Alla ricerca della felicità

di Mave
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Estate ***
Capitolo 2: *** Buck's Rock ***
Capitolo 3: *** Manga ***
Capitolo 4: *** Matrioska ***
Capitolo 5: *** Rapporti ***
Capitolo 6: *** Veramente belle ***
Capitolo 7: *** Amicizia in divenire ***
Capitolo 8: *** Luau ***
Capitolo 9: *** Appuntamento combinato ***
Capitolo 10: *** Cena in famiglia ***
Capitolo 11: *** Luna park ***
Capitolo 12: *** Fantasmi del passato ***
Capitolo 13: *** Il gioco della felicità ***
Capitolo 14: *** Incubi ***
Capitolo 15: *** Mondo dei contrari ***
Capitolo 16: *** Assemblea ***



Capitolo 1
*** Estate ***


Everwood, Colorado. Tra montagne e canyon e tracce di un passato lontano nell’entroterra americano dove l’Oceano era un miraggio.

Per questo motivo, i pomeriggi estivi, le piscine del signor McAbee venivano prese d’assalto da chi sognava spiagge e ombrelloni.

In fondo l’estate era una stagione votata alla spensieratezza e all’allegria.

Hanna Rogers, la timida ragazza del Minnesota giunta nella pittoresca cittadina soltanto pochi mesi prima, sorseggiava il suo cocktail tropicale analcolico a bordo-vasca. Le mani correvano spesso sul pareo che copriva il bikini a motivetti floreali.

Con la stessa insicurezza, Hanna si premeva i grandi occhiali da sole sul naso e, da dietro le lenti scure, osservava quel mondo di vacanzieri.

Terminata la scuola, il suo impegno era quello di badare a Sam: un modo piacevole per sentirsi utile e sdebitarsi dell’alloggio che Nina le aveva offerto. L’amica di sua madre, infatti, l’aveva accolta in casa sua come se fosse sempre stata un membro della famiglia Feeney.

Hanna si divertiva nel dare a Sam le prime lezioni di nuoto e non lo perdeva mai di vista quando il bambino giocava con i suoi amichetti. Certo, di tanto in tanto, gli occhi curiosi della ragazza indugiavano sulla postazione del bagnino.

Un trono da cui Bright, sovente, era costretto a tuffarsi in acqua per salvare bambine che invocavano il suo aiuto .

Era un gioco innocente a cui lui partecipava volentieri.

Di tanto in tanto, accorgendosi degli sguardi di Hanna le lanciava un occhiolino di risposta che aveva il potere di far arrossire ancor di più la povera ragazza.

Alla chiusura dei loro studi medici, anche Andy ed Harold si concedevano qualche ora di relax in piscina.

In realtà il Dottor Brow cercava di palesare con discrezione la sua presenza, frenato dal monito di Ephram di non intralciare il suo umiliante lavoro estivo .

Al povero dottore non restava altro da fare se non dare un’occhiata a Delia che sguazzava in acqua con le sue amiche e aggregarsi agli Abbott.

In quei giorni il tema che teneva banco a bordo piscina era il matrimonio tra Edna e Irv, che probabilmente si sarebbe celebrato in autunno.

“Sembra che quest’anno vada di moda il color cremisi per le spose!”

Il Dottor Abbott si era atteggiato a guru della moda, sventolando sotto il naso della madre una nota rivista.

“Piantala Junior! Vorresti vedermi coperta di ridicolo? Con una cosa così addosso sembrerei un marshmallow gigante alla fragola!”

Irv aveva replicato che lui l’avrebbe trovata affascinante in ogni caso, mentre il resto della comitiva era scoppiata a ridere.


“Torna immediatamente qui! Io…io potrei ucciderti in questo momento!”

Una figura aggraziata era sfrecciata verso di loro e ormai era abbastanza vicina perché la sua voce squillante risuonasse forte e chiara.

“Mi pare che, da quando tua madre studiava giurisprudenza, non siano cambiate le pene per chi commette un reato così grave. E da quando è sindaco di Everwood non ha fatto nulla per renderle più clementi…Quindi, chi è che uccideresti?”

Dinnanzi alla tranquilla filippica del padre, Amy era stata costretta ad interrompere la sua corsa.

“Il mio fidanzato! Nasconde il block-notes con i miei ordini e non mi lascia lavorare in pace!”

Aveva spiegato, sistemandosi una ciocca bionda sfuggita dal disordinato chignon.

“Ehi, dopo tutta la fatica che ho fatto per riportartelo!”

Si era intromesso il Dottor Brown, sentendosi chiamato in causa.

Il grande neurochirurgo e la ragazzina piena di sogni si erano scambiati un sorriso pieno di complicità e sottintesi: fino a pochi mesi prima nessuno si sarebbe azzardato a fare simili battute.


“Grover vieni! Sono qui!”

Quella voce allegra e scanzonata veniva dritta da un passato che Amy aveva temuto di aver perso per sempre.

Si sentì salire le lacrime agli occhi mentre correva incontro a Colin, che l’aspettava accanto a Bright.

“Allora posso riprendere il mio lavoro dopo questa pausa extra?”

Si era riannodata il grembiule ma Colin l’aveva avvolta in un abbraccio solido, scuotendo la testa.

“No, oggi il signor McAbee ci concede un permesso premio. Dobbiamo andare in un posto…”

“Dove? A casa a prepararci per l’inizio dell’anno scolastico più difficile delle nostre vite?”

Il ragazzo aveva arricciato il naso.

“Nah! Non sarà certo l’anno più difficile per noi…”

Bright si era esibito in un plateale sbadiglio, fingendosi disgustato dal tubare tra i due piccioncini a pochi metri da lui. In verità non avrebbe potuto desiderare un’estate migliore di quella, da condividere con tutte le persone a cui voleva bene.

“Ehi amico vuoi venire con noi?”

Colin glielo aveva chiesto più con gentilezza che con convinzione e Bright aveva preso la palla al balzo per stuzzicarli un po'.

“E rischiare un attacco di diabete? No grazie! Preferisco star qui a godermi il sole, sorseggiare cocktail gratis e salvare belle sirenette!”

Sua sorella gli aveva lanciato uno sguardo eloquente mentre Colin si era arreso con una delle sue risate cristalline.

Dunque i due giovani fidanzati si erano allontanati tenendo intrecciate le loro dita, un braccio di lui avvinghiato ad un fianco di lei, stretti uno all’altra con la tenacia di un rampicante ad una pergola.

Andy Brown aveva guardato quella scena dapprima con una certa nostalgia e poi con orgoglio.

Sapeva che erano state le sue mani a dare ad Everwood quel dono incommensurabile, permettendo giornate tanto spensierate: aver riportato Colin alla sua città era il miracolo più grande operato nella sua carriera di neurochirurgo.


“Ehi Chopin ti va una bibita ghiacciata?”

Bright aveva avvicinato Ephram, che stava ripiegando con precisione certosina l’ultimo asciugamano della giornata.

“Perché no?”

Aveva accettato il giovane Brown, tergendosi la fronte imperlata.

Mai avrebbe creduto possibile che potesse nascere un’amicizia tra un introverso pianista e un esuberante sportivo.

Ma, in fondo, Everwood era fonte di nuove scoperte ogni giorno.

Sì, ora quel posto gli piaceva davvero!

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Capitolo 2
*** Buck's Rock ***


“Allora erano questi i tuoi piani? Costringermi, con l’inganno, a tuffarmi nell’acqua gelida del lago?”

Buck’ s Rock la lasciava sempre senza fiato: uno specchio d’acqua limpida e scura in cui si riflettevano le linee delle montagne circostanti. All’intorno larici e abeti si ergevano da un caotico ammasso di sassi, coperti da cespugli di rododendri e di mirtilli.

Colin si era seduto su quel vecchio tronco nodoso posto poco più a monte e aveva sorriso in direzione di Amy.

Quello era il loro posto speciale.

Riecheggiavano ancora le risate delle loro estati passate, le colonne di spruzzi che si levavano quando andavano sotto e quando riemergevano annaspando; le bracciate in acqua e le gare di tuffi, lui che si scrollava l’acqua dai capelli spruzzando lei…

Cartoline storiche di un passato perso per sempre.


“Chiudi gli occhi!”

Amy non si fidava. Si portò una mano al collo per assicurarsi di non indossare collane che Colin avrebbe potuto slacciarle surrettiziamente e, accompagnata dalla risata allegra del ragazzo, obbedì.

Percepì i palmi delle mani di lui che le coprivano gli occhi per accertarsi che non stesse sbirciando poi un puro brivido d’adrenalina le attraversò la schiena quando quelle stesse dita giocarono sulle linee ben definite del suo collo. Qualcosa le solleticò il petto e, quando riaprì gli occhi, vide luccicare quel piccolo ciondolo: una croce intarsiata in oro bianco.

“Il regalo della mia cresima!”

Aveva esclamato Amy con incommensurabile nostalgia.

“Mi dispiace. Stamattina avevo rubato un raggio di sole ma non so come sia riuscito a scappare dalla scatola. Eppure l’avevo chiusa così bene!”

Aveva scherzato Colin per non lasciarsi sopraffare dall’emozione. Lui non era mai stato troppo bravo con le parole.

“Perciò ti devi accontentare di riavere indietro quello che ti spetta di diritto. Mi ha portato fortuna per tutto questo tempo ma ora è arrivato il momento di restituirtela, non credi?”

Aveva continuato tranquillo, mentre Amy giochicchiava con il ciondolo. Inevitabilmente quella croce riportava alla mente di entrambi ricordi tristi che avevano lasciato cicatrici indelebili.

Amy l’aveva chiusa nel pugno inerme di un ragazzo in coma poche ore prima che il Dottor Brown lo sottoponesse ad una difficile operazione e, da quel giorno di oltre due anni prima, era sempre rimasta con Colin.

“Ho tenuto la tua croce, per tutto questo tempo, mentre portavo la mia di croce!”

Quel gioco di parole era il suo modo di sottolineare quanto fosse stata indispensabile la presenza della ragazza al suo fianco durante quella dura lotta per la vita.

“Non c’è niente da guadagnare a rivangare il passato, Colin. È solo un modo per farci ancora del male!”

Per lei il passato era una catena, un ancora che impediva di salpare verso il futuro ma per Colin era invece un dono prezioso.

“Questa è una parte di te, Amy. Per me è un piccolo tesoro perché stringevo la tua collana tra le mani mentre stavo male, ogni volta che miglioravo e il mio cuore si riempiva di speranza e ogni volta che ero costretto a scalare un nuovo gradino da solo. Ogni volta che venivi a trovarmi in quella clinica di riabilitazione e ogni volta che cadevo e credevo che non ce l’avrei mai fatta…”

L’emozione che stavano provando in quell’istante era così intensa che non c’era bisogno di parole: le loro mani erano intrecciate, i loro occhi si specchiavano a vicenda gli uni negli altri e il loro ansimare si fondeva in un unico respiro.

Erano sentimenti che viaggiavano sulla stessa lunghezza d’onda.


Il silenzio intermittente in quell’angolo di incontaminata natura fu rotto dal rombo di un motore e anche il momento magico tra i due innamorato fu interrotto sul più bello.

“Forse Bright ha cambiato idea e ci ha raggiunti!”

Ipotizzò Colin mentre un’auto risaliva la strada esterna.

“Il solito tempismo di mio fratello!”

Non era Bright. Era uno sconosciuto che, con passi fermi e decisi, si era avviato verso di loro facendo un cenno con la testa per farsi notare.

“Ha bisogno di aiuto?”

Gli aveva chiesto Colin ironicamente, con calma, senza distogliere lo sguardo dal ragazzo. Era un ragazzo dalle fattezze latine, con zigomi alti, capelli scuri e naso prominente.

“Si, vengo da Denver e sono diretto ad Everwood. Purtroppo temo di essermi perso e aver scorto la vostra auto è stato un miraggio. Devo incontrare il Dottor Harold Abbott…”

Amy si stupì di quella buffa coincidenza e sorrise pensando a quanto piccolo fosse il mondo.

“Dunque sei diretto a casa mia?”

Gli aveva chiesto in tono divertito. Quella ragazza aveva il sorriso più bello che lo sconosciuto avesse mai visto, ma anche gli occhi non erano da meno. Parlavano di felicità…

“Se hai carta e penna ti scrivo subito l’indirizzo. Troverai sicuramente il Dottor Abbott a poltrire davanti alla tv!”

“Grazie davvero! Ci rivedremo presto allora signorina Abbott!”

Sebbene si fossero scambiati solo dei meri gesti di cortesia, Colin si scoprì geloso e, come un qualsiasi maschio alfa, cinse le spalle di Amy con un braccio per chiarire al ragazzo di non avere nessuna possibilità.

Quello, intanto, si stava già allontanando.


“Chissà cosa vorrà da mio padre…”

Meditò Amy a voce alta.

“Forse vuole un semplice consulto medico!”

La ragazza inarcò un sopracciglio.

“Per quello la gente di ogni parte del Colorado guida fino ad Everwood solo per vedere il Dottor Brown!”

Colin si strinse nelle spalle, pensando che non stavano dipingendo un ritratto troppo meritocratico del povero Dottor Abbott.

“Non gli abbiamo nemmeno chiesto come si chiama!”

Amy sembrava molto incuriosita da quell’incontro inaspettato e la cosa cominciava ad infastidire Colin.

“Si e magari lo potevamo invitare ad unirsi ad un picnic con noi!”

Era un malumore passeggero e, infatti, era bastato che lei lo stuzzicasse un po' perché il piccolo incidente fosse presto dimenticato.

“Forse devo ridarti la mia collana. Non sono passati nemmeno dieci minuti che l’ho avuta indietro e già litighiamo!”

“Non stiamo litigando!”

Si erano guardati ed erano scoppiati a ridere.

“È ora di tornare a casa. Così potrai soddisfare la tua curiosità sul bel forestiero…”

A quella provocazione Amy gli aveva assestato una gomitata nel fianco e lo aveva sorpassato, avviandosi indispettita.

