L'alba di Lucifero

di Lidzard
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Credevi di essere parenchima della mia vita. Sei solo un'idea che vaga nell'etere.


Pensieri


Sono nato come Stella del Mattino, settimo Principe dei Cieli. Il Verbo che diede inizio al Tutto creò me come Settima Cosa. Sono una forza primordiale, più ancora della luce stessa. Io sono la luce. 


I pensieri inframezzati da danzanti e voluttuose nuvole di vapore, interrotti dal ritmico gocciolare di un rubinetto appena chiuso.


Michael era senza vestiti, in una vasca situata nel mezzo della stanza blu, nella casa in cui vivevo da umano.


"Dobbiamo sempre farlo, questo?" Chiesi, seduto sul bordo della vasca di un metallo simile al bronzo in cui mio fratello stava immerso per due terzi del suo corpo.


Sfiorai il pelo dell'acqua con la punta delle dita mentre volgevo lo sguardo ora verso la finestra, ora verso Michael. Nel frattempo sentivo che la temperatura era insopportabilmente alta, l'acqua scottava al tatto.


Mi chiesi come Michael tollerasse quel calore, con il corpo fragile di cui eravamo entrambi prigionieri. Forse si sentiva come me che a malapena sopportavo il potere della grazia che cresceva come neri fuochi vorticanti dentro di me.


Il mio corpo umano resisteva alla buia supernova, facendola quasi morire ogni qualvolta essa si rivelava troppo forte da contenere. Ero di nuovo una matrioska, ma non di emozioni, bensì di energie. Tutti i gironi infernali erano adesso racchiusi dentro di me, sentivo le voci dei dannati sussurrare nei corridoi accidentati della mia mente, in realtà essi gridavano, ma ero talmente determinato a non prendere in considerazione le loro inutili lamentele, che quasi non li sentivo.


Soffrite in silenzio. 


Potevo accostare la forza statica della mia immagine alla bellezza che l'acqua, fluida materia senza forma, era capace di nascondere. La bellezza di un arcangelo nascosta dall'acqua, in quel momento era comunque troppo accecante.


Pensai di stare impazzendo, perché i pensieri di cui ero capace erano sempre stati impuri, ma non dovevano toccare lui, non Michael. Morsi il mio labbro inferiore con forza e questo mi permise di riacquistare un minimo di lucidità.


Le pareti della stanza avevano un colore intenso, il pavimento era di un marmo di Carrara, latteo, con striature grigiastre. Gli umani trovavano pregiata quella roccia, forse per la sua resistenza, io trovavo piacevole il fatto che rimanesse immutabile e fredda al tatto.


"Immergere il corpo nell'acqua è terapeutico per gli umani, il sapone è una cosa che serve a mascherare l'odore del loro corpo con uno che reputano più piacevole all'olfatto, una cosa che non comprenderai."


Non la comprendevo infatti.


Osservai la sua epidermide. Era come soffice velluto su impronta di roccia, quelli che erano i muscoli, con i tendini visibili al movimento dei polsi e delle caviglie. Trovavo piacevole alla vista la sua anatomia, pur essendo tornato lo stoico guerriero di un tempo che disprezzava gli umani. Non mentivo certo a me stesso, ero consapevole che l'essere umano fosse un bell' animale.


Le mie dita ebbero uno spasmo, la bocca mi si riempì di saliva, come se avessi avuto fretta di mangiarlo, come quella notte piena di lucciole che mi mostrò il corpo di una donna, la prima donna.


Non volevo mangiare Micheal, però. Balenò per un attimo l'idea di farlo davvero. Mangiare mio fratello, come mangiai quella donna, all'ombra di un albero che non dava frutti, se non quello che il ventre della donna si premurò di dare.. sarebbe stato diverso. Avevo la sensazione tangibile che un tramonto terrificante sarebbe sceso sulla terra prima ancora di compiere la mia scelta, prima ancora di assaggiare il frutto proibito ancora una volta.


"Abbiamo bisogno di un nuovo corpo." Dissi. Mi voltai verso la finestra aperta e, come a schermare la coltre di intenzioni che aleggiavano fra le volute di vapore della stanza, senza volere le chiusi con una folata di potere.


"Perché mai?" Lo sguardo non davvero cieco di mio fratello si disperse nella stanza. Percepii un sorriso nascere nella sua mente.


Ebbi un fremito. Eravamo dunque ancora connessi.


Da quanto tempo, Michael? 


"Lo sai."


"Questi corpi ci distraggono, ci limitano e ci sminuiscono terribilmente." Risposi mio malgrado.


"Avevo dimenticato quanto potessi essere vanitoso." Disse, non con sdegno, ma piuttosto con l'aria di chi rivede in qualcuno un dettaglio insignificante che solo lui adora.


Mi voltai e lo squadrai senza ritegno.


"Non si tratta di me. Il tuo corpo è.. sembra che tu abbia avuto molto tempo per saggiarne i meccanismi. Ecco. Hai la sua stessa espressione perplessa adesso." Chiusi gli occhi, sapevo di non doverlo guardare per qualche motivo, le reminiscenze dell'etichetta umana mi insegnavano che cosa volesse dire il pudore, la decenza, il desiderio. E tutto questo lui doveva averlo percepito, doveva sentirlo bruciare nel sangue, come bruciava il mio.


Ma cosa potevo saperne della bellezza? La miseria delle mie condizioni oramai aveva cancellato anche l'ultima briciola di orgoglio. Ero per metà umano, era troppo tardi per desiderare.


"Lo trovo bello, il modo in cui ti distrae. Non credi anche tu?" Sentii l'acqua muoversi, dal rumore seppi che Michael s'era avvicinato.


"Non dici sul serio, tu non pensi come un umano e non dovresti farlo." Dissi, severo nel tono.


Gli uomini e le donne sono diversi da noi angeli. Sono infami, prepotenti con ogni creatura vivente, perché benedetti e protetti dal Padre per diritto di nascita. 


"Credere nel Padre non vuol dire avere salva l'anima, Luci. Non da te."


