Celine

di Myriru
(/viewuser.php?uid=784083)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Villa Jarjayes ***
Capitolo 2: *** Angelo bianco ***
Capitolo 3: *** Acqua e Vino ***
Capitolo 4: *** La mattina dopo ***
Capitolo 5: *** Héloïse ***
Capitolo 6: *** Limbo ***
Capitolo 7: *** Meudon ***
Capitolo 8: *** André e Celine pt.1 ***
Capitolo 9: *** André e Celine pt.2 ***
Capitolo 10: *** Oscar e Celine ***
Capitolo 11: *** Oscar, André e Celine ***
Capitolo 12: *** Respiri ***
Capitolo 13: *** Malattie, amori e promesse ***
Capitolo 14: *** Reazioni ***
Capitolo 15: *** Il vestito ***
Capitolo 16: *** I fiori e il ballo ***
Capitolo 17: *** Ti amo ***
Capitolo 18: *** Tradimento pt. 1 ***
Capitolo 19: *** Tradimento pt. 2 ***
Capitolo 20: *** Il quadro ***
Capitolo 21: *** Tramonto ***
Capitolo 22: *** Pensieri ***
Capitolo 23: *** Alba ***
Capitolo 24: *** Amore ***
Capitolo 25: *** Non lasciarmi ***
Capitolo 26: *** Vita e Morte ***



Capitolo 1
*** Villa Jarjayes ***


«Ho 25 anni e sono di Lambel  »
«Sei bretone, dunque… hai mai lavorato per una famiglia nobiliare? »
«No madame… ma sono in grado di cucinare, lavare e stirare! »
Parlò con fermezza, anche se le mani stavano tremando come delle foglie. La governante la squadrò da capo a piede, senza commentare l’ultima frase della giovane e corrugò la fronte, pensierosa. La ragazza deglutì a vuoto, rimase ferma e cercò di aggiustare le maniche del vestito che indossava, nervosa.
Non aveva mai lavorato, erano sempre stati i suoi genitori a farlo, e ora che non c’erano più, doveva trovare un modo per andare avanti.
«E’ la tua prima esperienza, vero cara? »
«Sì madame »
Disse rammaricata, abbassando il capo.
«Non c’è problema, tutti prima o poi da qualcosa dovranno pur cominciare da qualcosa. Sono sicura che qui ti troverai bene, i padroni non sono severi e il posto è davvero molto accogliente. Avrai la tua paga ogni mese e sarò io a guidarti per i primi giorni »
«Dite davvero? Ho il lavoro? »
«Ma certo! Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti in cucina! Ti faccio preparare una divisa, così potrai iniziare subito »
Celine sgranò gli occhi estasiata e cercò di contenere la sua esuberanza davanti alla governante.
«La ringrazio infinitamente madame! »
«Non chiamarmi madame, io sono Marron Glacé Grandier e sono la governante di questa magione da ormai una vita. Più tardi ti presenterò al resto della servitù e ai padroni, ora cerchiamo insieme una divisa che possa andarti, va bene? »
La ragazza annuì rapidamente e la governante sorrise dolcemente, le fece cenno di seguirla e lei non se lo fece ripetere due volte. La seguì guardandosi intorno, senza riuscire a dire una singola parola tanto era stupita dallo sfarzo che risiedeva in ogni singolo oggetto di quella casa.
Si sentì minuscola in quello spazio così grande, dalle stanze enormi e dai soffitti alti. Non era abituata a tanto spazio a casa.
Ascoltò attentamente tutte le indicazioni che le aveva riferito la governante, cercando di memorizzare il numero più possibile di nozioni che le stava fornendo. Le aveva mostrato i dormitori dei servi, le aveva spiegato gli orari dei signori e le loro necessità, gli orari dei servitori e tutto quello che bisognava sapere di base in una magione nobiliare.
Quando attraversarono il corridoio, notò una stanza solitaria che la sua mentore aveva forse dimenticato di mostrarle.
«Mi scusi, in questa stanza cosa c’è? »
«Oh! Quella è la stanza di mio nipote André. E’ un soldato della guardia ma ha lavorato qui per tanti anni, insieme a me, torna quando è in licenza e dorme qui »
«Capisco »
Disse guardando la porta chiara della stanza, così solitaria rispetto alle altre, e per qualche istante pensò che forse il nipote di quella donna non amasse la compagnia e che fosse una persona distante e distaccata.
Arrivarono in fretta nella lavanderia, l’ultima stanza del corridoio e fu travolta da un buon profumo di sapone.
«Care ragazze, lei è… oh scusami come hai detto di chiamarti?»
Disse la donna mortificata, aggiustandosi gli occhiali sulla punta del naso.
«Mi chiamo Celine Gautier, è un piacere conoscervi »
Le donne salutarono calorosamente la nuova arrivata, una ragazza sui venti anni, dai capelli neri, si alzò di fretta, lasciando cadere la camicia che aveva in mano nell’acqua e corse verso di lei.
«Ciao Celine, io sono Bernardette, sono felicissima di conoscerti! Hai bisogno di una divisa, non è vero? »
«Ehm… sì »
Celine arrossì lievemente e Bernardette rise intenerita.
«Non ti preoccupare cara, noi abbiamo delle divise di scorta ma forse ti andranno un po’ larghe ma per il momento credo che andranno bene »
«Non c’è problema, posso aggiustarmi il vestito da sola »
Esclamò convinta e Bernardette annuì, si dileguò rapida mentre il resto delle donne nella stanza ripresero a strigliare i panni e a chiacchierare allegre tra di loro.
 
«Ti sta benissimo, forse non c’è neanche bisogno di stringerlo, sai? Basta solo legare un po’ più stretto il grembiule in vita ed è perfetto! »
Celine si guardò nello specchio nella camerata femminile, felice più che mai. Prese con le dita la gonna nera e l’alzò un po’, trovandola comoda e morbida sulle gambe. Sorrise estasiata e passò una mano tra i capelli castani.
«Sei davvero un incanto mia cara Celine! Hai degli occhi castani che sono una meraviglia! »
Bernardette sembrava davvero estasiata nel guardarla e Celine arrossì vistosamente. Non si era mai considerata bella, né una ragazza con qualche caratteristica particolare. I suoi capelli erano di un castano scuro, lunghi e lisci e sul viso non aveva nessun segno o neo particolare. Le sue labbra erano carnose e il naso dritto, i suoi occhi grandi e marroni, nulla di speciale.
Eppure, con quel semplice vestito da cameriera, si sentiva bellissima.
«Lo pensate davvero Bernardette? Mi fate arrossire! »
«Ma certo cara, sei davvero bellissima. Ora ti lascio con Marron, devi acconciarti i capelli  sotto la cuffia, ti spiegherà lei bene come fare per non farli cadere »
«Brava, torna a lavare le lenzuola di madmoiselle Oscar! »
Celine si fermò un attimo, senza capire, e si voltò verso la governante.
«MadmoiselleOscar? »
Chiese per paura di aver sentito male.
«Oh, si hai ragione. Ecco… il generale Jarjayes, il nostro padrone, ha cresciuto la sua ultima figlia come un ragazzo per portare avanti il suo casato. Non stupirti se mi rivolgerò a lei con madmoiselle Oscar ma ti prego, tu rivolgiti a lei con il maschile e chiamala monsieur. Ti ricordi quando ti ho parlato di mio nipote? Lui è stato il suo attendente fino a quando lei ha avuto la malsana idea di dimettersi dal ruolo di colonnello reale. Che disgrazia! »
Esclamò alla fine la governante, esasperata. Celine non chiese altro, lasciò che la governante le spiegò come acconciare i capelli sotto la cuffia.
 
Quello stesso giorno seguì la governante in ogni faccenda domestica, memorizzò ogni passo che faceva e ogni suo movimento e cercò di tenere a mente tutto. Durante la sera, l’aiutò con la cucina, preparando con calma la cena per i suoi nuovi signori. Tutto sembrò andare per il verso giusto.
«Nonna? Sono tornato! »
Celine girò appena il capo, attirata da quella voce maschile e notò, nell’ombra, la figura di un uomo avvicinarsi a loro. Strinse tra le mani il panno che stava usando per pulire i bicchieri e notò l’uomo, ormai di spalle a lei, abbracciare la governante.
«Brutto screanzato! Perché non mi hai avvisato che saresti arrivato? Ti avrei preparato qualcosa! Guardati un po’, sei uno stecchino! Ma cosa servono nella mensa, pane e acqua? »
La risata dell’uomo le riempì le orecchie, non riuscì a staccargli gli occhi di dosso e lui, forse resosi conto della sua presenza, si voltò a guardarla.
«Mio caro, lei è Celine Gautier, la mia nuova aiutante »
Disse fiera la governante con un dolce sorriso sulle labbra. Celine arrossì, finalmente lo poteva guardare in viso. I suoi lineamenti erano marcati e androgeni, i capelli neri arrivavano a sfiorare quasi le spalle e il suo sguardo verde smeraldo era profondo e spettacolare, anche se il suo occhio sinistro le era nascosto da una ciocca di capelli. Indossava ancora la divisa da soldato e non poteva non ammettere che gli stava d’incanto.
«Enchanté, Celine »
Lei posò il bicchiere e fece un piccolo inchino, imbarazzata e lui, galantemente, prese una mano tra le sue e fiorò con le labbra il dorso, lasciandola senza fiato. La sua voce l’aveva fatta rabbrividire e sentì le gambe molli. André lasciò la sua mano e si recò nella sua stanza, in silenzio, e Celine lo seguì con lo sguardo, restando imbambolata.
«Hai conosciuto André, vero? Non è un incanto? »
Disse Bernardette d'improvviso, poggiando le mani sulle sue spalle, guardando anche lei la porta dalla quale lui era uscito ammaliata.
«Smettetela di adularlo e tornate a lavoro! »
Urlò la governante, facendo risvegliare tutte le cameriere presenti nella cucina.
«Tutte lo vogliono, ma nessuna lo prende! »
Imprecò di nuovo, guardando con la coda dell’occhio Celine, ancora incantata a guardare la porta.
 
“Ricordo il mio primo giorno a villa Jarjayes perfettamente: trovai un buon lavoro, un posto dove vivere e per la prima volta provai la sensazione delle farfalle nello stomaco per colpa di André Grandier ”

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Angelo bianco ***


«Spero tu ti sia ambientata bene qui »
Celine girò appena il busto, sorpresa dalla voce inaspettata di André alle sue spalle. Sorrise e si voltò completamente, guardandolo in viso.
«E’ un posto tranquillo, tutti sono stati gentili con me fino ad ora »
Disse sorridente, stringendo le mani intorno alla cesta che aveva tra le braccia.
«Sei una ragazza in gamba, non avrai problemi qui»
Lei arrossì lievemente imbarazzata dal complimento, André sorrise intenerito.
«Hai già conosciuto i signori? »
Chiese André poggiando le spalle al muro, senza staccare lo sguardo dalla ragazza. Si era cambiato, aveva tolto la divisa militare e ora portava dei semplici pantaloni scuri e una camicia bianca, un po’ aperta sul petto. Quella divisa lo faceva sembrare imponente, invece il suo fisico era asciutto, sciupato secondo sua nonna.
«Sì, ho conosciuto sia il generale che madame »
«Quindi non è tornata »
Sussurrò l’uomo, assottigliando lo sguardo. Celine fece finta di non sentirlo, sicuramente si stava riferendo alla… al… Oscar? Non sapeva ancora come definirla… o definirlo. Non le era ancora chiara la sua storia.
Tentò di distrarre André, a quanto pare il pettegolezzo che le aveva detto una delle sue colleghe era vero: André era davvero innamorato di… quell’essere.
“Mi chiedo come sia… voglio vedere il suo viso… voglio sapere cosa ha fatto innamorare André”
Pensò Celine, guardando di nascosto André, aveva lo sguardo vago.
«Credo che mi troverò bene qui »
La sua voce ridestò André, lui le sorrise e solo in quel momento Celine notò tra le sue mani un libro.
«Sai leggere… »
«Sì, sono cresciuto allo stesso modo di… del figlio del generale. Non l’hai ancora conosciuto, vero? »
Celine scosse il capo e continuò a guardare il libro incantata.
«Cosa leggi? »
« ‘Lettres de deux amans, Habitans d’une petite ville au pied des Alpes’ di Rousseau1 »
«Di chi? »                                                
«Jean-Jacques Rousseau »
Celine corrugò la fronte, non aveva la più pallida idea di chi fosse quell’uomo, né tantomeno sapeva dell’esistenza di quel libro dal titolo interminabile. Fece una smorfia, non sembrava un libro leggero.
«E’ pesante? »
«No, non più di tanto, ho letto di peggio »
«Io non so leggere… di cosa parla? »
«Di due amanti: Julie D’Etange, nobile, e Saint-Preux, un precettore  »
«Capisco… un amore impossibile. Dev’essere dura non poter avere la persona che ami al tuo fianco per colpa dello stato sociale »
Commentò in un soffio, abbassando il capo. André sospirò amaramente e lanciò uno sguardo al libro.
«Non sai quanto »
Celine alzò il capo, cercò lo sguardo dell’uomo ma lui si allontanò, mosse qualche passo verso l’entrata sul retro del palazzo e si voltò a guardarla.
«Ti ho intrattenuto anche troppo, sarà meglio che tu metta i panni ad asciugare »
Disse in un sorriso e Celine arrossì imbarazzata, ricordandosi della cesta piena di panni che aveva tra le mani. Sbuffò imbarazzata dalla sua mancanza e dopo aver steso i panni ad asciugare, rientrò in casa.
 
«Come mai c’è tutto questo baccano? »
Chiese Celine incuriosita, piegandosi leggermente all’indietro, guardando alcune sue colleghe andare aventi e indietro per i corridoi. La governante si girò emozionata e la guardò in viso.
«Questa sera tornerà Oscar! Finalmente si è decisa di tornare in un orario normale! Sto preparando per lei alcuni dei suoi piatti preferiti, di sicuro non mangia bene in caserma! Figurati, anche mio nipote, che è davvero un buongustaio, è diventato magrissimo! Ah, i miei bambini! Mi faranno impazzire! »
Celine non trattenne una risata e alzò lo sguardo verso la finestra che dava sul giardino sul retro. Scorse in lontananza, seduto ai piedi di un albero, André intento a leggere il suo libro. Sembrava molto preso dalla sua lettura, ogni tanto portava il libro vicino al viso, ogni tanto si lasciava andare a sospiri nostalgici.
«Celine? Non ti distrarre ti prego! Vai a riscaldare dell’acqua per il bagno, di sicuro Oscar vorrà rilassarsi un po’ dopo una lunga giornata di lavoro! »
Le ordinò la governante e Celine, seppur a malincuore, dovette distogliere lo sguardo da André. Prese una grande bacinella di acqua e iniziò a riscaldarla ponendola sul fuoco, pensierosa.
Pensò ai personaggi del libro di André, pensò alla frase che aveva detto lui dopo e alla sua reazione quando aveva parlato di Oscar.
“Allora è vero… quello che mi hanno detto Bernardette e le altre… tu ami quella donna. E’ per questo che non hai mai avuto una compagna? Davvero ami lei così tanto da non avere occhi per nessun’altra? Le mie possibilità, seppure già scarse in partenza, davvero sono così nulle? ”
Si lasciò sfuggire un sospiro, lo vide passare al suo fianco, senza salutarla e camminare verso la sua stanza.
“Ha un’aria misteriosa… vorrei tanto conoscerlo meglio… mi piacerebbe che lui provasse almeno un po’ quello che provo io per lui in questo momento”
Sospirò di nuovo e, quando la governante le diede il permesso, aiutata da Bernardette si avviò verso la stanza del comandante.
“André è un uomo così pacato e tranquillo, è  impossibile che lui non sia riuscito a non trovare una donna per lui… cos’ha di tanto speciale questa Oscar? Insomma… non è molto normale quello che è succsso! Ha plagiato la sua mente il generale!”
 Prepararono con cura la vasca e i teli puliti, in più Bernardette poggiò al fianco della vasca degli aromi per profumare la pelle.
Celine si guardava discretamente in giro: per essere una camera nobiliare era molto semplice – sempre se di potevano definire semplici i ricami in oro dell’orologio sul caminetto personale nel soggiorno privato, ovviamente – e storse un po’ il naso. Quella stanza era decisamente enorme.
Alzò lo sguardo verso il soffitto che, come per il resto della casa, era pesantemente affrescato,
«Sembra una gabbia dorata, mi sento un po’ soffocare qui dentro »
«E’ lo stile che piace ai nobili, o almeno a quasi tutti. Io ora ti lascio, sarai tu ad occuparti di Oscar, sarà lei a congedarti, non andartene mai di tua spontanea volontà, ci siamo capite? »
«Sì Bernardette »
La donna le sorrise sincera e si allontanò, alzando appena la gonna, dalla sala da bagno, lasciandola sola. Continuò a riordinare i teli sul mobile alle sue spalle, li riordinò per grandezza e, con estrema calma e delicatezza, tolse alcuni petali di rosa bianca per poi immergerli nell’acqua calda, come le era stato suggerito dalla governante.
 Dopo alcuni istanti sentì la porta principale della camera aprirsi e il rumore dei tacchi battere contro il pavimento, un passo sicuro.
Sentì un brivido freddo attraversarle la schiena, era emozionata e spaventata allo stesso tempo di conoscere Oscar, le tremavano le mani per l’emozione. Prese un respiro profondo e, appena la sua figura le si posò davanti agli occhi, il suo cuore perse un battito.
 
“Non avevo mai creduto nell'esistenza degli angeli eppure, quando vidi Oscar per la prima volta… mi sembrò di vedere un angelo bianco, il MIO angelo bianco ”


1: titolo originale de "Julie ou la Nouvelle Eloise" di J.J. Rousseau, molto citato nel manga

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Acqua e Vino ***


«Tu devi essere la nuova cameriera »
La sua voce la risvegliò dai suoi pensieri, la stava fissando. Anzi, forse era meglio dire, la stava studiando, da testa a piedi.
Cercò di ricomporsi subito, si schiarì la voce imbarazzata.
«Sì, sono Celine Gautier, pronta a servirvi »
Fece un piccolo e impacciato inchino, i suoi occhi di ghiaccio la esaminarono ancora per qualche istante, poi le diede le spalle, poggiò la spada che aveva tra le mani accanto alla sedia e iniziò a togliersi lenta la divisa pesante.
«Spero ti trovi bene qui, Celine »
«Sì signo»
«No, ti prego, chiamami Oscar »
Celine sgranò gli occhi esterrefatta. Aveva sentito bene? Le permetteva di chiamarla per nome? Un nobile, vicinissimo alla famiglia reale, dava a lei, una semplice ragazza di paese, il permesso di chiamarla per nome?
Non riuscì a risponderle, restò immobile a guardarla, di spalle, spogliarsi lentamente. Girò il volto quando Oscar si voltò verso di lei, nuda. Si immerse subito nella vasca, lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo e chiuse gli occhi, stanca.
Celine trovò il coraggio di avvicinarsi a lei solo quando fu sicura che lei fosse nella vasca, non si sentiva a suo agio nel vederla svestita. La bionda drizzò le spalle e passò sulle braccia un panno umido contenente un piccolo pezzo di sapone e si lavò piano, in silenzio.
La sentì tossire un paio di volte, doveva aver preso molto freddo a cavallo. Le temperature erano drasticamente scese negli ultimi giorni e l’inverno sembrava voler prendere il posto dell’autunno prima del previsto. Celine la sbirciava ogni tanto, stupita dai dettagli che notava ogni volta sul suo viso.
La credeva più massiccia ed invece era magrissima – un’illusione creata dalla divisa, ne era certa – , i capelli erano setosi – li aveva toccati prima, mentre li legava lentamente per non farli bagnare – e di un biondo vivo, al contrario della sua pelle eccessivamente pallida.
Eppure, nonostante quell’aria un po’… strana… le sembrava bellissima.
“Ora capisco perché André vi ama così tanto… siete di una bellezza unica e rara. Mi hanno detto cose straordinarie su di voi e sulla vostra forza ma… io ora vedo solo una donna fragile, distrutta dal peso del suo lavoro e, soprattutto… infelice”
Pensò tra sé e sé mentre piegava con cura la vecchia camicia di Oscar e ne prendeva una nuova nel suo armadio. La sentì tossire di nuovo, questa volta un po’ più violentemente. Chiuse rapida le ante dell’armadio e, superato il paravento che nascondeva la vasca, si accertò che lei stesse bene.
«Va tutto bene? Avete bisogno di qualcosa? »
Oscar non rispose subito, teneva il capo basso rivolto verso l’acqua piena di bolle e teneva le mani sul petto, con un’espressione sofferente sul viso.
Celine si avvicinò rapida a lei spaventata ma lei aprì gli occhi e li puntò sui suoi.
«Sto bene, devo aver preso un colpo di freddo improvviso »
Il suo viso, prima pallido, ora si era colorato di un velo di rosa sulle guance e sul naso dritto.
«Credo sia il caso uscire dalla vasca… »
Le consigliò Celine e lei annuì piano.
«Sì, va bene »
Celine le sorrise timidamente. Con il viso vicino al suo, notò appena sotto l’occhio sinistro un piccolo neo, che donava ai suoi occhi un’aria ancora più sensuale.
La ragazza prese un telo caldo e lo aprì allargando le braccia, aspettò con il viso coperto da esso che Oscar uscisse dalla vasca e si avvicinasse a lei, in modo da poterla avvolgere. La bionda alzò le braccia e Celine l’abbracciò da dietro, sentì nonostante il telo la forma piccola del seno contro le braccia e quella dei suoi glutei.
Deglutì a vuoto, imbarazzata da quel contatto così vicino con una persona del suo stesso sesso e, non appena fu sicura che lei fosse coperta, allontanò le braccia come scottata.
Oscar portò una mano alla fronte e strinse le spalle, colta da un brivido di freddo.
«Volete che accendi il fuoco? »
«Sì, grazie… »
Lasciò Oscar sola a vestirsi nella sala da bagno, cercò di accendere il fuoco il più veloce possibile. L’aveva vista tremare dal freddo e non le sembrava nel pieno delle forze.
Appena ebbe finito il comandante si avvicinò al camino acceso con passi lenti, era distrutta. Celine, ancora china davanti al camino, voltò appena il viso per guardarla: sotto la luce viva del fuoco notò due profondi cerchi viola intorno agli occhi e il viso le parve ancora più scavato, colpa dei giochi di luce.
«Va bene così Celine, ora puoi andare, grazie »
Disse Oscar con un filo di voce passandosi una mano tra i capelli, Celine fece un piccolo inchino e si allontanò piano da lei.
Chiuse piano la porta alle sue spalle e sembrò tornarle il respiro.
 
«Non ha mangiato neanche questa volta? »
Chiese sconsolata la governante guardando il piatto semi pieno di Oscar. Celine non commentò l’accaduto, non nuovo, come stavano facendo le altre. L’aveva visto, non volendo, il corpo di quella donna e non se ne stupì.
“Come immaginavo… non tocca cibo”
Continuò a pulire i piatti nel grande lavabo senza smettere di pensare ad Oscar e senza riuscire a non preoccuparsi per lei e per la sua salute. Di sicuro non era in carne come le altre dame, che mangiavano dolci a grandi quantità ma nascondevano poi il vizio costringendo il corpo ad un corsetto minuscolo.
Sentì un brivido freddo attraversarle il corpo, la sera iniziava a fare davvero freddo. Vide Joseph, il maggiordomo, correre a chiudere la finestra della cucina e lo ringraziò di cuore.
«I piatti sono puliti e sistemati, posso fare altro? »
Celine si sistemò il grembiule e guardò la governante, aspettando una sua risposta.
«Sì, potresti controllare che tutti i camini siano spenti, i padroni dovrebbero essere nelle loro stanze, meglio non sprecare la legna »
La ragazza annuì e si avviò, tenendo tra le mani un candelabro a due braccia, verso il grande soggiorno.
 
«Manca solo la biblioteca per fortuna »
Celine iniziò ad avvertire i primi segni di stanchezza. Passò la mano sul volto, quasi come se volesse eliminare la stanchezza e aprì la porta della biblioteca con decisione. Il camino era acceso e le fiamme erano vive, sbuffò stanca.
«Solo qui è rimasto acceso, perché non ho iniziato da qui? »
Lamentò a bassa voce e quasi le venne un colpo quando vide Oscar, sdraiata malamente sulla poltrona, che dormiva con un’espressione angelica sul viso. Aveva un braccio poggiato sul ventre e l’altro abbandonato lungo la poltrona: la mano sul ventre teneva un bicchiere da vino, sul cui fondo c’era ancora un po’ di alcool, mentre l’altra mano sfiorava la bottiglia a terra, vuota.
“Non dirmi che si è ubriacata…”
Restò a guardarla in silenzio, ammirò il viso rilassato e leggermente velato di rosa, la camicia era leggermente aperta sul petto e si poteva intravedere la curva del seno. Le gambe erano comodamente poggiate sul bracciolo della poltrona.
«E ora come ti sveglio… mannaggia… »
Celine sospirò, poggiò il candelabro sul tavolino poco distante e mise le mani sui fianchi, cercando una soluzione.
«Chi c’è? »
Ma certo! André!
«André! Meno male che sei ancora sveglio »
«Celine? Cosa ci fai in biblioteca a quest’ora? »
«Tua nonna mi ha chiesto se potevo controllare i camini e ora ho un problema »
«Non sai spegnerlo? E’ semplice basta »
«No, quello lo so fare, il problema è… »
Prese il polso dell’uomo tra le mani e lo trascinò davanti alla poltrona, lo sentì irrigidirsi quando realizzò di chi si trattasse. Lo guardò in viso, senza essere notata e vide un’espressione di stupore.
«Oscar…»
Sussurrò lui piano senza smettere di guardarla. Celine abbassò lo sguardo imbarazzata dal suo sguardo così intenso.
“Lui la ama…”
Ripeté nella sua mente, lasciando il suo polso.
André fece qualche passo vicino alla donna e allontanò una ciocca di capelli biondi dal suo viso, dormiva profondamente.
«Le hai dato da bere? »
«No, ero in cucina a lavare i piatti »
L’uomo sospirò, le accarezzò ancora un po’ il viso, sicuro di non riuscire a svegliarla. Sfilò il bicchiere dalla sua mano e lo poggiò sul tavolino vicino al candelabro, fece passare un braccio sotto le ginocchia e l’altro sotto le spalle e la prese tra le braccia, ancora inginocchiato davanti alla sedia.
«Potresti farmi luce fino alla sua camera? »
«Ma certo e… grazie »
André le sorrise e si alzò piano, Oscar poggiò il capo sul petto dell’uomo, lasciandosi sfuggire un sospiro pacato. Celine si morse un labbro, quasi invidiosa della donna.
“Che fortunata che sei Oscar ad avere un uomo del genere al tuo fianco… tu non te ne rendi conto…”
Pensò guardando in viso André che la osservava in silenziosa contemplazione. La ragazza prese il candelabro tra le mani tremanti e fece strada ad André lungo i corridoi bui della villa. Non sapeva perché ma sentiva il cuore battere all’impazzata nel suo petto.
Sentiva ogni tanto André mormorare qualcosa mentre salivano le scale, a tratti le sembrò che stesse contando.
Aprì lentamente la porta della stanza della donna evitando che cigolasse e André la seguì rapido, sperando che nessuno l’avesse visto con lei tra le braccia.
Celine scostò le tende del letto a baldacchino e André la posò delicatamente, stringendo però per qualche secondo in più la sua mano destra.
«E’ leggerissima »
Sussurrò e Celine si voltò a guardarlo, aveva lo sguardo perso.
«Non mangia molto… stasera ha lasciato quasi metà piatto »
Rispose lei, girando appena il viso verso di lui, socchiudendo gli occhi. Sentì un brivido quando André poggiò la mano sulla sua spalla, sfiorando senza volerlo la pelle del collo.
«Andiamo Celine… »
Lei annuì, paonazza in viso e lo seguì, incantata, verso l’ala della villa riservata alla servitù, verso la sua stanza.
 
“Passammo la notte insieme… oh no, non in quel senso! Parlammo di tutto, André mi parlò di lui e del suo passato, del suo incidente e della sua separazione da Oscar, senza dirmi però il motivo e io non ebbi il coraggio di insistere sul perché. André aveva poggiato il viso sul mio ventre e si addormentò dopo che vedemmo l’alba, ed io feci lo stesso, nel suo letto, nel suo abbraccio. Fu magico...”

