The Forbidden Guardian [MOMENTANEAMENTE SOSPESA]

di CassandraBlackZone
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I: Sconfitta? ***
Capitolo 2: *** Capitolo II: Occhi ***
Capitolo 3: *** Capitolo III: Rivelazione ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV: Illusione? ***



Capitolo 1
*** Capitolo I: Sconfitta? ***


Per quanto ci provasse Marinette non riusciva a muoversi. Sia le gambe che le braccia non le rispondevano. Le sue orecchie fischiavano a causa dell’esplosione da cui era riuscita a scampare per un pelo, come direbbe Chat Noir. Chat Noir? Sarà riuscito a salvarsi in tempo? Non sarà rimasto gravemente ferito, vero? La ragazza pregava con tutto il suo cuore che il suo partner fosse sano e salvo.
«C-Chat… Noir» provò a chiamare con le poche forze che aveva. Perfino parlare le era difficile. Sotto i denti sentiva la sabbia del cantiere posto vicino alla scuola, dove quella assurda battaglia era cominciata. «Ti prego… sii salvo.»
«Milady! Milady dove sei?!» seppur ovattata e ricoperta dal fastidioso fischio, Marinette aveva riconosciuto la voce di Chat Noir. «Ti prego, Milady! Non scherzare! Dove sei?!»
«Chat… N-Noir» con uno sforzo immane, la ragazza cercò di alzare un braccio in modo tale da farsi notare e dopo vari tentativi, ignorando il più possibile il dolore, riuscì ad agitare la mano. «Chat… sono qui!»
«Ladybug?!» dopo essersi messo a quattro zampe, il ragazzo mezzo gatto corse verso il braccio che si agitava debolmente. «Sto arrivando resisti!»
Vedere con la coda dell'occhio l'amico muoversi con la sua solita agilità tra le fiamme le diede un minimo di sollievo. Cosa che non poteva dire per le condizioni del suo corpo. Non riusciva nemmeno a muovere il collo, ogni volta che provava a muoversi era come se avesse degli spilli conficcati nella carne. Forse aveva anche una o due costole rotte. Le sentiva ad ogni suo respiro premere sui suoi polmoni.
Dopo degli interminabili secondi, il cielo ricoperto da fiamme venne coperto da uno Chat Noir visibilmente preoccupato. «Milady! Mio dio, stai bene?!»
«Se è una delle tue battute»,tossicchiò lei, «non è affatto divertente.»
Il ragazzo aiutò con cautela la sua partner a rialzarsi. Ad ogni suo lamento Chat Noir capiva dove poteva e non poteva toccarla, affinché fossero in una posizione comoda per poter camminare. Il caldo stava diventando insopportabile.«Dobbiamo andarcene subito, prima che… quella cosa torni.»
Ladybug, che aveva un braccio attorno al collo dell'amico e l'altro che teneva il suo ventre, alzò gli occhi per vedere con quale espressione avesse detto quella frase. Stava digrignando i denti e aggrottando la fronte: era furioso, come non lo era mai stato.
«Chat Noir, sto bene. Devo solo riposarmi un attimo e poi...» Ladybug sentì il bisogno di tossire ancora più forte. Con una mano si coprì la bocca e quello che vide fece sbiancare lei e allarmare l'altro. Mai prima d'ora le era capitato di tossire sangue.
«Adesso ne ho abbastanza» disse grave Chat Noir, mentre prese il suo bastone allungabile.
«C-che vuoi fare?» chiese preoccupata Ladybug.
«Ti porterò dal maestro Fu. Lui saprà cosa fare. Io invece...»
«Io invece cosa, gattino?»
Istintivamente il ragazzo si mise davanti alla compagna ferita soffiando.
«Ma tu guarda. Allora ti comporti veramente come un gatto. Che cosa curiosa.»
«Fatti vedere! Non nasconderti! Mostro!» urlò minaccioso Char Noir verso la voce.
«Mostro io? Be', non hai tutti i torti effettivamente.»
Nonostante le sue enormi fattezze, la creatura era piombata davanti ai due ragazzi dall'alto senza che se ne accorgessero. Le due possenti ali piumate li spazzò via come se niente fosse.
Sfortunatamente proprio Ladybug andò a sbattere violentemente la schiena su una sbarra di ferro battuto. «Ladybug no!» Chat Noir si attaccò al terreno con le unghie per resistere all'impatto e raggiunse il prima possibile la compagna. «Resisti!» Ma a pochi metri di distanza, il giovane eroe venne colpito con violenza da una coda di leone. Atterrato su una montagna di detriti, Chat Noir rimase immobile dolorante.
«C-Chat Noir...» chiamò Ladybug con un filo di voce. Com'è potuto succedere, si domandava serrando i pugni. Avevano sempre avuto a che fare con nemici molto potenti. Che fossero persone akumizzate, possessori di miraculous o entrambi, lei e Chat Noir ne uscivano sempre vincitori.
In questo caso si trattava di un possessore di un kwami, ma non di uno qualsiasi. Uno perduto da tempo, nascosto se non anche segreto, di cui Marinette aveva sentito parlare dal maestro Fu solo una volta per caso, ma che non se ne era mai preoccupata poiché era ritenuto da lui non importante. Come poteva non essere importante una cosa così tanto pericolosa? Perché tenerlo segreto? Perché... ripudiarlo?
«I grandi Ladybug e Chat Noir sono stati veramente sconfitti? Con così tanta facilità?»
Ladybug cercò in tutti i modi di tenere gli occhi aperti, cercando di non pensare alla dolore e alla stanchezza. Non poteva assolutamente mollare, doveva resistere.
«Se fossi in te non mi sforzerei. È evidente che hai superato il limite, Ladybug.»
L'eroina sentì i pesanti passi della creatura avvicinarsi. Con la vista che cominciava ad annebbiarsi, la vide attraversare le fiamme con naturalezza, come se non le sentisse e più avanzava, più la paura la assaliva al punto da indietreggiare. «N-non ti avvicinare… o altrimenti...»
«Altrimenti cosa?» Ed eccola lì davanti a lei, maestosa e potente, una creatura mitologica presente in ogni libro di storia antica, metà leone e metà aquila: il grifone. Il corpo del felino carnivoro era almeno cinque volte più grande del normale, così lo erano anche le ali e la testa del rapace. I suoi occhi color ametista penetravano in quelli azzurri di Marinette, che non riusciva a muoversi per quanto era spaventata. Tra le sue mani teneva stretta il suo fidato yo-yo, ma che grazie a lui non poteva usare nemmeno volendo. «Vorresti provare ad usare i tuoi poteri nonostante io te ne abbia privato? Coraggioso da parte tua» il grifone si avvicinò velocemente con la testa alla ragazza che si lasciò scappare un urlo con le lacrime agli occhi. «Usa questo breve periodo di tempo per riflettere, che ne dici?»
«Perché... lo stai facendo?» provò a chiedere lei singhiozzando. «Sei come Papillon? Vuoi i nostri miraculous... anche tu?»
il grifone sogghignò. «Tu che cosa ne dici?»
Ladybug si portò subito le mani alle orecchie. «Che dovrai... prima vedetertela con me. Morgan!»
La creatura si lasciò andare in una raccapricciante risata che rieccheggiò per tutto il quartiere. «Voglio proprio vedere come farai. Che aspetti allora? Fatti sotto. Insettina.»


