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di Tatystories
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo: la genesi ***
Capitolo 2: *** Maya: oggi ***
Capitolo 3: *** Lukas ***
Capitolo 4: *** Ricordare ***
Capitolo 5: *** capitolo 5: l'amicizia di Chicco ***
Capitolo 6: *** Finalmente Terra! ***
Capitolo 7: *** Nike ***
Capitolo 8: *** Il patto ***
Capitolo 9: *** i pensieri di Fuoco ***
Capitolo 10: *** capitolo 10: Il ritorno di Lukas (Maya p.o.v.) ***
Capitolo 11: *** capitolo 11: La missione (Maya p.o.v.) ***
Capitolo 12: *** Gelosie e dubbi ***
Capitolo 13: *** Primi indizi (Maya p.o.v.) ***
Capitolo 14: *** i ricordi di Terra e Fuoco (Maya p.o.v,) ***
Capitolo 15: *** Etere e la sua storia ***
Capitolo 16: *** Fiducia e potere (Maya p.o.v.) ***
Capitolo 17: *** Amore o ossessione? (Etere p.o.v.) ***
Capitolo 18: *** Egida (Maya p.o.v.) ***
Capitolo 19: *** il vincolo ***
Capitolo 20: *** POSIZIONI ***
Capitolo 21: *** la battaglia finale ***
Capitolo 22: *** proseguo della Battaglia finale ***
Capitolo 23: *** ...Fine... ***



Capitolo 1
*** prologo: la genesi ***


Prologo - La genesi
Quando nulla esisteva eccetto il nulla, quando il nulla era formato da roccia, lava e terrore, quando il Caos dominava su ogni cosa e ogni cosa era il Caos, solo in quel momento giunse da lontano Madre Natura. Ciò che vide era paura, silenzio e frastuono, odio, furore, fiamme, inferno, buio e luce: il Caos più totale. Madre Natura volle incontrare Caos, creatore di ogni cosa su quel pianeta misterioso e padrone del Nulla. Suo intento primario sollevare le sorti di quel triste ammasso di roccia, ma Caos la cacciò, punendola per la spudoratezza, l'impertinenza e l'inverecondia del suo ardire. Lui era il solo e unico padrone, Lui il solo e unico dominatore del Nulla, Lui il più potente e possente. Madre Natura non si arrese perché aveva compreso che quello era il posto giusto per la sua progenie, gli esseri viventi, che dall'alba dei tempi generava di pianeta in pianeta, ma altresì aveva capito che Caos era potente e da sola non ce l'avrebbe mai fatta. Allora la Madre di tutte le Madri si nascose laddove si sentiva più sicura in mezzo a quella triste desolazione. Si trattava di un angolo di quel pianeta dove percepì un barlume di vita, magia e speranza e ivi plasmò i suoi Elements, cavalieri coraggiosi che avrebbero sconfitto Caos e protetto la vita che lei stessa avrebbe generato, esseri senza definizione precisa, fatti della loro stessa sostanza e solo da essa controllati e di essa controllori.
Fuoco, il più potente e impetuoso, colui che avrebbe dominato il potere della luce e delle fiamme; Aria, la più saggia e precisa, colei che avrebbe governato i venti in tutte le sue forme; Acqua, la più resistente e guardinga, colei che percepisce gli inganni e i tranelli e avrebbe soggiogato tutte le acque e Terra, la più passionale e carnale, la più sibillina e profetica, colei che avrebbe vigilato sulle viscere, protetto la nuova genesi terrestre e amato ogni essere vivente. Madre Natura plasmò per ultimo Etere, la quintessenza dell'universo, sostanza permeante il cosmo, colui che avrebbe concatenato tutti gli elementi donando loro stabilità o togliendola.
Proprio mentre Madre Natura foggiava il suo ultimo cavaliere, Etere, il più instabile e incontrollabile, Caos scoprì il luogo prescelto per la genesi e lo distrusse usando le fiamme degli inferi. Madre Natura nulla poté per prevedere quell' attacco e nulla poté per salvare Etere che morì in quell' incendio non ancora del tutto formato. A quel punto la lotta fu aspra, Madre Natura schierò e scatenò i suoi quattro Elements - Aria, Acqua, Terra e Fuoco - appena vivificati con la magia del cosmo che con la forza del loro potere primordiale segregarono Caos nel buio delle viscere del pianeta. Fu isolato nel più profondo del profondo, imprigionato dentro una gabbia di diamanti e magia pura e controllato dai Curators, piccoli esseri iridescenti creati per questo unico e precipuo scopo, non dotati della percezione del bene o del male, semplicemente custodi spietati con il solo compito di difendere il confine della prigione infernale. Da quel momento sul pianeta Terra, così venne battezzato in onore del cavaliere Terra che aveva combattuto più valorosamente di chiunque altro per vendicare Etere che aveva visto morire sotto i suoi stessi occhi, prosperò la vita in forme e sembianze diverse.
Piccoli batteri e organismi unicellulari che nel corso dei secoli si trasformarono in pesci, anfibi, uccelli, rettili, mammiferi e infine l'eccellenza di Madre Natura, il suo orgoglio, la Razza Umana. Da allora Caos tentò più volte di spezzare le sbarre della sua gabbia dorata con l'aiuto dei suoi fedeli Predonum, ingannando, corrompendo o uccidendo i Curators con il veleno mortale degli artigli dei suoi guerrieri alati. Trattasi di uccelli vulturidae della famiglia degli avvoltoi, testa e collo senza penne, occhi a fior di capo, artigli acuminati e becco grosso e potente. Vere e proprie armi con l'unico scopo di attaccare e sbranare, ma soprattutto dispensatori di inquietudine, discordia e devastazione. Alcuni Predonum erano sopravvissuti alla battaglia primordiale e si erano nascosti in anfratti oscuri, dove Madre Natura non riusciva ad arrivare. Talvolta, a scadenza regolare nel tempo, si manifestavano sulla terra e riuscivano a trovare delle brecce nel cristallo impenetrabile della gabbia del loro padrone oscuro. In quelle occasioni Caos riusciva a portare sulla terra devastazione, paura e morte che mai prima di allora erano esistiti perché non era esistita la vita stessa. Questa nuova forma di sterminio – la morte degli esseri viventi - forniva a Caos abbastanza forza e determinazione per tentare la fuga dalla sua prigione e ogni sconfitta lo riforniva di nuova determinazione per tornare più forte di prima. Quando i Predonum aprivano la breccia e Caos riusciva a trasmettere la sua magia oscura ai suoi discepoli questi avevano il compito di distruggere il pianeta incendiando la terra e i suoi frutti, devastando i mari e i cieli e svegliando i vulcani e le fosse attraverso delle spore diaboliche che infettavano tutto ciò che toccavano, animato ed inanimato, a tal punto da farlo impazzire. Quando l'attacco doveva essere più mirato i Predonum uccidevano con il veleno dei loro artigli, mortale quanto quello dello scorpione e immediato quanto la ricina o con i lunghi becchi affilati e taglienti quanto la lama di una sciabola. Nessuno sopravvive ad un loro attacco.
Quella devastazione imponeva a Madre Natura di risvegliare i suoi cavalieri, gli Elelments, dal loro placido sonno, per riportare la quiete attraverso il dominio dei loro elementi con sapienza e maestria e la distruzione del maggior numero possibile di Predonum. Dopo la comparsa della razza umana la situazione si complicò e gli attacchi di Caos divennero più difficili da controllare. Caos, attraverso i suoi Predonum, oltre a sconvolgere terre, mari e cieli, riuscì a confondere la mente degli uomini, portandoli sul baratro della disperazione e della furia cieca. Non aveva mai avuto a che fare con questo tipo di creature, ma comprese in fretta che si trattava di esseri imperfetti, dotati di libero arbitrio che era facile da modellare e intorpidire. Questo provocò guerre, soprusi, lotte, scontri, popoli contro popoli, figli contro padri e padri contro altri padri. Per riportare l'umanità sulla retta via e proteggerli da Caos e dai suoi fidati rapaci, ma anche da loro stessi, fu necessario per Madre Natura dare ai suoi Elements forma umana e cuore umano. Solo così avrebbero compreso il loro animo, solo così avrebbero saputo come agire. 
Ciò cambiò tutto. Gli Elements per assolvere al loro compito dovettero nascondersi tra il genere umano e vivere con esso e come esso sopportare gioie e dolori fino alla morte stessa, reincarnandosi una volta ancora senza memoria fino al risveglio dettato dalla necessità di chiudere una breccia oscura. Madre Natura era in grado di percepire la zona dove il male era più intenso e dove quindi era presumibile fosse affiorato dagli inferi, in quel luogo risvegliava il suoi Elements dando loro il compito di trovare e chiudere la breccia formata da Caos. Nel corso dei secoli gli Elements sconfissero ripetutamente Caos e i suoi Predomun, ma ogni volta le conseguenze peggiorarono. Questo perché i cavalieri di Madre Natura diventavano sempre più umani, soprattutto Terra che già per natura era passionale e carnale. Ogni volta l'attrazione che da sempre aveva unito Terra e Fuoco dominava sul bene collettivo e sebbene Caos venisse sempre rispedito nella sua gabbia e molti Predonum sconfitti, gli uomini venivano lasciati in balia delle loro passioni, soprattutto di quelle più feroci causate dalle spore spietate e fatali che i Predonum riuscivano a diffondere prima di essere annientati o di nascondersi nuovamente in meandri introvabili. In mezzo a tutto questo Madre Natura non poteva intervenire, ma solo risvegliare i suoi cavalieri e osservare l'evolversi della lotta. Il giorno stesso in cui aveva plasmato per la prima volta i suoi Elements aveva proclamato questa legge superiore per la quale il suo unico compito sarebbe stato di fecondare il pianeta restando neutrale dinnanzi a Caos e alle sue manifestazioni, solo agli Elementi era affidato il compito di domarlo e sconfiggerlo. Non poteva permettersi di esporsi: se Madre Natura fosse morta non ci sarebbe più stato nulla da proteggere. 
Ma questa volta sarebbe stato differente. Questa volta avrebbe risvegliato i suoi Elements, ma protetto gli essere umani. Il primo passo sarebbe stato tenere separati Terra e Fuoco a qualunque costo. Il loro unico scopo doveva essere chiudere la nuova breccia per sempre. 
PARTE I
 
Caos nella gabbia diamantata
- Figliolo, finalmente è arrivato il tuo momento. Ormai sei pronto, sono secoli che cullo i tuoi poteri fino a renderti invincibile e invulnerabile. Sei la mia creatura, il mio braccio destro, seme del mio seme. Dominerò il mondo perché tu me lo consegnerai su un vassoio di sangue e questa volta Lei non potrà opporre resistenza che tu non possa abbattere. Né Lei né i suoi cavalieri hanno la più piccola possibilità contro il tuo potere. Tu sei uno e cinque, tu sei il tutto e il nulla. Sei stato abbandonato quando eri solo, indifeso e incompleto, Io ti ho accolto tra le fiamme degli inferi della terra e ti ho cresciuto per diventare il più potente tra i potenti, il più forte tra i forti e l’unico che sopravvivrà tra tutti i figli di Madre Natura.
- Sì, Padre.
E un fumo nero come il buio della notte avvolse il Padre che spingendo le braccia verso il cielo discese da dove era arrivato, la profondità della terra e lasciò suo Figlio laddove era giusto che fosse, ma con tutt’altro scopo di quello per il quale era stato creato. Un’altra breccia era stata creata, i Predonum stavano già diffondendo il panico e la devastazione, ma questa volta Caos aveva una nuova arma, invincibile e insospettabile.
 
Madre Natura
Così tante volte nella storia dei secoli ho richiamato a me i miei cavalieri. Li amo così tanto, ma sono pienamente consapevole di quanto doloroso può essere ogni volta il loro ritorno alla vita. Da sempre con sembianze così diverse, ai primordi della vita solo proiezioni di entità luminose, poi animali talvolta potenti, altre minuscoli e intelligenti e infine uomini, grandi uomini e donne, donne coraggiose. Hanno aspetto differente e il loro potere si manifesta sempre dissimile, ma adeguato all’epoca in cui vivono. Il cuore che batte nei loro petti è sempre lo stesso e sempre gli stessi gli ostacoli: i sentimenti. Solo loro però possono salvarmi, solo loro hanno il potere di farlo e non ho altra scelta, l’oscurità che avvolge il mio pianeta lo porterà alla distruzione e non posso permetterlo, lo amo troppo. La terra trema, il mare ulula, i venti gridano e gli inferi si ribellano alla costrizione del loro giusto posto: un'altra breccia è stata aperta. Se non risveglierò gli Elements gli esseri viventi soccomberanno a questa tortura.
Dovrei cominciare con Terra, è lei che servirà più di chiunque altro, sono le sue viscere che vengono sconvolte e devastate dall’oscurità e dalla cecità, ma come sempre è la più ancorata alla materialità e per questo la più faticosa da riportare alla vita. Sarà quindi Fuoco il primo, è certamente il più completo, ha la ferocia delle fiamme, la passione dell’esplosione, la forza dell’incendio, ma la dolcezza del calore, la stessa dolcezza che saprà ridestare Terra come ha sempre fatto, legato ad essa da un vincolo primordiale che li porterà ad amarsi e distruggersi. NON QUESTA VOLTA. Non l’ho mai fatto, non tocca a me decidere del loro destino, io li ho plasmati, ma non li possiedo. Come ogni essere vivente su questo pianeta, anche loro sono dotati di libero arbitrio, ma questa volta sarò più cauta. Non risveglierò i ricordi di Terra e Fuoco, lascerò una nebbia schiarita solo da quello che serve per renderli consapevoli della loro missione.  Terrò ben celati i sentimenti che da sempre scuotono l’animo di questi incauti figlioli, non posso fare lo stesso sbaglio. L’ultima volta ci ha quasi portato alla distruzione. QUESTA VOLTA NON LO PERMETTERO’.
 

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Capitolo 2
*** Maya: oggi ***


Maya: oggi
Non mi piace quando vengo sorpassata dalle moto, le sento arrivare e so che non rallenteranno perché mai si aspetterebbero di vedere in strada un così strano mezzo di trasporto e poi mi investe un’onda d’aria che mi fa tremare e il loro rombo mi stordisce. Quindi mi fermo e aspetto paziente che passi. Così farò proprio ora, l’ho udita poco fa, dalla vibrazione dell’asfalto e il frastuono del motore, tra qualche istante sarà tutto passato. Cosa succede? La moto ha rallentato, non capita mai… Nessun vento o rumore, solo un fruscio leggero e un formicolio dolce e languido, poi un profumo che conosco, ma non so dove l’ho già incontrato: è legno e agrumi, forse bergamotto … mi volto. Sotto un casco nero come la notte, due occhi nocciola e oro mi fissano intensamente, mi sento nuda e fragile, ma se n’è già andato, silenzioso com’è arrivato. Che strana sensazione, ma in fretta tornò alla realtà.
- Salve signora Torre, c’è Chicco?
Il citofono fischia leggermente, mi avvicino per comprendere la risposta.
- No Maya, mi dispiace. Ti apro così entri…
Non capisco cosa prenda a quel ragazzo, mi fa impazzire, cambia umore e idea come il vento cambia direzione. Lo sapeva che sarei arrivata. Ultimamente non lo capisco più, eppure siamo sempre stati come fratelli, anzi gemelli siamesi.
- No, grazie. Vado a casa, gli dica che sono passata.
- Ma sei sola? Sei sicura? Ti accompagno io a casa… davvero Maya dammi due minuti e sono pronta.
Ormai mi trattano tutti così, disponibili e gentili quasi alla nausea, ma capisco che nella testa della gente ho più bisogno di aiuto che di fiducia.
- No, grazie, non si preoccupi, sono arrivata con la mia Spider…
Sento un sospiro, lieve e soffocato, probabilmente ha avuto l’accortezza di allontanarsi dal citofono per farlo, ma seppur impercettibili li sento tutti quanti. Dopo l’incidente i sospiri della gente sono diventati i miei peggiori incubi. Pensare che con la battuta della Spider volevo farla sorridere non certo sospirare!
Saluto educatamente e decido di scrivere un messaggio a Chicco su wapp. Scendo dal marciapiede, facendo il giro largo anche se questo gradino è basso e potrei azzardare, ho fatto ben di peggio. Mi accosto per prendere il cellullare che tengo nello zaino appeso dietro, in quella sacca scolorita ho tutto il mio mondo, tutto quello di cui ho bisogno davvero. Mi accorgo di essere vicino alla villetta dei miei terribili gemellini, prima di tornare a casa è meglio se entro a salutarli. Dopo l’incidente non sono più stata a casa loro, ultimamente ho ripreso a fargli da baby-sitter, ma sempre da me per ovviare al problema scale. Mi occupo di loro da quando hanno undici mesi, sapevano a mala pena gattonare, ma erano già in grado di combinare un sacco di guai. Impossibile dimenticare come mi accolse Roby, seduto davanti alla porta d’ingresso con in mano un cucchiaio di legno da cucina, in testa un cappello da chef e la più bella bavaglia che avessi mai visto: “Eccomi mi chiamo Roberto e da oggi comando io!”. In lontananza intanto sentivo le urla di Giacomo, sembrava che qualcuno stesse spennando un pollo vivo, invece era Giacchy che voleva che il padre cambiasse canale. E infine Filippo, che con quei riccioli biondi che incorniciano un viso candido e tutto da pizzicare, gli occhioni azzurri come un lago ghiacciato e un paio di guanciotte rosse e tirabaci: l’incarnazione dell’autentico putto fiorentino. Peccato che al posto delle ali angeliche avesse coda e forcone come un diavoletto diabolico e che il suo passatempo principale fosse arrampicarsi sulla mia schiena lanciandosi da qualsiasi supporto trovasse. Tre pesti allo stato puro.
Mia madre e la loro sono amiche da sempre ed era parso a tutti naturale che essendo io in età da lavoretti diventassi la loro baby-sitter. Tutto sommato anche a me stava bene, la mancia che mi avevano assicurato era più che adeguata e la mia vita sociale piuttosto monotona. Non potevo però immaginare che mi sarei ritrovata a dover gestire una piccola banda di teppisti. Chi poteva crederlo? Grazia, mamma/amica/datore di lavoro ha cominciato a portarli a casa nostra per qualche consiglio o qualche minuto di riposo fin da neonati, ma fortuna o caso volle che in quelle circostanze i piccoli angioletti dormissero o io fossi troppo impegnata con lo studio per soffermarmi oltre un saluto veloce. Pertanto per undici mesi sono stata autorizzata a crederli bravi, buoni e silenziosi. Mia madre mi avvertì vagamente che non sarebbe stata una passeggiata far loro da tata, ma si limitò a descriverli vivaci, non certo indemoniati.
- Mamma cosa vuoi che siano poche ore? Gli racconterò un paio di favole e poi dormiranno… magari riesco anche a studiare…
Studiare? Sarebbe già stato un successo riuscire a sedermi. Insomma quel giorno, intendo il primo giorno di lavoro, entrai con la prospettiva di una serata tranquilla e invece dovetti affrontare Roby spaccattutto, Giacchy spaccatimpani e Pippo spaccaschiena. La signora Bruni mi sussurrò molto velocemente di guardare sul tavolo della cucina dove avrei trovato una serie di istruzioni scritte su un foglio in modo che non le dimenticassi, ma secondo me voleva solo scappare prima possibile per evitare che uno dei tre la bloccasse alla porta e dovesse rinunciare alla sua prima serata da sola con il marito dopo undici mesi di astinenza da qualsiasi attività che non riguardasse pannolini, biberon e ninna nanne.
Mi diressi subito in cucina e per farlo passai accanto a Roby che allungò il cucchiaio verso le mie caviglie tanto da farmi inciampare. Mantenni l’equilibrio e proseguii verso il tavolo dove trovai ciò che cercavo. Le istruzioni erano poche e chiare. Prima di tutto cambio pannolino e pigiama, poi biberon di latte e miele, infine storia della buona notte. Il tutto da fare subito o comunque entro e non oltre le ore venti altrimenti i gemelli si agitavano troppo e diventava difficile metterli a letto, almeno questo quello che aveva scritto su quel foglietto. Per un attimo mi frullò in testa l’immagine di tre bambini che come cenerentola, scoccate le ore venti, si trasformavano da piccoli lattanti a scimmie indiavolate devastatutto. Scoppiai a ridere, non potevo certo immaginare quanta verità ci fosse in quell’incubo ad occhi aperti. Avevo più di un’ora per assolvere i miei compiti, decisi quindi di ignorare il suggerimento di mettermi all’opera in fretta e andai a controllare i piccoli. Roby aveva gattonato fino al salotto e stava picchiando con il cucchiaio un povero pinguino peluche, Giacchy strillava rivolto allo stesso pinguino che poveretto in mezzo a quella confusione era l’unico a rimetterci, di Pippo nemmeno l’ombra… fino a quando non sentii un colpo sulla schiena, zona lombare, e mi accorsi che l’angioletto biondo si era lanciato dal tavolino su di me -  e solo il Signore sa come era riuscito a salirci, ma soprattutto come era riuscito ad evitare di precipitare –  e aveva tutta l’intenzione di aggrapparsi a me con unghie e denti per non cadere nemmeno fossi stata la sua mamma koala. Mentre cercavo di acchiappare Pippo contorcendomi come un’anguilla, gli altri due pensarono bene di rincarare la dose e cominciarono a colpirmi con il cucchiaio di legno e con il povero e innocente pinguino. Immagino la scena possa apparire divertente, ma giuro che lo fu molto meno di quanto non avrei voluto. Ci volle tutta la mia calma e concentrazione per ripristinare un po’ di normalità e anche allora non avevo certo la situazione sotto controllo, ma perlomeno non mi stavano più picchiando. L’arma segreta che utilizzai è anche la mia dote più spiccata: il disegno e la fantasia.  Quei piccoli furfanti non erano in grado di disegnare, ma guardandomi intorno scoprii in fretta che erano affascinati dagli animali, ogni giocattolo o immagine sparsa per la casa riguardava uni di essi. Veloce come mai, recuperai carta e matite colorate e gli preparai delle vignette che scorrendo una dopo l’altra creavano delle tigri in movimento. Ne furono incantati a tal punto da restare ammutoliti per quasi un quarto d’ora. A quel punto li avevo calmati e riuscii a portarli al piano superiore per cambiarli e metterli a letto. Mancavano pochi minuti all’orari indicato sul foglietto lasciato dalla signora Bruni e questo mi agitò parecchio perché dopo averli visti in azione non potevo più dubitare della veridicità delle sue parole. Pannolino, pigiami e storia della buona notte… in perfetta sequenza ed entro il tempo limite. Ci vollero cinque favole, ero sul punto di addormentarmi io stessa, ma finalmente cedettero e si addormentarono. Li guardai a lungo, erano bellissimi ed era impensabile crederli gli stessi monelli che mi avevano assalito. Da quel giorno diventai la loro baby-sitter fissa, avevo superato il test, mi avevano scelta e io avevo scelto loro e da allora sono passati quattro anni. Questo inverno, nel periodo di fermo forzato nei mesi successivi all’operazione, i signori Bruni erano disperati. Venivano in ospedale e, un po’ per farmi sorridere, un po’ per disperazione, mi raccontavano di come i gemelli si impegnassero per allontanare qualsiasi tata venisse loro proposta. Sebbene le modalità cambiassero, a volte erano i gemelli a farle fuggire, altre erano loro stesse a scappare a gambe levate, il risultato era il medesimo: non potevano più uscire senza avere il terrore che prima o dopo arrivasse una telefonata per avvisarli che dovevano tornare a casa perché i gemelli avevano combinato l’ennesima bravata.
Scrivo velocemente a Chicco, mi ha chiesto lui di passare e mi infastidisce che non si faccia trovare, sa perfettamente che i miei spostamenti sono faticosi. Per lui farei questo ed altro, ma ultimamente si comporta in modo strano e credo sia arrivato il momento di parlarci chiaramente.
Citofono a casa Bruni, spero di vedere i gemellini. Mi aprono, passo dalla porta della cucina perché davanti all’ingresso principale ci sono dieci gradini, mai come dopo l’incidente ho scoperto quanto inospitale può essere una casa o una città. Davvero tanto, davvero troppo. Non li vedo e non li sento, solitamente quando scoprono che sono io ad aver citofonato i gemelli corrono in cucina per saltarmi in braccio. Roby mi sale in grembo, Giacchy comincia a spostarmi a destra e sinistra come se fossi un carrello della spesa e Pippo, beh Pippo è Pippo quindi si posiziona sopra qualche sedia e si lancia dimenticandosi spesso di prendere bene le misure e finendo immancabilmente a terra sbellicandosi dalle risate. Abbiamo tutti stabilito che da grande farà lo stuntman.
- Permesso, c’è qualcuno in casa?
Nessuna risposta. Eppure qualcuno mi ha pur aperto il cancello d’entrata. Mi dirigo in salotto, ma anche qui non c’è nessuno, poi sento una voce che non riconosco.
- Arrivo, un attimo.
È una voce maschile, ma sono abbastanza certa non si tratti del papà dei gemelli, è troppo roca e giovane. Ma chi è? Un profumo noto mi avvolge: è legno e agrumi, forse bergamotto, è lo stesso del motociclista… mi piace, anzi mi è sempre piaciuto perché sono certa di conoscerlo da molto, molto tempo. Sono un po’ scocciata, dall’incidente non amo le sorprese e soprattutto non amo conoscere persone nuove, soprattutto fuori dalla mia gabbia dorata cioè casa mia. Solo lì mi sento a mio agio, mia madre e mio padre hanno riorganizzato tutti i locali per rendermi autonoma e indipendente anche quando sono sola. Lì mi sento di nuovo normale e la carrozzella perde parte della sua sterile ferocia per lasciarmi qualche momento di spensieratezza. Dopo tutti questi mesi non mi sono ancora abituata alla mia condizione, ma nel mio regno per lo meno sento di potermi garantire un briciolo di autonomia. I dottori insistono dicendomi che potrei tornare a camminare, che è solo colpa mia se sono ancorata su questa sedia, che è tutta una questione di testa perché le mie gambe dopo l’operazione, contro ogni previsione e logica, sono tornate funzionali. Io non credo sia come dicono loro, io vorrei guarire, vorrei tornare ad avere una vita normale, è insensato pensare che non sia così. Sono convinta ci sia qualcosa che mi impedisce di tornare a camminare, qualcosa che non va nel mio corpo che i dottori non hanno ancora trovato. Mia madre e mio padre sembrano rassegnati, non hanno preso una posizione, né danno ragione ai dottori, ma nemmeno mi hanno più fatto fare dei controlli per verificare quello che sostengo. So che non sono più una ragazzina, ho diciannove anni e da parecchio ormai sono capace di badare a me stessa, ma questa nuova condizione ha cambiato tutto.
- Eccomi!
Santo cielo, ma chi è quel tipo? Quegli occhi, li conosco…
- Ciao, ci conosciamo?
Quegli occhi, li conosco…
- Scusa, sono forse sporco?
Quegli occhi li conosco. Sono consapevole che sto fissando quel ragazzo senza alcun ritegno, ma non posso farne a meno, quasi sicuramente penserà che sono una psicopatica. Adesso devo riprendere il controllo del mio corpo e della situazione, poi capirò perché quegli occhi mi sembrano così famigliari.
- Scusa, ciao, sono Maya. Pensavo di trovare in casa i gemelli, ma tu chi sei?
- Sono Lukas e sono il fratello di Grazia, la mamma dei gemelli. Se non ricordo male tu sei la loro baby-sitter.
Ribatto d’impulso e leggermente scocciata.
- Come fai a saperlo?
Mi sento in svantaggio, lui sa chi sono mentre io non avevo nemmeno idea che i gemelli avessero uno zio, tantomeno che ne avessero uno così figo. Sì, perché Lukas mi sta squadrando dalla testa a i piedi o meglio dalla testa alla carrozzina, come se fossi io quella mezza nuda, quando al contrario è lui che senza vergogna sta di fronte ad una perfetta sconosciuta in accappatoio.
- I gemelli ti adorano e credono siano anche segretamente innamorati di te. Ero curioso di conoscere la famigerata Maya, devo dire che la fama è stata ben meritata.
Molto preoccupata cerco di capire contro quale titolo dovrò lottare.
- Esattamente quale fama mi ha preceduta?
Se i gemelli hanno raccontato qualcosa di sconveniente questa volta li strozzo. Purtroppo passando molto tempo con loro ed essendo così piccoli spesso ho dovuto fare scelte un po’ imbarazzanti, come andare in bagno con la porta socchiusa o sputacchiare e ruttare come uno scaricatore di porto solo per attirare la loro attenzione.
- Bella, bella e più bella anche della principessa Elsa di Closen!
- Frozen, Elsa è la regina di Arendelle in Frozen.
Ignorante e sfrontato, ma simpatico.
- Vieni, ti offro qualcosa.
Sto pensando e ripensando se qualcuno mi ha mai parlato di lui. Mi viene in mente che qualche volta Grazia, la mamma dei gemelli, mi ha raccontato di questo zio francese con il quale parlano telefonicamente una volta alla settimana e che li tiene al telefono un sacco di tempo, ma avevo pensato ad uno zio anziano e barboso e non a questo super figo dagli occhi nocciola fuoco. Ma dove ho già visto quegli occhi? Lo seguo in cucina, è molto educato e mi propone un bicchiere di thè freddo al limone. È la mia bevanda preferita, che i gemelli gli abbiano detto anche questo? Mi sento strana, serena e tranquilla e mi accorgo che per la prima volta da tanto, tanto tempo mi sono dimenticata di essere paraplegica e ho affrontato una conversazione senza preoccuparmi di cosa pensa il mio interlocutore della mia situazione. Lo guardo con maggior attenzione mentre si versa anche lui un bicchiere di thè. È molto carino, avrà venticinque o ventisei anni, è alto, anche se la mia percezione dell’altezza da quando sto seduta qui è un po’ cambiata. Comunque sono certa che se anche mi trovassi in piedi mi supererebbe di almeno quindici centimetri. Capello biondo scuro ribelle, corti sulla nuca e più lunghi sulla fronte. Fisico atletico che da una certa sicurezza sebbene non si notino muscoli particolarmente sviluppati - Chicco, sotto questo aspetto, è decisamente più dotato. Ha un’aria rassicurante ma anche misteriosa, come se avesse dei segreti pronti per essere scoperti. Mi piace anche il suo nome, di evidente origine latina il cui significa se non ricordo male è “luce”. Ma ciò che colpisce immediatamente al primo sguardo sono i suoi occhi, credo si possano definire nocciola, ma in realtà hanno sfumature che tendono al rosso e all’arancio. Sembrano fiammelle che si materializzano ad intermittenza nella sua iride, ne sono affascinata e forse anche un poco spaventata. Il mio esame accurato non sfugge a Lukas che però non pare esserne turbato, al contrario si lascia rimirare con un pizzico di vanità. Faccio un confronto e mi rabbuio, penso a lui così fiero e slanciato verso il cielo e il futuro e io china su me stessa e relegata a guardarmi i piedi, qualcuno la chiama depressione, io la chiamo dura realtà. Questi pensieri cupi cambiano la sensazione di parità che ho provato fino a poco fa e Lukas se ne accorge perché i suoi occhi sempre più infuocati mi fissano perplessi, riesco quasi a capire, senza che pronunci parole, la domanda che si sta facendo: perché quella ragazza ha cambiato umore? Non è la prima volta che mi capita, spesso in un momento di apparente serenità mi rabbuio e le persone che mi circondano si crucciano pensando di aver fatto o detto qualcosa di sbagliato. Il problema non sono gli altri, piuttosto sono io, che senza preavviso mi lascio deprimere da piccoli dettagli che ai più sembrano inconsistenti, mentre per me diventano motivo di sconforto e rabbia. Ad esempio una farfalla che mi svolazza accanto e che mi ricorda che mai più riuscirò a sentirmi libera dalle catene della mia sedia a rotelle o la risata cristallina di un bambino che mi ricorda che non potrò mai regalare quella stessa sensazione di sicurezza e protezione che rendono un bambino libero di sorridere spensierato o ancora la scia bianca di un aeroplano che sfreccia verso l’ignoto che mi ricorda a quanti viaggi dovrò rinunciare per la mia dipendenza a persone, cose e situazioni. Mi rendo conto che la mia è pura autocommiserazione e so anche che quel dannato giorno poteva andarmi molto peggio, ma non sono ancora capace di non soffrirne, sebbene sia pienamente consapevole della mia condizione, di ciò che comporta ed estremamente convinta di poterci convivere.
- Maya che ti prende? Sei rimpicciolita alla dimensione di un topolino impaurito.
Non mi offendo, ha ragione, un giorno mentre mi sorprendeva uno di questi momenti, mi trovavo di fronte al grande specchio del corridoio di casa mia e il riflesso che mi guardava non ero io, o perlomeno non era la Maya di prima dell’incidente. Gli rispondo, non voglio che provi pietà, piuttosto preferisco mi creda un po’ scervellata.
- Tutto bene, ero solo persa nei miei pensieri. Dimmi, cosa fai nella vita? A differenza di te io non so nulla di zio Lukas. Né Grazia, né i gemelli ti hanno mai nominato.
Questa volta è lui a rabbuiarsi, forse sono stata un po’ pungente, ma volevo che smettesse di pensare a me e alle mie pene.
- In realtà sono solo un fratellastro, adottato in seconde nozze dal padre di Grazia. Sono nato e cresciuto in Francia perché la mia mamma adottiva era di origine francese e dopo pochi mesi di vita in Italia ha preteso di tornare nella sua Parigi perché qui si sentiva un pesce fuor d’acqua. Grazia era già grande e decise di rimanere in Italia a casa dei suoi nonni materni, per questo motivo non ci siamo mai conosciuti davvero. In dieci anni, all’epoca dell’adozione avevo circa quindici anni, ci saremo visti un paio di volte all’anno e da quando sono nati i gemelli ancora meno, ma ci sentiamo telefonicamente tutte le settimane e sebbene i gemelli non ricordano il colore dei miei occhi sanno tutto dello zio Lukas perché da quando sono nati passo almeno quindici minuti al telefono con ognuno di loro, spesso facendo veri e propri monologhi. Voglio molto bene a Grazia perché nonostante non siamo davvero fratelli mi ha sempre dimostrato affetto e più di chiunque altro mi ha capito e rispettato. Per questo motivo ho deciso di passare qualche giorno da loro prima di partire. lo so, siamo una grande famiglia confusa…
E scoppia in una risata imbarazzata, ma non sembra turbato, solo un po’ indeciso se aggiungere altro o fermarsi.
- Cosa significa che avevi circa quindici anni?
Di tutto quello che mi ha raccontato la mia attenzione si è focalizzata su questo punto e non sono riuscita a trattenermi dal pretendere una spiegazione, anche se non ne ho né diritto né facoltà.
- Non ricordo nulla di quello che mi è successo prima che mi trovassero e portassero nell’orfanotrofio, nemmeno la mia età.
Che strana coincidenza! Conosco altri ragazzi, solo due in realtà, che sono stati adottati, ma è la prima volta che incontro qualcuno che come me non rammenta nulla della sua vita precedente. Sono stata trovata vicino al sasso Naticarello nei boschi di faggi secolari del monte Cimino da un alpinista, avevo circa tre anni o almeno questo è quanto i medici supposero in seguito ad un’attenta visita perché per mesi da quel giorno in poi rimasi muta e anche dopo aver ricominciato a parlare non ho mai ricordato nulla della mia storia. Non ricordavo nemmeno il mio stesso nome, mi chiamarono Maya solo perché trovarono scritto questo nome sulla roccia. Se questo può sembrare un fatto strano, molto più anomalo fu il tipo di inchiostro con il quale fu scritto: sangue animale. Tutto del mio ritrovamento ebbe dell’incredibile. L’alpinista mi scovò solo per caso, scivolò dal sentiero principale, ritrovandosi a pochi passi dal sasso senza nemmeno un graffio. Raccontò di esser certo di non aver né inciampato né perso l’equilibrio, fu come se il terreno lo avesse trascinato volutamente verso il ciglio del sentiero e un vento tiepido lo avesse sospinto e accompagnato nella caduta. Ovviamente lo presero per matto o per lo meno la gente pensò che certamente avesse sbattuto la testa o bevuto troppa sambuca prima di prendere la via del ritorno dalla cima del monte Cimino. Mi trovò nuda, con al collo un medaglione contenente il seme di una pianta, avvolta in una coperta fatta di uno strano materiale terroso che però sparì appena arrivammo in paese. Nel caso in cui la sua caduta e la coperta di terra non fossero bastate per etichettarlo strambo, il bravo alpinista raccontò che per ritrovare il sentiero principale fu aiutato da una sorta di fuocherello azzurrino che leggiadro volteggiava non lontano da lui, ma non abbastanza vicino per toccarlo, ma era certo fosse caldo perché nonostante l’aria frizzante si sentì avvolto da un torpore morbido e piacevole. Era tardo pomeriggio e ad illuminare il suo cammino oltre al fuoco fatuo, definizione che gli ho dato io stessa ascoltando questo racconto, c’erano delle stelle che l’alpinista sostenne con estrema sicurezza essere già presenti in cielo a quell’orario insolito e molto più luminose di quando non avesse mai notato in tutta la sua vita. L’ultima stramberia è legata al suo arrivo in paese, il mio salvatore dichiarò che arrivato di fronte alla fontana Papaqua che dalla seconda metà del cinquecento inorgoglisce gli abitanti di Soriano, si accorse che dalle sue bocche cominciò a scorrere latte e con quello stesso mi sfamò. Quella fontana era già di per se particolarmente simbolica e mistica, tutte le figure rappresentate sono allegoriche e tutte parlano della lotta tra il bene e de l male, dopo quell’avvenimento divenne luogo di culti di vario genere. Vi sono rappresentati Mosè mentre percuote con un bastone il masso da cui sgorga l'acqua per dissetare una folla di ebrei imploranti. C'è una faunessa gigantesca con i piedi di capra che stringe a sé tre piccoli insidiati da un satiro. C'è poi un pastore che pascola il gregge suonando il flauto, e un gigantesco Pan che agitando una verga squarcia la terra. Infine vi sono quattro statue rappresentanti le stagioni. Quando l’alpinista fece la sua dichiarazione tutti accorsero alla fontana per verificare, ma anche questa volta, come per tutte le altre stranezze che aveva raccontato, non trovarono tracce che potessero confermarle e fu più facile per tutti dichiararlo brillo, sebbene qualcuno preferì dargli credito e considerare quel luogo sacro ed inviolabile. Pazzo, ubriaco o sano di mente, in ogni caso quell’uomo mi salvò ed è a lui che devo la mia meravigliosa famiglia. Se non mi avesse trovato probabilmente non avrei superato la notte.
Chissà cosa penserebbe Lukas se gli raccontassi questa misteriosa ed illogica storia? Meglio di no, ci conosciamo da pochi minuti e non voglio certo che mi cataloghi tra le stramberie viventi. Sono in pochi a conoscere questa vicenda, non la rendo pubblica volentieri anche perché la considero io stesso il farneticare di un uomo un po’ confuso, anche se tra i miei primi ricordi, pochi giorni dopo il mio arrivo a Cimmino, c’è l’immagine di una donna anziana che mi si avvicina mentre gioco nel cortile della parrocchia e mi getta della terra oltre la schiena bisbigliando parole incomprensibili, cosa che può essere letta in duplice maniera. La donna credeva alle parole dell’alpinista e con quel gesto cercava di proteggermi da qualcosa o semplicemente in quel paese erano tutti strani e come l’alpinista era stata suggestionata da una situazione insolita in un noioso paesino, quale poteva essere il ritrovamento in un bosco di una bambina senza memoria.
Sarà meglio che torni a concentrarmi su Lukas prima si stranirlo con il mio silenzio pensieroso. Cerco quindi di riprendere il filo del discorso:
- Sei stato fortunato a trovare una famiglia nonostante fossi già grande…
Lukas si volta, ha finito il suo thè, mi squadra con attenzione, questa volta si sofferma anche sulla sedia a rotelle motorizzata. Si starà chiedendo come ci sono finita, da quanto tempo, ma non mi pare mi compatisca. Nel suo sguardo non leggo pietà o compassione o il sollievo di non esserci lui al mio posto. Curiosità, tanta curiosità e forse un pizzico di stupore che però non comprendo.
- Sono stato investito e sono rimasto in coma per quindici giorni. Quando mi sono svegliato non ricordavo nulla della mia vita precedente, non il mio nome, non qualcosa della mia famiglia. La polizia di Celleno ha fatto ricerche per mesi, ma non sono risultato uno dei possibili scomparsi né di quella zona, né di tutta l’Italia. Quando mi dimisero la mia destinazione era una casa famiglia fuori dalla Toscana, ma il padre di Grazia che era rimasto al mio capezzale tutto il tempo, si propose di occuparsi di me fino allo svelamento della mia identità, cosa che non è mai successo. Dopo un anno circa sono stato ufficialmente adottato e sono diventato un Di Renzo a tutti gli effetti. Poco dopo come ti dicevo ci trasferimmo in Francia a Parigi nella casa che fu dei genitori della mia nuova matrigna e ho vissuto lì fino a qualche mese fa.
- Pensavo fosse strana la mia di storia, ma anche la tua non scherza…
- Perché? Qual è la tua storia?
Sento Lukas un’anima affine e credo che un giorno gli racconterò tutto se ce ne sarà l’occasione, ma non qui e non ora. Cerco di distrarlo e mi sposto con la mia carrozzina in salotto, non mi accorgo che uno dei gemelli ha lasciato dei lego per terra e la carrozzina sbanda. Urto la poltrona e Lukas mi raggiunge probabilmente per verificare che non sia caduta. Si avvicina lentamente e non smette di guardarmi, non capisco le sue intenzioni. Si ferma solo quando è ormai a pochi centimetri dalle mie gambe e continua a guardarmi dall’alto in basso, la diversità di prospettiva è uno dei lati peggiori di essere relegata sempre seduta. Si abbassa e il suo viso si dirige lentamente ma inesorabilmente verso il mio che se potesse si staccherebbe dal collo per scappar via, ma non può. Non riesco nemmeno a parlare per fermarlo, credo mi voglia baciare, non ci sono altri motivi per avvicinarsi tanto. I suoi occhi da vicino sono ancora più incredibili di quanto pensassi, le fiammelle dorate ci sono davvero e non sono un gioco della luce sulle sue iridi. In questo momento occupano tutto lo spazio a loro disponibile e suggeriscono l’idea di un incendio che una volta divampato non può essere domato.
- Alzati e cammina, ora!
Tutta quella determinazione per dirmi le parole che Gesù Cristo disse a Lazzaro. Ma chi è quest’uomo, un santone? Un folle? Uno psicopatico? Non ho tempo da perdere e comincio a sentirmi a disagio. Quella bella sensazione di sicurezza e tranquillità che inizialmente avevano caratterizzato i modi di fare di Lukas sparì per lasciare il posto a rabbia e frustrazione. Vado di retromarcia e mi dirigo velocemente verso la cucina, voglio uscire e andarmene e non voglio più rivedere Lukas, mi sento tremare dentro come se un terremoto stesse percuotendo la mia essenza più intima o un vulcano fosse in procinto di esplodere devastando tutto quello che lo circonda. Aria, ho bisogno di aria fresca e di sciacquarmi la faccia con dell’acqua. Non mi volto, decido di proseguire per la mia strada fino a casa e mi chiudo la porta alle spalle. Ho bisogno della mia stanza, rassicurante e rimodellata a mio uso e necessità. Non voglio più pensare a quel ragazzo, non voglio più nemmeno pronunciare il suo nome, nessuno si era mai permesso di umiliarmi in quel modo. Alzati e cammina come se io non volessi farlo, come se bastassero quelle parole per risolvere mesi di prigionia.
- IO NON CI RIESCO!
L’urlo esce potente e arrabbiato e mentre succede libero i piedi dalle staffe d’appoggio, ancoro le mani sui poggiabraccia e provo a sollevare il sedere dalla sedia. L’ho già fatto altre volte, riesco ad allontanarmi giusto di un paio di spanne, poi crollo perché le gambe si arrendono. I dottori hanno detto che dovrei già camminare, che inspiegabilmente sono guarita completamente nonostante la lesione alle vertebre lombari L1 - L3. Quando sono arrivata in ospedale quella sera sono stata operata d’urgenza. L’operazione è durata sette ore e prima ancora di portarmi in camera il chirurgo aveva già dichiarato ai miei genitori con assoluta certezza la diagnosi di paraplegia. Il proiettile mi aveva lesionato le vertebre lombari, ma durante l’intervento i dottori si erano resi conto che spostarlo avrebbe provocato il collasso della colonna. Avevano quindi rimosso tutte le schegge di ossa e tamponato laddove necessario, il proiettile però era e rimaneva conficcato nella mia colonna, ma c’erano inesistenti speranze che avrei ricominciato a camminare. Poi, inspiegabilmente, qualche giorno dopo successe quello che i medici non vogliono chiamare miracolo, ma che non ha altra definizione. Le mie gambe tornarono ricettive, esattamente come prima dell’incidente, ma nonostante questo io non riuscivo a camminare. Sebbene non ce ne fosse la necessità rimasi in ospedale per un mese durante il quale mi sottoposero a ogni tipo di riabilitazione, da quella in acqua a degli stimoli con impulsi elettrici, ma la situazione non cambiava. La mia schiena rimaneva sana e io incapace di camminare. Da allora è passato quasi un anno e non è cambiato nulla.
Continuo a fare leva sulle braccia che inevitabilmente sono diventate molto più forti, sento già le gambe che si piegano, prone a mollare tutto per ritrovarsi di nuovo inermi e inutili, ma mi compaiono gli occhi di Lukas, quelle fiamme dorate che mi sfidano a fare di più e poi risento quella frase – Alzati e cammina, adesso! –
Come osa? Chi si crede di essere? Cosa vuole da me? Domande rabbiose e roventi, sento nel petto un fuoco ardermi da dentro, ma non smetto, continuo ad alzarmi.
Non ci credo, sono in piedi, le gambe stanno reggendo, le braccia si sono staccate e sono dritta. Percepisco una forza strana, come se delle radici spuntate dal pavimento mi aiutassero a rimanere in posizione restituendomi quell’equilibrio che l’incidente mi aveva tolto. Sono ancorata alla terra e sento di poterlo fare. Metto il piede destro davanti a quello sinistro, faccio un passo, il primo dopo lo sparo. Ci riesco, le radici mi sorreggono, senza però fermare la mia marcia… poi la porta di casa si apre e qualcuno mi chiama. Crollo a terra, senza più forze e come se mai le avessi avute.
- Ciao Maya, sei in camera?
È mia madre, è rincasata dopo la spesa. Se non rispondo verrà a cercarmi e non voglio che mi trovi a terra. Dopo l ‘incidente è diventato tutto complicato e sebbene anche prima fossero genitori abbastanza apprensivi, ora è decisamente peggio. Ci provano, s’impegnano, ma sapermi in giro per strada sulla carrozzina a motore è solo una delle tante angosce che gli creo. Quando l’ho pretesa per poco mia madre non sveniva, mio padre poi per un certo periodo si irrigidì sulla sua posizione che se avessi avuto quell’attrezzo non mi sarei mai impegnata seriamente per tornare a camminare, dal momento che pareva fosse solo una questione di volontà, almeno secondo i medici. Alla fine per fortuna mi accontentarono e la mia indipendenza prese una piega più accettabile.
- Ciao mamma, sto studiando, chiamami quando è pronta la cena.
 Mi sento ridicola, sono sdraiata a terra, prona con le braccia aperte e i palmi rivolti verso il pavimento, sembro l’uomo vitruviano sotto sopra e in questo momento non voglio spostarmi. Sento che è questo il mio posto, più che su quella sedia a rotelle e più che in piedi. Qui mi sento al sicuro, quasi fosse la posizione più normale del mondo o per lo meno quella più normale per me. La rabbia che mi aveva inghiottito si è dissolta nello stesso momento in cui sono crollata a terra e sebbene mi senta particolarmente lucida quasi non ricordo più perché mi sono tanto alterata… ricordo… Lukas. Quel giovane mi ha sfidato e io non ho accettato la sfida, non subito per lo meno. Arrivata a casa mi sono sentita ribollire le viscere e qualcosa di inspiegabile mi ha imposto di provarci, di alzarmi e camminare e ce l’ho fatta. Sono stata in piedi senza reggermi per qualche secondo. Ho quasi paura di averlo sognato, ma finché rimarrò qui sdraiata posso essere certa di quello che ho fatto, perché se mi trovo con la pancia su questa fredde piastrelle di cotto è perché prima ero in piedi. Ero in piedi. Ero in piedi.
- Maya cosa vuoi per cena? Pasta o pizza?
Non so quanto tempo sono stata in questa posizione, ma la voce di mia madre mi sprona a tornare sulla sedia. Sento le membra particolarmente pesanti, ma piano piano striscio verso la pedana e blocco i freni della carrozzina. Poi con le braccia faccio leva sui braccioli e mi sollevo, mi aiuto con i piedi, ma non rispondono più ai miei comandi. Sembra che quel meraviglioso momento in cui i miei arti inferiori sono tornati attivi e ricettivi sia un lontano ricordo, comincio a pensare di essermelo sognato. Forse sono solo caduta dalla sedia, ho colpito la testa e ho sognato di riuscire a fare qualche passo. Non so più cosa sia reale e cosa immaginazione, ma Lukas me lo ricordo ed è estremamente reale.
Madre Natura
Devo risvegliare i miei Figli, è arrivato il momento. Sono dormienti da così lungo tempo, un sonno letargico e sereno che da secoli ormai accompagna i miei cavalieri. I miei poteri si stanno indebolendo, una nuova minaccia ci circonda e senza i miei Figli tutte le creature sono in pericolo. È qualcosa di sconosciuto, così potente da oscurarsi alla mia vista e così oscuro da divorare ogni cosa. E’ più terreno di quanto non lo sia mai stato, di questo ne sono certa, ma non capisco di cosa si tratta. Caos ha fatto di nuovo breccia nella sua gabbia e questa volta è l’Italia la nostra tappa, non è certo la prima volta. Molte volte questa culla di civiltà e cultura è stato teatro dei tentavi di Caos e palcoscenico di furenti battaglie. Dovranno cercare all’interno della zona che ho delimitato con la mia magia, tra Viterbo, Soriano nel cimino, Cellano, Spicciano e Montefiascone. All’interno di questo pentagono naturale c’è la breccia di Caos e da lì dovranno partire per capire cosa sta succedendo.
Sono lieta che come sempre fuoco sia già pronto, fin dagli arbori è sempre stato il più dinamico, generatore di trasformazioni e in eterna evoluzione lui stesso. Purificatore tra gli elementi, principio maschile che tutto permea e tutto vivifica. Pericoloso e distruttivo senza i suoi compagni. Nel corso della storia spesso si è incarnato in personaggi di grande levatura culturale, interpreti delle scienze e della matematica, studiosi di lingue antiche e autori classici. Anche questa volta non mi ha delusa, Lukas ha lo spirito giusto per gestire e valorizzare il suo potere.
Ora tocca a lui svegliare Terra, la più restia a lasciarsi andare, ma se c’è qualcuno in grado di ridestarla dal suo torpore è proprio Fuoco che con lei ha un legame speciale e magico. Sento che il grande pericolo che sta per soffocarci è legato a lei, arriva dalla profondità degli inferi carico del suo potere infernale.

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Capitolo 3
*** Lukas ***


Chi è davvero Lukas (Maya p.o.v.)

- Maya, allora pizza o pasta?
- Pizza mamma, stasera voglio pizza. Finisco di studiare e arrivo a preparare la tavola.
Ora mi sento meglio, tutta quella confusione è passata e seduta sulla mia sedia a rotelle mi sento di nuovo normale e al sicuro. Sembra assurdo pronunciare queste parole, ma è così. Ormai la mia vita è strettamente legata a lei ed è inutile provare a negare l’evidenza. Sistemo la stanza, la mia caduta ha rovesciato il cestino della carta che ha riversato il suo contenuto nel mio zaino. Frequento l’ultimo anno del Liceo Artistico, sono stata brava o forse lo sono stati i miei professori, ma nonostante il periodo di ricovero, la successiva riabilitazione e lo stress psicologico di aver perso la funzionalità delle gambe sono riuscita a non perdere l’anno scolastico. Amo quello che faccio, ma ho scoperto che la mia vera passione è un’altra. Mi iscriverò all’Università degli studi della Tuscia, dipartimento di Scienze e Tecnologie per l’agricoltura, le foreste, la natura e l’energia qui a Viterbo e mi specializzerò in conservazione e restauro dell’ambiente forestale e difesa del sottosuolo. Ho scoperto questa passione durante le lezioni di architettura, mentre tutti erano interessati e preoccupati a capire come fosse stato costruito questo o quel elemento architettonico, io analizzavo l’impatto della sua costruzioni sulla natura circostanze e le conseguenze per l’ambiente. I miei professori hanno impiegato ancor meno tempo di me per capire quale sarebbe stato il mio futuro. Non sarà facile, la mia condizione complica tutto, ma ho la fortuna di avere dei genitori molto disponibili e una situazione economica agiata che mi permette di prendermela comoda senza sentirmi in colpa. Inoltre Celleno – Viterbo sono venti minuti d’auto e non appena arriverà la nuova macchina che potrò guidare io stessa mi sarà semplicissimo raggiungere l’università in piena autonomia.
Vado a mantenere la promessa di apparecchiare la tavola. Mia madre sta stendendo l’impasto della pizza, non è una grande cuoca, ma la sua pizza ha il suo perché e nessuno si lamenta quando decide di prepararla.
- Volevo avvisarti che stasera, dopocena, andiamo al cineforum con Grazia e suo marito. Quindi arrivano i gemelli a farti compagnia.
Gemelli uguale Lukas, mi sale una certa agitazione, ma cerco di contenerla. Certamente andrò anche lui al cinema o, tutt’al più, se ne starà tranquillo a casa.
- Va bene.
- Non sei contenta? Di solito i gemelli ti tirano sempre su il morale!
- Certo che sono contenta! Stavo solo pensando che gioco proporre questa volta.
Non ho voglia di dare spiegazioni e tanto meno di parlare di Lukas a mia madre. Non ho mai avuto una vita sentimentale particolarmente interessante. Qualche amicizia speciale, qualche bacio, poi c’è Chicco che da sempre fa parte della mia vita e che per anni si è dichiarato innamorato di me. Ad un certo punto mi sono arresa e ci abbiamo provato. Fu un periodo molto bello, siamo stati insieme sei mesi, ci siamo divertiti tanto, come sempre d’altronde e siamo andati ben oltre il bacio. Siamo arrivati fino ad essere nudi uno di fronte all’altro, pronti per superare quel confine che nessuno di noi due aveva mai osato superare con altri… ma non successe. Ci guardammo e scoppiammo a ridere. Da quel momento capimmo che il nostro amore aveva una sfumatura diversa, più affettiva che romantica. Siamo compagni di avventure e sventure da sempre, nella stessa culla, nello stesso asilo e nelle stesse scuole fino a frequentare entrambi il liceo artistico. Abbiamo provato pallavolo, karate, piano e perfino hip hop insieme. Ci siamo raccontati il primo bacio, ci siamo confessati il primo furtarello e ci siamo consolati alla prima delusione. Abbiamo condiviso la punizione per il suo primo tre in algebra, rimanendo in casa per sei sabati di fila mentre i nostri amici si divertivano tra serate in discoteca e al bowling. Ci siamo sempre bastati e capiti, almeno fino all’incidente. Da quel momento è diventato tutto più complicato. Chicco si sente in colpa, il proiettile che mi ha colpito è partito da un fucile che si trovava tra le sue mani. Non è stata colpa sua, è stato solo un’incidente, un dannato incidente, ma Chicco non si è mai dato pace e sebbene più volte mi abbia assicurato di essersi perdonato, io sono certa che ogni volta che vede la carrozzina si punisce chiudendosi a riccio e impedendomi di tornare ad essere la sua amica del cuore.
- Maya ti ho stampato la copertina della tesina per la maturità. È in borsa, vai a prenderla prima che si stropicci. E’ molto bella, ti ha aiutata Chicco?
Sarà meglio che smetto di fantasticare su passato, presente e futuro e mi concentro su mia madre perché ha le antenne come una navicella spaziale e sente odore di bruciato a chilometri di distanza.
- Sì, mi ha fatto la foto e poi l’ha sistemata con Photoshop. È davvero un’artista. Io al confronto sembro una principiante, eppure siamo entrambi al quinto anno e i miei voti sono anche più alti dei suoi.
- Cara, siete diversi, avete doti diverse. Chicco è un’artista nel senso più stravagante e originale del termine, tu sei più terrena. Con i piedi ben piantati a terra e soprattutto interessata alla forma d’arte più primordiale che esista: Madre Natura.
Ho sempre trovato il termine Madre Natura rassicurante, protettivo e immenso. Comprende ogni cosa che naturalmente si trova sulla terra, ogni cosa che senza l’intervento umano sopravvive sul nostro pianeta e ogni cosa che può dare e togliere la vita con la sua stessa bellezza e primitiva forza.
La pizza come sempre è buonissima, papà ha fatto tardi, ma è riuscito a mangiare un boccone al volo prima di farsi una doccia per andare lindo e pinto al cinema. Suona il campanello, vado io ad aprire intanto che mia madre finisce di prepararsi.
Ecco i miei tre piccoli uragani, devo smetterla di chiamarli piccini perché credo che tra non molti anni mi guarderanno dall’alto al basso. La sedia a rotelle è il loro giocattolo preferito, credo siano stati gli unici tra tutti quelli che conosco che quando mia hanno vista qui seduta per la prima volta dopo la dimissione abbiamo emesso urletti di gioia pura e cominciato a farmi girare come una trottola. Il mondo si divide in due categorie davanti ad un paraplegico. I compassionevoli, pieni di “mi di spiace e ce la farai, ti siamo vicini e se hai bisogno devi solo chiamare” e gli spocchioni che hanno mascherato il sollievo di non essere al mio posto con battutacce tipo “quando mia fai dare un giro” o “stai una favola anche seduta”. Non ho apprezzato né gli uni né gli altri, ma mi sono divertita un sacco a fare la parte della disperata o della depressa a seconda della voglia che avevo. Di certo non mi sono mai strappata i capelli come presuppone una situazione come la mia. Qualunque altro essere umano sarebbe inferocito con il mondo o depresso o rassegnato… io non provo niente di tutto ciò, semplicemente mi sono adeguata e sono andata avanti. I medici o meglio gli psicologi – sì “gli” perché i miei genitori per sicurezza me ne hanno imposti ben cinque – dicono che è questo il motivo che mi frena e che non mi permette di alzarmi e camminare. Qualche giorno dopo l’operazione e la successiva diagnosi di paraplegia è successo il miracolo e le mie gambe sono tornate sensibili agli stimoli esterni quali martelletto, caldo e freddo, pizzicotti, tiratina di dita e quant’altro. Nessuno è riuscito a spiegarsi il motivo, tra le varie supposizioni la più accreditata fu che il proiettile si fosse mosso rimettendo in ordine ciò che si era lesionato, ma nessuno ci credeva, nemmeno lo stesso dottore che l’aveva azzardata. In realtà a pochi importava il perché fosse successo, ma piuttosto perché a quel punto non mi alzavo per tornarmene a casa con le mie gambe. Da lì la riabilitazione – sebbene fossi rimasta ferma solo per qualche giorno – e poi, dati gli infruttuosi risultati, la psicoanalisi, una vera rottura di palle. Comunque nemmeno quella sta dando dei risultati perché sono ancora inchiodata a queste quattro ruote, tranne oggi pomeriggio, quando per qualche secondo sono stata in piedi senza appoggio, ma forse è stato davvero solo un sogno.
- Maya… Maya… ma sei sul pianeta terra o su quello di Dynoland?
Sono i gemelli che reclamano la mia attenzione, Dynoland è il pianeta dove ambiento molte delle favole che mi invento per farli addormentare. Per un po’ di tempo gli ho letto i loro libri favoriti, poi una sera ho deciso di provare a raccontagli una delle mie storie. Mi diletto a scrivere favole per bambini, ma non le ho mai lette a nessuno se non ai miei gemelli. Li seguo in salotto e li guardo mentre si siedono sul divano, sono quasi spaventata. Non sono abituata a tanta gentilezza e pacatezza di modi. Cos’hanno? Cosa stanno architettando?
- Maya abbiamo una sorpresa. Ti piacciono le sorprese vero?
- Certo… se sono belle sorprese!
Con loro non si sa mai, hanno la tendenza a ragionare le birichinate e a farle passare per idee tue.
- Ohoh… certo che è una bella sorpresa! Tu vuoi bene alla nostra mamma e al nostro papà?
Questo è Pippo.
- Certo…
- E a noi?
Questo è ROBY.
- Certo…
- E vuoi farci felici tutti quanti?
Questo è Giacchy. Ma dove vogliono arrivare?

  • Certo!

