I giardini dell'Eden

di Celiane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: La Caduta ***
Capitolo 2: *** La guardiana del giardino ***
Capitolo 3: *** L'ultimo volo ***
Capitolo 4: *** Ali ***
Capitolo 5: *** Thomas ***
Capitolo 6: *** Nephilim ***
Capitolo 7: *** Amon ***
Capitolo 8: *** Patto di Sangue ***
Capitolo 9: *** Addio ***



Capitolo 1
*** Prologo: La Caduta ***


Tutto sembrava muoversi lentamente, i lampi e la folgore si spandevano dalla volta dell'ultimo cielo, il loro chiarore illuminava a sprazzi quel nulla immenso in cui l'esile figura continuava a sprofondare.
I suoi occhi, una volta di un azzurro del più chiaro dei cieli d'Estate, adesso erano come avvolti dalle tenebre che la ghermivano e fissavano, immobili, quel luogo che pochi attimi prima poteva chiamare ancora casa.
Le urla dei suoi fratelli riecheggiavano e la avvolgevano in un turbine di dolore e pianto, l'aria,prima ferma, adesso sconvolta da quella tempesta di fuoco, diveniva sempre più malsana ed irrespirabile.
Era come se tutto intorno a lei fosse impregnato di sofferenza, o forse era lei stessa ad essere colma di dolore e rimorso ?
Erano sensazioni che prima disconosceva, che prima non avrebbe mai potuto provare...
 
Quale Angelo non è solo ed unicamente colmo di amore?
Poteva dirsi ancora degna di definirsi tale?
Che cosa sarebbe potuta essere adesso?

 
Lentamente, con le ultime forze che le rimanevano, portò la mano verso l'alto, le sembrava quasi di poterlo toccare il suo Paradiso perduto, di poterlo afferrare e aggrapparvisi in modo da arrestare quell'infinita caduta.
Una lacrima le segnò la guancia candida, percorse adagio gli zigomi alti, la piega delle sue morbide gote per terminare il suo viaggio sulle labbra rosate, aveva un sapore pungente, un aroma che non aveva mai provato neanche quando si dilettava ad unirsi ai pasti degli uomini.
La mano prima rivolta verso la volta celeste lasciò la sua irraggiungibile preda per tastare lo strano liquido, il suo corpo venne scosso da tremiti e convulsioni.
 
Adesso ero davvero perduta

 
L'angelo si abbandonò alla sua caduta, si rifugiava nei meandri di quella memoria ancora segnata dai momenti felici, ormai perduti, precedenti quest'incubo, quando ancora poteva dirsi degna di essere la custode dei Giardini segreti dell'ultima volta celeste.
 
Il bellissimo ed etereo volto era segnato da lacrime di sangue.

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Capitolo 2
*** La guardiana del giardino ***


-Ho intravisto Adamo ed Eva dietro i cespugli di biancospino all'ingresso orientale del Giardino- la voce divertita dell'angelo risuonò melodiosa nell'aria rarefatta, una figura possente ma al tempo stesso delicata, quasi incorporea, chiuse i pesanti cancelli di d'oro alle sue spalle senza produrre il minimo rumore, con la stessa delicatezza e leggiadria con cui sfiorava i petali di una rosa che faceva capolino, curiosa, dalla siepe sua madre.

Una risata cristallina rispose alle sue parole nascosta dietro un imponente salice piangente, le fronde del maestoso albero danzavano mosse da un vento leggero al ritmo di quel suono melodioso che nessuna voce umana avrebbe potuto replicare, al di là delle foglie appuntite si intravedeva il candore di due ali bianche come la neve.
-Penso che non vogliano disturbare il tuo canto mattutino sorella, ma davvero la loro innocenza non smette mai di sorprendermi, ogni mattina si recano qui per ascoltarti e ancora credono di non essere stati scoperti- esclamò il visitatore mentre raggiungeva a passo svelto la sua interlocutrice
- E' un vero peccato non possano entrare Gabriele! A volte vorrei che questo giardino possa essere un luogo aperto accessibile anche agli uomini, trovo la loro compagnia tanto amabile che a volte indugio a lungo a discorrere con loro da dietro le grate dei cancelli,l'altro giorno ho fatto dono ad Eva di una delle mie rose più belle per adornare i suoi capelli, oh fratello avessi potuto vedere con quanta gioia ella ha ricevuto il mio dono... -
 
Gabriele guardava deliziato la sorella parlare, il suo sguardo si soffermò sugli occhi di lei, due pietre di acquamarina incastonate in un viso dall'ovale perfetto, erano i suoi stessi occhi ma se a lui donavano un'aurea severa ed austera su di lei risultavano più docili e teneri, quasi si protendessero in un abbraccio verso chi le stava di fronte.
Alcune foglie facevano capolino trai lunghi e fluenti capelli nero corvino che ribelli le ricadevano oltre le spalle in selvagge onde, la piccola bocca increspata in un sorriso lasciava presagire la soavità della voce che ne sarebbe uscita
-         Sai bene perché è loro vietato l'accesso a questo luogo, di tutti i giardini dell'Eden essi possono servirsi tranne che di questo che tu vigili,  di tutti gli alberi essi possono cogliere i frutti eccetto che di quelli dell'albero della conoscenza che tu custodisci
-         Non è  necessario che tu spieghi questo a me fratello- lo interruppe gettandogli le braccia al collo e poggiando il viso sul suo petto
-         Piuttosto cosa ti porta qui anche oggi? Non posso davvero credere che tu tra tutti gli Angeli del Paradiso abbia il tempo di venire a farmi visita ogni giorno, certo non dubito del tuo affetto fratello ma non è da te un simile comportamento- disse divertita mentre si liberava dall'abbraccio e iniziava a correre in circolo carezzando i fiori sul suo cammino, Gabriele poté solo scorgere uno sprazzo del candore delle sue ali prima che sparissero insieme a lei dietro una parete di rose blu rampicanti
-         Sono stato inviato a vedere come procede la prossima mietitura, non dovrebbe mancare molto giusto?- disse mentre sbirciava l'anfratto dove era scomparsa la sorella, dietro a quello che sembrava una semplice parete fiorita si nascondeva un'altra porzione di quei meravigliosi giardini, il sole illuminava un tappeto di meravigliose calle bianche. Fylake stava ferma, in piedi, con le braccia spalancate e avvolta da quella luce accecante in un tenero abbraccio, se ne nutriva come le piante che curava facevano per crescere sane e vigorose.
 
L'angelo spalancò le immense ali bianche mentre iniziava da intonare una dolce nenia, Gabriele chiuse gli occhi aprendo il suo cuore a quel canto nostalgico, a quella voce che era stata eletta come la più bella di tutto il Paradiso Terrestre.
Lentamente gli alberi che le stavano intorno sembrarono animarsi, si iniziavano ad intravedere tra le loro fronde delle voluminose gemme che come frutti pendevano dai rami,  all'interno di quelle sfere ambrate si distinguevano delle sagome dai contorni confusi. Lo sguardo di Gabriele si riempiva di commozione mentre osservava i suoi futuri fratelli, ancora avvolti da quel profondo sonno in cui erano costretti prima di venire alla luce, in attesa che le loro ali finissero di svilupparsi.
 
­
­-Splendido- esclamò una voce alle loro spalle, Fylake interruppe il suo canto mentre un'espressione di incontenibile gioia le si dipingeva in volto,. Gli alberi fruttiferi fermarono la loro danza e i gli angeli dormienti svanirono alla vista dei presenti.
-Lucifero-  sussurrò Gabriele salutando l'intruso con un cenno del capo ma senza riuscire a nascondere il fastidio legato a quella interruzione. Il più potente, il più maestoso tra gli angeli del Paradiso non sembrò degnarlo di uno sguardo, tutte le sue attenzioni, tutto il suo animo era proteso  verso Fylake e lo era da ben prima che entrasse nei Giardini Segreti.
-La tua voce è un balsamo per il mio cuore stanco- le sussurrò all'orecchio mentre le spostava delicatamente i morbidi boccoli lontano dal viso
- Lucifero che gioia averti qui fratello mio, avevi promesso di farmi visita più spesso ma iniziavo a dubitare della tua parola mio cuore- Gabriele si irrigidì nel constatare quanto cieca la sorella potesse diventare di fronte a colui che amava autodefinirsi "Luce del Paradiso. Ella aveva un attaccamento nei suoi confronti che sembra superiore a quello che provava verso lo stesso Gabriele sebbene fossero gemelli nati dalla stessa gemma, non l'aveva mai guardato a quel modo, era come se donasse tutto il essere a Lucifero, come se lui l'avvolgesse in delle spire da cui non era possibile fuggire, ma non cercava alcuna fuga, era una prigioniera innamorata del suo stesso carceriere, bramava che le catene che la legavano a quell'essere splendente divenissero ancora più resistenti.
Era un amore angelico, diverso da quello terreno e mortale ma per questo non meno intenso ed assoluto, pericolosamente similare a quello che ogni abitante del paradiso provava nei confronti del Sommo Creatore, ma mentre quello della sorella era un sentimento puro ed innocente, in Lucifero quella stessa propensione verso di lei diveniva distorto e crudele, egli era capace di amare solo se stesso e la guardava come un lupo guarda un tenero agnellino.

Egli trovava gioia nella sua devozione perché lui ne era il solo destinatario, vedeva se stesso riflesso nel suo sguardo e ne traeva soddisfazione, bramava, non ammirava le qualità di Fylake, ma non potendole avere per se stesso si contentava di possederla.
- Ho intimato a quei due umani di allontanarsi da questo luogo sacro, non posso sopportare che quelle bestie odano il tuo canto seppur da lontano- per un attimo la voce dell'angelo si fece più cupa e resa tremante da un accesso di rabbia.
-Lucifero devi smetterla di avere un atteggiamento così ostile verso gli uomini, essi sono immagine del nostro ...
- Ti prego Gabriel, non tediarmi con le tue solite prediche, immagine di cosa sarebbero costoro? non hanno nulla della grandezza e della potenza del nostro Signore, nulla finanche della nostra! Eppure non noi ma loro sono gli esseri più amati da Dio, noi soli dovremmo essere oggetto del suo amore e delle sue cure, invece cosa fa il nostro encomiabile Padre ? Si ostina a preferirli a noi, a preferirli a me! — il corpo dell'angelo era scosso da fremiti violenti come la durezza delle sue parole.
- Non starò certo qui ad ascoltare una parola di più dei tuoi vaneggiamenti fratello, come puoi TU profanare questo luogo con l'indecenza dei TUOI discorsi! Spero possa salvarti dal baratro in cui ti stai gettando, che le tue eresie non infettino le menti dei più innocenti e sprovveduti tra noi- Le ultime parole Gabriele sembravano essere più rivolte alla sorella, fissava con severità quegli occhi azzurri che disorientati saltavano da Lucifero al fratello adorato che adesso le dava le spalle mentre spariva dalla loro vista.
Lucifero scosse la testa infastidito dalle parole di Gabriele prima di focalizzare tutte le sue attenzioni al reale oggetto della sua visita.
-         Non lasciarti intimidire dalle mie forti parole sorella, sai bene come io e Gabriele malamente riusciamo a superare le nostre differenti visioni delle cose, lui è così diverso da te che a volte mi risulta davvero difficile comprendere come possiate derivare dalla stessa gemma-
-         Mio fratello non ha torto Lucifero, non posso neanche io tollerare che certe parole vengano pronunciate nei luoghi affidati alla mia tutela, Padre mi lascia custodire...- l'angelo proruppe in una sonora risata che la lasciò basita
-         Ti lascia custodire? Mio amore lui ti ha imprigionata in questa gabbia dorata! E' una punizione la tua non un compito! Sei reclusa in questo giardino da quando sei nata, legata a questi due alberi di cui tu ti dici guardiana. No la realtà è che loro sono i tuoi aguzzini! Lui non vuole condividere con gli uomini che tanto ama i frutti dell'albero della conoscenza e ha relegato te in questo luogo, una delle sue creature più preziose costretta a donare la sua voce a queste piante che non hanno udito, a nutrire i nostri fratelli che un domani vedranno la luce, come una scrofa che allatta dei piccoli maiali destinati a divenire altri parassiti pronti a servirlo ciecamente, piegati sotto il giogo di un Padre che non fa altro che insultarci!-
 
