Non Fa Male

di Miharu_phos
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo ***
Capitolo 8: *** Capitolo Ottavo ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nono ***
Capitolo 10: *** Capitolo Decimo ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undicesimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodicesimo ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredicesimo ***
Capitolo 14: *** Capitolo Quattordicesimo ***
Capitolo 15: *** Capitolo Quindicesimo ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***


 

Riccardo frequentava la seconda media quando arrivò nella sua classe un nuovo compagno.

 

Si chiamava Gabriel Garcia ed aveva tredici anni, come Riccardo, ma presto ne avrebbe compiuti quattordici, di pari passo al resto della classe.

 

Il ragazzino nuovo era strano, sembrava diverso dagli altri compagni di classe, pensava Riccardo.

 

Era molto silenzioso, ma forse era soltanto timido perché non conosceva ancora nessuno.

 

Stava sempre solo e, forse perché non riusciva a mettersi in pari con le materie, non faceva mai i compiti assegnati per casa.

 

I professori non gli stavano troppo addosso, gli parlavano con dolcezza e non veniva mai rimproverato.

 

“Solo perché è nuovo” pensava Riccardo.

 

Quando durante le interrogazioni venivano chiamati uno ad uno gli studenti, Gabriel non veniva mai interpellato.

 

Riccardo in effetti non aveva mai sentito il suono della sua voce se si soffermava a pensarci.

 

Durante la ricreazione non mangiava nulla e, spesso, trascorreva tutti i quindici minuti concessi in bagno.

 

Tutti in classe pensavano che fosse un tantino strano ma nessuno effettivamente ci aveva mai parlato.

 

Riccardo era stranamente incuriosito da quel ragazzino, spesso si era anche chiesto se non avesse per caso dei problemi a livello mentale.

 

Se lo domandava perché alle elementari aveva in classe un bambino con problemi a cui erano riservati sempre dei trattamenti speciali, molti più di quelli riservati a Gabriel ovviamente.

 

In effetti non è che i professori facessero tutti questi favoritismi nei suoi confronti: si limitavano a lasciarlo in pace, senza mai interpellarlo o interrogarlo, quasi come se non esistesse.

 

A lui era tutto scusato, anche se si rifiutava di leggere durante le lezioni.

 

In che modo si rifiutava se non parlava mai, vi chiederete? 

 

Scuoteva semplicemente la testa, tenendo il volto basso.

 

I professori annuivano inteneriti e passavano oltre, chiamando altri compagni.

 

Ma non finiva qui.

 

Gabriel era sempre l’ultimo ad entrare ed uscire dall’aula e grazie a questa sua abitudine spesso i professori si fermavano in classe a parlare con lui.

 

Il ragazzo però raramente apriva bocca: se qualche volta lo aveva fatto era stato per pronunciare monosillabi, che Riccardo non aveva potuto ascoltare dato che l’unica angolazione da cui poteva spiarlo era fuori dalla classe, una volta suonata la campanella.

 

Certe volte Gabriel lo aveva guardato.

 

Se ne accorgeva quando qualcuno che si trovava davanti a lui lo stava spiando e rivolgeva sempre al guardone di turno uno sguardo ferito, pieno di dolore.

 

Riccardo era molto toccato da quel tipo di sguardo e per questo se capitava che riuscisse a spiarlo cercava di essere il più discreto possibile, per non offendere il compagno.

 

Se ci si trovava invece di fianco, o ancora meglio dietro di lui, Gabriel non si muoveva: avrebbe dovuto voltarsi, e non sembrava così tanto sfrontato, anzi non lo era affatto.

 

Che fosse così tanto timido da vergognarsi addirittura di un gesto tanto banale? 

 

Che non volesse sembrare irrispettoso verso l’insegnante? 

 

Insomma, il ragazzo si era veramente domandato di tutto nella propria testa, cercando di scoprire il più possibile su quel nuovo compagno che rimaneva sempre fermo e in silenzio.

 

Poi un giorno si era avvicinato ad alcuni compagni che confabulavano in gruppo, guardando ogni tanto dalla parte dove era seduto il ragazzino nuovo.

 

-Non lo avevate capito? È povero, si capisce dalla sua divisa e dalle scarpe- mormorò uno dei ragazzi, con in viso un’espressione schifata.

 

-Già ed è anche gay secondo me! Quando si soffia il naso sporca i fazzolettini di fondo tinta, lui li appallottola subito ma io lo vedo sempre- aggiunse un altro.

 

-Vuoi dire che si trucca? Che schifo!- intervenne un altro ragazzo, guardando di nuovo nella direzione di Gabriel.

 

-Che cos’hanno che non va le sue scarpe e la sua divisa?- domandò Riccardo, confuso.

 

Gabriel indossava una normalissima divisa blu e le scarpe uguali alle sue, esattamente come quelle degli altri studenti.

 

-Ma non vedi che la divisa gli sta grande? E poi guarda le scarpe, sono tutte rovinate, sono sicuramente di seconda mano- spiegò il ragazzo, facendo inarcare un sopracciglio a Riccardo che si voltò subito per controllare se fosse vero.

 

-Secondo me sono tipo di un fratello più grande o di un cugino- ipotizzò un altro degli amici.

 

Riccardo osservò attentamente l’abbigliamento del ragazzo ed appurò che in effetti la divisa doveva essere molto più grande della sua taglia e che le scarpe erano visibilmente consumate e rovinate.

 

-Vedrete quando faremo educazione fisica. Secondo me non porta nemmeno la tuta quello- disse un altro ragazzo con cattiveria.

 

-Ecco perché alla ricreazione se e va in bagno, si vergogna a far vedere che non ha niente da mangiare-  aggiunse un compagno.

 

Riccardo smise di fissare Gabriel perché, nonostante grazie alla lontananza non potesse sentire le cattiverie che dicevano di lui, il ragazzo si era accorto di essere osservato e si era messo con la testa sul banco, affondando il viso in mezzo alle braccia, come se volesse dormire.

 

-Ragazzi basta, mi sa che ci ha sentiti- disse uno dei compagni.

 

Il gruppetto si disciolse ed ognuno tornò al proprio posto, poco prima che la campanella suonasse per segnalare la fine della ricreazione.

 

Riccardo si sentiva incredibilmente in colpa verso il ragazzino nuovo perché era consapevole di aver contribuito ad offenderlo.

 

Lui avrebbe tanto voluto parlargli e farci amicizia, cercare di includerlo nella classe.

 

Ma temeva la disapprovazione dei compagni e poi, se quelle voci fossero state vere, si sarebbe vergognato a farsi vedere insieme a lui.

 

Tutti lo escludevano, lui stesso si escludeva da solo e forse lo faceva perché sapeva di essere diverso.

 

Ma Riccardo provò talmente tanta pena per lui quel giorno da non riuscire a smettere di pensarci, neanche quando ritornò a casa.

 

Il pensiero di quel ragazzino così sofferente lo affliggeva, sentiva di doverlo aiutare in qualche modo ma aveva paura.

 

Che cosa poteva fare? 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


 

Da quando i compagni di classe di Riccardo avevano fatto quelle osservazioni sul nuovo arrivato, il castano non aveva potuto fare a meno di osservarlo ancora di più, spesso col rischio di sembrare maleducato.

 

Certo, non avrebbe mai voluto offenderlo in alcun modo, sapeva che fissare le persone è da maleducati e certamente non voleva metterlo a disagio, non proprio Gabriel che si teneva già a distanza da tutti quanti.

 

Insomma, Riccardo non avrebbe mai voluto mancare di rispetto al nuovo compagno ma, nonostante i suoi sforzi di guardarlo il meno possibile stando sempre attento a non farsi scoprire, ogni volta che poteva girava lo sguardo verso di lui, avvantaggiato dal fatto che fossero seduti alquanto lontani l’uno dall’altro.

 

Infatti Gabriel era solo qualche banco più in là rispetto a Riccardo, ma considerando tutti gli studenti seduti fra di loro il castano si trovava in un ottima angolazione per studiare il piccolo ragazzino nuovo, poiché dal punto in cui si trovava il suo banco poteva sembrare che lui stesse guardando qualcun altro.

 

In ogni caso Riccardo sapeva che Gabriel non si sarebbe mai voltato verso di lui: pur sapendo di trovarsi gli occhi di mezza classe puntati addosso, il ragazzino dai lunghi capelli rosa non si era mai girato a guardare nessuno, anzi, se ne stava quasi sempre ricurvo sul banco, fingendo di leggere qualcosa.

 

Era passata solo una settimana dall’arrivo del nuovo compagno e, come aveva predetto l’amico di Riccardo, durante la lezione di ginnastica il ragazzo disse di non sentirsi bene per non fare educazione fisica.

 

-Ve lo dicevo, quello non ha neanche la tuta- disse beffardo il ragazzo ai suoi amici, facendo scricchiolare il cuore di Riccardo che non poté fare a meno di provare profonda pena per il ragazzino deriso.

 

Decise quindi dentro di sé che la settimana successiva avrebbe preso uno dei suoi doppioni di tuta che aveva ammassato a casa nei cassetti e che lo avrebbe messo di nascosto nell’armadietto di Gabriel, così che anche lui avrebbe potuto fare palestra con gli altri.

 

Ma quando arrivò il tanto atteso giorno di educazione fisica e Riccardo si infiltrò negli spogliatoi dieci minuti prima della sua classe, rimase perplesso nel trovarsi davanti un completo nuovo, ripiegato accuratamente e riposto nell’armadietto di Gabriel.

 

Se il ragazzino aveva il necessario per fare palestra, perché non lo usava? 

 

Riccardo non riusciva a capire.

 

Inoltre un giorno, uno di quelli in cui i professori si fermavano in classe a parlare con Gabriel alla fine delle lezioni, Riccardo notò distintamente la professoressa di matematica porgere un mucchio di libri rovinati al ragazzino, che li infilò nello zaino dopo aver fatto un inchino di ringraziamento. 

 

La professoressa gli aveva accarezzato la testa intenerita e gli aveva detto qualcosa, ma Riccardo non era riuscito a capire, era troppo lontano.

 

Così si mise in testa che durante il ritorno a casa avrebbe seguito Gabriel, per scoprire se le voci sul suo conto fossero vere.

 

E fu molto turbato dallo scoprire che il tenero e silenzioso ragazzino dai capelli rosa fosse realmente povero, come dicevano i suoi compagni di classe.

 

Viveva in una casa visibilmente vecchia e rovinata, ai margini della città.

 

Il giardino era pieno di ciarpame e dal tetto mancavano alcune regole.

 

Riccardo si intristì nel constatare personalmente quanta strada dovesse fare a piedi ogni giorno il ragazzo, mentre lui si faceva accompagnare comodamente davanti al cancello di scuola tutte le mattine.

 

Ma non fu questo a ferire Riccardo, lui non avrebbe mai giudicato un bambino per le condizioni economiche della propria famiglia.

 

Quel che ferì il ragazzo fu sentire le urla isteriche provenire da quella casa non appena Gabriel vi ebbe fatto ingresso.

 

Non si riusciva a distinguere bene le parole ma si trattava certamente di insulti e imprecazioni, per non parlare dei rumori sinistri che provenivano da quelle mura.

 

Forse Gabriel aveva fatto arrabbiare i suoi genitori? Appena arrivato a casa ne aveva combinata una così grossa da farli infuriare?

 

Riccardo non riusciva a capire, tanto che ad un certo punto, stanco di quelle urla, aveva deciso di andare via.

 

Vedere Gabriel uscire di casa in lacrime però, lo bloccò.

 

Il ragazzino teneva fra le mani uno dei libri regalatogli dalla professoressa e tentava di rimettere insieme le pagine che erano state violentemente strappate via.

 

Fu la prima volta in cui Riccardo sentì la voce di Gabriel, o meglio, i suoi singhiozzi.

 

Il castano era pietrificato, non riusciva a muoversi.

 

Il cuore gli si stava stringendo in una morsa nel sentire quel pianto sommesso e nel guardare quel piccolo ragazzino cercare disperatamente di rimettere a posto un libro ormai distrutto.

 

Era disperato, si capiva che quella perdita per lui dovesse essere stata devastante.

 

Riccardo provava l’irrefrenabile desiderio di sbucare fuori dal suo nascondiglio e regalare il proprio libro di matematica al ragazzo, i suoi genitori gliene avrebbero certamente comprato uno nuovo all’istante.

 

Immaginava che Gabriel non avrebbe mai potuto avere il coraggio di raccontare alla professoressa quale fine avesse fatto uno dei suoi libri gentilmente concessi, e si sentiva addolorato per lui.

 

Infine decise di andar via e lasciare al ragazzo l’intimità che meritava.

 

Il giorno dopo gli avrebbe regalato il proprio libro e tutto si sarebbe risolto.

 

Riccardo purtroppo non immaginava che questo era solo un minuscolo assaggio di tutto quello che il povero Gabriel passava in casa.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***


 

La campanella della ricreazione era suonata e come da repertorio Gabriel si era alzato per andare a rifugiarsi alla toilette.

 

Nella confusione creata dai suoi compagni quindi, Riccardo ne approfittò per posare sul banco di Gabriel la propria merenda, lui avrebbe tranquillamente preso qualcos'altro dai distributori della scuola.

 

Attese pazientemente che il compagno ritornasse in aula per osservare la sua reazione e poterlo finalmente guardare mentre metteva qualcosa sotto ai denti, ma quando Gabriel ritornò al proprio posto non sembrò per nulla contento della sorpresa che lo attendeva.

 

Si guardò attorno timidamente mentre neanche si azzardava a toccare il pacchetto di snack che gli aveva regalato il compagno, il tutto sotto gli occhi di quest'ultimo che osservava la scena leggermente ferito.

 

Per poco Gabriel non incontrò il suo sguardo ma Riccardo si affrettò a voltarsi, non voleva fargli capire che era stato lui a donargli la merenda.

 

Il rosa prese delicatamente il pacchetto e lo ripose sotto al proprio banco, spingendo Riccardo a pensare che magari semplicemente non aveva appetito e che avrebbe mangiato più tardi.

 

Al termine delle lezioni però la merenda era ancora lì, e così Riccardo decise di appostarsi fuori dalla classe come suo solito, per osservare il ragazzino mentre rimetteva a posto le proprie cose.

 

Quando lo notò avvicinarsi al banco del castano per posarvi sopra il pacchetto ancora chiuso non riuscì a trattenersi e rientrò in classe con passo insicuro.

 

-Aspetta-

 

Gabriel alzò lo sguardo mentre si allontanava impaurito, così Riccardo fece qualche passo indietro, sperando di non spaventarlo.

 

-Scusami, non volevo metterti paura- si affrettò a mormorare il castano e l'altro abbassò lo sguardo, stringendo il pacchetto fra le dita mentre glielo porgeva, senza neanche guardarlo in faccia.

 

-Ti ringrazio- disse soltanto, emettendo finalmente la propria voce.

 

Non era una voce debole, né tanto meno femminile o soave come si sarebbe facilmente potuto pensare.

 

Era una voce normale, come la voce di un qualsiasi altro tredicenne, un po' acuta come è normale per i ragazzi che stanno entrando nell'adolescenza ma tutto sommato pacata.

 

Sembrava solo molto insicura e...rotta.

 

Riccardo spalancò gli occhi al sentire per la prima volta quella voce in modo così chiaro, senza pianti o sussurri.

 

Si rese conto di star facendo scena muta soltanto quando notò le braccia dell'altro cominciare a tremare mentre restavano tese per troppo tempo, porgendogli la merenda.

 

-Oh, scusami, sta tranquillo puoi tenerla, era per te-

 

Gentilmente abbassò le mani del ragazzo davanti a lui, facendolo scattare all'indietro in preda alla paura.

 

Era terrorizzato e Riccardo non riusciva a capirne il motivo.

 

-Non ne ho bisogno- mormorò con la voce che gli tremava -grazie- 

 

Prima che Riccardo potesse rendersene conto Gabriel gli era sfuggito, lasciando velocemente il pacchetto sul banco e scappando via.

 

Riccardo rimase immobile per qualche secondo, poi si decise a tornare a casa, in preda alla confusione più totale.

 

Teneva ancora sotto braccio il libro di matematica che voleva regalargli, se n'era completamente dimenticato.

 

Il suo autista lo aspettava fuori da scuola come al solito, così il castano montò in auto con il broncio sul viso, prendendo subito a guardare fuori dal finestrino con aria sconsolata.

 

La sua curiosità nei confronti del ragazzino nuovo era aumentata ancora di più e lentamente cominciò a provare un crescente desiderio di avvicinarsi a lui per conoscerlo, per poterlo aiutare a riuscire a farlo aprire un po' di più.

 

C'era qualcosa che lo tormentava, Riccardo lo aveva capito, e la scena alla quale aveva assistito il giorno prima fuori da casa sua ne era la conferma.

 

Certamente non aveva una vita serena in casa, quello si era capito; ma c'era qualcos'altro in lui, il ragazzo era riuscito a percepirlo.

 

Era come se il ragazzino fosse traumatizzato e spaventato da ogni cosa che gli stesse attorno, soprattutto dalle persone.

 

Quando Riccardo aveva provato a sfiorarlo lui si era scostato impaurito ed in quel momento il castano aveva capito che non doveva aver avuto una vita facile, soprattutto a scuola.

 

Si isolava di continuo, tutti gli parlavano alle spalle e lui tentava di non dare a vedere che ne era consapevole.

 

Era come se avesse un mondo tutto suo in cui rifugiarsi, uno immaginario, e da quel mondo sospeso in aria lui si lasciava consolare.