Si alzano dal divano e ritrovando tutta l’energia e la grinta che li contraddistingue si lanciano verso il corridoio urlando:
- Vieni zio Lukas, vedi che avevamo ragione noi. Maya ti vuole bene e vuole e rimani qui con noi questa sera.
PICCOLI FURFANTI INFINGARDI E IMBROGLIONI!
Dalla cucina piomba mia madre.
- Ma dai! Davvero! È arrivato zio Lukas? Certo che può fermarsi per aiutare Maya, con voi tre piccole pesti ci vuole tutto l’aiuto possibile.
Zio Luka un paio di… non ho nessunissima intenzione di passare una serata con lui, nemmeno se tra noi ci sono i gemelli che certamente garantiscono gran confusione e nessuna intimità, ma come faccio a spedirlo al cinema senza far capire che ci siamo già incontrati e che non ho apprezzato la sua compagnia.
Lukas è molto compito ed educato e si rivolge a mia madre.
- Salve Signora Viola, ben ritrovata.
Ma quando si sono mai visti? Mi ricorderei di averlo già incontrato! Possibile che si conoscano già?
- Ciao, Lukas, come sei cresciuto. L’ultima volta quanti anni avevi? Diciassette?
Quindi io avevo dieci anni… ma proprio non mi ricordo di averlo conosciuto o anche solo visto.
- Era l’estate dei miei diciotto anni, ero qui per il matrimonio di Grazia.
Ecco perché non me lo ricordo, quell’anno sono stata tutta l’estate a Firenze da mia nonna e rammento quando mamma mi aveva mostrato le foto del matrimonio di Grazia. In quell’occasione le avevo chiesto informazioni su un ragazzo ritratto in una delle foto perché mi avevano impressionato i suoi occhi che sembravano infuocati. Ecco doveva avevo visto quegli occhi!
- Certo hai ragione, era il 2012. Quando sei arrivato?
- Questa mattina e mi fermerò un po’ di tempo, non so quanto di preciso, Grazia insiste perché mi fermi tutta l’estate.
Tutta l’estate! Non è possibile, non ho intenzione di sopportare la sua insolenza tutta l’estate.
- Maya tu non l’avevi conosciuto al matrimonio di Viola, ricordo che eri dalla nonna. Lukas ti presento mia figlia Maya, ha diciotto anni.
Ci guardiamo, io ho tutta l’intenzione di fingere di non conoscerlo e che il nostro incontro questo pomeriggio non sia mai esistito. Per evitare che invece Lukas faccia una scelta diversa, lo anticipo sui tempi e mi presento con tutto il garbo che mi è stato insegnato.
- Piacere Lukas, lieta di conoscerti. Andrai al cinema anche tu questa sera? Mi hanno detto che il film è davvero bello e il regista uno tra i più promettenti del panorama cinematografico.
Non ho la più pallida idea di quale film andranno a vedere e tantomeno di chi sia il regista, ma non voglio che rimanga qui a casa mia con me e i gemelli.
- Davvero! E chi sarebbe il regista?
Disonesto, cafone e spregiudicato. Sa perfettamente dove voglio arrivare, ma non ha nessuna intenzione di facilitarmi il compito. Mi allontano dal salotto e vado in cucina, mi verso un bicchiere d’acqua e penso ad una strategia per obbligarlo ad andarsene. Dal salotto sento le voci dei gemelli che incitano lo zio a fermarsi a giocare con loro. Cominciano a raccontargli di quando li ho verniciati da capo a piedi con la pittura per il corpo, avevo appena finito un corso extra scolastico di body painting e voleva verificare le mie capacità. Tre piccoli capolavori: una tigre, una pantera e un koala. Peccato che ad un certo punto, Giacchy per imitare il koala e appendersi al mio collo, si lanciò dal tavolo urtando la tanica dell’azzurro e sporcando tutto il salotto. A complicare ulteriormente la situazione già difficile, Pippo e Roby usarono la pozza di azzurro come fosse un laghetto e loro pesciolini allegri. Furono due ore di duro lavoro, ma quando rientrò Grazia era tutto pulito e i gemelli dormivano quieti lindi e sfiniti. Li avevo obbligati ad aiutarmi a ripulire il salotto e consapevoli di averla combinata grossa non avevano fiatato e si erano impegnati a modo loro. Lukas rideva della vicenda, una risata cristallina e pulita, a tratti affascinante e forse un po’ arrogante. Tutto sommato se non mi avesse trattata come una ragazzina capricciosa che non si alza dalla sedia a rotelle per fare un dispetto a qualcuno, potrebbe anche piacermi, ma non posso dimenticare il suo ordine perentorio e la delusione che anche lui come tutti gli altri vedesse solo la mia condizione piuttosto che la mia persona.
- Zio Lukas un’altra volta invece abbiamo visto Maya in mutandine, erano proprio belle perché avevano…
Oh no! Non possono raccontargli di quella volta. Devo fermarli. Mi precipito in salotto, sono diventata piuttosto veloce quando la situazione lo rende necessario.
- Basta piccoli briganti, vi sembra opportuno raccontare delle mie mutandine allo zio? Dite ancora una parola e prometto che questa sera andrete a letto senza favola.
- Io sarei piuttosto interessato.
Me lo sussurra piano all’orecchio mentre si avvicina alla sedia a rotelle e la sospinge fino a portarmi davanti ai gemelli. Sfacciato, sia per la risposta che per aver pensato di potermi trasportare come un bambolotto dove gli pare e piace. Tiro il freno a mano e la sedia si blocca improvvisamente, il brusco fermo sospinge il busto di Lukas in avanti, avvicinando pericolosamente il suo viso al mio. La sua bocca è perfettamente allineata con il mio orecchio sinistro, mi aspetto altre parole taglienti, ma non sono vocali e consonanti a infuocarmi, ma un piccolo soffio, un alito leggero e il suo ciuffo che mi solletica la fronte. Non mi giro, non voglio guardare i suoi occhi, sebbene non ne ho bisogno, so già che sono attraversati da splendide fiamme dorate. Mi sento fremere dalla punta dei capelli fino alle dita dei piedi. La bocca ha perso la salivazione, le spalle si sono inarcate, i capezzoli sono turgidi e il basso ventre cerca una posizione più comoda. Nel farlo ordina alle gambe di liberarsi dalla costrizione della sedia a rotelle. Muovo un piede, lo metto a terra, muovo l’altro, anche lui si trova a terra e sento l’unione con il pavimento sotto di me. Capisco che qualcosa di potente da terra sta risalendo nelle mie gambe per dar loro la forza di reagire e sorreggermi. Sto per alzarmi.
- No, Giacchy fermo!
Chi ha urlato? È Grazia che entrando in salotto ha visto il gemello salire sul bracciolo del divano e prepararsi per il lancio. Ma è troppo tardi, Giacchy è piombato sulle mie gambe immobilizzandomi di nuovo. La magia sfuma e l’energia con essa. Ritorno alla realtà e mi sembra di aver passato gli ultimi cinque minuti in una bolla di sapone. Forse non sono stati nemmeno cinque minuti, ma solo pochi secondi nei quali per un attimo ho pensato di alzarmi e camminare. Cosa è successo? E’ stato Lukas? Mi sento stordita e preferisco non pensarci più. Solletico Giacchy. È il più monello dei tre, dieci ne pensa e cento ne combina, ma è anche il più affettuoso. Ci ho messo un po’ per capirlo ma ogni suo lancio è un modo per ricevere qualche coccola senza chiederla. Guardo Lukas che sembra particolarmente affaticato quasi avesse fatto una corsa, ha un po’ di affanno ed è leggermente sudato, forse non si sente bene.
- Noi andiamo Maya. Lukas cosa hai deciso? Torni a casa come pensavi di fare o vuoi fermarti visto che Viola ti ha inviato a restare ad aiutare Maya? Mi sembri particolarmente affaticato…
Grazia è una mamma molto premurosa e di certo lo è anche come sorella, sebbene da quanto ho capito non si conoscano molto.
- Sto bene. Se a Maya non dispiace mi fermo per aiutarla con i gemelli dal momento che questa sera mi sembrano particolarmente agitati.
Se a Maya non dispiace, certo che mi dispiace, ma cosa faccio? Racconto che oggi mi hai turbato con quella frase assurda alla Gesù Cristo – alzati e cammina – o che due minuti fa mi hai infuocata con un sospiro…
- Certo che mi fa piacere!
Esclamo con esagerato e dissimulato entusiasmo… e vediamo di arrivare a fine serata sani e salvi.
- Benissimo, allora mi fermo. Appena i gemelli saranno a letto tolgo le tende e torno a casa a piedi. Mi piace passeggiare di sera.
- Va bene Lukas, ci vediamo più tardi. Gemelli vedete di fare i bravi e di comportarvi bene o domani niente parco giochi… intesi?
Quanto adoro le minacce fasulle delle mamme, tremende promesse di torture medievali che si tramutano in nasi fumanti e occhi alzati al cielo. Bastano gli occhioni sgranati al punto giusto o la parolina magica che tutto può – che non è bidibibodibibù, ma “scusa” – e il gioco è fatto.
Niente da fare, sono proprio usciti tutti e mi hanno lasciato una zavorra pesante: Lukas. Vado in cucina a preparare il latte, nonostante abbiano ormai compiuto cinque anni ancora pretendono il latte prima di coricarsi. Per lo meno hanno sostituito i biberon con delle borracce molto simpatiche che gli ho regalato lo scorso natale. Le ho comprate in un negozio in centro Firenze, erano lì in vetrina che mi guardavano, ognuna con il nome dei miei tre piccoli birbanti e ad ogni nome era associata l’immagine di un animaletto. Per Filippo il canguro, perfetto per la sua passione per i salti, per Giacchy un leone dalla criniera dorata come i suoi capelli e per Roby un orsacchiotto con le zampe immerse in un vaso di miele, adatto al più golosone dei fratellini. Latte tiepido con un cucchiaino di miele, poi lavaggio denti e infine la storia della buona notte. Che bel suono, sento la loro risata rimbombare dal salotto. Stanno giocando con Lukas e avrei davvero voglia di partecipare anche io, ma mi sento ancora agitata per quello che è successo, però dovrò trovare il modo per chiarirgli che non può trattarmi in quel modo. Deve sapere che non sono una bambina che non si solleva dalla sedia a rotelle perché fa i capricci o perché vuole attirare l’attenzione e che non può ipnotizzarmi con i suoi giochetti da mago Merlino.
Li raggiungo in salotto e quasi non credo ai miei occhi. Sono tutti sdraiati sul pavimento avvinghiati con gambe e teste intrecciate a tal punto da creare veri e propri mostriciattoli. Pippo ha un braccio di Lukas e le gambe di Roby. Giacchy ha una gamba di Lukas e un’altra di Roby e così via. Si divertono come matti e quello che sghignazza più di tutti è proprio Lukas che all’alba dei suoi venticinque anni e della sua presunta maturità, sembra il più piccolo e disperato di tutti.
- Forza, è ora di bere il vostro latte e poi di lavarsi i denti e mettere il pigiama. Non crediate che la presenza di zio Lukas cambi le nostre abitudini.
Sono un po’ dura, ma se non mi comporto così prenderanno il sopravvento e in un batter d’occhio mi ritroverò sdraiata in mezzo a loro… o forse no… non posso più… dovrei poi strisciare come un verme per ritrovare la posizione eretta. Sento un tuffo al cuore, questo non è il primo pensiero di rimpianto che provo da quando sono costretta su questa sedia a rotelle, ma è il primo che mi fa venir voglia di urlare. Non che non abbia pianto o non mi sia disperata quando mi hanno rivelato la mia condizione, ma quasi subito un forte senso di sopravvivenza ha preso il posto della disperazione e una forza inaspettata mi ha permesso di cominciare a impostare la mia vita da questo nuovo punto di vista. Anche quando i dottori hanno constatato la mia apparente guarigione, ma le mie gambe non l’hanno confermato non sorreggendomi come avrebbe dovuto essere, non ho provato paura, ma nemmeno rassegnazione. Semplicemente mi sono intestardita e ho ripreso a programmare la mia esistenza da questa seduta, senza mai pensare a quanto perdevo, ma sempre positiva e propositiva. Oggi per la prima volta vedo quello che mi sto perdendo e mi fa male. Un dolore sincero e profondo che avevo scacciato in un angolo e che non volevo e non voglio provare. Lukas capisce che mi sta succedendo qualcosa perché mi fissa e cerca di svicolarsi dalla stretta dei gemelli, ma ormai è tardi. Il panico ha preso il sopravvento, tutto quel panico che avevo astutamente nascosto da qualche parte nella mia testa e che non doveva assolutamente proporsi adesso, davanti ai gemelli e soprattutto davanti a Lukas, ma credo di non poterci fare nulla. Il respiro diventa affannato e la vista offuscata, sento le guance bagnate di calda umiliazione. Lukas è velocissimo, si solleva dal pavimento, piazza i gemelli sul divano e accende la tv sul canale dei cartoni animati. Poi si avvicina, lo fa lentamente, sa che potrei rifiutare la sua compassione, ma per qualche strano motivo sono certa che non è compassione ciò che ha da offrirmi… ma comunque non so cosa sia. Non ci conosciamo, non ci siamo mai visti prima di oggi, non abbiamo nulla in comune e le nostre strade si separeranno molto presto dal momento che mi ha raccontato che partirà appena possibile. È dietro di me, mi sta spingendo verso la cucina. Si ferma, ho i brividi e percepisco la sua vicinanza e il calore della sua energia, ora vorrà dirmi delle parole gentili, di conforto e di supporto, ma non credo di essere pronta. Non succede, se n’è andato, è tornato in salotto con le borracce del latte. Sento i gemelli sorseggiare di gusto e questo significa che sono pronti per la nanna. Devo riprendere il controllo   e andare a raccontargli la favola della buona notte, anche se mi sento morire dentro per la vergogna di aver mostrato le mie paure ad un perfetto estraneo molto più di quanto non abbia mai fatto con i miei stessi genitori.
Lukas ha spento la tv e sta chiedendo ai gemelli dove si trova il bagno, dopotutto non è mai stato in questa casa. Imposto la migliore faccia che riesco a trovare tra mille pensieri e sconforti e li aspetto nella camera degli ospiti dove normalmente dormono quando gli faccio da baby-sitter. C’è un grande letto matrimoniale dove adorano raggomitolarsi vicini vicini, prima dell’incidente mi sdraiavo con loro e si addormentavano abbracciati a me. Un altro rimpianto, solo il secondo da mesi, ma già il secondo di questa serata. Eccoli i miei cuccioli, sono come fratellini per me, non ho avuto la fortuna di avere fratelli o sorelle, ma da quando sono nati loro sento la responsabilità di una sorella maggiore. Voglio farli star bene, proteggerli, assicurarmi che siano felici e mi piace farlo, mi fa sentire bene e giusta. Lukas rimane sulla porta, dimostra con questo gesto una delicatezza che non mi aspettavo. I gemelli sono già sotto le coperte e aspettano con trepidazione una nuova favola. Proprio qualche giorno fa ho finito una nuova storia: Il Meraviglioso e fantastico viaggio della famiglia Grando.

Dormono, pacifici e sereni e molto probabilmente stanno viaggiando con la famiglia Grando tra pianeti strampalati e alieni senza senso. Di certo la fantasia non mi manca. Ho sempre scritto favole fantasiose, ma dall’incidente ho avuto molto più tempo da dedicare alla scrittura e i racconti sono diventati sempre più fantastici e le ambientazioni più bizzarre e spaziali.  Lukas mi sta ancora guardando, non mi ha perso d’occhio nemmeno un momento da quando ho iniziato a raccontare la favola della buona notte. Non capisco cosa dice quello sguardo, non è compassione, non è ammirazione, non è curiosità e nemmeno ardore. Sembra che voglia infilarmi qualcosa in testa con la forza dello sguardo, mi chiedo perché semplicemente non mi dice cosa frulla nella sua di testa. Gli passo accanto cercando di essere più invisibile possibile, cosa che ovviamente mi è impossibile dovendo muovermi con due enormi rotelle al posto dei piedi – e siamo a tre rimpianti -.
Mi segue fino in salotto, è presto, ma aveva assicurato a sua sorella che una volta sistemati i gemelli sarebbe ritornato a casa. Forse è meglio se glielo rammento, con educazione.
- Preferisci andar via subito o vuoi che ti prepari un caffè?
- Un caffè andrà bene, grazie.
Dovevo tacere e lasciare a lui l’incomodo di trovare qualcosa da dire. Prendo la caffettiera, la riempio e la mette sul gas. Mia madre ha sistemato tutto in modo che io sia perfettamente autonoma, la maggior parte dei ripiani alti sono vuoti o contengono elettrodomestici e pentolame che usiamo poco o per nulla. Tutto è posizionato a portata di sedia a rotelle. Pochi minuti e nella stanza si diffonde un aroma delizioso, mi stuzzica le narici e mi fa venir voglia di berne una tazza con lui. Preparo lo zucchero e il latte, non so come gli piace, ma se due più due fa ancora quattro lo berrà nero e amaro. Si è già accomodato e dopo aver versato il caffè in due graziose tazze colorate che fanno le smorfie, mi avvicino a lui.
- Hai per caso dello zucchero di canna?
Ho sbagliato, gli piace zuccherato ed ha anche gusti ben precisi. Ricordo che mia madre tiene lo zucchero di canna per quando prepara i cookies, ma non sono certa di dove si trovi. Apro un paio di antine, ma non c’è. Provo nella dispensa sulla parete opposta, ma anche qui non lo trovo.
- Forse è là sopra!
Lukas mi suggerisce una mensola piuttosto alta sopra la quale si scorge un barattolo di vetro dal contenuto ambrato. Se non sbaglio è proprio quella che cercavo, ma non ci arriverò mai. Mi volto verso di lui con lo sguardo costernato e lo vedo bere il suo caffè nero e senza zucchero. A quel punto capisco tutto.
- Perché lo hai fatto? Ti piace prendermi in giro? Trovi che sia divertente giocarti di una disabile?
Sono infuriata, sto bisbigliando solo perché non voglio svegliare i gemelli, benché sappia per esperienza che il loro sonno è innaturalmente pesante. Sputo le parole come fossero veleno amaro e disgustoso. Desidero ardentemente vendicarmi per quello che mi ha detto a casa di sua sorella e per quanto mi ha appena fatto. È un mostro, senza cuore e senza orgoglio e non voglio rivederlo mai più. Lukas si è alzato e cammina verso di me, prende con facilità la candida zuccheriera e la appoggia con violenza sul tavolo.
- Se tu fossi una vera disabile avrei taciuto e come ho appena fatto mi sarei servito da solo per non metterti in imbarazzo. Ma tu puoi camminare e invece stai rannicchiata su quella sedia a rotelle recitando la parte dell’inferma solo per paura di quello che hai visto quella sera. Puoi far finta con gli altri, ma non come me. Io so chi sei.
Nei suoi occhi le fiamme dell’inferno.
- Cosa vuoi da me? Di cosa diavolo stai parlando e chi ti credi di essere? Io ho un proiettile nella colonna e non recito proprio nulla!
Gli urlo queste parole come lava infuocata che fuoriesce indomita e prepotente dalla bocca di un vulcano. Lo odio e non lo voglio in questa casa. Deve andarsene. Io non ho visto niente quel giorno, però perché ho capito immediatamente a quale giorno si riferisce? Seppellisco questo pensiero in un angolo profondo della mia coscienza, non voglio affrontare questa domanda e la sua risposta. I fatti certi sono che io non sono nessuno e lui non sa un bel niente di quello che posso o non posso fare. La furia divampa incontrollabile e sento limpidamente il fuoco accendersi nelle mie vene, il calore delle fiamme diffondersi nelle braccia e nelle gambe. Mi pizzicano i piedi e mi formicolano le mani, brividi incandescenti percorrono il mio corpo da capo a piedi, mi sento potente, sicura, un leone pronto a sbranare la sua preda.
- Vattene! Vattene via da questa casa e non tornare mai più!
Lukas sorride, i suoi occhi sono tornati normali, nocciola dorati, non più arroventati. Mi squadra dall’alto al basso, soffermandosi sul mio volto, poi fa un cenno con le sopracciglia sollevandole leggermente e indicando con lo sguardo il pavimento. Guardo giù… giù… sempre più giù. Da quanto tempo il giù non era più così giù? Oh Cielo Santo! Sono in piedi e mi sono alzata senza l’aiuto di niente e nessuno, non ho fatto leva sui braccioli, non ho ancorata i piedi a terra, non ho riflettuto su quale muscolo utilizzare per riuscire a sollevarmi. Sono in piedi! Lo guardo sbalordita, ma lui mi sta già parlando.
- Adesso vieni verso di me. Muoviti e cammina!
Ancora quelle parole, ancora quel comando e di nuovo le fiamme al posto delle iridi. Ma questa volta mi sento più forte, mi irrita il suo tono, ma non cedo come questa mattina. Spingo un piede in avanti, sono terrorizzata… e se il piede non risponde al mio comando? Se è tutto frutto di adrenalina e il prodigio si limita a farmi stare in piedi? Tentenno, ma un altro comando mi sprona.
- Ho detto cammina!
La sua voce è dura, diversa da quella che ho udito fino ad ora. Sembra posseduto da qualcosa di potente e accattivante. Vado avanti. Ora il sinistro dovrà fare un percorso doppio rispetto al piede destro. Il secondo passo è sempre quello più difficile. Devo mantenere l’equilibrio per più tempo e lo devo fare portando tutto il peso su una sola gamba. Si muove! Semplicemente e senza fatica, non sento dolore, il corpo non barcolla, non ho le vertigini o tentennamenti. Mi fermo per prendere fiato anche se dentro di me sento che posso farcela, qualcosa o qualcuno mi guida e in un attimo capisco che è Lukas. Lo osservo con più attenzione. È concentrato su di me, anzi sulle mie gambe, ha la fronte aggrottata e leggermente permeata dal sudore e gli occhi socchiusi. Le mascelle sono serrate e noto un guizzo sullo zigomo sinistro come se lo sforzo di mantenere il contatto visivo gli provocasse dolore. Scendendo noto il collo teso, le vene pulsano e affiorano dalla pelle gonfie e bluastre. Le spalle sono aperte, posso quasi vedere le scapole toccarsi, le braccia sono tese lunghi i fianchi rigide e muscolose, mentre le mani sono serrate a tal punto da mostrare le nocche sporgere in modo innaturale. Tutto il resto del suo corpo è ben saldo sulle gambe leggermente divaricate. Sembra che il suolo lo stia trattenendo fisato a terra con forti radici fantasma che si aggrovigliano lungo i polpacci. E poi le sento. Le stesse radici salgono dal pavimento e afferrano anche i miei polpacci. Sono forti ed energiche e so che posso farcela. Proseguo, vado dritta per il percorso tracciato a terra da fiamme immaginarie. Sono segni infuocati che mi portano da Lukas. Sto camminando fiera e sicura come mai in vita mia, nemmeno prima dell’incidente sono mai stata così determinata. Sono davanti a Lukas, altri due passi e gli sarò di fronte, ma lui perde il contatto e barcolla paurosamente sugli arti inferiori che improvvisamente sono diventati molli e deboli. In un batter d’occhio riprende l’equilibrio e ritorna saldo, ma per me è la fine. Anche le mie gambe sono tonate deboli e insicure e non riesco a riprendermi come lui. Crollo su me stessa esattamente come farebbe un sacco di patate svuotato all’improvviso, ma Lukas mi prende al volo. Sono tra le sue braccia, il viso appoggiato sulla spalla destra e con le braccia mi aggancio al collo, ho paura di cadere, ma in realtà so perfettamente che non lo permetterebbe mai. Ma perché so queste cose? Perché mi fido così tanto di lui? Perché mi sento a casa tra le sue braccia? Ma soprattutto… com’è riuscito a farmi camminare? Nella mia mente mille domande senza risposte che trovano pace solo grazie ai suoi sussurri e al suo profumo che mi invade i sensi: è legno e agrumi, forse bergamotto.
- Brava, sei stata brava. Vedrai che insieme ce la faremo. Terra e Fuoco collaborano da sempre, devi solo sforzarti di ricordare chi sei.
Alzo la testa da quell’incavo così naturale che è lo spazio tra il collo e la clavicola e ci guardiamo negli occhi. Sono di nuova nocciola, credo di essere pazza. Può essere che un uomo cambi colore degli occhi così velocemente? Ho sentito parlare di occhi grigi che diventano azzurri con il bel tempo o verdi che con il sole schiariscono, ma di fiamme rosso fuoco mai! Il suo fiato solletica le mie labbra che si schiudono per lasciarsi accarezzare da quel morbido alito. Percepisco l’aroma del caffè ancora vivo e invitante - d'altronde l’ha bevuto nero e senza zucchero – e desidero assaggiarlo. Lui lo capisce e non si fa pregare, si avvicina paurosamente alle mie labbra e mi bacia.
Avevo ragione, il sapore del caffè è forte, ma molto più dolce di quanto non mi aspettassi. Voglio essere audace e mi azzardo a schiudere di più le labbra, senza indugio Lukas ne approfitta a insinua la lingua. È morbida e succulente proprio come dovrebbe essere. Mi lascio andare completamente e giochiamo a rincorrerci. Poi la sua mano mi prende la nuca, aggancia i capelli costretti in una coda da cavallo e li strattona leggermente facendo ricadere il capo all’indietro. Non gioca più. Mi bacia il collo, lo morde, ma senza farmi male, l’unico dolore-ardore che sento proviene dal basso ventre che ulula pietà. Ad un certo punto l’altra mano sfida la maglietta e si infila senza troppi complimenti sotto di essa. Trova l’ostacolo della canottiera, ma senza fatica passa sotto anche a questa trovando il seno. Lo aggancia con delicatezza, ma determinazione, gli sta tutto in una mano, ma quella mano non è ancora soddisfatta. Due dita si allontanano dalla presa per allungarsi verso il capezzolo e lo stuzzicano fino a renderlo gonfio e disperato. Io ansimo e spero che non smetta perché mai mi sono sentita così viva e accesa. Sono vergine, non tanto per scelta quanto per vicissitudini. Tranne Chicco durante quel breve interludio amoroso non ho mai avuto un ragazzo fisso, qualche flirt che non è mai andato oltre il bacio, in parte perché non mi sentivo a mio agio a far altro, ma soprattutto perché nessuno mi ha mai dimostrato quel tipo di interesse. Chicco sostiene che è colpa mia perché faccio paura ai ragazzi. Dice che al liceo ho la nomea della “frigidella”, ma non mi sono mai preoccupata di sfatare questo mito. Se mi vedessero ora intrecciata ad un perfetto estraneo che con una mano mi avvinghia la nuca e con l’altra possiede il seno cambierebbero idea… ma… com’è possibile? Una mano sulla nuca, una mano sul seno, ma allora chi mi tiene sollevata da terra? Mi libero dalla sua presa e guardo in basso. Non sono più tra le sue braccia decisamente occupate in altro, sono in piedi e mi reggo da sola sulle gambe che sento di nuovo forti e robuste. Anche Lukas riprende il controllo, anche se con molta più fatica di me e si allontana di un paio di passi. Quando capisce perché mi sono distratta sorride.
- Com’è possibile?
Credo che la mia domanda sia più che lecita, ma non avrò risposta, non oggi almeno. Sentiamo la porta di casa aprirsi e il vociare di nostri genitori. È presto, perché sono già a casa? Il rientro non era previsto prima di mezzanotte. Cosa faccio? Se i miei genitori mi vedessero qui in piedi da sola lontana dalla carrozzina impazzirebbero di gioia, ma non me la sento. Non ancora. Devo prima metabolizzare che sono tornata a camminare e capirne il motivo e solo dopo potrò renderli partecipi di questa meravigliosa notizia. Ma se è così meravigliosa perché non mi sento al settimo cielo, ma solo disorientata e preoccupata. Mi risiedo e cerco di ricompormi perché oltre ad aver camminato, ho quasi fatto l’amore con uno sconosciuto e non uno qualunque ma il fratello della migliore amica di mia madre e lo zio dei bambini a cui faccio da baby-sitter- Ma i gemelli? Mi sono completamente scordata di loro! Dormono, sospiro di sollievo, ora ricordo, li ho lasciati addormentati nella loro stanza. Lukas è perfettamente rientrato nel suo ruolo di belloccio, mentre io mi sento arrossata, sudata e anche lussuriosa e sono quasi certa che tutto questo traspaia da ogni poro della mia pelle.
- Ciao ragazzi.
- Mamma! cosa ci fate a casa così presto?
La mia voce è leggermente stridula e la respirazione affaticata. Sembra che ho appena affrontato la maratona di New York.
Mia madre mi guarda inclinando un po’ la testa di lato, me lo sento ha capito che è successo qualcosa tra me e Lukas. Per fortuna interviene Grazia che entra in cucina esclamando:
- Non crederete mai quello che ci è successo! Eravamo già tutti seduti su quelle comodo poltroncine di velluto blu della sala del cinema. Avevamo anche comprato un bidone enorme di pop-corn e ci stavamo godendo i trailer dei film della prossima stagione quando è saltata la corrente e siamo rimasti completamente al buio. Dopo qualche minuto di attesa è comparso un uomo con una torcia e ci ha avvisati che dovevamo uscire perché a causa di un’inspiegabile corto circuito l’impianto elettrico era saltato e non era possibile aggiustarlo nell’immediato.
Mia madre ancora mi sta osservando.
- Maya ti senti bene?
 Intanto Lukas approfitta del racconto di sua sorella per indirizzare l’attenzione di mia madre su altro e con tutto lo charme che ha usato poco fa con me per intrappolarmi nella sua rete magica, esclama:
- Incredibili, chissà cosa ha causato un cortocircuito in un impianto di ultima generazione. Mi pare di aver capito che lo hanno ristrutturato da poco…
Mia madre ci casca e smette di fissarmi per rispondere a Lukas.
- Sì, hai ragione. È praticamente nuovo. È stato riaperto tre mesi fa dopo un anno di lavori per metterlo in regola. Ci hanno solo detto che sembra sia stata una scarica elettrica ad altissimo voltaggio. Ci hanno fatto un buono che potremo usare appena avranno aggiustato l’impianto. Qui tutto bene? I gemelli?
Non sono ancora in grado di prendere parola e ringrazio mentalmente Lukas che lo ha intuito e si sta prendendo la briga di rispondere alle domande di mia madre.
- Benone, si sono addormentati dopo una mirabolante avventura raccontata da sua figlia. Una delle favole più belle che abbia mai ascoltato, ha davvero un talento. E non solo in quello!
OH MIO DIO! Che cosa vuole dire con queste parole? In cosa sarei altrettanto brava? Se solo dice una parola dei nostri baci, mi alzo da questa sedia e lo strangolo!
- Devo complimentarmi perché sua figlia fa un caffè buonissimo, immagino sia stata lei ad insegnarglielo?
Sospiro di sollievo. Mi sento molto più calma ora, ma anche molto più sciocca.
Finalmente arriva il momento dei saluti. Tutti a casa propria, tranne i gemelli che dormiranno da noi come sempre succede in queste occasioni e torneranno a casa loro solo domani dopo la colazione. Sono molto stanca e ho davvero bisogno di riflettere, inoltro voglio riprovare a camminare nella solitudine della mia cameretta e senza Lukas. Ho questa assurda idea che in qualche modo abbia influito sulla riuscita della mia camminata. Saluto mia madre e bacio mio padre. Papà è davvero un uomo speciale, sempre dolce e romantico con la mamma e moderno e comprensivo con me. Sono stata davvero fortunata ad essere stata adottata da una famiglia così generosa, probabilmente nemmeno i miei veri genitori sarebbero stata più amorevoli. Non mi è mai importato molto della mia famiglia biologica, sono cresciuta conoscendo la verità dei fatti e questo mi ha permesso di accettarla. Sono molto più incuriosita dalla modalità del mio ritrovamento e del motivo per il quale mi trovavo sola e infante in un bosco, piuttosto che dallo scoprire chi mi ha generato.
Finalmente sono sola nella mia stanza, Lukas e i genitori dei gemelli sono tornati a casa e mio padre e mia madre sono rispettivamente il primo sul divano ufficialmente a guardare la tv e ufficiosamente a russare e mia madre in camera a leggere Jane Austen.
È arrivato il momento di riprovarci, voglio capire se posso camminare anche senza la presenza di Lukas. Accosto la carrozzina al letto, metto i freni e sporgo i piedi nudi dalla pedana. Sento il freddo del pavimento, ma la sensibilità l’ho ripresa fin da subito. Però questa volta li sento anche ben piantati a terra come se l’area appoggiata al terreno sia aumentata. Mi sollevo, senza alcun appoggio e senza alcuno sforzo. Sono in piedi e sono ben ferma. Scelgo il mio obbiettivo. Scelgo la scrivania perché si trova nella zona più distante dal letto e poi c’è la sedia che potrebbe essermi utile. Non è certo invitante come le braccia di Lukas ma mi accontento. Procedo. Sto camminando e lo faccio bene. Non barcollo. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei passi e sono arrivata alla scrivania. Non sono stanca, decido di tornare indietro. Uno, due, tre, quattro, cinque… sento le gambe cedere, non sono stanche, ma l’energia è finita. Mi lancio verso il letto che dista un paio di metri da me e ricado sul materasso morbido. Sono contenta. Ce l’ho fatta anche da sola. Devo solo allenarmi un po’ e piano piano tornerò a camminare. Mi assale di nuovo quella strana sensazione di prima, una sorta di disorientamento e timore dell’avvenire, come se camminare sia più temibile del rimanere inchiodata su una sedia a rotelle. Perché? Non ha senso.
Non voglio pensarci in questo momento, voglio piuttosto bearmi della nuova conquista e pensare a come dirlo ai miei genitori. Non voglio che si facciano false illusioni, sento che ce la farò, ma non posso esserne certa, quindi aspetterò un po’ di tempo prima di dir loro la verità. Fin dal giorno in cui i dottori ci hanno detto che non c’era motivo perché io non riuscissi a camminare dopo quella inspiegabile guarigione e ripresa della sensibilità delle mie gambe, loro hanno fatto di tutto per sbloccarmi e aiutarmi a tornare in piedi. Ma nulla di quello che hanno fatto ha funzionato ed ogni volta la delusione era peggiore della volta precedente. Più per loro che per me. Io non ci ho mai creduto davvero. Tranne oggi. Oggi con Lukas ci ho creduto e ce l’ho fatta. Forse avevano ragione i medici ed ero solo bloccata psicologicamente, ma allora perché un perfetto estraneo è riuscito a far breccia nel mio scudo, mentre fior fior di esperti non ci sono mai riusciti. Inoltre ci sarebbero anche le parole di Lukas da analizzare, ma fin ad ora sono passate in secondo piano perché ero troppo meravigliata ed entusista per la nuova conquista. Ma ora sarebbe il caso di analizzarle. Cosa intendeva quando mi diceva che lui sa chi sono o che Fuoco e Terra collaborano? Cosa o chi sono Foco e Terra? E perché ripetendo queste due parole che ho sempre usato sento le farfalle nello stomaco? Devo rivederlo e parlarci di nuovo, devo capire alcune cosa o impazzirò. Ora sono davvero stanca e domattina per la colazione mi aspettano tre birbanti a cui non importa quante ore di sonno ho accumulato o perso.

Pensieri di Madre natura

Oh figliola mia, dolce Terra sempre così cauta e timorosa, passionale e appassionata. Così ancorata alle tue radici terrene e titubante a prendere il volo. Lo avevo avvisato che sarebbe stato difficile, ma solo Fuoco potrà risvegliarti dal lungo sonno. Ci ho provato io stessa quella sera, eri tra le mie braccia ferita e tremante, ma ti sei spaventata e ti sei chiusa in te stessa. La mia figlia impaurita. Solo per questo motivo ti ho mandato Fuoco. Siete sempre stati complementari, un rapporto di amore e odio, un legame magico e indissolubile fin dai tempi che furono… è necessario, nessun’altro potrebbe riuscirci. È sempre stato così, ma Fuoco ha perso il controllo, mi ero raccomandata non succedesse. Non sa nulla del vostro rapporto passato e non può quindi sapere quanto siete stati legati, ma gli ho chiarito che deve tenere le distanze da te figliola mia per il bene di entrambi. Quel bacio doveva essere fermato. Per essere certa che mai più succeda ho fatto in modo che non possiate oltrepassare un certo limite senza scatenare una reazione che vi fermi. Sono catene sottili, ma indispensabili per evitare il peggio. Non posso permettere a Fuoco di avvicinarsi troppo a te, deve stare attento. Terra sei una calamita per lui, ma se non saremo cauti vi brucerete entrambi e con voi tutta l’umanità.

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Capitolo 4
*** Ricordare ***


La verità

- Buongiorno Maya, pensavo che stamattina non ti saresti più alzata. Per tua fortuna è domenica… i gemelli ti aspettano in cucina.
Che notte! Ho passato la notte a rivoltarmi nel letto a causa di sogni a metà tra l’assurdo e il passionale. Talvolta ero tra le braccia di Lukas e i baci diventavano così infuocati da trasformarci in fiamme che si fondevano, ma poi il fuoco veniva spento da una manciata di terra che lo soffocava fino a farlo morire. In altri sogni invece mi sentivo cullata tra le braccia di un essere di luce calda e amorevole. In altri ancora non riuscivo più ad alzarmi dalla sedia a rotelle, insistevo fino a ferirmi mani e gambe, ma ero incollata alla sedia che mi tratteneva con catene lunghe e pesanti. Mi sono svegliata mezz’ora fa e la prima azione che ho compiuto è stata alzarmi per verificare se quanto accaduto ieri è stato un enorme sogno ad occhi aperti. Ce l’ho fatta, quindi è tutto reale. Ora devo fare i conti con questa lunga giornata, al momento mi sento più stanca di ieri sera e spero proprio che i gemelli stamattina siano particolarmente tranquilli perché mi scoppia la testa. Il silenzio che proviene dalla cucina mi fa ben sperare, strano che la mamma li lasci soli per la colazione. È sempre un momento abbastanza complicato perché da quando hanno smesso di usare il biberon e cominciato a bere il latte con la tazza la situazione ha preso una piega tra il comico e il drammatico. Comico quando sputacchiano cereali nel tentativo di fare canestro nella tazza altrui, drammatico quando bisogna ripulire il tutto. Entro in cucina e la scena è più che comica, forse addirittura esilarante, almeno fino a quando non mi rendo conto di come sono vestita. I gemelli sono ben seduti sulle rispettive sedie una accanto all’altra, di fronte c’è Lukas – che probabilmente si è convinto di essere il benvenuto in questa casa – che ha una cannuccia in bocca con la quale sta sparando riso soffiato al cioccolato nelle bocche dei bambini. Non so se ridere o piangere. Si voltano e quei buffi faccini sporchi e divertiti mi sorridono, sono adorabili e io sono perdutamente innamorata di loro. Con tono divertito sollevo il braccio per mettere la mano sugli occhi fingendo costernazione. Il mio gesto genera l’ilarità generale, ma solo dopo che Lukas mi fa un cenno verso il basso ne capisco il motivo. La maglietta extralarge che uso come pigiama si è sollevata oltre il rispettabile, mostrando generosamente le mie mutandine che come tutte le altre che possiedo propongono animaletti in molteplici versioni simpatiche e colorate. Ok, sono molto imbarazzata. Tiro il bordo della t-shirt fino alle ginocchia, dovrei girare la carrozzina e andarmene, ma penso che mi basterà infilarmi con le gambe sotto il tavolo per risolvere il problema. Provvedo in fretta e mi ritrovo accanto a Lukas perché l’altro lato è completamente occupato dai gemelli che non hanno ancora smesso di ridacchiare.
- Erano orsetti come l’altra volta
- No, erano puzzole
- No, erano gattini
- Maya, cos’eran…
Ma Lukas li blocca.
- Non osate fare a Maya una domanda del genere! Siete ometti ormai e dovete imparare che non si fanno certe domande alle donne.
Poi si rivolge verso di me, si avvicina piano fissandomi. Sono persa nei suoi occhi che non sono infuocati come spesso accade, ma nemmeno nocciola dorati. Questa volta posso vedere piccoli bagliori luminosi che guizzano e mi ipnotizzano. Sono così presa a fissarli che non mi accorgo della mano di Lukas posata sulla mia gamba che ovviamente è di nuovo nuda perché la maglia si solleva ad ogni movimento. Quando le sue dita fanno una leggera pressione sento il fuoco passare dalle mani alla coscia e brividi arroventati percorrono le gambe dandogli forza ed energia. Mentre il mio corpo reagisce al tocco senza che io possa farci nulla, Lukas mi sussurra all’orecchio con voce a mala pena percepibile:
- Sebbene potrei fare carte false per assistere a questo spettacolo ogni mattino, forse è meglio se vai a metterti un paio di pantaloni perché non mi basta sapere le tue gambe sotto il tavolo per evitare di pensarci.
Ora il fuoco ha raggiunto anche il viso che sono certa è rossa come un peperone, mai mi sono sentita così imbarazzata e arroventata, nemmeno nuda davanti a Chicco. Prendo la sua mano e la sbatto sulla sua coscia, giro la carrozzina e vado in camera mia. Sento i gemelli lamentarsi e chiamarmi a gran voce, ma ho bisogno di vestirmi e sciacquarmi il viso con acqua fredda, anzi gelida e spero che nel frattempo Lukas se ne vada.
- Maya vieni a salutare i gemelli. Lukas li porta al parco giochi.
È mia madre che mi avverte della partenza dei piccoli. Vorrei davvero evitare di riveder Lukas, ma farei nascere inutili sospetto se non salutassi i bambini. Sono già alla porta e pronti con le loro giacchine. Si avvicinano alla sedia a rotelle e mi saltano in braccio tutti insieme. Con aria da angioletti e tono supplichevole mi chiedono di andare con loro al parco gioco. Anche questa volta mi sento intrappolata, non posso proprio dirgli di no, li ferirei e non capirebbero il motivo. Tanto meno posso spiegargli che non sopporto la vicinanza di Lukas che in due giorni pare essere diventato lo zio migliore del mondo. Provo con una scusa banale.
- … ma lo zio vuole stare un po’ da solo con voi… partirà presto…
Si voltano e guardano Lukas, sembra che vogliano domandargli qualcosa, ma lui li anticipa.
- Mi farebbe invece molto piacere se venissi con noi.
Speravo prendesse la palla al balzo, invece pare proprio abbia tutta l’intenzione di mettermi in difficoltà. Avrei preferito stare a casa, ma ho comunque delle domande a cui deve rispondere su quello che è successo ieri e forse questa è l’occasione giusta. A convincermi definitivamente la banale, ma attendibile constatazione che in un luogo pubblico, con i gemelli al seguito non può certo accadere nulla... soprattutto nulla di bollente.
Prendo la giacca leggera ed esco di casa spingendo vigorosamente la mia carrozzina, Lukas mi segue con i gemelli alle calcagna. Il parco è a poche centinaia di metri da casa mia ed è raggiungibile da una stradina poco trafficata. Ora che so che posso camminare vorrei poterci arrivare con le mie gambe, ma devo avere pazienza, fare un passo alla volta in tutti i sensi. I gemelli chiacchierano senza sosta, si capisce subito che Lukas ci sa fare con i bambini perché sebbene sia loro zio, non lo conoscono affatto. Si contano sulla punta delle dita di una mano le volte in cui si sono visti. A suo favore però le telefonate. Tre volte a settimana e ogni volta ha sempre parlato con ognuno di loro per almeno cinque minuti, anche quando nemmeno sapevano parlare, faceva lunghi monologhi raccontando di sé, dei nonni e di chissà cos’altro. Me lo ha raccontato Viola in un’occasione in cui sono arrivata a casa loro proprio durante una di queste conversazioni a senso unico. I gemelli avranno avuto circa un anno o poco più, dicevano solo poche parole e una di queste era proprio “io kas” che tradotto significa “zio Lukas”. Al telefono c’era Pippo che invece di ascoltare lo zio leccava il cellulare lasciando lunghe scie di bava. Viola è fervente seguace della scuola “è tutta salute”, mia madre un po’ meno quindi non sono abituata a certe scene disgustose. Ogni tanto smetteva di leccare il telefono per urlare “io Kas”. Non so cosa stesse dicendo Lukas, ma quando ho scoperto della sua strampalata abitudine ho pensato fosse uno zio molto dolce e lo penso ancora. Come zio sembra proprio perfetto, come vicino di casa un po’ meno. Sono solo felice che non resterà a lungo, dovrei essergli grata per avermi spronata a camminare, perché è questo che penso sia successo. Ho provato a darmi da sola delle risposte alle numerose domande che sono nate spontanee dopo la scena di ieri sera e l’unica risposta sensata è stata questa. Probabilmente avevo bisogno di qualcuno che mi insultasse e non che mi blandisse come hanno fatti tutti quanti in quest’ultimo anno. Non ne esco particolarmente bene se questa è davvero la spiegazione giusta, perché significa che sono più cocciuta di quanto credessi e tutto quello che hanno detto i medici in questi mesi è verità, mentre quello che dichiaravo io, cioè che i miei piedi erano ancorati a terra e non mi permettevano di sollevarmi, era solo il parto di una mente sotto shock e psicologicamente instabile. Eppure io ne ero certa, ero convinta di non riuscire a farlo. Avevo la sensazione di avere pesanti catene o robuste radici che mi aggrovigliavano i polpacci e si conficcavano nel terreno fino a raggiungere il centro della terra, incatenandomi a questa carrozzina. L’altra spiegazione che ho preso in considerazione per qualche secondo riguarda eventuali super poteri. Non parlo certo di poteri come quelli di Superman o l’Uomo Ragno, ma di qualcosa più simile ad un santone. Non posso dimenticare i suoi occhi infuocati e lo sforzo per mantenere il contatto visivo. Però Lukas ha più l’aria di un Batman moderno che di un santone, quindi l’ho esclusa velocemente e sono rimasta ferma sulla prima ipotesi cioè la necessità di una persona che mi sfidasse piuttosto che accondiscendere ad ogni mia richiesta.
In pochi minuti siamo al parco e ci dirigiamo verso l’area riservata ai più piccoli, è tutta recintata con uno steccato di legno di media altezza. Sono sempre piuttosto nervosa quando li porto qui da sola seppure non ci sia il rischio di perdere d’occhio i bambini grazie a quest’accortezza. Il parco è davvero molto grande e diverse aree sono raggiungibili solo passando dai prati, sarebbe difficile per me correre dietro ai gemelli con la sedia a rotelle -  altro rimpianto, che mi sta succedendo? - Oggi però c’è Lukas quindi sono più serena, anche se in realtà so che potrei alzarmi e camminare e forse anche correre. Uscire all’aria aperta mi ha dato una sferzata di energia… o forse è la vicinanza di Lukas? Lo guardo negli occhi, sono nocciola chiaro, molto diversi da quelli di ieri sera. Mi guarda a sua volta e piano piano noto il cambiamento. Fino a questo momento li avevo visti color miele, nocciola, sfumati di dorato o infiammati di fuoco rosso e intenso, ma non avevo visto il progressivo cambiamento. Sono incredibili, qualcosa tra il magico e il mitologico, tra l’assurdo e l’incomprensibile.
- Sono loro?
Mi esce dalla bocca senza filtro, ma tanto prima o poi dovevo affrontare questo argomento e sinceramente sono sempre più convinta che in qualche modo Lukas è parte di tutto quello che mi sta accadendo.
- Loro chi?
Vuole che sia più chiara, ma ha già capito di cosa parlo. Guardo i gemelli, stanno giocando sullo scivolo che ovviamente non usano come conviene, ma come se si trattasse di un burrone pericoloso e mentre Giacchy e Pippo sono in cima alle scale e tendono un braccio ciascuno, Roby ha risalito lo scivolo e finge di lasciarsi cadere aggrappandosi ai fratellini per essere salvato. Anche io avevo bisogno di un braccio teso per uscire dal mio tunnel personale? Però un sacco di persone, dai miei genitori ai dottori, fino ad amici e compagni e non per ultimo Chicco, hanno teso un braccio verso di me in questi lunghi mesi, ma nessuno è riuscito a portarmi in cima allo scivolo. Sono sempre rimasta lì appesa esattamente come Roby che non permette del tutto ai fratellini di salvarlo perché rimanere lì appeso è molto più divertente. Quindi per me era divertente rimanere inchiodata su questa sedia? Forse non divertente… cosa mi ha detto ieri sera Lukas?
- “… stai rannicchiata su quella sedia a rotelle recitando la parte dell’inferma…”
Quindi è la paura che mi ha bloccato. Ma la paura di cosa?
- “… solo per paura di quello che hai visto quella sera…”
Cosa ho visto e quando? Di cosa parlava? Quale sera? Quella dell’incidente?
- “Puoi far finta con gli altri, ma non come me. Io so chi sei.”
Chi sono? Maya, una ragazza di diciotto anni che per uno stupido incidente è finita su una sedia a rotelle perché un proiettile si è conficcato nella colonna vertebrale escludendo per sempre la possibilità di camminare… ma che miracolosamente, contro ogni parere medico, ha ripreso la sensibilità delle gambe. Chi sono davvero?
Lukas non ha perso nemmeno un secondo dei miei ragionamenti, non li ho pronunciati ad alta voce, ma devono essersi materializzati nei miei occhi, perché non smette di fissarli. Rispondo alla sua domanda, sono pronta per la risposta.
- I tuoi occhi. Sono loro che mi trasmettono l’energia necessaria per alzarmi?
-  Si.
Netto e secco, senza spiegazioni, solo un’ammissione, ma ho bisogno di più, molto di più.
-  Chi sei? Un santone? Uno di quelli dotati di energia positiva?
Mi guarda dapprima stupito, poi pensieroso e infine divertito. I suoi occhi stanno continuando la mutazione e le prime fiamme compaiono e scompaiono ad intermittenza.
  • È questo che pensi? Tutto quel arrovellarsi ti ha portato a questa conclusione? Che io sarei un santone?
Scoppia in una risata, amara e beffarda. Si è avvicina e quasi non me ne sono accorta. Si piega per arrivare alla mia altezza, scosta un ciuffo dietro l’orecchio e mi sussurra all’orecchio:
- Mi aveva avvertito che sei ancorata con profonde radici sia da sveglia che da dormiente, ma non posso credere che non riesci ad abbattere le tue difese. Ti ho dato tutto quello di cui avevi bisogno per ricordare e scoprire la verità.
Torna di fronte a me, a pochi centimetri dal mio volto, gli occhi sono sempre più simili al fuoco puro e brillano in modo disumano. Non capisco nulla di quello che dice. Chi lo aveva avvertito? E cosa significa che ho radici profondi? La mia era una metafora, ma sembra che lui parli di radici vere… Quale verità devo scoprire?
Chiudo gli occhi. Mi sento disorientata, immagini fugaci cominciano ad alternarsi nella mia testa. La sera dello sparo, una luce abbagliante, il confortevole profumo di primavera, una voce leggiadra e materna, poi paura e dolore, ma infine sollievo. Questa è la sera che devo ricordare? Chi era quella luce? Cosa voleva da me?  Riapro gli occhi e gli occhi di Lukas sono un incendio potente, mi sfiora le labbra con lo sguardo. Lo so, sta per baciarmi, di nuovo.
- Maya! È da ieri che ti cerco! Ma che fine ha fatto? Perché non hai risposto ai miei messaggi? Chi è lui?
La voce di Chicco mi fa ripiombare nella realtà. Cerco di ritrovare un briciolo di stabilità perché per un attimo sono finita in una realtà parallela dove l’assurdo aveva preso il posto della realtà.
- NO, adesso NO!
È solo un bisbiglio, ma lo distinguo perfettamente, Lukas si allontana infuriato, ma gli occhi sono tornati nocciola.


Madre natura

Forza figlia mia, svegliati. Allontana la tua vita terrena e torna ad essere la mia Terra. Bella come la rugiada del mattino, preziosa come le pietre del suolo e fidata come le radici delle piante. Forza figlia mia, ho bisogno del tuo aiuto, ma per darmelo devi tornare ad essere te stessa. Fuoco è potente, ma lo vedo, lo percepisco, la sola vicinanza non ti basta. Il contatto visivo non ti risveglia, dovrà entrare nella tua anima e per farlo dovrò lasciarlo libero dalle catene che gli ho imposto, solo per svegliarti, solo per quello, poi torneranno più potenti perché questa volta non dovrà accadere, questa volta NO.

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Capitolo 5
*** capitolo 5: l'amicizia di Chicco ***


Chicco


- Chicco!
- So come mi chiamo, vorrei piuttosto sapere come si chiama quel tizio.
Intanto Lukas si è allontanato, si è avvicinato ai gemelli e sta parlando con Giacchy.
- E’ lo zio dei gemelli, il fratello di Grazia. È in visita.
- il nome grazie.
- Lukas!
- … e mi spieghi perché stava per baciarti?
Non ce la posso fare ad affrontare anche Chicco, non è il momento per raccontargli tutto quello che mi è successo nelle ultime ventiquattro ore anche perché io stessa ci sto capendo ben poco.
- Ma va… che diavolo ti salta in mente! Mi è entrato qualcosa in un occhio e gli ho chiesto di controllare, è pieno di moscerini e avevo paura che uno di quei cosi si fosse appiccicato al mio occhio. Anzi, mi sembra di sentirlo ancora. Prova a guardarci tu.
Mi allungo verso di lui e con l’indice apro l’occhio fino a sfigurarlo, so di essere buffa e spero che sia sufficiente per distrarlo. Funziona. Chicco scoppia a ridere, la sua meravigliosa risata contagiosa, quella che da un anno ad oggi mi ha regalato pochissime volte. Strano che proprio in questa occasione, con un perfetto estraneo a pochi metri, riesca a liberarsi di quelle barriere sottili, ma invincibili che ha costruito dopo l’incidente per tenermi a distanza. Mi appago di questo suono, mi fa tornare indietro nel tempo, a prima di tutta questa confusione, quando liberi e legati da un’amicizia che solo noi capivamo appieno passeggiavamo per la città e parlavamo per ore intere senza aver nulla da dirci, ma senza mai smettere. Confidenze, segreti, gossip, cavolate, tutto quello che ci passava per la testa, senza censure e senza paure. Non tutti comprendevano la nostra amicizia, qualcuno malignava sospettando che sotto sotto fossimo amanti o qualcosa del genere, alcuni addirittura avendoci visto insieme da sempre pensava che il nostro rapporto avesse qualcosa di incestuoso. Ma noi li lasciavamo parlare, noi sapevamo la verità e non ci importavano quelle dicerie. Siamo sempre stati l’uno l’ossigeno dell’altro. Quel giorno cambiò tutto. Quel giorno, una distrazione inaccettabile, ma pur sempre un’incidente cambiò la mia vita, ma anche la sua.
Eravamo appena tornati da un pomeriggio piuttosto impegnativo. Era sabato e non un sabato qualunque, ma un sabato organizzato da mesi. Era il nostro reciproco regalo per i diciassette anni e lo avevamo atteso con ansia e desiderio fin da quando avevamo solo dieci anni. Il volo in parapendio. Ero certa sarebbe stato meraviglioso liberarsi nell’aria e sentirsi padroni del mondo, almeno per quell’istante in cui le membra si liberano della forza di gravità, ma andò molto diversamente. Prima di tutto mi assalì l’ansia perché compresi che non sarei scesa con Chicco, ma con un estraneo, sebbene un esperto istruttore necessario per evitare di schiantarmi al suolo. A quel punto è subentrata la delusione, se non potevo scendere con Chicco, per lo meno speravo di farlo da sola, ma ovviamente per lo stesso motivo per il quale non potevo volare con Chicco, non potevo farlo nemmeno da sola. Mi rassegnai e seguii tutte le direttive, quando fui pronta e ben legata alla guida ci lanciammo. Ero certa avrei provato gioia, libertà, potere. Al contrario subito mi aggredì la paura, il terrore, sentivo i piedi che cercavano disperatamente la terra, volevo il suolo, l’erba, il terreno, tutto quanto mi facesse risentire viva, lì in aria mi sentivo morire. Cercai di dirlo all’istruttore, volevo chiedergli di portarmi giù, ma non riuscivo quasi a respirare, tanto meno avrei potuto parlare. Il panico stava prendendo il sopravvento, il cuore voleva saettare fuori dal torace per cercare un luogo dove sentirsi al sicuro e la vista si annebbiò fino a mostrarmi solo piccole scie luminose e vibranti, stavo perdendo i sensi. Poi qualcosa mi ridestò, sentii una vibrazione, una sorta di sollecito delicato sotto la pianta dei piedi, come aria compatta che premeva e mi permetteva di sentirmi sorretta o comunque appoggiata. Grazie a quel piccolo sostegno mi sentii meglio. Poi un altro fremito intorno ai polpacci, questa volta la sensazione fu diversa, venni avvolta da una morbida coperta accogliente fatta d’aria tiepida. Ripresi a respirare regolarmente, il cuore frenò la sua pazza corsa e il panico perse il dominio sul mio corpo e sulla mente. Tra le braccia dell’aria più che dell’istruttore riuscii a godermi quella bella esperienza. Non ho mai capito cosa sia successo veramente, ma comincio a credere che esista un collegamento tra tutti gli avvenimenti strani che mi sono capitati nell’ultimo anno. Tra le nuvole il tempo passò velocemente e mi ritrovai con i piedi a terra più in fretta di quanto pensassi. Chicco era già atterrato da qualche minuto e mi corse incontro saltellando come un grillo. Agitava le braccia in aria ed emetteva urletti di gioia, aveva amato quell’esperienza più di qualsiasi altra cosa avesse mai provato. Era quasi isterico, le frasi sconclusionate e la voce stridula ed alterata dall’eccitazione. Mai gli raccontai del mio panico iniziale, mi sentivo imbarazzata per aver provato tanta paura, era stato il nostro sogno, ma per me per qualche attimo si era trasformato in un incubo. Lui non era solo entusiasta, era elettrizzato e dalle sue parole capii che per la prima volta nella nostra vita avevamo qualcosa che ci divideva diametralmente, oltre ai gusti per i libri. Io sono fatta per stare ancorata alla Terra, lui in Aria. Tornando a casa in moto percepii ancora di più il suo desiderio di tornare lassù, alzava la testa sollazzandosi del vento sul viso e allargava le braccia lasciando il manubrio incustodito. Continuavo a dargli colpetti sui fianchi per farlo tornare alla realtà, ma mi ignorava quasi sotto un incantesimo. Anche a casa l’euforia non pareva voler allentare la presa. Entrambi eravamo affamati, piombai in cucina e cominciai a rovistare in frigorifero. Siamo cresciuti tra casa mia e casa sua, nessuno di noi due ha mai provato imbarazzo o timidezza nella famiglia altrui o nella casa altrui e anche i nostri genitori in questo senso ci hanno lasciati liberi di muoverci sentendoci in famiglia in entrambe le case. Preparai due panini con prosciutto e formaggio, un thè caldo al limone e trovai in forno ben nascoste due fette di crostata alla marmellata. Niente paura, siamo sempre stati abituati a trangugiare dolce e salato alternativamente senza problemi. Chicco nel frattempo era andato in camera sua per cambiarsi, nell’eccitazione del volo aveva strappato la manica della maglia. Visto che tardava a tornare in cucina andai vicino alle scale per chiamarlo, ma niente, allora salii e udii un rumore provenire dalla stanza delle armi, la stanza dove il padre di Chicco tiene tutti i suoi fucili. È una guardia forestale e ha una vera e propria passione per le armi, ha una collezione di fucili da caccia davvero impressionante. Io odio le armi, ma avendo vissuto in casa sua tanto quanto nella mia, mi sono abituata ad averle intorno, non tanto per quella stanza che è sempre stata rigorosamente chiusa a chiave, piuttosto perché il papà di Chicco che ce le mostrò più volte rendendoci così consapevoli della loro minaccia.
Quel giorno Chicco trovò la porta della stanza delle armi aperta e la luce accesa, suo padre era sotto la doccia ed era appena rientrato dopo un turno notturno. Convinto di essere solo in casa non l’aveva chiusa a chiave come invece era suo uso fare da quando, ventitré anni prima, era nato il suo primo figlio, Peter, il fratello di Chicco. Chicco entrò per spegnere la luce e chiudere la porta e notò che uno dei fucili non era al suo posto nelle vetrinette, ma appoggiato malamente sul bracciolo di una piccola poltroncina. Non so chi o cosa l’abbiano spinto a fare il passo successivo perché non posso credere che anni e anni di raccomandazioni siano sfumate nel nulla senza una ragione precisa. Suo padre non ha mai lasciato quella porta aperta, siamo entrati in quella stanza solo accompagnati da lui e con il divieto tassativo di toccare alcunché. Ci ha ripetuto milioni di volte che se mai avessimo trovato aperto, mai e poi mai avremmo dovuto toccare qualsiasi cosa presente di quel luogo. Rimane quindi un mistero perché Chicco quel dannato giorno abbia pensato fosse cosa giusta prendere il fucile per riporlo al suo posto. Proprio in quel momento l’istinto traditore mi portò vicino a quella porta, la scostai delicatamente attratta dal rumore e dalla luce accesa. Nella stanza aleggiava una strana sensazione, se il pericolo avesse un odore e un peso avrebbe proprio quello che percepii in quel momento, ma non bastò a fermarmi. Nell’istante in cui varcai la soglia Chicco si voltò spaventato, timoroso che ad entrare fosse il padre che certamente lo avrebbe sgridato per aver toccato il suo fucile. Fu questione di un attimo. Si voltò e con lui anche il fucile che puntava dritto alla mia pancia, poi lo sparo. Ho provato a reagire voltandomi per scappare, ma il proiettile ovviamente è stato più veloce e mi ha penetrato le carni, lacerandomi anima e corpo e conficcandosi nella spina dorsale. Quanto successo dopo è solo un ricordo vago e il resoconto di Chicco e suo padre che sentito lo sparo si è precipitato nella stanza delle armi. Lo scenario immagino sia stato agghiacciante, Chicco per mesi si è svegliato in piena notte strillando il mio nome e piangendo come un vitello. Il padre di Chicco mi ha raccontato che ha subito chiamato il pronto soccorso, ma per farlo mi ha lasciato da sola nella stanza perché il cellulare si trovava al piano inferiore. Non ha potuto far affidamento sul figlio perché non appena compreso di avermi colpito Chicco si è accasciato al suolo spaventato e sotto shock. Dei pochi minuti che ho trascorso sdraiata a terra sola, necessari al padre di Chicco per chiamare i soccorsi, ricordo solo di aver provato una sensazione di conforto e amore, come se mi trovassi tra le braccia di mia madre che amorevole mi coccolava per proteggermi dalla paura. Anche il dolore che immaginavo sopraggiungere dopo la prima scarica di adrenalina, non arrivò mai. Percepivo uno scudo potente a difendermi da tutto e per un attimo intravidi anche una luce dolce e incoraggiante e udii una voce dolce e carezzevole che mi sussurrava parole di conforto e di incoraggiamento, poi il buio, fitto e impenetrabile fino al momento in cui ho riaperto gli occhi un’ora dopo la fine di un’operazione durata diverse ore. Non ricordo altro, ma pare che Lukas creda sia successo altro e lo stavo per scoprirlo appena prima arrivasse Chicco. Sento l’urgenza di avere risposte e non sono più disposta ad aspettare, a questo punto voglio tutta la verità.
- Maya non hai niente nell’occhio e lo sai anche tu. Quel tipo voleva baciarti. Mi credi scemo?
Lo dice ridendo, non è arrabbiato, solo divertito dalla mia scenetta drammatica. Levo la mano dall’occhio che ormai è rosso per lo sforzo e gli faccio la linguaccia. Dovevo immaginare che non avrebbe creduto alla storiella del moscerino, ma non me la sento di parlargli di Lukas. Tento la strada della compassione, è il suo punto debole. Sono proprio perfida, ma prima di spiegare a Chicco cosa mi sta succedendo, devo capirlo io stessa.
- Chicco piantala, pensi che potrei attirare l’attenzione di un ragazzo come quello inchiodata su questo attrezzo infernale!
Colpito e affondato, la rabbia si trasforma in dolore e la curiosità in colpa. Sono davvero una stronza, ho esagerato. Cerco il suo sguardo, i suoi occhi, voglio far pace, voglio il nostro nuovo abbraccio. È il nostro modo per chiederci scusa, è nato spontaneo qualche settimana dopo il mio ritorno a casa dopo l’operazione.
Quel giorno, ero molto arrabbiata con lui, non era mai venuto in ospedale e nemmeno a casa, la scusa era ogni volta diversa e non era nemmeno lui a rifilarmela. Sua madre era terribilmente imbarazzata ogni volta che telefonavo e chiedevo di lui e non riusciva proprio a mentire senza che capissi quanto false fossero quelle scuse. Un giorno non ce la feci più, chiesi a mia madre di accompagnarmi da lui, ancora non avevo la mia spider elettrica.
- Maya non credo che sia una buona idea.
Mia madre in quei giorni era molto protettiva e pensava che Chicco fosse l’ultimo dei miei problemi, ma al contrario era il primo dei miei pensieri. Non lo colpevolizzarono per quanto accaduto, ma credevano – soprattutto a causa dei suggerimenti degli psicologi dell’ospedale – che ci volesse tempo prima di ritrovarci come amici. Pietà, amore materno, sfinimento… comunque mi accompagnò. Le chiesi di tornarsene a casa, le avrei telefonato non appena la situazione lo avesse concesso, non volevo che rimanesse in macchina o mi aspettasse in cucina, volevo sentirmi libera di prendermi tutto il tempo necessario. Citofonai e mi rispose proprio Chicco, era solo in casa e ne fui molto lieta, anche la mamma di Chicco era diventata una chioccia. Lei, mia madre, e Grazia, la mamma dei gemelli, sono amiche da sempre, il trio dell’Ave Maria, così le canzona mio padre e dopo l’incidente sono diventate un po’soffocanti nei miei riguardi e nei riguardi di tutto quello che mi circonda. Entrai in casa e lo trovai seduto sul divano con il telecomando in mano, fisso a guardare uno stupido cartone animato per bambini. Non si girò nemmeno per salutarmi, allora spinsi la carrozzina fino a quando non gli fui davanti. Non mi guardò nemmeno in quel momento, preferì spostare la testa di lato per continuare a fissare quello stupido maialetto animato.
- Ciao Chicco.
Ero arrabbiata, molto arrabbiata e volevo urlargli addosso tutta la mia rabbia, ma realizzai che dovevo essere cauta perché era chiuso nel suo dolore ed io e la mia condizione ne erano la fonte principale. Non sono una psicologa, ma compresi in fretta che il senso di colpa lo stava divorando.
- Senti Chicco, lo so che ti senti in colpa, ma non devi. È stato un incidente.
Non mi rispose e forse nemmeno mi ascoltò, allora provai ad avvicinarmi, ma non fu facile, ancora non avevo il pieno controllo della carrozzina.
- Dai Chicco, parlami. Non ti sembra assurda questa situazione, non ti pare che abbia sopportato abbastanza?
 Non guardava più la tv, lo sguardo era rivolto verso i suoi piedi. Pian piano però si spostò verso i miei piedi che erano appoggiati inermi e indifesi sulla pedana, poi salì e squadrò le gambe timide e tristi nella loro condizione immobile, infine mi guardò negli occhi piangendo. Era un pianto silenzioso, senza singhiozzi o lamenti, e doloroso, ma senza richiesta d’aiuto. Fu un pianto di consapevolezza, la consapevolezza insensata di aver rovinato l’avvenire della propria migliore amica, di colei che consideri una sorella, di colei che riempie da sempre la metà mancante della tua esistenza. Non aveva bisogno di parlarmi perché riuscivo a leggere queste certezze nei suoi occhi. Certezze per lui, per me erano assurdità. Non gli davo la colpa di quanto accaduto e non l’ho mai data a nessuno, ma non perché io sia particolarmente buona o religiosa, ma semplicemente perché anche analizzando nei dettagli tutto quanto accaduto non è possibile arrivare ad altra conclusione se non quella che è stato un enorme, tragico incidente.
- Chicco, ti prego, parlami.
- Maya, mi dispiace… mi dispiace… mi dispiace così tanto…
Le lacrime scorrevano copiose e gli bagnavano la maglietta bianca che si appiccicava sulla sua pelle. Avrei voluto più di ogni altra cosa alzarmi, accucciarmi ai suoi piedi e abbracciarlo, ma non potevo e Chicco doveva capirlo, quella era la mia nuova condizione e doveva accettarla per poter tornare amici come prima.
- Tu non hai colpe, è stato solo un indicente.
- Io ti ho sparato, il proiettile che non ti permette di camminare è uscito dalla canna di un fucile che io imbracciavo. È colpa mia e ho bisogno che tu lo ammetta.
Cominciavo a capire cosa voleva, forse aveva bisogno del mio perdono, anche di un perdono di facciata, ma era quello di cui aveva bisogno per ricominciare da capo.
- Ok Chicco, ammetto che il fucile era tra le tue mani e che il proiettile era in quel fucile, quindi forse indirettamente sei in parte responsabile della mia condizione, ma non sapevi che era carico e nemmeno che io fossi vicino a quella porta, quindi se tenere in mano quell’arma è stata un’azione intenzionale, sparare no. Sparare è stato un incidente. Puoi accettare questa versione? Puoi accettare il mio perdono? Ho bisogno del mio amico, ho bisogno di mio fratello, ho bisogno di te.
Fermò le lacrime soffiandosi il naso con la maglietta e mi sorrise, non forse lo stesso sorriso a cui ero abituata, ma qualcosa di accettabile.
- Va bene, accetto la tua versione e accetto il tuo perdono, ma non so se riuscirò mai ad accettare questa nuova condizione. Ti chiedo scusa per ogni volta che guardandoti mi rabbuierò, per ogni volta in cui mi sentirò un verme per non essere riuscito a proteggerti, per ogni volta in cui non saprò consolarti o capirti…
Va bene, pensai, accetto tutto, purché Chicco torni da me e non mi lasci più sola.
- Troveremo un nuovo equilibrio, te lo prometto.
Prima dell’incidente ci saremmo abbracciati per suggellare quel momento, ma circondata da ferraglia non è facile accogliere un abbraccio senza imporre all’altra persona di piegarsi alla mia nuova altezza rendendo l’abbraccio faticoso e poco spontaneo. Quindi quel giorno facemmo il primo passetto verso il nuovo equilibrio scegliendo un nuovo modo per scambiarci quell’abbraccio tanto importante nelle nostre vite. Si alzò, si posizionò dietro la mia carrozzina, con le mani mi prese la testa ai lati, vicino alle orecchie, fece una leggera leva per ripiegarla indietro e si piegò a baciare la mia fronte con tanta dolcezza da sciogliere quella rabbia e quella delusione che avevo provato appena entrata in casa. Da quel giorno, quando vogliamo ritrovarci dopo esserci persi, ci guardiamo e silenziosamente pretendiamo quel nostro nuovo abbraccio.
Esattamente come in questo momento, l’ha capito, ha letto il bisogno nel mio sguardo e si avvicina. Si posiziona dietro la carrozzina, con le mani mi prende la testa ai lati, vicino alle orecchie, fa una leggera leva per ripiegarla indietro e si piega a baciare la mia fronte con dolcezza… lo stesso gesto… rassicurante e comprensivo. Tutto quello di cui ho bisogno e tutto quello che mi serve per allontanare per qualche minuto la tensione accumulata per colpa di Lukas. Lukas… Dov’è? Cosa sta facendo? E i gemelli? Mi sono smarrita nei ricordi e ho perso la cognizione del tempo.
Guardo verso lo scivolo e i gemelli stanno ancora giocando, questa volta è Pippo che si lascia dondolare per essere salvato. Sposto lo sguardo, ma non vedo Lukas. Chicco intanto sta andando a salutare i bambini. Volto la carrozzina di novanta gradi, ma non lo vedo, poi sento dei rumori dietro di me e capisco che è lì. Sento i suoi occhi puntati addosso e sono certa che siano infuocati perché mi brucia la pelle. Non riesco ad evitarlo e mi volto, è proprio come immaginavo, le sue pupille ardono. Mi perdo in esse giusto il tempo necessario a lui per avvicinarsi. Mi gira intorno e si posiziona laddove si trovava Chicco fino a pochi minuti prima, dietro di me. Fa gli stessi gesti di Chicco, non voglio perché quello è solo nostro, ma non riesco a ribellarmi, tremo solo al pensiero di quello che vuole fare. Sono tra le sue mani e la sua bocca è vicinissima alla mia fronte, ma si sposta all’ultimo momento per avvicinarsi pericolosamente al mio orecchio e sussurrare:
- Questo è un bacio!
 E mi bacia sulle labbra lasciando una scia di fuoco e di attesa per molto altro che mi percorre fino a brandire lo stomaco lasciandomi senza fiato. Sento le gambe rinvigorirsi da questa scossa elettriche e pretendere la libertà, ma il bacio dura solo pochi istanti perché la carrozzina si sposta violentemente in avanti separandomi da tanta lussuria. Tanta è stata la rapidità del movimento che sono quasi stata sbalzata giù dalla sedia. Riprendo possesso del mio corpo e del mio cervello e cerco di capire cosa mi ha mosso, ringraziandola mentalmente qualunque cosa sia. Sebbene il desiderio sarebbe quello di prendermi tutto quello che Lukas ha da offrirmi, sono consapevole di essere in un parco pubblico, con tre bambini piccoli, un caro amico geloso e una carrozzina a ricordarmi la mia condizione. Non riesco a darmi una risposta, ma non ho nemmeno molto tempo per cercarla perché i gemelli corrono verso di me come delle furie per informarmi che hanno tantissima fame. Cerco Chicco con lo sguardo, sta arrivando e mi pare dal suo viso sereno che non abbia assistito al piccolo scambio di “idee” con Lukas di poco fa. Che fortuna! Non ce la farei a sopportare un’altra inquisizione.
Faccio le presentazioni di rito, c’è astio tra di loro, ma non ne comprendo il motivo, soprattutto da parte di Lukas. Chicco è il mio migliore amico, da sempre il suo occhio vigila su di me e sulle persone che dimostrano un interesse nei miei confronti. Senza essere mai stato geloso dei ragazzi che frequento, si è però sempre preoccupato di indagare chi fossero e di informarmi quando c’era qualcosa da sapere. Una sorta di fratello maggiore poliziotto. Non mi ha mai infastidito il suo comportamento, anche se non ha mai dovuto preoccuparsi più di tanto perché le mie conoscenze non sono mai andate oltre il quinto appuntamento e il livello “mani sotto la maglietta”. Effettivamente mi rendo conto solo ora che ho avuto più intimità con Lukas in tre ore di conoscenza che con chiunque altro, tranne Chicco. Con lui, durante il nostro periodo “amici/fidanzati” ci siamo toccati e guardati parecchio, in realtà ero più io che toccavo, lui ha osato solo una volta infilarsi sotto il reggiseno, ma si è ritratto come se la mia pelle gli avesse bruciato le mani. Siamo anche arrivati sul punto di fare l’amore, ma proprio in quell’occasione abbiamo capito che non era quello il nostro destino. Anche in quel caso fu lui a capirlo per primo, ricordo che eravamo nudi uno di fronte all’altro, a distanza di poco più di un metro. Io non ero per nulla imbarazzata, nonostante la mia natura piuttosto timida e vergognosa con lui mi sentivo a mio agio. Sono stata io a fare il primo passo, come sempre con lui, mi sono avvicinata per poterlo toccare e guardare meglio. Chicco è decisamente un gran bel ragazzo. Un metro e novanta di muscoli e mistero. Occhi azzurri come il cielo terso dell’inverno e mascella pronunciata. È tenebroso, a tratti quasi scocciato o incupito, regala i suoi sorrisi migliori solo a pochi eletti che comprendono la cerchia della sua famiglia, della mia e dei suoi compagni di Jujitsu. A scuola non c’è ragazza che non desideri le sue attenzioni, riceve inviti e proposte, talvolta anche sfacciate e svergognate, quasi quotidianamente. Lui si diverte con tante, per lo più sceglie ragazze facili, ma si concede sempre con rispetto e chiarezza. Non sono mai stata gelosa, forse perché non ha mai degnato nessuna di una seconda occhiata. Ricordo che quel giorno, quando secondo i miei piani avrei perso la verginità, mi avvicinai fino a sfiorarci con i corpi nudi e gli accarezzai il torace liscio e possente. Lui sussultò e mi sentii lusingata perché la risposta del suo corpo andò ben oltre quel semplice sussulto. Ero lucida e determinata, esattamente l’opposto di come mi sento quando c’è Lukas nei paraggi. Desideravo però che lui facesse altrettanto, ero curiosa, avevo diciassette anni e nessun uomo mi aveva ancora sfiorata la pelle. Continuai ad accarezzarlo cercando di fargli capire quello che volevo, ma lui non si muoveva, sembrava inchiodato al pavimento, le braccia immobili lungo i fianchi. Allora osai ancora di più e portai la mia mano più in basso sfiorandolo proprio nel suo intimo, la reazione fu immediata ed eccitante. Sussurrando il mio nome finalmente si mosse e tese il braccio e agganciò la mia nuca per sospingermi verso di lui. I miei seni nudi si appoggiarono al suo torace granitico. Tremava, mentre io ero incredibilmente tranquilla e curiosa e attendevo il passo successivo che però fu molto diverso da quanto mi sarei aspettata. Un balzo indietro, improvviso e brutale. Giurerei di aver visto dolore e paura per un secondo passargli negli occhi, che però si sono dissolti velocemente lasciando posto a consapevolezza e determinazione. Mi apparve così buffo il suo improvviso cambiamento che scoppiai a ridere. Una risata divertita e contagiosa e ho capito. Non potevamo farlo, eravamo troppo amici, troppo fratelli per toccarci in quel modo, troppo l’uno la spalla dell’altro per vederci come fidanzati. Quel giorno, nella sua cameretta, in quella situazione un po’ buffa terminò il nostro brevissimo rapporto amoroso e capimmo che il solo e unico legame che ci avrebbe sempre uniti sarebbe stato quello dell’amicizia.
- Piacere Federico, Chicco per gli amici. Tu sei lo zio dei gemelli?
Lukas annuisce leggermente, non si degna nemmeno risponde, anche se dalla sua faccia torva credo sia meglio così. Perché abbia questo atteggiamento nei confronti di Chicco proprio non lo capisco, mi irrita e mi piacerebbe dirgli quello che penso della sua superbia, ma mi mordo la lingua. Intanto i gemelli perdono la pazienza e cercando di appendersi al braccio dello zio chiariscono a tutti la necessità urgente di soddisfare uno dei bisogni più primordiali che esistano: la fame.
- Zio Lukas! Zio Lukas! Abbiamo fame!
- Andiamo a casa prima che decidiate di mangiare me.
Ci dirigiamo tutti insieme verso casa mia, la prima in ordine di percorso. C’è uno strano silenzio, un po’ inquietante, stranamente anche i bambini non fiatano. Giunti sulla porta di casa li saluto, Chicco mi segue in casa, mentre il resto del gruppo se ne va. Dal salotto li osservo percorrere la salita che porta a casa di Grazia, di fronte alla quale c’è quella di Chicco. I bambini sono davanti e saltellano felici, Lukas è qualche passo dietro di loro e cammina apparentemente spensierato. Poi si volta e mi fissa. Ha percepito il mio sguardo, come io percepisco il suo senza bisogno di vederlo. C’è qualcosa di strano fra di noi, ma non voglio pensarci troppo e soprattutto prima di capire cosa ci unisce, devo capire cosa mi sta succedendo e solo lui può spiegarmelo, di questo ne sono certa.
Chicco sta parlando con mia madre, sono sempre andati d’accordo, talvolta più con la mia che con la sua. Credo sia dovuto al fatto che mia madre ha la capacità di mettere a proprio agio le persone, le capisce e sa subito prenderle per il verso giusto. Sarà perché è una psicologa o forse semplicemente perché ha un dono, ma in ogni caso sa ascoltare. Con Chicco è sempre stata dolce, senza però essere invadente. Lo ha consigliato, senza apparire altezzosa o presuntuosa e lo ha ascoltato senza giudicarlo. Credo che in parte sia per questo loro rapporto speciale che ho pensato fosse giusto che la mia prima volta fosse con lui e fino all’arrivo di Lukas ancora non avevo capito veramente cosa si prova quando si desidera fisicamente qualcuno. Ieri sera con Lukas ho completamente perso il controllo della situazione, non riuscivo a razionalizzare o a pensare cosa fare o non fare, desideravo solo mi toccasse e non smettesse mai di farlo e lo stesso oggi quando mi ha sfiorato le labbra, ma devo smettere di pensarci. Devo concentrarmi su quello che sta accadendo alle mie gambe e sull’energia che sento quando Lukas è vicino a me, ma non quella che mi rende languida, bensì quella che risveglia le mie gambe e mi dà la forza per camminare. Forse però le due cose sono più collegate di quello che penso.
- Ehi, Maya, a cosa pensi?
È Chicco che mi risveglia da fantasticherie un po’ troppo erotiche.
- Niente, pranzi da noi?
- Certo, sai che non posso resistere alle lasagne di tua madre.

