The Winter Heroine

di Geh__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


No I would not believe
The light could ever go
But the golden age is over.



PRESENTE
Emily -Emma- Debora Stark era una ragazza perfettamente normale. 
Un brillante chirurgo con una vita sociale attiva, appassionata di storia e di libri, quando aveva del tempo libero le piaceva fare jogging a Central Park e amava viaggiare. Era una ragazza perfettamente normale se si escludeva il fatto che era una Stark. E si sa, se sei uno Stark non puoi avere una vita tranquilla, figuriamoci se tuo fratello è Iron Man.
Emma e Tony erano gli antipodi: lei abitava in un appartamento nell'Upper West Side, non amava la vita mondana e cercava di tenere la sua vita privata quanto il più lontano possibile dai riflettori. A qualche galà ci andava, ma solo se era necessario, se ne aveva voglia, o perché voleva indossare un vestito elegante per una sera (e di bei vestiti ne aveva molti). In fondo era una Stark anche lei. 
Era una ragazza perfettamente normale se non prendiamo in considerazione il rapimento da parte dell'HYDRA. 
«Tony quando ti vedo, giuro che ti massacro...» mormorò Emma accasciata sul pavimento guardando il soffitto pieno di ragnatele. 
Ma era sicura che non lo avrebbe fatto, anzi, probabilmente vedendolo lo avrebbe abbracciato forte. Speranzosa, in quel posto sperduto del mondo, aspettava Tony che la salvasse. Chiuse gli occhi, non aveva idea di cosa le avrebbero fatto. Dopo essersi addormentata, sognò ancora una volta quei due occhi profondi che la guardavano. 





 
                                                                                            *   *   *
 

SALVE!

Amo il Marvel Cinematic Universe e ho pensato 'e se Tony avesse una sorella?'. Ed ecco che nasce Emma Debora Stark! 
Ci troviamo dopo gli eventi di Captain America: Civil War e diciamo che in questa storia troveremo tutti i personaggi, ho messo la categoria Avengers perché la ritenevo quella più azzeccata. 
Fatemi sapere cosa ne pensate e se vi interessa, ci tengo davvero tanto! :) 

A presto, xo
P.S: La frase sopra è un pezzo della canzone 'The Golden Age' dei Woodkid, se non la conoscete ascoltatela, è davvero bella.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


UN ANNO E MEZZO PRIMA
Emma fece fermare il taxi vicino alla Avengers Tower, quella che un tempo era la Stark Tower. Non poteva definirsi dispiaciuta del cambiamento, quella torre l’aveva messa sempre, terribilmente, sotto pressione.
Quando non la riconoscevano e Emma si presentava a qualcuno, o quando leggevano il badge sul camice, capitava sempre la stessa cosa:
«Stark? Quella famosa Stark? Delle Stark Industries? Della Stark Tower?»
«Sì»
«E quindi… sei la sorella di Iron Man?»
«Sì»
«Cavoli! Posso chiamarti Iron Girl allora?»
Iron Girl? Davvero?
Entrò in una caffetteria per comprare dei cupcake, mentre era in fila per aspettare il suo turno, alla TV stavano trasmettendo l’ennesimo servizio sulla battaglia all’aereoporto tra Iron Man e Captain America. La sua attenzione fu distolta dalla cassiera.
«Cosa prende?»
«Sei cupcake, grazie»
La cassiera fece segno di assenso con una specie di grugnito. Emma non poté fare a meno di notare del pallore della ragazza e dei suoi capelli arruffati, nottata in bianco.
«Sono 10 e 50».
Dopo aver pagato si avviò verso la torre, ancora titubante da quando aveva ricevuto la chiamata del fratello un’ora prima.
«Tony? Lo sai che ore sono?»
«Buongiorno, Naso Rifatto! Ti devo parlare. E’ urgente»
«Ok, io sono a casa»
«Sarà meglio se venissi tu qui, il pigiama non ha nessuna intenzione di staccarsi dal mio corpo»
«No»
Emma subito riattaccò. Dopo averlo mentalmente insultato decise di tornare nel mondo dei sogni, ma non ci riuscì, perché ricevette una seconda chiamata.
«E’ decisamente importante. TOP SECRET. Non vuoi rivedere il…»
«No, Tony. Se vuoi parlarmi dovrai venire tu qua»
«Peccato… vuol dire che il nuovo gioco di Metal Gear Solid rimarrà nella custodia a prendere la polvere…»
«Tony, quel gioco esce tra tre mesi»
«Hai dimenticato con chi stai parlando?»
«Fanculo»
Arrivò nella torre, mentre si avviava verso l’ascensore, venne improvvisamente accolta da FRIDAY, e sobbalzò per lo spavento.
«Buongiorno, Miss Stark. Come si sente stamattina?»
«’Giorno, Friday… sto bene… grazie»
«Mi spiace averla spaventata. Vostro fratello la sta aspettando all’ultimo piano»
L’ascensore partì da sola, e durante il tragitto, si sentì un po’ a disagio. Perché sapeva che FRIDAY, in qualche modo era lì, e lei non sapeva cosa dire o se dire qualcosa.
Finalmente arrivò, e non si stupì affatto di trovare Tony spaparanzato sul divano a guardare la TV.
«Credevo avessi avuto almeno la decenza di vestirti, dopo che mi hai fatta alzare alle otto nel mio giorno libero»
Tony spense la TV e si alzò dal divano
«Ciao Naso Rifatto. Sono cupcake?»
Emma ormai era abituata all’appellativo con cui la chiamava il fratello, erano 10 anni che aveva ricorso alla chirurgia per il suo naso e si era diciamo, abituata, agli sfottò di lui. Glieli tirò di mano e si andò a sedere nell’isola della cucina «Li hai presi dalla caffetteria qui giù vero? Sì, sono buoni... non come quelli di Starbucks, non ci provassero nemmeno»
Emma raggiunse il fratello e si sedette di fronte a lui, iniziò a fissarlo con il suo peggior sguardo assassino, aspettando che lui le iniziasse a spiegare quella cosa urgente.
«Tony»
«Emma»
«Non mi dovevi dire qualcosa?»
«Ah, già. Vai sempre di fretta, vero? Devi andare dall’estetista? Non credo che alle tue sopracciglia dispiacerebbe»
Emma istantaneamente si toccò le sopracciglia e disse «Cos’hanno le mie sopracciglia che non va… TONY! Vuoi parlare?!»
«Va bene… va bene… conosci il Wakanda, suppongo»
Come poteva non conoscere il paese con cui le Stark Industries avevano commercializzato per il vibranio?
«Direi di sì»
«Sì, lo sapevo. Lo raggiungerò tra qualche giorno…»
Tony sarebbe andato in Wakanda? L’avrebbe lasciata da sola per l’ennesima volta?
«In che senso?»
«Ho delle cose da sbrigare»
Tony non la guardava in faccia, non aveva il coraggio di guardare il volto ferito della sorella. Per lui era ugualmente doloroso doverla lasciare lì, ma era per questo che aveva un piano B.
«In Wakanda?»
«Sì, Emma, in Wakanda!»
«E questa era la cosa urgente?»
Provò a mostrarsi indifferente, e probabilmente ci era anche riuscita. In realtà era arrabbiata, e ferita. In quel momento avrebbe voluto soltanto spaccare la faccia al fratello e sapeva che ci sarebbe riuscita, l’aveva fatto tante altre volte. Senza l’armatura non era poi questa gran forza.
«Non ho finito»
«Mi sembra una minaccia»
Tony alzò gli occhi al cielo e andò avanti alla finestra, Emma iniziò a far vibrare la gamba, cosa che faceva sempre quando era in collera.
«Vorrei che tu venissi con me»
Spalancò gli occhi, credeva di non aver capito. Andare con lui? In Africa?
«Ah?»
«Devo farti lo spelling? V-o-r-r-e-i…»
«Per quale oscura ragione dovrei venire in Wakanda con te?!»
«Hey! Solo perché lì sono di colore non vuol dire che le ragioni debbano essere oscure…»
Emma in altri casi avrebbe riso, ma in quel momento era un miscuglio di emozioni che non riuscivano a farla ridere per le battute idiote del fratello.
«Ho saputo che c’è mancanza di personale… medico. E sono sicuro che il Re T’Challa sarebbe felice di accoglierti, anche se per un periodo limitato»
Accoglierla? Perché cavolo avrebbe dovuto accoglierla? La domanda che frullava nella mente di Emma, dopo un po’, era soltanto una: perché cavolo sarebbe dovuta andare in Wakanda?
«Ma perché dovrei venire in Wakanda? Ce l’ho un lavoro qui»
«Per nuove esperienze! Non hai idea delle tecnologie che posseggono lì, e sono sicura che potrai sbizzarrirti a fare tutti gli esperimenti che vuoi»
«Non faccio esperimenti»
«Potresti»
Ad Emma, però, l’idea non faceva totalmente schifo. L’idea di andare a lavorare all’estero le piaceva, sarebbe stata, come ha detto il fratello, una nuova esperienza. Il fatto era però che non gli credeva affatto.
«Ci deve essere una ragione ben più grande se tu vuoi che io venga con te. Quindi, o me lo dici o non prendo minimamente in considerazione l’offerta»
Tony non rispose subito, la fissò per un momento, ma dopo diede sfoggio al suo sorriso migliore.
«Dio Emma, ma perché non ti fidi un po’ di più di tuo fratello?»
«Montecarlo»
«Ancora con Montecarlo?»
Emma ripensò a quei momenti di puro panico nel Casinò e al fatto che se non fosse stato per Pepper ora starebbe chissà dove, ma scacciò subito il pensiero.
«Fino alla fine dei miei giorni. In ogni caso, non lo so. Valuterò la tua proposta»
«Ma è fantastico! Lo prendo per un sì, anche perché credo di aver parlato già con il primario del tuo reparto…»
Tony iniziò a spingerla verso l’ascensore, ma Emma a quelle parole si girò di scatto verso il fratello.
«Tu cosa?!»
«Cosa io cosa?! Friday, chiama l’ascensore!»
«Hai parlato con il primario?!»
«Ah sì, di sfuggita, forse… ci sentiamo dopo, ciao Naso Rifatto!»
Con queste parole Tony la spinse dentro l’ascensore, che si chiuse da sola senza che Emma premesse alcun pulsante.
«Friday! Riportami subito sopra!»
Urlò la ragazza all’intelligenza artificiale premendo i tasti dell’ascensore, ma fu inutile, perché l’ascensore continuava a scendere.
«Mi spiace, Miss Stark, ma non posso»
Emma arrivò all’entrata ma non aveva alcuna intenzione di uscire, sarebbe restata lì ad aspettare il fratello fin quando non sarebbe uscito.
«Non ho nessuna intenzione di muovermi di qui. Ho tutta la giornata libera»
Dopo 5 minuti che a lei parvero tre ore, arrivò Happy.
«Ciao, Emma. Ho ordini di scortarti fuori dal palazzo»
Lo guardò con gli occhi sbarrati, e con la voce come un sussurro, gli disse «Non oserai»
Invece osava eccome, perché la prese in braccio e la portò fuori in strada.
«Scusa, tuo fratello…»
«Se, se! Ho capito! Andate al diavolo, tutti quanti!»
  
