Una nuova vita

di Plando
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01 - Prologo ***
Capitolo 2: *** 02 - Il tuo nome? ***
Capitolo 3: *** 03 - Miracolo? ***
Capitolo 4: *** 04 - Aggressione ***
Capitolo 5: *** 05 - Ululatori Notturni ***
Capitolo 6: *** 06 - Fiducia ***
Capitolo 7: *** 07 - Vendetta e rabbia ***
Capitolo 8: *** 09 - Per te solo disprezzo ***
Capitolo 9: *** 08 - Bentornata ***
Capitolo 10: *** 10 - Insubordinazione ***
Capitolo 11: *** 11 - Casa dolce casa ***
Capitolo 12: *** 12 - Modulo d'iscrizione ***
Capitolo 13: *** 13 - Fraintendimenti, menzogne e minacce ***
Capitolo 14: *** 14 - Inizio dell'addestramento ***
Capitolo 15: *** 15 - Divano ***
Capitolo 16: *** 16 - Fine dell'addestramento? ***
Capitolo 17: *** 17 - FLASHBACK - Una multa di troppo (Prima parte) ***
Capitolo 18: *** 18 - FLASHBACK - Una multa di troppo (Seconda parte) ***
Capitolo 19: *** 19 - FLASHBACK - Una multa di troppo (Terza parte) ***
Capitolo 20: *** 20 - FLASHBACK - Una multa di troppo (Quarta parte) ***
Capitolo 21: *** 21 - FLASHBACK - Una multa di troppo (Quinta parte) ***
Capitolo 22: *** 22 - Rapimento ***
Capitolo 23: *** 23 - Una serata inaspettata (Prima parte) ***
Capitolo 24: *** 24 - Una serata inaspettata (Seconda parte) ***
Capitolo 25: *** 25 - Ritorno a Bunnyburrow ***
Capitolo 26: *** 26 - Regolamento dei conti ***
Capitolo 27: *** 27 - Arrivo a Wyndham ***
Capitolo 28: *** 28 - FLASHBACK - Jessica (Prima parte) ***
Capitolo 29: *** 29 - FLASHBACK - Jessica (Seconda parte) ***
Capitolo 30: *** 30 - FLASHBACK - Jessica (Terza parte) ***
Capitolo 31: *** 31 - Sotto accusa (Prima parte) ***
Capitolo 32: *** 32 - Sotto accusa (Seconda parte) ***
Capitolo 33: *** 33 - Mostro (Prima parte) ***
Capitolo 34: *** 34 - Mostro (Seconda parte) ***
Capitolo 35: *** 35 - Mostro (Terza parte) ***



Capitolo 1
*** 01 - Prologo ***


Nick era di pattuglia con Wolfard quando arrivò una chiamata alla radio.
Un'altra lite tra ubriachi e come al solito il lupo si sbrigò in fretta e furia, sistemando subito tutto, per quelle piccole faccende non chiedeva aiuto al compagno visto lo stato d'animo in cui si trovava.

“Nick, posso capire come ti senti, è capitato anche a me lo sai, ma ormai sono passati tre mesi e non sei mai andato a trovarla”.

La volpe si girò verso di lui, senza però fissarlo “Ci penserò su, forse domani ci vado, grazie per la preoccupazione”.

Arrivati in centrale Nick andò verso il suo ufficio, da quei fatidici tre mesi ogni volta che ci entrava gli pareva di sentire la sua voce riprenderlo per qualche assurdo motivo che conosceva solo lei, per poi accorgersi che era solo.

Dopo aver sistemato poche scartoffie partì per tornare a casa e lungo la strada pensava solo a lei, la sua Carotina, a quante volte erano passati da lì e si erano fermati per bere qualcosa assieme, nel bar dove ora di tanto in tanto andava ad affogarsi nell’alcol, ma non quella sera, quella sera sarebbe tornato a casa e il mattino successivo avendo il giorno libero sarebbe andato a trovarla non sapendo se questo gli avrebbe dato pace o solo fatto soffrire di più.

Il giorno successivo si avviò lungo la strada che portava al Central Hospital, era da tre mesi che non ci entrava, da quando lei era stata ferita, poi pensò a tutte le volte che era lui ad esserci stato come paziente, solo una volta per colpa sua, le altre tre, o forse quattro, per impedire a lei prodezze troppo rischiose, la partner da parte sua si sentiva in colpa, perché la sua impulsività andava a mettere a rischio l'amico, l'ultima volta si era beccato anche dello stupido e incosciente per essersi messo davanti a lei e avergli fatto scudo da una pallottola che lo costrinse a letto per un mese, non che la cosa gli importasse, ai suoi occhi lei lo aveva salvato da una vita di truffe e pestaggi e se questo voleva dire prendere un colpo al posto suo lo avrebbe fatto senza esitare, ma ora era successo il contrario e mentre lui cadeva spinto via dalla collega vide il proiettile colpirla in testa, e non sapeva nemmeno lui dire se fosse stato un miracolo o una maledizione a non ucciderla visto lo stato in cui ora si trovava, arrivato alla stanza entrò.

Lei era li, distesa sul letto, esattamente come tre mesi prima, con solo i macchinari dell'ospedale a tenerla in vita, gli passò le dita tra le lunghe orecchie e gli baciò la fronte come se potesse bastare quello a svegliarla dal profondo coma in cui si trovava, poi prese una sedia e si mise di fianco alla partner e cominciò a parlarle.

“Ciao Carotina, sai alla fine, a forza di dai, Wolfard mi ha convinto a venire trovarti”.
Nick era convinto che lei non potesse sentirlo, ne era sicuro, stava parlando con un corpo che non riusciva a fare niente senza l'ausilio delle macchine dell'ospedale, nemmeno respirare, un vegetale.

Gli raccontò molte cose e stette a parlargli per quasi tutto il giorno, finché il personale dell'ospedale non gli disse che doveva uscire, quindi tornò a casa.





Note
E come tutte le mie storie, anche questa inizia in modo triste, ma a me piace così.

Alla prossima
Davide

551 parole

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Capitolo 2
*** 02 - Il tuo nome? ***


Quando arrivò davanti la porta di casa si accorse che era aperta e facendo molto prudentemente entrò e prese dal mobiletto all'entrata la sua pistola che teneva per difesa personale, tutto l'appartamento era al buio e sentì un rumore arrivare dalla camera ma quando ci entrò non c'era nessuno, almeno che potesse vedere dato che da dietro la porta una figura misteriosa gli saltò sulla schiena e con una rapidità prodigiosa gli avvolse le gambe attorno alla vita per tenersi su, con la zampa sinistra si attaccò alla spalla di lui mentre con la destra gli premeva un coltello alla gola.

“Molla la pistola” la voce femminile aveva un tono spaventato come se fosse la prima volta che minacciava qualcuno e il poliziotto se ne accorse.

“Ok ok ecco fatto” lasciò cadere l'arma a terra e con un calcio la allontanò.

“Non ti farò del male, dimmi solo dove tieni i soldi e me ne vado” la voce si fece sempre più tremante, era chiaro che era alle prime armi.

“Ti ci devo portare così o scendi? Sai non è il massimo della comodità e io sono disarmato” A queste parole l'aggressore, che non aveva capito le intenzioni della volpe, si fece convinto che aveva ragione e come quest'ultima sentì il coltello staccarsi dalla sua gola si lanciò all'indietro mandandola a sbattere contro il muro.

Ancora frastornata non fece in tempo ad alzarsi che gli arrivò un pugno sul muso da parte della volpe facendole perdere i sensi, non era certo da lui menare le zampe contro il gentil sesso, ma in una situazione del genere si ritenne più che giustificato.

Nick accese allora la luce, lei era a terra vestita con una tuta nera e passamontagna che una volta sfilato rivelò delle lunghe orecchie da coniglio sotto di esso.

“Ma porca, me le becco tutte io” Non poté fare a meno di pensare alla sua Carotina, cavolo se gli assomigliava anche se questa era più bassa e col pelo di colore diverso, l'aveva lasciata giusto qualche ora prima, lei probabilmente l'avrebbe portata subito alla centrale ma lui era stanco e decise di ammanettarla al termosifone dopo averla perquisita, in quell'occasione notò che aveva parecchi lividi e cicatrici su tutto il corpo, sicuramente aveva passato dei brutti quarti d’ora, quando vide che non aveva forcine o altro che potesse usare per liberarsi decise di andare a letto.

La ladra si svegliò di prima mattina e si ritrovò la volpe a fissarla da troppo vicino per i suoi gusti, lei per istinto si tirò indietro, con la paura stampata sugli occhi, sbattendo la testa contro il termosifone.

“Subito pregiudizi è? Hai paura che ti mangio?” detto questo si diresse al freezer e prese una sacca con del ghiaccio “Tieni, mettitela sull'occhio, scusa per il pugno ma volevo essere sicuro che non ti alzassi”.

“Finirò in prigione?” chiese mettendosi il ghiaccio sull'occhio nero ancora scossa alla vista della volpe.

“Ovvio, ti ci porto io direttamente” disse mostrando il distintivo “Ti è andata male devi scegliere meglio le case da svaligiare” poi prese delle carote dal frigo.

“Cosa stavi guardando prima?”.

“I tuoi occhi viola, sono uguali a quelli di una mia amica, tutto qui” poi cambiò discorso “Sei parecchio magra, da quanto è che non mangi?” disse porgendogli il piatto.

“Non me lo ricordo” poi cominciò a sgranocchiare una carota “Grazie”.

“Di niente, è il minimo dopo la botta che ti ho dato, io mi chiamo Nicholas Wilde, ma tu mi chiamerai semplicemente agente Wilde e mi darai del lei, noi non siamo amici, il tuo nome?”.

La coniglia non rispose e abbassò la testa “Va bene credo che lo scoprirò in centrale”.

Nick si voltò e riempì un bicchiere di plastica con dell'acqua che portò poi alla sua prigioniera.

““È lei la sua amica? In quel caso capisco come mai tutte queste carote in casa” disse guardando una cornice sul tavolo che mostrava i due agenti in posa per la foto. Orecchie escluse, la lepre era poco più bassa della volpe, aveva il pelo marroncino col muso un poco più chiaro, ed era vero, avevano gli stessi occhi viola.

“Si, si è lei” Nick non riuscì a mascherare la tristezza nelle sue parole.

“Cos'è successo?” Nonostante fosse sua prigioniera e sapesse che sarebbe finita in prigione per colpa sua, sentiva che voleva sapere di più su quella volpe.

Nick dalla sua si chiese se ne valeva la pena di raccontare fatti suoi a una ladra che sarebbe marcita in galera per aggressione a mano armata e furto con scasso, ma doveva sfogarsi ed in quel momento c'era solo lei.

“Si è presa una pallottola che era destinata a me, ed ora è in coma”.

“Mi dispiace” Poi allungando una zampa gli porse il piatto dove stavano le carote.

“Di solito era il contrario, ero io a difenderla, ma stavolta la lepre ha battuto sul tempo la volpe”.

A quelle parole la coniglietta si fece coraggio “Io... io mi chiamo Judy, Judy Hopps”.

“Quindi un nome lo hai, adesso prima che ti faccio mettere dentro dimmi un po’, signorina Hopps, come mai una tenera coniglietta ottusa va in giro a svaligiare case?”.

“Non sono una coniglietta ottusa, e non sono tenera, ti ho preso alle spalle, sei tu l'ottuso” disse lei quasi orgogliosa di esserci riuscita e ignorando la direttiva della volpe.

“Andiamoci piano con la confidenza ok, qua l'unica in torto sei tu e comunque si certo, sei stata brava, peccato che tremavi come una foglia, eri terrorizzata, li conosco quelli come te, sei brava a fregare portafogli e cellulari alla gente per strada, ma niente di più, non mi stupirei se qualcuno ti avesse detto di venire qui, dimmi un po’ è la prima volta che minacci qualcuno?”.

La coniglia chinò il capo senza dire niente “Già come immaginavo, hai qualcuno da contattare? Insomma voi conigli avete famiglie numerose no?”.

“No, nessuno mi cercherà, sono sola” più passava il tempo e più Nick vedeva in quella coniglietta il vecchio Nick, quello che fregava il prossimo per vivere, sopravvivere sarebbe meglio dire, e che venne stravolto da un più che casuale incontro con una leprotta ausiliare che sapeva fin troppo bene come girava il mondo e che da li a poco avrebbe cambiato la sua vita.





Note
Sono consapevole che possa sembrare strano ma non temete, andando avanti tutto diventerà chiaro.

Alla prossima
Davide

1045 parole

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Capitolo 3
*** 03 - Miracolo? ***


Nick pensava, nel frattempo che osservava l'essere ammanettato al termosifone, lei stava a capo chino e lo sguardo perso nel vuoto, probabilmente pensando come potesse andargli peggio di così, la volpe, che fino a quel momento, aveva mantenuto un atteggiamento da duro per tutto il tempo non ci riuscì più, stava guardando se stesso qualche anno prima e la volontà di arrestarla venne sostituita da quella di dargli una possibilità.

“Ascoltami bene”.

Lei alzo lo sguardo e fissò la volpe ascoltando quello che aveva da dire.

“Io so cosa stai passando, credimi, non sono nato poliziotto, un tempo ero come te”.

“E quindi? Perché mi dici questo?”.

“Perchè voglio aiutarti, perchè è quello che avrebbe fatto Jessica se fosse stata qua” Poi guardò la foto di lui e la sua collega lepre.

“Se prometti che non scapperai ti darò una possibilità, e ti aiuterò a farti una vita decente, se non accetti mi limiterò a portarti in prigione con l'accusa di furto con scasso e minaccia a mano armata a pubblico ufficiale e qui a Zootropolis equivale a dieci anni”.

Non aveva molta scelta e anche se gli pareva una minaccia bella e buona sentiva che lui era sincero, voleva veramente aiutarla.

“Ok accetto”.

“Bene allora” Disse prendendo le chiavi delle manette “Ma ricordati una cosa, io lo sto facendo per aiutare te, a me non mi si prende per il culo, se ho anche solo il presentimento che trami qualcosa che va contro la mia buona fede sei fottuta, sono stato chiaro?” La coniglietta annuì, era stato più che chiaro.

Liberata dalle manette gli si avvicinò al muso “Puzzi”

“Cosa?” disse lei massaggiandosi il polso che era stato legato.

“Proprio quello che ho detto, puzzi da far schifo, il bagno è di la, intanto ti cerco qualcosa della tua taglia tra le cose di Jessica i tuoi vestiti buttali nella cesta vicino la lavatrice, usa l'accappatoio bianco”

Non appena Nick si voltò per andare a cercare dei vestiti lei si annusò una zampa, in effetti era vero, l'ultimo “bagno” che aveva fatto era stato un lancio nel fiume da parte di alcuni malviventi quattro giorni prima, considerando le schifezze che le fabbriche ci riversavano dentro non si poteva certo contare come tale.

“Eravate davvero solo amici?” Domandò Judy chiedendosi cosa ci facessero i vestiti della lepre a casa sua.

“Non abbiamo ancora tutta questa confidenza, d'altronde non so niente di tè, se vuoi sapere qualcosa te la dovrai guadagnare”.

Judy non riusciva a ricordare l'ultima volta che aveva fatto una doccia calda e più volte si assicurò di essere sveglia, di non stare sognando, dopo anni passati a mendicare e fregare i portafogli alla gente per un esiguo pasto sentiva che la sua vita ora aveva un senso.

Quando uscì dalla doccia trovò il ricambio sulla lavatrice, una semplice maglietta viola, un paio di pantaloni corti e delle mutandine rosa con un cuoricino ricamato sopra.

“Scusa per le mutande ma non ne ho altre, dovrai comprartele” Il tono della volpe era quasi divertito da dietro la porta.

I vestiti erano larghi, d'altronde le lepri erano più grandi e questa in particolare a vedere la foto era alta poco meno della volpe, orecchie escluse.

La porta del bagno si aprì e quando arrivò in cucina vide che Nick stava già facendo colazione, poi gli fece cenno di accomodarsi di fronte a lui.

I vestiti erano palesemente due taglie di troppo, probabilmente anche complice il fatto che era denutrita “È veramente piccolina in confronto a lei e mi sa anche più giovane” pensò Nick facendole un sorrisino.

Gli aveva preparato un piatto con un paio di carote e qualche verdura poi chiese “Come ti sei fatta quelle ferite?”.

Judy capì cosa voleva sapere e cercò di evitare la domanda fallendo miseramente “Secondo te? Mi hai dato un pugno in faccia” disse chinando il capo.

“No” disse la volpe “Mi riferisco ai lividi e le cicatrici che hai un po’ dappertutto, li ho visti ieri mentre ti perquisivo per vedere se eri armata”.

Ci fu un lungo silenzio, poi finalmente trovò il coraggio di rispondere con un filo di voce “Non...non è facile per un coniglio, specialmente femmina, quando ci si ritrova a derubare la gente sbagliata, ed è proprio quello che ho fatto io...”.

“Non si sono fermati alle percosse vero?” Nick sapeva fin troppo bene come funzionavano le “punizioni” nei quartieri malfamati, specialmente sul gentil sesso.

“N...no” disse con un verso strozzato mentre delle lacrime gli rigavano il volto al solo ricordare le violenze che aveva dovuto subire. Poi però sentì la zampa di lui posarsi sulla sua testa e già quel gesto la confortò abbastanza da smettere di piangere “Non ti preoccupare piccola, non accadrà più, adesso ci sono qui io” Nick gli mostro un ampio sorriso che la destò da quei brutti ricordi.

“Grazie, prima d'ora nessuno era mai stato gentile con me” Il viso della coniglietta tornò sorridente e la cosa scaldò il cuore della volpe come non accadeva da mesi.

“Te la senti di parlarmi di te? Come sei finita così?” Nick voleva saperne di più su di lei, ma senza esagerare “Ma se non ti va posso aspettare, me ne parlerai quando vorrai”.

Si alzò per andare verso la cucina quando una vocina lo fermò. “Sono scappata da casa a quindici anni, tredici anni fa”

“Ok quindi hai ventotto anni, perché sei scappata?” Ci aveva visto giusto era di sei anni più giovane della collega.

“Per colpa di una stupida vol...” Judy si interruppe bruscamente restando senza parole.

Nick corse in suo aiuto “Ci sono molti animali stupidi tra cui conigli e volpi, tranquilla non mi offendo, che ti ha fatto?”.

“Mi ferì in faccia quando avevo nove anni a causa di uno stupido sogno che avevo, volevo diventare un poliziotto, ma non cambiai idea, poi sei anni dopo quella stessa volpe ferì gravemente mia sorella per colpa mia, fu allora che scappai”.

La volpe si volse verso la foto della collega “Sai, anche Jessica aveva un sogno simile, nonostante ci fossero già lepri nella polizia lei credeva davvero di essere la prima, non mollava mai, nemmeno con me che feci di tutto per complicarle la vita, lei mi ha mostrato che potevo essere migliore e c'è riuscita, da allora mi sono promesso di ripagarla proteggendola, ma ho fallito anche li” senza rendersene conto Nick era passato dal voler sapere di più della sua ospite al raccontare fatti della sua vita.

“Ora che non c'è più mi sento senza uno scopo, per questo ti voglio aiutare, guardando te vedo il me di qualche anno fa, credimi quando ti dico che so come ti senti”.

“Hai detto che la tua amica è in coma?”.

“Si” Nick si chiedeva dove volesse arrivare.

“E allora perché ne parli come se fosse morta?”.

“Perché è così, perché viene tenuta in vita da delle macchine da tre mesi ormai, secondo i medici solo un miracolo la potrebbe svegliare e io ai miracoli non ci credo”.

Judy si mise in piedi sulla sedia e avvicinò il muso a quello della volpe.

“Nemmeno io credo ai miracoli, non ho mai ritenuto possibile che ci si possa affidare ad una cosa del genere”.

Ci fu un attimo di silenzio in cui Nick chinò il capo sconfortato per poi sentire la zampina di Judy appoggiarsi sulla sua.

“Eppure, un miracolo mi è accaduto ieri quando ho deciso di svaligiare questa casa, ho incontrato te che nonostante ti abbia minacciato mi hai offerto una possibilità”.





Note
La storia si svolge due anni dopo la fine del film
Fatemi sapere se tra gli avvertimenti è il caso che metto Non-con o se devo cambiare il rating, anche se è talmente poco accennato che non credo sia necessario.

Alla prossima
Davide

1250 parole

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Capitolo 4
*** 04 - Aggressione ***


Il viso cupo di Nick mutò in un sorriso, sicuramente non gli aveva dato la speranza che cercava, ma se non altro la tristezza per un po’ era passata.

“Scusa per la domanda ma lo devo sapere, hai detto che sei scappata di casa e che nessuno ti cercherà, che sei sola, che volevi dire?”.

A questa domanda il viso della coniglietta s’incupì leggermente, attendendo qualche secondo a dare una risposta.
“I miei mi credono morta, se possibile vorrei che restasse così, dopo quello che è successo a Sofia per colpa mia, ho capito che sarei stata solo un peso”.

“Tua sorella giusto? Che è successo?”.

Quella volpe era dannatamente curiosa, ma lei se l'era tenuto dentro per troppi anni e doveva parlarne con qualcuno.

“Gideon, quella volpe, aveva messo le zampe addosso ad una nostra amica, la cosa mi mandò in bestia e volevo fargliela pagare, ma mia sorella era preoccupata e voleva farmi cambiare idea, lui mi aveva già ferito una volta”.

“E immagino che non ci sia riuscita” Disse Nick.

“Certo che no, e quando lo capì disse che sarebbe venuta con me ad aiutarmi, ero contenta, in due avremmo fatto prima, se solo non fossi stata così stupida non sarebbe successo niente” Arrivata a questo punto si fermò pensando a quello che era successo quel giorno e cercando parole per descrivere l'orribile scena che vide.

“Arrivate da lui lo convincemmo ad uscire, quando mi vide era furioso, immagino che sapesse perché eravamo lì, prima che potessi dire qualcosa cominciò a spingermi per allontanarmi, mia sorella per proteggermi gli tirò un pugno in faccia facendogli sanguinare il naso e lui... lui la ha...” Le parole gli si bloccarono in gola e non riuscì più ad andare avanti.

Nick capendo che era bloccata cercò di finire la frase per lei “L'ha graffiata? Come con te?”.

“No” Disse Judy scuotendo la testa “La buttò a terra e la morse all'altezza della vita, lei urlava per il dolore e io non riuscì a fare altro che guardare terrorizzata”.

Arrivata a quel punto non poté più trattenere le lacrime che cominciarono a scendergli sui lati del viso mentre andò avanti a raccontare, Nick ascoltava in silenzio, sentire di quella volpe che come un selvaggio aveva attaccato una ragazzina azzannandola gli fece tornare alla mente dei brutti ricordi, riguardo un vecchio vagone ferroviario ed una pecora smaniosa di potere.

“Le urla avevano attirato l'attenzione della madre di Gideon, quando lei uscì allontanò il figlio con uno schiaffo e si chinò per accertarsi delle condizioni di Sofia, stava immobile, il sangue era dappertutto e quando vidi la volpe voltarsi verso di me mi prese il panico e scappai”.

A questo punto Nick capì perfettamente il motivo per cui si era così spaventata quando lo aveva visto la prima volta.

“Il giorno dopo lessi su un giornale che era ancora viva, ma paralizzata dalla vita in giù, l'articolo continuava con la segnalazione della mia scomparsa e capì che se fossi rimasta a Bunnyburrow mi avrebbero trovato, salì su un treno merci e arrivai a Zootropolis”.

“Va bene così” Le disse Nick facendole cenno di fermarsi “Adesso devo andare al lavoro, e te non puoi certo andare in giro vestita in quel modo, perciò per oggi non uscire di casa, stasera ti porto qualcosa della tua taglia e da domani ti aiuterò a cercarti qualcosa da fare”.

A quel punto Judy chinò la testa e allungò la zampa verso Nick col palmo verso il basso, si aspettava di essere ammanettata di nuovo al termo “figuriamoci se mi lascia libera per casa dopo quello che è successo ieri” pensò, ma rimase senza parole quando la volpe, che aveva capito perfettamente a cosa stava pensando, si diresse verso di lei e le diede un leggero bacio sul dorso della zampa.

“Anche il bacia zampa, siamo pretenziose è?” Poi con uno dei suoi soliti sorrisi si avviò verso la porta e la salutò.

“Va tutto bene?” Chiese Nick non sentendosi arrivare risposta e destando la coniglietta dal suo ammutolimènto.

“S...si, si scusa, a stasera”.

“Si, non fare disastri” Ironico pensò Judy visto che la sera prima per cercare qualcosa da rubare aveva messo a soqquadro mezzo appartamento con cassetti buttati a terra e oggetti vari sparsi per tutta la casa.

Ne approfittò per vedere meglio l'appartamento, un bilocale, con cucina e sala unite, un bagno e camera dove stavano due letti singoli separati da un tavolino con una sveglia sopra.

Nel frattempo Nick la osservava con un binocolo attraverso le finestre dal palazzo di fronte.

“Non farmi brutti scherzi, mi fido di te”.

“Ma guarda te come ti sei ridotto, sorvegliare casa tua da casa mia, ma dimmi, come sta l'agente Schrader?” Era nell'appartamento di un suo amico, una lontra che ai vecchi tempi aveva fatto qualche piccolo furto con Nick.

“Solo per oggi Adam, mi devi un favore lo sai e comunque sono in ferie per altri due giorni, per quanto riguarda Jessica, la situazione è sempre la stessa” Detto questo Nick riprese ad osservarla per vedere che stava sistemando il casino fatto la sera prima.

“Mi dispiace, fammi sapere quando si risveglierà”.

“Sai che ti dico? Va bene così, ho finito, grazie” Nick si avviò all'uscita quando la lontra lo fermò “Vuoi che ti avviso se fa qualcosa di strano?”.

Nick annui per poi uscire e dirigersi alla centrale dove venne fermato da Clawhauser.

“Nick? Che ci fai qui non sei in ferie?”.

“Si ma ho bisogno del computer per controllare una cosa” Si diresse nel suo ufficio, accese il pc e cominciò a fare ricerche trovando un articolo del Daily Bunny vecchio di tredici anni.



“Scomparsa Judy Hopps, coniglia quindicenne di Bunnyburrow” poi continuava “La ragazza è sparita il giorno stesso che sua sorella gemella, Sofia Hopps è stata ferita da Gideon Grey, una volpe coetanea, quindi si è pensato subito ad un collegamento ma la totale mancanza di prove ha portato a nulla di fatto, è stata quindi data per dispersa dopo due settimane di ricerche”.



“Non ha mentito”.

Come ultima cosa si annotò l'indirizzo di casa Hopps, prima o poi gli sarebbe tornato utile.

Quando uscì dalla centrale passò da un negozio dove vendevano abiti per animali di piccola taglia e con l'aiuto della commessa comprò un po’ di vestiti della misura della sua ospite.

Aveva in mente di tornare a casa alla sera per fargli credere di essere andato al lavoro quindi passò dall'ospedale a trovare l'amica, sempre li ferma nella stessa posizione, senza dare segni che si potesse destare da quel sonno profondo, eppure dopo le parole di Judy cominciava a sperarci in un miracolo, nonostante fosse ancora dell'idea di averla persa per sempre.

Quando fu a due minuti da casa il telefono cominciò a squillare, era Adam.

“Ciao ti volevo avvisare che la tua coniglietta è appena uscita di casa con un sacco sulle spalle e sembrava avere parecchia fretta”.

Nick fece cadere il telefono sul sedile e andò a tutto gas per arrivare a casa il prima possibile.

“No, no non farmi questo, ti ho dato la mia fiducia” quando arrivò e aprì la porta la chiamò ma nessuno rispose, la casa era pulita e in ordine ma lei non c'era.

“Sei veramente una volpe ottusa Nick” pensò prima di chiudersi la porta dietro di se.

Nick si sentì tradito per poi rendersi conto che la colpa era solo sua “Cosa ti aspettavi? Ti è entrata in casa per derubarti e ti ha minacciato con un coltello e ora è libera solo perché sei una volpe stupida”.

Detto questo andò in camera da letto, era tutto in ordine, chiaramente lo aveva fatto per ringraziarlo di non averla arrestata ma per lui non era sufficiente, lo aveva ferito e buttandosi a letto per dormire pensò al da farsi per l'indomani, sarebbe tornato al lavoro e avrebbe cominciato a cercarla, e stavolta niente belle parole, l'avrebbe messa dietro le sbarre e poi avrebbe informato i suoi genitori, per mostrargli cos'era diventata.





Note
Capitoli un po’ pallosi lo so ma ci tengo a far capire che è successo (sempre sperando che si capisca qualcosa, nella mia testa è tutto chiaro)

Alla prossima
Davide

1330 parole

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Capitolo 5
*** 05 - Ululatori Notturni ***


Nick venne destato dal sonno da un rumore proveniente dalla sala, un tonfo che sul momento non riusciva a identificare, si alzò cautamente dal letto e senza accendere le luci cominciò a perlustrare le stanze della casa, immersa nel buio, tuttavia lui ci vedeva benissimo, i suoi occhi amplificarono quasi subito la poca luce che entrava dalle finestre, poi senti un altro tonfo provenire dal divano, quando fissò oltre lo schienale la vide, Judy era lì che dormiva all'apparenza beata, senti forte l'impulso di svegliarla per chiedergli spiegazioni ma quando stava quasi per scuoterla con la zampa si accorse che il corpicino tremava, era messa in posizione fetale, segno di una personalità un po’ fragile, insicura, che sente la necessità di protezione e il viso era bagnato da occasionali lacrime.

“BUM” altro tonfo, la coniglietta fece partire un violento calcio al divano, era chiaro che stava avendo un incubo, e in quel momento tutta la delusione che Nick aveva nei suoi confronti svanì e voleva solo farla smettere di tremare, di piangere e pensò alla sua Carotina.
Era raro che Jessica avesse incubi notturni ma una volta, dopo un caso particolarmente violento di mammifericidio multiplo, Nick venne svegliato dai sussulti dell'amica che si agitava e sembrava quasi in preda al panico nel sonno, lei era forte e non aveva paura di niente quando era sveglia, ma in quel momento era completamente abbandonata a se stessa, indifesa, in un mondo che non conosceva e da cui non riusciva ad uscire, e la spaventava, lui sapeva cosa fare ed era sicuro che avrebbe funzionato anche ora.

Allungò la zampa verso la piccola testolina e con un gesto delicato la accarezzò arrivando fino alla nuca e bastò questo a far cessare i tremori, andò avanti per un po’ fin quando si accorse che si era tranquillizzata, abbandonando quel guscio protettivo che quella posizione tanto richiamava, poi con una delicatezza che poteva sembrare quasi romantica la prese tra le braccia e la portò sul letto della lepre, decisamente più comodo di quel vecchio divano.
Una volta coperta andò a letto anche lui, felice che fosse tornata.

Quando alla mattina Judy si svegliò arrivò Nick in camera.

“Allora stiamo comodi?”.

Judy si mise seduta di scatto sul letto “I...io” non riusciva a capire come fosse finita li “Ero convinta di essermi messa a dormire sul divano, s...scusami non succederà più” disse chinando il capo.

“Non preoccuparti, ti ho portata io li, lo so quanto è scomodo quel divano, adesso alzati che facciamo colazione” Judy era visibilmente in imbarazzo per le parole della volpe.

Arrivata in cucina Nick la fermò e le diede un sacchetto “Cambiati prima, fai ridere con quella roba addosso”.

Quegli abiti erano sicuramente più comodi e della taglia giusta, una camicia rosa a quadri con maniche corte e un paio di Jeans chiari.

Si avvicinò al tavolo e si portò di fianco a Nick.

“Grazie, stai facendo tanto per me e io sono certa di non meritare niente di tutto questo” Nick a quel punto sorrise e gli fece cenno di accomodarsi di fronte a lui.

“Non preoccuparti, non ti sto regalando niente, quando ti sarai trovata un lavoro deciderai te come fare per ripagarmi, piuttosto hai voglia di dirmi dove sei andata ieri sera?”.

Lo sguardo della volpe era cambiato, era curioso, forse un po’ infastidito ma lo mascherava bene.

“Io ho sistemato la casa e pulito il disastro che ho causato l'altro ieri, poi ho pensato di andare a buttare la spazzatura, ma in questo quartiere non c'è nemmeno un cassonetto, ho dovuto camminare per due chilometri con quel cavolo di sacco sulle spalle”.
“Ahhh coniglietta ottusa, qua i sacchi vanno buttati in strada davanti all'ingresso, passano loro a prenderli”.
Non era convinto al cento per cento della scusa ma in casa non mancava niente, quindi per ora andava bene così.

“Come sei rientrata? Sono sicuro di aver chiuso la porta prima di andare a letto”.

“Secondo te come sono entrata la prima volta?” Il tono di Judy era quasi di sfida.

“Ok devo pensare seriamente a montare un sistema di allarme”.

“Ti va di parlarmi di lei?” Judy indico la lepre nella foto.

“Vuoi sapere come ci siamo conosciuti?” La coniglietta annuì curiosa.

“Iniziò tutto con una multa, il mio amico Finnick non aveva pagato il parcheggio e lei era lì pronta a punire, dovetti fare le mie per impedirgli di saltarle addosso, poi mi ferì dentro e per ripicca mollai il mio amico fennec, che si prese una scossa elettrica”.

“Che ha fatto per ferirti?”.

“Quello che hai fatto anche te quando eri ammanettata al termo, si tirò indietro al solo vedermi, solo che nei suoi occhi non vedevo paura ma odio e disgusto, era un covo di pregiudizi sulle volpi e quando qualche giorno dopo si rese conto che io ero l'unico testimone utile per un caso che gli avevano affidato godei non poco, la feci penare parecchio nonostante mi avesse ricattato, era furba”.

Judy si accorse che, nonostante le parole dette il giorno prima, parlava ancora di lei al passato, quasi non esistesse più.

“Non era solo furba, la sua intelligenza era superba, aveva una memoria fotografica, non dimenticava niente, tu cosa sai della vicenda Bellwether di quattro anni fa?”

“Quello che ho letto dai giornali, è stata sindaco per poco tempo prima di essere arrestata per aver reso selvaggi alcuni predatori”.

“Non mi dilungherò nei dettagli, andammo in cerca di una donnola, un certo Duke Donnolesi” A pronunciare quel nome gli parve vedere un tremore sul corpo della coniglietta, forse lo conosceva? Nick fece finta di niente e continuò “Qualche tempo prima era stato arrestato per aver rubato un sacco di midnicampum holicithias e in quel frangente lei se ne accorse in centrale, li conosci quei fiori?”.

Judy annuì “Si, ce ne sono molti nei campi di mio padre, mi ha sempre detto di stargli lontana, ma non mi ha mai spiegato il perché”.

“Venivano usati per fare un siero che rendeva selvaggi” Poi Nick sospirò “E l'ho provato sulla mia pelle quando la pecora me lo sparò addosso”.

Judy rabbrividì a quella affermazione “Vuoi dire che hai...” La volpe la interruppe.

“Aspetta aspetta, c’è ancora una cosa prima, trovammo Duke, era intento con i suoi soliti traffici, lei decise di venire in abiti civili e quel giorno mi resi conto di quanto avevo rischiato a prenderla in giro, prima di dirigersi verso la donnola mi diede il distintivo, disse che avendolo con se non poteva fare a modo suo, sapeva che non avrebbe mai parlato, ci provò con le buone ma Duke pensò che bastasse una proposta diciamo non troppo galante per intimidirla, quando Jessica finì “l'interrogatorio”, che consistette in pugni nello stomaco e calci sui denti, con promesse ben peggiori se l'avesse denunciata, dovetti chiamare un'ambulanza per la donnola, uscì dall'ospedale dopo un mese” Poi Nick mimò una faccia sofferente “Da quella volta non l'ho più provocata, mi faceva letteralmente paura, quando perdeva la pazienza era come se l'anima di un leone si fosse reincarnata nel corpo di una lepre, fu lì che cominciammo a diventare amici”

Judy era sconvolta da una descrizione del genere, non lo credeva possibile. “Quale poliziotto farebbe una cosa del genere?”.

“Non fraintendere, il suo senso della giustizia è ai massimi livelli e non farebbe del male ad una mosca, ma se anche la metà di quello che mi ha detto su Duke è vera allora non meritava altro”.
Nick continuò “Ci diede un nome, Doug, un montone, ma per lei non era sufficiente, quindi ci diede anche il suo numero di cellulare, forse più importante del nome”.

“Non ci credo che lo avete chiamato, per dirgli cosa poi? Stiamo venendo a prenderti?” Era perplessa, per quale motivo quel numero era così importante?

“No” disse Nick “In quel momento mi resi conto di che memoria aveva, era già stata nell'ufficio della Bellwether, si conoscevano, e aveva notato un post-it sul suo telefono, il nome scritto era Doug e il numero lo stesso, e tutto questo prima di sapere chi fosse, ricordò quel dettaglio e la fregammo”.

“Come?”.

“Minacciando Doug, non usò mezzi termini, semplicemente puntò la pistola e disse chiama il tuo capo o ti ammazzo, penso che il montone gli disse qualche parola in codice visto che arrivò con due guardie che ci intrappolarono, fu allora che decise di liberarsi di Jessica usando me”.

“Ti ha reso selvaggio e l'hai attaccata?” Chiese Judy.

“Si e no” Poi si spiegò meglio “Si mi rese selvaggio e no non la attaccai, il perché lo venni a sapere solo dopo in ospedale dai suoi colleghi, quando provai ad attaccarla mi colpì col manganello in testa e mi tramortì con un colpo, la pecora si arrese dopo aver visto cosa fece alle sue guardie, andarono a fare compagnia a Duke”.

A quel punto Nick si alzò in piedi, avvicinandosi alla porta “Racconto finito, adesso andiamo”.

“Dove?” Chiese Judy.

“A trovarti un lavoro”.






Alla prossima
Davide

1491 parole

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Capitolo 6
*** 06 - Fiducia ***


Nick e Judy si diressero in centro a Downtown e si resero conto che in quel periodo di crisi trovare un lavoro era più arduo del previsto.

Nick si voltò verso di lei “Sei mai stata arrestata?”.

“Perchè questa domanda?” Chiese perplessa Judy.

“Perchè se non ti troviamo niente qua volevo provare a chiedere al mio capo se ha qualcosa da farti fare in centrale, ma devo saperlo se qualcuno la dentro ti conosce”.

Capita la motivazione la coniglietta rispose “Si, un poliziotto ciccione mi beccò a rubare in un negozio di dolci, mi pare fosse un ghepardo, era dolcissimo, si fece riguardo ad ammanettarmi per paura di farmi male, poi gli feci degli occhioni tristi e una volta allontanati dal negozio mi lasciò andare”.

“Ah Clawhauser siamo più simili di quanto avessi mai creduto” pensò la volpe tra sè e sè.

“Ehm, non finirà nei guai per averti detto questo vero?” Judy era preoccupata di aver parlato troppo.

“No non ti preoccupare, Clawhauser è semplicemente bonaccione, è sufficiente che l'animale da arrestare sia tenero che gli va in pappa il cervello”.

“Non sono tenera” Disse contrariata la coniglietta.

“È vero” Rispose allora lui con un ghigno sulla faccia “Sei tenerissima” Dio quanto si divertiva a stigarla, con Jessica non poteva, pena se lo faceva delle violente gomitate sui fianchi, a parte per il nomignolo Carotina, quello per qualche motivo gli andava bene “E anche carina” Aggiunse poi.

“Che cavolo ti parlo a fare?” Disse Judy prima di voltarsi per non mostrare il lieve rossore comparso sulla faccia, poi si diresse verso un negozio di frutta e verdura “Proviamo lì?”.

“Bè se non trovi lavoro nemmeno lì dentro ci rinuncio, in fondo non eri una campagnola?”

Quando fece per entrare Judy si paralizzò, le tremavano le gambe tanto che per un attimo pensò che sarebbero crollate da li a poco, non era possibile una sfiga del genere, non poteva averla trovata proprio lì, con ottanta milioni di conigli a disposizione proprio lei.

Nick si avvicinò e vide che davanti a Judy ci stava una coniglia identica a lei, se non per gli occhi azzurri, su di una sedia a rotelle, entrambe si fissavano con gli occhi spalancati, ma i sentimenti che provavano erano diversi, una delle due era ricolma di gioia e stava per mettersi a piangere, l'altra aveva il terrore di essere stata riconosciuta, dopo qualche secondo di silenzio che a Judy parvero secoli questa si voltò e cominciò a correre in direzione opposta.

“No asp...” La coniglia si agitò troppo sulla sedia che traballò pericolosamente cadendo a terra.

Nick si avvicinò e dopo aver raddrizzato la sedia la aiutò a rimettercisi sopra.

“Grazie”.

“Di niente, immagino che tu sia Sofia giusto?” Ormai era inutile girarci tanto attorno, l'aveva riconosciuta.

“Era proprio lei allora. Perché non è tornata a casa?” L'avrebbe voluta seguire ma la volpe gli si mise davanti, impedendogli di proseguire.

“Aspetta, non è ancora pronta per tornare, non hai idea di cosa ha passato per tutti questi anni”.

Sofia squadrò la volpe con aria sospettosa “Ok, intanto dimmi chi sei tu, e come conosci mia sorella?”.

“Sono un agente di polizia” Dicendo questo le mostrò il distintivo “Mi chiamo Nick Wilde, sto cercando di aiutarla e penso di poterla convincere a tornare a casa, ma ora è troppo presto, mi ha raccontato di cosa ti è successo e si sente responsabile, so che è stata una volpe a ridurti così ma ho bisogno che mi dai fiducia, vedrai che saprò convincerla a tornare, ma se ora vai da lei mi complicherai solo il compito”.

“Nonostante quello che mi ha fatto Gideon non ho mai avuto pregiudizi contro le altre volpi, non era giusto, fai in modo che continui ad essere così” Poi continuò “E fai in fretta, non so per quanto potrò tenere un segreto del genere coi miei”.

“Grazie, non preoccuparti, farò prima che posso”.

A questo punto la coniglia rizzò le orecchie “Adesso va da lei, la sento piangere”.

Nick si congedò con una stretta di zampa e corse verso la direzione in cui era scappata Judy trovandola appena dietro l'angolo seduta sul marciapiedi a piangere.

“Che dovrei fare ora? Verranno a cercarmi, ma io non...” Non riuscì a finire la frase “Tutte le cose che ho dovuto sopportare per stare lontana da loro, tutto per niente”.

Nick decise di fare l'unica cosa che poteva consolarla, la prese tra le braccia e le sussurrò all'orecchio “Tranquilla piccola, non temere, ci ho parlato io con tua sorella, non dirà nulla a casa e comunque quel che è fatto è fatto, quando ti sentirai pronta a tornare lo farai”.

“Grazie” Judy si strinse ancora di più alla volpe che capita la situazione per quel giorno decise di smettere e tornare a casa.

Arrivati a casa fecero una breve cena “Dovresti tornare a casa tua, a Bunnyburrow”.

“Perché ora mi dici così? Perché hai cambiato idea?”

“Perché non voglio che ti accada nulla di male, come a Jessica, questa città è tutto tranne che sicura”.

“Che vuoi dire?”

“Quel giorno di tre mesi fa la stavo accompagnando in stazione, doveva andare a trovare i suoi genitori a Bunnyburrow, poi arrivò una chiamata mentre scendeva dall'auto, un tasso stava rapinando una banca e aveva ostaggi, lei salì subito a bordo nonostante gli dissi di non venire, non era equipaggiata a dovere, ma la sua cocciutaggine era infinita e mi toccò accettare, anche quando partì all'inseguimento, il rapinatore aveva ucciso tre ostaggi poi si era dato alla fuga, solo noi due lo inseguimmo” Da qui in poi la voce della volpe si riempi di amarezza.
“Era davanti a me e quando il tasso voltò l'angolo del vicolo lei gli andò dietro, nel momento che lo superò mi guardò preoccupata dandomi uno spintone e facendomi cadere dietro al muro, in quello stesso istante sentì lo sparo, io cadendo battei la testa e ci misi qualche secondo a capire cosa fosse successo, quando mi alzai lei era a terra, qualcuno aveva sparato al tasso che giaceva morto e poi aveva colpito anche lei, in quei secondi di stordimento che avevo avuto era scappato”

Judy ci pensò per qualche secondo a quanto sentito dalla volpe, anche lei sapeva benissimo come fosse realmente Zootropolis, paradiso idilliaco per qualunque mammifero, dove ognuno poteva essere quello che voleva, almeno sulla carta, ma se si aveva la sfiga di viverla come era successo a lei si sarebbe presto scoperto che in fondo era marcia come tutte le altre città, forse anche di più.
“Mi dispiace, davvero, ci penserò su, ma al momento non sono ancora pronta a tornare”.

“Lo so, ma ne discuteremo domani, andiamo a dormire”.

La curiosità di Judy prese il sopravvento, ricordandosi dei due letti in camera “Hai detto che siete solo amici, perché vivete assieme?”.

Intuito dove volesse mandare a finire il discorso, Nick si limitò a dare una risposta semplice e diretta.
“Vivere in affitto a Zootropolis non è per niente facile, vederla farsi fuori mezzo stipendio ogni mese solo per quello mi faceva soffrire, io avevo una casa tutta mia e lei non riusciva a mettersi da parte niente, non era giusto, tutto qui”.

Non ci misero molto ad addormentarsi, ma il leggero sonno di Nick era destinato a durare poco, Judy aveva un altro dei suoi incubi e i suoi movimenti bruschi sul letto avevano svegliato la volpe che si ritrovò costretto ad usare lo stesso metodo dell'altra volta.
Mentre posava delicatamente la zampa sulla testina cominciò a pensare alla giornata appena passata, era in dubbio di aver fatto o meno la cosa giusta, non sapendo se forse fosse stato meglio che Sofia parlasse con la sorella, senza accorgersene calcò troppo la zampa sulla testa di lei che, ormai sveglia, lo fissava attonita.

Quando Nick se ne accorse fece per tirare indietro la zampa che venne prontamente fermata da quelle di Judy.
“Ti prego, non fermarti, è così bello” Detto questo si portò la zampa della volpe sul muso “Ne ho bisogno, di te, adesso”.

“Non è di me che hai bisogno” Disse sottovoce la volpe “Non posso darti ciò che vuoi”.

“Per via di Jessica?”.

“No, non ti ho mentito, eravamo solo amici”.

“E allora perché non vuoi? Mi mentivi quando dicevi che ero carina? Era tutto uno scherzo per te?”.

Nick si rese conto che la situazione stava per sfuggirgli di mano e più lei andava avanti più lui sentiva l'impulso di saltarle addosso, doveva chiuderla li.

“No, per me sei bellissima, ma sono più che convinto che non lo pensi veramente e che dopo tutto quello che hai passato farlo con me, con una volpe, è l'ultima cosa di cui hai bisogno”.

“Non spetta a te decidere cosa è più giusto o no per me, non sono una cucciola, so quello che voglio, sei stato tu a farmi quella cosa e a mettermi tutta questa eccitazione, io lo voglio e so che è lo stesso anche per te, lo vedo che non sei sincero, quindi se hai intenzione di portare avanti questa farsa non starò qui un minuto di più” Poi cominciò a fissarlo con quei stupendi occhi viola che pian piano si fecero largo nella sua testa demolendo quel muro che aveva cercato di erigere tra di loro.

“Guardarmi in quel modo è come sparare sulla croce rossa, non ti vergogni Judy Hopps?”.

“Sono pronta a fare di tutto per convincerti, e adesso uniamo i letti e non rompere, hai detto che avrei deciso io come ripagarti, quindi taci e togliti quei vestiti” Detto questo cominciò a spogliarsi senza aspettare una risposta dalla volpe.

Nick a quel punto non poté più controbattere e si arrese accontentandola, non c'era amore quella sera ma solo una vogliosa coniglietta e una volpe che si chiedeva quanto potesse essere eccitante la cosa.

I vicini furono tentati più volte di chiamare la polizia a causa delle urla che provenivano dall'appartamento della volpe “Santodio coniglietta fai piano o qualcuno chiamerà la polizia e mi toccherà arrestarti per disturbo della quiete pubblica”.

Dopo due ore si presero la libertà di fare una pausa per una doccia e riflettere su quello che era appena accaduto.

Judy uscì dal bagno, aveva avuto tempo per pensare e si decise che era ora di raccontargli tutto, anche se nel migliore dei casi volesse dire essere cacciata di casa o peggio arrestata, e non voleva nemmeno pensare allo scenario peggiore, ma non poteva più mentirgli così, doveva dirglielo o non sarebbe stata in pace con se stessa, fece per chiamare Nick quando il cellulare della volpe cominciò a squillare quindi lui andò verso la sala da pranzo “Chi cavolo chiama alle due della mattina?”.

Judy sentì qualcosa cadere, quando andò a controllare Nick era di spalle col capo chino e delle lacrime a bagnargli il volto, il telefono a terra con la chiamata che si interrompeva in quel momento.

“Nick, che succ...?”

“Era l'ospedale, hanno detto di andare la subito”




Note
Un grazie a Psiche_00 che con una sua precedente recensione mi ha ispirato una parte interessante di questo capitolo.

Alla prossima
Davide

1823 parole

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Capitolo 7
*** 07 - Vendetta e rabbia ***


Per tutto il viaggio in auto Nick non proferì parola, la situazione metteva a disagio Judy che non sapeva se era necessario dire qualcosa o semplicemente tacere, ma optò per la seconda, imitando la volpe che dopo quella frase detta a casa era piombato in un silenzio di tomba.

Arrivati all'ospedale si diresse correndo per i corridoi verso la stanza dell'amica, quando arrivò davanti alla porta chiusa si fermò, portò la zampa tanto lentamente alla maniglia che a Judy parve di vedere un bradipo sotto shock, la porta lentamente si aprì con un sinistro cigolio, la coniglietta decise di aspettare fuori mentre guardava la volpe entrare per poi tirarsi dietro la porta.

Mentre entrava aveva il capo chino e le lacrime a bagnargli gli occhi, non era possibile che fosse accaduto davvero, non ci credeva, almeno finché sentì la sua voce.

“Nick, stai bene?” Le prime parole di Jessica dopo tre mesi di coma erano di preoccupazione per lui.

Nick semplicemente non sapeva che dire, non aveva parole e se anche le avesse avute non sarebbe riuscito a buttarle fuori, ma il sorriso che gli si stampò in volto parlava da solo, lei era sveglia, il miracolo in cui non nutriva nessuna fiducia alla fine era avvenuto, proprio come aveva detto Judy.

Dopo essersi asciugato le lacrime si avvicinò al letto osservandola, era ancora molto debole ma sentì forte il desiderio di stringerla a se, si lasciò cadere sul letto permettendo alla lepre di abbracciarlo con tutta la forza che aveva in corpo.

Judy sbriciò dalla porta, stavano parlando ma non capiva di cosa, Nick era felice, le bastava quello, quindi richiuse la porta e si accomodò su una sedia fuori in corridoio, avrebbe avuto molto tempo per pensare il da farsi, anche se ormai era chiaro che il sogno era finito, dopo mezz'ora circa si alzò convinta che la cosa migliore era togliersi di torno senza dire niente, quando ebbe fatto una decina di metri uscì Nick che la chiamò.

“Judy” La volpe le corse incontro “Dove vai?”.

“Io...” Cercava le parole giuste, ma non era sicura nemmeno lei di cosa dire “Io ormai sono di troppo, non voglio mettermi tra voi due”.

Nick rimase sorpreso da questa affermazione “Ma sei scema? Come puoi anche solo pensare che ti lascio in mezzo a una strada, non m'interessa quello che pensi, tu stai con noi”.

“Ma...ma...”.

“Piantala di blaterare e vai la dentro, Jessica ti vuole conoscere”.

La coniglietta piantò i piedi a terra “No, no non se ne parla”.

Nick non capiva questo atteggiamento, sembrava quasi che avesse paura “Che succede? Non ti mangia, gli ho già detto che sei un'amica, che mi hai aiutato, qual è il problema?”.

Judy non sapeva più dove andare a parare, era stato un errore andare lì, doveva andarsene prima, ora era fregata e dopo aver cercato di balbettare cose incomprensibili Nick prese la parola.

“Mi stai nascondendo qualcosa, non dirmi che ti hanno fatto paura i racconti che ti ho fatto di lei?” La volpe le fece un sorriso divertito.

Ormai Judy poteva fare solo due cose, o la affrontava o scappava, ma la seconda possibilità fu impossibile dal momento che la volpe la prese per la zampa portandola davanti la porta.

“Smettila di fare la bambina e vieni dentro, ti sta aspettando” Disse aprendo la porta.

Jessica lentamente girò il capo in direzione della porta e appena la vide cominciò una vera e propria scansione a occhi spalancati, per poi fare un sorriso “Nick ci lasceresti sole per favore?”.

“Certo, fatemi un fischio quando avete finito” Detto questo si avviò per uscire.

“Sono finita” Questi erano i pensieri di Judy mentre entrava nella stanza dove riposava la lepre, poi sentì la porta chiudersi dietro di lei “Sono morta”.

“Avvicinati, non ti mangio” Poi fece cenno con la zampa di venire verso il letto, meno di un metro le separava “Eddai non farti pregare,
non avrai creduto a tutto quello che ha detto Nick”.
Judy si avvicinò ancora e ancora, quando la lepre fu sicura di avere la sua preda a portata di tiro allungò le zampe prendendola e tirandola a se, il suo sorriso svanì lasciando spazio ad uno sguardo pieno di rabbia, nonostante si fosse appena svegliata da tre mesi di coma la sola vista di quel mammifero gli aveva dato la forza per stringere quel piccolo collo come una morsa.

“M...mi stai str...ozzando” per quanto Judy si divincolasse non riusciva a fargli mollare la presa.

“Se fossi in forma ti avrei già spezzato il collo” Quello che stava facendo era probabilmente più pericoloso per lei che per Judy, viste le condizioni in cui era, ma non avrebbe mollato la presa per nessun motivo.

Nel frattempo Nick era fuori che aspettava un segnale a farlo entrare, ma poi cominciò a sentire dei gemiti da dentro la stanza e preoccupato aprì la porta per controllare, quello che vide lo lasciò senza parole, Jessica stava letteralmente strangolando Judy che ormai aveva anche smesso di dimenarsi.

“No, che cavolo fai?” Nick corse a separarle e quando riuscì a farle mollare la presa la coniglia cadde a terra trascinandosi lontana dal letto, tossendo e massaggiandosi la gola dolorante, ancora terrorizzata dalla reazione della lepre.

Jessica dalla sua si buttò sul letto respirando a fatica, aveva fatto troppi sforzi tutti in un colpo e ci mise qualche minuto a riprendersi.

“Nick, tu non capisci” aveva il fiatone e la voce era soffocata.

“Allora spiegamelo, perché l'hai attaccata?”.

“Nick...è stata lei...è stata lei a spararmi”.

Ci furono secondi interminabili di silenzio a quelle parole e nessuno sembrava voler dire o fare nulla, almeno finché Nick si girò verso Judy, dopo averla presa per la camicia la trascinò fuori, sbattendola sul muro del corridoio e sollevandola da terra.
“Adesso basta balle, dimmi tutta la verità o ti assicuro che quello che hai subito in questi anni sarà niente in confronto a quello che ti farò io”.

Judy chinò il capo e cominciò a raccontare tutto “Io ero in quel vicolo quella sera, avevo quella pistola e ho sparato quel colpo, ma non era lei il mio bersaglio”.

“Stavi mirando al tasso? Perchè?” La voce di Nick era sempre più colma d'ira e ci mancava poco che gli ringhiasse contro.

“Perchè era una bestia, per cinque mesi mi ha tenuta prigioniera da lui, incatenata in cantina, al buio, massacrandomi di botte se la giornata non gli andava per il verso giusto, e stuprandomi se invece era soddisfatto” Ora Judy lo stava guardando negli occhi e la sua voce era forte e decisa descrivendo quei momenti.

“Era convinto di avermi in pugno, al punto che mi raccontava quello che aveva in mente di fare, mi disse tutto, chi voleva uccidere e dove faceva le rapine, poi un giorno di tre mesi fa mi disse del colpo alla banca e quando uscì non si accorse che mi ero liberata”.

Nick a quel punto mollò la presa e la posò a terra.

“La prima cosa a cui pensai fu di scappare, ma quando vidi quella pistola sul tavolo capì che volevo solo vendetta, una volta presa mi appostai nel vicolo ad aspettarlo, quella era la sola via di fuga e quando lo vidi sgusciare da dietro l'angolo esitai giusto quell'attimo che lui riuscisse a vedere chi aveva davanti, volevo che vedesse che lo stavo per uccidere io, la sua puttana come mi chiamava lui, ma poi...”.

Judy cominciò a piangere e la voce divenne debole e tremante.

“Poi dietro è comparsa lei, non ho fatto in tempo a fermare il dito che il proiettile è partito e dopo aver trapassato quel bastardo l'ho vista cadere assieme a lui, mi avvicinai e vidi che il colpo l'aveva presa in testa, mi fissava con quegli occhi enormi spalancati, ero terrorizzata per quello che avevo fatto e scappai di nuovo”.

“Perché non me lo hai mai detto?”.

“Perché avevo paura, ero solo una ladra qualunque che ti aveva minacciato, non sapevo cosa mi avresti fatto se ti avessi detto che era colpa mia, ma Nick, dopo stasera stavo per dirtelo poi il telefo...”.

“BASTA” La voce di Nick era furiosa, carica di odio “Io per te sono L'agente Wilde, non rivolgerti a me come se fossi tuo amico, non osare mai più farti vedere a casa mia e se ti becco per strada giuro che ti faccio marcire in prigione per il resto della tua miserabile vita, hai trenta secondi per far sparire la tua brutta faccia dalla mia vista”. Poi senza degnarla di uno sguardo posò gli occhi sull'orologio da polso e sulla piccola lancetta dei secondi contandoli a mente, Judy rimase interdetta da quella reazione e dopo un tempo che gli parve infinito si voltò e corse per il corridoio abbandonando l'ospedale, in lacrime.






Alla prossima
Davide

1462 parole

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Capitolo 8
*** 09 - Per te solo disprezzo ***


Si avvicinò lentamente al letto dove riposava la coniglia, appena si rese conto di non essere sola nella stanza Judy si voltò, quando vide la lepre si tirò indietro come a volersi allontanare da lei.

“Sei venuta a finirmi?” Lo disse con un filo di voce terrorizzata e Jessica la sentì solo grazie al suo ottimo udito.

“Cos...no, no io...io sono venuta a chiederti di perdonarmi, ero accecata dalla rabbia e ti ho attaccata senza sapere nulla di te, di quello che avevi passato, mi dispiace”.

Questa volta gli sembrava sincera e comunque se avesse voluto strozzarla lei non sarebbe riuscita ad opporre resistenza in quelle condizioni, si sforzo di fare un sorriso nonostante gli facesse male solo il parlare.

“Ascoltami bene ora, voglio che mi dici chi è stato a farti questo, lo posso arrestare per una cosa del genere, così non farà più male a nessuno”.

“No non puoi, lui è protetto, se lo arresti dopo un giorno sarà già fuori, non si toccano i sottoposti di MrBig”.

All'udire quel nome la lepre trasalì “Che hai a che fare con quel mafioso?”.

“Con lui niente, ma con chi mi ha fatto questo, lo derubai, e da allora quando mi vede mi massacra di botte, questa è la terza volta, senza contare quelle del tasso e credimi non è nemmeno stata la peggiore”.

“Come può esserci stato di peggio? Che diavolo gli avrà fatto le volte prima?” A questo pensava guardando quel corpicino martoriato.

“Judy, tu hai ridato la speranza a Nick quando ne aveva più bisogno, permettimi di aiutarti, dimmi chi è stato e ti assicuro che non ti toccherà più”.

“Non voglio mettere in pericolo te e Nick, se te lo dico...”.

“Non preoccuparti di questo, non ci succederà nulla, dimmi quel nome”.

“Ok”



Nel frattempo Nick era ancora fuori che camminava e pensava se Judy avesse gradito o meno vederlo, era stato duro con lei l'ultima volta, arrivando a minacciarla, come poteva ora entrare lì come se nulla fosse?
Ci pensò a lungo e più di una volta era tentato di andarsene, poi fermò il suo avanti e indietro, pensando fra se e se “Fanculo, io adesso entro, se proprio non mi vuole vedere me lo dirà, in quel caso mi toglierò dai piedi per sempre”.

Si avvicinò alla porta e afferrò la maniglia quando una voce dietro di lui attirò la sua attenzione “Agente Wilde”.

Non appena si girò sentì arrivargli un pugno sullo stomaco, non forte, ma abbastanza da farlo piegare su se stesso, per istinto digrignò i denti, ringhiando, poi strinse i pugni, pronto a rispondere all'aggressione.

“Dai avanti, colpisci una coniglia paraplegica, non aspetto altro per dimostrare al mondo che razza di merda sei”.

Era Sofia, la sorella di Judy, sul suo volto Nick poteva vedere odio e disgusto verso di lui e a quel punto non poté fare altro che smettere di ringhiare e abbandonare ogni tentativo di difesa che aveva in mente.

“Sono stata una stupida, mi sono fidata di una volpe e mia sorella è quasi morta, la tua specie merita solo il massimo disprezzo possibile, tu in particolare lo meriteresti anche dai tuoi simili” Poi aggiunse “Se penso che per tutti questi anni ho dato dell'assassino a Gideon, quando lui era l'unico a dire la verità”.

Nick non riusciva a trovare parole per difendersi da tutto quell'odio e non poteva di certo dargli torto, era colpa sua.

“Se hai veramente un briciolo di dignità, allora vattene e non farti mai più rivedere, non osare mai più avvicinarti a meno di un miglio a mia sorella, sono stata chiara?”.

“Si” Disse Nick chinando il capo “Chiarissima”.

“Bene” Detto questo la coniglia si mosse verso la porta della stanza “Quando uscirò da qua dovrai essere già sparito da un pezzo e comunque stanno arrivando i miei, non hai idea di quanti aggeggi anti-volpe si porta dietro mio padre, specialmente dopo questo” Disse indicandosi le zampe paralizzate

Una volta dentro chiuse la porta e dopo cinque minuti uscì Jessica, il suo sguardo era carico di odio e rabbia e appena si avvicinò tirò un pugno sul muro abbastanza forte da far pensare a Nick che si fosse fatta male.

“Quel laido, schifoso figlio di troia”.

“C...Carotina? Che succede?” Raramente Nick l'aveva vista così incazzata, forse quella era la prima volta in assoluto.

“Duke, quella donnola schifosa, quel maledetto stupratore, quel bastardo, è sempre stato lui a pestarla e violentarla, è stato lui a consegnarla a quel tasso, come premio per aver completato un incarico, come un mero trofeo da usare come voleva” Si fermò a riprendere fiato osservando Nick sconcertato per le rivelazioni appena sentite.

“Ma ora basta, se la legge di Zootropolis è impotente allora applicherò la mia, occhio per occhio” Detto questo prese il distintivo e lo porse a Nick.

“No, non te lo permetto, non penso di poter reggere ancora a vederti fare quelle cose, arrestiamolo e basta”.

“Non hai un simile potere su di me, la nostra amicizia non implica che io debba chiederti il permesso di nulla, se a te non va bene puoi anche cacciarmi di casa, io vado comunque, non mi vedrai fare niente perché andrò da sola e stavolta non se la caverà con un semplice mese di ospedale”.

Nick conosceva la risolutezza della partner e sapeva che l'unico modo per fermarla in quei casi probabilmente era dargli una dose per elefanti di sedativo.
Decise quindi di stare al suo gioco e prendere il distintivo, ma l'avrebbe seguita dalla distanza, non l'avrebbe mai lasciata sola dopo quello che era successo tre mesi prima, quando lei uscì Nick aspettò che si fosse allontanata un po’, poi si mise all'inseguimento, per un po’ di tempo prese la strada giusta per arrivare dove Duke bazzicava di solito, inoltre Nick era sicuro di non essere stato visto, poi cominciò a fare giri strani, a fare scorciatoie che allungavano la strada, per diverse volte aveva l'impressione che stesse girando in tondo e dopo due, tre volte che fece così Nick la perse completamente, sparita nel nulla, il telefono della volpe suonò, era un messaggio da parte di lei.

“Non ti ho perso di vista nemmeno per un secondo, piantala di seguirmi, è una causa persa e lo sai, torna a casa”.
Lo aveva fregato, probabilmente lei lo stava cecchinando con lo sguardo e lui era solo una volpe che ancora faticava a capire che quella lepre era ben più di quello che il suo aspetto dava a vedere, più di una volta si chiese cosa gli nascondeva del suo passato, all'accademia di polizia non addestravano a fare cose del genere, sconfitto mise le mani in tasca e tirò fuori le chiavi dell'auto e dopo averle portate sopra la testa per metterle in mostra le posò su un cassonetto per poi allontanarsi senza dire una parola.

Quando Jessica fu sicura che l'amico si fosse allontanato uscì dal suo nascondiglio e prese le chiavi “Grazie Nick”.

Una volta arrivato a casa si sedette sul divano ad aspettare che tornasse, sapeva che sarebbe tornata, lo aveva sempre fatto, infatti nemmeno cinque ore dopo alle tre della mattina sentì la chiave inserirsi nella porta per poi aprirsi, Jessica entrò in casa con un'impermeabile addosso che arrivava fino a terra e un cappuccio a coprirgli la testa, doveva aver iniziato a piovere, dato che era fradicia.

“Jessica, stai bene?”.

“Si tranquillo” Lo disse a voce bassa col capo chino, come dovesse confessare un delitto, poi si portò la zampa al cappuccio, togliendolo rivelò dei graffio sul muso.

Nick si alzo di colpo e corse a controllarne le condizioni.

“No che non stai bene, guardati la faccia, stai sanguinando”.

“Sono solo graffi e neanche tanto profondi, non rimarrà nemmeno la cicatrice”.

A quel punto la domanda di Nick arrivò senza esitazione “E Duke?”.

Jessica si tolse l'impermeabile, i vestiti sporchi di sangue parlavano da soli “Duke non è più un problema, non farà più del male a nessuno”.

Dopo questa frase si diresse in bagno per fare una doccia e togliersi di torno tutto quel sangue che in larga parte non era il suo, quando uscì dovette chiedere aiuto a Nick per fasciarsi le zampe, le nocche delle dita erano ferite a causa dei violenti pugni che doveva avergli tirato.

“Cosa gli hai fatto? Che ne è di lui?”.

“Molto probabilmente lo scoprirai domani”.






Alla prossima
Davide

1390 parole

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Capitolo 9
*** 08 - Bentornata ***


Quando fu sicuro che se ne fosse andata Nick tornò dentro la stanza, accorgendosi di non aver chiuso la porta, lo sguardo che gli rivolse la lepre era chiaro, aveva sentito tutto.

“Non credo di averti mai sentito così con nessuno, sei stato fin troppo duro con lei”.

“Te devi solo stare zitta, se non entravo l'avresti ammazzata”.

A quelle parole lei si voltò verso Nick “Si lo avrei fatto, quando fui colpita non capì cosa fosse successo, ero a terra, non riuscivo a parlare né a muovermi, ma la vidi avvicinarsi a me, ancora con la pistola fumante tra le zampe per poi scappare, poi mi sono risvegliata qui, con un medico che mi ha detto di essere stata in coma per tre mesi, sei arrivato tu e mi hai raccontato di questa coniglia che ti ha dato speranza quando io non potevo, appena l'ho vista ho pensato che ti volesse fregare e io volevo vendicarmi”.

“E allora perché pensi che io abbia esagerato?”.

“Perché vi ho sentito, e dopo aver ascoltato quello che ti ha detto mi ha fatto una gran pena, se fossi stata al suo posto avrei fatto lo stesso”.

“Ormai non ha più importanza, tu sei qui e non ho intenzione di rivederla”.



Dopo una settimana i medici decisero che poteva essere dimessa, a patto che stesse a riposo per almeno un mese senza affaticarsi troppo, quando Nick la riportò a casa una sorpresa la attendeva, infatti non appena aprì la porta venne accolta con un enorme “Bentornata” da alcuni tra i colleghi con cui andava più d'accordo, tra questi vi erano prima di tutto il capitano Bogo, Clawhauser che si stava già rimpinzando di manicaretti, Wolfard che l'aveva sostituita per quei tre mesi e qualche altro, vi erano poi i genitori di Jessica che erano arrivati alla mattina da Bunnyburrow e finalmente poterono riabbracciare la figlia.

Si fece festa per qualche ora, aggiornando la collega dei casi risolti durante la sua assenza e di quelli ancora da sistemare, mentre i suoi genitori erano ansiosi che tornasse da loro per trovare i suoi fratelli e sorelle che non aspettavano altro che rivederla.

Bogo si avvicinò con lo sguardo serio “Agente Schrader vorrei ricordarle che ha tre mesi di lavoro in arretrato quindi si sbrighi a tornare e la pianti di battere la fiacca”.

Davanti a questa affermazione tutti si zittirono per poi vedere il bufalo sfoggiare un sorriso più unico che raro.

“Scherzavo!! Non mi permetterei mai di contraddire i medici quando si tratta di un mio agente, tranne forse per Wilde, per lui ogni scusa è buona per non fare niente”.

Scoppiò una sonora risata generale a cui si unì anche la volpe, la sua però era tutto tranne che sincera, aveva altro per la testa e Jessica se ne accorse, non appena restarono soli, dopo aver salutato tutti ebbero modo di parlare.

“Stai pensando a lei, ti penti di quello che gli hai detto” Per lei Nick era un libro aperto, non occorreva fargli domande, passava direttamente alle risposte.

“Si, ero furioso, ma
ora ho solo paura che si sia messa nei guai e non so che fare”.
“La devi andare a cercare, ecco cosa devi fare”

“Non so nemmeno se sia ancora in città o se è tornata a Bunnybarrow, non l'ho minacciata di arrestarla perché ero infuriato, speravo di spaventarla abbastanza da convincerla a tornare a casa, ormai è andata e comunque sa badare a se stessa, lo ha fatto per tredici anni”.
Detto questo si diresse verso la camera e si buttò sul letto, erano ancora uniti da quella sera di una settimana prima.

“Che è successo qua” Disse lei guardando i letti “Sembra che qualcuno si sia divertito finché non c'ero”.

Nick fu preso alla sprovvista da una frase del genere, ritrovandosi a farfugliare senza controllo “Ma figurati, che diavolo vorresti dire? Non è successo proprio niente”.

La lepre si avvicino al suo muso e lo guardò bene da vicino facendogli un sorriso “Stai sudando, tremi e neghi a raffica, lo sai che a me non puoi mentire, volpe sporcacciona”.

Era vero, in un modo o in un altro lei se ne accorgeva sempre.

“Adesso andiamo a dormire, domani devi essere in forma per andare a cercarla”.

“Ti ho già detto che non voglio andare a cercarla” Disse Nick spazientito.

“Altra bugia e comunque io ti dico che ci andrai, e sai perché?”.

“Illuminami”.

“Perché se non ci vai tu ci vado io, e hai sentito cos'hanno detto i medici, devo stare a riposo, non vorrai mica farmi rischiare così?”.

“Questo è giocare sporco, lo sai che non te lo farei mai fare”.

“Lo so, lo faccio apposta” Questa frase in particolare la disse con un ghigno che pareva rubato dalla faccia di Nick in uno dei suoi momenti migliori.

Il giorno dopo Nick andò dal capitano Bogo per chiedere di fare pattuglia da solo fino al ristabilirsi della sua partner, e anche se era una richiesta strana acconsentì, non prima però di avergli intimato di evitare prodezze inutili.

Iniziò a cercarla a Downtown facendo domande in giro a sue vecchie conoscenze che aveva prima di cambiare vita, non che gli piacesse certo, ma voleva essere certo che stesse bene, gli altri distretti diedero gli stessi risultati anche se a Tundratown non poté cercarla come avrebbe voluto, un mammifero che faceva troppe domande in quella zona in genere veniva trovato giorni dopo a galleggiare morto sotto il ghiaccio, a MrBig non piacevano gli impiccioni, specialmente gli sbirri.

Dopo un mese a cercarla dovunque non ottenne risultati, era sparita nel nulla, arrivato a quel punto non gli rimase altro da fare che cercare a Bunnyburrow, se non l'avesse trovata nemmeno li avrebbe denunciato la scomparsa avvisando la famiglia, nel frattempo Jessica era tornata in servizio e decisero di andare assieme a vedere se era tornata a casa.

Lei stava per spegnere la tv quando al notiziario diedero una notizia tremenda.

“Nick vieni presto” Quando arrivò posò gli occhi sul televisore incredulo, il giorno prima era stata trovata una coniglia dai venticinque ai trent'anni in fin di vita a Tundratown, vittima di un'aggressione da parte di ignoti, ed era stata portata d'urgenza in ospedale a Downtown in elicottero, prima di perdere conoscenza ha detto di chiamarsi Judy senza però specificare il cognome.

“Sarà lei?”.

La risposta di Nick giunse rapida “Andiamo a vedere, ma temo di si”.

Arrivati in ospedale chiesero informazioni su dove si trovasse questa Judy sperando che non fosse lei, anche se c'era poca probabilità che si trattasse di qualcun'altro.

Giunti davanti alla stanza aprirono la porta per controllare, era proprio lei, quasi completamente ricoperta di fasciature, dentro con lei un'infermiera gazzella che appena li vide uscì chiudendosi la porta dietro di se.

“Salve, vi prego ditemi che la conoscete, è qui da ieri e non si è fatto vivo ancora nessuno”.

“Si” Fece Nick “Si chiama Judy Hopps, siamo...siamo amici”.

“Bene” La gazzella fece un sorriso e poi disse “Almeno ora possiamo iniziare a cercare qualche parente”.

“Non c'è né bisogno, siamo agenti di polizia, ci pensiamo noi. Quali sono le sue condizioni”.

“Non buone” Disse facendo sparire il sorriso di un secondo prima “L'hanno trovata per strada a Tundratown, devono averla presa a pugni per parecchio, e non si sono certo fermati a quello...”.

“Possiamo entrare?” Jessica era preoccupata, ed inoltre non ci teneva a sentire i dettagli, nonostante potesse ben immaginare.

“Si, ma devo chiedervi di non disturbarla a meno che non si svegli da sola” Detto questo si allontanò lungo il corridoio.

Nick si mise seduto su una sedia appena fuori “Vai tu io aspetto qua”.

“Ma Nick...”.

“Vai”.

Jessica entrò chiudendo la porta e Nick cominciò a camminare avanti e indietro pensando a cosa era giusto fare.






Alla prossima
Davide

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Capitolo 10
*** 10 - Insubordinazione ***


Il giorno dopo a mattina presto arrivò una chiamata dal capitano Bogo che ordinava ai due agenti di presentarsi il prima possibile nei pressi di negozio di liquori che loro conoscevano bene, si trovava infatti a pochi passi dove Jessica “interrogò” Duke due anni prima.

Appena arrivati videro Clawhauser all'ingresso che li aspettava. “Che succede? Perché siamo qua?” Chiese Nick.

“Non lo so, il capitano Bogo mi ha detto di aspettarvi, accidenti che hai fatto al viso?” Il ghepardo si portò preoccupato a controllare le condizioni della collega.

“Una rissa tra ubriachi, quando ho provato a fermarli uno di loro mi ha graffiata, ma tranquillo nulla di grave”.

“Bè” disse Clawhauser facendogli un sorriso “Scommetto che quel tizio ora è messo peggio di te sicuro” Poi si avviarono verso il retro del negozio dove li aspettava Bogo.

“Che siamo venuti a fare qui? Hanno rubato delle bottiglie di whisky scadente?” Chiese Nick con un sorriso sarcastico sul muso.

Il capitano Bogo allora gli indico il cassonetto aperto, sul fondo, in mezzo a un lago di sangue, ci stava il cadavere di un mammifero che a prima vista sembrava una donnola, le zampe erano legate tutte a quattro assieme dietro la schiena, tutte fratturate in diversi punti, il cranio era fracassato e aveva profondi tagli su tutto il corpo che arrivavano fino alle ossa.

Quando Bogo si voltò verso il cassonetto la volpe incrociò lo sguardo con quello di Jessica che osservava i resti fingendo uno sguardo stupito.

“Si tratta di Duke Donnolesi” Disse il bufalo passando la patente della donnola trovata sul cadavere proprio a Jessica, fissandola con fare accusatorio senza nemmeno provare a mascherare uno sguardo indignato.

Nick se ne accorse e subito pensò che fosse stata scoperta, che era la fine per lei “No è impossibile che sappia che è stata lei, ma allora perché? Come ha fatto a scoprirlo?”.

Prima che la volpe potesse fare o dire qualcosa a difesa della collega fu proprio lei a fare la sua mossa.

Jessica fissava il bufalo con uno sguardo che dire glaciale era dir poco “Stai forse cercando di dirmi qualcosa? Avanti parla pure, Bogo” La voce della lepre si fece autoritaria, come fosse lei a comandare li, a dettare legge.

Nick era sconcertato da questa uscita della collega, neppure lui che mancava costantemente di rispetto al suo capo si spingeva a tanto, qui si andava ben oltre l'insubordinazione, se gli andava bene sarebbe stata licenziata lì in quel momento, a quel punto Nick sperava che lei non avesse aggiunto altro a complicare la sua situazione.

“Immagino che una volta tornati in centrale vorrai parlarmi in privato nel tuo ufficio, giusto?”.

“Ecco” Pensò la volpe “Manco a dirlo”.

“Non aspetto altro” Disse Bogo che era visibilmente in collera con la sottoposta.

