Heart's Filthy Lesson

di Pontomedusa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Baby Grace (A horrid cassette) ***
Capitolo 2: *** No Control ***
Capitolo 3: *** Ramona A. Stone ***
Capitolo 4: *** Outside ***
Capitolo 5: *** I have not been to Oxford Town ***
Capitolo 6: *** Algeria Touchshriek ***
Capitolo 7: *** Strangers when we meet ***
Capitolo 8: *** I'm deranged ***
Capitolo 9: *** We prick you ***
Capitolo 10: *** The Voyeur of Utter Destruction (as Beauty) ***
Capitolo 11: *** I am with name ***
Capitolo 12: *** Hallo Spaceboy ***
Capitolo 13: *** Thru' this architect's eye ***
Capitolo 14: *** Wishful Beginnings ***



Capitolo 1
*** Baby Grace (A horrid cassette) ***


 

1. Baby Grace (A horrid cassette)

 

Il torso di Baby Grace Blue sta ritto su un supporto di marmo, piazzato di fronte all'ingresso dell'Oxford Town Museum. Davanti ad esso, come a volerlo celare almeno parzialmente, è stata appesa una rete dall'aspetto disgustosamente organico che, ad un esame più attento, si rivela essere composta dagli intestini della vittima, sapientemente intrecciati.

Appesi alla rete, gli arti amputati della ragazzina sembrano emettere flebili suoni distorti, stranamente ritmati.

“Il bastardo ci ha infilato dentro dei mini-amplificatori connessi a dei chip di memoria,” dice Paddy O'Hara, comparendo improvvisamente alle sue spalle e facendolo sobbalzare.

“Già, ma cosa significano?” chiede Nathan Adler, più a sé stesso che al collega.

“Cosa vuoi che significhino? Che questo stronzo è un maledetto malato. Sai come ha sistemato il torso di quella poveretta sul piedistallo? Le ha infilato un perno su per il...”

“...basta così,” lo interrompe Nathan. “Ho capito. Non c'è poi tanto sangue in giro, per quanto uno si aspetterebbe da una scena del genere,” continua poi.

“Deve averlo pompato tutto via dopo averla uccisa, prima di...sezionarla. E, al suo posto, le ha iniettato delle sostanze conservanti. Ci sono i segni degli aghi, vedi, in vari punti...” fa Paddy, indicando le braccia e le gambe appese alla rete di intestini.

“Cioè, praticamente, l'ha imbalsamata?” chiede Nathan.

“Esattamente,” risponde Paddy.

“Ovvio,” dice Nathan a mezza voce.

“Ah sì? Ovvio?!”

“Ovvio che volesse si conservasse. Questa, per lui, è un'opera d'arte. Stai zitto due minuti adesso, per favore.”

Paddy scuote la testa, ma esegue. Nathan registra col cellulare i suoni emessi dagli arti amputati della povera Baby Grace, li carica su una certa app, e smanetta un po' per modificare la frequenza, finché non arriva ad ottenere, finalmente, qualcosa di intellegibile.

“Senti qua,” dice a Paddy, e lo smartphone gracchia fuori:

Al chiar di luna

Tremo, la distruzione

È sì bellezza.”

Il sole brucia

Gli occhi, come gli aghi che

Ora son in lei.”

Non c'è più sangue

Guidami tu, io sono

Fuori controllo.”

Succede adesso,

Ma fuori di qui; sono

Il Minotauro.”

“Il Minotauro? È così che vuole farsi chiamare?” sputa fuori Paddy, in tono disgustato. “Proprio quello di cui avevamo bisogno in questo schifo di città. Un altro figlio di puttana fuori di testa...”

Nathan gli fa un cenno con la mano, per interrompere quel fiume di invettive.

“Non è questo che importa,” dice, in tono quasi sognante. “Ad ogni arto, corrisponde una delle poesie.”

“Ah, perché questa merda sarebbero poesie?”

Nathan scuote la testa, deluso dalla mancanza di senso artistico del collega.

“Non hai fatto caso allo schema sillabico? Cinque-sette-cinque. Sono haiku.”

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Capitolo 2
*** No Control ***


2. No Control

 

Nathan mette in bocca un'altra pastiglia e la butta giù con mezzo bicchiere di vodka. Sarà un calmante o un eccitante? Nathan prende così tanta roba che comincia a fare confusione. Si accontenterà di sapere che era verde.

D'altronde, c'è bisogno di un po' di supporto, per ricoprire la funzione di unico detective della Sezione Crimine Artistici. Quando è entrato in polizia, aveva chiuso la sua laurea in storia dell'arte contemporanea in un cassetto, dando per scontato che non gli sarebbe mai più servita a nulla. Chi avrebbe previsto che, negli ultimi anni, l'arte avrebbe cominciato ad intrecciarsi sempre più con la modificazione dei corpi, fino ad arrivare alla mutilazione, alla deturpazione, all'omicidio?

E così, il dipartimento ha incaricato Nathan di seguire questo tipo di crimini, affiancandogli Paddy, che di arte non capisce un cazzo, ma come detective se la cava anche meglio di Nathan...forse anche perché non condivide con lui, oltre alla conoscenza delle arti visive, la passione per le pastiglie.

Il loro primo caso aveva riguardato le performance di un artista coreano che, in location sempre diverse e segrete (ma non così segrete per chi era davvero interessato ad assistere come pubblico), si faceva anestetizzare da un chirurgo ed amputare un pezzo a serata. Una falange una volta, la gamba al ginocchio un'altra... Quando Nathan e Paddy riuscirono a trovarlo, ormai gli era rimasto solo un braccio. Siccome farsi mutilare non è un crimine, e il coreano si rifiutò sempre di dare il nome del chirurgo con cui collaborava, non poterono fare altro che lasciarlo andare. Adesso vive in una grotta negli Appalachi, esposto come un busto vivente, accudito da un gruppo di seguaci.

Poi, ci fu l'ex eroinomane malato di AIDS che si piantava dei chiodi nella carne con uno scalpello e poi tamponava il sangue con delle salviette di carta che venivano appese su un filo sopra le teste del pubblico, come panni stesi. Ma l'organizzazione riuscì a dimostrare che le salviette, a fine serata, venivano smaltite come rifiuti ad alto rischio biologico con la collaborazione di un ospedale locale; sicché, anche in quel caso, Nathan e Paddy dovettero ammettere che nessun crimine aveva avuto luogo.

D'accordo, non era un crimine; ma era arte?

Nathan butta giù l'altra metà del bicchiere di vodka, e si sistema il portatile sulle ginocchia. Nel caso di Baby Grace, non si può almeno negare che un crimine ci sia stato; una ragazzina di quattordici anni appena, ammazzata così. Certo, bisogna ammettere che fosse una sbandatella, e forse essere trasformata in una statua di materiale organico è più di quello che sarebbe riuscita ad ottenere in tutta la sua vita, se le fosse stato concesso di viverla per intero.

Nathan inserisce il nome di Baby Grace nel database della SCA, che combina dati sui precedenti penali con quelli sui risultati ottenuti in campo artistico, e resta per qualche istante a fissare sullo schermo i risultati restituiti dal sistema.

A Baby Grace sono collegati solo tre nomi.

 

Ramona A. Stone: Femmina, bianca, circa 40 anni.

Attività di mantenimento consolidate: Spacciatrice di droga e Futurista Tirannica.

Nessuna condanna.

Contatti: Leon Blank, Baby Grace Blue, Algeria Touchshriek.

 

Leon Blank: Maschio, razza mista, 22 anni.

Outsider.

Tre condanne per furto con destrezza, appropriazione indebita e plagio non autorizzato.

Contatti: Baby Grace Blue, Algeria Touchshriek.

 

Algeria Touchshriek: Maschio, bianco, 78 anni.

Proprietario di un piccolo stabilimento su Rail Yard, Oxford town, N.J.

Affari in droghe artistiche e impronte genetiche. Ricettatore di apparizioni su qualunque medium.

Innocuo, solitario.

 

Ramona A. Stone. Questo nome gli dice qualcosa. Nathan poggia il portatile sul tavolino, butta giù un'altra pastiglia (rossa), e si stende completamente sul divano.

Nathan chiude gli occhi, e le parole lette sullo schermo cominciano a danzargli davanti alle palpebre chiuse.

 

Ramona.

 

nessun precedente di santi consolidati credenti bianca uscita evocata nessun'immagine scritta santi cristiani interroga nessuna femmina descrive cristiani tirannici interrogati

 

Ramona.

 

macchina cristiana credente nessun santo caucasico consolidato credenti femmina descritta cristiana interrogatorio tirannico R.A. Stone condanne martiri e tirannici sono evocati femmine descrivono interrogatori sado-maso

 

Ramona...

 

io sono suicidio descrivi la macchina tessile esci ammazzando santi e martiri e giù per le scale.

 

Nathan apre gli occhi e si rizza a sedere.

Adesso si ricorda dove ha già conosciuto Ramona.

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Capitolo 3
*** Ramona A. Stone ***


3. Ramona A. Stone

 

Adesso è chiarissimo nella sua mente, il ricordo di quella notte a Berlino, ventidue anni prima.

C'era un cazzo di turco, giù in strada, che strillava da almeno un'ora come se lo stessero sbudellando.

