10 passi avanti per tornare indietro

di Ellariastory
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** dovresti chiudere la finestra, o il traffico non ti farà dormire ***
Capitolo 2: *** ricordati sempre di chiudere a chiave, quando esci di casa ***
Capitolo 3: *** soli aggrappati allo stesso cielo ***
Capitolo 4: *** i mostri non si nascondono sotto il letto, siedono vicino a te ***
Capitolo 5: *** la tigre funambola ***
Capitolo 6: *** alza la mano prima di parlare ***
Capitolo 7: *** la guerra è solo una storia, finché non bussa alla porta di casa ***
Capitolo 8: *** errore 404:sei spacciato ***
Capitolo 9: *** sciarada ***
Capitolo 10: *** tic toc, il lupo è arrivato ed è affamato ***
Capitolo 11: *** il caso è chiuso ***
Capitolo 12: *** a volte è proprio il cane ad aver bisogno del gatto ***
Capitolo 13: *** a ogni mago i suoi trucchi ***
Capitolo 14: *** nessuno si salva da solo ***
Capitolo 15: *** parlare ci rende umani, per questo restiamo in silenzio ***
Capitolo 16: *** se il mondo cambia, noi cambiamo con lui ***



Capitolo 1
*** dovresti chiudere la finestra, o il traffico non ti farà dormire ***


1
dovresti chiudere la finestra, o il traffico non ti farà dormire

Cambiare vita non è mai semplice.
Perché uscire dagli schemi, dalla cara e rassicurante routine, ci costringe inevitabilmente a reinventarci. È come cercare di sfilare il pezzo più in basso in quel gioco coi bastoncini di legno. Piano. In silenzio. Poi la massa. Nessuno ne ha la certezza, eppure difficilmente tutto resterà invariato. Il gioco si modificherà, decretando la fine di un turno. A differenti combinazioni, quindi, equivarranno differenti risposte: c'è chi uno spostamento lo subisce, lo elabora e lo risolve, infatti, chi si ferma difronte al problema , ma anche chi va avanti, avanti e ancora avanti con la voglia di tornare indietro.
 
/ Indietro / per Noah è un posto a colori. Un posto che profuma di casa, anche quando casa non è nei paraggi. / Indietro / per Noah è un posto che tiene vicino le persone distanti.
 
Adesso che il cielo è sempre grigio e i sogni si sono spenti, gli occhi hanno bisogno di guardare lontano, anche se di strade in cui perdersi non ce ne sono più tante. Si avanza in circolo come un gregge privo di regole, aspettando di scivolare fuori da quella vita senza tante cerimonie. 
Il pensiero del futuro non è più una priorità. Da oggi si pensa " all'oggi".
E "l'oggi", a dire il vero, è abbastanza. Qualcosa per cui essere grati.
Ma come si è arrivati a tutto quello?
Una nazione distrutta. Un mondo distrutto...
 
Se tutto il resto è andato, però, Noah nemmeno lo sa. Le notizie non arrivano più e il resto del mondo si è ristretto ad essere quello che gli passa accanto quando cammina per fare provviste.
Le strade sono pressoché deserte, o talvolta troppo affollate da corpi vuoti. Non una macchina le attraversa in ogni caso: troppo pericoloso. 
 
Nel vecchio appartamento in cui viveva il via vai notturno era la ninna nanna che preferiva, anche quando sua madre gli gridava di chiudere la finestra per la troppa corrente. Quella specie di fruscio discontinuo lo aiutava a spegnersi.
Anche adesso funziona; se chiude gli occhi abbastanza forte e isola il silenzio fuori, riesce ancora a sentirlo. E quello lo aiuta. Lo salva dal casino nella sua testa.
 
Perso tra le vie di casa, il ragazzo non sa bene quanto tempo trascorre difronte allo scaffale di quel supermercato in cui è entrato, ma un rumore vicino annuncia che ha perso la sua chance di fare rifornimento di cibo. Non è armato / è meglio che non lo sia /, perciò quando si muove lo fa con cautela. Potrebbe correre, ma conosce i suoi limiti e allora sporge appena la testa. Un controllo veloce.
È per un istante, ma subito si ritrova difronte a due occhi estranei. Occhi apparentemente coscienti, perciò esce con le mani alzate. È un rischio, ma che altra scelta ha? Di nascondigli vicini non ce ne sono e le sorprese non sono cosa gradita da quelle parti.
«Prima tu. Roba tua. Nessun problema» ma prima di spostarsi verso l'uscita, Noah aspetta una risposta. Non è così stupido da mostrare le spalle a chi nono conosce.
 
 

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Capitolo 2
*** ricordati sempre di chiudere a chiave, quando esci di casa ***


2
ricordati sempre di chiudere a chiave, quando esci di casa

 


Il rumore del terriccio sotto le scarpe produce un suono flebile, ma secco. Ricorda quasi qualcosa che si rompe, che si sbriciola ad ogni passo. Ogni spostamento in avanti corrisponde ad un nuovo 'crack', ad una frattura invisibile che però resterà li, sepolta sotto il peso di un'impronta che sbiadirà poi, con il tempo.

Eppure, nonostante la frattura, mettere un piede avanti all'altro è quasi meccanico. E' ciò che ci insegnano a fare da sempre. Avanti. Bisogna continuare ad andare, continuare a camminare. Non c'è tempo per voltarsi indietro, non esiste la possibilità di percorrere un percorso da capo. Veniamo programmati per questo, abituati che qualcosa di diverso sia solo tremendamente sbagliato.

E allora, nuovamente, un piede davanti all'altro.

Un passo.

Due passi.

Mentre la terra scricchiola sotto le nostre scarpe, mentre il rumore e i sassi fanno male non solo alle orecchie, ma anche al cuore, continuiamo ad andare.

Tre passi.

Quattro.

Non c'è tempo per le soste. Ogni secondo perso è un secondo che non riavremo più indietro. E quando la tua vita è strettamente legata al tempo, non puoi permetterti di perderlo. Ogni secondo ha il suo scopo e il suo fine, ogni istante è destinato a qualcosa. Vivi perché devi e non perché vuoi.

Cinque passi.

Sei.

Poi sette.

All'improvviso, quando meno ce lo aspettiamo, ci ritroviamo a dover scegliere quale strada imboccare. Ci sembrano tutte uguali, eppure così diverse. Ma, ancora una volta, il tempo scarseggia. Sentiamo i passi di chi ci è dietro farsi sempre più vicini e non possiamo lasciare che ci raggiungano. Dobbiamo essere più veloci di loro, dobbiamo scappare, ma dobbiamo anche valutare bene rischi che ancora ignoriamo.