Fylake lo respinse sdegnata portandosi le mani sulle orecchie per non sentire oltre quelle parole ingiuriose, quella rabbia, quella violenza non erano di questo mondo, ognuna di quelle parole le stringeva il cuore in una morsa talmente forte da farlo sanguinare, era come se la sua anima venisse flagellata, ma la cosa che più l'addolorava era la consapevolezza di non riuscire a scacciarle dalla sua mente, vi si depositavano, le sentiva mettere radici e questo perché provenivano da chi aveva più a cuore della sua stessa vita.
-Non volevo spaventarti  Fylake - le sussurrò Lucifero allontanandole con dolcezza le mani dal viso, i suoi lineamenti si erano distesi, la rabbia e l'odio che fino a proco prima gli avevano distorto il viso sembravano adesso svanite, era ancora avvolto dalla sua travolgente luce, un'aura irresistibile propria solo dell'angelo più potente del Paradiso.
-Io non comprendo perché- disse sommessamente ancora turbata da quell'atteggiamento- perché tu fratello mio, tu che tra tutti noi sei un modello di perfezione,pieno di sapienza,perfetto in bellezza, perché tu debba parlare così duramente di nostro Padre, di colui che ti ha dato tutto, Llui che è Fonte inesauribile di amore - le carezze che Lucifero regalava alle sue ali si facevano sempre più ruvide
- Se non vedessi la purezza della tua anima potrei dirti cieca come molti dei nostri fratelli. Quale amore può provare per noi un Padre che ci preferisce dei deboli mortali? Potrei distruggere Adamo con un tocco eppure lui è il suo prediletto. Potrei corrompere Eva con uno sguardo eppure ai suoi occhi è una Santa! La sua è follia! Io vedo i loro animi corrotti, così inferiori ai nostri, ma lui continua a calpestarci lasciando che si nutrano dei frutti dell'albero della vita e adesso ci insulta ancora preferendo suo Figlio a noi! A me! L'hai detto tu stessa io sono il migliore di tutti, come posso sopportare quindi di essere insultato dal mio stesso Padre? Come posso chiamare ancora Padre colui che mi disprezza? Come posso obbedire a chi riduce la mia ragione di vita ad un usignolo rinchiuso in gabbia? E' così egoista da volerti tutta per se, così geloso da non volere che altri si possano beare della tua bellezza. Perché credi che non lasci entrare gli uomini in questo giardino?  Ha regalato lor ogni angolo dell'Eden e se ripone tanta fiducia in quei due non puoi certo credere che tema  possano essere tentati dai frutti della conoscenza, no mio amore, è te che vuole tenere nascosta a quegli sguardi indiscreti, ma non per la tua salvaguardia ma per verde invidia. Egli vuole lasciarti nel più cupo isolamento, vuole che tu avvizzisca come i fiori che ti ha lasciato come unici compagni. Da cosa dovresti tutelare questi giardini e i loro prodigi se non vi è minaccia alcuna in Paradiso? Perché dotarti delle più belle ali della volta celeste se poi non ti lascia spiccare il volo?-
- Come puoi pensare questo Lucifero, cosa ti è accaduto? Cosa ti ha turbato a tal punto da farti porre simili domande? Il tuo bel viso è distorto dal'odio, la tua fronte spaziosa così corrugata, è una vista che i miei occhi non possono sopportare. Tali turbamenti non hanno spazio ne ragione di essere qui in Paradiso, tali pensieri non possono essere partoriti in una terra Santa ne da noi che di tale santità siamo i portatori Riconcilia il tuo cuore con nostro Padre, sei tu il cieco fratello, cieco all'amore che ci circonda e di cui lui è origine.-
 
Fu un attimo, la mano di Lucifero si serrò attorno alla gola di  Fylake , la violenza di quel gesto la portò a sbattere contro il fusto dell'albero a cui era poggiata, ma quelle dita che premevano sulla sua pelle non le portavano dolore, agli Angeli non erano accessibili quel tipo di sensazioni fisiche, ciononostante sul suo viso era dipinto un'espressione di intensa sofferenza.
-Piccola stupida, Io cieco?! Io che sono la più luminosa luce tra le creature angeliche?! Tu continua a vivere nella tua ignoranza, rimani legata a questo piccolo giardino , drogata dai profumi di questi fiori, ami l tuo carceriere più di quanto ami te stessa! Più di quanto ami me!. Sono un folle a pensare di poter confidare in te, a credere che tu mi ami anche solo una parte di quanto io ti adori. Non vedi che io posso darti più di quanto Lui potrà mai fare?-
La presa sul collo si fece ancora più forte, l'albero ondeggiando, scosso dalla furia dell'angelo, produceva un rumore simile ad un lamento, un pianto che si univa a quello proveniente dal cuore di Fylake.
-         Lui è nostro Padre, quale ingratitudine è la tua Lucifero? Quale affronto gli stai muovendo!-  riuscì a mormorare mentre impotente fissava quegli occhi verdi, splendenti come  il più prezioso degli smeraldi, quegli occhi in cui riusciva a cogliere tutta la bellezza di un'anima che mai prima d'ora le si era palesata così corrotta.
-         Padre di chi, Fylake? Forse di qualche angelo di bassa lega, uno di quelli che tu nutri con il tuo canto, che sta li appeso a qualche albero come un frutto qualsiasi, quelli sono già rancidi! No, io credo che non sia stato lui a crearmi, ricordi forse il momento della tua nascita? Lo vedo dal tuo viso che anche tu non ti lasci  ingannare da quelle frottole, è per questo che con te sola posso dare libero sfogo ai miei pensieri più reconditi. Perché dobbiamo dunque sentirci inferiori a Lui? Io non accetterò oltre una tale umiliazione Lucifero concluse il discorso lasciando la presa sul collo dell'angelo, Fylake crollò a terra troppo scossa per avere la forza sufficiente a rimanere in piedi , delle calde lacrime sgorgavano incontrollabili dai suoi occhi.
-         Cosa intendi fare Lucifero?- riuscì a mormorare atterrita, spaventata dal solo porre una simile domanda di cui riusciva ad intravedere la terribile risposta, i loro animi erano troppo intimamente connessi per non lasciarle intuire il suo proposito.
-         Reclamare il posto che ci spetta di diritto e troppo a lungo ci è stato negato, conquistare il Paradiso Terrestre.-
Quelle parole dal tono solenne confermarono i suoi più reconditi  e temuti incubi, l'orrore fu tale che trovò proprio in esso la forza di reagire
-         Come puoi dirmi questo fratello?- disse a denti stretti mentre avanzava a passi via via più fermi verso il suo interlocutore.
-         Se mi ami come dici con quale cuore mi rendi partecipe di una simile follia? Come puoi farmi carico di un peso così grande? Tu sai quanto ami nostro Padre e quanto ami te! Mi costringi a scegliere tra il prendere parte al tuo folle piano o rimanere una silente spettatrice mentre miseria e discordia cadono sulla nostra Casa! Non vi è spazio per la guerra in Paradiso!- Lucifero scosse la testa sorpreso da una così debole comprensione
-         Non sono qui  per chiedere il tuo permesso, tutto è già stato deciso, tra tre lune agiremo. Non pensare io prenda questa decisione a cuor leggero, lo faccio per noi tutti, lo faccio per te, quanto ancora sarai disposta ad accettare un simile trattamento? Non desideri una vita migliore? Non desideri vivere accanto a me, essere la regina di questi luoghi Sacri? Unisciti a me! Confida in me! Non voglio combatterti, non voglio lasciarti nella miseria quando trionferemo! Sei la mia prediletta, il mio amore mia luce e sorella, sei l'angelo più bello di tutti i Cieli, l'unica degna di accompagnarmi in questa impresa come mia pari! La tua voce sarà il sottofondo del mio trionfo. E se dovessimo cadere - aggiunse cercando di scacciare dalla sua mente quella possibilità — Sarai il mio canto consolatorio, non ti chiedo di rispondermi adesso, ma quando sarà il momento, quando la terza luna illuminerà il Suo trono, lascia questo giardino e completa la mia anima, unisciti a me.-
 
La lasciò con queste parole poggiando le sue labbra delicatamente su quelle di lei, un bacio forse premonitore di un commiato che sarebbe potuto essere definitivo.
 
Fylake era stata incapace di reagire, incapace di opporsi con la stessa veemenza con cui l'altro angelo suggeriva quelle follie, come aveva potuto ammettere una simile profanazione in quei luoghi di cui lei doveva custodire la purezza?
Come poteva un angelo di Dio organizzare una ribellione?
E come poteva  lei  non informare i suoi fratelli di questo abominio ?
 
Era consapevole di quanto tutto fosse completamente sbagliato, l'ordine con cui aveva conosciuto le cose sino a quel momento era stato del tutto capovolto, eppure non riusciva a lasciare il suo giardino, non riusciva nemmeno a gridare il nome di Gabriele per raccontargli tutto e liberarsi di quel fardello, suo fratello avrebbe potuto fermare Lucifero , evitare il compiersi di quella pazzia.
 
La terza Luna non tardò ad illuminare la volta Celeste.

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Capitolo 3
*** L'ultimo volo ***


Quella notte il Paradiso era avvolto da una immobile pace, l'aria era ferma, non un alito di vento animava le foreste dell'Eden.
 
Fylake si avvicinò agli estremi angoli del Giardino, inspirò a pieni polmoni l'aria impregnata dagli intensi profumi dei fiori che la circondavano, mentre poggiava le mani sull'imponente cancello dorato, solo quell'impenetrabile, seppur fragile alla vista,  barriera la separava da quei cieli in cui la preannunciata rivolta si sarebbe svolta.
 
Era pronta.
Pronta a spalancare le ali al primo tremito e correre incontro al suo destino se accanto al Padre o all'angelo ribelle non riusciva ancora a deciderlo.
 
Poi accadde.
 
Il cielo venne avvolto dalle fiamme e folgori mentre stridii di lame, urla di dolore e il fragore della battaglia inondavano i cieli del Paradiso, era come se tutto bruciasse, un vento ardente si spandeva da una nube luminosa di cui a stento riusciva a distinguere i contorni, eppure sentiva che quello era il fulcro della battaglia, un fratricidio si stava consumando nella Terra che non aveva mai conosciuto guerre.
Fratelli contro fratelli, odio, rabbia, sentimenti che erano estranei alla natura di quei luoghi e alla natura dei loro spiriti, li vedeva cadere ad uno ad uno, scaraventati  nelle tenebre infernali,  precipitavano in un baratro oscuro da cui non avrebbero più fatto ritorno.
 