“Aspetta Grover! Ho dimenticato di dirti una cosa!”

Lei aveva sempre amato quel nickname, fin da quando era bambina.

“Che vuoi?”

“Ti amo!”

Solo due parole eppure rappresentavano un mondo. Il loro mondo.

“Ti amo tanto anche io, idiota!”

“Ora chiudi di nuovo gli occhi, anzi facciamolo insieme!”

Era un modo spontaneo e naturale per gustare fino in fondo quel bacio e lasciarsi inondare da quel sentimento.

“Possiamo considerarlo il nostro terzo primo baci ?”

Aveva chiesto Colin, in un sussurro appena percettibile per non contaminare l’incanto di Buck’ s Rock.

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Capitolo 3
*** Manga ***


Era una limpida serata di fine estate accompagnata dai grilli in lontananza e dal frinire delle cicale in sottofondo e niente avrebbe conciliato quella pace più di un buon libro tra le mani.

Il Dottor Brown, tuttavia, stava studiano la cartella clinica di un suo paziente e cercava di resistere alla tentazione di rubare un altro biscotto alla cannella dalla ciotola in cui Delia si stava servendo abbondantemente.

La bambina, in panciolle sul divano, si sbriciolava addosso quelle piccole delizie con cui la viziava Nina e rideva guardando i cartoni animati alla tv.

La quiete della sera venne bruscamente interrotta quando Ephram annunciò il suo ritorno sbattendo pesantemente la porta.

“Ehi giornata storta?”

Suo padre alzò gli occhi dai fogli che stava leggendo, inarcando un sopracciglio.

“Incontro ravvicinato con la mentalità ottusa di questo posto e con l’arroganza di certa gente di credersi i padroni del loro piccolo mondo!”

Replicò tra i denti il ragazzo, buttandosi a peso morto sul divano accanto alla sorella; la quale non perse occasione per punzecchiarlo tentando di indovinare il motivo di quel malumore.

“Scommetto dieci dollari che qualcuno è arrivato in edicola prima di te e ti ha portato via il tuo tesoro!”

“Ti devo dieci dollari, piccola! Già…Qualcuno che non conosce nemmeno la differenza tra un manga e un fumetto e che riesce benissimo a rovinarmi la vita da quando papà ci ha trascinati tra queste sperdute montagne!”

“Non eravate diventati amici?”

Andy ignorò volutamene quella sottile stilettata, ben consapevole contro chi fossero rivolte le ire di Ephram.

“Papà due rivali in amore non potranno mai essere amici!”

La saggezza di Delia era quasi comica ma i due uomini Brown non avevano nessuna voglia di ridere ben sapendo che il discorso stava per addentrarsi in un territorio più arduo.

“Amy non ha nulla a che vedere con questa storia. Insomma, il golden boy mi ha quasi rotto un braccio e non ho mai sentito delle scuse da parte sua!”

Andy si massaggiò la barba, meditabondo. Poi si rivolse al figlio in un tono a metà tra il rimprovero e la comprensione.

“Quel ragazzo è passato attraverso l’inferno negli ultimi due anni, Ephram!”

Ephram rubò un biscotto dalla ciotola e iniziò a sbocconcellarlo.

“Lo so ma questo non gli dà il diritto di fare il bello e il cattivo tempo su quasi tutti i cittadini di Everwood. Tanto di rispetto per come ne è venuto fuori ma tutti noi abbiamo conosciuto dei dolori nelle nostre vite…”

Gli sguardi di tutti e tre si posarono sulla foto adagiata sulla mensola del camino che ritraeva una sorridente Julia.

“È vero, ma Colin ha sperimentato tanta sofferenza negli ultimi due anni quanta, probabilmente, la maggior parte di noi non conosce in una vita intera!”

Il figlio abbassò lo sguardo disposto a concedere al rivale qualche attenuante.

“Se davvero è stato lui a comprare il tuo manga, magari lo avrà fatto per una buona ragione!”

“Si. Per umiliarmi!”


Una volta che Ephram si fu ritirato ad ascoltare musica in camera sua, Andy e Delia tornarono alle loro occupazioni serali.

Dopo una buona manciata di minuti fu una scampanellata che echeggiò nell’aria ad interromperli nuovamente. La bambina balzò in piedi contenta, pensando che forse era Nina che portava a casa loro Sam perché giocassero insieme.

“Apro io!”

Corse alla porta ma restò esitante e sbalordita a fissare l’inatteso ospite più del dovuto.

“Ciao piccola. Posso entrare soltanto un minuto?”

Il ragazzo aveva un sorriso gentile che la confondeva non tanto per il giudizio negativo che Ephram aveva su di lui quanto per il fatto che fosse il miglior amico di Bright Abbott!

“Allora Delia, chi è?”

La porta socchiusa e il Dottor Brown inquadrò quel volto ora fattosi teso ed esitante.

“Colin!”

“Salve Dottor Brown!”

“Va tutto bene?”

Il ragazzo non poté fare a meno di sorridere per quella domanda ormai diventata un’abitudine e per quei modi paterni.

“Si, sto bene grazie. In realtà cercavo Ephram!”

“Accomodati. Lo faccio scendere subito…Intanto io e Delia andiamo a mettere il pigiama!”

“Buonanotte allora. Buonanotte Delia!”


Rimasto da solo, Colin evitò accuratamente anche solo di indugiare su quella poltrona alla quale erano legati brutti ricordi. Invece si ritrovò a curiosare sull’arredamento fino a soffermarsi sulle foto disposte in bell’ordine.

Furono due colpi di tosse con cui qualcuno si schiariva la voce alle sue spalle, a farlo trasalire. Era stato il modo di Ephram per annunciare la sua presenza.

“Mi dispiace, non volevo curiosare!”

Si affrettò a giustificarsi Colin, con una nota d’imbarazzo.

“Non dispiacerti, le foto stanno lì per essere guardate!”

L’ospite sorrise amaramente e poi si sbottonò in una confessione inaspettata.

“C’è stato un periodo della mia vita in cui odiavo gli album pieni di fotografie più di qualsiasi altra cosa!”

“Deve essere stato il periodo in cui ti eri trasformato in Shiva il distruttore!”

Ephram non era riuscito a tenere a freno la lingua e si rese conto di aver esagerato non appena Colin abbassò lo sguardo, mortificato.

“Scusa tu, adesso!”

“È tua madre?”

Chiese invece l’altro, evitando di creare altre tensioni, additando la donna sorridente immortalata per l’eternità. Ephram annuì.

“Era molto bella. Hai i suoi stessi occhi!”

“Allora cosa vuoi?” Chiese bruscamente Ephram per non intristirsi ulteriormente ad ogni eventuale altro accenno alla madre e anche per soddisfare la sua curiosità su quella visita. Colin tirò fuori dalla giacca la copia del manga.

“Ho sentito parlare di questo Yamuko, dell’antico popolo dei triclopi e mi è parso curioso che il signor Mac Bride ne avesse una sola copia del primo volume nella sua edicola…Allora ho pensato che una raccolta di manga senza l’episodio madre deve essere come quando arrivi al cinema all’inizio del secondo tempo di un film. Per quanto possa essere bello, non lo capirai mai completamente!”

Ephram era arguto e non ci mise molto a capire che quella era una metafora con cui Colin descriveva anche la sua situazione: probabilmente si era sentito così quando si era risvegliato dal coma senza ricordi.

“Dunque hai deciso che oggi era il giorno giusto per appassionarti a Sazan Eyes?”

Chiese con sarcasmo ricevendo per risposta una risata.

“No, io sono più tipo da Batman e da supereroi americani. Ho ritirato il manga al posto tuo…”

“Che pensiero carino! Cos’è un bottino di guerra che vieni a sventolare sotto il naso del nemico sconfitto?”

Quell’ironia tagliente non riusciva a scalfire la pazienza di Colin che, anzi lo contraddisse seraficamente.

“Non siamo in guerra. Volevo che questo fosse un mio regalo, un regalo di scuse!”

Il giovane pianista incrociò le braccia e aspettò che lui continuasse.

“In passato ci sono state diverse tensioni tra di noi e alcuni miei comportamenti non possono essere giustificati dal fatto che io fossi malato. Amy ha ragione: sei stato un buon amico. Non che abbia più una memoria di ferro ma…Credo di non averti mai chiesto scusa per l’incidente di quella sera fuori dal Mama ‘s Joy! Allora le accetti queste scuse, anche se arrivano con imperdonabile ritardo?”

Nella mente di Ephram scorrevano veloci tutti gli eventi che si erano abbattuti su tutti loro dopo quella drammatica sera. Il Dottor Brown aveva ragione: quel ragazzo aveva dovuto affrontare prove difficilissime per chiunque!

Alla fine si ritrovò a sorridere e a tendere la mano a Colin.

“Se ho potuto perdonare a mio padre un ritardo di sedici anni, perché non dovrei dare un’altra occasione anche a te? Mettiamoci una bella pietra sopra!” Si strinsero la mano per suggellare quel patto e si sorrisero. Forse la loro amicizia meritava davvero una seconda occasione.

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Capitolo 4
*** Matrioska ***


Il vecchio convoglio aveva arrestato la sua corsa nell’ombelico del Colorado, in quel paesino senza tempo a cui le maestose Montagne Rocciose facevano da cornice.

Ogni scorcio sprigionava quiete e serenità ma per Laynie, Everwood era soltanto il vaso di Pandora dove aveva nascosto i suoi fantasmi.

Mentre la sua vita e la sua famiglia andavano a rotoli, lei si era sentita sicura da un’altra parte, in un altro angolo d’America.

Fuggire tuttavia non era stata una soluzione. Il pensiero di suo fratello, di tutto quello che accadeva lontano da lei, le aveva dato il tormento per tutti quei due anni.

Era stato un sollievo tornare a casa quando il sole era già scomparso oltre le cime e le strade erano quasi deserte.

Recuperò i suoi bagagli e si affrettò a scendere prima che il treno riprendesse la corsa con un prolungato sbuffo.

Alla precedente fermata a Denver aveva chiamato per avvertire casa e aveva mentito dicendo di non conoscere l’orario esatto del suo arrivo.

Una passeggiata in solitudine le avrebbe fatto bene e, forse, l’avrebbe aiutata a riambientarsi in quel posto che le era sempre stato stretto.


“Bentornata ad Everwood, ragazza con la valigia!”

Con le braccia incrociate al petto e un sorriso un po' spavaldo e un po' ritroso stampato in viso, Laynie aveva riconosciuto immediatamente il ragazzo, dritto come un fuso, tra i binari.

Non ci aveva pensato un secondo a mollare in terra la valigia e il borsone e a rifugiarsi tra le braccia che lui aveva già allargato per accoglierla.

“Colin!”

Finalmente nell’abbraccio solido di suo fratello si era sentita a casa, protetta da passato.

“Ma perché sei qui? Come…”

Risentire quella risata musicale, quella troppo spesso riempita con le lacrime, aveva sciolto il cuore di Laynie. Per una dura come lei diventava difficile adesso non lasciarsi scappare qualche lacrima furtiva.

“Purtroppo per te cara sorellina, Denver è ormai una seconda casa per me. Vicino alla stazione c’è un bar: soltanto lì trasmettono quella musica country che sembra uscire da un Jubox Vintage…”

“Bell’intuito Sherlock Holmes!”

Con tenerezza gli aveva scompigliato i capelli, che ormai Colin portava ad una lunghezza media. Laynie non era più abituata a qualcuno che si prendesse cura di lei e quelle sottili attenzioni erano un toccasana.

“E poi aveva bisogno di un cavaliere che portasse i suoi bagagli, signorina Hart!”

Suo fratello si era esibito in un mezzo inchino di cortesia e le aveva strizzato l’occhio in una complicità ritrovata che le aveva strappato una risata.

“Mi sei mancato tanto!”

Aveva ammesso infine a voce alta, sebbene lei per prima si era riconosciuta una codarda quando lo aveva lasciato a combattere le sue battaglie senza il suo sostegno.


Sharon e Jim Hart erano insofferenti: non erano più abituati al fatto che la loro casa fosse troppo silenziosa e quel mutismo forzato scavava in fondo ai loro dolori, ricordandogli il periodo in cui il figlio era in un ospedale e la figlia in un collegio.

Erano seduti entrambi sul divano e Jim aveva preso la mano della moglie, massaggiandone il dorso, tentando di abbozzare un sorriso: erano cicatrici che li avrebbero segnati per sempre ma sapevano di essere incredibilmente fortunati.

“Mamma, papà siamo a casa!”

La voce squillante di Colin li aveva riportati al loro presente felice e Sharon era scattata in piedi come un grillo, affacciandosi all’ingresso.

“Come…Siamo?!”

Aveva capito immediatamente perché il ragazzo avesse usato il plurale quando si era ritrovata dinnanzi alla figura esitante di Laynie che, a testa china, si guardava la punta delle scarpe per non incrociare lo sguardo della madre.

“Laynie!”

“Ciao mamma!”

Sharon l’aveva avvolta in un abbraccio incerto, avvertendo tutta la rigidità del corpo della ragazza, mentre Jim si era limitato a sfiorarle una guancia.

“Sarai affamata. Vieni, andiamo a tavola!”

Sharon ci provava ad essere una mamma premurosa anche con lei ma Laynie aveva dovuto imparare presto a cavarsela da sola ed era una ragazzina così cinica e indipendente da mettere a disagio.

“Veramente…”

“Io ho una fame da lupi!”

Colin salvò una situazione che sarebbe potuta diventare imbarazzante e spinse la sorella a tavola, sedendo accanto a lei per tutta la cena.


Era una cena silenziosa, troppo. Gli unici rumori udibili erano il cozzare di posate e piatti.

“Allora…Ti sei divertita a Miami?”

Jim aveva tentato un primo approccio con la figlia, chiedendole di quella vacanza extra di una settimana che si era concessa insieme alle amiche della Saint Margaret.