E allora, ancora, continuiamo a camminare. Continuiamo anche se le gambe fanno male, se i piedi sanguinano e le scarpe iniziano ad essere strette. Stringiamo i denti, e proprio come ci hanno insegnato, continuiamo a mettere un piede davanti all'altro.

Speriamo, ma in un mondo ormai alla deriva, anche sperare è un privilegio che non ci si può sempre permettere di avere.

Otto.

Nove.

La cosa assurda è che a volte si può camminare ininterrottamente, ma senza arrivare da nessuna parte. A volte esiste la percezione del movimento, dello spostamento fisico, ma la realtà non muta. Sono quei sentieri tortuosi dai quali è sempre difficile uscire, perché familiari, sicuri. E' difficile lasciare strade che si conoscono per imboccarne di nuove. E' difficile perché il dolore che si conosce spaventa meno di quello che potrebbe arrivare per colpa di un nuovo passo falso. 

Ma quando è il mondo stesso a finire, quando la realtà cambia e non ti lascia altra scelta, la disperazione subentra e ci regala una forza che non pensavamo di avere. E allora possiamo scegliere. Scegliere se fermarci e lasciare che tutto quello per cui abbiamo lottato sia stato vano o, ancora, continuare a camminare. Questa volta lontano. Lontano da chi ha sempre avuto il profumo di casa, da braccia e sorrisi accoglienti che sono sempre stati tutto.

Lontano fa paura. Ma è solo li che si può correre per sperare di essere salvati.

E allora, si va.

Dieci passi.

Dieci passi e una nuova vita è li, nascosta tra i resti di quella che una volta era la casa di qualcun altro. Detriti e macerie che adesso nascondono lo stesso dolore di un libro mal ridotto, abbandonato in uno di quegli scatoloni che ogni domenica si portavano in chiesa per essere regalati a chi ne avrebbe avuto più bisogno.

Mentre avanza per quella strada, anche gli occhi di Cecilia si muovono allo stesso modo. Attenti e cauti. Studiano dove poggiare le suole delle scarpe per evitare di fare troppo rumore. Per evitare quei 'crack' che farebbero eco al vuoto che sente dentro. Un vuoto che pesa come lo zaino che porta in spalla.

Le gambe adesso fanno male, i muscoli tirano e i crampi allo stomaco sembrano volerle ricordare che è passato forse troppo tempo dall'ultima volta che si è fermata a mangiare. Ma adesso che il cibo è razionato, non può permettersi di cedere ai primi morsi della fame. La sua priorità è infatti quella di trovare scorte di cibo e acqua. E, si, anche delle medicine.

Quasi a fare da eco a quella consapevolezza c'è un colpo di tosse che le attraversa il petto e che per qualche secondo le toglie il respiro. Cecilia è infatti costretta a fermarsi, poggiando la mano contro la porta scorrevole che stava per aprire. Si prende qualche secondo, mentre arriva il secondo colpo di tosse e poi il terzo. Per fortuna finisce li, non come l'ultima volta che si è ritrovata a terra, quasi senza fiato.

Entra svelta all'interno di quel vecchio supermercato e nuovamente blocca le porte dall'interno. Le chiude con un vecchio lucchetto che ha trovato tra gli scaffali ancora ben riforniti. Tenere fuori gli estranei è infatti la priorità. Lei, piccola e apparentemente così minuta, è un bersaglio troppo facile in un mondo in cui non esistono più regole.

E' però ignara di essersi appena condannata da sola. Di aver commesso forse l'errore più sciocco in assoluto. Non ha tenuto il nemico fuori, lo ha chiuso dentro insieme a lei.

E' infatti quel tipo di panico che la invade quando sente un rumore. Quando avverte uno spostamento e un viso che compare all'improvviso. Un estraneo.

Vorrebbe urlare, ma la voce le muore in gola ancora prima che possa emettere qualsiasi suono. La mano però reagisce prontamente e afferra il coltello che tiene incastrato nella cintura dei pantaloni. Sa usarlo e non ha paura di farlo.

Se solo riuscisse ad apparire più minacciosa, forse, sarebbe più credibile. « Non... » e adesso cerca di mantenere almeno il contatto visivo con lo sconosciuto. « ...Ho chiuso a chiave. Non puoi uscire. Resta dove sei » almeno finchè non capisce come dargli le spalle per aprire senza farsi uccidere, magari.

Di nuovo, solo un passo alla volta.

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Capitolo 3
*** soli aggrappati allo stesso cielo ***


 
3
soli aggrappati allo stesso cielo

I supermercati sono da sempre un repellente alla solitudine dell’uomo.
Corsie affollate, farcite di prodotti…
Distrazioni utili a esorcizzare quella paura di sentire freddo anche dopo l’inverno. 

Sua madre a quella consapevolezza non ci era mai arrivata. Non aveva mai scavato così a fondo. Le domande talvolta raggiungono la verità e lei non era tipa da risposte. Dopo la morte di suo marito, infatti, aveva iniziato a rincasare con le mani piene di buste almeno tre volte alla settimana, come se fosse del tutto normale. Erano sempre a corto di qualcosa, si giustificava così. Inutile dire che l’indesiderato compito di riporre gli acquisti al proprio posto toccasse poi a Noah e suo fratello, mentre la donna narrava per ore storie ben ricamate di sconosciuti. Parlava di tutto, ma mai dei veri problemi.  Le avventure a cui assisteva riempivano la sua vita. Erano tutta la sua vita.

Nulla è cambiato. Anche se quello era prima, i supermercati sono rimasti il rifugio numero uno della gente. Quando la solitudine incalza come qualcosa di inevitabile per chiunque, non si torna più dove si è stati bene, ma dove si può essere circondati da sicurezze. 

È proprio nei supermercati che sono avvenuti i primi massacri. Persone che divoravano persone, fino a consumarle per riuscire a restare aggrappate a un altro giorno di vita. Quella era disperazione, egoismo. In una realtà dove non c’è abbondanza, il poco diventa indispensabile.  E così, ben presto i supermercati hanno finito col sostituirsi ai cimiteri.

 Ave,  dunque, nuova città di Smeraldo!

Le preghiere confluiscono tutte lì: sia che riguardino la vita, che la morte, per questo, generalmente è meglio tenersi alla larga. Sono posti affollati, troppo affollati, in cui si rischia troppo, perfino tra morti. 

Mentre scruta in silenzio la sconosciuta, Noah si rimprovera, avrebbe dovuto condurre i suoi passi altrove. A quel pensiero le scarpe si spostano ancora, ma la porta sembra ancora troppo lontana. Dovrebbe correre… 

Piuttosto che focalizzarsi sui supereroi, il ragazzo avrebbe dovuto spaziare, concedersi  qualche documentario di sopravvivenza, per esempio e magari allora avrebbe imparato come meglio indirizzare le sue scelte verso il giusto. 