In quel momento arrivò Clawhauser che cominciò a fare domande sul cadavere, allentando la tensione che si era creata tra il bufalo e la lepre.

“Come hanno fatto a ridurlo così?”.

Il bufalo tornò serio, rispondendo alla domanda “Chiunque sia stato deve averlo tramortito...”.

“Non abbiamo prove che sia stato un solo individuo a fare questo” Fu interrotto dalla lepre che non aveva cambiato di una virgola il suo tono di voce, Nick pensava che Bogo sarebbe esploso da un momento all'altro.

Il bufalo fissò sempre più spazientito Jessica e poi continuò “...devono averlo tramortito per legarlo, sicuramente hanno iniziato prendendolo a pugni, i tagli presenti sul corpo sono stati fatti solo per torturarlo così come le fratture, poi quando hanno deciso di finirlo gli hanno fracassato il cranio con un'oggetto contundente”.

A quel punto Nick si fece avanti cercando di mascherare la preoccupazione che aveva per l'amica “Ci ha fatti venire qua per affidarci il caso?”.

“Si, ma dubito che troverete qualcosa, non ci sono indizi ne impronte, sappiamo che Duke lavorava per MrBig, quindi l'ipotesi più probabile è che sia opera di una famiglia mafiosa rivale, comunque il caso è solo tuo, tu agente Schrader sei sospesa” Disse indicando la lepre che lanciò un'ultima occhiataccia al bufalo.

Dopo aver fatto alcune foto e preso appunti sul fatto che non se ne sapeva niente di niente partirono per andare in centrale, seguiti su un'altra volante da Bogo e Clawhauser.

Nick era alla guida, era in ansia e si vedeva.

“Non preoccuparti Nick, non serve”.

“Non ti ho chiesto niente, e comunque non pensi di aver esagerato stavolta? E non parlo della scenata da licenziamento immediato che hai fatto con Bogo”

“No” Disse sicura lei “Duke non meritava di meglio, su questo ne ho la certezza”.

“Dimmi un po’, cosa sono io per te? Un passatempo? Quando mi hai chiesto di entrare in polizia era solo per gioco? Per vedere se un truffatore poteva farcela?” Nick da preoccupato per lei passò ad infuriato, dopo aver sentito quella frase.
“Io ti ho sempre coperto quando decidevi di scavalcare la legge per ottenere informazioni, te lo dovevo, ma stavolta sei andata oltre”.

Jessica a quel punto si voltò verso Nick, fissandolo con sguardo serio “Tu sei mio amico, non ti ho mai reputato un passatempo, se ti ho proposto di diventare poliziotto è perché sapevo che avevi le potenzialità per esserlo, ed è proprio per quello che non volevo che mi seguissi ieri, tu non avresti fatto quello che ho fatto io, perché tu sei migliore di me, lo avresti arrestato, facendo il tuo dovere, dopo due giorni al massimo sarebbe stato fuori a fare di nuovo i suoi sporchi comodi, funziona così e a me non va bene”.

Non sapendo che aggiungere Nick continuò il discorso iniziato prima “E con Bogo come la mettiamo? Non so se te ne sei accorta ma hai usato un tono che dire insubordinato è poco, questa volta ti licenzia davvero”.

A questa affermazione la lepre semplicemente non disse niente e se ne stette zitta fino a quando arrivarono in centrale.

Arrivati a destinazione lei si diresse verso l'ufficio di Bogo e ci restò dentro per circa mezz'ora prima di raggiungere Nick che stava pensando a cosa fare col caso Duke.

“Nick metti via tutto, caso archiviato”.

“Cosa? Come sarebbe a dire?”.

“Hai capito bene, Bogo ha chiuso il caso, non c'è nulla da scoprire, è stata la vendetta di una famiglia mafiosa rivale, niente prove, niente testimoni, niente di niente”.

Nick rimase stupito, stava brancolando nel buio totale e non sapeva più cosa pensare poi osservò la divisa della collega, non aveva il distintivo addosso.

“Dovrai trovarti un altro partner d'ora in poi, se non mi vuoi più a casa tua posso capire, in quel caso me ne andrò oggi stesso”.

“No, anche se dovrai riconquistarti la mia fiducia non voglio che te ne vada, rimani comunque l'unica amica che ho”.

Jessica gli rivolse un sorriso “No invece, ne hai un'altra all'ospedale, andiamo, dobbiamo dire a Judy che è al sicuro”.

“Vai pure, io non vengo”.

“Perché? Non l'hai ancora vista da un mese e sono sicura che gli manchi”.

“Lo so, ma non posso farci niente, mi è stato categoricamente proibito dalla sua famiglia di avvicinarmi a lei”.

Jessica batté un pugno sul tavolo contrariata “Non possono farlo, non hanno nessun diritto di impedirti di vederla”.

“Loro sono la sua famiglia” Ribatté la volpe “Hanno tutto il diritto di farlo e fanno bene, è solo colpa mia se è in quelle condizioni, gli avevo promesso protezione ed è quasi morta, adesso vai e se puoi digli che sono ancora infuriato con lei, non voglio che venga a cercarmi, digli di tornarsene a Bunnyburrow”.

Capendo di non poterlo convincere si avviò verso l'ospedale e non appena fu fuori dall'edificio Nick andò alla porta dell'ufficio di Bogo per poi entrare senza curari di bussare.

“Non ho nulla da dirti Wilde e adesso fuori”.

“No, devo sapere che succede”.

Il bufalo si alzò in piedi e si portò verso la volpe “Lo sai meglio di me che succede, Duke era tra la peggior feccia che ci poteva capitare, ma arrivare a questo, lo so che è stata lei e lo sai anche tu, non sono stupido”.

“Allora perché licenziarla e basta? Che cavolo le ha detto per convincerla a non prendere provvedimenti?” La volpe, confusa dalla situazione non si accorse di aver alzato troppo il tono.

“Quello che ci siamo detti io e lei non sono affari che ti riguardano, e non l'ho licenziata, andarsene è stata una decisione sua, ora vai a casa e dimentica questa conversazione” Detto questo lo congedò indicando la porta.

Nel frattempo la lepre era arrivata all'ospedale e quando aprì la porta della stanza riuscì a vedere solo un letto vuoto, che veniva sistemato da un'infermiera, con la voce piena di preoccupazione si avvicinò e fece la domanda che l’assillava, temendo la risposta che sarebbe arrivata.

“Scusi, dov'è Judy Hopps, la coniglia che era qui fino a ieri?”.

L'infermiera si girò, era la stessa gazzella del giorno prima “Oh è lei, bè non penso che dovrei dirglielo ma sembra così preoccupata, è stata trasferita stamattina per volere dei genitori all'ospedale di Bunnyburrow, la prego di non dire che l'ho avvisata io, rischio il posto se lo si sa in giro”.

“Non si preoccupi, grazie per la cortesia” Jessica uscì dalla stanza, ormai Judy era al sicuro a casa sua, ma nonostante tutto Duke andava eliminato, il fatto che avesse pestato la coniglietta l'aveva solo convinta ad accelerare i tempi, ora che aveva svolto il suo compito aveva solo una cosa da fare, prese il telefono e compose il numero.

“Schrader, cosa c'è ti mancavo?”.

“Taci Savage, devo palare col capo, passamelo”.

“Lui non c'è, e modera i termini, sono comunque un tuo superiore”.

“Non più, digli pure che ho completato il mio compito, me ne tiro fuori”.

“Uuuuuuh ma cosa odono le mie orecchie, la nostra migliore agente se ne vuole andare, pensi veramente che sia così facile? Che basti dire “me ne tiro fuori” per concludere tutto? Bè non hai concluso proprio un cazzo, hai fallito con la Bellwether e la condotta che hai avuto con Duke, cominciavo a chiedermi se lo avresti davvero fatto fuori, per non parlare poi di come lo hai seccato, magari è stata quella volpe a farti ammorbidire così tanto? O magari quella puttanella che è riuscita pure a spararti, dio che vergogna. Mi chiedo se non sia ora di intervenire”.

“Jack, avvicinati a Nick e sei un coniglio morto”.

“Scherzavo, tanto prima o poi verrà a sapere la verità, e quando questo accadrà sarà lui stesso ad abbandonarti come il rifiuto che sei. Ricordati solo questo, tu non hai alcun potere qui, non conti un cazzo e se fosse dipeso da me sarei venuto io stesso a staccarti la spina in ospedale, dio quanto ci avrei goduto, ma il capo è stato chiaro, finché quella pecora respira il tuo compito non è concluso, solo allora, forse e dico forse, sarai libera”.

La chiamata si interruppe prima che potesse rispondere, guardò il cellulare vogliosa di farlo a pezzi quando gli arrivò un messaggio da Nick.

“Hai lasciato le chiavi a casa, io vado a letto, tanto non avrai problemi ad entrare, a domani”.






Alla prossima
Davide

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Capitolo 11
*** 11 - Casa dolce casa ***


Ormai erano passati poco più di due mesi dall'aggressione e Judy si era ripresa completamente, dopo tredici anni era tornata nella casa dove era cresciuta e solo allora si rese conto quanto amore ci fosse per lei li, nessuno la riteneva responsabile di quello che era accaduto a sua sorella e subito questo la fece sentire ancora più in colpa per essere scappata, facendo soffrire tutta la famiglia che ormai l'aveva data per morta, ma era acqua passata, Stu e Bonnie erano solo felici di poter riabbracciare la figlia.

“Bene” Disse Stu “Adesso dobbiamo solo farti tornare in vita”.

“Cosa? Non capisco” Judy era confusa, che voleva dire?

Bonnie a questo punto si intromise “Bè tesoro, quando la polizia ha interrotto le ricerche noi abbiamo continuato a cercarti ma poi abbiamo perso la speranza e ci siamo arresi al fatto che non ci fossi più, pensavamo tutti che fossi morta, ti abbiamo fatto il funerale e al cimitero c'è una dannata lapide da rimuovere”.

“Ah, ok ora ho capito” Judy pensò a quante volte in quei tredici anni aveva rischiato di dare un senso a quella tomba vuota, ma ora era tornato tutto alla normalità, rammaricandosi solo di non essere riuscita a lasciarsi con Nick in amicizia.

La sua camera era tale e quale a come l'aveva lasciata e nella sua mente si fecero largo ricordi che pensava di aver perduto nelle strade di Zootropolis e nella cantina di quel tasso, sentì il campanello suonare ma ci avrebbe pensato qualcun'altro, lei aveva altro per la testa.

Andò ad aprire Sofia e quando vide chi c'era alla porta si pentì di aver aperto.

“Sei tu, che vuoi da noi?” Poi si guardò attorno fuori dalla porta “Dove si nasconde la volpe?”

“Nick non è venuto, a dire il vero non sa nemmeno che sono qui”.

“Immagino che sei venuta per Judy, perché dovrei dirgli che sei qua? Non avete fatto abbastanza?”.

“Dai ti prego” Jessica quasi si inginocchiò davanti alla coniglia diffidente “Solo cinque minuti devo parlarle”.

“Ok, va bene, ma sappi che non ti sbatto la porta in faccia solo per via delle tue condizioni, non entrare, non sei la benvenuta”.

“Grazie mille piccola carogna” Fortunatamente questo lo pensò e basta.

Judy corse giù dalle scale per vedere chi fosse venuto per lei, arrivata dinnanzi la porta sperava fosse Nick.

“Oh Jessica sei tu, che ci fai qui...” Judy rimase a bocca aperta e non disse più niente osservando bene la lepre davanti a lei che non capiva dove fosse il problema.

“Che c'è?” Disse allora lei “Non hai mai visto una lepre incinta? Non dirmi che credi ancora alla favoletta della cicogna” Si mise a ridere di gusto vedendo il volto della coniglietta.

“Certo che no, solo, non me lo aspettavo ecco, ma ti prego entra accomodati, siediti pure li”.

“Grazie, sei così cara, capisco perché Nick abbia voluto aiutarti” Disse mettendosi seduta su di una comoda poltrona mentre Judy recuperava una sedia per lei.

“Come sta Nick? Vivi ancora da lui?”.

“Certo che vivo ancora da lui, chi pensi che sia il padre?” Disse indicando la panciona.

Judy rimase un attimo in silenzio per poi dire con voce piena di incredulità “Io, non credevo che fosse possibile, insomma una volpe e una lepre non sono proprio simili, comunque lo sapevo che non me la raccontava giusta su di voi”.

“Sapessi come ci siamo rimasti noi quando lo abbiamo scoperto, e comunque non è come credi, eravamo veramente solo amici, è solo da poco che stiamo assieme in quel senso” Poi con uno sguardo provocante aggiunse.

“Piuttosto, te sei stata fortunata a quanto pare, o sfortunata se avevi in mente di mettere su famiglia”.

Judy si rizzò in piedi visibilmente in imbarazzo “No...non so di cosa parli”.

“Oh suvvia, non serviva nemmeno che me lo dicesse Nick, l'ho capito appena ho visto i letti, non sarei arrivata dove sono se non notassi questi dettagli”.

La coniglia era sempre più imbarazzata e un po’ anche spaventata, temendo una sua reazione a quello che era successo quella sera con Nick.

“Io... spero di non...aver creato disagi tra voi due, in quel caso mi dispiace, è solo colpa mia”.

Jessica la fissò a lungo, pensando tra sé e sé “Santo dio ma quanto cavolo è tenera, ti credo che Nick non ha resistito”.

“Tranquilla, non stavamo ancora assieme, era libero di fare ciò che voleva, chiaro che se ci prova ora si ritroverà i testicoli a sballonzolare sotto lo specchietto retrovisore della mia auto”.

A quel punto Judy abbassò lo sguardo verso la pancia della lepre “Sai già se è maschio o femmina?”.

“No, non lo abbiamo voluto sapere, ma ti posso dire che sono tre, e che sono terrorizzata, è la mia prima volta”.

“A bè, se sei terrorizzata solo per tre che dovrei dire i...” A quelle parole l'espressione della lepre divenne improvvisamente seria e Judy resasi conto di cosa aveva appena detto si mise le zampe davanti la bocca e si voltò per assicurarsi che nessuno in casa avesse sentito poi prese Jessica e la portò fuori chiudendo la porta.

Si appoggiò con la schiena alla porta, come volesse impedire a una mandria inferocita di uscire, nel frattempo le era venuto il fiatone.

“Non dirmi che hai dei figli e non lo sa nessuno”.

“Shhhhhhh parla piano, no non ho figli”.

“E allora che cavolo intendevi?”.

Non era sicura di essere pronta a raccontare una cosa del genere, ma la vedeva come un'occasione di liberarsi di un peso che si portava dietro da troppo tempo.

“Avevo quindici anni quando arrivai a Zootropolis, trovai un gruppo di ragazzini orfani della mia età che mendicavano per strada e mi unì a loro, ma ben presto capì che se volevo sopravvivere l'elemosina non mi avrebbe aiutata, cominciai a rubare i portafogli alla gente, ero brava e per un anno mi andò relativamente bene, poi presi di mira una donnola, Duke, se ne accorse subito e dopo avermi preso a pugni mi violentò, era la prima volta che finivo in ospedale, mi ripresi dopo una settimana e venne fuori che ero incinta”.

Jessica si rattristì a sentire una cosa del genere, ora più che mai era convinta di aver fatto bene a liberare il mondo da quel bastardo “Dev'essere stato terribile a soli sedici anni”.

“Si, vedevo quelle cose come dei mostri, non li volevo un minuto di più dentro di me, quando arrivò il medico abortista ero convinta di andare fino in fondo ma poi...” Il viso della coniglietta era sempre più triste man mano che avanzava a raccontare, ci mancava poco che si mettesse a piangere.

“Poi li sentii muoversi, mi resi conto che erano creature vive e che nonostante il modo in cui le avevo avute loro non ne avevano nessuna colpa, decisi di portare avanti la gravidanza, a condizione che restasse un segreto, non dissi neppure come mi chiamavo”.

“Prima hai detto che non hai figli, che è successo?”.

A questo punto cominciarono i primi singhiozzi seguiti dalle lacrime.

“Quando mancavano pochi giorni mi fecero un'ecografia di controllo, otto dei dieci cuccioli erano praticamente già morti, fui operata d'urgenza e i due sopravvissuti feci appena in tempo a vederli, morirono due giorni dopo”.

La lepre aveva capito perfettamente cos'era successo, ma non trovò parole da dire a Judy che si era abbandonata al pianto ricordando quella vicenda, si limitò a posare una zampa sulla spalla della coniglietta provando a confortarla, a quanto pare funzionò dato che smise di piangere e dopo essersi asciugata le lacrime andò avanti a raccontare.

“Mi chiesero di che razza era il padre, quando gli dissi che era una donnola mi spiegarono subito dov'era il problema, troppa differenza, non avevano nessuna speranza”.

Poi alzò lo sguardo e fissò Jessica negli occhi “Per questo quando mi hai detto che sono tuoi e di Nick ci sono rimasta male, la situazione non è tanto diversa”.

“Non devi preoccuparti per me, in questi ultimi anni la medicina ha fatto grandi progressi e un medico ha sviluppato un farmaco che riduce di molto quell'eventualità, e centri anche te in tutto questo”.

“Non capisco, che vuoi dire?” Judy era confusa non capendo l'affermazione della lepre.

“In un'intervista quel medico disse che era rimasto sconvolto dal caso di una sua paziente, una coniglia che dopo un rapporto inter specie perse tutti e dieci i figli convincendolo così a trovare un rimedio”.

“Capisco” Judy voleva chiudere li, quel discorso si era dilungato fin troppo per lei “Sei venuta per dirmi di te e Nick?”.

“No, certo che no” disse Jessica gesticolando con le zampe “Sono venuta per due motivi, il primo è questo” Gli porse un foglio e dopo aver capito di cosa si trattava la coniglia disse l'unica parola che gli veniva in mente.

“Perché?”.

“Nick mi ha raccontato che da piccola volevi entrare in polizia, era il tuo sogno, quindi ho pensato almeno di offrirti questa possibilità, poi spetterà a te decidere cosa fare, ovvio, ma se accetterai ti posso assicurare che da noi riceverai tutto l'aiuto possibile” Poi aggiunse “E poi io non sono più in polizia e scommetto che Nick è stufo di avere un lupo come partner, anche se non me lo dice”.

“Hai perso il lavoro per colpa mia? A causa di Duke? Ho letto i giornali, so cos'è successo, non avresti dovuto”.

“Non preoccupartene, con o senza di te Duke era segnato comunque, ha avuto quello che meritava”.

Non riuscendo a capire a cosa si riferisse preferì cambiare discorso “Il secondo motivo?”.

“Ecco, il fatto è che... Nick mi ha chiesto di sposarlo... e gli ho detto di si...” Aveva parecchia confusione in testa, si era preparata il discorso in auto ma ora che era lì l'imbarazzo le impediva di andare avanti e Judy vedendola in difficoltà provò a terminare la frase per lei.

“Mi vuoi invitare al matrimonio? Volevi dirmi questo?” La domanda arrivò inaspettata alla lepre che però riuscì a togliersi da quella situazione imbarazzante.

“No certo che no, ma come ti viene in mente?” Lo disse con voce seria e sebbene Judy non ci avesse sperato minimamente ne rimase comunque delusa.

“Capisco, Nick è ancora arrabbiato con me vero?”.

“No” Poi lo sguardo serio si tramutò in un sorriso “Io non voglio che vieni come invitata, ma come mia testimone di nozze”.

La coniglietta si sarebbe aspettata di tutto, ma non questo, restò spiazzata e ci mise un po’ a rispondere “Ma scusa, non hai una sorella che può farti da testimone? Di solito non funziona così? E poi perché proprio io? Ti ho quasi uccisa”.

Il viso della lepre si fece cupo e triste al punto che Judy non riusciva a capire cosa ci fosse che non andava “Certo ho sorelle, ma il fatto è che...che nessuno della mia famiglia sarà presente quel giorno”.

“Perché? È il tuo matrimonio, perché non dovrebbero esserci?”.

“A quanto pare, finché si trattava di amicizia, Nick era sopportato dalla mia famiglia, ma quando gli ho detto che lo avrei sposato e che aspettavo dei figli da lui mi hanno buttato fuori di casa e quello che mi hanno detto dopo mi ha fatto capire che non avevo più una famiglia a Bunnyburrow”.

“Che hanno detto?”.

“Forse sarai di nuovo la benvenuta qui, se lasci quel figlio del demonio e termini subito questa rivoltante gravidanza”.

“Cosa? Come possono dei genitori dire questo alla loro figlia?”.

“Infatti non li reputo più tali, posso capire che vogliano che lasci Nick, ma quello che mi hanno detto dei miei figli, stiamo parlando dei miei cuccioli, come cazzo possono pensare quei bastardi che faccia una cosa del genere” Senza rendersene conto stava urlando a squarciagola e Judy dovette intervenire per farla calmare.

“Ok ma adesso calmati, perché proprio io?”.

“Per ringraziarti, e per farmi perdonare”.

“Ti ho piantato una pallottola in testa, perché mi dovresti ringraziare?”.

“Certamente non per quello, ma per quanto poco sei rimasta con Nick sento che lo hai cambiato, quella sera in particolare lui ha capito che non voleva restare solo, dopo che sei tornata a Bunnyburrow lui era a pezzi, pensando a come ti aveva trattata, anche se provava a nasconderlo me ne sono accorta, è stato quando ho provato a consolarlo che mi ha chiesto se era possibile che ci fosse qualcosa di più dell'amicizia, non so se lo avesse in mente già da prima, ma sono sicura che se non ti fossi intromessa tu non si sarebbe mai fatto avanti con me e non saremmo stati altro che due amici”.

“Capisco, e di cosa dovrei perdonarti?”.

“Per averti attaccata in ospedale, ovvio”.

Judy si portò la zampa al collo ricordando quando l'aveva quasi soffocata “Ti ho già perdonata, e comunque ne avevi tutto il diritto”.

La lepre negò scuotendo la testa “No invece, non è la prima volta che mi sparano e le altre erano volutamente dirette a me, eppure non ho mai attaccato nessuno in quel modo prima di te, ma vedendoti entrare con Nick, al suo fianco, senza che lui sapesse che era colpa tua mi ha fatto perdere la testa, sentivo solo voglia di farti fuori, ti vedevo come un pericolo per lui e ho agito d'istinto, se Nick non fosse entrato saresti morta in quella stanza” Poi si chinò per arrivare con il muso alla stessa altezza del suo “Mi permetterai di ringraziarti e di farmi perdonare accettando questa proposta?”.

Judy a quel punto non poté più rifiutare “Ok accetto”.

“Grazie”.






Note
Dopo aver scritto una cosa del genere sono più che pronto a ricevere tutti gli insulti che volete, solo fatemi un piacere, ditemi se mettere uno spazio tra una frase e l'altra migliora la lettura o no, così valuterò se sistemare con calma anche gli altri.

Alla prossima
Davide

2242 parole

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Capitolo 12
*** 12 - Modulo d'iscrizione ***


Dopo essersi scambiate il numero di telefono, Jessica andò verso l'auto e partì per tornare a Zootropolis, Judy si buttò sul divano pensando a tutta la discussione che c'era stata, osservando il modulo d'iscrizione all'accademia di polizia.

“E adesso?” Il sogno che pensava di aver abbandonato tredici anni prima davanti la casa di Gideon si ripresentò dinnanzi a lei sotto forma cartacea, era sufficiente qualche scritta e una firma, ci avrebbe pensato ma quello non era il posto adatto a chiedere consiglio, nonostante la lunga lontananza coi suoi genitori sapeva benissimo come avrebbero reagito a una notizia del genere.

Dopo una lunga e accesa discussione ottenne di poter tornare a Zootropolis e trovare un impiego in città con l'aiuto di Sofia, infatti la sorella lavorava come cassiera nel negozio dove tre mesi prima si erano riconosciute, Judy aveva ben altro per la testa, a lei interessava chiarirsi una volta per tutte con Nick e chiedergli consiglio sulla proposta che le aveva fatto Jessica.

Dopo aver preparato le valige e preso il treno Sofia pensò che era venuto il momento di parlare alla sorella.

“Dimmi la verità, non è tua intenzione venire a lavorare con me vero? Ho visto il foglio, sei sicura di volerlo fare?”.

“Non lo so” Rispose lei “Sto andando li proprio per trovare le risposte, devo chiedere consiglio a una persona, mamma e papà non sono i più adatti a tal scopo”.

“Stai parlando di quel poliziotto vero? Quella dannata volpe”.

Judy la fissò con aria di rimprovero “Quella volpe ha un nome, si chiama Nick, se non fosse stato per lui non sarei mai tornata a casa, quindi fammi un favore, se hai intenzione di accompagnarmi porta rispetto”.

“Per come la vedo io mi ha impedito di parlarti e di convincerti a tornare, ed io come una cretina ho creduto veramente che una volpe potesse tenere al bene di un coniglio, che ti avrebbe protetta, gli ho dato fiducia per poi scoprire dal telegiornale che sei quasi morta”.

“Sofia” Judy prese la zampa della sorella e la guardò dritta negli occhi “Nick e Jessica sono i due mammiferi che hanno più ragioni al mondo per odiarmi, per colpa mia lei ha rischiato di morire e lui di perdere la sua migliore amica, che ora diventerà sua moglie, nonostante questo mi ha chiesto di fargli da testimone al matrimonio, glie lo devo”.

A questo punto non gli restò altro da fare che cedere “Ok, va bene, non mi arrabbierò, ma non sperare che mi scuso con lui”.

“Mi va più che bene così” rispose lei con un sorriso.

Arrivarono in città con largo anticipo, decisero quindi di andare fino alla centrale di polizia senza prendere mezzi di trasporto, secondo quanto detto da Jessica Nick aveva parecchio da fare in ufficio, quindi lo avrebbero trovato la per tutto il giorno salvo emergenze particolari, arrivate a destinazione si fermarono dinnanzi all'imponente edificio.

Sofia guardava la sorella ferma davanti la scalinata, pareva indecisa se entrare o meno “Non dirmi che adesso hai cambiato idea”.

“Certo che no” Disse Judy “Solo che lì dentro forse c'è qualcun'altro che mi conosce, spero che sia di pattuglia”.

Varcata la soglia la prima cosa che constatarono furono le dimensioni dell'edificio, se da fuori sembrava immenso, visto all'interno non era sicuramente da meno, poi lo sguardo cadde sul bancone della reception “Oddio nooooo” Il ghepardo grasso era proprio lì seduto e la fissava con uno sguardo che diceva “Dove l'ho già vista quella li?” Ormai era fatta, lo vide alzarsi ed avanzare verso di loro, l'aveva sicuramente riconosciuta.

“Posso aiutarvi signorine?” Clawhauser si avvicinò ancora aspettando una risposta che non arrivava, Sofia che non capiva che problemi avesse la sorella parlò al posto suo “Stiamo cercando l'agente Wilde, dobbiamo parlargli”.

“L'ufficio è quello la” Lo disse indicando una porta ad una decina di metri di distanza, Sofia lo ringraziò, cominciando poi a spingere le ruote della sedia a rotelle verso la direzione indicata, Judy stava per andargli dietro quando si senti bloccata per la spalla da una zampona soffice.

“Allora, piccola ladruncola di ciambelle, sei venuta a costituirti?” Lentamente Judy si voltò verso il ghepardo, timorosa che rimediasse al suo errore nel lasciarla andare anni prima quando l'aveva beccata a rubare, constatando poi che il poliziotto se la rideva di brutto al vedere il viso sconvolto della coniglietta capì che non aveva nulla da temere.

“Ahahahah lo so che non si dovrebbe dire ma sei veramente tenera lo sai?”.

In altre circostanze avrebbe risposto dicendo che non era tenera o cose simili, magari con un tono vagamente infastidito, ma stavolta decise di lasciar correre, limitandosi a sorridere.

“Vai pure, ma ti avviso, in questi giorni è parecchio stressato dal lavoro” Arrivata davanti la porta dell'ufficio la coniglietta bussò aspettando una risposta che arrivò subito dopo con tono esasperato “Oddio che c'è ancora? Avanti”.

“Sofia, aspetta un attimo qua, voglio parlarci da sola” La sorella annui facendogli cenno di entrare.

La volpe dava le spalle alla porta e dopo essersi portato il palmo sulla fronte si rivolse a chiunque avesse bussato “Spero che si tratti di un’apocalisse zombie, o di una guerra nucleare, in caso contrario non ho tempo per niente”.

“Ciao Nick”.

All'udire quella voce le orecchie della volpe guizzarono all'insù, girò la testa quel tanto che bastava per vedere la coniglietta sulla soglia della porta, puntò le zampe sul bordo della scrivania e dopo aver allontanato la sedia con uno scatto scese, gli andò davanti e gli posò una zampa sulla testa.

“Sono contento di vedere che stai bene, ma avrei preferito che te ne fossi rimasta a casa tua, che sei venuta a fare qui?”.

“Volevo vederti, so di aver sbagliato a non dirti tutto subito, ma devo parlarti di una cosa, è importante”.

Probabilmente anche a causa di tutto lo stress che il lavoro gli scaricava addosso in quei giorni, Nick pensò subito che la questione importante riguardasse la sera che i due avevano passato a letto, con le possibili conseguenze, si sentì il sangue raggelare ed era convinto di essere sbiancato, un solo pensiero si fece largo nella sua testa “Merda merda merda, sono fottuto, tra l'altro lei è un coniglio, come minimo saranno da quattro a dieci, stavolta Jessica mi uccide davvero”.

Judy continuava a fissarlo non capendo per nulla l'espressione sconvolta della volpe “Sei sicuro di stare bene?”.

“NO” Urlò sconvolto Nick “Come potrei stare bene dopo aver saputo una cosa del genere?”.

La coniglietta chinò il capo, le orecchie, che fino a quel momento erano sempre state dritte, gli si afflosciarono dietro alla testa “Allora Jessica te lo ha detto, vuol dire che non mi ritieni in grado di riuscirci?”.

“Aspetta, cosa?” Per un attimo le preoccupazioni di Nick vennero meno, cosa centrava la sua fidanzata? E soprattutto a cosa cavolo si riferiva la coniglia?

“Questo” Dicendolo gli porse il modulo d'iscrizione all'accademia di polizia già completamente compilato “Volevo chiederti un consiglio su cosa fare, ma a quanto pare non mi ritieni all'altezza, in fondo non lo credevo nemmeno io”.





Nel frattempo una lepre varcò la soglia della centrale andando verso Clawhauser “Ciao Ben, Nick è in ufficio?”.

“Si, devo dire che stamattina è molto ricercato” Poi distolse lo sguardo dal suo viso per portarlo verso la pancia della ex-collega “Come vanno le cose lì sotto?”.

“Va tutto bene, dovrebbero mancare tre settimane e ho una paura fottuta”.

Benjamin se la rise di gusto guardando il viso non proprio soddisfatto di Jessica davanti a questa reazione “Bè, che c'è adesso da ridere?”.

“Scusa, ma detto da te, non hai avuto paura di una mitragliatrice calibro .50 puntata sul muso, che dovrei fare?”.

“La situazione è decisamente diversa, a quel terrorista potevo sparargli”.

Detto questo cominciò ad incamminarsi verso l'ufficio quando si voltò verso il ghepardo “Ah si, ho trovato la testimone per me, sarai affiancato da una bella coniglietta il giorno delle nozze”.

“Una conigl... ok adesso ho capito tutto”.

“Che vuoi dire?” In quel momento arrivò una chiamata alla postazione del ghepardo che si limitò a salutarla con un gesto della zampa invitandola allo stesso tempo a dirigersi verso l'ufficio, non ci volle molto perché capisse cosa volesse dire, davanti la porta di Nick vide Sofia che aspettava il momento di entrare, Jessica le si avvicino con sguardo serio e braccia incrociate.

“Che succede? Non ti fanno entrare perché non sei la benvenuta?” La coniglia inizialmente guardò male la sua interlocutrice, per poi rendersi conto che erano le esatte parole che lei le aveva detto quando era venuta a casa sua in cerca di Judy tre giorni prima, probabilmente se lo meritava.

“Io...scusami, mi sono comportata come una stupida, mi dispiace” La lepre la osservava sempre seria, sembrava davvero dispiaciuta “Va bene, scuse accettate, Judy è dentro?”.

“Si, da circa cinque min...” Venne interrotta dalle urla della sorella da dentro l'ufficio.

“E SECONDO TE IN UN CASO DEL GENERE NON MI FAREI SENTIRE PER TRE MESI? SEI UN PAZZO”.

Le due leporidi si fissarono negli occhi e senza dirsi una parola decisero di aprire la porta e capire cosa stesse succedendo lì dentro.






Note
Finalmente ce l'ho fatta a finirlo, tra impegni di lavoro e bronchite che mi ha massacrato per una settimana non son riuscito a fare niente.

Alla prossima
Davide

1516 parole

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Capitolo 13
*** 13 - Fraintendimenti, menzogne e minacce ***


Nick prese il foglio dalle zampe della coniglietta, era un modulo d'iscrizione all'accademia di polizia, già completamente compilato, mancava giusto la firma, al solo vederlo tirò un sospiro di sollievo.

Con sguardo deluso Judy si rivolse a lui “Sono stata una stupida anche solo a pensare di poter fare una cosa simile, col mio passato poi, scusa se ti ho fatto perdere tempo” Detto questo si girò abbattuta verso la porta e quando portò la zampa sulla maniglia per andarsene si sentì fermare per la spalla.

“No aspetta, hai frainteso, come me d'altronde, non mi riferivo a questo” Disse agitando il foglio.

“E allora di cosa parlavi? Non ti ho detto niente, cosa puoi aver frainteso?”.

Nick deglutì, non era sicuro che dirlo fosse la cosa giusta, ma ormai la frittata era fatta e doveva dare una spiegazione “Io...ecco ho temuto che dopo quella notte...prima di andare in ospedale...avevo paura di...averti messa...incinta”.

Silenzio, quello che Nick senti per svariati secondi, che a lui parvero infiniti, era solo silenzio, nel frattempo le piccole zampette di Judy si stringevano a pugno, lo stupore sul suo muso nel vedere la volpe in difficoltà ad esprimersi mutò presto in uno sguardo ben diverso, più arrabbiato, e dopo aver preso un respiro profondo lasciò andare i pensieri che la frase della volpe gli aveva provocato, urlando.

“E SECONDO TE IN UN CASO DEL GENERE NON MI FAREI SENTIRE PER TRE MESI? SEI UN PAZZO”.

Dopo qualche secondo entrarono sia Sofia che Jessica, allarmate dalle urla della coniglia.

“Che succede? Tutto a posto?”.

Judy, dopo essersi voltata verso la lepre incinta, decise di darsi una calmata, era entrata anche sua sorella e l'ultima cosa che voleva era che venisse a sapere di quello che c'era stato tra lei e Nick.

“Scusate, colpa mia, mi sono irritata per una sciocchezza, non è successo niente”.

Jessica passò lo sguardo da Judy a Nick, vide che aveva ancora tra le zampe il modulo che aveva dato alla coniglia qualche giorno prima già compilato “Non avevi bisogno di venire fin qua, lo potevi spedire, ti avrebbero chiamato loro”.

“Io...sono venuta per un altro motivo, non sono sicura di cosa fare e...” Le parole le si bloccarono in gola, temendo che la risposta che gli sarebbe stata data non fosse quella che voleva sentirsi dire.

“Vuoi sapere cosa ne pensa Nick?”.

La coniglia annuì voltandosi verso Nick che osservava il foglio “Bè coniglietta, c'è poco da dire, io non so se fa o meno per te, ma una cosa è certa, se non provi non lo saprai mai e se anche riuscirai a superare il corso nessuno ti obbligherà a continuare, sarà dura e dovrai faticare parecchio per reggere l'addestramento, la scelta è solo tua” Detto questo le porse il foglio, Sofia osservava la sorella prenderlo e rileggerlo svariate volte, pensando se effettivamente era quello che voleva, dopo diversi attimi di riflessione decise di mettere la firma, ultima cosa mancante per completare la richiesta, fatto ciò si rivolse proprio a lei.

“Adesso devo dirlo ai nostri genitori, sarà un'impresa allucinante, lo so già”.

Sofia guardò la sorella, non sarebbe stato facile convincerli, ma se lei l'avesse aiutata magari in due ci sarebbero riuscite, non l'aveva abbandonata con Gideon tredici anni prima e non l'avrebbe fatto ora coi due conigli più cocciuti di Bunnyburrow “Domani li chiamiamo e gli parliamo assieme, io ti sosterrò, come sempre”.

Dopo essersi abbracciate la coniglia disabile buttò l'occhio all'orologio a muro nell'ufficio “Cazzo è tardissimo, devo andare al lavoro” Poi uscendo dalla stanza si rivolse nuovamente a Judy “Queste sono le chiavi e indirizzo del mio appartamento qua in città, ci vediamo stasera ciaooo” Judy osservava la sorella uscire in fretta e furia dalla hall della centrale, per poi sparire attraverso la porta d'ingresso.

“Bene piccolina, magari tra qualche mese avremo il nostro primo coniglio poliziotto” Nick si chinò per arrivare alla sua altezza mentre diceva questa frase.

Jessica che fino a quel momento era rimasta in disparte si fece avanti “Piccolina? Quindi hai già scelto un soprannome anche per lei? Pensavo l'avresti chiamata carotina 2, o magari nanetta, visto che non arriva alla tua altezza nemmeno con le orecchie dritte ahahahah”.

“Ehi, io sono ancora qui” Disse Judy indispettita “E poi perché ti chiama Carotina?”.

“Oh, una vecchia storia” disse Nick cercando poi di spiegarsi meglio “Sai com'è, conigli, lepri, carote, mi serviva un nomignolo per prenderla in giro appena ci siamo conosciuti” Nick a quel punto tornò serio e decise che era ora di fare una domanda che lo assillava da troppo tempo.

“Judy” La coniglia visto il cambio di umore tornò seria a sua volta e ascoltò quello che aveva da dire “Ricordi cosa ti dissi quando eri ammanettata al termo di casa mia?”.

“Mi hai detto parecchie cose, a che ti riferisci?”.

“Ti dissi che secondo me qualcuno ti ha obbligato o comunque spinto ad entrare in casa mia, voglio sapere chi”.

Judy si fermò un secondo a riflettere, poi un altro ancora, quando anche il terzo stava per passare diede la sua risposta “Duke...Duke Donnolesi, mi disse che se lo avessi fatto avrebbe smesso di pestarmi ogni volta che mi vedeva”.

“Cosa cercava? Voleva qualcosa in particolare?”.

“Cercava delle prove che lo incriminavano, non mi ha detto di cosa anche se immagino, con quello che ha fatto a me”.

Nick e Jessica si fissarono per un attimo poi lui disse “Non ho mai avuto nulla del genere in casa mia, se ci fossero state delle prove sarebbero state in centrale, comunque il problema è risolto, Duke non è più incriminabile”.

“Lo so, l'ho letto sui giornali” Poi sventolando il foglio aggiunse “Dove devo portarlo questo?”.

La lepre allungò la zampa verso di lei “Dallo a me, fintanto che sono in maternità ho tutto il tempo che voglio, lo porto all'accademia oggi stesso, ti chiameranno loro” Prese il foglio e dopo averlo piegato lo mise nella borsa.

“Grazie, adesso vado in negozio da mia sorella, devo pensare a che dire ai miei” Dopo aver salutato la coniglietta ed essersi assicurati che avesse lasciato la centrale la coppia si guardò fissa negli occhi.

“Nick...lei...”.

“Lo so” Interruppe lui “Ci ha mentito, anche se avesse risposto senza esitare quella motivazione non stava né in cielo né in terra, pensi che abbia mentito anche sul resto? Per quanto riguarda Duke dico”.

“NO” La risposta della lepre arrivò decisa, poi il suo muso si contornò con un ghigno che Nick non vedeva da mesi, che non avrebbe mai più voluto vedere “Quando gli stavo spezzando le ossa ha confessato tutto, riguardo quello che ha fatto a lei, frignava e si lamentava, quel bastardo mi implorava di risparmiarlo”.

Da quando la compagna aveva lasciato la polizia era sicuro di aver visto un miglioramento in lei, ma ora si rese conto che aveva solo celato il sadismo che di tanto in tanto manifestava contro quei mammiferi che lei riteneva non meritassero nient'altro che la stessa violenza che erano soliti usare sugl'altri.

Vedendo la volpe preoccuparsi per quella frase capì di aver esagerato “Scusa Nick, so che ti turba sentirmi parlare così, ma quando sento certe cose...”.

“Non preoccuparti, adesso abbiamo altri problemi, voglio sapere perché ci ha mentito”.

“Vuoi che la segua?” Chiese lei.

“No, non devo essere io a ricordarti le tue condizioni, porta il modulo all'accademia e poi vai a casa, ci penso io ad indagare, mi ha già infastidito abbastanza sapere che sei andata fino a Bunnyburrow senza dirmi niente, non ho nulla in contrario a riguardo, ma almeno lo voglio sapere se ti trovi a quattrocento chilometri da me”.

“Scusa, hai ragione, fammi sapere cosa scopri, in base a quello deciderò”.

“Cosa devi decidere?”.

“Gli ho chiesto di farmi da testimone alle nozze, voglio saperlo se posso fidarmi”.

“Appena scopro qualcosa ti dico tutto, adesso vai, ho parecchio da fare”.





Nel frattempo mentre Judy usciva dalla centrale, una voce a lei fin troppo famigliare la fece fermare di colpo “Hopps, sei tornata in città, appena in tempo direi, mi potresti tornare di nuovo utile”.

La coniglia si volse verso di lui con uno sguardo che mostrava solo disprezzo verso quel mammifero che l'aveva obbligata a mentire nuovamente “Non farò più nulla per te, mi hai già rovinato a sufficienza la vita, e comunque faccio schifo a mentire, dubito che abbiano creduto alla storia di Duke, lasciami in pace” Detto questo si voltò e ricominciò a camminare.

“Ok, va bene, vorrà dire che la sedia a rotelle sarà l'ultimo dei problemi di tua sorella”.

Judy si ritrovò nuovamente ad essere immobile, fissando quel rivoltante coniglio che per la seconda volta minacciava di fare del male alle persone che lei amava per ottenere qualcosa, chinò il capo sconfitta “Che vuoi che faccia?”.

“Per ora niente di particolare, vai all'accademia e supera il corso, quando sarai un poliziotto a tutti gli effetti mi rifarò vivo”.





Poco più tardi all'accademia di Zootropolis un'orsa polare osservava il foglio compilato “Una coniglietta è? Sarebbe la prima volta che mi capita, per me non durerà nemmeno una settimana”.

“Ci vada pure pesante con lei, non può fargli altro che bene”.

“A quanto pare non mi conosci, io ci vado sempre pesante, mi ripeti come ti chiami?”.

La lepre sbuffò, non gli piaceva ripetersi, specialmente per cose così importanti “Jessica Schrader, hai capito cosa devi fare o devo ripeterti anche quello?”.

L'orsa guardò male la leporide e non sapendo di quale agenzia governativa o qualsiasi altra cosa fosse il distintivo che le aveva mostrato appena entrata decise di andarci cauta “Ho capito benissimo, chiunque chiedesse di te devo dirgli che hai fatto l'accademia cinque anni fa, passandola più che ottimamente”.

Ormai la lepre era passata a dare del lei direttamente alle minacce “Bene, e ricordati questo, se Nick o Judy vengono a sapere che non ho mai fatto l'accademia di polizia, se mi fai saltare cinque anni di copertura e così facendo li metti in pericolo, sei finita, nessuna seconda possibilità, nessun posto dove nascondersi, sei morta” Detto questo uscì dalla porta e si avviò verso l'auto, nonostante odiasse minacciare la gente onesta, ora era necessario, sapeva benissimo cosa sarebbe successo a Nick e Judy se avessero scoperto la verità su di lei, non poteva permetterlo.



Note
Qua praticamente è tutto un dialogo, l'ho letto e riletto e più di così non riesco a fare, spero non ci siano omicidi dell'italiano, in caso fatemi sapere.
Alla prossima
Davide

1704 parole

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Capitolo 14
*** 14 - Inizio dell'addestramento ***


“Ascoltate cadetti, Zootropolis ha dodici diversi ecosistemi all'interno dei suoi confini. Tundratown, Piazza Sahara, Distretto Foresta Pluviale ed altri che non sto qua ad elencarvi. Il mio compito è preparavi a sopravvivere in questi ecosistemi, vi trasformerò dagli inutili scarti che siete a dei veri poliziotti. Quest'anno siete tanti, vi assicuro che tra una settimana la metà di voi se ne sarà già andata fuori dalle palle” L'orsa polare, che a quanto pare si chiamava Trudy Campbell, sovrastava Judy fissandola per tutta la durata del discorso, quasi si stesse rivolgendo solo a lei, specialmente per la parte finale.

“Se pensi di farmi paura ti sbagli di grosso”.

“Se pensate che voglio mettervi paura, bè vi sbagliate di grosso, questo è niente in confronto a quello che vi farò passare”.

“Ecco, appunto”.

“Ho intenzione di massacrarvi, sia fisicamente che mentalmente e in qualsiasi altro modo possibile e immaginabile, con me le mezze seghe e fannulloni non durano neppure una settimana”.

A quanto pare Judy Hopps non rientrava in quelle categorie, dopo due settimane era ancora lì, al contrario di molti mammiferi che si erano arresi alle massacranti esercitazioni a cui l'orsa polare sottoponeva tutte le sue reclute, per i primi sette giorni non avevano fatto altro che correre, correre e correre, e quando finalmente ci si fermava arrivava il momento di strisciare nel fango in una sorta di trincea, molte volte la coniglietta era convinta che l'avessero reclutata nell'esercito.

La seconda settimana era tutta un'altra storia, cominciarono gli addestramenti nelle riproduzioni dei vari habitat di Zootropolis, e fu lì che la coniglietta rimpianse gli addestramenti massacranti fatti fino al giorno prima, sette giorni di continui fallimenti, in cui l'unica cosa che sentiva erano i continui insulti del suo istruttore.

“Sei morta”.
“Tornatene a casa”.
“Sei una vergogna per i veri poliziotti”.
“Ancora un fallimento e ti butto fuori a calci nel culo”.

Ormai Judy si era arresa al fatto che non sarebbe mai diventata nulla più che una coltivatrice di carote, dopo anni passati a fare una vita da miserabile, rubando i portafogli alla gente onesta, era già tanto.

Gli rimaneva l'ultima prova negli habitat da fare, decise almeno di portare a termine quello che aveva iniziato, prima di essere buttata fuori.

“Questo addestramento servirà a farvi capire come muovervi se opererete a Downtown o comunque in zone urbane, dovrete fare irruzione dentro agli edifici e trovare gli ostaggi, che saranno interpretati dai qui presenti” Dicendo questo indicò tre lontre che lavoravano all'accademia e si erano offerti volontari per la prova “Entrerete a gruppi di tre, sarete disarmati, io e altri due agenti esperti vi daremo la caccia, la prova finisce quando troverete gli ostaggi oppure quando anche l'ultimo del gruppo viene catturato”.

L'orsa polare osservava i suoi cadetti, facendosi già un'idea su chi sarebbe passato e chi avrebbe fallito miseramente, non avendo dubbi riguardo la coniglietta.

“La prova si terrà domattina alle sette, adesso andate” Judy non ebbe nemmeno il tempo di girarsi che venne subito chiamata “Hopps, tu no, seguimi”.

Cominciò a pensare che non avrebbe avuto neppure la possibilità di provare quell'ultimo tentativo, d'altronde finora era stata un fallimento su tutti i fronti, l'orsa si avvicinò al suo ufficio e dopo aver aperto le fece cenno di entrare, appena varcata la soglia sentì la porta chiudersi dietro di lei, si voltò notando che lei era rimasta fuori.

“Allora piccolina, come va?”.

Riconobbe subito quella voce, ancora prima di voltarsi a guardare il mammifero nell'ufficio assieme a lei “Nick, che ci fai qui?”.

“Sono qui per due motivi, il primo è che volevo vedere i tuoi progressi e sapere come va”.

“Non ci sono progressi da vedere” La voce era carica di frustrazione “Sono un completo fallimento, non ho mai avuto nessuna possibilità, è stato un errore venire qua”.

Nick la fissò serio per qualche secondo, poi le sorrise “Non dire così, si tratta solo di volerlo, e so che quello era il tuo sogno, dimmi un po’ lo senti ancora tale?”.

“Io non lo so” Rispose lei senza cambiare il tono “Sapevo che sarebbe stato difficile, ma così...non è un lavoro adatto ad un coniglio”.

Nick si avvicinò e gli posò una zampa sulla testolina “Vallo a dire a Jessica, lei è molto più in gamba di me, e non provare a controbattere dicendo che è una lepre, non c'è alcuna differenza”.

“Ok” Disse lei mettendo un sorriso forzato sul muso “Andrò avanti fino in fondo e vada come vada, almeno saprò di avercela messa tutta”.

“Brava, così ti voglio, adesso va a farti una doccia e cambiati, ti aspetto in auto”.

La coniglietta rimase perplessa da quell'affermazione “Aspetta, che vuoi dire? Dove andiamo? Non posso...”.

Venne zittita dalla zampa della volpe posata sul suo musino “Sta calma, ho già parlato con la tua istruttrice, gli ho detto che ti avrei riportato qua domattina in tempo per l'addestramento”.

“Ok, ma dove andiamo?”.

“Sorpresa, e adesso muoviti, ti aspetto fuori”.

Dopo più o meno venti minuti partirono con l'auto di Nick, nonostante le continue richieste di spiegazioni la volpe non ne volle sapere di dirle qualcosa, anche se qualche sospetto cominciava ad insinuarsi nella sua testolina, conosceva benissimo quelle strade che stavano percorrendo, le aveva viste fin troppe volte per i suoi gusti.

“Stiamo andando all'ospedale”.

“Coniglietta acuta” Si limitò a dirgli sorridendo, mettendola sempre più in confusione riguardo il motivo del loro andare lì, gli aveva detto che era una sorpresa, quindi nulla di grave, ed era sicura che alla sua compagna mancasse almeno una settimana buona per partorire, decise di smettere di fare il terzo grado alla volpe, qualunque cosa fosse l'avrebbe scoperto tra poco, erano arrivati.

Mentre camminavano per i corridoi dell'ospedale Nick le rivolse una domanda che in quel momento non si aspettava “Com'è andata coi tuoi? Intendo quando gli hai detto della tua scelta di fare l'accademia di polizia”.

Judy si fermò per un secondo a quella domanda inaspettata per poi sorridere “A parte mia madre che è svenuta, mio padre che a momenti mi rinchiudeva in camera per tempi indefiniti e i miei fratelli e sorelle che hanno fatto una standing ovation degna degli ultras dei Zootropolis Abes quando sono ubriachi marci, direi tutto ok” Nick già s'immaginava centinaia di conigli scatenati che intonavano cori da stadio alla dichiarazione della sorella, con tanto di fumogeni e vuvuzela, poi i suoi pensieri vennero interrotti proprio da lei che continuò tornando con un tono serio “È stata dura, ma io avevo un potente alleato dalla mia, Sofia mi ha sostenuto per tutto il tempo, arrivando a minacciarli di non tornare più a casa se non mi avessero lasciata libera di fare le mie scelte”.

“Tua sorella ti vuole veramente bene, non è facile dire una cosa del genere hai propri genitori, specialmente per voi coniglietti, che a parer mio siete fin troppo emotivi, comunque siamo arrivati” Dicendo così le indicò una porta, parlando con la volpe non si era nemmeno resa conti in che reparto dell'ospedale l'avesse condotta “Dopo di lei madame”.

Judy aprì la porta e la prima cosa che vide fu proprio Jessica seduta sul letto, la lepre teneva tra le braccia tre piccoli fagottini, lei era visibilmente stanca, non doveva essere passato molto dal parto, le si avvicinò con lo sguardo preoccupato “Io...pensavo che mancasse ancora una settimana, come stanno?”.

La lepre sorrise vedendo la preoccupazione della coniglia “Non preoccuparti, stanno bene, semplicemente si sono sviluppati più in fretta di quanto avrebbero fatto se il padre fosse stato una lepre”.

Judy osservò i cuccioli, il primo era un maschio, una lepre dal pelo arancione e qualche striatura grigia dietro la testa di nome Chris, adorabile, la seconda era una volpina, lei aveva il manto di un marroncino chiaro come la madre, si erano invertiti i colori pensò tra se e se, lei l’avevano chiamata Ashley, l'ultimo era quello che d'aspetto aveva preso di più da entrambi i genitori, anche se a vederlo era strano lo trovava comunque tenerissimo, il muso era quello tipico dei leporidi, con unica eccezione le piccole orecchie a punta, il manto era un maculato di arancio e varie tonalità di marrone, che in certi punti diventava quasi nero, a completare il tutto zampette da lepre e una folta e lunga coda, in quel momento il piccolo sbadigliò togliendo per un attimo il sorriso alla coniglia, vedere un musetto del genere munito di denti aguzzi e affilati come rasoi la lasciò per un attimo pensierosa.

“E lui è James...”.

“Complimenti sono bellissimi”.

Jessica si rese subito conto di come la coniglietta guardava i cuccioli, ricordandosi di quello che gli aveva raccontato quando era andata a Bunnyburrow, lei non poté nemmeno vederli i suoi, nonostante gli avesse mentito in centrale riguardo al perché fosse entrata in casa di Nick era certa che fosse la cosa giusta da fare, prese il leprotto e allungò le zampe verso di lei “Lo vuoi tenere in braccio un po’?”.

Judy, che non si aspettava una cosa del genere ebbe un sussulto, poi si rivolse a lei con voce bassa “Posso?”.

“Certo, solo fai attenzione”.

Lo prese con estrema delicatezza, ma al tempo stesso stando bene attenta a tenerselo stretto al petto, con una zampa cominciò ad accarezzargli dolcemente la testina, era abbastanza piccolo da riuscire a tenerlo con una mano sola, il cucciolo per istinto afferrò l’indice di Judy, cingendolo con le zampette, Nick notò immediatamente il cambio di umore nella coniglietta, gli occhi le si fecero sempre più umidi e sembrava che trattenesse a stento le lacrime, lui non era a conoscenza di quello che gli era capitato e non capì il motivo di quel comportamento, ok emotivi ma qua si stava esagerando.

“Judy, tutto ok?”.

Al sentirsi chiamare si voltò verso di lui, smise di coccolare il piccolo e con la manica si asciugò il muso da quelle poche lacrime che erano sfuggite al suo controllo “Si, si scusa, è...è tutto ok” Nick si ritrovò a pensare che per lei mentire fosse all'ordine del giorno, ma qualcosa gli diceva che qui c'era un motivo molto più personale e non poteva fare a meno di pensare che fosse anche doloroso, decise quindi di lasciare perdere, prendendo il figlio dopo che lei gli fece capire di averlo tenuto abbastanza.
Stettero a chiacchierare per altri dieci minuti, poi finito l'orario delle visite Judy salutò al lepre ed uscì dalla stanza per lasciare un po’ di privacy alla coppia.

“Per essere una che non si fida devo dire che non hai esitato un secondo a fargli tenere nostro figlio”.

“Secondo te non avrei dovuto? Avevi davvero paura che gli facesse del male?”.

“Certo che no, io mi fido di lei, e comincio a pensare che ci ha mentito perché qualcuno la ricatta”.

La lepre lo guardò perplessa “Hai scoperto qualcosa?”.

“Quel giorno che è venuta in stazione, quando ho finito di lavorare ho controllato le riprese delle telecamere esterne, è stata fermata quasi subito da un coniglio, non c'era l'audio ma da quello che ho visto posso dire che non sono amici, era parecchio scossa, lo guardava con disprezzo”.

“Che aspetto ha?”.

La volpe cominciò una minuziosa descrizione “Poco più alto di lei, pelo grigio chiaro, presenta tre striature nere orizzontali sulle guance e due sulle punte delle orecchie, dal fisico direi abbastanza snello, inoltre pareva consapevole che era osservato dalle telecamere, ha cercato di essere più naturale possibile”.

Jessica dovette fare le sue per non mostrare la preoccupazione che quella descrizione le aveva messo in corpo, avendo capito perfettamente chi fosse il soggetto, decise di mentire, soprattutto per il bene di Nick e dei loro figli, sicuramente ci riuscì meglio di Judy, dato che la volpe non sospettò nulla “Questa descrizione non mi dice niente”.

“Bè, farò dei controlli, adesso riposati amore, domani dopo aver accompagnato Judy all'accademia vengo a prendervi e vi porto a casa” Dopo aver detto questo si chinò verso di lei fino a che i due musi si toccarono per poi baciarsi “A domani”.

Fuori dalla stanza lo aspettava Judy che camminava nervosa avanti e indietro.

“Ehi, che succede?”.

“Niente, non succede niente” Mentre diceva così si guardava attorno come se dovesse saltare fuori qualcuno pronto ad ucciderla da un momento all'altro, era chiaramente agitata, se non addirittura spaventata, quello che per Nick finora era solo un dubbio ora era molto più concreto, qualcuno la stava terrorizzando ed ancora una volta si sentì in dovere di aiutarla.

“È chiaro che mi stai nascondendo qualcosa, ma non m'interessa, stasera dormi da me, poi domattina ti riporto in accademia”.

“Grazie”.






Alla prossima
Davide

2087 parole

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Capitolo 15
*** 15 - Divano ***


Nick si promise di non farle domande su quale fosse il problema, almeno non al momento, ma una piccola curiosità se la voleva togliere “Io devo farti una domanda, ma non vorrei risultare troppo invadente, non rispondermi se non vuoi”.

La coniglietta si volse verso di lui con sguardo confuso, dopo poco cambiò espressione, avendo intuito a cosa si riferiva “Vuoi sapere perché ho avuto quella reazione quando ho preso il tuo piccolo?”.

“So che voi coniglietti siete emotivi, ma ti stavi per mettere a piangere, e non erano lacrime di gioia, ma te lo ripeto, non sei costretta a...”.

“Quindi Jessica non ti ha detto nulla? Gli ho raccontato tutto quando è venuta da me, a Bunnyburrow”.

“Lei è molto riservata quando si tratta di problemi altrui, senza il tuo consenso non parlerebbe neppure sotto tortura”.

Judy sorrise dopo questa frase “Non ce ne sarà bisogno, il tutto risale a dodici anni fa, quando..” A questo punto la voce gli si smorzò in gola, ricordare certi momenti, quello in particolare, gli faceva venire gli incubi la notte “...quando Duke mi stuprò la prima volta, dopo due giorni in ospedale mi dissero che ero incinta di dieci cuccioli”.

Nick rabbrividì sentendo questo, per quanto lo trovasse sbagliato cominciava a capire perché la compagna lo avesse massacrato in quel modo “Aspetta, hai detto DIECI?”.

“Si, nonostante siamo simili, i conigli sono molto più prolifici delle lepri, io ho duecentosettantacinque fratelli e sorelle, anzi, quando avevo nove anni era così, ora sono aumentati”.

Nick annuì, lo aveva sentito dire che partorivano parecchi cuccioli al colpo, ma non immaginava così tanto “Li hai lasciati all'ospedale?”.

Dopo un attimo di silenzio si limitò a scuotere la testa, mentre una lacrima gli rigò il volto.

“Scusami, io...non avrei dovuto...”.

“Non scusarti, ormai è acqua passata”.

Decise di chiudere lì il discorso, si era capito benissimo come sarebbe finito, per tutto il resto del viaggio stettero entrambi in silenzio.

Appena arrivati a casa Judy notò subito che la volpe aveva sostituito la porta d'ingresso con una blindata, decisamente più robusta di quella di legno che aveva prima, una volta entrati vide pure il sistema d'allarme alle finestre, che aveva provveduto a disattivare tramite un tastierino.

Nick se ne accorse, dando spiegazioni senza che venissero chieste “L'ho fatto quando Jessica mi ha detto che era incinta, se quella sera ci fosse stato qualcuno più coraggioso di te a quest'ora sarei sotto tre metri di terra”.

“Mi stai dando della codarda?” La coniglia gli mostrò un'espressione quanto meno irritata per quell'affermazione.

“Certo che no, sciocchina, avevi il coltello dalla parte del manico, letteralmente, ma tremavi ed avevi paura di doverlo usare, giusto?”.

“L'ultima cosa che voglio è fare del male a qualcuno, a parte quel tasso, ovvio, speravo di spaventarti abbastanza da convincerti a lasciarmi andare, sono felice che non sia andata così”.

Nick si limitò ad un sorriso, poi cominciò a preparare da mangiare per entrambi.

“Per quanto riguarda domani, che prove ti sono rimaste da fare?” Judy ingoiò velocemente l'insalata che aveva in bocca bevendoci dietro un bicchiere d'acqua per poi rispondere alla volpe.

“Habitat urbano, poi se lo passo credo ci sia il tiro al bersaglio, ma...non vedo speranza di riuscita”.

“Non dire così, ce la puoi fare, devi solo volerlo, comunque per la prova di domani dovrai fare molto di più, dovrai collaborare con chi ti metteranno assieme, sarete in tre, dovrete fare lavoro di squadra per riuscire ad arrivare in fondo, la Campbell e i suoi lupi vi daranno la caccia senza tregua, finché non arriverete al traguardo oppure sarete catturati tutti”.

“Mi vedono tutti come un fardello, nessuno vorrà fare squadra con me”.

“Fortunatamente questo non dipende né da te ne dà loro, sarà l'orsa a fare le squadre, e non abbatterti se non riesci, è una prova che falliscono il 90% dei cadetti”.

“E tu ci sei riuscito?.”

“Certo che no, non sono così in gamba da rientrare in quel 10%, e nemmeno Jessica, anche se ho fallito per un pelo, mi hanno catturato mentre aprivo la porta con dietro gli ostaggi”.

“Ma quindi che senso ha la prova?” Era parecchio confusa dopo questa rivelazione.

“Bè, oltre a l'orsa polare ci saranno anche i sui lupi migliori a darvi la caccia, il loro fiuto è strabiliante, verrà valutato soprattutto il tempo che riuscirete a non farvi trovare, dovrai nasconderti e stare attenta a qualsiasi movimento e rumore che farai, se poi riuscirai ad individuare gli ostaggi e raggiungerli sarà fatta”.

La coniglietta annuì, poi portandosi una zampa davanti al muso sbadigliò “Scusa, sono stanca morta”.

“Si anch'io, meglio andare a dormire, ci dobbiamo alzare presto, ai piatti ci penserò domani” Detto questo si avviò verso la camera seguito dalla coniglia, appena varcata la soglia le sue orecchie guizzarono all'insù per poi afflosciarsi subito dopo sulla schiena, i due letti singoli erano spariti, sostituiti da uno matrimoniale, decisamente più comodo per una coppia, senza dire nulla si voltò prendendo il corridoio che portava in sala, Nick se ne accorse.

“Dove vai?”.

“Sul divano” Lo disse come se fosse una cosa ovvia, quasi si aspettasse che lui stesso glie lo intimasse da lì a poco.

“È no cara, l'ultima volta che ci hai dormito sopra avevi il sonno parecchio agitato, me lo hai quasi sfondato dalla violenza dei calci che tiravi, il letto andrà più che bene, finché starai nella tua metà” La parte finale della frase l'aveva scandita in particolar modo, come a far capire che non sarebbe finita come l'ultima volta.

Dopo essersi avvicinata titubante al letto ci salì sopra e s'infilò sotto le coperte, posizionandosi su un fianco in modo da dare le spalle alla volpe, ricordava perfettamente bene quella sera, quando si ritrovò quasi ad obbligare Nick a fare sesso, non era certo stata la sua prima volta, ma se non altro era stata una sua scelta, senza che si abusasse di lei.

Si rese conto solo quando fu sotto le coperte che avere Nick così vicino era terribilmente rischioso, se fino a qualche mese prima lui non provava nulla di più che amicizia verso la lepre in coma ora la situazione era ben diversa, si amavano, erano in procinto di sposarsi e avevano dei cuccioli, sentiva l'odore di Nick dappertutto su quel letto, doveva immediatamente fare qualcosa o avrebbe finito per dare di matto, scese dal letto e dopo aver preso il cuscino si avvicinò alla porta.

“Ehi, dove vai?”.

Ci si fermò appena davanti, rivolgendosi a lui con un filo di voce, prima di uscire dalla stanza tirandosela dietro “Vado sul divano, sarà anche scomodo, ma almeno riuscirò a dormire”.

Una volta fuori Nick fece un sorriso “Coniglietta vogliosa”.





“Molto bene cadetti, adesso farò cinque squadre da tre elementi, avrete come obbiettivo trovare i qui presenti, che ora si andranno a nascondere a loro discrezione, neppure io e i miei collaboratori sapremo dove sono”.

Detto questo tre lontre si avviarono verso gli edifici che formavano una piccola riproduzione di un isolato di Savana Centrale, gli edifici, che un tempo probabilmente facevano parte degli uffici dell'accademia, erano cadenti e logorati dagli anni, affiancati da alcuni più nuovi costruiti appositamente per quel tipo di prova.

Judy si voltò verso gli altri cadetti, a parte un paio che l'avevano presa in simpatia, non era benvoluta dagli altri che la vedevano come una fallita, un peso da portarsi dietro e che sicuramente avrebbe compromesso le possibilità di riuscita della squadra.

L'orsa iniziò a dire i nomi del primo gruppo, gli unici due con cui aveva rapporti quasi normali erano andati, poteva solo sperare di non beccarsi Siegward e Wyler, il lupo e l'orso polare in questione non avevano fatto altro che darle fastidio da quando era arrivata in accademia, insultandola e facendogli pesare ogni volta che non riusciva a fare un determinato esercizio, non mancando di darle spintoni senza motivo e farle notare quanto fosse insulsa l'idea che una coniglietta potesse anche solo sperare di diventare un poliziotto, ormai tutti sapevano che i due l'avevano presa di mira, sarebbe stato folle metterli assieme.

“Siegward, Wyler e Hopps, quarto gruppo”.

“Grazie mille, bastarda, se volevi buttarmi fuori, ci sei riuscita in pieno” Mentre pensava questo Judy si voltò verso i suoi due compagni di squadra, l'orso la guardava schifato alla sola idea di dipendere da lei mentre il lupo con un leggero ghigno sul muso sussurrò qualcosa all'orecchio del compagno, stando ben attento a non farsi sentire dalla coniglietta.

“Che culo, è la nostra occasione, useremo la fallita per passare il test e contemporaneamente la faremo buttare fuori, non poteva andare meglio”.





Alla prossima
Davide

1430 parole

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Capitolo 16
*** 16 - Fine dell'addestramento? ***


Il risveglio a casa di Nick non era stato decisamente dei migliori, Judy non diceva una parola e lui, pensando di averla turbata in qualche modo la sera prima, non si azzardava a chiedere spiegazioni, solo quando furono in auto, accorgendosi che la volpe era stranamente silenziosa, si decise a parlare, capendo quanto fosse strano quel comportamento ai suoi occhi.

“Non è nulla che hai fatto tu, semplicemente oggi non è un giorno che mi piace ricordare”.

“Ok” Il messaggio era chiaro, non chiedere spiegazioni, se voglio te le dò io.

“Con oggi sono passati esattamente tredici anni”.

“Da quando tua sorella è stata attaccata da quella volpe?”.

Judy annuì, tenendo sempre lo sguardo basso “Lei voleva impedirmi di fare una sciocchezza e alla fine è l'unica che ci ha rimesso, per un sogno stupido che non era neppure il suo”.

“Devi smetterla di darti la colpa di tutto, sono passati parecchi anni e nessuno ti ritiene responsabile, men che meno tua sorella”.

“Ma...”.

“Niente ma, Sofia crede in te, ti ha aiutato a convincere i tuoi che volevi fare l'accademia, se oggi intraprenderai la prova pensando di essere la responsabile di tutti i mali del mondo non la passerai mai, e sarebbe stato tutto inutile, è questo che vuoi?”.

La coniglietta si voltò verso di lui senza però avere modo di rispondergli, dato che in quel momento Nick accostò.

“Sei arrivata, adesso piantala di frignare e comportati da adulta, la prossima volta che ci sentiamo voglio sentire che hai passato il test, chiaro?”.

Con rinnovato entusiasmo la coniglietta scese dall'auto e dopo essersi avvicinata al finestrino abbassato disse alla volpe “Hai ragione, ci metterò tutta me stessa, grazie Nick”.

Ricambiato il saluto lei si girò ed entrò nell'edificio principale dell'accademia, Nick spense il motore, era ancora presto per portare a casa Jessica e i piccoli, lo avevano avvisato che prima delle dieci non se ne parlava, per cui non attese oltre, prese il telefono e fece scorrere la rubrica, cercando un nome in particolare, una volta trovato fece partire la chiamata.

“Ciao Rodney, hai tempo? Devo parlarti di una cosa”.





Il sonno della lepre venne interrotto da un pianto continuo, voltandosi verso la porta della stanza vide un'infermiera entrare con in braccio il suo cucciolo, il leprotto dal pelo arancione strillava come un'aquila. “A quanto pare Chris vuole la mamma”.

L'infermiera, una lontra, si avvicinò al letto porgendo il cucciolo a sua madre “Probabilmente ha fame, so che il suo compagno deve venire a prendervi, vuole che le porto qua anche gli altri due?”.

“Si grazie, lui dovrebbe arrivare da un momento all'altro”.

Il piccolino strillava con una tale foga che Jessica si chiese come fosse possibile che un esserino così piccolo, che gli stava comodamente su una mano, potesse fare tutto quel casino, la volpina invece, Ashley, era tutto un altro discorso, non aveva fiatato minimamente, in compenso essendo grande quasi il doppio rispetto ai suoi due fratelli, aveva fatto urlare la madre, al momento del parto.

Dopo qualche minuto la porta si aprì ed entrò Nick con gli altri due figli in braccio, doveva aver incrociato l'infermiera nel corridoio, fissando la compagna con uno sguardo che sembrava quasi arrabbiato “Bene, adesso voglio delle spiegazioni”.

La lepre, che non riusciva a capire cosa non andasse, si mostrò preoccupata da quella domanda “C...che vuoi dire? Che è successo?”.

“Secondo te? Non ti posso lasciare sola una notte che subito ti ritrovo con un leprotto attaccato alla tetta...sono geloso...ne voglio una anch'io” Lo sguardo serio di Nick mutò in un sorriso sghembo.

Jessica rimase per un'istante stordita da quanto successo con il dubbio di cosa sarebbe stato meglio fare, continuare a nutrire il figlio e limitarsi a un insulto o adagiarlo sul letto, col rischio di farlo piangere, per poi prendere a sberle quella volpe, per ora scelse la prima, la seconda possibilità l'avrebbe sempre potuta usare più tardi, magari a casa “Ma...ma sei un deficiente, mi hai fatta preoccupare” Dicendo questo mostrò il dito medio alla volpe.

Nick fece spallucce mentre si apprestava a posare gli altri due cuccioli sul letto, vicino a lei “Con tutte le volte che mi hai fatto venire te mezzi infarti questo è il minimo, come stai amore?”.

“Sto bene, voglio andare a casa, non ne posso più del cibo dell'ospedale, appena Chris finisce mi alzo, mi hai portato qualcosa di comodo da mettermi?”.

La volpe porse una borsa contenente i vestiti alla compagna, una semplice tuta, forse non il massimo della bellezza ma sicuramente comoda.

“Com'è andata con Judy?”.

Nick sorrise, si aspettava questa domanda, capendo benissimo quello che voleva sapere e quindi non potendo fare a meno di provocarla un poco “Vuoi sapere se abbiamo fatto sesso?”.

“Certo che no, mi fido di te, e poi lo sai benissimo che per quanto tentassi di occultare le prove io me ne accorgerei, sul serio, com'è andata?”.

Il sorriso di Nick svanì, lasciando spazio ad un 'espressione più seria “Male, mi ha raccontato della sua gravidanza, inoltre in accademia non è proprio rosa e fiori, finora ha avuto pessimi risultati, ho seri dubbi che ce la farà”.

“Ma, se ce la farà, lavorerà con te?”.

“No” La risposta di Nick arrivò fin troppo in fretta “E mi sono già assicurato con Bogo che non venga assegnata né a me né a Wolfard, troppo pericoloso per un principiante”.

Jessica stava per dire la sua ma venne subito fermata.

“Ho anche sentito Rodney, per chiedergli un favore”.

“Tuo cugino? E che razza di favore potreb...oh...”.

“Già, pensi che abbia sbagliato? Che sia un'errore?”.

“No, no” La lepre scosse la testa per poi tornare a fissare Nick sorridendo “Solo mi hai sorpreso, che fine ha fatto il Nicholas Wilde che se ne fregava di tutto e di tutti? Cavolo va bene cambiare ma tra poco non ti riconosco più”.

“È solo colpa tua, mi hai cambiato e adesso mi tieni come sono”.

In quel momento Jessica abbassò lo sguardo, il piccolo era sazio e addormentato, lo adagiò sul letto vicino gli altri due e cominciò a cambiarsi.

“Andiamo a casa, non ne posso davvero più di vedere ospedali”.

Per tutta la durata del viaggio la lepre non disse una parola, fissando i piccoli assorta nei suoi pensieri, finché non fu proprio la volpe a destarla.

“Va tutto bene? Sei silenziosa”.

“Si, tutto ok, stavo pensando a quando ci siamo conosciuti”.

Nick sorrise a ripensarci “Non si può certo dire che abbiamo iniziato col piede giusto è?”.

“Già, per nulla”.

Nick avrebbe veramente voluto starsene a casa con lei a godersi i cuccioli, ma Bogo era stato chiaro “Ti dò la mattinata libera per portarla a casa, ma all'una ti voglio qua puntuale” e d'altronde non poteva certo dargli torto, col caso che gli era stato affidato c'era poco da scherzare, arrivato in ufficio salutò Wolfard e si mise alla sua solita postazione.

“Tieni, è arrivato un fax per te” Il lupo si era avvicinato a Nick porgendogli un paio di fogli.

“Grazie” Dopo averlo preso gli diede un'occhiata svelta, erano le carte che aspettava da parte di suo cugino, dopo averle piegate le mise in una busta, che poi ripose nel cassetto.





Erano partiti da appena due minuti e già si sentivano quella dannata orsa polare alle calcagna, la zona di addestramento che riproduceva l'area urbana era molto più grande rispetto alle altre dato che comprendeva una trentina di edifici completamente agibili, Siegward che era in testa al gruppo si fermò improvvisamente, seguito poi da Wyler e Judy, il lupo annusò l'aria, cercando un indizio che potesse rivelare la posizione delle lontre che dovevano trovare, indicando poi in direzione di un palazzo di almeno cinque piani.

“Sento qualcosa la, sono nelle vicinanze”.

Si avviarono verso l'edificio, decidendo di entrare da una finestra che stava a due metri di altezza, il lupo spiccò un balzo e dopo essersi attaccato si tirò su entrando senza troppe difficoltà, l'orso non aveva nessun problema a riguardo, a lui bastò allungare di poco le zampe ed era praticamente già dentro, per Judy invece fu ben diverso, per quanto potesse saltare in alto non sarebbe mai arrivata ad un'altezza sufficiente per aggrapparsi, il momento che temeva era arrivato fin troppo presto, i suoi “compagni di squadra” l'avevano già abbandonata, rassegnata all'idea si voltò per trovare un altro modo per entrare.

“Pss, ehi coniglietta, dove vai?”.

Judy si voltò e quello che vide la lasciò di stucco, Siegward, che fino a qualche giorno prima l'avrebbe sbranata volentieri se non fosse stato che era giusto un po’ illegale, gli allungava una zampa, facendo cenno di attaccarsi per tirarla su.

“Muoviti, qua rischiamo che ci beccano” Consapevole che in effetti aveva ragione la coniglietta spiccò un balzo, afferrando la zampa del compagno, che senza alcuno sforzo la sollevò, facendola entrare dalla finestra per poi posarla a terra.

Davanti a loro ci stava una rampa di scale che portava al piano superiore “Li sento, siamo vicini, se stiamo attenti ce la possiamo fare” L'orso cominciò a salire, seguito poi dalla coniglietta e dal lupo, sempre più confusa sul comportamento di quest’ultimo.


Lupi ed orsa polare si fermarono dinnanzi l'edificio da cinque piani, uno dei due canidi cominciò ad annusare l'aria, indicando l'ingresso dell'edificio “Uno di loro è appena dietro la porta”.

Facendo meno rumore possibile si avvicinarono all'ingresso, bisbigliando per non farsi sentire.

“Chi è?”.

Il lupo annusò ulteriormente verso la porta, riconoscendo subito l'odore “Sicuramente il coniglio, ma...”.

“Cosa?”.

“...sento odore di sangue”.

Senza attendere oltre l'orsa spalancò la porta, Judy era a terra semincosciente alla base delle scale, con una profonda ferita sulla fronte e la gamba destra visibilmente rotta, uno dei due lupi gli si avvicinò, controllandone le condizioni “Non è messa bene, va portata subito in infermeria”.

L'orsa annuì per puoi rivolgersi al lupo “Pensaci tu, intanto noi due continuiamo a cercare gli altri”.

I due “cacciatori” scavalcarono Judy, proseguendo su dalle scale, mentre il lupo rimasto sollevò la coniglietta da terra, facendo attenzione a farle meno male possibile.

“Tieni duro, ti porto in infermeria, vedrai che andrà tutto bene” Proprio in quel momento si udì un suono, riconducibile ad un fischietto che lui riconobbe subito, gli altri due ce l'avevano fatta, prova superata.





“Pensavi di poterti nascondere, ma ti ho trovata e adesso ti sbrano” Detto questo Clawhauser addentò l'ultima ciambella senza pietà alcuna, ingoiando poi il tutto rischiando quasi di strozzarsi, dopo essersi salvato da una fine miserabile grazie ad un bicchiere d'acqua si sporse oltre il bancone, sentendosi chiamare.