Sorrido, certo che lo so, so tutto di Chicco e niente di Lukas.
 

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Capitolo 6
*** Finalmente Terra! ***


Chicco passa tutto il pomeriggio a casa mia, giochiamo alla Play, guardiamo l’ultimo episodio del Trono di spade e ci strafoghiamo di patatine e noccioline tanto che ora di sera ho un gran mal di pancia. Gli ho anche fatto vedere la copertina della tesina che mi ha aiutato a creare. È davvero bella. Sono io fotografata di schiena seduta sul terreno. La schiena è nuda ma i miei lunghi capelli lisci e castani la coprono quasi completamente, lasciando visibili solo piccole porzioni di pelle che appare particolarmente liscia e lucida. I capelli scendo morbidi fino a terra ed unendosi con essa si trasformano delicatamente in radici gonfie e pulsanti. Era un’immagine che mi assillava da diversi mesi, la prima volta l’ho sognata, poi più volte, anche durante il giorno, si materializzava davanti ai miei occhi dal nulla. Un giorno l’ho raccontato a Chicco che mi ha proposto di dargli forma usando me come modella. Nel sogno la ragazza seduta era irriconoscibile, ma effettivamente sia la forma della schiena che l’aspetto dei capelli potevano essere i miei. Quindi un pomeriggio ci siamo posizionati nel suo giardino di casa, dovendo stare a dorso nudo non potevamo stare in un luogo pubblico. Per trovare la posizione e la luce giusta ci volle quasi un’ora, ad un certo punto pensai che Chicco si divertisse a vedermi mezza nuda e mezza intirizzita. Non era una giornata fredda, ma un po’ la situazione, un po’ un ‘arietta pungente che mi solleticava la pelle, mi sentivo decisamente imbarazzata. Ovviamente dopo quella volta in cui il corpo di ognuno di noi smise di essere un mistero per l’altro non capitò più che ci mostrassimo, stabilito che il nostro rapporto sarebbe rimasto per sempre platonico e amichevole tornammo a comportarci come prima con la differenza di non aver più dieci anni e quindi di aver una maggior consapevolezza dei limiti da non valicare. Il giorno della foto per ovvie ragioni dovetti mostrarmi, o per lo meno mostrai la mia schiena, perché tenni sempre una maglietta a portata di mano da indossare quando mi giravo verso Chicco. La foto risultò bellissima, non mi sarei nemmeno riconosciuta se non fossi stata certa di aver fatto da modella e anche prima di usare Photoshop i miei capelli che sfioravano il suolo si confondevano con esso naturalmente. Mai mi ero accorta quanto il tono del mio castano assomigliasse al colore della terra, perfino le strane sfumature che da sempre li caratterizzano sembrano fatte apposta per riprodurre i colori del bosco. Chicco, grazie alle sue abilità artistiche e tecnologiche, migliorò l’effetto con gradazioni un po’ più brillanti.
- Chicco che fai stasera?
- Esco di nuovo con Marilena.
- Cooosaaaa! Sarebbe già la seconda volta. Non sapevo ti fossi innamorato!
- Non dire scemenze. Comunque sarebbe la terza. È un po’ che ci penso e sono arrivato alla conclusione che è colpa mia se non riesco a trovare una ragazza fissa. Mi annoio troppo in fretta e non do mai una seconda chance.
- Beh, ma qui siamo alla terza. Mi sono persa la seconda. Quando ci sei uscito?
- Ieri sera, siamo andati al cineforum, ma siamo usciti ancora prima che iniziasse il film per colpa di un blackout.
- Sì, lo so. C’erano anche i miei genitori e me lo hanno raccontato. Davvero un fatto strano visto che il cinema è appena stato ristrutturato.
- L’ho pensato anche io… comunque mi è sembrato giusto invitarla questa sera per rimediare. Andiamo al Galeone a mangiare un panino e poi forse a ballare o per lo meno questo è quello che vorrebbe lei, ma sai che io non amo le discoteche. Vedremo come si mette la serata. Vuoi venire con noi?
- Per l’amore del cielo! Non ti preoccupare, ho altri impegni per stasera. Ho appena cominciato un nuovo romanzo. Si chiama “Storie di donne coraggiose” è ambientato agli inizi del ‘900 e promette disgrazie e amori in pari misura.
- Insomma un bel polpettone!
Io e Chicco non siamo mai riusciti ad andare d’accordo sul genere dei libri da leggere. Io romantica per eccellenza e determinata a saperne di più della storia e della società agli inizi del secolo, combattuta tra Mr. Darcy e il capitano Frederick Wentworth, lui tutto ambientazioni fantastiche, atmosfere magiche e personaggi come Aragorn o Tyrion. Quindi prassi di sempre rinchiudersi nelle rispettive stanze in caso di serata librosa. In ogni caso dopo l’incidente le mie uscite serale si sono ridotte drasticamente. Non è certo semplice portare in giro una disabile e sebbene Chicco abbia fatto l’impossibile per rendere la mia vita sociale più normale possibile, il mio desiderio di uscire ha subito un comprensibile stop. Ogni tanto mi sono sforzata, più per accontentare lui e gli altri miei amici che per reale volontà, ma la verità è che mi dispiace limitare gli altri per assecondare i miei bisogni.
Prima di salutarmi, sulla porta mi stampa un bacio sulla guancia e mi chiede se cenerò a casa sua.
- Perché dovrei?
- Perché tua madre mi ha detto che sta sera sono stati invitati da mia madre per assaggiare una delle sue invenzioni culinarie. Credo abbia mescolato polipo e arance o spigola e kiwi o qualcosa di altrettanto assurdo.
Come sempre sono l’ultima a sapere cosa succede nella mia famiglia e Chicco il primo.
- Non lo sapevo, ma credo passerò. Adoro tua madre e le sue torte al cioccolato e fragole, ma tutto il resto…
E faccio un gesto con le mani all’altezza del collo ad indicare la mia disapprovazione. Torno in casa e raggiungo mia madre che si trova in cucina a preparare un dolce.
- Mamma potevi anche dirmelo che siamo invitati a cena da Chicco?
- Tanto sapevo che non saresti venuta, Chicco non c’è e Fabiola prepara una delle sue pastrugnate… ops… che rimanga tra noi! Ti ho cucinato un hamburger e ci sono le crocchette di patate in forno, devi solo scaldarle. Però sei vuoi uscire con i tuoi amici e hai bisogno che papà ti porti da qualche parte non c’è problema.
- No, grazie. Ho bisogno di una serata librosa.
- Va bene tesoro, ma promettimi che ti sforzerai di uscire un pochino di più.
Dolce la mia mammina. Si preoccupa sempre troppo. Sono davvero contenta di questa serata tranquilla. Voglio provare a fare una cosa, ma devo essere sola in casa e non devo avere il tempo contato. Sarà un test che mi farà capire quanto la presenza di Lukas ha influito sul mio recupero della mobilità e contemporaneamente mi toglierò un piccolo sfizio.
Mio padre è rientrato, è venuto in camera a salutarmi e a darmi il bacio della buona notte. Avrò anche superato la maggiore età, ma non rinuncerei alla nostra buonanotte per nessuna ragione al mondo. Ora sta facendo una doccia veloce e poi andranno a cena da Chicco, si è già lamentato che non ha intenzione di ingoiare ciò che non riconosce. Mamma mi chiede dove è finita la tortiera di ceramica, quella bella della nonna. Le ricordo che l’ha lasciata propri da Fabiola qualche giorno fa quando le ha portato la torta salata ai carciofi. Tutte tre, mamma, Fabiola e Grazia, la mamma dei gemelli, hanno quest’abitudine di scambiarsi il cibo almeno due volte alla settimana con risultati discutibili perché chiunque riceva le pietanze di Fabiola sa di dover correre ai ripari con sostituzioni di fortuna e chi invece riceve quelle di Grazia sa che mangerà la stessa cosa per almeno tre giorni.  
- Maya noi andiamo. Siamo già in ritardo. Ti chiudo a chiave.
- No, mamma, lascia aperto, ho visto che hai fuori la biancheria stesa. Te la ritiro io così porto in casa anche il telo dalla doccia di papà.
- Grazie tesoro, ci vediamo più tardi. Non aspettarci sveglia, sai che Fabiola non ci lascia andare fino a quando gli uomini non hanno finito di fumare tutti i sigari che ha in casa.
- E’ una tattica per farci dimenticare la cena.
Risponde mio padre e tutti scoppiamo a ridere perché sappiamo quanto sia vero quello che ha detto.
Finalmente sola, ma suona il cellulare.
- Pronto.
È Mia, è la mia migliore amica, dopo Chicco ovviamente. Ci siamo conosciute al liceo, siamo nella stessa classe e ci siamo capite subito. Bella, dolcissima e innamorata di Chicco dal primo giorno in cui l’ha visto, ma altrettanto ignorata da lui. Parliamo per quasi un’ora. L’ho un po’ trascurata ultimamente e ha bisogno di aggiornarmi su tutti i pettegolezzi che mi passano sotto il naso giornalmente, ma non colgo un po’ per distrazione e un po’ per scelta. Marco ha lasciato Paola che per farlo ingelosire ha baciato Luca che però stava con Letizia che piange da due giorni disperatamente perché Sara le ha raccontato tutto. Un bel casino. Credevo che crescendo almeno queste bambinate da prima liceo me le sarei lasciate alle spalle, al contrario pare che i ragazzi e le ragazze maggiorenni siano più idioti di quelli di quattordici anni. Ci salutiamo con la promessa di vederci prima possibile.
Finalmente sola e finalmente tutto tace.
Mi dirigo nel bagno verde, si chiama così per il colore delle piastrelle, l’altro ovviamente si chiama bagno rosa per lo steso motivo. Nel bagno verde c’è una meravigliosa doccia doppia con idromassaggio verticale e luci per la cromoterapia, un’idea di mio padre, mentre nell’altro c’è solo la vasca. Da un anno cioè da quando sono sulla sedia a rotelle, io uso sempre e solo quest’ultimo perché è stato attrezzato per rendermi autonoma. I momenti che si vivono in questa particolare parte della casa sono quelli che si possono considerare più intimi e delicati, è stato quindi un sollievo tornare a casa dall’ospedale e trovare tutto pronto per gestirmi in autonomia, evitando di dover chiedere aiuto mentre sono nuda o sulla tazza. Questa volta no, questa volta mi dirigo nel bagno verde perché voglio farmi una doccia. Lo desidero dal giorno stesso in cui mi sono svegliata nel letto dell’ospedale dopo l’intervento. Ho desiderato poter sentire il getto dell’acqua calda sulla mia schiena da subito, più di tante altre cose più indispensabili. Credo sia stato un moto di ribellione, forse l’unico vero gesto sovversivo che lasciava trapelare la mia volontà a non adattarmi alla situazione. Volontà che però non ho mai manifestato ad alta voce.
Prima di entrare in bagno devo provare ad alzarmi, una volta in piedi sarà abbastanza facile raggiungere la doccia perché posso ancorarmi al muro da un lato e al lavandino dall’altra. Posiziono quindi la carrozzina vicino alla porta aperta e decisamente agitata sposto i piedi dalla pedana al pavimento. Comincio a spogliarmi, prima le calze, poi i pantaloni, la canottiera e la maglietta. Resto solo con gli slip e il reggiseno. Sono pronta per provarci e ho paura perché voglio farcela, ma se non ci riuscirò la delusione sarà tanta e cocente. Sollevo le dita dei piedi, gesto che sono sempre riuscita a fare fin dal primo giorno in cui è tornata la sensibilità delle gambe e appoggiando un dito alla volta cercando il contatto con il pavimento e soprattutto cercando di ancorarmi ad esso. Sposto la forza nei polpacci che diventano duri e forti, le ginocchia sono ferree e pronte a sostenere il peso del corpo. Decido che posso appoggiarmi ai braccioli per fare leva, con Lukas sono riuscita a sollevarmi anche senza questo aiuto, ma mi concedo qualche piccolo vantaggi per riuscire nello scopo finale. Anche le mani sono convinte di farcela e le mie dita avvolgono il bracciolo con decisione. Sento i muscoli degli avambracci tendersi e mi sollevo senza nemmeno troppa fatica. Provo a liberare una mano e solo dopo essermi accertata di essere in perfetto equilibrio libero anche l’altra. Sono in piedi e mi reggo sulle mie sole gambe, sono al settimo cielo e vorrei saltare dalla gioia, ma mi trattengo dal fare stupidate. Provo a fare un passo e il risultato è eccellente. Come sempre adesso tocca al passo più difficile, il secondo, più lungo e più pericoloso. Per sicurezza mi appoggio allo spigolo che si trova alla mia destra e vinco la battaglia contro la paura perché anche il secondo passo è fatto… ma la guerra è ancora lunga, ci vogliono almeno altri dei passi prima di raggiungere la doccia. La grinta non mi manca e nemmeno la determinazione quindi procedo. Un passo, poi un altro e un altro ancora. Mi fermo a prendere fiato, ho ancora un po’ di forza, ma comincio a sentire le gambe meno stabili. Raggiungo la doccia. Mi libero degli ultimi indumenti che lancio nel lavandino poi mi chiudo la porta alle spalle. Apro l’acqua, ma il primo getto è ghiacciato. Il contatto con l’acqua fredda mi destabilizza e mi aggrappo al muro per non cadere, ma le gambe cedono un poco e mi accascio leggermente. Finalmente l’acqua diventa calda e sento che mi avvolge partendo dal basso restituendomi quella forza che avevo smarrito nella camminata e sorreggendomi abbastanza per riprendere una posizione eretta. Posso così godere appieno del suo getto, piccoli spilli bollenti che mi percuotono spalle, nuca e capo, dolci goccioline carezzevoli che mi sfiorano portandosi via il timore di fallire. Chiudo gli occhi e assaporando ogni istante mi lavo i capelli strofinandoli con vigore con lo shampoo di mio padre. Ho sempre pensato che il pino silvestre fosse una fragranza troppo mascolina per me, scopro invece con piacere che è deciso quanto basta e stuzzica le mie narici in maniera gradevole. Chiederò alla mamma di comprarlo anche per me. Sebbene a malincuore decido di terminare la mia meravigliosa doccia, ho il timore di non resistere ancora a lungo. Apro il vetro e cerco il telo da bagno allungando il braccio e tastando a caso poiché i miei occhi sono ancora offuscati dalle gocce d’acqua. Non lo trovo, provo a controllare aprendo un poco di più gli occhi, ma non c’è nulla. Noooo! Il telo è steso fuori sullo stendibiancheria, dovevo recuperarlo prima di entrare in doccia, ma la telefonata di Mia mi ha distratto e ora che ci penso non ho nemmeno portato la biancheria pulita e il pigiama. Mi assale il panico. Sono completamente nuda, completamente bagnata e completamente sola e devo raggiungere la carrozzina con i piedi umidi, cosa che potrebbe farmi scivolare e le gambe stanche. Cerco di calmarmi ripensando alla forza che ho provato sotto il getto d’acqua, ma mi accorgo che anche quello è sparito esattamente nello stesso istante in cui ho chiuso il rubinetto e l’acqua ha smesso di avvolgermi. Esco dal piano doccia e mi aggrappo con forza il portasciugamani sperando mi regga, ma sento le forze lasciarmi, percepisco la debolezza pervadere il mio corpo partendo dall’alto. Prima le braccia si fanno deboli, poi il torace, le anche. Sono spaventata, se questa fragilità invaderà anche le gambe sarò a terra in men che non si dica, ma poi succede l’impensabile. Un profumo ormai fin troppo famigliare invade la stanza: è legno e agrumi, forse bergamotto, è Lukas. La porta che la corrente aveva socchiuso si spalanca e davanti a me compare in tutta la sua fierezza. Ha gli occhi infuocati e appare visibilmente affaticato, la fronte è permeata di sudore e i muscoli del viso rigidi e tesi. Mi squadra e deglutisce, sussurra il mio nome con voce roca. Vorrei urlargli di andarsene. Sono nuda ed esposta alla sua vista, ma ho bisogno di lui perché sto per arrendermi.
- Lukas…
È solo un sussurro, ma lo ode e ne comprende anche il significato. Si lancia verso di me e riesce a prendermi tra le braccia prima che finisca a terra come un stracco vecchio. Sono sempre nuda e sempre debole, ma finalmente sono tra le sue braccia. Non so nemmeno se questo fatto mi renda più furiosa o eccitata. Lascio che decida cosa fare di me, anche perché non potrei fare nemmeno un altro passo quindi sono completamente e letteralmente nelle sue mani. Ho gli occhi chiusi e gli cingo il collo per paura di cadere, ma anche questa volta, esattamente come la prima volta in cui mi ha tenuto tra le braccia, so che non lo farebbe mai, non c’è altro luogo dove sono più al sicuro, ma non ho idea del perché io lo sappia con tanta certezza, ma è così. Esce dal bagno e mi porta in camera mia. Si siede sul mio letto, ma non mi libera dalla presa. Mi accarezza il volto spronandomi a schiudere gli occhi. Li apro e incontro i suoi tornati nocciola, ma carichi di passione.
- Ora ti lascerò sul letto giusto il tempo per prendere i tuoi vestiti e recuperare la carrozzina.
Ma io non voglio che mi lasci, voglio rimanere tra le sue braccia e cullarmi del suo calore. Non mi interessa se sono nuda e ho freddo, lui è incredibilmente caldo e accogliente e desidero che mi baci più di qualsiasi altra cosa.
- Non lasciarmi… ti prego.
- Oh Maya…
C’è passione e disperazione nella sua voce. Adoro come pronuncia il mio nome, non mi è mai parso tanto seducente e provocante come quando esce dalla sua bocca. Abbasso la testa fino a raggiungere il suo collo e premendo leggermente la giugulare con le labbra, lo bacio. Ha un sapore amaro, ma irresistibile e non smetto fino a quando non lo sento ansimare.
 - Così non mi aiuti. Devi ricordare tutto perché non so per quanto tempo riuscirò a mantenere la promessa fatta.
Non lo ascolto, ho bisogno che mi baci. È un bisogno primordiale, più antico di qualsiasi altro, più necessario dell’aria che respiro o dell’acqua che bevo, un bisogno che deriva dall’origine della vita e forse dello stesso cosmo… ne ho fisicamente bisogno.
- Baciami Lukas.
Non ho ancora finito di sussurrare queste due semplici parole che è già chino sulle mie labbra. Le possiede con avidità e con lo stesso fervore reagisco al suo assalto. Sento il corpo vibrare e un languore impellente scuotermi intimamente, desidero di più, desidero essere sua. Mi agito tra le sue braccia, questa posizione costretta è diventata scomoda, voglio scoprire se i nostri corpi si completano. Sposto una gamba, poi l’altra, riesco in questo modo a trovarmi a cavallo sulle sue gambe. Lukas si alza portandomi con se, ma lasciando che sia io stessa a prendermi cura del mio peso. Sono forte, fortissima e mi avvinghio al suo collo solo per stargli più vicino. Lukas prende i miei capelli bagnati e mi piega la testa all’indietro assicurandosi così di avere ogni centimetro del mio collo per se. Mi bacia, mi assapora fino a farmi sussultare per l’ansia di avere di più. Poi scende e così come ha posseduto la gola, lo stesso fa con i miei seni. Sono tra le sue labbra, tra le sue mani, tra i suoi denti e io gemo di piacere e di tormento. Accolgo la sua lingua giocare con il mio ombelico, ma tentennare quando scende oltre. Aspetta un mio cenno e lo accontento, abbasso lo sguardo e lo fisso per comunicargli il mio consenso. Lo voglio e lo voglio ovunque, ma ciò che vedo nelle sue iridi mi spaventa. Credevo di aver visto ogni sfumatura dei suoi occhi, ma questa volta vi leggo una storia intera. Un mondo antico dove a governare era solo la natura incontaminata, poi mostri invisibili che scuotono la terra, le viscere e le acque e portano sgomento e una decisione importante. Quattro poteri, quattro cavalieri, quattro figli per proteggere la terra. Cosa succede? Perché vedo queste cose? Lukas si allontana con delicatezza e si alza. Siamo in piedi uno di fronte all’altro e la magia si è spezzata, ma adesso io conosco la verità e so chi sono: io sono Terra.  

Madre Natura

Figliola finalmente sei sveglia… ma sei sempre più terrena e passionale ad ogni risveglio. È il tuo dono e la tua condanna, così fragile e così potente, così dolce e materna e così ardente. Fuoco ha rischiato di perdersi di nuovo tra le tue braccia, ma questa volta non succederà. Ho allentato le catene solo per un attimo, per aiutarti a ritrovarti, ma ora torneranno potenti.  Devo proteggervi entrambi angeli miei, tutti quanti, siete le mie creature, i miei Elements, ma tanto, troppo umani. Ti aspetto al mio cospetto Terra, vieni a me.

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Capitolo 7
*** Nike ***


Nike

- Maya dobbiamo andare. Sei pronta?
- Si mamma, arrivo.
Sono passate quattro settimane dal giorno in cui ho ricominciato a camminare. Non dimenticherò mai cosa successe quella sera e non mi riferisco solo al fatto di essermi liberata della carrozzina. Quella sera ho ritrovato la mia memoria e ho scoperto la verità: io sono Terra e sono uno dei cinque cavalieri di Madre Natura. Dopo averlo capito Fuoco mi ha spiegato perché siamo stati svegliati dopo tanto tempo. La terra è percossa da manifestazioni catastrofiche ben diverse da quelle concesse naturalmente da nostra madre, tali da mettere in pericolo l’intero pianeta e con esso la sopravvivenza di tutti i suoi figli. Pian piano la foschia in cui la mia memoria era immersa si è schiarita mostrandomi ogni attimo nel corso delle epoche in cui Madre Natura ci ha chiesto di intervenire per salvare il mondo e chiudere Caos nella sua gabbia infernale. Nonostante ciò rimangono dei vuoti, momenti sbiaditi e sensazioni sopite, avvolte in una fitta nebbia intorpidita, per lo più sono legate a Fuoco o agli attimi immediatamente successivi alle battaglie finali. Ma tutto il mio essere è concentrato su altre emozioni, di quella sera non dimenticherò mai la bocca e le mani di Lukas il cui tocco ha lasciato segni indelebili sulla mia pelle che anche a distanza di settimane scuotono il mio animo. Quella sera è stata anche l’ultima volta in cui ho visto Lukas. Quando ho capito cosa era successo davvero l’ho cacciato e gli ho chiesto di non farsi mai più rivedere, anche se so che non è possibile perché dovremo affrontare questa minaccia insieme.
Quella sera dopo la presa di coscienza di chi fossi mi sono sentita viva e potente. Ero nuda di fronte a lui, ma nessun imbarazzo perché sapevo di essere nella mia forma più giusta, è così che sono nata ed è così che il mio potere si manifesta nella sua forma più potente. Non provavo vergogna o pudore davanti a Lukas, sentivo di essere me stessa, fiera e bellissima, potente e giusta. Nonostante questo però il languore non cedeva il posto alla fierezza e il desiderio di stare con Lukas non cessò di possedere la mia anima. Mi avvicinai e girai intorno al suo corpo lasciando che mi rimirasse, la temerarietà che provavo in quel momento era invincibile e dominante. Ero pronta a donarmi completamente, sfacciata e impudente. Ero così piena di me stessa da esser certa che lui provasse lo stesso desiderio e mi volesse esattamente quanto io volevo lui, ma non era così. Lukas bloccò la mia danza discinta prendendomi per un polso, pensavo volesse afferrarmi per trascinarmi a sé e baciarmi senza vergogna e senza fine, quello dicevano le fiamme dei suoi occhi, quello diceva il rantolo del suo respiro e quello diceva il suo corpo eretto e fiero, ma quello non fu ciò che accadde.
Raccogliendo da una sedia la mia vestaglia e porgendomela, mi disse:
- Maya… scusa, Terra, devo dirti una cosa.
Il tono mi confuse, sebbene non avesse ancora ripreso la sfumatura normale, ma il respiro fosse ansimante e accelerato, aveva una traccia di freddezza che mi disarmò a tal punta da sentire tutto l’imbarazzo della situazione. Io nuda e bramosa e Lukas completamente vestito e ansioso di parlare piuttosto che di baciarmi. Mi avvolsi la vestaglia e mi accomodai sul letto per ascoltare quello che aveva da dirmi, non senza rabbia.
- Madre Natura mi ha chiesto di risvegliarti perché il male che sta investendo il nostro mondo è di origine terrena, nasce dalle viscere della terra e solo tu hai il potere per fermarlo, io ho il compito di aiutarti e proteggerti. Sarà la nostra Signora a decidere se e quando richiamare anche Aria e Acqua. È per questo motivo che sono qui. Dobbiamo andare al suo cospetto, solo così sapremo cosa ci aspetta e quali altri ordini dovremo seguire.
Le sue parole mi frullavano nella mente, si mescolavano, si scontravano, ma non riuscivano a darsi pace. Poi l’illuminazione!
- Quali altri ordini hai ricevuto fino ad ora?
Un dubbio, un sospetto, infido e terribile se confermato.
- Dovevo risvegliarti Terra…
- Perché non lo ha fatto direttamente Madre Natura? Come ha fatto con te.
Tentenna, non può rispondermi o forse non vuole, ma alla fine deglutisce, abbassa lo sguardo e lo rialza.
- Solo io posso farlo.
-In che modo?
Sapevo già la risposta, ma volevo che lo ammettesse, volevo che la stessa bocca che aveva succhiato con l’inganno il mio seno, ammettesse il tradimento.
- Sei la più umana e terrena tra di noi, lo sei sempre stata e certamente ad ogni risveglio lo diventi sempre di più. Sei la più passionale, la più materiale, la più ancorata alla vita umana e alle sue emozioni. Non c’era altra scelta, non avevo altra scelta. Perdonami.
Ero furibonda, umiliata e indignata, ma soprattutto decisa a fargliela pagare. Mi sono alzata dal letto lasciando cadere la vestaglia a terra, ho percorso il breve spazio che ci divideva e mi sono piazzata di fronte a lui, abbastanza lontana perché mi potesse vedere in tutta la mia determinazione, ma abbastanza vicina perché non gli sfuggisse il languore del mio corpo. Il furore si rivelò sulla mia pelle che si accese come illuminata dal sole ed emise delle scosse violente che si proiettarono sia a terra che nell’aria. Lukas fu investito da queste onde che lo scaraventarono dall’altra parte della stanza.
- Terra calmati, devi controllare il tuo potere… calmati.
Persi il controllo, continuai ad alimentare le onde con la rabbia mettendo in pericolo l’intera casa fino a quando Lukas non si lanciò su di me placcandomi a terra. Tutto finì in un lampo, il potere rientrò nel mio corpo e la terra smise di tremare ed io ero di nuova nuda tra le braccia di Lukas. Questa volta non permisi alla lussuria di prendere il sopravvento e rotolai via. Mi rannicchiai vicino al letto e gli sussurrai di andarsene, di lasciarmi sola e di non farsi rivedere mai più. Lukas si rialzò e voltandomi le spalle uscì dalla mia stanza e dalla mia vita.
- Maya forza o farai tardi il giorno della tua maturità! La commissione non aspetta…
Mia mamma ha ragione, continuo ad indugiare su ricordi penosi. Non ho più visto Lukas dopo quella serata. Non ho fatto domande, ma un paio di giorni dopo l’accaduto ho sentito una conversazione tra Grazia e mia madre e ho scoperto che è partito, ma che tornerà presto. So che dovremo rivederci, abbiamo una missione, ma gli sono grata per avermi lasciato del tempo per capire chi sono e cosa voglio. Sono ancora furiosa per il modo in cui sono stata trattata e ancor di più lo sono con Madre Natura per aver dato a Fuoco un compito così ingiusto nei miei confronti. La mia vita nel frattempo procede regolarmente. Quella sera oltre ad aver scoperto la mia vera identità, ho anche riacquistato la completa capacità motoria. Fin dal momento in cui Lukas ha riacceso i miei sensi ho capito che ero guarita, guarita dalla mia paura. Il giorno seguente l’ho comunicato anche ai miei genitori, è stata una scena commovente e non dimenticherò mai le lacrime di mio padre.
 Mamma e papà erano in cucina per la colazione, gli sforzi della serata precedente mi avevano lasciato senza energia e avevo dormito fino a tardi. Decisi di non passare nemmeno un giorno in più su quella carrozzina e mi presentai in cucina sulle mie gambe. La porta della cucina era socchiusa e sentivo il vociare dei miei genitori fin dal corridoio. Stavano discutendo sulla serata e non si trovavano d’accordo sulla necessità di rivelare a Fabiola della sua incapacità in cucina, dopo tutto era una buona amica e si impegnava sempre tanto per sorprenderli. Diedi un paio di colpi di tosse prima di aprire la porta della cucina, non volevo spaventarli. Subito si voltarono aspettando di vedermi entrare sulla carrozzina, quando al contrario mi videro camminare sulle mie gambe si alzarono di scatto rovesciando le sedie e le tazzine del caffè fortunatamente già vuote. Non un respiro, non un fiato e nemmeno un gridolino, solo meravigliose lacrime di gioia. Quando finalmente lo stupore lasciò il posto alla gioia corsero verso di me facendomi mille domande, fortunatamente senza aspettarsi delle risposte. Non gli importava come o perché, ma solo che fossi tornata a camminare. Persino mia madre che per inclinazione e lavoro cerca sempre la ragione di ogni fatto e di ogni scelta si arrese alla gratitudine e alla semplice felicità. Stessa faccia e stesse lacrime per Chicco, che come spesso accadeva era passato da casa per accompagnarmi al liceo. Nemmeno lui mi fece domande, riuscì solo ad esclamare:
  • Era ora… per i miei gusti c’hai messo fin troppo tempo.
E poi una delle sue meravigliose risate e il suo abbraccio così famigliare, ma che da tempo era stato sostituito per necessità fisiche.
Oggi è tutto diverso, oggi devo concentrarmi su un'unica cosa, oggi è il gran giorno, finalmente mi diplomerò e nonostante sono certa di voler mantenere viva la mia umanità, non vedo l’ora di chiudere questo capitolo della mia vita.
- Maya sei bellissima, lo sapevo che quel completo avrebbe esaltato la tua carnagione. Da qualche tempo sei più bella del solito.
Un paio di settimane fa è arrivata a casa eccitata come una bambina che ha appena ricevuto il suo primo lecca-lecca e ha spalancato la porta della mia camera. Aveva il fiatone in parte per la corsa e in parte perché aveva più o meno dieci sacchetti tra le mani. Era uscita con Grazia e Fabiola, rispettivamente mamma dei gemelli e sorella di Lukas e mamma di Chicco, per un pomeriggio di shopping e il risultato erano quelle buste colorate piene di ipotetici vestiti per il giorno del mio diploma. Non me la sentii di ricordarle che ero grande e potevo scegliermi gli abiti da sola, credo che sia una cattiveria togliere ad una madre queste piccole gioie che a noi figli costano poco sacrificio, ma che a loro regalano piccole perle di gioia insostituibili.
Uno dei sacchetti conteneva biancheria intima di vari colori e modelli, slip, reggiseni, canottiere, body. Mia madre aveva letteralmente svaligiato il negozio, la domanda sorse spontanea:
- Mamma, pensi che dovrò spogliarmi all’esame?
- No, ma se dovesse capitare sarai pronta e bellissima.
E parlava con un tono talmente serio che per un attimo pensai mi proponesse uno spogliarello per alzare il voto.
- Dai Maya, sto scherzando. È da un po’ che volevo rifarti il guardaroba dell’intimo, indossi ancora gli slip con i coniglietti che ti ha regalato la nonna… sei una donna e mi sembra giusto che tu abbia biancheria da donna.
(Meno male che Lukas mi ha trovato nuda in quella doccia!)
Tutto sommato devo darle ragione, sono sempre stata una fanatica degli abiti comodi, in particolar modo ciò che stava sotto gli abiti lo deve essere tassativamente. Quella famosa volta in cui io e Chicco ci spogliammo uno di fronte all’altro portavo giusto un paio di quelle mutande con i coniglietti rosa e sebbene Chicco non avrebbe mai osato farmelo notare, non devo essere stata particolarmente sexy. Se non altro con Lukas ero già nuda… ok, questo pensiero è molto meno divertente dal momento che adesso conosco il motivo per il quale mi trovavo nuda tra le sue braccia e non ha nulla a che fare con il mio sex appeal o con l’attrazione fisica. Gli altri sacchetti contenevano rispettivamente una tuta intera color mogano molto elegante con relativo giacchino di pelle rosso, un completo giacca e gonna lunga fino al ginocchio con un’irriverente spacco laterale e calze di pizzo, pantalone a palazzo a vita alta abbinato ad una maglia a collo alto senza maniche e nell’ultimo sacchetto la mia vera passone in contrasto con la mia politica “abiti comodi”, ma senza dubbio un vezzo tutto femminile. Un paio di scarpe con il tacco: decolleté rosse. Non sono mai mancate nemmeno quando ero obbligata sulla sedia a rotelle, ma la sensazione - ovviamente - non era la stessa. Dalla scelta della scarpa avevo intuito che la sua preferenza si spostava sulla tuta intera abbinata alla giacca di pelle, ma mi fece davvero piacere che non mi imponesse il suo gusto, ma mi lasciasse scegliere tra diverse tipologie di outfit che comunque aveva precedentemente approvato. Tecniche da psicologa, ma ormai ci sono abituata e ci casco solo se voglio cascarci e quella volta mi andava bene così, però ho giocato anche io alla psicologa dei poveri e mi sono tenuta il segreto. Non le ho detto cosa avrei indossato quindi appena scenderò saprà se le sue manovre hanno funzionato.  
In questo momento è in trepidazione sulla porta di casa con le chiavi in mano e la borsa a tracolla pronta per accompagnarmi al liceo per il mio esame. Peccato che siano solo le otto e il mio esame non sarà prima di mezzogiorno. Quando ieri sera mi ha comunicato a quale orario saremmo usciti ho preferito non discutere. Lei sostiene che è importante che ascolti le interrogazioni dei miei compagni prima del mio turno per farmi un’idea di quello che mi aspetta e per incanalare l’ansia in concentrazione e determinazione. Come si può competere con una filosofia così lineare, non si compete, si svicola. Ho deciso che ascolterò solo parzialmente il suo consiglio. Mi presenterò presto a scuola, farò una abbondante colazione al bar appena fuori e con calma, dopo aver ripassato mentalmente la mia tesina, andrò in aula per ascoltare un paio delle mie compagne. Di certo voglio esserci per l’esposizione di Mia e di Chicco che sono appena prima di me. Ho però chiarito a mia madre di starmi ben lontana, non la voglio a scuola fino a quando non sarò io a chiamarla per dirle che ho finito. L’ho minacciata che se la vedrò in aula o nel raggio di almeno un chilometro da essa non darò l’esame. Non è cattiveria la mia, è solo sopravvivenza. Conosco mia madre e per quanto bella, grintosa e di successo, piangerebbe come un vitello. È la donna più forte che io conosca, quando c’è un problema o una situazione difficile è sempre in prima linea, ma dopo l’incidente con me è diventata un agnellino impaurito e qualsiasi prova o esperienza io debba affrontare diventa motivo di ansia. Per questo motivo oggi non la voglio al mio esame. Ci tengo a fare bella figura e mi sono a lungo preparata per coronare cinque anni di studi con un bel voto, non ho nessuna intenzione di farmi turbare da gridolini di gioia o lacrime di commozione.
Esco dalla camera e non appena sono visibile sento un’esclamazione e un fischio.
  • HOHOHO!
È di mia madre che gioisce quando vede che ho scelto la tuta intera mogano sbracciata con la giacca di pelle rossa abbinata alle scarpe rosse. Il fischio successivo invece è di mio padre che stamattina ha chiesto un’ora di permesso solo per salutarmi e per farmi il suo personale in bocca al lupo.
- Maya sei davvero bella ed elegante. Mi sono innamorata di questo completo appena l’ho visto in vetrina, ma addosso a te è decisamente perfetto. Il colore si abbina con i toni dei tuoi capelli e il rosso ti dona quell’aria sofisticata che ci vuole in queste occasioni. Sono certa che andrà tutto benissimo.
Le prime lacrime stanno già formando un laghetto nei suoi occhi celesti, devo fermarla o contagerà anche mio padre e io non resisterò a lungo. Saluto mio padre con un bacio, prendo mia madre per il braccio e la trascino verso la macchina. La spingo sulla seduta del guidatore e mi accomodo accanto. Il tragitto è breve, in venti minuti siamo già a scuola. La abbraccio e le accarezzo il volto, le assicuro che andrà tutto benissimo e che la chiamerò non appena avrò terminato. È paradossale che sia io a confortare lei, ma glielo devo. Dopo l’incidente se non avessi avuto la sua forza a sorreggermi sarei precipitata nel baratro della disperazione e anche quando i dottori insistevano dicendomi che non c’era motivo per non tornare a camminare non ha mai insistito, ma ha atteso che trovassi da sola il modo per risollevarmi da quella dannata sedia a rotelle. Certo che se sapesse come sono riuscita a trovare la forza per farlo forse avrebbe qualcosa da ridire, ma preferisco non pensarci, non sono ancora del tutto indifferente al discorso “Lukas” e vorrei evitare di agitarmi proprio oggi.
Scendo e continuo a salutarla agitando la mano fino a quando non la vedo svoltare l’angolo, poi mi dirigo verso il bar. Sono un po’ goffa perché ho con me la cartelletta con tutte le tavole selezionate per l’esame, la tesina rilegata ad opera d’arte e una scatola di cartone bianco al cui interno si trova una piccola scultura in gesso per il professore di arti plastiche e scultoree. Dopo scienze naturali è la mia materia preferita ed il professore mi ha aiutata a preparare questo modello che riprende la copertina della tesina. Il bar è stranamente vuoto, durante l’anno brulica di studenti a tutte le ore. Mi piace molto e lo preferisco a quello interno alla scuola, si chiama Arnold’s in onore al telefilm Happy Days che andava in onda negli ’70. Ha il tipico stile “tavola calda americana”: tendine a scacchi verdi che coprono solo la metà inferiore della finestra, divanetti in pelle marrone usati per separare i tavoli in legno grezzo, rivestimento perlinato alle pareti, un finto jukebox e persino le bandiere dei college americani creano un ambiente unico e intimo. Scelgo il mio tavolo preferito, mio e di Chicco, quello nell’angolo in fondo, vicino al jukebox. È particolarmente appartato e perfetto per rivedere gli appunti o chiacchierare senza essere visti e uditi, perché si trova in posizione protetta rispetto al resto dei tavoli e c’è un piccolo separè in legno che lo isola acusticamente. Mi accorgo che è occupato solo quando sono già lì, chiedo scusa e mi guardo intorno per scegliere un altro tavolo. La persona seduta al mio posto alza lo sguardo e mi offre di accomodarmi lo stesso.
- Io sto per andarmene, ho solo altri dieci minuti. Se intanto vuole accomodarsi le prometto che non la mangio… e cercherò di non disturbarla.
Sono un po’ imbarazzata, non so esattamente il motivo, ma la sua voce mi ha fatto venire i brividi. Lo guardo con più attenzione, è più giovane di quello che avevo pensato di primo acchito. Trent’anni o forse anche meno. È stato il suo completo elegante ad ingannarmi. Di taglio perfetto, quasi disegnato sul suo corpo che mi scopro a rimirare con apprezzamento. È un tipo atletico, su questo non ci sono dubbi, raffinato e affascinante, ma ha anche qualcosa di misterioso e un poco diabolico. Sembra piuttosto alto e ha tratti vagamente orientali, occhi scuri affilati come quelli dei gatti e folti capelli neri. Il suo viso è un ovale perfetto e la pelle è leggermente abbronzata e liscia come la seta, cosa che non posso sapere perché non l’ho toccato, ma ne sono assolutamente certa lo stesso. Le spalle sono larghe, dritte e fiere, sa il fatto suo e ricopre sicuramente un ruolo di potere. La parte che però mi colpisce di più sono le sue mani: gradi, con lunghe dita affusolate che promettono passione e protezione. Sta leggendo il giornale che è appoggiato sul tavolo, con una mano lo tiene fermo, mentre con l’altra sorseggia il suo cappuccino, scommetto che ha voluto la cannella, quasi riesco a percepire il suo sapore e il suo odore. Sono completamente impazzita, non so nemmeno chi sia questa persona e gli ho appena fatto un screening completo utile solo per suggerirmi quanto speziata devono essere le sue labbra e quanto possenti le sue mani.  Mi ritrovo ad accettare l’offerta quasi senza accorgermene e mi siedo sul divanetto opposto senza smettere di fissarlo.
- Le ho promesso di non disturbarla, ma se continua a guardarmi così dovrò necessariamente ricambiare la cortesia.
Che imbarazzo! Ma perché lo sto fissando in questo modo? Non è certo il primo bell’uomo che incontro nella mia vita! Accampo una scusa, la prima che mi viene in mente.
- Chiedo scusa, mi sembrava di conoscerla, ma certamente mi sbaglio.
Sono stata brava?
- Non credo proprio, mi ricorderei del suo viso… e anche di tutto il resto.
Questa volta è lui che mi fissa come se fossi un pasticcino. Forse dovrei alzarmi e andarmene. Un uomo decisamente più grande di me ha appena fatto un apprezzamento poco appropriato e mi ha squadrato come se volesse mangiarmi, anche se mi aveva appena assicurato di non volerlo fare. Ma non posso e non voglio. Rimango seduta e tralascio la sua provocazione nella speranza di ritornare ad ignorarci come avremmo dovuto fare fin dall’inizio e come nessuno dei due è riuscito a fare.
Ordino un caffè doppio, una spremuta d’arancia e una brioche liscia con la granella. Non ho fatto colazione e prima di affrontare l’esame voglio avere lo stomaco pieno. 
Oh cielo! L’esame! 
Per un attimo me ne ero scordata! È prestissimo, ho tutto il tempo. Prendo la tesina perché è perfettamente inutile ripassare le altre materie, ormai quel che è fatto è fatto, ma posso riguardare l’ordine di esposizione dei vari punti del mio lavoro. Non credo mi daranno molto tempo per esporlo, devo quindi essere molto brava a sintetizzare senza tralasciare nulla. L’uomo dalle belle mani è distratto dai miei movimenti e mi sembra incuriosito dalla copertina della tesina. Effettivamente è davvero bella, quasi un’opera d’arte originale. Mi sento lusingata e decido di perdonargli quella piccola caduta di stile di poco fa. Comincio a sfogliarla e nervosamente farfuglio parole che mi ricordano date e fatti.
L’uomo si alza, ripiega il giornale e lo appoggio sul divanetto, scrolla la giacca per stirare le piccole pieghe che si sono formate e da un paio di colpi di tosse, immagino per attirare la mia attenzione. Non che ne abbia bisogno, ogni movimento di quelle mani ipnotizzano il mio sguardo e per quanto cerchi di concentrarmi sul mio lavoro, non posso fare a meno di osservarlo da sotto le ciglia con attenzione e curiosità.
- Piacere di averla conosciuta, ora la saluto, ho una commissione d’esame che mi aspetta.
Si volta e in cinque falcate ha attraversato il locale e superato la soglia d’uscita. Sebbene se ne sia andato aleggia nell’aria un permeante profumo di cannella che mi stuzzica le narici e mi fa venir voglia di leccarmi le labbra. Cerco di riprendere il contatto con la realtà e decido che è ora di andare in classe. Raggiungo la cassa, estraggo il portafoglio ma Vale, la barista che ormai è anche un'amica, mi fa segno di metterlo via. Forse vuole offrirmi la colazione, sa che oggi ho l’esame di maturità.
- Grazie Vale, ma non devi, davvero...
- Non devi ringraziare me, ma il tuo ammiratore…
- Di chi parli?
- Del tipo che sorseggiava un fantastico cappuccino alla cannella!
Non ci credo! Ma come è possibile? Quando lo avrebbe fatto? Non si è mai alzato durante i nostri dieci minuti di silenzio e poi si è diretto speditamente all'uscita. Glielo domando. Vale alza le braccia in segno di resa.
- Prima ancora che tu arrivassi aveva già pagato il suo cappuccino più un caffè doppio, una spremuta d’arancia e una brioche liscia con la granella.
Sono davvero davvero sconcertata, ma non ho il tempo per soffermarmi su questa sensazione. Devo andare a scuola, ho perso fin troppo tempo per colpa di quello sconosciuto dalle belle mani. Entro in aula giusto in tempo, Mia è ancora in piedi e sta facendo i saluti di rito stringendo la mano ad uno dei professori. Dalla mia posizione non lo vedo, ma per esclusione credo sia il professore di arti plastiche e scultoree. E’ l’unico che non riconosco. Mi volto per salutare con lo sguardo Chicco che è seduto un paio di sedie dietro la mia. nell'istante esatto in cui do le spalle alla cattedra i muscoli della mia schiena si ritraggono obbligandomi a spostare il bacino in avanti, percepisco un tocco, no è meno, è uno sfioramento. Prima è sul collo che automaticamente si piega di lato illanguidito, poi è sulle spalle e infine si posa sui fianchi che percorre con più energia. Ho la pelle d’oca e mi sfugge un gemito. Sono mani delicate, ma potenti, forti... sono le sue mani, lo so con certezza. 
Mi volto di scatto e lo vedo. Vedo l’uomo che mi ha squadrato come fossi un cioccolatino, che mi ha ipnotizzato con le sue mani, che mi ha offerto la colazione, ma soprattutto che sapeva quando sarei arrivata in quella caffetteria e cosa avrei ordinato molto prima che io stessa lo avessi deciso. Lui mi fissa, ma distolgo lo sguardo per cercare le sue mani. Non le vedo, sono nascoste sotto la cattedra, ma so che sta facendo qualcosa di pericoloso perché mi sento percorsa ormai su tutto il corpo e i brividi diventano sempre più intensi. fisso il vuoto e mi concentro usando il mio potere per allontanare quell'intrusione bramosa cercando però di non illuminarmi come l’ultima volta. Ce la faccio, avverto lo sfioramento ritrarsi. Torno a guardarlo, sta sorridendo più con gli occhi che con quella bocca sfrontata, ha incrociato le mani sopra la cattedra e lentamente le avvicina alle labbra, quasi volesse accarezzarle. Ma chi diavolo è? 
Provo a chiederlo alla mia vicina di sedia.
- E’ il sostituto del professor Pedroni di discipline plastiche. Ieri pomeriggio ha avuto un incidente e si è rotto una gamba.
- Ma come si chiama?
- Dai! Non lo riconosci. È Nike, promessa della scultura moderna, laureato con due anni d’anticipo. Le sue opere sono richieste in ogni galleria che si rispetti. È qui solo perché è amico del dirigente e gli ha fatto questo favore dell’ultimo minuto. 

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Capitolo 8
*** Il patto ***


Certo che so chi è Nike, all’anagrafe Esai Aniceto, papà greco e mamma toscana, ventitré anni di successi lavorativi e conquiste private. Nessuno in questa scuola non sa chi è Nike. Ho visto diverse fotografie delle sue opere, pochissime in cui era presente anche lui e in ognuna di queste si poteva intravedere solo un profilo o una sagoma o tutt’al più un giovane sullo sfondo con un buffo capello da baseball portato al contrario. Di certo nulla che anche solo vagamente assomigli a quest’uomo tutto d’un pezzo con completo elegante e aria da onnipotente dio dell’Olimpo. Cerco di riprendermi dallo shock e ascolto l’esposizione di Mia. Rimane sotto torchio per circa venti minuti, ogni professore ha voluto farle qualche domanda, credo la ragione sia che vogliono darle un voto alto ed essere certi che se lo meriti. L’unico che non l’ha interrogata è proprio Nike che in tutto il tempo non ha mai smesso di guardarmi. Mi sono guardata intorno più volte per capire se qualcun altro si sia accorto del suo strano comportamento e pare che nessuno a parte me abbia notato alcunché di anomalo. Finalmente Mia ha finito, è il turno di un nostro compagno e poi di Chicco che si distingue soprattutto quando mostra la sua cartelletta. Ha spiccate doti nella pittura e molti suoi disegni sono veri e propri quadri. Anche in questo caso Nike non ha proferito parola e ha continuato a spiarmi – anche se spiare indica qualcosa fatto di nascosto e lui non ha fatto il minimo sforzo per dissimulare il suo interesse -  questo almeno fino a quando Chicco non mostra l’ultimo disegno. Ha riprodotto su tela la fotografia della mia tesina ed è un lavoro bellissimo, molto più della foto stessa. Lo sfondo è un cielo violaceo incupito da nubi che sfumano nel rosa, la mia figura si staglia impotente, ma delicata sopra un letto di fiamme e i miei capelli lunghi e setosi si fondono nel terreno creando delle radici che raggiungono la profondità del suolo illuminandolo. In quella tela sono sensuale, accattivante e sfrontata e tutto questo nonostante siano visibili solo le spalle e parte dei fianchi perché tutto il resto è coperto dalla chioma nera che quasi ondeggia sulla mia schiena. Ho la pelle d’oca, ma non sono certa sia per il disegno.

- Cos’è questo?

Finalmente la voce di Nike. Tutti si voltano verso di lui con aria di rispetto e venerazione, come se a parlare fosse stato il presidente degli Stati Uniti. Nike intanto aspetta una risposta tamburellando con le dita sulla cattedra nervosamente. Sembra inquieto, a tratti irritato. Anche Chicco si infastidisce, probabilmente ha percepito il suo disappunto e risponde in tono secco.

- Ve lo spiegherà meglio la mia compagna Maya, ho solo voluto farle un omaggio riproducendo su tela la fotografia della copertina della sua tesina.