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** La mattina dopo ***


Celine aprì lentamente gli occhi, si sentiva schiacciare contro il materasso. Tentò di alzare il busto ma un peso sul petto la bloccò. Stordita dal sonno, aveva dimenticato della presenza di André su di lei.
«Oh mio Dio… »
Mormorò con voce roca, passandosi una mano sugli occhi. André dormiva placidamente con il capo sul suo petto e le sue braccia circondavano la sua vita. Gli accarezzò piano il viso, ricordando le parole che gli aveva rivelato la sera precedente e liberò la fronte dai capelli corvini e guardò, avvertendo dentro di sé una stretta impossibile da descrivere, la cicatrice che segnava il viso e che gli stava rendendo la vita quasi impossibile. Avvicinò piano la mano alla guancia ruvida e sfiorò con le dita lo zigomo segnato.
Subito si chiese se gli facesse ancora male la ferita, ma non seppe trovare risposta. André si mosse un po’, forse infastidito dalle sue carezze.
«André… devi svegliarti… »
«Altri cinque minuti nonna… »
Celine aggrottò la fronte e si irrigidì per un istante, per poi trattenere una grossa risata. André alzò piano il viso, i capelli che prima aveva spostato erano ricaduti sul viso e gli oscuravano completamente la visuale.
«André? »
«Oh… Celine? »
André scostò rapido i capelli dal viso e sciolse il suo abbraccio. Celine restò stesa sul letto, il viso iniziò ad imporporarsi nel vedere la camicia slacciata dell’uomo.
«Ma che ore sono? »
«Non è tardi… sono le nove, ci siamo addormentati all’alba »
André si passò una mano sul viso, cercando di scacciare via il sonno e guardò la ragazza ancora sotto di sé, un po’ imbarazzato.
«Celine, io non voglio che tu pensi che io sia »
«Un approfittatore? No, assolutamente. Se tu fossi stato un approfittatore io ora sarei senza vestiti »
Disse senza peli sulla lingua guardandolo negli occhi. André non riuscì a controbattere, si allontanò da lei lentamente, dandole le spalle. Anche Celine si alzò, sempre dandogli le spalle, e si risistemò il vestito. Provò a intrecciarsi di nuovo i capelli senza l’uso dello specchio, tenendo stretta tra i denti la cuffietta e, appena ebbe finito, la risistemò in testa.
Cercò di distendere le pieghe della gonna e aggiustò le maniche lentamente, ripercorrendo con la mente le ore passate insieme a lui, a stretto contatto con il suo corpo caldo.
«Posso voltarmi? »
Le chiese André e Celine si voltò a guardarlo, stringendo la stoffa della gonna tra le mani.
«Certo… »
Appena l’uomo si voltò Celine gli sorrise timidamente, André la raggiunse lentamente e aggiustò una ciocca di capelli sfuggita alla ragazza sotto la cuffia, accarezzandole poi il viso con una lentezza e delicatezza unica.
«Grazie… »
Sussurrò lei, tentata data la breve distanza tra di loro di alzarsi sulla punta dei piedi per baciarlo, e lui le sorrise.
“Dannato! Non sorridermi in quel modo! Altrimenti non risponderò più di me”
Celine abbassò lo sguardo sulle sue labbra per alcuni istanti, per poi allontanarsi e abbandonare la sua carezza.
«Sarà meglio che vada… »
Sussurrò a voce bassa, imbarazzatissima.
«Certo, non ti costringo oltre e… grazie Celine »
La ragazza sorrise appena e si avviò verso la porta della stanza, seguita da lui. Lo salutò con un cenno della mano e André sorrise, poggiando la spalla sull’anta della porta completamente aperta. Si sentì osservato, gli bastò girare appena il volto per notare due cameriere fissarlo sbigottite.
 
«Hai saputo di Celine? »
«No, cos’ha fatto? »
«Davvero non ti hanno detto nulla? »
«Cos’è successo? Mi stai facendo preoccupare! »
«Questa mattina Lucie e Armandine l’hanno vista uscire dalla stanza di André »
«Davvero? »
«E Sophie ha detto che, sempre stamattina, il letto di Celine era intatto! Non è tornata in camera ieri notte! »
«Quindi mi stai dicendo che Celine e André…! »
«Sì!»
«State parlando di André e Celine, vero? »
«Sì! »
«Da non crederci, si fosse trattato di quel porco di Xavier l’avrei anche perdonata… ma André! Gli vado dietro da quando avevo sedici anni e lei, dopo neanche due giorni ci va già a letto! »
«Ma cos’avrà mai di tanto speciale quella ragazza? Non è nulla di ché….! »
«Che fortuna però… come vorrei essere al suo posto! »
«Zitte! Sta arrivando Oscar »
Il gruppetto di cameriere si zittì e si divise all’istante, Oscar scese lentamente le scale e nel mentre si aggiustò la manica della camicia. La testa le doleva maledettamente e non si sentiva al massimo delle forze, doveva essere un po’ influenzata.
Non ricordava di essere tornata in camera e l’idea che qualcuno potesse averla vista ubriaca la faceva sentire a disagio. Portò una mano alla fronte e cercò di non pensarci più. Un paio di cameriere le passarono vicino e le seguì con lo sguardo, incuriosita dal loro bisbigliare.
Appena arrivò alla fine delle scale fu colpita da un lieve colpo di tosse e poi quando alzò lo sguardo vide Celine camminare verso la sua direzione con un vassoio tra le mani delle ceramiche di Sèvres1 per la colazione.
La ragazza fece un piccolo inchino, attenta a non far cadere le porcellane preziose, e la superò. Oscar sorrise e la seguì con lo sguardo.
“Celine… perché hai il suo profumo addosso?”
 
«Quando farai ritorno in caserma, André? »
«Domani devo trovarmi lì per le quattro »
«Capisco… »
Celine lanciò uno sguardo furtivo ad André e tornò ad occuparsi di tagliare le cipolle per lo stufato, incurante degli sguardi che le altre cameriere le rivolgevano. Deglutì a vuoto, tremando dalla vergogna.
Si sentì a disagio.
Aveva sentito alcune ragazze parlare di lei e di André, delle supposizioni errate sulla notte trascorsa insieme e avrebbe voluto sparire dalla circolazione.
Avrebbe voluto urlare che tutto quello che loro dicevano era falso, che lei non lo aveva sedotto e che non era stata sua. Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi ed era sicura che non fosse colpa della cipolla che stava tagliando.
«Celine? Posso parlarti un attimo? »
André si era avvicinato a lei e aveva poggiato la mano sulla sua spalla, facendola sussultare.
«Certo »
Posò immediatamente il coltello e si pulì le mani con un panno. Lo seguì in silenzio sotto lo sguardo incuriosito delle cameriere e del maggiordomo, tornò a respirare solo quando si ritrovò fuori dalla cucina, nel cortile, sotto un cielo plumbeo.
Celine strinse le spalle, percossa da un brivido di freddo improvviso, e guardò André in viso.
«Celine mi dispiace… ho sentito che »
«Non fa nulla, l’importante è che né i padroni né tua nonna ne siano a conoscenza, il resto non conta »
«Non dovevo costringerti a seguirmi »
«Non mi hai costretto a fare nulla, davvero »
Gli sorrise dolcemente, sperando di placare la sua preoccupazione e si avvicinò a lui, accarezzando la sua guancia come aveva fatto quella stessa mattina. André chinò il capo contro la mano di lei, senza distogliere lo sguardo.
«Non abbiamo fatto nulla di male… »
«Sembra che tu voglia convincere più te stessa che me »
Celine rise, un po’ era anche vero.
«Sarà meglio entrare, tra poco inizierà a piovere »
«Ho saputo che la signora non sta bene, cos’ha di preciso? »
«Credo abbia della febbre alta, chiedi meglio ad Anaëlle, è la sua cameriera personale »
Disse André aprendo la porta che conduceva alle cucine, con un cenno del capo la invitò ad entrare e lei obbedì, infreddolita.
 
«Come mai  c’è il dottore? »
Chiese Oscar notando l’aiutante del medico chiudere le porte della stanza di sua madre.
«Per un controllo, la signora aveva detto di sentirsi meglio ma vostro padre ha preferito non rischiare una ricaduta »
«Capisco »
Oscar si tolse lentamente i guanti continuando a guardare la porta chiusa del genitore con sguardo assorto.
«Non vi angustiate per lei, starà meglio »
Disse Celine con dolcezza, catturando l’attenzione di Oscar.
«Oh, certo… hai ragione tu. Potresti… portarmi un po’ di cioccolata calda in camera? »
«Certamente »
Celine fece un piccolo inchino e si allontanò dall’entrata dove aveva accolto Oscar e, istintivamente, si voltò a guardarla un’altra volta: stava ancora fissando la porta e stringeva i guanti tra le mani.
“Devi essere davvero preoccupata per tua madre…”
Pensò Celine intristita, poi la vide tossire, di nuovo, e impallidire d’improvviso. Celine mosse un passo verso di lei, preoccupata, ma non ne ebbe il tempo di farlo. Oscar era corsa in camera sua.
 
«Ecco, la cioccolata è pronta. Ti prego solo di una cosa Celine, falla bere tutta a Oscar! Almeno ingerisce qualcosa »
Disse la governante preoccupata, Celine comprese e le sorrise comprensiva. Oscar doveva mangiare di più e quella tosse non le piaceva neanche un po’, aveva un brutto presentimento. Forse sarebbe riuscita a convincerla a parlare con il dottore. Prese il vassoio e si avviò verso la stanza di lei, immersa nei suoi pensieri e bussò piano alla porta, ricevendo un lieve sì come risposta.
Entrò cercando di non far cadere le preziose porcellane e chiuse la porta a chiave, si incamminò verso il tavolino che aveva davanti e poggiò con cautela il vassoio. Oscar la raggiunse lentamente, Celine prese la teiera ripiena di cioccolata e la versò nella tazza lentamente. Quando Celine le porse la tazza piena notò le sue mani tremare.
«Grazie mille Celine »
«C’è qualcos’altro che posso fare per lei? »
Chiese gentilmente guardandola in viso, Oscar bevve un sorso di cioccolata e la guardò in viso.
«No, puoi andare, grazie »
Celine annuì, un po’ delusa, e si avviò verso la porta.
“Maledizione… devo convincerla a parlare con il medico o io”
I suoi pensieri furono interrotti dalla tosse violenta di lei. Si voltò di scatto e, spaventata, si avvicinò a lei che, nel frattempo, si era accasciata a terra e copriva la bocca con le mani.
Provò a chiamarla un paio di volte e, quando quella crisi terminò, Oscar poggiò il capo sulla spalla della ragazza, sfinita.
«Vado a chiamare il dottore, arriverà presto »
«No… non c’è bisogno… è solo l’influenza. Devo riposare solo, mi sentirò meglio »
«No, se non volete che si sappia gli dirò che volete essere aggiornata personalmente dello stato di vostra madre, va bene? »
Oscar la guardò negli occhi, senza poter replicare e la lasciò andare. Provò ad alzarsi facendo forza sulle braccia e fu difficile mantenere l’equilibrio per un paio di secondi.
“Mio Dio…”
Sussurrò e si guardo il suo riflesso nello specchio alla sua sinistra, notando quanto il suo viso fosse effettivamente più magro. Avvicinò la mano allo specchio, come se quell’immagine riflessa non fosse la sua ma il rumore della porta la bloccò: il dottore era arrivato.

1= Nel 1740 venne fondata una manifattura di porcellana a Vincennes per volontà di Luigi XV e Madame de Pompadour. Trasferita poi a Sèvres nel 1756, questa manifattura fu unita ai beni della Corona nel 1759. Tra le clienti più famose spiccano la Contessa Du Barry e la regina Maria Antonietta. (Fonte: Wikipedia)

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Héloïse ***


“Quel pomeriggio… fu indimenticabile. Oscar si fece visitare in silenzio, seguiva alla lettera tutto quello che il dottore le diceva e per la prima volta la vidi tossire sangue. Fu bruttissimo, aveva gli occhi spalancati e guardava il dottore spaventata. Non avrei mai creduto di vederla in quello stato.
Qualche volta si era girata a guardarmi con uno sguardo sofferente e io, la prima volta, non riuscì a sostenere quel dolore che, per qualche istante, sentì anche mio. ”

 
Oscar si rivestì lentamente, aveva freddo nonostante la vicinanza al fuoco. Le parole che il medico e Celine si stavano scambiando le arrivavano ovattate, quasi come se fossero in un’altra stanza.
Girò appena il viso verso Celine, sembrava davvero presa dalle parole del dottore. Tossì un po’, coprendo le labbra con una mano e il discorso tra i due si fermò ed entrambi si voltarono verso di lei, ricordandosi della sua presenza.
Oscar si infilò la vestaglia pesante e tentò di riscaldarsi, il dottore le si avvicinò un ultima volta per salutarla e lei fece un piccolo cenno con il capo, Celine lo aveva accompagnato fuori alla porta e, appena furono sole, la ragazza si voltò verso di lei.
«Celine… »
Sussurrò piano guardando le fiamme vive del camino.
«Sì? »
«Non ne parlerai con nessuno vero? »
«Come desiderate »
Celine accennò un sorriso, fece il giro del letto e la raggiunse, rannicchiata sulla poltrona, mentre osservava il fuoco rosso nel camino. Rimasero in silenzio per un paio di minuti, Celine guardò il fuoco alla sua sinistra cercando conforto e calore, poi volse lo sguardo su di lei.
La luce calda del fuoco donava un po’ di colore al suo viso pallido, le ombre lo fecero sembrare anche più scavato. Era visibilmente stanca e i suoi occhi erano lucidi, forse aveva la febbre o forse stava trattenendo dentro di sé le lacrime per lo sconforto. Sì sentì un po’ a disagio, forse doveva andarsene ma qualcosa la spingeva a restare al suo fianco. Oscar fece una smorfia e si morse il labbro, strinse la vestaglia per riscaldarsi. Celine abbassò lo sguardo.
«Celine »
«Sì? »
«Posso stare un po’ da sola… per favore? »
Oscar aveva abbassato il capo, forse non riusciva più a trattenersi. Celine sussurrò un debole sì, scossa. Fece un rapido inchino e si mosse rapidamente verso la porta della stanza, in silenzio e con gli occhi sbarrati.
“«E’ la tisi »”
Aveva detto il dottore.
“«Se non ti curi non vedrai la prossima primavera »”
Aveva aggiunto con voce rotta.
 
«Celine? Dove sei? Devi portare il tè al signor Oscar »
La ragazza si alzò in fretta e, dopo aver posato l’ultimo bicchiere nella credenza, prese il vassoio d’argento dalle mani di Bernardette e si incamminò rapida verso la camera della sua padrona.
Sperò che si sentisse meglio, sperò di non vederla piangere.
“E’ un soldato, non piangerà mai davanti a me ma… non voglio vederla soffrire, non voglio che si tenga tutto dentro o morirà…”
Sentì un brivido lungo la schiena, la probabilità di morte era molto alta per quella malattia e lei non si era mai curata. Prima di bussare alla sua porta esitò un istante. Cercò di calmare il suo cuore e i suoi pensieri, fece un respiro profondo e picchiò le nocche delle mani, aspettando il suo consenso.
Sentì un debole avanti, aprì piano la porta e la richiuse rapidamente alle sue spalle.  Si voltò verso di lei e la trovò davanti allo specchio, mormorava tra sé e sé.
«Grazie Celine »
«Si sente meglio? »
Azzardò a chiedere e si sentì un po’ stupida. Come poteva stare bene una persona che aveva appena scoperto di avere la tisi, una malattia per giunta mortale?
“Sei un genio Celine, un vero genio”
«Oh… io non… mi dispiace »
Oscar rise leggermente e Celine non disse più nulla.
«No, non dispiacerti, non mi hai affatto offesa »
Le disse sorridendole dolcemente, mentre portava la tazza fumante alle labbra. Celine abbassò il capo mortificata.
«Il… medico mi ha chiesto di occuparmi »
«Di me? Non ne avrò bisogno. Ritieniti sollevata da questo incarico »
«Permettetemi di dire il contrario »
Oscar si voltò verso di lei e la guardò freddamente, contrariata dalle sue parole. Celine non si lasciò intimidire, non poteva permettere che si lasciasse andare morire. Si fissarono per alcuni istanti, Oscar la squadrò da capo a piede.
«Tu mi darai filo da torcere »
«Se lo riterrò necessario sì »
Oscar sorrise.
 
«Cosa ne pensi di lei? »
«E’ una donna molto forte, si vede. Mi piacerebbe avere la sua sicurezza »
Disse Celine guardando André sfogliare il suo libro con cura, alla ricerca del punto in cui aveva fermato la sua lettura. La ragazza l’osservò incantata, dimenticando l’immagine di Oscar che aveva nella sua mente.
«Sai leggere? »
La sua voce la riportò alla realtà, allontanò lo sguardo dal suo viso.
«Un po’. Mi ha insegnato mio padre »
«Vorresti leggere per me? Non… vedo molto bene oggi »
Aveva sussurrato l’ultima frase, nonostante fossero soli nel giardino. Erano seduti vicini sotto lo stesso albero dove Celine l’aveva visto leggere il giorno prima. Prese il libro tra le mani e André le indicò il punto in cui aveva smesso di leggere. Si rischiarì la voce e poggiò la schiena sul tronco dell’albero dietro di lei.
«Come è cambiato il mio stato in pochi giorni! Quante amarezze si mescolano alla dolcezza di avvicinarmi a voi! Quante tristi riflessioni mi assediano! Quante traversie mi fanno temere i miei timori! O Giulia, che fatale dono del cielo è un’anima sensibile! Colui che l’ha ricevuto non deve aspettarsi che pene e dolori sulla terra.[…] Questa è la crudele situazione in cui mi tengono il destino che m’opprime, i sentimenti che mi innalzano, e tuo padre che mi disprezza, e tu che sei l’incanto e il tormento della mia vita. Senza di te, fatale bellezza! non avrei mai provato l’intollerabile contrasto di grandezza in fondo all’anima e di bassezza nella fortuna; sarei vissuto tranquillo e morto contento, senza degnarmi di notare il rango da me occupato sulla terra. Ma averti vista e non poterti possedere, adorarti e non essere che un uomo! essere amato e non poter essere felice! abitare i medesimi luoghi e non poter vivere insieme! O Giulia cui non posso rinunciare! O destino che non posso vincere! che orrende battaglie scatenate in me, senza mai poter superare i miei desideri e la mia impotenza! – l’uomo si mosse, si stese sull’erba e poggiò il capo sulle sue gambe, continuando ad ascoltare indisturbato – Strano e inconcepibile effetto! Da quando mi sono riavvicinato a voi, non volgo in me che pensieri funesti. Forse il soggiorno che abito contribuisce a tanta malinconia; è triste e orribile, ma così è tanto più conforme allo stato dell’anima mia, non potrei abitarne uno più piacevole con altrettanta pazienza. Una fila di sterili rocce cinge il pendio e la mia abitazione, resa ancor più tremenda dall’inverno. Ah! Giulia, sento che se dovessi rinunciare a voi non ci sarebbe per me né altro soggiorno né altra stagione. […]
Tra le rocce di questo pendio ho scoperto in un rifugio solitario una breve spianata da dove si scorge tutta la felice città che abitate. Figuratevi con che avidità portai gli occhi su quell’amato soggiorno. Il primo giorno feci mille sforzi per discernere la vostra casa; ma la grande distanza li rese vani, m’accorsi che l’immaginazione mia illudeva gli occhi affaticati. […]Mi sono così innamorato di questo luogo selvaggio che ci porto persino penna e carta, ora sto scrivendo questa lettera su un macigno che il gelo ha staccato dalla rupe vicina.
Qui, o Giulia, il tuo infelice amante gode gli estremi piaceri che forse potrà gustare al mondo. Di qui, attraverso l’aria e i muri, ardisce penetrare segretamente fino nella tua camera… André…? »
Celine spostò il libro e notò che André aveva gli occhi chiusi e un’espressione beata sul viso. Sorrise intenerita, chiuse il libro e lo poggiò poco lontano, e gli accarezzò piano il viso. Si era addormentato, non aveva chiuso semplicemente gli occhi.
“Sei bellissimo quando dormi… se solo lei potesse vederti con gli stessi occhi con cui io ti vedo…”
Pensò con un sorriso velato di tristezza mentre spostava le ciocche corvine dal suo viso, scoprendo la sua cicatrice. Avvicinò il viso al suo e baciò la sua fronte, guardò le sue labbra e ne fu tentata.
“Quando avrò un’occasione simile di nuovo?”
Si disse e, con il viso colorato di rosa, posò le sue labbra sulle sue, in un bacio leggero.
 
“L’avevo baciato ma ricordo che sentì un senso di colpa non indifferente. Amava Oscar e non avrebbe mai smesso di farlo e di sicuro non l'avrebbe mai fatto per me”

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Limbo ***


«Mi sono addormentato mentre stavi leggendo… mi dispiace »
André si passò una mano sul viso e la guardò dispiaciuto. Celine scosse il capo e gli sorrise dolcemente.
«Non ti devi preoccupare, sei tornato a casa per riposarti non per ascoltarmi leggere. Sembravi sereno e non ho voluto disturbarti»
L’uomo le sorrise e si alzò, dandole per un istante le spalle, poi si girò verso di lei e le accarezzò il viso. Celine sorrise timidamente e le sue gote si velarono di un rosa tenue. André chinò un po’ il capo e la scrutò attentamente, senza abbandonare la dolcezza del suo sguardo.
«Va tutto bene? »
Celine schiuse le labbra e lo guardò in viso per alcuni istanti, senza dire una parola.
“No André, non va bene. Non va per niente bene! Tutto sembra andare storto!”
La ragazza annuì lentamente accennando un debole sorriso e distolse lo sguardo verso una delle finestre delle camere di Oscar. André si girò e guardò nella stessa direzione. Credette di trovarla lì a fissarli e invece dietro il vetro delle finestre c’erano solo le lunghe e pesanti tende bianche che impedivano la visuale.
 
Quella notte aveva dormito male e aveva sofferto il freddo come mai prima. All’inizio di era detta che tutto quel freddo era dovuto all’assenza di André e ci rise su, un po’ per sdrammatizzare, ma subito era tornata a sentire quel gelo penetrarle fin dentro le ossa con più violenza.
I pensieri, poi, non avevano conciliato il sonno e avevano tenuto sveglia la sua mente. Aveva pensato ad André e bacio che gli aveva dato.
“Bacio poi… che esagerazione! Gli ho appena sfiorato le labbra…”
Aveva pensato ad Oscar e alla sua malattia, a come poterla aiutare e a come poter superare quell’ostacolo enorme. Il medico non si era mostrato neppure ottimista.
Appena il sole iniziò a sorgere si alzò dal letto e si sciacquò il viso con l’acqua fredda, cercando di eliminare i primi accenni di sonno e di stanchezza.
Sperava che nessuno notasse il suo viso stanco, alla fine erano due notti che non riposava bene e comoda. Fece un sospiro e si preparò per la giornata lavorativa, ignorando gli sguardi indagatori delle sue colleghe.
“Che vadano al diavolo! Oggi non tollero davvero nessuno…”
Salì rapidamente le scale alzando appena la gonna per non inciampare. Sentiva la testa esplodere, non ce la faceva più. Prima di aprire la porta portò la mano alla fronte e fece un lungo sospiro, cercando di calmare quel mal di testa martellante.
“Calmati Celine, calmati… passerà. Ora pensa ad occuparti di Oscar, lei ha qualcosa di più grave rispetto al tuo mal di testa”
Abbassò piano la maniglia della porta ed entrò, silenziosa, nella stanza illuminata. Oscar aveva già aperto le tende e si stava vestendo. Il viso sembrava più colorato rispetto alla sera precedente, al contrario della tosse che era diventata mostruosa. La divisa blu scuro era poggiata sullo schienale della sedia e la luce giocava con le medaglie e i gradi che decoravano il lato sinistro della giacca. Sorrise, doveva essere un ottimo soldato.
«Buongiorno »
«Buongiorno Celine »
«Riposato bene? »
«Sì, rispetto alla notte scorsa ho dormito meglio ti ringrazio »
Celine l’aiutò ad indossare la giacca e appena la donna si sedette iniziò a tossire maledettamente tanto che le mancò il respiro. La mora corse ad aprire la finestra più vicina  e un vento gelido raffreddò subito la stanza. Oscar respirò a fondo, cercando aria e sembrò riprendersi poco a poco.
«Oscar…? »
«Sto bene… sto bene… »
Celine si avvicinò a lei e Oscar si aggrappò alla sua vita, tremante, in silenzio e lei aspettò che si calmasse.
 
«E così te ne vai… quando tornerai? »
«Credo il prossimo mese, dipende da Oscar »
Celine sorrise e alzò lo sguardo verso il viso di André tenendo le braccia incrociate sul petto, cercando di riscaldarsi. André era qualche gradino più basso di lei e l’aria fredda del mattino gelava i loro visi scoperti.
«E’ meglio se entri, stai tremando come una foglia. Non voglio che ti ammali »
«Non preoccuparti per me, sto bene »
«Sei davvero testarda, sai? »
I due risero e André salì uno scalino, avvicinandosi a lei. Celine sorrise timidamente e strinse le spalle.
«Posso abbracciarti? »
Celine sgranò gli occhi e rimase immobile per alcuni istanti, stupita dalla sua richiesta. André sorrise timidamente e portò la mano sulla nuca, un po’ imbarazzato. Celine allargò le braccia e gli sorrise dolcemente, accennando anche una debole risata.
«Vieni qui! »
Si abbracciarono dolcemente, Celine strinse le braccia al collo e sentì il suo corpo aderire a quello di lui. La sua presa era forte e si sentì riscaldata dal calore che emanava. Non voleva lasciarlo andare, non voleva restare da sola a palazzo.
Voleva stringerlo a sé, sentire il calore del suo abbraccio e la dolcezza della sua voce.
«Verrai a trovarmi qualche volta in caserma? »
Chiese lui a bassa voce accarezzandole il capo.
«Se tu mi vorrai sì! »
«Sei davvero una cara amica Celine… »
“Come vorrei essere più di una amica per te! Ma va bene così… sono felice anche così! Mi accontento dei tuoi sorrisi, mi accontento della tua gentilezza, mi accontento della tua amicizia!”
Celine poggiò la guancia sulla sua spalla e si morse il labbro inferiore. Rimasero stretti ancora per alcuni istanti, la ragazza lo lasciò andare con malavoglia e strinse la mano con la sua.
«Ci vediamo presto »
«A presto… garde1 »
Disse Celine ironicamente notando la sua divisa e André fece il saluto militare, senza nascondere un sorriso divertito.
«Mi mancherai »
Affermò alla fine l’uomo che, prima di andare, baciò la fronte della ragazza facendola diventare rossa come il fuoco che bruciava nel caminetto alle sue spalle.
 
“L’assenza di André è stata pesante, non riuscivo ad aprirmi con nessuna delle mie colleghe senza sentirmi in soggezione. Oscar preferiva non parlare con me del suo lavoro e un po’ ne ero sollevata. Aveva iniziato ad aprirsi un po’ con me e a parlarmi di più dopo pochi giorni al suo servizio.
Ricordo che quella notte piansi: forse perché mi sentii sola, forse perché non mi sentivo in grado di poter aiutare qualcuno in quello stato. Ricordo anche che fui tentata di andare in caserma e di cercare riparo tra le sue braccia, ma non ebbi né la forza né il coraggio di raggiungerlo. Ero triste, tremendamente triste.”

 
 
1 = guardia

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Meudon ***


I giorni si erano susseguiti monotoni, la vita di palazzo non era per nulla stimolante. Nell’ultima settimana il tempo era peggiorato drasticamente, pioveva quasi tutti i giorni e le temperature erano gelide. Temeva ogni giorno di più per Oscar e per la sua salute già fin troppo compromessa.
Ora più che mai mantenere il loro segreto le risultava un’impresa titanica: come poteva nascondere quella tosse così violenta e quella febbre che la stordiva ogni sera? Quel pomeriggio Celine l’aveva scoperta piangere davanti al fuoco, con le labbra un po’ macchiate di sangue e il fazzoletto scarlatto.
Avrebbe voluto correre ad abbracciarla e a darle conforto ma non voleva assolutamente metterla in imbarazzo. Aveva imparato a rispettare i suoi silenzi e la sua tristezza e Oscar era grata per questa sua discrezione.
«Le fil de France 1 non sta molto bene, domani mattina andrò a trovare la Regina a Meudon »
Le aveva detto mentre l’aiutava a mettere la camicia da notte e Celine aveva annuito, senza aggiungere altro. In tutta la Francia si sapeva che il futuro re aveva una salute precaria e le sue condizioni erano peggiorate sempre di più.
«La regina è ancora scossa per la perdita di Marie Sophie2, immagino… »
«E’ pur sempre una madre, non aveva neppure un anno... »
Lo sguardo di Oscar si intristì al ricordo della piccola e preferì rimanere in silenzio, Celine non osò chiedere oltre e continuò a pettinarle i capelli, cercando di modellare le sue onde morbide.  
 
«Siete il benvenuto, Oscar. Joseph non vedeva l’ora di incontrarvi »
Oscar fece un piccolo inchino e guardò la regina in viso. La bellezza di un tempo, fresca e genuina, sembrava completamente sparita sul suo viso, oramai pallido e segnato dagli eventi. L’affare della collana prima, la morte della figlia, la malattia del primo maschio… per non parlare poi delle costanti malelingue che giravano su di lei sia fuori Versailles che dentro.
Era stanca, la sua regina.
«Ora il medico lo sta visitando »
Aveva aggiunto neutra, contenendo l’agitazione e la paura. Si voltò appena verso le porte chiuse delle stanze del figlio.
«Maestà io »
«Oh, vi prego… non dite nulla. La vostra sola presenza vale più di mille parole »
Oscar accennò un sorriso e prese la mano della donna tra le sue, sfiorando con le labbra il dorso.
«Maestà, il medico ha terminato la visita »
Annunciò una domestica e Marie Antoniette si girò di scatto verso le porte della stanza del piccolo. Si allontanò da Oscar di qualche passo ma si fermò prima di oltrepassare la soglia, si voltò verso la donna.
«Oscar… vi prego venite con me »
Deglutì a vuoto e annuì rapida.
«Come volete maestà »
Oscar la seguì un po’ titubante, non aveva assolutamente voglia di vedere un medico, né tanto meno vedere quel povero bambino soffrire nel suo letto. La regina si sedette accanto al figlio e accarezzò piano il viso e gli baciò il capo amorevolmente, Oscar sorrise.
All’improvviso impallidì di colpo e la sua pelle sembrò vitrea, i brividi iniziarono a scuoterle il corpo e un leggero colpo di tosse la colpì, destando l’attenzione del medico. Nascose rapidamente il fazzoletto bianco che aveva portato alle labbra nella tasca della giacca e controllò nello specchio, dall’altro lato della stanza, che non vi fossero tracce di sangue sul suo viso.
Tremò, gli sguardi di tutti i presenti nella stanza erano rivolti a lei e si sentì a disagio.
«Maestà, mi dispiace dovervi confermare i miei sospetti. E’ carie vertebrale o, se vogliamo essere più precisi, tubercolosi ossea »
«Ma… c’è una cura? Deve esserci una cura! Ha solo sei anni! »
Urlò la donna senza trattenere le lacrime. Joseph si aggrappò al vestito della madre e l’abbracciò debolmente, cercando il suo affetto. La donna lo strinse a sé, baciandogli il capo e piangendo sconvolta.
«Mi dispiace… la tubercolosi, in ogni sua espressione, non ha cura »
Il medico guardò con la coda dell’occhio Oscar ma lei ignorò il suo sguardo. Oscar guardò il viso di Joseph e sentì l’angoscia invaderle l’animo.
“Ha sei anni… non può… mio Dio…”
Oscar abbassò il capo, sconvolta.
 