 Intanto, mentre Emma combatteva nell’ascensore, Tony stava bevendo un bicchiere di scotch.
«Allora? Se n’è andata?»
«Sta prendendo a calci Happy, signore. Ma è quasi fuori. Allora, ha accettato?»
«Non ancora. Ma lo farà»
«Lo spero, signore. Per lei ma anche per voi»
Lo sperava anche Tony. Si chiedeva cosa avrebbe fatto se la sorella non avesse accettato. Era ovvio che non si era accorta delle presenze di Rhodey e sua a controllarla da lontano ad ore alterne. Ma ora Tony doveva andare, e non poteva restare a New York da sola, perché Emma non era più al sicuro. 




 
                                                                                                                * * *
Salve! 
Qui ci troviamo un anno e mezzo prima, e la storia andrà avanti da qua fino ad arrivare ad Emma che si trova prigioniera dell'Hydra. 
Mi piacerebbe tanto ricevere una recensione, ci tengo davvero! 

alla prossima :)

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Non si sentiva furiosa come aspettava di sentirsi. Provava solo una leggera irritazione.
E lei sapeva perché, ma sapeva anche che era sbagliato. Oppure no? A New York aveva la sua vita: i suoi amici, la sua casa, il suo lavoro, i suoi pazienti, il suo cuore. Ma era da un po' di tempo che aveva voglia di evadere e di vivere qualcosa di nuovo. Aveva sempre ignorato questo desiderio che stava crescendo dentro di lei, ma ora... ora aveva questa opportunità, perché non coglierla?
Non si fidava di Tony, per niente, sapeva che c'era qualcosa di più sotto, ma al momento non gliene importava. Confusa, passeggiava per New York in quella calda giornata primaverile, sperando le arrivasse qualche illuminazione dal cielo.
Era triste, in quel momento avrebbe voluto soltanto sua madre. Quella madre dalla quale era stata privata troppo prematuramente. Emma aveva soltanto 7 anni quando suo padre e sua madre morirono, eppure li ricordava benissimo. E ricordava benissimo il giorno in cui morirono. Quello fu uno dei giorni più devastanti della sua vita. Emma non capiva, come poteva? Era poco più di una bambina, e si ritrovò all'improvviso senza genitori, sola con Tony e Jarvis.
Quando Tony gli aveva raccontato chi era stato ad ucciderli, provò una fitta rabbia, non solo per l'assassino, no... anche per Steve.
Era arrabbiata con Steve perché lui sapeva, sapeva e non aveva mai detto niente.
Ma la rabbia che provava per il Soldato d'Inverno era diversa. All'inizio provava una rabbia cieca, furiosa. Ma più passavano i giorni e più la rabbia cambiava, Emma diventava arrabbiata perché non riusciva ad essere arrabbiata con lui. Avrebbe voluto odiarlo, lo desiderava, perché quello che meritava era il suo odio. Ma non ci riusciva, perché sapeva ciò che gli era stato fatto, e sapeva che non era lui. Ma quel tipo non meritava la sua comprensione, e sperava con tutto il cuore di non incontrarlo mai.
Emma sapeva dove doveva andare.
Salì su un taxi facendo (come sempre) pensieri paranoici sull’autista che poteva essere un serial killer.
«New York Presbiterian»
Mentre raggiungeva l'ospedale si aggiustò il trucco, destando l’attenzione dell’autista.
«Non dovete metterle quelle porcherie sulla faccia, lo dico sempre anche a mia nipote, ma non mi ascolta mai… e poi si lamenta dei brufoli!»
Emma sorrise, aveva ragione, ma lei senza trucco non riusciva proprio a vedersi.
«Ha una nipote?»
«Sì, sì, due per la precisione. Ma quella che si trucca ha 14 anni… ma io non sono così vecchio, è mia figlia che è uscita incinta a 17 anni… quella pazza… lei ha figli?»
«No, non ne ho»
«Capisco. Beh, siamo arrivati, sono 12 dollari. Buona giornata»
«Anche a lei»
Entrò in ospedale sollevata dal fatto che l’autista non si era rivelato un serial killer, ma soltanto un padre di famiglia diventato nonno troppo presto. Emma camminava per l’ospedale furtivamente, speranzosa che nessuno si accorgesse che si trovava lì durante il suo giorno libero, non aveva voglia di rispondere alle mille domande. Arrivò nel reparto maternità senza aver incontrato nessuno, un po’ affannata per le scale che aveva fatto.
Andò a vedere i bimbi appena nati nel nido. Lo faceva spesso, ultimamente, e non capiva perché. Un giorno, dopo che aveva operato e il paziente era deceduto, si ritrovò in quel corridoio a vedere quei fagotti appena nati. Era stato terapeutico vedere quei bambini pieni di vita dopo che una persona le era appena morta sotto gli occhi.
«Signorina, non può stare qui… Emma, sei tu! Che ci fai qua?»
Era Jennifer, l’ostetrica, una ragazza così bassa che sembrava una bambina di 12 anni.
«Ciao… ehm… ieri avevo dimenticato una cosa qua e sono venuta a riprenderla, così sono passata»
Jennifer le sorrise e andò ad affiancarla, guardava i bambini innamorata.
«L’ho capito che ti piace qua… come darti torto? Sono adorabili…»
«A me non piacciono così tanto i bambini. In realtà non ci sono mai andata d’accordo»
Ed era vero: Emma li odiava. Aveva provato a essere simpatica con loro, ma finiva sempre con qualcuno che le tirava i capelli o lei che gli urlava contro qualcosa come “Stupido bambino viziato!”. Jennifer la guardò interrogativa.
«E allora perché vieni sempre qua?»
«Probabilmente perché… lo sai, da me si vede tanta gente morire… vedere loro mi da ancora speranza»
«Mi chiedo sempre come fate a sopportarlo»
«Dopo un po’ ti abitui. All’inizio per me è stato orribile, mi ritrovavo sempre da qualche parte a piangere, però dopo del tempo per te la morte diventa una costante e vederla tutti i giorni non ti stupisce più. Ed è preoccupante, non trovi? Ti senti come se non avessi più sentimenti»
In quel momento un bambino iniziò a piangere, e Jennifer dovette andare dentro a calmarlo.
«Beh, quello che ti posso dire è che tu i sentimenti ce li hai eccome, sennò non verresti qui. E non badare alle altre che ti guardano torve, fai quello che ti senti di fare»
Emma la salutò, e mentre usciva dall’ospedale, si ritrovò con il telefono in mano.
«Se mi hai chiamato per urlarmi contro vorrei dirti che ci tengo ancora al mio orecchio…»
«Ci vengo»
«Come?»
«Lo so che hai capito. Verrò in Wakanda con te»
Dall'altro lato della cornetta, Tony sorrise soddisfatto.