Poi si volta e prosegue a parlare degli altri lavori.
Nike torna a fissarmi, questa volta ancora più intensamente e per un attimo sento una mano infilarsi sotto il mio reggiseno e afferrare con villania il mio seno. Dura solo un attimo, ma mi lascia senza fiato. Non può essere stato lui, probabilmente comincio a sentire lo stress dell’esame e sento e vedo cose inesistenti. Dopo Chicco è il turno di altre due compagne, l’interrogazione procede bene, ma Nike non interviene mai e nessuno degli altri professori lo richiede.
Ci siamo tocca a me. Mi alzo dalla mia postazione in fondo alla stanza e cammino lentamente verso la commissione. Cerco di guardare tutti i professori e apparire sicura e positiva, ma Nike è come un enorme magnete e io il suo metallo preferito. Mi siedo davanti a lui e passo i successivi quaranta minuti a parlare solo con lui. Nessun altro professore mi fa domande, nessuno si permette di disturbare la nostra conversazione, siamo io e lui che parliamo come se ci conoscessimo da sempre e fossimo lì per uno scambio di idee piuttosto che per il mio importantissimo esame di maturità.  Tutti ci guardano incantati, anzi tutti guardano lui incantati e ogni tanto qualcuno mi lancia un’occhiataccia più di gelosia che di apprezzamento. Arriva il momento della tesina, tre mesi di duro lavoro basato su indagini, ricerche, recupero dati e immagini e a lui importa solo della copertina. Vuole sapere tutto, vuole sapere come mi è venuta l’idea, chi ha fatto la fotografia, chi è la modella, cosa significano i capelli che si trasformano in radici e un sacco di altre informazioni assurde. Non c’è mai stata una riflessione precisa su questa scelta, è nata spontanea dopo il mio sogno e non so cosa rispondergli. Cerco di farglielo capire, ma lui insiste, sostiene che dietro ogni scelta c’è una ragione e questa ragione la maggior parte delle volte riguarda se stessi. Ora mi sembra di parlare con mia madre quando tenta di psicanalizzarmi. Riesco, grazie alla grande esperienza con lei, ad eludere l’attacco e a riportare l’attenzione su ciò che voglio esporre io. Poi con curiosità apre la scatola che ho appoggiato sulla cattedra appena prima di iniziare a parlare ed estrae il piccolo modello di scultura che rappresenta in formato 3D l’immagine della copertina. Se la rigira tra quelle deliziose mani senza fiatare, infine la appoggia sulla cattedra e mi fissa in silenzio per un tempo interminabile. Mi sento sotto esame, ma in tutt’altro senso rispetto all’esame di maturità che sto affrontando oggi in quest’aula, sembra voglia spogliarmi. Finalmente si arrende e mi lascia terminare in santa pace, non saprei nemmeno dire se è andato bene oppure no, perché tutto mi è parso tranne che normale. Io sono l’ultima della mattinata e anche della giornata. Riprenderanno domattina con gli ultimi sei maturandi per poi concludere con gli scrutini definitivi settimana prossima. Vado da Chicco, si congratula con me per la mia esposizione, decido di non esporgli le mie perplessità e lo invito a casa per cena per festeggiare. Accetta ed esce di corsa perché è in ritardo per l’allenamento di Jujitsu. È incredibile che anche il giorno della sua maturità abbia voglia di allenarsi. Io sono stanchissima, sento che se non mangio subito qualcosa sverrò. Chiamo mia madre, l’avviso che è andato tutto benone, anche se realmente non ho idea se sia una bugia o la verità e poi torno da Arnold’s. C’è ancora Vale che sta parlando al telefono, con un gesto del braccio mi indica il mio tavolo. Vado a sedermi e ancor prima di aver la visuale della postazione so che lui è lì seduto ad aspettarmi. Mi faccio coraggio e mi siedo.

- Bene, vedo che questa volta non mi hai divorato con gli occhi.

 È passato al tu senza chiedermelo, ma con una disinvoltura sfacciata, ma audace. Decido che posso fare altrettanto, tanto cos’ho da perdere?

- Dovevi dirmelo che eri della commissione d’esame. Sono certa che non potevi non aver notato la mia tesina e il fatto che cercavo di ripassare.

- Non sarebbe servito a nulla dirtelo, solo metterti in agitazione ancor prima del tempo. Ormai il danno era fatto e comunque non ci siamo quasi scambiati la parola, nessuno potrebbe avere da ridire sul nostro incontro casuale.

È molto più rilassato rispetto a questa stamattina. Ha tolto la giacca e slacciato i primi bottoni della camicia, ha anche risvoltato le maniche fino a gomiti mostrando avambracci possenti. In questa versione sembra molto più giovane e riesco a riassegnargli i suoi ventitré anni, sebbene l’atteggiamento rimanga quello da super divo.

- Perché mi hai fatto tutte quelle domande sulla copertina della tesina?

Intanto Vale ci serve due porzioni di patatine, due thè freddi al limone e due maxi hamburger vegani con salsa worcester. La guardo sbigottita, io non ho ancora ordinato. Mi strizza l’occhio, atteggia le mani a “io non c’entro nulla” e sposta lo sguardo su Nike.

- Com’è possibile? Com’è possibile che tu sappia cosa voglio mangiare?

Vale lascia tutto sul tavolo e se ne va. Io aspetto che lui mi risponda, ma il profumo del panino è così invitante che non resisto oltre e comincio a mangiarlo. Nike fa altrettanto con molta più grazia di me. Non mi sono dimenticata della domanda e con la bocca piena di patatine gli dico:

- Mi rispondi per favore!

Sono un po’ scocciata, mi sento anche un filo stolkerata.

- A quale domanda dovrei rispondere?

Mi confonde con i suoi giochetti, ma io sono più furba, mia madre dice sempre che bisogna andare per ordine.

- Voglio sapere perché eri così interessato alla fotografia.

- Mi piace moltissimo e fin dal primo istante in cui l’ho vista ho desiderato farne una statua, ma per farlo devo raggiungere la sua anima e solo conoscendo la sua storia è possibile raggiungere l’anima. Se me lo permetti vorrei proporti una collaborazione. Voglio che mi faccia da modella per questa statua e in cambio quando sarà finita sarai l’ospite d’onore della presentazione dell’opera e potrai esporre alcuni tuoi pezzi che sceglieremo insieme.

Rimango a bocca spalancata e non dev’essere un bello spettacolo dal momento che è piena di cibo. Non posso rifiutare, la scultura non è il mio futuro, ma questa è un’occasione che capita solo una volta nella vita. Ci penso bene e poi rispondo.

- Accetto… ma ad una condizione.

Infilo in bocca un altro pezzo di panino e gli lascio passare qualche secondo per creare un po’ di suspense - utile, ogni tanto, avere una mamma psicologa! – Poi proseguo.

- Non sarò io a fornirti i lavori da presentare in occasione della prima uscita della statua. Sarà Chicco, il ragazzo che ha scattato la fotografia.

- Devi volergli davvero bene per cedergli questa occasione. Non per vantarmi ma essere coopartecipante ad un mio evento è qualcosa che rimane scritto nel curriculum a vita.

Ecco lo sbruffone che riappare, vero è che se lo può permettere.

- Il mio futuro non prevede l’arte sotto questo punto di vista. Io sono più materiale, più terrena.

- Non avevo dubbi a tal proposito.

È solo un bisbiglio, ma lo sento e non capisco cosa intente o meglio forse lo so, ma non voglio prendere in considerazione questa ipotesi perché vorrebbe dire che sa chi sono davvero. Non ci conosciamo, non ci siamo mai incontrati prima di questa mattina e non può conoscere i miei interessi, tanto meno il mio segreto. O forse sì! Esattamente come sa quali sono i miei gusti… Caccio con forza questo dubbio e torno al discorso originario.

- Sì, è il mio migliore amico e se lo merita.

- E’ il tuo fidanzato?

La domanda è impertinente e il tono indiscreto e un tantino critico, ma voglio rispondergli, voglio che sappia che non lo è.

- Non che siano affari tuoi, ma no. Come dicevo è il mio migliore amico.

- E hai un altro fidanzato da qualche parte?

- Aspetta che controllo nelle tasche della giacca o magari nelle scarpe.

Scoppia a ridere e non ripete la domanda. Sa già la risposta. Finiamo di pranzare e prendiamo accordi per domani pomeriggio presso il suo studio in centro Viterbo che ha affittato per questa settimana. Mi racconta che tra una settimana deve partire, vorrebbe quindi aver finito la scultura entro questo termine. Per questo motivo è necessario vedersi tutti i giorni. Ci salutiamo con cortesia stringendoci la mano a suggello del nostro accordo. Finalmente le tocco e avevo ragione, sono possenti e calde di energia vibrante e sento un brivido di piacere attraversarle. Lo guardo e capisco che anche lui sente la mia energia. L’energia di Terra. Ma lui chi è davvero? Sa chi sono? Sa cosa sono gli Elements? Scuoto il capo per allontanare questi pensieri... Forse sono impazzita o forse sono solo stanca.
Decido di tornare a casa a piedi, da quando mi sono rialzata dalla sedia a rotelle ho imparato ad apprezzare di più le passeggiate. Mentre ripenso alla strana mattinata che ho avuto mi viene in mente che Nike non ha risposto alla seconda domanda cioè a quella che riguardava i miei gusti a tavola e devo realizzare che è più furbo di me. Ma realizzo che a questo punto ci sarà tutto il tempo per parlarne e poi arriva improvvisa e spaventosa, come un fulmine a ciel sereno, la consapevolezza che domani dovrò fare da modella completamente nuda.

Caos

“Figliolo continuerò a scuotere il nostro pianeta senza lasciare tregua così potrai portare avanti il nostro progetto. Il dominio della terra e degli esseri che la vivono è proposito antico come la terra stessa. Prima di Madre Natura ero io a controllare ogni cosa, anche se ogni cosa era il Nulla. Rivoglio il mio posto, rivoglio il mio potere, rivoglio ciò che mi appartiene. Più volte ho provato ad inghiottirlo nelle tenebre per poterlo poi dominare, ma ogni volta Madre Natura ha vinto la battaglia, questa volta noi vinceremo la guerra. Lavora figliolo, scava nelle profondità del suo animo, rendila vulnerabile e malleabile. Tu sai come plasmarla, tu sai cosa fare, ti ho cresciuto per questo scopo, la nostra esistenza dipende dal tuo successo. Io agiterò i mari, sputerò nei vulcani, solleverò la terra e agiterò i venti. In questo modo tua madre e i suoi Elements saranno impegnati a combattere contro quei demoni e non si accorgeranno del male più grande, non si accorgeranno di te che viscidamente minerai le loro certezze fino a portarla dalla nostra parte. Abbiamo bisogno del suo potere. Con lei saremo invincibili e domineremo insieme il mondo intero.”

Madre natura

- Fuoco, figliolo, è arrivato il momento per portarmi Terra. Sono consapevole che è arrabbiata, infuriata, ma ho bisogno di spiegarle il motivo per il quale vi ho svegliati. Devo parlarvi di quello che sta accadendo.

- Madre, ho paura per Terra. È diversa questa volta. È più potente che mai, ma anche molto più umana. Mi hai chiesto di risvegliare la sua magia, ma di non avere contatti oltre il necessario per riscuoterla dal suo sonno, ma è una calamita madre. Non so perché, ma non riesco a resistere al suo fascino, sento che potrei fallire e deluderti.

- Stringerò le catene figlio mio… le avevo allentate solo per un attimo, per aiutarti nel tuo compito.

- Quali catene? Di cosa parlate madre?

- Ti ridarò la vista dei tuoi ricordi, ma devi essere saggio, imparare dal passato e promettermi che non commetterai gli stessi errori.

Non so se questa è la scelta giusta, ma Fuoco è saggio e rivedendo quanto dolore ha generato il loro amore capirà perché deve starle lontano. È tutto quello che posso fare per difenderlo, se Terra riuscirà di nuovo ad incantarlo a se, di nuovo l’umanità ne subirà le conseguenze.
 

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Capitolo 9
*** i pensieri di Fuoco ***


Ricordi (Fuoco p.o.v.)

Siamo stesi su un prato, mano nella mano, anima nell’anima e guardiamo le stelle sopra di noi splendenti nel cielo notturno. I nostri abiti lasciano pensare ad origini nobili, siamo nella campagna di Veio, la più importante città etrusca sorta sulla riva destra del fiume Tevere. Corre l’anno 396 a.C. e i Romani stanno assediando la città che piano piano cede sotto la pressione armata dei conquistatori. So per certo che è tutta colpa nostra, è tutta colpa del nostro amore, ma lei mi guarda e sorride. Abbiamo sconfitto Caos, ma non abbiamo salvato gli uomini da loro stessi.

Corre l’anno 410 d.C. e ci troviamo alle porte di Roma sui colli protetti dai boschi, vediamo e percepiamo sulla nostra pelle il sorgere del sole, siamo io e Terra, soli. Stiamo facendo l’amore, lei è sopra di me, bella e potente come sempre. La sua pelle riflette i primi raggi del sole e sembra fatta di seta e di ambra. Le sue labbra sono schiuse e geme il mio nome nel pieno dell’amplesso. Io sono perso nei suoi occhi e la amo senza possibilità di scelta. Intanto i Vandali di Genserico abbattono le difese e invadono Roma, saccheggiandola, deturpandola, violentando donne e uccidendo bambini e anziani e io so che è tutta colpa del nostro amore, ma lei mi guarda e sorride. Abbiamo sconfitto Caos, ma non abbiamo salvato gli uomini da loro stessi.

E così via, uno dietro l’altro, i ricordi si affollavano nella mente di Fuoco… dai più antichi ai più recenti.

Siamo abbracciati, corre l’anno 774 d.C. e ci troviamo tra la folla che assiste stupefatta alla riconciliazione tra Carlo Magno e Papa Adriano I che con più rispetto ed onore di quanto meriti lo accoglie sul sagrato della basilica di San Pietro Vaticano sugellando la loro amicizia e alleanza. Noi sappiamo però che appena ritornerà al suo accampamento di Pavia, Carlo Magno invaderà la città pavese e la razzierà sottomettendo re Desiderio e l’intero regno Longobardo e io so che è tutta colpa del nostro amore, ma lei mi guarda e sorride. Abbiamo sconfitto Caos, ma non abbiamo salvato gli uomini da loro stessi.

Corre l’anno 997 d.C. e fiamme altissime e spaventose illuminano il crepuscolo. Ci troviamo a Santiago de Compostela e Almanzor ha appena dato fuoco alla chiesa preromanica di San Giacomo. Terra è bellissima e nuda si bagna nelle acque del fiume Tambre invitandomi ad unirmi a lei con sguardi peccaminosi. Tra poco faremo l’amore e sarà l’esperienza più completa e inebriante di questa esistenza e io riesco a pensare solo a questo nonostante l’esercito mussulmano di Almanzor abbia appena distrutto la città. So che è tutta colpa del nostro amore, ma lei mi guarda e sorride. Abbiamo sconfitto Caos, ma non abbiamo salvato gli uomini da loro stessi.

E così via, uno dietro l’altro, i ricordi si affollavano nella mente di Fuoco… dai più antichi ai più recenti e. Le sue iridi si fanno sempre più cupe così come il suo animo consapevole che ogni ricordo sporca sempre di più quel sentimento che si chiama amore.

Corre l’anno 1864 i fianchi di Terra ondeggiano sopra il mio corpo, i raggi del sole illuminano le goccioline di sudore che le percorrono la schiena. Non potrebbe essere più bella di così e più spietata. Abbiamo rispedito Caos e i suoi Predonum nelle profondità degli inferi e tanto basta a Terra per festeggiare sebbene il suolo su cui giacciamo sia lurida si sangue e lacrime. Sono le terre insanguinate di Sand Creek dove solo ieri le donne e i bambini delle tribù Cheyenne e Arapaho sono stati massacrati e io so che è tutta colpa del nostro amore, ma lei mi guarda e sorride.

Fuoco sa che in realtà non è stata colpa loro se l’uomo si è comportato ogni volta in quel modo e nemmeno di Caos, perché una volta rinchiuso nuovamente nella gabbia di cristallo e sconfitti i Predonum, l’uomo veniva liberato dalla nebbia che gli offuscava il raziocinio e poteva scegliere il bene piuttosto del male e se questo non accadeva era per la sua natura instabile e volubile. Per l’uomo è sempre stato più semplice proseguire nella scia di dolore e sofferenza creata dai Predomun anche quando questa stessa si dileguava, piuttosto che scegliere il bene curando le ferite e perdonando il proprio nemico. Fuoco sa altresì che Terra dopo la battaglia avrebbe potuto versare tutto il suo potente amore sugli esseri umani per aiutarli a scegliere il bene, ma da sempre aveva preferito dedicare gli ultimi barlumi di magia sul loro rapporto sapendo che dopo quel momento l’uno sarebbe diventato estraneo all’altro. Come darle torto? Per assurdo era la sua stessa umanità che le imponeva di scegliere un bene personale e non uno assoluto.
Ad ogni risveglio, fin dal primissimo, si ridestava con noi la nostra passione, eravamo l’uno per l’altro e niente e nessuno avrebbe potuto separaci, chi ci avesse provato avrebbe assaporato la vendetta di Terra, inarrestabile e micidiale. Ad ogni risveglio Madre Natura riaffidava a noi Elements il nostro potere che però si esauriva con il compimento della missione, questo per permetterci di tornare a vivere un’esistenza pacifica tra gli esseri umani, uguali a loro, sebbene così dissimili. Se Terra avesse usato il suo potere per illuminare la strada agli uomini avrebbe perso la possibilità di vivere gli ultimi istanti con l’unico vero amore della sua esistenza, perché anche la nostra memoria insieme ai nostri poteri affievoliva fino a sparire e mai le nostre vite tornavano ad incrociarsi.


Buona lettura da Tatystories

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Capitolo 10
*** capitolo 10: Il ritorno di Lukas (Maya p.o.v.) ***


Mi sono svegliata prestissimo in un bagno di sudore, sono stata agitata tutta la notte, ho fatto sogni, incubi, non so nemmeno io cos’erano, ma parlavano di Predonum e non è un buon segno. Non sono esattamente quello che si può definire una veggente, ma il mio potere comprende la capacità di percepire o intuire o sognare avvenimenti che succederanno. Potere piuttosto utile, peccato che Madre Natura si sia dimenticata di inserire l’option tempo e luogo. Queste “visioni” non sono mai localizzate in uno spazio preciso e tanto meno sono dotate di timer. Questo provoca in me una notevole ansia soprattutto appena dopo il risveglio, quando ancora non ho il completo controllo del mio potere e rischio di perdermi in tutte queste apparizioni. Ho appuntamento con Nike per le undici, ho tutto il tempo per prepararmi e passare da Chicco a raccontargli le ultime novità, dopotutto potrà esporre i suoi lavori migliori ad una mostra del grande e illustro Nike. Salterà di gioia e mi sarà grato in eterno. Mia madre è già uscita per andare in studio e anche mio padre non è in casa, posso godermi un po’ di silenzio e di tranquillità. Decido di fare una doccia per sistemarmi i capelli, perché la scultura venga bene è necessario che i miei capelli oggi siano lisci e lucenti, quindi sebbene di natura siano fin troppo dritti, decido che passerò anche la piastra. Preparo il tutto e mi infilo sotto il getto di acqua calda. Da quando ho ripreso a camminare non ho più fatto il bagno, questo nonostante il fatto che ogni volta che mi trovo nel bagno verde sento lo sguardo di Lukas sul mio corpo. Non l’ho più visto dopo quella serata, sono consapevole che dovremo ritrovarci per la missione, so che presto Madre Natura ci dirà di cominciare le ricerche, ma per ora sono felice si sia allontanato.
Il getto bollente mi rinvigorisce e dimentico le fatiche della nottata turbolenta. Il campanello della porta d’ingresso mi avvisa che è arrivato qualcuno, mi infilo al volo la biancheria e un vestito comodo e scendo per aprire. Non aspetto nessuno, ma credo di sapere di chi si tratta. Quasi certamente è Chicco che vorrà sapere quali progetti ho per la prima giornata di libertà o magari per la prima estate di libertà dopo anni di duro studio.

- Ciao Maya.

No, decisamente non è Chicco, sarebbe stato proprio bello se fosse stato Chicco, ma non è Chicco, proprio no, non è decisamente Chicco.
- MI fai entrare, devo parlarti.

No ho voglia, posso rispondergli così? Posso mandarlo a quel paese? Posso cacciarlo di nuovo da dove è venuto? Posso fare tutto questo e smettere di pensare alle sue mani su di me? No, non credo che io possa, quindi lo faccio entrare palesemente scocciata.

Va dritto in cucina, avrei preferito il salotto, almeno lì non ho ricordi che possano distrarmi, come se non bastasse la mia immaginazione per quello. Rovista negli armadietti come si trovasse in casa sua, ma non ho voglia di fermarlo, facesse quello che vuole, basta che avvenga in fretta e senza troppe discussioni. Lo voglio fuori da qui prima possibile perché mi rendo conto che non riesco a non pensare ai suoi baci e ad ogni istante che passa la determinazione a cacciarlo vacilla sempre di più. Ha trovato quello che cerca, la caffettiera, la prepara e la mette sul fuoco. Poi prende due tazzine e le appoggia sulla tovaglia. L’ha messa pulita proprio questa mattina, è quella che ho regalato a mia madre per il suo compleanno, l’ho fatta fare apposta per lei con la stampa di alcune frasi tratte dal suo romanzo preferito, Emma di Jane Austen. Me lo ha letto quando avevo solo otto anni e né gli sbadigli, né le smorfie, né le domande assurde la distoglievano dal proseguire. Era a tal punto immersa nella lettura e così felice ed emozionata di condividerla con me che mi arresi smettendo di fare ostruzionismo. Lasciai che mi leggesse il suo libro preferito fino a scoprire che piaceva anche a me. Quando le regalai questa tovaglia ne rimase un po’ perplessa, non aveva notato le scritte o per lo meno non le aveva lette, ma non appena ci fece caso calde lacrime di gioia le rigarono il viso e io seppi di aver colpito e affondato la grande psicologa.

“Una metà del mondo non riesce a capire i piaceri dell'altra metà.”
“Se una donna ha dei dubbi sull’accettare o no un uomo, dovrebbe decisamente rifiutarlo. Se esita nel dire sì, dovrebbe dire no senza pensarci.”
“Una convinzione non è profonda, se non produce un’azione.”
“Ci sono persone che, quanto più si fa per loro, meno fanno per se stesse.”
“Tanti guai sono provocati dalla vanità applicata a una mente debole.”

E infine la mia preferita:

“Perché aspettiamo per qualsiasi cosa? Perché non afferiamo immediatamente il piacere?”

Un profumo invitante e aromatico invade la cucina e stuzzica le mie narici, mi chiedo se sapesse che non avevo ancora fatto colazione o se abbia solo tirato ad indovinare. Poi mi ricordo che lui è Fuoco e Fuoco non prende decisioni a caso, sa sempre quello che è giusto fare e lo fa al momento giusto. Versa il caffè fumante nelle tazze con le smorfie e mentre io lo lascio raffreddare, lui lo beve tutto d’un fiato, nero e senza zucchero e i ricordi mi assalgono senza lasciarmi scampo. La stessa voglia di assaporare il caffè direttamente dalle sue labbra, il desiderio di sentire le sue mani sui capelli, questa volta sono sciolti, non potrebbe strattonarmi la coda, cosa farebbe allora? Li accarezzerebbe o ci passerebbe le dita districando i nodi? Questa e mille altre domande su cosa potrebbe fare al mio corpo mi confondono e la mia tazzina di caffè cade a terra ancora piena dell’amaro liquido nero. Fisso i suoi occhi roventi, poi distolgo lo sguardo e mi abbasso per raccogliere i cocci. Ho paura di guardarlo di nuovo, sa certamente a cosa sto pensano, ma non sono altrettanto certa che anche lui pensi e desideri la stessa cosa. Si muove, sposta la sedia, si accuccia vicino a me. Forse vuole aiutarmi a rimediare al danno, forse no. Sento le sue dita sollevarmi il viso, mi sento coraggiosa, lo guardo e i suoi occhi non mentono, anche lui ricorda i nostri baci e anche lui non vuole dimenticarli. Mi sfiora la guancia, il collo e chiudo gli occhi per ricevere la giusta ricompensa, ma non succede nulla.
Poi la magia finisce.

Riapro gli occhi e Lukas non c’è più. Stupita guardo a destra e sinistra, ma lui non c’è. Sento dei rumori in salotto, li seguo e lo trovo davanti al camino, è acceso, ma siamo in estate e sono certa che non ci fosse legna.

- Lukas…

- Maya dobbiamo andare da Madre Natura, deve spiegarci quello che succede e fornirci le indicazioni per cominciare la ricerca della breccia nella gabbia di cristallo.

- Lukas dobbiamo parlare.

È di spalle e guarda il fuoco, non accenna a voltarsi.

- Non c’è niente di cui parlare, dobbiamo solo compiere la missione e tornare alle nostre vite. Tutto qui.

Mi sento umiliata, mortificata, arrabbiata e non dovrei perché già una volta mi ha ingannata usando la mia umanità e carnalità e il potere che ha su di me per risvegliarmi, ma ancora una volta mi sono fidata dei suoi occhi, ma in realtà vuole solo portare a termine la missione.

- Va bene Lukas, faremo quello che c’è da fare… e poi torneremo alle nostre vite.

- Bene, non perdiamo altro tempo.

Pensa di potermi dare ordini? Pensa di poter decidere? Pensa di essere il capo di questa missione? Non ricordo tutto del passato, ho dei vuoti che non riesco a colmare, ma di certo so che sono sempre stata la più potente e non ho nessuna intenzione di farmi mettere i piedi in testa da uno che non ha nemmeno il coraggio di guardarmi mentre mi parla.

- Adesso non posso, ho impegno. Ti aspetto questa sera. Se non è crollato il mondo fino a questa mattina non credo crollerà nel pomeriggio.

Mi sento forte mentre gli dico queste parole.

- E sentiamo, cosa dovresti fare di così importante da rimandare la missione.

- Devo posare nuda per uno scultore importante.

Non era necessario che lo dicessi, ovviamente l’ho fatto apposta. Voglio… voglio… Cosa voglia? Farlo ingelosire? Non gli importa di me o di noi, ma solo della missione.

- Non credo proprio che tu farai una cosa di questo genere!

- IO FACCIO QUELLO CHE VOGLIO!

Lo sto urlando e se lo merita.

- Tu sei Terra e non posi nuda per un perfetto nessuno.

- Che sia chiaro a te e a Madre Natura, io sono Maya e faccio quello che credo sia giusto per me!

- Sei la stessa di sempre!

- Cosa vuoi dire?

- Niente, non voglio dire niente. Passo questa sera a prenderti. Fatti trovare pronta.

E se ne va più veloce di un giaguaro e altrettanto cattivo e feroce. Sono certa che se fossi riuscita a guardare i suoi occhi sarebbero stati iniettati di fiamme infernali, ma se l’è proprio cercata.
Sistemo le tazzine nella lavastoviglie, infilo le scarpe e mi dirigo verso casa di Chicco. Gli scrivo un wapp per avvisarlo e mi risponde che anche lui sta venendo da me. Non ho ancora finito di leggere il messaggio quando lo vedo intento come me a guardare il cellulare me tre cammina nel senso opposto al mio sul marciapiede dall’altro lato della strada. Scoppiamo a ridere.

- Come sempre siamo in sintonia io e te. Stavo venendo a casa tua per raccontarti una cosa che ti renderà mio eterno debitore…

Chicco mi guarda stranito, non può sapere a cosa mi riferisco, ma non sto più nella pelle e gli dico tutto d’un fiato:

- Ieri ho conosciuto Nike.

- lo so, l’ho conosciuto anche io…ricordi… c’ero anche io all’esame… e non mi è piaciuto per nulla.
Mi sta prendendo in giro, ma io ho un asso nella manica.

- Scemooo! Io l’ho conosciuto prima di fare l’esame. L’ho incontrato da Arnold’s e poiché era seduto al nostro tavolo e non c’era altro posto, mi sono accomodata davanti a lui. Non che abbiamo parlato molto, però lo abbiamo fatto dopo.

- Dopo cosa?

- Dopo l’esame. L’ho incontrato di nuovo sempre da Arnold’s.

- Mi sembrano un po’ troppe coincidenze…

- Non dire sciocchezze, non è che ci siano tanti locali in quella zona. Comunque, quando ci siamo rivisti dopo l’esame mi ha fatto una proposta molto, molto interessante. Durante l’esame è rimasto colpito dalla copertina della tesina e dal piccolo modello plastico. Mi ha chiesto se può riprodurla in formato originale. In cambio mi ha proposto di esporre alcuni disegni quando farà la presentazione dell’opera.

- Wow! Poter esporre con lui è un’occasione più unica che rara per chi vuole avere un futuro nel suo campo! Anche se continua a non piacermi.

- E’ proprio vero… ed è proprio per questo motivo che gli ho chiesto una piccola modifica nell’accordo…

- Quale modifica?

Mi domanda Chicco sospettoso.

- Sai perfettamente che non mi interessa il settore dell’arte intesa come pittura e scultura, ma che sono orientata verso tutt’altro campo. Mi sembra quindi inutile sprecare un’occasione come questa esponendo mie opere tutt’al più mediocri. Gli ho quindi chiesto se ad esporre potevi essere tu spiegandogli che sei molto più bravo di me e hai molto più talento e lui ha accettato perché avendo visto i tuoi lavori durante l’esame sapeva a cosa mi riferissi.

Chicco è sbiancato, le sue mani si sono sollevate fino al volto e lo stanno comprimendo riproducendo con successo L’Urlo di Munch.

- Non ci credo! Tu hai fatto questo per me? E lui ha accettato?

- Ovvio!

E sollevo la chioma con le mani lasciando ricadere i capelli sulle spalle come una vera diva di Holliwood. Sono così felice di renderlo felice, amo Chicco con tutta me stessa, è quanto di più vicino ad un fratello io abbia mai avuto e voglio solo che non mi lasci mai e rimanga al mio fianco per sempre. Da quando ho scoperto di essere Terra sto riflettendo sulla possibilità di svelargli il mio segreto, sono certa di non averlo mai fatto nelle mie vite passate, ma sono altrettanto certa di non aver mai avuto accanto una persona così importante per me, tranne Fuoco. Un flash back… veloce come un fulmine… io e Fuoco davanti ad una città in fiamme… davanti ad un campo di battaglie… davanti… davanti… non capisco queste visioni, ma siamo sempre io e Fuoco e non ci guardiamo in faccia, tutt’altro! Sono ricordi veri? Io e Fuoco eravamo amanti? O qualcosa di simile? Perché allora non ricordo nulla… forse ho solo le traveggole e sono troppo in ansia per la sua ricomparsa e per quello che dovremo fare questa sera.

- Oh Maya…

Chicco si lancia letteralmente su di me e mi travolge abbracciandomi e baciandomi sulle guance, sulla fronte, sul collo…

- Fermati Chicco …

E sulla bocca! Capisce subito di aver fatto una sciocchezza e si scosta velocemente, è mortificato.
- Scusa Maya, mi sono fatto prendere dalla felicità e ho perso il controllo.

- Tranquillo Chicco, niente che non abbia già visto!

E rido di gusto, ma lui non sembra così divertito.

- Eh già!

Sussurra ancora un po’ afflitto.

- Senti Chicco, ora devo proprio andare. Nike vuole finire la scultura entro la settimana perché poi deve ripartire. Non abbiamo tempo da perdere.

Lo sguardo di Chicco diventa sospettoso, ma non capisco il suo problema fino a quando non mi spiego con lui.

- Cosa vai a fare da Nike? Devi portargli la foto e il modello per la scultura?

Cerco di essere più disinibita possibile, anche io sono preoccupata per il fatto di dover fare da modella per Nike, ma non ho certo bisogno di un’altra persona, oltre Lukas, che mi fa la predica.

- Chicco svegliati! Tu come hai fatto a fare la foto e il modello? Te la sei immaginata la figura?

- Maya cosa vuoi dirmi? Che poserai tu per la scultura?

- Certo, sono io quella della foto, lui vuole riprodurre esattamente quella foto, non c’è alternativa. Sarà una buona pubblicità anche per me, non è da tutti i giorni fare da modella a Nike!

E rido perché non so che altro fare, rido perché so che tra pochi istanti mi farà un predicozzo, rido perché un po’ mi sento in colpa, ma non vogli che lo capisca.

- Non mi sembra ci sia da ridere! Ti ricordi o no che eri nuda mentre facevamo quella foto!

È proprio arrabbiato.

- Dai avevo lo slip e poi sarò di schiena, non vedrà nulla, esattamente come non hai visto nulla tu. Ho nella borsa una maglietta di mio papà che terrò a portata di mano per gli spostamenti.
Non mi pare che la mia spiegazione lo abbia convinto.

- Senti Maya, permettimi di parlarti chiaramente e scusa il linguaggio poco elegante, ma credo sia l’unica maniera per farti capire bene il mio concetto.

- Non mi pare ti sia mai fatto scrupoli di questo genere con me…

- Me li sono fatti, ti garantisco che me li sono fatti! Quel giorno ho fatto molta fatica a scattare quelle foto. Sebbene come dici tu non ho visto nulla di più di una schiena, l’immaginazione navigava e tutto questo sebbene io ti avessi già vista nuda.

- Chicco smettila, abbiamo già stabilito che io e te possiamo solo essere amici.

- Appunto! Se io che sono “solo” tuo amico ho pensato a porcherie di vario genere, sai cosa può pensare e pensare di farti quel tipo? Non lo conosci, non sai chi sia, non sai con che genere di modelle è abituato a lavorare, non sai nulla di lui…

Ora sono io quella arrabbiata, nessuno può dirmi quello che devo o non devo fare, nemmeno Chicco, senza contare che ho accettato solo per fare un favore a lui. O forse no? Forse volevo rivedere Nike? Forse volevo che mi vedesse nuda? Percepisco di nuovo quella strana sensazione che ho provato ieri, come se delle mani invisibili mi percorressero il corpo, come se io e Nike ci conoscessimo già da tempo.

- Maya mi hai sentito?

- No, cioè sì, insomma! Credo di essere abbastanza grande per decidere da sola quello che posso o non posso fare. Non vado a fare da modella ad un pervertito sessuale, ma ad uno tra i più grandi scultori contemporanei che probabilmente ha visto più corpi nudi di quanti tU non ne vedrai mai e che certamente sa tenere a bada i suoi istinti durante una seduta di lavoro.

Giro i tacchi e me ne vado e non mi importa se Chicco si è offeso o se non mi parlerà per una settimana, un mese o un anno, sono stufa marcia degli uomini che pensano di potermi dire cosa devo fare, forse si dimenticano che io sono Terra.
Lo studio si trova in Piazza Fontana Grande, io vivo dietro la Basilica di San Francesco alla Rocca, a piedi sono poco più di dieci minuti. Da quando ho ripreso a camminare cerco di allenarmi ogni giorno per riprendere completamente il tono muscolare, ma in realtà lo faccio soprattutto per farlo credere ai miei genitori perché fin dal primo momento, cioè fin da quando ho letto la mia storia negli occhi di Lukas e con essa il suo raggiro, ero tornata in piena forma, addirittura più forte di prima, più veloce, più resistenze, insomma più potente. Merito dei miei poteri, ma non potevo certo dirlo ai miei genitori che non ne sanno nulla di Elements, Caos, Predonum e tutto il resto. Al momento anche io ho pochi ricordi e confusi, so qual’ è da sempre la nostra missione e quali sono le minacce, ma tutto il resto è avvolto nella nebbia, pochi sprazzi di luce in mezzo ad una fosca e densa nebbia. Raggiungo velocemente la piazza, ho sempre trovato la sua fontana molto suggestiva, è la più antica fontana di Viterbo e fu costruita all’inizio del XXIII secolo grazie ai maestri scalpellini Bertoldo e Pietro Di Giovanni. L’acqua che alimenta la fonte proviene ancora oggi da un acquedotto romano che risale al IX secolo.
Cerco il civico giusto e mi trovo davanti ad una vetrina anonima con una tenda bianca abbassata, è impossibile sbirciare all’interno, si tratta di una di quelle tende dalle quali puoi vedere da un lato mentre dall’altro è completamente oscurato. Mi soffermo qualche minuto davanti alla porta d’ingresso, ho un po’ di ansia. Forse è il senso di colpa, nonostante le parole che ho rivolto a Lukas e Chicco e nonostante l’apparente scioltezza, sono rigida come uno stoccafisso e impacciata come un elefante in una cristalleria. Mi faccio coraggio e busso, nessuna risposta. Forse è un segno, devo tornare a casa. Sto per voltarmi quando sento il rumore di un campanello. È un suono dolce, un trillo leggero. Mi giro e Nike è sulla porta.

- Ciao Maya, entra pure.

Wow, in questa versione oltre a dimostrare la sua età e non dieci anni in più – ho quindi stabilito che il completo elegante non gli dona – è molto più bello di quanto non ricordassi. Forse però un po’ meno affascinante, ma solo poco. Lo seguo e ci ritroviamo in un open space illuminato da un numero esagerato di luci oltre che dalla luce naturale che proviene dalla vetrina e da tre lucernai che si trovano sul soffitto di legno. I muri sono bianchi, il pavimento è in vetroresina bianca all’interno del quale corrono cavi elettrici luminosi che creano giochi di luce sempre rigorosamente bianca. L’unico tocco di colore, se così si può dire, è Nike: completamente nero. Indossa un pantalone sportivo morbido che gli cade leggermente sui fianchi e una maglietta nera anch’essa piuttosto slabbrata e consumata. Lascia intravede un fisico asciutto e atletico, ricordo di aver letto in un’intervista che Nike ama lo yoga e lo pratica quotidianamente, non immaginavo che una disciplina così spirituale modellasse muscoli così perfetti. Devo rivedere il mio punto di vista sullo yoga. Cerco di non apparire intimorita, ma tutto questo bianco non aiuta. L’idea di dovermi spogliare in questa stanza dove nulla può passare inosservato mi spaventa sempre i più. Decido di essere sincera.

- Nike, ascolta…

Non mi lascia terminare la frase.

- Maya, non ti preoccupare, capisco che ti senti a disagio adesso, ma vedrai che dopo che avremo cominciato ti sembrerà tutto molto naturale e pulito.

Le sue parole mi tranquillizzano, scrocchio il collo, stiro le spalle e distendo la muscolatura delle gambe. Sono pronta. Mi fa vedere dove lavoreremo, mi troverò proprio frontale alla vetrina. Ha scelto un angolo dal quale è possibile vedere la strada esterna, ma sono certa che da fuori non possano vedere all’interno perché l’ho appena verificato personalmente. In questo modo sarò illuminata sia dalla luce naturale del sole che brilla alto quest’oggi, sia da tre faretti posizionati appena sopra la mia testa che proiettano una luce calda giallognola. Nike sarà a circa un paio di metri da me con un enorme pezzo di splendido marmo di Carrara da modellare sotto i miei occhi. Sono emozionata, vedrò un mostro della scultura al lavoro e questo pensiero allontana quel senso di pudore che mi aveva assalito appena entrata. Mi spiega che per il momento si concentrerà sul mio busto, solo in seguito si occuperà della base dove i miei capelli si trasformeranno in radici che si immergono nella terra. Userà tre quarti del pezzo di marmo che ha la forma di un parallelepipedo verticale, e lascerà il pezzo inferiore per ultimo. Mi mostra un separé in stile orientale dietro il quale posso spogliarmi e lasciare i miei abiti, è molto professionale e concentrato. Mi preparo, rimango con gli slip di microfibra color carne, gli stessi che ho usato per fare la fotografia. Infilo la maglietta di mio padre, mi copre appena oltre il sedere allora la tiro con le mani ed esco. Nike non mi degna nemmeno di uno sguardo, sta toccando il marmo, lo accarezza soffermandosi su alcuni punti. Provo quasi il desiderio di essere il marmo per poter sentire le sue mani, lo desidero fin da quando le ho viste. Scaccio quel pensiero impudico e mi siedo sul lenzuolo bianco che ha posizionato a terra voltandogli la schiena, poi tolgo la maglietta e rimango nuda. Non ho freddo, ha acceso una piccola stufa nell’angolo opposto per tenermi al caldo e per creare quella piacevole sensazione di confort. Arrotolo la maglietta e me la metto tra le gambe che devono stare dritte davanti a me per non vedersi. Protendo le braccia indietro e appoggio le mani a terra, poi inarco la schiena e sporgo la testa lasciandola cadere seguendo la forza di gravità. I miei capelli raggiungono il pavimento e lo sfiorano.

- Bene Maya. Sei perfetta. Ora non ti muovere.

La sua voce non è più sicura e decisa come prima, piuttosto mi giunge all’orecchio roca e vellutata. Non so se dipenda da me o dal piacere di lavorare il marmo, ma certamente è turbato. Comincia a creare, sento il crepitio del marmo e il ritmo incessante dello scalpello. I primi minuti passano tranquillamente, Nike non parla mentre lavora quindi io faccio lo stesso. Ad un certo punto avverto un fremito percorrermi, si tratta di un brivido di piacere, più che di freddo. Ad ogni colpo degli attrezzi sulla pietra sento il battito del cuore accelerare, è come se scolpisse il mio stesso corpo, trasformandolo a suo piacimento. Sono in una realtà parallela, dove tutto è ovattato, surreale, pigro e voluttuoso. Mi sento languida, sensuale, licenziosa e sono tentata di perdere la posizione per toccarmi il seno e scivolare verso il basso ventre. Ho urgenza di toccarmi e di essere toccata, anelo un contatto fisico immediato e passionale. Sono sul punto di perdere completamente la concentrazione, ma qualcosa mi turba e spalanco gli occhi. Sono certa di essere osservata, ma Nike è al suo posto, assorto in una specie di meditazione lavorativa mistica e scalpella, leviga e colpisce il candido marmo senza quasi guardarmi. Oso spostami leggermente in avanti e lo vedo, un tuffo al cuore. È Lukas, anzi è Fuoco con tutta la sua rabbia e ferocia, quella primordiale, quella che solo con il passare dei secoli ha imparato a gestire e contenere. Mi fissa dalla vetrina e i suoi occhi sono in fiamme. Ma non è possibile che mi veda, giusto? Certo che no, quelle tende sono fatte apposta per evitare che dall’esterno si veda l’interno, ma il mio corpo dice altro, dice che lui mi vede. Di scatto sposto le braccia e con le mani mi copro il seno e nello stesso istante vedo Lukas che si sposta e si piazza davanti alla porta d’ingresso. Comincia a colpirla con tanta violenza che tra poco la vedrò crollare. Intanto Nike riprende contatto con la realtà, prima guarda me, poi la porta e poi di nuovo me. Sembra confuso e leggermente stordito.

- Cosa succede Maya?

Non voglio dirgli la verità cioè che penso che Lukas mi spiasse dalla vetrina, ma non posso far finta di non conoscerlo, soprattutto perché sono certa che non smetterà di picchiare quella porta fintanto non l’apriremo o l’avrà abbattuta.

- Ho sentito bussare e mi sono spaventata. È un mio amico. Doveva venire a prendermi, ma forse ha sbagliato orario.

Sembra un po’ scocciato, ha irrigidito la mascella e ho la sensazione che voglia dirmi qualcosa di pungente, poi per fortuna si rilassa e mi risponde:

- Va bene, comunque credo che per oggi possa bastare.

Guardo il pezzo di marmo, sembra identico a quando sono entrata, il pavimento però dice il contrario perché è ricoperto da scarti. Mi infilo la maglietta e corro dietro il separé per rimettermi il mio abito. Intano Nike va ad aprire la porta e si ritrova davanti Lukas. La scena è quasi apocalittica, sembrano due titani che si sfidano a colpi di sguardi, nessuno dei due ha la minima intenzione di arrendersi per primo. Vedo un’unica soluzione. Volo verso l’uscita, prendo Lukas per un braccio e mentre lo trascino via, mi scuso con Nike. L’artista in questo momento è tale e quale alle sue sculture: marmoreo e indistruttibile. Con tono tra il divertito e il provocatorio.

- Domani, stesso posto, stessa ora e stesso abbigliamento!

Questa poteva risparmiarsela.

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Capitolo 11
*** capitolo 11: La missione (Maya p.o.v.) ***


La missione (Maya p.o.v.)

Sono ancora aggrappata al braccio di Lukas, ma sento che blocca la nostra fuga facendo resistenza. Ci siamo spostati dal centro della piazza e ci ritroviamo dietro ad una siepe, abbastanza nascosti dalla vista della gente.

- Fermati Maya.

Sono furiosa, se non mi trattengo finirà come l’ultima volta e perderò il controllo dei miei poteri e non posso permettermelo in pieno centro Viterbo e in pieno giorno. Quindi con più calma di quanta non ne senta cerco di chiarirgli il mio punto di vista.

- Che diritto credi di avere per piombare dove lavoro quando ti avevo apertamente avvisato di starmi alla larga.

- Tutto mi sembrava quello che stavi facendo tranne lavorare, piuttosto mi pare che ti sia esposta senza veli alcuni alla sua ingordigia, ti ha toccato in tutti i modi possibili e immaginabili e nemmeno lo hai capito.
Quanto lo odio.
- Non dire scemate, non mi ha nemmeno sfiorato e quasi nemmeno guardata… lo stesso non posso dire di te. Eri dietro a quelle tende, ma mi fissavi come se riuscissi a vedere oltre… e decisamente mi preoccupa più la tua di ingordigia.

Spero di sbagliarmi, spero che il suo sguardo fosse diretto a caso e sempre a caso piombasse dritto sul mio corpo nudo. Quelle tende sono oscuranti, è la prima cosa che ho notato e a meno che Lukas non abbia usato un qualche potere speciale non avrebbe dovuto vedere cosa succedeva all’interno dello studio. Se arrossisce è perché ho colpito nel segno, ma non succede. In compenso arrossiscono i suoi occhi che da nocciola sono diventati piccole fiamme ipnotizzati. Va bene, mi vedeva. Non facciamone un dramma, mi ha già vista nuda e abbiamo fatto ben altro, quindi manteniamo il controllo e cerchiamo di capire perché è piombato nello studio come un folle.

- Deduco dal tuo silenzio che è andata esattamente come ho detto io e non credere che mi faccia piacere che tu continui a vedermi nuda. Preferirei indiscutibilmente decidere io quando e se farmi vedere nuda da qualcuno. Al contrario ogni volta che capita con te immancabilmente non è così. Sei pregato quindi di usare i tuoi poteri per scopi un po’ più nobili di questi.

- Preservarti da un maniaco non è abbastanza nobile come scopo?

La parte divertente di tutta questa faccenda è che non scherza affatto. Il suo tono non è canzonatorio o strafottente. È invece serio e nervoso, arrabbiato e forse anche deluso. Quest’ultima considerazione mi fa innervosire ancora di più e non riesco a non aggredirlo.

- Nike non è un maniaco e io non sono un’innocente vergine immolata sull’alater della lussuria come sacrificio umano. Non siamo più a Veio o a Roma o ad Atene. Siamo nel XXI secolo e se non lo hai ancora capito so difendermi da sola e non ho mai chiesto il tuo aiuto. Non solo sono adulta e vaccinata, ma soprattutto ti ricordo che sono Terra e posso trasformare Nike in cenere semplicemente alzando un braccio. Sono stata chiara?

Chissà perché ho nominato quelle tre città e soprattutto chissà perché quando le ho nominate Lukas ha sussultato.

- Maya non mi piace quell’uomo, nasconde un segreto. Non devi fidarti. Tu non hai visto cosa ti stava facendo. Sembrava che le sue mani fossero su di te e che ti toccassero, sembravi in preda all’eccitazione…

- Smettila! Come ti permetti! Se anche fosse cosa te ne importa? Hai chiarito il tuo punto di vista, ma questo non significa che non possa eccitarmi con altri uomini…

Sono parole senza senso e ne sono consapevole, non ero eccitata o per lo meno non ero eccitata per Nike. Non so nemmeno io cosa stava succedendo, ma in ogni caso Lukas non ha nessun diritto. Più ci penso. Più mi innervosisco, soprattutto quando penso a come mi ha rifiutata. Questa volta non riesco a mantenere il controllo e il furore si rivela sulla mia pelle che si accende come illuminata dal sole ed emette delle scosse violente che si proiettano sia a terra che nell’aria. Lukas viene investito da una di queste onde che lo scaraventarono a terra.

- Fermati Terra, farai del male alle persone che ci sono in questa piazza… non puoi comportarti sempre così, non puoi usare il tuo potere per punirmi. Non hai controllo, lo usi per il tuo rendiconto personale.

- Fammi capire, tu cosa hai fatto cinque minuti fa? Non hai usato il tuo potere per vedere all’interno dello studio di Nike? Questa non è mancanza di controllo? Questo non è rendiconto personale?

Sono furiosa e sento la terra vibrare sotto i miei piedi, riesco però a controllarla e non permetto alla vibrazione di andare oltre il perimetro che ho stabilito cioè le nostre persone. Voglio fargli del male, voglio che capisca che sono più forte di lui e che non può comandarmi o controllarmi. E lo faccio. Mi guardo intorno per essere certa che nessuno ci veda, poi comando alle radici di un albero vicino a noi di uscire dal suolo e avvinghiare le caviglie di Lukas strettamente. Lukas sussulta, non se lo aspettava, poi guarda e sogghigna.

- Cosa credi, di farmi pausa? Potrei abbrustolire quei rametti solo con un’occhiatina.

Bene, allora prova ad abbrustolire queste. Faccio ritrarre le radici e comando a delle pietre nascoste nel sottosuolo di imprigionare i piedi di Fuoco senza garbo possibilmente, ma Lukas ancora ride.

- Ti stai divertendo con questi giochetti da bambina dell’asilo?

 Vediamo se pensa ancora che sono una poppante. Allontano anche le pietre, richiamo a me ogni briciolo di energia che mi circonda, quella delle piante, delle rocce, della terra, degli animali e impongo le mani nel segno del Chin mudra - pollice e indice in cerchio e le altre dita stese -  Chiudo gli occhi e cerco di unire l’energia che ho appena sottratto alla natura circostante con la mia stessa energia. In pochi secondi ho creato un piccolo vortice di energia che appare innocuo ad occhio inesperto, ma Fuoco ha già capito di cosa si tratta ed è sbiancato.

- Fermati Terra, fermati immediatamente!

- Giurami che non mi sottovaluterai mai più, giurami che mi starai alla larga e giurami che la smetterai di trattarmi come se fossi una tua proprietà!

- Fermati Terra!

È spaventato e lo sono anche io perché sto perdendo il controllo del vortice, ma non posso mollare proprio ora.

- Ho detto giuramelo!

- Lo giuro, lo giuro, ma adesso fermati!

Senza perdere la concentrazione riapro gli occhi. Il vortice sta perdendo velocità e potenza, ma è ancora davanti a me, piccolo e devastatore. Poi mi libero della posizione del Chin mudra e il vortice sparisce.

- Sei pazza? Sai che potevi distruggere tutta Viterbo?

- Ad occhio e croce direi tutto il Lazio e la Toscana!

- Brava scherzaci sopra. Sei sempre la solita.

Perché continua a dirmi questa frase? Cosa significa? Ma non è il momento per le domande, voglio tornare a casa e allontanarmi da lui. Ho consumato tutta l’energia che avevo per creare il vortice atomico e ora mi sento vulnerabile e poco propensa a parare attacchi verbali. Senza né salutarlo né congedarmi in qualche modo mi allontano. Percepisco i suoi passi dietro di me, ma non ho proprio la forza per cacciarlo. Riesco a fare ancora una decina di metri poi Viterbo comincia a girare tutto intorno a me, la vista si oscura e il mio corpo diventa pesante, molto pesante, insostenibile.

- Lukas…

Riesco a malapena a sussurrare il suo nome e poi svengo. Non precipito per terra, sento che due forti braccia mi sostengono e mi sollevano. Non sono svenuta completamente, non riesco ad aprire gli occhi, ma le orecchie funzionano ancora e anche gli altri sensi. Odore di Cannella, quindi è certamente Lukas ad avermi afferrata. Questa constatazione un po’ mi innervosisce: perché devo sempre finire salvata da lui? Tutto sommato una piccola parte di me è lieta che non mi sia schiantata al suolo con tutte le conseguenze del caso. Il suo corpo è bollente, come non potrebbe?  È Fuoco! Mi sento un po’ sciocca, sono qui tra le sue braccia e invece di cercare di recuperare le forze per andarmene con le mie gambe, riesco solo a pensare a quanto è caldo e profumato.

- Ora ti porto a casa di Grazia, non c’è nessuno, si sono presi una giornata di ferie e hanno portato i gemelli al parco dei Mostri di Bomarzo e poi si fermeranno a cena dai nonni che vivono lì vicino. Devi riposare, non puoi presentarti a Madre Natura in questo stato e non è il caso che gli dica che in trenta secondi hai creato un Nuclei Spiralis.
Non voglio andare a casa sua, non voglio stare di nuovo sola con lui. Mi sento vulnerabile in sua presenta anche quando sono nel pieno delle mie facoltà mentali e fisiche, adesso che sono più morta che viva sarà ancora più difficile. È impossibile resistergli, profuma di cannella! E svengo davvero e definitivamente.


- Dove sono?

Apro lentamente gli occhi, mi fa male ogni parte del corpo, palpebre comprese. Metto a fuoco la stanza ed è famigliare. Un antico armadio color ciliegio con raffinati intagli a forma di edera rampicante lungo le cerniere, una grande finestra buia con raffinate tende lunghe fino al parquet di un solare giallo canarino, una lampada da terra accesa con lo stelo in acciaio cromato e il paralume in tessuto floreale, una piccola poltroncina in pelle verde sulla quale sono appoggiati disordinatamente una maglietta rossa e un paio di boxer neri.

- Boxer?

Mi sollevo di scatto, troppo velocemente e mi gira la testa. Guardo sotto le lenzuola, per fortuna sono completamente vestita. Mi trovo nella stanza degli ospiti di Grazia e quasi certamente anche la stanza di Lukas che in questo momento è loro ospite. Spesso ho dormito in questo letto, sotto la stessa trapunta verde smeraldo. Più precisamente ogni qual volta sono stata baby - sitter dei gemelli questa è stata la mia stanza. Mi è sempre piaciuto dormire qui, adoro com’è arredata e mi piace svegliarmi con quei tre nanetti che saltano sul mio letto credendo di essere silenziosi e al contrario facendo un gran baccano. Constatare che sono sdraiata nello stesso letto in cui dorme Lukas mi rende nervosa e sarà difficile tornare a dormirci senza pensare a lui e ai suoi occhi o al suo profumo che ancora aleggia nell’aria o nelle mie narici.
Ma facciamo un passo alla volta. Perché sono qui? Mi concentro e ricordo: ho creato quella cosa che Lukas ha chiamato Nuclei Spiralis o per lo meno così l’ha chiamato Lukas, per dimostrargli che sono potente e posso guardarmi le spalle da sola, poi sono svenuta. Probabilmente ho incanalato tutta l’energia del mio corpo in quel vortice e poi sono rimasta svuotata, non sono ancora in grado di controllare il mio potere. Rispetto a quanto rammento dei miei precedenti risvegli questa è la prima volta che non sono in grado di farlo da subito. Solitamente fin da poche ore dopo il risveglio potevo gestire il mio potere senza fare danni, un controllo totale e completo, questa volta è tutto diverso. Io sono diversa. Mi sento più terrena che mai, più legata alla razza umana e alle loro vicende, più partecipe alle loro vite e ai loro sentimenti. Sono certa che non è mai stato così, sono sempre stata concentrata sulla missione e me stessa e tanto mi bastava. Anche il mio stesso potere è diverso, meno controllabile, più instabile, ma forse più potente e omnisciente. Infine c’è Fuoco e quello che provo per lui. Non so che tipo di rapporto avessi con lui in passato, sento un legame profondo che va ben oltre l’avere uno scopo comune, ma non ricordo quasi nulla. Talvolta ho dei flash, ma sono a tal punto repentini e sfuocati da non essere nemmeno certa si tratti di ricordi piuttosto che di sogni o incubi ad occhi aperti. Provo un’attrazione per lui quasi incontrollabile, ma nello stesso tempo non voglio esserne dominata. Scoprire che mi ha baciata e toccata in quel modo solo per risvegliarmi è stato un duro colpo, doloroso. Per un attimo mi sono sentita parte di qualcosa e un attimo dopo si è trasformato tutto in una burla, in un gioco, in un inganno.

- Maya sei sveglia?

Parli del diavolo e puntano le corna o nel suo caso sarebbe meglio dire che spuntano le fiamme dell’inferno.

- Si. Ora esco.

Scuoto la testa e scrollo la tensione sciogliendo i muscoli di gambe e braccia ed esco. Scendo le scale e sento dei rumori provenire dalla cucina. Prima di raggiungerlo decido di prendere una boccata d’aria, spalanco la porta e rimango ammutolita. È già buio, è notte, ma quante ore ho dormito?

- Hai dormito parecchio.

È dietro di me e ridacchia. Insopportabile. Mi volto, i suoi occhi sono sereni, nocciola appena dorati. Mi sospinge in cucina, ha preparato la cena. Mi siedo a tavola e comincio a spiluccare l’insalata.

- Ho avvisato i tuoi genitori, gli ho detto che abbiamo passato la giornata insieme e così uguale per la serata. Così avremo tutto il tempo per andare da Madre Natura.

- Ma come ti sei permesso? Finirà che penseranno che c’è qualcosa!

- Non è colpa mia se non li avevi avvisati che avresti fatto da modella nuda a Nike…

- Non gli avrai detto che…

- Calmati, calmati, non gli ho detto niente, ma ricordati che le bugie hanno le gambe corte…

E ridacchia di nuovo.

- Glielo dirò… e comunque non sono affari tuoi. Sono maggiorenne e non ho bisogno della loro approvazione e in ogni caso non sono nuda.

- Come no! Uno slip carne e i tuoi capelli: proprio una copertura integrale!

Mi alzo facendo rovesciare la sedia e batto i pugni sul tavolo. Lukas capisce e cerca di metterla sul ridere.

- Dai Maya, non è la prima volta che ti vedo nuda.

- Hai passato ogni limite. Questa si chiama molestia. Sono io a decidere se, quando e da chi farmi vedere nuda. Se ti permetterai di nuovo di spiarmi senza il mio permesso di te rimarrà solo un mucchietto di cenere.

Crollo sulla sedia, non ho ancora recuperato del tutto le forze. Lukas si sporge verso di me per aiutarmi, ma lo allontano con un gesto inequivocabile. Non voglio il suo aiuto, mai più. Ceniamo in silenzio e nello stesso modo sistemiamo la cucina.

- Maya è ora di andare.

Ho ancora il vestito che ho indossato questa mattina e non ho con me altro. Lukas capisce il problema e recupera una sua felpa. L’accetto, anche se preferirei non farlo, ma poi sono invasa dal profumo di cannella e sono felice di averla presa.
Torniamo verso il centro del paese, tortuosamente superiamo vie e viuzze fino a trovarci davanti ad un piccolo portoncino di legno vecchio e malandato. Abbiamo camminato così tanto e in modo così contorto che ho perso il senso dell’orientamento e non ho idea in che parte della città ci troviamo. Provo a chiederglielo, ma mi risponde che non è il momento. Entriamo in una corte antica e ci infiliamo in un cunicolo stretto e angusto. Scendiamo una serie infinita di scalini piccoli e faticosi. Fa sempre più freddo e ringrazio mentalmente che la felpa sia ben calda e abbastanza grande da permettermi di infilare le mani nelle maniche. Dopo le scale ci sono altri cunicoli, sono vere e proprie gallerie costruite nel tufo che creano una fitta rete di camminamenti che percorre tutta la città. Ne avevo sentito parlare dai miei nonni, ma non avevo mai verificato la loro esistenza, sia perché sono una fifona, ma soprattutto perché ero certa fossero chiuse o impraticabili. A quanto pare sbagliavo. Ricordo di aver sentito i miei genitori parlare di quanto siano state importanti queste gallerie durante la seconda guerra mondiale, durante i bombardamenti la gente si nascondeva in questi luoghi per salvarsi, sebbene sia assurdo per me oggi considerare queste catacombe un luogo sicuro. Finalmente Lukas si arresta, siamo davanti ad un anonimo muro di pietra. Tocca alcune pietre creando il disegno di un pentagono e come per magia, anzi proprio grazie a quella, il muro svanisce nel nulla e davanti a noi c’è una immensa sala illuminata da centinaia di candele. Il soffitto a volta è alto e maestoso, lungo le pareti corrono delle colonne impreziosite da capitelli dorici e sul fondo un altare. Sembra un altare profano, di quelli usati in antichità per sacrifici animali. È disadorno, ma illuminato da alcuni ceri sui quali sono raffigurati simboli di varia natura ed epoca. Madre Natura non è ancora visibile. Ciò che vedrò io non è lo stesso di ciò che vedrà Fuoco. Lei è unica, siamo noi a percepirla in modi differenti. Ricordo che a me è spesso apparsa in forma di grande quercia, altre volte aveva sembianze di animali, Fuoco invece la vede come luce o fiamma o grande sole, Aria mi parlava di una densa nuvola o di un’aquila, mentre per acqua aveva l’aspetto di un delfino e talvolta di schiuma di mare. Questi ricordi mi assalgono improvvisamente. Aria… Acqua… sempre gemelle, ma così diverse. L’una da sempre mia alleata, l’altra avversa per spirito e indole. Così forti e feroci, determinate e veloci. Sveglierà anche loro Madre Natura? Prenderanno parte alla missione? Non sempre veniamo svegliati tutti, noi Elements abbiamo poteri diversi e specifici e solo Madre Natura sa quando e chi svegliare, perché solo a lei i Curators riferiscono i movimenti di Caos e dei suoi Predonum. Se siamo qui da soli io e Fuoco è probabile che questa volta affronteremo la missione da soli, come spesso è capitato nel corso dei secoli. Non ricordo tutto, ma di questo ne sono certa.

- Figlioli, venite avanti.

La sua voce proviene dal fondo della sala, vedo un angolo buio appena dietro ad una colonna.

- Mostrati Madre.

 E lei si svela. Sono sorpresa. Per la prima volta da quando sono stata risvegliata ai miei occhi Madre Natura ha sembianze umane. Si tratta di una giovane fanciulla, vestita di veli, fiori e foglie di edera. Profuma di lavanda e brilla come la rugiada del mattino. Sono incantata. Guardo Fuoco, sono curiosa di sapere cosa vede, leggo nei suoi occhi lo stesso stupore.

- Cosa vedi Fuoco?

- Una meravigliosa fanciulla avvolta nelle fiamme, sembra una fenice che risorge dalle sue ceneri.

Anche per Fuoco un essere umano, cosa ci succede? Perché siamo così condizionati dalla razza umana? Ci conviviamo da secoli e mai prima d’ora abbiamo visto Madre Natura sotto queste sembianze.
Madre Natura ha capito le mie perplessità e cerca di rassicurarmi.

- Terra, quanto tempo. Mi sei mancata! Ti chiedo scusa per il modo in cui ti ho risvegliata dal tuo lungo sonno, ma sei sempre più terrena, più umana e per questo motivo ti scuotono solo i sentimenti forti, le passioni pure, le emozioni più carnali. Per lo stesso motivo questa volta mi vedi in forma umana.

Lukas ha gli occhi abbassati, sembra pensieroso, ma per nulla dispiaciuto o pentito per il modo in cui mi ha trattato. Probabilmente si è anche divertito. Meglio se evito di pensarci troppo e mi concentro su faccende più importanti.

- Madre, non voglio apparire ingrata, ma sono delusa dalle vostre scelte. Usare il mio lato fisico e umano per risvegliarmi? Vorrei mi prometteste che mai più imporrete a Fuoco o chicchessia di approfittare di questa mia debolezza, sebbene da oggi sarò io stessa a proteggermi.

- Figliola, mi scuso, ma era il modo più veloce, lo è sempre stato, fin dai tempi dei tempi.

Cosa significa? Sento montare la rabbia. Voglio spiegazioni, subito. Con molto più veleno di quanto in realtà volessi usarne la aggredisco:

- Madre, vuoi dire che da sempre Fuoco si comporta con me in quel modo? Perché non ricordo nulla che lo riguardi? Perché ho questi vuoti?

Madre Natura sussulta, è colpita dalla mia insolenza. Sono abbastanza certa di non aver mai osato tanto, ma non posso accettare di essere trattata come un burattino. Ho cuore, sentimenti e sangue nelle vene.

- Terra! Risponderò alle tue domande quando mi saranno rivolte con maggior contegno.

Abbasso il capo e torno al mio posto, l’irruenza delle mie parole hanno offeso mia madre, ho esagerato.

- Chiedo scusa madre, parla e spiegaci perché ci hai ridestato.

- Caos ha di nuovo fatto breccia nella sua prigione di cristallo. Sta rovesciando le viscere e movimentando acque e venti, ma il fatto peggiore è che i Predonum sono già sul nostro pianeta e stanno confondendo la mente degli esseri umani. I Curators sono riusciti ad identificare questa parte di pianeta come il luogo da cui arrivano. Si tratta della zona che comprende la Toscana e il Lazio, più precisamente intorno a Viterbo con uno scarto di alcune decine di chilometri. Come sapete i punti in cui Caos riesce a creare un varco sono sempre luoghi in qualche modo legati alla magia o alla religione. Dovete cercare quindi in questi luoghi e usare i poteri di Fuoco per vedere al di là delle apparenze e di Terra per sondare le viscere della terra e trovare il passaggio.

