa, per posargli un bacino sulla
punta del naso.
‘Ho un regalo per te!’ Banner si girò, aprendo il cassetto del
comodino, da cui trasse un pacchettino.
Brooke, curiosa, messasi a sedere, strappò la carta a pois
dell’involucro, con un’esclamazione di sorpresa.
‘E’ per la porta d’ingresso di casa nostra. Ti piace?’ aveva fatto
realizzare un’insegna composta da due lettere b, le iniziali dei loro nomi, in
legno dipinto, una di verde e l’altra di rosa, unite da un minuscolo cuoricino,
anch’esso della sfumatura dei colpi d’incanto lanciati dalla ragazza.
‘E’ un pensiero dolcissimo…’ lo ringraziò ancora, stavolta con lo
schiocco di un bacio sulla labbra ‘in effetti, i nostri nomi e cognomi iniziano
con la b…forse non è un caso…vediamo come ci sta?’ senza nemmeno aspettare la
risposta, stupendolo, si catapultò, completamente nuda, ad agganciare il regalo
sull’uscio, fregandosene di poter essere vista da chicchessia.
‘Brooke…aspetta…’ il professore si precipitò, seguendola. Voleva
fermarla, ma era stata tanto spontanea che soprassedette, godendo dello
spettacolo del suo corpo spogliato nel ballatoio del pianerottolo.
‘Allora? Che ne dici?’ la Brown fissava la decorazione sulla porta.
‘Proprio niente male’ Bruce, pure lui nudo come un verme, poggiato
allo stipite, con la schiena, la rimirava, con sguardo languido e gli ormoni
nuovamente in subbuglio ‘non ho mai visto nulla di più sexy in vita mia…’ la
apostrofò, udendo il ronzio che preannunciava l’arrivo dell’ascensore ‘e non
voglio che lo veda nessun altro’ in fretta, si abbassò sulle ginocchia e la
prese in braccio, chiudendosi l’uscio alle spalle e depositandola direttamente
sul letto, con una battuta, intanto che la bruna, ridendo a crepapelle, gli
tappava la bocca con un bacio ‘mi farai venire il colpo della strega…sono
troppo vecchio per certe cose’.
***
'Insomma, ancora niente...' Bruce accarezzò il pancino liscio di
Brooke da sopra la stoffa verde dell'abito corto a mezze maniche col colletto
di pizzo bianco che indossava, nel corso dell’abituale passeggiata domenicale
al mercatino organizzato nel loro quartiere. Camminavano fra le bancarelle di
frutta e verdura a chilometri zero, di spezie, miele, formaggi; c'era anche
qualche espositore di libri e oggetti vintage.
'Test di gravidanza, negativo...fretta, professore? Ti manca il
terreno sotto i piedi?' lo prese in giro; erano passati quattro mesi dalla sua
prima visione del futuro radioso che li attendeva e speravano di realizzare al
più presto il loro sogno comune.
'Detesto aspettare...un succo di frutta biologico?' indicò un banco,
dove facevano eccellenti spremute 'le vitamine fanno sempre bene'.
'Volentieri...' avvicinandosi per sceglierlo, notò, con la coda
dell'occhio, il proprietario di un cane di taglia medio grande, un labrador
retrivier, che, a una decina di metri da lei, faticava a tenere a bada
l'animale e tentava di bloccare la spinta che quello voleva darsi, per
liberarsi del guinzaglio.
L'uomo, di mezza età e di corporatura normale, all'ennesimo strattone,
mollò la presa sul laccio, emettendo un grido e richiamando la bestia a sé,
senza alcun effetto.
Banner intercettò l'interesse del labrador; puntava, con chiarezza, un
bambino biondo di circa quattro anni che passeggiava mano nella mano con la
mamma, mangiando zucchero filato da un bastoncino di legno 'Cristo santo'
bisbigliò, valutando sia l'opportunità di trasformarsi in Hulk - circostanza
per cui gli sarebbe occorso un tempo troppo lungo per difendere il ragazzino -
sia di fargli da scudo col proprio corpo, andando incontro, di certo,
all'aggressività del cane, la cui bava già colava dai denti aguzzi che stava
mostrando.
Nella frazione di secondo in cui si spostò verso il piccolo, fra le
urla degli avventori del mercato e della madre del bimbo - che aveva avuto la
stessa idea del professore e lo aveva immediatamente preso in braccio,
voltandosi di schiena e muovendosi per sfuggire alla certa aggressione - udì la
voce della Brown 'Ci penso io, resta dove sei'.
Ammonendolo, mosse le mani davanti a sé, ed un colpo d'incanto rosa,
una sfera di piccola ma di potente portata, scaraventò il labrador al lato
opposto. Il guaito spaventoso risuonò nello spazio aperto, sotto gli sguardi
incuriositi e rasserenati dei presenti.
'Brava, ottimo lavoro...' Bruce si complimentò, considerando che la
situazione fosse sotto controllo e pure l'opportunità di allontanarsi alla
svelta, per evitare domande imbarazzanti.
Non poterono svicolare; la madre del piccolo, una giovane in tuta da
ginnastica, messolo a terra, abbracciò Brooke, ringraziandola, quasi con le
lacrime agli occhi.
Fra il capannello di persone limitrofe, si fece strada il proprietario
del cane, che, constatato che l’animale avesse solo perso conoscenza, si era
adoperato per scusarsi con la mamma del biondino ‘E’ la prima volta che accade
una cosa del genere; il mio labrador è sempre stato di indole pacifica, ama i
bambini. Ha avuto una reazione inconsulta, inspiegabile…’. Si era giustificato
in mille modi, mortificato.
Banner si distrasse dalla conversazione, osservando uno stormo di una
decina di rondini che si sfracellava contro il vetro anteriore di un furgone
rosso, parcheggiato accanto al marciapiede dove si trovavano. Il tonfo e gli
schizzi di sangue provocarono altre grida e allarme negli astanti.
Il professore fece due più due e si allarmò ‘Dobbiamo andare,
buongiorno’. Prese la bruna per la mano, correndo verso la carreggiata della
strada, per chiamare un taxi, che si accostò venti secondi dopo. Diede
all’autista l’indirizzo del Quartier Generale, con un profondo sospiro.
‘Che succede? Sei pallido…’ lei non lo aveva mai visto in quello stato
e si preoccupò, moltissimo.
‘Ascoltami…l’atteggiamento aggressivo ed anomalo del cane e il volo
suicida degli uccellini…credo che il problema sia nel campo elettromagnetico
intorno alla Terra…’ spiegò, impaurito, prendendo il cellulare dalla tasca
della giacca, avvisando Stark che si stava recando alla base e di farsi trovare
lì.
La Brown, in pena, toccò il ciondolo a forma di pentacolo che portava
al collo, con un gesto che si augurò scaramantico.
‘Ciao…’ Tony li aspettava all’ingresso del New Avengers Facility, più
esangue del fratello scienziato. Appena pagato il conducente dell’auto gialla, che
sfrecciò via come un razzo dalla strana struttura, iniziò a parlare, agitato
‘E’ come dici, avevi ragione, ed è un disastro’.
‘Un disastro cosa? Non teneteci sulle spine’ intervenne il Capitano,
che aveva attraversato la città con la Harley insieme a Barnes, a tutto gas, e
era in piedi nella sala in cui si svolgevano le loro riunioni informali, una
grande stanza dalle pareti in cristallo antiproiettile, al centro un tavolo
ovale di legno chiaro e poltrone di pelle scura, che confinava con il laboratorio
scientifico.
‘Siamo al completo’ Natasha li salutò, entrando per ultima e indicando
Thor, che atterrava col martello nel cortile antistante.
‘Raccontagli ciò che hai notato’ Stark esortò Bruce, che aveva preso
posto accanto a Little Witch.
‘Il magnetismo terrestre è un fenomeno fisico naturale presente da
sempre sulla Terra, che ha due poli magnetici, non coincidenti con quelli
geografici; l’inversione dei campi magnetici è anch’essa un evento ordinario,
di cui l’uomo nemmeno si accorge’ Banner chiarì ‘tuttavia, se l’inversione è
repentina e radicale, provoca degli effetti, dà dei segni premonitori, e, di
solito, sono comportamenti eccezionali di alcune specie animali’.
Brooke lo aiutò ‘Oggi, mentre passeggiavamo al mercatino vicino casa,
un cane mansueto ha tentato di aggredire un bambino, e, cinque minuti dopo, uno
stormo di rondini si è suicidato contro il parabrezza di un camioncino
parcheggiato a fianco a noi…’.
'Per orientarsi durante il volo, gli uccelli utilizzano una sorta
di bussola biologica all'interno degli occhi, che permette loro di
percepire il campo magnetico terrestre. Bruce ha avuto una valida intuizione;
ho contattato, immediatamente, l’Istituto Nazionale di Geofisica, che monitora
i movimenti tellurici e quanto accade nel nucleo terrestre e’ Tony si mise una
mano sulla fronte ‘due ore fa c’è stata una modifica importante all’interno
della discontinuità di Gutenberg, un terremoto di potenza mai registrata’.
‘Come? E’ impossibile!’ Banner si alzò dalla seggiola, reggendosi con
le mani al bordo del tavolo, le nocche diventate bianche dall’agitazione con
cui vi si aggrappava.
La bruna lo prese per un braccio, obbligandolo a ritrovare la calma e
a rimettersi seduto.
