My hero academia: Stardust crusade

di Mladen Milik
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Byron Love ***
Capitolo 2: *** Cedric Dotan ***
Capitolo 3: *** Aphrodite ***
Capitolo 4: *** Percy Lindt ***
Capitolo 5: *** Homeopath ***
Capitolo 6: *** Ricardo Milos ***
Capitolo 7: *** Class B ***
Capitolo 8: *** Derriere Molina ***
Capitolo 9: *** Momo Drina ***



Capitolo 1
*** Byron Love ***


Capitolo 1 

 

 

Il suo occhio allenato la percepì come una vibrazione indistinta, ma sufficientemente stuzzicante affinché le sue abilità potessero sentirla, per quanto l’intuizione fosse stata piccola, vederla da quella distanza era un segnale sufficiente che ne valesse la pena, tutte le sue sensazioni erano positive, era un segnale fin troppo chiaro.
Improvvisamente fermò il passo, consapevole che la figura che aveva intercettato si stesse muovendo dall’altro lato della strada, sul marciapiede opposto. Il suo busto iniziò a ruotare delicatamente, ma con velocità quasi istintiva verso sinistra, gli occhi scuri erano concentrati e consapevoli che il suo momento era appena arrivato, i muscoli erano tesi e tirati, così come gocce di sudore iniziavano a scendergli ai lati del collo, dopotutto il maglione di lana d’estate iniziava a farsi sentire, nonostante ci fosse ormai abituato.
Quando il suo viso serio e impaziente osservò il lato opposto della strada, mentre la sua visuale veniva tagliata dal continuo passaggio di macchine, subito il suo corpo venne raggiunto da un tremito quasi elettrico, il sudore si fece più insistente, poteva sentire chiaramente le ascelle farsi bagnate, il rivolo di bava lungo la bocca era un chiaro segnale che qualcosa sarebbe successo, qualcosa di magnifico.
Si sentiva tutti i muscoli pronti a pompare energia, uno scatto avrebbe bruciato probabilmente l’asfalto, con un salto avrebbe potuto raccogliere una nuvola, con un calcio avrebbe sfondato il muro di un edificio, dopotutto era uno dei migliori prospetti in circolazione, non ci si poteva aspettare altro da uno come lui. Un guerriero, un atleta, un campione, un mostro di prima categoria pronto a stanare il suo avversario e a fare di lui una poltiglia indistinta. Sul suo volto si palesò un sorriso inebetito e uno sguardo da storione affumicato, la sua trasformazione si stava avverando, dopotutto doveva incanalare tutte le sue energie per fronteggiare questa minaccia. Bionda, ma non un biondo classico e meticciato con altri colori meno puri, un biondo dorato come fosse grano, quasi fosse stato toccato e plasmato dallo stesso re Mida.
Occhi cremisi, così forti e divini da trasformare ogni parola in ordine. Pelle che pareva tagliata dalla porzione stessa dell’argento lunare e sopratutto un fisico da rasentare un prototipo di statua greca.
Nessun duello in vista, nessuno scontro fino alla morte, Byron stava sbavando come un alano perché i suoi super sensi avevano captato una topa di prima classe.
Voltandosi per osservarla affamato non aveva potuto che constatare che il suo istinto non l’avesse tradito, era maestosa, una regina tra le sciatte popolane, una dea tra le mortali, l’essere più perfetto che avesse mai visto e l’informazione fondamentale era che lui sapeva il suo nome. Dopotutto faceva parte della famiglia di eroi più famosa della nazione, suo fratello era quasi al pinnacolo della gerarchia stessa degli eroi, il secondo in graduatoria, il dio del sole, l’archivista celeste, il messia delle stelle, Phoebus. Mentre la sorella, nonostante non fosse una vera e propria eroina, era colei che gestiva le attività di protezione delle città, di fatto colei che controllava gli spostamenti di tutti gli eroi in caso di emergenza, la stratega, Athena. Dopotutto non era così difficile scambiarla per un’altra persona, non solo perché aveva due fratelli che condividevano con lei una dinastia familiare percepita come divina, ma possedere una schiera di tredici ancelle bendate che ti accompagnano nella camminata non è cosa da tutti e una cosa era certa, Aphrodite era ben felice di lasciarsi ammirare.
Byron la osservava rapito, davanti a lui c’era la più ambita delle pulzelle della nazione, nonché la più bella probabilmente, se fosse diventata un’eroina questo non poteva saperlo, Byron non sapeva se fosse già iscritta all’Accademia per gli eroi o no, ma sicuramente lui non lo era e di lì a poche ore l’avrebbe senza dubbio scoperto. Ma tutte le valutazioni possibili crollavano come un castello di carte in quella situazione, Aphrodite esigeva solo che la si guardasse ed era impossibile scostare lo sguardo dalle sue forme, molti credevano che questo fosse anche per via della sua unicità che fosse in grado di sedurre qualsiasi essere per poi sconfiggerlo facilmente, ma qualunque fosse la ragione la sua bellezza sarebbe stata sufficiente a scatenare una fila di uomini fuori controllo alle sue spalle, sembrava il plus ultra della creazione di Dio.
“Byron, qualcosa non va?” Chi aveva parlato? Chi cazzo aveva parlato? Lui era solo e accanto a lui c’era Aphrodite, non c’era posto per una terza voce, no, non era certo nel programma, nessuno avrebbe potuto disturbare il suo approccio infallibile.
“Ehi! Mi stai ignorando! Io sono qui!” esclamò la voce con tono aggressivo ed energico, e, ancora imbambolato dal profilo apollineo di Aphrodite, si sentì strattonare per il maglione e i suoi grandi occhi marroni tornarono alla realtà. La sua testa, con fatica e rabbia, per non avere più quella bonazza davanti alla vista, incrociò lo sguardo insoddisfatto di quella che forse era la sua ragazza, boh non ne aveva idea, ci era uscito solo un paio di volte. Sybil lo fissava corrucciata e energica, Byron comprese che non era certo contenta che lui fissasse qualsiasi altro essere di genere femminile che gli passasse accanto, ma lo sguardo inebetito e la bava alla bocca non sembravano immagini che alla sua uscente piacessero particolarmente.
Da parte sua di Sybil non gli importava proprio niente, ma era carina, non era particolarmente noiosa e quando l’aveva vista in quel vestitino azzurro, qualche settimana prima non aveva resistito e le aveva offerto un caffè in piazza, la ragazzina ingenua era finita nella sua rete e come spesso capita aveva già preso le cose molto seriamente.
Byron la fissò confuso e sicuramente nervoso rispetto alla reazione che Sybil potesse avere, dopotutto lui non era certo uno che nascondeva i suoi tradimenti, era troppo stupido per farlo, nemmeno in un’altra dimensione sarebbe riuscito a ordire delle trame con più ragazze contemporaneamente, l’avrebbero scoperto subito, entrambe e sarebbe rimasto single e con due schiaffi paralleli sulle guance.
“Stavi fissando quella ragazza non è così?” chiese Sybil nervosa. Byron non l’ascoltò, il suo sguardo attento e concentrato si era spostato ora su una stangona che l’aveva superato a sinistra, si chiese se quelle gambe fossero più alte di lui. Venne raggiunto immediatamente da uno schiaffo.
“Sei proprio irrecuperabile e dire che io ti credevo diverso!” piagnucolò lei, stava veramente per mettersi a piangere e dire che Byron non sapeva nemmeno quello che stava succedendo, non era dopotutto un ragazzo particolarmente sveglio.
“Ehi aspetta! Perché stai piangendo? Qualcuno ti ha offesa? Non permetto a nessuno di offendere la mia...”
“Tu mi hai offesa, cretino! E’ tutto il giorno che fissi tutte le donne della città e non mi hai quasi rivolto la parola”
“Sei in errore, mia cara, io sono solo molto turbato” replicò Byron che anche se non fosse certo un genio, quando si trattava di sedurre una donna era un maestro, un guru.
“E’ tutto il giorno che cerco le parole per dirtelo...ma sono così imbarazzato e forse tengo troppo a te per fare questo passo...”
“Cosa?” esclamò Sybil spalancando occhi e bocca e mostrando un sorriso confuso e meravigliato allo stesso tempo.
“Forse sei troppo bella e io non voglio sembrare uno che corre troppo, ma il mio silenzio è frutto di un ragionamento che strugge il mio animo romantico”
“Oh ma Byron! A me puoi dire qualsiasi cosa, io sono pronta ad accogliere sempre la tua voce, perché...perché...per me sei la cosa più importante”
“Capisci perché dunque per me è doloroso fare un passo simile, non ho mai provato cotanta emozione nel guardare una donna, sei la mia ancora, Sybil e io...”
“E io…?”
“E quindi...”
“E quindi…?” sospirò lei speranzosa e con il fiatone.
“Ti mollo, Sybil, addio!” concluse dunque Byron sorridendo e con uno scatto corse via dalla stretta della ragazza sul suo maglione, per perdersi tra la folla.
“Che tu sia maledetto Byron Love!” urlò Sybil tra le lacrime. Byron, fiero per essersi liberato di una scocciatura, rallentò la sua corsa e si rese conto di essere sudato e piuttosto maleodorante, dopotutto quella era la sua forza, ma anche la sua croce e vestire il maglione pesante di lana anche alla fine dell’estate era per lui una misura necessaria, si sarebbe dovuto abituare a quando sarebbe diventato un eroe. L’esame d’ingresso alla H.E.A. , l’accademia europea degli eroi, sarebbe stato domani e forse di lì a poche ore, sarebbe diventato anche lui uno studente della prestigiosa accademia europea, forse la più famosa del mondo e sicuramente del continente, anche se esistevano scuole minori in ogni nazione.
Al mondo l’80% della popolazione possiede un “quirk”, un’unicità in grado di renderli speciali gli uni dagli altri e in grado di conferirgli un potere, a modo suo straordinario, anche se marginale. Un’unicità in grado di farti diventare le orecchie più grandi della testa non è certo di estremo valore, ma esistono poteri in grado di trasformare chi li utilizza e chi li possiede in vere e proprie macchine da battaglia, questi individui hanno la possibilità di diventare degli eroi che un giorno si prenderanno l’onore di proteggere i cittadini da ogni minaccia che li attanaglia.
Nella società di questa terra gli uomini guardano al cielo e osservano l’operato di esseri straordinari, consapevoli che ognuno di loro, a modo suo, ha l’occasione di diventare, un giorno, speciale. Byron stesso si ricordava quando da piccolo si trovava a bordo di un aereo di linea, non aveva ancora sviluppato la sua unicità ed aveva solo cinque anni, ma non avrebbe mai dimenticato quel momento.
Il motore dell’ala destra si stacco di netto e il velivolo in fiamme iniziò velocemente a crollare verso il terreno, fuori dall’oblò osservava le nuvole passargli alla velocità della luce accanto, intorno a lui urla e grida, ricordava le mani di sua madre che si stringevano a lui e le sue lacrime scaldargli le guance, quasi volesse proteggere il suo bambino per quanto fosse possibile.
I suoi occhi continuavano a fissare il vuoto, non aveva nemmeno idea di cosa fosse la morte o che questa l’avrebbe potuto raggiungere da un momento all’altro, poi sentì un rumore quasi di un tuono che taglia il cielo, davanti ai suoi occhi sfrecciò un individuo alato, subito dopo l’aereo iniziò a rallentare la sua caduta e iniziò a planare quasi fluttuando, qualcosa aveva salvato tutti loro. Quando sua madre scese dall’aereo con lui i braccio, davanti al velivolo portato miracolosamente in salvo, si ergeva il profilo di un eroe, aveva i capelli corti e biondi pettinati verso l’alto, piccoli occhi azzurri osservavano i sopravvissuti scendere cautamente dall’areo, sul viso un sorriso quasi rassicurato e sicuramente rassicurante, il fisico scultoreo era coperto da un costume interamente bianco mentre dalle spalle sporgevano due immensi ali argentee d’angelo.
Byron avrebbe ricordato per tutta la sua vita dell’incontro con Archangel, quando l’eroe più magnifico e maestoso di tutta Europa aveva raccolto il suo aereo in fiamme e l’aveva adagiato al terreno come fosse piuma, senza poi esaltare nessuna abilità, ma con estrema umiltà e stoicismo si era semplicemente sincerato che tutti stessero bene prima di portare a termine la sua missione. A volte quando chiudeva gli occhi percepiva quasi che Archangel fosse ancora lì davanti a lui, a ricordargli la strada per la grandezza che non si basa sulla mera vittoria o sulla gloria, ma sul mettersi a disposizione degli altri per la salvezza, il codice d’onore di un vero eroe ed era per quello che voleva che la sua strada si intrecciasse ancora con Archangel, voleva diventare un eroe. Non avrebbe nemmeno mai dimenticato le parole che gli aveva rivolto il Magnifico, uno dei suoi epiteti, proprio in quel giorno quando gli era stata salvata la vita da un miracolo.
“Ragazzino, vedo che hai protetto tua madre fino al mio arrivo” aveva detto Archangel vedendo Byron abbracciato alla madre, ancora spaventata e confusa riguardo quanto fosse successo. Moll, sua madre, aveva sorriso e aveva accolto le parole di Archangel, mentre l’eroe guardava rassicurante e sempre composto il bambino.
“Arriverà il giorno in cui tua madre non avrà bisogno di me, ma le basterai tu” aveva poi continuato Archangel e aveva dato alla donna un fiore di Narciso, prima di prendere il volo e scomparire in pochi secondi dalla loro vista.
Byron si portò la mano alla tasca, ora inebriato da quel ricordo, dopotutto anche se stava cazzeggiando per la città da tutto il giorno, domani sarebbe stato probabilmente il giorno più importante della sua vita e anche se facesse di tutto per stare calmo, non poteva certo dimenticarlo.
Dalla tasca estrasse il narciso che in undici anni non era mai appassito, era sempre rimasto imperturbabile e bellissimo come quando era passato nella mano di sua madre da quella di Archangel e si ricordò che il suo sogno di proteggere i suoi genitori e le persone ai lui importanti era ancora dritto davanti a sé e l’unica cosa in grado di farglielo dimenticare erano...Uno splendore dai capelli corti gli passò accanto e tutti i buoni propositi sul diventare un eroe svanirono, i suoi occhi virili la squadrarono dall’alto in basso, le sue cattive intenzioni iniziarono a manifestarsi nel suo inconscio, quella era diventata la sua nuova preda: glutei sodi, occhi innocenti, capelli corti e originali, anello al naso intrigante, aveva tutte le caratteristiche per far parte del suo harem. Byron mosse un passo per seguirla, ma una voce, che non sentiva da troppo tempo, ma che riconobbe immediatamente, risvegliò la sua memoria.
“Vedo che non sei cambiato affatto, Byron. Ancora a sbavare dietro alle ragazzine” disse la voce e Byron vide davanti a sé un ragazzo più alto di lui di qualche centimetro. Indossava una canottiera da basket larga e blu, con striature bianche e un numero nove enorme al centro del busto, i capelli erano invece di un castano rossiccio, spettinati e tenuti all’insù tramite una fascia rossa e blu, gli occhi erano invece scuri e piccoli, mentre sul suo viso c’era un sorriso fin troppo largo e spalancato, sembrava il ritratto dell’arroganza.
La sua mano palleggiava insistentemente a terra una palla da basket arancione, che continuava a passare di mano in mano e talvolta dietro la schiena, la bocca invece masticava una chewing gum.
“E tu invece non la smetti di trafficare con le palle, vedo. Son gusti, non ti critico mica” rispose Byron e anche sul suo viso si arricciò un sorriso, mentre le sopracciglia folte rimanevano inclinate.
“Ognuno ha i suoi vizi e le sue virtù, ma il fatto che tu non mi abbia ancora stretto la mano con il tuo palmo sudato mi stupisce” disse l’altro rilassando il viso e così fece Byron, aveva davanti a lui uno dei suoi più antichi amici, che non vedeva da troppo tempo, ma che non aveva certo dimenticato.
Cedric Dotan era un suo amico d’infanzia e sin da piccoli erano stati rivali anche se nutrendo sempre un estremo rispetto gli uni per gli altri, dopotutto anche se competitivi non infangavano gli aspetti in cui desideravano vincere.
A Byron interessava solo avere più ragazze possibili e a Cedric interessava solo giocare a basket, Byron detestava il basket e Cedric non si immischiava nei casini dell’amico, si era sempre rivelata una rivalità vincente, perché fino a quando non si pestavano i piedi la loro vicinanza non faceva altro che potenziare le loro unicità e questo era il vero terreno della loro amicizia, entrambi voleva con tutto loro stessi diventare degli eroi. I due amici di lunga data si strinsero la mano e Cedric si asciugò il palmo bagnato sui pantaloncini, dopotutto conosceva bene le capacità sudoripare dell’amico, era una cisterna d’acqua in ebollizione dopotutto e osservarlo vestito di un maglione non poteva che significare una cosa, si stava allenando.
“Sei tornato per le vacanze dagli Stati Uniti?” chiese Byron, dato che Cedric aveva passato gli ultimi quattro anni della sua vita in America per seguire gli affari del padre e per tentare la carriera nel basket.
“No, devo dire che gli Stati Uniti mi stavano un po’ stretti” rispose l’altro alzando il sopracciglio.
“Puoi dirmelo se non ti hanno preso nella tua MBA”
“Si dice NBA, ignorante! E comunque, non si tratta certo della mia brillante carriera nel basket, ma stavo parlando di un altro tipo di carriera” disse dunque Cedric e Byron sorrise determinato in risposta.
“Le accademie americane sono costose e accettano cani e porci, con un livello di insegnamento basso, qui in Europa passando l’esame di ammissione, estremamente selettivo, ci sono le rette pagate tramite borsa di studio e avremo a disposizione i migliori insegnanti, penso che questo sia il migliore incentivo per il mio glorioso ritorno” spiegò Cedric.
“L’unico modo per accrescere ancora di più il tuo ego sarebbe superare la selezione ma sappi che dovrai fare i conti con diciannove posti disponibili, perché tra i venti che verranno selezionati ci sarò anche io” replicò Byron deciso, questo teatrino era il modo che avevano per comunicare e non l’avevano certo dimenticato, si divertivano troppo a giocare a quanto l’uno fosse migliore dell’altro.
“Ti basterebbe avere in classe una signorina generica per farti iniziare a sbavare e in quel momento io ti supererò e ti ruberò il posto che intendevi guadagnarti”
“Tu continua a palleggiare e fatti i fatti tuoi, alle ragazze ci penso io” I due sorrisero.
“Hai da fare questa sera? Io e mia sorella siamo momentaneamente in un hotel in periferia in attesa che i nostri genitori trovino una casa, ti inviteremmo volentieri a casa per cena, in onore della nostra infanzia” chiese Cedric ora più serio e amichevole.
“Sai bene che non mangio brutte cose verdi” replicò Byron sorridendo.
“Oggi giornata proteica, una bistecca al sangue ti basterà? Dopotutto domani dobbiamo essere in forze. A proposito...Sai se ci sarà lui domani?” chiese dunque Cedric e il tono si fece più serio e Byron comprese che il discorso iniziava a farsi serio, questa era una cicatrice del passato a cui anche Byron stesso non aveva pensato, avrebbero probabilmente incontrato dopo anni in cui non si parlavano anche lui, quello che componeva insieme a loro un inseparabile trio, ma che certo si era staccato nel peggiore dei modi.
“Se lo incontrerò domani, saprò chi sarà il mio bersaglio” disse quindi Byron.
“Non immischiarti, se lo trovo per primo, sarà un affare mio, ne parlammo anche prima degli Stati Uniti, quando sarei tornato avrei vendicato mia sorella, ci siamo intesi?” Byron annuì, ma proprio mentre era pronto a dargli anche una risposta riguardo alla cena ecco che si sentì un rumore violento, poi una macchina volò dentro un vetrina e la folla iniziò a disperdersi tra il panico.
Byron si voltò e vide chiaramente che in lontananza ci fossero delle esplosioni, Cedric lo anticipò e si precipitò curioso proprio nella zona del forte rumore. Nessuno dei due senza una licenza provvisoria avrebbe potuto utilizzare i propri poteri se non in una situazione di vita o di morte, Byron si chiese se questa sarebbe stata l’occasione, ma sicuramente vedere uno scontro tra villains e eroi professionisti al centro della città era una lezione troppo ghiotta per non essere presa. Byron affiancò il suo amico d’infanzia e insieme, correndo in senso opposto rispetto alla gente in fuga, raggiunsero un luogo dove un mostruoso uomo con la testa di uno squalo stava combattendo da solo contro una schiera di agenti della polizia.
Il criminale fece un salto e come se il terreno fosse acqua si inabissò nell’asfalto generando crepe tutt’intorno e facendo perdere l’equilibrio agli agenti di polizia. Dopo essere scomparso per qualche secondo sotto la strada, all’improvviso una pinna scura tagliò la superficie della strada e segò in due con potenza indicibile una macchina della polizia, gli agenti iniziarono a fuggire spaventati mentre la pinna seminava il panico tagliando a metà tutto quello che incontrava.
Byron confuso e determinato allo stesso tempo si guardava intorno nell’attesa di conoscere l’identità dell’eroe che avrebbe stanato il cattivo, almeno fino a quando non vide una figura minuta femminile che stava per essere raggiunta dalla stessa pinna, la ragazza rimaneva immobile e in preda al panico, non si sarebbe mossa.
Byron iniziò a sudare violentemente, chiunque fosse stato intorno a lui avrebbe sentito la sua puzza tremenda di sudore, ma negli occhi del giovane ragazzo c’era solo la determinazione e la sicurezza che nessuno avrebbe salvato quella ragazzina, era il suo momento. Cedric non riuscì a percepire che un singolo spostamento d’aria, il suo volto si mutò nello shock quando Byron scomparve dal nulla, per poi ricomparire in un battito d’ali dall’altra parte della strada con la ragazza indifesa tra le mani.
“Mia dolce ragazza, stai bene? Il mio cuore si strugge sentendovi in pericolo” disse Byron romantico e viscido. Cedric osservò la scena con sgomento, conosceva bene l’unicità dell’amico, a secondo del sudore emesso dal suo corpo i suoi movimento incrementavano esponenzialmente la sua velocità, aveva indossato un abito polare per tutto il giorno ed era consapevole che fosse bagnato di sudore e quindi al massimo della forza, ma uno scatto come quello era qualcosa di incredibile, si chiese se la differenza tra loro in termini di potenza fosse veramente così ampia. Una velocità come quella poteva competere con i professionisti. La ragazza abbracciò il suo salvatore, ma subito dopo si scostò da Byron schifata e tenendosi il naso chiuso con la mano.
“Che cos’è questo odore pestilenziale?” chiese la ragazza nauseata.
“E’ nettare di maschio, mia ninfa” rispose osceno Byron mostrando un sorriso mellifluo. La ragazza scappò con il mal di pancia subito dopo, Byron era dopotutto consapevole che per raggiungere il suo massimo stato di forma avrebbe significato puzzare in maniera mostruosa e scimmiesca, ma questo era un sacrificio che lui chiamava “Ardore virile”, per lui il massimo attributo maschile.
Subito dopo però sentì un forte rumore e la strada si aprì proprio alle sue spalle generando un ampio cratere, davanti a lui un eroe in carne ed ossa aveva aperto con un singolo pugno un buco nell’asfalto, facendo volare fuori il nemico a forma di squalo. L’eroe si ergeva con il suo fisico possente davanti al cratere, indossava una divisa che esaltava le sue braccia grandi e potenti come tronchi, di colore blu e arancione, la testa era coperta da un elmo nero e da un pennacchio ampio e rosso, nella mano destra reggeva un’alabarda in acciaio.
La folla non appena lo vide arrivare iniziò a dimenarsi esaltata, l’avvento e il combattimento di un eroe erano dopotutto show attesi e aspettati quasi come il natale, facce ammirate e meravigliate si mossero e il panico si placò istantaneamente, era dunque questo quello che riusciva a fare un eroe. “Non c’è più niente da vedere, cittadini, questo nemico si consegnerà da solo non appena vedrà con chi ha a che fare, ci penso io qui” disse l’eroe con voce potente e accento marcato, non c’erano dubbi davanti a loro c’era l’eroe che occupava il posto numero tredici della gerarchia europea, davanti a loro c’era Swissguard, anche conosciuto come “True Neutral”.
Byron cercò di raggiungere lo sguardo di Cedric, vide chiaramente che l’amico era iroso e nervoso, dopotutto conosceva bene chi fosse questo eroe e per quanto non avesse contatti con l’oro, la sua presenza era sufficiente a generare rabbia.
“Non cantar vittoria, eroe mascherato, io sono Mako, l’uomo squalo! La mia pinna taglia l’acciaio, i miei denti bucano il cemento, sarà un piacere dimostrare a questo pubblico come un eroe può essere sconfitto facilmente” esclamò l’uomo squalo alzandosi e rimettendosi composto e pronto a reagire. Swissguard non rispose e si limitò a fissarlo in silenzio, quasi con superiorità. Lo squalo si inabissò ancora nell’asfaltò e scomparve alla vista, ma Swissguard non si mosse di un centimetro, Byron conosceva l’unicità di quell’eroe, la conosceva bene, Mako sarebbe morto di lì a pochi secondi. L’uomo squalo apparve dal nulla e colpì l’eroe con la sua pinna, Swissguard schivò in maniera sufficiente affinché la pinna gli generasse solo un taglio profondo.
“E adesso il colpo finale!” urlò lo squalo, ma subito dopo si ammutolì.
Swissguard gli dava le spalle e non osservò lo squalo che si divise in due parti precise in una doccia di sangue. La folla applaudì estatica mentre Swissguard iniziò a sincerarsi delle condizioni sia degli agenti di polizia che dei civili presenti. Byron raggiunse invece Cedric, che aveva un ghigno nervoso sul viso, un ghigno che aveva il sanguinolento sapore di vendetta. L’amico gli mise una mano sulla spalla e Cedric lo fissò iniziando a tranquillizzarsi.
“E’ suo fratello” disse Cedric ancora furioso “Suo fratello è davvero diventato un eroe professionista?”
“L’Europa è cambiata in quattro anni, Cedric, gli eroi che ti ricordi sono molto diversi, ma fidati che le gerarchie non rimarranno come questa, i nostri nomi finiranno in top 10 un giorno” rispose Byron che sapeva come distogliere l’attenzione di Cedric dalla sua rabbia.
Cedric sorrise, ma entrambi sapevano che all’esame di ammissione avrebbero incontrato il loro vecchio amico, fratello dello stesso eroe che avevano visto in azione in diretta, avrebbero rivisto Percy.

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Capitolo 2
*** Cedric Dotan ***


Capitolo 2

 

 

La metropolitana procedeva lenta e scricchiolante lungo il suo percorso, anche se era circondato da un buon numero di persone, solo le sue cuffie sembravano fargli compagnia e i Linkin Park timbravano violentemente i suoi timpani, senza il rumore assordante della metro tutti avrebbero sentito la sua musica, ma dopotutto doveva caricarsi a dovere, a breve avrebbe affrontato l’esame della sua intera esistenza.
Come da solito indossava, anche se erano i primi giorni di settembre, un pesante maglione di lana, questo per amplificare il suo senso di caldo e dunque la sua secrezione di sudore, era pronto a tutto e doveva essere preparato per ogni evenienza, sapeva bene che avversari come Cedric o altri erano ben agguerriti per far loro uno dei venti posti disponibili per entrare nella HEA, la scuola di aspiranti eroi più prestigiosa d’Europa e sapeva bene anche che tantissime matricole da tutta Europa avrebbero tentato l’impossibile, nonostante la possibilità di entrare fosse minima.
Non aveva particolare ansia, alla peggio si sarebbe iscritto ad una scuola nazionale inglese, ma c’era una notevole differenza tra il diploma della HEA e quello di una semplice scuola statale. Phoebus, il divino, Caligola, lo spietato, Atom, il devastante, Amadeus, il sublime, anche solo per citare alcuni degli eroi che potevano vantarsi di essere nella top 20, ognuno di loro era passato da quella scuola e si era diplomato con voti eccellenti, senza il diploma alla HEA le associazioni di eroismo private non guardavano nemmeno in faccia i loro candidati, se si voleva entrare nella cerchia di quelli che occupavano posizioni di prestigio, a prescindere dalla forza, si doveva passare da quella scuola, era la via più semplice, ma allo stesso tempo più difficile per avere una brillante carriera da eroe, la chiave del futuro di decine di migliaia di ragazzi passava da quel giorno.
Byron era consapevole che questa fosse la sua occasione, attendere e tentare l’anno successivo era un rischio che non si poteva permettere questo esame era un dentro o fuori verso l’Olimpo, se voleva sperare di poter diventare come Archangel e poter essere un eroe in grado di salvare le persone, doveva annichilire tutta la concorrenza. La metropolitana uscì dalla periferia londinese e diverse persone si fermarono alla fermata di Little Wingin, il vagone si liberò quasi completamente, dopotutto anche chi non possedeva un’unicità sapeva che quel vagone sarebbe entrato nella riserva di proprietà dell’Associazione Eroi.
Byron che fino a quel momento era rimasto in piedi con la spalla poggiata alla porta semiautomatica e con lo sguardo perso nel panorama uggioso della campagna inglese, si guardò intorno per notare come il vagone fosse ormai occupato solo da qualche ragazzo, sicuramente matricole come lui. Nell’ultimo posto del vagone sedeva un ragazzo enorme e ingobbito con due enormi canini da coleottero che gli sporgevano dal basso e gli uscivano dalla bocca coprendogli parte del viso, poco distante, seduta sull’altra fila di sedie un ragazzina minuta leggeva un libro in silenzio, preda facile, inerme, un successo garantito, ma ci avrebbe pensato dopo. Al centro del vagono invece, in piedi, con la presa salda sulla sbarra, un ragazzo alto beveva un succo, si accorso dopo che la mano con cui reggeva il cartone era letteralmente a forma di cazzuola da muratore.
Venne colto però all’improvviso alla sprovvista dall’arrivo di uno sconosciuto che si avvicinò a lui alle spalle, Byron si scostò e osservò un ragazzo un po’ lugubre che aveva iniziato a fissarlo a pochi centimetri di distanza.
“Sei qui per l’esame, vero?” chiese l’altro con voce affossata. Il suo aspetto era fatiscente, aveva le braccia penzolanti e deboli, quasi necessitassero di stampelle per rimanere sollevate, era proteso in avanti quasi per stanchezza, i capelli erano spettinati, simili ad un cespuglio di rovi, violacei, mentre gli occhi erano circondate da occhiaia impressionanti, aveva davanti a sé il prototipo di un cadavere, uno zombie, forse era quella la sua unicità.
“Che problemi hai?” replicò Byron, togliendo una delle due cuffie.
“Si nota sai, musica a palla nelle orecchie, tu stai cercando di caricarti, ma non ti servirà a nulla, sai io non ho chiuso occhio stanotte, ci ho provato e riprovato, ma niente, pensavo solo a quell’esame, dio solo sa da quanto tempo che studio per quell’esame, non è passato giorno che...” iniziò a parlare a raffica l’altro e Byron sentì quasi un senso di nausea a sentirlo parlare, sembrava una macchina pronta ad esplodere.
“Se hai studiato così tanto allora vedi che passerai, non vedo perché tu debba essere nervoso” lo interruppe Byron confuso.
“Nono, tu non hai capito, io non sono nervoso, anzi, sono calmissimo, ma questa me la vedo male, amico, ho una sensazione tremenda, quelli ci fottono oggi, l’esame sarà impossibile, non sarà come gli altri anni, metteranno apposta qualcosa per fregarci, sono giorni che cerco di capire che cosa potranno escogitare per bocciarci...” “Beh se sei così nervoso, dovresti berti un tè e provare quando sei più rilassato, calma ragazzo”
“Non dirmi di stare calmo!” intervenne l’altro alzando la voce e pulsando le vene del collo. Byron spalancò gli occhi sgomento e lo fissò come si fissa un pazzo, quel ragazzo aveva davvero dormito poco e stava dando i numeri, sembrava essersi preparato talmente tanto per quella prova da non riuscire più a pensare ad altro, sembrava consumato dalla stessa idea di fare quell’esame.
“Forse se sei così stanco dovresti prendere un caffè” disse dunque Byron e buttò lo sguardo sulla ragazzina in lettura, notò che lo stava fissando, esibì un sorriso seducente e la ragazza sorrise, ma prima che potesse cambiare postazione ecco che lo zombie l’aveva già placcato.
Estrasse da uno zaino pesantissimo una enorme thermos di caffè e ne versò il contenuto in una tazza tirata fuori da chissà dove, Byron notò che aveva la maglietta bucata sotto le ascelle, si chiese da dove fosse uscito questo individuo, era tuonato. Il ragazzo gli porse la tazza e se ne versò una anche per lui. “Perdonami se sembro alienato, ma non ho mai lavorato in vita mia come per questo esame, avevo bisogno di dirlo a qualcuno o sarei esaurito, comunque piacere Maxwell Roth” disse lui porgendo a Byron la mano.
Byron la strinse ancora confuso, ma accolse il caffè ringraziando la matricola, dopotutto lo capiva, probabilmente non sarebbe passato, dopotutto passava una percentuale inferiore alle 0.01 %, era normale essere ansiosi, sopratutto quando ci si teneva così tanto.
“Prova a vederla in modo diverso, ci saranno così tante gallinelle dalle uova d’oro che quasi dell’esame non me ne frega nulla” disse dunque Byron dopo essersi presentato chiaramente alludendo alle matricole femminili che come lui avrebbero tentato l’esame, ragazzine indifese, spaventate e nervose, il suo terreno di caccia preferito.
“Godo. Parli una lingua che mi piace, quello sarebbe il Piano B, consolare ragazzina bocciata e avere la thermos per il caffè pronta per l’uso” “Non ti serviva perché sei praticamente un cadavere?”
“Rip, hai ragione” La metropolitana si fermò alla fermata all’aperto della HEA, l’insegna della stazione indicava proprio il nome della scuola e i ragazzi iniziarono a scendere e ad affollare la fermata.
Maxwell si intrufolò nella calca come un goblin in decomposizione e Byron lo perse di vista, la schiera di esaminandi si mosse lungo la strada che puntava all’immenso edificio formato interamente da vetri che in lontananza dominava la campagna circostante, era a forma di E e sembrava un capolavoro dell’architettura ingegneristica moderna. Faceva fatica persino a rendersi conto di quante ragazze gli fossero intorno, segnale per cui di solito aveva sempre i sensi pronti e dovette aspettare parecchio tempo per far passare la calca.
Una ragazza inciampò tra la folla e gli cadde addosso, la faccia della minuta ragazzina si piantò sul suo petto e quando la poveretta aprì gli occhi si trovò davanti lo sguardo più meschino della storia dell’uomo.
“Ehi, come ti va?” chiese Byron alzando il sopracciglio, segnale decisivo che significava: “Ti sifono”
La ragazzina era davvero minuta, sembrava appena uscita da un convento, indossava un lungo abito nero, legato in vita da un drappo rosso, mentre dal colletto spuntava fuori una camicia bianca, guardandola bene sembrava proprio vestita da suora, ma l’aspetto non era in grado di destabilizzarlo.
Aveva già visto video in cui le novizie cadevano in tentazione, sarebbe potuta essere persino una santa, ma meritava di finire nella sua lista. Aveva occhi gialli e addolorati e capelli completamente bianchi, quando incrociò lo sguardo con quello di Byron si trasformo in una mela rossa da tanto arrossì.
“Dolce creatura, stai bene?” chiese Byron reietto. La ragazza percepì un odore macabro e arricciò, ancora imbarazzata, il nasino. “La stazione a volte odora di marcio, un posto non adatto ad una bellezza come te” si affrettò a dire Byron, prima che lei capisse che l’odore venisse dal suo sudore acre.
Vide la ragazza rimanere ammutolita mentre lo fissava negli occhi, poi si staccò quasi con forza e iniziò a correre tirando spallate aggressive a destra e a manca, Byron poté chiaramente sentirla dire: “Sono una peccatrice! Sono una peccatrice! Sono una figlia del demonio! Mi chiuderò in penitenza!” Byron alzò il sopracciglio convinto e sorrise inarcando la bocca verso il basso, prima di continuare il suo percorso.
Poco dopo si trovò davanti proprio l’enorme E che rifletteva, attraverso i suoi vetri il piovoso paesaggio inglese, mentre la pioggia aveva trasformato i suoi capelli castani in una frangia umidiccia. Sentì subito poggiarsi una mano sulla spalla, poi udì un pallone da basket passargli in mezzo alle gambe e infine vide chiaramente Cedric far roteare lo stesso pallone sul dito indice come fosse una trottola.
“Pronto a perdere?” chiese Cedric non scostando lo sguardo dall’edificio. “La fermata per chi finirà a zappare la terra era la precedente, forse sei sceso dalla metropolitana sbagliata” rispose Byron velato.
“C’è una quantità di ragazze non indifferente, secondo me non passerai nessuna delle prove, basta che una ti esca un lembo di pelle e ti trovi a terra con il sangue dal naso” “Sottovaluti il mio potere e poi puzzerò talmente tanto che chiunque di loro si avvicinasse morirebbe per reazione allo schifo” I due si salutarono come si deve e si diressero insieme verso l’ingresso dove venne constatato che fossero iscritti all’esame prima di essere condotti in una immensa sala magna, di fatto in uno stadio visto che stava contenedo qualche decina di migliaia di matricole.
Cedric e Byron si sedettero in una delle tribune allestite, accanto al primo si sedette una ragazza dai capelli corti bluastri con degli occhiali rossi sul viso, sembrava uno zombie almeno quanto il ragazzo tuonato della metropolitana, Byron si chiese quanto fossero rimasti sotto questi qua per preparare a questo esame, lui si stava divertendo un mondo e aveva già adocchiato la prossima preda, una meraviglia dai capelli a caschetto neri che sembrava uscita da un concerto punk heavy metal dei Sabaton.
Accanto a Byron invece si sedette un tizio con delle mani immense, chiaramente tra loro c’era qualcuno con delle unicità legate all’aspetto fisico, probabilmente questo tizio con le lentiggini era in grado di tirare degli schiaffoni devastanti.
“Scuuuuuuusaaaaaa” disse con voce sofferta la ragazza dai capelli blu e Cedric si voltò notando la ragazza che lo fissava dal basso verso l’alto ingobbita sul suo stesso collo.
“Peeeer casoooo saaaaiii percheeeeé ci haaannoooo poooortaaaato qui?” chiese lei e Cedric percepì che fosse passata un’eternità da quando aveva iniziato la frase a quando l’aveva finita, inoltre questa pazza continuava a fissarlo dal basso verso l’alto, da un momento all’altro sembrava sul punto di cadere in avanti e volare giù dalla tribuna, sembrava non avere una spina dorsale. “Beh ecco. Penso che adesso ci daranno le indicazioni per l’esame” rispose Cedric, passarono secondi di silenzio, minuti di silenzio, tanto che Cedric si era già dimenticato di lei.
“Graaaaaazieeeeeeeeee. Iooooooo mi chiaaaaaaamoooo Aaaaaaagaaaaaaaathaaaaaaaaa” replicò quindi la ragazza meno attiva di un lumacotto e Cedric si guardò intorno confuso e imbarazzato. Byron sghignazzò divertito.
“Prenditi tu la lumaca, per darti un bacio una così ci mette cinque olimpiadi” sussurrò Byron nell’orecchio a Cedric. Per fortuna del baskettaro si sentì un rumore di microfono e poi delle voci indistinte.
“Come si accende questo affare’?” si udì provenire da dietro le quinte del palco allestito al centro dello stadio. “Ma dovresti saper maneggiare oggetti di quella forma” continuò una voce maschile. “Siete microfonati idioti!”Ci fu un estremo momento di silenzio poi le luci si spensero nella struttura e due persone, illuminate da un occhio di bue apparvero sul palco.
L’uomo era alto e colossale, la pelle scura e un cappello da pescatore in testa, un asciugamano azzurro invece gli copriva le spalle, indossava anche degli occhiali da sole da bodyguard, l’altra invece era una donna, anzi, era una donna assurdamente bella e vestita, anzi, svestita in maniera molto succinta. Byron sgranò lo sguardo e scattò in piedi dal suo posto, mentre altri maschi curiosi gli intimavano di sedersi per osservare meglio quella meraviglia.
“Quella è Sasha la volpe! E’ un’icona della moda tra i professionisti, una vera e propria leggenda della sensualità! Io colleziono tutti i suoi giornaletti...volevo dire tutte le sue interviste! Questo giorno diventa sempre più interessante” esclamò Byron esaltato, mentre Cedric non replicò, la pazza accanto a lui continuava a fissarlo. “Buongiorno ragazzi e ragazze e benvenuti alle HEA” esordì proprio lei con voce vellutata amplificata dal microfono
“Matricole di tutto il mondo, siete pronti a sfidarvi per entrare nella nostra prestigiosa scuola?” I maschi urlarono il sì più convinto della loro vita, la sala fremeva testosterone. “Il mio nome è Sasha Ciner e sono qui alla HEA un’insegnante di pubblicità e merchandise e sarà mio compito illustrarvi come si svolgerà il vostro esame e sarò accompagnata da…”
“Clarence Seedorf, chiaramente meno bello della mia collega, ma anche io insegnante qui alla HEA e sarò proprio il responsabili dei ragazzi che passeranno oggi e diventeranno miei studenti e dunque studenti di questa scuola” intervenne dunque l’uomo di colore con voce grave e virile.
“Il nostro preside King Solomon vi augura di persona un in bocca al lupo visto che non potrà essere qui e fa in anticipo i complimenti ai venti ragazzi che saranno dei nostri a seguito di questa lunga selezione. Ma ora non perdiamo altro tempo e Clarence vi illustrerà in che modo si svolgerà la prova” Clarence si incamminò al centro del palco, mentre un immenso schermo iniziò a scendere dietro di loro. “Abbiamo diviso il terreno della scuola in diverse aree dimostrative, sarete divisi in gruppi distinti e tutti, insieme al vostro gruppo, parteciperete alla prova nello stesso tempo, nell’area a voi assegnata. In quest’area verrà simulato un paesaggio di guerra, incontrerete diversi ostacoli e bersagli nel percorso che sarà un vero e proprio labirinto. Il vostro compito sarà quello di totalizzare il numero più alto di punti possibile in un tempo relativamente ridotto di soli 10 minuti” spiegò Clarence e si alzò un lieve sussurro spaventato, poco tempo significava anche meno possibilità di vittoria finale.
“In questi dieci minuti” intervenne Sasha “Dovrete cercare di abbattere il maggior numero di bersagli animati possibili, ognuno di questo avrà un punteggio relativo che apparirà sulle spille che vi consegneremo, alla fine della prova i venti ragazzi che avranno totalizzato il punteggio migliore saranno coloro che saranno ammessi a questa scuola. Spero sia tutto chiaro, per il resto non posso che augurarvi buona fortuna” Il discorso e la spiegazione furono rapidi e concisi, il processo di passaggio delle spille elettroniche fu, invece, molto più lungo, visto che dovevano essere distribuite delle spille per ogni ragazzo presente, ma l’attesa era ormai l’ultimo dei problemi a breve si sarebbero giocati la sorte contro il destino.

