Di dame, cavalieri, d'arme e d'amori

di Cara93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Verranno a chiederti del nostro amore ***
Capitolo 2: *** Così lontani, così vicini ***
Capitolo 3: *** La canzone del bardo ***
Capitolo 4: *** I walk beside you ***
Capitolo 5: *** She wolf ***



Capitolo 1
*** Verranno a chiederti del nostro amore ***


Partecipa alla challenge "La challenge delle sei coppie" indetta da GiuniaPalma sul forum di EFP 
Coppia Canon



Cersei era rimasta da sola con lui, per l’ultima volta. Aveva cacciato Maestri e servitori, voleva dirgli addio. Glielo doveva. Ma, soprattutto, voleva guardarlo morire. Voleva essere sicura che fosse morto, l’uomo che più aveva disprezzato per tutta la sua vita, prima di concedersi di provare quella felicità che era convinta le spettasse, dopo una vita al suo fianco. Robert giaceva nel suo letto, pallido e stremato dall’infezione. Era terreo, gocce di sudore freddo gli scendevano sulle guance piene e sulla barba incolta. Il suo imponente corpo sembrava essersi duplicato nella sofferenza, come se stesse cercando di strabordare per poi tornare nella sua forma originaria e sopravvivere. Lei sapeva che non sarebbe mai stato possibile, aveva fatto in modo che non potesse essere possibile. Robert Baratheon sarebbe morto presto e per mano sua.
 
“Quando, in anticipo sul tuo stupore, i nostri figli verranno a chiederti del nostro amore, cosa risponderai?” il vocione tonante di Robert Baratheon non esisteva più, al suo posto c’era un bisbiglio esitante, quasi timoroso. Per una volta, la prima da quando l’aveva sposato, non aveva per lei parole grette e dure.
“Amore? Quale amore?” domandò, amara.
“Quello che non abbiamo mai vissuto. Perché tu non sei riuscita a cambiarmi, mentre io ti ho cambiata, lo sai”
“E cosa dovrei dire? Che tu hai amato sempre e solo un fantasma, un’idea? Che per quell’idea hai rinunciato ad apprezzare ciò che avevi? Vuoi davvero che i ragazzi lo sappiano?” si era premurata di non dire “i tuoi figli”. Non voleva mentirgli, non lì, non in quel momento. Gli doveva la verità, ma non quella specifica verità.
“Ti immagino già, quando sarò morto... tutti loro che scruteranno ancor più di quanto non l’abbiano già fatto, che attraverso te mi peseranno, già vecchio stupido. Sarai bella e splendente, come mai lo eri quand’ero ancora vivo e tutti si stupiranno che tu non mi bastavi. L’hanno sempre fatto, ma quando sarò morto, avranno la libertà di urlarlo. Si chiederanno cosa sia andato storto. Dì pure a tutti loro che io il potere di amarti l’avevo, l’avevo eccome. Eppure l’ho scagliato dalle mani, in favore di un amore non adulto, che sognava di lasciare graffi sui seni, morsi sul collo e lividi sulla pelle per provare la sua profondità. Inseguivo puttane e mi buttavo su altri corpi, per inseguire quell’amore, per sfuggire alle carenze di un amore che avevo deciso di non regalare. Sì, tu non potevi cambiarmi, io ti ho cambiata, lo so.”
“Non è stata solo colpa tua. Ho rinunciato a conquistarti. Ti guardavo, troppo stanca per vergognarmi o per confessarti che i miei sentimenti erano ormai identici ai tuoi. Mi sono sforzata di amarti, ma non potevo amare per sempre un miraggio, una speranza.”
 
Si guardarono in silenzio, studiandosi per la prima volta, ignorando il raspare affannoso del re che, maligna clessidra, scandiva il tempo che gli restava. Si guardarono con affetto e rimpianto, un rimpianto che Cersei non avrebbe mai pensato di provare. Era una donna troppo pratica per immaginare come sarebbe stata la sua vita se Robert le avesse dedicato un po’ d’attenzione. Come tutto sarebbe potuto cambiare, se la loro fosse stata una vera unione.
“Dimmi cos’hai in programma, ora. Resterai a piangermi sconsolata? Ti risposerai oppure dividerai il letto con il primo damerino che saprà darti ciò che io ti ho negato? No, non rispondere. Resterai più semplicemente dove un attimo vale l’altro, senza chiederti come mai, nonostante tu abbia la possibilità di scegliere, continuerai a lasciare che altri lo facciano per te. Promettimi che non lo farai. Promettimi che sceglierai”
“Lo farò” sussurrò Cersei, una lacrima solitaria le scendeva lungo il viso. “Sceglierò di non lasciarmi mai mettere i piedi in testa, di diventare una donna talmente potente da essere temuta. Scelgo di diventare una regina, Robert. Una regina degna del re che sei stato.”   