 

Ad un tratto Riccardo realizzò che non gliene importava niente dell'opinione dei compagni, lui voleva aiutare Gabriel e ci sarebbe riuscito; decise che il giorno dopo sarebbe arrivato in anticipo anche lui e che con la scusa del libro avrebbe tentato di fare amicizia.

 

 

 

 

 

 

Gabriel si controllava il viso nello specchietto che teneva nascosto nell'astuccio mentre tremava per l'imminente suono della campanella.

 

La sola idea di cominciare un'altra giornata in quella classe piena di gente odiosa e cattiva lo terrorizzava.

 

Si grattò la ferita sulla mano per poi ricoprirla subito col cerotto quando sentì i passi di qualcuno varcare la soglia dell'aula.

 

Si alzò in fretta e gettò nella spazzatura la propria merenda; se la madre l'avesse trovata ancora nel suo zaino al ritorno da scuola le avrebbe prese di santa ragione.

 

Le sue manie di controllo lo soffocavano, rendendo una tortura anche la sua nutrizione.

 

La voce di Riccardo gli diede il buon giorno mentre si dirigeva nella sua direzione con un libro fra le mani, quello di matematica.

 

Gabriel si affrettò a raggiungere il proprio posto ma il compagno lo seguì con passo misurato.

 

-Aspetta, non scappare ti prego. Ieri sei andato via prima che potessi darti questo-

 

Il ragazzino gli porgeva il libro, senza una ragione precisa.

 

Che cosa avrebbe dovuto farci?

 

-Non capisco...perché mi dai il tuo libro?-

 

-Ho visto che il tuo è rovinato, voglio regalarti il mio. Accettalo ti prego...-

 

Gabriel fissava le mani del ragazzo, delle mani pulite e lisce, prive di imperfezioni.

 

Nascose le sue nelle maniche dell'uniforme scolastica e se le strinse sul grembo.

 

-Non posso accettare- mormorò inchinandosi educatamente ma Riccardo non si lasciò scoraggiare e continuò ad insistere.

 

-Voglio diventare tuo amico, io mi chiamo Riccardo. Ti prego accettalo, come pegno d'amicizia-

 

Gabriel non riuscì a trattenere un'espressione di sgomento mentre sollevava il viso per guardare il ragazzo di fronte a lui.

 

Qualcuno voleva essere suo amico?

 

Non era possibile, lui lo aveva preso in giro insieme agli altri compagni. Gabriel non si fidava.

 

-Lasciami in pace. Non ti voglio come amico, non siamo alle elementari.-

 

Riccardo rimase pietrificato da quelle parole ed il libro gli scivolò dalle mani per lo stupore.

 

In quel momento la campanella suonò, e dopo pochi secondi la classe cominciò a riempirsi.

 

Il castano era andato a sedersi e non aveva smesso di fissare il compagno che invece teneva lo sguardo sui propri quaderni, fingendo di non accorgersi dell'espressione arrabbiata dell'altro.

 

Perché si, Riccardo lo guardava con rabbia.

 

Continuava a chiedersi che problemi avesse quel ragazzino. Gli era sembrato così tenero ed invece si era rivelato un maleducato, dopo tutte le buone intenzioni che Riccardo aveva mostrato nei suoi confronti.

 

Quando perciò durante l'ora di educazione fisica l'insegnante obbligò Gabriel ad indossare la tuta ed unirsi alla lezione assieme ai compagni, Riccardo se ne compiacque.

 

"Ben ti sta" pensò.

 

Il ragazzino era lento nei movimenti e molto svogliato; sembrava veramente debole in quanto a forza fisica e non alzava lo sguardo da terra nemmeno per guardare dove stesse mettendo i piedi mentre correva.

 

Difatti di lì a poco inciampò, provocando delle forti risate nei compagni, i quali vennero subito ripresi dall'insegnante.

 

Nessuno lo aiutò a rialzarsi, neanche Riccardo, che ormai non provava più alcuna pena per lui dopo il modo in cui era stato trattato.

 

Gli passò di fianco scansandolo, come il resto della classe e aspettò che si rialzasse da solo.

 

Quando poi giunse il momento della doccia, puntualmente Gabriel attese che tutti i compagni fossero usciti dallo spogliatoio, a costo di arrivare in ritardo alla lezione successiva.

 

Riccardo si trattenne di proposito davanti al proprio armadietto per assicurarsi che effettivamente il ragazzino si fosse lavato ma quando quest'ultimo raggiunse gli armadietti avvolto solo da un asciugamano ed ignaro della presenza del compagno, si spaventò talmente tanto da scivolare nuovamente sul pavimento, con il corpo ed i capelli gocciolanti.

 

Il castano si affrettò a scusarsi, nonostante si fosse ripromesso di non provare più pena per il rosa.

 

Gli si avvicinò per aiutarlo ma quando Gabriel voltò lo sguardo per rifiutare la sua mano, non poté ignorare il livido colorito che gli copriva una guancia, mettendo in risalto lo zigomo.

 

Solo in quel momento notò che tre graffi molto simili a delle unghiate gli decoravano la fronte, sempre coperta dalla frangia.

 

-Gabriel...che cosa ti è successo?-

 

-Non sono affari tuoi. Lasciami solo-

 

Il ragazzino si rimise in piedi con gambe tremanti e si affrettò a raggiungere il proprio armadietto, nascondendoci dentro il viso mentre fingeva di cercare qualcosa.

 

Riccardo non volle insistere ulteriormente, così lo lasciò solo, sempre più preoccupato.

 

Cercò di convincersi che il ragazzino si fosse provocato quelle contusioni durante la caduta ma quando lo vide ritornare in classe con il volto perfettamente liscio e uniforme comprese che quelle ferite dovevano avere una provenienza diversa, ed era il motivo per cui Gabriel le aveva ricoperte accuratamente con il make up.

 

Si rattristò profondamente per lui e dimenticò all'istante tutte le sue sgarbatezze.

 

Quel ragazzino aveva bisogno di aiuto e apparentemente non c'era nessuno capace di accorgersene, nessuno eccetto Riccardo.

 

 

 

 

 

•••

 

Per chi segue ancora la storia GRAZIE e scusate se il capitolo è venuto più lungo del solito, i prossimi saranno più corti!

 

Pronti a far soffrire Gabi anche qui?💔

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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto ***


 

 

Gabriel era intrappolato nell'abbraccio asfissiante della madre.

 

Il suo naso sanguinava e la bocca gli faceva talmente male che era quasi certo di essersi spezzato un dente per la botta.

 

-La mamma non lo ha fatto a posta, lo sai vero piccola mia? La mamma ti vuole bene-

 

Sua madre piangeva mentre lo cullava, con lo sguardo allucinato e pentito.

 

-Che cosa gli hai fatto?! Tesoro lascialo andare, sta sanguinando!-

 

Il marito della donna aprì lentamente le sue braccia possessive, così da poter liberare il ragazzino che subito scappò a chiudersi in camera.

 

-Tesoro Gabriel è un maschio, è un ragazzo e non può andare a scuola con la gonna. Ti prego lascialo in pace- aveva detto l'uomo con voce calda, mentre sua moglie lo fissava senza smettere di scuotere la testa.

 

-È stato uno sbaglio, non volevo colpirla! Ti prego fai tornare qui la mia bambina!-

 

Il padre sospirò, lasciando da sola la donna e chiudendosi la porta alle spalle nonostante le sue proteste.

 

Provò a bussare alla porta del figlio senza ottenere risposta, così vi si affiancò, accarezzando la maniglia.

 

-Gabi papà va a lavoro, per favore dà un'occhiata alla mamma, hai capito? Cucina per lei e fai un po' di faccende in casa, se puoi. Torno domattina, ho il turno di notte...-

 

Gabriel ascoltò tutto mentre se ne restava accucciato sul letto, a fissare la finestra.

 

-Ho capito!- aveva gridato, senza ricevere ulteriori raccomandazioni.

 

Prese il suo minuscolo specchio ed osservò le nuove contusioni che gli decoravano il viso già tumefatto.

 

"Io ti odio" biascicò, scoppiando a piangere.

 

"Perché non posso avere una madre normale? Perché non posso essere un cazzo di bambino normale?!"

 

Si voltò, osservando la stupida gonna che giaceva sul proprio letto; per l'ennesima volta sua madre aveva cercato di obbligarlo ad indossarla, nonostante le sue proteste.

 

Il padre si spaccava la schiena portando avanti due lavori, pur di riuscire a pagare le cure a sua moglie, gravemente malata di mente fin dall'incidente di tredici anni prima.

 

E a Gabriel toccava fare la spesa, cucinare e fare le faccende in casa, oltre a dover badare a quella donna che in tredici anni lo aveva cresciuto a suon di botte e insulti.

 

"Dovevi motore tu, non lei! Dov'è la mia bambina, ridatemi la mia bambina!"

 

Quelle urla isteriche ancora risuonavano nella povera mente tormentata del ragazzino, che a causa dell'ambiente in cui era obbligato a vivere non aveva mai avuto amici, considerandosi da sempre al di sotto degli altri.

 

Era stata sua madre ad insegnargli che la sua vita era stata solo un errore; durante il parto solo uno dei due gemelli era sopravvissuto e, purtroppo per Gabi, si era trattato di lui e non della bambina tanto amata e desiderata che sua madre aveva sempre voluto.

 

Da allora la donna era totalmente impazzita, ed il povero Gabriel aveva dovuto tirarsi su praticamente da solo, fra gli aiuti sporadici e arrangiati di zie, nonne, cugini.

 

Suo padre era una vittima, si era ritrovato totalmente intrappolato in una famiglia che neanche voleva, ma se ne era preso le responsabilità, lo aveva fatto per suo figlio e per il poco amore che conservava nei confronti di sua moglie, in ricordo dei tempi felici che avevano preceduto la nascita di Gabriel.

 

Il ragazzo si tamponò le ferite, sussultando per il dolore.

 

Non era preoccupato per i danni ricevuti, ormai ne aveva fatto talmente tanto l'abitudine che non gli importava più quando veniva picchiato.

 

Il suo pensiero invece andò a Riccardo, quel ragazzino della sua classe che si era tanto interessato a lui da quando si era trasferito nella sua nuova scuola.

 

"Se scopre anche questi pretenderà delle spiegazioni" pensò il ragazzino, osservando il proprio labbro spaccato con un sospiro rassegnato.

 

Aprì il suo zaino, tirando fuori i libri che gli avevano regalato i professori.

 

Le cure per la mamma erano costose, ed il padre aveva già parlato con gli insegnanti, chiedendo loro un aiuto e delle agevolazioni nei confronti di suo figlio, che non avrebbe potuto permettersi tutto il materiale scolastico come gli altri bambini.

 

Dopotutto quella era già la terza scuola che Gabriel cambiava, da quando aveva cominciato le medie.

 

"Stai zitto e non parlare con nessuno, me lo devi promettere piccolo hai capito? Torna subito a casa dopo le lezioni e chiedi aiuto se qualcuno ti infastidisce. Questa volta andrà bene"

 

Le promesse di suo padre cominciavano già a dissolversi nel vento, leggere ed inutili come gli erano state propinate.

 

Tanto Gabriel lo sapeva che sarebbe successo anche alla Raimon, succedeva sempre, in ogni dannata scuola.

 

In qualche modo si veniva a sapere di sua madre ed il ragazzino veniva preso di mira, finché la sua vita non era resa impossibile.

 

Gabriel ormai era spezzato dall'interno, era cresciuto da solo, circondato solamente da sguardi di disprezzo e commenti derisori.

 

Succedeva sempre così; qualcuno tentava di approcciarsi a lui, ma trovava un muro di insicurezza di fronte a se ed inspiegabilmente, invece di dargli il tempo di aprirsi, cominciava a pensare che fosse strano.

 

Le occhiate erano già cominciate nella nuova classe, così come i commenti ed i risolini.

 

E Riccardo non era stato da meno, per quanto volesse dimostrare il contrario.

 

Gabriel non era timido; era solo diffidente, era solo ferito, spaventato, insicuro.

 

A lui sarebbe piaciuto così tanto avere un amico, almeno uno.

 

Ma chi sarebbe mai voluto diventare amico di uno come lui? Era un utopia, lui lo sapeva.

 

Non che ci sperasse più, in ogni caso.

 

Gabriel aveva imparato ad accettare la vita così come gli veniva imposta; le botte di sua madre, gli insulti dei compagni, la solitudine.

 

Ormai era apatico; dire che tutto questo non gli provocava più alcun dolore sarebbe sembrato esagerato, eppure era così.

 

Si era talmente incattivito in tutti quegli anni da essere diventato ormai inscalfibile, totalmente immune a tutto il male che gli veniva propinato.

 

Si limitava ad esistere e sopportare, giorno dopo giorno, senza più speranze, senza aspettative, senza sogni.

 

Non c'era decisamente spazio per i sogni nella sua vita; non ce n'era mai stato.

 

Gabriel uscì dalla sua stanza dopo aver deciso che neanche quel giorno avrebbe svolto i compiti.

 

A cosa sarebbe servito?

 

I professori sapevano che aveva "problemi familiari" perciò non avrebbero preteso nulla da lui.

 

Rubò una sigaretta dal pacchetto della madre e andò a nascondersi in giardino, invaso dal ciarpame che come al solito sarebbe toccato a lui ripulire; lì non lo avrebbe disturbato nessuno.

 

Si stese sotto un'albero e cominciò a fumare.

 

Non gli piaceva per niente, anzi gli faceva proprio schifo a dirla tutta.

 

Quello che gli piaceva però era poter giocare con la sigaretta e con la sua pelle, già fin troppo martoriata.

 

Non sapeva neanche lui perché lo faceva; non che gli piacesse provare dolore, non era un masochista.

 

Ma almeno riusciva a provare qualcosa che non fosse vergogna, tristezza, o rammarico.

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque ***


 

 

Gabriel indugiava davanti al cancello di scuola, indeciso se entrare o no.

 

Quel giorno ci sarebbe stata nuovamente la lezione di ginnastica, e lui non era decisamente dell'umore adatto per sopportare ancora quell'umiliazione.

 

-Ehi, è arrivato quello strano- borbottò un compagno di classe di Riccardo, facendo spostare l'attenzione degli amici sulla figura esile davanti all'ingresso.

 

Il castano si voltò subito, rapito dallo sguardo vuoto del ragazzino.

 

Gli sembrava quasi uno spettro, un'anima in pena, un fantasma vagante che fluttuava, sperando di passare inosservato.

 

La campanella suonò e tutti i ragazzi cominciarono ad entrare nell'istituto.

 

Riccardo attese ancora un po' in giardino, aspettando pazientemente che anche Gabriel raggiungesse i compagni.

 

Lo guardò indietreggiare lentamente, per poi sparire dietro al muretto.

 

Rimuginò sul da farsi ancora qualche secondo, poi, prima che i cancelli venissero chiusi, sgusciò fuori con uno scatto.

 

Si voltò un'ultima volta verso la scuola, incerto, ma poi corse via, temendo che qualcuno potesse vederlo.

 

Per qualche secondo buono perse di vista il compagno, dopo qualche veloce occhiata però riconobbe i suoi codini mentre si infilava in un vicolo

 

Lo inseguì in silenzio, cercando di controllare il rumore dei suoi passi.

 

Non voleva infastidire Gabriel, voleva solo capire quali fossero le sue intenzioni; stava forse tornando a casa? Non si sentiva bene? 

 

Poi si ricordò dell'ora di educazione fisica e capì; per lui doveva essere stato veramente angosciante.

 

Continuò a pedinare il rosa finché quest'ultimo non giunse davanti al passaggio al livello chiuso; lo superò e attraversò con noncuranza i binari.

 

Dopo pochi secondi il treno passò, e Riccardo cominciò seriamente a pensare che quel ragazzino volesse rischiare la vita di proposito.

 

Quando il passaggio a livello venne riaperto, il castano superò i binari e continuò a camminare, guardandosi attorno per ritrovare la figura di Gabriel, nuovamente sparita.

 

Camminò a lungo, poi lo ritrovò mentre attraversava un ponte; aspettò che il rosa fosse giunto dall'altra parte, poi lo attraversò anche lui.

 

Il ragazzino si addentrò all'interno del parco che portava alla torre in metallo che capeggiava sulla città.

 

Non fu difficile seguirlo, i mille suoni cittadini attutivano i suoi passi nell'erba.

 

Gabriel cominciò a salire gli scalini che portavano in cima, e solo quando fu abbastanza in alto, Riccardo lo imitò, giungendo al primo piano della torre, un primo piano che si ergeva ad almeno quindici metri da terra.

 

Gabriel abbandonò subito il pianerottolo; cominciò ad arrampicarsi fra le assi di metallo e quando fu abbastanza in alto si accomodò su di un grosso tubo, per poi cominciare a far dondolare le gambe nel vuoto.

 

Prese lo zaino e ne tirò fuori il suo bento; lo aprì e prese a lanciare lontano uno per uno i manicaretti preparati ossessivamente da sua madre.

 

Riccardo aggrottò le sopracciglia confuso; perché se aveva la merenda a scuola non mangiava nulla? 

 

Mentre spiava il ragazzino perse l'equilibrio e si lasciò scappare un verso di spavento mentre si aggrappava ad un'asticella; Gabriel a sua volta si spaventò e per poco non precipitò di sotto, sostenuto soltanto dal braccio di Riccardo che lo afferrò per un pelo.

 

-Scusami!- si affrettò a dire il castano, ricomponendosi, mentre il rosa respirava in modo affannoso, ancora in preda allo spavento.

 

-Che ci fai qui?! Mi hai seguito?!-

 

La sua voce tradiva delusione oltre che fastidio, e a Riccardo non sfuggì questo particolare.