 

Byron venne chiamato e condotto da degli inservienti in una grande stanza, in ogni gruppo ci sarebbero state circa due centinaia di persone, si chiese di quanto spazio possedesse questa scuola per fare i suoi esami, ma la risposta era semplice erano così schifosamente ricchi da possedere una ricchezza pari al PIL di un’intera nazione, senza contare il denaro derivante da sponsorizzazioni e finanziamenti sia privati che statali, la HEA era davvero la contraerea dell’industria dell’eroismo. Intorno a lui tutti i ragazzi erano tesi e nervosi, alcuni si mangiavano le unghie o si pettinavano insistentemente i capelli, altri continuavano a bere acqua, sicuramente più di uno corse in bagno a vomitare.
Quando Byron passò calmo davanti ad una schiera di ragazzi seduti su delle panche non poté che raccogliere i loro sguardi di sfida, dopotutto per dieci minuti sarebbero stati acerrimi nemici, si dovevano detestare, odiare, se fosse stato permesso anche distruggersi, dopotutto era ben possibile che nessuno di quel gruppo ottenesse il punteggio necessario per passare alla fase successiva, Byron credeva anzi che tutto fosse così selettivo che solo coloro con un potere così devastante da spazzare via tutti i bersagli del suo padiglione sarebbe stato in grado di superare la concorrenza, c’erano venti posti per un numero ben più grande di padiglioni. Byron si sedette su una panca e continuò ad ascoltare la sua musica, lo rilassava e gasava allo stesso tempo, aveva messo un secondo maglione sopra il precedente, stava sudando come un maiale e puzzava di fogna, ma doveva essere più forte e veloce che mai per superare la concorrenza.
Alzò lo sguardo per osservare con calma e cautela una creatura meravigliosa seduta davanti a lui, non c’era nessuna fretta, lei non lo stava guardando, poteva prendersi tutto il tempo del mondo per perdersi in quei seni. Il volto era semplicemente maestoso, la pelle pallida e pulita, naso all’insù dalle proporzioni perfette, lo sguardo freddo e concentrato, la bocca sottile e muta, il tutto circondato da una corolla arancione di capelli spettinati che le arrivavano fino a metà schiena e le coprivano in modo caotico la faccia. Indossava un abito aderente nero che nascondeva un fisico scultoreo, spalle larghe sicuramente potenti come quelle di un uomo anche se non visivamente eccessive, seni accoglienti e ben proporzionati, gambe che sembravano in grado di spremere un cocomero tra le cosce, sicuramente una visione sufficientemente graziosa da osservare prima di un esame.
Byron si alzò dalla sedia e porse alla ragazza una cuffietta, questa volta sembrava sinceramente gentile, dopotutto non vedeva perché in quella stanza dovessero odiarsi, e tanto valeva poi fare un po’ di conversazione, e sicuramente tra tutti quelli con cui fare conversazione avrebbe scelto senza dubbio la ragazza, a maggior ragione se bella.
La ragazza dalla chioma leonina osservò la cuffia persa nella mano di Byron e poi fissò negli occhi lo stesso ragazzo, aveva occhi neri come il carbone e non sembrava affatto impressionata. I suoi occhi si spostarono ancora sulla cuffia con Byron che attendeva fiero e disinvolto, ma non era preparato a quello che sarebbe accaduto. La ragazza si protese verso la sua mano e la annusò senza proferire una parola, poi senza che lui se ne rendesse conto, la pel di carota aveva messo in bocca la cuffia e l’aveva divorata, succhiando come uno spaghetto il cavo e mangiando anche il lettore musicale.
“Ma che diamine ti prende!? Che razza di donna sei?” esclamò Byron completamente sconvolto. Vide la ragazza inghiottire tranquilla e passarsi la lingua sulle labbra, poi il suo viso si contorse improvvisamente, delle piccole lacrime iniziarono a scendere, intorno a loro si erano affollati una serie di curiosi, la ragazza si portò le mani all’addome e emise un gemito piuttosto selvaggio.
Emise suoni simili a colpi di tosse, mentre nessuno sembrava avere il coraggio di prendere in mano la situazioni e aiutarla, molti non l’avrebbero aiutata comunque, era un avversario, tanto valeva farla stare male e Byron era troppo sgomento anche solo per credere a quello che aveva appena visto.
Si sentì un suono macabro e la ragazza rigettò proprio davanti a Byron una enorme palla di pelo bavosa, al suo interno poteva chiaramente vedere i resti masticati del suo i-pod, ma la cosa che più lo lasciava sconvolto è quella ragazza, anzi, quella cosa, avesse appena rigurgitato una palla di pelo grande come un pallone da basket. La ragazza lo fissò quindi negli occhi, gli sorrise e miagolò.
Miagolò.
Miagolò.
Byron la fissò terrorizzato e si voltò senza pensarci due volte, tornando al suo posto con le braccia conserte o lo sguardo pietrificato. I ragazzi del gruppo numero 36 vennero dunque chiamati e vennero lasciati una grande stanza circolare che lentamente iniziò a salire, quasi stessero in un ascensore che li avrebbe portati nel ground di loro competenza. In pochi secondi si ritrovarono all’interno di un paesaggio cittadino, le strade sarebbero state il labirinto in cui eliminare i bersagli mobili robotici.
Byron alzò lo sguardo per vedere un enorme timer proiettato su un palazzo, mancavano otto secondi, poi dieci minuti per fare la prestazione della sua vita, poi, in futuro, forse la gloria, e tante belle ragazze in bikini a imboccargli gli acini d’uva, ma non era il momento di pensare alle ragazze in costume da bagno, sopratutto dopo averne vista una sputare pelo. Il suono di una sirena rimbombò in tutta l’area coperta da una superficie grigia dalla quale non si vedeva il cielo e il gruppo si disperse velocemente, tirandosi violenti spallate e cercando di superare quello che si aveva davanti.
Byron era pronto a scattare e far mangiare la polvere a quei buoni a nulla, ma il suo volto si perse nella stessa ragazza che gli aveva mangiato il lettore musicale proprio prima.
Questa si mise le mani coperte da guanti sui vestiti e li strappò di netto con un singolo movimento di forza, Byron si aspettò l’eden, ma quello che osservò fu un corpo umano femminile, interamente coperto di pelliccia, nessuna pelle in vista, nessuna parte proibita, pelo giallo e orsino, quella cosa era davvero una bestia, un animale nel verso senso della parola, la sua unicità era probabilmente quella di avere attributi animaleschi, aveva la pelliccia simile a quella di un leone, miagolava e sboccava come un gatto, ma sopratutto notò che dalle sue mani spuntarono artigli bianchi e affilati e i suoi occhi erano ora circondati da una sinistra macchia di colore nero. La ragazza bestia con un singolo salto si aggrappò al lato di un palazzo per saltare dritta su un bersaglio robotico che si muoveva sotto di lei.
Byron osservò che sul petto della ragazza il sensore meccanico segnò un punteggio di 5 punti, dunque era in quel modo che il sensore rispondeva allo stimolo, quindi si stiracchiò le spalle e subito dopo scattò in avanti velocissimo, i presenti sentirono un boato non appena Byron mise in moto le sue gambe e furono sbalzati lontano come colpiti da un’onda d’urto, quando si rialzarono ben 17 robot erano stati distrutti nel giro di due secondi.

 

Cedric superò la chela di un robot dalle proporzioni simili a quelle di uno scorpione, dalla sua mano apparve una palla da basket che iniziò a palleggiare a velocità impressionante, nessun occhio umano era in grado di comprendere quanti palleggi stesse facendo.
Quindi la scagliò con velocità estrema verso il robot che esplose in mille pezzi al contatto, il rimbalzo colpì e distrusse un secondo robot poco distante impennando la palla verso l’alto.
Cedric quindi con il sorriso sulle labbra prese la rincorsa e con il braccio spalancato, dopo aver compiuto un salto in terzo tempo, raccolse la palla e la scaraventò con velocità inaudita verso un terzo bersaglio, distruggendolo completamente. Il sensore sulla sua canottiera dei Dalla Mavericks segnava già 157 punti, non sapeva se fosse una cifra sufficiente alla vittoria, ma più di così non poteva certo fare, anche se questa era la prova perfetta per la sua unicità.
Il suo quirk gli permetteva di generare un numero di palloni da basket infinito e maggiore era il numero di palleggi che faceva, maggiore era la potenza che la palla ingranava prima di esplodere, la sua tecnica sopraffina, unita alla sua grande capacità di fare canestro gli permetteva di colpire un numero di bersagli ben maggiore di quelli degli avversari e tutto questo aumentando costantemente la sua energia.
Cedric materializzò un ulteriore pallone e iniziò a palleggiarlo, con la gomma da masticare sempre nella bocca, con un punteggio del genere i i bersagli che scarseggiavano poteva permettersi di rilassarsi un pochino, mancavano solo due minuti, tuttavia il suo viso vincente e tranquillo si inarcò immediatamente quando in lontananza apparve il volto che non voleva e allo stesso tempo bramava vedere.
Un ragazzo dai capelli biondi e corti che gli coprivano la fronte era appena piombato dal nulla schiacciando sotto i suoi piedi un robot ad una velocità disarmante, si era poi sistemato la maglietta bianca e aveva iniziato a mangiare un barretta di cioccolato, il sensore sulla sua maglia segnava 286 punti, non c’erano dubbi era chiaramente lui, un tempo più forte di lui e Byron messi assieme, colui che completava il loro trio, Percy Lindt, il suo più grande nemico.
Osservò i suoi occhi azzurri inclinati e cadenti, ampi e il suo sorrisetto inebetito, sempre il solito, non era cambiato in quattro anni di una virgola, anzi sembrava avere lo stesso identico fisico, minuto, piccolo e con energie limitate, ma sapeva bene che cosa fosse in grado di fare quel corpo.
Percy era il suo più grande nemico dai tempi dell’incidente ed era stato il suo chiodo fisso da quando era tornato dall’America, sapeva che avrebbe tentato l’ingresso alla HEA e bramava il giorno in cui gliel’avrebbe fatta pagare cara, a quanto pare quel giorno era giunto prima di quanto si aspettasse.
Non gli avrebbe mai perdonato quello che aveva fatto a sua sorella, era stata anche quella la ragione del suo trasferimento negli Stati Uniti, l’avrebbe ripagato con la stessa moneta, l’avrebbe fatto soffrire anche solo un decimo di quello che aveva sofferto Emma, sarebbe stato già sufficientemente doloroso.
Cedric mise nel mirino il volto di Percy, era fermo, placido e sorridente a mangiare il suo cioccolato, non meritava tutta quella tranquillità, quella era la sua fine. Cedric proiettò due palloni da basket che iniziò a palleggiare come mai aveva fatto, sembrava un illusionista, un maestro del parquet, con i palloni sempre in movimento iniziò a correre verso il suo nemico fino a quando non scagliò uno di questi da distanza sufficiente per colpirlo in pieno stomaco.
Il colpo raggiunse l’avversario in pieno e lo scaraventò contro una staccionata. Cedric non si scompose con balzi furiosi, lanciò la palla con forza contro la strada in modo da farla rimbalzare verso l’alto, la raggiunse poi con un salto, strinse i glutei con forza e urlò energico: “Questa è la mia mossa finale bastardo. Slum Dunk!”
Schiacciò la palla con forza micidiale e alzò un polverone tale da non rendere nemmeno visibile la zona per qualche secondo.
“Ti sei fatto più veloce, forse avremo uno scontro quasi alla pari” disse una voce fastidiosa e acuta alle sue spalle. Cedric si voltò e vide Percy appoggiato ad un palo della luce, intento ancora a mangiare cioccolato, non era un buon segno, non poteva permettere che continuasse a mangiare quella robaccia, conosceva bene la sua unicità, avrebbe dovuto mitragliarlo fino allo sfinimento.
Cedric si voltò con due nuovi palloni che iniziarono a palleggiare tra le sue gambe, quindi cominciò a scagliare palloni contro di lui non mirandolo direttamente ma colpendo le mura alle sue spalle, essendo appoggiato al palo di una strada a fondo chiuso. I palloni iniziarono a rimbalzare contro le pareti, proprio mentre Cedric ne creava sempre di nuovi, la sensazione fu che Percy fosse rimasto intrappolato da una gabbia di palloni da basket rimbalzanti, ma non sembrava impressionato.
“Stai pronto, Percy, perché questa sarà la tua ora! Per Emma, Zona 2-3 Infernale!” Percy scagliò un’ultima palla contro una di quelle che rimbalzava armoniosamente intorno al suo nemico, in modo da scatenare un effetto domino, queste esplosero una dopo l’altra generando un onda d’urto tale da far indietreggiare lo stesso Cedric che osservò il panorama distruttivo con il fiatone per lo sforzo immenso ormai senza energie.
Tuttavia, udì uno spostamento d’aria e si trovò davanti agli occhi il profilo più basso di lui di Percy, i suoi muscoli erano visibilmente più tirati, ma i vestiti erano strappati ferite e sangue sul corpo che prima era pulito e perfetto, un braccio sembrava persino rotto, però questi si era mosso con una tale velocità superiore che toccò appena Cedric con un pugno all’addome, senza ovviamente fargli nulla, dandogli un semplice buffetto.
“Eri già morto” disse Percy utilizzando una frase che usavano quando giocavano agli eroi da bambini.
“Avremo modo di parlare ancora Cedric, ma quando vuoi eliminare un nemico, prima di usare tutta la tua forza devi assicurarti che sia morto”
La sirena squillò nel Ground del gruppo numero 55 segno che la prova era finita e segno che era finito anche il loro scontro, Cedric si rese conto che Percy in quel momento avrebbe potuto distruggerlo, nonostante gli avessi inflitto un numero alto di danni.
“Quel colpo l’ho sentito, comunque” concluse Percy che si allontanò dolorante dalla lotta senza aver sferrato nemmeno un colpo a Cedric, senza mai perdere il suo sorrisetto placido e rilassando i muscoli tirati che era stato costretto a utilizzare per resistere ai danni, avrebbe avuto bisogno di diverse barrette di cioccolato kinder per riprendersi. Cedric si inginocchiò a terra e delle lacrime iniziarono a sgorgare dalle sue palpebre, non era riuscito a vendicare sua sorella, il bastardo che l’aveva lasciata su una sedia a rotelle non aveva ancora pagato il suo debito, quello sporco svizzero era ancora a piede libero e pregò con tutto il cuore di essere passato insieme a Percy per poter aver modo di avere una seconda occasione per farlo soffrire.

 

Dopo che gli studenti bisognosi di supporto medico furono curati i ragazzi vennero distribuiti nuovamente nello stadio dove a breve sarebbero stati proiettati i risultati. Byron, maleodorante, tale che gli altri ragazzi si spostavano al suo passaggio raggiunse Cedric che era invece cupo, seduto al suo posto con il mento appoggiato alle braccia.
“Oh Dio! Cedric, non sai che mi è successo! Al di là della prova e quella ok, ma una ragazza mi ha sboccato del pelo addosso e sopratutto dopo aver mangiato il mio i-pod!” esclamò Byron sconvolto ed eccitato all’idea di raccontare il suo esame all’amico, ma osservò chiaramente che Cedric non fosse in vena di alcun tipo di parola, non rispose con enfasi alla sua battuta e continuò a fissare dritto davanti a sé.
“Pensi di non essere passato?” ù
“No, non me ne frega proprio un accidente di questa scuola e di questo esame. Ho perso la mia più grande occasione, Byron. Percy era nel mio stesso raggruppamento, ho usato contro di lui tutto il mio potere, ma non sono riuscito a sopraffarlo, mi avrebbe sconfitto facilmente subito dopo il mio ultimo attacco, pensavo di essere arrivato al suo livello” rispose Cedric rabbioso.
“Cosa? Percy era nel tuo gruppo? E l’hai affrontato durante la prova? Certo era quello che aspettavi, ma non credi di aver compromesso il tuo esame?”
“Chissene fotte dell’esame!” replicò Cedric furioso battendo un pugno sul ginocchio.
“Quel bastardo ha fatto finire Emma su una sedia a rotelle, mia sorella non cammina più per colpa sua, per colpa sua...E io non sono in grado di vendicarla”
Byron guardò negli occhi il suo amico, la vendetta non era la soluzione e lo sapeva bene, Percy andava sicuramente punito e andavano chiariti diversi aspetti, ma l’intera faccenda era stata un’incidente e se l’atteggiamento di Percy era stato inaccettabile, così la rabbia di Cedric eccessiva, ma Byron comprendeva chiaramente la situazione, anche Emma, dopotutto, era una sua amica d’infanzia e non avrebbe mai potuto più camminare, per colpa di quell’incidente, per colpa di Percy. Dopotutto pensò che se Emma fosse stata sua sorella avrebbe agito allo stesso modo, l’ira quando si impossessa degli uomini anche se giustificata è sempre difficile da accantonare, almeno fino a quando non la si ha soddisfatta in qualche modo, sperava solo che quella di Cedric non diventasse un’ossessione, era andato in America anche per non pensarci troppo dopotutto.
Byron strinse la spalla di Cedric che ritrovò il sorriso nel supporto dell’amico, almeno fino a quando non ritrovò anche la voce della lumaca che gli sedeva accanto prima. “Ciaaaaaaaaaooooooooooo, coooooooooomeeeeeeeeeee è andaaaaaataaaa laaaaaa prooooooooovaaa?” chiese lei con cadenza elefantiaca e infinita, mentre Cedric si malediceva e Byron sghignazzava, ancora una volta venne salvato dal suono del microfono e Sasha venne accolta sul palco dall’applauso commosso e scrosciante del pubblico maschile.
“Ciao a tutti e spero vivamente che anche per chi non ha passato l’esame questa prova sia una bella esperienza, magari per tentare ancora gli anni successivi, ma comunque perché possa essere per sempre qualcosa di importante per la vostra carriera di eroi, perché non sarà un fallimento qui a porre fine al vostro sogno, il richiamo del plus ultra non farà che accompagnarvi per tutta la vostra vita, perciò non rammaricatevi se non figurerete in questa classifica, ma gioite perché avete partecipato” proclamò Sasha retorica con un discorso sincero, prima di dichiarare che a breve sarebbe stata proiettata sul monitor la classifica e dunque la lista di coloro che avevano passato l’esame. La tensione era lancinante e non appena la classifica apparve davanti ai loro occhi si alzò un vociare mostruoso.

 

 

  1. Percy Lindt 286

 

  1. Agatha Bath 223

 

  1. Byron Love 221

 

  1. Annie Hagi 195

 

  1. Roberlandy Simon 159

 

  1. Cedric Dotan 157

 

  1. Russel Terrier 120

 

  1. Mel Horowitz 111

 

  1. Trent Marciano 104

 

  1. Derriere Molina 103

 

  1. Ebony Starr 88

 

  1. Lincoln Skinner 85

 

  1. Richard Burke 79

 

  1. Lolly Mitchell 76

 

  1. Bernadette Maritain 76

 

  1. Maxwell Roth 76

 

  1. Aphrodite 74

 

  1. Balboa Cervantes 73

 

  1. Timmy Logan 69

 

  1. Momo Drina 50

 

 

Dalla platea un bestemmione si alzò terrificante, prima di osservare un individuo vestito elegante e con capelli gellati, come fossero stati leccati da un ungulato, esultare come un giocatore di calcio alla notizia del suo nome apparso sullo schermo. Tra i mugugni nervosi di quelli che avevano fallito, si fecero riconoscere invece le urla di gioia di chi era passato, i venti nuovi aspiranti eroi della HEA. In prima uno di loro venne svegliato dai suoi vicini di posto per dirgli che era passato, lui si alzò con una russata degna di un delfino malato, mentre allo stesso modo un altro gruppo dovette dare la notizia ad un individuo che stava vomitando lurido dietro il cestino della spazzatura. Su un palchetto apposito una ragazza bionda e troppo bella per esistere si affacciò con le braccia coperte da guanti bianchi per osservare il risultato insoddisfatta.
Aveva occhi color cremisi e il volto scolpito dagli angeli, pensò che la concorrenza doveva essere scarsa se era riuscita a passare il turno senza l’utilizzo della sua unicità, si convinse che sarebbe stata circondata da un branco di plebei, intorno a lei una schiera di ancelle vestali bendate si impegnava affinché la loro padrona avesse tutto quello di qui meritava il bisogno, tuttavia Aphrodite, figlia del grande eroe ormai in pensione Zeus, e sorella del numero 2 tra gli eroi professionisti Phoebus, sentiva che la sua strada per eguagliare i membri della sua gloriosa famiglia era appena cominciata.
“Ti farò vedere io, fratello” sussurrò agguerrita, ma con tono nobile.
Un urlo di guerra generò il suo disgusto, un tizio si era alzato dalla curva sud indicandosi con i pollici il volto e urlando cose come: “Sono io! Ho vinto io! Spero tutti mortissimi, godo!”.
Byron lo riconobbe subito, era il cadavere ambulante che aveva incontrato in metropolitana, si chiese quale fosse la sua unicità.
Una ragazza in abiti da suora non esultò particolarmente per essere passata, si portò le mani giunte con cui stringevano un rosario e citòdelle preghiere a bassa voce con gli occhi chiusi e lo sguardo basso: “Perdonami Gesù per aver desiderato che gli altri perdessero, perdonami per aver desiderato che vincessi contro chiunque, sono un’egoista e una peccatrice, esaspererò la mia colpa con una penitenza esemplare”
Poco lontano da lei una ragazza con lunghi capelli biondi e lucenti invece scoppiò a piangere commossa, senza sosta, balbettava frasi sconnesse e continuava a soffiarsi il naso nella camicia bianca, una scena veramente poco apprezzabile, probabilmente non ci sperava nemmeno lei di poter passare, ma il suo nome, Lolly Mitchell, figurava tra quelli selezionati, si lasciò andare in un pianto ancora più devastante.
Una ragazza dietro di lei diede un calcio violento e innervosito alla sue seggiola.
“Dio! La smetti di piangere, Barbie! Sei passata ad un concorso, non hai certo vinto l’oscar come miglior attrice” disse la ragazza dai capelli a caschetto neri e un trucco metallaro sul viso, sembrava infastidita, ma era ben felice di quella situazione, anche il suo nome era sulla lista. Un altro ragazzo che era passato si inginocchiò a terra e iniziò a guardarsi le mani, le osservò come si fissa una reliquia.
“Queste mani, mi sono state tramandata da quel luminare di mio padre, io devo proteggere queste mani, sono l’unica fonte della mia fortuna, non posso permettere che si danneggino o il mio futuro da chirurgo non avrà mai luce” farneticava il ragazzo magro e inquietante, mentre rimaneva bloccato in ginocchio.
Un tizio con l’unicità probabilmente di potersi allungare a piacimento, si lasciò talmente andare per il fatto di essere passato che il suo collo sfondò il soffitto, lasciando un mega collo secco e pallido al centro dello stadio che proseguiva fino alla cupola. Un rumoroso e volgare italiano si dimenava come una scimmia, roteando il pacco davanti al volto sconvolto di una ragazza, nonostante avesse la stessa età degli altri aveva una enorme paio di baffi, assomigliava a Stalin a tratti.
“Campioni del mondo! Campioni del mondo! Il cielo è azzurro sopra Berlino!” urlò lui in italiano per celebrare la vittoria “Ma che cazzo ne sapete voi? Inglesi di merda!”.
In un angolo, invece, una ragazza silenziosa osservava la scena poco impressionata. La sua pelle era completamente nera, ma non un sinonimo di scuro, moro o di colore, sembrava colorata con la pece, era scura come l’abisso.
Osservò il suo nome, Ebony Starr, sullo schermo, ma i suoi occhi si persero in lui, enorme, spesso, quasi mostruoso. Clarence, quello che sarebbe diventato il suo professore si ergeva fiero sul palco, i muscoli sembravano esplodere, le labbra carnose e piene, se le immaginò mentre la divoravano e Ebony non poté che iniziare ad avvampare, quell’uomo mistico era la perfezione.
Ma i peggiori furono tre individui distinti che da angoli diversi dello stadio iniziarono a reagire con versi animaleschi.
Una ragazza dai capelli arancioni, che Byron riconobbe come la stessa che gli aveva vomitato l’i-pod praticamente addosso, iniziò ad abbaiare e a dimenarsi proprio come un cane, ma dall’altra parte della stanza un ragazzo irsuto con barba rigogliosa e che dimostrava quasi trent’anni replicò al verso della ragazza ululando proprio come un lupo, tuttavia la ciliegina sulla torta fu un lurido che si alzò sul corrimano e iniziò a esultare come una scimmia battendosi i pugni sul petto e gemendo come un gorilla. Nel mentre che queste manifestazioni di giubilo avevano luogo Byron si batté un forte segno di intesa con Cedric, prima di abbandonarsi ad un abbraccio, anche la ragazza lumaca che sedeva accanto a Cedric era passata e persino con il secondo punteggio, cosa che li lasciò sconvolti, ma sinceramente erano troppo felici per pensare alle statistiche.
Byron constatò che a quanto pare Percy fosse ancora il migliore, ma un nome accolse ancora di più la sua attenzione un brivido gli percorse la schiena, in più non appena voltò la testa si trovò il suo viso proprio davanti agli occhi, era incandescente.
“Byron Love, chi non crepa tra dolori atroci, si rivide” gli disse una ragazzetta dal viso rotondo e dai capelli castani a caschetto, sembrava un fungo e aveva un’espressione furente e delusa.
“Annie...Annie, ti trovo...ti trovo in forma” replicò lui fuori luogo e impaurito. Vide chiaramente che dal maglione rosa della ragazza la sua pelle, in particolare il collo, iniziava a coprirsi di uno strato di metallo, dopotutto la conosceva e conosceva cosa fosse in grado di fare Annie Hagi, un’altra dei 20 che avevano superato la prova.
“Ti aspetto ancora a quel bar io, lo sai? Mi hai scaricata nel modo più infame!”
Sì, la conosceva, sì era anche un’aspirante eroina, sì aveva superato l’esame, sì era la sua ex.

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Capitolo 3
*** Aphrodite ***


Capitolo 3

 

 

Il freddo alle cinque del mattino era ben più fastidioso di quanto avesse previsto, il vento gli strideva nelle costole e le mani gli divennero presto viola di gelo, si rese conto che a queste temperature non fosse certo un valido guerriero, anzi, con questo freddo non avrebbe prodotto una goccia di sudore. Era appena sceso dalla metropolitana e con il fiato che si trasformava in piccoli cumuli bianchi di nebbia davanti al viso, iniziò a percorrere il marciapiede che affiancava la scuola, dopotutto il suo piano era una strategia infallibile, era chiaro che sarebbe stata sua. Leggere quel nome nella lista dei suoi compagni di classe era stato uno shock, ma ancora più dell’idea di poter finalmente iniziare la sua carriera da eroe, lo esaltò la possibilità di poter avere in classe una donna del calibro di Aphrodite. Poteva finalmente ambire da vicino alle carni di quella dea, quella meraviglia della natura, un vero e proprio paradigma della perfezione, non poteva in alcun modo fallire, la tensione era ben superiore a quella per l’esame di ammissione, il primo giorno di lezione sarebbe equivalso anche al primo incontro vero e proprio con Aphrodite. Inoltre non poteva permettere che gli altri ragazzi potessero sopraffarlo, non credeva fosse possibile che un altro uomo gli fosse superiore, ma la possibilità, anche se remota, di venire sconfitto era tangibile e la sua strategia aveva tenuto conto anche di questo. Si sarebbe diretto a scuola per primo, alle sei di mattina si sarebbe fatto trovare ai cancelli, ben due ore prima dell’inizio delle lezioni, in modo da poter osservare il circondario in segreto e poter essere il primo a rivolgerle la parola. Inoltre, indossava una maglia a maniche corte e dei pantaloncini da calcio, in modo che il freddo glaciale inibisse completamente la sua sensazione di calore, niente calore, niente sudore, aveva persino abbozzato un deodorante sotto le ascelle, si era giocato la sua arma segreta, non tutte erano degne del suo deodorante. Entrò nei cancelli della scuola e la visione che si trovò davanti fu sufficiente per lasciarlo confuso e inerme allo stesso tempo. Tutti i suoi nuovi compagni di classe, ragazzi che ancora non conosceva erano presenti, a quanto pareva tutti avevano avuto la sua stessa idea. Sembravano tutti in attesa del bus, chi con la schiena appoggiata al muro della scuola, chi seduto su una valigetta, chi intento a guardarsi intorno con aria da finto tonto, sembrava che allo stesso tempo non sapessero perché fossero tutti lì, quando invece lo sapevano benissimo ed erano ben consapevoli di essere tutti dei porci. Byron iniziò a dirigersi nervoso verso il gruppo e squadrò con occhio attento quelli che sarebbero diventati i suoi compagni di classe. Cedric non poteva certo mancare, era seduto sugli scalini dell’entrata, chiaramente ancora serrata, e si passava sotto le gambe l’inseparabile palla da basket, nonostante il freddo mattiniero indossava la stessa canottiera di basket del giorno dell’esame. Gli altri, invece, erano tutte facce nuove. Accanto a Cedric c’era un individuo bizzarro e dal fisico sproporzionato, la cosa che per prima accolse la sua attenzione era che fosse altissimo, un vero e proprio grattacielo, probabilmente superava i due metri, con braccia lunghe e sottili, un collo giurassico e delle gambe lunghe almeno quanto il suo mezzo busto. La cosa più curiosa era però che fosse estremamente sottile, sembrava un enorme foglio di carta ripiegato su sé stesso, lungo e affusolato, ma allo stesso tempo bidimensionale. Il ragazzo indossava una tuta grigia larga e una maglia banca che sembrava gli fosse stata prestata da un elefante da tanto fosse larga. Il terzo della schiera invece non era nemmeno presenta tra loro se non fisicamente, poteva benissimo essere morto, russava come una locomotiva ed era crollato dormiente a terra con la faccia nascosta nello zaino. Byron riuscì almeno a vedere che avesse i capelli lunghi e unti, erano così oliati che avrebbe potuto friggerci dentro delle patatine, il volto era invece smunto e definito, mentre il fisico slanciato era coperto da abiti nobili, sembravano tessuti pregiati e di estrema fattura, peccato che fossero immersi nel fango, perché il loro padrone aveva deciso di svaccarsi per terra. Accanto al cadavere di quel tipo, c’era invece un secondo cadavere ambulante e Byron non poté che riconoscerlo, era lui, la carcassa della metropolitana. Il giorno prima si era mostrato agitato e nervoso per l’esame imminente, con un aspetto fatiscente, condito da capelli in rivolta, occhiaie scure e dense e persino dei buchi squallidi nella maglietta, quel giorno, tuttavia, riuscì a mostrarsi in condizioni ancora più terribili. I capelli non erano più scomposti in una frangia sulla fronte, erano completamente rivolti verso l’alto, quasi elettrici e liberarono un campo da calcio sulla cima della sua testa, la sua fronte era talmente grande che una coppia ci avrebbe potuto pattinare sopra, Byron percepì di non riuscire a smettere di guardarla. Come da copione Maxwell, quello era il suo nome, stava esasperando un altro ragazzo, parlava talmente rapido che non era possibile seguirlo, era alienante, si chiese se fosse quella la sua unicità. “Per capire quali proprietà di un materiale possono essere migliorate è necessario dapprima comprendere la relazione che esiste tra struttura del materiale e caratteristiche chimico-fisiche dello stesso, inoltre bisogna sapere come si può controllarne la struttura tramite trattamenti chimici, termici, meccanici o altre operazioni.

Alla base della scienza dei materiali c'è l'empirismo e la sperimentazione come base per la scoperta di nuovi materiali. Da quest'ultimo punto di vista si può inserire la scienza dei materiali in quella classe di scienze sperimentali alla quale appartengono la fisica e la chimica. Alcune classi di materiali scoperte tramite l'ausilio della scienza dei materiali sono: i superfluidi, i semiconduttori, i superconduttori e alcune leghe refrattarie” disse lui senza quasi prendere il respiro e esprimendo relazioni scientifiche all’orecchio senza logica, sicuramente senza logica lo erano per quello che lo stava a sentire, forse per pietà o forse perché stralunato di suo. Byron si appuntò nel cervelletto di evitare Maxwell Roth la mattina. Quello che lo stava a sentire in silenzio assomigliava in tutto e per tutto un adulto fatto e finito, ma non un adulto appena maggiorenne, un vero e proprio uomo di mezza età, una cariatide ormai. Non era particolarmente alto, ma superava Maxwell, aveva uno sguardo freddo e penetrante, quasi inquisitorio, fissava quello che parlava di scienza dei materiali senza esprimere un’emozione, non si capiva se lo stesse prendendo in giro o se fosse davvero interessato. I capelli erano crespi e di media lunghezza, castani e rivolti all’indietro, mentre il resto del viso era coperto da una barba incolta e rampicante, che andava forse tagliata da diversi mesi. “Mamma mia! Pizza, mandolino! Mafia, vafanculo!” disse un ragazzo poco lontano con voce densa e divertita, cercando di imitare un italiano non solo nella voce, ma anche nei gesti. “Se, se, bravo. Faccia da culo. Italiano sta minchia, sì sì, che cazzo si ride? Stu trimone” replicò proprio il ragazzo a cui era rivolta la frase precedente, che sorrise teatralmente parlando in italiano. Un ragazzo dai capelli castani che gli coprivano la fronte in una frangia e con delle mani gigantesche stava parlando animatamente con un ragazzo basso e spesso di muscoli, con un bel paio di baffi a manubrio sotto il naso che gli coprivano parte della bocca. Il più basso dei due era italiano e l’altro lo stava infastidendo con parole in italiano pronunciate con forte accento inglese, l’altro invece si divertiva ad insultarlo nella sua lingua, tanto quello non avrebbe capito. Poco distante dai due un ragazzo lo fissava dritto negli occhi, Byron raccolse lo sguardo, ma quello non si mosse di un millimetro, continuava a fissarlo, anzi, ora che ci faceva caso stava fissando il vuoto. Aveva occhi truccati e un sorriso pieno, quasi stesse mangiando una caramella che gli si era attaccata al palato, i capelli era biondi come raggi di sole, stempiati ai lati, ma così pettinati da farlo sembrare una bomboniera con un ciuffo unto di gel che gli scendeva al centro della faccia. Era completamente solo, ma rideva lo stesso e non sembrava poter possedere segni di stanchezza, era un simbolo di bizzarria, indossava poi abiti che sembrarono valere più di lui, camicia lilla stirata e lustrata, papillon viola scuro, pantaloni così attillati da mostrare il pacco e mocassino azzurrino con tanto di caviglia scoperta, Byron non riusciva a capire se fosse un esibizionista, un invertito o entrambi. E per chiudere il cerchio ecco che non potevano mancare i due tossici della squadra. Sembravano entrambi appena uscita da un ghetto o da una settimana di esilio fumo, sigarette arrotolate in bocca, capelli lunghi e spettinati e entrambi dal colorito olivastro, inoltre indossavano giacconi con le tasche ampie, sembravano in tutto e per tutto due spacciatori. Il primo era mostruosamente spesso, un vero armadio anche se non eccessivamente alto, con codino arrogante sulla nuca e barba ispida a circondare il volto largo, il secondo invece sembrava una matrioska: stretto e secco sul busto, glutei e fianchi larghissimi sulle gambe, questo oltre a fumare teneva tra le mani una birra. “No fra, non ci stai dentro tu, fidati, fratmo, lascia stare, devi prendere coscienza di ciò che ci circonda, viviamo o no in una società borghese?” chiese il secondo con tono oppresso e occhi ballerini. “Ma che cazzo ne so? A me frega solo che abbassino i prezzi del tabacco” replicò l’altro confuso. Vederli in quel cenacolo, tutti posizionati contro la parete esterna della scuola gli diede l’idea che fossero tutti dei pazzi furiosi, lui compreso e nonostante fossero lì per rimorchiare la stessa tipa, un sorriso gli percorse il viso, si sarebbe divertito un mondo con questi delinquenti. Tuttavia si accorse subito che uno di loro mancava all’appello, Percy non era lì, ma non si aspettava altro da lui, delle ragazze non gli importava proprio nulla. Quando erano bambini nella loro classe c’era un certo Anwar, un bambino che aveva come quirk la capacità di produrre caffè orecchie stringendosi le tempie, che aveva affermato con clamore che Percy fosse omosessuale e per qualche tempo Byron ci aveva pure creduto, dopotutto lui e Cedric passavano tanto tempo assieme, ma col tempo aveva compreso che Percy fosse perfettamente etero, solo che aveva altre priorità o forse considerava le donne troppo stupide per lui. “Vedo che si è fatta la fila” disse quindi Byron avvicinandosi a Cedric. “Sono qui dalle quattro, che ne so di che abitudini ha quella riccastra, magari è una di quelle tradizionaliste che prima di venire a scuola viene a offrire qualche sacrificio all’ingresso, dopotutto la sua famiglia si vanta di avere origini greche, basti vedere quei nomi orribili” disse quindi Cedric, che infatti aveva occhiaia buia a circondargli le palpebre. “Vi capisco, chi più di me può riconoscere il valore di una donna superiore quando la trovo, io che mi sono passato mezzo impero britannico senza mia trovare la mia dolce metà, la parte perfetta della mela” “Perché sei un’idiota, ecco perché non trovi la tua dolce metà, E quella aveva i capelli troppo lunghi, quella troppo ricci, quella parlava strano, quell’altra era troppo manesca” “Dava dei pizzicotti che non ti immagini...” La loro conversazione venne interrotta dalla voce tonante e allo stesso tempo starnazzante. “Ma dio bono mi hai rotto!” esclamò con furia il ragazzo barbuto che stava parlando con Maxwell. “Sono le sei del mattino, non ricordo nemmeno il mio nome, mi sono alzato alle quattro per venire qui e adesso mi sento uno spiegarmi perché se metto le mani in questo modo il flusso della corrente va in senso opposto? Ma buttati giù dalla collina!” il barbuto si voltò indispettito e venne accolto dall’italiano nella conversazione insieme a quello con le mani grandi come racchette da tennis. Maxwell si guardò intorno intristito, mise in bocca una gomma da masticare e si mise a cacciare pokemon sul telefono, forse la sua passione per l’ingegneria non faceva al caso degli altri, almeno fino a quando una voce soave non lo risvegliò dal tunnel. “Non ho potuto che cogliere la tua citazione, cosa dicevi della rotazione su asse del pestino nel Motore Wankel?” chiese l’italiano avvicinandosi a lui, gli occhi di Maxwell si accesero e videro per un attimo il Nirvana, aveva qualcuno con cui condividere la sua passione, la sua bibbia, il manuale della sua esistenza. “Dopotutto io sono un appassionato di meccanica e motorizzazione” “Godo, per me è come sentire un coro di angeli” replicò Maxwell estatico. Le loro conversazioni varie ed eventuali si spensero improvvisamente non appena sentirono il rumore della metropolitana arrivare alla fermata in lontananza, le ragazze stavano arrivando. Byron percepì l’odore irriconoscibile di mutandine pulite, il momento per cui si era allenato per tanto tempo era arrivato, “Ora tocca a me” sentiva il suo ego parlare nella sua testa, ma anche gli altri ragazzi sembravano attendere con ansia solo quel momento. Tutti si schierarono e si fissarono come soldati pronti ad andare in guerra, un po’ come commilitoni in spirito cameratesco, un po’ come rivali in amore. “Vi faccio vedere io lo stallone italiano” disse l’italico baffuto sorridendo malizioso. “Forse sarebbe meglio dire Pony italiano” disse invece l’uomo barbuto e peloso, alludendo al fatto che fosse basso. “Sempre di cavalli si tratta, a tua madre il pony non dava fastidio l’ultima volta” L’altro si mosse in avanti per rispondere all’attacco verbale con la forza, le sue vene si temprarono e andarono a stringere ripetutamente un collare che aveva legato al collo, le orecchie iniziarono a coprirsi di pelo, così come il resto della faccia, un ringhio cagnesco gli uscì dalla bocca mentre gli altri non potevano che osservare spaventati, ma anche curiosi. Anche la sua stazza stava lentamente mutando, la schiena iniziava ad inarcarsi, i muscoli a gonfiarsi e si faceva col passare dei secondi più alto. All’improvviso la sua attenzione però fu distolta dal ragazzo italiano che sospirò un sofferto: “Mamma mia!” Quello che era diventato un vero e proprio lupo mannaro osservò schiumante il cancello d’ingresso, lì una figura non meno definita stava placidamente urinando all’entrata, proprio contro la cassetta delle lettere e con la gambetta alzata proprio come un cane. “E’ divertente perché è come se stessi portando a spasso un cane” disse una ragazza dai capelli neri anche lei all’entrata “Almeno fino a quando non ti bagna le scarpe” All’entrata c’era un gruppo di tre ragazze che si stava portando sempre di più verso l’ingresso, quella più a destra aveva i capelli a fungo che le arrivavano appena oltre il mente, castani, con una fronte larga, larga almeno come le sue palle degli occhi, sembravano i fari di una macchina. Quella accanto a lei, invece, aveva lineamenti più spigolosi e allo stesso tempo più aggressivi, era magra anche se non particolarmente alta, gli occhi erano inclinati e sembravano socchiusi per la stanchezza, circondati da trucco nero, così come il resto del viso era pallido come latte. Ma era la terza che suscitava più attenzione, dopo aver concluso i suoi bisogni, si rimise composta e seguì le due ragazze che avevano appena oltrepassato il portone. Aveva capelli color tramonto lunghi e selvaggi, fisico scultoreo, non poteva che essere quella che tutti stavano fissando, cercando di dimenticare che l’avevano appena vista fare pipì. Byron però aveva occhi solo per la ragazza sulla destra, tra tutte le donne che potevano entrare nella sua classe era arrivata proprio lei, Annie Hagi, probabilmente la persona che aveva trattato più meschinamente nella sua vita. Annie non era male per carità, non era bella, la sua faccia gli ricordava una luna, non era particolarmente provocante, era un vero e proprio chiodo di imbarazzo, non era nemmeno esaltante nei discorsi, trovare una moneta da cinque penny per terra era per lei la massima fonte di entusiasmo, ripensandoci si chiese perché gli piacesse. Ma comunque fosse, aveva così paura della sua unicità che non era riuscito nemmeno a lasciarla dicendoglielo in faccia, aveva deciso semplicemente di sparire dalla faccia della terra, non si erano più rivisti e poteva essere benissimo morto. I ragazzi si sporsero per osservare il trio che avanzava, ma fu il mannaro, ancora trasformato che con un balzo piombò loro davanti, facendole sussultare di paura. La bestia le sovrastava. “Questo è il mio territorio” disse lui alla rossa con tono inquisitorio e aggressivo, la voce così rauca che sembrava raschiare la trachea. La ragazza gli diede un’occhiata di sfuggita, poi rivolse lo sguardo altrove e diede un forte sorso rumoroso dalla cannuccia del suo succo. “Mi stai ascoltando, donna-bestia?” “Grrrrrr” replicò lei sbuffando e il lupo si alterò visibilmente. “Allora si vede che dovrò tirarti via dal mio territorio a calci” “Grrrr” Il ragazzo ormai trasformato vibrò un colpo diretto proprio contro di lei, ma quello che colpì era qualcosa di ben diverso da lei. Ritrasse la mano dolorante e iniziò a ululare di dolore, tra i due si era frapposta Annie, ricoperta interamente da strato metallico, il ragazzo le aveva appena colpito la testa con un colpo violento, ma lei non aveva subito alcun danno, mentre l’altro si era quasi fratturato la mano. La pel di carota si aggrappò a Annie e le diede una schifosa leccata sul viso, lasciandole saliva nei capelli. “Che orrore! Ora i tuoi capelli potrebbero essere schedati come crimine di guerra” esclamò schifata e divertita la metallara dai capelli neri, mentre Annie si rammaricava per lo schifo. Subito il ragazzo lupo ritornò alla forma originaria e tornò sconsolato nel gruppo dei maschi, consapevole di essere stato umiliato da una ragazza, e tenendosi la mano dolorante. Tuttavia l’attenzione dalla scena bizzarra di prima venne distolta non appena si udì un forte rumore di trombe, tutti girarono le teste verso l’entrata per osservare una portantina lussureggiante con drappi in porpora e rifiniture in oro fare un entrata trionfale in portantina. Diverse vestali bendate sorreggevano la cabina, mentre un paggio continuava a suonare una romantica marcia alla tromba. Le serve adagiarono con delicatezza la portantina, c’era un silenzio quasi cerimoniale. “Siete al cospetto di un’autentica dea, avete la fortuna di poter essere considerata alla stregua di pari da una donna che dovrebbe abitare le stelle e non questa terra proletaria, pretendo che le venga posto il saluto e il rigore che merita” disse il paggio solenne e tutti ormai avevano capito di chi si trattava. Una vestale si adagiò sulle ginocchia e si mise quasi in preghiera con la schiena rivolta parallela al terreno e subito dopo una ragazza meravigliosa la calpestò in modo da scendere dalla portantina come stesse scendendo da una scalinata di gala. Capelli biondi e lussureggianti, viso plasmato dalla polvere di luna, vestito roseo e riccamente ornato di merli e pizzi, non c’erano dubbi, Aphrodite era finalmente arrivata, ma per lei non ci fu l’entrata trionfale che pensava. Senza che nessuno riuscì a percepirlo, con due balzi Byron si era portato davanti a lei e senza che Aphrodite se ne potesse accorgere le aveva raccolto la mano candida e l’aveva baciata. “Non sai quale sia l’onore di poter osservare una tale meraviglia della natura, mi prendo il compito di darti il benvenuto nella scuola” disse Byron accrescendo la voce per fare il maschio. Aphrodite mantenne un atteggiamento composto, ma in realtà i suoi pensieri stavano volando nelle più disparate direzioni. “Oh dio! Che gentiluomo, che prestanza, che voce, che ardimento! E dire che pensavo che avrei trovato solo ragazzini, ma lui, lui potrebbe essere forse l’uomo che attendevo, dopo una serie di scarti e uomini così squallidi da buttar via, sento che questa volta potrei farcela a trovarne uno accettabile” pensò lei con la testa che le andava a fuoco. Aphrodite alzò dunque il capo di Byron, che era teso in un inchino e la visione che si trovò davanti era quanto meno oscena, il ragazzo sbavava e la fissava in maniera così volgare da sentirsi violata anche solo da quegli occhi da squalo. “Avanti, non perdiamo tempo, trasformami in un semidio” disse lui e fece per saltarle addosso, ma non appena lo disse ecco che si sentì raggiungere da uno sputo in piena fronte. “Non mi hai lasciato altra scelta, volgarissimo individuo” disse lei con voce soave “Appena finirò di parlare tu diverrai il mio servo e non oserai poggiare un solo dito su di me” Non appena concluse le parole Byron si sentì circondare da un profumo di rose, i suoi occhi si rilassarono, così come i muscoli, davanti a sé c’era ora un prato di rose bianche e al centro del prato, lei, la sua dea, il suo unico vero amore, Aphrodite. Aphrodite osservò orgogliosa Byron diventare uno stoccafisso ingobbito che la fissava con occhi da dinosauro e pensò: “Questa volta era già idiota di suo, il mio potere non ha compromesso proprio nulla” “Byron Love!” urlò una voce femminile addolorata e sconvolta, ma Byron sembrò non sentirla. “Oh Byron, sei un porco, un porco maniaco, lo sapevo che non ero bella a sufficiente per te e adesso stai correndo dietro a quell’oca vestita in pizzo” disse Annie sull’orlo delle lacrime. “A chi avresti dato dell’oca, scusa?” chiese dunque Aphrodite, ma venne bloccata dall’afflato di Byron che vorace ora era aggrappato alla sua gambe mentre ansimava come un serpente. “Non ti ho detto di fare così! Lascia subito la mia gamba, lurido maiale. Perché tutti quelli su cui uso il mio potere diventano incontrollabili idioti!” esclamava Aphrodite disperata e ci vollero cinque buoni minuti per staccare Byron dalla presa e non appena si ritrovò libero, ma ancora completamente ipnotizzato dalla quirk di Aphrodite che in qualche modo l’aveva come addormentato in un mondo parallelo, un mondo però in cui c’era solo lei, unica, meravigliosa, divina, Aphrodite. Un tuono violento lo risvegliò e si ritrovò cosciente scaraventato contro il muro della scuola, aveva persino distrutto una porzione di muro, qualche metro davanti a lui, Annie aveva il pugno coperto di acciaio e schiumava rabbia, ora rossa come una ciliegia. Byron, ora cosciente, non capiva cosa fosse successo e cercò con gli occhi Aphrodite, ma la trovò accompagnata da una schiera di uomini e quello che la stava portando a braccetto, era proprio Cedric che si voltò verso di lui con un occhio sudicio e sporco, per segnalare il fatto che stesse vincendo. Le altre ragazze, Annie compresa, lo superarono senza degnarlo di uno sguardo. “Pensi che sia più carina di me? No dimmelo sul serio, è più carina di me? Io non la trovo così speciale, dai, ma ci sta facendo troppa concorrenza, la devo schiacciare e ridurre in poltiglia” disse la ragazza metallara fuori controllo. “Mel, ti senti bene?” chiese invece una ragazza bionda quasi bianca arrivata da poco. “Eccome, sono pronta ad usare i trucchetti più sporchi per vincere...Cioè volevo dire, ovvio che no, stavo solo scherzando” rispose l’altra dapprima ancora lugubre e inquietante e ora serena e imbarazzata. Byron si fissò sconsolato le punte dei piedi, almeno fino a quando la ragazza animale con cui aveva svolto la prova il giorno prima non si accovacciò accanto a lui, gattonando, e arrivandogli a due centimetri dal viso, era molto carina, sicuramente bellissima, ma lui conosceva bene il suo segreto, il fatto che sotto i vestiti ci fosse un vello da ovino impressionante. Si fissarono per qualche secondo, poi le emise un suono strano e gli rigurgitò addosso una palla di pelo grande come la sua testa, prima di entrare nella scuola correndo sulle quattro zampe. Byron fissò il cadavere che era uscito dallo stomaco della ragazza e concluse che fosse l’inizio perfetto per una giornata di merda.