Fylake chiuse gli occhi urlando di dolore, incapace di assistere oltre a quella strage, era come se tanti frammenti del suo cuore precipitassero anch'essi insieme a quei fratelli che non avrebbe più visto, nel suo animo un solo sentimento si faceva largo: colpa. 
 
Avrebbe potuto far si che nulla di questo accadesse, la sua debolezza non la rendeva forse colpevole quanto loro? Perché aveva preferito lui alla pace della sua Casa?
 
Perché aveva scelto lui rispetto al Padre?
 
Si rese conto di avere già compiuto la sua scelta.
 
Con il corpo scosso dai tremiti dispiegò le sue ali pronta a seguirlo nella sconfitta, mai avrebbe potuto partecipare alla battaglia, combattere contro chi amava più di se stessa, ma adesso che era finita, che la sua stessa Anima stava per precipitare,sconfitta, negli inferi, non poteva rimanere ancora inerte.
 
Era pronta a lasciarsi tutto alle spalle quando sentì qualcosa impedire il suo volo, dal terreno, poco dietro i suoi piedi, un cespuglio di rose le stava crescendo attorno, i fiori le si avviluppavano alle ali, le spine si conficcavano nelle sue carni in un disperato tentativo di tenerla ferma al suolo, era bloccata a terra.
 
Fylake urlava disperata contro quel sommo Amore che le impediva di cadere in rovina
-Padre perché? Non ti ho forse anche io tradito? Non merito di rimanere, non voglio, il mio cuore è già perduto!- l'invisibile interlocutore non accennava a diminuire la forza di quella morsa salvatrice, eppure la sua determinazione non scemava, l'aveva visto cadere davanti ai suoi occhi, ancora bello e perfetto, avvolto da quella luce che lo rendeva luminoso quanto il Sole, sconfitto e vinto ma la cui grandezza era rimasta intatta.
 
Con le ultime forze riuscì a liberarsi da quelle catene, non si voltò indietro prima di lanciarsi oltre i cancelli di quei giardini che per lei erano stati tutto sino a quel momento: casa, rifugio, prigione.
 
Si librò nell'aria per la prima volta nella sua vita, la schiena segnata da due profonde ferite verticali, quel volo era come il suo canto del cigno, il momento in cui si era sentita più libera stava coincidendo con la sua rovina, aveva scelto di lasciarsi dietro le porte della salvezza, di lasciare dietro di se quei fratelli che ancora non avevano visto la luce...
 
di lasciarsi dietro, trattenute da quei rovi, le sue stesse ali.

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Capitolo 4
*** Ali ***


Le sembrava quasi di udirlo il suo nome, urlato da Gabriele mentre si precipitava a dissuaderla, poteva come sentire il cuore del fratello squarciarsi a metà,  sconvolto da un tradimento che sentiva rivolto anche contro di lui.

 

Fylake cadeva e avvertiva lentamente un'oscura paura avvolgerla in una morsa da cui non vedeva via d'uscita.

-Fylake- il suo nome sussurrato da quella voce che le era tanto cara, per cui aveva dato tutto sembrò quasi alleggerirle l'anima.

 

Sentì le possenti braccia di Lucifero circondarla mentre quelle lacrime di sangue macchiavano la sua pelle candida. Avrebbe voluto urlargli il dolore di quel sacrificio fatto per amore suo, rassicurarlo sul loro futuro, infondergli quella speranza che lei non riusciva a trovare per se stessa.

 

Ma la voce che non l'aveva mai abbandonata, la sua dote principale, le morì in gola, apriva la bocca ma non riusciva ad emettere nessun suono.

 

Le impure lacrime scendevano sempre più copiose mentre l'orrore si dipingeva sul volto dell'Angelo che la teneva tra le sue braccia

 

-E' questa dunque l'ennesima punizione Padre? Vedere il mio cuore straziato e muto? Deturpato e privato della sua bellezza? Ridotto in uno stato tale da essere incapace di servirmi?-imprecò rivolto al Cielo

 

-Misera sorella mia, tanto bella da far impallidire anche me alla tua vista, hai rinunciato a tutto pur di seguirmi finanche nella rovina ma a quale costo? Cosa ti rimane senza le tue candide ali e la tua calda voce? Cosa mi rimane? Il cuore mi si spezza nel vedere la disfatta di una tale bellezza, ciò che un tempo invidiavo e che non potevo pensare di cedere ad alcuno ora è perduto. Ora cosa posso farne di te?-

 

Quelle parole la gelarono.

 

Non potevano essere state pronunciate da lui, dall'essere che le era più caro.

 

Fylake cercò di ritrovare nello sguardo di Lucifero una qualche traccia dell'affetto in cui era solita specchiarsi, quegli occhi un tempo verdi e limpidi adesso erano come di pece, due abissi in cui lei era sprofondata e da cui ormai non aveva più via d'uscita.

 

-Un dono sei comunque riuscita a portarlo mio tesoro, un dono di cui ti sarò riconoscente per l'eternità, senza te, senza la tua voce che li nutre, le fila dei Suoi servi non saranno mai più reintegrate, sei servita come chiave della mia futura risalita- le sussurrò baciandole la fronte mentre la liberava dal suo abbraccio.

 

Si separarono lentamente l'uno dall'altro scivolando in due direzioni opposte, mentre sprofondava in quel nero abisso Fylake sentiva la disperazione sviscerarla, a cosa serviva adesso il rimpianto?

 

Era stata una folle, era stata resa folle da un amore in realtà mai rivolto alla sua anima ma alla sua potenza. L'unica cosa che attraeva Lucifero era la magnificenza e quando non si trattava della propria, ricercava ciò che mancava a se negli altri, li imprigionava nella sua morsa di eloquenza ed adulazione, professava l'amore più vibrante, li chiamava fratelli prediletti... ma quando la ragione di quella preferenza appassiva egli gettava via anche il cuore dello sfortunato illuso.

 

L'impatto con il suolo fu violento, una sensazione prima estranea al suo essere adesso le squarciava le carni.

 

dolore...

 

Fylake ne era immersa, si contorceva  strappandosi i capelli dal capo, ma più si dimenava più le ferite le dolevano.

 

Sicuramente infernali erano le fiamme che le stavano ustionando il cuore, ma erano davvero gli Inferi il luogo in cui era caduta?

 

Lentamente le tenebre le oscurarono la vista, le sue membra si rilassarono, le ferite smisero di pulsare ma il suo animo, dilaniato, sanguinava senza sosta.

Mentre perdeva i sensi, scivolando nell'oblio, di una cosa sola era consapevole: non avrebbe mai più conosciuto pace.

 

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Non sapeva quanto a lungo avesse dormito, ore, giorni, forse anni o secoli, non appena riebbe coscienza del suo corpo sentì il dolore, sino a quel momento sopito, riaccendersi con la stessa intensità.

 

Le ferite sulla schiena non si erano rimarginate, sapeva che sarebbero rimaste in eterno aperte, come in eterno avrebbe portato il peso del peccato commesso.

 

Fylake si alzò con fatica,  si trovava in un luogo sconosciuto, una foresta che nulla aveva dell'ospitalità del suo Giardino, il sol pensiero della sua vecchia casa la fece sorridere.

 

Non si trovava negli Inferi, di questo ne aveva la certezza, era sola, lontana da Lucifero, lontana sia dai suoi fratelli ancora in grazia divina sia da quelli caduti, era questa l'ennesima punizione?

Condannata ad una eternità di solitudine su quel pianeta da poco creato?

Prigioniera di quel corpo mutilato che ormai non poteva dirsi ne di angelo, ne do uomo ne di diavolo?

 

Un uccello nero, poco lontano da lei, attirò la sua attenzione, grosso, sgraziato e dalla voce roca lo trovava tristemente somigliante a se stessa, eppure non misero quanto lei.

 

Fylake tese la mano verso il corvo e quello volò immediatamente verso di lei, l'angelo iniziò a carezzarne lentamente il morbido piumaggio mentre ne osservava le caratteristiche, era nero come la pece, gli occhi bui e profondi, due pozzi sin troppo simili a quelli del colpevole della sua maledizione.

 

Si sentì ardere dalla rabbia, era come se tutto quell'amore che prima la invadeva si fosse convertito nell'odio più nero e profondo, era relegata in quella condizione per l'eternità ma avrebbe trovato un modo per impiegare fruttuosamente il suo tempo infinito.

 

Avrebbe inseguito Lucifero, lo avrebbe odiato e distrutto come lui aveva distrutto lei, se agli angeli era inaccessibile la morte lei avrebbe fatto si che lui la bramasse pur di sottrarsi alla sua morsa.

 

L'angelo si inoltrò nella foresta, come non si era voltata indietro prima di abbandonare il Paradiso, adesso non si voltava per salutare gli ultimi frammenti di quell'anima che si stava lasciando alle spalle.

 

A terra il corvo si contorceva in preda agli spasmi, il torso dilaniato, le sue ali, grondanti di sangue, strette nel pugno di quella mano da cui credeva di ricevere carezze gentili.

 

Il dolore del tradimento aveva reso l'angelo più puro del Paradiso folle quanto il suo carnefice, e più acquistava consapevolezza della sua perversione più i demoni nella sua mente la ghermivano.

 

Avrebbe distrutto Lucifero, ma come a lei erano state strappate le ali avrebbe fatto in modo che nessun altro su quella Terra, uomo o animale, potesse più spiccare il volo.

 

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Capitolo 5
*** Thomas ***


Il ragazzo si svegliò di soprassalto, la pallida luce lunare filtrava dalla finestra della camera illuminando la sua fronte madida di sudore.

Aveva fatto di nuovo quello strano sogno, quell'incubo che ormai da qualche notte lo perseguitava, poteva sentirle ancora sulla sua pelle quelle fiamme bruciare incessantemente, quelle voci a lui familiari urlare di dolore, grida strazianti che gli offuscavano la mente e lo confondevano. Erano sensazioni sin troppo vivide e nonostante fosse consapevole si trattasse di mera immaginazione non riusciva a scacciarle dai suoi ricordi, poteva quasi sentirsi quel calore asfissiante togliergli il respiro sebbene intorno a lui non vi fosse che il silenzio della notte.

Lo sguardo del ragazzo percorse i profili dei mobili di quella stanza in cui dormiva da quando aveva memoria, per qualche secondo i suoi occhi si soffermarono su quel letto vuoto poco lontano dal suo, le lenzuola erano piegate come in attesa di ricevere il proprio ospite

Un'attesa inutile

Gli sembrava quasi di poterlo ancora sentire, il lento respiro di colei che per così tanto tempo aveva condiviso con lui quella stanza, i capelli corvini che facevano capolino dalle coperte in cui era solita avvolgersi anche nelle notti più calde.

Era proprio in quei momenti di apparente tranquillità che sua sorella gli mancava immensamente, quando la caotica vita di quella casa era ancora sopita non poteva fare a meno di pensare a lei, di come la sua silenziosa presenza fosse in realtà così assordante ora che non poteva più vederla.

Era trascorso un anno dall'incidente ma ancora sua madre non aveva avuto il coraggio di mettere via tutta la roba di cui sla figlia si era circondata nel corso degli anni, quella stanza era rimasta esattamente come il giorno della sua morte, quasi che quell'eterna venticinquenne dovesse ancora varcare da un momento all'altro quella porta per svegliarlo e raccontargli i fantastici avvenimenti della giornata.