Angolo dell'Autrice: questa raccolta nasce come contenitore di storie a tema Got, caratterizzate dall'allegria che mi contraddistingue e dalla presenza di una canzone, sia "fisica", di significato o semplicemente d'ispirazione. Per la sua natura di contenitore, infatti, ho ritenuto corretto inserire la nota "incompiuta". Non prevedo di scrivere storie a rating rosso o che offendano la sensibilità altrui, nel caso, avviserò all'inizio. 
Inoltre, se una o più di storie dovessero partecipare ad un contest o una challenge (rispettando cioè sia le indicazione della raccolta, sia i paramentri di contest e challenge) verranno inserite qui in automatico, previa conferma da parte del giudice. 
In questo caso, la storia partecipa ad una challenge e ha avuto come ispirazione "Verranno a chiederti del nostro amore" di Fabrizio De Andrè, di cui alcune frasi sono presenti nel testo.

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Capitolo 2
*** Così lontani, così vicini ***



Partecipa alla "Challenge delle sei coppie" indetta da GiuniaPalma sul forum di EFP
L'OTP


Non pensavo che sarebbe sopravvissuto alla Montagna. Non lo ritenevo degno di tale impresa, anche se è un combattente valido e possente. Ed è tornato da te. Questo, però, non mi ha sorpreso. So che non posso pretendere la tua attenzione, non quando giorni, settimane, forse mesi, ci separano. È la mia punizione, starti lontano. 
 
Le tue lettere rendono sopportabile la mia condizione, sono l’unico flebile legame che ci resta. Questo, almeno, è ciò che mi ripeto all’infinito, per non abbandonare tutto e correre da te. Ma i Sei Regni (è ancora strano, questo “sei”. So che lo è anche per te, ne sono sicuro, tanto quanto nei miei sogni rivedo ancora la stretta che ci siamo scambiata nelle cripte, mentre sopra le nostre teste la battaglia per la vita infuriava violenta) hanno bisogno di me. 
 
Chiedi il mio consiglio, anche se so benissimo che sei perfettamente in grado di governare da sola. Sei il prodotto di un insieme di capacità che, se amalgamate con sapienza, come nel tuo caso, non hanno bisogno d’aiuto. Lo fai per me, per mantenermi vivo. 
 
Mi parli di lui. Non sai quanto è difficile avere te, Sansa, per amico. Non posso sopportare le tue confidenze, non riesco ad immaginare la tua felicità, senza di me. So che non sono il marito che desideravi, forse non sono neanche l’uomo che credevi. 
Te lo immagini, il nano geloso del cane dalla faccia ustionata?
 
Eppure, non posso fare a meno di aspettare un tuo cenno. Sono tuo, mia lady. Così come sono legato mani e piedi, inesorabilmente, a questa città. 
 
 
 
Il gelido vento del Nord, per lei così gentile e desiderabile, non faceva altro che ricordarle quanto fosse sola. Aveva respinto il Mastino, perché non avrebbe mai potuto dargli ciò che chiedeva. Non poteva ricambiarlo, non sarebbe riuscita ad amarlo, non come lui avrebbe desiderato. Sandor lo sapeva, eppure era rimasto, entrando a far parte della Guardia della Regina. Aveva respinto Tyrion, anche se in modo sottile. Non poteva rompere il legame che li univa, ma avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per evitare che il dovere verso di lei opprimesse il Folletto. Voleva che fosse felice. Sperava che fosse felice, ad Approdo del Re, lontano da lei. 
Perché non lo sarebbe stato, al suo fianco. 
 