 

“Ti dico che basterebbe avere un minimo di strategia di squadra per far diventare l’intera casa automobilistica, praticamente imbattibile” disse il ragazzo altissimo, levissimo e secchissimo guardando dalla cima della sua montagna il ragazzo italiano bassissimo. “Ma cosa dici, ma cosa dici, amico mio? Ti chiami Lincoln, giusto? Lincoln, ma pensi veramente che degli italiani, che pensano solo al cibo e alla figa, riuscirebbero a tirare insieme una strategia meccanica migliore di una scuderia tedesca come la Mercedes, la Ferrari in Formula 1 è finita” replicò il ragazzo italiano sconsolato. “Trent, ma questo non è uno spirito patriottico degno di un italiano e poi abbiamo i due piloti migliori del circuito, Leclerc è semplicemente un mostro” “Leclerc ha ancora i denti da latte e poi il migliori pilota in circolazione è un altro e sarà quello che farà vincere alla Ferrari il campionato, superando persino le strategie vincenti della Mercedes” “Eh chi sarebbe Verstappen?” L’italiano fece no con il dito, poi si indico il volto con gli indici e proclamò: “Io sono il miglior pilota del mondo, qualsiasi mezzo di trasporto nelle mie mani diventa un razzo a propulsione” “Scusa puoi mettere il braccio in questo modo?” chiese quindi Lincoln dicendogli di piegarlo come stesse imitando una gallina; Trent eseguì. “Ma va a cagare!” concluse Lincoln direndo di gusto. In classe tutti i nuovi compagni cercavano di fare nuove conoscenze, ora che l’atmosfera era meno tesa e più informale, dopotutto a breve sarebbe iniziata la loro prima lezione e avrebbero conosciuto il loro insegnante responsabile. In ultima fila Percy osservava sereno i suoi compagni, completamente disinteressato alla fase di conoscenza preliminare, dopotutto non amava il rumore, né l’affollamento e quella gente stava facendo conoscenza nel modo più incivile possibile, sembravano dei barbari. Osservò una ragazza leccarsi letteralmente la coscia seduta sul banco, un’altra parlava con voce talmente alta e con tono talmente fastidioso da mettergli in moto il desiderio di sopprimerla, un’altra ancora invece era l’esatto opposto e parlava lentissima con una ragazza completamente ricoperta di colore nero che si spiegava come facesse a starla sentire, pronunciava tre parole al secondo. I maschi però erano ben peggiori, non facevano altro che parlare di quanto fossero belle le ragazze, erano noiosi, grezzi e probabilmente stupidi, si sentiva leggermente superiore a tutto quello e addentò un pezzo di cioccolato. La questione però che più lo lasciava confuso e concentrato era che nella sua stessa classe avrebbe rivisto due persone un tempo molto importanti per lui, ma che adesso gli sembravano come due sconosciuti. Il giorno precedente Cedric lo aveva sfidato apertamente per vendetta, aveva scagliato contro di lui la sua potenza di fuoco e lui, pur di non rispondere alla provocazione, si era lasciato colpire di fatto lasciandosi infliggere danni pesanti, in quel momento avrebbe voluto affrontare Cedric, ma allo stesso tempo non riusciva a capire che cosa fosse giusto fare e aveva finito per non fare niente. Anche allora aveva deciso di non fare nulla e se ne era semplicemente andato, ma ancora era convinto di avere ragione, era Cedric che non riusciva a comprendere che era stato tutto un incidente, ma l’idea di affrontarlo ancora in classe lo metteva in estrema preoccupazione. Rimase nei suoi pensieri per qualche minuti addentando cioccolato, almeno fino a quando non si sentì osservato da vicino e non vide un ragazzo che fissava a due dita di distanza il suo profilo. “Entrare in una nuova classe dopo tanto tempo, mi rende umido” disse un ragazzo con tono vaporoso e candido, aveva un ciuffo biondo gellato che gli copriva parte del viso, un sorriso così strano a sembrare finto sul viso e occhi azzurri che sembravano squadrare ogni singola porzione del viso. Percy non rispose, ma faticò lo stesso a non fissarlo, voleva ignorarlo, ma questo genere di persona sembrava voler proprio essere ignorata. “Sto per dire qualcosa di scioccante, quindi preparati” disse ancora lui e Percy alzò il sopracciglio confuso, erano nell’angolo della classe e nessuno li stava osservando, si accorse ora che quel ragazzo effeminato era seduto con la pancia sul banco. “La tua mascella è veramente lineare, au revoir” concluse lui e Percy rimase colpito e confuso, subito dopo quel ragazzo se ne era andato e lui si trovò a guardarsi intorno come se fosse appena rientrato da un mondo parallelo, chi era quello? Che cosa voleva da lui? Ci stava provando o cosa? “Questo posto è libero?”chiese una ragazza e Percy vide una fanciulla graziosa e dai capelli biondi e lisci, sorridergli con le mani dietro la schiena, indossava una camicia bianca dentro a dei jeans blu. “Beh, sì, lo era, credo” rispose Percy, ancora sconvolto dall’incontro precedente, non sapeva se il biondo avesse reclamato per lui il posto, ci si fosse seduto sopra per sport o altro. “Puoi stare tranquillo, Momo è seduto in prima fila davanti alla cattedra, è così simpatico, io lo trovo divertente” replicò lei e si sedette, poggiando con cura le sue cose sul banco, Percy la trovò gentile e carina, forse questa era normale. “Comunque io mi chiamo Lolly, Lolly Mitchell” si presentò lei e Percy rispose a sua volta. “Oh, ma quindi tu sei il number 1, avrai un sacco di pressioni dopo la performance di ieri” “In realtà no, è un risultato come un altro, era solo un esame” “Ma sentilo, è pure modesto, sono curiosa di scoprire la tua unicità, io ero persino sorpresa di essere passata” disse dunque lei. Percy si trovò imbarazzato, dopotutto le conversazioni con gli sconosciuti non erano il suo forte, sopratutto con le ragazze, l’unica cosa sensata che era giusta far in quella situazione era solo una. Percy la osservò profondo e virile, lei spalancò gli occhi confusa e lui le porse il cioccolato. “Ti prego di accettare questo cioccolato, Lolly” disse lui e lei sorrise prendendo il quadratino fondente. Percy trovò vigore in questo atto per lui di ribellione ed era pronto a prendere in mano la conversazione, fino a quando Lolly non rivelò la sua vera natura. “Dove ho messo la mia agenda?” esclamò lei guardandosi intorno, non trovando il notes da nessuna parta, il tono iniziò a crescere “Dove cazzo è quella stronza di agenda?” Alcuni occhi curiosi si voltarono sentendola parlare in modo così sboccato. “Dio di quel p*rco! Chi cazzo mi ha inculato l’agenda? Ma bastardo il nome di quel legno che me l’ha...” iniziò esclamare a gran voce lei, condendo il discorso con bestemmie, parolacce e pulendosi persino il naso con la mano, i suoi occhi erano persino diventati bianchi, le ragazze che avevano il posto davanti a loro si voltarono sorprese, erano la ragazza lenta per vocazione, Agatha e Ebony, la ragazza modellata nel marmo nero. Percy la osservò imbalsamato, era graziosa, piccola, sembrava gentile, sembrava persino intelligente, ma si era rivelata un demonio, un essere così sboccato e volgare non poteva abitare un involucro come quello. “Ah ops, scusate. L’avevo appoggiata qui sul banco, che stupida!” disse lei con voce ora graziosa e indifferente, sembrava aver dimenticato cosa avesse fatto. “E’ per giunta idiota!” pensò Percy sconsolato. “Forte. Ho imparato una parolaccia nuova” commentò Ebony fredda e distaccata. Byron intanto stava discutendo con Balboa, un tizio così sporco da rivaleggiare l’odore del suo sudore, di quanto fosse ingiusto che il capitale finanziario internazionale fosse raccolto in un fondo in grado solo di servire gli interessi degli Stati Uniti, a discapito dei paesi poveri e del proletariato unito, quando gli passò davanti, silenziosa e con il chiaro intento di non farsi vedere da nessuno, una ragazza dai capelli grigio-bianchi, vestita interamente da suora. “Ehi, tu sei la novizia sexy che ho visto alla stazione! Cioè...volevo dire. Tu sei la la dolce pulzella in cui mi sono imbattuto in stazione, mai stato più felice che una persona cadesse su di me” disse Byron fissandola vorace. La ragazzina minuta lo fissò sconvolta, si chiuse il libro al petto e accelerò il passo verso il banco più vicino. “Aspetta, dai, volevo solo parlare” la rincorse lui, ma lei iniziò a correre per tutta la classe rossa come un pomodoro, mentre Byron cercava in tutti i modi di starle, decise quindi di utilizzare il suo sudore, ma calcolò male l’intervento, lo scatto fulmineo sfiorò appena i capelli della suorina e investì in pieno Ebony che era seduta sul banco. I due si ritrovarono uno sopra l’altra, in una posizione particolarmente oscena. “Clarence, sei qui per salvarmi?” esclamò lei intontita e sognante, nella sua mente vedeva il professore di cui era innamorata sollevarla dalla sabbia in una zona tropicale prima di spremerla come un budino e...ma quando aprì gli occhi c’era solo un ragazzo dagli occhi grandi e dai capelli castani ribelli che la fissava inebetito. “Tu non sei una suora” “Ci mancherebbe anche quella...E tu non sei uno stallone nero” “Perché dovrei essere uno stallone nero?” “Perché dovrei essere una suora?” I due si misero a ridere e si presentarono, Byron percepì il tutto come abbastanza naturale, questa aveva un carattere piuttosto normale e socievole, ma non appena provò a fare conversazione sentì una forte tirata su con il naso e voltandosi vide Annie, che aveva preso posto proprio nel banco adiacente a quello di Ebony. “Sei un porco, non mi hai nemmeno degnato di una parola e io che credevo di poter ricucire il nostro rapporto putrefatto, putrefatto proprio come te” disse Annie malinconica. “Ehi, sei tu che mi hai colpito con il tuo pugno d’acciaio in testa, non credevo che ti andasse di parlare!” replicò Byron e Ebony roteò le sue pupille verdi, che al contrasto con la sua pelle risuonavano come stelle nell’oblio. “Tu hai sbavato su quella Aphrodite sapendo benissimo che era in quel cortile da più tempo di lei, mi ero anche messa il profumo che ti piaceva tanto...” “Aroma di ciliegio in fiore?” “Proprio quello! Ma tu continui a mettere alla prova il mio amore...” sospirò lei e aprì immediatamente gli occhi rendendosi conto di aver detto una parola pericolosa. Annie si sotterrò nel suo rossore e Byron si ritrovò sgomento, Annie gli aveva appena detto che lo amava, così, dal nulla, senza alcuna ragione logica e non sapeva proprio come reagire, tuttavia la situazione fu salvata da una voce che non si era ancora sentita. “Potete fare un po’ di silenzio” disse una voce stanca e vissuta, non aveva bisogno di alzare il tono per farsi ascoltare, sembrava la voce di un cantore, un Bob Dylan adolescenziale. Tutti si ammutolirono e fermarono il loro vociare, Cedric smise di fare lo stoccafisso con Aphrodite che sentiva che questa fosse la volta buona, quel ragazzo con la fascia in testa non era certo elegante, ma sembrava un vero uomo, come ne desiderava da tempo. Con un urlo scimmiesco un ragazzo spesso come una montagna abbatté il braccio del ragazzo lupo che l’aveva sfidato a braccio di ferro, ascoltando anche lui quella voce così matura che aveva svegliato la loro attenzione. Mel che discuteva ora animatamente di trucchi e stile metal con Maxwell che faceva finta di starla a sentire per poter replicare con la composizione chimica del mascara, si voltò per sentire cosa avesse da dire quel profeta. Byron e Annie alzarono lo sguardo fissando l’orizzonte e persino Percy, che si stava grattando il sedere con una matita trovata per terra, osservò con il suo solito sorriso sornione e atarassico cosa avesse da dire quello che fino ad allora aveva solo russato. Aveva capelli lunghi e unti che gli arrivavano fin sotto le ascelle, lisci come spaghetti, neri come le piume di un corvo, il volto era smunto e pallido, non sembrava molto nutrito, occhi circondati da occhiaia e dalla bocca fumo che si perdeva fuori dalla finestra, mentre nella mano reggeva un sigaro. Anche i suoi abiti erano scuri, con una giacca nera curata e stivali neri che gli arrivavano fino a metà polpaccio, seduto sul tavolo fumava, solitario, freddo, superiore, un poeta maledetto in cerca di ispirazione, il suo sguardo perso e intenso sembrava fissare all’interno dell’animo umano, andare oltre il velo di ignoranza per raggiungere il noumeno. “Sapete dove si trova il bagno?” chiese lui con un tono di voce romantico e sofferto, ogni sillaba trasudava nichilismo poetico, quello era senza dubbio un misterioso profeta del teatro della voce. “Che maestà artistica” sospirò Trent, l’italiano osservandolo. “E’ il classico incontro che sogno di fare in una stazione” esclamò invece Lolly estasiata. “Uuuuuun veeeeeeeeerooooooo prooooooofeeeeeetaaaaaaa deeeeellaaaaaaa diiiiiiiicooooooootoooooooomiiiiiiiaaaaaaa deeeellaaaaa moooodeeeerniiiiità” aggiunse infinita Agatha. “Penso che potrei ascoltarlo per giorni” si erse Percy con la sua voce fuori dal coro. Byron prese il coraggio per avvicinarsi all’uomo, che come un avvoltoio appollaiato sui doccioni di una gotica cattedrale sembrava scrutare i loro cuori affranti dalla mortalità della loro esistenza. Byron gli toccò la spalla e tutti sospirarono colpiti. “Superbe!” si alzò Momo con tono femminile vedendo la scena. “Se me lo permetti, ti accompagno, maestro” disse Byron e si percepì la tensione alchemica del momento. Il ragazzo non rispose, spense il sigaro fuori dalla finestra, la richiuse con lentezza e fatica e si alzò dal banco, indicando, chiudendo le palpebre per qualche secondo, che accettava la richiesta di Byron. Logan si sentiva svenire, non riusciva a smettere di dormire, a chi cazzo era venuta l’idea di far iniziare la scuola alle otto del mattino, era già bello per lui stare sveglio e non riusciva quasi a muoversi, né a tenere gli occhi aperti, sentiva che tutti lo stavano osservando perché fosse orribile e impresentabile, stanco e sciatto. Quello che i ragazzi osservavano con sorpresa e ammirazione perché credevano fosse un misterioso cantore notturno, aveva quell’aspetto e quell’aura solo perché ad ogni parola o gesto rischiava di addormentarsi. Byron accompagnò quello che era ormai diventato uno scrutatore dell’anima al bagno, tra i due ci fu un intenso colloquio ottico, in cui Logan si addormentò circa tre volte, mentre Byron lo percepiva come una tecnica dialettica per sindacare la caducità della vita e la ineluttabilità della dea morte. Poi l’unto entrò nel bagno e subito Byron percepì un forte rumore, seguito da un intenso russare. Colpito dallo stimolo di un incontro così intenso, Byron fece per aprire la porta del secondo cesso, ma quando la aprì si trovò davanti la suorina, intenta a pulire la sua cosina dopo aver usufruito dei servizi igienici. Ci fu un silenzio mitologico e rupestre. Poi la poverina iniziò giustamente ad urlare. “Oh mio signore Gesù benedetto! La mia purezza violata dall’immagine del diavolo. Questo serpente tentatore continua a sfidare la mia casta virtù cattolica, non posso che prostrarmi in preghiera e pentirmi difronte a Dio perché lascio che questo demone dello stige cerchi di allontanare la mia via dalla luce dell’altissimo!” esclamò lei tutta d’un fiato e subito dopo le sue mani si incendiarono e scaraventò Byron lontano dai bagni con una fiammata, facendolo atterrare affumicato nel corridoio. Già tre donne su tre avevano usato la loro unicità contro di lui quel giorno, non sapeva se esserne rattristato o inorgoglito.


 

Quando il Professor Clarence entrò in aula subito tutti si misero composti, scegliendo i loro posti preferiti. Davanti alla cattedra si posizionarono Momo Drina e Bernadette Maritain, la suorina con i poteri del fuoco, mentre ai loro lati c’erano le coppie formate da Maxwell Roth e Mel Horowitz e quella composta da Aphrodite e Cedric. Dietro di loro Byron sedeva con Roberlandy, il ragazzo gorilla, al centro Annie con Balboa, il lurido, mentre a sinistra della cattedra Ebony con Agatha. Agli ultimi posti c’erano Percy accoppiato con Lolly, Derriere, la ragazza animale, insieme a Richard Burke che continuava a fissare stupito l’anatomia della ragazza con tanto di stetoscopio e infine Lincoln vicino a Trent, due che non avevano fatto altro che parlare di automobili e infine Russel, l’uomo lupo con Timmy Logan che era stato trasportato in classe dormiente a forza. Tutti si alzarono in piedi all’ingresso del professore, tranne Derriere, Derriere stava masticando il bordo del banco. “Sedetevi pure, ragazzi sedetevi” disse lui era sempre vestito elegante con gli occhiali da sole, il cappello da pescatore e l’asciugamano azzurro sulle spalle. “Mi presento, io sono Clarence e sarò il vostro insegnante responsabile per i prossimi tre anni, potrei iniziare con un giro di nomi e di presentazioni, ma vi conosco già benissimo, so tutto di voi, e preferirei che siate voi a presentarvi in modo particolare. Prima che vi dica che cosa andremo a fare oggi, sarò io invece a presentarmi. Io sono Clarence, insegno qui da cinque anni, prima sono stato un eroe professionista e per chi si ricorda di me il mio nome da eroe era “Superalloy Darkishine”, l’eroe lucido, la mia pelle è sempre cosparsa di olio e sono dunque in grado di scivolare su qualsiasi superficie, allo stesso modo mi rende invulnerabile in quanto qualsiasi colpo avversario scivola a contatto con me. Vi ho detto la mia unicità perché è proprio così che vorrò testarvi oggi, intendo fare un piccolo test atletico per vedere i vostri poteri all’opera nelle diverse situazioni, perciò...” Il suo discorso però venne interrotto da un ragazzo che si era catapultato in aula furioso e con il fiatone. “Mi scusi, signor Clarence! Io dovrei essere qui, in questa aula, al posto di quella stronza con i capelli neri! Mi chiamo Bismarck e ho ottenuto io il punteggio di 110 punti alla prova di ammissione per la HEA. Quella ragazza si è attribuita il mio risultato!” “Ehi! Come ti permetti? Io ho vinto, sono la vincitrice della prova, ho fatto io quel risultato, ho vinto io, ho vinto io e non vedo perché uno sconosciuto mi debba accusare di barare, quando mai barassi, io non baro mai nei giochi” mentì lei che era consapevole di aver compiuto un atto estremo per superare quella prova come si ricordava bene l’identità del ragazzo, quel morso all’infuori era irriconoscibile. “Laida bastarda! Tu lo sai benissimo! Hai scambiato le spille con il punteggio a fine gara, questa è una truffa in piena regola!” replicò Bismarck infuriato. “Aggredita così...mi danno della truffatrice, io che mi sono impegnata così tanto per entrare qui” piagnucolò teatralmente Mel facendo scendere lacrime finte che rigarono le guance di grigio con il suo trucco nero, per poi tornare subito in sé dopo questa messa in sciena “Ma aspetta! Perché infatti ho vinto io e non c’è niente per cui piangere, sono imbattibile, torna alla tua scuola nazionale inglese da quattro soldi” Bismarck provò a replicare, ma intervenne Clarence che lo fermò con la mano. “Ragazzo credi che non abbiamo gli strumenti per verificare che qualcuno avesse barato? Tutti voi eravate ben sorvegliati dal nostro infinito staff burocratico e posso ben dirti di aver esaminato io stesso il comportamento dei miei 20 studenti. Mel non ha barato in alcun modo ha semplicemente usato la sua unicità e dopo aver esaminato l’accaduto abbiamo deciso in consiglio d’istituto di accettarla in quanto ha sfruttato in piena regola il suo potere, singorina Horowitz se vuole spiegare a questo ragazzo come ha vinto gliene sarei grato” Mel si alzò, ben felice di essere al centro dell’attenzione. “Io possiedo un set di trucchi completo, la mia unicità consiste nel fatto che se io riuscissi a sfiorare anche solo un piccolo spicchio di pelle con uno di questi trucchi, che sia ombretto, rossetto o mascara, io sarò in grado di assumere la forma di quella persona, in tutto e per tutto, mi è bastato assumere la tua forma e concludere la prova con una misera kill in più della tua per arrivare al punteggio di 111, uno in più di te, dopotutto sono riuscita a replicare anche il sensore sulla tua maglietta, rilassati, ragazzo, hai perso e io ho vinto, quanto mi piacciono i giochi” spiegò lei estatica e anche un po’ spaventosa. “Da adesso ci penso io a risolvere questa cosa, vi prego di aspettarmi nella sezione sportiva per il test” disse quindi Clarence e il gruppo, guidato da una Mel vincente si diresse alla zona indicata. Quando arrivò il professore disse loro che avrebbe voluto vedere all’opera i loro quirk nelle diverse discipline sportive, i ragazzi erano tutti curiosi di poter finalmente vedere le abilità degli avversari. Byron si dimostrò impareggiabile nella corsa, una volta indossato il maglione, anche se non al massimo della forma, riuscì a concludere la prova dei cento metri in 2.13 secondi, ma Percy non era molto lontano, nonostante non avesse assunto un valore completo di cioccolato riuscì a concludere in 3.54 secondi la prova, due tempi che lasciarono il resto degli studenti scioccati. Dopotutto Percy era tra i primi in quasi tutte le prove, ogni volta che si apprestava a eseguire un gesto atletico, la sua muscolatura si gonfiava e diventava un vero e proprio Achille Pelide, in quel momento il suo corpo iniziava a smaltire gli zuccheri del cioccolato velocemente dando a Percy un energia tale da fargli compiere un esercizio del salto in alto di 43 metri. Ma mentre loro osservavano il fisico scultoreo di Percy, Byron faceva un salto di 81 metri nella prova del salto in lungo. Gli altri avevano unicità meno improntate sulla velocità. Cedric palleggiò con il peso da dodici chili come fosse una palla da basket per diversi minuti prima del suo lancio, quando poi si trovò a scagliare fece un lancio di 623.98 metri, il record del giorno in quella disciplina. Annie Hagi aveva la capacità di trasformare il suo corpo interamente in acciaio indistruttibile, questo le aumentava anche di un discreto livello la forza, fu tra i migliori nel sollevamento pesi, arrivando ad alzare 221 kg di bilanciere. In questa disciplina, oltre a Percy, brillarono anche coloro che della forza bestiale potevano scrivere un manuale. Davanti a tutti Roberlandy si trasformò in un gorilla di tre metri, i suoi vestiti si strapparono e divenne un vero e proprio scimmione che sollevò tre tonnellate come se non fosse nulla. Anche Derriere non si fece pregare, quando si preparò per sollevare il suo bilanciere, anche i suoi muscoli si dilatarono e si gonfiarono, il suo fisico divenne spesso e quasi mostruoso e intorno ai suoi occhi la pelle divenne di color livido. Con una sola mano sollevò due tonnellate senza nessuna fatica. Quando toccò il turno della prova sui 1000 metri tutti scattarono al via, Momo Drina e Timmy Logan, partirono lentissimi e subito vennero staccati da Aphrodite e Balboa, ben più atletici. Chi invece rimase fermo alla linea del traguardo fu Trent Marciano che estrasse un phon da una bisaccia. “E’ l’unica cosa elettrica che ho trovato di elettrica negli spogliatoi, ma adesso vi farò vedere io che unicità straordinaria possiedo” disse Trent agguerrito. Mise il phon in mezzo alle gambe con il becco rivolto all’indietro e la spina per la corrente nella mano destra, dopo qualche secondo di attesa il phon sembrò prendere vita, emesse una fiammata e scattò ad una velocità impressionante tagliando il traguardo in una trentina di secondi e lasciando gli avversari scioccati. “Questa è la mia tecnica segrete. Ultimate Rider!” esclamò lui e tutti lo circondarono per conoscere i dettagli del suo potere, in pratica era in grado di convertire qualsiasi oggetto dotato di circuiti in un veicolo di estrema potenza e velocità, almeno fino a non superare il carico di rottura, il phon infatti era esploso subito dopo bruciandogli il sedere. Tutti ebbero l’occasione di mostrare il loro potere, anche se molti non erano indicati per le discipline, tranne Momo Drina, lui non si aveva la minima idea di cosa fare, si limitava a fissare la gente con sorriso liquido, per poi dire frasi del tipo: “Fai in fretta che poi ci sono io” “Siete pronti a vedere un performer all’opera” Per poi fare inesorabilmente delle figure e dei risultati pessimi. Timmy Logan, che insistette per essere chiamato per cognome e non per nome, aveva la capacità di far addormentare gli altri con uno sbadiglio, sbadigliando in faccia ad Aphrodite l’aveva fatta appisolare per qualche ora nell’erba, salvo poi addormentarsi lui stesso per quasi quattro ore nella sabbionaia del salto in lungo. Balboa più era ubriaco più i suoi sensi diventavano sopraffini, un lancio sbilenco di Annie con il giavellotto, fu schivato da lui di spalle, senza nemmeno vedere da dove provenisse la lancia, solo perché aveva bevuto appena prima dalla sua fiaschetta segreta. Maxwell Roth che non sembrava in grado di far nulla se non decomporsi e passava le ore a lamentarsi per dolore generici, chiedendo di essere portato in ospedale perché si sentiva il braccio amputare, invece rivelò un potere sconvolgente. Emettendo un rutto di fuoco e dando le spalle alla pista del salto il lungo, con la fiammata e il il colpo d’aria del rutto riuscì a compiere un salto di 30 metri senza sforzo, e, come sottolineato da lui, senza l’utilizzo di bibite gassate. Bernadette passò tutto il giorno in preghiera a espiare i suoi peccati e così Lolly, la bionda, che oltre a essersi ustionata al sole, mostro il suo potere, i suoi capelli erano così biondi da essere un pannello solare che maggiore era la luce che li colpiva maggiore erano i raggi che lei era in grado di propagare come onda d’urto, con la possibilità anche di accecare. Per questo girava con un ombrellino di Hello Kitty, sporconando di tanto in tanto. Richard, invece, correva da una parte all’altra del campo millantando esperienza medica, in due ore diagnosticò a Annie di essere in cinta di quattro gemelli per un dolore addominale, disse a Cedric che il prurito al collo era un sintomo della peste e la ciliegina sulla torta fu quando disse a Bernadette che il fatto che avesse i capelli grigi non era una punizione del signore dio, ma una rivincita della natura sul fatto che fosse una bigotta cattolica, causando un suo pianto inconsolabile. Tuttavia mostrò estrema abilità nel suturare una sbucciatura solo imponendo le mani, salvo poi vomitare impressionato. Lincoln invece poteva allungare una parte del corpo alla volta a piacimento, si divertiva a rubare il cappello a Trent e a nasconderlo sulle fronde di un albero, salvo poi finire picchiato dall’italiano, era alto, ma era debolissimo. Ebony aveva il quirk di fondersi con qualsiasi oggetto nero e prenderne il controllo, di fatto non le serviva a molto in questo ambiente, ma non le importava, passò tutto il pomeriggio a fissare i muscoli di Clarence. Anche Mel confermo ai curiosi la sua unicità, truccando appena il viso di Annie, riuscì a ottenere le sue sembianze e perfino a sollevare il suo stesso peso, confermando che fosse in grado anche di replicare i quirk. Ma il momento più epico fu quando, dopo averci messo quattro ore a raggiungere il campo sportivo, quando gli altri erano già arrivati dalla mattina e dopo averci messo un’altra ora per raggiungere la postazione del lancio del giavellotto, ormai a fine giornata e mentre tutti si mostravano stanchi, Agatha, prese in mano la lancia e dopo un rumore esplosivo la scagliò a 4 km di distanza. “Avete visto tutti? Avete visto il mio quirk! Sono o non sono speciale?” disse poi lei voltandosi e parlando assolutamente normale, senza nessuna lentezza e con un cadenza regolare. Spiegò poi che più riusciva a muoversi sotto un particolare indice di velocità, più accumulava energia che era in grado di sprigionare grazie ai suoi guanti, fabbricati apposta per lei. Per tutta la giornata avevano testato le loro abilità, si erano conosciuti e avevano fatto amicizia, proprio come dei veri compagni, di classe, non era importante che in futuro sarebbero forse diventati eroi, l’importante era che insieme forse sarebbero diventati amici. Mentre iniziavano a congedarsi ecco che Cedric toccò la spalla di Percy. “Dobbiamo parlare” gli disse il rosso, prima di entrare per primo negli spogliatoi.

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Capitolo 4
*** Percy Lindt ***


Capitolo 4


 


 

L’ascensore iniziò a scalare il vertiginoso grattacielo, piano dopo piano sentiva il sudore scenderle lungo il collo per arrivarle fino alle caviglie, quella gabbia Metallica iniziava a diventare come una prigione e l’attesa nervosa come un cappio attorno al suo fragile collo.Sapeva benissimo che quella era la sua migliore occasione per poter completare finalmente il suo obiettivo, come sapeva che non se ne sarebbero ripresentate altre, il fallimento non era semplicemente contemplabile.Si sentì cedere le gambe molli quando l’ascensore si fermò all’ultimo piano dell’edificio, poi le porte si aprirono delicatamente e si trovò davanti ad una stanza con i pavimenti in moquette rossi e le pareti in ebano nero, in fondo alla stanza una scrivania in dissolvenza, poca luce veniva trasmessa da qualche lampadina sul pavimento.
“Vieni avanti adeffo , darling” disse una voce seducente e golosa, ma con la esse sibilante, cosa che le dava un tono parecchio infantile. La donna fece un paio di passi nervosi per uscire dall’ ascensore, che immediatamente ritornò a scendere, abbandonandola al silenzio di quella stanza buia e alle fauci di quella strega.
“Coraggio, darling, non intendo certo mangiarti, non devi temere nulla” disse ancora la voce e la donna riconobbe una sagoma seduta sulla scrivania, era visibile solo grazie ad un pomposo vestito bianco che contrastava con l’oscurità della stanza. La donna non se lo fece ripetere una terza volta, non sarebbe stata una mossa saggia e ricominciò a camminare verso la scrivania.
“Puoi fermarti adeffo, non vorrei che il tuo quirk poffa compromettere la nostra converfazione ” disse ancora la donna alla scrivania con una nota divertita e Medusa si bloccò a pochi metri di distanza da lei, abbastanza per poterla squadrare, ma non per riconoscere il colore dei suoi occhi. Era maestosa e nobile, lunghi capelli biondi, volutamente mossi e leonini, viso perfetto e splendido se non per un grande spazio tra gli incisivi. Indossava invece una camicia bianca con bottoni d’oro, la medesima combinazione di colori che aveva sui pantaloni, mentre le scarpe erano oro, così come la mela che stava allegramente morsicando.
“Ti evito la parte noiofa in cui poffiamo fingere di non fapere perché tu fia qui, io fo già tutto di te, conofco il tuo nome, il tuo quirk e le tue gefta . Quello che non fo è tu cosa voglia da noi” disse quindi la donna dando un forte morso alla mela d’oro e sorridendo con i suoi denti allargati.
“Come sapete ho fallito a ottenere la mia vendetta e sono stata sconfitta dagli eroi, sono qui per offrire la mia quirk alla vostra associazione, in cambio chiedo supporto per il mio prossimo e spero ultimo tentativo di ottenere giustizia” disse Medusa, il suo tono era stanco e afflitto, sapeva bene della fortuna che le era capitata e non poteva permettersi di fare passi falsi.
“Qui alla Mela D’oro non vogliamo cavalli pazzi, la vendetta acceca fpeffo l’azione di troppi promettenti villain, un giorno hanno la possibilità di ftravolgere il mondo, il giorno dopo vengono fconfitti dagli eroi, uno fpreco di potenzialità. Tuttavia la focietà non fi ribalta certo da fola, aneliamo al caos affoluto almeno quanto tu chieda giuftizia” replicò dunque la donna.
“La tua quirk può rifultarci molto preziofa, ma fe defideri ottenere quello che vuoi, faremo noi a geftire gli fchemi di gioco”
Medusa tremava nell’attesa che la donna le desse una risposta o la invitasse a mostrarle il suo piano, non riusciva più a resistere al momento in cui avrebbe mostrato al mondo e alla comunità scientifica cosa fosse in grado di fare grazie alla sua unicità, se non era stata in grado di salvare delle vite, allora ne avrebbe tolte in quantità industriale e senza nessuna riserva.
“Per me sarebbe un onore servirvi, sono completamente nelle vostre mani” disse Medusa balbettando e chinando la testa, la sua vendetta valeva qualsiasi cosa, anche prostrarsi in segno di sottomissione, anche diventare un misero mezzo o un servo della gleba.
“Ci fi può lavorare...Intanto vorrei fapere il tuo nome da Villain” disse quindi la donna addentando ancora la mela.Medusa inarcò il sorriso che divenne sinistro come una fetta d’anguria.
“Potete chiamarmi, Homeopath”

 

 

“Ma ti prego, puzza di maledetto, fa schifo, piuttosto il suo amico con la palla da basket” disse Mel uscendo dallo spogliatoio con i capelli ancora bagnati e praticamente a caschetto.
“È il suo quirk non è mica colpa sua e poi ha delle doti fisiche impressionanti, all’odore ci si abitua” replicò Ebony con voce monotona e sguardo fisso è disinteressato. “Se certo, ti stringe la mano e te la fa diventare una spremuta di sudore, ti abbraccia e ti frigge come le patatine al McDonald” disse quindi schifata Mel, scuotendo il capo e mettendosi le cuffie in testa, pompavano musica come casse da discoteca.
“A me Percy ispira un sesso...” sospirò una voce grave fuori dal coro. Mel ed Ebony si voltarono e videro Lolly, con le guance rosse di calore, che era appena uscita dallo spogliatoio e voleva inserirsi nella conversazione.
“Cioè...volevo dire, non fa schifo, è discreto” aggiunse lei sentendosi osservata.
“Ognuno ha i suoi istinti” osservò Ebony alzando il sopracciglio enigmatica. Le tre continuarono a spettegolare, smettendo solo quando passarono davanti a Cedric, che poggiava con la schiena al muro e il cappuccio grigio sulla testa, nelle orecchie le cuffie. Salutò le ragazze poco ispirato e continuò a fissare il pavimento, si chiese quanto avrebbe atteso. Lincoln gli passò davanti correndo come un coleottero e picchiando la testa sul soffitto, seguito dai ben più calmi Balboa e Roberlandy che stavano immancabilmente rollando del tabacco.
“Non trovi la doccia calda particolarmente efficace per la pelle?” chiese una voce particolarmente femminile.
“Beh ecco...penso di sì” rispose Percy consapevole che lui non si lavasse praticamente mai, la doccia era una toccata e fuga simbolica, tra una flessione e l’altra. “Credimi, lo shampoo sulla pelle...come il sederino di un neonato, superbe!” continuò Momo spostandosi il ciuffo leccato a sinistra e fissando Percy come un bignè alla crema, lo svizzero reagì con silenzio ascetico e alzò le sopracciglia maledicendo il giorno in cui quel mentecatto gli aveva rivolto la parola. Nessuno sapeva che cosa fosse Momo Drina, tutti lo evitavano, per paura e per vergogna, ma lui si faceva trovare ovunque e in qualunque momento, parzialmente disinteressato all’esistenza, ma allo stesso tempo eterno.
Percy osservò la figura che lo stava aspettando qualche metro avanti a sé, comprese che la questione fosse seria, era consapevole che l’argomento sarebbe tornato, a maggior ragione dopo il loro scontro all’esame, avrebbe ancora affrontato Cedric o forse Cedric avrebbe affrontato lui.
“Vai avanti tu, così posso fare un’uscita trionfale...” provò a dire Momo, ma Percy stava già puntando Cedric appostato alla parete, Momo si perse in men che non si dica fuori dalla struttura.
“Avrei scommesso che non saresti venuto, mi hai stupito” disse Cedric con tono arrogante, senza sentire il bisogno di togliere le cuffie. Percy non rispose e mosse appena la bocca.
“Possiamo fare veloce che perdo la cena?” chiese Percy con tono spento.
“Facciamo come dico io e ci impieghiamo il tempo che dico io. Credimi non sono contento nemmeno io di trovarti qui, ma cerchiamo di arrivare ad un accordo” replicò irritato Cedric.
“Io non ho un problema con te, se c’è qualcuno che deve risolvere qualcosa qui sei tu” “Il problema a cui tu ti riferisci si chiama Emma, o forse non ti ricordi di lei? Ricordi? Capelli marroni, occhi azzurri, schiena spezzata...o forse ti devo spiegare ancora una volta di come mia sorella sia finita in sedia a rotelle?” disse Cedric alzando il tono. “Mi ricordo benissimo e mi sono già scusato in passato, non vedo perché ti ostini a tirare fuori quella storia” “Beh Perché tu sei qui, mentre lei non camminerà mai più” Percy non mutò assolutamente la sua espressione e non sembrava affatto colpito dal tono aggressivo, anche se controllato di Cedric.
“Dovrei spaccarmi la schiena perché tua sorella è rimasta paralizzata dopo un incidente?”
“Non è stato un incidente e non ti sei mai assunto le tue responsabilità e fino a quando non lo farai io non intendo darti tregua a costo di farmi giustizia da solo”
“Cedric eravamo in quattro quel giorno, abbiamo esagerato con la forza durante il gioco ed eravamo dei bambini, non intendo assumermi la responsabilità di averla colpita intenzionalmente. Ho già chiesto scusa in passato e non intendo fare di più “ spiegò Percy, freddo, duro e fermo sulle proprie ragioni.
“Speravo mi avresti dato di più questa sera, ma come allora non hai preso atto proprio di nulla, nemmeno ora che siamo cresciuti, non ho più niente da dirti, Percy, questo era un ultimo avvertimento, ti aspetto domani per l’esercitazione sul campo, fai in modo di essere contro di me” concluse Cedric deluso e con tono distante, mise le mani in tasca e si diresse lontano dalla palestra, pronto a raggiungere il dormitorio.
Percy lo osservò per qualche secondo, era stato il suo migliore amico e non riusciva ancora a capire se il rimpianto per averlo perso fosse superiore alla noia e al fastidio per una questione che ancora dopo anni suonava come una cicatrice aperta, quando invece per lui era ben chiusa e non aveva alcuna intenzione di riaprirla. Non avrebbe abbassato la testa per una cosa che non aveva commesso intenzionalmente, ma allo stesso tempo non voleva sprecare il suo tempo per una causa persa, vedeva in Cedric solo un ragazzo ossessionato dal passato, anche se comprendeva il suo rancore lo credeva ancora il bambino di allora, non lo trovava affatto cresciuto, il suo orgoglio valeva per il momento molto di più.