La ragazza si strinse nelle spalle e poi rispose ermetica.

“Bel clima e bel mare…”

Calò di nuovo il silenzio e, a quel punto, Laynie non potte trattenersi dal lanciare una velenosa stilettata ai genitori.

“E ad Everwood è successo qualcosa di eclatante…Negli ultimi due anni?”

Certo per lei era stato un sollievo trovarsi lontana mentre Colin rischiava di morire ma non poteva dimenticare che erano stati proprio i genitori a spingerla a centinaia di chilometri da casa.

Ancora una volta toccò a Colin sedare la tensione e rispondere pacatamente.

“C’è un dottore nuovo in città, un tipo fissato con il fitness. Il Dottor Abbott, vista la concorrenza sempre più spietata, era stato tentato nel chiudere il suo studio e aprire un negozio di ciambelle. Per fortuna ha capito in tempo che sarebbe stata un’idea disastrosa…”

Era bello sentire il fratello così ciarliero ma lei aveva bisogno di allontanarsi da quella disarmonia familiare.

“Sono stanca. Vado in camera mia!”


Quel suo spazio privato era rimasto immutato: anticonformista come lei, con una carta da parati anni settanta e adesivi rock.

Si era seduta sulla coloratissima coperta messicana con un sospiro.

“Essere stanchi è la scusa più antica del mondo!”

Il fratello non la mollava e ora se ne stava fermo nella cornice della porta.

“Stai diventando un po' troppo insistente, lo sai?”

Laynie aveva cercato di scacciarlo, in un modo forse un po' troppo brusco di cui si era pentita immediatamente.

Colin si era già voltato e si stava allontanando, sconfitto.

“Dai torna qui! Mi dispiace non sono una buona compagnia…E non sono una brava sorella!”

Lui non diede peso all’ultima affermazione. Si avvicinò ad una delle mensoline e tirò giù la matrioska con cui Laynie giocava sempre da bambina.

“Per farmi dispetto, molti anni fa, ti divertivi a svuotarmi la madre e a nascondermi le figlie nei posti più improbabili per farmi dare di matto.”

Era un ricordo dolce da condividere.

“Me lo ricordo!”

Le matrioske erano inscindibili, proprio come i componenti di una vera famiglia.

“Sai cosa ho capito in questi mesi? Che scappare da un problema è come intraprendere una corsa che non potrai mai vincere!”

“Già. Anche io mi sono sentito così. Mi sento perso, smarrito ancora adesso ogni volta che devo andare in ospedale per i controlli di routine. Quando torno ad Everwood ho bisogno di un paio di giorni di assestamento per essere certo di appartenere ancora a questo posto!”

Il dolore di entrambi si era infranto contro il sorriso stentato di Colin, l’unica maschera che ormai si concedeva per nascondere le sue fragilità.

Era stato un aprirsi il cuore a vicenda, una condivisione così intensa che qualsiasi altra confessione sarebbe stata superflua.

“Allora, ragazza con la valigia, hai portato un po' di sabbia bianca della Florida al tuo fratellone?”

In un attimo si era ritrasformato nel Colin spavaldo e irresistibile di un tempo, una grande conquista.

Per tutta risposta Laynie gli aveva tirato addosso un telo da spiaggia.

“Oh ti ho portato anche questi da risciacquare. Belle ragazze vi si sono stese sopra come delle lucertole al sole!”

Le loro risate erano riecheggiate per la casa, colmando di gioia il cuore di Jim e Sharon.

Non c’era cosa più preziosa di avere, di nuovo, i figli sotto lo stesso tetto.

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Capitolo 5
*** Rapporti ***


Il giovane tirocinante, giunto ad Everwood soltanto poche ore prima, cercava di rispondere esaurientemente alla raffica di domande con cui il Dottor Abbott lo stava mettendo sotto torchio da quaranta minuti abbondanti.

Ormai dalle tazze di thè, che Rose aveva portato in tavola ancora bollenti, non fuoriusciva più nessuno sbuffo di vapore.

Bright rientrò allegro ma il motivetto che stava fischiettando gli morì in gola quando si accorse che avevano ospiti.

“Tempismo perfetto! Arrivi giusto in tempo per partecipare alla nostra costruttiva conversazione. Magari potresti avere anche qualche dritta sulle scelte da fare per il tuo futuro…”

Harold lo aveva puntato con il suo sguardo da lince e suo figlio cercava di trovare alla svelta una via di fuga per svicolare da quel fiume di parole e soprattutto da quel bellimbusto che sedeva impettito nel suo salotto, crogiolandosi nelle lodi che il Dottor Abbott non gli lesinava, vedendolo già come un probabile futuro collega.

Dopo aver arrancato negli ultimi anni di studio, invece, Bright aveva deciso di prendersi un anno sabbatico.

Provvidenzialmente la suoneria del cellulare arrivò puntuale a toglierlo dall’impiccio e dal rammarico di quello che avrebbe potuto essere.

“Devo rispondere. È Martin…Questioni di lavoro!”

Spiegò Bright, dandosi un tono. In fondo anche lui, nel suo piccolo, si dava da fare.


Soltanto quando fu lontano dal campo visivo di suo padre si concesse un largo sorriso da un lato all’altro del viso.

“Mi sai dire la differenza tra un diabete insipido e uno mellifluo?”

Una risata dall’altra parte e se Harold sarebbe stato a portata d’orecchie avrebbe subito scoperto la frottola di Bright: quella telefonata non aveva nulla a che vedere con il suo lavoro estivo alle piscine.

“Mellito vorrai dire!”

Lo corresse Colin.

“Mio padre sarebbe fiero della tua cultura medica!”

“Uno degli effetti collaterali di passare troppo tempo negli ospedali!”

“Mm…mm…Ti ho mai detto che sei il mio eroe?”

Ancora una risata schietta e pulita per risposta.

“Mi basta essere il tuo migliore amico. È così tremendo lì? Com’è il forestiero?”

“Qualcuno è geloso! Si chiama Reid… Come Reid e Toby !”

“Si? Peccato che fosse Red e Toby !”

“Dovremmo rivederlo. Era la nostra videocassetta preferita da bambini. Comunque il nostro Reid è un tipo palestrato come Jake the Snake!”

I due amici sghignazzarono complici: erano stati loro ad affibbiare al dottore di Los Angeles lo pseudonimo di un ex wrestler.

“Ah…ah il fidanzato di Nina, al quale la tua Hanna tiene testa!”

“Non è la mia Hanna!”

“Ma ti piacerebbe! Senti, puoi passarmi Amy?”

La sorella era finita sotto le grinfie di Harold che stava tessendone le lodi, come studentessa modello, al loro ospite.

“Nostro padre le sta facendo da sponsor per trovarle un nuovo fidanzato. Temo tu non gli vada molto a genio come genero!”

“Divertente!”

Bright mise in pausa la chiamata e fece cenni ad Amy per attirarne l’attenzione. Con il beneplacito di Harold, lei lo raggiunse infastidita e gli strappò il telefono dalle mani.

“Ehi Grover!”

Gli occhi di Amy brillarono pieni di amore e dovette appartarsi per non lasciarsi tradire dai suoi sentimenti così palesi.

“Ho qualche problema con Laynie e ho un bisogno disperato dei consigli di una donna!”


La pioggia aveva ripreso a cadere a tamburo battente ed Ephram, ormai zuppo, correva alla ricerca di un riparo quando un ombrello si parò sulla sua testa.

“Io non mi ci abituerò mai ai capricci del tempo in questa parte ovest delle Montagne Rocciose!”

Protestò benché fosse abituato ai rigidi inverni di New York.

“Con questo tempo da cani l’ideale sarebbe starsene rincantucciati vicino al fuoco!”

Trovò prontamente concorde Colin.

“Raccontalo a Delia! La piccola da di matto se non ha i suoi cornflakes glassati a colazione!”

L’occhio di Ephram cadde sulla busta della farmacia che l’altro teneva in mano, con discrezione decise di non fare domande.

“Cosa non faremo per le nostre sorelline!”

A quell’esclamazione Ephram capì che le medicine non erano per Colin. “Laynie sta poco bene?”

Colin si strinse nelle spalle.

“L’universo femminile è un vero mistero! Andiamo, la pioggia è diminuita. Ti scorterò sotto l’ombrello fino al negozio dei miei: lì potrai prenderlo in prestito e arrivare asciutto fino a casa tua!”

Era bello muoversi insieme come due amici complici che fanno battute, cercando di evitare le pozzanghere nelle quali invece battagliavano bambini discoli.


“Laynie sa badare a sé stessa. Io non posso assentarmi!”

Sharon era la donna di ferro di sempre ma questa volta Colin non era disposto a fargliela passare così alla leggera.

“Ma non è giusto che resti da sola mentre sta male!”

“Allora torna a casa e falle compagnia!”

“Ha bisogno di sua madre! In negozio ci resto io: per qualche ora saprò cavarmela!”

Alla fine la determinazione di suo figlio la fece capitolare.

“Chiamami se ti trovi in difficoltà o non sai dove teniamo le cose!”

Ephram aveva assistito a quel siparietto in silenzio ma, quando la signora Hart se ne fu andata, non potte trattenere un applauso di approvazione per la performance di Colin.

“Sai essere molto persuasivo! Mi dovrai dare qualche lezione per quando mio padre trascurerà Delia ma dubito che sarà così accondiscendente da lasciarmi con i suoi pazienti!”

Colin sorrise sicuro di sè e prese posizione dietro il bancone.

“Prendi pure il mio ombrello. Io mi godrò il mio primo giorno di vero lavoro!”


Laynie si sistemò la borsa d’acqua calda (che Colin le aveva preparato su consiglio di Amy) sul basso ventre e cercò di ignorare i rumori che giungevano dal piano di sotto, rigirandosi sul letto.

Poi la porta della sua cameretta si spalancò.

“Lasciami in pace, Colin!”

“Sono la mamma. Perché non mi hai chiamata?”

La ragazza si mise seduta sul piumone, abbracciando il cuscino.

“Non saresti venuta. Io non sono Colin!”

Sharon si ritagliò un posticino vicino a lei, sul bordo del letto.

“Questo non significa che io non voglia bene anche a te. È vero, tuo fratello ha avuto bisogno di tutte le nostre attenzioni negli ultimi anni ma questo non significa che io non mi preoccupi anche per te. Perché mi allontani, Laynie?”

“Perché è troppo tardi! Alla Saint Margaret per me non c’erano carezze, coccole quando stavo male o amiche a cui confidare i veri motivi per cui piangevo…Eppure era l’unico posto dove potevo fingere di avere una vita normale!”

“Lo so che ho fatto molti errori e non potrò mai cancellarli…Ma non è giusto che paghino i miei figli. Siete entrambi qui, Laynie. A casa. E non permetterò più a niente e a nessuno di strapparvi di nuovo da me!”

Sharon aveva parlato con il cuore in mano come non faceva da tempo. Allargò le braccia e la sua bambina si rannicchiò nel posto più sicuro del mondo: l’abbraccio della mamma.

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Capitolo 6
*** Veramente belle ***


In Minnesota Hanna non era mai stata una frequentatrice di quei posti enormi con sei parrucchieri, due manicure, raggi UVA e massaggi.

Nonostante il piccolo centro in cui l’aveva trascinata Amy fosse accogliente, tranquillo e domestico, la coiffeuse le aveva accolte con in mano quella che sembrava una grossa bottiglia di tintura rossa.

“Che ne dici?”

Lisa, la proprietaria del centro, si era rivolta ad Amy, alzando la bottiglia perché venisse illuminata dalla luce del sole che entrava dalla vetrina.

“Si chiama estasi di Rubino!”

“Sembra Ketchup!”

Non aveva potuto evitare di sottolineare a voce alta Hanna, con una punta di timore.

“Addosso è più bello. Fidati!”

Senza darle il tempo di replicare, Lisa la spinse su una sedia e gli avvolse una mantella di plastica sotto lo sguardo divertito di Amy.


“Ci sono due persone al mondo per le quali non si hanno segreti: la tua parrucchiera e la tua migliore amica, perciò adesso sputa il rospo!”

Dopo la mattinata passata a rinnovare il loro look, le due ragazze si erano fermate a pranzo al Mama’s Joy.

Il nuovo taglio di capelli e un po' di trucco valorizzavano tutta la bellezza di Hanna, che da brutto anatroccolo si sentiva adesso cigno, ma non era stato sufficiente a farle acquisire maggiore sicurezza in sé stessa.

“Il fatto è che è la mia prima festa qui ad Everwood e i precedenti, ricordando i miei balli scolastici a Minneapolis, sono decisamente disastrosi!”

Piagnucolò, affondando un morso nel suo panino.

“In pratica ero la solitaria che se ne stava a bordopista a deprimersi guardando le coppiette ballare avvinghiate i lenti! Per te, che sei sempre stata così popolare, invece devono essere stati momenti indimenticabili!”

Sospirò con aria trasognante, senza invidia per le maggiori fortune di Amy che, intanto stava dividendo in quattro parti precise la sua pizza.

“Indimenticabili lo sono state di certo. Ma non nel modo in cui pensi tu! Al mio primo anno all’high school avrei voluto avere Robin Green come cavaliere ma Colin mandò in fumo i miei piani proponendo di accompagnarmi, con il beneplacito dei miei. Tieni presente che all’epoca io per lui ero soltanto la sorellina di Bright e lui per me era un idiota totale…”

“Non ci avresti scommesso un cent che poi sarebbe diventato l’amore della tua vita, vero?”

Le due amiche erano divertite da quegli aneddoti innocenti.

“E non è finita qui. Dimenticò di comprarmi i fiori e li strappò dal giardino della signora Button…Delle puzzolenti mimose che mi fecero starnutire per tutta la sera! L’anno successivo ero la sua ragazza…”

La voce di Amy aveva assunto una nota di dolorosa tristezza, tanto che Hanna si premurò di fermarla.

“Non devi rivangare quei ricordi dolorosi se non vuoi…”

Ma la forte Abbott scosse il capo e continuò con un sorriso amaro.