- Certo madre, procederemo come sempre.

Fuoco è già sul punto di voltarsi per andarsene, ma io so che c’è dell’altro.

- Fermati Fuoco, non ho terminato. C’è un altro pericolo questa volta. È qualcosa di sconosciuto e molto potente. Percepisco solo la sua minaccia. Per il momento ho deciso di non risvegliare Aria e Acqua, sono Elements importanti, ma questa è una missione tutta terrena, viscerale e voi siete i più adatti. Inoltre i disaccordi tra Terra e Aria sono da sempre motivo di conseguenze catastrofiche e questa volta, con questa nuova minaccia è importante che siate concentrati sull’obiettivo.

- Madre, perché i miei ricordi sono offuscati. Perché ricordo solo alcuni fatti, come le lotte e le vittorie, ma non riesco a focalizzare il resto.

- Non posso rispondere a questa domanda. Devi fidarti di me. Non ti servono gli altri ricordi, pensa solo a trovare il varco e la minaccia e ad eliminare entrambi. Poi potrai ritornare alla tua vita dimenticando come sempre ogni altra cosa.

Non si replica a Madre Natura, lo so, ma ho il brutale desiderio di chiarirle che i ricordi sono miei e se li rivoglio non può decidere di non ridarmeli. Mi mordo la lingua e con essa anche l’orgoglio, mi volto e prendo la strada del ritorno. Sento Madre Natura alle mie spalle congedare Fuoco e raccomandargli di non perdermi mai di vista. Perché tutti credono che abbia bisogno di una balia? Perché nessuno si fida di me? Cosa ho mai fatto per meritarmi tanta incomprensione? Rivoglio i miei ricordi, subito!
Senza nemmeno sapere come, riesco a trovare la via d’uscita nonostante la gincana dei cunicoli sotterranei. È come se il percorso si illuminasse davanti a me ad ogni passo permettendomi così di non rallentare la mia corsa e lasciando in questo modo Fuoco a mangiare la mia polvere. Finalmente esco all’aperto e inspiro una boccata d’aria fresca per ritrovare un briciolo di equilibrio.

- Domani sera, quando scende la notte, partiremo da Viterbo.

È Lukas, mi ha già raggiunta, ma resta dietro di me, non lo vedo. Senza voltarmi gli domando.

- Cosa pensi di fare? Batteremo passo passo ogni angolo della città? Ci vorranno giorni e non abbiamo tutto questo tempo.

Si è avvicinato, è a pochi centimetri dalla mia schiena, non mi tocca, ma il suo fiato mi sposta i capelli.

- Useremo il tuo intuito, lo stesso che ti ha portato fuori dai cunicoli. Io con la mia vista percepirò eventuali flussi magici. Però devi promettermi di riposare questa notte e recuperare tutte le energie, perché sarà un lavoro estenuante.

Sento i brividi percorrermi il collo, chiudo gli occhi e li scaccio, non devo provare queste sensazioni, non voglio desiderare Lukas. Lui non desidera me, vuole solo il mio aiuto per la missione. Perché allora mi tortura in questo modo? I suoi occhi che si infuocano quando mi guarda, la sua gelosia, la sua possessività… cosa vogliono dire? Faccio qualche passo e riesco ad uscire della sua aurea magnetica. Ne approfitto prima di ricascarci, accenno una conferma e me ne vado. Sento i passi lenti e pesanti dietro di me, sono contenta che non voglia raggiungermi, credo potrei picchiarlo per quanto mi sento frustrata.
 
Colpe (Madre Natura p.o.v.)

Terra, Terra, Terra… come sei cambiata figliola mia! Forse la colpa è mia, forse non dovevo censurare la tua memoria. Sei così umana, sei così carnale e Fuoco è da sempre il tuo tallone d’Achille. Spero di aver fatto la scelta giusta, questa volta devo fidarmi del mio istinto e provare a tutelare gli esseri umani dalle conseguenze del tuo ardore per Fuoco.  Questa volta non consumerai la tua verginità con Fuoco, questo atto così importante per tenere a bada i tuoi immensi poteri ti ha però legato a Fuoco con lacci pericolosi che vanno spezzati per il bene del nostro pianeta e dei suoi abitanti. Se non sarà sufficiente questo piccolo espediente della memoria sarò costretta a rimuovere il legame magico primordiale, quello che vi imposi per proteggerti… figliola mia!
 
Etere/Nike (Etere p.o.v.)

C’è qualcosa in Terra di sorprendente. So di essere più potente di lei, sono certo di poterla plasmare, ma è così terrena che mi spiazza. Pensavo di dover abbattere resistenze magiche, flussi potenti, barriere incantate. Al contrario ciò che più mi ostacola è la sua passione, la sua carnalità. Mio Padre la vuole accanto a noi viva o morta, ma non è ciò che voglio io. Io la voglio mia. Per farlo dovrò eliminare Fuoco, ma non sono ancora autorizzato a farlo. C’è un modo per aggirare l’ostacolo. Devo conquistarla come Nike e dopo questo sarà mia per sempre. Sono certo che è vergine e sono altrettanto certo che la persona a cui si legherà sarà quella che avrà la sua devozione e il suo cuore. Sta arrivando, lo sento fin nelle ossa.

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Capitolo 12
*** Gelosie e dubbi ***


Gelosia e dubbi (Maya p.o.v.)


Stamane mi sono svegliata piena di grinta. La consapevolezza di aver manifestato il mio parere a Madre Natura e a Fuoco mi ha tolto un po’ di inquietudine. Sono stata un po’ irruenta, ma dovevo liberarmi la coscienza. Non ho ricevuto le risposte che volevo, ma le avrò, devo solo avere un po’ di pazienza. Mi sto preparando per la seduta con Nike. Provo sensazioni contrastanti, da un lato ho voglia di tornare in quello studio, l’atmosfera artistica e la bellezza dell’estasi di Nike mi affascinano, ma dall’altro lato ho paura. Le pulsazioni che mi invadono mentre scolpisce il marmo mi spaventano, forse sono troppo suggestionabile. La sua arte, il suo modo di muovere le mani, di concentrarsi, di scolpire quasi senza guardarmi… anche solo pensarci mi toglie il fiato. Mi incammino e non ho ancora svoltato l’angolo quando compare Chicco ed è furente.

- Ma dove cazzo sei stata ieri?

Sono senza parole, non mi piacciono le parolacce e Chicco lo sa, ma soprattutto non l’ho mai visto così inviperito.

- Che hai Chicco?

- Ti ho cercata tutto il giorno al cellulare e alla fine sono venuto a casa tua e tua madre mi ha detto che sei stata tutto il giorno con Lukas?
Ma chi è? La mia guardia del corpo?

- Calmati Chicco. Sono andata da Nike, poi sono stata con Lukas perché… avevamo un impegno.

Non sembra che questa spiegazione migliori il suo umore. Provo a dare qualche dettaglio in più rimanendo sul vago, ma anche così non è soddisfatto. Giro la frittata spostando l’attenzione su aspetti più interessanti per l’animo artistico del mio amico-cane da guardia.

- Con Nike è stato molto interessante, è un vero professionista. È carismatico anche mentre lavora. Vedrai che quando farete la mostra insieme sarà un successone!

Niente, il grugno è sempre più cupo e lo sguardo torvo pare non volersi trasformare in sollievo.

- Mi sembra che ti diverta molto passare da un uomo all’altro ultimamente!

- Chicco!

Non voglio insultarlo, sebbene lui lo abbia appena fatto e nemmeno tanto velatamente, ma deve anche capire che non è mio padre e anche se lo fosse ho diciotto anni e sono libera di incontrarmi con chi mi pare.

- Non è affar tuo quello che faccio e con chi lo faccio, in ogni caso non ho fatto nulla di sconveniente.

- Tranne posare nuda con un tizio che non conosci e stare insieme fino a notte fonda con un altro tizio che non conosci!

Mi infastidisce che abbia ragione, ma il suo punto di vista è sbagliato e poi come fa a sapere a che ora sono rientrata? Non voglio versare benzina sul fuoco, quindi evito di fare questa domanda. Lo supero e continuo a camminare, ma mi segue borbottando come una locomotiva a vapore. Non si ferma fino a quando non arriviamo davanti alla vetrina di Nike.

- Non puoi entrare, non vuole spettatori.

- Certo, ti vuole tutta per sè.

Lo farfuglia, ma lo sento e lui lo sa, ma non ha finito.

- Resto qui fuori fino a quando non esci da quello studio.

- Non se ne parla proprio. Vengo io da te appena abbiamo finito. Ieri ha lavorato solo un paio d’ore, ma credo che oggi potrebbe volerci più tempo. Vai a casa e aspettami lì.

- Maya, decido io cosa fare e con chi farlo.

Appoggia alla vetrina la spalla e con le mani conserte fissa le macchine che scorrono nella piazza. Peggio per lui, gli auguro gli venga un crampo. In ogni caso non può vedere all'interno, ho appena ricontrollato velocemente e le tende sono davvero oscuranti. Probabilmente ieri Lukas ha usato qualche super potere per scoprire cosa stava succedendo, ma per fortuna oggi non si è fatto vedere. 
Busso e la porta si socchiude. Nike è in fondo alla stanza, dove c’è un piccolo angolo bar composto da un microonde, una macchinetta del caffè e un piccolo frigorifero con il portello trasparente con scorta di bibite e qualche alcolico. Sta bevendo da una tazza completamente bianca e mi chiede se gradisco qualcosa. Mi dice che si è preparato un infuso al Ginkgo Biloba, gli serve per concentrarsi. Senza aspettare la mia risposta prepara una tazza per me, ha un altro profumo, lo riconosco è tiglio. Filtra l’infuso dopo aver lasciato un cucchiaino raso di foglie di tiglio in acqua bollente per qualche minuto. Poi dolcifica con una punta di miele e me lo porge. Bevo avida, è buono e dissetante. Ricordo che ha virtù rilassanti, a tratti sedative, probabilmente ha visto dalla vetrata la discussione con Chicco e ha pensato di aiutarmi a trovare il giusto spirito per affrontare questa nuova seduta. Lo ringrazio e mi dirigo verso il separé per svestirmi, mi accorgo che ho dimenticato la maglietta di mio papà per coprirmi nel tratto dal camerino fino alla postazione di posa. Non importa, ieri era voltato quando mi sono messa in posizione. Esco dal mio nascondiglio e Nike non è vicino al pezzo di marmo, mi copro il seno con le mani e guardo a destra e sinistra per capire dove si trova. Non lo vedo allora mi volto per tornare dietro il separé a recuperare il mio vestito e ci sbatto contro. L’urto e la sorpresa mi spingono indietro e sto quasi per cadere a gambe all’aria quando Nike mi afferra e mi trattiene spingendomi verso il suo corpo. Sono nuda tra le sue braccia e forse Chicco aveva ragione. Cerco di divincolarmi, ma Nike mi trattiene.

- Calma Maya…

Perché tutti continuano a dirmi di stare calma?

- Mi spiace di averti spaventata, sono andato a prendere uno scalpellino. Pensavo ti saresti presentata con la maglia di ieri, non certamente déshabillé. Ora ti lascio e mi volto così tu ti metti al tuo posto e io al mio. Ok?

Ok, ok, ma è bello stare tra le sue braccia. Qui mi sento al sicuro, protetta e lasciva. Di nuovo quella sensazione, di nuovo quel desiderio di provare di più, sempre di più. Prima che mi liberi sollevo il viso che era accoccolato nell’incavo del suo collo. Sono più bassa di lui di parecchi centimetri, mi isso sulle punte dei piedi, ma ancora non lo raggiungo, le mie intenzioni però sono chiare. Non credevo di poter essere così disinibita e arrendevole, sono arrivata a diciotto anni senza aver provato nulla di ciò che accade tra uomo e donna. Anche i baci passionali si contano sulla punta delle dita di una mano, anzi no, il primo e unico vero bacio passionale è stato quello con Lukas. Nike si avvicina sempre di più alle mie labbra, lo fa lentamente guardandomi negli occhi. Le sue mani non sono più attorno alla mia vita, ma un dito alla volta percorrono la mia schiena. Ho i brividi, un campanellino nella mia testa trilla per avvisarmi che devo fermarlo, però è così lieve che vorrei ignorarlo. Ho la testa leggera, i pensieri fluiscono via e lasciano posto solo alla passione e alla spregiudicatezza. Sentirmi oggi così libera di vivere la mia sessualità mi fa ripensare alle parole di Madre Natura.

- Figliola, mi scuso, ma era il modo più veloce, lo è sempre stato, fin dai tempi dei tempi.

Intendeva questo? Intendeva che Terra è passionale e lussuriosa? Io però non sono solo Terra, sono anche Maya e non mi lascio trasportare solo dal piacere. Cerco di combattere il desiderio di abbandonarmi completamente all’istinto, ma le forze mi hanno tradito e la mia mente galleggia nel vuoto. Provo a comandare le gambe perché si spostino, ma anche loro sembrano tornate inermi come un tempo. La lussuria diventa paura, perché il corpo non segue i comandi del cervello. Cosa c’è che mi blocca? Nike è arrivato a meta e la sua lingua invade la mia bocca, il bacio è dolce e delicato, sento l’aroma della tisana forte e penetrante e mi ritrovo ad accoglierlo più di quanto non desideri davvero. Poi Nike mi stringe con maggiore forza, le bocche sono ancora incollate e la mia schiena si inarca. Sento l’eccitazione spingere contro la mia pancia, sembriamo noi stessi una delle sue meravigliose statue di nudo. Ho gli occhi chiusi, non ho la forza nemmeno per aprirli, Improvvisamente sento l’aria fresca solleticarmi le labbra, Nike mi ha liberata dal bacio per catturare il mio collo creando piccole scie ghiacciate che scendono sempre più in basso fino a sfiorare i seni. Com’è diverso dal calore profondo e invadente che ho sentito con Fuoco. Penso a Lukas, ai suoi baci e alle sue carezze, penso al piacere che mi davano, ma anche al sentimento che sentivo nascere. Riesco quasi a visualizzarlo, il suo viso, i suoi magnifici occhi infuocati, il corpo possente ed elegante. Qui ed ora è tutto diverso. Mi viene quasi da piangere, non voglio che vada oltre e mi sento violata, ma sono io che lo lascio fare, non mi sta trattenendo con la forza. Provo a richiamare il mio potere, ma anche quello è sopito o imprigionato. È quasi arrivato ai seni, pochi secondi e saranno suoi, ma un forte rumore metallico spezza il sortilegio e riesco ad aprire gli occhi, ma sono ancora incatenata a Nike da impalpabili lacci magnetici. È Fuoco in tutta la sua furia e dietro di lui c’è Chicco che mi fissa inorridito. Nike si volta verso di loro, per coprire la mia nudità mi spinge dietro le sue spalle. Finalmente mi sento di nuovo padrona del mio corpo e valutando che la distanza dal separé è di pochi metri faccio un balzo e mi nascondo alla vista di tutti questi uomini che in realtà mi hanno già vista nuda più di una volta. Oh Signore santo! Sto diventando una “poco di buono”? Mi vesto al volo perché decido che oggi non voglio proseguire nella seduta. Non voglio accusare Nike di nulla, perché non mi ha costretta a fare nulla, ma l’impotenza che mi avvolto quando ero tra le sue braccia è stata davvero spaventosa. Odo Lukas urlare contro Nike, gli sta dicendo che si approfitta di una ragazzina, che è un pervertito, che deve vergognarsi e Chicco gli dà man forte sbraitando parole incomprensibili, ma certamente poco onorevoli. C’è certamente qualcosa di strano in quanto è successo, ma non è colpa di Nike e non è giusto che subisca l’attacco di due cani da guardia. Cerco un po’ di coraggio nella mia natura ultraterrena e cercando di apparire più serena e sicura di quanto non mi senta, esco dal mio nascondiglio e avanzo verso i due cecchini.

- Adesso basta! Fuori da qui entrambi.

Li spingo con forza all’esterno e chiudo la porta per congedarmi educatamente, ma con decisione da Nike.

- Credo che oggi non sia il caso di proseguire.

Nike è pensieroso, mi scruta, forse vuole capire se mi sono offesa per quanto accaduto. Voglio rassicurarlo, comincio a pensare di aver immaginato parte di quelle sensazioni. Non sono particolarmente ferrata in questioni sentimentali o intime e probabilmente sono stata sopraffatta dal suo fascino e dalla situazione.

- Tutto bene Maya?

La sua voce carezzevole mi desta dalle mie riflessioni e ancor di più dopo averlo udito così gentile sono certa di aver frainteso o esagerato, sento addirittura l’esigenza di scusarmi.

- Si, Nike. Scusami. Credo che la situazione mi sia sfuggita di mano. Ti chiedo scusa anche per Lukas e Chicco, credono io sia una principessa in pericolo e loro i cavalieri dall’armatura scintillante, non hanno ancora capito che tu non sei il drago cattivo.

- Tranquilla, ne parliamo con calma domani. Vai da loro prima che scardinino anche la vetrina.

Effettivamente stanno colpendo con forza contro il vetro minacciando chissà quale Dio di compiere chissà quale empio massacro se non esco da questo locale. Saluto Nike ed esco. Prendo ciascun ebete per un braccio e li trascino lontano. Marcio in questo modo per circa cinque minuti senza accorgermi di stritolargli l’avambraccio, me ne rendo conto solo quando li libero e noto i solchi violacei lasciati dalla compressione esercitata delle mie mani. Peggio per loro.

- Che cavolo vi è saltato in mente? Ma soprattutto chi cavolo pensate di essere per trattarmi come una poppante?

È Chicco a perdere la pazienza per primo.

- Sei tu che devi darci spiegazioni? Da quando sei diventata una femme fatale? Forse tu non hai ben chiara la scena che ci è apparsa quando siamo entrati, ma io sì e non la dimenticherò tanto facilmente. Eri completamente nuda, appiccicata a quel verme che ti stava per …

- Basta!

Lo fermo prima che dica altro, perché effettivamente al momento non ho ben chiaro cosa è successo, ma certamente non voglio che sia Chicco a spiegarmelo.

- Primo: non ero nuda, ma indossavo gli slip; secondo: sono inciampata e Nike mi ha afferrata per impedirmi di cadere; terzo: non sono affari tuoi e di nessun altro – e qui guardo Lukas – se decido di farmi baciare da qualcuno; quarto: non so nemmeno perché vi do delle spiegazioni dal momento che nessuno di voi due ha diritto di interferire nella mia vota sentimentale.
Chicco è sempre più arrabbiato e a stento trattiene la collera.

- Da quando Nike è diventato parte della tua vita sentimentale? Non dovevi posare per la sua grande scultura? Non dovevi farlo per dare a me la chance di collaborare con lui in una mostra? Grazie, ma non ci sto. Non sono disposto a vendere la mia migliore amica in cambio di un po’ di notorietà e mi stupisco che invece tu lo sia.

Quasi senza accorgermene lo schiaffeggio violentemente. Le dita della mia mano lasciano l’impronta chiara e bruciante sulla guancia di Chicco che mi guarda confuso e deluso. Non abbiamo mai litigato, fatta eccezione per il suo senso di colpa dopo l’incidente, in diciotto anni non abbiamo mai avuto una discussione. Le controversie più serie si sono sempre basate su differenti gusti letterali o cinematografici. Mai avrei pensato che lui mi umiliasse o che io lo schiaffeggiassi. 
In tutto questo Lukas non ha detto una parola o fatto un gesto che possa darmi un’idea di quello che pensa. L’unico cenno della sua esistenza è la mandibola che continua a scattare ogni volta che parlo. Tutto sommato era quello che volevo, che per una volta non parlasse, ma mi ritrovo a preferire le sue parole a questo silenzio rimbombante. Chicco, superato il colpo, pronuncia una gamma irripetibile di accidenti, si volta e se ne va senza smettere di sbraitare. Mi giro verso Lukas con aria minacciosa, fortunatamente capisce senza che debba esprimermi a parole che se prova a farmi un’altra paternale, riceverà lo stesso trattamento. Anche lui si volta e se ne va, ma prima di sparire completamente dalla mia vista sclama:

- Sta sera, stesso posto, stessa ora e stesso abbigliamento!

Questa me la sono meritata!

Buona lettura da Tatystories

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Capitolo 13
*** Primi indizi (Maya p.o.v.) ***


Questa volta mi vesto in maniera adeguata, abbiamo una missione e dobbiamo scandagliare i boschi di Viterbo senza suscitare sospetti. Da sempre le brecce sono in luoghi dove la natura è rigogliosa e può nascondere l’uscita dei Predonum. Legging neri, maglia nera piuttosto corta per evitare che mi impicci nei movimenti nel caso debba arrampicarmi e una felpa sempre nera con cappuccio. Sembro la Cat Woman dei poveri, ma sono comoda e vestita che ultimamente è una novità. Ridacchio da sola come una sciocca, forse però più che ridere dovrei redarguirmi ed evitare di continuare a comportarmi come una svergognata. Raggiungo la casa di Lukas, spero sia questo ciò che intendeva per stesso posto. Mi sta aspettando oltre il cancelletto e anche lui è nero vestito. È molto atletico e affascinante, ma non altrettanto invitante. La mascella a quanto pare non ha ancora smesso di scattare come una molla e gli occhi non sono meno infuocati di quando l’ho lasciato stamattina. Mi auguro che esattamente come stamane non sollevi l’argomento, non ho nessuna intenzione di dare spiegazioni, in parte perché non saprei come spiegare quello che è accaduto nello studio di Nike, ma soprattutto perché mi ha chiarito che il suo interesse nei miei confronti è esclusivamente legato alla missione, pertanto non ha alcun diritto di conoscere i dettagli piccanti della mia vita sentimentale. Ridacchio di nuovo. Quale vita sentimentale, ma chi voglio imbrogliare?
- Mi rallegra vederti così felice? Posso ridere anche io?
Pungente e piuttosto sfacciato, ma preferisco non stare al suo gioco e ignorare la domanda.

- Da dove partiamo?

Sogghigna, ha capito che non ho intenzione di litigare. Segue il mio esempio e si rilassa.

- Ho pensato di cominciare dal luogo del mio incidente. Ti ho raccontato che sono stato investito dal padre di Grazia, ma non ti ho detto il motivo. Era una notte buia, senza stelle, la stessa luna era nascosta dietro a manti di nuvole nere. Il padre di Grazia, ad oggi anche mio padre, stava rientrando dall’ospedale. È un cardiologo e proprio quel giorno aveva perso durante una lunga e complessa operazione un bambino di sei anni. Era molto stanco e addolorato, chiunque scelga la professione di medico mette in conto un certo numero di perdite, ma questo non diminuisce la pena che si prova o il senso di sconfitta. Stava percorrendo la strada per raggiungere Celleno, paese dove viveva prima di trasferirsi in Francia. La via era completamente sgombra e sebbene non vedesse l’ora di tornare a casa, procedeva piano. Ad un certo punto vide un lampo in mezzo alla strada. Lo descrisse come una scarica elettrica a tal punto potente da far tremare il suolo e tal punto accecante da stordirlo. Perse il controllo dell’auto, cercò di frenare per accostare e riprendersi, ma urtò qualcosa. Quel qualcosa ero io svenuto sul ciglio della strada. Mio padre fermò l’auto e scese per controllare se avesse investito un animale e fosse ferito. Quando mi vide per poco non gli venne un infarto - cosa che per un cardiologo è alquanto paradossale. Con un controllo veloce dei parametri vitali verificò che fossi vivo, stabilì che avevo alcune costole fatturate, ma nulla di più grave. Dopo aver chiamato un’ambulanza, cercò di destarmi per sapere il mio nome, non dissi nulla solo la parola “infernaccio”. Pensò che fossi arrivato dalle Gole dell’Infernaccio. Conosci quella zona?

Quanta somiglianza tra la mia storia e la sua. Mai prima d’ora era successo che ci svegliassimo dal lungo letargo senza un passato ed è ancora più strano che sia successo ad entrambi.

- Sì, la conosco bene. Io vivo qui da sempre e ci sono stata qualche volta con Chicco e anche con la scuola in occasione di un’escursione. Non sarà semplice, si tratta di una gola impervia fatta di quinte naturali a strapiombo e rupi alte oltre sessanta metri.

- Staremo attenti e useremo qualche trucchetto.

 Detto questo si incammina con passi lesti e felpati, lasciandomi indietro a pensare cosa intende per trucchetti. In nessuna delle nostre rinascite abbiamo mai avuto poteri come la velocità o il volo oppure o la forza sovrumana. I nostri poteri sono sempre collegati al nostro elemento e alla capacità di controllarlo. Lo raggiungo e saliamo in macchina. Imposta il navigatore e partiamo. La sera non è buia, la luna illumina il cielo, ma qualche nuvola la minaccia impavida. Gli suggerisco un parcheggio più nascosto rispetto a quello segnalato dalla voce sensuale del computer di bordo - chissà perché gli uomini si lamentano sempre della guida delle donne e poi vogliono la loro voce per fornire le istruzioni stradali. Muniti di noi stessi e dei nostri poteri non ancora del tutto sotto controllo – almeno per me – ci immergiamo nel folto della foresta. Sto appunto pensando che una torcia sarebbe stata utile, quando scorgo una luce dietri di me, mi volto e vedo Lukas illuminato da tenue fiamme dorate. Rimango senza fiato, oltre ad essere bellissimo, è decisamente etereo e rilassato nel suo ruolo di torcia umana. Mi supera, in questo modo il mio cammino è illuminato e posso rimirare la sua “schiena” senza dover fingere di non farlo. Posso non sopportare i suoi modi, le sue scelte, la sua mancanza di rispetto nei miei confronti, la sua sfacciataggine, la sua irruenza, ma non posso fare a meno di desiderarlo e questa consapevolezza mi spaventa. È come se lo desiderassi da sempre e questo mi spaventa, vorrei essere padrona di me stessa e decidere razionalmente chi e quando volere qualcuno. Con lui non è possibile, sono irrimediabilmente e fatalmente attratta da Lukas, ma lui è stato chiaro quando mi ha spiegato che non è interessato a me come donna o essere umano, ma solo come Elemento Terra per portare a termine la missione. Eppure poi fa scenate di gelosia e mi tratta come se fossi sua proprietà, sono davvero confusa. L’unica via d’uscita è chiudere in fretta la breccia così potrà andarsene e sparire dalla mia vita e spero che a quel punto valga il famoso detto “occhio non vede, cuore non duole”. Più procediamo più la vegetazione diventa fitta e inaccessibile e se il problema luce è stato risolto, rimane la difficoltà di orientarsi e superare l’ostacolo di radici sporgenti, rami bassi, fogliame impenetrabile e animaletti notturni curiosi.

- Senti Maya, hai intenzione di fare qualcosa per aiutarci o ti diverte il ruolo di Indiana Jones?

Sussulto, sono talmente persa nei miei pensieri che quasi non ricordo lo scopo della nostra escursione. Lukas intanto non smette di camminare.

- Cosa vuoi dire?

- Comincio a credere che Madre Natura abbia svegliato la persona sbagliata. Non sei la stessa Terra che conosco. Non hai il controllo dei tuoi poteri e nemmeno ti accorgi quando è il momento di usarli, non riconosci le situazioni di pericolo, ti comporti senza vergogna con chiunque…

- Adesso smettila, solo perché tu non mi vuoi non significa che non possa stare con altri uomini che più precisamente si riassumono in un uomo: Nike!

Lo raggiungo e lo obbligo ad arrestare la sua corsa, lo strattono per un braccio e si volta. Il bagliore si spegne e rimaniamo al buio. L’unica fonte di luce sono i suoi occhi nei quali esplode un incendio in piena regola.

- Tu non sai quello che dici e non so come fai a non percepire che Nike è pericoloso. Non devi vederlo mai più, ma soprattutto non devi più posare nuda per lui.

Lukas è in grado di irritarmi più di chiunque altro abbia mai conosciuto in questa e in qualunque altra vita abbia vissuto e di questo ne sono certa. Ho già deciso da sola che non poserò più per Nike, sebbene non mi senta né offesa né preoccupata per quello che è accaduto oggi, mi sono resa conto che c’è qualcosa di inspiegabile che mi impedisce di comportarmi o anche solo pensare chiaramente e preferisco non ritrovarmi di nuovo in situazioni così intime con lui a meno che non lo decida io stessa con lucidità. Il fatto però che sia Lukas ad ordinarmelo mi fa infuriare e di certo non gli darò la soddisfazione di sapere che sono arrivata alla sua stessa conclusione.

- Non sei nessuno per dirmi cosa devo o cosa non devo fare e mi pare di avertelo giù detto una volta. Ora pensiamo alla missione.

Mi concentro e unisco le mani nel Ganesha Mudra. Pongo la mano sinistra davanti al petto con il palmo rivolto verso l’esterno e il pollice verso il basso. Poi sposto il palmo della mano destra verso il petto, a contatto del palmo sinistro, piego e aggancio le dita tra di loro, formando una specie di pugno. Il mio capo è reclinato all’indietro e gli occhi sono chiusi per focalizzare tutta la forza in un unico punto: il mio cuore. È da lì che deve partire il comando, la natura devi rispondere al mio comando, facilitando la ricerca e mostrandomi la magia. Solo così potrò tornare a casa e allontanarmi da Lukas. All’improvviso il suolo comincia a fumare, sono piccoli sbuffi azzurrini, fiati di magia oscura che provengono dalla prigione di Caos, ma non la breccia che cerchiamo. In quel caso si tratterebbe di una vera e propria eruzione di magia. Siamo certamente vicini, ma non così tanto quanto speravamo. Gli spifferi magici creano una sorta di percorso che si inoltra nel folto della notte: Lukas segue la scia muovendosi sempre più velocemente protetto dalla mia forza. Seguire queste tracce può essere pericoloso, tra questi fiati magici si nascondono i Predonum, terribili uccelli intrisi di magia nera e capaci di trucidare con i loro becchi e artigli e di strangolare le loro prede con ali prensili. Lo scopo principale di questi esseri però è un altro, essi portano sulla terra devastazione, rancore, paura, vendetta e follia. Non è facile resistere a quel potere, noi stessi non ne siamo immuni, se non protetti dalla mia magia. Da sempre proteggo gli altri Elements per evitare che cedano alla pazzia. Io non mi muovo, più riuscirò a mantenere la concentrazione più potente sarà la protezione e più tempo avrà Fuoco per capire dove porta la scia di magia. Lo vedo correre veloce tra le piante che si scostano al suo passaggio facilitandogli l’incarico fino a non scorgerlo più. Questo luogo è abbastanza sinistro e inquietante anche in pieno giorno, ma avvolto dall’oscurità è davvero terrificante. È proprio un antro perfetto per Caos e i suoi servi fedeli: arbusti spinosi che si intrecciano, fronde alte e minacciose, suoni cupi e misteriosi e infine il torrente che si preannuncia con il borbottio delle sue acque che rapide scendono il pendio mostrandosi poi in tutto il loro dominio con impervie discese che si alternano a pozze cristalline. Potrebbe essere l’inferno e il paradiso allo stesso tempo, raccontare la purezza del bene e l’insidiosità del male, definire il confine tra la realtà e la fantasia.
All’improvviso un fischio mi lacera i timpani, li stavo aspettando. Riconosco il verso dei Predonum, ma cerco di mantenere la posizione. Battiti di ali e sferzate d’aria gelida mi investono, sono molto vicini e Lukas è ancora lontano. Per combatterli dovrei rivolgere la magia verso di loro, lasciando Lukas senza protezione. Se li lascerò andare via potrebbero raggiungere Viterbo e diffondere il loro male, se invece dirigerò verso il cielo il mio potere, potrei lasciare Fuoco esposto ai loro attacchi.

- Fuoco, Fuoco è la mia priorità, è la priorità da sempre.

Sento queste parole sorgere spontanee e naturali, forse non c’è mai stato un dubbio, da sempre Fuoco è l’unico obiettivo. Sono confusa, sono pensieri che nascono dal profondo, ma non sono supportati da ricordi. Perché penso che Fuoco sia qualcosa di mio, da proteggere più della mia stessa vita o addirittura a scapito della vita degli esseri umani? Siamo qualcosa l’uno per l’altro? Forse lo siamo stati in passato? Capisco che qualcosa nella mia mente è bloccato, qualcuno ha censurato i miei ricordi, qualcosa mi sta impedendo di conoscere le mie vite precedenti e questo è inammissibile. I Predonum si stanno allontanando e non posso permetterlo.
Apro gli occhi e li vedo, svolazzano in circolo sopra la mia testa, aspettano una mia mossa. Vogliono attaccarmi, lo percepisco fin nelle ossa, ma temono la mia magia, la temono da tempo immemore. Sanno però che non posso proteggere Fuoco e combatterli, aspettano la mia mossa per decidere se attaccare me o rivolgere la loro attenzione su Fuoco ovunque si trovi o peggio ancora su disarmati esseri umani. Ma io sono più forte. Mantengo immobile la mano destra ancorata al cuore e stringo il pugno fino ad infilare le unghie nel palmo, il dolore serve per mantenermi concentrata. Sento la pelle bruciare, ho bisogno di liberarmi dai panni umani per tornare in contatto con il mio elemento. I vestiti cadono al suolo sotto forma di coriandoli e finalmente mi sento libera e potente. Alzo il braccio sinistro fino a portarlo steso sopra la testa e allungo il dito indice in direzione dei Predonum che non si aspettano quello che sta per succedere perché sono certa di non averlo mai fatto prima di ora. Sono allerta e alcuni si staccano dal gruppo per dirigersi verso gli uomini e altri verso Fuoco. Sono convinti che li colpirò con un attacco frontale liberando Fuoco dallo scudo di protezione. Dai becchi vedo già fuoriuscire un fumo nero e denso che ben presto scenderà per avvolgere tutto ciò che incontra iniettandolo di odio e furia. Con tutta l’energia che possiedo separo la mia magia tra i miei due arti, il flusso magico attraversa il torace provocando un dolore sordo. La scia luminosa che protegge Fuoco si affievolisce un poco, ma è comunque resistente e potente, devo essere certa sia al sicuro nel caso il mio piano non funzioni. Contemporaneamente dall’indice del braccio steso, puntato nella direzione della potenza, parte un fascio potente e distruttivo che colpisce i nemici alati e li sbriciola. Sorrido, non potevano immaginarsi questo epilogo, sono stata più furba di loro e più potente, ma poi crollo a terra, non ho più un briciolo di forza e forse nemmeno di vita.
È buio, fa freddo e la vita defluisce dal margine del mio corpo per tornare laddove è nata, nella profondità della terra stessa. È il mio destino, il destino di tutti, non bisogna avere paura, ma lasciarsi andare e io mi sto lasciando andare. È tutto molto dolce. Poi una scintilla di luce e calore, prima lieve, poi sempre più potente, penetra nelle mie ossa, nelle mie viscere, nella mia anima che torna a vivere. Sento la pelle scaldarsi e il sangue tornare a circolare nelle vene e nelle arterie fino a pulsare nel cuore che palpita di nuovo. Sono viva. Poi il calore diventa fuoco che vibra nel mio intimo, il basso ventre pulsa, i capezzoli scalciano e un brivido familiare mi percorre senza sosta. È Fuoco, è Lukas? Apro gli occhi e l’immaginazione si scontra con la realtà. Non è Lukas, ma Nike che mi tiene tra le braccia. Illuminato da un’aurea celeste rifulgente e incantatrice, è bellissimo, l’incarnazione della perfezione. Ha gli occhi chiusi ed è così concentrato da apparire in una sorta di estasi celestiale. Mi ricorda quando l’ho visto scolpire il marmo, ma questa volta la sua concentrazione si trasforma in energia tanto forte da rianimarmi. Com’è possibile? Chi è Nike?
Quando finalmente mi sento padrona di corpo e mente, provo a muovermi. Nike percepisce immediatamente la mia volontà e riapre gli occhi.

- Ben tornata Terra…

- Come fai a sapere chi sono?

- La domanda giusta è chi sono io? Ma ogni cosa a suo tempo. Sei debole, devo riportarti a casa e devi riposare. Domani parleremo.

- Dov’è Lukas? …Fuoco…

Balzo in piedi, ma crollo al suolo. Mi sembrava di aver ripreso le energie, ma era solo una sensazione. Nike mi aiuta a sedermi, mi culla tra le sue braccia e mi accarezza la fronte massaggiandola delicatamente con il pollice. È una bella sensazione, potrei abbandonarmi con facilità, ma voglio comunque sapere dove si trova Fuoco e come sta. Sono preoccupata e agitandomi tra le sue braccia farfuglio:

- Lukas ha seguito le tracce, cercava la breccia… poi i Predonum volevano attaccarci.

A questo punto dovrebbe guardarmi cose se fossi una pazza o avessi abusato di sostanze stupefacenti, ma non lo fa. Mi osserva certamente un po’ incuriosito, ma come se capisse ogni singola parola. Tracce, breccia, Predonum… Chi è Nike? Perché sa chi sono? In quale vita ci siamo già conosciuti e forse amati? Prima Fuoco.

- Aiutami a trovarlo.

Mentre pronuncio queste parole, una scia infuocata investe Nike e lo trascina a terra. La scia ardente e Nike rotolano nell’erba trascinando con loro tutto quello che incontrano: rami secchi, fogliame, piccoli insetti e creando un groviglio di corpi, luce e potere.

- Lukas fermati.

È poco più di un sussurro. Riesco a sollevarmi da terra e appoggiandomi ad un troco mantengo l’equilibrio. Mi concentro sulla pianta, sento la sua linfa vitale scorrermi nelle vene e la sua energia penetrarmi fin nel profondo. La pianta si accascia leggermente su se stessa, mentre io rinvigorisco.

- Basta!

Lo urlo e insieme alla voce dal mio corpo fuoriesce energia potente che sotto forma di fascio di luce colpisce Lukas e Nike immobilizzandoli. Cammino verso di loro, nuda e fiera, potente, ma quasi completamente esausta.

- Ora basta!

I due giovani si separano e mi guardano meravigliati. Nike con approvazione e brama, Lukas confuso e nervoso. Cerca di avvicinarsi, ma mi scosto.

- Maya, stai bene? Cosa è successo? Perché sei di nuovo nuda? E perché eri di nuovo tra le braccia di questo tizio?

Lukas sembra davvero preoccupato e arrabbiato, molto arrabbiato. La nudità che fino a questo momento non mi recava imbarazzo diventa un problema che non so come risolvere dal momento che i miei vestiti sono diventati un mucchietto di cenere. Lukas seguendo il mio sguardo, comprende la situazione e mi porge la sua felpa. Fortunatamente è a tal punto lunga da coprirmi dignitosamente. Nike non ha mosso nemmeno un muscolo, assiste alla scena silenziosamente e con un sorrisetto sghembo canzonatorio. Non ha mai smesso di guardarmi e quando Lukas ha sottolineato il mio stato ha addirittura sollevato le sopracciglia e mugolato di piacere. Dovrei essere innervosita dal suo atteggiamento, ma al contrario mi piace come mi guarda, come mi fa sentire e mi piace che non mi tratti come una sua proprietà, ma come una donna da apprezzare. Lukas al contrario è sempre più protettivo e senza ragione dal momento che sono io che contino a salvargli la vita.

- Dimmi piuttosto cosa è successo a te! Ti ho protetto fino a quando non ho distrutto i Predonum. Mi aspettavo saresti tornato, invece mi sono ritrovata sola, senza forze e svenuta. Ero in punto di morte, se non fosse stato per Nike sarei tra le braccia di Madre Natura per sempre.

- Non ho sentito che eri in pericolo, la tua magia è svanita solo un paio di minuti fa. Com’è possibile? Se tu eri svenuta chi ha tenuto viva la tua magia? Com’è possibile che lui ti abbia salvato la vita?

Poi si rivolge a Nike e infuocando le iridi lo investe con queste parole:

- Chi sei davvero?

Etere non si scompone nemmeno davanti a quei meravigliosi occhi fiammeggianti, semmai sempre più sicuro e disinvolto, si volta verso di me e illuminato da una luce celeste puntellata di lampi luminosi, risponde con un ordine.

- Chiama Madre Natura, adesso.
 
Il ritorno di Etere (Madre Natura p.o.v.)

Terra ha bisogno me…

Seguo il suo richiamo e giungo nel folto del bosco. Sono nei pressi della Gola dell’Infernaccio, luogo dove ho abbandonato Fuoco adolescente e luogo dopo ho risvegliato la sua memoria. Immaginavo che la loro ricerca sarebbe partita da qui. Da secoli i luoghi del risveglio sono segnali per trovare la breccia.
Vedo Terra, è appoggiato ad un tronco, è concentrata per richiamare la mia attenzione, ma il segnale è debole, deve essere affaticata. Decido di rivelarmi, poi noto che non è sola. C’è anche Fuoco e un altro giovane che non riconosco, sebbene ci sia qualcosa nella sua aurea che mi inquieta e attira contemporaneamente. Scelgo una forma animale, prima di palesarmi devo capire chi è quel giovane perché Terra manifesta il suo potere davanti a questo umano.
Ho sempre amato i cervi, mi mostro quindi sotto questa sembianza. Terra mi riconosce immediatamente e così Fuoco che mi saluta infuocando le iridi.

- Mater…

È il giovane sconosciuto che parla, anche lui mi ha riconosciuta. Come è possibile che sappia chi sono e cosa sono? Mi guarda con occhi dolci e aspetta una mia reazione. Ma chi è questo essere? Non è umano e di questo ne sono certa. Oltre a percepire il suo potere, ciò che vedo è magia ed energia degli Elements. Com’è possibile? All’appello mancano Acqua e Aria che volutamente non ho ancora risvegliato, ma che da sempre sono forme femminili. Questa è magia potente, a tratti oscura, ma che deriva da me stessa. Ha origini lontane, molto lontane…

- Non è possibile!

- Matris me!

- AETHER!

Mio figlio! Mio foglio è vivo! Etere è vivo! L’emozione di questa rivelazione prende il sopravvento e mi trasformo per mio figlio. Da sempre ogni volta che mi approccio ad uno dei miei figli scelgo una sembianza adatta al loro elemento. Con Fuoco sono stata luce e calore, fiamma viva e palpitante, con Terra una fanciulla umana rivestita di vegetazione o un animale regale. Per Etere sarò il cosmo, solo per mio figlio.
 
Rivelazioni (Maya p.o.v.)

Fatico a comprendere quello che sta succedendo. Perché Madre Natura ha chiamato Nike Etere? Ho diversi ricordi annebbiati, ma so perfettamente chi è Etere e quello che gli è successo. Ero con lui quando Caos l’ha distrutto prima che potesse vedere la luce del giorno. Nessuno sa la verità, nessuno sa quello che è successo davvero quel giorno, solo io e Etere, solo noi sappiamo che si è sacrificato per salvarmi.
La cerva meravigliosa attraverso la quale Madre Natura ha scelto di presentarsi si è dissolta in una potente luce che vortica velocemente creando un mulino celestiale. Sono stelle, pianeti, corpi celesti di ogni tipo che si inseguono e avvolgono Nike senza sosta. Nike non appare né spaventato né sorpreso, accoglie questo vortice e si lascia avvolgere quasi si trattasse di un abbraccio materno. Fuoco è spiazzato esattamente quanto lo sono io o forse ancora di più. Nessuno, tranne me, sa che Etere era riuscito a prendere forma prima di essere distrutto. Per alleggerire la pena di Madre Natura ho raccontato che Etere era stato distrutto dal fuoco degli Inferi prima ancora che riuscisse ad avere anche solo un alito vitale, ma la verità è un’altra. Egli visse per qualche minuto e mi protesse con il suo essere e con il suo potere per salvarmi la vita. ho custodito questo segreto per tutta la vita, mai avrei immaginato che Etere si fosse salvato. Quel giorno, l’inizio di tutti i tempi, lottai contro Caos come una tigre per vendicare il mio salvatore, tanto che Madre Natura per premiarmi chiamò il pianeta per il quale ci stavamo battendo con il mio nome: Terra. Mi sono sentita per secoli immeritevole di tale onore e in fondo anche immeritevole di essere uno degli Elements. Oggi rinasce in me la speranza, oggi davanti a Etere posso tornare ad essere vera e sincera.
La danza celeste tra madre e figlio viene interrotta da un rumore improvviso. È il suolo che trema sotto i nostri piedi e dal quale scaturisce un suono sommesso e profondo. Sono altri Predonum che allargano la breccia muovendo le profondità terrestri.

- Madre, tornate tra noi, dobbiamo parlare.

Spiegatemi cosa sta accadendo.
Fuoco cerca il mio sguardo e capisco che devo supportarlo.
- Madre, vi prego!
Madre Natura trova posto tra di noi sotto forma di luce.

- Figlioli questo è Etere, plasmato dalle mie stesse mani insieme a voi nella notte dei tempi. Ho creduto per lungo tempo di averlo perduto, ma oggi scopro che è vivo. Non è questo il momento e il luogo per le spiegazioni, ma certamente arriverà. Figliolo seguimi.

E con queste parole spariscono entrambi avvolti in un turbine di notte e stelle. Io e Lukas siamo di nuovo soli. Si avvicina, ha l’aria minacciosa, si piazza a pochi centimetri dal mio viso.

- Maya tu sapevi che Etere e Nike sono la stessa cosa? È per questo che ti comportavi in quel modo con lui?

- Certo che non lo sapevo, dove vuoi arrivare con queste insinuazioni?

- Sei stata attratta da lui fin da quando lo hai visto la prima volta… ti sei comportata con lui come se non potessi stargli lontana… ti sei fatta toccare, baciare e se non fossi intervenuto io chissà che altro avresti fatto.

Sono così stupita e offesa dalle sue parole che gli ho permesso di imprigionarmi contro una parete rocciosa. Le sue braccia sono ai lati delle mie spalle e mi tengono chiusa in uno spazio di pochi centimetri quadrati. Sono senza forze, ma non gli permetterò di continuare a trattarmi cose se fossi una cortigiana o una sua proprietà. Però ho un’idea migliore rispetto ad affrontarlo sbraitando o manifestando i miei poteri.

- Perché Lukas? Perché non posso fare la smorfiosa con Nike? Forse perché devo farlo solo con te… come a casa mia…

Alzo le braccia e lo accarezzo facendo scorrere un dito dopo l’altro sulle sue labbra. Poi con i palmi aggancio la sua gola, il suo battito è accelerato e i suoi occhi sono un incendio indomito. Supero i pochi centimetri che ci separano sollevandomi sulle punte, appoggio le mie labbra alle sue che sono socchiuse per l’affanno e terribilmente morbide e gli do il colpo di grazia.

- È questo che vuoi, vero?

La mia lingua gli massaggia le labbra e le mani gli graffiano la nuca. Il mio corpo aderisce perfettamente al suo e mi struscio languida e bramosa. Non so nemmeno io cosa sto facendo, è Terra che mi guida e lo fa con ottimi risultati: l’eccitazione di Lukas è innegabile così come la mia, ma io ho il comando o almeno credo. Lukas mi libera dalla prigione e afferra con forza i miei polsi. Senza smettere di ansimare mi allontana.

- Io non sono Nike, io non voglio solo il tuo corpo.

Sono furiosa perché ha di nuovo rovesciato le parti.

- Allora cosa vuoi esattamente Fuoco?

- Tu non puoi capire, tu non sai cosa eravamo l’uno per l’altro…

Di cosa sta parlando? Io e fuoco eravamo qualcosa? Quando? Ho da subito sentito un legame profondo, ma ho sempre pensato che fosse dovuta al nostro essere Elements dall’alba dei tempi. C’è altro? c’è di più? E se c’è, perché io non lo ricordo? Forse quella foschia nella mia memoria sono ricordi perduti di me e Fuoco? Tutto questo non ha senso. Chi ha cancellato la mia memoria? Perché?

- Cosa eravamo?

Bisbiglio, ho paura della sua risposta e non sono certa di essere pronta per ascoltarla.

- Dimentica quello che ho detto.

- Me lo devi, mi devi la verità!

Ancoro i piedi a terra appoggiando un dito alla volta e sentendo la terra avvolgermi le caviglie. Mi libero della felpa di Lukas, il freddo della notte accarezza la pelle nuda e piccoli brividi mi percorrono. Appoggio le mie mani sopra i suoi occhi e mi concentro: sento la forza salire dal terreno, avvolge le gambe, poi il busto e infine entra nelle braccia fino a radunarsi nei palmi che premono delicatamente sulle iridi infuocate di Lukas. Fuoco non si ribella, non reagisce, piuttosto lascia che si compia l’inevitabile. In pochi attimi vengo catapultata nel passato e scopro la verità.
 

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Capitolo 14
*** i ricordi di Terra e Fuoco (Maya p.o.v,) ***


“Corre l’anno 410 d.C., siamo alle porte di Roma stesi sull’erba fresca dei colli Albani, protetti e coccolati dai boschi e percepiamo il sorgere del sole, io e Fuoco.”

Mi scosto da Fuoco come se mi avesse ustionato l’anima e forse è successo davvero. Ora lo so, siamo amanti dall’alba dei tempi, l’uno per l’altro da sempre e per sempre ed esistiamo solo noi. Io per lui e lui per me. Mi avvicino di nuovo e lo sfioro di nuovo.

“Stiamo facendo l’amore, lui è sotto di me, lo amo immensamente, come sempre. La mia pelle riflette i primi raggi del sole e sembra fatta di seta e di ambra. Sono sudata, accaldata, eccitata, ma gioisco ad ogni rantolo di piacere e godo ascoltandolo ansimare per me.”

Mi sento ardere fin nel profondo, dolore, piacere e mille altri sentimenti mi invadono. Provo rabbia per aver ricordato il nostro amore in questo modo, rancore verso chi mi ha annebbiato la memoria riducendo in briciole i ricordi del mio unico vero amore, ma provo anche soddisfazione per aver capito fin da subito che qualcosa ci univa, un desiderio sconfinato e impetuoso… il ricordo no è finito.

“Mi muovo lentamente, ma senza sosta. Su e giù, su e giù come in una danza tribale antica e carnale esattamente come sono io. Le mie labbra sono schiuse e gemo il suo nome nel pieno dell’amplesso che esplode riducendo la mia volontà in briciole. Fuoco è perso nei miei occhi e mi ama senza possibilità di scelta.”

Siamo l’uno di fronte all’altro e finalmente entrambi sappiamo davvero chi siamo e a cosa siamo destinati. - Fuoco! – Sussurro e una dolce consapevolezza inonda il passato e il presente.

“Lui è tutta la mia vita, è tutto quello che ho, tutto quello che voglio. Da sempre è la mia priorità, Fuoco viene prima di tutto e tutti. Lo amo e la mia vita senza di lui non avrebbe senso, ho già perso Etere e non perderò anche Fuoco, non finché avrò la forza per impedirlo."

È come se lo vedessi per la prima volta, è come se pronunciassi il suo nome per la prima volta. Siamo calamite, tutto nei nostri corpi si è svegliato insieme alla mia memoria. Ci avvinghiamo nel modo più primordiale possibile, pelle contro pelle, bocca contro bocca, le lingue si fondono e le mani esplorano luoghi conosciuti ma da troppo tempo separati.

“Intanto i Vandali di Genserico abbattono le difese e invadono Roma, saccheggiandola, deturpandola, violentando le donne e uccidendo bambini ed anziani. Sento le urla di dolore e di paura, ma niente mi scuote, nulla mi interessa, solo i gemiti di Fuoco.”

Lo spoglio lasciandolo nudo nel suo splendore ardente. Amo da sempre il suo corpo, perfetto, scolpito, caldo e virile. Emana un’aurea di potere, di energia, di coraggio, tra le sue braccia mi sento protetta, adorata, sicura e coraggiosa. Ci lasciamo cadere a terra, sdraiati sulle foglie del suolo che ci fanno da cuscino e ci viziano fragili e delicate. Sono stesa sopra di lui, come sempre ho il controllo della situazione, Terra ce l’ha sempre e solo un soffio ci divide dal fonderci in un amplesso indimenticabile come d’altronde è stata ogni nostra unione.

“Io so che è tutta colpa del nostro amore, ma guardo Fuoco, lo desidero e gli sorrido. Abbiamo sconfitto Caos, ma non abbiamo salvato gli uomini da loro stessi perché io ho scelto Fuoco. “

- No! Non possiamo! Non di nuovo!

Mi sollevo e un dolore acuto al basso ventre mi invita a finire quello che ho cominciato, ma non posso, non voglio, non devo soprattutto. Ricordo ogni cosa, ricordo ogni volta che abbiamo salvato il nostro pianeta dai Predonum e da Caos e ogni volta che ho scelto Fuoco lasciando l’umanità in preda al delirio e alla furia, conseguenza inevitabile del veleno che diffondono quei mostri. Ricordo la passione, il desiderio, l’appagamento e l’indifferenza verso tutto ciò che accadeva intorno a me. Io non sono più così, io sono Maya e non voglio seguire un copione, ma comportarmi correttamente. Amo Fuoco, ma non so se amo Lukas e Fuoco e Lukas sono la stessa entità. Fino a quando non amerò entrambi non potrò averlo.

- Lo so Maya, ma dovevi capirlo da sola.

È così bello, così perfetto, così mio, ma non è la scelta giusta, non questa volta e non in questo modo.
Mi allontano delicatamente, mi nascondo alla sua vista e mi copro con la sua felpa. Fuoco non da segno di volersi muovere. È ancora steso, appoggiato sui gomiti e il desiderio è evidente e implacabile sul suo corpo. Solo guardarlo mi riaccende i sensi e mi allontana dal mio proposito.

- Non è giusto Lukas. Io non sono più la Terra che hai conosciuto, oggi mi sento molto più Maya che Terra e Maya non è pronta a stare con te. Non voglio fare gli stessi sbagli del passato.

Lukas mi ascolta e un piccolo sorriso si delinea coraggioso sulle sue splendidi labbra.

- Sei davvero diversa, ma non per questo meno speciale.

Finalmente decide di ricomporsi, ancora qualche minuto e avrei perso tutta la determinazione dimostrata poco fa. A passo svelto ci dirigiamo verso l’auto e in silenzio torniamo ognuno nella propria casa. È stata una serata faticosa e distruggere i Predonum è stata la parte più facile.

Buona lettura da Tatystories

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Capitolo 15
*** Etere e la sua storia ***


La storia di Etere (Maya p.o.v.)


Quella di ieri non è stata certamente una serata semplice, ma la notte, se possibile, è stata ancora peggiore. Sono stata perseguitata da ricordi del passato che si intrecciavano agli avvenimenti del presente, il tutto condito da una dose abbondante di paure, frustrazioni e ansie. La rabbia per essere stata burattinata è ancora vigile, ma nettamente superata dallo stupore di aver scoperto Etere vivo. La notte scorsa, dopo che Etere e Madre Natura sono spariti nel nulla avvolti da mistero e magia, non ho avuto tempo per riflettere su quanto accaduto perché sono stata investita dalle memorie che mi erano state cancellate con l’inganno e dal desiderio irrefrenabile di riprendermi ciò che considero mio da sempre: Fuoco. Sono felice però di aver gestito la situazione mantenendo un briciolo di autocontrollo e dignità. Inizialmente la passione ha preso il sopravvento, mi sono proposta, se non addirittura imposta, a Fuoco senza pudore o vergogna. Non che io ricordi di averne mai avuta nelle mie esistenze passate, ma in questa ho deciso di essere diversa. Nei miei incubi di questa notte ho rammentato ogni ultima notte passata con Fuoco, l’ardore, l’amore, la passione, lo sfinimento e la disperazione con le quali ci siamo detti addio tante volte a scapito di tutto, cose e persone. Un particolare nuovo però in questi sogni-incubi popolava la mia mente: Etere. Compariva ripetutamente, osservava me e Fuoco fare l’amore con sguardo furente e rancoroso. Non appena mi accorgevo della sua presenza spariva, allontanandosi, diventando sempre più inconsistente. Desideravo ardentemente riconcorrerlo, afferrarlo per proteggerlo, ma mi sentivo ancorata a Fuoco da una corda invisibile ed indistruttibile. Solo io conosco la verità che mi ha perseguitato per molto tempo, forse ora la conosce anche Madre Natura se Etere gli ha rivelato quanto è davvero successo in quella grotta primordiale, la notte infernale nella quale è morto. 
Sono passati secoli eppure ricordo ogni particolare di quel maledetto primo giorno. Come potrei dimenticare? Come potrei non ricordare la mia vile condotta? Mi sento sopraffatta dal rimpianto e vorrei cancellare quei tremendi ricordi, ma non posso e tutto torna alla mente come se fosse appena successo:
Nel momento stesso in cui sono stata plasmata ho percepito il desiderio di vivere, prima ancora di vedere il mondo o di conoscere gli altri Elements ho saputo di essere nel posto giusto, laddove sarei voluta essere e laddove sarei rimasta sino alla fine dei miei giorni. Sono stata l’ultima ad essere stata creata, la prima fu Aria, saggia e giusta, indispensabile per domare tutto ciò che affiora dalla superficie del nostro pianeta, soprattutto ciò che soffia sopra le sue acque. Poi fu il turno di acqua, guardinga e sospettosa, ma astuta e lungimirante, quando lei parla è tempo di agire e suo compito preciso controllare ogni forma d’acqua, sopra e, sotto la superficie terrestre. Per questo legata ad Aria più di chiunque altro. Annodato a lei da un filo doppio fatto di comunione e antitesi per nature opposte. Ini seguito ad Acqua fu plasmato Fuoco, certamente il più potente e impetuoso tra noi Elements, ma anche il più affidabile e preferito di Madre Natura per l’indiscussa obbedienza. Colui che avrebbe domato le fiamme e le sostanze infuocate, comprese quelle infernali immerse nel profondo di Terra. Elemento dominatore del suolo e dei suoi abitanti, protettrice della vita nella sua essenza e della natura nelle sue forme più svariate. Io fui creata subito dopo Fuoco e come avveniva dopo ogni nascita, gli fui legata come una catena che non può fare a meno dell’anello precedente e del successivo. Fuoco provò immediatamente verso di me un senso di protezione così come Aria l’aveva provato per Acqua e Acqua per Fuoco. Questa sua natura lo rese caro subito al mio cuore che però non aveva ancora visto nascere l’ultimo degli elementi: Etere. Il cosmo nella sua forma celestiale, tutto ciò che ci circonda oltre le competenze di aria e tutto ciò che dà origine all’universo intero. Mentre Madre Natura lo creava plasmando argilla e magia, sentivo nascere e crescere nel profondo della mia anima pace e amore, del tipo più fragile, ma immortale. Ad ogni movimento di Madre Natura cresceva la sensazione di dovermi prendere cura del nuovo Elements. Poi ci fu un’esplosione ed un'altra ancora e ancora e ancora. Madre natura ci ordinò di unirci e combattere contro Caos e i suoi Predonum che avevano scoperto il nostro nascondiglio e volevano distruggere tutto. Avremmo saputo come usare i nostri poteri naturalmente, non avevamo bisogno di spiegazioni, ci raccomandò di difendere la sua postazione fino al compimento della creazione di Etere. La battaglia cominciò, a momenti alterni riuscivamo ad avere la meglio sui Predonum che però non finivano mai e si riproducevano continuamente. Ad un certo punto si manifestò Caos e la battaglia si fece molto più aspra e dura. Oltre a dover controllare gli attacchi di quei malefici corvacci, Caos ci attaccò con flussi di energia che ci indebolivano. Aria a e Acqua si accasciarono al suolo in preda a spasmi di dolore, solo io e Fuoco pareva riuscissimo a resistergli. Capimmo in fretta che in quel modo non potevamo farcela. Fuoco creò una bolla di fiamme per proteggerci e mi ordinò di avvisare Madre Natura. La raggiunsi e la supplicai di intervenire per il bene dei suoi Elements. Madre Natura mi chiese di custodire Etere, senza toccarlo, ancora incompleto nella sua forgia, sebbene già perfetto nel suo essere e nelle sue sembianze. Non sapevo cosa potesse mancare ad Etere, ai miei occhi era quanto di più bello e divino avessi mai visto. Sebbene di cose belle ne avevo vedute poche fino a quel momento ero comunque certa di amarlo così com’era. Ero così attratta da lui, dal suo essere evanescente e lucente, che mi avvicinai, senza quasi accorgermi sporsi la mano e lo toccai. Il contatto provocò una scossa elettrica che mi percorse lasciandomi stordita e senza fiato. Al contrario per Etere fu come ricevere il soffio di vita che gli mancava per svegliarsi e in tutto il suo splendore si manifestò di fronte a me.
- Semper amare.
Nello stesso istante udii un’esplosione spaventosa appena fuori dalla caverna dove Madre Natura ci aveva creato, era davvero vicina, ma io ero senza forze, incapace di difenderci. Etere in quei pochi secondi mi aveva risucchiato ogni fibra di energia. Cercai di raccoglierne un po’ dalle rocce che ci circondavano, ma erano intrise di magia oscura e nulla di naturale riusciva a raggiungermi. Anche Etere comprese che ci trovavamo in pericolo, ma non ci fu tempo per escogitare un piano o scegliere una strategia. Un altr’altra detonazione ci investì e sbalzammo entrambi indietro contro il fondo della grotta. Davanti a noi Caos, un vento nero e gelido, ma ugualmente rovente e sfolgorante. Eravamo senza speranze. Etere mi guardò e ripetendo le stesse parole di poco prima – semper amare - si accovacciò sopra di me facendomi da scudo. Poi più nulla e mii ritrovai completamente al buio, avvolta da una cupola scura come la notte, ma altrettanto rassicurante, era il corpo di Etere. I suoni intorno a me erano attutiti, ma ero certa che fuori ci fosse morte e devastazione. Un tempo indefinito dopo ero di nuovo libera e più potente che mai, Etere era scomparso e udivo la guerra infuriare appena oltre la grotta. Corsi all’esterno e tutti i miei compagni stavano lottando: era l’inferno o per lo meno così lo immaginavo. Lampi, saette, tuoni, fragori, bagliori, rombi, buio e luce accecante. Scatenai tutta la mia collera, ero furibonda per aver permesso a Etere di proteggermi, quando avrei dovuto farlo io, per non aver obbedito alla richiesta di Madre Natura che si era fidata di me e per aver lasciato gli altri Elements combattere al posto mio. Mi caricai di ogni briciola di potere che trovai intorno a me, positiva e negativa, non m’importava con cosa lottavo, ma solo contro chi. Volevo eliminare Caos. Fu quel giorno che creai per la prima volta un Nuclei Spiralis, la più potente delle magie conosciute che sterminò tutti i Predonum e imprigionò per sempre Caos in una gabbia di cristallo. Nulla a che vedere con quanto ho creato per spaventare Fuoco qualche giorno fa. Si tratta della medesima magia portata ad un livello superiore, non sono più riuscita a riprodurla così devastante, tant’è che non sono più riuscita a sconfiggere Caos senza l’aiuto degli altri Elements. In quell’unica occasione sono quasi morta, Madre Natura mi spiegò che probabilmente la mia salvezza fu l’energia di Etere, non ancora vivo, ma pieno di potente potere che io stessa inconsapevolmente avevo assorbito in seguito all’esplosione che lo aveva distrutto. Me codarda, me vile e infame. Questo lascia credere a Madre Natura, questa la mia versione: Etere non era sorto, era rimasto in forma incompleta e Caos lo aveva eliminato. BUGIARDA. Etere non era perito non vivo, al contrario aveva vissuto e scelto di difendendo me. In quel momento pensai che non si può provare nessuna sofferenza o rimpianto per qualcuno che non è mai stato, più semplice pensare che Caos l’avesse distrutto incompleto, piuttosto che rivelare di aver infranto gli ordini di Madre Natura, averlo toccato dandogli vita, ma togliendomi energia, così da impedirmi di difenderlo nel momento del bisogno. Etere fu, Etere visse, Etere si sacrificò per salvarmi e oggi è tornato.
Non posso aspettare oltre, devo andare da Nike.
È una giornata favolosa, il sole splende e la terra è rigogliosa. Da quando ho memoria amo la natura e oggi so il motivo. In ogni vita che ho vissuto questo è sempre stato uguale: l’amore per la Terra e tutte le sue creature, eccetto l’uomo. Ho sempre pensato fosse troppo imperfetto e fragile. Quella fragilità sconcertante, che lo giustifica in ogni suo errore. Irresponsabile del bene che gli è stato affidato, irrispettoso delle leggi supreme di Madre Natura e immeritevole della fiducia che gli è stata concessa. Oggi però sento che forse ho sbagliato, sono stata troppo dura e troppo vendicativa. Ho riversato sull’uomo la mia colpa. Ho colpevolizzato per lungo tempo il mio lato umano e terreno, quel lato così debole e scostante, quel lato così pauroso e remissivo. Ho creduto che in quel momento, in quella caverna, mi avesse impedito di reagire, lasciando ad Etere la possibilità di scegliere per me, di sacrificarsi per me e di proteggermi. Nel corso del tempo ho scelto di soffocare questo lato del mio essere, convogliando il lato umano nell’unico aspetto che non poteva danneggiarmi: la carnalità. La passione travolgente che mi lega a Fuoco è una delle conseguenze più evidenti e mi ha permesso di non lasciarmi guidare dalla fragilità umana. Oggi sono confusa, sono diversa, ancora più unita a questa stirpe e certa che sia la cosa giusta.
Mi incammino velocemente, non sono nemmeno certa di trovare Nike nel suo atelier, ma qualcosa mi dice che anche lui vuole parlarmi. Mi ha mentito, ma non lo biasimo. Certamente voleva mettermi alla prova, forse voleva che scoprissi da sola la sua identità, che lo percepissi dentro di me. Sentivo che il nostro legame era speciale, molto più profondo di quanto fosse credibile tra due estranei, molto più passionale di quanto fosse ragionevole tra maestro e allieva e molto più imprevedibile di quanto fosse tollerabile tra uomo e donna.
Sono quasi arrivata e l’ansia mi assale, mi fermo qualche istante per respirare qualche manciata di aria fresca e liberare la mente. Ho gli occhi chiusi e il sole mi scalda il viso che è rivolto verso di lui. La brezza fresca del mattino mi sfiora le guance e mi solletica il collo, i battiti del cuore rallentano, li odo perfettamente. Tum-tum, tum-tum, tum-tum. Poi all’improvviso, perdo la concentrazione e quel battito così rassicurante si tramuta nel galoppo di un cavallo imbizzarrito. Tum tum tum tum tum. Spalanco le palpebre e lui è lì, sulla soglia, mi fissa. Appena lo scorgo però si volta ed entra. Mi armo di coraggio e determinazione e lo raggiungo. Mi sta aspettando.
 