“Oh, tu sei la sorella dell'amica di Wilde? Mmmh Sofia giusto?”.

“Si hai indovinato, senti sto cercando proprio l'agente Wilde, è in centrale?”.

“Si” Il ghepardo indicò dietro la sua postazione “Credo sia nel suo ufficio, sai già dov’è giusto?”.

“Si grazie, sei stato gentilissimo”.

Arrivata davanti l'ufficio bussò un paio di volte finché una voce gli disse di entrare.

Non appena Nick vide chi era alla porta si alzò andando verso di lei “Piccola Hopps, dimmi, che posso fare per te?”.

“Ecco..io...” La coniglietta si voltò, in direzione del lupo dall'altra parte della stanza, che in quel momento stava digitando al pc.

“Wolfard, ci lasceresti da soli un momento?”.

Il lupo si alzò dirigendosi verso la porta “Ok, ma fate in fretta, abbiamo da fare”.

“Ecco fatto, dimmi pure”.

“Io, sono venuta a chiederti scusa, l'ultima volta sono scappata senza poterlo fare e mi sentivo in colpa”.

La volpe sorrise e si chinò per arrivare alla sua altezza, ancora più bassa di quella della sorella a causa della sedia a rotelle “E per cosa mai ti dovresti scusare?”.

“Ti ho tirato un pugno in ospedale, ti ho insultato e così facendo ho insultato praticamente ogni volpe, io non sono così, ma ero arrabbiata per quello che era successo a Judy”.

“Non c'è nulla di cui tu ti debba scusare, anzi, dovrei essere io a farlo, se è finita in ospedale è solo colpa mia, ti avevo promesso che avrei badato a lei e l'avrei convinta a tornare, invece le ho voltato le spalle”.

“Ehi, guardami” Nick alzò lo sguardo, incrociandolo col suo “Io e Judy siamo molto più legate rispetto agli altri nostri fratelli e sorelle, a me dice tutto ed io ricambio”.

“Ok” Nick non riusciva a capire dove volesse arrivare.

“Mi ha raccontato tutto quello che è successo, e quando dico tutto, intendo proprio tutto”.

“Ok” Ripeté, questa con un po’ di timore per quello che sarebbe venuto dopo.

“Non m'interessa con chi va in letto, però...mi ha detto cos'ha fatto alla tua compagna, mi ha detto che l'ha quasi uccisa e che ti sei infuriato con lei per quel motivo, quindi...”.

“Non fa niente” La interruppe la volpe “Adesso Jessica sta bene, lei l'ha perdonata e pure io, alla fine è stato solo un'incidente”.

“Io ti faccio comunque le mie scuse per il mio comportamento”.

“Ed io sono più che lieto di accettarle” Dopo aver detto questo ed essere ritornato alla scrivania prese la busta che aveva riposto un attimo prima nel cassetto “Tieni”.

Dopo averla presa ed osservata per bene, constatando che si trattava di una semplice busta bianca senza scritto nulla si rivolse alla volpe “Che sarebbe?”.

“È per te, avevo intenzione di darla a tua sorella per fartela avere da lei, ma diamine, sei qua”.

Dopo averla aperta e tirato fuori i fogli, la prima cosa che gli saltò all'occhio era l'intestazione della lettera.



James Harriot Medical Center
Wyndham City



La lesse di sfuggita per poi alzare lo sguardo verso Nick “Non capisco...”.

“Mio cugino lavora li, è un ottimo chirurgo, molto esperto di lesioni al midollo spinale, gli ho detto cosa ti è capitato e, sempre se vorrai, ha detto che sarebbe felice di darti un'occhiata”.

La coniglietta non disse nulla, si limitò a continuare a fissare il foglio e proprio come sua sorella, o come tutti i conigli, il naso cominciò a tremarle, tirò un sopiro per poi rivolgersi alla volpe con voce insicura.

“Non...non funzionerà, ne ho già sentiti tanti di esperti ma...”.

“Stanno sviluppando un nuovo tipo di cura, hanno già ottenuto dei buoni risultati, io la mia parte l'ho fatta, adesso dipende solo da te”.

“Quindi...quindi potrò tornare a...”.

“Non ti voglio illudere, c'è una buona probabilità che l'intervento non riesca, e non è nemmeno sicuro di poterlo eseguire, almeno non finché non ti vede”.

“Ma, se può farlo, quante sono le probabilità che riesca?”.

Nick sapeva che quella domanda sarebbe arrivata, facendo quindi in modo di avere una risposta da dare, ma data la percentuale terribilmente bassa, era parecchio restio a comunicarle quella cifra.

“È...”.

“Lo sai vero? Dimmelo”.

“Qu...quindici per cento”.

La coniglietta, che a quanto pare era emotivamente instabile come la sorella, si ritrovò in un attimo con le lacrime agli occhi.

“No, ti prego non piangere, scusa, è solo colpa mia non avrei dovuto illuderti che...”.

“Sai...sai quante probabilità mi hanno dato gli “esperti” che ho sentito prima?”.

Lui si limitò a scuotere la testa, fissando il pavimento.

“Nessuna, e tu adesso mi stai dicendo che forse ho il quindici per cento, magari anche solo per sentirmele le gambe, non potrei chiedere di più”.

Nick alzò lo sguardo, lei stava ancora piangendo ma sorrideva “Vieni qua, stupida volpe, voglio abbracciarti”.

Nick si avvicinò per accontentarla e in un attimo si ritrovò avvolto dalle zampette della coniglietta, dopo qualche secondo il cellulare di Sofia cominciò a suonare costringendola a mollare la presa.

“Scusa, devo rispondere, Pronto? Si...si sono la sorella di...COSA È SUCCESSO?”.





Note

Insomma, questo capitolo è stata un'agonia, spero che sia venuto come vorrei.

Ringrazio infinitamente Redferne per avermi concesso l'utilizzo di Wyndham City, anche se per ora viene solo accennata, proveniente dalla sua magnifica long “The promise you made” che consiglio di leggere assolutamente.

Un grazie inoltre a chiunque legge e recensisce quello che scrivo.

Il prossimo capitolo staccherà un attimo dalla storia principale, cominciando una serie di flashback che di tanto in tanto compariranno all'interno della storia e che serviranno in futuro per comprendere meglio certe situazioni che si verranno a creare.

Alla prossima
Davide

2577 parole

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Capitolo 17
*** 17 - FLASHBACK - Una multa di troppo (Prima parte) ***


"Trecentocinquantacinque, questa città è veramente piena di delinquenti"

Nell'arco di appena due mesi Jessica era stata capace di farsi odiare da mezza Zootropolis, con la sua media di quattrocento multe giornaliere aveva attirato su di se tutta l'ira degli abitanti della metropoli, che nel giro di poche settimane avevano dato il via a vari gruppi sui social network atti ad informare eventuali trasgressori sugli spostamenti del nuovo ausiliare dalla multa facile, portando razze che fino a qualche tempo prima non potevano nemmeno vedersi senza venire alle zampe a collaborare per evitare le salatissime multe, anche plurime, della spietata lepre.

Al sessantaduesimo giorno di servizio come ausiliare si decise che era ora, quel lavoro gli stava stretto e gli impediva di svolgere al meglio il suo incarico, salita sul suo mezzo lo mise in moto per poi fermarlo quasi subito, i suoi occhi si erano posati su di un furgone, che oltre a non aver pagato il parcheggio era anche messo in modo da occuparne tre contemporaneamente, altro che multa, quello era da galera.

Si avvicinò al furgone, controllandolo più da vicino, un catorcio con nemmeno tutti i pezzi originali, la portiera del guidatore era grigia, mentre tutto il resto era rosso con disegnate sopra una volpe maschio che sorreggeva una femmina della stessa razza il tutto condito da dei fulmini "Pfff, volpi"

Nel mentre che digitava la multa una voce, piuttosto scontrosa, attirò la sua attenzione "Ehi tu che cavolo fai?"

La lepre si girò per trovarsi di fronte un fennec che gli arrivava a malapena al ginocchio, seguito da una volpe alta più o meno come lei "Il mio lavoro, sei il proprietario di quest'orrore su quattro ruote?"

"Si" Rispose con stizza la piccola volpe del deserto "E comunque come puoi chiamare orrore il mio furgone quando te sei alla guida di un triciclo, per lo più parcheggiato male, e scommetto che neppure tu hai pagato" Lei si voltò verso il suo mezzo, effettivamente pure lei si era chiesta come fosse possibile che la polizia di Zootropolis utilizzasse ancora quei catorci su tre ruote.

"Io sono esente, brutto idiota, sto facendo il mio lavoro, e adesso ti becchi una bella multa, di quelle che non ti scordi più"

"COSA..." Il fennec venne interrotto da Nick, che finora era rimasto a guardare in silenzio.

"Suvvia Finn, hai parcheggiato come un barbaro, te lo dicevo che prima o poi avresti preso una multa, adesso lasciala lavorare così poi possiamo tornare ai nostri affari" Detto questo si presentò all'agente, o almeno ci provò "Piacere, Nic..."

"Non m'interessa chi sei"

Dopo aver concluso con freddezza la conversazione strappò il biglietto dalla macchinetta che stampava le multe e lo porse al fennec.

"Trecento dollari? A cosa è dovuta questa cifra?"

"Il tuo cesso su quattro ruote occupa tre posti, quindi ti multo per tutti e tre i parcheggi non pagati, dato che si tratta di un furgone sono centocinquanta dollari, gli altri sono per le gomme, più lisce dei laghi ghiacciati di Tundratown"

Finnik era palesemente adirato, tanto che Nick dovette afferrarlo per impedirgli di saltare addosso all'agente, lei se ne accorse e dapprima fece un passo indietro al vedere il fennec avanzare verso di lei per poi rivolgersi alla volpe.

"Cerca di tenere a bada il tuo animaletto, dannate volpi, fosse per me andreste in giro con la museruola"

Nick restò allibito alle parole della lepre, parole che gli fecero tornare in mente brutti ricordi e una sensazione di rabbia che da tempo non provava.

"Ma dico, stai scherzando? Hai idea di che razza di insulto è quello?"

"Intanto non darmi del tu, anzi non mi devi proprio rivolgere la parola"

Nick fissò la lepre, sapeva che rispondergli a tono non sarebbe servito a nulla, non era neppure il tipo da mettere le zampe addosso ad un pubblico ufficiale, femmina poi, quindi abbassò lo sguardo su di un ringhiante Finnic, quando c'era da menare le mani era sempre lui a farsi avanti, lui e la sua fidata mazza da baseball, dato che in quel momento non l'aveva a portata pensò che non avrebbe potuto fare del male a quella poliziotta, al massimo si sarebbe presa un pugno e lui qualche giorno di carcere, non sarebbe certo stata la prima volta, e comunque non era un suo problema, quindi lo mollò, lasciandolo sfogare sulla lepre, sfogo che durò si e no due secondi prima che lei sfilasse il taser dalla cintura stordendo il fennec a terra.

Rimesso via l'attrezzo Jessica alzò lo sguardo verso Nick "Sei una carogna, veramente credevi che non avrei reagito?"

"Non è un problema mio, è lui che non si sa contenere"

"Bè, quando si risveglia digli che se la paga entro cinque giorni risparmia il venti per cento, anche se credo già lo sappia, sono convinta che voi viviate per commettere infrazioni" Detto questo si allontanò, montando sul suo mezzo per poi dirigersi verso la centrale di polizia.

Una volta arrivata e parcheggiato il catorcio al solito posto entrò nella hall dove Clawhauser la salutò, energico come sempre.

"Buongiorno agente Schrader, allora, abbiamo battuto il record?"

"No" Jessica si avvicinò al bancone, saltandoci sopra per parlare col ghepardo a quattrocchi "Trecentocinquantasei, anche se l'ultima varrebbe per tre, comunque non ce ne saranno altre, ho chiuso con questo lavoro"

Clawhauser si strinse il muso tra le zampe facendo un'espressione dispiaciuta "Noooo, te ne vai di già? Cavolo mi dispiace, vuoi che parlo col capo? Magari riesco a convincerlo a darti un'impiego migliore, vuoi una ciambella?"

"Cosa? No che hai capito, basta ausiliare, adesso vado su di sopra e dico a Bogo quello che penso, a proposito, lui c'è?"

"Si, ma non ti consiglio di disturbarlo ora, è parecchio scontroso per la questione dei mammiferi scomparsi"

"Non è un problema mio, e comunque, si" Concluse con un sorriso a tutto muso.

Clawhauser si guardò attorno, non capendo a cosa alludesse "S...si cosa?"

"La ciambella" Disse lei con un sorriso raggiante sul muso, tendendo una zampina in direzione del ghepardo in attesa che vi fosse depositato sopra il dolcetto.

"Maaa, a dire il vero non pensavo che mi dicevi di si"

"Non ci si tira indietro, allora? Arriva questa ciambella, oppure mi devo offendere?"

Clawhauser abbassò lo sguardo verso la scatola delle ciambelle, con estremo orrore si rese conto che ne era rimasta solo una, tra l'altro la più buona, era da quasi un'ora che non aspettava altro che mangiarsela, cosa che gli era stata impedita dalle continue chiamate che lo interrompevano sul più bello, con estrema riluttanza allungò la zampa, afferrando il donut per poi posarlo tra le zampe della lepre.

"Grazie, sei un'amore" Jessica si congedò così, cominciando a mangiare la ciambella e lasciando il ghepardo sulla soglia del pianto a guardare allontanarsi l'oggetto dei suoi sogni.

Lungo il tragitto vide passare McHorn, stava scortando una donnola in cella, tra le zampe aveva una sacca, probabilmente contenente la refurtiva, le bastò un rapido sguardo per capire cosa contenesse, era pur sempre una lepre, la sua gioventù, almeno in parte, l'aveva vissuta tra i campi dei genitori.

"Midnicampum Holicithias, scommetto che qua le scambieranno per cipolle"

Arrivata dinnanzi l'ufficio del suo superiore, e finita la ciambella, bussò e attese finchè non gli venne dato il permesso di entrare, una volta varcata la soglia fissò il bufalo, cosa che lui ricambiò, non riuscendo a capire inizialmente cosa volesse dire quello sguardo, la lepre si mise in punta dei piedi e chiuse la porta a chiave per poi dirigersi verso la scrivania del bufalo.

"Non è un pò presto?" Chiese lui, avendo finalmente capito le intenzioni della sottoposta.

"No, ti avevo avvisato, non più di due mesi, non posso svolgere il mio lavoro facendo multe, e quel caso è collegato ne sono sicura, lo hai ancora vero?"

Bogo prese un fascicolo dalla scrivania porgendolo alla lepre, che lo aprì subito, leggendo le poche informazioni contenenti.

"Emmit Otterton, lontra maschio, fioraio, indizi, testimoni e prove NIENTE? Se è uno scherzo non è per nulla divertente"

"Nessuno scherzo, è letteralmente sparito nel nulla, l'unica cosa che abbiamo è quella foto e un video di una telecamera, alla postazione di Clawhauser lo potrai vedere, e comunque, non vedo il motivo di aver fatto tutta questa sceneggiata dell'ausiliare, ho ricevuto ordini precisi di darti tutto il supporto possibile e te ne vieni fuori con..."

Senza dargli tempo di finire la frase lei saltò sulla scrivania "Ascoltami bene, non me ne frega nulla di quello che pensi, so quello che devo fare, dimmi come la mia copertura avrebbe potuto reggere se tu, Bogo, il bufalo che è risaputo non affiderebbe ad un leporide neppure il compito di pulire i cessi, mi avessi affidato fin da subito un caso, senza umiliarmi neppure un pò di fronte ai tuoi sottoposti, sarebbe stato come dire al mondo che ero tutt'altro che un agente di polizia, sai bene cosa succede se fallisco, se non trovo il mio sospetto, se Lionheart cade, sarà la fine per Zootropolis come la conosciamo"

Il bufalo emise un grugnito di dissenso per come era stato trattato "Non era questo che volevo dire"

"Allora chiudi quella bocca e limitati ad eseguire i tuoi ordini, so come operare in questo campo, a differenza di te, non ho bisogno delle tue ramanzine"

Jessica tornò alla porta e sbloccò la serratura, ma prima di aprire si voltò nuovamente verso Bogo.

"Da adesso in poi mi aspetto piena collaborazione e supporto in caso di necessità, sono stata abbastanza chiara?"

"Si" Rispose lui con stizza.

La lepre, quasi gli fosse stato rivolto un insulto si voltò verso di lui, fulminandolo con lo sguardo.

"Come scusa? Credo di non aver capito bene"

"Si...sissignore"

"Bene, vedi di non scordarti chi è che comanda qui, non vorrei mai dover informare Jack che sei poco collaborativo, lo sai cosa accadrebbe"



"Ben" Il ghepardo si voltò per vedere Jessica avvicinarsi alla sua postazione e notando subito il fascicolo nelle sue zampe.

"Ti ha dato veramente un caso? Come hai fatto? Pensavo che..."

"So essere persuasiva" Tagliò corto lei, aveva fretta e poco voglia di discutere "Ho bisogno del tuo pc, posso?"

"Certo, solo fammelo sbloc..."

L'agile lepre saltò sulla scrivania, passando davanti al ghepardo e dopo aver digitato la password il pc si sbloccò al primo colpo.

"Ma...ma come hai fatto? La conosco solo io"

Lei, sconcertata almeno quanto il collega, si voltò fissandolo con una sguardo sconvolto "Lo hai fatto davvero?"

"Eh, uh, cosa? Di che parli?"

"Ma, hai una vaga idea delle informazioni riservate che ci sono in questo pc? Come puoi mettere "Gazzelle" come password, considerando che ogni singolo oggetto qua presente richiama a lei?"

Riconoscendo che aveva ragione lei cercò varie scuse finendo per ritrovarsi a balbettare cose senza senso.

"Appena ho finito cambiala subito, usane una alfanumerica, con maiuscole e minuscole più almeno un simbolo e, per carità, non metterci dentro la parola gazzelle, se Bogo scopre una cosa del genere finisci nei guai"

Il ghepardo, una volta incassata la strigliata, annuì, nel frattempo lei aveva già aperto la pagina riguardante la lontra, facendo partire il video ad essa collegato che mostrava Emmit mentre comprava un ghiacciolo dalla bancarella della volpe conosciuta poche ore prima.

"Merda, merda, merda"

"Cosa? che succede?"

"Il tizio che ha venduto il ghiacciolo ad Otterton"

"La volpe?"

"Si, l'ho visto stamattina, mi stava per dire come si chiamava e l'ho interrotto"

Si posò un palmo sulla fronte, pensando, doveva trovare quella volpe e non poteva certo cercarla per tutta Zootropolis, poi all'improvviso capì come fare.

"Devo identificare una targa"

"Ummmmh, ecco, questo programma dovrebbe fare al caso tuo"

Appena aperto una finestrella permetteva di inserire il numero di targa, cominciò a digitare "HB051986"

"Qualcuno che conosci?"

"No" Rispose lei "È il tizio a cui ho fatto la trecentocinquantaseiesima multa, conosce quella volpe"

"È tutta la mattina che vedi targhe, come fai a..."

"Ho buona memoria" Finito di digitare premette invio, in un'attimo comparvero tutti i dati su veicolo e proprietario.

"Zerda Finnick, ti ho beccato, piccolo bastardello" In un attimo, partendo dal fennec riuscì a scovare il nome del suo socio, il nome che gli serviva.

"Nicholas Piberius Wilde"

"Immagino che ora andrai ad interrogare questo Nick"

"No, sono più che certa che è uno furbo, è pur sempre una volpe, e dopo oggi dubito che sarà propenso a dirmi qualsiasi cosa, non mi farò cogliere impreparata, anche dovessi metterci due giorni lo fregherò"

E fece proprio così, passò quasi due giorni a cercare più informazioni possibili su quella volpe, cercando qualsiasi cosa con cui potesse in qualche modo ricattarlo se non si fosse dimostrato collaborativo, quando era sicura di avere tutto quello che serviva decise di andare a cercarlo, trovandolo subito anche grazie alla telecamere stradali.

Nick camminava tranquillo per le strade di Savana Centrale, quando una volante accostò di fianco a lui e da cui scese la lepre.

"Oh, guarda chi c'è, la coniglietta dai pregiudizi facili, sei venuta ad insultarmi ancora?"

"No, tanto per cominciare io sono una lepre, secondo devo farti delle domande riguardo un tuo cliente"

"Quindi se ho capito bene ti serve il mio aiuto"

"Devi solo dirmi se conosci questa lontra, si chiama Emmit Otterton, e in caso farmi sapere dov'è andato dopo aver comprato il tuo ghiacciolo" Dicendo questo gli mostrò una foto che ritraeva in primo piano il mammifero in questione.

"E dimmi, cosa ci guadagno io?"

"Magari che faresti una buona azione per una volta nella tua vita?"

"Ma se non sbaglio hai detto tu stessa che sono una carogna, credo che dovrai arrangiarti" Finita la frase la passò via, nel momento in cui gli transitò a fianco si ritrovò con un paio di manette al polso, mentre l'altro capo stava su quello della poliziotta.

"Molto bene, sei in arresto"

La volpe fissò per qualche secondo le manette per poi fissare l'agente "Oh ti sei offesa? Mi piange il cuore, ma indovina un pò, non puoi arrestarmi per questo, quindi ora ti sarei grato se mi liberassi da questi affari, devo andare a lavorare"

"Indovina un pò, è proprio il tuo lavoro illegale ad averti messo nei guai"

"Ho la licenza e la delega commerciale, non puoi toccarmi, carotina"

"Chiamami ancora carotina e le manette te le metto al collo, comunque mi riferivo ad un'altra cosa"

La volpe era sempre più confusa, la vide tirare fuori il suo cellulare per poi mostrargli una foto che lo ritraeva mentre stava sul tetto di un edificio a far sciogliere un ghiacciolo gigante.

"E quindi? L'ho pagato, ci posso fare quello che voglio"

"Guarda i coppi" Disse lei con un sorriso a contornarle il muso.

Nick roteò gli occhi e poi avvicinò il muso allo schermo "Che dovrei vedere?"

"Mà, non so, forse il fatto che sono lerci di merda di piccione, non il massimo dell'igene devo dire, non consideriamo che sei salito sul tetto senza imbracatura di sicurezza, poi vogliamo parlare degli "stampini" che usi per i tuoi pawpsicle, il tuo compare che lascia impronte nella neve depositata a terra in pieno centro cittadino, mi sorprende che nessuno dei tuoi clienti sia ancora morto per avvelenamento alimentare"

Per la prima volta dopo anni Nick si sentì completamente sconfitto, di fronte ad accuse così evidenti non avrebbe potuto fare nulla, ma lei non aveva ancora finito, aveva ancora delle carte e decise di utilizzarle tutte.

"Poi vogliamo parlare della tua precaria situazione fiscale? Si caro mio, so tutto, hai vent'anni di arretrati"

Eccola, la bomba che distruggeva anche le ultime speranze di Nick di uscirne illeso, ma non avrebbe ceduto senza provare a combattere "Non...non hai nessuna prova che vendo ghiaccioli"

"Ma dai, sei stato ripreso da praticamente tutte le telecamere della città mentre svolgi la tua attività, se nessuno ti ha mai notato è solo perchè ci stavano pesci molto più grossi e furbi di te da tenere d'occhio, quindi se non vuoi passare buona parte della tua restante vita in prigione, dimmi, dov'è Otterton"

Capito che ogni via di fuga era preclusa, non gli rimase altro che cedere ai ricatti della lepre "Non so dov'è, so solo dov'era diretto"

"Bravo volpacchiotto, così mi piaci"





Note

Ecco un nuovo capitolo, ho dovuto dividerlo per questioni di lunghezza per cui il prossimo sarà il seguito diretto di questo.

La parte dove Jessica guarda il video di Nick che vende il ghiacciolo alla lontra viene da una scena tagliata in cui Judy cercava informazioni sul caso tramite il pc di un suo collega elefante, tra l'altro molto bella, non capisco il motivo di averla eliminata, chi la volesse vedere la può trovare qua "Zootopia - Deleted Scene! "Judy and Computer" !!!"

Come sempre ringrazio Redferne, Djmathew e salamander92 per le recensioni lasciate e chiunque legga.

Alla prossima
Davide

2685 parole

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Capitolo 18
*** 18 - FLASHBACK - Una multa di troppo (Seconda parte) ***


A vederlo nella foto questo Otterton sembrava un tipo a posto, un fioraio con moglie e due figli, Jessica si domandò se la sua signora, oltre ad essere preoccupata per la sua sparizione, sapesse pure che suo marito frequentava un club naturalista, erano appena arrivati davanti l'oasi della fonte mistica quando lei si girò verso Nick.

"Sarebbe questo il posto non adatto a me? Un club per nudisti?"

"La cosa ti fà sentire a disagio? Perchè in tal caso non succede niente se ti tiri indietro" Gli rispose con un ghigno a contornargli il muso.

"Pff ti puoi figurare, ho visto di peggio di un branco di mammiferi nudi, per esempio è tutta la mattina che vedo te"

Eccola che ricomincia si ritrovò a pensare Nick, chiedendosi cosa avesse mai potuto fare di male per meritarsi quel trattamento "Se la cosa ti da fastidio mi levo volentieri dai piedi"

La lepre scosse la testa "Nooo, credo che imparerò a sopportare la tua presenza"

Entrarono per ritrovarsi in un'ampio spazio, l'illuminazione era ridotta al minimo e gli unici rumori udibili provenivano da una piccola fontana adornata con dei cristalli viola e uno yak dietro un bancone in quella che sembrava una sorta di meditazione, Jessica si avvicinò rivolgendosi a lui.

"Salve" Il fatto che fosse stato come parlare col muro non fece molto piacere alla lepre, era più che sicura di aver usato un tono di voce abbastanza alto da essere udità.

"EHI"

Appena sentì l'urlo lo yak alzò la testa, una nube di mosconi si alzò dal suo pelo per poi riposarvici sopra un'attimo dopo.

"Alleluja, sono l'agen..."

"Oh Bella, zietta, ti stoppo prima di subito..."

"Tu non stoppi proprio un bel niente" Lo interruppe a sua volta la lepre, Yax la osservò meglio, rendendosi conto che non era una leprotta scout ma un'agente di polizia.

"Mi scusi, sa pensavo...per cosa posso esserle utile? Agente..."

"Agente Schrader" Disse mentre prendeva la foto dalla tasca "Sto cercando questa lontra, Emmit Otterton, è scomparso da un mese e so che veniva qua"

Lo yak prese la foto e dopo avergli dato una fugace occhiata la ridiede indietro "Si Emmit, in effetti è da un mesetto buono che non si fa vedere, sicuramente il suo insegnante di yoga sa qualcosa, vi ci accompagno"

"Grazie"

Il mammifero quindi si alzò dalla sedia e si avvicinò alla porta, completamente nudo, Jessica non fece una piega e Nick si ritrovò a restare un pò deluso della cosa, sperava di poterla prendere un pò in giro o per lo meno gustarsi la vergogna che aveva nel vedere mammiferi nudi, ma a quanto pare alla lepre non importava nulla di quello che gli stava attorno, lei aveva il suo compito da eseguire e non si sarebbe fatta distrarre per nulla al mondo.

Arrivarono di fronte ad un gruppetto di mammiferi che faceva yoga, incredibilmente quella che doveva sapere tutto sulla lontra, un elefantessa di nome Nangi, non si ricordava nemmeno di che razza fosse, lo aveva scambiato per un castoro, lo yak invece diede importanti suggerimenti, compresa la targa dell'auto che aveva preso la lontra la sera che sparì, dopo essersi annotata tutto mentalmente salutarono ed uscirono, una volta fuori Nick fece per dire qualcosa ma lei lo zittì alzando una zampina, prese la radio per contattare Clawhauser.

"Dimmi Schrader, problemi?"

"Clawhauser, ho bisogno che mi identifichi una targa, prima che puoi"

"Ok un secondo...ok dimmela"

"29THD03"

Passò qualche istante per sentire poi il ghepardo rispondere "Eccola, l'auto appartiene alla Tundratown Limo-Service, l'indirizzo è 755 Evergreen Dr, Tundratown"

"Grazie Ben, mi sei stato utilissimo, ti devo una scatola di ciambelle"

"COSA? Davver...cioè...ok passo e chiudo"

Fece una risata mentre metteva via la radio "Limo service, limo service" Il nome non gli diceva nulla, non aveva la più pallida idea a cosa stesse per andare in contro, quindi rapida scrisse un messaggio che mandò ad un numero che non aveva salvato, una volta certa che fosse partito lo cancellò subito.

"Allora? Hai finito con me?"

"Dipende, cosa sai della Limo service?"

"Quello che sanno tutti" Rispose la volpe "Fanno servizi di trasporto con limousine refrigerate, in particolare per mammiferi che adorano il freddo, ma non ho idea di chi sia il proprietario"

In quel momento un messaggio arrivò sul cellulare della lepre, lo lesse velocemente per poi cancellarlo subito dopo.

"Bè, ora io lo so, mi servirà ancora il tuo aiuto"

"Oh dai, basta adesso, credimi quando ti dico che tu non sei la sola ansiosa di terminare questa collaborazione, se così si può chiamare, visto che..."

"Fin quando non sarò arrivata in fondo a questa storia, tu mi starai attaccato, anche se fai finta di niente sembri uno che sa molte cose, e non ti preoccupare, nei miei doveri rientra anche il tenere al sicuro i cittadini di Zootropolis, finchè farai come ti dico non ti accadrà nulla"

Nick non capì il motivo di quella frase, non le aveva detto nulla che facesse intendere che temeva per la sua incolumità personale, la cosa non gli piacque per niente, come se lei stessa sapesse fin da subito che sarebbe finita male.



Il cancello era chiuso, un'enorme catena, con un'altrettanto grosso lucchetto impediva l'accesso al parcheggio dove sostavano un buon numero di limousine.

Nick la fissava, ormai aveva capito che non avrebbe mollato per così poco, aspettandosi di vederla scavalcare il cancello, con sua estrema sorpresa si voltò montando a bordo della volante.

"Ci avrà rinuncia..."

"Togliti da lì"

Dopo aver detto questa frase ed essersi assicurata che l'altro non fosse più davanti il cancello partì un retromarcia, l'enorme suv della polizia spezzò il lucchetto senza nessuna difficoltà, spalancando il cancello che si schiantò contro un'auto parcheggiata, danneggiandola sul fianco.

Fermata l'auto nel piazzale tirò il freno a mano e scese, cominciando ad osservare le vetture li attorno.

"E questo che cavolo era?"

"Passepartout artigianale" Detto questo riprese a cercare la sua auto, una volta trovata aprì la portiera, Nick vi entrò subito, prima trovava quello che gli serviva e prima si sarebbe liberato di lei, la lepre fece per salire anch'essa quando un rumore attirò la sua attenzione

"Nick" La volpe aveva la testa infilata nella finestrella che dava nella parte posteriore dell'auto, gli rispose senza girarsi "Dimmi"

"Tu ora fai da esca"

"Ok, va ben...aspetta...COSA? Da esca per chi?"

Sfilò la testa e si girò, sparita, uscì dall'auto, di lei non c'era traccia, nemmeno di impronte sulla neve se non quelle che aveva lasciato prima, ora più che mai si sentiva in pericolo "Al diavolo, col cavolo che faccio da esca, sono stufo marcio di questa situazione, io ti mollo, arrestami pure se vuoi" Con questi pensieri in testa chiuse la porta dell'auto, quando si voltò due enormi figure bianche lo sovrastavano.

"R...Raymond...Kevin"

I due orsi polari guardavano Nick come se fossero stati pronti per sbranarlo, lui dal canto suo era semplicemente terrorizzato, avendo finalmente capito di chi era quel posto, ora ne era sicuro, da li a poco sarebbe morto sotto i ghiacci di Tundratown.

Il primo orso allungò la zampa per prenderlo, Nick chiuse gli occhi aspettando di venire afferrato dalle grosse zampe, ma quello che accadde fù che dapprima sentì uno strano rumore, quasi una scossa elettrica, quando riaprì gli occhi vide l'orso che tremava digrignando i denti per poi accasciarsi a terra, dietro di lui Jessica con il taser tra le zampe, prima che Kevin potesse fare qualcosa lei mollò l'arma e, afferrato il manganello, saltò sull'orso a terra, usandolo come rialzo per spiccare un poderoso balzo, arrivando all'altezza della testa dell'altro per poi abbatterlo con un singolo colpo sulla nuca.

Nick rimase a bocca aperta, mentre lei punzecchiava i musi dei due orsi per assicurarsi che fossero privi di sensi, per poi cominciare a sfotterli.

"Uh guardateci, siamo i migliori di Koslov, il braccio destro di MrBig, siamo forti, siamo cazzuti, bla bla bla, i Gummi Bears sono più letali di voi"

Nick osservava quella specie di demone travestito da lepre mentre ammanettava, con evidente fatica viste le dimensioni, i due orsi.

"Hai intenzione di darmi una mano o vuoi aspettare che si risveglino?"

Quando ebbero finito osservarono il bel lavoro fatto, polsi e caviglie dei due orsi erano ammanettati dietro la schiena e le catene delle manette erano congiunte assieme da un'altro paio, non sarebbero più stati pericolosi.

"Bene, adesso aspettiamo che uno dei due si risvegli"

Dopo quel violento spettacolo Nick si rese conto che non era il caso ne di contraddirla ne di farle domande, aveva deciso di aiutarla come lei voleva, sopratutto per non rimetterci la pelliccia, non sapendo che il peggio doveva ancora venire.



Dopo circa una mezz'ora Kevin aprì gli occhi, era ancora semi-stordito dalla botta e la testa implorava pietà, Jessica decise di dargli qualche minuto prima di porgli le domande a cui voleva una risposta.

Prima che lei potesse fargli domande, kevin si voltò verso Nick, fulminandolo con lo sguardo "Wilde, stavolta hai superato il limite, appena il capo lo verrà a sapere sei finito"

Jessica si voltò verso Nick, scrutandolo con uno sguardo che stava a dire un "Con te parlo dopo" per poi tornare la suo prigioniero.

"Lascia perdere lui, il tuo problema al momento sono io, mi pare di capire che ti chiami Kevin giusto? Bene allora, Kevin, dov'è Otterton?"

"Vaffanculo puttana" Dopo aver evitato in maniera poco galante la domanda della lepre, gli sputò un faccia, facendola cadere all'indietro, fù in quel momento che Nick si rese conto che la cosa stava per andare fuori controllo, Jessica si passò una zampa sul muso, pulendoselo dalla saliva dell'orso, poi avvicinandosi a lui afferrò il manganello.

"Coraggio sbirro, voglio proprio vedere come farai a farmi par..."

Non finì la frase che una violenta manganellata si abbattè sul suo muso, Nick era più che sicuro di aver visto almeno cinque o sei denti volare con quell'unico colpo assieme a sprizzi di sangue che andarono a macchiare la neve, non poteva crederci di averla vista fare una cosa del genere, qui si andava oltre l'abuso di potere, ma la cosa che lo spaventava di più era lo sguardo soddisfatto che gli si era stampato sul muso dopo quel gesto.

L'orso tratteneva a stento il dolore e dopo qualche gemito ricominciò a parlare "Puoi infierire quanto vuoi, non ti dirò nulla"

"Va bene, non volevo arrivare a tanto, mi ci hai costretto tu" La lepre posò a terra il manganello sotto lo sguardo attonito sia del suo prigioniero che della volpe, allungò la zampa al fianco, entrambi si aspettavano che avrebbe estratto la pistola e per poi sparargli, invece prese il cellulare, compose un numero e fece partire la chiamata.

"Savage, ho bisogno che vieni ad interrogare un tipo poco collaborativo"

Nick si chiese chi fosse questo Savage, probabilmente qualcuno con la mente ancora più malata di quella della lepre, ma quello che lo sconvolse maggiormente fù il fatto che Kevin, che aveva mantenuto uno sguardo da duro anche mentre gli saltavano i denti, in quel momento sembrava un cucciolo che aveva paura del buio, quel nome lo aveva terrorizzato al punto che si ritrovò a supplicare la lepre di non chiamarlo, le avrebbe detto tutto quello che voleva.

Soddisfatta Jessica mise giù la chiamata "Bene caro, vedo che sei informato, adesso dalla tua bocca uscirà solo, e ripeto, SOLO quello che voglio sapere, mi sono spiegata abbastanza chiaramente? Ah si, un'altra cosa, la vedi la volpe li dietro?"

"S...si"

"Bene, dimentica di averlo visto, lui non è mai stato qui, e ora comincia a cantare"





Note

Si, già, mi tocca dividere ancora, speravo di riuscire a farcelo stare in due parti ma non voglio fare capitoli troppo lunghi, per cui la prossima sarà nuovamente il flashback, stavolta finale, poi si tornerà alla storia principale.

Come sempre ringrazio i miei soliti tre recensori di fiducia Redferne, Djmathew e salamander92, spero che continui a piacere.

P.S. Qualcuno sa chi sono i Gummi Bears? Quando scrivo ste citazioni mi rendo conto di essere un dannato vecchio XD

Alla prossima
Davide

1920 parole

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Capitolo 19
*** 19 - FLASHBACK - Una multa di troppo (Terza parte) ***


Si svegliò nel buio totale, spalancando gli occhi e trattenendo a stento un urlo, tremava come una foglia per poi rendersi conto che si era trattato di un incubo, quell'incubo che ormai credeva di aver superato, si guardò attorno cercando di capire dove fosse, la testa le faceva un male bestia, Jessica si girò di lato capendo che era sdraiata su un letto, provò ad alzarsi ma una tremenda fitta al fianco la fece gemere e crollare a peso morto, i suoi occhi si stavano pian piano abituando all'oscurità, a parte il letto dove era distesa vide un tavolino con una lampada li vicino, dopo aver allungato la zampa e aver annaspato in cerca dell'interruttore la luce si accese, accecandola per qualche istante.

Riparandosi gli occhi si guardò attorno, si trovava in una stanzetta che sarà stata si e no due metri per cinque, l'unico mobilio era un armadio scassato a cui mancavano alcune ante e l'unica presente con ogni probabilità non era nemmeno la sua, poi cercando di capire il motivo della fitta, abbassò lo sguardo al suo corpo, era senza la parte superiore della divisa, il ventre era scoperto e il petto era completamente fasciato, controllando il lato destro, dove aveva sentito dolore, notò che le bende erano leggermente sporche di sangue.

Nonostante fosse in grado di mantenere il sangue freddo anche in situazioni estreme, non sapere dove si trovava e non ricordarsi come ci fosse arrivata, ferita tra l'altro, la spaventava, dopo essere scesa dal letto e aver provato a mettersi in piedi la testa cominciò a girargli, facendola barcollare e cadere a terra, Nick entrò in quel momento, avvicinandosi a lei ed aiutandola ad alzarsi.

“Sta ferma, la ferita non è grave, ma farai saltare i punti se ti muovi così bruscamente” Lei era ancora parecchio agitata e si staccò velocemente da lui, perdendo nuovamente l'equilibrio, sedendosi a terra e poggiando la schiena al letto.

“Perché sono ferita? Che diavolo mi hai fatto?” Nick si sentì parecchio offeso, capendo poi che lei era nel panico, decise quindi di tralasciare e cercare di calmarla.

“Tranquilla, non ti ho fatto nulla. Non ricordi che è successo?”

Nonostante le forti emicranie si sforzò di pensare, cominciando a ricordare cos'era successo, seppur con difficoltà.

“Manchas, siamo andati a casa dell'autista della limousine, quello di cui ci ha parlato Kevin”

Nick annuì “Ricordi altro?”

“Qualcosa riguardo a Otterton, il fatto che si comportava come un selvaggio e...ululatori notturni, non so di cosa parlasse, dopo di questo buio completo”

Nick vide che farla parlare l'aveva già calmata a sufficienza, quindi proseguì lui a dirgli quello che lei chiaramente non poteva ricordare.

“È successo tutto così in fretta che ancora non ho ben capito le dinamiche, ma dopo che ha chiuso la porta per togliere il chiavistello abbiamo sentito un rumore all'interno, un tonfo, come un corpo che cade a peso morto sul pavimento, quando hai aperto la porta per entrare lui ti ha assalita colpendoti con una zampata, ferendoti con gli artigli, hai perso i sensi subito dopo battendo la testa sul pavimento”

Jessica non ricordava nulla di tutto questo, ma ascoltandolo si rese conto che non stava mentendo, per cui annuì e gli fece cenno di continuare.

“La cosa strana è che si comportava come lui stesso aveva descritto Otterton, era a quattro zampe e ringhiava, completamente selvaggio e non stava fingendo, comunque sono riuscito a prendere il tuo taser dalla cintura e stordirlo quanto bastava per portarti via da li, poco prima che mi saltasse addosso”

Jessica abbassò nuovamente lo guardo al suo fianco fasciato per poi rivolgerlo alla volpe “Sei stato tu a sistemarmi?”

“Cosa? No no, non sarebbe venuto così bene, a ricucirti è stato...”

In quel momento la porta si aprì ed un piccolo fennec che lei riconobbe subito fece il suo ingresso nella stanza “Sono stato io”

Paradossalmente Jessica si ritrovò in debito con gli unici due mammiferi in tutta Zootropolis che aveva maltrattato e umiliato come se non ci fosse un domani, orsi di MrBig esclusi.

“Grazie, e scusami per…”

“Non voglio nessun ringraziamento da te e non accetto le tue scuse, devi solo ringraziare Nick, se fosse dipeso da me ti avrei lasciata a crepare dissanguata come una…”

“Ok ok, hai fatto capire appieno quello che volevi dire” Nick interruppe l’amico prima che esagerasse accompagnandolo fuori dalla stanza, mentre usciva il fennec cominciò a lanciare imprecazioni a Nick e sguardi assassini alla lepre, se non fosse per la bassa statura sarebbe stato pure convincente.

Quando Nick si voltò di nuovo verso di lei la vide con la testa tra le zampe mentre si stringeva la base delle orecchie “Ho fatto un casino, di nuovo”

“Se ti può consolare, una volta finita la tua indagine non porterò nessun rancore verso di te, non ne sono capace”

Jessica alzò lo sguardo verso di lui, la volpe gli rispose con un sorriso che le fece capire al volo quello che doveva fare, quindi si infilò una zampa nella tasca dei pantaloni e ne tirò fuori una penna USB che diede a Nick, lui la prese osservandola per qualche secondo per poi rivolgersi a lei.

“E questa?”

“Contiene tutte le prove che potevo usare contro di te, sono ancora nel database, ma nessuno a parte me sa nulla, per quel che vale, mi dispiace per tutti i guai che ti ho fatto passare”

Finita la frase si alzò in piedi e cominciò ad incamminarsi verso l’uscita della stanza, tenendosi una zampa sulla ferita, si vedeva lontano un miglio che le faceva un male bestia ad ogni passo, arrivata alla porta allungò il braccio per aprirla, ma una fitta tremenda al fianco la fece cadere a terra, urlando per il dolore, Nick si avvicinò osservando le fasciature che cominciavano a macchiarsi di rosso.

“Ecco, hai rotto i punti, e dubito che Finn ti sistemerà di nuovo, ti dovrai accontentare della mia poca esperienza a riguardo”

La lepre dolorante si rese conto che in quelle condizioni non sarebbe potuta andare da nessuna parte, per cui si ritrovò costretta ad accettare aiuto “Ok…scusa…”

Nick prese un paio di forbici e lentamente cominciò a tagliare la fasciatura, arrivando a toglierla del tutto, fortunatamente solo una delle tre ferite si era riaperta

“È meno grave del previsto, questione di cinque minuti, ti vado a prendere un antidolorifico”

“Non serve…ho…ho sopportato di peggio” Era fin troppo palese che provava dolore, ma se quel rifiuto era una sorta di auto punizione o dimostrazione di forza a Nick non importava, tanto lo aveva capito che a lei andava bene così.

“Perché hai preferito portarmi qui e non all’ospedale? Era ovvio che il tuo amico si sarebbe…AHIA”

Nick aveva iniziato a disinfettare la ferita con dell’alcol “Non ti lamentavi così la prima volta, sta ferma”

“Forse perché ero svenuta? Non hai risposto alla mia domanda”

“Ti puoi figurare, una volpe che porta all’ospedale una lepre ferita da un’artigliata, come minimo mi avrebbero fatto il terzo grado per poi arrestarmi senza nemmeno farmi spiegare cosa fosse successo”

Jessica abbassò le orecchie, che gli caddero sulla schiena, considerando quello che pensava lei delle volpi non gli pareva strano che anche gli altri nutrissero dubbi nei loro riguardi

Appena finito di ricucirla la aiutò a mettersi seduta per poi fasciargli di nuovo il torso “Stavolta cerca di darti una calmata, non ho intenzione di farlo un’altra volta”

“Grazie…”

“Non c’è di che, agente Schrader”

Lei lo guardò fisso per qualche secondo, si era resa conto solo ora che da quando lo aveva conosciuto non gli aveva nemmeno fatto la cortesia di dirgli il suo nome, ma nemmeno il cognome se era per quello, probabilmente lo aveva sentito quando si era presentata al titolare del club naturista.

“Io…io mi chiamo Jessica”

“Molto meglio direi, non ho nulla contro il tuo cognome, sia chiaro, ma è di difficile pronuncia, sinceramente non l’ho mai sentito prima, e ne conosco di gente”

“Infatti non sono nativa di Zootopia e nemmeno di Bunnyburrow, vengo da…”

Nick la fissò per qualche secondo, sembrava quasi che avesse paura a pronunciare quel nome, dopo qualche attimo di esitazione continuò.

“Farthingwood…”

Nick drizzò le orecchie, conosceva la fama di quel posto, ma quello che lo impressionava di più era la distanza “Ma…è dall’altra parte del mondo, come ci sei finita qua?”

“Siamo scappati quando ero piccola, avevamo sentito voci che a Bunnyburrow una famiglia di lepri poteva avere una vita normale, a differenza di li, abbiamo viaggiato per mesi, abbandonando tutto, non è stato facile”

A quel punto Nick aveva un’altra domanda da farle per soddisfare la sua curiosità, e visto che sembrava più propensa del solito a parlare non si fece problemi.

“Chi è Marco?”

Jessica rimase spiazzata da tale domanda “Tu…tu come fai a saperlo?”

“Hai parlato nel sonno, probabilmente avevi un incubo, continuavi a chiamarlo come una disperata”

La lepre abbassò il capo, se finora Nick aveva visto un animale che comandava col pugno di ferro e completamente priva di emozioni ora era tutto il contrario, la sua ospite si era abbandonata ad un leggero pianto, non voleva nemmeno immaginare quale brutta vicenda doveva avergli riportato alla mente con quella domanda.

“Scusa, ho premuto un tasto dolente, mi dis…”

“Era…mio fratello, era affetto da osteogenesi imperfetta…è morto quando avevamo otto anni”

Nick sospirò appena, sapeva quanto fosse brutta quella malattia genetica, e sapeva pure che non esisteva nessuna cura “Ne ho sentito parlare, provoca un’estrema fragilità ossea”

“Praticamente era sempre a letto, le poche volte che si alzava a camminare rischiava di rompersi qualche osso solo col peso del proprio corpo”

Nick se ne stette zitto, lei incrociò lo sguardo con quello della volpe, aspettando la domanda che però non arrivò e decidendo di dare comunque una risposta.

“Non è stata la malattia ad ucciderlo”

“Cosa è stato?” Lo chiese con un filo di voce, quasi temendo la risposta che sarebbe arrivata.

“Il proprietario dei campi assegnati alla mia famiglia, i campi di una volpe, scoprì il suo stato, lui non poteva assolutamente lavorare, per cui era solo un peso ai suoi occhi, una spesa inutile…”

La voce le morì in gola, dagli occhi cominciarono a scendere copiose lacrime, sembrava quasi che quel ricordo fosse stato tirato fuori con prepotenza da un angolino buio della sua mente, dove pensava di averlo riposto per poi sperare di dimenticarlo.

“…io…ero li con lui…quella volpe entrò nella stanza con altri due suoi simili, spalancando la porta…mia madre lo tirava per una zampa…implorandogli pietà, la allontanò da sé con un pugno…e…e poi…puntò il fucile contro il letto…e uccise mio fratello, a sangue freddo, senza fare una piega…”

Nick ascoltava sconvolto quello che la lepre gli raccontava, altro che la sua esperienza con gli scout, qua avevano distrutto la vita di una famiglia, ed era stata una volpe, improvvisamente cominciò a capire il perché del suo comportamento con lui e Finnik.

“E vorresti dirmi che nessuno ha fatto nulla? Che è così semplice uccidere qualcuno e farla franca con tutti quei testimoni?”

Jessica lo fissò per un po' senza proferire parola, era proprio vero che l’ignoranza regnava sovrana. A quanto pareva, quando le cose dall’altra parte del mondo andavano a rotoli, la cosa migliore da fare era voltarsi dall’altra parte e fare finta che tutto fosse rosa e fiori, che il mondo fosse migliore di quello che effettivamente era, ma Nick, così come praticamente tutti i normali cittadini di Zotropolis, non aveva colpa di questo.

“Secondo te perché abbiamo abbandonato tutto per fuggire? La chiunque non sia un predatore non ha alcun diritto, siamo solo degli utili strumenti per far guadagnare soldi a chi comanda veramente, e quando un’utensile non funziona come dovrebbe, lo si getta, questo è il destino di ogni preda che nasce entro quei confini. Chiunque qui a Zootopia, anche il più misero degli straccioni, ha una vita migliore”

Nick ormai era senza parole e lei voleva chiudere lì il discorso “Mi dispiace di averti trattato come una merda per il semplice fatto che sei una volpe, sono un’idiota”

“Non preoccuparti, dopo quello che mi hai raccontato, non riesco proprio ad essere arrabbiato”

Jessica sorrise, poi si guardò di nuovo le fasciature.

“Quanto tempo dovrò stare così?”

“Ti consiglio di startene buona almeno una settimana, tempo che le ferite si rimarginino, almeno un poco”
La lepre seguì il consiglio, per una settimana buona abbandonò qualsiasi intenzione a voler continuare la sua indagine, sapeva benissimo che in quelle condizioni sarebbe stato pericoloso e comunque non aveva piste da seguire, dopo un paio di giorni Nick l’accompagnò nel suo appartamento in affitto, lì la volpe poté constatare in che tugurio di monolocale sudicio viveva.

“Non posso credere che ti piaccia veramente vivere in questo buco”

“Dai, non è così male, non è proprio accogliente ok, ma ci si sopravvive”

Nick si guardò attorno, una stanzetta più piccola della camera dove l’aveva tenuta fino a quella mattina, con un letto sudicio, un armadio che a malapena poteva contenere lei e una porta sulla parete destra, probabilmente il bagno, di cui non voleva nemmeno sapere come fosse fatto, probabilmente una turca con doccia integrata e un pannello di legno da metterci sopra per non cascare giù dallo scarico quando si usava quest’ultima.

“Non c’è nemmeno la cucina, come mangi?”

Jessica fece spallucce “Schifezze d’asporto e comunque, se è per quello non c’è nemmeno il bagno”

“Cosa? E quella porta?”

“Ah quella, dà sull’appartamento di fianco”

“COSA?”

La lepre si avvicinò alla porta e dopo aver abbassato la maniglia quest’ultima si aprì, non era nemmeno chiusa a chiave, dall’altra parte una coppia di alci stava pranzando con una pizza in un buco speculare a quello dove stava lei, sulla parete di fronte un’altra porta del tutto uguale a quella appena aperta, Nick cominciò a pensare che tutti gli appartamenti fossero collegati tra loro.

“Freddy, Jenna, lui è Nick”

La coppia salutò con la zampa dopo di che Jessica chiuse la porta.

“Immagino che vieni pagata per vivere in queste condizioni”

“Eh, altroché, è l’appartamento meno caro che ho trovato, settecentocinquanta dollari al mese”

“Ok, ho sentito abbastanza, ti saluto, passerò a trovarti tra qualche giorno”





“Ma…perché? Non mi devi nulla, non c’è bisogno che mi vieni dietro ancora, posso farcela da sola”

Come promesso dopo qualche giorno Nick si era ripresentato da lei, annunciandole che era ben propenso ad aiutarla nelle sue indagini “Eddai, all’inizio non mi mollavi neanche un secondo, cominciavo a pensare che ti stavi innamorando di me”

“Che idiota che sei, ok ma ti avverto, potrebbe farsi pericolosa la faccenda”

Nick fece spallucce “Si insomma, come è stato finora, giusto? Qual è la meta?”

“Municipio” Rispose decisa la lepre “Devo riprendere il tempo perso e là c’è una persona a cui devo fare delle domande”





Note

E rieccomi, comincio a nutrire seri dubbi su questa long, ma comunque la finirò, ho preso un impegno e lo rispetto e si, non c’è bisogno che me lo dite, ci sarà un altro capitolo, vi avevo detto che questo sarebbe stato l’ultimo, ma dannazione le idee saltano fuori e non riesco a fare a meno di metterle.

Alla prossima
Davide

2455 parole

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Capitolo 20
*** 20 - FLASHBACK - Una multa di troppo (Quarta parte) ***


Nick e Jessica scesero dal taxi proprio davanti l’enorme edificio del municipio.

“Allora, Carotina, che ci facciamo qua? E soprattutto, perché sei vestita normalmente?”

Al posto della solita divisa da poliziotto, la lepre indossava un maglioncino viola ed un paio di jeans scuri, il tutto stonava con l’aspetto che la volpe si era fatto di lei.

“Ancora con questo Carotina, mi pareva di averti detto di piantarla, adesso lo sai come mi chiamo, per quanto riguarda la divisa, preferisco stare in borghese”

“Ok, sta calma, stavo scherzando, comunque stai bene vestita come un mammifero normale, Carotina”

La lepre sbuffò, infastidita all’ennesima provocazione della giornata, cominciate già prima che arrivasse il taxi “Non ce la fai proprio è? Va bene, chiamami come cavolo ti pare, tanto ormai si è capito che lo farai comunque”

Varcata la soglia il metal detector all’entrata cominciò a strillare come un pazzo, arrivarono due lupi che subito fermarono Nick, esigendo di fare una perquisizione, una delle due guardie della sicurezza aveva già la zampa pronta sulla pistola.

“Forza volpe, tira fuori tutto quello che hai in tasca e niente scherzi”

Nick sospirò e si preparò ad accontentarle, se non fosse che Jessica doveva dire la sua.

“Ehi, brutti idioti”

I tre canidi, Nick compreso, si voltarono verso la lepre “Che vuoi dolcezza? Non vedi che stiamo facendo il nostro lavoro”

“Si, e lo state facendo proprio bene, avrei avuto tutto il tempo per farvi saltare la merda che avete al posto del cervello”

“Cosa?” Jessica si diede una pacca sul fianco, mostrando che effettivamente quella armata era lei, aveva una pistola addosso, per poi estrarre il distintivo dalla tasca dei jeans e mostrarlo alle guardie.

“Polizia di Zootropolis, quella che conta davvero, lui è con me e adesso levatevi dalle palle”

“Ma…ma noi dobbiamo…”

“Devo forse arrestarvi per intralcio alle indagini di un pubblico ufficiale?”

Dopo quest’ennesima provocazione i due lupi abbassarono le orecchie, e con la coda tra le zampe si accingevano a tornare alla loro postazione, Nick la guardò ad occhi sgranati, quella lepre non aveva veramente paura di nulla.

“Ricordami di non farti mai incazzare, Carotina”

“Ok, ricordati di non chiamarmi Carotina”

Arrivarono fino alla reception, il bancone era occupato da una zebra intenta a parlare al telefono, scrivere al computer con una zampa e smistare delle carte con l’altra, era parecchio indaffarata, ma la poliziotta aveva fretta per cui la salutò, attirando la sua attenzione.

“Salve, devo parlare col sindaco sono l’age…”

“Un attimo per favore” Dopo averla interrotta riprese a rispondere al telefono “Non m’importa nulla di chi diavolo è lei, per quel che mi riguarda potrebbe anche essere il presidente degli stati uniti di Kanto o sua santità papa ghepardo diciottesimo, il sindaco Lionheart NON RICEVE, SONO STATA ABBASTANZA CHIARA?” Finita la frase sbattè la cornetta, terminando la chiamata, sospirando e voltandosi verso i due nuovi ospiti.

“Che posso fare per voi?”

Nick e Jessica si fissarono negli occhi, sapendo già a cosa andavano in contro, la volpe si tirò indietro gesticolando, come per dire che era lei lo sbirro, non ci avrebbe parlato con quella sclerata.

“Salve, agente Schrader, polizia di Zootropolis, devo parlare con Lionheart, è urgentissimo”

La zebra squadrò male la piccola lepre “Avete un appuntamento?”

“Bè, no ma…”

“E allora potete anche girare i tacchi e levarvi di torno, il sindaco non riceve, sono stata chiara?”

Nick, dopo aver pensato a quanto fosse stata scortese la segretaria, si volse verso Jessica, quasi rabbrividendo non appena la vide in faccia, sul muso aveva la stessa espressione che aveva riservato agli orsi di MrBig, prima di pestarli a sangue, arrivando a temere che da li a poco avesse fatto lo stesso con lei, fortunatamente qualcuno la chiamò, distraendola.

“Jessica? Sei proprio tu?”

La lepre si volse verso la voce, il suo sguardo cambiò da infuriato a felice in un attimo vedendo avvicinarsi una pecorella che era poco più bassa di lei, le corse incontro finché non finirono per abbracciarsi.

“Oddio, era una vita che non ti vedevo, come te la passi?”

“Sapessi, sto pianificando per il futuro, ma tu che ci fai qua a Zootropolis?”

“Sono entrata in polizia, più o meno due mesi fa, primo distretto”

“Primo distretto…quindi capitano Bogo, eh eh dicevi sul serio, quando eravamo piccole, ma non c’eri alla cerimonia per la consegna dei distintivi, me ne sarei accorta, in genere presenzio sempre”

“Io…non c’è stata alcuna cerimonia, poche formalità e molto spicce, forse per il fatto che sono una lepre”

Non le piaceva mentire, men che meno ad un’amica d’infanzia che non vedeva da anni, ma non poteva certo dirle per chi lavorava realmente; Lei dal canto suo era sospettosa di questa cosa, Lionheart che non approfittava dei riflettori puntati su di lui per far notare come le sue iniziative fossero vincenti? Puzzava, ma di Jessica si fidava, arrivando a pensare che forse non aver fatto la cerimonia centrava qualcosa col suo passato a Farthingwood, non proprio roseo.

“Beeeh, l’importante è che ci sei riuscita, hai realizzato il tuo…”

La pecora si zittì improvvisamente, lanciando uno sguardo sospettoso in direzione di Nick.

“C’è…c’è una volpe che ci osserva con uno strano ghigno sul muso”

“Oh giusto” Quasi ricordandosi solo in quel momento di non essere venuta da sola fece cenno a Nick, che si avvicinò “Lui è Nicholas Wilde, Nick, Dawn Bellwether”

La pecora continuava a guardare con diffidenza la volpe, per poi rivolgersi all’amica “Jess, devo parlarti, in privato”

“O…ok”

Si allontanarono quel tanto che bastava per non farsi sentire da Nick, la pecora allungò una zampa in direzione della lepre, posandogliela sulla spalla.

“Si può sapere che ti prende?”

“Che vuoi dire?”

“Quella volpe, mi pareva di capire che le odiavi come la peste”

“Ho aperto gli occhi Dawn”

“È stata una volpe ad uccidere tuo fratello, te ne sei dimenticata?”

“No, non lo potrei mai dimenticare, e si, come hai detto te, è stata una volpe, non Nick, ne nessun’altra volpe di Zootropolis, e questo l’ho capito solo grazie a lui”

“Ok” Si limitò a rispondergli la pecora “Comunque non mi convince appieno”

“Non pretendo che ti piaccia, Dawn, ma almeno ti chiedo di trattarlo con lo stesso rispetto che porteresti verso qualunque altro mammifero”

“In fondo, se va bene a te…”

Tornarono sui loro passi, Nick si avvicinò, con un po' di stizza sul muso “Qualche problema?”

“No, no va tutto bene”

La pecora si intromise “Cosa fate qua? Posso aiutarvi in qualche modo?”

“Devo parlare con Lionheart di questioni urgenti”

“Puoi riferire a me, sono l’assistente del sindaco”

“Credimi, non è che non mi fidi di te, ma ho ricevuto ordini di parlare direttamente con lui” Il fatto di non averle rivelato da chi aveva ricevuto quell’ordine la fece stare meglio, pensando che in fondo non le stava mentendo, se poi lei avesse pensato al capitano Bogo, quello era un altro discorso.

La pecora si grattò la nuca con la zampa per poi tornare ad osservarli entrambi “Ok, venite vi accompagno”

Arrivati davanti il portone dell’ufficio del sindaco Jessica si fermò, voltandosi verso Nick.

“Adesso vado io, aspettami qua, non ci metterò molto”

La lepre varcò la soglia per poi chiudersela dietro, Dawn aspettò qualche secondo prima di rivolgersi alla volpe “Quindi, Nicholas Wilde, giusto?”

“Si esatto”

“Ok ascolta, non ho intenzione di avere pregiudizi, conosco Jessica, se si fida di te è perché lo meriti”

“Oh, ed immagino che ora arriverà un discorso del tipo, se la farai stare male te la dovrai vedere con me?”

Concluse la frase con un sorriso di sfida, che venne presto ricambiato dall’ovino.

“No, come ti ho detto, la conosco, se farai qualcosa del genere ci penserà lei stessa a punirti, ed allora rimpiangerai che non sia stata io a farlo”

Finita la frase si voltò, allontanandosi lungo il corridoio.





La porta dell’ufficio si aprì lentamente, Leodore alzò lo sguardo verso di essa, notando una piccola lepre che la varcava per poi chiudersela dietro, posò i palmi sulla scrivania e si alzò, in tutta la sua mole, pronto a sbraitare per l’intrusione, aprì la bocca ma nessun suono ne fuoriuscì, la lepre gli aveva appena mostrato la fondina con la pistola che portava al fianco, portandosi l’indice della zampa destra davanti il muso, segno che avrebbe fatto meglio a stare zitto, appena lei si rese conto dell’efficacia di quello che aveva fatto gli mostrò anche il distintivo, tranquillizzandolo.

Il leone continuava a stare muto, mentre Jessica cominciò a guardarsi attorno, cercando e rovistando nei posti più impensabili, dopo un paio di minuti si fermò, osservando il leone.

“Niente cimici, pensavo che quest’incarico fosse una cosa seria, vabbè veniamo ai fatti, sa chi mi manda?”

“Sicuramente non un capitano di distretto, non sei un semplice agente vero? Per chi lavori? FBI? CIA?”

“No, lavoro per il NID”

“Il NID? Per quale motivo? Che diavolo volete da me?”

Era spaventato e lei lo capiva perfettamente, quando qualcuno finiva nelle mire della National Intelligence Division, in genere spariva nel nulla ed il più delle volte non se ne sarebbe più sentito parlare; in pochi conoscevano quell’acronimo, ed ancora meno erano quelli che sapevano cosa significasse, ma Leodore, dalla sua posizione, aveva privilegi che ad altri non erano concessi, così come sapeva che non avrebbe potuto fare nulla per distogliere un’agente di quell’organizzazione segreta dai suoi doveri, soldi, ricatti, minacce, qualunque cosa avesse provato sapeva che non poteva funzionare, da li a poco quella lepre lo avrebbe salvato, oppure ucciso senza alcuna pietà, si trattava solo di capire il motivo della visita.

“Secondo le nostre fonti qualcuno sta tramando contro di lei, e riteniamo che il caso dei quattordici mammiferi scomparsi sia in qualche modo collegato, sono qui per proteggerla e trovare il responsabile”

“Ok, non è qua per farmi fuori”

Leodore sospirò per poi rivolgersi alla lepre “Quindi è sulle tracce dei predatori scomparsi? Ha scoperto qualcosa”

“No, sono letteralmente spariti nel nulla, stavo cercando Emmit Otterton, una lontra, ma tutte le piste che ho seguito erano vicoli ciechi, ho interrogato un giaguaro melanico di nome Renato Manchas, mi ha detto che Otterton era diventato improvvisamente selvaggio e qualche secondo dopo, prima che potesse dire altro, è toccato pure a lui”

“Quindi? Come ha in mente di agire ora?”

“Non sono venuta per una visita di cortesia, ho deciso di cambiare tattica, di lasciar perdere i mammiferi scomparsi e di puntare direttamente al prob…”

Venne interrotta dal leone, che cominciò a parlare “Non ce ne sarà bisogno, ho io in custodia tutti i predatori scomparsi, Otterton e Manchas compresi, li tengo nel vecchio manicomio dismesso di Cliffside”

Ci fu un breve silenzio in cui i due si osservarono, Leodore riflettendo a che reazione avrebbe potuto avere la piccola agente a fronte di quella rivelazione, Jessica pensando a quanti modi creativi poteva inventarsi per uccidere un leone, fece un pensierino sull’impiccarlo con le sue stesse budella.

“Io…non…ci…posso…credere, quel giaguaro mi ha quasi ammazzata, e lei li aveva già trovati tutti? Perché non l’ha detto alla polizia?”

“Sono tutti predatori” Cominciò Lionheart “Non abbiamo idea di cosa li stia facendo diventare selvaggi, per quel che ne sappiamo potrebbe capitare a chiunque, in qualsiasi momento”

“Mmmh, una notizia del genere scatenerebbe il caos in città, inoltre la sua posizione di sindaco, essendo un predatore, sarebbe fortemente a rischio, tutto questo non fa che rafforzare la teoria che non si tratta di una malattia, qualcuno sta colpendo i predatori e sicuramente l’obbiettivo finale è lei, motivo per cui ho deciso che procederò comunque per la strada che avevo deciso prima”

“E cioè?”

“Si dovrà fidare di me, se non farà come le dico la sua vita sarà in pericolo”

Il leone annuì, ormai non aveva molta scelta se non sottostare a quello che gli diceva lei “Ok”

“Bene, quando sarò uscita di qua attenderà un paio di ore, poi si dirigerà a Cliffside, fra tre ore farò una chiamata anonima alla polizia, dirò che i mammiferi scomparsi si trovano lì e quando arriveranno lei si farà arrestare”

Leodore restò a bocca aperta e per qualche secondo non riuscì a pronunciare nulla, per poi chiedere spiegazioni, vista l’assurdità del piano.

“Cosa? E come dovrebbe aiutarmi questa cosa a mantenere il mio posto di sindaco, dopo una cosa del genere chiunque mi voglia fare la pelliccia probabilmente si…”

“Esatto, è proprio quello che voglio, quando la sua poltrona sarà libera chiunque sta dietro a tutto questo si fionderà a reclamarla, quando tutto sarà finito l’intera vicenda verrà completamente insabbiata, lei ritornerà al suo posto, glie lo assicuro”

Lionheart non era per nulla soddisfatto della risposta, ma a quanto pare non aveva molta scelta, capendo che quella forse era l’unica soluzione attuabile, o per meglio dire, la meno faticosa che la lepre aveva per trovare il suo mammifero.

“Ok, ma ho bisogno di certezze, non può pretendere che…”

Seccata, Jessica si voltò verso il leone “L’unica certezza che posso darle, signor sindaco, è che ora io esco, mi atterrò al piano, e se lei non farà altrettanto, non mi resterà altro da fare se non aspettare che la uccidano, o chi lo sa, magari verrà reso selvaggio pure lei, mi chiedo cosa sia peggio”

“D’accordo, farò come volete voi”

“Bravo micetto, ricordati, tra due ore”

Quando stava per uscire l’interfono sulla scrivania gracchiò, per poi trasmettere la voce di Dawn “Signor sindaco, lei è qui, di nuovo”

Leodore alzò gli occhi al cielo e sbuffò esasperato, Jessica era ancora ferma sull’uscio.

“Che succede?”

“La moglie di Otterton, da quando ha capito che da Bogo non avrebbe ottenuto nulla non fa altro che tartassarmi, come se io potessi fare chissà che”

“Ah, con quale ironia mi sta dicendo questo?”

Il leone non prestò attenzione alla frase della lepre, stava per premere il pulsante per trasmettere quando venne fermato proprio da lei.

“Aspetti, voglio parlarle, la faccia accomodare nell’ufficio di Dawn”





Chiamarlo ufficio era un vero e proprio insulto, più che altro era un ripostiglio per le scope strapieno di scatole e schedari, una rumorosa caldaia sul lato destro e file di post-it appesi un po' ovunque, alcuni con delle semplici note, bollette da pagare, appuntamenti e via dicendo, uno in particolare sembrava importante per la pecora, un semplice numero di telefono di un certo Doug, un’orrenda tazza “Miglior papà del mondo” riciclata col pretesto di ingraziarsi la pecora, cominciava seriamente ad odiare quel leone.

“Ma è un buco, credo che l’assistente del sindaco dovrebbe avere qualcosa di più di questo, o no?”

“Almeno lei ci lavora e basta” Nick le rispose, con un sorriso che le fece venire voglia di tirargli una sberla “Te ci vivi in un buco come questo, adesso chi è quella messa peggio?”

Stava per rispondergli male, quando la porta si aprì, Dawn fece entrare la lontra, per poi andarsene e lasciali da soli nell’ufficio, probabilmente aveva altro da fare.

“Salve, lei è la moglie di Emmit Otterton, giusto?”

La lontra al solo sentire il nome del marito si fiondò contro la lepre “Sapete qualcosa? Lo avete trovato?”

“No, mi dispiace, io sono l’agente Schrader, della polizia di Downtown, mi è stato affidato il caso di suo marito”

“Era ora, sono due mesi che tallono Bogo e il sindaco, perché avete aspettato tanto?”

Jessica ora si sentiva terribilmente in colpa, era stata lei stessa ad ordinare a Bogo di tenere da parte uno dei casi, mentre lei si costruiva la sua copertura all’interno della centrale di polizia: all’inizio non gl’importava nulla di trovare i mammiferi, lei aveva il suo compito e quella lontra, viva o morta che fosse, era solo un comodo strumento per portarlo a termine, ma qualcosa in quei giorni l’aveva cambiata, ne era certa.

“Mi dispiace, è stato un periodo difficile, ma adesso ci sto pensando io, troverò suo marito, ma la prego, mi dica cosa ha fatto lui prima che sparisse, potrebbe tornarmi molto utile”

Ormai la signora era stufa di continuare a ripetere sempre le stesse cose, ma se fossero servite a ritrovare il suo Emmit, allora lo avrebbe fatto.

Partì raccontando che il giorno prima che lui sparisse subirono un furto, in piena notte, ma stranamente l’unica cosa che era sparita erano solo baccelli di Midnicampum Holicithias, Jessica si ricordò subito della donnola che McHorn aveva arrestato giorni prima, arrivando a chiedersi che diavolo potessero avere di tanto speciale quei fiori.

“Ma poi, spiegatemi che hanno di tanto speciale gli ululatori notturni, avevamo molti fiori più costosi in negozio, per non parlare dei soldi”

Per un attimo Jessica credette di aver sentito male, aveva veramente detto ululatori notturni, proprio come Manchas aveva raccontato che Otterton continuava a pronunciarli, si volse verso Nick, lo sguardo stampato sul muso della volpe le fece capire che non aveva capito male.

“Aspetti, Ululatori notturni?”

“Si” La lontra annuì, alzando lo sguardo verso la lepre “Un altro modo di chiamare i Midnicampum, meno tecnico e più dialettale, in genere si usa a Bunnyburrow”

Non li aveva mai sentiti chiamare in quel modo, probabilmente non veniva usato molto nemmeno dai conigli, dopo aver discusso di altri fatti con la lontra e averle assicurato che suo marito sarebbe stato trovato uscirono dall’ufficio, Dawn non c’era, Jessica decise che sarebbe andata a salutarla più tardi, ora aveva una pista da seguire.





Mentre erano per strada Nick si decise a fare una domanda che lo assillava da un po'.

“Insomma, in che rapporti sei con quell’adorabile pecorella?”

“Dawn? La conobbi quando avevo dieci anni, quando la mia famiglia arrivò a Bunnyburrow”

“Dopo che siete fuggiti da Farthingwood?”

“Si, quando arrivammo non eravamo altro che una famiglia disastrata, non avevamo nulla, se non gli stracci che indossavamo, nessuno ci voleva aiutare, finché incontrammo Charles Bellwether, il padre di Dawn”

“Vi aiutò?”

Jessica osservò Nick in silenzio per qualche secondo, sorridendo “Fece molto di più, ci diede vitto e alloggio, vestiti puliti, un lavoro per ripagarlo e rifarci una vita, grazie a lui abbiamo ritrovato la dignità che avevamo perso nei campi di quella volpe”

“Sembra davvero un bravo mammifero”

“Si, si lo era”

Nick si fermò, abbassando le orecchie sulla testa, la frase parlava chiaro già di per sé, il fatto che l’avesse detta anche con un tono leggermente malinconico non lasciava dubbi.

“È morto?”

“Qualche anno fa” Rispose lei “Un lupo gli sparò per rubargli l’auto, Dawn e sua sorella erano lì con lui quando acca…” Prima di finire la frase si colpì la fronte col palmo della zampa, voltando lo sguardo verso Nick.

“Mi sono dimenticata di chiedergli come sta Elly”

“Elly? È il nome di sua sorella?”

“Si, ma va bè, ci saranno altre occasioni, adesso abbiamo un problema più grande da risolvere”

“Ululatori notturni è?”

“Esatto, hai sentito cosa ci ha detto, tempo fa dei conigli impazzirono dopo aver mangiato uno di quei fiori”

“Credi che centrino qualcosa col comportamento di quel giaguaro?”

“Ne sono più che convinta, ed ho già un sospettato”

La lepre prese il cellulare e chiamò Clawhauser, voleva parlare con la donnola che era stata arrestata qualche giorno prima, purtroppo era già uscita sotto cauzione, l’unica cosa che aveva ora era il nome e cognome.

“Dannazione”

“Che succede, Carotina?”

Lei si volse a fissarlo negli occhi, per poi sospirare, ormai l’aveva capito che non l’avrebbe chiamata in nessun altro modo, e forse, a forza di dai, quel nomignolo cominciava pure a piacergli.

“Il mio sospettato non è più in prigione, adesso lo dovremo cercare”

Nick fece un ghigno divertito che lei subito non capì “Come si chiama?”

“Duke Donnolesi, aspetta, non dirmi che lo conosci”

“Io conosco tutti qui a Zootropolis, dolcezza, ho una vaga idea di dove lo potremo trovare”

Jessica stava per esultare quando lo sguardo gli cadde all’orologio, era quasi ora.

“Perfetto, ma prima devo fare una telefonata, aspetta qui, ci metto un attimo”

La chiamata non durò molto, aveva appena avvisato Bogo che i mammiferi scomparsi si trovavano a Cliffside, dando particolari istruzioni al bufalo su quello che avrebbe dovuto fare, primo su tutto il non divulgare la motivazione dell’arresto di Lionheart e tenere tutto nascosto alla stampa; il suo piano era iniziato, ora si trattava di aspettare un po', la caduta del leone avrebbe sicuramente portato allo scoperto il suo sospetto, ne era certa. Tuttavia nulla le avrebbe impedito di indagare sulla donnola mentre aspettava.

“Hai detto che sai dove trovarlo, fai strada”

Nick protese le zampe in avanti, intimandola a rallentare “Calma Carotina, ho detto che ho una vaga idea di dove bazzica, da qui al sapere con esattezza dove è per certo ce ne passa, dovremmo cercarlo e chiedere in giro, da quel che ricordo sbarca il lunario vendendo copie piratate di film”

“E rubando Ululatori notturni” Aggiunse lei “Comunque non mi convince, voglio saperne di più su di lui”

Passati due giorni ancora non avevano trovato la donnola, che continuava a spostarsi a causa delle sue attività illegali; nel frattempo Jessica aveva raccolto parecchie informazioni su di lui, a quanto pare non era un semplice ladro e rivenditore di dvd tarocchi, sulla sua fedina gravavano accuse pesanti, tra cui diversi casi di stupro e pestaggi, il più delle volte rivolti a giovani conigliette e lepri, ma a disgustarla di più era il fatto che non aveva scontato nemmeno un giorno di prigione per quello, le prove contro di lui semplicemente sparivano, facendola arrivare a pensare che qualcuno lo proteggeva, probabilmente qualcuno di potente nella malavita.

Dopo aver appreso ciò anche Nick finì col pensare che essere disgustoso fosse, pentendosi di averci pure collaborato qualche anno prima in qualche affare; lo sguardo passò prima su Jessica, la lepre questa volta indossava una semplice t-shirt rosa con un coniglietto bianco stilizzato all’altezza del petto e un paio di shorts viola, poi su un giornale, nel cestino del parco dove avevano deciso di prendere una pausa, sulla prima pagina la foto della pecora conosciuta qualche giorno prima, lo prese mostrandolo a lei.

“Hai visto? La tua amica adesso è sindaco di Zootropolis” Osservò meglio l’articolo, ancora non era stato scritto nulla che potesse spiegare l’arresto di Lionheart.

“Si, si l’ho visto” Dal tono della risposta lei sembrava quanto meno irritata dal fatto.

“Ma scusa, non sei contenta per lei?”

“Cos…si si certo, ma ora ho altro a cui pensare”

Non era molto convinto della risposta della lepre, già il fatto che Lionheart fosse stato arrestato il giorno stesso che lei ci aveva parlato lo fece sospettare, ma in fondo la cosa non lo riguardava, se lei voleva tenersi i suoi segreti era libera di farlo, tutto sommato neppure lui gli aveva raccontato nulla del suo passato.