‘Noi siamo profani…’ si lamentò Bucky, cercando di comprendere.
Stark illustrò ‘Scusa: dentro il globo terrestre, esistono zone dove
si osservano alcune modificazioni brusche della velocità di propagazione delle
onde sismiche. Non parliamo di un terremoto che tocca la crosta terrestre e che
fa crollare gli edifici, ma di una movimentazione a migliaia di chilometri di
profondità. Le zone chiamate discontinuità delimitano i differenti
grandi involucri della Terra.
Quella di Gutenberg è situata a circa tremila chilometri sotto la
crosta medesima, e segna il limite fra il mantello inferiore e il nucleo
esterno…’.
‘E quindi, qual è la conseguenza dell’anomalia, animali a parte?’
domandò la Romanoff.
‘Le onde sismiche stanno facendo raffreddare il nucleo terrestre…Nat,
il campo magnetico, generato dalla rotazione della Terra le fa da scudo ed è
attivo proprio grazie al nucleo, proteggendola soprattutto dalle tempeste
solari e dai brillamenti, i flares; se ve ne fossero di notevoli, col
rallentamento, e senza il campo a fare da barriera, in pochi minuti, il pianeta
verrebbe…arrostito, carbonizzato…non avremmo scampo’ Bruce lo disse, con
amarezza.
‘Cosa possiamo fare?’ chiese Rogers, attonito ‘Accediamo a incredibili
tecnologie, una soluzione ci sarà’.
‘Dovremmo pensare a rimettere in moto il nucleo ma la potenza
richiesta, a mia memoria, non esiste…’ mormorò Tony.
‘E monitorare le movimentazioni solari’ aggiunse Bruce ‘giorno e
notte, anche se potrebbe non servire…la frequenza dei brillamenti varia da
molti in una sola giornata, quando il Sole è particolarmente attivo, a circa
uno alla settimana, quando invece è quieto, come si dice in gergo. Ci vogliono
ore o persino giorni per innescarsi, ma l'eruzione solare vera e propria
impiega pochi minuti per rilasciare la sua energia…e come per i terremoti o per
le eruzioni vulcaniche, è impossibile poterli prevedere’.
‘Caspita…staremo all’erta, pronti a entrare in azione…’ Thor aveva il
volto scuro, era evidente che non ci fossero risoluzioni immediate.
‘E’ un problema che coinvolgerà gli scienziati dell’intero pianeta,
speriamo che ne venga fuori qualcosa…anzi, mi hanno invitato ad un simposio per
discutere delle questione a Vancouver, in Canada. Professore, ci vogliono
entrambi; è per domani, fai le valigie’ Stark informò il collega, vedendolo
scuotere la testa.
‘Vai tu e ragguagliami; mi farai leggere i tuoi appunti, preferisco
soprassedere’ Banner fu deciso; non avrebbe lasciato New York e Brooke, per
alcun motivo al mondo. Le scoccò un’occhiata che valse, ai presenti, più di
mille parole e Tony non insistette.
‘Teniamoci in contatto, per qualsiasi evenienza’ li ammonì il
Capitano, salutandoli.
‘Bruce…forse era meglio avessi acconsentito alla richiesta di Stark di
accompagnarlo’ la bruna, rimasta in religioso silenzio per l’intero tragitto in
taxi dal Quartier Generale a Washington Heights, rientrata in casa, non si
trattenne ‘ho capito che l’hai fatto per me…andrò a dormire dai miei genitori,
così starai tranquillo…’. Separarsi da lui era l’ultima cosa che voleva, ma la
situazione era grave e il suo ragazzo…un genio e un Avenger!
Si ritrovò sospinta dalle sue mani sui fianchi, verso il divano più
grande del soggiorno, sulla chaise longue; la fece stendere e le si piazzò
sopra ‘Piccola strega…nessuno mi ruberà un minuto da trascorrere con te…’ soprattutto
ora, che la sopravvivenza del nostro pianeta è legata ad un filo, rifletté.
‘E’ per la visione?’ lo interpellò.
‘In parte, forse. E’ per noi, per la promessa che ti feci, quando ti
dissi che non eri sola…’ ammise, fissandola negli occhi cerulei, che gli avevano
letteralmente rubato l’anima, auspicando che evitasse di persuaderlo a partire.
Lei fece l’esatto contrario; si liberò delle ballerine ai piedi e gli
circondò le spalle con le braccia, percependo, compiaciuta, tra la stoffa
dell’abito verde e i jeans, il suo desiderio che era anche il proprio ‘Non lo
sono più, professore e nemmeno tu’. Con un bacio da mozzare il fiato, iniziò il
loro nuovo svago d’amore.
***
C’era qualcosa di insano a voler conoscere il proprio futuro? Sapere
in anticipo cosa le sarebbe accaduto era un male, perché le avrebbe tolto la
sorpresa? Perché avrebbe potuto modificare gli eventi a proprio piacimento?
Brooke si era scervellata sull’argomento ed era giunta alla conclusione che non
esistesse la risposta giusta.
Quel pomeriggio, sola in casa, si era consolata, pensando che avrebbe
potuto dare una sbirciatina, giusto per avere qualche ulteriore dettaglio
rispetto alla visione del suo pancione, che, toccando Bruce, si era ripetuta
altre tre volte, identica e speculare alla prima.
In fondo, aveva gli strumenti adatti; Loki glieli aveva lasciati,
insieme al Tesseract, e li custodiva, più che gelosamente, nella cabina armadio
della camera da letto padronale, accanto ai propri vestiti.
Così si era decisa; aveva tirato le tende, per rendere il soggiorno
più buio possibile e aveva portato, sul tavolinetto da fumo, la bottiglietta di
olio di oppio, una candela sola - giacché che non c’erano altri a formare la
catena di energia - e i bastoncini di incenso, oltre a due piattini, gli stessi
usati la sera in cui era presente l’asgardiano.
Bruciò i legnetti, in uno dei due piatti, con un accendino recuperato
in cucina, e mise alcune gocce di olio sulle mani, per poter ungere per bene la
candela scura, di cui fece ardere lo stoppino, stillando un po’ di cera liquida
nel secondo piattino a far tenere saldo il cero.
Fissò la fiammella, quasi ipnotizzata dalla luce che emanava. Le parve
non accadesse nulla di particolare e si scoraggiò, continuando, tuttavia, a
concentrarsi sul bagliore stesso.
Avvertì uno strano spostamento di aria alle spalle, un risucchio. Una
sensazione di freddo la colse fin dentro le ossa; la brezza funesta si
interruppe e la fiamma della candela si ingrandì di dimensioni, creando un
cerchio opaco, in cui apparve una sfera rosa e successivamente una verde…un
globo enorme e poi un altro, che scomparvero alla velocità con cui si erano
manifestati.
La Brown ne fu rassicurata, potevano essere solo suoi colpi d’incanto,
e non ci badò; fu delusa, per il resto. Cercava un indizio per un problema
personale e diverso…lo ebbe…la conferma delle sue precedenti visioni…davanti a
sé, improvvisa, l’immagine di una pancia gravida, con due mani strette fra
loro, la sua e di Bruce, con fedi nuziali di metallo dorato agli anulari, lei
vestita con l’abito nero con la decorazione bianca sul petto che piaceva al suo
compagno e che era anche il suo prediletto. Erano loro due, certamente,
ancorché non poté vedere i volti delle due figure. La proiezione svanì, con la
medesima velocità con cui le si era presentata.
Dubbi sul futuro non ne aveva più…svanirono anch’essi.
Il moro principe asgardiano lo aveva ribadito più volte; l’incertezza
era sul quando, non sul se. Era una mera questione di pazienza, capitata in un
periodo della sua esistenza in cui scalpitava, in cui voleva bruciare le tappe.
Spense la candela e i bastoncini, riponendo gli oggetti che aveva
utilizzato, preparandosi per l’invito misterioso che aveva ricevuto da Banner
per il tardo pomeriggio.
In un elegantissimo paio di pantaloni palazzo rosa antico, una maglia
di seta nera, con le maniche corte ed il colletto alla coreana, delle open toe
di pelle nera, con un tacco dieci, pochette abbinata, orecchini e collana di
perle, Brooke scese nell’androne del palazzo, all’ora prestabilita.
Bruce, completo scuro senza cravatta e camicia bianca - che aveva
portato con sé dal mattino e indossato nella propria stanza all’Università -
era già lì ad attenderla, in mano un corsage da polso per lei, molto romantico,
con un nastrino bianco e delle rose intrecciate nella parte superiore, a vista,
della specie ‘Antico amore’.
Rimase a bocca aperta, davanti alla bellezza della dea che gli veniva
incontro. Gli mancavano le parole, aveva la gola secca; si sforzò, non volendo
lasciare solo al suo sguardo eloquente l’emozione che gli salì dallo stomaco
alla gola ‘Sei un incanto…amore mio…’.
Si mosse verso di lei, aprendo le braccia, nelle quali la Brown volo,
letteralmente, stringendolo a sé.
‘Sei splendido anche tu…meno mostro verde’ rise, leggera, per
stemperare il suo turbamento interiore, interessandosi al corsage.
‘E’ meraviglioso…’ stese il polso destro, per farselo agganciare.