Produssi un sospiro profondo, la finestra fu di nuovo aperta. Osservai i riflessi della luce che colpiva il muro blu, il quale proiettava le nostre ombre sulle piastrelle proprio davanti al mio sguardo profondamente ottenebrato dal dubbio. Richiusi gli occhi e poggiai la fronte sulla spalla di Michael. Era coperta di goccioline, che resero umide alcune mie ciocche. Inspirai il suo odore e non sapeva di sapone, bensì di amari pensieri. Il fruscìo delle sue dita fra i miei corti capelli di cenere rese tutto più difficile.


Quelle bestie nel cuore, non sapevo come governarle.


A cosa pensi, Mikael?


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Capitolo 2
*** 2 ***


Cicatrici


A cosa pensi, Mikael

"Ricordi Eva? Io la ricordo." La sua voce aveva una nota aspra. 

La cosa mi fece ridere, ma solo per poco. 

"Tu non sai nulla, e di quello che Apollione possa averti raccontato non voglio neanche sapere la metà delle cose a cui hai creduto." Alzai il mento ed aprii gli occhi, al cospetto dei suoi tutto sembrò vanificarsi, le parole, l'acqua, il calore, la stanza, il marmo, il respiro. 

Apollione fu il primo a sbirciare fra le nubi che circondavano la terra, dopo di me. Fummo i primi a vedere l'Eden, seppure ci fosse severamente proibito. Eppure Apollione non fece quello che io avevo osato. 

"Non biasimarmi se ti ho erroneamente reputato volubile." le sue braccia circondarono il mio busto, bagnando il tessuto dei miei vestiti. 

Non ero volubile, ma adesso era diverso, avevo un corpo di carne e tutto ciò che comportava. Tempo addietro la curiosità e l'avidità mi avevano reso sfacciato al punto da insozzare la nuda terra della mia stirpe. 

Osservai Michael ed i suoi lineamenti quasi pigramente. 

"Sei in errore, Mike. Non sono mai stato di nessuno, questo è indiscusso." 

"Non guardavi che lei, però. Quella donna dai lunghi capelli scuri e il corpo sinuoso. La desideravi." 

"Ero invidioso di Adamo, perché non avrei mai posseduto niente nel modo in cui lui poteva possedere la donna. Noi non potevamo godere dei frutti del Padre, neanche del fuggevole piacere della carne, fratello." Non aggiunsi che in seguito assaporai le conseguenze di quel piacere proibito.

Godetti di una donna che non era destinata a me, e di un uomo che prima o poi sarebbe dovuto essere mio superiore, eguale del Padre. Commisi qualcosa di troppo oltre il confine del disdicevole. 

Essere perdonato? Impossibile. Perdonare me stesso? Lo avevo già fatto, imparando ad amare ciò che mi era proibito avere. Che il Padre mi fulmini se mi creò incosciente, ma non pensai mai, neppure per un momento, di farmi sottomettere da un essere umano. Dovevo farlo io per primo. 

"Possiamo smettere di parlarne?"
La voce di Michael mi riscosse, la contrazione della sua mascella, i suoi occhi più scuri, le sue labbra strette in una linea. Intendeva dire in realtà, che avrei dovuto immediatamente smettere di pensare al misfatto, poiché poteva sempre vedere ciò che si celava nei miei pensieri. Questo non gli piaceva.

Lasciai apparire un sorriso tagliente sul viso, uno che non pensavo avrei mai avuto occasione di sfoggiare. Dentro di me imperversava una guerra fra piacere e dispiacere. Lasciai che il piacere di essere oggetto di un'emozione così umana come la gelosia di Michael, prendesse il sopravvento sul dispiacere di averlo ferito. Avrebbe dovuto sapere

"Possiamo." Dissi. 

Michael ignorava ancora molte cose, nonostante fossi io quello che mancava dalla città d'argento da tempo. Gli facevo capire quanto ero incondizionatamente suo nell'unica maniera che conoscevo, l'inganno. 

Lo spingevo a cadere per me, vertiginosamente, nella stessa maniera caotica in cui volano le falene, allo stesso modo in cui ero caduto per lui. 

Le braccia strinsero un po' più forte il mio addome. Quello di cui avevo bisogno era con me. Sapevo che Michael non avrebbe voluto altro che questo. Il mio centro però, la mia grazia era ancora intonsa di pena, di cicatrici, paragonabili a fratture nel ghiaccio artico. 

Però con tutto quel calore, nel vapore intenso di quella stanza da bagno, maledizione.. sembrava quasi che quel ghiaccio potesse sciogliersi con facilità disarmante. 

E se il ghiaccio si fosse sciolto, sarebbe stato merito di mio fratello e tutta colpa mia.

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Capitolo 3
*** 3 ***



Non sarò mai il tuo prodigio, perciò puniscimi Padre, fa di me un esempio. Sarò grato di poter essere l'eccezione
alla tua diabolica perseveranza.


Acciaio


"Lucifer." Una mano affusolata di Michael stava percorrendo il mio costato, fino ad insinuarsi sotto la stoffa che mi fasciava il torace. I polpastrelli erano umidi sulla cute, la sensazione era ambigua, ma la cosa non mi arrecò alcun fastidio.

"Sì, Michael." Sul riflesso del pavimento bagnato un flebile riflesso scarlatto fece breccia nella penombra. 

"Mi mancavano." Disse, riferendosi all'aspetto dei miei occhi. Potenti astri rossastri di grazia corrotta incastonati in semplici iridi umane. 

Non mi aspettavo questo. La nuova luce non mi era mai piaciuta, ma sapevo che essere un arcangelo maledetto faceva uno strano effetto ai miei simili, meno che per i Troni, probabilmente. Milahe'el conosceva la verità nelle anime, dunque sapeva bene il perché. 

L'unico che amava tutto questo però, era Michael, solamente lui attribuiva i miei peccati a propositi nobili, che oramai non sapevo più cosa fossero.

Comunque sapevo solo che un arcangelo più nobile di Michael non esisteva, dunque se per lui ero degno di redenzione, forse col tempo ne sarei stato anche meritevole. Però dato che ero più che determinato alla vendetta, dubitavo della veridicità della cosa, perché la redenzione era l'ultimo dei miei desideri. 