Non sarebbe mai stata in grado d’amare, non con tutte le cicatrici che si portava dentro. Non sarebbe mai stata in grado di imporle ad un uomo buono, come lo era Tyrion. 
 
Aveva chiesto a Bran lo Spezzato, come ultimo favore, di non lasciare che il Lannister si allontanasse dalla città. Se fossero stati lontani, se fossero stati divisi, forse non si sarebbero feriti. 
Sansa non sarebbe riuscita a sopportare un altro dolore, così come non sarebbe riuscita a sopportare di infliggerne uno a Tyrion. Perché sarebbe successo. Inevitabilmente. 
 
Sapeva che avrebbe dovuto chiudere ogni rapporto con lui, ma non ci riusciva. Traeva conforto dalle sue lettere, lo sentiva vicino, seppur egli fosse così lontano. 
 
Viveva e coltivava così il suo amore, talmente timido e delicato che neppure il suo cuore era stato in grado di riconoscerlo. 


Nota dell'Autrice: ebbene sì, la mia OTP è la Tyrion/Sansa. O meglio, è la prima coppia che abbia mai shippato in Got, quindi mi è particolarmente cara. Anche in questo caso, la storia prende ispirazione da una canzone, "Una donna per amico" di Battisti, anche se non ci sono riferimenti diretti a parte il contesto e il titolo.
 

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Capitolo 3
*** La canzone del bardo ***


Questa storia partecipa alla challenge "La challenge delle sei coppie" creata da GiuniaPalma sul forum di EFP
Coppia slash 



Il giovane bardo canta brandendo il suo liuto, ogni tanto lancia uno sguardo allarmato ai due uomini seduti in fondo alla stanza. Sta per finire la sua esibizione, spera di riuscire a racimolare qualche soldo per una buona causa, ergo, non farsi ammazzare.
 
"Dai un soldo a questo bardo
Oh valle dei fiumi, oh valle dei fiumi.
Dai un soldo a questo bardo
amico della Fratellanza"
 
Fa il giro dei tavoli, tendendo il cappello. Alla fine, tira un sospiro di sollievo. Vedrà un'altra alba. Per ora.
 
Si siede allo stesso tavolo dei due uomini intabarrati, che, chissà come, avevano la capacità di apparire feroci e minacciosi anche sotto le spoglie di cenciosi mercanti. C'è una taglia sulla testa di quegli uomini e, se Jaq non fosse più preoccupato delle ripercussioni che il loro arresto avrebbe sugli affari a lungo termine, li avrebbe denunciati agli uomini della Corona da un bel pezzo. Invece, aveva preferito lasciare che lo malmenassero come preferivano. Sospira. In fondo, non ha fatto niente di male.
 
 
La scena era esattamente la stessa, solo pochi mesi prima. Nel corso dei suoi viaggi, Jaq aveva racimolato un'enorme quantità di storie e canzoni sulla Fratellanza Senza Vessilli e i suoi componenti. Neanche per un momento aveva preso in considerazione la possibilità di incontrarli.
 
"E infine disse,
il lord che sconfisse la morte
solo il dio può decidere la tua sorte.
 
Baciato dal fuoco il cane
con un ringhio rispose e l'eroe attaccò
e nel fuoco, neanche a dirlo, la sua fine segnò.
 
Sfidando del dio l'ira
il lord della Folgore lo salvò
e come ricompensa, il cane di Joffrey lo baciò."
 
Le sue preferite, così come quelle del pubblico, o almeno così sembrava, erano la serie di ballate sull'amore tormentato tra Beric Dondarrion e Sandor Clegane. Era estremamente orgoglioso del risultato, mai prima di allora, era riuscito ad avvincere il pubblico. Se non si contano le canzoni sconce e Jaq non aveva alcuna intenzione di contare simili bassezze, anche se gli avevano procurato il pane in più di un'occasione. Si considerava (e si considera tuttora, anche se deve adattarsi alle circostanze) un'artista.
Quella sera in particolare, aveva dato il meglio di sé, forse ispirato dalla rapita attenzione della comitiva di avventori; forse per il bel seno dell' ostessa con cui contava di dividere il letto per quella notte. Alla fine della sua esibizione, era calato un silenzio insolito, ma Jaq non se n'era dato peso: era la magia della musica, la sua musica. Infatti, poco dopo si levò un applauso solitario, subito seguito da molti altri. Solo un avventore era uscito dalla locanda borbottando bestemmie irripetibili, chiaramente non un intenditore. Soddisfatto, fece il solito giro per riscuotere la sua ricompensa. Distrattamente, vide la sua ostessa chiacchierare con un tizio vestito di stracci e ridotto piuttosto male. Impietosito e intenzionato a fare colpo sulla formosa ostessa, allungò qualche spicciolo al mercante, che lo salutò con un cenno e un ironico luccichio dell'occhio privo di benda.
 