ANGOLA DELL'AUTRICE:
Ciao a tutti. Mi chiamo Cassandra. Sono mesi che non entro su EFP e dopo aver passato le pene dell'Inferno finalmente faccio ritorno. Per chi mi conosce già e segue le storie “How everything started” o “CRP Apocalypse” a breve le recupererò.

Questa è la mia prima ff dedicata alla serie televisiva Miraculous. Mi sono imbattuta per la pirma volta in questo bellissimo cartone animato francese questa estate mentre faceva la babysitter. Onestamentea? Lo aveva presto sotto gamba all'inizio, pensando che non fosse niente di speciale e invece, stando assieme ai bambini di cui mi sono presa cura per un intero mese, mi sono ricreduta. È un cartone molto avvincente, con una fantastica animazione e molto simpatica. Che dire, sicuramente qui ci saranno moltissime FF dedicate a questa serie. Che appena avrò tempo ne recupererò qualcuna (ho già addocchiato qualche titolo).
Spero che , anche se breve e un po' confuso, con questo capitolo vi abbia un po' incuriositi.
Per qualsiasi errore non esitate a segnalarmelo (sono un po' arruginita) e spero che vi piaccia.


A presto!

Cassandra

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Capitolo 2
*** Capitolo II: Occhi ***


QUALCHE ORA PRIMA

«Marinette! Se non ti sbrighi farai tardi! Di nuovo!»
«Arrivo mamma! Ma dove diamine lo avrò messo… accidenti!» Ogni mattina la stessa storia, pensava la ragazza mentre cerca disperatamente il suo quaderno di chimica, rischiando di inciampare più volte sul suo stesso zaino.
Maldestra, goffa e disordinata. Non a caso i suoi amici la prendevano in giro scherzosamente per i suoi difetti, ma questi ultimi non potevano competere in nessun modo con i suoi pregi: una simpatia contagiosa, solare quanto basta per tirare su di morale chiunque la veda, sempre disponibile ad aiutare il prossimo, insomma, un'amica di cui ci si poteva fidare ciecamente.
«Stai per caso cercando questo?»
Con la testa affondata nel suo armadio, Marinette ne uscì con in testa una gonna rosa a pois bianchi. Davanti a lei stava fluttuando un quaderno blu ciano con su scritto Chimica. «Ah! Eccolo finalmente!» preso l'ormai no più perduto quaderno, Marinette tirò fuori un sospiro di sollievo e lo mise subito nel suo zaino- «Grazie mille, Tikki. Non so che cosa farei senza di te.»
La piccola kwami della coccinella fece una piccola piroetta prima di stampare un bacio sulla guancia della sua amica umana. «Forza. Ora è meglio sbrigarsi!»
«Sì, hai proprio ragione!» non appena Tikki entrò nella sua borsetta, la ragazza scese velocemente le scale e il dolce profumo delle croissant appena sfornate investì il suo naso. «Stamattina… sono alla nocciola!Anzi… ci sono anche le mele!»
Tom mise le mani ai fianchi gongolando. «Il buon naso di Marinette non sbaglia mai! Brava la mia bambina!»
Marinette stava già pregustando il momento di una buona colazione, ma il suo occhio cadde sull'orologio posto dietro ai suoi genitori e dovette accontentarsi di prenderne una al volo da mangiare per strada. Un bacio al volo ad entrambi e genitori ed era già fuori dalla porta. «Vi voglio bene!»
Sabine scosse la testa ridacchiando. «Non cambierà mai, vero?»
«Spero proprio di no cara.»

«Alya! Ciao!» Marinette non ci mise molto ad avvistare la sua migliore amica, poiché era seduta sulla panchina posta vicino alle scale. Era assieme al suo ragazzo Nino.
«Marinette Dupain-Cheng, un giorno mi dovrai spiegare come fai ad arrivare sempre correndo se casa tua è praticamente vicino alla nostra scuola» la ammonì divertita la ragazza, mentre l'altra tentava di riprendere fiato.
«Dalle tregua, Alya. Probabilmente avrà di nuovo perso il suo quaderno di storia» seguì Nino ridendo.
«Ti correggo! Era il quaderno di chimica!» li assecondò Marinette, ancora piegata in due.
«Be' c'ero quasi.»
I tre amici risero insieme, ma non ci volle molto tempo prima che Marinette si accorgesse che non ci fosse ancora Adrien. «Adrien oggi non viene a scuola?»
Nino scrollò le spalle. «Non ne ho idea, amica. Probabilmente ha fatto le ore piccole un'altra volta.»
«Vedi? Sei in buona compagnia. Non sei l'unica a dormire sempre tardi.»
Marinette ridacchiò nervosa. «Eh già. Hai proprio ragione» Non posso mica dirle che la scorsa notte ero in giro in ricognizione, pensò.
Precisa come sempre, la campanella suonò l'inizio delle lezioni. «Forza ragazzi! Tutti in classe!» richiamò la signorina Bustier.
«E questo, be' lo sai… è il nostro cortile!»
I tre ragazzi si apprestarono a salire le scale, quando Marinette venne attirata da una presenza nuova in mezzo al cortile affiancata dal preside Damocles, che era impegnato a raccontare la storia della scuola. Un ragazzo? Una ragazza? Non riusciva a capirlo bene, poiché vestiva un abbigliamento sportivo e il suo taglio di capelli rasato ai lati e l'enorme ciuffo rosso non la aiutavano. Ancor meno i suoi lineamenti del viso, marcati ma anche…
«Marinette! Sbrigati!» la chiamò Alya da sopra le scale.
«A-arrivo!»scossa la testa, Marinette salì velocemente le scale per raggiungere la classe, senza accorgersi che due occhi color ametista la stavano scrutando di nascosto.