Essere redento avrebbe dovuto significare sottomettersi, chiedere perdono per quello che ero, e questo mai sarebbe accaduto. Come non sarebbe accaduto che il Padre concedesse redenzione a chi non era pentito. Tutte le mie ere poi, si sarebbero dovute tramutare in effimeri rumori. 

Oh no, il pentimento non mi dona, che si flagellino pure gli uomini di fede cristiana, che soffrano in nome di qualcosa che non farebbe mai lo stesso sacrificio a parti inverse, seppure il loro sia un mero sacrificio della carne, non reale dolore dell'anima. Le scuse umane sono solamente suoni, ma le scuse di un arcangelo, le scuse del Diavolo, segnerebbero un contratto. 

Le scuse erano suoni, e le stelle erano cose, ed i buchi neri erano capaci di inghiottire ogni cosa sul loro cammino, fino a inglobare e distruggere le galassie, pur essendo solo dei buchi.. ma non le scuse del Diavolo, quelle sarebbero rimaste per sempre disegnate, non negli astri, ma nel sub-tessuto dell'universo. No, non avrei mai chiesto perdono al Padre, ma avrei accettato di buon grado le sue, anche macchiate di menzogna. Sarebbe stata anche quella una firma indelebile, finalmente la prova che il Padre non era perfetto. 

L'aria sembrò divenire ancor più pesante, ma qualcosa dentro il petto si era alleggerito, così come il peso degli anni trascorsi. Avevo bisogno di elaborare gli eventi, lo si poteva notare appunto dal rosso sul pavimento. Non sapevo per quale motivo i miei occhi avessero tale aspetto e colore, sapevo solo che era un altro crudele dono del Padre. Questo mi riportò con la mente al momento presente. 

"Sono qui." Ma ciò che davvero avrei voluto dire era che volevo essere proprio lì, dove era Michael. Non nella stanza, ma nel punto che stava toccando, solo disperatamente più vicino all'essenza che lo componeva.

Poggiai una mano su quella che aveva sul mio sterno, non riuscivo a sentirla da sopra la stoffa, così mi tolsi l' indumento e feci intrecciare le dita alle sue. Sentii che non sarebbe bastato, ma era già troppo. La mia pelle era meno pallida di quella di Michael, creò uno strano contrasto con la sua, decisamente diafana. Sembrava un connubio indecente fra bene e male il nostro.

Mi fece sorridere il fatto che non mi accorsi, fino a quel momento, che la stanza non era affatto immersa nell'ombra, ma al contrario era inondata di luce. Ciò che impediva ad essa di raggiungere ogni angolo della stanza erano le sei paia di ali d'acciaio che spuntavano dalla schiena del mio tramite umano.

Anche Mike sorrise, e poi rise. 

Sì, era bello il modo in cui egli mi distraeva. 

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Capitolo 4
*** 4 ***



Cristallo


Fu una lunga notte. Ricordo che Michael sembrava uno spirito dell'acqua. Mi chiesi se anch'io avessi un aspetto etereo come ce lo aveva lui, adesso che ero io quello immerso per metà. Ci eravamo spostati, eravamo sulla sponda scura e fangosa del mare. Il mare, una volta di tempo fa, era l'unica cosa sulla Terra.


"Luci, ti prego di smettere di stare lì a fare.. cosa stai facendo?"


Non stavo pensando a niente in particolare, mentre ero fermo di spalle, ma il mio subconscio doveva aver suggerito strane cose alla brezza, perché ciò che portò alla mente di Mike non sembrava essere nulla di buono. Quando mi voltai, vidi che la sua espressione era perplessa, negativamente.


"E tu smetti di fissarmi come fossi un pennuto curioso." Dissi, poi indietreggiai, le ali a mo' di remi; gli umani non potevano percepirne la presenza coi loro sensi limitati. L'acqua che si era spostata aveva raggiunto le caviglie di Michael. Sorrisi quando lui sorrise, sembrava così umano. Smise di guardarmi e si sedette in riva, per bagnarsi il viso con l'acqua fredda.


Capii che a Michael non dovevano piacere molto le temperature basse, mentre io mi ci sentivo in confidenza, col freddo. Risalii una roccia che sorgeva dall'acqua come una rupe e mi ci sedetti. Volsi lo sguardo verso l'alto. Era quasi scesa la notte.


Mi venne in mente il bagno bollente che aveva fatto Michael nella casa. Ora era casa nostra, perlomeno al momento.


Eravamo rimasti in silenzio quella notte. Ci piaceva fare così, lui in acqua a familiarizzare con la propria umanità, a fare il bagno, ed io vicino ad osservare con interesse quasi scientifico.


Avevamo fatto intrecciare le mani, con la consapevolezza che non sarebbe stato come toccare veramente l'altro. Qualcosa era scattato, però, in quella stanza blu, come un fulmine in campagna che cade sulla sabbia e diventa cristallo. Così come i fulmini sono effimeri e il cristallo fragile, così quel momento fu breve. Era un pezzo troppo debole dell'insieme.


Tirai un sospiro, meglio così. Sarebbe stato un motivo in più per non toccarlo mai più. Non avrei mai potuto, mi dissi.


"Il tempo è labile come le immagini, non trovi? E quante immagini ci toglie il battito delle ciglia?" Diedi voce a un pensiero sciocco e così umano, che forse Michael mi rispose per pura saggezza, ma senza voce perché di tanto in tanto era bello averlo nella mente, e lui viveva per accontentarmi.


Non ti fidare delle immagini. Sei su una spiaggia e vedi le stelle ma non guardi verso il cielo. Stai osservando la sabbia nera, il sale che luccica di luna sembra punteggiare quel mare di dune come uno specchio del firmamento. Ti chiedi se ci si possa fidare delle immagini e la risposta non ti piace. Ti direi fidati della fredda sensazione che l'erosione di rocce in miliardi di minuscole pietre ti può dare. Ed è frutto del tempo, perché aria ed acqua hanno impiegato del tempo per creare le spiagge su cui ora cammini e vedi stelle. Infondo cos'è una stella se non una roccia infuocata? Perché è tutto così semplice. 