Dopo essersi rigirato nel letto per l'ennesima volta, Nathan si era rassegnato ad alzarsi e scendere a fare due passi: fino alle macchine tessili, e poi a sinistra, in un vicoletto senza nome. Ed eccolo lì, il centro caucasico per il suicidio: un edificio spoglio e squallido, a cui facevano cornice dei lampioni dalla luce giallo-marcio, che alla mente di Nathan, deviata da pastiglie di tutti i colori, erano sembrati dei santi dediti a massacrare femmine per un dollaro l'una, per poi lanciarle giù per le scale quando raggiungevano il limite della sopportazione.

Pensando che tanto doveva passare il tempo, Nathan era entrato, e l'aveva vista: la Pastora stava declamando a un povero stronzo, che la fissava con occhi da ebete, che “nel futuro, ogni cosa dipendeva da sé stessa”. A fare da sfondo, un altare decorato da icone che rappresentavano celebrità che avevano avuto una vita veloce e una morte prematura, circondato da manifesti che proclamavano la superiorità della razza bianca e il pericolo delle unioni miste.

Lei, Ramona: l'autoproclamata sacerdotessa del Tempio Caucasico del Suicidio, che vomitava sulla gioventù berlinese la sua dottrina, secondo la quale la morte non era altro che una festa eterna. All'ultimo piano di quel palazzo di merda, c'erano i cancelli per il mondo dei più. Si diceva che Ramona avesse supervisionato trenta o quaranta passaggi, prima che la polizia si rendesse conto di cosa succedeva lì dentro.

Ramona aveva intuito che fosse giunta l'ora di cambiare aria, si era fatta una plastica, e poi era ricomparsa in Canada, dove aveva aperto una catena di gioiellerie che vendevano bijou fatti con parti organiche: collane di peni di agnello, borsette di scroto di capra, orecchini di capezzoli, roba così.

Da quello che si sentiva in giro, tuttavia, sembrava che non fosse consigliabile diventare suoi clienti, perché capitava che ogni tanto qualcuno entrasse in uno dei suoi negozi e non ne uscisse più.

Le voci erano iniziate quando una amatissima e rispettatissima celebrità, che in realtà era famosa solo per essere famosa, non si presentò all'inaugurazione di una sua mostra.

Le opere non erano altro che specchi; ma siccome gli invitati al vernissage erano, come l'artista, celebrità famose solo per essere famose, trovarono, novelli Narcisi, che i lavori fossero straordinarie opere d'arte, da cui non riuscivano a staccare lo sguardo.

Nel giro di un'ora, tutti i pezzi erano stati venduti, e a prezzi da capogiro.

Solo quando un importante critico chiese di poter intervistare l'artista, il proprietario della galleria si rese conto che non la vedeva da quella mattina: aveva detto che stava andando a comprare un cordone ombelicale tempestato di diamanti, come oggetto celebrativo per annunciare la propria gravidanza, e che sarebbe tornata entro un'ora.

Quella gravidanza avrebbe prodotto una creatura che oggi avrebbe circa quattordici anni.

Se fosse ancora viva.

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Capitolo 4
*** Outside ***


4. Outside

 

Nathan viene svegliato dai colpi alla porta. Dall'intensità, si direbbe che chi è dall'altra parte abbia intenzione di buttarla giù.

Nathan si alza a fatica e va ad aprire, per trovarsi davanti Paddy.

“Si può sapere cosa cazzo combini?” gli grida in faccia Paddy, appena lo vede.

Le urla risvegliano il mal di testa che, finché Nathan stava sdraiato, era solo un pulsare alle tempie.

“Vedi di calmarti,” dice, sforzandosi di ignorare il martello che gli sembra di avere nel cranio. “Lo sai che ora è?”

“Certo. Le due del pomeriggio.”

“Ah.”

Nathan avrebbe giurato di essersi appisolato solo per pochi minuti, e che fosse ancora notte fonda.

“OK, allora...” riprende, cercando di non sembrare uno che sta smaltendo una sbronza di alcool e farmaci, quale in effetti è. “Stavo lavorando sul caso di Baby Grace.”

“Ah sì, eh?”

“Sì. Entra...ti faccio vedere.”

Paddy sbuffa e sbatte la porta dietro di sé. Nathan lo guida fino al divano e gli mostra l'elenco di nomi restituito dal database.

“Leon Blank, eh?” dice Paddy, dopo avere esaminato la lista. “Sui vent'anni, con precedenti penali...direi che potrebbe essere il nostro uomo.”

“Ma nemmeno per idea!” sbotta Nathan.

“Come sarebbe? È l'unico col profilo del serial killer. Non sospetterai una donna, o un cazzo di vecchio quasi ottantenne.”

“Intanto, per avere un serial killer ci vuole una serie di omicidi, e noi per il momento ne abbiamo solo uno. E poi, tu trascuri il lato artistico.”

Paddy infila una sequela di imprecazioni, prima di rispondere all'osservazione di Nathan.

“Ancora con queste stronzate? Quello è un malato del cazzo, punto. Se vuoi la mia opinione su che idea di merda sia stata quella di aprire la Sezione Crimini Artistici...”

“So che me la daresti anche se non la volessi, ma devo chiederti di lasciar perdere. La conosco già. Questo è il mio lavoro e, se ci hanno messi insieme, un motivo c'è.”

“Sì,” ringhia Paddy. “C'era bisogno di uno che, alle due del pomeriggio, venisse a controllare che fossi ancora vivo e cercasse di mettere insieme i pezzi.”

Nathan deve ammettere che Paddy non ha tutti i torti.

“Comunque sia, la massima esperienza in campo artistico che ha avuto Blank è un tentativo di plagio, anche mal riuscito. Non sarebbe mai riuscito ad ideare l'installazione di Baby Grace.”

“Così, adesso sarebbe un'installazione?”

“Gesù, Paddy, ma sei cieco? Certo che è un'installazione! Un'opera multimediale: una statua di carne e sangue, altoparlanti che recitano poesie...”

“...e puzza di carogna! Cristo santo, Nathan. Da come ne parli, si direbbe quasi che lo ammiri.”

“Be'...” Nathan si rende conto che non dovrebbe ammetterlo, eppure se ci riflette su non può negare che, almeno un po'...Il pulsare alle tempie si fa più prepotente, e Nathan cerca di alleviarlo massaggiandosi un lato della testa con due dita. Senza successo.

“Non ci posso credere!” sbotta Paddy, che ha correttamente interpretato l'esitazione di Nathan. “Sei malato quanto lui; forse, di più. Non mi stupirei se...” continua, fissandolo come se lo vedesse la prima volta.

“Cosa...ehi! Non penserai sia stato io!”

“Non voglio pensarlo, Nathan. Dimmi che non sei stato tu, e io ti crederò.”

Nathan esita per un momento. La sua passione per alcolici e pastiglie gli causa dei black-out, intere ore di cui non si ricorda più niente il giorno dopo. Possibile che, durante uno di questi episodi...

Nathan scuote la testa, ma si interrompe subito, quando si rende conto che il movimento aumenta l'intensità delle martellate che si sente nel cranio. Non posso essere stato io, pensa. Vorrebbe raccontarsi che sia perché, anche nelle peggiori condizioni, non sarebbe mai in grado di fare del male a una ragazzina; ma, in realtà, sa che è perché, anche nelle migliori condizioni, non sarebbe mai in grado di ideare un'opera grandiosa come quella di Baby Grace Blue.

“Non sono così bravo,” dice, senza riflettere, e se ne pente ancor prima di vedere l'espressione di Paddy a queste parole.

“Non sono così fuori di testa,” ritenta.

“Uhm,” grugnisce Paddy. “Voglio crederci. Andiamo a prendere questo Leon, allora.”

“Cosa? Ti ho appena spiegato...”

L'occhiata di Paddy lo riduce al silenzio.

“E va bene,” si arrende Nathan. In fondo, si tratta di convocare Leon e fargli qualche domanda; magari il povero stronzo avrà un alibi, e così finalmente Paddy si rassegnerà ad aiutarlo a cercare il vero colpevole. “Dammi solo dieci minuti per darmi una rinfrescata.”

Una volta in bagno, Nathan fruga disperatamente nell'armadietto, alla ricerca delle pastiglie per il mal di testa. Saranno quelle bianche, quelle rosse, quelle blu? Per non sbagliare, Nathan ne prende due per ogni colore, prima di buttarsi sotto la doccia.

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Capitolo 5
*** I have not been to Oxford Town ***


5. I have not been to Oxford Town

 

Appena lui e Paddy escono all'aperto, Nathan inforca gli occhiali da sole.

Da quando, anni prima, uno spacciatore del cazzo gli ha centrato l'occhio sinistro con un pugno, lasciandolo con una pupilla perennemente dilatata, la luce, anche quando non è intensa, gli dà parecchio fastidio.

Arrivati alla macchina, Paddy tira fuori il palmare e comincia a cercare.

“Blank è così sbandato che non ha nemmeno una casa sua,” dice Paddy. “Abita in un motel. Andiamo,” e mette in moto, senza che Nathan abbia la forza di replicare.

 

Leon Blank è un ragazzo alto e magro, con la pelle scura e gli occhi azzurri, e decisamente terrorizzato.

“Io non ne so niente, lo giuro!” protesta, con voce stridula, seduto su una sedia nella sala interrogatori. “Non sono mai nemmeno stato ad Oxford Town!”