La lepre nel frattempo rifletteva, pensando tra sé e sé.

“Dannazione Dawn, mi hai sconvolto i piani, adesso la mia unica pista consiste nel trovare quella dannata donnola”





Note

Ciao a tutti, bè, non so che dirvi, continuo a dire che sarà l’ultimo capitolo, ma non potevo assolutamente inserirvi in un singolo capitolo più di 8.000 parole, tra l’altro nemmeno completamente finito e che quindi aumenteranno ancora, se non altro posso assicurare che, avendo già scritto molto, il prossimo è già quasi completo, poi pochi cazzi, si torna alla trama principale, ho provato a sintetizzare alcune cose, cercando di accorciare un po', ma non potevo, le idee erano quelle e quello dovevo scrivere.

Una piccola nota riguardo il nome di Manchas, Renato, non l’ho inventato io ma lo ha svelato Rich Moore (uno dei due registi del film) in un tweet.

Ultima cosa, ho deciso di eliminare la nota What if?, si trattasse solo di Judy ok, ma non è sufficiente a spiegare la comparsa di Jessica, per cui la storia diventa una AU.

Alla prossima
Davide

3785 parole

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Capitolo 21
*** 21 - FLASHBACK - Una multa di troppo (Quinta parte) ***


Trovarono Duke dopo tre giorni, stava cercando di propinare i suoi film a praticamente tutti quelli che vedeva passare, Nick provò ad avvicinarsi, ma venne fermato da Jessica, la lepre infilò una zampa nella tasca dei pantaloni e ne tirò fuori il distintivo, porgendolo a Nick.

“Che dovrei farci scusa?”

“Niente, solo…custodiscimelo per un po', ok?”

Nick annuì, non capendo la richiesta; si avvicinarono, attirando la sua attenzione.

“Wilde? Come mai non sei a vendere ghiaccioli? Dov’è il tuo compare?” Poi lo sguardo si spostò verso la lepre “Ah, ho capito, vuoi imboscarti è? Ascolta dolcezza, perché non molli questo catorcio di volpe e mi segui nel vicoletto? Credimi, so come far godere quelle della tua specie”

Lei ignorò completamente la richiesta, porgendogli subito la domanda a cui voleva una risposta.

“Perché hai rubato gli ululatori notturni?”

“Non so di che parli, e se anche fosse, perché dovrei dirtelo?”

Finita la frase si tolse dalla bocca lo stuzzicadenti che stava masticando e con un schiocco di dita lo tirò sul muso della lepre, probabilmente pensava di intimorirla, Nick cominciò subito a pensare che Duke aveva le ore, macché, i minuti contati.

“Ok” Jessica disse solo questo, facendo cenno alla donnola di avvicinarsi, parlandogli con voce sensuale “Parlavi di un vicolo vero? E che avevi in mente di preciso?”

Duke restò per un attimo spiazzato da questo cambiamento di umore, non credeva che sarebbe arrivata a vendersi così per delle informazioni, ma non si sarebbe certo lasciato sfuggire l’occasione, si avvicinò un po’, per bisbigliare alle orecchie della sua interlocutrice.

“Te spogliati, che poi ci penso io a…” Non riuscì a terminare la frase che si ritrovò il collo stretto tra le zampe della leporide, lo sguardo di quest’ultima era cambiato completamente, era rabbiosa; con un rapido movimento delle zampe lo sollevò da terra per poi scaraventarlo sul banchetto dove c’erano in mostra i dvd piratati, sfasciandolo.

“Tu…tu sei pazza” Provò a rialzarsi, ma venne bloccato dal piede della lepre, si prese un calcio in pieno muso, finendo a terra dolorante e sputando un paio di denti.

“Carotina, che diavolo…”

“Tu stanne fuori, non ho tempo da perdere con feccia di questo tipo”

Si avvicinò nuovamente e dopo aver afferrato il collo della donnola lo tirò su di peso, a Nick non gli parve nemmeno troppo strano, sapeva che il punto forte dei leporidi erano le gambe, ma quando due settimane prima l’aveva ricucita a casa di Finnik aveva subito notato che doveva aver fatto dei pesanti allenamenti al fine di potenziarsi anche la muscolatura delle braccia, non c’era da stupirsi che riuscisse a sollevarlo senza alcuno sforzo, almeno in apparenza.

“Dimmi quello che voglio sapere, o ti giuro che nemmeno la puttana di tua madre ti riconoscerà più da come ti ridurrò”

“Vai…vai a farti…fottere”

La poca collaborazione che mostrava la infastidì fin troppo, lo lasciò andare e prima che toccasse terra gli sferrò un calcio dritto nello stomaco, abbastanza forte da fargli sputare sangue e scagliarlo a qualche metro di distanza; Donnolisi si lamentava per il dolore rigirandosi su di un fianco, lei si avvicinò e dopo averlo preso per la maglietta lo sollevò, sferrandogli un pugno in piena faccia per poi ributtarlo a terra.

“Ti piace violentare e picchiare le conigliette indifese è? Bè, come avrai capito, io non rientro tra queste ultime, dimmi, come ci si sente, ad essere dalla parte di chi le prende? Posso andare avanti tutto il giorno, e credimi quando ti dico che lo farò pure con immenso piacere, non hai neppure idea di quanto mi eccita pestare a sangue i rifiuti come te”

Sollevò il piede, pronta a scagliarlo contro il muso del malcapitato.

“No…no asp…aspetta, ti dirò tutto”

Un ghigno soddisfatto contornò il suo musino “Avanti parla”

“Un…montone, si chiama Doug, gli porto la roba alla…alla vecchia stazione di Banyan street”

“Doug?” Un dubbio atroce cominciò ad insinuarsi nella sua testa, gli serviva una conferma.

“Dammi il suo numero di telefono”

Duke la guardò come se avesse appena detto una cosa che non stava ne in cielo ne in terra “C…cosa?”

“DAMMI IL CAZZO DI NUMERO”

Temendo un altro pestaggio, o peggio, Duke prese un foglietto da una delle tasche che porse alla lepre, un post-it giallo con una scritta in pennarello azzurro e la calligrafia era maledettamente simile, glie lo strappò letteralmente dalle zampe, osservandolo e imprimendosi nella mente ogni singola cifra.



(805)5550127



Il post-it, così come il numero ed il nome, erano gli stessi, strinse il pugno, stropicciando il biglietto.

“Perché, Dawn?”

“Ti…ti ho dato…quello che volevi…adesso…”

Il solo udire nuovamente la voce del bastardo la fece incazzare più di prima, impedendogli di rialzarsi mettendogli un piede in faccia, facendola sfregare sull’asfalto, abbassandosi poi, per sussurrargli all’orecchio, in modo che Nick non sentisse.

“Ascoltami bene, brutto sacco di merda, la tua vita per me vale meno di zero, sei un rifiuto e di solito quelli come te li ammazzo senza pensarci due volte, ringrazia il cielo che qui c’è quella volpe, è solo la sua presenza che ti ha salvato la vita”

Tolse il piede dal muso della donnola dolorante per poi rivolgergli un’ultima frase.

“Se farai anche solo menzione di qualunque dettaglio, anche insignificante, riguardo a quanto accaduto qua, stai pur certo che ti troverò e non ti andrà di lusso come ora”

Nick guardò la lepre alzarsi ed allontanarsi, facendogli cenno di seguirlo, si volse verso la donnola ancora a terra, sanguinante e coperto di lividi “E lui?”

“Io ci ho finito, se te lo vuoi portare a casa devi pensarci te”

La volpe sospirò, prese il cellulare e dopo aver fatto una chiamata si avvicinò a Duke.

“Hai trovato finalmente chi te le ha suonate è? Ti ho chiamato un’ambulanza, resta lì ed aspetta che arrivino”

Duke rimase sdraiato a terra cercando di non pensare al dolore che aveva in tutto il corpo in quel momento, nel frattempo Nick aveva ripreso a camminare di fianco a Jessica.

“Non meritava un’ambulanza”

“Lo hai massacrato”

“È uno stupratore”

“Non ne hai le prove”

“Ma lo so, per me è una prova più che sufficiente”

“Nemmeno io sono uno stinco di santo, mi pesterai allo stesso modo?”

La lepre volse lo sguardo per incrociarlo con quello di lui “No, tu sei recuperabile”

Per tutta risposta la volpe abbassò lo sguardo, fissando il petto di Jessica.

“Ehi, che cavolo stai guardando? I miei occhi sono qua” Disse lei, indicandosi le pupille.

“Hai sporcato la tua bella magliettina”

Abbassò lo sguardo anche lei, notando delle macchie di sangue che punteggiavano la faccina del coniglio disegnato sulla maglia, donandogli un aspetto alquanto inquietante, Jessica sorrise a vederle.

“Quello schifoso alla fine mi è davvero venuto addosso, anche se non proprio come voleva lui”

“Sai, io credevo che Finn fosse manesco e sboccato, ma da quando conosco te mi rendo conto che in realtà è un angioletto in confronto”

Lo sguardo di Jessica divenne serio “Ho perso la mia innocenza molto tempo fa, in questa testa ormai non c’è più spazio per la ragazzina che vedeva un mondo migliore dello schifo che effettivamente è”

“Questa non è Farthingwood, qui si può vivere abbastanza serenamente, sia prede che predatori”

“NO” Gli rispose, con decisione negli occhi “Tutto questo, Zootropolis, l’essere ognuno ciò che vuole, è tutto una menzogna, questa città è una bomba, quando esploderà ti renderai conto che ho sempre avuto ragione”

Nick non sapeva più che dire di fronte a tanto pessimismo “E allora perché stai…MA CHE CAVOLO FAI?”

In un attimo si era tolta la maglia sporca di sangue, gettandola a terra e restando praticamente con una canotta a costine.

“Senso del pudore bye bye?”

“Oh daiii” Dicendo così alzò le braccia, agitandole al cielo “Non sono mica nuda, e poi tu dovresti solo stare zitto, visto che mi hai spogliata mentre ero priva di sensi”

“Ma…la situazione era…era ben diversa…poi io non…”

Vedendolo agitato lei si avvicinò allungando le zampe verso di lui e afferrandogli il muso, facendolo tacere.

“Stai tranquillo, mi hai salvato la vita, te ne sono grata”

“Ok” Lo sguardo di Nick passò al fianco della lepre, ora che era senza maglia poteva vedere che non aveva le fasciature “Come vanno le ferite?”

“Tutto a posto” Dicendo questo si diede anche qualche pacca sul fianco, come per confermare la cosa “Sana come un pesce”

“Va bene, ora che si fa?”

“E me lo chiedi? Andiamo a prendere questo Doug”

“Non credi sia ora di farsi aiutare? Chiama i rinforzi, hai già fatto molto”

Lei scosse la testa “No, è diventata una questione personale, ma, se ti senti in pericolo, non sei tenuto a seguirmi”

“Ormai, poi ho come il presentimento che, se ti lascio andare da sola, domani leggerò di un montone trovato morto in stazione” Sospirò per poi riprendere a parlare “Che intendi per questione personale?”

Non arrivò alcuna risposta dalla lepre, che cominciò ad incamminarsi verso Banyan street, Nick la seguì, aveva notato il suo cambio di umore dall’interrogatorio alla donnola, quel nome, Doug, in qualche modo l’aveva sconvolta ed in effetti gli diceva qualcosa pure a lui non arrivando però a capire cosa; lei nel frattempo camminava in silenzio pensando tra se e se, ricordando la discussione avuta col suo superiore, prima di infiltrarsi nella polizia.





“Jack?”

“Il capo ha un nuovo incarico per te”

“E magari stavolta verrà lui a darmelo?”

“Lo sai che è impossibile”

“Sono stufa di ricevere ordini da una voce modificata elettronicamente, chi diavolo è?”

“Ascoltami bene, sarai anche uno dei nostri agenti migliori qua, ma conti meno del due di picche, quindi chiudi la bocca ed esegui”

“Ok, di che si tratta?”

“Avrai sentito dei mammiferi che stanno scomparendo a Zootropolis”

“Si, sono tutti predatori…aspetta, non mi scomoderai per una sciocchezza cosa del genere?”

“Certo che no, qualcuno vuole fare le scarpe a Lionheart, pensiamo che sia anche il responsabile delle sparizioni, chiunque sia il soggetto è un pericolo per Zootropolis, quando lo avrai identificato e avrai la certezza, procedi all’eliminazione immediata, non dovranno restare ne prove ne testimoni”






Erano arrivati all’entrata della stazione, a giudicare dalle condizioni in cui era doveva essere abbandonata e in disuso, un nascondiglio perfetto; una volta assicurati che nessuno li vedesse si intrufolarono dentro, dovettero scendere diverse rampe di scale prima di raggiungere i binari, nel frattempo un solo pensiero turbinava nella testa della lepre.

“Eliminare il responsabile, così come prove e testimoni”

Lo sguardo inevitabilmente andò verso Nick, si fosse trattato di un paio di settimane prima non si sarebbe fatta alcun problema a liberarsi di lui, nel peggiore dei casi lo avrebbe fatto sparire dalla circolazione, non era altro che un delinquente da quattro soldi, nessuno avrebbe sentito la sua mancanza, ma ormai quella volpe aveva danneggiato in maniera irreparabile qualcosa dentro di lei, al punto che non si sentiva più in grado di eseguire ciecamente gli ordini, come prima di allora aveva sempre fatto.

“Nick” Si fermò all’improvviso, dando le spalle alla volpe “Da qui in poi non posso più garantirti protezione, la situazione potrebbe farsi pericolosa”

“Vuoi che me ne vada? Che ti lascio da sola?”

Lei annuì “Si, non voglio che…”

“No” Le rispose lui di rimando, interrompendola “So che sei in grado di cavartela benissimo, ma non ti lascio andare sola, non se ne parla”

“Ma…”

“Se vuoi impedirmi di seguirti, dovrai costringermi con le cattive”

Nick la vide voltarsi ed andare verso di lui, seria ed impassibile, quella che aveva davanti di lepre aveva solo l’aspetto, quando si avvicinò a sufficienza lei alzò la zampa, non l’avrebbe colpita, non si sarebbe difeso, ormai lo aveva capito che era inutile, se lo voleva mandare all’ospedale lo avrebbe fatto; chiuse gli occhi e strinse i pugni, aspettando il colpo che, ne era certo, lo avrebbe steso.


<< PAFF >>


Quello che arrivò a Nick non era un manrovescio, né uno dei pugni che avevano fracassato la dentatura di Duke, ma un semplice buffetto sulla guancia, quando riaprì gli occhi si ritrovò il muso sorridente di Jessica ad osservarlo.

“Ok, semmai te le suono come si deve alla fine di tutto”





Arrivarono davanti il laboratorio, una vecchia locomotiva scassata, lasciata su una linea abbandonata e probabilmente non più funzionante, attraverso i finestrini si riusciva a vedere qualcuno trafficare all’interno, fece cenno a Nick di stare indietro, lei si avvicinò alla porta e bussò, dopo qualche secondo un montone aprì la porta.

“Siete già di ritor…”

Le zampe scattarono in su nel vedersi una pistola puntata in faccia, la lepre la teneva fissa davanti a se, tirando giù il cane in posizione di sparo, con un sordo rumore metallico che fece sudare freddo Doug.

“Fuori”

Il montone uscì dalla carrozza e Jessica, sempre tenendogli l’arma puntata contro, osservò dentro, un vero e proprio laboratorio chimico, con una serra improvvisata per i letali fiorellini.

“Ora hai due scelte, o la chiami facendola venire qua, oppure ti pianto un nove millimetri nel cranio, ti do cinque secondi per decidere”

A Doug ne bastò uno, prese il cellulare e, capendo perfettamente a chi lei si riferisse, disse al suo capo di venire immediatamente al laboratorio, attirandola con la scusa di dover pagare Duke.

All’altro capo della cornetta Dawn annuì, dicendogli che sarebbe arrivata il prima possibile, per poi mettere giù la chiamata e rivolgersi alle tre guardie che aspettavano fuori dall’ufficio.

“Mi ha chiamato Doug, dice che è arrivato il corriere con la roba, ma non erano previste consegne per oggi, non mi fido, andiamo la e controlliamo”





Erano passati otto minuti, Jessica ne aveva dati dieci a Doug, se nessuno si fosse fatto vivo in quel lasso di tempo sarebbe stata costretta a tramortire Nick, poi avrebbe freddato il montone, ed al contrario dei metodi di MrBig lei gli avrebbe sparato.

“Ti restano due minuti di vita, fossi in te comincerei a pregare che arrivi”

Era sempre più preoccupato, lei sembrava maledettamente seria, anche Nick cominciava a temere che gli avrebbe sparato per davvero.

“Carotina”

“Non ora”

“Jessi…”

“NON ORA”

Lei si volse e rimase per un attimo paralizzata nel vedere Nick tenuto fermo da due montoni, mentre un terzo gli teneva puntata una pistola alla testa, Doug ne approfittò, sferrando un calcio all’agente, facendola cadere a terra e afferrando la sua arma, tenendogliela puntata contro; assieme a loro Bellwether fece la sua comparsa.

“DAWN, PERCHÈ TUTTO QUESTO?”

Jessica era sconvolta, arrivando ad urlare contro l’amica che in quel momento la teneva in pugno.

“Perché i predatori non meritano nulla, per troppo tempo noi prede siamo state sottomesse a loro, questa cosa finisce oggi e se veder realizzato il mio sogno significherà liberarmi di te, lo farò, anche se non vorrei”

Per la prima volta Nick vide Jessica completamente persa, per lei Dawn era l’unico mammifero per cui avrebbe mai rischiato la vita, tutto questo la fece crollare.

“Non ti riconosco più, Dawn”

“La vita ci ha portato su due strade ben diverse, tu hai rivalutato persino le volpi, io invece non ho mai smesso di odiare ogni singolo predatore”

“Charles si starà rigirando nella tomba in questo momento”

Il viso di Dawn mutò completamente, un misto tra rabbia e tristezza.

“Papà era un’idiota, lui doveva per forza dare aiuto a tutti quelli che vedeva in difficoltà, se avesse ignorato quel lupo ora sarebbe vivo, invece si è ritrovato un proiettile nel petto, lasciato a morire in mezzo alla strada mentre io ed Elly non potevamo far altro che guardare”

Per quanto la potesse capire Jessica non avrebbe mai accettato tutto questo “Allora fallo, uccidimi e diventerai come quel lupo”

“Ho smesso di essere una dolce pecorella da un pezzo, comunque non sarò io a liberarmi di te”

Finita la frase fece un cenno con la testa, i due montoni che tenevano Nick lo trascinarono verso una vecchia carrozza ferroviaria poco distante dal laboratorio, i finestrini erano sprangati e la porta aveva un chiavistello all’esterno, prima fecero entrare lei, poi Dawn sparò qualcosa sul collo di Nick, per poi farlo scaraventare dentro, chiudendo poi la porta.

“DAWN, CHE HAI IN MENTE?”

“Sto per farti tornare il terrore delle volpi, addio Jess”

Tutto quello che potevano fare dall’esterno era ascoltare la lepre mentre tentava, inutilmente, di far tornare in se la volpe, rumori di colluttazione, ringhi selvaggi ed infine un urlo di dolore lancinante che riecheggiò nei tunnel della metro, poi più nulla, silenzio.

Attesero cinque minuti buoni, poi la pecora si decise “Aprite”

“Cosa? Starai scherzando vero? C’è una volpe selvaggia lì dentro”

“Appunto” Lo rimbeccò lei “Non possiamo lasciarlo li, non appena si apre la porta sparagli, poi ci libereremo dei corpi”

Controvoglia Doug si avvicinò, puntando l’arma della ormai “defunta” lepre, pronto a sparare, come abbassò la maniglia la porta si spalancò di colpo, facendogli perdere l’equilibrio, cadendo addosso a Dawn, che perse conoscenza in seguito alla botta.





Quando la pecora rinvenne si ritrovò legata ad un palo, sempre nella stazione abbandonata, si guardò attorno, Doug e gli altri tre montoni erano tutti a terra incoscienti, alcuni di essi con arti fratturati e tutti pieni di lividi.

“Ti sei svegliata”

Jessica si avvicinò, la pecora poté notare subito la totale mancanza di ferite su di lei “Come? Come hai fatto a…”

“È il bello di essere una lepre, tutti ti sottovalutano”

Finita la frase si abbassò per recuperare la sua pistola, puntandola poi alla testa della pecora.

“Je…Jess, che…che vuoi fare?”

Dawn era terrorizzata, sul volto della sua ex-amica riusciva a vedere solo una fredda determinazione, gli voleva sparare, ne era più che certa.

“Non farlo…ti prego”

“Non credere che mi piaccia, ma sei troppo pericolosa, adesso preparati, la tua carriera politica finisce qui”

Sconcertata dalle parole della lepre e dalla freddezza con cui le aveva pronunciate, Dawn chiuse gli occhi, singhiozzando ed aspettando impotente la sua fine.

Jessica la osservò qualche secondo, era il suo dovere, la missione che doveva portare a termine, una volta uccisa Dawn avrebbe dovuto occuparsi anche degli altri, i montoni erano al pari della pecora, avrebbe poi eliminato le prove, incendiando la locomotiva-laboratorio, ed infine, si sarebbe dovuta liberare dei testimoni, inevitabilmente lo sguardo finì in direzione di Nick, ancora a terra privo di sensi dopo la sprangata sulla nuca che si era beccato, non avrebbe potuto, per la prima volta decise di trasgredire gli ordini, lasciando in vita tutti; l’ultima cosa che avrebbe sentito Dawn fu una violenta botta alla testa, per poi svegliarsi qualche giorno dopo nell’infermeria del carcere di Zootropolis.

Nick invece si risvegliò in ospedale, la prima cosa che gli balzò all’occhio era il lupo in divisa che era seduto di fianco a lui.

“Ehi, ti sei svegliato, finalmente, hai dormito per due giorni”

Dire che gli girava la testa era un eufemismo, nonostante tutto si sforzò, inutilmente, di ricordare.

“Dove sono? Che è successo?”

“Sei in ospedale, sei stato reso selvaggio dal siero di Dawn, non lo ricordi?”

“N…no, so solo che…” Improvvisamente ricordò, non di essere stato colpito o di essere diventato selvaggio, quei ricordi erano persi, irrecuperabili, ma ricordò che non era solo, quando ciò avvenne.

“Lei dov’è?”

Il lupo fece un ghigno “Chi, Jessica? Oh lei sta bene, al contrario di te, ti ha mollato una legna sul coppino mica da scherzo, vuoi che te la chiamo?”

“Si grazie, tu sei?”

“Jake Wolfard, piacere di averti conosciuto” Il poliziotto abbandonò la stanza, lasciandolo da solo per un po', dopo dieci minuti buoni entrò la lepre, sembrava contenta di vedere Nick nuovamente sveglio e soprattutto in se.

“Ciao Nick, come va?”

“Carotina…tu stai bene?”

“Cosa? Ma certo, credevi veramente che una pecora e quattro montoni da strapazzo bastassero per darmi problemi? Sarà meglio che se ne stiano buoni in prigione, perché se vengo a sapere che sono usciti li troverò e li pesterò come non ho mai…”

“Non era a questo che mi riferivo” Venne interrotta, lei lo sapeva benissimo a cosa si riferiva, preferendo provare a non entrare nel discorso.

“Temi di avermi fatto del male, quando non eri in te?”

“Io…non ricordo nulla…ma ho visto come ti ha aggredito Manchas sotto gli effetti di quella roba…io…”

“Bè, non lo hai fatto e comunque non te ne ho dato il tempo”

“Che vuoi dire?”

Lei si avvicinò maggiormente, sedendosi sul letto di fianco a lui “Eri selvaggio, ringhiavi e mi mostravi zanne e artigli, ma non mi hai attaccata, nei tuoi occhi vedevo solo paura”

“Ti credo” Rispose lui “Chiunque avrebbe paura di te dopo aver visto quello che ho visto io”

Lei negò scrollando la testa “No, sono più che convinta che avevi paura di farmi del male, per questo hai esitato, chiaramente io ho dovuto sprangarti come se non ci fosse un domani, per essere sicura insomma”

Lo aveva detto con una tale naturalezza che a Nick parve quasi che le fosse piaciuto farlo.

Lei tornò subito seria “Devo dirti una cosa e chiedertene un’altra”

“Ok”

“Allora, io conosco gente, gente che conta e che mi doveva un favore”

“Io…non capisco”

“Ho fatto ripulire completamente la fedina penale tua e del tuo amico fennec, ora sono immacolate”

Era senza parole, al punto che rimase con la bocca semi-aperta qualche secondo prima di riuscire a dire qualcosa “Io…non so che dire”

“Un grazie sarà più che sufficiente”

“Grazie…ma Finnick?”

“Oh, lui l’ho già avvisato, mi ha comunque dato della tro…”

“Ok ok, ho capito, non lo hai ucciso vero?”

“No, per stavolta l’ho perdonato”

Nick sospirò, attese qualche secondo e poi si rivolse nuovamente a lei “Dovevi chiedermi qualcosa?”

“Si, di Finnick non m’importa nulla, il mio dovere l’ho fatto ed ora spetta a lui, ma te, non voglio che sprechi l’opportunità che ti ho dato, per cui ti chiedo di leggere questo e di pensarci bene”

Scese dal letto, poi tirò fuori un pezzo di carta, lo diede a lui ed uscì; lo aprì e gli diede un’occhiata, era un modulo d’iscrizione all’accademia di polizia, per quanto potesse sembrare strano, forse era veramente la svolta che gli serviva, decidendo quindi di dare fiducia a quella lepre.





“Pronto?”

Una voce, modificata da un sintetizzatore vocale, uscì dal cellulare di Jessica.

“Agente Schrader”

“C…capo?”

“Si, si può sapere che cazzo hai combinato?”

“Signore…Dawn…Dawn non è più una minaccia, inoltre l’unico testimone non ricorda nulla a causa del siero, non c’era motivo per…”

“ZITTA, hai trasgredito gli ordini, sarai punita per questo, lo sai, ma prima, c’è un altro incarico per te, qualcosa per cui dovrai mantenere la tua copertura all’interno della polizia di Zootropolis, Bogo è già stato avvisato della cosa, ti verranno dati altri dettagli col tempo, completala e vedrò di tralasciare il tuo ultimo fallimento, ma se mi deluderai ancora…”

“S…si, si lo so”

“Bene, non avrai altre comunicazioni da me, per qualsiasi cosa ci penserà Savage”










Jessica fissava pensierosa i suoi piccoli, mentre Nick guidava verso casa, fu proprio la volpe a farla tornare in se da quello stato di apparente trance.

"Va tutto bene? Sei silenziosa"

"Si, tutto ok, stavo pensando a quando ci siamo conosciuti"

Nick sorrise a ripensarci "Non si può certo dire che abbiamo iniziato col piede giusto è?"

"Già, per nulla"










Note

NON CI CREDO!!! Alla fine sono riuscito a completare questo maledetto Flashback, non nego che un po' mi pento di averlo cominciato, ma ora si torna alla trama principale, con Judy alle prese con le difficoltà dell’accademia e dei suoi compagni di corso. Ringrazio Redferne, Dn1ght, Djmathew, zamy88 e salamander92 per avermi supportato durante questi cinque estenuanti capitoli.

Alla prossima
Davide

3844 parole

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Capitolo 22
*** 22 - Rapimento ***


“Pronto?”

“Salve, parlo con Sofia Hopps?”

“Si”

“La sorella di Judy Hopps?”

“Si, sono la sorella di…”

“La devo informare che sua sorella è rimasta ferita durante un’addestr…”

“COSA È SUCCESSO?”

L’orsa istruttrice dell’accademia dovette scostare di poco l’orecchio dal ricevitore, per non lasciarci un timpano “Si calmi, nulla di grave, ma sarebbe meglio se passasse di qua, al momento è impossibilitata a proseguire”

“Ok, d’accordo, arrivo subito”

La coniglietta chiuse la chiamata, Nick si accorse subito del suo cambio di umore, era passata da felice della fantastica notizia che le aveva dato lui stesso fino ad un attimo prima a preoccupata all'inverosimile, al punto che non poté fare a meno di chiederle spiegazioni.

“Qualcosa non va?”

“Era l’accademia di Zootropolis…Judy si è ferita ma non sembra grave, mi hanno chiesto di raggiungerla la”

Nick sapeva che di tanto in tanto capitava durante un addestramento che qualcuno si ferisse “Vuoi che ti accompa…”

Venne interrotto da un finto colpo di tosse di Wolfard, che nel frattempo era rientrato nell’ufficio, atto ad attirare l’attenzione della volpe “Nick, tu non vai da nessuna parte, non devo essere io a ricordarti cosa dobbiamo fare qua spero, adesso muoviti, abbiamo parecchio da fare”

Nonostante i modi bruschi non poté fare altro che dargli ragione, Sofia avrebbe dovuto arrangiarsi con sua sorella.

“Scusami, ma come vedi ho parecchio da fare, ce la fai da sola?”

“Mi sono sempre arrangiata per tutti questi anni, non poter usare le gambe non è mai stato un handicap per me”

Finita la frase allungò la zampa verso Nick, mentre nell’altra stringeva la busta con dentro la lettera che le aveva dato la speranza, seppure in una percentuale misera, di poter tornare nuovamente a camminare, la volpe ricambiò la stretta.

“Grazie davvero di cuore, Wilde”

“Naa, non darmi del lei, mi fai sentire vecchio, chiamami Nick”

Lei annui per poi voltarsi ed uscire dall’ufficio, non appena la porta si chiuse si voltò verso il lupo “Ecco, dimmi che stavolta abbiamo qualcosa tra le zampe”

Lui rispose con un cenno della testa, aprì una cartina che buttò sul tavolo per poi indicare un piccolo porto su uno dei tanti fiumi di Rainforest.

“Già sappiamo che Big ha esteso i suoi traffici anche a Rainforest, ci sarà la consegna di un carico tra martedì e giovedì, stavolta è roba grossa, non ne sono sicuro ma potrebbe esserci di mezzo qualche quintale di cocaina”

“Siamo sicuri? L’ultima volta l’informazione non era attendibile, io e Jessica ci abbiamo quasi lasciato la pelliccia”

“Stavolta è sicuro Nick, il porto è super sorvegliato, è qualcosa di grosso”

“Ok, hai già avvisato Bogo?”

“No, andiamo ora assieme, stavo aspettando che finivi con la tua amica”

Nick prese il cellulare per poi rendersi conto che non aveva neppure chiesto a Sofia un numero di telefono da chiamare più tardi per avere notizie di Judy, ormai era tardi, la coniglia era già partita e lui era sommerso di cose da fare, avrebbe risolto più tardi, fece per uscire quando il lupo lo fermò.

“Nick, ormai siamo già andati oltre, Big non tollererà che continuiamo a compromettere i suoi traffici, stai all’erta”





“Allora? Che mi dice delle sue condizioni?”

L’orsa polare era appena arrivata nell’infermeria dell’accademia, aveva lasciato la coniglietta ferita in custodia ad uno dei suoi due lupi collaboratori che l’aveva prontamente trasportata li per farla controllare mentre lei e l’altro riprendevano la caccia dei suoi compagni di squadra, invano.

“A parte la zampa rotta, nulla di grave”

“E la ferita alla testa?”

“Poca roba” Rispose il medico, una lontra “Un semplice taglio, gli ho già dato i punti, tornerà come nuova”

“Ok, ma come se li è procurati?”

“Allora, sia la frattura alla tibia che il taglio sulla fronte sono da attribuire sicuramente alla caduta dalle scale, quando Wilson l’ha portata qua mi ha spiegato come l’avete trovata, ma…”

“Ma cosa? Non dirmi che c’è dell’altro”

“Forse è meglio che giudichi tu, entra li dentro e parlagli, forse con te sarà più propensa a dirti che diavolo gli è successo”

Trudy allungò la zampa per afferrare la maniglia quando la voce del medico la fermò.

“Un’ultima cosa, controllagli le orecchie, specialmente vicino alla testa”

L’orsa entrò nella stanza chiudendosi dietro la porta e avvicinandosi alla brandina dove vi era distesa Judy, aveva la parte superiore della testa fasciata e la zampa destra bloccata alla bene e meglio con un paio di stecche, sicuramente avrebbe dovuto andare in ospedale per farsela ingessare come si doveva.

“Hopps”

Non appena la sentì chiamare il suo nome, Judy scattò mettendosi seduta, quasi subito la testa cominciò a girargli, facendola barcollare.

“Non c’è bisogno che ti metti sull’attenti, adesso, tranquillamente, spiegami che diavolo è successo la dentro”

Si abbassò nuovamente, sdraiandosi ed osservando l’istruttrice, lei ne approfittò per dare un’occhiata alle orecchie della leporide, vicino l’attaccatura con la testa erano appena schiacciate, il pelo era tutto scarruffato e c’erano dei piccoli graffi sulla pelle sottostante, arrivando alla conclusione che doveva essere stata afferrata con durezza per le orecchie.

“Avanti, dimmi tutto”

Judy ebbe un attimo di esitazione, come se stesse pensando a quali parole dire e, soprattutto, a non dire quelle sbagliate “N…non è successo nulla, non sono stata al passo coi miei compagni e nella fretta di raggiungerli sono scivolata giù dalle scale”

Era una completa frana a mentire e l’orsa se ne accorse, decise di fare un ultimo tentativo, solo uno.

“Sei sicura che sia andata così? Ho ragione di pensare che…”

“Sicurissima” La interruppe lei “È quello che è accaduto”

Trudy era letteralmente indignata, non solo quella coniglietta era una completa frana, ma a quanto pare non aveva neppure il coraggio di denunciare un’aggressione rivolta a se stessa, ma se quella era la sua scelta, allora l’avrebbe rispettata.

“Bene allora, ho chiamato tua sorella, sta arrivando a prenderti, le darò indicazioni di portarti all’ospedale per farti ingessare la zampa, poi passerai il fine settimana a casa, ma lunedì mattina ti voglio qua, riconsegnerai le stampelle che ti do ora, prenderai la tua roba e ti ritirerai dal corso, sono stata chiara?”

Judy sospirò appena per poi annuire “Sissignore”

“Bene”

Detta quest’unica parola l’orsa sbuffò per poi uscire dalla stanza, chiudendosi dietro la porta e lasciandola sola.







“Allora Jud, mi dici cosa è successo?” La coniglietta era appena uscita dall’ospedale, la zampa era stata ingessata come si doveva e avrebbe dovuto tenerlo per almeno un mese, aveva appena messo piede sull’auto di Sofia, una utilitaria senza sedile del guidatore e con tutti i comandi manuali, era stata progettata per permettere di poterci entrare con la sedia a rotelle.

“Te l’ho già detto, sono ruzzolata giù da una rampa di scale, e lunedì andrò là per l’ultima volta”

Sofia restò un attimo a fissarla prima di partire, era assorta nei suoi pensieri, tra lei e Judy c’era un rapporto che non avevano con nessun altro dei loro fratelli o sorelle, tra di loro non esistevano segreti, fin da quando ne avevano memoria si erano sempre dette tutto, non importava quanto intima fosse la notizia, ma ora, mentre la ascoltava dire balle da quattro soldi, si rese conto che sua sorella era cambiata, quegli undici anni passati a sopravvivere per strada l’avevano resa una persona che ora faticava a riconoscere.
Sbuffò , per poi avviare l’auto e partire.

“Va bene, visto che tra due giorni devi tornare all’accademia ti ospito da me, poi, se vuoi, potrai tornare a casa da mamma e papà”



Arrivarono verso mezzogiorno, l’appartamento di Sofia era al quarto piano di una vecchia palazzina a Savana Centrale, fortunatamente per entrambe le coniglie, munito di ascensore, l’appartamento era un semplice bilocale con sala e cucina unite, una piccola camera e un bagno. Una decina di minuti dopo Judy era stravaccata sul divano che sonnecchiava, mentre Sofia preparava qualcosa da mangiare, paradossalmente in quel momento aveva molta più libertà di movimento la coniglia paraplegica rispetto alla sorella, dato che doveva ancora abituarsi alle stampelle, quando il pranzo fu quasi pronto qualcuno suonò il campanello, costringendola ad abbassare il fuoco e andare a vedere chi era.

“Arrivo” Appena aperta la porta gli si presento davanti un grosso orso polare, era vestito abbastanza elegante, probabilmente un venditore porta a porta.

“Mi dispiace, non compro nulla…”

“Cosa? No, non ho alcuna intenzione di venderle nulla, sto cercando Judy Hopps, mi è stato detto che vive qui”

Quel orso aveva qualcosa che non la convinceva pienamente, poi decise di accontentarlo andando a chiamare la sorella, magari lei lo conosceva e comunque, se avesse avuto cattive intenzioni, chiuderlo fuori non l’avrebbe protetta in nessun modo, dato che con la sua stazza probabilmente avrebbe potuto buttare giù non solo la porta d’entrata, ma forse anche l’intera parete.

“Judy svegliaaaa, c’è un bestione che ti cerca”

L’orso socchiuse appena gli occhi, aspettando che la coniglietta si presentasse alla porta “Bestione?”







Erano le cinque, e finalmente era arrivato a casa, non suonò il campanello, non sapendo se i piccoli dormivano non voleva rischiare, infilò la chiave nella serratura e la porta si aprì solo dopo quattro mandate, ne restò stupito, mai prima di allora Jessica aveva chiuso a chiave la porta mentre si trovava in casa, era sempre stata dell’idea che se qualcuno entrava senza permesso, lo faceva a suo rischio e pericolo, e Nick sapeva bene quanto ci godeva la lepre a prendere a mattarellate qualche eventuale ladro che aveva l’ardire di intrufolarsi in casa, ma a quanto pare, ora che aveva dei figli da proteggere, anche le sue abitudini stavano cambiando, nella speranza che poco a poco abbandonasse completamente il suo lato sadico.

“Tesoro, sono tornato”

Non arrivò risposta, si diresse verso la camera, da cui uscì la lepre, chiudendosi dietro la porta, aveva un aspetto stravolto “Ehi, tutto ok?”

Lei rispose alzando l’indice della zampa destra per portarselo davanti il muso, intimando silenzio da parte del compagno.

“Sono quattro ore che provo a farli dormire tutti e tre, se li svegli, giuro che ti prendo a pugni”

Dal tono con cui aveva detto la frase a Nick risultò difficile capire se stava scherzando o fosse seria, conoscendola non se ne sarebbe nemmeno stupito troppo, ci pensò lei a togliergli ogni dubbio, sorridendogli e facendogli cenno di entrare.

“Sto scherzando, ti ho visto dalla finestra e non ho resistito, sai, mi piaci quando sei confuso”

“Sarai la mia rovina” Gli rispose lui, sorridendo a sua volta e scuotendo la testa, per poi entrare in camera, i cuccioli erano tutti e tre sul letto, Ashley e Chris dormivano beati, mentre il piccolo James, il cucciolo che aveva preso in egual modo l’aspetto sia dalla lepre che dalla volpe, era sveglio ed osservava suo papà, per poi cominciare a piangere un secondo dopo; Jessica se la rise, ai danni di Nick.

“Ahahah, a quanto pare sei brutto”

Lui non ci fece caso, prese il figlio e cominciò a cullarlo, dopo poco quest’ultimo smise di frignare e nel giro di due secondi era già bello che addormentato, Nick si voltò quindi verso la sua dolce metà, mostrandogli il figlio completamente assopito, come se avesse vinto la coppa del mondo e con un sorriso sghembo sul muso.

“Scusa quanto ci avevi messo a farli dorm…a si giusto, quattro ore, complimenti, devi insegnarmi come fai”

La lepre strinse gli occhi mettendo un’espressione corrucciata sul muso, poi lo sguardo gli cadde sull’orologio, diede uno sguardo all’ora e poi si rivolse a Nick.

“Ok, va bene sei bravo, adesso porta fuori la spazzatura”

“Ma…sono appena arrivato, lasciameli godere un po' anche a me…in fondo…”

“Te li godrai dopo, io sono stanca e non ho voglia”

Sapeva che era inutile insistere, se non l’avesse accontentata probabilmente avrebbe rotto le balle fino all’esaurimento delle energie, e ne aveva una riserva decisamente ragguardevole.

“Ok” Dopo aver delicatamente posato il figlio sul letto fece per uscire dalla stanza quando venne fermato da Jessica, la lepre lo fece voltare e senza alcun preavviso gli diede un bacio che venne subito ricambiato dalla volpe, dopo qualche secondo si separarono e lei si avvicinò sussurrando alle sue orecchie.

“Ti amo”

“Lo so” Rispose lui con un sorriso divertito.

Arrivato in cucina guardò il calendario, il venerdì passavano a raccogliere la plastica, per cui prese quello giusto e si apprestò ad uscire, non appena aprì la porta accadde tutto in un attimo, non si rese nemmeno conto di quello che stava per accadere e l’unica cosa che vide fu una enorme zampa bianca afferrarlo per il busto, circondandolo completamente, per poi venire buttato dentro un sacco di tela, non aveva minimamente visto il muso del suo rapitore, ma ne era più che certo, si trattava di un orso polare, improvvisamente le raccomandazioni che gli aveva fatto Wolfard quella mattina stessa gli rimbombarono nel cranio, alla fine Big si era stancato che la volpe, che lo aveva anni addietro oltraggiato con un tappeto di chiappe di puzzola, continuasse a mettergli il bastone tra le ruote, ma più che per se stesso, Nick in quel momento temeva per Jessica e i suoi figli, Big non si sarebbe fatto nessuno scrupolo a massacrare dei neonati per il semplice gusto di vederlo soffrire, provò ad urlare, ma in quel preciso istante si sentì scagliare nel baule di un’auto, che venne poi chiuso, lasciandolo nell’oscurità più totale.

Nel frattempo che la volpe veniva caricata, un altro orso era fermo davanti la porta dell’abitazione, ancora socchiusa, lo stesso che qualche ora prima aveva fatto visita a Judy; dopo averla aperta completamente varcò la soglia, trovandosi di fronte la lepre che teneva in braccio la volpettina dal pelo grigio, non si scompose minimamente, mentre guardava l’enorme predatore.

“Siete in ritardo”

“Lo so, abbiamo perso tempo con la coniglia”

“Ok, era veramente necessario?”

“Certo, cosa ti aspettavi, un invito scritto?”

La lepre sbuffò, per poi alzare lo sguardo verso l’orso “Ok, ma solo una cosa, non riducetelo troppo male, mi serve ancora”





Note

Eccomi qua, siamo ritornati alla storia principale e già comincia con un colpo di scena, il sogno americano, o zootopiano, di Nick sembra che non sia destinato a durare molto.

Ne approfitto per ringraziare Redferne e Djmathew, quest’ultimo anche per averla messa tra le preferite, per le recensioni al precedente capitolo, ma soprattutto per la pazienza da avere nei confronti dei miei tempi di attesa, al limite dell’eternità.

Un ringraziamento va anche a DANYDHALIA e Psiche_00 per averla messa tra le ricordate e EnZo89, Grillo_che_parla, ivan_occa, kayney, Mr Creepy 17, Steve_09 e zamy88 per averla messa tra le seguite, inoltre non manco di ringraziare anche chiunque legga senza recensire, lo so che ci siete 😉





Alla prossima
Davide

2426 parole

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Capitolo 23
*** 23 - Una serata inaspettata (Prima parte) ***


L’auto proseguiva lungo la sua strada senza che Nick potesse far nulla a riguardo, i due orsi che lo avevano catturato erano stati dei veri fenomeni, senza neppure fargli rendere conto di quello che sarebbe successo lo avevano preso e legato come un salame, nelle condizioni in cui era non avrebbe potuto nulla contro due aggressori di quelle dimensioni.

“Merda, questa volta finisce male davvero”

Dopo una decina di minuti l’auto si fermò, sentì il baule aprirsi ed il sacco in cui lo avevano messo sollevarsi, lo stavano tirando fuori, non riusciva a vedere dove fosse, ma non sentiva freddo, il che era strano viste le abitudini abitative del malavitoso, non si trovava a Tundratown e la cosa lo confuse non poco.

“Si può sapere chi cazzo siete? Fatemi usci…”

Per tutta risposta sentì il sacco scuotersi, per poi udire la voce di uno dei suoi aguzzini.

“Chiudi quella fogna”

La voce non gli era nuova, era più che certo di conoscerlo, ora più che mai temeva che si trattasse degli scagnozzi di Koslow; si ritrovò bendato e legato ad una sedia, nella stanza riusciva a sentire, in mezzo a tutti gli altri, un buon odore di arrosto, anche se non riusciva a capirne la provenienza.

“Se mi volevate per cena bastava chiedere gentilmente, brutti sacchi di mer…”

“Parli ancora? Ma lo vuoi capire che devi fare silenzio?”

“Sennò che fate? Tanto sono con la merda fino al collo, voglio vedere come potete peggiorarmi la situazione”

Ironia a parte, si vedeva lontano un miglio che la volpe era terrorizzata, aveva iniziato a sudare solo all’idea di quello che gli sarebbe aspettato, temendo che assieme a lui avessero preso anche Jessica e i piccoli.

“Se avete fatto qualcosa alla mia famiglia giuro che vi ammazzo”

Non arrivò alcun tipo di risposta, piuttosto sentiva qualcuno parlare a bassa voce, probabilmente per non farsi sentire da lui, poi cominciò ad avvertire un altro odore, un odore molto più familiare, che riconobbe quasi subito.

“Judy?!”

Finito il mormorio la stessa voce che gli aveva detto di tacere si fece sentire nuovamente.

“Ok, va bene, allora volpe, ti farà piacere sapere che non ci interessa la tua compagna, né tantomeno i tuoi cuccioli, ma…abbiamo deciso di far visita ad una tua amichetta e l’abbiamo, come dire, convinta a partecipare al party, non ti preoccupare, sarà pronta a momenti”

Ormai ne era certo, avevano preso Judy, non osava nemmeno immaginare cosa le avrebbero fatto per vendicarsi di lui.

“Bastardi, cosa le avete fatto? Dov’è Judy?”

Sentì a malapena un ghigno, poi sempre la solita voce, che continuava a sfuggirgli chi ne fosse il proprietario.

“Ti ho detto che sta per arrivare, si tratta solo di capire quanto era caldo il for…oh, eccola, buon appetito”

“COS…Umpf”

Sentì qualcosa che gli venne ficcato a forza in bocca mentre urlava, dalla temperatura e dal sapore ci mise un attimo a capire che si trattava di carne cotta, nonostante sperasse il contrario, non poteva non pensare che si trattava proprio della coniglietta, in un impeto di odio e disperazione sputò a terra il boccone, per poi imprecare verso i suoi aguzzini, agitandosi sulla sedia.

“BRUTTI SCHIFOSI, SE MI LIBERO GIURO CHE VI AMMAZZO TUTTI”







Finito lo sfogo cominciò a sentire qualcuno che tratteneva a stento le risate, per poi scoppiare a ridere come un deficiente, questo non fece altro che confondere Nick, un attimo dopo gli venne tolta la benda, era già sconvolto da quello che era successo, vedere Wolfard e Grizzoli rotolarsi a terra coi crampi allo stomaco per le risate lo confuse ancora di più.

“Oddio Wilde, dovresti vedere la tua faccia” La voce proveniva da dietro di lui, girò la testa quel tanto che bastava per capire chi fosse, riconoscendo poi che si trattava di un orso polare, il suo collega Andersen, quest’ultimo si teneva le zampe sul muso per asciugarsi i lacrimoni che aveva agli occhi per il troppo ridere, Nick riusciva a fatica a formulare una frase sensata.

“M…ma quindi…quindi che mi…avete messo in…”

“Questo” Non riuscì a finire la frase che una vocina squillante, che riconobbe subito, attirò la sua attenzione, facendolo voltare di fronte a sé.

“JUDY”

La coniglietta stava a pochi passi da lui, la prima cosa che notò fu la parte superiore della testa fasciata, il gesso alla gamba destra e la stampella con cui si reggeva in piedi nello stesso braccio, mentre col sinistro teneva stretta una coscia di pollo, con ancora i segni delle zanne della volpe sopra.

“Ah ah ah, credevi veramente che mi avessero arrostita?”

Nel frattempo che la coniglietta sorrideva, Nick doveva ancora fare mente locale, chiuse gli occhi, tirò un sospiro per poi scattare ad urlare come un pazzo.

“MA SIETE UN BRANCO DI DEFICENTI, MI VOLETE FAR VENIRE UN INFARTO?”

“Ma quale infarto? Hai un cuore forte, lo sappiamo” A parlare stavolta fu Delgado, il leone si avvicinò, sorridendo a Nick, la voglia di sputargli in faccia era talmente forte da parte della volpe che dovette far ricorso a tutto il suo auto controllo per non farlo.

“Questa giuro che me la pagate, schifosi, infami, fetenti figli di…”

“Ehi, calma” Il felino lo interruppe prima che esagerasse, avvicinandoglisi ulteriormente continuando a sorridergli “Schifosi, infami e fetenti posso anche capirlo, ma lascia stare le nostre povere madri”

Finita la frase proruppe in una fragorosa risata, segno che non se l’era presa, in fondo lo sapeva che, probabilmente, avevano esagerato.

“Siete degli animali”

Mentre sussurrò questa frase, cercò di divincolarsi nel futile tentativo di liberarsi, per poi fermarsi non appena si ritrovò Judy davanti, era strana, sembrava quasi mortificata.

“Io…spero che non te la sia presa troppo…si forse abbiamo esagerato ma…mi dispiacerebbe sapere che sei in collera con me”

Vedere tutto quel dispiacere sul suo musetto lo fece calmare a tal punto che abbandonò qualsiasi tipo di pensieri su future rappresaglie da fare ai sui colleghi, già averla davanti ridotta in quelle condizioni gli faceva male, se in più doveva pure vederla triste perché non sapeva stare ad un, fin troppo sadico, scherzo, quella allora era una vera e propria pugnalata, per cui decise di smetterla e mettere un bel sorriso sul muso.

“No, tranquilla, non me la prendo per sciocchezze simili, ma ora che ne dici di slegar…”

“Bene…” Lo interruppe la coniglietta, a cui era tornato il sorriso “…perché con te non abbiamo ancora finito, se speravi di tornare a casa presto, stai fresco”

“Ecco…ti pareva”





Poco dopo Nick venne slegato e condotto attraverso quella che sembrava una vera e propria villa, era immensa e mentre camminava lungo in corridoio aveva perso il conto di tutte le camere e chissà quali altre stanze aveva appena passato.

“Siamo a casa di Wolfard?”

“Ovvio” Gli rispose Grizzoli “Solo lui ha un’abitazione abbastanza grande da farci stare mezzo dipartimento”
Nick seguì i suoi colleghi, mentre Judy si fermò un attimo a parlare col padrone di casa.

“Wolfard giusto? Grazie mille per l’invito, è un piacere essere qui con voi”

Il lupo sentendosi chiamare si voltò verso di lei “Oh, piacere mio, ma non darmi del lei, chiamami pure Jake, e poi abbiamo pensato che ti avrebbe fatto piacere conoscere i tuoi futuri colleghi”

La coniglietta rizzò le orecchie a sentire quella frase “Futuri colleghi?”

“Jessica ci ha detto che stai frequentando l’accademia, sarebbe davvero bello avere un altro coniglio tra le nostre fila”

Questa frase mandò in confusione Judy, Jessica oltre a non essere più in polizia era una lepre, possibile ci fossero altri conigli in polizia? Avrebbe voluto saperne di più a riguardo, ma voleva sviare il discorso, onde evitare di dover dare dettagli sulla sua fallimentare esperienza all’accademia.

“Certo, hai una casa molto bella, e grande, deve essere costata una fortuna”

“Non mi è costata nulla, ho ereditato tutto” Rispose lui.

“Uau, quindi sei ricco sfondato”

“In un certo senso, ma ricordati che i soldi non sono tutto, nella vita”

Per lei era vero il contrario, lei veniva da una vita al limite, in cui ogni singolo spicciolo rubato per strada poteva voler dire sopravvivere un altro giorno, i soldi contavano eccome.

“Ma perché fare il poliziotto? Perché non ti godi la vita, invece di rischiarla?”

Lui la guardo storto per un attimo, per poi risponderle con un’altra domanda.

“E tu allora? Perché hai scelto di fare l’accademia di polizia?”

“Mi è stata offerta la possibilità e ci ho provato”

“Non è sufficiente, questo non è un lavoro come un altro, non puoi semplicemente provare perché ti ritieni in grado, devi avere una motivazione”

La coniglietta abbassò il capo, guardando il pavimento “L’avevo, anni fa, ma poi ho rovinato tutto”

Lui si avvicinò ulteriormente, abbassandosi per parlarle muso a muso “Ehi, guarda Nick”

Judy alzò lo sguardo verso la volpe mentre si allontanava coi suoi colleghi.

“Anche lui ha una motivazione, sai qual è?”

“Jessica?”

“Esatto, lei lo ha tirato fuori da una vita, scusa il termine, di merda, ha ottenuto questa possibilità da lei ed ha deciso che per lei avrebbe fatto di tutto, nonostante non ne abbia bisogno, ha deciso di proteggerla, è questo a permettergli di fare bene quello che fa, ed ora che ha pure dei figli, s’impegnerà ancora di più. Ora te lo chiedo, rispondimi sinceramente. Qual è la tua motivazione?”

Judy stette a pensarci qualche secondo, la motivazione che diciassette anni prima l’aveva spinta ad avere un sogno, sogno infranto sei anni dopo da una fuga senza senso che, non poteva negarlo, l’aveva cambiata, ma che soprattutto aveva cambiato la sua visione del mondo che gli stava attorno, dell’utopia che era Zootropolis per una cucciola di nove anni e che ben presto si rivelò essere tutt’altro, una città come un’altra dove, assieme alla gente normale, ci viveva la feccia della peggior specie, tuttavia, se lo ricordò.

“Rendere il mondo un posto migliore”

Il lupo si alzò in piedi soddisfatto “Motivazione più che valida, ricordatela e non smettere di crederci, adesso raggiungiamo gli altri, voglio farti conoscere una persona”

Judy annuì, e dopo aver preso la seconda stampella si avviò assieme a Wolfard nella direzione dove erano andati gli altri.

Arrivarono presto ad una enorme sala, dove Nick riconobbe altri degli agenti del primo distretto, più alcuni di quello di Rainforest, ci aveva collaborato per un vecchio caso ed era rimasto in buoni rapporti, al centro della sala vi stava una tavolata piena di roba da mangiare, con alimenti per predatori da una parte e prede dall’altra, si passava dalla semplice insalata a interi arrosti di tacchino e altri vari volatili, per poi concludersi con quella adibita ai dessert, inutile dire che Benjamin aveva già le idee chiare su dove passare il resto della serata.

“Adesso, vorreste dirmi il motivo di questo rapimento?”

A rispondergli arrivò Delgado “Allora, prima di tutto si tratta di una vendetta per quello che hai combinato il mese scorso, ricordi? Quando a causa tua il capitano Bogo ci ha costretti, tutti, a pattuglie notturne per una settimana, solo perché ti è venuta la splendida idea di…”

Non fece in tempo a finire la frase che subito venne interrotto dalla volpe.

“Ok, ok, in effetti potrei essermelo meritato, c’è altro?”

“Ovvio, stamattina ti sei presentato al lavoro come se nulla fosse”

“Eeee…Quindi?”

“Sai com’è, quando uno diventa padre, per la prima volta almeno, dovrebbe essere al settimo cielo e morire dalla voglia di farlo sapere a tutti, eravamo tutti in attesa di sapere se c’erano novità, e ti sei tenuto tutto per te”

“Altro che vendetta, a voi interessava solo questo”

“Oh suvvia ragazzi, sono nati ieri. E poi scusate, ma come cazzo avete fatto a scoprirlo se io non vi ho detto nulla?”

“Con Benjamin e Jessica che spettegolano tra di loro peggio di due vecchie zitelle, ovvio che veniamo a sapere di certe cose”

Già, si era dimenticato che, anche dopo il suo licenziamento, la sua compagna era rimasta comunque in contatto col ciccione, tra quei due era nata fin da subito una bella amicizia.

“Mi afete chiamafo?”

Il ghepardo, che si era sentito nominare, si voltò, facendo quella domanda mentre stava ingurgitando due profiteroles, interi, facendo inevitabilmente scoppiare l’ilarità generale in tutti i presenti.

Solo a quel punto Nick si rese conto che mancava da casa da quasi un’ora, temendo che la compagna fosse in pensiero.

“Mi serve un telefono, devo dire a Jessica che sto bene”

“Tranquillo, non serve, lei sa già tutto, chi pensi sia stato a dirci a che ora saresti arrivato per farti un agguato come si deve?”

La volpe sbuffò, un po’ infastidito ma non molto sorpreso della rivelazione.

“Anche se, devo dire, non siamo stati molto chiari sul metodo di, diciamo recupero, da adottare con te, presumo che lei pensasse che ti avremmo semplicemente portato qua, senza tutta la messinscena, credo che appena lo verrà a sapere vorrà prenderci a calci in culo”

“Oh, puoi starne certo” Poi Nick si volse in direzione di Judy, in quel momento stava parlando con un altro coniglio che Nick non conosceva “E lei?”

“Sempre opera della tua dolce metà” Rispose Delgado “Ci ha detto che è una vostra amica e dove trovarla”

“Ok, e quello chi è?” Se non fosse che il leone sapeva che il suo collega amava una certa lepre, avrebbe sicuramente pensato che in qualche modo fosse geloso di quel coniglio che parlava con la loro ospite.

“Si chiama Robert, ha fatto l’accademia di Rivet City ma ha chiesto di essere trasferito qui a Zootropolis, abbiamo pensato di invitarlo per farlo ambientare e conoscere meglio i suoi nuovi colleghi”

“Quindi, è un poliziotto”

“Si, il primo coniglio poliziotto, niente male è?”

Lo sguardo di Nick passo dal coniglio a Judy, un po' gli dispiaceva, era convinto che avrebbe potuto essere lei la prima della sua specie ad arrivare a tanto, tuttavia vide che, nonostante tutto, era felice, sembrava veramente a suo agio mentre chiacchierava con un suo simile.





Note

Eccomi qua, in un ritardo osceno, ma tra lavoro e altro non ci sta il tempo per scrivere.
Ho cambiato il rating in arancione e messo avvertimenti lime e tematiche delicate, sopratutto per quello che accadrà più avanti nella storia.
Come sempre ringrazio Redferne e Djmathew per le recensioni all’ultimo capitolo, Bloody_Mary_25 ed EnZo89 per aver iniziato la storia.

Alla prossima
Davide

2311 parole

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Capitolo 24
*** 24 - Una serata inaspettata (Seconda parte) ***


“E la tua di motivazione invece? E poi come fai a mantenerti una casa del genere con un lavoro come quello del poliziotto, si guadagna veramente così tanto?”

Mentre camminavano lungo il corridoio che portava alla sala da pranzo dove li aspettavano tutti gli altri, Judy rivolse queste domande al padrone di casa, che si era offerto di stare al suo passo, parecchio rallentato a causa delle stampelle.

“Ti puoi figurare, con quello che ci pagano già mi domando come fa a sopravvivere Nick, ora che Jessica è disoccupata e con tre figli, per quello che rischiamo siamo veramente sottopagati, è per quello che si sta dando così tanto da fare in questo periodo, per quanto riguarda me, non ho ereditato solo la casa, potrei vivere di rendita per il resto della mia vita”

“Che vuoi dire riguardo a Nick?”

“Bè, diciamo che Nick non è proprio il genere di mammifero che si spacca in due per il lavoro, lui, preferisce delegare, ecco, quando Jessica c’era in centrale era soprattutto lei a fare il grosso del lavoro, Nick è…cioè, era uno scansafatiche, però ora che ha una famiglia da mantenere ha capito che non può più battere la fiacca, ce la sta mettendo tutta”

Capita tutta la faccenda, la coniglietta annuì, ma non aveva ancora finito con quel lupo, c’era ancora una cosa che voleva sapere.

“Ok, e di te che mi dici? Qual è la tua motivazione?”

Wolfard si fermò, inducendo Judy a fare come lui, osservandola dritta negli occhi.

“Me lo chiedono in tanti sai, come mai rischio la mia vita con un lavoro del genere quando potrei semplicemente godermela, bè, l’ho fatto, c’è stato un periodo in cui me ne fottevo di tutto e di tutti, c’ero solo io e la bella vita…”

A questo punto Judy poté notare subito come nel raccontare, Wolfard non riuscisse a nascondere un velo di tristezza nelle sue parole.

“…poi arriva inevitabilmente il giorno in cui fai una cazzata immane e perdi tutti i tuoi amici, ti rendi conto che i soldi non sono nulla e che soprattutto non ti rendono migliore di tutti gli altri, anzi è vero il contrario, ho capito che se volevo dare una svolta vera alla mia vita avrei dovuto cambiare, e quel cambiamento è arrivato con l’arruolamento, ha cambiato il mio modo di vedere le cose, permettendomi, anche di poco, di essere d’aiuto”

Judy rimase letteralmente affascinata da quel lupo, magari lui si accontentava di rendere Zootropolis un posto migliore in cui vivere, ma almeno ci riusciva, al contrario di lei che aveva fallito su tutti i fronti.

“Coraggio, andiamo di la, oggi è il giorno di Nick, e in un certo senso anche di noi come suoi colleghi”

La coniglietta, non capendo quest’affermazione chiese spiegazioni.

“Che vuoi dire?”

“Diciamo solo che quella volpe quando ci si mette dimostra un’insolita abilità a far infuriare il nostro capo, così quest’ultimo, esasperato, ha deciso di punirci tutti per una sua cavolata, conscio del fatto che prima o poi glie l’avremo fatta pagare”

Capito tutto, Judy sorrise.

“Quindi, il finto rapimento e fargli credere che mi avete infornata è stata la punizione?”

“Cosa? NO, macché, quello è stato solo l’antipasto, aspetta di ved…”

Tutto d’un tratto dal fondo del corridoio si cominciò a sentire diverse voci cantare.

“Bevilo bevilo bevilo, e bevilo bevilo bevilo, e bevilo bevilo bevilo, tutto d’un fià”

Judy tese le orecchie, per poi guardare il padrone di casa con un’aria interrogativa, quest’ultimo sbuffò, per poi mettere un sorriso sul muso.

“Ecco…hanno trovato i fusti”

“I fusti?”

“Spero che ti piaccia la birra, perché ne ho presa in quantità a dir poco industriale”

Arrivati in sala da pranzo la coniglietta si guardò attorno, da quello che aveva capito, tutti i presenti erano poliziotti colleghi di Nick, tuttavia erano in abiti normali, essendo fuori servizio; riconobbe subito il ghepardo ciccione della reception, in quel momento si stava ingozzando in maniera a dir poco rivoltante di manicaretti, poco distante ci stava Nick, in quel momento era circondato da alcuni suoi colleghi intenti a tenerlo d’occhio che bevesse tutta la sua caraffa di birra, poi vide un paio di orsi polari, tra cui quello che era andato a prenderla a casa di sua sorella, l’invito era stato esteso anche a lei, ma aveva preferito passare; c’erano veramente mammiferi di ogni tipo, due elefanti, di cui una femmina, il che faceva di loro due le uniche presenti, un ippopotamo, due giraffe, qualche lupo e…

“Ma quello è un coniglio”

Si fermò ad osservare curiosa il suo simile dalla distanza, cercando di non farsi notare mentre lo faceva, era certa che nessun coniglio avesse frequentato l’accademia prima di lei, quindi diede per scontato che fosse un amico di Nick, o magari di Jessica, si avvicinò un po', voleva parlarci e scoprire qualcosa su di lui, tra l’altro era pure carino e di bell’aspetto.

Decisa più che mai a conoscere questo ospite che attirava la sua attenzione più degli altri, prese le stampelle e cominciò ad avvicinarsi, quando gli fu a qualche metro il coniglio si accorse di lei, andandogli incontro.

“Madame, avevo sentito dire che ci sarebbe stata anche una tenera coniglietta, ma non potevo certo aspettarmi cotanta bellezza tutta raggruppata in un unico essere”

Finita la frase allungò la zampa, afferrando delicatamente quella di Judy per poi baciarle leggermente il dorso.
Davanti ad una presentazione del genere, Judy finì in un blackout totale, si era preparata per un salve, piacere sono Jack, Matt, Christopher o come cavolo poteva chiamarsi quel coniglio, ma con una cosa del genere era rimasta completamente spiazzata, non sapeva come comportarsi dato che, Nick a parte, le sue esperienze in fatto di attenzioni maschili erano quasi sempre finite con uno stupro ai suoi danni.

Il coniglio, accorgendosi del completo mutismo dell’interessata, alzò la zampa, portandola di fronte al muso della coniglietta, per poi agitargliela davanti.

“Ehm, tutto ok?”

Si ridestò quasi subito, sorridendo imbarazzata dalla figura appena fatta.

“È…si…si, scusa ma…ecco io non ci sono abituata…a ricevere complimenti del genere”

“Non vedo come sia possibile, comunque mi presento, mi chiamo Robert Morris, e lei è…”

“Hopps, Judy e dammi pure del tu”

“Ok Judy, ma dimmi, che ci fa in mezzo a questo covo di matti una tenera coniglietta?”

Finita la frase gli diede un veloce sguardo.

“E soprattutto, cosa diavolo è successo per ridurti in quello stato?”

Judy abbassò istintivamente lo sguardo alla gamba ingessata, per poi riportarlo subito dopo al diretto interessato.

“Eh…solo un piccolo incidente, all’accademia di polizia, non ho prestato molta attenzione e sono rotolata giù da una rampa di scale”





Nick aveva già buttato giù quasi tutto il secondo boccale di birra, tutto sommato era una vita che non se la spassava, anche se avrebbe preferito stare a casa con Jessica e i piccoli, ma era ovvio che fino alla mattina dopo da li non sarebbe uscito, quindi decise di godersela come poteva, bevette l’ultimo sorso e poi si sentì tirare la manica della camicia, aveva Judy a fianco che, sorridendogli, gli fece cenno di avvicinarsi, Nick si abbassò, in modo da poter sentire quello che aveva da dirgli in mezzo a tutto quel baccano.

“Devo dirti una cosa, cerchiamo un posto tranquillo”

La volpe annuì, poi si guardò attorno fino a vedere il corridoio da dove erano entrati, arrivati alla prima porta Nick l’aprì, facendo entrare prima lei per poi chiudersela dietro.

“D…dimmi Carotina”

La coniglietta guardava con aria strana il predatore, infatti quest’ultimo barcollava leggermente, inoltre l’aveva pure chiamata col soprannome che era solito usare con la compagna.

“Tutto ok Nick? Ti sei accorto che non sono Jessica vero?”

“Si si, solo, non sono più abituato a bere così tanto a stomaco vuoto” Finita la frase mise la zampa davanti al muso per smorzare un rutto, che altrimenti avrebbe investito in pieno la coniglietta “Scusa, di che mi volevi parlare, anzi fammi indovinare, l’argomento di discussione è il coniglio? Ti piace è?”

Judy non si aspettava che Nick l’avesse vista parlare con Robert, per un attimo ci rimase spiazzata ed imbarazzata, ma si riprese subito dopo.

“Cosa? No, ma che vai a pensare, ti volevo parlare di Sofia, mia sorella ricordi?”

“Si certo, è successo qualcosa”

“Dopo che stamattina è venuta a prendermi all’accademia, mi ha detto che è passata dalla centrale per parlarti, mi ha detto della lettera che le hai dato…del…del fatto che…”

Non ce la fece proprio a terminare la frase, l’emozione era troppa per cui si limitò ad elargire un sorriso di gratitudine alla volpe per poi finire il discorso con una sola parola, che valeva più di mille altre.

“Grazie”





“Bevilo bevilo bevilo, e bevilo bevilo bevilo, e bevilo bevilo bevilo, tutto d’un fià”

I colleghi di Nick ci avevano preso gusto a fargli trangugiare ogni sorta di bevanda alcolica, facendogli fare dei miscugli a dir poco letali, ma trattandosi di una volpe, lui era più furbo di quel branco di poliziotti già belli andanti, era già il quinto bicchiere di grappa che, dopo aver finto di ingurgitare, finiva per sputare in un vaso contenente una sorta di cactus, se la povera pianta fosse sopravvissuta fino alla fioritura non era affar suo.

“Ehi W…W…Wilde”

Non riuscì a capire se l’avesse sentita in quella maniera perché lui era ubriaco o se pure lei ci avesse dato dentro, gli bastò girarsi per capirlo, Judy stava letteralmente barcollando sulle proprie zampe senza dover utilizzare le stampelle, a quanto pare pure lei era stata vittima dell’entusiasmo dei suoi colleghi che, vedendola troppo sobria, probabilmente le avevano fatto bere qualcosa a tradimento.
Nonostante avesse smesso di bere, ne aveva già un bel po' in corpo, per cui si avvicinò incespicando alla coniglietta.

“Sign…Signorina Hopps, lei è ubriaca”

“Non mi farò…farò fare la predica…da un padre di famiglia…più ubriaco di me”

La coniglietta si avvicinò ulteriormente alla volpe per poi aggrapparsi alla cravatta tirando Nick verso di lei.

“Nick, voglio…voglio fare sesso”

“In vino veritas, è coniglietta? Mi dispiace ma non sono abbastanza ubriaco da tradire Jessica, anche perché quella poi mi ammazza”

Ci rimase un po' delusa, poi probabilmente ne capì il motivo e concluse con un mesto ok per poi allontanarsi.





Ormai la festa era bella che finita, i fusti di birra erano stati completamente prosciugati del loro aureo liquido e numerose bottiglie di liquori di vario tipo erano accatastate in maniera disordinata negli angoli della stanza, la gente ancora sveglia si poteva contare sulle dita di una mano e gli altri erano tutti a dormire nei posti più impensabili, chi sul pavimento, altri dentro il lavabo della cucina, alcuni erano crollati sopra altri, tra quelli svegli vi era Nick, aveva provato a coricarsi su una poltrona ma non ne voleva sapere di riuscire ad addormentarsi, così prese a camminare, nella speranza di smaltire un po' la sbronza.
Arrivato dinnanzi una porta si fermò improvvisamente, gli pareva di aver udito un gemito provenire dalla stanza, non ci voleva un genio per capire che li dentro almeno due mammiferi si stavano divertendo, tuttavia il tasso alcolemico, ancora piuttosto elevato, e la curiosità lo spinsero ad aprire leggermente la porta, per osservare dentro quella che infine si rese conto essere una camera da letto, la prima cosa che vide fu il nudo culo di Robert, il coniglio stava sovrastando Judy, lei era nuda dalla vita in giù, distesa di schiena sul letto; mentre facevano sesso i due conigli gli davano le spalle, non si erano minimamente accorti di essere osservati, dopo qualche secondo di esitazione Robert diede un paio di colpi più decisi, portando entrambi all’orgasmo, per poi stravaccarsi su di lei, Nick esitò ancora qualche secondo ad andare, voleva essere sicuro che non si stesse approfittando di lei, ne aveva già passate fin troppe e se ce ne fosse stato bisogno sarebbe anche intervenuto, tuttavia quando vide che la coniglietta era felice, capì che era tutto a posto.
Jessica glie ne aveva parlato, per quanto riguardava i conigli, e in misura minore anche le lepri, non erano mai serviti chissà quali rituali di corteggiamento, in genere si capivano al volo, quando un maschio e una femmina si incontravano per la prima volta, bastavano poche parole e alcune frasi messe giù bene per capire se erano fatti l’uno per l’altra, o magari si trattava di semplice istinto, sta di fatto che, a dire della lepre, molte famiglie a Bunnyburrow sono nate così, poche parole, dei semplici sguardi e poi di corsa a dare il proprio contributo per far aumentare il contatore demografico, inutile dire che c'era anche il rovescio della medaglia, con conigli che dopo aver farcito la compagna improvvisata sparivano nel nulla, insomma delle belle inculate fotoniche, come le chiamava Jessica.

Nick chiuse la porta, facendo attenzione che non lo sentissero, seppur per un attimo l’aveva vista in muso, era semplicemente felice, come non l’aveva mai vista da quel giorno che si era intrufolata in casa sua per derubarlo, gli bastava quello ed il fatto che lui l’aveva fatta godere molto di più, dato che ora non si era messa ad urlare come nel suo appartamento, mesi prima.





Note

E rieccomi qua, dopo un capitolo del genere non potevo proprio non cambiare il rating, ma lo sapevo da sempre che sarebbe capitato, questo finale di capitolo lo avevo in testa già da un bel pezzo ed è stata una soddisfazione arrivarci. Ringrazio Redferne per la recensione al capitolo precedente ed EnZo89 per quelle dei capitoli precedenti.

Alla prossima
Davide

2180 parole

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Capitolo 25
*** 25 - Ritorno a Bunnyburrow ***


Una forte luce abbagliò gli occhi semi chiusi di Nick, che, dopo esserseli coperti con le zampe, sbadigliò vistosamente per poi alzarsi da dovunque si fosse messo a dormire la sera prima.

“Bentornato nel mondo dei vivi, come va Wilde?”

Davanti a lui Wolfard stava sollevando le tapparelle delle finestre, inondando la stanza di luce. Facendogli notare come ci fosse meno gente rispetto la sera prima, a quanto pare qualcuno era già tornato a casa.

“Che ore sono?”

Il lupo controllò l’orologio da polso, per poi rispondere.

“Le dieci, caffè?”

Nick sbadigliò nuovamente, per poi ondeggiare la testa, nonostante la sbronza fosse passata, aveva ancora un po' di emicranie.

“No, ma se hai un’aspirina quella l’accetto più che volentieri”

Il lupo si avvicino al bancone della cucina e prese il medicinale da una scatoletta, era già li bello pronto, con ogni probabilità anche qualcun altro prima di lui ne aveva avuto bisogno.

“Ecco, li ci sono acqua e bicchieri”

Una volta bevuta si voltò verso il lupo, tenendosi la testa con una zampa.

“Non ci sono più abituato a bere in questa maniera”

“Già, in molti qua dentro non c’erano abituati, credimi. Prendi per esempio la tua amica, è bastato mezzo bicchiere di whisky per farla partire”

Nick lo osservò di sbieco mentre diceva quella frase.

“E si che non mi pareva tipa da alcolici, come l’avete convinta?”

“Bè” Rispose il lupo, cominciando a grattarsi nervoso la nuca “In effetti potremmo non essere stati completamente sinceri con lei, sulle specifiche della gradazione alcolica di quella roba”

“Come immaginavo, lei si è già alzata?”

“Si, stamattina presto, ha passato mezz’ora a vomitare l’anima in bagno, poi mi ha chiesto se potevo accompagnarla a casa, mi ha pure lasciato un messaggio per te, ha detto che sarebbe tornata a Bunnyburrow con sua sorella per il weekend”

“Capisco, e l’altro coniglio? Quello nuovo, com’è che si chiama?”

“Robert? È andato via anche lui, poco dopo di lei”

Nick sospirò, ci avrebbe fatto volentieri due parole, principalmente per fargli capire che se per lui era solo un gioco, per Judy non lo era affatto, l’ultima cosa di cui la coniglietta aveva bisogno in quel momento era proprio una delusione sul piano sentimentale, considerando tutto quello che aveva passato, ma avrebbe avuto modo per metterlo in chiaro, al momento per la testa aveva ben altro.

“Jake”

Il lupo si voltò, sentendosi chiamare per nome dal suo partner di lavoro.

“Dimmi”

“Saresti così gentile da riaccompagnarmi a casa? Voglio godermi almeno il fine settimana con la mia famiglia, ora che ne ho una”









“ASSOLUTAMENTE NO!”

Sia Sofia che Judy arretrarono leggermente davanti le urla di Stu, la coniglia paraplegica provò a farsi avanti spiegando le sue ragioni, ma venne interrotta prima ancora di iniziare a parlare sempre da suo padre.

“Si può sapere cosa ti passa per la testa? Sei forse impazzita? O magari ti hanno costretta con qualche minaccia?”

“Ma che stai dicendo papà? Si tratta solo di una visita da un chirurgo esperto”

“No, non è quello che mi hai detto” A questo punto sul volto del coniglio si stampò un’espressione che le figlie non gli vedevano da tantissimo tempo, disgusto, puro e semplice disgusto.

“Stiamo parlando di una schifosissima volpe, che come tutti i suoi simili meriterebbe solo di crepare nel peggiore dei modi, come può un membro di una razza così spregevole e rivoltante definirsi un medico?”

Tra le due, quella ad accusare il colpo maggiore da tali parole più che Sofia fu Judy, da quando aveva fatto ritorno in famiglia, dopo undici anni, aveva passato solo momenti di felicità con loro, ma ora riuscì a capire che i danni provocati da Gideon non si limitavano alla paresi di sua sorella, avevano cambiato radicalmente anche il giudizio che il loro padre aveva di ogni singolo elemento di quella specie, ma se non altro, lei sapeva che non era così, Nick era diverso, Nick non era Gideon, lui l’aveva aiutata a tornare a casa ed era convinta che anche questo Rodney Wilde avrebbe fatto altrettanto per risolvere il problema di Sofia, per cui si fece coraggio, provando a difendere la decisione della sorella.

“Non è come credi papà, non sono tutti come…”

“Non t’intromettere, questa è una discussione tra me e tua sorella”

“Ma…ascoltami almeno”

“Non m’interessa quello che hai da dire, non sono affari che ti riguardano”

Una volta ripresa Judy, si volse nuovamente verso Sofia, non cambiando minimamente il tono irritato con cui si stava rivolgendo alle figlie dal momento in cui gli avevano detto di questa possibilità.

