The Discovery

di giamma21
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'arrivo ***
Capitolo 2: *** A disagio ***
Capitolo 3: *** Sensazioni inquietanti ***
Capitolo 4: *** Una verità distruttiva ***
Capitolo 5: *** La Scoperta ***



Capitolo 1
*** L'arrivo ***


Entriamo nella baita e la prima cosa che sento è una gran puzza di vecchio. Avete presente l’odore stantio delle biblioteche? Quelle che si trovano in cittadine remote dove esiste un solo storico bar, per farvi un’idea.
Dovrebbe essere un semplice BnB, non necessariamente fornito di apparecchiature di ultima generazione, ma almeno una spruzzata di profumo l’avrebbero potuta dare.
Tess Carver passa due dita minute sul comodino adiacente alla porta d’ingresso, e ne copre le punte con della polvere chiara, che contrasta lo smalto nero.
“Cavolo, dev’essere disabitata da un po’”, dice con tono sarcastico. In effetti non sembra un BnB molto frequentato, forse hanno aperto da poco. Dò un’occhiata in giro e mi accorgo che non c’è neanche un singolo termosifone. Non vorrei cominciare a lamentarmi, però…
“Ditemi che il pavimento è riscaldato”, dico, sapendo già che gli altri alzeranno gli occhi al cielo, “o almeno che c’è una stufetta”.
Lilah Autumn controlla il telefono, forse per accertarsi di essere nel posto giusto.
“Non capisco, il ragazzo con cui ho parlato mi aveva assicurato che la baita era abitabile”, dice, sembrando quasi colpevole.
“’Abitabile’ non è uno dei miei termini preferiti”, commento.
“Spero che almeno fosse carino”, aggiunge Tess.
Lilah la ignora, perché da quando le è stata rivolta quella battuta in macchina se l’è presa. Non è per difendere Tess, perché è stata un po’ testa di cazzo, però sanno tutti che Lilah e Parker Wayne scopano, quindi nasconderlo è inutile. Il dormitorio maschile l’avrà vista sgattaiolare dalla sua stanza almeno 3 volte nell’ultima settimana.
Certo, un segreto va sempre mantenuto tale, quindi capisco che se la sia presa quando Tess ha messo alla radio Dirty Little Secret e gliel’ha dedicata. È stato subdolo e non troppo diretto, ma è anche stato così divertente. Non capisco perché non vuole che si sappia in giro. Parker è un gran figo e ha un culo che parla. Posso capirla se teme che la sua reputazione di Don Giovanni possa metterla in cattiva luce, ma se fosse il caso non dovrebbe neanche uscirci. Sono i drammi della vita collegiale, che possiamo farci?
Io poi dovrei saperne qualcosa dei segreti, visto che fino a qualche anno fa scopavo con il ragazzo delle consegne mentre mia madre pensava che fossi a casa di Cole Wyatt a studiare.
È una questione di reputazione. Ora sono out e tutti lo sanno, quindi non c’è più niente da nascondere o bugie da inventare… oppure si?
Tess è proprio una giusta, a partire da come si veste, con quel look neo-punk misto ad un’eleganza fuorviante. È una di quelle stronzette con gli occhi azzurri e i capelli neri. Anche i miei sono neri ma ho gli occhi color cacca, cioè mandorla, quindi non è una questione di combinazione. Devi solo essere fortunato, come Lilah, che è passata da robusta sfigata a snella fighetta. Ah, la palestra fa miracoli.
Non sto parlando male di lei, sia chiaro. La ammiro profondamente, soprattutto da quando abbiamo cominciato a conoscerci di più e ho capito che il suo perfezionismo rappresenta solo una facciata. Prima frequentavamo gruppi totalmente opposti mentre oggi ci conosciamo da un anno. Strano il caso, vero?
Mi sarei dovuto sentire come un pesce fuori dall’acqua, visto che sono entrato io a far parte della sua cerchia, eppure sono riusciti tutti a coinvolgermi nella loro amicizia. Li ringrazio per questo. Il college è tosto, e lo è anche stare lontani dalla propria famiglia, ma con un solido gruppo di amici passa tutto.
Entra in casa anche Parker, portando con sé due valigie. Gli unici ad aver portato le valigie per un weekend di due giorni: Lilah e Parker.
“Grazie per l’aiuto mani di fata”, dice a me, scherzando. Io ridacchio. Che idiota.
Se solo non fosse così carino.
“Merda, questo posto è così...”, continua Parker, addentrandosi piano piano nella tenebrosa dimora.
“… Tetro”, conclude Tess, che nel frattempo si è stesa sopra un piccolo divanetto di pelle nera. Siamo nel salotto, che si affaccia alla porta d’ingresso, mentre una doppia porta in legno ci divide dal resto della dimora. Gli interni sono completamente in legno e il look è decisamente quello che ci si aspetta da una casetta per vacanze invernali in montagna: testa di cervo imbalsamata, tappeti pelosi e pieni di batteri, caminetto con più polvere che cenere e un perenne senso di pericolo. Appoggio il mio zainetto sulla poltrona adiacente al divano, anch’essa in pelle nera.
“Depenniamo pure tutta la lista dei luoghi comuni”, dico scherzando. Tess sorride e stende le braccia lungo lo schienale del divano.
“Una baita in montagna, quattro amici indifesi e un sentore di neve nell’aria… cosa c’è di meglio?”
“Cinque amici”, la correggo, e lei sembra quasi storcere il naso.
Esatto, perché non è ancora entrato il ragazzo con cui mi sento già da quattro mesi: Marcus Callahan.
Quando ho detto agli altri che avrei chiesto a Marcus di venire non ho ricevuto un caldo consenso, anzi, sembravano tutti vagamente infastiditi. L’ho invitato lo stesso, fregandomene della loro stizza, e inizialmente non ho capito perché avessero reagito in quel modo, poi ho pensato che forse si stavano preoccupando per me. In passato ho già affrontato storie burrascose, e questa avrebbe potuto essere un’altra storia melodrammatica, se non fosse per il fatto che Marcus è un vero tesoro.
Sin da quando abbiamo iniziato a frequentarci ha sempre mostrato molta dolcezza e premura nei miei confronti, a volte quasi troppa. Non sono mai uscito con un ragazzo onesto come lui, le sue intenzioni gliele puoi leggere nel volto. Forse non è un gran pregio, tuttavia mi tranquillizza sapere che sono sempre un passo avanti a lui.
Parker e Lilah sembrano nel mezzo di una conversazione privata, quindi li lascio nel loro angolo appartato e vado alla macchina, perché qualcuno non ci ha ancora raggiunti.
L’aria gelida mi fa rabbrividire. Chiudo il giubbotto con la zip e infilo le mani nelle tasche, sperando di non beccarmi un raffreddore. È una serata tranquilla e nonostante la distanza riesco comunque a sentire il rumore della città. Sono abituato al ruggire dei motori e allo sfrecciare delle automobili, perché il mio appartamento affaccia direttamente sulla strada più trafficata di Lakeside.
Marcus è ai margini recintati di un burrone, cammina avanti e indietro mentre fuma la sua sigaretta elettronica al gusto di biscotto.
Da quando lo conosco credo di averlo visto fumare solo in poche occasioni, principalmente quando era nervoso.
“Ehi, tutto bene?” chiedo, lasciando trasparire dalla voce la mia preoccupazione.
Lui si interrompe e mi guarda. Indossa una berretta che gli copre i ricci biondi, ma che mette in risalto i suoi occhi olivastri. La pelle è pallida, a causa del freddo.
“Ehi, scusa. Sì, tutto bene, tu? Perché sei fuori? Fa freddo”, risponde avvolgendomi con un braccio. Lo lascio fare, mi piace quando mi abbraccia.
“La vera domanda è: perché tu non sei ancora entrato? Ti vedo pensieroso, anche durante il viaggio… sembravi sconnesso”, spiego, cercando di non sembrare uno di quei ragazzi ossessionati da ogni minimo comportamento anomalo.
Marcus sospira e prova a sostenere il mio sguardo.
“I tuoi amici mi spaventano. Sembrano leggermente chiusi nei miei confronti, e non so se sono io che non ci sto provando abbastanza o se non gli piaccio”, spiega, abbassando la voce, e riconosco in lui un profondo senso di insicurezza.
Improvvisamente è come rivedere quella persona che non sopporti e ricordare tutti i motivi per cui ti sta antipatica. So cosa significa avere paura del giudizio degli altri, ovviamente, ed è una cosa sulla quale io stesso sto cercando di lavorare.
Vorrei fregarmene, vorrei dire “Se vi piaccio bene, altrimenti andrò avanti per la mia strada!”.
Vorrei che Marcus la vedesse come me.
Gli do un bacio sulla guancia, giusto per ricambiare un po’ della sua stessa dolcezza.
“Tu sii te stesso, e non aver paura di non piacere. Sono sicuro che sia impossibile non adorarti, e i miei amici sono fuori di testa, in caso non te ne fossi accorto”, spiego.
“A me piaci tanto, se ti interessa saperlo”.
Si avvicina al mio viso e mi bacia, questa volta sulle labbra. Mi sento eccitato, vorrei strappargli di dosso i vestiti, ma non l’abbiamo ancora fatto. Devo rallentare un po’. Vorrei che le cose fossero speciali tra di noi.
Torno alla baita accompagnato dal mio cavaliere, e quando entriamo noto con piacere che l’ambiente sembra essere migliorato. Le luci sono accese, e Lilah è riuscita ad accendere un piccolo fuoco nel camino. È così preparata ad ogni imprevisto, non a caso è la seconda persona migliore del corso. Normalmente ci si aspetta di vedere un uomo alle prese con i lavori manuali, invece a Lilah piace sporcarsi le mani e adoro questo suo aspetto.
“Dovrebbe andare” dice tra sé e sé, pulendosi le mani dalla polvere, “Ottimo lavoro, Li”. Si complimenta da sola e va bene così, ogni tanto bisogna coccolarsi un po’.
Tess alza gli occhi al cielo.
“Hai acceso un fuoco, complimenti!”
Lilah sospira e le lancia un’occhiataccia. Marcus mi stringe la mano, non credo che abbia ancora capito le dinamiche del gruppo. Eh… neanche io, a dir la verità.
Tess e Lilah si vogliono bene, sotto sotto, hanno solo dei caratteri opposti: una è la classica ragazza modello, vestita sempre coordinata e mai con colori stravaganti, l’altra sembra una vampira punk dell’era digitale.
So che sono amiche d’infanzia, anche se fatico a crederlo.
Devo solo immaginarmi le piccole Lilah e Tess intente a giocare a nascondino insieme.

