Le Differenze che ci Uniscono

di Roberto Turati
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I novelli ***
Capitolo 2: *** Il Rathalos ***
Capitolo 3: *** Imprevisti ***
Capitolo 4: *** La ragazzina ***
Capitolo 5: *** Pericolo scampato? ***
Capitolo 6: *** Pace apparente ***
Capitolo 7: *** Un Lagiacrus?! ***
Capitolo 8: *** Perdita ***
Capitolo 9: *** Addio ***
Capitolo 10: *** Giorni dopo... ***
Capitolo 11: *** Chi sei, veramente? ***
Capitolo 12: *** Passato (parte uno) ***
Capitolo 13: *** Passato (parte due) ***
Capitolo 14: *** Madre e figlia ***
Capitolo 15: *** Barroth? ***
Capitolo 16: *** L'imperatore in persona ***
Capitolo 17: *** Verità ***
Capitolo 18: *** La furia dell'imperatrice ***
Capitolo 19: *** Fiamme infernali ***
Capitolo 20: *** Riunione ***
Capitolo 21: *** Un mese infernale ***
Capitolo 22: *** Furia fulminante ***
Capitolo 23: *** Cuore spezzato ***
Capitolo 24: *** Il nascondiglio ***
Capitolo 25: *** Spiegazioni ***
Capitolo 26: *** Dolore ***
Capitolo 27: *** L'incontro ***
Capitolo 28: *** Il cambiamento di Yuri ***
Capitolo 29: *** L'ultima caccia ***
Capitolo 30: *** Il Nergigante ***
Capitolo 31: *** Risveglio ***
Capitolo 32: *** Evasione ***
Capitolo 33: *** La quiete prima della tempesta ***
Capitolo 34: *** La resurrezione ***
Capitolo 35: *** Il volere del continente ***
Capitolo 36: *** La spirale nera ***
Capitolo 37: *** Il Makili Nova ***
Capitolo 38: *** Storia di una maledizione ***
Capitolo 39: *** La sfida ***
Capitolo 40: *** Scontro fra titani ***
Capitolo 41: *** Dichiarazione di guerra ***
Capitolo 42: *** Redan ***
Capitolo 43: *** Rinforzi da Hakum ***
Capitolo 44: *** Di nuovo insieme ***
Capitolo 45: *** La Base di Ricerca ***
Capitolo 46: *** In ricognizione ***
Capitolo 47: *** Purificazione ***
Capitolo 48: *** Ygren ***
Capitolo 49: *** Mikie ***
Capitolo 50: *** Il ritorno dell'Odogaron ***
Capitolo 51: *** I tre Fatalis ***
Capitolo 52: *** Fiamme e Fulmini ***
Capitolo 53: *** Incubo ***
Capitolo 54: *** El Dorado ***



Capitolo 1
*** I novelli ***


Le zanne dei Jagras affondarono nella carne dei suoi compagni. Feriti e malconci, cercavano come meglio potevano di respingerli, mentre strisciavano nel fogliame per recuperare le armi. Quei lunghi mostri, simili a lucertole verdi, possedevano la corporatura di un canide. La loro pelle, formata da scaglie verdi, mostrava al centro delle scaglie di colore blu e rosso che andavano a formare delle strisce sui fianchi. Inoltre possedevano sulla schiena delle estensioni cartilaginee lunghe qualche centimetro. Erano il tipo di mostro che viaggiava e attaccava in branco. Erano considerati debolissimi da tutti, ma il loro era un gruppo di assoluti principianti: erano riusciti comunque a farsi tendere un'imboscata dai Jagras. Erika e molti altri giovani cacciatori all'inizio della loro carriera erano venuti nel Nuovo Mondo di loro spontanea volontà, a bordo del mercantile, e i veterani del posto li chiamavano scherzosamente "la Sesta Flotta", anche se non erano giunti tutti insieme e per niente su invito o richiesta della Gilda: non c'era stato più bisogno di flotte, dopo che il mistero della traversata dei Draghi Anziani era stato risolto. Una cosa accomunava i cacciatori della Sesta: erano tutti molto giovani e inesperti.

Poterono contarne almeno quindici esemplari, mentre loro erano solo in tre. Con i loro corpi, lunghi e snelli, erano riusciti ad evitare agilmente i colpi delle loro balestre. Successivamente era cominciato il corpo a corpo. A quel punto, le cose erano sfuggite di mano. Erika era stata morsa alla gamba, obbligando uno dei suoi colleghi a trascinarla e nasconderla nella vegetazione per darle il tempo di medicarsi. I due compagni ammazzarono dieci Jagras, ma alla fine furono disarmati e feriti. Mancava poco al colpo di grazia. Erika si trovava lì fra le fronde, spaventata a morte dalla scena di fronte a lei. Era tremendo, si sentiva inutile. I suoi compagni stavano per morire e sarebbe stato a causa sua. Un paio di lacrime scorsero sulle sue guance rosate, mentre si preparava al peggio. Poi, vide la sua spadascia: si trovava un metro più avanti, appena fuori dalle fronde. Nella sua testa scattò qualcosa. Provò rabbia nei confronti di quelle creature, rabbia verso se stessa per essere così impotente. Digrignò i denti, iniziando a strisciare verso l'arma, ma si fermò con un gemito: nonostante l'avesse bendata, la gamba le faceva molto male; il morso era profondo. Fortunatamente però quei mostri non la sentirono, concentrati com'erano ad avvicinarsi alle prede. Camminavano verso i feriti con prudenza, benché li avessero in pugno, ed emettendo versetti intimidatori. Con uno sforzo immane, Erika riuscì ad avvicinarsi abbastanza per prendere la spadascia. Riuscì ad alzarsi usando la punta dell'arma come stampella. Tentò di mantenere l'equilibrio e l'impulso che l'aveva investita iniziò a svanire: d'altronde, non aveva molte chance di uccidere quei Jagras rimasti. Ne avrebbe ucciso almeno uno, se avesse osato gettarsi su di lei. Poi gli altri l'avrebbero notata e, dimenticando gli altri due cacciatori, l'avrebbero uccisa per prima. Sinceramente non le importava: sarebbero stati condannati in ogni caso a morire di una morte imbarazzante, uccisi dai mostri più scarsi del continente, ma almeno ci avrebbe provato. A mente lucida, prima di agire, avrebbe richiesto assistenza con il razzo SOS. Ma la rabbia e la frustrazione, oltre al dolore alla gamba, la fecero agire d'impulso. Le sfuggì un lamento e tutti i mostri si voltarono a guardarla.

«Che stai facendo? Sei impazzita?!» esclamarono gli altri.

Le cinque bestie zannute ruggirono, avvicinandosi a lei. Il respiro della ragazza si fermò improvvisamente quando ricadde seduta, il suo cuore saltò un battito. Uno di quei mostri era davanti a lei. La fissava con quegli occhietti gialli dalla pupilla verticale, l'orbita dell'occhio destro avvolta da un cerchio nero. Il tempo sembrò fermarsi. Poi, di colpo, un grido:

«Abbassati!» una voce femminile risuonò nella testa di Erika, come un'eco in uno spazio vuoto.

Lei obbedì, più per istinto che per intenzione. Si distese sulla schiena. Udì un rumore leggero e meccanico, simile ad una molla che scattava. Vide un proiettile, riconoscendolo come un baccello perforante, entrare nella bocca del Jagras, ora spalancata e pronta a mordere la ragazza. L'affilatissimo bolide attraversò il cranio del mostro, fuoriuscendo dalla nuca e uccidendolo sul colpo. I quattro rimasti indietreggiarono, ringhiando e soffiando. 

«Siete feriti?» si sentirono domandare i tre novellini, sentendo il rumore di un'armatura metallica e di passi sulle fronde.

Lei annuì, guardando dietro di sé. Vide una donna con un'armatura in lega. Sulle spalle aveva un martello di Barroth. Si portò davanti alla ragazza, dandole modo di vedere una coda di capelli tinti di viola che spuntava da dietro l'elmo dell'armatura. A quel punto, mentre i compagni di Erika la raggiungevano ignorando il dolore, sfoderò l'arma e si gettò nella mischia. I Jagras le ruggirono contro, ma non potevano fare nulla. Le martellate della donna erano mirate e precise. Con un paio di colpi era riuscita velocemente a spezzare l'osso del collo a due di loro, mentre gli altri due indietreggiavano terrorizzati. La cacciatrice impugnò saldamente il martello con entrambe le mani, scattando verso di loro. Poi, si mise a roteare su sé stessa, colpendoli a ripetizione da tutte le parti. Le due bestie non resistettero a quella miriade di colpi, rimanendone uccisi dopo pochi secondi. La donna poggiò il martello, sospirando. Si guardò attorno, posando infine lo sguardo sui tre principianti: erano malridotti, ma niente di fatale. Rimase in silenzio qualche secondo, fissandoli. Erika aveva osservato il veloce combattimento della cacciatrice. La sua espressione era passata dalla meraviglia nel vedere le avanzate capacità della sconosciuta ad uno sguardo di soggezione.

«Siete una squadra?» chiese la donna e, quando annuirono, lei andò a recuperare le loro bisacce, cadute nell'attacco.

Restituì loro le borse e, preso un razzo SOS, lo sparò nel cielo.

«Lasciate pure tutto al centro scorte, quando i soccorsi vi riporteranno ad Astera» disse.

Poi, ripreso il martello dal terreno, aggiunse: 

«Resterò nei paraggi nell'attesa. Non vorrei che altri Jagras o simili tornassero a dare fastidio» 

Fece per allontanarsi, con un gesto di saluto. Erika deglutì, poi finalmente prese la parola:

«Aspetti! - la chiamò, vedendola fermarsi e voltarsi verso di lei - Lasci che la ringraziamo per quello che ha fatto!» 

Si portò una mano in tasca e prese i suoi zenny, che erano pochi perché in una caccia non servivano a nulla. Controllò quanti ne possedeva e digrignò leggermente i denti:

«Abbiamo solo duecento zenny: i ragazzi non ne hanno portati - disse sottovoce, poi guardò di nuovo la donna vedendo che si era avvicinata - Ma posso prenderne altri appena mi rimetterò in sesto! Mi dica una cifra e gliela pagheremo appena possibile!»

I suoi amici annuirono, dandole man forte. Passarono un minuto nel silenzio, fatta eccezione per qualche suono della natura. Poi, la donna si lasciò scappare una risatina. Quello confuse la giovane. La sconosciuta alzò la mano, in segno di rifiuto:

«Va tutto bene, tranquilla. Non avete bisogno di pagarmi. Fate solo attenzione, la prossima volta. Siete stati fortunati che passassi di qui» disse.

A quel punto, frugò nella bisaccia e tirò fuori un sacchetto di monete. Lo passò ad Erika, che lo fissò incredula vedendo che la cacciatrice si portava duemila zenny in giro, come se niente fosse.

«Questo è per le spese mediche, così non dovrete spendere la vostra riserva - spiegò - Tanto, questa cifra la rifaccio abbastanza facilmente con una taglia o due, non è un problema»

Gli occhi di Erika si fecero lucidi dalla commozione, il che fece alzare gli occhi al cielo a uno dei due colleghi e ridacchiare l'altro.

«Grazie infinite! Può almeno dirci il suo nome?» aggiunse, con un filo di voce.

La donna rimase in silenzio qualche secondo, poi mosse le braccia, portandosele alla testa. Si rimosse l'elmo, rivelando un sorriso gentile. Poté vedere meglio i suoi capelli dipinti di viola scuro, con una punta di blu. I suoi occhi erano ambrati. La pelle era rosea, solcata da giusto un paio di rughe leggere, una bocca piccola con labbra sottili e il naso fine. Poi Erika notò un paio di cicatrici sul suo volto. La prima si trovava sulla tempia destra, probabilmente dovuta ad un graffio profondo vedendone la forma. La seconda, invece, si trovava sull'occhio sinistro: partiva appena sotto il sopracciglio e scendeva dritta, fino allo zigomo. Se fosse stata una ferita più grave, probabilmente non avrebbe più avuto quell'occhio.

«Il mio nome è Xavia - disse lei, sorridendole - Ora, però, devo andare» concluse, voltandosi nuovamente.

«Grazie ancora, Xavia!» disse la ragazza tutto d'un fiato, gratitudine nella sua voce.

Xavia si allontanò velocemente, portandosi in un punto sopraelevato dove nessuno l'avrebbe vista, nel caso altri mostri si fossero presentati. Cominciò a tenere costantemente d'occhio l'area dall'alto, col martello a portata di mano.

«Forza, Ratha, sbrighiamoci: si sta facendo buio» disse una ragazza quindicenne dai capelli lunghi e neri e gli occhi azzurri.

Il mostro al suo fianco gracchiò, mettendosi in modo che la ragazzina potesse montargli in groppa. Dovevano trovare rifugio per la notte. Lo trovarono dopo circa un'ora di volo: una grotta coperta di muschio. La ragazza scese dalla schiena del suo mostro, accarezzandogli la testa gentilmente. Quello la lasciò fare, gradendolo. Lei si sedette su una roccia, guardando all'esterno della spelonca: aveva appena iniziato a piovere. Ratha poggiò la sua testa sul grembo della ragazza, permettendole di continuare ad accarezzarlo con delicatezza.

«Allora questo è il Nuovo Mondo - mormorò - Rimarremo qui per un po': dovremo farci l'abitudine. Spero solo che Narga e Nami siano riusciti a raggiungere la terraferma»

La ragazzina era stata accompagnata dal Vecchio Mondo da tre dei suoi mostri. Era stata richiamata dal suo villaggio dalla Gilda, che aveva assegnato ad uno dei suoi abitanti una missione urgente nel Nuovo Mondo così, da un giorno all'altro. Avevano attraversato l'oceano su una barca di modeste dimensioni, facendosi traghettare in privato. Durante il viaggio, però, erano stati attaccati da un gruppo di Plesioth. Nonostante gli sforzi dei tre mostri e della ragazzina, la barca era colata a picco. Lei era riuscita a salire sul dorso di Ratha, e lui si era librato in aria. Narga e Nami, invece, non si erano più visti.

«Forza, meglio dormire per la notte - disse gentilmente - Buonanotte, Ratha!»

Contemplò l'esterno della grotta ancora per un po', osservando la pioggia infrangersi sulle rocce e le fronde degli alberi della giungla. Poi, chinando la testa sul collo del suo mostro, si addormentò. Le sue prime ore nel Nuovo Mondo non erano state molto piacevoli.

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Capitolo 2
*** Il Rathalos ***


La notte era passata in tranquillità. Ratha aveva vegliato sulla ragazzina dalle prime luci dell'alba, per evitare che qualche mostro ostile potesse attaccarli. Lei si svegliò dopo qualche ora, sbadigliando sonoramente. Si spaventò per un istante, non vedendo più il mostro al suo fianco, ma si rasserenò trovandolo all'entrata della grotta. Ammirò per un po' la figura del suo Rathalos, nobile e fiero sempre e comunque. Si alzò lentamente, sorridendo.

«Buongiorno, Ratha!» salutò, avvicinandoglisi.

Il mostro si voltò, emettendo un versetto contento quando lei si sedette al suo fianco, iniziando ad accarezzare la sua testa puntuta con gentilezza. Osservò il wyvern che la fissava con l'occhio destro, l'unico che aveva: il sinistro era stato cavato e il segno di una lunga artigliata lo solcava in profondità, costringendolo a tenere la palpebra chiusa. Quella cicatrice lo distingueva dagli altri Rathalos, oltre al fatto che lui fosse più piccolo rispetto agli altri mostri della sua specie. D'altronde, era ancora giovane: le sue scaglie erano ancora più arancio che rosso scuro, segno dell'età adulta. Si mise a osservare il panorama: la pioggia della notte prima era passata, lasciando spazio ai flebili raggi di luce del Sole mattutino, filtrati dalle piante della foresta. L'erba e le fronde erano ricoperte da un piccolo strato di rugiada che creava incantevoli giochi di luce. La ragazza sorrise a quella vista, pensando che avrebbe potuto rimanere lì, sola con Ratha e il silenzio, ad osservare quel piccolo spettacolo della natura per tutto il giorno. Il bel momento, però, fu rovinato da un leggero lamento di Ratha. La ragazzina lo guardò preoccupata, ma ridacchiò quando sentì che il mostro le leccava la mano. Sorrise, alzandosi:

«Ho capito, ho capito. Hai fame» sospirò, ricevendo come risposta un leggero movimento di coda del Rathalos.

Poi, sussultò, ricordandosi che la sua bisaccia era rimasta sulla nave e non aveva fatto in tempo a recuperarla prima di saltare su Ratha. Guardò la creatura con uno sguardo che lasciava trasparire imbarazzo e colpevolezza.

«Siamo senza cibo. Scusa, Ratha» disse con un fil di voce.

 

Il Rathalos la guardò con l'unico occhio buono, spalancando la bocca ed emettendo un leggero lamento di disappunto che fece distogliere lo sguardo alla ragazzina.
 

«Be', allora l'unica cosa che ci resta da fare è cacciare» sospirò, voltandosi.

Non sapeva cosa avrebbe trovato nel Nuovo Mondo. Aveva solo intravisto qualche mostriciattolo simile ad un'iguana il giorno prima. Il Rathalos, come se avesse in qualche modo percepito che qualcosa turbava la ragazza, le diede una spintarella con la testa, il suo modo per tentare di rincuorarla. Lei sorrise, pensando che, finché Ratha sarebbe rimasto con lei, non avrebbe avuto da temere. Lui era la sua cavalcatura, lei la sua Rider.

 

«Vuoi sgranchirti le ali, prima di cacciare?» chiese, portandosi le braccia dietro la testa e sorridendo.
 

Il Rathalos emise un versetto giulivo, uscendo dalla caverna. Strizzò l'occhio per ripararsi dal Sole, allargando le ali mentre una leggera brezza si alzava. Poi, di scatto, prese la rincorsa e spiccò il volo. La ragazzina sorrise, vedendolo sparire fra le fronde degli alberi soprastanti.

«Non ti allontanare troppo!» urlò lei, sentendo come risposta un ruggito familiare.

 

Sorrise, togliendo le mani dalla nuca e stiracchiandosi. Si guardò in giro, alla ricerca del suo elmo, e lo trovò dove l'aveva lasciato la sera prima. Lo raccolse e lo osservò, fissando la sua immagine riflessa nel metallo. Guardò in silenzio il piccolo marchio del suo villaggio natio, raffigurante un artiglio rosso, dipinto sulla sua guancia. Passò il dito sul simbolo e lo accarezzò. Era nel Nuovo Mondo da meno di un giorno e già sentiva la mancanza del suo villaggio e dei suoi amici. Scosse la testa per scacciare i pensieri: si era distratta troppo. Si rimise l'elmo sulla testa, prese il suo abbinamento di spada e scudo e uscì a sua volta dalla grotta, inoltrandosi nella giungla. Si guardò intorno, non vedendo né Ratha né delle minacce.
 

«Ratha!» chiamò un paio di volte, provando a farlo tornare.

Non ricevendo risposta, si portò due dita alla bocca e fischiò. Rimase preoccupata a non vederlo arrivare, cosa che normalmente succedeva sempre e subito.

"Dove sei finito?" si chiese, sperando che il Rathalos non si fosse già cacciato nei guai.

Intanto, ad Astera, il Comandante sfogliava e controllava rapporti e segnalazioni di avvistamenti al tavolo delle assemblee, come la maggior parte delle volte. La situazione era quasi preoccupante: da diverse settimane, alcuni mostri affetti da una strana malattia mai riscontrata fino ad allora nel Nuovo Mondo avevano cominciato ad apparire sporadicamente un po' dovunque, in ogni angolo del continente. I sintomi, dalle descrizioni, erano sempre gli stessi: uno strato di fumo nero che avvolgeva interamente il corpo delle creature, gli occhi che brillavano di una luce rossa e un'aggressività estrema verso qualunque cosa. I cacciatori più esperti avevano considerevoli difficoltà a sopprimerli e, in più, le carcasse infette sembravano un ottimo veicolo di contagio. Avevano avvertito subito la Gilda; avevano risposto che le descrizioni corrispondevano perfettamente all'Orrore Nero, una delle malattie più pericolose e rare del Vecchio Mondo, che era eploso in una pandemia alcuni anni prima, per poi scomparire all'improvviso. Avevano detto di aver convocato un Rider, affinché potessero combattere la malattia finché era agli inizi. Quelle dei Rider erano delle comunità isolate in regioni altrettanto remote e gli abitanti avevano un tratto unico: grazie ad uno speciale minerale diffuso nelle loro zone, il Minerale del Legame, potevano domare i mostri alla nascita e farne delle fedeli cavalcature a vita. Inoltre, quel minerale era l'unica cosa che poteva debellare l'Orrore Nero. Tuttavia, era passata una settimana e mezzo e del Rider non c'era ancora traccia. Era forse il caso di mandare un reclamo? Mentre rifletteva su queste cose, fu raggiunto da suo nipote, il capo della squadra operativa:

«Nonno, c'è una novità interessante» avvertì.

«Di che si tratta?»

«È stato avvistato un Rathalos molto vicino alla base. Tuttavia, i cacciaprede hanno detto che si comporta in un modo strano: raccontano che faceva come se non avesse mai visto la Foresta Antica prima d'ora. È dunque un esemplare del Vecchio Mondo? Se così fosse, perché mai migrare fin qui? Non avrebbe senso!»

«È presto per dirlo. Ci sono altri indizi?»

«Non dicono altro»

«Forse è il caso di farlo studiare da vicino agli eruditi. Vai a far pubblicare una taglia, richiedi che qualche cacciatore lo catturi e lo porti qui» ordinò il Comandante.

«Subito!» rispose il giovane, allontanandosi.

«A proposito, ci sono notizie dalle caverne di Eldorado?» chiese il vecchio, all'ultimo.

«Niente di diverso dal solito: l'Ammiraglio e la squadra di Occhi di Sangue non vedono la Kulve Taroth da mezzo mese, ormai»

Detto questo, si congedarono.

Come aveva detto ad Erika, Xavia poteva recuperare i duemila zenny che le aveva offerto con una taglia qualsiasi. Per questo, quella mattina, andò dalla sua assistente Hana per chiederle quali fossero le taglie del giorno. Hana prese il suo registro e glielo fece sfogliare. Xavia scorse distrattamente le pagine, in cerca delle taglie dal compenso più vicino alla somma che voleva guadagnare. Alla fine, il suo sguardo si posò sulla richiesta di cattura di un Rathalos "dal comportamento ambiguo", come diceva la descrizione. Particolarmente interessata, ma anche perché il compenso erano novemilacinquecento zenny, accettò quella. Dopo aver salutato Hana, andò a prendere il suo equipaggiamento, chiamò uno pterowyvern e si diresse alla Foresta Antica.

«Ratha! Ratha!» la ragazzina aveva continuato a chiamare e a cercare il suo Rathalos.

Ormai non poteva fare altro. Erano trascorse diverse ore dall'ultima volta che l'aveva visto e, a forza di vagare per quella foresta, si rese conto di essersi persa.

"Dove diamine è andato?" si chiese, irritata.

Cominciava pure a sentirsi spossata. Non aveva ancora mangiato, ma aveva bevuto ad un piccolo lago. Lì, tuttavia, aveva visto delle lepri-pastore che si facevano la toeletta. Aveva tentato di avvicinarsi per ucciderne una e arrostirla, ma uno di quei mostri simili a lucertole visti la notte prima era stato più rapido di lei. La ragazzina si portò una mano allo stomaco, che si faceva sentire già da un pezzo, ormai.

"Non andrò lontano, di questo passo. Dove diamine è Ratha?" pensò.

Si sedette a terra, fra l'erba e le felci, per riposarsi, quando sentì un ruggito familiare: il ruggito del suo Rathalos. Sembrava una richiesta di aiuto, però; in fretta e furia, si alzò, fregandosene di come si sentiva, seguendo il suono dei ruggiti e facendosi strada fra le piante e i rampicanti a spada sguainata.

La descrizione della taglia diceva la verità: il Rathalos era incredibilmente vicino ad Astera, infatti lo avvistò dopo appena dieci minuti di esplorazione. Ma notò subito che aveva qualcosa di insolito: era decisamente più piccolo di quelli a cui era abituata. Inoltre, le scaglie erano di un rosso molto più acceso del normale, quasi arancio. Aveva anche una cicatrice all'occhio sinistro. lo trovò intento a strappare a morsi la carne di un Aptonoth martoriato e circondato da una pozza di sangue. Sul corpo del wyvern non c'erano graffi o altro, al contrario del povero erbivoro.

"Hanno davvero pubblicato una taglia per un misero cucciolo?" si domandò Xavia, mettendo mano al martello.

Almeno era solo una richiesta di cattura: le sarebbe dispiaciuto troppo togliere la vita ad un esemplare così giovane, che magari era appena stato svezzato.

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Capitolo 3
*** Imprevisti ***


La cacciatrice si appostò fra le felci, stringendo il martello: era meglio osservare il cucciolo, in modo da capire meglio quando avrebbe potuto trovare una buona apertura per attaccare. Ma il Rathalos, dopo aver consumato la sua preda, si spostò in una zona più pianeggiante, piena di piccole pozze d'acqua circondate da sassi, palme ed energigli. Xavia, con uno sbuffo, lo seguì di corsa e lo raggiunse, nascondendosi in un cespuglio. Tutt'intorno, una mandria di Aptonoth si abbeverava e pascolava. Era ancora più vicino alle porte di Astera. Quello che stupì la cacciatrice, però, fu il fatto che il Rathalos sembrava disorientato. Inoltre, si guardava continuamente in giro, come se stesse cercando qualcosa. Xavia pensò semplicemente che stesse cercando di tornare al suo nido, ma non capiva perché rimanesse a terra così a lungo. Poco importava, però: era ora di affrontarlo. Cercando di non farsi scoprire, la cacciatrice prese dei sassi dal terreno, caricando la sua fionda. Aveva ideato una semplice strategia, vedendo il mostro spostarsi all'aperto. Lì era avvantaggiata: se una palla di fuoco del Rathalos l'avesse colpita, avrebbe potuto saltare in una delle pozze per spegnere subito le fiamme. D'altronde, seppur cucciolo, era pur sempre un Rathalos. Di sicuro non sarebbe stato semplice catturarlo senza sfiancarlo prima. 

Puntò la fionda in un punto strategico, vicino ad uno stagno, ma non troppo distante dal wyvern, per permettergli di notarlo. Premé il grilletto e scagliò il sasso nell'acqua. Ma non andò come sperava: il Rathalos si accorse del rumore, ma non andò a controllare. Rimaneva lì, fermo, a osservare il punto in cui il sasso era atterrato, annusando l'aria. Xavia digrignò i denti, preparando dei coltelli da lancio imbevuti di una tossina paralizzante: l'avrebbe bloccato e sferrato le prime martellate alla testa, al resto avrebbe pensato quando il mostro si sarebbe liberato dalla paralisi. D'altronde, anche osservarne l'indole e capirne il comportamento era importante per saper anticipare le sue mosse. Xavia mirò al collo e lanciò il primo coltello, per poi uscire dalle felci. A quel punto, però, si bloccò: qualcosa era andato storto nuovamente; il Rathalos era stato colpito dal coltello paralizzante, ma era il primo. Era impossibile che avesse già fatto effetto, eppure si era immobilizzato e gemeva. Quindi Xavia si azzardò ad avvicinarsi. Alzò il martello e glielo schiantò sulla testa, ma lui non sembrò risentirne troppo, a parte un sussulto. Evidentemente aveva già la pelle dura, benché fosse giovane. Il mostro le ruggì contro, ma la paralisi iniziò ad agire in parte e non riuscì a muovere un passo. Xavia doveva approfittarne. 

Afferrò il manico del martello saldamente con entrambe le mani, muovendosi di lato e attaccandogli l'ala destra con diverse mazzate pesanti. Stava per concludere l'assalto con un'ultima martellata più potente delle altre, che probabilmente avrebbe danneggiato pesantemente la membrana, se non addirittura rompere le falangi, quando ci fu un colpo di sfortuna improvviso. L'effetto della paralisi, già debole, svanì. Il Rathalos era tornato libero di muoversi e lo fece subito. Mosse le ali di scatto, schivando per poco il colpo di martello che gli avrebbe spaccato quella destra. Un'ondata di paura si fece strada nella mente della cacciatrice nel momento in cui il martello colpì il terreno. Paura che un soffio di fuoco le arrivasse diretto in faccia, paura di una codata che l'avrebbe sbalzata via. Non successe nulla, tuttavia. Il Rathalos rimaneva di fronte a lei, uno sguardo furioso nell'occhio destro, che tuttavia lasciava trasparire un altro sentimento che non riusciva a riconoscere. Dolore? Paura? Curiosità? Xavia non lo capiva. Insomma, l'umana e il mostro passarono dei secondi interminabili a fissarsi, quasi cercassero di capire qualcosa l'uno dell'altra. Poi, il mostro scattò. Fece un rapido battito d'ali, e una folata di vento costrinse la cacciatrice a mettersi le mani davanti al volto per ripararsi da quell'aria tagliente. Quando rimosse le mani, vide il wyvern a qualche metro da terra, ancora a fissarla. 

Lo sguardo insistente del mostro su fece provare alla cacciatrice una sensazione di insicurezza. Lentamente però, mentre manteneva lo sguardo sul mostro, quella insicurezza si trasformò in rabbia: era come se il mostro la prendesse in giro, con quello sguardo. Impugnò il martello con forza per un secondo, stringendo i denti. Rinfoderò l'arma e caricò dei baccelli perforanti nella fionda. Tentò di mirare alle ali del mostro per bucargli le membrane. Ne lanciò uno, ma la viverna lo schivò. Un altro colpo. Un altro. E un altro ancora. Il Rathalos continuava a schivare con facilità i suoi baccelli, lanciando di tanto in tanto un sonoro ruggito che faceva fuggire spaventati gli Aptonoth nei dintorni. Non contrattaccava, una cosa che alimentò la confusione della donna, e con essa la sua rabbia.  Xavia batté un piede a terra, l'irritazione ormai aveva preso possesso dei suoi pensieri. Mosse un braccio di scatto, osservando verso il Rathalos ancora in aria. 

«Vuoi piantarla?! - urlò al mostro - Mi stai dando sui nervi! Scendi e affrontami!» disse digrignando i denti.

Quel Rathalos era riuscito a farle perdere la calma come non le succedeva da molto tempo durante una caccia. 
Il mostro volante, però, rimase al suo posto a mezz'aria, senza accennare a voler scendere. Xavia grugnì, stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche; recuperò il martello. Se il Rathalos non voleva scendere, allora l'avrebbe obbligato. Con un rapido movimento della mano destra prese un baccello urlante dalla sua bisaccia. Xavia strinse fra le mani quella piccola bacca, caricandola nella fionda, poi la puntò al Rathalos. In realtà non era molto prudente usare qualcosa di così rumoroso a così poca distanza da Astera, ma lei era troppo arrabbiata per pensarci. Catturare quel Rathalos, ormai, era una questione personale. Sparò il colpo. Il Rathalos lo schivò. Se avesse potuto vedere il sorrisetto della cacciatrice, nascosto dall'elmo in lega, avrebbe capito che quello rientrava nel suo piano. Il baccello, dopo che il mostro lo evitò, esplose. Poi, un rumore stridulo. Un sibilo basso, quasi impercettibile, si fece strada nel silenzio della piana. E, a quel punto, un fischio quasi assordante si propagò ovunque. Sembrava quasi un grido disperato, stridulo, raccapricciante. Era insopportabile per gli animali, infatti gli Aptonoth fuggirono in preda al panico. Quel suono improvviso stordì il Rathalos, che cominciò a perdere quota mentre emetteva ruggiti a sua volta, quasi chiedesse aiuto. Xavia ghignò, brandendo il martello. Il fischio dei baccelli urlanti, per l'orecchio umano, era solo un ronzio. Per i mostri, invece, era un rumore così acuto che li destabilizzava totalmente, assordandoli per diversi minuti. Il Rathalos precipitò al suolo, atterrando malamente. Xavia, immediatamente si lanciò all'assalto: il martello ora non aveva difficoltà a colpire il mostro. Cominciò dall'ala di prima e, con un singolo colpo, nella membrana si aprì uno squarcio considerevole. Passò all'altra ala, così da limitare le sue possibilità di fuggire. Dopodiché, l'avrebbe stordito con una martellata in testa.

Fu allora che la sua decisione impulsiva le si ritorse contro. Prima di assestare l'ultima martellata all'ala del mostro, fu costretta a fermarsi sentendo un ruggito familiare. Un verso che si fece strada in tutta la pianura. Xavia si bloccò, interdetta. Si voltò di scatto: era arrivato un Tobi-Kadachi, attirato dal frastuono. Ora doveva assolutamente mandarlo via: si trovava troppo vicino ad Astera. Il Tobi-Kadachi, alla vista del Rathalos, caricò la sua pelliccia di elettricità statica, facendola rizzare per apparire più minaccioso. Xavia fece per prendere un baccello letame con cui scacciarlo, ma il Kadachi si buttò su di lei, fulmineo. Lei lo evitò per un soffio, rotolando di lato. Ora doveva per forza rispondere all'attacco per darsi il tempo di prendere il letame.

"Che mi sia di lezione" pensò, maledicendosi per aver perso la calma in quel modo.

Scrollandosi le spalle, tornò in posa offensiva col martello:

«A noi due, allora!» lo sfidò.

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Capitolo 4
*** La ragazzina ***


Tra le fronde, nascosta dalla vista della cacciatrice e della bestia zannuta, si trovava la ragazzina. Era appena arrivata, non era riuscita a vedere molto di quanto era successo. Aveva visto la cacciatrice e il Rathalos evitare l'assalto del mostro sconosciuto. Non aveva mai visto un mostro simile nel Vecchio Mondo, con quel corpo slanciato e il pelo argenteo. Ora stava osservando la cacciatrice in armatura di lega combattere quel mostro di taglia media, sfoggiando un martello di Barroth. Sembrava esperta nel maneggiare quella classe d'arma, colpendo il mostro alle zampe e al muso senza tante difficoltà, nonostante la velocità dell'avversario. Ratha, intanto, si manteneva in disparte e aveva un'ala ferita. Probabilmente quella cacciatrice l'aveva attaccato, o forse qualche altro mostro della zona; non voleva pensarci. Furiosa, estrasse la spada e uscì nella pianura. Né il mostro elettrico, né la cacciatrice sembrarono notarla, così si diresse subito dal suo amico. Ratha, vedendola, gracchiò dolorante, andandole incontro. La ragazzina si affrettò, abbassandosi e prendendogli il muso fra le mani, sentendosi sollevata a rivederlo. Poi alzò lo sguardo, accarezzandogli la fronte; in risposta, lui chiuse l'occhio buono, apprezzando il gesto. Possedeva un paio di graffi sulla testa, mentre la membrana dell'ala destra era stata strappata verso il centro. Probabilmente non sarebbe stato in grado di volare per un po', tentare di farlo decollare gli avrebbe solo fatto più male. Dopo aver esaminato le ferite del Rathalos, la ragazzina tornò ad osservare lo scontro che stava avendo luogo appena qualche metro da loro. Sembrava che la cacciatrice se la stesse cavando più che bene, ma lei si sentì comunque in dovere di contribuire:

"Devo aiutarla! Ma Ratha è ferito, cosa devo fare?" si chiese, stringendo la mano sulla sua spada nera, ancora legata al fianco.

Xavia stava martellando e schivando da svariati minuti, ormai, eppure il Tobi-Kadachi non si ritirava: era più testardo del previsto. Ma lei non aveva tutto il giorno, né poteva perdere tempo con un mostro che non era il suo bersaglio. Caricò un coltello imbevuto di narcotici nella fionda, tentando di colpire il mostro all'addome. Le probabilità di addormentarlo erano alte, ci sarebbe voluto pochissimo. Sparò un paio di volte, ma il Tobi-Kadachi riusciva sempre a schivare con delle giravolte fluide.

«Maledetto!» imprecò la donna, sottovoce. 

Xavia distolse lo sguardo per un attimo, in cerca di un baccello letame. Rialzò gli occhi appena in tempo per vedere il Tobi-Kadachi che, con la coda e la schiena avvolte da scintille elettriche, prendeva la rincorsa per travolgerla. L'istinto le disse di rotolare via, lanciarsi di lato, qualsiasi cosa, ma le gambe non rispondevano: anche agli esperti, ogni tanto, hanno delle falle. Il colpo, tuttavia, non arrivò. Xavia vide il Kadachi venire sbalzato via da una palla di fuoco, facendolo finire a terra. Il Rathalos! Se ne era completamente scordata nella foga della battaglia, ma quel Rathalos era ancora lì. Malconcio, vero, ma a quanto pare riusciva ancora a combattere, se era riuscito a sputare una palla di fuoco abbastanza forte da rovesciare l'altro mostro. Forse, se avesse attirato il Tobi-kadachi da lui, avrebbe avuto un enorme vantaggio. Quello che vide, però, muovendo lo sguardo da dove la palla di fuoco era arrivata, la fece rimanere sbigottita: sul dorso del Rathalos, che si stava avvicinando di corsa, si trovava una persona. Indossava un'armatura bianca che le lasciava scoperte le braccia e il collo, mentre l'elmo ne lasciava scoperto il viso, ed era bassa di statura. Non riuscì a scorgerne i lineamenti, ma dal tipo di armatura, femminile e leggero, sembrava trattarsi di una ragazza adolescente.

«Tutto bene?» chiese con una voce dolce, quando fu abbastanza vicina alla cacciatrice.

Il Rathalos si piazzò accanto alla cacciatrice e la ragazza si voltò verso di lei, permettendole di guardarla bene. 
Xavia, per quanto confusa da quello che stava succedendo, annuì. Stava per domandarle chi era, quando un ruggito del wyvern volante riportò la loro attenzione sul Tobi-Kadachi, che si era rialzato. Le scariche elettriche diventarono ancora più intense.

«Forza, Ratha!» esortò la ragazzina, scendendo dalla sua schiena, e il mostro annuì.

Con grande difficoltà e dolorante, a giudicare dai gemiti che emise, il Rathalos riuscì ad alzarsi in volo, planando verso il suo avversario. 
La ragazzina, intanto, sguainò la spada, facendo per seguire il suo compagno, quando Xavia la afferrò per un braccio.

«Chi sei? Che ci fai qui?» chiese, confusa.

La ragazza non si voltò verso di lei e guardò i due mostri che lottavano. Il Rathalos colpì il lungo mostro con le sue zampe posteriori. Lei scosse la testa, muovendo il braccio e facendo mollare la presa a Xavia.

«Risponderò a tutte le domande che vuole, ma quando avremo finito!» disse, di fretta, per poi battere la spada sullo scudo che aveva legato all'altro braccio.

Poi scattò verso la bestia zannuta, lasciando la cacciatrice lì, ancora confusa da quello che stava vedendo: una Rider.

"Ah, ma certo! Dev'essere il cavalcamostri che stavamo aspettando dal Vecchio Mondo" pensò Xavia, mentre il Rathalos e la ragazzina combattevano il Tobi-Kadachi.

A quel punto, la cacciatrice si sentì triste e addolorata per un attimo: conosceva molto bene il mondo dei Rider. E non ne aveva per nulla dei ricordi felici.

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Capitolo 5
*** Pericolo scampato? ***


Quando la ragazza raggiunse i due mostri, il Rathalos colpì il Tobi-Kadachi con la coda, mandandolo zampe all'aria. Ansimava ed era visibilmente stanco. L'altro mostro non era messo molto meglio, ma la Rider sapeva di non dover mai sottovalutare mostri che sembravano deboli.

«Ratha!» la ragazza raggiunse il wyvern volante, mettendosi al suo fianco e osservando il Tobi-Kadachi che tentava di rialzarsi, agitando le zampe alla rinfusa.

Nonostante il Rathalos fosse stanco, era riuscito a infliggere gravi danni al'avversario, bruciacchiando il pelo sulla sua schiena, e ferendo la coda. Inoltre, avendolo colpito più volte con gli artigli, l'aveva avvelenato.

«Ben fatto, Ratha! Vai a riprenderti, adesso» gli disse, accarezzandogli la testa.

Il Rathalos sembrava titubante, ma obbedì e si fece da parte, sforzandosi di non piegare l'ala ferita per non farsi male. 
La ragazzina impugnò saldamente la sua spada nella mano sinistra, scattando verso il mostro appena rialzatosi. Affondò la lama nel fianco, strappandogli un grido di dolore. Il Tobi-Kadachi la fissò, infuriato. Lei, in risposta, ghignò mentre sfilava la spada. Poi, rotolando di lato, gli colpì il muso con lo scudo per stordirlo, per poi iniziare una sequenza di fendenti leggeri ma rapidi su tutto il corpo. Il Tobi-kadachi, dopo tutti quegli attacchi, si spazientì ed emise un ruggito più forte dei precedenti e, facendo un'acrobazia velocissima, atterrò la ragazza con una sferzata della coda. Mentre era a terra, le saltò addosso e la bloccò con le zampe. Lei vide la sua sgocciolante bocca rosa a pochi centimetri dalla sua faccia, rabbrividendo. Il Tobi-Kadachi, soffiando, la afferrò con la bocca e la scaraventò lontano. La ragazzina fece un volo di tre metri, atterrando sulla schiena con un tonfo che le tolse il respiro. Un dolore lancinante per la botta attraversò il suo corpo, costringendola a restare a terra per qualche secondo. Prima che il mostro fosse in grado di saltarle addosso e mangiarle la faccia, però, la cacciatrice coi capelli viola riapparve all'improvviso e colpì il wyvern zannuto sulla mascella con un colpo montante, facendolo cadere su un fianco.

«Ne ho avuto abbastanza!» esclamò.

Senza perdere un secondo, si avventò sul Kadachi vulnerabile. Sollevò il martello oltre la sua testa, caricò il colpo e sferrò un'ultima, devastante mazzata sul cranio della bestia, spappolando il cervello. La cacciatrice tirò un sospiro di sollievo, si tolse l'elmo e guardò la ragazza. Il Rathalos era andato da lei e la ragazzina gli accarezzava la testa rimanendo seduta: sembrava stare bene. Poco dopo, dalla giungla uscirono tre cacciatori della Quarta Flotta, uno con la balestra leggera e due con la lama caricata. Appena videro il Rathalos vicino alla ragazzina, si allarmarono e i due con la lama caricata sopraggiunsero di corsa ad armi sguainate, spaventando il wyvern e facendogli fare alcuni passi indietro. Il balestriere leggero, invece, raggiunse Xavia e le chiese se era ferita. Quando lei scosse la testa, spiegò rapidamente che il Tobi-Kadachi era il loro bersaglio, motivo per cui si trovavano lì. Poi raggiunse i colleghi e si preparò a sua volta ad attaccare il Rathalos orbo.

«No! Fermi!» urlò la ragazza, sbracciandosi e correndo verso di loro.

I tre la ignorarono e la superarono, dicendole di allontanarsi più che poteva. Xavia si avvicinò di corsa e si frappose tra loro e il Rathalos, tenendo le braccia allargate per indicare loro di fermarsi. I cacciatori la fissarono confusi, e anche la ragazzina.

«Questo Rathalos è la mia preda - spiegò - E devo catturarlo, non ucciderlo. Quindi, se lo toccate, giuro che non so cosa vi faccio: sono abbastanza nervosa, oggi»

I cacciatori erano titubanti e si scambiarono un'occhiata interrogativa. Ma poi, vedendo che il Rathalos non sembrava aggressivo, alzarono gli occhi al cielo e si decisero a rinfoderare le armi, andando quindi a scuoiare il Tobi-Kadachi. La ragazza corse dal Rathalos, abbracciandogli la testa.

«Ratha!» sussurrò, poggiando la sua fronte sul becco del mostro, che chiuse il suo occhio.

Passarono un minuto nel silenzio, mentre gli Aptonoth cominciavano a tornare nella piana dopo la battaglia che c'era stata. La ragazzina si voltò verso la donna. La guardò con un sorriso di riconoscenza:

«Grazie! Grazie infinite! L'ha salvato!» esclamò.

Poi, senza darle il tempo parlare, si portò una mano al petto.

«Sono Yuri Aros, Rider di alto grado da Hakum, affiliata alla Gilda di Gildegaran» si presentò.

Appena sentì quel nome e cognome, però, la donna dai capelli viola sbarrò gli occhi, sbigottita:

«Yuri Aros?»

Non riusciva a credere che la giovane Rider si chiamasse davvero così. Infatti, si convinse subito che fosse una coincidenza: d'altronde, gli omonimi potevano sempre capitare. Scosse la testa, voltandosi:

«Vieni con me, ti porto ad Astera: ti aspettiamo da più di una settimana» la esortò, celando l'agitazione.

Finalmente, quella brutta giornata volgeva al termine. Yuri ne rimase sollevata, ma non sapeva cosa il futuro riservasse. Né per lei, né per l'intera Astera.

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Capitolo 6
*** Pace apparente ***


 Sapendo bene che gli eruditi sarebbero andati nel panico a vederla consegnare il Rathalos della taglia sveglio e vigile, anziché narcotizzato come qualunque altro esemplare, fece aspettare Yuri fuori dalla base e avvisò i capi della Prima che il Rider era arrivato, spiegando anche tutto l'equivoco che c'era stato col suo Rathalos. Così, mentre il Comandante radunava tutta la comunità di Astera per fare l'annuncio, la cacciatrice tornò da Yuri e le diede il via libera. Gli eruditi suggerirono di portare il wyvern volante alla piattaforma dove normalmente si studiavano i mostri catturati, in modo che potesse riposarsi in pace. La ragazza fu d'accordo, ma si rifiutò di andare all'assemblea quando il Comandante venne a chiedere di lei.

«Ratha è ferito, non posso lasciarlo solo» protestò.

D'altra parte, aveva paura che Ratha, se lasciato da solo troppo a lungo, decidesse di dare un'occhiata in giro e facesse qualche danno. Alla fine, però, si ricordò che l'intera Commissione di ricerca aveva bisogno della sua esperienza con l'Orrore Nero, una minaccia da non prendere assolutamente alla leggera, e si persuase.

Una volta sistemato il Rathalos, Yuri si presentò ufficialmente a tutti i cacciatori di Astera, che le diedero il loro benvenuto. Alla fine della riunione, gli eruditi si riunirono in privato con il Comandante, intorno al tavolo delle assemblee. Fu richiesta anche la presenza di Xavia, essendo stata la prima ad avere a che fare con la loro ospite. La cacciatrice, dopo aver dato il suo rapporto, si mise in disparte, dicendosi interessata ad ascoltare le domande fatte alla ragazzina e le sue spiegazioni. Ma la verità era che non riusciva più a non pensare a quella giovane Rider, da quando aveva scoperto come si chiamava. Nell'ora che seguì, gli eruditi descrissero nei minimi dettagli la situazione attuale: quando erano cominciati gli avvistamenti di mostri affetti dall'Orrore Nero, quanto frequentemente se ne vedevano, come interagivano con le creature sane, l'impatto che stavano avendo sull'ecosistema dei vari biomi del Nuovo Mondo. Yuri ascoltava con attenzione e, quando le venivano fatte domande sulla malattia, rispondeva il modo in cui i Rider la combattevano nel Vecchio Mondo, come cercavano di arginare l'aumento dei mostri infetti e altre informazioni. Alla fine, quando il Comandante la congedò e le disse di aspettare nuove direttive, la ragazzina tornò dal suo Rathalos. Prima di andarsene, promise solennemente al Comandante che avrebbe fatto del suo meglio per aiutare la Commissione.

Yuri ringraziò un'altra volta Xavia per l'aiuto che le aveva dato quel pomeriggio. Ratha, intanto, si era addormentato sulla piattaforma per i mostri e gli eruditi ne stavano approfittando per dare un'occhiata alle ferite all'ala destra.

«Il tuo amico volante sembra socievole» commentò Xavia, a braccia incrociate.

Yuri sorrise e ridacchiò:

«Di solito, Ratha non attacca le persone» rispose, sedendosi accanto al mostro addormentato.

Passò qualche attimo di silenzio, prima che gli studiosi le lasciassero da sole con Ratha.

«Allora, questo è il Nuovo Mondo, eh?» chiese Yuri, ripensando all'affascinante giungla che aveva esplorato fino a poco prima.

Sospirò, appoggiando la schiena ad uno dei pali di legno a cui era fissata la catena che fungeva da perimetro della piattaforma. Guardò verso il cielo, in cui iniziavano a comparire le prime stelle.

"Domani inizierò a cercare Narga e Nami, se non mi segnalano subito qualche infetto" pensò la ragazza, preoccupata.

Gli attendenti Felyne trovarono un alloggio privato libero per Yuri. Non essendo mai stato occupato da nessuno, era spoglio e impolverato, ma le promisero che l'avrebbero messo a nuovo il prima possibile. Quando la Rider e la cacciatrice si congedarono, Xavia non si ritirò nel suo appartamentino. Invece, andò alla Caccia Celeste a godersi il panorama notturno e prendere una boccata d'aria, oltre che per riflettere. 

«Ehilà, Xavia!» 

La cacciatrice si sentì chiamare da Hana, ma non le rispose e non si voltò nemmeno a guardarla. 
La sua assistente, allora, si avvicinò e la fissò con un sorriso raggiante:

«Siamo pensierose, eh?» disse, tentando di farla parlare.

La cacciatrice annuì, ma non proferì parola.

«Sai, quando c'è stata l'assemblea ti ho guardata da lontano, mi sembravi distratta. Non è da te! Non hai parlato nemmeno una volta, quando di solito fai sempre almeno un commento. Qualcosa non va?» domandò.

Xavia continuò a tacere, quindi Hana si mise a fissare l'orizzonte a sua volta. Dopo alcuni attimi di silenzio, sospirò e si staccò dal parapetto:

«È per via di quella ragazzina, presumo. È da quando si è presentata che sei strana. Ma se non vuoi parlarne, pazienza. Tanto, sai bene che sono testarda! Ti farò vuotare il sacco, prima o poi!» la punzecchiò, scherzosa.

Si voltò e fece per andarsene, quando la cacciatrice parlò:

«Sì, hai ragione. Tanto vale dirtelo» disse lei con un sospiro, allontanandosi dal parapetto e guardando il cielo.

Il cacciatore, lungo disteso a terra, gemé a denti stretti, mentre un'ustione elettrica gli bruciava la schiena. Il mostro che stava combattendo l'aveva atterrato con una sferzata della sua coda palmata, per poi colpire il suo dorso sputando una palla di muco elettrificato. I suoi due colleghi e il loro compagno Felyne furono pronti a mettersi davanti a lui, coprendogli le spalle. La loro spedizione di raccolta alla spiaggia di fronte alla Foresta Antica, di solito tranquillissima, era stata interrotta dall'assalto di un mostro noto solo nel Vecchio Mondo. Una mandria di Kestodon scappò nel fitto della giungla, visto che la creatura aveva appena ucciso alcuni esemplari. I cacciatori notarono, tuttavia, che le carcasse degli erbivori emettevano un pestilenziale fumo nero, segno che portavano la strana malattia che circolava nel continente da qualche tempo: il mostro li aveva uccisi e mangiati, ma poi aveva notato loro e li aveva aggrediti.

La creatura fece per tornare all'attacco, ma una cacciatrice con la spada lunga, che prima aveva ferito a un fianco, lo anticipò: schivò un morso, piazzandosi accanto al lungo collo della bestia, e lo ferì con un potente affondo. Il loro avversario prese le distanze e ruggì, furioso. Fece per sputare un'altra palla elettrica, ma i cacciatori gli lanciarono un baccello letame ciascuno: non erano equipaggiati per combattere al meglio, era molto più sicuro mettere in fuga il mostro. La creatura marina, disgustata dall'odore, li fissò ancora qualche secondo, prima di svanire nel mare, rapida come ne era uscita. Rimasti soli, i cacciatori e il Felyne si guardarono con gli occhi sbarrati, increduli di aver appena avvistato quella specie nel Nuovo Mondo: un Lagiacrus.
 

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Capitolo 7
*** Un Lagiacrus?! ***


I tre cacciatori e il Felyne tornarono ad Astera all'alba. L'uomo e la donna infortunati furono accompagnati subito in infermeria, dove furono medicati. Le loro ferite erano gravi, ma non al punto da farli ricoverare. Quando furono fasciati e dimessi, andarono subito a raccontare ai capi della Prima Flotta quello che era successo. Appena la notizia del Lagiacrus si sparse, un corposo gruppo di cacciatori increduli si accalcò al tavolo delle assemblee. Xavia non era tra loro, ma lo apprese da Hana, che la raggiunse trafelata al suo alloggio:

«Xavia, non hai idea di quello che è successo stanotte!» esclamò.

«Cos'è successo?» chiese lei con indifferenza, mentre affilava il suo martello.

La notte prima si erano congedate dopo che Xavia le aveva rivelato cosa la stava turbando, facendole però promettere di non dirlo a nessuno, tantomeno alla Rider.

«È stato avvistato un Lagiacrus! È nella Foresta Antica!» esclamò Hana. 

«Cosa?»

«Sì! Un Lagiacrus! Qui, nel Nuovo Mondo! L'hanno visto tre cacciatori che stavano facendo una spedizione in spiaggia, due sono stati feriti. L'hanno appena raccontato»

Xavia sbarrò gli occhi:

«Dici sul serio?»

Hana annuì, altrettanto sorpresa.

«È stata già pubblicata una taglia per abbatterlo. Ti interessa?»

La cacciatrice rifletté qualche secondo, poi scosse la testa:

«No, non mi va: ho altro a cui pensare, per oggi. Che ci pensi qualcun altro»

«D'accordo. Be', hai ragione: se quello che mi hai detto ieri sera è vero, hai decisamente qualcosa di grosso per le mani! Cacciare ti distrarrebbe e basta»

«Esatto» fu la laconica risposta.

Xavia sospirò, mentre Hana usciva dall'appartamentino. Non avrebbe accettato quella taglia in ogni caso: odiava i Lagiacrus, combatterli era una grandissima rottura di palle, specialmente sott'acqua.

Trovò Yuri accanto al Rathalos, che si stava ancora riposando alla piattaforma dei mostri.

«Ehi, ragazzina!» la chiamò.

Yuri si voltò e la salutò cordialmente. Nascondendo di essere in preda all'ansia, Xavia la raggiunse e le chiese:

«Vorresti venire a mangiare qualcosa con me? Posso farti vedere Astera per bene nel frattempo, se ti va»

Prima che la ragazzina potesse replicare, un gorgoglio del suo stomaco la fece arrossire dall'imbarazzo. Ridacchiò, grattandosi il collo, e annuì:

«Sì, molto volentieri!» rispose.

Prima di andare, però, Yuri controllò il suo Rathalos. Stava dormendo, quindi gli diede un ultima carezza sulla testa. La cacciatrice dai capelli viola la osservò, per poi voltarsi:

«Non ho avuto modo di presentarmi, ieri. Io mi chiamo Xavia Rudria, molto piacere» disse gentilmente, facendole segno di seguirla al terzo piano della base.

«Certo che è strano, eh? Un Lagiacrus nel Nuovo Mondo!» disse Nina a suo fratello Nick.

Lui annuì in silenzio, scandagliando con un binocolo la zona dove il Lagiacrus era stato visto l'ultima volta. Entrambi i cacciatori indossavano delle armature di Kirin, ottenute coi loro ricavi. Alla fine, erano stati loro due ad accettare la taglia sul leviatano, principalmente per curiosità. Erano abituati ai mostri anfibi, nel Vecchio Mondo, e i Lagiacrus erano la loro specie preferita. L'arma principale di Nina era l'arco, quella di Nick la spada lunga. Erano appostati alla spiaggia da ore, in attesa che il mostro si facesse vivo. Si era ormai fatto pomeriggio, quando finalmente lo avvistarono.

«È arrivato» avvisò Nick, indicandolo.

Nina si fece passare il binocolo e controllò a sua volta: vide il Lagiarus che strisciava fuori dal mare, tendendo un'imboscata a una mandria di ignari Kestodon che stavano mangiando i datteri di una palma al limitare della spiaggia. 

«Aspetta, hai visto anche tu? - chiese, notando un dettaglio anomalo - Lì, sui suoi fianchi» sussurrò.

Nick guardò meglio il mostro e notò delle scaglie rosso rubino disposte in fila sui suoi fianchi, facendo contrasto con l'azzurro del resto del corpo.

«Ce ne sono anche sulla schiena e sulle zampe posteriori. Cosa credi che sia? Una malattia della pelle?» chiese alla sorella.

«Non lo so e non mi interessa. Su, andiamo!» Nina scattò in piedi, sfilandosi l'arco di tracolla.

Nick annuì, afferrando l'elsa della spada.

«Solita strategia?» 

«Solita strategia, sì»

«Va bene, allora andiamo!» 

Si batterono il pugno e si incamminarono. Tuttavia, prima che iniziasse lo scontro, un Gran Jagras uscì dalla foresta per banchettare coi Kestodon. Quando si trovò di fronte il Lagiacrus, sobbalzò e gli rivolse un soffio intimidatorio, mettendosi in una posa difensiva. La reazione del leviatano fu istantanea: con un ruggito famelico, si precipitò sul Gran Jagras e lo afferrò per il collo, sollevandolo di peso. Una scarica elettrica gli avvolse la bocca e si propagò nel corpo dell'iguana, facendola urlare. In un disperato tentativo di liberarsi, cominciò a contorcersi e a scalciare, graffiando il muso e il collo del Lagiacrus. Il leviatano lo gettò a terra con violenza con un rapido movimento della testa. Il Gran Jagras rotolò nella sabbia, lasciandoci un solco.

«Ormai è spacciato. Che gli costava scappare subito?» commentò Nina, con una punta di compassione.

«Che ti aspettavi? È un Gran Jagras! Se non si fanno strapazzare come uova da qualche mostro più grosso, non sono contenti» scherzò Nick.

Il Gran Jagras si rialzò, ansimante. Tentò la fuga, zoppicando, sperando che il leviatano lo lasciasse stare. Invece, il Lagiacrus teneva lo sguardo fisso su di lui. Ma nessuno sarebbe  mai stato in grado di prevedere cosa accadde dopo: il Lagiacrus prese fiato, reclinando la testa all'indietro. Poi la zona attorno alle sue fauci si tinse di rosso, come se delle fiammelle avessero iniziato a girare attorno al muso del leviatano. In un battito di ciglia, fra le sue mandibole si generò una fiammata. Dopo una seconda inspirazione, una palla di fuoco fu sputata sul Gran Jagras in fuga, mandandolo a fuoco. Rovesciandosi, il Gran Jagras si contorse e gridò come un disperato mentre la sua pelle si carbonizzava, poi morì. Il Lagiacrus gli si avvicinò, sbavando. I due cacciatori erano senza parole.

«Un Lagiacrus che sputa fuoco?! Ma che cazzo...» sobbalzò Nick.

«Quello non è un Lagiacrus! È impossibile! I Lagiacrus hanno solo organi elettrici!» esclamò Nina, isterica.

Nick scosse la testa e, per quanto agitato, tentò di restare calmo:

«Dobbiamo comunque combatterlo: ormai la taglia l'abbiamo accettata» affermò.

Lei si morse il labbro, sospirando:

«Uhm... molto bene. Che la caccia abbia inizio»

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Capitolo 8
*** Perdita ***


Yuri e Xavia pranzarono insieme alla mensa. La Rider aveva approfittato dell'occasione per chiedere diverse cose alla cacciatrice, e così le due avevano conversato moltissimo, parlando per la maggior parte del tempo di mostri.

«Come Rider, sono tenuta ad aggiornare la Mostropedia ogni volta che scopro un dettaglio nuovo sull'ecologia dei mostri e sono anche piuttosto curiosa di mio, perciò quando avrà del tempo libero, potrebbe farmi vedere più da vicino le specie del Nuovo Mondo?» le chiese, con sguardo sognante. 

Xavia le rivolse un caldo sorriso e accettò. Poi, come promesso, l
e fece vedere i vari servizi di Astera: le mostrò il centro scorte, il cui addetto le regalò un'intera confezione di rimedi erboristici come regalo di benvenuto, la forgia e la zona in cui gli studiosi di mostri erano soliti ritrovarsi per discutere delle loro nuove scoperte. Fu lì che li sentirono parlare dell'avvistamento del Lagiacrus.

«Un Lagiacrus?! Avete avvistato un Lagiacrus?!» chiese Yuri, interrompendo i loro discorsi.

Il tono emozionato con cui lo disse lasciò Xavia piuttosto perplessa. Gli eruditi wyverniani 
si voltarono verso Yuri e Xaviasi scusò se la Rider li aveva interrotti, un po' imbarazzata. U
n cacciatore in armatura di Rathian rosa che passava da lì rispose alla domanda della ragazza:

«Sì, l'ho visto, assieme ai miei compagni: questo esemplare ha qualcosa di strano nelle scaglie. Non ci aspettavamo che un Lagiacrus spuntasse così, dal nulla. I miei colleghi sono stati feriti, ma si sono già ripresi: nulla di grave. Però...»

A quell'affermazione, Yuri sembrò piuttosto sorpresa, ma fece un'espressione sollevata subito dopo.

«Cos'avevano le sue scaglie?» chiese Xavia, incuriosita.

«All'inizio credevo che si trattasse di un Lagiacrus come tutti gli altri, ma...»

«No, non lo era perrrrrrr niente, mià! - si intromise il suo compagno Felyne - Somigliava miaolto agli altri, ma aveva su tutto il corpo diverse scaglie rosse, come la criniera di un Teostra, mià!»

«Oh, accidenti! Scaglie rosse?» sussurrò la ragazzina, quasi spaventata.

Il cacciatore annuì:

«Esatto. Aveva la tipica pelle azzurra dei Lagiacrus, ma sui fianchi aveva una fila di scaglie rosse. Perché, l'hai già visto prima?» chiese alla Rider.

Yuri distolse lo sguardo, diventando paonazza:

«No, non ne so niente»

Si voltò di scatto e fece per andarsene, ma Xavia le mise una mano sulla spalla:

«Yuri, aspetta. Che succede? Perché sei sconvolta?»

La ragazzina strinse i pugni e serrò le labbra:

«Mi... mi dispiace tanto» mormorò, chinando la testa.

La cacciatrice e gli eruditi si scambiarono degli sguardi confusi ma, prima che le chiedessero altro, la ragazzina aggiunse in tono afflitto:

«Ratha non è l'unico mostro che ho portato qui» rivelò.

Il cacciatore sbarrò gli occhi e sbraitò:

«Il Lagiacrus è tuo?!»

La ragazzina annuì, mortificata:

«Sì. È una femmina, si chiama Nami. Questo non ha senso, non ha mai attaccato le persone! Non mi spiego come...»

Prima che finisse, il cacciatore si avventò su di lei e le afferrò il colletto dell'armatura, costringendola a fissarlo:

«Ti rendi conto che per colpa sua i miei amici hanno rischiato di morire?! Ci ha attaccati a vista! A noi non è successo niente di grave, ma se ai due cacciatori che sono andati a ucciderlo andasse peggio?» sbraitò, infuriato.

La Rider aveva uno sguardo pieno di paura e colpevolezza, guardando gli occhi furenti del cacciatore.

«Mi dispiace, non credevo che potesse farlo» sussurrò.

L'uomo la spinse via e Yuri cadde seduta sulle assi di legno del ripiano.

«Cacciatore, datti una calmata!» esclamarono i biologi, mentre Xavia aiutava la ragazza ad alzarsi.

«Due cacciatori si stanno occupando del Lagiacrus?» gli chiese dopo qualche minuto, quando le acque si furono calmate.

«Sì. Nick e Nina della Quinta Flotta hanno accettato la taglia quasi subito - rispose il cacciatore - Sono partiti già da ore. Spero con tutto me stesso che l'abbiano ammazzato!»

A quelle parole, la Rider digrignò i denti, voltandosi per andarsene. Questa volta Xavia non riuscì a fermarla, mentre si dirigeva alla piattaforma dei mostri. La cacciatrice capì subito che aveva intenzione di prendere il suo Rathalos e cercare il Lagiacrus; ma sarebbe stato inutile, perché Ratha non poteva ancora volare. La cacciatrice decise di aiutare Yuri, quindi la raggiunse e le afferrò le braccia. La ragazzina di scrollarsela di dosso, ma invano. Xavia tentò di farla ragionare:

«Yuri, il tuo Rathalos ha un'ala spezzata. Non puoi pensare di...» 

«Lo so benissimo, va bene?! - sbraitò Yuri, furiosa e impaurita al contempo - Ma se quel Lagiacrus è davvero la mia amica, non posso lasciare che muoia: devo proteggerla!»

Poi distolse lo sguardo e sussurrò qualcos'altro che Xavia non riuscì a capire. 
La cacciatrice sospirò, lasciandola andare:

«Allora muoviti, ti porterò dove è stato avvistato. Forse c'è ancora tempo per fermarli» disse.

Non ne era per nulla convinta, ma quelle parole bastarono a dare un piccolo conforto alla giovane Rider.

Il Lagiacrus si stava battendo con ferocia, ma i due fratelli non erano affatto da meno.

«Tutto qui?» lo provocò Nina. 

L'arciera strinse i denti e lanciò un baccello lampo. Il bagliore accecò il leviatano, facendolo ringhiare di rabbia. 
Ormai era ferito gravemente: molte delle scaglie erano state staccate dai loro insistenti colpi; numerose frecce si erano conficcate nei punti più morbidi della corazza, mentre tutto il corpo era cosparso di tagli più o meno profondi. Nick si arrampicò su una roccia, saltò e colpì la coda palmata del Lagiacrus con uno spacca-elmi, tranciandola a metà. Devastato dal dolore, il mostro incespicò, mentre il sangue usciva a fiotti dal moncone. Li fissò righiando, ma ormai non era più minaccioso: era debolissimo, il respiro si era fatto affannoso, le sue zampe tremavano e non riuscivano a reggere il peso del corpo.

«Credo che ormai ci siamo» commentò Nina, incoccando quattro frecce insieme.

Nick si scrollò le spalle per sciogliersi i muscoli:

«Lo penso anch'io. Facciamola finita!»

Il mostro si accasciò al suolo, completamente esausto. Nina lo fissò, annuendo:

«Anche se lo lasciassimo andare, morirebbe dissanguato. Quindi sì: finiamolo»

Nick si avvicinò alla testa del Lagiacrus. Il leviatano lo seguì con lo sguardo, rimanendo immobile. Nick sollevò la spada lunga, pronto a trafiggergli il cervello, quando il grido di una ragazzina lo interruppe:

«Fermi! Vi supplico! Lasciatela stare!» 

Sul limitare della giungla era apparsa un'adolescente e, a giudicare dalla voce, sembrava disperata.

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Capitolo 9
*** Addio ***


La comparsa della ragazzina distrasse e confuse Nina e suo fratello: perché li stava supplicando di non uccidere quel mostro? Nick guardò Nina e lei, per tutta risposta, si limitò a scrollare le spalle. Guardarono la ragazza correre verso di loro, ignorando i richiami di Xavia, apparsa a sua volta dietro di lei. La nuova arrivata si avvicinò pericolosamente al Lagiacrus, con noncuranza. Certo, ormai era agonizzante, ma era pur sempre un mostro.

«Ehi, aspe...»

La protesta di Nina fu interrotta dall'arrivo di Xavia.

«Nick, Nina, fermatevi: lasciate fare a Yuri» li esortò. 

I due si scambiarono un'occhiata incerta, ma alla fine Nick si allontanò dal mostro disteso a terra. Rimase però abbastanza vicino da reagire in caso il leviatano avesse tentato di attaccarla, stando pronto a sfoderare la spada lunga. Yuri guardò sconvolta
 la coda tranciata del Lagiacrus e i fiumi di sangue che sgorgavano dalle innumerevoli ferite. Si inginocchiò davanti al muso del mostro e glielo sollevò con delicatezza, fissando gli occhi stanchi della creatura.

«Oh, Nami! Ti ho trovata» 

La voce della Rider tremava, mentre con la mano sinistra accarezzava con dolcezza la testa del mostro.

«Ti supplico, resisti! Possiamo medicarti, devi solo aspettare un po'! Nami, guardami! Guardami! Resta con me!»

I suoi occhi si fecero lucidi. La dolce voce della ragazzina era supplichevole e disperata. Ma il
 Lagiacrus non sembrava nemmeno reagire. Rimaneva lì, inerte, a osservare il viso della Rider ormai in lacrime con i suoi occhi gialli. Sembrava che stesse riconoscendo un volto familiare, a poco a poco. Il mostro aprì la bocca, sorprendendo la ragazzina. Ma, senza preavviso, le addentò il braccio sinistro. La Rider urlò di dolore, mentre le zanne di Nami affondavano nella sua carne.

«Yuri!» sobbalzò Xavia, terrorizzata.

Fece per sfoderare il martello, ma Nina la trattenne con un braccio.

«Che stai facendo?!» esclamò la donna.

Nina non le rispose, le fece solo segno di guardare cosa stava succedendo. Quando la cacciatrice obbedì, rimase a bocca aperta: n
onostante il morso, la ragazzina non aveva allentato la presa attorno al muso del suo mostro.

«Nami, ci sono io qui: andrà tutto bene» mormorò.

Dal suo sguardo, Nina poteva vedere benissimo che la Rider era sofferente, eppure resisteva. Con un gemito, strinse ancora di più la presa, continuando ad abbracciare la testa del leviatano. Appoggiò la fronte sul muso del mostro, chiudendo gli occhi. Poi accadde qualcosa che l'arciera non si sarebbe mai aspettata: la pietra azzurra che la ragazzina portava sul polso sinistro si illuminò, sprigionando un confortevole bagliore verde che accecò per qualche secondo i cacciatori. Il mostro allentò sempre di più la presa, finché non aprì la bocca e lasciò andare il braccio di Yuri. La ragazza riaprì gli occhi e guardò il suo Lagiacrus. Lo sguardo del mostro era cambiato: da feroce e minaccioso qual era stato fino a quel momento, ora era amichevole e dispiaciuto.

«Nami! Sei guarita!» esclamò la Rider, piangendo di gioia.

Il mostro, in un primo momento, sembrò non reagire, ma poi cominciò a strusciare la tempia contro la testa della ragazzina. Era molto debole e respirava a fatica. 
Poi, senza preavviso, emise un lamento, abbassando la testa.

«Nami? Cosa...»

Il mostro, con un grandissimo sforzo, sollevò la testa e la Rider indietreggiò, disorientata. Il leviatano emise un ruggito sofferente che risuonò per tutta la Foresta Antica. D
opo qualche secondo, un altro ruggito familiare, molto distante da dove si trovavano, gli rispose: il ruggito di un Rathalos.

«Ratha» sussurrò la ragazzina, guardando la giungla.

A quel punto, il Lagiacrus abbassò ancora la testa, si accasciò sulla sabbia ed esalò il suo ultimo respiro. I presenti rimasero in silenzio per una manciata di minuti: Nina non sapeva proprio cosa dire e, a quanto pareva, neanche Nick e Xavia. La ragazzina, continuando a guardare il Lagiacrus, scoppiò a piangere. Nessuno dei tre cacciatori pareva avere il coraggio di disturbarla. Alla fine, Xavia le si accostò, si inginocchiò e le mise una mano sulla spalla.

«Yuri, dobbiamo rientrare. Non c'è più niente da fare, qui»

La ragazzina, lentamente, si alzò con la cacciatrice. Nonostante ciò, mantenne lo sguardo basso, passandosi una mano sugli occhi per asciugarsi le lacrime. Nina iniziò a vergognarsi di quello che lei e Nick avevano fatto ed ebbe l'impulso di scusarsi:

«Ehi, piccola, mi...» azzardò.

Ma l'occhiata gelida che la Rider le lanciò la zittì subito e la fece sentire ancora più in colpa. 
Così, senza aggiungere altro, i tre cacciatori e la ragazza si incamminarono per fare ritorno ad Astera.

Al loro arrivo, vennero accolti dal Comandante e un manipolo di cacciatori lì riuniti, tra cui l'uomo in armatura di Rathian rosa. Vedendo le loro facce, molti fecero espressioni allarmate. Il Comandante fu il primo a parlare:

«Cos'è successo? Il...» 

La sua domanda fu interrotta dalla ragazzina che, senza proferire parola, fece per andarsene. Il cacciatore che ce l'aveva con lei, però, le si parò di fronte:

«Dove pensi di andare, Rider? Credo che ci debba delle scuse»

Lei digrignò i denti, fissandolo:

«Il tuo desiderio è stato esaudito: Nami è morta. Quei due l'hanno dissanguata»

Prima che il cacciatore potesse ribattere, Xavia gli mise una mano sulla spalla e lo fermò:

«È meglio lasciarla stare, Mike: sta soffrendo molto»

Il cacciatore tolse la mano, furioso:

«Assolutamente no. Non possiamo sorvolare questa faccenda! Quel Lagiacrus ha fatto del male a delle persone. Se non fossimo stati pronti a mandarlo via, le avrebbe uccise. E chissà cosa sarebbe successo, se il Rathalos fosse stato aggressivo come lui!»

A quel punto, Yuri si voltò di scatto, con un’espressione tale che gli fece fare un passo indietro.

«Non è colpa mia, né di Nami. E non coinvolgere Ratha per niente! Nami li ha attaccati perché non era in sé: aveva contratto l'Orrore Nero! Se solo aveste avuto un minimo di pazienza, sarei corsa a purificarla e tutto questo non sarebbe mai successo!»

Un intenso brusio si sollevò dalla folla e il cacciatore si arrabbiò ancora di più:

«Ah, è così? La Gilda ti manda qui a togliere di mezzo quella malattia e la prima cosa che i tuoi mostri fanno è prenderla?! I miei complimenti!»

Yuri strinse i pugni, abbassando lo sguardo. Alcuni istanti dopo, quando lo rialzò, aveva gli occhi lucidi.

«Non sarei mai dovuta venire in questo stupido continente! Avrei dovuto ignorare quell'annuncio della Gilda e lasciare che venisse un altro Rider!» gridò esasperata, mettendosi le mani nei capelli.

Senza preavviso, la ragazzina si voltò e corse verso il suo alloggio. Xavia sapeva molto bene che Yuri aveva bisogno di rimanere da sola per un pezzo: doveva fare i conti col lutto. Poteva capirla, perché aveva vissuto anche lei il dolore di una perdita.

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Capitolo 10
*** Giorni dopo... ***


Yuri passò le settimane successive alla perdita di Nami consumata dalla rabbia, dal dolore e dalla vergogna. Per non pensarci, passava ogni minuto libero con Ratha e, quando le venivano segnalati dei mostri infetti (al momento solo mostri piccoli o docili come Jagras, Kestodon, Apceros e Kelbi), andava subito a purificarli con la Pietra del Legame per smentire subito la parvenza di incapacità che si era creata dopo l'incidente col suo Lagiacrus. Alla maggior parte dei cacciatori, questo bastò per vedere che sapeva il fatto suo, mentre i più scettici come l'uomo in armatura di Rathian rosa continuavano ad avere dubbi o a fingere di averne, per orgoglio. Un giorno, in uno dei suoi intervalli in compagnia del Rathalos, stava scrivendo una lettera ai suoi amici d'infanzia rimasti ad Hakum, che aveva promesso di contattare quanto prima:

Ciao, ragazzi!

Come state? Bene? Io non saprei, a dirla tutta. Mi trovo nel Nuovo Mondo appena da qualche giorno e ci sono stati solo disastri: la barca è stata attaccata da alcuni Plesioth, ho perso Narga e Nami è morta. Purtroppo, due cacciatori l'hanno uccisa. In qualche modo, ha preso l'Orrore Nero e ha attaccato delle persone, perciò l'hanno abbattuta prima che scoprissi cosa le era successo. Non avete idea di quanto stia soffrendo. Nonostante ciò, sappiate che farò del mio meglio per concentrarmi sul mio dovere fino in fondo: guarirò ogni singolo mostro che è stato corrotto da quella piaga, è una promessa!

In ogni caso, sono certa che avete molte domande. Non sono sicura di ricordare tutto subito, ma ci posso provare.

Irene, avevi ragione: le specie del Nuovo Mondo sono fantastiche e non ne ho visto neanche un decimo! La Mostropedia di Hakum avrà un sacco di capitoli nuovi, quando tornerò! Finora ho visitato solo due biomi: la Foresta Antica e le Guglie Selvagge. Mi dicono che gli altri ecosistemi sono altrettanto spettacolari; non vedo l'ora d esplorarli. Ti terrò aggiornata.

Lucille, so che quello che hai appena letto deve averti sconvolta, però non preoccuparti. Narga si è smarrito, ma ti giuro che lo troverò! Emma può stare tranquilla: il suo futuro compagno tornerà e potrai finalmente farli accoppiare. 

Ross, qui ci sono paesaggi che ti mozzerebbero il fiato! A parte questo, so cosa ti stai chiedendo: tranquillo, posso farcela, anche se sono in lutto per Nami. Non saltare ancora sulla prima nave per il Nuovo Mondo!

Questo è tutto, per ora. Ricordatevi di salutarmi Lilia, Cheval, Dan e il capovillaggio Omna! E sì, anche Navirou.

Ciao, statemi bene!

 

Yuri

Mentre rileggeva e controllava la lettera, fu raggiunta dall'assistente di Xavia:

«Ciao! - salutò, alzando la mano - Dimmi, ora saresti libera? Ho un piccolo favore da chiederti»

Yuri sbuffò:

«È urgente? Se non lo è, no grazie: ho voglia di stare da sola con Ratha»

A quella risposta, Hana rimase un po' imbarazzata:

«Oh, allora non fa niente; volevo chiederti se potevo dare un pezzo di carne al tuo Rathalos, ma se vuoi restare sola...»

«Ha già mangiato» rispose Yuri, in tono secco.

«Capisco. Comunque, se hai bisogno di parlare con qualcuno per sfogarti, sappi che io e Xavia siamo disposte ad ascoltarti. Confidarsi aiuta più di quanto si immagini, sai?»

Detto questo, Hana se ne andò. Yuri sospirò, sedendosi al fianco del suo Rathalos, che la guardò con sguardo triste. Cominciò a strusciare il becco sulla guancia della sua padrona, mentre la ragazzina lo accarezzava con gentilezza.

«Nami è riuscita a dirti addio all'ultimo, eh?» sussurrò.

Il Rathalos annuì lentamente, con fare empatico. 
La Rider appoggiò la testa sulla sua tempia e chiuse gli occhi. Pensare a Nami le metteva ancora una grande nostalgia; infatti, le lacrime cominciarono a scorrere in abbondanza dai suoi occhi, mentre la ragazzina singhiozzava sommessamente, abbracciata ancora più strettamente al Rathalos.

Passarono due giorni, in cui furono avvistati alcuni mostri affetti dall'Orrore Nero. Yuri purificò una Rathian nella Foresta Antica e una mandria di Apceros nelle Guglie Selvagge, scoprendo anche gli Anjanath e i Jyuratodus nel frattempo. Nel frattempo, diede un'occhiata in giro tra una missione e l'altra per cercare Narga, ma di lui non c'era ancora traccia. Così, dopo un po', decise di fare un annuncio al tavolo delle assemblee per avvisare la Commissione di Ricerca, prima che ammazzassero anche il suo terzo mostro:

«So che potrei sembrare sfacciata a chiedervi un piacere, dopo quello che è successo, ma c'è ancora uno dei miei mostri là fuori e vorrei recuperarlo senza che nessuno si faccia male. Se avvistate un Nargacuga con delle macchie bianche, ditemelo subito, per favore! Nel frattempo, continuerò il mio lavoro con la purificazione, mi accerterò che alla fine non ci sia più neanche un esemplare infetto. Grazie ancora, scusate»

La folla di cacciatori ringraziò per l'avviso, quindi si congedò. A quel punto, Yuri si diresse alle porte di Astera per partire in spedizione, ma fu raggiunta da una coppia di cacciatori: Nick e Nina. Fu la sorella a prendere la parola:

«Senti, so che forse ci odierai a vita per aver ucciso il tuo Lagiacrus e non ti biasimiamo. Però c'è qualcosa che dovresti vedere, sulla Caccia Celeste»

Yuri doveva ammettere che Nina non aveva tutti i torti: non era che li odiasse, però avrebbe preferito evitare di avvicinarsi a quei due.

«Di che si tratta?» chiese.

«Vieni e lo vedrai» esortò Nick.

La ragazzina sospirò, per poi annuire controvoglia. Seguì i due fratelli al montacarichi e lasciò che lo facessero salire fino alla Caccia Celeste. Una volta a bordo del relitto della Prima Flotta, la Rider vide che non c'era la solita frenesia allegra sulla nave incagliata e trasformata in una terrazza per le feste: non c'erano né le due dame che gestivano le missioni dell'arena di Astera, né gli inservienti Felyne che si occupavano di trasportare le cibarie dalla mensa a lassù e dare il fieno ai Mernos posati sul parapetto. C'erano solo lei e i due cacciatori.

«Dove sono tutti? Cosa dovete mostrarmi di così importante?» domandò, spazientita.

Nick guardò Nina, che annuì. Il cacciatore si mosse verso il bancone dove solitamente si trovavano le addette alle missioni, tirando fuori un sacco da un'antina.

«Ci dispiace tanto per l'altro giorno - disse Nina, con le mani giunte - Abbiamo ucciso una tua amica e... ecco...»