“A quindici anni andai fino ad un ospedale di Denver per chiedere ad un ragazzo in coma di accompagnarmi al ballo d’autunno e, la primavera di quello stesso anno, litigammo per l’intera serata…”

Le era venuto un nodo alla gola e le erano salite le lacrime agli occhi tanto che Hanna aveva allungato la mano sugli involucri vuoti del loro pranzo per stringere quella dell’amica.

“Sono sicura che quest’anno avrai una serata memorabile da vivere e anche se non fosse così, guarda il lato positivo…Almeno tu sai già come bacia il tuo ragazzo!”

Era stata la battuta giusta perché tornasse a veleggiare quell’alone di leggerezza che aveva accompagnato l’uscita delle ragazze ed Amy era tornata allegra.

“Oh ma le mie storie non sono niente in confronto alle gesta di cui si è reso protagonista Bright! Ti ho mai raccontato di quanto è riuscito a far accettare quattro inviti a quattro ragazze diverse ed ha affittato un camper per portarsele dietro?”

“Tuo fratello non manca certo di spirito d’iniziativa!”

Hanna aveva commentato a denti stretti, sorseggiando la sua Coca-cola dalla cannuccia e l’altra non diede peso a quel commento presa com’era a completare la sua opera di cambio-look della timida Rogers.

“Andiamo a casa mia adesso? Posso prestarti degli accessori che calzerebbero a pennello con il tuo vestito!”


Casa Abbott dava sempre l’idea di un nido accogliente: tornata dal municipio, Rose si buttava nelle faccende domestiche ed Harold era ben lieto di dare una mano, magari affettando le verdure per preparare la cena.

Una musica proveniente dal piano di sopra faceva intuire che anche Bright era in casa.

Harold intercettò le ragazze praticamente sull’uscio, con una pila di piatti in mano.

“Amy posso parlarti un secondo?”

“Io vado a salutare Rose, intanto!”

Hanna li aveva lasciati da soli ed Amy seguì suo padre in soggiorno.

“Giovedì sera verrai a cena con me e con Reid!”

“Perché io e non Bright?”

Harold ignorò la domanda.

“È un ragazzo in gamba, studia medicina…Potrebbe essere la persona giusta con cui discutere delle tue scelte e dei tuoi dubbi sull’università. E tu potresti aiutarlo ad inserirsi ad Everwood…Domani anzi verrà anche lui alla festa alle piscine…”

La ragazza però conosceva troppo bene suo padre per non smascherare le sue vere intenzioni.

“Mi stai combinando gli appuntamenti con un ragazzo? Incredibile! Io un fidanzato ce l’ho già e alla festa andrò con lui. Cos’hai contro Colin?”

Era tipico di Amy infervorarsi e lottare ostinatamente per far valere le sue ragioni. Ed era anche quell’atteggiamento che spesso faceva perdere le staffe ai genitori ma Harold rispose pacato.

“Io non ho nulla contro Colin. È un bravo ragazzo. Ho solo paura che tu non lotterai abbastanza per i tuoi sogni e finirai per accontentarti !”

“Mi sembra di aver lottato abbastanza per il futuro che volevo!”


Amy era ancora paonazza mentre era salita al piano di sopra ma la sfuriata di pochi secondi prima lasciò il passo a un sorriso divertito quando sorprese Hanna imbambolata in corridoio, l’orecchio teso sulla porta della camera di Bright e la mente a ipotizzare cose stesse facendo il ragazzo dall’altra parte.

“Se stai fantasticando sul fatto che mio fratello esca da quella stanza e si trasformi nel tuo principe azzurro, rassegnati! È probabile che assisteremo prima al ritorno della cometa di Halley che ad un tale miracolo!”

Aveva ridacchiato Amy mettendo l’altra terribilmente in imbarazzo.

“Ma cosa ti salta in mente…Io…Io non pensavo niente!”

Era stato quel balbettio a convincere la decisa Abbott a non infierire sulle pene d’amore dell’amica e le ragazze si erano lasciate assorbire completamente dal loro pomeriggio da modaiole.


Bright non era rimasto per nulla indifferente alle risatine soffocate e alle voci squillanti attutite dalla parete divisoria. Quando gli era venuta fame, era sceso di sotto deciso a saccheggiare il frigo e, inaspettatamente, si era ritrovato faccia a faccia con la nuova Hanna. “Wow!”

Si era lasciato sfuggire quell’esclamazione fumettistica di meraviglia notando quanta bellezza Hanna avesse sempre celato dietro gli occhiali e le maglie informi. La ragazza non si era mai sentita così a disagio in vita sua e lui sembrò accorgersene.

“Sei molto carina!”

“Grazie!”

Lei aveva cercato di sistemarsi un paio di occhiali inesistenti e aveva finito soltanto per sfiorarsi il naso in un gesto nervoso.

“Ti va un french-toast?”

Bright aveva trovato l’escamotage giusto per trarre entrambi d’impiccio e, per fortuna, non aveva potuto sentire il cuore felice di un’adolescente innamorata fare le capriole mentre lo seguiva in cucina.

Forse Amy si sbagliava. Il miracolo avrebbe preceduto la comparsa della cometa di Halley.

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Capitolo 7
*** Amicizia in divenire ***


“Le storie d’amore all’High School durano il tempo di una canzone, di un bacio, di un mazzo di fiori che non fa in tempo ad avvizzire, di un appuntamento che non diventerà mai due…”

Wendell si esprimeva come un poeta critico, stupido dalla realtà che quotidianamente accadeva sotto i suoi occhi: desiderio e ormoni impazziti erano alla base di avventure romantiche appena sbocciate tra i corridoi o nella sala mensa del liceo di Everwood.

“Quest’anno ti sei iscritto al corso di poesia della signorina Hamilton?”

Lo prese in giro Ephram.

“Potrei diventare il più grande paroliere per canzoni deprimenti. Tu ti occuperesti dell’arrangiamento musicale, amico!”

Propose Wendell, come colto da una folgorazione improvvisa. Colin, seduto al tavolo a condividere il momento del pranzo insieme a loro, abbozzò un sorriso.

Dal tavolo accanto si era levato il cicaleccio allegro e spensierato delle cheerleader che avevano attorniato la nuova stella, nonché capitano dei Miners.

Colin distolse lo sguardo dalla scena concentrandosi su un’increspatura nel legno del tavolo. Benché non volesse ammetterlo a sé stesso, faceva male quel continuo confronto con il passato.

Lui, che ancora deteneva il record di tiri da tre punti, non avrebbe mai più giocato a basket e Bright si era diplomato il giugno scorso, lasciandolo da solo nell’anno più importante.

“Sai, è strano vedere l’ex golden boy seduto al tavolo dei perdenti insieme ad un nerd e ad un punk dai capelli viola!”

Wendell parve leggere nei suoi pensieri per poi uscirsene con quella battuta degna dell’incipit di una barzelletta scadente ma Ephram non fece in tempo a fulminarlo con lo sguardo perché fu più veloce la risposta pacata di Colin.

“Il nerd, il punk e il freak…Direi che siamo davvero un bel trio!”

Erano davvero un trio atipico ma si stavano scoprendo più uniti e affini di quanto si potesse mai sospettare.

“Bene ragazzi, starei qui a chiacchierare con voi per ore ma devo andare a prepararmi psicologicamente per il corso di chimica, nel quale annovero come mie compagne di classe due arpie della specie di Kyla e Paige!”

Wendell si congedò con un inchino tragicomico.


“Pensi andrà a fare un po' di yoga?”

Chiese dubbioso Colin.

“Nah. Probabilmente la sua più alta ispirazione sarà inserire nel suo lettore cd canzoni che istighino al suicidio!”

Ephram aveva fugato via ogni dubbio con una serietà tale che si era portati a credergli. Si accorse che l’amico continuava a scrutare verso l’élite degli studenti modello e sportivi acclamati.

“Ti manca essere dall’altra parte della barricata?”

Chiese a bruciapelo.

“Non che ricordi troppo. Mi manca soltanto il fatto che allora avessi una vita meno complicata!”

Non aggiunsero altro. C’erano dei momenti in cui Colin aveva bisogno dei suoi silenzi e gli amici sembravano capirlo e concederglieli.

Intanto al loro tavolo arrivavano frammenti di conversazioni: il più grande cruccio dei quindicenni per la giornata era chi invitare per far coppia al luau che avrebbe salutato la bella stagione l’indomani.

“Trovo così deprimenti almeno la metà delle tradizioni di Everwood che capisco da dove Wendell tragga ispirazione!”

Meditò Ephram, indugiando su un paio di ragazze che discutevano del colore del rossetto.

“Sono d’accordo!”

“Credo di averti già detto, una volta, che il tuo pessimismo mi rende quasi una persona ottimista!”

Colin sorrise.

“Allora, le feste ti deprimono perché non hai nessuna bella da invitare?”

Era un argomento spinoso e di certo non si aspettava di ritrovarsi a parlare di pene di cuore con il suo vecchio rivale in amore, tuttavia Colin aveva un atteggiamento così rilassato che Ephram non esitò prima di rivelargli cosa lo turbasse in realtà.

“No. Sai la sensazione di non sentirsi a casa? Sentirsi spaesati, disorientati, senza punti di riferimento o di orientamento?”

“Conosco fin troppo bene questa sensazione. Ho cercato di riavere la mia vita indietro ma alcune cose sono cambiate per sempre. Guardami: sono ancora al liceo a mettercela tutta per riuscire a diplomarmi!”

Solo l’anima sensibile di un musicista era capace di leggere tra le righe una richiesta d’aiuto.

“Hai ancora delle difficoltà a memorizzare, vero?”

L’indifeso ed indefesso Hart non negò.

“Che ne dici, dopo scuola, di venire da me per studiare insieme storia? Potremmo coalizzare le nostre forze e trasformare le nostre C in due belle B”

“Senza offesa Ephram ma non voglio avanzi di pizza fredda come premio per i nostri sforzi. Che ne dici, piuttosto, se andiamo a studiare a casa mia? Ti assicuro che abbiamo sempre la biscottiera rifornita di leccornie!”


I ragazzi erano nel pieno del ripasso delle tappe fondamentali della guerra di secessione e si erano soffermati sul generale Custer e i Sioux ma, da qualche minuto, Colin era distratto e giochicchiava con la penna.

“Sei stanco? Facciamo una pausa?”

Il padrone di casa sembrò concentrato in pensieri tutti suoi, infatti fissò serio Ephram.

“Posso farti una domanda?”

L’ospite fece un cenno affermativo ma non si aspettava certo che Colin andasse dritto al sodo, buttando lì a bruciapelo quell’unica minaccia che poteva ancora minare la loro amicizia appena ricostruita.

“Tieni ancora ad Amy?”

Entrambi erano decisi a mettere le cose in chiaro, una volta per tutte, parlandosi con estrema franchezza.

“Terrò sempre a lei. È stata la prima amica che ho trovato qui ad Everwood ed è una ragazza molto leale. Basta vedere come ti è rimasta sempre fedele.”

Colin sorrise, sentendosi incredibilmente fortunato.

“Si, lei è speciale. Non si è mai arresa, nemmeno quando stavo per farlo io.”

“Sei geloso della nostra amicizia?”

“No. Riprendiamo a studiare.”


Per i ragazzi fu un’altra mezzoretta di full immersion nei libri, prima di concedersi l’agognata pausa snack. Colin propose di andare a svaligiare la cucina facendo rifornimento di bibite e biscotti e rifiutò l’aiuto di Ephram, perché si intestardiva a voler fare da solo.

All’altro non restò che attendere in salotto, guardandosi furtivamente attorno.

Una foto del giorno del matrimonio con due giovani signori Hart, qualche immagine di Colin e Laynie da bambini: era strano scavare nel passato di persone ormai legate a doppio filo alla sua storia.

“Ephram Brown, così alla fine ti sei fatto fregare e sei rimasto bloccato in questa trappola per topi di nome Everwood!”

Era impossibile non riconoscere il sarcasmo in quella voce allegra.

“Laynie Hart! La mia vecchia ragazza di un tempo!”

“Tre intensi giorni di fidanzamento. Sei stato la peggior storia che abbia mai avuto!”

Era buffo il suo atteggiamento da donna vissuta benché avesse appena diciassette anni. Ma forse aveva vissuto esperienze che l’avevano fatta crescere troppo in fretta.

Per Ephram era piacevole la sua compagnia e non voleva che andasse via, perciò buttò lì la prima domanda che gli venne in mente.

“Quanto resterai ad Everwood?”

Lei si strinse nelle spalle.

“Il tempo di deprimermi e poi scapperò di nuovo!”

“Perché non vieni al luau domani sera? Ci saranno tante di quelle persone felici che ti intristirai molto in fretta!”

“Mi stai invitando ad un appuntamento?”

Ephram ci cadde con tutte e due le scarpe.

“È una sfida a me stesso. Vediamo se riesco a darti una buona ragione per restare!”

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Capitolo 8
*** Luau ***


Per la deviazione con cui si prendeva cura di suo marito John, rimasto un mezzo vegetale dopo essere stato colpito da un ictus, Amanda Hayes era considerata una specie di donna con l'aureola da buona parte della popolazione di Everwood.

Se Colin si incupiva per ovvi motivi quando la vedeva spingere la sedia a rotelle di un imbambolato povero John , neppure Ephram aveva molto in simpatia la Santa.

Trovava sicuramente deprecabili le troppe attenzioni che suo padre dedicasse alla donna e sospettava avrebbe commesso gli stessi errori del passato considerando il caso Hayes alla stregua di quello degli Hart.

Con Colin però era stato tutto diverso. E di certo il Dottor Brown non si sarebbe mai sognato di salutare Sharon Hart con lo stesso trasporto con cui invece si stava abbandonando alla nuova conoscenza di Amanda. Una donna sposata.