No, non riesco.
“Ti va una birra Marcus?”, chiede Parker, porgendogli una fresca lattina di Heineken.
“Ecco cosa c’era in quel frigo bar! Io favorisco con piacere”, commenta Tess.
Marcus gli fa un cenno amichevole e si avvicina a bere.
Comincio a lasciarmi andare un po’ anche io. Raggiungo Lilah, che nel frattempo si è seduta sul divano, e mi accomodo accanto a lei.
Il suo corpo emana un forte calore, quindi mi avvicino di più e le stringo un braccio. Lei sorride.
“Quindi… un anno dopo, eccoci qui. L’avresti mai detto?”, le chiedo, riferendomi alla nostra amicizia, il motivo per cui festeggiamo questo weekend insieme.
“Certo che sì, dal primo momento in cui ti ho visto ho capito che saremmo diventati amici. Avevi un’aria così innocente e pura!”.
“Davvero? Io non lo direi”, commento.
“Perché ti conosci, forse, e sai tutte le porcate che hai fatto.”
Ridiamo entrambi.
“Se non ricordo male hai flirtato un po’ con me prima di capire che stavi pescando dal lago sbagliato.”
Lilah storce il naso.
“Beh, tu non lo avresti fatto, quindi ho mosso qualche passetto.”
“Già, chissà perché non ci ho provato un po’… ehi bella, ti va di scopare?”, imito una voce da maschio alfa.
“Avrei sicuramente rifiutato la tua elegante proposta. Sono una ragazza con gusti delicati.”
Ridacchiamo di nuovo.
Con la coda dell’orecchio capto il mio nome uscire dalla bocca di Parker.
Parlano di me? Mi sporgo un po’ verso gli altri, che siedono all’altro lato della stanza, adibito a zona relax.
“Come va tra di voi?” … “Ci tieni a lui?” … “Fino a dove pensi di spingerti con Evan?” …
Wow, Tess e Parker lo stanno tempestando di domande. Non capisco le loro intenzioni, sembra quasi che vogliano spaventarlo e un po’ mi sento a disagio per lui. Forse è così che fanno gli amici che si preoccupano? Non ho mai avuto un gruppo omogeneo di persone delle quali fidarmi, quindi posso concedergli il beneficio del dubbio. Spero solo che non spaventino troppo Marcus, o sarei davvero nella merda.
Lui risponde alle domane in modo vago, glielo concedo, non vuole sporgersi troppo. Per ora sembra placare gli animi degli altri due, quindi smetto di origliare.
“Che ne dite di vedere il resto della casa?”, propone Lilah, alzandosi dal divano. Sta già avanzando verso la porta, quindi più che una domanda era un ordine. La seguiamo, curiosi di scoprire cosa si cela oltre il portone.