Le cose stavano andando anche meglio del previsto: la bella ostessa lo aveva portato fuori, in un luogo tranquillo, e palpava ogni centimetro del suo corpo, scansando al contempo le sue mani. Raramente si era imbattuto in una donna così focosa e al contempo così pudica. Era una combinazione interessante. Il compito l'aveva assorbito così tanto che il colpo di tosse lo colse di sorpresa.
"Chi è là?" chiese. I due uomini, perché si trattava di due uomini, non proferirono parola.
 
"È pulito" disse la donna, scostandosi. L'uomo più alto, l'avventore che era uscito prima della fine della sua esibizione e che aveva portato il cappuccio calato sul volto anche nel locale, lo prese per il bavero della camicia e lo sollevò senza alcuno sforzo lasciandolo a ciondolare le dita dei piedi alla ricerca di un terreno d'appoggio.
"Vuoi che quel mandolino te lo faccia ingoiare o che te lo infili su per il culo?" domandò con un ringhio. Vedendolo a pochi centimetri dalla faccia, Jaq indovinò chi fosse e cominciò a sudare freddo, la bocca secca. Era impossibile non capire, dalle ustioni che gli ricoprivano metà del volto, che aveva di fronte Sandor Clegane.
" Andiamo, Clegane. Non era poi così male" commentò l'altro, il mercante con la benda su un occhio.
"Forse non sono un cavaliere raffinato come te, ser e sono incapace di apprezzare una bella canzone. Ma sono ben capace di ficcare l'altra estremità di una chitarra nel tuo petto sfondato e vederti finalmente crepare, non appena questo damerino decide quale estremità preferisce, Dondarrion."
" Vi prego, signori, vi prego, cerchiamo di ragionare" quasi balbettò Jaq.
"Ragionare? Metà dei Sette Regni mi crede un fottuto finocchio" ringhiò ancora il Mastino.
"Ne sono profondamente addolorato, ser" deglutí Jaq con forza. "Vorrei scusarmi per aver infangato il vostro onore e vi prometto che farò ciò che è in mio potere per ripagarvi, mio signore"
"L'unico modo che hai per ripagarmi, fighetta, sarebbe farti ingoiare i denti"
"No no no, vi prego" gemette il bardo.
"Forse c'è un modo per far ottenere a Clegane la sua giusta vendetta e per tenerti in vita" intervenne Dondarrion.
"Farò qualunque cosa. Tutto"
"Elsie mi ha detto che stai facendo bei quattrini con quelle canzoni..."
"Beh... si tira a campare" rispose Jaq, lusingato, ignorando il fiato di Clegane sul viso.
"Ho una proposta"
 
 
E così eccolo lì, ad offrire i suoi servigi in favore della Fratellanza Senza Vessilli.
 
Aveva iniziato a viaggiare con loro e a "offrire" il ricavato delle sue esibizioni a Lord Beric, il doppio quando cantava le ballate incriminate. 
 
Una sera, però, aveva sorpreso Beric a fischiettarne una, triste. Il bardo non aveva avuto il coraggio di fare domande. Forse un giorno, avrebbe vissuto abbastanza per raccontare la storia (quella vera) dell'amore non ricambiato di Lord Beric per il Mastino.


Nota dell'autrice: questa storia è ispirata dalla figura di Jaskier, il bardo/compagno d'avventura di Geralt di Rivia, così come la canzone da cui sono partita per costruire la storia "toss a coin to your Witcher" (qui riscritta nella prima parte). Da qui, ho cercato di scrivere una storia slash senza che questa sia una storia palesemente slash (ha senso? No, lo so) e di amore unilaterale. 