Sospirai, ma mio malgrado risposi.


Un'idea può essere possibile, una teoria può essere sbagliata, ma di fatto, quello che senti non lo è mai. È questo che cerchi di dirmi?


Semplicemente perché esiste e non lo si può negare. Fidati di quello che c'è dentro di te, fratello. 


Disse. Mi sentii un po' meglio, ma la marea si stava alzando.


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Capitolo 5
*** 5 ***


Ti insegnerò l'arte dell'attesa, che amplifica il dolore


Destino


Dicono che comprendere il passato aiuta a comprendere il futuro, ma alcune volte non è abbastanza. Era quasi mezzanotte, quando Michael decise che dovevamo parlarne.


Non avevo mai apprezzato ciò che accadde in passato e mai allo stesso modo avrei apprezzato di riaffrontare l'argomento, ma lo sentivo raschiare le fondamenta del mio orgoglio come nera schiuma di melma rimasta della mia grazia, sentivo che Michael stava per riportare tutta l'oscurità a galla.


"Apollione ha tentato di inquinare la tua memoria. Ho sempre saputo ciò che era la verità, fratello. Non ho mai dubitato." Disse.

Sapevo che prima o poi avrebbe ritirato fuori l'argomento. Michael era una rosa dannatamente spinata. 

"E mi hai lasciato a vivere da miserabile. Perché?" Non c'era rancore nelle mie parole, solo pura curiosità. Nemmeno io avevo mai nutrito dubbi riguardo Michael. 

Uscii dall'acqua salata e mi stesi sulla sabbia del bagnasciuga vicino a Michael. Al corpo nudo del mio tramite sembrò piacere la sensazione di essere a contatto diretto con la terra. Eppure, pensai, lavorare la terra non sembra piacere molto agli umani. Era come se avessero voluto eternamente godere del mondo senza doversi assumere la responsabilità di prendersene la dovuta cura, o forse era esattamente così che stavano le cose. 

"Non sapevo che fossi qui, non lo sapevo. Te lo giuro." Le sue mani adesso stringevano con forza le mie spalle, Michael fu di colpo in piedi, mi avvolse fra le braccia. 

Non sapeva mentire, Mikael. Gli angeli non mentono, stava dicendo il vero. Aveva omesso una verità, però, che non sarebbe mai potuta rimanere celata alla mia attenzione ancora per molto.

"Gavrìel." Compresi. Poggiai una mano sul suo avambraccio avviluppato al mio torace, pregandolo con quel gesto di liberarmi dalla stretta. 

"Sì." Disse, esalando un sospiro nell'incavo del mio collo. Sapevo che non mi avrebbe mentito. 

Il suo calore fu un conforto, mi piacque, seppure non ne avessi alcun bisogno. La stretta non si ammorbidì. Forse era lui ad averne bisogno, dunque lasciai che facesse di me il suo conforto, non gli avrei mai negato nulla. Oramai ciò che volevo io non aveva più la stessa importanza. 

"Dovrei anche ringraziarlo, per averti informato dopo tutto questo tempo?" Piegai un angolo delle labbra, pensando alle possibilità di questo destino. Maledetto Gavrìel e maledetti i suoi sotterfugi. 

"Probabilmente lo ha fatto solo per mettermi alla prova. Sapeva che sarei venuto da te e non so bene cosa questo significhi."

"Ricordati chi sei. È evidente, fratello, stanno giocando anche con te, adesso che hanno trovato la tua debolezza. L'hai ammesso tu stesso, sei stato l'unico a cercarmi. E poi è sempre stato desiderio di Gavrìel occupare il tuo posto. Adesso è lui il maggiore." Abbassai lo sguardo sull'acqua, di scorcio vidi interamente il profilo statuario di quel corpo umano. 

Il corpo di Michael. Fui certo in quell'istante che se non ci fosse stato lui ad occuparlo, esso sarebbe stato molto meno bello. Stavano giocando con Michael, con mio fratello, o stavano giocando con me? Presi la testa fra le mani bagnate. 

"Non pensare, Luci." Quella voce era dolce tormento e stordimento del mio più profondo dolore, per questo non potevo permettergli di starmi così vicino. Fu con sofferenza che dovetti rinunciare al suo tocco, al suo calore, ma non potevo perdere di vista il mio obiettivo. 

"Allora non darmene motivo. Ti chiedo di non toccarmi, fratello, non così." Feci un sospiro profondo, nelle mie condizioni non facevo che pensare a come dovevo essere sembrato disperato quando la mia temporanea e fittizia natura umana mi aveva reso sfacciato nel mostrare un interesse di natura fisica verso quello che era mio fratello, disceso dalla città eterna per salvarmi dall'oblio. Come fossi stato un semplice uomo. 

"Non ti sto davvero toccando. Sto toccando un corpo." Sapeva benissimo ciò che imperversava con violenza nella mia mente, conosceva l'effetto che mi faceva ormai. 

"Io sono tutto quello che possiedo. Se abito questo corpo e compio azioni con esso, come parlare attraverso di esso e vedere con questi occhi, vuol dire che per adesso io sono questo. Te ne prego, fa che i miei limiti non diventino un peso, fratello. Fa che impari prima a controllare questo corpo, a gestirne le reazioni."

Un suo sospiro sembrò essere la conferma del fatto che finora solamente io avevo preso sul serio il proposito di vendicare la mia caduta. Perché fondamentalmente, per lui non ero mai caduto, ma così stavano le cose. 

Non glie ne avrei mai fatto una colpa. Ero nelle sue medesime condizioni, le debolezze della psiche e la forza sovrumana di quello che ci legava suggeriva di lasciar perdere faide celesti e vecchie cicatrici. Il dolce tepore di quelle ore sussurrava ipnotico di prendermi ciò che mio fratello aveva da offrire, tutto sé stesso. Ma io non ero fatto solo di carne, purtroppo non ero nato uomo.. ancor peggio, mio padre era il Padre. 

"Non volermene, Mike, so che non ti approfitteresti della situazione." 