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Capitolo 2
*** A disagio ***


Mi unisco nuovamente a Marcus, e gli stringo la mano. Lui comunica il necessario attraverso lo sguardo.
“A I U T O.”
Sorrido innocentemente e gli do un altro bacetto sulla guancia.
Attraversiamo un corridoio poco illuminato e mano a mano apriamo le porte che ci circondano.
Tess trova una stanza singola e se l’aggiudica.
“Immagino che sia questo ciò che mi spetta per essere venuta senza accompagnatori”, commenta.
“Non prendertela tesoro, puoi sempre riprovarci tra un anno” le dico, sorridendo.
Lei ride ad alta voce.
“Consideratemi impegnata con il diavolo”.
Lilah le fischia dietro.
“E dov’è stasera il diavolo?”, chiede Marcus.
“Una ragazza deve sempre farsi desiderare”, risponde Tess, carezzandosi i capelli in modo seducente, “No?”.
Entra in camera sua e noi proseguiamo.
“Quella non se la fa neanche un angelo”, commenta Parker, “È troppo fuori”.
Lilah gli dà un colpo con il gomito.
“Cerca solo attenzioni, non è mica una satanista”.
Io e Marcus ci diamo un’altra occhiata, e nascondiamo un sorriso imbarazzato.
Parker apre un’altra porta, rivelando una camera a due letti con bagno annesso.
“Aggiudicata”, proclama Lilah, lanciando sopra un letto la sua valigetta rosa.
“Okay reginetta del ballo, non dovremmo vedere anche l’altra prima di decidere?” chiede Parker, visibilmente scocciato nel vedere due letti staccati.
“Mio caro Vice rappresentante, ti ho già permesso di dormire nella mia stessa stanza. Non farmene pentire” risponde lei, con aria altezzosa.
Oh Lilah, provi così tanto a nascondere quello che c’è tra voi, peccato che tu sia una pessima attrice. E poi non avresti scelto di dormire insieme a Parker se non ti fosse piaciuto.
Io e Marcus auguriamo il meglio a entrambi e ci affrettiamo a fuggire verso la nostra camera.
“Non capisco perché finge così tanto”, sussurra lui, guardando la porta chiudersi alle nostre spalle.
Io aspetto un attimo prima di avanzare congetture, non vorrei che Lilah mi sentisse.
Entriamo finalmente nella nostra stanza e ci accoglie un letto matrimoniale, decorato con nastri rossi e lenzuola di seta rosa.
Merda, dovrebbe essere un’alcova turca?
“O non cambiano le lenzuola da un po’ o ci siamo beccati la camera dell’amore”, commenta Marcus, e io rido alla sua osservazione.
“Tesoro, ma che sorpresa, è qui che mi farai la grande proposta?”, scherzo, fingendomi esageratamente emozionato. Lui si inchina di fronte a me.
“Amore, vuoi contrarre una malattia venerea con me?”.
Ridiamo profusamente, e ci baciamo.
Mi piace Marcus, non solo per la sua dolcezza, ma anche per il suo senso dell’umorismo.
Ho sempre pensato che un ragazzo capace di scherzare fosse mille volte meglio di uno con un palo nel culo. Lo pensiamo tutti? Lo spero.
“Tornando al discorso di prima… Penso che lei non si voglia macchiare la reputazione in giro per l’università”, spiego, riprendendo l’osservazione di Marcus riguardo a Lilah e Parker, “Lui non è esattamente un santo, e lei ha già passato dei brutti momenti a causa delle insicurezze fisiche”.
Ci sediamo sul bordo del letto.
“In che senso non è un santo?”, chiede Marcus.
“Beh, oltre al fatto che si è scopato metà campus, si dice che si sia portato a letto pure la ragazza di un Tutor importante, anche se questa cosa non è mai stata confermata. Ma se le persone ne parlano, un fondo di verità ci dev’essere”.
“Merda… auguro il meglio a entrambi”.
Ci prendiamo un momento di pausa per gustarci l’ambiente “romantico” che ci circonda.
La finestra della camera è serrata con un lucchetto e c’è un grande armadio proprio accanto al bagno, che è fornito di una doccia a tendina e di un WC antigienico.
Dev’esserci qualche spiffero, perché sento il vento fischiare e ciò mi provoca una sensazione di disagio.
“Che mi dici di Tess, invece?”, chiede nuovamente Marcus. Mi fa piacere che si interessi alle loro storie.
Mi fa quasi credere che sia interessato anche a me.
“Tess è… Tess. Lei non è una ragazza come le altre, si interessa di occulto e streghe lesbiche, cose del genere”, spiego, facendola quasi sembrare una depravata.
“Quindi anche lei è… gay?”, replica lui.
Rimango un attimo interdetto.
“Non me lo sono mai chiesto, ho sempre preferito evitare di pensarci”.
Credo di aver sentito Tess fare degli apprezzamenti verso qualche ragazzo, a volte persino nei miei confronti, infatti le ho specificato più volte quanto i nostri interessi fossero troppo simili.
Insomma, per mettere le cose in chiaro.
Marcus si sgranchisce un po’ le ossa, poi si alza e si leva felpa e maglietta.
Io rimango seduto, e mi gusto lo spettacolo in modo discreto.
Merda, ogni volta che lo vedo a petto nudo rimango senza parole. Io ho una corporatura normale, qualche ombra di addominale, ma lui è un Personal Trainer già da due anni, quindi vince il premio per il miglior fisico e io vinco la pagnotta più grande.
“Mi rinfresco un po’, ti dispiace?”, chiede, sorridendomi dolcemente. Mi si scioglie quasi il cuore. Ha due occhi talmente profondi che mi ci potrei perdere per giorni interi. No che non mi dispiace, sciocco.
“Fai pure, io vado in esplorazione”, dico, stringendo le gambe il più possibile per nascondere l’erezione. Ah, gli istinti animaleschi dell’uomo.
Per questa gita di due giorni non mi sono portato dietro un eccessivo numero di abiti, ma non ho mancato di prendere le pantofole a forma di orso. Quelle devono esserci sempre. Le indosso, insieme ad un paio di calzini termici e torno nel corridoio della baita.
Sento della musica pop provenire dalla camera di Parker e Lilah, e non voglio neanche immaginarmi cosa stiano facendo per tenerla così alta.
Proseguo lungo la camera di Tess e busso due volte.
Aspetto qualche istante ma non ottengo risposta. Sarà in bagno. Peccato, volevo chiederle di raccontarmi i retroscena del dramma Lilah-Parker. Passerò più tardi, dovremmo riunirci tutti per cazzeggiare, comunque.