“Non dire stronzate,” ringhia Paddy, facendolo sobbalzare. “Sappiamo che conoscevi Baby Grace Blue, e che non sei un bravo ragazzo non è un segreto per nessuno. Baby Grace era così carina, vero? Ma ovviamente, non voleva avere niente a che fare con un perdente come te, un avanzo di galera...”

“Lascialo respirare un attimo,” interviene Nathan. Il desiderio di interrompere l'abbaiare di Paddy, che sta peggiorando il suo mal di testa nonostante le pastiglie prese, lo porta spontaneamente a fare la parte del poliziotto buono. “Avanti, Leon. Se non eri a Oxford Town, ieri, fra le 5 e le 8 del mattino, allora dicci dov'eri e cosa stavi facendo.”

“Io...ero in camera mia. Dormivo...”

Nathan si massaggia la tempia, cercando, senza successo, un po' di sollievo per la sua emicrania. Questo coglione non è stato nemmeno capace di inventarsi uno straccio di alibi. Decisamente, non è possibile che sia lui il Minotauro.

“Smettila di dire stronzate!” tuona Paddy. “Tu frequentavi Ramona A. Stone, e a casa sua hai incontrato Baby Grace. Ramona non è più di primo pelo, e di sicuro sa come rendere la vita impossibile a un uomo; Baby Grace invece era così fresca, dolce, e tu non hai saputo resistere. Ma quando ti ha respinto, hai deciso di fargliela pagare. E l'hai fatta a pezzi!”

“No!” grida Leon, ma non è in grado di trovare nessun argomento a sostegno di quell'unica parola.

“E invece sì,” risponde Paddy. “Non confessare, se non vuoi, Leon: tanto, sappiamo che sei stato tu. Trent'anni almeno di galera non te li leva nessuno.”

Paddy gira sui tacchi e Nathan lo segue, incapace di trovare qualcosa da dire per infrangere la solidissima logica di Paddy.

Appena usciti dalla stanza degli interrogatori, il capo del dipartimento si para loro davanti.

“Ottimo lavoro, ragazzi,” dice, con tono soddisfatto. “Avete catturato il colpevole di questo omicidio così efferato in meno di ventiquattro ore! Una volta tanto, faremo bella figura coi giornalisti. Sono già in sala stampa; volete parlarci voi? Ve lo meritate.”

“Veramente, io non penso che Blake sia...” cerca di obiettare Nathan, ma le occhiatacce di Paddy e del capo lo riducono al silenzio.

È inutile; per chi non capisce cosa sia l'arte, Leon è il colpevole perfetto. Dal punto di vista di Nathan, invece, quello artistico, Leon è proprio l'ultimo da sospettare.

“Vai tu, Paddy,” dice alla fine, rassegnato; non se la sente davvero di partecipare alla cerimonia sacrificale del povero capro espiatorio che è Blake. Piuttosto, approfittando del fatto che durante la conferenza stampa nessuno baderà a lui, andrà a fare qualche domanda a Ramona.

Non prima, però, di avere buttato giù un'altra decina di pastiglie colorate.

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Capitolo 6
*** Algeria Touchshriek ***


 

6. Algeria Touchshriek


 

All'indirizzo dove, secondo il database della SCA, Ramona vive, in un appartamento che usa anche come studio, non risponde nessuno.

Nathan sospira e si guarda intorno. Se non ricorda male, in questo quartiere dovrebbe trovarsi anche...

Non deve girare molto, per trovare il piccolo stabilimento industriale che Algeria Touchshriek ha convertito in negozio. Spinge la porta, e si ritrova in una specie di loft in penombra, affollato di quelli che a Nathan, a un primo sguardo, sembrano manichini addobbati in vari modi, con gusto surrealista.

“Buongiorno!” dice una voce roca. In fondo al locale, un uomo sull'ottantina, piccolo e curvo, fa qualche passo verso di lui.

“È lei Algeria Touchshriek?” gli chiede Nathan.

“Proprio, io signore; il signor Touchshriek, per servirla. Come vede, in questo negozio vendo piccole cose, come dire... gusci d'uovo, femmine vuote...”

Nathan sente un brivido lungo la schiena, mentre le pulsazioni nelle sue tempie si fanno ancora più simili a martellate, e si guarda meglio intorno. Ora che i suoi occhi si sono abituati alla scarsità di luce, si rende conto che quelli che gli sono sembrati manichini sono in realtà...

“Sa,” sta continuando Touchshriek, “sto pensando di affittare la stanza sopra il negozio. Se trovassi un uomo solo come me... perché io sono un uomo solo, sa? Un uomo solo e distrutto. Mi piacerebbe avere un po' di compagnia, qualcuno con cui fare due chiacchiere... Ormai stanno tutti su Internet, e io di questa roba non capisco nulla. L'arte della conversazione sta andando perduta.”

...corpi mutilati. Ecco cosa sono. Corpi mutilati, imbalsamati e utilizzati come basi per opere d'arte. Esattamente come...

“Sa, ormai non parlo più molto con nessuno. Non ne ho mai l'occasione. Questo quartiere ormai è quasi deserto, e quei pochi che sono rimasti non credo nemmeno che siano di questo Paese. Lei capisce cosa intendo, vero, signor...”

“Adler. Detective Nathan Adler. E la dichiaro in arresto, signor Touchshriek.”

 

“Come cazzo ti è venuto in mente di arrestare Touchshriek? Adesso?”

Nathan rimpiange di non avere buttato giù una manciata di pastiglie prima di andare dal capo per raccontargli cosa ha scoperto.

“Ma, capo...” tenta. “In quel dannato negozio, vende pezzi di cadavere. Pezzi di cadavere addobbati per ottenerne opere d'arte, statue organiche, esattamente come...”

“...Non dirlo nemmeno! Non ti azzardare! Il caso di Baby Grace Blue è stato risolto. Risolto, capito? Leon Blank è colpevole, e noi lo abbiamo assicurato alla giustizia.”

“Bene,” replica Nathan, cercando di mantenere la calma. “Ma resta il fatto che vendere parti umane come se fossero complementi d'arredo è ancora un crimine. Soprattutto, sarebbe interessante scoprire dove e come se le sia procurate. Non crede?”

“Ovvio,” sbuffa il capo. “È per questo, che sei un coglione! Ora che lo hai arrestato, non possiamo ignorare quello che hai trovato. Toccherà indagare. Ma ti giuro che se trovi qualcosa, qualunque cosa, che abbia anche un pallido e lontano legame col caso di Baby Grace, che possa gettare qualche ombra sull'indagine che ha portato all'arresto di Blank, ti giuro che sei licenziato! Capito?”

Nathan sospira, si alza dalla sedia ed esce senza salutare. Sarà un vero peccato, perché il suo lavoro gli piace; ma non ha nessuna intenzione di lasciare il Minotauro in libertà.

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Capitolo 7
*** Strangers when we meet ***


 

7. Strangers when we meet


 

Nathan deve sforzarsi di sollevare le palpebre per almeno un minuto, prima di riuscire ad aprire veramente gli occhi.

Quando finalmente ce la fa, li sbatte varie volte per cercare di abituarsi all’oscurità della stanza. Strano, ma questa non gli sembra per niente casa sua.

Cerca di alzarsi, ma è ancora troppo intontito dal sonno e dalle pastiglie che ha preso (quante? quali?), e finisce per accontentarsi di rotolare su un fianco.

Si sveglia completamente e si rizza a sedere, però, appena si rende conto che accanto a lui c’è un corpo.

“Cristo!” impreca. Il corpo accanto a lui si agita leggermente, ma poi si acquieta di nuovo. Nathan si lascia sfuggire un sospiro di sollievo, adesso che sa che la persona nel suo letto non è morta, ma solo addormentata.

Il suo letto? Nathan sbircia meglio la figura sdraiata, cercando di muoversi il meno possibile e, ora che si è un po’ abituato alla scarsa luce, riesce a vedere che è una donna. Evidentemente, il letto, la stanza e la casa appartengono a lei.

Ma come cazzo è finito qui dentro? E dove cazzo sono i suoi vestiti?


 

Un'indefinita quantità di ore prima

“Vieni con me a interrogare Touchshriek?” domanda Nathan.

Paddy gli lancia uno sguardo sospettoso.

“Uhm. Cosa ha detto Stierman?”

“Il capo? Ha detto che non possiamo ignorare quello che ho trovato, e che dobbiamo indagare.”

Nessuno può accusare Nathan di essere un bugiardo.

“D’accordo,” dice Paddy, alzandosi. “Andiamo.”

Touchshriek è seduto in sala interrogatori, i polsi ammanettati abbandonati in grembo. Alza appena lo sguardo, quando Nathan e Paddy entrano nella stanza.

“Bene, Algeria...non c'è nemmeno bisogno che ti dica che sei nei guai,” inizia Nathan.

“Io non ho fatto niente!” protesta Touchshriek, con voce improvvisamente stridula.

“Niente? Un negozio pieno di cadaveri lo chiami niente?”

“Oh, avanti, Nathan,” interviene Paddy. “Non è mica detto che li abbia uccisi Algeria. Ti sembra che un tipo come lui sia in grado di fare del male a qualcuno?”

Nathan non può fare a meno di notare come i ruoli fra lui e Paddy si siano spontaneamente invertiti, rispetto all'interrogatorio di Leon.

“Figurati,” dice, abbracciando completamente la parte del poliziotto cattivo. “Dove vuoi che sia andato a prendere i corpi che abbiamo trovato? Non risulta nessuna sparizione né dagli obitori né dalle agenzie funebri della città.”