«Ha solo sei anni… povero piccolo »
Disse madame Jarjayes facendo un rapido segno della croce. Oscar socchiuse gli occhi, guardò il piatto intatto che aveva davanti a lei e sentì lo stomaco contorcersi dal disgusto. Allontanò lo sguardo nauseata e abbassò il capo, guardò le sue mani.
«Non mangi cara? »
Chiese la madre guardando di sfuggita il marito, sicura che avesse notato il suo “errore” e lo vide alzare gli occhi al cielo.
«Ho lo stomaco chiuso da oggi, con il vostro permesso mi vorrei ritirare nelle mie stanze »
Il generale annuì e Oscar si alzò lentamente, uscendo poi dalla stanza con un nodo alla gola. I genitori la seguirono con lo sguardo, silenziosi, e continuarono la loro cena indisturbati.
 
«Non hai toccato nulla a cena »
«Non riesco a smettere di pensarci… quel povero bambino… »
Celine si morse il labbro, pentita di averla sgridata e si sedette al suo fianco, sul divanetto. Oscar voltò appena il capo verso di lei e accennò un sorriso.
«Ha sei anni… io ho vissuto già la mia vita ma lui no… io posso morire ma lui no… cosa darei per risparmiargli tutto questo dolore »
Disse in un soffio, con gli occhi velati di lacrime.
«La morte e la malattia non guardano in faccia nessuno, anche se credevo che per voi fosse più semplice curarvi »
Celine fece una smorfia e poggiò le mani sul ventre, sospirando. Oscar si voltò verso di lei e la guardò impassibile.
«I soldi non comprano la salute »
«Ora lo so e… mi dispiace averlo pensato ma volevo essere onesta con voi »
«Lo apprezzo molto, davvero »
Oscar sorrise timidamente e si sistemò la vestaglia sul petto, tremando. Il suo viso si era colorato di un velo di rosa, finalmente sembrava riprendere un po’ di colore, pensò Celine guardandola.
«Non hai fame? Posso portarti qualcosa? »
«No, sto bene. Puoi… abbracciarmi? »
La ragazza annuì piano e lei poggiò il capo sulla sua spalla, lasciandosi avvolgere dalle braccia di Celine. Le accarezzò piano i capelli e poggiò la guancia sul suo capo, cercando di darle conforto.
Non si sarebbe aspettata di vederla così fragile, la sua visita al piccolo Joseph l’aveva scossa molto. La sentì piangere in silenzio e la strinse ancora di più.
 
“Era straziante sentirla piangere e non poter fare nulla per evitarlo. Come si può consolare una persona che, ogni giorno di più, si avvicina alla morte?”
 

 
1= Tutti i figli del re (in questo caso, Louis XVI) erano denominati “figli di Francia”. Marie Thérèse era conosciuta come Madame royale, titolo che avrebbe mantenuto fino al matrimonio, mentre Louis Joseph era denominato Monsieur le dauphin, ovverossia il legittimo erede al trono. Le definizioni di principe e principessa non erano utilizzati come titoli veri e propri, ad eccezione che per Monsieur le prince per il maggiore dei principi del sangue, prima della monarchia di luglio (1830-1848)  [fonte: Wikipedia]
 
2= Marie Sophie Hélène Béatrice de France (9 luglio 1786 – 19 giugno 1787) era la quarta e ultima figlia di Louis XVI e Marie Antoniette. Dall’autopsia fatta dai medici risultò che i polmoni di Sophie erano in pessimo stato, probabilmente per via della tubercolosi; la morte era sopraggiunta a causa delle convulsioni, prolungatesi per cinque o sei giorni, provocate dallo spuntare di tre dentini. [fonte: Wikipedia]

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** André e Celine pt.1 ***


«Celine cara potresti aiutarmi a mettere questa roba in carrozza? »
Chiese la governante indicando alla ragazza una sacca piena di vestiti. Celine annuì e seguì rapida, attenta a non far cadere i panni sulla terra bagnata, la donna fino alla carrozza.
«Dove dovete andare? Sicura di non aver bisogno di una mano? »
«Devo andare da mio nipote, in caserma, per portagli dei vestiti che mi aveva chiesto di lavargli. Però una mano… sì,  mi servirebbe proprio! Puoi accompagnarmi? Tanto Oscar non è ancora tornata e non staremo via a lungo »
«Ma certo, con piacere »
La ragazza sorrise dolcemente e tolse il grembiule che aveva legato alla vita, riportandolo rapidamente in cucina, e tornò dalla donna che, nel frattempo, si era già accomodata nella vettura.
Celine si sedette di fronte a lei, silenziosa, emozionata di rivederlo dopo tanti giorni. Avrebbe voluto abbracciarlo di nuovo, ma forse non era il caso soprattutto visto che sua nonna era presente, si disse. Durante tutto il tragitto non parlarono molto, Celine si sentiva un po’ in imbarazzo. Arrivarono a destinazione dopo molto tempo, tanto che la ragazza credette di aver viaggiato per ore e ore. Il cielo, nonostante non promettesse pioggia, era plumbeo e l’aria era fresca.
Celine seguì la governante lungo tutto il suo percorso verso la piazza d’armi dove un gruppo di soldati stava probabilmente tornando nella camerata dopo un turno di sorveglianza e un altro si stava preparando per prendere il loro posto alla ronda.
Celine li osservò allontanarsi piano e sperò di riconoscere tra di loro il volto di André. Delusa dall’esito della ricerca, si voltò verso la donna che accompagnava e, mentre proseguivano lungo i corridoi della caserma che davano sulla piazza, sentiva gli sguardi di alcuni soldati addosso e si sentì dannatamente a disagio.
Un soldato moro si avvicinò a loro.
«Salve bel giovanotto, potrei parlare con mio nipote? André Grandier? »
«Non potete, è in isolamento »
La donna impallidì per un attimo e guardò il ragazzo con fare serio.
«Ma… com’è possibile? »
«Ma lasciala stare Alain! Sono scherzi da fare? André! C’è tua nonna! »
Disse un soldato che nel frattempo li aveva raggiunti e che aveva subito rimproverato. Alain alzò gli occhi al cielo e si allontanò rapidamente, irritato, e i tre lo osservarono salire le scale.
«Non dateci peso, è arrabbiato perché sua sorella si è fidanzata e l’ha scoperto solo oggi! »
Celine corrugò la fronte e guardò il soldato biondo, forse un po’ troppo biondo. L’aveva appena notato, i suoi capelli sembravano quasi bianchi ed era sicura che non fosse una parrucca come la usavano molti nobili, compreso il generale Jarjayes.
«Nonna… cosa ci fai qui? »
La governante si voltò rapida e raggiunse felice il nipote, abbracciandolo e riempiendo il viso di baci. Celine rise notando l’espressione di André e aspettò che la nonna lo liberasse dalla sua morsa per avvicinarsi a lui.
«Nonna ma cosa ti prende? »
Disse André ridendo e allo stesso tempo a disagio e la donna lo lasciò andare per guardarlo meglio in viso.
«Perché mi hanno fatto credere che fossi in isolamento! E perché un po’ mi sei mancato! »
«E’ stato Alain, vero? »
Disse l’uomo guardando il soldato biondo che annuì rapido. Sospirò rassegnato, poi volse lo sguardo verso Celine, sorridendole.
«Celine…  »
La ragazza sorrise di rimando e arrossì un po’ quando il soldato prese una mano tra le sue e le baciò il dorso.
«Ciao André, come stai? »
«Io bene, tu invece non me la conti giusta »
Disse a bassa voce, cercando di non farsi sentire né dall’altro soldato, che si stava allontanando da loro, né da sua nonna. La ragazza rise e scosse piano la testa.
«Sto bene, ti abbiamo portato i panni »
«Siete due angeli »
Esclamò guardando prima la ragazza che aveva davanti poi la nonna con un sorriso luminoso.
«Adulatore! »
Lo riprese la donna e il soldato non poté che ridere.
 
«Dov’è andata mia nonna? »
«Credo sia da Oscar, non chiedermi il motivo perché non lo so »
Disse Celine guardandolo in viso: era notevolmente stanco, l’aveva notato dal suo sguardo e dai movimenti lenti. Camminavano lentamente lungo il perimetro della piazza, Celine era felicissima di stare al suo fianco e di sentire di nuovo la sua presenza rassicurante.
«Ti sei fatta notare oggi, lo sai? Ora tutti parleranno e mi chiederanno di te »
«Sono abituata a gestire la fama »
Disse riferendosi soprattutto alle voci che giravano su di loro a palazzo e che, per sua fortuna, si stavano affievolendo ma che, sicuramente, si sarebbero riaccese dopo il suo ritorno. André rise debolmente e girò appena il volto verso di lei, cercando il suo sguardo.
«Come va la vista? »
Chiese Celine guardandolo in viso e l’uomo arrestò il passo.
«Non lo so, ci sono momenti in cui non vedo molto bene ma un po’ sfocato »
André fece una smorfia, guardando dritto davanti a sé, poi si voltò di nuovo verso la ragazza con un sorriso così dolce da far male al cuore.
«Però vedo benissimo te e il tuo bel volto »
Celine sussultò e allontanò lo sguardo imbarazzata, ridendo nervosamente.
«Tua nonna ha ragione, sei un vero adulatore… potresti avere tutte ai tuoi piedi se solo tu volessi »
“Ma… siamo sinceri… anche il solo guardarti farebbe capitolare chiunque… anche lei…”
Pensò tra sé e sé, poggiando la schiena contro il muro e guardando la punta delle scarpe appena visibili oltre la gonna del vestito. Sorrise timidamente, ma cosa stava cercando di fare in quel modo? Sedurlo? Non sapeva nemmeno farlo, non aveva mai sedotto nessuno e non le sembrava il caso di iniziare proprio con lui.  
Scosse il capo e rise, cercò di allontanarsi, sentendosi ridicola e soprattutto patetica, ma l’uomo si avvicinò a lei.
«André… »
Il soldato le accarezzò il viso dolcemente e Celine iniziò a tremare al suo tocco.
“No… non fare quello che penso… non farlo…”
Pensò la ragazza ma non ebbe la forza di dirlo, non riusciva a parlare. Aveva avvicinato il viso al suo e Celine si sentiva pressata contro il muro, il suo profumo le invadeva le narici e le stordiva la mente.
«No… dai cosa fai… »
Disse ridendo nervosamente, cercando di tranquillizzarsi. Poggiò le mani sul suo petto come per volerlo allontanare e abbassò il viso, provando a non cedere alla tentazione di baciarlo e solo allora si rese conto del battito forsennato del suo cuore.
“Svegliati Celine… ama Oscar, lo sta facendo solo perché l’hai stuzzicato… non cedere e soprattutto non illuderti!”
André sorrise e poggiò due dita sotto il mento della ragazza e lo alzò piano, guardandola nuovamente negli occhi. Celine socchiuse gli occhi e André chinò il viso sul suo e sfiorò prima le sue labbra prima di catturarle in un dolce bacio.
 
Non aveva avuto il coraggio di guardare la governante durante tutto il tragitto di ritorno a casa. La sua mente si era fermata lì, in quell’angolino contro il muro, quando l’aveva stretta tra le sue braccia e l’aveva baciata dolcemente. Per un istante aveva ceduto, aveva ricambiato quel bacio casto, non aveva osato andare oltre e lui l’aveva rispettata e l’aveva lasciata correre via da lui.
Quando scese dalla carrozza le gambe le tremavano ancora e la dolce sensazione delle sue labbra sulle proprie l’aveva accompagnata durante tutta la fine della giornata.
“Sei un’illusa Celine… sei proprio un’illusa e una debole… lui non sarà mai mio… non voglio che sia mio. Lui appartiene a lei solo a lei. Ora basta, dimenticalo!”
Ripeteva all’infinito quelle parole nella sua testa, cercando di imprimerle nella sua memoria al posto di quel bacio.
«Ti senti bene Celine? Non hai toccato cibo »
Voltò appena il capo verso Bernardette e notò che tutti, nella piccola sala riservata a loro per consumare i vari pasti, la stavano guardando preoccupati.
«Sì, sto bene ho… non ho fame. Mangiate voi, non vi preoccupate per me »
Disse calma e si alzò dalla tavola, con lo stomaco chiuso. Uscì rapida dalla stanza e percorse a passo lento il corridoio verso le camere padronali, Oscar sarebbe arrivata a momenti. Appena ebbe finito di sistemare la stanza della padrona per la notte sentì la sua voce in lontananza e ringraziò il Signore.
Le avrebbe chiesto di ritirarsi e, conoscendo Oscar, le avrebbe concesso di tornare in camera per riposarsi un po’ e Celine non vedeva l’ora di dimenticare quella giornata.
Scese le scale lentamente e si avviò verso l’entrata principale, sicura di trovarla lì, ed effettivamente fu lì che la vide, serena, mentre parlava con André.
 
“Vedere André quella sera fu come una secchiata di acqua gelida. Avrei voluto scomparire. Non avevo il coraggio di guardarlo in faccia, non mi sentivo degna di stare in quella casa. Pensavo di poter mettere da parte i sentimenti che provavo per lui, di accantonarli per il bene suo e mio. Mi sono sentita un mostro. Pensavo che peggio di così non potesse andare, ma non avevo preso in considerazione il fatto che lui, dopo il bacio, volesse parlarmi…”

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** André e Celine pt.2 ***


«Posso parlarti? »

André teneva il braccio poggiato sul montante della porta della cucina, Celine girò appena il viso verso l’uomo e annuì rapida. Le cameriere stavano tornando tutte nelle loro stanze per la notte, alcune si fermarono a guardare André, altre bisbigliavano tra di loro guardando entrambi.

Celine spostò una ciocca di capelli dietro le orecchie, si era già cambiata per la notte e aveva sulle spalle uno scialle scuro di pessima qualità. André le fece cenno di seguirlo e lei lo fece, stringendo lo scialle sul petto.

Andarono nella biblioteca, Celine si apprestò ad accendere delle candele mentre André serrò la porta, per non essere disturbati.  Si voltò lentamente verso di lui, che le dava ancora le spalle, era rimasto vicino alla porta liscia. Si morse il labbro inferiore, in ansia, e non sapeva se parlare o aspettare che lui facesse la prima mossa. Alla fine era lui che le aveva chiesto di parlare. Aspettò qualche istante, l'aria stava diventando pensate ma probabilmente era solo una sua sensazione. Portò una mano sul petto, il cuore sembrava volerle esplodere nel petto.

«André… »

Il suo nome uscì quasi come un lamento dalle sue labbra.

«Sai, ora mi sembra di aver completamente dimenticato quello che volevo dirti »

Disse con una leggera risata nervosa, Celine abbassò il capo e poggiò la mano sul legno del tavolo vicino. André si voltò e poggiò la schiena sull’anta della porta, nervoso.

«Perché… mi hai baciato? »

Lo sussurrò appena ma era sicura che lui l’avesse sentita benissimo.  Celine deglutì a vuoto, impaziente di sentire la sua risposta ma spaventata allo stesso tempo. Non era sicura di voler sentire le sue parole, forse perché dentro di sé si sentiva dannatamente usata da lui.

«Tu sei una cara ragazza… »

«Non ti ho chiesto questo »

Ribatté Celine guardandolo in viso.

«Non… non ha senso! Tu ami lei, ne sono certa, tu sei follemente innamorato di lei… ma perché? Io non capisco… perché… non sono neanche paragonabile a lei… »

Cercò di contenere la voce, sperando che nessuno fosse dietro la porta a sentire, come aveva visto fare già altre volte da alcune sue compagne. André aveva portato le mani al viso e aveva scostato i capelli scuri, camminando in direzione della finestra che dava sui giardini. Celine lo seguì con lo sguardo.

«Perché quella sera ti sei confidato con me? »

«Perché sono una persona debole, ecco perché. Ho pensato e... e ho creduto che tu... che io... ma non fa nulla. Ho rovinato tutto, di nuovo... io sono un idiota! »

Affermò sicuro portando le mani sul viso e scostando i capelli dalla fronte. Celine fece qualche passo verso di lui e gli sfiorò la spalla, facendolo sussultare.

«Non... sei un'idiota sei solo un uomo »

«Un uomo stupido, molto stupido »

Precisò l'uomo guardandola in viso, distrutto. Celine abbassò le spalle e chinò il capo, non riusciva a sostenere il suo sguardo. André poggiò le mani sulle spalle della ragazza e abbassò la testa, sospirò profondamente. Celine l'abbracciò, piccola contro il suo petto e lui la strinse, nonostante la prima riluttanza, a sé.

«Celine io... mi dispiace... »

«Non dispiacerti, va tutto bene »

Sussurrò lei accarezzandogli il viso appena lui poggiò la fronte sulla sua. Si guardarono negli occhi per alcuni istanti, lei gli sorrise dolcemente e lui strinse le mani poggiate sui suoi fianchi. Celine tremava ma non voleva allontanarsi da lui, il suo profumo le invadeva le narici e le stordiva la mente.

«Perdonami »

«Non ti devo perdonare nulla »

«Questo sì »

La baciò di nuovo, Celine gli cinse il collo con le braccia e lo baciò di rimando, con più passione e ardore.

"Lui ama un'altra, non te lo dimenticare, l'amerà per sempre... ma dannazione! Vuole me ora! Al diavolo!"

André le sfiorò la chioma bruna e poggiò la mano sulla sua nuca per avvicinarla a sé. Celine si alzò sulla punta dei piedi, felice come non mai. Si allontanarono lentamente, con il fiato corto e i sensi storditi, Celine per un attimo sembrò ritornare con i piedi per terra, alla realtà. Quant'era durato? Due secondi? Un solo istante? Non lo sapeva definire, ma per lei era sembrato un'infinità. Non era giusto, questo lo sapevano entrambi, eppure non volevano lasciarsi.

André le prese gentilmente il polso e la invitò a seguirlo, aprì la porta serrata della biblioteca e lui, oramai abituato ai bui corridoi, l'aveva portata tra le risate soffocate nella sua stanza, di nuovo.

"Questa volta le altre non si sbaglieranno"

Pensò Celine con una punta di malizia inaspettata mentre, stesi sul letto, lui le baciava il collo e abbassava le spalline del vestito.

"Tutto questo non ha senso... non è giusto... domani mattina ce ne pentiremo, già lo so... non voglio pensare al domani! Voglio godermi il momento e, Dio, è meglio di quanto potessi mai immaginare!"


 

Celine si svegliò di soprassalto, nel cuore della notte. Tremava come una foglia, il cuore le batteva come un pazzo nel petto e il respiro sembrava mancarle. Portò una mano al viso e le dita fredde sembravano rinfrescarle il viso bollente.

Si guardò in giro, sconvolta. Nel letto posto contro il muro c’era Sophie che dormiva tranquillamente, dandole le spalle. 

Si alzò rapida, non indossò neanche le scarpe ai piedi e corse verso la bacinella con la borraccia d’acqua fresca e sì sciacquò il viso. 

“Mio Dio... ma cosa mi è preso? Che sogno strano... io e André!”

Rise leggermente, cercando di non svegliare la ragazza e le lacrime si mischiarono alle gocce d’acqua che bagnavano il suo viso.

 

“Quella giornata mi aveva travolto più di quanto immaginassi, o forse quello era l’epilogo che io volevo dare alla storia. Chi lo sa. André non avrebbe mai fatto una cosa simile, lo sapevo bene. Lui la ama troppo e lei...”

 

Angolo autrice:

Salve a tutti,

Il capitolo è stato modificato alla fine per problemi legati ad incomprensioni ( del tutto normali, e chiedo il vostro perdono ) e perché sarebbe stato poi difficile (se non impossibile) condurre la storia in modo credibile. 

Questo me ne ha dato conferma Francois79 e la sua recensione e che ringrazio infinitamente.

Voglio però precisare che il capitolo non è stato cancellato per la recensione negativa ( costruttiva e soprattutto neutra, l’ho apprezzato tantissimo) ma perché mi ha aperto gli occhi sullo sviluppo della storia.

Grazie per l’attenzione, buona giornata. <3

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Oscar e Celine ***



«Ti sei svegliata presto oggi »
Disse Sophie con la voce ancora impastata dal sonno mentre si stiracchiava la schiena. Celine girò appena il busto, guardando la ragazza con la coda dell'occhio e sorrise, aggiustando il piccolo corsetto che aveva indossato da sopra la camicia da notte. Iniziò a legarsi la sottoveste in vita, cercando di stringere il nodo il più possibile in modo che non si allentasse durante il giorno. Sophie la aiutò a sistemare meglio i capelli, anche se alcune piccole ciocche ricadevano sul viso pallido. 
«Non hai dormito molto, vero? Sei bianca come un lenzuolo, e io di lenzuola ne lavo... »
Sophie alzò un sopracciglio, squadrandola da capo a piede, ma Celine scosse la testa ridendo.
«No, ma sto bene, ti ringrazio! Ho solo fatto un brutto sogno... »
Mentì, quello che aveva sognato quella notte era stato indescrivibile. Si perse un po' nel ricordo di quel sogno assurdo, poi alzò il viso verso Sophie.
«Ne vuoi parlare? »
«No io... sto bene. Era solo un sogno, no? Non potrà farmi male »
Sophie le sorrise dolcemente e si sedette sullo sgabello, aspettando che l'aiutasse con i capelli. Celine iniziò ad intrecciare piano i capelli neri, infondo si erano alzate presto, potevano prepararsi con più calma.
«Dimmi Celine, cosa ti ha detto ieri André? Sembrava agitato »
La ragazza si irrigidì ma cercò di non darlo a vedere.
«Oh nulla, mi ha chiesto solo di tenere un po' sotto controllo sua nonna. A suo parere non deve sforzarsi troppo, ha comunque una certa età »
«Com'è caro! Non trovi? Si preoccupa di sua nonna...! »
«Sì, molto caro... »
Disse con un sorriso, fermando i capelli con una forcina. Sophie la ringraziò e si sistemò la cuffia sulla testa tutta allegra, si sedette di nuovo sul letto e si sistemò le scarpe.
«Io vado in camera di Oscar, se mi cercate sono lì »
«Vai già a quest'ora? Non starà riposando? »
«Sì ma mi ha chiesto lei di svegliarla presto »
Sophie la guardò stupita e la lasciò andare senza fare altre domande. Celine chiuse rapidamente la porta alle sue spalle e fece un sospiro. Doveva tranquillizzarsi. In fondo non era successo nulla con André: avevano parlato in biblioteca e lui non aveva smesso per un secondo di scusarsi per il suo gesto, ma era finita lì. Dopo si era recata in camera, aveva parlato - o meglio, spettegolato - con Sophie e si erano coricate verso la mezzanotte. Tutto normale e regolare.
"Devo smetterla di pensare a lui come un uomo... André è un caro amico, solo questo per me. Non posso sognare di fare l'amore con un amico che tra l'altro ama anche una tua amica, non ha senso, no? Mi sto costruendo solo castelli in aria, non accadrà nulla o almeno spero. Ora concentrati, non pensare più a lui perché non sei pagata per fare questo, ricordatelo! Sei pagata per pulire, lavare, stirare e aiutare quella pazza di Oscar che vuole nascondere al mondo di avere la tisi. Ma in che guaio mi sono andata a cacciare..."
Pensò mentre saliva le scale che portavano alle camere padronali, la casa era ancora immersa nel silenzio. Solo lei ed altre due cameriere, insieme alla governante, erano sveglie. Aprì piano la porta della camera di Oscar e vi entrò, per chiuderla poi a chiave. Nessuno doveva interromperle. Si avviò tranquilla verso le grandi finestre e iniziò a scostare le pesanti tende, permettendo così alla luce di entrare nella stanza.
Legò i cordoni attorno al pesante tessuto, in modo che non si chiudessero le tende e si incamminò verso la tenda posta vicino al letto della donna, eseguendo gli stessi gesti. La luce questa volta entrò violenta e sentì le lenzuola muoversi dietro di lei.
"Bene, è viva! Stavo iniziando a preoccuparmi " 
Si girò verso il letto e sorrise: Oscar le dava le spalle e probabilmente era rannicchiata sotto le coperte a giudicare dalla forma delle lenzuola. 
«Oscar? E' ora di svegliarsi »
La donna mugugnò qualcosa di incomprensibile, Celine alzò gli occhi al cielo. Fece qualche passo verso il letto e, appena fu vicina, tirò le lenzuola da Oscar. 
«Buongiorno Oscar! »
Disse sorridente poggiando le mani sui fianchi soddisfatta mentre osservava Oscar sollevarsi e sedersi sul letto con i capelli arruffati e il viso sporco di sangue. 
«Oscar... »
«Ho passato una nottataccia, per un istante ho creduto di morire »
Oscar si voltò a guardare la fodera del cuscino macchiata di sangue, Celine restò immobile a guardarla, aspettando che finisse il suo racconto. Oscar si morse il labbro, imbarazzata.
«Ho provato a fare respiri profondi come ha detto il medico ma non ce la faccio... »
«Non credi sia il caso di fare una visita? Hai un'aspetto terribile »
«In effetti mi sento come se una carrozza mi sia passata addosso e non mi abbia ucciso »
Oscar poggiò la fronte sulla spalla della ragazza e tossì un po', coprendo la bocca con la mano, e questa volta non uscì sangue. Celine cercò il suo sguardo.
«Non succede sempre, solo quando tossisco violentemente »
Le spiegò tremando, poi si alzò lentamente dal letto e si avvicinò alla bacinella d'acqua, rinfrescandosi il viso. Oscar tamponò il viso con il telo morbido e si voltò a guardare le lenzuola sporche di sangue.
«Non ho neanche più il mio... periodo »
Sussurrò a bassa voce poggiando la mano sul vetre magro, Celine aggrottò la fronte ma non ebbe il tempo di chiederle spiegazioni. 
«Come lo nascondo? Non è normale perdere sangue dalla bocca! »
«Diremo... sì diremo che hai perso sangue dal naso, semplice. Sono cose che possono capitare, tu non preoccuparti me la vedo io con la governante e con il resto delle cameriere »
Oscar annuì rapida e iniziò a togliere la camicia da notte, restando solo in intimo. Celine distolse lo sguardo, un po' per il pudore, un po' perché il corpo di Oscar le faceva impressione. Sapeva che per lei mangiare era un'impresa titanica e che il suo corpo non accettava con piacere un pasto più sostanzioso, ma non avrebbe mai immaginato di vederla così. Se si fosse piegata in avanti, probabilmente avrebbe potuto vedere le ossa della colonna vertebrale.
«Sono una donna orribile »
Disse Oscar all'improvviso e Celine alzò lo sguardo verso di lei, sorpresa. La bionda stava guardando il suo riflesso nello specchio, girava il viso, i fianchi e si guardava attentamente, guardando poi un piccolo livido che colorava di scuro la sua coscia. 
«Guardami Celine, secondo te sono bella? No, non credo. Non ho un bel viso, non ho un bel corpo, non ho forme, non ho i modi io... non mi sono mai sentita tale. Forse... »
Non continuò la frase, portò una mano alla bocca e trattenne i singhiozzi. Celine provò ad avvicinarsi ma Oscar le fece cenno di fermarsi.
«Sto bene, scusami »
«Hai bisogno di sfogarti, non puoi tenerti tutto dentro o prima o poi esploderai »
Oscar annuì e si asciugò le lacrime rapidamente, accennandole un debole sorriso. 
«Non so davvero cosa farei senza di te »

C'era uno strano movimento in cucina quella sera, soprattutto da quando Oscar e André erano tornati. Non aveva ancora avuto modo di andare a controllare di persona e Oscar le sembrò molto agitata. 
«Oscar? Ti senti bene? »
La donna alzò lo sguardo su di lei rapidamente e annuì, immersa nella vasca da bagno, senza aggingere una parola. Ogni tanto si chiudeva in sè stessa, lo faceva quando aveva bisogno di pensare o quando voleva essere lasciata in pace. Celine finì di preparare il letto per la notte e Oscar, dietro di lei, la osservava silenziosa. 
«Ti porto qualcosa da mangiare, sforzati ad ingerire almeno qualcosa »
Le chiese supplichevole e lei accennò un debole sì. La lasciò che riposava tranquilla, riscaldata dal torpore del camino, sul divanetto. Appena chiuse la porta fece un sospiro e poggiò la fronte sul legno della porta. 
"Come posso aiutarla se in momenti come questo non si fa aiutare?"
Si avviò verso la cucina e nel tragitto fu prevalsa da una sensazione di sconforto e di impotenza tale da farla bloccare. Erano successe troppe cose insieme e all'improvviso. La malattia di Oscar, le sue ricadute, il dover mantenere il segreto... non sapeva fino a quanto avrebbe retto. Non riusciva a sopportare l'idea di vederla tossire sangue e di sentirla delirare per la febbre. Le veniva da piangere.
«Celine va tutto bene? »
La ragazza alzò il capo, stupita, e vide André guardarla preoccupato. L'uomo poggiò le mani sulle sue spalle e, non sentendo alcuna risposta, provò a scuoterla.
«Celine? Cosa succede? »
«A-André... »
Gli occhi di Celine si riempirono di lacrime, André l'abbracciò forte e lei si lasciò andare ad un pianto disperato.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Oscar, André e Celine ***


«Celine... cos'è successo? Perché stai piangendo? »
Celine si asciugò rapidamente le lacrime e poggiò la guancia sul suo petto, tranquillandosi. André le accarezzò la guancia con delicatezza, lei si allontanò un po' e lo guardò in viso. Aveva gli occhi un po' arrossati e le guance ancora umide e gli sorrise timidamente.
«Perdonami André io... ora sto bene »
«Ne sei sicura? »
Celine annuì rapida e si allontanò definitivamente da lui, avviandosi verso la cucina. André la seguì con lo sguardo, stupito e confuso, fin quando la sua figura scomparve dalla sua vista.
"Celine..."
 