“La discussione è chiusa, morirei piuttosto che vedere uno qualunque dei miei figli finire sotto le grinfie di un’altra maledetta volpe, te in particolar modo, per cui non ho altro da aggiungere, te lo PROIBISCO”

Bonnie se n’era rimasta in disparte come semplice osservatrice, non sapeva come comportarsi e soprattutto che posizione prendere nella discussione; capiva Sofia, e lei stessa ne avrebbe gioito nel vedere la figlia camminare di nuovo, anche solo riuscire a muovere le gambe sarebbe stata una cosa fantastica, tuttavia non poteva negare che in parte si trovava d’accordo col marito su una cosa, avrebbero dovuto affidarla alle cure di una volpe, lei al contrario di Stu aveva sempre cercato di rimanere imparziale riguardo altri di quella specie, Gideon a parte, ma ora che ci si ritrovava coinvolta venne rosa dal dubbio su cosa fosse giusto fare, ma non avrebbe comunque fatto in tempo a dire quello che le passava per la testa, dato che ci pensò Sofia a rispondere a tono a suo padre.

“Tu fai cosa? Ascoltami bene, io non sono venuta qua a chiedere il tuo permesso, ho ventisei anni, lavoro e ho una casa mia, non sono più la tua bambina, ho deciso che andrò da questo medico e se mi dirà che c’è possibilità deciderò anche di farmi operare da lui, l’unico motivo per cui sono passata di qua ad avvisarvi è perché mi sembrava la cosa giusta, ma è ovvio che a te non importa nulla della mia felicità”

A questo punto Stu alzò la zampa, l’intenzione era di tirarle un ceffone, Sofia si zittì e chiuse gli occhi, pronta a ricevere la sberla, dopo qualche secondo che non la sentì arrivare li riaprì, il coniglio aveva rinunciato all’idea, mettendo sul muso uno sguardo contrariato.

“Fai quello che ti pare. Cosa vuoi saperne te di cosa voglia dire preoccuparsi per i propri figli?”

Queste dure parole colpirono la coniglia più forte di qualunque sberla avesse potuto tirarle, e la stessa Bonnie, che fino a quel momento se n’era rimasta in disparte, non poté far altro che riprendere il marito per quello che aveva detto.

“Stuart Hopps!!”

Il coniglio si rese conto tardi di quello che aveva detto e di quanto poteva essere pesante per la figlia, conoscendo le sue condizioni, al punto che tutta la rabbia che aveva in corpo scemò in un istante, ora voleva solo scusarsi per la stupidaggine che aveva sparato, nel frattempo Sofia, con le lacrime agli occhi, si stava allontanando, prendendo la porta per uscire di casa, provò ad andarle dietro, ma trovò Judy a sbarrargli la strada.

“Non ci provare, non ti avvicinare a lei”

La coniglia era a dir poco incollerita, la voglia di sbattere in faccia a suo padre quello che pensava di lui in quel momento era talmente tanta che dovette faticare non poco per tenersi tutto dentro, ma comunque questa non gliel’avrebbe fatta passare liscia, ok dire una parola sbagliata, ma qui aveva decisamente esagerato, nel frattempo Sofia si era fermata, voltandosi ad osservare la sorella mentre sussurrava qualcosa al padre, la reazione di quest’ultimo quando lei finì fu una cosa mai vista prima, il coniglio si era pietrificato sul posto, sul suo viso si era stampata una smorfia sconvolta a dir poco ed era sbiancato, quando Judy le si avvicinò le fece cenno di seguirla, andando fuori dalla porta di casa, lasciando che Bonnie andasse a controllare cosa avesse il marito.

“Che gli hai detto per farlo reagire così?”

“Bazzecole…”

“Jude…”

“Io…gli ho detto…”

Era insicura e anche un po' imbarazzata, ora che la rabbia gli era passata e ragionava più lucidamente.

“…insomma, gli ho detto che…che mi sono scopata una volpe…che mi è piaciuto e…che sarei disposta anche a rifarlo…ripetutamente”

Calarono numerosi secondi di silenzio, in cui la coniglia paraplegica osservava con la bocca spalancata la sorella di fronte a lei, quest’ultima si stava coprendo il viso con le lunghe orecchie, cercando invano di non mostrare la vergogna che in quel momento stava prendendo possesso di lei.

“Gli…gli hai detto…proprio così?”

“…si…parola per parola”

Passarono qualche altro attimo in silenzio, per fare mente locale e capire cosa fosse meglio fare ora, arrivando alla decisione che non sarebbero tornate dentro casa, anzi, avrebbero preso il prima possibile il diretto per Zootropolis.





“Ho deciso, verrò con te”

Dopo quasi un’ora di viaggio sul treno, passata rigorosamente in silenzio, Judy saltò fuori con questa frase, attirando l’attenzione di sua sorella.

“Cosa? Dove?”

“Lunedì mi accompagnerai fino all’accademia di Zootropolis, accetterò qualsiasi cosa decideranno di fare di me, poi però prendiamo il primo treno per Wyndham City, troveremo questo Rodney Wilde e vedremo cosa potrà fare, ok?”

Sofia osservò in silenzio per un po' sua sorella, non aveva ancora preso una decisione definitiva sul da farsi, nonostante fosse favorevole nutriva ancora qualche dubbio, ma il fatto di avere Judy al suo fianco le fece pensare che forse era la cosa giusta, in fondo provare non le costava nulla, e se tutto fosse andato bene, forse anche loro padre avrebbe riconsiderato l’idea che non tutte le volpi erano Gideon.

“Ok, grazie…”

Altro momento di silenzio, in cui le due conigliette si scambiarono un semplice sorriso che diceva più di mille parole, era un momento tutto loro, che non condividevano con nessuno dei loro fratelli o sorelle, gli capitavano spesso ed erano sempre speciali, attimi in cui si capivano perfettamente senza bisogno di pronunciare una parola e che erano terribilmente venuti a mancare ad entrambe quando Judy si era data a quella folle fuga di undici anni prima.

“Non mi hai ancora detto com’è andata alla fine. Alla festa del tuo amico”

“Bè…” Judy ghignò leggermente, ricordandosi del tiro mancino fatto alla volpe la sera prima “…è stata una festa per noi, lui…diciamo che inizialmente non l’ha presa troppo bene, ma proprio per nulla”

Le raccontò ogni singolo dettaglio, era stata lei a suggerire a Wolfard di far credere alla volpe che l’avevano cotta per poi fargliela mangiare, aveva notato i polli nel forno e non voleva perdere l’occasione di farsi quattro risate, le raccontò poi di come gli agenti presenti alla festa l’avevano convinta ad assaggiare un “innocuo” liquore da SETTANTA gradi, con conseguente sbronza e buco di memoria di diverse ore.

“Inoltre…ho conosciuto un tipetto interessante…”

Gli occhi della sorella s’illuminarono non appena la sentì dire quella frase, o forse era il modo in cui l’aveva detta, comunque non riuscì a contenere l’entusiasmo, cominciando a fare il terzo grado alla coniglietta nella speranza di avere più informazioni, con domande che variavano dalla semplice richiesta del nome del tipo, fino a più importanti, che spaziavano dal “hai intenzione di vederlo ancora?” al “Ma lui che ne pensa di te?”, poi ad un certo punto le fece quella che più la mise in difficolta a dare una risposta, senza che nemmeno lei capisse il perché.

“Ma soprattutto, lui cosa è?”

“Cosa? Che vuoi dire?”

“Si insomma, di che specie è? Un’altra volpe? O magari qualcosa più della tua misura, magari un furetto”

Judy impiegò più di qualche secondo a dare una risposta, era davvero così strano vederla assieme ad un altro della sua specie?

“È un…coniglio”

“Ah” Sofia sembrò quasi delusa dalla risposta, poi capì quanto strana fosse stata la sua reazione, spiegandone subito i motivi.

“Non pensare male ma, dopo quello che mi hai detto che hai fatto con Wilde, credevo che non t’interessasse la compagnia di altri conigli, poi nel mese abbondante che sei stata a casa prima di decidere di andare in accademia non ti ho mai vista particolarmente interessata a nessuno”

“Quello che c’è stato tra me e Nick non era nulla di serio, lui ha già chi lo ama…”

C’era un po' di rammarico nella sua voce, Sofia se ne accorse, decidendo quindi di cambiare discorso.

“Allora…Wyndham City è?”

“Se tu ne sei convinta, non ti obbliga nessuno”

Ci fu un attimo di esitazione, ma nonostante tutto la risposta la sapevano già entrambe.

“Mai stata di più”









“Sono tornato, di nuovo”

Nick aveva appena varcato la porta di casa dopo averla aperta con le solite tre mandate di chiusura da parte della lepre, si diede uno sguardo attorno, nonostante sapesse che ormai era tutto finito, voleva evitare altre probabili imboscate, cosa che non gli riuscì a pieno dato che non appena abbassò la guardia si sentì afferrare per la vita di slancio da dietro, facendogli quasi perdere l’equilibrio.

“Era ora che tornassi a casa!”

“Guarda che in parte è anche colpa tua”

La lepre, dopo averlo mollato permettendogli di girarsi verso di lei, lo osservo dritto negli occhi, non nascondendo un po' di rammarico, che venne però quasi subito sostituito da un ghigno di sfida.

“Oh, quindi immagino che ce l’hai con me, giusto?”

La volpe gli rispose con un tono che tutto aveva tranne che di rimprovero.

“Certamente, sono estremamente adirato per il trattamento riservatomi, dovrò escogitare un’adeguata punizione per…”

Non finì la frase che gli arrivò un pugno sulla spalla dalla compagna.

“Ahio, sei una lepre violenta lo sai?”

“Oh suvvia, ti ho appena toccato, ma ora…”

La vocina maliziosa con cui pronunciò le ultime due parole continuò anche col proseguire della frase.

“…i piccoli dormono, che ne dici di discutere riguardo la mia punizione?”

Nick restò senza parole, non si sarebbe certo aspettato che fosse proprio lei a fargli certe proposte, almeno non a così poca distanza dall’aver messo al mondo tre cuccioli tutt’insieme, ok che per lepri e conigli il sesso era una ragione di vita, ma sembrava veramente troppo per la volpe.

“Ma…hai partorito l’altro ieri…da quel che so…”

“Esatto, proprio per questo stavolta userai un preservativo, voglio evitare altre sorprese, e sinceramente non m’importa di quello che puoi aver saputo dalle femmine della tua specie, so quello che voglio e so che lo vuoi anche te, quindi ora vai di là ed arrenditi, la resistenza è inutile”

Era più che sicuro che il finale di quella frase l'avesse rubata da qualche film che al momento non gli veniva, tuttavia non ebbe molto tempo per pensarci, prima che lei gli parlasse ancora.

“Ma prima di tutto, LAVATI, puzzi da far schifo”







Note

Eccomi qua, in un ritardo mostruoso, ma ormai ci sto facendo l’abitudine, anche con le recensioni, mi spiace, davvero, se riesco ad arrivare vivo alle ferie prometto che mi rimetto in pari.

Ricordo che Wyndham City è proprietà di Redferne, se non l’avete letta andate a dare un occhio alla sua long.

Ne approfitto per ringraziare il già citato Redferne, Djmathew ed EnZo89 per le recensione lasciate finora, ed anche voi che fate alzare il contatore senza scrivere manco una parola, spero solo che vi piaccia quello che leggete, ma come si dice “Chi tace acconsente”.

Alla prossima
Davide

2443 parole

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Capitolo 26
*** 26 - Regolamento dei conti ***


ACCADEMIA DI POLIZIA DI ZOOTROPOLIS.


Judy era appena scesa dalla vettura guidata da sua sorella con cui l’aveva accompagnata fino d’innanzi i cancelli dell’accademia, consapevole che quella era l’ultima volta che ci entrava, oltretutto non era neppure una bella giornata in se, il cielo minacciava pioggia e aveva provato a chiamare Nick per informarlo che quella mattina stessa lei e Sofia sarebbero partite per Wyndham City, le aveva risposto Jessica, dicendole che Nick era dovuto partire presto per un incarico speciale.

“Che mattinata del cavolo”.

Mentre scendeva, Judy allungò la zampa dentro la vettura per recuperare le stampelle, che le vennero passate dalla sorella, appena ebbe chiuso la portiera quest’ultima si sporse dal finestrino.

“Jude, sicura che non vuoi che vengo anche io?”.

“Non preoccuparti, me la caverò, te vai a comprare i biglietti del treno, appena ho finito ti chiamo e poi partiamo”.

Convinta di ciò Sofia annuì, per poi avviare il motore e partire lasciando la sorella davanti i cancelli dell’accademia; Judy li oltrepassò, avvicinandosi alla struttura principale dove vi erano gli uffici incrociò Spencer, uno sciacallo che, proprio come lei, era una recluta lì dentro, ed uno dei pochi ad aver preso in simpatia la piccola leporide.

“Hopps, che ci fai qui? Pensavo fossi a casa per l’infortunio...”.

Judy aprì la bocca per rispondere, non sapendo neppure lei cosa dire, venne bloccata fin da subito dal canide, che riprese a parlare.

“Oh bè, in fondo non sono fatti mie giusto? Oggi verranno dati i risultati per la prova nell’habitat urbano, immagino tu sia qui per quello”.

Si volse per proseguire verso l’aula magna seguito dalla coniglietta, ma prima di aprire la porta si fermò, voltandosi nuovamente verso di lei per poi abbassarsi alla sua altezza per parlarle a quattr’occhi.

“Ascolta Judy, sinceramente non ho idea di cosa sia accaduto durante la tua prova, ma se Siegward e Wyler provano di nuovo a metterti le zampe addosso...”.

Judy lo interruppe alzando una zampa e parandogliela davanti il muso, lei era certa che la sua permanenza all’accademia non fosse più garantita, ma si guardò dal rivelarlo.

“Grazie Spencer, ma non ti devi preoccupare, so badare a me stessa...”.

Detto questo fece cenno allo sciacallo di aprire la porta, per poi entrare assieme all’interno della stanza dove stavano già seduti tutti i loro compagni di corso, mancavano giusto loro due; il canide aveva trovato posto appena entrato, di fianco a quello che era il componente della sua squadra durante la prova, Judy invece dovette proseguire per qualche metro per riuscire a trovare una sedia libera, quando fu a metà stanza e passò di fianco ad una fila di sedie si bloccò, girandosi di scatto sulla sua destra per osservare la volpe che stava seduta e che contemporaneamente si volse verso di lei, sentendosi osservato.

“Per tutti i cracker al formaggio...che diavolo ci fa qui Nick?”.

La coniglietta stava per dire qualcosa quando la volpe la anticipò, interrompendola prima che riuscisse a dire qualsiasi cosa.

“Oh, buongiorno, mi chiamo James Sch...”.

“Schrader, fai silenzio, e tu Hopps cerca di darti una mossa, non credere che le tue stampelline m’inteneriscano”.

Trudy, l’orsa dell’accademia, con una freddezza degna del suo ruolo lì dentro, interruppe la presentazione della volpe, Judy quindi riprese a zoppicare verso la prima sedia libera che trovò, fortunatamente lontana da Siegward e Wyler, comunque la sua attenzione restò a Nick, cercando di capire cosa ci facesse lì e perché gli avesse mentito riguardo il suo nome, aveva detto di chiamarsi James, se non sbagliava era il nome che lui e Jessica avevano dato al terzo figlio ibrido ed il cognome che usava era quello della compagna, qualcosa non andava.

“Molto bene, ora che ci siamo tutti, passiamo al programma del giorno, prima di tutto vi presento i due nuovi cadetti, trasferiti dal distretto di San Fransokyo, James Schrader e Jason McRhino...”.

Judy si voltò, seduto vicino a Nick ci stava un rinoceronte che inizialmente non aveva riconosciuto, solo poi si rese conto che era uno degli agenti che aveva conosciuto alla festa a sorpresa di Nick di qualche giorno prima, McHorn gli pareva si chiamasse, la tentazione di chiedere spiegazioni era tanta, ma si rendeva conto che se erano lì in borghese e sotto falso nome un motivo c’era, per cui avrebbe aspettato per vedere cosa sarebbe accaduto, nel frattempo Trudy continuò il suo discorso.

“...ed ora che abbiamo fatto le presentazioni, veniamo ai risultati della prova per l’habitat urbano, alcuni di voi si sono distinti dimostrando ottime capacità, per altri invece, bè non c’è bisogno che vi dica che saranno buttati fuori a calci in culo da questa struttura, ora chiamerò i nomi dei componenti delle varie squadre, dopo la valutazione, qualunque essa sia, vi voglio fuori da questa stanza”.

A Judy già parve di sentire l’enorme zampa dell’orsa prenderla a pedate per buttarla fuori, nel frattempo lei prese un foglio e cominciò a leggere dei nomi.

“Spencer e Blazkowicz, la vostra era l’unica squadra composta da soli due elementi e siete riusciti ad arrivare in fondo al percorso, vi siete distinti dagli altri nel non farvi scoprire fino all’ultimo e, soprattutto, per essere riusciti a concludere entrambi la prova, per questo dichiaro che siete stati i migliori di questo corso, e adesso fuori dai piedi”.

Sciacallo e Lince si alzarono scambiandosi un sorrisetto di vittoria tra loro, e pure Judy lo ricambiò, dato che loro due erano gli unici che l’avevano presa in simpatia, era semplicemente contenta che fossero riusciti nell’impresa, dove lei aveva fallito miseramente.

“Bene, ora veniamo alla seconda ed ultima squadra che è riuscita ad arrivare alla conclusione, seppure non nella sua interezza, Siegward, Wyler e Hopps”.

Lupo, orso e coniglio si voltarono non appena sentirono i loro nomi, Judy, non sapeva perché, ma aveva una brutta sensazione, come se da lì a poco fosse successo qualcosa di spiacevole, senza contare il fatto che sarebbe stata buttata fuori, ovvio.

“Allora, Hopps, di te parliamo dopo”.

Finita la frase si volse verso gli altri due.

“Voi due invece, siete stati più veloci di Spencer e Blazkowicz, purtroppo avete perso un membro della squadra lungo il tragitto, quindi siete stati graduati sotto di loro”.

Wyler sembrò non darci troppo bado, probabilmente a lui interessava essere passato, poco importava con che graduatoria, non era della stessa idea il lupo, che si alzò in piedi inveendo contro la compagna di squadra.

“Sono indignato, era ovvio che sarebbe stata una palla al piede, ce l’avete data solo per metterci in diff...”.

“Fai silenzio Siegward, ricorda che quando una squadra non raggiunge certi obbiettivi non è mai colpa di un solo elemento, ma di tutti, tuttavia...”.

Trudy lo aveva zittito senza pensarci due volte, nel frattempo Judy ne approfittò per voltarsi verso Nick, in quel momento la volpe stava fissando il lupo con uno sguardo alterato, era senza dubbio risentito del comportamento che aveva mostrato nei riguardi dell’amica, voleva provare ad attirare la sua attenzione, tuttavia l’orsa polare proseguì il discorso, distraendola.

“...vista l’ottima esecuzione della prova che avete portato a termine sarebbe un vero peccato se non ne rendessimo partecipi tutti gli altri, giusto?”.

Nessuno dei presenti capì a cosa si stesse riferendo, nel frattempo accese un televisore su cui si potevano vedere il trio composto da lupo orso e coniglio mentre si apprestavano ad entrare dentro un edificio dell’area preposta a campo di addestramento, l’inquadratura li riprendeva mentre Siegward aiutava la coniglietta a salire attraverso la finestra, una volta spariti dalla visuale quest’ultima cambiò, passando all’interno dell’edificio, il video venne messo in pausa quasi subito, mostrando l’orso polare mentre saliva le scale, e Judy ed il lupo in fondo a queste ultime.

“Dato che il terreno di prova dell’habitat urbano è molto più esteso degli altri e sono presenti molti edifici abbiamo nascosto svariate telecamere per riprendere le esercitazioni e valutare poi con la dovuta calma”.

Finita la spiegazione fece ripartire il video, che cambiò punto di vista, spostandosi dalla base della scalinata alla sua sommità, in quel momento Wyler stava aprendo una porta, seguito da lupo e coniglietta, prima che quest’ultima potesse passare Siegward la afferrò per le orecchie, sollevandola da terra.

“Ahia, lasciami, mi fai male...”.

Nella sala cominciò ad alzarsi un leggero brusio, con gli altri cadetti che commentavano le immagini che vedevano, mentre Siegward e Wyler cominciavano a sudare freddo, tuttavia L’orsa riportò in fretta il silenzio, dando un paio di colpi sul tavolo, Judy approfittò della ritrovata calma per osservarsi attorno, i suoi due compagni di squadra non la guardavano nemmeno, erano con gli occhi fissi sul monitor, poi si volse verso Nick, dire che il suo sguardo lo mostrasse incazzato nero era dir poco, osservava il lupo che era seduto un paio di file davanti a lui con una rabbia che aveva visto solo una volta sul suo muso, quando all’ospedale le aveva detto di essere lei la causa del coma di Jessica, non avrebbe mai voluto vederlo di nuovo con quello sguardo.
Il video continuò, distraendola e facendole portare gli occhi nuovamente sullo schermo, nel momento esatto in cui il lupo le afferrava il muso all’altezza della bocca per farla stare zitta, con gli artigli gli sfiorò il punto in cui Gideon la sfregiò, facendole tornare in mente brutti ricordi ed accentuando la paura che in quel momento le impediva di reagire.

“Sieg, stai esagerando!”.

“Stai zitto, e tu fai silenzio fallita, ascoltami bene, non c’è spazio per te qui, credimi quando ti dico che è meglio che te ne torni nel fetido buco da cui sei uscita, ed è quello che farai se non vorrai finire male, adesso scendi queste scale e fai perdere tempo a quella rompicoglioni, sono stato chiaro?”.

Con le lacrime agli occhi dovute al dolore che la stretta del lupo le stava provocando alle orecchie la coniglietta agitò la testa in modo da far capire che aveva recepito il messaggio, a questo punto Siegward decise di lasciarla andare, senza però posarla a terra, mollò semplicemente la presa e non appena la coniglietta atterrò sulle zampe una di queste scivolò sul gradino, facendole perdere l’equilibrio e cadendo di schiena giù dalla scalinata, provocandole le ferite che ancora si portava dietro.
L’orso polare stava varcando la porta quando sentì il rumore della coniglietta che rotolava giù dalle scale, voltandosi ed osservando la scena.

“Ma sei deficiente? La vuoi forse ammazzare?”.

Il lupo si voltò ad osservare anche lui la compagna di squadra in fondo alle scale, dopo qualche secondo, dove probabilmente l’aveva vista muoversi, tirò un sospiro, tornando a rivolgersi a Wyler.

“Non preoccuparti, starà bene, inoltre allenterà quella straccia coglioni di orsa polare, ora andiamo, non perdiamo altro tempo”.

Il lupo oltrepassò la porta, ma l’orso stette ancora per un po' ad osservare la coniglietta in fondo alle scale, stava per andare verso di lei quando la voce di Siegward si fece sentire dietro di lui.

“Che cazzo stai facendo? Coraggio muoviti”.

Dopo un attimo di esitazione, in cui l’orso gettò un ultimo sguardo alla compagna, si volse, oltrepassando la porta.

L’orsa a questo punto interruppe il video, voltandosi poi verso il suo simile ed il lupo, quest’ultimo incrociò lo guardo con lei e, intuito il pericolo, si alzò in fretta e furia provando a correre verso l’uscita, purtroppo per lui la sua fuga finì nell’esatto istante in cui Nick lo colpì in pieno con un pugno in faccia, abbastanza forte da farlo stramazzare a terra, accertatosi che non si sarebbe ripreso tanto presto, la volpe ed il rinoceronte si alzarono, sotto lo sguardo attonito dei presenti, la prima si mise in piedi davanti al canide dolorante, mentre il secondo si avviò ad arrestare il suo compagno di squadra, Wyler.

“Fa male è? Brutta merda”.

Trudy, con un finto colpo di tosse, richiamò l’attenzione della volpe, che si volse verso di lei.

“Agente Wilde, immagino che ha qualcosa da dire al qui presente Siegward, giusto?”

“Giusto, allora, non me ne frega un cazzo di come ti chiami, per me sei feccia, per cui ti riconoscerò come tale, allora Feccia, sei in arresto con l’accusa di aggressione, percosse, tentato mammifericidio ed omissione di soccorso, ci aggiungerei anche che sei un coglione, ma sfortunatamente non è punibile per legge, qualunque cosa dirai sarà usata contro di te in tribunale e se opporrai resistenza all’arresto ci penserò io a farti capire come ci si comporta, per cui fammi un favore, opponi resistenza...”

Lo sguardo con cui Nick lo osservò dopo quella frase era tipico di uno che aveva una voglia pazza di menare le zampe e probabilmente se ne accorse pure il lupo, dato che si arrese subito senza fiatare, nel frattempo McHorn aveva già ammanettato l’orso, il quale non aveva opposto alcuna resistenza all’arresto.
Dato che Wyler era abbastanza collaborativo venne scortato fuori senza alcuna fatica dal rinoceronte, prima però venne fermato da Trudy, che si avvicinò al suo simile, con uno sguardo a dir poco schifato.

“C’eri quasi lo sai? Ti sarebbe bastato solo scendere ad aiutarla, spero che marcirai in prigione col tuo amico il più a lungo possibile”.

Nel frattempo Nick aveva appena finito di ammanettare il lupo, mentre Trudy si schiarì la gola per poi urlare a tutti i cadetti.

“Molto bene, lo spettacolo è finito, discuteremo delle altre squadre oggi pomeriggio, ora vi voglio tutti fuori di qui”.

Finita la frase si alzarono tutti, Judy compresa che, una volta prese le stampelle, stava per incamminarsi verso Nick.

“Hopps, tu no, resta qui”.

La coniglietta si bloccò sul posto, osservando prima l’esaminatrice e poi la volpe, quest’ultimo si volse verso di lei, facendole un cenno per farle capire che avrebbero parlato più tardi, per poi allontanarsi col suo prigioniero, incitandolo ad allungare il passo con un calcio in culo,, lasciandola sola con l’orsa polare nella stanza.

“Allora Hopps, hai qualcosa da dire?”.

“Immagino...che devo fare i bagagli...”.

“Immagini bene, sei una disgrazia per quest’accademia, i tuoi risultati sono penosi e la condotta non ne voglio neppure parlare...”.

In fondo se lo aspettava, non aveva mai avuto nessuna possibilità, era solo una debole e codarda coniglietta, non aveva avuto il coraggio né di reagire né di denunciare un’aggressione nei suoi riguardi, se fosse dipeso da lei quei due sarebbero rimasti impuniti, altro che il comportamento che aveva tenuto contro Gideon, quando l’aveva graffiata in faccia, in quell’occasione non solo si era dimostrata coraggiosa, reagendo all’aggressione contro la volpe, ma non aveva neppure esitato a dire a suo padre quanto successo, con l’inevitabile conseguenza che Stu si recò a casa Grey, armato di fucile caricato a sale con l’intento di far capire ai genitori di Gideon che ormai il loro figlio aveva esaurito le chance, e funzionò, dato che per un bel po' la giovane volpe non diede più fastidio alla coniglietta coetanea, fino a quel maledetto giorno, quando la vita di Sofia venne rovinata a causa sua; si, essere buttata fuori a calci probabilmente era la cosa migliore da fare, tuttavia i suoi pensieri vennero bloccati dall’orsa che continuò il discorso iniziato un attimo prima.

“...non è mia abitudine concedere seconde possibilità, ma con te farò un’eccezione, non ho intenzione di buttarti fuori, per ora”.

Adesso la coniglietta era veramente confusa, voleva capire come mai questo cambio d’idea del suo superiore.

“Cosa? Perché?”.

“Perché io, al contrario di te, mi prendo le mie responsabilità, e sono direttamente responsabile di quanto ti è accaduto, ma non temere, non capiterà una seconda volta che vieni graziata”.

Questa frase fece capire quasi tutto a Judy, che comunque voleva fare chiarezza sulla faccenda.

“Immaginavo non fosse stato un caso che fossi finita assieme a quei due...”.

“Infatti, volevo liberarmi di loro, ne ero certa che mettendovi in squadra assieme ne avrebbero combinata qualcuna di abbastanza grossa da poterli buttare fuori, ma non potevo pensare che arrivassero a tanto”.

La curiosità di Judy si tramutò ben presto in irritazione e stizza per quanto le era accaduto, considerando il fatto che poteva benissimo essere tutto evitato.

“Non poteva pensare? Quei due mi hanno quasi ammazzata!”.

“Si” Rispose lei con una calma che mal si addiceva alla discussione in corso “E se fosse dipeso da te a quest’ora sarebbero a piede libero, per cui direi che entrambe abbiamo fatto degli errori che possono essere buttati alle spalle, e ricominciare da capo”.

Nonostante non fosse ancora convinta, Judy non poté far altro che annuire, in fondo aveva ragione, avevano sbagliato entrambe, anche se quella che aveva pagato di più, ai suoi occhi se non altro, era lei.

“Ottimo, prenditi il tempo che ti serve per tornare in forma, appena potrai nuovamente camminare sulle tue zampe in maniera decente però ti rivoglio qui, e non sperare in un trattamento di riguardo, se scegli di restare ti farò implorare la morte per tutti gli esercizi a cui ti sottoporrò”.

Uno strano ghigno si dipinse sul muso della coniglietta, che lasciò per un attimo interdetto l’enorme predatore.

“Bene, non vedo l’ora”





Nick, assieme al suo collega McHorn, stava facendo salire le due ex-reclute sulla volante, quando vide Judy uscire dall’accademia.

“Ehi, mi dai un minuto? Tempo di fare due parole con una persona”.

Il rinoceronte si volse verso il collega, osservando poi la leporide all’entrata.

“Ok, ma non metterci troppo, Bogo è già abbastanza incazzoso in questo periodo senza che ti ci metti tu a peggiorare la situazione”.

“Si tranquillo” Nick rispose al collega, per poi camminare in direzione della coniglietta, scrutandola con fare accusatorio.

“Caduta dalle scale eh?”.

Era ovvio che si stava riferendo alla balla che aveva raccontato a praticamente chiunque dopo l’aggressione ricevuta, Nick compreso, anche se lui non ci aveva creduto neppure per un attimo.

“Scusa, sono stata una stupida a non dire nulla, me ne rendo conto solo ora”.

Nick la fissò per un po' silenziosamente, non cambiando lo sguardo serio.

“Se vai avanti così anche chi ti sta vicino comincerà a dubitare di ogni cosa che dici, te ne rendi conto?”.

Lei si limitò ad annuire in silenzio, distogliendo lo sguardo dalla volpe.

“Ma ora non preoccuparti, ok? Non ti daranno più noie, pensa solo a concentrarti sull’addestramento, sempre che tu voglia andare avanti, ovvio”.

La coniglietta alzò nuovamente lo sguardo verso la volpe, osservandolo con rinnovata determinazione.

“Certo che lo voglio...”.

“Ottimo, ed immagino che vorrai anche accettare l’invito a cenare da noi stasera, Jessica mi ha chiesto di domandarti, naturalmente anche tua sorella è la benvenuta, se vuole...”.

Judy lo interruppe, dato che sapeva già che avrebbe dovuto declinare.

“Grazie, ma non posso accettare, per qualche giorno saremo fuori città, partiamo stamattina...”.

“Ok, e dove andate di bello? A casa a Bunnyburrow”.

“No, Wyndham City”.

Nick accennò un sorriso, stava per dirle qualcosa ma un rumore di clacson attirò la sua attenzione, facendolo voltare verso la volante in cui stava McHorn, visibilmente spazientito.

“Uff, non si riesce mai a fare una conversazione completa senza che qualcuno non rompa le balle, vabbè, tienimi informato ok?”.

Dopo aver annuito alla domanda, Nick si volse per andarsene, mentre Judy prese il cellulare per poi comporre il numero della sorella.

“Sono pronta, passa a prendermi quando vuoi”.

<< Ok, ho appena preso i biglietti del treno, cinque minuti e sono li >>.









A casa Wilde.

Nick era da poco uscito di casa, stranamente molto prima del solito orario, aveva ricevuto una chiamata da Bogo, che lo intimava a presentarsi in centrale il prima possibile per una faccenda importante, qualcosa che riguardava l’accademia di polizia di Zootropolis, il non avere ulteriori dettagli face un po' preoccupare Jessica, chiedendosi se la causa di questa improvvisa emergenza fosse Judy, tuttavia neppure Nick sembrava sapere nulla, per cui la lepre avrebbe dovuto tenersi i suoi dubbi fino al ritorno del compagno, alla sera.
Dopo essere uscita dal bagno fece una tappa veloce a controllare i figli in camera, i tre cuccioli dormivano come sassi, dopo aver ringraziato il cielo per quest’attimo di pace decise di spostarsi in cucina per una rapida colazione, la moka preparata qualche minuto prima cominciò a gorgogliare, segno che il caffè era pronto, nonostante fosse alta quasi quanto Nick aveva bisogno di un piccolo sgabello per arrivare agevolmente sul bancone, mentre si stava versando del caffè in una tazza si fermò per un istante, rizzando le orecchie nel tentativo di percepire ogni minimo rumore, riprendendo subito dopo quello che stava facendo in modo da non far capire che si era accorta dell’intruso presente nella stanza, a giudicare dal pochissimo rumore che aveva fatto era ovvio che fosse un professionista, riusciva a sentire il suo respiro a pochi metri da lei, lentamente lo sguardo si spostò verso il ceppo porta coltelli, ce ne stavano di molte misure, ma adocchiò fin da subito quello più grande e che sapeva essere il più affilato, sapeva che avrebbe dovuto agire solo all’ultimo momento, in modo da prenderlo di sorpresa, attaccare prima avrebbe voluto dire dargli il tempo di difendersi, mentre se avesse agito in ritardo, sarebbe morta.

“Avanti schifoso, solo un altro passo”

Ora era veramente vicino, riusciva a sentirne il fiato sul collo.

“Te ne pentirai amaramente, non uscirai vivo da questa casa, ci puoi contare”

Non appena udì il suo aggressore finire il passo rapidamente afferrò il coltello dalla rastrelliera, girandosi verso di lui pronta a colpire, purtroppo per lei, il suo avversario era molto più indietro di quanto credeva, così da una situazione iniziale in cui pensava di essere lei ad attaccare, si ritrovò costretta a difendersi dal fendente che il mammifero gli sferrò con una katana, bloccando la letale lama proprio col coltello da cucina afferrato l’attimo prima.

“Ma guarda un po', la piccola Jess è cresciuta”

La lepre riconobbe dapprima la voce, poi lo vide in faccia, capito chi aveva davanti si rese conto che contro di lui non avrebbe avuto nessuna speranza, era già bella che morta.

“Tu...brutto figlio di...”

Non riuscì a finire la frase che la iena usò tutta la sua forza nel braccio con cui impugnava la spada per sbilanciare la lepre, che cadde dallo sgabello perdendo la presa sul coltello, ritrovandosi a terra e disarmata, alla mercé del suo aggressore che in quel momento gli teneva la punta della lama sulla gola.

“Sai, Jack mi ha chiesto di sistemare dei guastafeste per conto suo, io naturalmente l’ho mandato a fanculo, ho già parecchi conti personali da regolare, e te sei in cima alla lista, poi devo anche ammazzare quel inglese del cazzo di Francis, che nome di merda tra l’altro, ma no, questo rompicoglioni di autore di questa fanfiction di merda doveva per forza ficcarmi qua dentro, dimmi, secondo te cosa cazzo centro io con questa storia”.

Jessica non prestava la minima attenzione ai deliri della iena, il sangue freddo che l’aveva sempre contraddistinta rispetto a tutti gli altri era semplicemente andato a farsi benedire, davanti a quel mammifero, ormai riusciva a sentire la punta della lama sfiorarle il collo, era la fine.

“Credo di aver divagato abbastanza, addio Jessica”.

Finita la frase spinse la lama in direzione del suo bersaglio, trafiggendolo.







Note

Eeeeeed eccomi qua, sono tornato, finalmente mi verrebbe da dire, ci ho messo veramente troppo a scrivere questo capitolo, ma il tempo è quello che è, e purtroppo non ho ancora la capacità di sdoppiarmi.
L’idea iniziale era di comprendere in questo capitolo anche l’arrivo delle sorelle Hopps a Wyndham City, poi ho visto che sarebbe venuto troppo lungo, preferendo così lasciarlo per il prossimo capitolo.

Ed ora una piccola novità, d’ora in poi alla fine di ogni capitolo metterò una piccola parte in cui consiglio la lettura di una storia che mi è particolarmente piaciuta, non necessariamente solo di Zootropolis, ma in generale.
Quella di oggi è "Palpiti di vita", dell’autrice "kamy", una raccolta per lo più di drabble romantiche dei fandom Disney, ma non solo, per cui buona lettura.

Alla prossima
Davide

3824 parole

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Capitolo 27
*** 27 - Arrivo a Wyndham ***


Erano partite da almeno tre quarti d’ora dalla stazione di Savana centrale, le carrozze del treno erano abbastanza vecchiotte, infatti non erano strutturate come quelle più recenti, con due file di sedili per parte, ma piuttosto erano divide in scompartimenti separati dal corridoio tutto su di un lato da una porta scorrevole, fortunatamente non c’era molta gente e non faticarono a trovarne uno completamente libero, permettendo a Judy di sedersi e di poter finalmente riposare la zampa sinistra, che per tutto quel tempo aveva retto tutto il suo peso, con l’aiuto delle stampelle.

Nonostante il viaggio in auto dall’accademia fino al parcheggio della stazione fosse stato un continuo di domande da parte di una curiosa Sofia riguardo quanto accaduto, una volta salite in carrozza regnò per gran parte il silenzio, interrotto di tanto in tanto dalle lamentele di Judy.

“Di questo passo non arriveremo mai, perché hai preso il regionale? Col diretto saremmo già là”.

“Certo...” Rispose Sofia, senza distogliere lo sguardo da una lontra che teneva in braccio il figlio di probabilmente nemmeno un anno “...ma costa, ed io non ho nessuna fretta”.

Judy reclinò un po' la testa di lato, osservandola di sbieco “Sono quindici dollari in più, sai che spesa”.

La sorella le rispose col sorriso, tuttavia il tono della voce era quello di una persona che non ammette repliche “Ti correggo, sono trenta in più, considerando che te sei ancora disoccupata e li ho pagati entrambi di tasca mia”.

Judy a questo punto sbuffò, per poi voltarsi verso il finestrino, osservando i paesi di periferia che andavano e venivano accennando un sorriso, Sofia la chiuse lì, decisa a non interromperle questo momento di pace, almeno per un po'.

“Ehi”.

A questo richiamo Judy si volse osservandola negli occhi senza dire nulla, aspettando che le domandasse qualunque cosa per cui l’aveva distratta.

“Com’è lui?”.

“Lui chi?”.

“Il coniglio che hai conosciuto alla festa, Robert giusto? Dai descrivimelo un po'. Com’è? Quanti anni ha?”.

Le orecchie di Judy scattarono all’insù a sentire quel nome, ma soprattutto al ricordarsi della serata passata non più di due giorni prima, mise un sorriso sul muso.

“Che ti posso dire? È carino, alto più o meno come me ed ha un bel pelo corto, marroncino su tutto il corpo a parte una graziosa righetta nera che dalla coda sale lungo la schiena fino sulle fronte, per poi scendere fino alla punta del naso...inoltre...è...gentile”.

La fine della frase in questione preoccupò non poco Sofia, il fatto che lo aveva trovato gentile, l’aveva detto come se fosse stata una prerogativa solo sua, come se nessun’altro maschio prima di allora le avesse mostrato qualcosa di anche solo vagamente somigliante ad un gesto di gentilezza, certo sapeva che da quando era scappata non aveva avuto vita facile, ma non pensava fino a questo punto, tuttavia decise di lasciar perdere, soffermandosi su un altro dettaglio che non le era sfuggito, aveva descritto fin troppo minuziosamente quella graziosa righetta nera, anche in punti dove i vestiti in genere avrebbero dovuto coprirla.

“Su tutto il corpo eh?”.

Sentendo il tono vagamente malizioso della sorella Judy arrossì sotto la corta peluria del muso, capendo tardi di aver rivelato forse fin troppo.

“Cos...si, cioè no...o santa carota...”.

Si prese le lunghe orecchie e se le tirò giù fino a coprirsi il muso, non si aspettava certo che venisse tirato in ballo quell’argomento, ritrovandosi a balbettare a causa dell’imbarazzo, tuttavia durò poco, dato che quasi subito sentì il tocco della zampa della sorella, mentre le spostava le orecchie da davanti la faccia.

“E...com’è?”.

“Cosa?”.

“Dai, hai capito cosa intendo”.

Aveva capito fin troppo bene, tuttavia era restia a dire alla sorella quanto poteva essere bello qualcosa che lei non avrebbe mai potuto provare, tuttavia si rese anche conto che mentirle non avrebbe migliorato la situazione, decidendo quindi di dirle tutta la verità.

“È...è una bellissima sensazione, ti toglie il fiato e alla fine ti senti appagata...aspetta”.

Senza alcun preavviso Judy allungò la zampa verso la sorella, afferrandole delicatamente il bordo dell’orecchio destro tra pollice ed indice, per poi farli scorrere verso l’alto, il risultato fu pressoché immediato, con la coniglia paraplegica che irrigidì le braccia arrivando poi ad affondare gli artigli sui poggiazampa in gomma della sua carrozzina tanto fu il piacere che la sorella le aveva provocato, Judy sapeva benissimo quanto sensibili al tatto fossero le loro orecchie, da una parte aveva fatto capire, seppur in minima parte, cosa aveva provato lei con Robert, dall’altra si era un po' vendicata della domanda inopportuna, nonostante in quel momento non ci fosse nessun altro nella stanzetta.

“Ecco, più o meno questo, ma di più”.

Concluse la frase con un semplice sorriso, nemmeno rivolto a lei ma probabilmente al fatto che le fosse tornato in mente qualcosa della sera prima, rispondendo poi all’ultima domanda della sorella.

“E comunque lui ha ventidue anni”.

Sofia, che ancora si stava riprendendo da quell’improvviso gesto della sorella, si ritrovò a fissarla con gli occhi spalancati a quella rivelazione.

“Ma...è un ragazzino...ha sei anni meno di te”.

“È maggiorenne e vaccinato, inoltre lui è già poliziotto, tanto basta”.

Sofia decise di non aggiungere altro, era la prima volta da quando si erano ritrovate che la vedeva sinceramente felice, le bastava, decidendo quindi di smettere di tartassare la sorella, che riprese a fissare oltre il finestrino.

Dopo qualche minuto Judy distolse lo sguardo, abbassandolo verso le gambe della sorella, la serenità che aveva fino ad un attimo prima svanì, lasciando spazio ad uno sguardo triste, non appena si rese conto che Sofia la stava fissando tentò invano di voltarsi nuovamente verso il finestrino.

“Ti dai ancora la colpa di quanto successo?”.

“Perché non dovrei, sono stata io a voler andare a tutti i costi a casa di Gideon, te ci hai provato a dissuadermi, ma come una stupida non ti ho ascoltata e guarda come ti ha ridotta quella bestia”.

“Judy, non hai alcuna colpa, e per quanto riguarda Gideon, l’ho perdonato, molto tempo fa”.

La coniglietta drizzò le lunghe orecchie a sentire questa frase, voltandosi verso la sorella con un’espressione quasi scandalizzata sul muso.

“Come? Come puoi dire questo dopo che ti ha rovinato la vita?”.

Da una parte la capiva, Sofia sapeva che prima o poi avrebbe dovuto mettere al corrente la sorella di quanto accaduto durante gli anni in cui era mancata da casa.

“Te ne sei andata così all’improvviso, non hai idea di cosa è successo e di cosa ha patito quella famiglia”.

“I Grey?” Oramai in ogni parola che Judy diceva vi si poteva sentire solo odio e disprezzo, nella voce “Chi se ne fotte di cosa hanno passato, dopo quello che ti ha fatto quell’animale”.

Sofia non avrebbe mai tollerato un comportamento simile da parte sua, tuttavia ora si disse mentalmente di portare pazienza, cominciando ad aggiornare la sorella.

“Ora ti spiego cosa andò storto quel giorno, te la ricordi Sharla?”.

Judy ricordò subito la sua vecchia amica d’infanzia, una pecorella dalla lana nera, la stessa per cui si prese le artigliate di Gideon sul muso pur di recuperare i biglietti che la volpe gli aveva fregato quando avevano nove anni.
“Si, l’ultima volta che l’ho vista avevamo quindici anni, il giorno prima che tu venissi ferita, Gideon gli aveva tirato un pugno, per questo volevo dirgliene quattro”.

“Ecco, diciamo che sicuramente Gideon ha fatto la sua parte, ma la colpa di quanto successo è prevalentemente di Sharla, e si è scoperto solo recentemente il motivo”.

Ora Judy era confusa, non capendo cosa potesse mai aver fatto la sua amica per meritarsi un pugno sul muso e sua sorella la paralisi alle gambe, non servì nemmeno che chiedesse spiegazioni, dato che Sofia proseguì nel raccontare, senza darle modo d’intervenire.

“Sharla era parecchio infastidita dal comportamento di Gideon, per cui volle farle uno scherzo, un semplice dispetto in modo da fargli capire che doveva darsi una calmata”.

“E lui l’ha presa a pugni per un disp...”.

“Aspetta, lasciami finire, aveva scoperto che i petali di un particolare fiore erano molto amari, al punto che ne bastavano pochi per rovinare il sapore di praticamente qualunque cosa, glieli mise nel panino mentre era distratto”.

“Ah, bè allora adesso tutto si spiega, visto che a lui hanno rovinato un panino è giustificato dall’averti rovinato la vita, come ragionamento non fa una piega...”.

Non prestando minimamente attenzione all’ironia della sorella, Sofia riprese a spiegare.

“Erano petali di midnicampum holicithias, a quei tempi non si diede bado alla cosa, solo di recente si è capito il motivo dei suoi scatti d’ira che ebbe in quei giorni”.

Inizialmente Judy non riuscì ad associare il nome del fiore al comportamento della volpe, non capendo a cosa volesse puntare la sorella, facendo scena muta per qualche secondo finendo poi per osservarla, con l’aria di chi ha bisogno di ulteriori spiegazioni.

“Sono gli stessi fiori che ha usato Dawn Bellwether quattro anni fa per creare un siero con cui fece impazzire i predatori di Zootropolis, per farli diventare selvaggi...”.

Non appena finì la frase Judy ricordò che effettivamente ne aveva già sentito parlare, tuttavia non gli parve la stessa cosa, c’era una grande differenza.

“No, è impossibile, Nick me ne ha parlato, quel veleno lo ha provato sulla sua pelle, il comportamento di Gideon non è neppure paragonabile a quello dei predatori colpiti dal siero, lui ragionava ancora benissimo”.

Dopo questa affermazione Sofia annuì pensierosa, per poi rispondere subito dopo.
“Si, bè...te fai conto che lui ne ha ingeriti pochi petali, quello che ha usato quella pazza da quanto ho letto era roba concentrata, magari è per quello”.

Anche Judy si ritrovò ad annuire, effettivamente come spiegazione ci stava tutta.
“Questo non lo giustifica di certo, è sempre stato una bestia, ti ricordi cosa mi ha fatto quando avevamo nove anni? Li dubito che si fosse messo a brucare fiori”.
Dicendo questo la coniglietta si indicò la guancia dove Gideon l’aveva sfregiata, spostando un po' il pelo per mettere in mostra una delle tre cicatrici, nel caso non fosse stato chiaro di cosa stesse parlando.

“Certo che lo ricordo, ma credimi, stavolta è diverso...dopo l’aggressione mi risvegliai in ospedale, mi dissero che ero rimasta in coma per due mesi e che te eri stata data per morta, è stato un periodo d’inferno per tutta la nostra famiglia”.

Se c’erano parole con cui Sofia poteva far sentire in colpa sua sorella, anche se involontariamente, in quel caso le aveva centrate tutte senza nemmeno rendersene conto, tuttavia Judy riuscì abbastanza bene a non far notare il disagio provato, che comunque non passò inosservato agli occhi dell’altra, che dopo un attimo di silenzio riprese a parlare.

“Come dicevo...dopo il mio risveglio ho passato un bel po' di tempo in osservazione nell’ospedale, un giorno mentre ero sola in stanza sentì la porta aprirsi, le davo le spalle e subito pensai che fosse papà o magari qualche parente venuto a trovarmi, te non hai idea, ne ho incontrati alcuni che nemmeno ricordavo chi fossero da tanto che non li vedevo”.

Stava iniziando a tergiversare, le capitava spesso anche da piccola e Judy se lo ricordava bene, il più delle volte la lasciava continuare nella speranza che riprendesse presto il discorso, ma ora era curiosa di sentirne la fine, decidendo d’interromperla.

“Non cambiare discorso, prosegui”.

“Si, giusto scusa, dicevo, quando sentì la porta chiudersi mi voltai per vedere chi fosse entrato...e vidi Gideon, in qualche modo era riuscito a passare oltre la sorveglianza di papà, fuori dalla stanza”.

Judy si mostrò subito preoccupata per le parole della sorella, al pensiero che si fosse ritrovata da sola in stanza con quella bestia.

“Che ti ha fatto?”.

“Mi...mi ha mostrato un Gideon che mai prima di allora avevo visto, era in lacrime e non riusciva neppure ad esprimersi bene a causa dei singulti, ricordo perfettamente le sue parole, continuava a scusarsi, mi chiedeva perdono, diceva che non sapeva cosa gli fosse preso e che non era sua intenzione fare tutto quello, quel giorno ho visto Gideon Grey disperato”.

Se glie lo avesse raccontato qualcun altro semplicemente non ci avrebbe mai creduto, ai suoi occhi quella volpe altro non era che uno schifoso bastardo che godeva nel rovinare la vita del prossimo, era sempre stato così, fin da quando lo conoscevano, ma dato che a dirlo era Sofia non poté far altro che crederle.

“E tu, da buona samaritana quale che sei, ti sei fatta fregare dal suo frignare, e lo hai perdonato...”.

Sofia la guardò di sbieco a questa affermazione, non capendo se si trattasse di una provocazione o se fosse semplicemente ironia, tuttavia preferì lasciar perdere, dando la risposta che la sorella cercava.

“Certo che no, come avrei potuto? Avevo da poco scoperto che a causa sua avrei dovuto passare il resto della mia vita in sedia a rotelle, e peggio ancora che lui e la sua famiglia erano indagati per la tua presunta morte, quindi no, non lo perdonai, non allora, gli urlai contro con odio, chiedendogli cosa ti avesse fatto, ricordo perfettamente lo sguardo perso che mise sul muso mentre negava con la testa e cercava di convincermi che nessuno della sua famiglia ti aveva torto un pelo, ma come puoi ben immaginare a quei tempi nessuno gli credette, nonostante le indagini non avessero portato a nulla vennero comunque bollati come degli assassini...persero tutto, Gideon non poté più venire a scuola senza rischiare di essere linciato, nessuno acquistò più i prodotti dei suoi genitori e dopo qualche mese qualcuno gli appiccò fuoco alla casa, fortunatamente riuscirono a scappare fuori in tempo, ma i pompieri non si fecero vedere se non quando era tutto ridotto in cenere, non si è mai scoperto chi fosse stato, non ci fu alcuna indagine...”.

“Bah...”.

Sofia non diede bado allo sbuffo della sorella, continuando poi a raccontare.
“Comunque le mie urla attirarono l’attenzione di nostro padre, che si affrettò ad entrare per vedere cosa stesse succedendo...Dio, se ci ripenso a cosa accadde mi sento ancora male”.

Tale affermazione non fece che risvegliare la curiosità dell’altra coniglietta, che un po' titubante a causa dell’esitazione della sorella ci mise qualche secondo a chiedere di proseguire.

“Che è successo?”.

“È entrato papà, non appena lo vide andò su tutte le furie, gli si avvicinò e senza alcun preavviso gli svuotò sul muso un’intera bomboletta di repellente per volpi, quella roba quando ti finisce negli occhi deve bruciare, e parecchio anche, lo vidi rotolarsi a terra per il dolore urlando a squarciagola, è stato terribile ero sconvolta, non avrei mai pensato che papà sarebbe arrivato a tanto con un ragazzino di quindici anni, dopo che si fu accertato che fosse inoffensivo cominciò a sbraitargli contro, dandogli dello schifoso assassino, per poi continuare con una serie di insulti a lui e a tutta la sua specie che non ho intenzione di ripetere”.

Quell’evento doveva averla sconvolta parecchio dato che, a distanza di anni, ancora si sentiva un cenno di incertezza nelle sue parole mentre raccontava i fatti accaduti.

“E poi che è successo?”.

“Papà lo ha trascinato di peso tirandolo per la coda, per poi buttarlo fuori dalla stanza con un calcio, da quello che ho sentito è rimasto a terra per quasi due ore prima di riprendersi, nessuno gli ha prestato soccorso né si è preoccupato di accertarsi delle sue condizioni, anche il personale dell’ospedale lo ignorava bellamente mentre si vedeva chiaramente che aveva bisogno di aiuto”.

Sentito questo Judy scosse leggermente le spalle, come a dire che era una cosa normale.

“Che ti aspettavi? Dopo quello che ti ha fatto, volente o non, se la meritava una lezione”.

Ancora una volta Sofia si ritrovò ad osservare sua sorella in silenzio, scrutandola negli occhi e cercando di capire se quelle affermazioni le pensava veramente o se fossero semplicemente i rimasugli di una rabbia non sfogata per troppo tempo, non ci volle molto perché Judy distogliesse lo sguardo da lei, dandole la conferma definitiva che quei tredici anni vissuti lontani da casa l’avevano cambiata in maniera irreversibile, arrivando al punto che a momenti nemmeno più la riconosceva.

“Secondo te è per quello?”.

Judy si rigirò verso di lei, non volendo comunque incrociarne lo sguardo per troppo tempo.

“Per quale altro motivo sennò?”.

“Magari...perché è una volpe, solo e semplicemente perché lui è una...”.

Si zittì prima di concludere la frase, alzando lo sguardo al finestrino della carrozza ferroviaria osservando poi l’esterno, anche Judy seguì il suo esempio, voltandosi per vedere cosa avesse attirato l’attenzione di sua sorella, lo capì in un attimo, erano finalmente arrivate, tuttavia a lasciarle di stucco non erano tanto gli avveniristici palazzi del centro di Wyndham City, per certi versi non molto differenti da quelli di Downtown, ma quello che si trovava oltre di essi a qualche chilometro di distanza, uno spettacolo che, a causa della loro giovane età, mai erano riuscite a vedere a Zootropolis, se non in una di quelle vecchie foto in bianco e nero sui libri di storia, perché era proprio una pagina di storia quella che gli si parava davanti, un’altissima muraglia di cemento ed acciaio lunga svariati chilometri che divideva in due l’intera città, seppur completa solo a metà le sue dimensioni erano qualcosa da far perdere il fiato, le gru dei cantieri erano talmente numerose che era impossibile tenere un conto preciso di quante fossero, certo ne avevano letto le notizie sui giornali, in fondo era ormai da tre anni che erano iniziati i lavori per le mura climatiche di Wyndham, i progetti erano gli stessi di quelle della grande Zootropolis, ma erano stati opportunamente modificati ed aggiornati per permettere una maggiore potenza con un minor dispendio di energia, oltre a questo era anche stata studiata una forma leggermente diversa, che risultasse più gradevole delle originali, secondo le tempistiche fra non più di tre anni, massimo quattro, anche questa città avrebbe avuto il suo bioma desertico, seppur per farlo si fosse dovuto ricorrere a lasciar inaridire un’intera parte di città e campagne limitrofe, vista così sembrava quasi un peccato, ma una volta conclusa, quando Mojave Plaza sarebbe stata completata, sarebbe risultata uno spettacolo ancora più di quanto già non fosse Sahara Square.

“Prossima fermata, stazione Baymax. Ripeto: prossima fermata, stazione Baymax.”.

Arrivate, dopo aver raccolto il bagaglio, limitato ad un semplice zainetto a testa, dato che entrambe al momento non erano in grado di trascinarsi dietro un trolley, scesero dal treno, avviandosi alla vicina fermata dei taxi appena fuori dalla stazione, Sofia si osservò attorno, consapevole che non avrebbero potuto andarsene in giro come avrebbe voluto a causa delle condizioni della sorella, sotto questo aspetto in un certo senso Judy aveva più difficoltà di lei, dato che il movimento in sedia a rotelle era più semplice che con le stampelle.

“Peccato però, mi sarebbe piaciuto visitarla un po'”.

“Dove sta il problema? Quando la gamba mi si sarà sistemata basterà tornarci, la gireremo da cima a fondo, e magari te lo farai sulle tue zampe...”.

La coniglietta sorrise alla frase della sorella, tuttavia dentro di sé nutriva ancora tantissimi dubbi, sapeva che valeva la pena provarci, ma in fondo non aveva mai nutrito alcuna speranza, forse giusto un po' appena Nick l’aveva informata, ma l’entusiasmo era scemato ben presto, era semplicemente tutto troppo bello per essere vero.

“...e magari la prossima volta prendiamo il diretto, tanto per dire...”.

Eccola che ricominciava con le lamentele sulla durata del viaggio, tuttavia questo bastò a scacciare i pensieri dalla testa di Sofia, che vide un taxi in avvicinamento, decidendo quindi di non dare risposta alla sorella e facendo un cenno ad indicare che volevano un passaggio, l’autista, un leopardo, non appena vide con chi aveva a che fare fu talmente gentile da aiutare la coniglia paraplegica a sedersi davanti, per poi chiudere la sedia a rotelle infilandola dietro al sedile del guidatore, Judy si sedette dietro la sorella.

“Dove vi porto?”.

“James Harriot Medical Center”.









“Salve, sto cercando Rodney Wilde, so che lavora qui”.

Una volta arrivati e pagato il tassista, Judy si era avvicinata alla reception dell’ospedale, chiedendo informazioni ad una zebra riguardo il cugino di Nick per cui avevano fatto molta strada, la segretaria dietro la scrivania la osservò per un attimo, attendendo qualche secondo prima di rispondere.

“Vedrò cosa posso fare, nel frattempo potete attendere li”.
Subito l’equina indicò una fila di sedie una di fianco all’altra, Judy si sedette sulla prima a sinistra con Sofia che le si posizionò di fianco alla sua destra, passarono quasi tre quarti d’ora ed ancora nessuna notizia, probabilmente era in corso un’operazione o comunque aveva da fare, lo avevano messo in conto, ma la noia stava per prendere il sopravvento, per lo meno a Sofia, dato che Judy si era appisolata con la testa sulla spalla della sorella, quest’ultima le diede uno scossone per svegliarla, un ocelot in camice bianco si stava avvicinando, sembrava avere tutta l’intenzione di parlare con loro.

“Salve, è da un po' che vi vedo in attesa, avete bisogno?”.

Judy era ancora mezza addormentata, per cui ci pensò Sofia a rispondere.

“Stiamo aspettando il dottor Wilde, un chirurgo volpe, lei lo conosce?”

Il felino si grattò il mento con l’artiglio con fare pensieroso, aspettò qualche secondo prima di rispondere.

“Mmmh, da quanto ne so non ci sono volpi che lavorano qui, cioè ci sono, ma sono femmine, sono due infermiere, una lavora nel reparto pediatrico e l’altra...bò, sinceramente non ne ho idea, forse cercate loro?”.

Nemmeno il tempo di finire la frase che subito vide uno sguardo deluso e rammaricato sul volto delle due conigliette, ci speravano davvero, Judy cominciò a cercare il suo cellulare nelle tasche dei pantaloni, doveva dirne quattro ad una volpa di sua conoscenza che a quanto pare aveva un pessimo gusto in fatto di scherzi idioti, nel frattempo Sofia decise di fare un ultimo tentativo.

“Ne è proprio sicuro? Siamo arrivate da Zootropolis solo per incontrare lui”.

Il felino stette ad osservarla in silenzio per qualche secondo, per poi lasciarsi sfuggire una risata che non sfuggì alle due sorelle, interrompendo Judy proprio mentre stava per avviare la chiamata.

“Dovevo immaginarlo...mi pareva strano che quel buffone di Nick vi avesse dato tutte le informazioni a riguardo”.

Sofia spalancò gli occhi e Judy mise via il cellulare, nessuna di loro due aveva fatto il nome della volpe e la cosa le incuriosì non poco.

“Che vuole dire?”.

Il felino a questo punto allungò la zampa verso di loro.

“Rodney Wilde, piacere di conoscervi, signorine Hopps”.





Note

E rieccomi, giuro, cominciavo a pensare che non ci sarei mai riuscito stavolta a pubblicare il capitolo, una serie di problemi personali e non che non vi dico, praticamente ho dovuto interrompere completamente la scrittura per un po', dilatando i tempi a livelli inverosimili, ma ora son qua, e finalmente le sorelle Hopps sono arrivate a Wyndham City, che ricordo essere stata utilizzata su gentile concessione di Redferne, e proveniente dalla sua long The promise you made.

Finito, spero vi piaccia come prosegue, non vi prometto nulla per il prossimo capitolo, sicuramente uscirà, ma non so quando, portate pazienza, nel frattempo ringrazio tutti coloro che recensiscono e anche solo leggono con interesse quello che scrivo, grazie mille.

Alla prossima
Davide

3731 parole

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Capitolo 28
*** 28 - FLASHBACK - Jessica (Prima parte) ***


24 anni prima, nei pressi di Bunnyburrow.





“Io non so veramente cosa dire, nessuno finora ci ha mai aiutato in alcun modo”.
Mentre pronunciava al montone queste parole la lepre quasi si mise a piangere, seguito dalla moglie alle sue spalle.

“Le ho solo dato del cibo, signor Schrader, se l’ho fatta entrare assieme alla sua famiglia è solo perché i suoi figli erano affamati, ma non ho intenzione di ospitare degli sconosciuti in casa per più tempo del dovuto, almeno finché non avrò la certezza delle vostre buone intenzioni, spero che capiate, non so nulla di voi”.

Girava già da un paio di giorni la voce che a Bunnyburrow era arrivata da chissà dove una famiglia di lepri, apparentemente nullatenenti, che passavano di casa in casa a chiedere ospitalità, o al massimo del cibo per sopravvivere, ne aveva sentito parlare al mercato, prima da Wilson, il muflone già reduce da diversi furti nella sua proprietà li aveva accolti con la doppietta, facendogli capire senza mezzi termini che dovevano alzare i tacchi alla svelta e possibilmente non farsi più rivedere, poi venne il turno dei Jackson, che almeno si limitarono ad ignorarli, facendo finta che non ci fosse nessuno in casa, così come fecero i Little, gli Hopps, i Rogers e la lista poteva proseguire ancora per molto.
Lui era stato uno dei pochi a degnarsi di mostrarsi alla porta senza cattive intenzioni, restando di sasso non appena vide chi aveva davanti, due lepri, probabilmente marito e moglie coi figli al seguito, ma quello che più lo sconvolse erano le condizioni in cui si trovavano, vestiti di stracci che a malapena riuscivano a coprirli adeguatamente, e considerando che erano alle porte di novembre la notte dovevano patire anche il freddo, ma soprattutto con livelli di denutrizione che non pensava avrebbe mai visto da quelle parti, i due adulti erano talmente magri che a momenti si riusciva a vedere le ossa sotto la pelle, i piccoli invece sembravano messi qualcosa meglio, probabilmente quel poco cibo che erano riusciti a mendicare lo avevano lasciato tutto a loro.

“Si...capisco...in questo caso...ce ne andiamo...la ringrazio di cuore per averci dato da mangiare”.

Stavano per arrivare alla porta quando vennero fermati dalla voce del montone, maledizione anche a lui e alla sua bontà d’animo.

“Aspettate, ho detto che non intendo ospitare degli sconosciuti, ma in fondo ci si può sempre conoscere meglio, ed io avrei bisogno di aiuto coi campi, se siete disposti a lavorare sodo potrei assumervi come miei dipendenti, solo voi due ovviamente, i bambini andranno a scuola”.

La lepre fece qualche passo indietro, osservando preoccupato per un attimo il suo benefattore.

“Di...dipendenti? Vuole dire che...che verremo pagati per quello che faremo?”.

“Ahahah, ovvio, non sono mica uno schiavista”.

Inizialmente quella domanda gli era parsa talmente strana da averla presa quasi come una burla, reagendo di conseguenza con una risata ed una battuta, sicuro che da li a poco lo avrebbero imitato anche le due lepri, si rese subito conto che non stavano scherzando ad esprimergli i loro dubbi non appena li vide, impassibili come un attimo prima, non avevano neppure accennato un sorriso.

“Aspettate, voi...voi dite sul serio?”.

Non arrivò risposta, ma lo sguardo parlava chiaro, non c’era speranza in quegli occhi, ne nei loro ne in quelli dei loro figli, ci poteva vedere solo rassegnazione, la cosa lo colpì al punto da fargli decidere di aiutarli senza pensarci troppo su, ne avevano bisogno e se c’era qualcuno a Bunnyburrow che poteva farlo, quello era lui.

“I vostri problemi sono finiti, se mi promettete che vi darete da fare, vi darò un lavoro, vitto e alloggio, almeno finché non sarete in grado di badare a voi per conto vostro”.

“Knyvea, signor Bellwether”.

La lepre venne colta alla sprovvista da quella frase del montone, non rendendosi nemmeno conto di avergli risposto nella sua lingua nativa, se ne accorse osservando lo sguardo perplesso del padrone di casa.

“Come?”.

“Mi...mi spiace, mi è uscito in...volevo solo dire, grazie...”.

“Non siete di queste parti è?”.

La lepre sembrò inizialmente turbato dalla domanda in questione, facendo scena muta per un po' prima di rispondere.

“No, noi...noi veniamo da...”.

Non riuscì a terminare la frase che sentì la porta d’ingresso aprirsi, qualche stanza più in là, udendo poi una voce chiamare il montone.

“Papà, siamo tornate”.

L’ovino sorrise, per poi chiamare le figlie.

“Venite qua, ci sono delle persone che voglio presentarvi”.

La pecorella si avviò in fretta e furia verso il soggiorno della loro casa, da dove aveva sentito la voce del padre, non appena vi arrivò vide che assieme a lui ci stavano molte lepri in stanza, probabilmente una famiglia al completo, dato che c’erano due adulti ed altri tre più giovani.

“Chi è tutta questa gente papà?”.

“Con calma, adesso facciamo le presentazioni, dov’è tua sorella?”.

“Era dietro di me, Harry l’ha ancora...”.

Neanche il tempo di finire la frase che una seconda pecora, di poco più giovane della prima, si fiondò nella stanza correndo ed urlando a squarciagola.

“AAAAAHH PAPÀÀÀÀ, HARRY LO HA FATTO DI NUO...”.

Anche quest’ultima s’interruppe prima di poter finire la frase, fermandosi all’improvviso non appena vide il gran numero di persone che occupavano la stanza in quel momento, il montone la fissò per un attimo allibito, per poi negare col capo.

“Chi sono loro?”.

Le avrebbe volentieri fatto la ramanzina sul fatto che in casa non si correva ne tantomeno urlava, ma tanto lo sapeva che erano parole al vento, per cui decise di passare direttamente alle presentazioni.

“Bambine, loro sono la famiglia Schrader, alloggeranno nella dépendance dietro casa finché non riusciranno a sistemarsi adeguatamente, fate le brave e siate gentili con loro...”.

Detto questo le avvicinò a sé per poi presentarle agli ospiti, cominciando dalla prima che era entrata.

“Lei si chiama Dawn, ha dieci anni, mentre la casinista qui presente è Elly, lei ne ha otto”.

Le due sorelle accennarono un sorriso per poi rivolgere un saluto con la zampa quasi in contemporanea, una delle due lepri si fece leggermente avanti, un maschio che a vista aveva più o meno l’età del montone.

“Le sue figlie sono adorabili, signor Bellwether”.

“Niente signore, chiamami Charles e basta”.

La lepre rimase per qualche secondo senza parole di fronte a tanta gentilezza, il loro arrivo a Bunnyburrow era stato a dir poco tragico, venendo rifiutati da tutti, cominciando a pensare che forse non era poi così diverso dall’inferno che si erano, miracolosamente e con tanta fatica, lasciati alle spalle, ma ora finalmente le cose sembravano aver preso una giusta piega, forse c’era ancora speranza.

“Ok...io...il mio nome è Mattia, e lei è mia moglie Cristina” Le pecore voltarono lo sguardo verso l’esemplare femmina di lepre appena presentata, al contrario del marito, che aveva il manto completamente marrone e occhi castani, lei era di un grigio chiaro con macchie bianche qua e là ed occhi viola, anche i tre figli condividevano lo stesso motivo della madre, con l’unica differenza che le macchie erano del colore del padre.
“Mentre loro sono i nostri figli, Enzo, Carla e Moira, hanno quindici anni...”.

“Che nomi strani...da dove venite?”.

“Con calma Dawn, prima perché non gli lasci presentare la famiglia al completo?”.

Finita la frase il montone indicò Cristina, le due pecore si voltarono ad osservarla per poi notare che dietro di lei si nascondeva un’altra lepre, più piccola degli altri, fece capolino da dietro la gonna sgualcita della madre quel tanto che bastava per osservare la situazione, prima che quest’ultima richiamasse la sua attenzione.

“Vunwy Jessica, acle viune, huh ma jiue luhuclana?”.

La piccola leprotta osservò per qualche secondo sua mamma, per poi scuotere la testolina e tornare a nascondersi dietro di lei.

“Scusatela, è un po'...come si dice? Timida, si ecco...” A parlare stavolta fu Mattia, facendo arrivare la famiglia di pecore alla conclusione che la moglie non conoscesse il zootopiano “Comunque lei si chiama Jessica, ha dieci anni, proprio come te...”.

Un sorriso si stampò sul muso di Dawn, che più di ogni altra cosa voleva subito fare amicizia con la sua coetanea, inoltre quando Charles aveva portato da mangiare alla povera famiglia si era accorto subito delle pessime condizioni dei loro abiti, e quelli della più piccola erano messi peggio di tutti, la coprivano a stento e ci mancava poco che andasse in giro mezza nuda.

“Dawn, che ne dici di portare Jessica in camera tua e darle qualche vestito nuovo? Se a voi sta bene ovviamente”.

Mattia annui semplicemente, senza dire nulla, Dawn si diresse quindi verso Jessica, che stava saldamente ancorata alla gonna di sua madre, quasi fosse l’ultimo appiglio prima di cadere in un baratro senza fine.
La pecora le tese una zampina.

“Possiamo essere amiche?”

Jessica la osservò silenziosa per diversi secondi, prima di annuire ed allungare a sua volta la zampa in direzione di quella della pecora, quando fu ad un soffio dal sfiorarla tuttavia sua madre gliela afferrò, mormorandole con voce preoccupata.

“Ycbaddy”.

La piccola alzò lo sguardo verso di lei, preoccupata a sua volta, non le capitava spesso di vedere sua madre così, Mattia in parte capiva le sue paure, tuttavia si rendeva conto che non c’era più alcun pericolo.

“Dacunu, mycleymy yhtyna, huh l'è ymlih banelumu xie”.

A seguito di questa frase detta dal marito, di cui la famiglia di pecore ignorava il significato ma che comunque aveva un che di rassicurante, lasciò la presa sulla zampina della figlia, permettendole di avvicinarsi a Dawn, tuttavia la seguì con lo sguardo fisso lungo tutto il tragitto, finché non sparì al piano di sopra.

Charles aveva osservato la piccola lepre mentre seguiva sua figlia, da una parte ci vedeva un po' di curiosità, probabilmente nello scoprire che abiti avrebbe ricevuto dalla coetanea, ma per lo più la sensazione maggiore era che avesse timore, se di sua figlia o di che altro era impossibile da capire, voleva andare in fondo a questa storia e magari così facendo avrebbe anche saputo qualcosa di più su questa famiglia, tuttavia si rese conto che la storia sarebbe stata tutt’altro che bella, decidendo di mandare l’altra sua figlia a dare una mano a sua sorella, non appena la pecora sparì a sua volta su dalle scale si rivolse a Mattia.

“Posso parlarvi? In privato”.

La lepre osservò prima sua moglie e poi i figli quindicenni, dopo qualche secondo diede risposta al montone.

“Non ce ne sarà bisogno, non abbiamo segreti per i nostri figli, cosa vuole sapere?”.

“Ok, bè mi pare di capire che non siete di queste parti, da dove venite?”.

“Non proprio da qua vicino, Farthingwood”.

Non appena sentì quel nome una smorfia di disgusto si dipinse sul muso della femmina di lepre, che dopo qualche secondo bisbigliò alcune parole tra se e se.

“Suneccanu didde xiakme clrevuce pycdynte, bnatydune te santy”.

Charles, che non aveva capito una parola si volse nuovamente verso Mattia, per chiedere spiegazioni, per poi vedere che lui stesso osservava sua moglie con gli occhi spalancati e la bocca semi aperta.

“Que...questo non credo che glie lo tradurrò, no, non lo farò...”.

Non volle nemmeno immaginare a quale blasfemia la sua ospite si fosse lasciata andare, una cosa era certa, tutta quella famiglia non aveva alcuna voglia di ricordare il suo passato, e lui non voleva certo ficcare il naso, quando sarebbero stati pronti era certo che loro stessi gli avrebbero raccontato tutto.

“Non fa nulla, benvenuti a Bunnyburrow”.











Sarebbe bastato solo un attimo, aveva visto lo sguardo assetato di sangue che quella iena teneva sul muso così come aveva sentito la punta della lama avanzare verso il suo collo, poi un bruciore su quest’ultimo, per quanto intenso non era certo come se lo aspettava, pensava che un affondo mortale di katana facesse molto più male, ricordò perfettamente quando lo fece lei tredici anni prima, con un semplice coltello, la sua prima missione per il NID, una vera e propria strage di un’intera famiglia che, probabilmente, aveva messo i piedi in testa alle persone sbagliate e per questo ne subirono le conseguenze.
Volse lo guardo verso sinistra, distogliendolo da quello del suo aguzzino per osservare la lunga lama, non l’aveva trafitta, l’aveva appena sfiorata, procurandole non un’orrenda ferita mortale, ma poco più che un misero taglietto sul lato del collo da cui usciva pochissimo sangue, era talmente leggero che non sarebbe neppure rimasta la cicatrice.
La iena allontanò la spada da lei per poi riporla nel suo fodero che portava sulla schiena, la osservò serio per qualche secondo prima di prorompere in una fragorosa quanto fastidiosa risata.

“IHIHIHIHIH, la piccola Jess ha paura di me?”.

Con la stessa velocità con cui l’aveva colta di sorpresa, l’intruso allungò la zampa verso di lei, afferrandola per il collo e sollevandola da terra, tuttavia non stringendo la presa.

“La resa dei conti...”

Jessica, che era sempre più terrorizzata da quello che sarebbe potuto accadere da li a poco, decise che era arrivato il momento di tentare il tutto per tutto, strinse il pugno, aspettando solo il momento giusto per colpire il suo aguzzino, la iena avvicinò ulteriormente il muso al suo, ancora pochi centimetri e glie lo avrebbe fracassato a suon di pugni, un’istante prima di colpirlo il suo aggressore gli copri il viso con la zampa, su cui teneva un pezzo di carta.

“Debito saldato”.

Sentì la presa lasciarla andare, atterrando sul pavimento della cucina sulle sue zampe, per poi togliersi dal muso quel pezzo di carta, che vide poi essere una banconota da cento.

“Ma...cos...che cazz...”.

“Come? Non ricordi? Me li prestati quindici anni fa, te lo dicevo che...ahahah...prima o poi sarei tornato...ihihih...a...saldare il ...contooooo”.

Proruppe in un’altra risata, ancora più forte di quella prima, Jessica dalla sua sentiva l’infarto sopraggiungere, le serviva uno sfogo e all’istante, per cui, senza pensarci troppo, sferrò un violento calcio nelle palle al suo vecchio mentore, così forte che ebbe l’impressione di avergliele spedite in gola a fare salotto con le tonsille, ora dalla bocca del predatore non usciva più una risata lacerante per i timpani, ma niente più che un debole singulto appena udibile, mentre si accasciava al suolo.







Note

Eccomi qua, ce l’ho fatta alla fine, questo capitolo è stata un’agonia, non tanto per il capitolo in se ma più che altro che il tempo per scrivere è sempre meno...
Comunque, come dicevo a Redferne, qua c’è una piccola chicca, sto parlando della lingua nativa della famiglia Schrader, in primis devo dire che è un lascito di una mia storia interrotta che dubito vedrà mai una fine, War never change, doveva essere il linguaggio utilizzato dai velkani, ora verrà utilizzato qui, assieme ad altre idee che avevo per quella storia, in secundis questa lingua non è una semplice accozzaglia di lettere buttate a caso, sta qui la chicca che dovete trovare, capire da dove l’ho presa, vi do un aiuto, è un linguaggio fittizio di un popolo rinnegato che vive su di un’isola deserta.

Ringrazio Redferne per la recensione al precedente capitolo ed EnZo89 per quelle ai capitoli flashback.

Alla prossima
Davide

2340 parole

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Capitolo 29
*** 29 - FLASHBACK - Jessica (Seconda parte) ***


“Ouuuuh”.

La iena si stava pian piano riprendendo dopo il tremendo colpo ricevuto sui gioielli di famiglia da parte della lepre, che a quanto pare non si era in alcun modo trattenuta mentre lo colpiva.

“Dio...mi vuoi ammazzare?”.

“Ti dirò, non sarebbe male come idea”.