                                                                                       *  *  *

Ciao! :)
Questo capitolo è molto corto, ma diciamo che è un capitolo di transizione, il prossimo sarà più lungo. 
Iniziamo a conoscere di più Emma, della sua vita e del suo carattere. 
Come sempre, mi aspetto una recensione! ahahaha 

A presto


 

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


La partenza era stata una delle cose più stressanti che Emma avesse mai affrontato in tutta la sua vita.
“Dopo Montecarlo, tutto viene dopo Montecarlo”.
Innanzitutto,  c'erano state le migliaia di spiegazioni che Emma dovette dare ai suoi amici e ai suoi colleghi.
In secondo luogo, non potette dire dove andava, quindi dovette inventare che andava in un posto sperduto della Russia e che quindi sarebbe stato meglio se non l'avessero raggiunta. “Davvero, mi hanno detto che è orribile”.
E terzo, le valigie: Emma aveva sempre avuto un grosso problema con le valigie. Lei riponeva i vestiti ordinatamente (o almeno così credeva), ma magicamente questi diventavano una grossa palla, che la costringevano a sedersi sopra per riuscirla a chiudere. Inutile dire che la stessa cosa capitò con i quattro bagagli che aveva preparato, ma dopo interminabili lotte riuscì a non farli scoppiare. “Altro che Iron Man”.
Arrivò all'aereoporto alle 5.30 in punto, come Tony le aveva detto, e quando entrò nel suo jet privato, lo trovò al computer con aria applicata.
«Che stai facendo?»
Tony non staccò gli occhi dallo schermo, nè tantomeno le rispose fin quando non ebbe finito.
«Buongiorno, Naso Rifatto»
Emma gli rispose con un mh poco convinto che fece sorridere Tony.
«Provo pietà per quei poverini che devono lavorare con te, sei sempre così affabile»
«Tra quanto arriviamo?»
Tony controllò l’orologio e le rispose «Tra una decina di ore».
Emma non vedeva l’ora di arrivare, di conoscere quel posto e la gente che ci viveva. Voleva sapere tutto ciò che c’era da sapere ma specialmente voleva vivere quella esperienza a pieno. Quando sarebbe tornata a New York non doveva avere alcun tipo di rimpianto.
«Credo proprio che mi addormenterò, ci si vede tra 5 ore»
«Conoscendoti potresti svegliarti direttamente in Wakanda»
«Non lo escluderei»
Questo però non accadde, perché Tony si era ritrovato con una bomboletta di panna spray tra le mani. Guardò prima Rhodey per capire cosa ne pensasse, e lo sguardo torvo con cui lo rispose gli fece capire bene come la pensava: morirai.
«Oh no, moriremo tutti per una crisi isterica. Abbiate coraggio, miei prodi compagni di viaggio»
E con queste parole iniziò a riempire la sorella di panna sulla faccia e sui capelli, la ragazza si svegliò dopo mezz’ora perché si sentiva la faccia… bagnata. Dopo che si trovò la mano piena di panna arrivò la crisi isterica che Tony aveva preannunciato.
«Che hai fatto… COSA HAI FATTO?!»
«Ti ho riempita di panna. Credevo fosse ovvio» le rispose Tony ridendo, poi rivolgendosi a Rhodey, continuò «…davvero, e lei si sarebbe laureata con la lode?»
Emma prese la bomboletta di panna urlando epiteti poco gentili nei confronti del fratello, e i due passarono i restanti 10 minuti a lottare con la panna sotto gli occhi sbigottiti di Happy e la totale indifferenza di Rhodey che iniziò a leggere un giornale.
Si fermarono quando Emma si sedette su una poltrona affannando.
«Dio Tony, ora dovrò lavarmi a cambiarmi. Grazie tante»
Tony le fece un inchino e le disse «Ma ti pare».


*  *  *


Il resto del viaggio passò tranquillo, sempre tra vari sfottò e vari insulti tra i due fratelli. Aggiungiamo anche i lamenti di Happy e Rhodey.
«Siamo quasi arrivati. Allacciate le cinture, che tra poco decolliamo»
Emma guardò fuori dal finestrino, e rimase incantata per il lago Turkana che sotto di loro si estendeva e che poco a poco si avvicina sempre di più.
Quando scesero dall’aereo, la prima cosa che tutti notarono (e grazie tante) era la gigante statua di una pantera che, minacciosa, proteggeva la città.
«Fammi indovinare… la pantera nera?»
«Ah, ecco che viene fuori la lode!»
Emma gli diede un pugno sul braccio e gli stava per rispondere, ma si dovette fermare perché T’Challa, il Re, gli stava andando incontro.
Quando arrivò, Tony, Rhodey e Happy abbassarono il capo, Emma li fissò prima stranita, ma dopo che ebbe capito li seguì a ruota. Poteva giurare di aver visto un mezzo sorriso sul volto del Re.
«Vostra Altezza»
«Wamkelekile Wakanda. E’ un piacere avervi qui, signor Stark»
«Anche per me, e volevo ringraziarti anche per aver accettato mia sorella»
T’Challa si girò verso Emma, e lei piena di imbarazzo abbassò nuovamente lo sguardo.
«Vostra Altezza»
«Sono sicuro che vostra sorella sarà eccellente nel suo lavoro anche qui. Ora, sarà meglio se entrassimo»
T’Challa si avviò verso il palazzo, e tutti lo seguirono senza fiatare.