«Come ti senti? »
Oscar si stiracchiò sul divanetto e fece cadere involontariamente la coperta che Celine le aveva dato. Portò una mano alla fronte e la scoprì fresca.
«Meglio, credo di non avere più la febbre »
Disse accennando un sorriso e Celine si sentì sollevata: un problema in meno. Raccolse la coperta e la piegò accuratamente per poi solarla nel mobile poco distante. Oscar aveva gli occhi ancora lucidi ma il suo viso era colorato di un leggero velo di rosa pallido, ma pur sempre rosa!
"Almeno ora non sembra un cadavere che cammina"
Pensò con un po' d'ironia Celine, Oscar si alzò e si allungò, cercando di distendere i muscoli doloranti. Probabilmente dormire sul divano non era stata una buona idea per lei.
«Hai un bel colorito, sai?»
Oscar si girò a guardarla e accennò un sorriso.
«Sai... non pensavo che comandare i soldati della guardia di Parigi fosse così stancante... mi sento a pezzi »
Disse la donna ridendo appena, Celine alzò un sopracciglio incuriosita.
«Ti fanno dannare, vero? »
«Sì e... non si fidano di me »
«Perché? »
Chiese Celine stupita, come potevano non fidarsi di lei? Forse non si fidavano del suo "essere nobile"?
«Oggi ho scoperto che alcuni dei miei soldati hanno venduto la spada. Qualche giorno fa quando ho chiesto dove fossero le armi loro mi hanno detto di averle perse. Ah! Quel giorno mi puntarono contro anche i fucili... »
«E non hai avuto paura che ti sparassero?»
«Al dire il vero... un po' sì. Erano arrabbiati e non accettavano di avere un comandante donna. Per loro non sono all'altezza e secondo alcuni sono con loro solo perché mi ero stufata di andare a letto con i soldati della guardia reale »
Celine sgranò gli occhi, era la stessa cosa che aveva sentito dire ad alcune cameriere a bassa voce. Davvero la guardavano come una lurida sgualdrina?
«Non hanno i soldi per nulla... mi sono sentita in colpa per averli sgridati »
«Non ne hai colpa »
Oscar accennò un debole sorriso e guardò le fiamme basse del camino ardere, Celine per un attimo pensò che si fosse persa nei suoi pensieri. Abbassò il capo, iniziò a sistemare il letto per la notte e aggiustò la giacca della divisa che Oscar aveva lanciato malamente sulla poltrona nell'armadio. Bussarono alla porta, Oscar sussultò.
«Oscar? Posso entrare? »
La donna si girò verso Celine e la ragazza corse ad aprire la porta, trovandosi André di fronte.
«Tu ed io dobbiamo parlare »
Sussurrò André a Celine serio, per poi rivolgersi a Oscar.
«Mia nonna voleva sapere se hai intenzione di scendere per cenare o se preferisci restare in camera »
«Cenerò con i miei... ah, aspetta. Alain sta meglio? »
«Sì, non è grave e il medico ha detto che deve stare a riposo per un po'. Tu invece? Per un attimo ho creduto che ti saltasse addosso »
Celine si poggiò alla parete in silenzio, Oscar e André sembravano essersi completamente dimenticati di lei! Erano vicini, André teneva le braccia incrociate sul petto e Oscar stringeva tra le mani la vestaglia che la copriva. Erano bellissimi visti insieme e un po' capì perché tutti credevano che quei due avessero una relazione. Oscar accennò un sorriso e abbassò lo sguardo.
«Ho vinto solo perché ho un peso inferiore al suo, è molto agile. Pensavo veramente di perdere, usa entrambe le mani durante il duello, ma ha fatto un errore che un po' non mi aspettavo e questo mi ha fatto vincere. Comunque sì, sto bene. Sono solo un po' affaticata, devo aver preso troppo freddo. Mi riprenderò »
«Capisco. Se vuoi restare a casa lo comunico io al colonnello D'Agout »
«Oh no, non c'è bisogno. Ho solo bisogno di una bella dormita, domani starò meglio »
André annuì e si girò, guardando Celine.
«Immagino che tu conosca già Celine »
Disse Oscar notando uno strano scambio di sguardi da parte di entrambi, lei le era sembrata un po' agitata.
«Sì, l'ho conosciuta poco dopo il suo arrivo, giusto? »
Celine annuì rapida ma non aggiunse una parola, Oscar aveva un'aria strana. La stava squadrando da testa a piedi e stava iniziando a sentirti un po' a disagio.
«E' meglio che vada, la nonna voleva saperlo subito. Ti vengo a chiamare quando è pronto »
Oscar annuì, André le sorrise e si avviò verso la porta. Celine non si mosse, André le sorrise e uscì in silenzio. Sussurrò un debole "ciao", ma molto probabilmente lui non l'aveva sentito. Si morse un labbro e scosse la testa, forse voleva chiarimenti sul suo pianto.
«Va tutto bene Celine? »
Chiese Oscar alzando un sopracciglio, Celine corrugò la fronte.
"E se...?"
«Sì perché? »
«Non lo so, quando è entrato André hai cambiato espressione »
Oscar assottigliò gli occhi e Celine avrebbe voluto scomparire. Doveva dirle la verità.
«Oh no, mi ha detto che dovevamo parlare di una cosa e stavo cercando di capire di cosa, nulla di grave! »
La donna la squadrò da capo a piede, non del tutto sicura, ma lasciò correre, o almeno così sembrava. Celine tirò un sospiro di sollievo.
«Oscar... chi stava per saltarti addosso? »
«Nessuno, io e un mio soldato abbiamo combattuto. Lui era agile e più grosso di me, quindi ogni volta che si avvicinava sembrava volermi venire addosso. L'ho ferito e mi è dispiaciuto, però a quanto pare sta bene e questo è l'importante »
 
"Oscar aveva reagito in modo strano, sembrava essere infastidita da qualcosa ed io avevo interpretato a modo mio quel suo modo di fare. André voleva solo sapere perché del mio pianto, mentì su dei ricordi del passato che mi erano tornati alla mente. Non so per quanto ancora posso mentire, però Oscar ora sembra stare bene... ho paura "

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Respiri ***


Oscar si alzò rapidamente dal letto nel pieno della notte, non riusciva a respirare. Allentò la camicia da notte sul petto e allontanò i capelli dal viso, cercò aria ma sembrava non arrivarle.
“Cosa mi prende…? Calmati Oscar”
Deglutì a vuoto e portò una mano al collo, sentiva come se qualcuno stesse stringendo le mani al collo per farla soffocare. Iniziò a tremare, scese lentamente dal letto e si aggrappò saldamente alla testiera. Tossì un po’, poi provò a raggiungere le porte del balcone per prendere un po’ d’aria ma, nel tragitto, andò a sbattere contro la cassettiera.
Si resse al mobile e fermò il vaso di porcellana dal cadere a terra. Restò ferma per alcuni istanti, la testa stava iniziando a girarle e le gambe sembravano non reggerla quasi più.
“Sei quasi arrivata, un ultimo sforzo”
Si disse cercando di convincersi. Per un attimo la morte non le sembrò tanto lontana.
“Oh no… io non morirò così! Non ho fatto tutto… non ho detto tutto… non posso morire ora! Le… ho promesso a Celine… non voglio morire…”
Le lacrime le offuscarono la vista e l’angoscia la invase tutta, in un attimo di rabbia scaraventò il vaso che aveva ancora tra le mani a terra, frantumandolo. Portò le mani tra i capelli e trattenne un urlo di disperazione mentre i piedi nudi si tagliavano con i cocci di porcellana. Si avvicinò alla maniglia e imprecò quando la porta non si aprì subito. Appena l’anta si aprì corse fuori al balcone e si inginocchiò a terra, respirando a pieni polmoni l’aria gelida della notte.
La luce della luna rendeva il suo volto ancora più pallido ed etereo e i suoi capelli parvero bianchi. Si rialzò lentamente, serena, e poggiò le braccia sulla balaustra in marmo, godendosi quell’attimo di pace.
“E’ passato… è passato… va tutto bene…”
Si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo e chiuse gli occhi, il leggero vento rinfrescava la pelle bollente e un brivido le percosse la schiena. Era davvero tardi, forse non erano neppure le tre di notte. La luna era luminosa, non doveva sforzare la vista più di tanto. Sentì il rumore di alcuni passi sotto al balcone, si affacciò appena incuriosita e attenta. La figura alzò capo verso di lei, sentendosi forse osservato, e per qualche istante si guardarono negli occhi.
«Come mai sveglia a quest’ora, Oscar? »
«Potrei chiederti la stessa cosa, André… »
André sorrise appena e abbassò il capo, poggiò le mani sui fianchi e alzò lo sguardo su di lei che non aveva smesso di guardarlo.
«Non riuscivo a dormire, credevo che una passeggiata mi avrebbe fatto bene, tu invece? »
«Non riuscivo a dormire, sono uscita fuori per prendere un po’ di aria »
L’uomo aggrottò la fronte e assottigliò lo sguardo, Oscar si sentì tremendamente a disagio.
«Ti senti bene? »
«Non capiresti »
 Si lasciò sfuggire ad alta voce e André sussultò, senza capire le sue parole. Oscar sospirò e spostò una ciocca di capelli dal viso e guardo l’ uomo.
«Cosa hai detto? »
«Nulla, sto bene. Non riuscivo a dormire. E’ meglio che io rientri… e anche tu, inizia a far freddo »
Non gli diede il tempo di rispondere e gli diede le spalle. Mosse qualche passo verso la sua stanza immersa nei suoi pensieri ma la voce di André la portò alla realtà.
«Oscar »
«Sì? »
Girò appena il capo, un brivido di freddo le attraversò la schiena e per un attimo pensò che lui fosse esattamente dietro di lei. André deglutì a vuoto e scosse il capo.
“Come vorrei essere al tuo fianco e parlarti come un tempo… tu non sai quante volte ho maledetto quel giorno! Cosa ti passa per la testa? Perché sei sempre così triste?”
«Nulla, io… buona notte Oscar »
«Buona notte André… »
André si allontanò lentamene, un po’ scosso da quell’incontro quasi surreale. Si girò verso il suo balcone ma lei era già entrata in casa.
 
«André ti senti bene? Hai una brutta cera stamattina »
Celine lo guardò per alcuni istanti e notò il viso pallido e stanco, André sbadigliò.
«Sto bene, non ho dormito molto »
«Celine, il vassoio per Oscar è pronto »
La ragazza sussultò, persa nei suoi pensieri, e si avvicinò al tavolo per prendere il vassoio con la colazione di Oscar.
“Tanto lascerà quasi tutto e io dovrò nascondere il cibo avanzato… André si è irrigidito quando Amelie ha nominato Oscar… dev’essere successo qualcosa in mia assenza! Ma cosa…”
Pensava a questo Celine mentre percorreva le scale e i corridoi del palazzo. Aveva una strana sensazione, era sicura che fosse successo qualcosa di grave ma non sapeva il perché.
Quando entrò  nella camera la vide raccogliere del vetro sul pavimento e notò che il vaso che proprio il giorno prima aveva riempito di fiori era scomparso.
«Cos’è successo? »
«Mi dispiace, ho rotto un vaso, non volevo »
«Oh non ti preoccupare, va tutto bene. Ora però lascia fare a me, altrimenti farai tardi in caserma »
Celine lasciò il vassoio sul mobile poco distante e si chinò al suo fianco, prendendo i pezzi di porcellana dalle sue mani dolcemente.
«Non ti senti bene Oscar? Devo informare il dottore? »
«No… non  ho dormito molto… anche se vorrei farmi visitare »
«Verrò con voi »
Oscar annuì lentamente e Celine le sorrise, la donna poggiò il capo sulla sua spalla e sospirò stancamente.
 
«Oh, non mi aspettavo di vedervi »
«Possiamo entrare? »
Il medico guardò attentamente le due donne poi si scostò, permettendole di passare. Oscar entrò lentamente nello studio, seguita da Celine, e si fermò tra la piccola scrivania e il letto, inquieta.
«Spogliatevi »
Disse l’uomo schiarendosi poi la voce, Oscar annuì e iniziò a sbottonarsi la giacca della divisa e la poggiò sullo schienale di una sedia poco lontana. Celine assisti alla visita in religioso silenzio e parlò solo quando il medico le rivolse la parola. Aveva visto il viso di Oscar incupirsi e fare una smorfia di dolore, non era un buon segno. Appena il medico ebbe finito, aiutò Oscar a vestirsi.
«Siete dimagrita molto rispetto l’ultima volta »
«Lo so »
Disse Oscar con un sospiro guardando Celine con la coda dell’occhio. Il medico restò in silenzio, pensieroso, Oscar era in ansia.
«Come mai siete qui? »
Celine si voltò verso di Oscar.
«Per un controllo e perché… questa notte ho avuto dei problemi »
La ragazza sgranò gli occhi e la guardò sconvolta, il medico aggrottò la fronte.
«Che genere di problemi? »
«Non riuscivo a respirare… era come se qualcuno stesse cercando di soffocarmi »
«Questo non è un buon segno… perché non siete venuta subito da me? »
Oscar abbassò il capo, incassando il colpo, e si girò verso Celine, visibilmente contrariata.
«Mi dispiace »
Celine sbuffò e poggiò una mano sulla sua.
«L’importante è che voi ora stiate meglio. Al momento non sembra che la tisi sia peggiorata ma sono comunque molto preoccupato, la tosse come va? »
«Lo stesso, però il sangue è diminuito »
«Perfetto, è una notizia ottima »
«Dottore siate sincero, sto morendo? »
Chiese Oscar direttamente, spiazzando sia il medico che Celine. I suoi occhi si inumidirono ma cercò di frenare le lacrime, Celine era convinta che una volta a casa e sola sarebbe scoppiata a piangere.
«Considerando che appena vi ho visto non credevo che foste arrivata alla primavera… forse potreste sopravvivere. Ma voglio essere sincero con voi, non vi voglio illudere »
Celine si portò una mano alle labbra, stupita e si voltò verso Oscar.
«Se avete qualcosa da dire o da fare… fatelo, o potreste pentirvene. E’ l’unico consiglio che vi posso dare »
 
“Non so con quale forza Oscar si era recata in caserma quella mattina. Il medico era stato molto chiaro e crudo, Oscar aveva quasi vomitato una volta fuori dal suo studio. Ricordo che quella sera Oscar si era ubriacata e che zittirla era stato difficilissimo, aveva preso decisamente alla lettera il consiglio datole dal medico. Inoltre... Oscar mi confessò una cosa che mi scaldò il cuore e che allo stesso tempo lo aveva distrutto in mille pezzi”

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Malattie, amori e promesse ***


«Cosa… cosa hai detto? »
La voce di Celine tremava, Oscar invece teneva il capo poggiato sulle sue gambe e piangeva in silenzio. La stanza era in disordine: i libri che la donna conservava con cura erano stati buttati a terra, le lenzuola del letto erano state quasi strappate, le piume che riempivano i cuscini erano un po’ ovunque.
L’aveva trovata mentre beveva dalla bottiglia, seduta scomposta vicino al tavolo. Celine aveva provato a toglierle la bottiglia dalle mani ma Oscar si era allontanata e, in un attimo di ira, l’aveva scaraventata contro un mobile poco distante.
Oscar piangeva disperata, teneva la testa tra le mani e delirava, in preda agli effetti dell’alcool e della febbre e furono vani i tentativi di Celine di zittirla. Per fortuna, aveva pensato la ragazza, i padroni non erano nella villa e André era rimasto in caserma.
L’aveva abbracciata, cercando di fermare la sua voglia di distruggere la camera, e lei si era lasciata andare tra le sue braccia, sfogando la sua rabbia e il suo dolore con il pianto. Si erano sedute sul divanetto vicino al camino ardente, Oscar si era stesa e aveva poggiato la testa sulle sue gambe, continuando a piangere e Celine le toglieva delle piume che erano rimaste tra i suoi capelli.
Aveva parlato piano, Oscar, con la voce ancora rotta dal pianto e Celine aveva sbarrato gli occhi, abbassando subito il capo per guardarla in viso.
«Quando morirò…prenditi cura di André. Non… sopporto l’idea di… di lasciarlo ma… io… lo amo così tanto… non voglio morire Celine… non voglio  »
«Oscar tu… »
«Hai sentito cos’ha detto il dottore? “Se avete qualcosa da dire o da fare… fatelo, o potreste pentirvene”… non posso dirglielo… lo farei solo soffrire e per colpa mia ha già sofferto abbastanza… con quale coraggio andrò da lui per dirgli “io ti amo André Grandier però il nostro amore durerà poco, se sei ancora innamorato di me, perché ho una malattia che potrebbe uccidermi da un momento all’altro” ? Bella dichiarazione, non trovi? »
Celine le accarezzò la guancia e le sorrise appena.
«Non… voglio che lui soffra »
«Ma non vuoi neppure che lui sia felice »
«Io… »
«E’ meglio che tu vada a riposare, hai la febbre alta. Domani andrò in caserma e dirò che non potrai presentarti per motivi di salute. Non peggioriamo la situazione, va bene? »
Oscar annuì piano e si alzò a sedere sul divano e si asciugò le lacrime rapidamente. Celine la seguì con lo sguardo mentre si svestiva lentamente e corse in suo aiuto quando la vide perdere l’equilibrio mentre si metteva la camicia da notte.
«Hai bevuto troppo, sei un’irresponsabile. Il dottore ti aveva già detto che non puoi bere alcolici. Cerchiamo di non aggiungere anche questo »
La accusò lei con le mani sui fianchi mentre la guardava triste. Oscar abbassò lo sguardo mortificata.
«Non urlarmi contro… mi dispiace »
«Non ti sto urlando, ma sono molto delusa. L’alcol non ti aiuterà a guarire anzi ti porterà alla soluzione opposta »
«E se io volessi morire? »
«Tu non vuoi morire, me l’hai detto neanche due minuti fa »
Oscar si zittì, pensierosa e si accasciò nuovamente sul divano. Celine cercò di sistemare le lenzuola e i guanciali il meglio che poteva e quando si girò verso la donna la vide addormentata, con il capo poggiato su uno dei braccioli imbottiti.
“Ah… maledetto alcol. Sei la rovina dell’essere umano”
Le dispiacque svegliarla o smuoverla per rimetterla a letto, così prese un cuscino e, dopo averle alzato un po’ il capo, lo posizionò sul bracciolo, così da farla dormire più comoda. Prese anche una coperta e la coprì con essa, accarezzandole poi il viso.
“Lo ama davvero tanto… devo ammettere che non me l’aspettavo proprio. Sono felice per loro, ma comprendo le motivazioni di Oscar eppure… perché mi sento così triste? Perché mi viene voglia di piangere? Lo sapevo già, lui non sarà mai mio. Oltre quel bacio… non ci sarà mai nulla”
 
«Dov’è Oscar? »
Celine entrò furiosa nella cucina, cercò di contenere la sua rabbia davanti alle sue colleghe che la guardavano con gli occhi sbarrati. Era entrata nella sua stanza al solito orario ma non l’aveva trovata sul divano, né nel letto. Anche la sua divisa era scomparsa.
“Appena torna mi sente… maledetta! Andare in giro così! Non ci posso credere!”
«Si è recata in caserma prima del solito, non te l’ha detto? »
Disse la governante guardandola con sospetto e Celine dovette ricomporsi in fretta.
«No, perdonatemi è meglio che vada »
Celine girò i tacchi e si allontanò dalla cucina, pochi istanti dopo sentì di nuovo le chiacchiere delle cameriere riempire il silenzio che si era creato al suo arrivo.
«Ma cosa le è preso? Oscar di sicuro non deve dire a lei cosa fare o cosa non fare! »
«Non lo so, questa se la crede troppo »
«Ma chi si crede di essere? Non la sopporto! »
«Prima André, ora Oscar… mio Dio! Vuole comandare tutti! »
Celine abbassò le spalle, cercò di contenere le lacrime ma uscirono copiose dai suoi occhi senza che lei potesse fermarle.
«Fate silenzio ragazze e vergognatevi! Parlare male di una povera ragazza! »
 
«Bene, ho finito »
Celine passò una mano sulla fronte e si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Aveva riordinato la camera per tutto il giorno, aveva portato con sé anche ago e filo per ricucire i cuscini e quel poco di lenzuolo strappato. Aveva lavato il pavimento e cercato di eliminare le macchie di vino, raccolto i vetri pungenti della bottiglia e i libri avevano finalmente ritrovato il loro posto sulle mensole della libreria. Inoltre aveva già raccolto la biancheria sporca.
Ora guardava soddisfatta il suo lavoro anche se era terribilmente stanca. Si sedette per alcuni istanti sul divano e cercò di sgranchirsi le gambe e la schiena.
“Come vorrei buttarmi sul mio letto e svegliarmi direttamente domani mattina ma non posso! Ci sono anche ospiti questa sera maledizione”
Alzò gli occhi al cielo e uscì dalla stanza di Oscar lentamente e si avviò verso le cucine. Stava scendendo la scale pensierosa.
“Oscar non la capisco… prima vuole guarire, poi preferisce riempirsi di vino e andare in giro come se nulla fosse! Non so proprio come fare con lei… né come comportarmi. Ora che mi ha detto dei suoi sentimenti… non so con quale coraggio guarderò André in viso senza confessargli tutto!”
«Tu sai chi verrà stasera? »
Chiese Sophie a Celine all’improvviso, la ragazza sussultò e quasi non le scappò un urlo dallo spavento.
«Mio Dio! Non volevo spaventarti! Mi dispiace! »
«Oh… non ti preoccupare Sophie. Ero sovrappensiero e non ti ho sentito arrivare… cosa mi hai chiesto? »
«Tu sai chi ospiteremo stasera? »
«No, al dire il vero non ne ho la più pallida idea »
Celine si aggiustò una ciocca di capelli dal viso e la guardò incuriosita.
«Pare che verrà a trovarci un bel conte…. è già venuto a palazzo ma tu non l’hai ancora visto! »
«E come si chiama? »
«E’ il conte Victor Florian de Girodelle, il secondo figlio dei conti de Girodelle. E’ un uomo meraviglioso! E ha una classe… ma nessuno supera André »
Celine alzò gli occhi al cielo sorridente e scosse il capo divertita.
«Cosa ti ridi? TU almeno hai avuto l’onore di andarci a letto! E dimmi… com’è?»
Celine arrossì di colpo e Sophie rise divertita a vedere la sua faccia.
«Ancora con questa storia? Io e André non siamo… AH! Ma cosa te lo dico a fare? Tanto non mi credi! »
«Infatti…! »
Le due risero divertite e Sophie la aiutò a portare il cesto di panni sporchi alla lavanderia.
 
«Maggiore Girodelle, che onore rivedervi »
«Generale Jarjayes sono felice che voi abbiate accettato il mio invito »
«E’ quello l’uomo di cui mi hai parlato stamattina? »
Chiese Celine si avvicinò a Sophie ridendo e lei la guardò maliziosa.
«Non è carino? »
«Ma quanti anni ha? »
«Ha importanza? »
«Sophie! »
«Ma sono curioso, come mai questo improvviso invito? »
«E’ una questione importante generale che vorrei affrontare in privato, se possibile »
«“In privato”? Mm… cosa sarà mai? »
«Non lo so ma… sono curiosa »
Sophie alzò gli occhi al cielo e seguì il conte con lo sguardo, sorridendo maliziosamente. Celine alzò gli occhi al cielo e si allontanò divertita, prese il vassoio di liquore che il generale aveva ordinato e si recò nello studio di quest’ultimo, dove lui e il conte si erano appartati per discutere.
Celine bussò alla porta e, dopo il consenso del generale, si apprestò a servire i due signori. Aprì rapida la bottiglia e versò il liquido dorato nei bicchieri, fingendo di non sentire quello che i due si stavano dicendo.
«Allora Maggiore ditemi, cosa vi porta qui? »
«Bene generale, non vedevo l’ora di potervene parlare di persona e spero vivamente di avere il vostro consenso »
«Così mi incuriosite Maggiore, di cosa volete parlare? »
Celine alzò gli occhi sul Maggiore e lo osservò per alcuni istanti e dovette ammettere che Sophie aveva ragione. Era davvero un bell’uomo.
“Concentrati su quello che hanno da dire…”
Sorrise appena quando lo sguardo del conte si fermò su di lei.
«Generale… io sono qui per chiedere la mano di vostra figlia Oscar »
 
“Quel momento rimasi senza parole, credo che il generale abbia notato il mio stupore. Corsi fuori dallo studio e attesi con ansia l’arrivo di Oscar. Quando arrivò, seguita da André, non riuscì a parlarle per prima, la nonna di André mi aveva preceduto. André, al sentire le parole della nonna, se ne andò in fretta; Oscar invece sembrava ardere di rabbia!”

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Reazioni ***


«Nonna? Cosa succede? Perché stai piangendo? »
Celine corse per tutto il corridoio, tirando la gonna del vestito per facilitare il movimento delle gambe. Doveva raggiungere Oscar e André prima che la governante spifferasse tutto! Era suo compito informarli, doveva essere lei a farlo. Aveva sentito il rumore degli zoccoli dei cavalli sul selciato e aveva abbandonato quello che stava facendo per raggiungerli.
«Il signore… il signore vuole che voi… »
“Oh no… no!”
«Cosa nonna? Cosa vuole il generale da Oscar? »
«Vuole che si sposi! »
Celine arrivò all’entrata con il respiro corto e con la fronte imperlata di sudore, nessuno sembrò fare caso a lei. Alzò il capo di scatto al sentire il suono della spada di André cadere sul pavimento, Oscar era sconvolta. Il viso di André non tradiva alcuna emozione ma sapeva perfettamente cosa gli agitava l'animo.
“Oscar… André…”
Li guardò per alcuni istanti, in attesa di una loro reazione e fu stupita dal gesto di Oscar: stava cercando lo sguardo di André, senza alcun timore. Celine si drizzò con la schiena e si avvicinò lentamente ai tre ma appena fece qualche passo André si allontanò da sua nonna e uscì rapidamente da palazzo, sotto lo sguardo sconvolto di Oscar. Fu tentata di seguirlo ma si girò a guardare in viso Oscar, cercando la sua approvazione che non tardò ad arrivare.
“Maledetti… oggi volete farmi correre, eh?”
Corse nella sua direzione, sperando di trovarlo in fretta. Uscì fuori al giardino ma non v’era traccia di lui e il buio della sera non era d’aiuto. Lo chiamò un paio di volte, spaventata, ma non ricevette alcuna risposta.
«André ti prego dove ti sei cacciato… non fare così… »
Celine continuò a camminare lungo il giardino e si ritrovò, ad un certo punto, nello spazio  riservato ai padroni, chiuso da un lato da un roseto in fiore e da maestosi alberi. Cercò di non fare rumore, non doveva essere lì. Vide Sophie e Bernardette camminare lungo il corridoio aperto sul giardino e si nascose per non farsi notare.
«André? Sei qui? »
«Cosa vuoi Celine? »
André era seduto su una panchina di pietra, nascosta dietro una quercia e lontana da occhi indiscreti, e teneva tra le mani una rosa colta molto probabilmente dal roseto poco distante. Fece un respiro di sollievo e portò una mano alla fronte, André girò appena il capo per guardarla. Celine deglutì a vuoto.
«André io… »
«Chi è? Chi ha chiesto la sua mano? Tu l’hai visto vero? »
Si alzò e fece qualche passo verso di lei. Celine tremò, sul suo viso non leggeva rabbia o agitazione ma solo una grande tristezza e delusione.
«S-Sì io… l’ho visto »
Indietreggiò e lui si avvicinò a lei, aveva le spalle curve.
«Chi era? Fersen? Ho ragione? Mi sta bene, è perfetto per lei, la renderà felice »
«No… era un conte… il Maggiore Girodelle… »
André si fermò e la guardò per alcuni istanti negli occhi, stupito. Celine alzò un sopracciglio e si avvicinò a lui. André abbassò il capo.
«Avrebbe fatto meno male se mi avessi detto che si trattava di Fersen… »
«Non so neanche chi sia quest’uomo… »
«Mi stupisce che Oscar non te ne abbia mai parlato, lei… lo ama, è follemente innamorata di lui »
La voce di André non era mai stata così bassa e triste e Celine sentì una stretta al cuore.
“Oh André… se solo tu sapessi quanto ti stai sbagliando! Lei ama te! Non quel… Fersen? Ma che razza di nome è?”
«No, non l’ha mai fatto… forse non è più innamorata di lui »
Celine gli accarezzò il viso dolcemente, allontanò dal viso alcune ciocche di capelli e André poggiò la mano sulla sua e la portò alle labbra.
«Grazie per le tue parole… lo apprezzo molto »
«Vorrei solo poter fare di più per te e per Oscar »
Celine si morse il labbro, non avrebbe dovuto nominare Oscar! Ma André sembrò non accorgersene per sua fortuna.
André le sorrise dolcemente, poi allontanò la mano di lei dal viso e l’abbracciò forte, stringendola a sé. Celine sussultò, sorpresa dalla velocità con cui si era ritrovata tra le sue braccia e si lasciò andare al suo abbraccio.
“Sta soffrendo molto anche se non vuole mostrarlo… come vorrei dirti che Oscar ti ama! Soffriresti di meno! Oh André… vorrei alleviare le tue sofferenze, vorrei distrarti da tutti questi pensieri! Ti amo anch’io… ti amo anch’io…”
«André io… »
«Non dire nulla… possiamo restare così ancora un po’? »
«Ma certo… certo »
“Non farmi questo André… vorrei tanto poter stare così per sempre ma non possiamo… non posso…”
 
«Girodelle ha chiesto la mia mano a mio padre… non posso crederci »
«Chi è questo Girodelle? »
Chiese Celine cercando lo sguardo di Oscar, la donna era seduta accanto al fuoco e guardava rapita le fiamme vive.
«Era un mio sottoposto a Versailles… fino a poco tempo fa gli davo ordini… non posso sposarlo e non voglio farlo… »
«E se te l’avesse chiesto Fersen? Avresti detto di sì?»
Celine maledì la sua indiscrezione e si diede mentalmente della stupida. Come diavolo le era venuto in mente di nominare quell’uomo? Ora di sicuro le avrebbe chiesto spiegazioni! Si voltò lentamente verso di lei e la scoprì osservarla stupita.
«E’ stato André a dirtelo, vero? »
Celine abbassò lo sguardo e posò la teiera che aveva tra le mani sul vassoio. Sentì il fruscio della coperta che Oscar aveva sulle gambe e capì che si era alzata e  che forse era vicino a lei adesso.
«Cos’altro ti ha detto? Ti prego Celine devi dirmelo »
«Oscar »
«Non è stato lui, deve saperlo! »
Era evidentemente agitata, forse quell’uomo non era scomparso del tutto dalla sua vita. Sentì la rabbia crescere dentro di sé, amava due uomini? Perché stava facendo soffrire in questo modo André?
«Lo sa già, non ti preoccupare »
«Fersen… lui… sono mesi che non lo vedo… »
«Provi qualcosa per lui? »
Oscar guardò Celine negli occhi per alcuni istanti, era sconvolta.
«No, in passato sì ma da quando André ha detto di amarmi io… ho capito che quella era solo un’infatuazione temporanea e che sono stata una stupida a non accorgermi di André… »
Oscar portò una mano al viso cercando di asciugarsi le lacrime che uscivano copiose dai suoi occhi, Celine sentì una stretta allo stomaco.
«E ora che… che ho capito di amarlo… forse non mi vuole più e… e sto morendo… io non ce la faccio  Celine… non ce la faccio più… vorrei – fece una pausa, non riusciva a parlare – vorrei solo sapere che tutto andrà bene e che… il dottore si è sbagliato su di me e che non ho nessuna malattia mortale e… vorrei che lui fosse qui al mio fianco e invece l’ho solo allontanato… »
«Oscar calmati… va tutto bene, respira e rilassati »
«No Celine, non va tutto bene! Non è giusto… »
Celine l’abbracciò forte, Oscar non riusciva a smettere di piangere. Ancora non si capacitava di vederla in quello stato. Era molto brava a fingere sicurezza quando usciva da quella camera e si stupiva che André non si fosse ancora accorto di nulla.
«Io… voglio riposare ora… potresti… »
«Ma certo, non preoccuparti Oscar. Riposa bene »
Oscar annuì piano e si asciugò un’ultima lacrima, allontanandosi da lei. Celine la guardò mentre si stendeva nel letto e si copriva con le lenzuola calde poi, lentamente, se ne andò.
 