Qualsiasi cosa per sua sorella era capace di trasformare una qualsiasi noiosa giornata in quel piccolo paese di provincia in un avventura, da un casuale incontro sulla spiaggia con una vecchia conoscenza a una passeggiata in quei boschi che da piccoli credevano pieni di segreti e misteri. Probabilmente tutto questo entusiasmo era dovuto al fatto che Eve trascorreva ormai solo le sue estati nella vecchia casa di famiglia, lavorare in città per il resto dell'anno doveva arricchire particolarmente il fascino di quel posto in cui invece lui era costretto a trascorrere tutta la sua esistenza, intrappolato in una vita che non aveva mai sentito sua ma dalla quale non riusciva a liberarsi.

Era sempre stata lei quella con il talento, con le ali in grado di spiccare ill volo e portarla a raggiungere una carriera di successo fuori da quel buco, l'aveva sempre superato in tutto, sia negli studi che nelle amicizie, era sempre stata lei quella che gli altri volevano conoscere, quella su cui i genitori avevano investito facendola studiare all'estero, mentre lui si era sempre sentito avere quasi il ruolo della comparsa in quel film di cui invece avrebbe dovuto essere il protagonista.

Certe volte l'aveva quasi odiata, invidiata per quello che era stata in grado di fare mentre lui non faceva che annaspare nella sua mediocrità

Non era quasi comico, adesso, il fatto che avrebbe dato qualsiasi cosa per tornare indietro?

I rumori provenienti dal piano di sotto lo scossero da questi pensieri, lentamente si alzò in piedi mentre si dirigeva verso l'origine di quei suoni ormai familiari, per qualche secondo gettò uno sguardo sullo specchio appeso lungo la vecchia scala di legno che collegava la soffitta con il resto della casa.

Le prime luci dell'alba illuminavano la striscia di vetro in corrispondenza del suo viso, due occhi verdi e dall'aria stanca ricambiarono il suo sguardo assonnato

- Ancora quell'incubo? Non è proprio da te svegliarti a quest'ora Thomas - la voce di sua madre fece capolino dalla base delle scale, Thomas distolse l'attenzione dal suo riflesso mentre raggiungeva una donna esile e dal viso scavato

- No, ho solo dimenticato di chiudere la finestra e la luce mi ha svegliato- mormorò mentre le dava un bacio sulla guancia e le toglieva dalle mani una tazza di thè fumante. Non aveva intenzione di farla preoccupare ulteriormente, quell'ultimo anno era stato pesante per tutti gli abitanti di quella casa e l'ultima cosa di cui sua madre aveva bisogno erano nuovi problemi di cui occuparsi

- Thomas - un sussurro provieniente da una sedia accanto a lui catturò la sua attenzione, un'anziana signora gli sorrideva in modo affettuoso, il viso rugoso illuminato dalle prime luci del mattino

- Nonna buongiorno - esclamò il ragazzo mentre le circondava le spalle in un abbraccio. Non erano molte le mattine in cui sua nonna era in grado di ricordare il suo nome, giorni del genere assumevano immediatamente un significato particolare

- Hai svegliato tua sorella? Doveva accompagnarmi al mercato stamattina e non voglio fare tardi- il sorriso si spense sulla bocca del ragazzo, poteva sentire sua madre sospirare alle sue spalle, era come se una lama infierisse su una ferita ancora non rimarginata.

- Mamma Eve è stanca appena si sarà alzata scenderà stai tranquilla, lasciamola riposare- il tono di sua madre era vuoto, privo di emozioni, avevano provato più volte a spiegarle che non avrebbe visto più il viso allegro della nipote scendere quelle scale come di consueto, ma provocare quel dolore immenso ogni giorno era fin troppo crudele, preferivano soffrire loro alimentando quella innocente bugia che costringerla a rivivere quel dramma più di quanto già normalmente accadeva durante quelle giornate in cui era in grado di tenersi aggrappata al presente e la sua mente non si rifugiava in qualche antro sicuro del passato.

- L'altro giorno l'ho rivista vicino quella casa, le abbiamo detto così tante volte di stare lontana da quel posto ma come al solito quella ragazza non ascolta nessuno...

- Le dirò io di non tornarci tranquilla- Thomas la interruppe mentre poggiava delicatamente la tazza sul tavolo, ormai era abituato ad assecondare quella storia, d'altra parte se anche un luogo può avere dei ricordi, la vecchia casa sul promontorio sarebbe stato il posto perfetto per essere infestato dal fantasma di sua sorella.

Se per i bambini del villaggio quel rudere rappresentava la perfetta prova di coraggio, per i più adulti era un luogo perfetto dove appartarsi o semplicemente dove trascorrere delle ore tranquille, durante le calde giornate estive anche Eve amava leggere all'ombra della grande quercia che svettava nel giardino della vecchia villa e se non fosse stato per lui anche quel fatale pomeriggio sarebbe stata li a sfogliare Dostoevskij o qualcun altro dei suoi autori preferiti.

Per colpa sua, adesso, quei libri non facevano che marcire sugli scaffali impolverati di quella libreria.

Quella mattina l'aria era leggermente più fresca del solito, pensò il ragazzo mentre usciva di casa, si avvicinò alla bici poggiata contro la bassa recinsione del vialetto, poteva quasi sentirlo, alle sue spalle, uno sguardo fisso sulla sua schiena, non aveva bisogno di voltarsi per capire a chi appartenesse, sentiva il peso della sua disapprovazione anche a quella distanza

-buongiorno papà- mormorò mentre faceva forza sul pedale e si allontanava da quella casa.

Dal giorno dell'incidente non gli aveva più rivolto la parola, non poteva biasimarlo, d'altra parte aveva ucciso la sua figlia prediletta, gliel'aveva portata via all'improvviso e non era riuscito a fare nulla per evitarlo. Istintivamente Thomas si portò le mani allo stomaco, dietro il fine tessuto della maglietta poteva quasi sentire l'ispessimento della sua pelle li dove c'era la cicatrice che per sempre gli avrebbe ricordato di quella notte.

Di quel crimine per cui avrebbe sempre avuto le mani sporche di sangue

Quei momenti erano impressi in modo indelebile nella sua memoria, quei filari di alberi che scorrevano veloci al suo passaggio erano gli stessi che quella notte avevano fatto da testimoni all'incidente, quella strada che adesso percorreva velocemente era la stessa che Eve aveva percorso quella sera mentre lo andava a prendere.

Riusciva quasi ad immaginarsela, i lunghi capelli raccolti sulla testa a causa della calura estiva, mentre tamburellava sul volante cantando, al suo solito, la canzone che in quel momento passava la radio, era sicuramente scocciata di dover uscire con la macchina a quell'ora ma non era riuscita a dirgli di no quando l'aveva chiamata per essere preso dalla stazione di polizia del paese dopo l'ennesima bravata.

Erano anni che lui e dei vecchi compagni di scuola praticavano la street art, solitamente si divertivano ad imbrattare i muri della periferia ma quella notte qualche bicchiere in più del solito li aveva resi più arditi e la fatiscente rimessa delle barche vicino al porto mai era sembrata loro così allettante.

Thomas scosse la testa per allontanare il lungo ciuffo ribelle di capelli lontano dal viso, per un momento socchiuse gli occhi lasciandosi cullare dal vento e lasciando che la bici percorresse da sola il lungo viale che collegava quella zona residenziale con il centro cittadino. Mentre si inoltrava sempre più tra quelle piccole abitazioni del tutto identiche l'una con l'altra, il ragazzo sospirò sonoramente, presto quelle strade si sarebbero riempite di gente e le solite voci non avrebbero tardato a ronzargli intorno

Sarebbe dovuto uscire prima

Thomas svoltò in modo deciso per una piccola strada laterale, poco dopo si ritrovò in una larga piazza circolare, i tavoli all'aperto dell'unico bar degno di quel nome in quel paese erano già colmi di gente intenta a fare colazione, sceso dalla bici il ragazzo si diresse verso una anonima bottega quasi nascosta dall'ombra che il grande salice proiettava su quel settore della piazza, una voce lo accolse calorosamente all'ingresso

-Thomas! Ti aspettavo ieri stavo per chiamare a casa..- un uomo dietro il bancone principale lo accolse con un sorriso, era un signore sulla cinquantina, leggermente brizzolato e con un candido camice indosso

- Si ieri non me la sono sentita proprio di uscire...

-Era una di quelle giornate vero? Beh con questi dovrebbe andare meglio- esclamò poggiando sul tavolo tre contenitori di plastica colmi di piccole pastiglie bianche. Thomas conservò velocemente le pillole dentro la borsa a traccolla mentre abbozzava un sorriso nervoso

- Hai parlato con il tuo psichiatra su come modificare la terapia? E' quasi un anno che vai avanti con questo dosaggio mi sembra, ormai la situazione dovrebbe essere migliorata...

- Il dottor Atkins è in ferie, non voglio disturbarlo- disse cercando di liquidare velocemente la questione, on era la prima volta che lui o altri gli facevano questo discorso, un anno di antidolorifici in quelle dosi a volte lo confondevano ma il solo pensiero di farne a meno e dover affrontare ancora quel dolore lo faceva rabbrividire.

Non poteva certo dirgli che il dottore in questione si rifiutava da più di tre mesi di prescrivergli quei farmaci, ma ne lui ne nessun altro poteva capire quello che altrimenti gli sarebbe toccato.

Thomas chiuse alle sue spalle la porta della farmacia, automaticamente poggiò una mano sulla superfice rigonfia della sua borsa, il contatto mediato con quei flaconi lo tranquillizzava, socchiuse gli occhi cercando di ricacciare indietro quel formicolio che poteva sentire all'altezza dello stomaco

- Thomas sei forse tu?- una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare, si voltò di scatto per capire da chi potesse avere origine, per un attimo rimase quasi senza parole, davanti a lui un ragazzo alto e dai capelli chiari gli sorrideva amabilmente, dietro di lui due ragazze mormoravano sommessamente qualcosa di cui, temeva, era già a conoscenza

- Non ti vedo da un sacco di tempo! Ti trovo bene! Cosa ci fai qui così presto? - Thomas sorrise timidamente, sapeva che il ragazzo difronte a lui stava mentendo, dall'ultima volta che si erano visti era impossibile trovarlo meglio...

-Ho preso delle medicine per la nonna- rispose mentre distoglieva lo sguardo da quelli occhi nocciola che aveva davanti

- Tu sei tornato dal college Stuart?- chiese sommessamente mentre nascondenva la borsa alle sue spalle, quasi il ragazzo difronte al lui potesse vederne il contenuto e così smascherare la sua bugia

- Si, sono appena tornato dall' università, è stato un semestre particolarmente pesante non ho proprio avuto occasione di tornare prima...- esclamò sorridendogli, lui e Stuart erano stati per lungo tempo vicini di casa, praticamente cresciuti insieme prima che le loro rispettive inclinazioni gli facessero prendere strade diverse. Lui era il classico bravo ragazzo, destinato a seguire la strada di famiglia ed ereditare la farmacia del padre una volta finiti gli studi che l'avevano tenuto lontano da casa.

Per quanto riguardava il suo futuro, invece, aveva smesso di programmarlo già da tempo

- Dovremmo vederci una sera di queste non credi? Non ci vediamo da così tanto che dobbiamo aggiornarci su tante cose.- I mormorii alle sue spalle si fecero più insistenti, Thomas abbozzò un sorriso mentre annuiva distrattamente, con lo sguardo percorreva già la distanza che lo separava dalla sua bici, sarebbe stato superfluo accettare quell'invito, sapeva già che non appena avrebbe voltato le spalle le due ragazze gli avrebbero raccontato tutto, di quanto la morte di Eve lo avesse mandato fuori di testa, di come si fosse isolato da tutti e tutti da quella notte.