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Capitolo 4
*** I walk beside you ***


Partecipa alla "Challenge delle sei coppie" indetta da GiuniaPalma sul forum di EFP. 
NOTP



Tyrion Lannister la osservava celato dall'ombra dell'alto trono costruito appositamente per lei nella città di Meereen. Era giunto in città a fatica, attraverso le fosse degli schiavi. Era ancora seccato con Mormont e l'eunuco per il trattamento riservatogli in quella circostanza
"Sempre meglio del boia, ma neanche troppo per tutti i maledetti dei!"
E ora era bloccato lì, costretto, per cause di forza maggiore, a servire una regina che non conosceva e di cui non aveva chissà quale rispetto.
"Sempre meglio di Joffrey e di quella cagna di Cersei, ma è pur sempre una Targaryen e io sono pur sempre il figlio di mio padre"
 
Per tutti, Daenerys Targaryen era solo colei che controllava le creature più incredibili del mondo conosciuto, creature che si credevano scomparse. Era la Regina o la Madre dei Draghi. Distinzione importante perché per la moltitudine di liberti era più di una Regina, una Madre, quasi sul serio. Per quasi tutti era una salvatrice, la Distruttrice di catene. Per molti una dea, la Non Bruciata. Nel continente occidentale, l'erede che doveva scomparire. Il Nemico.
 
Tyrion era troppo piccolo per ricordare con precisione le colpe di Aerys, ma sapeva per esperienza che il potere poteva essere un peso per una mente fragile. Doveva solo valutare se questo era il caso di Daenerys Targaryen.
 
 
Più passava il tempo, più sentiva di aver puntato sul reale giusto. A differenza di tutti i regnanti che aveva conosciuto, le stava sinceramente a cuore il bene del popolo. Era pronta a fare ciò che riteneva necessario per raggiungere il suo obiettivo. Aveva deciso: avrebbe camminato al suo fianco, i loro destini intrecciati. Sarebbe stato il suo Primo Cavaliere, non per convenienza, ma per fede. Perché sì, Daenerys Targaryen era il futuro.
 
 
Un futuro che stava per dissolversi tra le braccia del mercenario Dario Naharis. Quanto si era arrabbiato e quanto aveva desiderato la morte del guerriero. Lei, la salvezza del continente occidentale, che vacillava per colpa di un uomo da poco quale reputava l'eccentrico tiroshi. Non sapeva che, prima di lui, Jorah Mormont aveva avuto simili pensieri, ma a differenza del cavaliere dell'Isola dell'Orso non era così stupido da oppirglisi nettamente. Sapeva sulla propria pelle quanto l'amore (o il sesso) potessero essere potenti armi a doppio taglio, spesso a scapito di chi amava, com'era successo a lui stesso; a volte a scapito di chi tentava di opporsi a quell'amore, com'era capitato ai Primi Cavalieri di Robert Baratheon, uccisi per non rivelare il segreto amore della loro regina. 
 
 
Vederla così fiera e sicura sulla nave che l'avrebbe portata a Westeros, mentre seguiva con attenzione il volo dei suoi figli, lo riempiva di orgoglio. 
 
-Mi avete chiamato, mia regina?-
-Sì, mio Primo Cavaliere- era molto formale, di fronte a persone diverse da Missandei e Verme Grigio. 
-Il capitano vorrebbe sapere dove attraccare- il suo era uno sguardo di sfida, che nascondeva un dolore che sentiva (*) ma che non osava mostrare. Le aveva detto molte volte, prima della partenza, che Roccia del Drago non era il punto d'attacco migliore. Secondo il suo modesto parere, dopo che Varys era riuscito ad ottenere l'appoggio di Dorne e dell'Altopiano, sfruttare la copertura degli alleati era la mossa strategica migliore. 
-La conquista del Trono di spade deve partire da Roccia del Drago. Deve- aveva ordinato con impeto, sorda ad ogni obiezione. Il nano era stato costretto ad annuire a testa bassa. 
-A Roccia del Drago- disse, rivolto al capitano. Daenerys Targaryen sorrise. 
"Ma io riesco a vedere la ferita dietro al sorriso(*)", pensava Tyrion. 
 