“Il conte Girodelle passava molto tempo a Palazzo, il generale gli aveva concesso l’onore di venire ogni volta che voleva. Lui e Oscar avevano passato un paio di ore insieme e André lo guardava sempre con disprezzo. Un giorno gli aveva lanciato della cioccolata calda addosso! Oscar aveva provato e provato a convincere suo padre a lasciare stare il matrimonio ma il generale, più cocciuto di lei, aveva sciolto il fidanzamento con il conte ma aveva organizzato una festa in suo onore a Palazzo per trovarle marito! Oscar voleva vendicarsi e… bene… il suo piano funzionò!”

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Il vestito ***


La preparazione della festa in onore di Oscar aveva scosso un po’ tutti, soprattutto perché non si festeggiavano né il suo coraggio né la sua carriera bensì il suo probabile fidanzamento. Celine non aveva mai visto la villa così animata. 
Si sentì pervasa da un brivido improvviso, Oscar in quei ultimi giorni non era stata molto bene e quando si ritirava la sera riusciva a reggersi in piedi a malapena. Credeva che la forzatura imposta dal padre l’avrebbe distrutta emotivamente, eppure stava reagendo abbastanza bene per i suoi gusti.
Pensava questo Celine mentre saliva le scale che portavano alla stanza di Oscar accompagnata dalla governante e dalla sarta incaricata di cucire il suo vestito. Erano le ultime prove del vestito e lei l’avrebbe visto, insieme alla governante, prima di tutti. Deglutì a vuoto, non riusciva ad immaginarla stretta in un corsetto e per un attimo pensò a cosa sarebbe potuto accadere se, durante la festa e stretta nel bustino, avesse iniziato a tossire o ad avere una crisi. 
Aprì la porta con le mani tremanti e annunciò la sarta. Oscar era seduta vicino al caminetto e stava leggendo un libro. Alzò appena lo sguardo verso di loro e sorrise maliziosamente.
“Non mi piace per niente quel sorriso… cosa diavolo hai in mente, Oscar?”

«Perché c’è la sarta? Madame Jarjayes non c’è oggi a palazzo »
«Ma come? Non hai capito nulla allora! E’ venuta qui per confezionare un abito a… alla signorina Oscar! »
Le ragazze risero ma Celine le fulminò con lo sguardo, infastidita sia dalla loro voce che dal loro spettegolare. Non era proprio in vena di scherzi in quel momento, Oscar non si era sentita bene durante le prove del suo “vestito” e per poco la governante non aveva scoperto tutto. Il cuore le batteva ancora forte in petto per lo spavento.
«Cosa c’è Celine? Ti dà fastidio se parliamo della tua padrona? In fondo lo sai anche tu che questa situazione è assurda, no? Non verrà nessuno a questa festa! E’ considerata bella solo perché è bionda e ha gli occhi azzurri. Chi è così idiota da innamorarsi di una come lei? »
Disse una delle cameriere avvicinandosi a Celine con un sorriso maligno. Celine la guardò da capo a piede senza dire una parola.
“Fiato sprecato... è solo gelosa di lei, alla fine, perché André la ama… e lo sappiamo tutti” 
«Lucie torna a lavorare, non perderti in chiacchiere inutili »
La rimproverò André poggiato al muro della cucina con le braccia incrociate sul petto. Lucie arrossì dalla vergogna e annuì rapida, tornando subito al proprio posto. I mormorii delle cameriere si interruppero subito, Celine alzò lo sguardo verso di lui. 
Era evidentemente adirato, anche se sembrava volerlo nascondere a tutti i costi. Lo notava dalla rigidità della postura e della mascella e dallo sguardo infuocato, c’era qualcosa che non andava. In più, aveva lo zigomo destro gonfio e livido e le mani fasciate. Cosa diavolo gli era successo?
«Celine… Oscar ti stava cercando »
La ragazza ritornò alla realtà e annuì incerta. Sentiva gli sguardi delle cameriere addosso e si sentì a disagio, odiava essere al centro dell’attenzione. Cercò di uscire il più veloce possibile dalla cucina, stava iniziando a soffocare e André la seguì a ruota. Appena furono lontani dalla cucina Celine fece un sospiro di sollievo e poggiò la schiena su una colonna poco distante. 
«Va tutto bene? »
Chiese André preoccupato e lei annuì rapida.
«Sì, non ti devi preoccupare per me. Tu, piuttosto, cosa hai fatto? »
«Io? Nulla »
«I tuoi lividi dicono altro »
André sbuffò esasperato, Celine aggrottò la fronte e lo seguì con lo sguardo.
«Diciamo che io e Alain ci siamo divertiti a suon di pugni »
«Perché tu e Alain vi siete picchiati? »
«Possiamo cambiare argomento? Non mi va molto di parlarne »
Celine abbassò lo sguardo e annuì lentamente, André si passò una mano sul viso e sospirò amaramente. In fondo al corridoio si sentirono le voci della governante e della sarta rompere il silenzio che si era creato. Celine girò il capo in direzione della porta di Oscar e si aspettò di vederla uscire, ma non fu così. Forse André aveva avuto il suo stesso pensiero, mosse appena qualche passo verso la sua stanza ma lei non uscì. Il suo sguardo si incupì.
«Quindi… quel ballo si farà »
«Sì, a quanto pare sì… »
«Allora le chiederò di restare in caserma quella sera »
«Dubito che ti dirà di sì e poi… tua nonna vuole che tutti siano qui, tu compreso »
«Non me la sento di vederla agghindata come una contessa e di vederla ballare con ogni damerino che si presenterà… mi è bastato già una volta »
Sussurrò appena l’ultima parte della frase, Celine corrugò la fronte stupita. La porta della camera di Oscar si aprì lentamente e Oscar uscì, visibilmente provata dalla mattinata passata in caserma e dalle lunghe prove del famoso vestito. 
Il viso di André si illuminò e Celine fu sicura di aver visto un piccolo accenno di sorriso sulle sue labbra. Oscar girò lo sguardo verso di loro e fece un piccolo sorriso.
«Celine potresti portarmi del tè in biblioteca? »
«Certo »
Celine fece un piccolo inchino e si allontanò e, appena fu sicura che nessuno l’avrebbe vista, si nascose dietro una colonna, sperando di sentirli parlare.
“Dovete parlarvi maledizione! Altrimenti come farete a chiarirvi una volta per tutte? Mi sono un po’ stancata di sentivi lagnare sul vostro «amore impossibile »! Peccato che ho promesso ad entrambi di non dire nulla altrimenti l’avrei già fatto!”
Si affacciò piano, cercando di non farsi notare, e li vide parlare piano. Oscar sembrava preoccupata per il suo stato ma poi la vide sorridere.
“Oh parlate un po’ più ad alta voce! Non vi sento!”
Pensò ridendo, Oscar aveva preso la mani di lui tra le sue e parlava, senza guardarlo negli occhi. Poi, all’improvviso, se ne andò.

«Non vedo l’ora che questa festa finisca! »
Disse Sophie mentre si scioglieva le trecce scure. Celine girò il capo sorridendo.
«Ma se la festa è domani sera! »
«Mi sono stancata, non sono in vena di festa e non voglio sopportare tutti quei nobili stupidi e viziati! »
«Ti capisco, neanch’io ho molta voglia di festeggiare… »
«Tu hai visto il vestito che indosserà Oscar, vero? »
«Sì, l’ho visto ma non ti dirò nulla! E’ una sorpresa… »
Assentì Celine con un sorriso, Sophie alzò gli occhi al cielo e sbuffò divertita.
«Dai… neanche un piccolo, piccolissimo particolare? »
«Posso dirti solo che rimarrai a bocca aperta! »

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** I fiori e il ballo ***


“Il giorno della festa fu molto stressante. I preparativi erano ancora in corso e la sala non era ancora stata allestita a dovere. André mi aveva aiutato con le faccende che richiedevano più sforzo fisico e avevo trovato, non so come, del tempo da dedicare a Oscar. Il vestito era arrivato la sera prima, nascosto agli occhi di tutti nei bauli che la sarta aveva portato con sé, suscitando ancora più curiosità. La governante era nervosa per quella serata e lo ero anche io, Oscar invece sembrava anche troppo sicura di sé”
 
«Sei sicura di quello che vuoi fare? »
«Sì, in fondo è un semplice ballo e non credo che verrà molta gente per me. Credo che la maggior parte delle persone che arriveranno stasera saranno qui solo per vedermi vestita come una signora »
Oscar girò appena il capo verso Celine, guardandola negli occhi. Era appena uscita dalla vasca, stava tamponando i capelli umidi con un asciugamano morbido mentre guardava la sua immagine riflessa nullo specchio.
«Anche se… io non mi sono mai sentita come una donna agli occhi del mondo. Sono sempre stata l’austero soldato che proteggeva la regina e che non provava sentimenti… »
Celine aprì il primo baule e guardò la stoffa pura e bianca dell’indumento e la sfiorò con la punta delle dita.
«Non hai mai amato nessuno? »
Chiese Celine sfiorando l’orlo della manica, la stoffa era morbida al tatto. Oscar si girò completamente verso di lei e la osservò cacciare dal baule le componenti del suo vestito.
«Sono fatta di carne… ma non lo chiamerei amore. Era solo un’infatuazione, nulla di più. Grazie a questo, però, ho scoperto, anzi ho confermato, quello che André provava per me »
«Come l’hai scoperto? »
Celine posò delicatamente il l’abito sul letto, sistemando con cura ogni singolo dettaglio. Oscar si sistemò il telo che aveva fermo sul petto, percossa da un brivido.
«Lui era… geloso, almeno credo. Mi ha baciata e mi ha confessato il suo amore… mi sono sentita così piccola tra le sue braccia »
“Lo so… l’ho provata anch’io questa sensazione Oscar tra le sue braccia… anche se solo per un istante”
Pensò Celine trattenendo un sospiro, alzò lo sguardo verso Oscar a la vide passarsi ancora una volta l’asciugamano tra i capelli e poi alzarsi per poi sedersi dando le spalle al fuoco, per farli asciugare più in fretta.
«Lui sarà a casa stasera… vero? »
«Sì, sua nonna l’ha costretto a restare… dovresti parlargli »
«E dirgli cosa? »
Oscar schiuse le labbra e portò le ginocchia al petto, Celine alzò le spalle.
«Non lo so… quello che provi per lui? »
Oscar accennò un debole sorriso e abbassò il capo pensierosa. Celine abbassò le spalle e la raggiunse, sedendosi al suo fianco.
«Oscar… cosa vi siete detti ieri, dopo che mi hai chiesto di portarti il tè in biblioteca? »
«Gli ho chiesto come stesse, lui e Alain se le sono date di santa ragione anche se tra i due lui se l’è cavata con poco. Sembrava molto arrabbiato quando abbiamo provato a fermarli… non so perché abbiano iniziato a picchiarsi, non me l’hanno voluto dire »
«Li hai puniti? »
«No, il dolore che provano ora basta »
Celine rise, in fondo aveva ragione! André non le aveva voluto dire il perché di quella litigata anche se credeva già di sapere la risposta.
«Alain l’ha sempre provocato, ogni volta che aveva l’occasione. André è un uomo molto tranquillo, ma credo che non abbia retto più »
«E’ un essere umano, capita a tutti di scoppiare ad un certo punto »
Oscar annuì lentamente, portò una mano ai capelli e li spostò dalla fronte.
«Forse è meglio iniziare a preparaci, altrimenti farai tardi »
«Vorrei non andarci proprio, ma non posso farlo. E’ a casa mia la festa… »
Le due donne risero. Celine si alzò per prima e si avviò a prendere una camicia nuova per la donna, mentre Oscar si rialzava piano dalla poltrona, debole.
«Chi ha portato quei fiori? »
Celine si girò a guardare il vaso di fiori posto sullo scrittoio. Era un bellissimo bouquet di rose rosse. Oscar si era avvicinata piano allo scrittoio e aveva sfiorato i petali freschi e rossi, osservandoli attentamente.
«E’ stato il maggiore Girodelle a portarli per te »
«Capisco… sono molto belli »
«E’ vero, poi loro sono simbolo di amore »
«Peccato che questo amore non sia corrisposto… Girodelle è un brav’uomo ma non lo sposerò. Il  matrimonio è l’ultimo dei miei problemi, al momento. E anche se cercassi di perdermi in questo suo amore… riuscirei a essere felice, almeno per un istante? »
Celine corrugò la fronte e la guardò allibita. Oscar allontanò le dita dal vaso, come se quel rossore l’avesse bruciata all’improvviso.
«Credi questo? »
«Sì »
«Quindi per te questi sono una sorta di… fiori del male? Stai scherzando spero… i fiori non possono essere simbolo di male! »
Oscar la guardò per un istante e accennò un sorriso.
« “Le fleurs du mal”? Sembra il titolo di un libro1… però sì, ma non starmi a sentire! Ultimamente dico un sacco di sciocchezze »
«Non posso negare l’evidenza »
Disse Celine alzando un sopracciglio e Oscar fece finta di offendersi, poggiando i pugni sui fianchi magri ma entrambe, guardandosi negli occhi, scoppiarono a ridere.
 
«Gli ospiti stanno iniziando ad arrivare! Il maggiore Girodelle è arrivato pochi minuti fa! »
«Tranquillizzatevi Marron, andrà tutto bene »
«La festa di sicuro, l’ho organizzata io in ogni singolo e minuscolo dettaglio. Ciò che mi preoccupa è la reazione del generale quando vedrà Oscar! »
«Oh nanny, quando mio padre mi vedrà sarà troppo tardi »
Disse Oscar sistemandosi i capelli e osservando la sua figura allo specchio soddisfatta.
«Mio padre voleva un vestito sfarzoso, eccolo qui! L’ho accontentato »
Celine rise ma la governante la fulminò con lo sguardo. La ragazza alzò le mani e scosse il capo.
«Ha ragione lei! Il generale la voleva avvolta nei tessuti più eleganti e costosi ed… eccoli qui! »
Oscar sorrise e fece qualche passo verso la governante sperando in qualche modo di tranquillizzarla.
«Non ti preoccupare, mi assumerò la responsabilità di tutto. Mio padre non se la prenderà con te, mai »
«Lo so! Ma sono lo stesso preoccupata per voi! »
Lo sguardo di Oscar si addolcì subito e lasciò una tenera carezza sul suo viso. Celine sorrise ma non riusciva a non essere preoccupata per lei. Nonostante il rossore delle guance, i segni della stanchezza e dell’eccessiva magrezza erano evidenti sul suo viso.
«Andrà tutto bene. Celine, io sono pronta »
Celine annuì e si avviò verso la porta della sua stanza, aprendola e permettendo a Oscar di passare tranquillamente. Lungo tutto il corridoio si sentivano solo il suono dei violini e il parlottare degli ospiti, Oscar osservava tutto in modo impassibile.
«Ti senti bene? »
Sussurrò Celine cercando di non farsi sentire dalla governante, Oscar si morse appena il labbro inferiore.
«Sì »
«Non mi sembri sicura »
«Perché non so neanch’io come mi sento »
Ammise la donna voltandosi per un istante verso di lei e Celine sentì un brivido lungo la schiena. Oscar deglutì a vuoto, improvvisamente pallida. Appena arrivarono davanti la porta principale della sala Oscar fece un lungo sospiro e, non appena rialzò il capo, sfoggiò uno dei suoi sorrisi migliori e la porta si aprì.
“Non avrei mai creduto di vedere il tuo sorriso così triste e spento… hai una forza incredibile…”
 
«Non posso crederci! Ci ha fatto credere di aver commissionato un vestito e invece si è fatta cucire una nuova e stupida divisa! »
«Però dobbiamo ammettere che le sta davvero un incanto… insomma guardatela! »
«Si però io la volevo vedere vestita di nuovo da donna! »
«Ragazze! Oscar ha appena baciato una donna2 davanti a tutti! »
«Che cosa?! Mi prendi in giro Julie? »
«No! L’ho visto anch’io! »
«Oh mio Dio! »
Celine osservava il gruppetto di cameriere con un sorriso sulle labbra, intenerite dalle loro parole.
“Davvero credevano di vedere Oscar vestita con un abito da sera? E… un’altra volta? Maledetta, cosa mi nascondi! ”
Scosse il capo divertita e si allontanò dal corridoio per rifugiarsi nel giardino interno del palazzo alla ricerca di aria.
Era una serata tranquilla, alcune nuvole coprivano il cielo cupo e la luna brillava come un piccolo diamante. L’aria fresca le invase i polmoni e come per magia tutta la tensione che aveva provato fino a quel momento era svanita nel nulla. Si era sentita soffocare e non vedeva l’ora di buttarsi nel letto e dormire fino al pomeriggio dopo. Scosse il capo cercando di non perdersi in quei dolci pensieri e, non appena si avviò verso la porta per tornare dentro sentì il vociare di qualcuno.
Incuriosita Celine alzò il capo verso il piano superiore e notò, dietro i finestroni aperti, Oscar e André parlare.
Si nascose dietro un albero poco lontano e osservò la scena in silenzio, cercando di ascoltare le loro parole. Ridevano entrambi, Oscar sembrava serena e rilassata e André non era più nervoso. Celine accennò un debole sorriso e abbassò le spalle.
Ad un certo punto smisero di parlare, Oscar era arrossita all’improvviso e André la guardava divertito con le braccia incrociate al petto. Celine corrugò la fronte, cosa diavolo era successo?
Senza neanche darle il tempo di pensare, vide Oscar avvicinarsi a lui per baciarlo.
 
 
1= “Les fleurs du mal” è una raccolta lirica di Charles Baudelaire pubblicata nel 1857 (la prima edizione). I fiori del male sono i paradisi artificiali e gli amori che danno l’illusoria speranza di un conforto. [Fonte: Internet]
2= nel manga al ballo partecipa tutta la classe nobiliare. Per prendere in giro i suoi pretendenti, Oscar balla con alcune ragazze e “osa” baciarle. Lascio il link del manga:
https://www.mangaeden.com/en/it-manga/lady-oscar---le-rose-di-versailles/12/11/

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Ti amo ***


“Non avevo guardato Oscar in faccia per tutto il resto della serata, lei era tornata dopo pochi minuti nella sala e aveva continuato, come se nulla fosse, il suo spettacolo. Mi sentivo a disagio, non riuscivo a togliermi dalla testa l’immagine di lei tra le sue braccia. André, invece, l’avevo visto solo di sfuggita. Quella sera Oscar non disse nulla, però si notava quel pizzico di felicità che le illuminava il viso.”
 
Appena chiuse la porta della stanza di Oscar, Celine si lasciò sfuggire un sospiro. Era distrutta, i piedi le chiedevano pietà. Si affrettò a raggiungere la sua stanza e nel mentre iniziava a sciogliersi i capelli liberandosi finalmente delle forcine che le tiravano le ciocche e che erano la principale causa dei suoi mal di testa. Appena liberò l’ultima ciocca si passò una mano tra i capelli castani, sollevata.
“Finalmente questa giornata è finita, sono quasi le quattro… pensavo fosse più tardi, meglio per me”
Pensò tra sé e sé guardando l’orologio a pendolo nel salone.
«Sei ancora in giro a quest’ora? »
Sussultò, sorpresa di sentire la sua voce nel silenzio più assoluto della notte. Si girò di scatto e, dopo una risata nervosa, parlò.
«Potrei dire lo stesso di te, André… mi hai spaventato! »
«Pensavo ti fossi già ritirata con Sophie e… mi dispiace tanto, non era mia intenzione»
Si guardarono per alcuni istanti in viso, Celine abbassò il capo a disagio.
«Va tutto bene? Non ti senti bene? »
«Sto bene… sono solo molto stanca, sono successe tante cose in così poco tempo »
«Però, bisogna dirlo, è stata una bella festa »
«Sì… tutti si aspettavano di vederla con un abito da sera e invece… tua nonna aveva paura della reazione del generale! »
«E il generale teme mia nonna, è una cosa reciproca »
I due risero divertiti e insieme si incamminarono verso le rispettive stanze. Prima che Celine entrasse nella propria, però, André poggiò una mano sulla sua spalla.
Rimase ferma, con la mano poggiata sul pomello della porta, dandogli le spalle. Non volle girarsi ancora, aspettò prima che lui parlasse.
«Celine… grazie per tutto quello che hai fatto per me e per Oscar, soprattutto per Oscar… te ne sarò eternamente grato »
Celine si irrigidì e girò appena il capo verso di lui.
«André io… »
“Oscar te l’ha detto? Non te l’ha detto? Come dovrei risponderti ora?”
«Io e Oscar abbiamo parlato e »
«Lo so… vi ho visti… »
Si lasciò sfuggire ad alta voce, nascondendo il viso, e André forzò la presa sulla spalla.
«Ero sola, non credo che qualcun altro vi abbia visti »
«Bene… »
«Sono felice per voi, molto »
“Non sei affatto credibile Celine, sei una pessima attrice”
La ragazza si asciugò una lacrima velocemente, fingendo una calma innaturale che però, a suo malgrado, non aveva convito André. La costrinse a girarsi completamente verso di lui e vide, con l’aiuto della candela che Celine reggeva ancora tra le mani, le lacrime bagnare il suo viso.
«Celine… »
«Cosa André? Perché sto piangendo? Lo vuoi sapere davvero? Perché io ti amo André! Ti amo con tutta me stessa! Ti ho… ascoltato e aiutato con Oscar anche se dentro di me volevo che tu la dimenticassi… però quando… quando siete insieme voi… tu… la guardi con così tanto amore e sei così felice e io… non sono nessuno per separarvi. Lei ti ama tanto e io… sono una persona orribile solo ad aver pensato di separarvi per puro egoismo. Però io sono felice… perché voi due siete le persone a me più care al mondo e se solo insieme siete felici allora lo sarò anche io »
«Celine io non »
«Non dire nulla, ti prego. Va bene così, è giusto così! Siete fatti per stare insieme e… siete una bellissima coppia »
Celine sorrise appena, i suoi occhi erano pieni di lacrime anche se lei cercava in tutti i modi di trattenerle. André la guardava sconvolto dalle sue parole, come aveva potuto non notarlo? Come aveva fatto a non rendersene conto per tutto quel tempo?
«Vai da lei… buonanotte »
Celine gli diede il candeliere e aprì la porta della sua stanza, lasciando l’uomo solo nel corridoio buio.
 
«Celine, Oscar vuole parlarti »
La ragazza alzò lo sguardo stanca e annuì lentamente. Sentiva gli occhi delle cameriere addosso e non sapeva per quale motivo, o meglio lo immaginava ma non sapeva se fidarsi o meno del suo istinto.
Salì piano le scale e notò André, probabilmente uscendo dalla stanza di Oscar, venirle contro. Abbassò lo sguardo dispiaciuta, immaginando un’espressione di disprezzo nei suoi confronti e non osò guardarlo neppure con la coda dell’occhio. Bussò incerta alla porta della sua padrona e al suo freddo “avanti” ebbe un brivido.
«Mi ha fatto chiamare? »
Oscar era avanti a lei, poggiata al tavolino poco lontano dalla porta e la guardava fredda, impassibile.
“Ecco – pensò Celine – ora mi caccia da qui”
Celine abbassò nuovamente il capo, distrutta, e sentì nuovamente gli occhi riempirsi di lacrime. Il rumore dei passi di Oscar le arrivò lontano ed era sicura che si stesse avvicinando a lei per schiaffeggiarla.
Guardò l’orlo del vestito, pronta a ricevere tutto il suo odio e il suo disprezzo.
«Grazie »
Celine sussultò e alzò il viso di scatto, Oscar la guardava commossa e l’abbracciò, il più forte che poteva.
«Ti ho assillato per tutto questo tempo… ti ho parlato di lui tutti i giorni non pensando neppure per un attimo che tu potessi provare qualcosa per lui. Mi dispiace così tanto io… perché non me l’hai detto? Perché non mi hai chiesto di fermarmi? »
«Perché avrei dovuto? Eri così felice e lui era l’unico motivo per cui continuavi a vivere… a lottare e… non potevo… ma lui lo sa? Lo sa della tua malattia vero? »
Celine sciolse il loro abbraccio e la guardò negli occhi, sperando in una sua risposta affermativa ma lei, tristemente, scosse il capo.
«Perché? Merita di saperlo! »
«Lo so ma… non volevo… non… »
«Oscar, ha il diritto di saperlo »
«Lo so… lo so… grazie Celine… sei… sei davvero una persona speciale, nessuno avrebbe fatto lo stesso »
 
«Oscar vuole farsi ritrarre? »
«E’ quello che mi ha chiesto, non… mi sembra strano »
Celine corrugò la fronte e alzò un sopracciglio. Era noto che tutti i nobili si facevano ritrarre, anche più del dovuto, e ora non capiva il perché di tanto scalpore.
«Oscar non si è mai fatta ritrarre da sola, per questo Marron è così sconvolta. Le passerà »
Disse Sophie sciogliendo subito il dubbio di Celine. Si sorrisero e tornò a guardare la governante che, sconvolta, era andata a riferire l’accaduto al generale.
 
«Perché vuoi farti ritrarre? »
«Forse è stupido ma… voglio lasciare un pezzo di me qui. Per quel poco che mi rimane voglio che mi vedano tranquilla e… felice »
 
Lo sguardo di Celine si rattristì.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Tradimento pt. 1 ***


 “Era arrivato giugno, il tempo era trascorso velocemente. La salute di Oscar era precaria, a volte sembrava star bene, altre invece si faceva prendere dallo sconforto. Non aveva detto ancora nulla ad André, non aveva avuto tempo. Gli stati generali erano iniziati da poco, non avevano un solo giorno di tregua. Non le faceva bene, soprattutto quando erano costretti a stare fermi, sotto la pioggia, ad aspettare. Aveva avuto spesso la febbre e quella terribile tosse di sangue era tornata. Avevo paura per lei. ”
 
«Non avete un bel colorito »
Oscar alzò lo sguardo verso il pittore stancamente. Aveva il viso pallido, gli occhi spenti, il viso era magro. No. Non aveva un bell’aspetto. Celine versò un po’ di tè in una tazza di porcellana e la porse ad Oscar che, con mani tremanti, la prese.
«Chissà perché oggi è opaca, vi sentite bene? Posso tornare un altro giorno »
«No, è solo stanchezza, non vi angustiate. Potete continuare »
Oscar sorseggiò la bevanda calda e sentì il calore invaderla completamente. Posò la tazza sul tavolino poco distante e cercò di reprimere un attacco di tosse.
Celine la sorvegliò da lontano, pronta per ogni evenienza. Non era tranquilla, prima che arrivasse il pittore Oscar aveva avuto una delle sue crisi e temeva che potesse capitare di nuovo.
«Come volete, non insisto »
«Grazie »
Rispose monotona Oscar, senza forse pensarlo davvero. Aveva più volte cercato di aprirsi con André, questo Celine lo sapeva benissimo, ma le era difficile il solo parlare della malattia. Si sentiva vuota come non mai – parole sue – come se l’unica cosa che potesse farla stare meglio fosse quell’uomo. E lei aveva paura di perderlo. Era stato inutile cercare di convincerla, di ricordarle l’amore che lui provava per lei… Oscar era terrorizzata dall’idea che lui non l’avrebbe più amata come prima.
In più, la morte improvvisa del piccolo Louis Joseph l’aveva sconvolta così tanto che aveva avuto una crisi di pianto in presenza di André che, nella sua genuina ignoranza dei fatti, aveva legato quella reazione al profondo affetto che aveva sempre provato per la regina e il piccolo.
La porta si aprì lentamente e André fece il suo silenzioso ingresso nella stanza. Lui e Oscar si scambiarono uno sguardo tenero, lei aveva accennato un piccolo sorriso e Celine vide i suoi occhi brillare.
“Forse è lui… la sua cura. Lui è l’unica persona che riesce a calmarla e a infonderle calore e speranza”
Pensò Celine con un sorriso.
 