Nick tagliò corto:

«Oggi Xavia ci ha chiesto di andare agli Altipiani Corallini e prendere questo per te, per farti un pensiero» 

Detto ciò, scrollò le spalle e bofonchiò qualcos'altro che la Rider non riuscì a capire, ma che gli fece ricevere una gomitata dalla sorella. 
Poi, lo spadaccino diede il sacco a Yuri. Era piuttosto pesante, tanto che dovette sforzarsi per tenerlo sollevato. Ormai presa dalla curiosità, slegò il laccetto che lo teneva chiuso. Rimase a occhi aperti, quando ne vide il contenuto: era un uovo bianco con una leggerissima sfumatura color crema. La Rider lo adagiò sul pavimento di legno, per poi guardare i due fratelli:


«Xavia vi ha chiesto di darmi un uovo?» chiese, sorpresa.

Nina annuì:

«Ha detto che le uova sono il regalo più prezioso che si possa fare a un Rider, così abbiamo pensato di dartene uno per farci perdonare. Se sei disposta a perdonarci, ovviamente»

Le parole della cacciatrice sorpresero ancora di più la ragazzina. Anche se tutti sapevano chi erano i Rider, ben pochi conoscevano nel dettaglio le loro attività e tradizioni. L'unica città che faceva eccezione era Gildegaran, con la quale il suo villaggio Hakum e altre comunità nel continente dei Rider avevano contatti regolari. 

«Suvvia, smettetela! Non serve che mi chiediate scusa: in fondo, stavate facendo il vostro lavoro. Quel giorno, vi ho guardati così male perché ero sconvolta, tutto qui» rispose, chinando la testa.

Nina le sorrise, dandole una pacca sulla spalla: 

«Se le cose stanno così, direi che siamo pari, allora!» commentò.

Yuri ricambiò il sorriso e annuì. Era molto sollevata per quel chiarimento. 

«Comunque, già che ci siamo, potresti mostrarci cosa farai con l'uovo?»

Yuri guardò prima Nick, poi l'uovo, quindi annuì:

«Sì, certo» sorrise, esaminando l'uovo.

Ci appoggiò sopra la mano destra e il bracciale che conteneva la sua pietra si aprì con uno scatto, scoprendo il frammento di Minerale del Legame. Respirando a fondo, Yuri si concentrò e la pietra cominciò a brillare di una luce verdognola, costringendo Nick e Nina a stringere gli occhi. Yuri era emozionatissima: stava per domare il suo primo mostro originario del Nuovo Mondo.

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Capitolo 11
*** Chi sei, veramente? ***


La luce verde emanata dalla Pietra del Legame avvolse l'uovo. Un paio di crepe si formarono sul guscio, per poi cominciare a espandersi scricchiolando. Nina e Nick osservarono stupefatti la scena, mentre Yuri fissava l'uovo con un ampio sorriso. Era in preda all'emozione, non vedeva l'ora di scoprire di che mostro si trattasse. Dopo qualche secondo, l'uovo cominciò ad ingrandirsi, fino a diventare grosso quanto lei: uno degli effetti della Pietra sulle uova, oltre a instaurare un imprinting tra Rider e mostro, era accelerare parecchio lo sviluppo del feto, grazie a tutta l'energia che gli veniva fornita. La luce diventò azzurra e abbagliò i due cacciatori, costringendoli a chiudere gli occhi. Yuri, invece, era abituata e non ne ebbe bisogno. Nel bagliore, intravide la sagoma di un mostro non molto più grande di lei. Finalmente, l'uovo si schiuse e il cucciolo venne al mondo, impiastricciato dal capo alle zampe di liquido amniotico. Quando la luce si spense, Yuri osservò il mostro: era un wyvern volante snello e slanciato con grandi ali simili a foglie, le quali erano azzurre con motivi neri sul lato superiore e bianche con piccole macchie marroni su quello inferiore. Aveva una testa triangolare che terminava con due appendici simili ad antenne sulla sommità, una coda lunga e sottile e zampe con dita esili e adunche. Il cucciolo scosse la testa e aprì gli occhi; agitò le ali per sgranchirsele, inspirò a fondo ed emise uno stridio.

«Accidenti, sembrava quasi una magia!» esclamò Nina, a bocca aperta.

«Non è magia, anche se ammetto che può sembrarlo. È piuttosto difficile da spiegare» ridacchiò Yuri, orgogliosa.

Il mostro sconosciuto la fissò per qualche secondo e cinguettò, inclinando la testa.

«Avete della carne?» chiese Yuri.

Nina annuì e le porse un pezzo di carne che aveva nella sua bisaccia.

«Che specie di mostro è?» chiese la Rider, intrigata.

«È un Legiana: sono i predatori alfa degli Altipiani Corallini» rispose Nick.

«Legiana» ripeté Yuri, avvicinando la mano al muso del cucciolo.

Il mostro la guardò negli occhi, incuriosito; quando le dita della Rider furono vicine al suo becco, le annusò. Yuri, a quel punto, cominciò ad accarezzargli la testa. Il cucciolo la lasciò fare, rilassandosi e chiudendo gli occhi. Contento delle coccole, iniziò a emettere una sorta di pigolio allegro. Nick e Nina osservavano la scena in silenzio, con sguardi inteneriti. Lo spadaccino incrociò le braccia e commentò:

«Sembri molto esperta in quello che fai»

Yuri ridacchiò, annuendo:

«È così: sono una Rider da quando avevo dieci anni. È da cinque anni che mi occupo di Ratha e dei miei altri mostri, ad Hakum. Ho imparato qualche trucchetto per evitare che un mostro appena uscito dall'uovo dia problemi. In fin dei conti, l'importante è non farlo agitare e lasciargli i suoi spazi» spiegò, smettendo di accarezzare il Legiana.

Il piccolo, in tutta risposta, emise un versetto triste, affiancandosi alla Rider e strusciando il muso contro il suo braccio destro. La ragazzina rise, poi si accucciò e adagiò il pezzo di carne che Nina le aveva dato di fronte al Legiana, che lo mangiò con voracità.

«Ora dobbiamo andare: abbiamo accettato una taglia su un Lavasioth» annunciò Nick. 

Prima che se ne andassero, Nina disse un'ultima cosa:

«Ah, giusto: Xavia voleva che ti chiedessimo di tornare qui stasera, se non ti dispiace»

Yuri la guardò incuriosita, poi annuì:

«D'accordo. Grazie tante per l'uovo! Scusate il disturbo»

«Non dirlo nemmeno per sogno! Te l'ho detto: era un regalo per pareggiare i conti» replicò l'arciera.

Yuri fissò i due fratelli per qualche secondo, poi si persuase e annuì:

«D'accordo, d'accordo» 

«Se hai bisogno di aiuto, non esitare a chiamarci, Yuri» disse la cacciatrice, in tono gentile.

I due fratelli tornarono al montacarichi e lasciarono la ragazza da sola. Intanto
, il Legiana finì di mangiare e riprese a strusciare il suo muso sul braccio della Rider che, pensierosa, gli accarezzò la testa. Ormai non più arrabbiata coi due fratelli cacciatori, continuava a chiedersi cosa potesse mai volere Xavia da lei.

Il resto della giornata procedé in tranquillità. Yuri presentò il Legiana a Ratha, che accolse il nuovo compagno di contingente con un gracchio diffidente. Quando controllò e scoprì che era una femmina, decise di battezzarla Legi. Sapeva che era una scelta banale, ma la creatività coi nomi non era mai stata il suo forte. All'inizio, i due mostri erano piuttosto irrequieti a stare vicini: la presenza di Yuri era l'unica cosa che tratteneva Ratha dall'attaccare la nuova arrivata. Legi sembrava piuttosto curiosa, ma rinunciò presto ad annusare il Rathalos per conoscerlo, intimidita dai suoi ringhi irritati.

Più tardi, dopo la cena, la ragazzina tornò alla Caccia Celeste per l'incontro con Xavia. Trovò la cacciatrice 
appoggiata alla prua della vecchia nave, intenta a guardare l'oceano. Quella sera, alla Caccia Celeste c'era il pienone: i bracieri ardevano, le dame al bancone portavano avanti e indietro boccali di birra e liquori vari senza sosta; i camerieri Felyne servivano portate abbondanti ai cacciatori seduti ai tavoli. C'era una musica allegra che copriva quasi tutti i rumori e, al centro del ponte, c'era chi ballava da solo o in coppia, chi per il gusto di danzare e chi per la sbronza. I Mernos, adagiati sui loro posatoi, dormivano o mangiavano mucchi di fieno, gracchiando. Yuri supponeva che Xavia volesse una conversazione molto intima, perché con tutto quel fracasso l'avrebbe avuta di sicuro: c'era troppa confusione perché qualcuno le sentisse o origliasse. Non si accorse della ragazzina finché non la raggiunse e la chiamò a gran voce. La cacciatrice si voltò e le sorrise:

«Ciao, Yuri! Grazie per essere venuta»

«Ciao, Xavia» salutò la Rider, titubante.

Notando l'incertezza della ragazza, la cacciatrice dai capelli viola scherzò: 

«Coraggio, non mordo! Avvicinati»

Allora la Rider prese posto accanto a lei, al parapetto. 

«Nick e Nina hanno detto che sei stata tu a chiedere che mi portassero quell'uovo» disse.

«Sì, sono stata io. Speravo che potesse aiutarti a perdonarli, oltre a farti passare la malinconia per...»

«Ha funzionato. Ti ringrazio molto per averlo fatto: ne avevo bisogno. Ma tu come facevi a sapere che...»

«Anch'io ho qualcosa da regalarti» la interruppe Xavia.

Estrasse qualcosa avvolto in uno straccio dalla sua bisaccia e lo passò a Yuri. La Rider dispiegò il panno e si ritrovò tra le mani un piccolo oggetto bianco simile a una pietra, ma composto da un materiale organico duro dai bordi irregolari. Su di esso, con un inchiostro nero indelebile, c'erano scritte due abbreviazioni: Gen. Zin.

«Questo è un...» sussurrò, sorpresa.

«Un gene di Zinogre - disse Xavia - Potresti usarlo per aiutare quel Legiana: usano il ghiaccio per combattere, ma sono molto deboli contro l'elettricità. Se gli infondi questo, risolverai il problema»

«Come sai del rituale sciamanico? I cacciatori lo conoscono ancora meno dell'imprinting! Sai davvero troppe cose sui Rider, non può essere un caso. Chi sei veramente?»

Xavia guardò la ragazzina confusa e sospirò, con un sorriso malinconico. 

«Posso dirtelo, ma potrebbe turbarti. Pensi di essere pronta?»

Guardando la donna negli occhi, Yuri non si sentì affatto sicura, ma alla fine annuì.

«Molto bene» 

Xavia distolse lo sguardo e rimase in silenzio per qualche secondo. Era visibilmente agitata; Yuri si chiese se fosse il caso di preoccuparsi, mentre provava a immaginare cosa stesse per scoprire, ma preferiva sapere la verità.

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Capitolo 12
*** Passato (parte uno) ***


Xavia cercò di farsi forza: era sempre doloroso rivangare quei ricordi, dopo tanti anni trascorsi sforzandosi di guardare oltre. Osservando il mare e il cielo stellato, iniziò a raccontare, mentre Yuri ascoltava con attenzione:

«Diventai una cacciatrice a diciotto anni, poco dopo che mio padre morì. Parliamo di una ventina di anni fa. Ero molto insicura, terrorizzata al pensiero di affrontare qualsiasi mostro, per quanto fossi appena al basso grado e abituata alla sua relativa facilità»

Si staccò dal parapetto e si sedé sotto l'albero di prua della vecchia nave, mentre la festa dietro di loro continuava. 
Yuri si accomodò su uno dei mucchi di fieno per i Mernos, senza staccare lo sguardo da Xavia nemmeno un istante. La cacciatrice proseguì il racconto:

«Passai due anni cacciando mostri di minaccia zero e uno con la mia squadra, i miei migliori amici. Abitavamo e lavoravamo a Pokke. Tutto era normale e sereno, ma poi arrivò il giorno in cui sfidammo troppo la sorte. I ragazzi decisero di accettare la nostra prima missione di alto grado, anche se non ero per niente d'accordo. Alla fine, mi convinsero a seguirli sulla Cresta Artica, in cerca di un Blangonga che stava dando fastidio agli allevatori di Popo. Fui l'unica che tornò. Vedi, ci fu un imprevisto» sussurrò, chiudendo gli occhi.

DICIOTTO ANNI PRIMA...

Xavia credeva che fosse la fine. I suoi compagni erano stati tutti uccisi e ora toccava a lei. Su quel ghiacciaio n
on avevano trovato il Blangonga, bensì un pelagus molto più formidabile: un Rajang. Non erano affatto pronti per affrontare quello scimmione cornuto, una creatura possente e dalla furia devastante, uno dei mostri secondi solo ai Draghi Anziani. Alicia, la balestriera pesante della squadra, non era riuscita a colpirlo nemmeno una volta: era troppo agile e troppo veloce. Fu uccisa per prima, quando il Rajang si arrabbiò: la sua pelliccia si rizzò e diventò dorata, poi lo scimmione prese fiato e carbonizzò Alicia con un raggio elettrico. Rex, il lanciere e caposquadra, ordinò la ritirata. Cercò di far prendere tempo agli altri parando alcuni colpi, ma il Rajang lo afferrò e lo sbatté a terra, dopodiché gli strappò lo scudo di mano e lo usò per schiacciarlo, riducendolo in poltiglia: Rex diventò una macchia rossa in mezzo alla neve. Rimanevano solo Xavia e Zeke. Lui brandiva un martello e lei, all'epoca, usava le doppie lame di Tigrex ereditate da suo padre. Sapevano di non poter fare nulla. Zeke sparò il razzo SOS, ma nessuno sarebbe mai arrivato in tempo: il Rajang li avrebbe uccisi in pochi secondi. Zeke decise di fare un tentativo, mentre Xavia osservava impietrita dalla paura.

"Scappa, idiota! - gli gridava mentalmente - Scappa con me, se hai paura, ma fallo!"

Zeke schivava i pugni del pelagus e attaccava più forte poteva, ma il Rajang aveva indurito le sue braccia, facendole diventare solide come cemento: gli bastava mettersele davanti al muso per farsi scudo dalle martellate. Xavia si sentiva le gambe flaccide e non riusciva a muoversi da lì. Cadde in ginocchio, mentre osservava impietrita il Rajang afferrare Zeke per i fianchi, stringergli la testa fra due dita e staccargliela. Lo scimmione ruggì, vittorioso, gettò via il cadavere e si voltò verso di lei. La fissò per alcuni secondi, stringendo i suoi occhi rosso sangue e grugnendo minacciosamente. Xavia non riusciva a muovere un muscolo: aveva troppa paura. Avrebbe fatto meglio ad ascoltare se stessa e lasciare che i suoi amici partissero senza di lei, o persuaderli a scegliere un'altra taglia. Chiuse gli occhi, quando vide il Rajang prendere la rincorsa e precipitarsi su di lei. Accettò che sarebbe morta di lì a poco. Invece, all'improvviso, sentì un ruggito gorgogliante, seguito da un esplosione e un lamento di dolore.

«Finalmente sei nostro, maledetto!» esclamò una voce maschile.

Xavia, facendosi coraggio, aprì gli occhi. Quello che vide la lasciò a bocca aperta: c'era un uomo in armatura di Barioth a cavallo di un Brachydios sellato. Xavia era meravigliata e sconvolta allo stesso tempo. Il Rajang, ferito e frastornato, si rialzò e si scrollò la neve di dosso. Le sue braccia si ammorbidirono e la pelliccia tornò nera. Lo sconosciuto si voltò per un attimo e guardò Xavia negli occhi. La giovane cacciatrice era pervasa da un misto di emozioni che si alternavano di continuo: sconcerto, terrore, riconoscenza e dolore per la morte dei suoi compagni. Mentre il Rajang lanciava un grido di monito e si dava alla fuga, il suo salvatore scese dal Brachydios e la raggiunse, aiutandola ad alzarsi.

«Sei ferita?» le chiese.

Il suo tono di voce era gelido, ma non minaccioso: piuttosto, sembrava molto sicuro di sé. 
Xavia scosse la testa, disorientata:

 «No, sto bene» farfugliò.

«Ti dispiacerebbe raccogliere le borse di quei tre? Tornerò tra poco»

Senza attendere una risposta, tornò dal Brachydios e rimontò sul suo dorso. Osservando il mostro domato, Xavia notò che la sua sella era decorata con un simbolo a forma di croce arancio.

«Andiamo, Bam! Prendiamolo!»

Il Brachydios, in risposta, si leccò le zampe e ruggì, prima di partire all'inseguimento del Rajang. Xavia fu lasciata sola coi corpi dei suoi amici, confusa, spaventata e addolorata, ma riconoscente all'uomo che l'aveva salvata. 

«Quello fu il mio primo contatto con un Rider» concluse Xavia.

Yuri poté giurare di aver sentito la sua voce tremare, mentre parlava della morte dei suoi compagni. Voleva consolarla in qualche modo, ma Xavia proseguì prima che capisse come fare:

«Tornò dopo qualche minuto e mi riportò a Pokke. Ci salutammo, ma non fu l'ultima volta che lo vidi. Ogni volta che partecipavo a una missione piuttosto pericolosa, si univa a me, pronto a proteggermi col suo Brachydios. Il suo nome era Xander»

Si prese qualche secondo di pausa, con un mezzo sorriso malinconico:

«Col tempo, diventammo migliori amici. Mi fece vedere le pratiche dei Rider, tra cui l'imprinting con un mostro alla sua nascita e il rituale sciamanico. Ero meravigliata da quel mondo di cui avevo solo sentito parlare prima; con lui mi sentivo di nuovo felice»

Yuri non resisté alla tentazione di chiedere un chiarimento e la fermò:

«Xavia, scusami se ti interrompo, ma quale è la parte che potrebbe turbarmi? Sai, a parte i dettagli su come il Rajang ha... sì, hai capito. Comunque, anch'io ho avuto un'esperienza tremenda con un Rajang: ne ho affrontato uno che è riuscito a separarmi da Ratha e mi ha rotto una gamba. Se non fosse stato per il mio amico Ross, me la sarei vista proprio brutta» affermò, con un brivido.

Xavia guardò la ragazza per qualche secondo. Poi scosse la testa, ridacchiando:

«Sì, hai ragione. Mi sono lasciata prendere dai ricordi, scusa. 
Tralasciando i dettagli, fu Xander a darmi il gene di Zinogre che ti ho appena regalato. Ci fidanzammo e, dopo due anni di convivenza, mi chiese di sposarlo. Ero felice come mai prima di allora: accettai senza esitare. Un anno dopo, nacque la nostra bambina - sorrise - Non dimenticherò mai le volte in cui la prendevo tra le mie braccia: i suoi bellissimi occhi, la sua risata...»

Poi, il sorriso della donna scomparve, lasciando al suo posto un'espressione cupa.

«Quello stesso anno, però, persi tutto»

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Capitolo 13
*** Passato (parte due) ***


QUINDICI ANNI PRIMA...

Dopo la nascita della bambina, Xander e Xavia si trasferirono a Bherna: lui, infatti, affermava che Pokke non era il posto più adatto in cui crescere loro figlia. A Xavia non importava granché dove abitavano, quindi non fece obiezioni. La cacciatrice si occupava della bambina quando non era impegnata in spedizioni di raccolta o taglie per lo sfoltimento di mostri piccoli, mentre Xander non andava a caccia spesso e rimaneva a casa. Di solito stava al villaggio, dove si occupava della figlia e del suo Brachydios. Il capovillaggio assegnava cacce a lui e Bam solo quando si trattava di minacce considerevoli. Due mesi dopo che si furono trasferiti a Bherna, ci fu la tragedia. Un giorno, Xavia accettò una richiesta piuttosto semplice: una coppia di Bulldrome stava impedendo ai mercanti di raggiungere il villaggio in tutta sicurezza, da quando avevano stabilito il loro nuovo territorio nel mezzo del percorso delle carovane. Tutto quello che doveva fare era toglierli di mezzo. L'indomani la cacciatrice, che nel frattempo era passata dalle doppie lame alla balestra pesante, salutò il marito, lasciò il villaggio e partì per la Frontiera Giurassica, dirigendosi alla radura dove quei Bulldrome venivano avvistati il più delle volte; tuttavia, li trovò già morti.

"Qualche predatore mi ha anticipata" rimuginò, osservando le ferite sulle carcasse.

Xavia si inginocchiò e osservò da vicino i graffi e i morsi sui Bulldrome e rimase perplessa: nessuna specie della Frontiera Giurassica aveva artigli e zanne che potessero lasciare quei segni. Cos'era stato? Poi si accorse di un dettaglio: in alcuni punti della radura, l'erba era corparsa di brina.

"Un mostro di ghiaccio?" pensò, confusa.

Cominciò a inquietarsi: tutto ciò non aveva il minimo senso. All'improvviso, appena si rialzò, una folata di vento gelido la travolse e la fece cadere in avanti, faccia a terra. Xavia, d'istinto, rotolò di lato per riposizionarsi e si rialzò agilmente, imbracciando la balestra. Si guardò in giro, ma non vide nessun mostro; dopodiché sentì un battito d'ali e alzò lo sguardo: sopra di lei stava volando un Barioth. Un wyvern volante quadrupede abitatore dei ghiacciai, nella giungla: tutto si sarebbe aspettata, meno che quello.

«Oh, cazzo!» esclamò Xavia, spaventata.

Senza pensarci due volte, sparò un razzo SOS. Il Barioth atterrò di fronte a lei con un tonfo e ruggì, soffiandole contro un'ondata di vento freddo e secco che faceva contrasto con l'umidità afosa della Frontiera Giurassica. Xavia non si era organizzata per cacciare un Barioth, ma ne aveva già affrontati alcuni. In un modo o nell'altro, pensava che se la sarebbe cavata fino all'arrivo dei rinforzi. Il Barioth piantò gli artigli nell'erba e si accucciò per prendere la rincorsa, in procinto di saltare su di lei. Xavia caricò in fretta i proiettili a ventaglio nella balestra e gliela puntò addosso, pronta a crivellargli il muso, ma il Barioth l'aveva ingannata: invece di scattare in avanti, prese fiato e sputò una palla di fuoco simile a quelle dei Rathalos. Xavia, per quanto colta alla sprovvista, riuscì a tuffarsi di lato all'ultimo; ma il salto le riuscì male e rimase lunga distesa, la balestra le sfuggì di mano e finì a terra, a un metro da lei.

"Un Barioth che sputa fuoco?!" pensò a occhi sbarrati.

Il mostro sputò un'altra palla di fuoco e la cacciatrice la schivò rotolando di lato. A quel punto, però, il Barioth compì un balzo e le si parò davanti. Xavia imprecò e cercò di allontanarsi di corsa, ma il mostro riuscì a morderle la gamba destra, trapassando la coscia da parte a parte con uno dei suoi canini a sciabola e strappandole un fortissimo grido. La cacciatrice temeva che il Barioth l'avrebbe finita subito dopo, invece il mostro lasciò la presa e la colpì con un'artigliata, scaraventandola lontano e lasciandole i tre profondi solchi che, da quel giorno, aveva sulla tempia destra. Xavia si schiantò contro un albero con la shiena, perdendo il respiro. Si sforzò di non perdere i sensi, premendosi la ferita alla testa. Provò a rialzarsi, ma una fitta lancinante alla gamba la fece ricadere seduta. Vide il Barioth avanzare a passo spedito verso di lei, a zanne scoperte. Strinse i pugni e i denti: non voleva morire, non così.

Xavia si spostò la coda di cavallo sulla schiena e ammise:

«Da quel punto in avanti, i ricordi si fanno confusi. Ricordo di aver sentito delle grida e che il Barioth mi voltò le spalle per guardare. Non avrei mai voluto vedere cosa c'era sulla sua schiena» sibilò, a occhi chiusi.

Yuri notò che i suoi occhi stavano diventando sempre più umidi e le dispiacque per lei. Si alzò dal mucchio di fieno e le mise una mano sulla spalla, come Xavia aveva fatto più volte con lei al suo arrivo ad Astera.

«Va bene così, puoi fermarti, se non ce la fai» la rassicurò.

Xavia scosse la testa:

«No, hai il diritto di sapere. Inoltre, ormai, credo che voglia sapere come finisce la storia, vero?» ridacchiò, agitata.

Yuri esitò per un attimo, ma alla fine annuì:

«Hai ragione: voglio sapere»

«Va bene. Sulla schiena di quel Barioth c'era una sella, decorata con croci arancioni. Era il marchio di famiglia di Xander. Eppure non mi aveva mai detto di avere un Barioth. Che io ne sapessi, Bam era la sua unica cavalcatura»

Alla fine, Xavia cedé e svenne. Si sveglio due ore dopo e scoprì che i soccorsi l'avevano riportata a Bherna, medicandole la ferita alla gamba e fasciandole la testa. Ma le cattive notizie non erano finite. Lo poté constatare lei stessa quando, dopo che le fu fornita una stampella, riuscì a tornare a casa sua. Era confusa e spaventata e Xander le doveva spiegazioni. Forse era tutto un malinteso; forse quel Barioth apparteneva a un altro Rider e le croci arancioni erano un simbolo usato anche da altre famiglie. Quando raggiunse la loro dimora, il Brachydios, suo marito e sua figlia erano spariti. Controllò tutta la casa in cerca di indizi, poi andò a chiedere agli abitanti del villaggio: nessuno aveva più visto Xander o la bambina, dopo che lei aveva lasciato il villaggio. Alla fine, distrutta sia fuori che dentro, tornò al suo giardino e cadde in ginocchio. Fissò il vuoto con uno sguardo inespressivo per ore, poi non si trattenne più e scoppiò in lacrime, urlando a pieni polmoni.

Un paio di lacrime scese dagli occhi di Xavia, ma la cacciatrice se le asciugò subito e respirò a fondo per calmarsi.

«Tuo marito portò via vostra figlia?» domandò Yuri, incredula.

«Sì. Nessuno li vide più, da quel giorno. Tornai a vivere da mia madre, a Pokke. Mi aiutò molto a superare quel periodo terribile, tutto quel dolore; alla fine, dopo due anni di riposo, tornai a cacciare. Sono venuta nel Nuovo Mondo con la Quinta Flotta per lasciarmi tutto alle spalle, oltre che per cercare lo stimolo che il vecchio continente non sapeva più darmi»

Passarono circa cinque minuti in silenzio. La ragazzina non sapeva cosa dire alla cacciatrice e, a giudicare dal suo sguardo, capì che anche Xavia doveva essere incapace di trovare le parole. Dopo un po', Yuri non seppe più trattenere le domande che quella triste storia le aveva lasciato:

«Non capisco ancora. Cosa c'entra tutto questo con me? Perché me l'hai raccontato? Perché oggi mi hai fatto questi favori?»

La cacciatrice sorrise, poi levò lo sguardo al cielo pieno di stelle.

«Pensavo che ormai stessi cominciando a unire i puntini. Mi hai detto che il tuo cognome è Aros. E, da quello che ho sentito, hai quindici anni»

«Sì, ma...»

«Hai detto di venire da Hakum. Chi sono i tuoi genitori?»

«Non li ho mai conosciuti, sono stata cresciuta dal capovillaggio Omna. Mi ha raccontato che mio padre arrivò ad Hakum con me, ma un Seregios lo fece a pezzi pochi giorni dopo, mentre era a caccia. Non sa niente su mia madre: stando alle sue parole, mio padre gli disse che era stata uccisa da un mostro. Però...»

«Il cognome di Xander era Aros. Quello che ti ho raccontato accadde quindici anni fa» rivelò Xavia.

Yuri si sentì raggelare il sangue. Xavia la guardò negli occhi e aggiunse, surrussando:

«E scelsi io il nome di nostra figlia. Credo che sappia qual era»

«Yuri» rispose la ragazzina, capendo tutto.

Era sorpresa, stupefatta, incredula. Tutti eufemismi per provare a descrivere come si sentì la ragazza nel vedere la donna annuire e dirle:

«Esatto. Yuri Aros. Mia figlia» affermò Xavia, seria.

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Capitolo 14
*** Madre e figlia ***


Yuri era così sconvolta che rimase in silenzio per molti minuti. Loro due erano le uniche persone zitte, nel fracasso e nella baldoria della Caccia Celeste. Xavia sapeva che una rivelazione come quella avrebbe sconvolto la Rider, ma si sarebbe aspettata di venire sommersa di domande, non che la ragazzina rimanesse zitta e apatica, a fissare il vuoto. Non poteva certo biasimarla: lei stessa non sapeva come avrebbe reagito a una notizia simile, per giunta confidata da una sconosciuta. Alla fine, stanca di quel silenzio, si alzò e si schiarì la voce: 

«Si sta facendo tardi. Possiamo riprendere la conversazione domani, se vuoi. Sai, così puoi avere tutto il tempo per assimilare la cosa» disse, più cordialmente che poté.

 
Yuri non reagì. Il suo sguardo continuava a essere vacuo.
 
«Sei mia madre» sussurrò poi, lanciando un'occhiata sconvolta a Xavia.

La cacciatrice annuì:

 
«Non mi credi, vero?» chiese, avvicinandosi a lei.

Spostò un mucchio di fieno accanto a quello di Yuri, ignorando il gracchio di protesta di un Mernos, e si sedé accanto alla ragazza.

 
«Certo che ti credo! Chi si inventerebbe mai una storia del genere? Che razza di persona tirerebbe fuori i suoi dolori peggiori solo per una sconosciuta?»
 
Xavia fece un sorrisetto, scuotendo la testa:

«Nessuno qui ne sarebbe mai capace: molti cacciatori portano delle cicatrici, chi più, chi meno profonde delle mie. Ma non lo rivelerebbero mai, se non a qualcuno a cui tengono davvero» sorrise. 

 
«Però non capisco: se sei mia madre e tutto quello che mi hai raccontato è vero, perché mai mio padre avrebbe dovuto fare così?»
 
Xavia le poggiò una mano sulla spalla:

«Non pensarci. Ho passato ogni singolo minuto dei miei anni più bui chiedendomelo e mi faceva solo stare peggio»

 
Ma Yuri non la stava ascoltando: incrociò le braccia e cominciò a fissare il vuoto con aria disorientata, coprendosi la bocca con una mano. Xavia suppose che stesse facendo i conti con la scoperta delle sue origini e, mettendosi nei suoi panni, non la biasimava: se fosse cresciuta credendosi un'orfana e avesse scoperto di punto in bianco un passato del genere, forse non se ne sarebbe mai capacitata del tutto. Sperava solo che, quantomeno, la figlia che non aveva potuto crescere avesse avuto comunque la vita felice che voleva garantirle, prima che Xander tentasse di ucciderla e portasse via la loro bambina. Quando smise di riflettere, la cacciatrice dai capelli viola si accorse che la Rider stava ancora pensando, con un'espressione confusa. Volle provare a rassicurarla: non voleva che si facesse un'ossessione per una questione che, per anni, aveva tormentato anche lei. Soprattutto adesso che aveva scoperto che Xander era morto, secondo ciò che il capovillaggio di Hakum aveva raccontato a Yuri. Vedendo la sua espressione vuota, però, si interruppe con un sospiro. Fece per parlarle, ma ci rinunciò con un sospiro. Fu la Rider a interrompere il silenzio:
 
«Cosa devo fare, ora?» chiese, con un filo di voce.

Sembrava che lo stesse chiedendo più a se stessa che alla cacciatrice. Tuttavia, Xavia decise di rispondere. Poggiò due dita sotto il mento della figlia ritrovata e le spostò il viso con delicatezza, in modo che la potesse guardare. Gli occhi azzurri e spenti della ragazzina incontrarono quelli color ambra e pieni di vita della donna, che sorrise commossa:

 
«Yuri, ti stai facendo troppi problemi su questa storia: lascia stare. Quel che è stato, è stato. Non pretendo che accetti questa scoperta come se niente fosse. Non pretendo da te la risposta a una domanda che mi sono posta per quindici anni. Non pretendo nemmeno che, da un giorno all'altro, cominci a chiamarmi "mamma" o a considerarmi un punto di riferimento. Ti chiedo solo di fidarti di me e rimanere al mio fianco. So che i tuoi primi giorni nel Nuovo Mondo non sono stati rose e fiori, ma ti garantisco che avrai tutto il mio sostegno nell'incarico che la Gilda ti ha assegnato mandandoti qui. Il mio e anche quello degli altri: impareranno a rispettarti, vedrai. Ci vuole solo tempo. Andrà tutto bene»
 
Quando finì il discorso, accarezzò le guance di Yuri e le spostò gentilmente una ciocca di capelli dietro l'orecchio, oltre a toglierle la coda di cavallo dalla spalla e lasciare che ricadesse sul dorso. All'improvviso, la ragazzina si gettò su di lei, stringendola in un fortissimo abbraccio. Dapprima la cacciatrice rimase di sasso, colta alla sprovvista da quella stretta così vigorosa. Yuri cominciò a singhiozzare, sorridendo. Per la prima volta da quindici anni, Xavia avvertì la stessa gioia e l'affetto che provava ogni volta che cullava la sua bambina appena nata. Non poté fare a meno di commuoversi. Allora, senza pensarci due volte, abbracciò la ragazza a sua volta e le accarezzò la nuca con una mano, arruffandole un po' i capelli. Poco dopo, tra i singhiozzi, Yuri esclamò:

«Sei una persona meravigliosa, mamma!»

 
Appena si sentì chiamare così, la cacciatrice pianse di gioia. Avrebbe voluto che quel momento non finisse mai. Xavia sorrise, stringendo la ragazzina ancora più forte:

«Grazie, Yuri. Grazie, davvero»
Un altro fallimento. Ben ringhiò, tirando un calcio alla sabbia. Frustrato e infuriato, gettò a terra il bracciale che, una volta, conteneva la sua Pietra del Legame. Di fronte a lui, un Barroth dallo scalpo rotto era disteso sulla sabbia, in preda agli spasmi. I suoi occhi erano diventati rossi e luminosi, mentre da tutto il corpo fuoriusciva una voluta di fumo color carbone: i sintomi dell'Orrore Nero. Dopo averlo infettato, Ben aveva cercato di prenderne il controllo, senza riuscirci.
 
«Se non riesco a controllare un fottuto Barroth, come posso sperare di comandare quel mostro?!» urlò esasperato, portandosi le mani nei capelli.
 
Mikayla, dietro di lui, gli tirò una manata sulla nuca e lo provocò, ridendo:
 
«Calmati, scemo! Non saresti comunque tu a controllarlo. Sarebbe già tanto se mio fratello ti concedesse un Mosswine!»
 
Prima che Ben replicasse, il ruggito furibondo del Barroth attirò la loro attenzione. Il mostro si era rialzato, urlando a pieni polmoni ai due umani. Era infuriato, ma stanco morto.
 
«Però! Sembra che questo sia un osso duro, non trovi?» commentò Ben.

Mikayla incrociò le braccia e annuì, prima di fare spallucce:

 
«Sì. Peggio per lui. Xander ci ha comunque chiesto di far sgranchire un po' il suo amico»

Si voltò, si portò due dita alla bocca e fischiò. In lontananza, un ruggito le rispose e fece eco per tutto il deserto delle Guglie Selvagge. Qualche secondo dopo, dall'oscurità della notte apparve un Brachydios; sulla schiena aveva una sella decorata con croci arancioni. Anche lui era infetto. Raggiunse Ben e Mikayla e si fermò dietro di loro, osservando il Barroth.

 
«È tutto tuo, Bam. Divertiti!» ridacchiò lei, prendendo le distanze col suo compare.
 
Il Brachydios si leccò le zampe e ruggì al Barroth che, spaventato, si voltò e cercò di scappare. Ma fu raggiunto quasi subito.

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Capitolo 15
*** Barroth? ***


La cacciatrice e la Rider andarono ai loro alloggi quando ormai era notte fonda. Yuri si era finalmente sfogata dal benvenuto tremendo nel Nuovo Mondo: ora si sentiva quasi in pace. Trattenne molte delle sue domande, chiedendo solo alla cacciatrice di incontrarsi con lei il giorno dopo per parlare di nuovo. Con un sorriso, la donna aveva annuito e garantito che ci sarebbe stata. La notte passò tranquilla, anche se la Rider faticò a prendere sonno; rimuginava e ripensava a tutto quello che era successo quel giorno e quella settimana, osservando il mare dalla sua finestra, accanto alla branda. Finì per addormentarsi quando ormai mancava poco all'alba, fu svegliata circa due ore dopo dai primi brusii delle attività del mattino. Quando uscì, il nipote del Comandante la raggiunse e la avvisò che suo nonno voleva parlarle. Con un'espressione confusa, la ragazzina ancora mezza addormentata raggiunse il tavolo delle assemblee, in attesa degli ordini.

«Stanotte è stato avvistato un Barroth infettato da quella malattia, alle Guglie Selvagge. A quanto pare, sta causando parecchio scompiglio fra i mostri nei dintorni»

«D'accordo, andrò subito a purificarlo» rispose Yuri, facendosi sfuggire uno sbadiglio.

Si coprì la bocca con una mano e si scusò, avviandosi. Decise di portare Legi con sé; i biologi furono lasciati alquanto perplessi dalla sua scelta e cercarono di dirle che portare un mostro abituato alle brezze fresche e alle alture nebbiose nel deserto non era proprio la migliore delle idee, ma lei disse di aver già provato a creare quel tipo di "contrasti" nel Vecchio Mondo e che non aveva mai avuto grandi problemi. 

«Ho provato a portare uno Zamtrios e un Lagombi in un deserto, pensate un po'! Non hanno avuto nessun problema» raccontò.

«Cosa? Ma non...»

«E poi nei deserti è pieno di mostri deboli al ghiaccio, avete idea di quanto sia vantaggioso? Fidatevi! Non per sminuire i vostri studi, ovviamente»

Così, mentre gli eruditi si scambiavano occhiate esterrefatte, la ragazza prese Legi, che si guardava intorno di continuo, incuriosita da tutto. Yuri invitò Xavia a seguirla, visto che non vedeva l'ora di compiere la sua prima taglia con la madre; inoltre, portando Xavia con sé,
 avrebbe potuto approfittarne per continuare il discorso della sera prima, alla fine della missione. La cacciatrice accettò subito. Con loro grande sorpresa, si unirono anche Nick e Nina: i due fratelli affermarono di essersi offerti perché erano curiosi di assistere di nuovo alla purificazione di un mostro dall'Orrore Nero. La ragazzina decise di cavalcare Legi, così avrebbe finalmente fatto il suo primo volo e anche preso confidenza con la padrona.

La loro esplorazione delle Guglie Selvagge procedé tranquillamente per molte ore: non si vedevano tanti mostri in giro, a parte alcuni Kelbi e piccoli stormi di Noios. Tuttavia, le cose cambiarono di colpo quando entrarono in una gola, seguendo gli insetti-guida. Sorvolando i dintorni in sella a Legi, Yuri si accorse che Nina aveva iniziato un combattimento con un Diablos.

«Schiva, stupida!» urlò Nick alla sorella.

Nina, intenta ad applicare il rivestimento velenoso alle sue frecce, non si era accorta che il wyvern volante con la stava caricando. Suo fratello e Xavia erano troppo distanti per soccorrerla, ma per sua fortuna la Rider e il Legiana accorsero subito. Yuri ordinò a Legi di scendere in picchiata sul mostro nemico. La ballerina dei cieli stridé, planando ad alta velocità verso il terreno. Riuscì a colpire il mostro cornuto al fianco con gli artigli, subito prima che riuscisse a travolgere la cacciatrice. Riuscirono a fargli cambiare direzione, mandandolo a sbattere contro una parete della gola. Yuri tirò un sospiro di sollievo, facendo atterrare Legi, mentre gli altri raggiunsero le due di corsa. Il mostro selvatico era incastrato nella parete: con tutta la forza che aveva messo in quella carica, le sue lunghe corna si erano infilate nella roccia e non riusciva più a staccarsene. Intanto, Nick lanciò un'occhiata furiosa a Nina:

«Si può sapere perché hai attaccato un Diablos?» chiese, adirato.

 
«Stava per attaccare il Barroth che stiamo cercando, l'ho visto da lontano! E se dopo gli avesse attaccato quella malattia?»
 
«C'è la Rider con noi, male che vada purificherà anche il Diablos!» ribatté Nick, esasperato. 
 
Guardandoli litigare, Xavia sospirò grattandosi il collo, mentre la ragazza ridacchiò, divertita dalla scena dei due fratelli che battibeccavano. Udirono poi il ruggito del Diablos, ancora incastrato. Stava strattonando così tanto che la roccia iniziava a riempirsi di crepe: presto si sarebbe liberato.
 
«Andiamocene, finché è bloccato» suggerì la ragazzina, accarezzando la testa del Legiana.
 
Xavia annuì, rinfoderando il martello.

«Siamo qui per il Barroth, non per provocare un Diablos» affermò.

 
Nina e Nick si guardarono per un secondo, prima di annuire a loro volta. Tuttavia, prima che riponessero le armi, sentirono un altro ruggito del mostro: era riuscito a liberarsi a costo del corno destro, ancora infilzato nella parete rocciosa. Il tiranno delle sabbie osservava furioso i cacciatori, in particolare il Legiana e la sua Rider. Nina imprecò a denti stretti, prendendo una freccia dalla faretra.
 
«Non ci lascerà andare» disse suo fratello, preparando la spada lunga.
 
Yuri guardò i cacciatori, poi lanciò una rapida occhiata al mostro, il quale ricambiò il suo sguardo sbuffando e stringendo i suoi occhietti viola.
 
«Raggiungete il Barroth, verrò a purificarlo dopo. Io e Legi manderemo via questo bestione, ora» dichiarò, sicura di sé.
 
Prima che Xavia obiettasse, Yuri battè i talloni contro i fianchi del Legiana, che strillò alzandosi in volo dopo aver esteso tutte le sue membrane. Si portarono sopra il Diablos, che tentò di saltare e colpirli, ma non ci riuscì e si schiantò al suolo su un fianco, alzando un polverone di sabbia. Il mostro scosse la testa, ruggendo e osservando il wyvern blu e la ragazzina. Ogni secondo che passava, il Diablos si faceva sempre più stizzito. Yuri, in risposta al ruggito che venne dopo, fece un sorrisetto: erano riusciti a istigarlo, quindi li avrebbe inseguti ovunque.

«Legi, allontaniamoci!» ordinò alla Legiana, che in risposta gracchiò.

Spiegò le ali, battendole un paio di volte, per poi voltarsi e cominciare ad allontanarsi in volo. Mentre i tre cacciatori si allontanavano di corsa, il Diablos scosse la testa con uno sbuffo e si lanciò all'inseguimento, senza mai perdere d'occhio il Legiana in fuga.

La Rider batté la spada contro lo scudo per fare rumore ed esclamò:

«Vieni fuori, forza!»

 
Lei e Legi si erano spostate in una zona più aperta, piena di dune e senza rocce o piante. Yuri aveva pensato che quell'area sarebbe stata adatta per combattere il Diablos. E, effettivamente, fu così: quando il mostro li raggiunse, la Rider saltò subito dalla groppa del Legiana e atterrò sul suo dorso, cominciando a colpirlo e infliggere tagli su tutta la schiena e il collo, dietro il collare osseo. Le ferite aperte dalla spada e scudo non erano molto profonde, ma aumentavano di numero in fretta e sapevano dare molto fastidio al mostro, se inflitte nei punti più infidi. Dopo qualche secondo, però, il Diablos riuscì a disarcionarla. La ragazzina finì sulla sabbia, ma il mostro non fece in tempo a colpirla che il Legiana partì all'attacco. La sua coda si ricoprì di brina e la temperatura dell'aria intorno a loro si abbassò bruscamente. Scattò verso il Diablos, scendendo in picchiata e colpendolo in mezzo agli occhi. Piccoli cristalli di ghiaccio si formarono sul muso del mostro che, nonostante avesse accusato il colpo, dopo un ruggito colpì la Legiana con il suo corno sinistro, muovendo la testa di scatto. Legi ruggì a sua volta, riprendendosi rapidamente e rialzandosi in volo. Il Diablos, distratto dal mostro a mezz'aria, si fece cogliere alla sprovvista dalla ragazzina, che nel frattempo era riuscita a tornare sulla sua groppa. Affondò la lama della spada nella membrana dell'ala sinistra del Diablos che, in risposta, emise un verso infastidito, tentando di scrollarsela di dosso.
 
«Ora, Legi!» urlò la Rider.

Il suo mostro rispose con un urlo, assaltando in volo il Diablos e colpendolo al fianco con un'artigliata che gli fece perdere l'equilibrio e lo rovesciò. 
Yuri approfittò dell'apertura per afferrare saldamente la sua spada, ancora infilata nella membrana dell'arto, e reciderla scivolando lungo la falange di una delle dita. Un enorme squarcio si aprì nella membrana, poi Yuri scese velocemente dal corpo del wyvern cornuto, tornando a terra e riaccostandosi al Legiana. Il silenzio del deserto era stato completamente rimpiazzato dai lamenti e i ruggiti di dolore del Diablos mentre agitava le ali, dolorante. Oltre a ciò, i suoi ruggiti diedero fastidio ad uno stormo di Noios di passaggio che, spaventati, si alzarono cominciarono ad emettere i loro versi striduli e assordanti. Yuri fu costretta a tapparsi le orecchie, mentre Legi si mise di fronte alla sua Rider, pronta a proteggerla se fosse stato necessario. Il combattimento contro il Diablos non era ancora finito: quando le acque si calmarono e gli pterowyvern del deserto se ne andarono, il mostro riuscì a rialzarsi. Per quanto stravolto e indolenzito, cominciò a scavare per tornare sottoterra.
 
"Sono peggio di una bomba sonica!" pensò la ragazzina. 

Rimontò sulla schiena di Legi e aspettò che il Diablos saltasse fuori da sotto la sabbia. Tuttavia, sperava che in realtà se ne stesse andando.

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Capitolo 16
*** L'imperatore in persona ***


Xavia, Nina e Nick raggiunsero il Barroth, che Nina aveva avvistato col binocolo prima di sfidare il Diablos. Per stare sicuri di non perdersi strada facendo, si fecero condurre fino all'esemplare dagli insetti-guida. Raggiunta una zona fangosa, però, le lucciole tornarono nelle loro lanterne, quasi come se non volessero avvicinarsi al mostro che avevano fiutato. Tuttavia, quella era la zona giusta, per cui i tre cacciatori si separarono per cercare il wyvern delle frane.

«Eccolo! - Nina chiamò gli altri cacciatori - Però è morto: Non è un bello spettacolo» aggiunse qualche secondo dopo, quando la raggiunsero.

Il Barroth era sdraiato su un fianco, nel fango. Il suo scalpo era del tutto spaccato e pieno di crepe. La corazza presentava veri e propri buchi cosparsi di ustioni, come se fosse esplosa. La carcassa era circondata da una pozza del suo sangue, reso scuro e denso come catrame dall'Orrore Nero, e la tipica voluta di fumo usciva lentamente dal corpo, ammorbando l'aria con un insopportabile odore di carne marcia.

«Che gli hanno fatto? E che odore! Quella malattia fa davvero schifo» chiese Nick, coprendosi il naso.

Nessun mostro delle Guglie Selvagge avrebbe potuto lasciare segni come quelli.

«Magari una Rathian che ha messo più forza del solito nelle sue palle di fuoco? Oppure un Bazelgeuse: quelli attaccano qualsiasi cosa e fanno esplodere tutto»

Nessuno di loro riusciva a farsi un'idea certa di come quel Barroth potesse essere stato ucciso così. Xavia si avvicinò alla carcassa e toccò le parti bruciate, strofinandovi le dita.

«Mi sta venendo un sospetto, ma non vorrei saltare a conclusioni. Di certo non è stata una Rathian: le ferite non sarebbero così profonde; inoltre, i i bordi sono troppo precisi»

Si avvicinò alla testa del Barroth, 
ignorando il fumo e il tanfo dell'Orrore Nero, mentre Nick osservava più da vicino le ustioni.

«I Bazelgeuse si divertono a fare i mostri a pezzi con le loro scaglie, ma non sarebbero mai in grado di fare qualcosa di simile» disse Xavia, infilando le dita nella cavità dove prima c'era lo scalpo.

Ne discussero per qualche minuto, ma non arrivarono a nessuna conclusione sicura. Xavia aveva fretta di tornare da Yuri, ma Nina e Nick riuscirono a convincerla a fermarsi lì ancora un po', per tentare di far luce sulla morte del Barroth infetto. Fu soprattutto lo spadaccino a convincerla, in quanto sua sorella era a favore dell'idea di raggiungere Yuri: affermava che era l'opzione migliore perché sapeva che, quando suo fratello si metteva a cercare indizi, c'era il rischio che passasse tutta la giornata a vuoto.

«Preferirei aiutare Yuri a cacciare il Diablos e farla venire qui per purificare la carcassa» sospirò Xavia, sedendosi su una roccia, mentre i fratelli setacciavano l'area.

Stavano cercando da ormai svariati minuti e si era stufata. Oltretutto, aveva un brutto presentimento e, nella maggior parte dei casi, i suoi presentimenti si rivelavano corretti. Si alzò dalla roccia e si stirò, quando sentì un urlo di Nina:

«Ehi, guardate qui!» gridò in lontananza, facendo accorrere Nick.

«Xavia, vieni a vedere!» la chiamò Nick, agitando il braccio.

Incuriosita, la cacciatrice si avvicinò ai colleghi. Quando li raggiunse, vide. Sulle rocce, nel fango, sui radi cespugli c'era una sostanza verde, viscida e appiccicosa. Una sostanza che ogni cacciatore conosceva benissimo.

«Melma di Brachydios!» esclamò Nina, incredula.

«Accidenti, è proprio così: questa è invecchiata, ma state comunque attenti» avvertì Xavia, trasalendo.

Sapendo che gli eruditi avrebbero voluto un campione da esaminare, prese dalla sua bisaccia uno dei contenitori usati per la raccolta delle tracce. Con il coltello, molto cautamente, raschiò via un po' di quella sostanza, facendola scivolare nel contenitore.

«Com'è possibile che ci sia un Brachydios nel Nuovo Mondo?» chiese Nick.

«Non ne ho idea, non mi interessa» rispose Xavia, sempre più tesa.

«Che ne dite di toglierla di mezzo?» suggerì Nina.

Xavia annuì e disse che ci avrebbe pensato lei. Raccolse un ciottolo da terra, una volta che furono a debita distanza, caricandolo nella fionda e scagliandolo contro la sostanza sulle rocce. Quando la melma fu sollecitata, ne scaturì una grande esplosione, carbonizzando un arbusto e lasciando un piccolo buco che si riempì lentamente di fango.

«Fatto» disse Xavia.

Era semplicemente sconvolta. Un Brachydios? Nel Nuovo Mondo? Non voleva crederci. Da quando Xander l'aveva quasi uccisa e abbandonata, lei non aveva più accettato taglie sui Brachydios. Pensarci le faceva ricordare Bam, che a sua volta le faceva tornare in mente il passato, e non era assolutamente il caso.

«Dobbiamo portare qui Yuri» disse, riscuotendosi.

Questa volta, Nina e Nick non ebbero nulla da obbiettare, quindi partirono di corsa per raggiungere la Rider.

Yuri e Legi cominciavano a stancarsi. Quel Diablos, da quando era riemerso da sottoterra, aveva continuato ad insistere e ad ignorare i baccelli letame. Legi era riuscita a colpirlo con un paio codate ghiacciate, ma Yuri non l'aveva più colpito nemmeno una volta. Era diventato più veloce e violento, sempre più inferocito. La Rider fu costretta a farsi da parte, saltando sul dorso del Legiana e facendolo alzare in volo, fuori dalla portata del mostro, che imperterrito tentava di colpirli saltando nonostante continuasse a fallire.

«Resisti ancora un po' Legi. Si stancherà e poi potremo atterrare»

La Rider accarezzò la testa della cucciola, provata e sfinita dal combattimento. Non c'era da biasimarla: aveva a malapena un giorno e già si trovava ad affrontare un Diablos furioso. Fu allora che, all'orizzonte, Yuri poté vedere i tre cacciatori arrivare. Ma, all'improvviso, tutti furono interrotti da un ruggito. Un grido tonante e profondo, fra le dune alle spalle di Yuri. La sua eco innervosì i Noios una seconda volta, facendoli volare via. Il Diablos sbarrò gli occhi e rimase impietrito. I tre cacciatori sobbalzarono, quando videro all'improvviso quel mostro mentre si avvicinavano. Yuri fece appena in tempo a voltarsi per vedere un'enorme vampata di fuoco incombere su di loro.

«Legi!» urlò.

Il Legiana guardò e vide le fiamme a sua volta. Si spostò di scatto con un saltello, un secondo prima che la fiammata li raggiungesse. Il fuoco travolse invece il Diablos, ancora spaventato dal ruggito, e lo fece cadere al suolo mentre la sua pelle si carbonizzava. Lanciò diversi ruggiti e gemiti di dolore, tentando di scavare per tornare sotto la sabbia, ma era troppo stanco dal combattimento di prima e non fece in tempo. Le fiamme avvolsero il Diablos, il quale si accasciò al suolo, agonizzante. Yuri non fece in tempo a tirare un sospiro di sollievo, perché qualcosa di affilato le lacerò la schiena. La Rider gridò e fu sbalzata in avanti. Il Legiana, d'un tratto, si tuffò in picchiata per sfuggire all'attacco successivo, ma per la fretta si schiantò sulla sabbia con la sua Rider, che cadde dal suo dorso e finì lunga distesa, con la faccia nella sabbia, distante sia dai cacciatori che dal suo mostro. Tentò di rialzarsi, facendosi forza e spingendosi con le braccia, ma non riuscì. Il colpo improvviso, la stanchezza e la botta dello schianto erano troppo da sopportare. Yuri sentì di stare per svenire, mentre vedeva in lontananza sua madre avvicinarsi. Non vide altro, prima di perdere i sensi.

«Yuri!» urlò Xavia, correndo verso la figlia.

Tuttavia, il mostro appena arrivato si frappose tra lei, la Rider e il Legiana. La temperatura dell'aria si alzò bruscamente e si formò un'afa tremenda
, tanto che Legi iniziò ad ansimare con la bocca spalancata. Quello era un Drago Anziano dal fisico leonino, con una grande criniera rossa e delle corna a tortiglione, i canini inferiori sporgevano dalla bocca come sciabole, ali forti e possenti, ricoperte di pelo, occhi blu cobalto che fissavano la cacciatrice di fronte a lui. L'Imperatore delle Fiamme, un Teostra.

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Capitolo 17
*** Verità ***


«Un Teostra!» sobbalzò Nina. 

Xavia rimaneva ferma a fissare il mostro. Voleva correre da Yuri per portarla al sicuro, ma le sue gambe non volevano muoversi. Passò qualche secondo, in cui gli unici rumori furono le urla dei Noios e il fuoco che arrostiva ancora la pelle del Diablos morto. Poi, il Teostra voltò le spalle ai tre cacciatori, cominciando a camminare: puntava la ragazzina ancora svenuta al suolo.

«Cosa?» sussurrò Xavia, confusa.

Trasalì quando il Teostra afferrò Yuri con la bocca. Se la rigirò tra i denti facendo in modo che non cadesse, ma anche che non si facesse male. L'Imperatore delle Fiamme guardò per un attimo gli umani confusi. Spiegò le ali, emise un ringhio gutturale e si diede lo slancio, alzandosi in volo.

«Aspetta! No!» urlò Xavia, alzando il braccio. 

Il Teostra svoltò verso Est e scomparve all'orizzonte. La donna strinse i denti, portandosi le dita alla bocca per chiamare i Mernos. Non avrebbe permesso a quel mostro di portarle via la figlia, l'avrebbe inseguito subito. Ma Nick le afferrò il braccio prima che fischiasse; la cacciatrice si voltò per guardarlo, terrorizzata e furiosa.

«Lasciami!» urlò.

Puntò lo sguardo verso il cielo e vide che ormai il Teostra era sparito. Non poteva più indicare al Mernos in che direzione andare. Fu allora che Nick lasciò andare il braccio della donna, che cadde in ginocchio sulla sabbia. Nina accorse in fretta da loro e poggiò una mano sulla spalla di Xavia. Il Legiana di Yuri, invece, continuava a osservare il cielo e lanciare i suoi gridi striduli; quasi come stesse chiamando la sua Rider. Legi era ancora molto scossa per l'estremo sbalzo di temperatura causato dal passaggio del Teostra, tanto che non riusciva neppure a dispiegare le ali. Passò qualche minuto di silenzio. Nick osservava il cielo, mentre sua sorella rimaneva inginocchiata vicino all'amica sulla sabbia. Xavia strinse i pugni, poggiati sulle ginocchia.

«Perché l'ha presa? Che significa?» mormorò tra sé e sé.

Dopo alcuni attimi di confusione, fu di nuovo accecata dalla rabbia e guardò il collega, con uno sguardo furioso.

«Perché mi hai fermata?! Ho perso di vista il Teostra per colpa tua!» urlò, facendo sobbalzare Nina.

«Infatti, un Teostra» replicò Nick, non facendosi turbare dallo sguardo della collega.

«E quindi? Ne abbiamo affontati tutti uno! So combatterlo!»

I due fratelli, però, si stupirono. Dagli occhi della cacciatrice scesero un paio di lacrime, che Xavia si affrettò subito ad asciugare.

«Xavia...» mormorò Nina.

Ma fu interrotta dal fratello prima che potesse continuare:

«Xavia, piantala di fare l'idiota!» tuonò.

La cacciatrice gli lanciò un'occhiata perplessa:

«Idiota? Io?»

«Tutti ad Astera abbiamo ucciso mostri anche peggiori di un Teostra, ma se lo affronti mentre sei così agitata, non caverai una necrantola dal buco! Anzi, ti faresti carbonizzare subito. E poi non siamo attrezzati: non abbiamo bevande fresche, non abbiamo niente che aiuti a medicare le scottature, non abbiamo neanche il mantello ignifugo; ci vuole la giusta preparazione!»

Non aveva affatto torto. Xavia sospirò per calmarsi, si alzò e dichiarò:

«Allora vado ad Astera per equipaggiarmi meglio e torno»

«Fallo, ma prima voglio spiegazioni - replicò Nick - Da quando è arrivata Yuri, ti comporti in modo strano. Ci hai chiesto di recuperare un uovo di Legiana per lei, ci hai messo fretta per tutta la missione e poco fa stavi per sfidare un Teostra senza esserti organizzata prima! Che diamine ti prende?»

«Anche'io sono preoccupata per quella ragazza - aggiunse Nina - Ma sono sicura che se la caverà: è in gamba. Inoltre, non sembrava che quel Teostra volesse ucciderla: hai visto com'era delicato?»

«Dicci perché ti preoccupi così tanto per la Rider e ti aiuteremo a salvarla» incoraggiò Nick.

Xavia guardò i due fratelli, per poi abbassare il capo:

«D'accordo» sospirò. 

Si sedé su una roccia e, cercando di essere più concisa possibile, raccontò tutto quello che aveva rivelato a Yuri la sera prima.

"Dove sono?" fu il primo pensiero di Yuri, appena riprese i sensi.

Si era svegliata distesa sulla schiena, su un terreno duro e roccioso. Attorno a sé, non vedeva nient'altro che rocce. Non scorgeva nemmeno un passaggio da cui avrebbe potuto uscire.

"È una caverna?" si chiese, spaventata.

Guardò in alto: grotta non aveva un soffitto, tanto che la Rider vedeva la flebile luce del sole che entrava da un'ampia spaccatura nella roccia. Provò a guardarsi intorno, ma la penombra non le permetteva di distinguere bene le sagome e i raggi di sole che filtravano dalla spaccatura non bastavano. Poi vide un'altra luce: un fioco bagliore rosso e caldo che risplendeva nel buio. Da fioco divenne intenso, come se si espandesse, e il suo calore raggiunse la Rider, che lo trovò piuttosto gradevole: la grotta era fredda e umida, perciò quella ventata calda che asciugò la spelonca era l'ideale. Sentì un ruggito da leone, dunque la luce si avvicinò ancora di più. Fu quando si fece abbastanza vicina che Yuri poté capire cosa fosse. Scorse i lineamenti del Teostra, che le si parò davanti. Yuri, agendo d'impulso, si portò le braccia di fronte alla sua testa per proteggersi da un eventuale attacco. Il Teostra ruggì ancora, facendo eco nella grotta, e dal suo corpo fuoriuscì una vampata di fiammelle che si attaccarono alle rocce e alla sabbia. La luce del Drago Anziano svanì, ma ora la grotta era illuminata dalle fiammelle. Yuri non riusciva a distogliere lo sguardo dal mostro, che finalmente si era spostato: ora non era più a mezzo metro da lei, ma si era sdraiato nel mezzo del cunicolo che portava all'uscita. Yuri, facendo due più due, cap
ì che doveva essere stata catturata dal Teostra dopo che era svenuta. Rimase sconcertata, a bocca e occhi aperti.

Nella mentalità dei
 Rider, i Draghi Anziani erano sacri, non era raro che i cavalcatori di mostri interrompessero le loro missioni solo per la comparsa iimprovvisa di uno di quei potenti mostri. Era comunque possibile e normale che un Rider domasse un Drago Anziano. Ma, a causa di quanto fosse difficile cercarne le uova, se ne vedevano pochi che ne contassero qualcuno nei loro contingenti. Adesso Yuri ne aveva uno selvatico lì, di fronte a lei. Vederlo lì, in quel modo, tolse il fiato alla ragazzina, che immediatamente scattò in piedi, indietreggiando lentamente mentre il mostro la osservava coi suoi occhi blu. Indietreggiò finché non sentì la sua schiena scontrarsi con qualcosa di duro e liscio, ma non ebbe il tempo di voltarsi che il Teostra ruggì violentemente, alzandosi sulle zampe, andando ad avvicinarsi alla ragazzina. Yuri, intimorita, si voltò e vide un uovo marrone rossiccio, grande quanto lei. Il Teostra si avvicinò al suo uovo, abbassando la testa e annusandolo. Yuri poté percepire una certa preoccupazione in quel gesto. 

Vedendo che l'uovo era ancora completamente intatto, tuttavia, il mostro rivolse allora il suo sguardo minaccioso alla Rider, che immediatamente distolse lo sguardo e chiuse gli occhi. Il Teostra ringhiò, poi si voltò e tornò a sdraiarsi di fronte al cunicolo. Yuri riaprì gli occhi dopo qualche secondo, per poi sospirare lievemente. La ragazzina era confusa e spaventata. Era rimasta sola con un Drago Anziano. I suoi mostri non erano con lei. Nick e Nina non erano con lei. Xavia non era con lei. Al pensiero di sua madre, Yuri strinse i pugni. Sarebbe uscita da quella grotta, in qualche modo. Alzò lo sguardo al cielo, annuendo con determinazione.

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Capitolo 18
*** La furia dell'imperatrice ***


Xavia raccontò tutta la verità ai suoi colleghi, che ora la fissavano stupiti.

«D'accordo, questa non me l'aspettavo. Quindi Yuri è tua figlia, eh?» disse Nina.

«Ora capisco perché avevi così tanta fretta» rifletté Nick.

Il cacciatore si scusò per averla costretta a riaprire vecchie ferite, ma Xavia alzò la mano e lo rassicurò:

«No, non scusarti. Hai fatto bene: stavo per attaccare un Teostra senza un equipaggiamento decente, quindi mi hai salvata. Grazie»

Nick alzò un sopracciglio e storse la bocca. Si sentiva comunque in colpa per aver inconsciamente contribuito alla scomparsa della figlia della sua collega.

«Allora vogliamo andare, adesso?» si intromise Nina.

Xavia la guardò e mosse lo sguardo sul Legiana di Yuri. Il mostro teneva lo sguardo basso, ansimando lievemente. Il calore e il clima secco del deserto non erano tanto adatti ad un Legiana, nonostante Yuri credesse il contrario.

«Sì, tornerò ad Astera. Prenderò un buon equipaggiamento e tornerò qui il prima possibile» disse Xavia, avvicinandosi a Legi.

Poggiò una mano sul suo collo, accarezzandolo con delicatezza. Legi guardò la cacciatrice, apprezzando il gesto e chiudendo gli occhi.

«E noi?» chiese Nina, guardandola l'amica.

«Noi penseremo a rintracciare il Teostra» disse Nick, capendo dove Xavia stesse andando a parare.

Lei annuì:

«Però vorrei che aspettaste a combattere, non vorrei che Yuri ci andasse di mezzo. Attaccate solo se si mette male, se no aspettate me: andremo tutti assieme quando sarò pronta»

«Non metterci tanto, potremmo dover attaccare senza di te» si raccomandò Nick.

Xavia annuì, battendo la mano sul collo del Legiana.

«Forza, tu! Vieni con me, ti riporto indietro!»

Detto ciò, la cacciatrice prese a camminare, seguita a piedi dalla ballerina dei cieli.

Yuri sbuffò, seduta con la schiena appoggiata al muro della caverna. Aveva tentato già più volte di scalare la parete, ma non riuscì mai nell'impresa: le rocce erano troppo scivolose e mancavano gli appigli per arrivare all'esterno. Sembrava oltretutto l'unica uscita da quella grotta, escludendo il cunicolo sorvegliato dal Teostra. La Rider scosse la testa con irritazione, incrociando le braccia. La situazione non le piaceva per niente: se cercava altre uscite, ogni volta che si avvicinava all'Imperatore delle Fiamme o al suo uovo il ruggito del mostro, talmente forte da far tremare alcuni ciottoli sul terreno, la faceva desistere e allontanare, tanto che ormai si era ritirata in un angolo della grotta. Il Teostra, sdraiato, sembrava dormire, ma Yuri non voleva correre il rischio di svegliarlo tentando di superarlo. Così, la Rider si mise ad osservare l'uovo del Teostra e a riflettere. Che quel Drago Anziano l'avesse portata lì per far schiudere l'uovo, avendo percepito la sua Pietra del Legame da lontano? Non la lasciava nemmeno avvicinare, quindi escluse quell'idea. La ragazzina passò i dieci minuti che seguirono a pensare al motivo della sua presenza lì, nella grotta, poi accadde qualcosa: il Teostra ruggì, dolorante, balzando in piedi. Teneva gli occhi chiusi, scuotendo la testa mentre ruggiva e si lasciava scappare lamenti di dolore. Yuri si agitò lievemente, alzandosi a sua volta. Quello che vide dopo la lasciò di stucco e quasi paralizzata.

Dalla pelle del Teostra cominciò a fuoriuscire del fumo nero che, come se stesse perforando la sua pelle, lo fece ruggire ancora più forte di prima. L'eco fu così intensa che Yuri si dové coprire le orecchie. Quando il Drago Anziano riabbassò lo sguardo, Yuri poté vedere i suoi del mostro, passati da blu cobalto a rosso sangue. Passò qualche secondo, poi il Teostra, come per sfogarsi, cominciò a prendere a zampate e artigliate le rocce circostanti, imboccando il cunicolo e allontanandosi.

"Non è possibile!" pensò la ragazzina sorpresa, facendo un passo all'indietro.

ll Teostra aveva contratto l'Orrore Nero. Ma com'era possibile? Era risaputo fra tutti i Rider e anche negli archivi della Gilda che i Draghi Anziani erano geneticamente immuni alla malattia. Non c'era alcun modo in cui un mostro infetto avesse potuto trasmetterglielo; l'unica spiegazione era che fosse un'infezione indotta artificialmente. In quel caso...

"È ridicolo! Loro non sono più una minaccia!" pensò Yuri, scacciando il pensiero dei vecchi nemici di Hakum.

In ogni caso, non aveva nessun'importanza: il Teostra e l'uovo erano infetti e lei doveva assolutamente purificarli. Il suo dovere da Rider e la missione della Gilda glielo imponevano. L'Imperatore delle Fiamme riapparve di fronte a lei: sembrava tornato in sé, anche se gli occhi erano rimasti rossi e stava chiaramente soffrendo. Yuri, molto lentamente, prese spada e scudo e le depose sulle rocce. Portò poi le mani sopra la sua testa, cominciando a camminare verso il Teostra.

«Non voglio combattere - mormorò, vedendolo ringhiare - Voglio aiutarti» disse, calma, ormai vicinissima al Drago Anziano.

Il mostro, in risposta, abbassò il muso e le ruggì in faccia. La ragazzina, per quanto spaventata, non indietreggiò. Anzi, fece un passo avanti e poggiò la mano sul muso del mostro.

«Voglio curarti. Curerò te e il tuo uovo» disse la Rider, sforzandosi di non andare nel panico.

Quando vide la giovane umana guardare l'uovo, il Teostra sembrò capire. Quindi, lentamente, rialzò la testa, accostandovisi e sedendosi: era come se le stesse dando il permesso di avvicinarsi. Yuri guardò il Teostra, quindi sospirò e sorrise:

«Ci penso io!» esclamò, preparandosi.

Aprì il bracciale sul polso destro, scoprendo la Pietra del Legame. Quando la toccò, una calda luce verde illuminò la grotta. Il Teostra, per un momento, sbatté le palpebre, ringhiando. Yuri si voltò a guardare il mostro giusto un istante, per poi rivolgere nuovamente la sua attenzione all'uovo. Quella reazione era del tutto normale: la purificazione dall'Orrore Nero era dolorosa per gli esemplari infetti. La ragazzina si avvicinò all'uovo, mentre la luce dalla pietra continuava a risplendere e farsi sempre più accesa, come se la vicinanza all'Orrore Nero la rafforzasse. Prima di portare a termine l'opera, però, un ruggito proveniente dalla spaccatura nel soffitto le fece alzare lo sguardo. Il Teostra, invece, riconobbe il verso e ruggì al cielo, in risposta.

A quel punto, Yuri la vide: le scaglie e la criniera azzurre e il tipo di fiamme che la circondavano la differenziavano dal Teostra, ma a parte quello i due mostri erano molto simili. Un nuovo ruggito seguì l'atterraggio del mostro. La sua criniera brillò come un braciere e la temperatura nella grotta salì alle stelle. Yuri si era appena voltata, per seguire il movimento del mostro, quando vide un'ondata di polvere blu e caldissima divampare verso di lei. La ragazzina si riparò la faccia con le mani per non bruciarsi, poi guardò l'uovo, preoccupata: la polvere blu l'aveva colpito in pieno, forse rischiava di incendiarsi. Per fortuna, invece, non si carbonizzò. Tornò a guardare il mostro: era la compagna dell'Imperatore delle Fiamme: una Lunastra. Sapeva bene che la coppia imperiale era molto protettiva coi suoi piccoli, ma il fatto la femmina che avesse rischiato di bruciare il suo stesso uovo la scandalizzava.

«Non ti importa del tuo cucciolo?! Voglio aiutarvi!» esclamò.

La Lunastra la fissò coi suoi occhi gialli, furiosa. Stava per saltarle addosso, quando il Teostra tirò un'improvvisa zampata alla compagna, frapponendosi tra lei e la Rider. La Lunastra ruggì, mettendosi in posa difensiva, e il maschio fece lo stesso, pronto ad attaccare. Yuri guardò la scena con grande sorpresa, ma si riconcentrò sull'uovo. Attivò ancora la Pietra del Legame, iniziando a ripulirlo dall'Orrore Nero.

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Capitolo 19
*** Fiamme infernali ***


ALCUNI MINUTI PRIMA...

«Li abbiamo trovati!» disse Nick alla sorella.

I due fratelli avevano passato molte ore esplorando le Guglie Selvagge, sulle tracce del Teostra. Per loro fortuna, la carcassa del Diablos aveva reso facile trovare una pista per gli insetti-guida. Ora si trovavano sull'orlo di una voragine profonda decine di metri. All'interno, quando si sporsero oltre il bordo, avvistarono Yuri e il Teostra: il mostro era sdraiato al centro della spelonca e teneva gli occhi puntati su Yuri, che non osava mai distogliere lo sguardo dal drago leonino. Nina sfoderò il suo arco ed esortò il fratello:

«Vai da Xavia, io resto qui. Se le cose laggiù si mettono male, proteggerò Yuri dall'alto»

«Non possiamo intervenire subito? Mentre distraggo il Teostra, prendi la ragazzina e scappi con lei» propose lo spadaccino.

Nina scosse la testa:

«Scordatelo: non ti farò affrontare un Drago Anziano da solo. Aspettiamo Xavia e salviamo Yuri insieme, non protestare. L'ha chiesto anche lei, ricordi?»

Nick rifletté in silenzio per qualche secondo, con uno sguardo incerto. Alla fine non obiettò, limitandosi ad annuire.

«Cerca di non fare un casino» le disse, prima di voltarsi e incamminarsi.

Rimasta da sola, Nina si appostò su uno sperone roccioso che si estendeva dall'orlo del baratro. Incoccò una freccia e cominciò a tenerla puntata sul Teostra, pronta ad agire se fosse successo qualcosa. A un certo punto, la situazione iniziò a smuoversi. L'arciera tese la corda, nervosa: il Teostra sembrò agitarsi e uscì dal suo campo visivo, mentre Yuri rimase in piedi a ridosso di una parete della grotta, impietrita. Poco dopo, Nina sentì un nuovo ruggito, stavolta sopra di sé. La cacciatrice si nascose subito dietro un macigno, colta alla sprovvista dall'arrivo di una Lunastra. 

"Oh, merda! Sono in coppia!" si disse.

Digrignò i denti, sforzandosi di respirare piano per non farsi sentire dall'Imperatrice delle Fiamme; la Lunastra si avvicinò al bordo della spaccatura e guardò l'interno della grotta. Nina non poteva affrontare il Teostra da sola, ma adesso era arrivata pure la sua compagna. La cacciatrice si chiese se, con l'aiuto di Nick e Xavia, ci fosse speranza di affrontarli entrambi al contempo. Mentre rimuginava, un altro ruggito della Lunastra richiamò la sua attenzione. La vide scrutare nel crepaccio con un'espressione furente, mentre dalla grotta uscì una luce verde. Nina la riconobbe:

"La pietra di Yuri!" pensò, sorpresa.

Si chiese cosa stesse facendo la ragazzina laggiù, quando la Lunastra prese la rincorsa e planò nel cratere, svanendo alla vista. Senza perdere tempo, Nina uscì dal suo nascondiglio e tornò a osservare all'interno della grotta. Sentì il ruggito del Teostra, intimidatorio e quasi supplichevole, quando l'Imperatore attaccò la sua compagna. La femmina gemé per l'artigliata, poi costrinse il Teostra a indietreggiare sbattendo le ali e spargendogli addosso la sua polvere rovente. La cacciatrice, allora, cominciò a stringere nervosamente la presa sull'arco, fino a farsi sbiancare le nocche. Notò, comunque, l'inizio di un cunicolo in fondo alla grotta.

"Forse c'è un'entrata, qui vicino" pensò la cacciatrice, guardandosi intorno.

Yuri era là sotto, assieme a due Draghi Anziani che combattevano. Doveva assolutamente sbrigarsi.

Yuri era costretta a mettersi le mani davanti al viso di continuo, per ripararsi dalle continue e violente vampate di calore. Era in piedi, di fronte all'uovo, che osservava il combattimento fra i due compagni. Il Teostra, sfruttando lo stupore della compagna, era riuscito ad iniziare uno scontro. Ma, dopo qualche minuto, la Lunastra rovesciò le carte in tavola e iniziò a sopraffarlo. La coppia imperiale si scambiava morsi e zampate, oltre a numerosi attacchi infuocati. La Lunastra, ogni volta che respingeva il compagno, cercava di carbonizzare Yuri, e subito il Teostra accorreva a fermarla prima che ci riuscisse. La Rider aveva passato gli ultimi minuti a schivare i getti di fuoco dell'Imperatrice e a cercare di evitare che l'uovo subisse danni. Non aveva assolutamente tempo, né modo per attivare la pietra e purificarlo: troppo rischioso. Il Teostra fu azzannato alla gola e urlò di dolore, poi cadde a terra dopo che la Lunastra gli tirò una zampata sul muso. L'Imperatrice guardò Yuri e scoprì le zanne, facendo raggelare la ragazzina. Tenendo la testa bassa e le ali alzate, la Lunastra cominciò ad avvicinarsi. La Rider, si guardò intorno per un momento. Non aveva più avuto modo di recuperare spada e scudo da dove li aveva appoggiati, e la sua armatura era danneggiata e semi-fusa per il calore.

«Voglio solo aiutarvi!» esclamò, terrorizzata.

La Lunastra, guardandola negli occhi, si irrigidì e tese le ali verso l'alto; le sue scintille blu cominciarono a turbinarle intorno, la criniera splendé di azzurro dall'interno: si stava caricando di fuoco e polvere per diventare più forte. Yuri era tentata più che mai di scappare, ma non ci riusciva: non poteva abbandonare il Teostra e quell'uovo all'Orrore Nero. La ragazzina strinse i pugni, reggendo lo sguardo selvaggio della Lunastra. Allargò le braccia, piantando i piedi sul terreno roccioso e si frappose tra l'Imperatrice e l'uovo, con sguardo determinato.

«Non andrò via da qui!» esclamò. 

La criniera e le corna della Lunastra diventarono ancora più luminose, le zampe anteriori cominciarono a risplendere a loro volta. Il caldo diventò insopportabile, Yuri stava peggio che in una fornace: aveva la netta impressione che le si stesse fondendo la faccia. La Lunastra completò la carica e le ruggì in faccia, intimandole di lasciar stare l'uovo. Ma Yuri scosse la testa, continuando a fissarla:

«Non me ne andrò» insisté.

La Lunastra ringhiò e sollevò una zampa per colpirla. La ragazzina fece per chiudere gli occhi, ma vide la scena come al rallentatore: prima che fosse colpita, dall'alto arrivò un grosso, velocissimo dardo con dei piccoli petardi legati alla punta per darsi la spinta: una freccia perforadraghi. Perforò da parte a parte l'arto anteriore della Lunastra e si incastrò nel suolo. Confusa dall'improvvisa fitta di dolore lancinante, la Lunastra incespicò e cadde, guardandosi la zampa bucata e sanguinante. D'un tratto, la ragazzina si sentì chiamare:

«Yuri!»

La Rider guardò in alto e vide un'arciera planare verso il fondo della grotta con il mantello aliante. Il cappuccio e la bavaglia nascondevano il viso, ma riconobbe la sua voce:

«Nina!» esclamò, mentre la cacciatrice atterrava e si levava il mantello.

La Lunastra si rialzò, ma subito dopo fu colpita al fianco dal suo compagno, che si era ripreso dal colpo di prima. Si sbilanciò e incespicò di lato, andando a sbattere contro la parete, e ringhiò all'Imperatore stringendo gli occhi. Il Teostra iniziò ad assaltare la Lunastra con morsi, artigliate e cornate, non lasciandole nemmeno un secondo di tregua per impedirle di reagire. Nel frattempo, Nina corse dalla Rider.

«Yuri, stai bene?» 

«Sì. Ascolta, so che sembra folle, ma non possiamo scappare: devo...»

«Non dire altro: ho visto la tua luce verde. Immagino che debba fare una purificazione, ma me lo spiegherai dopo. Dimmi solo cosa posso fare e ti darò una mano!»

«D'accordo, allora cerca di tenere occupata la Lunastra: ho bisogno di tempo, non deve interrompermi»

Nina guardò la ragazza, poi i due Draghi Anziani che combattevano.

«Quanto tempo?» chiese, sfoderando l'arco.

«Qualche minuto» 

«Ce la posso fare!» rispose la cacciatrice, determinata.

Incoccò quattro frecce insieme e si unì al Teostra nello scontro. Con uno scatto, si parò di fronte al muso della Lunastra e tirò le frecce, mirando al collo. Il colpo la distrasse e permise al Teostra di tirarle una zampata sul petto, facendola indietreggiare.

«Ora te la vedrai anche con me!» esclamò Nina, mentre la Lunastra la fissava, furiosa.

Yuri guardò l'inizio dello scontro, spaventata dalla scena, ma tornò subito a concentrarsi sull'uovo. Appoggiò la mano destra sul guscio e attivò la Pietra del Legame: questa volta ci sarebbe riuscita.

Nina aveva sempre cercato di evitare di cacciare gli Imperatori delle Fiamme con l'arco, almeno da sola. Questo perché, essendo un'arma a distanza, la costringeva a mantenersi distante dal mostro. Questo la rendeva molto vulnerabile alle vampate e ai getti di fuoco che emettevano in continuazione, mentre a uno spadaccino bastava piazzarsi dietro il bersaglio o in altri dei suoi punti ciechi per risolvere il problema. Ma ora la Lunastra era tenuta a bada dal Teostra, quindi aveva parecchie occasioni per avvicinarsi, prendere bene la mira e scoccare quattro frecce alla volta con tiri più potenti possibile. I due draghi infuocati combattevano più o meno alla pari: il Teostra era in leggero svantaggio per la stanchezza e le fitte dolorose dell'Orrore Nero che lo deconcentravano, ma per sua fortuna Nina era abbastanza brava a distrarre la sua compagna. La cacciatrice cercava di seguire un certo ritmo per combattere: tirava, poi si spostava, aspettava che il Teostra colpisse, tirava ancora e così via. Dopo qualche minuto, però, l'Imperatore non riuscì più a tenere il passo e la Lunastra se ne accorse. Fece per investirlo con una ventata di fuoco blu, ma Nina la abbagliò con un baccello lampo. Prima che potesse scoccare altre frecce, la Lunastra la travolse con un'improvvisa e fulminea frustata della coda, mandandola gambe all'aria. Si rialzò subito, ma l'Imperatrice riprese a vedere e le si parò di fronte. A quel punto, la Lunastra si alzò in volo con un'aggraziata giravolta e tutto il suo corpo diventò così luminoso che accecò tutti. Le scintille blu presero a vorticare intorno al suo corpo come un tornado, quasi nascondendola. Nina impallidì, riconoscendo quell'attacco.