Numero uno: tenersi alla larga dai posti dove /sicuramente/ si incontrerà qualcosa di commestibile. Perché nessuno aveva ancora pensato di scriverlo da qualche parte? 

Perché a nessuno importa davvero della sopravvivenza del prossimo. 

I vecchi valori sono caduti. Perfino Noah adesso è piuttosto combattuto: nonostante ci sia posto per entrambi, vorrebbe comunque sbarazzarsi di quell’imprevisto in cui è incappato e riempire lo zaino di provviste. Chiuso dentro potrebbe farlo tranquillamente e da solo; tuttavia convive ancora con i vecchi sensi di colpa, perciò il marcio lo tiene per sé. 

«… O ognuno si fa i fatti propri e siamo tutti contenti» aggiunge, facendo spallucce come se quell’ipotesi fosse insignificante « Come ti pare. Insomma, non è detto che debba mettersi male per uno dei due» e nel caso debba mettersi male, spera proprio che a rimetterci non tocchi a lui, ma questo ovviamente non lo dice. 







 

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Capitolo 4
*** i mostri non si nascondono sotto il letto, siedono vicino a te ***


 
4
I mostri non si nascondono sotto il letto, siedono vicino a te

La linea che sfuma la realtà dalla fantasia, a volte, può essere davvero fin troppo sottile. Un confine che si può violare quasi senza accorgersene nemmeno. 

Il mondo sembra infatti essere diventato proprio uno di quei giochi di sopravvivenza con i quali si è sempre divertita, e con i quali trascorreva i pomeriggi in compagnia dei suoi amici. 

Anche adesso deve cercare di non lasciarsi sopraffare da un mondo folle, pericoloso. Deve sopravvivere senza poter fare affidamento su nessuno, poiché tutti sono pronti a tradire per un misero pezzo di pane. 

Quello però non è più un gioco. Non c’è il suo avatar ad affrontare gli imprevisti lungo la strada. Non le basta accumulare punti esperienza per procurarsi cibo e acqua. Non basta inviare una richiesta di amicizia per sperare di trovare alleati pronti a giocare con lei.

Adesso, al centro di tutto, c’è lei. Lei che non può semplicemente chiudere la partita e ricominciare da capo, quando non le piace la piega che sta prendendo la situazione. Non può mettere in pausa e riprendere quando sarà meno stanca. 

E questa realtà adesso le fa una paura bestiale, ma non può permettersi nemmeno quello. Lo sa.  

Mentre i suoi occhi si concentrano su quelli dello sconosciuto, Cecilia cerca infatti di ricordarsi di respirare. 

Un respiro.

Poi un altro.

Ha sempre affrontato così la vita. Ricordandosi mentalmente di respirare per non perdere la testa, per non lasciarsi sopraffare dalle paure o dalle insicurezze che la vita le ha sempre fatto provare. Lei che in tante occasioni si è sempre sentita sbagliata, non ha potuto fare altro che respirare. Come se quella fosse la soluzione ad ogni problema. 

Cammina e respira, ecco quale è sempre stato il mantra che l’ha fatta andare avanti. Quello che ancora oggi l’ha tenuta in vita, nonostante sia scappata così lontano da casa. 

Anche adesso ha paura, ma cerca di nasconderlo. Sa che il minimo accenno di debolezza potrebbe essere l’equivalente di un bersaglio in pieno petto. Almeno quello è qualcosa che non è cambiato. Dopotutto le persone sono sempre state pronte a colpire alle spalle. E diciamolo, di persone meschine ha avuto la sfortuna di incontrarne tante. Perché a volte, le persone che ci feriscono maggiormente, sono proprio quelle che amiamo di più. 

Alla fine, non esiste mai pericolo peggiore dell’uomo stesso. 

Lei però non vuole essere così. Non è stupida, non abbasserà la guardia, ma non vuole essere come quegli uomini che la notte precedente l’hanno quasi presa. E al solo ricordo, la paura torna a sentirla. Sente quel brivido che le attraversa la schiena, facendole venire voglia di nascondersi.

Si ritrova infatti a respirare, cercando di dare un tono maggiormente fermo alla propria voce. Lo guarda e allora abbassa il coltello che adesso stringe tra le dita con forse troppa forza. 

« Non voglio problemi » ammette schietta perché ci tiene a sopravvivere. Dopotutto è proprio quella la ragione per cui ha lasciato la sua casa, dove la situazione era diventata invivibile. Dove le persone che avrebbero dovuto amarla più di ogni altra cosa, la stavano invece consumando. Giorno dopo giorno, la facevano cadere pezzo dopo pezzo, più di quel virus che la sta mangiando dall’interno. Solo che lei quello non lo ha ancora detto a nessuno. E’ solo uno de tanti segreti che è costretta a portarsi dietro. 

« Puoi prendere da mangiare, se vuoi. Solo quello. Ma se hai cattive intenzioni, ci ripenso e ti tiro un coltello da qualche parte. E io ho una buona mira… » cerca di avvertirlo, senza preoccuparsi che le creda o meno.

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Capitolo 5
*** la tigre funambola ***


5
La tigre funambola
 
È facile sentirsi come un animale in quel momento: mentre l’aria entra ed esce. Entra ed esce. Entra ed esce…in preda a un’insaziabile fame d’ossigeno. Una semplice operazione, che però prosciuga tutte le energie di cui Noah è a disposizione. Sull’attenti, apre e chiude le mani per  controllare la tensione, mentre il cuore martella come se qualcuno stesse battendo un’arma arroventata nella corsia accanto. Un suono che inghiotte ogni altro suono. 

Eccole lì, allora: specie diverse, vagabonde senza pace dentro la stessa gabbia. Ma il vero problema non è condividere lo spazio, ad avere un vicino di letto ci si abitua, ma comprendere la natura di chi si ha difronte. Preda, o predatore? Gli occhi sono sempre gli stessi, non tradiscono la verità. 

La malattia si annida in profondità, sotto la pelle ed è nei cuori che ha costruito la sua solida dimora. Si può essere infetti fin da subito; a dire il vero tutti sono in qualche modo contaminati, è la risposta di ognuno ad essere differente, in certi casi, infatti, la malattia è una scelta. Basta un attimo, un errore di valutazione e si finisce subito nella fossa, per questo è meglio non sottovalutare chi si ha difronte. Il genere, l’età… non contano. Le mani di ogni persona si sporcano di sangue allo stesso modo. 