Non ricevendo alcuna risposta Stuart si morse imbarazzato il labbro, Thomas interruppe il silenzio ormai sceso tra loro congedandosi frettolosamente, stava riprendendo possesso della bici quando sentì Stuart dirgli qualcosa da lontano

- Ah e salutami Eve! L'altro giorno l'ho vista al promontorio ma probabilmente non mi ha riconosciuto- Thomas rimase a guardare il gruppo entrare nella farmacia, incapace di proferire alcuna risposta, il sangue gelato nelle vene

Era forse un sadico modo per deriderlo?

Il ragazzo era disteso sull'erba del giardino, la luce del sole filtrava tra le foglie degli alberi da frutto che suo padre aveva piantato tanti anni prima. Era come se quelle pillole avessero l'effetto di rinchiuderlo in una bolla di sapone, tutto attorno a lui diveniva più sfocato, gli oggetti perdevano il loro nitido contorno ma, al contempo, acquisivano dei colori più vividi e palesemente irreali. I rumori, i suoni che provenivano da ciò che lo circondavano erano come ovattati, si sentiva protetto in quell'isolamento, nessuno lo poteva disturbare ed anche i ricordi più dolorosi se ne stavano tranquilli in angoli oscuri della sua memoria senza minacciare di venire allo scoperto e ghermirlo nella loro crudezza.

Nella profondità di quel torpore anche il dolore che ormai era divenuto suo fedele compagno risultava dormiente, sentiva ancora la pelle del sue addome tesa e calda ma era come se il coltello che solitamente trafiggeva le sue carni si fosse acquietato e non continuasse ad infierire su quella ferita che solo apparentemente si era rimarginata.

Nonostante quella sensazione di pace apparente, un pensiero continuava a ronzargli in testa, non riusciva a scacciare le parole di Stuart dalla sua mente, frasi che si mescolavano con quelle che sua nonna aveva pronunciato quella mattina come tante altre.

Lentamente si alzò da terra, il movimento veloce rischiò di fargli perdere l'equilibrio, non sapeva se era il medicinale in circolo nel suo corpo o se effettivamente la sua fosse una scelta consapevole, eppure non riusciva a pensare ad altro: doveva andare in quella casa.

Non tornava sul promontorio da quel giorno, la vista di quel luogo che Eve tanto amava gli era quasi insopportabile ora che sapeva non l'avrebbe più trovata a leggere all'ombra di quell'albero secolare.

Lentamente si trascinava lungo l'impervia strada che portava verso quella casa abbandonata, trascinava i passi uno dopo l'altro mentre con la mano sfiorava i rami delle incolte siepi che costeggiavano l'irto sentiero.

Trascinata dal vento gli sembrava quasi di sentire la risata della sorella accompagnarlo lungo quella salita, tante versioni di Eve lo precedevano per quella strada, una bambina dai corti capelli corvini che si lamentava per essere caduta, una ragazza in bici che gli sfrecciava accanto con i lunghi boccoli neri mossi dal vento ed infine, in cima al promontorio, una sagoma che si faceva sempre più nitida, l'ultimo ricordo che aveva di lei quella notte in macchina, con la maglia sporca di sangue ed una profonda ferita sulla fronte.

Thomas sussultò mentre si asciugava il volto con il dorso della mano, cercò di scacciare dalla sua mente quei fantasmi che lo tormentavano, il profilo della vecchia villa era sempre più vicino, il vento, più forte data l'altezza, faceva tremare i rami dell'enorme quercia che dominava il cortile posteriore di quella casa ormai abbandonata.

Prima di lasciarsi alle spalle il cancello arrugginito dal tempo, Thomas non potè non notare un piccolo particolare

Da quando aveva intrapreso quel sentiero non aveva sentito il verso di nessun uccello

Il ragazzo si guardò intorno, era sul portico di quella casa ormai da qualche minuto, le vecchie assi di legno cigolavano sotto il suo peso risuonando nel silenzio di quel giardino.

Cosa pensa di ottenere salendo in questo luogo? Era davvero convinto di trovare sua sorella in quella casa?

L'aveva vista morire, era insieme a lei la notte dell'incidente eppure non era riuscito a non appendersi a quel barlume di speranza.

Era così forte il suo senso di colpa per essere stato l'unico a sopravvivere quella notte?

Nonostante il suo giudizio fosse annebbiato dagli antidolorifici, o forse proprio per questo motivo, non poteva non domandarsi come fosse possibile che ben due persone avessero visto qualcosa di simile a Eve in quella casa.

Finchè si trattava di sua nonna dargli peso sarebbe stato da folli, per un'anziana con problemi di demenza senile vedere la nipote morta non era poi così sorprendete, ma Stuart non era il tipo da fare scherzi così crudeli, erano stati amici in passato ed era possibile che non sapesse della morte di Eve visto che il giorno dell'incidente era già tornato al college.

Cosa aveva visto?

Thomas era così immerso nei suoi pensieri che quasi sobbalzò quando il suo piede urtò qualcosa di morbido adagiato sul porticato. Era quasi arrivato nel retro della villa e la cosa che aveva calpestato rotolò qualche metro più avanti, il ragazzo si avvicinò cuorioso, era una strana massa nera e solo quando fu abbastanza vicino si rese conto di avere davanti una sorta di uccello ormai morto.

Era uno strano animale, sembrava avesse le sembianze di un corvo ma non c'era traccia alcuna delle sue ali, il dorso del volatile era come dilaniato e dalla ferita si intravedevano contorcersi alcuni vermi... il ragazzo distolse lo sguardo disgustato

Fu allora che la vide

Stava in piedi sotto la quercia secolare, la mano poggiata contro il tronco dell'albero, gli occhi chiusi ed una espressione di pace dipinta sul volto, quasi stesse ascoltando la voce di quella pianta trasportata dal vento, i lunghi capelli nero corvino danzavano mossi dall'aria seguiti dal sottile vestito nero.

Per un attimo il respiro gli morì in gola

- Eve...- sussurrò mentre arrancava verso la ragazza poco lontana, la mano protesa verso quella figura che non poteva che essere irreale.

La ragazza si voltò lentamente verso di lui, era come se non fosse per niente sorpresa della sua presenza, come se già sapesse che lui si trovava in quel giardino, che quel giorno si sarebbero visti...

Sul viso della donna si dipinse un sorriso mentre apriva lentamente gli occhi, il ragazzo si bloccò mentre la mano prima protesa verso quella figura tanto familiare ricadeva al suo fianco, quello non era il sorriso di sua sorella, quella smorfia gelida non era mai comparsa sul viso di Eve..

Poi il suo sguardo incrociò quello della ragazza, due pozzi del colore dei più profondi oceani ricambiavano il suo sguardo, si sentiva quasi sprofondare in quegli abissi disumanni blu notte, catturato in una morsa che gli mozzava del tutto il respiro...

Per un attimo, mentre il cuore stava quasi per esplodergli nel petto, riuscì a scorgere cosa c'era ai piedi della ragazza....

Una distesa di piume scure come la pece lasciavano intravedere uno stuolo di corvi senza vita, contorti in una straziante nell'ultima straziante posa che avevano assunto prima di essere trucidati.

La ragazza iniziò lentamente a muoversi verso di lui, sebbene ancora non fossero vicini la sua presenza era incredibilmente soffocante, si sentiva come travolto, come se tutto l'ossigeno fosse stato risucchiato via da quel posto

Di certo quella cosa non era sua sorella

Fu questo l'unico pensiero che riuscì a formulare prima che la vista gli si annebbiasse del tutto.

Thomas crollò a terra, il corpo pervaso dagli spasmi, mentre le tenebre conquistavano il suo campo visivo la sconosciuta portò il viso vicino al suo, le dita affusolate erano incredibilmente fredde, la pelle, quasi diafana, era talmente chiara da dare l'impressione di riflettere la luce del sole...

Prima perdere conoscenza Thomas sentì una voce limpida risuonargli nella testa

- Finalmente sei arrivato-

Era un suono che non aveva mai sentito prima di allora, talmente cristallino da non sembrare nemmeno umano.

Mentre le tenebre oscuravano il suo campo visivo, non potè fare a meno di notare un particolare: era certo fossero soli in quella casa, ma nonostante fosse sicuro di avere sentito quelle parole, la bocca della ragazza era rimasta per tutto il tempo chiusa.

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Capitolo 6
*** Nephilim ***


Il mal di testa era allucinante.

Thomas aprì lentamente gli occhi, quasi si aspettasse che la luce del tramonto potesse ferirlo e sussultò non appena vide le prime stelle fare capolino nel cielo ormai imbrunito.

Da quante ore era rimasto privo di sensi li in terra?

Ma soprattutto, cosa gli era successo?

Il ronzio che gli permeava le orecchie gli impediva di ricostruire con esattezza quello che era accaduto, delle sfuggenti immagini balenavano a sprazzi nella sua memoria.

Dei lunghi capelli neri e degli occhi profondi, due abissi che l'avevano fatto sprofondare nell'oblio.

Chi era quella ragazza? Quella cosa così simile a sua sorella?

Il ragazzo si alzò lentamente da terra scrollando il terriccio e la polvere dai suoi vestiti, si guardò spaesato intorno alla ricerca di quel profilo ancora misterioso. 

Era come se una parte di lui volesse fuggire il più lontano possibile da quel posto, come se qualcosa gli suggerisse di scappare, eppure i suoi piedi non accennavano a muoversi da quello spiazzo reso ancora più inquieto dal primo buio della notte. Gli sembrava di essere ormai al pari di una piccola preda indifesa, stretta nella morsa del suo predatore, consapevole del vicino pericolo ma altresì incapace di muovere un passo, incatenata dalla paura e dal terrore, quasi costretta ad accettare il triste finale.

Fu lo squillo del telefono a farlo sussultare, si frugò disorientato nelle tasche quasi sorpreso da quanto il suono meccanico della suoneria potesse essere fuori posto in quella cornice desolata

- Si mamma, sto tornando - mormorò rispondendo alle proteste della madre indispettita per non vederlo rincasare per l'ora di cena.

Lentamente, Thomas si allontanò dal promontorio, il ragazzo cercò di resistere all'impulso di voltarsi, quasi consapevole che, se si fosse guardato indietro,non sarebbe riuscito più a proseguire. 

Il vento, che potente scuoteva le fronde degli alberi, soffiava in senso opposto.

Fylake guardava ile ragazzo allontanarsi, la schiena larga farsi sempre più lontana.

L'angelo rimase a fissare quella sagoma per qualche istante prima di voltarsi verso il retro della casa. La ragazza procedeva a passo spedito, incurante dei cadaveri di corvi ai suoi piedi, vittime innocenti della rabbia che continuava ad assalirla senza controllo.

Era così vicina, così vicina a prendere quello per cui aveva atteso tutto quel tempo, così vicina a liberarsi da quella nuova prigione in cui si era ritrovata costretta.

Così vicina ma anche troppo impaziente

Non si aspettava che il ragazzo potesse reagire così alla sua presenza, si erano scambiati uno sguardo fugace eppure era come se lui fosse rimasto quasi deluso di non ritrovare sul suo volto qualcosa di familiare.

Il pensiero la fece quasi sorridere, chi poteva dirsi deluso di avere incontrato un angelo?

Ma lei poteva definirsi ancora tale?

Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dalle due ombre che si stagliavano sul suo cammino, Fylake accennò un sorriso sarcastico mentre posava lo sguardo sulle figure imponenti in piedi sul portico di quella vecchia casa dalla fatiscente, la prigione in cui proprio loro l'avevano costretta.

Gabriele, Michele quale onore ricevere la vostra visita- il flusso dei pensieri dell'angelo toccò le menti di quelli che una volta erano i suoi fratelli. 

Per un attimo lo sguardo di Fylake si posò su quello che una volta era il suo stesso sguardo, gli occhi acquamarina del gemello perduto si posarono sul volto di lei per pochi secondi, quasi incapaci di sostenere la vista di quei pozzi scuri in cui non riconosceva più nulla di familiare

Eravamo sicuri di trovarti qui- esclamò divertito il più esile tra i due.

 Era come se Michele avesse parlato di proposito, le parole, superflue per un angelo, erano state usate quasi a rimarcare il fatto che lui fosse dotato di una voce. Fylake ricambiò quell'affermazione pregna di sarcasmo con uno sguardo colmo di disprezzo, eppure, per una frazione di secondo, i suoi occhi si fermarono sulle candide ali del visitatore. Sapeva bene che, anche in quel caso, Michele intendeva provocarla, sottolineare la loro differenza di status, e per un attimo si sentì quasi grata al fratello, che a differenza del compagno aveva ritratto le sue ali.

Non potrei essere altrove, grazie a voi- rispose l'angelo caduto sedendosi sul porticato, le ferite sulla schiena le provocarono una fitta di dolore

- Siete venuti a farmi una piacevole visita o devo ad altro la vostra presenza?- continuò ironicamente incrociando le braccia. Gabriele gettò uno sguardo di rimprovero al compagno, quasi a biasimare l'infelice battuta. L'efficenza del gemello gli rendeva insopportabile una qualsiasi perdita di tempo, era secondario il fatto che, in questo caso, si trattasse di quella che una volta era sua sorella.

Siamo venuti ad avvertirti, sappiamo cosa hai intenzione di fare, fermati fino a che sei in tempo...

Dopo il casino che hai combinato con i Nephilim non pensavamo saresti stata così stupida da ricadere negli stessi errori, eppure abbiamo visto cosa stai facendo, come hai attirato quel ragazzo qui! Non mi aspettavo un comportamento più onorevole da te, ma non puoi ostinarti a perseguire questo tuo folle obbiettivo!- le parole ben meno diplomatiche di Michele la lasciarono indifferente

Mi avete relegata qui, costretta in questa casa ergendovi come giudici della mia condotta. Non sono più un angelo, non soggiaccio più alle vostre regole e voi non avreste alcun potere su di me o sulle mie azioni! Non capisco cosa possiate temere, o non avete fiducia delle tenaglie con cui mi avete legata?- Fylake ricambiò lo sguardo duro di Michele. Gli occhi dorati dell'angelo riflettevano quasi la sua immagine, per un attimo si vergognò di quanto il suo aspetto fosse differente rispetto a quello dei suoi compagni, rispetto alla magnificenza di cui lei stessa era un fulgido esempio una volta

Adesso era soltanto sporca

Non riusciresti nemmeno volendo ad impedire l'apertura del sigillo. I tuoi poteri sono limitati, così come la tua libertà di movimento, e sappiamo bene entrambi come l'unico modo in cui tu ti potresti liberare è irrealizzabile- Gabriele si congedò con queste ultime parole, mentre si librava nel cielo, senza attendere nemmeno una risposta.

 Fylake non poté fare a meno di notare che non le aveva rivolto più uno sguardo.

Per qualche secondo l'angelo caduto si fermò ad osservare la sagoma del fratello farsi sempre più lontana

-Se non l'hai seguito come un cagnolino immagino tu abbia qualcos'altro da dirmi, giusto Michele?- domandò scocciata tornando a rivolgere la sua attenzione al visitatore rimasto. Nonostante Gabriele fosse capace di ispirare rispetto in tutti gli angeli del Paradiso, la devozione che Michele nutriva nei suoi confronti non aveva pari

Scegliere chi seguire non è una scelta che tutti fanno con saggezza d'altra parte- rispose sorridendo l'angelo, deciso a non perdere la minima occasione per ferire quell'essere capace di avere tradito la persona a lui più cara

- Lo scempio di cui ti circondi non fa che confermare quanto tu ormai sia una causa persa- continuò guardando con disgusto i corpi inermi a terra - eppure Gabriele continua ancora a nutrire speranza nei tuoi confronti. Intendeva proteggerti quando ti ha confinata qui, impedire che il continuare a macchiarti di quei crimini orrendi potesse precluderti per sempre la salvezza-

Ma io non voglio essere salvata, e voi siete ciechi se non comprendete perché i Nephilim debbano essere fermati a tutti i costi!- 

Se provi tutto questo odio mi domando come riuscirai mai a farti donare volontariamente il sangue di uno di loro- concluse voltandole le spalle 

Le ferite lungo la schiena ripresero a sanguinare

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Capitolo 7
*** Amon ***


Thomas guardava il soffitto della stanza con sguardo perso. 

Non poteva fare a meno di pensare a quello che era successo sul promontorio, l'immagine della sorella continuava vorticosamente a sovrapporsi a quella della misteriosa figura. Il volto di Eve lo guardava sorridente dalla foto sopra il caminetto, una bambina di circa dieci anni e con qualche dente in meno stringeva affettuosamente un cane dal manto rossiccio.

Dove sei Eve?- si trovò a sussurrare mentre si alzava dal divano. 

Poi la sentì, ancora come trasportata dal vento la risata di sua sorella che batteva sulle finestre di casa quasi chiedendo a gran voce di entrare.

- Sono solo le pillole- si disse quasi per convincersi mentre sistemava la pesante tenda davanti il balcone del soggiorno, come se temesse che anche il viso della sorella venisse portato dalla tramontana alla loro porta. 

Stava per andare a letto quando lo sguardo gli cadde sullo schermo del telefono, la notifica di un messaggio non letto catturò la sua attenzione, non aveva più controllato il cellulare da prima della cena.

Il contenuto dell' sms gli fece gelare il sangue

Thomas, mi sento uno stupido, nessuno mi aveva detto di Eve e quello che ti ho detto oggi sul promontorio deve esserti suonato crudele e stupido. Se ti va con alcuni amici ci vediamo li stasera, vorrei avere l'occasione di scusarmi di persona.

Stuart

Thomas infilò velocemente il cellulare in tasca e si fiondò verso la porta. 

Non sapeva nemmeno lui bene perché o come, ma sentiva che il promontorio era il posto meno adatto per una scampagnata tra amici quella sera.

Fylake li osservava da dentro la casa, quattro ragazzi ridevano sguaiatamente, incuranti di come quel rumore potesse turbare la calma e la serenità di quel luogo. Nonostante fossero secoli che migrava sulla Terra non poteva che rimanere stupita dall'incuria e dalla mancanza di sensibilità degli uomini, incapaci di comprendere la sacralità della natura, di apprezzare ed ascoltare la voce dell'ambiente, di quel mondo si trovava proprio come lei, muto e sovrastato da tutto quell'inutile ed assordante rumore.

I suoi passi sulle vecchie assi di legno non producevano alcun rumore, se i suoi poteri non fossero limitati da quello stupido vincolo avrebbe potuto mascherare facilmente la sua presenza agli esseri umani, ma quella temporanea mancanza di poteri la rendeva del tutto visibile a quei ragazzi come al resto del mondo, incapace di mascherare la sua natura ultraterrena e costretta, quindi, a nascondersi alla vista di chiunque.

Che figura terribile Stu!- una voce femminile catturò la sua attenzione, una ragazzina con un leggero vestito turchese guardava tra il divertito e lo scioccato un bel ragazzo poco distante

E' assurdo che i tuoi non ti abbiano detto di Eve, qui in paese non si è parlato di altro nello scorso anno. La famiglia è ancora devastata e Thomas.... non stava bene prima figuriamoci adesso- un sorriso si dipinse sul volto di Fylake, quegli esseri insignificanti erano diventati decisamente più interessanti.

Thomas arrancava sulla salita verso il promontorio, quel tratto in bici non gliela mai risultato particolarmente faticoso eppure, questa volta, non poteva fare a meno di sudare freddo. Più si avvicinava all'apice della collina più rimaneva sorpreso dal non sentire rumore. 

Che Stuart alla fine avesse deciso di non uscire?

La prospettiva sarebbe stata decisamente rincuorante se non avesse voluto dire ritrovarsi li da solo, di notte, con una strana presenza che poteva, come non poteva, essere frutto dei suoi psicofarmaci.

-Thomas... sei venuto alla fine!- una voce alle sue spalle lo fece sussultare dalla sorpresa. Stuart lo guardava con aria imbarazzata, la mano che arruffava i capelli con fare sbarazzino

Pensavo di trovarti ancora al promontorio

- Si... ce ne eravamo appena andati ho accompagnato le ragazze alla loro macchina e non ho più ritrovato le chiavi della mia. Probabilmente mi saranno cadute li da qualche parte

- Oh ho capito- tra i due scese un silenzio imbarazzato, Thomas non sapeva precisamente cosa dire ed all'improvviso le ragioni del suo correre in soccorso di Stuart gli sembrarono ridicole, fortunatamente fu quest'ultimo a rompere il silenzio.

Visto che sei già qui... magari potresti aiutarmi

Una volta giunti in cima, i due ragazzi iniziarono a guardarsi intorno

- Mi spiace davvero per Eve, era una ragazza in gamba - mormorò Stuart dando le spalle a Thomas. Il ragazzo rimase in silenzio, incapace di trovare risposte che non sembrassero stupide o assolutamente scontate nonostante si trattasse di frasi ormai ricorrenti nell'ultimo anno.

- Immagino sia orribile per i tuoi, e per te ricordo che eravate molto legati- probabilmente Stuart aveva inteso il silenzio del ragazzo come una sorta di licenza a continuare

Non so bene cosa ho visto l'altro giorno, probabilmente qualcuno che le somigliava, sono stato davvero uno stupido, ti avrò messo in difficoltà stamani- esclamò mentre frugava il terreno vicino ai loro piedi. Thomas abbozzò un sorriso scuotendo la testa

Tranquillo, devo ammettere che è quasi stato un sollievo, non dovere stare li a sentire ripetere le stesse parole... 

Deve essere stata dura, a casa mi hanno detto che c'eri anche tu quella sera con lei in macchina. Sei dovuto rimanere in ospedale piuttosto a lungo vero?

Un mese -rispose seccamente raccogliendo il mazzo di chiavi da terra. Thomas lanciò l'oggetto della loro ricerca al ragazzo che lo ringraziò con un cenno del capo, accanto a loro i rami della quercia secolare ondeggiavano cullati dal vento.

Corri

La voce gli era arrivata alle orecchie come un sussurro. Thomas si guardò intorno spaesato

- Stuart hai detto per caso qualcosa?- il ragazzo lo guardò con aria interrogativa anticipando una risposta che già sapeva essere negativa. 

Era sicuro che la voce che aveva sentito fosse femminile

Accadde in un attimo.

Un dolore lancinante gli perforò la spalla, sulla maglia bianca che aveva indosso iniziò ad allargarsi una macchia di sangue.