 
*  *  *

 
Dopo avergli fatto fare un giro orientativo del palazzo, Tony si fermò in disparte con Emma. 
«Io e T’Challa dobbiamo parlare di alcune cose…» Tony la fermò prima che lei potesse replicare «…che tu non puoi ascoltare. Ci vediamo dopo»
T’Challa la guardò e mormorò qualcosa in Wakandiano ad un ragazzo.
«Miss Stark, Akin la accompagnerà nei nostri laboratori. Sono sicuro che lei vorrà vedere i posti in cui lavorerà»
Emma annuì e seguì Akin che si era già avviato senza aspettarla.
Quando arrivarono tra i laboratori Emma rimase incantata: era tutto nuovo e le attrezzature erano molto più all’avanguardia di quelle che 
avevano al Presbiterian.
«A New York non ce le avete?»
Fu la voce di Akin a farla ritornare sulla terra, Emma si girò e si accorse che la stava fissando. 
«Non come queste… cavoli, sono magnifiche. Aspetta, ma tu parli la mia lingua?»
«Eh già, T’Chaka non badava a spese. Comunque, tutti qui lo parliamo»
Emma sospirò sollevata, in quei giorni si era preoccupata su come avrebbe interagito con quelli che sarebbero diventati i suoi colleghi.
«Oh, che sollievo. Non conosco nemmeno una parola in Wakandiano»
«Da quel poco che so tu sei un medico, giusto?»
«Giusto. Sono un chirurgo, tagliuzzo la gente»
Akin la guardò stranito e Emma iniziò a ridere. La sua risata però si spense quando vide una capsula di ibernazione. 
«Cos’è? Voglio dire… so cos’è, ma dentro, chi c’è?»
Si avvicinarono, ma il viso dell’abitante della capsula non si vedeva.
«Ci stavo giusto arrivando… credo che tu abbia sentito parlare del Soldato d’Inverno, no?»
Emma si sentì mancare, e Akin se ne accorse, perché le mise una mano sulla spalla.
«Stai bene?»
«Benissimo, scusa, sono solo stanca. Stavi dicendo?»
«Beh, brutta storia, il Soldato d’Inverno si chiama James Buchanan Barnes, e fu preso dall’Hydra durante la seconda guerra mondiale…»
Emma lo interruppe, e si andò a mettere davanti alla capsula per cercare di vedere all’interno.
«Sì, conosco la storia. Vuoi dirmi che qui dentro c’è lui?»
«Esatto. Quello che stiamo facendo è trovare qualcosa che gli possa ristabilizzare il cervello, almeno un minimo»
«E’ quello che dovrò fare anche io?»
«Direi proprio di si. E’ eccitante, non è vero? E’ una corsa verso l’ignoto»
Akin premette qualche pulsante, e all’improvviso il volto del Soldato le apparve avanti. Sembrava un semplice ragazzo che dormiva. 
Emma però vedeva anche l’uomo che aveva ucciso i suoi genitori, e si sentì come se sotto i piedi non avesse niente, come se ci fosse il vuoto. 
Scappò da lì e si mise a correre con un solo obiettivo: Tony.

       *  *  *
Salve!
Eccomi con un nuovo capitolo, questa volta più lungo del precedente. 
Qui vediamo Emma arrivata in Wakanda e scopre che c'è una persona a lei indesiderata. Cosa vorrà dire a Tony? 
Poi, T'Challa è un Re, vive in un palazzo, no? Se mi sbaglio, correggetemi! ahahaha
"Wamkelekile Wakanda" significa "Benvenuti in Wakanda" in Xhosa, la lingua che hanno usato per il Wakandiano in Civil War.
Mi aspetto come sempre una recensione, per sapere cosa ne pensate.

A presto :)

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


Emma correva nei corridoi dei laboratori tra gli sguardi confusi degli scienziati Wakandiani. Sapeva di star passando per pazza, ma in quel momento voleva soltanto raggiungere il fratello. Arrivò nel corridoio dove aveva lasciato Tony 30 minuti prima, e si fermò confusa perché non ricordava in quale porta fossero entrati. 
«Non credo di averli visti entrare da qualche parte» 
E così decise di fare la cosa più inappropriata da fare in un palazzo di un Re che conosci a malapena: entrare in tutte le stanze. 
Bussò ad una stanza, ma dall'interno non ricevette una risposta, quandò entrò fu contenta di non trovarci nessuno. Iniziò a studiare quel posto, e si stupì perché a confronto il salone di Tony nella sua vecchia casa a Malibu sembrava una catapecchia. "Ah, Tony"
Bussò ad una seconda stanza, e nemmeno da lì ricevette una risposta.
«Molto abitato, questo Wakanda»
Passò avanti, e non ebbe la premura di bussare perché  si era abituata all'idea di trovare tutte le stanze vuote. Quando entrò però, dei Wakandiani si girarono di scatto verso di lei e la fissarono confusi. 
Emma spalancò gli occhi e rimase anche lei, bloccata a fissarli. 
«Scus... non mi capite, credo... sto cercando mio fratello Tony Stark...  e io ora me ne vado, va bene... grazie... buona giornata...»
Scappò da quella stanza e si appoggiò con la schiena alla porta, pensando alla figuraccia che aveva appena fatto. 
«In questo momento vorrei soltanto prenderti a calci nel culo, Stark»
Emma guardò verso la direzione dalla quale aveva sentito la voce arrabbiata che stava insultando il fratello, ebbe una sensazione di piacere ad ascoltare quell'insulto perché significava che non era l'unica a volerlo morto in quel momento. "Ti ho trovato, razza di stronzo" 
Presa dalla rabbia, aprì bruscamente la porta e quando entrò nella stanza visse la stessa scena che aveva vissuto un minuto prima. Tra le facce confuse, però, c'era anche quella del fratello. Prese a camminare verso di lui urlando tutti gli insulti che le venivano in mente, e Tony si alzò istintivamente dalla poltrona.
«Razza di... manipolatore, adulteratore, falso, ingannevole, calunnioso, GESUITICO verme...»
«Hai ingerito un dizionario prima di entrare qui dentro per caso?»
«Tu lo sapevi! Lo sapevi e non me l'hai detto...»
A parlare però fu Rhodey, che confuso, guardava l'amico.
«Tony! Di cosa sta parlando?»
«Credo che la mia cara sorella abbia trovato Re Ghiaccio...»
«Bucky?!»
Emma si girò e se prima voleva picchiare solo il fratello ora voleva picchiare anche lui: Steve.
«Ma salve, Capitano! Sì, lui... come l'hai chiamato, Bucky? Quel tizio non molto gradito alla mia persona che ho avuto il piacere di trovare qui. E devo anche curarlo, pensa tu che fortuna! Vero, Tony?»
«Emma, ti posso spiegare...»
«Tu devi spiegare... sono proprio curiosa di sentire le balle che sarai capace di inventare...»
«Miss Stark» 
Emma sobbalzò per la voce profonda che l'aveva appena chiamata. T'Challa, il Re, la Pantera Nera, si era alzato dal suo posto e non aveva l'aria di essere propriamente rilassato.
«Sono certo che lei abbia tutti i motivi per essere arrabbiata con suo fratello in questo momento. Ma lei ha appena interrotto un' importante riunione»
Voleva letteralmente scomparire dalla faccia della terra. Il suo più grande desiderio era diventare una talpa per poter scavare un buco nel pavimento e scappare via. 
«Perdonate la mia maleducazione»
Stava per andare via, ma venne fermata nuovamente da T'Challa.
«Tuttavia, credo che lei abbia il diritto di sapere tutto riguardo al Sergente Barnes e anche perché vostro fratello non vi abbia detto niente»
Emma andò a sedersi e si rese conto che in quella stanza si trovavano gli Avengers.
Steve teneva lo sguardo abbassato, mentre Natasha guardava il Re seriamente. Emma provò un moto d'invidia nei suoi confronti, perché la Vedova Nera era una donna davvero bellissima, cosa che Emma non si era mai sentita di essere. Clint la guardava con le mani incrociate avanti la faccia, e Emma era sicura  che fosse  stato lui ad insultare il fratello qualche minuto prima. Wanda aveva anche lei il viso abbassato e Sam, invece, che Emma conosceva pochissimo, la guardava con un mezzo sorriso sulla faccia.
«Cavolo Stark, sei stato capace di farti odiare anche da tua sorella»
«Stà zitto, Picchiarello»
Sam gli lanciò uno sguardo torvo e T'Challa li ammonì ad entrambi. Emma alzò gli occhi al cielo e si rivolse al fratello.
«Allora, Tony? Queste spiegazioni?»
La risposta arrivò da T'Challa, che aveva assunto nuovamente l'aria calma e compita che aveva quando Emma l'aveva incontrato la prima volta.
«C'è una valida ragione se vostro fratello vi ha tenuto all'oscuro di tutto. Bucky Barnes è sotto la mia protezione qui nel mio regno, e ho dato precisi ordini di non rivelare a nessuno la sua presenza. Sembra una cosa scontata, ma spero che lei mi creda, perché la verità è soltanto questa»
Emma aveva immaginato che la ragione fosse stata quella, ma ciò non giustificava niente, perché lei aveva il diritto di sapere quanto ne aveva Tony. Però, non poteva lamentarsene con il Re, e quindi decise che avrebbe parlato con il fratello più tardi.
«E' necessario che io lo aiuti a guarire?»
Non credeva di averlo detto davvero, ma lei non se la sentiva di dover aiutare quella persona. 
«Non è il tuo lavoro?»
La domanda di Steve la fece confondere ancora di più, e anche irritare, per dirla tutta. Perché non provava a mettersi nei suoi panni? 
«Stai scherzando, spero»
«No, Tony, non sto scherzando. Posso immaginare che per Emma possa essere difficile curare lui, ma non dovrebbe farlo indipendentemente dal soggetto? E' quello che fa: salva vite»
Ed era vero, Emma salvava vite, indipendetemente da chi si trovava avanti.
«Mi è difficile pensarla in questo modo, al momento. E non voglio che me ne facciate una colpa. Se non vi dispiace, me ne andrei»
Non aspettò nemmeno una risposta, che uscì dalla stanza. Si diresse verso la sua stanza, non voleva vedere più nessuno né tantomeno sentirli parlare. I suoi desideri non si esaudirono perché il fratello le stava correndo dietro.
«Emma! Parliamo? Sì? Grazie»
Senza che lei lo rispondesse, Tony s'intrufolò nella stanza e si sedette sopra alla scrivania. 
«Niente male qui, vero?»
«Che vuoi?»
«Emma... lo so che sei arrabbiata, e mi dispiace. Non immagini quanto... ma temevo che se ti avessi detto la verità non saresti venuta. E in questo momento ho davvero bisogno di te»
«Dov'è il trucco?»
«Nessun trucco, sono sincero»
Emma sospirò e si andò a stendere sul letto, era davvero stanca delle bugie del fratello. Credeva che lui non avrebbe detto nient'altro e che se ne sarebbe andato, invece, con sua grande sorpresa, riprese a parlare.
«Dopo tutte le cose che mi sono successe... New York, Killian, Ultron... in quei momenti avevo paura che avrei potuto perderti, o che io sarei morto e che ti avrei lasciato da sola... così decidevo sempre che avrei passato più tempo con te, che mi sarei comportato da fratello modello, cosa che non ho mai fatto. Quando ho saputo che sarei dovuto venire qui mi è venuto un colpo, perché sapevo che ti avrei nuovamente abbandonata, e non volevo. Ti prego quindi di credermi, Emma»
Non poteva credere che il fratello le avesse detto quelle cose. Era la prima volta in 32 anni che le dicesse qualcosa di così bello, ed era sicura che si stava per mettere a piangere. Le lacrime però, vennero bloccate da un pensiero che le venne in mente all'improvviso. 
Killian. 
«Tony, ti ricordi quell'aggeggio di Aldrich Killian che guardava nel cervello?»
«Davvero? Io ti ho detto queste cose e tu pensi a quel coso?»
«Ti ricordi o no?!»
«Si che mi ricordo! Roba da matti... io mi spremo per essere dolce e tu non mi dici niente... nemmeno un 'Grazie Tony' o un 'Oh fratello mio'...»
Emma però non lo stava ascoltando, perché se lei avesse potuto avere quell'aggeggio di Killian, avrebbe potuto guardare nel cervello del Soldato.
«Tony, credo di avere un'idea per Barnes»