«Riparati, Yuri! Supernova!»

Ma era inutile: la grotta era troppo piccola per permettere loro di allontanarsi a sufficienza, non avevano modo di salvarsi dall'esplosione di fuoco che sarebbe divampata di lì a momenti. Tuttavia, la luce verde crebbe d'intensità di colpo e sovrastò il bagliore della polvere della Lunastra, interrompendola a mezz'aria. Il ruggito del Teostra, devastato dal dolore e steso al suolo, ruppe il silenzio che era caduto all'improvviso. Nina si coprì gli occhi, tenendo la mano libera sulla faretra. La Lunastra, invece, si voltò verso il compagno e lo guardò con aria perplessa, scendendo a terra. Poco dopo, sentirono un miagolio stridulo. La luce verde svanì dopo qualche secondo e la Lunastra si girò subito verso la Rider e sbarrò gli occhi, quando vide cos'era successo; Nina guardò ed ebbe la stessa reazione. L'uovo si era rotto e accanto a Yuri, contorcendosi a terra e mugolando, era apparso il loro cucciolo: una piccola Lunastra, con lo sguardo curioso e infinite volte più tenero di quello di sua madre.

"Ah, finalmente!" pensò Yuri, ansimando per lo sforzo della purificazione. 

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Capitolo 20
*** Riunione ***


Yuri ce l'aveva fatta: aveva purificato sia il Teostra che il cucciolo, rivelatosi una femmina. La piccola osservava i genitori con occhi vivaci, facendo le sue prime fusa. Yuri fece un lungo respiro profondo: era stremata. Qualsiasi utilizzo della Pietra del Legame consumava energie al Rider e la purificazione era una delle azioni più dispendiose. Inoltre, essendo stata interrotta più volte prima di riuscire nell'impresa, aveva bruciato molta più forza del dovuto. Era stanca morta, ma soddisfatta. La Lunastra adulta la guardò per alcuni secondi, poi si decise a calmarsi: tutte le sue scintille blu svanirono. Il Teostra, che era guarito, strusciò le guance contro il muso della compagna, che ricambiò leccandogli la criniera. Insieme, si avvicinarono alla figlia e iniziarono a rispondere alle sue fusa, lasciando che lei li annusasse entrambi. Nina, ipnotizzata da tutta quella tenerezza, era rimasta immobile come una statua per tutto il tempo, tenendo una mano sulla faretra con un'espressione da ebete senza accorgersene. Ma, quando la coppia imperiale guardò Yuri negli occhi, incoccò una freccia perforadraghi, puntandola verso la Lunastra: se avesse osato attaccare di nuovo la Rider, l'avrebbe fermata. L'Imperatrice delle Fiamme la ignorò; si avvicinò lentamente a Yuri, la squadrò da capo a piedi e le annusò i capelli, con fare piuttosto curioso. Poi le rivolse un ringhio, ma non uno di quelli minacciosi: questo trasmetteva conforto e sicurezza, quasi riconoscimento. Anche il Teostra andò da Yuri e le rivolse lo stesso verso, ma poi si girò di scatto, sentendo il solletico: la cucciola aveva notato il piumino sulla coda del padre e aveva cominciato a giocarci, come un Felyne appena svezzato. Allora l'Imperatore andò a sdraiarsi in un angolo e prese ad agitare la coda, per farla divertire di più. Yuri fece un ampio sorriso:

«Sono contenta di avervi aiutati! Non c'è di che!» disse alla Lunastra, interpretando quel ringhio gentile come un ringraziamento.

A quel punto, la cucciola si accorse che la coda di sua madre aveva un piumino ancora più folto e bello di quello del papà e andò a giocare con quello. La Lunastra, allora, andò a distendersi accanto al compagno e si unì al gioco. Yuri si portò una mano alla bocca e tossì.

«Ehi, stai bene?» le chiese Nina, rinfoderando l'arco.

«Sono solo spossata: una bella dormita e sarò come nuova» la rassicurò la Rider.

«Capito»

«Dove sono Xavia e Nick?» chiese la ragazza.

Esitò un secondo quando nominò sua madre, temendo che le fosse successo qualcosa.

«Xavia è tornata ad Astera col tuo Legiana: credevamo di dover affrontare il Teostra, ma senza gli strumenti giusti non era abbastanza sicuro. Nick è tornato indietro per accompagnarla, ormai dovrebbero essere vicini»

A quel punto, decisero che era proprio il caso di andarsene: Nina aveva trovato Yuri e la coppia imperiale si era liberata dell'Orrore Nero ed erano diventati genitori, il lavoro lì era decisamente finito. Il cunicolo di uscita ora era sgombro: alle due fu concesso senza problemi di imboccarlo. Dopo una galleria che procedeva in salita a spirale, Yuri e Nina si ritrovarono finalmente all'aperto e tirarono entrambe un sospiro di sollievo. Il Sole stava tramontando e tutto il deserto si era tinto di arancio. Mentre camminavano in direzione della base, Yuri ridacchiò:

«In futuro dovrò provare a riavvicinarmi a quella piccola Lunastra: anche se crescerà coi genitori, ha pur sempre avuto un mezzo imprinting con me, potrei riuscire a convincerla a seguirmi! Sarebbe il secondo Drago Anziano che cavalco in vita mia»

«Perché, ti è già capitato?»

«Sì, una volta, con un Kushala Daora»

Nina sbarrò gli occhi:

«Hai un Kushala Daora?!»

«Non era mio, era di un... ehm... nemico-amico, diciamo. Storia lunga, te la racconterò meglio un'altra volta»

Quando furono piuttosto distanti, chiamarono i Mernos e cominciarono a farsi trasportare in volo.

Quando sorvolarono il punto in cui il Teostra aveva catturato Yuri, Nina suggerì di atterrare lì e aspettare Xavia e Nick. 

«Sicura che sapranno trovarci qui?» chiese la Rider, quando atterrarono.

«Certo! Per arrivare alla caverna dove ti ha portata il Teostra, si deve per forza passare da qui. Non ci sono altre vie, se parti da Astera. Tua madre e mio fratello ci troveranno, al massimo spariamo un razzo SOS per rendergliela più facile»

Yuri trasalì per la sorpresa, quando sentì Nina riferirsi a Xavia come sua madre:

«Cosa?! L'hai saputo?»

«Ce l'ha detto Xavia, prima che tornasse ad Astera. Non ne avevo la benché minima idea: Xavia non è una tipa loquace di suo, figuriamoci se si mette a parlare della sua vita nel Vecchio Mondo... saremo pure colleghe e amiche, ma tua madre è sempre stata un mistero per chiunque» ridacchiò, mentre Yuri si sedé su una roccia e sbadigliò, stanchissima. D'
un tratto, la ragazza sentì la voce della madre che la chiamava.

«Yuri!»

Si alzò di scatto, guardandosi intorno. Vide in lontananza Nick e Xavia che si affrettavano a raggiungerle. Xavia, ad Astera, aveva preso il mantello ignifugo, un sacco di borracce di bevanda fresca, sacche di polvere guscioduro e parecchio muschio idrico da tirare con la fionda per spegnere le fiamme, ma ora niente di tutto ciò serviva più. Entrambe erano felicissime di vedere l'altra e fecero un largo sorriso di commozione.

«Missione compiuta, Xavia! Yuri è sana e salva!» esclamò Nina, allegra, ridendo e agitando la mano per salutare.

Yuri si precipitò da Xavia e la abbracciò forte, venendo ricambiata:

«Ero così preoccupata!» sussurrò Xavia con voce tremante, accarezzandole la schiena.

I due fratelli, dal canto loro, si batterono il pugno e Nick si complimentò con la sorella per non essersi fatta sciogliere come un panetto di burro, ricevendo uno schiaffo sul collo in risposta.

Una donna in armatura di Zinogre, coi capelli castano-rossicci e gli occhi azzurri, osservò i tre cacciatori e la Rider allontanarsi dalla cima di un'altura, spiandoli col binocolo. Quando si allontanarono, scosse la testa e strinse i pugni, prima di chiamare il suo Astalos infettato dall'Orrore Nero e partire in volo, verso la Landa dei Cristalli. Giunta a destinazione, lasciò andare l'Astalos e si avvicinò a suo fratello, appostato su una sporgenza per osservare da lontano il cristallo colossale che torreggiava al centro della regione vulcanica.

«Xander, c'è stato un imprevisto» gli disse.

«Che tipo di imprevisto, Mikayla?» chiese lui, con tono distaccato, senza voltarsi a guardarla.

«Ricordi il Teostra che hai fatto infettare a Felix per vedere se possiamo controllare anche i Draghi Anziani?»

«Certo»

«Lui e il suo uovo sono stati purificati: non c'è più traccia di Orrore Nero nei loro corpi»

«Purificati? Chi è stato?» Xander si voltò di scatto, non aspettandosi quella notizia.

«Negli ultimi giorni, ho origliato alcune conversazioni ad Astera. La Gilda ha mandato una Rider da Hakum per contenere l'epidemia. È poco più che una ragazzina»


Suo fratello era sorpreso e incuriosito al contempo:

«E com'è questa ragazzina? Hai sentito come si chiama?»

«Sì. Non ci crederai mai»

«Sorprendimi, forza»

Mikayla si sentì una stupida a dirglielo, ma temeva troppo che se l'avesse taciuto Xander l'avrebbe punita pesantemente per la sua omertà, se l'avesse scoperto da solo in seguito. Esitò, ma alla fine gli fece la rivelazione:

«È lei, Xander. È Yuri»

Suo fratello rimase in silenzio, colto alla sprovvista, e prese a meditare guardando il terreno.

«Xander?»

«Devi assolutamente portarla qui, Mikayla. Il prima possibile» affermò lui, deciso, mentre la sorella lo guardò sorpresa.

Il suo sguardo cambiò completamente dopo un paio di secondi: ora era preoccupata.

«Cosa vuoi farle?»

«Lo sai già, Mikayla. Questa è un'occasione imperdibile! E anche se non fosse stata lei, ci sarebbe comunque servita una Pietra del Legame pura» rispose lui, ghignando.

Si prese qualche secondo di pausa, poi si avvicinò a lei a braccia incrociate:

«Comunque vada, il piano deve procedere: il grande momento si avvicina! Forza, ora vai»

«Va bene»

Quando si congedarono, Mikayla guardò il cielo notturno, sentendosi in colpa come poche volte prima di allora.

"Ti prego, Stella di Zaffiro, aiutami a capire come posso uscire da questo disastro! Fa' che non debba succedere niente a Yuri" pensò, sconsolata.

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Capitolo 21
*** Un mese infernale ***


Quello che Yuri aveva scoperto grazie al Teostra era troppo importante da tenere segreto. Appena fu riportata ad Astera, andò dai capi della Prima e chiese loro di radunare tutti i membri della Commisione di Ricerca in assemblea, perché aveva fatto una scoperta che cambiava tutto. Il Comandante, interessato e preoccupato al contempo, fece subito come richiesto e fece suonare il corno che annunciava l'inizio di un Consiglio. In pochi minuti, tutti i cacciatori, eruditi e tecnici di Astera si raggrupparono in massa di fronte al tavolo delle assemblee, pronti ad ascoltare. Yuri si schiarì la voce e iniziò il discorso con una domanda:

«Quando mi avete reclutata, mi avete detto che l'Orrore Nero non si era mai visto in questo continente prima d'ora, giusto?»

«Esatto. Per quarant'anni, non l'abbiamo mai visto né documentato. I mostri infetti sono apparsi letteralmente dal nulla» le rispose il nipote del Comandante.

«Bene. Quando ho letto l'annuncio della Gilda sulla comparsa dell'Orrore Nero qui, ho avuto un vago sospetto sulla sua provenienza, ma l'ho scartato quasi subito. Ora, invece, è saltato fuori un Drago Anziano infetto e non ho più nessun dubbio: dietro quest'epidemia ci sono dei Rider corrotti. Solo una persona con una Pietra del Legame infetta può trasmettere la malattia ad un Drago Anziano, altrimenti sarebbero immuni per natura»

«Chi sono i Rider corrotti?» chiese un cacciatore della Quarta Flotta, alzando la mano.

«Il nome parla da sé: sono delle sette criminali di Rider caduti nella follia, la cui Pietra del Legame è stata contaminata dall'Orrore Nero. Lo venerano, ne dipendono e vivono completamente distaccati dalla società. Possono infettare i mostri e persino controllarli, se vogliono. È come quando un Rider normale come me ha l'imprinting con un mostro appena nato, solo che loro non hanno bisogno di uova e cuccioli; il processo è del tutto forzato e innaturale»

«Questo è decisamente inaspettato; è evidente che si sono stanziati qui chissà quanto tempo fa, senza che nessuno di noi li notasse. Che tipo di criminali sono? Dicci meglio come dovremmo comportarci, se dovessimo averci a che fare» rispose il Comandante.

«I Rider dalla pietra corrotta disprezzano sia gli umani che i mostri. Per loro, le persone sono creature inferiori da sottomettere e i mostri sono degli strumenti per raggiungere i loro scopi. Potrebbero essersi imbarcati insieme a voi con una delle Flotte, oppure sul vostro mercantile, sotto copertura. È inutile che vi dica che provare a ragionarci non serve a niente: se li vedete, statene lontani o cercate di sconfiggerli: non ci sono altre opzioni. In fondo, prima o poi dovrete liberarvene per forza: posso purificare tutti i mostri che volete, ma finché ci saranno loro ad infettarne altri, sarà uno sforzo inutile»

Il Comandante, allora, le chiese di lasciargli il posto e annunciò:

«Avete sentito, cacciatori? Da questo momento, voglio che ciascuno di voi tenga gli occhi aperti come mai prima d'ora! Esplorate il continente più che potete, cercate tracce del passaggio di persone che vi sembrano sospette e avvertiteci subito se credete di avere una pista! Sono stato chiaro?»

Tutti annuirono.

«Bene. E, ovviamente, non smettete di segnalare e indicare la posizione di ogni singolo mostro affetto da quella malattia. In fondo, la Rider ha appena detto che sono loro i principali responsabili del contagio, quindi perché non dovrebbero aiutarci a risalire a loro? Non abbassate mai la guardia, ovviamente! C'è altro?»

«No» rispose Yuri, scuotendo la testa.

A dire il vero, c'era un ultimo dettaglio sulla malattia, ovvero quello sulla minaccia più terribile ed enorme che quella piaga potesse portare con sé... ma lei stessa aveva rimediato a quel problema per sempre, due anni prima, quindi decise di non aggiungerlo.

«Molto bene. Cacciatori, l'assemblea è terminata. Rompere le righe!»

La folla si disperse e Yuri si avviò verso la piattaforma dei mostri per fare visita a Ratha e Legi. I due mostri furono contenti di vederla e lei accarezzò entrambi a lungo, sorridendo. Dopo, però, andò finalmente al suo alloggio per riposare: aveva la netta sensazione che sarebbero stati dei giorni molto difficili, per lei. Aveva ragione... ma si rivelò molto più dura del previsto.

Un Inferno. Per la Rider, quello era sicuramente il termine migliore per descrivere il mese che seguì. 

Dopo l'assemblea, chiese al fabbro di Astera di forgiarle una nuova armatura, oltre a commissionare due selle: quella di Ratha era rimasta sulla barca con cui era venuta e Legi aveva bisogno di un modello su misura. Alla fine, però, fu necessaria solo quella di Legi: la sella del Rathalos era stata ritrovata dall'esperto di pesca della Commissione, durante una delle sue spedizioni sulla costa. Bastò misurare e osservare bene il fisico del Legiana per fabbricare un modello che si adattasse alla forma del suo dorso. Per l'armatura dovette aspettare un po' di più: il capitano della Seconda Flotta e i suoi apprendisti avevano passato trent'anni a forgiare equipaggiamento per adulti, quindi c'erano solo stampi e misure di quella taglia: c'era bisogno di adattare tutto alla corporatura minuta di Yuri. Non ci furono problemi coi materiali, in quanto Xavia le cedé i suoi, era tutta una questione di riadattamento. Alla fine, dopo un paio di giorni, la Rider ebbe finalmente un'armatura che le andasse alla perfezione. Il fabbro le fece un'armatura di Odogaron, una specie che lei non aveva ancora visto, ma che non vedeva l'ora di scoprire. Quando iniziò ad andare in giro indossandola, cominciò a sentire alcuni mormorare battuta sulla sua minore età e le zone del corpo che il modello femminile lasciava scoperte con grande generosità; battute che la ragazza non capiva e che Xavia si rifiutò di spiegarle, quando la Rider le chiese un chiarimento. 

Furono i giorni successivi l'inizio dell'Inferno, per Yuri: con un cambiamento di ritmo praticamente repentino, gli avvistamenti di mostri infetti triplicarono e forse anche di più. Era probabile che i Rider corrotti avessero capito che li avevano scoperti e che, di conseguenza, avessero iniziato ad agire con più insistenza. Yuri era sempre piena di segnalazioni, impegnata come non mai. Passava le giornate a sfrecciare nel cielo con Legi e, dopo un po', fu addirittura costretta a stilare un elenco degli avvistamenti per non perdere il conto e sapere sempre di quali si era già occupata e di quali no. Fu così che passò le giornate di quel lunghissimo mese: cercando, stanando e purificando mostri. Non aveva nemmeno il tempo per prendere lezioni di zoologia dagli eruditi sulle magnifiche specie native del Nuovo Mondo, come i coloratissimi Pukei-Pukei, o di passare del tempo con sua madre. Si vedevano solo la sera tardi: Xavia aveva rivelato al Comandante la verità su lei e Yuri, e allora le era stato concesso di accogliere Yuri nel suo alloggio, quando capitava. In compenso, Yuri ebbe modo di vedere ed esplorare per bene tutti i biomi del Nuovo Mondo, dalla Foresta Antica alla Landa dei Cristalli. Ma non poteva reggere lo sforzo per sempre.

«Non ce la faccio più» biascicò una sera, mentre atterrava davanti al mercato di Astera con Legi.

Si mise le mani nei capelli, mentre scendeva dal Legiana. Ormai aveva perso il conto di quanti mostri infetti avesse guarito. Legi guardò all'indietro, verso la padrona. Emise un versetto, sembrando preoccupata, strusciando gentilmente la sua testa su un fianco della ragazza.

«Sto bene, tranquilla» era quello che avrebbe voluto dire.

Ma era evidente che non fosse così: si sentiva senza forze, tanto da barcollare e quasi cadere sulle travi di legno: Legi dové tenerla ferma con la testa per non farla crollare a terra. La testa di Yuri girava come una trottola.

«Domani starò meglio, vedrai» sussurrò gentilmente, forzando un sorriso.

Strascicando i piedi, portò Legi da Ratha e tornò all'alloggio privato di Xavia. Da quando Yuri aveva cominciato a dormire con lei, la cacciatrice aveva aggiunto un sacco a pelo per sé, lasciando il letto alla figlia. Su richiesta di Yuri, aveva aggiunto una piccola scrivania e uno sgabello per darle modo di annotare le sue scoperte,,,Cosa che non fece molto, con tutti gli incarichi di cui doveva occuparsi.

«Sono tornata» sussurrò la ragazza, con un filo di voce.

Si guardò intorno, in cerca di sua madre, ma il suo sguardo cadde sul tavolino in legno posto vicino al suo letto. Su di esso erano stati lasciati alcune strisce di carne essiccata e una caraffa piena d'acqua, oltre ad un foglio di carta piegato. Yuri lo prese, si sedé sul letto e lo spiegò. Aprendolo, riconobbe la calligrafia della madre, ricordando di averla già vista un paio di volte quando scriveva dei rapporti per il centro di coordinamento. 

Stasera rientrerò più tardi del solito, scusami: ho accettato una taglia su un Kushala Daora, nella Landa dei Cristalli; ho intenzione di coglierlo alla sprovvista mentre dorme. Goditi la cena!

Ti voglio bene,
mamma

«Uff... d'accordo» sospirò Yuri, rattristata.

Si sedé al tavolo e sgranocchiò in silenzio la carne secca, cercando di rilassarsi più che poteva.

«Sei ancora a mani vuote, Mikayla?» si lamentò Xander, fissando sua sorella.

La donna, tenendo le braccia conserte e guardandosi i piedi, annuì con esitazione:

«Scusami, Xander, ma non riesco a tenere il passo con lei - replicò, timorosa - Ben e Felix stanno infettando troppi mostri troppo in fretta, non faccio nemmeno in tempo ad avvicinarmi a lei dopo una purificazione, che si allontana!»

«Allora perché non la attacchi mentre sta combattendo? Non trovi che sarebbe più facile, così?»

«Non saprei, non voglio ferirla o che i mostri le facciano del male» si giustificò lei.

«Non essere ridicola, sorellina! Sei abbastanza abile da abbattere un Deviljho da sola, per te sarebbe uno scherzo. Dirò a quei due di fermarsi per qualche giorno, ma voglio sapere perché stai indugiando. Subito» ribatté Xander, irritato.

La donna non seppe rispondere: continuò a fissare il terreno, sapendo di non avere il coraggio di guardarlo negli occhi. Lui, allora, fece un sorriso sarcastico:

«Guarda che ho capito: hai paura!»

Mikayla trovò finalmente il coraggio di alzare lo sguardo e lo affrontò:

«Perché dovrei avere paura di mia nipote?»

Xander, compiaciuto, continuò a provocarla:

«Hai paura di me, non di lei. Non vuoi che le faccia quello che ho fatto a te e agli altri, perché ti dà fastidio che accada all'unica Aros senza tragedie alle spalle»

«Io... sì. Sì, hai ragione: non ce la faccio per questo» mormorò lei, afflitta.

«Non ha senso che abbia tutta questa empatia per Yuri. Voglio dire, non la vedi da quindici anni! Vuoi farmi credere di avere compassione per lei o per sua madre, adesso? Dopo che non hai fatto niente per impedire che Fang attaccasse Xavia? Certo, ha fallito, ma la morale non cambia»

Un paio di lacrime scesero lungo le guance rosee di Mikayla, mentre fissava suo fratello maggiore in preda alla furia:

«No! Non ci provare, sai? Non ti permettere! Io non potevo sapere! Me l'hai detto solo quando era già successo tutto e la colpa è solo tua se non ho potuto tornare da lei e aiutarla! Non osare addossarmi colpe che non esistono!»

Lui, per tutta risposta, si mise a ridere:

«Ahahahaha! Sai, è sempre divertente, Mikayla»

Si avvicinò alla sorella, le poggiò una mano in testa e le accarezzò i capelli, disturbando lo sciame di insetti-folgore che si annidava al loro interno. Gli insetti ronzarono in giro per la grotta per qualche secondo, mentre lei si asciugava le lacrime, per poi tornare nella sua chioma castano-rossiccia. A quel punto, Xander riprese a parlare:

«Tornando a noi, sono stanco della tua esitazione. È ora che tu faccia sul serio»

Sua sorella fece appena in tempo ad alzare lo sguardo per vederlo aprire il suo bracciale da Rider e scoprire una pietra rossa, che si illuminò.

«No, per favore... non lei...»

«Te la sei cercata»

Mikayla sentì una fitta lancinante al petto, poi un'altra ancora peggiore alla testa. Urlò dal dolore, inarcando la schiena, premendosi le meningi con una mano e il cuore con l'altra. Cadde in ginocchio, sfiorando il terreno coi capelli. Continuò a gridare e ansimare per una manciata di secondi; poi, all'improvviso, nella grotta della Landa dei Cristalli in cui si trovava il loro nascondiglio calò il silenzio.

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Capitolo 22
*** Furia fulminante ***


«Yuri sta cedendo» 

Nelle parole di Xavia, il Comandante poté notare una sincera preoccupazione. Quella mattina, la cacciatrice gli aveva chiesto se poteva parlare con lui in privato, ma siccome lui e suo nipote avevano numerose faccende burocratiche di cui occuparsi, aveva dato appuntamento alla donna per mezzogiorno, quando si sarebbe liberato dai suoi impegni. In quel momento, si trovavano alla mensa: la cacciatrice era seduta al suo tavolo preferito, da cui si poteva godere di un'ampia vista sull'oceano, mentre il Comandante la ascoltava in piedi, con le braccia incrociate.

«È piena di lavoro, me ne sono accorto» le rispose, ben consapevole di cosa intendesse.

«Ieri sera, quando sono tornata dalla caccia a quel Kushala Daora, l'ho trovata addormentata sul letto, seduta. Non si era nemmeno tolta l'armatura e stamattina riusciva a malapena a reggersi in piedi»

«Ed è andata comunque in missione?» le chiese il Comandante, sorpreso.
 
«Sì. Ho provato a fermarla, ma è davvero cocciuta» 

Xavia si lasciò scappare un sospiro nervoso, poggiando i gomiti sul tavolo. Prima che il Comandante rispondesse, Nina apparve all'improvviso alle spalle di Xavia e le tirò un leggero schiaffo sul collo:

«Come no! Disse la cacciatrice che una volta ha insistito per affrontare una Rathian rosa anche se aveva l'influenza, poi si è pure fatta avvelenare!» rise l'arciera.

Xavia si girò di scatto e sbuffò:

«Nina! Questa è una conversazione privata!»

«Scusatela, siamo appena tornati da una spedizione di raccolta e vi ha visti - intervenne Nick, arrivato poco dopo la sorella - Vi ha sentiti parlare di Yuri e...»

«Ormai Yuri è come un'amica, per me! Se c'è qualcosa che non va con lei, mi sento in dovere di rendermi utile come posso» ribatté Nina, offesa.

Il Comandante si schiarì la voce per richiamare la loro attenzione:

«Siete davvero un gruppetto simpatico, sapete? Comunque, per fortuna oggi hanno avvistato solo un esemplare infetto: un Deviljho, alle Guglie Selvagge. Vista la stanchezza sempre più evidente della Rider, ho insistito perché qualcuno la accompagnasse: si sono offerti tre cacciatori della Sesta Flotta»

Xavia non gli sembrò tanto convinta, ma non protestò. Il Comandante la capiva: in molti avrebbero trovato una cattiva idea, mandari dei giovani principianti contro un Deviljho; ma il Comandante aveva imparato a non sottovalutare i nuovi talenti. Alla fine, non ebbe bisogno di giustificare la sua decisione: Xavia fece un'espressione riconoscente, gli sorrise e annuì: 

«La ringrazio, signore. A ogni modo...»

«La settimana scorsa, ho fatto partire il capitano del mercantile per fare un rifornimento d'emergenza - la interruppe il Comandante - Oltre a ordinare i soliti approvvigionamenti, ho chiesto alla Gilda di mandare qui altri Rider, affinché la ragazza possa avere del supporto concreto. Ancora un paio di settimane e Yuri non dovrà più lavorare da sola» annunciò.

Xavia, Nina e Nick erano tutti e tre piuttosto contenti. La cacciatrice dai capelli viola si alzò dalla sedia, chinando leggermente la testa in segno di ringraziamento:

«Grazie tante, signore! È una notizia fantastica!» disse, felice.

Il capo della Prima si congedò, e anche i due fratelli. A quel punto, con un sospiro di sollievo, Xavia si alzò e andò a controllare la bacheca delle taglie per vedere se ce n'era una che le garbava in particolar modo.

NEL FRATTEMPO...

«E poi gli ha mozzato la testa di netto con lo spadone!» raccontò Alex, un giovane lanciere dai corti capelli neri, gli occhi marroni e un'armatura di Diablos.

Di fianco a lui si trovavano Yuri, in sella al suo Legiana, e dall'altro lato Erika, una ragazza della Sesta Flotta dai capelli rossi, gli occhi verdi e una spadascia d'osso. In testa al gruppo c'era Anna, una cacciatrice molto silenziosa dai capelli castani con indosso un'armatura di Odogaron, come Yuri. Era stata Erika a convincere i suoi due compagni di squadra a offrirsi per aiutare la figlia di Xavia; prima della partenza, la rossa raccontò a Yuri che stava cercando un modo per sdebitarsi con Xavia, da quando li aveva salvati da un branco di Jagras il mese precedente. Alex, dal canto suo, affermava che per loro era importante poter affrontare un Deviljho, poiché avrebbero potuto dimostrare al resto della Commissione di Ricerca che non erano deboli come i Jagras li avevano fatti apparire. Il lanciere ammise che erano dei novelli ed erano appena usciti dal basso grado, ma garantì alla Rider che sapevano fare il loro lavoro: avevano solo bisogno di abituarsi al Nuovo Mondo, per tornare in pista a gonfie vele. Yuri non si aspettava che avrebbe avuto una scorta, quindi era un po' in imbarazzo. Inoltre, il fatto che Alex continuasse a parlare per rompere il ghiaccio la metteva solo più a disagio: non disse una parola per tutto il tragitto verso le Guglie Selvagge. Arrivati all'accampamento coi Mernos, iniziarono le ricerche. Per colmare il silenzio, Alex prese a raccontare di una sua vecchia battuta di caccia, nel Vecchio Mondo.

«Quella è stata una delle cacce migliori della mia vita, anche se siamo quasi morti! L'abbiamo fatta vedere, a quel maledetto Zinogre!» levò il braccio al cielo, facendo un sorriso fiero sotto la visiera dell'elmo. 

Erika ridacchiò, sentendolo: 

«Già, me lo ricordo; confesso che non sono riuscita a fare quasi niente, però. Anzi, credo che se mi fossi buttata nella mischia, ci sarei rimasta secca»

Yuri sorrise guardando i due, dal dorso di Legi. Viste le sue condizioni, quella mattina, la ragazza preferiva risparmiare le sue energie e viaggiare sul Legiana quanto possibile, in vista del combattimento con un Deviljho.

«Il mio primo mostro di alto grado fu uno Yian Garuga. Non fu affatto piacevole: un braccio e cinque costole rotte a calci e beccate!» raccontò Erika, facendo rabbrividire Yuri al pensiero.

«Ehi, siamo arrivati» a interrompere la conversazione fu la voce glaciale di Anna, la ragazza in testa al gruppo.

Yuri si guardò intorno. Erano giunti in un'oasi fresca e ombrosa, piena di palme, felci e sorgenti. Poterono vedere diversi Apceros impegnati a dissetarsi, ma del Deviljho nessuna traccia.

«Non credo che sarà facile per quel mostro nascondersi o muoversi senza lasciare tracce. Quest'oasi è piuttosto ampia. Dividiamoci e cerchiamo!» esortò Alex, e i compagni annuirono, prendendo direzioni diverse per la ricerca.

«Alex, trovato niente?» chiese Erika, da lontano.

Avevano passato gli ultimi venti minuti perlustrando l'area, ma non erano riusciti a trovare nulla. I due non erano così distanti l'uno dall'altra, quindi lei aveva pensato di controllare se il compagno avesse trovato qualcosa.

«No, assolutamente nulla. Però... no, aspetta! Qui c'è qualcosa» disse, qualche istante dopo.

Mentre Erika lo raggiungeva, Alex diede un'occhiata da vicino, poi sobbalzò di colpo:

«Ah! Che schifo!» esclamò, coprendosi il naso.

Erika, perplessa, andò a controllare a sua volta: fra le sterpaglie, coperto da sangue e letame, si trovava un pezzo della coda di un Deviljho, ormai del tutto putrefatto. Era stata recisa con un taglio netto, ma sembrava anche carbonizzata da un fulmine.

«Pensi che appartenga all'esemplare che cerchiamo?» domandò Erika.

Alex annuì:

«È qui da parecchio, ma non ci sono dubbi: è lui. Non ci sono stati altri avvistamenti di Deviljho in questo deserto, negli ultimi giorni»

«Cosa può avergli fatto questo?» chiese la rossa, disgustata da tanfo.

Alex si tappò il naso e rimuginò:

«Il taglio è precisissimo, quindi solo un'arma può averla mozzata. Ma non capisco cosa possa averla bruciata così...»

Prima che finisse la frase, sentirono un ruggito spaventato in lontananza. Erika prese subito il binocolo dalla bisaccia e osservò i dintorni.

«Quel verso era...» mormorò Alex, preoccupato.

«Il Legiana di Yuri! Dev'essere successo qualcosa a loro e ad Anna!»

«Muoviamoci, allora!»

I due sfoderarono le armi e si avviarono di corsa.

«Dimmi, piccola, non detesti i cacciatori?» 

La voce gelida della sconosciuta era così spaventosa che Yuri estrasse la spada, d'istinto. Era apparsa come dal nulla e il suo viso era nascosto da un elmo di Odogaron. Per il resto, era vestita in cuoio, quindi aveva forse rubato l'elmo di Anna? L'aveva aggredita o peggio, senza che nessuno lo vedesse? La Rider sapeva che non era quello il momento per chiederselo.

«Chi diamine sei? Perché mi segui?» le chiese, stando sulla difensiva.

Non ottenne risposta, così continuò a interrogarla:

«Sei in missione? Stai cercando il Deviljho di cui ci stiamo occupando?»

La sconosciuta fece una risata cinica e incrociò le braccia:

«Sai quanto mi importa di una carcassa bruciata?»

Le sue parole confusero Yuri e, quando vide la sua espressione perplessa, la donna continuò:

«Ah, giusto: non lo puoi sapere. Ho già ucciso io quel Deviljho, tre giorni fa. Questa taglia era solo una farsa per attirarti qui, cara» 

Il suo sorriso sadico si fece più ampio, lasciando trasparire follia e sadismo. Yuri indietreggiò e sudò freddo, alzando lo scudo.

«Hai qualche problema, non stai bene» mormorò, spaventata.

Legi, per quanto giovane, seppe riconoscere il pericolo. Quindi spalancò le ali, si frappose tra le due umane e fece un ruggito intimidatorio.

«Oh, che carino, un Legiana domato» ridacchiò la donna.

Tirò fuori un baccello letame dalla sua borsa e lo lanciò sul muso di Legi che, disorientata e disgustata dall'odore, stridé e si diede alla fuga. Prima che Yuri potesse reagire, il Legiana si trovava già in cielo e si stava allontanando.

«Legi!»

La Rider cercò di richiamarla a sé, ma invano. L'ennesima risata pazza della sconosciuta la fece tornare in guardia:

«Cosa vuoi da me?» chiese, mentre la donna si avvicinava.

«Ti sarà spiegato tutto a tempo debito. Ora rispondi alla mia domanda: non detesti i cacciatori?»

«Perché dovrei?»

Yuri era pronta allo scontro, ma al momento prendere tempo parlando le sembrava la scelta migliore: così avrebbe permesso ad Alex ed Erika di raggiungerla.

«Ti hanno portato via così tanti mostri... il mese scorso è toccato al tuo Lagiacrus, ma so che ti è già successo. La tua Rathian, il tuo Khezu, il tuo Barroth di giada; tutti quei poveri mostri uccisi ingiustamente dai cacciatori»

Yuri rimase a bocca spalancata. Come faceva a sapere quelle cose su di lei? Nel Nuovo Mondo aveva portato solo Nami, di quelli menzionati; la sorpresa fu subito rimpiazzata dalla rabbia, quando decise di replicare: 

«A parte Nami, tutti i mostri che ho perduto sono stati uccisi da Rider corrotti, non da cacciatori»

La pazza fece una risata sommessa, prima di rispondere:

«Rider, cacciatore, che differenza fa? Sono tutti avidi egoisti che ammazzano ogni creatura che si trovano davanti e si giustificano con scuse patetiche»

«Ormai umani e mostri fanno parte dell'ecosistema allo stesso modo - sibilò Yuri, a denti stretti - Se i mostri sono troppo numerosi o fanno danni, i cacciatori aiutano a mantenere l'ordine. I Rider sono solo cacciatori che tentano di convivere con i mostri quando è possibile»

La donna, all'improvviso, scattò verso di lei a velocità sovrumana. Yuri non riuscì nemmeno a vederla e lei riuscì tranquillamente ad atterrare la ragazza e a disarmarla. La donna posizionò le sue mani sulle spalle della Rider, bloccandola sul terreno umido.

«Che carina: una ragazza così devota agli insegnamenti del vecchio Omna!» ridacchiò, terrorizzando Yuri.

La Rider sapeva di non essere la più forte delle due, ma in un corpo a corpo con una persona era in grado di cavarsela. Aveva dovuto impararlo a causa dell'aumento di Rider corrotti. Però quella donna mascherata non aveva niente di normale: era più veloce e forte di un comune mortale. E come sapeva tutti quei dettagli, come il nome del capovillaggio di Hakum?

«Ora è il caso che ti faccia una bella dormita, piccola»


La donna strinse la presa sulla gola di Yuri e iniziò a soffocarla. Ma, all'improvviso, qualcuno le sparò una noce scoppio sul petto; l'urto la spinse a terra, il che permise alla ragazza di alzarsi e allontanarsi. Fissava terrorizzata la donna lunga distesa.

«Yuri! Ti abbiamo trovata!»

Erika si inginocchiò di fronte alla ragazzina ancora spaventata. Yuri, quasi d'istinto, la abbracciò e la rossa ricambiò gentilmente, accarezzandole la nuca. Intanto Alex, sfoderando la lancia e sollevando lo scudo, si portò di fronte alle due.

«Che cazzo succede qui?» chiese, allibito.

Yuri non seppe rispondere. L'inquietante risata della sconosciuta attirò la loro attenzione, mentre lei si rialzava da terra. Alex si voltò, mettendosi in posa difensiva.

«È ancora in piedi? Dannazione, speravo che una noce scoppio bastasse a stenderla!» esclamò, mentre Yuri ed Erika prendevano le distanze.

La donna puntò il dito contro di loro e parlò con un tono diverso; più serio e determinato, ancora più inquietante:

«Ah, pivelli della Sesta Flotta. Scusate, ma mi è stato ordinato di prendere la Rider. Lascerò in vita solo uno di voi; che ne dite di tirare a sorte?»

«Io dico che vivremo entrambi, invece! E questa ragazzina non va da nessuna parte! Ora fatti avanti!» la sfidò Alex.

A questo punto, la donna si portò le mani alla faccia e si tolse l'elmo. Quando la videro in volto, rimasero di sasso: il suo occhio destro era scolorito, come se fosse cieco, mentre quello sinistro era rosso sangue. Sotto le orbite, aveva inquietanti occhiaie gialle da cui partivano motivi striati dello stesso colore, i quali scendevano lungo le guance. La pazza guardò Alex e sollevò il braccio sinistro, irrigidendo le dita:

«Dimmi una cosa: hai paura degli Zinogre?»

Prima che il lanciere rispondesse, sulla mano e sul braccio della donna si formarono scariche elettriche azzurre che travolsero subito Alex. Il cacciatore urlò di dolore, mentre le scariche attraversavano il suo corpo. Mollò lo scudo e la lancia e cadde in ginocchio. Quel singolo colpo era bastato a carbonizzare il busto dell'armatura. Yuri guardò stupita e spaventata la scena, mentre Erika si coprì la bocca, inorridita:

«Non sei umana!» esclamò Alex, stringendosi il petto ustionato.

«No. Sono molto, molto peggio. Ti farò assaggiare il vero terrore, per quel poco tempo che ti rimane!» rispose la donna, in tono divertito.

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Capitolo 23
*** Cuore spezzato ***


«Coraggio, fatti avanti! Non dirmi che quella scossetta ti ha spaventato!»

La pazza provocava Alex, mentre altre scariche elettriche si formavano lungo suo braccio. 
Il cacciatore si voltò e guardò Erika e Yuri, che gli rivolsero degli sguardi impauriti; dopodiché si rialzò e schivò un fulmine per un soffio, con una capriola. Riprese la lancia e lo scudo subito dopo, determinato a non arrendersi. Quando l'avversaria provò a fulminarlo ancora, parò il colpo.

«Andate via! - esclamò alle ragazze - Non riuscirò a trattenerla a lungo, scappate!»

«Ma...» 

«Subito!» tagliò corto Alex. 

Erika, allora, si decise ad ascoltarlo. Ma, prima di scappare con Yuri, sparò un razzo SOS in cielo.

«Cerca di resistere finché non arriva qualcuno!» esclamò.

La rossa afferrò Yuri per un braccio e si diede alla fuga, trascinandola via a forza. Le ragazze si addentrarono nel fitto dell'oasi e sparirono tra la vegetazione. Alex tirò un sospiro di sollievo, si voltò e tornò a concentrarsi sullo scontro:

«D'accordo, ora siamo solo io e...» 

Si interruppe, quando vide che la pazza era sparita. 
Cominciò a guardarsi intorno, cercando di capire dove si nascondesse. Poco dopo, sentì ancora la sua voce:


«Sono quassù!»

Alex guardò in alto e impallidì: senza che se ne accorgesse, sopra di lui era apparso un Astalos e la donna si era aggrappata ai suoi artigli col rampino. Lo guardò col suo sorriso cinico e tese il braccio destro verso di lui, cominciando a elettrificare le sue dita:

«Che gesto nobile, pivello! Peccato che stia buttando via la tua vita per niente»

Alex non alzò lo scudo in tempo e l'elettricità lo attraversò da capo a piedi; i suoi muscoli bruciarono e si irrigidirono, il suo cuore si arrestò. Il lanciee lasciò cadere le armi, si portò le mani al petto e tossì sangue, annaspando per respirare. Cadde in ginocchio, in preda al dolore atroce nel suo petto. Si sentì impotente, pensando che Anna doveva aver fatto la stessa fine e che di lì a poco sarebbe toccato anche a Erika; prima di morire, chiese scusa alle sue compagne per non essere stato capace di proteggerle e difendersi.

«Sbrigati, ci siamo quasi!» 

Erika teneva stretta la mano di Yuri, mentre la sorreggeva e la incoraggiava a correre più veloce. Avevano attraversato in fretta e furia il percorso di prima a ritroso: ormai avevano quasi raggiunto l'accampamento da cui erano partiti. 
Erano rallentate da Yuri, che si ritrovò senza fiato e stremata molto presto. Le sue condizioni non erano migliorate molto da quella mattina, per cui faceva molta fatica a rimanere in piedi, dopo quella corsa sfrenata. Era pallida come un cadavere e boccheggiava come un pesce fuor d'acqua.

«Possiamo... rallentare? Non... ce la faccio... più...» la supplicò, ansimando.

«Ormai manca poco, cerca di resistere! Alex ce la può fare!»

Erika tentava invano di calmare e rassicurare la ragazza, ma lei stessa non era affatto sicura di quello che aveva appena detto ed era spaventata a morte da quella psicopatica. All'improvviso, mentre attraversavano una macchia di arbusti e cactus
, un oggetto dalla forma indistinta si schiantò a terra di fronte a loro, cadendo dal cielo. Erika sobbalzò a occhi sbarrati e Yuri lo guardò con aria confusa, non avendo ancora capito cosa fosse. La rossa impallidì; sforzandosi di non vomitare o di non gridare dall'orrore, sfoderò la spadascia e disse a Yuri di stare dietro di lei.

«Questa è...» balbettò, incredula.

Quella era la testa mozzata di Alex. Era carbonizzata, annerita e fumante, ma seppe comunque riconoscerne i lineamenti. A quel punto, sentirono un ruggito e il rumore di una scossa, dopodiché Yuri
 urlò di dolore. Erika si voltò all'istante e vide la Rider distesa a terra; si stringeva il braccio destro, da cui proveniva del fumo. Davanti a loro era riapparsa la sconosciuta, affiancata da un Astalos sellato e contagiato dalla malattia. Yuri fissò la cacciatrice, tenendo a malapena gli occhi aperti: 

«Mi ha colpita alle spalle... non sento più il braccio...» gemette.

La pazza sghignazzò:

«Siamo tutti così fragili, da morti. Forza, piccola, è ora di andare!»

Tese la mano a Yuri, che però si alzò e si rifugiò alle spalle di Erika. L'Astalos ringhiò e agitò il corno e le ali, emettendo piccole scosse verdi in segno di minaccia.


La sconosciuta minacciò Erika, indicando la testa carbonizzata per terra:

«Ehi, rossa, per caso vuoi fare la fine del tuo collega? Lasciami prendere la Rider e non diventerai il pranzo del mio amico»

Come per confermare che la sua padrona diceva sul serio, l'Astalos si leccò le gengive, sbavando. Erika si sentiva combattuta sul da farsi ed era spaventata a morte da quel mostro: tanto per cominciare, non si sarebbe mai aspettata di trovarne uno nel Nuovo Mondo; inoltre non aveva né l'esperienza, né le capacità per affrontarlo. Colta dai sudori freddi, strinse con forza il manico della sua spadascia e cercò di prendere tempo, in attesa dei soccorsi: 

«Cosa le farete?» domandò.

«Non posso dirtelo. Ma non la uccideremo, puoi starne certa: è troppo preziosa. Adesso portala qui!»

La psicopatica strinse gli occhi, senza perdere il suo ghigno malefico. La cacciatrice era in preda al panico ed era sempre più certa di essere disposta a cedere. La sua avversaria, per convincerla, fece un cenno all'Astalos. Il wyvern volante ruggì, si circondò di scariche elettriche e cominciò ad avvicinarsi lentamente. A quel punto, Yuri si frappose di corsa tra Erika e l'Astalos e gridò, in tono supplichevole:

«Aspetta!»

«Yuri, non ci pensare nemmeno!» esclamò Erika. 

Alla fine, la volontà di proteggere la figlia di Xavia le diede il coraggio di agire. Sapeva di avere bisogno di un'apertura, perciò prese un baccello lampo e lo tirò in alto, accecando l'Astalos e facendolo barcollare all'indietro. La pazza si coprì il viso, ma ciò diede comunque a Erika il tempo per attaccarla con la spadascia. La sconosciuta fu costretta a fare un saltello all'indietro per schivare lo sgualembro della cacciatrice, che la ferì di striscio alla spalla sinistra.

«Non ti lascerò portare via questa ragazza!» esclamò Erika, determinata.

Si voltò verso Yuri, che si stava sfregando gli occhi per il bagliore, e le disse: 

«Cerca di scappare, mentre la tengo occupata!» 


Yuri, che si stava ancora strofinando gli occhi per il bagliore, annuì e fece un debole tentativo di allontanarsi. Tuttavia, la sua stanchezza e il dolore ebbero subito la meglio: la Rider cadde in ginocchio con un gemito e mise la mano sulla spalla colpita dal fulmine. Erika imprecò a denti stretti, ma decise di correre il rischio. In fondo, non aveva altra scelta. Quindi sfidò la nemica:

«Non te la darò vinta senza combattere!»

La psicopatica si strofinò la ferita, poi incrociò le braccia e la provocò, con un'espressione divertita:

«Mi hai fatto male, lo devo ammettere: questo è un bel taglio! Se fossi stata più lenta, avresti potuto tranciarmi la clavicola! Allora non tutti voi della Sesta siete gli incapaci che sembrate. Per caso fate solo finta, così tutti vi compatiscono?»

L'Astalos recuperò la vista e tornò accanto a lei; inferocito, fece per sputare una palla elettrica a Erika per arrostirla. La sua padrona, però, lo fermò con un cenno:

«No no no, lascia fare a me! Questa pivella mi ha fatto venire voglia di giocare. Avanti, rossa, fammi divertire!»

L'Astalos, allora, emise un verso contrariato e si fece da parte. La padrona elettrificò le sue braccia e si avventò su Erika. La cacciatrice si scansò all'ultimo e contrattaccò subito con un calcio, facendola cadere a terra. Alzò la lama per infilzarla, ma l'avversaria rotolò via e la spadascia si conficcò nella sabbia.

«Vieni qui, lurida assassina!» urlò la rossa.

Sferrò un colpo montante, ma la donna, rialzatasi, balzò all'indietro e la schivò. Erika convertì l'ascia in spada e iniziò una frenetica serie di fendenti rapidi e fluidi, costringendo la nemica a schivare con agili saltelli di lato e all'indietro.

«Sei davvero uno spasso!» esclamò.

A un certo punto, Erika prese la rincorsa e tentò un affondo. La pazza schivò con una piroetta, quindi si riposizionò all'istante e afferrò la lama con entrambe le mani, bloccandone i movimenti. La punta stava a pochi centimetri dal suo petto. Erika
 digrignò i denti, fissando gli occhi rossi e bianchi della pazza.

«E adesso, pivella?» rise la donna.

«Adesso vai a terra!» replicò la cacciatrice.


Erika attivò la scarica elementale; fiala fece arroventare la lama e scoppiò, sbalzando la pazza all'indietro e strappandole un urlo di dolore. L'Astalos sobbalzò ed emise un gracchio allarmato. Erika sapeva di non avere un secondo da perdere; si voltò verso Yuri, che era ancora in ginocchio. Ansimante per la frenesia dello scontro, la cacciatrice le si avvicinò di corsa, ma l'Astalos ruggì e si precipitò su di lei con un balzo. Affondò gli speroni dell'ala destra nella sabbia, a pochi centimetri dalla rossa, e generò un'esplosione di fulmini che la scaraventò lontano.

«Erika!» gridò Yuri.

Erika, indolenzita e stordita, si girò sul dorso e alzò il capo, cercando la sconosciuta con lo sguardo. Vide la pazza rialzarsi in piedi, digrignando i denti. Aveva una ferita profonda al fianco sinistro e aveva il respiro affannoso. I suoi abiti di cuoio erano malridotti e scuciti, lasciando scoperte alcune porzioni del suo corpo: Erika intravide numerose cicatrici di orribili ustioni, sulla sua pelle. Adesso la pazza, imbarazzata, si teneva una mano sul petto per coprirsi il seno.

«Ahia... ben fatto, Asta! Devo dire che mi sono divertita, giusto un po'. Però mi sono dilungata fin troppo»

Si avvicinò a Erika e si fermò accanto a lei. La giovane cacciatrice tentò di alzarsi con uno sforzo immane, ma una fitta lancinante a tutti i muscoli la paralizzò. Quando gemé, la donna fece un sorriso compiaciuto e disse:

«Ti ucciderò, in onore del nostro duello. Dopo, però, devo proprio andare via con quella ragazzina. E anche trovare vestiti di ricambio»

Alzò il braccio destro e caricò un fulmine. Erika chiuse gli occhi e strinse i denti, preparandosi alla scossa. All'improvviso, però, sentì Yuri esclamare con voce rotta:

«Fermati! Ti supplico, basta così! Hai vinto: verrò con te. Ma non ucciderla!»

Erika aprì gli occhi e si voltò subito per guardarla; tentò di protestare, ma la sconosciuta le pestò la fronte con un piede e la stordì.

«Ringraziala, rossa!» le ordinò, arrabbiata.

Poi sorrise alla Rider, la raggiunse e le batté una mano sulla spalla: 

«Hai scelto bene, piccola. Adesso andiamo: zia Mikayla ti deve portare alla tua nuova casa» ridacchiò. 

L'Astalos si accostò alle due per permettere loro di montare in sella. Yuri lanciò un ultimo sguardo a
 Erika. Per quanto rintronata, la cacciatrice vide gli occhi azzurri della ragazzina farsi lucidi, prima che li socchiudesse e sussurrasse qualcosa. La cacciatrice mormorò un sommesso "perdonami", prima di svenire.

Erika si risvegliò verso sera, nell'infermeria di Astera. Dopo un rapido controllo, la rossa fu portata al tavolo delle assemblee, dove si era radunati tutti i capi della Prima Flotta; su loro consenso, c'erano anche Xavia, Nick e Nina. Il nipote del Comandante era impegnato in una fitta discussione con Xavia, cercando di tenerla il più calma possibile nonostante la sua enorme agitazione: li stava accusando che avrebbero dovuto sapere fin da subito che quelli della Sesta erano delle pessime scelte per fare da scorta.

«È arrivata» avvisò il Mastro Cacciatore.

L'attenzione di tutti si spostò su Erika, tanto che la rossa si sentì in imbarazzo. Xavia si fiondò subito da lei. I suoi occhi ambra erano
 lucidi e arrossati, le occhiaie erano più scavate del solito. 

«Cos'è successo? Dov'è mia figlia?!»

Erika strinse i denti e distolse lo sguardo. Le rispose, cercando poi di ripetere tutto più nel dettaglio possibile, per quanto faticasse a ripercorrere gli eventi della giornata.

«Sono tutti morti. Non sono riuscita a difenderla, è stata rapita! Quella... c'era una donna che scagliava fulmini e aveva un Astalos. Dev'essere una dei Rider corrotti di cui ci ha parlato Yuri!»

Dopo aver farfugliato per vari minuti, riuscì a calmarsi e raccontò tutta la storia. Non tralasciò nessun particolare, sperando che potesse suggerire qualcosa alla cacciatrice dai capelli viola, che era andata a sedersi accanto a Nina, dopo aver scoperto l'accaduto.

«Ha detto che non la ucciderà e che c'è bisogno di lei per qualche motivo. Per il resto, non riesco a ricordare cosa si sono dette: ero stordita» concluse.

Xavia fissò il vuoto, ammutolita. Sentendosi una nullità, Erika guardò lei e i capi della Prima Flotta:

«Ho fallito la mia missione: sono mortificata» disse, chinando la testa.

Quasi ignorandola, il Comandante prese la parola:

«Ora voi due pensate a riposarvi: siete entrambe sconvolte - poi si rivolse ai colleghi - Cominciate subito a organizzare le ricerche. Il rapimento della Rider non è solo una tragedia in senso morale, è anche un duro colpo nella nostra lotta contro l'Orrore Nero: senza il suo intervento, non ci sarà alcun freno al propagarsi dell'infezione. Non possiamo permettere che i mostri infetti sconvolgano l'ecosistema del Nuovo Mondo! Voglio che tutti i cacciatori di tutte le flotte diano il massimo per riportare Yuri Aros alla base!»

Xavia si incamminò verso il suo alloggio quasi senza accorgersene: era come se le sue gambe si muovessero da sole. Ignorò qualsiasi parola di conforto che amici e colleghi provarono a rivolgerle: voleva stare da sola e basta.

"Questa voglia di solitudine l'ha presa tutta da me" pensò, con un fugace sorriso, prima di chiudersi dentro.

Chiuse gli occhi, sedendosi sul letto e coprendosi il viso.

"Ti troverò, Yuri. È una promessa" si disse, prima di iniziare a piangere.

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Capitolo 24
*** Il nascondiglio ***


Durante il volo sull'Astalos, Yuri cedé alla stanchezza e si addormentò. Non aveva idea di quante ore avesse dormito, quando fu svegliata da una voce maschile e sconosciuta:

«Ehi, mocciosa! Svegliati!»

Yuri, lentamente, aprì gli occhi. Fece per mettersi seduta, quando una fitta di dolore al braccio destro la fece mugolare. D'istinto, vi appoggiò la mano sinistra, vedendo così che le avevano fasciato l'ustione. Non indossava più la sua armatura, ma dei semplici vestiti in pelle di Aptonoth. Non aveva nemmeno le sue armi.

«Ben ti ha medicata. Mikayla non conosce davvero mezze misure» continuò la voce, per poi sbuffare.

«Dove sono?» chiese la Rider, disorientata, all'uomo davanti a lei.

Faticava a vederlo perché era piuttosto buio. 

«Tra poco ti spiegheremo tutto. Intanto, ti chiedo solo di stare lì tranquilla per un po': renderà tutto più semplice anche per te, non soffrirai per niente»

Il suo tono di voce sembrava cordiale, ma Yuri si sentiva comunque in un ambiente ostile. A quel punto, l'uomo
 si allontanò e scomparve nel nulla. La Rider, in qualsiasi altra situazione, sarebbe sobbalzata dallo stupore, vedendo una cosa simile, ma le uniche sensazioni che riusciva a provare in quel momento erano timore e sconforto. Stando in silenzio, si guardò bene intorno: voleva almeno capire dove si trovasse. Dopo qualche secondo, finalmente, i suoi occhi si abituarono alla luce fioca che illuminava la camera. Realizzò subito di essere in una grotta molto ampia. A occhio, il soffitto era alto tre metri, mentre le pareti rocciose attorno a lei erano costellate di brillanti cristalli azzurri che formavano quasi delle decorazioni. Li riconobbe:

"Minerale del Legame" rimuginò, sorpresa.

D'istinto, si guardò il polso destro per confrontare la sua pietra coi cristalli. Il bracciale con la sua pietra, però, non c'era più.

"Merda!" imprecò a mente, battendosi la mano sul ginocchio.

Scosse la testa, rassegnata, e tornò ad osservare la caverna. 
Notò che l'avevano rinchiusa in una sorta di gabbia fatta con un minerale grezzo, che al primo impatto le sembrò della carbalite. Nelle pareti di roccia, inoltre, erano state scavate altre celle identiche a quella in cui si trovava lei, solo che le sbarre erano di legno. Dopo qualche minuto di riflessione, pensò di aver intuito in che punto del Nuovo Mondo era finita:

«Dev'essere la Landa dei Cristalli» rifletté ad alta voce, massaggiandosi la fronte.

Era ancora piuttosto confusa da tutto quello che stava accadendo e la tensione degli ultimi giorni le aveva fatto venire pure un certo mal di testa.

«Hai indovinato. Benvenuta nel nostro umile nascondiglio!» sospirò una voce femminile che riconobbe.

Sentendola, Yuri trasalì e andò nel panico. Poi, una delle sbarre in carbalite della sua gabbia fu colpita da un ciottolo e lei sussultò, spaventata dal clangore improvviso. Guardando il punto da cui il sasso era stato lanciato, Yuri vide proprio lei:
 la donna coi capelli castano-rossicci, Mikayla. Aveva fatto un cambio d'abito e ora indossava un completo in cuoio nuovo. Anche lei era rinchiusa in una gabbia, identica a quella della ragazza, ma più piccola, angusta e composta da un materiale diverso: le sbarre erano fatte di corazza di Barroth, cosparsa di fango fresco. Mikayla riprese a parlare, vedendo l'espressione confusa della ragazza:

«Il fango serve a tenermi a bada: funge da isolante contro i miei fulmini. Non avere paura, non ti attaccherò. E poi, se la cosa ti consola, tu sei messa meglio di me» 

Detto questo, sollevò le braccia e mostrò a Yuri di avere i polsi incatenati alla parete. 
Yuri capì subito che Mikayla era completamente diversa da qualche ora prima. Non solo perché la sua personalità era praticamente l'opposto di quella che aveva mostrato prima, ma anche perché i suoi occhi erano diventati azzurri; inoltre, le occhiaie gialle erano svanite. Al loro posto c'erano delle occhiaie "vere", dovute senz'altro ad un pianto.

«Ciao, Yuri» salutò timidamente, dopo qualche secondo di silenzio imbarazzante, non sapendo che altro dire.

Ma fu interrotta dal ritorno del tizio di poco prima. Ora che si era abituata meglio alla poca luce, Yuri poté squadrarlo meglio: aveva i capelli castani, corti e lisci, che cominciavano a brizzolarsi qua e là. I suoi occhi erano verde scuro e aveva inoltre una corta barba. Indossava degli indumenti di cuoio, come Mikayla, ma i suoi sembravano avere molti anni e gli conferivano un'aria di vissuto.

«Gli altri sono rientrati, Felix?» gli chiese Mikayla.

Lui annuì: 

«Sì, ma purtroppo tu dovrai stare lì dentro, fino a nuovo ordine» la avvisò lui, triste.

A sentire ciò, Mikayla chinò lo sguardo:

«Non riceverò nemmeno un complimento per aver compiuto la missione? Che palle, mi sono ritrovata ferita e coi meloni al vento per niente!» scherzò, con un sorriso amareggiato.

«Dispiace anche a me, Mikayla» sospirò il suo compare.

Poi andò da Yuri e aprì la porta della sua cella.

«Non mi incatenate come lei?» chiese la Rider, restando dentro. 

«Con te non serve: sappiamo che non scapperai. Non conosci questo posto, rintracciarti sarebbe facilissimo»

L'uomo parlava con una calma inquietante, mantenendo tuttavia un sorriso educato che stava cominciando a dare sui nervi alla Rider, quasi come il ghignare di Mikayla dopo ogni sua frase, al loro primo incontro. Non sapendo
 ribattere, la ragazza uscì e lui richiuse la porta.

«Forza, va' da quella parte» le ordinò, indicando una spaccatura nella roccia accanto alla cella di Mikayla. 


Yuri annuì e cominciò a camminare in quella direzione. Felix la seguì silenziosamente, mentre la Rider si guardava intorno nel cunicolo. Il percorso era illuminato dagli stessi cristalli di prima, fatta eccezione per qualche torcia posta dove non c'erano vene di Minerale del Legame.

«Se non fossi qui come ostaggio, questo posto mi piacerebbe da matti» commentò Yuri.

Notò, in lontananza, un'altra spaccatura nella roccia. La varcarono e si ritrovarono in una stanza simile a quella con le celle, ma col soffitto più basso e con al centro un grande tavolo circondato da sgabelli e sedie. Lì, stravaccato, con le mani dietro la nuca e con una gamba che pendeva da uno dei braccioli della sedia, c'era un tipo più giovane di Felix, in armatura di Deviljho; il suo elmo era poggiato sul tavolo, di fronte a lui. Aveva dei corti capelli biondi, rasati sulle tempie e pettinati a cresta. I suoi occhi erano di un inquietante scarlatto e aveva una lunga cicatrice sulla guancia, probabilmente lasciata da un artiglio. 
Vedendoli arrivare, si mise composto e si girò, a braccia incrociate: 

«Era ora, Felix! Il capo ha deciso di andare a controllare il cristallo colossale, perché ci stavate mettendo troppo! Cos'é, hai spiato Mikayla mentre si cambiava e sei andato a nasconderti dalla vergogna? Eeeeeeeh, mimetista goloso! A questo punto dichiarati: prima o poi dovrai!» scherzò, ridendo.

Felix sbarrò gli occhi e diventò paonazzo, ma lo ignorò del tutto e andò a prendere posto su di uno sgabello accanto al capotavola, mentre Yuri si sforzava di non farsi sfuggire una risata. La sedia a capotavola era più grande e fatta di ossidiana. Al centro era dipinta una croce arancio e, sulla sommità, aveva delle spine ornamentali, che andavano a far somigliare la punta a qualche tipo di corona. 

«Prendi posto, ragazzina» le disse il biondo, indicandole l'altro capo del tavolo.

Yuri obbedì in silenzio, andando a sedersi. Sentiva gli occhi del biondo puntati su di lei, mentre Felix sembrava distratto, tenendo i gomiti appoggiati sul tavolo. Passarono un minuto senza dire una parola, poi lo sconosciuto riprese il discorso:

«Mentre aspettiamo il capo, io sono Ben, l'infermiere della banda. Ho dovuto sistemarti il braccio, dopo che quella scema te l'ha fulminato. Adesso come sta? Ti brucia? Senti dei formicolii al gomito?» le chiese.

Yuri non capiva perché fossero entrambi così gentili con lei. Quelli erano senz'altro i Rider corrotti; l'avevano rapita, portata via dalla Commissione di Ricerca e da sua madre, ma non sembravano affatto criminali o malintenzionati, da come si comportavano. La ragazza scosse la testa un momento.

«È tutto ammaccato - rispose - Non fa più male, però non riesco a muoverlo come vorrei»

Le rispose una terza voce maschile, gelida e profonda, che le fece salire un brivido lungo la schiena: 

«È un vero peccato! Questo ci rallenterà parecchio; dopo, Mikayla mi sentirà!» 

Yuri sentì dei passi alle sue spalle e fece per voltarsi, ma il nuovo arrivato apparve subito, andando al capotavola. Indossava un'armatura di Gore Magala e l'elmo nascondeva del tutto la sua faccia. Yuri non aveva mai sentito quella voce, eppure le sembrò terribilmente familiare. Ebbe una strana sensazione che non le piacque per niente.

«Capo, finalmente sei tornato! - lo salutò Ben - Quanto ci hai messo? Per caso quel cristallo è diventato più importante di...»

«Zitto, Ben» lo interruppe Felix, mentre il capo si sedeva.

Nessuno dei presenti disse più niente, a quel punto. L'unico rumore rimasto era il crepitio del fuoco in un braciere posto al centro del tavolo. Felix guardò Yuri, ora più confusa che mai. Non sapeva cosa fare, lì. Poteva iniziare a chiedere spiegazioni? Doveva aspettare che il capo della banda dicesse qualcosa? Alla fine, fu lui a rompere il silenzio:

«Sono contento che tu stia bene: quando Mikayla ti ha portata qui, svenuta e con un braccio ustionato, mi sono preoccupato, sai? E ci siamo tutti imbarazzati tantissimo per i suoi vestiti» raccontò, facendo ridere Ben e arrossire Felix. 

Yuri, a quel punto, notò un particolare che le fece raggelare il sangue: al suo polso, in un bracciale identico al suo, c'era una pietra rosso sangue, con al centro il disegno di una spirale nera come la pece.

«Una Pietra del Legame infetta!» esclamò, incredula e agitata.

«Tranquilla, non è la tua: la tua pietra è al sicuro. Non possiamo permettere che diventi come la mia, ci serve al massimo della sua purezza» 

Le sue parole rassicurarono un po' la ragazza, che tuttavia avrebbe voluto riavere le sue armi e almeno uno dei suoi mostri al suo fianco. Non le piaceva per niente stare in mezzo ai Rider corrotti, specialmente dopo tutti i trascorsi che aveva avuto con l'esercito che aveva perseguitato Hakum e Gildegaran.

«Siete della banda di Anvis? - chiese, rabbiosa - Perché se è così, ho una brutta notizia per voi: il vostro capo è morto» 

Anvis fu al comando della più potente setta di Rider corrotti del Vecchio Mondo. Le sue legioni erano conosciute da tutti i Rider per la loro crudeltà nei confronti dei mostri e degli umani. Era temuto da tutti, ma due anni prima era stato ucciso dai suoi stessi sottoposti, durante una ribellione guidata da Gust, uno dei suoi fedelissimi, che aveva poi preso il suo posto e messo fine alla minaccia dei Rider corrotti, che adesso erano in ottimi rapporti con le comunità vicine al loro territorio. La risposta dello sconosciuto, però, lasciò Yuri di sasso:

«Anvis? Chi è? Non l'ho mai sentito. Non lavoriamo per nessuno: sono io il capo, qui» 

Sentendo questo, Yuri si alzò dalla sedia, in un impeto di rabbia:

«Allora cosa volete da me? Perché sono qui? Finalmente, tutto stava cominciando a migliorare! I cacciatori mi rispettavano, svolgevo il dovere che la Gilda mi ha assegnato, ho ritrovato mia madre... e avete rovinato tutto! Perché?»

Il capo non fece una piega:

«Che ne dici se prima ci presentiamo?»  

Yuri inarcò le sopracciglia con perplessità, ma obbedì:

«Yuri Aros, Rider di alto grado del villaggio di Hakum, affiliata alla Gilda di Gildegaran» disse, a testa alta.

Lui, allora, si tolse l'elmo. Aveva i capelli corti e neri e dei penetranti occhi verdi. Sembrava serio, eppure aveva un sorrisetto stampato in faccia; Yuri non capiva quale fosse il suo stato d'animo. Lui le si avvicinò e poggiò una mano sulla sua spalla sinistra, facendo un sorriso più allegro:

«Io sono Xander Aros» 

Yuri si sentì come se le avessero tirato un pugno nello stomaco, il suo cuore le saltò nel petto. Sperava con tutta se stessa di non aver sentito quel nome. Quello che venne dopo, poi, le fece venire da vomitare: 

«È bello vederti, figlia mia!»

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Capitolo 25
*** Spiegazioni ***


«È bello vederti, figlia mia!»

Quelle parole. Quelle dannate parole continuavano a ripetersi nella mente della Rider. La ragazza era spiazzata. Di fronte a lei c'era suo padre? La descrizione fisica fatta da Xavia corrispondeva alla perfezione con l'aspetto dell'uomo che aveva davanti. Però non poteva crederci; non voleva crederci.

«Tu? No! Mio padre... mio padre è morto! È stato ucciso da un Seregios! Me l'ha raccontato il capovillaggio Omna!» esclamò, sconvolta e nauseata dalla scoperta.

Xander scosse la testa e la interruppe:

«Sempre Omna ti diceva che anche tua madre era stata uccisa. Eppure, tutti i giorni, i cacciatori del Nuovo Mondo la vedono, ci parlano e ci lavorano insieme. In fondo, chi dice che tuo padre non potesse inscenare la sua scomparsa?» 

Continuando a sorridere, scosse con simpatia la spalla di Yuri, prima di togliere la mano e fare un passo indietro.

«Mia madre mi ha anche detto che era un grandissimo stronzo, però» sibilò Yuri, stringendo rabbiosamente i pugni.

«Oh, ma davvero? E perché mai sarei un grandissimo stronzo?» la punzecchiò Xander.

«Hai tentato di ucciderla! Mi hai portata via da lei quando ero ancora in fasce! Mi hai negato il diritto di crescere con lei!» la ragazza disse furibonda, stringendo la mano destra in un pugno.

«È vero, ho fatto queste cose»

Il modo disinvolto e rilassato con cui glielo disse la disgustò. Yuri strinse gli occhi fino a farli diventare due fessure:
 

«Che significa tutto questo? Mi hai portata qui per avere un stupida rimpatriata di famiglia? Vuoi portarmi via da mia madre una seconda volta? Cosa vuoi da me?! Dimmelo!» urlò, diventando rossa.

Xander rimase vagamente perplesso: 

«Sul serio? La conosci a malapena da un mese e ti ci sei già affezionata così tanto da considerarla tua madre, come se avessi passato quindici anni con lei? Stento a crederci» 

«Non dovrei? Dopo tutto quello che mi ha rivelato, anche se ricordarlo la faceva soffrire? Dopo tutto l'affetto che mi ha mostrato? Anche se non fosse mia madre, lei meriterebbe il mio massimo rispetto. Quella donna, Xavia, ha aspettato il momento più opportuno per rivelarmi chi fosse. Si è presa cura di me, per questo lungo e infernale mese. E tu, invece? Mi fai rapire, mi dici di essere mio padre e ti aspetti che ti voglia bene?!» 

L'espressione di Xander si fece ancora più perplessa:

«Io posso darti tutto quello che ti serve, Yuri! Potere? Mostri? Dimmi di cosa hai bisogno e puoi stare certa che da me la otterrai»

Questo era davvero troppo. La Rider gli si avvicinò e lo fissò dritto negli occhi, avvicinando la faccia alla sua al punto che Xander fu costretto a reclinare il collo. Scandendo bene le parole, la ragazza gli sussurrò con una freddezza ancora più agghiacciante della sua:

«Sei rivoltante. Ti odio. Hai provato a uccidere la donna che ti amava e non ci sei riuscito per poco. Mi hai portata via da lei, lontano da casa, e mi hai affidata ad altri, per poi sbatterti altamente di me per quindici anni. Potresti anche darmi un uovo del Versa Nova, ma la mia opinione su di te non cambierebbe» 

Xander, allora, sospirò e le voltò le spalle: 

«Felix, riportala in cella» ordinò, per nulla toccato dallo sfogo della figlia.

La Rider non protestò nemmeno, questa volta. Si mosse verso quella spaccatura da cui erano arrivati, senza nemmeno aspettare Felix. Rimasto solo col suo capo, Ben si schiarì la voce:

«Una bella batosta, eh, capo?» commentò.

«Xavia ha già rovinato tutto... come al solito. Quella puttana non sa fare altro che casini! - esclamò, pestando i pugni sul tavolo - Devo scegliere al più presto un gene per lei: a questo punto, l'Orrore Nero è l'unica cosa che può farla collaborare. Il piano non si fermerà per colpa sua» dichiarò.

«Non esagerare, capo: è pur sempre tua figlia! Ti sembra davvero il caso di farla soffrire come noi, solo perché hai fretta di procedere?» gli chiese Ben, contrariato.

«Ormai siamo andati troppo oltre per esitare: abbiamo sacrificato troppe vite, in questi quindici anni. Non mettere in pratica il frutto di quegli esperimenti sarebbe come gettare quelle anime al vento; anzi, la sua presenza qui è anche un grosso rischio: tutti i cacciatori si daranno di certo da fare per scovarla, il rischio che qualcuno trovi il nostro rifugio aumenterà. Una ragione in più per cui dobbiamo fare in fretta!» escamò Xander, determinato.

Dopo averla riportata in gabbia, Felix lasciò la Rider sola con Mikayla. La ragazza stava seduta a gambe incrociate, osservando la sua compagna di prigionia con un'espressione indecifrabile. Aspettò che Felix se ne fosse finalmente andato, prima di parlare:

«E così, dietro tutto questo casino dell'Orrore Nero nel Nuovo Mondo c'era mio padre, eh?» le chiese.

«Mi dispiace tanto, Yuri: non volevo portarti da lui» fu la malinconica risposta.

«Ma l'hai fatto. Voglio sapere tutto su di voi. Chi siete, perché siete venuti qui, cosa sperate di ottenere. Non osare mentirmi» le intimò Yuri.

La donna, desolata,  sospirò e cominciò a spiegare: 

«Ben è il nostro medico, ma è anche un artigliere: è un fenomeno con la balestra pesante. Felix ha... come posso spiegarlo? Ha tanti ruoli. Va spesso in ricognizione per accertarsi che nessuno si avvicini in modo preoccupante al nascondiglio, ma è anche quello col dovere di pianificare quali saranno i prossimi mostri che infetteremo, quando lo faremo e dove. Xander, cioè tuo padre, è il capo: sta sempre dietro le quinte, interviene solo nelle occasioni speciali. Non l'ho mai visto impugnare un'arma, da quando siamo qui, ma come già sai è un Rider: possiede diversi mostri, qui. E io... be', sono quella a cui tocca sporcarsi le mani»

«Capisco. C'è altro?»

«Io sono sua sorella, Yuri: anch'io sono un'Aros. Non ero sarcastica quando ho detto di essere "zia Mikayla", prima di portarti qui» 

Yuri la buttò sul ridere:

«E la prossima volta chi incontrerò? I miei nonni?»

«Be', a Pokke c'è la madre di Xavia. I nostri genitori, invece, sono morti in un incendio quando eravamo piccoli: non incontrerai mai i tuoi nonni paterni. E se lei ti ha raccontato la sua storia, sai già che suo padre non c'è più»

«Sì sì, lo so»

«Comunque, ci tengo a precisare che quella... quella cosa che hai incontrato alle Guglie Selvagge non ero io: c'è una versione corrotta di me. Sono contanimata dall'Orrore Nero e mio fratello può far emergere l'altra me tutte le volte che vuole. Ha assegnato l'incarico a lei, perché sapeva che io non me la sarei sentita»

«Cosa? Hai l'Orrore Nero?»

Yuri era stupita. Non la sorprendeva che Xander potesse controllare la malattia, perché quello era il tratto comune dei Rider corrotti. Ma questa le giungeva nuova.

«Gli umani non possono contrarre l'Orrore Nero: può infettare solo i mostri»

«Questo in natura. Ma la risposta è semplice: merito del rituale sciamanico. Lo conosci senz'altro. Xander è stato il primo in assoluto a trovare un metodo per infondere i geni di un mostro nel corpo di una persona. Sono morti tantissimi innocenti, prima di ottenere un risultato. Tutti noi portiamo il gene di un mostro, a parte lui»

«Davvero? Cioè?» chiese Yuri, incuriosita.

«Ben ha un gene di Qurupeco: può emettere delle grida fortissime per respingere i mostri o attirarli. Felix ha il gene di un Nargacuga iridescente, quindi può mimetizzarsi così bene da sembrare invisibile, come hai visto. Poi ci sono io, che ho un gene di Zinogre»

«E quindi puoi generare elettricità» concluse Yuri.

«Ecco, non esattamente. Gli Zinogre non hanno elettricità propria. Ma, proprio come loro, posso fare questo»

Portò le mani alla sua testa e si scompigliò i capelli; sotto lo sguardo meravigliato (e un po' schifato) di Yuri, dalla sua chioma uscì un vastissimo sciame di insetti-folgore. Le lucciole azzurre si sparsero per tutta la caverna, ronzando e illuminando le pareti molto più di quanto facessero i cristalli. Ronzarono in giro per qualche minuto, poi tornarono da Mikayla, scomparendo tra le sue ciocche.

«Uao! Che figata!» commentò Yuri, con un mezzo sorriso.

«Sì, posso emettere un feromone che li richiama, poi incamero la loro corrente nel mio corpo e la rilascio. Per favore, non dire a nessuno dei piccoletti: mi sentirei in imbarazzo»

«Va bene, non lo farò»

«Grazie»

Yuri, ormai, non ci stava capendo più nulla. Stava scoprendo troppe cose tutte nello stesso momento. Strinse i denti, spostando lo sguardo da Mikayla alle rocce sulla parete della grotta. Notò, tuttavia, una seconda spaccatura, quattro o cinque volte più grande rispetto all'altra. 

«Cosa c'è lì?» chiese.

«Xander ci tiene i suoi mostri. Ah, mi è tornata in mente una cosa! Per caso, venendo in questo continente, hai portato un Nargacuga con te?»

«Un Nargacuga?! Sì! Sì! L'avete trovato?»

«Sì, tre settimane fa, sugli Altipiani Corallini. Ha attaccato l'Odogaron di mio fratello perché l'aveva riconosciuto come un mostro infetto. È stato ferito nello scontro, però è ancora vivo: Xander non capiva perché fosse immune all'Orrore Nero e ha deciso di studiarlo. È ancora qui, a riposo»

"Finalmente una buona notizia! - pensò la Rider - Se riuscissi a recuperare Narga, potrei scappare da questo posto!"

«So cosa pensi: se stai pianificando una fuga, non parlarmene mai. Voglio aiutarti, ma c'è un problema: l'altra me è molto fedele a Xander. La prossima volta che mi trasformerò, potrei spifferargli i tuoi piani, se ne venissi a conoscenza» 

«D'accordo, grazie del consiglio» le disse Yuri, rivolgendole un caldo sorriso.

Quel sorriso scaldò il cuore di Mikayla, che ricambiò.

«Ora penso che mi farò una dormita, comunque - sussurrò alla nipote - Stanotte non ho chiuso occhio. Continuavo a rivedermi mentre uccidevo quei due cacciatori della Sesta... mi dispiace tantissimo per tutto quello che ho fatto a loro e a te. Risponderò a tutte le tue domande, quando mi sarò svegliata. Qualunque cosa, purché mi perdoni» sospirò.

«Grazie, Mikayla. Sul serio!»

TRE GIORNI DOPO...

Il martello di Xavia mandò in frantumi il mento dell'Uragaan che, con un tonfo sordo e un ruggito disorientato, stramazzò al suolo col capogiro, direttamente su un pozzo che vomitava lava. Il getto si riversò sul suo fianco, fondendo le placche della sua corazza e bruciandolo. 
La cacciatrice saltò giù dal dorso del wyvern brutale all'ultimo, usando il rampino della fionda per aggrapparsi ad una stalattite sul soffitto della caverna vulcanica. Si sganciò, atterrando in piedi, e rinfoderò il suo martello di Vaal Hazak. Gettò uno sguardo di rimprovero ai suoi tre compagni di spedizione:

«Voi siete un gruppo di ricerca! Voi cercate e io vi difendo! Sono questi i patti! Come vi viene in mente di attaccare un Uragaan a caso?! Smettete di perdere tempo e rendetevi utili per trovare mia figlia!»

«Scusaci!» replicarono loro, rimettendosi in cammino.

Xavia sospirò, sbattendosi un palmo sulla fronte. Hana, che aveva insistito per venire con lei, le poggiò una mano sulla spalla: 

«Ehi, calmati! Questa tensione non ti porterà da nessuna parte» le disse, tranquilla ma decisa.

La cacciatrice si prese un secondo, per poi annuire: 

«Sono solo preoccupata. Nessuno ha ancora trovato niente: nemmeno una traccia o un indizio. L'ansia mi sta uccidendo!»


«Sono certa che la ritroveremo presto»

Xavia stava per dire qualcosa, quando il ruggito dell'Uragaan, ancora vivo, interruppe la loro conversazione.

«Ne riparliamo ad Astera, adesso vai al riparo e controlla che quei tre scemi non attirino minacce peggiori!» disse a denti stretti, mentre la sua assistente annuiva.

«Stai attenta!» le disse, per poi voltarsi e allontanarsi, imboccando lo stesso percorso degli altri cacciatori.

«Senti, bestione, sono ancora disposta ad ignorarti, se non mi insegui» disse la cacciatrice all'Uragaan.

Il mostro si arrotolò e partì verso di lei, cercando di schiacciarla. Lei si scansò rotolando di lato, e il mostro sbatté il mento roccioso a terra, generando un'onda d'urto. La donna, allora, sparò il rampino direttamente nell'occhio azzurro del mostro, che ruggì dal dolore, cominciando a sanguinare. La donna fece per ritrarre la corda del rampino, ma l'altra estremità si era conficcata nell'orbita del mostro, e la cacciatrice fu strattonata verso il mostro. Anche se sorpresa, Xavia non si scompose e strinse il suo martello con la mano destra, aggrappandosi alle corna dell'Uragaan con la sinistra. Il mostro scosse la testa, ma la cacciatrice si resse. Quando il mostro si fermò per riprendere fiato, Xavia ritrasse il rampino, dandosi la spinta con le gambe e afferrando il martello con entrambe le sua mani, schiantandolo direttamente sulla fronte dell'Uragaan. Con quell'impatto diretto, il wyvern brutale rimase stordito, accasciandosi violentemente al suolo, tanto che il suo mento roccioso sbatté sulla roccia nel terreno. Xavia ne approfittò per scappare.