«Adrien, la prossima volta eviti di restare alzato la notte» disse Nathalie senza togliere gli occhi dal suo tablet. Impassibile come sempre. «Anche se si tratta di studiare le materie scolastiche. Le sue ore di sonno molto importanti.»
«Sì, Nathalie. Hai ragione. Scusami» Adrien si portò una mano alla bocca per sbadigliare e riprese a guardare fuori dalla finestra della macchina.
La scusa dei compiti a casa era sempre buona per ogni occasione, soprattutto con Nathalie, così da non smontare la sua immagine di studente modello. Non poteva di certo dirle che era in giro in ricognizione assieme a Ladybug. Ladybug. Il giovane Agreste si concesse quei pochi minuti che lo separavano dalla scuola per ricordare la notte prima passata con la sua partner in giro per Parigi.
Sebbene si trattava pur sempre di lavoro, quelle notti per lui erano molto importanti, in quanto significava passare più tempo con la ragazza dei suoi sogni, pur sapendo che non l'avrebbe mai ricambiato. O almeno per ora.
«Per questa volta non dirò nulla a suo padre. Ho appena mandato una mail al preside della scuola, per cui non c'è nulla di cui preoccuparsi.»
«Grazie mille Nathalie. Sei la migliore.»
La donna accolse il sorriso smagliante del ragazzo facendo un leggero inchino e ritornò a scorrere il dito sullo schermo del tablet, ma osservando con la coda dell'occhio il suo cambio di espressione.
Da quando ne aveva memoria Nathalie è sempre stata al servizio della famiglia Agreste. Aveva visto crescere Adrien, sapeva i suoi gusti, cosa lo rendeva felice e conosceva dei lati che suo padre o non sapeva o non aveva mai cercato di comprendere, mentre lei sì. Sebbene il suo compito fosse solo quello di supervisionare le attività di Adrien, involontariamente aveva cominciato a nutrire della compassione nei confronti del ragazzo, quasi… dell'affetto. Ma poiché era dedita al lavoro, mai e poi si permetterebbe di andare oltre quel sottile rapporto che aveva instaurato con lui. Poteva perlomeno concedersi di alleviare i suoi dolori con questi piccoli gesti.
«Nathalie?»
«Eh… sì?»
«Io sarei arrivato. Ti stavo salutando» La donna si guardò attorno disorientata e si accorse che erano veramente arrivati a scuola. «Va tutto bene Nathalie?»
«Sì tranquillo, va tutto bene. Passi una buona giornata. La passeremo a prendere dopo la scuola per...»
«La lezione di cinese. Sì lo so. A dopo Nathalie.»
Chiuso lo sportello della macchina, Adrien salì le scale il più velocemente possibile e, raggiunto il cortile, non si accorse dell'arrivo del preside e vi ci andò contro, cadendo all'indietro.
«Signor Agreste! Si è fatto male?!»
Adrien scosse la testa un po' disorientato. «Ah n-no… non si preoccupi io...»
«Oh non c'è problema. Avevo già ricevuto la mail da parte della sua assistente. Deve essere stato un evento faticoso il suo» disse con tranquillità il preside.
«Ah… sì. Abbastanza» sorrise imbarazzato il ragazzo rimasto ancora a terra.
«Va tutto bene?»
«Sì, ti ringra-...» senza pensarci due volte Adrien prese la mano che gli si presentò davanti e non appena venne tirato su ad attirare la sua attenzione furono due occhi color ametista. «…-zio?» lo strattone per tirarlo su risvegliò Adrien, così da potersi accorgere su chi lo stava aiutando.
La corportura e il portamento parevano quelli di un ragazzo, ma i lineamenti del viso e il taglio degli occhi quelli di una ragazza. All'orecchio destro portava un dilatatore, sul sinistro due buchi sul lobo e un helix. Il ciuffo rosso fuoco cadeva sul lato destro del viso, mentre il lato sinistro era rasato e lasciato con il suo colore naturale, ovvero nero pece.
«Bene. Dal momento che stavamo giusto per andare in classe, venga pure con noi, signor Agreste» disse il preside.
«In classe? Quindi sei nuova da... volevo dire...»
«Sì», lo anticipò l'ospite misterioso con un sorriso, «sono a Parigi da poco.»


«Classe, è mio piacere presentarvi Morgan Warden. Da oggi starà nella vostra classe. Siate gentili e buona continuazione» annunciò il preside con fierezza prima di uscire dall'aula.
La classe rimase sorpresa all'arrivo del nuovo compagno. O compagna? C'era ancora qualcuno che se lo stava chiedendo. Una cosa era certa, quello sguardo ammaliava tutti quanti, compresa la professoressa Bustier.
«Ma è...» cominciò Marinette.
«Vi conoscete?» domandò Alya. «Eppure il preside ha detto che è da poco a Parigi.»
«Sì lo so. È stato solo un caso, in cortile.»
«Piacere di conoscervi. Sono Morgan.»
«Oh, ma quindi è un ragazzo. Curioso, avrei giurato che fosse una ragazza» sussurrò Alya senza farsi sentire, ma per sua sfortuna il diretto interessato se ne accorse e si voltò verso le due ragazze.
D'impulso Marinette spalancò gli occhi, poiché Morgan allargò un sorriso verso di lei.
«Molto bene, Morgan. Prendi pure posto dove vuoi che iniziamo la lezio-...» ancor prima che la professoressa finisse la frase, il ragazzo prese l'iniziativa e si sedette accanto a Marinette, che colta alla sprovvista si spostò verso l'amica per fargli posto. «Oh bene. Allora cominciamo pure.»
Per quanto ci provasse, Marinette faticava a concentrarsi durante la lezione, e la causa era la presenza al suo fianco che, invece di scrivere appunti, restava a fissarla con il mento appoggiato al dorso della mano destra. Adesso che ci pensava, non aveva con sé nemmeno la cartella.
«S-se non prendi appunti ti sarà difficile seguire» provò la ragazza sorridendo. «Se vuoi... ti presto una penna e un foglio per scrivere.»
«Non c'è da preoccuparsi. So già l'argomento» rispose l'altro con un altro sorriso. «Ti chiami Marinette, dico bene?»
Marinette smise subito di scrivere per voltarsi verso Morgan. «E tu... come la sai? Non ci siamo nemmeno...»
«La tua reputazione di precede.»
«Quale reputazione?»
«Oh tranquilla. Se vuoi possiamo parlarne con più tranquillità in pausa pranzo.»
Marinette cercò di evitare il più possibile lo sguardo ipnotico del ragazzo, che continuava a scrutarla sorridendo.
Intanto dietro, pur non riuscendo a sentire bene, Adrien si accorse che Marinette non si trovava a suo agio assieme al nuovo compagno. Ne era quasi... spaventata.
«Amico perché stai guardando il nuovo arrivato così male?» lo riportò alla realtà Nino.
«Guardarlo male? Io?» chiese confuso Adrien.
«È da quando siete entrati assieme che non fai che fissarlo. Anche se... effettivamente non mi sembra molto normale...»
«Già...» a preoccupare il giovane modello non era solo il fatto che non avesse la cartella o che fissasse Marinette, ma era soprattutto la sensazione che aveva avuto dopo avergli stretto la mano. Pur non essendosi trasformato in Chat Noir avrva percepito una scossa attraverso l'anello che lo attraversò in tutto il corpo, come un campanello d'allarme per avvertirlo di un potenziale pericolo.
Chi era veramente Morgan Warden? Dall'esterno si può dire che fosse una persona dal look eccentrico, ma quello lo si poteva ritenere normale, come anche la sua carnagione ambrata che lasciava intendere che fosse nato da due genitori di etnie diverse. A giudicare dal cognome poteva essere di chissà quale nazionalità, era sì appena arrivato in Francia, ma se fosse così come sapeva così fluentemente il francese?
Più Adrien cercava di conoscere il nuovo compagno di classe, più pensava che stesse facendo una cosa sbagliata. Dopotutto non gli aveva fatto niente, eppure... quella sgradevole sensazione ancora non andava via.
Quella mattina che pareva eterna era finalmente finita e prima che Marinette e Adrien se ne accorgessero era già ora di pranzo, poiché furono gli unici a non aver seguito nessuna delle tre lezioni.
«Tranquilla, Marinette, ti presterò tutti gli appunti di questa mattina.»
«Non so come ringraziarti, Alya. Sei la mia salvatrice.»
«E il minimo che possa fare» Con la coda dell'occhio Alya vide Morgan camminare proprio dietro di loro. «Visto che qualcuno non ti ha fatto concentrare tutta la mattina.»
Marinette non riusciva proprio a capire perché Morgan ce l'avesse con lei, dal momento che non si erano mai incontrati prima di quel giorno. Non riusciva a smettere di pensare a quello che si sarebbero dovuto dire appena raggiunta la sala da pranzo.
«Ehi tu. Ora la devi smettere!»
Alya e Marinette di voltarono di scatto appena sentirono la voce grave di Ivan riecheggiare nel cortile, Era davanti a Morgan con la fronte aggrottata e le braccia incrociate al petto.
«Pensi davvero che in classe non se ne fosse accorto nessuno? Hai infastidito Marinette tutta la mattina! Non mi importa se sei appena arrivato qui, ma questo non significa che tu possa fare quello che vuoi!»
«I-Ivan calmati! Non è successo nulla, davvero!» cercò di calmarlo Marinette.
Morgan era impassibile davanti al ragazzo imbronciato.
«Però ha ragione, Marinette» si aggiunse Mylene. «Per tutto il tempo non ha fatto che fissarti. È un comportamento sgradevole!»
«Persino per me era un comportamento ridicolo. Assolutamente ridicolo!»
«C-Chloe?»
In un attimo tutti i compagni di classe cominciarono ad insultare Morgan con acidi commenti, tutti tranne Marinette e Adrien, che si guardarono attorno allibiti dalla situazione.
«Ragazzi, credo che ora stiate tutti esager-...» d'impulso Adrien si portò la mano sinistra al petto. Aveva percepito di nuovo quella scossa, ma questa volta dopo aver toccato le spalle di Nino, che sembrava come ipnotizzato e continuava a insultare Morgan, come se non vedessi altri che lui. «Nino? Che cosa ti prende?»
«Alya smettila! Non è da te!» provò anche Marinette, ma non c'era verso. Tutti quanti si erano messi attorno a Morgan agitando i pugni. Intanto, attirati dalle urla, altri ragazzi e professori si avvicinarono per capire cosa stesse accadendo, finendo pian piano col essere trascinati a loro volta da quel circolo vizioso, pur non sapendo quale fosse la motivazione. Adrien e Marinette si ritrovarono così in mezzo a quella folla inferocita. «Ma che cosa... sta succedendo?!»
«La mente umana è veramente così facile da abindolare? Non lo avrei mai detto»
I due ragazzi immuni si voltarono verso quello che sembrava essere la causa di tale scompiglio e fu allora che li videro: gli occhi di Morgan pulsavano di un viola acceso e sul suo volto si disegnò un sorrisetto compiaciuto.
Adrien e Marinette non riuscivano a crederci, poiché quella stessa luce stava pulsando anche negli occhi di tutti gli altri, come una rezione a catene, intensificando le loro urla. Che fosse opera di un'akuma sfuggita ai due eroi in incognito?
«Tanto meglio per me. Almeno non sarà così tanto difficile incontrarlo» Alzata la testa al cielo, il sorriso del ragazzo di allargò ancora di più, attirando l'attenzione anche di Marinette che alzò a sua volta la testa, per poi mormorare:«No... non può essere... quelle sono...»
«Ma ciao, Papillon» Uno sciame akuma si stava avvicinando pericolosamente a loro, poiché attirate dall'odio concentrato in quella folla, pronte per akumizzare quante più persone possibili. «Finalmente ci incontreremo.»