                                                 *   *   *

Salve!

Eccomi tornata con il quarto capitolo :)
Ritroviamo Emma dove l'avevamo lasciata, ovvero che correva andando dal fratello Tony! E chi ci trova? Tutti gli Avengers! Che cosa starà succedendo per far riunire nuovamente i vendicatori? Questo lo vedremo più avanti, ma pensiamo ad Emma che ha avuto un'idea per il nostro 'Re Ghiaccio' come lo ha chiamato Tony ahahah 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, mi aspetto una recensione! 
Alla prossima


AH, DIMENTICAVO.









Ecco BuckyEd ecco Sam. Non sono adorabili?
Questi sono Bucky  e Sam, non sono adorabili? <3
Va bene, la smetto.

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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


16 dicembre 1991
Quella sera Emma guardava incantata la luna piena, teneva fissi i suoi occhi al cielo, immaginando pianeti lontani abitati da astronauti e esseri con le orecchie a punta.
I suoi pensieri però, vennero distolti dalla voce della madre.
«Emma, tra mezz'ora saremo arrivati da tua zia Rose»
La bambina non potè fare a meno di sbuffare, scocciata dall'idea di dover restare con la zia Rose, il marito e i suoi odiosissimi figli.
Avrebbe preferito senza alcuna ombra di dubbio stare con il fratello e il maggiordomo Jarvis, le uniche persone con cui Emma si sentiva davvero felice. La madre si girò verso di lei e le fece una carezza.
«Dai tesoro, non fare così, io e tuo padre torneremo presto. Vero, Howard?»
«Sicuro caccoletta»
Emma sorrise per il modo con cui la chiamò il padre, appellativo che le fu dato anni prima, quando era grande quanto un nano di Biancaneve e si sporcava sempre il naso di muco.
«Passerò il Natale senza di voi e senza Tony»
«Credo proprio che Tony verrà dalla zia per Natale...»
Gli occhi della bambina si illuminarono all'idea di stare con il fratello il giorno di Natale. Sentì il petto riempirsi di gioia, ma in un momento la sua gioia si trasformò in confusione, in paura, in un orribile mal di testa, in... sangue.
Erano finiti contro un albero, no... non c'erano finiti... erano stati buttati, da un uomo su una motocicletta.
La portiera della macchina si aprì, e Emma vide l'uomo gettare il padre ferito bruscamente a terra.
«Ti prego, risparmiale...»
La bimba era terrorizzata, e abbracciando il suo pupazzo chiamava il padre.
«Papà! Papà!»
Ma era troppo tardi, il padre era morto... ucciso da quel mostro.
Era paralizzata, sapeva che avrebbe ucciso anche lei. Si rese conto che sarebbe morta a soli 7 anni.
E non sapeva nemmeno bene cosa fosse la morte, sapeva che quando era morto il suo pesciolino rosso Frankie, non si era mosso più, nemmeno dopo 1 ora, 2 ore, nemmeno il giorno dopo e quello dopo ancora. Per le persone era uguale?
Forse il padre si sarebbe svegliato tra poco...
Il mostro si avvicinò alla madre.
«Non uccidere Emma...»
Gli mise la mano alla gola, e la soffocò. Una mano... di ferro. Quell'uomo aveva tutto il braccio di ferro... non poteva essere vero...
Ora toccava a lei. 
Aprì la portiera di dietro, e la guardò intensamente, pensando a cosa dovesse fare.
Emma poteva giurare di aver visto per un attimo una luce diversa nei suoi occhi, una luce buona.
Lo vide allontanarsi verso la moto, per un momento pensò che l'avrebbe risparmiata, ma non era così, perché tornò con un sacco tra le mani.
Glielo mise sulla testa, bruscamente la prese dalla macchina e la portò sulla sella della moto. Piangeva, cercava di divincolarsi dalla stretta dell'uomo, ma lui gli diede un colpo sulla testa e la bambina svenne.
Si risvegliò in una grande stanza illuminata da luci bianche, circondata da quelli che potevano sembrare dottori e... soldati, e l'assassino.
Un uomo era arrabbiato, molto arrabbiato, e iniziò ad urlare.
«Cosa ci fa lei qui?!»
«Non rientrava negli ordini»
«E allora?! Ora cosa ci facciamo della figlia di Stark?!»
«Non lo so...»
L'uomo col braccio di ferro si girò verso di lei. Non aveva più lo sguardo risoluto e freddo che aveva prima, era... confuso.
«Uccidetela. E riportate quest'idiota nella capsula»
Emma a quelle parole iniziò a piangere, e provava liberarsi.
«Muovetevi!»
«NO!»
L'urlo venne da una dottoressa in fondo alla sala.
«Come, prego?»
«Non uccidiamola...»
Ad Emma la donna sembrò la sua maestra di scuola, avevano gli stessi capelli rossi e la stessa statura...
«E cosa dovremmo fare, dottoressa Collins, secondo lei? Ci illumini! Non provi a dire di lasciarla andare o la faccio congelare come Barnes!»
«Potremmo... potremmo usare l'elettroshock, come con il Soldato... e farle dimenticare... e dopo la potremmo lasciare in qualche posto... qualcuno la troverà...»
«Non reggerà, è soltanto una bambina»
«Vale la pena tentare»
Elettroshock? Cosa significava? Cosa volevano farle?
L'uomo ci pensò per un momento, ma annuì.
«Procedete»
Tutti i dottori si mossero come delle formiche e portarono una strana attrezzatura accanto a lei. Non aveva idea di cosa le avrebbero fatto ed era sicura che avrebbe sofferto. Si chiedeva cosa avesse fatto per meritare una cosa del genere, aveva solo 7 anni... era sempre stata buona con gli altri, a scuola era tranquilla... non lo meritava.
La dottoressa dai capelli rossi si avvicinò a lei e, prima di metterle uno strano oggetto attorno alla testa, le disse «Mi dispiace».
Dopo, soltanto dolore e urla.
Oggi
Emma si svegliò urlando. Era stato soltanto un incubo, lo stesso incubo che faceva da tre giorni, da quando aveva visto il Soldato nella capsula. 
Vedere quell'uomo aveva risvegliato in lei emozioni che non provava da diverso tempo e faceva lo stesso incubo tutte le notti. Iniziava a pensare che quelle cose non fossero frutto della sua immaginazione ma che fossero accadute davvero, che quelle cose fossero ricordi. 
Per lei non era mai stata chiara la notte dell'incidente, ricorda solo il momento in cui erano finiti contro l'albero, dopo niente. Si era svegliata in una camera d'ospedale, dopo 2 settimane di coma, a detta di Tony. . 
Pensò che potesse essere uno degli effetti collaterali del coma... o dell'elettroshock... aveva parlato al fratello dell'incubo, ma come risposta ricevette soltanto una risata e un «Tu sei pazza».
Voleva davvero credere che quelle cose non fossero accadute, ma più ci provava, più le sembrava impossibile.