"Ci è mancato poco, con quel gancio - pensò - A questo punto, faccio prima a comprare anch'io un artiglio-rampino. In fondo, se tutti ne parlano bene da quando il fabbro l'ha inventato dal nulla, ci dev'essere un motivo! Dovrò chiedere un parere a Occhi di Sangue"

Rendendosi conto di essersi distratta, scosse la testa, concentrandosi sullo scopo di quella spedizione: trovare tracce, cercare qualsiasi cosa che la potesse aiutare nel ritrovamento di Yuri.

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Capitolo 26
*** Dolore ***


«Quando ritroverai Yuri, fammelo sapere al più presto, va bene? Io, purtroppo, non potrò più seguirti nelle spedizioni» disse Hana, quando tornarono all'aeronave della Terza Flotta.

«Per me non è un problema. Qualcosa non va?» chiese Xavia, diretta alla porta del suo alloggio.

«No, per me è tutto a posto, tranquilla. Il fatto è questo: so bene che la ricerca di tua figlia è la priorità del momento, ma è anche vero che senza di lei i mostri infetti stanno aumentando a vista d'occhio. Ogni volta che do un'occhiata in infermeria, i ricoverati sono sempre di più. Non ho saputo resistere: ho deciso di mettere in pratica gli studi da infermiera che ho fatto prima di venire nel Nuovo Mondo per dare una mano ai medici! Una mano in più fa sempre comodo, nei periodi pieni»

Xavia le sorrise:

«Sono contenta per te. Inoltre, non ti obbliga nessuno a venire con me nelle ricerche! Sei libera di fare quello che trovi più giusto, Hana»

La sua assistente ridacchiò:

«Non mi chiami spesso col mio nome, eh? Si vede che sei molto agitata, altrimenti non lo faresti»

«Sono davvero così facile da capire?»

«Oh, altroché!»

Ed entrambe scoppiarono a ridere. 

«In bocca allo Zinogre, collega, ritroverai sicuramente Yuri! Ci scommetto la mia divisa della Commissione!»

La sua assistente le sorrise, prima di congedarsi con lei.

«Perdere quella divisa sarebbe un colpo durissimo per te, quindi la ritroverò senza dubbio!» 

Dopo che Hana se ne fu andata, Xavia sospirarò e andò al centro scorte dell'aeronave per rifornirsi di pinne di sgombro-coltello.

«Posso vedere Narga?» 

La richiesta sempre più insistente della ragazzina fece finalmente spazientire Ben, che era stato incaricato di sorvegliarla dopo la partenza di Felix. Da quando Mikayla le aveva detto del Nargacuga, Yuri non faceva altro che chiedere di vederlo e, al terzo giorno, il poveraccio non seppe più resistere.

«E va bene! Ti porterò a vedere quel fottuto Nargacuga, basta che finisci di rompere!» sbottò.

Yuri fece un sorriso trionfante. Mikayla, nel frattempo, rideva di gusto davanti a quella scena. In quei tre giorni, nessuna delle due aveva avuto il permesso di uscire dalla cella, per cui avevano chiacchierato parecchio del più e del meno. Venivano interrotte solo quando Xander arrivava per parlare con Yuri, tentando di convincere la figlia a rivelare perché la sua Pietra del Legame fosse così potente rispetto a tutte le altre, persino della sua che era corrotta, o a passare dalla loro parte. Oppure c'erano le volte in cui Ben veniva a controllare il braccio di Yuri e disinfettare l'ustione elettrica. 
La Rider non fiatava mai, a parte qualche gemito di dolore quando la ferita veniva esposta e rifasciata. Mikayla le aveva raccontato che si trovavano nel Nuovo Mondo dall'approdo della Quinta Flotta. Prima di cominciare a propagare l'infezione di Orrore Nero, si erano dedicati a sterminare decine e decine di Draghi Anziani e lo stavano ancora facendo. Ormai aveva perso il conto di tutti i Kirin e i Kushala Daora che aveva ucciso. I Teostra e i Vaal Hazak, invece, spettavano a Felix e Ben. Xander si era sempre rifiutato di rivelare lo scopo di quel genocidio; l'unico indizio che aveva accettato di far trapelare era che c'entrava il gigantesco cristallo che torreggiava al centro della Landa dei Cristalli, visibile da ogni angolo della regione vulcanica. Ben aprì il cancello della gabbia di Yuri, per poi afferrare il suo braccio sinistro e tirarla fuori a forza: 

«Fa' in fretta, per piacere. Se tuo padre ti vede fuori, mi ammazza!»

Senza farselo ripetere due volte, la Rider imboccò il corridoio di roccia dove si trovavano le celle dei mostri.

«Aspetta! Bah, che cazzo, quella mocciosa mi farà impazzire!» sbraitò Ben, rivolto a Mikayla.

Giunta nell'altra spelonca, Yuri vide diversi mostri in gabbia. Molti stavano dormendo e quelli che erano svegli si voltavano a guardarla per un secondo, prima di accucciarsi in un angolo. C'erano il Brachydios di suo padre, l'Astalos di sua zia, un Deviljho, un Odogaron e uno Tzitzi-Ya-Ku. Tutti loro avevano l'Orrore Nero. Ma la sua attenzione, in quel momento, era rivolta ad un mostro in particolare, l'unico sano. Un wyvern volante quadrupede addormentato, con diversi peli tagliati e ferite sparse sull'intero corpo. La sua pelliccia nera aveva delle macchie bianche, per via del gene di Barioth che lei gli aveva infuso col rituale sciamanico.

«Narga!» esclamò Yuri.

La Rider corse fino alla gabbia e afferrò le sbarre. Appena sentì la sua voce, il mostro aprì gli occhi, scattò in piedi e cercò di infilare il becco nello spazio tra le sbarre, salutando la padrona con delle fusa gioiose. 
La Rider allungò la mano all'interno e gli accarezzò la testa. Un paio di lacrime di gioia scesero lungo le sue guance.

«Oh, Narga, sono così contenta di vederti!» sussurrò Yuri, mentre il Nargacuga agitava la coda per le coccole.

Il loro incontro fu rovinato da Ben:

«Ooooooh, ci stiamo commuovendo tutti. bene, l'hai salutato, ora torna in cella!» 

Afferrò la spalla destra della ragazza, scordandosi che era ustionata. 
Yuri avvertì una fitta acuta e gemé a denti stretti, smettendo di accarezzare il Nargacuga e portandosi la mano sinistra sulla ferita. Ben trasalì e impallidì, quindi si inginocchiò accanto a lei per chiederle scusa in fretta e furia e controllare la scottatura. Ma il Nargacuga si allarmò e cominciò a colpire le sbarre della sua gabbia con un fianco, ruggendo per spaventare il biondo. Tutto quel fracasso fece accorrere Felix, che era appena rientrato dalla spedizione del giorno:

«Che state facendo? Perché lei è fuori?» chiese, confuso.

«Scusa, colpa mia! - farfugliò Ben, rialzandosi - Ehi, piccola, di' subito al Nargacuga di stare zitto: così farà irritare gli altri mostri! Se il Deviljho si sveglia, siamo fottuti!» la supplicò.

Per fortuna, vederlo staccarsi dalla Rider bastò perché il Nargacuga smettesse di soffiare e ruggire. Mugolò per chiedere a Yuri se si era fatta male e lei si sforzò di sorridergli:

«Sto bene, Narga, stai tranquillo. Presto o tardi andremo via da qui» gli disse, dandogli un'ultima carezza.

Felix, intanto, aveva preso Ben in disparte e gli aveva parlato all'orecchio per non farsi sentire da lei:

«Il capo mi ha detto che è il momento. Dobbiamo muoverci»

Ben sospirò e tornò da Yuri. Più gentilmente di prima, si piegò sulle ginocchia e poggiò una mano sulla spalla sinistra della ragazza:

«Mi dispiace tanto per te, Yuri, ma devi venire con me» le disse.

Il tono quasi spaventato con cui entrambi avevano cominciato a parlare la preoccupò.

«Non posso restare ancora un minuto?» 

«Credici, fosse per noi, ti lasceremmo qui tutto il tempo che desideri; ma Xander ha parlato. Quando ho detto che mi avrebbe ammazzato se mi avesse visto disobbedire, non stavo scherzando: quel pazzo sarebbe capace di tagliarci la gola per molto meno»

Allora la Rider salutò Narga, promettendogli che sarebbe tornata. Seguì Ben oltre la stanza in cui era rimasta in gabbia per quei tre lunghi giorni. Probabilmente Felix aveva detto qualcosa anche a Mikayla, perché vedendo Yuri sussurrò che le dispiaceva, prima che passassero oltre. Imboccarono il cunicolo che portava alla sala col tavolo, per poi attraversare un'altra spaccatura che la ragazza non aveva notato la prima volta.

«Di che si tratta? Dove stiamo andando?» chiese la ragazza, spaventata.

«Ti porto nella stanza che usiamo come infermeria, ti ho medicata lì quando sei arrivata. Ma sarà Xander a occuparsi di tutto, stavolta»

Ancora più spaventata, la ragazza fece un lungo respiro profondo per calmarsi. La stanza in cui arrivarono aveva la solita conformazione, con i muri in roccia e pieni di Minerale del Legame. C'era circa una decina di letti rudimentali fatti in legno, paglia e foglie intrecciate. Si trovavano anche alcune piccole casse in giro per la stanza, su di esse erano impilati dei documenti e fogli scribacchiati. Ben le fece segno di sedersi su uno dei letti:

«Scegline uno. Tranquilla, quello che tuo padre sta per farti non è letale» 

Andò a frugare in alcune delle casse, mentre la ragazza andava a sedersi su uno dei letti indicati dall'uomo.

«Ma ci sono delle precauzioni da prendere, o non riuscirai a sopportare il dolore» continuò Ben, facendola preoccupare sul serio. 

Tirò fuori dalla cassa una corda e un panno bianco, oltre a una boccetta con del liquido denso e verdastro.

«Che roba è?» 

«In teoria è un antidolorifico, in pratica non funziona quasi per niente»

«Ah...»

«Una volta avevamo un medico professionista nella banda, ma è morto. È stato lui a creare questo composto. Detto tra noi, era un vero incapace; comunque, la corda serve per tenerti ferma»

«Perché devo stare legata?»

«Perché se ti muovi troppo per le fitte, dovresti ricominciare da capo, quindi soffriresti per niente. Il panno è da tenere in bocca, così avrai qualcosa da stringere fra i denti mentre gridi»

«Mi spieghi che diavolo deve farmi quello psicopatico?» sbraitò Yuri, terrorizzata.

Tutte quelle precauzioni e informazioni celate la stavano spaventando come mai prima di allora.

«Il rituale sciamanico» rispose Ben, mentre le legava i polsi e le caviglie ai bordi del letto.

A quelle parole, Yuri trasalì:

«Vuole farmi diventare come voi?!» esclamò.

A risponderle fu la voce fredda e ferma di Xander, arrivato in quel momento:

«No, non come loro. Sarai molto meglio!»

Yuri girò la testa verso di lui, furiosa:

«Anche se mi dai i poteri di un mostro, non starò mai dalla tua parte. Anzi, li userò subito per spaccarti la faccia e andare via da qui!» lo affrontò.

«Non la penserai più così tra qualche minuto, vedrai» 

Xander ridacchiò, si accostò a Yuri e le accarezzò i capelli.

«Non mi toccare!» ringhiò lei.

«Bevi l'antidolorifico, Yuri»

Ben avvicinò la boccetta alle labbra della ragazzina che, con le lacrime agli occhi, sospirò:

«Non che abbia tanta scelta. Stammi a sentire, stronzo: Xavia ti ucciderà, quando saprà di tutto questo, ma prima ti restituirò tutto il male che le hai fatto con gli interessi!»

Sfidò il padre, tentando di suonare minacciosa, poi bevve il liquido verde. Aveva un sapore pungente e amaro, tanto che la fece tossire.

«Bene. Ora tu puoi andare, Ben» 

«Va bene, capo. Il gene è sul letto accanto al suo» rispose lui, prima di uscire.

Xander sorrise e raccolse il gene, su cui era stato scritto a caratteri cubitali: "IL SUPER-GENE DEFINITIVO".

«A quale mostro appartiene?» chiese Yuri, intimorita da quella scritta.

«Be', di certo non al primo Jaggi che trovi dietro l'angolo»

«Molto divertente. Sul serio, cos'è?»

«È una sorpresa» replicò Xander, con un sorrisetto provocatorio.

Prese il panno bianco di Ben e la imbavagliò.

«Non dimenticare di morderlo, quando sentirai dolore. Credimi, ti servirà. Quando è toccato a Mikayla, mi ha straziato le orecchie a forza di gridare: sei fortunata ad avere quell'intruglio»

La ragazza tentava di parlare, ma ormai era imbavagliata e riusciva solo a mugolare. La sua espressione, tuttavia, valeva più di mille parole: era furiosa, confusa e spaventata allo stesso momento. Xander le slacciò l'abito in pelle di Aptonoth, scoprendo la pelle, e si sfregò le mani:

«Ora possiamo cominciare. Sei pronta?»

Xander prese il gene e lo strinse. La sua pietra infetta si illuminò, quindi lui poggiò il gene sul petto della figlia. Il gene cominciò a splendere a sua volta e, come se si stesse sciogliendo, penetrò nella pelle di Yuri. A quel punto, la Rider sbarrò gli occhi e cominciò ad agitarsi da capo a piedi, i suoi mugolii diventarono fortissimi e le sfuggirono delle lacrime: stava provando un dolore che non avrebbe mai immaginato
. Era come se dei ferri roventi stessero infilzando i suoi muscoli e un mostro le stesse strappando il cuore a morsi nello stesso momento. Rircordando le parole di Ben, si rese conto che aveva ragione: quell'antidolorifico non serviva a niente. Il dolore diventò così intenso che le si offuscò la vista. Alla fine, desiderando con tutta se stessa che Xavia e i suoi amici fossero lì con lei, svenne.

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Capitolo 27
*** L'incontro ***


«Ancora niente?» chiese Erika. 

Nick e Nina erano appena tornati, con una squadra, da una ronda per le ricerche di Yuri e la rossa della Sesta era andata a chiedere in giro se qualcuno avesse scoperto qualcosa.

«Proprio nulla - sospirò Nina - Nessun gruppo è riuscito a ritrovare qualsivoglia indizio o traccia lasciata da quelle due. Ormai è da una settimana che cerchiamo: è come se non fossero mai esistite!»

«E quella squadra che è scomparsa dopo che è partita per la Landa dei Cristalli? Non si è più vista nemmeno quella?»

«Già, ancora un po' e il Comandante potrebbe decidere di darli ufficialmente per morti» rispose Nick.

«Uhm... e Xavia? Come sta lei?» 

«Alla fine ha avuto un collasso, così la Prima Flotta le ha imposto una pausa forzata: non può andare a caccia, né partecipare ad una spedizione»

In quella settimana, Xavia non si era data un secondo di pace e partecipava ad ogni singola ricerca in cui trovava posto: era ovvio che, prima o poi, avrebbe ceduto.

«Mi sembra giusto. Adesso dov'è?» chiese Erika, spostandosi alcune ciocche dietro l'orecchio. 

Nina le indicò l'osservatorio a picco sul mare che si raggiungeva dal retro della forgia. Erika andò al parapetto sull'oceano del piano terra per guardare oltre le ciminiere della fucina e la vide. Non poteva vedere il suo viso per la distanza, ma poteva immaginare che avesse uno sguardo senza vita.

«Quando ha la testa piena di pensieri, puoi stare certa che la troverai lì» spiegò Nina.

Erika annuì, quando si accorse che con la cacciatrice c'era un'altra persona: un omone muscoloso con una foltissima chioma bionda. 

«Ehi, ma quello non è l'Ammiraglio?» chiese la rossa.

«Siamo pensierosi?» chiese l'Ammiraglio, alle spalle di Xavia.

«Mia figlia...»

«So tutto. Mi dispiace, Xavia. Se fossi tornato dalle caverne di Eldorado prima, invece di perdere tempo col Segugio e le sue sensazioni...»

«Lasci stare. Cosa la porta qui, signore?» 

«Bah, ma per piacere! Sei sempre così formale! Se la squadra di Occhi di Sangue può parlarmi come se fossero miei parenti, perché la loro migliore amica non potrebbe? Lasciati andare!» rise l'Ammiraglio. 

Xavia fece delle scuse esagerate e plateali per scherzare, quindi si fece sfuggire una risata a sua volta. Durante le indagini sulla traversata degli Anziani, avendo lei partecipato ad alcune delle missioni più importanti della squadra che aveva risolto il mistero, aveva avuto modo di conoscere e prendere confidenza col capo della Commissione di Ricerca.

«Devo presumere che mi stesse cercando?» chiese poi, tornando seria.

«Sai com'è, nella tana della Kulve Taroth le notizie arrivano sempre in ritardo: ho saputo solo ieri dell'Orrore Nero, della Rider e di tutto il resto, quindi ho deciso di unirmi alle ricerche. Mi sono subito dato da fare con una spedizione in solitaria e...»

«Cos'è successo?»

«Ho incontrato la donna coi poteri elettrici di cui parlano i rapporti»

Gli occhi di Xavia si illuminarono: 

«L'ha incontrata?! Dove?!»

Tese tutti i muscoli, pronta a correre al suo alloggio per prendere l'equipaggiamento e poi ad uno dei cancelli di Astera per decollare con un Mernos. Lui, tuttavia, scosse la testa, posando la sua mano destra sulla spalla della cacciatrice.

«Frena! Non correre troppo: quella è pericolosa! L’ho affrontata, sai? Guarda cosa mi ha fatto»

Sollevò il bordo della sua uniforme e mostrò di avere gli addominali fasciati. Poi si voltò e le fece vedere un secondo bendaggio sulla spalla.

«Questa è tutta opera sua! Se solo avessi avuto il martello, gliel’avrei fatta vedere! E invece avevo solo le mie manacce e ho provato a strangolarla. Non che ci fossi lontano, eh? Però si è liberata e mi ha steso. Quello che sto cercando di dirti è che se ha saputo sconfiggere anche me, non puoi sperare di cavartela così, da sola e alla cieca!»

«Non mi interessa. Quella donna ha preso mia figlia e farò di tutto per riaverla»

«Prima di sfuggirmi, però, mi ha parlato. Mi ha dato delle istruzioni da riportare qui ad Astera: vuole incontrarti, da sola, al tramonto e nella Foresta Antica»

«Davvero? In quale punto?»

«In una tana di Jagras ai margini di un acquitrino, oltre l’Albero Vetusto»

«Conosco il posto. Non ha detto nient’altro?»

«Sì. Mi ha dato questo, è per te. Scusa l’indiscrezione, ma ho letto anch’io, però non mi dice niente. Senz'altro è una cosa che solo tu puoi capire»

Le consegnò un foglio piegato a metà, con un angolo bruciacchiato. Xavia lo prese, confusa, e lo lesse. Il messaggio diceva: "Come va la gamba, cacciatrice di sventure?". 
Non c'era scritto altro, ma quelle poche parole bastarono per far adirare Xavia. La cacciatrice strinse il biglietto tra le sue dita, digrignando i denti e stropicciandolo: c’era solo una persona che l’avesse mai chiamata così.

«Quella lurida troia! Mikayla è nel Nuovo Mondo?! Ha preso Yuri?!» ringhiò, buttando il foglio per terra.

«Chi è?» chiese l’Ammiraglio.

Ma Xavia gli voltò le spalle e iniziò a scendere la scalinata.

«Avvisi il Comandante, per favore. Questa storia deve finire al più presto!» esclamò, fredda e furiosa.

«Quindi, se ho capito bene, la rapitrice di tua figlia è tua cognata?» chiese il Comandante, a racconto finito.

«Sì»

«Pensi di sapere cosa vuole da lei? O da te?» chiese il Mastro Cacciatore.

«Non ne ho idea. Su quel foglio c'è scritto solo quello che vi ho riferito»

«Come puoi essere così sicura che sia lei?» domandò il nipote del Comandante, scettico.

«È lei che mi ha dato quello schifoso nomignolo – sospirò Xavia –  Quando Xander me l’ha presentata, mi ha chiamata così per un bel pezzo. Inoltre, adesso che ci penso meglio, la descrizione fisica nei rapporti coincide col suo aspetto. Be’, quando l’ho conosciutaì i suoi occhi erano azzurri e non aveva “occhiaie gialle”, ma per il resto non può essere altri che Mikayla»

«Allora cosa facciamo, nonno? – domandò il nipote del Comandante – Vuole che Xavia vada da sola ma, se la assecondiamo, saremo punto a capo con le ricerche»

Il Comandante e l’Ammiraglio, a quel punto, si scambiarono un’occhiata d’intesa e sorrisero, confondendo tutti.

«Non vi preoccupate per quello: abbiamo un piano!» li rassicurò l’Ammiraglio, compiaciuto.

«Vieni fuori, Mikayla! So che sei qui»

La cacciatrice dai capelli viola, al crepuscolo, si trovava nella tana dei Jagras, come da richiesta. Indossava la sua solita armatura in lega e aveva scelto ancora il martello di Vaal Hazak. Aveva ucciso i Jagras che stavano sonnecchiando nel sottobosco e ora stava aspettando che sua cognata apparisse. Ad un certo punto, sentì la sua voce, che ricordava bene:

«Ehilà! Puntualissima, Xavia!»

Si voltò verso l’entrata della tana e la vide: era apparsa come dal nulla. Essendo passati quindici anni dal loro ultimo incontro, il viso era segnato da un primo accenno di rughe, ma per il resto era identica a come la ricordava. La vista di quei mostruosi occhi la fece rabbrividire, ma si impose di nasconderlo. Xavia tentò di resistere alla tentazione di saltarle alla gola o di frantumarle il martello in testa.

«Mi volevi, ed eccomi qua. Cosa vuoi, Mikayla?»

Mikayla sghignazzò, spostandosi i capelli dietro le orecchie:

«Sei sempre così seria, cacciatrice di sventure! Non sei proprio capace di rilassarti, eh?»

«Rilassarmi? Mentre parlo con quella che alla scomparsa di sua nipote e di suo fratello ha ignorato tutte le mie lettere e richieste d’aiuto? Preferirei morire, piuttosto che parlare con te. Ma purtroppo sai dov’è Yuri, quindi mi tocca vedere la tua brutta faccia»

Mikayla scoppiò a ridere come una pazza. Xavia era rimasta perplessa, leggendo le descrizioni del suo atteggiamento: lei se la ricordava del tutto diversa. Nel Vecchio Mondo, anche se si conoscevano poco, Mikayla le era sembrata una persona gentile e disponibile, anche onesta. Ma ora sembrava completamente fuori di testa; era come se qualcuno si fosse impossessato di lei.

«Oh, sei uno spasso, Xavia! Scusa, ma a causa di forza maggiore devo dare un’occhiata al tuo equipaggiamento, prima che partiamo. E voglio che molli quel martello. Non ti servirà, dove stiamo andando»

«Potevi dirmelo nel biglietto, così l'avrei lasciato ad Astera; ho sgobbato come un Popo da tiro per farlo forgiare. Giuro che se lo perdo dopo tutto questo, ti getto nelle fauci di un Vaal Hazak!»

«Uuuuuh, me la sto facendo addosso!» scherzò Mikayla, mentre Xavia poggiava il martello su un ceppo.

Si fece passare la borsa di Xavia e cominciò a ispezionarla:

«Medicinali, carne secca, siero demoniaco…» mormorava.

Buttò via dei baccelli lampo e dei baccelli letame, poi tirò fuori uno strano ciottolo levigato, con una runa incisa al centro.

«Cos'è questo?» chiese, sospettosa.

Xavia si innervosì, vedendoglielo in mano:

«Non è niente, solo un cimelio di famiglia. Per favore, non lo toccare: era di mio padre, non ho altri ricordi di lui. Mi fa venire il voltastomaco vederlo insudiciato da quelle tue manacce»

«Ehi, calmati! Guarda che io mi lavo le mani, e spesso! Per chi mi hai presa? – rimise il ciottolo nella borsa – Ecco, non ce l’ho più! Contenta?»

«Più o meno»

«Comunque, il resto che vedo qui non è pericoloso: puoi portartelo»

Mikayla le restituì la sacca e Xavia se la rimise alla cintura.

«Devono averti già parlato dei miei poteri. Avresti dovuto vedere quella pivella coi capelli rossi: se la stava facendo addosso!» rise.

«A me hanno detto che la pivella coi capelli rossi ti ha lasciata con le bocce al vento. A proposito, come va il fianco? Scommetto che hai avuto paura, almeno per un attimo» ghignò Xavia, per provocarla.

Mikayla strinse gli occhi e i pugni:

«Non ho paura di niente, Xavia. Ho abbassato la guardia per un secondo, punto. Ma, come vedi, sono ancora in piedi!»

Lo disse col tono di una bambina che si inventa una scusa per non ammettere qualcosa che la imbarazza. Xavia fece spallucce:

«Non scapperò, se è lì che vuoi andare a parare. Possiamo muoverci, adesso? Sai, ho una certa premura per salvare Yuri. La mia assistente ci ha scommesso la sua divisa, se non la trovo dovrà cedermela; non me la sento di umiliarla così»

«Ora sei in vena di battute, eh?»

Mikayla si allontanò dalla tana dei Jagras e le fece segno di seguirla. Xavia le venne dietro finché raggiunsero un punto in cui la vegetazione si faceva più fitta, quando lei le ordinò di fermarsi lì e aspettarla. Xavia sbuffò, poggiando la schiena sul tronco di un albero morto. Era completamente indifesa lì, in quel momento. Sarebbe potuto arrivare un Tobi-Kadachi, un Anjanath, una Rathian o qualcosa di più pericoloso; tuttavia, giusto un paio di minuti dopo, un ruggito mai sentito nel Nuovo Mondo prima d'ora sovrastò il brusio che dominava la Foresta Antica di notte. La cacciatrice si guardò intorno, agitata.

«Sono sopra di te!» la chiamò Mikayla.

Allora Xavia alzò la testa e, come da rapporto, la vide a cavallo di un Astalos. Il wyvern-libellula planò e le atterrò di fronte. La sua sella era decorata dalle due croci arancio, simbolo della famiglia Aros. Mikayla sorrise, accarezzandogli il collo:

«Ti presento Asta, il mio unico mostro dal rito di passaggio per diventare una Rider!»

«Se ce l’hai da così tanto, perché non l’ho mai visto?»

Mikayla fece spallucce:

«Ero stanca dello stupido codice morale di quei trogloditi, così sono andata a vivere come una cacciatrice. Per questo, dovevo tenerlo nascosto»

«Certo che tu, Xander e Yuri avete proprio una grande fantasia per i nomi dei mostri; immagino che sia un vizio di famiglia» scherzò Xavia, per nascondere l’ansia che l’Astalos le incuteva.

Notò solo allora i sintomi dell’Orrore Nero: gli occhi del mostro, già rossi per natura, brillavano e quella fetida foschia nera usciva dalle scanalature fra le sue scaglie.

«Non prendere in giro il mio amico, altrimenti ti fulminiamo! Ad ogni modo, sali, forza! Dobbiamo andare, prima che qualcuno ci veda. Ormai mi sono fatta una reputazione da assassina ad Astera, ma oggi non devo uccidere nessuno; non ne ho neanche voglia»

Detto questo, si spostò un po’ in avanti e lasciò posto dietro di sé. Xavia sospirò un momento, quindi montò sulla groppa di Asta e si resse alle cinghie di cuoio. Prima che potesse dire qualsiasi cosa, Mikayla scalciò con le gambe e l'Astalos, per riflesso, si diede la spinta e spiccò il volo. In pochi secondi, superarono gli altissimi alberi della Foresta Antica, ritrovandosi nell'alto del cielo stellato.

«Destinazione, Landa dei Cristalli!» esclamò Mikayla.

"Sto arrivando, Yuri" pensò Xavia, sperando che il piano dell’Ammiraglio funzionasse come previsto.

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Capitolo 28
*** Il cambiamento di Yuri ***


A notte fonda, le due donne raggiunsero la Landa dei Cristalli. A parte qualche battuta sarcastica di Mikayla, trascorsero il volo nel silenzio più totale. Finalmente, atterrarono da qualche parte in prossimità del cristallo colossale al centro della regione. Mikayla scese dal dorso del suo Astalos e indicò un punto davanti a loro, più a monte.

«Il nostro rifugio è a pochi passi. Siete stati veramente sfortunati a non trovarci: abbiamo visto diverse squadre andarci vicino, ma nessuna l'ha mai notato»

«Possiamo sbrigarci?» chiese Xavia.

Sentendosi ignorata, Mikayla si irritò: non le piaceva affatto quando non ascoltavano quello che aveva da dire.

«Da questa parte» ringhiò, stizzita.

Così dicendo, iniziò a fare strada alla cacciatrice verso una parete rocciosa. L'Astalos osservò Xavia per un momento, per poi cominciare a seguire la padrona.

«Quindi, per tutto questo tempo avete sfruttato queste gallerie?» 

Xavia si meravigliava che un labirinto così esteso ed intricato non fosse mai stato individuato, né mappato dalla Commissione di Ricerca.

«Sì. Erano già scavate e pronte all'uso, quindi perché no? Tanto, non le stava usando nessuno. Sono troppo piccole per i mostri, non possono costruirci le tane. C'era solo una tribù di Gajalaka, ma è stato facile spaventarli»

Mikayla fece andare Xavia in testa per tenerla d'occhio. Asta, invece, rimaneva dietro di lei, stando abbassato per non pestare il corno contro il soffitto. Xavia vide in lontananza che la spaccatura nella roccia si allargava, cosa probabilmente dovuta al fatto che più avanti si trovava una stanza di grandi dimensioni. Prima che la raggiungessero, tuttavia, Mikayla ebbe un sussulto improvviso. Si portò le mani alle tempie, le strinse e cominciò ad ansimare. Asta rimase impassibile, mentre Xavia si allarmò: per quanto volesse compiacersi della sofferenza di quella donna, la sua coscienza non le permetteva di non preoccuparsi almeno un po'.

«Che ti prende?» le chiese, accucciandosi accanto alla cognata.

Poi, con sua grande perplessità, Mikayla prese a parlare da sola:

«No! Torna al tuo posto, maledetta! È troppo presto! Mio fratello... io voglio... voglio la mia ricompensa! Ho compiuto la missione... torna al tuo posto!» esclamava, tra un mugolio e l'altro.

Stava diventando isterica e sembrava che dentro di lei ci fossero due persone che litigavano. 
Xavia non sapeva cosa fare e rimase a fissarla con un'espressione inebetita. La spaccatura era ancora distante, quindi i suoi "compari", come li aveva chiamati durante il viaggio, probabilmente non avevano sentito i suoi gemiti. Doveva andare a chiamarli? In quel momento, Mikayla era la sua nemica, però le dispiaceva vederla così sofferente; a quel punto, sua cognata sollevò la testa e la guardò, con sguardo afflitto:

«Xavia, resta qui, ti supplico... devo dirti una cosa...»

I suoi occhi erano diventati azzurri e il tono di voce era molto diverso: più dolce e supplichevole. Ma, subito dopo, l'occhio sinistro diventò rosso e riprese a parlare con se stessa come una pazza:

«Sta' zitta! Xander ha detto che potevo restare fino a missione compiuta, non è giusto! Ti lascerò il controllo in gabbia, promesso... ora sparisci!» 

Xavia non ci capiva più niente. Mikayla era davvero impazzita a tal punto? Gli occhi di Mikayla tornarono azzurri una seconda volta e lei le sussurrò:

«Xavia, mi dispiace così tanto... non ti ho aiutata quando avevi bisogno di me... ora ti ho portato via Yuri, anche se non lo volevo...»

La cacciatrice notò che stava piangendo e si stupì. Mikayla continuò a mormorare: 

«So che mi odi, ma ti prego di ascoltarmi: è per il tuo bene e per Yuri!»

«Allora dimmi tutto. Ma non credere che basti questo per farti perdonare»

«Lo so bene, io non ti chiedo di perdonarmi... non me lo merito... Xander è qui, in queste caverne!»

«Lo immaginavo» ringhiò Xavia, stringendo i pugni con odio.

«Non ho tempo per spiegarti tutto nel dettaglio, ma tu non credere ad una sola parola di quello che ti dirà su tua figlia! E non credere nemmeno a Yuri: non è più in sé!»

«Che significa? Cosa le ha fatto?» 

«Posso spiegartelo dopo... ora non ho abbastanza tempo» rispose Mikayla, sofferente.

A quel punto, tornò definitivamente pazza. Si rialzò e, come se niente fosse, le ordinò di proseguire. Xavia sospirò, per poi seguire Mikayla, fino alla stanza connessa a quel cunicolo. Furono accolte da Ben:

«Oh, finalmente sei di ritorno, Mikayla!» 

La stanza in cui erano entrate era piuttosto larga e somigliava in qualche modo ad una sala riunioni, visto il lungo tavolo al centro e tutti quegli sgabelli e sedie attorno ad esso. Vide anche un uomo in abiti di cuoio, seduto su uno di quegli sgabelli. Poi c'era Xander. Xavia provò un miscuglio di emozioni: soggezione, dolore, rabbia, odio. Non era cambiato assolutamente di una virgola, specialmente il suo sguardo penetrante. Xavia si era messa l'anima in pace, quando Yuri le aveva riferito della sua morte. Invece eccolo lì, ad appena una decina di passi da lei. Mikayla, seccata, salutò il biondo frettolosamente:

«Ciao, Ben. Se vuoi fare battute, lascia perdere: ho mal di testa. Xander, se non ti dispiace io vado a portare Asta in cella» si massaggiò la tempia.

«Certo, fa' pure, sorellina. Ottimo lavoro!»

La voce di Xander fece eco nella testa di Xavia, facendola infuriare ancora di più. Lui si alzò e guardò l'altro sicario:

«Felix, va' a chiamare Yuri. Dobbiamo parlare con la nostra ospite» 

Quando Felix lasciò la stanza, guardò Xavia e le sorrise, come per prendersi gioco di lei:

«Alla fine ci rivediamo, amore! Quella cicatrice sulla tua tempia è nuova, vero?» 

«Vaffanculo, Xander!»

«Su, prendi posto! Non vorrai passare tutto il tempo in piedi»

«Sono qui per mia figlia. Dov'è?»

«Penso che intenda nostra figlia» 

«No. Mia figlia. Non hai alcun diritto di definirti suo padre, stronzo»

I due rimasero in silenzio per qualche secondo, fissandosi. Poi, lei non si trattenne più ed esplose: 

«Perché?! Perché volevi uccidermi?! Perché sei andato via con lei?!» 

Tutto il rancore, tutta la rabbia che aveva nei confronti di quell'uomo, che pensava di aver finalmente rimosso dalla sua vita dopo aver ritrovato Yuri, stavano riemergendo. 
Ma Xander, col solito sorrisetto, non rispose. Sentirono dei passi ed entrambi si voltarono a guardare:

«Perché non sentiamo il parere di nostra figlia?» 

Quel "nostra" fece infuriare di nuovo Xavia, che fece per avventarsi a braccia tese su di lui, quando vide Yuri.
 I capelli della Rider, prima lunghi e raccolti in una coda che scendeva fino a metà della sua schiena, ora erano stati tagliati e le arrivavano alle spalle. Ma, a parte quello, era lei.Yuri era spuntata da quel cunicolo, seguita da Felix. Si guardava intorno con una lieve confusione. Prima che Xavia corresse ad abbracciarla, la ragazzina si accostò a Xander con un sorriso affettuoso, sconvolgendola: 

«Ehi, papà! Mi hai chiamata?» chiese, con un sorriso raggiante.

Xavia si sentì mancare: Yuri l'aveva chiamato "papà". Dopo tutto quello che le aveva raccontato, in una sola settimana, aveva perdonato quell'essere disgustoso? Aveva dimenticato tutto il ribrezzo che aveva provato nei suoi confronti, quando sua madre le aveva rivelato la verità? Se Mikayla non le avesse dato quell'avvertimento, poco prima, probabilmente la cacciatrice sarebbe stata ancora più distrutta. Rimaneva comunque una scena straziante, per lei.

«Yuri?» sussurrò.

«Oh! Ciao, mamma!»

Il suo tono era dolce e allegro come al solito, solo che adesso sembrava quasi finto, e anche i suoi occhi azzurri apparivano spenti. 

«Non ci vediamo da un po'! Scusa, sarei tornata ad Astera ad avvisarti, ma papà ha detto che sarebbe potuto essere pericoloso, quindi sono rimasta qui»

«Xander, che diamine le hai fatto?» 

Il suo tono rabbioso confuse Yuri. Xander, con aria soddisfatta, rispose:

«Proprio di questo volevo parlarti. Yuri, siediti» 

«Va bene» 

Yuri corse ad uno sgabello. Passò accanto a Xavia, ma non la degnò di uno sguardo. La cacciatrice
 digrignò i denti, sospirando e fissando il marito. Ben e Felix presero posto al tavolo a loro volta. Solo Xavia, in quel momento, era ancora in piedi.

«Non ti siedi?» 

«Parla e basta, figlio di puttana. Se hai intenzione di tenermi qui con la forza, allora voglio solo sentire cosa hai fatto a mia figlia. Voglio restare il più lontano possibile da un mostro come te. Anzi, paragonarti ai mostri è come offenderli»

Yuri guardò la madre, confusa: 

«Mamma! Basta insultare papà, non ha fatto nulla di male!» 

Xander agitò la mano, distrattamente:

«Non ti preoccupare, Yuri. Tua madre è solo un po' permalosa: le passerà. Comunque, v
isto che Mikayla non è presente e ormai si è fatto tardi, risponderò alla tua domanda, amore. Ricordi il rituale sciamanico?»

«Il tuo regalo di nozze è stato quel gene di Zinogre: certo che me lo ricordo. Cosa c'entra con quello che hai fatto a mia figlia?»

«Nostra figlia, come i miei sottoposti, ora si è evoluta: non è più una comune mortale. No, tutti loro, lei compresa, adesso possiedono le abilità di vari mostri! Ho scoperto come effettuare il rituale sciamanico sulle persone dopo dozzine di tentativi, rendendo loro quattro molto più forti di qualsiasi cacciatore!»  il suo tono era folle e sognante.

Xavia rimase sconvolta: 

«Cosa?! Sei un animale, Xander! Questo è disumano, te ne rendi conto?! Quante vite hai sacrificato per fare questa scoperta?!»

«Parecchie - rispose lui, disinvolto - Ma quella è acqua passata, amore! Ti rendi conto di quanto sia rivoluzionario per tutta l'umanità? Si può dare a qualsiasi cacciatore la forza esplosiva di un Brachydios o la tenacia e ferocia di un Tigrex!»

Xavia allora sbatté un pugno sul tavolo, facendo sobbalzare gli altri: 

«Non mi interessa! Che gene hai usato su mia figlia, bastardo?»

«Un gene raro, che pochissimi Rider possono vantarsi di aver trovato. Non l'ho preso di persona, ma ho i miei contatti: sono loro che l'hanno recuperato per me, in attesa che trovassi un buon candidato a cui infonderlo» e indicò Yuri, che gonfiò il petto con orgoglio.

«E di che mostro sarebbe quel gene?» chiese Xavia, irritata.

«Di un Fatalis!» 

La ragazza sembrava emozionata e si portò le mani alle guance: 

«Ho il potere del Drago Nero di Schrade? Grazie, papà! Non saprò mai come sdebitarmi!» si alzò dalla sedia e si inchinò, letteralmente.

«Non sei ancora riuscita a manifestare i suoi poteri divini, ma sono fiducioso che lo farai presto, Yuri» le sorrise gentilmente Xander.

Xavia non poteva crederci.

«Le hai dato il potere del Dio Punitore? Xander, i Fatalis sono esseri apocalittici che odiano il genere umano! Non hai mai sentito parlare dei cacciatori posseduti da loro? Di coloro che impazziscono per aver indossato la loro armatura? Io stessa conosco una persona posseduta da un Fatalis, e quella persona è condannata alla furia e alla sete di sangue: l'ho visto coi miei occhi! E tu cosa fai? Metti un suo gene nel corpo di Yuri?! E ne vai fiero, senza nemmeno un minimo di paura delle conseguenze?! Sei pazzo!»

«A me sembra che nostra figlia stia bene. Senti qualcosa di strano, Yuri?» 

«Assolutamente no, papà! Mamma, capisco la tua paura, ma dico sul serio: non mi sono mai sentita meglio! Mi sento più potente che mai, adesso!»

Xavia chiuse gli occhi un momento, sospirando.

"Se Mikayla non mi avesse detto di non crederle... vederla così è tremendo! - pensò la donna - Ti aiuterò, Yuri, te lo prometto. Ma ho bisogno di più tempo e informazioni"

I suoi ragionamenti furono interrotti da un ordine di Xander:

«Felix, la nostra ospite sembra stanca. Che ne dici di portarla in cella?»

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Capitolo 29
*** L'ultima caccia ***


«In poche parole, quello che fate è infettare mostri e uccidere Draghi Anziani senza sosta, per un motivo che nemmeno sapete?»

Passata la notte, Mikayla ebbe modo di spiegare tutto anche a Xavia, come aveva già fatto con Yuri. Xavia era stata messa in una cella dalle sbarre di legno, perché Xander dava per scontato che non servisse quella con le sbarre in carbalite per lei. Mikayla, invece, era libera di stare fuori come premio per aver compiuto la missione senza intoppi.

«Sì, è esattamente così. Solo Xander sa lo scopo dell'operazione; noi tre non abbiamo alcun modo di disobbedire o ribellarci, a causa dei geni che portiamo nel corpo»

«In che senso?» 

«Xander può controllare l'Orrore Nero con la sua pietra infetta. A parte Bam e il Barioth sputafuoco, nessuno dei suoi mostri è legato a lui per imprinting: sono tutti manipolati da quella piaga. Lo stesso vale per noi, perché il rituale sciamanico ci ha trasmesso l'Orrore Nero come effetto collaterale. Secondo te, com'è possibile che Yuri si stia comportando così? Appena è arrivata, ha detto in faccia a Xander che lo odiava e che la sua opinione non cambierà mai»

«La sta controllando?» chiese la cacciatrice, incredula, e Mikayla annuì.

Xavia sospirò e sorrise, sollevata per il fatto che almeno la ragazza non avesse perdonato davvero quello che Xander aveva fatto.

«Tutti noi siamo manipolati da lui. Ieri hai visto l'altra me: è colpa sua. La mia versione omicida è l'Orrore Nero di cui sono portatrice, che diventa senziente e si impossessa di me ogni volta che si risveglia. Sono stata la prima persona su cui l'esperimento è riuscito; Xander me l'ha pure fatto due volte, perché all'inizio mi ha infuso un gene di Aptonoth, del tutto inutile»

«Mi dispiace. Degli altri cosa puoi dirmi?» 

«Felix era un normale cacciatore. Ha perso l'uso delle gambe, dopo che un ignis Glavenus gli ha devastato il bacino. Xander l'ha convinto a sottoporsi al rituale sciamanico e unirsi a lui solo perché avrebbe fatto qualunque cosa, pur di tornare a camminare. Ben, invece, aveva ragioni più egoistiche: era solo assetato di vendetta nei confronti di un collega di cui era invidioso. Col gene di Qurupeco, ha attirato tre Deviljho nel suo villaggio: tutti gli abitanti furono massacrati e mangiati. Ora, a distanza di anni, se ne vergogna a morte»

«Quindi sono stati ingannati in un momento di debolezza» 

«Sì. Xander fa così per ottenere quello che vuole: non è altro che un manipolatore egoista»

«Ha fatto la stessa cosa con me per garantirsi un erede, allora?» domandò la cacciatrice, sconfortata.

«Mi dispiace molto, Xavia. Non riesco a credere di non averlo capito in tempo. Con te mi sembrava felice, sai? Non avevo l'impressione che stesse fingendo di amarti. Davo per certo che fosse sincero; o forse gli volevo troppo bene per accorgermene. Magari è solo molto bravo a recitare, non saprei»

«Ormai quello che è stato, è stato - disse Xavia, afferrando le sbarre - Mikayla, mi è venuta un'idea. Posso fidarmi di te?» 

«Solo se non mi confidi niente, o l'altra me dirà tutto a Xander. Dimmi solo cosa vuoi che faccia, senza spiegare perché»

«Allora dammi la Pietra del Legame di Yuri e libera il suo Nargacuga»

«Cosa?»

«Fidati di me!»

"Che diavolo ha in mente quella donna? È più facile a dirsi che a farsi" pensò Mikayla, guardandosi intorno.

Era entrata nella stanza in cui si trovavano i mostri. 
Recuperare la pietra di Yuri non era stato difficile: non le ci volle niente a prenderla da dove Xander l'aveva messa e darla a Xavia. Ma il Nargacuga era un altro discorso; era propabile che l'attaccasse, una volta libero.

«Ehi, bel gattone!» bisbigliò, avvicinandosi alle sbarre di Narga.

Il wyvern-pantera la fissò e soffiò, scoprendo le zanne e rizzando le spine sulla coda. Mikayla fece per aprire la porta della gabbia, quando il mostro fu colpito da quattro coltelli da lancio imbevuti di narcotici. Mikayla sobbalzò: chi li aveva tirati? Il Nargacuga, colto alla sprovvista, sbatté contro le sbarre. Scosse la testa, socchiuse gli occhi e, infine, stramazzò su un fianco, con la lingua fuori. Mikayla non fece in tempo a reagire, che sentì qualcosa poggiarsi sulle sue labbra, nonostante non ci fosse nessuno. D'istinto, fece per mugolare e liberarsi la bocca, ma sentì una voce familiare rassicurarla:

«Sono io, Mikayla»

Era Felix, che apparve dal nulla. Le stava coprendo la bocca con la mano. Aspettò che lei si calmasse, prima di lasciare la presa. 
Immediatamente, la sorella di Xander si voltò a guardarlo, affannata.

«Mi hai fatto prendere un colpo!»

«Lavoriamo insieme da dieci anni e non ti sei ancora abituata alla mia furtività?» ridacchiò lui.

«Come faccio ad abituarmi, se fai sempre così?»

Felix mise via i coltelli da lancio e poggiò la schiena alla gabbia dell'Odogaron, che adesso non c'era perché Ben l'aveva portato con sé in una spedizione per infettare un Dodogama.

«Che stai facendo? Cosa volevi dal Nargacuga della ragazzina?» 

Mikayla si prese qualche secondo prima di rispondere, guardandosi intorno con circospezione. La terrorizzava coinvolgere l'amico in una cospirazione contro Xander, ma non aveva tanta scelta, ormai: Felix non era un tipo a cui era facile mentire, almeno per Mikayla. Quindi, con uno sbuffo carico di ansia, si decise a spiegare:

«Sto aiutando Xavia. Non so perché mi ha chiesto di liberara il Nargacuga, ma se può servire ad aiutare Yuri, mi basta questo!»

Felix notò che il suo tono era cambiato, nell'ultima frase: prima sembrava spaventata a morte; ora, invece, gli occhi azzurri della donna si erano accesi con una determinazione che non aveva mai visto prima.

«Ti stai mettendo contro tuo fratello? Sai che ti ucciderà, vero?» le chiese, preoccupato per lei.

«Non mi interessa. Felix, questa non è una vita! Ci lanciamo in missioni suicide ogni giorno, solo per raggiungere uno scopo di cui non sappiamo niente! Dipendiamo da un pazzo, egoista e calcolatore che ci tratta come bestie... anzi, come oggetti! Non possiamo nemmeno protestare, per colpa di quella fottuta pietra e i geni che ci ha dato!» 

Per la prima volta in dieci anni, Mikayla buttò fuori tutta la frustrazione che covava. Felix rimase senza parole, non avendola mai vista così.

«Felix, io e te potremmo rifarci una vita insieme, se riusciamo ad aiutare Xavia e Yuri! E anche se non ne usciamo vivi, io le aiuterò: ho un torto a cui rimediare» 

Felix le si avvicinò e poggiò una mano sulla testa di Mikayla, facendo volare via un paio di insetti-folgore: 

«Dubito che potremo avere una vita normale, dopo tutti i crimini che abbiamo commesso nel Vecchio Mondo. Ma mi avevi già convinto quando hai detto di voler aiutare Yuri. Sei una brava zia, Mikayla» le sorrise, accarezzandole una guancia.

«Vuoi dire che...» 

«Non dirò niente a Xander. Prima ero lì con voi, ho sentito Xavia darti le sue istruzioni. Volevo solo accertarmi che fossi abbastanza decisa ad andare fino in fondo»

«Davvero?» 

Felix aprì la gabbia di Narga, che cigolò.

«L'effetto del narcotico durerà un paio d'ore: sarà già scappato, quando torneremo»

«Ti ringrazio di cuore, Felix! Aspetta, "quando torneremo"? Che significa?»

«Oggi ci sarà la prima ed unica missione di Yuri. Xander ne ha parlato a me e a Ben ieri sera. Adesso ne riparlerà con te, lei e Xavia. Vieni con me»

«A cosa devo questa ora d'aria?» chiese Xavia con ironia, quando fu riportata dal marito.

Ben era venuto a farla uscire dalla gabbia. Dopo averle ridato la sua bisaccia, l'aveva accompagnata nella stanza col tavolo. Erano tutti presenti e, questa volta, Xander obbligò la moglie a sedersi accanto a lui; Yuri era dall'altro lato.

«Devo parlare con tutti voi della missione di oggi. Xavia, anche tu farai la tua parte: sarai fondamentale, se qualcosa va storto» cominciò Xander, con tono malizioso.

«Cosa devo fare, tirare sassi ai Barnos?» 

A quella battuta, tutti fecero una risata sommessa, zittita subito da uno sguardo arcigno del capo. 

«No, sarai la vittima sacrificale del nostro bersaglio, così noi possiamo scappare» 

«Non sapevo che si facessero sacrifici ai Barnos!»

«Falla finita! Sarà la prima missione di nostra figlia. Secondo i miei calcoli, sarà anche l'ultima caccia prima della fase finale del nostro piano»

Ben e Felix non fiatarono, avendo già sentito tutto la sera prima. Mikayla, invece, guardò il fratello a occhi sbarrati:

«Intendi... non puoi dire sul serio! Vuoi affidare questa missione a Yuri?!» 

Sia Xavia che Yuri la guardarono, la prima con confusione e la seconda con curiosità. 

«Mikayla, sai cosa succede quando mi interrompi, vero?» disse Xander, irritato.

«Oh, dannazione!» si lamentò Mikayla. 

Suo fratello alzò il braccio e attivò la pietra infetta, facendo emergere la sua personalità distorta.

«Per rispondere alla tua domanda: sì, è quella missione. Yuri se la può cavare, adesso che ha un gene di Fatalis. Contenta? Bene, allora sta' zitta» 

«Certo. Scusami» disse la Mikayla corrotta.

«Come stavo dicendo, la protagonista di questa missione sarà Yuri»

«Cosa devo fare?» chiese la Rider.

«Non dovrai fare altro che uccidere un mostro. Decidi tu come fare, l'importante è che muoia. Se non te la senti, ci pensiamo noi»

«Certo che no, papà! Ce la farò!» 

«Xander, quale mostro deve cacciare?» domandò Xavia, allarmata.

«Lo conosci molto bene. Ti ho osservata da lontano, quando l'hai affrontato sul dorso dello Zorah Magdaros. Non sei andata così male! Oeccato che poi siano stati altri quattro cacciatori a ucciderlo: mi sarebbe piaciuto vederti sbranata. Accidenti, l'hanno proprio macellato!»

«Di che stai parlando, papà?»

Xavia capì subito a cosa stava alludendo Xander, quindi trasalì e scattò in piedi: 

«Non puoi mandare Yuri contro un Nergigante!» gridò.

«Qual è il problema? A me non sembra che abbiano fatto tanta fatica ad abbatterlo. Inoltre, se la situazione precipita, ci saremo noi quattro. Se va ancora peggio, toccherà a te metterti in gioco per Yuri. Giusto, amore?» 

Xavia odiava ritrovarsi d'accordo con lui, ma annuì.

«Allora è deciso. Partiremo subito. Ehi, Yuri, questa sarà la tua prima uccisione nel Nuovo Mondo, vero?»

«Già! La prima creatura che uccido, a parte i tre cacciatori dell'altroieri»

«Cosa?» sobbalzò Xavia.

Xander ridacchiò:

«Sai, le vostre squadre di ricerca sono patetiche. Quei tre cacciatori si sono fatti scoprire subito da nostra figlia, quando sono passati davanti al nascondiglio!»

Xavia era sconvolta e nauseata:

«Quella squadra scomparsa? Yuri, li hai uccisi tu?!»

«È ovvio: continuavano a dirmi di seguirli e che dovevamo tornare ad Astera! Stavano pure per attaccare papà!»

«Oh no! No, non puoi averlo fatto!»

«Certo che l'ho fatto! Anzi, in realtà è stato davvero divertente sgozzarli. Avresti dovuto vedere com'erano terrorizzati!» 

L'allegria e la fierezza con cui la ragazzina lo disse era allucinante.

"Xander, giuro sulla mia vita che te la farò pagare!" pensò Xavia, stringendo i pugni.

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Capitolo 30
*** Il Nergigante ***


«Sei sicuro che darmi delle armi non sia rischioso? Per voi, intendo» chiese Xavia, ammiccando a Xander.

Si trovavano sul bordo di un alto precipizio, nella parte più settentrionale della Landa dei Cristalli. Ben si teneva in guardia, pronto a spararle con la balestra pesante se lei avesse provato a scappare. Felix, invece, le stava porgendo delle doppie lame di Lunastra. Xander replicò altrettanto ironicamente:

«Là dentro mi hai urlato in faccia perché voglio mandare Yuri contro un Nergigante, ora mi stai dicendo che lo affronteresti disarmata?»

«In effetti, devo riconoscerlo» 

«Mi ricordo che, quando ci siamo conosciuti, usavi delle doppie lame di Tigrex. Spero non ti sia arrugginita, dopo tanti anni»

«Vuoi un assaggio della mia danza delle lame? Sono sicura di essere letale quanto basta, non importa se preferisco i martelli. Però non ti garantisco una morte rapida: potrei mancare i tuoi organi e dissanguarti»

Mikayla ghignò e le puntò il dito contro:

«Provaci soltanto! Ti fulminerò prima ancora che muova un passo»

«Zitte, voi due! Concentratevi sull'operazione - si intromise Ben - Il Nergigante non è uno scherzo, dobbiamo stare pronti a intervenire se Yuri chiede aiuto» disse, osservando l'ampia vallata che iniziava oltre il dirupo. 

Yuri era al centro della valle, sola e in attesa: secondo Xander, il Nergigante sarebbe passato in volo di lì a poco. 

«Tra quanto arriverà il Divoratore?» chiese Felix. 

«L'ho avvistato qualche minuto fa, ormai dovremmo esserci» rimuginò Xander, scandagliando il cielo col binocolo.

«Secondo me, dovevamo darle qualche consiglio su come cacciarlo. E se si lascia sorprendere dal tuffo a bomba?» commentò Xavia, in preda all'ansia.

Xander le batté una mano sulla spalla e lei dovette resistere all'impulso di torcergli il polso:

«Rilassati, ormai ha il potere di un Fatalis: niente la può fermare! Ben, carica i proiettili esplosivi. Mikayla, stai pronta a lanciare un fulmine. Felix, prendi posizione. Dobbiamo colpirlo e costringerlo ad atterrare, così Yuri potrà iniziare a combattere. Muoversi!» 

«Sì!» risposero i tre.

Felix diventò invisibile e scese dall'altura scivolando lungo dei viticci di edera secca che ricoprivano il costone roccioso. Ben mise dei proiettili esplosivi nel caricatore e puntò la balestra verso il cielo. Mikayla socchiuse gli occhi e irrigidì le dita, mentre sulle sue braccia si formavano delle brillanti scariche elettriche.

«E noi due? Non facciamo niente?» chiese Xavia, in ansia.

Xander annuì:

«Tu goditi lo spettacolo, amore. Sai, lo sto facendo per nostra figlia: un rischio alto come questo dovrebbe darle la giusta spinta per evocare i suoi poteri sopiti»

«Il suo Legiana ha impiegato settimane a imparare a lanciare fulmini, dopo che lei gli ha dato il gene di Zinogre. Non pensi di correre troppo?» 

«La sensazione di essere in pericolo è un ottimo catalizzatore per i geni, sai?» le rispose Xander, col solito sorrisetto beffardo. 

Yuri era più emozionata che mai: stava per uccidere un Drago Anziano, senza l'aiuto di nessuno! Per troppo tempo il ridicolo codice morale dei Rider le aveva impedito di mettere alla prova il suo talento, visto che ad Hakum e negli altri villaggi di Rider ammazzare quei mostri era visto come un sacrilegio e un disonore. Ma ora, finalmente, aveva un valido sfidante che l'avrebbe aiutata a sperimentare i suoi nuovi poteri.

"Dov'è quel Drago Anziano?! Non resisto più! Voglio combattere!" pensò, spazientita.

Suo padre le aveva detto che, sfidandolo, avrebbero fermato il Nergigante se avesse tentato di scappare. Così, Yuri avrebbe avuto la possibilità di prendersi tutto il merito della morte di un Divoratore di Anziani. Le avevano descritto il suo aspetto e l'avevano avvertita delle sue capacità rigenerative, ma Yuri era piuttosto curiosa di vederlo di persona. Alla fine, il momento giunse: sentì delle esplosioni, seguite da un ruggito tonante e rauco. Il cielo fu varcato da un fulmine azzurro, scagliato da Mikayla, che si abbatté su un drago apparso all'improvviso. Quella sagoma possente precipitò nella vallata, schiantandosi sul suolo vulcanico e sollevando un polverone. La creatura si rialzò in fretta, guardando gli umani sul bordo della parete di roccia. Non sarebbe certo bastata una scossa a stendere il terrore di tutti i Draghi Anziani. Yuri squadrò il mostro con ammirazione: con quelle corna, quello sguardo furente, quelle spine e quella muscolatura, era molto più minaccioso di quanto immaginasse. Ogni parte di lui faceva capire bene che era nato per combattere. Yuri era semplicemente meravigliata. Trovare un uovo di Nergigante sarebbe stato strepitoso: la sua amica Irene sarebbe stata invidiosa di lei a vita! Sorrise con gioia, per poi chiudere gli occhi un momento e fare un respiro profondo. Sfoderò la spada e la batté contro lo scudo per fare rumore. 

Il Nergigante, sentendo il clangore, si accorse di lei. Ebbe un attimo di esitazione e la Rider ne approfittò: gli si avvicinò di corsa e trafisse la sua zampa destra, strappandogli un gemito di sorpresa. D'istinto, il drago fece un salto all'indietro per prendere le distanze. Yuri se l'aspettava, quindi lasciò l'impugnatura per non farsi trascinare dalla spada. Fece un sorrisetto di sfida, mentre il Nergigante ruggiva, soffiandole addosso un alito che odorava di sangue e morte. Il drago si diede la spinta con un battito d'ali e balzò su di lei, pestando una zampa per terra. Yuri rotolò via all'ultimo e il pugno del nergigante lasciò un buco nel tufo. La creatura era più veloce del previsto, ma non era niente che non potesse gestire. Il Nergigante sfilò la zampa dal buco e fendé l'aria con gli artigli, costringendola ad abbassarsi per non essere tagliata a fette. Un istante dopo, il mostro pestò ancora la zampa a terra e la mancò. Tuttavia, l'impatto fu tale che le spine sull'arto furono scagliate in tutte le direzioni. Yuri si riparò con lo scudo e uno degli aculei lo penetrò, incastrandosi subito prima di infilzarle la faccia. Yuri guardò quella punta ossea e sudò freddo: c'era mancato poco.

"Devo farlo stancare; non mi piacciono quelle spine!" pensò la ragazza. 

Quello che accadde subito dopo la stupì: le spine rotte del Nergigante erano ricresciute subito e adesso erano lunghe il doppio di prima e bianche. Anche alcune delle altre erano cresciute, ma si erano annerite. Non sapendo cosa fare, la Rider continuò schivare le zampate, codate e cornate che il mostro tirava senza sosta, ogni tanto sbattendogli lo scudo sulla mascella per stordirlo. Ad un certo punto, tutte le spine del Nergigante diventarono lunghissime, nere e dure come la pietra. Yuri decise di passare al contrattacco: dopo l'ennesima artigliata, si avvicinò di corsa ed estrasse la spada dalla zampa della creatura, sporcandosi il viso con lo schizzo di sangue che uscì dal taglio. Schivò un altro colpo e si aggrappò ad una delle spine più grosse. Si diede la spinta e si arrampicò sul fianco del mostro, raggiungendo infine la schiena. Una volta in groppa, si aggrappò saldamente agli aculei per non farsi disarcionare, nonostante lo scalpitare furioso del Nergigante. Quando il drago si fermò un attimo per riprendere fiato, Yuri balzò a terra, raggiunse la coda e, con una forza di cui si stupì pure lei, la tranciò in un colpo solo. Il Nergigante, in preda al dolore, ruggì e incespicò. Yuri ghignò, fiera di sé: la coda del Divoratore si trovava ai suoi piedi, stillando sangue.

«Mi aspettavo di più da te!» esclamò al Nergigante, sorridendo spavaldamente.

Il Nergigante andò su tutte le furie. Con uno scatto improvviso, si avventò su Yuri e la bloccò a terra, schiacciandola sotto il suo peso con una zampa. Il sorriso della Rider svanì, cedendo il posto al panico. Il Nergigante strinse gli artigli su di lei fino ad afferrarla e la lanciò dall'altra parte della vallata. Yuri rotolò nel tufo, riempiendosi di graffi e lividi, ma si rialzò appena riuscì a fermarsi. Provò a rispondere all'assalto avvicinandosi a passo di carica, ma il drago fece un balzo in alto e si schiantò al suolo, sbattendo le zampe sulle rocce e provocando un'immensa pioggia di aculei: ancora una volta, Yuri parò appena in tempo, solo che stavolta l'impatto fu tale che si ritrovò gambe all'aria.

Appena il Nergigante atterrò Yuri, Xavia andò in preda al panico e decise che non poteva più stare a guardare. Supplicò Ben e Mikayla:

«Basta così! Aiutatela!»

Ma Xander scosse la testa:

«No, aspetta ancora un po': voglio vedere cosa si inventerà Yuri»

«Sei pazzo! Morirà!»

«Non essere tragica! Il gene ha aumentato la sua tempra: se subirà danni, non sarà molto grave»

Xavia fece per ribattere, ma lui le indicò la vallata con orgoglio: Yuri era riuscita ad aprire un taglio lungo e profondo nel petto del Nergigante, dopo averlo stordito con un colpo di scudo. Ma questo non era niente per il Divoratore: l'unico risultato fu che si arrabbiò ancora di più.

Il Nergigante scaraventò via Yuri colpendola con uno scatto dell'ala destra. Mentre lei si rialzava, ruggì e si alzò in volo, allontanandosi.

«Cosa fai, scappi? Torna qui, vigliacco!» urlò Yuri. 

Ma, all'improvviso, il mostro scese in picchiata su di lei. Ci fu un fracasso assordante che fece eco per tutta la Landa dei Cristalli; l'intera vallata fu cosparsa di spine rotte e dove si schiantò rimase uno squarcio che tagliò il paesaggio in due. E in quello squarcio c'era Yuri, spiattellata a terra come una foglia calpestata, dilaniata da capo a piedi e cosparsa di lesioni. Con sua grande sorpresa, riuscì a mettersi seduta, ma fu doloroso. Tossiva sangue e le girava la testa, le sue orecchie fischiavano. Quell'attacco era il tuffo a bomba, ciò che rendeva i Nergiganti temuti e conosciuti da tutti. Yuri si prese qualche secondo per riprendersi; qualche istante dopo, le sue ferite si rimarginarono e tornò come nuova. A
ncora stordita, guardò il suo corpo tornato intatto e indenne con un certo stupore. Incapace di rialzarsi, vide il Nergigante balzare su di lei e chiuse gli occhi, in attesa del colpo; ma non ci fu nessun colpo.

"Cosa?" si domandò, sorpresa. 

Sentì un ruggito da pantera che avrebbe riconosciuto tra mille e, incredula, aprì gli occhi: come dal nulla, era apparso un Nargacuga, che si era scagliato sul Nergigante prima che la colpisse e ora si era frapposto tra lei e il drago. Le macchie bianche sul suo pelo nero non lasciavano dubbi sulla sua identità:

«Narga?!» sobbalzò, mentre il wyvern strusciava affettuosamente il becco sulle sue guance.

La Rider sapeva che quello era il modo in cui i suoi mostri le chiedevano se stesse bene, ma in quel momento la cosa la fece solo imbestialire e digrignare i denti: 

«Sto bene, Narga! Smettila!» esclamò, rabbiosa. 

Si rialzò forse troppo fretta, tanto che le gambe non ressero quello sforzo improvviso e si ritrovò in ginocchio. Il Nargacuga, confuso dalla sua reazione, emise un versetto preoccupato e spaventato al contempo. La
 Rider era furiosa: una volta in piedi, cominciò a rimproverare il suo mostro:

«Sei venuto a rubarmi l'uccisione, Narga? Il Nergigante è la mia preda! Non osare avvicinarti! Sparisci dalla mia vista!» 

La freddezza nella voce della padrona intimorì il Nargacuga. Narga si frappose fra lei e il Nergigante, ma Yuri lo superò. Il wyvern-pantera ruggì alla ragazza, agitato e confuso. Yuri strinse i denti e lo fissò, furente. Fu allora che accadde: la ragazzina scattò in avanti e pestò lo scudo sul muso del Nargacuga, facendolo cadere per la botta e spaccando la punta del suo becco: ora la mascella di Narga era spezzata a metà.

«Ti ho detto di non metterti in mezzo. Via!»

Quella distrazione le costò caro: il Nergigante riprese lo scontro di punto in bianco e la colpì alle spalle con una cornata. Con un gemito, Yuri fece un volo di cinque metri e si schiantò sul tufo, stordita. Si voltò in tempo per vederlo ritto sulle zampe posteriori, a due passi da lei, pronto a spappolarle la testa con un ultimo pugno. Ma Narga, con un ruggito, salvò di nuovo la padrona: placcò il Divoratore a zampe tese, facendolo rovesciare sul dorso, e gli azzannò il collo. Il Nergigante, inferocito, lo afferrò e lo spinse via, mandandolo a rotolare nella polvere. Tentò di colpirlo, ma il Nargacuga schivò con un salto agile e aggraziato e gli lanciò degli aculei, cavandogli un occhio. Ora mezzo cieco, il Nergigante incespicò e urlò, sofferente, mentre Narga cercava di intimidirlo soffiando e agitando la coda come un sonaglio. I suoi occhi si illuminarono come tizzoni e provò un assalto: balzò verso il Nergigante, puntando alla gola. Ma il Divoratore fu più svelto e lo sbatté a terra con un'artigliata, prima che lo raggiungesse.

Narga fece per rialzarsi e scattare via, ma il drago gli schiacciò l'ala sinistra con tutta la sua forza. Narga sentì una fitta tremenda e urlò: la zampata gli aveva fracassato le falangi e sbrindellato la membrana. A quel punto, il Nergigante lo afferrò per il collo, lo sollevò di peso e lo sbatté a terra come una pezza, facendogli scricchiolare le vertebre. A quel punto, gli bloccò ciascun arto con le zampe e lo stordì con una testata. Una volta che Narga fu inerme, il drago gli morse la gola e cominciò a stringere per soffocarlo. Ci stava mettendo così tanta forza che la sua mascella tremolava. Narga si ritrovò all'improvviso senza più aria; provò a dibattersi, ma ormai era esausto. Un rivolo di sangue colò dalla sua trachea, sporcandogli il pelo. Fu in quel momento che il suo sguardo si incrociò con quello di Yuri, rimasta come inebetita alla vista del loro scontro. La ragazzina rimase come ipnotizzata dagli occhi del suo mostro, del suo amico, sempre colmi di affetto e rassicuranti, nonostante la situazione. Ed ecco che, all'improvviso, nella sua testa fece eco una voce maschile, serena e gentile, mentre gli occhi di Narga cominciavano lentamente a rovesciarsi all'indietro:

Ti voglio bene, Yuri.

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Capitolo 31
*** Risveglio ***


Yuri non era padrona del suo corpo. Si sentiva come se la sua mente fosse imprigionata in un ammasso di carne che si muoveva da solo, come un automa. I suoi pensieri erano distorti e in pezzi, tenuti insieme solo dai ricordi di tutta la sua vita: tutto quello che era successo dopo il rituale sciamanico era sfumato come vapore. Ora sapeva quello che provava Mikayla quando la sua seconda personalità prendeva il controllo: la sua coscienza era rinchiusa in una sorta di campana di cristallo; vedeva tutto, ma il suo corpo agiva per conto proprio. Quel vetro, però, era opaco: non vedeva nient'altro che sagome sfocate. Quand'ecco che, all'improvviso, le apparve un'immagine chiara e distinta: Narga. Voleva alzarsi, abbracciarlo e ringraziarlo perché l'aveva salvata dal Nergigante; ma non riusciva più a controllarsi, da quando Xander l'aveva infettata. Per questo il suo tono era diventato furibondo e irritato, al pensiero del mostro che era arrivato a interferire con la sua caccia. Il suo unico ringraziamento era stato un colpo di scudo sul becco. Non si era mai vergognata tanto di sé. Adesso Narga stava morendo, con la gola serrata tra le fauci del Nergigante, e lei non stava facendo niente per impedire che il suo amico venisse ucciso. Questo era troppo: non poteva lasciare che succedesse, non se lo sarebbe mai perdonato. Cercò, con tutte le sue forze, di alzarsi e correre ad aiutarlo. La sua testa sembrava scoppiare dallo sforzo. La sensazione di impotenza era orribile e diventò presto frustrazione... la quale cedé il posto alla rabbia. E, infine, ci fu la spinta finale:

Ti voglio bene, Yuri. 

Fu così che, di colpo, si ritrovò finalmente libera dalla sua personalità distorta. Tutto il mondo intorno a lei si fece nitido e, quando provò a muoversi, ci riuscì. Era una sensazione stupenda, poter fare quello che voleva davvero; ma non ci pensò molto, perché ora si sentiva come se un rogo le stesse bruciando l'anima. In un istante, la sua mente fu pervasa da una furia inarrestabile. Puntò il suo sguardo sul Nergigante, che stava per finire Narga, e sentì una grandissima voglia di ammazzarlo.

«Lascialo andare!» gridò.

I quattro spettatori in cima al precipizio non si accorsero di quello che stava succedendo alla Rider: erano troppo impegnati a discutere.

«Qualcuno mi vuole dire perché diamine quel Nargacuga è lì?!» sbraitò Xander.

«La colpa è tutta di Xavia» rispose Mikayla, tranquilla.

«Cosa?!»

«Prima, mi ha chiesto di liberarlo. Non so perché»

«E tu l'hai ascoltata? Razza di stupida! Ne riparliamo dopo, sorellina - si voltò verso Xavia, infuriato - Tu! Come ti permetti di sabotarmi?»

Xavia trattenne a stento un sorriso compiaciuto:

«Che c'è? Ti dà fastidio quando non va tutto come previsto?»

«Sei proprio...»

«Anzi, la colpa è tua: se sono davvero così superflua, non aveva senso farmi venire! Ah, giusto: a te serve qualcuno da punzecchiare, altrimenti a fare il pazzo non c'è abbastanza gusto. Mi fai pena, Xander. Dico sul serio»

«Chiudi la bocca, lurida...»

Ma Ben, che stava guardando la battaglia col binocolo, sobbalzò e disse a tutti di guardare. Tutti si girarono e rimasero senza parole: Yuri aveva gettato spada e scudo e si era precipitata sul Nergigante. Lo colpì con un pugno e lo fece cadere per terra, disteso su un fianco. Il Nargacuga, liberato un istante prima di morire, si accasciò al suolo e si riempì i polmoni d'aria, con dei colpi di tosse. Scosse debolmente la testa e si leccò l'ala martoriata, tenendo le orecchie abbassate. Mentre il Nergigante stava a terra col capogiro, Yuri corse dal suo mostro e lo abbracciò. Poi, dopo avergli dato un buffetto per confortarlo, gli fece segno di scappare. Il Nargacuga esitò un secondo, ma alla fine obbedì: si allontanò zoppicando, dopodiché scalò a fatica la parete rocciosa opposta a quella su cui il gruppo era appostato ed entrò in un crepaccio, svanendo alla vista. Tutti quanti non potevano crederci: come aveva fatto Yuri a stordire il Nergigante con un semplice pugno? Xavia rifletté un secondo, poi le venne un orrendo sospetto e trasalì. Chiese a Ben di darle il binocolo; il biondo rimase interdetto, quindi lei sbuffò e glielo sfilò di mano, ingrandendo l'immagine per vedere bene sua figlia: ebbe subito la conferma del suo timore.

«Non ci posso credere» mormorò.

«Che sta succedendo?» chiese Xander, stizzito.

Xavia gli sbatté il binocolo in mano, esortandolo a guardare:

«Be', congratulazioni, psicopatico: il tuo gene ha funzionato» ringhiò, furiosa.

Xander guardò e rimase a bocca aperta: gli occhi azzurri di Yuri erano diventanti luminosi, splendevano di un'intensa luce blu scuro che quasi abbagliava. In più, le vene sotto la sua pelle si erano gonfiate ed erano diventate cremisi: sporgevano sulla sua cute, disegnando delle impressionanti ragnatele scarlatte sulle sue guance.

«Cosa? Non pensavo che i poteri di un Fatalis fossero questi!» esclamò.

«E invece è così. Dannazione, l'hai fatta diventare come Occhi di Sangue! L'hai maledetta!» sbraitò Xavia, disperata.

«Occhi di Sangue? Chi è?» chiese lui, confuso.

«Lo so io, Xander: una volta mi è sembrato di sentire la gente parlare di lei, ad Astera» iniziò a spiegare Mikayla.

Ma fu interrotta da un gemito: Yuri aveva afferrato la testa del Nergigante con entrambe le mani e le aveva dato fuoco. Tutti sobbalzarono, increduli e colti alla sprovvista; Mikayla, invece, fece dei passi indietro e sbarrò gli occhi. Sembrava agitata e, appena lo notò, Xavia tirò un sospiro di sollievo: voleva dire che il suo piano avrebbe funzionato. Dunque, era quello il nuovo potere di Yuri? Il controllo assoluto del fuoco, ancora più di quanto ne avessero i Teostra? Mentre rimuginava, sentì Yuri urlare e tornò a guardare la vallata. 
Il Nergigante, col muso ricoperto di ustioni, fece dei passi indietro, improvvisamente terrorizzato. Emise un ultimo ruggito intimidatorio, dopodiché spiegò le ali e spiccò il volo, allontanandosi nel cielo.

«No! Dannazione, no! Se l'è fatto scappare!» esclamò Xander, infuriato.

Ma si rese conto subito, con sua grande frustrazione, che la cosa interessava solo a lui: tutti gli altri stavano guardando la Rider con soggezione e timore.

Yuri rimase immobile, ma poi cadde in ginocchio, respirando affannosamente. A quel punto, Felix pensò che fosse il caso di raggiungerla. Tornò visibile e si accostò a lei:

«Stai bene, Yuri?» chiese, intimorito.

La ragazzina lo fissò con uno sguardo così minaccioso da farlo sobbalzare e domandò:

«Dov'è mia madre?»

Felix indicò tutti gli altri, che stavano scendendo dalla parete rocciosa, e rispose:

«Stanno arrivando»

«Hai visto cos'ho fatto al Nergigante?»

«Sì»

«Di' a quel rifiuto di mio padre di starmi lontano, o lo brucio vivo. Voglio parlare solo con Xavia. Sono stata chiara?»

Lui balbettò un flebile "sì", terrorizzato da quello sguardo colmo di furia cieca. Pochi minuti dopo, fu raggiunta da sua madre. Era ancora in preda alla furia del Fatalis, ma Xavia non sembrava affatto spaventata da lei. Le poggiò le mani sulle spalle, le sorrise e chiese:

«Stai bene, Yuri?»

«Oh, mamma!»

Le due si abbracciarono. Le vene sporgenti si smorzarono un po', passando dal cremisi al rosso scuro, ma rimasero. 

Mentre tornavano al nascondiglio, Xander era su tutte le furie ed esigeva spiegazioni. Voleva sapere perché aveva lasciato scappare il Nergigante, rovinando l'operazione. Non sembrava preoccupato all'idea di affrontarla, nonostante fosse ancora infuriata e fortissima.

«Uno dei miei mostri è quasi morto. Io stavo per uccidere un Drago Anziano, la cosa più sacrilega per un Rider. Ho ucciso tre persone e ci ho provato gusto! È tutta colpa tua! Sta' zitto, mostro!» ribatté lei.

«Mia? Sei tu che li hai uccisi! Potevi lasciarli a me, invece hai insistito per tagliare le loro gole di persona» la provocò lui.

«No, è colpa tua! Tua e dello stupido gene che mi hai messo dentro!»

«Be', in realtà è colpa di tua madre se il Nargacuga è diventato il sacco da pugilato di quel drago, sai?» si intromise Mikayla.

Yuri guardò la madre, sorpresa: 

«Che significa?»

«Mi ha chiesto lei di liberare il Nargacuga. Se fosse rimasto nella sua gabbia, ora non sarebbe disperso e conciato da buttar via»

Xavia, allora, sospirò e distolse lo sguardo da Yuri: 

«È vero. Pensavo di scappare con te e Narga; non mi aspettavo che avrebbe affrontato il Nergigante» 

Si prese un momento di pausa e distolse lo sguardo dalla figlia. Yuri scosse la testa e fissò la zia, disgustata:

«Siete tutti così subdoli ed egoisti! Vuoi addossare la colpa all'unica tra voi che non mi ha usata? Che si è presa cura di me? Che stava tentando di aiutarmi?»

Xander si spazientì:

«Stammi a sentire, io...»

Ma fu interrotto da una forte vampata di calore che lo investì. L'aria era così forte che lo sbatté al muro e la temperatura si alzò al punto che si sentirono tutti come in una fornace. Mikayla si rifugiò subito dietro Felix, quando il corpo di Yuri fu circondato da un'aura di fiamme dorate simile a quella dei Teostra. I suoi occhi brillarono come due fari blu cobalto e le vene in rilievo tornarono cremisi. 

«Zitto! Non voglio sentire una parola da te» gli intimò Yuri, a denti stretti.

Suo padre, ferito nell'orgoglio, alzò il braccio destro. La sua Pietra del Legame infetta si accese e una voluta di fumo dell'Orrore Nero cominciò ad uscire dalla pelle di Yuri. La Rider si portò le mani alle tempie, chiudendo gli occhi e stringendo i denti: 

«Smettila!» urlò, furente.

All'improvviso, scattò in avanti e afferrò i polsi di Xander, mandandol a fuoco.

«Aaaaaaaah! Cazzo! Cazzo!» urlò lui, straziato.

Quando la ragazzina mollò la presa, i suoi parabraccia si erano ormai liquefatti. Xander se li tolse in fretta e furia e, piangendo per il dolore, si fissò gli avambracci: fumavano ed erano ricoperti per intero da ustioni nere che puzzavano di carne alla brace. 

«Aaaaaah! Piccola stronza! Le mie braccia!»

«Sono stata generosa. Se ci provi un'altra volta, sta' certo che ti sciolgo la faccia!» lo minacciò sua figlia.

Le sue fiamme, poco alla volta, si spensero. Xavia le poggiò una mano sulla spalla, cercando di calmarla: quello stato di furia stava durando decisamente troppo, cominciava a spaventarsi.

«Mamma, sto bene. Tranquilla, questo schifoso non entrerà più nella mia testa» le sorrise la Rider.

Xander, sforzandosi di ignorare il bruciore straziante, recuperò il suo bracciale e la pietra.

«Muoviamoci! È inutile restare qui più a lungo. Ben, devi assolutamente mettermi qualcosa sulle braccia!» ordinò al medico.

«Altroché!» commentò il biondo, con un fischio.

«Questa missione è stata un disastro. Dubito che il Nergigante avrà voglia di tornare in questa zona tanto presto, perciò rimane solo l'alternativa»

In tutta onestà, a Yuri non interessava cosa fosse questa "alternativa". Quando tornarono al nascondiglio, Yuri si calmò del tutto e i segni del gene di Fatalis scomparvero. Ben e Mikayla la rinchiusero in una gabbia davanti a quella di Xavia, con le sbarre in ossidiana. Poi, Xander e i suoi sottoposti le lasciarono da sole e andarono in un'altra stanza per discutere. Nella fretta, però, si scordarono di riprendersi le doppie lame e la borsa di Xavia. La stanza con le gabbie era silenziosa. Yuri era scossa per quello che il gene di Fatalis le aveva permesso di fare, oltre a essere tormentata dal senso di colpa per aver ucciso quei cacciatori. Non faceva altro che fissare il vuoto, con uno sguardo inespressivo. Alla fine, il silenzio fu rotto da Xavia:

«Sono felice che sia tornata in te, Yuri»

«Anch'io»

«Mi dispiace per il tuo Nargacuga. Avrei dovuto inventarmi qualcosa di più sicuro» 

«Mamma, basta coi sensi di colpa. Non sono arrabbiata con te. Tu volevi solo aiutarmi, mentre io ero schiava di questa schifosa malattia e di quell'essere immondo. Almeno Narga non si è fatto male per niente: è grazie a lui se sono tornata in me»

«Ce ne andremo presto da qui. È una promessa» 

Xavia sorrise e allungò il braccio fuori dalla sua cella, cercando di sfiorare le dita di Yuri, che stava facendo altrettanto.