La rabbia è di solito la miccia che innesca il meccanismo, ma non tutti rivelano il proprio essere allo stesso modo, anche la paura è un fattore che incide. È proprio per questo motivo che  il ragazzo non calpesta le parole della sconosciuta. Ogni dichiarazione di guerra è pericolosa. Gli Insaziabile si prendono tutto sul campo di battaglia, nemmeno la Caccia  è riuscita a domarli, poiché la loro essenza è stata consumata dall’egoismo. Sono di fatto involucri vuoti che restano aggrappati al giorno successivo non perché desiderosi di viverlo, ma perché è importante che indietro ci resti qualcun altro. 

Noah china la testa in una sorta di cauto inchino, mentre le mani nuovamente si sollevano. La resa è stata palesata e di sicuro il cibo vale più del suo orgoglio. Le provviste gli servono e allora muove il primo passo verso lo scaffale dei barattoli. 

Muove i piedi con cautela come se stesse camminando in bilico su una corda tesa sopra uno strapiombo e con altrettanta attenzione, poi, sfila la bretella dello zaino per farlo scivolare davanti, sul torace e riuscire così a riempirlo. 

«Ehi, ragazza, datti una calmata» si affretta a dire quando la vede farsi più nervosa «Lo hai detto tu che potevo avvicinarmi» magari quella combinazione di parole non è la migliore che potesse trovare, ma di frasi gentili non ne conosce più molte «Cos’è, mi vuoi perquisire?» allora allarga le braccia a suo rischio e pericolo «Io non credo che tu abbia troppa voglia di avvicinarti» 



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Capitolo 6
*** alza la mano prima di parlare ***


6
Alza la mano prima di parlare
 

E’ tanto che Cecilia non vede il cielo. Lo guarda, ma non riesce a vederlo. I suoi occhi si sforzano di catturare la sua bellezza, ma sente di non poterselo più permettere. Sono troppe le cose alle quali adesso deve stare attenta, troppe quelle di cui deve preoccuparsi per potersi concedere anche la più semplice delle distrazioni. 

Anche adesso, altro non può fare che restare concentrata. È tesa, parecchio, ma non può darlo a vedere.

Eppure, quando lo sente parlare, un brivido le percorre la schiena, facendole venire voglia di tagliare la corda, nonostante quello sia il suo nascondiglio. La sua casa. 

Ha forse voluto alludere a qualcosa?

Le dita si stringono allora maggiormente al coltello che tiene in mano, mentre il proprio sguardo si indurisce a poco a poco. 

Il ricordo dell’altra notte non l’abbandona. Le sembra di sentire le voci di quegli uomini che infrangono il silenzio, che si fanno sempre più vicini. Quelle mani che cercano di afferrarla, mentre lei corre via, inciampa, si ferisce, ma riesce a scappare. 

Nonostante il buio, ricorda i lineamenti dei volti di quegli sconosciuti. Uomini più maturi rispetto al ragazzo che adesso le sta di fronte. Ma nessuno può garantirle che lui non sia anche peggiore di loro. E se fidandosi stesse commettendo un errore?

« Ti piacerebbe » commenta però in modo duro, sperando che la supplica silenziosa del suo sguardo non abbia raggiunto lo sconosciuto. Lei non vuole essere toccata da nessuno, non vuole problemi. Né desidera toccare qualcun altro. 

Adesso, anche una cosa semplice come il contatto è qualcosa che ha cambiato valore, significato. Non esistono più le carezze, gesti gentili in grado di trasmettere calore, affetto. Come se li avessero avvelenati tutti, privandoli della loro umanità, adesso le mani sono diventate in grado solo di ferire, rubare, uccidere. Mani prepotenti, avide, spesso macchiate di colpe difficili anche solo da immaginare. 

Il secondo successivo, Cecilia infatti è intenta a sbirciare verso quelle dello straniero. Si chiede se si siano macchiate di sangue, di qualche crimine indicibile. Se, come le sue, nascondano dei segreti. Ma forse è meglio non saperlo. A volte i segreti devono restare tali. 

A tradire il suo silenzio è però un colpo di tosse che la costringe a portare il dorso della mano davanti alla bocca. Fortunatamente non ne seguono altri, o sarebbe stato difficile giustificarsi senza correre il rischio di essere scoperta. 

« Che c’è? Qui la notte fa freddo » mente spudoratamente, adesso attribuendo quel suo malessere semplicemente al tempo trascorso senza potersi scaldare, piuttosto che ammettere che qualcosa la sta uccidendo lentamente. Quello stesso virus che ormai ha contagiato tutti e che continua a logorarli in maniera differente, giorno dopo giorno. E a lei, è toccato il destino del lento declino. La sua unica speranza è quella di raggiungere l’accampamento medico, cercare di avere accesso alle scorte di medicine che adesso sono diventate quasi più rare del cibo stesso. « Cerca di fare piano, piuttosto. Ho visto un gruppo di tre uomini l’altro giorno. Non hanno ancora trovato questo posto e preferirei che non lo facessero » adesso non chiarisce come faccia a sapere della loro presenza, ma è sicura che non ce ne sia bisogno. Un gruppo è un pericolo. E’ quello che basta sapere, per adesso.

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Capitolo 7
*** la guerra è solo una storia, finché non bussa alla porta di casa ***


7
La guerra è solo una storia, finché non bussa alla porta di casa

 

Una volta le persone facevano questo: si aiutavano a vicenda, anche nelle situazioni più improbabili. 

Noah si ricorda bene quel viaggio fatto verso nord; suo fratello aveva insistito per occupare il posto davanti / e, Dio, quanto lo aveva maledetto! /, mentre a sua madre era toccato sedersi vicino a lui. Alla guida c’era, come sempre / almeno quel “sempre” durato per un po’/ suo padre. Era capitato, dopo aver percorso gran parte del tragitto, di mancare una svolta e questo li aveva portati a imboccare  una strada sbagliata. Era stata una coppia intenta a fare benzina ad aiutarli. Una coppia di sconosciuti, che infine li aveva fatti arrivare in tempo per pranzo.

Il ragazzo non aveva mai pensato a quanto quella minuscola gentilezza fosse stata significativa a svoltare le sorti di quella giornata. Era stata un dettaglio irrilevante in quella memoria, almeno fino a quel momento.

L’altruismo, nel presente in cui vive, è una leggenda alla quale la gente preferisce non credere e non affidarsi. 
Invece di dire alla sconosciuta che i supermercati non sono un posto sicuro in cui nascondersi, infatti, lui tace. Decidendo di mandarla nel fosso al suo posto. E di nuovo, uno in meno.

«Ti assicuro che non ho interesse a farmi scoprire» le risponde, facendo un nuovo passo verso i barattoli, verso il suo obiettivo. 