Finita la frase la lepre si avvicinò al predatore, afferrandolo per il bavero della maglia, cominciando a tirare finchè non lo sollevò col muso alla sua altezza.

“Anche perché per un attimo mi era quasi venuto il dubbio che tu volessi fare lo stesso con me”.

“Che ne sai? Magari ne ho ancora voglia...”.

“Cosaaaah”.

In un attimo la iena si era alzata in piedi, lo sguardo sofferente tenuto fino ad un attimo prima mutò improvvisamente in uno divertito, che non mostrava alcun segno di dolore o incertezza, quasi non fosse mai nemmeno stato colpito dalla lepre, che venne prontamente afferrata per una gamba per poi trovarsi capovolta a testa in giù, nuovamente in svantaggio rispetto al suo aggressore.

“Ah ah ah ah ah, non cambi mai, piccola Jess, pensi ancora di poter qualcosa contro di me? Quando lo capirai che è tutto inutile? Io sono inelut...”

Si fermò poco prima di finire la frase, abbassando lo sguardo alla preda che in quel momento teneva sotto-sopra e che a sua volta lo osservava perplessa da quel drastico cambio di umore, per lei quel mammifero era sempre stato un dilemma, da quando lo aveva visto la prima volta al momento in cui lo vide partire, per non fare apparentemente più ritorno, ed ora era lì, a prendersi gioco di lei come in fondo aveva sempre fatto.

“Naaa, questa è di quello stronzo viola col mento a scroto!”.

“Cosa?”.

Abbassò il braccio, posandola poi a terra e mollandole la caviglia, dandole modo di rimettersi in piedi, nonostante Jessica avesse ormai capito che non aveva cattive intenzioni non abbassò minimamente la guardia, prestando attenzione ad ogni singolo movimento che il predatore faceva.

“Che sei venuto a fare qui, Mason?”.

La iena fece sparire il sorriso dal muso, osservando per un po' in silenzio la lepre.

“È veramente questo che mi vuoi chiedere dopo tutto questo tempo?”.

“In effetti no...”

Si avvicinò al predatore e gli sferrò un pugno sul muso, facendo piegare di poco la testa del predatore di lato, senza che comparisse alcuna espressione di dolore sulla sua faccia, nemmeno stavolta.

“Sei un bastardo, dove cazzo sei stato tutto questo tempo? Hai idea di cosa ho passato dopo la tua sparizione? Pensavo che fossi morto, che non ti avrei più rivisto, ed ora ritorni così?”.

“Preferivi che tornassi in una bara?”.

“Almeno avrei avuto una certezza, che dovrei pensare ora? Perché sei qui? Rispondimi cazzo!”.

Mason la osservava in silenzio e lo stesso fece lei dopo lo sfogo, lui l’aveva addestrata per diventare quello che era, poi quando ne aveva più bisogno sparì nel nulla, erano passati più o meno vent’anni da quando si erano conosciuti.









Le due amiche erano sedute una di fronte all’altra sul tavolo da picnic del parco, entrambe con la massima concentrazione sulla scacchiera che avevano di fronte a loro, Dawn aveva fatto la sua mossa ed ora toccava a Jessica, la pecora guardava orgogliosa il suo ricco bottino di pezzi mangiati all’avversaria, sostanzialmente la leprotta aveva avuto la meglio solo su due pedoni ed un alfiere, mentre lei aveva già decimato quattro pedoni, entrambi i cavalli, una torre ed un alfiere, era nettamente in vantaggio.

“Si mette male”.

Jessica stette ad osservare per un po' la scacchiera, la pecora aveva messo sotto scacco il suo re, e si rese conto subito che per salvarsi da questa situazione avrebbe dovuto compiere un estremo sacrificio, con un po' di titubanza prese la regina, spostandola in modo che coprisse il suo re dalla torre nemica, mettendola però alla portata di un misero pedone, Dawn non si voleva perdere l’occasione, finalmente dopo molte partite sarebbe riuscita a vincere, ora bastava solo portare via il pezzo più forte alla sua avversaria ed il resto sarebbe venuto da se.

“Eh eh, regina mangiata con un pedone, stai perdendo colpi cara mia!”.

Prese il pezzo e lo mosse in diagonale in modo da mangiare la regina avversaria, godendo non poco mentre faceva la mossa in questione.

“Che succede Jess? Di solito mi batti in una decina di mosse, oggi sei distratta, qualcosa non va?”.

Mentre la pecora la canzonava allegramente e senza malizia notò un cambiamento nella leporide, uno strano ghigno le aveva contornato il viso, un ghigno che Dawn riconobbe subito, quello che l’amica metteva su appena prima di batterla a qualcosa, abbassò velocemente lo sguardo alla scacchiera, cercando di capire in anticipo quello che avrebbe fatto l’altra.

“NO, non dirmelo!”.

La lepre alzò lo sguardo verso la sua avversaria, sorridendole.

“Hai voluto a tutti i costi mangiarmi la regina, un bersaglio troppo ghiotto da non far fuori con un misero pedone, ed ora quel tuo stesso pedone ostacola la tua torre coprendo il mio re”.

“Dannazione, lo sapevo che c’era la fregatura...”.

“Vuoi sapere qual è il tuo problema, Dawn?”.

Mentre le parlava spostò l’alfiere superstite nella posizione desiderata.

“Tu non sei disposta a sacrificare nulla, per questo perderai sempre, scacco matto”.

Dawn guardò in basso, osservando come l’alfiere della sua avversaria aveva fregato il suo re, senza che potesse fare nulla per impedirlo.

“Cavolo, io con te a scacchi non ci gioco più”.

La lepre le rispose con una pernacchia, la pecora, infastidita, ribaltò la scacchiera per poi correre dietro l’amica, il tutto sotto lo sguardo attento di Cristina, la madre di Jessica.

Nonostante Charles le avesse detto più volte che non ce n’era alcun bisogno, che non c’era alcun pericolo per le bambine, lei continuava imperterrita a tenerle d’occhio ogni volta che uscivano di casa, da una parte tuttavia il montone la capiva, erano passati ormai cinque anni da quando la famiglia di lepri era stata accolta nella sua famiglia, di cui ormai ne erano diventati parte integrante, ed in quel lasso di tempo aveva avuto modo di scoprire qualcosa di più su di loro, sull’orrore che era stata la loro vita prima della loro fuga, gli avevano raccontato di Marco, il fratello gemello di Jessica, brutalmente ucciso all’età di appena otto anni solo per il motivo che non poteva lavorare.
Non mancò di notare come Mattia e la moglie, ma anche i tre figli più grandi, in quei cinque anni avessero allacciato rapporti di amicizia proprio con quei mammiferi che nel momento in cui erano più bisognosi di aiuto gli avevano sbattuto la porta in faccia, in alcuni casi l’evento veniva preceduto da minacce ed insulti alla disperata famiglia, per la prima volta Charles si rese conto che l’ipocrisia era un talento naturale per molti abitanti di Bunnyburrow.

“Pyspeha, dove vi posso vedere!”.

A voce alta, senza tuttavia urlare, la lepre si fece sentire dalle due giovani che a suo parere si stavano allontanando troppo, sebbene con estrema difficoltà anche lei ci si era messa d’impegno per imparare il zootopiano, per lo più aiutata dai figli, quando vide che il messaggio era stato recepito tornò con lo sguardo al passeggino, osservando i quattro cuccioli che vi dormivano beati dentro, fosse stata ancora a Farthingwood non avrebbe mai nemmeno lontanamente preso in considerazione l’idea di metterne al mondo altri, tuttavia ora la situazione era ben diversa, i suoi tre figli maggiori, ormai ventenni, si stavano costruendo una vita tutta loro, e Jessica, che ora come Dawn aveva quindici anni, da li a qualche anno avrebbe fatto lo stesso.

Non appena udì la voce della madre la leprotta si fermò, seguita da Dawn, che si volse prima verso la lepre che le teneva d’occhio e poi verso l’amica con aria perplessa.

“Pyspeha? L’ho già sentita ma non ricordo che vuol...”.

“Bambine, non vuole che ci allontaniamo troppo”.

“Si, quello lo avevo capito...non c’è bisogno che ci controlli”.

“Porta pazienza Dawn, vuole solo essere sicura”.

“E di che? Qui non succede mai nulla”.

Nel frattempo che le ragazzine discutevano tra di loro, Cristina prese il giornale comprato prima di andare al parco, sebbene con qualche difficoltà nella lettura, non le sfuggì l’articolo in prima pagina, quello che riguardava una lite tra alcuni bambini delle elementari di qualche giorno prima, le si gelò il sangue non appena lo lesse nella sua interezza, una volpe di nove anni aveva aggredito una coniglietta sua coetanea, lasciandole una brutta ferita sul muso con gli artigli, brutti ricordi tornarono a galla nella sua mente, facendola arrivare a pensare che forse Bunnyburrow non era poi così sicuro come tutti volevano farle credere, improvvisamente ebbe una brutta sensazione, come se da lì a poco sarebbe successo qualcosa di brutto, e quello che la spaventava era che il più delle volte ci azzeccava.

“Dawn, Jessica, andate a chiamare Elly, torniamo a casa”.

Stavolta non c’era la calma di prima nella voce della lepre, si era alzata di scatto in piedi, urlando alla figlia e la sua amica quella frase facendo svegliare i neonati nel passeggino, Jessica se ne accorse e, al contrario della pecora, capì che avrebbe dovuto fare quello che diceva, le volte che sua madre si era comportata così erano più uniche che rare, ma sempre le avevano permesso di salvarsi da una brutta situazione, secondo suo marito lei riusciva a “fiutare” il pericolo, come sette anni prima, quando le venne ucciso il figlio davanti agli occhi, purtroppo allora contro una volpe armata di fucile non aveva potuto far nulla, ma non avrebbe perso anche Jessica, dopo la loro fuga si era ripromessa che i suoi figli non avrebbero mai più sofferto, per nessun motivo.

“Siujadaje, chiamate Elly”.

“Dawn, facciamo come dice”.

La pecora, che ancora non si capacitava di questo cambio di umore in entrambe le lepri, decise di darle retta, se non altro per poi poter mostrare alla sua amica e sua madre quanto si sbagliassero ad essere sempre preoccupate per tutto.

“Ok, Elly è andata di là con le sue amiche, vicino il vecchio capanno degli attrezzi”.

Il luogo in questione era una piccola costruzione in legno che una volta veniva usato per tenere le attrezzature per la manutenzione del parco, poi spostate in una zona più comoda, il vecchio capanno tuttavia al posto di venire demolito venne lasciato al suo posto, il lucchetto alla porta non venne più rimesso, dato che ormai era vuoto, e già da diversi mesi i bambini lo utilizzavano per giocarci, erano quasi arrivate quando videro le amiche di Elly correre nella direzione opposta alla loro, sembravano spaventate al che Dawn fermò la prima che gli capitò a tiro, una coniglietta dell’età di sua sorella.

“Susan, dov’è Elly? Dov’è mia sorella?”.

La leporide, già abbastanza scossa di suo, si volse lentamente dietro di se, osservando il capanno.

“L..la, è arrivato Larry...”.

Non appena sentirono quel nome sia Dawn che Jessica sbiancarono, l’ultima volta che avevano avuto a che fare con quel lupo di sedici anni ci era quasi scoppiata una rissa, il solo pensiero che Elly fosse lì da sola con lui le fece rabbrividire, Dawn fu la prima a prendere coraggio, lanciandosi verso la porta per poi spalancarla, quello che vide fu troppo per lei, che si bloccò sulla soglia, la sua sorellina era distesa in terra, con un occhio nero e delle ferite sul viso che sanguinavano, il muso era gonfio per i troppi pugni presi e la pecorella non sembrava a prima vista dare segni di vita, il lupo si girò verso di lei, mostrando un’espressione allarmata.

“Dawn? I..io non volevo, davvero se lei non avesse insistito a non privarsi del...è colpa sua che ha opposto resistenza...”.

Il modo in cui cercava di arrampicarsi sugli specchi per trovare delle scuse sarebbe anche stato divertente, se non fosse che aveva pestato a sangue una bambina di tredici anni, tuttavia non riuscì a portarle a termine, dato che nello stesso istante gli arrivò una sassata in pieno muso, facendolo cadere a terra mentre mugugnava per il dolore, in quello stesso istante Dawn si avvicinò alla sorella mentre Jessica, che aveva già preso in mano un altro sasso, andò verso il lupo, che cominciò ad insultarla non appena la vide.

“Argh...la mia faccia...brutta bastarda...me la pagherai...te e tutta la tua schifosa fami...”.

Manco a dirlo, la giovane lepre non lasciò nemmeno il tempo al lupo per finire la minaccia, si avvicinò e dopo averlo atterrato mettendogli un piede sul petto cominciò a colpirlo in faccia col sasso che teneva stretto nel pugno, sotto lo sguardo terrorizzato di Dawn che cominciava a vedere schizzi di sangue partire dal muso del canide.

Uno, due, tre, quattro, stava per dare anche il quinto colpo, quando la sua zampa venne bloccata da una forte presa, qualcuno alle sue spalle l’aveva fermata, bloccandole il braccio, si volse per vedere che a fermarla era stato un cervo adulto.

“Ho visto abbastanza e ne sono soddisfatto, ma ora basta”.

Senza perdere altro tempo il cervo prese una pistola con la zampa libera, per prima sparò a Dawn che cadde a terra senza emettere un fiato, poi senza battere ciglio spostò lo sguardo verso la leprotta, puntandole l’arma contro, era talmente terrorizzata che non riusciva a muoversi né a reagire, lo sparo così come quello che aveva abbattuto la pecora un attimo prima non emise alcun rumore, i suoni divennero ovattati e gli occhi le si chiusero senza che potesse far nulla.







“Ti sei svegliata finalmente”.

Jessica si stropicciò gli occhi, era ancora un po' intontita a causa del dardo anestetico che l’aveva abbattuta senza che nemmeno se ne accorgesse, dopo essersi presa qualche secondo per ricordare cosa fosse successo si osservò attorno, era dentro una stanza quadrata, su tre lati le pareti erano bianche, mentre su una ci stava un grosso specchio all’altezza di un metro da terra e lungo come tutto il muro, al centro c’era un tavolo con due sedie, su una di queste vi stava seduto il cervo che l’aveva fermata dal picchiare Larry, la teneva d’occhio con lo sguardo e prima di alzarsi dal pavimento anche lei lo squadrò per bene, era sicuramente un adulto, lo si poteva notare non solo dalle dimensioni, ma anche dal fatto che il corno destro era estremamente lungo e ramificato, mentre del sinistro non restava altro che un moncone lungo una decina di centimetri, anche se, probabilmente, un tempo doveva essere speculare a l’altro, il manto appariva brunastro e un po' tendente al rossiccio.

“Do...dove sono?”.

La voce le tremava, era terrorizzata, gli ultimi cinque anni vissuti a Bunnyburrow era stati tra i più belli di tutta la sua breve vita, ma ora che si ritrovava in quella situazione, in trappola e alla mercé di un mammifero che dal suo punto di vista non poteva avere buone intenzioni, la paura che pensava l’aveva abbandonata durante la loro fuga da Farthingwood si rifece avanti.

“In una struttura segreta della National Intelligence Department, l’agenzia federale di cui sono al comando, anche detta NID, come ti chiami? Quanti anni hai?”.

“J…Jessica, ho quindici anni…lei chi è?”.

Il cervo si alzò in piedi, camminando avanti e indietro rimuginando tra se e se, la leprotta lo seguiva con lo sguardo, non sapendo cosa fare in quella situazione, finchè non si fermò, dandole le spalle.

“Il mio nome non ha importanza, sai, mi è stato suggerito che avrei dovuto cercare nuove reclute a Bunnyburrow ed ho subito pensato che fosse una perdita di tempo, in questo posto si trovano solo campagnoli e smidollati, ma tu oggi mi hai dato prova che forse non è così”.

Finita la frase si volse verso di lei, avvicinandosi e facendola arretrare spaventata finché non arrivò con la schiena contro il muro.

“Ora dimmi, cosa hai provato mentre rovinavi la faccia di quel lupo?”.

Pensando che la volesse punire per quello che aveva fatto Jessica cominciò a tremare e balbettare.

“Mi…mi dispiace…i…io non volevo, lui ci…ci dava fastidio…sempre…la prego…non mi faccia del male”.

“Ma io non sono qui per punirti, volevi difendere le tue amiche da un bullo giusto? Non è forse una buona causa?”.

Il tono rassicurante con cui gli aveva parlato le fece diminuire lo stato di ansia e paura che aveva addosso, abbastanza da ricordarsi che non era sola prima di finire in quel posto.

“Dawn…Elly…dove sono loro? Stanno bene”.

“Le tue amiche? Si stanno bene, anzi vieni qui, ti mostro una cosa”.

Le tese una zampa vicino, lei si alzò senza tuttavia afferrarla, per poi seguirlo fin davanti lo specchio che occupava l’intera parete, lui prese una sedia avvicinandola facendole poi cenno di salirci sopra, in modo che potesse osservare la superfice riflettente, quando ci fu la piccola lepre lo osservò con sguardo curioso, finchè lui non premette un pulsante spegnendo la luce nella stanza e contemporaneamente accendendola in quella adiacente, lo specchio divenne di colpo trasparente, mostrando a Jessica cosa si trovava dall’altra parte, sdraiata a terra in un angolo ci stava Dawn, apparentemente incosciente, mentre su una brandina era coricata Elly, anche lei priva di sensi e con delle fasciature dove era stata colpita dal lupo.

“Come puoi vedere, loro stanno bene, ma se vuoi che continui così, tu dovrai fare una cosa per me”.

Un po’ preoccupata da questa frase, lei si girò verso il cervo, osservandolo per qualche secondo.

“Che cosa?”.

Senza dare una risposta il cervide si avvicinò alla porta, battendoci contro tre volte con la zampa, qualche secondo dopo quest’ultima si spalancò, ne entrò un rinoceronte che trasportava qualcosa, Jessica ci mise un attimo a capire di cosa si trattava, una sedia con sopra legato Larry, il lupo che aveva aggredito Elly, lui al contrario delle sue amiche era cosciente, la bocca era nastrata e riusciva si e no a mugugnare, sul muso si vedevano benissimo i segni che lei gli aveva lasciato prendendolo a sassate, una volta dentro e deposta la sedia il pachiderma se ne andò in silenzio come era entrato, chiudendosi dietro la porta, timorosa di essere punita per quello che aveva fatto la lepre cominciò a scusarsi col cervo

“Mi…mi dispiace…io non volevo colpirlo così…io…”.

“Invece…credo che la verità sia un’altra, lui ha pestato la tua amica, ed avrebbe fatto lo stesso con l’altra e te, non hai avuto altra scelta giusto?”.

La lepre non fece in tempo a rispondere che venne subito interrotta dal cervo.

“Inoltre, ho visto la foga con cui lo colpivi, ho visto come ti brillavano gli occhi mentre gli fracassavi il muso, lui è uno stronzo e se lo è meritato, quindi perché non finire quello che hai iniziato?”.

“Io…voglio solo andare a casa…”.

“E ti ci porterò, ma non prima che tu abbia fatto una cosa per me”

Si avvicinò nuovamente al tavolo, ne aprì un cassetto tirandone fuori un coltello bowie per poi sfilarlo dal fodero in similpelle e lasciarlo cadere vicino la piccola lepre.

“Prendilo”.

Jessica esitò, osservando l’arma per poi scuotere la testolina, a far capire che non lo avrebbe fatto.

“Prendilo ho detto”.

Stavolta la voce era tutt’altro che calma, non lo sapeva nemmeno lei il motivo, ma qualcosa nel tono che aveva usato l’aveva fatta rabbrividire, al punto da pensare che, se non avesse obbedito a quella che all’inizio sembrava una semplice richiesta poi diventato un ordine, l’avrebbe pagata cara, si abbassò quindi, prendono il coltello con entrambe le zampe osservando poi il cervide.

“Molto bene, ora mia cara, voglio che ti avvicini a lui, poi voglio che gli pianti quel coltello per tutta la lunghezza della lama nella pancia, poi potrai estrarlo, sono stato abbastanza chiaro o ti devo fare un disegnino?”

Una valanga di pensieri senza alcun controllo attraversarono la testolina della lepre, mentre la sua presa sull’arma perdeva sempre più di efficacia man mano che passava il tempo.

“No…non voglio…”.

Il cervo sospirò, osservandola per un attimo, era palese che fosse spaventata e lo era anche l’altro mammifero legato alla sedia, forse anche più di lei.

“Ok, allora mettiamola così, visto che con le buone non lo capisci”.

Si abbassò fissandola negli occhi con uno sguardo talmente penetrante e deciso che lei non poté fare nulla per evitarlo, era rimasta completamente bloccata davanti quel mammifero.

“Se tu non farai quello che ti ho detto, allora lo farò io, ora in questo momento, poi, dato che sei poco collaborativa, ti porterò nella stanza di là, e ti mostrerò due modi molto creativi per ammazzare due pecore, quella più giovane le staccherò la testa dal collo a mani nude, e credimi che ne sono capace, mentre l’altra te la sbudello davanti gli occhi, con quel coltello, in quanto a te…meglio che non te lo dico…”.

Quello che dal suo punto di vista doveva essere un discorso “motivazionale” per la ragazzina era servito più che altro a paralizzarla a terra ulteriormente, arrivando alla conclusione che probabilmente non ci sapeva fare coi cuccioli, comunque non volle demordere, in quella leporide ci aveva visto molto più di quanto pensasse mai di trovare a Bunnyburrow.

“Alzati”.

Con un rapido scatto si era avvicinato alla preda, prendendola per la maglietta e sollevandola da terra.

“Lo capisci o no? Lo devi fare, solo così uscirai da qui. È così difficile per te scegliere tra la vita di quel lupo e quella tua e delle tue amiche?”.

Glie lo gridò letteralmente in faccia, ottenendo solamente che si spaventò ancora di più, ormai era andata e si rese conto di aver sbagliato, che in lei non c’era nulla di più di una semplice lepre che aveva paura della sua ombra.

“Va bene, a quanto pare mi sono sbagliato”.

La rimise giù, lei ancora scossa lasciò cadere a terra il pugnale che venne prontamente recuperato dal cervide, il quale si avviò verso la porta, venendo fermato dalla flebile voce della leprotta.

“Possiamo…tornare a casa?”.

“Certo che no, ti ho detto cosa avrebbe comportato un tuo rifiuto, ed ora andrò nella stanza di là ad ammazzare le tue amiche, poi tornerò per te”.

Stava per farlo veramente, tanto ormai aveva perso ogni interesse in quella creatura che gli stava dietro ed ormai sapeva fin troppo per permettersi di lasciarla andare, doveva sparire senza lasciare traccia.

“Ok!”

L’urlo echeggiò nella stanzetta, poco prima che aprisse la porta.

“Come scusa?”.

“Va…va bene…lo farò, ma ti prego…non fare del male a Dawn ed Elly”.

Un ghigno soddisfatto si stampò sul muso del cervo, che richiuse la porta per poi mollare il coltello davanti la sua prigioniera.

“Bene, ma muoviti, non ho tutto il giorno”.

Lentamente si alzò in piedi, abbassò lo sguardo all’arma e la prese, sebbene con pochissima decisione, al punto che le tremavano le zampine, facendo tremolare di conseguenza anche la lama, ma ormai aveva capito in che guaio era finita e sapeva che c’era un solo modo per uscirne.
Si avvicinò a piccoli passi a Larry, per tutto quel tempo era rimasto li ad osservare, ancora imbavagliato e legato alla sedia, per un attimo sembrava quasi che tutti si fossero dimenticati della sua presenza nella stanza, mentre invece lui c’era, aveva sentito tutto il discorso ed ora era visibilmente terrorizzato vedendo quella che fino a poco prima altro non era che una delle sue solite vittime delle sue bravate avvicinarsi a lui con un coltello, cominciò ad agitarsi sulla sedia, facendola muovere sul posto ed interrompendo la marcia di Jessica verso di lui.

“Fermo”.

Il suo aguzzino gli aveva posato lo zoccolo sullo schienale bloccandolo completamente, per poi volgere lo sguardo verso la giovane lepre per farle capire che aveva il via libera.

“Avanti, lui ha pestato a sangue la tua amica…ed avrebbe fatto lo stesso con te”.

Il lupo scosse agitato la testa di fronte la lepre, volendo negare quella affermazione, cercando di convincerla a non fare quello a cui stava pensando, e da una parte ci era quasi riuscito, in lui Jessica non ci vedeva più il bullo prepotente che tormentava lei e le sue amiche.
Consapevole che stava perdendo la volontà di andare fino in fondo, il cervo decise di tentare il tutto per tutto, avvicinandosi da dietro alla sua ospite per poi sussurrarle all’orecchio.

“Ascolta, puoi farcela lo so, so benissimo che hai già avuto a che fare con la morte, so di tuo fratello e so che è stata una volpe ad ucciderlo, figurati quella volpe nella tua mente, pensa e concentra tutta la tua rabbia su di lui, non è diverso dal lupo che ora hai davanti, non perché predatori, ma perchè criminali, uno ti ha portato via una parte della tua vita, e l’altro stava per farlo, non permettere che la storia si ripeta.
Ascoltami Jessica, respira, prendi il pugnale, stringi il legno del manico nella tua presa, osserva la lucida lama su cui si specchia il tuo volto e senti l’adrenalina che ti scorre nelle vene, quest’arma ora fa parte di te, è diventata un’estensione naturale del tuo braccio con cui punirai chi non è meritevole, in te c’è molto di più che una semplice contadina, la tua innocenza, la ragazzina che vedeva un mondo migliore dello schifo che effettivamente è, tutto questo ormai non fa più parte di te, tutto questo è morto quel orribile giorno a Farthingwood”.

Da quando erano giunti a Bunnyburrow non avevano mai parlato con nessuno tranne Charles del loro passato, questo mammifero sapeva tutto e le parole che aveva pronunciato erano penetrate nella testa di Jessica così fermamente da toglierle ogni paura che aveva addosso, se ne andarono i dubbi su cosa fare ed aveva solo una certezza, Dawn ed Elly per lei erano come sorelle, aveva già provato il dolore di perdere un fratello e non voleva ripeterlo, smise di tremare, prese il coltello e strinse forte l’impugnatura, mentre si avvicinava al lupo quest’ultimo la osservava mugugnando supplicante, sperando che fermasse il suo avanzare verso di lui, non appena lo raggiunse senza dire una parola sollevò il pugnale e conficcò la lama per tutta la sua lunghezza nello stomaco del predatore, quest’ultimo lanciò un grido di dolore soffocato dal bavaglio.

“Ottimo, adesso devi solo…”.

Non poté terminare la frase che Jessica aveva già estratto l’arma, peggiorando ulteriormente la già orrenda ferita con la parte dentellata superiore della lama, per poi cominciare a pugnalare con violenza il ventre del lupo per svariate volte, facendo risuonare una risata isterica che in un primo momento fece rabbrividire pure il mammifero che l’aveva spinta a tanto.
Dopo la settima, forse ottava pugnalata, il cervo si decise a fermarla, afferrandole il piccolo braccino ed osservandola negli occhi, per un attimo ci intravide qualcosa in quelle iridi viola, una scintilla di pura follia, arrivando a chiedersi se l’avesse creata lui in quel momento o se invece fosse sempre stata presente, in attesa che qualcuno la liberasse, in un modo o nell’altro aveva raggiunto il suo scopo, si compiacque del lavoro svolto, il cadavere del lupo era un vero e proprio disastro, le innumerevoli pugnalate lo avevano sventrato a tal punto che le budella avevano iniziato a venire fuori ed una grossa pozza di sangue stava cominciando a formarsi sul pavimento.

“Benvenuta Jessica Schrader, ora tu fai parte del NID”










Note

Eccomi qua, come sempre in estremo ritardo, purtroppo il tempo è quello che è e sono rimasto molto indietro anche con le recensioni, ma prometto che recupererò tutto, datemi tempo.
Capitolo leggermente più lungo del solito, manca ancora una parte ma se l’avessi messa qua non avrei più pubblicato, per cui rimando al prossimo, intanto ringrazio Redferne per la recensione al capitolo precedente ed EnZo89 per quella del capitolo 24.

Alla prossima
Davide

4501 parole

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Capitolo 30
*** 30 - FLASHBACK - Jessica (Terza parte) ***


Jessica fissava la iena che stava di fronte a lei con sguardo severo, la tentazione era di tirargli un altro pugno in pieno muso, anche se in fondo lo sapeva che non sarebbe servito a nulla, il precedente non lo aveva nemmeno sentito, per non parlare del calcio nelle palle, qualunque altro mammifero si sarebbe raccomandato di crepare il più in fretta possibile pur di non patire una tale sofferenza dopo un colpo del genere, mentre lui si era limitato a fare una scenata per qualche attimo, per poi dimostrarle quello che lei dopotutto già sapeva, lui non aveva punti deboli e, probabilmente, l'unico modo per abbatterlo era sparargli, rigorosamente di sorpresa ed in mezzo agli occhi, ma soprattutto dal più distante possibile, perché se la mira non fosse stata accurata ed il proiettile avesse malauguratamente colpito una parte non vitale, allora in quel caso potevi ritenerti completamente fottuto, non avresti avuto il tempo né di sparare un altro colpo e neppure di scappare, in ventisei anni di appartenenza al N.I.D. lui non aveva mai fallito una missione, non l’avevano mai scoperto durante un’infiltrazione e se anche fosse accaduto non sarebbe stato per più di qualche secondo prima che la testa del malcapitato di turno cominciasse a rotolare a terra senza che potesse rendersi effettivamente conto di chi aveva davanti.

Jessica era sempre stata ritenuta uno degli agenti migliori e tra i più letali dell’agenzia, era innegabile che dopo quanto accaduto con Larry avesse cominciato a trarre piacere dal massacrare quelli che a conti fatti erano i nemici del N.I.D. e di conseguenza anche di Zootopia, con una serie di uccisioni che già ai primi tempi non si potevano più contare sulle dita di entrambe le zampe, anche considerando che la sua prima missione seria, commissionatagli direttamente dal cervo che l’aveva trascinata a forza in quel mondo, che scoprì chiamarsi George Hammond, si rivelò trattarsi di un vero e proprio massacro di un’intera famiglia di conigli che comprendeva i due genitori e i sette figli, non le era mai stato spiegato il motivo, ma in fondo che importava, erano finiti nelle loro mire, di conseguenza dovevano pur aver fatto qualcosa per meritarsi un trattamento simile.

Ma Mason, lui era un qualcosa che andava oltre il concetto di killer professionista quale lei era, lui era un’autentica macchina per uccidere, non importava chi fosse il bersaglio, poteva essere un barbone per strada di cui non sarebbe mai fregato nulla a nessuno della dipartita o il mammifero più importante e protetto del mondo, non ci stava alcuna differenza se non nel tempo che avrebbe impiegato, ma il risultato era scontato fin da subito, avrebbe vinto lui, sempre e comunque.

“Allora…”.

Jessica rilassò lo sguardo, rivolta verso colui che le aveva insegnato tutto quello che ora sapeva fare, attirando la sua attenzione verso di lei.

“…mi dici che hai fatto di così importante per sparire per quindici anni?”.

La iena socchiuse per qualche secondo gli occhi, sbuffò e poi rivolse un sorriso alla lepre.

“Non posso, è top-secret, l’unica cosa che posso dirti è che sono stato mandato a Emmeria da Hammond, a recuperare quello”.

Indicò dietro di lui e la lepre sporse lo sguardo oltre il corpo del predatore notando solo in quel momento che appoggiata al muro ci stava una ventiquattrore in simil pelle nera munita della classica chiusura a combinazione numerica, probabilmente l’aveva appoggiata lì non appena era entrato.

“Che c’è dentro? Non voglio che porti roba pericolosa in casa mia”.

“In teoria dovrebbe essere un segreto, ma si, in fondo chi se ne fotte, ci ho messo quindici anni per recuperarlo, potrò farci quel cavolo che mi pare…”.

Detto questo la iena si voltò facendo qualche passo verso l’entrata dell’appartamento, dove aveva depositato la valigetta, la prese per poi tornare davanti la lepre e posarla sul tavolo, Jessica lo osservò curiosa mentre inseriva la giusta combinazione sulle due serrature per poi farle scattare, senza tuttavia aprirla.

“Pronta?”.

Uno scossone della testa fu più che sufficiente a far capire al predatore che poteva procedere e quest’ultimo non se lo fece ripetere due volte, aprì la valigetta, mostrandone il contenuto alla lepre, che ne rimase completamente scioccata.

“Oh…oh cazzo…non è possibile…non vorrai mica dirmi che quello…che è quello che penso che sia…”.

“Si Jessica, è proprio quello che immagini”.

La lepre deglutì a fatica, vedere il contenuto di quella valigetta l’aveva paralizzata, poteva sentire ogni singolo pelo del suo corpo rizzarsi mentre dei brividi le attraversavano le membra ed il battito accelerava al limite della tachicardia, in vita sua mai avrebbe pensato di vedere qualcosa di così bello, anche se forse non era il termine più appropriato dato che non avrebbe fatto altro che sminuirne la reale importanza, meraviglioso era forse la parola più adatta, ma anche pericoloso, nelle zampe sbagliate quello era il tipo di oggetto che poteva scatenare il finimondo, e lui lo teneva in una semplice valigetta come tante altre, inoltre era come se la stesse attirando a se, senza che se ne rendesse nemmeno conto si ritrovò con la zampa quasi a sfiorarlo, tentativo vanificato quasi subito da Mason, che richiuse la ventiquattrore distogliendo l’attenzione di Jessica.

“No cara, non si tocca, ritieniti più che onorata di averlo visto, ho come il presentimento che una volta consegnato sparirà dalla circolazione per molto tempo, mi sa tanto che finirà sepolto in un bunker militare super segreto, di quelli che si trovano a centinaia di metri sotto terra, comunque ti posso assicurare che finché resta in mio possesso non può nuocere a te o ai tuoi cuccioli”.

“Bene…”.

Non fece quasi in tempo a finire la frase che subito si rese conto di quello che aveva appena sentito.

“Aspetta, come fai a sapere dei miei figli?”.

Il sorriso del predatore si accentuo ulteriormente, al punto che cominciarono a vedersi i denti in tutta la loro lunghezza.

“Sarò anche stato via per quindici anni, ma non ho mai smesso d’informarmi su tutto quello che accadeva qui a Zootropolis, so degli attacchi ai predatori causati da Dawn Bellwether poco più di quattro anni fa, so che hai passato tre mesi in coma per un colpo d’arma da fuoco alla testa, so che ti sei messa insieme ad una volpe e so che è lui il padre dei tuoi cuccioli, che quindi sono degl’ibridi”.

Jessica lo osservò semplicemente stupita, lui era in missione super segreta, come infiltrato in un paese straniero, dichiaratamente ostile ai predatori e che da sempre era riconosciuto come il peggior nemico di Zootopia e si prendeva pure il lusso di ricevere informazioni su di lei, rischiando di mandare a puttane la sua copertura con il rischio di venire catturato e probabilmente ucciso per spionaggio internazionale.

“Tu non cambi mai eh?”.

Lui le rispose con un semplice ghigno, che lasciava ben intendere la risposta a quella domanda.

“E c’è un’altra cosa, so che Hammond è morto più o meno dopo due anni dalla mia partenza, ma non so come, tu sai cosa è successo?”.

Finalmente qualcosa che non sapeva, peccato che neppure Jessica poteva dare una risposta certa a questa domanda.

“Non ne siamo certi, è stato trovato morto nel suo ufficio e l’autopsia ha rivelato che si è trattato di un attacco cardiaco, ma prima di allora non ha mai avuto di questi problemi, era sano come un pesce”.

“Pensi che sia stato ucciso?”.

La lepre annuì semplicemente, continuando poi il discorso.

“Ne sono certa, e lo ha pensato anche il suo successore, dato che tuttora non si è ancora scoperta la sua identità, pochi fidati a parte è da tredici anni che non sappiamo chi è veramente il nostro capo, non si mostra e le rare volte che contatta qualcuno lo fa tramite telefonate in cui modifica la sua voce, così non posso capire chi sia”.

“Perché sei così interessata a scoprire la sua identità? È ovvio che voglia che resti segreta”.

Jessica lo osservò in silenzio qualche secondo, indecisa se dirgli la verità o se fosse un rischio, tuttavia quello che c’era stato tra loro le fece pensare che non l’avrebbe mai tradita, decise di correre il rischio e, se lui avesse voluto, vedere se l’avrebbe aiutata.

“Mason, io voglio chiudere col N.I.D. Sono stufa di questa vita e me ne voglio tirare fuori, se riuscissi a scoprire l’identità di quel mammifero potrei utilizzare quell’informazione per convincerlo a svincolarmi da loro”.

“Capisco, ma vedi, c’è un’ulteriore problema, e riguarda proprio il mammifero di cui vuoi scoprire…”.

Stavolta fu Jessica a prendere in contropiede il predatore, interrompendolo e mostrandogli subito quello che sapeva.

“Lo so, l’attuale capo del N.I.D. non è lo stesso mammifero che ha preso il posto di Hammond tredici anni fa, c’è stato un altro cambio al vertice dopo più o meno otto anni”.

“Brava” La iena finse un applauso per congratularsi con la sua ex allieva “Ma ora voglio sapere come hai fatto a capire che c’è stato questo scambio se non li hai mai visti”.

“Ci sono molti modi, le voci sono entrambe modificate elettronicamente allo stesso modo e quindi sono identiche, ma l’idioma era diverso, simile ma non uguale, così ho capito che si trattava di due persone distinte”.

La lepre concluse la frase con un sorriso, non le era capitato spesso di dimostrare il suo acume a quello che di fatto era il miglior agente federale di Zootopia, se non addirittura del mondo intero, si sentiva orgogliosa di se stessa, anche se tuttavia era ben lungi dal sapere chi stava realmente dietro quella voce modificata.

“Bene allora, piccola Jess, mi hai dimostrato che finalmente te la sai cavare e per questo ho deciso di aiutarti, ti dirò tutto quello che so sull’attuale capo del N.I.D.”.

Non si aspettava di certo questo, come il fatto che era certa che nemmeno lui potesse sapere molto riguardo l’identità di tale mammifero, come infatti gli rivelò lui stesso subito dopo.

“Sarò sincero, non so molto e di quel poco che so la metà delle cose non sono nemmeno sicuro siano vere, per cui ti dirò semplicemente quello di cui ho la certezza: l’attuale capo ed il precedente, il successore di Hammond, si conoscono di persona, non ti so dire se sono amici e se si scannano appena si vedono, altra cosa che so è che abbiamo a che fare con un mammifero di massimo taglia medio-piccola, ma non minuscola, quindi potrebbe andare dalle dimensioni di una lontra a quelle di un lupo al massimo, niente topi o grossi mammiferi…”.

Concluse la frase come se avesse altro da dire, ma se ne stette muto qualche secondo, al che Jessica si spazientì, incitandolo a continuare.

“E…?”.

“Si fa chiamare Gomphos, sicuramente uno pseudonimo, ti dice nulla?”.

“Lo conosco” Non appena aveva sentito quel nome Jessica aveva assunto un’espressione seria “Il Dio lagomorfo della fertilità e dell'agricoltura, quando tra leporidi e pica vigeva il politeismo era molto adorato, ma parliamo di migliaia di anni fa, comunque non mi sono mai interessata di religioni antiche.
Aspetta un po', vorresti farmi credere che abbiamo a che fare con una di-vi-ni-tà?”.

L’ultima parola la scandì in particolar modo, dividendola in sillabe, come a voler far capire quanto stupida fosse l’idea.

“Ma figurati, sicuramente si tratta di un idiota che non aveva di meglio da fare che cercare un nome da utilizzare per nascondere la sua identità, e si lo so a cosa stai pensando, potrebbe trattarsi di un leporide? Si come no, magari lo ha scelto apposta per confondere, magari gli piaceva il nome, potrebbe anche essere che non glie ne fregava un cazzo delle origini del nome e lo ha scelto perché si, cosa importa? Quello che conta è una semplice cosa, una cosa molto particolare…”.

La lepre stava cominciando ad irritarsi del fatto che sembrava tirarla per le lunghe apposta per farla imbestialire, era ovvio che lui la poteva aiutare in qualche modo ma altrettanto lo era che la stava provocando solo perché in fondo sapeva che avrebbe perso le staffe molto presto.

“COSA? Piantala di tenermi sulle spine e vuota il sacco”.

Altro sorriso sadico da parte del predatore che durò più di qualche secondo, ci stava prendendo gusto a farla irritare, tuttavia decise di non tirare troppo la corda, dando alla lepre l’informazione che cercava.

“Ho scoperto l’identità di colui che ha preso il posto di Hammond tredici anni fa, quindi se trovi lui…”.

“Automaticamente posso risalire all’identità del capo attuale” Concluse Jessica interrompendo la iena e continuando subito dopo “Grande, perfetto questo era proprio quello che mi serviva, ora dimmi come si chiama”.

Una fragorosa risata scaturì dall’altro, lasciando perplessa la lepre.

“Che c’è di così divertente, dai dimmelo che voglio ridere anche io”.

“Ahh, cara Jessica, credimi quando ti dico che farai ben altro che ridere, sono proprio curioso di vedere la tua faccia quando verrai a conoscenza di quel nome, ma prima ti dico questo, tu lo conosci già”.

“Cosa? Stai scherzando vero?”.

“Affatto, lo hai avuto così vicino per tanto di quel tempo, è stato veramente in gamba a non farti notare nulla, a nascondere così bene la verità ai tuoi occhi”.

Stava ancora tergiversando per provocarle una reazione, e stavolta non si trattenne cercando di fargli capire di farla finita coi giochetti.

“Ora basta, dimmi quel fottuto nome!”.

La iena a quel punto si avvicinò ulteriormente, facendole cenno di fare altrettanto, Jessica tese le lunghe orecchie ascoltando poi il nome e cognome che gli venne sussurrato dal predatore.

“Cos…no, non è possibile”.

L’espressione sconvolta che la lepre mise sul muso face sorridere Mason, che in fondo si aspettava proprio quello.

“Ecco appunto, era proprio questa la faccia che volevo vedere, e comunque, si è la verità”.

Era ancora scossa dalla notizia appena ricevuta, non avrebbe mai immaginato che dietro a tutto ci fosse proprio quel mammifero, mentre stava ancora rimuginando su quanto appena appreso, Mason attirò la sua attenzione.

“E comunque, lasciamelo dire sei diventata davvero scortese…”.

Bastò questa frase per liberare momentaneamente Jessica dallo shock, osservò perplessa il predatore per qualche secondo prima di capire a cosa si riferisse.

“Già, hai ragione, vieni”.

Le fece cenno di seguirla mentre andava in direzione della camera da letto, una volta dentro le indicò un lettino con sponde a fianco di quello matrimoniale, il predatore si avvicinò, osservando i cuccioli che dormivano all’interno.

“Eh, sei cambiata…”.

“È normale, l’unico che non cambia mai, sei solo tu”.

“Ehi, non è colpa mia, mi scrivono così”.

Infatti, le pareva strano che era riuscita a conversarci per così tanto senza che cominciasse coi suoi deliri e stupidaggini, lui sogghignò tornando poi a guardare dentro la culla.

“Non pensavo fosse possibile una cosa del genere”.

Jessica divenne pensierosa tutto di colpo, mettendosi anche lei ad osservare i tre cuccioli.

“Mi sono informata a riguardo, nonostante siano documentati diversi casi di ibridazione tra specie simili a quanto pare non c’è mai stato nulla di così estremo, sono unici e la cosa mi spaventa, per questo motivo abbiamo deciso di registrarli all’anagrafe come due cuccioli di volpe e uno di lepre”.

Le aveva raccontato una mezza verità, dato che aveva volontariamente tralasciato quanto accaduto a Judy con Duke.

“Hai fatto bene” Mason era diventato improvvisamente serio, non capitava spesso.

Jessica era stufa di questa farsa, per cui non si fece problemi a dire quello che pensava.

“Adesso che ne dici di dirmi la verità, è ovvio che non sei venuto per una visita di cortesia, hai rischiato molto per recuperare il contenuto della valigetta, per cui la cosa più logica era prima consegnarla e poi venire qua”.

“Sarai anche cambiata, piccoletta, ma resti comunque sveglia come sempre, è vero, sono passato di qui per un altro motivo, per avvisarti di una minaccia che forse si abbatterà su Zootropolis, mettendoci tutti noi in pericolo”.

Questa volta era molto serio e la lepre non poté far altro che ascoltare con attenzione.

“Che intendi dire?”.

“Mentre eri in coma, l’attuale capo del N.I.D. ha deciso di sciogliere la Tactical Urban Suppression Korps, e credimi quando ti dico che a loro non è affatto andata giù come cosa, dopo nemmeno due giorni hanno invaso in forza il nostro reparto di ricerca e sviluppo a Rivet City, massacrando tutti e rubando tutto quello che potevano”.

Capita la reale gravità dei fatti ora Jessica voleva almeno sapere a cosa sarebbe andata incontro.

“Cos’hanno rubato? Cosa c’era di così importante la dentro da indurre la T.U.S.K. a correre il rischio di attaccare una struttura del N.I.D.?”.

“Più ce altro esperimenti falliti, ma i cui progetti sono comunque stati tenuti per sviluppi futuri, da quello che so ci stava un campione di VEF, alcune armi biologiche e chimiche rivelatesi inefficienti e gli schemi di costruzione di un cannone elettromagnetico, tutta roba che non si è rivelata adeguata oppure troppo costosa in termini di budget o di dispendio energetico”.

“Quelli della T.U.S.K. saranno brutali, ma non sono stupidi, se hanno deciso di rischiare vuol dire che avevano già in mente cosa andare a prendere”.

La iena annuì, pensandola come lei.

“Si, è quello che volevo dire, comunque sta di fatto che ora loro sono stati dichiarati il nemico numero uno del NID, d’ora in avanti dovrai fare più attenzione del solito”.

Jessica sospirò, ci sperava veramente di poter finalmente avere una vita tranquilla.

“Ok, quindi ora te ne vai?”.

“Si, devo consegnare la valigia, ma non preoccuparti, ci rivedremo presto” .











Qualche ora dopo alla centrale di Downtown.

Nick era da poco rientrato in centrale, accompagnato da McHorn e dai due aggressori dell’accademia, dato che il rinoceronte era più che in grado di scortarli da solo fino alle celle, la volpe decise di tornare nel suo ufficio, dove Wolfard lo stava sicuramente aspettando per portare avanti il loro complicato caso di smantellamento dell’organizzazione mafiosa più potente di Tundratown, tuttavia prima che riuscisse ad arrivarci sentì qualcuno chiamarlo alle sue spalle, inducendolo a voltarsi.

“Scusi, agente Wilde”.

Si trattava di Robert, il coniglio che aveva visto a casa di Wolfard due giorni prima, nonché il primo della sua specie a diventare agente di polizia, a giudicare dall’abbigliamento sembrava proprio che il capitano Bogo non avesse perso le vecchie abitudini, infatti indossava la classica pettorina segnaletica assegnata agli ausiliari del traffico, proprio come fece con Jessica quando iniziò a lavorare li, ed anche con lui ovviamente.

“Ci conosciamo?”.

Decise di fare lo gnorri, principalmente per vedere la sua reazione, ma anche perché non gli importava poi tanto di quel coniglio, ma di una cosa doveva assolutamente parlargli.

“Oh, a dire il vero no, cioè, io conosco lei, è stato grazie a lei che ora sono qui, la volevo ringraziare…”.

Finita la frase tese la zampina verso la volpe con tutta l’intenzione di una stretta di mano, tuttavia il canide stette fermo sul posto ad osservarlo per qualche secondo, fintanto che il leporide non la tirò indietro con sguardo perplesso.

“E dimmi, di cosa mi dovresti ringraziare? Come avrei contribuito a farti essere qui?”.

Le orecchie del coniglietto scattarono all’insù ed un sorriso si stampò sul suo muso non appena gli venne fatta quella domanda, Nick ne approfittò per osservarlo meglio, sembrava veramente molto giovane, sicuramente più di Judy.

“Beh, ho visto in televisione la cerimonia in cui le è stato appuntato il distintivo, avevo appena diciott’anni ed ero parecchio indeciso su cosa fare della mia vita, il lavoro del poliziotto mi ha sempre affascinato e vedere che persino una volpe era riuscita in tale intento mi ha spinto qualche anno dopo ad abbandonare gli studi per poi iscrivermi all’accademia, quindi è grazie a lei se ora non sono un comunissimo coniglio coltiva carote”.

Non ci volle molto a Nick per capire la sua età, lui era poliziotto da quattro anni ormai, quindi il coniglio ora ne aveva ventidue, ci aveva visto giusto riguardo quello, era di sei anni più giovane di Judy, tuttavia prima di fargli il discorsetto riguardo la coniglietta decise di lasciarlo parlare ancora un po' per vedere dove sarebbe arrivato il discorso appena iniziato, che suo malgrado si concluse lì dov’era.

“Insomma, questa è la mia storia, ma le volevo chiedere un’altra cosa a dire il vero, sabato mattina dopo la festa sono dovuto scappare e non volevo svegliarla…”.

Aveva iniziato a parlare come una macchinetta, non si fermava più e Nick cominciò a pensare che era una qualità tipica dei leporidi, dato che sia Jessica che Judy lo facevano di tanto in tanto.

“Vieni al punto, non possiamo stare qua tutto il giorno”.

“Si, giusto…ecco le volevo chiedere qualcosa riguardo la coniglia presente alla festa, Judy Hopps, mi è stato detto che è una sua amica e che la conosce bene”.

“Potrebbe essere, dipende da cosa vuoi sapere e perché”.

Inizialmente le orecchie del coniglietto calarono dietro la schiena, Nick pensò che forse lo aveva un attimo intimorito ma la cosa durò poco, dato che dopo qualche secondo di silenzio cominciò a spiegare quello che voleva sapere dalla volpe, anche se si poteva sentire un po' d’incertezza nella sua voce, mista con un lieve imbarazzo.

“Ecco…ieri ho avuto modo di parlarci un po', devo dire che mi è stata subito simpatica…insomma mi piace e…vorrei regalarle qualcosa, ma non so quasi niente di lei, cosa può piacerle?”.

Nick inarcò un sopracciglio non appena capì le intenzioni del mammifero che aveva davanti, parlarci un po', certo come no, effettivamente se si escludeva il sesso selvaggio che i due conigli avevano fatto e a cui lui era stato un indiretto spettatore si poteva anche pensare che si fossero solo parlati, poi pensò alla domanda che gli era stata appena posta, cosa poteva piacere a Judy come regalo?
Ci stette a pensare qualche secondo, non trovando tuttavia alcuna idea a riguardo, poi ripensò a sabato mattina, quando si era svegliato a casa dal suo collega lupo dopo la sbronza epocale in suo onore, avrebbe voluto parlarci allora per assicurarsi che non si stesse prendendo gioco di Judy, l’ultima cosa di cui la coniglietta aveva bisogno ora dopo tutto quello che aveva passato era di restare delusa sul piano sentimentale, quindi gli venne l’idea, sapeva cosa suggerire a Robert per fare colpo su di lei.

“Ok, ascolta”.

Il coniglio tese nuovamente le orecchie, mettendosi quasi sull’attenti, non appena udì la voce della volpe.

“Non ho la più pallida idea di cosa le puoi regalare, siamo amici si, ma da meno tempo di quello che pensi, tuttavia so cosa puoi fare per avere le sue attenzioni, se è quello che t’interessa”.

Il coniglio annuì un paio di volte.

“Certo che m’interessa, sennò perché lo avrei chiesto?”.

“Ok, allora dimmi, hai fratelli o sorelle?”.

Solo una volta fatta la domanda Nick si rese conto di quanto fosse scontata la risposta.

“Cos…sta scherzando vero?”.

“Ok, domanda stupida, come minimo ne avrai un centinaio…allora te la riformulo, quanto vuoi bene ai tuoi famigliari?”.

Il coniglio stette a pensarci qualche secondo, non perché avesse dubbi riguardo la risposta che avrebbe dato, che ora della fine era scontata quanto quella prima, ma più che altro per capire in anticipo dove volesse arrivare quella volpe.

“Più…di ogni altra cosa, immagino”.

“Esatto” Rispose subito dopo Nick “E con lei dovrai fare molto di più, non spetta certo a me raccontarti del suo passato, ma ti basti sapere che ha subito davvero troppo dalla vita, ed ora è stanca, basta un niente e lei crolla come un castello di carte colpito da un tornado”.

“Ok, ho capito”.

“Ottimo, benvenuto alla ZPD”.

Dopo essersi congedato dal coniglio, Nick prese il corridoio che lo avrebbe dovuto portare all’ufficio che condivideva con Wolfard, tuttavia vide il lupo andargli incontro gesticolando.

“Fermo lì Nick, cambio di programma”.

“Che succede?”.

Wolfard gli fece cenno di seguirlo, per poi cominciare a spiegare la situazione.

“Abbiamo altre grane prima, c’è stata un’aggressione in centro, si sono sentiti degli spari e sembra esserci scappato il morto, Bogo vuole che andiamo subito a controllare, so già dove si trova, guido io”.



Il posto in questione era un vicolo abbastanza appartato nel distretto finanziario, sicuramente non un luogo comune per quel genere di delitti, di mattina presto poi, Nick abbassò di nuovo lo sguardo verso il cadavere a terra, un cavallo che sarà stato più o meno sulla cinquantina, cominciò a frugare nelle tasche in cerca di documenti o di una qualunque cosa che potesse far capire ai due poliziotti chi avevano davanti ma, soprattutto, capire chi potesse essere stato ad accopparlo.

“Trovato nulla?”.

“No…” La volpe negò con la testa, come ad enfatizzare l’affermazione appena detta “Niente documenti e niente portafogli, magari si tratta di una rapina finita male…”.

“Potrebbe essere, però una vaga idea sull’aggressore me la sono fatta, guarda il foro d’entrata del proiettile”.

Nick tornò ad osservare, il proiettile aveva colpito l’equino appena sotto il mento, passando poi attraverso la testa per uscire dalla nuca, facendo schizzare materia cerebrale sul muro dietro di lui.

“Il colpo è arrivato dal basso, l’assassino è un mammifero di piccole dimensioni, tuttavia il calibro dell’arma non è meno di una .44 magnum, una pistola del genere produce un violento rinculo, quindi non abbiamo a che fare con qualcuno di troppo minuscolo, al massimo poco più basso di me”.

“Nick, guarda la…”.

Dicendo questa frase il lupo indicò un punto a qualche metro di distanza sulla parete del vicolo, la volpe si volse ad osservare, capendo subito cosa stava indicando il collega.

“Ma quella è…merda che culo, in questi vicoli in genere non ci sono telecamere stradali, che ci fa li?”.

Mentre Nick osservava l’apparecchio di videoregistrazione il lupo si avvicinò per controllare meglio.

“È privata, e dall’angolazione quasi certamente ha ripreso tutto, bingo”.

“Naa, è troppo bello per essere vero, come minimo è spenta”.

“In ogni caso dobbiamo accertarcene, ascolta Nick, te resta qui finché non arriva la scientifica, io cerco di recuperare il video e poi corro in centrale per vedere cosa ne viene fuori, prima ci liberiamo di questo casino e prima torniamo alle faccende serie”.

Nick annuì mentre osservava il lupo uscire dal vicolo, la squadra della polizia scientifica che doveva occuparsi dei rilevamenti e della rimozione del cadavere arrivò quasi mezz’ora dopo, facendo perdere un sacco di tempo e pazienza alla volpe; non appena libero tornò subito in centrale per accertarsi delle informazioni recuperate dal partner di lavoro, varcò la soglia del loro ufficio osservando il collega mentre stava seduto davanti il pc osservando il monitor.

“Allora Jake? Trovato qualcosa?”

Wolfard mise in pausa il video facendo poi cenno alla volpe di avvicinarsi.

“Purtroppo si”.

Non solo dalle parole, ma anche dal tono di queste ultime, Nick capì che c’era qualcosa che non andava, si avvicinò osservando il monitor, l’immagine era ferma proprio nel fotogramma che inquadrava il cavallo mentre il proiettile gli attraversava la testa, sfortunatamente il killer rimaneva al di fuori del campo visivo dell’apparecchio.

“Dimmi che viene inquadrato, sarebbe troppo uno smacco arrivare fin qui e poi scoprire che non è servito a nulla”.

“Eccome se viene inquadrato, o per meglio dire, inquadrata”.

“È una lei? Dai Wolf…non tenermi sulle spine, mandalo avanti”.

“Ok, ma quello che vedrai non ti piacerà”.

Premette quindi sul tasto del mouse, il video ripartì e la prima cosa che poté notare Nick, a parte il cervello del cavallo che si spiaccicava sul muro dietro di lui, era che non c’era audio, la telecamera probabilmente non era provvista di microfono ma se non altro il video era a colori, l’inquadratura rimase ferma per qualche istante immortalando il cadavere, poi dal bordo dello schermo iniziò a delinearsi la figura dell’assassina che aveva appena sparato il colpo, per qualche secondo restò ferma di spalle ad osservare il corpo, tirandogli poi un leggero calcio con la zampa destra all’altezza della spalla, quasi a voler accertarsi che fosse effettivamente morto, poi fece quello che nessuno dei due agenti si sarebbe aspettato, alzò lo sguardo verso la telecamera e la fissò per svariati secondi, che divennero molto più lunghi dato che il lupo bloccò il video su quell’immagine.

“Nick…è lei…”.

Anche la volpe si era paralizzata ad osservare l’immagine statica sullo schermo, la qualità del video era eccellente e non ci si poteva sbagliare neppure a farlo apposta, cominciò a sudare freddo al solo pensare che potesse essere in grado di fare una cosa del genere, per poi ricordarsi che in fondo non era nemmeno la prima volta.

“Dobbiamo arrestarla…Nick”.

“Lo so…” La voce della volpe si era ridotta ad un sussurro, a seguito di quanto appena appreso “…ma non sarà così facile”.










Note

Eccomi qua, tornato con un nuovo capitolo, che conclude questa parte di approfondimento di Jessica.
Lo so, quasi tre mesi per scrivere questo capitolo, purtroppo ho avuto impegni che mi hanno preso un mucchio di tempo, e non me ne sono ancora liberato del tutto, quindi credo che tarderò anche per il prossimo.
Veniamo alla lingua che ho utilizzato per la famiglia della lepre, si tratta dell’albhed, direttamente da Final Fantasy X, vi lascio qua sotto un link per un comodo traduttore.

Traduttore Italiano - Albhed

Ne approfitto inoltre per ringraziare Redferne per la recensione del capitolo 29 e tutti coloro che leggono senza scrivere nulla (Dannati 😜)

P.S. Mi scuso con quei cinque lettori che avevano già avuto modo di vedere il capitolo prima che decidessi di toglierlo, la verità è che mi sono completamente dimenticato di una parte a causa della stanchezza e non avendo il tempo per modificarlo ho preferito eliminarlo completamente e ripubblicarlo.

Alla prossima
Davide

4738 parole

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Capitolo 31
*** 31 - Sotto accusa (Prima parte) ***


“Quindi…lei sarebbe il dottor Wilde?”.
Judy si era alzata titubante dalla sedia su cui si era accomodata da quasi tre quarti d’ora, aiutandosi a mettersi dritta grazie alle stampelle, per poi avvicinarsi all’ocelot che aveva appena affermato di essere il fantomatico cugino di Nick.

“Già, ma in fondo immagino che vi aspettavate di trovare una volpe, d'altronde Nick non è nuovo a non specificare adeguatamente dettagli insignificanti come potrebbe essere il fatto che anche se lui è un canide si ritrova con un cugino felino”.

Almeno per quanto riguardava Sofia la questione era della massima importanza, ed in fondo era anche curiosa di saperne di più su questo mammifero e sulla sua appartenenza alla famiglia Wilde, diede una spinta con le braccia alle ruote della sedia a rotelle e si avvicinò anche lei all’ocelot, porgendogli poi il foglio che aveva ricevuto il venerdì prima da Nick.
Lui lo prese e gli diede un rapido sguardo, riconoscendolo subito e tornando ad osservare la coniglia paraplegica.

“È la carta che ho preparato per Nick quando mi ha spiegato la sua condizione, sinceramente non mi aspettavo di vederla così presto, di solito la gente ci pensa un po' prima”.

“Bè, sono tredici anni che sto in queste condizioni, il tempo per pensarci non mi è mancato di certo”.

“Va bene”.

A questo punto la coniglietta staccò la zampa dalla sedia a rotelle e la porse verso il predatore per una stretta di mano.
“Io sono Sofia Hopps e lei è mia sorella Judy”.

L’ocelot ricambiò la stretta, poi alzò lo sguardo verso l’altra coniglia che stava in piedi con le stampelle dietro di lei.
“Si, in effetti siete molto simili, e vedo che anche lei è abbastanza malandata, tutto a posto?”.

Judy non si aspettava interesse nei suoi riguardi, e sinceramente nemmeno le importava, erano andate fin lì per risolvere il problema di Sofia, tutto il resto era una inutile perdita di tempo.
“Al diavolo, non siamo venute fin qua per me, la mia è una situazione temporanea”.

“Judy, ma che modi sono?”.
Le orecchie di Sofia scattarono all’insù non appena udì la sorella dire quella frase, si volse dietro di lei lasciandole uno sguardo severo, dello stesso tipo che metteva su Bonnie quando loro erano piccole e tornavano a casa dopo averne combinate di tutti i colori, per un attimo ci fu un silenzioso scambio di occhiate da parte delle due sorelle prima che Judy distogliesse lo sguardo, voltandosi verso una porta li vicina e cominciando a zoppicare in quella direzione.

“Devo andare in bagno”.

Sofia la osservò per tutto il tragitto, finchè non sparì oltre la porta, per poi sospirare e rivolgersi al felino davanti a lei.
“Mi dispiace, non capisco cosa le sia preso, di solito non è così aggressiva”.

Rodney volse per qualche istante lo sguardo verso la porta dove era sparita un attimo prima la coniglia.
“Infanzia difficile è?”.

“Già…aspetti, ma lei è un chirurgo o uno psicologo?”.

L’ocelot sorrise alla sua interlocutrice, osservandola un attimo prima di rispondere.
“Il primo ovviamente, ma sono abbastanza esperto a riguardo da capire certi comportamenti, sarò anche un felino, ma sono cresciuto fin dalla tenera età in una famiglia di volpi, con tutti i pro e i contro”.





Judy si era appena lasciata alle spalle la porta che la separava da sua sorella e dal cugino di Nick, da una parte si sentiva in colpa della scenata appena fatta e nemmeno lei capiva appieno perché avesse detto quella frase, ma la cosa che la spaventava di più era che sapeva per certo di avere ragione, mentre pensava a quanto appena detto una forte emicrania cominciò a martellarle la testa fino a farle quasi provare dolore fisico.

“Dannazione, non adesso”

Cominciò a sentire le gambe tremarle, se già faticava a reggersi in piedi su una sola zampa a causa del gesso ora era diventata una vera impresa, si aggrappò velocemente al lavandino per sorreggersi, nel frattempo oltre ai tremori cominciò ad avere i brividi, respirando affannosamente.

“Devo…dove l’ho messa?”

Si frugò in fretta e furia in tutte le tasche dei pantaloni e della felpa che aveva indosso, stava per prenderle il panico quando, finalmente, trovò un piccolo contenitore di plastica, lo aprì e ne tirò fuori tre compresse bianche che si cacciò in bocca, fece appena in tempo ad aprire l’acqua del lavandino per berne un sorso che si sentì mancare le forze, cadendo a terra.
Erano mesi che non le venivano queste crisi, da quando si era intrufolata a casa di Nick per derubarlo, ormai era convinta che fosse acqua passata, che il suo ritorno a casa le avesse fatte cessare definitivamente, eppure senza alcun preavviso si era ripresentata proprio li, e come ogni volta le tornavano in mente cose che lei non ricordava come sue o che semplicemente aveva rimosso, di lei da piccola e di suo padre Stu, che dopo essere tornato a casa ubriaco fradicio picchiava prima la moglie e poi i figli che osavano intromettersi, lei compresa, tutto questo andava in conflitto con quello che lei era sicura ricordare come un’infanzia felice, almeno fino all’aggressione di Gideon ai danni di sua sorella, era certa che suo padre non avesse mai messo le zampe addosso a nessuno dei suoi figli, se non per qualche meritata sberla ogni tanto, di quelle che più per fare male servivano a far capire di aver fatto una cavolata, ma i ricordi che le tornavano alla mente in questi momenti erano di calci e pugni, ed avrebbero continuato a martellarle la testa fintanto che i medicinali non avessero fatto effetto, fortunatamente non aveva mai dovuto aspettare troppo.
Dopo un paio di minuti che era sdraiata sul pavimento del bagno cominciò a calmarsi, quelle allucinazioni, o qualunque cosa fossero, erano cessate, prese un respiro e si mise seduta per poi riprendere il contenitore ed aprirlo, osservando al suo interno.

“Merda”.

Era stata troppo impulsiva e si rese conto solo ora che nel panico del momento si era cacciata in bocca ben tre pastiglie rispetto alla singola solita, le era stato assicurato che se per una volta ne avesse prese troppe in un colpo non sarebbe accaduto nulla di grave, tuttavia ora era rimasta completamente a secco, avrebbe di nuovo dovuto andare in cerca di quel dannato coniglio che, oltre a minacciarla per chissà quali motivi, era anche l’unico a procurarle quella roba.

Con non poca fatica si rimise in piedi e si diede una rinfrescata, passando qualche secondo osservandosi allo specchio e pensando fra se e se. “Perché di nuovo, perché proprio ora? Cazzo, fortuna che non mi è successo fuori…”

Ancora provata da quanto successo si disse che era meglio tornare da sua sorella e da Wilde, mentre era distesa sul pavimento non si era affatto resa conto del tempo che era passato e non aveva idea da quanto fosse all’interno del bagno.
Varcata la soglia vide l’ocelot parlare con Sofia, quest’ultima si accorse che era di nuovo li ed interruppe la discussione per rivolgersi a lei.
“Tutto a posto? Ci siamo date una calmatina?”.

“Si, scusate l’interruzione, non volevo essere sgarbata”.

Sofia sembrò soddisfatta per il momento ed il medico fece segno ad entrambe di seguirlo, dopo aver percorso qualche metro nel corridoio sia Sofia che Rodney dovettero rallentare l’andatura per permettere a Judy di raggiungerli, si vedeva lontano un miglio che cominciava ad essere provata fisicamente a causa del viaggio e delle sue condizioni e la cosa non sfuggì all’ocelot, disse ad entrambe di aspettare un momento, sparendo poi dietro una porta a qualche metro di distanza, Judy non ci pensò due volte ad accasciarsi su una panca li vicina per poi mollare le stampelle a terra e finalmente riposarsi un po'.

“Che male alle braccia…”.

La sorella le si mise di fianco, osservandola per un po' in silenzio.
“Ma come? All’accademia non vi fanno fare esercizi o qualcosa del genere?”.

Judy ci pensò su per un po', arrivando alla conclusione che due settimane di allenamento, per quanto intensivo fosse, non le erano state sufficienti per vedere buoni risultati, anche considerando che fino a qualche mese prima era sottopeso di almeno due chili, davvero troppo per una coniglietta ventottenne, cominciò a pensare che forse era stata troppo impulsiva, nella decisione di entrare in polizia.
“Non è così semplice, la verità è che…”.

Non riuscì a terminare la frase che una vibrazione nella tasca dei pantaloni le fece capire che le era arrivato un messaggio, prese il cellulare e lo lesse, sebbene avesse l’aria stanca Sofia riuscì a notare un leggero sorriso da parte della sorella.

“È lui?”.

Judy annuì, mostrandole poi lo schermo dell’apparecchio in modo che anche lei potesse leggere il messaggio, il nome del mittente non c’era, si vedeva il numero quindi capì che ancora non lo aveva messo in memoria.

<< Ciao, sono Robert, ti volevo dire che mi ha fatto davvero molto piacere la tua compagnia, vorrei davvero rivederti, se vuoi stasera si potrebbe andare a mangiare qualcosa assieme, se ti va >>.

“Eh, sembra tenerci a te”.

“Già…”.

Non se lo aspettava che l’avrebbe cercata, se non altro non così presto, era partita con la sorella alla volta di Windham con talmente tanto entusiasmo che non avrebbe mai pensato che sarebbe arrivata a rimpiangere questa scelta così presto, ma ora che le aveva scritto sentì la voglia di rivederlo quanto prima, per la prima volta dopo troppi anni si era sentita amata veramente, e questo non fece che accentuare la sensazione che già aveva da un po' riguardo lei e Nick, quello che c’era stato tra loro era stato solo un caso isolato, determinato dallo stato emotivo in cui versavano entrambi in quel momento, era certa che non vi fosse modo che si ripetesse ed in fondo forse era meglio così.

“Dai, scrivigli”.

Sofia spronò la sorella a dare una risposta a quel coniglio che a quanto pare la stava rendendo felice ed allo stesso tempo si sentiva in colpa per averla trascinata li in quelle condizioni, nonostante fosse stata lei stessa ad insistere tanto per accompagnarla.
“Judy”.

La coniglietta appena chiamata in causa si volse verso la sorella osservandola, nel mentre che pensava a cosa scrivere a Robert.
“Dimmi”.

“Non c’è bisogno che mi stai appresso, posso cavarmela anche da sola…torna pure a casa”.

Judy interruppe subito di scrivere il messaggio, osservando con sguardo perso la sorella.
“Cosa?”.

“Ascolta, lo so perché hai voluto a tutti i costi accompagnarmi, come so che non riuscirò mai a convincerti che quello che mi è successo non è stata colpa tua, ma devi smetterla di tormentarti, hai una vita da vivere ed io posso cavarmela benissimo anche da sola, trascinarti fin qua nelle tue condizioni non cambierà quello che è successo, quindi torna pure a Zootropolis da Robert, almeno te che ne hai la possibilità goditela”.

Judy non ci stette nemmeno due secondi a pensarci su, negò vigorosamente con la testa per poi osservare sua sorella con sguardo deciso.

“Non ci penso nemmeno, ed evita prediche inutili perché io non cambio idea, oltretutto vorrei che fossi più positiva a riguardo, se tutto andrà bene anche i tuoi problemi saranno risolti”.

Sofia fece cadere inevitabilmente lo sguardo sulle sue gambe, inchiodate su quella sedia da ormai tredici anni.
“Lo sai Judy, anche tornassi a camminare questo non risolverebbe il problema principale, per quello non c’è nulla che si possa fare…”.

La coniglietta stava per ribattere, quando all’improvviso l'ocelot uscì dalla stessa porta in cui era entrato un attimo prima, stavolta camminando a ritroso e tirandosi dietro una sedia a rotelle, di una misura molto simile a quella di Sofia, percorse quei pochi metri che lo separavano dalle due conigliette, posizionandovisi davanti mentre loro due lo osservavano curiose.
“Signorina, prego si accomodi pure”.

Si era rivolto a Judy, quest'ultima era sorpresa di quanto appena accaduto, cominciando a negare con la testa.
“Ma...a dire il vero non ce n'è bisogno, posso camminare con le...”.

“Mi permetto di contraddirla...” la interruppe il felino “...ma è evidente che non riesce a stare al passo, com'è giusto che sia viste le sue condizioni, ed io tra un’ora ho un appuntamento a cui non posso mancare, per cui se volete che discutiamo della faccenda questa è l'unica scelta, altrimenti può aspettare qua mentre parlo con sua sorella”.

Col cavolo che si sarebbe fatta da parte, era arrivata fin li con sua sorella e ci sarebbe rimasta per cui, a malincuore, accettò la sedia a rotelle, tuttavia a causa della sua poca manualità con quest’ultima ci pensò il felino a spingerla fino alla stanza in cui si sarebbe informato riguardo le condizioni della sorella.

“Posso farle una domanda?”.
Nel mentre Judy si faceva spingere dall’ocelot gli rivolse la domanda che la tormentava fin da quando aveva saputo che era lui il cugino di Nick.

“Vediamo se indovino, volete sapere come ci è finito un ocelot in una famiglia di volpi, la risposta è più semplice di quanto crediate, adozione, mio padre e quello di Nick erano fratelli”.

Non aggiunse altro ed il fatto che entrambe le conigliette non dicessero nulla a riguardo gli fece capire sia di aver centrato il punto che di aver soddisfatto la loro curiosità.

“Ok, eccoci qua, prego”.

L’ocelot aprì la porta della stanza, facendo passare prima Sofia e poi spingendo dentro la sedia di Judy, la stanza non era molto grande, ci stava in un angolo un tavolo con sopra un pc e monitor mentre dalla parte opposta vi era un lettino da ambulatorio.

“Ok, ora ho bisogno che mi dica per filo e per segno cosa le è successo, Nick ha accennato al fatto che ha avuto un incidente con un predatore, ma non è entrato nei dettagli, probabilmente perché non era sicuro che accettasse e non voleva parlare alle sue spalle”.

Sofia stava per intervenire nel discorso, ma non fece in tempo dato che Judy si sentì in dovere di dare la sua opinione a riguardo di tale affermazione.

“Si certo, adesso si dice incidente? È stata una vera e propria aggressione, Sofia sarebbe potuta morire per colpa di quella bestia…”.

“JUDY!!”.
Era già la seconda volta da quando erano entrate nel complesso ospedaliero che Sofia era costretta a riprendere la sorella per il suo comportamento a dir poco indecente, e stava cominciando a stufarsi della cosa.
“Ne abbiamo già parlato, sai già come la penso, sia riguardo a Gideon che a questo tuo comportamento del cavolo, quindi ora o ti dai una calmata oppure sono costretta a farti uscire da questa stanza seduta stante, sono stata chiara?”.

Passarono più o meno dai due ai tre secondi di silenzio dopo le dure parole di Sofia senza che arrivasse alcuna risposta dall’altra, quindi si sentì in dovere di rincarare la dose, giusto per accertarsi che il messaggio fosse stato recepito in maniera definitiva.

“Allora?”.

“Si si va bene…”.

Lo disse con così poca convinzione e distogliendo subito lo sguardo dalla sorella che pure quest’ultima si rese conto che la strigliata appena elargita non sarebbe stata sufficiente a farle capire che stava tenendo un comportamento a dir poco inaccettabile, ma quel che era peggio era che più passava il tempo e più si rendeva conto di quanto fosse cambiata, di aspetto era sempre sua sorella Judy, ma il suo carattere non era affatto quello che lei ricordava prima che tutto andasse in malora, ormai la riconosceva a stento e capì che probabilmente non sarebbe mai più tornata quella di un tempo, cominciò a pensare che forse Judy era veramente morta, tredici anni prima.
Nel frattempo Rodney aveva assistito a tutta la scena, inizialmente ci rimase di stucco per la naturalezza con cui le due sorelle litigavano davanti a lui, poi però immaginò che, probabilmente, trattandosi di conigli doveva essere abbastanza normale per loro bisticciare anche di fronte a degli estranei, se andava bene erano come minimo un centinaio tra fratelli e sorelle, era matematicamente impossibile andare tutti d’amore e d’accordo, tuttavia non appena notò che gli animi si erano calmati richiamò l’attenzione di Sofia.

“Ora possiamo andare avanti?”.

“Speriamo…” Rispose lei lanciano un’ultima occhiataccia alla sorella.
“Ok, l’INCIDENTE risale a quando avevo quindici anni, un nostro coetaneo mi ha morsa all’altezza della vita, ho perso molto sangue e sono stata in coma per i successivi due mesi, successivamente venni a sapere che avevo subito danni estesi alla colonna vertebrale e che non avrei più potuto usare le gambe”.

“Non deve essere stato facile, per una ragazzina…anche se da come ne parla sembrerebbe che ora sia tutto a posto”.

“Me ne sono fatta una ragione, inizialmente ho odiato questa sedia con tutta me stessa, poi ho capito che era l’unico modo che avevo di spostarmi senza dover scomodare ogni volta qualche mio famigliare, ho imparato a conviverci”.

Il felino annuì pensieroso per qualche istante prima di rivolgersi nuovamente a quella che sarebbe potuta diventare una sua paziente.
“Ok, voglio essere franco, non ho idea di quante informazioni vi abbia dato Nick, riguardo quanto gli ho detto…”.

“Mi ha riferito che avete sviluppato una nuova cura per casi come il mio o simili e che avete avuto già dei risultati soddisfacenti, anche se però il margine di riuscita è minimo”.

“Ok, quindi è stato molto preciso, almeno su questo, quindi se ora non le dispiace vorrei vedere il punto in cui è stata ferita, possibilmente la schiena”.

Finita la frase si volse verso il lettino, lo osservò per qualche secondo e poi si rivolse nuovamente in direzione di Sofia.

“Immagino debba darle una mano”.

Si piazzò quindi davanti la coniglietta, quest’ultima allargò il braccio sinistro posandolo sulle spalle del medico per permettergli di sollevarla quel tanto che bastava per spostarla dalla sedia a rotelle per poi metterla sdraiata a pancia in giù.

“Va bene, ora visto che da quel che ho capito il morso lo ha ricevuto all’altezza della vita, credo sarà sufficiente solo sollevare un po' la maglia, voglio solo dare un’occhiata, in modo da capire com’è la situazione”.

“Ok”.

Detto questo Sofia sollevò maglia e canotta tutte assieme in modo da lasciare scoperte la zona di schiena interessata, Rodney nel frattempo aveva fatto il giro del lettino, portandosi dietro di lei per osservare meglio i segni che aveva.

“Ok, ora vediamo come è la…OH CHE CAVOLO!”.
L’esclamazione per niente velata del medico fece sobbalzare Sofia.