Il ragazzo distolse lo sguardo da quella scena inaccettabile e si ritrovò ad invidiare i suoi nuovi amici che sembravano divertirsi un sacco: Bright si stava esibendo in un'allegra hula coinvolgendo Delia mentre a qualche metro di distanza una timida Hanna cercava l'occasione giusta per avvicinarsi. Per sua fortuna il piccolo Sam era molto sveglio e vivace e, dopo qualche minuto, si attaccò come una cozza a Delia, eletta ormai sua compagna di giochi ufficiale, lasciando ai due ragazzi la possibilità di un contatto ravvicinato.

Harold Abbott si destreggiava con abili slalom tra i villeggianti nel suo onorevole ruolo di Cicerone per Reid, il tirocinante forestiero che aveva attirato più di un'occhiata curiosa.

"Ephram hai visto mia figlia?"

In realtà sapeva benissimo che Amy era con i piedi sprofondati nella sabbia, nella finta spiaggia allestita dal signor McAbee, ad illudersi di sorseggiare cocktail tropicali con vista oceano e molto più concretamente a sbaciucchiarsi con Colin.

Ma scosse la testa.

"Se la incontri dille che la sto cercando!"

Harold si allontanò giusto in tempo per non sentire gli sghignazzi divertiti di Bright.

"Quel credulone di papà! La sua piccola cocca Amy riesce sempre a fargliela sotto il naso!"

Hanna cercò prontamente di difendere l'onore della sua migliore amica e nel mentre i tre furono avvicinati da una nuova presenza.

"Laynie! Lassie ha finalmente ritrovato la via di casa?"

Bright abbracciò l'amica d'infanzia per poi presentarla ad Hanna. Ad un latin lover come il giovane Abbott non sfuggì di certo l'espressione imbambolata di Ephram.

"Bambini perché non andiamo a prenderci un bel gelato?"

Propose schiarendosi la gola e trascinando davanti a sé Delia a Sam, con la logica conseguenza che anche Hanna si accodò a loro.


"Alla festa mi sono imbucata ma non chiedermi di ballare la hula!"

Questa era Laynie: una personalità spigliata e genuina, sempre pronta a strappare una risata in ogni occasione.

"Non voglio rischiare di pestarti i piedi. Sono un pessimo ballerino!"

L'ironia e la battuta sempre pronta di Ephram erano un contraltare perfetto.

Il ragazzo le si avvicinò con apparente disinvoltura.

"Stasera al cinema danno Il mistero di Sleepy Hallow"

L'amo era stato gettato. Laynie ostentò una certa indifferenza sprofondando le mani nelle tasche e poi disse nel modo più naturale possibile

"Allora si va al cinema?"


Avevano sorriso per quasi due ore, con le mani affondate nei bicchieroni di popcorn e non le avevano allontanate quando, casualmente, si erano sfiorate. Alla fine della proiezione tuttavia i loro stomaci brontolavano ed Ephram si riscoprì cavaliere.

"Posso offrirti un piatto di lasagne da Gino 's?"

"Sempre meglio di un geri-rha!"

Entrati nel ristorante italo-cinese a Laynie scappò una risata.

"Che c'è? Pensieri divertenti?"

"Stavo ripensando alla prima volta che ho messo piede in questo locale, il giorno dell'inaugurazione…"

Ad Ephram piaceva che lei si scoprisse un pezzetto alla volta, raccontandogli aneddoti sconosciuti perciò restò ad ascoltare.

"Io ed Amy, due bambine, ci infilammo sotto il buffet giusto per far prendere uno spavento ai grandi. Ce ne pentimmo immediatamente quando ci ritrovarono e fummo costrette a fronteggiare gli sguardi furiosi dei nostri genitori. Un'innocente marachella!"

"Tu ed Amy eravate molto amiche?"

Laynie si strinse nelle spalle ed esibì un largo sorriso che però nascondeva qualcosa di oscuro.

"Di certo non è mai stata la mia amica del cuore e non abbiamo mai avuto quel grande rapporto che unisce invece i nostri fratelli ma quando si è bambini è tutto più semplice!"

Poi come se tra loro intercorresse un tacito accordo cambiarono discorso. Fu la ragazza la prima a ritrovare il suo tono spigliato davanti al piatto di lasagne fumanti.

"Allora ti stai finalmente ambientando lontano dalla Grande Mela?"

"New York era il mio nido sicuro ed è innegabile che mi manchi ma Everwood inizia a piacermi. Ho avuto delle lezioni importanti negli ultimi anni da queste parti!"

Rispose diplomatico Ephram, affondando la forchetta tra gli strati della pasta all'uovo. Il ripieno si sprigionò sul piatto.

"Qualche bella ragazza ha contributo alla tua crescita, grande uomo? Amy a parte?"

"La baby-sitter di Delia!"

Confessò lui in un mormorio imbarazzato, senza riuscire ad alzare gli occhi dal piatto. Dal canto suo, per la sorpresa, Laynie rischiò di rovesciare un bicchiere quasi pieno sul menù.

"Capisco il complesso d'Edipo e l'attrazione per una donna matura ma la signora Smith si avvicina alla sessantina!"

Adesso Ephram esibì un ghigno ironico.

"Divertente. Comunque mi riferivo a Madison Kellner: era lei a badare alla mia sorellina l'anno scorso."

"Una ragazza carina. E come mai tra di voi non ha funzionato?"

"Complesso d'Edipo in scala ridotta. Lei va già all'università, io ancora al liceo e inconciliabili differenze di vedute. E tu? Hai fatto stragi di cuori alla Saint Margaret?"

"In un dormitorio femminile la vedo dura!"

Benché Laynie avesse mantenuto un tono neutro, succhiando dalla cannuccia, Ephram notò un velo di tristezza adombrare quel bel viso e gli sfuggì un'osservazione a voce alta.

"Anche una tipa tosta come te deve aver sofferto una terribile solitudine in un altro Stato, lontana dalla tua famiglia!"

Per un breve momento ad entrambi sembrò di essere tornati al weekend sulla neve di due anni prima, la loro prima, vera, chiacchierata dopo che si erano conosciuti da pochi giorni.

"Avrei voluto portare rancore ai miei genitori ma quando mia madre, emozionata, mi disse che Colin voleva parlare con me, dal suo letto d'ospedale, piansi di gioia. Piansi come un coniglio!"

Obiettare che i conigli non piangono sarebbe stato decisamente fuori luogo.

"Non è facile essere l'incompreso della famiglia!"

In fondo Ephram capiva quella ragazzina trascurata in un dramma familiare più grande di lei.

"Le pecore nere. Ci somigliamo troppo io e te e forse è per questo che mi attiravi come una calamita!"

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Capitolo 9
*** Appuntamento combinato ***


L'uscita a tre orchestrata da Harold Abbott, e a cui Amy aveva accettato di aderire a malincuore, avrebbe dovuto avere lo scopo di chiarirle alcuni dubbi sulle scelte universitarie da compiere tuttavia puzzava di appuntamento combinato .

In attesa dell'ospite di riguardo, sui gradini esterni d'accesso al villino degli Abbott, la ragazza rivolge tutte le sue attenzioni alle labbra di Colin.

"Quella è la costellazione di Andromeda. Le stelle che la compongono formano una A. La A di Amy!"

Le sussurrò all'orecchio il fidanzato, nei panni di improbabile astronomo, facendole il solletico sul collo con il suo fiato caldo.

Sembrava uno dei concorrenti della Ruota della Fortuna quando se ne veniva fuori con quei complimenti ma ad Amy piaceva farsi vezzeggiare.

"Se tuo padre mi beccherà qui penserà che sono quel fidanzato vecchio stile che vuole tenere la sua bella sotto controllo!"

"Secondo me stai rodendo di gelosia perché esco con un altro ragazzo!"

Lo stuzzicò Amy facendolo scattare sulla difensiva.

"Non è affatto vero. Ho un appuntamento con Bright perché devo batterlo ad un nuovo videogames!"

Amy mise un broncio che la rendeva irresistibile.

"Ho sempre avuto il sospetto che tenessi più a mio fratello che a me!"

La risata di Colin che riecheggiava nell'aria frizzante della sera era uno dei suoni più belli per le orecchie di Amy. Lui l'attirò a sé.

"Puoi stare tranquilla perché non guardo le stelle insieme a Bright. E soprattutto non lo saluto in questo modo quando devo partire per Denver!"

Amy si staccò a metà del loro bacio, contrariata.

"Devi tornare a Denver? Detesto quando sei lontano!"

Erano situazioni che Colin avrebbe evitato volentieri e lo metteva ancora a disagio parlarne.

"I soliti controlli di routine. Però l'ho detto al Dottor Brown che, questa volta, non voglio perdere troppi giorni di scuola!"

"Finirai per diventare un secchione!"


Interrompere due piccioncini che tubano è uno degli inconvenienti più imbarazzanti che possano capitare ma ormai Reid era lì e non aveva senso tornare indietro.

"Forse sono arrivato con un po' di anticipo!"

Disse schiarendosi la voce. Era impeccabile, con un bouquet di fiori di campo portati in omaggio alla padrona di casa: un punto a favore per fare buona impressione.

E proprio Rose, venuta ad accogliere l'ospite, diede ad Amy quei minuti in più necessari perché salutasse come si deve Colin.

"Promettimi che mi chiamerai tutti i giorni. E che tornerai presto!"

Il magone che le veniva ogni volta era giustificato perché, ogni volta, era come se Colin partisse per una guerra, la sua personalissima guerra, e c'era sempre quel tarlo dispettoso a rosicchiare le loro certezze e far temere che qualcosa sarebbe ancora potuto andare storto.

"Amico quando hai finito di sbaciucchiare mia sorella vieni di sopra. Sono bello carico per massacrarti!"

Questa volta era stato Bright ad interromperli.

"Arrivo Buddy. Stasera il mio joystick non avrà pietà di te!"

Erano battute che li ridefinivano per gli adolescenti che erano e ad Amy scappo una risata, stavolta priva di tensioni.


Il ristorante prenotato dal Dottor Abbott era un locale accogliente e riservato.

"Allora come sono andati questi primi giorni sotto la supervisione di mio padre?"

Amy non era venuta meno alla sua indole espansiva ed amichevole e aveva subito cercato di intavolare una conversazione con Reid, per evitare un silenzio che sarebbe stato ancor più pesante.

"Reid è uno studente eccellente, Amy! Pensa che ha superato l'esame di medicina generale a massimo punteggio, con lode aggiunta!"

Era stato un entusiasta Harold a snocciolare quelle informazioni, come un procuratore che deve sponsorizzare un suo atleta.

Amy si era congratulata con il ragazzo e il dottor Abbott aveva colto il momento giusto per mettere in atto il suo piano.

"Bene cari ragazzi, adesso che il ghiaccio è stato rotto, posso uscire di scena a cuor leggero. Il mio dovere di medico mi chiama!"

Amy lo aveva incenerito con uno sguardo perché sapeva bene che non c'era nessun paziente a reclamare il Dottor Abbott alle nove di sera ma non aveva potuto fare niente per sottrarsi alla trappola.


"Così l'anno prossimo sarai anche tu una matricola di medicina?"

Rimasti soli, era stato Reid a prendere il pallino della conversazione.

"Una matricola lo sarò di sicuro ma non so in quale facoltà. Mio padre mi immagina già a Princeton a portare avanti la tradizione di famiglia e a studiare medicina come ha fatto lui e prima ancora mio nonno. Provengo da una famiglia di filantropi a quanto pare: anche mia nonna è stata infermiera nell'esercito durante la guerra del Vietnam e non dimentichiamo mia zia Linda che lavora con i medici senza frontiere!"

Quando Amy partiva in raffica le si formava una fossetta sulle guance che le dava l'aspetto di una bambina curiosa ed entusiasta.

"Insomma gli Abbott hanno già pagato un bel tributo al dio della medicina!"

Reid sorrise sorseggiando il suo bicchiere di vino.

"Ed è questa la strada che sceglieresti anche tu, Amy?"

"Non lo so proprio. Sono impantanata nel grande fiume dei dilemmi tipici di una studentessa dell'ultimo anno del liceo. Aut-Aut!"

"Kierkegaard e la sua filosofia del salto !"

Un salto nel vuoto . Venne da pensare ad Amy che fu colta da un'improvvisa ventata di nostalgia anticipata per quanto avrebbe dovuto lasciarsi dietro tra pochi mesi se avesse deciso di andare a studiare fuori dal Colorado.

"Com'è la vita da universitario?"

C'era la speranza che quel ragazzo più grande le desse un po' di conforto dicendole che, nonostante tutto, crescere non è così male.

"Avrai molta più autonomia ma anche molte più responsabilità. Potrai gestire il tuo tempo e sarai tu padrona delle tue lezioni e dei tuoi esami. Diciamo che è un mondo diverso rispetto alle superiori. Magari avrai più varietà di scelta anche tra gli amici...Ops di solito ci si chiama colleghi tra i compagni di corso o quelli che incontri all'interno del campus o alle feste della confraternita!"

Era un mondo nuovo ed Amy era sicura di volerlo scoprire e di volercisi adattare un passo alla volta.

"E la tua vocazione per la medicina da dove viene?"

All'improvviso deviò il discorso incentrando la conversazione su Reid.

"Per mio fratello. Soffre di disturbo bipolare!"


Il disturbo bipolare, o malattia maniaco depressiva, è un disturbo caratterizzato da oscillazioni insolite nel tono dell'umore e può influire con il lavoro e le relazioni interpersonali in maniera significativa…

Questa era la prima, sintetica, definizione che ne dava il libro sui disturbi della personalità che Amy stava consultando il giorno dopo.

Era come avere metà farfalla a colori e l'altra metà in bianco e nero.

Il paragone strappò un sospiro alla ragazza che si era rintanata in biblioteca, avida di notizie, proprio come era successo in passato quando si era ritrovata a divorare tutte le notizie sulla corea di Huntington dopo la confessione di Hanna e quando aveva cercato un flebile appiglio in qualsiasi articolo parlasse di coma, dopo l'incidente di Colin.