Aspetta una manciata di secondi allora e poi allunga la mano in un gesto celere, come una parola detta tutta d’un fiato, o un tuffo senza ripensamenti nell’acqua gelida. Prima uno, poi un altro e così via senza esitare.

La sicurezza porta ad altra sicurezza, almeno questo si dice per non fermarsi. 

Quando lo zaino diventa pesante, poi, Noah arretra verso la corsia accanto «Mi serve dell’acqua» è necessario annunciare in anticipo ogni mossa, anche se il colpo di tosse della sconosciuta inizia a farlo pensare. E se fosse malata? Magari potrebbe approfittarne… 
Si convince, però, che lei non rappresenta una minaccia e allora prosegue sulla propria strada.

È intento a forare con l’indice la plastica del cartone d’acqua per prendere qualche bottiglia, quando una mano colpisce il vetro della porta di ingresso dall’esterno, facendolo sobbalzare. Un colpo che è come un rintocco, un conto alla rovescia sopra le loro teste.

In che guaio si è andato a cacciare?

Il battito accelera, mentre le gambe prendono a formicolare, quando comprende che il silenzio non basta più a nasconderli. Qualcuno entrerà inevitabilmente. 
Uno sguardo verso la sconosciuta e nell’incontrare la stessa rassegnazione, capisce: ecco i guai di cui stava parlando.
Sono spacciati? 
O magari solo lei lo è? 
Quei problemi non lo riguardano, dopotutto. 

Noah si guarda intorno. È un attimo, ma il cervello elabora in fretta. Ha visto una finestra con dentro una scrivania, aggirando quell’edificio. Indietreggia ancora di qualche passo, allora, raggiungendo la porta che potrebbe segnare la sua salvezza. Un’incognita, verso la quale adesso è bene correre. Alza e abbassa la maniglia, ma nel trovarla chiusa, ripete quel movimento un paio di volte, finché non diventa furioso e provoca un rumore disperato. 

È finita? 

Ha tanto da guadagnare e poco da perdere, per questo quando una nuova idea gli balena in mente, non esita a seguirla. 

“ E mentre marciavi con l'anima in spalle,
vedesti un uomo in fondo alla valle
che aveva il tuo stesso identico umore, 
ma la divisa di un altro colore”

Si ferma. 
Ha deciso. 
Silenzio, prima di correre verso la ragazza. 
Se la colpisce abbastanza forte, riuscirà a evitare che reagisca. 
Se la colpisce abbastanza forte riuscirà a prenderle le chiavi, senza incontrare di nuovo i suoi occhi. 

“E mentre gli usi questa premura, quello si volta, ti vede e ha paura.  Ed i bracciata l’artiglieria, non ti ricambia la cortesia”




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Capitolo 8
*** errore 404:sei spacciato ***


 
 
8
Errore 404: sei spacciato

E’ un brivido quello che Cecilia sente passarle sulla schiena. Il suo corpo è scosso da quella sensazione, mentre il silenzio si infrange come ogni speranza nascosta in fondo al cuore. 
 
Le basta poco per capire che il rumore di vetri che si frantumano adesso equivalgono ad una sentenza di morte. Potrebbe correre, salvarsi, ma dove andrebbe? Non avrebbe il tempo di prendere le sue cose e abbandonare le sue scorte di medicine e cibo sarebbe l’equivalente di un suicidio. 
 
Alla fine, sa di essere spacciata. 
 
E il suo sguardo adesso tradisce quella consapevolezza nel momento in cui incontra gli occhi del giovane sconosciuto che come lei è bloccato li. Potrebbe lanciargli le chiavi, invece di restare a guardarlo mentre cerca di aprire una porta che da sola non si aprirà mai. E forse lo farebbe, se un momento dopo non lo vedesse irrigidirsi, come se fosse stato colto da una consapevolezza affatto rassicurante. 
 
Li incontra quegli occhi e non ha bisogno di traduzioni per capire che adesso è lei che sta puntando. Come se improvvisamente il cacciatore avesse individuato la propria preda. 
 
Leone e gazzella. La storia che sempre si ripete. 
 
Cecilia è presa alla sprovvista. E forse è proprio quello che le impedisce di reagire con la rapidità con cui reagirebbe di solito. 
 
Però adesso non ha paura. Che senso ha la paura quando ormai non le è rimasto più niente da perdere? Adesso a smuoverla è solo quel dannato istinto di sopravvivenza che l’ha spinta sempre a mettere un piede dietro l’altro, continuando anche quando avrebbe solo desiderato fermarsi. 
 
Non riesce ad evitarlo, non ne ha il tempo, ma viene travolta dal peso del ragazzo dai capelli rossi che adesso le toglie il fiato. Il tempo di prepararsi a quell’impatto ce l’ha, quel tanto che le basta per sollevare il braccio la cui mano sta ancora tenendo il coltello che prima ha minacciato di usare contro di lui. E forse, adesso, è arrivato il momento di trasformare quella minaccia in realtà. 
 
 «Che cazzo stai facendo?» sputa tra i denti perché il fatto che si stia accanendo contro di lei piuttosto che contro quegli estranei le sembra idiozia pura. Non è lei il nemico, ma la disperazione probabilmente deve aver accecato anche la ragione dell’altro. 
 
L’uomo d’altronde si sa, è una macchina difettosa, mossa da istinti alle volte del tutto irrazionali. 
 
Allo stesso modo, lei spinge con tutta la forza che ha, adesso cercando di avvicinare la lama quanto più riesce alla gola dello sconosciuto, mentre prova a liberarsi da quel peso che la schiaccia contro il pavimento. E’ più forte di lei, quello le sembra piuttosto ovvio, ma non può arrendersi proprio adesso. Se proprio deve cadere, lo farà a testa alta. 
 
«Lasciami…» cerca di insistere, mentre cerca di colpirlo come meglio può usando le gambe. Scalcia contro i suoi fianchi, contro la schiena, dimenandosi per non lasciargli la possibilità di finire qualsiasi lavoro adesso voglia portare a compimento. Gli darà del filo da torcere, poco ma sicuro. 
 
Eppure, adesso le sue orecchie captano quei rumori all’esterno che si fanno sempre più frenetici. Quei bastardi sono quasi dentro e loro stanno perdendo tempo ad azzuffarsi, piuttosto che scappare. 
 
Sono animali in trappola, spaventati e disperati. Lottano tra di loro perché non possono prendersela con i veri colpevoli. Con chi li ha fatti diventare quello che sono adesso. 
Due gazzelle e un branco di leoni.
 
Tante volte ha pensato a come sarebbe stato morire. Ha provato ad immaginare la sua uscita di scena, considerando che le opzioni per una ragazza sola di farcela non sono poi così tante. Eppure, niente del genere le ha mai sfiorato la mente. Pensare che se ne sarebbe andata, guardando due occhi tanto disperati quanto i suoi, colmi di tristezza e rassegnazione, proprio non lo aveva considerato. Come non ha considerato il vuoto che adesso sente farsi largo all’altezza del petto. 
 