 

Byron si sentì afferrare per il collo della maglietta con forza erculea, in un attimo si ritrovò disarcionato dalla sedia e trascinato per il pavimento, si chiese se le altre ragazze lo stessero guardando e provò estrema vergogna, avere una ex in classe era forse la più grande sventura che gli potesse capitare. “10 pound che gli schiaccia le palle” disse Trent a Lincoln sotto voce e ridendo sotto i baffi folti.
La giraffa rise come una marmotta e si contorse sul suo stesso collo. “Guarda qui” disse poi con occhio convinto, il suo braccio allungabile iniziò quindi a serpeggiare tra i banchi prima di finire sul sedere di Annie, che stava trascinando quel disgraziato di Byron fuori dalla classe, uno schiaffo elegante e poi il braccio di Lincoln ritornò a casa. “Come ti sei permesso, brutto maiale?!” urlò la ragazza dai capelli a fungo, prima di scaraventarlo letteralmente fuori dalla classe dopo essersi interamente ricoperta di acciaio. Uscì poi anche lei dalla classe lasciando solchi ad ogni passo e abbandonando la classe alle risate.
Annie si chiuse la porta alle spalle e immediatamente il suo ghigno furioso si trasformò in uno sguardo basso è afflitto, ruotava la punta del piede sul pavimento e aspettava che Byron si alzasse dal pavimento.
“Ma che ti prende?! Per quanto pensi di farmela pesare? Ti ho fatto le mie scuse un centinaio di volte” disse Byron dolorante e confuso.
“Una volta...per sbaglio...prima di sputare il frappé da naso da Starbucks, poi probabilmente sarai scappato via dal bagno” replicò Annie, era triste, terribilmente triste e i suoi occhi grandi come palle da biliardo avevano attenzione solo per il pavimento, aveva anche le orecchie rosse come un peperone, Byron l’aveva sempre trovato adorabile.
“Hai le orecchie rosse come peperoni” le disse lui sorridendo e i loro occhi si incrociarono, non era bella, almeno non per le sue ambizioni e di questo ne era consapevole, ma con il tempo si era convinto che non l’avesse scelta solo per quello, era dolce e gentile, quando non schizzava di rabbia, ma quasi sempre per un motivo ben delineato, quando stavano insieme sempre per colpa di Byron, sapeva emozionarsi per poco e apprezzava i piccoli gesti come fossero immensi tributi.
Erano stati insieme qualche mese, lui non se ne era quasi nemmeno accorto e lei era troppo timida per chiedergli di portare la loro relazione su un livello superiore, lo reputava un ragazzo sincero e affidabile, poi era stata mollata per messaggio e senza nemmeno una spiegazione, era arrivata una ragazza più bella e Byron non sapeva dire no, anzi il suo comandamento era dire sempre sì, a qualsiasi essere femminile dotato di respiro. Annie si era sentita morire.
Aveva bagnato il cuscino per settimane, volteggiato tra il mangiare poco nulla e il divorare gelato, struggendosi per una spiegazione che non sarebbe arrivata e considerandosi inadeguata. Aveva sbattuto la sua fronte di acciaio contro la parete sfondandola diverse volte, si era ripromessa che la prossima volta che l’avrebbe visto lo avrebbe sfondato di persona, ma ora che lo aveva davanti non riusciva a menarlo in alcun modo, era un idiota, ma non riusciva a volgere lo sguardo altrove.
“Che cosa sono stata per te? Un giocattolo da qualche uscita? Una moneta da buttare in un distributore di snack? Ti eri stancato di questa bambola e ne volevi un’altra? Perché io non voglio passare l’anno a fare scenate, io voglio davvero diventare un’eroina” disse lei ora che aveva incrociato il suo sguardo. Byron spalancò lo sguardo confuso, immaginava il suo cervello come un cartone di latte vuoto, cazzo che buono il latte...Resettò il tutto, non aveva idea di cosa gli avesse appena detto Annie, stava davvero per parlare seriamente con una ragazza? Non sentiva di avere il vocabolario per farlo. Che cosa voleva sapere? Che dopo di lei era stato il turno di Samantha? “Tanta roba, Samantha” pensò lui.
“No. Torna da capo e ragiona. Lei si sente tradita e messa in imbarazzo, io sono il responsabile. Ma davvero questa ha pensato a me per tutto questo tempo? Dio che bestia che sono, tutte le abbatti, sciacallo” iniziò a vagare nei suoi pensieri.
“Pollo allo spiedo...No aspetta, non stavo pensando a questo...cosa dicevo? Annie...certo Annie” continuò a ragionare lui
“Però adesso mi sta fissando con quegli occhioni da martire, che cosa posso fare? Ragiona, ragiona, brutto idiota” Annie continuava a guardarlo speranzosa, aveva gli occhi grandi e rotondi, orecchie leggermente in fuori, ora rosse come pomodori, capelli che le arrivavano appena oltre il mento, lisci e a caschetto, se non che la fronte non ospitasse la frangia. Il naso era piccolo e delicato, così come la bocca, sottile e rotonda allo stesso tempo, indossava un maglioncino rosa e dei pantaloni bianchi, le scarpe erano delle ballerine nere, Byron le adorava.
“Era vero quello che mi hai detto ieri?” chiese Byron rendendosi conto che la situazione fosse effettivamente seria. Annie deglutì. Tra uno sclero e l’altro il giorno prima si era lasciata sfuggire che provasse ancora qualcosa per lui, non poteva nemmeno farci troppo, era consapevole che Byron fosse stato per tutta la sua vita il suo unico ragazzo e amore. Nulla c’era stato prima e nulla dopo.
“Io ti sono sempre stata sincera, tu mai. Lascia perdere quello che posso aver detto, tanto non vale granché” Byron scostò lo sguardo da Annie e fissò il corridoio. Valeva eccome, Byron sentì come se per la prima volta le parole di una femmina avessero valore, Annie era una persona infinitamente migliore di lui, che l’aveva fatta soffrire senza nemmeno pensarla per un momento, ma che nonostante tutto sembrava non volerlo fuori dalla sua vita, Annie lo amava ed era la prima volta che si rendeva conto che anche l’altro sesso avesse parola in merito, si sentì un idiota.
“Cerca solo di ricordarti che esisto anche io in quella classe e che non siamo due sconosciuti, non scappare più, mi faresti del male” concluse lei, lasciando Byron confuso e poco lucido, non aveva capito assolutamente niente dell’ultima frase, Annie stava già rientrando in classe.
Nel mentre un gruppo di loro compagni stava cercando di origliare la conversazione.
“Avanti donna bestia dicci quello che si stanno dicendo” disse Maxwell grattandosi la testa mentre rimaneva ingobbito sulle ginocchia, mentre davanti a lui un gruppo di ragazzi stava cercando di sentire le loro voci dalla porta.
“Questa non sa nemmeno dire il suo nome senza abbaiare, ci penso io qui. E poi perché ti interessa tanto?” Intervenne Mel dando un colpo di rossetto sulla guancia di Derriere, che si stava grattando l’orecchio con la scarpa, quasi istantaneamente si trasformò in tutto e per tutto nella compagna pelosa.
“Grrrr” esclamò Derriere iniziando ad annusare il sedere di Mel.
“Ascolta e basta, non è certo perché sia interessato a lei o altro” Proprio però nel momento in cui Mel appoggiò alla porta l’orecchio, questa si spalancò e Annie si ritrovò davanti la scena macabra di due Derriere intente ad annusarsi a vicenda, e di un ben più spaventoso Maxwell, appollaiato come un Goblin dietro di loro. La vera Derriere le gattonò accanto e le fece le fusa quando strusciò il busto sulla sua gamba, Mel senza capacità di parola, ma bel cosciente della sua identità, fece allora un latrato indistinto e si fece la pipì addosso, confusa corse quindi fuori dalla classe prima che qualcuno la notasse.
Annie rimase interdetta per qualche secondo, mentre Derriere iniziava a fare avances sempre più audaci al suo polpaccio, Incontrò lo sguardo macabro di Maxwell.
“Ciao, sn io, mi piacciono gli acceleratori di particelle, ti fai un caffè ogni tanto?” esordì lui con voce accelerata. Annie lo fissò senza comprendere nemmeno una parola, nello sguardo di quel ragazzo osservò la fatica.
“Rip, not stonks” concluse da solo lui addirittura interrompendo la risposta della ragazza, per poi mettersi al banco. Il ultima fila intanto un gruppo di ragazze stava discutendo del più e del meno.
“Quindi tu vieni dalla Francia?” chiese Lolly a Bernadette, la ragazza vestita da suora, probabilmente l’essere più timido mai concepito dal suo Dio.
“Sì, spero sia una nazione che vi vada a genio, vi ringrazio per avermi rivolto la parola” rispose Bernadette chiudendo gli occhi e mostrandosi misericordiosa. Ebony la fissava come si fissa un essere strano.
“Maaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa...” Lolly iniziò a roteare gli occhi quando Agatha iniziò la sua frase.
“Figurati, eri l’unica ragazza con cui non mi ero presentata, sei sempre così schiva, mi andava di conoscerti” intervenne dunque Lolly, Agatha rimase nel sottofondo.
“Il mio signore Gesù Cristo” disse lei facendo il segno della croce “Mi ordina di prostrarmi a lui i totale umiltà e abnegazione, non intendo offendere le sue creature e intendo occupare il mio tempo solo per la preghiera e per diffondere la sua parola” Lolly sentì il bisogno che qualcuno si alzasse e la esorcizzasse.
“...aaaaaaaaaaa peeeeeerchéeeee seeeeeeiiii veeeeestiiiiitaaaa daaaaaa suuuuuuooooooraaaaa?” chiuse dunque Agatha ponendo fine all’agonia. “Questo è un simbolo di sottomissione assoluta di cui sono grata. Offro le mie carni pudiche a Dio in modo che gli occhi del demonio non le raggiungono, ma il diavolo tentatore è sempre dietro l’angolo sapete”
“Ma davvero? E dimmi dov’è adesso?” chiese Ebony, non avendo mai cambiato espressione da quando la suoretta le aveva raggiunte. Bernadette indicò Byron che stava cercando di sedurre Aphrodite appoggiato al suo tavolo come un avvoltoio.
“Quello è il principe dei demoni, Azrael l’angelo del peccato, risalito dall’Acheronte per mettere alla prova la mia fede. Non prendetemi per folle anche se non riuscite a vederlo, la visione del cielo dopotutto è un martirio per pochi” disse lei con tono puro e candido.
“Io lo vedo benissimo e gli morderei quel bel culetto a melograno” replicò Lolly e Bernadette si portò le mani alla bocca prima di fare un segno della croce.
“Dovresti confessarti subito da un sacerdote, dolce pecorella smarrita, la tua voce è intrisa di tentazione, poverina...”
“Certo, vado subito”
“Brava ragazza!” sospirò grata Bernadette e mise dolcemente seduta al suo banco. Lolly la fissò confusa e attenta per qualche secondo poi quasi come fosse un proclama disse a Ebony e ad Agatha: “Io giuro solennemente che entro la fine dell’anno la trasformerò nella cosa più atea e porca che esista, fosse l’ultima cosa che faccio”
In quello stesso momento un nuovo individuo entrò in classe. Era alto e possente almeno quanto Clarence, il loro insegnante responsabile, ma la sua pelle era pallida e pulita, la testa completamente calva. Gli occhi erano invece chiari e piccoli, volpini, il profilo scultoreo ed era vestito interamente da medico.
“Finalmente potrò conoscere il dottore di questo luogo, da lui potrò apprendere le nozioni basilari per diventare un profeta della chirurgia, osservate un professionista in azione, figli di genitori con professioni di serie b” disse Richard roteando le mani giganti in aria e suscitando la reazione di nessuno, proprio nessuno, solo una leccata da parte di Derriere che gli spalmò la sua bava calda sulla guancia. Richard in risposta si dimenò come un insetto per spalmarsi disinfettante come se piovesse, insultando i veterinari come dottori di serie c2 zona retrocessione.
“Piacere, nuove matricole della HEA e vi do anche io il mio benvenuto per questa nuova avventura” esordì il pelato con voce calda “Io sono John Sons, ma forse qualcuno mi conoscerà per il mio nome da eroe, sono l’eroe professionista “The Bald” e sarò il vostro insegnante di pratica dell’eroismo”
Tra gli studenti si alzarono espressioni esaltate e sorprese alla notizia, nessuno si era accorto della somiglianza dato che era vestito da medico, ma The Bald era uno dei migliori eroi i Europa, ormai da anni in top 20 e non era tanto difficile capirne la ragione. Il suo quirk “Trasformismo” gli permetteva di clonare sé stesso per un numero indeterminato di volte ed essere quindi fondamentale per le missioni di salvataggio, visto che ogni clone può essere creato solo partendo da una professione ereditandone le capacità.
Byron ricordò di averlo visto in tv in azione, quando per salvare dei civili si era sdoppiato nelle figure del medico da campo, del pompiere, del poliziotto e del prete nello stesso momento, tutto questo mentre il vero sé fronteggiava un villain che aveva seminato distruzione. All’improvviso entrò infatti dalla porta un clone di The Bald, interamente vestito da muratore, con tanto di divisa sporca di cemento.
“Il campo dall’allenamento è pronto” disse il muratore con lo stesso tono del corpo principale. Ne apparve un altro subito dopo.
“Il progetto non è stato facile da realizzare, ma abbiamo finito con tre ore di anticipo” disse quello nuovo in camicia azzurra, occhiali, e la spilla “Architect” sul petto.
“Gli architetti non riescono nemmeno a costruire la loro cacca fatta come si deve” sussurrò Maxwell convinto della supremazia dell’ingegneria rispetto a qualsiasi altra cosa dotata di capacità di esistere.
“Quella che vi aspetta sarà una simulazione di estrazione. Sarete divisi in coppie e vi affronterete due coppie per volta su una zona di gioco delimitata e varia. Spesso gli eroi si trovano a dover prevenire piuttosto che curare, vedersi chiedere di recuperare un particolare oggetto o un ostaggio da una situazione di pericolo non è una cosa rara e la difficoltà delle estrazioni è che come è entrato in una specifica zona, l’obiettivo deve essere tirato fuori nelle medesime condizioni. Portare fuori da un edificio occupato il corpo morto di un ostaggio è un fallimento in piena regola. Una squadra interpreterà il ruolo dei villain e avrà questa simpatica bambolina come ostaggio, questi potranno gestire l’ostaggio come vogliono, se non che questi non deve morire, se gli eroi riescono a portarlo indenne fuori dell’edificio avranno vinto, altrimenti se il tempo scadrà i villain avranno vinto”
“Non dovrebbero perdere gli eroi nel caso in cui l’ostaggio venga ucciso?” chiese Aphrodite alzando la mano.
“Ottima domanda, ragazza, quando un ostaggio muore quelli che perdono sono sempre gli eroi, anche fuori dalla simulazione. Tuttavia penso tu possa capire che se un villain si prende la libertà di ammazzare un ostaggio, gli eroi sono autorizzati a trattarlo come un assassino e dunque ad avere il numero 00 davanti al nome, licenza di uccidere” rispose The Bald. “Non è ancora il momento di analizzare questa situazione”
“Eeeeesiiiiiisteeeeee uuun liiiiimiiiiiiiteeeeee aaaaall’uuuuuuusooo deeeeeelleeeeeeee noooooooostreeeeeeeee uuuuuuuuuniiiiiiciiiiitàaaaaaa?” chiese Agatha elefantiaca.
“Cercate di essere consapevoli che questa bambola è una persona in carne ed ossa, quando ci sono dei civili, un errore sa sempre come gestire il suo potere, anche se non avete ancora lavorato con Clarence singolarmente sui vostri quirk. Se non ci sono altre domande, vi sposterei al ground 64”
Cedric cercò lo sguardo di Percy, trovandolo, nell’angolo più remoto nell’aula, stava divorando cioccolato il bastardo, i due si fissarono seri, prima di tornare a guardare la cattedra, si erano ben intesi.

 

“Ma che cazzo dici? Tu stai dietro a fare il piantone e io li intercetto a metà strada facendogli il culo, due secondi ed è fatta” disse Mel sbuffando zolfo dal naso e osservando Maxwell offesa perché lui non riuscisse a riconoscere la sua superiorità.
“Eh no. È una stronzata, andresti lì con il tuo ombretto a farti prendere a schiaffi dal tizio allungabile. È una strategia decisamente migliore quella di aspettare qui e giocare sul nostro campo, mentre uno gioca con l’ostaggio l’altro cerca di metterli fuori gioco, è così che si fa” replicò Maxwell saccente, Mel roteò la spina dorsale, l’aveva contraddetta, l’aveva fatto davvero.
“Ma che gusto c’è in questo scusa? E poi possiamo giocare molto più sporco. Mi nascondo l’ostaggio nella maglia in modo che non lo vedano e resto nascosta in quell’armadio per tutto il tempo”
“Questo è barare”
“No, questi è vincere, bello mio, se vuoi giocare a fare il perdente e lo stratega vai a fare l’eroe, qui siamo dei villains e non dobbiamo farli vincere, i villains non hanno regole” spiegò Mel con il sangue alla gola e le vene tirate.
Maxwell si rese conto che per quanto la detestasse, avesse ragione, non erano degli eroi in quel momento, agire secondo le regole avrebbe solo avvantaggiato gli altri, dovevano imparare che il mondo degli eroi era anche competizione, come lo era stato alla prova d’ammissione. Dopotutto il mondo dei professionisti era fatto di classifiche, statistiche e premi, molti eroi vivevano anche solo di quello. Phoebus prendeva il 97% del suo compenso da Instagram e il restante 3% dal merchandising che scaturiva la vendita dei suoi slip usati per liceali senza dignità. A breve il gong sarebbe scoccato sancendo l’inizio della prova. Mel, per cui vincere era la ragione di vita, trascinò Maxwell per l’orecchio e gli spiegò il piano definitivo, Lincoln e Trent non sarebbero stati avversari facili.
Il gong suonò forte e Lincoln e Trent si diedero un ultimo cenno di intesa, entrambi, così come i loro avversari per questa prova, indossavano dei costumi provvisori disegnati per loro da Sasha Ciner. Lincoln era coperto di una tuta bianca a strisce azzurre, questa permetteva ai suoi muscoli di non diventare come molle rotte nel caso usasse il suo potere troppo. Trent invece era vestito di una tuta da meccanico rossa e blu, con un cappello con la visiera rosso,sulle spalle un hovercraft. I due si trovavano alla base di un edificio di tre piani, sapendo che Mel è Maxwell si trovano sopra di loro in una posizione non definita. Lincoln mi se subito in azione la sua unicità, aprì una finestra al piano terra e liberò il suo collo oblungo, questi iniziò ad allungarsi a dismisura iniziando a scrutare ogni singola finestra, mentre rimaneva in contatto con Trent tramite auricolare.
“Avvistato Maxwell al secondo piano, sembra solo, che sia una trappola?” chiese Lincoln concentrato. “Io sono troppo rumoroso comunque, mi sentirebbero a priori” rispose Trent “Tu torna giù, io gli do il benvenuto” Subito dopo l’italiano baffuto aveva già acceso il suo mezzo che con una fiammata aveva già reso turgidissimi i suoi capezzoli da pilota. In pochi secondi si scaraventò fuori dalla finestra e fu subito al secondo piano dove entrò sfondando il vetro. Maxwell si voltò e senza pensarci due volte cacciò un rutto infuocato disgustoso. Trent schivo aiutato dai razzi, mentre la parete diventava nera come carbone. Maxwell aveva un costume in grado di trasmettergli la Coca Cola direttamente in vena, aveva insistito lui stesso per questa modalità anche se pericolosa, dicendo che tanto sarebbe schiattato presto comunque, aggiungendo al tutto un glorioso “spero mortissimo”.
La bevanda gassata pompava i suoi rutti in un modo tale da generare potenziali fiammate di dieci metri. Trent osservò che la bambola poggiava su una sedia poco distante, si esibì in delle acrobazie, prima di colpire Maxwell con un pugno in pancia facendolo cadere in ginocchio. Sfrecciò quindi verso la bambola, ma Maxwell con un moto d’orgoglio ruttò all’indietro e colpí in pieno l’hovercraft facendo schiantare Trento contro la parete.
“Sono stati troppo veloci, piano b” disse Maxwell e da dietro la porta apparve una bambola identica all‘ ostaggio, solo che questa camminava come fosse animata.
“Non farlo uscire da questa stanza o giuro ti castro” disse la bambola con una vocina tenerissima, poi tirò un calcio alla sedia e prese al volo la sua gemella inanimata. Mel poteva trasformarsi in qualsiasi essere umanoide, bambole incluse. Mel quindi si fece mettere da Maxwell nel corridoio di ventilazione. Lincoln intanto stava salendo le scale con il collo avanzato di diversi metri, Mel lo teneva d’occhio dall’alto mentre camminava nel condotto dell’aria, non l’avrebbe mai trovata, bastava solo aspettare che il tempo scadesse, non mancava molto. Trent si alzò da terra sporco di intonaco.
“Sei disgustoso, Maxwell, ma sappi che sei un ingenuo se pensi che io sia finito qui” disse Trent e tolto l’Hovercraft inutilizzabile estrasse dalle tasche due fidget spinner, se li attaccò alle scarpe e questi iniziarono a girare generando energia elettrica tramite le scarpe potenziate di Trent, per ogni passo riusciva a produrre scariche elettriche.
“He is speaking the language of engineers” disse Maxwell allupato. Trent provò a colpirlo con un calcio volante, Maxwell aveva attributi fisici pessimi, fu colpito in pieno alla spalla e il contatto gli diede una scossa elettrica tale da farlo crollare svenuto. Tuttavia qualche minuto dopo il tempo finì e Mel uscì fuori dal suo nascondiglio con le braccine di peluche alzate al cielo.
“Io ho vinto e voi non siete niente, viva me, viva me!” Trent la fissò dimenarsi nel corpo di una bambola di peluche, vergognandosi per aver perso in questo modo.
“Ma andate a cagare” espresse lui senza nessun riserbo. Vince la coppia Mel-Maxwell.

 

Cedric aspettava che il gong scattasse da diversi minuti con impazienza, aveva una seconda occasione per farla pagare a Percy, questa battaglia doveva essere la sua sentenza, farli sentire la sconfitta, volendo il dolore e poi chiudere il discorso anche con sé stesso, sentiva di averne bisogno anche personalmente, colpire quella faccia di bronzo Svizzera e fargli capire cosa significa perdono, l’avrebbe perdonato solo dopo avergli restituito il favore, dopotutto non era stupido per riconoscere che non fossero più bambini.
Le vene gli pulsavano drasticamente, il cuore pompava sangue come una fornace, la palla non smetteva di palleggiare. Il suo vestito da eroe non era diverso dalla sua divisa, tranne per delle fasce blu sulle braccia per ammortizzare la fatica, ma da baskettaro esperto la fatica per qualche palleggio non esisteva.
“Ehi non mi stai ascoltando! Vorrei sapere che cosa pensi di fare?” esclamò irritata Aphrodite, detestava essere ignorata, era dopotutto una dea in terra, ma quella non era la questione principale, lei conosceva bene quale fosse la sua ambizione, suo fratello sedeva su quel piedistallo e suo padre Zeus si aspettava da lei una prestazione del medesimo valore e Zeus non era un tipo che accettava i compromessi, doveva essere la migliore.
Cedric invece non la stava a sentire, non avevano deciso una strategia di difesa del l’ostaggio, il ragazzo continuava a sbattere quella palla da basket di qua e di là e sembrava quasi palleggiare più forte per superare la sua voce.
Che stesse resistendo al suo fascino? Impossibile, era certa che Cedric fosse preso come una pera, poi si sarebbero baciati sotto un ciliegio, avrebbero avuto una notte di passione animalesca, un matrimonio in pompa magna a Olimpia, una luna di miele negli Stati Uniti e tanti piccoli semidei, aveva già i nomi: Perseo, Teseo, Orfeo, Atreo...tanti altri Eo. Ma non era quello il momento per prendersi, di nuovo, per il primo che capitava, quel Cedric stava tirando la corda e lei non gli sarebbe certo corsa dietro, forse, era disposta a usare il suo quirk se non l’avesse ascoltata.
“Senti, tu puoi anche colpire a distanza, coprimi quando cerco di incantarne uno, quando Percy si avvicinerà non lasciare che mi sfiori nemmeno con un dito “ disse lei, ma il gong diede il suo segnale e Cedric, senza nemmeno fissarla, scattò fuori dalla stanza al terzo piano, iniziando a palleggiare per le scale, non gli avrebbe dato tregua, sarebbe stato il suo incubo fino alla vittoria finale.
Cedric scese le scale in fretta e furia, ma quando si trovò al piano terra non trovò Percy in nessun modo. Poi sentì un rumore quasi di paglia che brucia e all’improvvisò un raggio quasi solare gli bruciò con la sua energia la schiena, lasciandolo dolorante al centro del corridoio. In fondo, appoggiata al balcone che dava sull’esterno, in modo che il sole potesse illuminarla ecco che Lolly lo fissava con la lingua che passava lentamente sulle sue labbra rosee. Anche lei aveva il suo nuovo costume, interamente rosa con la L ricamata sul davanti. Sul capo un paio di corna da stambecco in metallo, collegate da una lente d’ingrandimento, un sistema per permetterle di scatenare tramite la luce solare che rifletteva con i suoi capelli, forti raggi di energia luminosa. “Va via, cheerleader, dov’é lo Svizzero? Ho un accordo con lui” disse Cedric nervoso. “È a stanare la tua compagna, mi ha detto che saresti corso senza ragione al primo piano per un uno contro uno, il mio Cedric è una mastino da monta che distruggerà la tua Aphrodite” replicò Lolly e caricò un altro raggio dalla testa. Cedric digrignò i denti con rabbia, lo svizzero gliel’aveva fatta ancora e per di più gli aveva fatto fare la figura dell’idiota per ben due volte, ora erano anche in svantaggio per la vittoria della prova, aveva lasciato Aphrodite in un 1 vs 1 senza strategia. Lolly sparò di nuovo e Cedric fu costretto a schivare con un salto a gambe aperte. “Arriva, tieniti pronta” disse nell’auricolare per avvisare Aphrodite. La ragazza al terzo piano fece appena in tempo a sentire la frase che udì due forti colpi sordi, poi il pavimento si squarciò e ne saltò fuori una figura possente e spessa come un tronco, polpacci grandi come bombole da immersione, bicipiti da cetaceo, costume rosso crociato, lo svizzero era giunto. La sua forza si manifestava maggiore era il cioccolato che ingeriva per questo aveva due barattoli di ovomaltina di Berna legati ai lati delle orecchie e collegati con delle cannucce alla bocca.
Aphrodite lo osservò spaventata, ma le sopracciglia si misero in posa per reagire in modo agguerrito, anche se aveva davanti quello che fino a prova contraria era il Number one. Percy non era un amante delle attese, si mosse subito in avanti per recuperare la bambola con uno scatto.
Aphrodite si mise in mezzo e venne colpita al braccio e scaraventata lontano, in volo la ragazza caricò il catarro e sputò il colpo diretto verso Percy, questi lo schivò leggiadro. Aphrodite quindi estrasse la sua arma, una frusta coperta di rose interamente coperta della sua saliva, una sola ferita e Percy sarebbe diventato il suo schiavo, questo era quello che la professoressa Ciner le aveva consegnato insieme ad un consiglio che aveva fatto fatica a tradurre: “Tirali fino al limite”.
Qualunque cosa significasse sapeva bene che questo avversario sarebbe stato un bel punto di partenza per la sua carriera, avrebbe fatto vedere al migliore della classe che lei sarebbe diventata la migliore del mondo.
Aphrodite scagliò la frusta verso Percy che iniziò a schivare a fatica i colpi veloci della ragazza che aveva delle doti per il combattimento non indifferenti. Aphrodite condiva colpi eleganti di frusta con continui spupazzi densi, Percy doveva fare attenzione ad entrambe le tipologie di attacco.
Lo svizzero diede una succhiata di ovomaltina elvetica devastante e si coprì con la manica il viso dalla ciccata dell’avversaria, dopotutto sui vestiti il suo quirk non aveva effetto, poi gonfiato dalla cioccolata si eresse con un balzo e la colpì alla schiena con un calcio che la scaraventò contro il buco nel pavimento. Aphrodite virò quindi la frusta e cercò di attaccarsi alla caviglia di Percy, ma questi riuscì a prendere anche questo, la ragazza quindi mutò il volto in un sorriso, la frusta vibrò verso la bambola e questa cadde con lei nel foro nel pavimento.
Lolly intanto continuava a bersagliare Cedric con raggi solari densi, questi non voleva certo perdere tempo a sfidare la biondina, entrò dunque in una stanza, allontanandosi dalla vista di Lolly che doveva restare a contatto con la luce per sprigionare il suo potere, alzando lo sguardo osservò il buco nel soffitto che aveva generato Percy con il suo salto e iniziò a palleggiare velocemente tra le gambe.
Aspettò il momento opportuno per caricare la gambe e saltò sul pallone in movimento, lanciandosi verso l’alto come una molla, tuttavia mentre si aspettava di trovare uno scontro in piena regola al piano superiore, trovò invece una Aphrodite in discesa che si era appena aggrappata con la frusta ad una mensola per accasarsi al primo piano, nella mano teneva la bambola.
“Fai attenzione, Cedric!” urlò lei, ma il ragazzo si era già distratto a sufficienza e riuscì solo a sentire lo spostamento d’aria del colpo che l’avrebbe colpito.
“Berna Smash” urlò Percy che si era lanciato a volo d’angelo nel foro del pavimento, prima di colpire Cedric in pieno volto, facendo crollare con la schiena contro il pavimento del piano terra. Il ragazzo non riuscì nemmeno a rendersi conto del dolore che Lolly sparò un colpo a distanza dalla sua testa che gli passo sopra, sbagliando la mira per centimetri. Cedric si alzò barcollante per il colpo subito, Percy non si era affatto trattenuto, quel colpo avrebbe potuto costargli danni permanenti e anche se non si era fatto molto danno, era completamente intontito e senza bussola. Lolly non dovette nemmeno colpirlo ancora che Cedric era già svenuto a terra da solo, un solo colpo dello svizzero era stato sufficiente a metterlo ko, il ragazzo non si rese nemmeno conto di aver perso un occasione per sfidare di nuovo quello che era un suo amico, non ebbe il tempo nemmeno per biasimarsi.
“Sistema la laida e porta qui quella bambola, big boy” disse Lolly nelle auricolari con tono fiero e vincente, ma non ricevette risposta, iniziò a sbattere la stessa e a scuoterla per vedere se funzionasse, ma tirando un colpo troppo forte contro il bordo della finestra non fece altro che distruggerla. La biondina piantò i piedi e iniziò a schiumare di rabbia, diverse ingiurie contro dio e i santi vennero liberate come un vaso di pandora, alzando il livello di entropia dell’universo cristiano. Percy prese un intero tavolo di legno e lo scaraventò contro Aphrodite che lo schivò a fatica, ma senza rendersene nemmeno conto aveva già lo svizzero davanti agli occhi che le mise la mano in faccia per accecarla e spinse versò il muro, tenendola sollevata con la schiena contro la parete. Lo svizzero, freddo e senza pietà le diede un discreto pugno al torace e la ragazza lasciò cadere bambola e frusta.
Tuttavia comprese che Percy aveva commesso un errore e con cattiveria quasi animale gli diede un calcio nei testicoli, Percy però non si scompose e rimase impassibile come una statua, anche i suoi coglioni sembravano indistruttibili. Questo però fu sufficiente per distrarlo e con le fauci spalancate, la ragazza gli morsicò la mano con cui le teneva la fronte, i denti entrarono così dentro la carne che il guanto protettivo dello svizzero si squarciò e la saliva di Aprhodite ricoprì interamente la sua mano.
Percy si allontanò istantaneamente, ma i suoi occhi divennero istantaneamente incolori, le palpebre si rilassarono e iniziò a guardare Aphrodite con passione quasi animalesca.
“Bravo cucciolo, ora che sei diventato il mio servo, ti ordino di mettere fuori combattimento Lolly” disse Aphrodite con tono dolorante, ma compiaciuto, raccogliendo la bambola di peluche e rendendosi conto che aveva forse vinto questo scontro completamente da sola. Solo dopo notò che Percy era fin troppo felice di stare dalla sua parte adesso, il rigonfiamento della tuta da eroe nella zona pelvica era impossibile da nascondere. Aphrodite arrossì schifata e si chiese se davvero il suo quirk fosse in grado di generare solo perversione, si chiese che cosa cazzo avesse nella saliva, viagra? Percy la fissò liquido per qualche secondo, poi con un salto si calò nel foro del pavimento per raggiungere il piano terra, Aphrodite sospirò di sollievo che non avesse cercato di aggredirla sessualmente, di solito era la prima cosa che i suoi schiavi cercavano di fare, prima che lei li mettesse in riga.
“Perché non hai con te la bambola? Ma sei scemo? Torna subito su ti ho detto!” disse isterica Lolly vedendo Percy avvicinarsi come un orso in calore, sbuffando vapore. Lolly non comprese perché il suo compagno non parlasse, ma continuasse ad avanzare verso di lei con sguardo vacuo e spento, ma notò senza dubbio che la tutina avesse qualcosa che non andava.
“Ohi, beh non mi aspettavo certo che sarebbe arrivato ora il momento...E poi durante una prova ufficiale...beh sei sicuramente uno a cui piace il pericolo e l’oltraggio. Quanta mancanza di pudore e dire che pensavo fossi un frigido” disse Lolly e subito scese dal bordo della porta con occhi sdolcinati e annodandosi il lunghi capelli biondi. Percy le si avvicinò, lei lo guardo in attesa e completamente rapita da quella faccia di bronzo, poi lui la spinse immediatamente giù dalla finestra.
“Questa è violenza domestica!” urlò Lollu mentre cadeva fuori dall’edificio, in quel medesimo istante il gong sanciva la fine della prova, Aphordite e Cedric vincevano contro Percy e Lolly.
“Certo che non mi aspettavo che la suoretta fosse così forte. Ti ha praticamente bruciato vivo” disse Roberlandy con voce possente e scimmiesca a Byron, mentre insieme al resto della classe si dirigevano verso il dormitorio della scuola, dove dormivano per tutta la settimana escluso il week end. “Non ricordo se fosse eccitato o terrorizzato in quel momento, forse entrambe” replicò Byron iniziando a salire le scale.
“Ti eri messo ad abbracciarla durante la sfida senza alcuna ragione, si stava dimenando come una sardina, è normale che ti abbia vaporizzato, schifoso” disse Agatha roteando gli occhi, la sera tendeva a parlare normalmente, quando ormai non aveva alcuna energia e non aveva senso caricare potenza.
“Io almeno non ho fatto saltare l’intero palazzo, distruggendo bambola, civili e person” replicò Byron alla ragazza lenta che inclinò il capo in segno di rassegnazione. “Quando ti ha bruciato i vestiti, sono stato raggiunto da un tremito” disse Momo, comparso dal nulla nell’orecchio a Byron che si voltò terrorizzato.
“Momo, tu non hai fatto assolutamente nulla per tutta la prova, si può sapere perché sei qui?” chiese Roberlandy che aveva lottato contro di lui nel pomeriggio insieme a Byron, vincendo la prova, anche se Bernadette aveva dat sfogo di un potere di fuoco immenso.
“Sono nato quando una stella cometa si è poggiata sulla mia dimora, sono qui per brillare di luce propria” rispose lui e si allontanò trottando sulle scale.
“Secondo me è gay” sentenziò Agatha.
“Assolutamente” aggiunse Byron.
“Senza alcun dubbio” concluse Roberlandy.
Il trio raggiunse l’atrio dove il resto della classe si stava godendo le ultime ore di riposo prima del coprifuoco. In un angolo della sala sdraiato su un divanetto c’era Maxwell intento a parlare con Richard che aveva intorno al collo lo stetoscopio.
“Se tocco qui fa male?” chiese Richard con tono ultra convinto.
“Se mi tocchi con quelle mani da dinosauro sì” rispose l’altro, spaventato.
“E qui invece?”
“Dio, ma non spingere così forte”
“Qua invece?”
“Non toccarmi in quel posto! Ma che razza di dottore vuoi diventare?”
“La mia diagnosi è completa” esclamò all’improvviso Richard “Questa notte ti faranno visita tre spiriti, quello del natale presente, del natale passato e quello del natale futuro...”
Mentre i due discorrevano un gruppo nutrito stava guardando un film alla televisione comune, un film horror di scarso valore cinematografico. Lolly stava scorrendo le storie di instagram al centro del divano con disinteresse, mentre accanto a lei Derriere si stava leccando l’interno coscia grugnendo e Logan stava russando come un caimano.
A terra invece Annie era rannicchiata su sé stessa tremante, mentre Trent continuava a prenderla in giro e a punzecchiarla per il fatto che avesse paura di ogni brusio, accanto a loro Ebony continuava a lamentarsi ad alta voce di quanto le produzioni artistiche fossero razziste, visto che il primo personaggio che muore è sempre quello di colore. Annie squittì di terrore e nascose la faccia nelle ginocchia quando il protagonista della storia iniziò a contorcersi mentre cambiava personalità.
“Che porcheria, chi è il genio del cinema che ha scelto questo film?” chiese Lolly con la chiara intenzione di cambiare canale.
“Grrrr” ruggì Derriere sommessa.
“Quello che ha messo il disco tutto contento e adesso sta russando” replicò Ebony sorseggiando rumorosamente dalla sua lattina. In quel momento un sorriso geniale si mosse sulla faccia perversa di Trent che si voltò verso Lolly serio e carismatico.
“Barbie, per caso c’è Adam?” chiese lui citando le parole del film.
“Che cosa vuoi? Sparisci”
“Qui non c’è nessun Adam. Me lo puoi passare” disse ancora lui ad una Lolly confusa e Trent iniziò poi a contorcersi come in preda a convulsioni, allo stesso modo del ragazzo del film, facendo saltare Lolly in aria per la paura e non facendola per poco volare giù dal divano. Annie esalò probabilmente l’ultimo respiro dopo questa scena.
Lontano Balboa beveva birra in solitudine mangiandosi le mani e ogni tanto grattando qualche bestemmia, osservava il telefono assuefatto dallo scherno, dopotutto c’erano delle importantissime elezioni per lui in Guinea Equatoriale, non poteva perdersi la diretta assoluta di Mentana. Poco distanti da loro Lincoln e Russel cercavano di venire a capo ad una discussione già complicata in partenza con Bernadette, che era stata disturbata nella sua preghiera, per quell’occasione indossava persino una simil tiara in testa di colore nero.
“Disturbare la preghiera di una serva di dio è un grave atto di maleducazione, sempre se mi è concesso appuntarlo” disse lei prima con tono fiero e poi cercando di nascondersi dentro la sua timidezza.
“Ti abbiamo solo chiesto se puoi gentilmente spostarti dalle scale e farci andare in camera” replicò Russel che iniziava già a scaldarsi.
“Queste scale ora sono la mia abbazia, le ho benedette questa mattina, non intendo abbandonarle fino alla fine delle mie preghiere”
“E per quanto ne avresti?” chiese ancora Russel.
“Il tempo di tredici rosari” Russel trasalì di spavento e iniziò a grattarsi il collo che stava diventando irto di pelo, mentre Lincoln dall’alto dei suoi due metri e mezzo si contorceva su sé stesso perché doveva fare qualcosa di colossale nel bagno.
“Se non ti levi, giuro su qualsiasi dio, che ti faccio spostare io a forza” Ma Bernadette non ascoltava, anzi gli diede le spalle e si inginocchiò sugli scalini.
“Padre perdonali perché hanno peccato, deportare una testimone di dio lontano dalla sua chiesa, prego il signore che mi conceda la grazia di essere martirizzata e tumulata in questo luogo” pronunciò lei con voce candida e sorriso angelico sul viso. Russel iniziò a trasformarsi in preda alla rabbia nel lupo mannaro che era, ma proprio in quel momento Bernadette cadde di schiena e le scale si liberarono.
“Levati dal cammino di una campionessa, perdente” disse Mel solenne letteralmente tirando via con una spallata la suorina.
“Per quanto ne avrai ancora? Hai vinto una prova, non vedo perché tu debba tirartela tanto” intervenne Cedric che palleggiava con la schiena appoggiata al muro.
“Sento una voce, ma credo sia una voce troppo sconfitta per giungere alla sommità del mio trono” disse lei superba e si mise le cuffiette nelle orecchie prima di proporre a tutta la classe di fare un gioco in scatola, nessuno rispose. “Penso che non ci sia un granché da festeggiare, plebea.” disse quindi Aphrodite e Mel, irritata perché la ragazza che più detestava le aveva rivolto la parola con tanta arroganza, si tolse con fare annoiato la cuffia dall’orecchio. Lolly aveva infatti appena cambiato il canale alla televisione e le notizie serali stavano proclamando qualcosa di sconvolgente.
“E’ stato trovato un cadavere nei pressi di Piccadilly questa sera, si tratta del corpo di Rasputin, il responsabile della sezione B alla scuola per eroi europea HEA, l’uomo sembra essere stato colpito alla testa da un proiettile di grosso calibro, come in una vera propria esecuzione, vi daremo aggiornamenti appena ci giungeranno ulteriori notizie” disse lo speaker con tono spaventato e dispiaciuto. Un insegnante della loro accademia, anche se non lo conoscevano, era appena stato ucciso, quella era sicuramente roba grossa, non solo per i giornali, ma per l’intera comunità degli eroi. I ragazzi si guardarono tra loro in silenzio, erano lì solo da una settimana e per la prima volta iniziarono a comprendere che cosa significasse essere degli eroi, si resero conto che anche se erano solo a scuola tutto quello non fosse un gioco, il mestiere dell’eroe era un mestiere pericoloso.
Il silenzio venne rotto da Derriere che sputò una palla di pelo sulla schiena di Ebony tra versetti orripilanti.

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Capitolo 5
*** Homeopath ***


Capitolo 5


 


 

All’interno della classe c’era un silenzio inusuale, solitamente alla prima boiata si alzava un vociare commosso e fastidioso, ma questa volta nessuno sembrava troppo in vena di parlare. La notizia della morte di Rasputin aveva più spaventato che lasciato scosso, dopotutto era un insegnante che non conoscevano, affiancato alla sezione B, ma vedevano il suo volto nei corridoi della scuola, come fosse uno studente della loro età, il fatto che fosse stato ucciso li rendeva ben consapevoli di cosa significasse fare parte del mondo degli eroi.
Qualunque fosse la ragione e non competeva certo a loro scoprirla, la loro scuola non era intoccabile o indistruttibile, il mondo si reggeva sulla legge della conseguenza e da eroi avrebbero dovuto imparare a misurare le loro azioni. Solo per il fatto di fare parte della HEA non significava che fossero protetti fino all’eternità, non erano affatto immortali. Inoltre non era il primo caso di eroi professionisti di media classifica che venivano trovati morti. Poche settimane prima erano stati uccisi in ordine Fichtl’s Lied e Pecorella, due eroi intorno alla cinquantesima posizione.
Sia loro che Rasputin erano stati uccisi con un colpo unico di grosso calibro alla nuca, come in un esecuzione di mafia, come se effettivamente ci fosse qualcuno che desso loro la caccia, un cacciatore di eroi che non si sarebbe fermato, ma l’aspetto intrigante è che la sua lista di morti non si fermava lì. Un mese prima era stato brutalmente ucciso nella stessa maniera Zen Garzon, un villain di serie b, ricercato dalle polizie locali, gli eroi incaricati di indagare avrebbero trovato davanti un gran bel mistero. I ragazzi della sezione A non si preoccupavano più di tanto, ma avevano compreso che la HEA ospitava in quei giorni un’atmosfera tetra e spettrale.
“Maestro, lei che conosce le risposte dell’animo umano dite che si tratta di un cacciatore di eroi? Non so se esserne eccitato o spaventato” disse Russel a Logan con tono serio e concentrato.
Logan sbadigliò, lasciando intravedere persino la colazione che aveva ingerito poco prima, facendo addormentar Byron sul banco come un sasso, il suo volto smunto e spossato si voltò febbrile, Russel trasalì alla visione del messia urbano e venne colto dal desiderio di prostrarsi, quegli occhi erano gli occhi di un uomo nato da entità astrali. Logan, unto, si toccò i capelli bagnati di olio, un gesto sufficiente a far palpitare il cuore a Russel, poi con voce distrutta dal sonno e quasi come un latrato di morte disse: “Non me ne frega un cazzo”.
Russel si trovò completamente impreparato per una tale risposta, quest’uomo, quest’uomo era così superiore da osservare il mondo oltre la superficialità della loro vita e della società consumistica in cui si trovavano, gli occhi di Logan non potevano trovare interessante l’ordinario, quando miravano allo straordinario, cercavano di comprendere le linee che tessevano la creazione e la proliferazione della specie umane, miravano alla totalità della coscienza. Russel diede prova quel giorno, come tutti, di non capire proprio niente, ognuno vedeva Logan come un santone, quando invece era un ignorante narcolettico. Logan si schiantò contro la finestra e si addormentò, diede una testata talmente forte da farsi uscire sangue dall’orecchio.
“Il profeta si riposa dopo aver guardato il futuro” disse Russel e si rimise composto, meditando sull’esistenza.
In un’altra coppia di banchi la conversazione era più nutrita. Trent, Mel e Balboa stavano per venire alle mani.
“Nono, ma fra tu non ti intendi” disse Balboa con tono distante, occhi sfatti e divorando il contenuto di una birra intera “Questa è una risposta che ci sta dando il capitalismo, in una società come questa gli eroi non sono che strumenti nei mani del consumismo globalizzato, la rete di contatti che li circonda è un male necessario perché la plebaglia sorrida, un cacciatore non è che un manifestante del proletariato”
“Ma che proletariato! E’ un pazzo mitomane che verrà preso dalla polizia e poi il comunismo non funziona e dovresti smetterla di rifiutare l’ovvio, sei solo un credulone” intervenne Trent pacato, ma Balboa iniziò a mordersi le mani con fare intenso.
“Avete perso il punto del discorso, animali. Non è sicuramente un problema nostro se schiatta qualche eroe, spero morti sinceramente, tutti, almeno saremo di meno quando sarò io la numero uno” disse quindi Mel sorridendo larga e vorace.
“Ma che cazzo dici? A parte che tu non dovresti nemmeno trovarti qui, sei un egoista competitiva e la scuola per essere un villain non è in questo distretto, vai a Whitechapel a fare la reginetta” replicò Trent questa volta più aggressivo.
“Io ci tengo alla società non osare darmi della villain. Se tu non hai i mezzi per diventare un eroe non è colpa mia, ritirati e non farmi perdere tempo” disse quindi Mel arrivando testa a testa con Trent.
“Ma non capite la ragione, voi ora litigate perché uccisi dalla competizione capitalista...”
“Stai zitto!!” inveirono entrambi non appena Balboa aveva iniziato a parlare. Proprio in quel momento la classe venne interrotta dal verso di Clarence. Il loro professore aveva una forma particolarmente inusuale per fare sentire che era arrivato, di fatto appena appoggiava la sua valigetta sulla cattedra emetteva un suono rilassato simile ad un orgasmo, il gemito che udirono era un segnale più che sufficiente.
“Ragazzi buongiorno, il programmi di oggi verrà momentaneamente sospeso, è necessario che voi eleggiate il vostro rappresentante di classe, vi consegnerò dei fogli su cui votare chi per voi potrà essere il migliore compagno in grado di rappresentarvi”. Lolly sculettò verso la cattedra per prendere i fogli da consegnare ai compagni, quando raggiunse il suo compagno di banco Percy, gli consegnò il foglio, lo fissò languido e poi gli disse sottovoce: “Eleggimi rappresentante e ti darò molto di più della mia fiducia”
Percy spalancò gli occhi e iniziò a guardare il vuoto, davanti a lui iniziarono a scorrere immagini sconnesse, poi iniziò a tremare, era davvero quella la sensazione della voce di una donna, in quel momento si rese conto di essere etero, per la prima volta nella sua vita ed era una sensazione bellissima, fino a quel giorno pensava che le donne non esistessero. Si rese conto di non aver mai deciso qualcosa così velocemente, scrisse il nome di Lolly a caratteri cubitali sul foglio e chiese immediatamente di andare al cesso, doveva sfogare questa sua nuova coscienza, che cosa si era perso fino a quel giorno. Nel mentre il resto della classe completò la scelta, furono tutti piuttosto veloci, tranne Bernadette che ossessivamente sembrava stesse scrivendo un poema, con lentezza clarence iniziò a scrivere i risultati sulla cattedra.