‘Ho pensato che ti fossi persa il ballo del liceo, per colpa della
reclusione forzata nella torre d’avorio dei tuoi genitori ed ho voluto
recuperare!’ le avrebbe dato il mondo, qualsiasi cosa…
‘Non era il momento giusto, evidentemente; lo è con te, amore, adesso’
lo baciò, sul marciapiede, senza remora alcuna…esistevano loro due…e basta!
‘Dove mi porti?’.
‘E’ una sorpresa; andremo in Metropolitana, è più semplice’ la
condusse sotto la fermata, per arrivare col treno a quella dell’Upper West
Side.
‘La meta è il Museo di Storia Naturale? Ci sono stata con mio padre’.
‘Non esattamente. La struttura annessa, il Planetario’ Banner indicò
un futuristico cubo di vetro di enormi dimensioni, che conteneva un globo
gigantesco, illuminato di azzurro intenso, sospeso nella struttura.
‘All’interno della sfera che vedi si trova l’Hayden Planetarium, dove,
a rotazione, vengono proiettati filmati sulla volta celeste e altri
mondi…volevo starmene con te a guardarli con il naso all’insù’ le confidò.
Attesi pochi minuti per l’acquisto del biglietto, erano stati accolti
all'interno dell'anfiteatro del Planetario, e si erano accomodati in due
poltroncine, disposte nelle file a cerchio, a testa alta, per ammirare intorno,
a trecentosessanta gradi, l’illustrazione in tre d della nascita della Terra.
‘E’ uno spettacolo…’ la ragazza gli aveva poggiato la testa sulla
spalla, contemplando, a seguire, un cielo stellato che aveva iniziato a
brillare, sopra i loro capi, e il viaggio aveva avuto inizio… un viaggio
fantastico!
Una voce narrante aveva spiegato loro l’origine dell’Universo.
‘Riesci a immaginare come la materia oscura influenzi la tua vita?’ il
professore, assorto, aveva domandato.
La bruna non aveva risposto…ragionava su quanto la sua esistenza fosse
radicalmente cambiata, da quando era insieme al suo dolce compagno; gli si
strinse di più e lui ne intuì i pensieri, facendo altrettanto.
Godettero di un’infinità di proiezioni, che li resero edotti sui moti
dei pianeti, sul Sistema solare e le galassie più vicine e, infine, sulle
Costellazioni.
‘Questa parte è bellissima, mi intriga’ con un programma ad hoc, che
simulava come riconoscere proprio le Costellazioni, impararono ad individuare i
raggruppamenti di stelle conosciute col nome di Andromeda, Cassiopea, Cigno e
così via.
‘E’ vero, sono immagini meravigliose, sembra di essere al cinema, pure
meglio’ nel buio dell’anfiteatro, con gli astri che brillavano, l’atmosfera si
era fatta quasi poetica, e dover lasciare la sala, al termine dei filmati, fu una
piccola delusione.
‘Sarei rimasta per ore…giurami che torneremo’ chiese a Bruce,
entusiasmata.
‘Ogni volta che vorrai!’ le promise, trascinandola nel percorso a
spirale attorno alla sfera, che ripercorreva la storia dell’Universo,
attraverso modelli in scala di galassie, stelle, pianeti e altri corpi celesti,
per completare la visita.
‘Sei un secchione, Banner…ci butteranno fuori, fra cinque
minuti…stanno per chiudere e il custode ha già alzato gli occhi al cielo’ lo
prese in giro, mentre lui leggeva le indicazioni scritte in piccolo sui
modellini, tenendosi gli occhiali da presbite sul naso.
‘Hai ragione e poi la nostra serata continua; ho una fame da lupo…’ la
sollecitò verso l’uscita e riuscì a stupirla, nuovamente. Aveva scelto il
ristorante più romantico dell’intera New York City, dove arrivarono in taxi in
pochi minuti.
‘Sei ammattito? Peggio di Tony’ commentò, salendo nell’ascensore del
‘Rainbow room’, lo storico locale al sessantacinquesimo piano del Comcast
Building al Rockefeller Center.
‘E’ il primo ristorante ad essere stato ubicato all’interno di un
grattacielo e il secondo più alto della città. Poiché ti era piaciuto l’Empire,
non mi sono voluto esimere’ chiarì, entrando nella sala principale - arricchita
da lampadari di cristallo, luci soffuse rose e complementi d’arredo di gran
pregio - per essere accompagnato al tavolo prenotato sulla terrazza, che
affacciava sulla parte sud di Manhattan, in stile più semplice e minimale, ma
ugualmente elegante.
Nella cornice dell’incanto notturno newyorkese, Brooke sedette; lo
skyline era mozzafiato e davanti agli occhi aveva proprio l’Empire State
Building…capì non fosse casuale e che Bruce avesse riservato esattamente quel
posto per lei…ed anche che avesse riservato l’intera terrazza, giacché erano
completamente soli!
Unì le falangi della mano destra alla sua, intanto che il cameriere si
avvicinava per le ordinazioni, versando l’acqua minerale nei loro bicchieri
‘Scegli tu per me’.
‘E’ facile, tesoro’ deciso, si rivolse all’addetto, ripiegando il menù
e poggiandolo sul tavolo ‘una porzione di pollo al parmigiano ed una pizza
bianca coi funghi’; suscitando una risatina ed un sorriso splendente alla
Brown, Banner continuò ‘e una bottiglia di champagne rosé Brut Veuve Glicot’.
Non appena il cameriere si allontanò, la ragazza commentò ‘Proposta
enogastronomica eccellente…sei impazzito? La terrazza solo per noi? Ti sarà
costato un patrimonio, sei più megalomane di Tony…è fantastico!’.
‘Nulla di meno, per la mia piccola strega!’ ribatté l’uomo, al settimo
cielo.
‘Ci sono novità per il campo magnetico?’ si informò, vedendolo fare
una smorfia di disappunto; lo domandava tutte le sere e non fece eccezione
‘Anche se siamo insieme nel locale più modaiolo e raffinato del mondo, e
credimi lo apprezzo immensamente, non posso scordare il resto…’.
Il professore bevve un sorso d’acqua ‘No…purtroppo…aspettavamo notizie
confortanti dagli studiosi che Stark ha incontrato a Toronto, il mese scorso.
Non ne hanno’.
‘Quindi il nostro pianeta potrebbe essere spazzato via da un
brillamento solare da un momento all’altro?’.
‘Sì, è così, ne abbiamo parlato tante volte’.
‘Non so…’ era titubante; si mise il pollice sulle labbra,
giocherellando con l’unghia fra i denti.
‘Per piacere…non voglio segreti fra noi’ la invitò ad aprirsi,
afferrando che avesse qualcosa da confidargli.
‘Non arrabbiarti. Oggi pomeriggio ho ripetuto l’incantesimo che mi ha
insegnato Loki. Desideravo capire qualcosa in più sulle premonizioni della mia
futura gravidanza’ mormorò, con il viso rivolto al sottopiatto d’argento.
‘Brooke…Little Witch…sei libera di fare ciò che credi, non devi mica
chiedermi il permesso. Sono il tuo fidanzato, non tuo padre’ si rammaricò.
‘Noi condividiamo ogni cosa, avrei dovuto avvisarti della mia
intenzione…comunque, ho visto la stessa immagine delle volte precedenti…’
ridacchiò ‘per cui, dato che, per la gestazione di un essere umano servono nove
mesi e ancora non sono incinta…’.
‘E le tue premonizioni si sono sempre realizzate…dovrai sopportarmi
per i prossimi dieci mesi almeno, giusto?’ era evidente che un po’ di tempo lo
avevano ‘e che forse non tutto è perduto…’ commentò Bruce, osservando le
squisite pietanze che il cameriere posizionava sul tavolo, mescendo al contempo
lo champagne nei loro calici.
‘Esatto’ la Brown gli fece l’occhiolino ed alzò il bicchiere, nel
gesto di un brindisi ‘festeggiamo? Fino all’alba di domani mattina?’ propose,
ammiccando, maliziosa, facendo tintinnare il vetro del flûte con quello di
Banner, con i piedini, incorniciati dalle open toe che gli carezzavano le
gambe, attraverso il fresco lana dell’abito elegante.
Il professore prese fiato; uno struggimento di sensi lo aveva colpito
in pieno, insieme a un formicolio che saliva dal punto in cui percepiva il
sandalo di Brooke fino all’inguine e dintorni, per risalire alla base del
cranio.
Lei si accorse dell’effetto che stava avendo sul compagno, dall’espressione
frastornata e dalla dilatazione delle pupille scure, diventate piccole come
spilli. Con la mano, sotto il tavolo, lo carezzò sulla coscia per lambirlo sul
torace, all’altezza della fila dei bottoni della camicia bianca, aperti,
sfiorando con il dorso delle dita la pelle sotto il collo, strappandogli un
gemito ‘Dovremmo cenare…’.
‘Scusa, non mi contengo a fianco a te e facevo pensieri impuri’ prese
la mano fra le sue e la portò alle labbra per baciarla.
‘Vergognati’ la bruna lo ammonì, simpatica e afferrò un pezzetto di
pollo con la forchetta, mugolando, per la bontà del boccone.
Bruce la seguì, attaccando la pizza, senza usare le posate,
direttamente con le mani. Un triangolo finì in pochi secondi, come il resto del
pasto, tra chiacchiere, risate e provocazioni, fino al momento di andare.
‘Lo champagne made in Stark…lo abbiamo scolato’ commentò Brooke, che
aveva consigliato di farsi chiamare un taxi dalla reception del ristorante.