«Avrei potuto farti uscire, ma adesso spero solo che ti ammazzino loro, se non riuscirò a farlo io, brutto bastardo» sono le parole cariche di rabbia che gli riversa addosso, prima di sputargli.
 
Alla fine, è sempre il leone a vincere. Nessuno parla mai della gazzella.

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Capitolo 9
*** sciarada ***


9
Sciarada


Stanno entrando e il tempo scorre. La sabbiolina scende, veloce e inesorabile, lasciando vuota la clessidra.
Una parola. Due parole. Una frase breve, ma concisa. Il labiale sfugge.

Essendo a terra tra le corsie di quel supermercato, Noah intravede soltanto le immagini in lontananza. Non può alzare gli occhi per molto, quindi, nel momento in cui lo fa, cerca di raccogliere il maggior numero di dettagli. Uomini. Ne vede solo uno, che parla; anzi, mima il suono di parole, che stringono un nodo intorno alle loro teste. Eppure è magro, probabilmente sull’orlo di diventare trasparente, basterebbe una folata decisa a spostarlo, uno spinone a farlo cadere a terra. Uno sconsiderato, allora?
No… un Insaziabile e là dentro fiuta vite da spegnere. 

Una frase, dicevamo. Turno successivo. 

Noah si affretta disperatamente a schiacciare la bruna col proprio peso, allora. Prova a farle male per scoraggiarla a reagire, ma niente, lei difende il proprio respiro con le ultime cartucce e questo complica tutto, poiché fa perdere tempo. 
Dovrebbe stare ferma, ma per stare immobile, dovrebbe essere un cadavere. 
Un cadavere, già. 

“Lasciatemi tornare indietro per un momento. All’inizio eravamo in tre. In due. In tre e in due. Solo il quarto non c’è arrivato… ”

I suoi pensieri si frantumano come i vetri di un auto dopo un brutto incidente, quando lei attacca ancora. 
Noah la guarda, occhi impenetrabili quando gli sputa. Dovrebbe colpirla abbastanza forte da farle perdere i sensi. Renderla un’esca. Ma le dosi per sonno forzato corretto non le conosce. Non può ucciderla, questo lo sa; e allora? 

«Io non ti uccido, tu apri» le propone sintetico. 

Turno successivo. Una frase. Sei parole. Adesso Noah le sente, dopo una specie di fischio. 
«QUESTO È IL CAPOLINEA. TUTTI FUORI» 

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Capitolo 10
*** tic toc, il lupo è arrivato ed è affamato ***


10
Tit toc, il lupo è  arrivato ed è affamato
 

L’esistenza non è altro che un insieme di attimi che si susseguono. Senza sosta, senza pause. Neanche il tempo di rendersene conto, ecco che il primo termina per lasciare spazio al successivo. Una sorta di catena di montaggio che non può essere arrestata, ma che deve continuare a proseguire. 
 
Gli attimi di Cecilia adesso infatti continuano ad essere scanditi dal tempo che sembra voler segnare per lei una condanna a morte. Non sa se arriverà per mano di quel ragazzo o da quella di quegli uomini, ma sa che arriverà. Probabilmente non vedrà un altro tramonto, o un’altra alba. Tutto finirà, fin troppo velocemente perché possa considerarsi pronta.  
 
E’ schiacciata a terra, a lottare, a cercare di strappare ancora un ultimo attimo alla vita, quando qualcosa cambia. Una piccola speranza che adesso fa breccia in quel mare di disperazione nel quale sta annegando. E quello è pericoloso. Vede un salvagente in mezzo alla tempesta, ma prenderlo potrebbe farla finire alla deriva, prolungando semplicemente la sua agonia. 
 
I suoi occhi scuri si scontrano con quelli duri del ragazzo, mentre si sente messa alle strette. Potrebbe aprire quella porta, provare così a salvarlo. Lei avrebbe sicuramente la possibilità di seguirlo, di farcela, ma per quanto? Lo zaino con le sue medicine è dalla parte opposta della stanza, non avrebbe il tempo di prenderlo. 
Guadagnerà solo una manciata di attimi, niente di più.
«Mi devi un favore, cazzo» dice a denti stretti, mentre adesso con il capo gli fa segno di levarsi di dosso. Se non si alza, non ha modo di aprire quella porta. 
 
Eppure il brivido che le attraversa la schiena quando sente quella voce adesso è difficile da descrivere. Ma adesso deve restare lucida, tanto da ritrovarsi a guardare lo sconosciuto al quale adesso fa segno di tacere. La loro discussione dovrà proseguire in un secondo momento. 
Priorità. Ecco quello che adesso ha bisogno di stabilire. E la sua priorità è arrivare a quella porta, aprirla e riuscire ad uscire senza attirare l’attenzione. 
 
«Mi devi coprire» dice in un sussurro appena udibile. «Attira la loro attenzione così avrò il tempo di aprire. Ti ho detto che ho una buona mira, dopo ti copro io. E non fare storie, perché non abbiamo tempo. Se vuoi uscire, ti devi fidare» semplice e concisa, mentre con la mano indica l’altro lato della stanza. « Ma se hai un piano migliore, ti ascolto. Non chiedermi di darti la chiave dopo quest’ultimo scherzo. Perché te la puoi scordare ».
 

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Capitolo 11
*** il caso è chiuso ***


1
Il caso è chiuso
 
I patti stabiliti in principio erano diversi, ma le parole, in casi estremi, non contano. Nient’altro che fumo per coloro che perdono l’umanità.
Le regole del gioco le ha cambiate lui, è palese, per questo Noah non si azzarda a costruire un’arringa per schierarsi dalla parte dell’indifendibile. Resta in silenzio ad ascoltare. 
È indubbiamente colpevole.
Il caso è chiuso.
Meglio disonesto, che morto, però.


Senza smentirsi, allora /avere un personaggio è importantissimo in quei casi/, chiude le dita intorno al collo della bruna, quel tanto che basta per darle un ultimo avvertimento «Ti conviene essere di parola, ragazza. O smetterò di scherzare e allora sarà peggio per te» 

Quello è tutto il fiato che spreca, prima di rimettersi in piedi. L’idea di fare da diversivo lo impensierisce, ma discutere, adesso, è impensabile, come rinegoziare le condizioni di quella collaborazione. Prendere, o lasciare, questo è tutto. 

Non è coraggioso, lui non lo è mai stato, ma ci tiene a vivere, perciò si sporge ugualmente oltre lo scaffale per controllare che la via sia libera, prima di imboccare una nuova strada. Diversa.