«Oggi il pittore è in ritardo. Quel buono a nulla… è bravo solo a imbrattare le tele! »
Giudicò ad alta voce la governante sperando di farsi sentire dall’uomo. Era noto a tutti che madame Grandier non sopportava il pittore di famiglia e quel sentimento era corrisposto dall’uomo, infatti ormai Celine si era abituata a sentirli “litigare” ogni volta che lui doveva dipingere Oscar.
«Mi dispiace dirvelo ma oggi il pittore non verrà, Oscar ha detto che voleva riposare un po’ al suo ritorno »
Disse pacatamente Celine cercando di trattenere una risata.
«Meglio così! E a proposito… non sono ancora tornati? »
Celine scosse il capo. Quasi ogni sera Oscar si ritirava insieme ad André e, dopo aver messo qualcosa nello stomaco, si ritiravano nelle loro stanze a riposare.
«Ma torneranno a momenti, di solito è questo l’orario in cui tornano »
Pensò la ragazza ad alta voce guardando le lancette dell’orologio. Sentì il nitrito di un cavallo in lontananza e, con un’inaspettata ansia, si avviò fuori accompagnata dalla governante.
Pioveva a dirotto e l’atmosfera era quasi tetra. Celine strinse attorno le spalle una mantellina, colta da un brivido di freddo improvviso.
«Sta arrivando qualcuno… forse è il generale »
Disse la governante aggiustando gli occhiali sul naso e stringendo gli occhi, la pioggia non permetteva di vedere bene e Celine fece fatica a riconoscere la figura del suo padrone.
“Ma se è il generale… Oscar e André dove sono?”
Si chiese Celine preoccupata mentre il generale scendeva da cavallo e si avvicinava minaccioso a loro.
«Dov’è Oscar? »
«Non è ancora rientrato »
Disse Celine spaventata dall’espressione furiosa dell’uomo. Era pieno di rabbia, questo si vedeva perfettamente dal suo sguardo di fuoco e dal tremore delle sue mani.
Un brivido le attraversò la schiena, cos’era successo? Perché era così indiavolato con Oscar? Cosa aveva fatto? Era successo qualcosa durante quella giornata?
L’uomo si allontanò subito, senza dire nulla, ed entrò di fretta nel palazzo, lasciando il cavallo allo stalliere.
«Ho una brutta sensazione Celine… »
«Anche io… ho paura per Oscar »
Ammise la ragazza iniziando a tremare, ora poteva dare una spiegazione alla sua ansia che la stava ossessionando da quel pomeriggio.
 
Oscar e André arrivarono un’ora dopo, Celine li aveva aspettati con un peso sul cuore nelle stalle. Aveva lasciato il segno dei suoi passi sul terreno e tremava ancora per lo spavento.
«Celine? Cos’è successo? Sei pallida, sicura di stare bene? »
Chiese Oscar preoccupata una volta scesa da cavallo. Celine si avvicinò rapida a loro.
«Oscar, il padrone ti aspetta nel suo studio. Era molto arrabbiato con voi »
Oscar e André si guardarono in viso per alcuni istanti, lei non aveva uno sguardo rassicurante.
«Cos’è successo Oscar? Perché il padrone è così arrabbiato? »
«Non ti devi preoccupare per me, va tutto bene. André ti prego accompagna Celine in camera sua, è troppo bianca e ha bisogno di calmarsi un po’ »
«Sì, ci penso io »
André poggiò la mano sulla spalla della ragazza ma lei la allontanò. Aveva bisogno di capire, voleva sapere cosa le era successo.
«No, sto bene. Cos’è successo Oscar? »
«Te lo spiegherò più tardi, va bene? Ora ti prego fai come ti ho chiesto. Sei troppo bianca e ho paura che possa sentirti male »
«Ma io… »
Celine guardò in viso prima Oscar, poi André. Entrambi le sorridevano ma non si sentì tranquilla. Alla fine cedette, si fece accompagnare da André nella sua stanza mentre Oscar, con finta sicurezza, saliva le scale verso lo studio del padre.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Tradimento pt. 2 ***


«Cos’è successo? »
Chiese Celine a bassa voce ad André nel corridoio che portava alle stanze della servitù. Non aveva intenzione di restare nella sua camera senza avere idea di cosa fosse successo ad Oscar. Non le era piaciuta per nulla la sua reazione e lo sguardo preoccupato che i due si erano scambiati l’aveva fatta agitare.
«Perché il generale è furioso con Oscar? »
Gli aveva chiesto di nuovo la ragazza trattenendo l’uomo con il braccio, costringendolo a guardarla in viso.
«Perché Oscar ha evitato una carneficina »
Celine corrugò la fronte senza capire le sue parole.
«Ma… non capisco »
«Ha disobbedito al re, doveva far uscire con la forza rappresentati del terzo stato e si è rifiutata. E ovviamente la notizia sia arrivata al generale »
«Ha… disobbedito al re…? »
Lo sguardo di André si incupì e annuì lentamente. Celine si aggrappò al suo braccio e sentì le lacrime agli occhi. Sapeva benissimo che le disobbedire agli ordini reali, tradire la famiglia reale, poteva portare al carcere o, nel peggiore dei casi, alla morte.
«La regina tiene molto a Oscar ma… non credo che possa intercedere per lei questa volta. Però ho paura che il generale possa dare di matto e… devo andare da lei »
André si allontanò da lei bruscamente ma Celine lo fermò spaventata. Temeva per lui, era molto agitato e in quello stato avrebbe solo peggiorato la situazione.
«Cosa hai intenzione di fare?! »
Sussurrò Celine sgranando gli occhi costringendolo a fermarsi, André le rispose secco e stringendo i pugni.
«Di certo non stare con le mani in mano »
Celine prese le mani di André tra le sue e le strinse al petto. André era armato, aveva ancora indosso la divisa della guardia metropolitana. Tentò di calmare il suo cuore impazzito, la sua mente stava immaginando delle scene crudeli e dei finali tragici.
«Ti prego promettimi che non farai nulla di insensato »
«Non ho intenzione di uccidere nessuno, non ti devi preoccupare. Ora però vai in camera, sei bianca e hai bisogno di riposare, va bene? Me lo prometti? »
«André… »
«Promettimelo »
Celine esitò un attimo, non era del tutto convinta delle sue parole.
«Te lo prometto »
André le sorrise dolcemente e si allontanò da lei, sicuro. Celine trasalì quando vide André cacciare, da una tasca nascosta della giacca, un pugnale.
 
Non aveva resistito, non era tornata in camera sua. L’ansia di sapere cosa sarebbe successo a quei due era più forte della stanchezza che provava. Aveva raggiunto lo studio del generale attraversando dei corridoi segreti e aveva ascoltato e spiato la loro conversazione avvicinandosi alla porta nascosta. Aveva poggiato l’orecchio sulla porta e aveva visto, tramite dei buchi, la scena.
“Signore, fa che non succeda nulla a quei due!”
Le loro voci le arrivavano ovattate, Oscar stava indietreggiando nella sua direzione mentre il padre avanzava verso di lei con la spada in mano.
«Non posso permettere che in questa famiglia ci sia un traditore… ti giustizierò io con le mie stesse mani! »
Oscar non fiatava, tremava solo. Per alcuni istanti temette per la sua salute e la immaginò svenire per la troppa tensione e per la troppa stanchezza.
Mentre il generale alzava il braccio per colpire Oscar, Celine era uscita rapida dal suo nascondiglio e si era posta a proteggere Oscar ma André – da dove era uscito? – era arrivato in tempo a bloccare il folle gesto di un padre accecato dall’onore.
«Lasciami André »
«Non vi lascio »
«Allora ucciderò anche te »
«Ci sto! Provate ad uccidermi generale! Però prima vi pugnalo e scappo via con Oscar »
«Non oserai mai »
Aveva sibilato il generale guardando la lama che André gli aveva puntato dietro la schiena. Oscar crollò sulle ginocchia e Celine si avvicinò a lei, abbracciandola quasi il suo sguardo si posò prima su di lei e poi su André.
«Cosa ci fai qui? »
Aveva chiesto a bassa voce Oscar sconvolta.
«Non ti avrei mai lasciata da sola! »
«Sei uno stupido! Credi davvero che ci sia qualcosa al di là delle classi sociali? E che forse riuscirai anche a sposarla? »
Celine notò il viso di Oscar illuminarsi per un attimo.
«No, non desidero affatto sposarmi… »
«André… »
«Ma… forse non basterebbe la mia vita neanche se ne avessi dieci ma vi prego, uccidete me e lasciate vivere Oscar »
André aveva abbassato lo sguardo su Oscar, senza dimenticare di non abbassare la guardia con il generale e le sorrise appena. Gli occhi della donna erano lucidi e il suo corpo tremava, Celine la strinse a sé commossa dalle parole di André.
No.
Il generale non avrebbe ucciso nessuno, ne era più che sicura. Aspettò con ansia le parole del generale che, dopo un’attesa che sembrò infinita, lasciò cadere la spada a terra.
«Sei furbo »
André seppur con riluttanza allontanò il pugnale dal generale e lo liberò dalla sua stretta. Il generale rimase fermo, con il capo chino in segno di sconfitta e guardò per un istante Oscar, senza però dirle nulla, e se ne andò.
Oscar aveva provato ad alzarsi lentamente poggiandosi sui scaffali della libreria e si avvicinò ad André stringendolo forte a sé con un pianto liberatorio. André ricambiò il suo abbraccio e le baciò il capo emozionato, felice di poterla avere ancora tra le sue braccia.
Celine si sentì di troppo.
 
«Come stai? Ti senti bene? Sei molto bianca, devi stenderti! Perché siete usciti a quest’ora tu e André? Parigi è pericolosa di giorno, non immagino la notte! »
«Tu perché sei intervenuta oggi? Era pericoloso, dannazione! »
«Tu stavi male! Tuo padre stava per ucciderti e io dovevo stare ferma a guardarti morire in una pozza di sangue? Oh no mia cara! »
Oscar sospirò stanca mentre si slegava la giacca della divisa lentamente, lasciandola con noncuranza sulla sedia dello scrittoio. La donna si era avvicinata rapida a prendere una bottiglia di cognac in un mobile poco lontano dal letto e, dopo aver versato la bevanda nel bicchiere, l’aveva bevuto tutto d’un fiato.
“Un’altra bottiglia? Pensavo di averle tolte tutte…”
 Celine l’aveva seguita e l’aveva aiutata a cambiarsi fino a quando Oscar, stremata, non si era stesa sul letto e aveva iniziato ad avere i brividi di freddo.
«Com’è strano… è fine giugno e io… ho la febbre… è assurdo »
Aveva detto a bassa voce e con gli occhi lucidi dopo lunghi attimi di silenzio assoluto. Oscar si portò una mano al viso e strinse il lenzuolo al petto. Celine si apprestò a coprirla con una coperta più pesante mentre Oscar fissava il vuoto.
«Cosa succede Oscar? »
Chiese Celine sedendosi al suo fianco.
«Stavo pensando ai miei soldati… alcuni sono stati arrestati per aver disobbedito agli ordini del re come ho fatto anche io… ho paura che possa accadere qualcosa di brutto… per questo siamo usciti io e André… siamo andati da un amico per salvarli1 »
Oscar sussurrava, non aveva più voce e alcuni colpi di tosse avevano spezzato il suo respiro un paio di volte.
«Non voglio che muoiano per colpa mia… per colpa della mia stupida malattia non sarei stata capace di salvare neanche André oggi… »
«Oscar… »
«Sono molto stanca Celine… non ho più le forze… »
Oscar si rannicchiò nel letto e le diede le spalle. Celine si morse il labbro, era distrutta e temeva che, a quel punto, potesse crollare da un momento all’altro e che né lei né il dottore avrebbero potuto fare più nulla per aiutarla.
 
«Signor Oscar? Signor Oscar! »
«Aprite la porta! »
«Non… ti azzardare… ad aprire… quella dannata porta »
Aveva detto Oscar con fatica mentre, in preda ad una crisi respiratoria, si era accasciata al suolo cercando aria. Celine si era apprestata ad aprire le finestre e a togliere le pesanti tende per far passare più aria possibile. Alcune cameriere stavano bussando senza pace alla sua porta attirando l’attenzione di tutto il palazzo. Celine si era vista costretta a chiudere la porta della camera a chiave per impedire che la vedessero in quello stato e il rumore della serratura che si chiudeva aveva fatto agitare ancora di più le cameriere.
Oscar sembrò riprendere colore solo dopo una decina di minuti e il respiro tornò regolare  poco dopo. Si aggrappò alla colonna del letto a baldacchino e cercò di sedersi sul materasso, distrutta.
«Oscar! »
La voce di André dietro la porta la fece sussultare. Oscar si alzò lentamente dal letto e si avvicinò alla porta stringendo la vestaglia che indossava al petto.
«Alain e gli altri sono stati liberati! I dodici soldati sono stati liberati senza alcuna condizione! »
Oscar poggiò la fronte sul legno verniciato di bianco della porta e sorrise. Celine appena notò che Oscar stava girando la chiave della toppa per far entrare André uscì dalla sua stanza tramite una porta nascosta e li lasciò soli. L’ultima cosa che vide, prima di chiudere la porta, fu il sorriso che si scambiarono prima che lui chiudesse di nuovo la porta a chiave.
 
“Il pittore aveva terminato la sua tela e tutti non vedevano l’ora di vederla ultimata. Le condizioni di Oscar peggiorarono ma lei non era l’unica che mi preoccupava. Avevo notato che André, ogni volta che saliva o scendeva le scale, contava gli scalini…”

1= ovviamente, l’amico in questione è Bernard Chatelet, il quale sappiamo ha avuto un ruolo cardine nella liberazione dei soldati.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Il quadro ***


“Oscar aveva fatto visita alla regina un paio di volte. Quando tornava a casa però non aveva voglia di parlare, anzi preferiva evitare quell’argomento. Era molto agitata in quei giorni tanto che la sentì litigare con André un pomeriggio ma non ne capii il motivo. Era l’11 luglio 1789”
 
«C’è qualcuno in biblioteca? »
«Mi sembra di no, perché? »
«C’è una candela accesa... è abbastanza inquietante »
«Vado a controllare, finisci tu? »
«Certo, non ti preoccupare »
Celine posò il panno sul tavolo della  e si slacciò il grembiule per poi appenderlo vicino la porta della cucina. Camminò a passo svelto, i signori avevano appena finito di cenare e sentiva la governante lamentarsi, per l’ennesima volta, del piatto quasi pieno di Oscar. Si stupiva ancora che nessuno, tanto meno André, si fossero resi conto del suo stato di salute. Anche se doveva ammettere che neanche lei riusciva più a capire Oscar: l’aveva vista pensierosa, si irritava per qualsiasi cosa, si nascondeva in giardino per restare sola.
Lei e André avevano litigato quel pomeriggio, ma non ne era sicura. Avevano entrambi alzato la voce ma non sembravano veramente arrabbiati.
Dalla biblioteca si vedeva la luce di una piccola candela, Celine si apprestò ad entrare e quasi sbandò quando vide André seduto accanto al lume acceso. Trattenne un urlo, non si sarebbe aspettata di trovare qualcuno lì dentro.
«Mio Dio… André! Mi hai spaventato !»
«Non era mia intenzione spaventarti, mi dispiace molto »
«Ma cosa diavolo ci fai al buio? »
«Stavo… controllando una cosa e mi sono fermato a pensare »
Rispose André alzandosi lentamente ma Celine lo vide barcollare come se fosse nel buio più totale. Il cielo era sereno e i raggi della luna illuminavano appena la biblioteca ma c’era luce sufficiente per vedere dove mettere i piedi. Fu allora che il dubbio si insinuò nella sua mente e la risposta la spaventava da morire.
«André… posso farti una domanda? »
L’uomo annuì, incrociò le braccia al petto e chinò appena il capo senza smettere di guardarla. Celine si morse appena il labbro.
«Perché… quando scendi le scale conti? »
André non mutò espressione, continuò a guardarla con uno sguardo che non riusciva a decifrare. Celine si sentì a disagio, lui non parlava.
«Tu non…vedi? »
Gli chiese a bassa voce temendo la sua risposta.
«Vedo la luce della candela, non sono completamente cieco »
«Ma André…! »
«André cosa? Ormai quello che è perso è perso… non recupererò mai la vista ed è inutile consultare un medico. Mi sono abituato »
«Oscar lo sa? »
«Non deve saperlo, si preoccuperebbe inutilmente. Conto perché così evito il rischio di cadere o di inciampare. Ho imparato a memoria ogni luogo della casa e della caserma, spero solo che nessuno sposti qualche mobile »
André fece qualche passo verso Celine e poggiò le mani sulle sue spalle guardandola dritto negli occhi. Celine tremò a quel contatto e il cuore iniziò a battere furioso nel petto quando lui avvicinò il viso al suo.
«Non devi dirlo a nessuno, hai capito? E’ un segreto tra me e te… »
«André ma tu »
«Quando accadrà accadrà… non devi preoccuparti per questo »
Celine lo guardò sconvolta, non sarebbe riuscita a mantenere i loro segreti a lungo.
«André io… »
Gli occhi di Celine si riempirono di lacrime. Non avrebbe mai pensato che la sua vista fosse così compromessa e non avrebbe mai immaginato che potesse addirittura perdere completamente la vista.
«Andrà tutto bene, sarò sempre il solito André solo che… non vedrò più. Va bene? Non cambierà nulla. Ti prego non piangere »
«Non te lo posso promettere… »
Disse Celine cercando di trattenere i singhiozzi ma non ci riuscì. André la strinse a sé e Celine si aggrappò alla sua schiena.
“André… André!”
 
«I parigini invece che chiamarsi monsieur o madame si sentono più onorati di essere chiamati cittadino o cittadina »
«Davvero? »
Oscar annuì lentamente guardando l’orizzonte. Il cielo era chiaro e qualche nuvola compariva di qua e di là, il sole era alto e una leggera brezza rifrescava l’aria calda. Oscar si era poggiata alla finestra e il vento rinfrescava il viso. Celine stava qualche passo indietro e la osservava beata mentre si godeva quei ultimi attimi di tranquillità prima di recarsi a Parigi l’indomani.
«Oscar… devi andare per forza a Parigi? Non è troppo pericoloso? »
«E’ il mio dovere Celine… sono stata addestrata per fare questo»
Oscar le rispose pacata ma Celine non riusciva a stare tranquilla.
«Ma la tua salute…! »
«Sto bene Celine, non ti devi preoccupare per me »
Oscar si girò verso di lei e le sorrise cercando di rassicurarla. Celine sospirò non del tutto convinta. Anche se negli ultimi giorni né la febbre né la tosse erano venuti a tormentarla non si sentiva sicura. Aveva paura di una ricaduta. Celine la guardò per alcuni istanti: il suo viso era sempre pallido e il suo sguardo era stanco, forse non aveva dormito molto quella notte. Non se la sentì di controbattere, sembrava davvero serena e non voleva distruggere quel poco di felicità e di pace che aveva.
Sentirono qualcuno bussare alla porta, Oscar diede il permesso per entrare e videro André aprire la porta. Lo sguardo di Celine si rattristì ricordando quello che era successo la sera prima.
“Voi due… vi mentite per non farvi del male ma siete sicuri che sia la soluzione giusta?”
«Oscar… il tuo ritratto. Il pittore dice che è finito »
Sul viso di André nacque un piccolo sorriso e Celine si sentì di troppo tra di loro.
«Davvero? »
Il viso di Oscar si illuminò. La donna si incamminò rapida verso il salone principale dove sapeva il pittore aspettarla ogni volta. Celine sospirò e la seguì con passi lenti.
«Celine, nel caso io non… riuscissi a vederlo… tu? »
André l’aveva fermata stringendo il suo polso dolcemente, Celine si fermò e deglutì a vuoto.
«Non tralascerò alcun dettaglio »
Disse la ragazza girando il capo verso André non appena raggiunsero il salone. Del generale non c’era neanche l’ombra mentre la madre di Oscar era già scesa e aspettava, seduta sul divano, di poter ammirare il quadro della figlia.
Celine l’aveva vista di rado, non conosceva neanche il suono della sua voce. Era una donna molto elegante e raffinata, i capelli biondo cenere erano raccolti in un piccolo chignon sulla nuca e indossava un abito ceruleo arricchito con pizzi sul petto e sulle maniche. Era emozionata e sembrava avere a cuore l’ultima delle sue figlie tanto da cercare sempre un contatto con lei.
Celine sorrise intenerita.
«Madame Jarjayes è sempre stata una donna molto dolce, anche nei miei confronti. Ha sempre difeso Oscar e, nonostante non abbia potuto fare nulla per impedirlo, ha sempre odiato il marito per la scelta che ha fatto »
Disse André guardando anche lui in direzione della padrona di casa. Il suo sguardo era dolce, sembrava davvero sicuro di quello che diceva.
«E’ una donna molto dolce… »
«Non so se vi piacerà o meno ma… l’ho dipinto con tutta la passione che mi era rimasta »
Il pittore era evidentemente emozionato, stringeva tra le mani il lenzuolo che copriva l’enorme tela che occupava buona parte della parete del soggiorno.
«Monsieur… grazie »
Aveva detto Oscar con un dolce sorriso sul viso. La sua voce era calma e aveva regalato a Celine un’imprevista sensazione di tranquillità.
“Forse ha ragione lei… se dice di sentirsi bene perché dovrei dubitare? E’ così serena dopotutto…”
Il pittore sorrise e senza alcun indugio lasciò cadere il lenzuolo, rivelando un’opera maestosa.
«Oscar è a cavallo, in una mano tiene le redini e nell’altra impugna una spada. Ha un’armatura d’oro e un mantello rosso, sorride e ha i cappelli sciolti. Il cavallo è su due zampe… »
Celine chinò appena il capo verso l’uomo che, guardando il quadro, riusciva a scorgere soli pochissimi dettagli. Nessuno fiatava, erano tutti sconvolti dalla maestosità del quadro. Oscar era a pochi passi dall’opera e la guardava senza però dire nulla.
Lo sfondo del quadro era un paesaggio bucolico, il cavallo bianco spiccava nel mezzo ed era etereo. Oscar aveva un viso molto delicato e le guance erano rosee. Le sembrò più piccola di età. Gli occhi sembravano pozze di acqua cristallina e i capelli biondi non erano molto lunghi, cosa che incuriosì molto Celine.
Era molto somigliante, questo non lo si poteva negare. Sembrava che l’immagine di Oscar fosse stata impressa sulla tela.
«Ma, questo…? »
«Siete voi. In quel giorno d’estate, pieno di luce. All’inizio non sapevo che quella giovane guardia reale dagli occhi di zaffiro e dalle luminose guance dal colore della pesca bianca… il bel ragazzo che tanto adoravo e mi ispirava… siete voi, ora ne sono sicurissimo. Perché non me ne sono accorto subito?1 »
Celine lanciò uno sguardo ad André: era rigido e sembrava sforzare incredibilmente la vista. Stava stringendo i pugni e Celine, quasi involontariamente, poggiò la mano sulla sua, come se volesse tranquillizzarlo. André si girò a guardare Celine ma non allontanò la mano. Le sorrise e Celine notò con la coda dell’occhio che la padrona li stava guardando e che forse non era l’unica.
Madame Jarjayes si era voltata appena cercando lo sguardo di André e sorrise appena.
«André sembra tanto stupito che è rimasto senza parole »
L’uomo accennò una risata nervosa e allontanò la mano stringendo le braccia al petto, affranto. Celine guardò André con la coda dell’occhio ma non disse nulla.
«Ah… se non vi soddisfa ce n’è anche un altro di quadro dipinto normalmente »
La voce del pittore destò Celine dai suoi pensieri e si ricordò che Oscar non aveva ancora espresso la sua opinione. Le sembrò agitata nonostante la donna le desse le spalle.  Corrugò la fronte, cos’era successo? Si era distratta per un secondo!
Lei guardò il pittore, poi il quadro e, con un sorriso sul viso parlò.
«Monsieur… non so da quanti anni è che non provavo tanta felicità, una purezza che rinfresca il cuore… »
Oscar si voltò completamente verso il pittore. Il suo sguardo era sereno ma c’era qualcosa che non andava, Celine ne era certa. Sembrava preoccupata per qualcosa ma non riguardava il quadro.
«Grazie. E’ un magnifico ritratto! »
Oscar sorrise appena e girò di nuovo il viso verso il quadro ma un improvviso colpo di tosse le spezzò il fiato. Celine trasalì, Oscar tossiva violentemente e copriva la bocca con le mani di sicuro sporche di sangue.
“Oh no… no! Oscar!”
«Oscar?! »
«Oscar! »
Sia madame Jarjayes che André si avvicinarono rapidi alla donna spaventati, il borbottio di prima si era interrotto di colpo. Tutti guardavano Oscar e sembravano essere preoccupati per lei. La donna vacillò e tutto accadde in una frazione di secondo.
Oscar si accasciò a terra ma André prontamente la prese tra le sue braccia per evitare che sbattesse la testa contro il pavimento, madame Jarjayes si inginocchiò al fianco della figlia terrorizzata e fu allora che tutti notarono il sangue fuoriuscire dalle sue labbra e che imbrattava le mani e la camicia bianca.
 
1 = probabilmente il pittore fa riferimento alla parata che i sovrani fecero a Parigi dopo il loro matrimonio ( dal manga)

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Tramonto ***


«Dobbiamo portarla in camera André »
Celine tremava. Era sconvolta e non riusciva a staccare lo sguardo dal viso bianco di Oscar poggiato sulla spalla di André, priva di sensi.
Il giorno era arrivato.
Oscar, dopo mesi e mesi di lotta, era crollata.
Ricordava ancora il sorriso che aveva fatto mentre la rassicurava quella stessa mattina. Non poteva essere successo così in fretta.
«S-Sì… »
André non si era mosso per tutto il tempo, aveva stretto tra le braccia il corpo di Oscar ed era rimasto pietrificato quando aveva notato lo scarlatto del sangue macchiarle il viso. Si era alzato in fretta, stringendo ancora la donna tra le sue braccia, ed era corso, accompagnato da Celine verso la camera di Oscar.
«Qualcuno è andato a chiamare il medico?! »
Continuava a delirare Madame Jarjayes mentre un paio di cameriere le facevano respirare il profumo dei sali.