“Magari, glieli vende qualcuno,” suggerisce Paddy, e lancia un'occhiata a Touchshriek, come invitandolo a parlare. Algeria, però, non mostra nessuna intenzione di aprire bocca.

“Non ci credo,” replica Nathan. “Dove avrebbe trovato qualcuno disposto a vendergli dei cadaveri? Non è certo roba che si trova su Craiglist. E poi, resta il discorso della lavorazione. Solo un maniaco potrebbe pensare di usare degli esseri umani morti come base per delle statue. Come quello che ci ha lasciato quel lavoretto all'Oxford Town Museum.”

Paddy lo fulmina con lo sguardo, e Nathan sa che non è solo a beneficio di Touchshriek.

“Eh no!” salta su Algeria. “Io con quello non c'entro niente! Non ho mai ucciso nessuno. E non ho creato io quel materiale. Mi limito a vendere le opere che mi porta Ramona.”

“Ramona A. Stone?” chiede Nathan, senza accorgersi di avere quasi gridato.

“Proprio lei. Abita vicino al mio negozio. In...”

“Lo so, dove abita. Non l'ho trovata, oggi pomeriggio.”

“Cos'altro hai fatto, oggi, senza pensare di dire un cazzo a quel povero stronzo del tuo collega?” ringhia Paddy.

“Ah, Ramona...è una creatura della notte,” dice Algeria, con tono sognante, tornando al suo solito timbro roco. “Di giorno, dorme e stacca tutto...campanello, telefoni. Di notte sta nel suo studio a creare, oppure esce a...” e Touchshriek si interrompe, rendendosi conto che quello che stava per dire sarebbe stato più che sufficiente a incriminarlo per complicità in omicidio.

“Ma certo...è il suo stile, proprio,” dice Nathan a mezza voce, ripensando a quello che Ramona faceva in Canada. Poi, esce dalla stanza, mollando lì Paddy e Algeria.

Paddy non gli dà nemmeno cinque minuti di vantaggio; gli salta addosso mentre si sta infilando il cappotto.

“E dove cazzo pensi di andare, adesso?” gli ringhia in faccia.

“Secondo te?”

“Non vai da quella Ramona da solo. Cosa hai voluto dire con è il suo stile?”

“Ramona aveva un negozio simile a quello di Touchshriek, una quindicina di anni fa, in Canada.”

“...E quindi tu vorresti andare da una che potenzialmente è un'assassina e certamente è una svitata, da solo, di sera, fuori dall'orario di servizio...”

“Ecco, appunto. L'orario di servizio è finito. Quindi io non sto lavorando e tu te ne vai a casa.”

In realtà, un conto è stato farsi aiutare da Paddy nell'interrogatorio di un sospetto regolarmente arrestato, un altro sarebbe coinvolgerlo in un'indagine quasi privata che rischia di avere come punto di arrivo il licenziamento in tronco.

“Vaffanculo,” sputa Paddy. Recupera la sua giacca ed esce sbattendo la porta.

Nathan sospira, fruga nella tasca del cappotto e tira fuori quattro contenitori. Prende due o tre pastiglie da ognuno, e butta giù tutto senza acqua.

 

Bene...l'arcobaleno di pastiglie potrebbe spiegare perché Nathan non si ricorda più un cazzo, di cosa sia successo dopo aver lasciato la centrale.

Ma quindi, la donna nel letto, non sarà mica...

Nathan si sporge sopra di lei per guardarla meglio, visto che sta dormendo su un fianco, dandogli le spalle. Anche se sono passati più di vent'anni, da quando l'ha vista di persona, e nonostante gli interventi di chirurgia estetica a cui si è sottoposta, è indubbiamente lei.

Come cazzo ha fatto a finire a letto con Ramona A. Stone?

Nathan sente la solita emicrania rifarsi strada nel suo cranio, insieme a un inedito senso di nausea. Sarà per l'idea di essersi scopato una che probabilmente è un'assassina, o magari lei gli ha dato qualcosa che Nathan non aveva ancora mai provato?

Nathan si alza dal letto con la massima cautela che le sue precarie condizioni gli permettono, e comincia a recuperare dal pavimento gli indumenti in cui gli capita di inciampare. Mentre si mette addosso quelli che riconosce come suoi, esce dalla camera il più silenziosamente possibile e cerca di esplorare la casa come può. Non accende la luce; non vuole rischiare che Ramona si svegli. Per quanto abbia il sospetto che anche il suo sonno abbia delle basi, diciamo, chimiche, non vuole certo scoprire come reagirebbe se lo scoprisse a curiosare.

Nathan entra nella stanza che Ramona certamente utilizza come studio; cercando di ignorare le opere sparse qua e là, si avvicina a una sorta di schedario e comincia ad esaminarne il contenuto. È impossibile, con una luce così scarsa, riuscire a leggere gli appunti sparpagliati all'interno; Nathan medita se portarseli via, domandandosi se Ramona se ne accorgerà, quando, nell'ultimo cassetto, un oggetto davvero inusuale attira la sua attenzione.

Una cassetta.

Chi diavolo conserva una cassetta, al giorno d'oggi?

Gettando alle ortiche tutta la sua prudenza, Nathan afferra la cassetta, torna nell'ingresso, recupera il cappotto, infila il suo bottino nella tasca e si allontana il più velocemente possibile da quel dannato appartamento.

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Capitolo 8
*** I'm deranged ***


8. I'm deranged

 

Appena arrivato a casa, Nathan butta giù due bicchieri di vodka senza nemmeno togliersi il cappotto. Mette le mani in tasca, tira fuori la cassetta, che appoggia sul mobile bar, e i flaconi di pastiglie, da cui estrae una selezione di delizia chimica che butta giù col terzo bicchiere.

Solo dopo il quarto, si sente abbastanza calmo da prendere in mano la cassetta ed esaminarla. Sull'etichetta, a penna, c'è scritto Baby Grace.

Cristo.

È ovvio che debba assolutamente ascoltare questa cassetta. Il punto è che non ha la più pallida idea di dove trovare un mangianastri.

Deve cercare un mangianastri. Ma non adesso, adesso non ce la fa...domani. O è già domani? Che cazzo di giorno è? È giorno o notte, adesso?

Nathan stramazza a terra, ancora col cappotto addosso, prima di riuscire a trovare una risposta alle sue domande.

 

Nathan apre gli occhi e si mette seduto sul pavimento, con cautela. Quanto avrà dormito? Si fruga nelle tasche per recuperare lo smartphone e controllare, prima ancora che l'ora, la data, ma lo trova spento. Quando prova ad accenderlo, non dà segni di vita. Nathan non è davvero in grado di dire quando sia stata l'ultima volta che lo ha messo in carica.

Quando finalmente riesce a recuperare il caricatore, infilarlo in una presa, connetterlo al cellulare, scopre di aver perso un giorno intero, e che Paddy lo ha comprensibilmente cercato decine di volte.

Nathan va a fare la doccia, si cambia e, prudentemente, prende solo un paio di pastiglie blu prima di uscire e andare alla centrale.

 

“Si può sapere dove cazzo eri finito?” vomita Paddy. “Ieri sei sparito tutto il giorno. Non ti ho trovato nemmeno a casa.”

“Bè...” Nathan si massaggia la tempia con due dita, senza ricavarne alcun sollievo. Il mal di testa ormai è diventato una compagnia costante.

Paddy scuote la testa, gettandogli uno sguardo carico di pietà.

“Abbiamo rilasciato Touchshriek,” dice, rinunciando a fare ulteriori commenti sullo stato di Nathan.

“Che cosa?!”

“In fondo, si tratta di smaltimento irregolare di scarti biologici. Patteggerà una pena con la condizionale. Tanto, alla sua età, non credo ne abbia ancora per molto.”

“Smaltimento irregolare di...Ma cos'è questa stronzata? È ovvio che ci sia sotto qualcosa di molto più grosso. Di' pure che Stierman sta cercando di insabbiare...”

“Zitto! Zitto. Non ti azzardare a continuare! Stanno istruendo il processo contro Blank. Non c'è bisogno di tirar fuori cose che potrebbero confondere la giuria...”

“...E come no. Dio non voglia che salti fuori la verità.”

“Fanculo, Adler,” sibila Paddy, e si volta per andarsene.

“Aspetta! Sai dove posso trovare un mangianastri, qui in dipartimento?”

“Un...che?”

“Un mangianastri, un registratore... Un aggeggio per ascoltare le cassette.”

“E che te ne fai?” chiede Paddy, sospettoso.

“Un mio vecchio zio mi ha lasciato la sua collezione di musica New Wave,” sbuffa Nathan, che ormai ha capito che Paddy non lo può più aiutare, per questo caso.

“Ah.” La faccia di Paddy dice che non gli crede affatto (dopo tutto, è un detective, e anche bravo), ma evidentemente decide di fare finta di niente.

“Prova a fare una richiesta in archivio,” gli dice, e poi lo molla lì senza salutare.

 

Nathan ha perso quasi tre dannate settimane, per colpa della fottuta burocrazia del dipartimento.

Ha dovuto fare una richiesta protocollata all'archivio, per avere il mangianastri. Quegli stronzi si sono presi otto giorni per poi dirgli che non ne avevano uno, e passare la richiesta al dipartimento di una contea vicina. Che, naturalmente, gli ha chiesto di compilare e far firmare al suo responsabile un'altra decina di moduli.