Erano piuttosto allegri e vogliosi di tornare a casa.
Trascorsi dieci minuti, dell’auto gialla non si vedeva l’ombra,
cosicché lei, scocciata dell’attesa, lo trascinò fuori, muovendosi verso una
stradina laterale, piuttosto isolata.
‘Che succede?’.
‘Non ho la scopa, ma mi difendo’ in un lampo, lo avvolse a sé con le
braccia attorno alla vita e si librò con lui nell’aria, ridendo come una
bambina.
‘Sei impazzita? E’ pericoloso, potremmo precipitare e potrebbero
vederci…’ Banner tentò di dissuaderla, abbassando lo sguardo sull’asfalto che
si allontanava sempre più.
‘No, so levitare con…destrezza. Dammi fiducia, sarà splendido’ lo
contraddì.
La sensazione di volare era meravigliosa, farlo con lei, in quel modo,
entusiasmante. Si vergognò di volerle tarpare le ali, in senso letterale, e
abdicò, cingendola con forza ‘Sei la mia piccola strega, non mi aspettavo
niente di meno…e sia, portaci a casa!’.
Volteggiando, fin sopra il grattacielo che li aveva ospitati, la Brown
scelse il tragitto meno illuminato e meno ricco di possibili occhi indiscreti,
bypassando finestre accese e terrazze gremite.
La brezza della sera sferzava, leggera, i loro visi, che erano finiti
guancia a guancia, con i capelli lunghi di lei attorcigliati su entrambi.
‘Non mi sono mai sentito così bene…’ riconobbe l’uomo; la sensazione
di estrema libertà e il coinvolgimento emozionale con la donna straordinaria
con cui era congiunto lo aveva riempito di un benessere mai provato. Era la
felicità completa e assoluta dell’amore.
‘Hai organizzato una serata che ricorderò per sempre, e mi sembrava
carino contraccambiare con un regalo molto personale’ un bacino a fior di
labbra, gli spiegò come le fosse venuta quell’ispirazione.
'Indimenticabile…ti prego di andare piano, per favore, così il
tragitto durerà più a lungo' utilizzò la stessa frase che lei gli aveva detto in
auto, al ritorno dal Lavo Restaurant, mesi prima.
‘Tutto quello che vuoi, amore mio’ teneramente, acconsentì,
coinvolgendolo in una lenta traversata da sogno, durante la quale godettero di
un panorama unico e della reciproca vicinanza. Dato un ultimo sguardo al Ponte
di Brooklyn e all’affascinante città che li ospitava, atterrarono sul
terrazzino del loro appartamento, limitrofo alla camera da letto, la cui
finestra era rimasta accostata.
‘Lo avevi premeditato?’ le domandò il professore, dato che la tenevano
sempre chiusa, quando uscivano, per evitare problemi di furti.
‘L’ho scordata, forse inconsciamente…’ entrò nella stanza, liberandosi
delle scarpe e sganciando la collana di perle, davanti lo specchio sopra il
comò.
Bruce aveva riposto la giacca su una stampella, appendendola nella
cabina armadio, e si era seduto al centro sul letto, lo vedeva dalla superficie
riflettente. Aveva uno sguardo…sorprendente, insolito…non riuscì a leggergli
nella mente…era strano!
‘Vieni qui…’ con la mano, batté sul materasso, chiamandola a sé.
Lei si collocò alla sua destra, interdetta, il battito accelerato ‘Non
farmi preoccupare tu, stavolta’.
‘Vuoi sposarmi, piccola strega? Non posso lasciarmi sfuggire una donna
come te! La tua voglia di condividere e donarmi emozioni, mi ha contagiato...ti
voglio per sempre e pure oltre’ lo chiese, timidamente, molto spaventato di un
suo rifiuto.
Lo amava alla follia, come lui, d’altronde, ci avrebbe messo la mano
sul fuoco. E il figlio in arrivo, oggetto delle visioni, tanto cercato, era un
segno tangibile del loro legame…ma lui aveva sempre il doppio dei suoi anni ed
era…un mostro verde, il Giano bifronte della scultura in bella mostra in
soggiorno.
Brooke avvicinò il proprio viso a quello di Banner, rispondendo con un
gesto...con la mano accanto alla bocca, soffiò un bacino e, immediatamente,
comparve un cuoricino rosa che gli si depositò sulle labbra.
Dopo il colpo d’incanto, intrecciò carnalmente la bocca con la sua, in
una bacio vero di una durata infinita. Nessuno dei due avrebbe potuto dire
quanto fosse durato, se minuti, secondi, oppure ore.
Il tempo intorno a loro si era fermato, nuovamente; il piacere della
reciprocità del loro amore e della loro intimità, oltre alla consapevolezza di
essersi promessi l’una all’altro per la vita e oltre, aveva portato le loro
anime e i loro cuori fino a toccare le stelle del cielo, più splendenti di
quelle ammirate al Planetario.
***
N.d.a.
Continua l’idillio fra Little Witch e il suo amato professore, fra
dolci momenti, paure per il futuro e un’inevitabile proposta di matrimonio.
Ringrazio Sis, che mi ha tenuto la mano, aiutandomi per la parte
scientifica, che, grazie alla sua collaborazione, è realistica e plausibile.
Ciò che avete letto del brillamento solare e annessi è stato oggetto di
approfondimento serio e scientifico.
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Capitolo 9 *** Una stella sfolgorante ***
9 una stella sfolgorante
'Adoro fare colazione a letto, la domenica mattina' Banner imboccava
lentamente Brooke, con le uova strapazzate che aveva preparato per loro 'sai,
quando arrivava il weekend ero più triste del solito. Mi ritrovavo da solo, con
poco da fare e molto tempo per me. Senza Università e Avengers, a parte qualche
uscita con Tony, facevo il conto alla rovescia, in attesa del lunedì... adesso
è il contrario. Non vedo l'ora sia venerdì sera, perché il fine settimana posso
coccolarti...'.
'Anch’io l'aspetto con impazienza… Per me, invece, ogni giorno era
uguale all'altro. Stando sempre in casa, le ore non passavano mai, tranne
quando scolpivo e nonostante la compagnia dei miei genitori...' gli scompigliò
i capelli ricci 'a proposito...ci hanno invitato a pranzo, oggi...' si lamentò.
'Uhm...i manicaretti di tua madre hanno un pessimo effetto sul mio
girovita…sono irresistibili' prese fra le dita la ciccia dell'addome.
'Si chiamano maniglie dell'amore e sono mie! ‘con un bacio ardente al
sapore di uova e pancetta, la bruna pose fine alla discussione, aprendone
un'altra ben più piacevole, interrotta sul più bello dallo squillare del
cellulare del professore, che lui recuperò dal comodino, con una smorfia di
disappunto, trasformatasi subito in un'espressione lugubre...ascoltando
l'interlocutore, fece cenno a Brooke di prepararsi, indicando la cabina
armadio.
Lei comprese si trattasse di una chiamata dal Quartier Generale e,
senza pensarci troppo su, dalla rastrelliera, prese gli abiti acquistati a
Salem, quelli di Little Witch, indossandoli velocemente.
'Abbiamo un bel problema' Banner lo comunicò, con voce flebile,
funerea 'c'è una strana attività solare con dei piccoli brillamenti, però
massivi...molto numerosi...'.
Si era infilato al volo t-shirt, jeans e sneakers 'Prendo le chiavi
dell'auto e ti aspetto giù' la avvisò, dandole un buffetto.
Lei annuì, terminando di vestirsi, poi lo fermò 'No, ci porto io!'.
Avrebbero fatto prima, non esitò.
Inginocchiata per tirare su la zip degli stivaletti neri, notò la
borsa marrone di Loki...non seppe mai il perché ma, d'istinto, ne estrasse il
Tesseract e lo ripose nel proprio zainetto, per portarlo con sé, uscendo
velocemente per raggiungere il professore che l’attendeva già sul balconcino,
volando via abbracciata a lui, in direzione della base.
'Ci mancava la strega, dopo il principe' Tony era riuscito persino a
sparare una battuta, vedendoli planare sul prato antistante la base, quasi
nell'attimo in cui atterrò Thor col Mjollnr.
Gli Avengers erano tutti presenti e in grande spolvero, uniformi
indosso e armi alla mano. Lui stesso indossava i bracciali di sua invenzione
utili per richiamare i componenti di Iron Man, pure se non sarebbe servito. Si
trattava di sembrare pronti, non essendolo veramente.
Il Capitano fissava il cielo, dal vetro della finestra del
laboratorio, affranto 'Sconfitto Thanos, credevo avremmo potuto affrontare
qualsiasi avversario...e ora...'.
Il fedele amico di una vita gli pose la mano in vibranio sulla spalla
'Sempre melodrammatico...'.
'Ha ragione, invece, Barnes...purtroppo stavolta non dipende da noi.
Vi ho chiamato con urgenza poiché dall'Osservatorio Astronomico della Nasa mi
hanno avvertito di movimentazioni molto anomale attorno al Sole. Sono scie di
flare di piccole dimensioni...però...' Stark ebbe un’incertezza, che Banner
colmò.
'Si accompagnano a brillamenti notevoli...ne basterebbe uno
soltanto...e saremmo carbonizzati in pochi minuti, fra enormi sofferenze...'
terminò per il fratello scienziato.