Raggiungo il soggiorno, dove il fuoco del camino arde ancora, creando ombre distorte lungo la stanza.
Persino la mia sembra essere più lunga del solito. Una candela doppia fende la luce e aggiunge due piccole corna alla mia ombra. Hm, cornuto, dovrebbe essere un segno?
Divertente.
Nonostante l’anonimità di questa baita, sento che nasconde qualcosa di più. Ogni casa ha la sua storia, qual è la sua? Sono nati bambini qui dentro, oppure sono morte persone?
Ho visto così tanti film horror che non posso fare a meno di chiedermi cosa attenda i suoi visitatori. Per ora, i contenuti di questo film sono abbastanza deboli.
Avrei così tanto voluto proseguire il mio percorso con la scrittura, di sicuro questo posto mi avrebbe aiutato a buttare giù qualche riga. Se solo non mi fossi bloccato, probabilmente avrei scelto la vita dello Scrittore piuttosto che quella dell’Architetto. Se solo non fosse esistita l’azienda di famiglia. Come permettersi di scegliere una professione così insulsa quando hai l’opportunità di brillare con tuo padre e tua sorella alla Cassini Constructions?
Sì, ho origini italiane.
No, non lo parlo né lo capisco.
Ironico, vero?
Qui se hai legami di sangue con l’Italia impazziscono tutti, e si fingono così al passo con la cronaca italiana, quando non sanno neanche la capitale e pensano che sia in Spagna.
Per questo mi piace tenere il profilo basso e non far sapere in giro della mia famiglia.
Nessuno dei qui presenti sa che il mio vero nome è Riccardo, e deve restare così.
Me l’hanno insegnato i miei genitori, indirettamente. I loro amici sono falsi e doppiogiochisti, aggrappati solo al loro cognome e non a quello che c’è oltre.
C’era un detto che papà mi ripeteva da piccolo: meglio soli che mal accompagnati, credo.
Ripensandoci ora capisco che forse lui stesso sa che le persone che lo circondano hanno solo un obiettivo: i suoi soldi.
Ethan Voorher basta e avanza, è quello di cui ho bisogno e finché posso darla a bere a chi mi circonda continuerò a farlo. Quella vita non mi appartiene, e mai lo farà.
La stufetta smette di funzionare all’improvviso, e mi chiedo se non sia saltata la corrente, fortunatamente c’è il camino a illuminare.
Mi avvicino alla presa dove è inserito il cavo e provo a estrarlo, solo che forzo troppo la mano perché si stacca tutto il circuito. Tolgo subito le mani, per non rischiare di restare folgorato. Merda. Casa del cazzo.
Prendo un fazzoletto dalla tasca dei pantaloni e lo uso per staccare il cavo dalla presa appena rotta. In realtà non so se così facendo diminuirò le possibilità di morire folgorato, ma tento la sorte. Un altro po’ di pressione e la presa si stacca... e ho salvato tutti da una potenziale esplosione. Gay power!
Vorrei provare a reinserire il cavo nella fessura della parete ma continua ad aggrovigliarsi.
Improvvisamente vedo qualcosa che scintilla all’interno della crepa. Una chiave?
A questo punto dovrei farmi gli affari miei e tornare da Marcus o dagli altri, ma la curiosità...
Controllo che nessuno mi veda e uso le estremità del cavo per aprire la fessura un po’ di più. Allungo due dita e cerco di prendere il piccolo pezzo di metallo scintillante.
Cerco di restare il più cauto possibile, ma tutto d’un tratto sento un impellente bisogno di allontanarmi. È come se una presenza negativa mi si stesse calando sopra.
Finalmente afferro l’oggetto misterioso e esalo l’aria che avevo inconsciamente trattenuto.
Copro il buco creatosi con i cavi e mi allontano dalla zona.
Cavolo, sono proprio un avventuriero nato, dovrei davvero scriverci una storia.
Avevo ragione, l’oggetto è una chiave. La ispeziono e noto con stupore che dall’aspetto sembra appena stata forgiata.
Chi l’avrà messa dentro la presa, rischiando di folgorarsi?
Ok, direi che l’esplorazione può terminare qui, è ora di riunirmi con gli altri.
Controllo che la porta d’ingresso sia chiusa a chiave, così per scrupolo. Non sono per niente spaventato. Attraverso la doppia porta, lasciandola aperta ad illuminare la zona ombrosa. Percorro il corridoio e passo di fronte alla camera di Lilah, dove la stessa musica pop di prima riecheggia oltre le porte. Provo a bussare.
“Ragazzi, smettetela di fare zozzerie, è ora di uscire di lì!”, esclamo, senza ottenere risposta. Resto interdetto per un attimo, poi mi volto e proseguo verso la mia camera.
Afferro la maniglia e mi fermo. Non c’è più luce.
Avverto qualcosa, una sensazione strana. Improvvisamente sento i peli del collo rizzarsi, e una scarica di brividi pervade il mio corpo, da capo a piedi. Con la coda dell’occhio posso vedere la porta del corridoio, distante da me una decina di metri. Non è come dovrebbe essere, qualcuno l’ha chiusa.
Entrambe le porte sono serrate, e qualcosa si pone di fronte ad esse. Riesco a sentirlo. È come un respiro che attraversa non solo le narici ma l’intero corpo, ogni poro della pelle.
Sento di dover correre, di dover fuggire.
Vorrei provare ad urlare, ma la musica pop è troppo alta e nessuno mi sentirebbe.
La mano resta salda sul pomello della porta, e ora come ora vorrei soltanto che lo ruotasse, ma resta salda e non si muove. Perché non si muove?
È come se non fossi più io a controllare me stesso, ma la cosa che mi osserva dieci metri più in là. Improvvisamente striscia, e colpisce il suolo. Striscia nuovamente e colpisce ancora. È un passo trascinato, quasi sofferto, debole. Non sento più la musica, sento solo la pressione dietro i miei occhi, il battito del mio cuore, e anche quella cosa sente solo il mio cuore.
Voglio chiudere gli occhi ma ho paura, non voglio. Se li chiudo, so che mi prenderà.
La sua presenza si fa più intensa, accresce su di me.
Ogni muscolo del mio corpo è teso, rigido, bloccato.
Comincio a distinguerne le forme, vedo una sagoma bizzarra, voglio andare via.
Ho bisogno di scappare, vi prego. Aiutatemi.
L’oscurità mi avvolge, quella creatura sta strisciando dietro le mie spalle.
Schiaccia il suolo, ringhia. Striscia.
Chiudo gli occhi.
Sto per morire.