ANGOLO DELL'AUTRICE:
Come al mio solito mi dilungo troppo e... ho finito col lasciare l'ennesimo velo di mistero... Forse è ancora tutto troppo confuso, me ne rendo conto, ma... vi giuro che più avanti andrà meglio. Intato spero che il secondo capitolo vi sia piaciuto e vi abbia incuriosito un po' di più!
Ciao!

Cassandra

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Capitolo 3
*** Capitolo III: Rivelazione ***


Gabriel lasciò cadere la tazza che si frantumò sul pavimento. Aveva percepito un'insolita ondata di odio da parte di almeno una ventina di persone. Anzi, forse erano addirittura cinquanta, tutte nello stesso posto.
«Com'è possibile? Così all'improvviso?»
«Signor Agreste, sta bene?» Nathalie si precipitò il prima possibile nella sala da pranzo, preoccupata.
«Sì tutto bene. Nathalie, vieni con me, subito!» lo stilista corse subito nel suo ufficio e, ritrovatosi davanti al dipinto che raffigurava sua moglie nello stile klimtiano, premette i pulsanti segreti per poter andare assieme alla sua assistente nel suo covo segreto, nel covo di Papillon.
Raggiunta la piattaforma, Gabriel stava per chiedere a Nathalie l'ennesimo aiuto per potenziare i suoi poteri così da poter akumizzare più persone in una volta, ma qualcosa non andava nella stanza delle farfalle, poiché queste ultime erano agitate.
«Che cosa… sta accadendo?» chiese la donna.
«Non ne ho idea. Non è mai… successo. Nooro!» al suo richiamo il kwami l'ho trasformò all'istante e fu allora che accadde l'impossibile. Non appena divenne Papillon, fu costretto a lasciar andare il suo bastone e ad inginocchiarsi tenendosi la mano destra.
«Signor Agreste! Sta bene?!» avvicinatasi all'uomo, Nathalie notò che il bastone stava fumando e la superficie pareva come metallo incandescente. Intanto Gabriel cercò di resistere al dolore dell'ustione.
«Che cosa significa? Perché?»
«Signore. Le… farfalle» i due, come alzarono lo sguardo, videro che le farfalle si stavano radunando in un unico e enorme sciame. «È… opera sua?»
«Assolutamente no» rispose Gabriel a denti stretti.
Improvvisamente le farfalle entrarono all'interno del bastone e, dopo qualche secondo, uscirono nuovamente tutte akumizzate e rimanendo sempre tutte assieme. «Si sono akumizzate da sole? Senza…. Il potere di Nooro?!»
Agguerrito più che mai, lo sciame volò dritto verso la finestra attirato dall'odio, lasciando l'ormai non più loro padrone senza parole.
Non ci volle molto prima di raggiungere quel concentrato di odio che le aveva richiamate, poiché si trattava del liceo Françoise Dupont, dove l'intera scuola era contro una sola persona: Morgan Warden, il nuovo studente.
«Deve essere… stato akumizzato» ipotizzò Marinette cercando di uscire da quella folla inferocita. «Come ho fatto a… non accorgermene?!»
Così disse e fece lo stesso Adrien. I due ragazzi riuscirono ad uscire una il polo dell'altro e, alzato lo sguardo, squadrarono con terrore l'enorme sciame di akuma che ronzava proprio lì sopra.
«Un attimo… ma se non è stato akumizzato, allora… quelle per chi sono?» si chiese la ragazza. Non le era mai mai capita nulla del genere. «Non c'è tempo!»
«Questo non va affatto bene. È il momento di agire!»
Una salì le scale per raggiungere il bagno, mentre l'altro rimase giù per raggiungere lo spogliatoio. C'era urgentemente bisogno di Ladybug e Chat Noir.