Mi alzai in piedi e mi voltai a fronteggiarlo, era poco più basso di me, i suoi occhi come vetro incandescente, i suoi tratti marcati in attesa, tesi dall'esasperazione che le mie parole avevano provocato, perché differivano profondamente da ciò che in realtà ogni fibra di me dimostrava di desiderare. Lui era nella mia testa e tutto si sarebbe aspettato, tranne che rifiutassi di rivendicarlo. Sempre così irascibile, quando lo si contraddiceva, ricordavo tutto di mio fratello, la sua forza, la compostezza, il suo incontenibile senso del giusto e del dovere. Il mio contrario. 

"Perché adesso ti freni?" Eccola, la furia celeste. Incaponito, Michael mi guardava come si guardano gli amanti umani. 

"Non mi frenerò, sinché potrò dominarmi." Risposi, più testardo di lui. 

"Io voglio te e tu vuoi me. Se non possiamo avere il destino che abbiamo sempre sognato, prendiamoci tutto quello che l'universo ci offre, a me basterebbe questo. Niente paragonato a quello che poteva esserci prima, quando la tua coscienza e la mia erano una sola cosa armonica e perfetta, però io voglio te, e mi basta." Riprese fiato, con un profondo respiro. Mi sentivo inchiodato a quel suolo, incapace di negare. Gli angeli non mentono. 

"Ho paura, Mike." Dissi, in tutta franchezza. Il mio povero orgoglio, in frantumi. 

Due stelle in una scatola che vorrebbero toccarsi, ma non possono, perché per questo contatto cadrebbe l'universo. È questo che siamo condannati ad essere? Due rette parallele? Due colonne portanti che non possono né allontanarsi, né avvicinarsi? 

Pensai, e lui mi sentí. 

Feci scorrere lo sguardo su di lui come fuoco liquido, ma impotente. Quelle parole. Quanto tempo erano rimaste nascoste in attesa di essere scoccate, come una freccia? E adesso erano conficcate nel mio cuore. Un terremoto eterno mi scosse le membra, senza nessuna pietà di me. Ero incapace di evitare la fine del mondo, dunque? 

Deglutii. Come era possibile vincere contro quel destino subdolo? Avrei sempre perso contro di Lui. 

"No, io voglio Mikael, il guerriero celeste, le sue sei ali di potere, la sua grazia d'argento, come puoi chiedermi di sostituirti con qualcosa che non sei?" I miei occhi di sangue stavano sospesi nei suoi, che parevano diamanti scolpiti, acqua di ruscelli limpidi su puro cristallo di sale. 

"È questo che vuoi? E poi lascerai andare le tue inibizioni tanto ingiuste?" Stava sì puntando i piedi come un bambino capriccioso, ma tutto ciò che volevo era sentirlo protestare, per me. 

"Sì. Sì, le lascerei andare se potessi. Ma guardami, come potrei cadere più in basso?" 

"Per me tu sei ancora Samael, sei ancora l'astro del mattino, anche se abiti un vessillo di carne ed i tuoi occhi sono rossi. Anche se al posto della luce hai scaglie d'argento, che rendono le tue ali di misericordia armi letali."

Ero perduto. 

Le sue parole avevano il profumo del peccato, ma quella voce avrebbe reso giusto qualsiasi proposito, che fosse impuro o anche peggio. 

Ero inebriato dalla dolcezza della sua innata crudeltà, non sapeva di farmi male. Come potevo ignorarlo? 

Ti bacerei. Pensai.

E poi me ne pentii, ma la risposta fu repentina come il fulmine che colpisce la sabbia. 

Sia dannato il cielo se non sarò io a farlo per primo. 

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Capitolo 6
*** 6 ***


Non ti chiedo niente, forse perché mi basta il tuo tempo, o il modo in cui mi guardi. Possedere il tuo tempo mi fa sentire bene, così che apprezzi il mio.

Sussurrii

Col buio compagno sembrava tutto più possibile, ma nella mente di un arcangelo decaduto parve sparire d'un fiato ogni certezza, come se le stelle stessero per cadergli addosso tutte insieme e lui fosse stato un semplice umano senza scudi.

Tutto stava salendo come la marea e al contempo ogni cosa mi stava precipitando dentro. Ribolliva nella mia Icore una forza strana, che finora sembrava essere rimasta dietro le quinte della mia grazia.

Di colpo tutte le mie ere sembravano per davvero essere diventate polvere. Questo però non stava succedendo per i motivi che mi affannavo ad ignorare, come l'onore, o l'orgoglio macchiato che chiama vendetta; Nessuno avrebbe mai e poi mai immaginato che una cosa simile mi si potesse scatenare dentro per questo.

Sia dannato il cielo se non sarò io a farlo per primo.


Michael sembrava disperare, aveva quella fame di emozioni che tipicamente fa perdere anima e raziocinio agli umani, in favore di fuggevoli sensazioni senza alcun senso, o logica, quel fenomeno di cui il Padre andava così ben discorrendo coi suoi figli soldati.

Era una fame quella, quasi concreta, resa evidente dallo sguardo profondo e predatorio di Mike.

Nessun angelo del Signore, pensavo, avrebbe mai potuto comprendere il vero significato della Sua ammirazione per i mortali.

Cos'era infondo il senso dei mortali? Doveva essere questo.

Uno scherzo del destino aveva costretto due arcangeli a ritrovarsi, seppur completamente ignari, dentro la situazione perfetta per carpire e toccare con mano timorosa, ciò che finora il Regno dei Cieli non aveva mai saggiato.

Doveva essere questo.
Doveva essere Amore. Sacro dannato inconcludente puro amore.

Io, Lucifer, complice la disarmante bellezza di mio fratello, il quale aveva dispiegato d'un colpo le forti ali candide, lo avrei definito, in poche parole, poesia violenta.

Ma no che non volevo arrendermi, dovevo resistere, per entrambi.

Quindi percorsi in una carezza a fior di pelle tutto l'avambraccio di Michael, osservando come i suoi muscoli, dapprima tesi, si rilassarono ad un primo contatto.

Non farmi cedere. Hai già quello che vuoi.

La risposta non piacque affatto a Michael.


Perché no?

Protestò infatti con veemenza nella sua mente.