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Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


Era passata una settimana da quando Emma si era trasferita in Wakanda e le cose non potevano andare meglio: poco a poco si stava ambientando e conosceva nuova gente. Akin, il ragazzo che le aveva fatto fare il giro il primo giorno, da Emma ribatezzato dottor Jekyll, era molto strano, un giorno si comportava come il suo migliore amico e quello dopo sembrava avesse un conto in sospeso con lui. Aveva conosciuto due sorelle scienziate, erano gemelle e le avevano spiegato il significato dei loro nomi: la più grande si chiamava Ada,'bellezza', la seconda, Bushra 'buon auspicio'. Era passata una settimana  da  quando aveva avuto l'idea di vedere nel cervello del soldato, e dopo aver 'combattuto' con il fratello per riuscire ad avere l'invenzione di Killian, era riuscita nel suo intento. Con sua grande sorpresa, anche gli scienziati Wakandiani e il Re T'Challa avevano pensato fosse una buona idea e che erano pronti a procedere.
Il problema è che quella a non essere pronta fosse lei. Durante la settimana passata, non aveva pensato a quando avrebbe dovuto lavorare con il Soldato, non aveva pensato a quando lo avrebbe avuto davanti, e non aveva idea di come avrebbe reagito. Non chiuse occhio tutta la notte, e quando la mattina del primo giorno si guardò allo specchio, non si stupì affatto di somigliare a Gollum del 'Signore degli Anelli'. 
«Il mio tesssssoro...»
Dopo essersi lavata, prese la lente colorata marrone per "correggere" il suo occhio verde. Ad Emma la sua eterocromia non dispiaceva, ma da quando a scuola era stata presa di mira per questo suo "difetto" fisico aveva iniziato ad usare la lente colorata verde, o marrone. La cosa le divertiva parecchio. Ma quella mattina decise di non metterla, non era più a New York. Conciata in maniera quantomeno presentabile, si recò nella mensa per cercare di mangiare qualcosa.
«Eccola, la Stark Junior»
Dio, no. Non aveva alcuna voglia di parlare la mattina, figuriamoci quella mattina. Ma, con un bel po' di falsità, si girò abbozzando un sorriso.
«In teoria Stark Junior Junior»
«Giusto, giusto»
Ad Emma, per qualche strano motivo, Sam Wilson aka Falcon, non le era mai piaciuto. Sarà stato il suo modo di fare, sarà stato il costume con quelle ali ridicole... non ne aveva idea. 
«Allora... oggi scongelate Bucky, e tu sei una dei leader del progetto»
«Così pare»
Non aveva idea di dove Wilson volesse andare a parare, ma era sicura che volesse provocarla. Con aria indifferente continuava a guardare tra i cibi che la mensa quella mattina offriva... 
«Si, così pare... sai, ho una domanda che mi affligge da qualche giorno... perché Emma Stark, la sorella di Tony Stark, dovrebbe aiutare l'uomo che ha ucciso i loro genitori?»
Ed ecco qua, proprio come lei aveva immaginato. Sul viso di Emma si dipinse un sorriso freddo, quasi cattivo. 
«Finalmente sei arrivato a ciò che volevi dirmi, caro Sam. Cosa dovrei pensare con questa domanda? Credi che io abbia cattive intenzioni con il Soldato?»
«Sì, è esattamente ciò che penso»
«Lo immaginavo. Allora risponderò con quanta più sincerità possibile: sì, ho pensato di vendicarmi di James Buchanan Barnes, sa quando l'ultima volta? L'anno scorso, quando Tony mi raccontò tutto. Quella è stata la prima  e l'unica volta a cui ho pensato una cosa del genere. Perché io voglia aiutarlo? E che ne so? Sono un dottore... sono una Stark... l'unione delle due razze più egocentriche di questo mondo, forse sto solo cercando un po' di gloria. Ora, se non ti dispiace, andrei a mangiare perché ho del lavoro da fare oggi»
Sam però la bloccò, talmente forte da farle male, e la portò nuovamente avanti a sè, ora non aveva l'aria di chi volesse scherzare. 
«Come faccio a sapere che tuo fratello non ti stia consigliando su ciò che fare?»
Tra tutte le cose che potesse dirle, questa era la peggiore. 
«Ricordati questa cosa, Sam: io e mio fratello non siamo la stessa persona. Si, forse ci somigliamo fisicamente, avremo lo stesso colore di capelli... gli stessi occhi, o occhio, come vuoi tu... ma credimi, siamo diversi in ogni cosa. E non mi faccio consigliare da lui su ciò che fare e non fare»
Si girò per andarsene, ma non aveva finito. Gli fece vedere il bracciale che portava, uno dei regalini del fratello.
«Vedi questo bracciale? E' un generatore di elettricità, e può generare una scarica elettrica di almeno 100 kiloampere, cioè pari a quella di un fulmine. La prossima volta che mi oserai dire una cosa del genere o mi metterai una mano addosso, ti faccio diventare un pollo allo spiedo. Buona giornata»
Si sentiva soddisfatta come non mai per la discussione avuta con Wilson, per il modo in cui era riuscita a tenergli testa. Allo stesso tempo era anche arrabbiata: no, non perché credevano che volesse fare chissà cosa al Soldato, di quello non le importava, lo aveva già immaginato. Ma perché per il tempo non avrebbe mangiato.         