Nathan, ovviamente, non poteva coinvolgere Stierman in questa cosa, e si è risolto a falsificarne la firma. Anche così, ci sono voluti altri dieci giorni, perché la pratica andasse avanti e lui riuscisse ad avere il suo cazzo di registratore.

Finalmente, Nathan può chiudersi in ufficio ad ascoltare la cassetta di Baby Grace. La infila nel mangianastri e schiaccia Play. Il suono è un po' sporco, ma la voce della ragazzina è perfettamente intellegibile, e Nathan sente un brivido lungo la spina dorsale quando gli altoparlanti gracchiano fuori le prime parole.

 

Pro...prova, prova

Questa è, ecco...mi chiamo Baby Grace

Ed ero, uhm...

C'era questa fot...una fotografia sbiadita di una trap...

Una trapunta patchwork

E mi hanno dato queste...

Ramona mi ha dato

Queste droghe interessanti

 

E quindi adesso sto pensando davvero troppo poco e troppo veloce

Come se il mio cervello stesse covando

E ah, non mi lasciano vedere nessuno

Ma se voglio, a volte, se lo chiedo

Posso ancora sentire pop...canzoni pop, e scosse di assestamento (...Eeeecciù)

Cioè ho visto una televisione di, uhm

Nelle terre d'origine

Queste sono le nuove terre d'origine e uhm non riesco a ricordare altro

E adesso vogliono solo che stia zitta e buona

E penso che accadrà qualcosa di terribile

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Capitolo 9
*** We prick you ***


9. We prick you

 

Appena arrivato alla porta dell'appartamento di Ramona, Nathan comincia a prenderla a pugni come se volesse buttarla giù. Dopo nemmeno un minuto, l'uscio si apre e compare Ramona, con un'espressione di assoluta calma sul volto.

“Buongiorno Nathan,” dice, e gli sorride. “Non mi hai nemmeno più chiamata, dopo...quella notte. È passato quasi un mese.”

“Sono stato...occupato,” butta lì Nathan, mentre ne approfitta per osservarla bene, ora che finalmente può vederla sveglia e con un'illuminazione decente. È, indubbiamente, ancora una bella donna, e non dimostra i suoi quaranta (e forse più) anni. Può immaginarsi di portarsi a letto una così, ma decisamente non con tutto quello che sa di lei. O magari, invece, è proprio quello che aggiunge fascino a...

Cristo. Nathan si massaggia la tempia con due dita, in un gesto che ormai sta diventando tanto abituale quanto inutile. Prende i flaconi dalla tasca del cappotto e si versa un assortimento di pastiglie sul palmo della mano, per poi cacciarsi tutto quanto in gola.

Ramona si lascia sfuggire una bassa risata.

“Vieni dentro, Nathan. Forse, posso darti qualcosa di più...interessante.”

Nathan segue Ramona senza nemmeno una piccola voce nella sua testa che cerchi di richiamarlo al buonsenso.

Ha una certa sensazione di déjà-vu, mentre entra nell'appartamento di Ramona, e si siede sul divano.

“Qual è il tuo veleno? Vodka, giusto?” chiede lei, e gli mette in mano un bicchiere e due pastiglie, mentre la sensazione si fa sempre più forte.

Nathan butta giù droghe e liquore, poi si abbandona contro lo schienale.

“L'altra volta ti sono piaciute,” dice Ramona, con una risatina, e si siede a cavalcioni su di lui. Nathan vorrebbe protestare, ma pare che le pastiglie di Ramona abbiano come effetto collaterale la totale paralisi. O magari è l'effetto primario?

“Non è l'unica cosa che ti è piaciuta,” continua lei, con voce bassa, e gli slaccia la cintura per poi calargli i pantaloni. Nathan cerca di aprire la bocca, ma senza successo.

Ramona scivola ai suoi piedi, in ginocchio sul pavimento, e dimostra che, contrariamente a lui, non ha nessun problema ad aprire la bocca ed usarla.

Nathan non può fare a meno di chiudere gli occhi e concentrarsi sulle sensazioni che Ramona gli sta dando. Quando sta per venire, però, la voce di un uomo glieli fa riaprire di scatto, facendogli passare qualunque eccitazione.

“Non così in fretta, Ramona.”

Ai suoi sensi obnubilati, la voce sembra familiare, ma Nathan non riesce a recuperare a chi appartenga, nel gran casino che è ormai il suo cervello.

È come se il suo cervello stesse covando.

L'uomo è fuori dal suo campo visivo, e Nathan non può muovere la testa per guardarlo.

“Chi cazzo sei?” riesce finalmente a biascicare.

“Secondo te?” chiede Ramona, con una risata, mentre si alza in piedi.

“Tu tenevi Baby Grace prigioniera. La tenevi prigioniera...dalla nascita,” sputa fuori Nathan.

“È vero,” dice Ramona. “Ho tenuto sua madre in vita fino al parto...Ci ho poi fatto certe borsette e lampade graziosissime, con lei. Baby Grace, invece, ho deciso di conservarla per un progetto...speciale.”

“Finché ha incontrato noi,” dice l'uomo, e ora Nathan può vederlo, il suo contorno che si staglia contro la luce, impedendogli ancora di distinguerne i lineamenti.

“Noi...? Noi chi? Tu sei il Minotauro. Tu...”

“Esatto, Nathan. Noi. Il Minotauro...e il Ciclope.”

“Cosa...?”

Ramona gli infila altre due pastiglie in gola e gli copre con una mano l'occhio buono; l'altro, con la sua pupilla perennemente dilatata, fa ancora più fatica a vedere qualcosa, con quella dannata luce puntata contro.

“...Il Ciclope. Il mostro con un solo occhio, Nathan. È ora di completare la tua trasformazione, Nathan. Fino a adesso, hai avuto un occhio e mezzo. Ma ora...”

Le droghe che Ramona gli ha cacciato in gola sono già entrate in circolo, e Nathan scopre che non può nemmeno gridare, mentre il Minotauro gli cava l'occhio paralizzato con un coltello.

Quando anche l'ultimo filamento di nervo viene reciso, tutto diventa buio; almeno, finché Ramona non toglie la mano dal suo viso, lasciando libero l'unico occhio che gli è rimasto.

“Faremo qualcosa di grandioso, con questo,” dice il Minotauro; e quando se lo trova davanti alla faccia, a mostrargli il suo ormai inutile bulbo oculare, Nathan può finalmente vederlo in volto e capire chi è.

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Capitolo 10
*** The Voyeur of Utter Destruction (as Beauty) ***


10. The Voyeur of Utter Destruction (as Beauty)

 

Nathan deve avere perso di nuovo i sensi, per il dolore, lo shock e le pastiglie di Ramona. Se ne rende conto quando riapre gli occhi (l'occhio) e capisce di essere sdraiato su una specie di lettino da studio medico.

Cos'altro mi avranno fatto quei due figli di puttana, cazzo?!

Si rizza a sedere, risvegliando le martellate contro le sue tempie; ma, dopo essersi esaminato, può dirsi ragionevolmente sicuro che non gli abbiano rimosso nient'altro.

Nathan si sforza di respirare e si tocca l'orbita sinistra, sentendo che gliel'hanno coperta con una garza. Solo adesso, si accorge di un suono ritmato, basso ma persistente: una sorta di filastrocca. Aguzzando le orecchie, può distinguerne le parole:

 

Scarpette

Scarpette

Scarpette rosse

 

Nathan scende con cautela dal lettino e si dirige verso l'origine del suono: in un angolo della stanza spoglia dove lo hanno rinchiuso, c'è un piccolo tavolo, su cui è stata posta una sfera di vetro, simile a un globo di neve. Dalla base di velluto rosso, arriva la filastrocca. All'interno della sfera, il suo bulbo oculare, che galleggia in un liquido trasparente tempestato di rubini, come una strana medusa.

“Cristo,” borbotta Nathan a mezza voce.

“Ti piace?” chiede la voce del Minotauro.

Nathan si volta di scatto, e ora nella testa gli sembra di avere un martello pneumatico.

“Tu sei completamente fuori di testa, Stierman,” risponde Nathan.

Il capo inarca un sopracciglio.

“Io? Noi, vorrai dire. Guarda che su Baby Grace hai lavorato anche tu.”

“Cosa...Non...non dire cazzate!”

Stierman scuote la testa, sinceramente sorpreso.

“Allora non ti ricordi davvero! L'ho immaginato, quando hai insistito a indagare anche dopo l'arresto di Leon Blank. Ma che fossi davvero così totalmente delirante...”

Nathan si sforza di concentrarsi, per quanto può farlo con le martellate che continuano a fargli vibrare la testa dall'interno. Sa bene di avere lacune di ore, anche di giorni a volte. Ma davvero non può credere di...

Nathan finisce per dire la stessa cosa che ha detto a Paddy, quando hanno affrontato l'argomento.

Non sono così bravo.

“Forse hai ragione, Adler. Da solo, non saresti riuscito a realizzare un'opera come Baby Grace Blue. Ma sotto la mia direzione, hai dimostrato un grandissimo talento. L'idea del perno, ad esempio, è stata tua.”

“Cristo santo!” impreca Nathan, e trattiene a stento un conato di vomito.

“Faresti meglio a rimetterti sdraiato, Ciclope. In fondo, hai avuto una giornata dura; e io ci tengo, che tu ti riprenda completamente. Baby Grace è stata solo l'inizio. Faremo grandi cose, io e te.”