Logan 10

Aphrodite 3

Lolly 2

Mel 1

Momo 1

Balboa 1

Gesù Cristo figlio di dio, nato dal padre… 1

Byron 1


Aphrodite spalancò gli occhi scioccata, era impossibile che i maschi della classe non l’avessero votata, non era affatto probabile, era la più bella, la più elegante, tutti sbavavano quando la vedevano, ma sentì la sua aura minacciata da un’entità superiore, quel Logan aveva un carisma tale da superare il potere della sua gnoccanza! Avrebbe dovuto sputazzare tutti in anticipo e essere sicura di essere eletta rappresentante, il suo posto era sulla sommità della collina, non tra la gente della campagna. Mel reagì con sdegno e incrociò le braccia imbronciata, non avrebbe più detto una parola per tutto il giorno, la sconfitta era la cosa peggiore che le potesse succedere quel giorno.
“C’è sicuramente un errore” disse Momo “Io rappresento quanto di più luminoso possa esistere, non capisco perché il mio nome non abbia uno zero accanto. Guardate quello che sto per fare” Momo si alzò dal primo bianco e disegnò un cuore accanto all’uno sulla lavagna, poi si girò mammolo e candido, con gli occhi chiusi. “Non lo trovate tenero?” chiese lui, Mel gli tirò la spugna della lavagna sporca di gesso addosso.
“Certo che vi piace tirare le cose in faccia” disse ancora lui. Lolly sorrise, così come Byron, il resto della classe non capì l’allusione sessuale, solo i più malati potevano vedere il sesso ovunque. Clarence chiamò quindi al silenziò e invitò il nuovo rappresentante a venire alla cattedra, ma ricevette in risposta solo il silenzio, poi una russata degna di un gabbiano malato si fece eco nella solitudine del mutismo.
Roberlandy con paura e timore per star per toccare un’aura sacra diede appena un colpetto a Logan che si svegliò con uno starnuto, la classe sobbalzò di meraviglia. “Credo di non essere pronto per questo giorno” disse Roberlandy osservando Logan ergersi ingobbito dal fondo dell’aula. Derriere smise di sbavare sul banco e iniziò a scodinzolare senza coda, osservando il loro sciamano. Richard intersecò le mani giganti al petto e si chiese se quello non fosse il messia della medicina, l’ortodossia del suo ordinamento vacillava rispetto alla metafisica underground di quell’unto. L’intera classe era completamente ai suoi piedi, osservavano il suo aspetto sfatto come se fosse la loro guida, il suo carisma marcio sembrava poter guidare anche il meno convinto di loro, solo Mel lo fissava come un rivale, ma Mel fissava qualsiasi cosa come un rivale, l’unico che fosse inconsapevole del suo ruolo era proprio Logan. Si alzò stanco dalla sedia, con gli occhi così deboli da non riuscire a restare aperti, non riusciva a vedere la gloria e voleva solo entrare nel letto e dormire, tuttavia la classe attendeva la sua parola come i fedeli cattolici aspettavano l’angelus del papa.
“E’ così maestoso, lui è la nostra guida” esclamò sommesso Maxwell, prima di starnutire, venendo colpito da Mel sul collo.
“Quando osservo i suoi occhi mi rendo conto che quando si guarda indietro lui veda il futuro” intervenne Ebony. Fu Clarence che ruppe lo stallo della scena di adorazione che si stava creando, l’uomo di colore ricoperto di olio si mosse tra i banchi.
“Stiamo per assistere ad un’incoronazione” sospirò Annie spalancando ancora di più i suoi occhi da pesce palla. Clarence si fermò solenne davanti a Logan, il ragazzo non si mosse, i compagni videro in lui il carisma del messia, imperturbabile, non si rendeva conto che il professore ce l’avesse con lui, perché solo la metafisica del tempo e dello spazio avevano senso per lui, la fragilità umana era una piaga da estirpare, non una piaga con cui parlare.
“Noooooooooooon siiiiiii staaaaaaaaa muoooooveeeeendoooooo” sospirò Agatha.
“La sua aura è così potente che è riuscito a contrastare la perfezione bestiale di Clarence, è talmente sacro che ha seccato ciò che prima era bagnaticcio” disse Ebony sconvolta.
“Con 10 voti sei stato scelto come rappresentante di classe, hai qualcosa da dire?” chiese Clarence a Logan, chiaramente immune ad un fascino inesistente, solo quel branco di falliti poteva vedere il messia in uno sporco come quello.
“Della rappresentanza, non me ne frega niente” Oblio. Quando esplose l’universo non c’era assolutamente nulla, poi una scintilla nacque nell’oscurità e da questa scintilla la vita si espanse nel mondo, ma quella singola sorgente di mana fu creata dal chaos e dal caso. In quel momento Logan sembrava in grado di riportare il mondo al suo stato embrionale, cambiarne le leggi e plasmarne la forma.
Lui era il chaos e avrebbe stravolto il sistema per condurlo alla meraviglia, una sinfonia che anela allo thanatos per raggiungere l’origine e tutti quelli che stavano pensando questo erano un branco di scimmie.
“Ha rifiutato la carica perché è già un profeta” disse Lincoln. Clarence rimase confuso, ma non si scompose.
“In qualità di rappresentante della maggioranza hai diritto a proporre un sostituto, altrimenti sarà il sottoscritto a decidere” disse Clarence, ma Logan non rispose. Il silenzio era percepibile solo da chi avesse emozioni, in questo momento Logan avrebbe designato il suo erede prima di ricadere nel sonno ristorato e nella meditazione. La sua mano si alzò con estrema fatica e andò ad indicare proprio davanti a sé. Gli occhi di tutti si mossero lungo il suo sacro braccio fino ad arrivare all’indice, l’indice che indicava quel faccia da culo di Byron.
“Eh?” esclamò Annie con un verso “Non può essere vero? Quello non ha niente a che fare con il rappresentante della verità”
“Non potrà mia sostituire l’eletto, Byron non sarà mai l’erede dell’eterno” protestò Russel schiumando proprio accanto alla scena, ma lentamente la mano di Logan si alzò e la classe ritornò alla contemplazione più assoluta.
“Sta per interpretare le scritture, sta arrivando il momento” sentenziò Percy, alzandosi dalla sedia, tutta la classe lo seguì, tranne Mel, Mel rimaneva seduta con le mani incrociate.
“Tu mi hai accompagnato al cesso, giusto?” chiese Logan a Byron fissandolo penetrante, gli occhi della verità interpretarono la sua esistenza in quel momento, la classe vide del sacro in tutto quello, la cappella sistina dipinta nel reale, l’ideale biblico del passaggio dell’afflato divino rappresentato come opera teatrale in quella classe. Byron si mise il dito nel naso sconvolto e iniziò a sudare tremante.
“L’ho fatto con onore e servile piacere” rispose Byron. Logan fece un verso simile ad una russata, tutti trattennero il fiato.
“Tu mi hai mostrato la via per liberare il mio retto dal dolore, tu sei l’uomo giusto per guidare questa classe” Il silenzio ripiombò freddo e ieratico, rupestre e vigoroso allo stesso tempo poi una voce infastidita e petulante sembrò risvegliare i fedeli dalla preghiera.
“Ma andiamo! Ma vergognatevi branco di ingrati! Lui sarebbe il vostro rappresentante? Lui sarebbe meglio di me? Io spero con tutta me stessa che alla prova evacuazione ne schiatti qualcuno di voi” urlò Mel rossa di rabbia.
“Spero morti” concluse Maxwell, ricevendo una sberla da Mel.
“Allora è deciso. Byron Love sarà il vostro rappresentante, mentre per questioni numeriche Aphrodite sarà la rappresentante in sua assenza, sempre se tu lo accetti” disse Clarence tagliando corto e senza minimamente ascoltare le lamentele di Mel.


 


La figura agile e possente allo stesso tempo atterrò con un tonfo sulla strada, danneggiando l’asfalto. Con un gesto rapido della mano si sistemò l’elmo di ferro con il pennacchio rosso che portava alla testa e si preparò per un secondo attacco dell’avversario. Nel medesimo istante una figura snella e sensuale gli strisciò accanto, era interamente coperta da una tuta aderente bianca e rosa, e persino il viso era coperto da una maschera che lasciava vedere solo gli occhi azzurri.
“Quella era la mia preda, Lindt, fai gentilmente au revoir e gira il tuo culetto elvetico e lasciami fare” disse la donna mascherata con accento francese e voce acutissima. “Stavi perdendo sono qui solo per dare un mano” rispose l’eroe neutrale Swissguard con tono freddo e rigido.
“Non dire cazzate, sei qui solo per che sei al posto numero 13 e io al 14, sai che mi bastano pochi punti per superarti in classifica prima del prossimo aggiornamento del ranking, quindi gira i tacchi e lasciami lavorare”
“Posso dirti una cosa?”
“Dimmi pure, tesoro”
“Sei ingrassata”
“Cosa?!?!” esclamò con rabbia la ragazza e si fissò il sedere preoccupata, non appena però si rese conto di essere stata insultata, ecco che venne colpita in pieno con una potenza simile a quella di un bus. La ragazza finì dentro alla vetrina di un negozio, mentre Swissguard si lasciò colpire apposto in pieno busto per utilizzare il suo quirk, ma quando si ritrovò a dover contrattaccare si lasciò cadere su un ginocchio e sputò un grumo di sangue, questo guerriero non scherzava, che cosa era. Davanti a lui si ergeva un essere umano dalle proporzioni gigantesche, era alto almeno due metri e largo come un bue, ma la cosa che più inquietava era che stesse continuando a bestemmiare il signore senza tosta e ad alta voce.
“Quando ti ho intercettato non eri così potente, ma ora non solo sei resistito al mio attacco, ma le tue fibre muscolari stanno esplodendo, che razza di quirk è il tuo?” chiese Swissguard, mentre l’uomo biondo con i muscoli tesi e sporgenti continuava a gonfiarsi sempre di più. Solo bestemmie accompagnavano la sua risposta, ma poco dopo l’eroina con accento francese intervenne, interponendosi tra i due, schivò quindi il pugno che distrusse l’asfalto e gli saltò sul braccio, quello che accade dopo fu degno di lei, Chanel, l’eroina numero 14 della classifica. Chanel scardinò un peto devastante, liberò i prigionieri che teneva nella pancia e si sentì un mostruoso spostamento d’aria, degno di sedici bombe atomiche, dopo tutto era il suo potere, il suo quirk era produrre odori pestilenziali attraverso il sedere.
Swissguard la osservò divertito con le mani strette a chiudersi il naso, dopotutto nessuno osava starle intorno quando in azione, non avrebbero potuto sopravvivere alla puzza e la ragazza era convinta che anche il villain sarebbe crollato, ma la sua muscolatura era diventata così gonfia che ormai stava trattenendo il fiato da diversi minuti perché tutto l’ossigeno stava pompando nei suoi muscoli, chiunque quel bestemmiatore seriale fosse si era appena salvato la vita, inoltre continuava a bestemmiare senza tregua, in pochi minuti aveva già nominato il signore 2134 volte e usato ben 567 specie di animale diverse per accompagnarlo. I suoi muscoli crebbero ancora e con movimento rapido iniziò a stringere Chanel in una presa dell’orso.
“Presa del Dio Ors*!” urlò il villain biondo con tono sofferto e Chanel cominciò a piangere dal dolore, urlando a squarciagola. Swissguard intervenne, pronto a restituire al villain il colpo, ma si rese conto che il tempo per il suo true neutral era scaduto, il suo quirk gli permetteva di contrattaccare un colpo ricevuto con una potenza tre volte superiore, ma l’intervento di Chanel l’aveva distratto e aveva perso il tempo di gioco, il suo “True Neutral” durava al massimo tre minuti. Swissguard se ne accorse troppo tardi, lui non era in grado di attaccare senza prima essere attaccato, era la maledizione della neutralità, lo stallo era l’unica soluzione, il colpo che lo raggiunse lo scagliò dentro una buca dell’asfalto, Swissguard svenne durante l’impatto, mentre Chanel continuava a piangere.
“Questo è per quel porcacci* di Gesù” disse il villain pronto a spremerla come un’arancia, ma proprio in quel momento si udì uno spostamento d’aria, poi dal cielo apparve una figura abbronzata, senza che il bestemmiatore se ne accorgesse era stato colpito alla testa da un individuo non identificato. Il villain cadde perdendo coscienza e Chanel venne raccolta al volo dalle braccia oliate e possenti di un eroe che occupava qualche posizione in più di loro nella classifica.
“All i ever wanted…” pronunciò una voce zuccherata.
“Was to see you smile...”
Swissguard si risvegliò e osservò il loro eroe.
Con un movimento sensuale di petto un uomo olivastro si voltò all’improvviso con sguardo ingravidante, sul suo capo apollineo una bandana rossa, il corpo scultoreo coperto solo di un tanga con disegnata la bandiera americana .
“All i ever wanted was to see you smile! Tutto quello che volevo era vedervi sorridere!” pronunciò l’uomo ondeggiando i glutei e mostrando i muscoli, Ricardo Milos, lo Spaccatesta brasiliano, colui che occupava la nona posizione nella classifica degli eroi, aveva affatto la sua gloriosa apparizione.
“Perché quelli che sorridono sempre, sono gli eroi più forti” concluse lui e adagiò una Chanel svenuta a terra.


 

Il bus si apprestava a partire per portarli all’allenamento dimostrativo nella struttura fuori città.
“Posti di prima” tuonò Byron, ricevendo in risposta uno scappellotto da Aphrodite che si sentiva molto più rappresentante di lui. Il gruppo sarebbe andato ad allenarsi in una struttura lontana e il viaggio in bus si sarebbe rivelato un vero e proprio macello, il momento migliore per descrivere un po’ di sana ignoranza. Maxwell Roth salì lamentandosi di dolori alle costole sulla scaletta e osservò in lontananza Annie, seduta da sola verso il fondo del bus, mentre fissava fuori dal finestrino candida e con una luce generosa che le dava un bel colore al viso. Figa. Da sola. Sconvolta da un ex pessimo. Preda facilissima. Ma sopratutto.
Lui ne aveva un bisogno terrificante.
Dopotutto di ragazze ne aveva avute tante, era convinto della sua parlantina stordente, ma avevano finito per scaricarlo tutte. Jessica l’aveva mollato perché lui preferiva la copertina da vecchio e la borsa d’acqua da tenere nel letto rispetto a lei, Mariam si era rotto i coglioni di sentire parlare solo di integrali tripli ed equazioni differenziali ordinate, Ursula si era spaventata quando aveva visto la sua fronte e Riza, invece, no Riza l’aveva mollata lui, aveva osato dire che gli ingegneri gestionali erano più preparati e validi degli ingegneri meccanici, aveva deciso di seppellirla nel suo giardino, sperava che le autorità non l’avrebbero mai trovato, ma godeva lo stesso, “Spero Morto” pensò.
Ma in quel momento ne aveva un bisogno pazzesco, aveva ritrovato il suo spirito donnaiolo grazie alla nuova vita da studente, dopo anni di matematica e fisica, rivedere esseri femminili senza baffi era un miracolo, un segno del signore e quella Annie, era la donna giusta per lui, sembrava troppo stupida per fare domande e riconoscere quanto fosse morente, era perfetta. Davanti a lui c’era Lincoln che si abbassava per evitare di strisciare il cervelletto sul soffitto del bus, ma era una presenza comunque ingombrante da scavalcare, ma Maxwell non avrebbe aspettato oltre. Ingobbito iniziò a saltare sui sedili per superare il grattacielo, quando questi chiese spiegazioni Maxwell gli ruttò in faccia. Mentre sentiva che le braccia si stavano decomponendo raggiunse Annie che lo fissò confusa, quando lo vide con un volto da lupo, sudato e puzzolente, ingobbirsi verso di lei.
“Eeeeey...qualcosa non va?” chiese lei con tono sempre gentile.
“Ho un epicondilosi al gomito destro, il resto bene” rispose Maxwell con tono nervoso.
“Che cosa è un epilinesclerosi?” chiese lei con tono sveglissimo, davvero, un qi di 70, praticamente una scimmia.
“E’ perfetta, non questionerà mai la mia intelligenza superiore” pensò lui.
“In pratica se mi tocchi il braccio, rischi di staccarmelo, ma in realtà è divertente, spero che accada, spero morto, lol” rispose lui e lei sorrise sinceramente, era tenerissima e lui sentì qualcosa muoversi dentro di lui, incrociò le gambe per sicurezza.
“Allora farò in modo di non addormentarmi sulla tua spalla” disse lei con tono che avrebbe fatto innamorare anche Momo o Percy, non si sapeva ancora chi fosse più homo dei due.
“No!” urlò Maxwell. “Potrai addormentarti su di me quando vuoi, sopporterò in silenzio” disse lui, arrapatissimo. Annie sorrise e si mise a fissare fuori dal finestrino, osservò il pranzo x2 che aveva portato per la gita, Byron non si era seduto vicino a lei. Intanto nella fila in fondo si era formata una piccola gang per dare il più estremo fastidio. Trent e Byron, insieme a Lolly e Ebony stavano scatenando il delirio con la cassa di Trent.
“Posso mettere una canzone?” chiese Lolly.
“Hai sentito una voce, Byron?” chiese Trent confuso “Perché non pensavo che le bionde sapessero connettere due parole in fila”
Lolly provò a colpire Trent, ma questi schivò e il pugno arrivò dritto nelle palle di Byron che si inginocchiò gemendo con forza.
“Almeno la smetterai di importunare le ragazze” disse quindi Ebony fredda, raggiungendo l’approvazione di Lolly.
“Se se, ridete, ridete che si vi prendo a tiro vi sfondo” replicò Byron sotto voce. Intanto un suono inequivocabile si udì dalla cassa, qualcosa di improvviso stava iniziando a pompare nella cassa. Una voce stile muezzin iniziò a salire nei bassi e a farsi padrona del pullman, quelli che non stavano ronfando si voltarono al richiamo. Derriere che percepiva gli ultrasuoni come i cani iniziò a trattenere a fatica i suoi bisognini, gli altri si limitarono a sudare, quello era l’effetto che produceva Tunak Tunak nelle persone, il bus si trasformò in un’eterna discoteca. Percy si erse nella folla e come voce fuori dal coro chiese: “Potrei mettere Mark Knopfler?”
“Dì un’altra cosa come questa e il mio utero non lo vedrai nemmeno con il binocolo” replicò Lolly squadrandolo con rimprovero. Percy abbassò lo sguardo, si sedette, senza accorgersi che la presenza accanto a lui era una sua conoscenza. Sentì le sue labbra raggiunte da qualcosa di freddo, non ebbe il coraggio di voltare lo sguardo. Aprì la bocca con pazienza, assaporò cosa ci fosse entrato dentro e ingerì senza chiedere spiegazioni.
“Mangia il formaggino” disse una voce languida e femminile. Momo si era sporto dal sedile davanti e lo aveva appena imboccato con un formaggino rotondo. Percy cercò di incrociare lo sguardo con Momo, ma questi era già scomparso, si chiese se fosse veramente etero se aveva provato piacere da questo momento. Prese una barretta kinder e cercò di dimenticare mangiando cioccolato. Cedric intanto, piuttosto silenzioso negli ultimi tempi, palleggiava anche dentro il bus, continuò a farlo fino a quando non lo raggiunse Agatha.
“E’eeeeeeeeee daaaaaaaaa quuuuuuuaaaaaandoooooo soooooonoooooooo saaaaaaaliiiiiitaaaaaaaa cheeeeeeeeeee ceeeeeeeeercoooooooo diiiiiiiiiiiii veeeeeeeeeniiiiiiireeeeeeee iiiiiiiiiin queeeeeeeeeeeestooooooooo poooooooooostooooooo, maaaaaaaaaaaa ciiiiiiiiiii hoooooooooo meeeeeeessooooooooo duuuuuuueeeeeeeeee ooooooreeeeee aaaaaaa peeeeeeeeercorreeeeeeeereeeeeeee iiiil buuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuus” disse la ragazza bradipo con lentezza mistica. “Io penso di averci messo due ore a sentire questa frase” disse Cedric e si mise il cuore in pace per un viaggio che si sarebbe prospettato lunghissimo.
“Una notte di sudore” intonò Byron.
“Sulla barca in mezzo al mare...” continuò Trent, mentre era iniziato il tour blasfemo nella canzoni di chiesa.
Bernadette si erse dal suo posto in prima fila e si incamminò con le iridi ricche di fuoco verso il fondo del bus.
“Chi ha messo questa canzone?” chiese lei con tono irritato.
“Sono stato io, mia santa” rispose Byron, ma la suoretta era ad un centimetro dal suo naso e lo fissava malissimo, gli diede uno schiocco di dita doloroso sulla fronte. “Questa è blasfemia, dovresti confessarti immediatamente, o sei veramente un emissario del demonio come penso?” chiese lei con tono preoccupato. Byron rimase un momento con il respiro corto, era troppo vicina.
“Stai decidendo se baciarmi o meno, perché se stai qui ancora un momento potrei farlo io” rispose lui e Bernadette si abbassò immediatamente con le braccia a cingere le ginocchia.
“Ancora, ancora il serpente tentatore mi sta mettendo alla prova, ma io non cederò, Gesù io sarò forte per te, quel maiale non mi avrà mai, signore abbi pietà del suo animo sporco” recitò lei.
“Lurido...”aggiunse Byron facendole l’occhiolino e generandole un’altra crisi mistica. Intanto sull’unico tavolino disponibile si stava verificando qualcosa di biblico. Mel e Russel stavano sfidando a carte Lincoln e Aphrodite. Mel si contorceva e sudava di rabbia, stavano perdendo, questo perché Lincoln aveva un culo inconfrontabile, aveva tutti gli assi, quando in realtà giocava solo a caso.
“Stai giocando solo a caso, dovresti aggiungerci dei punti” disse Mel contrariata e ossessionata dall’idea di perdere.
“Non aggiungiamo proprio niente, toh! Scopa di nove!” disse lei facendo un punto con la calata di Russel, Mel lo incenerì con lo sguardo.
“Perché hai tirato il nove?” chiese lei sconvolta.
“Pota, se lo cali di prima mano, significa che ne hai almeno due in mano, se invece giochi a caso non è colpa mia”
“Ma no! Avevo già guardato le carte a Lincoln, sapevo non avesse un nove” replicò Mel.
“Non sai vincere senza barare” intervenne Aphrodite.
“Ripetilo...”
“Barona”
Mel buttò le carte per terra.
“Ecco, adesso non ha vinto nessuno!” disse lei e si allontanò dal gruppo per andare da Derriere, la ragazza pelosa la accolse con una leccata schifosissima. La ciliegina sulla torta del viaggio fu Lincoln dimenarsi nudo quando alla cassa venne pompato “Il Triangolo” di Renato Zero, tutto questo mentre Richard stava tenendo i capelli a Balboa che stava vomitando fuori dal finestrino, mentr Roberlandy faceva un video, avrebbe vomitato anche lui di lì a pochi secondi.


 


 

Il gruppo di studenti entrò accompagnato da Clarence in uno stadio, apparentemente identico a uno da calcio, al centro del prato verde erano allestiti diversi scenari, in particolare erano stati costruiti dei palazzi e delle casi oltre ad uno specchio d’acqua, sicuramente un campo d’addestramento di tutto rispetto, in quella situazione avrebbero dovuto inscenare una missione di salvataggio. “
Perché devo finire in coppia con te anche oggi? Dio! Devo finire con il morto che cammina” inveì Mel a Maxwell vedendolo di nuovo con lei.
“Ti ricordo che abbiamo vinto e io che ci devo pure passare un anno intero insieme a te, spero morto davvero” replicò Maxwell e si rallegrò del fatto che Ebony fosse insieme a loro. Richard intanto, mentre Mel e co. Si dirigevano verso una sezione di salvataggio improntata sulla città, accompagnato da Balboa si trovava alla sezione acquatica, quando all’improvviso percepì un rumore sinistro, alzando il capo vide che il tetto dello stadio si stava chiudendo, pensò fosse una cosa normalissima, ma quando si voltò osservò che in quel piccolo spiazzo non fossero soli, dopo un leggero spostamento di terra, da un tunnel sotterraneo erano apparsi un gruppo di individui. Al centro c’era una ragazza con gli occhi coperti da una benda viola, i capelli erano lunghi e lilla, mentre indossava un costume da crocerossina sexy, costume che fece raggiungere a Richard un orgasmo istantaneo. Il lavoro prestigioso del medico permetteva di potersi fottere le sottoposte, dopotutto la medicina pretendeva il sacrificio di coloro che non ce l’avevano fatta a diventare chirurghe. Accanto a lei un immenso individuo mascherato e coperto interamente da tessuto nero, volto compreso e senza apertura né per gli occhi né per la bocca. La cosa che però divenne subito strana era la presenza di una terza persona che non si sarebbe dovuta trovare lì. Richard spalancò la bocca con paura. Il braccio del colosso poggiava sulla spalla di suo padre, ancora vestito del camice da chirurgo.
“Ragazzi fate attenzione!” urlò Clarence con la sua voce possente, atterrando dopo un salto felino proprio davanti a Richard e Balboa confusi. “Ragazzi miei, vi presento un gruppo di villain” La ragazza rise elegantemente.
“E’ giusto il momento di diluire un po’ questo gruppo, dico bene? Homeopath sarà il vostro unico futuro” disse la ragazza passandosi la lingua sulle labbra, mentre dal terreno altri tunnel esplodevano da terra, portando con loro altri villain interamente vestiti di nero. All’improvviso tutti i gruppi divisi si trovarono circondati. Richard osservò il padre terrorizzato, non aveva idea di cosa stesse succedendo, ma per qualche ragione quella pazza aveva rapito il suo genitore e ora stava attaccando la sua classe, che cosa c’entrava lui in tutto questo?

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Capitolo 6
*** Ricardo Milos ***


Capitolo 6



Sedeva con le gambe incrociate sul tappeto polveroso del salone, intorno a lei poteva chiaramente sentire le voci dei fratelli e dei genitori, l’atmosfera era calda e familiare, il crepitio del camino rilassava i loro sensi, le luci dell’albero di natale consolavano i loro occhi. Le sue piccole manine scartarono con calma il regalo rosa che aveva davanti alle gambe, la carta iniziò a stracciarsi pian piano e i suoi occhi di bambini si fecero larghi e spalancati con pupille grandi e adoranti. Tra le mani stringeva adesso una piccola bambola vestita da dottoressa, la stessa che aveva visto in quel negozio di giocattoli qualche mese prima, la magia del natale gliel’aveva fatta trovare sotto l’albero, incartata e agghindata. I suoi occhi si fecero commossi e abbracciò la bambola con tutta la forza che una bambina potesse avere.
“Ti piace il regalo, piccola mia?” le chiese sua mamma con voce amorevole. La bambina si voltò con gli occhi lilla che fissarono la mamma felici, la donna la abbracciò e la strinse al petto, la piccola sentiva il cuore della madre battere ripetutamente.
“Anche io quando sarò grande voglio diventare un dottore” disse la bambina con voce sommessa ed emozionata.
“Tu sarai sempre e comunque la mia dottoressa” rispose la madre accarezzandole con il dito il naso.
“Quando avrò la mia unicità la userò per salvare le persone” continuò la bambina energica e sorridente. La donna sorrise e le diede un buffetto sulla fronte, poi prese la bambola e chiese alla figlia: “Che nome vuoi dare alla tua nuova amica?” La bambina roteò un po’ nei suoi pensieri, concentrata.
“Medusa” rispose lei.


 

I suoi pensieri stavano volando in ogni direzione possibile, sembrò quasi che la sua mente stesse approfittando di quel breve stallo per ricordare per quale motivo fosse lì, perché mai fosse arrivata fino a quel punto, perché mai adesso si trovava in quello stadio coperto con l’obiettivo di farsi giustizia da sola. Non capì perché proprio in quel momento aveva ricordato il natale con la sua famiglia, ma sicuramente ritornare alla realtà la porto a ritrovare subito quale fosse la strada che ormai non poteva più abbandonare.
Davanti ai suoi occhi c’era un eroe professionista, non che professore della HEA, la più prestigiosa scuola per aspiranti eroi al mondo, accanto a lui due studenti, uno dei quali era il figlio del suo nemico, il dottor Burke, l’uomo che ora era ben saldo nella mani del suo scagnozzo, l’uomo che le aveva rovinato la vita. Ricordava bene cosa l’avesse condotta fino a quel punto, ricordava bene la scena del suo crollo, il momento dove il castello di carte era stato spazzato via da una bava di vento, l’attimo in cui il ricordo della morte assoluta e della distruzione si era ripresentato davanti alla sua vista.
La sala operatoria la ricordava stracolma di ragazzi giovani come lei, il gruppo si era affollato intorno al tavolo dell’operazione, tutti ricoperti di un camice bianco, la mascherina sul viso, sembrava davvero di essere dentro ad una sitcom sulla medicina, si sentiva un personaggio di Grey’s Anatomy, il suo sogno stava finalmente arrivando. Al centro della scena si ergeva il dottor Burke, primario di chirurgia, responsabile degli stagisti e riconosciuto come uno tra i medici migliori della nazione. Il suo quirk lasciava poco a intendere.
“Surgical”, il dono della cura, attraverso le sue mani era in grado di ricucire, curare, risolvere qualsiasi operazione chirurgica che non fosse generata da virus o agenti patogeni, nell’ambiente medico e scientifico, il suo quirk era praticamente il dono di un dio e questo gli permetteva di avere avuto un successo internazionale, era un guru della scienza ed era davanti a lei. Non poteva certo vedere il suo viso, dopotutto quando si trovava intorno a delle persone non si toglieva mai la benda sugli occhi, con il tempo ci aveva fatto l’abitudine e in ambito medico si era sempre impegnata così tanto che fino ad allora aveva sempre imparato ad occhi chiusi, senza mai fallire. Il dottor Burke aveva già iniziato a spiegare in che modo avrebbe curato questa appendicite, mostrando agli stagisti i passaggi senza usare il suo quirk e nascondendo le sue mani dietro guanti medici, ma osservando la ragazza in prima fila con una benda bianca sugli occhi si era fermato.
“Ragazza, che stai facendo? Togli quella benda dalla faccia” le aveva detto lui, lei non poteva vederlo e non poteva riconoscere che la sua voce calda.
“Signor primario, non è possibile, il mio quirk non me lo permette” aveva risposto lei con il cuore che le iniziava a battere a mille, normalmente le bastava spiegare il suo quirk per far smettere alle persone di costringerla a togliersi la benda, ma un primario non vuole risposte negative e ha l’arroganza per fare quello che vuole in un ospedale. Era successo tutto molto in fretta, il dotto Burke l’aveva obbligata a togliersi la bende, probabilmente credendo che lei lo stesso sfidando o innervosendo volutamente, il suo quirk si era manifestato subito con il paziente, che ancora sveglio, stava ascoltando il dottore parlare agli stagisti, i loro occhi si erano incontrati, l’uomo aveva un quirk che aveva a che fare in qualche modo con la vista, i suoi bulbi oculari erano esplosi poco dopo.
Mentre ricordava tutto questo una furia cieca iniziava a distruggerle le vene e a mieterle il fiato, quando davanti alla memoria percorreva il suo percorso verso la distruzione. Le parole del primario il giorno dopo erano ancora per lei pietre lapidarie contro la sua pelle.
“Non sei in grado di salvare nessuna persona, tu puoi portare solo morte, non incontrerai mai più la medicina nella tua vita, sei licenziata, non farti più vedere e vedi di non essere un pericolo per il mondo” le aveva detto il dotto Burke con tono mostruosamente serio e severo, lei si ricordava che stesse piangendo lacrime calde sotto la sua stessa benda, l’avevano spedita in un centro di controllo dei quirk, non avrebbe mai più rivisto la medicina, in quel momento era iniziato l’oblio e il baratro, ma ora il tempo per i ricordi era finito, finalmente era arrivato il momento della sua rivalsa.
“Ti consiglio di andartene chiunque tu sia, lascia il dottore e allontanati da questo posto, ti trovi davanti ad un eroe professionista di spessore, grande spessore” disse quindi Clarence, facendo il gesto premonitore di slacciarsi la cravatta rossa. La giovane donna dai lunghi capelli viola e lisci e con la benda nera ancora a coprirle gli occhi sorrise arrogante.
“Non prima di aver fatto un po’ di controlli preliminari” rispose lei maligna “Non ho alcuna intenzione di andare via”
“La avverto, Darkshine...ah!” provò a dire il dottor Burke, chiuso dalla presa del secondo villain mostruoso che non appena aprì la parola, diede una forte stretta alla spalla del primario che urlò di dolore.
“Padre!” urlò Richard facendo un passo in avanti terrorizzato, ma venne bloccato dal fisico scultorei di Clarence.
“Tranquillo, ragazzo, sono dopotutto un eroe, ci penso io a risolverla qui, cercate di raggiungere gli altri gruppi e chiamate aiuto” disse l’uomo di colore.
Richard rimase immobile a scambiarsi degli sguardi con il padre, completamente pietrificato dal panico, poi Balboa con sguardo fatto gli mise una mano sulla spalla per invitarlo ad allontanarsi, dopotutto anche Richard era consapevole di non poter aiutare il padre con la sua unicità, ma non appena i due fecero un passo ecco che dal terreno si aprì una seconda voragine e davanti a loro apparve un terzo individuo, aveva la testa piccola coperta da degli occhiali arancioni enormi, sul capo un trapano al posto dei capelli e al limitare delle braccia, artigli in metallo.
“Bravo, Mole Cricket, fai in modo che nessuno degli studenti rovini i nostri piani e fai in modo che gli altri esperimenti facciano il loro lavoro” disse quindi Homeopath con voce liquida, passandosi la lingua sulla bocca.
“Ehi non darmi ordini, sono tutti pronti a servire la nostra padrona” replicò lui e si interrò ancora nel foro nel terreno che aveva creato.
“Che cosa state orchestrando?” chiese Clarence, ora più spaventato “Non vorrete davvero attaccare una classe di studenti?”
Dopotutto i gruppi di 2 o 3 ragazzi erano divisi per tutta la struttura, dove erano state allestite delle sezioni per l’addestramento, ogni gruppo era lontano e non era a portata di voce, dopotutto quello stadio era stato costruito apposta per ospitare questo genere di attività, in quel momento la sicurezza dei suoi studenti valeva molto di più di tutto il resto. Clarence si strappò i vestiti energico e rimase con solo il perizoma addosso davanti ai villain schierati, immediatamente la sua pelle iniziò a farsi lucida e umidiccia, dopotutto quella era il suo quirk “Lubed”.
La sua pelle era cosparsa di una sostanza unta e oliosa, in grado da sola di deviare qualsiasi colpo gli venisse inflitto, inoltre condiva in tutto con una muscolatura devastante, un vero e proprio colosso. Sul suo corpo, oltre al perizoma, rimase solo il cappello da pescatore, mentre si preparava inesorabilmente a lottare.
Richard diede un’occhiata al padre e si chiese per qual motivo fosse successo tutto quello, ma sopratutto si sentì inutile, aveva mani grandi e potenti, ma il suo quirk gli permetteva solo di evitare qualche emorragia non era adatto a combattere e aveva passato il test solo perché raccomandato dal padre, in pratica aveva barato, nonostante la scuola avesse richiesto la presenza di un ragazzo con poteri di cura nella classe, ma davanti a dei villain professionisti, lui non era che uno scricciolo indifeso.


 

“Nooooooon èeeeeeeeeee neeeeeeeeeeceeeeeeeessaaaaaaariiiioooo cheeeeeeee tuuuuuuuuuu miiiiiiiii poooooooortiiiiiiiiii suuuuuulleeeeeeeee spaaaaaaaaalleeeeeeeeeeee” disse pachirdemica Agatha, metre Percy in gruppo con lei la portava sulle spalle per evitare di raggiungere la sezione della montagna dopo la prossima olimpiade. Trent sorrise sommesso.
“Detto così lentamente sembrava avesse detto palle, troppo forte!” disse lui ridendo e Percy lo incenerì con lo sguardo per la pessima battuta, Trent, nascosto dietro i suoi baffi a manubrio alzò le braccia in segno di scuse, ma continuò a ridere di nascosto, lo trovava divertentissimo.
“Maaaaaaaa...” iniziò a dire Agatha.
“No. Ti prego, Agatha, io ti voglio bene, ma a meno che non sia una cosa di vita o di morte ti prego di non parlare, perché mi sento invecchiare” la bloccò Trent e Agatha appoggiò la testa su quella di Percy che si irrigidì confuso pensando a cosa stracazzo stesse facendo quella lì appisolata su di lui, poi adagiò il carico scomodo per terra e osservò la sezione del padiglione che ospitava la montagna, l’obiettivo era quello di salvare dei civili da una valanga nel minor tempo possibile e senza dimenticare nessuno.
“Maaaaaaaaa...”
“In questo panorama sarebbe servita Derriere...O Russel, comunque qualcuno in grado di fiutare nella neve, dei cani in pratica” disse quindi Trent osservando il panorama innevato e non sapendo da dove cominciare con la prova.
“Maaaaaa...” ù
“Scavare a caso potrebbe essere controproducente, dovremmo almeno tentare di spartirci la zona, sempre se Agatha riesca a essere utile” continuò Percy e diede un cenno di assoluto biasimo ad Agatha, senza il bisogno di guardarla, il gesto del collo era stato sufficiente a simboleggiare la sua supremazia.
“MAAAAAAAAAAA….”
“La neve non fa per me, in inverno chiudono le strade e derapare su una ruota diventa pericoloso...” disse quindi Trent, ma venne fermato dalla voce di Agatha che si era fatta improvvisamente alta e urlante.
“Ma porca miseria! Siete due trogloditi senza cervello! E’ da diversi minuti che cerco di dirvi che proprio qui c’è un uomo molto minaccioso! Ma voi non ascoltate, idioti! E adesso ho esaurito la mia molla del bradipo, quindi sono completamente inutile!” urlò lei, smettendo di trattenere la velocità, consapevole che questo annullasse il suo potere e girando con forza Percy per vedere che un tizio alto e completamente coperto da tessuto nero si fosse avvicinato a loro.
Senza che Percy e Trent potessero rendersi conto di quello che fosse successo ecco che questi era scattato con velocità impressionante, Percy schivò agilmente, Trent invece fu costretto a compiere un salto nella neve fresca, vista la sua bassa statura scomparì letteralmente nel bianco. Percy iniziò quindi a succhiare ovomaltina fino a svenire e quando il tizio misterioso si voltò ecco che lui aveva già pronto il suo colpo. Percy, gonfio di muscoli e rapido come un San Bernardo sul Bernina, caricò il suo colpo migliore con il pugno serrato.
“Sankt Moritz smash!” Il pugno scaraventò il tizio nella neve, apparentemente lasciandolo privo di sensi.
“Chi mai potrebbe essere?” chiese quindi Agatha constatando che fosse privo di sensi per il colpo mostruoso dello svizzero.
“Non lo so, ma ho un brutto presentimento” replicò Percy sempre con tono fiero e catastrofico.
“Qualcuno mi dà una mano?” concluse Trent chiedendo soccorso alpino, ancora inabissato nel ghiaccio.