Potevo sentire la tensione in ogni lettera immaginaria. Mi chiesi infinite volte in quell'arco di secondo se fosse saggio rispondere sinceramente, ma c'era un dannato ponte tra i nostri pensieri e la debolezza del momento non mi avrebbe permesso comunque di schermarli.

Perché quando mi tocchi tremo.

E tremavo davvero.

È così inaccettabile?

Mi osservava.

Tu menti.

Aggiunse.

Tu non puoi vederlo, Michael.

Soffiò un sorriso cinico, prima di perdere l'espressione amara e assumerne una più smarrita.

Non so cosa fare. Non è giusto che vinca una.. cosa del genere. Il piano è più importante.

Pensai.

Io invece penso che non è giusto che ti lasci spegnere piano dalla vendetta. La vendetta è una cosa umana, non dovrebbe appartenerci.

Michael era sempre così protettivo e imparziale. Ma il mio pensiero era complesso.

Non voglio essere come Lui! Voglio poter sbagliare, voglio potermi permettere le mie giuste debolezze, e affrontarle, non sottomettermi a verità che mi vengono propinate come uniche valide. Non sarò mai come Lui mi vuole.

Michael tenne le distanze, ma fece un passo avanti, parlando a voce. La sua voce era un'arma impropria contro le mie barriere.

"Non lo sei. Non lo sei oppure non sarei qui con te, fratello."

Le sue ginocchia si piegarono, si stava inchinando a me. Pareva che fosse piegato sotto il peso delle proprie parole.

"Sei diverso da qualsiasi cosa, vivente o inerte. Sei un essere radiante, illumini la realtà circostante da quando sei stato creato. Eri già così forte, così bello, puro."

E la sua espressione seria pareva sciogliere la brina nei miei occhi, perché un arcangelo non piange.

"Smetti, ti prego. Ho la sensazione che se rimani così sulle ginocchia ancora un altro minuto, ti ficcheranno una spada di fuoco nel solco fra le scapole. Alzati."

Il mio terrore era reale. Avrei dovuto inchinarmi io, io mi sarei dovuto prostrare ai suoi piedi. Michael non mi ascoltava.

"Eri già unico e tutti noi ci siamo inchinati all'altare del Padre. Non ci siamo inchinati per Lui, ma per te. Non capisci che il paradiso si è inchinato a te ancora prima che tu lo volessi? Te lo meritavi, l'amore di tutti."

E mi inchinai anch'io, così che fossimo alla stessa altezza fisica. Poggiai una mano nell'incavo vibrante del suo collo, percependo il battito oltre l'epidermide.

"Non si tratta di questo.."

Sussurrai.

Eravamo così vicini, e un soffio di brezza fece sì che i suoi capelli umidi si muovessero, coprendo in parte gli occhi. Scostai le ciocche scure dal suo viso, ma non godetti a lungo del paesaggio calmo negli occhi di Michael, anzi poggiai la fronte alla sua spalla, senza lo sguardo era più facile.

"Non è quello che voglio. Non so più che cosa siamo e sto impazzendo."

Mormorai piano, vicino al suo orecchio.

Non.. te ne andare.

La supplica nel suo pensiero fu come un intreccio di catene.

Cosa mi stai facendo? Perché lo stai facendo?

Micheal non rispose mai alle mie domande, ma godette di quell'attimo sospeso che teneva le mie ginocchia contro le sue, che spingeva il mio respiro a infrangersi come onde sulla distesa del suo collo candido. Il suono dei battiti come tamburi di riti proibiti.

Sembrò passare un'eternità, ma la notte era ancora oscura e il mistero del buio non era stato dissipato, e nessuna spada fiammeggiante ci aveva trafitti.

Allora lasciai che le mie mani viaggiassero dietro la schiena di Michael, risalendo all'attaccatura delle ali. Chiusi gli occhi.

Rinunceresti a queste, per me?

I polpastrelli scandagliavano le sue piume, percependo il calore che nascondevano. Lo sentii rabbrividire, non di paura. Che effetto gli faceva la mia voce?

Dimmi, Mikael. Rinnegheresti il tuo Creatore, per queste mani spregevoli?

Dita che lentamente scivolavano fra le sue piume, con pressione calcolata.

È piacevole, non è vero?

Non potevo vedere la sua espressione, non potevo ignorare il suo battito, sempre più feroce.

Posso farti provare molte cose piacevoli.

Udii il leggero sospiro di Michael. Era il sospiro di qualcuno che non era mai stato toccato. Nessuno gli aveva mai sussurrato un tale invitante richiamo al peccato. Il suo fu il suono unico della prima esperienza erotica, il suono unico di un arcangelo che cede alla tentazione. Ed io ero bravo a tentare, ad insinuare con voce roca il calore di una prospettiva sensuale mai contemplata in menti pure.

A essere sincero..

E mi stavo lasciando tentare a mia volta. Inspirai il profumo del sale sulla pelle di Mike a pieni polmoni. Fu istintivo, le mie labbra carezzarono l'epidermide sensibile del suo padiglione auricolare, mentre lasciai viaggiare l'ultimo sussurro.

Non vedo l'ora di farti cose piacevoli.

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Capitolo 7
*** 7 ***


Alba


Le urla dei dannati erano silenziate, come se si fosse riversato un intero oceano nei gironi infuocati, mettendo a tacere tutto. Fu come spegnere una candela, ma al contempo si era acceso un fuoco eterno.

Le ali, dapprima potenti testimoni di grazia divina, divennero foglie tremolanti sotto il controllo delle mie dita esperte.

Lasciai gradualmente scivolare una mano da un'ala fino alla scapola destra di Mike, percorrendo orizzontalmente la linea di una costola, esplorando il petto glabro e risalendo in alto, ad avvolgere il collo accaldato.

Mike sembrava supplicare per le mie mani. Reagiva ad ogni tocco, ed io sapevo quali corde far vibrare per ottenere il suono desiderato. Non era che un lieve sospiro, talvolta un mugolio malcelato, quando lo sfioravo con le dita. Queste si mossero curiose e avide su quel collo, e non ce la fecero a resistere, dovettero carezzare quella mandibola perfetta e sospingere quel mento affilato nella mia direzione.