'Quanto tempo ci vuole perché la luminescenza raggiunga la Terra?' lo
interpellò Natasha, nervosa.
'L'eruzione solare vera e propria impiega pochi minuti per rilasciare
la sua energia. Dalla stella madre alla crosta terrestre circa otto minuti,
massimo dieci...il satellite che abbiamo puntato sul Sole ci segnalerà il
momento in cui nasce...' Tony fu chiaro. Era pochissimo.
'Un piano?' Thor era perplesso, gli sembrava una situazione surreale.
Pensò, con tristezza, a suo fratello e sua cognata, e ai quattro nipoti che
aveva conosciuto superficialmente, rammaricato.
Brooke, le falangi unite a quelle di Bruce, in ugual modo, si chiese
se avrebbe mai rivisto i propri genitori, che l'aspettavano per pranzo.
'L'unica soluzione sarebbe rimettere in moto il nucleo interno della
Terra, sferzandolo con un'energia di portata immensa. Bisognerebbe spararla nel
nucleo rallentato, dentro il mantello terrestre, per innescare nuovamente i
moti connettivi. Il punto indicato dagli esperti è in prossimità della Fossa
delle Marianne, la più profonda depressione oceanica conosciuta al mondo. Lì
non c’è la crosta continentale da oltrepassare ma solo parte di quella
oceanica, che è spessa circa cinque chilometri; è formata da una roccia
basaltica, assai meno dura di quella continentale, che è granitica’ chiarì
Tony.
‘Il problema è che eventuali armi o missili o raggi in nostro possesso
non hanno la potenza che serve e causerebbero effetti collaterali
incommensurabili. Terremoti, tsunami e radiazioni distruggerebbero ugualmente
la vita sull'intero pianeta...' aggiunse Banner.
'Che razza di guaio' il conto alla rovescia con la morte, no. Vedova
Nera, turbata, poggiò la fronte al vetro, accanto a Rogers, scrutandolo,
malinconica. Lui mise a terra lo scudo e la strinse a sé, affettuoso.
'Non ho mai capito perché non vi siate messi insieme...Gesù, siete una
coppia perfetta e avete perso anni…' bofonchiò Stark.
'Per piacere, non è il momento...' il Capitano si lamentò, udendo un
suono allarmato provenire da uno dei terminali, davanti all'ironico e
logorroico collega che imprecò 'Cristo santo, nooo'.
'È un flare, un brillamento immane...è partito da qualche secondo'
Bruce, pallido come un fantasma, fissò Brooke...Perché? Perché così poco tempo
per loro? Stava per aprire bocca e non poté.
Lei, accanto, gli scompigliò i riccioli e lo baciò. Le labbra morbide
lo accolsero in un bacio passionale, dolce...unico...struggente 'Ti amo
immensamente, professore...'.
Con gli occhi colmi dell'amore che si poteva mettere in un unico
sguardo, si staccò da lui, fece due passi indietro, aprì lo zaino, tirò fuori
il Cubo cosmico, lo strinse con un braccio e, con la mano libera vicino la
bocca, gli mandò un ultimo bacino, generando un colpo d'incanto rosa a forma di
cuore, che gli si posò sul petto.
Il tempo di vederlo scomparire sulla sua maglietta che era scomparsa
pure la bruna, svanita con la Gemma dello Spazio.
'Nooooooo, Brookeeeeee' il grido disumano del professore risuonò
nell'aria.
Capirono in un attimo quale fosse la sua meta ed il sangue gli si gelò
nelle vene.
'È una strega potente...' il biondo, incredulo, ripeté le parole di
Loki, comprendendo, parimenti, perché suo fratello avesse lasciato il Tesseract
a Little Witch, senza colpoferire, e perché non gli avesse risposto al telefono
in nessuna circostanza, dai giorni della sua visita a New York…conosceva il
destino di Little Witch…e probabilmente quello di tutti loro!
'È andata alla Fossa delle Marianne...col jet non arriveremo mai in
tempo...Thor, forse io e te sì e fra pochi minuti sarà tutto finito...' Stark,
affranto e speranzoso assieme, assemblò sul corpo le parti metalliche della
propria armatura e si rivolse al suo amico più caro 'Vai con Point Break, è il
più veloce...'.
Poi fece cenno a Steve, che si avvinghiò alla sua vita, mentre il
principe asgardiano e Banner, in pena, erano già volati via e Bucky e Natasha
corsi nell'hangar verso il Quinjet.
Furono proprio loro a visualizzare, dall’aereo, cosa accadesse sopra
la Fossa delle Marianne, davanti al Giappone, tramite il satellite delle
Industrie Stark che avevano orientato su quella parte di Oceano Pacifico.
Brooke si era materializzata lì, ed era rimasta in volo, col
Tesseract ancora fra le braccia ma immediatamente, per avere le mani libere,
aveva estratto la Gemma blu dal Cubo e l’aveva riposta nella tasca dello
spolverino, gettando via il suo contenitore.
Passato lo scombussolamento dello strano viaggio, nella mente le si
aprì un varco...ebbe un'intuizione precisa di dove indirizzare, con esattezza,
i colpi d'incanto...mosse le dita e le sfere colorate di rosa, una via l'altra,
colpirono la roccia all’interno della Fossa, superati gli undici chilometri di
muro d’acqua, creando un passaggio per l’energia successiva, che si insinuò in
direzione del nucleo terrestre.
La testa era sgombra di retropensieri...doveva provare, tentare di
salvare il mondo meraviglioso in cui vivevano le persone che amava...i suoi
amici, i suoi genitori e…Bruce!
Come nello scontro con Kratos, fu il sentimento che provava per il professore
a guidarla, il senso di libertà e completezza che le dava stare con lui, la
felicità assoluta del suo abbraccio, il ricordo di ogni momento che avevano
trascorso insieme...e li rammentò, uno ad uno, contenta di aver avuto la
fortuna di un incontro che le aveva cambiato la vita, che l'aveva resa una
persona migliore, che l'aveva fatta diventare Little Witch.
Bruce era stata la sua magia…e insieme la sua favola.
I colpi erano tanto numerosi e repentini nel susseguirsi da apparire
come un unico raggio di luce rosa, continua. Percepì che il nucleo terrestre
stesse riprendendo il suo movimento naturale, con lentezza.
Insistette nei colpi, vedendo sulla sinistra apparire il mantello
rosso di Thor e...il suo professore attaccato al collega...maledizione...era così
concentrata!
Stretto all'asgardiano, Banner la guardava; avrebbe voluto
dissuaderla, ma forse era l'unica possibilità che avevano e la bruna non
sembrava stanca o spossata.
Rimase muto, a fissare la sua bellissima, tenace e coraggiosa Little
Witch, con Tony che sopraggiungeva con Steve al seguito e gli si affiancava 'Non
ce la farà, sta per arrivare il flare, mancano pochi secondi...'.
Brooke udì perfettamente le parole di Stark…Sussultò, girandosi verso
il gruppo, e incrociò i quarzi scuri di cui si era innamorata…fu folgorata
dalla visione che aveva avuto nel soggiorno dell’appartamento di New York…capì
quale fosse il suo destino…sorrise al suo professore…poi…sdoppiò i propri
poteri!
Con la mano destra, mantenne il controllo dei colpi d'incanto rosa che
andavano a bersaglio nella faglia mentre con la sinistra, alzata in alto, fece
partire una sorta di altro raggio, stavolta verde, verso il cielo...i suoi
occhi erano dello stesso colore, stavolta, sempre più intenso…verdi anch’essi!
'Che sta facendo?' domandò Thor.
'Sta salvando il pianeta...' bisbigliò Bruce, vedendola leggermente in
difficoltà, con un dubbio amletico nel cuore...e uno strano sentore…come se
l’energia la stesse mangiando viva…
'Ha creato una barriera attorno alla Terra, la sta schermando, con un
colpo d'incanto...verde…c’è un alone di quell’identico colore che la ricopre,
ovunque. Il flare è stato comunque deviato e non ha intaccato lo sbarramento…e
poi…dalla strumentazione, io e Nat abbiamo rilevato che il nucleo è tornato a
girare alla velocità e temperatura abituale, non è più rallentato; la piccola
strega ce l’ha fatta, ringraziatela da parte nostra' la voce esaltata e felice
di Bucky, rimbalzata tramite Iron Man fra di loro, confermò ciò che avevano
intuito.
'È incredibile...' commentò Thor.
All'ennesimo e ultimo colpo d'incanto, di grande potenza, Little
Witch, molto pallida, si voltò; i fanali verdi piantati sul suo amore tornarono
cerulei e le labbra si arcuarono in un sorriso incantevole...un attimo prima
che le palpebre si chiudessero e precipitasse in acqua, priva di sensi.
'Brookeeeeeeee' il professore perse il controllo, in preda alla
disperazione; iniziò la solita trasformazione, fra le braccia del biondo, che
non riuscì a trattenerlo e lo lasciò andare.
Sprofondò, fra le onde dell'Oceano, già con le sembianze di Hulk, in
un cambiamento più che repentino.
'Il mostro che alberga dentro Banner ha capacità di resistenza e
agilità...può tirarla fuori...Rogers, ti va un bagno?' senza attendere la
risposta positiva del Capitano, Stark lo trascinò con sé, lasciandolo di
vedetta, a pelo d’acqua, e scendendo nelle profondità marine, con Thor alle
calcagna.