                                                       *    *   *
                                                                     
Sapeva che Steve sarebbe stato presente durante lo scongelamento dell'amico, lo stesso per il Re T'Challa, ma non sapeva lo sarebbe stato anche il fratello. 
Tony non le rivolgeva la parola da due giorni, se si incontravano per i corridoi le passava avanti come se non esistesse , e quando Emma aveva provato a parlargli il giorno precedente, Tony faceva finta di parlare al telefono e urlava cose ridicole. 
«Scusa, non ti sento, c'è un insetto che mi infastidisce!»
Chissà chi era l'insetto.
Le andò incontro, e prima che potesse parlare, Emma parlò per prima.
«Cosa ci fai qui?»
Tony non ebbe il tempo di rispondere nemmeno adesso, perché Steve si intromise tra i due. 
«Infatti. Cosa ci fai qui, Tony?»
Tony non lo guardava in faccia, come se fosse impaurito e arrabbiato allo stesso tempo. 
«Sono qui per stare con te. So che è un giorno difficile...»
«Non sono più un insetto? Devo ricordatelo io che mi hai trascinata tu quaggiù? Ora se non ti dispiace, andrei a lavorare»
Emma si stava chiedendo perché quella mattina nessuno la lasciasse in pace, e mentre pensava alla tanto agognata colazione, Steve la fermò.
Non c'è due senza tre.
«Emma, lo so che è difficile, ma ti voglio ringraziare. Voglio che tu sappia che ho fiducia in te e sulla tua bravura»
Non poteva credere che qualcuno le avesse rivolto parole gentili, era così stupefatta che poteva mettersi a ridere. Notò con stupore che a Steve stava crescendo la barba. In più il suo sguardo non era quello di sempre. Qualcosa non andava.
«Strano che le uniche parole che volevo sentire le abbia dette proprio tu. In ogni caso, grazie Capitano»
Chiamarlo in quel modo fu insolito, per lei era sempre stato Steve. Ma non riusciva più a vederlo allo stesso modo ormai, non dall'anno precedente. Decidette che si doveva concentrare soltanto sul lavoro, su Barnes, e sul come non avere un crollo mentale. 
Stai tranquilla. Non succederà niente. Quei sogni erano soltanto sogni, inventati dal tuo inconscio, non significavano nulla.
«Hey, Emma, ben arrivata. So che possa sembrare strano per te ma ti prego di prendere questa tripla dose di morfina per eventuali... effetti collaterali»
Sapeva cosa Ada intendesse per effetti collaterali: Barnes che si trasformava nel Soldato D'Inverno. Al solo pensiero strinse la morfina fino a far diventare le nocche bianche. 
Notò un nuovo volto tra il team medico, era un uomo sulla quarantina che non aveva mai visto prima. 
«Ada, aspetta, chi è quell'uomo?»
«Oh, lui? Non so, è arrivato stamattina, l'hanno scelto per il caso. So solo che viene dal Canada»
«Capisco»
Il leader del caso, un dottore di nome Nassor, che a Emma ricordava per i modi di fare il primario del suo reparto a New York, diede a tutti l'ordine di cominciare.
«Per favore mettetevi tutti in postazione. E voi due » puntando il dito verso Tony e Steve «dietro al vetro. Grazie»
Il Capitano sbarrò gli occhi, e con la voce incredula, chiese «Non sarebbe meglio se restassi qui? Non credo che con della morfina riuscirete a fare molto»
Tutti a quelle parole si guardarono preoccupati, non era la cosa più appropriata da dire al momento. Tony roteò gli occhi, e si andò a sedere scocciato.
«Significa che resterò anche io. Non voglio perdere la scena del ritrovo tra Jack e Rose»
Emma non riuscì a trattenere una risata, inaspettatamente, la stessa cosa fu per Steve. 
«Davvero, dottore, sarà meglio così»
«Dottore, lascio la scelta a voi» disse T'Challa. 
Nassor ci pensò per qualche secondo, e acconsentì alla richiesta dei due.
Tutti andarono verso la propria postazione, attenti e preoccupati per ciò che sarebbe successo, o non successo, di lì a poco. 
Emma, era accanto Ada e Bushra, pronte a dover visitare il Soldato appena uscito dalla capsula. Akin si avvicinò alla capsula per poterla aprire. 
Non aveva idea di come funzionasse quel macchinario, ma il tempo che impiegò Akin le sembrò una eternità. Quando finalmente le porte si aprirono, il Soldato non uscì subito, ma tutti sentivano il suo respiro. Era sveglio. 
Credeva che la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata prendere Akin per il collo e soffocarlo, ma non fu così, la prima cosa fu accasciarsi sulla sedia a rotelle portata dall'infermiera. 
Emma, con le altre due, si avvicinarono al soldato, e mentre lei sentiva il battito del cuore, il soldato la guardò negli occhi. Non riusciva a capire cosa volessero dire. Di una cosa era certa: era spaventato. E non era una cosa buona. Ti prego, non uccidermi. Ma non lo fece. 
Le bisbigliò qualcosa di appena percettibile. 
«Sono Bucky...»
A quelle parole il soldato svenne.








Ciao a tutti! Con un po' di ritardo, eccomi tornata con un nuovo capitolo. Finalmente Bucky è stato scongelato, e la prima cosa che fa è svenire! Sempre meglio di un piccolo crollo mentale, no? Ragazzi ma avete visto i poster di Infinity War e il trailer? Sono sconvolta, davvero. E' fantastico. Comunque, vi è piaciuto il dialogo tra Emma e Sam? Anzi: vi è piaciuto il capitolo? Fatemi sapere cosa ne pensate! Alla prossima! :)


P.S: Ok, ecco il primo poster ufficiale di Infinity War:


PARLIAMONE

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Capitolo 8
*** Capitolo VII ***


Non era successo niente di interessante quel giorno, o almeno: nulla di tragico.
Il soldato al suo risveglio era semplicemente svenuto ed Emma, assieme ai suoi colleghi, avevano deciso di lasciarlo riposare per evitare reazioni indesiderate.
Più tardi, l’equipe medico assieme a T’Challa, sua sorella Shuri, Steve e Tony avevano discusso dei vari mezzi che potessero aiutare Barnes, tuttavia la situazione diventava sempre più difficile poiché ognuno aveva un’idea diversa. Emma li ascoltava in silenzio, sentendosi in accordo e disaccordo allo stesso tempo. Si alzò in piedi, estremamente convinta della sua idea e con l’obiettivo di farla accettare.
«Ho ascoltato attentamente tutte le vostre proposte, ma, senza offesa, ritengo che nessuna possa essere funzionale per questo caso»
«Oh, allora ci illumini dottoressa Stark» a parlare era stato quel nuovo dottore canadese, si chiamava Caleb Tremblay. Emma non riusciva a definire quell’uomo, anche perché non aveva per niente l’aria di essere canadese, bensì un dottore nazista.
«Come forse già sapete, qualche anno fa mio fratello Tony ha avuto a che fare con un uomo chiamato Aldrich Killian…» Tony, come suo solito, la interruppe. «Certo che lo sanno, come non potrebbero… state parlando di me»
Emma e tutti gli altri lo guardarono accigliati e T’Challa gli rispose. «In verità, signor Stark, non abbiamo idea di cosa sua sorella stia parlando»
Tutti gli altri furono costretti ad accordare con il Re. «Mai sentito.» «Figuratevi io…» «Ma che cosa?»
Tony si portò una mano in faccia, sussurrando parole come «che assurdità…» «Come vi stavo spiegando prima che il signor Stark mi interrompesse, qualche anno fa Aldrich Killian ha inventato uno strumento che potrebbe fare al caso nostro. Consiste in una specie di auricolare ad alta frequenza, che se applicato dietro l’orecchio ti fa entrare nel cervello di chi lo indossa. L’ho visto dal vivo, per quanto l’inventore potesse essere fuori di mente, è strabiliante.»
Shuri spalancò la bocca dallo stupore e non riuscì a trattenere il suo entusiasmo. «O mio dio! E’ una cosa grandiosa. Come ho fatto a non pensarci io prima? Lo voglio vedere!»
Tutti erano attenti e concentrati sulle parole di Emma, curiosi di sapere dove volesse arrivare la giovane dottoressa. «Ho pensato che guardando nel cervello del soldato, addirittura quando diventa in quel modo, potremmo vedere cosa si innesca, trovare il problema e risolverlo. Lo so che la faccio facile, non lo sarà affatto. Ma mi sembra l’unica idea plausibile»
Tutti la guardavano confusi, e Emma guardava loro, ansiosa di sapere cosa ne pensassero.
«Allora?» chiese lei. A risponderle per prima fu il dottor Nassor «Sembra una buona idea, dottoressa Stark. Ma lei sa dove poter trovare questo strumento? Glielo fornirà l’inventore?»
Tony rise. «Un po’ difficile dall’oltretomba»
Steve si strofinò la faccia, era stanco, e voleva sapere tutto il più presto possibile. «Sì, Emma, come vuoi trovarlo questo aggeggio?»
Emma aveva riflettuto a cosa avrebbe risposto a quella domanda, perché sapeva che glielo avrebbero chiesto… e no, non avrebbe detto la verità, o perlomeno non a tutti, era troppo imbarazzante.
«Beh, c’è la probabilità che potrebbe trovarsene una copia a New York» Tony spalancò gli occhi, era confuso e non aveva idea di come la sorella potesse essere in possesso dell’invenzione dell’uomo che aveva provato ad ucciderli qualche anno prima. «E come fai a saperlo questo, Emma?» «Quindi potrebbe farci avere questo strumento entro quando?» «E’ sicura che è funzionante?» Era inondata di domande e non sapeva a quale rispondere per prima.
«Sono sicura che è funzionante e potremmo averlo entro… non lo so, arrivano i piccioni viaggiatori quaggiù?» chiese lei abbozzando un mezzo sorriso cercando di sdrammatizzare la situazione, che era diventata più seria del previsto.
T’Challa la guardava in silenzio, con le mani incrociate, e la sua battuta non gli aveva fatto per niente ridere. «Per favore, chiedo a tutti tranne alla dottoressa Stark e a Tony, di uscire da questa stanza» Tutti obbedirono e Emma lo guardò confusa. Lo aveva forse infastidito? La battuta sul piccione non era per niente esagerata… piuttosto era di una tristezza infinita…
«Ok, signorina Stark, per come ho capito la sua idea potrebbe funzionare. Ma voglio sapere tutto, e sottolineo tutto, su questo attrezzo. Come sa che si trova a New York? E' pericoloso?» Emma sospirò, capì che doveva dire la verità e che non poteva inventarsi niente. «Ce l’ho io. In casa mia. E no, non è pericolosa, ho avuto modo di testarla»
Tony sputò l’acqua che stava bevendo per lo shock, Shuri rise, e le chiese «Come fai ad averlo tu?!»
Emma si tolse gli occhiali da vista, iniziava a sentire caldo, e rispose sviando lo sguardo. «Potrei… averlo rubato, o preso in prestito. Come preferite voi»
Tony a quelle parole si calmò, e bevve un altro bicchiere d’acqua. «Oh, grazie al cielo. Ho pensato le cose peggiori… tipo che fossi andata a letto con quel depravato e lui ti avesse regalato quel coso» Emma diventò rossa dalla rabbia, tuttavia ignorò il fratello cercando di mantenere un contegno davanti al Re e a sua sorella. «Come è riuscita a rubarlo?»
Emma poteva giurare che T’Challa fosse divertito da quella situazione, e che l’austerità che aveva prima fosse scomparsa. «Un giorno ho visitato la fabbrica di quel pazzo con la mia amica, Pepper Potts. C’era qualcosa del signor Killian che non mi convinceva… così stupidamente ho preso una delle sue attrezzature. Fortunatamente decisi per la più innocua» La dichiarazione di Emma aveva lasciato Tony senza parole, ciò significava che la cosa fosse più grave di come la ragazza lo avesse raccontato.
«Io… non posso credere che tu sia stata così avventata… e stupida. Cosa credevi di fare?»
In realtà non aveva idea di cosa avesse in mente. Emma in quel periodo non poteva definirsi una persona… mentalmente stabile. Scoprire di essere tradita dopo due settimane di matrimonio non aiuta al benessere mentale di qualsiasi persona. Si girò verso il fratello e si rese conto che Tony era davvero sconvolto, probabilmente si stava facendo rimangiare dai sensi di colpa se le fosse successo qualcosa. Perché era sicuro che se fosse accaduto qualsiasi cosa la colpa sarebbe stata solo la sua. «Il passato è il passato. Stiamo bene, quell’uomo è morto. Non ci rimuginiamo sopra»
T’Challa e Shuri erano restati in silenzio tutti il tempo, e capivano i fratelli Stark più di quanto pensassero. Anche loro si erano trovati in situazioni di pericolo, in cui avevano quasi rischiato la vita, e la paura, il dolore per il solo pensiero di dover perdere il fratello era una sensazione non descrivibile. Il Re si era convinto sulla ragazza Stark, non la riteneva una persona pericolosa e per qualche motivo si fidava di lei e del suo lavoro. «Bene, signorina Stark, forse commetterò un errore, ma ho fiducia in lei. Manderemo qualcuno a prelevare questo attrezzo nella sua casa a New York»
Emma non potè fare a meno di sorridere per quelle parole. La sua idea era stata approvata e il re del Wakanda aveva espresso la sua fiducia nei suoi confronti. La giornata si stava concludendo nel migliore dei modi.