Il mio sguardo fu attratto dalle labbra rosse e leggermente schiuse per me. Mike, se avesse potuto, avrebbe agito, ma ero io quello nella condizione di dettare le regole, ed ero sempre io che avevo presa sul suo collo.

Potrei..

Fu solo un momento di indugio, e poi avanzai senza più ombra di resistenza, ad assaporare l'abbraccio caldo delle sue labbra.

Non sai.. Non lo sai Mike, come ti voglio.

Le mie labbra facevano l'amore con le sue, che premevano bisognose quanto le mie e rispondevano avide al contatto intimo della porzione di cute maggiormente intessuta di terminazioni nervose. Seppi immediatamente che Mike aveva quello stesso fuoco eterno che dimorava nel mio spirito.

Il mio cuore, sembrava stesse per esplodere. Mi voleva.

Per un momento percepii la sensazione della sua lingua calda su un labbro, e non basterebbe un saggio di Tesla a descrivere la sensazione elettrica.

Il suo sapore. Oh il sapore di Michael fu il miele più dolce che si fosse mai posato su una lingua, e ne volli ancora, solo un po'. Mi dicevo che un altro poco poteva bastarmi, ma semplicemente non ne avevo abbastanza, fino a che poco divenne di più. E ancora, ancora.

Ancora Luci, ti prego.

Egli si concesse un gemito, e la mia mano, come dotata di vita propria, si avventò fra le sue piume agguantando, graffiando, ad incitarlo.

Sì? Preghi per me adesso?

Le mie carezze e le mie parole divennero massaggi e melodie avvenenti, solo per suscitare ulteriori suoni, come se avessi avuto fisicamente bisogno di sentire ancora e ancora quella musica oscena uscire dalla sua gola. Non lo nego, ne divenni irrimediabilmente schiavo, nell'esatto momento in cui essa sfiorò i miei timpani.

Lasciai andare la presa su di lui, per potergli avvolgere i fianchi fra le braccia, per poter avere fra le mani quel corpo scolpito nei marmi della bellezza sempiterna.

Sembrava che fossero passati minuti interi, ma ci eravamo persi in qualche secondo. Stavamo ancora galleggiando nell'attimo di realizzazione.

Nessuno era comparso alle nostre spalle, nessun fratello ci aveva strappato via le ali, nessun disastro aveva messo fine al momento. Ma potevo sentire che infondo anche mio fratello aveva il dubbio che potesse finire tutto da un momento all'altro.

Non ci stavamo più divorando con la bocca, ma a dispetto dei timori sospesi come nebbia, le mie labbra infischiandosi bellamente delle conseguenze sfiorarono le gemelle, più e più volte. Le sue erano d'altronde incapaci di rifiutare l'invito, e imparavano così in fretta l'arte del bacio che oramai dominavano la mia attenzione. Dovetti morderlo per ristabilire un minimo di contegno, e parve una scoperta interessante il gioco dei denti per Mike, che mi restituì il morso con dolce ostinazione.

Non avere fretta, lascia che ti mostri cos'altro posso farti.

La mia lingua sfiorò il suo collo, solo perché poteva farlo, dissipando infine la foschia di riluttanza. Il magnetismo e la tensione avevano messo a tacere ogni logica.

E piano, davvero, con più calma stavolta, mi avvicinai, fissando deciso lo sguardo in quello di Michael, fino a poggiare il petto al suo, inclinando il viso per approfondire la conoscenza fra le nostre bocche.

Gli stavo dando fiducia, gli stavo mostrando che anch'io ero impaziente di mordere e prendere, e conquistare la sua carne sensibile.

Io che sapevo cosa voleva dire l'intimità, quella materiale, vera e concreta, fatta di calore, mani che toccano, corpi che si incastrano, bocche che si amano e lamenti di piacere che amplificano il piacere, e una voglia scottante dell'altro che si espande, e si espande e si concentra nell'istinto di arrivare a toccare il picco dei sensi, l'estremo più profondo e piacevolmente sfacciato.

E quando la sua lingua danzò con la mia, e le sue mani mi strinsero e mi esplorarono, anche lui aveva capito il valore dell'essere così vicino e così dentro quella persona amata. Quello spazio in cui si ha un attimo per toccarsi davvero, un attimo in cui ci si può fondere in una cosa sola.

A un tratto sentii la fervente mancanza di quel tocco, forse Mike aveva paura di tutte quelle forti sensazioni nuove, o forse non sapeva di fare tutto nel modo giusto. Non sapeva che stava direzionando il suo istinto in modo semplicemente perfetto. Perciò riempii le sue spalle ed il suo collo di carezze.

Puoi farlo ancora se vuoi.

Pensai, sfiorando il labbro superiore con la lingua, per rendere chiaro cosa intendessi.

Voglio farlo, è piacevole.

Percepivo una forte tentazione. Potevo vedere la verità dietro i suoi gesti, ero il custode della seduzione dopotutto.

Anche per me. Senti l'elettricità?

Chiesi. Potevo percepire quanto fosse rigido e vivo sotto la vita, e non ne sarei dovuto rimanere sorpreso, però mi si riempì comunque il petto d'aria. Avevo così tanta fame di lui in quell'istante, e quello che la sua mente comunicò non fu facile da gestire.

È come se la mia lingua generasse energia ogni volta che sfiora la tua, e l'energia fa impazzire questo cuore, questo pompa inspiegabilmente in direzione dell'inguine. Lo senti, Lucifer? Lo senti anche tu questo, quando la mia lingua accarezza la tua?

Non potei più sopportare oltre. Spinsi Michael sulla schiena, e nei suoi occhi vidi la smania, la curiosità e la febbrile agitazione di un uomo che vuole un altro uomo e non sa assolutamente come fare per prenderlo, ma è disposto a tutto pur di toccare quel picco con lui.

"Mike"

Sussurrai il suo nome, dal più basso dei toni, ottenendo la sua attenzione.

Fai l'amore con me.

Il suo cuore, lo sentii chiaramente, mancò un battito. Il secondo successivo fu lui a dominare me, inchiodando il mio corpo piacevolmente sotto il suo peso.