 

-No, scusami, ecco io...volevo solo convincerti a tornare a scuola- biascicò su due piedi.

 

Gabriel lo guardò indispettito, poi si voltò nuovamente verso il basso e svuotò del tutto il bento.

 

-Perché lo stai gettando? Non ti piaceva?-

 

Il rosa sbuffò imbarazzato, non ci voleva proprio; perché quel Riccardo non si levava dai piedi?

 

-Che cosa vuoi da me? Adesso andrai a dire tutto ai compagni, non è vero?- domandò rassegnato.

 

-Niente affatto. Volevo solo assicurarmi che stessi bene, Gabriel-

 

Il rosa spalancò gli occhi incredulo.

 

-Perché?- domandò istintivamente.

 

Il castano si grattò la testa imbarazzato.

 

Aveva già provato a farci amicizia, ma la brusca reazione dell'altro lo aveva allontanato; non voleva rischiare di ricevere un altro rifiuto.

 

-Voglio tenerti d'occhio- biascicò.

 

-Beh lasciami in pace. Io non ti voglio fra i piedi- mentì il rosa.

 

Oh, quanto gli sarebbe piaciuto avere un amico, soprattutto uno carino come Riccardo; ma non c'era da fidarsi. Non c'era letteralmente nessuno di cui lui potesse fidarsi, infondo.

 

-Perché non sei andato a scuola?- domandò il castano con tono accusatorio.

 

-Mi pare che tu abbia fatto lo stesso! Sei un ipocrita! Lasciami stare!-

 

Riccardo sobbalzò ferito e si rassegnò a lasciare in pace il compagno.

 

Quest'ultimo, indispettito, lo superò, scendendo dalla torre per cercarsi un'altro posto in cui poter rimanere solo.

 

Ma il castano non si arrese; riprese a seguirlo di nascosto finché non lo vide infilarsi sotto un ponte, dove si inginocchiò davanti alla riva del fiume e cominciò a giocherellare con l'acqua che scorreva.

 

Arrossì quando il rosa, ignaro della sua presenza, prese a spogliarsi, certo di essere solo.

 

"Siamo in inverno, è matto!" Si disse il castano.

 

Il ragazzino entrò nell'acqua gelata e cominciò a galleggiare rilassato; quel freddo tagliente riusciva ad anestetizzarlo da tutta l'angoscia che gli aleggiava nella testa, facendogli dimenticare almeno per un po' la sua triste esistenza.

 

Mentre il castano guardava la sua pelle candida venire bagnata dall'acqua limpida, avvertì dentro di sé una strana sensazione; 

 

Realizzò di trovare Gabriel veramente tanto carino, e guardare il suo corpo nudo che galleggiava, leggero e perfetto, lo stava facendo sentire strano, tanto da non riuscire a trattenersi dal continuare ad ammirarlo.

 

C'era qualcosa in lui, un qualcosa di incredibilmente attraente; forse era il suo aspetto, così femminile, o forse era il suo atteggiamento scontroso, sfuggente e perennemente sulla difensiva;

 

Era la prima volta che Riccardo provava attrazione per un ragazzo, e fu una sensazione talmente piacevole, quasi afrodisiaca, da fargli dimenticare tutto il mondo circostante.

 

Si accucciò in un angolo e continuò ad ammirare quella figura efebica, mentre si attorcigliava i riccioli fra le dita, incantato.

 

Non gli importava affatto capire se fosse gay, bisessuale, attratto da ragazzi o ragazze; che importava?

 

Gabi era talmente bello da portare il suo cuore totalmente su un altro piano.

 

Ed in quel momento comprese che qualunque cosa Gabriel avesse fatto da quel momento in poi lui lo avrebbe seguito.

 

Quella figura angelica lo stava rapendo, e senza rendersene conto cominciò lentamente a sprofondare nell'abisso nero e per nulla fatato del ragazzino che tanto ammirava.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo Sesto ***


 

 

L'aula era in tumulto.

 

Doug, il più popolare della classe, era precipitato giù dalle scale del secondo piano, nella confusione della ricreazione, quando i corridoi erano affollati e le chiacchiere degli alunni sovrastavano qualsiasi rumore.

 

Il ragazzo era stato immediatamente portato in infermeria, per fortuna non era accaduto nulla di troppo grave: una distorsione alla caviglia e qualche livido sparso.

 

In classe però regnava un'aria di guerra.

 

-È stato Gabriel-

 

-L'ho visto anch'io, è stato lui-

 

-Quel ragazzino è fuori di testa-

 

Gabriel se ne stava con la testa china sul banco, non parlava con nessuno, fingeva di non sentire.

 

Mentre dentro di sé covava sentimenti di vendetta sempre più forti.

 

-Riccardo lasciami passare, devo dargli una lezione!-

 

-Ti ho già detto che Gabi non c'entra, non gli si è neanche avvicinato!-

 

Michael, il ragazzino che aveva parlato, digrignava i denti in preda al furore e si tirava su le maniche, pronto a prendere a pugni il rosa.

 

-Sei un cazzo di psicopatico Garcia!-

 

-Lui non c'entra, dovete smetterla!-

 

-Mi spieghi perché lo difendi? Lo abbiamo visto tutti, è stato lui!-

 

-State mentendo!-

 

L'opposizione di Riccardo sembrava non bastare, così l'insegnante intervenne allarmata, appoggiando una mano sulla piccola schiena di Gabi.

 

-Il prossimo che accuserà un proprio compagno ingiustamente verrà spedito dritto dal preside! Ognuno al proprio posto, e alla svelta!-

 

I ragazzi ubbidirono, senza risparmiare occhiate di puro disprezzo verso il nuovo arrivato.

 

-Riccardo grazie per averlo difeso. Va a posto anche tu, forza-

 

Il castano annuì, controllando un'ultima volta il rosa con lo sguardo.

 

Lui sollevò di poco la testa per guardarlo, rivelando un'espressione di pura angoscia mista a rabbia.

 

Riccardo gli sorrise, ma Gabi abbassò nuovamente la testa in risposta.

 

Sarebbe stata una lunga giornata.

 

Le ore passarono, altri insulti sommessi volarono di tanto in tanto fra le mura scolastiche e la campanella suonò più volte, al termine di ogni lezione.

 

-Adesso gliela faremo pagare- ghignò Michael facendo cenno ai suoi amici.

 

In gruppo attesero che anche Gabi avesse lasciato la classe, poi cominciarono a seguirlo.

 

Il rosa aumentava progressivamente il passo, in preda alla paura, guardandosi indietro di tanto in tanto per controllare il gruppetto vendicativo.

 

Lo accerchiarono all'uscita da scuola, mettendolo al muro dietro al campetto dell'istituto.

 

-Ora ti faremo assaggiare un po' dei nostri pugni piccolo bastardo- ghignò il capetto della situazione, avvicinandosi minacciosamente al rosa, che se ne stava contro il muro a capo chino, attendendo di essere pestato da un momento all'altro.

 

-Ti faremo capire contro chi ti sei messo- mormorò, sfiorando uno dei suoi codini con il disgusto sul viso.

 

Gabi restava immobile, incapace di reagire.

 

-Ho chiamato gli insegnanti- li avvertì una voce alle loro spalle, facendo voltare tutto il gruppetto di colpo.

 

-Riccardo stanne fuori- lo minacciò Michael infastidito.

 

-Infatti non sarò io ad intervenire ma i professori- ribadì il castano con tono fermo.

 

Il ragazzino più basso gli si avvicinò, fulminandolo con lo sguardo.

 

-Ti sei messo dalla parte sbagliata, Di Rigo- 

 

Lo superò con una spallata, poi insieme alla sua banda cominciò ad allontanarsi.

 

Gabi continuò a restare immobile, senza riuscire a guardare Riccardo negli occhi, il quale invece gli si avvicinò lentamente per assicurarsi che stesse bene.

 

-Non ti hanno fatto niente, non è vero?-

 

Dall'altra parte non ci fu risposta, così Riccardo si avvicinò ulteriormente al rosa e provò a prendergli una mano, ma quello lo scansò con violenza.

 

-Non c'era bisogno di difendermi, potevi farti benissimo gli affari tuoi- mormorò glaciale.

 

Il castano sospirò, stufo di quegli atteggiamenti infantili.

 

-Senti io volevo solamente aiutarti, potresti anche ringraziarmi per una volta invece di essere così scontroso-

 

-Beh nessuno te l'ha chiesto-

 

-Spiegami una cosa Gabi, perché non reagisci?! Perché con me sei così arrogante e poi con gli altri non emetti un fiato, vuoi dirmelo?- domandò infastidito.

 

-Nessuno ti ha dato il permesso di chiamarmi Gabi.-

 

Riccardo, ormai stufo, si arrese e sbuffò di fastidio per poi cominciare ad allontanarsi.

 

Ma la voce del rosa alle sue spalle lo fece bloccare.

 

-Sono stato io. È vero, l'ho spinto giù io Doug. Volevo vederlo morto- biascicò con tono gelido.

 

Riccardo restò paralizzato, incredulo.

 

Si voltò lentamente verso il rosa, con le sopracciglia aggrottate.

 

-Cosa...?-

 

-Lo odio. E odio anche Michael e tutto il suo gruppo. Gliela farò pagare per quello che mi stanno facendo.-

 

-Gabi che cosa stai dicendo?! Vuoi fargli del male?!-

 

-Esattamente. Mi vendicherò di tutti loro-

 

-Non capisco Gabi, se sei così arrabbiato con loro perché non rispondi a tono quando ti attaccano? Perché non reagisci invece di rimanere in silenzio e subire tutto quanto passivamente?-

 

-Ma non è chiaro?! Io sono soltanto uno e loro sono in tanti! È sempre stato così! Sono sempre stato il bersaglio facile, perché non ho amici che possano proteggermi o fare gruppo con me!- disse sull'orlo delle lacrime.

 

Riccardo non poté ignorare la dolorosa scossa al petto che quelle parole gli avevano provocato.

 

-Ci sono io- disse d'istinto, con totale naturalezza.

 

Gabriel sbatté ripetutamente le ciglia.

 

Cos'era quella strana sensazione che stava provando?

 

Era piacevole e così sconosciuta da sconvolgerlo.

 

Nessuno gli aveva mai detto una cosa del genere.

 

-Non ti credo- disse di getto.

 

Gli sembrava così impossibile che qualcuno volesse essere suo amico.

 

Inoltre anche Riccardo lo aveva ferito, fino a pochi giorni prima. Non doveva fidarsi di lui, non doveva fidarsi di nessuno.

 

-Gabi te lo giuro. Voglio essere tuo amico, smettila di respingermi. Voglio proteggerti e fare gruppo con te. Non ti lascio solo, non lascerò che si avvicinino ancora a te-

 

-E perché dovresti farlo, sentiamo? Per pugnalarmi alle spalle quando meno me l'aspetto? Vattene Riccardo, lasciami in pace, non ho bisogno proprio di nessuno!-

 

-Non è vero, tutti abbiamo bisogno di qualcuno, anche tu!-

 

Gabriel lo ignorò, passandogli di fianco e prendendo la strada che portava verso l'uscita sul retro del campo.

 

Riccardo sospirò, quel ragazzino ci teneva proprio a fare il difficile, ma lui non si sarebbe arreso facilmente.

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo Settimo ***


 

 

-Mi hai seguito ancora-

 

Gabriel era appoggiato alla balaustra del vecchio ponte, intento ad osservare lo scorrere del fiume nel quale si era bagnato qualche giorno prima.

 

Riccardo, venuto ormai allo scoperto, fece qualche passo in avanti, rivelando la sua presenza.

 

-Scusami...è che non sei tornato a casa tua nemmeno oggi ed ero...preoccupato-

 

Il rosa strinse le labbra tentando di mettere a tacere la bruciante sensazione nel suo stomaco, la stessa provata a scuola quando Riccardo lo aveva difeso dai bulli.

 

-Perché continui a controllarmi? Cosa ne sai tu di cosa mi aspetta a casa? Pensi che se fosse un luogo piacevole in cui stare non ci tornerei?-

 

-Almeno lascia che ti offra il pranzo! Non mangi praticamente niente e sei sempre in giro a vagabondare!-

 

Le dita di Gabriel si aggrapparono con forza alla balaustra, il suo viso si abbassò triste ed i suoi occhi si fecero lucidi.

 

-Che cosa vuoi precisamente da me, Riccardo-

 

Delle piccole goccioline di pioggia cominciarono a venir giù dal cielo, inumidendo i capelli dei due ragazzi.

 

Il castano avanzò di qualche metro, il poco che bastava per poter allungare la sua mano su quella del rosa e stringerla nella sua.

 

-Solo essere tuo amico. Te lo giuro, solo questo. Sono sincero.-

 

Il rosa alzò lentamente la testa e per la prima vera volta guardò il ragazzino negli occhi.

 

-Perché?-

 

La sua voce tremava. Era spaventato e timoroso, ma soprattutto confuso.

 

Riccardo arrossì, distogliendo lo sguardo per proiettarlo verso il fiume.

 

-Non lo so nemmeno io- ammise con un sorriso.

 

La pioggia aumentava lentamente di intensità, ma nessuno dei due ragazzi aveva il coraggio di muoversi.

 

Le loro mani erano rimaste l'una sull'altra appoggiate sulla superficie della ringhiera, e dal fiume sottostante proveniva un rumorosissimo scrosciare d'acqua.

 

-Vuoi venire a casa mia?-

 

Gabriel lentamente ritirò la propria mano.

 

-Okay, no, scusami. Ti va di andare in qualche altro posto allora? Almeno per metterci al riparo- propose il castano.

 

Gabi dovette trattenere un accenno di sorriso; guardò l'altro, incerto sul da farsi, e Riccardo ne approfittò per riprendere la sua mano.

 

-Andiamo dai! Ci ammaleremo!- 

 

Cominciò a correre trascinando con se l'altro, che a fatica riusciva a mantenere il passo senza neanche avere il tempo di realizzare cosa stesse accadendo.

 

Sguazzarono nella fanghiglia per un po', finché non trovarono riparo all'interno di una vecchia chiesa dall'aspetto accogliente.

 

-Perché qui? Odio le chiese- si lamentò il rosa.

 

Riccardo rise, lasciando la sua mano per smuovere un po' i suoi capelli ormai fradici.

 

-È caldo e sicuro, e poi almeno abbiamo un tetto sulla testa. Non basta?-

 

Gabi fece una smorfia di fastidio, cominciando poi a guardarsi attorno.

 

-Guarda, ci sono le candele- osservò, attratto dalle fiammelle che si allungavano su di un altarino posto di fianco ad una delle panche.

 

Riccardo osservò il ragazzino avvicinarsi al luogo interessato, davanti al quale si fermò attirato dal calore.

 

Quando lo vide allungare la mano fino alle candele però inarcò stranito un sopracciglio.

 

-Che fai?-

 

Gabriel teneva il palmo su di una fiamma, mentre la mano gli tremava per il dolore e lui si stringeva le labbra fra i denti determinato.

 

-Gabi! Fermati che stai facendo!- urlò il castano precipitandosi sull'amico per spingerlo via dal fuoco.

 

Gabi serrò le labbra infastidito, poi si portò la mano alla bocca per bagnare la bruciatura con la propria saliva, il tutto sotto lo sguardo ancora sconvolto di Riccardo.

 

-Mi spieghi perché l'hai fatto?! Che cosa ti è saltato in mente?-

 

Gabi lo guardò dritto negli occhi con uno sguardo che metteva i brividi.

 

Smise di disinfettarsi la ferita con la lingua e si riavvicinò a Riccardo, prendendo la sua mano destra.

 

-Lasciami! Che cosa vuoi fare?!- urlò lui allarmato.

 

Gabi gli strinse il polso con forza, cercando di guidarlo verso il fuoco, ma Riccardo opponeva resistenza con tutta la propria forza.

 

-Basta lasciami sei impazzito!-

 

-Hai detto che vuoi essere mio amico, no?! Allora fallo!-

 

Il castano lo guardò spaventato mentre cercava di staccare la mano dalla presa dell'altro, ma non bastò.

 

-Lo sapevo- bofonchiò deluso Gabriel lasciando la mano di Riccardo con una spinta.

 

-Tu non vuoi essere mio amico, non ti fidi di me!-

 

-Ma Gabi vuoi farmi del male! Ti rendi conto di quello che stavi per farmi?!-

 

-Guarda che non si sente nulla, stupido. Io l'ho fatto, e sto benissimo, non fa mica male. Ma tu non vuoi farlo perché non ti fidi di me-

 

-Non è vero...è solo che...ho paura- ammise Riccardo tremante -mi resterà una cicatrice. E sanguinerà- si giustificò.

 

-Ma l'avremo fatto insieme- aggiunse Gabi.

 

Il castano ci rifletté su per qualche secondo, poi porse la mano all'amico che per la prima volta si lasciò sfuggire l'accenno di un sorriso.

 

La afferrò per un polso e la avvicinò alla fiamma.

 

Riccardo guardava la scena tremante, ancora insicuro se andare fino in fondo o no.

 

-Aspetta- si bloccò.

 

-Ci hai ripensato?- domandò deluso Gabi.

 

Il castano sospirò pesantemente.

 

-No...no, facciamolo-

 

Il rosa lo guardò complice e guidò il suo palmo sulla candela.

 

Subito Riccardo sussultò per il dolore, ma la presa stretta di Gabi lo aiutò a resistere finché non ne poté più e dovette ritirare la mano dolorante.

 

-Fa malissimo!- si lamentò scuotendo la mano mentre le lacrime cominciavano a pizzicargli gli occhi.

 

Il dolore era insopportabile e quel alone scuro che si era formato sulla sua pelle bruciava da impazzire.