 

“Eh dai! Annie, perché mai mi tieni il muso? Non penso di aver fatto nulla di male...Certo niente di nuovo almeno” disse Byron rammaricato roteando intorno alla ex fidanzata che si era ritrovata in gruppo con lui, la ragazza dai capelli castani nervosa aveva serrato i pugni e procedeva imperterrita verso il condominio dove c’era una simulazione d’incendio.
“Sai che cos’è questo?” chiese lei mostrando a Byron un fagotto con dentro del cibo “Questo era il pranzo che questa mattina avevo preparato per te con molta cura, ieri ti avevo pure detto che dato che tu ti stavi lamentando di non essere capace di cucinare, te l’avrei portato io! E tu non mi hai nemmeno calcolata oggi!”
“Quando me l’avresti proposto?” chiese lui con tono da imbecille.
“Sei arrivato al punto che non mi calcoli nemmeno” rispose lei sull’orlo delle lacrime “Questa mattina io mi sono alzata presto per farti un panino con la cotoletta e tu oggi non mi hai nemmeno concessa uno sguardo, il tuo comportamento è inaccettabile”
“Annie, mi dispiace, ma davvero non pensavo che dicessi sul serio, davvero hai preparato il pranzo solo per me?” chiese quindi Byron seriamente colpito. Annie annuì malinconica, i suoi occhi a palla erano quanto di più triste e deluso avesse mai visto, la ragazza si allontanò triste e osservò l’edificio in fiamme, ormai rassegnata al fatto che di lei a Byron non importasse un granché.
All’improvviso sentì una presenza sinistra arrivarle alle spalle, un afflato caldo e spigoloso allo stesso tempo, quasi che Byron stesso provando a sfiorarle il collo, lei si voltò furiosa e bloccò a terra con le sue braccia coperte d’acciaio il profanatore per poi scoprire che non si trattava di Byron, Byron stava facendo pipì in maniera molto fine contro un muro di cinta. Annie mollò la presa su Momo imbarazzata e gli chiese scusa con il cuore depresso in mano e gli occhi a palla sofferenti.
“Stai serena, principessa, ognuno fa gesti estremi in amore” disse Momo con il solito tono indecifrabile.
“Eh?” “Beh sei innamorata iena di quel ragazzo, si vede, io ti consiglierei un approccio più sconcertante, prova a usare la...”
“Zitto!” intervenne lei “E non parlare così ad alta voce? Byron è stupido, non sordo. E comunque non è affatto vero”
“Questi amori adolescenziali mi fanno bagnare tutto uhuh! Ma il tuo segreto è al sicuro dentro il mio pancino” disse quindi lui e si sistemò il ciuffo biondo con della lacca, allontanandosi. Annie rimase con la bocca spalancata al centro della scena, come un cerbiatto abbagliato dai fari, Byron la raggiunse e la guardò confuso visto che la sua ex non stava dando segni di vita.
“Annie...qualcosa non...”
“Non una parola” sentenziò lei, ma anche senza la sua cesura il trio venne interrotto dall’arrivo di un misterioso uomo coperto di nero che si ergeva davanti a loro, questi corse a gran velocità verso Byron che venne colto di sorpresa, ma Annie interamente coperta di metallo si interpose velocemente tra i due e l’uomo sbatte la testa contro il volto infrantumabile di Annie, cadendo sventuto. Subito dopo, prima che Byron potesse dire qualsiasi cosa sul fatto che Annie l’avesse salvato ecco che il suo telefono squillò, lo estrasse dalla tasca e notò che Percy lo stesse chiamando.
Percy era suo amico, ma dopo l’incidente con Emma non avevano più avuto rapporti, era diverso che come con Cedric, Percy e Byron non avevano un motivo diretto per odiarsi, ma rimanevano comunque in estrema tensione, vedere quella chiamata era per lui una sensazione strana.
“Pronto”
“Byron, a quanto pare i telefono non prendono in nessun modo con l’esterno della struttura e nello stadio sei l’unico che sono riuscito a raggiungere, non ti nascondo che prima ho provato a chiamare tutti gli altri, eri la mia ultima scelta” disse Percy dal telefono.
“Che operatore usi?”
“Iliad perché?”
“Eheh, ancora una volta il marcio vince, a quanto pare siamo gli unici a poterci chiamare qui dentro perché gli unici con Iliad, la situazione è strana, ma mi fa godere tantissimo”
“Siamo sotto attacco, idiota. Pensa ad un modo per raggiungere l’esterno, io cerco di radunare gli altri” concluse Percy serio e molto preoccupato, anche se il suo tono rimaneva quello di un timido Schwartzenegger. Byron concluse la chiamata e si scambiò uno sguardo con Annie.
“Ora è il momento di sudare”


 

Il colpo violentissimo del colosso scivolò sulla pelle unta di Clarence, elegantemente il principe nubiano roteò dunque il busto e con un colpo preciso spedì il villain mascherato qualche metro lontano.
Questi cadde in posizione da contrattacco proprio accanto ad Homeopath, che non si scompose, poi con un balzo felino ritornò all’attacco con velocità impressionante, Clarence fece fatica a seguirlo, ma ancora una volta il pugno dell’avversario scivolò sui suoi addominali lubrificati e con le mani giunte in un bagher pallavolistico Clarence spinse sul cemento il villain, che cadde a terra con un tonfo. Clarence però non fece in tempo a reagire che dovette fare un balzo leonino all’indietro per intercettare l’attacco del secondo scagnozzo di Homepath, Mole Cricket, che aveva attaccato i due ragazzi che il professore stava proteggendo.
Clarence schivò i capelli a trapano dell’avversario e con un calcio sul petto con il piede nudo unto lo scagliò nello specchio d’acqua per la simulazione di salvataggio in mare. Richard osservava tutto spaventato e in preda al panico, accanto a lui Balboa era più tranquillo e continuava ad ubriacarsi senza sosta, proprio in quel momento sentirono uno spostamento d’aria e su di loro pronto a colpirli con tutta la sua violenza apparve il villain mascherato.
Clarence digrignò i denti e scivolò con il suo stesso olio sui piedi per intercettare il colpo con le braccia, il colpo scivolò ancora, ma questa volta il calcio di Clarence venne schivato dall’avversario. Il mostro mascherato afferrò quindi Clarence per il perizoma e lo colpì in pieno volto, questa volta l’impatto non fu schivabile e Clarence finì a sua volta nell’acqua.
“Figliolo scappa, sei il futuro della medicina!” urlò il primario Burke, ma Richard era completamente in trance e fu Balboa a spostarlo con una spallata prima di schivare il pugno verso il terreno del villain misterioso.
“Ultra drunk instinct” il suo quirk aumentava i suoi sensi maggiore era l’alcool che aveva in corpo, dopotutto la sera prima aveva sboccato l’anima ad una riunione di partito nel centro sociale sulla base di vodka degli urali e grappa polacca portata dai compagni del partito dei lavoratori di Polonia, era al massimo della forma, i suoi sensi potevano rivaleggiare quelli di un pro in questo momento.
“O bevi o muori, dottore” disse Balboa, mentre schivava un altro colpo. Richard pensava intanto a cosa c’entrasse lui in tutto questo, osservò la ragazza misteriosa che non aveva ancora fatto la sua mossa, questa anche se fosse bendata sembrò percepire il suo sguardo e sorrise malignamente.
“Non hai idea del perché tu sia il mio bersaglio, vero?” chiese Homeopath sinistra.
“Lascia andare mio padre, siamo professionisti che salviamo le persone, siamo il pinnacolo del progresso scientifico, non abbiamo fatto nulla di male” disse Richard petulante.
“Non farò niente del genere. Tuo padre è un maiale, dio gli ha dato il dono della cura, senza di quello non è nessuno, ha ricevuto da bambino la grazia di avere un quirk che l’ha reso famoso, mentre ci sono persone che per via del loro potere non sono potute diventare medici” iniziò a spiegare Homeopath, mentre Clarence era uscito dall’acqua e aveva colpito il colosso che sembrava invulnerabile, mentre Balboa rifiatava sgasandosi una birra intera.
“Dio non esiste” suggerì Richard, ma Homeopath non si interessò della sua esclamazione.
“C’è chi viene benedetto per essere ciò che vuole diventare senza nessuna fatica, quando invece ci sono persone che sputano sangue per diventare qualcosa, ma per colpa di un fato maligno non possono fare altro che fare del male, ebbene allora se questa è la mia vocazione, la metterò in atto a mio piacimento, cercando di fare più male possibile”
“Ma io che cosa c’entro in tutto questo? Non ti conosco nemmeno!” chiese Richard ora più energico.
“Oh no, tu non mi conosci, ma il dottor Burke sa benissimo chi sono e sa benissimo che cosa è in grado di fare il mio quirk” “Io non so chi sei, non osar toccare mio figlio” esordì il dotto Burke ergendosi tra lei e Richard.
“Aspetta e vedrai” disse quindi lei e lentamente si tolse la benda, mostrando due splendidi occhi lilla, il dottor Burke non fece in tempo a bestemmiare che aveva già incrociato il suo sguardo, conosceva bene quegli occhi, conosceva bene quella pazza e si rese conto che con quell’unico sguardo sarebbe potuto morire. Il dotto Burke si voltò istantaneamente, correndo verso Richard e abbracciandolo in modo che non la guardasse.
“Non guardarla negli occhi” sussurrò lui poi iniziò ad urlare di dolore. La presa sul figlio si disperse e il dottore iniziò a contorcersi tenendosi le mani, che Richard osservò stessero diventando livide e viola, inoltre i polsi erano rotti, per qualche strano arcano, dopo quello sguardo, le mani del padre, si erano distrutte.
“Che cosa hai…?” iniziò ad esclamare Richard, ma Homeopath era già su di lui a pochi centimetri di distanza con il sorriso sulle labbra, Richard chiuse gli occhi istantaneamente.
“Dottor Burke, osservi come dopo averle distrutto il suo quirk, le ammazzo anche suo figlio davanti agli occhi” disse lei e dal vestito di pelle succinto scesero dalle maniche delle catene dentellate, lei le strinse con i guanti e si apprestò a colpire un Richard terrorizzato, ma Clarence sul cui corpo iniziavano a sentirsi i colpi, che se anche fosse in grado di schivarli, riuscivano comunque a fargli danno, quell’avversario era comunque formidabile , si allontanò dall’uomo mascherato, si frappose tra lei e Richard venendo colpito brutalmente dalle catene che gli lasciarono tagli profondi, ma non riuscirono a infilzare il suo corpo spesso e maestoso. Quindi prese con forza le catene e trascinò Homopath contro di sé, quando riuscì a tirarla abbastanza vicino con un pugno la gettò a diversi metri di distanza.
“Ci sono qui io” disse lui con il fiatone, ma improvvisamente gemette di dolore, Richard osservò che l’olio lubrificante che aveva sul corpo iniziava a produrre delle bolle. Clarence si lasciò cadere e si ritrovò con le ginocchia a terra, urlando di dolore, il suo quirk si stava rivoltando contro di lui, l’olio lo stava friggendo e i suoi muscoli erano devastati da quel calore come fosse in una padella. ù
“Andatevene via, ragazzi!” urlò Clarence sofferente al massimo, ma ancora in piedi. Da destra però apparve il guerriero mascherato che questa volta colpì Clarence con forza immensa in pieno volto, il professore cadde inerte qualche metro più in là.
“Quella fascista ha un quirk legato agli occhi, probabilmente Clarence deve aver incrociato il suo sguardo” disse Balboa nervoso, ma energico, raggiungendo Richard e il dottor Burke che non riusciva più a muovere le mani che erano livide e rotte.
“Sapete che cosa è l’omeopatia, ragazzini?” chiese la ragazza che intanto, con un grosso occhio nero per il colpo subito da Clarence, si era alzata e avanzava lentamente.
“il rimedio appropriato per una determinata malattia sarebbe dato da quella sostanza che, in una persona sana, induce sintomi simili a quelli osservati nella persona malata. Tale sostanza, detta anche "principio omeopatico", una volta individuata viene somministrata al malato in una quantità fortemente diluita e dinamizzata. A quanto pare io non ero adatta a fare il medico, visto che il mio corpo reagisce ai quirk altrui come fossero malattie, i miei occhi funzionano come il principio omeopatico, sono in grado di somministrare con lo sguardo ai vostri quirk la vostra potenza in maniera diluita, fino a distruggere il vostro corpo con la vostra unicità, in pratica sono in grado solo di distruggere” spiegò lei con voce isterica e condita da risatine insane.
“L’omeopatia non è una scienza esatta, è il male della medicina, non ti permetterò di diluire il mio quirk” disse Richard sconvolto, ma la donna aveva già estratto nuovamente le catene e le aveva scagliate contro di loro. Balboa spinse ancora lontano Richard e schivò entrambi i colpi dell’avversaria, prima di scolarsi ancora la birra per ricaricarsi. All’improvviso però sentì un rumore sotto i suoi piedi e saltò d’istinto, sotto di lui si aprì una voragine, ma Homopath aveva attaccato ancora e costretto a schivare a mezz’aria, non riuscì a cambiare di direzione in tempo per non finire nel buco.
Pochi secondi dopo rispuntò svenuto da un’altra voragine con Mole Cricket, il grillo talpa, l’aveva messo fuori dai giochi. Il dottor Burke si alzò quindi e si mosse verso il figlio, lo abbracciò e gli disse: “Qualsiasi cosa succeda, tu diventerai un grande medico” Poi si voltò pronto a difendere il figlio ad ogni costo, davanti a lui si ergeva il colosso nero.
“Dopotutto sarò anche un bastardo, ma salvare le persone è l’unica cosa che so fare” disse quindi il Dottor Burke “E poi...l’omeopatia è la medicina dei ciarlatani”.


 

“Non ho mai provato una sensazione di schifo così profonda, come prendere le tue sembianze, mi sentivo decomporre, ma come fai ad essere vivo?” chiese Mel a Maxwell mentre seguivano Percy verso l’entrata dello stadio.
“Ehi! Intanto ti ho salvato la vita con il mio rutto cosmico e poi non c’è bisogno di insultare, lol, la prossima volta prendevi le sembianze di qualcos'altro” replicò Maxwell nervoso, mentre cercava di stare al passo a fatica, con le ginocchia introflesse su loro stesse. Percy li portò dove tutto il gruppo degli studenti si era ritrovato, consapevoli che un gruppo di villain li stesse attaccando, ma senza sapere dove fossero Balboa e Richard che mancavano all’appello, così come il professor Clarence. “
Spero che a Clarence non sia accaduto nulla” sospirò Ebony con tono assuefatto “Se qualcosa di brutto dovesse accadere a quella mazza….volevo dire stazza. Non avrei più ragione per vivere”
Che cosa cazzo sta succedendo?” chiese quindi Trent confuso, quando il gruppo si era completamente riunito.
“Noi siamo stati attaccati da un essere umanoide mascherato, me ne sono sbarazzata, ma sicuramente non faceva parte dell’esercitazione” rispose Annie spaventata. “Noi ne abbiamo affrontati tre e mi hanno pure ferita” aggiunse Aphrodite indicando un taglio sul suo bel faccino insoddisfatto “Quei marrani si penseranno due volto prima di deturpare il mio viso perfetto un’altra volta”
“Anche noi siamo stati attaccati” disse quindi Cedric palleggiando con forza tra le gambe “E una cosa ci ha lasciato confusi, ne abbiamo smascherato uno e non aveva fattezze umane sul viso, non aveva occhi, bocca o naso, sembrava un manichino inanimato. Io e Lincoln avremmo voluto osservarlo meglio, ma Derriere ha pensato bene di mangiargli la testa per poi rigurgitarla”
“Grrrr” ringhiò Derriere in un angolo, mentre la sua linguetta veniva passata sul suo inguine pelosetto. Il gruppo iniziò a parlare animatamente sul da farsi. Lolly era talmente ansiosa che faceva fatica a trattenere la pipì e ogni volta che prendeva parte ad una conversazione esordiva con un porcone, per poi aggredire verbalmente il suo interlocutore.
Bernadette si era rintanata in un angolo a pregare il signore, aveva disegnato sul muro con un gesso una croce e si era prostrata al suo cospetto. Logan dormiva beato con la bava alla bocca, mentre Momo, beh Momo non stava facendo assolutamente niente stava mangiando formaggio senza che gli altri se ne curassero.
“Lasciate che sia io a cercare gli altri, voi trovate un modo per chiamare aiuto, abbiamo bisogno di eroi professionisti” intervenne quindi Percy superando le voci incasinate “Se Richard e Balboa non sono qui potrebbe essere successo qualcosa di grosso”
“Confermo! Quando si tratta di Clarence c’è sempre qualcosa di grosso in mezzo” esclamò quindi ansiosa Ebony, completamente fuori dal personaggio, sembrava posseduta dallo spirito del nervosismo, da quando aveva saputo che Clarence era scomparso, aveva completamente perso il senno.
“Come farò a sposarlo se schiatta in questo postaccio? Non posso rinunciare a tutta quella massa!” continuava lei mentre Lolly cercava di consolarla.
“Tu non andrai da nessuna parte. Siamo un gruppo e ci muoviamo insieme. Solo perché ti credi il migliore ti sentì in diritto di fare la prima donna?” chiese Cedric prendendo spazio e arrivando petto contro petto con Percy, era molto meno muscoloso, ma lo sovrastava in altezza.
“Voglio solo che voi rimaniate sani e salvi, se rimanete in gruppo riuscirete ad affrontare i pericoli in maniera più efficace, disperderci è un rischio” spiegò Percy severo. “Non sto parlando di cosa sia giusto o sbagliato, sto parlando di te. Con che arroganza vieni qui a dirci quello che dobbiamo fare, mentre tu vai a fare l’eroe chissà dove? Ti eccita così tanto sentirti dire che sei il number 1?” “Io mi sto prendendo il peso di andarli a cercare, non sto facendo niente di più, Cedric e stai esagerando”
“Tu ti stai pavoneggiando, coglione” Percy prese quindi Cedric per i bordi della canottiera e lo fissò intenso nei bulbi oculari, il baskettaro tacque improvvisamente, mentre lo svizzero sembrava avergli dato un ultimo avvertimento.
“Io sono qui per diventare un eroe, sono qui per imparare a prendermi le responsabilità di quel lavoro, io ora sto pensando a salvare delle persone che potrebbero essere nei guai, tu in tutto questo cosa stai facendo? Stai pensando agli altri o a te stesso? Perché sei venuto alla HEA per diventare un eroe? Per venire a litigare con me? Cedric tu capisci benissimo che cosa sta succedendo, quindi piantala di vedermi come un nemico e cerca di vedermi come un compagno, puoi odiarmi quanto ti pare, ma Richard potrebbe essere morto” disse Percy e tutta la classe trattenne il respiro, era la prima volta che il miglior studente del loro anno scendeva da un ipotetico piedistallo per spiegare le sue ragioni.
“Percy, tu vai, io starò qui e cercherò un modo per andare via da questo posto a costo di puzzare come la salsa tsatsiki che hai mangiato ieri” disse quindi Byron indossando un maglione pesante di lana di cincillà. “Non osare insultare la mia tsatsiki” disse quindi Percy ritrovando il sorriso.
“No no. Ha ragione il puzzone, il mio sputo era molto più simile ad una tsatsiki rispetto a quello che hai preparato tu, per non dire altro...” disse quindi Lolly scettica.
“La salsa segreta dello svizzero” concluse Trent lurido e ricevette di risposta un colpo alla nuca da Mel. Percy roteò gli occhi e si voltò pronto per saltare giù dalle tribune, ma venne fermato dal braccio di Cedric.
“Non siamo amici, nulla è cambiato, ma da solo, se c’è davvero una situazione di pericolo non ce la farai mai. Concedimi di aiutarti, dopotutto il mio quirk non mi farà certo uscire da questo posto, tuttavia può risultare utile per coprirti le spalle” disse quindi Cedric allo svizzero. Percy gli strinse la mano con forza, lasciando Cedric confuso. “Puoi dire quello che vuoi, sappi che mi sei mancato e continuerai a mancarmi”
I due ragazzi scesero dunque dal secondo anello delle tribune, mentre gli altri rimanevano concentrati per cercare di capire come uscire da quella prigione di cemento, visto che tutto l’impianto sembrava addormentato. I telefoni non funzionavano verso l’esterno, le vie di comunicazione erano sigillate e tutti i compartimenti stagni chiusi in modo da non permettere a nessuno di raggiungere le entrate.
Derriere scaricò la tensione urinando su un ignaro Roberlandy con la gambetta alzata, per poi raschiare il pavimento con i piedi come per marcare il territorio, entro la fine della discussione aveva marchiato tutti i maschi della classe, una mossa meschina, codarda, ma che avrebbe dato inizio all’età dell’oro.
“L’unica soluzione che abbiamo è quella di sfondare il soffitto, il materiale di quella cupola e in metallo sottile, nessuno di noi è in grado di sfondare mura di cemento così spesse” spiegò quindi Russel osservando il circondario.
“Se avessi come me una lavatrice potrei farlo, la farei diventare il mio destriero indistruttibile” replicò Trent sorridendo.
“Ma ti alleni anche per dir cagate?” chiese Lincoln oblungo sulle ginocchia che roteava il collo al centro del cerchio formatosi per cercare di ascoltare tutti. Lolly intanto tirò fuori il telefono e si fece una foto con Mel e Ebony che la fissarono confuse.
“Che c’è? Il mio canale instagram ha la bellezza di 50 follower! Si aspettano da me almeno una storia al giorno su temi tumblr, aka feminism, #lgbt, #freesex. Non posso deludere il mio pubblico eh” disse Lolly senza togliere lo sguardo dallo schermo, completamente drogata di quell’affare. Intanto Byron non sembrava interessarsi della conversazione, superò con un salto il corpo di Derriere, intenta a rotolare su sé stessa al centro del pavimento e si diresse con sguardo fiero e pulsante verso Bernadette, ancora inginocchiata nell’angolo in solitudine. Byron le mise una mano sulla spalla e lei si voltò, occhi intimoriti, bocca tremante e cuore a mille.
“Tentata come Gesù nel Getzemani, il peccato di lussuria mi cerca di nuovo” disse lei con tono martirizzato. “Bernadette, mi servi” disse lui con voce da tenore.
“Non è la voce dell’arcangelo Gabriele, non è la voce dell’arcangelo Gabriele, non è la voce dell’arcangelo Gabriele...” continuava a ripetersi la suora mentre la scena stava lentamente decomponendo i suoi sensi. “Ho bisogno che tu ti faccia calda come una fornace” Bernadette cacciò un urlo terrificante e iniziò a correre intorno a tutti i suoi compagni di classe, cercando di nascondersi dietro al corpo degli altri per evitare Byron che la stava rincorrendo a fatica. Bernadette corse verso Annie e si abbracciò alla ragazza che bloccò Byron con una mano sul petto, la ragazza dal caschetto castano arrossì istantaneamente.
“Non hai pudore, non hai limiti, maiale” disse lei balbettante.
“Non avete capito. Ho trovato la soluzione per questo stallo” disse lui sincero “Io ho la forza motrice necessaria per sfondare quel tetto, ma ho bisogno di sudare tantissimo e quando dico tantissimo non intendo tantissimo, intendo che devo sudare proprio come un finlandese in sauna e per farlo ho bisogno delle fiamme di Giovanna d’Arco”
“Non concederò il mio potere per quel demone tentatore” piagnucolò Bernadette con la testa nascosta nel petto di Annie, che la abbracciava come fosse sua figlia.
“Non è un’idea stupida, Byron ne ha le capacità, ma come pensi di sfondare quel tetto senza spaccarti la testa? Non avrai un cervello e non subiresti danni permanenti che già non possiedi, ma potresti anche morire” intervenne Lincoln apparendo con il collo alle spalle di Annie, quasi fosse una sciarpa animata. Byron indicò quindi Annie con la mano e la ragazza arrossì ancora di più.
“Con il tuo acciaio impenetrabile sfonderai quel cazzo di tetto, basta che non ti imbarazzi troppo essere presa in braccio dal sottoscritto” spiegò Byron alzando il sopracciglio, Annie si sentì sciogliere. A questo punto tutti stavano guardando Bernadette che sembrava veramente un piccolo gattino impaurito.
“Tutti voi! Siete gli occhi dei farisei che giudicarono Gesù nel tempio, Anna e Caifa venuti per darmi il mio Golgota” disse lei completamente terrorizzata, si staccò da Annie e si rintanò in un angolo in penitenza, la videro persino frustarsi con il cordone della tunica, pronunciando frasi in hiddish.
Mel quindi alzò il sopracciglio convinta, tirò fuori il suo rossetto e lo passò sul collo di Bernadette prima che la suoretta perdesse il senno. Lentamente si tramutò in tutto e per tutto a lei, i capelli si fecero grigo-biancastri, gli occhi gialli e si abbassò di diversi centimetri.
“Il fatto di non essere al centro dell’attenzione mi dà fastidio, avanti Byron, abbrustoliamo quel bel culetto” disse lei con tono aggressivo e sensuale, che in quel corpo stonava tantissimo. La ragazza metallara ora nel corpo di Bernadette iniziò a circondare la sua pelle di fiamme, Byron quindi allungò le braccia in avanti e Annie, tremante si fece d’acciaio e si fece prendere in braccio.
“Dio se pesi...” esclamò Byron.
“Mi insulti pure adesso...” Mel iniziò a produrre un intensa quantità di calore, sufficiente a fondere il rame, Byron iniziò a sudare come una fontana, trattenendo gemiti di dolore per il caldo soffocante e per le possibili ustioni che gli avrebbe causato, dopo qualche secondo di intenso fiammeggiare Byron era interamente bagnato, quello che accadde dopo fu una questioni di secondi. Lo squot-jump di Byron scatenò crepe e nel pavimento, quasi fosse un terremoto, in un secondo il ragazzo era già scomparso dalla vista e poco dopo lui e Annie sfondarono il tetto con un foro gigantesco. La ragazza quindi prese Byron ormai al limite delle forze per le braccia, come la madonna nella pietà di Michelangelo e sfruttando la sua pelle in acciaio si proiettò fuori dallo stadio senza rompersi nulla.
“Ce l’abbiamo fatta?” chiese Byron dolorante, ancora tra le braccia di Annie.
“Ce l’hai fatta, sei stato magnifico...cioè...mhm...hai fatto il tuo dovere” replicò lei.
“Ti amo” disse lui prima di svenire con la bava alla bocca, lei lasciò la presa e lo lasciò privo di sensi al suolo, gli occhi spalancati e la bocca pietrificata.
“Cosa? Che cazzo! Ti odio, Byron Love” urlò lei in preda alla confusione per quelle parole fuori contesto.


 


 

 “Finalmente, dottor Burke, finalmente la ragazzina a cui hai distrutto il futuro e le speranze avrà modo di distruggere la tua carriera e il tuo futuro nello stesso momento” disse Homeopath avanzando lentamente verso Richard e il padre.
“Tu eri un pericolo per il mondo, non solo per l’ospedale, avresti ammazzato altri pazienti senza nemmeno rendertene conto” replicò il dottore che, nonostante le mani livide, cercava con carisma di prendere tutto il tempo necessario affinché arrivassero degli eroi.
“Io avevo talento e passione, tu me l’hai strappato! E io strapperò la vita di tuo figlio davanti ad i tuoi occhi, ora levati di mezzo e lascia finire il mio lavoro” continuò lei e verso il dottor Burke si mosse il mostro coperto di nero che non sembrava aver subito danni significativi. Proprio in quel momento però si sentì un rumore quasi esplosivo e, alzando gli occhi al cielo, osservarono che qualcosa aveva fatto un buco nel tetto dello stadio.
“Dannazione! Finiamo velocemente questa faccenda! Avanti, togli di mezzo il dottore” suggerì quindi Homeopath al suo scagnozzo che si preparò a colpire con il dottor Burke che chiuse gli occhi per il dolore mentre Richard urlava al padre di spostarsi. Tuttavia una sagoma misteriosa bloccò il colpo del colosso. Davanti a Richard apparve un costume attillato rosso crociato, glutei di marmo e polpacci grandi come ciminiere. Si sentì un rumore di cannuccia che si beve il contenuto del succo.
“Ho quasi finito la mia scorta, ma questo non mi fermerà dal disintegrarti” disse Percy con tono convinto e con un sorriso storto sul viso. Percy fu veloce a schivare un colpo mostruoso, poi il suo polpaccio si mosse da solo.
“Rogeeeeer Federeeer Smash!” Il mostro cadde lontano, ma pronto a reagire, Percy però fu più veloce e con un montante dal basso gli fracassò la mandibola. Homeopath scagliò dunque le sue catene contro lo svizzero, ma un pallone da basket intercettò il colpo.
“Lui avrà i suoi bei nomi svizzeri, ma io come repertorio per nominare le mie mosse, ho la storia del basket. Chiamami Buzzerbeater, puttana” disse Cedric con un sorriso a 32 denti e una faccia da culo stampata sul viso.
“Ragazzi, non guardatela negli occhi!” urlò Richard mentre abbracciava il padre.
“Porta tuo padre all’entrata, gli eroi saranno qui a momenti” disse Percy. I due iniziarono a correre via, Homeopath sconvolta scaglio le sue catene verso i due, ma ancora una volta i palloni da basket le intercettarono e Cedric, ne prese uno al volo dopo il rimbalzò, scagliandolo proprio sul muso. Percy gli cadde a pochi metri di distanza, dopo una spallata del colosso.
“Qui non ne usciamo senza qualche graffio” disse Percy dolorante e constatando il naso sanguinante, quel mostro era ben più potente di lui.
“Cambio! Zona 3-2!” urlò Cedric e scagliò una palla da basket nel volto del gigante, poi spostò Percy per palleggiare verso l’avversario, che però si riprese indifferente e agganciò per la caviglia il ragazzo, prima di buttarlo per terra, lasciandolo incosciente. Percy venne quindi colpito al costato dalla catena tagliente di Homeopath, ma con uno spirito indomito schivò il secondo colpo con un salto e con un secondo balzo fracassò il gigante nella tempia. Homeopath si scagliò quindi su di lui per lottare corpo a corpo, ma venne fermata da una presa alla caviglia, voltandosi osservò Clarence, completamente ustionato, ma che si era strisciato fino a lei.
“Non ti lascerò toccare i miei studenti” disse lui tossendo. Poi stritolò la caviglia della ragazza fino a quando lei non lo colpì al volto con un calcio, lasciandolo nuovamente privo di sensi. Intanto Percy colpì la bestia con una serie di pugni all’addome, ma questi non sembrava subir danno e il colpo successivo scagliò persi nell’acqua, rompendogli il sistema che aveva per succhiare ovomaltina. Non appena si rese conto di essere nell’acqua la sua vista si annebbiò istantaneamente, le orecchie iniziarono a sanguinare e si sentì annegare, non sapeva nuotare.
Davanti agli occhi rivide l’immagine di lui insieme a Byron e Percy quando erano bambini, sorridevano felici ed erano appena entrati di nascosto nel British Museum per passare la notte in segreto nel museo, si erano serrati nel bagno fino alla chiusura.
“La prossima volta invitiamo anche delle ragazze” ricordava che avesse detto Byron.
“Non osar toccare mia sorella” aveva replicato Cedric, si ricordava bene che fossero un gran bel trio. Mentre il fiato iniziava ad abbandonarlo, immaginò il fatto che stesse per morire da eroe, poi le immagini dei suoi compagni iniziarono a passargli davanti alla vita. Avrebbe voluto almeno dare un bacio a Momo...voleva dire Lolly, sarebbe morto senza nemmeno aver fatto propriamente pace con Cedric e Byron, si promise che se fosse uscito da quel lago avrebbe visitato Emma.
“All i ever wanted...”
Una musica iniziò a balenare nelle sue orecchi in preda ad un’otite terrificante.
“Was to see you smile...”
La canzone era vivida, pensò fosse il coro degli angeli. Poi davanti agli occhi apparve il volto sensuale di un uomo, il più bell’uomo che avesse mai visto, il suo essere subì un tremito volgare. Lo vide chiaramente muovere i pettorali quasi avessero vita propria, poi questi gli afferrò la mano e si ritrovò in una attimo fuori dall’acqua. Cedric dolorante e intontito lo raggiunse e si fece sboccare addosso dell’acqua.
“Hai appena rigurgitato il lago di Lucerna, ma adesso siamo salvi” disse Cedric con il labbro frantumato.
“Che è successo?” chiese Percy senza fiato.
“Lui è qui” Davanti a loro si palesò un culo muscoloso, completamente all’aria, i glutei si muovevano all’unisono con una musica assordante da discoteca, il resto del corpo era scultoreo, mentre la testa era rinchiusa in una bandana rossa, Percy osservò intimidito che tra le chiappe dell’uomo ci fosse un tanga.
“Ragazzi potete stare sereni, è arrivato il carnevale di Rio” disse lui con voce brasiliana e movimento di glutei, davanti a loro si era palesato l’eroe che occupava la nona posizione nel ranking, lo Spacca-testa brasiliano, Ricardo Milos.
“Questa non ci voleva! Fermalo immediatamente” urlò Homeopath e incitò il suo uomo a fermare l’eroe. Ricardo chiuse gli occhi, sorrise, un sorriso bianco e intenso, il movimento di petto si fece denso e turgido, l’eroe si voltò di novanta gradi, proprio mentre il mostro era sopra di lui, la rotazione del busto fu impercettibile, il pugno che si scatenò devastante, lo scagnozzo di Homeopath, esplose letteralmente in un grumo di sangue, Ricardo venne coperto da liquido caldo e rossastro.
“Aspettavo proprio che tu venissi” disse lui con tono da poeta, ma quando si voltò osservò Homeopath scomparire dentro il tunnel insieme al Mole Cricket. “Inseguiamola!” urlò Cedric energico, ma il bicipite metallico di Ricardo lo interruppe.
“Prima regola dell’eroismo, i villain non meritano il tuo amore, i primi nella lista dei tuoi fidanzati saranno sempre i feriti” spiegò lui e sollevò Clarence ferito, un’immagine ricca di muscoli, ma sopratutto di spessore. Percy e Cedric rimasero a bocca aperta per l’espressione di eroismo e virilità dell’eroe brasiliano. Immediatamente discese dal cielo anche un secondo eroe, entrando a velocità sonica e atterrando proprio davanti a loro, sollevando un polverone.
Era interamente ricoperto da placche metalliche, gli avambracci avevano degli alettoni rossi d’aereo, così come il casco era proprio a forma di boing. Le spalle avevano dei veri e propri motori ad aerazione e i piedi sembravano dei piccoli jet, anche loro muniti di motore, era facile capire chi fosse. L’eroe che occupava la dodicesima posizione, Torbinsky, considerato tra gli eroi più veloci del circuito, il jet russo in grado di circumnavigare il globo in qualche minuto.
“что за советы здесь происходили?» chiese il russo in lingua incomprensibile. Ricardo Milos sembrò in grado anche di intenderlo.
“Ci ho pensato io, sei arrivato in ritardo...Strano, l’aerophlot dicono sia la peggior...miglior compagnia aerea del mondo” disse Ricardo ridendo di gusto mentre la musica cozzala e il petto continuavano a muoversi.
“бог собака заткнись платье!” disse quindi il russo.
“Questo è meglio non tradurlo” disse quindi Ricardo mentre aiutava ad alzarsi uno stordito, Balboa.
“Ho sentito parlare sovietico e mi sono svegliato, sono morto o il sol dell’avvenir comunista è finalmente giunto?” chiese Balboa sommesso e chiaramente in astinenza da birra. Mentre il jet russo aiutava il gruppo dolorante a tornare all’entrata Ricardo osservò la serie di fori nel terreno che il grillo talpa aveva creato, i suoi glutei fremerono durissimi, poi con sguardo magnetico osservò il gruppo di studenti.
“Non è finita qui, quella pazza non era sola, questi studenti si meritano un carnevale brasiliano a tutti gli effetti per il loro coraggio” disse quindi Ricardo e spense l’ipod che aveva nascosto nel pacco.

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Capitolo 7
*** Class B ***


Capitolo 7



“Dovresti essere tu a dire qualcosa” sentenziò Roberlandy mentre fumava dalla finestra della classe aperta.
“Io? E perché mai dovrei essere io? Penso che fissare le curve di Aphrodite sia sufficiente come attività della giornata, solo lei sa sedersi in maniera così seducente e nobile” replicò Byron appoggiando il mento al banco.
“Sei il rappresentante di classe, idiota, dovresti dare il buongiorno alla classe in modo che tutti attendano il professore seduto” intervenne quindi Russel cinico e scettico, come sempre. Dopotutto in quel momento, come al solito, tutti stavano facendo i loro comodi più squallidi, Mel e Maxwell come da copione litigavano come scimmie incazzate per il fatto come, come al solito, non si era lavato i denti e aveva iniziato a ruttarle nell’orecchio per innervosirla, Derriere, complice del fatto che Richard avesse chiesto un permesso d’assenza per stare con il padre a casa, era svaccata sul banco mentre mangiava croccantini, Maxwell, ingegneristico, aveva provveduto ad allestirle una lettiera sul banco di Richard in modo che non defecasse in mezzo alla classe ogni due ore, Percy se l’era trovata nella borsa una volta e non ci era pure rimasto così male.
“Che dovrei fare, maestro?” chiese quindi Byron, prostrandosi in segno di rispetto e guardando Logan, che fumava il sigaro anche lui fuori dalla finestra. Roberlandy e Russel si ammutolirono contriti e sinceri, il vate avrebbe offerto l’oro qualche secondo della sua saggezza.
“Fai silenzio e non disturbare” disse Logan con tono catafratto e Russel si irrigidì su sé stesso emozionato, dopotutto quello era il verbo del profeta e nessuno poteva metterlo in dubbio. Byron si voltò e riposizionò la testa sul banco, accanto al suo tavolo, Balboa si stava tagliando le unghie dei piedi senza nessun riserbo, Annie, disgustata cercava solo di guardare altrove, ma continuava a lanciare occhiate a Byron. Si chiedeva se si ricordasse quello che le aveva detto, visto che da qualche giorno aveva iniziato a comportarsi proprio come al solito, il solito lurido.
Tuttavia lei era confusa e sconvolta e ormai consapevole, a malincuore, che fosse innamorata cotta come una braciola di lui, era però troppo timida anche solo per confrontarsi con lui dopo quanto successo, sentiva il bisogno di sotterrarsi in una fossa e di confidarsi con un’amica, anche se non sapeva con chi, erano tutte così strane e non le ispiravano nessuna fiducia.
“Ehi! Ehm...Lol! Annie, a proposito di quella volta, che sai, io ti avrei chiesto di prendere un caffè con me, ecco, godrei se potessi offrirtene uno questo pomeriggio” disse Maxwell voltandosi e usando la sedia come fosse un trespolo, l’alito che sapeva di caffè la raggiunse e le piastrellò i capelli.
“Ehm. Ecco, io sarei occupata e potrei accettare solo se fosse una cosa tra amici” mentì lei, voleva uccidersi. Maxwell si pietrificò su sé stesso e rimase bloccato per qualche secondo, ma non riuscì a reagire che Mel era già dentro la conversazione.
“Uhuh! Con chi? Sei la prima ragazza fidanzata della classe? Mamma mia! Che scoop, voglio che mi racconti tutto e se anche solo provi ad avermi rubato quello che piace a me ti disintegro...cioè vuoi mangiare assieme a me così parliamo tra amiche?” si inserì lei prepotente e con sguardo meschino.
“Ok” rispose spaventata Annie, poi si alzò di scatto e corse al bagno, voleva piangere con sé stessa per qualche minuto, avrebbe dovuto confidarsi con l’essere più malvagio della classe. Maxwell si voltò depresso, guardò per qualche secondo il banco e poi sussurrò un etereo e sempre presente: “Spero morto tra atroci sofferenze”. In quel momento ad interrompere lo schiamazzo entrò il professor Clarence, rimessosi dopo qualche giorno di convalescenza e completamente a nuovo, anche se avrebbe dovuto aspettare parecchie settimane prima di poter tornare in attività.
Erano passati cinque giorni da quando era accaduto l’attacco allo stadio Wembley e ormai anche tra loro i ragazzi non ne parlavano più di tanto, ma questo non significava che la cosa non fosse ancora vivida nei loro ricordi, erano appena stati attaccati da dei villain e anche se loro non fossero gli obbiettivi diretti la cosa era stata comunque al limite del catastrofico, dopotutto anche senza volerlo erano comunque al centro del panorama eroistico anche senza villain di mezzo, anche solo per essere studenti della HEA. Non avrebbero mai potuto tenere la guardia bassa, né certo dimenticare quanto accaduto, da quel momento in poi dovevano considerarsi come eroi a tutti gli effetti.
“Ragazzi sedetevi e vi prego pulite la lettiera in fondo alla classe” esordì Clarence, Ebony servile accolse subito le parole e scattò in piedi per sistemare lo scempio che Derriere stesse compiendo sul suo circondario.
“Professore, noto con piacere che si è rimesso” si alzò quindi Percy con sorriso sornione.
“Vuoi anche il mio di culo da leccare?” chiese Lolly contrariata per poi continuare a dire: “Oh ma la vedo in forma professore! Proprio come nuovo! Ahaha” Questa volta fu Percy ad incenerirla con lo sguardo.
“Io sono una roccia, non basterà certo così poco a far finire la mia carriera da eroe, il mio plus ultra è bello grosso” replicò Clarence con voce maestosa.
“Enorme” aggiunse Ebony roteando gli occhi e respirando focosa, Agatha la fissò sconvolta, ci mesi 4 minuti a ruotare completamente il capo.
“Sono qui per dirvi che, però non avrete tempo di riposare, perché a breve ci sarà una nuova battaglia da affrontare” disse quindi Clarence serio e preoccupante.
“Nuovi villain!?” esclamò energica Aphrodite.
“Combattiamo le multinazionali globali finalmente?” intervenne Balboa.
“Una nuova crociata contro gli eretici? Spazziamo via quei calvinisti dai!” disse Bernadette con tono spaventoso, prima di nascondersi nella sua tunica per vergogna, recitando scongiuri di penitenza.
“Niente di tutto questo, a breve inizierà il Festival Sportivo della HEA e sarà importante che vi sia chiaro che non sarà solo un party per matricole” disse quindi Clarence scatenando espressioni confuse e scioccate.
“Il festival sportivo della HEA! L’occasione che aspettavo per schiacciare questi insetti!” disse quindi Mel con il tono fin troppo alto.
“Che sarà mai questo festival?” chiese Byron alla ragazza.
“Zitto, comparsa. E’ la più grande manifestazione sportiva per eroi seguita in tutta Europa, un torneo senza precedenti in cui le matricole selezionato nella HEA si sfidano tra loro per decretare un podio che sarà ricordato negli annali della televisione” spiegò Mel completamente esaltata.
“La signorina Horowitz ha ragione, non si tratta solo di una gara tra matricole, si tratta di un vero e proprio palcoscenico per voi e per i vostri quirk, dopotutto il mondo degli eroi è fatto anche di fama e pubblico e la diretta mondiale non può far altre che far brillare quelli che tra voi riusciranno a dare il meglio, è un’occasione irripetibile per venire osservati dagli eroi professionisti e dal loro entourage” spiegò Clarence con calma.
“Seguo la pagina instagram di Chanel, l’eroina della moda e ne ho sentito parlare. Dopotutto qui saremo chiamati anche a fare stage, tirocini con agenzie private, il festival è il posto giusto per essere selezionati per l’alternanza scuola lavoro” disse quindi Lolly scorrendo instagram.
“Alternanza scuola lavoro...che puttanata” disse Russel, sempre cinico, sempre.
“Lolly ha ragione, arrivare in posizioni di rilievo al festival vi dà più possibilità di venir selezionati da agenzie prestigiose, dopotutto il primo passo del professionismo è proprio quello. Ora vi lascio alla pausa pranzo, vi ricordo che il professor Angela vi aspetta per la vostra lezione di storia e filosofia dell’eroismo” concluse Clarence prima di lasciare l’aula.
“Che palle il professor Angela, not stonks” disse Maxwell annoiato.
“Da quell’essere sapiosessuale mi farei anche trapanare le orecchie” sussurrò sommessa Mel, prima di alzarsi dal banco energica, prendendo a braccetto Annie.
“Io e Annie adesso andiamo a pranzo come due amichette del cuore” disse lei con voce alta, in modo che tutti la sentissero “Citando il mio compagno di banco, spero tutti morti al festival sportivo, comparse”
Mel si prese qualche porcone in risposta prima di lasciare definitivamente l’aula, ma lasciando anche un gran brusio eccitato in tutta la classe, dopotutto il festival sportivo li rendeva consapevoli che si sarebbero dovuti impegnare ancora di più di quanto non avessero già fatto.