Sorrisi stupito.

Tu vuoi far vedere a me come si fa?

Ma anche lui sorrise, come un avversario che sta per farti scacco matto sotto il naso. Poi la sua espressione tornò seria e pericolosamente calda.

Sarò anche senza esperienza, Lucifer, ma ho osservato per molto tempo cosa facevano gli umani, so cosa fanno gli uomini quando amano altri uomini.

Lo osservai brevemente. Michael lo voleva davvero come lo avrebbe voluto qualsiasi uomo innamorato e attratto. Non c'era ombra di pudore fra di noi, ma chiesi comunque il suo consenso con lo sguardo.

Sai che ti desidero, e dirti che ti amo è un soffio nello scirocco, perciò va bene, sempre.

Feci un cenno col capo in assenso, poi un mio bacio audace lo fece sciogliere. Stringevo il suo corpo forte al mio, e la sua voce nella testa manteneva viva la mia virilità, che onestamente non era mai stata così pulsante e cocente come in quel momento.

Lo sento.. È così bello Luci. È bello, quando premi contro di me. Fallo ancora.

Anziché premere, cominciai a sfregare il bacino contro il suo, seducendolo, e istigandolo a gemere per me.

Michael contraeva i muscoli e ansimava. Stava saggiando ciò che non aveva mai potuto. Il suo desiderio si fece sentire quando iniziò a lambire con labbra e lingua il mio collo, come a lasciare prove scritte sul mio corpo di ciò che era l'intenzione meno pura e più bella in quel momento.

Feci inclinare il capo per lui, e Mike ne approfittò per tempestare la mia pelle di morsi, mentre una sua mano era scivolata fra le mie gambe, a toccarmi e carezzarmi con movimenti timorosi, poi sempre più decisi e vigorosi, man mano che scopriva l'effetto che mi faceva.

La sua mano si fermò solamente quando fui molto vicino al baratro.

Veramente bravo per essere un principiante.

Pensai. Non gli diedi il tempo di accogliere la lusinga, giacché ripresi a torreggiare su di lui e scivolai lentamente a baciare il suo inguine. Fui sopra di lui e in un attimo di frenesia fui attratto ai suoi lombi.

Mike non riusciva a parlare, e quando accolsi la sua vistosa virilità nella bocca, non riuscì neanche a pensare.

Ti darò tutto, e tu urlerai il mio nome e verrai per me. Verrai per il tuo Samael.

Le mie attenzioni erano minuziose, non c'era lembo di pelle che sfuggisse alla mia lingua. Potevo sentire il sapore delle prime lacrime di piacere, che scorrevano piano su un delizioso frenulo congestionato.

Luci, non voglio finire così, ti prego.

I suoi fianchi rincorrevano il calore della mia bocca accogliente, ma la sua mente mi intimava di fermarmi, perciò mi fermai prima che potesse esplodere. Risalii a incontrare le sue labbra, che mai furono più calde, e detti un colpo di fianchi, ad incitarlo. Il mio membro cozzava contro il suo, e il messaggio era chiaro e palese.

Prendimi, Mike, prendi tutto ciò che vuoi, perché è tuo e solo tuo.

Non ci fu bisogno di ripetermi, poggiò le labbra sulle mie e succhiando languidamente le gemelle, si introdusse lento e profondo nel mio corpo. Finalmente lo sentii e lo accolsi, fu una gioia anche l'iniziale dolore che nell'intimo, dalla somma alla base mi riempiva.

Michael tremava, e mi guardava dritto negli occhi, bevendo il mio sguardo, lottando per non serrare le palpebre, sopraffatto dai sensi. Volevo tutto, volevo il dolore, volevo tutte le sensazioni che componevano l'atto.

Cominciai a muovermi, con la danza lenta e sensuale del bacino, prendendolo e facendomi prendere.

Sei bello, sei così bello..

Persino la voce della sua mente era roca, e mi fece gemere forte.

Ora lo vedi? Non lo senti come mi scuote e con quale forza c'è marchiato il tuo nome sul mio destino?

Lo sentivo ansimare per quel contatto pelle su pelle e questo montava la mia voglia sempre di più.

I respiri che s' infrangevano, sembrava che stessero anch'essi avendo un connubio di qualche sorta, il calore del mio corpo a contatto diretto col suo, gli sguardi smarriti di due grazie che danzavano al ritmo di cuori pulsanti.

Sono il tuo primo, Mike, e tu sei il mio ultimo, perché ti amo non è abbastanza. Oh Mike sto impazzendo, sto bruciando per te e solo tu puoi placarmi.

E Michael mi strinse forte, e senza mai separarsi da me, ruotò le posizioni, prendendomi con vigore, sempre più gemente, sempre più vicino scalava la vetta del piacere, spinta dopo spinta.

Luci, tu vuoi uccidermi.

No Mike, tu mi uccidi se ti fermi. Non mi lasciare, non mi lasciare mai più.

Vidi le mie ali arcuarsi per poter toccare le sue, per poter sfiorare quelle piume tremanti e candide. E non mi sembrò sbagliato che le mie spire di grazia affilate come armi da taglio volessero per una volta la carezza di morbidi cuscini piumati.

I nostri corpi si strinsero cercandosi disperatamente nel momento in cui raggiunsero l'orgasmo, così come le ali, che intrecciandosi in un abbraccio etereo ci si avvolsero intorno come petali di una rosa che si chiude. Quando le ali presero a rilassarsi e scivolare in basso sulla sabbia, l'alba sorgeva su me e Mike.

Gettai lo sguardo in basso, sul capo che posava sul mio petto. Percorsi file di ciocche scure con le mie dita, e due bellissimi occhi velati d'acqua si posarono su di me. Il suo sorriso accarezzò il mio petto.

Cosa c'è?

Abbiamo vinto, Luci. I tuoi occhi non sono più rossi.

Angolino autrice

Volevo inserire un'immagine ma senza pc è un casino, perciò se volete cercate a questo indirizzo qual'era l'idea del primo bacio.

https://photos.app.goo.gl/DyAaFHQZ2QGFjK3AA

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