 

-Fermo, non la scuotere così, è peggio- lo fermò il rosa riprendendo la mano dell'altro per poi immobilizzarla contro la sua.

 

Le due ustioni vennero a contatto e Gabi le strinse l'una contro l'altra così forte da far gemere Riccardo per il dolore.

 

-Adesso saremo legati per sempre- mormorò con tono quasi sollevato.

 

L'altro si asciugò le lacrime stupefatto e la sua bocca si schiuse, senza però emettere alcun suono.

 

Gabi lo guardò rivelando finalmente i suoi occhi, occhi pieni di speranza, di riconoscenza, di amore.

 

Sorrise commosso con le labbra che gli tremavano.

 

-Saremo amici per sempre non è vero?- domandò.

 

Sembrava un'altro.

 

Riccardo non poté non ricambiare il sorriso.

 

Strinse maggiormente le due mani sopportando il dolore, poi Gabriel cominciò a trascinarlo verso l'uscita dove la pioggia scrosciava più forte di prima.

 

-Dove vuoi andare Gabi? Piove troppo forte, ci prenderemo un malanno-

 

Il rosa ridacchiò, lasciando la sua mano e correndo esattamente al centro della piccola piazza, dove alzò la testa al cielo per beccarsi la pioggia in pieno viso.

 

-E allora?!- gridò euforico.

 

Riccardo osservò la sua bruciatura, già in via di cambiare colore. Era spaventosa a vedersi, eppure lo stava facendo sentire incredibilmente bene.

 

Raggiunse il rosa e si unì a lui, cominciando a ridere entusiasta, incurante del mondo che li circondava.

 

Gabi lo guardò sorridente, il sorriso più bello che avesse mai regalato a qualcuno.

 

Si avvicinò a lui con un salto e mentre gli appoggiava le mani sulle spalle gli schioccò un bacio sulla guancia.

 

Corse via dispettoso, mordendosi il labbro inferiore.

 

Riccardo restò immobile solo un secondo, poi lo seguì e gli corse dietro fino a riafferrarlo per la maglia, facendolo così voltare verso di sé.

 

Ricambiò il bacio sulla guancia.

 

Gabi deglutì, abbassando la testa.

 

Riccardo gli appoggiò le mani sulle spalle proprio come aveva fatto lui poco prima e avvicinò nuovamente la testa alla sua, piegandola verso il basso per osservare gli occhi imbarazzati del rosa.

 

Gabi sollevò lo sguardo, ritrovandosi così esattamente di fronte al suo viso, ma non sapendo cosa dire o fare distolse lo sguardo, per poi correre in direzione di un albero e sgattaiolarci sotto, sulle radici emerse.

 

Il castano lo seguì imitando i suoi gesti e gli si accomodò di fianco.

 

Spalla contro spalla non riuscirono a parlarsi, né a guardarsi.

 

Ma le loro mani segnate dallo stesso marchio si unirono, facendo combaciare dolorosamente le due bruciatore.

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Capitolo 8
*** Capitolo Ottavo ***


 

 

Gabriel si mordicchiava le unghie insicuro mentre percorreva l'ingresso principale della Raimon, mano nella mano con Riccardo.

 

Il castano gli lanciava di tanto in tanto un'occhiata rassicurante, consapevole dell'imbarazzo che quelle mani intrecciate dovevano provocare nel suo nuovo amico.

 

-Vi siete fidanzati?- li derise un loro compagno di classe non appena li vide arrivare uno accanto all'altro, e Gabi d'istinto ritirò la propria mano ma Riccardo la riprese subito, orgoglioso.

 

-Simpatico- rispose scansandolo e trascinando con se il suo amico il quale invece, ancora titubante, continuava a ritirare la mano timoroso.

 

-Te l'avevo detto che non era una buona idea. Guarda ci fissano tutti- si lamentò il rosa nascondendo il piccolo volto fra i capelli.

 

-Non abbiamo nulla di cui vergognarci ci stiamo solo tenendo per mano- mormorò Riccardo tranquillamente, ma il rosa ribatté ancora.

 

-Ma così sembriamo veramente fidanzati, già dicono che sono gay, ti rovinerai la reputazione- 

 

Il castano si voltò verso il suo amico e gli schioccò un bacio sulla guancia lasciando stupefatti tutti i ragazzini attorno a loro.

 

-Non me ne importa proprio niente- gli sussurrò poi vicino all'orecchio, continuando a camminare incurante degli sguardi derisori degli altri studenti.

 

-Riccardo davvero sei fidanzato con lui?- 

 

La voce di Michael fece trasalire entrambi i ragazzini.

 

Gabi si rabbuiò, lasciando d'istinto la mano del castano e si allontanò impaurito, andando ad accucciarsi nel proprio banco.

 

Riccardo seguì i movimenti del rosa con lo sguardo e sospirò dispiaciuto.

 

-Anche se fosse? Non sarai mica omofobo no?-

 

Michael lo guardò stranito, con una punta di fastidio nello sguardo.

 

-Certo che no, potete fare quello che volete per quel che mi riguarda. Ma tu dì al tuo ragazzo- disse minaccioso, puntandogli un dito sul petto -che mi vendicherò per quello che ha fatto a Doug. So che è stato lui-

 

Riccardo spinse via la mano del turchese e lo guardò dall'alto con aria di sufficienza.

 

-E tu prova ad accusare ancora una volta Gabriel e ti faccio arrivare dritto dal preside, con tutte le tue minacce- 

 

-Non finisce qui. Hai scelto da che parte stare Riccardo-

 

-Esattamente- rispose il castano con fermezza, per poi superare il più basso con una spallata e raggiungere il proprio posto. 

 

Prima che la lezione cominciasse però non dimenticò di lanciare a Gabi uno sguardo rassicurante, ricevendo in risposta un piccolo accenno di sorriso che bastò a rasserenarlo.

 

 

 

 

 

 

 

I due amici si ritrovarono più tardi, riparati sotto l'ombra di quello che ormai era diventato il loro albero personale.

 

Riccardo si impegnava nell'aiutare il rosa nei compiti ma l'altro non faceva che sbuffare svogliato, continuando a giocare con l'accendino che aveva rubato in casa.

 

L'attenzione del castano si concentrò poco dopo sul cellulare che il rosa aveva cominciato a rigirarsi fra le mani.

 

Quel telefono era stranamente familiare, ed a pensarci bene Riccardo non aveva mai visto Gabriel usarne uno, anzi era convinto che non ne avesse affatto.

 

-Non sapevo avessi un cellulare- mormorò distrattamente, continuando a scrivere sul proprio quaderno.

 

-Infatti non è mica mio. È di quel coglione di Michael- biascicò, scorrendo nella galleria piena zeppa di strane fotografie.

 

Riccardo impiegò qualche secondo buono prima di realizzare quel che il rosa aveva appena detto.

 

Si voltò verso l'altro e la sua attenzione venne catturata da una foto in cui Michael e Doug si abbracciavano in maniera molto intima.

 

-L'hai rubato...- appurò deluso.

 

Gabi aveva uno sguardo crudele sul viso e digitava qualcosa sullo schermo, mentre postava quella foto estremamente privata sul profilo Instagram del ragazzo.

 

-Gabi che stai facendo! Sei impazzito!- gridò Riccardo strappando il cellulare dalle mani del rosa che subito lo guardò arrabbiato.

 

-Ridammelo-

 

-Non se ne parla! Che cosa volevi fare? Con queste foto potresti diffamarli!-

 

Gabi curvò le proprie labbra in un sorriso maligno.

 

-È proprio quello che ho intenzione di fare. Voglio che tutto il mondo sappia che sono due froci, proprio come loro chiamano me- biascicò vendicativo.

 

Il castano era incredulo, deluso dalle parole del suo amico che fino a pochi giorni prima aveva considerato come un angelo.

 

-Non si fa Gabi. È cattivo-

 

-Loro sono cattivi- disse lui con disprezzo, tentando di riprendersi il telefono ma Riccardo lo trattenne ancora, guardandolo con fare di rimprovero.

 

-Così facendo ti abbassi al loro livello-

 

-Non me ne importa niente! Sai quante scuole ho cambiato prima di arrivare alla Raimon? E sai quante prese in giro ho dovuto sorbirmi in tutti questi anni, solo perché sono silenzioso? Mi sono stancato, mi sono stancato di tutti loro. Io li odio e voglio vederli soffrire, devono pentirsi di tutto quello che mi fanno passare, devono capire quanto si soffre ad essere quello escluso e deriso. Quindi si, me ne frego e anzi spero che quelle foto facciano il giro della scuola e che quei due bastardi abbiano ciò che si meritano-

 

-Gabi non sappiamo neanche se sono davvero fidanzati, potresti diffondere una notizia falsa-

 

-Scorri le foto allora. Guarda cosa fanno gli stessi stronzi che mi danno del "gay".-

 

Riccardo esitò per un po', poi cominciò a scorrere fra le foto in galleria aggrottando le sopracciglia per la sorpresa.

 

Doug e Michael erano decisamente più che amici.

 

-Non c'è niente di male nel fare queste cose...non credevo tu fossi omofobo Gabi-

 

-Omo che? Non me ne importa niente, voglio soltanto vederli soffrire-

 

-Ma verranno derisi per il loro orientamento sessuale, è una cosa crudele!-

 

-E quello che loro fanno a me non è forse crudele?!- ribatté il rosa riprendendosi il cellulare una volta per tutte.

 

-Gabi ti prego non lo fare- lo supplicò il castano ma l'altro lo ignorò, mettendo il muso.

 

-Non capisco perché ti importi così tanto. Loro mi hanno fatto tanto male. Loro hanno messo in giro quelle voci su di me, loro hanno fatto si che io venissi escluso, per l'ennesima volta, dopo che ho cambiato l'ennesima scuola. Forse dovrei semplicemente andar via anche dalla Raimon. Ovunque io vada mi prendono in giro, e questo non cambierà mai- disse assumendo via via una voce incrinata.

 

Quelle parole non potevano lasciare indifferente il castano, che ormai osservava l'amico indeciso sul da farsi.

 

-Non credi di aumentare ancora di più i pregiudizi sugli omosessuali pubblicando quelle foto? Li prenderanno in giro-

 

-Almeno tutti si dimenticheranno di me...per un po'-

 

Il castano sbuffò impietosito.

 

Umiliare pubblicamente quei due ragazzi non era di certo una soluzione per i disagi sociali di Gabriel, ma infondo lo meritavano dopo tutto il male che gli avevano fatto gratuitamente.

 

-E se scoprono che sei stato tu? Che farai?-

 

-Capiranno che con me non si scherza- mormorò glaciale, mentre infilzava un povero lombrico emerso dal terreno servendosi di un rametto.

 

Riccardo si voltò disgustato e deglutì.

 

-Sei libero di andartene se non vuoi accompagnarmi nella mia vendetta-

 

Il castano si girò di colpo nell'udire quelle parole.

 

-Che cosa vuoi dire?-

 

-Che se ti dispiace per loro, se consideri il mio gesto ingiusto e crudele, la nostra amicizia finisce qui-

 

-Ma Gabi che stai dicendo? Adesso che c'entra questo, cosa centro io?-

 

Il cuore di Riccardo aveva cominciato a battere forte in preda al panico.

 

La sola idea di perdere la preziosa amicizia di Gabriel gli faceva mancare l'aria.

 

-Devi scegliere- ribadì freddo il rosa, prendendo a giocare con il piccolo cadavere martoriato del lombrico.

 

-Ma perché? Siamo amici! Cosa centro io con loro, perché vuoi chiudere con me?-

 

-Ti ho detto che devi scegliere!- gridò Gabriel scattando in piedi e sovrastando il castano che invece lo guardava dal basso terrorizzato.

 

Il rosa gli porse il cellulare e lo guardò con aria di sfida.

 

-Cosa devo f-fare?-

 

-Pubblica le foto più spinte. Devi farlo davanti a me-

 

-Ma Gabi perche? Il loro amore finirà così, non lo capisci? Si metteranno nei guai!-

 

-Guarda che posso farlo benissimo anche senza di te. Ma in questo modo mi dimostreresti la tua fedeltà, e saprei di potermi fidare di te. Adesso devi scegliere Riccardo, se stare dalla mia parte o dalla loro-

 

-Io voglio stare dalla tua parte ma non farò mai una cosa del genere- affermò convinto.

 

-Ebbene, lo farò io; ma da questo momento in poi considerati mio nemico Riccardo. Hai fatto la tua scelta- 

 

Il rosa riprese il cellulare nelle proprie mani e, zaino in spalla, cominciò ad avviarsi verso il ponticello che separava la città da quel posticino segreto tanto caro ai due ragazzini.

 

Riccardo lo guardò allontanarsi per qualche secondo, poi in uno scatto si mise in piedi e corse dietro al rosa afferrandolo per lo zaino.

 

-Lo faccio. Lo faccio ma non lasciarmi Gabi- lo supplicò.

 

Il rosa lo guardò scettico per qualche secondo, poi abbozzò un piccolo sorriso compiaciuto.

 

Gli porse il telefono, Riccardo lo prese e, con le mani tremanti, cominciò a smanettare sullo schermo.

 

Il suo pollice esitò parecchio prima di pubblicare quella serie di foto in cui i due ragazzi comparivano mezzi nudi e avvinghiati l'uno all'altro.

 

La gola gli bruciava di dolore.

 

Le bocche di quei due ragazzini, ancora troppo piccoli per capire in quale abisso di vergogna stavano per precipitare, si cercavano, si baciavano, si toccavano certe di rimanere per sempre nel segreto.

 

E invece lui, con le sue mani colpevoli stava portando quei poveri studenti sul patibolo, mentre nel suo cuore gli stessi sentimenti di desiderio che Doug e Michael provavano l'uno per l'altro, crescevano silenziosamente nei confronti di Gabriel.

 

Quando ormai le foto furono online Gabi tirò un sospiro di sollievo.

 

Prese il cellulare e senza esitazione lo gettò nell'acqua che scorreva tranquilla sotto al ponticello.

 

Gli occhi di Riccardo erano rimasti fissi sulle proprie mani, ancora incapaci di realizzare il proprio gesto.

 

-Hai fatto la cosa giusta- sussurrò rassicurante il rosa, per poi avvicinarsi al castano e baciarlo candidamente sulla guancia.

 

Nonostante tutto il suo volto era ancora angelico e talmente sereno da mettere i brividi.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo Nono ***


 

 

-Tutti dicono che siamo fidanzati- osservò Riccardo lanciando un sassolino dritto nel fiume.

 

-Li ammazzerei tutti quanti- borbottò Gabi, spezzando un rametto in preda alla rabbia.

 

-Ti da così fastidio?-

 

Il rosa non rispose, non sapendo esattamente cosa pensare al riguardo.

 

-A me non dispiace poi così tanto se lo credono- ammise il castano.

 

Sapere che a scuola giravano quelle voci su lui e Gabi gli metteva addosso uno strano senso di euforia, quasi di eccitazione, l'eccitazione tipica scaturita dalla consapevolezza della trasgressione.

 

-Immagini fosse vero?-

 

Gabi non rispose, continuando a concentrare il proprio sguardo sui rametti da spezzare in più pezzi possibile, come se ne dipendesse la sua esistenza.

 

-Mi ascolti?-

 

-Mh?-

 

-Ti ho chiesto, immagini fossimo veramente fidanzati?- domandò nuovamente Riccardo fingendo un sorriso di indifferenza, ma stando ben attento a studiare la reazione del rosa.

 

-Ne approfitterebbero tutti per insultarci ancora di più- 

 

Riccardo deglutì, magari quell'argomento era particolarmente ostile a Gabi per via delle prese in giro, quindi molto probabilmente non avrebbe mai considerato neanche la lontana possibilità che una cosa del genere potesse davvero accadere.

 

-Tu come reagiresti se ti dicessi di essere...gay?-

 

-Lo sei?-

 

-No- mormorò subito ridendo il castano.

 

-Allora perché lo chiedi?-

 

-Vorrei sapere come la pensi al riguardo- ammise Riccardo, temendo in questo modo di venire allo scoperto con i suoi sentimenti.

 

Gabriel però era troppo concentrato sul lato esteriore della cosa, e non riusciva a considerarla come nient'altro che l'ennesimo motivo per venire insultati.

 

-Penso che se qualcuno lo fosse davvero dovrebbe tenerlo segreto. Se qualcuno lo scopre è la fine-

 

-Non ti dispiace neanche un po' per Michael e Doug?-

 

Gabi rise di malizia.

 

-Intendi per il fatto che hanno cambiato scuola? Se lo sono meritato, ed hanno fatto la cosa migliore ad andarsene. Due stronzi in meno- biascicò spiaccicando il rametto contro il terreno, dove stava martoriando un mucchietto di foglie secche.

 

-Si ma erano innamorati. Adesso i loro genitori li obbligheranno a lasciarsi- osservò Riccardo dispiaciuto.

 

-Ben gli sta. Devono soffrire-

 

Il castano sospirò stirandosi le braccia in aria.

 

-Ma tu non sei omofobo vero?-

 

-Ancora con questa storia? Sai quanto me ne importa...-

 

-Ti piacerebbe baciare un ragazzo?-

 

La domanda di Riccardo era arrivata inaspettata, anche per colui che l'aveva pronunciata.

 

Gabi si bloccò dal giocare con i rametti e sbatté ripetutamente le ciglia.

 

-Come loro due?- domandò, riferendosi agli ormai ex compagni di classe.

 

-Si- 

 

Riccardo si mordeva le labbra, attendendo impazientemente la risposta del rosa.

 

Lui di baciare un ragazzo ne aveva una gran voglia, e anche tanta.