Nathan decide che tanto vale dare retta a Stierman, e torna sul lettino.

“Non ci credo,” dice poi. “Non sono stato io. Io non posso...”

“Sai bene che ti sto dicendo la verità. Non ti sei stupito nemmeno così tanto, quando mi hai visto. Perché già sapevi che il Minotauro ero io.

“No...Sì...Non lo so. È che, in realtà, non era così difficile capirlo. Sei pur sempre il capo della SCA; dopo di me, sei quello che ci capisce di più, nel campo dei crimini artistici. E poi, Stierman è una corruzione del tedesco che significa uomo toro...Minotauro.”

“Bravissimo, Nathan. E allora, perché non ci sei arrivato prima?”

“Perché...”

“...perché non volevi. Perché il tuo subconscio lo sapeva benissimo, che lo abbiamo fatto insieme, ed accusandomi saresti finito nella merda anche tu.”

“Perché allora gli haiku parlano solo di te? Perché non c'è la mia firma?”

“Perché non eri ancora pronto. La tua trasformazione non era ancora...completa. Adesso che sei il Ciclope a tutti gli effetti, devi solo accettare la tua vera essenza, e poi potremo davvero diventare una squadra, qualcosa di grandioso.”

“Io non...”

“Stai tranquillo. Stamattina, Blank si è impiccato. Tutti hanno dato per scontato che fosse per il senso di colpa, ovviamente. In realtà, gli è stato dato un...aiutino. Essere il capo di un dipartimento di polizia permette di avere tutta una serie di amicizie che possono dimostrarsi parecchio utili.”

“Paddy...”

“...No, lui non c'entra niente. È solo un bravo poliziotto che vuole fare la cosa giusta. Anche a costo di non vedere quello che può mettersi fra lui e quello che crede sia la giustizia.”

“Merda.”

“Comunque, niente Leon, niente processo. Il caso Baby Grace è chiuso. Adesso, tu ti prendi il tempo che ti serve per riprenderti, e poi torneremo sulla scena.”

La porta si apre, ed entra Ramona.

“Sarà meglio che tu prenda due o tre di queste,” gli dice, porgendogli un flacone di pastiglie.

“Anche quattro,” replica Nathan, e butta giù mezzo flacone.

“Quelle erano più di quattro,” dice Ramona, ma il suo tono sembra più che altro divertito.

Nathan chiude la palpebra, ma la voce di Ramona gliela fa riaprire.

“Oh, Nathan, non ti ho ancora dato la bella notizia! Non glielo hai detto, vero?” dice Ramona, rivolgendosi a Stierman con tono severo.

“Non mi permetterei mai di rovinare un momento così speciale,” replica il Minotauro con un sorrisetto.

Nathan comincia a sentirsi confuso (o almeno più confuso), e guarda Ramona con aria interrogativa.

“Sono incinta, caro,” gli dice lei, prendendogli una mano tra le proprie. “Di tre settimane.”

“Non...”

“...Ed è tuo, ovviamente.”

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Capitolo 11
*** I am with name ***


11. I am with name

 

“Tu...cosa.”

Non può credere di essere stato così idiota da mettere incinta una donna; e non una donna qualunque. Ramona, cazzo!

“Ma come, Nathan. Non mi dire che non sei contento!” dice Ramona, con un'espressione beffarda sulla faccia.

La timida speranza che Ramona e Stierman abbiano deciso di sperimentare anche la tortura psicologica si fa strada nella mente di Nathan, fra una martellata e l'altra.

“Non stai dicendo sul serio,” tenta.

“Sono serissima,” dice Ramona. “Ho fatto il test l'altro giorno e di nuovo mezz'ora fa. Guarda,” e gli mette davanti all'unico occhio uno stick con due inequivocabili linee azzurre.

“E sei sicura che sia...”

“Ma per chi mi hai presa? Con Leon, non lo faccio più da almeno un mese e mezzo. E con Pete,” continua, facendo un cenno verso Stierman, “usiamo sempre precauzioni.”

Cosa che anche Nathan avrebbe fatto, se solo fosse stato un minimo presente a sé stesso.

“Non preoccuparti, Nathan,” interviene Stierman. “Ho già pensato io a cosa fare, con questo bambino. Sarà il nostro capolavoro.”

“Cosa vorresti dire?” dice Nathan, mentre Ramona getta lo stick su un tavolo vicino, accanto al contenitore delle pastiglie che gli ha offerto poco prima.

“Aspetteremo che nasca, e poi ne faremo un'opera d'arte. Varrà cento Baby Grace!”

“Vuoi uccidere un neonato? Mio figlio?”

“È anche figlio mio,” dice Ramona. “E ho un'idea migliore. Chissà cosa succederà, se prenderò un assortimento di droghe durante la gravidanza? Potrei scegliere una sostanza diversa per ogni mese. O un colore. Sarà la performance definitiva!”

“È un'idea da valutare,” dice Stierman, con tono accademico. “Potrebbe nascere con qualche deformità che renderebbe ancora più interessante il lavoro successivo. Questo, però, deve essere un progetto mio e di Nathan. Del Minotauro e del Ciclope. Sentiamo cosa ne pensa lui.”

“Voi siete fuori di testa! Voi...”

“Oh, falla finita, Adler,” dice Stierman. “Ti sei divertito anche tu, a creare Baby Grace. E, ammettilo, non hai nessuna voglia di iniziare un idillio a base di biberon e pannolini con Ramona.”

Sul secondo punto, Nathan deve concedere che il Minotauro ha ragione. Ma, sul primo, continua a non ricordare assolutamente niente.

“Fammici pensare su,” dice alla fine a Stierman.

“Mi sembra giusto,” replica lui. “Andiamo, Ramona, su...Lasciamo Nathan tranquillo per qualche ora.”

Quando l'infernale duo finalmente esce, Nathan sospira di sollievo e chiude l'occhio, nella speranza che l'emicrania si affievolisca un po'. Le pastiglie che ha preso cominciano a rilassarlo...Nathan si ritrova a galleggiare in una sorta di dormiveglia.

 

Secondo te, dobbiamo farlo mentre è ancora viva?” chiede Stierman.

Gesù, Pete,” dice Nathan, e butta giù una manciata di pastiglie colorate. “Sono un artista, non un cazzo di medico nazista.”

Niente vivisezione, allora?” Stierman si accende una sigaretta, e osserva il fumo con aria pensosa. “Se lo dici tu, Ciclope. Ma come faremo a mantenerla...fresca?”

La imbalsamiamo, ovviamente. Bisogna svuotarla, drenare tutto il sangue, e sostituirlo con formalina o qualcosa di simile. Ci penso io.”

Dove cazzo hai imparato, Adler?” chiede Pete, con un misto di rispetto e divertimento.

A Berlino...Quando volevo guadagnarmi da vivere con la mia arte. Inutile dire che, per mangiare, sono finito a lavorare in un'impresa funebre.”

Stierman scoppia a ridere.

Cristo santo, Nathan! Sei una fonte continua di sorprese.”

...E Ramona ci forniva un sacco di clienti, col suo Tempio Caucasico del Suicidio.”

...Quindi vi conoscete già?”

Non ci siamo mai parlati. La conosco di vista...e di fama.”

Ormai sarà qui a momenti. Lei e la...ragazza.”

Imbalsamiamola qua. Poi però la portiamo sul luogo dell'installazione e seguiamo...l'ispirazione.”

Grandioso, Nathan. E dove pensavi di esibirla?”

Ma che domande, Pete. Ovviamente, in un museo.”

 

Come la mettiamo sul piedistallo, Ciclope?” chiede Stierman, osservando con aria critica i resti della piccola Baby Grace.

Nathan, prima di rispondere, butta giù una manciata di pastiglie.

Non l'abbiamo già fatto, questo?

Come faremmo con una statua qualunque: con un perno.”

E dove glielo vorresti infilare?”

Secondo te? Apertura naturale.”

Pete scoppia a ridere.

Sei un cazzo di malato, Ciclope!”

Perché continui a chiamarmi così?”

Saranno i nostri Alias...tu il Ciclope, ed io il Minotauro.”

Il Minotauro? Sì, ha senso. Stierman è una corruzione del tedesco che significa uomo toro. Ma perché io il Ciclope?”

Non l'abbiamo già fatto, questo?

Stierman si limita a scuotere la testa, con un leggero sorriso.

Hai ragione, Nathan. In fondo, hai ancora un occhio e mezzo.”

Non lo abbiamo già fatto, questo?

Strano, Stierman,” dice Nathan, mentre sistema Baby Grace sul piedistallo. “Per la prima volta da anni, non ho mal di testa.”

È perché stai facendo qualcosa che ami, Nathan. Senti qui,” dice, e tira fuori quattro mini-amplificatori e altrettanti chip di memoria.

I suoni emessi dagli amplificatori sono distorti e inintelligibili, ma Nathan percepisce un certo ritmo. Prende il cellulare, li registra, e poi li carica su un'app per ripulirli. Finalmente, ottiene qualcosa di comprensibile:

“Al chiar di luna

Tremo, la distruzione

È sì bellezza.”

“Il sole brucia

Gli occhi, come gli aghi che

Ora son in lei.”

“Non c'è più sangue

Guidami tu, io sono

Fuori controllo.”

“Succede adesso,

Ma fuori di qui; sono

Il Minotauro.”

 

Non lo abbiamo già fatto, questo?