Sbarcarono. Daenerys visitò la sua casa natia, ogni anfratto ed ogni pietra, fantasma disilluso ed egoista. E, come un sacerdote, ai suoi occhi quell'edificio appariva come un luogo sacro. 
"Fammi essere colui che capisce (*)", pensava il Lannister, seguendola. 
 
Aveva pianificato tutto con la massima cura, eppure il Fato sembrava complottare contro di lui. Sembrava che i Sette Regni non potessero giungere alla pace promessa, dopo la morte di Robert Baratheon. Colei che avrebbe potuto compiere l'impresa, si accingeva a salpare verso Nord, sorda ai suoi consigli. Non che potesse biasimarla, dopo il fallimento della prima battaglia campale e le prime offensive di Cersei. Yara Greyjoy ed il fratello erano spariti, probabilmente morti a causa dell'attacco di Euron. L'altopiano era perso, i dorniani erano allo sbaraglio, dopo che Ellaria Sand e le Serpi erano state prese, così come la conquista di Castel Granito si era rivelata inutile: il grosso dell'esercito Lannister si trovava da un'altra parte, così come la maggior parte dell'oro. Poi, il bastardo di Grande Inverno era arrivato ad elemosinare il vetro di drago. A prima vista, una richiesta da nulla in cambio di un'alleanza decisiva. Aveva caldamente appoggiato la proposta, garantendo per l'ex Guardiano della Notte, ora Re del Nord. Il suo consiglio era costato a Daenerys un drago e la partenza per le fredde ed inospitali regioni al di qua della Barriera. 
 
-Non mi piace- Era rimasto piacevolmente sorpreso di trovare Sansa a Grande Inverno, viva e cresciuta. 
-Cosa non vi piace?- domandò, allungando il passo per starle al fianco. Si era stupito di trovarla così diversa dalla ragazzina di un tempo, un che di feroce e fiero nello sguardo. 
-Non cosa. Chi- Sussultò a quella risposta. Come chiunque, Tyrion aveva avuto modo di toccare con mano la profonda antipatia che la signora del castello provava per la Regina dei Draghi, anche se non ne capiva la ragione. 
-Non capisco, Sansa. Davvero- sorprendentemente, Sansa era l'unica persona, a parte Jaime, con cui riuscisse a parlare con franchezza. Ciò era dovuto, pensava, al forte senso di colpa che provava nei suoi confronti. 
Sansa lo fissò a lungo, in modo penetrante. 
-Un tempo pensavo che tu fossi l'uomo più intelligente del mondo, Tyrion Lannister- 
Il nano non rispose, aspettando una spiegazione. 
-Non mi piace perché so che nel destino della tua regina dai capelli d'argento c'è solo cenere e distruzione. Se non moriremo per mano degli Estranei, ci penserà lei. Ne sono sicura- 
 
-Così eccoti qui. A servire l'ultima Targaryen. Non starai cercando di espiare i miei peccati, vero, fratellino?- Jaime parlò con ironia, come al solito, ma c'era una nota di curiosità genuina, nel tono della sua domanda. 
-No, fratello. Ho solo trovato qualcuno che sono onorato di seguire-
Jaime tacque. 
-La stessa regina che ha minacciato di incenerire Greyjoy solo perché ha deciso di giurare fedeltà a Sansa Stark? La stessa regina che ha spaventato a morte gli abitanti del Nord e ne ha decimato le provviste? La stessa regina che ha permesso al suo capo delle guardie di malmenare un pastore perché si è lamentato di quei suoi cuccioli?- 
-Deve mantenere la propria autorità, se vuole regnare, una volta preso il trono- minimizzò il nano. 
-Quindi, si sente minacciata dal bastardo di Ned Stark?-
-Certo che no! Probabilmente si sposeranno-
-Allora, forse, questa tua regina non è tanto diversa dai re prima di lei-
-Credi che non sia in grado di capire cosa sia giusto o sbagliato?- chiese Tyrion, furioso. 
-Per molto tempo, io stesso non ne sono stato capace- 
-Tu eri accecato dall'amore per Cersei- replicò. Nel sentire il nome della gemella, il viso di Jaime si rischiarò per un istante, come se la sola menzione del suo nome portasse in lui qualcosa di molto simile alla gioia. Durò solo un istante, quello successivo lo Sterminatore di Re tornò ad adombrarsi. 
-E tu sei accecato dalla Regina dei Draghi, Tyrion- concluse. Tyrion si fermò, in un momento ripercorse il proprio percorso al fianco della Targaryen. Jaime aveva ragione: si era invaghito di lei. Si allontanò dal fratello, imprecando. 
 