Salve! Con due anni di ritardo sono tornata con un nuovo capitolo, pronta a riprendere in mano la storia, sperando vi piaccia il più possibile. Fatemi sapere cosa ne pensate, alla prossima! :)


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Capitolo 9
*** Capitolo VIII ***


Si svegliò di soprassalto quella mattina e sentiva di essere pronta.
Emma era una persona sicura di sé (ma, ovviamente, non come il fratello). Faceva quel lavoro  da diversi anni e aveva visto diversi pazienti, quindi perché sarebbe dovuta essere preoccupata per il soldato? Era un paziente come gli altri.
No, Emma, non lo è.
Mentre camminava per i corridoi del laboratorio rifletteva su come si sarebbe presentata al soldato. Comportandosi normalmente e mostrando indifferenza?
Aprì la porta e lo vide, stava seduto sul lettino e le dava le spalle. Una delle gemelle gli stava prelevando campioni di sangue e quando ebbe finito lui la ringraziò.
«Buongiorno, signor Barnes»
Emma ruppe il silenzio così, con la frase più normale del mondo, ma non lo aveva ancora guardato negli occhi. Lui la fissava mentre lei fingeva di controllare la cartella clinica, di cui ovviamente, era già largamente a conoscenza.
«Sono la dottoressa Stark. Proverò a curare cosa c’è che non va nella sua mente» disse lei continuando a leggere la cartella, decise di essere diretta e coincisa. Il soldato, invece, era chiaramente confuso e non proferiva parola.
Guardava con i suoi occhia azzurri la ragazza, il suo sguardo non faceva trapelare emozioni ma dentro era tutt’altra cosa. L’ultima volta che l’aveva vista era una bambina e ora di fronte aveva  una donna.
Aveva cercato notizie su di lei, come aveva fatto con Steve e anche con Tony. Sapeva che era diventata un medico, e anche piuttosto bravo, in realtà.
Quando aveva letto quelle notizie aveva avvertito una leggera soddisfazione per quello che aveva, o meglio, non aveva fatto venticinque anni prima. Non era nel target, la sua morte non era necessaria per il successo della missione, aveva agito nel modo migliore.
Tornò sulla terra grazie a lei. «Signor Barnes, mi sente?» chiese la dottoressa guardandolo di sottecchi. Aveva notato che il Soldato era sovrappensiero e che non aveva ascoltato nulla di ciò che lei avesse detto.
«Partiamo bene» pensò la ragazza.
Quando lo ebbe richiamato e lui le prestò finalmente attenzione, ricominciò da capo.
«Ho delle idee su come fare, ne ho parlato con l’equipe, con T’Challa e anche con Steve. Hanno approvato- »
Certo che lo hanno fatto, come non potevano. Questo però non lo disse al suo paziente.
«- per sfortuna, non possiamo ancora iniziare. Il materiale che mi serve si trova ancora a New York. Oggi, però…»
Emma fu interrotta da Barnes, e sentì ciò che aveva sperato che non le chiedesse. «Perché lo sta facendo?» Bucky non capiva, non ne aveva idea.
Lui aveva ucciso i suoi genitori a sangue freddo davanti a lei, o meglio: l’altro.
Lei finalmente lo guardò in faccia. I suoi occhi erano di due colori diversi: uno era verde, non di un verde troppo chiaro, ma più scuro, l’altro invece era color nocciola. Erano belli.
«Come?» faceva la svampita, non sapeva cosa rispondere. Forse semplicemente non voleva.
«Perché vuole aiutarmi…» insistette lui «suo fratello l’ultima volta ha provato ad uccidermi»
Sì, sapeva cosa fosse successo in Siberia, e pensava che le azioni di Tony fossero giuste. Ma, più passava il tempo, e più era grata che nessuno fosse morto quel giorno, anche il soldato. E si sentiva la persona più stupida del mondo per quello.
 «Mi conosci, sai quello che ho fatto» disse lui. Il suo sguardo dicendole quelle cose era triste, tormentato. Non si sentiva bene per quello che era successo, e lei iniziava a capirlo.
«O quello che ha fatto l’altro» rispose lei.
Guardava alla sorella di Tony incredulo. Non si aspettava quell’affermazione.
Lei capiva… lei sapeva che aveva subito un lavaggio del cervello? Che era stato torturato? Come?
Che razza di persona era Emily Stark?



                                                                                    *        *       *
Ciao a tutti!
In questo capitolo vediamo l'incontro tra Emma e Bucky (era pure ora!), e ovviamente Bucky non capisce perché cavolo Emma voglia aiutarlo, non sa che probabilmente non lo sa neanche lei ahahha so che è un po' corto, ma mi rifarò con gli altri!
Fatemi sapere cosa ne pensate, a presto! :)

 

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