 

-A te piacerebbe?- 

 

Riccardo dovette voltarsi quando nel porre a sua volta la domanda Gabi aveva diretto lo sguardo verso di lui.

 

-Sarebbe interessante provare...per vedere come ci si sente-

 

Gabi annuì convinto, riprendendo a giocare con i rami.

 

-Vuoi provare?-

 

Il castano restò paralizzato dalla domanda.

 

-I-intendi con t-te?-

 

Gabi fece spallucce con indifferenza.

 

Tutto quel che rappresentava la trasgressione per lui era come una boccata d'aria fresca, dopotutto era di dispetti e rancore che viveva, ed un atto di sfregio ai propri genitori come quello di baciare un ragazzo non poteva far altro che mettergli maggior adrenalina in corpo.

 

-Hai paura?-

 

-No, f-figurati-

 

-Allora baciami- lo sfidò Gabriel con un sorrisetto sulle labbra, continuando ad osservare il terreno col quale giocherellava da quando erano arrivati sotto al loro albero affezionato.

 

Riccardo lo guardò di sfuggita.

 

Che stava aspettando? Gabi gli aveva chiesto di baciarlo.

 

Riccardo sapeva bene che per lui non era lo stesso, sapeva che Gabi voleva farlo solo come atto di sfida verso le convenzioni; eppure non riusciva a non esserne ugualmente contento, anche se l'esitazione era veramente tanta.

 

-Lo sapevo, hai paura- lo derise il rosa ridacchiando.

 

Perciò restò altamente stupito quando Riccardo con uno scatto si sporse verso di lui per premere insieme le loro labbra.

 

Gabi strinse gli occhi in un gesto istintivo, preso alla sprovvista.

 

Il castano lo aveva incastrato contro la corteccia ruvida dell'albero, che a contatto con la sua testolina delicata faceva davvero male.

 

Eppure era un dolore stranamente piacevole.

 

Riccardo si staccò lentamente, guardando l'amico con un'espressione colma di paura negli occhi.

 

Il rischio di aver distrutto tutto era proprio dietro l'angolo.

 

Gabi lo fissò sorpreso per qualche secondo, poi curvò la bocca in un sorriso, mordendosi il labbro inferiore.

 

-Ti piace?- domandò timoroso il castano.

 

Il rosa annuì contento, poi si sporse contro il suo amico per appoggiare la testa nell'incavo del suo collo.

 

Riccardo era in preda alla felicità per la reazione positiva dell'altro, anche se non era ancora chiaro quali fossero i suoi sentimenti nei propri confronti.

 

Con braccia tremanti strinse a sé il rosa, e Gabi chiuse gli occhi per lasciarsi abbracciare.

 

Non lo ricordava nemmeno quale fosse stata l'ultima volta in cui aveva ricevuto un abbraccio simile.

 

E le braccia di Riccardo erano come un rifugio caldo e sicuro dal quale non avrebbe mai voluto uscire.

 

Il castano annusava i morbidi capelli del rosa, con il sorriso stampato sulle labbra. Tutto era talmente perfetto da sembrare un sogno.

 

L'idillio del momento venne interrotto dal suono del cellulare di Riccardo che aveva preso a squillare, spezzando la magia.

 

-Dannazione, la lezione di piano. Le salto da due settimane, mia madre sarà infuriata- mormorò preoccupato.

 

-Non ci andare- lo istigò il rosa.

 

-Tanto ormai l'ho saltata. Ma mia madre deve essere stata avvertita dal maestro perché mi sta mandando messaggi minatori- ridacchiò, mostrando al rosa lo schermo del proprio cellulare, pieno di minacce da parte di sua madre.

 

Gabriel sbuffò infastidito.

 

-E va bene, allora andiamo. Ti va di accompagnarmi a casa?- 

 

-Certo- rispose prontamente il castano, mettendosi in piedi e porgendo poi una mano all'altro per aiutarlo ad alzarsi.

 

Conversarono per tutto il tragitto, mano nella mano, finché non giunsero di fronte alla casa del rosa davanti alla quale si salutarono con un veloce ed impacciato bacio sulle labbra.

 

-Ci vediamo domani- mormorò il castano accarezzandogli dolcemente il viso.

 

-A domani- rispose l'altro regalandogli uno sguardo pieno di dolcezza.

 

I due ragazzini si separarono, ignari di quello che li attendeva da quel momento in poi; erano stati incauti.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo Decimo ***


La guancia di Riccardo era bollente per lo schiaffo appena ricevuto dai propri genitori.

-Non permetterti mai più a rispondermi in quel modo hai capito?! E d'ora in poi quel bambino non lo vedrai più!-

Il ragazzo singhiozzava sul letto, in preda al pianto, mentre le parole di suo padre gli risuonavano ancora nella testa.

I suoi genitori erano furiosi; non perché avessero scoperto del bacio, per fortuna almeno di quello erano rimasti allo scuro;

Ma i voti del ragazzino erano notevolmente calati, dava buca alle lezioni di pianoforte ed ormai aveva preso a rispondere in modo sgarbato ai propri genitori, il tutto a causa della cattiva influenza di Gabriel.

Ma nonostante le minacce del padre, Riccardo non era spaventato; non aveva alcuna intenzione di rinunciare a Gabi, anche a costo di rischiare una punizione ancora più grande.

Si toccò le labbra, leccandosele lentamente per cercare di assaporare il sapore ormai sbiadito della bocca del suo amato.

Non gliene importava più niente di nessuna cosa, voleva solo rivedere al più presto Gabriel e baciarlo ancora e ancora, fino a consumarlo di baci.

Era letteralmente in estasi, nonostante il dolore alle guance, sognante mentre si cullava nel ricordo paradisiaco di quel primo lungo bacio che si erano scambiati sotto il loro albero speciale.

Non aveva più paura di nulla; Gabi era il suo pensiero fisso, la sua forza, e niente sarebbe riuscito a scoraggiarlo.

 

Il rosa invece era in tutt'altra situazione; anche le sue guance bruciavano per gli schiaffi ricevuti, ma purtroppo, a differenza di Riccardo, il suo bacio con lui non era passato inosservato alla madre, la quale lo aveva preso per i capelli non appena il ragazzino aveva messo piede in casa.

Lo aveva chiamato con epiteti crudeli e rivoltanti; gli aveva lavato letteralmente la bocca col sapone, lo aveva gonfiato di botte, gli aveva strappato interi ciuffi di capelli per la rabbia.

Gabriel giaceva sul proprio letto singhiozzante.

Il padre gli accarezzava i capelli dispiaciuto, mentre con una mano gli teneva del ghiaccio sull'occhio destro ormai annerito per le botte.

-Perdonala tesoro, ha bisogno di aiuto- lo supplicava l'uomo, consumato dalla fatica e dalla rassegnazione alla quale era stato condannato fin dalla nascita di Gabriel.

-Sono io ad aver bisogno d'aiuto- mormorò lui freddamente.

Il padre sospirò, baciando la testa del figlio, per poi rimettersi in piedi.

-Adesso devo andare a lavoro. Mi raccomando, cucina per lei e assicurati che non si avvicini ai fornelli, sai che rischia sempre di bruciare la casa- si raccomandò.

"Magari potesse bruciare con lei dentro" pensò il ragazzino.

L'uomo dovette lasciare il piccolo al proprio risentimento, per svolgere doveri che in quel momento considerava più urgenti.

Gabriel invece approfittò della propria solitudine per continuare a nutrire l'odio che cresceva a dismisura dentro di se giorno dopo giorno.

"Un giorno ti ammazzerò" si ripromise.

Una volta rimasto solo si alzò dolorante dal letto, per andare a spiare la madre mentre riposava serenamente sul divano.

La guardò con odio, sentendo una goccia di sangue scivolargli giù dalla narice sinistra.

-Giuro che prima o poi ti ammazzo- sussurrò a bassa voce, per poi tornare nella propria stanza.

 

•••
 

-Mi spieghi perché l'hai fatto?-

-Te l'ho detto, mi stava prendendo in giro per l'occhio nero-

I due amici si trovavano nell'ufficio del preside, uno affianco all'altro; Gabriel aveva spinto giù dalla pertica in palestra un suo compagno di classe, Bailong, che a detta sua lo aveva preso di mira mentre si arrampicavano; Riccardo invece aveva opposto resistenza ai professori che avevano afferrato il suo amico per portarlo in presidenza, dopo che il povero ragazzino era stato portato in infermeria su di una barella.

-Gabi non puoi fare del male a tutti quelli che ti prendono in giro, te l'ho detto devi difenderti a parole- lo rimproverò il castano.

Il rosa non rispose, troppo arrabbiato anche con Riccardo che stava dimostrando ancora una volta di non stare dalla sua parte.

Cosa poteva saperne lui di tutta la rabbia che Gabi aveva in corpo? Cosa poteva saperne di tutte le angherie che quotidianamente doveva sopportare in casa propria, alle quali si aggiungevano le prese in giro a scuola?

Il ragazzino era semplicemente scoppiato; stanco di subire aveva finalmente reagito, e la soddisfazione che derivava dall'aver ferito nuovamente qualcuno gli scorreva nelle vene sotto forma di adrenalina.

Non riusciva a smettere di sorridere, felice del proprio gesto e per nulla pentito.

-Se si è spezzato qualche osso? Sai che rischi seriamente di finire nei guai?-

-Spero tanto che si sia spezzato l'osso del collo- mormorò glaciale l'altro, facendo deglutire di terrore il castano.

-Adesso basta Gabi. Devi dire al preside che si è trattato di un incidente, me lo prometti? Devi dire che stavi cadendo e nella paura ti sei aggrappato a Bailong-

-Non ci penso nemmeno- borbottò il rosa graffiandosi la ferita nel palmo della mano con le unghie, facendola sanguinare.

Riccardo gli bloccò le mani per impedire di continuare a martoriarsi la bruciatura e lo costrinse a guardarlo dritto negli occhi.

-Ascoltami bene Gabi, verrai espulso e non potremo più vederci. È questo che vuoi?-

Gli occhi del rosa scattarono come saette, ed un brivido di paura percorse tutto il suo corpo.

-Tu devi difendermi. Devi dire che è stato lui a spingermi e che mi sono difeso- gli ordinò.

-No Gabi, devi dire che è stato un incidente!-

-No!- protestò il rosa ritirando la propria mano con uno scatto.

-Di Rigo ci sono i tuoi genitori. Tu Garcia entra dal preside, i tuoi non hanno potuto presentarsi-

La voce dell'insegnante interruppe il battibecco, facendo deglutire il castano.

-Dì che si è trattato di un incidente. Me lo devi promettere-

Gabi lo guardò furente mentre il castano si allontanava, raccomandando con lo sguardo 
il rosa fino all'ultimo secondo.

Passò circa mezz'ora, poi toccò a Riccardo entrare nell'ufficio del preside con i propri genitori, che avevano già provveduto a fargli una bella ramanzina.

-Il vostro compagno di classe, Gabriel Garcia, sostiene di essere stato spinto per primo da Bailong e di aver agito quindi solamente per difesa. L'altro ragazzo però sostiene il contrario, di essere stato spinto giù senza motivo, ed anche l'insegnante di ginnastica che ha visto la scena sostiene lo stesso. Oltre a lei nessun altro sembra essersi accorto della caduta, se non quando il ragazzino si trovava già sul pavimento. Come faccio ad essere sicuro che mi stiate dicendo la verità, Di Rigo?-

Riccardo stava sudando freddo; perché Gabi si era ostinato a raccontare quella versione?

-Riccardo devi dire la verità, non c'è alcun bisogno di difendere un delinquente- lo rassicurò la madre.

-Vi posso giurare su quel che ho di più caro che è stato Bailong a spingerlo per primo, con l'intenzione di farlo cadere-

Il cuore stava per sfondargli il petto per il panico, ma nonostante ciò Riccardo restava esteriormente impassibile, sperando di sembrare convincente.

Il preside sospirò poco convinto, portando lo sguardo sui genitori del ragazzino.

-Sembra che ci sia una parità. Vostro figlio è un ottimo studente, estremamente affidabile, volenteroso, impeccabile. Non possiamo non tener conto della sua testimonianza- ammise l'uomo.

La madre deglutì, poco convinta quanto il preside, mentre il padre ascoltava tutto dietro di loro a braccia conserte, in un tacito accordo di lasciar correre le evidenti bugie del ragazzo, solo per mantenere il buon nome della famiglia.

-Nonostante ciò mi trovo costretto a metterti almeno una nota di demerito per aver ostacolato i due insegnanti- constatò dopo un po' il preside, scarabocchiando qualcosa sul proprio registro.

-Ma certo- mormorò la donna, mentre stringeva sotto al tavolo la mano del figlio, fino quasi a spezzargli le dita.

Riccardo era consapevole che per un atto del genere avrebbe dovuto aspettarsi una pesante punizione, ma difendere Gabi era molto più importante.

Tutti poterono finalmente ritornare a casa; Riccardo venne relegato in camera sua fino a tempo indeterminato; di Gabriel invece da quel giorno se ne seppe poco e niente.

Cominciarono le sue assenze a scuola; cominciarono gli appelli che arrivati al suo nome ricevevano in risposta un inquietante silenzio.

Cominciarono i mormorii dei professori, cominciarono le occhiate preoccupate verso il suo banco.

Se solo Riccardo avesse potuto uscire di casa nel pomeriggio, senza ombra di dubbio sarebbe andato a casa del suo amico per capire che cosa stesse accadendo.

Ma i suoi genitori gli stavano col fiato sul collo, lo accompagnavano fino all'entrata di scuola e da quello stesso punto andavano a riprenderlo al termine delle lezioni.

Eppure Riccardo non riusciva a smettere di essere in pensiero per il povero Gabriel, scomparso nel nulla da un giorno all'altro.

Ogni giorno durante le lezioni teneva lo sguardo fuori dalla finestra, fisso sul cancello di scuola, aspettando di vederlo comparire lì da un momento all'altro mentre lo aspettava per andare nel loro posticino segreto; ma Gabi non c'era mai.

Provò a chiedere informazioni ai professori, ma nessuno sembrava saperne niente di Gabriel Garcia.

Ed un presentimento terrificante cominciava a crescere nella testa del castano, che giorno dopo giorno tentava di convincersi con tutte le proprie forze che Gabi stesse bene, che forse aveva solo preso l'influenza e che non riusciva a guarirne, o che magari stava decidendo di cambiare di nuovo scuola, perché alla Raimon non si trovava più bene.

Ma nessuna spiegazione plausibile riusciva a togliere dalla mente di Riccardo la convinzione che a Gabi fosse accaduto qualcosa di male.

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Capitolo 11
*** Capitolo Undicesimo ***


-G-gabi?-

La testolina del rosa si sollevò dalle proprie ginocchia, guardando verso la finestra dalla quale proveniva insicura la voce di Riccardo.

Il ragazzino era sul letto, rannicchiato su se stesso; aveva due codini alti, un top striminzito ed un gonnellino pieghettato.

Due calze lunghe gli ricoprivano le gambe magre e tremanti.

-Cosa...Gabi...-

Il rosa guardò l'altro preso alla sprovvista, si sciolse immediatamente i codini e cercò di pulire il make up da ragazza che gli ricopriva il viso.

-È stata mia madre- si giustificò.

Si mise in piedi e si avvicinò alla finestra, dove si aggrappò subito alle sbarre con entrambe le mani.

-Ricky quella pazza mi ha fatto del male- mormorò tremante, facendo allarmare il castano che attorcigliò le proprie mani su quelle del rosa.

-Cosa ti ha fatto? Perché non vieni più a scuola?-

Gabriel deglutì imbarazzato.

-Mi chiama Alice adesso...mi obbliga a vestirmi da femmina. E mi picchia se provo a cambiarmi. Io non ci vengo a scuola conciato così- spiegò.

-Tua madre ti picchia?-

Il rosa annuì a testa bassa, vergognandosi profondamente.

-Non capisco gabi, perché non mi hai mai detto niente?-

Accarezzava le dita del rosa cercando di rassicurarlo, così che potesse finalmente aprirsi, ma ci sarebbe stato veramente troppo da raccontare, era inutile. Gabi lo guardò negli occhi in una palese richiesta d'aiuto.

-Devi aiutarmi Ricky...devi aiutarmi ad ucciderla-

Riccardo indietreggiò di scatto allontanandosi dalla finestra e fece qualche passo all'indietro finché non cadde sul proprio sedere.

-Gabi c-che stai dicendo-

Era abituato alle sue uscite psicotiche, ma addirittura chiedergli di fare una cosa del genere...

Riccardo era incredulo.

Gabi stava piangendo di rassegnazione; era dannatamente serio.

-Mi ha fatto tanto male Ricky. Io non ce la faccio più-

Il castano scosse la testa in totale disaccordo.

-Tuo padre non può fare niente per aiutarti?- domandò speranzoso mentre si rimetteva in piedi tremante.

-Lui non c'è mai. E quando mi vede conciato così mi dice di sopportarla. Io voglio vederla morta quella stronza- mormorò furente fra le lacrime.

Riccardo sospirò tentando di calmarsi e far mente locale.

-Aspetta Gabi, ascoltami un attimo. Chiamerò degli assistenti sociali, non appena vedranno come ti costringe a vivere tua madre ti faranno cambiare immediatamente famiglia, okay? Stai tranquillo, presto finirà tutto te lo prometto-

Gabriel scosse la testa disperato.