Padre e figlio (Etere p.o.v.)
È stata una notte importante, quando segiuii Maya e Lukas nella foresta non avevo preventivato di svelarmi, ma approfittai della circostanza favorevole per dare una svolta ben precisa alla situazione. Quel pomeriggio mi ero avvicinato troppo a Maya, sapevo di averla spaventata, ma era stato un gesto incontrollabile. Averla tra le braccia, morbida e delicata, sensuale, ma virginale era stato davvero troppo per non perdermi. Quel passo falso avrebbe potuto condizionare la fiducia della ragazza e proprio per riconquistarla avevo deciso di salvare lei e Lukas dall’attacco dei Predonum. Mio padre non capì la mia scelta, ma intuì che Terra aveva un ascendente su di me molto più forte di quanto non avesse desiderato.
  • Non perdere mai la concentrazione figlio.
  • No, padre.
  • Ricorda lo scopo della missione figlio.
  • La vendetta, padre.
  • C’è un'unica meta da raggiungere figlio.
  • Portare Terra dalla nostra parte e distruggere Madre Natura.
  • Figlio, Terra dalla nostra parte è solo un mezzo per distruggere Madre Natura. Anche lei dovrà essere distrutta.
  • Padre… questo non era nei piani…
  • Nessuna esitazione. Terra è troppo imprevedibile e istintiva. Una volta che avremo usato il suo potere per riprendere il controllo dovrà essere eliminata.
  • Si padre.
Nulla era più chiaro e limpido nella mia testa, tutto quanto aveva fatto fino a quel momento portava in un'unica direzione: conquistare Terra perché si fidasse di lui e scegliesse di combattere al suo fianco per liberare Caos dalla prigionia, mai però aveva avuto intenzione di eliminarla. Avrebbe dimostrato a suo padre che potevano fidarsi di lei, che la sua fedeltà sarebbe stata totale e assoluta. Dovevo agire in fretta, aspettavo Maya da un momento all’altro. Ero certo avrebbe cercato il confronto ed ero certo di avere il coltello dalla parte del manico. Era colpa, rimorso, paura, diffidenza e timore, ma anche amore ciò che lessi nei suoi occhi ieri notte quando svelai la mia reale identità. Conquisterò la sua fiducia, la sua lealtà e il suo cuore. L’amo da sempre, fin dal primo istante in cui sono sorto plasmato dal suo stesso tocco, innamorato di lei ancor prima di conoscere la sua esistenza, quando ancora ero argilla nelle mani di mia madre, quando ancora non ero niente. Quell’amore era stato alimentato nel corso delle epoche dal ricordo di quell’unico momento in cui l’avevo avuta tra le braccia, quando l’avevo salvata dall’ira di Caos. Ci erano voluti secoli per ricostruire il mio potere e riavere una sembianza terrena. Ero davvero morto durante lo scoppio, ma Caos riuscì a raccogliere i miei resti e portarli nella gabbia di cristallo magico. Da quel giorno mi ha riplasmato utilizzando il cristallo della gabbia e le piume dei Predonum, servi fedeli che riuscivano a superare la barriera magica grazie alla loro magia. Caos aveva previsto che utilizzando proprio quest’ultime per rigenerarmi sarei riuscito a scappare dalla gabbia e così fu. Dopo un tempo interminabile ho finalmente visto la luce, sebbene grazie agli occhi dei Predonum avessi vissuto di riflesso ogni avvenimento, ogni passo della storia della terra e dell’umanità, ogni battito d’ali, ogni guerra, ogni battaglia contro Caos alle quali non ha mai potuto partecipare poiché non ancora pronto. Poi tutto cambiò. Quando fui pronto uscii dalla gabbia e comincia a vivere creando le basi per riprendermi quello che era mio di diritto: Terra e il potere.
La vedo dalla vetrina, ha gli occhi chiusi e il sole le scalda il viso che è rivolto verso di me. La brezza fresca del mattino le sfiora le guance e le solletica il collo. Sento i battiti del suo cuore rallentare, li odo perfettamente. Tum-tum, tum-tum, tum-tum. Poi all’improvviso perde la concentrazione e quel battito così rassicurante si tramuta nel galoppo di un cavallo imbizzarrito. Tum, tum, tum, tum, tum, tum. Spalanca le palpebre e mi vede, sono fermo sulla soglia e la fisso. Mi volto e torno all’interno, ho coperto la scultura, l’ho finita nella notte, dopo aver parlato con Madre Natura e con mio Padre. Non avevo bisogno di vederlo per riprodurlo, il suo corpo era stampato sulle mie mani che l’avevano percorso voracemente e senza permesso. L’ho stordita con l’infuso e non è stato difficile spazzare via le poche barriere rimaste con il mio potere mentale. Terra è in grado di creare uno scudo potente che protegge da qualsiasi potere chi si trova nel suo raggio, ma Caos mi ha insegnato ad aggirarlo. Mi è possibile solo quando Terra è debole o indebolita come nel caso della tisana a base di salvia divinorum. Ad un essere umano qualunque avrebbe creato allucinazioni intense e stordenti tali da far perdere il controllo dei sensi. La sinestesia di cui si fa esperienza è di tipo visivo-tattile, ossia “si sentono nel proprio corpo le cose che si vedono” e Terra ha vissuto proprio questo. Sono certo si sia sentita quasi violata, ma in realtà l’ho solo sfiorata. In questo modo però ho potuto oltrepassare le sue difese e leggerle dentro. Ho scoperto la sua ossessione per Fuoco, la sua paura, ma importante volontà di essere Maya più di Terra, il suo desiderio di amare ed essere amata, il segreto che la tormenta dal giorno in cui l’ho salvata e i suoi punti deboli: i suoi genitori e Chicco, il suo migliore amico. Userò tutto questo per avvicinarla e quando si fiderà di me le racconterò di Caos e lei capirà.
  • Come vuoi che ti chiami, Nike o Etere?
Finalmente è arrivata, è meravigliosa nella sua semplicità. L’ho osservata in ogni sua vita terrena grazie agli occhi dei Predonum, Terra è sempre stata bellissima, spesso anche troppo perfetta. Corpo scolpito, talvolta occhi cristallini altre bruni e profondi. Capelli serici, di fuoco o biondi come il grano, non importava il colore, erano solo armi per catturare le sue prede. Questa volta è tutto diverso. Maya è una ragazza qualunque, certamente bella, ma nulla in confronto alla bellezza divina delle vite precedenti. È minuta e aggraziata, con grandi occhi celesti che ricordano il cielo in primavera quando non ci sono né nubi, né foschia ad adombrarlo. Capelli scuri, sfrontati e ribelli esattamente come lei, proprio per questo spesso racconti in una coda alta che la rende sbarazzina e forse un po’ immatura. Ciò che la rende speciale ed unica è la sua passionalità. Terra è da sempre la più terrena e la più legata agli esseri viventi, compreso l’uomo, ma ha sempre scelto di essere superiore a loro, guardandoli dall’alto della sua perfezione. Questa volta Maya è davvero una di loro, è piena di incoerenze, imperfezioni, paure, lussuria e sensibilità. È passione allo stato puro, fermento e indecisione, è sensibile e irrequieta, focosa e paurosa, pudica e romantica. Sarà più facile raggiungerla, farò leva sul suo senso di colpa nei miei confronti, farò leva sulla rabbia che prova nei confronti di Madre Natura per averle cancellato i ricordi con Fuoco e farò leva sull’eccesso di umanità che la contraddistingue in questa vita più che in ogni altra. Sarà mia e insieme governeremo il mondo. A Caos penserò in un secondo momento.
  • Sei arrabbiata, sorella?
Spiando nei secoli la vita degli altri Elements ho scoperto che per loro è sempre stato naturale chiamarsi fratello o sorella, sebbene con significato molto diverso rispetto a quelle che gli esseri umani gli attribuiscono. Tra di noi non ci sono legami di sangue, siamo stati plasmati da Madre Natura sotto forma di esseri inconsistenti e poi partoriti da esseri viventi, dapprima vegetali, poi animali e infine dagli esseri umani, la razza più evoluta di questo pianeta. Mai c’è stato un legame tra i genitori biologici o adottivi degli Elements, però la mano che ci generò è la stesa: quella di Madre Natura pertanto si sono sempre considerati uniti da questo legame e autorizzati a usare questo termine. Sono secoli che aspetto questo momento?
  • Etere…
Tutta la fermezza della prima domanda si scioglie in sincere piccole lacrime che le rigano il viso. È così bella e delicata, così vera e terrena, così disperatamente perfetta per me. Vorrei correre da lei per abbracciarla e baciarla fino allo sfinimento, vorrei possederla sul pavimento di questo luogo così anonimo, ma non mi serve contorno per adorarla, bastiano io e lei. Ma mi trattengo. Non posso e non devo spaventarla, deve arrivare a capire quanto la amo e quanto mia ama poco a poco.
  • Terra…
Mi avvicino, ma lascio due passi di distanza. Ci fissiamo, io la conosco fin nei dettagli, ma lei mi guarda davvero per la prima volta. Ha sempre pensato di aver difronte a se Nike, uno scultore di successo, ma pur sempre un essere umano. Oggi guarda Etere, fratello ed eroe. Allungo un braccio, vorrei essere più fermo e lasciare che sia lei a fare la prima mossa, ma ho un bisogno incontrollabile di toccarla. Le asciugo una lacrima che più lenta delle altre sosta pacifica sulla sua guancia destra. Il tocco è così delicato che la lacrima non si frantuma, ma passa intatta sul mio pollice. L’avvicino al mio viso e la fisso e dentro scorre la nostra storia, quella che non abbiamo potuto vivere perché mi sono sacrificato per salvarle la vita. Siamo mano nella mano, camminiamo lunghe la via principale di Viterbo. Il cielo è terso e l’aria fresca, lei è bellissima. Indossa un lungo vestito stile impero e moltissimi bracciali le adornano i polsi. Io sono un generale romano di alto livello, al mio passaggio la gente si inchina e abbassa il capo in segno di rispetto e timore. Sono orgoglio, fiero e implacabile e accanto a me c’è la donna più bella e potente dell’impero. Poi la lacrima si scioglie in un piccolo lago salato e percorre la mia mano fino a cascare a terra dove il mio sogno s’infrange. Terra mi parla e a malincuore riprendo contatto con la realtà.
  • Certo che no fratello! Come potrei? Era nel tuo pieno diritto non fidarti di me. Sai già tutto, vero? Madre Natura ti ha svelato la mia enorme bugia? Sono mortificata e …
  • Terra, mai ti avrei messa alla gogna, sono nato per difenderti e non smetterò mai di farlo. Madre Natura crede che io sia stato rapito da Caos e tenuto in vita per tutto questo tempo.
  • Non sa che sei morto per salvarmi la vita? Non sa che le ho mentito per secoli? Perché Etere? Perché non le hai raccontato la verità?
  • Nulla di quello che le avrei detto avrebbe cambiato quanto è successo.
Vedo che il piano sta funzionando, Terra è meravigliata del mio comportamento. Mi crede un eroe e io voglio che sia proprio così, deve pendere dalle mie labbra.
  • Non voglio che tu sia costretto a mentire a tutti per colpa mia… sono responsabile di quello che ti è successo…
  • Ho scelto liberamente di proteggerti e lo rifarei altre mille volta se servisse per tenerti al sicuro. Vuoi sapere cosa è successo in quella grotta?
Tentenna, è curiosa, ma non osa. Copro la piccola distanza con un’unica falcata, pongo le mani sulle sue tempie e gli mostro quello che ho deciso di svelarle. Caos che mi raccoglie dopo l’esplosione mentre Terra è ancora svenuta, lo scontro finale in cui Caos viene rinchiuso nella gabbia di cristallo magico e io con lui. Poi Caos che mi cresce facendomi diventare forte e infine che mi dà la libertà per vivere nel mondo libero. Sono stato molto attento a selezionare i ricordi, a fonderli insieme creando una storia credibile e cercando di dipingere mio padre come un essere dotato di pietà e affetto. Terra deve cominciare a rivedere la sua opinione di Caos, deve mettere in dubbio la verità che da sempre Madre Natura le ha propinato. Bene contro male, luce contro oscurità, libertà contro dominio. Concetti eterni e incontestabili, almeno fino ad ora.
  • Etere com’è possibile? Sei stato cresciuto da Caos? È lui che ti ha salvato? Perché?
  • Quante domande mia bella Terra. Ogni cosa a tempo debito, per oggi ti ho già rivelato abbastanza. Ora vieni, ho una sorpresa per te.
Mi allontano e la trascino con me verso il centro dello studio, dove si trova la statua che ho terminato questa notte. La porto proprio di fronte al telo e la lascio lì per andare a scoprire la statua. È ancora confusa, ciò che le ho fatto vedere ha bisogno di tempo per essere metabolizzato, è per questo motivo che preferisco non aggiungere altro. Un passo alla volta e sarà dalla mia parte ancor prima di aver compreso cosa sta succedendo. La statua sarà il mio dono per lei, per mia sorella Terra, la mia amata e adorata. Con un gesto teatrale levo il velo e lo stupore del suo viso è esattamente quanto avevo sperato.
  • Etere è meravigliosa? Com’è possibile? Quando l’hai finita?
  • Questa notte, dopo aver parlato con Madre Natura ero inquieto e sentivo il bisogno di averti vicino. Sono tornato qui e ho finito la statua. Non avevo bisogno di averti difronte per sapere come procedere. Ho impressi nella mia memoria ogni centimetro del tuo corpo.
Mentre dico queste parole mi muovo silenzioso verso di lei, che si è avvicinata alla statua e non smette di rimirarla e toccarla e mi posiziono alle sue spalle.
  • Com’è liscia? Sembra fatta di velluto?
  • Esattamente come la tua pelle.
E con la mano percorro il suo braccio che è morbido e soffice come una nuvola.
  • È davvero unica ed eterea.
  • Esattamente come te.
E la mia mano sale sfiorandole il collo lungo e delicato, Terra inclina il viso adagiandolo sul mio palmo e chiude gli occhi.
  • Etere, non merito il tuo affetto, ma ti ringrazio. Farò il possibile per farmi perdonare.
Sarebbe il momento giusto per baciarla, lo desidero dolorosamente, ma non è così che la conquisterò. Dovrà essere lei a cercarmi, a volere il bacio, dovrà sentire il bisogno di avermi e a quel punto non potrà più tornare indietro sarà mia come è giusto che sia.  Dopo un tempo troppo breve Terra si allontana e questo mi provoca un vero e proprio dolore fisico, una fitta nel petto che mi lascia senza fiato. Lei intanto aggira la statua, la guarda con ammirazione, tocca la superficie e memorizza i dettagli. La osservo e capisco che ci sono due entità che convivono in quel meraviglioso corpo. Da una parte c’è Terra, Element immortale, potente e guardinga, bella, passionale, ma anche distruttiva ed egoista. Dall’altra c’è Maya, una giovane ragazza, con la passione per l’ambiente e l’arte, piena di sogni, speranze, fiducia nel prossimo, decisamente vergine e pudica, ma sensuale e vitale in maniera disarmante. Voglio Terra, ma anche Maya stuzzica il mio interesse.
Vengo catapultato nella realtà da un rumore, è qualcuno che bussa alla porta. Vado ad aprire perché pare che Maya sia troppo presa dalla scultura per accorgersi di questo fracasso. Spalanco l’ingresso e tutto mi sarei aspettato tranne di vedere Fuoco. I nostri incontri sono stati tutti piuttosto movimentati, certamente non provo alcun tipo di interesse o curiosità nei suoi confronti. Ho una pessima opinione di lui e del suo rapporto con Terra, è sempre stato una pedina che talvolta Madre Natura, altre volte Terra stessa ha mosso a suo piacere, è stato solo un rimpiazzo, un surrogato. Io ero, sono e sarò l’unico vero amore di Terra e lo scoprirà molto presto. Per questo motivo non ho intenzione di fargli del male, per ora. Terra crede di amarlo o per lo meno sa di averlo amato nelle sue vite precedenti, se mi rivoltassi contro di lui, la sua anima da crocerossina la porterebbe a difendere il più debole e non c’è dubbio chi lo sia tra noi due. Giocherò d’astuzia.
  • Entra Fuoco, aspettavo anche te.
Sembra molto meno disposto di me a darmi una chance, meglio così, sarà più facile convincere Maya da che parte stare. Lukas cammina diretto verso Maya, ma quando si accorge di cosa sta osservando arresta la sua marcia. Quella statua è molto più di opera d’arte e riproduce molto più di Maya o Terra. È la manifestazione della sua essenza passionale, del suo essere terrena e divina contemporaneamente ed è la definizione su pietra del suo corpo come strumento di piacere e dolore. È la mia visione di Terra, ciò per il quale ho sopportato secoli di agonia e solitudine, ciò che molto presto sarà mio.
Lukas scorre la statua e intuisce molto più di quanto non stia facendo Maya che è più affascinata dalla sua perfezione artistica che dal suo intrinseco significato. Fuoco no, lui percepisce i sentimenti che mi hanno animato e il suo sguardo non lascia dubbi circa il suo parere. Mi fissa con aria si sfida, i suoi occhi ardono di rabbia ed è palpabile il desiderio che lo inghiotte di attaccarmi. Non aspetto altro. Poi purtroppo si calma, allenta le spalle, scrolla il capo e il suo sguardo cambia. Ha più autocontrollo di quello che credevo e speravo. Si volta verso Maya e la strattona per un braccio risvegliandola dal suo torpore.
  • Dobbiamo riprendere la ricerca della breccia, ho parlato con Madre Natura e percepisce sempre di più il pericolo. È convinta che Caos diventi più potente ogni giorno che passa.
  •  Ha ragione.
Proseguo io, per far capire a Maya che siamo una squadra.
  • Io stesso percepisco il potere di Caos, posso aiutarvi.
  • No, non vogliamo il tuo aiuto. Perché dovresti andare contro tuo padre?
Fuoco è perentorio nel suo rifiuto, ma non ha calcolato il parere di Terra che sebbene ancora attratta dalla mia opera d’arte si è voltata per chiarire la sua posizione.
  • Come puoi dire questo? Etere è uno di noi. Siamo noi la sua famiglia. Finalmente è tornato e ha diritto di combattere al nostro fianco. E solo accettandolo potremo sconfiggere Caos, insieme ce la faremo e adesso che è tornato Etere potremmo anche distruggerlo per sempre.
Lukas non si volta, si trova tra me e Terra e mi dà le spalle. So che sta fissando Terra perché sento l’intensità del suo sguardo anche sulla mia pelle. La furia, l’odio e il disprezzo sono trattenuti a stento e solo per non agitare Terra che vuole fidarsi di me e vuole che anche Fuoco lo faccia.


Buona lettura da Tatystories

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Capitolo 16
*** Fiducia e potere (Maya p.o.v.) ***


Fiducia e potere (Maya p.o.v.)
Devo convincere Lukas ad accettare Nike. Se continua ad approcciarsi a lui con ostilità e disprezzo lo allontanerà e io non voglio. Nessuno mi porterà via di nuovo Etere, nessuno potrà allontanarci, ora che l’ho ritrovato staremo insieme per sempre. Il nostro legame va oltre il fatto di essere stati plasmati entrambi da Madre Natura come per gli altri Elements, lui ha offerto la sua vita per salvare la mia, gli sarò debitrice per sempre. Devo chiarire tutto e subito.
  • Usciamo subito da qui.
Poi con tono più morbido saluto Nike e gli prometto che ritornerò prima possibile per parlare della missione.
Con poco garbo, ma non posso fare diversamente, trascino Lukas fuori dallo studio. Non voglio che Nike assista alla nostra conversazione, non sono certa di quello che potrebbe dire Fuoco e non ho nessuna intenzione di far sentire Etere un intruso. Decido di dirigermi verso il bosco, avevo già intenzione di tornarci per verificare se ci fossero altri Predonum, sebbene sia loro abitudine manifestarsi di notte con l’oscurità a nasconderli. Talvolta però alcuni esemplari, che chiamiamo Sentinelle, escono durante il giorno per controllare la situazione e per decidere dove attaccare appena sopraggiunge l’oscurità. Si muovono singolarmente, ma sono letali perché si mimetizzano con l’ambiente e per percepire la loro presenza è necessario essere concentrati e presenti. È ovvio che hanno preso di mira Viterbo e i suoi abitanti. I primi segnali sono stati i piccoli terremoti dei mesi scorsi e i violenti nubifragi che hanno investito questa zona. Ieri sera abbiamo scoperto che la breccia è probabilmente in un punto lungo il corso del fiume. La scia magica che ho lanciato per proteggere Fuoco era diretta da quella parte e Fuoco stesso ha confermato che gli sbuffi di magia si dilungavano nel fiume.
Questa notte torneremo certamente e questa volta con noi ci sarà anche Etere e Fuoco deve convincersi che è la scelta giusta. Deve anche capire che dobbiamo proteggerlo, non voglio che corra pericoli. Etere è uno di noi, ma non è cresciuto imparando a combattere contro i Predomun e il loro potere devastante. Non voglio sottovalutare i suoi poteri e nemmeno trattarlo come un’incapace, ma la sua sicurezza è la mia priorità. Ieri notte ha dimostrato di saper affrontare i pericoli, mi ha salvato la vita e forse ha salvato anche quella di Fuoco. Non conosciamo ancora i suoi poteri e non c’è stato tempo per parlarne dal momento che Lukas sia ieri sera che oggi non ha fatto altro che aggredirlo. Lo scopo della mia visita di oggi era proprio scoprire tutto di lui, della sua vita, deli suoi poteri, della sua storia. Ho così tante domande, così tante curiosità, ma non con Fuoco che trasuda diffidenza e arroganza da ogni poro.
  • Torniamo nella foresta. Voglio verificare se ci sono tracce che abbiamo trascurato ieri notte.
Arrossisco immediatamente e sebbene Lukas sia dietro di me sento il calore delle sue iridi puntate sulla mia schiena che mi ricordano quanto meraviglioso sia stare tra le sue braccia… e pericoloso. Sto cercando di non pensare a tutti i ricordi che mi hanno investito, al loro significato profondo e il ritorno di Etere mi aiuta, ma non posso dimenticare cosa provo quando sto tra le sue braccia e nemmeno posso ignorare il cuore che accelera ogni volta che mi sfiora con lo sguardo. Ma è tutto sbagliato, è un amore dannato e senza pace. I miei ricordi parlano chiaro, da sempre manovro Fuoco per soddisfare i miei bisogni carnali, da sempre lo prediligo a qualunque cosa e a chiunque, anche al bene degli esseri umani e questo fa di me un essere senza pietà e senza umanità. Non voglio più essere quella Terra, non voglio più pensare solo a me stessa e non voglio che lui mi desideri solo perché lo ha sempre fatto. Io sono Maya e non “quella” Terra e da questo momento cambierà tutto.
  • Maya non è il caso che torniamo ora, sai che le Sentinelle sono tra i più infidi dei Predonum. Non si vedono e non si sentono e sono letali. È necessaria tutta la nostra concentrazione per affrontarle. Al contrario tu sei nervosa e io irritato dalla consapevolezza che niente ti tratterrà dal garantire Etere tutta la tua fiducia sebbene fino ad ora non abbia fatto altro che mentirci.
Procedo spedita, ignorando le sue lamentele, ma il sangue mi ribolle nelle vene. Mi ripete senza sosta che non devo fidarmi di Etere, che non sappiamo nulla di lui, che ci ha mentito fin dall’inizio e che non merita credito. Mi volto, decisa a ribattere alle sue affermazioni, ma mi blocco di colpo. Fuoco è immobile e fissa un punto dietro le mie spalle, qualcosa che ovviamente non ho visto, ma che ha completamente catturato la sua attenzione. I suoi occhi stanno mutando, il color nocciola si accende sempre di più fino a diventare rosso rubino.
  • Non muoverti.
Me lo sussurra a denti stretti e proprio non capisco cosa lo spaventi tanto. Poi è questione di un attimo, un artiglio enorme e velenoso mi passa accanto all’orecchio destro e prosegue verso Fuoco che ha allungato le braccia verso il suolo con i palmi ben aperti. Come una calamita attirano energia dalla profondità della terra e la scagliano contro il proprietario degli artigli. È un Predonum, o meglio una Sentinella, ne sono certa, nessuna creatura possiede artigli così affilati e disgustosi. Il veleno cola dagli artigli, è la magia oscura di Caos che riesce a trasmettergli dalla breccia e che diffondendosi sulla Terra potrebbe distruggere l’umanità intera. Non ho il tempo di far nulla e sebbene le fiamme lanciate da Fuoco l’hanno colpito e ucciso, la Sentinella ha avuto il tempo per ferirlo scavandogli un solco sul petto, appena sotto la clavicola, così profondo da mostrare il fascio di muscoli e così infetto da renderlo mortale. Le spore che generano dalle ali fanno impazzire la mente umana, mentre il loro veleno uccide in pochi attimi. Noi abbiamo una resistenza maggiore rispetto al genere umano, ma è mortale anche per gli Elements perché per la maggior parte siamo fatti della stessa sostanza dell’uomo. Ricordo solo un episodio in cui uno di noi è stato ferito e infettato dal loro veleno. Durante la battaglia primordiale fui infettata io stessa e ci pensò Madre Natura a salvarmi, lo fece solo per non perdere un altro dei suoi Elements, aveva appena perso Etere. Dopo quella volta ci spiegò che mai più sarebbe intervenuta in una battaglia contro Caos, sarebbe stato nostro dovere proteggere il pianeta Terra ed evitare che un Predonum ferisse uno di noi. Stabilì una legge suprema, inviolabile, la sua neutralità come essere fecondo e la vulnerabilità di ogni suo cavaliere. La nostra unione e coesione ci ha permesso di proteggerci l’un l’altro, l’allerta e la precisione hanno comandato le nostre missioni e la temperanza e la fedeltà alla causa ci hanno salvato la vita molte volte. Ho fallito, ho perso la concentrazione e Fuoco è stato ferito e ora morirà per colpa mia.
Mi volto e mi assicuro che non ci siano altre bestie, poi mi lancio su Lukas. Mi levo la maglietta e tampono la ferita spingendo per fermare l’emorragia. Lukas è caduto a terra appena dopo aver annientato il suo rivale.
  • Terra puoi farcela…
La voce di Fuoco è appena percettibile e le sue iridi sbiadiscono velocemente. Sono così abituata a vedere i suoi occhi infuocati che rimango stordita da questo nuovo Fuoco così indifeso.
  • Terra, ti prego, sbrigati… sento che non resisterò ancora a lungo
  • Ma cosa devo fare? Solo Madre Natura ha guarito una ferita come questa. Io non sono in grado…
  • Puoi… le tue gambe… puoi…
So cosa devo fare, spero solo di farcela. Sento che in questa nuova vita sono meno potente o comunque meno abile a gestire il mio potere. L’ho dimostrato non sapendo come controllare il Nuclei Spiralis o non riconoscendo Etere nella sua forma terrena, l’ho dimostrato mettendoci un anno per guarire le mie gambe e dovendo sempre usare la forza di Fuoco per trovare la mia stessa forza. Capisco solo ora che sarei potuta uscire con le mie gambe dalla sala operatoria, Madre Natura ha provato a farmelo capire con mille segnali, ma ero cieca. Non ero ancora pronta a tornare ad essere un Elements e la sedia a rotelle era un ottimo alibi. Oggi non posso sbagliare.
Gli sussurro nell’orecchio di resistere, non lo lascerò morire, dovessi usare ogni briciolo di energia di questo pianeta. Mi blocco e riconosco la vecchia Terra, quella che ha lasciato l’umanità in balia degli effetti dei Predonum. Se vogli essere diversa è arrivato il momento di dimostrarlo. Questo non significa che abbandonerò Fuoco, ma che non userò l’energia che mi circonda per salvarlo, ma quella dentro di me, foss’anche che non ne rimanga per me stessa.
Fuoco è accasciato al suolo, lo aiuto a sdraiarsi e allargo le sue braccia e le sue gambe quel tanto per poterlo contenere in un ovale immaginario che materializzo nella mia mente. Si lamenta per il dolore che gli provoca questa posizione, cerco di rassicurarlo che si tratta di pochi attimi e poi starà bene.
  • Ti salverò Fuoco e senza togliere energia al mio elemento.
Fuoco sbarra gli occhi in un ultimo attimo di lucidità, cercando di sollevarsi sui gomiti, rantola:
  • Cosa vuoi fare? Prendi l’energia che ti serve dal tuo elemento, tu sei Terra. Sei nata con questo scopo.
  • No, io sono Maya e ti salverò lo stesso.
Mi posiziono appena fuori dall’ovale illusorio che avvolge Fuoco, in posizione laterale rispetto a lui che ora vede il mio profilo destro e allargo le gambe ben tese quanto basta per sentirmi ancorata al terreno. Le scarpe sono sparite e le dita dei miei piedi fanno presa con il terreno. Le braccia si aprono e si sollevano disegnando un cerchio di luce perfetto intorno al mio busto e unendosi sopra la mia testa. Palmo contro palmo. Le braccia sono rigide e la testa è reclinata all’indietro in modo tale che i miei occhi possano vedere le mani e concentrarsi su di esse. Ruoto i piedi di novanta gradi verso destra fissando nuovamente a terra un dito alla volta finché non sono certa di essere forte e salda. Piego il ginocchio destro creando un angolo retto e sollevo leggermente il piede sinistro per aiutarmi a stare in equilibrio. Tutti i muscoli sono tesi, così le cosce come i polpacci, ma anche gli addominali e le spalle, l’ombelico è ritratto verso la colonna che è dritta e in potenza. Il mio sguardo torna alle mani, che sono sempre saldamente unite tra di loro e noto che il fascio di luce è sempre più luminoso, sento che proviene dal mio “io” interiore, percepisco sia la forza che mi pervade, ma anche un senso di svuotamento che sopraggiunge piano piano. Porto le mani al petto senza mai staccarle e infino le allargo una indietro e una davanti in direzione di Lukas, perfettamente parallela alla mia coscia. Il fascio di luce crea un arco che mi sovrasta, ma quando chiudo gli occhi si dirige interamente verso Fuoco e lo colpisce laddove è ferito. Poi crollo.
 “Sono sola, in un luogo che non conosco. È buio e fa freddo, molto freddo. Io sono nuda, fatta eccezione per un foulard di seta rosso che mi avvolgo meglio che riesco, non tanto per coprire il mio corpo, ma per trovare un po’ di conforto nel calore della seta e nella fragranza che lo permea. Riconosco il profumo, è legno e agrumi, forse bergamotto. È Lukas. Mi guardo intorno, non vedo nulla, solo le impronte dei miei passi che sono iridescenti e un’altra serie di impronte più grandi anch’esse illuminate. Non so cosa fare, decido di seguire quella scia luminosa, non ho paura, ma ho la certezza che qualcosa sta per accadere. Una folata improvvisa mi strappa la sciarpa e mi lascia indifesa, ho più paura di aver perduto quell’oggetto insulso piuttosto che di tutto il resto. Lo stesso vento che mi ha rubato il riparo mi avvolge, è freddo e mi solletica il mento, mi sfiora il seno, mi passa tra le gambe fino ad avvolgermi polpacci e piedi. Mi rendo conto che è molto più di semplice aria. I capezzoli diventano turgidi e un languore pervade la mia intimità fino a farmi ansimare. Il vento si raduna creando un vortice che prende le sembianze di … Etere. Gli corro incontro, sono felice sia in questo luogo con me, una figura famigliare in mezzo a questo nulla pieno di buio e paura. Lo abbraccio e lui ricambia, è… strano, freddo e rigido. Il suo abbraccio diventa sempre più intenso, massiccio, potente, a tratti prepotente…
  • Etere, mi fai male!
Cerco di divincolarmi, ma la sua presa è granitica e stringe sempre di più. Sento i polmoni cercare spazio all’interno del torace e non trovarlo, poi una costola si rompe, il rumore è secco e spaventoso e il dolore immediato e acuto.
  • Basta, fermati!
Cerco il mio potere, ma non c’è. Non c’è nulla né dentro né fuori dal mio corpo. Non c’è il mio “io” e nemmeno una forma di vita alla quale attingere. Sono indifesa tra le braccia di Etere, un luogo dove dovrei sentirmi protetta e al sicuro, invece sto morendo. Perché? Perché non mi libera?
Con la coda degli occhi che pian piano si stanno chiudendo in un sonno eterno vedo un barlume di colore, è il foulard che vola sereno e incosciente della mia sorte. Vortica, poi si ferma e rimane sospeso fluttuando lieve, infine prende le sembianze di un sentiero infuocato. La morsa di Etere si allenta, riesco a prendere una piccolissima boccata d’aria, ma i miei polmoni non sono ancora soddisfatti e soprattutto non sono ancora libera. Il fuoco di seta si avvicina e man mano diventa sempre più potente e la presa di Etere più lenta, ma ormai sono senza forze.”
  • Maya respira! Forza respira!
Chi parla? Non capisco, sono troppo concentrata su me stessa e sui miei ultimi istanti di vita. Sento il petto infiammare e qualcosa colpirlo ripetutamente, ma non percepisco più il mio cuore che ha lanciato il suo ultimo battito. Sono stanca e le braccia di Etere sono così forti che decido di arrendermi e lasciare che mi avvolga definitivamente. Forse è così che doveva andare, forse devo dargli la mia vita per riscattare il suo sacrificio, ma un calore inaspettato mi avvolge e una voce famigliare mi sprona ad aprire gli occhi.
  • Maya, apri gli occhi e respira. Adesso!
Mi accorgo solo ora che ho le palpebre abbassate, credevo di essere vigile, ma in realtà ero in uno stato vegetativo, quasi incosciente. Mi sforzo di seguire le indicazioni e apro gli occhi. A pochi centimetri dal mio viso c’è quello di Lukas, sempre bellissimo e sempre ardente, come ardente è la passione che mi travolge quando le sue labbra si abbassano e cominciano a baciarmi la fronte, gli occhi, la gola senza mai smettere di ripetere:
  • Respira, respira, respira, respira…
Soffoco, non trovo l’aria, brucia la gola e più giù: sono i polmoni. Bocca e naso sono sigillati. Mi divincolo, ma è solo un movimento interno perché so di essere immobile e so che sto morendo. Non trovo l’aria, non trovo l’aria, non trovo l’aria…
  • Maya apri quella dannata bocca e respira!
Separo le labbra e finalmente respiro. Mi appare l’immagine di un bambino che per la prima volta sfida il mondo con il suo primo vagito e percepisco che ha provato esattamente questa stessa sensazione di pienezza e soddisfazione. Il mio corpo ricomincia a pompare sangue e il cervello esce da quel torpore sonnolento che mi aveva invaso. La pelle baciata da Lukas formicola e i capezzoli sono turgidi e reattivi. Faccio un altro respiro, ancora più pieno e profondo, l’ossigeno raggiunge anche gli angoli più remoti e tutto torna a vivere. Mi passo delicatamente la lingua sulle labbra, sono ruvide e disidratate. Lukas lo nota perché sebbene non abbia ancora smesso di baciarmi, non mi perde di vista. Il gesto innocuo, ma forse non così tanto, lo incendia ulteriormente e oltre alle sue morbide e vellutate labbra, anche le sue mani percorrono il mio corpo vivo e languido. Lo afferro per le spalle e lo tiro con forza per poter godere del suo sapore che non mi delude mai. È fresco e buono e dolce, ma allo stesso tempo stuzzicante e appetitoso e presagio di momenti di piacere. È così che lo ricordo Fuoco, è così che da sempre lo desidero ed è così che lo avrò anche in questo momento. Terra ha sempre tutto quello che vuole.
  • Fermo!
Non devo, non posso e non voglio. Si che voglio, ma non è giusto. Per tutta la mia esistenza ho attirato Fuoco a me come il fuoco attira la falena e nello stesso modo l’ho bruciato, impedendogli di essere libero di scegliere e soprattutto lasciando l’umanità in balia delle conseguenze delle spore velenose dei Predonum. Lo allontano con lo stesso vigore con il quale poco prima l’ho avvicinato e cerco di sollevarmi per andarmene. Voglio fare la cosa giusta, ma questo non significa che sia facile. Poi rammento che Fuoco è stato ferito dagli artigli velenosi di una sentinella e cerco con lo sguardo lo squarcio sulla spalla. La maglietta è lacerata e tinta di color petrolio, lo stesso colore del veleno, ma non mi sembra di scorgere ferite o lacerazioni sulla pelle e se il suo ardore è sintomo di benessere Fuoco sta decisamente benone.
  • Sei vivo? Il Predonum… ti ha ferito…
  • Mi hai salvato, non so cosa tu abbia fatto esattamente, ma nell’attimo esatto in cui sono stato colpito dal fascio di luce la ferita è sparita e io sono tornato sano come un pesce, ma tu sei svenuta o almeno questo ho pensato. Ad un certo punto mi sono reso conto che non respiravi e mi sono spaventato. Avevi gli occhi chiusi ma potevo vedere sotto le palpebre le iridi che si muovevano convulsamente. Sembravi spaventata e ad ogni istante che passava diventavi sempre più rigida. Ero certo fossi viva, ma non riuscivo a svegliarti in nessun modo e tu non riuscivi a respirare sebbene nulla lo impedisse.
  • Non potevo, mi stava soffocando?
La reazione è immediata e furiosa.
  • Chi ti stava soffocando?
Non posso rivelargli che nel mio incubo era Etere il cattivo. La sua ostilità aumenterebbe e io non voglio che accada. Quasi certamente la mia mente sotto pressione ha scelto Etere solo per colpa di tutte le bugie che Fuoco ha continuato a ripetermi. Non possiamo fidarci, ci ha sempre mentito, non sappiamo chi sia davvero, dove è cresciuto, perché è tornato solo ora, bla… bla… bla. Mento e non me ne vergogno.
  • Non lo so. Non vedevo niente e non ho riconosciuto nessuno che conosca. Comunque adesso sto bene e voglio tornare a casa.
  • Maya, sei già a casa…
Mi guardo intorno e mi accorgo di essere nella mia stanza. Tende rosa confetto che non ho mai sopportato, ma che nonna Pina mi ha regalato con orgoglio quando sono diventata signorina, il mio pouf verde dei pensieri positivi e la pila di libri sparpagliati in disordine sul tappeto.
  • Ma quanto tempo sono stata priva di sensi?
Mi pare siano passati pochi secondi da quando ho creato il fascio di luce, ma non può essere possibile che in un lasso di tempo così breve sia riuscito a trasportarmi fino a casa.
  • Un’ora circa. Volevo portarti da Madre Natura, ma sebbene fossi in uno stato incosciente, il cuore pulsava e respiravi normalmente. Almeno all’inizio. Ho quindi deciso di portarti fino a qui nella speranza di non trovare i tuoi genitori. Per fortuna ho trovato le chiavi nella tasca dei tuoi pantaloni che stranamente non si sono trasformati in briciole come al solito quando usi i tuoi poteri. Ad un certo punto hai smesso di respirare senza una ragione apparente e non sapevo cosa fare. Piano piano vedevo che la situazione peggiorava e per qualche attimo ho pensato che tu fossi morta. Poi ho capito cosa dovevo fare, come se qualcuno o qualcosa me lo avesse suggerito. Avevi bisogno di ritrovare la strada di casa e ho cominciato a tracciare dei baci di fuoco sulla tua pelle. A quel punto hai spalancato gli occhi, ma ancora non respiravi. Il resto lo conosci.
Non capisco come riesca ad essere sempre così freddo e distaccato dopo avermi baciata in quel modo. Sulle mie guance è già divampato un incendio e sto guardando a destra e sinistra pur di non incrociare il suo sguardo. Sono spudorata e prevedibile, sono quella che si sveglia solo quando i suoi sensi vengono stimolati, quella che pensa sempre che Lukas la desideri, in realtà è solo Fuoco che fa il suo dovere.
  • Maya smettila di darti colpe che non hai!
  • E tu come fai a sapere quello che sto pensando…
  • Non lo so. Ho la stessa sensazione di prima. Percepisco che ti senti in colpa per il tuo lato carnale. Devi sempre ricordarti che tu sei Terra, è la tua natura essere passionale e viscerale. Sei la più umana tra noi Elements e l’unica che attinge la sua forza da forme di vita e non da elementi inanimati come il fuoco o l’acqua o l’aria. Tu trai il tuo potere dal suolo dove vivono piante, animali e gli uomini ai quali assomigli sempre di più.
La psicanalisi è perfetta. Ha centrato in pieno il problema e gli ha anche dato una giusta soluzione: l’accettazione della mia origine. Peccato che io non voglia vivere in balia dei miei impulsi, non voglio essere carnale o passionale o viscerale come mi ha descritto, non voglio che Fuoco mi voglia solo perché è sempre stato così. Tutto al contrario, voglio essere padrona di me stessa e delle mie azioni, voglio raccogliere energia da me stessa, dal mio “io” profondo, dalla mia essenza e pare proprio che questa volta ci sia riuscita. Anche se mi è quasi costato la vita.
Cerco di sollevarmi, questa conversazione sta diventando troppo impegnativa e privata. Sono debole e mi accorgo che devo scegliere un’altra ritirata.
  • Ora è meglio se te ne vai. I miei genitori arriveranno da un momento ad un altro.
  • Non mi muovo fino a quando non sarò certo che tu stia bene. Se i quasi morta.
Chissà se il suo interessamento è rivolto a Terra o a Maya. Questo binomio comincia ad irritarmi e soprattutto mi irrita non capire chi sono davvero tra le due.
  • Sto benissimo. Devi capire che ho usato tutte le mie energie per salvarti…
  • Cosa vuol dire che hai usato le tue energie? Non ti sei collegata con il tuo elemento?
  • Non proprio, sto cercando di usare il mio potere in modo diverso, così facendo lo controllo meglio e non divento il burattino di me stessa.
  • E quale energia utilizzi?
  • La mia interiore.
  • Devi parlarne con Madre Natura. Sei stata forgiata per unirti al tuo elemento, non per consumare te stessa.
Sono terribilmente irritata, ho provato ad aprirmi un poco con Fuoco per fargli capire che sto cercando di cambiare, ma non capisce.
  • Non c’è nulla da dire, so chi sono e chi voglio essere.
  • C’è qualcosa di strano nel tuo tono e nelle tue azioni. Stai cambiando e non capisco il motivo. Su sei Terra e sei perfetta così come sei!
  • No, io non lo sono - Vorrei urlarlo, ma invece taccio.
Mi volto dandogli le spalle, sperando che capisca che non è più il benvenuto. Mi avrà anche salvato la vita, ma non vuole niente da me se non la collaborazione per distruggere i Predonum e sconfiggere Caos. Non mi ascolta e nemmeno ci prova.
  • Riposati, ci vediamo domani sera per tornare nella foresta. Per oggi hai già fatto fin troppo.
Sento che chiude piano la porta della mia camera, percorre il corridoio e se ne va. Un enorme vuoto mi avvolge, mi sento sola e incompresa, nessuno sa quello che provo perché non è mai successo nel corso dei secoli che Terra vacillasse, che Terra non si sentisse la più potente, la più bella e la più invincibile.
  • Io sono Maya, io sono Maya, io sono Maya!
Ora mi sento meglio, dopo averlo urlato alla mia cameretta, alle tende rosa e al pouf verde. Mi sento decisamente meglio. Non è vero, ma almeno ci ho provato. Ho bisogna di fare qualcosa, di muovermi e di sentirmi viva. Nike, devo vedere Nike e parlargli.


Buona lettura da Tatystories

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Capitolo 17
*** Amore o ossessione? (Etere p.o.v.) ***


Amore o ossessione? (Nike p.o.v.)

So che sta arrivando da me. Devo riuscire a stare solo con lei, devo farle capire di chi si può fidare e chi la capisce davvero. Se si sentirà al sicuro con me, riuscirà a dimenticarsi di Fuoco e a concentrarsi su di noi. Solo in questo modo potrò convincere Caos che il destino di Terra è al mio fianco.
  • Avanti
È così perfetta, anche in questa versione pulita e fresca. Ho osservato Terra durante i secoli amandola da lontano e assaporando ogni sua sfaccettatura. Sempre bellissima, in modo soprannaturale, sensuale, lussuriosa, impudica, arrogante, sfacciata, sicura di sé e senza censura. Questa volta è molto diversa, questo corpo umano l’ha influenzata molto di più e solo uno sciocco come Fuoco non se accorgerebbe.
  • Ti aspettavo…
  • Lo so, mi dispiace per Fuoco. Sa essere così irritante.
  • Lui non ti capisce, non può capirti. Siete così diversi… e noi così uguali.
Mi guarda sbalordita, si sta chiedendo come faccio a sapere dei sui dubbi, delle sue paure, dei suoi tormenti, ma per me Terra è un libro spalancato, spero tutto da riscrivere.  
  • Etere…
Corre verso di me, piange come una ragazzina impaurita o una donna delusa, ma in ogni caso come un qualsiasi essere umano. L’abbraccio ed è tutta mia, solo mia. Voglio essere tutto per lei, amico, confidente, fratello, amante e il suo alleato più forte e questa sera le dimostrerò che insieme siamo una squadra vincente.
  • Maya, sei così dolce e delicata. Guardami.
Solleva il viso che è rigato, piccole strisce che solcano le guance ma non rovinano un trucco perfetto perché Maya è una ragazza pulita, fresca e non ha bisogno di fronzoli per essere meravigliosamente perfetta. Le accarezzo lo zigomo per asciugarla, non mi piace che soffra, soprattutto se la causa è Fuoco. Solo a pensarci mi gela il sangue, vorrei poterlo eliminare fin da subito, certamente è il primo della lista non appena affronteremo Caos. Prima però Terra deve essere completamente mia, in ogni senso possibile.
  • Ho pensato che potremmo provare a cercare i Predonum da soli. Fuoco al momento è piuttosto riottoso alla collaborazione e lo capisco, non mi conosce.
  • Anche io non ti conosco, ma sono certa di potermi fidare di te, più che di chiunque altro. Hai sacrificato tutto per me.
Ha ragione, ho rinunciato alla mia vita per salvare la sua. Da quel giorno non ho più smesso di pensare a lei e a quando l’avrei riavuta tra le braccia.
  • Noi siamo legati da qualcosa di speciale e unico.
  • Lo so. Nessuno ci separerà più.
  • Possiamo andare nella foresta e cercare di capire da dove sono arrivati i Predonum. Oramai è buio e se anche stanotte decideranno di manifestarsi questo è il momento giusto.
  • Sono stata nella foresta anche questo pomeriggio. Ho affrontato una Sentinella, aveva ferito Fuoco.
  • È morto?
  • No, l’ho salvato con il mio potere.
  • Com’è possibile? Il veleno delle sentinelle è letale anche per noi Elements. Da quando sai guarire da ferite di questo tipo?
  • Da oggi…
  • Sei incredibile. Diventi ogni giorno più terrena eppure il tuo potere aumenta esponenzialmente quasi l’una cosa sia la conseguenza dell’altra. Sono ammirato, incantato e abbagliato dalla tua abilità.
  • Devo dirti un’altra cosa… ma non so se ti piacerà. A Fuoco non è piaciuta.
  • Ti ascolto.
  • Non ho preso l’energia dagli esseri viventi o da madre terra, ho attinto alla mia energia interiore, al mio “io” umano.
  • È incredibile!
  • Però sono quasi morta…
  • Cosa?
  • Sono svenuta e sono caduta in una sorta di coma profondo. Sognavo e ad un certo punto ho smesso di respirare perché… qualcuno mi stringeva così forte da spezzarmi le costole e impedire ai polmoni di funzionare
  • Chi? Chi ti faceva questo?
  • Tu…
  • Io? Ero io a cercare di ucciderti. Non penserai davvero che potrei mai fare una cosa del genere? Non avrai creduto alle parole di Fuoco?
La allontano tendendo le braccia ma senza lasciarle le spalle e la fisso, cerco di capire cosa pensa.
  • No, no… non ho paura di te. Non lo so perché ho fatto quel sogno… forse Lukas mi ha condizionato o forse non eri tu, era Caos con le tue sembianze. Scusami, non dovevo parlartene.
  • Ne hai parlato con qualcun altro?
  • No, non lo avrei mai fatto prima di averlo detto a te.
  • Credo sia meglio rimanga tra di noi. Sia Fuoco che Madre Natura hanno qualche remora nei miei confronti e il tuo sogno non aiuterebbe.
Maya è dispiaciuta, lo leggo nei suoi occhi. Meglio il senso di colpa, piuttosto che il sospetto. Sono sempre più meravigliato delle sue doti.  Prima la guarigione, ora la premonizione. Questa ragazza sta superando ogni più rosea prospettiva. Se Caos conoscesse davvero i suoi poteri forse si convincerebbe che ci serve viva, piuttosto che morta. Devo trovare il modo per mostrargli cosa è in grado di fare, l’unico modo sono gli occhi dei Predonum. Questa sera è il momento ideale, ho già dato istruzioni perché attacchino di nuovo e questa volta farò in modo che una Sentinella assista e riporti tutto a mio padre. Sarà lui a giudicare, senza che io debba dire nulla, sono certa la vorrà nella nostra squadra: viva!
  • Maya credi di farcela o preferisci rimandare a domani?
  • Ho ripreso le forze e voglio stare con te…
  • Io di più…
La prendo per mano e mi lascia fare, stringo forte per rassicurarla. Una piccola scossa ci percorre, dalla punta delle dita attraverso il braccio, supera il torace, si insinua nell’altro braccio percorrendolo tutto fino a raggiungere la punta delle dita dell’altra mano e passare direttamente a Maya che sbalordita sussulta.
  • Cos’è stato?
  • Un piccolo aiutino, non ti senti ancora più carica ora?
  • Si… incredibile!
  • Te l’ho già detto, siamo connessi. Qualcosa ci unisce in un modo speciale, che nessuno può capire. Solo noi.
Mi sorride ed è tremendamente bella, ma devo resistere. Se la prendessi ora, dovrei usare il mio potere per farlo, dovrei intontirla e annebbiarle i sensi. Arriverà il momento in cui si donerà a me spontaneamente e se sarò abbastanza bravo quel momento potrebbe essere questa notte.
Lasciamo la strada principale e parcheggiamo. Ci incamminiamo a piedi sul sentiero che porta nel folto del bosco. Cercheremo di raggiungere il fiume, ma non voglio che si avvicini troppo alla breccia, non è ancora il momento. Ne percorreremo una piccola parte e la depisterò all’ultimo momento portandola verso la cascata dell’Infernaccio. Lì troveremo i Predonum ad aspettarci e sebbene sarebbe davvero facile per noi sconfiggerli, dovrò fare in modo che la situazione si complichi e Terra debba ricorrere a tutto il suo potere. Dietro la cascata ci sarà una Sentinella a guardare la lotta per riferire poi tutto mio padre. Funzionerà, ne sono certo. Il percorso è impervio e buio, le luci della città sono ormai lontane e nessuno dei due è munito di torcia, si è anche imbrunito il cielo e minaccia pioggia. Maya è determinata, tutto di lei lo dichiara: il passo veloce e risoluto, lo sguardo fiero, i movimenti sicuri e orgogliosi. È decisa a sconfiggere Caos, ma ancora di più i suoi demoni che in questa vita l’assalgono come mai prima d’ora. Maya e Terra si confondono e intrecciano, sono l’una l’antitesi dell’altra, ma inseparabili e complementari fino a renderle un’unica essenza perfetta… perfetta per me.
  • Nike, guarda. Quella è magia oscura. Devono esserci dei Predonum qui intorno.
Lo show comincia.
  • Seguiamo la scia.
Una luce azzurrina quasi palpabile segna un tracciato tra il folto del bosco in direzione del fiume. Anche intorno a Terra si materializza un bagliore, è fioco e rosato. Credo che non si sia nemmeno accorta di averlo creato. È una sorta di scudo protettivo, mi piacerebbe sondare la sua resistenza. Rallento il passo e prendo distanza, poi lancio una piccola scarica elettrica, è di bassa intensità, al massimo stordirebbe, di certo non recherebbe grossi danni a nessuno. L’energia si scontra con lo scudo e rimbalza indietro perdendo un po’ di potenza, mantenendo però la sua sostanza originale. Mi aspettavo si annullasse o penetrasse in parte con minore intensità. Il fatto che lo scudo non modifichi l’effetto, ma ne devi il suo potere è molto interessante. Provo con una scarica un po’ più consistente, questa non è mortale, ma la guarigione sarebbe lenta e dolorosa. Anche questa volta stessa dinamica, la scarica rimbalza colpendo poi il tronco di un albero poco distante incenerendolo. Terra si volta per capire cosa sta succedendo.
  • Scusa, è colpa mia, pensavo di aver visto una di quelle bestiacce.
  • Sai Nike che non so nulla del tuo potere. Come si manifesta? Il tuo elemento è così diverso da tutti gli altri. Forse tutto sommato è quello che più assomiglia al mio. Mi spiego meglio. Fuoco ovviamente ha a disposizione il suo elemento da manipolare e utilizzare come arma offensiva o difensiva, Aria e Acqua lo stesso. Io invece prendo solo energia dalla terra, ma i miei poteri sono più energetici e disparati e credo di non conoscerli ancora tutti. Tu come combatti?
Sapevo che prima o poi sarebbe arrivata questa domanda e ho pensato a diverse possibili risposte. Sicuramente non posso dirle la verità, non ancora. Ho quindi imparato pian piano ad incanalare il mio potere in queste scariche elettrice che posso variare d’intensità e quindi di pericolosità e sarà questa la mia unica risposta, almeno per ora.
  • Scariche elettriche, derivano dall’elettricità del cosmo e posso regolare l’intensità. Posso provocare una leggera scossa quasi eccitante fino ad una scossa mortale… con tutte le varianti nel mezzo.
Terra si ferma, si volta e aspetta che io sia a pochi centimetri da lei. Mi guarda con una smorfia divertita poi si tocca il naso con l’indice della mano destra e infine lo scuote avanti e indietro avvicinandolo sempre di più al mio naso.
  • L’hai già usato con me? Non mentire…
Sorrido, ho capito a cosa si riferisce: li languore che ho diffuso nel suo corpo mentre plasmavo la sua figura nel marco. Inchinandomi recito la parte del figliol prodigo.
  • Chiedo scusa, non avrei dovuto, ma la tentazione di scoprire se avresti capito chi ero è stata più forte della ragione. Credo che se non fossimo stati interrotti così bruscamente ci saresti arrivata…
Terra mi scruta, la testa reclinata, le guance arrossate dalla camminata veloce e le labbra socchiuse. Sembra che voglia domandarmi qualcosa, ma non osa. Forse teme la mia risposta? Non credo, penso piuttosto sia imbarazzata.
  • Parla Maya, chiedi, io sono Etere, con me puoi essere sincera.
  • Posso riprovare quella sensazione?
Afferro le sue spalle, anche se il contatto fisico non è necessario, ma so che potrebbe perdere il controllo del suo corpo. Lascio che una piccola scarica attraversi il suo corpo facendolo fremere, è leggera, ma abbastanza per risvegliare i sensi. Terra reclina il capo indietro, ha gli occhi chiusi e accoglie l’energia con positività. La volta scorsa non era pronta, la riluttanza e la diffidenza avevano creato uno scudo difensivo che non riuscivo a superare senza forzare l’energia. Avevo bloccato il suo corpo in una morsa per poter governare il flusso energetico, ma avevo perso il controllo. Averla tra le mie braccia nuda era ciò che desideravo da tutta la esistenza e non volevo, ma nemmeno potevo trattenermi. La passione, l’amore, il desiderio, la frustrazione, la potenza era tutta concentrata in quel momento, ma non era quello giusto. Adesso, qui e ora Terra è pronta a sentire cosa possiamo essere insieme. Lascio che la scarica s’intensifichi ancora un po’, so di essere al limite tra piacere e dolore, ma Terra può resistere. La schiena si inarca, le gambe perdono forza, la stringo al petto per impedirle di cadere. Il suo seno gonfio e sodo si comprime e un languore tutto umano ci invade. Questo tipo di energia può originare sensazioni completamente differenti. Dalla paura, all’euforia, alla diffidenza fino all’eccitazione. Con un braccio la sorreggo cingendole la vita, l’altra mano riporta delicatamente la sua nuca verso di me fino a quando le nostre labbra si sfiorano. Spalanca gli occhi e sono pieni di fede e tormento, poi li richiude ritornando nel suo mondo fatto di sensi e palpiti. Aspetto e sembra che passi un’eternità, in realtà sono solo pochi secondi ma di struggimento fisico e psicologico. Finalmente mi bacia, uno sfioramento di morbidi petali di rosa, un contatto leggero che m’infiamma. Voglio dipiù, molto di più. Insinuo la lingua, lei è reticente, ma basta poca insistenza perché ceda e il bacio diventa un incendio. Lascio la sua nuca e insinuo la mano tra i suoi capelli liberandoli dalla costrizione dell’elastico e lasciando che si posino delicatamente sulle spalle. Lei sospira, ha ancora gli occhi chiusi.
  • Lukas…
No! Non può pensare a lui tra le mie braccia.
L’energia svanisce, divento di ghiaccio, sono furioso. Terra lo capisce e si risveglia dallo stato ipnotico che l’aveva contagiata. È stordita e confusa, forse non si è resa conto di quello che ha detto o forse è molto peggio. Guarda a destra, a sinistra, infila le mani tra i capelli sciolti e mi fissa.
  • Io… scusa… tu… Fuoco era qui…
È come pensavo, credeva di essere tra le braccia di Fuoco… ma finirà presto questa situazione perché mai come ora sono certo che Fuoco sparirà per sempre e Terra sarà solo mia.
  • Andiamo o perderemo le tracce.
  • Aspetta Nike, parliamo un attimo.
  • Parleremo, non ora però. Ci sono i Predonum, ne sento la presenza.
Mi avvio spedito verso la cascata, devo portare avanti al piano. Caos deve sapere dell’enorme potere di Terra, poi penserò a Fuoco e a quel punto non ci sarà più niente e nessuno tra me e Terra.
Maya mi segue, acceleriamo, sento il rumore dell’acqua che cade potente e mi infonde sicurezza e determinazione. Mando il segnale concordato con i Predonum e finalmente do inizio alla tragedia.
Il Predonum sbuca dal folto della foresta, poi ne sbucano altri due dal lato opposto.
  • Nike!
Maya mi avvisa del pericolo, ma fingo di non essermi accorto dei Predonum e lascio che uno di questi mi assalga. Combattiamo a terra rotolandoci senza sosta, non posso permettermi di rimanere fermo in luogo troppo a lungo perché Terra ha già creato un fascio di luce protettivo che continuava a direzionare verso di noi. Intanto gli altri due Predonum stanno per rilasciare le spore dalle loro ali e Terra sa che se non mi coprirà con la sua protezione verrò colpito… o almeno questo è quello che crede. È quindi impegnata ad ampliare il più possibile il suo raggio d’azione e contemporaneamente ha ancorato i piedi al terreno per ordinare alle radici degli alberi di afferrarmi. Devo sgusciare come un’anguilla per non farmi catturare, ma ancori pochi secondi e darò il giusto epilogo a questa sceneggiata.
  • Maya scappa!
Il terreno è finito, siamo al limitare della foresta, sul confine con il fiume a ridosso della cascata. Mi sollevo in posizione eretta e porto con me il Predonum, fingo che sia esattamente il contrario e che sia io in balia della bestia alata. Lancio delle scosse che però mancano il bersaglio ma colpiscono alcuni tronchi incendiandoli e dando origine ad un incendio.
  • Etere stai attento!
Sono le ultime parole che odo perché con un gesto teatrale mi lancio nel vuoto, lasciando credere a Maya di essere stato ferito e spinto dal Predonum nel fiume. Si tratta di un salto di alcune centinaia di metri, abbastanza per credermi in punto di morte. Odo un’enorme esplosione e una luce accecante, poi vedo il viso di Terra che furioso mi fissa cadere sempre più in basso, ha direzionato l’incendio verso i Predonum per ucciderli. Sta muovendo le mani in modo circolare come se avesse tra le mani una sfera e volesse plasmarla. È avvolta in un vortice che diventa sempre più intenso man mano che la sfera prende consistenza e aumenta di dimensione. Poi il vortice si allontana da Terra e si dirige prontamente verso di me, scende fino a raggiungermi e avvolgermi e mi accompagna a terra dolcemente. Guardo verso l’alto e mi accorgo che l’incendio è stato domato perché dalle cime degli alberi si innalza una colonna di fumo nero, ma non è lambito da fiamme. Vedo anche Terra, bellissima e fiera, che si lancia nel vuoto e attera leggera nelle acque del fiume che la accolgono liberando mille goccioline tutto intorno come se il fiume stesso volesse festeggiare la sua padrona. Nel corso del tempo non avevo mai visto Terra dominare gli altri elementi con tanta facilità. Il suo potere è nato come specificatamente rivolto agli esseri viventi, vegetali e animali, è da essi che trae la sua forza ed è su di essi che deve vegliare. Una conseguenza logica è stata per lei collaborare con estrema facilità con gli altri elementi che circondano gli esseri viventi, mai però l’avevo vista dominarli con tale padronanza. Oggi ha richiamato l’acqua, l’aria, il fuoco con sapienza e maestria. Se ancora non è in grado di controllare il mio potere è solo perché non lo conosce, ma presto sarà padrona di ogni cosa. La Sentinella dovrebbe aver registrato ogni passaggio attraverso la sua vista speciale, era nascosta tra gli arbusti del sottosuolo e porterà tutto a mio padre e allora capirà come me che Terra è preziosa. Non va sacrificata, ma accolta al nostro fianco.
Si avvicina e mi cinge il capo.
  • Mi dispiace, non sono riuscita a proteggerti.
Apro gli occhi.
  • Sto bene, mi hai salvato con quella cosa terribilmente sexy di poco fa.
Terra ride, è nella sua forma più perfetta. È nuda, bagnata e risplende di magia e luce. Gli occhi brillano, la pelle abbaglia e le sue forme così morbide e vellutate sono voluttuose e pudiche allo stesso tempo, è Maya e Terra insieme, è la perfezione. Il suo viso s’incupisce e le domando:
  • Cosa succede?
  • Non sono riuscita a mantenere il mio proposito.
  • Di cosa parli?
  • Volevo combattere contro i Predonum prendendo la mia energia da me stessa, come ho fatto con Lukas, volevo dimostrare che potevo farcela anche senza prosciugare le energie degli esseri viventi, atto che mi lascia sempre inebriata, quasi ubriaca e meno padrona di me stessa, ma non ce l ‘ho fatta.
  • Terra devi capire che ti eri appena ripresa, non eri in forze e l’attacco è stato terribile. Avevamo di fronte tre spaventosi Predonum che ci hanno colto di sorpresa. Io stesso non sono riuscito a proteggerti.
  • Ma all’inizio ha funzionato, ho creato il fascio protettore senza chiedere nessun aiuto, l’ho controllato e direzionato, ma la lotta era così feroce. Non riuscivo a coprirti, però non mi sentivo stanca o svuotata come mi è successo con Fuoco. Poi sei caduto e ho pensato che saresti morto. A quel punto ho perso completamente il controllo della situazione e ho attinto ogni briciola di energia che ho trovato da tutto quello che mi circondava…
  • E mi hai salvato…
  • E ti ho salvato… diversamente mi sarei uccisa. Non avrei potuto perderti una seconda volta. Sei tutto per me.
Mi accarezza il volto e finalmente mi bacia, con tenerezza e amore. Ma non sono uno sciocco e so che non è il bacio che aspettavo, quello che ho desiderato per secoli. Questo è quello che la razza umana chiama bacio fraterno… ma cambierà, quando Fuoco sarà fuori dai giochi cambierà tutto.