Sono haiku,” dice Nathan, ammirato.

Sapevo che eri il socio giusto, Ciclope.”

Ma perché parlano solo di te? Dov'è la mia firma?”

Non sei ancora pronto, Nathan. Ma presto...”

Non lo abbiamo già fatto, questo?

Pensavo di attaccare un amplificatore ad ogni arto,” continua Stierman, dopo un attimo di silenzio.

E dove li posizioniamo?”

Mmm...” fa Stierman, e lancia un'occhiata alla massa di intestini di Baby Grace, aggrovigliati sul marciapiede di fronte all'ingresso dell'Oxford Town Museum.

Potremmo intrecciarli, e farne una rete,” propone Nathan.

Sarà un lavoraccio, sbrogliarli.”

La notte è giovane, Pete,” replica Nathan.

 

Nathan riapre l'occhio, e si rende conto di essere zuppo di sudore ghiacciato.

Lo abbiamo già fatto.

Lo hanno già fatto. Lo ha già fatto. Stierman non ha mentito: lui e Nathan hanno già ucciso un'innocente, poco più che una bambina, e ne hanno fatto un'opera d'arte.

Cristo.

Nathan sente di nuovo l'emicrania martellargli nella testa. Si alza a fatica e va a recuperare le pastiglie di Ramona dal tavolino; mentre ne butta giù una manciata, lo sguardo gli cade sul test di gravidanza.

E va bene. Lavorare su Baby Grace gli è piaciuto. Ma farlo su suo figlio? Cristo santo. Un figlio. Ancora Nathan non ha ben accettato la realtà della situazione. Un figlio suo e di Ramona, concepito in una nebbia di alcool e droghe. Potrebbe benissimo essere l'Anticristo, questo bambino.

Forse la cosa migliore che gli potrebbe capitare è proprio diventare il capolavoro del suo papà. Come Baby Grace, che non sarebbe diventata molto più che una puttanella sbandata, se non avesse incontrato lui e Stierman. Il Ciclope e il Minotauro.

Il Ciclope...Nathan passa i polpastrelli sulla garza, là dove fino a poche ore prima c'era il suo occhio sinistro.

E decide che ora si sente pronto. E sa esattamente cosa deve fare.

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Capitolo 12
*** Hallo Spaceboy ***


 

12. Hallo Spaceboy

 

Nathan si rigira un po' di volte nel letto, non ancora completamente sveglio. È stato tutto un incubo, allora? Ma certo. Non poteva essere vero. Dovrebbe decidersi a dare retta a Paddy, rimettersi in quadro e non esagerare più con tutta quella roba che prende, perché se questi sono gli effetti collaterali...

Muovendosi sul materasso, sfiora qualcosa. Scatta a sedere, e vede che quel qualcosa è una Ramona beatamente addormentata.

Cristo santo, di nuovo?

Nathan si sfiora l'occhio sinistro con le dita, e non sente altro che la benda di garza.

Incubo un cazzo: deve rassegnarsi, è successo tutto veramente. E deve essere andato in black out un'altra volta. Nathan riappoggia la testa sul cuscino, cercando un po' di sollievo dal pulsare che gli sta facendo esplodere le tempie.

“Sei sveglio, Nathan?” gli chiede Stierman, entrando nella stanza.

“Gesù, Pete!” esclama Nathan, rendendosi conto di essere nudo, e istintivamente si copre meglio col lenzuolo stropicciato.

“Adesso fai il timido?” chiede Stierman, avvicinandosi, e Nathan realizza che anche lui non ha nulla addosso.

Nathan si mette seduto e si prende la testa fra le mani.

“Cosa cazzo abbiamo fatto, stavolta?” chiede, in tono rassegnato.

“Ce la siamo spassata un po',” replica Stierman, sedendosi sul bordo del materasso. “Nemmeno questo, ti ricordi? Forse dovresti darci un taglio, a tutta quella merda che prendi.”

“Anche lei,” dice Nathan, facendo un cenno verso Ramona, che non dà nessun segno di volersi svegliare. “Soprattutto nelle sue...condizioni.”

“Lasciala fare...comunque, non danneggerà il nostro progetto.”

Nathan dà uno sguardo alla stanza. Il materasso è gettato a terra, senza alcuna struttura intorno, e sul pavimento ci sono alcuni flaconi di pastiglie colorate e una bottiglia di vodka. Riflette per ben cinque secondi, prima di prendere due o tre pastiglie per ogni colore e buttarle giù con un gran sorso di liquore, senza nemmeno preoccuparsi di cercare un bicchiere.

Pete scoppia a ridere.

“Cristo, Nathan. Non riesci a rimanere sobrio per più di dieci minuti.”

“Voi non mi aiutate di certo,” replica lui, continuando a guardarsi intorno. Sono in una sorta di ex magazzino ristrutturato, e finalmente un ricordo si fa strada nel cervello martoriato di Nathan.

“Lo abbiamo fatto qui, vero? È qui che Baby Grace...”

“Esatto, Ciclope. Finalmente comincia a tornarti la memoria. L'abbiamo uccisa e imbalsamata qui. O meglio, nella stanza dove ti avevamo sistemato due giorni fa.”

Due giorni?

“Sono passati già due giorni? E cosa cazzo abbiamo fatto, in tutto questo tempo?”

Stierman scuote la testa, divertito.

“Te l'ho detto...ce la siamo spassata un po'. Direi che ti sei completamente ripreso, da quello che ho visto.”

Nathan, una volta tanto, pensa che i suoi vuoti di memoria possano anche essere una benedizione.

“Io adesso devo andare alla centrale,” dice Stierman. “Tu prenditela comoda, divertiti...” continua, indicando Ramona con un sorrisetto. “Per le Risorse Umane, sei in congedo per malattia. Un'infezione fulminante all'occhio sinistro che ha richiesto l'enucleazione.”

È giusto che Stierman sia quello che dirige le danze. Riesce a pensare veramente a tutto.

“Tornerai quando te la sentirai,” conclude Pete. “Ci vediamo stasera, Ciclope. Ci penserà Ramona a prendersi cura di te, mentre non ci sono.”

“Ormai siamo una famiglia, eh?” chiede Nathan, sarcastico.

Stierman ride di nuovo.

“Ma sì, perché no? Una famiglia. Mi piace. Perché, mentre sono via, non cominci a pensare a qualche progetto collaterale a cui dedicarci, aspettando che Ramona partorisca? Non ho nessuna voglia di rimanere inattivo per nove mesi.”

“Contaci, Pete. Sicuro,” dice Nathan, e distoglie lo sguardo mentre Stierman si alza ed esce; non ha nessuna intenzione di fissargli il fondoschiena, qualunque cosa abbiano fatto negli ultimi due giorni.

Una famiglia. Nathan non ha mai avuto una famiglia; non può certo chiamare così il casino totale in cui è cresciuto, e da cui se l'è data a gambe appena ha potuto.

Certo, un figlio sarebbe una vera famiglia, a tutti gli effetti. Ma, anche tralasciando la folle situazione in cui si trova adesso, come potrebbe crescere un bambino? Rischierebbe di trovarlo morto di fame, immerso nelle proprie deiezioni, riemergendo da uno dei suoi black out di ore o giorni.

Nathan getta uno sguardo a Ramona, che giace ancora incosciente al suo fianco. Certo, considerando come si sta comportando, sarà già un miracolo se il bambino nascerà vivo; è più probabile che il Ciclope e il Minotauro si ritrovino fra le mani, come materia prima, un feto abortito.

Nathan si alza dal materasso e va a cercare il bagno; sotto l'acqua della doccia, segue il consiglio di Stierman e comincia a pensare al suo prossimo progetto.

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Capitolo 13
*** Thru' this architect's eye ***


13. Thru' this architect's eye

 

“Dov'è Ramona?” chiede Stierman.

Nathan alza la testa dal tavolo su cui sta lavorando.

“L'ho rimandata a casa. Bentornato, Pete. Hai avuto una buona giornata?”

Stierman scoppia a ridere.

“Non so chi sia più improbabile, nel ruolo di mogliettina, se tu o Ramona.”

“Probabilmente, lei. E comunque, non devi prendere quella faccenda della famiglia così alla lettera.”

“Vero,” dice Stierman, con un sorriso. “Cosa stai combinando?”

“Sto lavorando sul nostro prossimo progetto. Vieni a vedere.”

“Molto volentieri,” dice Pete, e si avvicina al tavolo di Nathan.

“Guarda,” dice Nathan, e si alza dalla sedia per fare posto a Stierman.

Quando Pete si siede e china la testa sul tavolo, per esaminare i microamplificatori che ci sono appoggiati sopra, Nathan ne approfitta per colpirlo alla nuca abbastanza forte da fargli perdere i sensi.

 

“Sei sveglio, Stierman?”

“Sono sveglio da un'ora, Adler,” ringhia Pete, legato a una sedia con delle fascette da elettricista. “Sei tu che hai appena ripreso conoscenza.”

“Giusto,” dice Nathan, e si alza dal pavimento. “Meno male che sono riuscito a finire di sistemarti, prima di perdere i sensi. Non credi?”

Nathan recupera dal tavolino un paio di flaconi, e butta giù una manciata di pastiglie per uno.

“Si può sapere cosa cazzo credi di fare, Adler?”

“Chiamami Ciclope. Lavoro al mio nuovo progetto, naturalmente. Ne avevamo parlato, ricordi?”