Mikayla ritornò in quella stanza mezz'ora dopo; batté le mani e affermò:

«Bene, ragazze, gli altri sono andati a ultimare i preparativi per l'alternativa. Hanno lasciato me qui, per farvi la guardia. Non che possiate uscire da lì, è ovvio»

Era ancora influenzata dall'Orrore Nero. Era finalmente ora di avviare il piano. Xavia voleva darle una possibilità, quindi cercò di parlarle:

«Mikayla, ascoltami. So che Yuri ti sta a cuore: hai accettato di aiutarmi perché volevi che stesse bene, che tornasse normale. Possiamo aiutare anche te, se ci lasci andare subito»

«Ehi, solo perché Yuri si è liberata dell'altra sé grazie al suo Nargacuga, non significa che riuscirai a farlo con me, violetta» rise Mikayla, maliziosa.

«Te lo sto chiedendo per il tuo bene, Mikayla»

«Non farmi ridere! Perché mai?»

«Tra qualche minuto, non avrai più molta scelta. Se non vorrai aiutarci, sarò obbligata a usare le maniere forti»

«Oh, che paura! E come vorresti usare le maniere forti, eh? Sei tutta sola in una gabbia, con delle doppie lame che non farai in tempo a sfoderare prima che ti carbonizzi»

Xavia, tuttavia, sorrise e indicò una luce verdognola alle spalle di Mikayla: 

«Sai, credo che dovrai riformulare quella frase, tra qualche minuto» disse.

Mikayla, confusa, si voltò e vide decine di lucciole verde chiaro ronzare sopra di lei. Raggiunsero Xavia, si posarono sulla sua armatura per qualche istante e poi sirialzarono in volo, tornando da dove erano venute.

«Insetti-guida?!» sobbalzò Mikayla.

«Grazie per avermi fatto lasciare il martello su quel ceppo, nella Foresta Antica. Lo uso così spesso che è pieno del mio odore: facilissimo da memorizzare, per lo sciame!» rivelò Xavia, trionfante.

Sua cognata strinse i pugni, furibonda:

«Ucciderò chiunque venga qui! Li hai solo condannati a morte!» esclamò.

«No, non te lo permetterò» le disse Xavia.

Frugò nella borsa e tirò fuori il ciottolo con la runa. Aveva detto che era un cimelio di famiglia, ma in realtà si trattava di ben altro.

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Capitolo 32
*** Evasione ***


«Sai, una volta Xander mi ha detto che sei terrorizzata dal fuoco, Mikayla» 

La voce calma di Xavia, ora in piedi nella sua gabbia di legno, fece innervosire Mikayla: 

«Non ho paura di niente» ribatté.

Si stava arrabbiando, ma Xavia non si scompose:

«Mi ha raccontato della morte dei vostri genitori. Sono morti in un incendio che ha raso al suolo la vostra casetta, nei dintorni di Pokke. Solo voi due vi siete salvati. Lui era fuori casa, ma tu ne sei uscita per miracolo, piena di ustioni. Scommetto che quando Erika ti ha distrutto gli abiti, ti vergognavi più delle cicatrici, che della nudità» 

Punta sul vivo, Mikayla diventò paonazza:

«Quanto sei dolce! Ti ricordi ancora certe cazzate, dopo così tanti anni? Ne sono lusingata, ma dove vuoi andare a parare? Devo andare a incenerire chiunque stia arrivando, quindi vai al punto!» replicò.

«Scusa, Mikayla» sospirò Xavia.

Sperava di convincere la cognata, mettendo a nudo la sua paura. A quanto pareva, invece, non funzionava sulla sua seconda personalità. Ma ciò non toglieva che anche solo parlarne la sconvolgeva. 
La cacciatrice, stringendo il ciottolo, tese il braccio in avanti di scatto. In un secondo, davanti alla pietra si formò un triangolo rosso, simbolo alchemico del fuoco. A quel punto, dalla pietra partì un'ampia e intensa ondata di fuoco che investì le sbarre; il legno arse all'istante e si sgretolò. Mikayla, sconvolta, inciampò e cadde all'indietro. Strisciò in fretta e furia fino al muro e si mise le mani davanti alla faccia per ripararsi, pallida e terrorizzata:

«
Cos'è quella pietra?!» chiese Yuri, incredula.

Xavia ignorò la figlia per un momento. Stringendo i denti, tirò un calcio a quel poco che rimaneva delle sbarre e uscì. A quel punto, ignorando il bruciore, afferrò due pezzi di brace ancora roventi e li lanciò ai piedi di Mikayla. Ritrovandoseli a pochi centimetri da sé, sua cognata cominciò a sudare freddo:

«Cosa credi di fare?» mormorò, impaurita. 

Era diventata pallida e il suo sguardo guizzava da un pezzo di brace all'altro, seguendo i movimenti di ogni singola scintilla.

«Ti sconfiggo senza combattere. Non ho speranze contro di te: non mi restava che giocare sporco» disse la cacciatrice.

Non le piacevano le strategie subdole, ma era meglio così. 
Mikayla, ormai in preda al panico, fece un ultimo tentativo di ribattere: 

«Non mi farò spaventare da qualche legnetto bruciato!» 

Si alzò e tentò di avventarsi su Xavia, ma le sue gambe tremanti cedettero quasi subito e si ritrovò in ginocchio. Imprecò sottovoce, mentre il suo respiro diventava sempre più affannoso; si sentiva il cuore in gola. Alla fine, i suoi nervi non ressero più: prese a singhiozzare e, con le labbra tremanti, guardò la cognata con sguardo supplichevole: 

«Va bene, hai vinto! Ma spegni queste fiamme, ti supplico!» esclamò. 


La cacciatrice non rispose, aspettando che Mikayla crollasse. Alla fine, la sorella di Xander svenne, accasciandosi sulle rocce. Xavia tirò un sospiro di sollievo e si ricordò di Yuri; mise via la pietra e corse ad aprire il cancello della sua gabbia in ossidiana. Notò la sua espressione confusa e sconvolta ma, prima che potesse fare domande, la cacciatrice si affrettò a spiegare in due parole: 

«È una storia lunga. Questo è il segno Igni. Me l'ha dato Fulbert di Mag Turga, un tizio venuto da un altro mondo, un posto in cui esiste la magia. Era uno strigo, qualunque cosa significhi»

«Cosa? Un altro mondo? Magia?» sobbalzò Yuri, incredula.

«So che sembra assurdo, ma è tutto vero. Te lo racconterò meglio un'altra volta»

«Sei proprio sicura che questo Fulbert venisse da un altro mondo?»

«Sì: l'ho visto. Assieme a lui c'erano quattro creature dalla sua dimensione, davvero impressionanti»

Yuri si concesse qualche secondo per elaborare: in passato, aveva sentito qualche ciarlatano fantasticare sul concetto del "Multiverso", sull'esistenza di infiniti mondi paralleli. Era sempre stata convinta fosse solo una fantasia, invece sembrava proprio vero. Dopo averci riflettuto, uscì dalla gabbia e rivolse uno sguardo impietosito a Mikayla, ancora priva di sensi: 

«Starà bene?» chiese, dispiaciuta.

«Ma certo: è solo svenuta. Anzi, ho un favore da chiederti, Yuri. Visto che ti sei "ambientata" qui, sai dove possiamo trovare delle corde? Giusto per essere più sicure che non provi a farci brutti scherzi, una volta sveglia»

«Ehm... sì, certo! Vado a prenderle! Torno subito» 

Yuri andò subito nella grotta-infermeria e prese dei lacci.

Xavia osservava la cognata ancora svenuta, ora legata nella gabbia dalle sbarre in corazza di Barroth e fango. Yuri era stata velocissima ad andare a prendere le corde. Col suo aiuto, la cacciatrice dai capelli viola aveva legato i polsi e le caviglie di Mikayla con degli stretti nodi. Inoltre, la Rider aveva consigliato alla madre di metterla proprio in quella gabbia, per evitare che usasse l'elettricità.

«Appena si sveglierà, dovremo fare di tutto per farci dire dove sono andati Xander e gli altri - rifletté Xavia - Spero davvero che torni in sé, nel sonno»

In quel momento, però, sentirono un rumore di passi che faceva eco nelle gallerie. Oltre a quello, Yuri udì delle voci familiari: 

«Gli insetti-guida sono stati lentissimi! E se l'hanno già uccisa?» riconobbe la voce di Nina.

Le rispose una voce maschile che la Rider non aveva mai sentito: 

«Non essere così pessimista, cacciatrice!» 

Xavia tirò un sospiro di sollievo: quello era l'Ammiraglio. Meno male che erano arrivati prima che Xander rientrasse...

«Dividiamoci e cerchiamola, forza!»

E quello era il Comandante. Xavia era sorpresa: non si sarebbe mai aspettata che lui fosse mai entrato in azione di persona.

«Ci hanno finalmente trovate» disse a Yuri, con un sorriso.

Prima che imboccassero la spaccatura nella roccia per raggiungerli, però, apparvero una giovane donna sulla ventina e un cacciatore di mezza età. Lei aveva dei corti capelli corvini, la pelle chiarissima e un paio di occhi rosso sangue. Indossava un'armatura di Anjanath, ma non aveva l'elmo. Portava due grandi orecchini di zaffiro ereditati dalla nonna e teneva la mano stretta sul manico di una spadascia in lega metallica posta sulla sua schiena, pronta a colpire se qualche nemico le si fosse parato davanti. Il vecchio, invece, aveva gli occhi marroni, i capelli grigi e corti, dei folti baffi all'inglese e il pizzetto; indossava un'armatura di Legiana e un cappello di paglia decorato con una penna di Malfestio. Alla sua cintura pendevano delle corna di Zinogre. Stava impugnando una balestra pesante di Radobaan. 
Entrambi sembrarono sorpresi di vedere Xavia già libera, oltre ad incontrare Yuri per la prima volta. Anche la cacciatrice dai capelli viola pareva stupita, a vederli: 

«Oh! Guarda chi si rivede! Siete finalmente tornati ad Astera! In effetti, era riapparso anche l'Ammiraglio, quindi avrei dovuto immaginarlo» li salutò, sorridente.

«Sono contenta di vederti, Xavia. Vedo che la sei già sbrigata da sola» commentò la mora, appena notò Mikayla.

Quando salutò Yuri, la ragazzina distolse timidamente lo sguardo, impressionata da quegli occhi rossi.

«Bah, e io che pensavo di dover crivellare qualcuno. Non mi piace quando mi rubano l'azione!» commentò il vecchio, spiritoso.

«Suvvia, vedilo come un modo di sdebitarti con me! - ridacchiò Xavia - In fondo, vi ho aiutati col mistero della Traversata: ho anch'io del merito, se non sei più un fuorilegge!»

Poi guardò sua figlia, notando la sua espressione confusa: 

«Ah, giusto! Yuri, ti presento Ayla Auel, anche se spesso la chiamiamo "Occhi di Sangue"»

Ayla sbuffò con tristezza malcelata, quando sentì quel soprannome, ma sorrise e strinse la mano a Yuri.

«Ah, dunque sei tu! Ad Astera, tutti facevano sempre il tuo nome e non mi dicevano mai cosa significasse» disse la Rider.

«Credimi, è meglio così» rispose Ayla, confondendola.

Xavia passò al collega di Occhi di Sangue:

«E questo vecchio burbero è Carson» 

«Porta rispetto! Non sono né vecchio, né burbero» replicò lui, facendo ridacchiare lievemente Yuri.

«È un piacere conoscervi!» disse la ragazzina.

«Immagino che con voi ci siano anche Gionata e Yuna - proseguì Xavia - E avete chiamato anche Nick e Nina? Accidenti, avete chiamato un sacco di persone per venire a recuperarmi!»

«Sai, ci hanno parlato di questa donna dagli strani poteri elettrici e mi è venuta voglia di sfida - ammiccò Carson - Il Comandante ha chiesto più volontari possibile. Voleva arrivare ad almeno dieci persone, e invece siamo in otto, lui compreso. Quei bambocci della Sesta sono delle mezze seghe»

La loro conversazione fu interrotta da una flebile risata provocatoria:

«Siete stati fortunati che fossi qui da sola e che quella stronza si ricordasse il mio punto debole - sibilò Mikayla, che si era svegliata. - Sareste già tutti morti, se non fossi qui dentro!» 

Xavia, Yuri e Ayla si voltarono verso la donna, mentre Carson si avvicinò con curiosità. Gli occhi della sorella di Xander erano ancora rossi e bianchi, segno che farla svenire non era bastato a far riemergere la sua personalità sana. Non capendo perché il vecchio la stesse guardando con tanto interesse, lo squadrò e impallidì, alla vista del cappello e delle corna di Zinogre alla sua cintura: nel Vecchio Mondo, per scherzare, Xander la metteva sempre in guardia dal "leggendario" balestriere pesante con un cappello di paglia e quel trofeo alla cinghia, che sterminava illegalmente i mostri di cui lei portava un gene. Lo guardò con incredulità e disgusto:

«Aspetta, tu sei Carson Kitts, il bracconiere di Zinogre?!» chiese, digrignando i denti.

Il balestriere si lisciò il pizzetto, compiaciuto:

«In carne e ossa! Vedo che la mia fama mi precede anche tra i criminali falliti»

«Accidenti, non mi aspettavo che fossi un vecchio!»

«Xavia, è lei la donna in questione?» chiese Carson, offeso. 

«Sì. I suoi poteri derivano da un gene di Zinogre. Credo che le stia antipatico per questo» disse la cacciatrice.

Sia Ayla che il balestriere si voltarono confusi verso Xavia, che tuttavia sospirò: 

«È una storia lunga» si limitò a rispondere. 

Dopodiché, si avvicinò alla gabbia di Mikayla. 
Sua cognata la guardò senza parlare, socchiudendo gli occhi. Sapendo cosa voleva da lei, ridacchiò col solito sorriso sarcastico: 

«Puoi anche chiedere a questo gallinaccio di torturarmi, tanto non ti dirò dove sono andati Xander e gli altri. Lui mi ucciderebbe» 

«Gallinaccio? Ora le ho sentite tutte» commentò Carson.

«Yuri, pensi di poterla purificare?» chiese Xavia. 

«Non so se funziona sulle persone: non ho mai dovuto farlo a un essere umano. Comunque, hanno preso la mia Pietra del Legame»

Xavia frugò nella sua sacca e le sorrise:

«No, ce l'ho io. Tieni»

E le restituì la pietra celeste. Dapprima sorpresa, la Rider esultò e riprese la sua Pietra del Legame; la inserì nel bracciale, che si richiuse.

«Grazie, mamma!» 

Xavia le accarezzò le guance, quindi si rivolse a Carson ed Ayla:

«Mentre lei prova a rendere Mikayla più collaborativa, noi andiamo di là...Spiegherò a tutti voi cos'è successo e con chi abbiamo a che fare» suggerì. 

Carson, però, si rifiutò: 

«Io resto qui, tanto ci hanno già detto parte della faccenda. Posso essere sincero con te? Non mi sbatte niente di qualunque cosa sia successa fra te e tuo marito. Preferisco vedere cosa farà questa ragazza alla donna-Zinogre» 

«Speri di vedermi soffrire, vecchio?» chiese Mikayla, acida.

«Sì. E se lei fallisce, mi hanno già dato il permesso di farti un buco in testa!» la provocò lui.

«Andiamo noi, allora - disse Ayla, guardando Xavia - Farò un riassunto veloce a Carson quando avrà voglia di ascoltare» ridacchiò.

La cacciatrice dai capelli viola annuì, poi si inginocchiò davanti alla figlia e la fissò con un caldo sorriso, per incoraggiarla. Ma Mikayla scosse la testa:

«Se pensi seriamente di purificarmi, piccola, ti dico subito che dovresti lasciar perdere. Xander ci ha provato fino allo sfinimento, quando ha scoperto che il rituale sciamanico mi aveva infettata: non ci è mai riuscito, anche se la sua pietra era ancora pura. E tu saresti diversa? Non farmi ridere!»

«Ho sempre più voglia di spappolarle il cervello» commentò Carson, accostandosi a Yuri.

«Ti capisco - sospirò la Rider - Ma è pur sempre mia zia. Devo provarci»

«Te l'ho già detto: è im-pos-si-bi-le!» scandì la sorella di Xander.

«Voglio svelarti un segreto, Mikayla. Non l'ho detto nemmeno a quello schifoso di mio padre
, perché nella foga di farmi diventare il suo burattino si è dimenticato di chiedermelo. La mia Pietra del Legame è più potente di qualunque altra: nelle mie vene scorre l’antico sangue di Redan, il che significa che ho molto più potenziale degli altri Rider!» 

L'espressione di Mikayla passò dallo spavaldo al sorpreso. Passò un attimo in silenzio, per poi scoppiare a ridere: 

«Sì, certo! Dimmene un'altra! Che ne so? I Diablos vivono in mare, i Poogie volano, i Bazelgeuse sono teneri e dolci, ai Lynian non piace la felvina; sarebbero tutte più credibili di quello che hai appena detto! Saresti una discendente del primo Rider? Sei uno spasso, piccola!»

Yuri, senza ascoltarla, alzò il braccio destro. Il bracciale si aprì e scoprì la sua pietra ovale. Il minerale cominciò a splendere di una luce azzurra, non verde come le altre volte. La Rider cominciò a sentire un dolore bruciante dentro di sé. Ma era un dolore "buono", come quello che si prova disinfettando una ferita. Poi il fumo dell'Orrore Nero cominciò ad abbandonare il corpo di Mikayla, che smise di ridere: fuoriusciva dalla sua pelle e si spargeva nell'aria, disperdendosi prima di toccare il soffitto. Successe lo stesso a lei, il che la portò a pensare di interrompersi. Ma strinse i denti e tentò di sopportare quella strana sensazione. Resisté per circa due minuti, prima che la luce diventasse sempre più intensa; il bagliore si spense quando Yuri, ansimante ed esausta, decise di fermarsi. Cadde in ginocchio, poggiando le mani sulle rocce e respirando rapidamente. Il bracciale della pietra del legame si richiuse e ogni luce svanì. Né lei, né Mikayla erano state purificate del tutto: era troppo stanca per finire. Ma l'Orrore Nero nei loro corpi, ormai, era pochissimo: tutto quello che doveva fare era aspettare di riprendersi e ricominciare da dove si era interrotta.

«Ehi, bamboccia, va tutto bene?» le chiese Carson.

Yuri annuì, poi si alzò e controllò Mikayla, sperando di aver rimosso abbastanza Orrore Nero per farla tornare in sé.

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Capitolo 33
*** La quiete prima della tempesta ***


«E questo è quanto. Vi ho detto tutto quello che ho scoperto da quando mi hanno portata qui. Ci sono molte cose di cui sono ancora all'oscuro, purtroppo» concluse Xavia.

Aveva appena finito di raccontare l'accaduto alle sette persone lì presenti. C'erano Nick e Nina, poi il Comandante, con spada e scudo di Anjanath, e l'Ammiraglio, armato di un martello in acciaio. Poi c'erano Ayla e il resto dei suoi compagni di squadra: Gionata  Uberti e Yuna Tahaso. Lui era un coetaneo di Ayla ed era il suo fidanzato: erano cresciuti insieme a Noroge, un piccolo villaggio sui Monti Paradiso. Aveva dei corti capelli castano scuro e gli occhi verdi; indossava un'armatura di Uragaan e aveva con sé una lancia-fucile di Deviljho. Yuna, invece, era una "giovane" wyverniana di cinquecentosette anni, dai lunghi capelli neri raccolti in una treccia, gli occhi azzurri e, come tutti i suoi simili, le orecchie a punta e le mani a quattro dita. Lei indossava un'armatura di Kushala Daora e la sua principale era un falcione insetto di Bazelgeuse. Durante la spiegazione di Xavia, non aveva smesso un attimo di accarezzare le antenne del kinsetto posato sul suo braccio sinistro, un Whispervesp. Al termine del racconto di Xavia, il Comandante prese a riflettere in silenzio. Nick e Nina si scambiarono uno sguardo indecifrabile, mentre Ayla e i suoi compagni presero a confabulare sottovoce. Tutti loro erano sorpresi e increduli per le informazioni della cacciatrice, compreso l'Ammiraglio, che fu il primo a parlare:

«Quindi, ricapitolando: tuo marito è a capo dei Rider corrotti che stanno facendo tutto questo casino e sta uccidendo da mesi dei Draghi Anziani per un motivo ignoto. Ha potenziato ognuno di loro rendendoli mezzi mostri, come ha fatto con tua figlia, e ora è sparito con due di loro, per un ultimo tentativo di completare il suo piano» 

Xavia annuì e sospirò. 

«Certo che succedono sempre cose strane, quando ci sei di mezzo tu» commentò Nick.

«Be', che dire? Adesso che Yuri è mezza Fatalis, hai finalmente trovato una persona come te, Occhi di Sangue!» scherzò Nina.

In risposta, però, ricevé un'occhiata truce e offesa. 
Non ebbe tempo di scusarsi, perché il Comandante prese la parola subito dopo, rivolto a Xavia: 

«Cosa ci suggerisci di fare, adesso? Non sappiamo cos'ha in mente il nemico, né dov'è andato. Forse è meglio tornare ad Astera e organizzare un assalto per catturarlo» propose. 

Prima che la cacciatrice rispondesse, un'intensa luce azzurra balenò nel cunicolo che avevano imboccato Ayla e Xavia per arrivare nella stanza col tavolo. Brillò per alcuni secondi, prima di sparire.

«Cos'è?» sobbalzò Gionata.

«Quella è Yuri - lo rassicurò Nick - La pietra che porta con sé sprigiona questa luce ogni volta che purifica un mostro infetto. Non c'è da temere» 

«Capisco. Ragazzi, vi avevo detto che stare a marcire a Eldorado era una cattiva idea: guardate quanta roba ci siamo persi!» commentò Gionata.

«A me non è dispiaciuto stare laggiù: vedere come cambiava il manto della Kulve ogni volta era interessante» rispose Yuna.

«Nick, di solito la luce è verde, però» gli fece notare Nina.

«C'è Carson con lei: credo che se qualcosa andasse storto, verrebbe a chiamarci» disse Xavia, cercando di resistere all'impulso di andare a controllare Yuri.

Si schiarì la voce e disse al Comandante: 

«Signore, io pensavo di aspettare che Mikayla rinsavisse e ci dicesse dove possiamo trovare Xander, ma se Lei pensa che sia meglio rientrare, allora credo che dovremmo farlo» 

In risposta, d'un tratto, sentirono la voce di sua cognata, appena arrivata:

«Posso dirvelo, Xavia. Ma non credo che sia un bene andare a cercarlo»

Yuri alzò il capo e guardò Mikayla. Sua zia aveva gli occhi chiusi e il respiro affannoso, come lei. Dopo qualche secondo, Yuri fece per rialzarsi, ma non ci riuscì. Carson decise di aiutarla, capendo quanto era debole in quel momento. Tuttavia, siccome lo imbarazzava mostrarsi così altruista, si giustificò con una mezza scusa:

«Se ti facessi male, sono certo che tua madre mi romperebbe le palle per giorni»

La Rider si avvicinò alla gabbia e tentò di scrutare gli occhi di Mikayla. Finalmente, dopo qualche secondo, Mikayla li aprì. Entrambi, adesso, erano azzurri.

«Giuro che quello stronzo me la pagherà» mormorò la prigioniera.

«Ehi, cos'è successo? - chiese Carson confuso - Ehi, allora non sei mezza cieca, donna-Zinogre! Ti credevo orba. Insomma, avevi un occhio scolorito! E dove sono andate quelle schifezze gialle che avevi in faccia?»

Mikayla, intimorita da lui, cercò di alzarsi, ma si accorse di avere le caviglie legate. Guardò il balestriere stando rannicchiata, con fare sottomesso, e balbettò:

«No, non lo sono»

L'ex bracconiere era molto confuso: prima aveva fatto la minacciosa, con quell'irritante tono da psicopatica, adesso aveva l'atteggiamento opposto.

«Ma cos'hai, le crisi di identità?» chiese.

«È complicato. La sua collega con gli occhi rossi o mia madre potranno raccontarglielo bene, dopo» rispose Yuri.

«Le chiedo scusa per averle mancato di rispetto, signor Kitts» sussurrò Mikayla, mortificata.

Carson era proprio disorientato dal cambiamento radicale della prigioniera, ma 
non gli dispiacque affatto che fosse addirittura passata a dargli del lei e a scusarsi. Senza rispondere, ridacchiò e si lisciò il pizzetto, compiaciuto. Mikayla, a quel punto, si scusò anche con la nipote: 

«Yuri, ancora una volta: mi dispiace tanto. Per tutto»

«Non devi scusarti: mia madre mi ha raccontato che l'hai aiutata. Grazie»

«Ascoltami, non abbiamo molto tempo. Devo parlare subito con tua madre, coi vostri capi, chiunque; ma dovete andare tutti via da qui! Xander...»

«Ehi ehi ehi, frena, donna-Zinogre! - la interruppe Carson - Adesso ti porto dagli altri. Se devi spiegare qualcosa, dillo a tutti, così non avrai niente da ripetere. Odio le ripetizioni» 

Yuri annuì, aprì la cella e slegò le caviglie di Mikayla. Carson si allarmò sbarrò gli occhi, convinto che volesse sciogliere anche i lacci ai polsi: 

«Ma che fai?! E se ci attacca?!»

«Non si preoccupi, non la slego del tutto. E poi non è pericolosa, non più» spiegò la Rider. 

«Per piacere, si fidi di me. So che ho fatto cose imperdonabili, ma ora voglio aiutarvi. L'ho promesso a un caro amico» aggiunse Mikayla, stringendo i pugni.

I presenti si voltarono in direzione della spaccatura da cui proveniva la voce di Mikayla; la videro con le mani legate e scortata da Yuri. Al loro seguito si trovava Carson, che non perdeva mai d'occhio Mikayla e teneva stretta la corda che le bloccava i polsi. Aveva accettato di farla uscire, a patto che fosse lui a tenere i lacci.

«Ci sei riuscita, Yuri! Brava!» esultò Xavia. 

«Dunque aveva la stessa malattia di tutti quei mostri e ora non ce l'ha più? Come funziona, esattamente?» chiese Yuna, sempre curiosa.

«È davvero strano: poco fa ci ha minacciati di morte, ma guardala adesso! Direi che il fatto che ora voglia collaborare è un bel progresso» le rispose Ayla, altrettanto intrigata.

«Immagino che tu sia Mikayla Aros» disse il Comandante.

Mikayla annuì, intimorita da tutti quegli sguardi puntati su di sé. Nina guardò Yuri con stupore e la ragazzina la salutò con un cenno della mano. Si concentrò sulla zia: 

«Cosa intendevi, prima? Perché non dovremmo andare da Xander?»

«Mio fratello si è finalmente deciso a rivelarci il suo scopo, prima che partissero» 

«Cioè?» la incalzò l'Ammiraglio.

«Vuole rianimare lo Xeno'Jiiva»

Il silenzio calò sulla grotta. Yuri, confusa, lanciò uno sguardo interrogativo alla madre: non aveva mai sentito nominare quel mostro, in vita sua. E per una Rider con il compito di tenere costantemente aggiornata la Mostropedia del suo villaggio, quella non era cosa da poco. Notò lo sguardo confuso di tutti i presenti, prima che Carson strattonasse lievemente la corda con fare seccato:

«Sì, come no! Tuo fratello è così scemo da voler resuscitare una carcassa marcia? Non prenderci per il culo e di' la verità!» 

«Non sto mentendo! Xander ha detto esattamente così! Tutti i Draghi Anziani che ci ha fatto uccidere gli servivano per accumulare abbastanza bioenergia per rianimare il suo corpo. Non chiedete a me, è lui che ha detto che la sua Pietra del Legame è capace di farlo! Non ho idea di come sia possibile, ma non credo proprio che scherzasse»

«Ammesso e non concesso che sia vero, io faccio comunque fatica ad immaginare una cosa simile» commentò Xavia.

«In ogni caso, la nostra squadra e Xavia l'ha già affrontato. Se quel tizio lo fa tornare per davvero, ci troverebbe già pronti! Soprattutto questa furia» ridacchiò Gionata, ammiccando ad Ayla.

«Non creare aspettative, per favore» si lamentò lei, arrossendo.

«Ascoltate, non so cosa diavolo ha in mente mio fratello, ma giuro che sembrava sicuro di quello che diceva: dubito che stesse solo facendo lo spavaldo o che vi stesse sottovalutando»

«Bene, allora andiamo a rovinare la festa a quel bastardo?» chiese Carson, mollando la corda con cui teneva Mikayla.

Tutti fecero per annuire e alzarsi dalle sedie, ma il Comandante li fermò: 

«Sono ancora dell'idea che dovremmo tornare ad Astera, organizzarci a dovere e pensare a una buona strategia per risolvere la questione»

«E se ci dividessimo? - suggerì Yuna - Un gruppo potrebbe andare alla ricerca del marito di Xavia e l'altro potrebbe tornare ad Astera per fare rapporto a suo nipote e al Mastro Cacciatore. Concorda, signore?»

«Non mi dispiace questa idea - disse l'Ammiraglio - Mi offro per andare a cercare il capo dei Rider corrotti. Se farà davvero risorgere lo Xeno'Jiiva, questa volta mi renderò utile nel combattimento. E sono certo che Xavia e voi quattro siate pronti per un secondo scontro, quindi siamo già in sei!»

Ayla e la sua squadra si offrirono subito, infatti. Tuttavia, il Comandante negò loro la possibilità: 

«No, con te verremo io, Xavia, Nick e Nina. Voglio che la squadra di Occhi di Sangue scorti la prigioniera ad Astera e faccia rapporto. Non accetto proteste» ordinò.

«Oh, ma che diamine!» si lamentò Carson. 

Ayla si alzò dalla sedia e chiese il motivo di quella scelta.

«Quando hai affrontato quel mostro, sei finita in coma per due settimane. Se Aros ha un piano più grande in serbo, voglio che il gruppo migliore della Quinta stia pronto a difendere Astera. E che ti dia fastidio o no, la tua "condizione" potrebbe tornare molto utile alla base» replicò il Comandante, impassibile.

Ayla sembrava molto infastidita dalle parole del suo superiore.

«Inoltre, a parte voi quattro e Xavia, nessuno sa come combatteva lo Xeno'Jiiva. Se moriste tutti e cinque laggiù, nessuno dei nostri cacciatori sarebbe preparato» aggiunse il Comandante.

«E io?» chiese Yuri.

Xavia rimase un attimo in silenzio, per poi avvicinarsi alla figlia: 

«Devo chiederti di tornare ad Astera, Yuri» le disse.

«Ma posso aiutarvi! Hai visto i miei poteri! Non sarò d'intralcio, lo giuro!» 

Provò a contestare, ma Xavia scosse la testa e le accarezzò una guancia: 

«Yuri, non metto in dubbio le tue capacità, ma non ti sei completamente ripresa del tutto dallo scontro col Nergigante. Oltretutto, sembri esausta, visto che hai purificato Mikayla. Non posso permetterti di venire, non se non sei al massimo»

Yuri tentò ancora di ribattere, schiudendo le labbra per parlare, ma si trattenne. Non riusciva a mettere in discussione le parole veritiere della madre, preoccupata per lei. Poi scosse un momento la testa e abbracciò Xavia: 

«Non voglio separarmi da te una terza volta, ci siamo appena ritrovate!»

«E ci ritroveremo ancora, ad Astera. Tornerò, Yuri. Stanne certa!» la incoraggiò Xavia.

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Capitolo 34
*** La resurrezione ***


Dopo che i cinque cacciatori ebbero lasciato la base, quelli rimasti iniziarono i preparativi per rientrare alla base. Raccolsero ognuno le proprie armi, oltre a rovistare in giro per trafugare cose utili da riportare ad Astera, come i vari appunti scarabocchiati nella grotta-infermeria. Mikayla rimase seduta su una delle sedie nella stanza principale, sempre coi polsi legati. Yuri aveva il compito di sorvegliarla mentre i quattro cacciatori setacciavano il nascondiglio.

«Quando tutto questo sarà finito, dubito che il tribunale della Gilda sarà generoso con me: come minimo, mi toccherà l'ergastolo» sospirò Mikayla. 

«Se vuoi, io e la mamma metteremo una buona parola per te: è giusto che sappiano che la vera te ci ha aiutate!» la consolò Yuri, con un sorriso. 

La Rider era preoccupata a morte per Xavia. Parlare con la zia la distraeva almeno in parte dall'ansia. 
Quando i cacciatori si radunarono nuovamente, Yuri chiese loro di restare ancora per un po', ricordandosi dei mostri tenuti in gabbia nel nascondiglio: 

«Li devo purificare: sono tutti affetti dall'Orrore Nero. Tranquilli, non ci vorrà molto» disse, prima di entrare nella galleria.

La squadra, quindi, iniziò a discutere del più e del meno nell'attesa. Pochi minuti dopo, dal cunicolo uscirono diversi mostri, che Yuri aveva appena guarito: passarono un Odogaron, un Deviljho, uno Tzitzi-Ya-Ku e il Brachydios di Xander. Ciascuno di loro si fermò un attimo per squadrarli con aria diffidente, per poi dirigersi all'uscita senza attaccarli. Nemmeno il Deviljho se la prese con loro. Infine, arrivò un Astalos, che corse subito da Mikayla e iniziò ad annusarla e leccarle la faccia. La sorella di Xander sorrise, commossa: 

«Asta! Finalmente sei libero da quella stupida malattia! Non pensavo che questo momento sarebbe mai arrivato!» esultò. 

Avrebbe voluto accarezzare il suo amico, ma purtroppo era legata. Dallo stesso cunicolo arrivò anche la ragazzina, che sospirò: 

«Ecco fatto!» esclamò, esausta ma soddisfatta.

«Allora possiamo andare?» chiese Carson, impaziente. 

Yuri si prese un secondo, poi annuì. 

«Scusate, non potreste slegarmi? O anche solo allentare i lacci? Per favore, non sento più i polsi» chiese Mikayla, supplichevole.

«Scusa, ma i prigionieri non si possono permettere certi lussi» replicò Gionata, mostrandole il dito medio. 

La risposta di Mikayla fu un lieve sospiro, prima che si alzasse lentamente dalla sedia: 

«Se vi avessi voluto attaccare, l'avrei già fatto, sai? Queste corde non mi impediscono di usare l'elettricità»

Prese poi a camminare verso l'uscita, seguita a ruota dal suo Astalos, ma Carson riprese la corda e la fermò con uno strattone. Gionata e Yuna li seguirono e Ayla stava per fare altrettanto, ma si accorse che Yuri era rimasta all'ingresso del cunicolo. Diede una rapida occhiata ai colleghi, poi raggiunse la Rider:

«Yuri, guarda che dobbiamo andare» le disse.

A quanto pareva, Yuri si era distratta, perché ebbe un piccolo sobbalzo. Allora sospirò e, chiaramente tesa, la supplicò con uno sguardo disperato: 

«Per favore, Occhi di Sangue...»

«Ayla» sbuffò la cacciatrice.

«Scusami. Per favore, Ayla, permettimi di andare da mia madre! Ho paura per lei! Non voglio combattere, non mi immischierò col loro scontro. Voglio solo tenerli d'occhio e accertarmi che stia bene»

Carson si accorse che loro due mancavano e tornò indietro per richiamarle, avendo anche sentito la richiesta di Yuri:

«Ehi, vi volete muovere? E ragazzina, tua madre non poteva essere più chiara: tu non andrai là. Non ci vuole tanto, devi solo fare finta di niente, uscire da questo posto e venire con noi. Facile, no?»

«Carson, non mi sembra il caso di parlarle così. Guarda i suoi lineamenti: quello che le hai detto sembra averla agitata più di prima!» commentò Yuna, che era tornata indietro a sua volta.

Per la wyverniana, in quanto tale, era sempre spontaneo far notare tutti i dettagli che non si faceva sfuggire. Il suo problema era che, essendo sempre letterale, diceva cose inopportune senza saperlo. 
Ayla si sentì combattuta: sapeva che Carson aveva ragione, ma per qualche motivo decise di acconsentire alla richiesta della ragazza, stupendo persino Yuri. 

«E va bene, ma verrò con te. E al primo segno di pericolo, ti porterò via da lì. Chiaro?» 

«Certo! Grazie infinite!» esultò, prima di seguire la squadra fuori dalle gallerie. 

Una volta all'aria aperta, Occhi di Sangue informò Gionata della sua scelta. 

«Ne sei sicura, Ayla?» le chiese lui, non aspettandosi tutta quell'empatia dalla sua ragazza. 

Ayla annuì: 

«Rilassati, non metterò rischio né me stessa, né Yuri. Staremo appostate in qualche punto nascosto per tenerli d'occhio. Se si mette male, correremo subito alla base»

«Portate Asta con voi» suggerì Mikayla.

Tutti la guardarono perplessi e l'Astalos scattò sull'attenti, sentendosi nominare.

«Vi aiuterà a difendervi. E quando dovrete andarvene, potrete semplicemente montare in sella. Credo che sia più comodo di un Mernos»

Alla sua offerta seguirono degli attimi di silenzio. Poi, Ayla andò alle sue spalle e le slegò i polsi, con grande sorpresa persino di Mikayla stessa, poi si tolse la fionda dal parabraccio destro e gliela passò.

«Perché lo fai?» chiese Carson, contrariato. 

«Visto che ci affida il suo mostro, penso che si meriti almeno un po' di fiducia» si giustificò Ayla. 

Mikayla la ringraziò, rincuorata. Poi si avvicinò all'Astalos e gli accarezzò il muso: 

«Asta, ti affido mia nipote e la cacciatrice. Non deludermi! Le voglio sane e salve ad Astera» 

L'Astalos apprezzò le carezze ed emise un gracchio allegro.

«Stai attenta, Ayla» disse Gionata. 

«Certo. Te l'ho detto: non combatterò. Mi raccomando, ragazzi, state attenti mentre tornate alla base: avete visto come si stanno agitando i mostri, da quando siamo usciti da Eldorado»

Intanto, il cielo tinto di arancio del tramonto si era rannuvolato. In cielo si trovavano immensi cumulonembi grigio scuro, illuminati dal Sole calante ai bordi. 

«Che tempo di merda! Ora mi toccano i reumatismi da temporale pure sui vulcani» borbottò Carson. 

Dopo che i cacciatori ebbero chiamato i Mernos e si furono allontanati in volo, Ayla batté una mano sulla spalla di Yuri: 

«Andiamo, allora!» la incoraggiò.

L'Ammiraglio si era fatto dire con più precisione da Mikayla dove fosse il resto della banda; la risposta era stata abbastanza logica, dal momento che c'entrava lo Xeno'Jiiva. Quindi lui, il Comandante, Xavia e i due fratelli si separarono dagli altri e si misero in marcia. Quando il Sole cominciò a tramontare, giunsero finalmente in vista della destinazione:

«Si trovano laggiù, stando alle parole di Mikayla» disse Nina, in testa al suo gruppo.

Le indicazioni li avevano condotti ad un luogo che era stato visitato pochissime volte, dopo che il mistero della Traversata era stato svelato: il cristallo colossale. O meglio, il grande ripiano ai suoi piedi, fatto dello stesso materiale, che era la volta naturale della Caverna del Fato, il posto in cui lo Xeno'Jiiva era stato affrontato e ucciso. Adesso si trovavano sulla cima di un altopiano roccioso dietro l'enorme cristallo e, da lì, potevano vedere perfettamente la piana di cristallo e la grande spaccatura ai suoi margini che conduceva alla grotta, diversi metri più in profondità. Al centro esatto di quella magnifica distesa di cristallo, maestoso anche dopo la morte, c'era lo Xeno'Jiiva. Era disteso flaccidamente su un fianco, il che permetteva di vedere il lungo e profondo squarcio nel suo torace. Essendo passati parecchi mesi dal decesso, aveva cominciato a decomporsi: la pelle, che in vita splendeva di luce propria, adesso era secca e ingrigita. Le sue ali erano ridotte praticamente all'osso, in alcuni punti dei fianchi si potevano vedere le costole e le dita di ciascuna zampa erano raggrinzite come frutti marci. Uno dei corni era rotto e le placche arancio sopra i suoi occhi si erano deteriorate. Rimasero parecchi secondi ad ammirarlo: anche se era una carcassa, faceva comunque impressione. Tutti erano andati ad ammirare o studiare le spoglie della creatura almeno una volta, dopo il trionfo della Quinta Flotta, ma ovviamente nessuno l'aveva mai visto in azione. Dopo alcuni secondi, si accorsero che a pochi metri dal drago putrefatto c'erano i loro tre bersagli:

«Ecco i nostri Rider corrotti. Sembra che stiano discutendo» disse l'Ammiraglio, mentre li osservava col binocolo. 

Xavia guardò a sua volta, poi passò a spiegare quali fossero chi ai colleghi: 

«Xander è quello in armatura di Gore Magala»

«Perché ha le braccia fasciate?» chiese Nick.

«Yuri l'ha ustionato. Non è pericoloso: non ha nessun gene infuso. E, come vedete, non ci sono mostri con lui. Ben, è quello biondo con la balestra pesante, è in grado di richiamare mostri: non sottovalutatelo. Penso che il più pericoloso sia Felix: può diventare invisibile, quindi non abbassate mai la guardia se lo vedete scomparire»

«Argh! Ma che cazzo?!» sobbalzò Nick, di colpo.

Tutti guardarono e fecero la sua stessa espressione inorridita e sconvolta. Xavia non capiva perché lo stessero facendo e, visto che aveva prestato un attimo il suo binocolo a Nina, chiese cosa stesse succedendo. Nina le disse di guardare di persona e le restituì il binocolo. Quando guardò,
 vide una scena raccapricciante: Xander, che adesso aveva una spada lunga di Lunastra, si era messo in una posa offensiva. Felix, adesso, giaceva sofferente ai suoi piedi, girato su un fianco e circondato da un lago di sangue. Quando si mise supino, Xavia trattenne a stento un conato di vomito: Xander gli aveva tagliato il braccio destro.

«Cosa? Ma perché?» mormorò, incredula. 

«Adesso basta, dobbiamo agire!» esclamò Nina, che aveva sfoderato l'arco.

Incoccò una freccia, prese la mira e tirò. Sapeva che a quella distanza non li avrebbe colpiti, ma l'importante era disorientarli. Xavia e gli altri sfoderarono le armi appena la freccia sbatté contro un cristallo, emettendo un forte tintinnio che fece eco ovunque. Fu facile raggiungere il soffitto della Caverna del Fato: a pochi metri più in basso dalla loro parete rocciosa, c'era una sporgenza che dava direttamente sulla distesa di cristallo. Saltarono oltre il bordo, attutirono la caduta rotolando e iniziarono a correre verso i nemici. 
Nina fu la più veloce e, appena capì che erano a portata, fece un secondo tiro. La freccia trafisse la mano di Ben prima che imbracciasse la sua balestra. Il biondo gridò di dolore, imprecò e si strinse la mano per bloccare il sangue. Xander ebbe un attimo di esitazione, ma si ricompose subito e scattò in avanti per avventarsi su Nina a spada sguainata. Stava per colpirla, ma il Comandante gli si parò davanti e bloccò il colpo con lo scudo, quindi lo respinse all'indietro tirandogli un calcio nello stomaco. Xander traballò all'indietro, cercando di non cadere, e gettò un'occhiata furiosa a Ben: 

«Chiama un mostro, idiota!» gli ordinò.

Ben, con un gemito, si portò le mani a coppa intorno alla bocca e guardò il cielo,
 urlando a pieni polmoni. Dopo appena qualche secondo, da dietro la cima del cristallo colossale apparve un Bazelgeuse, ma Nick tirò subito un baccello-lampo. Accecato, il Bazelgeuse planò malamente e sbatté il muso contro il terreno, formando una grossa crepa nel cristallo. Non ebbe il tempo di riprendersi, che fu colpito alla mandibola da un montante sferrato dall'Ammiraglio. La bocca si stortò di lato e una manciata di denti volò via. Subito dopo, Xavia gli sbatté il martello in mezzo agli occhi, stordendolo e facendolo inciampare. Quando il Bazelgeuse cadde, perse tutte le scaglie esplosive, che gli scoppiarono addosso. Nick ne approfittò per prendere la rincorsa, con la spada lunga puntata in avanti, infilzargli l'occhio con un affondo e penetrare la lama fino al cervello. L'occhio buono del Bazelgeuse si rovesciò all'indietro e il mostro morì. Intanto, il Comandante e Xander continuavano a duellare, scambiandosi fedenti su fendenti. Xander combatteva male: i suoi colpi erano imprecisi e frettolosi; si vedeva bene che, a forza di lasciare che i suoi mostri combattessero al posto suo, aveva perso l'abitudine. Il Comandante non aveva nessuna difficoltà a schivare e parare quei colpi penosi, ma a sua volta non era ancora riuscito a ferire l'avversario. Ben fece per attirare un altro mostro, ma l'Ammiraglio lo raggiunse in un batter d'occhio e lo afferrò per la gola:

«Sta' buono, tu!» esclamò.

Con la sua forza spropositata, lo sollevò di peso e gli tirò una testata così forte da fargli scricchiolare il cranio. Con una faccia trionfante, guardò il biondo, che era svenuto all'istante e si era ritrovato con la fronte violacea per il livido, e lo gettò a terra come un sacco di patate. Xavia intervenne in aiuto del Comandante:

«Signore, si sposti!» esclamò.

Il Comandante obbedì e fece un saltello di lato. L'ennesimo fendente di Xander andò a vuoto e lui inciampò. Appena alzò lo sguardo, si ritrovò sua moglie di fronte. Vide il suo sguardo furioso, prima che lei gli tirasse una "debole" martellata nello stomaco che gli fece incrinare le costole e lo fece volare a terra, a pochi passi dai suoi compagni. Si schiantò sulla schiena e pestò la nuca. Le orecchie gli fischiarono e la testa gli girò. Se non avesse avuto l'armatura, quel colpo avrebbe potuto distruggere i suoi organi.

«Sei nostro, maledetto!» esclamò Xavia, furiosa.

Felix, agonizzante e inzuppato di sangue, alzò debolmente la testa e rantolò:

«Via... dovete... andare via!»

«Non me ne andrò finché questo stronzo non sarà morto!» ringhiò Xavia, in risposta al rantolo di Felix

«Il capo...» 

«Vuole resuscitare lo Xeno'Jiiva, lo sappiamo. Sua sorella ci ha spiegato tutto. Mi dispiace, Aros, ma credo che invece dovrai arrenderti» disse il Comandante.

Quando sentì quella rivelazione, Xander rimase interdetto. Era ancora a terra, con la testa che girava. Guardò gli avversari negli occhi, uno per uno, poi cominciò a ridere come un malato di mente e si mise seduto. Senza smettere un secondo, scosse la testa e fissò Xavia.

«Che hai da ridere?» chiese lei. 

«Mikayla mi ha tradito, eh? È così che mi ringrazia per essermi preso cura di lei tutta la vita e per averla resa più forte? Inutile, meschina, approfittatrice egoista!»

«Quello sei tu, in realtà» ribatté Xavia.

«Sono andato troppo oltre per fallire!»

Prima che chiunque potesse reagire, Xander si gettò su Felix e gli trafisse il petto, dritto al cuore. Felix tossì sangue per qualche secondo, annaspando per respirare, prima di chiudere gli occhi ed esalare il suo ultimo respiro.

«Figlio di puttana! Qual è il tuo problema?!» gli urlò Nina.

L'arciera incoccò una freccia e gliela tirò nella spalla sinistra. Xander fu scaraventato all'indietro e gemé, ma si rialzò subito e sfilò la freccia, rimettendosi a ridere come un pazzo:

«Felix non aveva un gene di Nargacuga iridescente, ma uno di Chameleos. Altrimenti come pensate che potesse camuffarsi così bene? Hahahahaha! Gli ho dato il gene di un Drago Anziano solo per questo!»

«Ovvero?» chiese l'Ammiraglio.

«Perché potessi
 raccogliere l'ultima manciata di bioenergia che mi serviva, quando sarebbe morto! Era l'alternativa al Nergigante. Ho vinto!» 

Alzò il braccio e il meccanismo del bracciale della Pietra del Legame si attivò, mostrando la pietra infetta. Dal corpo di Felix uscì un flusso di bioenergia azzurra, che fu risucchiato dal minerale.

«Finalmente!» urlò Xander.

A quel punto, tese la mano verso la carcassa dello Xeno'Jiiva e un intenso getto di bioenergia travolse il corpo, avvolgendolo e poi entrando al suo interno, propagandosi dalla testa alla punta della coda.

«Non promette bene» commentò Nick.

Yuri e Ayla erano appostate sulla cima di un vulcano e si stavano riparando dietro una roccia. Quella vetta era abbastanza alta da permettere di vedere la volta della Caverna del Fato. Yuri restò a bocca aperta, alla vista della carcassa che giaceva lì:

«Quello è lo Xeno'Jiiva?»

«Sì» rispose Ayla.

«E mia madre l'ha affrontato con te e i tuoi colleghi?»

«Esatto»

Osservarono lo scontro. Yuri andò quasi nel panico, all'arrivo del Bazelgeuse, ma tirò un sospiro di sollievo appena lo uccisero. Quando vide Felix col braccio tagliato, le venne la nausea; ma, con la coda dell'occhio, notò che Occhi di Sangue sorrideva compiaciuta, osservando il poveraccio. Era lo stesso sorriso che si fa quando si legge un libro avvincente o si mangia il proprio piatto preferito. Yuri ne era inquietata, ma cercò di non darlo a vedere. Poi venne il colpo di scena: il getto di bioenergia che entrò nello Xeno'Jiiva morto. Entrambe sbarrarono gli occhi quando videro ciò che accadde dopo: tutte le ferite e i segni di putrefazione scomparvero, rimarginandosi all'istante, come quando Yuri si era ripresa dal tuffo a bomba del Nergigante. Adesso il mostro era come nuovo. La sua pelle diventò azzurra e fluorescente. Poi, di colpo, una luce rossa si accese al centro del torace, facendo intravedere le costole attraverso la pelle: il cuore aveva ripreso a battere. E gli occhi del drago si aprirono.

«È tornato» mormorò Ayla, incredula.

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Capitolo 35
*** Il volere del continente ***


«Pazzesco!» commentò Yuri, ipnotizzata dalla scena.

Ayla non disse niente. Ricordava benissimo lo scontro con quel mostro, quattro mesi prima. Non aveva dimenticato quello che sapeva fare con la bioenergia: era una vera furia. Prese il braccio destro della ragazza, tirandola un momento dopo essersi rimessa in piedi:

«È ora di andare, è troppo rischioso»

Yuri non la ascoltò. Continuava a fissare il drago azzurro, come incantata.

«Ayla, restiamo ancora un po': non voglio che succeda niente di male a mia madre!»

«Ascolta, Xavia era con noi quattro mesi fa, ha visto anche lei come combatte lo Xeno'Jiiva: ce la può fare. E poi, anche questa volta sono in cinque, ad affrontarlo»

«Insisto»

«No»

«Per favore!»

Ayla si morse il labbro, sentendosi in conflitto come mai prima di allora. Alla fine, con un verso stizzito e contrariato, acconsentì:

«Bah, e va bene! Basta che non me ne faccia pentire»

«Grazie»

Occhi di Sangue era confusa: non capiva perché non riuscisse ad imporsi di costringere Yuri a salire sull'Astalos e tornare con lei alla base. Diede una rapida occhiata ad Asta, vedendolo annusare l'aria e a guardarsi intorno per stare certo che non arrivassero minacce. Poi, scuotendo la testa, tornò a guardare la Caverna del Fato, sapendo bene che lo scontro stava per ricomiciare.

«È davvero resuscitato! Com'è possibile?» esclamò l'Ammiraglio, incredulo.

Il Comandante guardò Xavia con preoccupazione e la esortò:

«Tu sai come affrontarlo. Dicci come dobbiamo fare!»

A dire la verità, il suo comportamento e i suoi attacchi erano stati già descritti nei minimi dettagli nei rapporti, ma ovviamente affrontare un mostro di persona era sempre tutt'altra questione. Xavia, dapprima, non fece caso a lui. Vide Xander guardare lo Xeno'Jiiva con una faccia spiritata, come un bambino che ammira il suo nuovo giocattolo. Il capo dei Rider corrotti guardò Ben, ancora svenuto e con la fronte livida, ma non andò a soccorrerlo: tanto era solo privo di sensi. Disorientato per essere appena tornato dalla morte, lo Xeno'jiiva si guardò intorno a occhi sbarrati. Scosse la testa, poi cercò di alzarsi da terra. Sembrava aver dimenticato come muoversi, perché in un primo momento gli scivolarono le dita e ricadde. Il secondo tentativo gli andò meglio, anche se le zampe gli tremavano: sembrava un paralitico che tornava a camminare dopo tanto tempo. Siccome si sentiva le ali intorpidite, le spiegò lentamente e le agitò per sgranchirle, sollevando una lieve corrente d'aria. Quando si accorse di tutti quegli umani che lo osservavano, strinse gli occhi ed emise un ruggito intimidatorio. Xavia si maledisse: se solo Felix non l'avesse interrotta con le sue ultime parole, avrebbe spappolato la testa di Xander con una martellata prima che facesse risorgere lo Xeno'Jiiva. Con loro grande sorpresa, il mostro non attaccò quando Xander gli si avvicinò e si rifugiò tra le sue zampe anteriori; anzi, lo guardò come se gli fosse familiare e tornò a fissarli, emettendo versi gutturali. Vedendo le loro facce, il marito di Xavia fece una risata beffarda: 

«Che vi prende? Avete paura di questa bestiola? Mikayla mi ha raccontato com'è andata la volta scorsa... ora che non c'è la bastarda con gli occhi rossi che l'ha ucciso, ve la fate addosso?» 

«Fottiti!» esclamò Nick. 

«A dire la verità, devo ringraziare tutta la Commissione di Ricerca: grazie a voi, la mia setta ha scoperto che questo drago era la causa della Traversata: ci avete servito uno dei mostri più potenti mai visti su un piatto d'argento!» 

Ognuno del gruppo di Xavia strinse la presa sulla propria arma, mentre si tenevano pronti a scattare all'attacco. 
Xavia si voltò verso i compagni e, mentre Xander fantasticava su progetti come sottomettere la Gilda ai Rider corrotti con lo Xeno'Jiiva (cosa a dir poco utopica, perché alla Gilda erano preparati per molto peggio), diede loro alcune dritte: 

«Mi sembra piuttosto fiacco, ma voi non prendetelo alla leggera. Fate attenzione a non restare schiacciati dalla coda o le zampe, quando attacca. Se lo vedete prendere fiato e dalla bocca gli escono delle fiammelle, significa che sta per sparare un getto di bioenergia: non dovete farvi sfiorare, o potrebbero carbonizzarvi!»

Mentre parlava, cercava di pensare ad una buona strategia. Quando lei e la squadra di Ayla l'avevano combattuto nella sua "tana", avevano approfittato di alcuni cristalli sospesi per farglieli franare addosso. Ora, però, erano sul soffitto della grotta, all'aperto. Alla fine, comunque, suggerì a Nina di tenerlo sempre distratto con le frecce e di cercare di ferirgli le ali per rendergli difficile il volo, chiese a Nick e al Comandante se potevano cercare di tagliare la coda e poi si offrì, insieme all'Ammiraglio, di ferire le zampe e la testa coi martelli per stenderlo. Furono tutti d'accordo con l'idea. L'Ammiraglio partì subito a passo di carica, seguito da Xavia. Il Comandante e Nick aggirarono il mostro e provarono ad avvicinarsi alla coda, mentre Nina cominciava a tirare frecce a profusione. Lo Xeno'Jiiva ruggì, infuriato, e iniziò a combattere. Xander, compiaciuto, si fece da parte dopo aver trascinato via Ben e cominciò ad osservare il combattimento da dietro una formazione cristallina, col solito sorrisetto stampato in faccia. Sperava tanto che Xavia non morisse nello scontro: voleva assolutamente ucciderla di persona, per completare il quadretto.

«Tu sei mia, maledetta!» ringhiò.

Lo Xeno'Jiiva puntò Xavia e accumulò energia nelle fauci; spalancò la bocca e le scagliò contro una palla di plasma, ma la cacciatrice dai capelli viola rotolò via all'ultimo, salvandosi dall'esplosione. Il drago fece per caricare una seconda sfera, ma sentì un fischio sotto di sé. Guardò e vide l'Ammiraglio, che pestò con violenza il martelo sulla sua zampa destra, schiacciando le dita. Lo Xeno'Jiiva guaì e, d'istinto, sollevò la zampa, facendo cadere l'Ammiraglio all'indietro. Subito dopo, Xavia colpì la zampa sinistra allo stesso modo, ma vide bene di scansarsi subito dopo. Il drago cercò di divorarla, ma lei schivò e le fauci della creatura morsero il cristallo, rimanendo incastrate per un secondo. L'Ammiraglio ne approfittò subito e sbatté l'arma sulla tempia del mostro, facendolo incespicare di lato. Intanto Nick e il Comandante, oltre a ferire la coda per tagliarla, stavano cercando di incidere i tendini d'Achille per azzopparlo. Questo fece innervosire lo Xeno'Jiiva, che li respinse via con un calcio. Nina applicò il rivestimento velenoso alle frecce e, avvicinandosi di qualche passo, prese la mira con calma, cominciando a bersagliare il petto e il fianco destro del mostro dall'alto di un cristallo, mentre quello continuava a cercare di schiacciare i cacciatori. Imbestialito, lo Xeno'Jiiva si alzò sulle zampe posteriori, poi affondò le anteriori nel terreno sbattendocele con forza. Il cristallo tutt'attorno a lui splendé di azzurro.

«Allontanatevi!» urlò Xavia. 


Tutti, per quanto perplessi, obbedirono all'istante e si salvarono dalla gigantesca esplosione che scaturì dal suolo, arroventando e fondendo parte della superficie cristallina. L'Ammiraglio fu un po' più lento e fu sbalzato in avanti dall'onda d'urto, ma tornò subito in piedi e agitò le braccia per mostrare agli altri che stava bene. Xavia tirò un sospiro di sollievo, ma quando si voltò vide che il mostro la stava puntando. Il drago inspirò a fondo e sparò un intenso raggio di energia. Xavia lo schivò, ma il mostro continuò a seguirla con lo sguardo, senza fermare il getto, quindi la cacciatrice si ritrovò a correre avanti e indietro e ripararsi dietro i cristalli per non farsi raggiungere, finché l'attacco non finì. All'improvviso, però, accadde una cosa che nemmeno lei si sarebbe mai aspettata: lo Xeno'Jiiva mugolò sofferente e una violentissima ondata di fiamme blu cominciò a divampare dal suo corpo, come se fosse diventato un mantice vivente che soffiava fuoco azzurro da tutti i lati. Tutti furono spinti all'indietro dalla corrente d'aria e il calore si fece insopportabile. Xavia ricordava una cosa simile, però era successa quando il mostro era andato su tutte le furie e il suo cuore era diventato ardente e cremisi; questa volta era diverso: sembrava che non lo facesse di sua volontà. Anzi, dava l'impressione che stesse soffrendo.

«Xavia, che sta succedendo?! Non riesco più a colpirlo!» esclamò Nina, spaventata.

Le sue frecce, infatti, venivano respinte dalla vampata appena si avvicinavano al mostro. Tutti i presenti, a parte Xander, non ci capivano più niente. 
Lo Xeno'Jiiva, irritato da quell'arciera che non lo lasciava in pace, si diede lo slanciò con un battito d'ali e provò a tirarle una zampata. La mancò, ma quando gli artigli toccarono terra l'onda d'urto la fece volare via.

«Xander, che diamine succede?!» urlò Xavia, terrorizzata.

«Quello che doveva succedere - rispose lui - Lo Xeno'Jiiva non è più abituato a conservare e ad incanalare la bioenergia, quindi la disperde. Ma prima o poi imparerà di nuovo... in ogni caso, tra qualche minuto potrò farne quello che voglio! Mi serve solo tempo...»

I suoi vaneggiamenti furono interrotti da un brusco ruggito familiare. Xavia e Xander guardarono il cielo, sbalorditi. Una fulminea sagoma nera si abbatté sullo Xeno'Jiiva dall'alto, colpendogli la testa con un poderoso pugno. L'impatto fu così violento da lasciare delle crepe nel cristallo, quando il muso del drago pestò al suolo. La creatura, furiosa, ringhiò un momento, facendo per muovere la testa, ma in risposta ricevette una zampata sulla fronte, mentre il suo aggressore atterrava a qualche metro di distanza. 

«Il Nergigante!» esclamò Xavia.

Tutti i cacciatori presenti erano stupefatti. Aveva la coda tagliata e gravi ustioni nere a forma di mani sul muso. Xavia riconobbe all'istante quel Nergigante: era lo stesso esemplare affrontato da Yuri, quel giorno.
 Di lì a poco, altri ruggiti fecere eco nella Caverna del Fato. Un Odogaron apparve da un'apertura nel terreno e saltò sul dorso dello Xeno'Jiiva; ignorando il bruciore delle fiamme con tutte le sue forze, strappò un pezzo di carne a morsi e lo fece gemere. A quel punto, però, non resisté più al fuoco e scese. Subito dopo, un getto di elemento drago investì il muso dello Xeno'Jiiva e, uscendo da un cunicolo in una parete rocciosa, apparve un Deviljho, rosso e gonfio dalla furia. Lo Xeno'jiiva, guardò furente i mostri, scrollandosi l'elemento drago dal muso. Si alzò in volo e si preparò a colpirli dall'alto, ma arrivò anche uno Tzitzi-Ya-Ku, che lo accecò con un lampo e lo fece rischiantare a terra, con un boato. L'Odogaron ne approfittò per azzannargli il collo e strappare un altro brandello di carne, per poi ritirarsi subito. Intanto, in tutta la Landa dei Cristalli, stavano facendo eco decine, se non un centinaio di altri ruggiti intimidatori: Rathalos azzurri, Uragaan, Bazelgeuse e altre specie. Sembrava che tutto il continente si fosse rivoltato contro il drago di pura energia. Xander andò su tutte le furie:

«Che sta succedendo?! Quelli sono i miei mostri, perché sono qui?! E perché sono sani?!» 

«Deve essere stata Yuri» sussurrò Nina all'orecchio di Xavia.

«Sì, è senz'altro opera sua. Ma non credo che gli abbia ordinato di venire qua ad aiutarci. E il Nergigante non avrebbe mai seguito un ordine» 

«Forse l'ecosistema del Nuovo Mondo ha percepito il ritorno di un corpo estraneo e ha reagito per liberarsene» ipotizzò l'Ammiraglio. 

Xavia, per la prima volta da un po' di tempo, si lasciò scappare un sorrisetto: 

«Ma tu guarda! Xander, ti sei ritrovato un intero continente contro!» commentò, soddisfatta.

«Mi serve solo più tempo!» esclamò Xander, a denti stretti.

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Capitolo 36
*** La spirale nera ***


Lo Xeno'Jiiva osservava furente i quattro mostri venuti a sfidarlo. In particolare il Nergigante, che stava a qualche passo davanti agli altri tre. Il drago spinoso ringhiò, prima di spalancare le sue ali e ruggire. Le sue spine erano già lunghe e annerite. Eppure, nessuno dei due sembrava del tutto convinto, anche se lo Xeno'Jiiva aveva riacquisito il controllo della sua energia e aveva smesso di buttarla fuori sotto forma di fiamme. Continuando a ringhiare e ruggire, i due mostri cominciarono a camminare lentamente in cerchio, guardandosi negli occhi a zanne scoperte. 

«Nessuno di quei due ha mai visto l'altro; dici che si stanno studiando?» chiese Yuri.

«Probabile» rispose Ayla.

Il Nergigante, all'improvviso, compì un lungo balzo e colpì la fronte dello Xeno'Jiiva con tutta la forza che riuscì a mettere nella zampa, sbattendogli il cranio contro il terreno di cristallo e facendolo stramazzare. 
Il drago azzurro si lasciò scappare un lamento, rintronato dallo schianto. Si rialzò subito e tentò di colpire l'avversario con un'artigliata, ma il Divoratore schivò agilmente, si alzò in volo e si schiantò sul suo collo, ringhiando e ruggendo, affondando gli artigli e le spine in profondità nella carne liscia e luminosa. Poi morse uno dei corni, strinse la presa e, con uno sforzo immenso, lo strattonò all'indietro fino a sbilanciare il nemico e farlo rovesciare su un fianco. Lo Xeno'Jiiva emise un ringhio di protesta, quindi sollevò la testa di colpo e costrinse il Nergigante a lasciarlo andare. Il Divoratore compì un balzo di lato per evitare la sfera di plasma che gli fu sparata subito dopo e prese il volo di nuovo. Ruggì a mezz'aria, mentre lo Xeno'Jiiva gorgogliava in preda alla rabbia. Sparò un potentissimo getto di energia, ma anche questa volta lo mancò. Fece subito un altro tentativo e, questa volta, il Nergigante non si spostò in tempo. Il raggio fuse le spine e bruciò le scaglie e il Divoratore si schiantò sul cristallo con un grido di dolore. Nel mentre, il Deviljho e l'Odogaron si erano minacciosamente avvicinati a Xander. Lo Tzitzi-Ya-Ku, invece, si era dato alla fuga, allontanandosi più in fretta che poté.

«Perché andare lì solo per scappare subito?» chiese Yuri. 

«Non sta scappando, sta solo cercando un buon punto per abbagliare il nemico senza correre rischi» spiegò Ayla, tranquilla.

Xander, con mano tremante, sfoderò la spada lunga e guardò terrorizzato il Deviljho e l'Odoraron, che lo fissavano sbavando e con degli sguardi famelici.

«Non davi da mangiare ai tuoi mostri, Xander? Sembra che abbiano appetito» lo canzonò Xavia.

«Chiudi il becco, stronza!» le urlò lui.

La spalla sinistra gli faceva un male cane per la freccia di Nina, non sapeva come se la sarebbe cavato con la spada, con quella ferita. Colto da un impulso d'ira, si avvicinò alla moglie con la lama alzata, ma l'Odogaron gli balzò davanti e ruggì, gettandogli una cascata di saliva maleodorante in faccia. La bestia zannuta agitava la sua coda a sonaglio e teneva la testa bassa e le zampe divaricate e tese, pronto a saltargli addosso da un momento all'altro. 
Xander strinse i denti, osservando la spirale nera al centro della sua pietra infetta.

«Mi serve più tempo, basta anche solo un minuto» mormorò, a denti stretti.

«Cosa facciamo con lui, signore? Lasciamo che i suoi mostri lo mangino?» chiese Nina.

Il Comandante rifletté per qualche secondo, poi sospirò: 

«Per quanto mi rincresca, temo che sia meglio se lo prendiamo vivo: la Gilda sarà sicuramente favorevole ad un processo» affermò.

«Ho capito. Ci penso io» sbuffò Xavia, delusa.

 
Mentre il Nergigante e lo Xeno'Jiiva continuavano a scontrarsi, caricò un baccello letame nella fionda e fece per tirarlo al Deviljho. Ma, all'improvviso, tutti sentirono un inconfondibile ruggito gorgogliante provenire dalla galleria già usata dai tre mostri per accedere alla Caverna del Fato. Si voltarono e sbarrarono gli occhi: 

«Ma quello è un Brachydios!» esclamò Nick.

Un nuovo wyvern brutale raggiunse la Caverna del Fato e corse alle spalle del Deviljho, che si voltò e fu colpito sul muso da una zampa blu cosparsa di melma verde. Il cetriolone rispose con un colpo di coda, ma lo mancò. La melma che gli era rimasta sul muso diventò gialla, poi rossa ed esplose, stordendolo e facendolo cadere. Il Deviljho, senza alzarsi, sollevò la testa e investì il Brachydios col soffio di elemento drago. Il Brachydios indietreggiò riparandosi il muso con le zampe anteriori e resisté finché il getto scomparve. Scosse la testa e guardò Xander, grugnendo. Xavia, quando vide la sella che aveva sulla schiena, fu pervasa di nuovo dai ricordi.

«Bam! - esultò Xander - Oh, sì!
 Mia figlia è un genio!»

«È un altro dei suoi mostri? Allora perché lo aiuta? Yuri l'ha purificato!» esclamò Nina. 

«Ehi, Xavia, ringrazia Yuri da parte mia quando la vedrai! - rise Xander - Bam è molto più che una cavalcatura, è il mio migliore amico! Non mi abbandonerebbe mai!»
 

Nel frattempo, la battaglia fra i due draghi anziani continuava, più accesa di prima. Le spine ossee del Nergigante erano già ricresciute un paio di volte, ma lo Xeno'Jiiva riusciva sempre a romperle prima che il Divoratore lo massacrasse con un tuffo a bomba. Tuttavia, ormai il collo e i fianchi del drago azzurro erano tutti cosparsi di spuntoni e le sue ali erano tutte bucherellate: stava sanguinando e iniziava a perdere le forze, anche a causa dell'enorme spreco di energia di poco prima. Ayla aveva ragione anche sul Brachydios: Xander gli aveva frettolosamente ordinato di tornare combattere. Bam, per tutta risposta, aveva ruggito, saltando addosso all'Odogaron, che tuttavia fu veloce a saltare e schivare il suo pugno. Il muco verde esplose sul cristallo, creando una pozzanghera di minerale fuso. L'Odogaron si aggrappò al fianco di Bam e gli azzannò il collo, tentando di strozzarlo, ma il Brachydios lo colpì ad una spalla e lo fece cadere con lo scoppio. Nel frattempo il Deviljho si era rialzato, sempre gonfio e rosso dalla furia. Ruggì, avvicinandosi a passo di carica; il Brachydios provò a tirare una cornata all'Odogaron, ma la bestia zannuta schivò e rispose con un'artigliata che lasciò dei solchi nella sua tempia.

Il Deviljho raggiunse Bam e serrò le fauci attorno al suo collo. Con una fitta di dolore, il Brachydios cominciò a scalciare e agitarsi per liberarsi, mentre l'Odogaron prendeva le distanze. 
Il Deviljho strinse ancora di più, sollevò lentamente l'avversario di peso e lo sbatté a terra, per poi lanciarlo lontano. Dopo una rotolata, il Brahydios si rialzò, ma il Deviljho lo raggiunse, morse la zampa sinistra e cominciò a strattonare, cercando di staccargliela. Bam cercò di resistere, ignorando il dolore. Alla fine, si infuriò: la melma sul suo corpo si espanse e diventò gialla. Cominciò a colpire ripetutamente il nemico sulla mascella con la zampa libera, generando una serie di esplosioni istantanee. Alla fine, il cetriolone non seppe più resistere e mollò la presa, ormai ridotto ad una maschera di sangue. Si girò e, balzando di lato, colpì Bam con una spallata. Il Brachydios incespicò, ma rispose subito con un destro che fece volare una pioggia di sangue e denti rotti. Finalmente libero, Bam si guardò la zampa: il morso del Deviljho aveva lasciato una mezzaluna di buchi dai bordi frastagliati nella dura corazza blu. L'Odogaron gli saltò alla gola, ma fu subito scagliato all'indietro da un sinistro.
 
«Dobbiamo aiutare quei due» suggerì Nick.

Xander si rifugiò dietro un cristallo e incoraggiò il Brachydios:

«Stai andando alla grande, Bam!»
 
«Voi pensate al Brachydios, io sistemo Xander» disse Xavia.

Ma furono subito distratti da un forte tonfo: lo Xeno'Jiiva aveva provato ad alzarsi in volo, ma lo Tzitzi-Ya-Ku l’aveva accecato con un lampo e il Nergigante si era avventato su di lui con una violenta picchiata e l'aveva fatto precipitare. Cominciando ad ansimare per la stanchezza, lo Xeno'Jiiva si alzò a fatica e ringhiò al Divoratore, furente. Xander, vedendo che il drago azzurro era esausto, capì che era arrivato il momento:

«Bam, vieni qui!» gridò, correndo dal Brachydios.

Bam lasciò subito perdere il combattimento e raggiunse in fretta il padrone. 
Xander montò agilmente in sella e gli ordinò di raggiungere lo Xeno'Jiiva e il Nergigante. Il Brachydios cominciò subito a correre verso i due draghi, leccandosi le zampe. L'Odogaron, riscossosi dalla botta di prima si avvicinò a Xavia, ringhiando. La cacciatrice sobbalzò e brandì il martello, ma a quel punto la bestia zannuta le porse il suo fianco e si accucciò. Quel gesto era facile da riconoscere: le stava offrendo di cavalcarlo. Nel periodo in cui era stato infettato, Ben l'aveva addestrato a lungo e l'aveva abituato a farsi montare; era chiaro che gli fosse rimasta l'abitudine. E, siccome Xavia sapeva che non avrebbe raggiunto il Brachydios, a piedi, colse l'occasione al volo. Intanto, Xander e Bam avevano raggiunto lo Xeno'Jiiva. Bam distrasse il Nergigante colpendolo ad un fianco, dopodiché Xander scese velocemente dal suo dorso. Il Nergigante ruggì e spinse via Bam con una spallata, facendolo cadere. Il Rider corrotto si avvicinò allo Xeno'jiiva, fissandolo con uno sguardo bramoso. Fra di loro, però, si parò l'Odogaron, ora cavalcato da Xavia.

«Cosa? Sei diventata una Rider, adesso?» digrignò i denti, furioso.

«Arrenditi, Xander! Hai perso. Lo Xeno'Jiiva sta soccombendo, i tuoi mostri non ti obbediscono e l'unico che ti segue non basta, Mikayla ti ha voltato le spalle, Felix è morto e Ben è svenuto. Non puoi farci niente»

«Non mi interessa! Ucciderò tutte queste nullità! Ti strapperò ogni brandello di carne, poi ti getterò in un rogo e mi riprenderò Yuri!»

Prima che Xavia rispondesse, la spirale nera nella sua Pietra del Legame si illuminò, facendo ancora più contrasto col rosso del minerale. 

«Finalmente!» esclamò lui, alzando il braccio.

L'Odogaron fece per avvicinarsi, ma a quel punto il Nergigante lanciò via Bam. Il Brachydios rotolò sul cristallo e sbatté contro la bestia zannuta, scagliando Xavia per terra.

«Grazie, Bam!» rise Xander, mentre il Brachydios si alzava scuotendo la testa.

A quel punto, la spirale nera rivelò di non essere dipinta: era una vera voluta di fumo dell'Orrore Nero, che uscì dalla pietra infetta e si propagò in aria. Si alzò in cielo, a diversi metri d'altezza... ed entrò nel corpo dello Xeno'Jiiva, penetrando nella sua pelle. 
Lo Xeno'jiiva urlò, colto da un terrificante dolore, e alzò la testa, gemendo al cielo.

«Cosa diavolo gli ha fatto?» chiese Ayla, confusa.

Yuri, all'improvviso, urlò e chiuse gli occhi. Si portò le mani alle tempie e cadde sulle ginocchia con un tonfo sordo, sotto lo sguardo confuso dalla cacciatrice. La ragazzina si mise a gridare dal dolore, chiudendo gli occhi e spalancando la bocca, arrivando pure a tirarsi i capelli.

«Che ti succede?» chiese Ayla, nel panico.

 
Dopo qualche secondo, anche l'Astalos sembrò impazzire. Ringhiò, strusciando il corno contro una roccia. Ayla non sapeva cosa fare, confusa come mai prima di allora, tutto quello che poteva fare era osservare il wyvern e la ragazzina. Poi diede un'occhiata allo Xeno'Jiiva, ora avvolto da una fitta nube nera come la notte.

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Capitolo 37
*** Il Makili Nova ***


A centinaia di chilometri dalla Landa dei Cristalli, la squadra di Occhi di Sangue e Mikayla erano impegnati ad attraversare la Foresta Antica, l'ultimo tratto che li divideva da Astera. I Mernos li avevano trasportati fino ad un pascolo di Aptonoth, poi li avevano lasciati a terra all'improvviso ed erano volati via. Era strano: sembrava che fossero agitati, se non spaventati da qualcosa. Carson tirò una pietra agli pterowyvern, irritato, ma Gionata gli fece notare che ormai Astera era a due passi. Così, il ragazzo di Ayla e Yuna proseguirono tenendo sott'occhio Mikayla e Carson chiudeva la fila. A un certo punto, il vecchio balestriere chiamò Mikayla:

«Ascolta, donna-Zinogre»

Tutti loro, per l'intera durata del volo, erano rimasti in silenzio. Mikayla si sentiva a disagio a non dire niente, ma l'idea di parlare con quei tre le faceva seriamente paura. Di cosa avrebbe potuto parlare, del resto? Quindi aveva optato per il silenzio, rotto solo occasionalmente da qualche schiamazzo dei Mernos.

«Ehm... sì?» chiese, timida.

«Ormai siamo arrivati ad Astera, ma ti dispiacerebbe farci vedere i tuoi poteri?» le chiese il vecchio, ammiccando.

Mikayla arrossì dall'imbarazzo e lo guardò perplessa per qualche minuto, prima di rispondere: 

«Non credo sia il caso. Tra l'altro, penso che gli eruditi me lo chiederanno in ogni caso. Un'umana col gene di un mostro dev'essere una scoperta incredibile, per loro»

Prima che uno dei tre cacciatori potesse risponderle, Mikayla spalancò gli occhi e, nella sua mente, fece eco un lugubre ruggito che scuoteva l'anima nel profondo. La sorella di Xander si strinse le tempie, stringendo i denti a causa di quell'assordante ruggito. Socchiuse gli occhi, prima che il dolore diventasse insopportabile. Cadde in ginocchio, inarcando la schiena al punto che i suoi gomiti toccarono terra e, sotto lo sguardo confuso dei tre cacciatori, si lasciò scappare un grido straziato.

«Sembri sofferente. Cosa ti succede?» le chiese Yuna, inginocchiandosi accanto a lei.

Le poggiò una mano sulla spalla per confortarla, mentre Gionata metteva delle cartucce nella lancia-fucile di nascosto, visto che non si sapeva mai.

«La testa! La testa!» gemé Mikayla.

Una minuscola quantità di fumo dell'Orrore Nero, quel poco che Yuri non era riuscita a rimuovere, scaturì lentamente dalla sua pelle. Poi spalancò gli occhi e, con uno sguardo sconvolto, balzò in piedi all'improvviso. Indietreggiò di qualche passo, ansimando e agitando le braccia per non perdere l'equilibrio. Yuna, Carson e Gionata si guardarono, confusi. Mikayla fece un sospiro profondo per calmarsi, poi chiamò Carson senza guardarlo:

«Signor Kitts, voleva una dimostrazione dei miei poteri?» 

Si voltò ad osservare un branco di Aptonoth che scappava da un Gran Jagras.

«Penso di aver trovato una buona occasione. State lontani, non vorrei colpirvi per sbaglio» mormorò, mentre il dolore svaniva.

Irrigidì le dita e generò delle scintille che, presto, diventarono dei fulmini che le avvolsero le braccia.

«Ehi, che succede a quei due mostri?» sobbalzarono i biologi, spaventati.

Il Rathalos e il Legiana, senza un motivo apparente, avevano cominciato a ringhiare e gemere. In pochi minuti, tutti i cacciatori si radunarono davanti alla piattaforma dei mostri, preceduti dal nipote del Comandante. 
Ratha, sdraiato e ad occhi chiusi, ringhiava e ruggiva, strofinando il becco sullle assi di legno. Ogni tanto colpiva le catene con la coda e graffiava le colonne di supporto con gli speroni sulle ali. Legi, invece, si guardava tutt'intorno come se avesse paura di qualcosa.

«Che sta succedendo?» chiese il nipote del Comandante, cercando di mantenere la calma.

«Non capiamo: erano tranquilli fino a poco fa e adesso sembrano terrorizzati!» rispose il capo biologo.

Improvvisamente, il Rathalos guardò Legi negli occhi e gracchiò. Il Legiana cinguettò in risposta, poi diede una rapida occhiata alla folla di curiosi. Ruggì all'improvviso e partì di corsa verso di loro. Gli spettatori dovettero tutti tuffarsi di lato per non farsi travolgere da Legi, che stava prendendo la rincorsa per spiccare il volo. Il Legiana volteggiò sopra l'oceano, roteando come un ballerino. Poco dopo, anche Ratha si alzò in aria e la raggiunse. Gli eruditi notarono che la cicatrice che gli solcava l'occhio cieco era avvolta dalla foschia dell'Orrore Nero. Quando i due mostri furono vicini sopra il mare, cominciarono a descrivere strani cerchi e spirali in aria, scambiandosi continuamente dei versi. 

«È come se stessero comunicando sia vocalmente, che coi gesti...» rimuginò il capo biologo.

«Per dirsi cosa?» chiese il nipote del Comandante.

«Non lo so, ragazzo»

Alla Caverna del Fato, il Deviljho e l'Odogaron si erano accasciati al suolo, lanciando agonizzanti ruggiti e lamenti di dolore. Il Comandante e gli altri li guardarono attoniti, per poi osservare lo Xeno'Jiiva. Xavia, stringendo i pugni, fissò il marito: 

«Cosa gli hai fatto, Xander? L'hai infettato?»

«Oh, no. Ho fatto molto di più» rispose lui, affiancato dal Brachydios.