«Tikki. Trasformami!»
«Plagg. Trasformami!»

In un attimo i due supereroi piombarono con un balzo nel cortile insieme.
«Questa è nuova» disse ridacchiando Chat Noir, cercando di nascondere la sua preoccupazione. «O meglio… è già successo che venissero akumizzate più persone insieme, ma...»
«No, queste sono diverse» lo anticipò Ladybug. «Osservale bene. Non sono state potenziate dal potere di Catalyst, inoltre… non le ho mai viste così agitate. E non hanno ancora attaccato.»
«Hai ragione. Perché se ne stanno lì a volare?»
«Ma soprattutto… tutte le persone sono attirate da...»
«Finalmente. Vi stavo aspettando» nonostante l'avessero sentita una volta sola, i due ragazzi riconobbero la voce che riecheggiava nel cortile, che sovrastava senza problemi le urla. «Vedo che siete riusciti ad uscire. Ma che bravi, Ladybug e Chat Noir.»
Quello che successe pochi secondi dopo lasciò sbalorditi i due eroi, poiché la fonte della voce saltò raggiungendo lo sciame, che l'accolse restando attorno ad essa. «Non vedevo proprio l'ora di conoscervi.»
«M-Morgan?» i due ragazzi, senza rendersene conto, lo dissero all'unisono, ma come biasimarli? Quale normale essere umano poteva compiere un salto di almeno una quindicina di metri senza alcuna difficoltà e librarsi in aria? E senza un'akuma per giunta.
Il ragazzo sogghignò divertito alla reazione dei tanto attesi supereroi. È stato fin troppo facile, pensò soddisfatto. «Che onore. Conoscete il mio nome. Eppure non ci siamo ancora presentati.»
Ladybug e Chat Noir tirarono fuori d'istinto le loro armi. «Sai com'è. L'intera scuola non fa che urlare il tuo nome» cercò di temporeggiare il secondo.
«E questa sarebbe la tua scusa migliore, micetto?»
«L'unica persona che può chiamarmi in quel modo» Il ragazzo gatto si aiutò con il suo bastone per raggiungere l'altezza di Morgan e attaccare. «È Ladyb-... Ah!»
«Oh no, Chat Noir!»
Bastò un solo cenno del capo di Morgan e parte dello sciame di akuma colpì l'eroe, ma senza akumizzarlo, scaraventandolo su una panchina.
«Chat Noir no!»
«Stai lì buono, micetto. Se mi date un attimo sarò subito da voi» alzate le braccia al cielo, le farfalle seguirono la loro direzione e non appena Morgan le riportò velocemente lungo i fianchi, quelle volarono giù in picchiata entrando nel corpo del ragazzo.
«Ma... non può essere. Come?» balbettò Ladybug ancora più incredula, mentre le gote di Morgan si tinsero leggermente di rosso.

«Signore, sta bene? Le fa molto male?» non appena le farfalle uscirono tutte, Nathalie porse subito un fazzoletto al suo padrone, ancora in ginocchio e dolorante.
«Non capisco come sia potuto succedere. Chi mai potrebbe fare una cosa sim-...»
«Ciao Papillon»
«Che cosa?»
«Signore?»
Gabriel si alzò subito guardandosi attorno disorientato. «Chi c'è?! Chi ha parlato?!»
«Non ha alcuna importanza chi sono o cosa sono. Era da molto tempo che volevo incontrarti, così da poter mettere in chiaro una cosa. Vado un po' di fretta, per cui presta molta attenzione.»
«Sei stato tu, non è vero? Tu hai preso le mia akuma. Come ci sei riuscito?!»
«Ti pregherei di non cambiare discorso e di lasciarmi finire di parlare.»
«No! Io esigo immediatamente una rispost-...»
«ASCOLTAMI BENE PAPILLON.»
Papillon rabbrividì quando la voce si fece all'improvviso minacciosa e si zittì, col sangue che gli si gelò nelle vene. Non si era mai sentito così prima d'ora.
«Non ho tempo da perdere perciò sarò breve. Hai visto cosa sono in grado di fare con le tue akuma, o meglio, con il tuo miraculous. Sarai di sicuro d'accordo con me sul fatto che io sia qualcosa di decisamente più potente. Ora voglio che tu soddisfi questa mia richiesta senza fare storie.»
L'uomo deglutì senza riuscire a dire una parola e annuì insicuro.
«Molto bene. Papillon, da oggi in poi tu non userai più il tuo miraculous per i prossimi due mesi. Allo scadere di questo periodo potrai riprendere ad agire per la tua causa, ma fino ad allora...»
Improvvisamente Gabriel urlò a gran voce avendo sentito un dolore lancinante alla mano destra, dove vi era la bruciatura. Quest'ultima da una semplice ferita divenne un vero e proprio marchio che raffigurava la testa di un aquila di profilo.
«Signor Agreste! Resista!»
«Questo pattuirà il nostro patto e se tu lo infrangerai, be'... hai visto le conseguenze e sai benissimo che ovunque tu sia, saprò quando vorrai agire. A presto Papillon. È stato un vero piacere conoscerti.»
Libero dal collegamento, Gabriel si ritrasformò e si accasciò a terra perdendo i sensi, lasciando che fosse Nathalie ad occuparsi di lui.