“Slegami subito, Nathan. È chiaro che sei confuso. Non è colpa tua; dipende da tutta quella merda che ti fai. Lascerò correre, per questa volta, se...”

“Falla finita, Stierman. Sei tu, il mio nuovo progetto. Tu hai fatto di me il Ciclope, e io farò di te il Minotauro.”

“Ah...è per questo, allora. Non devi prenderla così male...Lo abbiamo fatto per il tuo bene. Per farti arrivare al tuo zenit.” Stierman esita un attimo, come se si ricordasse solo ora di un certo dettaglio. “Non hai mandato Ramona a casa, vero? Cosa cazzo ne hai fatto, di lei?”

“Davvero ti importa qualcosa di lei?”

“Mmm...No. Sono solo curioso.”

“Non preoccuparti, per Ramona. Tutto a tempo debito. Occupiamoci di te, adesso, Minotauro.”

Pete comincia ad agitarsi sul serio, quando Nathan prende il trapano e lo mette in funzione.

“Ehi...Ehi! Cosa vuoi fare? Non avvicinarti!”

“Farò di te un vero Minotauro, Stierman. Sai quanto ho dovuto girare, oggi, per trovare delle vere corna di toro?”

“Che tu abbia dei seri problemi, Adler, è chiaro; ma rivoltarti contro di me, contro il tuo maestro...”

“Mettiamola così, allora: l'allievo ti ha superato. E davvero credevi che vi avrei permesso di ammazzare mio figlio e farlo a pezzi?””

“Lasciami! No! Non farlo, Ciclope! Ti prego, Nathan, no...”

Nathan scopre con stupore che un essere umano può vivere ancora parecchi minuti, dopo avergli trapanato il cranio in più punti.

 

Nathan fa un passo indietro, e ammira la sua opera. Ha fissato le corna di toro avvitandole al cranio di Stierman; e, in fondo, l'espressione di terrore che gli è rimasta congelata sul volto, al momento della morte, aggiunge fascino al tutto.

Nathan attiva i chip di memoria, connessi ai microamplificatori che ha nascosto all'interno delle corna. Se i suoni gracchianti e distorti venissero ripuliti nel modo giusto, si potrebbe sentire:

Penso, 'Quelle courage!'

Lei era così fredda,

Nessun ritorno.”

Pugno d'amore,

La stretta della vita,

Io, il Ciclope.”

Farà un figurone, di fronte all'ingresso del dipartimento di polizia, dove ha intenzione di lasciarlo. Peccato che sarà un'installazione temporanea, visto che, preso dalla foga dell'ispirazione, non ha pensato ad imbalsamarlo.

Solo ora, Nathan si rende conto che c'è qualcosa di strano, ma non riesce a dire cosa. Ci impiega un po' a capire di cosa si tratta.

Silenzio.

È il silenzio, a cui non era più abituato. Finalmente, le martellate nella sua testa si sono fermate.

Nathan si scopre a fischiettare, mentre va a recuperare Ramona dalla cassa dove l'ha rinchiusa mentre era ancora addormentata.

“Cristo, Nathan!” sputa fuori lei, appena lui apre il coperchio. “Cosa cazzo stai facendo? E cos'erano quelle urla?”

“Una piccola disputa artistica fra me e il Minotauro,” risponde lui con calma.

Negli occhi di Ramona comincia ad affiorare la paura.

“Cosa gli hai fatto, Nathan?”

“Sono veramente deluso da voi due,” dice Nathan. “Volete essere artisti, ma non volete essere arte.”

“Cosa vuoi farmi, Nathan?”

Ramona cerca di uscire dalla cassa, ma Nathan le blocca i polsi con una mano e le preme l'altra su una spalla, rimettendola seduta. Oltre a essere parecchio più alto di lei, Nathan ha scoperto di avere un'inedita forza di nervi che evidentemente gli arriva dall'ispirazione.

“Ho un paio di idee, Ramona. Non preoccuparti. Sarai bellissima.”

“Lasciami andare, Nathan! Non farmi male! Non farci male...!”

A queste parole, Nathan lascia andare i polsi di Ramona. Lei si poggia una mano sul ventre, in un gesto di protezione materna che non le si addice affatto.

“Non voglio fare male a mio figlio, Ramona. È proprio per lui che lo sto facendo, capisci? Lo devo proteggere.”

Nathan prende Ramona fra le braccia e la tira fuori dalla cassa, sollevandola come una sposa.

“Sì, Nathan,” dice lei, mettendogli le braccia intorno al collo. “So che avrai cura di noi. So che...”

“Non capisci, Ramona. È da te, che lo devo proteggere.”

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Capitolo 14
*** Wishful Beginnings ***


14. Wishful beginnings

 

Nathan finalmente apre l'occhio, ruota pigramente su un fianco, e getta uno sguardo allo smartphone, che sembra voler suonare all'infinito un pezzo industrial dei primi anni '90.

Ancora Paddy.

Per non farsi trovare dalla sua vecchia vita, Nathan si è trasferito nell'ex magazzino che Stierman aveva sub-affittato da un tizio che non fa tante domande; il tipo, infatti, non gli ha mai chiesto né chi sia lui né che fine abbia fatto Pete, limitandosi a intascare i contanti ogni mese. Nathan non è ancora riuscito a decidersi, però, a cambiare il numero di cellulare. Il fatto è che ha avuto così tanto da fare, negli ultimi mesi.

Non che gli sia dispiaciuto, anzi; da quando ha iniziato la sua nuova esistenza, l'emicrania è definitivamente scomparsa.

Nathan mette il telefono in modalità silenziosa, si veste, si sistema la benda nera sull'occhio sinistro, e va nella stanza accanto, ad ammirare il suo capolavoro.

Ramona è stata fissata su un piedistallo, come la piccola Baby Grace Blue. Stavolta, però, dovendo lavorare con del materiale vivente, Nathan ha ritenuto eccessivo l'uso del perno, ed ha optato per dell'attaccatutto. A giudicare dalle urla di Ramona mentre lavorava, deve bruciare come l'inferno, sulla pelle; ma l'arte, in fondo, non è sublimazione del dolore?

È stato decisamente più difficile fissare i tubi per l'alimentazione endovenosa, dal momento che ormai delle braccia di Ramona sono rimasti solo due miseri moncherini. Certo, il fatto che le gambe siano nelle stesse condizioni, invece, ha agevolato l'inserimento dei cateteri che le ha sistemato nella vescica e nel retto, per risolvere il problema dell'uso del bagno.

Adesso Ramona non richiede poi molta manutenzione: basta lavarla un po' con una spugna , e il gioco è fatto.

“Tutto bene, Ramona? Non hai nausee o cose del genere, vero?” le chiede, mentre recupera tre o quattro flaconi dal tavolino lì accanto, e poi butta giù un paio di pastiglie per ogni contenitore.

La risposta di Ramona si limita ad un mugolio. Quando Nathan si è stancato di sentire i suoi improperi, le ha amputato anche la lingua.

“Fatti coraggio, su. Ormai, mancano solo tre mesi.”

Nathan torna nel suo studio, e riprende a concentrarsi sul progetto su cui sta lavorando al momento. Con gli arti amputati di Ramona, doverosamente imbalsamati, Nathan sta creando un'installazione che ha intenzione di lasciare di fronte alla principale clinica ostetrica della città, come celebrazione dell'imminente nascita del suo bambino.

Il rosa e l'azzurro sono banali: non potendo sapere, per ovvie ragioni, se sarà un maschietto o una femminuccia, avvolge le gambe in nastri di tulle bianco, e vi connette un microamplificatore che ripete una filastrocca distorta:

Bambine impertinenti

Con guance di rosa

Scarpette

Scarpette

Scarpette bianche

 

Anche le braccia, avvolte in nastri neri, avranno la loro filastrocca:

Piccoli campioni

Fragili maschietti

Balocchi

Balocchi

Balocchi neri

 

Sta pensando di sistemare tutto in una culla, ma su questo punto non ha ancora preso una decisione definitiva. Poco male; come sempre, si lascerà guidare dall'ispirazione, momento per momento.

A dirla tutta, Nathan non ha ancora deciso come gestire il parto di Ramona. Forse, non è il caso di aspettare che abbia le doglie; quando il tempo sarà quasi terminato, potrebbe semplicemente aprirla e tirare fuori suo figlio. Potrebbe cogliere l'occasione per rimuovere anche gli organi, e imbalsamarla. Potrebbe filmarsi, mentre la viviseziona; un video del genere potrebbe diventare un'ottima base per una performance straordinaria del Ciclope.

Oppure, potrebbe lasciare che la natura faccia il suo corso, far nascere il bambino, e tenere Ramona in queste condizioni per sempre. Chi altro può vantare una scultura vivente? Certo, un'opera d'arte non vale poi molto, se nessuno può vederla. Potrebbe abbandonarla da qualche parte, in modo che venga trovata e tutti possano ammirare il suo talento; tanto, Ramona non è certo in grado di raccontare niente di quello che le è capitato.

Bisogna ammettere, però, che questa installazione ricorda forse un po' troppo il lavoro di quel coreano su cui lui e Paddy indagarono anni fa; e Nathan non vuole certo che il Ciclope sia tacciato di mancanza di originalità.

No, forse la cosa migliore è tenerla così, con sé, per sempre; in fondo, almeno per i primi anni, un bambino ha bisogno della sua mamma.

 

 

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