 
“Eravamo tutti sconvolti. È inutile negarlo”
 
«Il dottore è arrivato? »
Chiese la governante sentendo in lontananza il rumore di una carrozza. Celine alzò anche lei il capo verso la finestra, stringendo tra le mani un panno umido da posare sulla fronte di Oscar, ancora incosciente. André scostò appena la tenda e vide una carrozza sostare davanti l’entrata del palazzo.
«Sì, è lui »
Disse improvvisamente ansioso. Celine posò la pezza sul viso bollente della donna e lasciò una tenera carezza sul suo viso.
“Oscar… amica mia… andrà tutto bene… resisti… ti prego!”
«Finalmente! Ha la febbre altissima! Celine, André, non allontanatevi! Restate al suo fianco, io vado dal dottore »
La governante non diede neppure il tempo di replicare che si era già dileguata fuori dalla stanza.
Il sole stava calando, i raggi caldi entravano nella stanza. Era passata forse una mezz’ora dallo svenimento di Oscar e lei non aveva ripreso ancora coscienza. Celine sapeva benissimo che era la febbre a tenerla assopita, anche se in alcuni istanti aveva dato segnali di lucidità, ma questo né André né gli altri potevano saperlo.
Avevano pulito il suo viso dal sangue e le avevano tolto i panni sporchi, la governante aveva notato senza però fare commenti l’eccessiva magrezza della donna. André aveva consumato il marmo dei pavimenti a furia si eseguire gli ordini che la nonna gli aveva imposto e ora sedeva lì, di fronte a Celine, mentre stringeva la mano di Oscar tra le sue.
«André… »
Celine sussurrò appena il suo nome. Lui alzò lo sguardo su di lei, era terribilmente serio. Sentirono il fruscio delle lenzuola e si voltarono entrambi verso Oscar.
«Oscar? Mi senti? »
«Oscar… »
Lei aprì appena gli occhi e si guardò in giro, ancora stordita. Sembrava non riconoscerli, come se avesse dimenticato per un istante chi fossero e dove si trovasse ma appena i suoi occhi incontrarono il viso di André sembrò rilassarsi.
«André… »
Lo sussurrò appena stringendo il più che poteva la mano con la sua, liberando una lacrima. André sorrideva sereno, il suo sguardo serio era scomparso all’improvviso.
«Amore mio… »
Lo sguardo di Celine si addolcì e un tenero sorriso le incurvò le labbra. Non aveva mai sentito né Oscar né André scambiarsi mai parole dolci e nessuno dei due aveva mai parlato dell’altro con così tanta dolcezza. Oscar aveva accennato ad un debole sorriso, lui si era chinato verso di lei per baciarle la fronte.
«Cos’è successo? »
«Sei svenuta, è arrivato il medico »
Aveva evitato di nominare la tosse violenta e il sangue, forse perché in cuor suo non voleva farla preoccupare.
“Lei lo sa… lo sappiamo già… potrai mai perdonarci? Potrai mai perdonare me per averti nascosto una verità così atroce?”
Celine abbassò il capo e cacciò via le lacrime.
«Ci hai fatto spaventare… »
Disse lei fingendosi sollevata e André le sorrise nuovamente, abbandonando la sua mano quando sentirono la porta aprirsi di scatto. Il dottore si avvicinò subito al letto di Oscar facendo allontanare rapidamente André, dietro di lui comparvero il suo assistente, la governante e un paio di cameriere che aspettavano suoi ordini.
Celine si alzò rapidamente e guardò il medico spaventata. Lui aprì rapido la borsa che aveva portato il suo assistente e aveva lanciato uno sguardo rapido verso Oscar, del tutto sveglia.
«Lasciate tutti la stanza, tranne te – disse il dottore indicando Celine – ,tu devi aiutarmi »
Celine annuì tremando. Un terribile silenzio riempiva la stanza, faceva fatica a immaginare come la dolcezza tra André e Oscar fosse stata interrotta in modo così brusco. Sentiva addosso lo sguardo di tutti, come sempre e  notò che anche André la stava fissando confuso.
Appena tutti lasciarono la stanza il medico si sedette al fianco di Oscar e la aiutò a sollevarsi.
«Loro non sanno ancora nulla, vero? »
Lo sguardo freddo e distaccato che il medico aveva avuto per tutto quel tempo era scomparso; era dolce come quello di un padre che si rivolgeva alla figlia. Oscar aveva la voce bassa e lui le accarezzò il viso, controllando anche se la sua fronte scottasse.
Si allontanò appena da lei e prese qualcosa dalla borsa: era una boccetta di vetro con dentro delle erbe medicinali, non le aveva mai viste prima. Posò un po’ di quelle erbe in un fazzoletto, quanto bastava per una tazza, e lo porse al suo assistente.
«Pascal fai bollire questo dalla governante »
Il ragazzo – forse aveva la sua stessa età, pensò Celine – corse fuori dalla stanza e chiuse bene la porta dietro di sé. Celine notò, prima che la porta si chiudesse, la figura della contessa e del generale dietro la porta. Quando era tornato?
«Sapete dirmi cos’è successo? La governante era così agitata che non mi sono chiare alcune cose »
Disse l’uomo rivolgendosi prima ad Oscar poi a Celine. Oscar poggiò il capo sui cuscini morbidi e chiuse gli occhi.
«Non dormite, mi servite sveglia »
«Sono… stanca… non… riesco a… respirare »
Oscar si agitò tra le lenzuola e iniziò a fare respiri sempre più rapidi. Celine si mosse ad aprire le finestre per far entrare aria  mentre il medico le solleticava le narici con i sali.
«Allora? Cos’è accaduto? »
«Ha iniziato a tossire mentre eravamo tutti nel soggiorno a vedere un nuovo quadro. Poi è svenuta davanti a tutti »
«Ha tossito sangue? »
«Sì, era da un paio di giorni che non aveva più febbre e tosse »
«Capisco… signor Oscar voglio sentire il vostro respiro, ce la fate ad alzarvi? »
Oscar annuì leggermente, aveva ripreso un po’ di colore e, con molta fatica, si era messa a sedere all’angolo del letto. Sembrava terribilmente fragile, come se fosse fatta di cristallo ed ebbe paura di vederla spezzarsi. Celine fu colta da un brivido:  non l’aveva mai vista in questo stato, non l’aveva mai vista così debole e priva di forze
«Va bene così »
Disse il medico notando l’enorme sforzo che stava facendo e probabilmente le sue gambe non avrebbero retto una volta in piedi. La visita proseguì senza intoppi, Oscar era troppo provata per cercare di ribellarsi agli ordini del dottore e si era stesa nel letto sfinita, nonostante i pochi movimenti effettuati. Celine aveva seguito gli ordini del medico, aveva aiutato Oscar a svestirsi e vestirti e le era stata accanto quando la tosse l’aveva colta di nuovo alla sprovvista.
«Sarò franco con voi signor Oscar »
Disse passando una mano sulla fronte, il suo assistente apparì di nuovo dopo poco con quell’intruglio nauseante. Celine fece una smorfia, cosa diavolo era quella robaccia? La porta era rimasta socchiusa e Celine corse rapida a chiuderla di nuovo sotto l’ordine del medico.
«Vi ringrazio »
Oscar trattenne un colpo di tosse e tornò a guardare il medico tranquilla. Celine, invece, sentiva l’ansia aumentare sempre di più nonostante avesse già capito l’esito di quella visita non si sentiva ancora pronta per sentirla ad alta voce. Si morse il labbro e strinse la gonna tra le mani, guardando il viso del medico.
L’uomo porse la tazza fumante ad Oscar che, a piccoli sorsi, iniziò a bere. Il suo viso disgustato le fecero capire che il sapore di quella bevanda non doveva essere troppo diverso dall’odore che emanava e un’improvvisa nausea le scombussolò lo stomaco.
«Come dicevo… sarò sincero con voi. Non credo che ci sia più nulla da fare, o almeno nulla che la scienza al momento possa fare »
Oscar non si scompose, anzi accennò un velato sorriso al medico.
«Mi state dicendo che… sto per morire? »
Il medico si aggiustò le lenti – le portava anche prima? Lo aveva appena notato – e guardò di nuovo la donna stesa nel letto.
«Sì. È troppo tardi »
Celine si coprì la bocca con le mani per evitare di urlare. Avrebbe voluto urlare che il medico si stava sbagliando, che lei non sarebbe morta e che aveva soltanto bisogno di riposare. Le lacrime le offuscarono la vista e non riusciva a bloccarle. Non aveva sentito un lamento provenire da Oscar e quando alzò il capo verso di lei la vide piangere in silenzio mentre il dottore stringeva le sue mani, proprio come aveva fatto André prima.
 
«Vostro figlio ha la tubercolosi. Devo ammettere che non mi è mai capitato di visitare un malato di tisi in uno stato così avanzato senza che lui sapesse della sua malattia »
Il medico stava recitando la sua parte, come gli aveva chiesto Oscar, di fingere di non averla mai visitata prima di quel giorno. Celine stava un passo dietro il medico, con gli occhi ancora rossi, e ascoltava le parole del medico.
«E ditemi… si può guarire? C’è la possibilità che possa stare meglio? »
Aveva chiesto il generale lasciando trasparire la preoccupazione dalla sua espressione. Madame Jarjayes si reggeva a lui, con il viso pallido e sconvolto, e sembrava pendere dalle labbra del medico. La governante stringeva un fazzoletto tra le mani che torturava maledettamente mentre André, a pochi passi da Celine, osservava tutto in silenzio. Celine girò appena il capo verso di lui. Teneva i pugni serrati e il suo viso era contratto, in ansia.
«Mi dispiace… »
Si limitò a dire il dottore mentre si aggiustava le lenti. Madame Jarjayes iniziò a piangere disperata, rifugiandosi tra le braccia del marito, anche lui sconvolto. Marron pianse anche lei, piangevano tutti.
André no.
Era rimasto fermo, immobile. Con il mondo che gli era appena crollato addosso.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Pensieri ***


Celine
 
Vidi André scendere le scale in fretta e, senza aspettare che il medico finisse di parlare con i miei padroni, presi la gonna tra le mani per aiutarmi nei movimenti e mi accinsi a rincorrerlo. L’avevo chiamato più volte ma lui sembrava non volermi ascoltare. Sentivo dentro di me pensante la consapevolezza che non avevo fatto abbastanza, che le mie cure e che la mia devozione non erano state sufficienti a far stare meglio Oscar.
Mi sentivo in colpa.
Se solo avessi potuto essere più ferma e rigida nei miei confronti, forse ora non starebbe lì, sola, a soffrire per l’imminente morte.
Era colpa mia.
Solo colpa mia.
«André! André ti scongiuro fermati! »
Urlavo con tutta la voce che avevo in corpo seguendolo fino al salone dove lui aveva trovato rifugio. Mi fermai anch’io alla porta e lo guardai silenziosa mentre cercavo di riprendere fiato. Stava guardando il suo quadro, in silenzio, e stringeva i pugni, tremava. Mi avvicinai piano, lui forse non mi aveva neanche sentita arrivare. Lo abbracciai da dietro e poggiai la guancia destra sulla sua schiena, stringendolo forte a me. Lui sussultò, non si era accorto di me. Anche se non riuscivo a vedere il suo viso, lo sapevo che stava piangendo in silenzio e così fu, quando si girò a guardarmi per un istante vidi le lacrime bagnargli il viso.
«Ha la tisi… »
Disse solo a bassa voce e io sentì le lacrime pizzicare nuovamente i miei occhi. Lo strinsi di più a me, avevo paura che cedesse se solo mi fossi allontanata anche di poco. Tremava delirante, aveva sempre avuto paura di perderla e ora la sua paura più grande si stava per manifestare a lui senza che potesse fare nulla per evitarlo.
«E io… non ne sapevo nulla… »
La sua voce era diventata più flebile. Scosse appena il capo e abbassò le spalle sconfitto, cadendo poi inginocchio e io con lui. Rafforzai la stretta intorno al petto e sentì le due dita intrecciarsi con le mie. Singhiozzava.
«André… »
Lo chiamai ma non sapevo neppure cosa dirgli per tranquillizzarlo perché neppure io ero tranquilla. Mi mossi appena e mi ritrovai in pochi secondi davanti a lui e notai che stava guardando ancora il quadro, forse lo riusciva a vedere.
«Questo quadro… è orrendo »
Disse dopo attimi di silenzio e crollò, non riuscendo a trattenere più il dolore che gli dilaniava il petto e che l’aveva colpito proprio all’apice della sua felicità. Lo strinsi di nuovo a me e questa volta lui ricambiò il mio abbraccio, aggrappandosi quasi a me. Lo accolsi e aspettai pazientemente che si calmasse, che riuscisse a trovare la forza di rialzarsi per restarle accanto, ora che aveva più bisogno di lui.
Mi sentii di nuovo in colpa.
Per avergli nascosto la verità sulla salute di Oscar e mi sentii male nel vederlo soffrire così tanto. Non avrei mai pensato di vederlo così fragile e distrutto.
Era colpa mia.
«Forse lo sapeva già da tempo e non mi ha detto nulla »
Disse drizzandosi con la schiena e passando una mano sul viso per asciugare le lacrime. Allontanò infastidito i capelli dal viso e abbassò lo sguardo. Vidi il suo viso scoperto e provai una fitta al cuore nel vedere la sua cicatrice. Mi faceva sempre quell’effetto quando la notavo, sotto la ciocca di capelli che la nascondeva.
«Forse mi ha mentito… ma perché? Perché l’ha fatto? »
«Per proteggerti, forse? Non lo so… »
Tentai di difenderla. In realtà non avevo mai condiviso la sua scelta e l’avevo odiata per avermi imposto di rimanere in silenzio. Avrei dovuto ribellarmi e urlare al mondo cosa la faceva soffrire. Sono stata una stupida ad assecondarla.
«Proteggermi? Se avesse voluto proteggermi non mi avrebbe rivelato i suoi sentimenti »
Touché.
Abbassai il capo sconfitta. Era stata lei ad arbitrare il tutto e aveva perso il controllo del gioco, trovandosi immersa nelle sue stesse contraddizioni. Voleva nascondergli la malattia, allontanarsi da lui e allo stesso tempo voleva perdersi in lui. Ricordava ancora la notte in cui lei le confessò di amarlo.
«Lei però ti ama veramente… non dubitarne mai »
«Avrei voluto avere il tempo di sposarla… non è presunzione la mia. Il mondo, la Francia… sta cambiando. Noi stiamo cambiando. Tra qualche tempo non esisteranno più queste divisioni sociali e sì… avrei voluto davvero poter dire alla luce del sole che l’amo più di me stesso »
André poggiò i gomiti sulle cosce e nascose il viso alla mia vista. Lo sentivo dentro di me il dolore che stava provando in quel momento, come se stesse marchiando il mio cuore per non dimenticarlo mai. È questo quindi l’amore?
Mi sentii in colpa.
Ancora una volta.
 
André
 
Qualche giorno prima mi aveva chiesto di restarle accanto, di non lasciarla sola. All’inizio non avevo capito il motivo delle sue parole, e soprattutto il perché della sua agitazione.
Lo sapeva già da allora. Forse lo aveva sempre saputo.
Mi sentii in colpa.
Ero talmente immerso del godermi il nostro amore che non avevo più fatto caso ai dettagli, ai segni che in quel preciso istante mi sembravano così ovvi e banali. L’avevo notato il suo dimagrimento, ma avevo dato per scontato che fosse per colpa del suo nuovo ruolo. Non avrei dovuto farlo. L’avevo scoperta spesso con la febbre, ma non ci diedi peso. Non avrei dovuto.
Lei però lo sapeva già da tempo.
Per quanto conoscessi poco il campo medico capii che una diagnosi così non si poteva dare in una sola visita e basandosi semplicemente su pochi sintomi. Non mi aveva convinto.
Probabilmente, anche Celine sapeva qualcosa o forse proprio lei l’aveva consigliato di vedere un medico ( lo stesso che l’aveva appena visitata? Possibile) ma non me la sentii di biasimarla. Aveva solo eseguito la volontà di Oscar, come d'altronde avevo fatto io per anni, anche se non la approvava appieno.
No, non riuscivo ad essere arrabbiato con nessuna delle due per avermi nascosto la verità. Anche io, in fondo, avevo nascosto ad Oscar il mio problema alla vista.
Solo che questa volta non si trattava di qualche punizione, non era questo il prezzo da pagare. Senza la vista continuerei a vivere, e lei?  Lei potrebbe morire anche ora che sono qui, nella biblioteca, con Celine di fronte a me che, in religioso silenzio, mi fa compagnia.
Mi concentrai su di lei, forse per distrarmi dal dolore che provavo al petto.
Era bella Celine, con i suoi capelli castani e gli occhi scuri. Mia nonna la adorava e, ogni volta che mi aveva fatto visita in caserma, aveva sempre parlato di lei. Forse, se avessi rinunciato ad Oscar, probabilmente mi sarei fatto avanti e l’avrei fatta felice. Avrei avuto accanto una donna che mi piaceva, sia interiormente che esteriormente e forse avrei fatto felice mia nonna che da tempo vuole che mi sposi e che le dia dei pronipoti.
Scacciai quei pensieri dalla mia testa quando Celine notò che la stavo guardando e arrossì appena. Sorrisi un po’, era davvero adorabile.
La mia mente tornò, ancora una volta, a quel pomeriggio di pochi giorni fa. L’avevo stretta a me, l’avevo baciata e solo Dio sa quanto avrei voluto sentire di appartenerle completamente, sentire che LEI era completamente mia. Mia e di nessun’altro.
Ma avevo desistito.
Abbiamo tutto il tempo del mondo, mi dissi.
Non era vero, non avevamo più tempo, lei non aveva più tempo.
In quel momento sentì la necessità di starle accanto crescere in me e, per qualche assurda casualità, sentì nel corridoio la voce di mia nonna chiedere alle cameriere dove fossi.
«Non l’avete visto? Oscar ha chiesto di lui »
 
Oscar
 
La voce di mia madre mi arrivava lontana, ma le carezze che mi dava sul viso… com’erano morbide le sue mani! Sorrisi appena, intontita un po’ dalla febbre.
Mi ero abituata alla presenza rassicurante di Celine durante le mie crisi e sentii un vuoto quando non la vidi al mio fianco.
Egoista.
Lo ero, eccome!
Avevo pensato solo a me e al mio dolore, mettendo in secondo piano i sentimenti sia di Celine sia di André. Cosa avevo voluto dimostrare? Nulla. Il segreto della mia malattia non mi aveva rafforzato e convinto a combatterla ma sembrava che avesse fatto crescere in me la voglia di annegarvi, di lasciarmi andare tra le sue braccia invitanti.
Egoista.
Mi sentii in colpa.
Avevo costretto quella povera ragazza a tacere un segreto troppo grande per entrambe e l’avevo costretta a restarmi accanto. Forse mi odiava, come darle torto?
Pensai ad André, mi sentii peggio.
Non avevo avuto il coraggio di confessargli nulla, avevo preferito arrendermi invece di combattere per stare con lui e di vivere serena insieme all’uomo che amavo.
Egoista.
«Oscar »
Non riconoscevo la voce di mio padre. Era calma e così anche il suo sguardo, il generale Jarjayes che mi aveva cresciuto non era mai stato così dolce con me. Anzi, era stato tutto il contrario. Girai appena il capo verso di lui e tentai di alzarmi dal letto almeno un po’. Ero cosciente e stare stesa mi faceva sentire ancora più impotente di quanto già non fossi.
«Il dottore ci ha detto tutto… »
Mi stavo spaventando. Come poteva essere così calmo mentre parlava? Davvero… non gli importava nulla di me? Della mia salute? Sentì le lacrime pungermi gli occhi ma tentai di trattenerle.
«La prossima crisi potrebbe essere fatale »
Il suo tono era cambiato, la sua voce si era spezzata quando aveva detto la parola “fatale”. Ed era vero. La morte, ormai, non mi sembrava così lontana. Sarebbe potuto accadere da un momento all’altro.
«François1 smettila, ti prego »
Lo ammonì prontamente mia madre.
«Lasciamola stare, poverina. Non credi di averla fatta soffrire abbastanza con le due parole? Non ti è sufficiente? »
«Georgette2…»
Non dissi nulla, non avevo la forza di parlare con loro né volevo provarci. In quel momento avrei voluto al mio fianco solo mia madre.
«Madre »
La chiamai piano, ignorando completamente mio padre e dimenticando subito le parole che mi aveva appena detto.
«Dov’è André? »
L’avevo chiesto senza pudore, senza paura che scoprissero i sentimenti che mi legavano a lui. Lo amavo, lo amavo tanto e peccai di egoismo di nuovo perché lo volevo al mio fianco, perché volevo che restasse con me fino alla fine dei miei giorni.
Mi sentii in colpa, dannatamente in colpa, e mi pentii di avergli rivelato i miei sentimenti.
Non perché i miei sentimenti fossero mutati, ma perché avrebbe sofferto, eccome se avrebbe sofferto.
Sentì una lacrima bagnarmi il viso e mia madre la asciugò rapida e con un sorriso dolcissimo  mi parlò.
«Non ti preoccupare, lo faccio chiamare. Arriverà presto »
La sua voce era sempre stata così melodiosa e calda e mi sentì amata come non mai da lei. Lei che mi era sempre sembrata così irraggiungibile, così bella e gentile… mio padre non mi aveva negato le sue dolcezze ma non voleva che le stessi accanto, non voleva distrazioni. Dovevo essere un uomo.
«Va bene »
Sussurrai chiudendo gli occhi per alcuni istanti. Ero stanca e fuori la luna aveva iniziato ad illuminare il cielo ormai scuro. Mia madre si alzò lentamente, posando le labbra sulla mia fronte per un delicato bacio e se ne uscì fiera anche se, nei suoi occhi, avevo notato il dolore che le dilaniava il petto.
Egoista, pensai di nuovo.
Anche mio padre, dopo attimi di silenzio, si alzò dalla sedia posta vicino al mio letto e mi lasciò sola, senza dire una parola. Non mi aspettavo nulla da lui, né amore né soprattutto compassione. Ma mi sentii comunque ferita dal suo comportamento così freddo nei miei confronti.
Mi accovacciai sotto le coperte e aspettai il suo arrivo. Sentivo le guance in fiamme e le mie lacrime sembravano bruciare sulla pelle. Avrei tanto voluto non stare male, avevo sempre odiato stare male, soffrire e far preoccupare gli altri. Asciugai le lacrime con il dorso della mano e abbracciai un cuscino, stringendolo al petto e vi poggiai la guancia, aspettando.
Il mio cuore batteva all’impazzata e ogni secondo che passava sembrava aumentare la sua velocità ad un tratto pensai che lui non sarebbe venuto da me.
Tossii, non uscì sangue.
Solo dopo qualche minuto la porta si aprì di nuovo, non alzai il capo che avevo nascosto sotto le coperte e aspettai che il nuovo ospite si avvicinasse.
«Oscar… »
La sua voce mi riempì, le lacrime questa volta uscirono senza che io potessi neppure accorgermene. Coprii la bocca per trattenere i singhiozzi e nascosi ancora il viso quando sentì la sedia vicino al letto muoversi. Lui era a pochi centimetri da me e avrei tanto voluto stringermi a lui e sentirmi ripetere che sarebbe andato tutto bene. Gli avrei creduto, eccome! Quando ero con lui anche l’impossibile mi sembrava possibile! È così difficile descrivere ciò che provo ogni volta che lo sento vicino.
«Oscar… »
Ripeté il mio nome ancora una volta, sentivo i suoi passi. Mi alzai a sedere e poggiai la schiena su alcuni cuscini e lui si sedette al posto di mia madre e prese la mia mano tra le sue, baciandone il dorso, e la portò al viso. Sentii a contatto con la mia mano la pelle della sua guancia e lui chiuse gli occhi.
«Mi dispiace… »
Fu l’unica cosa che riuscii a dirgli prima di scoppiare a piangere e lui, con amore, si sedette al mio fiano, mi prese tra le sue braccia e mi strinse a sé, baciandomi il viso e accarezzandomi la pelle e io mi abbandonai nel suo calore3. Era così bello sentire il suo corpo forte contro il mio, debole, che mi proteggeva da tutto. Avrei voluto tanto dagli di più, pensai respirando il suo profumo. Avrei voluto essere sua, legarmi a lui ancora di più. Avrei voluto essere sua moglie davanti a Dio e agli uomini.
«Va tutto bene. Ti amo »
Mi disse lui a voce bassa prima di baciarmi la fronte. Gli credetti e lasciai perdere il dolore improvviso che provavo in petto e il fuoco che mi bruciava la gola. Tossì di nuovo e nascosi il viso sul suo petto, forse macchiai appena la sua camicia di sangue, non ne ero sicura.
«Ti amo anche io »
Mi sforzai a parlare con lui, non avevo più voce. La mia mente era offuscata e la vista pure. Chiusi gli occhi.
«Oscar? Oscar?! »
 
1= riprendo il vero nome del vero generale Jarjayes: François Augustin Reynier de Jarjayes
2= riprendo il nome che Riyoko Ikeda ha assegnato a Madame Jarjayes: Georgette de la Tour
3= probabilmente qualcuno di voi penserà “ma sono troppo vicini! Può contagiarlo!” e, siamo sinceri, avrebbe ragione. Ma ho motivo di pensare che all’epoca (siamo comunque nel XVIII secolo) la nozione di “contagio” non fosse come quella che abbiamo noi oggi, o che addirittura non esistesse proprio ( anche se preferisco la prima ipotesi ). Nel caso in cui mi sbagliassi (cosa molto probabile), prendetela come una piccola licenza d’autore :D 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Alba ***


Dopo più di un mese di assenza sono tornata!
Mi dispiace avervi fatto aspettare così tanto ma quest’ultimo periodo è stato un po’ difficile trovare il tempo di scrivere o di svagarsi un po’. Ora che finalmente ho sostenuto la maturità sono tornata a scrivere ed è stato liberatorio. Avevo così tante idee e tante cose da scrivere che ora non so da dove iniziare!
Questo è un piccolo capitolo, nulla di eccezionale, ma ci tenevo particolarmente a pubblicarlo.
Grazie mille per avermi aspettata, spero che il capitolo sia di vostro gradimento <3
 
«Come sta? Si è ripresa? »
Chiese madame Jarjayes, interrompendo la sua preghiera, quando il dottore entrò nel salotto dove tutti erano riuniti in silenzio e in attesa di buone notizie.
«Per ora è stabile, sta riposando. Le ho dato del laudano, la febbre è salita di nuovo e ha avuto le convulsioni. Devo ammettere che non avevo mai visto un peggioramento simile in così poco tempo però non perdo le speranze, se riesce a superare la notte ha ancora qualche possibilità di vivere »
Disse il medico poggiando la mano sulla fronte massaggiandosi poi le tempie. Madame Jarjayes scoppiò in lacrime aggrappandosi al marito, la governante singhiozzava accanto al nipote. André non si era mosso, aveva tenuto il capo basso per tutto il tempo, con i gomiti poggiati sulle cosce e con le mani che gli reggevano la testa. Celine si era seduta al suo fianco, il dottore non aveva voluto nessuno con lui se non il suo assistente e lei era rimasta chiusa fuori, cacciata insieme ad André che, sconvolto, non era riuscito a dire nulla o a ribellarsi.
«Allora… la porteremo ad Arras, in campagna »
Aveva detto il generale e Celine quasi non riconobbe la sua voce tremante.
«Assolutamente no. La campagna la sconsiglio fermamente. Sembrerà la soluzione migliore ma nessuno tiene in conto delle intemperie e della poca attività 1 e invece di farle del bene potrebbe accadere tutto il contrario. Se fosse venuta da me prima – fece una pausa, pensando a tutte le visite degli scorsi mesi – probabilmente ora non sarebbe in questo stato »
Celine strinse la mano di André tra le sue e lui girò il capo verso di lei, senza dire nulla, e la guardò piangere silenziosamente.
«Cosa… possiamo fare allora? »
Chiese André con una calma innaturale alzando lo sguardo verso il medico.
«Starle accanto, può sembrare poco, ma per curare una malattia corporale è meglio prima curare la malattia dell’anima. In più tenere le finestre aperte il più possibile, bagni con essenze per liberare i polmoni… credo che possa bastare »
«Faremo tutto il necessario dottore »
Assentì il generale e Celine, accompagnata dalla governante, seguì l’assistente del medico nella stanza della donna per darle alcune erbe per i medicinali.
 
«Sono le cinque del mattino… sta ancora dormendo? »
Chiese Celine guardando verso il letto. André era seduto su una poltrona vicino al letto e non si era mosso da lì, era stato sveglio tutta la notte attento ad ogni suo movimento. Celine tirò le tende e aprì completamente le finestre, lasciando che la luce del sole e l’aria fresca entrasse nella stanza.
«Sì, credo che tra poco si sveglierà »
Sussurrò André stanco, stringendo la mano della donna e baciandole il polso. Celine allora si avviò verso la vasca da bagno e prese una delle bacinelle piene d’acqua calda che aveva preparato per versarla nella vasca.
«Aspetta, lascia fare a me »
Aveva detto André e lei lo aveva lasciato fare senza opporre resistenza. Troppe emozioni e poco sonno la stavano distruggendo.
Quando André ebbe finito iniziò a far sciogliere nell’acqua i Sali che le aveva dato l’assistente del medico e preparò i teli per Oscar e, una volta ultimato tutto, aspettarono il suo risveglio.
La febbre era calata e il suo viso era fresco anche se le guance erano ancora rosate, la tosse non l’aveva scossa neanche una volta anche se si era lamentata nel sonno, girandosi e rigirandosi nel letto più volte, chiamando il suo André.
Riaprì gli occhi che il sole stava ancora sorgendo, l’orologio batteva le sei.
«Oscar… »
André le accarezzò il viso e le sorrise sollevato e le parlò piano, stringendola a sé.
«Non dormivo così bene da molto »
Disse Oscar con la voce ancora impastata dal sonno guardando sia André sia Celine. Poi il suo sguardo si volse verso la finestra aperta.
«Che giorno è? »
«13 luglio »
Aveva sussurrato Celine mentre fece cenno ad André di prenderla in braccio. La donna si abbandonò tra le braccia del suo amato e, nascosta dieto il separé, si era lasciata spogliare da Celine senza chiedere nulla.  Si immerse rapida della vasca, l’acqua non era calda ma nemmeno tiepida e il profumo balsamico che sentiva alleviava il fastidio che sentiva nel petto. Celine coprì la vasca con alcuni asciugamani, permettendo così ad André di avvicinarsi a lei senza che potesse vederla nuda.
«Dovevamo andare a Parigi  »
Sussurrò Oscar stordita rivolgendosi ad André. In quelle ore avevano completamente dimenticato tutto quello che stava succedendo a Parigi e André si rese conto che tenerla a palazzo le sarebbe stato fatale se il popolo avesse preso il sopravvento.
«È vero »
Disse accarezzandole il viso pallido e spostando una ciocca dal suo viso. Celine le raccolse i capelli in un piccolo chignon.
Qualcuno bussò alla porta, Celine si mosse rapida e l’aprì appena scorgendo la figura della governante.
«Il generale vuole parlare con André… Oscar si è svegliata? Come sta? »
«È sveglia ma è ancora un po’ stordita, mi sembra star meglio… André – si girò in direzione dell’uomo – il generale vuole parlare con te »
André alzò il capo verso Celine e annuì, baciò la fronte di Oscar e le promise di tornare presto. Celine si allontanò dalla porta e lasciò entrare la governante che rapida si avvicinò ad Oscar.
«Bambina mia! Come stai? Che spavento ci hai fatto prendere! Però non ti preoccupare, ora ti aiuteremo noi, ti sentirai subito meglio! »
«Nonna… grazie »
Avrebbe voluto dire altro, pensò Celine, ma forse aveva evitato per non darle un altro dolore.
«Tesoro ora vado a prepararti qualcosa da mangiare, va bene? E non dirmi che non hai fame perché dovrai mangiare per forza! »
Oscar rise e annuì serena, promettendole di mangiare quello che poteva. Quando si ritrovarono sole Celine si sedette sullo sgabello al suo fianco e la guardò in viso.
«Oscar io »
«Tu e André siete molto carini insieme »
Celine sussultò, il viso di Oscar era serio e un piccolo sorriso le incurvava le labbra.
«Oscar ma cosa stai dicendo… io… »
La porta si aprì di nuovo, la governante aveva in mano un vassoio con del latte caldo e qualche fetta di pane come le aveva consigliato il medico.
 