-Non cambierà niente- mormorò singhiozzante -mio padre è riuscito a convincerli che va tutto bene, perché lui ama ancora quella fottuta psicopatica!-

-Ma lei ti picchia, non è così? È lei a farti tutti quei lividi, non è forse vero? Beh nessuno può rimanere impassibile di fronte ad una cosa del genere, per quanto tuo padre possa essere convincente. Ascoltami Gabi, loro ti salveranno, verrei portato via-

-Ho detto di no!- urlò isterico Gabriel facendo rabbrividire Riccardo.

-Devi aiutarmi a farla fuori- disse guardando Riccardo con gli occhi iniettati di rabbia.

-Adesso basta Gabi, stai esagerando! Non sai di cosa parli, questo è veramente troppo!-

-Lo sapevo, sei come tutti gli altri!- disse il rosa fra le lacrime, mentre guardava Riccardo con odio.

-Gabi stammi a sentire, ti aiuterò a scappare, va bene? Non c'è bisogno di ammazzare nessuno, e tu non devi assolutamente pensare ad una cosa del genere. Ti porterò via da questo inferno-

-E come? Dove potrei mai andare? Non ho niente Riccardo, niente e nessuno! Dove vado?!-

Il castano si incollò nuovamente alle sbarre di metallo che proteggevano la finestra, mentre Gabi lo guardava furioso a pochi passi da lui.

-Verrò io con te. Ruberò dei soldi da casa mia, molti soldi. Scapperemo insieme, okay? E nessuno ci troverà mai-

Il tono di Riccardo era determinato; non era mai stato un ragazzo impulsivo, agire d'istinto era proprio una cosa che non gli apparteneva.

Eppure per Gabi avrebbe fatto veramente di tutto, anche abbandonare la propria famiglia.

-Ma dove andremmo- singhiozzò il rosa quasi convinto.

-Non importa- mormorò Riccardo con un piccolo sorriso accennato sulle labbra -non importa perché saremo insieme. Io e te Gabi. Andremo lontano, vivremo giorno per giorno, come viene. Ma saremo insieme e nessuno potrà farti più del male. Ci stai?-

Gabriel sembrò pensarci su mentre tirava su col naso.

Gli sembrava quasi un'utopia quella di poter scappare con Riccardo, sembrava tutto troppo perfetto; e la durezza nella quale era stato tirato su lo aveva plagiato a tal punto da convincerlo che per lui, un lieto fine come quello proposto dall'altro, non ci sarebbe mai stato.

-Ci prenderanno. Ci prenderanno ed io sarò riportato qui- mormorò rassegnato.

-Devi fidarti di me. Vieni qui, prendimi la mano- lo invitò il castano allungando il braccio all'interno della finestra, in direzione del rosa che ormai lo fissava sconsolato.

Gabi mosse pochi passi, il necessario per accogliere la mano di Riccardo nella sua.

-Fatti accarezzare- sussurrò con un sorriso.

Gabriel si avvicinò ulteriormente e chiuse gli occhi quando la calda mano del castano gli lisciò il viso macchiato da trucco e lividi.

-Ti fidi di me non è vero?-

Il rosa riaprì gli occhi ed annuì lievemente.

Il castano attirò il viso dell'altro contro le sbarre, così da stare esattamente di fronte al suo, che lo guardava sognante.

Con i capelli sciolti era ancora più bello.

Fece scivolare le dita sulla sua pelle candida, delineando poi il contorno delle sue labbra, labbra che gli erano mancate come l'aria.

-Ti va se ci baciamo?- sussurrò a pochi centimetri dalla bocca di Gabi, il quale annuì con un piccolo e lieve sorriso.

Riccardo riusciva sempre a distrarlo dall'inferno in cui era obbligato a vivere.

Le loro labbra si toccarono nonostante l'ostacolo delle sbarre che dividevano i loro corpi.

Si baciarono a lungo, fra risolini e dolci schiocchi di labbra.

-Vorrei poterti abbracciare- confessò il castano con un sospiro.

-Quando vieni a prendermi?- domandò subito il rosa con impazienza.

Riccardo sorrise vittorioso, era riuscito a convincerlo.

-Adesso devo tornare a scuola, i miei non sanno che non ci sono andato e quindi verranno a prendermi all'uscita. Appena torno a casa rubo il denaro e torno qui. Aspettami intorno alle tre di questo pomeriggio, va bene?-

Il rosa annuì euforico ed attirò nuovamente il castano a se per baciarlo ancora sulle labbra.

-Grazie Ricky- soffiò con riconoscenza.

-Staremo bene. Ti proteggerò da tutto Gabi-

Accarezzò ancora i suoi bei capelli rosa, facendo scorrere le dita fra i ciuffi lisci e vaporosi.

-Non prendere nulla, ruberò così tanti soldi che potrai comprarti tutto quello che ti serve. Prima di venire andrò a fare dei biglietti per l'autobus, così sarà difficile localizzarci. Dove vuoi andare?-

-Non importa, basta che sia lontano da qui- rispose Gabriel speranzoso.

Riccardo lo guardò, ormai completamente innamorato. Anche con il trucco sbavato ed il viso tumefatto dalle botte, Gabi era comunque mozzafiato.

-D'accordo, ma dovremo fare tratte brevi per non rischiare di essere scoperti. Adesso vado, ci vediamo fra tre ore e mezza esatte. Aspettami dentro, appena arrivo ti faccio segno, okay?-

-Okay- mormorò prontamente il rosa.

Riccardo gli accarezzò per l'ultima volta il viso, poi cominciò ad allontanarsi voltandosi più volte nella sua direzione.

-Ricky!-

La voce di Gabriel lo chiamò, facendolo accorrere subito davanti alla finestra.

-Cosa?-

Gabriel si morse il labbro inferiore prendendo un lungo respiro.

-Anche se potrà sembrarti strano...io ti amo Ricky-

Gli occhi del castano cominciarono a pizzicare per l'emozione.

-Gabi- sospirò con le lacrime agli occhi.

Incollò il viso alle sbarre di ferro, ed il rosa fece lo stesso.

-Ti amo anch'io- sussurrò commosso.

Gabi spinse nuovamente le proprie labbra sulle sue in un ultimo bacio.

-Vai, corri. Ti aspetto qui-

Il castano si staccò, dovendo compiere un grosso sforzo per riuscire a separarsi dall'incantevole viso del suo amato.

Mentre correva il suo cuore batteva in preda alla gioia, euforico.

"Mi ama!"

 

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Capitolo 12
*** Capitolo Dodicesimo ***


[ATTENZIONE: se siete sensibili alle scene cruente non leggete. Il capitolo contiene descrizioni crude che potrebbero turbare la vostra sensibilità. Ricordate che è solo una fan fiction, non voglio quindi influenzare negativamente nessuno, i personaggi agiscono spinti da turbe mentali; non giustifico in alcun modo gli atti descritti. Buona lettura]
 

•••
 

Riccardo deglutì nervosamente, fissando la finestra della stanzetta di Gabi.

Era già passato un quarto d'ora dalle tre e il ragazzino non si era affacciato neanche una volta.

Non poteva aver dimenticato l'appuntamento, Riccardo lo reputava quasi impossibile, era così felice di scappare con lui e sembrava così impaziente quando solo poche ore prima avevano dovuto separarsi.

Si sfilò il pesante borsone, pieno zeppo di denaro appena rubato; aveva chiuso a chiave la propria stanza prima di andar via ed era certo che sarebbero passate almeno due ore prima che i genitori di Riccardo sarebbero andati a chiamarlo per la lezione di piano; entro le cinque i due ragazzini si sarebbero già trovati a bordo del bus che portava fuori città, ed una volta scesi avrebbero preso il primo mezzo disponibile per una località completamente casuale; era meglio non fare piani, così che nessuno avrebbe potuto prevedere le loro mosse.

Eppure avevano già perso un quarto d'ora prezioso e di Gabi non c'era ancora traccia, o almeno, all'interno della sua stanza non si vedeva nessuno.

Riccardo decise di rischiare e andare a suonare alla porta principale; se non altro almeno avrebbe capito dove diamine fosse finito Gabriel, anche se ciò avrebbe significato fare una mossa azzardata e rischiare di venire scoperti.

Premette il bottoncino ma non venne prodotto alcun suono; sembrava rotto.

Deglutì sempre più agitato e bussò, prima lievemente, poi un po' più forte.

-C-chi è?-

La voce di Gabriel proveniva dall'interno e sembrava terrorizzata.

-Gabi! Sono Riccardo! Sono venuto per...per quel compito!- mormorò, dicendo la prima scusa che gli era venuta in mente; la madre avrebbe potuto insospettirsi e quindi impedire a Gabriel di aprire.

Inaspettatamente però la serratura scattò, facendo restare la porta socchiusa.

Riccardo fissò la maniglia per qualche secondo, incerto sul da farsi; poi si decise a spingere la porta e mosse i primi passi all'interno dell'abitazione.

Gabi era seduto per terra, di spalle, inginocchiato in mezzo al niente.

-Gabi!- sussurrò il ragazzino in tutta fretta -sbrigati dobbiamo andare!-

Gabi non rispondeva, se ne stava a capo chino, senza reagire.

Riccardo sospirò sempre più nervoso e si avvicinò al rosa, restando pietrificato quando notò i suoi abiti sporchi di sangue sul grembo.

-Mi dispiace- disse soltanto Gabi con la voce che gli tremava.

Riccardo sentì le ginocchia venir meno per la debolezza, dovette appoggiarsi alla parete e coprirsi la bocca per non vomitare.

C'era un odore di sangue nauseabondo.

-Continuava a chiamarmi Alice e- mormorò -e voleva obbligarmi ad indossare un reggiseno. Mi teneva per i capelli e cercava di spogliarmi. Non la smetteva di chiamarmi con quel maledetto nome- singhiozzò infine -il nome di mia sorella-

Riccardo non riusciva a muoversi per lo shock, era in preda al disgusto, alla paura, non sapeva cosa fare.

-Ricky ti prego dì qualcosa-

-Non- deglutì inorridito - non è m-morta, v-vero?-

-Mi dispiace- ripeté soltanto Gabi abbassando lo sguardo.

Riccardo non parlava più, restava immobile mentre fissava con una smorfia di repulsione gli abiti logori di Gabriel.

-Non mi vuoi più, non è vero?- domandò poi ormai rassegnato.

Il castano tacque almeno per trenta secondi, poi cominciò a regolarizzare il proprio respiro e prese una lunga boccata d'aria.

-Dov'è-

Gli occhi di Gabi saettarono su di lui come due fulmini; era certo che sarebbe fuggito, e invece a quanto pare stava già pensando ad un piano.

-In salotto- mormorò insicuro il rosa -cosa vuoi fare?-

-Dobbiamo- si bloccò per coprirsi nuovamente la bocca- dobbiamo nascondere tutto Gabi e- deglutì -e ripulire. Ci cercheranno, capiranno che sei stato tu, anzi noi, se adesso spariamo-

-Ricky- lo chiamò il rosa rimettendosi in piedi di scatto.

-Cosa?-

-Mio padre- sospirò agitato - mio padre diceva sempre che lei rischiava di bruciare la casa quando provava a cucinare. Lui rientrerà intorno alle nove. Dobbiamo-

-Spostare il corpo in cucina e dare fuoco a tutto- lo precedette il castano.

Gabriel sorrise.

Visti dall'esterno potevano sembrare solo due folli, due psicopatici con manie omicide e piromani. Ma il ragazzo che in quel momento guardava Gabriel con sguardo deciso, sembrava tutto fuorché un criminale ai suoi occhi.

Gli sembrava di vederlo come non aveva mai fatto, con occhi innamorati, incantati, totalmente rapiti.

-E fingeremo di essere morti nell'incendio anche noi- aggiunse poco dopo.

Gabi si morse il labbro inferiore ormai invaso dall'adrenalina.

-Sbrighiamoci-

 

Il compito fu più difficile di quel che Riccardo aveva immaginato; ad un certo punto dovette fermarsi per rimettere il pranzo, troppo ripugnato dal cadavere della donna, pugnalato in vari punti con un comune coltello da cucina.

Dover spostare quel corpo pesante, senza vita e per giunta ricoperto di sangue; neanche lui riusciva a capire con quale coraggio stesse commettendo un'azione simile, eppure non si fermò, continuò ad usare tutta la propria forza, sia fisica che mentale, per portare a termine quel lavoro stomachevole.

Non parlarono mentre assieme trascinavano la donna verso la cucina; non emisero un fiato mentre cospargevano la casa con quel liquido estremamente infiammabile, neanche si guardarono quando con l'accendino alla mano cominciarono a dare la casa in pasto alle fiamme, una stanza dopo l'altra.

Per un pelo non dimenticarono all'interno il borsone mentre si dirigevano verso il giardino, pronti a fuggire.

La casa fu invasa dal fuoco in poco tempo; i due ragazzini l'avevano cosparsa abbondantemente di benzina, presa dal garage dove il padre di Gabi teneva gli attrezzi.

Persero completamente la cognizione del tempo.

Restarono ad osservare il fuoco rapiti, mentre divorava tutto con avidità.

Strinsero una con l'altra le mani segnate dal loro marchio speciale e si guardarono, più innamorati che mai.

Il calore gli colpiva il viso, sembrava di essere all'interno di una fornace, nonostante fossero lontani dalle fiamme almeno di tre metri.

Riccardo portò ancora una volta gli occhi sulla catastrofe che si consumava davanti a loro, Gabi lo imitò.

-Sei fortunato ad abitare in un posto così isolato, nella zona in cui abito io sarebbero già arrivati i pompieri-

Gabi mugolò in accordo, poi si voltò nuovamente verso quello che ormai era il proprio ragazzo; avevano condiviso troppo per non essere legati indissolubilmente per il resto della vita.

Lasciò la sua mano per portarla sul collo del castano ed avvicinarlo a se con prepotenza.

Non aveva mai baciato nessuno con la lingua, e si poteva dire lo stesso di Riccardo.

Ma quel primo bacio fu fantastico per entrambi, nonostante la loro inesperienza.

Mai come in quel momento Gabi sentì di amare Riccardo, lo amava profondamente, totalmente.

Aveva avuto la dimostrazione di quello che era disposto a fare per lui, ed avrebbe portato per sempre quella sicurezza nel suo cuore, la sicurezza che non sarebbe mai più stato solo.

L'idillio di quel bacio durò tanto, troppo.

Quando si staccarono controllarono l'orario, in preda al panico.

Ormai mancava solo dieci minuti, dieci minuti ed i genitori di Riccardo sarebbero andati a chiamarlo per la lezione di piano. Non c'era più tempo.

-Devo tornare a casa- mormorò il castano.

-Che stai dicendo Ricky? Dobbiamo partire!-

-Ormai è tardi, il nostro bus è partito. Ma ce n'è un altro esattamente fra cinque ore, alla stazione degli autobus. Se i miei genitori adesso non mi trovano in camera si allarmeranno, cominceranno a cercarmi, allerteranno le autorità e di sicuro entro le dieci di sera saranno sulle nostre tracce, a quell'ora tuo padre e tutta la città avrà già scoperto dell'incendio, loro verranno a saperlo, collegheranno tutto e potrebbero mettersi a controllare i treni, i pullman, qualsiasi mezzo di trasporto. Quindi adesso stammi a sentire Gabi- mormorò il castano prendendo il fidanzato per le mani -io tornerò a casa, mi farò una doccia e andrò alla lezione di piano. Tu tieni questi- disse porgendo il borsone al rosa.

-Ma che stai dicendo? Ricky non funzionerà mai, non possiamo-

-Gabi dannazione dammi ascolto per una volta! Devo farlo, altrimenti salta tutto! Ci vediamo sotto al nostro albero fra quattro ore e mezzo, va bene? Alle nove dirò che sono stanco e che voglio andare a letto. Nessuno entrerà nella mia stanza fino a domani mattina, e per allora saremo lontani chilometri. Tuo padre starà già cercando di capire che fine hai fatto, quindi devi restare nascosto; porterò dei vestiti puliti per te, così potrai toglierti questi sporchi di sangue. Ti cambierai e restando nell'ombra raggiungeremo la stazione dei pullman, sperando che lui non abbia già dato l'allarme e che si convinca che sei morto anche tu. Sarà fatta quando saliremo a bordo. È semplice, okay? Devi solo restare nascosto. Mi hai capito?-

Gabriel era talmente confuso e spaventato da tutte quelle informazioni che a malapena riusciva a mantenere il filo del discorso.

-Gabi! Gabi mi hai capito?!- lo chiamò Riccardo scuotendolo violentemente per le spalle.

-Si- disse soltanto il rosa, preso dall'agitazione.

La sua lucidità stava cominciando a venir meno, e purtroppo Riccardo era talmente irrequieto in quel momento che non se ne rese conto.

-Ci vediamo fra quattro ore e mezzo sotto al nostro albero. Tieni il mio orologio, alle otto e trenta in punto dovrai stare lì. Resta nascosto-

Il rosa annuì stordito e solo quando vide Riccardo correre lontano da lui sembrò risvegliarsi.

-Ricky!- urlò correndogli dietro.

-Che c'è Gabi?! Devo sbrigarmi!-

Gabriel gli corse incontro ancora frastornato e lo guardò supplicante.

-Ti amo Ricky- gli disse soltanto, ricevendo in risposta un sorriso intenerito.

-Anch'io!- gridò il castano riprendendo la sua corsa.

Il rosa allargò le labbra in una piccola risata, saltellò di gioia quasi per la commozione.

Sospirò cominciando a camminare mentre teneva stretto il borsone in una mano; nell'altra accarezzava il piccolo orologio affidatogli da Riccardo.

Era ricoperto sui vestiti di sangue e fuliggine, non sarebbe di certo passato inosservato.

-Alle nove e trenta sotto al nostro albero- mormorò ripetendo a se stesso il luogo e l'ora dell'appuntamento.