Era nella sezione scientifica e stava riponendo nei loro ripiani alcuni manuali, apprestandosi a rispondere ad un sms di Colin che rimarcava quanto fosse noioso stare in ospedale, quando il ragazzo che stava catturando tutte le sue attenzioni negli ultimi due giorni l'avvicinò.

"Reid come mai da queste parti?"

Era una domanda idiota da rivolgere ad uno studente che si trovava in biblioteca ma lui rispose cortese.

"Devo raffazzonare un po' di materiale e mettermi al lavoro su un argomento di neurochirurgia!"

"Forse il Dottor Brown potrebbe darti una mano. Lo sanno anche i sassi ad Everwood che è il migliore in quella branchia!"

"Magari lo farò. Al momento però preferisco fare l'autodidatta e fare un po' di ricerche per conto mio!"

Lei annuì e lo salutò, riprendendo il telefono e riattivando la suoneria mentre usciva.

Fu per puro caso o per una combinazione di eventi che Reid trovò proprio quell'articolo sul "Times".

Il miracolo di Everwood

Era il titolo in grassetto. Le didascalie erano accompagnate di foto del Dottor Brown, di un ragazzo in tenuta da basket, dello stesso ragazzo che, probabilmente in una tavola calda, beveva un drink con due cannucce dallo stesso bicchiere insieme ad Amy.

La stessa aria da adolescenti innamorati che aveva percepito la prima volta che li aveva incontrati a Bucket's Rocks.

Con crescente curiosità iniziò a divorare le parole dell'articolo.

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Capitolo 10
*** Cena in famiglia ***


Almeno una volta al mese Harold e Rose si concedevano la loro serata-cinema e, da quando i loro due figli erano ormai indipendenti, quelle uscite erano diventate ancor più spensierate.

Brght, stupendo i genitori, si era offerto di pensare lui alla cena da condividere con Amy.

"Cibo take away! Vuoi davvero attentare alla linea della tua sorellina eh?"

Amy non aveva perso tempo a scoperchiare e a massaggiarsi la pancia in preda ad un insistente languorino.

"Senza le lezioni salutiste di papà stasera possiamo pure concederci qualche schifezza. Diciamo che la cena la offro io per festeggiare la mia assunzione part-time nell'ufficio del procuratore!"

La sorella gli era saltata al collo in un abbraccio entusiasta. Era orgogliosa di questo Bright che, un mattone di responsabilità dietro l'altro, stava diventando giorno dopo giorno un vero uomo.

"Ovviamente non mi accontenterò di fare fotocopie e portare caffè per il resto della mia vita ma come si dice: ogni grande viaggio inizia con un piccolo passo. Inoltre ho deciso di seguire delle lezioni online per quest'anno in cui sarò costretto a restare fermo ai box e magari, l'autunno prossimo anche io andrò ad un'università vera!"

Era fantastico sentirlo progettare il futuro con decisione, nonostante le porte in faccia che gli erano state sbattute, nonostante gli errori che avevano rischiato di inficiare la sua buona volontà.

"Sono orgogliosa di te, fratellone. Anzi sono orgogliosa di entrambi perché stiamo costruendo il nostro futuro nonostante sia del tutto diverso da come ce lo eravamo immaginato!"

Quella di Amy era una verità inconfutabile.

Bright non sarebbe volato nell'Indiana, a dar gloria alla prestigiosa squadra sportiva della Notre Dame e a sognare di fare la storia dell'NBA .

Amy non avrebbe indossato la tuta grigia degli astronauti e non ci sarebbe stata nessuna navicella spaziale ad attenderla al centro della NASA come fantasticava nei suoi pindarici sogni di bambina.

"Ma la vita è bella proprio perché è imprevedibile!"

Sua sorella era una ragazza eccezionale: nonostante tutto quello che aveva dovuto superare negli ultimi anni era rimasta un concentrato di ottimismo.

E a conferma della sua cocciutaggine e testardaggine autentica nel far valere le sue ragioni, il sorriso sul viso di Amy si era allargato quando aveva estratto dalla tasca dei jeans il cellulare per leggere un sms appena arrivato.

"Oh fammi un po' indovinare...Scommetto che è il tuo Colin!"

Bright l'aveva presa un po' in giro con un falsetto sdolcinato ma era estremamente orgoglioso di essere stato testimone di un amore tanto forte da vincere su tutto.

"Risposta sbagliata! No, è Hanna. Sta venendo qui perché deve dirmi qualcosa di importante!"

Adesso era il colorito di Bright ad essersi imporporato di qualche gradazione e Amy, sorseggiando il suo cocktail, non si fece sfuggire l'occasione di punzecchiarlo in po' con fare sornione.

"Certo che chi l'avrebbe mai detto? Io innamorata del tuo migliore amico e tu innamorato della mia migliore amica!"

"Nessun conflitto d'interessi sorellina. E poi è una cosa diversa...Colin praticamente è cresciuto insieme a noi!"

Il fatto che fosse uscito allo scoperto, dichiarando implicitamente di provare qualcosa per la timida ragazza del Minnesota, per un secondo era passato in secondo piano rispetto al broncio malinconico di Amy.

Bright l'aveva incalzata a parlare.

"Forse sono un pochino ingrata ma non sopporto l'idea che Colin debba passare ancora tutto questo tempo in ospedale!"

Anche lo stomaco del fratello si era serrato in quel nodo di sensi di colpa che stavano diventando finalmente meno opprimenti e aveva scostato il piatto.

"Vorrei che non fossimo stati così sciocchi quel 4 luglio. Bastava che rifiutassi di mettermi alla guida e ci saremmo risparmiati tutti un sacco di problemi. Ho condannato all'infelicità te, Colin e anche me stesso. Per lo stupido errore di un ragazzino troppo avventato…"

La mano di Amy si era poggiata, ben salda, sulla sua.

"Bright lo sappiamo bene che l'erba voglio non cresce nemmeno nel giardino del re. Forse era destino che le cose andassero così e tutte le avversità che ne sono seguite ci hanno resi più forti e uniti. Non dire mai più che tutto il dolore di Colin è stato colpa tua lo sai che lui non vuole e che ti ha perdonato già tanto tempo fa. Siamo ancora tutti e tre qui ed è l'unica cosa importante!"

Si erano abbracciati confortati e ritemprati da quella conversazione chiarificatrice. E proprio mentre era ancora stretta tra le braccia di Bright, Amy aveva notato la figura di Hanna aggirarsi, impaziente, sui gradini esterni.


Aveva afferrato un golfino ed aveva raggiunto l'amica.

"Perché non hai suonato al campanello? Sembri una testimone di Geova spaesata! Su entriamo!"

"No, preferisco se parliamo qui!"

Hanna era agitata e a stento tratteneva le lacrime. Amy iniziò a preoccuparsi.

"Problemi a casa Feeney? Un'altra discussione con Jack?"

"No, assolutamente no. Lui anzi è molto carino. Si tratta di me: ho deciso di sottopormi al test per la corea di Huntington. Verresti con me in ospedale?"

Era stato un sollievo togliersi quel peso dallo stomaco tanto quanto era stata coraggiosa la decisione di sapere se avesse in sé i geni di quella malattia degenerativa che si era portata via suo padre.

Davvero l'amato genitore le aveva lasciato un'eredità tanto pesante?

"Ma ovvio che vengo con te. Stai bene?"

Hanna aveva scosso la testa e si era rifugiata tra le braccia dell'amica che aveva preso ad accarezzarle i capelli e a sussurrarle:

"Non ti lascio sola in un momento simile, Hanna!"

Bright osservava la scena dalla finestra e, nel vedere la devastazione di Hanna, una verità aveva trovato conferma definitiva: Amy si era innamorata del suo migliore amico e lui si stava innamorando di Hanna.

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Capitolo 11
*** Luna park ***


A quell'ora della sera l'aria intorno al Mama's Joy si impregnava di cipolle e salsicce arrosto, di profumi di tempi lontani di grigliate all'aperto..

Una memoria olfattiva, una sindrome di Proust, che catapultava Ephram nei ricordi dei barbecue che i Brown, ogni estate organizzavano a New York. E l'immagine di Julia, con il grembiule dalle maniche a sbuffo e un sorriso caloroso come linguaggio universale della sua bontà, si formava nitida da essere una stilettata al suo cuore orfano.


"Ephram me lo hai promesso!"

La vocina pigolante di Delia lo riportò al presente. Il luna park sarebbe stata l'attrattiva principale di Everwood nei prossimi giorni e la bambina non si sarebbe persa un giro sulle giostre per nulla al mondo.

"Mi arrendo Delia, andiamo! Ma non chiedermi di salire sui cavallini!"

"Madison mi avrebbe assecondata!"

Le provocazioni dei piccoli possono essere subdole ma Ephram, con il suo pieno di ironia, non era tipo da farsi molestare tanto facilmente.

"Lo so che ancora credi Madison se ne sia andata per colpa mia ma la verità è che quest'anno avrà da studiare molto di più all'università!"

Delia si era sistemata la visiera del suo inseparabile cappellino.

"Oh questo lo so. Quello che non so è quando mi farai conoscere la tua nuova fidanzata!"

"Non ci saranno fidanzate per moltissimo tempo...Rassegnati sorellina!"


All'imbocco del luna park era stato eretto uno scenario che sapeva ancora di abete piallato, di segatura e di pittura fresca. E proprio nel momento in cui lo attraversavano, qualcuno si fece incontro ai giovani Brown con passo incerto.

"Ciao. Tu sei Ephram Brown?"

Dalle descrizione che gliene avevano fatto Bright e Colin aveva già indovinato chi fosse lo sconosciuto tuttavia si cautelò mettendosi sulla difensiva.

"Dipende da chi sei tu!"

"Sono Reid Bardem! Amy mi ha suggerito di chiedere a te…"

Di certo il tanto discusso studente di medicina era uno che veniva subito al sodo.

"In cosa posso esserti utile. Spero non facendoti da cavia!"

"È un quasi dottore, Ephram, non uno scienziato pazzo!"

Lo aveva corretto Delia, ridacchiando divertita.

"Sei il figlio del Dottor Brown?"

"Lei condivide con me questa sventura!"

Aveva indicato Delia e Reid ci aveva sprecato giusto un'occhiata con un'aria di sufficienza che gli aveva immediatamente attirato le antipatie della piccola.

"Non chiedermi di corrompere mio padre perché non funziona mai!"

"Oh no, niente favoritismi. In realtà ho letto di un suo caso clinico che mi ha molto affascinato e vorrei fargli qualche domanda e convincerlo ad aiutarmi per una relazione universitaria! Quando pensi che sarebbe disponibile a..."

"A quest'ora è ancora nel tuo studio. Se ti affretti potrebbe essere la tua serata fortunata!"


Di nuovo soli, i due fratelli sostarono qualche attimo ad osservare il ragazzo allontanarsi.

"È un tuo amico?"

"Delia i miei amici in questa città si possono contare sulle dita di una sola mano. E certo quel Reid, che abbiamo avuto il piacere di conoscere poco fa, non rientra tra di essi!"

"Per fortuna hai ancora del sale in zucca. Almeno i tuoi amici hanno qualcosa di interessante: Amy è dolce e bellissima, d'altronde è sorella di Bright che sa essere anche molto divertente. E anche Colin, adesso che finalmente è guarito, si sta facendo molto carino e poi è simpatico. Persino Wendell con tutte le sue stranezze è un tipo buffo!"

"Bello anche lui?"

Ephram era spiazzato dalla disamina di una bambina di dieci anni e lo preoccupava il fatto che iniziasse ad apprezzare i ragazzi.

"Non sono né cieca e né ipocrita, Ephram. Wendell non è bello!"


"La piccola ha le idee chiare!"

La voce irriverente era riecheggiata tra giostre, ruote giganti e popcorn.

"Laynie non sei un po' troppo cresciuta per le giostre?"

"La bambina che è in me non muore mai!"

Si era difesa con una scrollata di spalle, rispolverando la filosofia pascoliana. Quindi si era accucciata all'altezza di Delia e le aveva teso la mano.

"Ciao. Io sono Laynie!"

Il fatto che la trattasse come una piccola adulta aveva mandato in estati la bambina che, con un candore quasi imbarazzante, le aveva chiesto:

"Sei la fidanzata di Ephram?"

"Laynie è la sorella di Colin!"

Il fratello aveva cercato di sviare entrambi da una situazione incresciosa, tuttavia quella testarda di Delia aveva insistito senza demordere.

"Io le ho fatto un'altra domanda!"

"Io e tuo fratello siamo amici!"

La polvere saliva alle stelle insieme alla musica mentre i tre proseguivano insieme.

"Io sono qui perché è la mia serata di baby-sitting ma non mi sembra che tu abbia piccole pesti al seguito!"

"I miei sono a Denver per riportare Colin a casa e stare da sola a fare zapping alla tv mi sembrava un programma piuttosto deprimente!"

"Ephram giocheresti per me alla pesca del cigno?"

Delia aveva adocchiato una delle attrazioni più amate, che fa sempre felici i bambini.

Lui aveva cercato un'alleata in Laynie ma la ragazza era spudoratamente schierata dalla parte di sua sorella.

"E cosa riceverà in premio il vostro prode pescatore, mie dolci donzelle?"

Le due arpie avevano confabulato e quindi Laynie con aria di finta indifferenza aveva decretato:

"Decidi tu, Delia!"

"Se prendi un peluche avrai un bacetto. Se riesci a pescare qualcosa anche per Laynie lei ti darà un bacio vero!"

Per Delia il bacio vero era quello che il principe azzurro dà alla bella addormentata, per Ephram era una posta in gioco che gli aveva dato un piacevole calore dalle parti dello stomaco.

Laynie restava imperturbabile.


La prima pesca fu un successo e fu accolta da tutto l'entusiasmo di Delia. Il secondo tentativo fu un fallimento.

Scorta tra la folla la sua amica Brittany, la bambina ebbe il permesso di andare a fare un paio di giri con lei senza allontanarsi dal raggio visivo di uno sconfortato Ephram.