Ecco la sua mossa, quindi. Strategia disperata, in attesa dello scacco matto. 

Noah fa cadere un barattolo... 
Il suo nascondiglio è andato.

 

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Capitolo 12
*** a volte è proprio il cane ad aver bisogno del gatto ***


2
A volte è proprio il cane ad aver bisogno del gatto
 

Il cuore di Cecilia batte forte. Batte nel petto all’impazzata. La mano trema, così come le sue certezze. Ma quando c’è in ballo tutto, non c’è spazio per l’incertezza. Basterebbe un semplice passo falso per rovinare tutto, per condannare due vite ad un destino ingiusto. 
Ma dopotutto, cosa c’è di giusto, adesso? Un mondo sotto sopra che si nutre della paura delle persone.
La sua vita adesso è nelle mani di uno sconosciuto, e quella di uno sconosciuto nelle sue. Dipendono l’uno dall’altra, nonostante siano soli. 
Gli occhi della ragazza lo seguono cauti, attenti. Vedono la trappola scattare e allora lei sfila quella chiave che tiene al collo, quasi fosse una catenina, e cerca di sgattaiolare verso la porta. Si muove piano, agile e silenziosa, mentre fa scattare il lucchetto con la quale ha precedentemente chiuso tutto. 
Potrebbe uscire, andarsene, mettersi in salvo e lasciare quel ragazzo lì, a sbrigarsela da solo. Potrebbe essere egoista, pensare alla sua vita, come fanno tutti gli altri. Non lo rivedrebbe più, non dovrebbe rendere conto a nessuno per quella promessa non mantenuta. 
Chi mai potrebbe giudicarla, se ognuno ormai pensa solo per sé?
Eppure, non lo fa. 
Il mondo è diventato cattivo, crudele. Lo è diventato al punto da aver smesso di riconoscere le persone che credeva fossero la sua famiglia. Le ha viste smarrirsi e lei non vuole fare la loro stessa fine. Ecco perché la mano adesso si stringe su uno dei suoi coltelli, pronta ad intervenire. Si nasconde dietro uno scaffale e non appena scorge uno di quegli uomini avanzare verso il ragazzo dai capelli rossi, lancia. Non è un’assassina, non è niente del genere. Ma ha dovuto imparare a sopravvivere in mezzo alla cattiveria, alla violenza. 
Non è un’assassina, ma a volte ha bisogno di tirare fuori gli artigli per evitare di essere ferita. 
La lama si conficca infatti nella spalla dell’intruso, facendolo urlare. 
Un “muoviti” silenzioso è quello che mima al ragazzo, mentre lei indietreggia verso la porta. Gli terrà libera la strada, ma ha bisogno che lui sia veloce. Più di quegli uomini che adesso stanno giocando al gatto e al topo con entrambi. 
Hanno innescato la bomba e a breve esploderà.

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Capitolo 13
*** a ogni mago i suoi trucchi ***


3

A ogni mago i suoi trucchi
 

Adesso vi spiego com'è: di solito inizia di notte; è una voce da principio che sveglia la testa. La chiama piano, stuzzicandola come farebbe un bambino dispettoso con una piuma. Un ingordo sussurro che divora tutto e rende privi di difese. Allora si diventa prigionieri sulla scia di un'eco, ma senza essere responsabili delle proprie azioni.  Noah ci è già passato, ma mai di giorno. Eppure eccolo, di nuovo spettatore della sua vita, il cui protagonista potrebbe benissimo essere qualcun altro. 
Dopo la voce arriva l’agitazione; risale con calma il corpo, dapprima come un soffio, che poi sfocia in bufera e si sente freddo, in effetti. Si siede sempre allo stesso posto, sul petto, come se non pesasse niente, ma in realtà grava così tanto da spezzare il respiro. Lo piega piano e poi con ferocia, rendendo affamati, assetati…aggravando ogni mancanza. È come morire, ma si sopravvive sempre. E la volta dopo si ha più paura, poiché si sa cosa aspettarsi. Tutto daccapo ancora e ancora, senza poterlo evitare.   
 
Il tempo inizia a scorrere, ma adesso il rosso non può augurarsi che il sonno lo colgo all'improvviso, per sfinimento. Deve reagire, combattere con quel formicolio che sta accorciando la possibilità di riprendere fiato. Deve correre. Lo fa; cambiando direzione ogni qualvolta gli è possibile.  
È in quel modo che suo fratello deve essersi sentito… o forse no. Il tempo di percepire il pericolo non ce l'ha avuto, in fin dei conti. 
 
《Vogliamo renderla più divertente?》 sa bene che quella dell’Insaziabile non è una domanda, infatti adesso si aspetta di tutto. Purtroppo il pericolo arriva dall'alto: uno scaffale gli crolla addosso, costringendolo a indietreggiare. Noah inciampa e cade vicino a detersivi. Pulito. È questo l’odore della morte?  
Improvvisamente si sente a casa. Le pile di bucato le vede difronte ai suoi occhi, insieme a suo padre, che a piegare i vestiti non ha mai imparato.  
《Se scappi, ti prendo》 canticchia l'involucro di carne, ormai privo di essenza e lui chiude gli occhi, meglio tornare a casa, prima di smarrirsi per sempre. 
 
La morte ritarda al suo appuntamento, però e un grido gli apre una via d'uscita. Il ragazzo, barcollando si rimette in piedi ed esce da quel supermercato. La tregua è finita; con uno sguardo lo comunica alla sua temporanea alleata e poi via, senza fermarsi verso il motorino parcheggiato all'esterno.  
Noah si accanisce sulla pedalina, una, due, tre volte… 
Non si aspetta niente, ma sentire un ronzio in risposta gli fa tirare un sospiro di sollievo. Sale in sella, non aspetta niente. Sarà al sicuro, solo se riuscirà a sparire.  
Non più pubblico, né al centro del palco. Solo lontano.

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Capitolo 14
*** nessuno si salva da solo ***


4
Nessuno si salva da solo

 


È sempre così. Il caos esplode in pochi secondi. Un attimo prima la quiete, quello dopo l’inferno. Lo scenario cambia con una rapidità tale che le gambe di Cecilia faticano a rispondere nel modo giusto. Un secondo di ritardo e quello le è quasi fatale. 
Lascia che il ragazzo oltrepassi la zona sicura e poi, anche lei, fa lo stesso. Gli è subito dietro, ma le sue gambe non sono altrettanto veloci. Sente i muscoli che le fanno male, ma il dolore adesso è niente se messo a confronto con la paura di farsi prendere. 

Quando si è in guerra, ognuno pensa per sé. 