Mentre camminava però un dubbio cominciò a martellargli il cervello.

"E se non viene?"

"Forse vuole tradirmi, forse è andato dai suoi genitori per raccontare tutto"

Scosse la testa per scacciare via quei pensieri, Riccardo non lo avrebbe mai tradito.

Ma gli aveva dato il borsone con i soldi, il suo orologio; Gabi era ricoperto di sangue. Sarebbe bastata una parola di Riccardo contro di lui e subito sarebbe finito nei guai, additato come ladro, assassino e piromane.

La cintola del borsone gli scivolò dalle mani, facendolo così cadere al suolo polveroso con un tonfo.

Gettò via anche l'orologio.

"Perché ci siamo separati? Perché ha voluto ritornare a casa sua? Cosa ci faccio qui da solo con queste cose?"

"Vuole incastrarmi"

"Mi ha abbandonato"

Si voltò nella direzione in cui era corso Riccardo e tutto ad un tratto si sentì abbandonato, raggirato.

Riccardo non poteva lasciarlo così, non dopo tutto quello che avevano sopportato insieme.

Senza neanche pensarci cominciò a correre, cercando di ripercorrere la strada che aveva appena calpestato il castano. Come poteva sapere quale fosse casa sua? Dove poteva andare?

Colto da una forza sovrumana scattò come un lampo, cominciando a correre instancabilmente, finché finalmente non scorse il corpicino di Riccardo che scappava via.

-Riccardo!!!- provò a chiamarlo non appena riconobbe la sua figura in lontananza; fu solo a causa della distanza che il ragazzino non si voltò, perché non poteva sentirlo da così lontano.

Ma questo Gabi non riusciva a capirlo.

Si convinse che lo stesse ignorando di proposito, che stesse fuggendo via da lui.

-Riccardo aspettami dobbiamo restare insieme! Dove stai andando?!-

Tutto si fece confuso nella mente del rosa; dimenticò il piano, dimenticò le promesse. Tutto quello che riusciva a vedere era il suo amore che fuggiva via da lui, pronto a tradirlo.

-No Ricky! Aspettami! Perché stai andando via?!-

Piangeva disperato mentre lo seguiva, correndo a perdifiato, il tutto mentre la figura di Riccardo scompariva all'orizzonte confondendosi con il pomeridiano ambiente cittadino, colorato di un caldo arancione.



 

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Capitolo 13
*** Capitolo Tredicesimo ***


[Dico subito che faccio schifo a descrivere queste scene🙌🏻 sopportate, siamo quasi alla fine poi giuro che la smetto di scrivere stronzate. Grazie per leggere ancora sta roba]

 

•••
 

Riccardo bloccò il caldo getto d'acqua, ormai pronto per uscire dalla doccia sotto la quale si era fiondato non appena era ritornato a casa.

Per fortuna aveva in camera un bagno personale, così gli bastò raggiungere il proprio armadio per scegliere i vestiti da indossare durante la lezione di piano che si sarebbe svolta a casa sua pochi minuti dopo.

-Riccardo sei pronto? Il maestro è di sotto che ti aspetta!-

Il castano infilò velocemente i primi abiti che gli capitarono a tiro, poi diede una veloce spazzolata ai capelli e si precipitò fuori dalla sua stanza con gli spartiti sotto braccio.

-Si può sapere a cosa è dovuto questo ritardo? Ti avevo detto che non mi piace quando ti riduci a fare le cose all'ultimo secondo.

-Hai ragione papà mi dispiace- si scusò il ragazzino, poi si diresse assieme al padre lungo il corridoio fino a raggiungere la lunga rampa di scale che portava al piano di sotto.

Il maestro di piano lo salutò con un piccolo inchino, poi si incamminò verso la grande sala nella quale teneva le lezioni di piano con il suo giovane allievo.

Tutto sembrava tranquillo, nessuno si era accorto dell'assenza di Riccardo in quel lasso di tempo e se tutto andava secondo i piani presto il ragazzino avrebbe potuto raggiungere il suo amico nel posto stabilito.

Doveva solo avere pazienza ed aspettare che quelle interminabili ore passassero in fretta.

Cominciò a sistemare gli spartiti in fila e si accomodò sul piccolo sgabello, pronto a cominciare la lezione.

Il maestro però non ebbe il tempo di emettere neanche un fiato, perché delle urla sospette cominciarono a librarsi dalla sala antistante.

Le orecchie di Riccardo quasi si drizzarono al sentire quelle grida fin troppo familiari; si bloccò spaventato e cominciò a fissare i tasti del pianoforte senza muovere un muscolo.

-Cosa le prende signorino Di Rigo?-

-Torno subito- mormorò il ragazzino senza pensarci due volte, e si alzò in piedi, colto da uno strano presentimento.

Stava cercando di convincersi che fosse impossibile, che avesse sentito male; eppure dopo qualche metro si trovò davanti esattamente la scena che temeva di vedere: il maggiordomo ed una domestica tenevano fermo Gabi, il quale si dimenava come se fosse in preda a degli spasmi.

-Lasciatemi andare! Ricky aiutami!-

Le sue grida erano inconfondibili e strazianti.

Riccardo gli corse incontro allarmato, seppur incapace di reagire; cosa ci faceva Gabi a casa sua, e perché lo stavano trattenendo in quel modo?

-Che cosa succede lasciate andare subito il mio amico!- protestò il castano facendosi coraggio ma poco dopo suo padre raggiunse la stanza, concludendo una chiamata al proprio cellulare.

-Stai lontano Riccardo, questo criminale si era intrufolato in casa nostra per fare chissà cosa, ho già chiamato la polizia- lo allertò l'uomo poggiando una mano sulla spalla del figlio.

-Ma siete impazziti! Non vedete che è solo un bambino, lui non ha fatto niente!- urlò il castano dimenandosi per sfuggire dalla mano del padre.

Anche Gabi riuscì a liberarsi e i due amici si abbracciarono, correndo l'uno nelle braccia dell'altro.

-Come stai Gabi ti hanno fatto del male? Come sei arrivato qui? Ti avevo detto di aspettarmi!-

Gli occhi del rosa erano disperati e guardavano l'altro colti dal terrore.

-Mi avevi abbandonato Ricky mi avevi lasciato solo! Avevo paura!- si giustificò sul punto di piangere.

-Riccardo stai lontano da quel delinquente non vedi com'è conciato? È sporco di sangue, non sappiamo cos'ha fatto, staccati subito!-

L'uomo e i due servitori stavano a debita distanza dai due ragazzini, impauriti dall'aspetto inquietante del rosa, il quale sporco in viso e sui vestiti sembrava appena uscito da un film horror.

-Adesso basta, ma non lo vedete che è più impaurito di voi? È terrorizzato, perché lo state trattando in questo modo?!- li rimproverò Riccardo mentre stringeva a se il povero Gabi con fare protettivo.

-Riccardo Di Rigo ubbidisci a tuo padre e staccati subito da quel delinquente!-

-No!- protestò il figlio, scatenando l'ira del padre che si avventò su di lui per strapparlo via dalle braccia di Gabi.

-Ricky!- urlò il rosa in cerca d'aiuto, mentre anche lui veniva immobilizzato dai due servitori che non si risparmiavano le maniere forti pur di tenerlo a bada.

-Lasciateci andare!- gridò Riccardo con tutte le sue forze, e nonostante la resistenza del padre riuscì a liberarsi, correndo ad aiutare l'amico.

-Non tollero questo comportamento Riccardo torna subito qui!-

Il castano lanciò uno sguardo di sfida al maggiordomo che teneva bloccate le braccia del rosa, e così senza pensarci sù neanche un secondo sfilò una lunga lancia di metallo dalle mani di una statua decorativa e lo colpì con violenza sulla schiena.

La domestica lasciò andare immediatamente il rosa, e altrettanto fece il maggiordomo il quale dovette accasciarsi, a causa del colpo ricevuto.

Il padre era indignato e sconvolto dal comportamento del figlio, non riusciva a credere a quello che stava avvenendo sotto ai propri occhi.

-Scappa Gabi sbrigati!- gridò al rosa, prendendolo per una mano.

Corsero verso le scale che portavano al piano di sopra ed insieme cominciarono a salire i gradini di corsa, uno dopo l'altro, con il padre di Riccardo alle calcagna che non demordeva e continuava imperterrito a seguire i due ragazzini.

-Ti ho preso piccolo criminale!- ghignò l'uomo afferrando Gabriel per i codini.

-Lascialo andare!- gridò Riccardo disperato, senza però riuscire ad intimidire il padre, che già aveva provveduto ad immobilizzare le braccia di Gabi dietro la schiena.

-Colpiscilo Ricky, che aspetti!- lo incitò il rosa.

-Te la farò pagare cara- lo minacciò il padre, ormai su tutte le furie.

-Papà lascialo! Ti ho detto di lasciarlo!-

Il tono di Riccardo era intimidatorio e puntava la lunga asta di metallo verso di lui, che dava le spalle alla scalinata; un solo colpo e sarebbe precipitato giù, portando con se anche Gabi che stringeva prepotentemente.

-Non farai una cosa del genere a tuo padre-

-Ricky fallo! Che aspetti!-

Riccardo respirava a fatica, indeciso sul da farsi; avrebbe dovuto essere veloce se voleva davvero riuscire a cavarsela.

Con un colpo deciso sferrò il lungo bastone sul viso dell'uomo, che indietreggiò sorpreso ed al tempo stesso confuso; afferrò Gabriel per la maglietta sudicia, impedendogli così di cadere, mentre il padre precipitava rovinosamente per le scale, rotolando da una parte all'altra e terminando la sua discesa ai piedi dell'ultimo gradino.

Riccardo tremava mentre Gabriel si stringeva a lui sconcertato; avevano guardato tutta la scena inorriditi ed erano rimasti immobili, stretti l'uno all'altro.

Riccardo lasciò andare l'asta che stringeva fra le mani e l'oggetto cominciò a rotolare giù per le scale, fermandosi a pochi metri dal corpo ormai immobile del padre.

-Che cosa ho fatto- mormorò tremante il castano.

Gabriel si voltò verso di lui per rassicurarlo, ma le voci allarmate dei servitori non gli permisero di perdere altro tempo.

-Papà- borbottò disperato il ragazzino, sentendo le proprie forze abbandonarlo.

-Non c'è tempo Riccardo dobbiamo scappare! Ti ricordi? Dobbiamo fuggire adesso o ci prenderanno!-

Il castano era sconvolto, temeva di aver ucciso suo padre ed era incapace di muoversi, come avrebbe potuto in quel momento ragionare in modo razionale?-

Continuava a fissare il corpo dell'uomo, accerchiato dai domestici che disperati si davano da fare per farlo rinvenire.

-Ricky! Ricky ti prego devi ascoltarmi, dobbiamo scappare! Ricky!-

Gabriel prese il viso del castano per baciarlo prepotentemente sulle labbra, facendo così rinvenire Riccardo dai suoi pensieri.

-Dobbiamo fuggire!- ripeté -non c'è più tempo, ci prenderanno!-

Il ragazzino lo guardò spaesato per qualche secondo, poi turò su col naso e si asciugò velocemente le lacrime, assumendo un'espressione determinata.

Stava sacrificando veramente tutto per Gabriel e non si sarebbe arreso, non avrebbe vanificato tutti gli sforzi compiuti fino ad allora per nessuna ragione al mondo.

Prese Gabi per mano e cominciò a correre verso il grande corridoio del primo piano, conducendo l'amico verso un passaggio interno che portava dritto al giardino, dal quale sarebbero potuti scappare via dalla proprietà.

Una volta scavalcato il cancello cominciarono a correre a perdifiato, senza più guardarsi indietro.

I capelli di Gabriel, ormai liberi dai codini, svolazzavano nel fresco vento primaverile, e a fatica riusciva a tenere il passo di Riccardo il quale in preda all'adrenalina aveva preso a correre sfruttando al massimo tutta la propria forza.

-Il borsone Gabi!- gridò il castano.

La gola gli faceva un male cane a causa della velocità e del vento che gli stava attanagliando il respiro.

-Gabi! Dove hai messo il borsone!-

Gabriel, troppo confuso e spaesato, non riusciva neanche a pensare, si limitava a farsi trascinare dal castano il quale invece stava stranamente riuscendo a mantenere la lucidità.

-I-io...io-

Riccardo lo guardò preoccupato solo per un secondo, poi tornò a guardare davanti a se mentre correva a rotta di collo, senza fermarsi.

La cosa importante più di ogni altra era al momento allontanarsi da quella casa, anche se un cattivo presentimento iniziava a tormentare la testa di Riccardo, che già cominciava a temere il peggio.

Non sarebbe andata a finire bene quella volta, se lo sentiva.





 

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Capitolo 14
*** Capitolo Quattordicesimo ***


I due ragazzini si erano fermati un momento per riprendere fiato.

Sapevano che qualcuno li stesse seguendo, molto probabilmente più di qualcuno, ma erano talmente stremati dalla corsa che la debolezza dei loro corpi li vinse, obbligandoli a fermarsi per riposare almeno per venti minuti buoni.

Avevano entrambi la gola secca e nessuno dei due riusciva a spiccicare parola a causa del forte batticuore e delle sete che inaridiva dolorosamente le loro gole.

-G-gabi- mormorò Riccardo sforzandosi con tutto se stesso mentre cercava di regolarizzare il proprio respiro, talmente veloce che gli stava rimbombando nelle orecchie.

-Gabi ascoltami - prese fiato -il borsone, ab-biamo bisogno d-del borsone-

Gabriel a sua volta respirava a fatica, premendosi il petto per il dolore.

-Gabi!- lo chiamò irritato il castano, per poi prenderlo per le spalle e obbligarlo a guardarlo -il borsone d-dove l'hai messo!-

Gli occhi del rosa erano confusi, guardavano l'amico spaesati e neanche una parola lasciava quelle labbra estremamente asciutte.

-Ti prego- lo supplicò il castano -ti prego Gabi se non me lo dici è finita-

-È finita- ripeté soltanto Gabriel, a bassa voce.

Riccardo portò gli occhi al cielo sospirando rumorosamente mentre tentava di mantenere la calma nonostante il forte batticuore.

-Gabi tu mi ami, non è vero?-

Pose la domanda all'altro cercando di usare un tono dolce e rilassato, ma dal suo viso traspariva tutta l'ansia che stava provando.

-Tu non mi ami- mormorò freddamente il rosa.

Riccardo si prese la testa fra due mani, esasperato.

-Che stai dicendo?! Diamine Gabi stai mandando tutto all'aria non lo capisci? Perché sei dovuto venire a casa mia, era tutto perfetto, ce l'avremmo fatta! E adesso hai anche nascosto quel dannato borsone!-

Gli occhi del rosa si intristirono e si riempirono di lacrime; inevitabilmente le parole di Riccardo lo avevano ferito, e per una mente già fragile e instabile come la sua quelle accuse furono il colpo di grazia.

-Gabi...no Gabi che fai, non sono arrabbiato con te...ehy...-

Gli prese il viso fra le mani ma il rosa si ostinava a tenerlo basso evitando il suo sguardo.

-T-tu mi hai abbandonato, mi hai lasciato da solo con le tue c-cose perché- singhiozzò -perché volevi che mi accusassero di averti derubato! Tu mi hai tradito!-

Il castano aggrottò le sopracciglia sbalordito.

-Ma che stai dicendo? Gabi non è vero, sarei ritornato da te dopo poche ore, te lo avevo promesso! Senti Gabi- lo richiamò.

Il rosa non voleva neanche guardarlo in faccia, così dovette costringerlo.

-Guardami, Gabriel? Mi senti piccolo? Guardami attentamente e ascoltami-

Nel sentirsi chiamare con quel nomignolo tenero il rosa si sciolse un po' e riuscì finalmente a guardarlo negli occhi, nonostante fosse ancora diffidente.

-Sono tornato a casa per ingannare i miei genitori. Ti ricordi? Questa sera sarei fuggito per tornare da te e scappare insieme. È con te che voglio stare, lo ricordi vero? Il borsone con i nostri soldi, il nostro albero, l'autobus. Non te ne sei dimenticato vero? Possiamo ancora farlo?-

Gabriel lo ascoltò apparentemente con attenzione, ma la sua mente ormai era diventata come una scatola bucata sul fondo: poteva accogliere di tutto, ma inevitabilmente le informazioni avrebbero finito per disperdersi, per lasciare spazio alle sue convinzioni errate.

-Tu hai bruciato mia madre-

Riccardo di fronte a quell'accusa rabbrividì.

Staccò immediatamente le mani dalle spalle di Gabi e si allontanò di qualche centimetro.

-C-che stai dicendo Gabi lo abbiamo fatto insieme, non ti ricordi? Abbiamo dato fuoco alla casa insieme-

-Tu l'hai uccisa. E poi hai ucciso mio padre buttandolo giù dalle scale-

Il castano aveva la bocca schiusa per lo stupore.

Era incredulo, gli sembrava di trovarsi in un terribile incubo.

-Gabi ti stai confondendo, mio padre è caduto dalle scale, tuo padre sta bene!-

-Bugiardo! Tu hai ucciso la mia sorellina, è colpa tua! Sei stato tu!-

Riccardo deglutì, gli veniva soltanto da vomitare.

-Mia madre mi odia per colpa tua!-

Il castano scosse la testa coprendosi le orecchie. Era stufo di quella voce, stufo di quei deliri, non voleva più ascoltarli.

Era stata una giornata a dir poco terribile, e quando finalmente sembrava che tutto potesse avere un lieto fine Gabriel, il suo Gabriel, aveva cominciato a dare di matto.