Il liquido era maledettamente freddo, e più ci si inoltrava, più era
buio. Fu la pelle di Hulk a fargli da faro. Tony osservò Bruce nuotare,
sgraziato e imponente, con foga, verso il corpo inerme della Brown e,
stringendolo fra le braccia, risalire a galla, battendo le gambe enormi; si
indirizzò verso Steve, rimasto in superficie, in attesa, che l’aiutò a tenerla
con la testa fuori dall'Oceano.
'È viva?' Point Break si ritrovò a chiederlo, sconvolto. Il viso della
ragazza era cinereo, le labbra erano blu, i capelli a raggiera galleggiavano
scomposti. L’energia sprigionata dai colpi d’incanto era stata letale, per l’interessata,
rappresentando, al contrario, la salvezza per tutti gli altri.
Iron Man le poggiò la mano sul petto, e il guanto metallico ne
verificò i segni vitali. Gridò 'Il cuore batte ma non respira...va
ventilata...Capitanooooo' Rogers, fattale uscire, con un’abile e repentina
manovra, l’acqua di mare ingerita dai polmoni, iniziò la respirazione bocca a
bocca, nel tempo in cui Thor la reggeva, per permettere al professore di
riprendere l’aspetto umano.
'Devi tornare in te...Bruce...ha bisogno di te...' lo pregò Stark,
osservandolo dibattersi fra le onde, e fu pronto a agguantarlo, immaginando
quanto fosse provato, fisicamente e psicologicamente.
‘Tony…aiutami…’ bisbigliò il suo fratello scienziato, appena
trasformato, stringendo la manina affusolata della sua fidanzata, gelata.
‘Dobbiamo farla respirare…guarda lì…forse abbiamo una possibilità’ un
gommone di salvataggio della Marina delle Isole Filippine, con tre operatori a
bordo, gli si fece incontro.
Ai soccorritori, Stark chiese se avessero una maschera a ossigeno o
simili e subito gli addetti la passarono.
Steve la collocò sul viso della Brown. Nel frattempo, Point Break
cercò nelle tasche dello spolverino la Gemma dello Spazio, senza successo…poteva
essere il lasciapassare per un teletrasporto alla base, ma non ve n’era
traccia, probabilmente era dispersa sul fondo del mare o era stata disintegrata
dalla potenza di Little Witch.
‘Thor, riporta Brooke al Quartier Generale; io ti seguo con Bruce.
Steve, rimani qui, sul gommone, fino a quando non arrivano Bucky e la Vedova.
Natasha’ Tony le parlò tramite la trasmittente, mantenendo un sangue freddo che
non era più sicuro di possedere ‘mobilita i migliori medici del paese,
spiegando l’accaduto, affinché ci diano un altro parere sullo stato della
paziente…e, per piacere, avvisa anche i suoi genitori, con più tatto che puoi’.
Con uno sguardo accorato agli altri, mise i motori al massimo, in scia al
mantello rosso del principe, il respiro dell’altro addosso.
Erano stati pochi minuti, con le teste in pieno delirio. Ovviamente
loro quattro erano giunti prima dei dottori e dei Brown.
Con un grandissimo sforzo, Banner aveva spogliato la bruna degli abiti
grondanti e, detersala con salviette umidificate, l’aveva vestita con un camice
usa e getta; con l’aiuto di Thor, l’aveva distesa sul letto medico, nel piccolo
ma attrezzato ospedale che avevano predisposto per le emergenze.
Agganciata a ogni monitor possibile ed attaccata a un respiratore di
ultima generazione, era, apparentemente, ancora in vita…ma lui era uno
scienziato…e sapeva bene come fosse amplio, in medicina, tale concetto...era
una vita a cui avevano strappato il futuro...insieme al proprio!
Nemmeno si era cambiato; scalzo e con i jeans logori, accolse Sheila e
Robert, insieme a Tony. Le loro facce addolorate alla vista della figlia in
quelle condizioni lo fecero impazzire, delirare; soprattutto quella di suo
padre, che si avvicinò agli schermi, intanto che Stark illustrava gli
avvenimenti delle ultime ore, tessendo le lodi di Brooke, per quanto inutili,
sottolineando il suo nobile sacrificio.
‘Il cuore batte ma il ritmo è molto flebile, incerto…invece, i polmoni
sono andati. Ho fatto l’impossibile perché non vivesse attaccata a un
respiratore…e poi è finita così…quando non sarà più ventilata, andrà in arresto
cardiaco’ Robert lo mormorò, in maniera asettica, con le mani poggiate sul
braccio della ragazza, come a volerla trattenere a sé.
‘Purtroppo sì, la macchina respira per lei e le onde celebrali sono minime;
purtroppo, tra lo sforzo per le sfere di energia e il tempo trascorso
sott’acqua senza ossigeno, l’attività neuronale del cervello è quasi zero. Siamo
in attesa delle analisi del sangue, ho effettuato un prelievo, per un ulteriore
scrupolo’ Tony li avvisò.
Sheila era già morta dentro…aveva provato la sensazione orripilante di
stare per sopravvivere alla figlia, durante gli anni in cui aveva affrontato la
distrofia muscolare, ma ora l’attanagliava un’afflizione orrenda, peggiore;
dall’altro lato del letto, riuscì a fare una sola domanda, che mandò in pezzi,
letteralmente, quel poco che rimaneva dell’equilibrio mentale dei presenti ‘Hai
incluso anche un test di gravidanza?’.
Il professore voltò la testa, quasi a bocca aperta…aveva avuto un
brivido a vedere i colpi d’incanto verdi volare verso il cielo, e la sfumatura
gli era parsa simile al colore dell’epidermide di Hulk…aveva rimandato la
riflessione al mittente, dato ciò che era accaduto successivamente.
Thor, cambiatosi con una tuta da ginnastica blu della squadra, appena
sopraggiunto, dette un colpo di tosse ‘Cosa vi fa credere sia incinta?’.
'La visione doveva rimanere un vostro segreto, me lo ha detto
ugualmente, Bruce…’ sua mamma aveva ricevuto una confidenza speciale, che
espose ai presenti e, in primis, al fidanzato ‘So che le sue
premonizioni si sono avverate, nessuna esclusa…per cui…’.
‘D’accordo, eseguiremo l’esame per le Beta HCG, relative all’ormone
della gravidanza, per toglierci il pensiero…Banner, meglio che tu ti dia una
sistemata, nel frattempo’ Tony lo invitò e l’altro si affrettò, ritornando un
quarto d’ora dopo, anche lui in tuta scura, i capelli ancora bagnati,
nell’esatto istante in cui i risultati delle analisi del sangue furono pronti.
Scorrendoli, il professore emise un singulto…era come aveva previsto
Sheila ed era il motivo del verde delle sfere di energia e dell’ultimo
splendido sorriso che gli aveva rivolto prima di perdere conoscenza ‘Aspettiamo
un figlio, Brooke è incinta di tre settimane…’; il tono era molto triste. La
notizia più bella e più attesa era giunta nel momento più buio e disgraziato
della sua esistenza.
Le condizioni della ragazza erano disperate, e, chiaramente, non
sarebbe sopravvissuta per portare a termine la gravidanza: non ci sarebbe stata
più…né lei né l’embrione che era il frutto della loro commistione amorosa.
Mise le mani sul viso, non riuscendo a trattenersi. Le lacrime
sgorgavano come un fiume in piena; singhiozzando, si abbassò sulle ginocchia,
senza alcuna vergogna, balbettando ‘La cosa che mi fa più male è che l’abbia
scoperto nel momento in cui tirava i colpi d’incanto e che abbia goduto pochi
attimi di questa felicità, lo desiderava moltissimo…il bambino…entrambi’. Era
chiaro che prima non sapesse di essere in attesa, in caso contrario lo avrebbe
detto subito, sia a lui sia ai suoi genitori. Il suo pianto si fece più
struggente, inconsolabile.
Sheila, commossa, si abbassò, carponi, al suo fianco ‘Se per Brooke
era tanto importante, teniamola in vita e… se non avrà complicazioni e sarà
sano, vostro figlio nascerà!’.
‘Scusa?’ suo marito la scrutò come vaneggiasse.
‘Sarà ciò che rimane di lei, di voi…so che capita, a volte, di
utilizzare il corpo della mamma come un’incubatrice umana…e, Bruce’ gli si
rivolse ‘non lo dico per egoismo, perché voglio diventare nonna, credimi.
Saresti un ottimo padre, mia figlia ha visto bene, in te. Ti conosco dalle sue
parole e dal modo in cui ti guardava…cresceresti un bambino che è il frutto del
vostro amore, e se tu vorrai, noi saremo al tuo fianco, ti sosterremo, come
avrebbe voluto Brooke. La scelta, tuttavia, è esclusivamente tua, non sentirti
forzato dalle mie parole’. Fu sincera, aiutandolo a rimettersi in piedi e
porgendogli un fazzolettino di carta. Era il momento di rimanere uniti.
‘In effetti, è stabile, si potrebbe tentare. E’ una donna sana,
robusta, giovane. In molti casi è accaduto che le gravidanze di madri in stato
vegetativo si siano concluse positivamente’ Stark parlò prima da scienziato.
Poi da amico ‘Bruce…quando avete iniziato la vostra frequentazione, ti
dissi che Brooke era il tuo regalo, il regalo che la vita ti aveva fatto. Forse
mi ero sbagliato…magari il regalo del destino, o di un Dio della fede in cui io
e te crediamo poco, era un altro, colui o colei che avete concepito insieme.