“Co…cosa? Che c’è?”.

“Ma…chi è il macellaio che l’ha operata dopo l’incidente? Teddy Krueger?”.

Sofia non sapeva come rispondere a quella domanda, prima di tutto perché ormai era passato tanto tempo dall’operazione, ma soprattutto per il fatto che Wilde aveva sempre tenuto un atteggiamento formale con loro, ed ora se n’era uscito con una battutina su di un personaggio di un film horror.
“Eh…a dire il vero…”.

“Oh non me lo dica, dei conigli vero?”.

Sebbene non ci fosse malizia nella frase del felino un po' fece comunque storcere il naso alle due sorelle, lui tuttavia se ne accorse, decidendo di correre ai ripari prima che potessero rispondergli.

“Non fraintendetemi, non intendo certo dire che i vostri medici siano degli incompetenti, è risaputo che i migliori ostetrici e pediatri siano proprio leporidi, e non parliamo dei ginecologi, ma qui si tratta di chirurgia di precisione, sulla colonna vertebrale per giunta, non è una cosa da poco, c’è un motivo se i casi più gravi, come poteva essere il suo, venivano trasferiti all’ospedale di Borghetto, anche tra i cervi godono di ottimi chirurghi”.

La spiegazione doveva essere bastata alle conigliette, dato che per un attimo non dissero nulla, almeno finchè Sofia prese coraggio.

“È così grave?”.

“Sinceramente? Non ho mai visto una cosa del genere e nonostante sia meglio avere un accertamento con una radiografia, posso dire con abbastanza certezza che non è stato il morso a causarle la paresi alle gambe”.

Sofia stava per rispondere quando qualcosa attirò l’attenzione delle due sorelle, che quasi per istinto sollevarono le orecchie all’unisono, Rodney ci mise qualche secondo in più per capire che avevano sentito qualcuno correre lungo il corridoio appena al di là della porta, la stanza era l’ultima in fondo per cui era evidente che chiunque fosse arrivato fin lì aveva una certa fretta di entrare, ma nessuno di loro poteva immaginare quello che sarebbe accaduto da li a poco, la porta venne letteralmente spalancata con un calcio da parte di un orso con la divisa delle forze dell’ordine di Wyndham e nel giro di pochi secondi la stanza si riempì di poliziotti, quasi tutti col taser a portata di zampa e già puntato contro le due sorelle.

“Polizia di Wyndham City, mani dietro la testa e che nessuno si muova”.

Le conigliette, abbastanza spaventate dal vedersi tutte quelle armi puntate addosso, eseguirono all’istante l’ordine, Rodney invece non solo non sollevò le zampe, ma si mise pure ad inveire contro gli intrusi che avevano appena fatto un’irruzione in piena regola.

“Ma che diavolo, siamo in una struttura ospedaliera e sono qui con una paziente, si può sapere che cavolo ci fate qui?”.

Senza dare bado al felino un lupo si distaccò dal gruppo per avvicinarsi alla coniglietta con la gamba ingessata, sempre tenendola sotto tiro.
“Judith Laverne Hopps”.

Nonostante non fosse una domanda la diretta interessata rispose comunque, annuendo con la testa.

“Sotto diretta richiesta della polizia di Zootropolis è in arresto per mammifericidio di primo grado”.

Rinfoderò l’arma e prese un paio di manette con cui immobilizzo la coniglietta direttamente alla sedia a rotelle.

“Ha il diritto di rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa dirà potrà essere e sarà usata contro di lei in tribunale. Ha diritto a un avvocato durante l'interrogatorio. Se non può permettersi un avvocato, gliene sarà assegnato uno d'ufficio”.

Fece appena in tempo a finire la frase che subito Judy si sentì in dovere di non far valere uno dei suoi diritti.
“Cosa? Ma che cavolo dite, non ho ucciso nessuno!”.

“Certo, vallo a dire al cavallo che hanno trovato stecchito stamattina”.

Finita la frase si portò dietro alla sedia a rotelle cominciando a spingerla fuori, Sofia era ancora sdraiata sul lettino, stava accadendo tutto così in fretta che l’unica cosa che riusciva a capire era che qualcuno le stava nuovamente portando via sua sorella, non lo avrebbe mai accettato, staccò le zampe da dietro la testa e le usò per sollevarsi, seppur di poco, per poi urlare a squarciagola.

“Dove portate mia sorella?”.

Il lupo si fermò per un attimo, voltandosi poi verso di lei.
“Come ho detto prima, è in arresto, la portiamo al commissariato, se vuole può raggiungerla la”.

Non appena riprese a spingerla fuori, Judy si volse dietro di lei, osservando sua sorella.
“Non preoccuparti, andrà tutto bene io non ho fatto nulla, chiama Nick e digli cosa è successo”.

Ancora una volta il lupo si fermò, questa volta rivolgendosi alla sua prigioniera.
“Intendete Nicholas Wilde? Divertente, visto che è stato proprio lui ad avvisarci su dove trovarti e di quello che hai fatto”.






Note
Ritardoooooo, lo so lo so, d'altronde sono in ritardo anche con lettura e recensioni, non ce la faccio più, questo periodo mi sta massacrando in tutti i modi e ci manca poco che dò via di testa, spero che il capitolo sia di vostro gradimento, fatemi sapere cosa ne pensate, lo gradirei molto…

Intanto ringrazio Redferne per la sua costanza nel recensirmi (ho visto l’aggiornamento, appena ho tempo giuro che passo da te) ed EnZo89 per la recensione al capitolo 29.
Un grazie a Djmathew per averla messa tra le preferite, a DANYDHALIA e Psiche_00 per le ricordate ed EnZo89, Grillo_che_parla, ivan_occa, Mr Creepy 17, SABRI305, Steve_09 e zamy88 per le seguite.

Alla prossima
Davide

3805 parole

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Capitolo 32
*** 32 - Sotto accusa (Seconda parte) ***


La coniglietta si guardò attorno più e più volte, l'interno della stanza per gli interrogatori in cui l'avevano rinchiusa era completamente bianca ed a parte un vecchio orologio appeso al muro con a fianco una telecamera un tavolo e due sedie non ci stava altro, non appena entrata la prima azione degli agenti fu di farla alzare dalla sedia a rotelle ed aiutarla a farla sedere su una delle due sedie, poi dopo averla ammanettata al tavolo se ne uscirono senza dire nulla, non le avevano fatto domande di alcun tipo ed era passata un'ora abbondante.
Passata un’altra mezz’ora ancora nessuno si era fatto vivo, cominciava a sentire la gola secca, alzò lo sguardo alla telecamera cominciando poi ad agitare la zampina rimastale libera nel tentativo di attirare l’attenzione di chiunque stesse controllando dall’altra parte.

“Ehi! Ho sete, si potrebbe avere un po' d’acqua o è chiedere troppo?”.

L’apparecchio elettronico rimase fermo immobile nella sua posizione come era giusto che fosse, con solo una spia verde accesa a testimoniare che fosse in funzione, ma se c’era effettivamente qualcuno ad osservare dall’altra parte quello era un altro discorso, passati altri cinque minuti le parve di udire una voce al di là della porta, si udiva a malapena e la poté sentire solo grazie al suo sviluppatissimo udito da leporide, nonostante non ne comprese completamente il significato.

“Non m’interessa…ricevuto…portarla a Zootropolis…l’aiuto ma ora ci penso io…potete…capitano Bogo…non ve lo consiglio”.

Prima che potesse anche solo pensare a chi appartenesse quella voce, che comunque le sembrava famigliare, la maniglia della porta si abbassò, quest’ultima si aprì e sia Nick che Sofia entrarono nella stanza, appena fatta entrare la coniglia paraplegica la volpe chiuse la porta, posando poi lo sguardo su Judy, notando subito come quest’ultima lo guardava con uno sguardo carico di risentimento.

“Nick, si può sapere che succede? Mi hai denunciata per…”.

Prima che potesse finire la volpe si portò l’indice davanti il muso, segno che le intimò di fare silenzio e che venne subito eseguito dall’interessata, poi si volse verso la telecamera osservandola per qualche secondo finché il led si spense.

“È sempre una soddisfazione quando qualcuno ti deve un favore”.

Era ovvio a cosa si riferisse la volpe, ma li per li Judy non riuscì a capire se si fosse riferito semplicemente allo spegnimento della telecamera o se fosse una velata frecciatina rivolta anche a lei, nonostante la situazione Sofia era in parte curiosa di questa cosa.

“Hai lavorato anche qua?”.

“Cosa? No no, ho avuto a che fare con la polizia di Windham un po' di tempo fa e devo dire di aver causato un bel trambusto, ma questa è un’altra storia”.

A Judy sinceramente non importava nulla della cosa, visto che ora era più che altro concentrata sulla sua situazione attuale.

“Nick, che diavolo sta succedendo?”.

Il canide prese posto di fronte a lei, Sofia invece fece il giro del tavolo, posizionandosi di fianco la sorella, le due coniglie lo osservavano mentre da una borsa che aveva a tracolla tirava fuori un portatile ed una bottiglietta d’acqua, che venne data subito alla coniglia.

“Ti hanno detto il motivo per cui sei stata arrestata?”.

Prima di rispondere Judy prese un bel sorso della bevanda, per poi richiudere la bottiglia.

“Si, mammifericidio di un cavallo, e mi hanno detto che sei stato tu a denunciarmi, perché? Io non ho fatto nulla?”.

La coniglietta stava iniziando ad agitarsi, per cui senza troppi giri di parole Nick fece roteare il portatile in modo che le due sorelle potessero vederlo, la schermata mostrava un video in pausa in cui vi era un cavallo, probabilmente la vittima, in piedi in un vicolo, dopo qualche secondo premette uno dei tasti, facendo partire il filmato.

“Allora spiegami questo”.

Tornarono a fissare il monitor, inizialmente non accadde nulla, l'equino se ne stava in piedi gesticolando, con ogni probabilità stava discutendo con qualcuno fuori dall’inquadratura, non ci volle molto perché la seconda persona si mostrasse di spalle alla telecamera, un mammifero di gran lunga più basso del cavallo, dopo qualche istante arrivò il momento dell'esplosione del colpo che aveva posto fine alla vita del malcapitato, in quel momento in particolare Nick osservò per bene le reazioni delle sorelle a quella parte estremamente violenta.

Sofia inorridì a quella scena e distolse quasi subito lo sguardo, facendo arrivare Nick alla conclusione che molto probabilmente quella era la prima volta che assisteva ad una reale uccisione a sangue freddo, seppur registrata.
Quasi istantaneamente osservò Judy, al contrario della sorella lei non mosse una paglia, continuava a guardare come se non fosse successo nulla, tuttavia lui sapeva che il passato della coniglietta era stato abbastanza oscuro da giustificare questa apparente indifferenza, con una vita al limite tra truffe, stupri, violenze ed una gravidanza adolescenziale finita nel peggiore dei modi ormai ne aveva passate così tante da farla sembrare quasi completamente insensibile a quanto appena visto, tuttavia la questione cambiò totalmente nello stesso istante in cui l'autore del delitto si volse verso la telecamera dopo aver tirato un calcio al cadavere, osservandola per qualche secondo, la volpe premette un tasto che mise in pausa il video.

“Allora, la riconosci?”.

La coniglietta riportò lo sguardo sullo schermo, fissandolo in silenzio per qualche secondo assieme a sua sorella che, come lei, era rimasta senza parole.

“Nick, capisco il motivo dell'arresto, ma ti giuro che quella non sono io”.

Sofia, nonostante una prova registrata della colpevolezza della sorella davanti ai suoi occhi, decise comunque di sostenerla.

“Io le credo, chiunque sia, quella non è mia sorella”.

Nick a questo punto si rivolse direttamente alla coniglia paraplegica.

“Beh, lascia che ti dica questo, la fiducia che nutri verso di lei non le sarà di alcun aiuto in questo momento, io sono venuto fin qua per portarla a Zootropolis, ma una volta arrivati finirà in una cella in ogni caso, e ritieniti fortunata, oggi il capitano Bogo non era presente in centrale, fosse dipeso da lui ti avrebbe lasciata qui fino alla data del processo”.

Finita la frase chiuse il portatile e lo tirò indietro verso di lui appena in tempo prima che la coniglietta furente sferrasse un pugno sul tavolo nel esatto punto in cui si trovava.

“Maledizione Nick, ma lo hai visto il video? Ti pare di vedere un gesso alla sua gamba destra? Se per caso te ne fossi dimenticato la mia è rotta, non posso camminare senza stampelle né tanto meno prendere a calci un cadavere”.

"Non me ne sono dimenticato, e probabilmente anche tutti i miei colleghi a casa di Wolfard non si sono dimenticati di averti vista venerdì sera mentre camminavi beata senza utilizzare le stampelle".

A questo punto la pazienza della coniglietta stava letteralmente per esaurirsi, strinse i pugni ancora più forte di quanto non stesse già facendo mentre osservava contrariata la volpe davanti a sé.

"Cazzo Nick, ero ubriaca, come tutti voi d'altronde, ho passato il fine settimana coi dolori alla gamba per quel motivo, solo stamattina ha cominciato a darmi tregua".

"È la tua parola contro una prova inequivocabile, ti servirà ben altro per venirne fuori, per cui ora voglio che mi rispondi ad una semplice domanda, hai visto anche te che sul video c'è l'ora del delitto, quindi devo sapere dove eri alle sette e trenta di stamattina e se hai delle prove a riguardo".

Nonostante l'inizio della frase non fosse stato per nulla rassicurante, almeno la seconda parte le fece capire che forse Nick aveva ancora fiducia in lei.

“Siamo partite da casa di mia sorella a Savana Centrale più o meno alle sette e venti, per poi arrivare a dieci alle otto di fronte l’accademia senza fare alcuna sosta lungo il tragitto, da lì in poi sai cos’è successo, dato che anche tu eri presente”.

“Non è sufficiente, serve una testimonianza di quello che mi hai appena detto, qualcuno che possa confermare la tua versione, e dubito che tua sorella sarà considerata attendibile. Qui non parliamo di una semplice somiglianza, quella sei tu, oppure è la tua gemella malvagia…”.

La frase di Nick era tutt’altro che seria, tuttavia la volpe notò fin da subito che quella stessa affermazione aveva cambiato qualcosa nello sguardo delle due leporidi, che ora si fissavo negli occhi, quasi a voler confermare che entrambe avevano avuto la medesima intuizione, rimasero così per pochi secondi, finché la voce di Nick non richiamò la loro attenzione a se.

“Che c’è? Lo avete capito che ero ironico vero?”.

Le due sorelle fecero scena muta per un po’, Judy fece un cenno con la testa per poi esprimere la sua idea.

“Potrebbe…trattarsi di Kevin…”.

“E chi sarebbe Kevin?”.

Alla domanda più che lecita della volpe ci pensò Sofia a rispondere.

“Kevin Hopps, si tratta di nostro fratello gemello, io lui e Judy siamo gli unici tre di quella cucciolata”.

“E cosa vi fa credere che si tratti di lui?”.

“Perché, se tra me e Judy c’è qualche differenza tipo il colore degli occhi, con Kevin la situazione è ben diversa, sesso a parte sono identici in tutto e per tutto, probabilmente nostro fratello è di costituzione più robusta perché maschio, ma vestito in quella maniera non c’è modo di saperlo”.

Nick riaprì velocemente il portatile su cui ci stava ancora il video in pausa col viso in primo piano del coniglio autore del delitto.

“Scusa, ma io continuo a vedere te, Judy”.

“È normale, fai conto che quando eravamo piccoli anche i nostri genitori facevano fatica a riconoscerci, ci divertivamo un mondo a farli ammattire”.

“Ok, allora proviamo ad immaginare che si tratti veramente di vostro fratello, dove lo possiamo trovare?”.

Alla domanda dell’agente di polizia le due leporidi abbassarono le orecchie standosene in silenzio per un arco di tempo troppo lungo, che gli fece capire che non ne avevano idea, cosa poi confermata da Sofia.

“Non lo sappiamo, a vent’anni se n’è andato di casa dopo aver litigato con mamma e papà e da allora non abbiamo più avuto sue notizie”.

“Va bene, proverò a fare delle ricerche in centrale, magari riusciamo a venirne fuori, nel frattempo però tu sei comunque in arresto, per il momento mi limito a portarti a Zootropolis, ti sistemerò temporaneamente in una sala interrogatori a Downtown”.

Finita la frase uscì dalla stanza, dopo qualche secondo ritornò accompagnato dal lupo che l’aveva arrestata all’ospedale, quest’ultimo le tolse le manette e la consegnò ufficialmente al collega di Zootropolis.









Nello stesso momento a Shady Sands, un piccolo centro abitato ad un centinaio di chilometri ad est di Zootropolis.





Dopo essere sceso dalla vettura su cui aveva viaggiato per almeno un'ora, un mammifero di altezza medio-bassa si incamminò verso la farmacia che aveva di fronte, prima di entrare si osservò bene attorno, c'erano almeno cinque auto della polizia che avevano circondato il posto, fortunatamente era riuscito a mandare dei rinforzi in mattinata ed impedire agli agenti di polizia di entrare a ficcare il naso fino al suo arrivo, relegandoli al semplice ruolo di tenere a distanza eventuali curiosi, decise quindi di avviarsi verso l'entrata, i suoi interessi si rivolsero subito all'agente del NID presente sul posto che era stato incaricato di presidiare la posizione, il grizzly non appena lo vide si mise sull'attenti, aspettando qualche secondo prima di rivolgere la parola al suo minuscolo superiore.

“Capo, non pensavo sarebbe venuto di persona”.

Il piccolo mammifero alzò lo sguardo verso l'orso davanti a lui, eppure nonostante l'enorme differenza di dimensioni tra i due, era fin troppo chiaro chi guardasse chi dall'alto al basso, il grande predatore per un attimo si senti addirittura oppresso dallo sguardo fisso su di lui da parte di una persona che avrebbe potuto benissimo schiacciare se non fosse stato attento a dove camminava, ma sapeva benissimo il motivo, di fronte a lui aveva niente poco di meno che il capo del NID in persona, il Big Boss, colui di cui nessuno a quanto pare conosceva la vera identità ed a cui era attribuita una fama senza precedenti, ma forse a turbarlo più di ogni cosa era il fatto che non c'era modo alcuno di capire chi o cosa avesse davanti, infatti il vestiario del basso mammifero era studiato appositamente per rendere pressoché impossibile determinarne fisionomia o specie, non si riusciva nemmeno a capire se fosse una preda o un predatore, ogni parte del suo corpo era minuziosamente coperta e l'intera testa era celata da un casco integrale anti-sommossa con delle lenti a specchio a coprire gli occhi, era pure munito di un modificatore vocale che gli donava una voce metallica ed irriconoscibile, tutt'altro che rassicurante.

<< Sei quello nuovo, giusto? >>.

L'orso era ancora irrigidito nella posa di saluto, limitandosi ad annuire nervosamente.

<< Rilassati, stai facendo un buon lavoro, semplicemente era richiesta la mia presenza, com'è la situazione di sotto? >>.

Il predatore seguì il consiglio, rilassandosi e sospirando appena, prima di rispondere alla domanda.

“Non ne ho idea, sono arrivato con la squadra del signor Savage, ma non sono entrato dato che mi hanno piazzato qui di guardia”.

<< Ok, Jack è di sotto? >>.

“Si-signore, l'entrata dei laboratori è di qua, prego”.

Il predatore si fece da parte, indirizzando il suo capo verso un corridoio nel retro bottega per poi ritornare alla sua postazione, il piccolo mammifero lo percorse per tutta la sua lunghezza, arrivato in fondo osservò attentamente lo squarcio nel muro che celava l'ingresso dei laboratori, la porta blindata da due tonnellate era stata letteralmente divelta dal muro di cemento armato, e le bruciature su quest'ultimo lasciavano capire bene che con ogni probabilità era stata fatta saltare con dell'esplosivo, nonostante la drammaticità della situazione non poté fare a meno di restare meravigliato dal lavoro svolto, erano riusciti a scardinare una porta che in teoria avrebbe dovuto resistere a più cannonate di un carro armato senza tuttavia rendere pericolante la struttura dell'edificio stesso, dei professionisti, poco ma sicuro.
Varcata la soglia si trovò subito davanti l’ascensore che portava nelle viscere sotto la città, nascosto in profondità vi stavano i laboratori dove il NID custodiva importanti segreti che mai sarebbero dovuti tornare alla luce, ed ora quel luogo era stato violato, proprio come la medesima struttura a Rivet city qualche mese prima, nonostante le analogie col precedente attacco tuttavia era ancora restio al pensare che dietro quest’ultimo ci fossero gli ex membri della ormai dismessa TUSK.

La discesa durò per un paio di minuti, non conosceva in dettaglio le specifiche di questi laboratori, ma non ci voleva un genio per capire che era sceso di almeno un centinaio di metri sotto terra, arrivato a destinazione l’ascensore terminò il suo movimento, fermandosi davanti una porta scorrevole che si aprì non appena vi si avvicinò, appena all'interno ci stava Savage con la sua squadra mentre erano nell'intento di sgomberare alcune macerie e cercare eventuali sopravvissuti, non appena si rese conto di avere compagnia il coniglio si volse, riconoscendo fin da subito l'autoritaria figura davanti a lui, mettendosi quindi sull'attenti.

“Signore, la stavamo aspettando”.

Il capo del NID superò la soglia osservandosi bene attorno ed ignorando inizialmente il coniglio, dopo essersi accertato della situazione in cui versava l'ambiente circostante si degnò di rivolgere la parola al suo sottoposto.

<< Savage, ragguagliami >>.

Colto completamente alla sprovvista il leporide esitò un attimo a rispondere, osservandosi nervoso attorno, come cercasse qualcosa, qualunque cosa che potesse servire a districarsi da questo casino.

“Beh, a dire il vero non abbiamo ancora trovato nulla di rilevante, i laboratori sono a pezzi non è rimasto nulla di intero e non ci sono ne tracce ne peli riconducibili a chi ha assaltato il posto, quelli della TUSK hanno fatto un lavoro di pulizia coi fiocchi”.

<< TUSK? >>.

“Certo, e chi sennò? Solo loro potevano...”.

<< Credi veramente che io mi sia scomodato a venire fin qui da Zootropolis per sentirmi dire certo e chi sennò? Quello che voglio è una certezza, dovresti saperlo ormai >>.

Nonostante la voce modificata ed il casco a celarne il volto non ci voleva un genio per capire quanto quella frase lo avesse irritato, ed a quanto pare Savage era solito portarlo a quei livelli, il coniglio abbassò istintivamente le orecchie lungo la schiena, nel frattempo la sua squadra aveva assistito a tutta la scena e non poté fare a meno di notare il timore che il leporide aveva nei confronti di quel mammifero misterioso, che era si e no alto quanto lui.

“Mi...mi dispiace, proseguiremo subito nelle ricerche per identificare il prima possibile i responsabili dell'accaduto”.

Finita la frase rialzò lo sguardo verso il suo capo, in attesa che dicesse qualcosa, quest'ultimo non mosse un muscolo e non disse mezza parola, si limitava a fissarlo attraverso quella maschera che portava addosso e che impediva a chiunque lo osservasse di capire cosa stesse pensando, Jack si sentì come se qualcuno gli avesse afferrato il cuore ed avesse cominciato a stritolarglielo pian piano dall'interno, essere sotto lo sguardo di quell'essere gli dava una sensazione di oppressione a dir poco terribile, più che altro per il semplice fatto che aveva avuto la sfortuna di vedere in prima persona di cosa fosse capace.

“C...capo?”.

Dopo quest'ennesimo richiamo il mammifero sembrò quasi scattare sul posto, per poi rivolgersi come se nulla fosse successo al coniglio di fronte a lui.

<< Savage, tu e gli altri controllate i piani inferiori, qui finisco io >>.

Non si azzardò nemmeno a pensare di contraddire l'ordine, limitandosi a rispondere con un rapido sissignore per poi sparire con tutti i membri della sua squadra nel giro di un minuto, lasciando da solo il capo del NID.

<< Bene, ora siamo solo noi due, che ne dici di uscire dall'ombra e farti vedere >>.

Finita la frase si volse ad osservare un angolo buio dietro di lui, nel punto esatto in cui aveva individuato fin da subito qualcuno che si stava palesemente nascondendo, passò qualche istante prima che il mammifero chiamato in causa si decidesse ad uscire, una iena di probabilmente mezza età che trasportava una ventiquattrore sgualcita, prestò particolare attenzione al fatto che fosse riuscito ad eludere Jack e la sua squadra, non era certamente un dilettante, inoltre era armato di due spade che teneva nei loro foderi sulla schiena, sicuramente non un equipaggiamento di base degli agenti del NID, inoltre non ricordava di avere iene tra le sue fila, questo poteva voler dire solo una cosa.

<< Sei tu il responsabile di tutto questo? >>.

Il predatore esitò qualche istante a rispondere, giusto il tempo di stampare un ghigno sul muso ed appoggiare la valigetta a terra per poi afferrare l'elsa di una delle due katane con la zampa destra, senza tuttavia estrarla.

“Chi lo sa? In fondo l'autore della storia il più delle volte s'incasina a tal punto che non fa capire nulla di quello che gli passa per la testa”.

<< Capisco, quindi ho a che fare con uno svitato, poco male, ora mi dirai cosa ci fai qui, chi ti ha mandato e soprattutto chi diavolo sei, quando avrò tutte queste informazioni deciderò la tua sorte in base a quanto mi avrai rivelato, anche se sinceramente dubito che uscirai di qui vivo o perlomeno sulle... >>.

Nemmeno il tempo di finire la frase che Mason sfoderò con una mossa fulminea la spada, facendo partire un fendente dall'alto che a giudicare dalla traiettoria aveva come obbiettivo il tagliare a metà il piccolo mammifero davanti a lui, cosa che gli sarebbe perfettamente riuscita se quest'ultimo non avesse prontamente bloccato la letale lama.

“Oh sono colpito, hai fermato la mia lama a pochi centimetri dalla tua testa serrandola tra i palmi delle zampe, non è una cosa che sono in grado di fare tutti, sei il primo”.

<< E questo è solo l'ini... >>.

“Tuttavia, c'è un motivo per cui porto due spade”.

Altrettanto velocemente come per la prima, sfoderò anche la seconda lama, stavolta con un colpo in orizzontale all'altezza della vita, senza smettere di fare pressione sul precedente fendente in modo da bloccare le braccia del capo del NID, impedendogli qualunque tipo di difesa.





<< Merda >>.





Appena all'esterno nel frattempo un'altra auto era arrivata dinnanzi la struttura, sulla portiera recava il simbolo delle forze di polizia di Zootropolis, gli agenti di Shady Sands osservarono la vettura mentre si parcheggiava davanti lo stabile, per poi vederne scendere un bufalo che portava i gradi di capitano di polizia, un leone lo osservò.

“E quello chi è?”.

I poliziotti presenti erano già abbastanza infastiditi a causa dell’intervento dei federali, che avevano già da quella mattina cominciato a impartire ordini come se esistessero solo loro, ed ora ci si metteva anche la polizia di altre città a curiosare negli affari loro, a rispondergli ci pensò un alce, che a quanto pare era il più alto in grado tra i presenti.

“A giudicare dai gradi e la divisa, dovrebbe essere il capitano di un distretto di polizia di Zootropolis”.

“E che diavolo ci fa qua? È ben al di fuori della sua area di competenza”.

L’alce osservò il bufalo mentre parlava con l’orso a guardia dell’edificio, quest’ultimo dopo poco fece un cenno, indirizzando il bovino verso l’interno.

“Non lo so, ma se i federali hanno deciso di farlo passare allora non è affare nostro”.

“Ma signore…e le pare giusto che…”.

Prima che potesse continuare la frase il sergente lo bloccò con tono autoritario, facendo capire fin da subito che il discorso sarebbe terminato lì.

“Senti un po’, non me ne frega niente di cosa sia venuto a fare qui, l’unica cosa che voglio ora è che questi cazzo di federali si levino dalle palle, per cui lasciamoli fare il loro lavoro o pianteranno le tende qui, ed allora sì che mi gireranno i cosiddetti”.

Nel frattempo Bogo aveva passato lo stesso corridoio percorso un attimo prima dal capo del NID, preso il montacarichi cominciò la discesa che avrebbe portato anche lui all’interno del laboratorio dell’agenzia federale, tuttavia non appena arrivò a destinazione lo aspettò una strana scena davanti i suoi occhi, Il capo del NID stava in piedi davanti a quello che fino a poco prima sarebbe sembrato una iena, il predatore in questione si era ritrovato con un occhio nero, naso rotto, tre denti mancanti e svariati ematomi in altre parti del corpo, per non parlare del fatto che il suo piccolo aggressore lo stava minacciando con la stessa arma che fino ad un attimo prima aveva utilizzato per attaccarlo.

<< Patetico, seppur armato di ben due spade e con l’effetto sorpresa dalla tua sei comunque riuscito a farti mettere sotto, chiunque ti ha pagato deve essere più idiota di te >>.

“A dire il vero…siamo noi a pagarlo”.

Non appena udì la voce alle sue spalle il basso mammifero voltò appena la testa per capire chi fosse entrato nella struttura, nonostante avesse comunque riconosciuto la voce del bufalo, Mason provò ad approfittare della distrazione del suo aggressore per togliersi da quell’impiccio, ma non appena provò a muoversi sentì la punta della lama toccargli il collo.

<< Non ti ho dato il permesso di muoverti. Ce ne hai messo ad arrivare Bogo >>.

“Ho una stazione di polizia da mandare avanti”.

Mentre i due parlavano, Mason ne approfittò per rivolgere la parola a Bogo, che interruppe la sua discussione per ascoltarlo.

“Ehi Hank, è da un pezzo che non ci si vede, ho sentito che hai preso il posto di Hammond come capo del N.I.D. subito dopo che questi è schiattato, come ci sei finito a fare il capitano di pol…”.

Prima che riuscisse a dire altro il piccolo mammifero che lo teneva a terra lo zittì con una pedata sullo stomaco.

<< Oh, ma allora non capisci nulla? Ti ho detto che non hai diritto di parola, se ti sento fiatare di nuovo giuro che ti scortico vivo >>.

Dopo questa non molto velata minaccia la iena si decise che era il caso di fare silenzio, mentre il suo aguzzino riprendeva a parlare col capitano di polizia di Downtown.

<< Chi diavolo è questo qua? Com’è possibile che sappia tutte queste cose? Ma soprattutto, cosa vuol dire che siamo noi a pagarlo? >>.

“Si fa chiamare Mason all’interno dell’agenzia, non abbiamo mai scoperto se è il suo vero nome o uno pseudonimo, sta di fatto che è uno dei nostri agenti migliori, quindici anni fa Hammond lo ha spedito ad Emmeria a recuperare qualcosa e da alloro non ne ho più saputo nulla, fino adesso”.

Bogo si voltò verso di lui, lo osservò per un attimo per poi riportare lo guardo sul altro mammifero li presente.

<< Non m’interessa, ha provato ad attaccarmi, se al posto mio ci fosse stato qualcun altro ci sarebbe scappato il morto ed il fatto che era uno dei fidati di Hammond non lo aiuta di sicuro, come posso fidarmi di lui? >>.

Bogo se lo aspettava, in fondo c’era un motivo se quel mammifero celava la sua identità dietro una maschera, identità ben conosciuta dal bufalo dato che lui stesso aveva ricoperto il ruolo di capo dell’agenzia federale prima di lui standosene costantemente nell’ombra, di fatto solo pochi sapevano che dopo quel pazzo di un cervo erano passate altre due persone al comando, tornando al motivo che aveva spinto entrambi a celare la loro identità non poteva che essere uno, il più importante e che potrebbe sembrare il più scontato, ma che viene prima di ogni altra cosa, la sicurezza della propria famiglia, perché puoi essere anche il mammifero più sicuro e forte del mondo, ma se dai la possibilità al tuo nemico di mettere le zampe sulle persone che più ami allora è finita, quest’ultimo potrà approfittarsi di te e farti fare quello che vorrà, ma così, essendo un Nessuno qualunque non c’era alcun modo di essere attaccati sul piano emotivo, sotto quell’aspetto lui era pressoché invincibile.

“Ok, è vero hai ragione, non posso chiederti di fidarti di lui lo capisco, per cui ti chiedo di fidarti di me, dagli una possibilità, ti assicuro che non ti deluderà”.

Il capo del NID passò lo sguardo da Bogo a quello che in quel momento era il suo prigioniero, lo osservò per svariati istanti senza che quest’ultimo potesse nemmeno intuirne le intenzioni, quella maschera con la voce distorta infatti non serviva solo a celarne l’identità ma pure le emozioni, non c’era modo alcuno di capire cosa stesse provando in quel momento, poteva stare decidendo se graziarlo od ucciderlo e non si sarebbe notata alcuna differenza, tuttavia una cosa la poteva avvertire, sentiva il suo sguardo che lo penetrava fin dentro l’anima se mai ne avesse avuta una, ed anche lui che per quindici anni aveva lavorato sotto copertura in terra straniera mettendo in gioco la sua vita ogni giorno, ora si sentiva oppresso da quello sguardo che neppure riusciva a vedere.

<< Va bene >>.

Allontanò la lama dal collo di Mason, facendo cadere poi l’arma a terra, dietro di lui Bogo tirò un sospiro di sollievo, vedendo che tutto si era risolto per il meglio.

<< Ritieniti fortunato, perché se ora sei vivo è solo per merito suo, non hai la mia fiducia e dubito seriamente che la otterrai, ma Bogo a quanto pare ritiene che sei una risorsa valida, starà a te dimostrarmi che ha ragione >>.

La iena si rimise in piedi, a fatica a causa del violento pestaggio ricevuto un attimo prima, neppure lui dall’alto della sua esperienza aveva capito del tutto cosa fosse accaduto, lo aveva in pugno e seppure armato ed in vantaggio era stato completamente sopraffatto in un lasso di tempo talmente breve da risultare quasi irreale.
Riprese la spada e la ripose nel suo fodero che teneva sulla schiena per poi fare altrettanto con la sua gemella.

“Se devo guadagnarmi la sua fiducia, mi permetta di farlo subito, consegnandole la cosa che ho recuperato ad Emmeria per Hammond”.

<< Come ti ho detto, la mia fiducia per te non è un’opzione, in ogni caso esigo sapere questa informazione >>.

“Molto bene” Il predatore prese quindi la ventiquattrore e dopo averla posizionata davanti il suo nuovo capo la aprì lentamente, rivelandone il contenuto, quest’ultimo si avvicinò per osservarne l’interno ed anche Bogo ci posò lo sguardo, se da una parte non si poteva vedere l’espressione di uno dei due a causa della maschera, se non altro potè godersi l’espressione sconvolta ed esterrefatta del bufalo, mentre osservava l’interno della valigetta.

<< È un falso, non è funzionante? >>.

“Lo hanno testato nel deserto di Arrakis…è stato…sorprendente, credo che nel giro di qualche anno bisognerà dare una revisione alle mappe dell’area interessata”.

<< Vuoi dire che…funziona…veramente? >>.

“Fin troppo bene”.

Il capo del NID osservò ancora un po' il contenuto della valigetta, poi la chiuse e la posò a terra.

<< Va bene, mi hai convinto, ma ora ti voglio fuori dalle palle, altrimenti potrei non rispondere delle mie azioni, questa la tengo io >>.

Mason non ci pensò nemmeno lontanamente a ribattere, in fondo il suo lavoro lo aveva fatto più che egregiamente riportando la valigetta, inoltre col suo assalto fallito era anche riuscito ad ottenere due o tre informazioni che avrebbero fatto felice Jessica.
Non appena l’ascensoore cominciò la sua lenta salita con la iena sopra di esso Bogo chiuse la porta, rimanendo solo dentro la stanza col piccolo mammifero.

“Non posso stare troppo a lungo lontano dal posto di lavoro, qualcuno in centrale potrebbe insospettirsi, facciamo in fretta”.

<< C’è poco da dire, non sappiamo ancora se la TUSK sia coinvolta in questo attacco, anche se è assai probabile, Savage sta cercando superstiti ai piani inferiori, te invece che notizie porti? >>.

“Da dove comincio? A giusto, un attimo fa Higgins mi ha avvisato che la polizia di Windham City ha arrestato una coniglia di nome Judy Hopps, per il mammifericidio di un cavallo avvenuto stamattina a Zootropolis e che Wilde si è subito precipitato per richiederne il trasferimento, la cosa ti dice nulla?”.

Il piccoletto in preda ad un momento di rabbia si tolse il casco dalla testa e lo lanciò con violenza sul pavimento, facendogli fare qualche rimbalzo per poi fermarsi in un angolo della stanza, era da un pezzo che Bogo non vedeva il leporide in viso e sentiva la sua reale voce, anche se il suo timbro era comunque alterato, non più dal modificatore vocale ma più che altro dallo stato d’animo in cui si trovava in quel momento.

“Quella dannata telecamera allora era attiva, merda non doveva trovarsi li”.

“È privata, l’hanno montata solo di recente, sinceramente non capisco che bisogno c’era di essere così teatrali, di solito non fai certi errori”.

“Ci ha venduti Hank, è stato lui a dire a quei cinghiali come penetrare nei nostri laboratori di Rivet City, hai idea di quante vittime ci sono state? Se avessi atteso sarebbe fuggito chissà dove e non lo avremo più preso, ho fatto quello che andava fatto”.

“Si, ed ora a pagarne sarà lei, ti va bene così? Pensavo che ci tenevi che…”.

“Non farmi la morale, lo so benissimo, non l’ho obbligata a svaligiare la casa di quella volpe per divertimento, ma ora è tardi, devo tornare a Zootropolis, ti affido il comando, non me ne frega nulla se alla centrale sentiranno la tua mancanza, mi hai dato il comando del NID lasciandomi una patata bollente mica da scherzo, ora è il momento che ti prendi le tue responsabilità a riguardo”.

Il coniglio s’incamminò verso il suo casco, se lo rimise in testa e prese la radio dalla cintura.

<< Avviserò Savage che ora prenderà ordini da te, se trovate superstiti prestategli soccorso e quando saranno stabili cercate di ottenere più informazioni possibili >>.

Nonostante non gli andasse a genio, Bogo non ci pensò nemmeno a contraddire, la situazione era allarmante e se non l’avessero risolta il prima possibile chissà cosa sarebbe potuto accadere.

“Che vai a fare a Zootropolis? Non hai già fatto abbastanza danni mostrandoti a viso scoperto?”.

<< Non lascerò la mia “sorellina” in questa situazione, ha passato troppi guai per colpa mia, e comunque non me ne preoccuperei, tuttalpiù assoceranno il mio viso a quello di Kevin, la mia vera identità non è a rischio, ti ho mai parlato di mio fratello Kevin? >>.

“Si, lo hai fatto, fin troppo”.







Note

Eccomi qua, di nuovo tra voi, in realtà non sono andato da nessuna parte, anche visto il duro periodo che stiamo vivendo, ma non ho voglia di concentrarmi su questo, ne sento parlare già fin troppo per tutto il giorno, per cui mi limito ad augurarvi a tutti di stare bene e pensare al fatto che nonostante la brutta situazione che stiamo vivendo, anche questa passerà.

Passando al capitolo, sinceramente non ho molto da dire, lascio a voi la parola, fatemi sapere cosa ne pensate, per me ogni recensione è oro, anche critiche se serve, purchè siano costruttive.

Ne approfitto per ringraziare Redferne ed EnZo89 per le recensioni ai precedenti capitoli, che stanno per raggiungere quota CENTO anche su questa, non ho parole (Ho visto i vostri aggiornamenti, cercherò di recuperarli il prima possibile).

Alla prossima
Davide

5355 parole

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Capitolo 33
*** 33 - Mostro (Prima parte) ***


L’ascensore saliva con la stessa lentezza con cui era sceso fino a poco prima, una volta arrivato al piano terra emise un suono per far capire che la corsa era finita e le porte si aprirono, con Savage subito oltre che si volse per controllare chi fosse salito, non appena si rese conto che era Gomphos si mise sull’attenti, seguito subito dopo dal resto della sua squadra.

Il capo del NID squadrò uno ad uno i suoi sottoposti senza dire una parola, finendo poi proprio col coniglio, ci si fermò davanti per qualche secondo senza dire nulla, Jack rimase impietrito davanti al suo superiore, non sapendo nemmeno questa volta se fosse o meno il caso di dire qualcosa.

<< Savage >>.

“O..ordini”.

<< Vieni in auto con me, ho un compito della massima urgenza da affidarti, il resto della tua squadra può tornare giù e cominciare a dare una sistemata >>.

Il coniglio annuì e si spostò verso l’uscita, nel frattempo Gomphos si rivolse agli altri componenti rimasti.

<< Voglio un resoconto completo di tutto quello che veniva studiato, progettato e creato in questo sito, poi voglio sapere cosa manca, chiunque sia stato non è venuto fin qua solo per uccidere qualche scienziato, troverete un bufalo ad attendervi, eseguite i suoi ordini come se fossero i miei >>.

“Si-signore”.

I quattro mammiferi che componevano la squadra di Savage risposero per poi passare oltre, verso l’ascensore che li avrebbe riportati sottoterra, una volta controllato che fosse tutto a posto cominciò anche lui ad avviarsi verso l’uscita, Jack lo stava aspettando vicino la sua auto, quando furono entrambi a bordo questa partì.

“Ha detto che ha un compito per me?”.

<< Ho bisogno che ti rechi nel nostro sito a Goodsprings, io sono impegnato altrove, conto su di te >>.

Il coniglio rizzò le orecchie nel sentire quelle ultime quattro parole, tuttavia dopo l’iniziale entusiasmo si rese pure conto di dove gli aveva detto di andare.

“Go…Goodsprings? E come dovrei fare ad arrivarci illeso? Mettendo caso che riesco ad arrivarci, cosa devo fare una volta là?”.

A questa semplice richiesta accadde qualcosa che Jack non si sarebbe mai aspettato dal suo superiore, chinò la testa in avanti fino a poggiare la fronte sullo schienale del posto di guida per poi sospirare, nonostante la maschera che ne celava voce ed emozioni sembrava quasi che fosse affranto da quello che stava per dire.

<< Stiamo arrivando al punto di non ritorno, se non lo vogliamo superare saremo costretti a sporcarci le zampe, ti spiegherò come raggiungere i laboratori, quando sarai la…dovrai eseguire l’ordine sessantasei >>.







DIVERSE ORE DOPO, ZOOTROPOLIS.



“Sono tornato”.

Dopo aver varcato la soglia, Nick richiuse la porta e si annunciò in modo da far sapere alla compagna che era rincasato, non ci volle molto che la lepre arrivasse dalla cucina, da cui arrivava un profumino di pollo e patatine fritte, considerando che le abilità culinarie di Jessica erano pari a quelle natatorie di un ferro da stiro, e che di solito toccava a Nick cucinare pensò subito che probabilmente aveva ordinato qualcosa, non vedendolo più arrivare.

“Dovevi fare solo la mattina, sono le cinque di pomeriggio potevi avvisare che non tornavi per pranzo”.

La volpe si tolse la giacca e la posò ad un appendiabiti li vicino, per poi stravaccarsi sul divano esausto.

“Cara, te non hai la più pallida idea di dove sono stato oggi e di cosa ho dovuto fare”.

Incuriosita Jessica si avvicinò, sedendosi vicino al compagno.

“E allora raccontami”.

“Stamattina sono andato in accademia con McHorn ed abbiamo arrestato i responsabili dell’aggressione a Judy, poi lei è andata con la sorella al James Harriot Medical Center, nel frattempo ho scoperto che di prima mattina è stata ripresa da una telecamera mentre sparava a bruciapelo ad un cavallo, l’ho fatta arrestare con l’accusa di mammifericidio dalla polizia di Windham City e poi sono andato fin là per portarla a Zootropolis, adesso si trova in una cella in centrale e Bogo non è ancora tornato da dovunque sia andato, è sufficiente?”.

La lepre, che si aspettava tutto tranne questo, quasi balzò in piedi sul divano.

“Cosa? E me lo dici così? Stai scherzando vero?”.

“Ti sembra che ho la faccia di uno che scherza?”.

Nonostante cercasse in ogni modo di non darlo a vedere la lepre si sentì gelare il sangue al pensiero di quando la coniglietta era andata a trovarla in ospedale dopo il parto.

“Le abbiamo pure fatto tenere in braccio Chris…”.

Per quanto ci avesse provato non era riuscita del tutto a tenere celate le sue preoccupazioni, al punto che Nick decise d’intervenire.

“Ascolta, non credo ci sia da preoccuparsi, molto probabilmente lei non centra nulla, e farò di tutto per chiarirlo il prima possibile”.

“Ma, hai detto che è stata ripresa in un video e l’hai riconosciuta”.

La preoccupazione della lepre era più che fondata, Nick la capiva per cui le spiegò per filo e per segno tutto quanto, una volta terminato effettivamente sembrò calmarsi.

“Ok, capisco, ovviamente mi concederai il beneficio del dubbio?”.

Nick annui brevemente alla compagna, per poi annusare l’aria e rivolgere lo sguardo alla cucina.

“Questo odore…è pollo?”.

"Avevo fame ed il frigo è quasi vuoto, per cui ho preso d'asporto anche per te".

La volpe passò lo sguardo verso l'elettrodomestico appena citato, aprendolo ed osservando l'interno.

"Che desolazione, forse è il caso che vada a fare un po’ di spesa, che dici?".

Jessica ci pensò su un attimo, vedendo in quella richiesta del compagno la possibilità di sbrigare alcune faccende che in quei giorni non aveva potuto occuparsene.

"Ci vado io".

"Sicura? Non vorrei che...".

"Si, non preoccuparti, avevo giusto bisogno di sgranchirmi un po’ le gambe, i piccoli hanno già mangiato ed ora dormono, ma se proprio serve c’è il latte in polvere, ho bisogno di uscire un po'”.

La volpe annui, per poi togliersi di dosso la camicia e stravaccarsi sul divano.

“Va bene, a dopo allora”.

Jessica si avvicinò col muso a quello di Nick, incrociandone lo sguardo.

“Vuoi che prendo qualcosa in particolare?”.

La volpe ci pensò su un attimo, in genere era lui che cucinava dato che l’ultima volta che ci aveva provato la compagna la serata era finita coi pompieri in casa che tentavano di spegnere la cucina.

“Se prendi il necessario faccio la pizza, ti ricordi che serve o ti faccio una lista?”.

“No tranquillo, ho tutto scritto in testa”.





Appena fuori di casa guidò per una decina di minuti, prima di arrivare presso le mura climatiche che delimitavano Sahara Square da Tundratown, parcheggiò li vicino e si avvicinò ad un edificio, osservandone l’insegna appesa a fianco dell’entrata.

LIBRERIA GOLDBERG

Il cancello era chiuso, si avvicinò quindi al campanello, tenendolo premuto per una manciata di secondi finché una voce al citofono le rispose.

“Mi spiace, siamo chiusi”.

La voce disse solo questa frase per poi interrompere ogni comunicazione, la lepre quindi suonò nuovamente, parlando prima che potesse arrivargli risposta.

“Sto solo cercando una copia di From the Mammal who sold the World”.

“Mi spiace ma è fuori stampa”.

“Mi è stato detto che potevo ordinarlo in modo speciale”.

“Mh, penso di poterti aiutare, entra”.

Stavolta contemporaneamente all’interruzione della comunicazione la serratura elettrica del cancello scattò, permettendo alla lepre di entrare per poi chiuderselo dietro, una volta dentro si osservò attorno, inutile dire che ci stavano libri d’ovunque, non ci diede bado e si avvicino subito ad un bancone dietro il quale ci stava un orso bruno che digitava ad un computer, non appena la vide si alzò per avvicinarsi osservandola ben bene.

“Jessica, vedo che non hai più il pancione, come stanno i piccoli? E la tua volpe?”.

La lepre non aveva voglia di perdere tempo e cercò di tagliare corto.

“Ciao Josh, stanno tutti alla grande, sono venuta per sapere se hai trovato quello che ti ho chiesto”.

Il grosso predatore si guardò dapprima attorno con fare circospetto, ricordandosi solo poi che all’interno ci stavano solo loro.

“Effettivamente ti ho trovato qualcosa, seguimi”.

Le fece cenno di avvicinarsi, nel frattempo digitò qualcosa al pc e qualche secondo dopo cominciarono a provenire rumori metallici dal muro dietro di loro, una porzione di parete rientrò di quasi dieci centimetri per poi scorrere verso destra, rivelandosi essere un passaggio ad una stanza nascosta, una volta aperta del tutto l’orso la varcò seguito da Jessica, l’interno della stanza era forse quello che più si avvicinava al paradiso in terra per la leporide, osservò lo scaffale davanti a lei in cui erano stipati con cura almeno una dozzina di fucili d’assalto con tanto di munizioni, a sinistra di questi ci stavano dei fucili a pompa, non ne andava particolarmente matta specialmente per il forte rinculo che esercitavano sul corpo di quella che di fatto era un piccolo mammifero, tuttavia il suo reparto preferito stava alla destra dei vari M16 ed AK 47, quello adibito alle armi bianche, ci stavano coltelli e pugnali di ogni forma e dimensione, ma anche manganelli, tonfe e varie tipologie di taser, nonostante non disdegnasse utilizzare le armi da fuoco in caso di bisogno lei era sempre stata più una da corpo a corpo, ma quello che cercava ora non era un’arma, ma qualcosa che valeva molto di più e che era molto più difficile ottenere, informazioni.

“Dimmi, che hai trovato?”.

L’orso si sedette quindi davanti ad una scrivania, avvicinando una seconda sedia per permettere anche a Jessica di mettersi comoda.

“Ho trovato lei”.

Sullo schermo comparve una foto in primo piano di quella che a prima vista sembrava una coniglietta o più probabilmente una lepre, il pelo era beige ma non si vedeva altro dato che indossava una mascherina chirurgica a coprirle gran parte del viso, di quelle belle grosse e pesanti col filtro al centro che nascondevano gran parte dei lineamenti del viso, tuttavia ad attirare l’attenzione di Jessica furono le orecchie, decisamente corte per un leporide, piccole e tondeggianti, inoltre gli occhi erano di colore diverso uno dall’altro, il sinistro azzurro ed il destro marrone.

“È un ibrido? E poi scusa non hai una foto in cui si vede bene almeno il muso?”.

“Purtroppo no, ho trovato solo questa, si chiama Amanda Carter, secondo il certificato di nascita si tratta di una lepre nata con alcune malformazioni fisiche tipo le orecchie, se è realmente un ibrido forse una di queste malformazioni le ha provocato qualche difficoltà respiratoria il che spiegherebbe la mascherina, nella foto non si vede ma da quello che ho scoperto è dotata di una lunga e folta coda, ha ventidue anni e l’unico altro componente della sua famiglia su cui sono riuscito a trovare informazioni è sua madre, anche lei lepre di nome Christine Carter, quello che è strano è che la signora risulta divorziata e indovina un po’, suo marito era una donnola, anche se non risulta come il padre”.

Jessica stette in silenzio per un po' ad osservare la foto, la cosa cominciava ad essere strana, sebbene ci fossero già stati casi di ibridi, uno abbastanza noto era di un ligre nato da una coppia formata da un leone maschio e una tigre femmina, ma non si era mai sentito che potesse accadere tra due generi di mammiferi completamente diversi, figurarsi tra prede e predatori, se questo in particolare si fosse rivelato tale allora sarebbe stato addirittura antecedente a quello di Judy, senza contare il fatto che tutte e tre erano leporidi e sia Judy che la madre di questa Amanda avevano avuto una relazione, voluta o meno, con una donnola, era proprio quello che cercava, ora le servivano solo ulteriori informazioni a riguardo.

“Potrebbe portare il cognome della madre per nascondere la sua natura, inoltre ventidue anni fa non esisteva ancora l’eritostradiolo, come ha fatto un feto ibrido di due specie così diverse a sopravvivere senza quel farmaco?”

Jessica ci stette a pensare per un po', arrivando alla conclusione che c’era solo un modo per avere una certezza.

“Ho bisogno di parlarle, dove la posso trovare?”.

Tramite la rotella del mouse Josh fece scendere la schermata, passando in rassegna tutte le informazioni che aveva trovato, finché gli capitò sott’occhio proprio quello che cercava.

“Ecco qua, sei fortunata sai, lavora e risiede qui a Zootropolis, più precisamente come commessa al mercato del pesce di Tundratow, non ti sarà difficile trovarla”.

Per ogni evenienza gli stampò l’indirizzo esatto del luogo in questione, compreso quello di domicilio con annessa una foto di riconoscimento, la lepre afferrò il tutto entusiasta e si preparò ad uscire, tuttavia a quanto pare l’orso non aveva ancora finito con lei.

“Aspetta, c’è dell’altro”.

Jessica non si aspettava di certo così tanto, già quello che aveva ottenuto era un bel colpo.

“Ho scoperto che nel distretto di Meadowlands ci sta un vecchio laboratorio del NID, probabilmente è chiuso da anni e dalle poche informazioni che ho trovato potrebbe anche non esistere affatto, sempre che effettivamente ci sia qualcosa non ho comunque trovato nulla sulle eventuali ricerche che vengono svolte al suo interno, tuttavia mi è finito sott’occhio quello che, conoscendo il NID, ha tutta l’aria di essere il nome di un progetto”.

Meadowlands era un distretto subito a nord di Rainforest, pensato per dare un habitat ai mammiferi da pascolo, tra l’altro era pure il luogo ove sorgeva il vecchio ospedale psichiatrico di Cliffside, punto cruciale della crisi degli ululatori notturni di quattro anni prima, tuttavia non era certo questo ad interessare a Jessica.

“Quale progetto? E perché hai pensato che dovesse interessarmi?”.

“Perchè tra le poche informazioni che sono riuscito ad ottenere ho trovato una bolla di carico, poco prima di chiudere i battenti in quelle zone hanno ricevuto una ingente quantità di eritostradiolo, il farmaco che impedisce malformazioni letali nei feti ibridi, parliamo di centinaia di chili”.

L’informazione aveva attirato l’attenzione della lepre.

“Dimmi di più”.

“Come ti ho già detto non ho scoperto molto, a parte quel nome, Les Enfants Terribles”.

Quel informazione non fu di alcuna utilità alla lepre, non lo aveva mai sentito e quindi ne era assai incuriosita.

“Ok, dammi i dettagli di questo sito, poi al resto penso io”.

Dopo aver stampato un’ulteriore foglio lo porse alla sua interlocutrice che le diede subito un’occhiata.

“Aspetta un momento, questo indirizzo…il laboratorio si trova a Goodsprings?”.

“Esatto”.

Il tono preoccupato con cui l’orso disse quell’unica parola mise una certa ansia nella lepre, che conosceva bene la terribile storia di quella piccola cittadina e dell’incidente che ne aveva decretato la fine ventisei anni prima.

“È ben al di là della zona di alienazione, posso andarci od è pericoloso come dicono?”.

“Beh, io personalmente nemmeno mi ci avvicinerei per verificarlo, ma la vita è tua, al massimo ti posso fornire l’equipaggiamento adatto, te l’ho preparato in quella borsa”.

La lepre osservò nella direzione segnalata dal predatore finché notò una sacca in tela, vi si avvicinò dando un’occhiata al suo interno.

“Hai pensato a tutto eh?”.

“Non avevo dubbi che avresti voluto dare un’occhiata, nonostante la pericolosità della zona, a si, a proposito…”.

Prima che riuscisse a terminare la frase Jessica lo interruppe.

“Si si lo so, io non sono mai stata qui, tu non mi hai mai detto o dato nulla perché del resto tu non esisti e bla bla bla…HO UN ALTRO FAVORE DA CHIEDERTI!”.

“Cosa? Non ci pensare nemmeno, ho già rischiato fin troppo con te, adesso basta ti voglio fuori di qui”.

“Devo forse raccontare in giro il casino che hai combinato dieci anni fa durante la nostra incursione ad Outer Hea…”.

“Ok, dimmi che cazzo vuoi e poi vattene”.

I toni si erano leggermente alterati, nemmeno lei voleva stare li più del dovuto, per cui disse veloce e conciso quello che voleva, divenne seria di colpo, al punto che pure Josh ci rimase male.

“Voglio informazioni su di una persona, tutto quello che trovi, con chi si vede, cosa mangia, cosa le piace o non le piace fare nel tempo libero, anche quante volte va di corpo durante la giornata, voglio sapere vita morte e miracoli su di lei”.

“Ok, mi pare di capire che abbiamo a che fare con una femmina, nome e specie?”.

“È una coniglietta di ventotto anni, il nome è Judy Hopps, se ti può tornare utile per la ricerca ti dico i nomi dei suoi genitori, Stuart e Bonnie, ha una sorella gemella paraplegica di nome Sofia, è sufficiente?”.

L’orso la fissò per qualche secondo, annuendo subito dopo.

“Si eccome, mi hai dato un mucchio d’informazioni, in genere quando devo fare queste ricerche mi dicono si e no il nome del soggetto, a volte nemmeno quello”.

“Perfetto, non ho un’eccessiva fretta per questa richiesta, ma prima mi fai sapere qualcosa e meglio è”.

Stava per andarsene quando la sua attenzione ricadde su uno scaffale proprio a fianco del reparto fucili d’assalto, ci rimuginò sopra per qualche secondo prima di rivolgersi all’orso.

“Posso prenderne un po’?”.

Quest’ultimo senza nemmeno voltarsi rispose positivamente agitando convulsamente un braccio, qualunque cosa le avesse chiesto andava bene purché se ne andasse.

“Si si, basta che ti levi in fretta dalle palle”.

Una volta riempito il borsone datole in precedenza con quello che le serviva salutò il predatore per poi abbandonare l’edificio, osservando i fogli che le erano stati dati, aveva due scelte ed una era molto più sicura e soprattutto a portata di zampa, per cui decise di dirigersi al mercato del pesce di Tundratown, per incontrare questa Amanda Carter.





“Amanda? Certo la chiamo subito, aspetti un secondo”.

Era da poco arrivata al distretto glaciale della metropoli, il mercato del pesce non era per nulla difficile da trovare dato che era uno dei maggiori punti d’interesse di quel luogo, ma di certo lei non era lì per ammirare il bel paesaggio; dopo qualche minuto vide venire verso di lei quella che a prima vista sembrava una lepre, almeno dalla fisionomia del corpo, tuttavia le orecchie erano piccolissime e tondeggianti, la riconobbe più che altro per quel dettaglio dato che gran parte del volto era coperto da una mascherina chirurgica.

“Eccomi qua, ci conofiamo?”.

Si era fermata pochi metri prima di raggiungere la lepre, era ovvio che non voleva essere avvicinata e nonostante non avesse potuto vederne l’espressione Jessica aveva sentito quanto fosse stata schiva nel formulare quella frase, inoltre sembrava avere qualche problema di pronuncia, come se le mancasse qualche dente.

“A dire il vero no, mi chiamo Jessica Schrader, sono un agente di polizia ma sono qui per motivi personali, se non le dispiace volevo farle qualche domanda su di lei”.

Amanda parve quasi fare un accenno ad indietreggiare, tuttavia si fermò, senza staccare lo sguardo dalla sua interlocutrice.

“Riguardo cofa?”.

“Principalmente i suoi genitori, e le specie a cui appartengono”.

Questa richiesta non doveva essere particolarmente gradita, dato che se prima aveva provato ad allontanarsi, tuttavia resistendo, ora lo fece di non pochi passi, Jessica non poteva certo dire di avere il fiuto di Nick, ma se c’era una cosa che le riusciva bene era il sentire la paura della gente con cui aveva a che fare, e quella frase glie ne aveva instillata non poca, avrebbe detto che sarebbe scappata da lì a poco.

“Non fono affari che la riguardano, e comunque fono lepri, non ci vuole certo un genio a capirlo”.

Non riusciva a pronunciare la esse, tuttavia questo non cambiava certo il tono diffidente con cui le si rivolgeva, era ovvio che non aveva alcuna voglia di continuare la conversazione per cui si volse per andarsene ma la successiva frase di Jessica la fece fermare di colpo.

“Certo, la cosa vale per sua madre, ma che mi dice di suo padre? È una donnola vero?”.

Colta completamente alla sprovvista, Amanda volse la testa con estrema lentezza stando ad osservare in silenzio per un po' la lepre.

“Ho fatto centro eh? Senta, non la voglio importunare, ho solo alcune domande da farle riguardo…”.

Senza nemmeno finire la frase Amanda alzò la zampina, facendo zittire Jessica.

“Non qui, mi fegua”.

Le fece cenno di andarle dietro, lungo tutto il tragitto Jessica si accorse che la ragazza teneva le mani in tasca, stava sicuramente trafficando con qualcosa e si preparò a qualsiasi evenienza.

“Ha detto che lavora per la polizia? Mi sa dire come sta Jafon Woolbeft?”.

Ovviamente le aveva raccontato una balla, lei non lavorava più per la polizia già da un paio di mesi ormai, anche se sarebbe stato più giusto dire che in quei quattro anni dopo la risoluzione della crisi degli ululatori notturni, lei non ci aveva mai lavorato, trattandosi per tutto il tempo di una semplice copertura e non poteva certo dirle che invece lavorava per un’agenzia governativa che, almeno in teoria, doveva essere segreta, tuttavia quel nominativo che le aveva domandato non le diceva nulla e se il nome era per certo Jason per il cognome poteva essere sia quello che aveva detto lei oppure Woolbest, il suo difetto di pronuncia poteva fregarla se lo avesse ripetuto in qualsiasi delle due maniere, comunque non era un agente di Downtown, o perlomeno non uno che lei conosceva, probabilmente lavorava nel distretto di Tundratown per cui si limitò a darle la risposta che probabilmente lei si aspettava.

“Sta alla grande”.

Dopo aver superato un banco in cui erano esposti vari tagli di pesce, l’ibrido aprì una porta, facendo passare la lepre e poi seguendola, una volta chiusa alle sue spalle Jessica sentì quello che doveva sicuramente essere il cane di una pistola che veniva messo in posizione di sparo, alzò quindi le zampe in segno di resa per poi girarsi verso Amanda, che per inciso le teneva puntata contro una Beretta 92 semi-automatica da nove millimetri.

“Mi sono fregata con Jason eh”.

“Non efifte nessun Jafon Woolbeft e fe anche foffe quella che mi ha dato non era la rifposta giufta”.

C’era parecchia ansia nella voce dell’ibrido e pure il suo corpo lo dimostrava, tremava come una foglia, Jessica invece nonostante avesse una pistola puntata in faccia era tranquillissima, aveva già pensato a cinque modi diversi per disarmarla senza alcun pericolo, tre dei quali sarebbe riuscita a farlo senza neppure farle del male, tuttavia decise di optare per la via del dialogo e vedere dove avrebbe portato.

“Posso sedermi?”.

“N…no ferma li”.

Stava cercando convulsamente qualcosa nelle tasche dei Jeans con la zampa sinistra mentre con l’altra teneva puntata l’arma, probabilmente era la prima volta che la utilizzava per minacciare qualcuno.

“Fai attenzione con quella ferraglia, non vorrei ti scappasse un colpo, ho da poco avuto figli sai?”.

Non si aspettava certo che si mettesse a raccontarle la sua vita privata, tuttavia Amanda non si fece incantare, trovando poi quello che cercava.

“Buon per te, fe ci tieni a rivederli ti conviene…oh eccolo”.

Jessica abbassò lo sguardo all’oggetto di plastica nera che in quel momento la mammifera che aveva di fronte teneva in mano, sembrava a tutti gli effetti un cercapersone, ma era strano, aveva solo un tasto e nessuno schermo, nell’istante in cui lo premette si udì un leggero bip, dopo di che lo posò a terra vicino a lei, tornando ad impugnare l’arma con entrambe le zampe.

“Senti, ti assicuro che non ho cattive intenzioni, voglio solo sapere alcune cose, lasciami spiegare e vedrai tu stessa che non sono una minaccia per te”.

Ficuro, hai molte cofe da fpiegare, tipo…come mi hai trovata e hai fcoperto la mia natura ibrida, ma non lo farai con me”.

Ora ne era certa, con quel cercapersone aveva quasi sicuramente mandato una richiesta di aiuto, la situazione era precipitata in un modo che non aveva proprio previsto, era ora di levarsi dai piedi prima di ritrovarsi in svantaggio numerico, tuttavia prima di riuscire a disarmare l’ibrido la porta venne spalancata da un maschio di zebra armato con una pistola del tutto uguale a quella di Amanda.

“Tieni le zampe in alto e niente scherzi”.

Ora la situazione si era leggermente complicata, ma nonostante le armi puntate contro fossero raddoppiate aveva ancora due possibilità per un’uscita sicura, ne aveva passate di peggio e non sarebbero stati due mammiferi qualunque ad impedirle di scappare incolume, peccato che giusto quando stava per entrare in azione arrivò anche un lupo a dare manforte al mammifero appena entrato, pure lui armato, ora le possibilità di fuga erano pressoché nulle, l’ultimo arrivato in particolare sembrava abbastanza inferocito.
Jessica tuttavia era abbastanza tranquilla, non appena era entrato aveva riconosciuto il lupo, era un agente dell’FBI con cui aveva collaborato anni addietro e probabilmente uno dei pochi mammiferi a conoscere il NID ed il fatto che lei ne faceva parte, tuttavia prima che potesse fare o dire qualcosa il canide mollò a terra l’arma per poi scagliarsi contro la lepre, afferrandola per il collo e sollevandola da terra, Amanda che a quanto pare non si aspettava una reazione del genere rimase scioccata da quanto accaduto.

“Lambert, porta Amanda fuori di qui”.

L’equino esitò giusto un attimo prima di eseguire l’ordine, accompagnando fuori la giovane ibrida per poi uscire lui stesso e chiudere la porta, ora erano rimasti solo lepre e lupo nella stanza, quest’ultimo si girò verso di lei con l’intenzione di farle confessare le sue intenzioni, tuttavia non appena la vide boccheggiare in cerca di aria si rese conto che nella foga la stava stringendo troppo forte, la lasciò quindi andare, posandola a terra e dandole poi un attimo per riprendersi.
Non appena mollata Jessica si accasciò, prendendo respiri profondi, le era mancata l’aria per pochi secondi ma erano bastati per farle venire dei violenti colpi di tosse, tuttavia la scena non impietosì nemmeno per sbaglio il predatore, che continuava ad osservarla con attenzione e fare accusatorio.

“Non credere che riceverai delle scuse da parte mia, dipendesse da me per tutti voi del NID riabiliterei la pena di morte, anche se forse sarebbe comunque troppo poco”.

La lepre si limitò a fissare in cagnesco il lupo, dandosi poi una spinta con le braccia per rimettersi in piedi.

“Ora vuota il sacco, non uscirai di qui finché non mi avrai detti cosa vuole la tua organizzazione di macellai da lei”.

Fosse stata in passato ormai lontano non avrebbe mai tollerato un affronto del genere, le fremeva l’intero corpo all’idea di cominciare a pestarlo a sangue, giusto per fargli capire chi dei due poteva minacciare l’altro ed il fatto che il suo essere un predatore più grosso di lei non cambiava affatto che avrebbe potuto comunque tenergli testa, tuttavia non era lì per iniziare una rissa, abbandonò presto ogni tentazione di mollargli un pugno, per iniziare a dargli quello che voleva.

“Non sono qui per conto del NID ma in via del tutto personale, ho bisogno di parlarle di cose confidenziali, nulla a che vedere col lavoro”.

“E perché dovrei crederti?”.

“Perché sai benissimo che se tu stessi ostacolando una nostra operazione sarei costretta ad agire di conseguenza, così come sei consapevole che riuscirò a parlarle, che tu lo voglia o no, con l’unica differenza che se mi lasci fare ora potrai essere presente e vedere che non ho cattive intenzioni”.

Il canide digrignò i denti, facendosi sfuggire pure un ringhio soffocato, tuttavia si rese conto che pure lei aveva ragione, se le avesse lasciate parlare ora lui ed il suo collega avrebbero potuto tenerla d’occhio.

“Ok, ti do due minuti non un secondo di più, io e Lambert staremo qua senza perderti di vista e tu dovrai starle a non meno di due metri di distanza, al minimo movimento sospetto ti freddo senza pensarci due volte, tutto questo non è in alcun modo negoziabile”.

Compreso che non avrebbe ottenuto nulla di più, Jessica se lo fece bastare, dopo aver annuito al lupo quest’ultimo diede due colpi con le nocche alla porta, questa si aprì qualche secondo dopo, con la zebra che faceva il suo ingresso.

“Amanda, entra anche te”.

L’ibrida zampettò insicura dentro la stanza, osservando prima Jessica e poi Ethan, fermando lo sguardo su quest’ultimo per diversi secondi.

“Tranquilla non c’è pericolo, vuole solo farti alcune domande, in ogni caso non devi sentirti obbligata a rispondere, decidi te che fare”.

La giovane mammifera volse lo sguardo verso la lepre.

"Ok, ti afcolto".

"Prima di tutto voglio scusarmi di averti spaventata, non era mia intenzione".

"Taglia corto".

"Sono in pena per i miei figli, loro...".

Prima che potesse terminare la frase l'altra mammifera la interruppe, dandole le spalle per poi cominciare ad allontanarsi.

"Non fo che farci, perché dovrei effere intereffata?".

Jessica provò ad andarle dietro, tuttavia il lupo la fermò, ricordandole il patto sancito un attimo prima, onde per cui si limitò a dirle il motivo con voce un po’ più alta del solito.

“PERCHÉ SONO COME TE!".

Con quelle quattro parole aveva sicuramente attirato la sua attenzione, aveva fermato il suo allontanarsi rigirandosi verso la lepre.

"Sono ibridi, il mio compagno è una volpe".

Amanda non disse nulla, tuttavia non era la sola ad essere sorpresa della notizia, anche la zebra ed il lupo ci erano rimasti male alla notizia, fu proprio quest'ultimo a chiedere spiegazioni.

"Cosa? Una volpe? Balle, ti stai inventando tutto solo per...".

Prima che riuscisse a finire la frase la giovane ibrida lo interruppe, a quanto pare Jessica era riuscita ad attirare la sua attenzione.

"Lafiala profeguire, ti prego".

"Grazie, ho fatto delle ricerche ma non sono riuscita a trovare nulla che riguardasse coppie di prede e predatori con figli ibridi, solo per trovare te sono dovuta ricorrere a metodi non convenzionali, e non ero neppure sicura che lo fossi veramente".

Da una parte questa notizia allietò non poco sia la giovane mammifera che i suoi due protettori governativi, specialmente loro due, se anche un agente del NID non era riuscito a scoprire tutto con le risorse di cui disponeva allora poteva significare che stavano comunque facendo un buon lavoro e lei era ancora al sicuro.

"Cofa vuoi fapere?".

"Questa è la mia prima volta che ho figli, già in circostanze normali per me sarebbe una novità, io devo sapere a cosa andranno incontro".

"Capifco, fi vede tanto che fono ibridi?".

"I primi due no, a parte il colore del manto sono a tuttI gli effetti un leprotto ed una volpina, il terzo invece è quello che ha preso di più i tratti somatici da me ed il mio compagno".

"I denti?".

"I primi due normali per la loro specie, il terzo da volpe".

Amanda era quantomeno turbata da quest'ultima rivelazione, per diversi secondi non disse nulla e sembrava fissare il vuoto, dopo poco si riprese, alzando di nuovo lo sguardo verso la lepre.

"I primi due, forfe e dico forfe, potranno avere una vita quafi normale, una volpe beige ci può ancora ftare, non dire in giro che è tua figlia, dovrete dire che l'avete adottata, anche a lei quando crefcerà, fe qualcuno ti ha vifta incinta puoi dire che il leprotto è tuo, ma non del tuo compagno, al maffimo puoi dire che hai fatto l'infeminazione artificiale, inoltre fe è arancione foffi in te gli tingerei il pelo".

Non poteva credere a quello che stava sentendo, praticamente le stava dicendo che dovevano rinnegare la paternità dei loro figli, no, non ci sarebbe mai stata, non avrebbe tolto tutto questo a Nick, non lo avrebbe mai fatto, tuttavia c'era ancora una cosa, per ora aveva parlato solo di Chris e Ashley e da quello che aveva detto il peggio doveva ancora venire, con James.

"Paffiamo al terzo, fe è vero che ha prefo in egual modo da entrambi allora il problema è ferio, ficura di voler fapere cosa fare? Ti avvifo che non ti piacerà".

Era arrivata fin lì, non si sarebbe tirata indietro proprio ora, mise un'espressione risoluta in muso ed annuì.

"Molto bene, con lui dovrai femplicemente non fare quello che ha fatto con me mia madre".

Questa frase fece preoccupare non poco Jessica, da quelle poche informazioni che aveva visto la madre di Amanda era una lepre che lavorava come pediatra al Central hospital di Downtown, sempre a contatto coi cuccioli ed a quanto sembrava era il mammifero più buono e pacifico del mondo, tutto il contrario di lei che era una vera e propria killer che uccideva per professione, non riusciva davvero a capire cosa avesse potuto fare di così orribile a sua figlia.

"Cosa?".

"Mi ha...amata...come fi dovrebbe fare con qualunque figlio, ed io sono crefiuta penfando che avrei trovato altrettanto anche fuori dal nucleo famigliare...non è cofì".

La risolutezza vista un attimo prima sul muso di Jessica era letteralmente svanito, le parole della giovane ibrida l'avevano sconvolta.

"Farà un berfaglio, per tutti, perché noi... fiamo diverfi, forfe al afilo non tanto, quando fono cuccioli non vedono le differenze, ma già dalle elementari, la fua vita diventerà un inferno, ogni giorno che pafferà fi chiederà...perché...e l'unica rifpofta che otterrà da chiunque faranno folo infulti e alla peggio botte, tante...botte".

Si fermò qualche secondo dal parlare, soprattutto per vedere se Jessica avesse o meno qualcosa da dire, tuttavia la lepre era troppo sconvolta per poter biascicare anche solo mezza parola, certo non aveva mai pensato che Zootropolis fosse la perfezione, ma nemmeno quello...

"Mia mamma... fi è fatta in quattro per permettermi di ftudiare privatamente, ma la prima elementare l'ho fatta interamente alla pubblica, cofì per dire vifto che la maggior parte del tempo l'ho paffato al pronto foccorfo, a caufa di quello che fubivo fia da compagni che dagl'infegnanti".

"Aspetta, vuoi dire che...".

"Fi, neffuno lì tratterrà col rifpetto che meritano, fe te e tuo marito...".

"Non siamo sposati...non ancora...".

"Poco importa, fe te ed il tuo...compagno...li amate veramente, allora dovrete mettervi in testa che farete i foli...a parte forfe...".

Prima di concludere volse leggermente il capo in direzione del lupo che nel frattempo osservava la situazione.

"...qualche rara eccezione".

“Ok, adesso basta, tempo scaduto, ora vattene”.

Ethan non ci pensò due volte ad interrompere la conversazione facendo notare alla lepre quanto lei fosse di troppo li, comunque Jessica aveva ottenuto quello che voleva, non aveva altre domande da fare all’ibrida per cui si avviò verso la porta de cui erano entrati un attimo prima.

“Ehi!”.

Amanda attirò la sua attenzione, facendola voltare verso di lei.

“Lo vuoi un con…siglio? La pros…sima volta che ti s…scopi il tuo compagno…fagli us…are un p…pre…ser…vativo…”.

Stava facendo una fatica immane per cercare di parlare normalmente, sembrava che mentre lo faceva patisse dolore fisico, Jessica ebbe la conferma di ciò non appena Amanda fece un gesto che nessuno li si aspettava, alzò la zampa destra e, con indice e medio, cominciò a far scendere la mascherina, scoprendo inizialmente il nasino rosa, ma quando arrivò a lasciare intravedere tutto il muso, fu a quel punto che a Jessica le si gelò il sangue nelle vene, la maschera non le serviva a proteggerla da polvere o batteri presenti nell’aria come aveva immaginato, ma per celare alla vista l’orrore che ci stava sotto, quello che doveva essere un semplice musetto da leporide era ormai deturpato e lacerato da quelle che altro non erano che zanne da predatore, troppo grandi anche per essere quelle di una donnola e per starci dentro senza fare danni, alcune erano cresciute completamente storte e le avevano lacerato in parte le labbra, non le era nemmeno possibile chiudere interamente la bocca, se lo avesse fatto sicuramente si sarebbe ferita da sola, con ogni probabilità ogni singola parola che le aveva detto da quando l’aveva vista doveva averle provocato un dolore lancinante, ma la cosa peggiore era che forse un tempo era pure messa peggio, le si vedevano ancora i segni di quelle che sembravano a tutti gli effetti cicatrici dovute a svariate operazioni chirurgiche atte a migliorare, seppur di poco, le sue condizioni.





“…così almeno, non metterai al mondo altri mos…tri come me”.





Ethan si avvicinò, frapponendosi tra le due prede per poi abbassarsi fino ad arrivare all’altezza del ibrido.

“Ehi, non dirlo mai più, non è affatto così, i mostri qui sono ben altri e tu non hai nulla a che vedere con loro”.

Senza nemmeno cercare di nasconderlo si girò a fissare Jessica mentre finiva la frase, poi si alzò in piedi.

“Adesso vai con Lambert, ti riportiamo a casa”.

Con fare sconsolato si sollevò nuovamente la mascherina a coprirsi il volto, per poi uscire dalla stanza accompagnata dalla zebra.

“Adesso ascoltami bene, perché non mi ripeterò due volte”.

Non appena fu certo che Amanda si fosse allontanata a sufficienza si rivolse alla lepre, osservandola dall’alto al basso e costringendola ad alzare lo sguardo.