Buona lettura da Tatystories!

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Capitolo 18
*** Egida (Maya p.o.v.) ***


Egida (Maya p.o.v.)

È stata una giornata decisamente impegnativa e mi sento stanca, ma diversa. Qualcosa è scattato nella mia mente e nel mio cuore, dopo tutto quello che ho affrontato credo di aver fatto luce almeno sui miei sentimenti nei confronti di Lukas e Nike. Ho anche capito cosa posso e non posso avere e ciò che è giusto che io rivendichi e ciò che invece dovrà rimanere per sempre fuori dalla mia portata. Ho deciso che non abbandonerò mai Nike, per nessun motivo lo lascerò di nuovo solo, gli starò sempre accanto e lo difenderò da chiunque, se stesso compreso se i dubbi di Fuoco dovessero rivelarsi fondati. Devo ammettere che ci sono molto punti oscuri nella storia di Etere, ma non m’importa. È colpa mia se è cresciuto tra le grinfie di Caos, è colpa mia se non conosce la bontà di Madre Natura, la bellezza della pace, della fedeltà e dell’amicizia. È colpa mia se il suo lato buio e inquieto talvolta prende il sopravvento. Gli starò accanto e gli insegnerò ad amare il genere umano, a rispettarlo e a difenderlo, ma non potrò mai amarlo come amo Fuoco. Lui è l’unico che ho mai amato e che mai amerò, l’unico che mi completa, l’unico che dominerà il mio cuore, la mia anima e il mio corpo, nonostante questo io e Fuoco non potremo mai più stare insieme. L’unione tra noi è deleteria per il nostro pianeta, per i gli esseri viventi di ogni forma e specie, per il genere umano e per Etere. Lui mi vuole per se, non conosce ancora la differenza tra affetto, amore, amicizia e fino a quel momento mi concentrerò solo su di lui e noi. Lo faccio anche per Fuoco, da secoli quando Terra prende il sopravvento, dopo aver compiuto la sua missione e aver mostrato tutto il suo potere, gli impone il loro amore, senza possibilità di scelta, senza permettergli di capire se c’è altro per lui oltre noi. Fino ad ora sono riuscita a controllare l’attrazione magnetica che mi porta continuamente tra le sue braccia, più che controllare fino ad ora sono riuscita ad evitare che la nostra unione si concretizzasse distogliendo la mia attenzione dagli esseri umani e dalla loro sorte.

Qualcuno ha suonato il campanello di casa, spero non sia Lukas perché non sono pronta per affrontarlo.

 
  • Maya c’è Chicco. Lo faccio salire o scendi tu?
 
  • Fallo salire…

Chicco… sono passati solo pochi giorni da quando io e lui eravamo un binomio perfetto e indissolubile, sinceri fino all’assurdo e a disposizione per qualsiasi problema in qualsiasi momento. Adesso ho così tanti segreti da nascondergli che ho quasi paura di guardarlo in faccia, quasi certamente leggerebbe nei miei occhi più di quanto io stessa sia disposta ad ammettere. Però non posso più scappare, ho ignorato le sue chiamate, i suoi wapp, i messaggini che mi ha lasciato sotto lo zerbino.

La porta della mia camera si spalanca e ogni più piccolo particolare di Chicco lascia presagire un sermone spaziale, ma me lo merito. Inspira come fa il toro prima di caricare e incrocia le braccia al petto, scuote la testa più volte e si prepara all’attacco, ma lo precedo:

 
  • Non essere arrabbiato, posso spiegarti tutto… o quasi…

Non me lo ricordavo così atletico e muscoloso. Sembra cresciuto di diversi centimetri, ma non è possibile, dopo tutto non ci vediamo solo da qualche giorno. Involontariamente mi avvicino e poso una mano sul bicipite, è davvero grosso e tosto, poi lo guardo e lui sogghigna. Pace fatta. Lui è Chicco, il mio migliore amico, mi concede tutto e mi adora per quella che sono e io sono Maya, la sua migliore amica, lo assecondo nelle sue pazzie e gli do consigli utili per far colpo sulle ragazze, anche se non ha proprio bisogno. Questo pensiero è così rassicurante, qui e ora mi sento più vera che mai e al posto giusto. È questo quello che desidero, una vita normale, tra persone normali con le quali chiacchierare del nulla senza preoccupazione o strane ossessioni.
 
  • Bene, allora racconta… e parti dall’inizio.
 
  • Quale sarebbe l’inizio?
 
  • Quando nuda hai posato per quel verme o forse preferisci quando senza ragione mi hai schiaffeggiato… ho ancora ben in mente la forma della tua mano sulla mia guancia.
 
  • Avevo tutte le ragioni, ma ammetto di aver esagerato.
 
  • Mi hai fatto male…
 
  • Sono stata così violenta?
 
  • Non in quel senso…
 
  • Ah!
 
  • Non avevamo mai litigato e soprattutto non mi avevi mai guardato con quegli occhi.
 
  • Quali occhi?
  • Gli occhi di una sconosciuta. Siamo migliori amici da sempre e so cosa pensi ancor prima che lo sappia tu, so quando hai fame, quando sei depressa e quando sei euforica anche con una benda sugli occhi, ma quel giorno non eri tu.

C’è qualcosa nelle sue parole che mi spinge a pensare che ci sia molto di più di curiosità o preoccupazione. È come se cercasse di scandagliare i miei pensieri o volesse spingermi a rivelargli dei dettagli.
  • Stai esagerando Chicco, ero innervosita dalla situazione che mi era decisamente sfuggita dalle mani.
 
  • Che rapporti hai con Nike?
Ora sta esagerando.
 
  • Chicco, non voglio essere di nuovo scortese, ma non sono affari tuoi.
 
  • Perché quando ti domando di Lukas o di Nike ti agiti? Abbiamo sempre parlato di ragazzi e non ti hanno mai infastidito le mie domande. Cos’hanno di speciale? E perché ho la sensazione che ti stai infilando in un trio amoroso?
 
  • Chicco la situazione è più complicata di quello che pensi, ma non devi preoccuparti adesso ho tutto sotto controllo. Non c’è nessun triangolo e mai ci sarà. Mi piace Nike, lo stimo come artista e vorrei fossimo amici, continuerò a frequentarlo, ma solo come amici. A.M.I.C.I.
 
  • E Lukas? Cosa mi dici di lui?
 
  • Lukas… Lukas… lo dimenticherò…
 
  • Andiamo a fare una passeggiata, abbiamo bisogno entrambi di aria fresca.

Me la sono cavata, sono stata brava, la tentazione di rivelargli tutta la verità è stata forte, è il mio migliore amico e sarebbe bello poter essere sincera.
Ci dirigiamo verso il parco, ricordo ancora l’ultima volta in cui abbiamo portato i gemelli e abbiamo incontrato Lukas. Ricordo quel bacio rubato, non il primo e nemmeno l’ultimo, ma forse quello che più mi ha scosso perché non eravamo soli come solitamente accade, ma in un parco pubblico. Chicco e i gemelli erano a pochi metri da noi e ho desiderato che non smettesse, come ogni altra volta in cui mi ha baciato e come in ogni altra epoca in cui abbiamo vissuto l’uno al fianco dell’altro, amandoci di un amore malato.

 
  • Sediamoci su quelle panchine.

Chicco è pensieroso, sono io ad aver un mucchio di segreti eppure oggi sembra particolarmente misterioso. Possibile che anche lui abbia bisogno di confessarsi?
 
  • Chicco sei strano. Sputa il rospo? Cosa c’è che non va?
 
  • Non riesco a svolgere il mio compito se tu non sei sincera.
 
  • Chicco! Di cosa stai parlando? Di quale compito parli?
  •  
  • Io… lascia stare… sono stanco ed è estenuante cercare di capirti…
 
  • Sono io che non ti capisco, dici frasi senza senso e poi te le rimangi.

Percepisco la sua sconfitta, l’aria rassegnata è evidente, ma molto di più mi colpiscono i suoi occhi: affaticati, avviliti e forse anche delusi. Lo accarezzo, ha un principio di barba, di quella morbida, giovanile che rende accattivante un volto senza infastidire un bacio. Ritraggo la mano. Di colpo sento su di me il suo desiderio, è come se il contatto con la sua pelle mi avesse trasmesso parte dei suoi pensieri. Soffre per me, soffre per le mie scelte, soffre perché crede di avermi perso, soffre perché non può avermi e soffre perché non può rivelarmi la verità…
 
  • Quale verità Chicco? Cosa non puoi dirmi?

L’ho detto ad alta voce, ma è quello che voglio sapere e non mi alzerò da questa panchina finché non capirò cosa sta succedendo.
 
  • Maya ora sei tu che straparli!

 
  • Io posso percepire i tuoi pensieri o per lo meno le sensazioni che provi e sono certa che mi nascondi qualcosa.

 
  • Non dire sciocchezze, non ti nascondo nulla. Sai tutto di me, siamo cresciuti insieme. Sentiamo un po’, cosa avresti “percepito”?

Pronuncia quest’ultima parola scandendo una lettera alla volta, come se volesse prendermi in giro, ma non ci sto. Non cascherò nella sua trappola. Non riuscirà a far diventare ridicola questa conversazione. Chicco ha sempre preferito evitare la discussione, nelle poche occasioni in cui non eravamo d’accordo ha scelto la strada dell’ironia e chiuso la disputa con una bella risata. Non questa volta. So quello che ho sentito e voglio una spiegazione.
 
  • Soffri per me e mi desideri, inoltre mi stai nascondendo qualcosa.

Chicco ammutolisce, mi fissa sgranando gli occhi e la sua reazione mi conferma di aver fatto centro. Toglie lo sguardo, osserva il cielo che pian piano si sta coprendo di nuvole grigie e minacciose e senza smettere di fissare il vuoto mi risponde con serietà ed estrema calma.
 
  • Certo che soffro per te, sei la mia migliore amica e in pochissimo tempo ti ho visto passare dalle braccia di uno sconosciuto minaccioso a quelle di un altro sconosciuto ancora più inquietante se possibile.

 
  • Sono adulta e vaccinata, il fatto di non aver avuto altre frequentazione prima d’ora non implica che io non sappia gestire questa situazione. Ammetto che sia un po’ complicata, ma come ti ho già spiegato sono arrivata a delle conclusioni e adesso so cosa devo fare. Perché ho percepito anche del desiderio?

 
  • Oh Maya, dici di essere adulta e vaccinata ma sei così ingenua e genuina. Ti ho sempre amato e non smetterò solo perché adesso sei presa da due idioti.

 
  • Anche io ti amo, ce lo siamo già detti, ricordi? Quando abbiamo provato a…

Sono imbarazzata, non dovrei, non è la prima volta che affrontiamo questo discorso, ma in questo caso mi sembra tutto diverso, Chicco è diverso.
 
  • Certo, ci siamo fermati, perché siamo solo amici. Buoni amici, ottimi amici, i migliori amici, ma non è questo il vero motivo.

 
  • Certo che lo è! Me lo hai detto tu!

 
  • No, prova di ricordare meglio. Tu lo hai detto e io l’ho solo confermato.

Cerco nella memoria e ripercorro quegli attimi: sguardi, passi, sfioramenti e poi una risata divertita. La mia risata. Rammento Chicco che mi guarda, noto una smorfia di dolore, ma è talmente fugace che la dimentico subito e poi la sua risata. Ha ragione! Io mi sono sentita ridicola e ancora io gli ho detto che potevamo essere solo amici, ma lui ha confermato e si è anche scostato bruscamente.
 
  • Ma tu ti sei allontanato come se toccarmi fosse l’ultimo dei tuoi desideri!

 
  • Cos’altro potevo fare? Se solo tu sapessi… se solo tu capissi…

 
  • Cosa devo capire? Cosa devo sapere?

Sto urlando e me ne rendo conto, ma sono frustrata e confusa e non capisco perché Chicco, il mio Chicco, il mio migliore amico, colui che credevo di conoscere anche più di quanto conosco me stessa, si sia trasformato in uno sconosciuto.

Scatto in piedi, ho bisogno di camminare, ma qualcosa attira la mia attenzione. Qualcosa ci sta osservando. Lo sento fin nelle ossa, ma non riesco a vedere nulla o nessuno di sospettoso. Poi un’ombra dietro ad una pianta, veloce e oscura. È una sentinella, ne sono certa. Corro nella sua direzione e sento la voce di Chicco dietro di me.

 
  • Fermati Maya, è pericoloso?

Non rifletto sul significato di queste parole e continuo il mio inseguimento. Finalmente vedo la Sentinella, è mastodontica rispetto a quella che aveva attaccato Lukas e molto veloce, ma io lo sono di più. Nessuno di noi Elements ha poteri fisici quali la forza o la velocità, ma in questi giorni ho imparato a sfruttare il mio potere in modo diverso, anche se ciò comporta dei rischi. Sto imparando a trarre l’energia necessaria per il mio potere da me stessa e non dagli esseri viventi che mi circondano, ma questo sta cambiando la mia stessa natura. Sono più forte sia nel corpo che nell’anima, sono più consapevole e determinata, sono pronta a fare la cosa giusta e a sacrificarmi per essa. Raggiungo la sentinella, la supero e mi paro davanti a questo mostro. Ci siamo addentrati nel folto del bosco e nessuno potrebbe accorrere in mio aiuto, ma non ho paura. La Sentinella mi squadra con un movimento del capo piumato anomalo e diabolico. I suoi occhi gialli mi fissano e le pupille ruotano come fossero degli ingranaggi. Alzo le braccia al cielo con i palmi che si guardano, chiudo gli occhi. Cerco quella scintilla che ho imparato a scovare dentro di me, nel profondo della mia coscienza e l’accendo come fosse un fiammifero che sfrega la sua capocchia solforosa contro la superficie ruvida e pungente del dovere di proteggere la Terra e i suoi abitanti. Le mie braccia scendono piano piano portando i gomiti verso l’esterno e l’energia verso l’interno. I palmi specchiati giungono davanti al mio cuore e da esso assorbono la fiamma. Sono pronta, riapro gli occhi e la Sentinella è in assetto d’attacco, ma qualcosa mi distrae. Non posso crederci è Chicco, è dietro la mostruosa creatura, è ancora distante diverse decine di metri, ma si avvicina sempre più velocemente. Non posso permetterglielo, se la Sentinella lo vedesse lo attaccherebbe senza scampo. Sto per indirizzare il mio fascio protettivo verso Chicco, anche se in questo modo sarò esposta, ma ancora una volta qualcosa di assurdo mi deconcentra. Chicco è a pochi passi e ha estratto un arco da non so dove, la freccia è già pronta in posizione per essere scagliata. La punta della freccia brilla come un diamante e mira il capo della bestia. Poi Chicco fa un balzo, lungo e alto, troppo per essere considerato un balzo umano. Riecheggia un grido, roco, ma potente, un canto di guerra. La sentinella si volta dandomi le spalle e si lancia verso il guerriero, verso il mio Chicco. Ma chi è davvero Chicco? Sta succedendo tutto velocemente, troppo velocemente e ho il terrore che il mio migliore amico venga ucciso da una creatura che certamente è più potente e letale di lui, ma non c’è più tempo. La Sentinella e Chicco sono entrambe sospesi in aria, tra le fronde degli alberi e se cercassi di colpire l’uno o proteggere l’altro potrei sbagliare e ottenere l’esatto opposto. Un tonfo enorme accompagna la ricaduta creando una voragine nel terreno.
 
  • Chicco! Rispondimi! Chicco ti prego!

Scoppio a piangere e mi lancio nell’enorme burrone. Cado su foglie secche e terreno morbido. È buio e polveroso, non vedo quasi nulla.
 
  • Chicco, rispondimi: dove sei?

 
  • Maya…

Il suono è debole e non capisco da quale punto della voragine proviene, ma sono sollevata. Se può parlare è vivo, magari ferito, ma vivo. Devo solo trovarlo e assicurarmi che la Sentinella sia morta, poi mi preoccuperò di guarirlo.
 
  • Parlami, non capisco dove sei.

 
  • Non… respiro…
Striscio per terra alla ricerca di qualcosa che mi aiuti a capire in che direzione muovermi, ma è talmente buio che non vedo nemmeno le mie stesse mani. La terra è completamente bruciata a causa del potente schianto ma qualcosa di viscido e maleodorante serpeggia tra la polvere, credo si tratti del veleno degli artigli della Sentinella: devo fare attenzione. Poi un segnale, una lucciola mi sfiora la guancia. L’afferro e la racchiudo tra le mie mani, mi concentro e cercando di non rubarle energia, ma piuttosto riaccendendo il mio fiammifero, trasformo la piccola lucciola in una torcia vivente. La luce affiora dalle mie mani penetrando attraverso le fessure e rischiarando questa enorme e profonda buca. Guardo dapprima in alto per capire a quale profondità ci troviamo e le mie supposizioni trovano conferma perché le pareti di terra e radici sono alte almeno dieci metri. Poi allungo le braccia e faccio luce tutto intorno. Vedo la Sentinella, è ripiegata su se stessa dando forma ad un ammasso informe di piume, artigli e sangue, ma non vedo Chicco. Proseguo il mio girotondo illuminando gli altri angoli, ma il mio migliore amico non è da nessuna parte. Poi di nuovo un rantolo, questa volta un po’ più udibile, sono quasi certa provenga dal mostro, ma è immobile e appare decisamente morto. Mi avvicino, tocco la Sentinella e non sento nessun alito di vita, né respiro che possano contraddire il decesso. Ad un tratto però un’ala si muove, è un’oscillazione lieve, quasi impercettibile. Giro intorno al cadavere che comincia già ad emanare fetore e provo a sollevare le piume.
  • Chicco!
L’ho trovato, ma ha gli occhi chiusi, fatica a respirare e non sembra essersi accorto della mia presenza. Provo a chiamarlo ancora e ancora, ma non risponde. Decido di spostarlo, in quella posizione mi è inibito ogni aiuto perché l’ala gli intrappola il torace. Con tutta la forza che possiedo, sollevo la Sentinella, facendo attenzione al veleno letale che fuoriesce dai suoi artigli e dalle sue zanne. La lancio con rabbia dal lato opposto della buca e rivolgo tutta la mia attenzione a Chicco. Una delle zampe della Sentinella gli ha schiacciato il torace che è innaturalmente incassato. La felpa e i pantaloni sono strappati e sporchi del veleno di quell’essere infernale e sono terrorizzata perché se gli artigli sono riusciti a penetrare la sua carne e il veleno a raggiungere le ferite potrebbe morire da un momento all’altro. Con delicatezza lo spoglio e rimango incantata dal suo corpo così perfetto ed enorme. Mi sembra di non guardarlo da una vita e forse è davvero così. Tornando lucida comincio a tastare prima il collo, poi il torace, le braccia, le gambe, ma non mi sembra sia ferito. Tranne la frattura di ogni costola, tutto il resto mi sembra incolume, ma allora perché non si riprende? Lo schiaffeggio, leggermente, ma non funziona. Deve esserci qualche altro problema che non vedo. Lo volto, la lucciola è sempre nel mio palmo, la luce è più fioca perché sono spossata e comincio a percepire che la mia energia sta diminuendo. Controllo un centimetro dopo l’altro ogni punto della schiena di Chicco, ma oltre a terreno inumidito dal sangue della Sentinella e altro veleno che però non ha infettato alcuna ferita, non c’è nulla.
  • Non capisco… non capisco…
Chicco comincia a tossire, allora lo giro di nuovo, alla disperata ricerca di un qualsiasi indizio per comprendere come aiutarlo. Ha spalancato gli occhi che sono vitrei, il suo viso sta cambiando colore e finalmente capisco. Le costole rotte devono aver perforato il polmone e probabilmente Chicco sta soffocando! Non c’è più tempo e solo io posso salvarlo. Cerco dentro di me, mi concentro sul mio potere, ma non c’è più nulla. Il fuoco si è trasformato in una piccola e debole fiammella che non mi aiuterà a salvare il mio migliore amico. Mi guardo intorno, cerco qualcosa da utilizzare per riaccendere il mio potere, ma sono circondata solo da polvere e terra bruciata e inquinata dal veleno della Sentinella. Poi una nuova lucciola mi sfiora la guancia proponendosi di aiutarmi. Forse è un segnale di Madre Natura. Libero l’altra lucciola che vola via leggera e afferro quella nuova, piena di vita e la imprigiono tra le mani a coppa. Non ha paura, al contrario si posa delicatamente sui miei palmi e aumenta la sua intensità. Finalmente la mia fiammella interiore si rianima, mentre la luce della lucciola diminuisce fino a quando non si spegne del tutto e si trasforma in cenere. Non potevo fare diversamente. Trattengo il potere e lo incanalo nelle mie mani che pongo sul torace di Chicco, poi lo libero e gli permetto di salvare il mio migliore amico. La luce diventa accecante ed io stessa devo chiudere gli occhi per non rimanere abbagliata, ma qualcosa di inaspettato mi travolge. Sento le mie mani trasformarsi in energia, poi sono le braccia a diventare fasci di luce e piano piano tutto il mio corpo è luce pura che penetra nel corpo di Chicco.
  • Maya, svegliati, dobbiamo uscire da questa fossa. È notte e saranno preoccupati per noi. Svegliati.
Sono esausta e mi formicola tutto il corpo. Non voglio aprire gli occhi, sarebbe una fatica enorme e ho voglia di dormire, anche se il mio giaciglio è particolarmente scomodo e la voce di Chicco particolarmente fastidiosa. Chicco! Mi sollevo di scatto e sbatto la fronte contro il mento di Chicco.
  • Haia!
  • Sei vivo! Sei vivo!
  • Si Maya sono vivo e stavo anche piuttosto bene prima che mi sfasciassi la mascella.
Non ce la faccio! Mi lascio ricadere a terra, ma Chicco mi prende al volo e sostiene la mia schiena per tenermi seduta.
  • Non fare sforzi inutili, devi riprenderti. Hai usato ogni briciola di energia per salvarmi la vita. A proposito: grazie!
  • Prego, ma lo rifarei altre cento volte, ma tu mi devi una spiegazione: chi sei?
  • Rimandiamo i chiarimenti a più tardi. Ora cerchiamo un modo per uscire da questo buco infernale.
Mi guardo intorno e ricordo dove mi trovo, ma c’è qualcosa di diverso. Sono le lucciolo. Decine di lucciole rischiarano l’intenso buio della voragine in cui ci troviamo, tranne la piccola lucciola che mi ha aiutato a salvare la vita a Chicco, lei giacerà per sempre in questa tomba con unica compagna la mia eterna gratitudine. La domanda mi sale alle labbra spontanea e senza alcuna ipotesi di risposta.
 
  • È altissimo, come possiamo arrampicarci fin lassù?

 
  • Credo di avere un’idea, ma dovrai fare un ultimo sforzo.

Cerco di alzarmi, pronta ad assecondare qualsiasi piano purché mi porti fuori da questo inferno, ma Chicco mi blocca.
 
  • Trattieni le ultime briciole di energia, ci penso io a te.

E senza che capisca le sue intenzioni, mi prende tra le braccia e comincia a camminare dirigendosi verso la parete apparentemente meno ripida. Il suo cuore batte forte e nessuna smorfia rivela fatica o dolore. Il mio intervento deve averlo rigenerato completamente, lasciando al contrario me priva di forze. Non posso fare a meno di osservarlo e di stupirmi per non averlo mai desiderato fisicamente. Chicco è davvero un ragazzo bellissimo, anche tralasciando i suoi occhi ipnotici e cristallini, tutto di lui attirerebbe una ragazza di buon gusto e buon senso. Spalle larghe e robuste, oggi più che mai, lineamenti spigolosi, a tratti un po’ duri, ma sensuali e provocanti. Labbra soffici e lo so per certo perché sono stata abbastanza fortunata da essere baciata e infine un’aurea da paladino, da salvatore. Forse con nessuno come con lui mi sento così al sicuro e protetta. La verità sorge spontanea.
 
  • Dimmi la verità. Tu sei stato incaricato di proteggermi.

Chicco arresta le sue falcate, vedo il gozzo salire e scendere e lo sguardo vagare lontano da me, ma so che non mi mentirà.
 
  • Guardami Chicco. Chi sei davvero?

Chiude gli occhi per riaprirli con maggior consapevolezza e finalmente mi guarda. Improvvisamente non tra le braccia di Chicco, ma di qualcuno che non conosco, qualcuno che emana fierezza, forza, orgoglio e coraggio.
 
  • Egida, mi chiamo Egida e sono stato creato da Madre Natura per proteggerti.

Sono confusa, a tratti spaventata. Dov’è il mio Chicco? Mi divincolo, ma mi trattiene con forza.
 
  • Ho bisogno della tua energia per uscire da qui. Ti prego di non sprecarla. Quando saremo fuori risponderò a qualunque domanda vorrai.

Annuisco e cerco di tranquillizzarmi, perché sebbene non riconosca più in questo giovane il mio migliore amico, sono certa che non vuole farmi del male. Raggiungiamo la parete e Chicco sostenendomi con un solo braccio smuove il terreno facendo traboccare le radici più profonde che robuste trattengono la terra.
 
  • Devi usare il tuo potere chiedendo alle radici di creare un percorso dove io possa aggrapparmi per raggiungere l’uscita.

 
  • Non voglio, non voglio più usare l’energia della natura. Ho ucciso una lucciola per salvarti, sono consapevole che non ci sia paragone tra la sua e la tua vita, ma non è giusto e mi sono ripromessa di trovare il potere solo dentro di me.

 
  • Questo devi fare, usa le poche energie che hai recuperato e chiedi alle radici di aiutarti. Non dovrai rubare la loro energia, ma solo spingerle ad obbedirti
  • Solo Madre Natura ha il diritto di obbedienza da parte degli esseri viventi e non viventi presenti sul nostro pianeta. Io non sono capace.

Chicco, o forse più precisamente Egida, si avvicina al mio viso, mi scosta una ciocca dal viso e mi sussurra parole di incoraggiamento che mi spronano a tentare.
 
  • Forza Maya, io so che ce la puoi fare. Ti conosco e conosco il tuo potere e le tue potenzialità. Non arrenderti, combatti con me e per me.

Nessuno mi aveva mai fatto sentire così potente. So che non potrò usare le mani, sono completamente inermi e penzolano senza vita lungo i fianchi, ma intuisco cosa fare e mi sporgo con fatica verso il terreno. Appoggio le labbra ad una delle radici e comincio a sussurrare parole che non riconosco, è un linguaggio antico, forse anche più della Terra stessa, ma ne comprendo senza fatica il significato. È una supplica, un invito, una richiesta e infine un ordine a rispettare la mia volontà. Magicamente la parete impervia diventa amica e grandi e lunghe liane dondolano. Le lucciole risalgono la parete disegnando un percorso preciso che Egida segue senza esitare. Mi ha caricata sulla sua spalla come se fossi un sacco di farina e ha cominciato a risalire la parete usando le radici come funi. In pochi istanti siamo fuori dal fosso e l’ultima immagine che posso scorgere sono le radici che con eleganza si inchinano e si ritraggono. Egida mi accompagna a terra con delicatezza accertandosi che riesca a tenermi eretta. Siamo uno di fronte all’altro, lui fiero e potente, io incerta e instabile. Accarezzo la sua guancia con mano tremante.
 
  • Non so chi tu sia, ma ti ringrazio, ma io rivoglio il mio migliore amico.

 
  • Sono sempre io, sono sempre stato io, sono Chicco e sono Egida, tuo amico e protettore. L’una e l’altra cosa insieme.

Il tempo si ferma e cerco questa verità nei suoi occhi, così uguali a quelli di Chicco, ma contemporaneamente così diversi. Egida prende la mia mano che è ancora posata su di lui e se la porta alle labbra. La bacia dolcemente, poi la porta verso il suo petto e lascia che io possa ascoltare il battito del suo cuore.
 
  • Maya sono sempre io.

Fa un passo verso di me, coprendo la poca distanza che ci separava e si accosta al mio viso, siamo così vicini che posso sentire il suo fiato caldo sfiorarmi le labbra.  Questa volta però non si accontenta di parlare, mi bacia con passione e ardore, con disperazione e sollievo, come mai Chicco avrebbe osato, ma tutto il resto è casa. Lo riconosco, finalmente sono certa che Egida e Chicco sono la stessa persona e so che mi ama e mi ha sempre amato, ma fino ad ora non poteva rivelarmelo.


Buona lettura da Tatystories

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Capitolo 19
*** il vincolo ***


I pensieri di Caos (Caos p.o.v.)

Una Sentinella reclama la mia attenzione e con essa porta un messaggio. È mio figlio che la invia. La Sentinella riproduce la sua voce con estrema precisione “Padre, recuperate le informazioni che la Sentinella vi porta, guardate la ripresa e solo dopo ascoltate ciò che segue.”
Farò quello che mi chiede, ma Etere deve comprendere che non c’è posto per Terra nel nostro futuro e se non lo capirà dovrò sacrificare anche lui. Terra non ha la tempra per affrontare un futuro di buio e inferno. È nata e cresciuta considerando questo pianeta un essere vivo, dotato di anima e insieme agli altri Elements e a Madre Natura lo ha trasformato nel giardino dell’Eden, pieno di razze viventi senza senso e senza spina dorsale, capaci solo di amarsi e uccidersi, provando rimpianto per il primo e soddisfazione per il secondo e viceversa. Esseri che si pentono delle loro azioni ancor prima di averle compiute e che pensano con il cuore per poi agire con la spada. Esseri che cercano il potere e quando ce l’hanno lo vendono al miglior offerente. Non sono disposto a salvare nessuno, la razza umana perirà per prima, ma a seguire ogni abitante di questo pianeta in grado di emanare un alito di fiato sarà soppresso. Le terre bruceranno, le acque ribolliranno e l’aria diventerà veleno e io comanderò questo inferno da solo, se necessario. Etere conosce perfettamente le mie intenzioni e non ha motivo di pretendere la sopravvivenza di Terra. Il suo potere ci è necessario per distruggere la gabbia di cristallo, ma dopo ciò perirà come tutti gli altri.
Penetro nei suoi ricordi e rivivo gli attimi che Etere ha scelto di mostrarmi. Ci sono mio figlio e Terra nei boschi, fin troppo vicino alla breccia. Sono nei pressi della cascata e Etere di lancia nel vuoto, poi però Terra, dopo aver ucciso i Predonum, lo salva. Ha dirottato l’incendio e poco dopo l’ha spento usando l’acqua della cascata e infine ha manipolato l’aria per creare un vortice d’aria. Ha attinto ad ognuno di questi elementi come se fossero destinati a lei, come se fosse la padrona di ognuno di essi. Com’è possibile? Madre Natura ha volutamente scelto di non concedere a nessuno dei suoi cavalieri un potere così grande in grado di dominare più elementi, troppa la responsabilità e fino ad ora così è stato per secoli e secoli. Terra è sempre stata la più potente, la più letale, quella a cui spettava la mossa finale, mai però ha lavorato sola. Fuoco è sempre stato al suo fianco, inseparabili nella guerra come nell’amore. Aria e Acqua non hanno mai mancato di concedere i loro servigi per agevolare la coppia fatale. Una collaborazione, mai definitiva e perfetta perché manchevole di un elemento: mio figlio. Etere, la quintessenza dell’universo, sostanza permeante il cosmo, avrebbe concatenato tutti gli elementi donando loro stabilità o togliendola e definendo la mia scomparsa definitiva. Per secoli i quattro elementi ci hanno provato, sebbene ogni volta siano riusciti ad annientare i miei seguaci e a piegarmi fino a rinchiudermi nella gabbia di diamanti, mai mi hanno sconfitto definitivamente e questo solo perché sono incompleti. Senza mio figlio la loro imperfezione mi ha aiutato a sopravvivere ed ora che Etere è finalmente in grado di padroneggiare tutti i suoi poteri posso sperare in un esito finale ben diverso. Mi servono Etere e Terra e il loro potere per riprendere il controllo di questo pianeta, ma dopo quello che ho visto la visione del futuro può cambiare. Decido di ascoltare il resto del messaggio.
“Padre avrete compreso da solo che Terra è molto più potente di quanto pensavamo e speravamo. Lei è in grado di controllare ogni elemento della natura e a questo punto suppongo possa controllare anche il genere umano e questo cambia tutto. Padre pensate a cosa sarebbe questo pianeta se foste voi a dominarlo grazie ai poteri di Terra? Il genere umano sarebbe ai vostri ordini e servigi, così come ogni elemento terreno e celeste perché io sarei al vostro fianco. Governeremo non il nulla, ma il tutto. Riflettete sulle mie parole e chiedetemi di verificare se Terra è in grado di controllare anche gli esseri umani e lo farò. Per voi, per noi. Il vostro fedele figlio. Etere.”
Quale sensazione infinitamente potente. Mio figlio ha ragione, potrei diventare ciò che ora è Madre Natura, ma a modo mio. Sarei quanto di più potente sia mai esistito e tutto sarà ai miei piedi. Ogni cosa o essere dovrà obbedirmi o gli sarà imposto di farlo. Mi vendicherò per tutti questi secoli di reclusione, Madre Natura rimpiangerà di non aver mai cercato una maniera per distruggermi. Sarà divertente rinchiuderla nella sua stessa prigione di cristallo e osservarla mentre cambio tutte le regole del suo pianeta, del mio pianeta. Se Terra è davvero in grado di controllare le azioni della razza umana cambierò la storia.
Guardo la Sentinella e le chiedo di portare un messaggio a Etere:
“Figliolo scopri quanto è grande il potere di Terra, poi domineremo il mondo insieme!”

I pensieri di Madre Natura

I miei figli tutti riuniti, dovrebbe essere motivo di gioia, ma sento che una minaccia terribile incombe. Fuoco è sconvolto per l’esistenza di Etere ed è convinto che non meriti fiducia e ne capisco il motivo, ma è mio figlio e dopo tutto quello che ha vissuto si è guadagnato una chance. Io conosco il vero motivo del risentimento di Fuoco, teme per Terra. Etere e Terra sono legati in un modo che nessuno può capire, quando Etere è morto Terra si è sentita colpevole per non averlo protetto e si è vendicata lottando come una tigre, sfruttando ogni briciola del suo potere e di qualunque forma di energia la circondasse. In quell’occasione la sua furia la portò a governare ogni elemento fino a rinchiudere Caos nella gabbia infernale. Dopo quel giorno mai più manifestò quella capacità, si limitò a combattere contro i Predonum sfruttando il suo elemento e io non ho fatto nulla per risvegliare quel potere pericoloso. Non è un caso se ho scelto diverse entità per custodire e manipolare gli elementi che danno la vita a questo pianeta. Un essere unico che possa governali tutti avrebbe un controllo assoluto e devastante. Anche se tra mani ragionevoli e di buon senso tanta egemonia porterebbe alla follia e alla distruzione di tutto il pianeta. Solo Fuoco è a conoscenza di quanto è accaduto quella notte, Terra non ricorda la successione degli eventi perché il furore ha annebbiato i ricordi, mentre Aria e Acqua erano state abbattute mentre Terra infuriava. Fuoco è stato l’unico a stare accanto a Terra per coprirle le spalle mentre distruggeva tutto quello che incontrava. Gli chiesi di non raccontare mai a Terra quello cha aveva veduto e in cambio gli donai un legame con Terra, un legame indissolubile che gli avrebbe permesso di proteggerla da se stessa. Un legame che però si è ritorto contro il bene degli esseri viventi. Terra ha sviluppato una dipendenza da Fuoco tale da metterlo al primo posto, anche a scapito di tutto il resto. Con il passare del tempo questo legame è diventato sempre più forte e a tratti oscuro, la passione e l’amore li ha travolti rendendo il legame una catena che se da un lato aveva le sembianze di amore intenso e profondo, dall’altro assomigliava sempre più ad una servitù. Terra al comando e Fuoco agli ordini. Solo in questa nuova reincarnazione Terra ha cercato in qualche modo di combattere questo vincolo e io stessa ho imposto a Fuoco di mantenere le distanze, ma forse dovrei spezzare il legame e lasciare che il fato segua il suo corso. Ho sbagliato ad imporre la mia volontà sugli elementi della natura, la mia alienazione è indispensabile, lo è sempre stato. Fu la prima regola che m’imposi quando comincia a colonizzare i pianeti e solo ora mi rendo conto di non averla rispettata con questo mondo. Libererò Fuoco dal vincolo con Terra e li lascerò liberi di cambiare strada e di scegliere da soli chi amare. Lo farò questa notte, ma servirà la presenza di entrambi e anche quella di Egida che dovrà sugellare la separazione con il suo arco benedetto.
 
 Il vincolo (Maya p.o.v.)
Certo, avrei potuto allontanarlo, evitare di baciarlo. Ero ben consapevole dei suoi sentimenti, lui mi ama, forse da sempre o da secoli ed ero anche ben consapevole dei miei sentimenti, io amo Fuoco. Ma non l’ho fatto. Ho lasciato che mi baciasse e che scoprisse da solo cosa provo. Mentre le sue labbra si univano alle mie ho permesso al mio io profondo di liberarsi e di raggiungerlo mostrandogli la forza del mio amore per lui, ma chiarendo inequivocabilmente la sua forma. Amo Chicco o Egida che si voglia come un fratello, come l’uomo più importante della mia vita dopo mio padre. L’amore che provo per lui è superiore anche a quello che provo per Lukas e per Nike, ma solo perché è completamente differente e completamente dipendente dal fatto che Chicco è parte di me.  È la mia metà ponderata, rispettosa, paziente, riflessiva, ragionevole e assennata. È ciò che vorrei essere, ma non sarò mai ed è ciò che non smetterò mai di volere accanto.
  • Maya…
  • Questa è la verità e spero che riuscirai ad accettarla, perché io non posso vivere senza di te.
Queste le ultime parole che ci siamo scambiati prima di ritornare alla realtà.
Ci stiamo dirigendo verso casa, non sono certa di quanto tempo sia passato da quando siamo caduti nel fosso, ma certamente diverse ore perché ci siamo diretti al parco che non era ancora ora di pranzo e siamo ormai in piena notte. I miei genitori saranno molto preoccupati e dopo tutta questa avventura dovrò anche sopportare una ramanzina sulla puntualità, sull’utilizzo intelligente del telefono per avvisarli se ritardo e forse anche degli anticoncezionali se mia madre si fa venire una di quelle paranoie da psicologa. L’ultima volta che ne abbiamo parlato me ne sono andata sbattendo la testa perché pretendeva che mi allenassi con una banana in modo da sapere come si infila un preservativo. Mentre uscivo dalla stanza rossa come un peperone le ho urlato:
  • Spero bene di scegliermi un ragazzo che sappia farlo da solo!
Ma come sempre mia madre ha replicato, perché l’ultima parola è sempre la sua.
  • Certo tesoro, ma in caso contrario potrai provvedere tu.
Ho contato fino a mille e chiuso a chiave la mia stanza perché mi ha assalito la tentazione di chiederle se lo infilasse lei a papà quando si chiudevano in stanza in piena notte, ma l’immagine che immediatamente si è materializzata nel mio cervello è stata così ripugnante che ho preferito infilarmi le cuffie e cominciare a cantare a squarcia gola “I’m a survivor” delle Destiny’s child sperando che il messaggio giungesse forte e chiaro alle orecchie di mia madre.
  • Maya per favore torna sul nostro pianeta!
Chicco distrae la mia catena di ricordi, mi volto e lo guardo perplessa.
  • Ma non senti che ti stanno chiamando? Credo che sia Lukas, ma non riconosco l’altra voce.
Ascolto meglio e percepisco anch’io la voce di Lukas che ripete il mio nome fino allo sfinimento e con lui un’altra voce più cupa ma ugualmente preoccupata.
  • È Nike!
Chicco si affretta nella direzione delle urla e pochi minuti dopo torna accompagnato proprio da un Lukas spaventato e un Nike infuriato.
  • Ma dove sei stata? Cosa è successo? Siamo tutti terribilmente preoccupati.
Lukas mi prende il viso tra le mani e mi guardo come se non mi vedesse da un anno piuttosto che da poche ore. I suoi occhi sono neri come la notte, non avevo mai visto questa variante e la trovo estremamente seducente.
  • Sto bene.
Mi lascia andare e chiede spiegazioni a Chicco. Istintivamente cerco Nike che è rimasto in disparte e assiste alla scena apparentemente distaccato, ma sento la sua rabbia che mi avvolge e mi stritola in una morsa implacabile. Mi avvicino e cerco un contatto fisico, ma si scosta e si volta. Ritento posando delicatamente la mano sulla sua schiena. È ghiacciata. Senza riflettere lo abbraccio avvolgendolo per riscaldarlo e confortarlo. Percepisco ogni sfumatura dei suoi sentimenti: paura, disperazione, poi rabbia e furia cieca. Ha temuto per la mia vita.
  • Sto bene.
Lo sussurro perché temo una sua reazione imprevedibile. Etere non è Fuoco che per quanto furente non perde il controllo né di se stesso né della situazione. Etere è incontrollabile, energia cosmica incontenibile. Deve imparare a gestire le sue emozioni, non ha avuto Madre Natura ad insegnargli come fare e questo per colpa mia che non sono stata in grado di proteggerlo, ma ho permesso a Caos di rapirlo e crescerlo tra le sbarre di una gabbia infernale.
Ha le spalle larghe e muscolose, mi sento a casa, ma ho anche paura. C’è qualcosa di oscuro e misterioso che se da un lato mi spinge a cercarlo per dipanare il buio dall’altro mi spaventa e mi allontana. Cede e si volta. Mi stringe forte.
  • No farlo mai più. Devo sempre sapere dove sei e con chi sei. Ora spiegami cosa è successo.
Lukas ha assistito alla scena, sono certa anche se non lo vedo. Il fuoco dei suoi occhi mi bruciano la pelle, ma non reagisce e non fa scenate.
Racconto tutto ad alta voce e siamo tutti d’accordo sul fatto che il comportamento della Sentinella è decisamente anomalo, solitamente sono perlustratori. Controllano la situazione per conto dei Predonum, non attaccano se non in situazione di estremo pericolo.
  • Quindi tu sei uno di noi?
Etere si rivolge a Chicco per chiedere spiegazioni, Lukas al contrario non sembra stupito.
  • Non proprio, non sono uno dei cavalieri Elements. Sono un protettore. Ognuno di voi ne ha uno, ma è severamente vietato rivelarsi. Subirò conseguenze per questa mia scelta, ma Terra doveva sapere la verità.
Mi avvicino a Chicco e pongo il palmo della mano sul suo petto, proprio laddove batte il suo cuore.
  • Potrai avere anche un altro nome, ma rimani sempre il mio migliore amico e questo…
Batto dolcemente la mano.
  • È sempre lo stesso.
Mi sorride e cattura la mia mano tra le sue. La stringe forte e la porta alle labbra.
  • Si Maya, sono sempre lo stesso, ma ora finalmente sai la verità. Esisto per proteggerti da chiunque voglia farti del male.
Solleva lo sguardo e senza timore guarda prima Lukas e poi Nike, è una minaccia ed entrambi lo hanno capito. Poi Chicco abbassa la nuca e chiude gli occhi. Per un attimo appare diverso, più solenne e autorevole, è assorto e sembra in ascolto, poi con voce grave esclama.
  • Dobbiamo andare, Madre Natura ci vuole al suo cospetto.
Come? Cosa? Perché? Mille le domande che si affollano nella mia testa: come Madre Natura ha comunicato con Egida, cosa vuole da noi riuniti insieme? Perché Madre Natura non vuole che conosciamo i nostri guardiani? E quali altri segreti ci nasconde?
Quando ho scoperto la verità sulla mia storia passata con Fuoco ho cominciato a dubitare di Madre Natura e della sua sincerità. Se è stata capace di tacermi un fatto così importante per comprendere la mia vera natura, chissà quali altri segreti cela. Ed oggi scopro l’esistenza di questi guardiani di cui mai, in nessuna vita che io rammenti, ci ha svelato l’esistenza. Sono pienamente cosciente di essere la prima ad avere dei segreti, io stessa non ho mai raccontato la verità sulla morte di Etere, di come si sia sacrificato per salvarmi. Senza il suo sacrificio le nostre sorti sarebbero inverse. Io quella distrutta o cresciuta senza una guida e lui uno degli Elements cullati nel grembo di Madre Natura e addestrati per difendere il nostro pianeta e la stirpe umana. Questa sera dirò la verità e obbligherò Madre Natura a svelare qualsiasi altro mistero.
  • Come sei assorta? A cosa pensi?
Il mio Chicco, il mio migliore amico mi guarda con i suoi soliti occhi e il suo solito sguardo dolce ed ironico, ma non riuscirò mai più ad essere spensierata e sincera come prima. Il suo nuovo ruolo lo rende così lontano e irraggiungibile, io sono la sua protetta e lui il mio protettore, sebbene ancora non sappia in cosa consiste questo legame, sono certa che cambierà ogni cosa tra di noi. E questo fa male.
  • Penso che non so cosa significa che tu sei il mio guardiano…
  • Credo sia giusto che sia Madre Natura a spiegartelo.
E si rabbuia, increspando la fronte e socchiudendo gli occhi fino a renderli piccole fessure. Prima gli avrei baciato il naso per distendere le rughe e farlo tornare sorridente, ma ora sento crescere l’imbarazzo e la spontaneità che ha sempre contraddistinto il nostro rapporto è ridotta in briciole. Questo è quello che intendo quando dico che è cambiato tutto e nulla tornerà mai più come prima.
Camminiamo tutti in silenzio. Non so nemmeno dove siamo diretti esattamente. Ogni incontro con Madre Natura si è svolto in un luogo diverso. Chicco procede rigido e sicuro e ci conduce fino alla chiesa di Sant’Andrea. Senza difficoltà apre il portone e senza dire nulla, in perfetto silenzio scende nella cripta. L’ambiente è umido e buio e per quanto non sia certo il luogo più strano in cui ci è capitato di incontrare Madre Natura, è certamente molto suggestivo e simbolico. Non si entra in una chiesa per una semplice chiacchierata, c’è sicuramente un motivo preciso se è stato scelto questo edificio.
  • Figlioli seguitemi.
La soave voce di Madre Natura ci accoglie e rende l’ambiente meno ostile. La seguiamo fino ad un altare dove si trovano delle candele bianche accese. Sono posizionate in coppie da due e percorrono non solo l’altare ma anche i tre gradini che lo procedono. La scena è maliosa e sembra tutto pronto per un sacrificio sacro o profano. Ancora non si vede Madre Natura, ci sussurra cosa fare senza rivelarsi.
  • Maya e Fuoco posizionatevi davanti all’altare, mentre Etere e Chicco venite da me seguendo il fuoco azzurro che volteggia vicino a voi.
Perché io e Fuoco dobbiamo rimanere qui? Che cosa sta succedendo? Cosa vuole da noi Madre Natura? Una voce insistente dentro di me mi sprona a fare queste domande ad alta voce, ma so che non avrei risposta. Madre Natura non da spiegazioni, non chiede permessi e non concede scelte. Lei decide e mette in pratica. Una dolce musica di campanelli si diffonde nell’aria e placa le mie ansie. Anche Fuoco sembra rasserenarsi, la sua fronte corrucciata e le fiamme nelle sue iridi lasciavano trasparire la sua inquietudine. Fuoco e Madre Natura hanno sempre avuto un rapporto molto più confidenziale, ma anche riverenziale. Il suo rispetto per le volontà della Madre è sempre stato autentico e talvolta un ostacolo tra di noi. Madre Natura ci ha sempre lasciato liberi di agire e decidere in piena autonomia, non ha mai impedito l’evolversi delle situazioni o di un cambiamento, ma dentro ognuno di noi Elements è sempre stato chiaro il suo punto di vista. La mia unione con Fuoco in passato ha generato in lei disappunto e preoccupazione, soprattutto quando questa unione aveva la precedenza su qualsiasi altra scelta. Oggi la capisco molto più che in passato. Ho talvolta pensato che fosse gelosa e ho volutamente scelto di ignorare quanto percepivo, ma oggi sono cosciente di aver sbagliato. È come se ci fosse un legame tra me e Fuoco che prescinde tutto, che non ci consente di stare lontano l’uno dall’altro e che non ci permette di essere liberi di scegliere di stare insieme, ma ce lo impone.
  • È da questo che sto per liberarti Terra…
La voce di Madre Natura esplode nella mia mente. Guardo a destra, poi a sinistra, cerco nello sguardo di Lukas lo stesso sbigottimento che provo io, ma sembra inconsapevole e concentrato per capire cosa sta succedendo.
  • Terra ascoltami. Ho legato Lukas a te dopo la prima lotta contro Caos per proteggerti. Questo legame è diventato quasi incontrollabile e vi ha portato a scelte a volte sbagliate. Ho deciso che è arrivato il momento di slegarvi. Adesso c’è anche Etere che potrà proteggerti. Sento che questa guerra è tua, tu l’Element che più degli altri verrà colpito da questa nuova minaccia, percepisco che sarai in pericolo e per questo motivo hai bisogno di tutto il tuo potere. Il legame con Fuoco arginava la tua potenza per impedirti di farti del male.
  • Madre perché mi hai legata a Fuoco se poi hai disapprovato questo legame?
  • Figlia mia, il legame come ogni scelta non vincola ciò che sarà e che può essere. Tu e Fuoco avete scelto spontaneamente e liberamente come trasformare questo legame e io non sono mai intervenuta perché è la legge suprema che me lo imponeva. Ma oggi il pericolo incombe come mai prima d’ora e devo fare tutto quello che è nelle mie possibilità per aiutare te e i tuoi fratelli a sconfiggere Caos.
Le mie viscere si ribellano a tutto quello che le mie orecchie sono obbligate ad ascoltare. Unita da sempre a Fuoco non per scelta, ma per vincolo. Condannata a ripetere lo stesso sbaglio non per libero arbitrio ma per un vincolo magico, una forzatura voluta per proteggermi, ma che in realtà mi ha solo punita e imposto una vita non mia. Fuoco? Cosa sa? Ha accettato quest’ordine senza ribellarsi come ha sempre fatto? O anche lui è alla mercé dei capricci di Madre Natura?
  • Fuoco ne è al corrente? Fuoco sa di questo legame?
  • Sì Terra, Fuoco si è piegato alla mia volontà come ha sempre fatto e come è giusto che sia. Non punirlo per qualcosa per la quale non aveva scelta. Fuoco però non sa cosa succederà tra poco, temo che potrebbe ribellarsi per la prima volta e non posso permetterglielo. Fuoco crede che questo legame ti proteggerà da Caos, ma io sono certa che se non lo rescinderò non riuscirai a sconfiggerlo.
Lui sapeva tutto, lui non mi ha protetta, mi ha raggirato. Mi ha fatto credere che fosse amore, che fossimo l’uno il destino dell’altro, che solo lui poteva darmi ciò che volevo. Tutte menzogne, bugie, false certezze. Solo una lunga serie di conseguenze di un tradimento.
  • Terra, sento la tua rabbia e il tuo disappunto.
Altro che disappunto! Ho perso la fiducia e il rispetto per quella che credevo essere la più pura e nobile forma di potere cosmico, credevo che potessi solo imparare e venerare un’entità così antica, dignitosa e autentica e credevo di potermi fidare di chi mi ha generato.
  • Figlia non biasimarmi, le motivazioni sono complicate. Devi imparare che c’è un bene superiore, scelte difficili ma indispensabili e conseguenze per tutti, soprattutto per voi creature magiche protettrici di questo pianeta.
Non voglio più ascoltarla, adesso voglio solo essere libera e scoprire cosa significa.
  • Procedi Madre Natura, voglio la mia libertà.
Finalmente la sua voce si quieta e la Grande Madre si mostra in tutta la sua beltà e potenza. Questa volta ci stupisce con le sembianze di Atena, dea greca della saggezza, della guerra giusta e delle virtù eroiche. Si propone in linea con il personaggio classico conosciuto ai giorni d’oggi. Una lunga veste delicata cinta in vita e tutti i simboli sacri che la caratterizzano: la civetta, l’elmo, la lancia, lo scudo e l’Egida, un mantello indistruttibile che aveva protetto e nutrito Zeus. La visione è divina e incantevole come ogni volta che decide di palesarsi, ma sono così accecata dalla rabbia e dal risentimento che vedo solo falsità nei suoi occhi e dispotismo nelle sue parole.
Fuoco mi osserva e notando gli sguardi poco carezzevoli che dedico a nostra Madre aggrotta la fronte e inclina leggermente la testa verso destra in segno di domanda.
  • Ora capirai.
Bisbiglio. Sebbene anche lui sia in parte da condannare, mi rendo conto che ribellarsi contro colei che ci ha generato non è atto semplice. Avrebbe però potuto rivelarmi del nostro legame magico in modo da giustificare certe scelte che ho fatto per le quali mi sono sentita in colpa per lungo tempo.
  • PERILAMVANETE CHERIA, CHORIS KARKINES
Le mani di Fuoco si sollevano appena sopra le spalle, le braccia sono tese e le dita ben aperte. Lo imito e appoggio i palmi ai suoi.
  • XECHORISTOS
Allontaniamo i palmi di un paio di centimetri così come ci ha ordinato Madre Natura.
  • Cosa succede? Cosa stiamo facendo Madre?
Mai Fuoco si è permesso di interrompere un rito, solitamente ci viene spiegato prima cosa accadrà, Madre Natura ha volutamente scelto di non farlo per impedire a Fuoco di opporsi. Non posso proprio resistere, sebbene non voglio colpevolizzarlo per il suo silenzio, sono determinata a non lasciar cadere questo affronto e voglio che tutti in questa stanza sappiano che merito rispetto e merito di poter scegliere la mia strada.
  • Non l’hai ancora capito? Davvero non sai cosa sta accadendo? Io e te… uniti da sempre, ma non per sempre. So tutto e sebbene sia infuriata per quello che Madre Natura ci ha fatto, concordo con lei che questo legame va reciso una volta per tutte.
Da un angola della cripta si sente un urlo:
  • Ora!
Seguito da un silenzio sinistro. Infine un suono sempre più forte, qualcosa che taglia l’aria, che sfreccia e si avvicina. È una freccia dell’arco di Egida che trapassa lo spazio tra le mie mani e quelle di Fuoco con una precisione millimetrica.
  • Noo!
Fuoco urla e si lancia indietro con un balzo felino, si accascia a terra in posizione di attacco. Sembra una pantera pronta a sbranare la sua preda. Guarda a destra e sinistra, cerca qualcosa. Poi vede la freccia che si è conficcata a pochi metri da noi, sulla parete della cripta proprio al centro del crocifisso. Fuoco corre verso la freccia cerca di staccarla dalla parete, ma è penetrata fino del cuore del legno e del muro e non si muove nemmeno di un centimetro. Fuoco allora porta le braccia vicino alle cosce, le mani sono spalancate e nervose. Pian piano solleva le braccia creando una palla di fuoco in ogni palmo. La palla aumenta di dimensione ad ogni movimento fino a trasformarsi in un enorme sfera di fuoco bluastra quando i palmi si incontrano. Gli occhi sono sempre stati chiusi, ma appena la sfera ha raggiunto la sua massima potenza li spalanca e ciò che mostra è spaventoso. Le pupille sono puntini minuscoli mentre le iridi nocciola e le parti bianche si sono fuse dando vita ad un incendio. Sono spaventosi.
  • Fuoco fermati, è la tua padrona che parla.
Madre Natura si materializza al fianco a Fuoco e appoggia delicatamente una mano sulla sua spalla. Fuoco reagisce con violenza e la scaraventa a terra, bloccando il suo petto con un piede. Dal nulla compare Etere che si scaglia su Fuoco facendolo crollare a terra con tanto fragore e forza da creare una frattura nelle antiche pietre del pavimento. Fuoco si risolleva senza sforzo e ciò che succede è quanto mai avrei voluto. Infuria una lotta terrificante e impetuosa, l’uno infierisce sull’altro con ogni mezzo umano e magico a disposizione senza che nessuno possa avvicinarsi perché Etere ha creato uno scudo che allontana con fulmini e saette chiunque provi ad avvicinarsi. Egida ha già tentato diverse volte, ma ogni manovra è stata fallimentare e lo ha scaraventato per decine di metri lasciandogli visibili segni di bruciatura sul corpo. Madre Natura si è sollevata dal suolo dove Fuoco l’aveva bloccata e con un’evidente sforzo ha provato lei stessa a distruggere lo scudo elettrico. Io sono immobile e sgomenta, non riesco a riflettere o ad agire, riesco solo ad osservare quello che accade come se il tutto avvenisse in televisione e non di fronte ai miei occhi. Vedo mia Madre, La Madre, che soffre davanti ai suoi figli che lottano, vedo il mio miglior amico stremato, ferito e impotente e vedo coloro che amo di più cercare di distruggermi ed è tutta colpa mia. Una volta ancora ho pensato a me stessa e ho sfidato Madre Natura rivelando la verità a Fuoco prima che il rito fosse compiuto, ancora una volta il legame tra me e Fuoco ha provocato guerre e dolore, ancora una volta ho fatto la scelta sbagliata. Nella bolla del conflitto urla, gemiti e lampi si alternano senza sosta fino a quando Fuoco riesce a prendere il sopravvento inchiodando Etere al suolo con delle manette di fuoco ai polsi e alle caviglie. Non è possibile comprendere quello che si dicono perché la barriera impedisce il passaggio del suono, ma è lampante che le parole sono tanto infuocate quanto lo scontro e che Fuoco ha completamente perso il controllo della situazione. Etere si divincola, ma la presa è impenetrabile e sebbene il predominio di Fuoco sia ormai innegabile non ha ancora smesso di raccogliere energie e sta creando una nuova palla infuocata.
  • Basta!
Quando comprendo come vuole utilizzare quella sfera di fuoco mi risveglio dal torpore nel quale ero caduta e con tutta la voce che possiedo cerco d’interrompere quest’assurda lotta tra fratelli.
Nessuno dei due però pare abbia percepito il mio grido disperato. Mi avvicino allo scudo e appoggio le mani, delle terribili e potenti scosse mi attraversano gli avambracci e raggiungono il cuore facendolo palpitare furiosamente. Ma non mi arrendo e premo i palmi contro la parete fino ad attraversarla come se fosse una gelatina viscida. Serro gli occhi e scaccio il dolore delle scariche elettriche concentrandomi su me stessa, sul mio io, sulla mia forza e poi urlo, come mai prima d’ora, liberando ogni ricordo, ogni paura, ogni sogno, ogni speranza che possiedo. Fuoco ed Etere si bloccano, l’uno ancora steso a Terra ma senza più i legacci di fuoco che si sono dissolti come neve al sole e l’altro in piedi sopra di lui con il braccio alzato pronto a scagliare la sua sfera anch’essa però svanita nel nulla. Pochi attimi e anche la barriera va in frantumi, sbriciolandosi e riportando i due combattenti alla realtà. In questo momento tutti mi fissano e sono certa che ognuno di loro vorrebbe farmi mille domande, ma io non so più nulla, non so più chi sono e non so più cosa voglio, ma di certo non voglio che Fuoco uccida Etere.
  • Toccalo di nuovo e dovrai affrontare me.
Sono dura, ma Fuoco deve capire che Etere è uno di noi, anzi è molto più di questo. Etere è colui che si è sacrificato per me, colui al quale devo la vita, colui che ha vissuto un incubo al posto mio.
  • Terra…
Fuoco è senza fiato, è ridotto allo stremo delle forze, i vestiti sono ridotti in brandelli e il suo meraviglioso corpo è percorso da bruciature ed escoriazioni. Senza più la rabbia a trattenerlo crolla. Etere invece, sebbene abbia lottato con la stessa ferocia, è meno provato. Pian piano si risolleva e si avvicina, mi abbraccia e mi bacia appassionatamente. Un bacio inaspettato, ma confortante, un bacio rubato, ma desiderato, un bacio sbagliato perché non lo amo, ma giusto perché lui ama me.
  • Figlioli quello che è successo questa notte in questa cripta è la dimostrazione che Caos è sempre più forte e che i Predonum stanno diffondendo le loro spore infette. Fuoco ora seguimi, devo parlarti, mentre prego voi di tornare alle vostre case e di prepararvi per lo scontro finale perché è molto vicino.
Egida aiuta Fuoco a rialzarsi, poi lo lascia tra le braccia di Madre Natura e ci fa strada per uscire dalla chiesa.
Un’ondata di aria fresca e pulita invade le narici, ma tutto intorno è buio e silenzio, tanto, troppo, una situazione inquietante. Poi in lontananza, ma esattamente di fronte a noi si sente un’esplosione, poi un’altra, un lampo che sale dal terreno invece che scendere dal cielo. Pochi secondi di quiete e la stessa sequenza si ripete alla nostra destra, poi alla nostra destra e infine dietro di noi. È l’inferno.
  • Padre!
Buona lettura da Tatystories

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Capitolo 20
*** POSIZIONI ***


Etere sussurra quest’unica parola e sebbene non avessi bisogno di conferme, sentirlo chiamare Caos in quel modo mi spezza cuore. Penso a lui che impara ad essere qualcosa di diverso da un Elements tra l’oscurità di una gabbia e la malignità di un padre che padre non è. Penso a lui combattuto tra due esistenze, ciò che è e ciò che gli ò stato insegnato di essere… forse siamo più simili di quanto credessi.
Il cielo si sta tingendo di rosso e in direzione del fiume un nugolo nero come la pece vortica paurosamente creando una spirale che da un punto imprecisato della foresta sale fino al buio della notte. Sono Predonum, centinaia di enormi e terrificanti anime infernali che si preparano ad attaccare Viterbo. Ho già visto e rivisto questa scena milioni di volte, ma solitamente siamo tutti uniti e compatti pronti ad affrontare il nemico e pronti per sconfiggerlo. Oggi non è così, oggi ognuno di noi è solo con se stesso e rancoroso verso suo fratello.

 
  • Dobbiamo agire in fretta. Dirigiamoci nel punto di origine del vortice di Predonum. La breccia deve essere lì.

Chicco prende in mano la situazione, ma una domanda sale veloce alle labbra.
 
  • Chicco ma tu non hai mai affrontato una lotta contro i Predonum…

Chicco abbassa gli occhi in cerca del suo arco che accarezza quasi si trattasse di un vecchio amico fidato.
 
  • No Maya, non è così. Noi Protettori siamo sempre stati presente ogni volta che uno dei nostri protetti affrontava una guerra. Invisibili e silenziosi, ma sempre al vostro fianco.

 
  • Mai nella storia vi siete mostrati. Cosa è successo questa volta? Perché solo tu sei qui con noi? Dov’è il Protettore di Fuoco?

 
  • Tu sei cambiata Maya. Non sei più solo Terra, oggi tu sei Maya e sei più umana che Element e questo ha cambiato le regole del gioco. Per quanto riguarda il protettore di Fuoco dovrai parlarne con lui.