«Ottimo. E questa l'abbiamo risolta» con uno schiocco delle dita Morgan fermò le urla e gli schiamazzi dei ragazzi e dei professori sotto di lui che, ancora sotto il suo controllo, si allontanarono per poter far atterrare il ragazzo ancora, per così dire, akumizzato. «E adesso pensiamo a voi due.»
«C-Che cosa è appena successo?» chiese Chat Noir ancora dolorante. «Che cosa hai fatto a Papillon?»
«Niente di cui ti debba preoccupare. Scusami per prima, ma è stato più forte di me.»
«Chi sei veramente? Sei anche tu un possessore di un miraculous?» provò Ladybug agitando il suo yo-yo.
Morgan allargò l'ennesimo sorriso beffardo. «Io? Un possessore di un miraculous? E che cosa te lo fa pensare?»
«È evidente che non sei stato akumizzato. L'unica cosa plausibile è che tu abbia un miraculous.»
Come se avesse sentito una barzelletta, il ragazzo cominciò a ridere piegandosi persino in due. Sia Ladybug che Chat Noir cercarono di rimanere il più razionali possibili, ma la domanda restava: chi era Morgan? «Hai detto bene, Ladybug! Hai detto benissimo! Ma solo una cosa su due, purtroppo.»
«Che cosa… vuoi dire?»
Alzata la testa al cielo, Morgan fece uscire lo sciame di farfalle dalla bocca deakumizzate, sorprendendo e spaventando i due giovani eroi.
«Stiamo scherzando?!» disse quasi urlando Chat Noir.
«È una follia! Questa cosa non può essere opera di...» senza che Ladybug se ne accorgesse, Morgan si teletrasportò a pochi centimetri dal naso della ragazza coccinella e dopo un pugno ben assestato nello stomaco, la allontanò fino a farla uscire dalla scuola.
«Ladybug! Ti prendo io!» col l'aiuto del suo bastone, Chat Noir riuscì a prendere la sua partner prima che finisse investita da una macchina. I due si accasciarono a terra. Lui teneva tra le braccia lei che si contorceva dal dolore e con gli occhi chiusi. Un rivolo di sangue uscì dalla sua bocca. «Milady! Ti prego, rispondimi!»
«Chat… Noir… Scappa...» disse la ragazza a denti stretti. «Morgan… Non... Non è umano!»
«Bingo! Che qualcuno dia un premio all'insettina!» istintivamente Chat Noir prese tra le braccia le testa di Ladybug e squadrò Morgan, che intanto avanzava verso di loro. «Non sono ne un essere umano ne un possessore di un miraculous. Io sono molto di più» gli occhi di Morgan presero a pulsare di nuovo di un viola accesso e venne avvolto da una spessa aura dello stesso colore oscurando la sua figura. «Io sono… un miraculous
Sulla schiena del ragazzo si spiegarono due possenti ali piumate e, dopo essersi messo a quattro zampe, gradualmente abbandonò la sua forma umana per diventare quello che a prima vista pareva essere il corpo di un leone grosso cinque volte tanto.
«N-no… non può essere, che cosa...» balbettò Chat Noir incredulo. «Possibile che sia un...»
Morgan rivolse la testa verso l'alto e innalzò un grido, ma non uno qualunque, bensì quello di… un'aquila.
«Un grifone!»
Con uno battito d'ali, Morgan si liberò dall'aura che lo ricopriva, mostrando finalmente la sua enorme figura minacciosa metà aquila e metà leone. Chat Noir e Ladybug non potevano credere ai loro occhi e rimasero pietrificati davanti a quella mostruosità. Un enorme becco a uncino, grosse zampe munite di artigli affilati, ali immense in grado di spazzare via con facilità qualunque cosa e due occhi violacei e freddi che incutevano terrore al primo sguardo.
«Se farete i bravi bambini», parlò grave la creatura, «non vi succederà nulla. Per cui a voi la scelta: o ascolterete le mie richieste o armatevi e affrontatemi.»
Chat Noir digrignò i denti indeciso su cosa fare, ma a fare la prima mossa fu Ladybug che a fatica si liberò dalla presa del compagno e si rialzò. «M-Milady! Stai bene?!»
«Certo… che no» rispose l'eroina tenendosi il ventre dolorante. Prima di squadrare la creatura mitologica, Ladybug spostò la sua attenzione sui suoi compagni di classe e i professori rimasti ancora sotto il suo controllo e con uno sguardo assente negli occhi. « Ma non posso assolutamente arrendermi!»
Chat Noir non poteva farci nulla. Ammirava la determinazione della sua amata Ladybug dal primo giorno in cui divennero i due supereroi di Parigi. Era una delle caratteristiche che amava di più di lei e non poteva di certo essere da meno. Almeno per lei. «Hai ragione, milady» allungato il suo bastone, il ragazzo di mise al fianco della sua partner sorridendo fiducioso. «Facciamogli vedere di che pasta siamo fatti!»
Morgan sogghignò scuotendo la testa. «Allora è così, eh? Non potevate fare scelta peggiore. Poco importa. Vi darò una lezione che non dimenticherete!»