Thomas crollò in ginocchio a terra, la vista annebbiata dal dolore, Stuart si precipitò da lui con aria sconvolta

-Ma cosa diavolo...- le parole gli morirono in bocca mentre con uno sguardo terrorizzato fissava un punto aldilà del ragazzo ferito

Mai frase si rivelò essere più azzeccata

Un sorriso gelido era dipinto sul volto di Fylake, era arrivato il momento che attendeva da più di un anno.

Lo sguardo dell'angelo era fisso su un punto oltre i due ragazzi annichiliti a terra, su un' ombra dalle fattezze non umane che gli si avvicinava strisciando. Il più alto tra i due ragazzi era stato ferito ad una spalla, una ferita profonda ma che l'aveva lasciato cosciente, nei suoi occhi, tra la paura ed il terrore, vi era una scintilla di curiosità per la figura che l'aveva attaccato. 

-Sciocchi umani, inconsapevoli della loro stessa vulnerabilità- pensò tra se mentre si spingeva il più possibile vicino alla scena. 

Fylake si nascose dietro la grande quercia che dominava quello spiazzo, quello era il massimo che il vincolo cui l'aveva costretta Gabriele le consentiva di spingersi. L'ombra iniziava ad assumere delle fattezze più chiare, due occhi nero pece, privi di pupilla, erano incastonati su una testa di civetta. Il corpo possente e muscoloso era retto da due zampe di leone, i cui artigli affilati erano conficcati in terra, la lunga coda serpentina frustava il terreno in un moto di eccitazione.

Amon

Il demone fissava i due ragazzi con fare famelico, gli sguardi annichiliti di Thomas e Stuart venivano riflessi dai suoi occhi vitrei e totalmente inespressivi

- Chi di voi due è il Nephilim?- la voce del mostro era roca ma al contempo acuta, simile allo scricchiolare di una vecchia tavola di legno 

- Lo chiederò solo un'altra volta e poi le vostre risposte non avranno più importanza: chi di voi due ha il sangue dell'angelo?- Thomas cercò dentro di se la forza di modulare una risposta, di dire che non aveva la minima idea di cosa si stesse riferendo quella cosa mostruosa, ma il terrore gli paralizzava la voce, era come se qualsiasi parola cercasse di proferire gli morisse in gola

Rimani attaccato al tuo amico, non muovere un muscolo

La voce cristallina che l'aveva coinvolto in quel disastro gli perforò le orecchie. Thomas non ebbe nemmeno il tempo di guardarsi intorno che la creatura si scagliò contro di loro ad una velocità disumana.

Fu allora che accadde

In un attimo sentì un rumore squarciante alle sue spalle, uno dei rami dell'enorme quercia poco distante da loro aveva colpito in pieno il demone scagliandolo lontano. Ogni volta che questo tentava di avvicinarsi l'albero li proteggeva respingendolo con forza

Un angelo che non ha il coraggio di farsi avanti e si fa scudo dietro una misera pianta? Quanto poco ha a cuore Dio la sorte di questi mortali- l'urlo del demone sovrastò il frastornante rumore del legno che si spezzava in quello scontro innaturale. Con uno scatto, il mostro riuscì ad intercettare uno dei rami che si scagliavano contro di lui, usando la sua spinta per fiondarsi contro i due ragazzi.

La bestia atterrò con un tonfo a poca distanza dai due, stava per attaccare quando le radici della quercia gli si avvilupparono alle zampe mostruose, impedendogli qualsiasi movimento.

-Anche una misera pianta sarebbe in grado di fermare qualcosa di così infimo come te, Amon

Ancora una volta quella voce gli traversò la mente, anche il demone doveva averla percepita perché smise di dimenarsi guardandosi freneticamente intorno. Lentamente, con una tranquillità che stonava del tutto con la drammaticità del momento, una esile figura apparve da dietro il largo tronco dell'albero. La mano sottile delicatamente poggiata alla corteccia, sembrava quasi carezzare la vecchia quercia, ringraziandola per il servizio appena reso

La coda del demone frustava il terreno in preda alla frustrazione

- Ancora tu! Perché uno schiavo di Dio dovrebbe interessarsi a questo piccole creature?- sibilò mentre cercava di divincolarsi da quella morsa. Il legno scricchiolava pericolosamente, minacciando di cedere da un momento all'altro. 

- Sappiamo entrambi che nelle tue attuali condizioni non puoi uccidermi, lasciami il Niphleim, non farò nulla all'altro umano

Come se mi importasse 

Il flusso di pensieri interruppe le parole del demone mentre un grosso ramo della quercia si stringeva al collo del mostro, serrando la presa sempre di più. La sagoma avanzava con passi lenti, facendosi sempre più nitida mano a mano che la nube di polvere iniziava a dissiparsi.

I lunghi capelli neri trasportati dal vento, la pelle diafana quasi transfluente e quegli occhi blu notte...

Era lei

Fylake lasciò cadere la mano prima poggiata sul tronco della quercia al suo fianco. La scintilla di vita che sino a pochi attimi prima aveva animato la pianta scomparve del tutto, lasciandola rigida nella morsa in cui il demone era costretto. L'angelo caduto si avvicinò alla bestia sino a portare il suo viso a pochi centimetri da quella maschera demoniaca, poteva sentire l'alito fetido venire rilasciato dalle sue fauci.

-Quando ripiomberai negli Inferi, urla il mio nome, grida il mio nome mentre ripiomberai ai piedi del tuo signore. Di a Lucifero che è inutile che provi a liberarsi, non gli permetterò mai di rompere i sigilli, che se ne stia buono ad aspettarmi, ci vedremo presto all'Inferno-

L'angelo piantò il suo braccio nel petto del demone, la bestia ruggì di dolore mentre Fylake gli strappava il cuore pulsante dal petto. In pochi attimi il corpo del demone divenne polvere.

Thomas era impietrito, quella esile ragazza, da sola, era riuscita ad uccidere quel mostro ripugnante. Il ragazzo rimase a fissare ancora sconvolto quella figura di spalle, la pelle candida macchiata dal liquido violaceo proveniente dalle viscere della bestia, il demone l'aveva chiamato Angelo, eppure non riusciva ad adattare la ben nota figura alata a quella che si trovava difronte. Li aveva salvati, eppure c'era qualcosa di profondamente pericoloso in quella persona, la lucidità e la fermezza con cui aveva eliminato il demone, senza alcuna pietà, non riuscivano a rassicurarlo del tutto. 

Un sibilo interruppe il flusso dei suoi pensieri

-Th..om..as- accanto a lui Stuart si accasciò al suolo mentre una pozza di sangue colorava il terriccio di rosso.

-Deve essere stato colpito durante lo scontro-

Ancora una volta la sua mente venne toccata dalla ormai nota voce, il ragazzo aveva le mani poggiate sul fianco del compagno inerme a terra, le carni squarciate da una ferita profonda che non accennava a smettere di sanguinare.

- Aiutami ti prego! Ci deve essere qualcosa che possiamo fare... non può morire... ti prego! Aiutami! portiamolo in ospedale, presto!

Nonostante l'accoratezza del suo appello, la ragazza rimase ferma al posto, senza accennare minimamente a muoversi

Cosa aspetti! Non vedi che sta morendo!- Thomas si voltò verso l'angelo, una nota di rabbia traspariva dalla sua voce

Io non posso lasciare questo posto, sono legata a questa casa, a questo luogo. 

Allora aiutami a sollevarlo, lo porterò io sino in ospedale e...

Sarà troppo tardi, tra pochi minuti il suo cuore smetterà di battere,  sarà una morte indolore, in fin dei conti ha già perso i sensi

Thomas la guardò inorridito,  i sospetti di prima non venivano che confermati da questa inumana freddezza

CI deve essere qualcosa che possiamo fare! Che puoi fare! Hai sconfitto da sola quel mostro! Non posso credere tu non possa salvarlo

Non ho detto questo

Thomas la guardò con ariainterrogativa, ogni minuto era prezioso e lei perdeva tempo in sillogismi e giri di parole

Posso salvarlo ma solo se riacquisto pieno uso dei miei poteri. Solo se TU mi permetti di riacquistare i miei poteri

Non ho idea di cosa possa fare, ma ti prego sbrigati, qualunque cosa sia- Thomas guardò l'angelo avvicinarsi a lui, Fylake si inginocchiò a terra sino ad arrivare alla sua altezza, gli occhi piantati fissi in quelli del ragazzo

Quindi ho il tuo consenso?

Thomas annuì disorientato, Fylake gli si avvicinò ulteriormente, i visi quasi si sfioravano. Thomas poteva sentire il profumo di erba bagnata e fiori provenire dal corpo della ragazza, i lunghi capelli mossi gli sfioravano il viso, per un attimo chiuse gli occhi quasi intimorito da quello che lei avrebbe potuto fargli. 

Non temeva di morire, ma avrebbe fatto qualsiasi cosa in suo potere pur di non causare la morte di un'altra persona.

Sentì le labbra dell'angelo posarsi sulla spalla ancora sanguinante, il dolore proveniente dalla ferita lo fece gemere, un bruciore che non faceva che aumentare mentre le carni gli pulsavano. Fylake si strinse a lui con forza mentre rivoli di sangue scivolavano dagli angoli della sua bocca.

Alle loro spalle, le ceneri del demone venivano sparse dal vento. 

 

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Capitolo 8
*** Patto di Sangue ***


L'angelo si staccò lentamente dal corpo del ragazzo, se sul fondo degli occhi di lei si era accesa una piccola scintilla, quelli di Thomas apparivano appannati a causa della perdita di sangue.

Fylake sentiva ancora rimbombare nelle orecchie i battiti accelerati del suo cuore, un rumore sordo che lasciava trasparire la fragilità di quegli esseri che le stavano davanti. Lentamente, mentre rivoli di sangue umano le colavano dagli angoli della bocca,  si avvicinò al corpo di Stuart, steso al suolo e percorso dai sussulti.

Thomas assisteva alla scena esterrefatto, non capiva se quello che stava succedendo davanti a lui fosse frutto della confusione che gli stava martellando il cervello. La perdita di sangue gli aveva offuscato la vista, eppure vedeva chiaramente che dalla mano di quella strana ragazza, quella che quel mostro aveva chiamato angelo, poggiata sul fianco squarciato del suo amico, dipanarsi una flebile luce.

Una volta sollevata, la ferita era sparita.

Stava cercando di formulare qualche frase di senso coerente, qualche domanda circa la follia che era appena avvenuta in quel maledetto giardino, quando, con velocità, la mano dell'angelo si spostò sulla fronte di Stuart.

Ma cos...- tentò di obiettare, ma le parole gli morirono in bocca alla vista di una piccola sfera di luce che si formava a lato della tempia del ragazzo. Fylake la strinse in pugno e quando aprì la mano il suo palmo era vuoto.

Non ricorderà nulla di quello che è appena successo, si risveglierà a breve come se non gli fosse successo alcunché, si ritroverà qui pensando di avere bevuto una birra di troppo

Ancora una volta la voce cristallina dell'angelo gli rimbombò nel cervello. Thomas si portò una mano in fronte, la testa gli pulsava, era come se la sua mente fosse spaccata da quello che aveva visto, da quella voce che sembrava trapassarlo come la lama di un coltello affilato.

Io non capisco....- mormorò con fatica - cosa diavolo era quella cosa che hai ucciso, cosa è successo?... cosa sei tu?- Una smorfia deformò il viso della donna; quegli occhi scuri lo fissavano in modo innaturale, come se la ragazza non avesse bisogno di sbattere le palpebre.