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Capitolo 3
*** Sensazioni inquietanti ***


Apro gli occhi e vedo un soffitto, mi sento quasi intorpidito, come se avessi dormito troppo.
Cerco di localizzarmi e noto dai colori accesi delle lenzuola che sono nella mia camera da letto. Mi alzo lentamente, come se volessi fare attenzione a non rompermi le ossa. Provo una strana sensazione, simile ai postumi di una sbornia, come se i miei ricordi fossero offuscati. Dormivo? Quando è successo? Come, semmai, ho fatto ad addormentarmi?
Lentamente acquisisco il controllo dei miei sensi, e sento il suono dell’acqua scorrere nella doccia. È Marcus? Dal soggiorno proviene un vociare di giovani, saranno gli altri che hanno cominciato a bere senza di noi. Stronzi.
Mi alzo, guardando con cautela dove metto i piedi. Non voglio rischiare di crollare al suolo, finirei per rompermi qualcosa, i dottori mi hanno avvertito riguardo la fragilità delle mie ossa.
“Ma… Marcus? Sei in bagno?”, mugugno, ancora senza forze.
Dio, ma cosa mi è successo? Sono uno straccio.
Sono stato drogato? Ma è impossibile, in quale lasso di tempo sarebbe potuto capitare?
Vado verso la porta del bagno, e ruoto la maniglia. Si libera una notevole quantità di vapore, intrappolato nella stanza angusta. L’acqua continua a scorrere, e io mi avvicino alla tendina. Continuo a sentirmi intorpidito, ma proseguo, perché ho bisogno di Marcus. Devo chiedergli cosa mi è successo.
Allungo la mano e le mie dita toccano la tendina che copre la doccia. Afferro un lembo di tessuto e scorro lentamente. Vedo una gamba, è muscolosa, con poco pelo. Man mano che sposto la tendina vedo più parti di quel maestoso corpo e lo riconosco. Finalmente provo di nuovo familiarità con qualcosa. È Marcus, ricoperto di sapone.
I nostri occhi si incontrano, e non si separano più. Le sue mani accarezzano delicatamente ogni parte del suo corpo. Il petto possente, l’addome scolpito, fino a strisciare lungo il pene, eretto e scoperto. Entro nella doccia e lascio che i miei vestiti si sfilino.
Comincio a sentire il suo tocco, le sue carezze. Mi tocca dappertutto, mi desidera in ogni angolo. Si spinge nella mia bocca e geme, mentre le mani mi sfiorano e si insidiano in me.
Lo sento quasi dentro di me quando osservo lo specchio del bagno. Quello che vedo non è Marcus, ma qualcosa di più grande, più imponente, oscuro e maligno. Io… non sono io.
Il ragazzo nel riflesso è… PAPA’?
 
Apro gli occhi e attorno a me ci sono Parker, Lilah, Tess e Marcus.
Sento qualcosa di umido sulla fronte, forse ho una fascia bagnata.
I ragazzi sembrano preoccupati. Nei loro volti leggo preoccupazione.
“Ethan, stai bene?”, chiede Lilah, con la voce tremante.
Marcus mi stringe la mano.
Mi guardo intorno, sono steso sul pavimento del soggiorno. Siamo ancora nella baita.
“Cosa cazzo è successo?”, esulto, cercando di riacquistare i sensi.
I ragazzi si guardano confusi.
“Ti abbiamo trovato steso a terra, vicino al cavo della stufetta. Improvvisamente è saltata la luce e tu eri qui, con il cavo vicino...-, spiega Marcus, continuando a stringere la mia mano.
Tess si allontana e torna poco dopo con un bicchiere d’acqua.
Riesco a farmi sollevare e mi siedo con la schiena appoggiata alla parete.
“Io… ho trovato una chiave, lì dentro”, spiego, ma quando indico la fessura nella parete c’è solo una normale presa della corrente. Cosa? Dov’è finito il buco che ho fatto prima? Passo una mano nelle tasche dei pantaloni, sono vuote.
Gli altri mi guardano confusi, e vorrei schiaffeggiarli.
“Giuro, non mi volevo suicidare”, li rassicuro, e guardo Marcus negli occhi. Lo riconosco, ora è lui che mi fissa.
“Credetemi, credimi… ho visto qualcosa. È stato tutto così… cazzo, surreale”.
Tess mi stringe la mano.
“Cos’hai visto?”, chiede. Ha le pupille completamente dilatate, come se avesse assunto qualche droga estrema o fosse sotto l’effetto dell’adrenalina.
Esito a rispondere e mi stacco dalla sua presa.
Ho bisogno di respirare.
“Fatemi uscire, non respiro qui”, ordino, chiedo, non lo so nemmeno io.
Parker controlla la porta d’ingresso, ma sembra incerto.
“Sta nevicando di brutto, è pericoloso aprire la porta ora”, dice, chiudendola a chiave.
Chiudo gli occhi un istante poi li riapro.
“Allora aprite un po’ la finestra o soffoco”, replico.
Lilah mi aiuta ad alzarmi e mi accompagna alla finestra, dove posso riprendermi e respirare aria pulita.
Di fuori c’è una tempesta di neve, così forte che ha coperto quasi totalmente la nostra macchina. Fa freddo, l’aria è graffiante.
Continuo a guardare fuori finché non mi sento meglio. Sento in sottofondo gli altri che parlano e che provano a chiamare i soccorsi, ma i telefoni non prendono.
Non voglio voltarmi, preferisco restare a fissare il vuoto, che pare quasi più reale di ciò che è alle mie spalle.
Sento le braccia di Marcus, il suo calore, mi sta stringendo e mi bacia il collo.
Quando mi sento in grado di camminare faccio un lungo e profondo respiro, mi volto e cominciò a pensare a come sopravvivere a questa notte.
 