 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV: Illusione? ***


PRESENTE

Con o senza il suo yo-yo, Ladybug tenne su i pugni e avanzò, barcollando di tanto in tanto, mentre il Grifone rimase impassibile davanti allo stato pietoso della giovane eroina.
«Allora proprio non ti arrendi, Ladybug? Sei disposta a tanto pur di tenere il tuo miraculous?» parlò finalmente la creatura.
«Io... ho il dovere di proteggere... Parigi» rispose la ragazza sofferente. «Finché sarò Ladybug... farò di tutto... per proteggerla!»
Morgan sospirò scuotendo l'enorme testa d'aquila. «Non era esattamente quello che ho chiesto, ma... immagino che tu riesca a muoverti perché hai questo senso del dovere. Oppure... sei semplicemente impazzita.»
«M-Milady... resisti...» qualche metro più in là invece, Chat Noir si stava trascinando per terra con le mani, con lo sguardo verso la partner ferita.
«Tu invece, sei mosso dal desiderio di combattere al suo fianco, dico bene? Siete veramente gli Chat Noir e Ladybug più strani che io abbia mai visto nel corso dei secoli.»
«C-che vuoi dire?» domandò Ladybug grave.
«Quello che ho detto. Io ho tenuto d'occhio tutti i possessori dei miraculous per secoli.»
«Tu... stai mentendo! Colui che conosce tutti i possessori è...»
«Il guardiano? È questo che stavi per dire? Be'... si dia il caso, mia cara Ladybug... che io stesso sia un guardiano. Proprio come l'attuale Fu.»
Sia Ladybug che Chat Noir erano confusi davanti a quelle parole e ammaliati dalla maestosità delle sue ali spiegate. Come poteva essere un guardiano anche lui? Quindi potevano esserci due guardiani?
«Posso dedurre dalle vostre facce che siete sorpresi da questa mia affermazione. Mi pare di capire che il vostro maestro non vi abbia parlato di me.»
«Il maestro Fu ci aveva parlato solo di un... kwami pericoloso. Un reietto. Non... di un altro guardiano.»
Morgan assotigliò i suoi enormi occhi da rapace e lasciò che un verso seccato uscisse dal suo becco. Pericoloso? Reietto? Anormale? Era così che ancora lo consideravano? Dopo tutti i secoli passati a servire quel mondo. A proteggerlo. Questa... era la sua ricompensa? «Quindi... è così che stanno le cose, dico bene
I due supereroi percepirono all'improvviso una sensazione di terrore che li pietrificò per l'ennesima volta.
«In questo caso...» rivolto il becco verso l'alto, Morgan inalzò un grido, provoncando delle onde sonore ben visibili nell'aria che si propagarono per tutta la città.
«C-Che... che cosa succede?!» chiese Chat Noir riuscendo a portarsi le mani alle orecchie.
«Io... non lo so, ma...» Ladybug notò con sorpresa che quel grido stava facendo qualcosa al suo corpo, ogni singola vibrazione che la stava colpendo. Il dolore al petto, i numerosi tagli, i lividi e quant'altro stavano... guarendo?
«Milady! Il tuo braccio!»
Ladybug seguì la mano guantata di nero di Chat Noir che stava indicando il suo braccio destro, dove uno dei tagli più grossi si stava rimarginando davanti ai loro occhi, seguito dallo strappo della tuta. «Ma non è... possibile.»
«Anche la mia schiena è guarita! Non sento più dolore!» disse l'altro tastandosi.
«E a quanto pare... non siamo gli unici ad essere stati riparati» tutto ciò che veniva colpito da quelle onde sonore ritornava esattamente com'era prima dello scontro dei tre; che fossero sbarre di ferro, enormi crateri e vetri infranti, come un nastro riavvolto.
Finito di riportare tutto alla normalità, Morgan si fermò e riprese a fissare i due giovani eroi, ancora scossi. «Ecco fatto. Sia chiaro, Ladybug, non credere che io sia così lento di solito. Ho voluto solo fare una piccola dimostrazione.»
«Dimostrazione? Di cosa?» domandò lei con la voce tremante. Ancora non riusciva a guardare negli occhi l'enorme creatura.
«Di quello che so fare. O almeno in parte.»
«Ma questo... è possibile?» si chiese Chat Noir grattandosi la nuca. «Insomma... è lo stesso potere che...»
«Ha il mio miraculous» continuò Ladybug. «Dovrebbe essere l'unico a poter riportare tutto allo stato originale, ma...»
«Ed era proprio qui che volevo arrivare» fatti un paio di passi per raggiungere un camion pieno di detriti, Morgan richiamò l'attenzione dei due. Bastò un semplice battito di ali verso il veiocolo e questi si disintegrò, come se avesse usato il Cataclisma.
«Ma quello...» Chat Noir si guardò la mano sbalordito.
Morgan emise un leggero grido e il camion ritornò dov'era, senza un graffio. «Penso proprio che non servano ulteriori spiegazioni, dico bene?» disse il ragazzo grifone accennando un sorriso sul becco. «Se tu, Ladybug, possiedi il kwami della Creazione. E tu, Chat Noir, quello della Distruzione. Io... sono il solo e unico miraculous che possiede entrambi i poteri. Ma sono molto più di questo.»
«C'è... dell'altro?» provò la ragazza, che ancora non riusciva a smettere di tremare.
Morgan sogghignò divertito davanti alle espressioni dei due ragazzi. Era proprio quello che voleva vedere. «Ogni cosa ha il suo tempo. Ah, giusto. Non disturbatevi ad andare dal maestro Fu. Sicuramente avrà già avvertito la mia presenza e dubito che vi riceverà prima di me.»
«Non avrai intenzione di fargli qualcosa, eh? Dovrai prima vedertela con...»
«Dopo tutto quello che è successo adesso, micetto? Ne sei così sicuro
«Chat Noir, calmati» gli abbassò la mano Ladybug. «Forse... è meglio lasciar perdere.»
Il ragazzo gatto sbatté velocemente le palpebre incredulo. «Milady, non dirai sul serio!»
«Vedi delle altre alternative?»
Pronto a ribattere, Chat Noir si zittì all'istante appena incrociò gli occhi suppluchevoli della partner. Era tremendamente seria e visibilmente stanca. In effetti quella fu la battaglia più impegnativa e pericolosa che entrambi affrontarono. Persino più di quella contro Papillon, Mayura e la città akumizzata. Arresosi, il ragazzò sbuffò. «D'accordo. Ho capito.»
«Saggia decisione la vostra. Anche perché... se aveste deciso di riattaccarmi, non vi era alcuna garanzia che vi avrei guariti dalle ferite una seconda volta.»
Quell'ultima frase fece raggellare il sangue ad entrambi i ragazzi.
«Bene. Per oggi credo che possa bastare» In un istante l'enorme corpo del Grifone si illuminò di viola e al suo posto riapparve il corpo minuto dello studente nuovo Morgan Warden, sempre sorridente e con le mani dietro la schiena. «Era solo una mia curiosità quella di incontrare i due nuovi Ladybug e Chat Noir. Ora ho le idee più chiare su di voi.»
Appena il ragazzo cominciò a camminare, sia Ladybug che Chat Noir si separarono istintivamente, per lasciarlo passare.
«Ah giusto! Godetevi il periodo di vacanza!» urlò senza voltarsi e alzando una mano. «Ne avete proprio bisogno! A presto!» allo schiocco delle sue dita, diversi cameraman e giornalisti si accanirono sui giovani supereroi, tutti armati con microfoni, macchine fotografiche e telecamere.
Complimenti per aver sconfitto l'ennesimo supercattivo akumizato. Ringraziamenti per aver riportato tutto alla normalità come sempre. I due ragazzi ignorarono totalmente tutto ciò che stava accadendo attorno a loro, poiché i loro occhi erano concentrati ad osservare Morgan che camminava indisturbato per andare chissà dove: stava tornando a casa sua o ovunque vivesse? Dal maestro Fu? Da Papillon? La tentazione di prendere e andare al suo inseguimento era molto forte, ma dovettero entrambi dissuadersi da quella folle idea per paura della sua reazione e dell'incolumità degli abitanti di Parigi.
Così, sconfitti, Ladybug e Chat Noir continuarono a seguire con lo sguardo la schiena del loro nuovo nemico, fino a quando non sparì, indisturbato, al passaggio di un pullman.


«Signor Agreste. Le ho portato il suo tè.»
«Appoggialo pure dove vuoi, Nathalie.»
Avvicinatasi alla scrivana, per la donna fu alquanto difficile trovare un posto dove appoggiare il vassoio d'argento, poiché essa era ricoperta da libri e fogli abbozzati dal suo padrone. Ciò che attirava maggiormente l'attenzione dell'assistente erano i numerosi schizzi che raffiguravano la creatura alata con il corpo da leone, ovvero il grifone. Quindi ha passato la notte in bianco, pensò la donna.
Dopo che il suo padrone svenne, lei si prese cura di lui per tutto il resto della giornata. Verso il tardo pomeriggio, Gabriel si svegliò all'improvviso con il terrore negli occhi e mormorando con la voce tremante che la creatura si era risvegliata, che tutto sarebbe cambiato con il suo ritorno.
Gabriel cercò di cancellare per l'ennessima volta l'immagine della creatura mitologica, che non lo aveva fatto dormire per tutta la notte, portandosi entrambe le mani alle tempie per massaggiarle e quando si accorse della garza che fasciava la sua mano destra rivolse un sorriso verso Nathalie, impegnata a sistemare, per quanto le fosse possibile, la scrivania.
«È sufficiente, Nathalie. Hai già fatto molto» disse lo stilisita rialzandosi piano dalla poltrona.
«Per me è un piacere signore. Non si sforzi troppo.»
«Sto bene, tranquilla. Ormai... è passato» si forzò di sorridere.
Nathalie ricambiò, con lo stesso identico e falso sorriso.
«Pensa piuttosto ad Adrien. Deve andare a scuola.»
«Ecco... in realtà...» cominciò lei stringendo i pugni. «Quando sono andata a svegliarlo lui già non c'era più.»
Subito Gabriel si allarmò. «Che cosa hai detto?»
L'assistente gli porse un biglietto scritto a mano da Adrien:

Buongiorno Nathalie.

Mi spiace avvisarti in questo modo, ma mi sono svegliato presto
per poter andare a scuola prima.
Stai tranquilla, sono andato in macchina.

Adrien

«Difatti è così» disse subito lei, notando il cambio di umore di Gabriel. «L'autista non c'è. È per forza con Adrien.»
Tirato un lungo sospiro di sollievo, l'uomo porse a Nathalie il foglio per raggiungere il tanto atteso infuso di erbe. «Assicurati di essere presente quando lo andrai a prendere a scuola. Hai capito?»
«Certo, signore» fatto un leggero inchino, Nathalie uscì dall'ufficio e, come il suo padrone, sospirò pesantamente per il pericolo scampato. «Mi dispiace, signore.»