“Non voglio più vederti circolare a meno di duecento metri da lei, me ne fotto di quali poteri sei investita, se dovesse capitare potrei non rispondere delle mie azioni, sono stato abbastanza chiaro?”.

Jessica rispose con un semplice cenno della testa, poi si girò e varcò la porta, non appena fuori corse, forse verso l’auto ma non ne era sicura, le interessava solo allontanarsi da quel posto, per la prima volta dopo molto, moltissimo tempo, aveva visto qualcosa che l’aveva realmente turbata e di certo non si trattava del muso di quella poveretta, ma aveva in testa un solo pensiero che glie la martellava quasi fino a provocarle dolore.





E se accadesse anche a loro?





Come potranno mai perdonarmi?





Come potrò mai perdonarmi?





Che diavolo ho fatto?





Senza nemmeno rendersene conto aveva corso ben al di fuori del mercato del pesce e completamente concentrata sui suoi pensieri non si accorse del mammifero che aveva di fronte, centrandolo in pieno e cadendo entrambi col culo a terra tra la soffice neve fresca.

“Ouch, mi spiace, non l’ho vist…Mason?”.

La lepre rimase stupita dal rivedere quello stesso giorno la iena, tuttavia la sua attenzione si focalizzò su ben altro, sembrava quasi che il suo vecchio mentore avesse appena disputato un incontro di pugilato, perdendolo.

“Ma…che cavolo ti è successo? Chi ti ha ridotto così?”.

Il predatore nel frattempo si era rimesso in piedi, avvicinandosi ed offrendo una zampa alla lepre per aiutarla a rialzarsi.

“Ho avuto un breve ma intenso tête-à-tête con Gomphos, sai nella speranza di avere qualche informazione da riferirti".

Certo l’idea di avere altre informazioni riguardo il capo del NID era a dir poco allettante per la lepre, tuttavia prima di tutto le interessava sapere ben altro.

“Aspetta, mi stai dicendo che Gomphos, un tale che tu mi hai detto essere un mammifero di dimensioni medio-piccole tipo me, ti ha pestato in questa maniera? Immagino che lo hai lasciato fare, ma allora la domanda è PERCHÉ?”.

“Io…non ho lasciato fare proprio nulla…”.

In genere Mason non era serio nemmeno mentre accoppava la gente, vederlo così provocò un lieve smarrimento in Jessica, anche visto quello che le stava dicendo.

“…mi ha semplicemente e letteralmente…surclassato, qualunque cosa avessi provato a fare mi avrebbe sconfitto comunque, anzi se non fosse arrivato Bogo a quest’ora sarei morto”.

La notizia l’aveva quanto meno impensierita, al punto che decise di rivedere, almeno per il momento, i suoi piani per potersene uscire dall’agenzia, tuttavia era ancora interessata ad eventuali informazioni in merito.

“Almeno è servito a qualcosa? Hai scoperto niente?”.

“Non molto Jess, a dire il vero solo due cose, non so ancora di che specie sia né se si tratti di un predatore o una preda, ma di una cosa ne ho la certezza, è in buoni rapporti con Bogo, è probabile che i due siano amici di vecchia data”.

Lei annuì, pensando in che modo potesse sfruttare questa novità, comunque gli fece cenno di proseguire.

“E poi?”.

“Eh eh, questa è una bomba credimi, quand’è stata l’ultima volta che ci hai parlato?”.

“Al telefono quattro anni fa, appena dopo l’arresto di Bellwether”.

“E che ti ha detto?”.

La lepre non capiva dove volesse andare a parare, tuttavia sapeva che aveva quel modo di fare, doveva sempre girarci intorno, nonostante a lei desse sui nervi, magari proprio per quello.

“Insomma, non era troppo contento, dovevo accoppare Dawn, i suoi collaboratori e i testimoni, non ho mai fatto niente di tutto questo ed ha accennato al fatto che se fosse capitato nuovamente me la sarei vista brutta, da allora ricevo ordini da Savage”.

“E cosa hai capito da quella conversazione?”

“È sicuramente un tipo autoritario, altrimenti non sarebbe a capo di un’agenzia governativa segreta, era anche parecchio incazzato dal mio metodo utilizzato per portare a termine la missione, tuttavia mi ha dato una seconda possibilità, potrebbe voler dire che tutto sommato pensa che potrei continuare ad essere utile”.

“Un’analisi accurata certo, peccato che parlandoci al telefono non sei riuscita ad accorgerti di un particolare importantissimo, ma credo che probabilmente anche standoci faccia a faccia non l’avresti capito”.

“Vieni al punto dannazione!”.

“Gomphos si riferisce a sé con pronomi maschili, ma in realtà è una femmina, sicuramente lo fa per nascondere la sua identità ed anche Bogo la copre in tal senso”.

La notizia lasciò di stucco la lepre, che avrebbe pensato a tutto tranne che a questo.

“Cos…lei è….come hai fatto a capirlo? La voce è modificata e dubito che abbia indossato abiti che mostrassero la sua fisionomia fino a quel punto”.

“Infatti, come ti ho già detto non si riesce nemmeno a capire di che specie sia, i suoi abiti la coprono integralmente, ma sono comunque riuscito a sentire il suo odore”.

“Il suo odo…che vuoi dire?”.

La iena sghignazzò appena, prima di dare ulteriori dettagli.

“Diciamo che voi femmine…emanate un odore particolarmente forte, quando siete in quel particolare periodo, questo potrebbe anche spiegare perché era così incazzata”.

Quasi si pentì di avergli fatto quella domanda, tuttavia aveva ragione lui, la notizia che le aveva dato era una vera bomba, ora il campo era ristretto a solo gli esemplari femminili, tuttavia per il momento il suo pensiero era rivolto ad altro e pure Mason pareva essersene accorto.

“Ora che intendi fare Jess?”.

Lei alzò lo sguardo prima verso il predatore, poi lentamente si rivolse verso nord, osservando le montagne di Tundratown, ben conscia che al di là di quelle ci stava il bioma che le interessava.

“Goodsprings…”.

Quel nome suscitò un certo fastidio nella iena, che si volse ad osservare nella sua stessa direzione.

“…c’è una cosa a Goodsprings che devo vedere”.

“Va bene, se decidi di andarci subito, allora vengo con te, oggi ho tempo per una gita fuori programma”.

Jessica osservò bene l’orologio da polso, era passata un’ora abbondante da quando era uscita di casa, se fosse andata a Meadowlands non avrebbe mai fatto in tempo sia a fare spesa che tornare a casa senza far insospettire Nick, ma avere Mason con sé le dava una sicurezza in più di cui non poteva assolutamente fare a meno.

“Ho deciso, andiamo!”.





Note

Rieccomi qua, dopo tre mesi riesco finalmente ad aggiornare questa mia long che ormai va avanti da quasi quattro anni.

Come sempre ringrazio il sempre presente Redferne per le sue recensioni e soprattutto per l’aiuto che mi ha dato nel decidere come impostare i dialoghi di Amanda, e pure BlackShadow03 per la recensione al precedente capitolo.
A proposito Amanda, si tratta di un mio OC che sviluppai per la storia di un’altra autrice qua sul fandom, purtroppo ha deciso di cancellarla e quindi me ne sono riappropriato, facendo delle piccole modifiche estetiche al personaggio.

Alla prossima
Davide

7072 parole

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Capitolo 34
*** 34 - Mostro (Seconda parte) ***


Dopo più o meno dieci minuti di viaggio si ritrovarono a passare il confine naturale creato dalla zona montuosa che costituiva in buona parte la sezione nord del distretto artico di Tundratown, percorsi i quasi due chilometri di tunnel, scavato alla base della montagna, sbucarono in quello che era la parte sud del ben più mite distretto di Meadowlands, tuttavia erano ancora a più di mezz’ora di distanza dal posto di blocco per la zona di alienazione di Goodsprings e sapevano entrambi che avrebbero dovuto passarci per forza se volevano proseguire dato che non c’era modo di aggirarlo.
Dopo il tragico incidente di ventisei anni prima per tutta la porzione di territorio attorno alla cittadina nel raggio di trenta chilometri era stato costruito un muro di cemento alto cinque metri che racchiudeva l’intera zona, certo visto così poteva sembrare poco o nulla, specie se confrontato ai centoventi delle mura climatiche della città, con le torri centrali che arrivavano ad oltre duecentodieci metri di altezza, superando anche alcuni grattacieli del distretto di Downtown, sotto quell’aspetto erano veramente insuperabili, tuttavia il muro con cui avrebbero avuto a che fare ora era ben diverso, non aveva lo scopo di cambiare il clima per renderlo più piacevole ad altre specie, ma serviva solo per impedire che chiunque, nessuno escluso, potesse avventurarvisi oltre, andando sicuramente incontro a morte certa, per far sì che tutto questo fosse possibile lo avevano costruito in modo tale che racchiudesse tutta la zona interessata, formando un anello di cemento e filo spinato di quasi duecento chilometri di diametro, interrotto da quattro passaggi con sbarra e guardiola equidistanti uno dall’altro, uno per ogni punto cardinale, in cui ci stavano appunto i posti di blocco con guardie armate che impedivano il passaggio, se non ai pochi mammiferi che avevano un’autorizzazione particolare.

“Secondo te come saremmo venuti se invece della CGI avessero usato le animazioni tradizionali?”.

Jessica, che in quel momento era concentrata sulla guida e su come fare per riuscire a raggiungere i laboratori a Goodsprings senza restarci secca, non diede per nulla bado inizialmente alla iena che aveva seduta di fianco, dopo qualche secondo di silenzio, pensando di aver capito male, si volse leggermente verso il predatore, lanciandogli una fugace occhiata senza perdere di vista la strada.

“Cosa?”.

“No niente, ehi guarda là”.

Improvvisamente la lepre inchiodò la vettura, facendo fischiare le gomme sull’asfalto, una volta che l’auto fu completamente ferma scesero entrambi cominciando ad osservare davanti a loro.

“Il muro”.

Il predatore fece il giro dell’auto, avvicinandosi a Jessica, la quale continuava ad osservare la struttura, come s’immaginava non era molto alta, ma stupiva il fatto che nonostante formasse una circonferenza se la si guardava all’estrema destra o sinistra lo si vedeva che proseguiva dritto fino all’orizzonte, a dimostrazione della sua imponente lunghezza, la si poteva vedere perfettamente dato che per motivi di sorveglianza era stata creata una spianata priva di vegetazione dall’inizio del muro per un centinaio di metri, in ogni caso Meadowlands era un distretto per lo più pianeggiante e la vegetazione non cresceva fitta come poteva essere sulle montagne di Tundratown o a Rainforest.

“Ci sarà solo un chilometro a separarci dal posto di blocco, se hai dei ripensamenti questa è la tua migliore possibilità per tornare indietro”.

La preda volse lo sguardo a Mason, per poi riprendere ad osservare la muraglia davanti a loro, non era nemmeno certa del fatto che al di là ci fosse quello che stava cercando, l’unica cosa su cui non aveva dubbi era che oltre avrebbe trovato l’inferno in terra, o per lo meno era così che i libri descrivevano quella zona, tuttavia sapeva pure che, se veramente c’era qualcosa, avrebbe ottenuto informazioni che la discussione con Amanda non aveva portato alla luce.

“Non perdiamo altro tempo”.

Prima di risalire in auto Jessica aprì il baule per poi cominciare a cercare nel borsone che Josh le aveva fatto trovare pronto, l’orso le aveva detto che lì dentro avrebbe trovato tutto il necessario per poter raggiungere Goodsprings in relativa sicurezza, dopo un po' di rovistare trovò effettivamente quello che le serviva, tirò quindi fuori dei fogli e chiuse il baule, per poi montare in auto assieme alla iena.

“Che hai lì?”.

“I permessi per varcare il posto di blocco ed entrare nella zona di alienazione, una tuta NBC ed un contatore geiger”.

La lepre osservò per un po’ le carte, ovviamente false, che il grizzly le aveva dato assieme a tutto il resto, a quanto pare anche lui aveva pensato che non avrebbe mai resistito alla tentazione di addentrarsi in una zona così pericolosa, decidendo di farle trovare tutto pronto ancora prima di riferirle i risultati delle sue ricerche, dopo qualche secondo riportò l’attenzione al predatore che aveva seduto di fianco.

“Non avevo previsto di andarci accompagnata, non ho protezioni da darti”.

“Non preoccuparti, non ne ho bisogno”.

Jessica continuò per qualche secondo ad osservare in silenzio la iena che stava seduta al posto del passeggero alla sua destra, poi si volse in avanti e con un giro di chiave rimise in moto il motore dell’auto, l’unica cosa di cui aveva la certezza di trovare oltre la muraglia che aveva davanti era una porzione di territorio altamente radioattivo ed estremamente pericoloso, tuttavia era anche convinta del fatto che, se veramente ci stava un laboratorio, oltre avrebbe trovato la risposta a tutte le sue domande, fece quindi sgommare le ruote sull’asfalto, avvicinandosi.





“Non avete visto i cartelli? Questa è una zona vietata”.

A guardia dell’entrata vi erano due mammiferi, un lupo ed una zebra, entrambi erano equipaggiati come se dovessero partire per la guerra, indossavano l’uniforme dell’esercito con varie protezioni tra cui un corpetto in kevlar ed in altri punti critici del corpo, in cintura avevano una SIG Pawer P320, la pistola d’ordinanza alle forze militari di terra di Zootopia, mentre imbracciato tenevano un fucile d’assalto M4A1, l’arma era tenuta puntata contro l’auto dalla zebra nel frattempo che il lupo si era avvicinato per capire il motivo del loro arrivo.

“Li abbiamo visti, abbiamo un’autorizzazione ad entrare”.

La preda si fece passare i fogli da Mason e li diede al canide che cominciò a leggerli più e più volte per poi andare verso la guardiola.

“Aspettate un secondo, devo verificare”.

Mentre il lupo si accingeva a parlare al telefono, l’equino continuava a tenere sotto tiro i due mammiferi dentro l’auto, nonostante si fidasse dei documenti che Josh le aveva dato era nervosa ed a quanto pare notò che lo era anche la iena, senza farsi vedere aveva infilato una zampa all’interno del cappotto che indossava, dove probabilmente aveva una pistola pronta per ogni evenienza in caso non li avessero fatti passare, o peggio.
Poteva dire che lo conosceva meglio di chiunque altro, quando Mason si metteva in testa qualcosa lo portava fino in fondo, ed ora aveva deciso di aiutarla a trovare quello che cercava e se questo avesse voluto dire ammazzare due militari che in fin dei conti facevano solo il loro dovere non avrebbe esitato nemmeno un secondo, tuttavia il lupo fece presto la sua ricomparsa al finestrino della lepre, ridandole le carte.

“È tutto in ordine, non ho idea di cosa andiate a fare lì dentro, ma devo avvertirvi che la zona è estremamente pericolosa, avviseremo anche gli altri posti di blocco del vostro arrivo e quando uscirete dovrete sottoporvi ad una decontaminazione, sia voi che l’auto, se dovessimo rilevare un livello di radiazioni troppo elevato saremo costretti a mettervi in quarantena, è tutto chiaro?”.

“Si, ora possiamo andare? Avremo una certa fretta”.

Il canide fece un cenno con la testa, per poi fare altrettanto all’equino che nel frattempo era entrato nella guardiola, qualche secondo dopo la sbarra cominciò ad alzarsi, permettendo all’auto di proseguire, Jessica non attese un secondo e premette sull’acceleratore entrando all’interno delle mura.

“Prendi il contatore Geiger”.

La iena osservò per qualche istante la lepre alla guida nel mentre che con la zampa sinistra frugava nel borsone finché non trovo lo strumento, era un vecchio modello col quadrante analogico ed una comoda maniglia da cui tenerlo, lo accese e lo puntò poi fuori dal finestrino.

“Nulla da segnalare”.

“Lo so, dannazione, non siamo ancora nella zona pericolosa”.

Accortosi che lei era alquanto nervosa tentò in qualche modo di indagare sui motivi.

“Sei tesa per il posto in cui stiamo andando o per le cose che ti ha detto quella giovane ibrida? Com’è che si chiamava?”.

“Amanda, e tanto per essere chiari io non sono…aspetta un po’, come fai a sapere del mio incontro con lei? Adesso ti metti pure a spiarmi?”.

Mason si fece una grassa risata ai danni della sua interlocutrice, che per risposta si concentrò nuovamente sulla guida, ignorandolo.

“Ma cosa vai a pensare? Non ti ho spiata e comunque non ce n’era nemmeno bisogno, in fondo mi è stato sufficiente leggere il precedente capitolo per capire tutto, certo che lei…era bruttina forte eh?”.

La leporide per tutta risposta all’affermazione della iena inchiodò la vettura e dato che il predatore si era premurato di non fare il tremendo sforzo di allacciarsi le cinture di sicurezza venne letteralmente sbalzato di schiena contro il parabrezza per poi atterrare sul cruscotto.

“Ma dico, sei diventata matta? Se avessi battuto di testa…”.

“Magari, sarebbe la volta buona che diventi normale, o se non altro si spera un po’ meno idiota, ma i miracoli a quanto pare non esistono!”.

Si era messa ad urlare agitando le braccia nel mentre che lo riprendeva per l’ennesima boiata con cui se n’era uscito, segno che aveva perso la pazienza e che quindi non era il caso di stuzzicarla oltre, dopo qualche secondo la preda tirò un lungo sospiro per poi posare pesantemente la fronte sul volante, facendo partire un colpo di clacson.

“Che diavolo sto facendo Mason?”.

Il predatore si rimise quindi seduto al posto del passeggero, sembrava che improvvisamente lei avesse perso tutta la determinazione che fino ad un attimo prima aveva nel portare a termine la sua ricerca, lui la voleva sinceramente aiutare ma non poteva scegliere cosa fosse giusto per lei, per cui per ora si limitò ad indagare su cosa la tormentasse.

“Stai…aiutando la tua famiglia?”.

“Non ne sono più così certa, insomma, mi sto avventurando in uno dei posti più pericolosi che esistano sulla terra per trovare qualcosa di cui non sono nemmeno sicura se esista o meno, sono irresponsabile da far schifo”.

“Ehi”.

Senza spostare la testa dal volante la lepre si limitò a voltarsi, fino ad osservare la iena che aveva di fianco.

“La scelta è solo tua, che vuoi fare?”.

Anche per il fatto che era convinta che il suo vecchio mentore l’avrebbe incoraggiata a proseguire Jessica ci rimase male non appena le venne fatta quella domanda, non se l’aspettava e ne venne colta completamente alla sprovvista, tuttavia sapeva cosa era giusto fare, sollevò la testa dal volante e rimise in moto l’auto.

“Voglio tornare a casa”.

Il predatore la osservò mentre inseriva la retromarcia, probabilmente per fare manovra e tornare da dove erano venuti.

“Tuttavia…se c’è anche solo una possibilità che in quei laboratori vi sia qualcosa che può aiutare i miei figli, allora io devo andare a vedere, nonostante il pericolo”.

Con la stessa rapidità con cui aveva inserito la retro ritornò sui suoi passi mettendo la prima per poi accelerare e riprendere il viaggio verso la sua meta originale.

“Io non scappo, non ancora, non di nuovo, stavolta andrò fino in fondo alla faccenda, dovessi rimetterci la pelliccia”.

Era quella la risposta che si aspettava dalla sua pupilla nonché miglior allieva di sempre, soprattutto perché era stata l’unica, d'altronde non ci aveva certo passato assieme un anno intero ad addestrarla e altri quattro di missioni di vario tipo solo per poi vederla mollare alla prima difficoltà, certo poi l’aveva abbandonata per quindici anni senza dare nessuna spiegazione su dove sarebbe andato facendosi credere morto da praticamente chiunque, ma la missione era prioritaria e soprattutto con lui tra i piedi la sua piccola protetta non avrebbe mai trovato il suo posto all’interno del NID, cavolo poteva dire di essere persino orgoglioso, stava per esternare tutta la sua gioia per lei quando improvvisamente la preda inchiodò nuovamente la vettura, e dato che anche stavolta lui non si era minimamente preoccupato di allacciarsi la cintura si ritrovò nuovamente spalmato contro il parabrezza.

“Ok tesoro, ora inizio seriamente a pensare che mi vuoi accoppare”.

“Preferivi che mi schiantavo?”.

La lepre indicò davanti a lei, nel frattempo Mason si era rimesso seduto al suo posto, osservando il grosso albero che era crollato proprio in mezzo alla strada, impedendo il passaggio dell’auto.

“Uau, il tronco sarà largo un metro, come ha fatto a cadere una pianta del genere?”.

I due mammiferi scesero dall’auto per osservare la pianta, la base era stata tagliata di netto ed a giudicare dal ceppo era stato fatto pure di recente.

“Qualcuno lo ha tagliato”.

“Questo non cambia nulla, non ho intenzione di tornare indietro proprio ora, continuiamo a piedi”.

Dopo aver perso completamente interesse verso la pianta, la lepre aprì il bagagliaio da cui tirò fuori il borsone da viaggio che gli aveva fornito qualche ora prima Josh alla libreria Goldberg, già allora aveva notato la tuta di protezione NBC ed il contatore geiger al suo interno, il dispositivo per la misurazione delle radiazioni lo avevano già tirato fuori in precedenza, ora le interessava soltanto indossare la tuta per essere sicura di correre meno rischi possibili, nonostante fosse a conoscenza del fatto che in certi punti ci stavano zone talmente contaminate che l’avrebbero uccisa all’istante anche con la massima protezione possibile.
Cominciò ad infilarcisi dentro, era di un modello anche abbastanza recente formato da un pezzo integrale di un qualche materiale simile alla plastica completamente giallo, non sembrava essere stata fatta specificatamente per un leporide quindi non aveva lo spazio per le sue lunghe orecchie, avrebbe dovuto tenerle fastidiosamente abbassate per tutto il tempo dentro la tuta, l’unica parte esposta era quella del volto, che doveva venire coperto da una maschera antigas con filtri speciali per tenere lontano dalle vie respiratorie eventuali particelle radioattive, stava per mettersi quest’ultima prima che decidesse di voltarsi verso il predatore che la osservava curioso.

“Non avevo in previsione di venire accompagnata, non ce l’ho per te”.

“Non preoccuparti, non sarà di certo questo posto…ad uccidermi”.

La lentezza con cui aveva terminato la frase e la serietà con cui l’aveva pronunciata unita al fatto che aveva cercato in ogni modo di evitare il suo sguardo non fece altro che preoccupare di più la lepre, che si fermò proprio mentre stava per indossare la maschera.

“Che vuoi dire?”.

“Faresti meglio a sbrigarti, hai già perso fin troppo tempo”.

Con quest’ultima frase la iena gli fece capire chiaro e tondo che non sarebbe andato a fondo della questione e comunque aveva ragione, questa sua ricerca personale le aveva già fatto perdere fin troppo tempo e man mano che quest’ultimo passava sentiva sempre più forte il bisogno di ritornare a casa.
Non se ne stette quindi a rimuginarci troppo su ed ignorando il compagno si mise la maschera e cominciò ad incamminarsi lungo la strada che portava al paese, ci vollero si e no cinque minuti per arrivare all’ingresso di quest’ultimo, tra le fronde di un albero stava nascosto un cartello che probabilmente indicava l’inizio del centro abitato, Jessica vi si avvicinò per poi leggere quello che vi stava scritto.



Benvenuti a Goodsprings
Abitanti 5839



Tutto sommato, nonostante fossero passati ben ventisei anni dall’incidente che aveva reso il vicino abitato una vera e propria città fantasma, il cartello aveva retto bene la furia della natura, furia che a quanto pare aveva deciso di scatenarsi dapprima sulla carreggiata di asfalto, creando crepe che correvano da una parte all’altra della strada e da cui erano cresciuti veri e propri alberi, gli edifici non erano da meno, più di due decenni di completo abbandono li avevano resi pericolanti, alcuni tetti in legno avevano ceduto sotto il peso delle abbondanti nevicate invernali ed anche in quel caso la vegetazione la fece da padrona, reclamando il posto che le spettava di diritto, distruggendo pian piano tutto quello per cui ci erano voluti anni ad edificare, volenti o nolenti la natura si stava riprendendo tutto lo spazio che le era stato sottratto e non esisteva nulla che nessun mammifero potesse aver costruito in quel posto che potesse sottrarsi a tutto ciò.

Presa da una miriade di pensieri Jessica afferrò il contatore geiger provando a puntarlo un po’ ovunque, ottenendo il medesimo risultato in ogni caso salvo in una sola specifica direzione.

“Merda, il contatore non va…”.

“Sicura? Magari qua non c’è stata molta ricaduta”.

La lepre negò vigorosamente con la testolina, mostrando poi lo strumento al collega.

“Secondo i dati il muro è stato costruito a due chilometri di distanza dal raggio di ricaduta radioattiva minima, li abbiamo superati da un pezzo e per quanto poco qualcosa si dovrebbe rilevare, il problema è che le uniche radiazioni presenti…”.

Si fermò un attimo dal parlare per poi voltarsi verso il predatore puntandogli poi lo strumento contro, che cominciò ad emettere un suono, segno che cominciava a captare qualcosa, seppur debole e quasi irrilevante.

“…provengono da te!?”.

Mason si fermò ad osservarla per qualche secondo prima di darle la risposta che cercava, era da tanto che non la vedeva con quello sguardo al limite tra lo smarrito ed il stupito, roba che se fosse stata in un fumetto o un manga ci sarebbero stati tre enormi punti interrogativi fissi a fluttuare sulla sua testolina, a testimonianza del fatto che la poveretta non ci stava capendo più nulla di quello che accadeva li, tuttavia non fece a lungo scena muta, l’aveva già stuzzicata abbastanza per quella giornata ed era sicuro che fosse al limite di una crisi di nervi.

“Tranquilla è tutto ok, non comincerò a sparare raggi atomici dalla bocca e non credo nemmeno che diventerò verde ed alto due metri, è colpa di questo”.

Contemporaneamente alla fine della frase afferrò con una zampa una catenella che aveva al collo e che aveva tenuto nascosta sotto la maglia per tutto il tempo, se la tolse completamente mostrandola alla lepre, in fondo vi era attaccata una pietruzza semi lucida verdognola che sembrava quasi vetro, la lepre avvicinò ulteriormente il dispositivo, il livello di radiazioni nonostante fosse basso era comunque rilevabile.

“Che minchia è quella roba? E perché te ne vai in giro con sassi radioattivi”.

“Allora, prima di tutto non è un “sasso” si tratta di trinitite, è molto rara, l’ho fregata da un museo ad Emmeria, e non preoccuparti, è completamente sicura”.

Nonostante non sembrasse troppo convinta la lepre si fece comunque andare bene quella spiegazione, tuttavia quest’ultima ancora non svelava il motivo della totale mancanza di radiazioni nella zona, anche residue, comunque adesso aveva la certezza che il contatore funzionava, per cui decise di avviarsi verso il centro cittadino fintanto che risultasse sicuro.
Camminarono per cinque minuti buoni passando senza troppo interesse le prime abitazioni abbandonate, ma quando arrivarono al vero e proprio inizio del paese si resero conto entrambi delle condizioni in cui era, le strade che un tempo dovevano venire percorse da centinaia di persone ogni giorno ora versavano in un silenzio semplicemente agghiacciante ed il tutto aveva un che di surreale, nonostante la natura in quei ventisei anni avesse fatto il suo corso erano ancora ben visibili i segni dell’esodo che era stato messo in moto subito dopo l’incidente per abbandonare il paese, molte abitazioni avevano le porte spalancate, segno che era stato fatto il tutto in fretta e furia pur di scappare, disseminati sui marciapiedi ormai semi nascosti da muschio ed edera vi stavano oggetti d’uso comune probabilmente abbandonati dai proprietari perché troppo ingombranti o di nessuna utilità, dentro le case assieme alla sporcizia ed il degrado vi erano ancora tutti i mobili ed elettrodomestici esattamente come erano stati lasciati al momento della fuga, era una vera e propria città fantasma e per un attimo Jessica si sentì quasi in colpa a camminare li mentre chi ne aveva il diritto era stato costretto a trasferirsi per quello che inizialmente sembrava un breve periodo divenuto nel giro di poco una cosa permanente, quasi seimila persone si erano viste andare in fumo decenni, per alcuni forse intere generazioni, di sacrifici in pochissime ore.
Tuttavia l’interesse scemò ben presto, era lì per altri motivi che stare ad ammirare il paesaggio.

“Mentre venivamo qua hai detto di sapere dove si trova il laboratorio”.

Il predatore si volse verso la sua un tempo apprendista, la osservò per un attimo dentro quella scomoda tuta protettiva e gli venne quasi da ridere, tuttavia si trattenne dandole poi la risposta che voleva.

“Si, c’è un vecchio panificio vicino il centro, l’ingresso è nascosto li dentro”.

“Ci sei già stato? Anche dentro intendo”.

“No, è successo qualche mese prima dell’incidente che ha causato tutto questo casino, ero da poco entrato nel NID ed il mio istruttore aveva da fare una consegna nei laboratori, io attesi fuori finché non ritornò e poi ce ne andammo, non ci tornai più, fino ad ora”.

Per la lepre era già una buona cosa il fatto che Mason sapesse dove si trovava l’entrata, risparmiandole inutili perdite di tempo in altrettanto inutili ricerche, tuttavia il suo discorso le aveva messo un tarlo in testa che voleva togliersi, il predatore era stato il suo istruttore quando lei stessa entrò a far ufficialmente parte del NID alla giovane età di sedici anni, insegnandole tutto ciò che ora sapeva, ma si era sempre chiesta in effetti da dove o da chi avesse imparato lui, ed ora era venuto fuori che anche lui, proprio come lei, aveva avuto un mammifero che lo aveva seguito ed addestrato.

“Il tuo istruttore?”.

“Un caribù”.

“E com’era?”.

“Stoppaccioso”.

Jessica fermò quasi immediatamente la sua camminata, voltandosi verso il suo compagno e puntandogli inavvertitamente il contatore geiger contro, che iniziò ad emettere un debole segnale a causa della stessa collanina vista un attimo prima.

“Aspetta, non vorrai…non vorrai mica dirmi…che te lo sei mang…”.

Prima che potesse anche solo pensare di finire la frase il predatore la interruppe schioccando le dita per poi indicare un punto di fronte a loro, la lepre distolse in fretta lo sguardo per osservare curiosa cosa avesse attirato l’attenzione dell’altro, non appena se ne rese conto poté sentire un brivido salire lungo tutta la schiena mentre osservava una porzione di edifici distrutti, dai segni sembrava si fosse trattato di un incendio e pure parecchio grosso dato che aveva dato alle fiamme un intero quartiere, ma l’elemento più preoccupante era più che altro quello che aveva avviato il rogo in questione, la carcassa di un camion schiantata contro quello che un tempo doveva essere un distributore di benzina, la causa di tutto il putiferio che aveva portato all’abbandono del centro abitato, il ground zero della situazione.

“Siamo troppo vicini, noi non dovremmo trovarci qui”.

Quasi in preda al panico la lepre fece alcuni passi indietro, puntando il contatore geiger verso i resti carbonizzati della stazione di servizio, tuttavia lo strumento non rilevava nulla, si accertò più e più volte che fosse acceso e lo puntò pure verso il predatore per averne la certezza, avendone sempre esito positivo.

“Tutto questo…non è possibile, quello era il camion che trasportava le scorie dalla vecchia centrale nucleare dismessa, quello che in seguito all’incidente ha causato tutto questo, qui le radiazioni dovrebbero essere mortali, invece non c’è nulla”.

Lui si avvicinò ulteriormente per poi sedersi su un muretto li vicino ed osservare la lepre.

“Già, questo è quello che tutti pensano sia accaduto”.

Quest’ultima uscita della iena non piacque per nulla a Jessica, completamente incurate dei pericoli che ancora pensava ci fossero li nelle vicinanze, si tolse la maschera per poi lanciarla in direzione di Mason, il predatore non ebbe alcuna difficoltà a schivarla, spostandosi leggermente di lato, tuttavia non riuscì a fare altrettanto con la sua vecchia allieva, dopo averlo preso per la giacca lo tirò a forza giù dal muretto sul quale si era seduto per poi immobilizzarlo a terra mettendogli un piede sul petto.

“Ora basta con queste stronzate, dimmi quello che sai e vedi di farlo alla svelta!”.

Rimase quantomeno stupito dalla grinta con cui lo aveva atterrato, tuttavia si rese pure conto che era arrivata ad un limite che era rischioso farle superare, era più che evidente che aveva i nervi a fior di pelle e non ci teneva a vedere cosa avrebbe potuto fare se avesse continuato a recitare la farsa di quello che non ne sapeva nulla.

“È tutta una menzogna”.

Lentamente la lepre spostò il piede dal predatore, permettendogli di alzarsi dal manto stradale per poi tornare a sedersi nel medesimo punto in cui si trovava un attimo prima che lei lo scagliasse a terra, lo osservò per tutto il tempo in silenzio, attendendo che proseguisse con la spiegazione.

“Quando i laboratori vennero costruiti, cinquant’anni fa, Goodsprings ancora non esisteva, si trovano sottoterra ma alcuni edifici dovevano necessariamente stare in superfice e cominciarono ad attirare attenzioni non volute, per cui ebbero l’idea di edificarci attorno un paese, Goodsprings appunto”.

“Il modo migliore di nascondersi, mettendosi in bella vista”.

“Esatto, ma la cosa poteva funzionare finché ad abitare il paese erano quelli che ci lavoravano dentro ed al massimo le loro famiglie, ma in breve tempo la crescita di Zootropolis attirò sempre più gente, era il periodo in cui vennero ultimati i primi distretti climatici, tutti volevano iniziare una nuova vita nella città delle meraviglie, tuttavia la mole di persone in arrivo era così enorme che nella città in espansione non ci potevano letteralmente stare, per cui molti si spostarono nei vicini paesi, ci fu un boom demografico mica da scherzo in quegli anni, e Goodsprings, sebbene molto meno, ne risentì”.

“Quindi, mi staresti dicendo che…”.

“Si, l’aumento della popolazione stava rendendo sempre più difficili gli spostamenti del personale dei laboratori, dovevano trovare un rimedio e la chiusura della vecchia centrale nucleare in favore delle dighe di Meadowlands e gli impianti eolici a Marshlands gli diede un’occasione d’oro che sfruttarono all’istante, inscenarono l’incidente con un camion che non trasportava nulla e con la scusa del pericolo radioattivo sgomberarono una zona di sessanta chilometri di diametro attorno la cittadina, costruirono pure un emettitore di radiazioni, non nocive ma abbastanza da far impazzire i contatori geiger di eventuali curiosi, infine tirarono su il muro attorno per rendere il tutto ancora più credibile, e questo sistema continua a funzionare.

Nel frattempo che ascoltava la spiegazione Jessica aveva iniziato a spogliarsi della scomoda quanto inutile protezione NBC, non appena riuscì a tirarci fuori la testa la prima cosa che si premurò di fare fu di sollevare le lunghe orecchie, finalmente libere di muoversi, e massaggiarle delicatamente all’attaccatura, le aveva tenute in quella scomoda posizione per relativamente poco ma dato che come quelle di tutti i leporidi erano estremamente sensibili era più che bastato per darle un discreto fastidio.

“Quindi se ora non rileviamo alcun tipo di radiazione vuol dire che i laboratori sono chiusi, sono stati abbandonati tempo fa?”.

“No, invece, sono ancora attivi, infatti non riesco a capacitarmi del fatto che siamo arrivati fino a qui, da protocollo avrebbero dovuto attivare l’emettitore nell’istante in cui abbiamo varcato il posto di blocco, se comunque ci fossimo avvicinato troppo la sicurezza ci avrebbe arrestati e scortati all’interno per tenerci sotto custodia fino all’arrivo di un ufficiale superiore del NID, per una cosa del genere potrebbero addirittura scomodare Gomphos”.

Nel mentre si volse verso un edificio diroccato li vicino, quello che aveva tutta l’aria di essere un vecchio panificio, lo osservò per qualche secondo ed anche Jessica vi posò lo sguardo, seguendo il suo.

“L’entrata è li?”.

“Si, per lo meno quella pedonale, non ho idea dove sia quella carrabile”.

“Andrà più che bene”.

L’interno dell’edificio in questione non aveva nulla di diverso da tutti gli altri che avevano visto lungo la strada, alla vista risultava completamente abbandonato a se stesso e qualunque superficie era coperta da diversi strati di polvere, incluso il pavimento, era difficile pensare che qualcuno davvero passasse da li, tuttavia dopo poche ricerche Mason trovò l’entrata, nascosta dietro una falsa parete in fondo ad un corridoio, proprio come quella dei laboratori di Shady Sands dove era stato fino a quella mattina, pure qua la porta d’ingresso era corazzata, di fianco ci stava un interfono con annesso tastierino numerico, probabilmente su cui inserire il codice per aprirla, ed appena sopra la porta una videocamera a circuito chiuso attiva e funzionante.

“Ehi!”.

Jessica arrivò fin davanti la porta, agitando le braccia davanti la telecamera e mettendo in bella mostra il suo distintivo del NID.

“Sono l’agente operativo Jessica Schrader, numero di matricola NCC-74656-7D9, chiedo il permesso di entrare per questioni urgenti di sicurezza nazionale”.

Stettero in attesa entrambi per una decina di secondi, la telecamera continuava a fissarli e l’interfono non dava segni di vita.

“È normale?”.

“No, a quest’ora dovevamo già essere circondati e con un paio di manette, qualcosa non va…”.

Provò nuovamente, stavolta pure schiacciando tasti a caso sul tastierino nella speranza di attirare in qualche modo l’attenzione, nulla.

“Fatti da parte cara, ci penso io”.

Mollato a terra il borsone il predatore si avvicinò al tastierino, cominciando ad inserire combinazioni di numeri secondo una logica che conosceva solo lui e ricevendo ogni volta un suono acuto che faceva intendere di aver utilizzato una sequenza errata.

“Mettiti pure comoda, qua ne avremo per ore”.

Non si era neppure girato verso di lei mentre gli diceva quello, preferendo non perdere tempo e continuando ad inserire numeri su numeri, nel frattempo la sentiva che trafficava con qualcosa dentro il borsone che si erano trascinati dietro per tutto il tempo ed in cui un attimo prima aveva riposto la tuta NBC.

“Ok, credo di aver capito la prima sequenza, se siamo fortunati fra cinque ore saremo a metà dell’ope…”.

Senza che riuscisse a terminare la frase la lepre gli batté qualcosa vicino a lui sulla porta, il predatore si volse e notò un blocchetto di C4 appiccicato in corrispondenza dei cardini inferiori, quelli superiori invece erano troppo in alto per lei, quindi ne passò un altro a lui, che sistemò in maniera speculare a quello sotto, piazzandone poi altri simili in determinati punti critici.

“Porta pazienza, tesoro, ma io non ho tutto il giorno”.

“Vuoi veramente far esplodere una porta blindata di una struttura di proprietà del governo solo perché non ti fanno entrare”.

“Beh, siamo agenti operativi del NID e qui dento sembrano avere un problema, è nostro dovere indagare ed assicurarci che sia tutto nella norma, con…ogni…mezzo!”.

Collegati i detonatori si allontanarono quel tanto che bastava per girare l’angolo del corridoio, a quel punto la lepre prese il telecomando e fece una cosa che aveva sempre sognato di fare e che per un motivo o per un altro non ne aveva mai avuto l’occasione.

“FUOCO IN BUCA!!!”.

La detonazione fece tremare le pareti in cemento armato del edificio e volare frammenti di muro fin oltre l’angolo del corridoio, era stata a dir poco esagerata in confronto alle dimensioni della porta, tuttavia non aveva spesso l’occasione di trafficare col platico, solo Dio sapeva quanto aveva bisogno di svagarsi ed era da un pezzo che sognava di far esplodere qualcosa, non appena la polvere si diradò abbastanza da riuscire a vedere oltre uscì dalla copertura, saltellando euforica.

“Siii, che figata, devo farlo più spesso!!!”.

Mentre la lepre osservava entusiasta la devastazione che aveva causato, Mason arrivò fin dove prima si trovava la fu porta blindata, che ora si trovava tre metri più distante della sua sede originale, l’esplosione era stata abbastanza potente da piegarla e scagliarla conto la porta dell’ascensore che stava dall’altra parte, rendendolo quasi sicuramente inutilizzabile, dopo poco sopraggiunse anche la leporide ad osservare la sua opera d’arte, il predatore le picchiettò la testolina per attirare la sua attenzione.

“Pensa che ridere se ora viene fuori che avevano solo l’interfono rotto”.

La preda si limitò ad annusare l’aria, per poi negare vistosamente con la testa.

“Ne dubito, anzi mi stupisce che non lo hai sentito, eppure te come predatore dovresti avere un olfatto migliore del mio”.

La iena si sentì colpita nell’orgoglio, tuttavia aveva ragione, prima di aprire la porta non se n’era accorto, prese un respiro profondo annusando l’aria per poi analizzare tutti gli odori presenti.

“C’è stato uno scontro a fuoco qua dentro, ma solo all’interno, chiunque sia stato lo hanno fatto entrare, come hai fatto a sentirlo dall’esterno?”.

“Perché adoro il profumo della cordite, è…inebriante”.

Ignorandola completamente Mason la superò, davanti a loro vi erano il sopracitato ascensore ormai reso inutilizzabile dalla detonazione ed una rampa di scale, entrambi portavano verso il basso, nei piani interrati dei laboratori di Goodsprings, ormai erano lì, qualunque cosa vi avessero trovato l’avrebbero affrontata e sarebbero andati in fondo alla faccenda.









Note

Finalmente ce l’ho fatta, ho fatto una fatica bestia a finire questo capitolo principalmente a causa del brutto periodo che stiamo tutti vivendo e che ha ridotto al minimo il tempo a cui posso dedicare i miei hobby, tra cui appunto lo scrivere, ma ora sembra che finalmente mi sta venendo concesso un po’ di tempo (soprattutto per rifiatare, grazie a Dio) per cui ho deciso di portare avanti questa long, che era ferma da veramente troppo tempo, il prossimo aggiornamento invece sarà per Sogni infranti, e mi dispiace dirlo, ma li mi toccherà fare una modifica al rating, dal prossimo capitolo infatti la storia passerà al rosso, ma in fin dei conti l’ho sempre saputo che prima o poi sarebbe accaduto.

Prima di concludere un paio di cose, come sempre ci tengo a far sapere da dove prendo le informazioni per le mie storie, e qui in particolare parlo delle altezze delle mura climatiche tanto caratteristiche della città dove ognuno può essere quello che vuole, non me le sono inventate io ma c’è stata della gente che ne ha calcolato le misure dalle immagini del film, ecco spiegato qui tutto in dettaglio.

Qui vi lascio il link in cui ho trovato le informazioni riguardo le altezze delle mura climatiche. CLICCA QUI

Se non avete voglia di leggervi tutto mi limito a mettere le immagini che hanno usato per estrapolare le misure, che da quanto ho capito hanno preso come primo riferimento l’altezza di Judy ma non so dove l’abbiano trovata, immagino che l’hanno misurata basandosi su quella di Nick dato che la sua è conosciuta visto che stava scritto nel modulo d’iscrizione dell’accademia (quattro piedi, equivalenti ad un metro e venti)














Ultima cosa, credevate che avevo finito? Per niente, come ho fatto precedentemente vi volevo consigliare una storia per la lettura, si tratta della storia "Il club delle principesse: emancipazione e sbudellamenti", dell’autore "Dromeosauro394" e diciamocelo, l'ultima cosa che mi metterei a leggere io è una fan fiction sulle principesse Disney, ma diciamo che già il titolo mi ha fatto capire che non era esattamente quello che uno si potrebbe aspettare, consigliata vivamente.

Come sempre ringrazio di cuore Redferne (per quanto riguarda te vedrò di recuperare il prima possibile i tuoi capitoli, sono indietro da morire) ed EnZo89 per le loro recensioni al precedente capitolo, e si, anche voi che non vi degnate di scrivere una parola nemmeno sotto tortura, vabbè dai, vi voglio bene comunque ;-)

Alla prossima
Davide

5467 parole

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Capitolo 35
*** 35 - Mostro (Terza parte) ***


Premessa: Da questo capitolo ho deciso di cambiare il termine “Les enfants terribles” in “Les mammifères terribles” prima di tutto per distaccarmi leggermente da quello di Metal Gear anche se lo spunto rimane, ma soprattutto per dare un tono più alla Zootropolis anche al nome in sé.







35 - Mostro (Terza parte)




Zootopia Fried Chicken – Fast food tra Canal District e Rainforest



Il locale si presentava come una via di mezzo tra un semplice fast food ed un ristorante che ad una certa ora chiudeva la cucina per avviare la musica a tutto volume permettendo ai clienti di scatenarsi ballando sui tavoli; tuttavia era ancora presto e lo dimostrava il fatto che c’erano molte famiglie con bambini e che l’unico audio che usciva dalle televisioni era quello del tg mentre davano notizie di una scossa sismica con epicentro a Meadowlands e di un non ben specificato pericolo.

“Aaah, finalmente un po’ di pace, non ce la facevo più”.

Un lupo della tundra seduto al lato opposto del tavolino stava ancora masticando il suo boccone di pollo fritto quando la sua attenzione venne attirata dalla frase della coniglia di fronte a lui, per cui ingoiò in fretta quello che gli rimaneva in bocca per darle risposta.

“Se volevi un po’di relax non era meglio un posto più tranquillo? Senti che casino che c’è qua, comunque mi fa piacere rivederti in abiti normali, ormai cominciavo a pensare che la tua maschera fosse la tua vera faccia”.

Neanche avesse toccato un nervo scoperto, lo sguardo tranquillo della leporide si dissolse come neve al sole, lasciando spazio ad un’espressine affranta.

“C’è più di un motivo se ho scelto questo posto…”.

Il canide non capiva cosa avesse il suo capo, non capitava spesso di vedere Gomphos in quelle condizioni, tuttavia ipotizzò che il continuo mantenere un atteggiamento risoluto ed autoritario per tutto quel tempo doveva averla caricata di ansia ed ora aveva bisogno di sfogarsi in qualche modo e lui era la persona ideale a tale scopo, essendo la sua Zampa sinistra era a conoscenza di molte cose che nessun’altro sapeva, eccezione fatta ovviamente per la sua controparte Zampa destra ed il suo predecessore Bogo, ad esempio conosceva il suo vero aspetto sotto la maschera e di conseguenza che si trattava di una femmina di coniglio, aveva pure il permesso di parlarle dandole del “tu” quando non erano in servizio, ma qualunque altra informazione personale che la riguardava era comunque considerata tabù e gli era sempre andata bene così, poi c’era anche da dire che lui era un caso eccezionale, da quello che sapeva non era mai capitato prima di allora che un venticinquenne arrivasse ad ottenere quel ruolo nei confronti di quello che in quel momento era il Big Boss, ma a quanto pare Gomphos ci aveva visto qualcosa e lui non l’aveva mai delusa in quei due anni di servizio, mentre rifletteva sul da farsi per trovare un modo di farla rilassare anche se di poco un vociare al tavolo dietro di lui attirò l’attenzione della leporide, la osservò mentre alzava lo sguardo verso i suoi occupanti e non mancò di notare come fosse particolarmente interessata a riguardo, per cui incuriosito spostò di poco la sedia in modo da voltarsi, il tavolo in questione era occupato da cinque mammiferi, una coppia di furetti, una di armadilli ed infine quello che a prima vista poteva sembrare il classico terzo incomodo, o in questo caso quinto, ma che a quanto pare non lo era affatto, un coniglio che lui stesso riconobbe subito.

“Ma quello è…per questo sei voluta venire qui!”.

Gomphos non fiatò ne cambiò espressione di una virgola, e questo bastò a fargli capire che ci aveva preso.

“Credevo che ormai fosse acqua passata…”.

“Si…” La leporide rispose senza distogliere lo sguardo “…sì lo credevo anch’io, pensavo che bastasse lasciar passare un po’ di tempo, che lo avrei dimenticato, ogni volta Mitch, ogni volta che mi ritiro nel mio ufficio e mi levo la maschera di Gomphos per buttarmi a dormire lo rivedo, è una tortura…”.

“Lo hai fatto per il suo bene, se quelli della TUSK lo avessero scoperto cosa pensi che gli sarebbe capitato?”,

“È quello che mi ripeto anche io ogni volta, ma giungo sempre alla stessa conclusione, quello che ho fatto è imperdonabile…cinque anni Mitch, gli ho cancellato cinque anni di vita, se ora andassi lì non saprebbe nemmeno chi sono”.

Non era certo la prima volta che lei le mostrava ripensamenti sulla sua scelta di lasciare il suo fidanzato, soprattutto per il fatto che il suo ruolo all’interno del NID metteva in potenziale pericolo tutti quelli che conosceva, ma non si era mai spinta a tanto prima d’ora, nonostante non lo avesse quasi mai dato a vedere in quei cinque anni che era al comando ora più che mai il lupo si rese conto che lo spietato Gomphos alla fin fine non era la macchina assassina priva di sentimenti che tutti credevano ma solo un mammifero come tanti altri, con l’unica differenza che aveva una capacità di soppressione delle proprie emozioni a dir poco sconcertante, ma a quanto pare non infinita.

“Potresti farlo…”.

“Di che parli?”.

“Potresti mollare tutto e ricominciare da capo, hai già sacrificato tanto…non c’è verso che lui possa recuperare alcun ricordo di voi due, ma se si è innamorato di te la prima volta non vedo perché non…”.

 Non lo lasciò nemmeno finire, non aveva mai neppure preso in considerazione un’eventualità del genere, per lei era semplicemente fuori da ogni logica.

“E poi cosa? Vissero per sempre felici e contenti fino alla fine dei loro giorni? Questa non è una fiaba, non c’è nessun cavaliere che verrà a salvare la principessa in pericolo per poi ritrovarsi entrambi a cantare in duetto come degl’imbecilli, ci sono solo un branco di miserabili figli di puttana che stanno pianificando qualcosa di cui siamo ancora all’oscuro e lo stanno facendo sotto il nostro naso; ti sbagli Mitch, io ho appena iniziato a sacrificare”.

A fronte di un tale discorso il lupo della tundra non poté far altro che annuire in silenzio, portando poi lo sguardo nuovamente verso il gruppetto qualche tavolo più in là.

“Se è questo che pensi, allora lo dovrai dimenticare”.

Per quanto tenesse in seria considerazione qualunque cosa che le sue Zampe le consigliassero, al punto che era già capitato che cambiasse i piani dopo un consiglio di uno di loro due od entrambi, lo sapeva benissimo anche da lei, lo aveva sempre saputo, portarsi dietro un tale fardello era solo una complicazione inutile che le distoglieva l’attenzione da cose più importanti, ci pensò qualche secondo voltando lo sguardo in direzione del mammifero che nemmeno ricordava di averla amata più di ogni altra cosa, lo osservò un’ultima volta poi tornò con lo sguardo sul lupo di fronte a lei.

*“Lo so…fatto!”.

“Sai come si dice vero? È meglio aver amato e perso che non aver amato mai”.

Non doveva esserle andata giù questa ultima sparata da parte del predatore, dato che non appena finì la frase la piccola mammifera saltò sul tavolino, prendendo il suo sottoposto per il colletto della maglia, tirandolo poi a sé.

“Provaci”.

Lo fissò per qualche secondo, dopo di che lo lasciò andare e riprese il suo posto sulla sedia, avevano molto di cui parlare e poco tempo per farlo per cui decise che aveva sprecato fin troppo fiato, in un attimo riprese la compostezza e la serietà che l’avevano sempre contraddistinta, arrivando quasi ad intimorire il giovane lupo per il rapido cambio d’umore.

“Mi…mi hai detto che avevi più di un motivo per trovarci qui, giusto?”.

“Si, ci sono novità riguardo la TUSK che ancora non sai, poco prima della rivolta sono riuscita ad infiltrare una talpa al loro interno, ma fatica a far uscire le informazioni e non voglio rischiare la sua incolumità, per ora mi ha informato solo che Henry Warthogs ha deciso di cambiare il nome al suo gruppo, forse Tactical Urban Suppression Korps gli ricordava troppo il suo ex-coinvolgimento con noi, ora si fanno chiamare la Legione”.

“Ma dai...dove pensa di essere, nel medioevo?”.

“Io credo che...quel nome sia un messaggio per me”.

In preda alla confusione il lupo stava per chiedere cosa intendesse; tuttavia venne anticipato.

“Mi chiamo Legione, poiché siamo in molti”.

“Cosa? E questa da dove arriva?”

“Devo averla letta da qualche parte, non ricordo, ma il messaggio è chiaro; stanno aumentando di numero, abbiamo appurato che hanno contattato almeno due CMP per assoldare mercenari, qualunque siano i loro obbiettivi li vogliono raggiungere, anche a costo di iniziare una guerra se serve, a causa sua abbiamo già perso i laboratori di Rivet City e Shady Sands, inoltre ho appena scoperto novità sconcertanti su ciò che hanno appreso dal loro primo attacco...”

Non poteva fare a meno di notare come la voce del suo capo fosse sempre più preoccupata man mano che proseguiva, non riusciva nemmeno ad immaginare quali informazioni potessero aver trovato nella loro razzia.

“...hanno trovato i progetti di costruzione e gli schemi del complesso di Stonehenge”.

“E quindi?” La preoccupazione, che si era impennata nel giovane lupo, scemò ancora più rapidamente non appena si rese conto di quello che stavano discutendo “Stonehenge è stato un fallimento su tutti i fronti, probabilmente non è mai stato sprecato tanto denaro quanto in quell’occasione, non vedo di cosa ci sia da preoccuparsi...”.

“La cosa preoccupante è che tramite quelli hanno scoperto pure il SOLG e sono entrati nei suoi sistemi, per ora è ancora tutto offline ma ci hanno completamente tagliato fuori, se dovessero riuscire ad avviare il generatore potrebbero attivare pure i suoi sistemi primari, sai cosa comporterebbe questo, vero?”.

“Cos...come? Tanto per cominciare nemmeno dovevano scoprire della sua esistenza, figurarsi prenderne possesso ed attivarlo, ma poi scusa non è stato nascosto dietro la...”.

“Shhhh” Non gli diede nemmeno il tempo di finire la frase, preso dal panico per l’improvvisa notizia la sua Zampa sinistra si era probabilmente dimenticato che nonostante il rumore del locale si trovavano comunque in un luogo pubblico e che quindi non era il caso di urlare segreti ai quattro venti “Lo so, e dobbiamo rimediare, ho già un piano in mente, sistemata una seconda questione che t’illustrerò tra poco andremo in borghese a far visita al nostro principale finanziatore”.

Nonostante Mitch ne avesse sentito parlare non aveva idea di chi fosse né a che specie appartenesse, sapeva solo che era un civile estraneo al NID e che probabilmente era ricco da far schifo, considerando tutti i soldi che ogni anno buttava nei progetti dell'agenzia segreta.

“E chi sarebbe, no aspetta non dirmelo, voglio arrivarci da solo...”.

La coniglia si lasciò scappare un accenno di sorriso mentre guardava il suo sottoposto scervellarsi pensando a tutti i mammiferi multimiliardari che potevano avere interesse a finanziare il NID, non avrebbe mai potuto arrivarci da solo, era praticamente impossibile per chiunque in tutta Zootopia pensare a quella determinata persona.

“Dai ti do un aiutino che sennò stiamo qua fino a domani...non stiamo parlando di un mammifero”.

Non ci stette nemmeno a pensare perché oltre ai mammiferi esistevano solo altre due classi di animali che si erano evolute allo stesso modo; tuttavia si sentì di escluderne una in particolare dato che comprendeva una sola specie, tra l’altro completamente ostile ad ogni forma di vita che non comprendesse la loro.

“Eh, uccel...noooooo, non può essere lui...e comunque come cavolo può aiutarci a riguardo?”.

“Proprio lui, dovrebbe possedere ancora la Lancia di Selene ed ho intenzione di usarla, stasera dovrai preparare la valigia, domani partiamo per il Calisota”

“Calisota certo...aspetta, domani? Con tutti i problemi che abbiamo qui ti pare il caso di andarci di persona? Incarica qualcun...”.

“Devo andarci io, ormai la mi conoscono come inviato di Gomphos, sotto falso nome ovviamente, difficilmente si fiderebbero di qualcun’altro, ma ora nell’immediato ho un problema personale da risolvere e mi serve il tuo aiuto, nel farlo mi tocca rivelarti parte della mia vera identità”.

Il canide, nel frattempo, aveva ripreso a consumare il suo pasto, quasi si strozzò col boccone appena messo tra le fauci e ci mise qualche secondo a riprendersi,

“Ma…davvero non ce n’è bisogno, lo sai benissimo che…si insomma poi qui dentro con tutta questa gente, non mi pare il caso”.

“Non preoccuparti Mitch, questo posto è sicuro, da dove comincio…ti ricordi di Horsen Ferus?”.

“Certo, se non sbaglio è quel cavallo che gestisce il reparto di ricerca alla base, tipo simpatico anche se molto spesso sta troppo sulle sue”.

La leporide annuì, prendendosi qualche secondo per mangiare un boccone di insalata.

“Proprio lui, gli ho fatto esplodere il cervello giusto questa mattina”.

Era già la seconda volta nell’arco di pochi secondi che il suo capo se ne usciva con una novità che rischiava di compromettere la sua salute a causa di strangolamento dovuto al cibo che gli andava di traverso per lo stupore, decise quindi che avrebbe smesso di mangiare fin tanto che non fosse stato certo che non avesse più nulla da dire.

“Cos…cof…perché?”.

“Era lui…”.

Non servì nessun’altra parola al lupo per capire quello che lei intendeva, erano mesi che sapevano che all’interno dell’organizzazione ci stava almeno una talpa che teneva informati i capi della TUSK e che soprattutto era il diretto responsabile della morte della Zampa destra di Gomphos, tuttavia le indagini erano andate sempre a rilento, ed ora sapeva il perché.

“Merda, anche lui era coinvolto nelle ricerche, per questo non lo trovavamo, nell’istante in cui ci avvicinavamo alla verità lui era lì pronto a depistarci”.

Una strana espressione si stampò sul viso della leporide al sentire quella frase, nonostante all’apparenza avesse tutta l’aria di una persona perfettamente compiaciuta lui che la conosceva almeno in parte non poté fare a meno di notare la punta di amarezza che abilmente cercava di occultare alla vista.

“La pallottola, gliel’ho ficcata dritta in mezzo agli occhi, senza la maschera, volevo che il bastardo mi vedesse in faccia mentre lo ammazzavo, puoi immaginare come ci è rimasto quando ha scoperto che il terribile e spietato Gomphos altri non è che una fragile coniglietta di campagna…”.

Al canide venne quasi da ridere a quell’affermazione, più che altro al finale, fragile…certo come no.
Nonostante ne avesse l’aspetto, quella “cosa” di fronte a lui che chiunque altro all’interno di quel locale avrebbe identificato come una coniglietta qualunque, durante il lavoro era tutto fuorché fragile, tuttavia decise di tenere per sé questa considerazione, limitandosi a commentarne l’operato.

“Forse era meglio catturarlo, avremmo potuto interrogarlo, chiedergli cosa avesse scoperto e che notizie avesse trafugato”.

“Ne sono consapevole ma…la verità è che non m’interessava, non m’importa nulla di cosa ha scoperto o che notizie ha dato ai suoi capi alla TUSK, ma il fatto che sia stato lui stesso a uccidere Jacob mi ha fatto ribollire il sangue, voi due siete gli unici di cui mi fido ciecamente, non per nulla Zampa destra e sinistra, ed ora mi sei rimasto solo tu…non c’era scelta Mitch, almeno non per me”.

“Be’, se non altro si è portato nella tomba la verità sulla tua vera identità, quindi dove sarebbe il problema?”.

“Il problema, caro mio, è la telecamera di sorveglianza privata che mi ha ripreso mentre alleggerivo il cranio del nostro amico Ferus dalla materia fecale in esso presente”.

“Aspetta, forse ho capito male, intendevi cerebrale…materia cerebrale”.

“Intendevo quello che ho detto, comunque non è quello il punto, al massimo dovrò stare attenta per un po’ di tempo a come vado in giro senza maschera, almeno finché non avremo insabbiato il tutto, il problema è un altro, la mia prodezza è costata cara ad una persona, una persona a cui tengo particolarmente e che guarda caso mi somiglia come una goccia d’acqua, per colpa di quella telecamera è stata incarcerata al posto mio”.

Non voleva certo arrivare a trarre conclusioni affrettate, ma da quello che Gonphos le aveva appena rivelato era fin troppo evidente per non togliersi il dubbio.

“Be’, dimmi se sbaglio, te sei un coniglio…”.

“Porca vacca, che acume…cosa te lo ha suggerito? Le mie lunghe orecchie, no no aspetta, forse gli incisivi pronunciati?”.

Mentre lo interrompeva non mancò di sorridere e gesticolare mimando qualcuno di eccessivamente sorpreso, conscia del fatto che quella del suo sottoposto era solo l’inizio di una frase ben più articolata e non una semplice quanto banale deduzione.

“Ah ah, divertente, vedo che hai ripreso il buon umore, meglio, meno lavoro per me, comunque come dicevo te sei un coniglio, immagino che da parte dei tuoi genitori hai una famiglia numerosa; quindi la mia deduzione è che questa persona che ti assomiglia terribilmente sia una sorella od al massimo un fratello, dubito sia un semplice sosia non imparentato con te, in quel caso non avresti motivo di dirmi che ti tocca rivelarmi informazioni a tuo riguardo”.

“Si esatto, per la precisione è mia sorella, si chiama Judith Laverne Hopps, non ti mostro una foto perché tanto ti basta guardare me, non scherzavo quando dicevo che siamo identiche e tra l’altro abbiamo pure un fratello uguale a noi che si chiama Kev…mi stai ascoltando?”.

Il predatore si era messo a rimuginare tra sé e sé fin dal momento in cui aveva sentito il nome dell’interessata, distogliendo lo sguardo dal suo capo senza tuttavia perdersi una singola parola.

“Si si certo, ma quindi…tu fai Hopps di cognome…ma lo sai che anche solo con questa info potrei…”.

Neanche il tempo di finire la frase che subito Gomphos lo interruppe.

“Cosa sentiamo. Magari scoprire la mia vera identità, pffff illuso, credi veramente che ti avrei detto tutto questo se ci fosse stata la benché minima possibilità che tu potessi risalire a qualunque altra informazione che non fosse tra quelle che ti ho dato? Io stessa una volta al comando del NID mi sono accertata che sparisse tutto su di me senza lasciare traccia, nemmeno i miei genitori sanno della mia nascita, di fatto io non esisto, sono Nessuno”.

Il lupo aveva buttato li quella frase giusto per stuzzicarla un poco ma soprattutto per curiosità della sua reazione, come si aspettava questa era arrivata puntuale e precisa come sempre ed era più che certo che se avesse veramente fatto i dovuti controlli non sarebbe riuscito a scoprire nulla di più su di lei, anzi al massimo sarebbero sorti solo altri dubbi, su quello non le si poteva dire nulla, aveva già dato prova in passato della sua abilità di far “sparire” la gente in maniera tale che risultasse che non fosse mai nemmeno esistita, ma non credeva lo avesse fatto pure su se stessa.

“Ok va bene ti credo sulla parola, ora però mi farebbe piacere se mi spiegazzi perché ci troviamo qui, insomma perché stare qua dentro dovrebbe aiutare a scagionare tua sorella?”.

“Perché…”.
Si guardò brevemente in giro, quasi per accertarsi che tutto fosse come lo aveva pianificato, nonostante sapesse fin da subito che era tutto ok.
“…qui dentro è pieno di testimoni oculari, ma soprattutto ci sono telecamere ovunque”.

Il canide osservò quasi in automatico intorno a lui, effettivamente nonostante non fossero molto visibili era vero, ci stavano parecchie telecamere a circuito chiuso all’interno del locale, palesemente installate dai proprietari, dovevano aver avuto parecchi problemi per fare una cosa del genere.

“Ci hai preso gusto a farti riprendere eh?”.

“In questo momento mia sorella è in cella, se mi faccio vedere qui lei avrà un alibi, inoltre se avrò fortuna mi scambieranno per mio fratello Kevin, se hanno mostrato il video del vicolo a Judy sono certa che anche lei avrà fatto quel nome”.

“Aspetta, tu sei strana forte, fammi capire vuoi salvare tua sorella ma non ci pensi un secondo a sacrificare tuo fratello?”.

“Kevin è morto due anni fa di overdose a Rivet City, malgrado fosse mio fratello e gli volessi comunque bene non posso negare il fatto che si è sempre comportato come un parassita, appena l’ho saputo ho fatto in modo di nascondere tutto, si è rovinato la vita da solo, se non altro ora potrà fare qualcosa di buono per la sua famiglia”.

“Non è questo, anche se non c’è più lui rimane pur sempre tuo fratello, sicura che poi non te ne pentirai?”.

 Distolse lo sguardo solo per poco, quasi ci volesse pensare sul da farsi e magari modificare il piano; tuttavia durò una frazione di secondo prima che riprendesse la sua solita compostezza.

“Nessun problema, ora però vediamo di non perdere ulteriore tempo, vedi quella finestra dietro di me?”.

Il predatore sollevò leggermente lo sguardo fino ad intravvedere l’apertura descritta un attimo prima dal suo capo per poi limitarsi ad annuire in silenzio.

“Bene, da su di un vicolo, voglio che esci e ti prepari lì con l’auto, sarà la mia via di fuga, ora vai”.

Gli aveva dato per lo meno fastidio il fatto che non avesse voluto condividere ulteriori informazioni a riguardo del suo piano, ma in fondo aveva ricevuto degli ordini e come suo solito li avrebbe eseguiti senza fiatare, intuito che l’improvvisata via di fuga della coniglia non passava dall’ingresso principale pensò bene di pagare il conto di entrambi, per poi sparire dalla vista dell’interessata.

“Ok, facciamolo”

Preso il cellulare dalla tasca compose il 911 e non appena ricevette risposta si sforzo di imitare una voce che potesse sembrare il più possibile spaventata.

“Sono al Zootopia Fried Chicken d...di Rainforest, c’è una persona armata che ci minaccia, fate presto”.

Interrotta la chiamata ora non doveva far altro che dare alle videocamere di sorveglianza ed a tutti i presenti il colpevole di cui sua sorella aveva bisogno; inspirò profondamente e si prese qualche secondo per prepararsi, nel frattempo aveva sganciato la pistola dalla fondina che teneva ben nascosta sotto la maglia.

“Facciamolo...”.

Dopo essersi allontanata di poco dal suo tavolo in modo da entrare nel campo visivo di una delle telecamere spiccò un balzo direttamente sopra un tavolo che al momento era vuoto per poi sparare due colpi al soffitto attirando l’attenzione di praticamente tutto il locale su di sé, le sirene della polizia cominciavano già a sentirsi in lontananza e decise che era il caso di levarsi dai piedi, il suo obbiettivo lo aveva raggiunto, le bastava solo che Bogo vedesse il filmato delle telecamere ed avrebbe sicuramente capito, si volse verso la finestra che in quel momento era la sua via di fuga ma non prima di lanciare uno sguardo all’interno del locale, nessuno aveva provato minimamente a fermarla, la maggior parte della gente si era buttata a terra ed alcuni presi dal panico avevano provato la via della fuga finendo però per incespicare sulle altre persone, vi erano anche delle famiglie e il suo sguardo finì per caso su una coppia di burrow cattle dog che cercavano di calmare ed allo stesso tempo proteggere le due figlie, ovunque guardasse vedeva solo paura, messa via l’arma si diresse verso la finestra e una volta aperta se ne saltò fuori, per finire direttamente sull’asfalto del vicolo dove il suo sottoposto la stava aspettando a bordo dell’auto.

“Sparare in un locale pieno di gente, era questo il tuo grande piano?”.

Gomphos non diede bado alla domanda appena ricevuta, limitandosi ad entrare in auto per allontanarsi prima dell’arrivo della polizia, fece un veloce cenno al lupo che subito mise in moto la vettura per poi allontanarsi dall’area.

“Ho attirato l’attenzione, mi bastava quello, inoltre...” Fece un attimo di silenzio, quasi cercasse le parole giuste da dire, nonostante già le sapesse “...è servito a me, per ricordarmi per cosa e chi stiamo facendo questo, qualora lo dimenticassi”.

“Ok. Torniamo al quartier generale?”

“No, portami al 1955 di Cypress Grove Lane”

Non conoscendo a menadito ogni singola strada di Zootropolis il lupo impostò la destinazione sul navigatore dell’auto, cambiando direzione appena possibile in modo da raggiungere la nuova destinazione.

“Qualcuno che conosciamo?”.

“No esattamente, a meno che tu conosca un poliziotto volpe di nome Nicholas Wilde, non m’interessa lui ma la sua compagna, Jessica Schrader”.

“Jessica...ma non è una dei nostri? Tra l'altro ho sentito che è in congedo per maternità”.

“Esatto, c’è una cosa importante che deve sapere, e devo essere io a dirgliela”.







 Qualche ora prima a Goodsprings





Ormai avevano percorso almeno una ventina di rampe di scale che scendevano verso il basso senza mai trovare nessuna porta o altro, erano scesi di almeno quaranta metri sottoterra e Jessica cominciava a pentirsi di aver distrutto l’ascensore, anche se tutto sommato non lo avrebbe comunque usato, il rischio che li chiudessero dentro togliendo la corrente era troppo elevato, prendere le scale restava ancora la scelta migliore.
Queste ultime erano composte da rampe in acciaio di dieci gradini ognuna, interrotte tra una e l’altra da un pianerottolo del medesimo materiale sul cui muro era fissata una plafoniera che illuminava quanto bastava per vedere dove si mettevano i piedi, già dopo la seconda rampa trovarono il motivo dell’odore di cordite che la lepre aveva sentito ancora prima di far saltare la porta blindata, il cadavere di un lupo accasciato a metà tra gli ultimi gradini ed il pianerottolo con un buco in testa, il foro d’entrata si trovava nella nuca mentre quello di uscita sulla fronte, o per lo meno quello che ne restava, molto probabilmente si trattava di un proiettile a punta cava almeno di calibro .45, la parte frontale del muso del canide era praticamente esplosa e non restava altro che la mandibola e frammenti di materia cerebrale dentro al cranio, Jessica si avvicinò e girò il cadavere, osservando per qualche secondo per poi tirare le sue conclusioni.

“Una guardia di sicurezza del NID, è stato colpito da dietro, la pistola è ancora nella fondina con la sicura inserita, non era in allarme, chiunque sia stato ai suoi occhi non era un intruso, oppure non si è reso conto della sua presenza, ma la vedo dura, i passi su queste scale sono parecchio rumorosi, anche tentando di camminare lentamente, inoltre il corpo è ancora caldo, è successo da poco”.

Mason nel frattempo l’aveva passata via facendo finta d’ignorarla, in realtà non si era perso nemmeno una parola di quello che lei aveva detto, doveva ammettere che le era mancata la vocina della sua pupilla in tutti quegli anni, anche se molto spesso si ritrovava a pensare che forse parlava fin troppo, in effetti quando ci si metteva la lepre sapeva diventare una macchinetta parlante senza freno e se si fosse trattato di qualcun altro l’avrebbe sicuramente zittita in qualche modo, in ogni caso proseguì la sua discesa, fermandosi ad un paio di rampe più in basso.

“Ehi, guarda qui!”.

La voce del predatore fece distogliere lo sguardo della preda dal cadavere, non prima di essersi presa la pistola del malcapitato, per poi raggiungerlo fino al pianerottolo in cui si era fermato, sostando dinnanzi una grossa porta in acciaio, sicuramente blindata ma quello che appariva molto evidente alla vista fu che era stata completamente saldata in ogni suo punto, una pratica usata raramente all’interno del NID, quando capitava voleva dire solo una cosa, il progetto in questione era stato o abbandonato oppure concluso, per ricevere un trattamento del genere di sicuro doveva trattarsi di qualcosa che se fosse venuta alla luce avrebbe macchiato in maniera irrimediabile il NID, di conseguenza ogni prova della sua esistenza doveva venire celata definitivamente, in genere si tendeva a distruggere completamente qualunque cosa che la riguardasse, fossero dati cartacei o digitali così come esperimenti riusciti o meno, ogni cosa che avesse a che fare con qualunque progetto fosse stato sviluppato lì dentro doveva svanire così come era apparsa, ma in casi eccezionali, come a quanto pare sembrava essere questo, il lavoro effettuato era veramente troppo importante per essere semplicemente distrutto, in alcuni casi poteva essere che il costo in vite spezzate per arrivare a quel risultato fosse stato talmente elevato da rendere la sua sparizione quasi un sacrilegio, per cui si procedeva a sigillare completamente ogni entrata, assicurandosi poi che venissero predisposte misure di sicurezza tali che avrebbero impedito qualunque tentativo di intromissioni non autorizzata, con ogni probabilità solo il capo del NID sapeva come entrare li dentro, in questo caso Gomphos.

“Dimmi che quello che cerco non è lì dentro”.

Sconsolata Jessica si osservò attorno, fino ad individuare una targhetta a fianco della porta.

MAKESHIFT

“Makeshift? Che vuol dire?” La lepre si volse vero il suo compagno di avventure nell’attesa di una risposta.

“Improvvisato credo, o magari ripiego, boh, è solo il nome del progetto, conoscendo il NID potrebbe trattarsi di qualsiasi cosa. È questo che stavi cercando? Spero di no perché questa porta non la butti giù col plastico”.

“No, ti ho già detto quello che cerco”.

Il canide annui impercettibilmente per poi iniziare a scendere ulteriormente seguito dalla lepre, ad un paio di piani più in basso trovarono un’altra porta sempre blindata, stavolta non saldata ma comunque chiusa, sulla targhetta era riportata la scritta magazzino, per cui non ci diedero troppo bado decidendo di proseguire, lei si sporse oltre il parapetto metallico guardando poi in giù, era impressionante quanto in profondità arrivassero i laboratori, erano già almeno ad una cinquantina di metri sottoterra ed ancora non se ne vedeva il fondo, ora ad ogni piano vi era una porta blindata, tutte a prima vista chiuse; Stonehenge, Chandelier, Safe-House, Purity; ognuna di quelle targhe indicava il nome del progetto che l’agenzia portava avanti oltre quelle porte, anche se al momento sembravano tutti sospesi o interrotti completamente.

“Bingo”.

Attirata dall’esclamazione della iena la preda affrettò la discesa fino a raggiungere il pianerottolo interessato, una porta blindata del tutto simile a quelle viste prima si parava davanti loro, ovviamente chiusa, prima di provare ad aprirla volse lo sguardo sulla targhetta al lato.

LES MAMMIFÈRES TERRIBLES

“Finalmente…”.

“Sicura di voler sapere cosa c’è all’interno?”.

“Mai avuto dubbi”.

La pesante porta era comandata da un tastierino numerico molto simile a quello presente al piano terra che la preda aveva fatto esplodere un attimo prima, tuttavia qui cera qualcosa di diverso, la iena si fermò poco prima di provare a digitare qualunque combinazione.

“Aspetta...”.

“Che succede?”.

“C’è già un codice inserito, basta solo confermarlo...”.

La situazione non piacque per nulla alla lepre, già il fatto che nessuno li aveva raggiunti dopo la detonazione era alquanto sospetto, il cadavere poco più in alto poi non l’aveva aiutata a calmarsi; tuttavia, ormai era lì ed era certa che tutte le risposte alle sue domande si trovavano dietro quella porta, impugnò quindi la pistola presa un attimo prima dalla guardia e dopo essersi accertata che avesse il colpo in canna tolse la sicura.

“Muy bien”.

Dopo aver pronunciato quelle parole con una certa dose di eccitazione nella voce anche Mason imitò la sua ex-allieva prendendo la sua arma da fianco preparandosi poi ad aprire, non appena lei le avesse fatto capire di essere pronta.

Bastò un semplice cenno della testa ed un attimo dopo la pesante porta cominciò a spalancarsi davanti a loro, con l’arma puntata la varcò prima Jessica seguita poi da Mason, quest’ultimo si guardò un attimo attorno per assicurarsi che non vi fossero pericoli, non appena superata la porta tutte le luci si accesero in automatico, mostrando ai due mammiferi qualcosa che mai avrebbero immaginato nemmeno nei loro peggiori incubi.

“Mason...dove cazzo siamo finiti?”.

“Beh, se mai dovesse esistere l’inferno...credo che non sarà tanto diverso da questo”.











Note

Wella, come va?

Che ne dite? Mi ci sono voluti più di DUE maledetti anni per riuscire ad aggiornare sta roba, la verità è ben diversa però e non starò certo li ad elencarvi i motivi che mi hanno costretto mio malgrado ad allontanarmi dalla scrittura (ed anche dalla lettura se è per quello, a parte qualche OS occasionale) altrimenti mi tocca scrivere un nuovo poema.

Qualche precisazione però la voglio dare, primo non sono per nulla soddisfatto da questa storia, per cui ho deciso che verrà diciamo sacrificata per un bene superiore, da questo capitolo in avanti la userò per sperimentare cose nuove e nonostante la trama resterà la stessa che ho sempre avuto in mente ora ci implementerò idee, personaggi e generi che prima non avrei mai nemmeno preso in considerazione.

Secondo ho deciso di inserire il titolo del capitolo all’inizio del suddetto, questo per il semplice fatto che ho intenzione di dare una revisionata all’intera storia dal primo capitolo fino al 34°, ogni volta che ne completerò uno come per questo comparirà il titolo.

Veniamo alle citazioni, ne ho inserite alcune e sono curioso di vedere chi le coglie.

Alla prossima
Davide

5148 parole

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