“Vi giuro che ho avuto uno dei sogni più fuori di testa di tutta la mia”, dico, sorseggiando un po’ di birra fresca. Ci siamo ripresi leggermente e abbiamo cominciato a giocare a carte. La serata sembra essersi ripresa, e sono contento di non aver rovinato nulla.
Prima pensavo che qualcuno mi volesse uccidere o di essere impazzito, sono contento di stare meglio. Non riesco a ricordare il sogno in modo lucido, ho solo qualche sprazzo di immagini, poi non vedo più nulla. Preferisco smettere di pensarci.
“Hai rischiato grosso, scemo”, commenta Parker.
Marcus è seduto accanto a me e mi stringe silenziosamente con un braccio.
Non volevo che si preoccupasse, averlo vicino mi rilassa parecchio.
Mi ricorda quasi com’era stare con i miei vecchi amici, prima che iniziassi il college.
Tess e Lilah discutono le tattiche di gioco, e Parker cambia canzone sul telefono, collegato ad una cassa Bluetooth.
Ho bisogno di fare pipì, quindi mi scuso con gli altri e vado in camera mia.
Il corridoio mi trasmette un senso di pericolo, è come se ricordassi di qualcosa di brutto, ma non so cosa. Sto per entrare in camera quando qualcuno mi strattona.
È Parker.
“Ehi”, lo saluto, leggermente confuso.
Lui ricambia il saluto e mi lascia andare.
“Volevo assicurarmi che non cadessi all’improvviso”, dice sorridendo.
“Grazie Park, sto bene ora”.
Entro in camera e lui mi segue, chiudendosi la porta alle spalle.
Io e Parker siamo amici, ma non abbiamo mai approfondito il nostro rapporto più del dovuto.
Lui è sempre stato particolarmente legato a Lilah, e al resto della scuola. Sì, ci siamo divertiti quando uscivamo tutti insieme, però lo vedo solo come un normale amico. Vorrei che fossimo più uniti, ma è passato solo un anno, c’è ancora tempo.
Vado in bagno, piscio e mi pulisco le mani.
Prima di uscire sposto la tenda della doccia e controllo di essere solo.
Mi avvicino alla porta del bagno, rimasta socchiusa, e vedo qualcosa di strano.
Parker tiene qualcosa premuto sul naso, come se la annusasse. È di spalle, ma riconosco cos’ha in mano: un mio paio di mutande.
Sobbalzo, ma cerco di non fare rumore e trattengo il fiato.
Con l’altra mano sembra che si stia... toccando?
Che cazzo stai facendo, Parker?
Afferro la maniglia della porta e la richiudo, per dargli il tempo di fermarsi, poi fingo di non aver visto niente e riapro la porta. In camera non c’è più nessuno.
Controllo bene ogni angolo, ma sono solo.
Il mio zainetto è aperto, mi ci avvicino. Sembra che non manchi niente, le mutande ci sono   ed è tutto in ordine.
Sto avendo una serie di allucinazioni o le mie voglie sessuali si stanno proiettando nella realtà?
Forse ho solo bisogno di dormire, magari in un’altra camera, questa mi dà i brividi ormai.
Dal soggiorno provengono le risate degli altri e qualcosa nella mia testa scatta, come se avessi un déjà-vu. Non ho ancora pensato di prendere un’aspirina, ma sono certo di non aver preso medicinali. Marcus dove aveva lasciato lo zaino?
Controllo nell’armadio, ma è vuoto. Provo a guardare sotto il letto e lo trovo. Caspita, ha paura che qualcuno vada a frugare tra le sue cose?
Mi sento un po’ in colpa ora, ma cerco solo un’aspirina. Marcus è un personal trainer, deve avere per forza qualche medicina con sé.
Tiro la zip dello zaino e comincio a cercare. Tasto qualcosa di duro, forse una scatola?
Uso la torcia del telefono per farmi luce e scopro cos’è l’oggetto che sto tastando: una pistola.
“Ma che cazzo…?”, dico tra me e me, sconvolto. Non ho mai visto una pistola dal vivo, e questa sembra essere professionale. Pesa un sacco, quindi la lascio nello zaino.
Mi sono assentato da troppo ormai. Rimetto lo zaino sotto il letto e lascio la camera.
Perché Marcus si sarebbe portato appresso un’arma? Non mi è mai sembrato il tipo di persona che potesse usare una pistola. Sono scioccato, sento le mani tremarmi, ma finché non scopro le sue intenzioni non posso mostrare il mio timore.
Torno in soggiorno, e trovo solo Marcus, ironicamente. Si è addormentato.
Questa è proprio una vacanza di merda. E dove sono finiti gli altri?
Devo avvisarli.
Sgattaiolo nella camera di Tess, ma è chiusa a chiave.
“Tess?”, sussurro, sperando che mi senta, “Sono Evan”.
Non ottengo risposta e comincio a chiedermi se non siano andati via tutti.
Mi chiedo anche se non stia partecipando ad un prank show, perché finora è stato tutto troppo sospetto e incredibile.
Vado a mettermi il giubbotto, e corro alla porta d’ingresso. Marcus è ancora steso sul divano, immobile. Il fuoco del camino arde, e ha scaldato tutta la stanza.
Provo ad aprire la porta d’ingresso ma è bloccata.
Parker, l’ha chiusa prima. Ma dove ha lasciato la chiave? Se la sarà messa in tasca, quell’idiota.
Mi volto a guardare la fine del corridoio, dove una porta mi separa dalla sua camera da letto. Improvvisamente ho paura di svegliare Marcus, come se avessi realizzato solo ora che si è portato dietro una pistola. Sto con uno psicopatico? Vuole ucciderci tutti?
Ricordo una conversazione che abbiamo avuto tempo fa…
“Ti è mai capitato di sentirti in pericolo?”, mi chiese lui.
“Non recentemente, anche se da piccolo avevo paura di perdere la mia famiglia.”
“E i tuoi amici, ti fanno sentire bene?”
“I tuoi?”
“Ne ho pochi, ma so di poter contare su di loro.”
“Lo stesso vale per me. Questi ragazzi mi vogliono bene, lo sento.”
Forse è ossessionato da Parker, Lilah e Tess. Forse io sono solo un mezzo per arrivare a loro. Oppure Parker si è scopato qualche ex di Marcus, in preda ad una crisi sessuale?
Sto dando di matto, dovrei semplicemente svegliarlo e chiedergli spiegazioni.
Mi avvicino al divano e appoggio la mano sulla sua spalla, scuotendolo leggermente.
“Marcus, svegliati.”
Continua a dormire. Lo strattono.
Perché non si sveglia?
Mi accorgo che sta sbavando e cerco di stenderlo sul lato. Non può essere in coma etilico, avrà bevuto sì e no una birra.
La sua lattina è rovesciata per terra.
Sta male?
Devo farlo, per quanto disgustoso, non posso lasciarlo così.
Gli apro la bocca e infilo due dita fino in fondo alla gola. Le muovo intorno, sperando di provocargli un conato.
Finalmente vomita e mi assicuro che resti di lato, per evitare che si soffochi.
“Marcus cos’è successo?”
Lui fatica a parlare.
“Scappa, Evan, mi hanno drogato.”
Cosa?
“Chi ti ha drogato?”
“I tuoi amici. Loro non sono chi dicono di essere, devi scappare.”
Ma di cosa sta parlando? Perché insinua che siano capaci di drogarlo?
“Marcus, non ti seguo. Come mai avrebbero dovuto farlo?”
“Tu… non posso. Devi scappare, ora!”
Sembra che stia trattenendo delle informazioni. Comincio ad avere paura.
“Questa cosa non ha senso, ne ho le palle piene di questa serata, ora vado a chiamare i ragazzi.”
Marcus mi tira a sé.
“Non farlo. Ti prego, scappa.”
“Marcus, mi stai spaventando, forse hai avuto un incubo.”
“Non capiresti, Evan.”
“Già. Non capisco perché sei venuto qui con una pistola e ora vuoi che me ne vada. Penso che dovrei chiamare la polizia.”
“Quella era proteggere te, ma ho abbassato la guardia e mi hanno drogato.”
Voglio che condivida più informazioni, quindi lo tento.
“Adesso chiamo Lilah.”
Lui cerca di tenermi fermo nuovamente.
“Non puoi, Evan. Quei ragazzi non sono reali, vogliono farti del male.”
È impazzito, e devo allontanarmi immediatamente.
“Marcus, tu non stai bene.”
Provo ad andarmene ma lui si alza e mi raggiunge. Grido in cerca di aiuto, ma devo vedermela da solo. Dove diavolo sono finiti gli altri?
“Non posso lasciarti”, ripete Marcus. Suona minaccioso.
Esito un istante, poi scappo verso il corridoio. Provo di nuovo ad aprire la porta della camera di Tess, ma è chiusa. Corro verso la mia ed entro. Me la chiudo alle spalle.
“Parker! Lilah! Tess!”, urlo. Nessuna risposta. Cazzo.
Marcus prova ad entrare, si getta di peso contro la porta, che non regge sotto il peso.
Merda, sta per entrare. Cosa vuole farmi?
Penso che la porta sia sul punto di cedere quando non sento più rumori.
Tutto diventa silenzioso. L’unica cosa che sento è il mio battito, forte come non mai.
Oltre la porta è come se non ci fosse più nessuno.
Indietreggio e inciampo sullo zaino di Marcus. Cado a terra, ma fortunatamente non mi ferisco. Lo avevo messo sotto il letto, chi l’ha spostato?
Il silenzio viene infranto da un forte respiro, quasi disumano. Pervade tutto il mio corpo e mi provoca intensi brividi. Qualcosa sta grattando la porta. Sento graffiare, come se degli affilati artigli stessero intagliando un messaggio nel legno. Poi un colpo secco alla porta, che comincia ad aprirsi lentamente.
Non sono io a reagire, ma il mio istinto di sopravvivenza. Prendo lo zainetto e cerco la pistola. La stringo tra le mani e punto verso la porta. Non so se la sto maneggiando bene, non so cosa sto facendo, ma premo il grilletto. Un’onda d’urto mi spinge indietro, e un fulmine irradia la stanza come un flash della macchina fotografica.
Il suono dello sparo mi assorda.
Ho paura di muovermi, ma devo scappare. Non posso più restare qui dentro.
Avanzo a gattoni verso la porta. Ho ucciso Marcus? L’ho solo ferito?
Controllo il pavimento del corridoio, è pulito, non c’è un corpo.
Allora è ancora vivo? Forse non l’ho colpito ed è scappato.
Avverto una nebbia di energia negativa, e temo di non riuscire a rialzarmi.
Stringo salda la pistola e faccio un profondo respiro.