Ecco la prima regola che è stata costretta ad imparare. Ci ha messo del tempo, prima di rendersi conto che nessuno le avrebbe teso una mano e che se la sarebbe dovuta cavare da sola. Ecco perché è scappata. Perché nonostante stia male, vuole che tutto quello finisca. Vuole guarire. Vuole tornare a vivere. Con uno zaino in spalla ha iniziato a rincorrere la speranza, ma quella riesce ad essere sempre un passo avanti rispetto a lei. Ogni volta che le si avvicina, ecco che questa riprende a correre più veloce. 
Non lo sa se esiste davvero una cura, ma non può smettere di crederci. 

Quando si è in guerra, ognuno pensa per sé.

Cerca di ripeterselo Cecilia, eppure non è quello che ha fatto. Ha corso un rischio, collaborando con un perfetto sconosciuto. Ha infranto la regola base, quella che nessuno dovrebbe mai dimenticare. 
Le gambe corrono più che possono e adesso lo raggiunge. 
È senza fiato, il cuore batte forte nel petto. Paura, adrenalina, sono solo due delle principali sensazioni che l’attraversano. Eppure, anche un briciolo di…sollievo? 
Adesso non è da sola. 

Quando si è in guerra, ognuno pensa per sé.

Ma adesso ha bisogno di una mano. Ha bisogno di essere egoista e di afferrarla, anche se quella non è tesa verso di lei. Ha lasciato le sue medicine, ha perso tutto, e da sola non riuscirebbe a cavarsela. Ha bisogno di qualcuno che sia li anche solo per camminare con lei, per mettere a tacere il silenzio assordante che le rimbomba in testa ogni santo giorno. 
Ha bisogno di qualcuno e quel qualcuno adesso è di fronte a lei. 

Quando si è in guerra, ognuno pensa per sé.

Ed è per quello che Cecilia corre e adesso sale sul quel motorino. Sale dietro di lui e con le mani si aggrappa alla maglia del ragazzo. Un appiglio in quella nuova tempesta che l’ha travolta. 
« Mi devi un favore » gli ricorda solo quello. Un promemoria che spera possa servire per ricordargli che quel giorno le regole le hanno infrante entrambi.

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Capitolo 15
*** parlare ci rende umani, per questo restiamo in silenzio ***


5
Parlare ci rende umani, per questo restiamo in silenzio

 

Ricominciamo tutto daccapo. Riavvolgiamo il nastro un'altra volta fino a raggiungere il primo frammento di quella storia. C'è voluto del tempo per arrivare a quel punto, in fin dei conti, anche se il principio sembra davvero lontano. L'apocalisse, prima, era un’ipotesi che accadeva solo nei film, su cui era interessante formulare teorie e scrivere storie, adesso invece, è solo un incubo ricorrente. Il presente. 

Tutto è cominciato con un’insolita influenza,  una di quelle che viene sottovalutata e poi crea scompiglio, saturando gli ospedali fino a ridurre le persone a semplici scatole, che infine si ammassano in spazi ormai troppo piccoli. Provvedimenti, tanti, uno dopo l’altro per salvaguardare il benessere; soldati per le strade, gente chiusa a casa. Paura: ecco la chiave. Quando la gente è spaventata e disperata, farebbe qualsiasi cosa. Un vaccino obbligatorio, allora e tutti lo fanno. Un paese isolato. Chiedere aiuto è un'idea remota, perché nessuno ascolta.  C’è rimasto qualcuno oltre i confini? Impossibile da dire.

<< Ma che…?! >>  Noah non si aspetta che la ragazza riesca a raggiungerlo, ormai la dava per spacciata, per questo si volta, deve accertarsi di non essere in pericolo. Occhi scuri e ostinazione, ecco ciò che incontra, prima di vedere gli Insaziabili correre verso di loro. Parte, allora, non perde tempo nemmeno a ribattere, portandosi quella zavorra con sé. Ancora in preda alla paura non parla subito, ma aspetta di essere lontano e su una strada secondaria per scaricare la rabbia che ha accumulato dentro <<…Io ho perso tutto per colpa tua>> esordisce come lei avesse parlato da poco e si stesse legando alle sue parole <>

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Capitolo 16
*** se il mondo cambia, noi cambiamo con lui ***


6
Se il mondo cambia, noi cambiamo con lui

 

È una brutta arma il risentimento. E’ come un boomerang che può colpire, ma che alla fine torna sempre indietro. 
Eppure è così facile ritrovarsi ad utilizzarlo, a tirarlo fuori anche nei momenti meno opportuni. Cecilia quello lo conosce, non è la prima volta che la rabbia di qualcuno le esplode contro. Ne porta ancora i segni sulla pelle, cicatrici invisibili ma che hanno scavato solchi davvero profondi.
Ecco perché quando la voce del ragazzo arriva furiosa alle sue orecchie, lei non fa una piega. Rimane invece in silenzio, seduta ad osservare un punto indefinito oltre le spalle del ragazzo. Quelle stesse spalle alle quali adesso si sta aggrappando, nella speranza di riuscire a sopravvivere. 
Il nemico è lontano, eppure l’inferno è così vicino. 
La paura non è scomparsa, riesce ancora a sentirla. Adesso che l’adrenalina la sta abbandonando, riesce a sentire la consapevolezza farsi largo in lei. Che succederà adesso?
«Sei un bell’ingrato» quelle parole escono senza che voglia davvero offenderlo. Anche lei ha perso tutto. Ha perso tutto quello che ha raccolto, giorno dopo giorno. Piccole provviste, medicine, ma anche quelle uniche cose di Casa che aveva portato con sé.
Adesso non ha più niente, fatta eccezione per i suoi coltelli. 
Puoi passare una vita intera a costruire qualcosa, ma può bastare anche un solo attimo per perdere tutto quanto. 
Ma le cose sono solo cose. Sopravvivere è più importante. 
È quello che cerca infatti di ripetersi, mentre guarda il paesaggio scorrere davanti ai suoi occhi, senza avere la più pallida idea di dove stiano andando. 
Esita infatti, mentre i suoi occhi adesso lo scrutano. Quel ragazzo sembra davvero minaccioso, eppure non può fare altro che sperare che non cerchi nuovamente di ucciderla. Sa che ne sarebbe capace, dopotutto. Lo ha visto e provato sulla propria belle fino a pochi istanti prima. 
«Dove sei diretto?» gli chiede, dopo aver preso un poco di coraggio. Si dice che mentre sta guidando non sarebbe in grado di farle del male. E quello le sembra già un punto di partenza. Insomma, da qualche parte devono pur cominciare. In fin dei conti, cosa sa di lui? Assolutamente niente. «Io sono Cecilia, comunque. Tu…ce l’hai un nome?».

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