Si distanziò, accucciandosi contro un albero e cominciò a piangere; era arrivato al limite, non gli importava più niente di come sarebbero andate le cose.

Era esausto, voleva arrendersi.

Voleva abbandonare tutto quanto e tornare a casa sua.

Ripensò a suo padre e a quello che gli aveva fatto; ritornare avrebbe significato molto probabilmente finire nei guai, se suo padre era morto sul serio come minimo lo avrebbero rinchiuso in un riformatorio.

Si era macchiato di cose terribili, e tutto per Gabriel, che a stento lo riconosceva e che non faceva che accusarlo in modo sconclusionato.

-Sono stanco, io- singhiozzò -io getto la spugna. È tutto inutile- constatò.

Gabriel nemmeno lo ascoltava più, aveva lo sguardo vacuo e fisso nel vuoto con un'aria inespressiva dipinta in viso.

"Sei solo un folle" appurò dolorosamente Riccardo.

Il castano stava per alzarsi ma il rosa lo precedette.

Si mise in piedi mantenendo la sua espressione vuota e cominciò a camminare come se fosse in stato di trance.

-Dove stai andando adesso?!-

-Fra quattro ore e mezzo sotto al nostro albero- mormorò con tono piatto Gabi.

Riccardo sbarrò gli occhi sorpreso. Si stava ricordando?

-Scusami Gabi puoi ripetere?-

-Riccardo mi raggiungerà sotto al nostro albero fra quattro ore e mezzo. Io devo portare il borsone e il suo orologio- mormorò, guardandosi poi il polso.

Il castano ormai lo guardava di sottecchi.

Era come se tutto quello che era accaduto nell'ultima ora si fosse resettato nella sua mente, e Gabi fosse tornato al momento subito dopo l'incendio.

Si asciugò le lacrime e tirò su col naso, cominciando a seguire silenziosamente il rosa.

Camminarono uno dietro l'altro per almeno mezz'ora, senza parlare; Gabriel neanche si era accorto della sua presenza, e molto probabilmente se Riccardo gli avesse parlato lui non gli avrebbe risposto.

Quando scorse in lontananza un oggetto abbandonato al margine di una stradina però, le sue idee cominciarono a farsi chiare.

-Il borsone- mormorò sollevato.

Decise di non intervenire, lasciò che il rosa recuperasse la borsa e l'orologio, poi lo vide cambiare direzione e capì: avrebbe dovuto aspettarlo sotto al loro albero, così come erano impostati i piani nella mente di Gabi.

Cominciò a correre, certo che il suo amico lo avrebbe presto raggiunto.

Che senso aveva assecondarlo? Perché continuare a seguire quel piano pieno di falle, perché dare corda ad un matto, tollerando le sue convinzioni confuse e sconclusionate?

Neanche Riccardo sapeva il motivo di tutto ciò; ma ormai non aveva niente da perdere, se non appunto l'amore di Gabriel; almeno quello, lui sperava; doveva in qualche modo essere rimasto intatto nella sua mente.

Una volta raggiunto il fatidico albero vi si accasciò sotto per riprendere fiato.

Gabriel lo seguiva a pochi metri di distanza, e quando lo raggiunse neanche lo notò.

Fissò l'orologio che teneva stretto fra le dita e lo guardò intensamente, quasi come se il tempo avesse potuto scorrere più in fretta grazie alla sua concertazione.

Riccardo glielo sfilò dalle mani delicatamente, sperando di non provocare in lui reazioni brusche.

Girò accuratamente l'ingranaggio in modo che l'orologio segnasse esattamente le nove e trenta.

Poi si alzò e si allontanò di qualche passo, per lasciare il tempo al rosa di notare l'orario sul display.

Sbatté ripetutamente le ciglia con euforia, poi cominciò a guardarsi attorno ansioso.

Riccardo venne fuori deglutendo, sperando con tutte le proprie forze che il piano funzionasse, che Gabi si lasciasse convincere da quella farsa assurda e che lo riconoscesse.

Il rosa lo fissò con la bocca schiusa, poi gli saltò addosso in preda alla felicità.

-Sei venuto! Sei venuto Ricky, sei qui!- urlò euforico.

Riccardo rise vittorioso, tirando un sospiro di sollievo.

Gabi gli prese il viso per baciarlo, troppo felice per riuscire a trattenersi.

Il castano sorrise nel bacio, sentendosi finalmente al sicuro.

-Non ti avrei mai abbandonato Gabi- lo rassicurò, parlando a pochi millimetri dalle sue labbra sorridenti.

-Dobbiamo scappare Ricky, sbrighiamoci o perderemo l'autobus!-

Il castano annuì con decisione e prese per mano il suo ragazzo, cominciando a camminare.

Dove sarebbero potuti andare? Ormai la sua famiglia aveva certamente dato l'allarme ma non rispettare i piani stabiliti insieme a Gabi avrebbe significato far vacillare nuovamente la sua memoria già instabile. Doveva pensare e in fretta.

L'autobus non sarebbe partito che quattro ore più tardi; oltre a ciò seppure fossero riusciti a scamparla fino ad allora, senza ombra di dubbio ci sarebbero stati dei controlli e qualcuno li avrebbe riconosciuti.

Non c'era altra scelta, occorreva prendere un autobus qualsiasi e convincere Gabi che si trattasse del mezzo stabilito inizialmente per la loro fuga.



 

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Capitolo 15
*** Capitolo Quindicesimo ***


Continuarono a camminare per la stradina di campagna finché non giunsero sotto una pensilina; c'era lì una fermata dell'autobus. Riccardo non sapeva assolutamente dove li avrebbe portati, né tanto meno aveva in mente una meta precisa, dato l'improvviso cambio forzato dei piani.

A giudicare dal posto inoltre, qualunque bus fosse passato di lì non li avrebbe portati chissà quanto lontano; almeno però avrebbe convito Gabi di essere riusciti a fuggire; ormai era diventato come un bambino, Riccardo lo sentiva. Avrebbe soltanto dovuto assecondarlo e riuscire a convincerlo volta per volta.

Sapeva bene quanto tutto ciò non avesse senso; dove avrebbe mai potuto fuggire insieme ad uno squilibrato come lui? Eppure i suoi occhi erano così pieni di speranza, così fiduciosi nei confronti di Riccardo che continuava a guidarlo tenendolo per mano, senza smettere gli sorridergli in modo rassicurante neanche per un secondo.

"Io non ti abbandonerò mai" si ripromise il castano, stringendo maggiormente le sue dita sottili nelle proprie.

Decise di raggiungere a piedi la fermata successiva; più si allontanavano dalla città, meno possibilità di essere beccati avrebbero avuto.

Solo pochi minuti ed il bus comparve all'orizzonte.

Gabriel guardò Riccardo estremamente felice.

-Ce l'abbiamo fatta Ricky! Ci siamo quasi!- mormorò Gabriel, quasi saltando per l'eccitazione.

Il castano lo assecondò con un sorriso e quando l'autobus fu fermo davanti a loro vi salirono.

Riccardo si sentiva in colpa, infondo era come se stesse mentendo a Gabi, come se lo stesse prendendo in giro; il rosa dal canto suo era talmente emozionato che non avrebbe mai notato l'espressione colpevole sul volto del suo fidanzatino.

-Ci siamo riusciti- sussurrò il rosa sotto voce, una volta che ebbero raggiunto gli ultimi posti del bus.

Si accomodarono uno accanto all'altro, Gabi stringeva il borsone sulle gambe e guardava emozionato il castano con la felicità dipinta negli occhi.

Riccardo gli accarezzò il viso intenerito, senza però riuscire a mettere a tacere quella consapevolezza che lo tormentava; stavano letteralmente andando verso l'ignoto.

Il luogo verso il quale erano diretti, così come la mente di Gabi, era un luogo sconosciuto, dal quale letteralmente non potevi sapere cosa aspettarti.

L'autista del bus avrebbe benissimo potuto riconoscerli, così come gli altri passeggeri; non appena avrebbero attraversato la città senza ombra di dubbio ogni fermata del bus sarebbe stata tenuta sotto controllo, o peggio ancora avrebbero potuto perquisire l'intero mezzo.

Al tempo stesso non c'era da fidarsi di Gabi. Cosa stava avvenendo nella sua mente in quel preciso momento? Avrebbe continuato a seguire uno schema? Anche adesso che stavano procedendo praticamente ad occhi chiusi, senza il minimo abbozzo di un piano?

E se avesse ripreso a dare di matto da un momento all'altro? Come avrebbe dovuto comportarsi Riccardo, cosa avrebbe mai potuto fare per aiutarlo, per farlo calmare, per far sì che credesse alle sue parole?

"Non è giusto" realizzò ad un certo punto.

Stringeva forte a sé Gabriel, aspirando il dolce profumo dei suoi capelli.

Lui aveva bisogno d'aiuto, non c'era alcun dubbio; e trascinarlo con se con l'inganno non era di certo stata una dimostrazione d'amore da parte sua.

Gabriel aveva dei problemi, ormai era innegabile. Aveva ucciso una persona, aveva fatto del male a molte altre, di proposito. Lui non era cattivo, Riccardo lo sapeva. Era solo disturbato.

E non era colpa sua, questo era ovvio, ma questo non bastava, non sarebbe mai bastato; Gabriel avrebbe sempre continuato ad avere dei problemi.

Che tipo di vita avrebbero mai potuto avere? Dove sarebbero mai potuti andare, dove avrebbero mai potuto nascondersi così tanto a lungo? E per quanto tempo i soldi sarebbero bastati, quando tempo sarebbe passato prima che qualcuno li notasse, prima che Gabriel commettesse una leggerezza qualsiasi e venisse scoperto, mettendo nei guai tutti e due?

Il vero viaggio verso l'ignoto non era quello in bus; era quello che lui aveva intrapreso con Gabi.

E per quanto lui lo amasse, per quanto tenesse a lui con tutte le sue forze, Riccardo non poteva negare di esserne spaventato.

Si era ripromesso di non abbandonarlo; ma portandolo lontano, chissà dove, impedendogli di avere l'aiuto di cui aveva bisogno, non avrebbe forse significato abbandonarlo a se stesso e alle sue turbe?

Proprio perché lo amava avrebbe dovuto aiutarlo; e non avrebbe mai potuto farlo se continuava a prenderlo in giro in quella maniera, convincendolo di una realtà falsa, costruita sulla debolezza della sua mente fragile e instabile.

Se davvero lo amava avrebbe dovuto fermare quella fuga insensata.

Era solo un bambino dopotutto, cosa avrebbe mai potuto sperare di fare? Il mondo apparteneva agli adulti, ed era giusto così.

Era giusto seguire le regole, era giusto accettare la disciplina, era giusto controllarsi, mettere avanti a tutto i propri doveri, era giusto impegnarsi, sacrificarsi per crescere e diventare una persona migliore, per diventare la persona che si sogna di essere.

E Riccardo decisamente non sognava di essere un fuggitivo.

Aveva bisogno di certezze, ma più di chiunque altro era proprio Gabriel ad averne bisogno.

Era cresciuto nell'instabilità, nella disaffezione, nell'odio. Perché continuare a dargli una vita incerta, difficile, condannata all'ansia e alla paura? Perché era così che avrebbero vissuto se fossero realmente riusciti a scappare: nella paura.

Guardò il suo ragazzo mentre giocherellava con la cintola del borsone, canticchiando con le labbra chiuse  un motivetto a lui sconosciuto.

Sembrava proprio un bambino; ingenuo, speranzoso, ignaro.

Illuso.

-Amore?- lo chiamò Riccardo quando le prime volanti della polizia cominciarono a colorare l'ambiente cittadino.

Il rosa alzò delicatamente la testa, sorridendo al proprio ragazzo.

Riccardo gli accarezzò il viso dolcemente, guardandolo con occhi innamorati e al tempo stesso dispiaciuti.

-Scendiamo alla prossima, okay?-

-Siamo arrivati?-

-Si- mentì il castano con un sorriso rassicurante.

-Che bello! Sono così felice!- mormorò il rosa stringendosi maggiormente all'altro.

Riccardo chiuse gli occhi lasciandosi scappare una lacrima mente il cuore gli andava in pezzi.

-Mi dispiace tantissimo- sussurrò.

Il bus si fermò; come aveva previsto Riccardo la fermata era controllata dalla polizia.

Gabriel però sembrava non notare tutto ciò; era ancora immerso nel suo mondo fatato, quello in cui lui e Riccardo stavano scappando lontano da tutto.

-Gabi ascoltami- sussurrò tirando su col naso mentre mano nella mano percorrevano il corridoio del bus.

I due poliziotti che pattugliavano la fermata fecero cenno all'autista del bus, il quale annuì complice.

Riccardo non si lasciò sfuggire tutto ciò; deglutì preparandosi al peggio, poi tornò a concentrarsi sul rosa che pendeva dalle sue labbra in attesa della sua guida.

-Ti ricordi quando eravamo in chiesa?-

Il rosa lo guardò confuso per qualche secondo; poi aprì la propria mano e fissò la bruciatura ormai guarita al centro del palmo.

-Ti ricordi? Avevo paura di farmi male con il fuoco. Non volevo farlo, ma era importante, dovevamo farlo insieme. Ti ricordi?-

Il rosa annuì, ancora confuso.

-Si Ricky, mi ricordo. Ti ho detto che non faceva niente, che non avresti sentito dolore. Ti ho detto una bugia. Faceva male in realtà. Ma tu ti sei fidato- mormorò arrossendo appena.

Il castano sorrise di rimando ed intrecciò le proprie dita con quelle di Gabi, facendo così congiungere le due bruciature.

-Poi però è passato. All'inizio è stato doloroso, è vero, stavo piangendo per il dolore. Ma l'ho sopportato finché non ha smesso. Adesso non sento più niente e sono felice di averlo fatto. Alla fine è stata una cosa buona, non credi?-

Gabriel annuì orgoglioso e guardò intensamente il castano, felice di quella constatazione.

-Adesso però devi fidarti di me. Stiamo per fare una cosa che potrà essere dolorosa. Ti farà male al cuore, potresti odiarmi-

-Io non potrò mai odiarti Ricky- lo bloccò Gabi determinato.

L'altro annuì, sforzandosi di trattenere le lacrime.

-Lo so. È lo stesso per me Gabi, ti amerò per sempre. Voglio il meglio per te, mi credi vero?-

-Certo- mormorò senza obbiettare.

-Allora devi promettermi che sopporterai il dolore che sto per infliggerti. Ti giuro che passerà. E quando sarà tutto finito, quando il cuore smetterà di farti male e sarai guarito capirai anche tu che era una cosa buona, che era la cosa giusta da fare-

Il rosa prese a fissare in basso, un po' spaventato.

-Farà molto male?- domandò rassegnato.

-All'inizio si, tanto. Ma non devi mai dimenticare che ti amo Gabi e che non ti abbandonerò mai. Devi giurarmi che non dubiterai neanche per un secondo del mio amore. Me lo prometti?-

-Certo Ricky te lo giuro, te lo giuro su di noi-

-Bene. Adesso vieni, usciamo. Stringimi la mano. Non spaventarti okay?-

La luce rossa e blu ormai illuminava i due volti, fermi davanti all'uscita del bus.

Gabriel guardò di fronte a se, deglutì.

Riccardo gli strinse forte la sua mano, poi lasciò andare il borsone per terra non appena ebbe messo piede sull'asfalto.

Gabriel gli chiese aiuto con lo sguardo, confuso ed al tempo stesso spaventato mentre i poliziotti davanti a loro li fissavano parlando contro le proprie radioline.

-Ti giuro che passerà presto Gabi. Staremo meglio.- gli disse infine, sotto gli sguardi dei due poliziotti che si avvicinavano cautamente a loro.

-Venite con noi- mormorò dolcemente uno di loro con tono paterno.

Appoggiò delicatamente una mano sulla schiena del rosa guidandolo verso l'auto; il suo collega invece si occupò di Riccardo, il quale si dimostrò molto collaborativo.

Si ritrovarono nei sedili posteriori della macchina della polizia; niente sirene, niente luci colorate. Ma estrema freddezza.

Anche se Gabi era proprio accanto a lui non lo guardava, non gli parlava, a malapena respirava.

Riccardo allungò piano una mano nella sua direzione, il rosa si scansò.

Si portò le mani sul grembo e prese a fissare fuori dal finestrino mentre delle lacrime silenziose gli rigavano il viso sconvolto e ferito.

Riccardo appoggiò la propria mano sulla sua gamba e la aprì, rivelando il loro marchio, lo stesso di cui avevano parlato poco prima sul bus;

Gabi abbassò piano il capo e fissò quella mano tremante con aria delusa.

-Sarà molto doloroso?-

Lo chiese voltandosi lentamente verso Riccardo.

Il suo cuore era a pezzi, aveva appena ricevuto l'ennesima delusione della sua vita ed il suo traditore era proprio affianco a lui.

-Solo all'inizio. Sta già diminuendo, non lo sentì? Non fa già meno male?-

Gabi strizzò gli occhi deglutendo, provando un gran dolore per il groppo in gola.

Riaprì gli occhi mentre si sforzava di non lasciar scappare neanche un singhiozzo.

La sua mano insicura si avvicinò a quella del castano e vi si sovrappose, fino a combaciare con essa.

-Lo faremo insieme?-

-Non ti lascerò neanche per un secondo- mormorò Riccardo sorridendo speranzoso fra le lacrime.

-Mi fido di te, Ricky- biascicò Gabriel.

Poi appoggiò la testa sulla spalla del castano, lasciandosi stringere dalle sue braccia protettive.

-Staremo bene- sussurrò lui ancora, per poi baciargli dolcemente la testa.




 

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