Il Nergigante ringhiò e osservò il drago azzurro, che aveva smesso di gemere e aveva emesso un assordante ruggito che sembrava provenire da una tomba. All'improvviso, lo Xeno'Jiiva abbassò la testa gorgogliando e si zittì. Il suo corpo, avvolto dalla foschia nera, cominciò a mutare. La pelle, dapprima liscia e azzurra, diventò ruvida e viola scuro. Sui quattro arti, dalla base all'inizio delle dita, crebbe una pelliccia nera. Le corna si arricciarono all'indietro: ora sembravano quelle di un ariete e, sulla loro superficie, spuntarono delle righe rosse che facevano contrasto col nero dell'osso. I lati esterni delle ali diventarono rossi e le membrane interne si tinsero di grigio. Sul lungo collo spuntò una folta criniera rossa. Gli occhi si fecero scarlatti e le pupille, che erano a fessura, diventarono rotonde. I canini superiori si allungarono, diventando due zanne a sciabola che sporgevano oltre la mandibola. Le sei placche sulle tempie passarono da arancioni a giallo canarino. Il nuovo mostro ringhiò e squadrò uno ad uno i presenti, con aria minacciosa. Quando vide Xander, le placche gialle si illuminarono. Bam mugolò e fece dei passi indietro a testa bassa, intimidito da quella creatura. Il mostro guardò il cielo e ruggì di nuovo, costringendo tutti a tapparsi le orecchie. L'Odogaron guaì terrorizzato e corse via. Lo Xeno'Jiiva mutato, alla fine del ruggito, si avvicinò a Xander. Il Rider corrotto diede un paio di buffetti al fianco di Bam per rassicurarlo, poi alzò il braccio e fece vedere la sua pietra infetta alla creatura, che chinò la testa in segno di sottomissione. A quel punto Xander, mentre il Brachydios osava rialzare lo sguardo, scoppiò in una risata trionfante: 

«Sì! Sì! Ce l'ho fatta!» gridò, emozionato.

Yuri, finalmente, si era ripresa da quel lancinante dolore che l'aveva colta dopo il primo ruggito. Si mise lentamente seduta, aiutata da Ayla, mentre si teneva una mano sulla fronte.

«Stai bene, Yuri?» chiese la cacciatrice.

La Rider sentì la sua voce lontana e rimbombante, come un'eco. Annuì e fece un respiro profondo: 

«Ora fa meno male... mi pulsa la testa...»

L'Astalos, alla vista dello Xeno'Jiiva mutato, gracchiò impaurito.

«Che ti è successo?» chiese Occhi di Sangue.

«Non lo so. Ho sentito un grido dentro la mia testa, mi sentivo come se mi stesse per scoppiare»

Poi guardò la volta della Caverna del Fato e quello che vide le fece raggelare il sangue. Non era possibile.

«Oh, no! No, no no no! Non ci credo! Cos'è successo?»

«Tuo padre ha fatto qualcosa allo Xeno'Jiiva. Non so cosa fosse, sembrava una scia di fumo; è entrata nel suo corpo e l'ha fatto diventare quell'obbrobrio»

Yuri era sconvolta: ora non c'erano più dubbi. 

«Conosco quell'essere, è il Flagello Nero. Io e Ratha l'abbiamo ucciso, due anni fa» 

«Hai ucciso un mostro mutante? Non ne ho mai sentito parlare»

«Quello non è un mostro, è un parassita: funge da mente alveare all'Orrore Nero impossessandosi del mostro più potente nei dintorni. La prima volta fu ucciso da un uomo di nome Redan e da un mostro che chiamiamo "Miracolo Bianco". L'ordine di noi Rider è stato fondato da lui per tenerlo a bada»

«Come si chiama?»

Yuri deglutì:

«Quello è il Makili Nova»

«Makili Nova? È la prima volta che lo sento»

«I Rider del passato ne hanno cancellato ogni testimonianza, oggi è menzionato solo nella nostra mitologia. Sarebbe comunque difficile trovarne tracce nei documenti: esiste da più degli Antichi Wyverniani»

«E tu, a tredici anni, avresti ucciso quel coso? Stai scherzando?» 

«È una lunga storia, te la risparmio; però sì, io e Ratha siamo riusciti a sconfiggerlo. Di conseguenza, l'Orrore Nero si è completamente estinto, nel Vecchio Mondo»

«Ma adesso è qui»

«Quello stupido di mio padre crede di farsi obbedire dal Makili. Non funzionerà: ci ha provato anche il mio amico Cheval, ma gli si è ritorto contro. L'ha quasi ucciso»

Ayla rifletté in silenzio, dopodiché si alzò e la esortò a lasciare quel posto: dichiarò che si erano decisamente trattenute troppo. Era pericoloso, molto più di prima.

«È proprio il momento di andare» 

Controllò l'Astalos, che finalmente sembrava essersi ripreso, vedendolo scuotere la testa. 
Yuri fissò Occhi di Sangue per alcuni secondi. Dentro di sé, avrebbe voluto contestare quella decisione con tutta se stessa: il Makili Nova si era reincarnato! Come Rider, era suo dovere anche solo provare a sfidarlo. Tuttavia, dovette imporsi di accettare. Aveva promesso alla madre di tornare ad Astera e ad Ayla che al primo segno di pericolo se ne sarebbero andate. La ragazzina, allora, si rimise in piedi. Guardò il Makili Nova un'ultima volta, prima di voltarsi e avvicinarsi all'Astalos. Gli accarezzò il collo: 

«Tutto bene, Asta?» gli chiese.

Il wyvern-libellula emise un verso gutturale. Si diede una sgranchita alle ali, poi si accucciò per permettere alle due di montare in sella. Yuri salto su per prima, continuando ad accarezzarlo. Sussurrò che era decisamente più grosso dei suoi esemplari, mentre Ayla prendeva posto dietro di lei.


«Tieniti forte!» si raccomandò, prima di battere i talloni sui fianchi del mostro.

Ayla fece appena in tempo ad aggrapparsi alle cinghie, prima che l'Astalos decollasse con un energico battito d'ali e iniziasse a volare verso Sud, in direzione di Astera. 

«Che significa tutto questo?» chiese l'Ammiraglio, sconvolto.

Xander, intanto, si era arrampicato sul dorso del Makili Nova e il Brachydios si era rifugiato alle sue spalle, sempre mantenendo un atteggiamento mesto. Il Nergigante, che era rimasto a guardare disorientato, decise di tornare in azione e si alzò in volo, con le spine lunghe e nere. Si avventò sull'avversario, colpendolo al petto. L'impatto fu devastante e il Nova cadde, con un profondo squarcio nel torace e con le spalle piene di spuntoni. Tuttavia, una volta incassato il colpo, si rialzò come se niente fosse. Xander era riuscito a mantenere l'equilibrio aggrappandosi alla sua criniera. Il Makili Nova approfittò di un attimo di esitazione del Nergigante per colpirlo con una zampata, scagliandolo un po' più in là. Il Divoratore andò su tutte le furie e le ferite si rimarginarono all'istante. Si gettò sul nemico e gli tirò una testata, poi si ritirò con un balzo. Il Makili Nova si irritò e prese lentamente fiato: era uguale a quando un drago stava per sputare fuoco. Solo che dalle sue fauci partì un getto concentratissimo di fumo dell'Orrore Nero e il Nergigante ne fu investito in pieno. Il Divoratore gemé e scomparve, interamente nascosto da quella foschia maleodorante. Quando il fumo si dissipò, il drago spinoso aveva gli occhi rossi e sprigionava quella nebbia nera da tutto il corpo: l'immunità dei Draghi Anziani non gli era servita, contro la mente alveare dell'Orrore Nero.

«L'ha contagiato!» esclamò Xavia.

Xander guardò i cacciatori dall'alto in basso, in tutti i sensi, e sorrise: 

«Non temete, cacciatori: il Flagello Nero non è abituato al corpo del suo nuovo ospite, quindi per ora non gli ordinerò di distruggervi, anche se mi piacerebbe»

Allora guardò il Nergigante infetto e fece un cenno al Makili Nova. Il parassita fissò il drago cornuto e scoprì le zanne, ringhiando. Il Divoratore si voltò e, con un balzo, raggiunse Ben, che era ancora svenuto. Guardandolo come se fosse un rifiuto, lo raccolse con la bocca e tornò ai piedi del Makili Nova.

«Forza, mandalo a catturare quella stronza coi capelli viola!» esclamò Xander, divertito.

Il Makili Nova diede l'ordine e il Nergigante posò lo sguardo su Xavia;
 fece per saltarle addosso ma, prima di essere colpita, lei si sentì spingere di lato. La cacciatrice cadde a terra e il Divoratore afferrò qualcun altro con gli artigli: un lamento maschile si levò nell'aria, soffocato dalla forza di quella presa. Xavia, distesa su un fianco, guardò cos'era successo e rimase a bocca aperta: il Comandante l'aveva spinta via e si era fatto prendere al suo posto.

«No!» esclamò l'Ammiraglio. 

«Andate via! Tornate ad Astera, avvertite la Commissione di Ricerca!» ordinò il Comandante, sofferente.

Il Nergigante si accorse di aver sbagliato preda e stava per lanciarlo via. Ma, d'un tratto, il Deviljho tornò in azione e gli morse un'ala, sbavando. Ma bastò un semplice battito d'ali per fargli mollare la presa. Il Nergigante, sempre tenendo il Comandante nella zampa, fece rovesciare il Deviljho con una spallata. Poi si alzò in piedi, sollevò la zampa libera e gliela abbatté sul cranio, spappolando il cervello e imbrattando il cristallo di sangue e pezzetti di materia grigia. Xander rifletté per qualche secondo, poi ordinò:

«Cambio di programma, Makili: digli di tenere quel vecchio. Potrebbe tornarci utile»

Il Makili Nova righiò e il Nergigante, che stava per sbattere a terra il capo della Prima, si interruppe. Xander, a quel punto, decise che potevano andarsene e proseguire col piano della sua setta: 

«Ci vediamo presto, cacciatori!» salutò.

Il Makil Nova spiegò le ali e, generando un fortissimo vento, si alzò in volo e scomparve nel cielo, seguito a ruota dal Nergigante. Bam, invece, iniziò a seguirli a piedi. Prima di imboccare l'uscita dalla Caverna del Fato, si fermò e guardò Xavia in modo strano: la donna vi percepì una nota di tristezza. Il Brachydios si voltò e scomparve nel buio della galleria. Nick, Nina e l'Ammiraglio stavano fissando il cielo a occhi e bocca spalancati, come tre ebeti. Xavia, invece, cadde in ginocchio, disperata per non aver ucciso Xander. Poco dopo, dai cumulonembi che si erano ammassati in cielo provenne un lampo, seguito dal tuono. La pioggia, tranquilla ma insistente, cominciò a battere sui cristalli, producendo buffi tintinnii squillanti.

«Xander ha ottenuto quello che voleva. Ho fallito» mormorò la cacciatrice dai capelli viola.

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Capitolo 38
*** Storia di una maledizione ***


Il Rathalos e il Legiana si inseguirono in volo per parecchi minuti. Legi volteggiava da tutte le parti e roteava leggiadra nel cielo, mentre Ratha la seguiva con traiettorie molto semplici. Sembrava quasi che stessero giocando; gli eruditi e il nipote del Comandante li osservarono per tutto il tempo, ma i biologi continuavano a non capire il motivo di quel comportamento. Le ipotesi che venne loro spontaneo elaborare furono che sentissero la mancanza della padrona o che cercassero di distrarsi da qualcosa che li turbava. Alla fine, Ratha si stancò e planò sul porto, col fiatone. La cicatrice sull'occhio cieco non emetteva più la foschia dell'Orrore Nero. Il Legiana lo guardò dall'alto e cinguettò. Il Rathalos le rispose con un flebile ruggito rassicurante. Facendosi spazio tra i cacciatori della Commissione, Ratha tornò alla piattaforma dei mostri strascicando le zampe e si sdraiò; poco dopo, Legi lo raggiunse in picchiata.

Yuri non l'aveva notato, ma l'Astalos non era del tutto in forma: la sua ala sinistra presentava uno strappo all'estremità della membrana. Non era molto grande e, probabilmente, la ferita era già guarita da tempo; però quell'ultimo lembo non si era ancora rimarginato, il che gli impediva di volare alla massima velocità. Se ne accorse quando Ayla le chiese perché, dopo dieci minuti di volo, fossero solo al confine tra la Landa dei Cristalli e gli Altipiani Corallini. Dopo aver controllato, si scusò subito col mostro, accarezzandogli il collo. Asta rispose scrollando la testa e guardò la ragazza con la coda dell'occhio, gracchiando. Yuri si scusò anche con Ayla:

«Avrei dovuto controllare prima, scusami. Ci metteremo un po' ad arrivare ad Astera»

«Oh? Fa niente, sul serio! Neanche i Mernos sono così veloci, inoltre sto più comoda seduta che appesa a un cavo» rispose la cacciatrice.

Yuri si fermò un secondo a osservare il viso della donna, quasi curiosamente, per poi voltarsi e tornare a guardare davanti a sé. Ormai era notte e stava piovendo. La Rider rimase in silenzio a osservare di fronte a loro, stando attenta a regolare la velocità di Asta per evitare che raggiungesse il limite delle sue forze. Ayla restava in silenzio a sua volta. 
Fu mentre stavano sorvolando gli Altopiani Corallini che Yuri decise di togliersi un dubbio che la stava tormentando:

«Ayla, potrei farti una richiesta e una domanda? No, aspetta: finora ti ho dato del tu, scusa. Faccio male?» chiese, senza voltarsi.

«No, Yuri, continua a darmi del tu: mi sento più a mio agio così. Chiedi pure, comunque!»

«Vorrei che... ecco, che tenessi segreta la mia "infrazione" alla promessa alla mamma, quella di tornare subito ad Astera» 

«Tua madre non smetterebbe più di tormentarmi, se lo sapesse. Dirglielo è l'ultima cosa che mi sognerei di fare!» ridacchiò la cacciatrice.

Yuri si lasciò scappare un piccolo sorriso, per poi annuire: 

«Grazie!»

«E la domanda? Qual è?»

«Solo se vuoi rispondere, ovviamente!» 

«Sentiamo»

«Non ho potuto fare a meno di notare i tuoi occhi rossi. Ho un'amica sull'isola dei Rider che li ha come i tuoi. Non ti somiglia, ma sai com'è: me l'hai ricordata, quando ti ho vista per la prima volta. C'è un motivo se sono così?» domandò, girando sulla sella per guardare Ayla in viso. 

La ragazzina tentava di nasconderlo, ma aveva una grande nostalgia del Vecchio Mondo, della sua casa e dei suoi amici. 
Ayla sembrò in un primo momento sorpresa, a giudicare dalla sua espressione. Dopo qualche secondo, però, la rassicurò che poteva spiegare. Indugiò per alcuni attimi, poi sospirò:

«Prima di tutto, mi prometti di non ridere?»

«Non lo farò, tranquilla!»

«Molto bene. Il fatto è che sono maledetta: dentro di me c'è lo spirito di un Fatalis»

Yuri ebbe un lieve sobbalzo, quando sentì nominare il Dio Punitore.

«Davvero?»

«Tutto iniziò parecchi anni fa. I miei quattro nonni, che provengono da Minegarde, erano una squadra: furono i primi cacciatori in assoluto che uccisero un Fatalis. Mi pare che avessero più o meno l'età di tua madre; comunque, la sua anima non se ne andò e voleva vendicarsi. Così, dopo che i miei genitori si stanziarono a Cathar, si impossessò di me quando venni al mondo. Alla vista dei miei occhi, tutti gli abitanti del villaggio avevano paura di me. Mi guardavano come si guarda quel maledetto drago. La mia infanzia è stata piena di rancore e solitudine: non so dove sarei ora, se non fosse stato per la mia famiglia e per Gionata»

«Come sei certa che sia vero? Il colore degli occhi da solo mi sembra poco»

«Vorrei tanto che fosse solo per gli occhi! Invece, ogni volta che dormo, sono costretta a degli orribili incubi in cui il Fatalis mi perseguita. A volte mi "parla", mi manda delle visioni, ma è sempre per mostrarmi cose terrificanti. E poi c'è il motivo per cui sono così famosa: la mia mia incontrollabile furia. La mia sete di sangue»

Yuri ebbe un piccolo sobbalzo, quando sentì questo dettaglio. Dunque, avere un gene di Fatalis era come avere quella maledizione? Lei aveva un gene, Ayla era posseduta, ma la sostanza era quella, in fondo.

«Allora possiamo dire che io e te siamo simili, eh? Sai, anch'io mi sono sentita piena di rabbia, prima: volevo uccidere» 

«Lo so, è orribile. Xavia ci ha raccontato di cosa ti ha fatto quello stronzo... mi dispiace che ti tocchi essere come me. Spero che ti capiti il meno possibile» 

Yuri rimase silenziosa per qualche altro momento, prima di continuare con le domande: 

«Per caso hai dei consigli su come evitare che mi succeda? E cosa rischierei di fare, se cedessi a questa furia?» 

Non erano molti i cacciatori che, come Ayla, erano disposti a raccontare le loro storie o dettagli su di loro che la incuriosivano. Solo uno, nel Vecchio Mondo, le aveva effettivamente raccontato delle sue esperienze, ma solo dopo qualche mese passato a cacciare e svolgere incarichi insieme. E Yuri era molto, molto curiosa: lo era sempre stata, fin da piccola. Oltretutto, l'Astalos procedeva ad andamento spedito, seppur lentamente. Era un momento perfetto per mettersi a dialogare per passare il tempo.

«Be', non so com'è nel tuo caso, ma impazzisco a caccia, quando cedo al terrore o alla rabbia. Se perdo il controllo, non riesco a pensare ad altro che uccidere il mio bersaglio. E divento molto pericolosa per il mostro. Non riesco più né a ragionare, né a trattenermi»

«Capisco»

«Se riesci a resistere nei primi secondi, cerca di dare a tutti il tempo di lasciarti sola col mostro: è meglio. Ho ucciso in modo oribile la Freccia Nera
, il Nergigante che ci tormentava durante le indagini sullo Zorah Magdaros»

«Xander ha detto che quel Nergigante è stato macellato»

«Sono stata io. Quando mi infurio, divento incredibilmente forte: gli ho aperto la pancia e gli ho strappato le interiora. Poi gli ho mozzato le zampe anteriori. Infine gli ho tagliato la testa. Ti sembrerò malata e non ti biasimo. Non riuscivo davvero a fermarmi»

Yuri la guardò a occhi spalancati, disgustata dall'immagina, ma anche colpita: 

«E io che pensavo di aver fatto malissimo al Nergigante che ho ucciso oggi! Ti è successo altre volte, da quando sei arrivata nel Nuovo Mondo?»

La Rider era stata istruita a non considerare strane le storie come quella, ma solo qualcosa di particolare di cui essere curiosa, se chi compiva quelle gesta non le dava l'impressione di essere un malintenzionato. E Ayla non lo sembrava affatto. Inoltre, non le dispiaceva sentire delle sue imprese per "distrarsi" da quanto aveva detto prima, sul fatto che ora avesse all'interno del suo corpo una parte di Fatalis, e dalla paura delle possibili conseguenze. 
Ayla sembrava stupita dalla reazione della Rider, poi le rivolse un sorriso felice e annuì:

«Mi è successo quando ho affrontato lo Xeno'Jiiva con la mia squadra e Xavia. Gionata era rimasto ferito e stordito da un'esplosione di bioenergia; chiesi a tutti loro di allontanarsi, prima di perdere il controllo. Carson e Yuna lo fecero, portando Gionata con loro, ma Xavia non sapeva ancora della mia furia e si rifiutò di lasciarmi sola. Alla fine gli ho aperto il petto, ma lui mi ha buttata a terra prima che gli trafiggessi il cuore. È stata tua madre che l'ha stordito con una martellata sulla zampa e una sulla testa, per darmi un'occasione di attaccare. Se non fosse stato per lei, non sarei mai riuscita a finirlo»

«Ma il Comandante ha detto che tu sei rimasta in coma, dopo averlo combattuto. Com'è successo?»

«Dopo che è morto, il suo corpo ha generato un'ultima esplosione. Xavia se n'è accorta in tempo, ma io mi ero distesa per calmarmi e non l'ho ascoltata quando mi ha avvertita. Ho battuto la testa contro una parete e sono svenuta»

Yuri aveva ancora parecchie domande sul Fatalis e i suoi poteri, ma ormai se n'era completamente dimenticata: si era distratta con la storia del rapporto tra la squadra di Occhi di Sangue e Xavia. voleva proprio saperne di più. 

«E come avete incontrato mia madre?»

«La prima volta che la sentii nominare fu all'imbarco: entrambe eravamo sulla nave della Quinta. Però non mi interessava degli altri: rimasi con Gionata tutto il tempo, onestamente. Ad Astera, ogni tanto, sentivo parlare di una silenziosa e solitaria cacciatrice coi capelli viola che aveva molto talento. La prima volta che ci parlai fu alla cacciata dello Zorah Magdaros: ero stata incaricata di combattere il Nergigante, che sarebbe arrivato di lì a poco come nel primo assedio e, a dirla tutta, me la stavo vedendo brutta. La Freccia Nera aveva già sventrato molti cacciatori incaricati di respingerlo, come me. Avrei fatto la loro fine, se Xavia non fosse spuntata dal nulla: l'abbiamo scacciato insieme. Poi, il mese dopo, Gionata mi ha detto di aver fatto amicizia con lei e che gli stava insegnando a usare il martello, così sono andata a ringraziarla. Quindi, in un certo senso, Xavia è diventata una sorta di quinto membro della mia squadra: dopo quell'assedio, ha partecipato ad alcune delle nostre cacce, fino alla battaglia contro lo Xeno'Jiiva»

«Che tipo di persona ti sembra?»

«Un po' fredda e chiusa, ma devo dire che non è male stare con lei. Aveva uno sguardo diverso da come la ricordavo, nelle gallerie in cui vi abbiamo ritrovate. Mi sembra ovvio che il motivo sei tu»

Yuri arrossì e sorrise:

«In effetti la vedo molto cambiata, se ripenso alle prime volte che ci siamo parlate»

L'Astalos ringhiò, richiamando l'attenzione delle due su di sé. Yuri si voltò, vedendo in lontananza la Caccia Celeste. Ora stavano sorvolando le Guglie Selvagge. La Rider gli appoggiò una mano sulla gola e si accorse che aveva il respiro affannoso. Avvisò Ayla: 

«Ormai Asta è sfinito. Penso che sia meglio se finiamo il viaggio a piedi...»

La cacciatrice fece spallucce e disse che per lei non c'era problema. Atterrarono nel deserto, in prossimità di uno dei cancelli della base, e si avvicinarono.

Mikayla grugnì e sferrò un ultimo destro elettrificato sul muso del Gran Jagras. I fulmini attraversarono il corpo dell'iguana e le fecero venire un arresto cardiaco. La sorella di Xander aveva passato gli ultimi dieci minuti facendo a botte con lui, andandoci davvero pesante. Il dolore alla testa le era passato dopo i primi due fulmini, ma ormai l'adrenalina e la foga non le permettevano di tirarsi indietro. Ucciso il Gran Jagras, si lasciò cadere sulle ginocchia, col fiatone. Si voltò verso i cacciatori, che erano rimasti a debita distanza dalla zona in cui era impegnata a combattere. Tutti e tre erano piuttosto sorpresi, soprattutto Carson: era rimasto a occhi sbarrati tutto il tempo, euforico.

«Ehi, pensate che il fabbro abbia ancora i proiettili perforesplosivi, nella cassaforte? - chiese, ironico - Potrebbero servirmi se le partisse di nuovo qualche rotella» 

A quella battuta, Gionata fece un sorriso malizioso, mentre la wyverniana lo guardò confusa, non capendo che non diceva sul serio.

«Non ti sembra estremo? Il corpo umano è più piccolo della gittata di quelle esplosioni, morirebbe anche solo per la perforazione e...» cominciò a contestare.

«Bah, era per dire!» la interruppe Carson, seccato.

«Oh? Non mi sembrava»

«Non vi attaccherò, tranqulli» disse Mikayla, rialzatasi.

Ma, quando si voltò, Carson vide qualcosa di familiare nel suo sguardo: l'espressione pazza e sprezzante che aveva visto quando lei si trovava ancora in gabbia. L'occhio destro era ancora azzurro, ma il sinistro era diventato rosso. 
Il bracconiere fece dei passi avanti, imbracciò la balestra pesante e la puntò su di lei, mirando alla fronte. Mikayla sghignazzò e allargò le braccia: 

«Che aspetti, vecchio? Sparami! Non hai le palle?» 

«Dammi del vecchio un'altra volta e te lo faccio scoprire!» replicò lui.

Subito dopo, però, Mikayla mugolò e chiuse gli occhi; si portò una mano sulla fronte e parlò da sola:

«Ah! E tu cosa vuoi? Eddai, ora non mi lasci neanche divertire?!»

Un secondo dopo, l'occhio sinistro tornò azzurro e Mikayla sobbalzò, come se si fosse svegliata all'improvviso da un sonno leggero.

«Ehi, hai scordato per un attimo da che parte stai?» la punzecchiò Gionata. 

«Oh, cavolo! Mi dispiace, non capisco! Credevo che Yuri mi avesse purificata, ma stavo per lasciare il posto a lei!» fargugliò Mikayla, nel panico.

Yuna, Carson e Gionata si scambiarono uno sguardo confuso. Mikayla, allora, prese un ultimo respiro profondo, prima di cominciare a camminare e oltrepassare i tre cacciatori.

«Ehm... ormai siamo ad Astera, no? Sbrighiamoci, non voglio perdere il controllo e attaccarvi. Vi supplico» mormorò, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé e le braccia incrociate.

«Muoviamoci, allora» disse Carson, facendo strada.

Arrivati ad Astera, i tre cacciatori legarono di nuovo i polsi di Mikayla su sua stessa richiesta e la accompagnarono attraverso il mercato, sotto gli sguardi perplesi di tutti quanti. Per loro sfortuna, passarono accanto a Erika, intenta a comprare delle mele. Alla vista di Mikayla, la rossa della Sesta Flotta sgranò gli occhi e strinse la mano sull'elsa della sua spadascia, ma prima che potesse sfoderarla Gionata le si parò davanti: 

«Ehi! Sta' calma, pivella! Non abbiamo capito bene se è ancora dei nostri, però ci ha aiutati! Non è più una minaccia»

«Ma l'ho vista! Ha ucciso Anna e Alex e mi ha gettato davanti la testa mozzata di lui!» esclamò Erika. 

Prima che Gionata la zittisse, lo fece Mikayla: 

«Lo so, ho fatto cose orribili, ma non di mia volontà!» 

«Non ti credo» protestò la rossa.

«Non ti chiedo di perdonarmi, ma posso giurare che non sono più un pericolo per voi, adesso. Non vi attaccherò, risponderò a tutte le vostre domande: farò ogni cosa in mio potere per aiutarvi!» rispose la sorella di Xander.

Erika la fissò, ancora dubbiosa, ma alla fine sospirò e la ammonì:

«Va bene, ma sia chiaro: questo non significa che mi fido di te» aggiunse.

«Non ne dubitavo»

Detto questo, Mikayla fu trasportata in infermeria per la notte e si addormentò su un lettino, sfinita da quella giornata. 


Ayla, Yuri e l'Astalos raggiunsero la base pochi minuti dopo e Gionata accolse subito la sua fidanzata, felice di vedere che stava bene. Yuri, invece, corse subito da Ratha e Legi. Molti cacciatori, alla vista di quell'Astalos adulto, rimasero  interdetti.

«Ovviamente, dopo averci lasciati in balia dei mostri infetti, porta uno dei Fatidici Quattro» sbuffò qualcuno. 

Yuri si voltò verso la voce, che le sembrava familiare: era Mike, il cacciatore in armatura di Rathian rosa che la odiava ancora per quello che era successo con Nami. Yuri doveva ammettere che non le sarebbe dispiaciuto ritrovarselo davanti, se fosse stata travolta dalla furia del Fatalis. Si impose di non mandarlo a farsi fottere e si limitò a guardarlo storto. Il Rathalos e il Legiana le saltarono praticamente addosso e cominciarono a strusciare le loro teste contro di lei ed emettere versetti felici. La Rider rise, accarezzandoli e stringendoli a sé: 

«Mi siete mancati molto anche voi!» esclamò, commossa. 

Li presentò ad Asta, poi andò all'alloggio di Xavia. 
Una volta lì, per prima cosa si tolse l'armatura di Odogaron, sistemandola su uno dei supporti per armature che la madre le aveva messo a disposizione, rimanendo solo con la pettorina e i pantaloni in pelle di Aptonoth, e andò a sdraiarsi sul suo letto. Si sentiva sfinita, ora che era finalmente tornata ad Astera. Tuttavia, non avrebbe dormito fin quando sua madre non sarebbe tornata al villaggio, anche a costo di aspettarla tutta la notte sveglia. Si mise seduta sul letto, incrociando le gambe e fissando l'uscio. 

Il gruppo di Xavia fu l'ultimo a ritornare ad Astera, ormai a notte inoltrata, quando la maggior parte dei cacciatori stava dormendo. Gli unici ancora svegli per attendere il loro ritorno erano Ayla e i suoi colleghi, oltre al nipote del Comandante ed Erika. Quando li videro, notarono subito i loro sguardi avviliti. Oltre alla mancanza del Comandante.

«Ehi, dov'è mio nonno?» chiese il capo della squadra operativa, spaventato.

Prima che Xavia potesse rispondergli, l'Ammiraglio sospirò desolato: 

«Penserò io a fare rapporto. Se volete andare a riposarvi, potete. Si è fatta una cert'ora» 

Alla fine, Nick e Nina decisero di rimanere per aiutare l'Ammiraglio a fare rapporto, ma Xavia aveva altro a cui pensare.

«Con permesso» disse, diretta al suo alloggio.

Una volta entrata, vide immediatamente sua figlia seduta sul suo letto. 
Yuri trattenne il fiato un momento, prima di alzarsi. Xavia chiuse la porta dietro di sé, sorridendo alla figlia e iniziando a togliersi l'armatura in lega. Si avvicinò alla Rider, poi la bbracciò forte: 

«Sono così felice che stia bene, mamma!» mormorò Yuri.

La cacciatrice annuì, accarezzandole la schiena. Yuri non lo notò, ma gli occhi della cacciatrice erano lucidi: non riusciva a perdonarsi per il fallimento. Ora non le importava poi così tanto, però. Era felice di poter stringere la figlia tra le sue braccia, in un ambiente familiare, dopo tutto quello che era successo con Xander: 

«Te lo avevo promesso, ricordi? Avevo detto che ci saremmo riviste qui, ad Astera, quando tutto sarebbe finito. E così è stato!» 

«Sì» sussurrò la Rider.

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Capitolo 39
*** La sfida ***


La notte passò tranquilla e silenziosa ad Astera, la mattina arrivò presto quasi per tutti. Yuri e Xavia si erano addormentate dopo qualche decina di minuti dopo il ritorno della cacciatrice. Xavia dormì poco e male, perché era attanagliata dal senso di colpa per il fallimento e per il rapimento del Comandante. Si svegliò per prima, all'alba. Si mise l'armatura, diede un'ultima occhiata alla figlia ancora addormentata e uscì. Si diresse al tavolo delle assemblee e vi trovò una grande folla silenziosa. Questa volta c'era l'Ammiraglio a presiedere alla riunione e stava raccontando a tutta la Commissione i fatti del giorno prima. Xavia non poté fare a meno di accusare se stessa; d'altra parte, Yuri doveva pur aver preso il vizio di dispiacersi per ogni problema da qualcuno. I cacciatori delle Flotte ufficiali della Commissione erano attoniti, mentre i principianti della Sesta erano terrorizzati. Con un triste sospiro, si unì alla folla e prese posto per ascoltare.

«So cosa state pensando, ma vi posso garantire che questo non è stato un fallimento! Dalla nostra, abbiamo una loro disertrice» stava dicendo l'Ammiraglio, in quel momento.

A quel punto, arrivarono il nipote del Comandante e il Mastro Cacciatore. Di fronte a loro c'era Mikayla, coi polsi ancora legati dietro la schiena. Il nipote del Comandante stava tenendo stretta la corda con cui stavano scortando la "prigioniera".

«La qui presente Mikayla Aros si è già dimostrata una preziosa fonte di informazioni utili a capire il nemico e sono certo che lo sarà ancora - spiegò l'Ammiraglio - Nel frattempo, anche se non c'è più il Comandante a fare da vostro e nostro grande punto di riferimento, voi non dovete demoralizzarvi! Continuate a salvaguardare il Nuovo Mondo, senza perdere la speranza, finché non capiremo come venire a capo di questo stallo!» esortò.

Dopo qualche altro incoraggiamento, il consiglio terminò e la folla fu congedata; i cacciatori tornarono alle loro solite attività. Xavia si avvicinò al tavolo, quando ormai gli unici presenti erano l'Ammiraglio, Mikayla e il capo della squadra operativa. Il nipote del Comandante la salutò con un cenno della testa e lei ricambiò silenziosamente.

«Dobbiamo assolutamente trovare una soluzione. La scomparsa prolungata del Comandante potrebbe rallentare gravemente i ritmi delle operazioni...» rifletté il gigante biondo.

Xavia annuì e il nipote del Comandante portò via Mikayla, dando degli strattoni un po' troppo violenti ai lacci.

«Vi ho detto che collaborerò, non potete allentare questa stupida corda? Sto cominciando a non sentirmi più le mani» si lamentò sua cognata.

Yuri fu svegliata dalla madre circa mezz'ora dopo.

«L'Ammiraglio ha chiesto di parlarti, al tavolo delle assemblee. Io ti aspetto al piano inferiore, quando sarai pronta. D'accordo?» 

«Va bene» biascicò Yuri, strofinandosi gli occhi.

Si preparò a dovere, anche psicologicamente, indossò l'armatura di Odogaron e prese anche la sua spada e scudo. Una volta uscita, scese al piano terra col montacarichi, passando in mezzo ai cacciatori che facevano la fila per rifornirsi al centro scorte o per ritirare i compensi delle taglie al centro di coordinamento. Non lo vide, ma era sicura che il cacciatore in armatura di Rathian rosa la stesse fissando col solito odio forzato. Al tavolo delle assemblee incontrò l'Ammiraglio, Mikayla (ora legata su uno sgabello), il Mastro Cacciatore, il nipote del Comandante e sua madre, oltre agli ormai immancabili Nick e Nina. Li salutò con la mano e i capi della Prima le dissero di aspettare il resto degli esperti. Si unirono a loro il capo biologo, alcuni eruditi e, su richiesta dell'Ammiraglio, anche la squadra di Ayla. A quel punto, le pianificazioni potevano cominciare. Cominciò l'Ammiraglio:

«Dunque, il capo dei Rider corrotti ha detto che il mostro in cui si è trasformato lo Xeno'Jiiva si chiama "Flagello Nero". Ci potresti spiegare meglio di che esemplare si tratta, Rider?» 

Yuri cominciò a spiegare:

«Quello è il Makili Nova. Non è esattamente un mostro, è un parassita: entra nei mostri e li corrompe per diffondersi; l'Orrore Nero è come un seme, che pianta nel corpo dei mostri per germogliare dentro di loro. Ma lui appare solo appena trova un mostro molto più potente di tutti quelli che ha infettato prima di quel momento, in questo caso lo Xeno'Jiiva. Adesso che usa il corpo del suo ospite, può sfruttare la sua mente alveare per comandare e manipolare a suo piacimento tutti i mostri infetti in questo continente. 

«C'è qualche modo per separare il parassita dall'ospite?» chiese il capo biologo.

«Ne conosco solo uno, ovvero uccidere l'ospite»

«Capisco» 

«Sembri molto esperta a riguardo. È una conoscenza di tutti i Rider?» chiese il Mastro.


«Sì, ma l'ho anche visto di persona due anni fa: ci ho combattuto. Io e il mio Rathalos siamo riusciti a sconfiggerlo, con l'aiuto dei miei amici»

«C'è forse un metodo particolare, qualche strategia specifica su come affrontare questo parassita? Se è così, potremmo elaborare un piano efficiente per abbatterlo» chiese il nipote del Comandante.

«Da quello che so, solo una creatura detta "Miracolo Bianco" è al pari del Makili Nova. Proprio come il parassita, non è una specie di mostro in sé, è la cavalcatura di un Rider degno di essere un successore di Redan che riceve dal suo padrone la bioenergia che gli serve per evolversi in qualcosa di superiore ed essere abbastanza potente da stroncare il Flagello Nero. Due anni fa, io riuscii per fortuna a farlo con Ratha e così lo uccidemmo. L'indicazione principale su cui ci basiamo noi Rider è una profezia incisa nelle rovine dei nostri predecessori»

Yuri prese fiato e recitò a memoria il poema del Miracolo Bianco, il pilastro dell'educazione di tutti i bambini del villaggio di Hakum e tutti gli altri insediamenti nel continente dei Rider: 

Risvegliato in un mondo sprofondato nell'Orrore Nero, 
Dal grande albero il Drago Bianco viene
E grazie a un legame forte e vero 
Il cacciatore un Rider diviene.

Un mondo di armonia è calmo e bello, 
Un mondo diviso ha solo il Flagello.
L'Orrore Nero dal Flagello sorgerà
E su cielo e terra il buio calare farà
 

Su un mondo colpito dal Flagello Nero,
Un salvatore discende. 
Con un bianco drago come destriero,
I cieli lui fende.

Il Flagello lui scaccia con cuore sincero
E la luce sul mondo risplende.
Un Rider che domina i mostri,
Ecco chi porrà fine ai lutti nostri.

«Ehm... quindi il piano è farlo morire d'imbarazzo, facendogli ascoltare una canzoncina?» commentò Carson, per scherzare.

Yuri scosse la testa e alzò gli occhi al cielo, ma prima che potesse rispondergli si levò un coro di voci spaventate, confuse e soprese, provenienti dal porto di Astera.

Tutti i cacciatori corsero al parapetto sull'oceano accanto al mercato a guardare il mare, a occhi spalancati.

«Cosa sono quelli?» chiese Nick.

Dall'acqua spuntavano delle teste squamose e lucenti. Gli occhi di quei mostri brillavano di un rosso innaturale. Le creature si avvicinarono ai moli, aggirando il mercantile e altre navi, ed emersero a metà. Era un banco di Plesioth che contava circa una decina di esemplari, alcuni normali e alcuni verdi.

«Quei Plesioth hanno tutti la malattia!» esclamarono i cacciatori.

L'Ammiraglio strinse i denti, e corse da loro, lanciando l'ordine: 

«Cacciatori, alle armi!»

Subito dopo, però, per l'intera base risuonò un terrificante ruggito da oltretomba che faceva sentire un brivido nella spina dorsale e nelle viscere. Yuri raggiunse l'Ammiraglio di corsa:

«Signore, dica loro di allontanarsi! Non devono restare vicino ai Plesioth, né attaccarli!» esclamò.

L'Ammiraglio la guardò confuso, ma quando il cielo fu oscurato da un'ombra gigantesca si ritrovò costretto ad ascoltarla. Sopra il mare
 apparve quel mostro gigantesco, visto solo dal gruppo del Comandante, Ayla e Yuri la notte prima. La Rider e Occhi di Sangue si guardarono da lontano, prima di volgere nuovamente lo sguardo verso il Makili Nova. Xavia strinse i denti e i pugni, prima di raggiungere la folla con la squadra di Ayla. Il Mastro Cacciatore e il nipote del Comandante li seguirono mentre, anche se Mikayla era legata, gli eruditi si ammassarono dietro di lei come se potesse proteggerli. Quel mostro, che fino a una decina di ore prima era lo Xeno'Jiiva, rimase fermo a mezz'aria, sopra il banco di Plesioth. Batteva ritmicamente le sue enormi ali rosse fuori e grigie dentro, i suoi occhi scarlatti squadravano gli spettatori uno alla volta. La maggior parte dei cacciatori aveva seguito l'ordine dell'Ammiraglio, allontanandosi all'arrivo del Makili Nova. I wyvern acquatici rimanevano completamente immobili come statue. I loro sguardi erano vacui e fissavano il nulla. Appena il Flagello Nero vide Yuri, prese a ringhiare furiosamente. I Plesioth posarono all'unisono gli sguardi su di lei, spalancando le fauci e grugnendo. Yuri fece per avvicinarsi al parapetto, ma Xavia la trattenne per un braccio e le indicò di guardare in alto: sulla testa del Makili Nova, aggrappato alla criniera, c'era Xander e, accanto a lui, si trovata il Comandante. Il capo della Prima era in ginocchio, con le mani legate dietro la schiena. Era sfigurato in volto, con un occhio nero e con del sangue rappreso su una tempia. Teneva l'occhio buono socchiuso e, sulle labbra, aveva una smorfia di dolore. Non potevano vederlo, ma sotto il suo equipaggiamento aveva decine di tagli più o meno profondi. Xander fece un sorriso sprezzante e, gridando per farsi sentire da tutti, iniziò un discorso:

«Cacciatori, tecnici, eruditi... e Rider» aggiunse, vedendo Yuri.

Era divertito dallo sguardo con cui Yuri lo guardava: gli occhi di sua figlia esprimevano odio, rabbia, e una certa... delusione, in fondo a tutto. Dopo una breve pausa, tirò i capelli del Comandante e proseguì: 

«Il Nuovo Mondo ha lo stesso Comandante da ormai quarant'anni: credo che sia ora di cambiare gestione. Non intendo prendere il posto di questo vecchio burattino della Gilda, oggi sono venuto qui per dirvi tutt'altro: da questo momento, la Commissione di Ricerca non esiste più e questa base non è vostra! Da questo momento, Astera appartiene a me e al mio esercito di Rider, che sta venendo qui dal Vecchio Mondo proprio mentre vi parlo. Questo posto è semplicemente perfetto per la mia setta! Accesso al mare e all'entroterra, provviste e armi per centinaia di persone: come potrei non approfittarne? Dunque, siccome sono generoso, vi lascerò un giorno di tempo per prendere le vostre cose e sparire! Ovviamente, ho lasciato interi banchi di Plesioth a sorvegliare la costa, non sono così sprovveduto da concedervi di tornare nel Vecchio Mondo per avvertire la Gilda: vi dovrete arrangiare! E se domani sarete ancora qui, il Flagello Nero non avrà alcuna pietà di voi patetici insetti»

«Come si permette di venire qui e minacciarci?» ringhiò l'Ammiraglio, indignato.

«Temo che purtroppo sia in condizione di farlo» mormorò il Mastro Cacciatore.

I cacciatori, spaventati da quella svolta improvvisa e inaspettata, rimasero immobili e muti come statue.


«Allora? Non mi dite niente? Mi aspettavo almeno un idiota col coraggio di protestare. I tuoi cacciatori non sono poi così audaci, Comandante!» rise Xander.

«Oh, lo sono, molto più di quanto non sarai mai, vigliacco!» replicò il Comandante, sofferente.

Xander sfoderò un coltello e glielo puntò alla gola.

«Il vostro Comandante se ne andrà subito, così potrete farvi un'idea di cosa succede ai seccatori nella mia setta! Dunque, Comandante, le tue ultime parole?» ridacchiò. 

«Lascialo andare, figlio di puttana!» gridò il capo della squadra operativa.

Sfoderò lo spadone, in un impeto di rabbia, ma tutti accorsero in massa per calmarlo, quando videro che i Plesioth gli stavano ringhiando contro. Il Makili Nova stava all'erta. 
Il Comandante era sfinito dalle torture. La gola gli bruciava e la lama dell'arma gli pungeva la trachea. Tuttavia, prese fiato e proclamò a gran voce: 

«Cacciatori, ascoltatemi! Non dovete avere paura di questo pazzo, di quest'uomo deviato! Crede di potervi spaventare con vane minacce, mostri manipolati dalla malattia e un essere che li controlla, ma siete all'altezza per sconfiggerli! Insieme sarete sempre imbattibili! Ricordate i vostri princìpi, ricordate la vostra causa, ricordate tutto quello che vi ha portati fin qui! Che la Stella di Zaffiro vi illumini il cammino!»

«Ho sentito abbastanza» disse Xander.

«Nonno!» gridò il nipote del Comandante, quando il Rider corrotto sollevò il coltello.

La lama brillò al Sole, pronta a colpire; ma il ruggito di un Rathalos attirò l'attenzione di tutti. Una palla di fuoco e una bufera di brina investirono il Makili Nova, facendolo sussultare all'impatto. Si lasciò sfuggire un ruggito di sorpresa, mentre Xander e il Comandante barcollarono sulla sua testa. I Plesioth alzarono lo sguardo al cielo, ruggendo ai due mostri volanti in cielo.

«Legi, il Comandante! Presto!» ordinò Yuri. 

Il Legiana stridé e scese in picchiata, verso la testa del Flagello Nero. Con una fulminea codata, travolse Xander e lo scaraventò nel vuoto. Se lì sotto non ci fosse stato un Plesioth verde, sarebbe finito in mare. Legi afferrò il Comandante con la zampa destra, stando attenta a non stringere troppo, e lo portò al sicuro sul pontile.

«Brava!» urlò la Rider.

Ratha richiamò la sua attenzione con un mugolio e la ragazzina guardò l'acqua: i ruoli si erano invertiti. Adesso era Xander che, guardandola dal basso, la fissava con odio e delusione. Lei ricambiò il suo sguardo per un momento, prima di ordinare a Ratha di prendere quota. Il Rathalos ringhiò e schivò il getto d'acqua di un Plesioth, scagliato per ordine del Makili Nova. Gli altri Plesioth si unirono al loro simile e cominciarono a bersagliarlo di acqua pressurizzata. Ratha, però, schivava tutti i getti con maestria, mentre volava in alto nel cielo. 
La scena, vista dal mercato di Astera, era quasi suggestiva. Il capo della squadra operativa corse subito da suo nonno. Lo soccorse all'istante, aiutandolo ad alzarsi dopo avergli slegato i polsi. Il Legiana si prese giusto un momento per guardare i due allontanarsi, diretti all'infermeria. Il Flagello Nero ordinò ai Plesioth di smettere di attaccare e i getti d'acqua si fermarono. Xander era tornato sulla sua testa arrampicandosi sulla coda, che arrivava così in basso da toccare l'acqua. Osservava la Rider e il suo Rathalos, ora fermo di fronte al mostro viola. Le due creature si studiavano rimanendo ferme a mezz'aria, stando l'una davanti all'altra. Yuri e Xander si fissarono, lei con un'espressione carica di odio e lui col suo tipico sorrisetto provocatorio.

«Ci rivediamo, Yuri. Anche se come nemici»

«Lo siamo sempre stati» 

I due si guardarono fino all'ennesimo ringhio del Flagello Nero. Xander ridacchiò e gli accarezzò la testa: 

«Il Makili Nova ti ha riconosciuta ieri notte, sai? Ti percepiva. Si chiedeva dove fossero il tuo Rathalos e Redan, oltre a quel Felyne giallastro»

Parlava come se quel mostro gli avesse riferito cosa dirle.

«Navirou è rimasto nel Vecchio Mondo, quindi non tirarlo in mezzo» 

Il Makili Nova ringhiò ancora, le placche gialle sulla testa si illuminarono. Xander continuò a fare da interprete:


«Mi ha detto che gli sarebbe piaciuto uccidervi tutti e tre, ma ha preferito aspettare» 

«Anche tu senti la voce dei mostri?» gli chiese Yuri, perplessa.

Pensava di essere l'unica a cui succedeva, ed era qualcosa di molto raro.

«No, purtroppo. Ma il Flagello Nero può farsi capire da me. Sento la sua brama di vendetta, sento quanto ti odia per averlo fatto estinguere dal Vecchio Mondo e avverto la sua brama di caos!»

«Non puoi controllare il Makili Nova, razza di illuso! Finge di obbedirti, ma ti sta usando! Ti ucciderà appena smetterai di fargli comodo. L'ho già visto nel Vecchio Mondo, è successo a uno dei miei migliori amici! Ormai non puoi cancellare quello che hai fatto in passato, ma sei ancora in tempo per fermare questa follia! So che puoi ucciderlo con la tua pietra, quindi fallo subito!»

«Ucciderlo? Non ci penso neanche, Yuri!»

«Ti stai scavando la fossa!»

«Non so chi sia l'amico di cui parli, ma se si è quasi fatto uccidere, vuol dire che non aveva abbastanza polso: il Makili Nova mi ha riconosciuto subito come suo padrone! Mi ha accettato e mi ha concesso il suo controllo su tutti i portatori di Orrore Nero! Sono invincibile!»

«Stai delirando!»


Il Makili Nova emise un ruggito assordante, talmente intenso da addirittura da spingere Ratha all'indietro con la corrente d'aria.

«Mi piacerebbe continuare la discussione, figlia mia, ma il Makili Nova si è stancato: ha voglia di lotta, dopo due anni di attesa confinato nella mia pietra»

Xander scese dal dorso del Makili Nova e saltò sulla schiena di un Plesioth verde. Yuri socchiuse gli occhi e strinse i denti. Si alzò in piedi, in equilibrio sulla sella di Ratha, e sfoderò la spada. 
Il Makili Nova si alzò di quota, oscurando il sole, e squadrò la Rider e il Rathalos. Quel nuovo grido sembrava esprimere una sorta di perplessità.

«Non vuole combattere con quel misero Rathalos - spiegò Xander, dal mare - E nemmeno tu gli interessi, Yuri! Lui vuole il Miracolo Bianco e Redan. Sono loro i suoi nemici, non voi»

Yuri e Ratha, allora, si scambiarono un'occhiata d'intesa:

«Ah, sì? Cerca Redan e il Miracolo Bianco? Glieli presentiamo subito!» esclamò Yuri. 

La ragazzina rinfoderò la spada, alzò il braccio destro e aprì il bracciale. La Pietra del Legame si attivò e brillò di azzurro; il bagliore si fece subito così intenso da accecare tutti. 
Il torace del Rathalos splendé di bianco, poi la luce lo avvolse del tutto. Yuri sembrava stare in piedi, ad occhi chiusi, su un ammasso di luce solida. Quella luce si espanse fino a diventare tre volte più grande. Quando svanì, dalla folla si levarono esclamazioni di stupore e sorpresa. Il Rathalos era diventato enorme, grande quanto lo Xeno'Jiiva. La sella si era rotta ed era caduta, siccome era diventata troppo stretta. Le scaglie del Rathalos erano divenute argentee e riflettevano la luce del sole mattutino come metallo. L'occhio sinistro manteneva quella cicatrice che lo solcava, mentre il destro era diventato di un azzurro molto più intenso del suo normale blu. La coda era diventata gialla e le ali si erano scurite. Le righe nere che decoravano le membrane erano diventate rosse. Yuri aprì gli occhi e richiuse il bracciale. Le sue iridi erano diventate dorate e una sola ciocca dei suoi capelli neri aveva assunto un colore bluastro. Il Makili Nova, riconoscendo finalmente i suoi millenari nemici, scoprì le zanne e lanciò un ruggito di sfida. Ratha si voltò e gracchiò per chiedere conferma alla sua Rider. Yuri annuì e il Miracolo Bianco raccolse la sfida con un ruggito ancora più tonante, tanto che i Plesioth si immersero intimiditi.

«Sarà uno scontro fra titani!» urlò Xander, col solito ghigno.

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Capitolo 40
*** Scontro fra titani ***


Ratha e il Makili Nova si osservarono per una manciata di secondi, stando fermi a mezz'aria. Le scaglie argentee di Ratha riflettevano i raggi del Sole. La pelle viola del Makili Nova, invece, emetteva un velo di foschia dell'Orrore Nero e le placche gialle sul capo brillavano ad intermittenza. A parte i sibili e ringhi dei due giganteschi mostri, era calato un silenzio quasi inquietante. Entrambi aspettavano che l'altro attaccasse per primo. Yuri inspirò a fondo, poi diede una rapida occhiata alla Pietra del Legame: era diventata bianca.

"Dovrei poter reggere la trasformazione di Ratha per almeno un'ora: non serve che gli metta fretta" pensò, fiduciosa.

Quell'attesa snervante fece affiorare un lontano ricordo al Makili Nova, un'immagine che aveva impressa nella mente da centinaia di anni. Proprio come Ratha e Yuri, Redan e il Miracolo Bianco avevano aspettato che lui, fiducioso del suo potere, li attaccasse per primo. Quella volta ci era cascato in pieno e questo l'aveva portato alla sconfitta. Due anni prima, pensando di dover affrontare solo un cucciolo di Rathalos e una piccola umana, aveva abbassato la guardia all'ultimo, permettendo ai due e al loro gruppo di ucciderlo. Non ci sarebbe caduto una terza volta.

«Sei pronto, amico mio?» chiese Yuri.


Ratha, stanco di aspettare, diede inizio allo scontro. Spalancò le fauci e lanciò un maestoso ruggito al cielo, con delle fiammelle che gli uscivano dalla gola. Il Makili Nova rispose all'istante, senza tuttavia reagire. Dopo che Yuri si fu aggrappata saldamente agli spuntoni sulla sua testa, il Rathalos scattò in avanti rapido come un fulmine e tese gli artigli in avanti, pronto a lacerare la carne dell'avversario. Il Makili Nova fu subito pronto ad accumulare bioenergia in bocca e sparò un getto di plasma che, appena toccò il Rathalos, esplose e generò un'immensa nuvola di fumo. Ratha non si fece un graffio; emerse velocissimo dalla nube e volò in alto, portandosi sopra il nemico in meno di un secondo. Prima che il Flagello Nero avesse il tempo di reagire, si schiantò sulla sua schiena e affondò gli artigli nella sua carne, avvelenandolo e strappandogli un gemito. Il Makili Nova girò la testa d'istinto e Ratha ne approfittò per sputarvi addosso un concentratissimo getto di fiamme, che carbonizzò la criniera. Ustionato e avvelenato, il Flagello fece uno scatto in avanti per liberarsi e il wyvern lo lasciò andare: nel dorso del Nova, erano rimasti i solchi delle artigliate. 

«Portami in alto, Ratha!» ordinò Yuri.

Il Miracolo Bianco eseguì e si posizionò ancora sopra il nemico e la Rider, presa la rincorsa, saltò giù e conficcò la spada nell'ala. Il parassita, non aspettandosi una fitta improvvisa nella membrana, la guardò ad occhi sgranati:
 

«Credevi di essere l'unico diventato più forte, in due anni?» lo punzecchiò Yuri.

Il Makili Nova agitò l'ala per buttarla giù, ma Ratha scese in picchiata su di lui una seconda volta, strappandogli dei pezzetti di carne con gli artigli. Il Flagello Nero ruggì, sempre perdendo gocce di bava viola per l'avvelenamento. Iniziò a dibattersi furiosamente, battendo le ali in fretta e furia per costringere il Rathalos a staccarsi. Ma Ratha non fece una piega e anzi, gli azzannò il collo, staccando diverse scaglie e facendo colare rivoli di sangue. Yuri sfilò la spada, piantò le gambe e gli saltò in testa. Si ritrovò sull'occhio destro e vide la sua immagine riflessa nella pupilla. Se non fosse stata trasformata, probabilmente in quel momento ne sarebbe stata terrorizzata. Per sua fortuna, in quel momento lo era. Sollevò la spada e, con tutta la sua forza, infilzò quell'occhio rosso rubino. Uno schizzo di sangue le imbrattò il viso e l'armatura, il Makili Nova cacciò un grido raccapricciante. Yuri sfilò la spada dall'orbita, risalì sul dorso e tornò su Ratha con un'agilità impressionante. Il Rathalos manteneva la presa degli artigli strettissima per impedire al nemico di contorcersi troppo. Il veleno, intanto, aveva cominciato a far girare la testa al Flagello Nero, che adesso era pervaso dalla nausea.

«Adesso, Ratha!» esclamò la ragazzina.

Il Rathalos, sempre tenendo afferrato il Flagello, cominciò a salire con degli energici battiti d'ali e, quando decise di essere abbastanza in alto, iniziò a scendere in picchiata verticale verso l'oceano, trascinandolo con sé. Yuri stringeva i suoi spuntoni fino a farsi sbiancare le nocche, strizzando gli occhi e i denti: doveva stare attenta a non cadere. Quando fu ad una decina di metri dall'acqua, Ratha fece un improvviso giro della morte per prendere la rincorsa; all'ultimo, lasciò andare il Makili Nova e lo mandò a sbattere contro uno degli scogli che si vedevano dal porto di Astera. Il mostro, rintronato dalle tossine, non aveva fatto niente per opporsi. Il tonfo fu rombante come un tuono; colpì lo scoglio con una forza tale che vi sprofondò quasi del tutto, enormi pezzi di roccia si staccarono dal pinnacolo, caddero in mare e sollevarono un'onda che sommerse i Plesioth.

«Fantastico! Sei stato grande, Ratha!» esultò Yuri.

I cacciatori di Astera facevano il tifo e incoraggiavano la Rider, mentre il Flagello Nero cadeva dalla parete dello scoglio e sprofondava in mare. Anche gli eruditi wyverniani avvano iniziato a osservare la battaglia fra i due mostri: si erano tutti allontanati da Mikayla, che restava col capo chino, ancora legata allo sgabello davanti al tavolo delle assemblee. Cercava di farsi piccola piccola, sperando che suo fratello non la trovasse; invece, a un certo punto, sentì uno schizzo d'acqua, il verso di un Plesioth alle sue spalle e la voce di Xander:

«Ciao, sorellina»

Mikayla si voltò di scatto, a occhi sbarrati: 

«Xander!» 

I suoi occhi terrorizzati fissavano Pietra del Legame infetta: sapeva cosa stava per succederle. 

«Sai, un uccellino mi ha detto che hai fatto la spia sui miei progetti con queste nullità»

Il suo tono non esprimeva alcuna rabbia, solo delusione.

«Io...»

«Fino a ieri ti avrei uccisa, per questo. Ma purtroppo sei tutto quello che mi rimane, visto che Felix è morto e Ben non si è più ripreso da quel colpo di testa»

Quando scoprì della sorte di Felix, Mikayla si sentì morire dentro. Chinò la testa, con le lacrime agli occhi.

«Xander, io non ti riconosco più! Che ti è successo? Da quando hai accettato quella missione di sedici anni fa, ti comporti da pazzo lunatico, proprio come loro!» 

Era sul punto di pronunciare il loro nome, ma ormai ne aveva troppa paura per riuscirci. Suo fratello non disse niente: si limitò a ridacchiare. Lei rialzò lo sguardo, fissandolo con rabbia profonda: 

«Hai rinnegato la donna che mi dicevi di amare, hai segnato tua figlia a vita! Questo non sei tu! Non sei lo Xander che mi prometteva che sarebbe andato tutto bene quando piangevo, da piccola! Una volta sognavi di aiutare il mondo a migliorare, ma guardati adesso!»


«Semplice: ho aperto gli occhi. E anche tu, dopo il rituale sciamanico. Hai ucciso mostri e persone con un sorriso soddisfatto che non avrei mai pensato di vederti fare» 

«È stata tutta colpa tua e di quel bastardo di Raymond, Xander! Quel pezzo di merda mi ha trasmesso l'Orrore Nero: se ho ucciso quei disgraziati, è perché mi costringevate voi due e io non potevo scegliere!»

Xander, per tutta risposta, alzò il braccio e attivò la pietra infetta. Ancora una volta, dalla pelle di Mikayla cominciò a fuoriuscire il fumo dell'Orrore Nero e una fitta lancinante le fece fischiare la testa. Si lasciò scappare un grido di dolore, piegandosi in due per la sofferenza. I suoi occhi cominciarono a cambiare continuamente colore: ora erano azzurri, ora il destro era bianco e il sinistro rosso, adesso erano tornati normali e così via.

«Ma tu guarda, Yuri ti ha purificata. Nessun problema: mi basterà infettarti ancora!» ghignò lui, avvicinandosi.

Un ruggito stridulo, tuttavia, attirò la sua attenzione. Si voltò e vide il Legiana di Yuri, che lo osservava furioso. I suoi occhietti gialli lo squadravano da capo a piedi. Prima che avesse tempo di reagire, Legi gli si avventò contro, colpendolo al petto con una codata abbastanza forte da farlo ruzzolare sul pavimento. Xander
 si alzò subito e mise mano alla spada lunga, ma un fulmine azzurro colpì le assi di legno ai suoi piedi, facendolo sobbalzare dallo spavento: Mikayla era riuscita a liberarsi dalle corde. Alzatasi dallo sgabello, teneva la mano sinistra sulla sua tempia, mentre quella destra era tesa verso di lui. L'occhio sinistro era rosso, il destro azzurro.

«Il prossimo non ti mancherà» ansimò, sfinita dal dolore. 

Si sentiva pesante, anche solo restare in piedi le toglieva le energie. Legi
 si portò al suo fianco, mantenendosi in posa offensiva. Xander riattivò la Pietra del Legame rossa, ma sua sorella lanciò una piccola saetta che colpì in pieno il minerale, aprendo una crepa. 

«No!» urlò Xander, terrorizzato.

Osservò molto attentamente i danni alla sua pietra, ma tirò un sospiro di sollievo: non era niente di grave. Tuttavia, non avrebbe più potuto usarla per molto tempo.

«Non finisce qui, Mikayla!» minacciò, prima di rimontare sul Plesioth e sparire in mare.

Lei respirava affannosamente; il suo occhio sinistro tornò azzurro. Fu colta da una forte nausea e le forze la abbandonarono. Cadde sul legno con un tonfo, priva di sensi.

Yuri e il Rathalos, ancora trasformato, tenevano d'occhio lo scoglio da qualche minuto. Il Makili Nova era ancora sott'acqua e non dava segni di voler riemergere. Yuri era sempre più preoccupata: aveva un vago sospetto di quello che sarebbe successo. Le bolle che salivano dal punto in cui era sprofondato il Makili Nova aumentarono di numero all'improvviso.

«Ratha, sta' attento» si raccomandò.

Di colpo, dall'acqua spuntò un raggio di plasma. Ratha lo schivò all'ultimo e il getto di energia si scagliò contro una parete rocciosa sotto la Caccia Celeste. 
L'acqua era stata come tagliata in due da quel raggio. Subito dopo, schizzando fuori come un missile, emerse il Makili Nova, inzuppato e gocciolante. Tutte le ferite che Yuri e il Miracolo Bianco gli avevano inferto erano guarite. Anche l'occhio cavato si era rigenerato. Era come se non avessero combattuto affatto.

«Temo che dobbiamo usare la mossa finale, Ratha: è più forte della volta scorsa» sussurrò la Rider.

Il Rathalos socchiuse l'occhio buono ed emise un verso gutturale. Le capacità rigenerative del Makili Nova erano immense: nel Vecchio Mondo gli avevano tagliato la coda più di una volta, in battaglia, e quello semplicemente se la faceva ricrescere come una lucertola. Le sue corna, nonostante le distruggessero in qualsiasi modo, tornavano appuntite e come nuove ad ogni tentativo. L'unico metodo per inibire quella capacità era farlo stancare. Una volta esausto, anche le ferite da nulla richiedevano diversi minuti per richiudersi. Però, essendo il corpo dello Xeno'Jiiva estremamente forte, ci sarebbe voluta un'eternità; eternità che loro non avevano.


«Sei pronto?» gli chiese, in tono gentile. 

Il Makili Nova, però, non diede tempo al Rathalos di rispondere. Il parassita si lanciò all'attacco, afferrando le ali di Ratha con le zampe anteriori. Ora i due erano faccia a faccia, ma Ratha fu subito pronto a sputargli una palla di fuoco dritta sul muso. Infastidito, il Makili Nova incassò l'impatto e colpì la testa del Rathalos con una cornata. L'impatto fu tale che a Ratha venne il capogiro. Il Flagello Nero azzannò il suo collo, pugnalando la carne coi due denti a sciabola. Ratha riuscì a liberarsi solo grazie a Yuri, che saltò sulla testa del Makili Nova e conficcò la spada in una delle placche gialle, destabilizzandolo e facendogli mollare la presa. Il Rathalos, ora libero, fece una giravolta e frustò il muso dell'avversario con un colpo di coda. Sperava di stordirlo per permettere a Yuri di saltargli nuovamente sul dorso, ma n
on andò così. Il Makili Nova, stringendo i denti, alzò la testa di scatto, facendo perdere l'equilibrio alla Rider. La sua spada rimase conficcata nella placca sulla testa del mostro e lei finì per ruzzolare sul dorso del Flagello Nero, atterrando sulla schiena.

Yuri si dovette rialzare in fretta, perché sentì che le scaglie del Nova si stavano surriscaldando; quelle sotto di lei e sul petto stavano divendando rosse. Con un'imprecazione, si tuffò di lato un secondo prima che dal corpo del Flagello uscissero degli alti getti di vapore bollente. 
Il Rathalos ruggì, caricando a capo chino in direzione dell'avversario. Il Makili Nova, all'ultimo, gli afferrò di nuovo le ali con gli artigli, ruggendogli in faccia prima di sputare una palla di plasma direttamente sul becco di Ratha. Per quanto stordito dal colpo, il Miracolo Bianco non demordé, contrattaccando con una sfera di fuoco che colpì allo stesso modo il Flagello Nero. Fu abbastanza da fargli mollare la presa sulle sue ali. Ratha ne approfittò per avvicinarsi al suo fianco destro, dando modo a Yuri di saltargli sul dorso, prima di allontanarsi velocemente e prendere nuovamente quota. Il Miracolo Bianco e il Flagello Nero, adesso, erano tornati ad osservarsi. L'occhio azzurro del Rathalos era puntato verso il basso, quelli rossi del Makili Nova verso l'alto.

«Ratha, dobbiamo provarci! È l'ultima carta» sussurrò la ragazza.


Il Rathalos lanciò un assordante ruggito verso il cielo, prima di lasciarsi cadere in picchiata a fauci spalancate. Il Makili Nova, non volendo farsi cogliere impreparato, li caricò dal basso. Investì il Rathalos a corpo morto, spingendolo diversi metri all'indietro, e al Rathalos servirono diversi secondi per riprendere l'equilibrio in volo. Yuri si resse al dorso del mostro e si voltò, fissando il Flagello Nero fermo nel cielo che li osservava ringhiando. Il Miracolo Bianco si avvicinò velocemente al nemico, ma poi iniziò a girare in cerchio intorno a lui, senza fare altro. Il Nova, perplesso, cercava a fatica di seguirlo con lo sguardo. Provò a colpirlo con una palla di plasma due volte, ma Ratha era troppo veloce. Poi, all'improvviso, il Rathalos gli volò sopra e scese in picchiata ancora una volta, artigliandogli il collo. Il Makili Nova, però, si liberò con uno strattone e gli afferrò le ali per la terza volta.

Yuri ne approfittò per allungare la mano, nel tentativo di recuperare la spada, ancora infilata nella testa del Flagello, ma questa volta il Nova era pronto per lei: la fece cadere con un'artigliata, poi la afferrò al volo mentre precipitava, iniziando a stritolarla fra le dita
. Ratha gli morse la zampa per fargli lasciare la presa; il Flagello ringhiò di dolore, prima di puntare i suoi occhi rossi sull'avversario. Lanciò via la Rider, che si schiantò rovinosamente al terzo piano di Astera, distruggendo uno dei tavoli di legno della mensa e sbattendo la schiena contro la grande pietra usata dallo chef come piano cottura. Liberatosi della ragazzina, il Makili Nova cominciò a strattonare le ali di Ratha per staccargliele dal corpo. Yuri riaprì gli occhi qualche secondo dopo l'impatto, lasciandosi sfuggire un paio di lamenti. L'armatura aveva retto e assorbito parte del colpo, ma ora aveva problemi a rialzarsi. Strinse i denti e guardò i due mostri che si affrontavano in cielo. La Rider sentì dei rapidi passi e la voce terrorizzata di sua madre

«Yuri! Stai bene?»

Xavia apparve accanto a lei subito dopo. La ragazzina tentò a fatica di rialzarsi. Guardò la madre e annuì, sorridendo per rassicurarla:

«Sì, sto bene. Non riesco ad alzarmi, però... ah, la mia schiena!»

Xavia la aiutò a rialzarsi, prima che la Rider udisse il ruggito assordante di Ratha, dolorante e supplichevole. 
Vide alcune scintille volteggiare intorno ai fianchi del mostro: era ora di usare il gene di Teostra che gli aveva infuso col rituale sciamanico. 

«Ratha, ti sei caricato abbastanza! Preparati!» urlò a pieni polmoni.

Ratha rispose con un altro ruggito, prima che il suo intero corpo cominciasse ad emanare calore. Le sue scaglie argentee brillarono di una luce rossastra accecante come quella del Sole, che fu abbastanza per stordire il Makili Nova, ma non per fargli mollare la presa. 
Attorno al Rathalos, adesso, vi erano numerose fiamme rosse che ricoprivano del tutto il suo corpo. L'occhio azzurro del mostro fissò quelli scarlatti del Makili Nova, quando le fiamme cominciarono ad espandersi, fino a formare una sfera tutt'intorno a lui: stava per fare una supernova. Il Makili Nova, terrorizzato, lo spinse via e provò a scappare, ma Ratha lo inseguì e gli si avvinghiò addosso, in attesa dell'esplosione. Mancavano pochi secondi; ma la Pietra del Legame cominciò a perdere candore e a tornare azzurra. Yuri, con un imprecazione, si staccò dalla madre e cadde in ginocchio, tossendo. Si portò le mani a coppa alle labbra e gridò:

«Fuoco!»


Ratha chiuse gli occhi e contrasse tutti i muscoli, aggrappandosi ancora più saldamente al disperato Flagello Nero. Era finalmente pronto. Tuttavia, le sue scaglie argentee si staccarono una a una dal suo corpo, cadendo sul Makili Nova. Ratha emise un gemito e cominciò a rimpicciolirsi; l'aura di scintille si ridusse di dimensioni con lui. Le scaglie grigie caddero tutte come una pelle morta, rivelando di nuovo le sue normali squame rosse, e il Rathalos tornò alle sue solite dimensioni. La Pietra del Legame tornò azzurra e anche Yuri ridiventò normale: occhi azzurri e capelli completamente neri, la sua tosse peggiorò. Ratha, nonostante tutto, fece esplodere la supernova. Il Makili Nova, tuttavia, non si fece niente. L'esplosione lo travolse lo stesso, bruciando la criniera e annerendogli la pelle viola, oltre a far prendere fuoco alla pelliccia sulle zampe. Precipitò verso l'oceano, finendo di nuovo sott'acqua. Ma ci rimase solo per qualche secondo, riemergendo furioso e deluso, a vedere nuovamente quel cucciolo di Rathalos. Furioso, raggiunse Ratha e lo colpì con una zampata, mandandolo a schiantarsi malamente accanto alla sua padroncina.

«No! - mormorò Yuri -
 Non sono passati neanche venti minuti, non ha senso! Perché è tornato normale così presto?» 

La Rider sembrava sull'orlo di una crisi di panico. A tranquillizzarla quanto bastava fu il gracchio del Rathalos che, seppur debole e dolorante, le confermò che era ancora vivo. A un certo punto, di fronte a loro, apparve Xander. Il Rider corrotto aveva aggirato la folla di cacciatori e aveva salito le scalinate di Astera fino alla mensa. Guardava la moglie e la figlia con aria di godimento e quel maledettissimo sorriso beffardo:


«Ah! A quanto pare, la storia è stata riscritta. Il Miracolo Bianco ha perso contro il Flagello Nero! Incredibile!» rise l'uomo, prima di guardare il Makili Nova.

Il parassita aveva un'espressione furiosa e delusa, mentre osservava la Rider dal cielo. Yuri stava inginocchiata a terra protetta da sua madre, che guardava Xander parlare con uno sguardo indecifrabile. 
Il Makili Nova, però, ringhiò al cielo, non sotto ordine del Rider corrotto. Fissò Ratha e cominciò a caricare un getto di plasma, il colpo di grazia. Il Rathalos provò ad alzarsi, ma era così debole che inciampò al primo passo.

«Ratha, va' via da lì!» provò a chiamarlo Yuri, ma il Rathalos era esausto, ormai.

La Rider strinse i denti, provando a rialzarsi, ma cadde subito a sua volta. Xavia si affrettò a tirarla su. 

«Be' Yuri, sembra che il tuo fedele Rathalos stia per morire a causa tua! Se il Makili fosse soddisfatto di questa sfida, forse vi avrebbe risparmiati!» rise Xander, vedendo la scena.

Yuri chiuse gli occhi un momento, ma non ribatté alle sue parole. Era troppo disperata per replicare:

«Devo aiutarlo» mormorò la ragazzina.

Ma come poteva? Lei era lì, a terra ed esausta; provò una sensazione simile a quella che l'aveva liberata dall'Orrore Nero nella Landa dei Cristalli: impotenza, incapacità di fare la sua parte, frustrazione. Fu allora che sentì lo stesso impulso del giorno prima, dentro di sé.

Xavia vide una rete di vene rosse sul viso di Yuri e si allarmò: sua figlia stava per farsi prendere ancora dalla furia del Fatalis, in una situazione ancora più critica della precedente. Avrebbe potuto essere un vantaggio, come poteva essere un disastro. In ogni caso, era meglio non sfidare la sorte, quindi si inginocchiò accanto a lei per confortarla. Di colpo, Yuri si alzò in piedi di scatto, alzò un braccio e scagliò una brillante palla di fuoco verso l'alto. La sfera infuocata sembrava composta da tantissime scintille, le quali si ammassarono e si solidificarono, fino a creare un vero e proprio asteroide in fiamme. La roccia rovente salì fino a diventare un puntino luminoso nel cielo, per poi cominciare a cadere: diventò una cometa infuocata che, seminando una scia di fumo, stava precipitando dritta verso il Makili Nova. L'asteroide esplose appena toccò il parassita, fermando l'attacco e facendolo quasi precipitare al suolo. 

«Yuri, hai evocato un meteorite, come un Fatalis cremisi!» esclamò Xavia, incredula.

La Rider tremò e si accasciò di nuovo a terra, ansimando. Le vene cremisi scomparvero dal suo volto. La ragazzina guardò sua madre e boccheggiò, confusa:


«Davvero? Sono stata io? Non capisco, volevo solo ucciderlo con tutta me stessa e...»

Fu interrotta da un gemito del Makili Nova ed entrambe si voltarono per guardarlo. Il parassita si riprese e fissò Xander a occhi sbarrati. Il Rider corrotto, che ora sembrava affrettato, corse al bordo del terzo piano e fece un altro discorso ai cacciatori, rimasti al piano terra: 

«Avete visto? Considerate questo immenso potere la prova di quello che il Flagello Nero vi infliggerà, se non obbedirete alla mia richiesta di andarvene entro domani!»

Il Makili Nova, ora alquanto irritato, lo richiamò con una sorta di latrato. Lui, quasi preoccupato, gli fece segno che stava arrivando. Si rivolse quindi a Xavia e Yuri:

«Voi due sarete risparmiate ancora una volta, ora io e il Nova abbiamo una questione di cui parlare» disse, agitato. 

Si avvicinò al parassita e, saltandogli in groppa, gli disse:

«Makili, non penso che la tua sia una buona idea; ma se proprio desideri, puoi provare a convincermi. Secondo me, dovremmo ucciderli tutti subito, senza indugiare oltre»

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Capitolo 41
*** Dichiarazione di guerra ***


Il Makili Nova si allontanò in volo con Xander e si posò su uno scoglio, così che potessero "discutere" fra loro in privato. Uno dei cacciatori, approfittando della lontananza del parassita, provò a suggerire ai colleghi di andare a recuperare le armi per sferrare un contrattacco. Venne messo a tacere subito, però: prima di potersi allontanare, fu investito da uno dei getti d'acqua ad alta pressione dei Plesioth, emersi dalle acque una volta che il Rathalos era tornato normale. Come se fossero guardiani, osservavano tutti e si accertavano che nessuno dei presenti si allontanasse. Quel cacciatore, travolto dal getto, andò a sbattere contro una bancarella di pesci e la sfondò. Il Plesioth che l'aveva colpito, che ormai si era infervorato, si separò dal banco e saltò sul pontile, parandosi davanti ai cacciatori. Tutti sfoderarono le armi e il wyvern acquatico si preparò a colpirli tutti con uno schizzo potente; ma il Mastro Cacciatore, più veloce della luce, scivolò sotto la sua gola. Quando si fermò, era nella posa finale di un fendente iai della spada lunga. Il Plesioth fissò il vuoto, una cascata di sangue gli colava dalla trachea e cadde a terra, morto. Il Mastro era stato così rapido che nessuno aveva visto la lama muoversi. Alcuni fecero un moderato applauso o un complimento sommesso, senza farsi sentire troppo. Lo spadaccino della Prima non disse una parola, rinfoderò la sua arma e andò a guardare gli altri Plesioth, stando attento che non si facessero avanti a loro volta.

«Dovrò pulire la spada da questa robaccia nera» borbottò.

Xavia e Yuri ridiscesero al mercato in quel momento, dopo aver assistito alla scena. La ragazzina corse immediatamente da Ratha, rialzatosi dopo qualche momento dallo schianto. Il mostro aveva un'espressione mortificata e teneva la testa bassa.

«Non è colpa tua, Ratha» lo consolò la Rider, abbracciandogli il muso.

La trasformazione del Rathalos si era interrotta all'improvviso, cogliendo sia il mostro che la Rider impreparati e disorientandoli. Solo questo aveva dato al Nova le aperture necessarie ad uscirne vincitore. Il senso di colpa la schiacciava: aveva fallito nel suo secolare dovere, perdendo contro il Flagello Nero; poche altre volte in vita sua si era vergognata di se stessa in quel modo. 
Xavia osservava la figlia e il wyvern, prima di fare un sospiro sconsolato. Guardò il Makili Nova come tutti gli altri, preoccupata di come Xander avrebbe potuto usare la sua vittoria.

Passarono diversi minuti, prima che il Makili Nova si riavvicinasse alla base dei cacciatori. Xander, sempre sulla sua testa, aveva un'espressione indecifrabile. Non sorrideva come era solito fare, il suo sguardo era serio. Il Flagello Nero, invece, sembrava quasi sornione, mentre le sue placche gialle brillavano come lampade. Sembrava quasi contento. Il suo ritorno, ovviamente, generò un certo panico fra i presenti, prima che calasse un silenzio di tomba. Xavia teneva un braccio avvolto intorno alla spalla di Yuri, per confortarla. Tutti i presenti osservavano l'enorme bestia viola, in attesa di un verdetto. Finalmente, Xander prese la parola:

«Cacciatori, ci tengo a dirvi, come prima cosa, che dovreste ringraziare Yuri per quello che succederà. Il Makili Nova ha raccolto la sfida del Miracolo Bianco, quest'oggi, e posticipato il vostro massacro. Ha trovato il combattimento molto stimolante, ma mi ha detto che gli manca qualcosa: secondo lui, è durato troppo poco. Voleva di più, molto di più. Però ha ammesso che la nuova potenza del suo vecchio nemico l'ha colpito»

Il Makili Nova rivolse un verso sprezzante a Ratha, come per sostenere l'affermazione.
 Xander dovette abbassarsi in ginocchio e aggrapparsi alla peluria della criniera per evitare di cadere a causa del movimento improvviso. A quel punto, di colpo, Xavia sentì una seconda voce. Si guardò intorno e, a giudicare dalle espressioni atterrite della folla, capì che la stavano sentendo tutti i cacciatori. La cacciatrice dai capelli viola fu scossa da un brivido, perché quella non era una voce vera: stava risuonando nella sua testa e sembrava quella di un animale che faceva un goffo tentativo di imitare una persona: era orribile.

Questo combattimento mi ha molto deluso.

Ad alcuni sfuggì un grido e una donna chiese alle persone vicine a lei se era diventata pazza, in preda al panico.

«E allora che vuoi, lurido parassita?» sibilò la Rider.

Il Makili Nova fissò la ragazzina per qualche secondo, prima che le sue fauci si contraessero in una sorta di ghigno: 

Hai combattuto bene, erede di Redan: il tuo potere mi ha sbalordito! 

«Ti dispiacerebbe arrivare al punto, Nova? Lo scambio di saluti con mia sorella ha fatto danni» lo interruppe Xander.

Il Flagello Nero ringhiò e continuò: 

Voglio affrontarti come si deve, prima di tornare nell'altro continente.

«Se ti rifiuti, distruggerà questo posto subito e potrete dire addio alla possibilità di sgomberare! - aggiunse Xander - Scegli bene, Yuri: vuoi diventare una martire o farti spazzare via con tutta questa gente?»

La Rider si sentiva impotente. Commentò:


«Non è che abbia tanta scelta. La prossima volta ti distruggerò, Makili Nova! Morirai una terza volta e sarà l'ultima!»

Il parassita sembrò contento di quella risposta e ruggì per darlo a vedere. Yuri urlò di dolore, chiuse gli occhi e si mise le mani sulle orecchie, incespicando. Dalla sua pelle si levò per un istante del fumo di Orrore Nero.

«Ti consiglio di farti visitare, prima - la sfotté Xander - Avrai anche purificato Mikayla, ma non sei ancora guarita. Se non ti curi dall'Orrore Nero, il Makili potrebbe impossessarti di te e allora che gusto ci sarebbe ad ammazzarti?»

Xavia non sopportava la vista di sua figlia così sofferente; andò su tutte le furie e gli esclamò:


«Xander, devi ordinagli di lasciarla stare! Non voleva uno scontro soddisfacente?»

Yuri non sopportò più le fitte e svenne, cadendo a peso morto; a Xavia toccò prenderla prima che pestasse la testa sul legno.


«Bene, ora che è stesa posso continuare io. Non ti dispiace, vero, Makili?» chiese Xander.

Il Flagello Nero scosse la testa. 

«Allora continuo. Cacciatori, i dettagli sono semplici; prendete appunti, perché lo dirò solo una volta. Il Makili Nova vuole una battaglia degna di questo nome e ha anche deciso il luogo in cui si svolgerà. A Ovest degli Altipiani Corallini c'è una pianura rocciosa, circondata da gole. Una conca profonda e ampia, dove la mia setta e i mostri che si è portata potranno scontrarsi con voi»

«Cosa? Una battaglia tra due armate? È una barbarie!» protestò l'Ammiraglio, rabbioso.
 