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Capitolo 4
*** Una verità distruttiva ***


Provo ad entrare in camera di Lilah ma è ancora chiusa a chiave.

Non capisco perché i ragazzi continuino a sparire, o perché le loro camere siano costantemente inaccessibili.

Mi guardo alle spalle, sono ancora solo.

Ricordo di aver visto su CSI che sparando al pomello di una porta, si riesce ad aprirla.

Punto l’arma e mi sento un folle: sto sparando in giro per la baita, ho quasi ucciso il mio ragazzo e qualcuno vuole uccidermi. Non indugio ulteriormente. Quando premo il grilletto l’energia del colpo mi pervade. Resisto al rinculo della pistola e schivo i frammenti del pomello, che esplodono dappertutto.

Le fondamenta della casa cigolano e con una spinta energica riesco ad aprire la porta. Percepisco un odore che mi brucia quasi le narici, talmente è forte. Fumo?

I miei occhi tentano di adattarsi alla nebbia e quello che vedo dentro la camera mi sconvolge.

Jenna, Bridget e Tyler sono seduti in cerchio, circondati da decine di candele nere.

Sussurrano una specie di preghiera o cantilena.

Resto in silenzio ad osservare questa scena surreale.

In mezzo al cerchio, sul pavimento, è stato dipinto un simbolo con della vernice rossa.

Le loro voci diventano sempre più forti. Il mio cuore batte forte, e la testa pulsa come se dovesse esplodere. Cosa sta succedendo?

“Ragazzi, ho paura, che cazzo fate?”, grido con voce tremante.

Jenna mi volge lo sguardo.

“Lascialo entrare Evan, tu sei la chiave”.

L’espressione sul suo volto mi terrorizza. E’ pallida, ha gli occhi vitrei.

“Di cosa stai parlando?”.

“Insomma, quanto manca?”, chiede impaziente Tyler. Non lo riconosco, nessuno di loro. E’ come se mi stessero facendo uno scherzo, ma qualcosa di maligno aleggia nell’aria, e temo che mi voglia prendere. Ho paura che questa sarà la mia ultima notte. Ho paura di non poter più rivedere i miei genitori, mia sorella, i vivi.

Avverto una spinta alle spalle, e vengo gettato sopra il marchio rosso. Una forza invisibile mi schiaccia contro il pavimento, talmente scricchiolante da sembrare vivo.

“Porta pazienza, cazzo. Dobbiamo mostrare rispetto”, risponde Jenna. Tyler serra la bocca, e torna a guardare per terra, ripetendo quelle parole…

Belzebù, signore degli Inferi, ti preghiamo di ascoltare il nostro richiamo e di accettare come dono questo corpo vergine. La sua carne sarà per te una nuova casa da abitare, abbandonata e deserta come quella in cui ci troviamo oggi. Possiedi il nostro sacrificio e risorgi, ti invochiamo.

Belze-cosa? Inferi? Corpo vergine, io?

Fottuti psicopatici. Provo ad alzarmi, ma è impossibile. Qualcosa mi tiene fermo, e diventa sempre più forte. Intorno a noi vibra tutto, come se stessimo assistendo ad un violento terremoto.

“Io non sono vergine, puttana”, urlo a Jenna, che è l’unica in piedi. Sarà il capo di tutto? E’ una cazzo di strega?

Lei si inginocchia e mi guarda con disprezzo.

“Ma non hai neanche mai scopato con una ragazza.”

“Sei una pervertita, cosa pensi di ottenere con questa messinscena?”

“Tu ancora non capisci. Stai per andartene, Riccardo. Tuttavia non morirari, no. Soffrirai per l’eternità.”

Riccardo? Come fa a saperlo? Non l’ho mai detto a nessuno e ho coperto troppo bene le mie tracce. Per quella famiglia sono come un fantasma.

Forse Jenna capta i miei pensieri.

“Ti starai chiedendo come faccio a sapere il tuo vero nome.”

Già, Jenna, è una delle tante cose che mi sto chiedendo.

“Il pezzo forte è il tuo cognome, tanto dannato quanto fortunato… ma si tratta veramente di fortuna, di impegno e dedizione? Scommetto che non ti sei mai chiesto da dove sono usciti tutti quei soldi, tutta la notorietà, perché non sei nient’altro che un privilegiato pezzo di merda, come gli altri Cassini. Assassini, bugiardi e depravati.”

Non seguo il discorso di Jenna, è come se mi mancassero delle informazioni importanti.

Come conosce la mia famiglia così bene?

Si toglie il mantello nero che l’aveva coperta fin’ora, poi sfila il maglione e la canottiera, rivelando un profondo squarcio lungo l’addome. Sembra quasi cicatrizzato, ma è come se la pelle avesse smesso di guarire, come se fosse morta.

Come ho fatto a non notarlo in un anno? Dev’esserci sicuramente stata più di un’occasione per accorgersene. Forse l’ha nascosto bene, oppure non la conosco come credevo. Vedere quel buco mi fa rivoltare lo stomaco, dev’essere estremamente doloroso.