 


Intorno al tavolo si respirava un’atmosfera tesa, almeno tesa quanto i glutei di Ricardo che era seduto sul tavolo proprio davanti ad una ragazza che stava facendo fatica a trattenere i suoi ormoni. La tavola rotonda era composta da tutto il personale della scuola al completo, dopotutto si sarebbero dovuto affrontare temi di massima importanza e pericolosità, quell’attacco allo stadio non sarebbe stato un caso isolato.
“Erano troppo preparati per essere una burla finita male. Avevano fatto in modo di isolare lo stadio, per evitare che ci fossero eroi tra i piedi, oltre a me, almeno, potendo quindi uccidere il dottor Burke e il figlio senza scocciatori. Questa potrebbe diventare una questione per l’agenda degli eroi molto presto” disse quindi Clarence che aveva vissuto la situazione in diretta.
“Posso confermare tutto” intervenne Milos muovendo il petto con fare minaccioso “Non sono un professore di questa struttura, ma posso ben garantire che in caso di ulteriore pericolo sarei il primo eroe ad accorrere per difendere l’integrità di questo edificio”
“Aghiò! Belle parole, Ricardo!” replicò Goofy, il nuovo professore responsabile della classe B dopo la morte di Rasputin.
“Dopotutto credo di poter dire senza riserve e spero mi correggiate, esimi colleghi, se sbaglio che questo è un avvenimento talmente raro che accade una volta ogni mille anni, pensate che è dai tempi del cenozoico che non viene messo in crisi il patrimonio della nostra generazione, questi studenti sono proprio una meraviglia del nostro paese” spiegò Angela e sotto il suo discorso si udì l’aria sulla quarta corda di Bach. Sasha Ciner osservò torva Milos, dopotutto lui aveva bisogno di continua musica per esibire la sua potenza, subito il brasiliano cambiò canzone divertito.
“La questione però è un’altra” disse John Sons, l’eroe pelato per eccellenza “I nostri studenti sono stati messi in pericolo e il bersaglio di chiunque ci sia dietro a questo attacco potrebbe ancora collidere con questa scuola, dobbiamo prendere dello contro misure o almeno indagare sui mandanti” Subito dopo il suo intervento si fece silenzio, quando il preside, aveva puntano il suo bastone sul pavimento per chiamare a raccolta i professori. Egli si alzò dalla sedia, era alto e imponente, i baffi folti che gli coprivano interamente la bocca, occhi glaciali e penetranti, capelli perfetti e seducenti e una divisa militare a coprire il suo fisico scultoreo, il suo nome era King Solomon.
“La questione è seria e non va presa di sottogamba, provvederò personalmente insieme agli eroi per indagare sui mandanti, ma allo stesso modo devo affidare a voi la protezione degli studenti, il festival sportivo non è minacciato in alcun modo, troppi eroi, troppe telecamere, scenderebbe persino Archangel in caso di emergenza, tuttavia in caso di esercitazioni all’aperto non si può più permettere che accada qualcosa del genere” disse King Solomon con tono severo.
“Abbiamo già provveduto a responsabilizzare gli studenti sul fatto, sono consapevoli della pericolosità della loro situazione. Creeremo un entourage per evitare che siano completamente da soli in situazioni come questa” replicò quindi Sasha passandosi la lingua sulle labbra, anche nella serietà non riusciva a non essere porca.
“Fa tutto parte del piano di Erwin” disse una voce virile fuori dal coro. Il collegio docenti in coro si voltò verso un uomo teutonico dal profilo segmentato e capelli ariani che rimaneva in silenzio dietro alle bracci conserte
“No era per dire, non volevo dire nulla di importante” aggiunse lui e la professoressa accanto a lui, Tsatsiki, gli diede un forte colpo alla nuca. All’improvviso si udì una suoneria oscena di musica africana, per qualche secondo andò avanti poi Clarence prese il telefono per rispondere, sotto lo sguardo torvo di King Solomon. “Babbara non posso rispondere adesso” disse lui con voce imbarazzata.
“No, davvero...ah...ho capito, ma non posso in questo momento...sono in riunione”
La tensione era palpabile.
“Eh va bene, ma solo una volta, poi riattacco. Ciao babbara, tu sei la mia passerottina e io sono il tuo serpentone, il tuo black mambaaaa” disse lui con tono rovente condendo il finale con un verso osceno. Prima che finisse Sasha prese il telefono e lo spezzò a mani nude, rimanendo quasi offesa e con il sopracciglio alzato. Nessuno osò commentare la conversazione e Clarence si perse nella sua vergogna.
“Un gesto meschino, codardo, ma che darà inizio all’età dell’oro, parole dure, oscene e con un messaggio molto chiaro” disse Angela sorridendo. King Solomon sciolse la riunione poco dopo, rimanendo da solo nell’ufficio con Ricardo Milos.
“Avete già qualche sospetto?” chiese il preside enigmatico.
“Non ci sono dubbi, anche gli attacchi del bestemmiatore in centro sono collegati all’attacco allo stadio, esamineremo i tunnel sotterranei con cui si muovono, ma non mi stupirei se la fonte fosse la medesima” rispose quindi Ricardo stranamente serio e denso.
“Una nuova organizzazione di villain potrebbe destabilizzare l’opinione pubblica, avviso al tuo entourage le operazioni, fai in modo di non farti scoprire o altrimenti i villain potrebbero allarmarsi”
“That’s all i never wanted”

 

 

Due settimane dopo

 

La campanella suonò e improvvisamente tutti i maschi della classe si risvegliarono da un sonno profondissimo. Le ragazze invece sospirarono depresse.
“La lezione di oggi sulle meraviglie del nostro paese è finita, la settimana prossima incominceremo ad addentrarci nell’età del pleistocene, preparatevi a grandi scoperte e a grande intrattenimento. Alla prossima, arriverderci a tutti” disse con tono simile a quello di Agatha il professor Angela prima di lasciare l’aula.
“Quei pantaloni erano così stretti che gli intravedevo il pacco, ho fatto fatica a trattenere le mie pulsioni” disse Lolly masticando una gomma.
“E’ strano che lo fissassi anche io?” si chiese Percy sconvolto.
“Quando mai ti trattieni, Lolly...” disse Ebony all’amica con poca empatia.
“Dio can*! Non è vero questo! Non sono mica una zoccola o altro!” Ebony si fece quindi dare da Agatha una moneta da due cinque sterline soddisfatta.
“Avevamo scommesso che avresti detto una bestemmia entro la fine dell’ora, con questa mi ci pago il nuovo numero di playgirl, questa volta è la settimana Blacked!” esclamò quindi eccitata Ebony.
“Ti dico che non è così che doveva andare, i Dallas Mavericks hanno un quintetto superiore quest’anno!” disse nervoso Cedric a Byon mentre i due stavano uscendo dalla classe, ma quando aprirono la porta per andare a cazzeggiare sulle scale antincendio per fissare i culi delle ragazze del terzo anno ecco che si ritrovarono davanti alla classe delle persone diverse dagli studenti della loro aula, davanti a loro c’era un gruppo nutrito di ragazzi della sezione B. Con la sezione B non avevano grandi contatti, ma sopratutto non avevano grandi rapporti. Davanti a loro c’erano due ragazzi e una ragazza che li fissavano minacciosi e competitivi. Il ragazzo al centro era alto e monumentale, vestito interamente di nero e con un cappello da militare in testa, sapevano bene chi fosse, aveva capelli biondi e sguardo da ebete, inoltre aveva un tic che non permetteva ai suoi occhi di stare fermi, il suo nome era Sariel Marvel.
Accanto a lui un ragazzo con i capelli sparati verso l’alto e stempiati ai lati, anche la sua espressione non era affatto geniale, masticava una gomma inerte e gonfiava il petto dietro alla sua maglietta bianca attillata, il citrullo si faceva chiamare M&M, nessuno sapeva il suo vero nome.
L’altra ragazza però era sicuramente quella che attirava di più l’attenzione. Aveva capelli porpora lunghi fino alla base della schiena, occhi grandi e marroni, indossava una divisa da scolaretta ed era carina dai, sarebbe stata solo carina se non ci fossero stati due palloni da pallavolo al posto dei seni. Byron la notò immediatamente, dopotutto da quando si era accorto dell’esistenza di una classe B, quella ragazza era salita di prepotenza al primo posto della sua lista, senza nemmeno battere il cinque alle varie Mel, Derriere o Annie, superando di gran carriera persino Lolly e Aphrodite, le sue best girl e waifu preferite. I suoi occhi si posarono chiaramente sulle grazie di Elspeth, così si chiamava, e la bava iniziò a colare istantaneamente.
“Buongiorno, classe A, siete troppo fieri di essere stati sui giornali per averle prese da qualche villain scadente? Spero non siate stati troppo impegnati per non rendervi conto che ci sarà il festival sportivo...dove prenderete un sacco di mazzate” disse M&M sorridendo sardonico e mostrando i denti marci.
“Mazzate ne prenderemo, ma ce ne daremo tra noi, noi della classe A intendo, voi non supererete nemmeno le eliminatorie” replicò Cedric arrogante, continuando a far ruotare sul dito la palla da basket.
“Ohoh! Apprezzo il tuo sarcasmo, ma non vi basterà per giocare con noi, dopotutto abbiamo registrato i vostri stessi punteggi abbiamo solo fatto l’esame in un’altra sede, perciò saremo noi a lasciarvi piegati sulle ginocchia” intervenne Elspeth con voce tagliente.
“Piegata a 90” aggiunse Byron confuso e istantaneamente Elspeth si nascose la scollatura tra le braccia, cosa che fece rinvenire Byron, si rese conto di non ricordarsi nulla degli ultimi due minuti, fu una sorpresa vedere gli studenti della classe B davanti a loro. Mel uscì dalla classe e non degnò di uno sguardo quelle comparse, avrebbero perso contro di lei, lei vinceva sempre, eh sì, ma venne invece interrotta dalla voce fastidiosa e animalesca di un individuo dal fondo del corridoio che corse sudato proprio verso di loro.
“Tu! Fetida puzzola! Tu sei la laida che non mi ha fatto entrare nella classe A per i tuoi trucchetti da strega, ti avviso che sarai il mio bersaglio al festival, ti farò soffrire” disse Bismarck, il ragazzo dello stesso scaglione di Mel a cui lei aveva rubato il posto nella classe A e che ora vegetava rancoroso nella B.
“Lavati il fiato prima di parlarmi e raditi i peli, sei obrobrioso” replicò lei voltando lo sguardo e continuando a camminare insieme a Annie, anche lei solo leggermente confusa dalla scena.
“Si può sapere perché siete qui? Vorremmo passare l’intervallo in pace” disse quindi Russsel che insieme ad altri della classe avevano iniziato a partecipare alla conversazione. “Siamo qui solo per augurarvi un buon festival e ad assicurarvi che utilizzeremo tutti i metodi squadristi a nostra disposizione” rispose Sariel inebetito dalla sua stessa esistenza, facendo muovere le pupille come un camaleonte.
“Cosa?” chiese Balboa improvvisamente distratto dalla sua birra.
“Tu sei il fascista della classe B! E dire pensavo fossi solo una leggenda, lo sai dove sono finiti quelli come te anni fa? Appesi in una piazza, vuoi finire appeso al centro di uno stadio?”
“Quando vuoi, comunista infame, conosco dei posti in Germania dove potrei spedirti” replicò Sariel energico.
“Sempre tu riesca a vincere a Stalingrado, ops, magari provaci d’estate” I due stavano iniziando a venire alle mani e solo l’intervento di Roberlandy, spesso come due buoi, riuscì a dividerli.
“Sentite perché non ve ne andate affanculo e non ci stracciate i coglioni? Ehm?” chiese Lolly, sempre elegante, sempre fine.
“Che signorina, devo dire che nella classe A vi insegnano proprio le buone maniere, o forse hai preso troppo poche sculacciate da bambina” replicò Elspeth scatenando le risate di M&M che appariva veramente come un vero idiota.
“Sculacciare...bambina...” ripeté Byron e Elspeth questa volta gli diede una bella occhiata seducente, prima al suo viso inebetito, poi al suo durello.
“Sapete io cosa so? So per certo che voi finirete con il culo a terra e i tre posti del podio saranno di noi della classe B e non lo dico io, che so tutto, ma lo dice wikipedia, quindi siete spacciati! Ahahahahahahah! Spacciati! Ahahahahaha! La classe B vi farà vedere Ahahahahaha!” disse M&M e sembrò che nemmeno i suoi compagni lo seguissero, Sariel con una mossa squadrista gli diede una gomitata nei reni che lo fece piegare in due.
“Diciamo che questo teatrino finito e ci diamo direttamente appuntamento al festival? Perché mi state stancando” cercò di concludere Russel con il pelo che iniziava a spuntargli sul collo. Tutti sembravano convenire che il simposio fosse chiuso, almeno fino a quando non apparve Derriere e sboccò una bella palla di pelo proprio davanti alle scarpe di Sariel che iniziò a pomparsi le vene furioso.
“Prendetelo come un avvertimento, dovete ritenervi fortunati che non vi abbia cagato addosso” disse Cedric sinceramente divertito.
“Grrrr” aggiunse filosofica Derriere, un personaggio senz’altro molto profondo. Sariel e Bismarck erano quasi pronti ad usare le mani, almeno fino a quando dalla folla non spuntò Logan, il suo sguardo oppresso e afflitto, unito all’unzione dei suoi capelli erano inequivocabili. Gli bastò uno sguardo a tutti e tre per lasciarli senza fiato, sembrava veramente che quell’uomo stesse scrutando le loro anime.
“Chi cazzo sono questi?” pensava invece Logan che voleva raggiungere il cesso prima di cadere in un ulteriore attacco narcolettico. Il silenzio si percepì, gli apostoli della classe A osservavano il maestro che rimaneva immobile a cercare di comprendere la banalità dell’essere umano terreno, per probabilmente alludere all’essere umano finale nascosto nel noumeno e impercettibile alla debole volontà della quotidianità. Sariel e Elspeth videro in lui qualcosa di iperuranio, era la risposta alle domande della vita, senza dire una parola il gruppo della classe B si allontanò pieno di domande, si chiedevano ora se tutto quello non fosse che una manifestazione superflua di un io incompleto, quel Logan era in grado di generare il dubbio stesso della creazione.
“Maestro non posso che ringraziar...” provò a dire Russel, devoto discepolo, ma Logan era già crollato morente.
“Il riposo del messia” aggiunse il mannaro sorridendo.
“Tette!” urlò Byron uscendo dal suo sonno eccitante, l’intera classe presente si mise a ridere, a breve avrebbero dovuto faticare e dar prova del loro valore, tutto era solo all’inizio.

 

 

“Abbiamo fallito Dio straporc*. Spero che ci possiate scusare, signora, ma cui madonna puttan* di eroi ci hanno intralciati” disse un giovane con i muscoli gonfissimi completamente in vista, sembravano proprio vere e proprie fibre muscolari. L’ufficio oscuro era piombato nel silenzio più totale, davanti alla scrivania i due rimanevano in silenzio, lui chiaramente incazzato per il suo fallimento, lei sembrava invece sull’orlo di un esaurimento nervoso, se i suoi occhi non fossero stati coperti da una benda si sarebbero viste le occhiaia di chi aveva passato la notte insonne a piangere.
Davanti a loro seduta su una scrivania una donna sublime, bionda cotonata e vestita di un completo da uomo bianco, sorrideva divertita, dopotutto vedere la gente prostrarsi al suo cospetto era quanto di più gaudente ci fosse al mondo. Poco lontano una ragazzina dalle fattezze da bambina osservava in silenzio, indossava un succinto body lilla in pizzo e aveva lunghi capelli dello stesso colore, così come due grandi occhi completamente neri che sembravano riflettere l’oscurità, nel vedere la scena si lasciò andare in un sorriso insano e una lingua di almeno trenta centimetri cadde dalla sua bocca, penzolando oscena, all’estremità si poteva benissimo vedere che fosse biforcuta.
“Poco male, non mi afpettavo certo che vincefte! Altrimenti io farei già la regina di quefta nazione, non trovate?” disse la donna in bianco addentando una mela con i suoi incisivi che davano la sensazione che ci potesse passare attraverso una banana.
“L’importante è che non vi abbiano fcoperto, il noftro piano è folo all’inizio, bafterà pazientare che le acque fi calmino, la proffima volta attaccheremo con ben più forza, dopotutto è quesfto che ci chiede la noftra guida”.
Homeopath strinse i pugni furiosa, ma determinata a non fallire una terza volta, così come il ragazzo accanto a lei che continuava a bestemmiare sottovoce osservò bene nella sua mente il volto dell’eroe che l’aveva sconfitto, la prossima volta avrebbe ucciso Ricardo Milos, a costo di tirare giù tutto il calendario.

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Capitolo 8
*** Derriere Molina ***


Capitolo 8

 

 

 

 

Con la punta del piede sfiorò la linea di partenza, tra pochi secondi quella linea sarebbe stata superata e il festival sportivo tanto atteso sarebbe cominciato. Riusciva quasi a sentire il suo respiro condire la tensione con il battito intenso del cuore, ma più cercava di concentrarsi su sé stesso, più si rendeva conto che intorno a lui ci fossero altre persone con il respiro affannoso e l’ansia di prestazione che stava lentamente lacerando le loro viscere. Dopotutto avevano capito subito l’importanza di questo evento, il mondo dei supereroi era anche e forse sopratutto fama, brand, spettacolo, instagram, c’era molto di più della “semplice” attività di salvaguardia della comunità e praticamente ogni aspetto della vita di un eroe era circondato da telecamere. Ed erano anche consapevoli del percorso e della gavette che avrebbero dovuto fare, se il festival era il primo passo per farsi vedere, era comunque solo l’inizio del loro percorso alla HEA. Avrebbero fatto quindi stage e tirocini con agenzie eroistiche professioniste e solo dopo la fine degli esami e la concezione della licenza eroistica, prima provvisoria, poi perpetua, sarebbero diventate delle spalle per gli eroi professionisti. Tuttavia tutto questo procedimento passava dall’attenta valutazione delle loro abilità e delle loro gesta delle stesse agenzie che avrebbero scelto aspiranti eroi, sia come stagisti, che successivamente come spalle, solo in virtù della loro forza. IL festival sportivo era solo il primo grande palcoscenico per mostrare le proprie doti, il fatto che fosse trasmesso in diretta su tutte le tv europee, rappresentava qualcosa di ancora più rilevante, la tensione e la concentrazione era chiaramente palpabile. Byron si guardò lentamente intorno, alla sua destra Lolly stava letteralmente bruciando di ansia, tremava, si mangiava le unghie e ogni tanto si masticava persino i capelli, dopotutto Lolly aveva capito in cosa consistesse la prima parte del festival e anche se avesse il valore solo di stilare una classifica provvisoria, sapeva benissimo di essere una sega nella corsa, faceva fatica persino ad alzarsi dal divano per andare a caricare il telefono tra una storia di instagram e l’altra. Alla sua sinistra invece Mel stava letteralmente masticando corteccia, aveva negli occhi la furia della vittoria, sembrava sul punto di poter letteralmente uccidere chiunque si sarebbe potuto mettere tra lei e quel posto più alto del podio. Tutti tra l’altro ricordavano quando i giornalisti poco prima si erano insinuati nella pista per fare delle interviste. Bernadette si era nascosta dietro la tiara, insinuando cose sul fatto che la privacy fosse un precetto voluto da Dio, poi era corsa in cerchio per qualche minuto, sicuramente una scena che le televisioni nazionali avrebbero commentato. Ma il climax dell’intervista era stata proprio Mel che aveva rubato il microfono al giornalista della BBC e, riferendosi a tutti i suoi avversari, compagni di classe compresi aveva detto: “Ebbene sì, sono qui per brillare in questo festival, se potessi dire una sola cosa che accadrà su questa scena, è il fatto che io vincerò contro chiunque a qualsiasi gioco, perché io devo sempre vincere, è scientifico come è scientifico il fatto che queste comparse siano delle nullità” Tutti si erano voltati scioccati ed era partito qualche fischio dalle retrovie però erano consapevoli che aveva una forza di volontà più forte della loro, sarebbe stata veramente un osso duro in quella prova. Le scarpe chiodate per la corsa campestre stavano calpestando il terreno con rabbia, mentre fissava dritto davanti a sé, vestita della divisa ufficiale da gare, con la E gialla europea sulla maglietta colorata di blu. Aveva sicuramente qualche trucco nella tasca, sempre avrebbe rispettato le regole, ma nessuno era stato autorizzato ad utilizzare i loro costumi, tutti erano stati osservati e studiati perché portassero un solo oggetto. Byron estrasse il suo oggetto, il suo maglione di lana di yak, foderato di grasso di orca, una vera e propria fornace, avrebbe sudato come una scimmia malata. “Mi sembra che sia stato tutto chiaro. Questa prova è una corsa di un km che ha l’unico obiettivo di stilare una classifica che sarà utile nella seconda prova, dove la maggior parte di voi saranno eliminati. La prova finale sarà uno scontro diretto tra i 16 che tra voi avranno superato le eliminatorie, quindi potete stare tranquilli, anche se vi consiglio di dare il massimo, perché non è sempre detto che il minimo indispensabile sia sufficiente anche in una gare di corsa senza eliminazione. Tra un minuto inizierà la corsa, quindi vi auguro di fare una buona gara e di essere il più duri possibile” disse Sasha al microfono, vestita in abiti neri succinti e aggiungendo una totale e priva di senso nota sexy al finale della frase. “Non c’è prova peggiore di questa per me, potrebbero veramente staccarsi le gambe, rip, mentre corro, un po’ godo, ma sarà davvero un massacro” disse Maxwell posizionandosi gobbo, accanto a Logan, mentre vicino a lui M&M della B sorrideva fiero. “Dopotutto questo sarà il gran giorno della classe B, la classe A è solo una sezione montata e rimontata dai media, ma finalmente l’unica classe che vi monterà oggi saremo noi. Ahahahahahaha, ahahahahahaha, ahahahahahaha” disse lui perdendo il senno, fermato solo dallo schiaffo sul collo di una sua compagna di classe dai lineamenti orientali. “Vorrei chiederti un cosa” disse Logan con tono sepolcrale a Maxwell che si irrigidì immediatamente, il vate sembrava intenzionato a rivolgergli la parola di persona, era un onore, avrebbe ascoltato la voce della verità per qualche secondo a sua disposizione. “Godo, maestro, sono a sua disposizione” “Ti volevo chiedere, potrei addormentarmi da un momento all’altro, avrei bisogno di qualcuno che mi prenda in groppa” disse quindi Logane Maxwell iniziò a piangere immediatamente, consapevole di non avere la forza per assolvere a questa proposta irrinunciabile. “A costo di perdere i gomiti, sarò il tuo cavallo indistruttibile” disse Maxwell piangendo, ma proprio in quel momento la sua mano venne toccata da qualcosa di peloso, alle sue spalle un lupo mannaro dalle proporzioni bibliche stava sorridendo orrendo mentre fissava i due. “Cavalcami, profeta, questo mezz’uomo non possiede le energie necessarie per assolvere il comandamento, io sarò il tuo cane da compagnia per questa battaglia” disse Russel con tono latrante. Intanto Byron rimaneva concentrato al centro della formazione, il meno 10...9…8…era già iniziato, proprio però mentre stava per trovare la concentrazione ecco che una voce suadente lo svegliò alle spalle. “Ci vediamo nelle docce” disse Elspeth, la ragazza abbondante della classe B. Byron si sentì sciogliere e quando la sirena partì, ci mise un bel po’ per partire da quella linea, mentre tutti gli altri erano già scattati. Percy con un saltò superò abilmente la schiera nelle prime posizioni, nella mano destra stringeva la barretta di cioccolato fondente, cosa che gli garantì un boost in potenza eccezionale garantendogli la prima posizione. Con grande velocità anche il trio animale seguì Percy nei primi cento metri, Derriere sulle quattro zampe riusciva praticamente a leccare le caviglie dello svizzero ed ogni balzo che compieva, emetteva dei versi raccapriccianti, la pelle intorno agli occhi era diventata nera e si era spogliata completamente lasciando al vento il suo corpo peloso, anche i muscoli le si erano gonfiati e sopratutto le spalle le permettevano delle bracciate veramente impressionanti. Appena dietro di lei c’era Russel, con Logan dormiente legato sul suo dorso, mentre poco lontano Roberlandy nella sua Gorilla form cercava di stare dietro alle falcate di quelle bestie ben più rapide. Lo scimmione appena uscito da dragon ball gt però all’improvviso venne colto da un brivido di freddo e subito dopo le sue caviglie vennero fermate da qualcosa di forte e doloroso. Osservando vide che fino al ginocchio era interamente coperto da strati di ghiaccio, voltandosi osservò che altre persone segnalavano la stessa situazione, subito dopo, vide un ragazzo biondo superarlo surfando sul ghiaccio, era biondo, alto e dal profilo idiota. Sariel Marvel, ragazzo della classe B e noto nazionalsocialista, aveva appena rivelato il suo devastante potere, dopotutto veniva dalla Finlandia ed era conosciuto oltre che come “fascio bastardo” anche come “IceReich”. Aveva il potere di generare ghiaccio dalle estremità del suo corpo, mani e piedi quindi, chiaramente con il rischio che se avesse esagerato avrebbe potuto congelare i suoi stessi organi. “Saluta dalla classe B etiope!” urlò Sariel superando il gorilla e trovando il tempo anche per una battuta razzista. Roberlandy distrusse quindi con un solo colpo il ghiaccio che lo bloccava, ma prima che potesse riprendere la corsa ecco che venne superato da Mel, con il rossetto eretto e carico, che sfiorò prontamente la guancia del gorilla. “Avrei voluto farlo a Percy o Derriere, ma sono troppo veloci, tu sei un sostituto degno tuttavia” disse lei e subito dopo la sua corsa sensuale in pantaloncini si trasformò nel violento incedere di un mostruoso e puzzolente gorilla. Nei primi 400 metri già si vedevano che il gruppo di più di quaranta persone si era diviso in due, alcuni sicuramente più adatti a gare di corsa e altri che avrebbero semplicemente cercato di fare bella figura. Trent con uno slanciò energico raggiunse i primi nella gerarchia, non gli era stato permesso di partecipare alla gara con la sua automobile, ma lui poteva trasformare qualsiasi oggetto elettrico in un razzo con motore a reazione, quindi aveva optato per questa prima prova di sperimentare, non aveva quindi scelto il suo classico jackpat, ma qualcosa di ben più cafone e ignorante. Lolly si girò, riconoscendo un rumore che sembrava ricordare bene, dopotutto era talmente scoppiata che non aveva praticamente i polmoni, anche se era in buona compagnia, Maxwell Roth stava putrescendo come un animale preistorico nella torba fossile da qualche metro, poteva benissimo essere morto. Trent la superò con uno sguardo animale e volgare, Lolly si scompose sconcertata, quel pazzo stava cavalcando un dildo. Teneva l’oggetto di forma fallica vibrante e continuava a scattare come stesse cavalcando una scopa in Harry Potter, lentamente superò tutti raggiungendo le prime posizioni. Le posizioni di testa erano occupate da Percy che stava dando sfogo a tutta la sua potenza anche se stava esaurendo le energie, dietro di lui Derriere come un ghepardo insegue la gazzella cercava in tutti i modi di farlo cadere con le sue zampe affilate, ma fino a quel momento, lo Swhartzenegger di Bellinzona, era sempre riuscito a evitare che quella bestiaccia felina lo superasse. Parecchio distanti da loro invece correva un gruppo piuttosto compatto, guidato da Sariel che continuava a procedere sul ghiaccio a gran velocità, cercando di sbilanciare e congelare gli avversari nel modo più crudele e squadrista possibile. Oltre a lui Mel, con le sembianze primitive di Roberlandy e Russel correvano in simbiosi con i loro spiriti animaleschi, sulla groppa di Russel, chiaramente rallentato dal fatto, come l’immagine impagliata di Padre Pio, riposava con le mani al petto il profeta, sembrava in attesa del bacio del vero amore di risveglio. Poco dietro il vero Roberlandy che arrancava ferito alle gambe dal ghiaccio di Sariel, così come Trent che ci aveva messo un attimo a collaudare il dildo vibrante, ma che ora sembrava in grado di poter raggiungere facilmente anche Derriere e Percy. All’improvviso però tutti quelli nelle posizioni di testa udirono qualcosa di chiaramente sinistro, ci fu un boom sonico distinto, poi qualcosa di impercettibile li raggiunse e subito dopo, davanti a Sariel stava scattando Byron, le sue falcate erano impressionanti, come era impressionante la scia di odore acre che aveva lasciato il suo scatto mostruoso. Sariel reagì in ritardo e il suo strato di ghiaccio si perse nel terreno, avrebbe dovuto fare di più per raggiungere il trio di testa, ma non c’erano le condizioni per rischiare ora di ghiacciarsi il suo arianissimo fegato. Intanto anche Trent e un altro misterioso individuo avevano raggiunto il trio composto da Sariel, Mel e Russel. Il misterioso individuo sembrava uscito da un filmato di palestra, era talmente tirato e gonfio di muscoli da sembrare di gomma, o da sembrare persino finto, un bambolotto in stile Ken. Inoltre era completamente coperto di olio abbronzante, cosa che garantiva ai suoi muscoli una lucentezza ammaliante. Indossava inoltre un tanga che rendeva ben visibili i suoi attributi, attributi che però, in maniera scioccante, non esistevano, sembrava fosse stato castrato, o fosse una donna, anche se era una bestia di due metri nascosta dietro una montagna di muscoli, non si accorsero che aggrappate alle sue spalle ci fosse una persona in più. “Conducimi alla vittoria, mio bronzo di riace!” urlò Aphrodite ergendosi sul mostro che superò addirittura Mel, il bodybuilder era chiaramente sotto l’effetto dell’ipnosi di Aphrodite. Mel sfruttò quindi la forza bestiale di Roberlandy e diede un colpo al terreno, il pompato con un saltò superò la crepa che si creò nel terreno, così come tutti gli altri, Mel stessa sentì che l’effetto della trasformazione stesse svanendo, il vero Roberlandy infatti, furioso la stava raggiungendo. Intanto Percy poteva chiaramente vedere il traguardo, ma quando si osservò le mani vide la barretta completamente esaurita, Derriere emise un ruggito minaccioso e gli balzò letteralmente addosso, Percy virò schivando il colpo, a questo piccolo duello permise a Byron di superarli al centro. Derriere osservando che ci fosse una nuova gazzella ruggì determinata e superò in un balzo Percy prima di lanciarsi all’inseguimento di Byron. Il ragazzo aveva nella mente solo le parole di Elspeth, “Ti aspetto nelle docce” “Ti aspetto nelle docce” “Ti aspetto nelle docce” Se l’avesse detto Sariel sarebbe stato pericoloso, ma il fatto che l’avesse detto la più bella ragazza della scuola, nonché la più dotata, svegliava in lui uno spirito indomito che l’avrebbe sospinto fino alla vittoria finale. I suoi occhi videro il traguardo a cento metri di distanza e virando verso destra nel percorso entrò nello stadio, sentendo il boato del pubblico, gli ultimi cento metri sarebbero stati sulla pista di atletica dello stadio. Il pubblico accompagnò il suo scatto, ma Derriere non mollava e si sentì un forte inarcamento di catarro, poi la ragazza ruttò una palla di pelo così grossa e bavosa che colpì Byron proprio sul piede, facendolo scivolare proprio dieci metri prima del traguardo. Il ragazzo si alzò per osservare Derriere vincere la corsa, prima di superare la linea per secondo. Poco dopo Percy, stanchissimo per aver fatto la lepre per tutta la corsa superò il traguardo in corsetta, prima di accasciarsi al suolo inondato di applausi. Subito dopo il nucleo appena dietro entrò di potenza nello stadio, Sariel e Trent guidavano lo schieramento, seguiti da Mel, Russel, Aphrodite e Roberlandy, ma niente faceva pensare che questo sarebbe stato l’arrivo finale. Sariel aspettò il momento giusto per far salire un pilone di ghiaccio addosso a Trent, il ghiaccio distrusse il dildo e il ragazzo italiano si accasciò al suolo bestemmiando in calabrese, subito dopo però si udì un urlo femminile mostruoso che sconquassò lo stadio. “Oooh! Gli steroidi che emette il mio corpo si stanno facendo sentire! A breve i miei muscoli si atrofizzeranno!” urlò il ragazzo su cui poggiava Aphrodite con voce femminile e il suo braccio destro improvvisamente divenne scheletrico. “No! Che razza di uomo sei? Avanti! Avanti portami alla vittoria!” urlò Aphrodite prendendo a pugni la sua schiena celestiale. Questo però fece letteralmente esplodere il ragazzo che si accasciò al suolo con la stesse Aphrodite. La coppia non fu l’unica ad avere problemi, mentre infatti Russel e Roberlandy la superavano Mel sentì chiaramente che il suo fisico di tre metri stava lentamente regredendo. Il traguardo era poco davanti a lei, non era un problema il risultato, tuttavia non si accorse di un piccolo dettagli quando nella sua forma naturale superò la linea di arrivo, il pubblico maschile era letteralmente in visibilio. “Non sono arrivata prima, ma il pubblico riconosce la mia superiorità” disse lei raggiungendo Byron e Percy che sgranarono gli occhi scioccati. Mel si mostrò completamente nuda ai due, nuda come il culo di un macaco, si era dimenticata che la trasformazione in gorilla aveva strappato letteralmente la sua divisa. Byron, senza entrare nei dettagli, stava letteralmente morendo di sudore nel vederla esaltare le sue qualità, interamente nuda e pochi centimetri da lui. “Penso che anche il mio uccello stia riconoscendo la tua superiorità” disse Byron volgare, Mel avrebbe voluto reagire colpendolo alla testa con un pugno, ma sporgendosi verso di lui si osservò completamente spogliata e cacciò un urlo tremendo che sconquassò lo stadio prima di strappare il maglione a Byron e avvolgendosi dentro, dopotutto era un maglione enorme e copriva ampiamente le sue vergogne. “Io sono un’idiota, ma voi due siete due opportunisti, due bestie” disse lei furiosa, “Io non ho fatto niente” disse Percy confuso. “Fatti due domande, gay...” sentenziò Byron che aveva appena preso la sberla da Mel che si era meritato prima. Intanto anche il resto degli studenti ad uno ad un avevano iniziato a superare il traguardo. Lincoln entrato tra gli ultimi stremato aveva superato una decina di persone allungando il collo, così come Cedric, che nonostante non avesse un’unicità adatta alla corsa, aveva commesso un balzo sul pallone rimbalzante e chiudendo comunque tra le prima posizioni. Con il passare dei minuti arrivarono quelli più tragici. Lolly completamente uccisa, capelli coperti dal cappello per evitare di accecare lo stadio, fiato da fumatore seriale e bestemmie in canna che probabilmente se ci fosse stato un Gesù tra quelle parti, sarebbe sceso per risolverla da uomini. Momo stava correndo con una corsa alla Heidi incurante della competizione, dietro di lui uno scioccante e sporchissimo Balboa, unto di kebab, camminava sulla pista bevendo birra e ruttando, anche se le immagini più drammatiche le diede Maxwelle Roth. Il pubblico trattenne il respiro nel vederlo, ultimo, strisciante come una lucertola essiccata al sole, inneggiare al demonio che gli desse la forza di continuare, le mani completamente introflesse su sé stesse, stava praticamente nuotando a rana solo con la forza delle gambe. Il pubblico esplose in un boato quando tagliò il traguardo. “Spero morto, davvero questa volta” disse lui prima di svenire tra le mani di Lincoln sconvolto. L’unica che mancava all’appello era Agatha, aspettarono qualche minuto prima di decidere di ritirarla e assegnarle l’ultimo posto, in mezz’ora aveva compiuto appena due passi, il suo potere “Sloth” si stava manifestando all’ennesima potenza. “Complimenti ragazzi, adesso faremo in modo di stilare una classifica con i punteggi successivamente, vi spiegheremo come si svolgerà la prima ed unica fase di eliminazione dove 24 di voi saranno tagliati” disse Sasha al centro di un palco sul campo da calcio, mentre lo stadio salutava i ragazzi, c’era veramente un pubblico che gremiva le platee. Poco dopo sul maxi schermo apparve l’intera classifica dei 40 studenti con associato il relativo punteggio, tutto quello non poteva che essere sbalorditivo.

 

  1. Derriere Molina 1000

  2. Byron Love 750

  3. Percy Lindt 500

  4. Sariel Marvel 300

  5. Russel Terrier 250

  6. Timmy Logan 200

  7. Roberlandy Simon 175

  8. Trent Marciano 150

  9. Mel Horowitz 125

  10. Aphrodite 110

  11. Kasper Dolberg 100

  12. Heinz Rommel 85

  13. Cedric Dotan 75

  14. Jacqueline Reid 60

  15. Galantino 55

  16. Lincoln Skinner 50

  17. Piotr Skov 45

  18. Jasmine Drop 35

  19. Anwar Bin Amin 30

  20. David Bismarck 25

  21. Gary Paesant 20

  22. M&M 18

  23. Talya Tongue 15

  24. Annie Bridge 12

  25. Ebony Starr 10

  26. Trixie Chilavert 7

  27. Bernadette Maritain 5

  28. Elspeth Ross 4

  29. Boogey Bu 3

  30. Richard Burke 2

  31. Lolly Mitchell 1

  32. Momo Drina 0

  33. Freja Foster 0

  34. Ionut Pit 0

  35. Jacob Vohnlanten 0

  36. Balboa Cervantes 0

  37. Millicent Marlboro 0

  38. Darko Lovecraft 0

  39. Maxwell Roth 0

  40. Agatha Bath 0

 

 

Il pubblico esordì con un boato nel vedere la classifica. Derriere ruggì come una leonessa facendo scappare tutti quelli intorno a lei, continuando poi a rifarsi l’inguine nel nuovo spazio vitale che si era creata. Byron esultò in maniera contenuta, visto che questo prova era praticamente la sua gara ideale e non aveva persino vinto, tuttavia sentì una presenza lieta farsi vicina. “Ho visto che hai ottenuto un immenso risultato, complimenti campione” la voce di Elspeth era erotica e lieta gli irrigidì immediatamente l’esistenza e voltandosi vide la ragazza il cui petto stava letteralmente strabordando dalla maglietta stretta della HEA, la scollatura sembrava essere la causa scatenante dell’inaridimento del lago d’Aral. “Beh, dopotutto io sono il più veloce della scuola, servirà pure a qualcosa” disse lui fiero e mostrandosi virile nonostante fosse consapevole di star puzzando un casino. “Sei veloce in tutti i sensi o posso stare tranquilla?” chiese Elspeth e la vista di Byron iniziò ad appannarsi, quella laida ultra sexy ci stava provando davvero. Elspeth poi gli si avvicinò all’orecchio mentre con la mano palpò con forza il suo serpente. “In doccia ti donerò il resto” disse lei e iniziò a sculettare con un sorrisetto maligno verso i bagni. Byron la lasciò andare per qualche secondo, ma quando si decise, sconvolto a seguirla, fu fermato da Annie. “Byron, che cosa stai andando a fare?” chiese lei furiosa e nervosa, aveva assistito all’ultimo sguardo che Elspeth aveva dato a Byron e l’aveva terrorizzata, quel pezzo di gnocca gliel’avrebbe rubato senza nemmeno sforzarsi. “Devo andare al bagno...sai...cacca” disse lui nervoso e di fretta. “Beh ecco, da quella parte ci sono gli spogliatoi, non certo i bagni pubblici...mi chiedevo se prima della seconda prova volevi andare a prendere una coca con me? Sai, dopo quella volta allo stadio non abbiamo ancora parlato eh...mi chiedevo se ti andasse” propose Annie arrossendo come un peperone, Byron le diede un’occhiata pietosa, avrebbe voluto uscire anche con lei, ma Elspeth era un’occasione unica, era come paragonare una ferrari ad una panda, una metropoli ad una bidonville. Byron quindi utilizzò la sua tecnica segreta, alzò le ascelle e inondò Annie di un odore così pestilenziale da farla svenire al centro della pista, poi senza che lei potesse sospettare si scagliò negli spogliatoi. “Non voglio fare mai più una cosa del genere in vita mia, questi sono dei criminali” disse Lolly ancora nascosta nel suo cappello. “Hai pure preso un punto, imbarazzante” replicò Ebony con il fiatone. “Tu piuttosto, Bernadette...perché non hai utilizzato la tua unicità? Le tue fiamme sono potentissime” disse quindi Ebonya Bernadette che era chiusa nel suo rosario dietro di loro. “Dio mi ha dato il potere dell’inferno per sfidarmi ad usarlo, io non userò quel potere se non per combattere il demonio durante l’apocalisse” rispose Bernadette e si voltò indifferente per andare a piantare una croce di legno minuscola nel campo da calcio. “La odio e non ha nemmeno il fiatone” concluse secca Lolly prima di sganciare un porcone. Sasha diede un bel colpo al microfono per attirare l’attenzione e tutti i quaranta studenti si voltarono verso il palco, che lentamente veniva dismesso. “Complimenti ragazzi, ma voglio ricordarvi che non è ancora finita, anzi, la vera lotta inizia adesso. La sfida che vi aspetta si chiama “Battaglia tra Carrozze”. Dovete formare squadre di 4 persone, una di queste sarà il cavallo e dovrà sollevare il capitano, ai lati due altri di voi non potranno mai staccarsi dai fianchi del cavallo, dovranno quindi avere sempre almeno una mano agganciata al cavallo. Ogni squadra avrà un punteggio che sarà scandito dalla somma dei punti ottenuti nella prima prova, questo è un vantaggio per quelli che hanno già un punteggio alto, ma questo avvantaggerà anche gli altri. I vostri punteggi infatti saranno simboleggiati da una fascia sulla testa del capitano, che quindi potrà essere rubata dalle altre carrozze. Nessuno vieta che una capitano indossi più fasce con i punti, ma tutte devono essere visibili e almeno una, sempre sia presente, deve essere indossata sul capo. Alla fine del tempo solo le prime quattro carrozze passeranno alla fase successiva. Avete 5 minuti per formare le squadre” spiegò Sasha e tutti iniziarono a osservarsi con concentrazione, metà della vittoria veniva vinta in quel momento. Byron stava ancora scattando verso il bagno al momento, ma Maxwell si aggrappò morente al suo braccio. “Ti prego, Byron, ti prego tu che sei tra i migliori, fai squadra con me?” chiese Maxwell piangendo disperato per la prestazione oscena nella prima prova. Byron non aveva nemmeno ascoltato cosa fosse la seconda prova. “Sìsì, quello che ti pare, ora devo andare a addentare due panettoni ripieni” replicò Byron e senza aver capito di avere appena fatto squadra con Maxwell scomparì dentro gli spogliatoi. Una folla si era fiondata intorno a Derriere per fare squadra con quella che fino a prova contraria era la migliore, lei però si limitava a leccarsi l’inguine, probabilmente non aveva nemmeno capito quello che stava succedendo. Il più aggressivo nell’approccio fu Trent che la sollevò e la portò fuori dalla folla, Derriere iniziò a dimenarsi e a graffiare, ma Trent non mollò la presa e dolorante la scaraventò nel campo, lei si eresse sulle quattro zampe come un gatto incattivito con la schiena inarcata, ma subito gli occhi si rilassarono, le guance arrossirono e dalla sua boccuccia iniziò a cadere una densa bava. Trent aveva tra le mani il sacro croccantino alla chianina. Divertito iniziò a muovere la mano con dentro il cibo per cani per farle roteare la testa a ritmo, visto che Derriere aveva occhi solo per il mangime, lo guardava quasi con eccitazione sessuale. “Ora io sono il padrone del mondo, inginocchiati, cane, e diventa la mia cavalla!” urlò autoritario Trent lanciando il croccantino, Derriere lo prese al volo e poi leccò sulla guancia Trent per ringraziarlo, l’italiano cozzalo si trovò a pensare che quella sensazione di bava animale non fosse così male, anzi, lo eccitava moltissimo. Successivamente Trent raggiunse Lincoln e Balboa con cui aveva già formato la squadra per dir loro che erano ufficialmente la squadra prima in classifica. “Io da cavaliere con le mie mani oblunghe ruberò le fasce senza che se ne accorgano” disse Lincoln introflettendo le vertebre. “No” disse fiero Balboa e scolò a goccia una bottiglia intera. “Potresti rubarle anche stando laterale, io, invece, con il mio potere dell’ultra istinto alcolico non permetterò a nessuno di rubarmela, siamo praticamente una formazione invincibile” disse. Aphrodite invece si guardava intorno per cercare il suo cavallo, quando all’improvviso si imbatté nella poderosità virile di Roberlandy, sicuramente il più possente tra i papabili per quel ruolo aggiungendo lui a Bernadette e Agatha avrebbe creato una squadra bilanciata, sempre se Bernadette avesse utilizzato il suo potere, ma era una scommessa che poteva rischiare. Mel invece scattò subito verso Percy, letteralmente sbattendo a terra con uno schiaffo Lolly che si stava dirigendo da lui per reclutarlo. “Se osi dirmi di no giuro che ti ammazzo seduta stante, con il mio quirk intendo replicare il più forte di tutti, in pratica avremo due bovari svizzeri in formazione invece che uno, non ti sembra un piano geniale?” Percy roteò gli occhi, si alzò lentamente e poi iniziò a piangere commosso, lasciando Mel sconvolta. “Una così grande devozione alla Confederazione Elvetica, non la vedevo da quando hanno fatto il nuovo film di Heidi” L’apporto fondamentale dello svizzero alla rosa si aggiunse a Ebony e a Richard. Russel e Logan, ormai coppia fissa, avevano bisogno di un cavaliere capace e skillato e l’unico abbastanza arrogante e abile per esserlo era Cedric che accettò la sfida godendo per essere il capitano della sua squadra e per essere stato scelto da Russel che era un cavallo di estremo valore. Al gruppo si aggiunse Lolly, più per esclusione che per merito, Russel infatti si era rifiutato di volerla in squadra, la mediazione mistica di un Logan redivivo era stata fondamentale. Intanto che fuori accadeva il putiferio Byron si diresse negli spogliatoi, sentendo chiaramente che ci fosse la doccia che andava mentre vapore caldo proveniva dalla sala adiacente. Senza nemmeno farsi dire che qualcosa Byron si spogliò e si diresse correndo verso le docce, dove per motivi di censura non è possibile descrivere il fisico mozzafiato di Elspeth. “Sei venuto, dunque?” chiese lei con voce suadente. “Non ancora, ma sono pronto a farlo” disse lui con voce virile e sguardo perso. Lei lo squadrò compiaciuta, chiaramente colpita. “E’ un peccato e forse un giorno ci rifarei un pensiero, ma adesso la vittoria del festival è più importante” disse lei agguerrita, con un calcio atterrò Byron e con delle manette lo legò alla panca degli spogliatoi, lontano dalla zona docce da cui proveniva il vapore che l’avrebbe fatto sudare, nudo e al freddo non avrebbe causato problemi. “Ehi ehi! Non era la scena che mi ero immaginato da mesi!” sbraitò lui guardando Elspeth che fece spallucce e si rivestì velocemente. “Se non torni sul campo in tempo tu e la tua squadra sarete squalificati, quindi ti conviene sbrigarti. Ci vediamo, tesoro, alla prossima” disse quindi lei e scattò fuori dallo spogliatoio. Byron iniziò a dimenarsi senza successo, ma tutto sommato pensò che ne era valsa la pena, per un attimo si era sentito come all’interno di un porno, era rimasto praticamente intrappolato nella Narnia dell’erotismo. Mancavano solo due minuti all’inizio della prova.