«Decido io cos'è, ammasso di muscoli! Il piatto forte sarà il duello tra il Miracolo Bianco e il Flagello Nero, come oggi. Io e la mia setta allestiremo un accampamento lì, visto che in questa base i nostri mostri si sentiranno stretti, quindi non osate andare là in anticipo per tenderci una trappola! La battaglia si svolgerà tra un mese. Avete trenta giorni per organizzarvi, fare scorte dovunque vi insedierete, quello che vi pare; l'importante è che diate spettacolo. 
Se non vi presentate, il Makili Nova vi farà a pezzi dal primo all'ultimo»

Si prese un momento di pausa per gustarsi le espressioni dei presenti: spaventate, furiose, confuse. Tutte facce diverse, ma che esprimevano perfettamente quello di cui il Makili Nova era il simbolo.


«Direi che qui, ormai, abbiamo finito. Io sarò di ritorno domattina, quando la mia setta sarà approdata nel Nuovo Mondo. Non voglio trovare un'anima viva! Muoviti, Makili»

Batté la mano sul collo del Makili Nova, che annuì e ruggì al cielo. A quel punto, richiamati a raccolta, i Plesioth sparirono sott'acqua nel momento in cui il Flagello Nero non fu che un puntino viola nel cielo. Rimasti soli
, i cacciatori di Astera cominciarono a gridare varie imprecazioni, tra cui insulti alla madre di Xander. Suo grandissimo malgrado, l'Ammiraglio fu costretto a dare subito l'ordine che la Commissione di Ricerca cominciasse i preparativi per abbandonare la base che era stata il suo punto di riferimento per anni, ora portata via con appena qualche minaccia e una dichiarazione di guerra.

Quando si svegliò, Yuri fu accolta da un fortissimo abbraccio di Xavia, nell'infermeria di Astera. La ragazzina si strofinò gli occhi e guardò le file di lettini. Vide il Comandante, seduto in fondo alla stanza e assistito da suo nipote. Confusa, chiese cos'era successo. 

«Sei svenuta all'improvviso, dopo che il Makili Nova ha ruggito. Hai dormito per un paio d'ore» le spiegò sua madre, mentre le accarezzava le guance. 

«Oh, cazzo! Dov'è, adesso?»

Yuri fece per alzarsi di scatto, ma si mise seduta così all'improvviso che le venne il capogiro.

«Lui e Xander se ne sono andati. Stai tranquilla, ti racconterò tutto dopo» 

Yuri fissò lo sguardo rassicurante di sua madre per un momento, prima di lasciarsi scappare un sospiro rassegnato; si sdraiò e si massaggiò le tempie, che le pulsavano ancora. Si sentiva come se avesse ricevuto una bastonata in testa. Quello che ricordava prima di svenire erano solo le parole di suo padre che le consigliava di curarsi dall'Orrore Nero. 
Xavia rimase in silenzio, di fianco alla figlia, e chiuse gli occhi per un attimo. All'improvviso, dietro di loro si sentì la voce del fidanzato di Ayla:

«Ehi, si è svegliata?»

Xavia si girò verso di lui e annuì: 

«Sì, proprio adesso. Non le ho ancora detto cos'è successo»

Gionata incrociò le braccia e le rivolse uno sguardo comprensivo. Yuri, invece, guardò sua madre con un'espressione confusa, ma Xavia prese la parola prima che le chiedesse alcunché: 

«Cos'è stato deciso, alla fine?» 

«Ci stanzieremo tutti presso l'aeronave della Terza Flotta. Allestiremo un accampamento pubblico, poi inizieremo a prepararci come possiamo allo scontro. Comunque, la priorità in questo momento è andare via da qui e portare tutte le nostre risorse con noi»


«Di cosa state parlando? - chiese Yuri - Non dirmi che avete dato ragione a quel bastardo!» 

«Invece sì: quel simpaticone ci ha dichiarato guerra. Forse ha letto troppi romanzi» scherzò Gionata.

Xavia spiegò tutto quello che Xander aveva detto mentre lei era svenuta. E, alla fine del racconto, calò il silenzio nella stanza.

«Ma certo: il Makili vuole seminare più disordine che può - rifletté la Rider - Il caos è la sua ragione di vita. Forse sa che nel Vecchio Mondo la Gilda sarebbe pronta per affrontarlo, oppure teme i Draghi Anziani più potenti»


Mentre la Rider rimuginava, Gionata toccò la spalla di Xavia e, con un sorrisetto, le domandò: 

«Fammi indovinare: ti riferivi a tutto questo, quella volta col Kirin?»

«Di cosa sta parlando?» chiese la Rider, curiosa.

Xavia fece uno sbuffo e le spiegò:

«Si riferisce a una caccia in cui io e lui abbiamo abbattuto un Kirin sugli Altipiani Corallini, mesi fa. Mi ha chiesto perché sui registri vengo chiamata "Xavia Aros", quando invece mi presento sempre come Xavia Rudria. Non gli ho voluto rispondere, quel giorno; gli ho solo detto che c'era un motivo per cui non volevo usare quel cognome. Gionata, Xander mi ha rovinato la vita. Cerca di capirmi, se quello
 degli Aros non mi va tanto a genio come cognome. Senza offesa, Yuri!» 

«Nessuna offesa, mamma. Anzi, non vorrei averlo nemmeno io, quando penso che sono imparentata con lui»


«Siamo in due» le rispose la voce di Mikayla.

La sorella di Xander, seduta a gambe incrociate due lettini più in là, salutò la nipote con la mano. 

«Perché sei qui?» chiese Yuri. 

«Sono svenuta quando Xander ha tentato di infettarmi di nuovo. Mi hanno portata qui gli eruditi, ma dopo i controlli mi hanno detto che non avevo nulla di strano; penso che Xander abbia fallito. Be', almeno così spero: mi sento strana, ma bene»

Yuri la rassicurò e le promise che avrebbe controllato lei stessa con la sua Pietra del Legame.

«Ehi, stupido Astalos, finiscila!» urlò un cacciatore, esasperato.

L'Astalos di Mikayla ringhiò e socchiuse gli occhi, mentre la membrana del suo corno vibrava. L'imbracatura, di solito applicata agli Aptonoth usati per trainare carri, era solo poggiata sul collo del wyvern-libellula: non riuscivano ad assicurarla, perché si opponeva in continuazione. 
Nelle ore in cui Yuri era stata svenuta, le persone ancora presenti avevano cominciato i preparativi per andarsene dalla base. Avevano raccolto tutte le attrezzature possibili, provviste, cibo, materiali. Tutto quello che, raggiunta l'aeronave della Terza, sarebbe stato utile. Yuri, una volta uscita dall'infermeria con la madre, si offrì di aiutare nei trasporti coi suoi mostri e loro accettarono volentieri. Ratha era abituato a quel genere di cose, perché anche nel Vecchio Mondo era solito, con la padrona, trasportare carichi piuttosto pesanti, come delle intere carcasse di mostri su commissione o le merci di vari negozianti. Legi, invece, voleva solo aiutare la ragazza. Mikayla aveva convinto anche Asta a contribuire, ma a quanto pareva il giogo e le maniere dei cacciatori non gli andavano a genio. La sua padrona dovette intervenire di persona per rassicurare l'Astalos e permettere al cacciatore di fissarlo alla sella del mostro sotto consiglio della Rider.

«Trasporterà il carico sulla sella. È meglio così, piuttosto che mettergliela al collo» si giustificò.


Sfortunatamente, però, l'Astalos era l'unico mostro dei presenti in grado di volare con un tale fardello. Il Rathalos, seppur ripresosi e in grado di sostenere il peso della sua Rider, non era in grado di portare troppe cose insieme. Il Legiana, invece, aveva un fisico troppo gracile. Per quel motivo, Yuri suggerì semplicemente di mettere quei carichi su dei carri e farli trainare a terra dagli Aptonoth e dai suoi mostri. Ci avrebbero messo un giorno in più, ma li avrebbero raggiunti velocemente a loro volta. In realtà, la Rider aveva proposto di andare da sola con il Rathalos e la Legiana, ma l'Ammiraglio non era d'accordo. Si sarebbero divisi in due gruppi: il primo si sarebbe diretto subito all'aeronave sugli Altipiani Corallini per costruire la nuova tendopoli; il secondo gruppo, invece, avrebbe accompagnato Yuri e i suoi mostri. Ovviamente, Xavia fu la prima ad offrirsi di accompagnare la figlia. Ayla, Gionata, Carson e Yuna decisero di seguire la Rider a loro volta, così come Nick, Nina ed Erika. Mikayla chiese di unirsi al loro gruppo, però doveva già occuparsi del suo Astalos, quindi fu costretta a scegliere la prima squadra.

«Sarà per un'altra volta» sospirò.

A Yuri si unì un'altra decina di cacciatori, fra cui purtroppo c'era anche Mike. Questi aveva come unico scopo parlare male della Rider, ormai era ossessionato. Prima che partissero, lo sentì sputare veleno, come al solito:

«Avete notato che da quando c'è lei tutto va a rotoli? Non bastava la malattia, no! Prima il suo Lagiacrus di merda, poi si fa prendere da un Teostra, poi si fa rapire da quei criminali e la malattia peggiora per la sua assenza. Ora dovremmo pure buttarci in una battaglia impossibile da vincere, solo perché un parassita ce l'ha con lei? Se dipendesse da me, gli porterei la sua testa, se solo potessi! Almeno questa rottura finirebbe»

Quando era troppo, era troppo. Yuri avrebbe voluto fare finta di niente, ma quel tizio aveva passato ogni limite. Smise subito di preparare Ratha e Legi al trasporto, gli si parò di fronte e, fissandolo con gli occhi stretti, gli sibilò:


«Scusami, ho accettato questo lavoro per aiutarvi e mi sono ammazzata di fatica per un mese, poi mio padre mi ha fatto provare un dolore che non immagineresti mai e ora ho rischiato la pelle per salvarvi dal Makili Nova. Quindi, la prossima volta che ti viene in mente di dire che sono la causa dei vostri mali, cuciti quella cazzo di bocca, o ti strappo la lingua e la do da mangiare a Ratha! Stronzo!»

Quella sfuriata finale colse tutti di sorpresa, infatti i cacciatori del suo gruppo si voltarono per guardarla a bocca spalancata e Mike fece un passo indietro, sbigottito. Sudò freddo e balbettò a bassa voce le sue scuse. Yuri le accettò molto irritata, ma poi fece un sospiro profondo e si calmò, tornando poi alla sua mansione. Si aspettava che tutti avrebbero avuto paura di lei, per quello sfogo, invece applaudirono. Erika le confidò all'orecchio che Mike era sempre stato antipatico a tutti, ma nessuno aveva mai voluto dirglielo in faccia. Finalmente, però, era stato messo a tacere. Yuri, per la prima volta da parecchio, si sentì compiaciuta.

«Ti sta bene, Mike» affermò poi Erika, imbarazzandolo ancora di più.


Dopo aver dato gli ultimi ordini, Mikayla montò in groppa al suo Astalos, battendo i talloni sui suoi fianchi. Asta ruggì un momento, prima di battere le ali e alzarsi in volo, sollevando con le corde legate all'imbracatura il tessuto al cui interno si trovavano gli strumenti del fabbro.

«Vi precedo - disse - Poi io e Asta torneremo a trasportare anche il Comandante e quelli ancora qui»

Dopo la comparsa del Makili Nova, ad Astera erano rimasti solo tre Mernos: gli altri erano volati via dalla paura, ci sarebbe voluto parecchio prima che trovassero il coraggio di tornare. 
L'Ammiraglio aveva preso il primo degli pterowyvern per andare dalla Comandante della Terza e raccontarle quello che stava accadendo. Gli altri due, invece, avrebbero trasportato altri cacciatori. Mikayla era anche incaricata di fare in modo che arrivassero tutti alla tendopoli sani e salvi, tornando a riprendere le persone rimaste ad Astera. L'Astalos e i Mernos sparirono all'orizzonte, mentre il gruppo di Yuri, dopo essersi assicurati che le imbracature degli Aptonoth fossero ben fissate, partì e varcò l'uscita di Astera che dava sulla Foresta Antica.

I preparativi e le riunioni avevano portato via molto tempo a quella giornata: il gruppo di Yuri, infatti, era giunto solo fino a un prato nel cuore della Foresta Antica, quando il sole tramontò: si dovettero accampare. Al centro della radura, tra le felci, trovarono un pezzo di carne putrefatto di grandi dimensioni. La cosa peggiore era che emanava la stessa foschia dei mostri infetti.

«Rider, vieni qui! Presto!» chiamò una cacciatrice con lo spadone.

Yuri corse a controllare e scosse la testa, preoccupata:


«È un pessimo segno. Ehi, Ratha!» 

Il Rathalos accorse e sputò una palla di fuoco sul pezzo di carne, che andò in cenere. Yuri, prima che la cenere si spargesse al vento, sollevò il braccio destro. La Pietra del Legame brillò della sua solita, calda luce verde e quello che rimaneva del pezzo di carne svanì nel nulla.


«Cos'era quello?» chiese Erika. 

«Non dovevamo partire subito» si morse il labbro Yuri.

«Immagino che c'entri qualcosa con la malattia» disse Yuna.

La Rider annuì e si guardò intorno, in cerca di pezzi di carne simili. Intanto, spiegò: 

«Per dirvelo in breve, quando l'Orrore Nero infetta un mostro ci sono diversi stadi. Quelli che avete visto fino ad adesso erano solo mostri contagiati da poco, quindi nello stadio più debole, ma questo residuo veniva da un mostro allo stadio terminale. Ormai è incurabile»

«E quindi?» chiese Nick. 

«Quando raggiungono la fase terminale, la loro pelle comincia a marcire, il loro sangue si annerisce e perdono questi residui ovunque, aumentando le possibilità di contagio a dismisura» 

«E puzzano da fare schifo» commentò Gionata, tappandosi il naso.

«Cosa dobbiamo fare, Yuri?» domandò Nina.

Prima che potesse risponderle, però, intervenì Xavia: 

«Tanto per cominciare, pensiamo ad accamparci: si è fatto tardi, viaggiare di notte con una carovana non è una buona idea. Signori, faremo a turni per controllare la situazione: se questi mostri infetti sono vicini, dobbiamo stare vigili» 

«Ratha e Legi vi aiuteranno come possono. Li ho abituati a dormire solo due ore a notte, per loro non sarà un problema» disse la Rider. 

«Bene. Allora mettiamo giù le tende, forza!» esortò Xavia.

Quando l'accampamento fu pronto, ormai era notte fonda e i cacciatori accesero un falò al centro della radura, prima di andare nelle tende a dormire. Xavia, in quel momento, si trovava nella sua con Yuri. Non era molto spaziosa, ma bastava per un paio di persone. Ne avevano abbastanza per permettere, a turni, a tutti i cacciatori rimasti di farsi qualche ora di sonno.

«Farò il primo turno di guardia, ma sono qui fuori se hai bisogno, Yuri» disse gentilmente la cacciatrice dai capelli viola.

La ragazza annuì, forzando un abbozzo di sorriso. Le due si abbracciarono e si diedero la buonanotte, quindi Xavia uscì. Rimasta sola, Yuri entrò nel sacco a pelo e si distese su un fianco. Si sentiva esausta, dopo la disastrosa battaglia contro il Flagello Nero. Chiuse gli occhi, ascoltando il chiacchiericcio dei cacciatori nelle altre tende e il crepitio della legna sul fuoco. Le ci vollero pochissimi minuti ad addormentarsi.

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Capitolo 42
*** Redan ***


Yuri si svegliò di colpo, nel cuore della notte, lasciandosi scappare un grido di terrore. Si passò una mano sulla fronte imperlata di sudore, chiuse gli occhi e si sforzò di tornare a respirare con calma. Il suo cuore batteva all'impazzata, lo sentiva martellare nel suo petto.

"Era solo un incubo! Sì, un incubo! Niente di più!" pensò, per rilassarsi.


Riuscì a farsi passare il panico dopo un paio di minuti: il suo battito si stabilizzò. La Rider tirò un sospiro di sollievo, buttando fuori tutta l'apprensione. Non sapeva perché, ma era sicura di aver avuto lo stesso, identico incubo della notte prima. L'unica differenza, però, era che questa volta se lo ricordava nei minimi dettagli: era ad Hakum, di nuovo a casa. Il villaggio dove aveva passato tutta la vita era stato raso al suolo. Le case erano ridotte a cumuli di macerie. Gli orti e perfino il campo di fiori piantato in memoria della madre di Cheval dopo l'attacco di un Nargacuga infetto erano stai bruciati, ridotti in cenere dalle fiamme. Degli asteroidi ancora roventi avevano scavato delle fosse dove si erano schiantati. Il sentiero che portava alla Sala dei Riti, allestita in una grotta nei monti Pondry, era stato reso inaccessibile da una frana. Poi c'erano cadaveri dovunque. Bambini, donne, uomini e vecchi; tutti morti, nessuno escluso. Aveva riconosciuto il suo maestro Dan e il capovillaggio Omna. Poco dopo, aveva visto anche Navirou, Cheval, Lilia, i suoi amici, anche alcuni dei suoi mostri, fra cui Ratha. Tutti morti.

Tuttavia ciò che la colpiva di più, tanto che a ripensarci le venivano i brividi, era che sapeva di averli uccisi lei. Ma questo, anziché farla disperare, le dava un'immensa soddisfazione. Ricordava alla perfezione di aver sorriso di gusto, mentre osservava i corpi delle sue vittime. A un certo punto, si era sentita osservata. Quando si era voltata, aveva trovato la sagoma sfocata e indistinta di un enorme drago nero ad ali spiegate, con un paio di terrificanti occhi rossi e penetranti. I loro sguardi si erano incrociati per degli interminabili secondi, poi il sogno si era interrotto di colpo. Ayla le aveva detto che la maledizione del Fatalis includeva incubi terribili in cui lo spirito del Dio Punitore la tormentava; dunque adesso anche lei era costretta a sopportare quella scena ogni notte, a causa del gene che Xander le aveva infuso? Era stata maledetta anche lei? Scosse la testa con orrore, sforzandosi di scacciare quei pensieri tanto angoscianti, quanto orribilmente veri.


«Basta, era solo un incubo» ripeté a voce alta.

Decise di stare in silenzio e ascoltare i rumori della notte per calmarsi, come faceva quando era piccola e non riusciva a prendere sonno. Però, dopo che fu rimasta zitta e ferma per una decina di minuti, non aveva ancora sentito un suono. Le voci dei cacciatori che aveva ascoltato prima di addormentarsi, il fruscio della vegetazione mossa dalla brezza notturna e il crepitio del fuoco da campo non si udivano: non sentiva proprio nulla. 
Confusa, si alzò lentamente e prese spada e scudo, prima di uscire all'aria aperta. Il fuoco era spento e attorno a lei non c'era nessuno. I cacciatori che l'avevano accompagnata erano svaniti nel nulla. Poté constatarlo quando, controllando anche le altre tende, non trovò assolutamente nessuno. Nemmeno Ratha e Legi erano più lì.

«Mamma!» chiamò a gran voce.

Chiamò anche Nick, Nina e i suoi mostri. Le venne spontaneo chiamare pure Ayla. Nessuna risposta: era completamente sola. 
Si prese un momento per riflettere, tentando di non andare nel panico. Iniziò ad allontanarsi di corsa dall'accampamento, decisa a tornare ad Astera. Prima che potesse abbandonare l'area, però, il fuoco da campo si riaccese e riprese a crepitare, alle sue spalle. Yuri si voltò subito, stringendo l'elsa della spada in preda all'agitazione. Sembrava che il falò si fosse acceso da solo. Yuri vi si avvicinò, guardandsi intorno con attenzione. Come fu abbastanza vicina, ispezionò i dintorni del fuoco per vedere se era rimasta qualche impronta nel terreno umidiccio della Foresta Antica, ma non c'era niente. La Rider si insospettì e si guardò le spalle: nemmeno lei aveva lasciato impronte.

"Cosa?" si chiese.

Guardò sotto di sé ed ebbe la conferma che i suoi schinieri non lasciavano alcun segno sul terreno.


"Ma che diavolo sta succedendo qui?" si ripeté, spaventata.

A un certo punto, sentì una presenza sopra di sé. Guardo il cielo e lo rivide: il Fatalis. Il Drago Nero le puntò gli occhi addosso e scoprì le zanne, dietro di lui il cielo della notte si era tinto di rosso sangue. Gorgogliò, prese fiato ed emise un ruggito così potente che la terra tremò. Yuri, terrorizzata, si inginocchiò e si coprì gli occhi, aspettandosi che il mostro sarebbe piombato su di lei e l'avrebbe divorata; ma non accadde nulla. In realtà, poco dopo tornò il silenzio inquietante di prima. 
Nel cielo erano tornate a brillare le stelle e la Luna piena. Osò aprire gli occhi e guardarsi intorno. Del Fatalis non c'era più traccia. La Rider si lasciò scappare un sospiro di sollievo, socchiudendo gli occhi e abbassando lo sguardo. Era confusa da tutto quello che stava succedendo, era spaventata di tutte quelle stranezze. Ed ecco che, all'improvviso, ne accadde un'altra. Sentì il tonfo di un legno gettato nel fuoco, si girò e vide qualcuno. 

«Oh!» sobbalzò.

Un uomo con un'armatura bianca, difficile da riconoscere, si era seduto su una roccia accanto al fuoco, dopo aver messo un pezzo di carne cruda in uno spiedo e averlo portato sopra la fiamma. Dava le spalle alla ragazza e non indossava un elmo, ma solo un cappuccio in tessuto bianco che gli nascondeva il volto. E, accanto a lui, acciambellato accanto al falò, c'era un Fatalis bianco. Tuttavia, al contrario di tutti i suoi simili, quello non sembrava ostile; anzi, aveva un'aria simpatica e socievole. Eppure era così imponente e il suo portamento da antica divinità era tale da incutere rispetto e timore, anche se Yuri sentiva che non le avrebbe fatto del male. Aveva una sella sul dorso.


"Giuro che se Navirou farà ancora qualche riferimento ai Fatalis dopo tutta questa storia, altro che Manelgar, il Makili Nova o Anvis: avrà paura di me!" pensò Yuri, prima di avvicinarsi a quell'uomo. 

Lo sconosciuto, senza voltarsi a guardarla, le rivolse la parola:


«Le riunioni di famiglia sono davvero sfiancanti, vero, Yuri?» 

La sua voce gentile e profonda la fece trasalire di gioia, quando la riconobbe. 

«Ricordo ancora di quando tornavo a casa, dopo le cacce: mia madre mi saltava addosso appena entravo, mi chiedeva se stavo bene o se ero ferito. Era sempre preoccupata per me, dalla mia partenza al mio ritorno» 

Si interruppe per togliere la carne dal fuoco e controllare se era ben cotta. Mangiò un boccone e la mise da parte, quindi continuò: 

«Mio padre, invece, mi insultava sempre. Diceva che ero un fallito, perché non mi decidevo mai ad entrare nel grado maestro. Non c'era un giorno in cui non ci gridassimo in faccia, ma in fondo era fiero delle mie imprese, anche se non l'avrebbe mai ammesso - Yuri capì che stava sorridendo, nonostante il cappuccio - Me lo dimostrò solo quando io ed Ejderi uccidemmo il Makili Nova, che ai tempi si era incarnato in un demone del catrame. Com'è che lo chiama la tua generazione? Gogmazios?»

Allungò il braccio e accarezzò il muso ad Ejderi, il suo Fatalis bianco. Il primo Miracolo Bianco; nonché l'unico Dio Punitore che fosse mai riuscito a rinunciare al suo odio per il genere umano, avendo conosciuto il lato buono degli uomini grazie al suo Rider. Il drago, contento, lo leccò e gli sollevò il cappuccio con la lingua, scoprendo la sua faccia
. L'uomo guardò Yuri e le sorrise. Era pallido e il lato destro del suo capo era solcato da una lunga cicatrice. Il segno partiva dalla fronte e scendeva fino al mento. Aveva i capelli biondo cenere, con una piccola cresta sul davanti, e una folta barba che gli conferiva una certa parvenza di saggezza. Yuri l'aveva riconosciuto subito: quello era il suo capostipite.

«Sei tu!» esclamò, felicissima. 

Gli corse incontro e lo abbracciò forte, poi andò dal Fatalis bianco e lo accarezzò. Ejderi mugolò contento e le soffiò addosso, smuovendole i capelli. L'uomo sorrise gentilmente e le diede una pacca sulla spalla: 

«È un piacere rivederti dopo tanto tempo, Yuri» 

«Anche per me, Redan!»

Ejderi emise un versetto e il primo Rider, con un sorriso complice, gli gettò un pezzo di carne che fu divorato al volo. 

«Sto ancora sognando, giusto?» chiese Yuri.

«Ovvio, altrimenti non sarei qui. Sai, sono gli svantaggi di essere un fantasma in una Pietra del Legame» 

A Yuri era capitato solo poche volte di vedere quel personaggio leggendario, presente nei miti sulle origini dei Rider. E, in quel momento, vedere una faccia amica la rendeva felice. La ragazzina
 si prese ancora un momento, prima di allontanarsi da Redan. Lui indicò la roccia su cui sedeva, invitandola a prendere posto accanto a lui: 

«So che la situazione è critica e hai un sacco di domande ma... siediti, dobbiamo assolutamente parlare. Non so tra quanto ti sveglierai, quindi preferirei iniziare subito»


«Solo una domanda, Redan. Per favore, devo saperlo» disse lei, mentre il suo antenato masticava un boccone della bistecca.

«Dimmi» 

«Perché sei scomparso? Non ti sei fatto sentire per due anni e ora mi mandi una visione così, all'improvviso»


«Quando hai ucciso il secondo Makili Nova, sei riuscita a convogliare un'energia senza pari che ha permesso al tuo Rathalos di diventare un Miracolo Bianco. Sapevo che ormai eri degna di essere la mia succeditrice, non avevi più bisogno di me per andare avanti» 

«E ora non lo sono più perché ho fallito? Sei venuto a togliermi il titolo?»


«No, non è questo. La mia pietra lo dimostra: stamattina non avresti potuto trasformare Ratha, se non fossi più degna. Io sono tornato quando il Makili Nova è risorto. Io, Ejderi e il Flagello siamo legati dal destino: lui muore, noi svaniamo. Lui resuscita, noi torniamo»

Yuri si ritrovò solo ad annuire e a distogliere lo sguardo, ma Redan attirò ancora la sua attenzione:

«Ho avuto modo di farmi un'idea chiara di quello che ti sta succedendo, guardando i tuoi ricordi. Che posso dire? È un bel posticino, questo Nuovo Mondo! E complimenti per l'armatura e il nuovo taglio. Stai bene coi capelli corti» 

«Grazie, Redan» sorrise Yuri.

Il primo Rider sorrise a sua volta, prima di tornare serio. Sospirò e incrociò le braccia: 

«Passiamo alle cose serie. Tanto per cominciare, devo chiederti di rilassarti e sfogare la tensione per un bel pezzo»

Yuri non capiva: 

«Ma che richiesta è?» 

«Nell'ultimo mese hai provato troppe emozioni logoranti. E questo è l'effetto che ha avuto su di me» 

Si indicò la cicatrice, che le volte precedenti non c'era. 

«Allora la mia Pietra del Legame sta per infettarsi?»

Yuri alzò il braccio destro e controllò la pietra. Per fortuna, era azzurra come al solito. 
L'umore di un Rider si rifletteva sulla sua Pietra del Legame. Vivendo dei periodi bui troppo prolungati, la pietra finiva per perdere efficacia e, se non si agiva in tempo, l'Orrore Nero la intaccava e il minerale diventava come quello di Xander. In quel momento, Yuri aveva anche capito perché la trasformazione di Ratha fosse durata così poco.

«Se io ed Ejderi prendessimo l'Orrore Nero, il Makili Nova sarebbe inarrestabile. Due anni fa, alle rovine di Zalam, hai avuto la fortuna che il Minerale del Legame avesse reagito col mio e il tuo sangue, anche se era distrutto: combinato con il legame fra te e Ratha, ha innescato la vostra trasformazione. Ma stavolta...» 

«Ehi, hai idea di tutto quello che ho passato, Redan? Appena arrivata, Ratha è stato pestato da mia madre, Nami è stata uccisa, ho rischiato di morire contro una Lunastra mentre tentavo di purificare un Teostra e il loro uovo; ho passato un mese infernale purificando mostri a più non posso, per poi ritrovare mio padre ed essere controllata da lui al punto di uccidere tre persone e andare contro un Drago Anziano da sola. Ora non ho neanche potuto uccidere il Makili Nova mentre ne avevo l'occasione! Per di più, non so se lo sai, ma ora sono anche mezza Fatalis»

Ejderi la annusò con attenzione ed emise un versetto, come a confermare l'affermazione: era chiaro che percepiva il suo simile, anche se era solo un gene dentro di lei. 


«So che ti sto chiedendo molto, Yuri. Forse troppo, visto cosa si prospetta nel prossimo mese. Non ho detto che devi mollare tutto, smettere di aiutare o qualcosa di simile perché io non riesco a sopportare una cicatrice: sono morto, questo è niente! Vorrei solo che tu rallentassi quanto basta per non perdere l'arma più forte che abbiamo contro il Makili Nova. So che hai una responsabilità enorme, ma...»

«Lo farò - lo interruppe Yuri - Se la pietra si infetta, allora tutto sarà perduto. Vedrò cosa riesco a fare. È una promessa, Redan»

«Grazie, Yuri. Grazie infinite» disse Redan, con un sorriso.

«Di niente» sbuffò lei. 

«Hai già debellato quasi tutto l'Orrore Nero nel Vecchio Mondo, quindi questa sarà l'ultima venuta del Makili Nova per migliaia, se non milioni di anni» 

«Quindi devo solo rischiare la pelle un'ultima volta, poi avrò finalmente il riposo che merito» sussurrò Yuri, facendolo ridacchiare.


«Quella era l'unica cosa urgente di cui dovevo parlarti, Yuri. Però, prima che ti svegli, ne ho un'altra che mi piacerebbe confidarti»

«Si tratta per caso dell'Orrore Nero nel mio corpo?» 

«Giusto. Due cose, allora. Sì, sei ancora infetta. Quando hai purificato tua zia, hai guarito entrambe solo in parte. Le Pietre del Legame hanno molti limiti sulle persone, visto che sono pensate per curare i mostri»

«Quelle normali non funzionano. Mikayla ha detto che anche mio padre ha provato a curarla con la sua, senza riuscirci»

«E la mia è l'unica che può curare anche gli umani infetti. Sì, l'ho capito mentre osservavo i tuoi ricordi»

«Be', come sai solo i tuoi eredi, come me, possono usarla. Ricordo che quando Ross ha preso in prestito la mia pietra per purificare un Tigrex lavico, non è successo niente: aveva paura di averla rotta» raccontò la Rider.

«Ed ecco il secondo punto. Ascoltami bene: tuo padre non è un mio discendente. Il mio nome è Redan Rudria»

«Ragazzina, svegliati!» 

Yuri fu svegliata all'improvviso da un cacciatore in armatura di Anjanath. Si prese qualche secondo per tornare lucida, sedendosi e strofinandosi gli occhi.

«Che succede?» chiese, con uno sbadiglio.

«I cacciaprede che abbiamo mandato in avanscoperta sono tornati con delle notizie preoccupanti. Xavia ha detto di radunare tutti i presenti per sentire di cosa si tratta, quindi devi venire anche tu» rispose lui, per poi uscire dalla tenda.

Yuri non era molto presente, aveva ancora in mente le ultime parole di Redan. Le ricordava tutte perfettamente, come se quello che aveva sognato fosse accaduto veramente. Era abituata a quella sensazione, ma la rivelazione finale del suo antenato l'aveva lasciata di stucco. Voleva parlarne con sua madre al suo risveglio, ma ora avrebbe potuto farlo dopo aver sentito la notizia di quei Felyne. 
Uscita dalla sua tenda dopo un minuto, giusto il tempo di sgranchirsi, si diresse al falò, che era spento perché ormai il Sole era sorto. Andò a salutare i suoi mostri, che erano insieme agli Aptonoth da tiro: Legi stava dormendo, mentre Ratha faceva la guardia. Si rilassò solo quando Yuri si avvicinò: strusciò il becco sul palmo della ragazza, che aveva preso ad accarezzargli la testa.

«Puoi anche andare a riposarti adesso, Ratha: è tardi, avete fatto abbastanza. Resterò io di guardia, dopo questa riunione» 

Il Rathalos gracchiò, prima di annuire lievemente.


«'Giorno, Yuri! Ben svegliata!» la salutò Xavia, vedendola.

In quel momento, erano già tutti presenti. Appena arrivata, Yuri sentì Gionata lamentarsi perché "quelle stupide palle di pelo non portavano altro che cattive notizie" e i tre Felyne lì presenti si sentirono profondamente a disagio. Nessuno ribatté, a parte la madre di Yuri che disse ai tre Lynian di non preoccuparsi e che avevano svolto solo il loro lavoro. I cacciaprede fecero spallucce e fecero rapporto: avevano avvistato due wyvern brutali nella Foresta Antica, non molto lontano da quell'accampamento provvisorio. Uno era a Nord, l'altro a Est di quel prato. Non avevano avuto il tempo di identificarli per bene, ma avevano constatato con certezza che entrambi erano infetti, come dimostrato dalla foschia nera e dal fatto che, dove passavano, le piante sembravano appassire subito.


«Sono entrambi allo stadio terminale, ormai non posso purificarli» disse Yuri, grattandosi il collo. 

«Cosa pensate che siano? Anjanath? Deviljho? Non ci sono altri wyvern brutali, nella Foresta Antica» chiese Mike.

«Formeremo due gruppi da tre persone - decretò Xavia - Dobbiamo assicurarci di avere la strada libera per mezzogiorno, quando ripartiremo» 

«Suggerisco di mandare i più forti - consigliò la balestriera leggera - Secondo la Rider, questi infetti sono peggio di quelli normali. Meglio non rischiare, no?»


Xavia mosse lo sguardo su Ayla e i suoi compagni, quasi a chiedere loro cosa dire, ma loro si limitarono a rispondere di essere d'accordo. Ayla, però, sembrava un po' titubante all'idea di affrontare un wyvern brutale.

«Allora io, Ayla e Gionata andremo a Nord per uccidere il primo - disse Xavia - Yuna e Carson andranno a Est. Chi si unisce a loro?»

«Portiamo tua figlia
, no? Se sa così tanto sull'Orrore Nero, allora sarà utile. E poi ha due mostri con sé» suggerì Carson. 

A quelle parole, Xavia guardò Yuri e le chiese che ne pensava. La ragazza, però, scosse timidamente la testa: 

«Non posso combattere, stamattina: la trasformazione di Ratha nel Miracolo Bianco ha tolto tutte le energie sia a me che a lui, vi sarei solo d'intralcio. Mi dispiace» 

Non trovò una scusa migliore. Del resto, non poteva certo raccontare della visione di Redan e aspettarsi che le credessero. Xavia le lanciò un'occhiata
 confusa, ma non fece in tempo a domandarle se stesse bene, che Nick si offrì di andare con loro. E con ciò i presenti sorvolarono le parole di Yuri, che tuttavia disse che sarebbe rimasta sveglia ad aiutare a difendere l'accampamento, se altri mostri si fossero presentati. Xavia, tuttavia, si appuntò mentalmente di chiederle come stesse una volta tornata. Salutò Yuri, prima di unirsi a Gionata e Ayla e addentrarsi nella Foresta Antica. Nick, Carson e Yuna fecero lo stesso dopo qualche minuto, giusto in tempo perché Nina sommergesse il fratello di avvertimenti e raccomandazioni. Yuri si sedette accanto al falò. Nina si accomodò di fianco a lei per tenerle compagnia e fare una chiacchierata con lei per distrarla. Giusto per passare il tempo, visto che fino a quel momento non era successo nulla. La cacciatrice, però, teneva arco e faretra vicini, giusto per le evenienze. La ragazza rispondeva alle domande, felice di avere qualcuno con cui parlare per scaricare la tensione del "compito" che Redan le aveva affidato. Qualche minuto dopo, però, dei ruggiti striduli interruppero la serenità del mattino. Dal cielo, subito dopo, si fiondarono in picchiata due Legiana infetti, che circondarono l'accampamento in un baleno.

«Alle armi, presto!» urlò Nina.

Yuri si diresse alla sua tenda per recuperare spada e scudo, ma un terzo Legiana si schiantò su di essa, distruggendola e facendo indietreggiare la Rider. Yuri vide gli occhi rosso sangue del mostro malato che, scoprendo i denti, ruggì direttamente in faccia alla ragazzina, che fu obbligata a tapparsi le orecchie. Il Legiana fece per attaccare, ma Ratha intervenne subito e lo atterrò con un colpo di coda dritto sulla testa. Il Legiana si rialzò subito e cercò di rispondere con una ventata di brina, ma Ratha la evitò e si piazzò accanto alla padrona. Un altro Legiana cercò di congelare Nina e la cacciatrice con lo spadone, mancando entrambe. Erika fece notare che non aveva senso che ci fosse quella specie nella Foresta Antica; infatti Yuri capì subito che erano lì per un motivo: li aveva mandati il Makili Nova. Per lei. 

Nick si trovava in testa al suo gruppo, tenendo la mano destra sull'impugnatura della sua spada lunga di Rathalos azzurro. Yuna si guardava attorno, stando fra Nick e Carson, mentre il suo Whispervesp si puliva la peluria con le zampette. Carson, invece, sebbene facesse lo spavaldo dicendo che al massimo era solo l'ennesimo cetriolone, fu colto a strofinare le corna di Zinogre portafortuna un paio di volte.

«Che c'è? È un reato credere nella dea bendata?» si giustificò il vecchio.


Gli insetti-guida, che avevano volato di fronte a loro fino a quel momento, seguendo le impronte a tre dita e le schegge di zanna del loro bersaglio, diventarono rossi e volarono nelle loro lanterne. All'improvviso, mentre i tre si guardavano intorno, un Deviljho balzò fuori dalla boscaglia a fauci spalancate, tentando di addentare la wyverniana. Yuna fu rapida a reagire: afferrò il suo falcione e balzò in aria, lasciando il wyvern brutale a mordere aria. Atterrò di fianco a Nick. Carson strinse i denti, prima di afferrare la balestra pesante e caricare i proiettili a ventaglio. Dagli angoli della bocca del Deviljho cominciò a fuoriuscire quella foschia nera. Prima che potesse attaccare l'artigliere, però, sentì pungersi la coda. Si voltò e vide il kinsetto della wyverniana, che ritornò subito da Yuna. Nick approfittò della distrazione del mostro per conficcare la spada lunga nella sua coda, per poi sfruttarla come appiglio, saltando all'indietro e allontanandosi dopo aver sfilato la lama. Atterrato, osservò un momento la sua spada: il sangue era annerito, e la spada era impregnata di un forte odore di carne marcia.

«Non distrarti, scemo!» lo chiamò Carson che, per distrarre il Deviljho, sparò un proiettile esplosivo. 

L'esplosione gli strappò un guaito. Per la furia, la pelle sulla parte superiore del collo del cetriolone si illuminò di rosso.

«Ayla, posso farti una domanda?» chiese Xavia.

Lei e Gionata erano davanti ad Ayla, che restava qualche passo dietro di loro guardandosi intorno per controllare che qualcosa non li attaccasse dai lati. 


«Attenta, Ayla: quando ha iniziato una conversazione così con me, mi ha obbligato a dirle perché odio i Lynian!» scherzò Gionata.

«Non sei obbligata a rispondere, se ti dà fastidio. Volevo solo stare certa che stessi bene. Mi sei parsa strana quando hai accettato di venire a cacciare questo wyvern brutale: mi sembravi più pallida del solito»

Occhi di Sangue sospirò, grattandosi la nuca:

«Ho grossi problemi coi wyvern brutali, problemi enormi. È una storia lunga, ma per farla breve: una volta, a Pokke, Gionata mi ha convinta ad affrontare uno dei campioni dell'arena perché in palio c'erano settecentocinquantamila zenny e pensavamo di usarli per comprarci una casa tutta per noi sui Monti Paradiso. Ho dovuto affrontare Mordicchio, un Deviljho selvaggio adorato dal pubblico. Mi ha afferrata prima che mi infuriassi e mi ha polverizzato quasi tutte le ossa. Stento ancora a credere di essere sopravvissuta»

«Scusa, Ayla. Non me lo immaginavo. È che ti ho vista affrontare svariati Anjanath, Uragaan e Radobaan e mi è stato riferito che avevate già cacciato anche dei Deviljho: non mi aspettavo che avessi delle fobie»

«Gli Uragaan, i Brachydios e altri non mi fanno impressione. Sono quelli simili al cetriolone che mi suscitano brutti ricordi. Però sta' tranquilla, non scusarti»

«Ehi, zitte un attimo» sussurrò Gionata.

Il lanciafuciliere fece loro cenno di accucciarsi tra le felci. Le due donne eseguirono confuse, prima di osservare di fronte a loro, e rimasero senza parole. V
idero un Pukei-Pukei. Morto, tenuto per il collo tra le zanne di un altro mostro. Un wyvern brutale dal corpo ricoperto di scaglie rosse. Il suo dorso era attraversato da due file di placche ossee blu, che partivano dagli occhi (qui più simili a corna) e andavano fino alla fine della coda, dalla forma di una spada. Stava trasportando il wyvern rapace che aveva avuto la sfortuna di incontrarlo pochi minuti prima. Il mostro si voltò, dando loro le spalle e rivelando che il Pukei-Pukei aveva la coda mozzata. Non c'erano dubbi su cosa fosse:

«Un Glavenus?!» sussurrò Xavia, sorpresa.

Gionata e Ayla parevano stupiti quanto lei. Gionata guardò in faccia la sua fidanzata, che ricambiò con uno sguardo allarmato.

«Ci ha visti!» li avvertì Xavia, balzando in piedi. 

Il Glavenus li notò e socchiuse i suoi occhi rossi, ringhiando e tenendo il wyvern rapace in bocca. Dal suo petto e dai suoi fianchi cominciò a fuoriuscire il fumo dell'Orrore Nero, che andò ad oscurare il suo corpo.

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Capitolo 43
*** Rinforzi da Hakum ***


Il Glavenus gettò la carcassa del Pukei-Pukei e il suo ruggito metallico risuonò per il sottobosco. Si buttò su Xavia tenendo la testa bassa e raschiando la terra con la mandibola spalancata. La cacciatrice rotolò su un fianco per schivare e il mostro la sorpassò. Colpì la caviglia della zampa destra col martello, facendolo barcollare, poi gli scivolò sotto e sferrò un montante sul mento; fece meno effetto di quanto sperava e il Glavenus cercò di afferrarla subito dopo. Ma, non potendo vedere bene sotto di sé, la mancò e lei tornò a distanza di sicurezza. Allora puntò gli occhi su Gionata e Ayla e provò ad attaccare loro. Eseguì una scattante giravolta e pestò la taglientissima coda sul terreno. Lui schivò a sinistra e lei all’indietro; il Glavenus, a questo punto, strofinò con forza la coda per terra. La sollevò di colpo e lo strato in metallo organico si arroventò, rendendola rossa e così luminosa che la si vedeva anche sotto la foschia di Orrore Nero. Il fumo era rimasto anche attaccato al muschio dove aveva sfregato la coda.

Gionata diede un'occhiata preoccupata ad Ayla: come temeva, la sua fidanzata era paralizzata dal terrore e non riusciva a muoversi. Il Glavenus girò la coda in orizzontale e roteò su se stesso come una trottola. Gionata le gridò di stare giù, Occhi di Sangue si riscosse ed entrambi si abbassarono; il mostro li mancò e tagliò in due un albero alle loro spalle. Xavia si arrampicò su un albero rimasto intero e, raggiunta una forcella di rami, riprese il martello e saltò sulla schiena del wyvern. Sorpreso, il Glavenus emise un ringhio di protesta e corse ad una roccia per sbatterci contro nel tentativo di far cadere l’umana. Ma Xavia, col rampino, si spostò sulla testa all’ultimo. Usando tutta l’energia che aveva nelle braccia, sollevò l’arma e tirò una poderosa mazzata al cranio del Glavenus, spaccando il corno sinistro. L’impatto, stavolta, fu tale da stenderlo. 

«Forza, andiamo ad aiutarla! Ce la puoi fare, Ayla!» la esortò Gionata.

Occhi di Sangue lo guardò negli occhi, impaurita, ma annuì e partì all'assalto con lui. Quando il mostro si rialzò, Ayla scivolò sotto la sua pancia e aprì una lunga ferita con un montante dell’ascia. Il Glavenus fece un passo avanti e cercò di schiacciarla con la coda, ma fu fermato da un doppio intervento di Xavia e Gionata: andando alla zampa destra, lei colpì la tibia così forte che si sentì forte e chiaro l’osso che si incrinava, mentre Gionata recise in parte il tendine di Achille con una spazzata della baionetta. Ayla ringraziò dopo aver sospirato di sollievo. Il Glavenus gemette e si allontanò zoppicando. Per un attimo sembrò che stesse scappando, invece stava solo prendendo le distanze per riposizionarsi. 

«Argh, che schifo! Mi è schizzato addosso del sangue pieno di quel fumo pestilenziale, è dappertutto! –  si lamentò Gionata – Sul serio quelli come Yuri ci devono avere a che fare tutte le volte? Devono avere il naso in coma!» 

«Non distrarti!» eclamò Xavia.

Il Glavenus ruggì più forte di prima e le placche sul dorso si illuminaroso di rosso, così come la pelle pendente sulla gola: significava che era furioso. Tornò alla carica e pestò di nuovo la coda per terra, mancandoli. Ma si accorse che non era più arroventata: si era spenta ed era diventata color ruggine. Sembrò non curarsene e la agitò all’improvviso di lato per travolgerli. Gionata parò quel colpo piatto e, d’istinto, punse la coda con la spina dello scoppio wyvern, lasciandoci una scalfittura con l’esplosione. Ayla passò in modalità spada, gli si piazzò di fronte e ferì la gola con un affondo. Sperava di sgozzarlo, ma non riuscì a penetrare bene la pelle. Il Glavenus la fissò e dalla bocca uscirono delle fiammelle. Quel gesto le sembrava familiare: era simile a quello che facevano gli Anjanath per sputare fuoco. D’istinto, si fece scudo con l’ascia sperando che bastasse, ma non andò come pensava: il Glavenus sputò uno strano residuo che sembrava roccia inzuppata di lava per terra e fu sbalzato all’indietro di tre metri per il rinculo. 

«Cosa?» farfugliò.

«Via da lì!» gridarono Gionata e Xavia.

Gionata le corse incontro per spingerla, ma appena la toccò il frammento esplose come una granata. Entrambi sentirono una vampata di calore insopportabile e volarono all’indietro, scivolando sul muschio per alcuni metri prima di fermarsi.

«State bene?» chiese Xavia, correndo da loro. 

«Più o meno» rispose Gionata, ammaccato, mettendosi seduto a fatica.

Ayla si rialzò subito in piedi e iniziò subito a stringere la sua spadascia: quasi la abbracciava, come se fosse un’orsacchiotto di peluche. Gionata poteva immaginare cosa stesse provando la sua ragazza: quella poca confidenza che stava iniziando ad avere doveva essere svanita all’istante e la paura aveva avuto ancora il sopravvento su di lei. Gionata era sconcertato: Ayla aveva già la pelle chiara, ma ora era ancora più smunta di quando da piccola prendeva la polmonite, il contrasto col colore degli occhi era diventato surreale. Cascate di sudore le inzuppavano i capelli e la fronte. Si sentiva male per lei, vedendola così. Furono entrambi riportati alla realtà da un ruggito del Glavenus. Il wyvern brutale si morse la coda e, soffiando fiamme, se la strofinò contro le zanne per affilarla. Quando finì, tutta la pellicola coriacea era tornata blu e scintillante come al solito.

Con uno sguardo di sfida, il Glavenus infetto prese a girare lentamente intorno ai cacciatori col suo nuovo passo zoppicante, tenendo la coda puntata verso di loro come se fosse una lancia. Xavia gli corse incontro e cercò di colpirlo alla testa, ma il mostro sollevò il capo all’ultimo e l’attacco andò a vuoto. Gionata gli puntò la lancia-fucile ad un lato del collo e innescò il fuoco wyvern, ma il Glavenus si voltò e lo scaraventò lontano con la coda, per cui l’esplosione non fece nient’altro che incenerire mucchi di foglie tra le fronde di un albero. Ayla decise di fare un nuovo tentativo e si avvicinò a spadascia bassa, preparando un montante. Ma il Glavenus afferrò la lama appena lei cercò di colpire: era stata bloccata. Ayla imprecò a denti stretti, cercando invano di riprendersela. Mentre lei e il Glavenus facevano tiro alla fune, Xavia provò a colpire la zampa ancora sana per distrarlo, ma fu ignorata e la cosa la preoccupò. Il Glavenus tirò su la testa e Ayla si ritrovò a pendere nel vuoto, aggrappata al manico della sua arma. Gionata vide la scena e si sentì mancare: e
ra la stessa, identica cosa che aveva fatto Mordicchio, prima di romperle più ossa di quante potesse contarne. Il Glavenus, a quel punto, gettò con violenza l’arma e la cacciatrice verso il macigno di prima. Ayla sbatté il dorso contro la roccia e rimbalzò per terra. Rotolò un po’ e si fermò in mezzo a una macchia di cespugli, svanendo alla vista del ragazzo.

«Ayla!» gridò Gionata.

Ma non ebbe il tempo di correre da lei, perché il Glavenus lo prese di mira subito dopo. Cercò di morderlo, ma Gionata parò il colpo e, prontamente, gli ficcò la lancia nelle fauci ancora aperte e sparò tutte le cartucce nello stesso momento. Una fontana di sangue intriso di Orrore Nero schizzò da tutte le parti e il Glavenus indietreggiò con un lamento acuto, sputando litri di quello schifosissimo liquido. Xavia cercò di colpirlo, ma il mostro la vide e defletté l’attacco con una codata, sfilandole il martello di mano. Il wyvern le girò un po’ intorno e si fermò di fronte alla macchia di cespugli, pronto a caricare. Gionata si mise davanti a Xavia con lo scudo alto, per ripararla e respingere l’assalto, ma non ci fu nessun assalto. All’improvviso, il Glavenus emise un tremendo grido di dolore e inciampò in avanti, rovesciandosi a terra. A occhi sbarrati, si guardò la coda: era stata tranciata a metà con un colpo secco. Xavia non poteva crederci: niente avrebbe mai potuto tagliare la coda di un Glavenus nella fase in cui era fredda, proprio niente.

«Cosa?» sobbalzò.

Il Glavenus si spostò, guardò i cespugli e Gionata capì tutto: Ayla era lì, con la spada salda in mano. Il respiro era affannoso, il viso era contratto in un’espressione di puro odio e sete di sangue e in quegli occhi rossi non si leggeva altro che rabbia. Le iridi erano diventate luminose, due tizzoni rosso fuoco che di notte si sarebbero visti da chilometri di distanza e dovunque, sulla sua pelle, c'era una rete di vene scarlatte e in rilievo. Anche Xavia intuì cosa le prendeva:

«È come quando abbiamo ucciso lo Xeno’Jiiva?» chiese, meravigliata.

«Sì! L’attacco di panico le ha dato la spinta finale – spiegò lui – Forse è il caso di farci da parte»

Si ritirò in un angolo e Xavia obbedì in silenzio. Il Glavenus, infuriato per la sua coda, ruggì e la sua cresta si fece ancora più rossa. Ayla rimase immobile come una statua, in attesa. Il Glavenus si buttò su di lei a fauci aperte, ma la cacciatrice schivò, preparò un affondo e, con precisione chirurgica, infilzò l’occhio destro. Sfilò la spada e il mostro fece dei passi fiacchi in avanti, sopraffatto dal dolore e dalla confusione. Fissò la punta della lama, inzuppata di sangue annerito.

«Che schifo» sibilò, sprezzante.

Con una sola mano, scosse la spada per farlo sgocciolare via e tornò all’attacco: con una forza inaudita, spiccò un salto con cui atterrò sulle spalle del wyvern senza il minimo sforzo, come se usasse un falcione insetto. Il Glavenus si voltò per fissarla con l’unico occhio rimasto giusto in tempo per vederla mentre gli infilzava il lato del collo. La lama entrò dalla parte sinistra, trapassò la gola e fuoriuscì dal lato opposto. Il Glavenus emise un sommesso ruggito gorgogliante; ma lei non aveva ancora finito: mettendosi di fianco alla spada, prese il manico con entrambe le mani e iniziò a strattonarla con forza verso destra, come se stesse tirando una leva. Più Ayla spingeva la lama nella carne, più la testa del Glavenus ruotava con un’angolazione innaturale, al punto che Xavia distolse lo sguardo perché le faceva impressione. Alla fine, con un ultimo strattone, Ayla estrasse la lama e la testa del Glavenus si staccò a metà dal collo: una parte pendeva nel vuoto, stillando sangue a fiumi, e l’altra stava malamente attaccata al corpo per un lembo. La cacciatrice balzò a terra; il corpo del Glavenus non si mosse per un paio di secondi, prima di crollare al suolo senza vita. L’unico movimento, ora, era la foschia nera che usciva dalla pelle della carcassa. Avevano vinto.

«Non mi fate paura, wyvern brutali. Non avrò nessun timore di voi, mai più» mormorò Ayla, fredda. 

Xavia riposò lo sguardo sulla collega solo nel momento in cui sentì il tonfo del corpo del Glavenus che cadeva. La prima volta, contro lo Xeno'Jiiva, aveva fatto di testa sua e non si era allontanata, quando Ayla gliel'aveva ordinato prima di infuriarsi. Quella volta, invece, aveva solo assistito al breve combattimento della cacciatrice contro quel mostro che, fino a pochi minuti prima, la terrorizzava. Prima che lei o Gionata, avvicinatosi alla sua fidanzata ancora in quello stato, potessero congratularsi o dire qualsiasi cosa, si udì un rumore simile al una lama che raschiava una roccia, poi un flebile ruggito. Un rumore troppo familiare, che fece voltare Xavia di soprassalto.

«Un altro?» trasalì Gionata.

Dalla boscaglia era appena emerso un secondo Glavenus. Era parecchio più piccolo, però. Il suo sguardo era... diverso: i suoi occhi non erano di quel rosso innaturale, ma di un verde spento, e non emanava quella foschia nera. Sembrava davvero spaventato da loro, a giudicare dall'atteggiamento. 
Ayla, appena lo vide, socchiuse gli occhi. Il suo corpo portava ancora i segni della furia, follia e sete di sangue del Fatalis: gli occhi e le vene erano più rossi e brillanti che mai. Sentiva il bisogno di uccidere, non poteva resistere al desiderio di versare sangue. Scosse ancora la spada per rimuovere il sangue infetto dell'altro Glavenus e cominciò ad avvicinarsi all'esemplare sano.

«Ayla, aspetta! Non è infetto, non c'è bisogno di...» tentò di fermarla Xavia, poggiandole una mano sulle spalla. 

Ricevette in risposta un violento spintone che la fece finire per terra, mentre Occhi di Sangue avanzava imperterrita verso il Glavenus. 
Il mostro, spaventato, indietreggiò ed emise un lieve verso più simile a un gracchio spaventato che ad un ruggito. Sentì la sua coda cozzare contro un albero alle sue spalle e, guardando con la coda dell'occhio, vide di essere spalle al muro. La boscaglia era troppo fitta, si sarebbe ingarbugliato nel fogliame. Fissò Ayla che si avvicinava a spada alzata. Terrorizzato, abbassò il muso fino a terra e fece un uggiolio che aveva tutta l'aria di una supplica. Gionata guardò Ayla e, quasi provando pena per quel povero Glavenus, che non era altro che un cucciolo spaventato, frugò nella sua sacca in cerca di qualcosa. Ma non ebbe il tempo di tirarla fuori, perché dal cielo provenne il bubolare di un gufo.

«Questo è il verso di un Malfestio!» esclamò Xavia, esterrefatta.


Ayla guardò il cielo e vide un wyvern rapace blu scuro che scendeva velocemente in picchiata. Fece un passo all'indietro per non essere travolta dal mostro che, atterrato, sollevò un piccolo polverone. Il grosso gufo blu e giallo spiegò le ali e le agitò, rilasciando centinaia di piccole spore. Ayla lo vedeva già come la sua prossima vittima e fece per attaccarlo, ma fu travolta all'improvviso da un'onda di ultrasuoni emessi dal Malfestio con un canto ipnotico. Completamente allucinata, Ayla socchiuse l'occhio destro e la presa sulla sua arma si fece debole, tanto che la spadascia le scivolò di mano dopo qualche secondo. Si poggiò la mano sinistra sulla fronte, cominciando a sentirsi assonnata, e le sue gambe tremarono. Alla fine cadde in ginocchio, non riuscendo più a reggersi in piedi. Rimase ferma qualche istante, tentando di resistere, prima di accasciarsi al suolo ad occhi chiusi. Man mano che si abbandonava al sonno, i suoi lineamenti si distendevano e le vene rosse svanivano. Gionata e Xavia fecero per avvicinarsi, quando sentirono un nuovo arrivato:

«Irene non mi avrebbe mai perdonato se ti avesse ucciso, Glaze» disse una voce giovanile. 

Il Deviljho lanciò la sua sfida e cominciò a fissare i tre cacciatori, con quell'orrida foschia nera che gli usciva dalla bocca. Nick, che di solito era calmo e razionale, non attese l'occasione di consultarsi con i suoi colleghi e partì all'attacco per primo. Avvicinatosi al wyvern brutale, tentò un affondo con la spada lunga direttamente nel collo del Deviljho, ma il cetriolone sollevò la testa e il colpo andò a vuoto. Il Deviljho spalancò le fauci e si preparò ad afferrare Nick, ma il Whispervesp di Yuna spuntò dal nulla e gli punse il muso, riempiendolo di polvere. La wyverniana, balzò in alto con l'aria compressa del falcione e atterrò sulla testa del Deviljho, quindi sferrò una spazzata che fece esplodere la polvere del kinsetto. Il Deviljho fu stordito dallo scoppio e cadde a terra con un gemito, ma si rialzò subito. Carson, nel frattempo, non aveva smesso un secondo di sparargli i proiettili a ventaglio nei fianchi per ammorbidirlo quanto possibile, ma quel mostro era così infuriato da non accorgersi nemmeno di star perdendo litri di sangue dal costato bucherellato. La sua pelle si illuminò di rosso e l'Orrore Nero lo avvolse del tutto, al punto da farlo sembrare una lampada rossa in mezzo al fumo. Emise un ruggito che fece eco da lì fino all'oceano.

«È furioso!» esclamò Nick.

Il Deviljho lo caricò, ma lo spadaccino rotolò di lato in tempo. Fu però buttato lontano da una spazzata della coda che venne subito dopo.

«Tu dici?» ringhiò Carson, irritato dal commento ovvio del collega.

Il cetriolone sbuffò provò a travolgere il balestriere col soffio di drago, mancandolo per un soffio. T
olti di mezzo i due cacciatori, si riconcentrò su Yuna. La wyverniana ordinò al kinsetto di andare a pungergli il torace, ma non fece in tempo a farlo volare via: fu obbligata a schivare un'altra carica del mostro. Portatosi a breve distanza da lei, il Deviljho si voltò di scatto con una derapata e abbatté le fauci al suolo, tentando di schiacciarla. Yuna schivò per pochissimo e mandò il Whispervesp a distrarre il bersaglio, quindi cercò di saltare di nuovo sulla sua schiena. Questa volta, però, il Deviljho era pronto a contrattaccare: nel momento esatto in cui Yuna atterrò sul suo dorso, cominciò a scalpitare, ringhiare e ruggire, addirittura provando a morderla quando la sentiva spostarsi sulla sua coda. Tenendosi aggrappata meglio che poteva, la wyverniana iniziò a lacerare dappertutto la pelle del mostro con le sue rapide falciate, il sangue annerito cominciò a gocciolare da tutte le parti. Ad un certo punto, però, perse l'equilibrio e fu scagliata a terra: cadde sull'erba con un colpo alla schiena e finì accanto a Carson.

«Stai bene?» chiese lui.

«Niente di grave» mormorò Yuna, stringendo i denti.


Nick tornò all'attacco e conficcò la spada lunga in uno squarcio aperto da Yuna, spingendo a fondo la lama al punto di far urlare il Deviljho di dolore. Schivò un contrattacco e si aggrappò alla coda infilzandola e usando l'arma come gradino per salirci sopra. A quel punto, tirò la lama come una leva e ingrandì la ferita. Non riuscì a continuare oltre il suo tentativo di tagliare la coda, perché il Deviljho rotolò su un fianco e lo schiacciò sotto il suo peso. Nick urlò, straziato. Rimase lungo disteso per terra, in un piccolo buco scavato dal peso del cetriolone. Il Deviljho gli si parò davanti con la bocca sgocciolante, pronto a finire la preda immobilizzata. Carson, però, sparò quattro proiettili laceranti alla base della coda e le lame riuscirono finalmente a tranciarla di netto, con una cascata enorme di sangue nero. Il Deviljho ruggì dal dolore e guardandò il vecchio con uno sguardo omicida e furioso. La pelle si arrossò ancora di più e il fumo dell'Orrore Nero crebbe d'intensità: ormai quel cetriolone sembrava la sua variante, il Deviljho selvaggio. Carson si tenne pronto a rotolare via per schivare la carica del mostro; ma non successe niente, perché lo scontro fu interrotto all'improvviso. Di colpo, sentirono tutti un intenso e profondo ululato. Carson l'avrebbe riconosciuto tra mille altri versi. Vide quello che accadde subito dopo come al rallentatore:

«Grandissima madre del... non ci credo!» esclamò, col cuore a mille.

Un wyvern zannuto possente, grigio e peloso, con un paio di corna scure e uno sciame di insetti dracofagi che gli volteggiava intorno, apparve accanto al Deviljho e gli infilzò il petto con una cornata. Il cetriolone mugolò straziato e cercò di liberarsi a morsi e calci, invano. Il mostro apparso dal nulla, con un ringhio gutturale per lo sforzo, lo sollevò di peso e iniziò a far scorrere fulmini di elemento drago nel corpo del Deviljho, martoriandolo e carbonizzandolo fino alla morte. Dopo diversi secondi, il Deviljho smise di agitarsi e si lasciò andare. A quel punto, fu rimesso a terra. La bestia zannuta si accertò che fosse morto e sfilò le corna, con un ringhio
. Ululò al cielo, vittorioso, poi si calmò e guardò il balestriere negli occhi. Carson era in estasi: era da così tanto che non ne vedeva uno... Yuna, ancora sdraiata poco lontano da lì, sbarrò gli occhi mentre si massaggiava la schiena dolorante. Nick si mise seduto e rimase immobile come una statua. Nessuno di loro poteva crederci.

«Uno Zinogre stigeo!» esclamò Carson, emozionato.


La sua ossessione malata per gli Zinogre l'avrebbe portato a sparargli nel cervello di lì a pochi secondi, se non fosse stato riportato alla realtà da una vocetta femminile: 

«Ehi, state tutti bene?»

Nina balzò sul Legiana che stava combattendo saltando col mantello aliante. Si aggrappò alla testa, prese una freccia dalla faretra e gliela ficcò nell'occhio. Accecato e nel panico, il Legiana stridé e inciampò. L'arciera tornò a terra e cedé il posto al cacciatore in armatura di Anjanath, che la ringraziò con un cenno prima di rilasciare il fuoco wyvern della sua lancia-fucile direttamente sul petto del mostro. Il Legiana stramazzò all'indietro, col torace spappolato dall'esplosione, e fissò i cacciatori con odio. L'arciera incoccò quattro frecce tutte insieme e le tirò nell'ala del primo Legiana, bucherellandogli l'ala destra. In quel momento, Yuri se la stava vedendo molto brutta: Ratha e il terzo Legiana si stavano scambiando morsi e artigliate in volo, tra un volteggio e l'altro. Ratha, ogni tanto, faceva finta di scappare per prendere le distanze e sputare palle di fuoco, ma colpiva l'avversario davvero poche volte; di contro, si faceva prendere molto spesso dalle folate di brina del Legiana e le sue ali erano ormai incrostate di ghiaccio. La Rider era tentata di provare ancora a generare la meteora usata contro il Makili Nova, ma aveva paura di fare danni a terra. In fretta e furia, si diresse ai resti della tenda, alla ricerca dei suoi spada e scudo. Si chiedeva anche perché Legi non fosse ancora intervenuta: con tutto il trambusto che i tre Legiana infetti stavano facendo, non poteva ancora essere addormentata.

"Non è mai finita!" pensò, stizzita e spaventata.

Ratha fece un'improvvisa inversione a U e sputò una palla di fuoco, stavolta a bruciapelo. Non aspettandosi quella brusca frenata del Rathalos, il Legiana si limitò a farsi scudo al muso con le ali, bruciandosi i bordi della membrana. Quando spiegò ancora le ali, Ratha era scomparso dalla sua vista. All'improvviso, il Rathalos apparve sopra di lui e lo travolse, cominciando a spingerlo verso terra in caduta libera. Lo sbatté a terra, lasciando un fosso nel prato. 

«Bravo, Ratha!» esclamò Yuri, orgogliosa.

Riprese spada e scudo ed era andata a controllare Legi. La piccola Legiana stava dormendo, nonostante il caos e il baccano dello scontro. Avrebbe voluto svegliarla ma, visto che erano impegnati a combattere tre dei suoi simili, preferì non rischiare di metterla in pericolo. Vedendola arrivare, forse qualche cacciatore l'avrebbe scambiata per un nemico. Ratha gracchiò un momento alla Rider, felice per il complimento della padrona. Il Legiana che aveva fatto precipitare si rialzò e i due wyvern si scambiarono dei ruggiti intimidatori. Yuri si concedé un attimo per osservare la scena:
 Nina aveva tirato così tante frecce da trasformare il suo bersaglio in un portaspilli. L'arciera schivò una carica e incoccò una freccia da scagliare a pochi passi dal Legiana. Il dardo partì con tanta forza da scavare attraverso lo strato di brina sul torace e perforare il cuore. Il Legiana sussultò, si accasciò a terra e morì dopo qualche sospiro affannoso. Erika uccise il secondo esemplare con la scarica elementale della sua spadascia.

"Fuori due, manca il terzo" pensò Yuri.

Ratha ringhiò all'ultimo Legiana per intimargli di andarsene, ma il Legiana continuò a lottare. Fece una carica improvvisa, fece una fulminea spazzata con la coda e scaraventò Ratha in una pozzanghera. Il Legiana colse l'occasione al volo e soffiò il suo vento gelido sulle zampe immerse nel fango del Rathalos, facendo congelare l'acqua stagnante. Ratha iniziò subito a soffiare fuoco sul ghiaccio per liberarsi, ma il Legiana approfittò della sua immobilità per afferrare Yuri con gli artigli e volare via.

«Oh merda!» urlò lei.

La Rider ci mise qualche secondo a realizzare il tutto e, quando lo fece, si lasciò scappare un urlo di terrore, vedendo l'altezza a cui si trovavano. Sentì l'urlo del Rathalos allarmato, così come quello di Nina che la chiamava terrorizzata.

«Lasciami, bastardo!» esclamò, dimenandosi tra le dita del Legiana.

Il Legiana la ignorò e cominciò a volare verso il Gran Dirupo, in direzione degli Altipiani Corallini; verso il Makili Nova. Non avrebbe mai permesso al Flagello Nero e a Xander di rapirla di nuovo. 
In uno scatto d'ira, avvertì la furia del Fatalis crescere dentro di lei. Pochi secondi dopo, Yuri si sentì incandescente e perse la testa:

«Ti ho detto di lasciarmi!» strillò.

Afferrò le dita del Legiana e, dalle sue mani, crepitarono innumerevoli scariche elettriche vermiglie. Con un rumore sfrigolante, le scosse uscirono dalle sue mani, si trasferirono sulla zampa del Legiana e attraversarono tutto il suo corpo, carbonizzandolo all'istante. Fulmini rossi, come quelli di un Fatalis bianco. Urlando di dolore, il Legiana morì quasi all'istante e lasciò la presa; iniziò a precipitare a centinaia di metri da terra. insieme a Yuri. Il terrore ebbe il sopravvento sulla furia del Fatalis, che si dissolse come vapore in un attimo.

«Aaaaaaaaaah!» gridava Yuri, mentre il vento le sferzava la faccia.

Di punto in bianco, però, atterrò su una superficie solida. Strabuzzò gli occhi, vedendo di non star più precipitando, e tastò il terreno con le mani. Non era terreno, era della pelle squamosa. Si mise seduta, portandosi una mano al petto, quasi rincuorata a sentire il suo battito. Non se lo stava immaginando: non era morta. Aprì gli occhi e vide fu un volto familiare. Una ragazza pallida coi capelli di un biondo chiaro, quasi cenerino, tenuti in una corta treccia sul corsetto dell'armatura per contenerli, la stava fissando raggiante. La pelle era praticamente cadaverica anche se era sana come un pesce, i suoi occhi rossi facevano un forte contrasto con la carnagione. Era albina e molte persone glielo facevano notare, ma lo negava sempre con gran testardaggine, incapace di ammetterlo. Aveva un sorriso gentile in viso e stava seduta a gambe incrociate sulla sella della sua Rathian dorata. Yuri la conosceva da tutta la vita, ma vide alcuni dettagli che le erano nuovi: sulla tempia destra, la biondina aveva una lunga e profonda cicatrice che partiva dall'orecchio.

«E poi tu e Ross dite a me che sono un'esibizionista! - scherzò l'albina - Non so come tu abbia fatto, ma hai fritto quel mostro con delle scariche elettriche che probabilmente si sono viste anche da quella montagna laggiù! Anche Raith è rimasta sbalordita! Vero, bella?» rise, accarezzando la Rathian dorata.

Senza rispondere, Yuri si fiondò ad abbracciarla, felice di vederla dopo tutto quel tempo.

«Grazie infinite, Iris, regina dei mostri!» ridacchiò.

L'altra arrossì e alzò gli occhi al cielo: 

«Piantala con quel nome! Quanto ancora lo vorrete usare? Non sarei mai dovuta andare a Koapni!»


«È bello rivederti, Irene!» disse allora Yuri.

«Lo so. È passato solo un mese, ma è sembrata un'eternità! Io e gli altri abbiamo un sacco di storie da raccontarti!» 

«Come quella cicatrice e quell'affare al tuo orecchio?» chiese Yuri.

La Rider indicò un piccolo oggetto triangolare di metallo sull'orecchio destro di Irene, con l'interno illuminato da un cerchio di luce azzurra al centro che l'attraversava da parte a parte. 

«È un'altra invenzione di Manelgar? Sai com'é finita, l'ultima volta»

«Non è opera sua, è una lunga storia. Per ora sappi solo che questo è un focus e che l'ho preso in un altro mondo! Un posto dove il metallo la fa da padrone» disse l'altra Rider, imbarazzata.

A quelle parole, Yuri ricordò le parole di sua madre nel nascondiglio di Xander, quando le aveva parlato dello strigo. Era la seconda volta in pochi giorni che sentiva menzionare altri universi, il che la inquietava.

«Un altro mondo? Anche tu, adesso?» domandò, sbigottita.

«Cosa intendi?»

Yuri serrò le labbra:

«Lascia stare, non è il momento adatto per le storie»

«Su questo siamo d'accordo. Raith, torniamo a terra! Parleremo lì» ordinò Irene.

Yuri, allora, si mise comoda e ritrovò il sorriso, mentre dava all'amica le indicazioni per tornare al loro accampamento nella Foresta Antica.

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Capitolo 44
*** Di nuovo insieme ***


Carson stava ancora fissando lo Zinogre stigeo come se fosse in trance, quando tutti sentirono la voce di quella ragazzina sconosciuta che chiedeva loro se stavano bene. Una manciata di secondi dopo, dalla foresta spuntò un Midogaron con una sella arancio decorata da dettagli dorati sul dorso; la bestia zannuta dalla Frontiera si affiancò allo Zinogre e fissò i cacciatori a zanne scoperte, con fare diffidente. Osservando meglio, Carson notò che anche lo stigeo aveva una sella: la sua era grigia e si confondeva con la pelliccia, per questo non l'aveva notata prima. Yuna raggiunse Carson con una mano sulla schiena, mentre il suo Whispervesp si puliva la peluria stando posato sul suo braccio. Nick provò ad alzarsi, ma ebbe una fitta lancinante alla spina dorsale e ricadde. Le sue costole facevano malissimo, segno che almeno due si erano rotte. I due mostri sentirono un richiamo e si voltarono a guardare una terza creatura appena arrivata: un Qurupeco. Il wyvern rapace svolazzò fino ai due compagni di contingente e si arruffò le penne. Era cavalcato da una ragazza che, a occhio e croce, era una coetanea di Yuri. Aveva i capelli castani e tenuti in due corti codini laterali, la pelle rosea, il viso un po' tondeggiante, e gli occhi azzurri con una punta di verde attorno alla pupilla. Indossava un'armatura di Midogaron e portava una bandana rossa e gialla attorno alla testa, la sua arma era un corno da caccia in lega. Guardando i tre cacciatori con uno sguardo preoccupato, scese dal Qurupeco e si avvicinò:

«State bene?» chiese di nuovo.

Era più che ovvio che fosse un Rider, infatti videro un bracciale identico a quello di Yuri al suo polso destro. 
Yuna era sopresa e si stava sforzando di elaborare quanto era successo. Bofonchiò un incerto "sì" e diede un'occhiata a Carson. Al vecchio non interessava della ragazza: il suo sguardo era sempre fisso sullo Zinogre stigeo, come se stesse guardando un tesoro. Lo stigeo si sentì a disagio a farsi fissare così a lungo e distolse lo sguardo con un uggiolio infastidito.

«Ragazzina, questo stigeo è tuo?» chiese Carson.

La Rider sembrò confusa dalla domanda.

«Eh? No, perché?» 

Carson fece un salto di gioia:

«Allora lo ammazzo!»

Imbracciò subito la balestra e la puntò alla testa dello stigeo, ridendo come un assatanato. Lo Zinogre ebbe un sobbalzo dallo spavento e scoprì le zanne, fingendosi minaccioso ma chiaramente spaventato. La ragazzina impallidì e si parò di corsa di fronte a Carson, afferrò la canna della balestra e la spinse verso il basso:
 

«No, no! Non lo faccia, la supplico!»

«Perché mai? Gli Zinogre stigei sono degli sporchi tarocchi di quelli normali, non meritano il mio rispetto!» 

«Tyr appartiene a mio fratello! Mi ucciderebbe, se gli succedesse qualcosa!»


Carson rifletté qualche secondo, ma poi desisté: 

«Ah, che rottura! D'accordo, non lo ucciderò. Peccato, dopo tutto questo tempo sarebbe stato il massimo» 

Mise via la balestra, si avvicinò a Nick e lo aiutò a tirarsi su.


«Perdonalo. Gli piace scherzare: a quanto ho capito le sue battute sono divertenti per voi umani, anche se non io non le capisco» si scusò Yuna, da parte sua.

«Infatti non scherzavo, Yuna!» la corresse Carson, da lontano. 

«Davvero? Be', fa niente» sospirò la Rider, sollevata.


Carson e Yuna aiutarono Nick a tornare in piedi e a restarci. 

«Come va? Qualcosa di rotto?»

«La mia schiena ha visto giorni migliori. E voi?»

«Il cetriolone non mi ha neppure sfiorato, sono a posto» rispose Carson.

«Credo di avere uno stiramento alla schiena, ma mi passerà» disse la wyverniana, massaggiandosi il dorso.

La ragazza ascoltò i cacciatori e sorrise. Si portò una mano alla bocca e gridò: 

«Quill! Vieni!»

Il Qurupeco scattò sull'attenti e la raggiunse ad ampie falcate. Quando fu a pochi passi, la ragazza gli sorrise e gli accarezzò il becco: 

«A quei cacciatori servono cure, sai cosa fare» gli disse. 

Il Qurupeco tubò e si avvicinò ai tre, che ora lo fissavano incuriositi. Yuna intuì che intendeva usare l'enzima ricostituente che aveva nella sacca vocale per alleviare i loro acciacchi. 

«Devo finire quello che ha iniziato Tyr» continuò la ragazza, guardando la carcassa del Deviljho.

Mentre lei si avvicinava al cetriolone morto, il Qurupeco prese fiato e gonfiò la sacca sul petto. Però, al contrario di quando ci combattevano, i cacciatori non dovettero sopportare il suo assordantissimo strillo che attirava tutti i mostri nel raggio di kilometri; invece, emise un melodioso cinguettio, rilasciando l'enzima nell'aria come se fosse una fragranza. Poco dopo, le fitte di Nick e Yuna si affievolirono finché le sentirono appena. La wyverniana smise di massaggiarsi la schiena e Nick, che era costretto a reggersi a lei e Carson, poté stare in piedi da solo senza urlare.

«Come vorrei avere un Qurupeco tutte le volte!» ridacchiò.

Yuna annuì concorde e il Qurupeco cinguettò, contento di aver aiutato. La Rider, intanto, si accertava una volta per tutte che il Deviljho fosse morto, memore di parecchie brutte figure fatte coi Gypceros.
 

«Certo che ci sei andato pesante, Tyr! Non volevi che ferisse quel cacciatore, eh?» ridacchiò, accarezzando lo Zinogre stigeo.

A quel punto, strinse il pugno destro e alzò il braccio. La Pietra del Legame brillò di verde e il fumo dell'Orrore Nero cominciò ad abbandonare la carcassa, fino a svanire tutta. Il corpo del Deviljho, alla fine, era tornato esattamente come quello di un normalissimo esemplare: la sua carne era stata ripulita.

«Fatto!» sorrise la ragazza, mentre il suo Midogaron strusciava il muso sulla sua armatura.

Quill la raggiunse dopo qualche momento, seguito dai tre cacciatori.


«Il Comandante aveva richiesto che venissero dei Rider ad aiutare quella che abbiamo già, immagino che tu sia una di loro» disse la wyverniana.

«Sì, esatto! Lucille Moore, Rider di alto grado da Hakum, piacere!»

«Ciao, io sono Yuna. Questi sono Carson e Nick»

«Ditemi, come sta Yuri?»

«Ah, quindi sei una sua amica?» chiese Nick.

«Certo! Io e gli altri siamo i suoi migliori amici! Sta bene? È da un mese che non ci manda più lettere, le è successo qualcosa di grave?» domandò Lucille, preoccupata.

Nick, Carson e Yuna si scambiarono un'occhiata d'intesa, indecisi su cosa risponderle.

Xavia e Gionata osservarono un giovane ragazzo spuntare dalla boscaglia e accostarsi al Malfestio. Sembrava avera la stessa età di Yuri e portava uno spadone di Diablos Nera e un'armatura di Zinogre stigeo, senza l'elmo. Aveva i capelli castani e corti, la pelle rosea e il viso tondo. Al polso sinistro aveva un bracciale da Rider. Vedendo i due cacciatori, arrossì e disse, impacciato: 

«Salve, mi dispiace per aver fatto addormentare la vostra collega - disse, indicando Ayla - Non volevo che attaccasse Glaze, è tutto: ho visto dall'alto cos'ha fatto all'altro Glavenus e il modo in cui lo guardava. Non potevo permetterglielo»


«No, anzi: mi hai fatto un favore! Di solito devo stenderla io, quando si infuria, e spesso finisco con un occhio nero. Sai, cacciare poi diventa un problema; quindi grazie per averlo fatto fare al Malfestio!»

Il Rider rimase interdetto, non aspettandosi una risposta simile. Xavia non sapeva se ridere o meno, perché non capiva se Gionata stesse dicendo la verità o se quella fosse un'idiozia improvvisata per sdrammatizzare.

«Ah! Allora, non c'è di che, immagino»

Il Glavenus emise un versetto gracchiante e si avvicinò al ragazzo, però si mise dietro di lui come per cercare rifugio.

«Certo che sei proprio un fifone, Glaze» commentò il giovane.


«Sei un Rider» gli disse Xavia, a braccia incrociate. 

Gionata si abbassò e prese in braccio la sua fidanzata, ancora priva di sensi.

«Sì. Il mio nome è Ross Moore, vengo da Hakum. Io e i miei amici siamo stati chiamati dalla Gilda per dare una mano contro l'Orrore Nero in questo continente. A proposito, ora dovrei purificare quel Glavenus» disse il ragazzo, indicando la carcassa.

«Conosci Yuri Aros, per caso?»

«Oh, sì! È la mia migliore amica. Perché me lo chiede? Le è successo qualcosa? O Yuri le ha parlato di me e degli altri?»

«Possiamo andarcene? - li interruppe Gionata - Qui potremmo venire attaccati in qualsiasi momento; non dubito che i tuoi mostri siano in grado di difenderci, certo! È solo che non posso tenere la mia ragazza in braccio per sempre»

«Certo, va bene» annuì Ross, per quanto ansioso di sapere di Yuri.

Guardò Gionata che reggeva Ayla e suggerì: 

«Vuoi che la carichiamo su Kuro? Sarà più semplice trasportarla. Avrei proposto di svegliarla, ma credo che poi Glaze non ci seguirebbe. Ah, Kuro è il mio Malfestio!» precisò.