Voi uomini, siete sempre così pieni di domande...chiedete, chiedete anche quando le risposte sono davanti ai vostri occhi. Quello che hai appena visto, piccolo mio, era un demone e non l'ho ucciso, un demone di quel tipo non conosce la morte che voi umani temete così tanto. No... l'ho rimandato  nel pattume da cui proviene, a casa dal suo padrone

Thomas la guardava scioccato, non poteva crede a quelle parole eppure l'assoluta tranquillità con cui le raccontava e la scena a cui aveva assistito non lasciavano adito a dubbi

- Ma... perchè?- furono le uniche parole che riuscì a pronunciare, si sentiva del tutto svuotato. 

Nephilim

La parola pronunciata dall'angelo echeggiò nella sua testa. Anche quel mostro l'aveva pronunciata poco prima, era quello che stava cercando, quello per cui era disposto ad uccidere

Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro delle figlie, i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli a loro scelta... da quella unione nacquero i nephilim, creature dal sangue misto, nato da quell'atto di perversione imperdonabile posto in essere dagli angeli caduti. I primi nephilim avevano una forte traccia del sangue del divino, cosa che gli ha conferito enormi capacità, creando uomini eccellenti rispetto alla massa. Nel corso dei secoli il loro sangue si è sporcato, mischiatosi insieme a quello della gente comune... l'elemento divino è diventato sempre più evanescente, sempre più debole, una piccola goccia irrilevante che riappare quasi come un gene recessivo in qualche generazione... eppure i demoni ne vanno ghiotti. Farà sentire quella feccia più rilevante suppongo ed, in fin dei conti, non è neppure male

Fylake si passò la lingua sul labbro, assaporando quelle gocce di sangue umano che le avevano colorate di un rosso fulgido. Il ragazzo sgranò gli occhi, quello era il suo sangue. Era lui che quel demone stava cercando, lui la ragione per cui Stuart era stato ferito.

Lui era un nephilim

-Quindi quella cosa...tornerà per me! E tu... tu hai bevuto il mio sangue, cosa sei? Vuoi anche tu uccidermi? Sei qui per questo?-

Se avessi ancora una voce la vostra ingratitudine mi lascerebbe senza parole 

un sorriso sarcastico si dipinse sul volto della creatura 

Cosa sei, mi chiedi. In fin dei conti credi non sia molto diversa da Amon giusto? Ho bevuto il tuo sangue è vero, ma ho salvato te ed il tuo amico.. non basta per dimostrarti che non sono parte di quella feccia? Anche una mente semplice come la tua dovrebbe riuscire a fare 2+2

Il demone, ti ha chiamata angelo- le parole gli uscirono quasi come un sussurro mentre guardava meglio la strana ragazza in piedi davanti a lui. Come poteva quell'esile figura essere un angelo! Non aveva ali, aveva bevuto il suo sangue come un vampiro, eppure c'era qualcosa di definitivamente soprannaturale in quella ragazza, qualcosa nel vuoto del suo sguardo solenne che gli faceva gelare il sangue nelle vene.

Non sono un angelo, non più almeno. Ma sono la sola in grado di proteggerti su questa Terra. Offrendomi il tuo sangue, liberamente, abbiamo stretto un patto vincolante. Nessun demone potrà farti del male senza prima passare attraverso me. Per rispondere alla tua domanda, Amon tornerà, e non sarà da solo. Adesso che sa che sono qui arriveranno orde di demoni per prenderti. Loro non amano perdere, che un umano gli sia sfuggito deve averli fatti particolarmente arrabbiare

La voce dell'angelo suonava divertita mentre le sue ultime parole lasciavano un segno indelebile nella mente di Thomas: Per questo dobbiamo andare via

Il ragazzo stesse in silenzio qualche secondo, cercando di elaborare le informazioni incredibili che lo stavano tempestando. Per qualche strana ragione c'era del sangue angelico dentro di lui, sangue di cui quei mostri erano apparentemente ghiotti. I demoni sarebbero tornati per lui, per ucciderlo, e la prossima volta chi gli era accanto potrebbe non essere fortunato come Stuart

Avrebbe di nuovo causato la morte di qualcuno

-Cosa devo fare?- fu l'unica frase che riuscì a pronunciare mentre si rimetteva in piedi a fatica. L'angelo, o l'ombra dell'angelo che un tempo era stata quella ragazza era davanti a lui; i capelli nero corvino mossi da un vento che adesso sentiva gelido trapassargli le ossa. La vecchia quercia che prima l'aveva protetto, adesso incombeva su di loro minacciosa, i rami quasi artigli pronti ad afferrargli la gola per stringerlo in una mossa mortale.

In un modo o nell'altro era in trappola

Partiremo all'alba, prima che sguardi indiscreti siano svegli. Cerca di trovare una spiegazione affinché la tua famiglia non ti cerchi; più lontano saranno da te più saranno al sicuro. 

L'angelo si congedò con queste parole, in un attimo scomparve e di lei non rimase nell'aria che quello strano profumo, come di un ricco giardino lontano.

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Capitolo 9
*** Addio ***


Fylake era seduta su un ramo del possente albero che campeggiava padrone di quel giardino ormai in procinto di essere lasciato. La gamba della ragazza, il cui candore disumano rifulgeva della luce della luna, dondolava inerte nel vuoto, quasi seguisse il ritmo di quel vento che, lento, ne scuoteva le fronde.

L'angelo aveva gli occhi chiusi, quasi che seguisse una melodia muta, un canto che non era più in grado di fare risuonare.

Si sentiva scossa da una strana euforia, finalmente dopo anni era riuscita a rompere il sigillo che la legava a quel luogo, a scappare da quella prigionia che i suoi fratelli le avevano imposto. 

Dopo anni aveva trovato un nephilim.

Quegli esseri frutto del peccato e della lussuria, dell'unione innominata tra un essere del cielo e ed un frutto della terra, umani all'apparenza come tutti gli altri, non dotati di nessun particolare potere ma possidenti la chiave per sigillare i cancelli dell'inferno.

e per compiere la sua vendetta.

-Due visite nel giro di poche ore... quanto senti la mia mancanza fratello? - un sorriso ironico si dipinse sul volto dell'angelo alla vista di Gabriele. Le ali dell'angelo rilucevano della luce della luna, il volto bellissimo era impassibile, solo gli occhi erano offuscati da un velo di tristezza. 

ti prego fermati, rimani qui, quella in cui ti vuoi imbarcare è una impresa folle, non ti tornerà nulla indietro da questa pazzia, il prezzo che dovrai pagare sarà troppo alto, nulla in confronto a quanto hai già perso!- le parole di Gabriele risuonavano lontane, quasi non la toccassero minimamente, quasi appartenessero ad una realtà distante anni luce da lei e da quello che si accingeva a compiere.

Cosa interessa a Voi? Da sempre rintanati nella volta celeste, indifferenti allo scempio che Satana sta svolgendo sulla Terra. Guardate da lontano la miseria in cui questo mondo  è sprofondato, assopiti nella vostra eternità, ormai assorti in una esistenza che non avrà mai fine. Ti sarai accorto di quello che sta accadendo, le orde della Bestia stanno cercando i nephilim per aprire i sigilli e liberarlo, e sai meglio di me cosa farà nostro fratello una volta che sarà libero di spiccare il volo....-

nulla può giustificare l'assassinio di degli esseri innocenti- le parole di Gabriele tagliarono il flusso di  pensieri della sorella come la lama affilata di un coltello. Sentire pronunciare quella verità da un'altra persona aveva il potere di rendere più condannabile la missione che si accingeva a compiere.

Se non interveniamo prima delle orde infernali i sigilli saranno irrimediabilmente aperti. A causa vostra, a causa del fatto che mi avete relegata in questo posto, sono riusciti ad aprirne quattro... quelle vite sono comunque destinate ad essere estirpate, che lo siano per prevenire l'apertura dei cancelli dell'inferno!-

Sul viso di Gabriele si dipinse una smorfia di dolore

Se giustifichi atti orrendi con la tua idea di ciò che è giusto o ciò che è sbagliato, se ritieni le vite degli uomini sacrificabili rispetto a quello che tu credi sia un bene superiore... allora non sei differente da Lucifero. 

fu un attimo

con uno scatto Filake fu difronte all'angelo, scaraventandolo contro il fusto dell'albero che poco prima aveva utilizzato come arma, l'aria era come scossa da una carica elettrica e nessun suono sembrava turbare quel momento di tensione.

-non ti permettere di paragonarmi a quella Bestia - gli occhi neri della ragazza sembravano quasi percorsi da delle nubi scure cariche di tempesta, tale era il tumulto che quel paragone avevano scatenato dentro il suo animo

- ucciderò i nephilim rimasti, impedirò ai sette sigilli di aprirsi ed a quell'essere immondo di tornare libero...

Lo sguardo dell'angelo, un tempo così simile al proprio, la guardava spento, come se l'ultima fiammella di speranza di ritrovare la sorella perduta si fosse ormai spenta.

- Io non lo perdonerò mai per ciò che ti ha fatto, per ciò che ci ha fatto - lentamente la mano di Gabriele accarezzò il viso di Filake, perdendosi nei folti capelli scuri che incorniciavano quel volto ancora percorso da fremiti di rabbia. 

La ragazza sussultò a quel tocco familiare, a quel gesto a cui un tempo era abituata e che non si era nemmeno resa conto di anelare ancora dopo tutto questo tempo.

ciononostante non ti posso permettere di uccidere i nephilim, di uccidere quel ragazzo...

oh ma io non lo ucciderò, non subito almeno- sussultò Filake senza lasciare la presa sul fratello, i loro sguardi rimanevano fissi sui volti l'uno dell'altro - ho bevuto il suo sangue, non posso ucciderlo, sono tenuta a proteggerlo, era questa la vostra condizione... Dopo avere cercato di ucciderli come poteva un nephilim scegliere volontariamente di donarmi la sua essenza? - i pensieri di Filake fluivano nella mente di Gabriele come un fiume in piena, l'angelo poteva quasi avvertire il tono sornione della sorella.

Con lui sarà più facile avvicinare gli altri, guadagnare la loro fiducia, e poi... distrutto dal dolore per la perdita dei suoi simili, lontano dai suoi affetti... come biasimarlo se vorrà togliersi la vita per proteggere la sua famiglia dal pericolo dei demoni? Non devo certo ricordarti che nulla possiamo contro il libero arbitrio...-

La sorella che conoscevo era piena di amore verso il Padre, verso gli uomini e verso se stessa. Non potrò proteggerti se continui in questa follia, i cherubini ti daranno la caccia e ti fermeranno, in un modo o nell'altro.-

Fylake lasciò cadere il braccio che costringeva Gabriele contro l'albero lungo il proprio fianco, per quanto fosse ormai distante da quel paradiso che un tempo considerava la propria casa, quelle parole provenire dal fratello con cui un tempo condivideva la stessa anima possedevano uno strano potere. Leggera come l'ondeggiare di quelle foglie che nascondevano i loro profili, le labbra di Fylake sfiorarono quelle di Gabriele, eco di un gesto un tempo familiare ed orami appartenente ad un passato dimenticato.

-non sei mai riuscito a proteggermi da me stessa, non mi aspetto che tu lo faccia anche adesso. Addio, fratello.- il bacio agrodolce che accompagnò quelle parole era l'addio che non avevano mai avuto l'occasione di darsi. 

Fylake diede le spalle a Gabriele mentre si allontanava dal luogo in cui per tanti anni era stata confinata. 

Il bellissimo viso dell'arcangelo era segnato da una lacrima sottile.

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