Non c’è più tempo da perdere in chiacchiere. Tutti i dubbi troveranno risposta dopo questa notte, è arrivato il momento di affrontare Caos e rispedirlo laddove è stato recluso la notte dei tempi.
Chicco ci rivolge le spalle e si incammina spedito verso una meta imprecisata, dopo qualche passo di arresta e si volta guardandoci come solo un capo sa fare.

 
  • Seguitemi. Credo di sapere dove si trova la breccia. Sono giorni che indago.

Indagini? Chicco ha cercato la breccia, anzi Egida lo ha fatto. Quante domande e quante mancate risposte… Egida appare molto determinato, è una guida forte e coraggiosa e proprio come da sempre, mi sento al sicuro vicino a lui perché tutto sommato dovrò chiamarlo con un altro nome, ma rimarrà per sempre il mio insostituibile Chicco ed è solo per questo motivo che posso fidarmi del suo intuito e delle sue indagini.
Prendo per mano Nike che non ha ancora mosso nemmeno un muscolo o emesso un suono, ma guarda in direzione dei Predonum come se volesse incenerirli con lo sguardo. Corriamo come una vera squadra, ma la mancanza di Lukas è palpabile e non riesco a capire come Madre Natura possa trattenerlo proprio in questo momento. È impossibile che sia all’oscuro di quanto sta succedendo qui fuori.


Tra padre e figlio (Etere p.o.v.)

 
  • Padre, padre, dove siete? Cosa succede? È troppo presto… perché proprio ora?

 
  • Taci figliolo, è arrivato il momento. Ho capito chi è Terra davvero e non c’è null’altro che mi serve. Raggiungimi o soccomberai.

E chiude la comunicazione. Non gli servo più, ora lo so. E mi lancio verso l’ignoto con la sola certezza che devo la mia devozione ad una sola: Terra.

 
Tra madre e figlio (Fuoco p.o.v.)
  • Figlio mio non posso credere a quello che ho visto questa sera. Ti sei ribellato alla mia volontà, ti sei ribellato alla tua creatrice. Voglio una spiegazione!

 
  • Madre sono io a pretendere una spiegazione. Senza consultarmi avete annullato il legame che mi unisce a Terra da quando esiste questo stesso pianeta, da quando esistiamo noi Elements. Quello stesso legame che voi mi avete imposto per proteggerla dagli altri e da se stessa, per ritardare la sua trasformazione in un elemento della natura e per nascondere il suo potere. Fin da subito in questa rinascita qualcosa ha modificato il nostro rapporto. Da subito ho capito che ci era impedito ritrovarci fisicamente, qualcosa di indipendente dalla nostra volontà ci ha separato ad ogni occasione impedendo che il nostro legame si consolidasse come sempre è accaduto. Poi ho capito che eravate stata voi nel tentativo di impedire che anche questa volta Terra ponesse al primo posto il nostro rapporto piuttosto che il genere umano. Le catene che una volta avete menzionate erano destinate a tenerci separati fisicamente. L’atto fisico però è sempre stato l’unico modo per evitare che Terra si perdesse nella sua umanità, infatti in questa rinascita Terra è cambiata molto, è rimasta legata a Maya e alla sua essenza terrena. I suoi poteri sono cresciuti perché si è concentrata su se stessa piuttosto che su di noi fino a manifestare capacità che solo nella guerra primordiale aveva svelato. Sappiamo entrambi che questo potere è a doppia lama e se non viene controllato può creare o distruggere ogni cosa. Rimuovere completamente il legame significa lasciare Terra in balia di questo potere senza che nulla possa aiutarla a dominarlo e governarlo e sarà in pericolo.

 
  • Devi capire che Caos è sempre più potente e c’è qualcosa che questa volta lo rende terribilmente minaccioso. Sento che dovrete usare ogni arma a vostra disposizione per poter chiudere la breccia. Il pericolo imminente è sconosciuto anche a me ed è stato necessario restituire a Terra i suoi pieni poteri anche se questo significa metterla in pericolo. Sono certa che lei è il fulcro di tutto.

 
  • Ma in questo modo sarà esposta al pericolo… Madre, ti prego, ristabilisci il legame, permettimi di proteggerla.

 
  • Dovrai proteggerla in altro modo, ma ricordati che il fine supremo è sconfiggere Caos non salvare Terra.

 
  • Madre, cosa dite?

 
  • Fuoco rispetta la mia volontà o non ti permetterò di avvicinarti allo scontro finale che proprio ora si sta scatenando.

 
  • Di cosa parlate?

 
  • Fuori scatena la furia dei Predonum… Caos ha scatenato l’infermo, è giunto il momento. Va figliolo e difendi il tuo pianeta, ma se mi accorgerò che la tua attenzione non sarà rivolta alla vittoria finale ti porterò via.

 
  • Non vi deluderò.

 
  • Lo spero figlio mio.

E mi lancio verso l’ignoto con la sola certezza che devo la mia devozione ad una sola: Terra.



Buona lettura da Tatystories
 

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Capitolo 21
*** la battaglia finale ***



La battaglia finale



Fuoco p.o.v.


Non deluderò Madre Natura, ma non lascerò che sia Terra a pagare il prezzo di questa guerra. È colpa mia se deve gestire un potere che non conosce, avrei dovuto raccontarle la verità e non nasconderle che il nostro legame andava oltre il semplice piacere. Io e lei siamo stati destinati ad essere un tutt’uno, siamo destinati a perderci l’uno nell’altro per salvarla da se stessa, per impedirle di fondersi nel suo stesso elemento. Quando è stata creata da Madre Natura Terra doveva essere diversa da noi Elelments. Terra non era destinata ad essere un guerriero volto a difendere il pianeta, ma l’anima di esso, il fulcro vitale, l’essenza primordiale. Io, Aria, Acqua ed Etere invece saremmo stati i guardiani protettori del pianeta, ma anche di Terra. La perdita di Etere ha cambiato le carte in tavola. Madre Natura ha ritenuto opportuno che Terra diventasse un Elements a tutti gli effetti, ma per farlo ha dovuto imbrigliare il suo potere fino a renderlo meno pericoloso possibile per l’esistenza del pianeta. Se Terra sprigionasse l’intera energia che possiede distruggerebbe tutto e tornerebbe il Nulla assoluto, lo stesso che Caos dominava prima che Madre Natura arrivasse a fecondare il pianeta. Per dominare questo immenso potere fu necessario che qualcosa controllasse Terra costantemente e per questo motivo nacquero i Protettori, ma quando le sembianze degli Elements divennero umane non furono più sufficienti nemmeno loro. La prima volta che Terra si svegliò sotto forma umana era una donna che riuscì con il suo potere a costringere un uomo a raccogliere la mela del peccato e da qui l’uomo divenne imperfetto e il suo libero arbitrio una condanna. Allora Madre Natura chiese il mio aiuto, capì da subito che era necessario legare Terra a qualcosa o meglio qualcuno di terreno e sfruttò il suo ardore per imprigionarla in un legame totalitario con me che avrebbe dovuto distrarla e indebolire almeno in parte la sua forza. Così accadde, ma altre conseguenze seguirono a questa decisione. Per Terra divenni un’ossessione, quasi un tormento. Non poteva vivere senza avermi accanto e ad ogni risveglio mi cercava per possedere il mio corpo e la mia anima. Io stesso ero pazzamente innamorato di lei, lo ero sempre stato anche quando eravamo semplice essenze, ma compresi che ben presto avremmo pagato lo scotto. Ogni volta che io e Terra consumavamo il nostro amore l’umanità veniva abbandonata a se stessa. Aria e Acqua nulla potevano poiché l’unica che aveva il potere di fermare l’effetto devastante dei Predonum, le spore che infuocano gli animi, era Terra che nel momento stesso in cui si univa a me rimaneva completamente indifferente mentre gli uomini si annientavano l’un l’altro ed io diventavo completamente succube della sua passione.
Questa volta però è stato tutto differente. Madre Natura ha percepito un pericolo diverso, più potente che mai, capace di distruggere l’intera umanità. Ha capito che il pericolo era di natura terrena, riguardava Terra più di chiunque altro e ha pertanto deciso che niente doveva distrarre Terra e soprattutto che era necessario restituirle le sue piene potenzialità anche a scapito della sua stessa vita. Ma io non lo permetterò! La amo a prescindere dal nostro legale e l’ho compreso in questa vita più che mai. Fin dal primo incontro, ancora prima di ricordare il nostro amore ossessivo, ho percepito un’affinità di spirito e l’ho desiderata fin quasi a non sapermi trattenere. Più passava il tempo più mi accorgevo che non ero attratto solo dal suo aspetto fisico, ma era la grinta, la determinazione, il coraggio, la spavalderia e anche le sue rispostacce che mi attiravano come una falena è attratta dal fuoco e nello stesso modo sapevo che mi sarei scottato perché Madre Natura mi aveva avvisato di starle alla larga, di non lasciarmi sopraffare dal desiderio, ma è stato quasi impossibile. La amo per quella che è stata e per quello che è oggi, la amo perché mi fa sentire vivo e umano e non solo un essere creato con l’unico scopo di difendere il pianeta da Caos. Sebbene essere un Elements sia un onore e un privilegio, con il passare dei secoli qualcosa è cambiato. Ho visto nascere la razza animale e poi quella umana, ho visto l’uomo amarsi, odiarsi e amarsi di nuovo. Ho visto lacrime per la perdita di un figlio o per la procreazione di esso, ho visto lacrime di gioia, di paura, di rabbia, di sollievo e di sofferenza… anche tutte insieme e ho invidiato tutto questo. Ben presto ho cominciato a desiderare una vita normale, fatta di piccoli gesti e soprattutto scandita da un inizio e una fine che non dipendessero dall’esistenza di Caos. Terra rappresenta questo, Terra, anzi Maya, rappresenta la possibilità di essere più umani e se a me questa possibilità non sarà concessa di certo voglio che a lei lo sia e pertanto la difenderò finché le forze me lo permetteranno e finché Madre Natura non me lo impedirà con la forza… E poi la lascerò libera di amare chi desidera.

Etere p.o.v.

Non posso credere che mio Padre abbia dato inizio alla battaglia finale senza consultarmi. l’ho pregato di attendere fino a quando non fossimo stati certi della fedeltà di Terra, il gesto di questa notte è stato certamente un segnale, ma ancora troppo debole per avere la certezza che sceglierà me piuttosto che nostra Madre e soprattutto che sceglierà me piuttosto che Fuoco.  A questo punto non posso più fermarlo e dovrò far capire a Terra qual è la scelta giusta o la ucciderà... oppure ucciderà me.
Sento la sua mano che mi afferra e strige forte la mia, la forza, il calore, l’energia che mi trasmette sono combustibile che mi accendono, mi infiammano. Corriamo verso il punto dove si concentrano i Predonum, Chicco ci guida, ma non sa esattamente dove andare. Io al contrario conosco esattamente dove si trova la breccia, appena al di là della cascata dove Terra mi ha salvato, dove mi ha dimostrato per la prima volta un interesse molto superiore al semplice affetto. Ricordo ancora le sue parole:

 
  • E ti ho salvato… diversamente mi sarei uccisa. Non avrei potuto perderti una seconda volta. Sei tutto per me.

Poi mi baciò. Un bacio casto e puro, non certo passionale e sfrenato come avrei desiderato. Ma ogni cosa a suo tempo. Quando avrà capito cosa ho da offrirle, quando Fuoco sarà stato sconfitto e umiliato, quando potrà usare il suo potere senza aver paura delle conseguenze sceglierà me e staremo insieme per sempre. Pregusto la sua bocca famelica, il suo seno voluttuoso, le sue mani avide e il calore della sua umanità avvolgere la mia umanità. Questi esseri così imperfetti sono pieni di difetti e assurdità, ma sono stati capaci di unire la carnalità dell’animale alla spiritualità degli elementi celestiali dando origine ad un’esplosione di sensi mai esistita prima d’ora. Ho giaciuto con molte donne, ognuna mi ha regalato magie diverse, ognuna ha esplorato il mio corpo umano donandomi piacere ed io a loro ho donato più di quanto avranno mai con un compagno, ma solo Terra era nella mia mente, solo Terra potrà soddisfare la mia brama di piacere e potere, solo Terra è la mia metà e solo con lei troverò la pace che cerco da tutta la mia esistenza.
Stringo la sua mano a mia volta, voglio che sappia che ci sono e sarò al suo fianco, anche se forse non il fianco che pensa in questo momento. Ce la farò, capirà e mi seguirà, sceglierà me perché il suo cuore porta da me. Me lo ha ripetuto tante volte.
  • Padre, mi senti padre. Parla con me.
È un tentativo, non so se funzionerà, ma ho la necessità di parlare con mio padre e capire come ha intenzione di agire.
 
  • Padre rispondimi.

Cerco di usare gli astri come legame tra me e Caos, le stelle non sono altro che corpi celesti che irradiano energia sotto forma di radiazioni elettromagnetiche, quindi un flusso di particelle. Sto cercando di usare questo flusso per comunicare con mio padre come se fossero dei cavi del telefono. Non è facile concentrarsi mentre tengo il passo di Terra ed Egida, ma è essenziale che io sappia cosa aspettarmi una volta alla cascata.
 
  • Padre, vi prego, rispondetemi! Ho bisogno di spiegazioni.
  • Figliolo!    
 
  •  Ditemi cosa succede? Perché avete dato avvio alla battaglia senza avvisarmi? E soprattutto senza aspettare che Terra fosse completamente dalla nostra parte?
 
  • Figlio ho visto il potenziale di Terra e a prescindere dal suo volere sarà dalla nostra parte, non avrà scelta. Portamela qui e al resto penserò io stesso.
 
  • Padre, non siamo soli, c’è un Protettore con noi e credo che tra poco ci raggiungerà anche Fuoco. È potente, molto più di quanto immaginassi. Dovremo fare attenzione anche a lui.
 
  • Figlio, fidati di tuo padre. Ho una sorpresa per tutti i tuoi nuovi amici… non avranno scampo!
 
  • Padre di cosa parlate?
 
  • Padre?
 
  • Padre?

La comunicazione si è interrotta. Di cosa parlava?
 
  • Etere! Etere!

Terra mi sta chiamando, devo fare attenzione.
  • Per favore puoi creare qualcosa che ci illumini? Non si vede nulla in mezzo a questo fogliame e per vedere da che parte proseguire abbiamo bisogno di un po’ di luce. Se ci fosse Fuoco…
Il resto della frase le muore in bocca. Si volta e con occhi preoccupati cerca nel buio dietro di noi qualche segnale della sua presenza, ma pare non ci abbia seguiti, forse Madre Natura l’ha punito per l’affronto ai suoi danni e non parteciperà alla battaglia. Mi spiacerebbe non affrontarlo, desidero mortificarlo davanti a Terra, ma sono anche consapevole della sua forza, l’ho provata questa stessa sera sulla mia pelle e non devo sottovalutarlo.
  • Provvedo subito.
Senza indugiare oltre su fantasie omicida attiro la luce di una tra milioni di stelle che illuminano questa notte di paura e la dirigo sopra le nostre teste. E luce sia mia dolcissima Terra.
La scena che si para davanti ai nostri occhi è agghiacciante. A qualche centinaio di metri da dove ci troviamo si possono distinguere senza ombra di dubbio almeno una cinquantina di Predonum che volano in circolo vorticosamente creando una sorta di imbuto intorno a qualcosa di imprecisato. Le ali sbattono così forte cha anche a distanza siamo investiti da un vento gelido e nauseabondo e le grida acute e stridule di quei mostri alati ci straziano le orecchie. Ho imparato a sopportare il loro olezzo e frastuono, ci sono cresciuto e per molto tempo ho pensato quello fosse il tutto. Per un tempo indefinito ho creduto che non esistesse altro oltre i confini della gabbia diamantata. Caos non mi ha da subito spiegato chi fossi, dove fossi e perché mi trovassi in quel luogo, ma quando conobbi la verità cominciai ad odiare Madre Natura e da allora covo vendetta.
  • Figlio mio è giunto il momento di raccontarti la verità. Non sono tuo padre e tutto quello che ci circonda è falso

Ero sconvolto da quella rivelazione. Non avevo altro che lui, era il mio giorno e la mia notte, madre e padre, amico, alleato e istruttore. Era l’unica presenza oltre a me in tutto quel nulla fatto di specchi e pietra. Il luogo dove vivevamo era splendido, pieno di ricchezza e lusso, comodità e stravaganze, sempre diverso, nuovo e sfolgorante ad ogni epoca. Tutto rispecchiava la vita che scorreva esternamente, se fuori era la preistoria noi vivevamo tra immensi laghi, foreste e vulcani. Se fuori era il Medioevo, banchettavamo in sale sontuose di castelli merlati. Se fuori era il Rinascimento noi eravamo circondati da opulenti lampadari e mobilio riccamente decorato. Era tutto finto, ma io credevo fosse reale. Erano gli specchi che mio padre aveva dislocato intorno alle sbarre che riflettevano dentro ciò che era fuori, era finzione, falsità, una vita riflessa. Caos mi spiegò tutto questo e il mio mondo fittizio crollò e la memoria tornò. Ricordai che mia madre, Madre Natura, mi aveva abbandonata e con lei i miei fratelli. Di loro avevo un ricordo vago, solo Terra era un’immagine indelebile. Immagine legata a sensazioni piacevoli, sensazioni che non sentivo se non pensando a lei. Ricordavo la lotta furiosa e sapevo di averla protetta e che lei avrebbe fatto lo stesso, ma non sapevo il motivo di quello scontro e perché io ero con lui e non gli altri. Caos allora mi rivelò tutto quello che non conoscevo. Mi disse che Madre Natura voleva impadronirsi del suo pianeta e per farlo aveva generato gli Elements: Terra, Fuoco, Acqua, Aria e per ultimo Etere che però si era rivelato debole e incapace di combattere. Per questo motivo Madre Natura lo aveva abbandonato e durante l’aspra lotta Caos lo aveva raccolto di nascosto, ma dopo la sconfitta non ebbe altra scelta se non quella di portarlo con se nella prigionia e crescerlo come un figlio. Con un incantesimo mi aveva rimoso la memoria per permettermi di crescere libero da pregiudizi, ma poi era arrivato il momento della verità e da quel momento in poi la mia esistenza si è sviluppata intorno ad un unico pensiero: vendicare mio padre, annientare mia Madre e riprendermi Terra. Sapevo che era perfetta e potente, la mia metà: io l’universo lei la terra. Dopo avermi rivelato la verità, Caos cominciò pian piano ad aggiornarmi su ognuno dei miei fratelli e mi permise anche di vedere delle scene dei loro combattimenti tramite la vista delle Sentinelle. Più li osservavo più li odiavo, fatta eccezione per Terra. In particolare odiavo Lukas perché vedevo come la guardava e come cercava di starle sempre accanto e notavo anche come lei lo cercava continuamente. In quel momento decisi che Fuoco sarebbe stato il primo che avrei eliminato. Quando finalmente sono giunto sul pianeta e ho cominciato a crearmi una copertura la voglia di cercare subito Terra è stata difficile da combattere, ma sapevo di doverla raggiungere pian piano perché si fidasse di me. Mi sono costruito un’esistenza che potesse attirare la sua attenzione. Un giovane artista di successo riconosciuto dalle maggiori testate del settore come il genio del secolo e inevitabilmente sulle copertine dei giornali scandalistici per le mie avventure vere, false e presunte. L’amicizia con il preside della scuola d’arte di Maya è stata la ciliegina sulla torta e l’incidente stradale che ha impedito al professore di presentarsi all’esame un piccolo trucchetto per accelerare i tempi. Sapevo già tutto di lei, conoscevo le sue abitudini, i suoi amici, i suo i gusti, quello che mangiava al mattino e la musica che ascoltava. Poi finalmente l’incontro al bar, non ha deluso le mie aspettative, non l’ha mai fatto, al contrario ha aumentato la mia voglia di possederla perché ogni sua cellula sprigionava sensualità e carnalità. Ho cercato di avvicinarmi a lei velocemente, saltando qualche passaggio, ma mi ha rimesso al mio posto e mi ha fatto capire che sa usare il suo libero arbitrio, anche sotto l’effetto della magia. Pian piano però ci siamo avvicinati sempre di più, fino a quando ha scoperto chi sono e a quel punto nulla ci ha più potuto separare. Terra mia ama, lei sostiene si tratti di un amore platonico, come quello tra fratelli e sorelle umane, ma io so che non è così. Io sento il suo cuore che pulsa, il suo sangue che scorre più veloce nelle vene quando le sono accanto, sento il suo desiderio di proteggermi. Questo è amore ma ora siamo giunti alla resa dei conti e dovrà scegliere.
 
  • Fermi!

È un urlo che ci raggiunge nel silenzio della notte. È la voce di Chicco che ci ha preceduti, corre molto più veloce di quanto pensassi, credo che il ragazzo non sia da sottovalutare. È già in cima alla cascata, mentre io e Terra, lei davanti a me, abbiamo appena iniziato la risalita.
 
  • Etere ferma immediatamente Terra!


Buona lettura da Tatystories
 

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Capitolo 22
*** proseguo della Battaglia finale ***




Chicco P.o.v.


Qualche minuto prima…

Ho seguito la scia tracciata in cielo dai Predonum, non è stato semplice perché questa notte è più buia che mai, senza luna a schiarirla, senza stelle ad illuminarla e senza protezione dalla minaccia di Caos. Ho capito da subito che quel vortice di piume e artigli nascondeva qualcosa di spettrale. Ho accelerare il ritmo della corsa per avere il tempo di controllare prima dell’arrivo di Terra. E avevo ragione. La scena è terribile e Maya potrebbe non reggerla. Appena ho varcato la radura e raggiunto la cascata ho capito che i Predonum si trovavano sulla parte più alta. Ho cominciato a scalare la roccia dura e bagnata e ho raggiunto facilmente la sommità. A qualche metro d’altezza rispetto al suolo, scagliati contro il nero dell’oscurità più bieca, vorticando spietati si possono distinguere almeno cinquanta Predonum con becchi enormi e artigli affilati. In mezzo a loro trattenuti per le spalle dagli artigli di altri tre Predonum particolarmente robusti e inquietanti, ci sono i gemelli: Pippo, Giacchy e Roby. Hanno gli occhi chiusi, il capo penzolante in avanti e gli arti scomposti. Sembrano morti, ma vedo il loro petto sollevarsi pian piano e ne deduco che siano solo addormentati. L’istinto mi dice che non sono davvero in pericolo, sono degli ostaggi per ottenere qualcosa. Ma cosa vogliono esattamente? Dall’alba dei tempi una volta allargata abbastanza la breccia grazie al potere dei Predonum Caos è fuoriuscito ingaggiando un’aspra lotta per riottenere il suo pianeta. Ogni volta è stato sconfitto grazie all’intervento degli Elements che sfruttando i doni di Madre Natura lo hanno ricacciato nella sua gabbia diamantata. Caos non ha mai avuto bisogno di ostaggi perché non ha mai avuto nulla da barattare. Perché questa volta ha preso degli ostaggi? E perché proprio i gemelli? Sono quanto di più caro abbia Maya oltre ai suoi genitori e a me… Cosa vuole Caos da Maya?


 
  • Etere ferma Terra!

Squarcio il silenzio del bosco con la mia voce per impedire a Terra di vedere questo scempio. La conosco fin troppo bene, sia sotto la versione Elements che come la semplice Maya, la mia adorabile vicina di casa. In entrambe le varianti la sua reazione sarebbe istintiva e fuori dagli schemi.

Troppo tardi. Maya sta risalendo velocemente la parete e il mio urlo sembra spronarla a muoversi più velocemente. Pochi passi ancora e dovrà affrontare questa scena epica. Devo fare qualcosa per distrarla. Scaglio una freccia in mezzo ai pennuti, ben lontana dai gemelli, ma mirata per colpirne almeno un paio. Gli uccellacci spezzano il vortice e cominciano a volare alla rinfusa, coprendo la vista dei corpicini addormentati. Affaticata Terra mi guarda stupita.


 
  • Egida, cosa succede? Perché si sono agitati.

 
  • Ho scagliato una freccia per …

La frase mi muore in bocca, i Predonum hanno ripreso a volare in cerchio e la scena è ancora più inquietante di prima perché i bambini si sono svegliati e urlano, piangono e si dimenano provocando l’ira di quei mostri che serrano con maggior vigore la presa degli artigli sulle loro piccole e delicate spalle.

 
  • Maya…

Terra legge nei miei occhi rabbia e terrore e seguendo la direzione dei miei pensieri alza il volto e la reazione è pari alla drammaticità della situazione.

 
  • Nooooooo!

L’urlo è acuto e straziante e a tal punto violento da catturare l’attenzione sia dei Predonum che dei gemelli che per una frazione di secondo smettono di piangere per capire da dove è giunto. I loro occhi si incontrano. I piccoli riconoscono Maya e subito dopo anche me e un lieve accenno di sollievo si dipinge sui loro volti. Si tratta solo di un istante perché quasi nello stesso momento un’ombra ancora più scura del buio e ancora più spaventosa dei Predonum si piazza sopra le loro teste e una bocca enorme, profonda e infernale li risucchia. Al loro posto appaiono due occhi gialli che puntano diretti su Terra. Dal nulla una voce cupa e rimbombante ci colpisce.

 
  • Terra finalmente ti conosco.

Nel frattempo anche Etere ci ha raggiunto, ma è rimasto in disparte.

 
  • Caos…  eccoti di nuovo. Non ti sono bastate tutte le volte in cui ti ho ricacciato in quel buco d’infermo che è la tua gabbia.

 
  • Forse questa volta ho capito dove sbagliavo… non credi?

Due mani enormi e minacciose compaiono dal nulla e in esse i piccoli di nuovi addormentati, accoccolati tra di loro per proteggersi l’un l’altro.  L’ira di Terra si manifesta solo a chi la conosce davvero. La mascella si tende nervosamente e le mani si stringono a pugno. Il collo si tende e ruota leggermente verso destra. Sta cercando di mantenere la calma e farlo le costa davvero molto. Lo sfida apertamente.

 
  • Da quando gli umani sono al centro delle mie preoccupazioni. Stai invecchiando caro vecchio Caos…

 
  • Non puoi fingere con me… io ti conosco più di quanto tu creda e certamente questi tre piccoli umani ti sono cari.

Per dimostrare la sua ragione la mano che contiene i bambini comincia a chiudersi lenta ma inesorabile come se volesse stritolarli. Maya cade nel tranello oppure più probabilmente non riesce a trattenere oltre la sua rabbia ed esplode.

 
  • Fermati! Cosa vuoi?

 
  • Ora ci capiamo.

Ma prima che Caos posso preseguire Terra allarga le braccia averso il cielo e comincia a ruotarle in senso orario e poi in senso antiorario. Sopra la sua testa i Predonum sembrano impazziti. Seguono i movimenti delle mani di Terra andando a sbattere tra di loro. Artigli che colpiscono occhi, becchi affilati che graffiano ali in una danza macabra e mortale. In pochi attimi ogni Predonum precipita al suo lo senza vita.

 
  • Ora siamo solo io e te. Parla, ti ascolto.

Caos è visibilmente adirato, ma anche in qualche modo ammirato dalla forza e determinazione di Terra.


 
  • Voglio te, ti voglio dalla mia parte. Ti voglio mia. Io ti lascerei libera di usare il tuo potere, di essere ciò che vuoi, di governare il mondo seduta accanto a me e non ai miei ordini. Terra non sei stanca di dover rispettare le regole di Madre Natura? Di dover fare sempre la cosa giusta? Di dover reprimere la tua vera essenza per il bene dell’umanità? Pensa Terra a come sarebbe bello e naturale che io e te,gli esseri più potenti in assoluto, dominassimo questo e mille altri pianeti. Lasceremo sopravvivere la razza umana, ma sarà al nostro servizio e smetterà di torturare la bellezza di questo pianeta con i suoi fumi e i suoi veleni, le acque tornerebbero limpide, l’aria pulita e piante e animali si riprodurrebbero fino ad avere il sopravvento sul grigiore delle città. Tu saresti la regina ed io il re.
Terra p.o.v.
Sono infuriata e spaventata e disorientata. Mai mi sarei aspettata la scena che ho dinnanzi. I miei piccoli gemelli in pericolo e Caos che mi propone di regnare al suo fianco. Mentre lo lascio parlare sto raccogliendo ogni più piccolo brandello di energia che riesco a recuperare da ogni creatura animata e inanimata che mi circonda. Il   mio piano è di creare un fascio di luce così potente da colpire sia Caos che i Perdonum e rispedire tutti all’inferno. Ma fino a quando i gemelli saranno tra le sue grinfie non posso procedere e l’unico modo per liberarli e fargli credere che sto riflettendo sulla sua proposta.
  • La tua proposta mi lusinga, ma mi chiedi di rinunciare ai miei amici…
  • E chi sarebbero i tuoi amici? Madre Natura? Fuoco? Egida? Tua madre è pronta a sacrificarti, sapeva perfettamente che eri il mio obiettivo e ti ha inviato senza nemmeno avvisarti del pericolo che stavi per affrontare. Fuoco dov’è ora? Ti è così fedele che non è nemmeno qui accanto a te a combattere e Egida… Egida ti ha mentito per tutta la vita, ti ha tenuto nascosto la sua identità e ti garantisco che non è l’unica cosa che non ti ha detto. Prova a chiedergli cosa è successo al protettore di Fuoco o forse dovrei dire alla Protettrice…
Lo guardo spaesata. A cosa si riferisce Caos? Osservo Chicco, il mio migliore amico, il mio protettore e leggo nel suo sguardo colpa e vergogna. Non è questo il momento per aprire questo vaso di Pandora.
  • Hai dimenticato tuo figlio. Etere è con me, Etere mi è fedele da tutta la vita.
La sua risata è un pugno nello stomaco, potente e arrogante, sicura e minacciosa.
  • Mio figlio è fedele solo a suo padre.
Etere compare al mio fianco.
  • Padre non fatelo!
 
  • Figliolo, come sei ingenuo. Cara Terra devi sapere che Etere è tornato da te con uno scopo preciso. Lui voleva vendicarsi di Madre Natura e liberarmi dalla mia prigione e sapeva che per farlo doveva avete te dalla sua parte. La più potente tra tutti gli Elements, la fonte di ogni energia, colei per la quale aveva dato tutto. Stupido ingenuo. Tu non saresti mai venuta dalla nostra parte. Sei più umana di quanto sia lecito per una creatura del tuo livello e proprio come questa stupida stirpe alla fine scegli sempre l’alternativa sbagliata.
Sono stordita e quello che dice Caos non ha senso… a meno che Etere non mi abbia mentito, non abbia mentito a tutti noi e a Madre Natura. Non ci credo. Lui mi ha salvata, lui si è sacrificato per me… ma lui è stato cresciuto da Caos nel profondo dell’inferno.
  • Etere ti prego… dimmi che non è così!

Mi rendo conto che la mia è una supplica e che sono ridicola, ma non potrei sopportare il suo tradimento.
 
  • Terra, devi comprendere che tu sei un essere superiore e che Madre Natura non è quella che dice di essere. Lei ti manovra come se fossi una marionetta, un burattino. Tu non sei un vero Element, sei molto di più. Sei stata creata per essere l’anima di questo pianeta e fonderti con esso guidandolo dal profondo. Quando Madre Natura mi ha abbandonato ti ha tramutato in un guardiano in modo che aiutassi Fuoco Eria e Acqua a difendere il pianeta e per farlo ha imbrigliato parte dei tuoi poteri e ti ha legato per sempre a Fuoco che doveva controllarti ed evitare che facessi danni. Per tutta la tua esistenza sei stata un falso, la copia mitigata di te stessa, un fantoccio che ad ogni rinascita ha cercato di ritrovare se stessa ma alla fine ha sempre ripetuto gli stessi identici sbaglia.  
Nella mia mente si formano delle immagini, erano tanto nascoste e ricoperte da strati e strati di magia che faticano a dar vita a figure precise, ma pian piano i margini si fanno precisi e i colori nitidi e vivaci. Sono io sotto forma di luce primordiale, abbiamo appena vinto la battaglia contro Caos, la prima di tante, ma certamente la più devastante, quella che ci ha tolto per sempre Etere. Poi l’immagine cambia e ci sono Madre Natura e Egida che parlano.
 
  • Custode di Elements ascoltami. Il tuo compito sarà più difficile degli altri custodi. Terra non è chi pensi. Lei è molto di più, è l’anima stessa di questo pianeta, il suo fulcro vitale, ciò che lo rende vivo. I suoi poteri sono infiniti e illimitati e solo grazie al legame che ho imposto con Fuoco saranno repressi e contenuti. Tu dovrai preoccuparti di controllarla ad ogni rinascita. Sarà vulnerabile a causa del legame con Fuoco e avrà bisogno di una guida che le indichi la strada giusta. Questo è il tuo compito. Vegliarla senza che lei se ne accorga.

Poi di nuovo le immagini cambiano. Ci sono io che rinasco cerva e sulle mie corna un pappagallo colorato nei cui occhi riconosco Chicco; poi sono una bellissima e ricca troiana e vicino a me un vecchio al quale so per certo affiderei la mia stessa vita; poi ancora sono una giornalista in terra straniera che si affida al suo cameramen per sopravvivere e infine sono Maya. Ho cinque o forse sei anni e accanto a me c’è Chicco che mi prende per mano e mi porta verso mia madre. Mi ero persa nel parco giochi e non trovavo più la strada, poi un piccolo percorso di luci mi ha portato fino a Chicco che anche lui fanciullo mi ha abbracciata e messa in salvo.
Mi volto verso Egida e lui sa già quello che sto per chiedergli.

 
  • È la verità?

Si avvicina, ma non voglio che mi tocchi. Non ora.
 
  • Rispondimi… dice la verità? Cosa sono? Chi sono?
  • Maya, è stato fatto tutto per il tuo bene. Dovevamo proteggerti.
  • Da chi? Da me stessa? Da Caos? Da voi? La sincerità è ciò che permette di avere fiducia e se in questo momento dovessi fidarmi di chi è stato sincero con me potrei rivolgermi solo a Caos.
Dall’alto un tuono d’approvazione e un piccolo vortice si crea dal nulla.
  • Sali mia adorata Terra, raggiungimi. Distruggiamoli tutti e regniamo insieme.
 Egida scocca una freccia verso il cupo vuoto di queste parole ottenendo come unico risultato un tuono ancora più fragoroso e potente. Il vortice si avvicina sempre di più ed è pronto a portarmi verso Caos.
  • Terra per favore, lo sai che ti voglio bene e sai anche che se ti sto accanto non è certo perché me lo ha chiesto Madre Natura.
  • Chicco o Egida che tu sia… io non so più chi sono e non so più chi sei tu.
Ripetendo queste parole più volte salgo sul vortice scomparendo al suo interno. Un braccio mi aggancia il polso per trattenermi. È Etere. Non glielo permetto e strattonandolo forte lo lancio verso una roccia posizionata proprio dietro a Egida. Mi ha tradita, non mi ha detto la verità, nemmeno lui. Non voglio fargli del male perché non posso fare a meno di proteggerlo. È colpa mia se non è cresciuto in mezzo a noi come un vero Elements e ragionandoci ora capisco che è colpa mia anche se Madre Natura ha dovuto rivedere i suoi piani dopo la scomparsa di Etere.
 
  • Caos, mostrati.
  •  
  • Eccomi Terra.
Un uomo alto, brizzolato, ma affascinante e misterioso si materializza davanti a me. Entrambi fluttuiamo tra due piccoli vortici d’aria. Allunga le braccia verso di me con la tacita richiesta di prendere le sue mani. Ci tocchiamo e ciò che vedo è ciò che mi aspetta. Un futuro di dominio e potere, controllo ed egemonia, supremazia e forza su ogni essere vivente. Il controllo assoluto.
So cosa devo fare.
  • Padrone di ogni cosa! Dimostrami la tua fedeltà. Dimostrami che non mi stai mentendo come hanno fatto tutti gli altri. Dimostrami che posso fidarmi almeno di te. Libera i gemelli.

 
  • Io sono Caos e non ho bisogno di dimostrare nulla.

 
  • E io sono Terra e sono la più potente tra gli Elements e non ho motivo di fidarmi di te. Ti combatto da tutta la vita, perché dovrei cambiare proprio ora?
  • Perché ti ho detto la verità e perché tutti gli altri ti hanno mentito.
  • Io non ho bisogno di nessuno. Ho abbastanza potere per distruggere tutto in questo stesso momento… TE COMPRESO. Dammi un motivo per fidarmi. Libera i gemelli.

 
  • Lo farò, ma ti avverto. Se questo è un tranello mi vendicherò su mio figlio.

Con un lampo accecante si materializzano al suolo accanto a Egida i tre gemelli ed Etere che si stava riprendendo dopo lo scontro con il masso, è catapultato in aria legato con catene di scariche elettriche.
 
  • Padre!

Una scarica potentissima si riversa sul corpo di Etere che trattiene il dolore stringendo le labbra e serrando gli occhi. il corpo si comprime per poi allungarsi e accovacciarsi di nuovo, il tutto senza che le catene si rilassino nemmeno per un secondo. Sulla pelle sono già visibili grosse ecchimosi e da un orecchio scende un piccolo rivolo di sangue. Ho la sensazione che quelle catene siano intrise di magia oscura, Etere è potente, l’ho verificato personalmente quando abbiamo lottato contro i Predonum ed è piuttosto strano che non riesca a liberarsi. Forse però non vuole, forse è tutto un trucco. Anche se così fosse non posso rischiare, gli devo la vita e una vita gli restituirò.
Padre e figlio si guardano e sono convinta che si stiano comunicando in qualche modo. Provo a connettermi con l’elettricità che circola Etere e sfruttando anche il contatto fisico tra le mie mani e quelle di Caos finalmente percepisco dei suoni precisi, sono parole.

 
  • Padre potete torturarmi all’infinito, potete insultarmi e denigrarmi. Potete chiedere a Terra di governare con voi quando dovevo sedermi io alla vostra destra, ma non cambia il fatto che mi avete fatto da padre e questo sarete per sempre ai miei occhi.

 
  • Figliolo non ti facevo così sentimentale, ma avrei dovuto cominciare a comprenderlo quando hai messo Terra davanti alla missione. Ora capisco perché lo hai fatto. Terra è potente, più potente di qualsiasi essere esista su questo pianeta ed è anche fiera e bellissima, è unica e indomabile, è passionale e conturbate e sarà mia.

 
  • Non l’avrete mai… Terra ascoltami.

Etere ha smesso di comunicare con il Padre e si rivolge a me sempre usando la mente, sa che li stavo ascoltando.
  • Terra ti prego ascoltami. Mio padre può essere sconfitto solo in un modo. Non cercare di ucciderlo, rinchiudilo di nuovo nella gabbia, ma non ucciderlo.
Non lo sto proteggendo. Sto proteggendo te. Solo il tuo sacrificio può annientarlo e solo la tua fine sarà la sua fine perché siete legati. Tu sei stata creata per essere l’anima profonda di questo pianeta che fino a prima dell’arrivo di Madre natura altro non era se non mio padre stesso. Era Caos l’unico fulcro vitale di questo pianeta e per sostituirlo Madre Natura ha creato te. Tu appena creata nel pieno dei tuoi poteri con l’aiuto di tutti gli Elements avresti eliminato per sempre Caos, ma è andato tutto storto e Madre Natura ha dovuto incatenare parte dei tuoi poteri per trasformati in un Elements. Da quel momento in poi per secoli e secoli hai vissuto una vita usando sempre e solo parte dei tuoi poteri e oggi non saresti in grado di gestirli. Solo usandoli appieno lo annienterai, ma non avresti scampo, non sopravvivresti.
Caos capisce quello che sta succedendo e un’altra scarica elettrica avvolge Etere, talmente intensa da farlo urlare come un animale ferito, poi perde i sensi.

 
  • Direi che è sufficiente.

Il mio tono è distaccato, anche se dentro fremo dalla rabbia. Etere mi avrà anche tradito, ma io non tradirò lui. Mi ha salvato la vita quando ancora non eravamo nulla l’uno per l’altro, anche solo per questo motivo avrà il mio perdono e certamente tutta la mia protezione.  I gemelli però hanno la precedenza. Controllo velocemente e vedo che sono finalmente in salvo, Egida ha già provveduto a nasconderli in una piccola grotta vicino alla cascata. Verifico che Egida sia ancora in stato incosciente, non mi serve né che mi intralci e tanto meno che mi aiuti. Farò tutto da sola, in questo modo solo io rischierò la vita. La loro sicurezza è tutto per me.
Improvvisamente qualcosa di caldo e intenso mi avvolge, cattura prima il mio petto fino ad allargarsi verso l’esterno. C’è solo una persona che mi infiamma in questo modo: Fuoco. È da qualche parte, ma non lo vedo. È certamente pronto ad intervenire, ma non si è mostrato per poter giocare la carta della sorpresa. Ora non posso pensare anche a lui, sa badare a se stesso e sebbene sia certa che tenterà di proteggermi in ogni modo, ciò che ho in mente di fare non gli darà alcuna possibilità di intervenire. Forse è stato il legame che ci ha imposto Madre Natura, forse sono i secoli passati tra passione e adorazione o forse è la paura di non essere capace di fare diversamente, ma io lo amo e ne sono ogni giorno più sicura e sebbene mai più gli imporro il mio amore, mai amerò altri se non lui.
Mi concentro su Coas e cerco di attirare la sua attenzione fissandolo spudoratamente dritto negli occhi. Stringo le sue mani che non si sono mai separate dalle mie, dapprima con tenerezza, poi la presa si è fatta più salda, possessiva e le mie dita si trasformano in lunghe radici che penetrano nei suoi palmi raggiungendo il cuore pulsante della sua trasformazione. La aggancio incatenandola alla mia volontà, in modo che non possa più perdere la forma umana fino a quando non sarò io a deciderlo. Non sapevo nemmeno di avere questi poteri, ma dopo che Etere mi ha detto la verità sono tornati a galla come se fossero solo stati messi in pausa. Mentre blocco le catene con lucchetti invisibili ma impenetrabili, mi permetto di mostrargli ciò che accadrà per essere certa che sappia quanto sono potente, quanta paura deve avere di me e a chi va e andrà sempre la mia lealtà. L’affascinante Coas in versione umana sgrana gli occhi che si riempiono di rabbia. Senza dargli il tempo di reagire le radici lo scaraventano al suolo. Il colpo è così violento da creare un enorme buca nel terreno, ma Caos è solo stordito. Approfittando del piccolo vantaggio mi fiondo sopra di lui, mi posiziono a cavalcioni sopra il suo ventre e lo ancoro al terreno con lacci fatti di liane che si intrecciano ai suoi arti e al suo busto. Deve rimanere in forma umana perché è in questo modo che è più vulnerabile ed è in questa versione che io sono più letale. Tra le mie mani creo un Nuclei Spiralis. So che questo esaurirà tutta la mia energia e probabilmente se non riuscirò a sconfiggerlo con questo colpo sarò completamente esposta alla sua ira, ma sono altresì consapevole che non ci sono alternative. Intorno a me piano piano si alza un enorme muro di rami, foglie, arbusti e tutto quanto si trova in natura e in questo momento è al mio servizio. La barriera si fa sempre più fitta e sempre più impenetrabile e la circondo con un’energia che deriva sempre dal pianeta, ma che ha fondamenta antiche e potenti. Nessuno potrà oltrepassarla.

 
  • Ora non avrai più scampo e questa volta non mi limiterò a rinchiuderti nella tua prigione, ma ti eliminerò per sempre. Scomparirai da questo pianeta a costo della mia stessa vita.

Al di là della muraglia sento le urla di Egida.
 
  • Terra non puoi sconfiggerlo da sola. Fermati.
Questo è il mio Chicco, così protettivo e responsabile. Mi mancherà.
  • Terra ti prego fermati!

Un sussurro, è Etere, si è ripreso, ma come Egida non può penetrare la muraglia difensiva che ho costruito.
Caos si scuote come uno squalo fuor d’acqua e tenta di liberarsi.

 
  • Sono più forte di te.

Il Nuclei prende vigore e senza sosta aumenta di dimensione e velocità, è un processo lento perché voglio essere certa che sia il più distruttivo possibile, ma inesorabile.
  • Sono caduto nella stessa trappola di mio figlio, dovevo saperlo che eri una perdente proprio come tutti gli altri. Madre Natura ti ha trasformata in una sentimentale umana. Sei ancora in tempo per fare la scelta giusto e diventare con me padrona di tutto.
La sua voce mi nausea.
  • Che tu abbia pensato anche solo per un attimo che avrei tradito i miei amici, la mia famiglia, la mia creatrice stessa è di per se un’assurdità, ma che tu creda che io possa ravvedermi dimostra quanto poco tu conosca il mio animo.

Finalmente sono pronta. Chiudo gli occhi e raccolgo la concentrazione sollevando le braccia nella posizione della potenza. Gli indici si toccano e puntano al cielo, la testa è reclinata indietro e la schiena retta e fiera. Le mie vesti umane si sbriciolano in piccoli coriandoli lasciandomi nell’unica e più potente forma che rappresenta il mio elemento: la nudità. Il Nuclei Spiralis è sospeso sopra il mio capo ed ha assunto la dimensione di una palla di cannone e sarà molto più letale. Controllo con la mente che la barriera sia sempre forte e resistente e sono certa che sopporterà l’urto.
Spalanco gli occhi, abbasso le braccia e con esse la mia arma mortale e poi vengo scaraventata a terra.

 
  • Cos’è successo?

Buona lettura da Tatystories

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Capitolo 23
*** ...Fine... ***


Fuoco p.o.v.

Qualche minuto prima…

Cosa sta succedendo? Perché Terra sta issando un muro protettivo. Ricordo che solo una volta ha usato questo tipo di magia, ma in quel caso lei non era al suo interno. Cercando di diventare invisibile striscio furtivo dietro una grande quercia secolare che può nascondermi alla vista e che si trova al limitare esterno del perimetro che Terra sta tracciando. Nonostante la vegetazione diventi sempre più fitta riesco a intravedere quello che succede al suo interno, ma devo stare immobile e aspettare. Devo capire quali intenzioni ha, anche se ho una pessima sensazione. L’aver scoperto di aver vissuto una serie di esistenze fasulle, mutilata della sua vera natura e di buona parte dei suoi poteri, sapere che le persone di cui si fidava ciecamente le hanno mentito o per lo meno taciuto fatti importanti per capire se stessa deve averla scossa fin nel profondo, ma nemmeno per un attimo ho temuto accettasse la proposta di Caos. Terra è passionale, irruenta, dispotica, vendicativa, spregiudicata e terribilmente umana, ma è altrettanto fedele e devota, giusta e leale. Si lancerebbe nel fuoco per salvare i suoi cari, sposterebbe montagne e pianeti per proteggere le persone che ama, si sacrificherebbe per un bene superiore.
È questo che sta facendo. Vuole distruggere Caos definitivamente nonostante le parole di Etere. Ha capito che solo così sarà libera nella vita o nella morte e solo così libererà questo pianeta dalla minaccia di Caos. La osservo e noto che il Nuclei Spiralis che ha creato sta diventando sempre più potente. Pensavo volesse usarlo per rispedire il nostro nemico nella gabbia, ma la dimensione che sta assumendo potrebbe spazzare via tutta l’Italia. Ecco lo scopo delle mura ed ecco perché lei si trova al suo interno.

“solo la tua fine sarà la sua fine perché siete legati”

Queste le parole di Etere che ho percepito mentre parlava telepaticamente con Terra e questo è quello che vuole fare.
Non perdo altro tempo, mi lancio verso la recinzione protettiva senza preoccuparmi se mi vedrà, ma vengo rimbalzato indietro da uno spessore di magia potentissima. Insisto e provo ad aprire un varco usando un fascio di fuoco: nulla, nemmeno un graffio. Appoggio i palmi al muro energetico e spingo con tutta la mia forza cercando di incanalare l’energia della protezione per renderla più debole, ma nemmeno questa soluzione funziona. Unico risultato mi sento indebolito.
  • Fammi scendere da qui. Ci penso io ad aprire un varco.
Mi volto e alzo lo sguardo. Etere è rinvenuto, ma è ancora bloccato sospeso dalle catene di Caos. Non mi fido di lui, come avevo supposto ci stava tradendo. Voleva portare Terra dalla sua parte, credeva di poter governare il pianeta accanto a suo Padre usando il potere di Terra. Ancora una volta qualcuno voleva usare la mia dolce Terra. Per una frazione di secondo, quando ho ritrovato l’intera memoria e ho ricordato il vincolo imposto da Madre Natura, ho pensato che ciò che provavo per Terra non fosse reale, ma frutto di magia e di ripetizione continua nel tempo. Spergiuro! Me stupido e sleale insicuro! Io l’amo, l’ho amata e l’amerò per sempre. Oggi più che mai. Amo Terra, ma ancor di più amo Maya. Nessuno, né Caos né Madre Natura, mi impedirà di proteggerla, dovessi per questo subire le ire di chi mi ha creato.
  • Va bene, ma se mi stai mentendo, farò quello che ho desiderato fare fin dal primo momento in cui ti ho visto con le tue luride mani sulla mia Terra.
  • Non che non desideri scontrarmi con te, ma in questo momento mi preme solo la vita di Terra.
Posso credere a questo. Ho visto come la guarda e ho capito che ha tentato in tutti i modi a salvarla dalle grinfie di suo padre. Questo non lo trasforma in una persona per bene, perché i suoi metodi sono decisamente discutibili e i suoi propositi anche peggio, ma amo Terra e ne riconosco i sintomi. L’unico problema è che non so come raggiungerlo, perché è sospeso in aria e tra i tanti doni forniti da Madre Natura non c’è il volo. È Egida ad intervenire che fino a questo momento è rimasto in disparte proteggendo la caverna dove si trovano i gemelli addormentati. Ha capito che acconsentirò e mi sussurra.
  • Ci penso io, ma sappi Etere…
A questo punto Egida sta alzando il tono della voce in modo che possa essere udito anche da Etere e con una precisione impressionante lancia una delle sue frecce e colpisce la catena in prossimità del polso destro.
  • … che se menti, se sbagli, se scappi, se fai qualunque cosa possa mettere Terra in pericolo…
Un’altra freccia libera la caviglia sinistra.
  • Prima ti trafiggo il cuore con una di queste frecce che come puoi ben osservare hanno poteri enormi visto che superano la magia di tuo padre…
La terza freccia scoglie il nodo del polso sinistro.
  • … poi lo estraggo dal torace e riduco ad una poltiglia…
Finalmente Etere è libero e con un tonfo decisamente poco aggraziato piomba a terra proprio ai piedi di Egida che allungando un braccio per aiutarlo ad alzarsi, lo strattona tanto violentemente da trovarselo a pochi centimetri dal viso e per togliere ogni dubbio sulla veridicità delle sue parole gli sussurra ad un orecchio.
  • … e per essere certo che di te non rimanga nulla ti butterò in pasto ai tuoi stessi Predonum.
Etere lo allontana con una spinta, sa che Egida non mente. Si avvicina al muro verde e vi pone le mani, si concentra fino quasi ad annullarsi. La sua pelle diventa vetrificata, si vede scorre il sangue più rossastro delle vene e più bluastro delle arterie. La sua nuca è riversa e gli occhi sono rivolti all’indietro, le mani dapprima rigide e ben ferme ora tremano sempre più violentemente.
  • Non basta la mia energia...
Mi dirigo verso di lui per aiutarlo ad aprire un varco, ma Egida mi allontana, precedendomi.
  • Ci penso io. Tu devi conservare le energie. Non sappiamo cosa troverai lì dentro.
Si accosta a Etere e troppo rapidamente anche Egida comincia a tremare, ma molto più violentemente di Etere. Egida non è un Elements, ma un umano con doti e strumenti potenti per difenderci, non certo per sopportare la magia di Terra o di Caos. Mi accosto per intervenire.
  • Fermo, non osare! Se potessi entrerei io per salvare Terra, ma so che sei più potente. Quindi non osare consumare nemmeno un briciolo dell’energia che può servire a lei.
Egida è sempre più provato, ma ha ragione. Non mi è mai piaciuto nelle vesti di Chicco, il miglior amico di Maya. Insostituibile, infallibile, integerrimo, sempre al posto giusto nel momento giusto e con ogni probabilità anche lui perdutamente innamorato di lei.
Finalmente un piccolo spiraglio si apre lasciando passare un barlume di luce che proviene dall’interno, pian piano lo spiraglio diventa una fessura e infine un piccolo tunnel. Ha il diametro di non più di mezzo metro ed è possibile vedere Terra e sotto di lei Caos.  Contemporaneamente Egida crolla al suolo, non si muove, non respira e i suoi occhi sono inespressivi e senza vita, ma non c’è più tempo. Le urla di Etere mi investono mentre assisto impotente alla morte di Egida.
  • Fuoco, non c’è tempo. Ci penso io a lui. Devi passare, non riuscirò a tenerlo aperto per molto.
Mi affretto a seguire le sue istruzioni e silenzioso entro nel varco, ma immediatamente mi accorgo che buona parte della mia energia, della mia potenza e dei miei poteri si esauriscono come risucchiati da questa muraglia verde. Non posso fermarmi, in qualche modo la recupererò. Alzo lo sguardo e ciò che i miei occhi vedono è spaventoso. Terra ha dato vigore e potenza al Nuclei fino a farlo diventare qualcosa di devastante per l’intera umanità, anzi per l’intero pianeta. Speravo di sbagliarmi, ma ha proprio intenzione di sacrificarsi per distruggere definitivamente Caos, ma non glielo permetterò.
Faccio cenno a Etere di chiudere il varco, se la situazione sfuggisse di mano è necessario che le difese siano perfettamente salde. Ora siamo io, Terra e Caos. Mi guardo intorno per cercare un punto dove nascondermi meglio, ma qualcosa cattura la mia attenzione. Terra solleva le braccia nella posizione della potenza. Gli indici si toccano e puntano al cielo, la testa è reclinata indietro e la schiena retta e fiera. Il Nuclei è sospeso sopra il suo capo ed ha assunto la dimensione di una palla di cannone e sarà letale.  La barriera si illumina e comincia a vibrare, è sicuramente Terra che l’ha ulteriormente rafforzato rendendola ancora più forte. Se avessimo aspettato anche solo un minuto non ci sarebbe stato modo per oltrepassarla. Sta per scagliare l’attacco, devo fermarla. Senza ragionare, senza un piano, ma senza alcun dubbio e con tutta la forza e la passione che possiedo mi scaravento sull’amore di ogni mia vita e l’atterro.
  •  Cos’è successo?
Terra è sotto di me nuda e magnifica e si dimena per liberarsi. Le blocco i polsi e la obbligo a guardarmi.
  • Sono io…
  • Fuoco! Perché mia hai fermata? Come hai fatto ad oltrepassare le mie difese?
Anche in un momento come questo il mio corpo riconosce la sua metà e vibra d’eccitazione e di gioia. Desidero abbracciarla e baciarla come mai prima d’ora, la guardo come se fosse la prima volta, come se il passato appartenga a qualcun altro. E’ così bella e fiera, la sua candida pelle lattea splende come illuminata dalla stelle e il suo seno ansima per lo sforzo e la rabbia di essere stata fermata. Le sue curve morbide aderiscono al mio corpo richiamate dalla perfezione dell’incastro e il suo respiro si fa via via più affannato ed eccitato come se per lei quanto per me sia impossibile resistere al richiamo della passione.
  • Ti amo e non ti permetterò di sacrificarti. Troveremo un altro modo per sconfiggere Caos e nel frattempo lo rinchiuderemo nella gabbia come abbiamo sempre fatto.
  • Io non voglio più vivere come abbiamo sempre fatto. Non voglio che i miei amici non sappiano chi sono davvero. Non voglio risvegliarmi senza sapere chi sono per conoscerlo solo quando c’è una minaccia. Non voglio aver paura di far del male a qualcuno perché sono troppo potente o troppo poco e non voglio che tu mi ama solo perché qualcosa o qualcuno te lo impone. E nemmeno io voglio desiderarti solo perché non ho altra scelta.
Terra sugella queste parole che mi scuotono nel profondo afferrando il mio viso tra le mani e depositando un tenero bacio sulle mie labbra.
 
L’addio di Maya (Maya p.o.v.)

Il mio è un bacio d’addio. Lo amo ed è per questo motivo che lo proteggerò. Il mio piano iniziale ha subito un arresto improvviso. Fuoco ha ostacolato il lancio del Nuclei Spiralis, ma non si è dissolto. È sotto la mia pelle, sono riuscita a trattenerlo distribuendolo nel mio corpo. So già cosa fare.
Rotolo sotto il corpo di Fuoco e mi sollevo velocemente. Caos si trova ancora laddove l’ho lasciato, mi fiondo verso di lui, ma troppo tardi mi accorgo che è riuscito a liberarsi. Si alza in volo sopra le nostre teste ed io lo seguo. Mi faccio aiutare da un soffio d’aria, l’ho già fatto quando ho provato il paracadute, allora non sapevo cosa stava succedendo, ma oggi so che sono in grado di gestire ogni elemento della Natura anche quelli destinati ai miei fratelli. Lo raggiungo e intanto chiudo definitivamente le barriere creando un soffitto altrettanto invalicabile. Lo colpisco su più fronti lanciando fasci di luce, di fuoco, raffiche di vento. Caos para i colpi senza fatica e controbatte con energia nera e oscura che mi travolge l’anima. Mi sento sopraffatta, ostile, avvilita.
  • Terra riprenditi. Sono le spore dei Predonum, Caos le sta disseminando. Usa il tuo scudo.
Caos si rivolge verso di lui e con lunghe braccia e mani invisibili lo soleva da terra carpendolo dal collo e stringendo fino a soffocarlo. Fuoco oppone resistenza e riesce a liberarsi dalla presa colpendo Caos con una raffica di palle infuocate. Prosegue ad investirlo per diversi minuti, usa tutta l’energia che possiede che non è molta visto lo sforzo che deve aver fatto per oltrepassare il mio scudo protettivo.
Riesco a riprendermi ma non posso comunque usare lo scudo per difendermi dalle spore velenose. Il Nuclei Spiralis che giace sotto la mia pelle impedisce alla mia energia di espandersi, posso usare esclusivamente gli elementi che mi circondano. Devo agire in fretta o verrò completamente avvolta da questa sensazione di sconfitta. Un fascio di luce cupo come la notte mi colpisce in pieno petto, perdo l’equilibrio e cado a terra. È il momento giusto, adesso o mai più. Appoggio i palmi sul terreno e premo fino ad affondare le mani di qualche centimetro. Rilascio il Nuclei Spiralis, ma non tutto in una volta, piuttosto lo faccio pian piano facendolo penetrare in profondità fino a raggiungere il girone dell’inferno. Proprio là dove giace la gabbia di Caos. Questo processo necessita un pizzico di pazienza e non è questa una situazione che lo preveda. Infatti caos solleva un enorme masso, in realtà l’unico che rientra nell’ovale che ho creato. Me lo scaglia ferocemente e lo vedo arrivare quasi a rallentatore. Non posso usare le mani per fermarlo, se blocco il processo potrei non raggiungere il punto esatto. Cerco di allontanarlo con l’aria, ma l’energia che mi rimane per combattere è troppo poca. Sto per riportare le mani in avanti e difendermi quando sopra di me compare Fuoco. Si posiziona sopra di me a carponi guardandomi dritta negli occhi e mi protegge dall’impatto del masso.
  • Ti amo Terra.
Il colpo è stato durissimo. La pietra si è in parte spezzata sulla sua schiena e il dolore è risalito dal profondo della sua amina fino a divampare nei suoi occhi sotto forma di piccole stelle. Un altro blocco invece preme ancora sulle sue vertebre.
  • Perché non hai usato i poteri?
Pronuncio queste parole con la disperazione di chi sa che sta perdendo tutto.
  • Non ho più nemmeno un briciolo di energia, ma finché respirerò ti proteggerò, a qualsiasi costo e non perché Madre Natura me lo ha imposto, ma perché ti amo e non smetterò di farlo solo perché tu non vuoi una vita nuova. Il vincolo è stato completamente sciolto, niente o nessuno mi tiene legato a te se non il desiderio di farlo.
I muscoli possenti delle sue braccia tremano come foglie autunnali ancora per poco sui rami, piccoli rivoli di sudore permeano la sua pelle dorata e le vene sotto sforzo affiorano sul suo collo palpitando orgogliose, ma allo stremo delle forze. Sopra di lui una montagna di roccia che preme sul suo dorso spingendo il suo corpo verso il mio. Poi un urto, un altro ancora: è Caos che sta colpendo la pietra con quanta più ferocia e rabbia possiede. Ad ogni colpo la determinazione di Fuoco cede così come le sue possenti braccia. Le grandi mani accanto al mio viso sono sprofondate nel terreno, così come i piedi e mi guarda supplicandomi di salvare me stessa e lasciare lui a morire da eroe.
  • Spostati Maia, rotola via e vattene. Non reggerò ancora per molto.
Potrei stare qui ferma a guardalo per ore, potrei fermare il tempo e crogiolarmi sotto il suo possente corpo per l’eternità, potrei bearmi dei suoi occhi fino ad annoiarmi. Impossibile! Nulla di Fuoco mi annoierebbe. Ma non posso. Devo procedere con il mio piano, ma prima salvo Fuoco.
La voragine è pronta. Mi sollevo leggermente, le nostre labbra si sfiorano.
  • Anch’io ti amo. Perdonami.
Fuoco spalanca gli occhi che tornano vivi e infuocati. Sa che sto per fare qualcosa di pericoloso, ma non gli lascio il tempo per pensare, tanto meno per agire. Attingo al mio elemento e gli chiedo aiuto umilmente, non come sua padrona, ma come amica. Grandi radici affiorano dal terreno, sono enormi e possenti. Si innalzano verso l’alto portando con loro Fuoco e quanto sta sopra la sua schiena che pian piano si sgretola provocando una pioggia di frammenti di roccia. Una di queste radici si separa dalle altre per proteggermi coprendomi ad ombrello ed un’altra più robusta, ma tanto affusolata da creare un puntale acuminato e letale in cima, si dirige veloce come un missile verso Caos che disorientato dal rovescio della situazione non si accorge del suo arrivo.
Fuoco rimane sospeso sopra la mia testa, a pochi metri da terra. Sta raccogliendo le poche energie rimaste per incenerire la radice.
  • Ti prego Terra…
Mi supplica.
Le lacrime mi rigano il viso, lo amo da impazzire e proprio per questo gli regalerò una vita normale, senza Caos, senza Predonum, senza Elements che rinascono, senza legami imposti o sciolti, ma basata sul libero arbitrio e sulla speranza di un mondo migliore.
Un urlo straziante invade l’aria. Caos è stato trafitto. La radice, dopo aver trapassato il suo sterno, si arrotola intorno al corpo e lo trascina verso il basso. Fortunatamente sono sempre riuscita a mantenere attivi i lucchetti che lo obbligano a mantenere forma umana. È certamente la versione in cui è più debole ed esposto alla distruzione. La mia amica radice mi porta il mio nemico mortale frenando la sua corsa solo quando è a pochi centimetri da me. Sono ancora stesa a terra, sopra la voragine creata grazie all’energia del Nuclei Spiralis che non si è ancora esaurito del tutto. La scena è quasi apocalittica: io stesa a terra nuda e il mio nemico sopra di me che mi guarda sofferente, ma anche allibito. Sembriamo pronti per fare l’amore, invece sono pronta per distruggerlo per sempre.
  • Ti ucciderò.
La sua è una minaccia e sebbene si tratti solo di un sussurro non manca di determinazione, ma io lo sono molto di più. La sua bocca è sfigurata in una smorfia di rancore, dolore e follia e le sue iridi sono nere come il buio della notte più profonda. La sofferenza traspare da ogni poro e sebbene una ferita del genere non possa annientarlo, mi fa piacere sapere che può per lo meno farlo soffrire. Lo sfido con lo sguardo e aprendo le braccia pronto ad accoglierlo gli rispondo:
  • Se io muoio, tu vieni con me.
Lo afferro in un abbraccio mortale e mentre nell’aria si libera il mio nome pronunciato da Fuoco, l’amore di ogni mia vita, io e Caos precipitiamo negli abissi dell’inferno senza più possibilità di ritorno, perché chiudo immediatamente la voragine creata dal Nuclei sigillandolo con la magia più potente che conosca: l’amore. 
 
Fine

Arrivederci da Tatystories!

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