"Ottovolante o autoscontro?"

Aveva buttato lì per rompere il silenzio che era sceso appena rimasto da solo con Laynie.

"Ti accontenti di giochi tranquilli!"

La ragazza gli si avvicinò, posando il tocco leggero delle sue mani intorno al collo di lui in una sorta di abbraccio.

"Che...Che cosa stai facendo Laynie Hart?"

"Ti sto dando il tuo premio!"

"I premi li danno ai vincitori!"

"Un premio di consolazione, se vuoi!"

I loro aliti caldi adesso si confondevano in un'unica nuvoletta, le labbra pericolosamente vicine.

"Ho una voglia matta di baciarti!"

"Allora cosa aspetti?"

Ci sarebbe stato tempo per chiarire a Delia che loro non erano fidanzati.

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Capitolo 12
*** Fantasmi del passato ***


"Piaci, c'è poco da dire. Hai questo sex appeal speciale che porta tutti ad interessarsi a te!"

Bright esordì con il suo fare furbesco e istrionico entrando nella stanza di Colin, chiudendo la porta dietro di sé.

"Sono soltanto l'eroe di una storia patetica!"

Aveva replicato l'amico con voce monocolore, sistemandosi meglio contro i cuscini e incrociando le mani al petto.

Il giovane Abbott aveva tirato indietro la sedia dalla scrivania, pronto ad essere un grande amico, il primo confidente di quel ragazzo che, nella faticosa riconquista della sua vita, aveva dato priorità soltanto all'essenziale.

Lo testimoniava l'arredamento minimalista della sua cameretta, soltanto tre foto in bella vista: la famiglia Hart al completo, quattro spicchi della stella arancia; lui ed Amy belle, eleganti, innamorati e sorridenti prototipo di un amore da favola; Colin e Bright in posa con la canotta dei Miners e il pallone da basket sottobraccio in un inno all'amicizia e ai sogni.

Brght lo studiava di sottecchi osservandone i movimenti delle mani, l'espressione del viso.

"Sei sempre un po' strano quando torni da Denver ma trovo bizzarro il fatto che tu ti tenga alla larga anche da Miss Perfezione Amy Abbott! "

"Avevo bisogno di stare un po' da solo. Soprattutto adesso che sono tornato sotto i riflettori!"

"Il miracolo di Everwood!"

Aveva citato Bright. Un titolo che era diventato un caso, un articolo di giornale che aveva portato lustro e orgoglio alla piccola cittadina. Fama e dolore per Colin.

"Io non voglio essere il miracolo riuscito del Dottor Brown! Voglio essere in grado di lasciarmi il passato alle spalle; è così difficile da capire?"


Dalla sala-musica, posta in una delle aule a pianterreno, si espandeva un meraviglioso potere espressivo, un calore così profondo senza essere sentimentale, una sensibilità così dolce, triste e commovente. Solenne.

Era questo che trasmettevano le dita di Ephram che si muovevano sicure sui tasti ed Amy esitò qualche secondo prima di entrare vedendolo così assorto al pianoforte.

"Beethoven al pianoforte è sempre affascinante!"

Si era annunciata la ragazza facendo interrompere l'esercizio al giovane pianista.

"Se non ricordassi quanto mi hai fatto penare in passato, potrei persino sospettare che ci stai provando con me!"

Era questo il bello della loro amicizia disinteressata: non c'erano doppi fini e riuscivano addirittura ad essere autoironici sui loro sbagli.

"Comunque stavo quello che stavo suonando è Mozart. Allegretto !"

"Ah allora non interpreti soltanto cose tristi! Sei di buon umore oggi?"

"Può darsi! Ma lo stesso non posso dire di te…"

Quando ha bisogno, Ephram c'è sempre.

"Allora cosa ti affligge? Musica, balletto...Oggi, in via eccezionale, possiamo anche conversare di football!"

Un amico sa ascoltare e rallegrare con un po' di sole.

"Reid!"

Gli occhi luminosi e azzurri di Ephram l'avevano scrutata indagatori, quindi aveva incrociato le braccia al petto.

"Ok avrei persino accettato se tu avresti voluto parlarmi del tuo Golden boy , d'altronde è da sempre il nostro argomento di conversazione più gettonato, ma non capisco proprio cosa centri quel seccante tirocinante!"

Una nuvola che non si sfoga resta nera. E allora Amy rovescia fuori tutta la storia e, alla fine, si sente come quando fuori è brutto tempo ma si è calmato il vento.

"Dunque Reid vuole l'intercessione del grande dottor Brown per arrivare a un caso neurochirurgico, a quel caso e scoperchiare il vaso di Pandora! Non mi stupisce che Colin ne sia contrariato! Vuoi che parli con mio padre? Che provi a convincerlo a metterci una pezza?"

Ma Amy si era accartocciata su sé stessa come un fiore strappato dalla terra.

"Io non lo so cosa voglio, Ephram! Avverto un cattivo presentimento aleggiarmi intorno come se un karma negativo mi stesse alitando sul collo e non so se dipenda dal fatto che, da quando ho quindici anni, la mia vita è stata costellata solo da tragedie!"

La verità era che era preoccupata per la vita degli altri.

Per Hanna. Per Colin.


Intanto tra Bright e Colin era calato un silenzio denso, pesante, carico di parole non dette.

"Sai...A volte la memoria può essere un tormento!"

Non era facile per Colin confidare i propri sentimenti.

"Non voglio che mi costringano a rivivere quel periodo in cui sono stato vivo a metà !"

Era sbottato. Quella definizione era piombata su Bright come una lama fredda e tagliente facendolo rabbrividire.

Le immagini gli erano lampeggiate davanti agli occhi come fotogrammi di un film drammatico perduto.

Colin, forte come una roccia, costretto a dipendere dagli altri.

Colin, che correva sul parquet della palestra più veloce del vento, costretto a letto da una paralisi temporanea.

Colin, un pozzo di battute spiritose, divertenti ed irriverenti, che piegava obliquamente le labbra e confondeva le parole.

Bight aveva pianto in silenzio nelle settimane, nei mesi, in cui Colin affrontava l'inferno della riabilitazione.

Ma anche allora il suo migliore amico era stato una fonte d'ispirazione per lui.

"Lo sai? Io ti ho sempre ammirato e ti ho voluto bene alla stessa maniera sia quando mi passavi i compiti sotto banco, sia quanto la tua vita faceva così schifo che pensare al domani era un lusso troppo grande! Noi non siamo amici, Colin, siamo molto di più. Siamo come fratelli! Ti conosco come le mie tasche...Perciò adesso mi dici perché ti hanno trattenuto a Denver quasi una settimana invece di quel paio di giorni preventivati!"

Un brivido corre lungo la schiena di Colin: sente il bisogno di aprirsi, di liberarsi dei suoi pesi e dei suoi tarli.

E non potrebbe esserci persona migliore di Bright per ascoltarlo.

"C'erano dei valori sballati nelle mie analisi e hanno voluto ripetere gli esami…"

Un dubbio,che spera non diventi mai certezza, strozza in gola a Bright tutte le rassicurazioni di cui vorrebbe circondare il suo amico.

"Cosa significa?"

Colin deglutisce, come se stesse ingoiando il rospo delle sue paure più nere.

"Non lo so, Bright! Ma temo che non sia niente di buono!"

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Capitolo 13
*** Il gioco della felicità ***


Ad Hanna sembrava di trovarsi in una casa delle ombre e si era isolata dalle brutture concentrandosi su pensieri belli.

Pensava alle acque del Mississippi che si estendevano su trentuno Stati americani, al battello al vapore su cui era salita da bambina insieme al suo papà sentendosi trasportata in un'altra epoca.

Con la fantasia era bello illudersi di poter essere uno dei personaggi nati dalla penna di Mark Twain, il suo scrittore preferito: avventurosa come Huckleberry Finn, irrequieta come Tom Sawyer.

"Ti va di giocare al gioco della felicità ?"

La romantica e sognatrice ragazza che ormai era diventata ruppe il silenzio che regnava in quella sala d'aspetto con quel principio di Pollyanna che fece storcere il naso ad Amy.

La cheerleader e il topo di biblioteca . Erano davvero un'accoppiata improbabile di migliori amiche ma, oltre le apparenze, le due giovani condividevano più di quanto si potesse sospettare.

Non soltanto un passato tragico ma anche l'amore per la letteratura, per Shakespeare e Twain.

Ed Hanna non avrebbe voluto altra persona ad aspettare insieme a lei un verdetto che avrebbe potuto condannarla o salvarla perché Amy era la prima con la quale aveva avuto il coraggio di pronunciare a voce alta il nome di quella terribile malattia.

Corea di Huntington


"Vuoi giocare al gioco della felicità? In ospedale?"

Amy aveva sottolineato il controsenso di quella proposta ma Hanna era riuscita a convincerla perché era l'unica cosa che riuscisse a rilassarla, almeno un po'.

"Dunque devo trovare delle cose buone in questa giornata…"

La bella Abbott aveva accavallato le gambe e iniziato a contare sulla punta delle dita.

"Il mio ragazzo mi evita, anche mio fratello è sfuggevole come un'anguilla perché chissà cosa mi nasconde e sono terribilmente in ansia per la mia migliore amica! Direi che è un bel quadretto ottimista!"

Hanna si era sistemata gli occhiali e aveva incrociato le braccia nella sua posa da maestrina dalla penna rossa .

Il rimprovero era nell'aria.

"Ecco che caschi nell'errore che fanno tutti. Sappiamo solo recriminare! Avresti potuto pensare: presto chiarirò le cose con Colin, Bright si preoccupa per me e Hanna considera talmente importante la nostra amicizia da volermi al suo fianco nel momento che potrebbe cambiarle la vita!"

Amy aveva sorriso e annuito accondiscendente.

"Sai qual era l'aforisma di Mark Twain preferito da mio padre? Viviamo in modo tale che quando moriremo anche il becchino sarà triste!"


Questi discorsi avevano aiutato a far passare più in fretta quei lunghi minuti di attesa prima di ricevere il referto.

Adesso Hanna saltellava per strada felice come una bambina, come una puntina su un vecchio disco.

"Sto bene! Starò bene!"

"Dobbiamo festeggiare amica mia!"

Anche Amy era euforica al pari di lei e proponeva pomeriggi di shopping e sano divertimento tra ragazze. Ormai i voli pindarici non erano proibiti ed entrambe progettavano il futuro in grande.

"La prossima volta che torno a Minneapolis chiediamo ai tuoi genitori di mandarti con me!"

Amy aveva stretto le mani di Hanna, felice. Tuttavia conosceva un membro della sua famiglia che avrebbe fatto molto volentieri un viaggio nell'antica terra dei Sioux insieme a quella rossa capace di stregare i cuori di tutti con la sua dolcezza.

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Capitolo 14
*** Incubi ***


Il Dottor Brown esaminò la cartella clinica annuendo più volte, quindi puntò il suo giovane paziente con occhi carichi di compassione.

"Mi dispiace! Dobbiamo intervenire al più presto ma sarà molto, molto pericoloso!"

In fondo non c'è due senza tre.

Un sospiro rassegnato, quasi di sconfitta. Un sospiro di resa.

"Cosa può promettermi?"

Nessuna risposta.

Nello studio c'era una pianta dalle foglie a cuore: un vegetale che chiedeva acqua per sopravvivere.

In attesa, nella stanza accanto, John Hayes sulla sua sedia a rotelle con l'espressione eternamente ebete di chi non sa più distinguere le carezze del figlio e i baci della moglie.

"Non voglio una vita così!"

Edna entrò in scena con il suo sorriso indulgente di quando, da bambini, la chiamavano "sergente" e lei li rifocillava di biscotti. Somigliava incredibilmente ad Amy.

"Non voglio perdere i miei ricordi! Non di nuovo!"

Il sole filtrava dalle finestre e gli accarezzava la pelle come un fuoco gentile. Poi si spense come una stella lasciandolo al buio e al freddo.

"Non voglio morire!"

Il Dottor Brown si avvicinò ad un cassetto e ne tirò fuori un foglio. Una lettera.

"Non l'ho strappata. Sapevo che prima o poi sarebbe tornata utile! Vuoi ancora che ti lasci andare, Colin?"

"No, no, no…"


"Colin svegliati!"

Aveva il fiato corto, il cuore che batteva all'impazzata e il corpo teso ma davanti a lui c'era il viso preoccupato di Laynie.

Che sollievo svegliarsi e scoprire che si trattava solo di un incubo!

"Va tutto bene?"

Colin aveva lanciato un'occhiata a led luminosi che segnava le 3:15, annuito e in piena notte si era rifugiato nell'abbraccio di sua sorella.

"Sembrava tutto così reale!"


Gli incubi sono le nostre paure .

Questa convinzione accompagnò Colin anche la mattina successiva quando, anziché che a scuola si ritrovò in attesa nell'ex stazione ferroviaria di Everwood..

Edna, dalla sua postazione di infermiera receptionist, aveva abbozzato un sorriso che gli aveva ricordato il vivido incubo di poche ore prima.

E a quello si erano sommati altri spaccati di passato dolorosi quando la ferrea Harper si era versata un bicchiere d'acqua.

Facile come bere un bicchier d'acqua !

Era un'espressione che, per diverso tempo, era stata beffarda nella vita di Colin Hart. Oltre i mal di testa sopportati, gli sbalzi d'umore da gestire, gli innumerevoli ostacoli di cui era stata costellata la riabilitazione, Colin riusciva a vedere soltanto quel bicchiere.

Uno strumento per i suoi esercizi di memorizzazione. Reimparare tutti i passaggi per portarselo alla bocca impiegando diversi minuti per un gesto che richiedeva pochi secondi!


"Puoi accomodarti Colin!"

Era stata Edna a riportarlo al presente. Il Dottor Brown lo aveva accolto con un sorriso sereno.

"Allora giovanotto come ti senti?"

Colin si strinse nelle spalle, deciso ad essere onesto fino in fondo.