Lo sai, non ho figli miei e probabilmente non ne avrò mai…ho un
fratello scienziato dal cuore grande che stimo…saresti un padre eccezionale, lo
confermo’ fu l’immagine di Banner, in piedi, davanti al letto di morte della
donna che amava, che lo spronò, lo sguardo vacuo che gli lesse negli occhi,
l’idea che avrebbe potuto superare il vuoto dell’assenza di Little Witch,
colmandolo con la presenza di un altro essere umano meraviglioso a cui
dedicarsi.
Bucky, Steve e Natasha, rientrati con Quinjet, e precipitatisi per
accertarsi delle condizioni della Brown, si fermarono, ammutoliti, vicino a
Thor, che, braccia conserte e animo in pezzi, ascoltava la conversazione dai
toni funerei e surreali, con discrezione.
‘Va bene, proviamo…’ il professore acconsentì, con una voce inaridita
dal dolore che lo stava colpendo ‘ad una condizione: rimarrò con lei, ogni
istante, fino alla fine…non voglio lasciarla sola…gliel’ho promesso’.
Il tempo tornò ad essere il bene più prezioso che possedeva: forse avrebbe
avuto altri otto mesi, per tenere la mano alla sua piccola strega, per
stringerla fra le braccia, per baciarle il viso, per carezzarle i capelli. Gli
interessò più del resto, persino dell’idea di diventare padre.
‘Saremo con te…tutti’ Robert, estremamente intenerito, si avvicinò,
per rassicurarlo, data un’occhiata complice alla stanza, dove le altre teste
annuivano e un’altra, infelice, al corpo immobile della sua bellissima figlia.
***
Erano stati gli otto mesi più lunghi della vita degli Avengers ed era
stato peggio che scervellarsi per trovare rimedio alla dissolvenza prodotta da
Thanos.
Avevano compreso cosa racchiudesse il termine ‘in attesa’ nel caso di
una donna incinta, per di più in quello stato. Erano stati testimoni del dolore
della famiglia Brown e di Bruce, in primis, i soli per cui i mesi, invece,
erano trascorsi troppo velocemente.
Banner aveva vissuto nella stanza del Quartier Generale dove, di
comune accordo, Brooke era rimasta ricoverata ed aveva ricevuto le cure
migliori che si potessero destinare ad una malata nelle sue condizioni, per
mantenere in vita un involucro fisico scevro di intelletto e parola,
apparentemente dormiente, nel cui ventre cresceva una bambina.
Dai controlli e analisi a cui era stata sottoposta, infatti, avevano
scoperto fosse femmina e si erano premurati di colorare di rosa ogni oggetto
possibile della camera e del corredino che stavano acquistando, man mano, per
lei. E non parve un caso, a nessuno di loro, che fosse la stessa sfumatura dei
colpi d’incanto lanciati da sua madre.
Che, giorno dopo giorno, era allietata dalle chiacchiere del suo
fidanzato; il professore le parlava continuamente, di qualsiasi argomento,
tenendo le falangi unite alle sue, le faceva ascoltare musica, il suo adorato
Michael Jackson, leggeva per lei, come fosse in vita.
Decine di luminari avevano confermato la diagnosi e la prognosi
formulate in prima battuta: lo stato vegetativo della bruna sarebbe rimasto
tale e, a seguito del parto e dell’interruzione della ventilazione assistita,
anche il cuore avrebbe cessato di battere. L’attività celebrale continuava a
essere pari a zero e Bruce credeva un pochino nelle favole, ma non nei
miracoli.
Credeva soprattutto nel suo amore ed avrebbe fatto stare bene la sua
piccola strega fino alla fine, l’avrebbe coccolata finché avesse potuto, con la
collaborazione dei genitori e degli amici, che si alternavano al suo capezzale,
anche per confortarlo, per dargli il cambio, affinché, in quei frangenti,
potesse lavarsi e mangiare i manicaretti che sua suocera gli portava…aveva
perso molto peso e si stava trascurando, abbrutendo, diventando più simile alla
bestia che albergava in lui, latente.
Sì, sua suocera…era stata proprio Sheila, un pomeriggio, seduta su una
poltrona accanto a Brooke - entrata all’epoca nel settimo mese di gravidanza -
a proporgli di celebrare il matrimonio che sarebbe stato la conclusione
naturale del loro rapporto.
Sapeva della proposta del professore: sua figlia glielo aveva
raccontato, raggiante, la mattina seguente, e non vedeva alcun motivo perché
non accadesse. Lei e Robert, che avevano la tutela giuridica della ragazza, si
affrettarono a far preparare i documenti necessari e ad organizzare la
cerimonia, intima e sentita.
Un sacerdote - poiché la bruna era credente - con un rito semplice,
celebrò le nozze, alla presenza degli Avengers e dei coniugi Brown.
Brooke indossava l’abito nero coi profili bianchi - il preferito suo e
del futuro marito - che la madre aveva scelto per lei; l’aveva preparata,
spazzolandole i capelli, dandole una leggera passata di trucco, e fatto
confezionare un bouquet di rose della specie ‘Antico amore’.
Era più bella che mai, pensarono i partecipanti, Banner in testa, nel
momento delle promesse, che pronunciò insieme a Sheila, infilando le vere alle
loro dita e posandole, unite, sul ventre fecondo del suo amore…fu un lampo nel
cuore di Bruce…era quella, la visione di Little Witch, era sempre stata quella…’le
nostre mani avevano le falangi intrecciate, come facciamo sempre...erano
appoggiate sul mio pancione...ero incinta e noi sposati, perché, agli anulari,
avevamo due fedi di oro giallo'.
Questo gli aveva detto e questo si era realizzato poiché questo era
ciò che aveva visto.
Hope Brown Banner nacque il 28 aprile 2023 nel Quartier Generale degli
Avengers, a New York City, con parto cesareo, a cui assistettero suo padre e
suo nonno, oltre allo staff medico che lo aveva eseguito.
Pesava tre chili e cinquanta grammi, era lunga cinquantadue
centimetri, aveva i capelli castani scuri, gli occhi cerulei ed era sana come
un pesciolino.
Il suo pianto accorato si interruppe fra le braccia di suo padre
Bruce, non appena lui, commosso, le dette un bacino; la bambina smise di vagire
e si aprì al mondo, in un dolce sorriso…al professore parve la creatura più
incantevole che avesse mai visto…la seconda…la lasciò alle coccole dei nonni
materni e dei suoi amici Avengers, per affrontare il compito più ingrato che la
vita gli avesse riservato: recarsi nella stanza accanto, per dire addio a sua
moglie, al grande amore della sua vita, alla sua bellissima e tenera Little
Witch.
Da solo, come programmato…staccata la spina del respiratore, si stese
accanto a lei, unendo le loro labbra e le loro mani, ancora ‘Ciao, amore
mio…mia piccola strega’ furono le ultime parole che poté sussurrarle, prima che
volasse via.
***
N.d.a.
Il demone della scrittura si è impossessato di me, e la storia si è
materializzata sul foglio, inconsapevolmente. Se avete letto fin qui, e
sofferto insieme a me, fate un piccolo sforzo, incrociate le falangi alle mie
fino all’ultimo capitolo, il prossimo.
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Capitolo 10 *** La tua Little Witch ***
10 La tua Little Witch
‘Benvenuti' Sheila aveva fatto accomodare gli Avengers nel salone
della propria casa, dove addobbi e palloncini rosa riempivano le pareti.
Un'orda di bambini di cinque anni e qualcuno più grandicello giunto da
New Asgard, inseguita da un paio di animatori vestiti da supereroi, corse incontro
ai nuovi arrivati.
'Zio Tony' Hope si abbarbicò alle gambe di Stark, che la prese in
braccio 'Auguri, signorina Banner' era cresciuta ed ogni volta che la
incontrava, la vedeva diversa, più grande. Era perfetta: la bellezza di sua
mamma nei tratti somatici, l’intuitività geniale di suo padre in un
intelligenza viva e un carattere dolce e affettuoso.
Per tale ultimo aspetto, la commistione del DNA dei genitori e la
convivenza coi nonni aveva dato frutti pregevoli.
L'appartamento dei Brown a Park Avenue era gigantesco e Bruce e la figlia
si erano trasferiti lì, subito dopo la nascita.
Hope occupava la stanza che era stata di Brooke, il professore lo
studio dove la bruna scolpiva; lo aveva scelto perché gliela faceva sentire più
vicina, e i suoi lavori erano stati spostati.
Robert, infatti, aveva insistito per esporre le opere in uno spazio
apposito nel Queens, dove avevano avuto grande successo di pubblico e di
critica…tante persone comuni le ammiravano, anche a titolo di ringraziamento
per il suo sacrificio.
Erano in mostra tutte, tranne una: il busto di Bruce-Hulk, che
quest’ultimo conservava, gelosamente, sul proprio comodino, accanto al letto.
Era la prima cosa che guardava al mattino e l'ultima su cui poggiava gli occhi
la sera, insieme alla decorazione della porta del loro appartamento, accanto.
Non che nel resto della giornata, sua moglie non fosse nella sua testa,
continuamente.
Per di più, i suoceri gli avevano messo a disposizione una sorta di
laboratorio per i suoi libri e strumenti informatici, per farlo sentire più a
suo agio possibile; lì non aveva problemi di spazio. Ed erano sempre stati
disponibili e presenti, con lui.