Mi pare quasi di vedere qualche insetto uscire dalla ferita.

Jenna è circondata da un odio sinistro.

“Sai chi è stato?”, chiede, guardandomi.

Non so cosa rispondere, veramente.

“Jenna, ascolta, non capisco cosa succede. Chi ti ha fatto questo? Come mai volete uccidermi? Sono vostro amico!”

Lei sospira.

“E’ stata la tua famiglia, Evan: papà e nonno, fratelli e cugini. Tutta la società dei Cassini, in un disperato tentativo di evocare ricchezza e fama. Ci sono riusciti, non trovi? Hanno sbudellato una ragazza innocente e l’hanno sacrificata a Belzebù, il signore del dolore, del buio, dell’Inferno. Pensi che la vostra ricchezza sia nata dalle capacità della tua famiglia? No. E’ nata dalla follia dei tuoi consanguinei. Il fatto è che Belzebù non accetta mai un solo dono, né lo farà mai, perché lui vorrà sempre più di un tributo, per continuare a prendersi gioco di noi.”

“Quando ho aperto gli occhi, mi sono ritrovata in un luogo talmente oscuro da non poterlo immaginare. Dimentica quello che hai visto nei film e nelle serie TV, perché l’Inferno vero comincia già nella Terra dei Vivi e peggiora nel Regno dei Morti. Belzebù mi ha dato un’altra opportunità, e io l’ho ricambiato fornendogli un mezzo per risorgere in questo mondo, nonostante la lunga ricerca.”

In questo momento non sono certo di capire quello che mi sta dicendo Jenna, forse per la paura, per lo stress, per il dolore, o per la sensazione di essere impotente di fronte al male.

“E quel mezzo sarei io?”, chiedo. Sono disperato. Voglio solo svegliarmi e realizzare che è stato tutto un incubo. Perché sono qui? Chi sono queste persone?

“Avevi tutte le carte in regola, Evan: il tuo sangue, le generazioni prima di te... hanno già avuto un contatto con Belzebù. Può trasferirsi più facilmente, in questo modo. Ho dovuto attendere un anno, le condizioni giuste e il luogo perfetto, perché Belzebù potesse reincarnarsi in te… ed è mezzanotte passata, quindi il mio rituale è quasi terminato. Dobbiamo solo attendere il suo arrivo, ed è già molto vicino. Lo avrai sentito, questa notte, farsi sempre più invadente. Scava nella tua mente, ti tenta, ti seduce, poi ti divora.”

Non so se ciò che dice sia vero, o se si basi su qualche fondo di verità, ma le cose che ho visto stanotte sono inspiegabili, e quella creatura… ora la vedo dappertutto, come se stesse prendendo vita dal mio incubo.

Mi guardo intorno, cerco una via di fuga, ma l’unica è alle spalle di Jenna. Se riuscissi ad alzarmi potrei scappare e gettarmi dalla finestra del soggiorno. Tyler mi prenderebbe subito, cazzo.

A proposito…

“E loro due? Come li hai convinti? Sono morti anche loro?”

Ora ho l’attenzione di tutti.

Bridget parla con voce tremante.

“Con il tuo sacrificio avremo finalmente quello per cui abbiamo lavorato tanto, la giustizia. Tutti brillano per aver barato, mentre quelli come me restano secondi, ultimi. Dopo questa sera non sarà più lo stesso, credimi.”

“Okay ragazzi, capisco come vi sentite, davvero. So che pensate che io sia un viziato riccone che non ha mai dovuto preoccuparsi dei problemi della vita, ma io non sono quella persona. Ho sempre voluto distanziarmi dalla mia famiglia, per questo motivo. Forse sapevo, nel profondo, che c’era qualcosa di strano sotto. Oltre al sangue e al cognome non condivido niente con quelle persone, lo giuro.”

Tyler mi interrompe.

“Chiudi la bocca, finocchio. Quando vuoi morire, cazzo?”

Resto immobile, sono terrorizzato.

Sto lentamente e dolorosamente accettando che presto sarò morto.

Ho solo paura di soffrire tremendamente.

Avverto un cambio brusco di temperatura, e improvvisamente il mio intero corpo rabbrividisce dal freddo.

Fatico a vedere intorno a me, anche se non voglio vedere realmente cosa succede.

Chiudo gli occhi, ma so che Belzebù sta calando su di me, e che si sta per cibare della mia anima. Voglio bene a tutti, e accetto il mio destino. E’ ingiusto, ma se quello che dice è vero, Jenna ha ragione. Ha trovato in me la vendetta perfetta. Se la mia famiglia ha fatto veramente queste cose terribili, non riuscirei a vivere ad ogni modo. Guarire sarebbe impossibile, quindi preferisco soffrire… finché di me resterà solo il grido del dolore.

Ad un tratto, dei forti colpi esplodono attorno a me. La fine del mondo.

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Capitolo 5
*** La Scoperta ***


Sono nervoso all’idea di apparire in pubblico. Fino ad oggi ho solo immaginato di trovarmi di fronte ad una folla tranquilla e silenziosa, ma fuori dalle porte scorrevoli sono tutti agitati e ansiosi di vedermi.

Non ho paura di loro, ma di me, di mostrare loro chi sono veramente.

La prima volta che hanno saputo di me è stata anche l’ultima, fino ad oggi.

Le testate giornalistiche riportavano tutte le stesse informazioni.

Ragazzo sopravvive a tentato omicidio da parte di gruppo di satanisti.

Satanisti sacrificano ragazzo al diavolo, ma la guardia del corpo li ferma.

Carter Donovan, guardia privata, ha lavorato sotto copertura per conto dei Cassini e si è insinuato nella vita personale di Riccardo, loro figlio e vittima del racconto, per assicurarsi che non gli capitasse nulla di male: la terribile vicenda.

Un attimo… ed ero sulle bocche di tutti.

Ho pochi ricordi di quello che è successo al mio risveglio, ma so che Joseph… che Carter, mi ha salvato. Ha sparato prima a Jenna, colpendola in testa, poi dopo una colluttazione ha ucciso anche Bridget e Tyler, spedendoli tutti all’Inferno… a casa.

Quello che mi chiedo è come ha fatto Jenna a morire, se era già morta.

Sento di dover rispolverare il passato della mia famiglia, e ho bisogno di risposte a tutte le domande che ancora si celano nella mia mente, ma ora come ora voglio solo concentrarmi sul futuro. Forse, un giorno, quei punti di domanda saranno solo punti.

Oggi scrivo la mia storia giorno dopo giorno, un’emozione dopo l’altra, e sto lentamente accettando che ad alcune domande non spettano risposte.

Faccio un profondo respiro ed esco dal mio nascondiglio.

La libreria sta per aprire.

Oggi, ho una storia da raccontare.

 

La Scoperta, di Riccardo Cassini.

 

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