Adrien cercò in tutti i modi di non addormetarsi in macchina o di sbadigliare, ma era tutto inutile. Dopo tutto quello che era successo il giorno prima non aveva smesso di pensare a Morgan e al fatto che fosse un miraculous vivente per tutta la notte, finendo col non riuscire a dormire.
Aveva passato ore e ore a fare ricerche sulle origini del grifone come creatura mitologica. Non sapeva benissimo il perché lo avesse fatto, ma il ricordo di quella creatura era la ragione che non lo faceva addormentare. Ogni volta che chiudeva gli occhi, lo sguardo violaceo dell'enorme grifone si insiuava nei suoi pensieri.
Ricordo. Adesso che ci pensava nessuno sembrava aver parlato dell'enorme grifone apparso in città quella stessa mattina. Nemmeno scorrendo le notizie sul cellulare, solo un semplice titolo anonimo: Ladybug e Chat Noir sconfingono di nuovo il male!
«Questo... è parecchio strano. Com'è possibile che...»
un colpo di tosse della sua guardia del corpo, fece riportare alla realtà Adrien che si accorse di essere arrivato a scuola.
«Oh! Grazie! Ci vediamo dopo!» sceso dalla macchina, era pronto a ritornare a pensare a quel fatto insolito, finché non si accorse di una figura mogia alla sua sinistra: era Marinette, che sembrava sovrappensiero tanto quanto lo era lui.
«Buongiorno Marinette» allargò il più possibile un sorriso.
La ragazza alzò gli occhi e, per grande sopresa del biondo, si limitò a sorridere debolmente. «'giorno, Adrien.»
«Non... hai una bella cera. Nottataccia?»
«Altroché» era più che una nottataccia, si disse Marinette. Non aveva chiuso occhio quella notte, non solo perché aveva provato a chiamare ripetutamente il maestro Fu che, come aveva detto Morgan, non aveva mai risposto, ma anche perché ogni qualvolta che provava ad addormentarsi si ritrovava lo sguardo di ghiaccio dell'enorme grifone davanti. Quel terrore ce l'aveva ancora addosso, lo percepiva perfettamente, attraverso il ricordo di tutto quel dolore che fino a ieri non aveva mai provato prima.
Anche lei, come l'ignaro Adrien, aveva passato delle ore a fare ricerche sul rapace mezzo felino.
«Allora... siamo in due. Speriamo di non addormetarci durante le lezioni» cercò di sdramatizzare la situazione Adrien, invitando la ragazza a raggiungere la classe assieme.
«Io non sarei molto sicura. È probabile che lo farò davvero.»
Una fragorosa risata attirò i due ragazzi assonnati che alzarono d'istinto la testa. Proveniva dalla loro classe. Dopo un po' partirono anche dei fischi di approvazione.
«Ma che cosa succede?»
«Non lo so. Andiamo!»
Sia Marinette che Adrien corsero per raggiungere la classe ancora contagiata dalla risata e, raggiunta la porta, entrambi si pietrificarono dallo stupore.
Tutti i compagni di classi stavano ridendo e applaudendo attorno alla cattedra, su cui vi era beatamente seduto Morgan, lo stesso ragazzo che il giorno prima si era presentato come guardiano e miraculous vivente.
«Ma tu guarda» cantilenò il nuovo studente all'arrivo degli ultimi due compagni di classe. «Come siamo mattinieri oggi! Di solito arrivate sempre in ritardo.»
«Tu... cosa...» disse a denti stretti Marinette, ma sempre sorpresa e spaventata. «Cosa fai nella nostra classe?»
«Come scusa? Che cosa intendi?» domandò a sua volta Morgan, mentendo.
«È vero Marinette, ti comporti come se fosse la prima volta che lo vedessi» le si avvicinò Alya, mettendole una mano sulla fronte. «Non è che per caso hai la febbre?»
Marinette scansò subito la mano dell'amica. «Certo, perché lui è arrivato solo ieri! Non... vi ricordate? Tutto quello che ieri...»
«Wo Marinette, rilassati!» la anticipò Nino. «Posso vedere dalla tua faccia che non hai dormito bene. Forse sei solo un po' confusa.»
«Confusa? Ma... cosa? Non lo sono! Morgan è veramente arrivato solo ieri!»
Il resto della classe cominciò a bisbigliare e a domandarsi perché Marinette si stesse comportando così.
Che io stia davvero impazzendo, pensò la ragazza, cominciando veramente a dubitare delle sue stesse parole e dei suoi stessi ricordi. Eppure, quella battaglia se la ricordava fin troppo bene, ogni minimo dettaglio.
Intanto Adrien era rimasto vicino alla porta e osservava con odio Morgan, che era palesemente divertito dalla situazione. Come Marinette, anche lui era sicurissimo di quello che era successo ieri, dal suo arrivo alla battaglia avvenuto contro la sua forma da grifone. No, non poteva essere stata un'illusione. Che fosse un altro suo potere?
«Ehi Adrien» al richiamo di Nino, il biondo scosse la testa disattento. «Tu ne sai qualcosa? Del perché Marinette si comporti così?»
«E-ecco io...» pensa in fretta a qualcosa, pensa in fretta qualcosa. «Credo... sia solo stanca. M-mi aveva detto che stava lavorando ad un vestito nuovo, perciò...» doveva cercare di non destare alcun sospetto, anche se non riusciva a capire perché anche Marinette fosse sorpresa nel vedere Morgan. Forse era riuscita a sfuggire al suo controllo mentale, visto che era proprio lei lo strumento usato da Morgan per richiamare le akuma. Adrien fece mente locale il più velocemente possibile, tanto da pensare per un solo istante che forse...
«Ah ecco! Mi pareva! Be' le passerà. Dai, è assurdo che lei sia dimenticata che Morgan ormai è qui a Parigi da cinque mesi.»
«C-cinque mesi?!» ripeté quasi urlando e spezzando i suoi pensieri. «Com'è possibile?»
«Vero? Lo stavamo dicendo un attimo fa! È passato davvero un sacco di tempo! Morgan si è integrato alla perfezione ormai!»
Percepita una strana presenza, Adrien alzò lo sguardo e incrociò quello di Morgan. Era uno sguardo di sfida, un avvertimento, ma anche la conferma che quello che stava accadendo era opera sua e che non poteva e non doveva assolutamente reagire.
«Forza Marinette, vieni a sederti. Sei solo un po' stanca, te lo si legge in faccia» Alya prese a braccetto la sua migliore amica per sedersi con lei ai loro posti.
«Sì, è vero che sono stanca, ma...» voltatasi verso il ragazzo in nero, questi le rivolse un sorriso malizioso e fece pulsare lievemente i suoi occhi sotto il ciuffo rosso, solo per lei, allarmandola ancora di più.
Che cosa sta succedendo, si chiesero i due supereroi in incognito più preoccupati che mai.

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