"Mi sento molto stanco negli ultimi giorni e ho questo senso di pesantezza, come una morsa che mi stringe la testa…"

Andy ascoltava e lo scrutava con interesse.

"Hai con te i risultati degli ultimi esami di Denver?"

Il ragazzo gli consegnò il plico con il logo de Denver Hospital, inghiottendo un fiotto di paure.

Era restato in silenzio per tutto il tempo in cui il dottore aveva letto le analisi, con la testa inchiodata sul mento come assorto in una profonda riflessione.

"Vorrei visitarti!"


Colin si era sottoposto alla visita con la pazienza di un certosino ma aveva creduto di perdere ogni controllo quando il Dottor Brown si era avvicinato al cassetto e ne aveva tirato fuori dei fogli.

Quella lettera!

Le gambe gli erano diventate di gelatina, certo che avrebbe perso i sensi da un momento all'altro.

"Quando sei venuto a trovarmi quella famosa sera eri così ostinato nello strapparmi quella promessa che non ho potuto che ammirare il tuo coraggio, anche se sapevo di starmi per impelagare in una situazione che era un'arma a doppio taglio. Mi facesti promettere che ti avrei lasciato andare se fare del mio meglio non fosse stato sufficiente a restituirti una vita degna...Non ho potuto mantenere quella promessa, Colin…"

"Mi ha salvato la vita due volte, dottor Brown! I miracoli sono l'eccezione alle regole ma non si ripetono all'infinito!"

"Quella sera, però, ti feci anche un'altra promessa! Ti garantì che questa busta non sarebbe mai stata aperta e io preferisco mantener fede a questa parola!"

Andy strappò la carta che lacerandosi sfrigolava come un ferro rovente immerso in acqua ghiacciata.

"Cosa significa?"

"Che sei fuori pericolo, Colin! Ridurremo le visite di controllo a Denver a due all'anno ma...Congratulazioni ragazzo! Sei di nuovo tu il padrone della tua vita!"

Quelle parole si erano insediate in lui come se fossero linfa vitale. La gioia era una vertigine così potente che lo stordiva e lo svuotava di ogni energia costringendolo ad accasciarsi sulla sedia.

Il Dottor Brown aveva preso il suo ricettario e aveva iniziato a scrivere, per celare la felicità di una vittoria che era anche sua.

"Per i tuoi disturbi basterà una terapia di pochi giorni con questi antibiotici: è semplicemente un principio d'influenza!"

Colin era scoppiato a piangere come un bambino e il medico che lo aveva riportato alla vita avrebbe tanto voluto prodigarsi in un gesto di affettuosa empatia.

"Ehi dopo tutto quello che hai passato, un raffreddore sarà una passeggiata sai?"

Il ragazzo aveva sorriso, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano.

"Mi perdoni...Ma questa è la fine di un incubo!"

Andy, il ferreo neurochirurgo il cui cuore non era mai stato più morbido, aveva recuperato un kleenex e glielo aveva porto con un'espressione seria.

"Lo so! Sfogati pure e prenditi tutto il tempo che ti serve!"

Tutto il resto poteva aspettare. La vittoria ha un gusto particolare, un sapore dolce di trionfo.

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Capitolo 15
*** Mondo dei contrari ***


Da piccolo, attraverso le fiabe passepartout di tutte le infanzie, a Reid Bardem era stato rivelato il mondo dei contrari; che lo aveva affascinato e gli aveva permesso di entrare in contatto con la realtà.

Non è tutto bianco o nero.

Nel mezzo c'è il grigio.

La tristezza è l'altra faccia della felicità. Le emozioni ci attraversano dentro e fuori ma ci sono anche rabbia, paura, disgusto...

Il mondo è immenso e sfaccettato. Un mondo fatto di umori altalenanti, di oscillazioni tra euforia e depressione, Reid lo aveva scoperto durante l'adolescenza guardando suo fratello autodistruggersi.

Allora aveva promesso a sé stesso che sarebbe diventato un bravo medico per aiutarlo.

Si era iscritto all'università, si era impegnato durante il tirocinio nell'ospedale di Denver e aveva accettato senza esitazioni il praticantato ad Everwood.

Qui, sfogliando le pagine ingiallite di un numero del Denver Post di qualche anno prima, aveva scovato l'eroe che avrebbe potuto aiutarlo. E, in quelle poche colonne, aveva divorato la storia di un ragazzo tornato alla vita e della sua stoica fidanzatina che gli era rimasta sempre accanto.

L'amore è più forte della scienza . La frase di Amy Abbott era in grassetto, messa in risalto dal cronista e sembrava il giusto epilogo di una favola a lieto fine.

Reid però aveva imparato che anche tra favola e illusione c'è una via di mezzo: la realtà.

Non voleva cucirsi addosso i panni del cattivo, del ficcanaso che riapre vecchie ferite ma aveva bisogno di quella storia, di farla un po' sua. Era la sua occasione per non fallire.

Il match point da giocarsi per passare dall'anonimato a studente modello.


Al suono della terza campanella, Laynie ed Hanna uscirono insieme dalla classe di chimica.

"Il signor Smith batte per simpatia le suore due a zero! Anche se si vocifera che faccia esperimenti nello scantinato di casa sua...come il Dottor Brewer!"

"Quelle magiche piantine emanano un gran bagliore…"

La recitazione di Hanna portò entrambe le ragazze a sghignazzare. Ephram, attirato dalle risate, le raggiunse insieme a Wendell.

"Avete perso un pezzo del vostro trio?"

Li accolse con sarcasmo Laynie.

"Anche voi non siete in numero perfetto oggi! Posso scommettere quello che volete che le nostre parti mancanti sono insieme!"


Amy si avvicinò all'armadietto di Colin e aspettò a braccia incrociate.

"Per quanto tempo hai intenzione di tenermi il muso senza un valido motivo?"

"Abbiamo litigato e non lo ricordo?"

Chiese candidamente il ragazzo. Quella sua aria da finto tonto irritava la fidanzata.

"Dunque prima di partire guardi le stelle con me, come nei migliori film romantici, quando sei a Denver mi dai un contentino con telefonate telegrafiche e ora mi eviti. Cosa dovrei pensare, Colin?"

"Non è nulla Amy! Avevo solo bisogno di stare un po' per conto mio!"

"Centra qualcosa la storia di Reid?"

"No. Che ne dici se per farmi perdonare, poiché sono stato sfuggevole come un'anguilla questa settimana, stasera ce ne andiamo a cena solo noi due?"

"Stasera non posso. Papà ha chiesto a Reid di darmi una mano a ripassare biologia…"

Amy era a disagio perché Colin non prese affatto bene quel rifiuto, anzi si sciolse dal loro abbraccio e si accigliò recuperando lo zaino per andarsene.

"Se il tuo insegnante privato ti aspetta, allora non ti trattengo oltre!"


Tornato a casa, di umore nero, Colin andò spedito a chiudersi in camera sua. Non si aspettava di trovarvi un'intrusa .

"Cosa ci fai qui?"

Amy lo avvicinò, sfiorandogli la mano.

"Ricordi che casino successe l'ultima volta che ho ballato con un ragazzo diverso da te?"

"Preferirei averlo dimenticato!"

Sussurrò Colin a mezza voce, subito dopo tornò spavaldo.

"Tranquilla! Non mi uccidi mica se studi insieme a Reid!"

"Colin è vero che sono innamorata ma non sono cieca. Tu mi stai nascondendo qualcosa…"

Amy era ancora lì, al suo fianco. Nonostante avessero perso gli anni più belli dentro gli ospedali.

Nonostante le discussioni e le disillusioni.

Nonostante le sue défaillance.

Nonostante tutto.

"Non è niente di cui tu debba preoccuparti, Grover! Sai cosa facciamo? Questo weekend io, tu e Bright ce ne andremo a fare una gita insieme, come ai vecchi tempi, e vi dirò tutto!"

Si era addolcito e l'aveva chiamata con il suo soprannome: la tempesta era passata.

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Capitolo 16
*** Assemblea ***


Al Country High School gli studenti si riunivano una volta al mese in assemblea. Per il raduno di Novembre era stato chiesto al Dottor Abbott di portare la sua esperienza a servizio dei ragazzi per sensibilizzarli alla prevenzione delle malattie infettive.

"Appena ridono di mio padre evitate di additarmi come sua figlia mentre io cerco il modo più rapido per nascondermi!"

In auditorium Amy sprofondò sulla sedia, vicino a Laynie ed Hanna.

"Purtroppo per te, tutta Everwood conosce il tuo albero genealogico fino ai parenti di sesto grado!"

Fece spallucce Laynie, evidenziando una pecca delle piccole provincie dove tutti conoscono tutti.

"Però devo dire che il ragazzo che tuo padre si è portato dietro come aiutante è un ottimo incentivo per restare a seguire l'assemblea..."

Amy lanciò uno sguardo di sbieco a Reid, impegnato a sistemare alcuni cartelloni illustrativi.

"Vorrei proprio sapere con quale furbata i maschi riescono quasi sempre a sottrarsi a queste lezioni-tortura!"

Disse la sua Hanna.

"Hanno le loro strategie vincenti: football, basket..."

"Classe di musica!"

Laynie interruppe Amy con un sospiro, segno evidente che la sua mente era turbata da pensieri d'amore.


Ephram colpiva i tasti bianchi e neri con le punte delle dita ma non riusciva proprio a concentrarsi sullo spartito della sua sonata per pianoforte in quanto anche i suoi pensieri erano impregnati di Laynie.

È facile ottenere ciò che si vuole. Il difficile è sapere cosa si voglia veramente !

Gli aveva detto una volta suo nonno Jacob.

Aveva pigiato con forza sul tasto producendo un suono acuto e stridulo.

"Ehi perché ti accanisci in questa maniera su questo povero pianoforte?"

La voce lo colse di sorpresa facendolo sussultare prima e sospirare di sollievo quando si accorse che si trattava solo di Colin.

"Stai trascurando i tuoi obblighi da studente, ne sei consapevole?"

Colin fece spallucce, liberandosi per qualche minuto dei pesetti che aveva in mano.

"Diserto volentieri l'assemblea! Sto dando una mano al signor Austin...Sai dopo il casino che gli ho combinato quella volta e il fatto che non posso fare attività sportiva...Devo pur trovare il modo di ingraziarmelo per avere un buon voto in educazione fisica!"

Aveva parlato con il sorriso sulle labbra ma una strana malinconia aveva attanagliato anche Ephram mentre ripensava alle falle di quel miracolo perfetto che tutta Everwood credeva suo padre avesse compiuto su Colin.

"Anche io ho provato ad ingraziarmi il mister! Gli avevo proposto una ricerca per far luce sul perché i giocatori di qualsiasi sport vengano identificati soltanto per il loro cognome!"

Ephram iniziò a risistemare gli spartiti nello zaino. Per quel giorno tanto non sarebbe riuscito a combinare nulla!

"Probabilmente per non confondere un John con un altro!"

"Potrei spostare il mio campo d'indagine sui loro soprannomi! Tu potresti darmi una mano con i giocatori di basket..."

"Sarò ben felice di farlo ma adesso il dovere mi chiama! Devo portare questi attrezzi sulla pista di atletica!"

"Vengo con te! Mi serve una pausa altrimenti chissà che stramberie suonerò all'audizione per la Juilliard!"


La pista d'atletica, di un marrone bruciato, era praticamente deserta a quell'ora e con tutti gli studenti impegnati in altra attività scolastica.

"Kobe Bryant lo chiamavano Black Mamba , come il serpente. Il soprannome di Michael Jordan è Air , quello di Larry Jhonson era Grandmama..."

"Perché lo chiamavano la nonna ?"

"Per via di uno spot pubblicitario in cui si travestì da vecchietta che giocava benissimo a basket!"

"La tua memoria sta diventando quasi di ferro, eh?"

Colin sorrise, grato di tutto quello che la vita gli stava restituendo.

"Sarà un'alleata preziosa per recuperare i compiti di questa pallosa settimana di lezioni che hai avuto la fortuna di saltare!"

"Beh l'ospedale di Denver non era certo il grande Hotel!"

Ephram gli allungò i suoi appunti, Colin diede ai fogli un'occhiata veloce e poi spostò lo sguardo sulla pista d'atletica.

"L'altra mattina sono stato da tuo padre..."

"Ah ti abbiamo sgamato! Vai a lezioni private di medicina e perciò puoi permetterti di saltare le delucidazioni del dottor Abbott!"

Il giovane Brown aveva cercato di buttarla sull'ironico ma il silenzio prolungato dell'amico cominciava a fargli sospettare che ci fossero cattive notizie in arrivo.

"Sono guarito, Ephram!"

La voce di Colin non aveva vacillato anche se l'emozione nel pronunciare quelle parole a voce alta era ogni volta più forte, le rendeva più reali.

"Niente più ospedali, terapie, riabilitazioni...Sto bene! Avrò una vita normale!"

Ancora una volta Ephram si rendeva conto di quale immenso dono suo padre avesse per le mani e adesso era grato che la tragedia della famiglia Brown si fosse incrociata con il dramma di Colin Hart.

"Wahoo! Era ora che tornassi a prendere B ai test di storia come noi comuni studenti! Sono davvero felice per te Colin, te lo meriti!"

"Io ti ho eletto a mio confidente oggi, perciò sarebbe carino se adesso tu ricambiassi il favore! Magari potresti raccontarmi perché, poco fa, volevi fare a pezzi il pianoforte..."

"C'è chi ha avuto problemi di testa e chi ha problemi di cuore!"

"C'è di mezzo una ragazza? La cosa mi incuriosisce parecchio, amico!"

Colin toccava il cielo con un dito.

Una B al compito di storia.

Parlare con un coetaneo di ragazze e di scuola.

La vita semplice di un teenager.

Normalità.

Quella parola si scioglieva in bocca come una caramella morbida e lui l'avrebbe inserita come prima voce del suo nuovo, personale, vocabolario.

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