“Oscar non è mai più tornata su quell’argomento”
 
 
1=  La dimora in campagna senza attività viene erroneamente presa a modello e non si tiene conto delle intemperie. [Fonte: https://blog.libero.it/lfde/9843863.html]

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Amore ***


[Oscar e André]
 
Oscar stava seduta sul bordo del letto, con indosso una vestaglia leggera, respirando a pieni polmoni l’aria fresca che entrava dalla finestra. Non aveva visto André per tutta la mattinata da quando suo padre l’aveva chiamato nel suo studio e ora stava iniziando a sentire la sua mancanza.
Girò lo sguardo sul vassoio che aveva poggiato sul comodino, metà pieno di cibo che la nonna di André le aveva preparato. Aveva cercato di mangiare il più possibile ma il suo stomaco sembrava rifiutare qualsiasi cosa ingerisse, così lasciò perdere.
Non volle neanche alzarsi per fare qualche passo per la stanza, si sentiva troppo stanca per farlo.
La governante entrò nella stanza per prendere il vassoio e non le disse nulla riguardo il cibo che aveva lasciato, al contrario le aveva accarezzato il viso e aveva lasciato la stanza in silenzio.
«Maledetta malattia… maledetta me… »
Pensò guardando il riflesso dello specchio, non troppo distante dal letto, che rifletteva, appunto, la sua immagine. Si odiò. Per il suo pallore – la regina o le altre dame di corte ne sarebbero state invidiose –, per la magrezza eccessiva, per quegli occhi che sembravano sempre sul punto di lacrimare e per le guance sempre colorate di rosa.
«Per fortuna non indosso il corsetto… respiro a fatica senza, non riesco ad immaginare con »
Abbassò le spalle e si aggiustò lo scollo della vestaglia, tossendo appena.
Non uscì sangue.
Sentì qualcuno bussare alla porta.
«Avanti… »
Disse con aria stanca senza nemmeno girarsi a vedere chi fosse entrato e si alzò appena per sedersi meglio sul letto, incrociando appena le gambe.
Quando però vide la figura di André nel riflesso dello specchio un sorriso nacque spontaneo sulle sue labbra e tutti quei pensieri tristi sembrarono sparire come in una nuvola di fumo.
«André… »
Lui avvicinò la sedia al suo letto e si sedette di fronte a lei, stringendole le mani e baciandone il dorso.
«Come stai? Ti senti meglio? »
Le chiese guardandola in viso sinceramente preoccupato.
«Sono stata peggio… ho mangiato qualcosa ma non ho appetito e non ho febbre per ora… mi sento meglio »
André sorrise e, dopo un attimo di pausa, parlò di nuovo.
«Oscar io devo saperlo, da quanto? Da quanto sei a conoscenza di essere malata?»
Quel dubbio lo assillava dalla sera prima, era impossibile che  Oscar avesse appena scoperto di essere gravemente malata senza avere neppure una minima reazione e che nessuno si fosse accorto, lui compreso, del suo male. Oscar non mutò espressione, abbassò il capo e fece un respiro profondo.
«Dall’arrivo di Celine. È stata lei a convincermi a farmi visitare e… io l’ho costretta a mantenere il segreto con tutti, nessuno escluso. Mi dispiace… »
André intrecciò le loro dita, improvvisamente silenzioso. Oscar sperò che gli rivelasse cosa avesse fatto con suo padre per tutto quel tempo e la curiosità vinse su di lei.
«Cosa voleva mio padre da te? »
Gli chiese a bassa voce liberando una mano dalle sue per accarezzargli il volto. Il suo viso era stanco, non aveva dormito per stare al suo fianco, così le aveva detto Celine.
«Stiamo preparando la tua partenza »
Rivelò lui alzando lo sguardo su di lei per qualche istante per poi tornare a guardare le loro mani.
«Cosa…? »
Disse con un filo di voce.
«Sì… il medico ha detto che devi allontanarti da Parigi e che per guarire devi riposare in un luogo asciutto e più tranquillo. Tuo padre aveva considerato Arras ma il medico ha bocciato subito la proposta… vogliamo salvarti Oscar. Voglio salvarti. Io… voglio portarti via di qui e restare al tuo fianco, fino alla fine della tua malattia amore perché tu guarirai… tu guarirai… »
Parlava velocemente, stringendole  le mani e le lacrime riempirono di nuovo i suoi occhi. Aveva troppa paura di perderla. Non riusciva ad immaginarsi una vita senza di lei e non voleva neanche farlo.
Il solo pensiero della sua morte lo faceva letteralmente impazzire.
«André io… »
André si inginocchiò davanti a lei, posò le loro mani ancora unite sulle sue cosce.
«No, lasciami finire. Quando sarai guarita… tu ed io ci sposeremo, anche prima se tu vorrai! Io ti amo… ti amo e resterò sempre al tuo fianco »
Oscar restò in silenzio per alcuni istanti, commossa dalle parole e con le lacrime che le pizzicavano gli occhi. Gli asciugò il viso accarezzandogli le gote e baciandogli la fronte mentre un brivido le passava lungo la schiena.
«Davvero? Vuoi veramente che io diventi tua moglie? »
«Sì… tu lo vuoi? »
La sua voce le risultò talmente dolce che i suoi occhi si riempirono di lacrime e annuì rapida, sorridendo emozionata e lui la baciò1, prendendo il viso tra le sue mani felice come non mai.
Ti amo.
Le aveva ripetuto tra un bacio e l’altro e l’aveva stretta a sé così forte che ebbe paura di spezzarla.
«André… promettimi una cosa »
Erano in piedi, l’uno di fronte all’altro, stretti nel loro abbraccio e nel calore dei propri corpi.
«Qualsiasi cosa amore mio… qualsiasi… »
Disse sussurrando mentre respirava il profumo della pelle del suo corpo. Gli ricordava il profumo lontano che aveva sua madre, quel profumo di amore, purezza e dolcezza che l’aveva sempre ammaliato e che aveva curato il suo cuore tante volte.
«Promettimi che se io dovessi morire tu non resterai solo, che sarai felice anche al fianco di un’altra donna… »
«No… non puoi chiedermi questo »
André fece per allontanarsi ma lei lo trattenne.
«Promettimelo André… me lo devi promettere »
Disse lei prendendo il suo viso tra le mani e cercando il suo sguardo. Lui scuoteva il capo in segno di “no”, teneva le braccia lungo il corpo.
«Tu non morirai »
«Se non morirò sarà una promessa vana e un giorno pensandoci ne rideremo insieme… ma ti prego… promettimi che sarai felice! Ci sono tante donne che vorrebbero essere al mio posto, ora, tra le tue braccia come… Celine e voi siete così belli insieme, sareste una bellissima coppia »
La voce di lei era rotta dal pianto, Oscar prese le sue mani e le poggiò sui suoi fianchi magri e lui le fece scivolare dietro la sua schiena.
«Ma nessuna è come te, nessuna potrà mai prendere il tuo posto, Oscar. Nessuna… ha l’azzurro dei tuoi occhi, il biondo dei tuoi capelli, la tua risata cristallina o la tua espressione buffa e dolce quando sei contrariata e nessuna… nessuna ha il tuo sorriso… »
«André… »
La baciò di nuovo, questa volta più lentamente. Oscar sentì tutto il dolore di André nella stretta delle sue mani e delle sue braccia e sentì le guance bagnarsi di nuovo, ma non riusciva a capire di chi fossero le lacrime, se le sue o le proprie.
«André io ti amo »
Aveva detto quando si allontanarono, lui le accarezzò il viso sorridendole. Oscar si morse il labbro inferiore e poggiò il capo e le mani sul suo petto, sentì le sue braccia avvolgerla e il suo calore invaderla completamente. Come aveva fatto a vivere fino a quel momento senza il calore del suo corpo?
Si aggrappò a lui, le gambe sembravano non reggerla più. Lui la prese in braccio e la stese dolcemente sul letto, si stava per allontanare ma lei gli tirò la manica della camicia, invitandolo a stendersi al suo fianco per riposare e seppur con un attimo di esitazione lui acconsentì.
Oscar lo abbracciò, lui poggiò il capo sul suo petto beandosi delle sue carezze.
«Va bene »
Le sussurrò  facendola sussultare.
«Tanto… non potrò mantenere la mia promessa perché tu… tu diventerai mia moglie »
 
 
 1= ovviamente nella vita reale loro non potrebbero stare vicini e/o baciarsi ma nell’universo delle fanfiction il “fattore contagio” non esiste :D
Piccola licenza che mi prendo, abbiate pietà di me <3

 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Non lasciarmi ***


 
«Come sta? »
Chiese Celine entrando nella stanza di Oscar per accertarsi delle sue condizioni. Aveva trovato Oscar addormentata, avvolta nelle lenzuola fresche e con le guance rosate, vegliata da André, seduto sulla poltrona accanto al letto, mentre le stringeva la mano e la guardava dolcemente.
«Ora sta bene, prima ha tossito ed è uscito un po’ sangue »
«È un buon segno »
Celine si avvicinò ad André e poggiò le mani sulle sue spalle, guardando il viso della donna.
«Hai fame? Vuoi che ti porti qualcosa da mangiare? »
«No, non ho fame, grazie »
«Non puoi restare a digiuno, lo sai? Se resto io al suo fianco mi prometti che vai a mangiare e riposare un po’? »
Lui annuì e alzò il capo verso di lei sorridendo appena.
«Oggi è il giorno delle promesse di André Grandier a quanto pare »
Celine aggrottò la fronte, senza capire il significato di quella frase.
«Non capisco… »
«Nulla, è una sciocchezza »
André chinò di nuovo il capo e nascose il viso dietro la mano, sospirando amaramente.
“Non deve essere facile, la donna che ama è in pericolo di vita e lui non può fare nulla per evitarlo. La ama così tanto da mettere da parte i suoi bisogni per stare al suo fianco. L’amore…”
«Oscar me l’ha detto… »
«Cosa? »
Chiese lei sedendosi dall’altra parte del letto. Allungò la mano sulla sua fronte e la scoprì tiepida.
«Che lei sapeva già di essere malata e che tu… l’hai aiutata a mantenere il segreto »
Celine abbassò il capo.
«Tu… non hai la più pallida idea di quante volte io abbia voluto dirti la verità sulla sua salute e sui suoi sentimenti per te»
«E io… ti sono grato per essere stata al suo fianco e per averla aiutata »
«Quindi non sei arrabbiato con me? »
«No, perché dovrei esserlo? Sono arrabbiato con il mondo e con Dio. Cos’avrà mai fatto Oscar per meritare tutto questo dolore secondo Dio? Perché lei deve soffrire così tanto? Perché Dio vuole portarla via da me? Ho sempre avuto dubbi riguardo la mia religione, in parte dovuti anche per l’incidente all’occhio e alla perdita dei miei genitori, ma ora… non credo che quel Dio che le Chiese lodano e amano sia davvero così buono e misericordioso, che punisca i cattivi e che apra le porte del cielo ai buoni 1 »
«Capisco… »
Oscar si girò nel letto, lamentandosi nel sonno, Celine si alzò e si avviò verso il balcone, tirando completamente le tende. André accarezzò il viso della donna ma lei non sembrò calmarsi e annaspava.
«A-A… »
Oscar si svegliò di soprassalto, tremando come una foglia. Fece pressione sulle braccia per alzarsi e riuscì, con non poca fatica a sedersi sul letto.
«Oscar, come ti senti? »
Chiese Celine allarmata dal comportamento strano della donna. Oscar si passò una mano tra i capelli, André prese una mano tra le sue e le accarezzò con il pollice la pelle chiara.
«Va tutto bene? »
Le aveva sussurrato preoccupato, cercando il suo sguardo e lei annuì.
«Io… sto bene. Ho solo  bisogno di alzarmi un po’. Ho… solo fatto un brutto sogno »
André si alzò dalla poltrona e la spostò dietro di sé, facendo spazio ad Oscar per muoversi meglio. Lei si aggrappò al suo braccio e si alzò lentamente, ma quando finalmente fu in piedi Oscar aveva l’affanno come se avesse fatto uno sforzo enorme. André le accarezzò il viso e lei poggiò la guancia sul suo petto, aveva gli occhi umidi, forse stava trattenendo le lacrime di dolore.
«Voglio andare fuori… voglio respirare un po’ di aria fresca »
Aveva sussurrato guardando Celine e la ragazza sorrise dolcemente.
«Ma certo Oscar, non ti devi preoccupare. Io e André ti aiuteremo »
Oscar sorrise, stringendo la vestaglia che ancora indossava, guardando prima Celine poi André, sussurrando un flebile grazie.
André la sorresse per tutto il tragitto, aiutandola soprattutto a scendere le scale e lei si aggrappava e abbandonava a lui, completamente, beandosi del suo contatto così vicino facendolo passare, davanti gli altri, come un’eccessiva stanchezza e debolezza.
Celine sorrise appena guardandoli, qualche passo indietro, e li seguì fino al giardino sul retro del palazzo, Oscar si sedette sul bordo della fontana e portò una mano al petto, aveva di nuovo l’affanno.
«Sono felice… di essere uscita fuori. Ne avevo bisogno… »
Celine si sedette al suo fianco, stringendo le mani di lei tra le sue e le sorrise.
«Celine io… non ti ringrazierò mai abbastanza per quello che hai fatto per me in tutti questi mesi »
«Non devi farlo, non ce n’è bisogno. L’ho fatto con piacere e per aiutare un’amica »
La ragazza sorrise calcando la parola amica e il cuore di Oscar sembrò sciogliersi dalla commozione. Tossì, macchiando la mano di sangue puro e mosse il capo, guardando un punto impreciso del giardino.
“È il fantasma di sé stessa, non la riconosco più. Dov’è la Oscar che ho conosciuto quando ho messo piede in questo palazzo? Dov’è quella donna forte e determinata dei racconti di André? Si è lasciata andare… le manca il respiro anche senza fare nulla”
«Oscar…? »
André si inginocchiò davanti a lei e la guardò, destandola dai suoi pensieri; Oscar si voltò verso di lui e gli sorrise appena, con mano tremante gli accarezzò il viso dolcemente. Celine li osservò discretamente e la notò la tristezza del suo sguardo.
«Non mi sento molto bene »
«Ti riportiamo dentro,  va bene? »
Oscar annuì lentamente, lui la prese in braccio per evitarle la fatica del ritorno e rientrarono nella villa, sotto lo sguardo vigile del generale che, da lontano, li aveva osservati per tutto il tempo.
 
«André… »
Celine posò un panno umido sulla fronte della donna, aveva di nuovo la solita febbre. Oscar si dimenava senza pace nel letto, scossa da fremiti e tosse, e Celine e André si sentivano impotenti di fronte a lei.
«Oscar… Oscar!? »
Delirava, piangeva, respirava a fatica.  
«Chiamate il medico! Chiamatelo immediatamente! »
Aveva urlato Celine uscendo nel corridoio spaventata, ritornando poi al fianco della donna. Oscar si agitava nel sonno, mormorava qualche parola confusa e alcune volte sembrava smettere di respirare, ma solo per alcuni secondi. La governante e i padroni erano accorsi nella stanza di Oscar spaventati e madame quasi svenne quando vide la figlia tossire violentemente, macchiando le lenzuola bianche.
«Oscar? Oscar mi senti? Sono tuo padre! Resisti! Il medico sta arrivando, ti salveremo, mi senti? Oscar?! »
Il generale si era avvicinato subito alla figlia, accarezzandole la fronte, seguito dalla consorte.
«Bambina mia… bambina mia… »
Ripeteva la donna tra le lacrime mentre le stringeva la mano.
«Non mi lasciare… ti prego bambina mia non mi lasciare »
«Oh… »
Oscar aveva girato appena il capo verso i genitori, cercando il volto della madre. Celine cercò di riordinare le idee, cosa diavolo era successo tutto ad un tratto?
«Dove diavolo è quel dannato medico?! »
Sbraitò il generale e Sophie, insieme ad un piccolo gruppo di cameriere, sbucò dalla porta.
«Il vostro attendente, Jérôme , è partito pochi minuti fa, sarà qui a momenti! »
Ed effettivamente, dopo una manciata di minuti il dottore arrivò, questa volta solo e visitò rapidamente Oscar, controllando la sua temperatura corporea e il suo battito. Non disse nulla durante tutta la durata della visita che per Celine sembrò durare un’eternità.
La donna tossì di nuovo, coprendo a malapena la bocca con la mano, e il dottore sospirò, premendo il pollice per l’ennesima volta sul suo polso.
«Allora dottore? Vi prego dite qualcosa! »
Esclamò il generale avvicinandosi al medico, tremando. L’uomo si girò verso di lui afflitto e sospirò amaramente.
Il gelo scese nella stanza.
Tutti aspettarono in silenzio le parole del medico.
«Vostra figlia respira a fatica, ha la febbre alta e il suo cuore è sempre più debole. Mi dispiace »
Furono le sue ultime parole.
André, che per tutto il tempo non aveva detto nulla al fianco della sua amata, alzò il viso verso il medico trattenendo le lacrime.
«Dottore…  davvero non»
Aveva iniziato ma la voce sottile e debole di Oscar che lo chiamava l’aveva catturato e tornò a voltarsi verso di lei, stringendole la mano, dimenticandosi di tutto e di tutti.
Lei lo stava cercando, lei voleva stare con lui.
«Dimmi Oscar, sono qui »
«N-Noi… ci sposiamo… vero? »
André sorrise, senza trattenere le lacrime e poggiò la fronte sulla sua. Parlavano a bassa voce, ma il silenzio che regnava nella stanza permetteva a tutti di sentire le loro parole, disturbate solo dai singhiozzi della governante e da madame.
«Certo che ci sposiamo, Oscar. È la cosa che più desidero al mondo »
«Sì… »
Celine li osservò commossa, Oscar voleva sposarlo, voleva essere sua moglie e questo… era il suo unico desiderio e André acconsentiva, incurante della presenza del generale e di tutti quanti. Erano solo loro due.
«Perché… stai… piangendo? »
Madame Jarjayes si era aggrappata al marito, piangendo sul suo petto, mentre lo sguardo dell’uomo non si allontanava da loro. Era incredulo il generale? Davvero credeva che Oscar non amasse André? Che loro due non si sarebbero sposati alla fine? Pensò Celine.
«Non è nulla Oscar »
«Sto morendo? »
«Ma cosa stai dicendo? Non morirai…! Non morirai »
André le baciò il dorso della mano e le accarezzò la fronte, Oscar socchiuse gli occhi presa da uno spasmo e sorrise.
«È vero… è troppo presto… noi dobbiamo sposarci in… una piccola chiesa… e sarà una semplice cerimonia »
Aggiunse posando la guancia calda sul cuscino fresco in direzione dei genitori. Piccole lacrime le bagnarono il viso.
«Certo, come vuoi tu Oscar »
Disse il generale stringendo i pugni, voltandosi poi verso André che lo guardava sorpreso. Oscar tornò a guardare il suo uomo e chiuse gli occhi, pallida.
«Ti amo André »
Aveva detto infine Oscar lasciando la mano di André, sorridendogli serena.
«Oscar… »
André la scosse, prese il suo viso tra le mani ma lei non apriva gli occhi. Il medico si avvicinò rapido alla donna e prese il suo polso, scuotendo poi il capo. Il battito non c’era.
«Oscar… Ti prego… »
Aveva detto in un lamento, André sollevò il suo corpo  la strinse a sé, piangendo, cercando ancora il calore del suo corpo. Celine si portò una mano alla bocca per non urlare, gli occhi erano pieni di lacrime e il cuore le martellava violentemente in petto. Non sentì più nulla, solo un dolore acuto al cuore. Le urla di madame Jarjayes invece riempirono la villa.  
 
 
1= “Durante la rivoluzione francese la Chiesa cattolica romana perse gradualmente la maggior parte del suo potere ed influenza; la Costituzione civile del clero promulgata nel 1790 mise tutti i beni ecclesiastici sotto il controllo statale. Mentre il clero fu perseguitato, innanzitutto a Parigi ed in altri comuni (tramite il Rappresentante in missione), alle nuove religioni e filosofie (ad esempio i Culti della Ragione e dell'Essere Supremo) venne permesso di competere con la teologia dei "preti" [Fonte: Wikipedia]”.
Ho associato questo evento anche ad una perdita a livello spirituale, non dimentichiamo che siamo durante il periodo illuministico! Durante la rivoluzione francese, più precisamente nel terrore, le chiese venivano bruciate, derubate o convertite in “tempi della ragione” (come per esempio la cattedrale di Notre Dame)
 
Note d’autrice:
Questo è stato un capitolo molto difficile da scrivere per me. Vi prego di non criticarmi per il finale scelto.
Sono sicura che molti di voi saranno delusi da questo finale ma questi faceva parte fin da subito di “Celine”.
Questo, però, non è l’ultimo capitolo.
Alla prossima <3

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Vita e Morte ***


“È iniziata la rivoluzione. Ci ha informati un messaggero del generale qualche ora dopo la sua morte. Era crollata la bastiglia sotto gli ordini dei soldati che Oscar aveva comandato, dei ribelli, e mi chiesi se anche Oscar avrebbe partecipato alla rivolta al lato del popolo. In cuor mio sapevo di sì. Il casato era a lutto, nella villa si poteva sentire cadere un ago”
 
Celine sistemò il letto, aveva buttato le lenzuola macchiate di sangue e le aveva cambiate con lenzuola nuove e profumate, così come aveva chiesto madame Jarjayes. Avrebbe sistemato tutta la stanza, come se non fosse successo nulla, come se Oscar non fosse a casa ma ancora in caserma o a Versailles. Aveva detto la donna, per preservare quel piccolo mondo.
Celine non condivideva quell’idea ma non riusciva ad opporsi ad una madre che aveva appena perso sua figlia.  Si fermò a guardare la divisa di Oscar, poggiata con cura sullo schienale della sedia vicino lo scrittoio e sospirò amaramente, fece qualche passo nella sua direzione, sfiorando con le dita il tessuto ruvido della giacca e i decori color oro.
Non aveva fatto abbastanza per salvarla, non era stata all’altezza del suo ruolo e lei era morta. Una lacrima scivolò lungo la guancia, silenziosa.
Aveva pulito la sua stanza, riordinato tutto e le lacrime le pizzicavano ancora gli occhi e spesso si era dovuta fermare e aveva sfogato la sua frustrazione. Passò le dita sulla sua scrivania di mogano e aprì uno dei cassetti notando che qualcosa fuoriusciva da esso e lo riordinò, chiudendolo bene.
Quando ebbe finito, Celine uscì dalla sua stanza e si promise di non metterci più piede.

Celine si voltò lentamente, seduta accanto al piccolo scrittoio verso la finestra che dava sul giardino. Era arrivata la primavera. Il cielo non era più grigio, le nuvole sembravano scomparse all’improvviso regalando al mondo un cielo azzurro limpido e un sole brillante. Il vento frizzante del mattino cominciava a farsi più tiepido e si respirava un profumo di rinascita accompagnato dallo sbocciare dei primi fiori nella terra non più arida per colpa dell’inverno. Le prime rondini iniziavano a solcare il cielo azzurro ghiaccio e, con il loro canto, sembrano quasi urlare al mondo che la primavera era tornata.
Tutto nasce, tutto riprende vita, tutto acquista un senso.
Qualcuno bussò alla porta di casa, si alzò rapida e raggiunse l’ingresso con pochi passi.
«Buongiorno… posso fare qualcosa per voi? »
Davanti a lei c’erano tre persone: la prima era una donna, alta più o meno quanto lei ma dai capelli biondi e gli occhi ambrati e al suo fianco, con la mano poggiata sulla sua spalla, c’era un uomo, dai capelli bruni e gli occhi azzurri e, poco distante, c’era un soldato che ricordava di aver già visto da qualche parte.
«Salve… i coniugi Grandier sono a casa? »
Aveva chiesto lei con voce flebile e Celine annuì, invitandoli ad entrare. Sentì i passi del suo coinquilino avvicinarsi.
«Celine, chi è venuto a farci visita? »
«André! »
Aveva sussurrato la donna e, emozionata, corse verso di lui ad abbracciarlo e lui, stupito, sorrise.
«Rosalie… cosa ci fai qui? Non sei sola vero? »
Chiese André stringendo l’amica tra le braccia felice, lei si scostò appena da lui e prese il viso tra le mani.
«André ma tu…! »
Disse il compagno della donna, avvicinandosi anche lui all’amico e André annuì.
«Quando è successo? »
«Da un po’… non so di preciso. Avevo problemi già da molto tempo, ma non vi angustiate, sto bene! Sono felice di sapervi al sicuro, Bernard »
«C’è anche Alain con noi, se non fosse stato per lui e per il suo prezioso aiuto non vi avremmo mai più trovato! »
Ecco chi era quell’uomo! Era il soldato che era sempre insieme ad André in caserma! Celine si girò a guardare il soldato e notò che lui la stava guardando.
Dopo  i calorosi saluti che l’avevano vista di troppo, Celine invitò i propri ospiti ad accomodarsi in cucina.
«André… dov’è Oscar? »
 
«Io e Celine non siamo sposati. Questa casa prima apparteneva ai genitori di Celine, che ora si trovano in Inghilterra »
Disse André abbozzando un sorriso mentre Celine gli porgeva una tazza di tè caldo. Le sussurrò un flebile grazie e, dopo un sorso, continuò. Rosalie, Bernard e Alain lo ascoltavano in silenzio, seduti al piccolo tavolo da pranzo.
«Oscar… è morta il 14 luglio dell’anno scorso di tubercolosi »
Celine vide i suoi ospiti sgranare gli occhi dallo stupore e Rosalie iniziò a piangere.
«Io – intervenne Celine e tutti si girarono verso di lei – sono stata la sua cameriera personale a palazzo. Le… sono stata accanto fino alla fine, lungo tutta la sua malattia »
«Da quanto era malata? »
Le chiese Alain con voce tremante.
«Quando sono arrivata a palazzo… lei già non stava molto bene. All’inizio non voleva curarsi, solo nell’ultimo periodo… aveva trovato la forza per combattere ma era troppo tardi »
«Tu lo sapevi André? »
L’uomo scosse il capo.
«Si è confidata solo con lei. Io l’ho scoperto qualche giorno prima che lei… - sospirò, evitò di dirlo un’altra volta – perché svenne e iniziò a tossire sangue »
«Mio Dio… »
Mormorò Bernard stringendo la mano della moglie.
«Come vi siete trovati qui? Perché proprio Lambel? »
Chiese Rosalie asciugandosi le lacrime guardando prima André poi Celine.
«Io sono originaria di Lambel. Dopo la scomparsa di Oscar… avevo deciso di andare via. Non sopportavo di restare in quella villa e… »
Si fermò, guardò André.
«Mia nonna è morta qualche giorno dopo Oscar. Un colpo al cuore ha detto il medico »
Aggiunse l’uomo serio. Rosalie allungò le mani verso quelle di André e le strinse, commossa.
«André… mi dispiace così tanto »
«Ero solo. L’amore della mia vita e mia nonna erano morte, stavo per diventare cieco e non sapevo cosa fare né dove andare. Avevo pensato di farla finita ma… Celine mi ha salvato. Mi ha proposto di seguirla e… ora siamo qui »
«Quando abbiamo scoperto dove fossi… eravamo convinti che tu e il comandante foste insieme, felici… »
Disse Alain dopo un attimo di silenzio, guardando il fondo della tazza vuota prima di voltarsi verso i proprietari della casa.
«E quando Celine ci ha aperto la porta… pensavo vi avesse seguito… non avrei mai immaginato che »
«In paese ci hanno visti arrivare insieme, l’oste che ci ha ospitati per i primi giorni credeva che fossimo marito e moglie e noi l’abbiamo assecondato. I cittadini credono che siamo una semplice coppia di sposi che il Signore non ha voluto graziare con dei figli »
Celine notò che i due coniugi si scambiarono uno sguardo e che lui annuì.
«André… »
Disse Rosalie accarezzandogli il viso e lui si girò in direzione della voce.
«Forse non è il momento giusto ma… ci tenevo davvero tanto che tu lo sapessi »
Rosalie si alzò e si avvicinò a lui, prese una delle sue mani e la poggiò sul ventre appena tondo. Sul viso di André nacque un sorriso e si emozionò.
«Aspetti un bambino… congratulazioni! »
Celine sorrise, congratulandosi con lei e Rosalie le sorrise di rimando. André poggiò la fronte sul suo ventre e chiuse gli occhi per qualche istante.
Immaginò come sarebbe stato se fosse stata Oscar a rivelargli una gravidanza e si commosse.
«È maschio… ne sono sicura. Si chiamerà François »
Sussurrò Rosalie accarezzando i capelli dell’amico che, sconfitto, pianse.
 
“Sono stata al fianco del signor Oscar François lungo tutta la durata della sua malattia, sono stata l’unica persona di cui si è fidata e l’unica alla quale ha confidato i suoi segreti e le sue paure.
Posso dire di essere una delle poche persone che la conosce davvero, e mi ritengo molto fortunata.
Il mio nome è… Celine Gautier”
 
Fine
 
 
Angolo autrice:
 
Siamo arrivati alla fine di questa storia. Spero che questo ultimo capitolo vi sia piaciuto e che non vi abbia deluso.
È stato un po’ difficile da scrivere, non avevo idee e se c’erano erano molto confuse. L’illuminazione (se così possiamo chiamarla) mi è venuta d’improvviso e non me la sono lasciata scappare.
Voglio ringraziare tutti i miei lettori, sia quelli che hanno recensito i capitoli sia quelli che hanno letto in silenzio. Grazie per avermi seguito in questo piccolo viaggio!
Alla prossima avventura!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3859093