 
La guerra contro gli Estranei era terminata e la sua regina stava avendo una reazione inspiegabile. Si era allontanata da Jon Snow (oppure Jon Snow si era allontanato da lei) e premeva per continuare la guerra a Sud senza pensare alle conseguenze per il suo popolo e all'alleanza con il Nord. La tensione che si respirava tra lei e Sansa aveva raggiunto livelli a tratti insopportabili, tanto che non si era stupito quando Sansa gli aveva paventato un'alternativa al trono. 
 
La sua scelta aveva portato alla morte di Varys. Aveva messo in conto che rivelare la vera identità di Jon Snow avrebbe portato delle conseguenze, ma non aveva mai pensato che Daenerys sarebbe arrivata alla sua condanna a morte. Sperò che l'Immacolato che aveva mandato ad abbattere i corvi messaggeri dell'eunuco avesse fatto il suo lavoro. Avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere perché Aegon Targaryen non toccasse mai il trono. 
 
Approdo del Re era in fiamme, come aveva promesso prima di affrontare il viaggio verso Esteros. Era stato lui. Aveva portato la regina delle ceneri. Sansa aveva avuto ragione. 
 
Per la prima volta, durante il suo discorso di vittoria, Tyrion aveva avuto paura. Quello che Sansa e Varys temevano e che Jaime aveva tentato di dirgli si era avverato: la sua speranza si era trasformata in tutto ciò che mai avrebbe voluto e non si era nemmeno accorto di quella trasformazione, troppo accecato da sé stesso e da lei. Avrebbe dovuto rimediare. 
 
E lo fece. Per lui fu un piacere perverso fare in modo che l'unico uomo che Daenerys avesse amato la uccidesse e vivesse il resto dei suoi giorni con il peso di quella colpa.


Angolo dell'autrice: come si può ben vedere, la mia Notp è la Tyrion/Daenerys. Non appena nella serie si è paventata l'idea che Tyrion fosse innamorato di Daenerys mi si sono rizzati i peli sulle braccia (soprattutto quando si è fatto intendere che il suo rimbambimento fosse dovuto all'amore). Ma la Tyrion/Daenerys non è l'unica, anche se è la coppia che più mi dà fastidio. Seguono, in ordine: Sansa/Jon, Daenerys/Jon. 
La canzone di riferimento è "I walk beside you" (come da titolo) dei Dream Theater; (*) le frasi che precedono questo simbolo sono frammenti di testo. 

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Capitolo 5
*** She wolf ***


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Coppia Het


Cersei si dirigeva a passo veloce verso le stanze del Primo Cavaliere, altera e decisa. Le guardie si giravano al suo passaggio, una strana miscela di stupore, sospetto e timore nello sguardo. Non era normale che la regina andasse di propria iniziativa nelle stanze del Primo Cavaliere, come non era normale che ci andasse con una veste tanto aderente e lasciva addosso. Ognuna delle guardie reali aveva più o meno desiderato avere la regina nel proprio letto: Cersei Lannister era ancora bellissima e seducente nonostante le gravidanze e il carattere non propriamente amabile. Una volta che ebbe svoltato l'angolo, più di un sospiro e una battuta ai danni dell'uomo che avrebbe avuto la fortuna di riceverla e ammirarla da vicino, leggermente ventata d'invidia o di fortunato rimpianto, a seconda della velocità di rotazione delle piccole celluline grigie delle sentinelle di ronda, venne esalato.
 
La regina fremeva di rabbia e risentimento, sentimenti a cui non era estranea, soprattutto se indirizzati ad un determinato destinatario: Robert. Questa volta, però, non si vi si sarebbe macerata in silenzio. Avrebbe agito e ciò che aveva in mente avrebbe ferito Robert più dello schiaffo che aveva osato darle davanti ai rappresentanti del Consiglio Ristretto.
 