Tanto da aver ospitato più volte, e con piacere, Loki e sua moglie
Erika, insieme alla loro piccola tribù di figli, che avevano tanto legato con
la nipote, nonostante le età differenti; erano presenti anche in occasione
della festicciola organizzata quel giorno, che era, in fondo, l’occasione per
rivedersi.
Proprio con la coppia, il professore si intratteneva, all’arrivo dei
Vendicatori.
'Come ti va? Ci frequentiamo poco' Steve, appostato vicino ai tavoli
di cibarie e bevande, commentò, prendendo un bicchiere d'aranciata, con uno
sguardo triste all’anulare sinistro del suo amico, che recava ancora la fede
nuziale…non l’aveva mai tolta, se non quando doveva trasformarsi, e non lo
avrebbe mai fatto.
Bruce sospirò 'Sto tenendo il corso annuale all'Università, e per il
resto mi dedico a Hope...lo sai, Cap, se avete bisogno, non mi tiro indietro';
la sua piccola strega era morta per salvare il mondo e lui stesso si era
ritrovato a pensare che il proprio destino fosse seguirne l'esempio, difendere
la Terra da soprusi e pericoli, far sì che fosse migliore, per sua figlia e i
figli degli altri.
Partecipava, di volta in volta, alle missioni in cui era chiamato
da Stark, senza essere una presenza costante e attiva nel gruppo dei
Vendicatori.
'Chi manchi...' Natasha - mano nella mano con Rogers, con cui si era
finalmente messa insieme - addentò una pizzetta rossa 'accidenti, che buona! Dico
sul serio, vieni a trovarci più spesso...'.
‘Ci vuole tempo, per allontanare il dolore; il problema è che, se a
quel dolore si accompagna il grande amore della tua vita, preferisci tenerli
entrambi con te, a qualsiasi prezzo’ la bionda sposa del principe asgardiano,
carezzando teneramente il braccio di Banner, commentò, accanto a Loki, che
annuì, stringendola a sé.
‘Sì, è così; la magia è stata incontrare la mia piccola strega. La
favola sarebbe stata averla ancora, poterla trattenere. Quando ci siamo visti
la prima volta, ho pensato che insieme sembrassimo i protagonisti de ‘La bella
e la bestia’, una storia con un finale positivo…e non riesco a chiudere ancora
quel libro immaginario, nella mente’ ammise, con sincerità.
‘Credo che tu abbia avuto il dono più prezioso, invece…è davanti a
noi, ed è un miracolo…’ gli smeraldi di Loki si fermarono sulla bimbetta
sorridente che gli faceva l’occhiolino, passandogli davanti, continuamente.
Aveva un debole per lui, contraccambiato, uno straordinario feeling a pelle.
'Hope è fantastica...è identica a...' Bucky, osservando la piccola - i
lunghi capelli castani svolazzanti, gli occhi di un ceruleo intenso, il viso da
bambolina, nel vestitino rosa smanicato che indossava, il ciondolo a forma di
pentacolo, che era stato della mamma, agganciato ad una catenella d’argento e
che aveva ricevuto in regalo proprio quel giorno - si morse la lingua, intanto
che Rogers gli dava un calcio al polpaccio, per zittirlo.
'È uguale a Brooke...spiccicata...non preoccuparti, James, non
hai fatto una gaffe' intervenne Sheila 'lo sottolineiamo sempre pure noi. In
fondo, è un modo per non scordarla, per tenerne viva la memoria, soprattutto
per la piccola, che non l'ha mai conosciuta'.
'Per noi tre è diverso, è come fosse qui, in ogni istante...' Banner
si aprì, gli occhi lucidi.
'Ho un anteprima per voi, ho preso un'auto! Mi sono deciso...superato
l'esame di pratica di guida, è stato semplice. Vado come una lumaca e mi
strombazzano dietro col clacson, di continuo...però me la cavo' Thor fece lo
spiritoso, l'atmosfera stava diventando triste ed era una festicciola per il
quinto compleanno di una bambina deliziosa. Voleva chiacchierare di argomenti
più allegri e ci riuscì, per l'ora e mezza successiva, quasi monopolizzando i
dialoghi dei suoi amici, cosa di cui il professore gli fu molto grato.
'Ecco la torta...posso accendere le candeline? Sei pronta?' Robert
portò in sala un enorme pan di spagna glassato a strati, ricoperto di
confettini di cioccolata colorati, realizzato dalla sua dolce metà,
rivolgendosi alla nipote, contornata dagli amichetti.
'Un attimo...mamma, vieni più vicino...' Hope girò il viso verso
Bruce, che la fissò, con gli occhi sgranati. La piccola scrutava, serena, lo
spazio vuoto fra lui e il Capitano, che fece un passo indietro, interdetto.
'Come?' domandò Banner.
'Sì...la mamma è lì, è con noi...di solito si mette accanto a te e mi
guarda, sorridendo...era un segreto: mi ha pregato di non rivelartelo finora,
per non turbarti troppo' ribatté la figlia, nel silenzio del salone.
'Anche adesso è qui?' suo padre lo dovette chiedere, in una
conversazione dai toni surreali. Credette fosse un desiderio della bambina,
come per coloro che inventavano un amico immaginario.
'Certo...in questo periodo mi sta insegnando un gioco...mi ha detto
che tu lo conosci bene e che sei finalmente pronto per vederlo' Hope mosse le
dita delle mani davanti a sé, generando un piccolo cuore di energia verde...del
colore della pelle di Hulk!
Il contorno della figura era traballante e si volatilizzò quasi
subito.
Bruce sentì un brivido lungo la schiena...gli parve di percepire,
nell'aria, l'odore di vaniglia e sandalo, il profumo di Brooke, che si portava,
come ricordo nelle narici, dalla sera in cui avevano ballato insieme in
discoteca: non riuscì a spiccicare una parola.
Sua figlia continuò 'Scusa, papà. Non era granché...riprovo...stai a
guardare...' un nuovo cuore verde volò dalle sue mani aperte, verso il
professore, unendosi, mentre librava, ad un altro identico, rosa, che comparve,
improvvisamente, accanto a lui, all'altezza dei fianchi di Rogers.
I due cuori volarono, formando una spirale, come splendide farfalle, e
si depositarono sul torace di Bruce, in corrispondeva del muscolo cardiaco,
svanendo.
Cuori sul suo cuore! I loro tre cuori…suo, di Brooke e di Hope!
Fu trafitto...più che da una freccia di Cupido!
Sheila emise un gemito, con gli occhi colmi di lacrime e la mano sulla
bocca, incredula. Robert la tenne per la vita, vacillando insieme a lei.
‘Era una strega potente, ve lo dissi a suo tempo…lo è ancora!’ Loki
sibilò, intenerito. Per questo non avevano recuperato la Gemma dello Spazio,
rifletté…non era affatto dispersa nell’Oceano! Chi la possedeva era capace di
esistere in ogni luogo nel medesimo istante…di esistere!
'Brooke, amore mio...' mormorò Bruce, la destra che rompeva l'aria in
cerca di qualcuno...impalpabile, la sinistra a toccarsi il petto.
I suoi respiri pesanti furono interrotti dalle note di ‘You’re not
alone’ di Michael Jackson. Il lettore cd dello stereo iniziò a suonare la
canzone che aveva avuto e aveva un significato speciale, per lui,
inspiegabilmente...o quasi. Erano anni che avevano perso le tracce del cd della
star del pop, uno dei preferiti della bruna.
Bruce pensò di impazzire...scosse il capo, osservando Tony che
gli arrivava vicino, per tentare di capire ciò che la sua mente stava
rifiutando di accettare.
'Papà' Hope si rivolse ancora al genitore 'la mamma dice che non devi
essere triste né spaventato, perché, d’ora in avanti, avrai un'altra piccola
strega tutta per te...sarò io la tua...' fissò la sagoma della bellissima donna
che le aveva dato la vita e che lei sentiva e vedeva chiaramente, accanto a
Banner...lei sola, purtroppo 'è una parola difficile, accidenti…sarò la tua
Little Witch!'.
'Sì, tesoro mio...lo sei già...' singhiozzò Bruce, in preda
all'emozione più forte che avesse provato, con il braccio di Stark che lo
sorreggeva, e il pensiero al suo grande amore… che non lo aveva lasciato solo,
che non era mai andata via, che gli era rimasta dentro e accanto e che lo
avrebbe accompagnato ogni giorno a venire…’Brooke Brown. Park Avenue 238’.
FINE
***
N.d.a.
E’ la prima volta che un mio racconto termina in maniera tanto triste.
Sono amante dei finali post credit ricchi di sbaciucchiamenti e coppie che si
tengono per mano. Happy end, vissero felici e contenti. Il bel sogno, che è
difficile si realizzi pienamente nella vita, deve concretizzarsi tramite le
parole.
In questo caso non ce l’ho fatta… la storia si è scritta da sé ed è
andata così; dolorosamente, al punto di avere difficoltà a rileggere l’ultimo
capitolo e anche il precedente, per le copiose lacrime che ho versato.
Per favore, perdonate eventuali errori di battitura o simili. Il cuore
c’era tutto, sempre.
L’emozione nella scrittura è stata molta, spero la lettura sia stata
gradita e ugualmente emozionante.
***
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