 

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Capitolo 9
*** Momo Drina ***


La fronte di Maxwell Roth, sudata e drenata dalla fatica, iniziava già a riflettere come una pista d’atterraggio i raggi solari che penetravano nello stadio, il dolore a braccia e gambe per la corsa sfrenata e fallimentare era ancora denso e livido nella sua mente, tuttavia la scimmia che abitava la sua testa era persino più esagitata del solito, l’unica sua speranza di passare il turno si basava su un individuo e questo individuo non c’era. Accanto a lui Momo sorrideva assorto nella sua mente, mentre con le mani unte toglieva i petali da una margherita. 
 “M’ama, non m’ama, m’ama non m’ama...mhmh...non m’ama, uffa” sospirò lui e scagliò un’occhiata equivoca a Percy, intento a essere schiavizzato verbalmente da Mel. Questa lo redarguiva con epiteti poco femminili e assolutamente per nulla educati, ma lui rimaneva zitto e impassibile, quasi che il più grande bovaro svizzero della classe fosse intimorito dalla minuta e metallara ragazza. Accanto a loro Ebony osservava poco interessata alla materia della conversazione, mentre Richard osservava la sua pelle con forte interesse scientifico.
“Sei più nera del nero” le disse lui, passandole lo stetoscopio sul braccio e facendola saltare in aria per il freddo. Lei lo fissò severa per qualche secondo, poi sospirando un sommesso: “Razzisti” si allontanò per andare a placare Mel, in piena trance agonistica. Lo sguardo acquoso di Maxwell venne interrotto da una delicata e quasi dispiaciuta mano sulla sua spalla, voltandosi mostruoso, ingobbito e stanco, incrociò lo sguardo di Annie, fissandola depressa, ma agguerrita si ricordò di quando aveva provato a chiederle di uscire, beh non era certo male.
“Dai cazzo facciaml” aveva pensato lui, ma si vedeva lontano un miglio che era innamorata di Byron, ma la teoria dello “Spero morto” era stata chiara con il suo portatore, più una cosa poteva portare alla morte o alla mutilazione esteriore o interiore, più valeva la pena che fosse tentata, anelare allo thanatos per ascendere come uomo.
“Scusami, ma si può sapere chi sarebbe il nostro quarto componente per la carrozza? Mancano solo due minuti e mi avevi promesso che tra noi ci sarebbe stato un pezzo da novanta” disse Annie preoccupata e con tono sofferto. Maxwell ruttò.
“Sarà qui a momenti, non preoccuparti, ho scelto il migliore della classe” rispose strofinandosi il naso nella manica Maxwell. Annie lo osservò sconvolta per quanto potesse essere futre e, curiosa, si osservò intorno vedendo che gente come Percy, Derriere, Cedric o anche solo Roberlandy erano già stati occupati, mentre accanto a sé aveva una discarica vivente e un essere dal sesso confuso che ora era passato dall’osservare le margherite al sistemare le doppie punte di Annie che non si sentiva nemmeno infastidita. In quel momento le venne in mente l’illuminazione eterea, se secondo Maxwell il migliore non era Percy perché infatti Percy non apparteneva nel suo gruppo, chi era il loro quarto membro?
“No...No...dimmi di no, ti prego” pensò lei iniziando a tremare, all’idea che ancora una volta avrebbe dovuto fare coppia con quell’imbecille di Byron, per cui per giunta era cotta come una braciola. Annie scacciò malamente Momo dalla sua testa, si allontanò dallo squallido duo e si chiuso nelle sue ginocchia, se avesse saputo bestemmiare il signore l’avrebbe fatto tantissimo, mentre la sua testa rimbalzava tra l’idea di Byron che la braccia e l’idea di lei che lo schiaccia sotto una lastra di acciaio. Maxwell però non era affatto tranquillo e fissava insistentemente e febbrile la porta degli spogliatoio, dove Byron si era rifugiato. All’improvviso dalla porta comparve un set di curve inequivocabile, che cosa ci faceva Elspeth nello spogliatoio dove si era rifugiato Steven?
“E’ lei non c’è dubbio” iniziò a ragionare Maxwell, i suoi ingranaggi pomparono stronzate e il suo cervello automatico cominciò a preparare l’elaborazione del piano, fa tutto parte del piano di Maxwell dopo tutto.
“Conosco Byron da poco, ma non c’è dubbio, davanti ad un pezzo di carne come quello, un uomo come quello non avrebbe potuto resistere, dunque che cosa lo sta trattenendo in bagno? Lei è uscita, ma lui perché si trova ancora lì? Che gli sia successo qualcosa per lo sforzo? Che abbia provato vergogna? Impossibile un depravato simile viene creato una volta ogni mille anni, no, deve essere accaduto qualcosa, il piano di Maxwell non può essere interrotto” Maxwell trottando zoppo si diresse con discreta e dolorante velocità verso il bagno, intanto poco lontano anche le altre tre squadre della classe A iniziavano a preparare una strada.
“Sei sicuro che non morda?” chiese Lincoln a Trent, mentre osservavano confusi e interessati Derriere che faceva i suoi bisogni.
“Non dovrebbe alzare la gamba, giusto? E’ una ragazza, o qualsiasi cosa sia, perché lo sta facendo?” chiese nuovamente Lincoln confuso. Trent si incupì e fece per avvicinarsi e osservare meglio, in pochi secondi rimase graffiato dopo che, imbarazzata Derriere aveva lasciato intendere di voler essere lasciata sola.
“Più che altro, fratm, siete sicuro che la bestia possa essere domata?” chiese quindi Balboa mentre l’alcol di una Peroni gli scendeva lentamente lungo l’ugola, concludendo il gesto con un rutto denso.
“Lo spero, se questa qui iniziasse a disarcionare o irrigidirsi e tu cadessi saremmo squalificati, dopotutto la formazione non può essere staccata in alcun modo, tuttavia, ho fatto una scorta” disse Trent e mostrò una serie di scatole piene di croccantini. Non appena si sentì il rumore provenire dalla scatola, Derriere piombò davanti al trio, con la lingua fuori dalla bocca, abbaiando intensamente.
“Chissà che cosa ci faccio alle femmine io? Irresistibile...” sospirò Trent. Accanto a loro un altro gruppo cercava di interagire con i suoi membri più difficoltosi. Aphrodite aveva tirato già giù tutto il calendario per comunicare con Agatha, questa continuava a rispondere a rilento ed era sulla stessa nota da almeno cinque minuti, come avrebbe potuto usare il suo potere rimaneva un mistero, ma era una strategia da attuare in casi disperati, avrebbe fatto saltare in modo suicida la sua stessa squadra in caso di sconfitta, aveva la grinta per farlo, tuttavia il problema principale non era affatto Agatha, ma il soggetto che continuava a pregare in ginocchio senza rispondere alle sue domande.
“Bernadette, ti trovi al cospetto di una dea, il tuo dio non ti può aiutare adesso, non è il momento di pregare e anzi, sarebbe il momento di tirare fuori quelle cazzo di fiamme!” “Ha detto cazzo...” sospirò Bernadette sorpresa, si voltò spaesata e la fissò quasi delusa.
“Tre Ave Maria e un Padre Nostro, non si dicono le parolacce, povera figlia” replicò dunque Bernadette facendo per rimettersi in preghiera.
“Senti belinda, adesso mi ascolti con le buone o giuro che di parolacce ti coloro la faccia a cazzotti, tu sai che questa è la mia occasione, non la tua, la mia occasione per splendere, gli occhi del mondo sono per me, la figlia del grande eroe Zeus! E sorella dell’eroe che occupa il secondo posto nella classifica degli eroi, Phoebus, quindi non mi interessa cosa abbia da dirti il tuo dio, tuttavia vorrei sottolinearti che nelle altre squadre c’è l’anticristo”
“Ti ascolto”
Aphrodite si guardò intorno, poi osservando Byron comparire contratto e affaticato per raggiungere il suo gruppo ecco che la ragazza indicò a Bernadette il ragazzo dai capelli castani.
“Lui! L’incarnazione della lussuria in persona! Colui che ha messo la passione e il desiderio in me, senza che riesca a frenare il mio corpo dal desiderio di...”
“Non voglio saperlo...”
“Mi assicuri che faccia parte della carità cristiana, l’uso della violenza contro i peccatori?” chiese quindi Bernadette quasi aggressiva e con un sorriso sadico sul viso.
“Mi ricordo che dio disse ai suoi...ehm...adepti, questo è il mio corpo...ehm...ammazzate tutti i miscredenti” rispose teatrale Aphrodite, poi negli occhi di Bernadette si accese una pupilla di fuoco e il sorriso benedetto si fece quasi caustico. Dall’altra parte del campo Cedric, provvisto di fascia per il basket e del pallone sempre in mezzo alle gambe, cercava di arringare il gruppo al suo volere.
“Easy brothers, lupetto corricchia per il prato, sandman tocca qualche zinna e fa fare zzz zzz a un po’ di gentaglia e tu...beh tu barbie puoi anche guardare Buzzerbeater che fa uno slam dunk in the heart of the pubblico!” disse lui osservando estatico le tribune piene di gente.
“Cosa stracazzo stai dicendo?” intervenne Lolly “Sembra di parlare con un bambino del ghetto”
“Il basket non si impara negli hotel, dolcezza” replicò Cedric mostrando un sorriso fintissimo, così finto da sembrare vero. Lolly dovette ammettere che lo sguardo di quel ragazzo rasentava un eleganza e un pedigree quasi di razza, sembrava davvero un gentiluomo quando sorrideva.
“La differenza sta nel fatto che io vado nel ghetto per elevarli a persone, non è il ghetto che cerca di abbassare il mio standard” continuava Cedric ormai in vena di provarci con Lolly.
“La finite?” chiese quindi Russel ringhiando.
“Io la finisco quando mi pare” replicò Lolly “Non permetterò ad un uomo di dirmi quello che posso o non posso fare, maschilista!”
“Manca un minuto!”
Allora sarà il timer a dirmi di smettere di finirla e il timer sono sicura che sia una donna!” Cedric si rese conto di non essere l’unico che sparava cazzate e andò a svegliare Logan, che dormiva contratto sull’erba.
“Maestro, è l’ora” disse Cedric per svegliare il profeta.
Ancora cinque minuti” rispose l’altro in dormiveglia.
“Il profeta ha parlato! Ha chiesto un prolungamento, qualcuno avvisi Sasha, presto!” Nel mentre che il delirio continuava in un gruppo in particolare c’era ancora tempo per un colpo di scena.
“Avrei pagato per avere chiunque altro” disse Annie Byron, fissandolo servile, voleva recitare la parte della furiosa, ma non le riusciva bene proprio nulla.
“Eddai, l’ultima volta ci siamo divertiti! Abbiamo fatto a botte con quei cattivi no? Non mi ricordo come era finita quella storia? Mi hanno detto che ero svenuto...bah” replicò Byron e Annie sgranò lo sguardo sconvolta, non si ricordava di averle detto “Ti amo”, era ritornata al punto di partenza, voleva buttarsi sotto un treno ora. Si limitò a volgere lo sguardo altrove e a coprirsi lentamente la faccia di acciaio, in modo che Byron non potesse vedere le sue lacrime.
“Una cosa io vorrei sapere, ebbene, nessuno voleva venire in squadra con me e lo capisco e capisco anche che Momo fosse la mia ultima scelta, ma i voglio sapere, lol, quale diavolo sia la tua unicità?” chiese quindi Maxwell a Momo Drina che alzò lo sguardo marziale.
“Ne sei sicuro?”
“Lo sono”
“Sei pronto a vedere una cosa sconvolgente?”
“Spero morto”
Momo tirò quindi fuori dai pantaloni attillatissimi una lattina di Redbull, la scolò tutta, quindi facendo un gesto volutamente teatrale si tocco l’ombelico, poco dopo accadde una cosa a cui Annie, Maxwell e Byron non avrebbero dovuto essere testimoni e per cui la scienza li avvicina ancora oggi alle teorie cospirazioniste. Le spalle di Momo si allargarono leggermente, così come i suoi muscoli sia delle braccia che delle gambe, il sedere divenne sodo e i capelli diventarono più biondi di quanto non fossero prima, le iridi si tinsero di giallo ocra, i lineamenti del viso si fecero diversi, più armoniosi, meno equivoci, meno a metà tra una sponda e l’altra diciamo, più femminili, sembrava incredibile, ma sembrava davvero più femminile. La fine della trasformazione diede a loro l’immagine di una ragazza dalla muscolatura importante, con un naso grazioso e un sorriso vorace sul viso.
“Spiegami immediatamente o ti salto addosso” disse Byron e Annie lo colpì con una gomitata d’acciaio. Quella che era Momo si avvicinò a Byron prima di colpirlo con un ginocchiata nei coglioni. Il ragazzo si piegò in due e rantolò lacrimante per terra.
“Ma che cosa cazzo hanno le donne con me oggi? Ho una specie di malattia?” implorò al cielo.
“Amico non mi piacciono certo i ragazzetti come te, vedo una bella ragione per fissare qualcos’altro” disse quindi quella passandosi la lingua sulle labbra e osservando Annie provocante. Annie si irrigidì tremante, quella cosa apparsa dal nulla stava parlando di lei.
“Si parlo con te, occhi a palla, hai delle gambe niente male lo sai?” Annie sgranò gli occhi, che cosa cazzo stava succedendo. Intervenne dunque Maxwell, ma non riuscì a finire la frase che si trovò anche lui a terra con un forte dolore ai testicoli.
“Dio! Non sai che sono più fragili delle uova? Lol” esclamò lui agonizzante.
“Parla per te, carcassa” disse agguerrito Byron e si frappose tra Annie e l’altra che si era avvicinata come una vipera soffiante molto pericolosamente.
Spiegati! E smettila di provarci con la mia ragazza...ehm...con la mia ex ragazza...se è una sfida su chi ne ha il diritto di rivendicazione io sono pronto a marcare il mio territorio pisciandole addosso” disse quindi Byron usando una delle sue romantiche e progressiste espressioni.
“Oya oya oya! Calmo, cowboy, non sapevo fosse con te, avanti non mettere il muso, era solo un calcetto” disse lei e si sputò sulla mano prima di proporla a Byron per essere stretta. Byron la fissò confuso, poi fece una scatarrata densa e strinse divertito la mano di lei, davanti allo sguardo sconvolto e schifato di Annie che aveva perso l’uso della voce.
“Io sono Momo, la vera Momo, o almeno, il 50% di Momo, la mi unicità mi permette di passare dall’essere un uomo all’essere una donna, semplicemente toccandomi l’ombelico e la medesima cosa posso farla anche toccando l’ombelico degli altri, potrei farti diventare una splendida signorina ad esempio, inoltre la mia parte femminile è molto più potente” disse lei o lui sputando per terra. “Avrei detto che l’altra parte fosse quella più femminile” osservò Annie. Maxwell si alzò dopo diversi minuti di agonia proprio mentre il gong stava per scattare. “Ho un piano”

 

Roberlandy sconvolse l’intera formazione di un gruppo della classe B che venne dunque squalificato, davanti alla potenza scimmiesca di un gorilla di tre metri poche formazioni potevano fare qualcosa, Aphrodite fu lesta a levare la fascetta dal collo, un gruppo deprimente della classe B si squagliò velocemente e venne comunicata la loro squalifica, ora intorno al suo collo Aphrodite, al centro della formazione aveva oltre alla sua fascia di 290 punti anche una da 50 punti.
“Sì! Ho scelto il destriero più potente di tutti, avanti continua così Donkey Kong!” disse lei, ma vide chiaramente che Roberlandy virò bruscamente quasi dolorante.
“Ehi, dì a quella suoretta di non provare mai più a bruciarmi il sedere, altrimenti mi basta una scorreggia per ucciderla” disse finemente Roberlandy. Bernadette, aggrappata alla gamba del gorilla, osservava il campo di battaglia estatica, quasi animata da uno spirito faunistico primordiale, quasi fosse davvero una macchina creata per l’inquisizione.
“Tu vai dritto e benedetto verso il peccatore e io giuro che farò una buona parola per te al paradiso ahahaha” sbraitò esaltata Bernadette ridendo con follia quasi maniacale e indicando con il dito al gruppo di Byron. Poco distante infatti, Annie interamente coperta d’acciaio sorreggeva Momo in versione femminile, che rasentava le fattezze di un’amazzone guerriera da tanto era aggressiva, ai lati Byron spingeva Annie con la sua velocità, mentre dall’altra parte Maxwell cacciava qualche rutto ogni tanto. Davanti a loro un carro armato nel vero senso della parola si ergeva bloccando loro il passaggio, al posto della torretta c’era la faccia di un ragazzo occhialuto, in piedi sopra di esso quasi dittatoriale Sariel Marvel osservava Momo con sguardo di sfida, ai suoi lati una ragazza dalla faccia ampia e dai capelli rossicci e sporchi e M&M che si esibiva nel suo classico sorriso inebetito.
“Avanti Panzer, fai un buco in pancia a quei falliti!” urlò Sariel ridendo di gusto. Il carro armato scagliò un proiettile vero e proprio a gran velocità, Annie lo distrusse a mezz’aria con un singolo pugno di ferro, la ragazza era interamente coperta d’acciaio e non provava nessuna fatica a sollevare Momo e il cadavere di Maxwell in-capacitato a muoversi per natura.
“Marlboro, tocca a te!” intervenne quindi Maxwell e la ragazza rossiccia alitò una densa nuvola di fumo nero che inebriò il gruppo facendolo tossire. Un forte odore di sigaretta distrusse il loro sistema olfattivo, prima che una forte tempesta di ghiaccio si riversò su di loro, Maxwell riuscì a bruciarne con un rutto una buona parte, ma Annie si ritrovò le gambe interamente ghiacciate al terreno. Quando la nube iniziò a diradarsi ecco che la ragazza vide una lama sottile avvicinarsi, senza la possibilità di schivarla, ma quando l’impatto con il suo collo sembrava imminente, ecco che Byron si aggrappò alla sua spalla e con un calcio spezzò la lama che M&M stava per riservare alla sua ex. Sariel però fu più veloce, saltò sulla canna del carro armato e puntò la fascia che circondava il capo di Momo, ancora intontita/o dal fumo soffiato da Millicent, ma proprio mentre sembrava tutto perduto ecco che una fiammata colossale costrinse Marvel ad indietreggiare con un salto. Improvvisamente la sagoma mostruosa di Roberlandy si interpose e spezzò in due la canna del carro armato di Rommel. Aphrodite quindi estrasse la sua frusta di rose, pregna di saliva, e questa colpì in pieno M&M che puntò diretto la lama al suo capitano Sariel. Marvel schivò il colpo di Aphrodite diretto a lui con un getto di ghiaccio e sentendosi alle strette ghiacciò interamente, lasciandolo come un ghiacciolo M&M. Poi liberando un grande quantitativo di ghiaccio mirò direttamente a Roberlandy, ma la fiammata intensa di Bernadette lo sciolse in men che non si dica. Questa, con occhi sempre più demoniaci incrociò lo sguardo con Byron che si ricordava molto bene di quella volta all’addestramento in cui lei lo aveva quasi bollito vivo.
“Annie, liberati veloce!” urlò lui e la ex fece appena in tempo per distruggere con un pugno lo strato di ghiaccio che la ancorava al suolo, Byron quindi con un muggito mostruoso pompò le sue gambe e subito dopo il gruppo percepì quasi di aver fatto un salto temporale da tanto velocemente avevano raggiunto la parte opposta al quadrato. Marvel, ora alle strette e senza più la potenza di fuoco del suo carro armato fissò il gruppo di Aphrodite spaventato, mentre il fuoco della suoretta in fiamme si compensava perfettamente con la sua abilità di generare ghiaccio. Il gerarca della classe B avrebeb dovuto studiare un piano per metterli fuori combattimento. Intanto dall’altra parte del campo Cedric, eretto come un gladiatore sulla groppa di Russel, trasformato in mannaro, guidava la sua squadra all’assalto di Percy, consapevole che questa fosse un’ulteriore occasione per dimostrare all’amico-nemico che la loro rivalità non era in discussione. Sì avevano ottenuto una tregua durante l’attacco subito al campo di prova, tuttavia per quanto avesse compreso fosse stupido lottare con lo svizzero a chi aveva il cazzo più grosso, Percy doveva ancora delle scuse a sua sorella Emma. Davanti a loro apparve una formazione terrificante, con Mel che aveva preso le sembianze di Percy, creando una potenza di fuoco inaudita e hai lati Ebony e Richard che era pressoché inutili, ma con due San Bernardi nella squadra avere un’inferiorità numerica non era un problema. Cedric iniziò a roteare palloni su tutte e cinque le dita senza farli cadere, quindi li scagliò in gruppo contro la formazione avversaria.
“Box and one interno! Isolamento per il playmaker e boom!” urlò Cedric energico, la strategia era un’apertura per permettere al profeta di sbadigliare addosso a Percy in modo da metterli interamente fuori dal gioco. Sia Mel che persi riuscirono a parare senza difficoltà tutti i palloni, ma quando Logan si ritrovò vicino a loro ecco che Mel si aggrappò al collo di Percy e con un calcio colpì in pieno il volto del profeta, scaraventandolo con forza sproporzionata contro le transenne del campo. La voce di Sasha tuonò dicendo che la squadra di Cedric era squalificata.
“Cosa?” intervenne Lolly sgranando le palpebre.
“Eccola...” suggerì Russel invece completamente svogliato.
“Io ho corso per un km soffrendo come una martire, per venire eliminata dopo due minuti, ma dio malvagio, giuro che vi ammazzo tutti! A che cosa gli è saltato in mente a quel pippone?” chiese lei fuoriosa riferendosi a Logan.
“Non nominare il profeta invano” intervenne Russel gonfiando i peli.
“Ma quale profeta, quello è un laido qualunque, inutile e incapace, ma sai che vi dico, fottetevi, vado a prendere il sole” disse quindi lei e mandò gentilmente a quel paese tutti i presenti. Cedric osservò dunque Percy e Mel, identici e quasi spaventosi, non bastava uno svizzero ambiguo, ora ce n’erano due.
“Contro uno svizzero ce l’avrei anche fatta, ma contro due, spero che siate la squadra vincitrice, almeno potrò dire di aver perso contro i campioni” disse Cedric e consegnò la sua fascia da 626 punti a Percy.
“Un giorno avremo uno scontro come si deve, solo io e te e Byron se non è troppo preso con la figa” disse quindi Percy e fece per prendere la fascia con animo virile, ma Mel allungò il braccio si legò la fascetta al collo e strinse con foga l’orecchio allo svizzero originale.
“Avanti avanti! Ne voglio ancora, stupido incapace! Ancora! Non abbiamo ancora vinto, dobbiamo rimanere l’ultima squadra in campo, ti voglio vedere sudare cioccolato da tanto dovrai essere competitivo” disse lei e obbligò Percy a bloccare il momento di romanticismo giovanile. Intanto il braccio oblungo di Lincoln raccolse una fascia da 100 punti di una formazione della classe B, quindi Balboa, iniziò a schivare con il potere dell’ultra istinto alcolico una serie di attacchi da parte di Bismarck, che aveva il potere di allungare i peli delle ascelle a sua discrezione, rendendoli anche incredibilmente resistenti e turgidi. Lincoln allungò ancora l’arto prensile, ma incontrò un rigonfiamento inusuale, davanti a sé si erano palesati due seni giganteschi, non poteva essere che lei Elspeth. Unicità: Big Tits. Aveva il potere di ingigantire il seno a dismisura e rendendolo anche un forte scudo composto da materiale elastico indistruttibile. Bismarck quindi allungò i peli delle ascelle per cercare di catturare la fascia sul capo di Balboa, ma ancora questi schivò il colpo, ruttando. Sotto di lui Derriere era nella sua forma più bestiale, con muscolatura definita e colorito scuro intorno agli occhi, ringhiava come un pipistrello vampiro, la quiete venne interrotta quando una scarica elettrica non colpì Derriere in pieno volto, questa si ritrovò accecata e iniziò a sbandare, prima di svenire a terra, improvvisamente qualcosa aveva bloccato la potenza di movimento del gruppo. Un secondo nucleo di classe B era arrivato, al centro della squadra una ragazza dalla cui bocca penzolava una lingua serpentifera, aveva capelli biondi e corti e una pelle abbronzata, inoltre indossava solo un reggiseno, era materiale per Byron per intenderci, ai suoi lati una ragazza sprizzava scintille di elettricità dal dito indice, aveva lunghi capelli verdi e anche lei indossava un bikini dello stesso colore e una sempre mezza nuda con la faccia grande che generava biscotti con le gocce di cioccolato dalla pelle a sorreggere quel concentrato di gnocca un lezzo dai capelli che gli arrivavano ai piedi per l’occasione con un costume in onore di Ricardo Milos.
“Dove siamo finiti, in un locale di scambisti? La spiaggia per nudisti è dall’altra parte!” intervenne Trent, pronto ad azionare i suoi roller elettrici per fuggire via da quella situazione, la ragazza elettrica sembrava candidamente pericolosa.
“Cofa credi che fiamo venuti a ffffare? Distruggiamoli” disse quella con la lingua da iguana sputacchiando in giro e addosso ai capelli unti del suo cavallo, che intanto sembrava affaticato. Tuttavia Derriere non si riprendeva, la scarica elettrica sembrava averla destabilizzata, inoltre anche il secondo gruppo era ancora all’attacco. Bismarck attaccò nuovamente, ma Balboa, mostruoso, riuscì a schivare sia il suo attacco che quello ben più viscido della ragazza biscia.
“Fuori dai piedi! Rarity, mettili fuori gioco” urlò la lucertola e la ragazza del fulmine, con un sorriso ottuso, sparò una scarica dritta al nucleo del gruppo, tuttavia Elspeth fu celere e i suoi seni divennero un ondeggiante scudo contro l’elettricità e nessun venne raggiunto dal danno. Trent voleva approfittare dell’occasione per scivolare via, ma si udì un urlo sordo ed ecco che apparve una locomotiva impazzita in lontananza.
“Tette!” urlò una voce maniaca e facilmente riconoscibile. Annie, Momo e un cadaverico Maxwell si videro sospinti alla velocità del suono da Byron per raggiungere le tettazze di Elspeth, Momo riuscì a prendere in mano la situazione e prima che gli altri se ne rendessero conto ecco che nella sua mano apparve la corolla da 1200 punti della squadra di Trent, avevano raccolto il premio più ambito. Balboa mentre schivava un attacco della lucertola, non era riuscito a reagire allo scatto furibondo di Byron e aveva perso il controllo.
“Ok mi sono stancato!” urlò Trent e si stacco un roller, con le sue abilità riuscì a far scattare il circuito elettrico e diede una scarica sul naso a Derriere in modo da svegliarla dal suo stato di Trance, lei si guardò intorno inerme e vulnerabile poi digrignò i denti furiosa e il gruppo si sentì sballottolato verso il gruppo di Elspeth. Questa gonfiò i seni per fare da scudo, ma Byron si mise in mezzo e aggrappato a Annie cercò di abbracciarli, Elspeth schifata fu costretta a ridurre le loro dimensioni e questo permise a Lincoln di raccogliere la loro fascia che quindi pendeva sulla testa di Balboa con 129 punti, non era sufficiente per passare il turno. L’indecenza di Byron che sbavava come una scimmia, permise alla ragazza lucertola di rubare la fascia da 1200 punti dal collo di Momo, prima di elettrificare la squadra, Annie che era un ottimo conduttore iniziò a piangere come una ragazzetta. Intanto Bismarck iniziò a bestemmiare come un turco, ma la voce del suo cavallo, Dolberg iniziò a farsi femminea, improvvisamente i muscoli pompati dagli steroidi che generava automaticamente il suo corpo scoppiarono con una foga tale da sparpagliare i membri della formazione, anche loro furono squalificati. Rimanevano pochi nuclei ancora in gara, a guidare la classifica c’era ora la carrozza della classe B guidata da Talya Tongue con1260 punti, più o meno con il medesimo punteggio della squadra di Mel a seguire la formazione di Byron con i loro 776 punti iniziali. Dunque la squadra di Aphrodite con 440 punti avendo rubato due fasce a due squadre della classe B minori, infine la squadra di Marvel aveva 403 punti e ora il fanalino di coda era la squadra di Trent con 129 punti, di queste 6 squadre solo 4 sarebbero passate e se il gong fosse suonato in quel momento, sarebbero passate le quattro con il punteggio più alto, eliminando dunque la squadra di Trent e quella di Marvel. Con le squadre più disparate eliminate dal gioco per i concorrenti rimasti fu tutto molto più chiaro. Marvel spingendo al massimo i singoli di Panzer si allontanò dalle fiamme di Bernadette, deciso a puntare una preda minore per avere la certezza di passare per il rotto della cuffia, Mel guidava Percy come un pastore con il suo gregge in cerca della preda con il punteggio maggiore, in questo caso Talya, tuttavia lei non lo sapeva e si impegnò per raggiungere la carrozza di Balboa, la squadra che partiva con il punteggio più alto. La squadra di Talya faceva melina trottando per il campo, ma aveva alle spalle la squadra di Byron, seguita a sua volta dal fuoco dell’inquisizione.
“Eccolo! Dio mi mostra ancora l’eretico depravato davanti alla vista, avanti demone scimmia! La pentecoste portò fuoco sulle teste di noi apostoli, io porterò fuoco nelle sue viscere” sbraitò Bernadette lasciando confusi i suoi stessi compagni.
“Ragazza in bikini, ragazze in bikini, ragazze in bikini” pensava Byron ad alta voce, lasciando Annie in un silenzio sommesso e furibondo, tuttavia Byron con occhi a cuore continuava ad accelerare sia a livello di parole che a potenza di gambe, fino a quando, ormai prossimi al bersaglio grosso Annie non raggiunse il limite, prese Byron per la calottola e senza mollare la presa lo scaraventò a tutta velocità come fosse una mazza da baseball contro il gruppo di Talya, la ragazza di destra provò a fare dei biscotti, ma la cottura non fu adeguata e si persero per sempre, che peccato. Il Byron volante colpì in pieno Talya che venne scaraventata lontano, ma proprio mentre sembrò ormai chiara la squalifica ecco che dalla testa del lercio i capelli si allungarono a dismisura e abbracciarono Talya, svenuta, forse morta, per riportarla sulla sua groppa senza che cadesse per terra. Momo si allungò dunque per prendere la fascia, stendendo anche con un cazzotto violento la spara biscotti, ma un calore fortissimo li raggiunse alle spalle. Bernadette stava ancora generando fiamme dai palmi delle mani, Maxwell fu stranamente veloce e ruttò una fiammata virgulta, quello che apparve fu un duello in stile dragon ball tra i due getti di fuoco. Maxwell stava morendo, la sua trachea si stava decomponendo e si sentiva abbracciare dal caldo afflato della morte.
“Rip, godo, spero morto” pensò lui intento a svenire, ma Momo, effettivamente più utile e agguerrito da donna, prese in mano la situazione con una presa decisa strinse i capelli di quel lercio della classe B e con forza altrettanto devastante li scagliò il cavallo avversario dritto al centro della pista, le due ragazze ai lati caddero a terra, ma una di loro, Rarity, prima di cadere fece una scarica elettrica in direzione di Byron che aveva colto l’occasione per metterla la mano nel costumo, la scarica si propagò in tutte le direzioni e Annie urlò di dolore arrivando quasi a disarcionare Momo. Il lercio svenne per il calore e si trovò tutti i capelli bruciati, sembrava un manichino in quel momento. Bernadette opponeva ancora resistenza, in preda all’estasi voleva eliminare dalla faccia del creatore Byron, ma Aphrodite comprese che era il momento giusto per sputarle addosso, facendolo iniziò a controllarla mentalmente e la obbligò a evitare di tirare fiammate, fu poi repentina a raccogliere la fascia dalla squadra delle nudiste della classe B, ora squalificata, adesso con 1640 punti la sua squadra guidava la classifica, a questo punto solo una formazione sarebbe stata eliminata. I cingoli di Panzer dall’altra parte del campo falciavano terreno come l’avanzata di Guderian attraverso il Belgio, il gerarca Sariel Marvel guidava l’operazione barbarossa con aspetto fuhrerico, mentre per Trent non ci volle molto per comprendere di essere circondato, da una parte il terzo reich avanzava imperterrito, dall’altra i cantoni liberi della svizzera proclamavano a grandi falcate la loro neutralità. Lincoln quindi recepì il segnale e allungò il braccio verso la squadra di Marvel, egli che ormai poteva dar sfogo della sua incredibile forza ghiacciò interamente il suo braccio che rimase bloccato e allungato in mezzo al campo, intanto senza la difesa di Lincoln Percy si avvicinò pericolosamente per permettere a Mel di saltare letteralmente sulla carrozza avversaria, questa ora in piedi davanti a Balboa provò a prendere la fascia, ma vedendolo schivare i colpi raccolse una birra dalla sua riserva nel pelo di Derriere e gliela spacco sulla testa, facendolo svenire. Fascia in mano, quindi compì un salto mostruoso, ma ormai a mezz’aria sentì le forze elvetiche farsi meno dense, iniziava a perdersi l’effetto del suo potere. Lincoln provò quindi ad allungare il secondo braccio per recuperare la fascia, ma un’onda di fumo nero e nicotinico inebriò il campo di battaglia, facendo tossire i presenti. Ebony quindi fu lesta a fondersi nel nero del fumo, come la sua unicità le permetteva e prendendo possesso del fumo penetrò cattiva dentro il corpo di Lincoln facendolo schiumare per overdose di sigarette. Senza il fumo fu facile per Percy raccogliere il corpo indenne di Mel, ora tornata normale, ma notò che al suo collo aveva perso una delle due fasce, mentre quella di Balboa era stretta nella sua mano. Si sentirono parole in tedesco, poi Percy osservò il Panzer Tiger che si allontanava dal campo di battaglia, Sariel elegantemente si indicava la minchia in segno di scherno e mostrava loro la fascia. Con Balboa e Lincoln fuori dal gioco Trent spronò Derriere a fare qualcosa, ma questa vomitò una palla di pelo e iniziò a inarcare la schiena ingozzandosi con la medesima dopo aver provato a mangiarla di nuovo, subito dopo il gong diede il segnale della fine della seconda prova. Immediatamente venne proiettata la classifica.

 

 

Roberlandy Simon
Aphrodite
Bernadette Maritain
Agatha Bath
1640

 

Sariel Marvel
M%M
Millicent Marlboro
Ervin Rommel
1026

 

Annie Bridge
Byron Love
Maxwell Roth
Momo Drina
776

 

Percy Lindt
Mel Horowitz
Ebony Starr
Richard Burke
762

Sasha quindi prese la parola sul palco, aspettando la fine del tripudio del pubblico.
“Ottimo ottimo! A questo punto mi sento il dovere di fare i complimenti a tutti coloro che non hanno passato il turno, siete stati fantastici, bravi ragazzi, oh oh” iniziò lei aggiungendo orgasmi a caso alla fine delle frasi.
“A questo inizia la parte del torneo che tutti stavate aspettando, un torneo a eliminazione diretta con duelli sul ring 1 vs 1 senza esclusione di colpi e senza nessuna pietà, tutto questo trasmesso da Sky, l’unica televisione in grado di offrire un servizi streaming forte, puntuale e in live” continuò lei facendo l’occhiolino alle telecamere. Detto questo, seguito dagli applausi del pubblico apparve dunque davanti a tutti il tabellone, tutti i ragazzi presenti sgranarono gli occhi per sperare di non essere contro Percy.

 

Mel Horowitz
Millicent Marboro

M&M
Agatha Bath

Percy Lindt
Roberlandy Simon

Momo Drina
Maxwell Roth

Ebony Starr
Richard Burke

Annie Bridge
Aphrodite

Sariel Marvel
Ervin Rommel

Bernadette Maritain
Byron Love

 

 

 

“Oh sì, mi sento tutto turgido all’idea di sfidarlo” disse una voce melliflua alle sue spalle, voltandosi Byron vide quella bestia di satana di Momo, tornato “maschio”, che commentava l’idea di affrontare il suo diletto. Davanti a loro Maxwell Roth piangeva per essere riuscito a passare il turno, Annie cercava di consolarlo con parole gentili, dopotutto quello lo sapeva pare, ma Maxwell continuava a ripetere cose rispetto a quanto fosse un fallito e quanto ora invece riuscisse a provare godimento nel pensare a sé stesso. Annie incrociò perplessa lo sguardo con Byron, il suo ex nonché ragazzo di cui era innamorata non si ricordava di averle detto di amarla e continuava a fare il porco con tutte le ragazze che incontrava, si chiese se non avesse fatto meglio a dimenticarlo definitivamente. Poco lontano Bernadette si era ritirata in preghiera, si stava flagellando la schiena con la frusta spinosa di Aphrodite, perché inavvertitamente aveva perso il controllo e commesso dei crimini contro dio.
“Ci vediamo in finale, sfigati, ah e tu, ragazza insignificante di cui non so il nome, quando avrò finito con la suora tocca a te” disse Sariel passando davanti al gruppo della classe a con le sue SS della classe B tra cui M&M, in particolare riferendosi a Annie.
“Ahah! Classe A, pezzi di fango! Non avete idea con chi avete a che fare noi...”ma venne bloccato dall’alito di sigaretta di Millicent, segnale che nemmeno i suoi compagni intendevano ascoltarlo.
“Ce l’aveva con me?” chiese Annie.
“Tranquilla, lo distruggerai” intervenne Byron, stranamente empatico.
“Dici sul serio?”
“Certo, ho notato che sei diventata pesante da spostare, questo significa che sei anche diventata più forte no?”
“Come prego?”
“Più massa, più forza no?” Un pugno di metallo lo raggiunse al cervelletto e Annie si allontano schiumando rabbia. Byron, insulso e confuso, non aveva compreso di averle appena detto di essere grassa, venne raggiunto dalla mano di Percy, il suo sguardo svizzero e superiore poteva dire tutto e niente, lo fisso cercando di non esplodere mentre Momo gli faceva il solletico alle natiche.
“Dobbiamo parlare” disse lui e osservò poi gli spalti, Byron vide che l’occhio ginevrino fissava una zona del palco della tribuna vip dove Ricardo Milos, sempre nudo e con il pacco all’aria discuteva animatamente con l’eroe che occupava la terza posizione, l’elegante Lord Lucan e il suo paio di baffi a manubrio e un individuo misterioso che Byron non conosceva, vestito di bianco e con folti capelli marroni, occhi neri e da squalo che sembravano fissare proprio loro. “Ok, ma prima devo fare una cosa” disse lui e corse a sbavare da Aphrodite e Lolly.

 

“Ragazzi vi ricordate di mio padre?” chiese quindi Percy osservando serio e silenzioso Byron che aveva la testa tra le nuvole e un po’ più serio, ma meno incline alla conversazione Cedric. “Da ragazzini mi ricordo che avessi un fratello e una sorella e poi penso che tutti conoscano Swissguard, è abbastanza alto adesso nella gerarchia degli eroi” replicò Cedric con le mani in tasca e i pantoloni abbassati sotto il sedere, sembrava deluso per l’esito della seconda prova, non aveva nemmeno voglia di fare lo stronzo con Percy, si sarebbe limitato ad ascoltare cosa quell’impersonalissimo essere avesse da dir loro. Percy fece una pausa silenziosa.
“Potrei aver scoperto una cosa, ma non ne ho la certezza e avevo bisogno di parlarne con qualcuno” disse dunque lui.
“Questo fa di noi i tuoi amichetti?” chiese Byron nevrotico.
“Io non ho nessun amichetto”
“Fa come vuoi, svizzero, ma intanto ti gingilli come tutti gli altri”
“Che cosa significa?”
“Che almeno un amichetto te lo tocchi tutti i giorni” disse ridendo inebetito Byron.
“Ok” “Avanti, Percy, non abbiamo tutto il giorno” suggerì Cedric nervoso.
“Questo non ve l’ho mai raccontato, ma qualche anno fa, mia sorella ha perso la vita in un incidente, come ben ricordate lei non aveva unicità, ma nonostante questo era una persona dolce e non si biasimava per essere nata diversa, ecco ho trovato una foto di mia sorella addosso a quella pazza che ha attaccato la scuola” “Come prego?” chiese Cedric sgranando lo sguardo.
“Non abbiamo più avuto rapporti dopo quanto accaduto e non ho mai avuto l’occasioni di dirvelo, ma ora ho bisogno di qualcuno che mi ascolti, ho bisogno di amici, quella pazza criminale che ci ha attaccati aveva una foto con sé, una foto di Heidi, mia sorella, sembrava quasi che volessero che io la trovassi”
“Perché una cosa tanto macabra? Se posso chiedere come è morta tua sorella?” chiese quindi Byron.
“Nel sonno, la sera prima rideva mungendo le capre nella sua cameretta, il mattino dopo era morta, abbracciata alla sua capra” rispose Percy freddo.
“Perché avete delle capre...fa niente...E cosa pensi di fare adesso?” chiese Cedric che quando si parlava di sorelle era sempre in prima linea.
“Io non ho un buon rapporto con mio padre, Roger Lindt, né con mio fratello, tuttavia, lui è un imprenditore di livello e ha il potere per indagare, non è un affare che vi riguarda, ma avevo bisogno delle orecchie di qualcuno, va bene?” Byron annuì questa volta più serio e così fece Cedric, senza perdere tempo Percy fece per andare via, ma venne fermato dalla mano di Byron che lo fissò sorridendo.
“Tutti hanno bisogno di amici” Percy sorrise, forse per la prima volta nella sua vita e rimanendo in silenzio a fissarli, uscì dallo spogliatoio per ritornare al campo. Poco dopo lo raggiunsero anche gli altri due, Byron si fregava le mani isterico, sembrava quasi allergico a qualcosa da tanto sudava e si grattava, entrando nello stadio compresero la ragione. Schierate in fila vestite con luride e volgarissime uniformi da cheerleader c’erano tutte le loro compagne, che si fissavano intorno confuse e sentendosi stupide. Byron iniziò a sanguinare dal naso, raggiungendo gli occhi spiritati di Trent e il sorriso maniacale di Maxwell Roth.
“Ragazzi, ringraziate questi tre pervertiti e godetevi lo spettacolo” disse Byron al resto dei maschi ululando con Maxwell e Trent.
“Eccole, la pelle di ossidiana lucida di Ebony, la pelle pallida e la testa bionda di Lolly, il fisico minuto, ma sensuale di Mel, il sedere sodo di Annie, le curve spezza-budella di Aphrodite! Bernadette in due pezzi, Bernadette in due pezzi! Bernadette in due pezzi! Le Molina-boobs! Il fascino lento e sgraziato di Agatha! Le Molina-boobs!” sbraitava con tono da stadio Byron. Le ragazze si fissarono confuse ed imbarazzate con i pon-pon tra le mani, si guardarono intorno e notarono che le ragazze della classe B non fossero affatto vestite da cheerleader succinte come era stato detto loro da Trent, Byron e Maxwell, anzi le guardavano con scherno. I ragazzi le avevano venduto la cosa come una tradizionale danza di pausa tra una prova e l’altra e che non avrebbero dovuto far brutta figura nei confronti delle altre ragazze. Mel l’aveva chiaramente presa come una sfida e aveva obbligato tutte le altre a vestirsi in modo ridicolo, in quella situazione la stessa Mel fu la prima a coprirsi le cosce esposte, di solito sempre coperte da jeans neri. Annie era imbalsamata e immobile, sembrava una statua, lentamente si ricoprì la pelle di acciaio per la vergogna. “Ehi!” tuonò Aphrodite
“Non esiste nessuna danza tradizionale, voi maniaci ci avete solo fatto fare una figura di merda sulla tv nazionale, tv nazionale, ripensandoci...” Aphrodite iniziò a sculettare mettendo in visibilio la folla. Ebony la fissò nera, nel vero senso della parola, ma la ragazza dea non rimase l’unica a ballare, Derriere trottando iniziò a ballare in maniera sgraziata abbaiando, seguita da Lolly che mandava i baci a telecamere inesistenti, le altre si limitarono a coprirsi imbarazzate, fino a quando Bernadette non scaricò in lacrime una fiammata tale da carbonizzare il trio di pervertiti.
“Ne è valsa la pena” disse Byron.
“Puoi dirlo forte” replicò Tren.
“Fa tutto parte del piano di Annie” aggiunse Maxwell.

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