Bussò alla porta, lanciando uno sguardo disgustato alla sentinella che c'era davanti. Quegli uomini erano assolutamente disprezzabili, così gretti e privi di qualsivoglia educazione. Eppure capiva perché lui aveva deciso di portarli con sé: erano la sua gente, gli unici di cui si potesse fidare e, forse, gli unici che non potevano essere comprati; anche se ci avrebbe provato lo stesso, il giorno dopo o quello dopo ancora. La lealtà, nel mondo di Cersei Lannister, non esiste.
 
"Maestà. Che piacere. Come posso esservi d'aiuto?"
Nonostante le parole suonassero educate, persino lusinghiere, l'espressione sul volto di Ned Stark era molto più eloquente.
"Potete certamente essermi d'aiuto, non sarei qui, altrimenti"
"Accomodatevi, mia signora", le disse, indicandole la sedia davanti alla sua scrivania.
"Lasciateci", le guardie di Ned Stark non si azzardarono a muovere un muscolo. Ignorando l'uomo davanti a lei, che si era immediatamente irrigidito in risposta alla sua sfrontatezza, ripeté alle due sentinelle di uscire. Per evitare ulteriori problemi, Cersei Lannister era di per sé un problema rognoso, Ned fece cenno ai suoi sottoposti di allontanarsi, dopodiché sedette, in attesa. Era stato fin troppo paziente, con quella donna. 
 
Cersei lo studiò per un istante, consapevole che con un uomo del calibro di Ned Stark non poteva usare i suoi soliti mezzi di persuasione. 
"Voglio parlare della sicurezza dei miei figli" 
"I vostri figli sono perfettamente al sicuro, mia signora" 
"No che non lo sono, se avete intenzione di scatenare una guerra civile!" scattò con rabbia. 
"Non ci sarà nessuna guerra civile. Mia moglie lascerà andare vostro fratello, che resterà in custodia agli alfieri di Jon Arryn in attesa della giustizia del re, e in cambio, vostro padre deporrà le armi. Semplicemente ognuno di noi farà ciò che è meglio per il regno"
"La prendo come una promessa, Lord Primo Cavaliere" girò attorno alla scrivania, avvicinanoglisi. Aveva usato un tono basso e suadente che allarmò Ned, anche se non lo diede a vedere. 
"Ve lo prometto, mia signora. E ora, se permettete, torno al mio lavoro" si chinò sui suoi documenti, sperando che ignorare la regina bastasse. 
"Siete sempre stato un uomo dedito al dovere, Lord Primo Cavaliere" disse, la voce ridotta ad un sussurro, ancora più vicina, tanto vicina che le maniche del suo lungo vestito sfioravano la grossa mano dell'uomo del Nord. "Tranne una volta", aggiunse. Ned Stark sussultò non potendo ignorare quell'insinuazione. Alzò il viso, incontrando gli occhi di lei. Non riusciva a capire cosa avesse in mente. 
"Non sono cose che vi riguardano" riuscì a dire, dopo aver deglutito. Cersei Lannister è una donna pericolosa e inimicarsela nella sua città avrebbe aggiunto delle complicazioni al tuo già complicato lavoro. 
"Mi riguarda" continuò a sussurrare mielosa "perché spero che quell'evento straordinario si ripeta. Con me" 
Si chinò e lo baciò, la lingua insistente che cercava di penetrare in quella di lui. Senza riuscirvi. Passato il primo momento di stupore, Ned la scostò dolcemente da sé. 
"Non posso" riuscì a dire. Il viso di Cersei si fece di pietra. 
"Vedremo" 
"No. Dividere il vostro letto, significherebbe non solo tradire il mio migliore amico, ma anche il mio re. Non posso" affermò Ned con decisione. 
"Se questa è la vostra ultima parola, sappiate che ve ne farò pentire" gli rispose, fredda. 
"Sì. È la mia ultima parola" 
 
Cersei Lannister uscì dalle stanze del Primo Cavaliere torva, piena di risentimento e senso di vendetta esteso non solo al marito, ma anche all'uomo che aveva osato rifiutarla.



Angolo dell'autrice: il titolo si riferisce al senso della canzone "She wolf" di Shakira. Grazie a chiunque legga e soprattutto a Giunia per aver proposto questa challenge che sta arrivando in dirittura d'arrivo (per quando riguarda questa raccolta, almeno) 
 

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