Chiamato in causa, il Glavenus sbuffò e distolse lo sguardo, mentre il Malfestio alzava gli occhi al cielo.


«Perché no?» rispose Gionata.

In tutto questo, gli venne da ridere al pensiero che quel wyvern brutale fosse terrorizzato da Ayla, dopo anni che i suoi simili avevano fatto paura a Occhi di Sangue a causa di Mordicchio.

Una volta che Raith fu atterrata, Irene afferrò il suo falcione insetto di Lunastra e saltò giù dalla sella della Rathian dorata, ordinando al kinsetto di posarsi sulla sua spalla. Yuri fece lo stesso, accarezzando gentilmente il collo della regina delle terre d'oro, che si scrollò con piacere prima di rivolgerle un versetto allegro. Yuri sorrise quando, da lontano, sentì il ruggito di Ratha. Il Rathalos si avvicinò di corsa, alla vista di Raith. Ora fissava lei e Irene agitando freneticamente la coda per far vedere quanto fosse contento.

«Anche noi siamo felici di rivederti, Ratha!» ridacchiò Irene, dandogli una carezza.

Ratha e la Rathian dorata si salutarono strofinando l'uno il becco dell'altra, emettendo continuamente dei gracchi giulivi. Yuri sorrise, poi vide Nina arrivare. L'arciera, paonazza in volto, le batté una mano sulla spalla:

«Ehi, stavo già facendo testamento! Xavia mi avrebbe mangiata viva se avesse saputo che eri stata rapita una seconda volta!» ansimò. 

«Sto bene, sul serio! Non dovrà preoccuparsi!» le sorrise la Rider.

Irene osservò le due prima di guardarsi attorno: vide le carcasse di due mostri che non aveva mai visto nel Vecchio Mondo, ma riconobbe la foschia nera che fuoriusciva dai loro corpi. Un brivido le percorse la schiena, facendole scuotere la testa e socchiudere gli occhi al ricordo di cosa significasse.

«Yuri, allora è vero che l'Orrore Nero è riapparso in un altro continente?»

«La Gilda ha parlato chiaro»

«Lo so, è solo che non riesco a crederci: credevo che l'avessimo fatto estinguere! Com'è possibile?»


«È successo un casino enorme, Irene. Ti spiegherò tutto nei prossimi giorni, va bene?»

«Aspetta che arrivino anche Lucille e Ross, allora - sorrise l'albina - Non so dove siano adesso. La nostra nave è stata attaccata da un Plesioth, mentre ci preparavamo ad attraccare: il capitano ha dovuto approdare in un'insenatura al limite della giungla, perché Astera era inaccessibile. Poi Glaze e Tyr sono corsi via all'improvviso e ci siamo divisi per ritrovarli. Non so se li hanno già raggiunti»

«Speriamo che incontrino le due squadre, allora: non devono andare ad Astera!» disse Nina.

«Perché?» chiese Irene.


«Te l'ho detto, storia lunga» sospirò Yuri.

«Giusto, scusa. Allora aspettiamo che tornino»

«D'accordo»

Non dovettero aspettare più di tanto, dopo aver ripulito il campo dai Legiana morti. Dopo una decina di minuti, Erika indicò la giungla e annunciò:

«Ehi, eccoli! Guardate!»

L'entusiasmo del loro ritorno, però, fu troncato immediatamente dalla comparsa dei mostri. Uno Zinogre stigeo, un Qurupeco e un Midogaron accompagnavano Nick, Carson e Yuna, oltre a una ragazza della stessa età di Yuri.

«Lucille!» la chiamò a gran voce, agitando un braccio.

Appena la vide, Lucille sbarrò gli occhi, saltò giù dalla groppa del Midogaron e le corse incontro, stritolandola in un affettuosissimo abbraccio. Intanto, i mostri di Lucille e lo Zinogre  stigeo andarono dal Rathalos, felici di vederlo dopo tutte quelle settimane. Nick fu accolto a braccia aperte da Nina, che iniziò subito a litigare con lui dopo che sentì il suo veloce riassunto di quanto era successo, mentre Carson e Yuna si sedettero davanti al falò in attesa di Ayla e Gionata.


«Mi sei mancata così tanto, Yuri!» disse Lucille, commossa.

«E voi siete mancati a me»

«Ci hai fatti preoccupare da morire! Hai smesso di scriverci di punto in bianco!» 

Yuri si sentì in colpa, come al solito:

«Lo so, te ne chiedo scusa, Lucille, ma è successa veramente una marea di cose. Ero troppo stanca per mettermi a un tavolo e scrivervi»

«Be', presto potrai dirci tutto di persona» si intromise Irene, sorridente. 

Sentirono dei passi dalla foresta e guardarono: anche il secondo gruppo di cacciatori stava rientrando. Con suo grande sollievo, Yuri vide sua madre, poi Gionata ed infine scorse Ayla sul dorso di un Malfestio. Erano seguiti da un Glavenus, sulla cui sella si trovava Ross.

«Ehi, alla fine hai trovato Glaze, grandioso! Siamo qui!» lo chiamò Irene.

«E voi avete trovato Tyr! Benissimo!» rispose lui, scendendo dal Glavenus.

Kuro aspettò che Gionata e Xavia tirassero giù Ayla dal suo dorso, prima di unirsi agli altri mostri con Glaze.

«Questo accampamento sta diventando uno zoo» fu il seccato commento di Mike.

Ross corse dalle sue compagne, ma si fermò alla vista di Yuri. Rimase incantato, mentre osservava i suoi capelli erano più corti e sciolti, la sua armatura rossa dalle forme molto provocanti e con tante parti scoperte, e diventò paonazzo. Deglutì e guardò per terra con un sorriso da beota: 

«Uh... ehm... ciao, Yuri! Stai... bene con quei capelli e... e... sai... anche con quell'armatura!» farfugliò, madido di sudore.

Yuri arrossì a sua volta e si coprì la bocca per non mostrare il suo sorriso imbarazzato.

«Grazie, Ross! Mi fa piacere!» sorrise, chiudendo gli occhi.

«Hai lo stesso sguardo di quando abbiamo tutte indossato l'armatura di Kirin, fratellino!» lo punzecchiò Lucille. 

«Oh sì, me lo ricordo! Non riuscivi a staccare gli occhi da Yuri, quando se l'è provata lei!» rise Irene.

Lui arrossì ancora di più, voltandosi con fare offeso:

«Eddai, piantatela!»

Passarono qualche secondo in silenzio, prima che tutti e quattro si mettessero a ridere a crepapelle.

«Mi siete mancati, ragazzi. Non avete idea di quanto sia successo in questo mese!» ripeté Yuri. 

«Ah, be', già il fatto che tu abbia cambiato armatura e taglio di capelli è uno scandalo!» scherzò Irene. 

«Non hai tutti i torti»

Vide sua madre venire da loro e la salutò con la mano.

«Vi dico solo una delle tante cose, per adesso» sorrise la ragazza, correndo da Xavia.

Videro Yuri abbracciare quella cacciatrice coi capelli tinti di viola e dirle qualcosa che non riuscirono a sentire a causa della distanza. La Rider li indicò, continuando a bisbigliare, e la cacciatrice ridacchiò. A quel punto, la loro amica li raggiunse con quella sconosciuta.

«Pronti? Questa è quella che Lilia chiamerebbe "notizia-bomba"!» sorrise.

«Non girarci intorno, dillo e basta!» 

«Sì, smetti di tenerci sulle spine!» furono le risposte di Ross e Irene.

«Lucille, Ross, Irene, lasciate che vi presenti... mia madre» disse la ragazza, emozionata.

La cacciatrice sorrise e salutò:

«Ciao! Io sono Xavia. Sembrate simpatici, sapete?»

Lucille strabuzzò gli occhi e spalancò la bocca, così come Ross, che prese a far guizzare lo sguardo da Xavia a Yuri in continuazione per notare quanto si somigliassero. Irene, invece, era rimasta talmente sorpresa che non riusciva nemmeno a reagire.

«Tua madre?! - sobbalzò poi - Non ci stai prendendo in giro, vero? Non come quella volta con Redan, vero?!» ansimò.

«È la verità» rispose Yuri.

«Ma è fantastico, Yuri!» disse Lucille, quasi commossa. 

«Ammetto che non me l'aspettavo. Ma porca miseria, sono felicissimo per te, Yuri!» esclamò Ross.

Xavia continuò a sorridere e prese la figlia per mano: 

«La sorpresa è riuscita bene, eh?» ridacchiò, scompigliandole i capelli.

«Direi di sì!» rise la Rider.

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Capitolo 45
*** La Base di Ricerca ***


Un giorno di marcia dopo, quando i cacciatori arrivarono finalmente agli Altipiani Corallini e raggiunsero l'aeronave della Terza, videro che l'allestimento della tendopoli era già a buon punto. Il campo attorno alla base di ricerca non aveva la comodità di Astera, ma almeno c'era posto per tutti e avevano i servizi di cui avevano bisogno, per quanto molto rudimentali. Ayla e la sua squadra furono accolti subito a braccia aperte da Eden, la loro assistente. Era una ragazza particolare, come diceva Gionata per non offenderla. Tutti la conoscevano nella Commissione: c'era chi sorrideva e chi alzava gli occhi al cielo, alla sua vista. Era sempre entusiata, avventata, sempre affamata e, molto spesso, diventava irritante perché non sapeva tenere a freno la lingua. Ormai la squadra aveva perso il conto di tutte le volte in cui aveva insistito per seguirli nelle loro cacce per curiosità e avevano dovuto salvarla dal mostro. Tuttavia, una volta che si imparava a conoscerla, non era così male, tanto che anche Carson era passato lentamente dal prenderla a male parole al fare giusto qualche battuta ogni tanto e si era scusato con lei per le umiliazioni. Giunti alla loro nuova tenda, Eden li sommerse tutti di domande, non accorgendosi che erano stanchi morti per il viaggio in carovana.

«Oh, e lasciaci respirare!» si lamentò Carson.

«Che ci fai qui, Eden? L'Ammiraglio ti aveva detto di restare nelle Caverne di Eldorado» le chiese Gionata. 

«Sì, lo so, ma laggiù mi annoiavo troppo. Così sono tornata ad aiutarvi, colleghi! Però non mi sarei mai aspettata di dovermi trasferire subito: ho trovato Astera tutta vuota e qui nessuno si decide a spiegarmi qualcosa!»

Carson alzò gli occhi al cielo e scherzò: 

«Oh, cara, che nobiltà d'animo! Sei sempre stata così d'aiuto che senza di te saremmo perduti!»

Alla vista di Xavia, che passava alle loro spalle proprio in quel momento, Eden disse alla squadra di scusarla un attimo e andò da lei per avvisarla di qualcosa, anche se non capirono quello che le disse per il brusio dell'accampamento. Poco dopo, l'assistente tornò da loro e spiegò che l'Ammiraglio aveva richiesto la presenza di tutti i cacciatori ad un'assemblea nell'aeronave.

«E questa è la situazione attuale» disse l'Ammiraglio, al termine del suo racconto agli eruditi della base di ricerca. 

Al suo fianco si trovava la Comandante della Terza, a cui aveva già fatto un resoconto in privato il giorno prima. Con loro c'erano anche i vari capi della Prima, oltre ai cacciatori non impegnati a finire la costruzione della tendopoli. In prima fila spiccavano Xavia, Ayla e il suo gruppo. Anche Yuri era presente, ma lei era in disparte coi suoi amici Rider, che ora si guardavano l'un l'altro tentando di elaborare la marea di notizie appena ricevute su quanto era successo fino a quel momento.

«Dunque, il Makili Nova è rinato per colpa di un pazzo che è addirittura il padre di Yuri e ha dichiarato guerra alla Commissione di Ricerca, perché vuole stare certo che Yuri e Ratha non possano più fermarlo?» chiese Irene, incredula.

«Sì» rispose Yuri, sconsolata.

«E, per di più, hanno dalla loro parte un'intera setta di Rider corrotti, ciascuno col suo contingente di mostri... sono praticamente al pari dell'esercito di Anvis» aggiunse Ross.

Intanto, l'assemblea continuava con delle fitte discussioni:

«Uno dei guai peggiori è che io e il mio equipaggio non possiamo salpare per il Vecchio Mondo - disse il capitano del mercantile - Ieri abbiamo fatto una navigazione di prova, ma ormai il nemico ha messo dei Plesioth lungo tutta la costa: ci hanno quasi affondati. Il mare aperto è inaccessibile, quindi niente rifornimenti e niente richiesta di soccorso alla Gilda...»

«E se provassimo a mandare un aeronave?» suggerì uno degli ingegneri.

«Non credo che i Rider corrotti siano così sprovveduti: avranno già pronti anche dei mostri volanti per quello» obiettò il Mastro Cacciatore.

«Allora cosa possiamo fare?» domandò Eden, con la mano alzata.

L'Ammiraglio sospirò e incrociò le braccia, pensoso:

«Mi sembra più che evidente che non siamo pronti per una guerra. Noi siamo solo persone, mentre loro hanno dei mostri al loro fianco; inoltre, Aros sa molte più cose di noi: nessuno ha mai pensato di mappare o esplorare nei dettagli quella zona rocciosa, visto che lì non c'è niente. E poi non abbiamo ancora visto quanti e quali mostri abbiano i Rider corrotti: gli unici che abbiamo visto sono il Makili Nova, un Nergigante e un Brachydios»

A quel punto, dall'angolo in cui si erano accomodati i Rider, Irene alzò la mano e prese la parola:

«A quello potrei pensare io, se volete!» si offrì.

«Che hai in mente?» le chiese Yuri.

«Volete delle informazioni in più sul nemico, no? È questo il punto di quelle affermazioni, giusto?» chiese l'albina.

«Lo è» rispose la comandante della Terza. 

«Ecco, ultimamente quello è diventato come il mio mestiere. Posso andare al campo di battaglia e dare un'occhiata! Non mi noteranno neanche, ve lo posso garantire»

«Ci darebbe sicuramente una grossa mano. Voialtri siete d'accordo?» chiese l'Ammiraglio agli altri capi.

I suoi compagni di consiglio annuirono tutti. 

«Ottimo, allora hai il nostro permesso di andare in ricognizione. Cerca di non farti vedere, Rider!»

«Sì, certo! Lasci fare a me!» annuì Irene.

«In quanto a tutti voi - riprese l'Ammiraglio - Per oggi, tutti i presenti possono concentrarsi sull'allestimento della base provvisoria. Decideremo il da farsi una volta ottenute più informazioni sui nostri avversari. Dev'esserci un motivo, se ci hanno dato un mese per prepararci»

«Dobbiamo restare vigili, però - si intromise Nina - Ieri notte, quei tre Legiana hanno attaccato il nostro accampamento per Yuri. Il Makili Nova ci ha concesso più tempo, è vero, ma a quanto pare sta ancora cercando di prendersi Yuri, nonostante gli accordi. Chi gli impedisce di provarci ancora, magari con qualche mostro ancora peggiore?»

«Cosa? Volevano rapire Yuri?» sobbalzò Xavia.

Yuri si sbatté un palmo sulla fronte: non si ricordava più di non averglielo ancora raccontato.

«Per il momento, l'assemblea è terminata. Ne convocheremo un'altra appena ci saranno progressi. Andate pure!» li congedò l'Ammiraglio.

«Fammi capire bene: ti sei davvero offerta per una missione furtiva? Mi prendi in giro?»

Yuri era perplessa: quel tipo di incarichi non si addiceva per niente a Irene, cosa le saltava in mente? In quel momento, l'albina stava accarezzando il muso di Hono, il Midogaron di Lucille, e si accertava che la sua sella fosse fissata bene. Ross, invece, era rimasto accanto a Yuri e osservava le ragazze preparare il Midogaron. Con Raith e Glaze erano troppo rumorosi, la copertura di Irene sarebbe saltata subito se fosse andata con loro, quindi Lucille le aveva prestato Hono per essere anche più svelta nel ritorno.

«Sì, cosa c'è di strano?» chiese, con un sorrisetto malizioso.

«Hai dimenticato cos'è successo con quel Nerscylla, due anni fa? Ti sei fatta beccare appena hai preso il suo uovo. E il Gypceros nella Steppa Ancestrale? Il nostro primo Arzuros? Il Kecha Wacha? Per non parlare di quando giocavamo a nascondino ad Hakum. Devo continuare?» la punzecchiò Yuri.

Irene fece l'offesa:

«Sono migliorata molto! Adesso ho questo» rispose, indicando il congegno che aveva all'orecchio. 

Aveva detto che si chiamava focus e che l'aveva preso in un posto non precisato, ma non le aveva ancora spiegato a cosa servisse.

«E, soprattutto, quando passi più due mesi in una dimensione parallela piena di macchine assassine a forma di animali, diventi ancora più furtiva con gli esseri viventi!»

«Quindi sei stata davvero in un universo parallelo al nostro?» chiese Yuri, ancora meravigliata da quel surreale concetto.

«Sì! Avresti dovuto vedere quelle macchine: farebbero impallidire i più potenti mostri meccanizzati che Manelgar potrebbe mai progettare. Ora credo che sia Ross il più goffo del gruppo!» rise Irene.

Confusa, Yuri gli chiese cosa intendesse, ma lui sbuffò imbarazzato.

«Basta con la storia di quella Vedetta!» protestò. 

«Che hai combinato?» 

«Niente, niente! Non chiedere! Mi bastano e avanzano queste due che continuano a farmelo pesare!» 

«Va bene, ma prima o poi me lo dovrai dire!»

«Lo farò, forse» sospirò Ross.

«Hono è pronto» sorrise Lucille, mentre accarezzava sul fianco del Midogaron.

«Grazie Lucy!» sorrise Irene, montando in sella.

«Fai attenzione, torna tutta intera!» si raccomandò Lucille.

«Ci puoi contare»

Lucille accarezzò la criniera del Midogaron: 

«Hono, accertati che non si cacci nei guai, eh? Te la affido» scherzò.

«Molto divertente» sbuffò Irene.

«A più tardi!»

Irene spronò la bestia zannuta coi talloni e il Midogaron prese a camminare, poi cominciò a trottare una volta fuori dalla tendopoli, senza correre per non incendiare il terreno sotto le sue zampe. In pochi minuti, il Midogaron diventò solo un puntino rossastro che si muoveva di corsa lungo catene montuose degli Altipiani Corallini.

«Yuri, ora possiamo parlare di quello che ci hai rivelato?» le sussurrò Lucille. 

Ross annuì, d'accordo con lei. I due gemelli sembravano preoccupati, a giudicare dagli sguardi, e Yuri non gli dava tutti i torti.

«Sì. Volevo aspettare anche Irene, ma è meglio che ve ne parli adesso» 

La Rider si spostò delle ciocche di capelli dietro le orecchie e sospirò, malinconica. Aveva accennato loro della sua conversazione con Redan e che in quel momento anche lei era affetta dall'Orrore Nero. Parlarne coi suoi amici prima che con sua madre e ai cacciatori l'avrebbe potuta aiutare a schiarirsi le idee e non temere le conseguenze.

Xavia stava osservando sua figlia da lontano. Non poteva sentire la conversazione che stava facendo coi gemelli, ma non ci voleva un genio per capire che qualcosa la turbava profondamente. Se ne era accorta già la notte prima, ma per l'intero tragitto dall'accampamento alla Base di Ricerca la ragazza non aveva voluto fiatare su cosa le passasse per la testa o su cosa riflettesse sempre. La cacciatrice aveva già provato a chiederglielo, ma Yuri si era rifiutata categoricamente di parlarle.

«Mamma, sto bene! Sul serio!» aveva detto, con un tono allegro forzatissimo.

Peccato che quello fosse lo stesso tipo di allegria con cui parlava mentre era posseduta da Xander: fintissima e per niente genuina. Xavia era preoccupata. 
Dei passi pesanti dietro di lei attirarono la sua attenzione, ma non si voltò.

«Ehi, Xavia! Sei libera, per caso?» le chiese la voce di Mikayla.

Con un sospiro infastidito, la cacciatrice si voltò e guardò la cognata a braccia conserte. La vide affiancata dal suo Astalos, sellato e pronto al volo.

«Penso di sì. Serve qualcosa?»

«Vorrei chiederti un favore: ho bisogno che mi accompagni. Nessuno qui si fida a lasciarmi andare da sola, hanno paura che possa tradirvi e andarmene»

Xavia sollevò un sopracciglio, incuriosita: 

«Dove devi andare?»

«Vedi, non mi sento a mio agio con questi stracci di cuoio, soprattutto ora che stiamo per andare in guerra. Voglio tornare al nostro vecchio nascondiglio e recuperare la mia armatura di Zinogre. Mi accompagneresti? Per favore, sei l'unica a cui posso chiederlo»

Xavia avrebbe voluto rifiutare, ma a sentire il tono di voce della cognata si ritrovò a tentennare. Allora guardò un attimo il punto in cui c'erano Yuri e i gemelli, ma erano andati via. Sospirò un momento e fissò Mikayla: 

«Ci sto. Ti accompagnerò, ma spero che non ti dispiaccia se porto il mio martello» 

«No, fai pure! Va benissimo! Non voglio farti del male. Preferirei farmi sfondare il cranio da te, piuttosto che tornare il burattino di Xander» annuì Mikayla.

La cognata le diede una pacca sulla spalla, con un'espressione sarcastica:

«Se lo dici tu... torno subito, allora. Dammi solo qualche minuto e partiamo»

«Grazie! Grazie di cuore Xavia!» sorrise Mikayla, mentre accarezzava il corno di Asta.

La cacciatrice dai capelli viola era quasi divertita dall'ironia di quella situazione: la stessa donna che avrebbe voluto uccidere per quindici anni, convinta che le avesse voltato le spalle quando aveva più bisogno di lei, adesso aveva bisogno di lei più che mai, a causa delle circostanze in cui si ritrovava.

L'Astalos, vedendo la padrona triste e mogia, uggiolò e strofinò il muso contro il suo fianco per confortarla. 

«Grazie, Asta» mormorò Mikayla.

Ora che era finalmente tornata normale, tutti gli orrendi omicidi che aveva commesso per dieci anni sotto il controllo di Xander le perseguitavano la coscienza; il senso di colpa la stava logorando sempre di più ogni momento che passava.

«Mikayla, stai bene?» 

Sentì di colpo la gentile voce di Xavia dietro di sé, si spaventò e cadde a terra in maniera indecorosa.

«Ehi, hai fatto presto!» commentò Mikayla, imbarazzata. 

«Per andare e tornare da una tenda ci vuole pochissimo» 

«Oh. Sì, è vero. Scusa»

La cacciatrice le porse la mano e Mikayla la afferrò, ringraziandola mentre si rimetteva in piedi.

«Andiamo?» esortò, montando in sella.

Xavia le sorrise e lasciò che la cognata la aiutasse a saltare in groppa all'Astalos.

«Tieniti forte, ora partiamo!» avvisò Mikayla. 

Asta sbatté le ali e spiccò il volo. Si librò sopra l'accampamento, quindi svoltò verso Nord e partì per la Landa dei Cristalli.

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Capitolo 46
*** In ricognizione ***


Al confine occidentale degli Altipiani Corallini, Irene e Hono si stavano avvicinando alla zona rocciosa in cui si sarebbe svolto il conflitto. La Rider aveva avuto modo di ammirare il meraviglioso panorama delle foreste di coralli e le adorabili bestiole endemiche che ci vivevano, ma non incontrò nemmeno un mostro. Non aveva trovato anima viva, da quando aveva lasciato l'aeronave della Terza, il che le faceva venire un'ansia opprimente. Dopo qualche ora di cavalcata, il terreno cambiò composizione e Irene strinse con forza le redini del Midogaron, agitata: erano arrivati ad un'enorme parete rocciosa piena di incavi e rilievi. Irene guardò a terra e notò che c'era una netta separazione tra i tipi di suolo, tanto che pareva uno spartiacque: il terreno grigio degli Altipiani Corallini si interrompeva improvvisamente, lasciando posto ad uno strato di argilla bruna. Non c'era una singola pianta, quella poca erba che spuntava dalla creta era gialla e secca. Irene scese da Hono per osservarla da vicino; afferrò degli steli, ma si polverizzarono appena li strinse fra le dita.

"L'Orrore Nero dev'essere vicino" pensò Irene.

Infatti, ricordava bene le piante che appassivano al passaggio del Nargacuga infetto che aveva attaccato Hakum, tanti anni prima. 

«Ci stiamo avvicinando. Cerca di stare attento» sussurrò a Hono.

La vegetazione secca sembrava quasi indicarle la direzione da seguire: come una freccia, puntava verso una gigantesca spaccatura nella parete rocciosa che era l'imboccatura di una galleria. Hono si accucciò per invitarla a tornare in sella, ma Irene scosse la testa.

«Mi sembra troppo facile. Non possiamo entrare dalla porta principale: potrebbe essere una trappola. Scaliamo la parete! Sarà più sicuro. Sarà una trentina di metri e non è molto ripida... suvvia, Hono, non guardarmi così!» disse offesa, quando il Midogaron la fissò scosso.

Lui non era la scelta migliore per le scalate. In velocità non lo batteva nessun mostro dei loro contingenti, ma soffriva di vertigini a causa di un vecchio trauma di quando era un cucciolo: era caduto da un dirupo sulle montagne di Pokke dopo una valanga causata da un Blangonga e un Lagombi che combattevano. 
Irene sbuffò e gli accarezzò la criniera: 

«E va bene, passiamo da qui. Però stai pronto a scappare, intesi? Mi fido del tuo gene di Nargacuga, ma è meglio non rischiare»

Hono abbaiò contento e le leccò le mani. 
La ragazza trattenne una risatina e se le asciugò sul suo pelo.

«Allora facciamo in fretta. Lucille non vuole che tardiamo troppo e io non ci tengo a farmi imprigionare»


Rimontò in sella e il Midogaron imboccò la galleria al galoppo. Era molto più corta del previsto e tornarono alla luce dopo appena una manciata di secondi. All'improvviso, Irene sobbalzò e tirò le redini del mostro. Hono sbarrò gli occhi e inchiodò di colpo, frenando con una derapata. Irene faticava a credere al paesaggio che si era trovata di fronte: sembrava letteralmente un'enorme arena naturale. Dopo l'uscita della galleria partiva un sentiero in discesa che proseguiva in una serie di tornanti. Se non si fossero fermati, sarebbero rotolati giù a causa della ripidità scoscesa. In fondo al pendio, il terreno tornava regolare, pianeggiante e duro, scavato tra due pareti rocciose come un enorme fiordo asciutto. Sul lato opposto, le pareti non si incontravano, ma si distanziavano ancora di più.

"Dunque sarà questo il campo di battaglia" pensò Irene, scendendo da Hono.

Si avvicinò alla sporgenza e si inginocchiò sul bordo. Prese il binocolo e cominciò a scandagliare tutta la zona: vide delle tende, l'accampamento secondario dei Rider corrotti. La loro base era Astera, quello era solo il posto in cui stavano radunando i mostri per la battaglia. In mezzo al campo spiccava una tenda più grande e sfarzosa, chiaramente quella di Xander. Accanto ad essa vide tre mostri: un Brachydios, un Barioth e un drago spinoso che non aveva mai visto nel Vecchio Mondo, a cui mancava la coda. Il Brachydios stava rannicchiato lontano dagli altri due mostri e li guardava con disagio e fastidio, mentre le due creature stavano insieme ed erano infette. Irene accese
 il focus al suo orecchio e cominciò la scansione dell'avamposto. Tutti gli umani lì presenti furono evidenziati in giallo e lei poté vederli anche attraverso le tende. Tutti i mostri della base, eccetto il Brachydios, furono rilevati in viola. 

"Strano, non è mai successo" pensò Irene. 

Una volta tornata a casa dall'ultima avventura, aveva chiesto ad un esperto in materia dalla dimensione delle Macchine se poteva potenziare il focus per permetterle di identificare anche i mostri del mondo dei cacciatori. Lui ci era riuscito dopo vari tentativi e molto tempo, sia per le prove che per inserire correttamente i dati sui mostri. Quello, però, era stato facile: era bastato fare la scansione delle pagine della Mostropedia per registrare le specie del Vecchio Mondo nel focus. Ora che ci pensava, doveva chiedere agli eruditi di Astera se poteva scansionare anche le loro enciclopedie sul Nuovo Mondo... ma si stava distraendo troppo, quindi tornò a spiare il campo nemico. 
Identificò subito il Barioth e il Brachydios, evidenziando i loro punti deboli, ma il drago con le spine e le corna era completamente sconosciuto anche al focus. Di solito, però, i mostri apparivano in rosso, non in viola.

"Forse rileva l'Orrore Nero" ipotizzò l'albina.

Grazie alle scansioni del focus, poté appuntarsi sul libretto delle note di caccia il numero dei Rider corrotti e le specie di mostri che tenevano con loro, anche se si mangiava ancora le mani per non saper riconoscere i mostri nativi del Nuovo Mondo. 
Hono, dopo qualche secondo, prese a ringhiare e puntò lo sguardo sulla cima della parete orientale della vallata. Irene si interruppe, alzò il capo e lo vide. La sua vista la fece rabbrividire, nonostante non lo vedesse ancora nei dettagli a causa del focus ancora acceso: scorse un ammasso nero a forma di enorme drago sulla cima del costone. Spense il congegno e si riparò al fianco di Hono, sfoderando il falcione insetto d'istinto. Il drago era sdraiato a sfinge, teneva le zampe incrociate e le ali rilassate lungo i fianchi. Era diverso da come si era incarnato alle rovine di Zalam: era diventato molto più grande e possedeva diversi dettagli differenti, come le corna e le placche gialle, ma non c'erano dubbi.

«Il Makili Nova» mormorò Irene. 

Si portò una mano alla bocca a pronunciare quel nome. Il mostro che era la causa di tutti quei guai, il parassita che aveva portato lei e ai suoi amici le più grandi sventure delle loro vite: Cheval e sua madre, Yuri e la sua esecuzione sventata per poco, Avinia e la distruzione del suo villaggio, tutto il caos generato alla sua rinascita e le innumerevoli vittime, tra umani e mostri, e la pandemia nel Vecchio Mondo. 
In cuor suo, Irene voleva combatterlo. Voleva far saltare tutto per aria, avrebbe voluto attaccarlo; ma, nonostante la distanza, riusciva a percepire lo sguardo del Flagello Nero posato su di lei. Si sentì mancare: in quegli occhi rossi percepiva arroganza, altezzosità: la stava provocando. Irene rinfoderò l'arma e sibilò:

«Non ci casco, bastardo. Non più. Andiamo, Hono! Abbiamo fatto abbastanza. Ormai siamo stati scoperti. Non ha ancora dato l'allarme, ma non voglio essere qui quando lo farà» 

Il Midogaron ringhiò, ma era d'accordo. Il Makili Nova li stava osservando in silenzio come un ravvoltoio. 
La ragazza saltò sul dorso di Hono e lui si voltò, pronto ad allontanarsi. Irene si sistemò ma, prima di dare l'ordine, si voltò un'ultima volta per guardare il Makili Nova. Non capiva perché non allertasse i mostri, ma non era il caso di aspettare e scoprirlo. Hono uggiolò, terrorizzato: era nato dopo la seconda venuta del Makili Nova, quindi non aveva idea di quanto quel parassita avesse marchiato la vita dei Rider. Si voltò lentamente, per poi darsi lo slancio e cominciare a percorrere la strada da cui erano arrivati al contrario. La missione era stata un successo, nonostante fossero stati visti dal Makili Nova, quindi Irene non era preoccupata. Non sapeva nemmeno se quel mostro presuntuoso e distruttore si ricordasse di lei. 

Il Makili Nova ringhiò quando vide quella bestia zannuta allontanarsi con la piccola umana. La ricordava benissimo: lei e il suo Glavenus avevano tagliato la sua coda e falciato le sue ali decine di volte. Era cresciuta, come l'erede di Redan. Xander gli aveva riferito che erano passati due anni dalla sua seconda morte; ma il suo rancore, la sua furia e la sua sete di vendetta nei confronti di quegli umani e i loro mostri ardevano ancora. Avrebbe sicuramente dato l'allarme appena l'avesse vista, se solo non fosse preoccupato per qualcos'altro. I Rider erano delle nullità e i cacciatori erano ancora più scarsi, eppure tra loro aveva percepito qualcosa di molto più pericoloso del Miracolo Bianco.

Gli alleati di Redan non mi spaventano, questa volta sono molto più forte. Quei piccoli umani e i loro mostri moriranno, non avrò nessuna pietà!

Asta era appena atterrato alla Landa dei Cristalli, direttamente di fronte all'entrata delle gallerie che erano state la casa di Mikayla per mesi. Scesero entrambe dal dorso del wyvern-libellula e Xavia si sgranchì mentre la sorella di Xander accarezzava gentilmente la testa del suo mostro.

«Resta qui a fare la guardia, capito?» gli disse.

L'Astalos gracchiò e fece vibrare le ali per far vedere che era pronto ad affrontare qualsivoglia minaccia. 
Mikayla gli sorrise gentilmente:

«Grazie, Asta. Sei sempre il migliore»

Lo lasciò e raggiunse Xavia, che stava osservando l'ingresso delle gallerie con le mani sui fianchi.


«Scusa se ti ho chiesto di accompagnarmi. Dovevo sapere che a rivedere questo posto ti...» 

«No, fa niente, sul serio. Ho deciso io di venire. Gradirei solo che ci sbrigassimo» la interruppe Xavia.

«Va bene» 

Mikayla entrò per prima. Xavia la seguì dopo aver dato una rapida occhiata all'Astalos, che la guardò con aria apparentemente mortificata.

«Sai, ieri ho dormito molto meglio che in qualsiasi notte passata qui negli ultimi nove mesi» disse Mikayla, in un goffo tentativo di conversare.

Xavia sollevò un sopracciglio, perplessa:

«Nove mesi? Siete arrivati insieme alla Quinta? Penso che me ne sarei accorta, se ti avessi vista prima d'ora»


«Io, Ben e Felix abbiamo usato dei documenti falsi per imbarcarci, poi abbiamo approfittato dell'attacco dello Zorah Magdaros per allontanarci. Xander si è fatto portare dai suoi Plesioth, invece. E poi tu eri troppo impegnata con le tue cacce per accorgerti di me. Ti dirò, in realtà sono stata ad Astera un sacco di volte: provavo ad accettare più taglie possibile per la ricerca sui Draghi Anziani. Una volta ci siamo quasi parlate: mi ricordo che stavi tornando da una caccia al Kirin con quel ragazzo, il fidanzato di Occhi di Sangue»

«Scusa, ma non me lo ricordo. Sulla nave non mi ero ancora ripresa del tutto dalla storia con Xander. Ricordo di aver passato tanto tempo da sola o in compagnia di Hana e Watter»

«Chi è Watter?»

«È il mio compagno Felyne, l'ho conosciuto nel Vecchio Mondo. Aveva visto che ero sempre triste e ha deciso di aiutarmi, quindi col tempo siamo diventati soci. Però è da parecchio che non caccia con me, ha deciso di unirsi ai cacciaprede ed è sempre all'aeronave della Terza»


«Capito. Comunque, non mi dispiace che non ci siamo mai incontrate. Anzi, non immagino cosa sarebbe successo se mi avessi scoperta. Forse sarei stata proprio io a distruggere la nave, non lo Zorah Magdaros»

«Saresti arrivata a tanto?» 

«La missione era tutto, per l'altra me. Avrebbe fatto un genocidio, se Xander l'avesse voluto»

«Oh! Ehi, guarda chi c'è!» disse all'improvviso una voce sconosciuta. 

Senza accorgersene, erano arrivate alla camera principale e vi incontrarono l'Esploratrice della Prima. Aveva messo lo zaino sul tavolo e stava leggendo le note e i progetti di Xander. Xavia si sarebbe aspettata tutto, meno che quello:
 

«Che ci fa lei qui?» chiese, con un sorriso. 

L'Esploratrice ridacchiò e fece spallucce:

«Ho visto uno strano viavai di mostri uscire da queste gallerie per parecchio tempo, mentre svolgevo alcune ricerche. Adesso mi sembrava una buona occasione per ispezionare questo luogo! Ho trovato qualche documento, ma nulla di eccezionale. Chi è lei?» chiese, notando Mikayla.


«Le presento Mikayla» 

Mikayla, un po' in imbarazzo, tentennò un po' e farfugliò: 

«Salve, piacere di conoscerla, ehm...»

«Sono l'Esploratrice della Prima Flotta. Rilassati! Non mordo mica!»

«Mi scusi. Be', vado a prendere la mia armatura»

Mikayla sospirò e imboccò una galleria, senza aggiungere altro.


«Sta bene? Mi sembra un po' tesa» chiese l'Esploratrice.

«Siamo tutti in una brutta situazione: abbiamo perduto Astera» sospirò Xavia.

«Cosa?»

Xavia riassunse come meglio poté tutti gli avvenimenti che erano successi dall'inizio dell'epidemia di Orrore Nero. L'Esploratrice era sempre in viaggio, era normale che si perdesse dei grossi pezzi. A
scoltò in silenzio, mentre Xavia raccontava tutto. La cacciatrice dai capelli viola tralasciò giusto qualche dettaglio superfluo, ma l'espressione sopresa che l'Eploratrice assunse quando sentì che Xander aveva fatto esperimenti su degli umani per conferirgli abilità dei mostri fu indescrivibile. Il suo lato curioso stava emergendo, quando finalmente Mikayla tornò da quel cunicolo. La sorella di Xander tirò un sospiro di sollievo, ora che indossava la sua armatura di Zinogre.

«Molto meglio!» sorrise.


«Mikayla, giusto?»

«Sì» 

«Potresti farmi vedere i tuoi poteri da Zinogre? Xavia mi ha...» 

«Xavia! Devi per forza dirlo a chiunque?» protestò.

Non le piaceva stare al centro dell'attenzione e lo sguardo curioso con cui l'Esploratrice la stava fissando la innervosiva.


«Certo che devo: più persone sanno delle tue abilità meglio è. Non si creeranno fraintendimenti o cose simili, quando ti vedranno fulminare mostri a mani nude» si giustificò lei

«Hai ragione, scusami. Lo sa, signora, credo che andrebbe d'accordo con quel bracconiere: mi ha fatto la sua stessa domanda appena ne ha avuto l'occasione» 

«Parli di Carson? Lo conosco! Xavia, come sta quel gran galantuomo?» chiese alla cacciatrice, con sguardo appassionato.

Xavia trattenne a stento una risata:

«È molto allegro, da quando avete avuto quell'appuntamento galante»

«Lo immaginavo, lo sono anch'io!»

«Oh, non mi aspettavo che vi conosceste» mormorò Mikayla, arrossendo.

«Anche tu potresti farci amicizia, sai? Quell'armatura di Zinogre attirerà di sicuro la sua attenzione. Ora mi mostri le tue capacità?»


«Va bene» sospirò Mikayla.

Si allontanò da loro di qualche passo, camminando all'indietro.

«Non statemi troppo vicine, non voglio colpirvi per sbaglio o che si propaghi e finisse per toccarvi: non ho l'esperienza dell'altra me»

Prima che l'Esploratrice, confusa, potesse domandarle cosa intendesse, Mikayla socchiuse gli occhi e sollevò le braccia. Dopo qualche secondo, poterono tutte udire un crepitio. Il rumore crebbe e crebbe fino a diventare molto intenso: appena qualche secondo dopo, sulle braccia di Mikayla si formarono delle scariche elettriche azzurre che attraversavano avanti e indietro i suoi parabraccia. L'Esploratrice era molto emozionata, lo si capiva dal suo sguardo. Alla fine della dimostrazione, quando la donna-Zinogre disperse la corrente, si mise le mani sui fianchi e la guardò con un'espressione ammirata.

«Non vi tratterrò oltre, ragazze. Tuttavia, mi piacerebbe proprio vederti in azione! Dici che prima o poi me lo concederai?»

Mikayla arrossì, prima di annuire con un ampio sorriso:

«Ma certo! Sarei felice di mostrarglielo! Deve solo dirmelo con un po' di anticipo, così avrò la possibilità di prepararmi e scegliere una taglia adatta»

«Allora ci conto. Alla prossima!»

Verso sera, Asta raggiunse finalmente l'aeronave della Terza. Mikayla era stata contentissima per tutto il viaggio di ritorno. Ogni volta che Xavia la guardava, vedeva sul suo volto quel sorriso colmo di gioia. E, per qualche motivo, anche lei si sentiva sollevata dal fatto che sua cognata stesse bene. In passato avrebbe voluto solo vederla soffrire e morire, ma si sentiva quasi pronta a perdonarla, a garantirle che aveva smesso di odiarla. Stava ancora pensando al modo migliore per dirglielo, ma non fece in tempo: stavano ormai sorvolando i nuovi accampamenti nei dintorni dell'aeronave, quindi pensò che avrebbe solo atteso un altro giorno. Sceso a terra, Asta attese che le due scendessero dalla sua schiena, prima di sgranchirsi e scuotersi tutto, emettendo un versetto stanco.

«Ho capito, ho capito - gli sorrise Mikayla - Ti porto a dormire. Ci vediamo, Xavia!»

«Notte, Mikayla»

Anche lei stava per prendere la sua strada per cercare Yuri, quando Lucille corse da lei.

«Signora Aros!» la chiamò, ansimando.

Aveva il fiatone, tanto che, raggiunta la donna (scossa per essere stata chiamata "signora Aros", che era tremendo), si poggiò le mani sulle ginocchia, tentando di ripredersi.


«L'ho cercata dappertutto!»

«Cos'è successo?»

La Rider pareva molto preoccupata. Xavia poggiò la mano sulla spalla della ragazza, ma lei le afferrò il braccio e la strattonò:

«Si tratta di Yuri! Ha detto di venire a cercarla perché è l'unica a poterla aiutare!» disse Lucille, in fretta e furia.

La donna trasalì, sconvolta, ma decise di non chiedere altro. 

«Muoviamoci, allora! Dov'è?!» 

«Vicino all'aeronave! Hanno allestito là l'infermeria. La accompagno!»


Xavia annuì velocemente, per poi iniziare a seguire l'amica di Yuri. Cosa era successo a sua figlia, in quelle poche ore in cui era stata assente?

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Capitolo 47
*** Purificazione ***


«E questo è quanto. Redan mi ha detto di restare a riposo, perché altrimenti la mia pietra finirà per infettarsi» disse Yuri, tenendo in mano il suo bracciale.

Aveva finalmente raccontato della visione ai gemelli, ora che avevano messo i mostri a riposo ed erano tornati nell'aeronave, in cui ora c'erano solo l'Ammiraglio e la comandante della Terza che discutevano all'ultimo piano. I Rider presero posto a un tavolo con delle cartine sopra, nel piano inferiore, facendo attenzione a non toccarle o rovinarle. Cominciarono a discutere sulle implicazioni della visione della loro amica:

«Sarebbe un disastro: la tua pietra è l'unica arma che abbiamo contro il Makili Nova, non possiamo perderla così!» affermò Ross.

Yuri annuì e Lucille, come se le avesse letto la mente, parlò prima di lei:

«Hai paura che a vederti rilassata i cacciatori pensino che tu prenda tutto sottogamba, fregandotene del pericolo che stiamo correndo?»


«Sono davvero così facile da capire?» chiese Yuri, imbarazzata.

«Ti preoccupi troppo! Con tutte le cose che avranno da fare, dubito che possano anche solo accorgersene - la confortò Ross - E poi dovresti rivelarlo anche a loro. Non farà bene tenere segreta la tua conversazione con lui troppo a lungo»

Yuri non sembrava affatto convinta:

«Lo so benissimo. Ma voi mi conoscete, vi fidate di me perché sapete che posso mettermi in contatto con Redan; loro no. Redan per loro è solo un personaggio storico. Mi prenderebbero per pazza, se dicessi di aver parlato col suo fantasma!»

Incapaci di controbattere, i gemelli si guardarono per qualche secondo. Ross pareva preoccupato e Lucille non era da meno. Yuri era solita non darsi pace per qualunque piccolezza: appena faceva un torto a qualcuno o diceva qualcosa col tono sbagliato, si scusava mille volte e cominciava subito a sentirsi in colpa, anche se non aveva offeso nessuno.

«Ne hai parlato almeno con tua madre?» chiese Lucille. 

«Volevo farlo, ma non ho ancora trovato il momento più adatto. Inoltre, ho paura di rivelare anche a lei l'ultimo dettaglio che Redan mi ha svelato»

«Di cosa parli?» domandò Ross.

Yuri trasalì e si strofinò il collo con lo sguardo chino. Sembrava molto a disagio:


«Diciamo che potrebbe spiegare perché quel pazzo di mio padre ha voluto sposare mia madre e avere figli da lei»

Lucille le poggiò una mano sulla spalla e la guardò in viso, anche se Yuri aveva cominciato a tenere gli occhi fissi sulla sua pietra:


«Ce lo potresti dire?»

«Vogliamo aiutarti, ma non possiamo fare niente, se fai l'omertosa» aggiunse Ross.


Gli occhi di Yuri diventarono lucidi e la Rider alzò lo sguardo. Aprì la bocca per parlare, ma non ci riuscì. Dalla sua bocca non uscì nessuna parola, solo un rantolo animalesco. Si portò le mani alla bocca di colpo, lasciando cadere il suo bracciale sul tavolo e sulle mappe e indietreggiò così in fretta da travolgere uno sgabello e rovesciarlo. Aveva gli occhi sbarrati e la fronte imperlata di sudore. I gemelli la guardarono confusi e Ross si alzò per primo, facendo un passo avanti.

«Yuri? Stai bene?»

La Rider strinse i denti, socchiuse gli occhi e scosse la testa con forza. Si piegò sulle ginocchia col fiatone, tenendosi una mano sul cuore. Seppur confusi, i gemelli non persero tempo: Ross la raggiunse e la aiutò a reggersi in piedi, mentre Lucille si avvicinò e la prese per mano per confortarla.

«Fa male! Fa male!» sussurrò Yuri.

«Yuri, che ti sta succedendo?» chiese Lucille, nel panico.

Con un'espressione molto sofferente, Yuri guardò il suo amico e, parlando con un tono supplichevole, gli disse:


«Ross, non devi farmi prendere la mia pietra, qualunque cosa faccia o dica. Ti supplico!» 

Il ragazzo guardò Yuri confuso, prima di posare lo sguardo sul tavolo di legno di fronte a loro. Il bracciale di Yuri si trovava ancora sulle mappe. Sembrò brillare di una luce azzurra per un fugace istante, quando Ross ci diede un'occhiata.

«Se prometti di dirci tutto dopo, lo farò» sibilò, mentre lo raccoglieva.


«Lo prometto. Grazie» sorrise Yuri, sollevata.

All'improvviso, però, il suo sorriso scomparve. Abbassò la testa; adesso riusciva a stare in piedi senza il loro aiuto. Le sue braccia ricaddero lungo i fianchi. Adesso, tuttavia, qualcosa in lei era cambiato e i gemelli riuscivano a percepirlo: un senso di oppressione, terrore e sconforto si insinuò in loro di punto in bianco ed entrambi fecero qualche passo indietro, perché il disagio era troppo grande. Yuri alzò gli occhi e si stirò. Si guardò intorno, poi sospirò e disse: 

«Scusate, ragazzi. Di recente, mi succede spesso. Penso che sia quel dannato Fatalis: vuole ribellarsi a me, ma sta faticando per niente!»

Ross e Lucille si scambiarono un'occhiata d'intesa e il ragazzo fece di nascosto un cenno alla gemella, che ammiccò. Yuri guardò il bracciale nelle mani del suo amico con un po' troppo interesse, per i gusti di Ross. Sorrise e tese la mano:


«Ah, giusto! La mia pietra! Ora puoi ridarmela, Ross»

Ma lui scosse la testa e si allontanò.

«Mi hai fatto promettere di non dartela, ricordi?»


«Davvero? Scusa, quello stupido drago mi incasina la testa. Posso riaverla?» ripeté, massaggiandosi le tempie.

Ross la guardò disgustato, il che la lasciò di sasso:

«Certo che non ti sforzi nemmeno di impersonarla, brutto bastardo!» esclamò.

«Cosa?»

Ross si avventò su di lei e la colpì con una spallata, facendola schiantare seduta sulle assi di legno, e le puntò contro un indice accusatore:

«"Quello stupido drago"? Sul serio? Yuri non direbbe mai una cosa simile, men che meno del Fatalis!»

«Lei porta rispetto anche ai Velociprey, sai?» aggiunse Lucille, furiosa.


Yuri rimase in silenzio qualche secondo, prima di mettersi a ridere. La sua era una risata da pazza, che fece raggelare il sangue ai due Rider.

«Che noia! Dovevo trovarmi davanti proprio degli amici così cari? Volevo divertirmi con l'ordine, volevo vedere le vostre facce sorprese quando avrei spaccato quella stupida pietra! Ah, cara Lu-Lu, le vostre pietre non servono a niente! Non potrete purificarmi con quelle!» rise, scattando in piedi.


Tese il braccio destro, che fu improvvisamente ricoperto da fiamme. Fece un sorriso inquietante: 

«Sto entrando sempre più in confidenza con quello stupido mostro: presto lo sottometterò. Papà sarà così contento, quando mi vedrà controllare alla perfezione questi poteri!»


Ross assunse una posa difensiva, mentre Lucille attivò la sua Pietra del Legame. La luce verde abbagliò Yuri, ma sembrò non sortire alcun effetto.

«Siete degli stupidi! Vi ho appena detto che non funziona! Adesso brucerò questa bagnarola volante, poi spaccherò la pietra come mi è stato ordinato! Il Makili Nova sarà fiero di me! Anche se potrei anche distruggerlo, quando avrò il pieno controllo del mio gene»


Si preparò a scagliare fiamme dappertutto, quando si sentì come rallentare: i suoi movimenti si fecero più lenti e si sentiva più pesante di prima all'improvviso. Il suo corpo non rispondeva più ai suoi ordini. Sbatté le palpebre, tentando di capire cosa stesse accadendo, poi vide che anche Ross aveva attivato la sua pietra. Stava perdendo il controllo: le fiamme sul suo braccio si spensero improvvisamente come si erano accese e lei cadde in ginocchio, poggiando le mani sulle assi di legno.

«Bastardi! Non finisce qui! Oggi compirò il mio dovere, costi quel che costi!» minacciò, fissando i gemelli con odio. 

Di colpo, però, i suoi occhi sembrarono riprendere vitalità e si spalancarono come se si fosse appena svegliata da un sonno tormentato dagli incubi. Yuri fece diversi respiri profondi, trattenendo a stento un conato di vomito.


«Aiuto! Ragazzi, mi dovete aiutare, vi supplico!» balbettò, con le lacrime agli occhi.

Ross la aiutò ad alzarsi e lei continuò a farfugliare in preda al panico: 

«Ho... ho bisogno di mia madre... devo... devo sdraiarmi... non è finita, continua a farmi male il petto... brucia!»


«Vado a cercarla! - esclamò Lucile - Te l'affido, fratellino! Faccio il più in fretta possibile!»

Detto questo, si precipitò fuori dall'aeronave gridando il nome di Xavia.

Ross annuì e continuò a sorreggere l'amica, aiutandola a camminare fino all'infermeria, mentre lei continuava a lottare per resistere all'Orrore Nero.

«Come va, Yuri?» chiese Ross, seduto su uno sgabello accanto al lettino su cui i medici l'avevano sistemata.

Yuri era rimasta in silenzio dopo quello che era accaduto nell'aeronave. Continuava ad ansimare, la sua espressione era sempre sofferente: teneva gli occhi chiusi mentre, combattendo a denti stetti per resistere alla malattia, si stringeva con forza le tempie. Si sentiva come se il suo cuore e il suo cervello potessero esplodere da un momento all'altro, per quanto facevano male. Il silenzio si era fatto insopportabile e Yuri fu grata a Ross per averle fatto quella domanda: voleva parlare per distrarsi, ma non riusciva a farsi venire in mente assolutamente nulla.

«Per ora riesco a resistere. Ma fa davvero malissimo» rispose, con un filo di voce. 

Ross la guardò negli occhi, serio e terrorizzato al contempo, e la prese per mano: 

«Andrà tutto bene. Tua madre arriverà tra poco, ne sono sicuro» le disse gentilmente, facendola arrossire.

«Grazie, Ross»


Stava per dire qualcos'altro, quando all'improvviso un'altra fitta dolorosa le lacerò il petto. La Rider si morse il labbro inferiore per non lasciarsi scappare un altro urlo, visto che quello di prima aveva già attirato l'attenzione di alcuni cacciatori nei paraggi. I medici non capivano cosa potevano fare per aiutarla, visto che lei aveva rifiutato di farsi somministrare degli anestetici, ma Ross disse loro di non preoccuparsi, quindi loro fecero spallucce e andarono ad occuparsi degli altri infortunati. Yuri tentò di resistere, ma alla fine si arrese e cacciò un grido straziatissimo.

«Cazzo! Aspetta, Yuri!» 

Ross scattò in piedi e attivò la sua Pietra del Legame, lasciando che la sua rilassante luce verdastra splendesse attorno a loro dal bracciale. Come la prima volta, il dolore cominciò ad attenuarsi lentamente. Dopo un minuto che a Yuri parve un'eternità, tornò sopportabile. 
Quandò la luce si spense, la ragazzina era esausta. 

«Yuri, che ti succede?!» irruppe la voce di Xavia. 

Ross, che aveva avvolto il braccio intorno alle spalle di Yuri per confortarla, si allontanò di corsa per l'imbarazzo e arrossì. Yuri non fece in tempo a voltarsi a guardare, che vide il volto di sua madre a pochi centimetri dal suo, mentre sua madre le prendeva le mani in preda all'agitazione. L'aveva sicuramente sentita urlare, voleva vedere se stava bene. 
Yuri guardò l'ingresso e vide che anche Lucille era arrivata, tutta affannata.

«Scusa se ci ho messo tanto, ma non riuscivo a trovarla»

«Fa niente. Grazie, Lucy!» disse Yuri, mentre Xavia la aiutava a mettersi seduta.

«Cos'è successo, Yuri?» chiese sua madre.

«Il Makili Nova ha cercato di controllarmi e ci sta ancora provando. Ho bisogno di te, mamma! Per favore, tu sei l'unica che può aiutarmi a liberarmene per sempre!»

Xavia sbarrò gli occhi, perplessa e incredula:

«Che vuoi dire, Yuri?» le chiese, confusa.

Yuri tentò di spiegare, ma strabuzzò gli occhi, mugolò e si strinse le tempie quando l'ennesima ondata di dolore la travolse. Dalla sua pelle cominciò a fuoriuscire quel pestilenziale fumo nero, che ormai tutti i cacciatori del Nuovo Mondo avevano imparato ad odiare. 
Lucille e Ross si scambiarono un rapido sguardo d'intesa e attivarono le Pietre del Legame all'unisono. Il fumo scomparve, ma Yuri non stava meglio: il dolore non faceva che aumentare, nonostante i due Rider tentassero di contenere l'influenza del Makili Nova.

«Mamma, fa' in fretta! Prendi la mia Pietra del Legame, devi purificarmi! Ti supplico, non lo sopporto più!» supplicò Yuri.

«Io? Non sono una Rider, Yuri! Non ho idea di...»

«Invece sì! Non c'entra niente essere Rider o no! Con una pietra autentica e benedetta fra le mani, chiunque può farlo»

Lucille sollevò un sopracciglio, con aria scettica:


«Ma Yuri, la tua pietra è diversa! Solo gli eredi di Redan sono in grado di usarla e l'unica sei tu!»

«Devo pur aver ereditato il suo sangue da qualcuno, no?» 

«Sì, ma come facciamo a sapere che l'hai preso da tua madre? Senza offesa, signora Aros!»

«Quel cognome...» sbuffò Xavia, infastidita. 

«Comunque, tra una cacciatrice e un Rider, penso che tuo padre sia il candidato migliore»


«Non c'è tempo! Mamma, devi fidarti di me!» esclamò Yuri, sul punto di perdere i sensi.

«Sempre» sussurrò Xavia, annuendo.

Era ancora dubbiosa e d'accordo coi due gemelli. Non aveva mai sentito parlare di Redan, prima di conoscere Xander. Come poteva lei essere una sua discendente? Nonostante quei dubbi, si fece dare il bracciale della pietra di Yuri da Ross e se lo legò al polso destro.

«Se non funziona, ti giuro che andrò a stanare Xander di persona. Lo trascinerò qui e ti farò guarire da lui. È una promessa, Yuri» disse Xavia, in parte scherzando per alleviare la tensione.


«Grazie, mamma. Sai come funziona la purificazione?» chiese Yuri, fradicia di sudore.

Xavia rimuginò per un attimo, poi annuì: 

«Ho purificato un mostro, una volta. Me l'ha fatto vedere Xander, poi mi ha fatto provare. Me lo ricordo ancora» 

Yuri parve sopresa, ma era quasi contenta di non doverle spiegare come fare: né lei né Ross sarebbero stati capaci di descrivere il procedimento, ormai a loro veniva spontaneo. Magari Lucille avrebbe potuto, ma di certo avrebbe divagato.


«Cominciamo» sussurrò Xavia, facendo un respiro profondo.

Yuri annuì, dandole il via libera mentre si preparava mentalmente. La cacciatrice poggiò la mano sinistra al centro del bracciale, sulla brillante pietra azzurra. Chiuse gli occhi e tentò di concentrarsi. Tolse la mano sinistra e sollevò il braccio destro: il bracciale si accese e la Pietra del Legame si illuminò di celeste. 
Yuri sorrise e chiuse gli occhi. Sapeva quello che arrivava dopo quel momento. L'aveva già provato, anche se per poco e con un effetto ridotto, al nascondiglio di suo padre alla Landa dei cristalli. Quando la luce azzurra della pietra la raggiunse, la Rider si sentì quasi bruciare. Strinse i denti e i pugni al punto di farsi sbiancare le nocche. Dalla sua pelle cominciò a fuoriuscire un'altra volta il fumo dell'Orrore Nero, il che le causava un dolore immenso, quasi come se le perforasse la cute. Ma questa volta si consolava sapendo che stava finalmente per guarire. Dovette sopportare il dolore per un tempo che le parve infinito: sentiva gli sguardi di Ross e Lucille puntati su di lei, intenti ad osservare quell'enorme quantità di fumo nero fuoriuscire dal suo corpo. Alla fine, il dolore cessò e la malattia fu completamente eradicata. Yuri si sentiva molto più leggera e poté finalmente rilassarsi. Ansimava ancora, ma anche il suo respiro si stava stabilizzando, assieme al battito del suo cuore. Riaprì gli occhi, sorrise e guardò Xavia. Voleva ringraziarla con tutta se stessa, voleva mostrarle tutta la sua riconoscenza. Ma la sua espressione gioiosa svanì appena la vide: sua madre aveva un'espressione vuota. Era impossibile capire il suo stato d'animo. Yuri guardò Lucille e Ross in cerca di suggerimenti, ma anche i gemelli non sapevano cosa dire per aiutarla.

«Sono una discendente di Redan?» sussurrò Xavia, fissando il vuoto.

«Sì» rispose Yuri, seria. 

Gli occhi di Xavia diventarono lucidi e la cacciatrice si coprì la bocca, disgustata e triste: 

«Immagino che in realtà Xander l’abbia sempre saputo. Ecco perché ero così importante per lui. Voleva solo entrare in contatto con la dinastia Rudria, non gli interessava altro. Non gli è mai importato nulla di me»

Xavia era sul punto di scoppiare a piangere.


«Da come si comportava con me e dalle domande che mi faceva nel suo covo, sembrava che non lo sapesse, ma non escludo che potesse fingere di esserne all'oscuro solo per farsi dare una conferma da me. Mamma?» 

Yuri sapeva che quella notizia l'avrebbe distrutta. Ne era sicura da quando Redan gliel'aveva detto. Scoprire la risposta alla domanda che l'aveva tormentata per quindici lunghi anni in quel modo? Sarebbe stato difficile da accettare per chiunque, ma col passato tragico di Xavia, era un colpo ancora più duro.

«Sto bene, Yuri» rispose Xavia, strofinandosi gli occhi. 

La cacciatrice dai capelli viola si sedé sul letto della figlia e le accarezzò le guance.

«Ho solo bisogno di riflettere un po'. È che non mi aspettavo di fare una scoperta come questa, tutto qui. Starò bene, devo solo assimilare la notizia. Ma ricorda: non hai nessuna colpa. Capito, Yuri? Non sertirti responsabile in alcun modo. Presto o tardi l'avrei scoperto comunque, dopo questo mese. D'accordo?»

«Va bene, mamma» 

Yuri, ovviamente, si sentiva in colpa per averglielo fatto scoprire in quel modo, le dispiaceva di averla sentita con quel tono di voce. Ma lei le aveva chiesto di non sentirsi colpevole, quindi si sforzò di scacciare il pensiero. 
Xavia si sforzò di sorridere e le baciò la fronte:

«Adesso riposati: immagino che abbia sofferto molto. Parleremo più tardi, va bene? Solo noi due, in privato, senza distrazioni»

Yuri annuì, comprensiva: 

«Grazie, mamma» sussurrò.

Xavia le scompigliò i capelli, quindi si alzò e uscì dall'infermeria.


«Era questo il fantomatico dettaglio che Redan ti ha confidato?» sospirò Lucille, sconsolata.

Yuri annuì: 

«Lo stavo tenendo nascosto perché volevo dirlo a mia madre di persona. Ragazzi, mi dispiace se vi ho fatti preoccupare così tanto»

«Non fa niente. Almeno sappiamo che tuo padre non discende dal nostro fondatore: sarebbe stata una vergogna» affermò Ross.

«Be', ora ti lasciamo riposare. Andiamo a controllare se Irene è tornata! Dovrebbe essere vicina ormai: è quasi sera» suggerì Lucille.

Yuri sorrise:

«Grazie ancora, ragazzi! Senza di voi avrei fatto un casino, avrei potuto distruggere l'aeronave»

«Almeno ora non dovrai più preoccuparti. Va tutto bene» le sorrise Lucille e Ross annuì.

«Già. Allora a dopo!»

«A dopo!»

Yuri si addormentò e si svegliò un paio d'ore dopo, sentendosi molto meglio di prima. Dopo essersi rimessa l'armatura e aver indossato il bracciale della pietra, la Rider uscì dall'infermeria. Stirandosi, osservò attorno a sé e vide che ormai tutti i preparativi della tendopoli erano terminati: attorno all'aeronave della Terza c'erano innumerevoli tende per i cacciatori, oltre ad una mensa e una fucina improvvisate. Si era ormai fatta sera e il Sole stava tramontando, quindi le fonti di luce dell'accampamento erano principalmente lanterne, falò e torce, quindi Yuri pensò che, probabilmente, non avrebbe visto Mikayla molto spesso di sera, con tutto quel fuoco in giro; non voleva disturbare l'Ammiraglio o il Comandante, quindi pensò semplicemente di cercare sua madre per conto suo. Era un po' in ansia, ora che finalmente avevano la possibilità di parlarsi su quell'argomento delicatissimo. Non sapeva cosa dire, non aveva idea di cosa sua madre volesse sapere o meno. Con quei pensieri in testa, si ritrovò a girare tra le tende, tentando di trovare un indizio su dove poter trovare Xavia. Però non dovette cercare a lungo: la sua attenzione fu attirata da una tenda in particolare, da cui sentiva provenire delle risate. Tra loro, riuscì a distinguere quella di sua madre. Seppur titubante, dato che non voleva disturbare gli altri, Yuri si avvicinò all'entrata della tenda, spostando il telo quanto bastava per permetterle di sbirciare dentro. Vide la squadra di Ayla, sua madre e la loro assistente: Gionata, Carson, Ayla, Xavia e Eden stavano ridendo, mentre Yuna aveva un'espressione confusa in volto. 

«Eppure questa volta pensavo di averla capita!» sospirò la wyverniana.

«C'è da dire che stai migliorando da quando abbiamo iniziato, su quello non ci piove!» rispose Gionata.

Ayla ne suggerì un'altra:

«Vediamo questa, la dice sempre mio nonno. Due medici: "Ho un paziente con le perdite di memoria, tu cosa consigli?" "Di farti pagare in anticipo"»

Tutti quanti scoppiarono a ridere, ma Yuna la prese molto seriamente e cominciò a riflettere concentratissima. Alla fine, timidissima, rispose:

«Dunque, se ho capito bene i meccanismi del cinismo umano, il collega gli ha suggerito di farsi pagare subito perché così, se la cura non funziona, non è un problema perché ha già gli zenny e può ignorare le critiche del paziente?» 

Tutti quanti risero ancora più forte ed Eden, scuotendo la testa, spiegò:

«Ma no, Yuna! È perché il paziente ha le perdite di memoria, quindi meglio farsi pagare prima che se ne dimentichi!»

«Aaaaah! Ora so che devo ancora migliorare con le logiche ciniche» sospirò la wyverniana.


Xavia prese un respiro per non farsi venire il singhiozzo, poi notò Yuri per caso. La Rider arrossì e ritirò il telo in fretta e furia, allontanandosi dalla tenda. Sentì dall'interno uno "scusatemi, esco un attimo" da parte di sua madre, prima di vedere il telo spostarsi e che lei uscisse. Yuri, ancora paonazza, si scusò con la madre per averli interrotti, ma lei scosse la testa e sorrise: 

«Va tutto bene. Anzi, scusami tu: dopo che mi sono calmata, sono venuta a controllare in infermeria e ho visto che dormivi. Poi loro mi hanno invitata a una delle lezioni di ironia umana per Yuna e a cenare con loro, visto che è da tanto che non lo facciamo ho pensato di accettare. Ehi, vorresti unirti anche tu?»


«Oh? Non vorrei dare fastidio»

Yuri scosse la testa, ma Xavia ridacchiò:

«Non credo che ti troveranno fastidiosa! Eddai, ti divertirai! E poi, dopo tutto quello che hai passato oggi, dovresti svagarti almeno un po'. Non trovi?» 


Yuri ci pensò per qualche secondo, ma poi si convinse e annuì: 

«Va bene, mamma»

Xavia sorrise, prima di voltarsi e sollevare il telo della tenda: 

«Ho invitato Yuri a mangiare con noi, vi va bene? Pago io per lei» scherzò, facendo cenno alla Rider di seguirla.

«A me va bene» annuì Ayla.

«Nessun problema» disse Gionata, e Yuna annuì in assenso, così come Eden.


Carson, invece, passò qualche momento a fissare la figlia di Xavia, poi pestò una mano sul ginocchio.

«Dannazione! E io che speravo di giocare ai nostri "non-ho-mai" e scolarmi qualche boccale! Ehi, bamboccia, quanto pensi di reggere l'alcol?» ammiccò.


Yuri arrosì e si grattò il collo: 

«Ho provato del liquore solo una volta, a Pokke»

«Carson, non ci pensare nemmeno! Ha quindici anni, non può resistere: non ci riesco io, che ne ho trentasei!» protestò Xavia.

«Bah, che gran rottura! E va bene, sarà per la prossima»

Quando tutti uscirono per andare alla mensa, Yuri poté sentire Carson ridere e domandare a Xavia:


«Dimmi la verità, volevi solo evitare che ti costringessi a raccontare ancora della tua sbronza epica finita male per colpa di quella sorellastra che dici di avere, eh? Davanti a tua figlia, soprattutto!»

«Giuro che se glielo racconti non so cosa ti faccio!» sibilò sua madre.

Yuri si sentì incuriosita e imbarazzata nello stesso momento, quindi decise di fare finta di niente e seguì il gruppo in silenzio.

I cacciatori, Eden e Yuri si spostarono alla mensa di fortuna gestita dallo Chef Miauscoloso e i suoi aiutanti Felyne. Yuri era rimasta in silenzio all'inizio, pur mangiando con golosità i piatti dello chef. Si sentiva quasi come un'intrusa in quel momento, l'unica che stava zitta mentre attorno a lei i cacciatori conversavano allegramente. Per la sua timidezza, non era ancora riuscita a parlare se non quando veniva interpellata, biascicando qualche risposta alle domande che le venivano poste. Quando ormai la cena stava per finire, però, la Rider prese coraggio e fece un respiro profondo, prima di richiamare l'attenzione del gruppo:

«Scusatemi? Ecco, io volevo sdebitarmi con voi per essere venuti a salvarmi, in quella grotta alla Landa dei Cristalli. C'è qualcosa che posso fare per voi?»

La volontà di sdebitarsi le era sorta mentre volava su Asta assieme ad Ayla e, dopo quelle due giornate, ci stava ancora pensando. 
Ayla, Gionata, Carson e Yuna si guardarono per qualche secondo.

«Per me non ne hai bisogno, non preoccuparti!» la rassicurò Ayla.

Carson fece spallucce:

«Sono a posto così»

«
Ecco, ho una richiesta particolare - disse Yuna - Ho sentito da Nina che tu hai un Kushala Daora, che è il mio Drago Anziano preferito. Sarebbe possibile farmelo cavalcare?»

Yuri guardò la wyverniana sorpresa, prima di capire l'equivoco: 

«Eh? In realtà mi sono espressa male quella volta: io non ho un Kushala Daora, ho volato solo su un esemplare domato! È di un Rider corrotto redento di nome Gust, ci ho avuto a che fare come nemico e poi come amico. Ora ad Hakum siamo in rapporti di amicizia con lui e tutta la sua banda, visto che gli abbiamo dato l'opportunità di uccidere il loro capo Anvis»

«Oh, capisco» Yuna parve dispiaciuta.

Yuri la guardò e rifletté un secondo: 

«In realtà posso andare da lui e chiedermi di prestarcelo. Ti farò sapere, ma è fattibile!» suggerì allegra, sorridendole.

«Oh! Sarebbe fantastico! Grazie infinite!» esultò la wyverniana.

«Anch'io avrei una richiesta un po' insolita, ma preferisco fartela in privato quando torneremo in tenda. Posso?» si intromise Gionata.

Occhi di Sangue gli lanciò subito un'occhiata perplessa e allarmata.

«Be', immagino che possa andare» disse la Rider, un po' confusa.

«Bene!» ridacchiò lui senza risponderle.

«Ehi! Xavia, posso chiederti una cosa?» domandò Eden, dopo aver divorato tutto ciò che aveva nel piatto.

La cacciatrice dai capelli viola sollevò un sopracciglio, perplessa:

«Cioè?»

«Di solito non seguo molto i pettegolezzi, ma la storia di te, Yuri e tuo marito mi ha incuriosita, così ho chiesto un po' a Nina e Nick. È proprio vero che ci hai messo quasi dieci anni a raggiungere il grado maestro?»

A quella domanda, Xavia arrossì e si grattò il collo con imbarazzo, sentendo lo sguardo di Gionata posato su di sé.

«Davvero?» chiese lui, sorpreso. 

Xavia annuì, a braccia conserte:

«Vi risparmio tutti i dettagli di quella storia, ma sì. Ho iniziato a cacciare a diciotto anni dopo la morte di mio padre, perché me l'aveva proibito fino a quel giorno, e prendevo parte coi miei amici a missioni di basso grado. Non sono passata all'alto grado prima dei ventiquattro anni, dopo tutta la faccenda con Xander, e sono salita al grado maestro cinque anni dopo, solo perché venivo spronata dall'annuncio della formazione della Quinta Flotta e dalla mia sorellastra. È vero, ci ho messo proprio tanto» concluse con un sospiro. 

Yuri, sorpresa da quell'aneddoto, incrociò le braccia e iniziò a guardare le stelle, mentre provava a immaginare la carriera di sua madre in base ai suoi racconti. Poco dopo, Gionata si schiarì la gola e commentò:

«Già, direi che è parecchio! In quanto a me, ho iniziato con l'alto grado a quindici anni. A diciotto anni, io e Ayla eravamo già cacciatori di grado maestro» raccontò, fiero.

Ayla 
fulminò Gionata con lo sguardo, prima di giustificarsi:

«I miei genitori mi hanno cresciuta a pane e Gore Magala: ne ho affrontato uno ad appena quattordici anni, dannazione! Non penso che ci sia da stupirsi troppo della nostra scalata ultrarapida» 

«Avete un enorme talento. Molto più di me, è innegabile. E poi non è una competizione: sul serio vorresti paragonarmi a Occhi di Sangue? Non avrei speranze!» ironizzò Xavia.

Toccava a Carson:

«Sono uscito dal basso grado con un Malfestio. In realtà, detto tra noi, io sono ancora registrato come un cacciatore di alto grado: ho smesso di fare rapporto sulle taglie che accettavo quando ho iniziato a fare il bracconiere. Sono del tutto in regola per il grado maestro, però! Non in modo ufficiale sui documenti della Gilda, ma che volete farci? Le scartoffie non fanno per me»

Anche Yuna parlò di sé:


«Ho cambiato squadra un paio di volte, nella mia carriera. Di norma passavo interi anni da sola, nella natura: non cacciavo in compagnia molto spesso, quindi col mio primo gruppo mi sono fermata al basso grado. Qualche decennio dopo, quando i miei colleghi sono andati in pensione perché erano umani, mi sono unita ad un secondo gruppo composto solo da wyverniani e nei trecento anni a seguire sono passata prima all'alto grado e poi a quello maestro. Tutto ciò mi ha portata ad unirmi alla Commissione di Ricerca e dove sono ora»

«Be', mi fa piacere sapere di non essere l'unica ad averci messo un po' di tempo in più a salire al grado maestro - sorrise Xavia - Ripensandoci, è stata solo la mia depressione in seguito a Xander a farmi rallentare in quel modo: ero stanca di combattere i mostri deboli e lenti del basso grado, ormai sapevo il loro comportamento a memoria. Ma non volevo passare al grado successivo per paura. Sono felice di essermi aperta un po', a forza di stare con voi quattro!»

«Lo sapevo! Il mio commento di quella volta ti ha fatto bene, eh? Lo ammetti?» rise Gionata.

Stava per continuare la frase, ma una doppia occhiataccia di Xavia e di Ayla lo fece desistere. Il ragazzo alzò una mano per scusarsi e fece segno di avere le labbra cucite. Yuna, però, fece una domanda al riguardo in tono innocente:


«Intendi quella volta che l'hai chiamata "milf cupa e depressa, simpatica come una Melynx gravida"? Mi ricordo che per qualche settimana mi è sembrata ragionare molto su cosa dire, prima di parlare con noi»

Xavia arrossì di colpo, Ayla, Eden e Gionata guardarono la wyverniana a occhi sbarrati, dopodiché Carson scoppiò in una fragorosa risata e mormorò un sarcastico "ops". Yuri non capì niente di quello che avevano detto e inclinò il capo perplessa: 

«Cosa vuol dire "milf"?» chiese alla madre.

Xavia la guardò, in preda all'imbarazzo: 

«Nulla, non significa niente! È solo... ehm... un modo per dire che una volta ero stata una madre e in quel momento non lo ero più! Cioè, lo sono ancora, ma capiscilo: Gionata non lo sapeva, non sapevo nemmeno io che ti avrei ritrovata! Yuna, perché hai dovuto dirlo?!» sibilò poi. 

Si coprì il volto rosso come pomodoro per l'imbarazzo, mentre la wyverniana osservava le espressioni divertite o imbarazzate degli altri con uno sguardo disorientato.

Ritornati nella tenda di Ayla e Gionata, Yuri chiese al cacciatore cosa volesse, ora che potevano parlarne.

«Ecco, mi piacerebbe un piccolo Rajang!» ammise lui, con sguardo sognante.

Yuri sperava di aver sentito male, quindi batté le palpebre un paio di volte, prima di domandare: 

«Vuoi cavalcarne uno? Irene ha un Rajang, posso chiederle di...»

«No, no! Intendevo esattamente quello che ho detto: voglio un cucciolo di Rajang tutto mio, da crescere!» la interruppe Gionata.

«Ma cosa ti salta in mente?!» sbottò Carson. 

«Adottare un Rajang?! Sei pazzo?» sobbalzò Ayla.

Yuri, nel frattempo, era impallidita al solo pensiero di dover cercare una Rajang partoriente, narcotizzarla e fare l'imprinting col cucciolo appena venuto al mondo con la Pietra del Legame: le sue gambe tremarono, mentre teneva uno sguardo attonito fisso di fronte a sé. Magari poteva aspettare che quello di Irene trovasse una compagna e prendere uno dei loro cuccioli? Non sapeva quanto tempo ci avrebbero messo. A riscuoterla dai suoi pensieri fu la mano di Xavia, poggiata sulla sua spalla.

«Yuri, stai bene? Sei pallida!»


«Un Rajang. Devo trovare un Rajang» sussurrò la Rider, spaventata.

"Dovrò un favore enorme a Gust" pensò.

Disse a Gionata che ci avrebbe provato, ma poi chiese di potersi sedere un momento per calmarsi. Era terrorizzata dai Rajang, dopo l'unico che aveva affrontato a Pokke e da cui si era salvata solo grazie a Ross. 
Xavia, a un certo punto, sobbalzò come se avesse avuto un'illuinazione e chiese al lanciafuciliere: 

«È per il tuo fumetto, vero?»

Gionata annuì, allegro:

«Sì, è ovvio! Sapete quanto sarebbe bello avere un Rajang in carne ed ossa come mascotte? Saitama diventerebbe reale! Certo, non si metterà a combattere dieci cacciatori di grado maestro al giorno o mangiare tutte quelle corna di Kirin; ma il più grande sogno della mia infanzia diventerebbe finalmente realtà!»


«Saitama?» chiese Yuri, ricordando di aver già sentito quel nome.

Gionata annuì ma, prima che potesse rispondere, fuori dalla tenda udirono la voce di Lucille: 

«No, Ross, aspetta! Non puoi...» la sua frase si troncò di colpo quando vide il suo gemello scostare il telo della tenda all'improvviso.

Quando i presenti lo guardarono, lui arrossì:

«Ah! Perdonatemi! È solo che ho sentito qualcuno nominare Saitama. Stavate parlando di One Punch Rajang? Adoro quel fumetto!»

Gionata parve sorpreso, mentre Lucille si scusava e tirava uno scapellotto al fratello per la figuraccia che aveva fatto. Xavia, invece, ridacchiò:

«A quanto pare hai incontrato un tuo ammiratore, Gionata!»

Appena Ross sentì quelle parole, i suoi occhi si illuminarono e fece un sorriso meravigliato.

«Aspetti, lei è davvero Gionata Uberti?! È l'autore?!»

Gionata annuì e il Rider ridacchiò, entusiasta: 

«Allora potrebbe autografare una copia che mi sono portato da casa? Sono un suo grandissimo ammiratore!»

Gionata sembrava al settimo cielo. Annuì e ammiccò: 

«Sì, certo! Te lo firmo molto volentieri!»

Allora Ross schizzò via, euforico, mentre Lucille e Yuri si scambiarono uno sguardo imbarazzato. Dopo nemmeno due minuti, Ross fu di ritorno con un volume del fumetto, il quattordicesimo: sulla copertina c'era un Nargacuga a mezz'aria e un Rajang col pugno alzato verso le sue parti basse; ma un pannello nero censurava quello che si trovava nel mezzo. Lo porse a Gionata, dicendo che era il suo numero preferito, e lui ridacchiò quando controllò la copertina: 

«Ah, la prima apparizione di Sonic il Nargacuga Supersonico! Questo è anche il preferito di Xavia, sai?»


«Mamma?! Anche tu leggi quella me... storia ?!» sobbalzò Yuri.

Sua madre arrossì di colpo, imbarazzata:

«Be', sì. Voglio dire, che problema c'è? È divertentissimo! È perfetto da leggere in pausa tra una caccia e l'altra. L'ho iniziato perché Gionata mi offriva i suoi volumi da leggere, per ringraziarmi per le lezioni di martello. Quando posso, leggo i numeri nuovi, ecco tutto»

«Già, è uno dei fumetti migliori che abbia mai letto! - esclamò Ross - In tutti gli altri, ci sono cacciatori imbattibili come personaggi principali, ma qui il protagonista è un Rajang fortissimo che tenta di convincere la Gilda a classificarlo come Drago Anziano! Ha addirittura un Valstrax di nome Genos come allievo!»

«Lo leggevo anche io, ma ho dovuto interromperlo a causa di impegni - ammise Lucille - Sì, faceva ridere, ma non ho capito come può un Rajang essere così forte da uccidere un Lao Shan Lung solo con un pugno»

«In realtà lo spiega qualche capitolo dopo che ti sei interrotta, nel combattimento con Mordicchio il Deviljho selvaggio brigante! - sghignazzò Ross - Ormai la so a memoria: "Ho fatto mille flessioni, ho tirato mille pugni alla roccia, ho fatto mille sollevamenti alberi, ho fatto cento chilometri di corsa e ho sconfitto dieci cacciatori di grado maestro tutti i giorni per gli ultimi tre anni! Il tutto accompagnato da pasti abbondanti per temprare lo spirito: la mattina bastavano cinque corni di Kirin, a mezzogiorno e di sera venti!". Mi sono piegato in due dal ridere, quando l'ha detto!»

Mentre ripeteva quelle esatte battute, Yuri si sbatté un palmo sulla fronte e Lucille distolse lo sguardo. Le due ragazze si scambiarono un'occhiata piena di imbarazzo. Gionata fissò Ross con un'espressione stupefatta e quasi commossa. Dopo aver autografato la copia del fumetto, si alzò e lo abbracciò, facendo arrossire il Rider.

«Possiamo andare, mamma?» sussurrò Yuri, imbarazzata.

Xavia prese a ridacchiare, prima di annuire:

«Va bene. Alla prossima, ragazzi! Buonanotte!» 

I cacciatori ricambiarono il saluto della loro collega, prima che lei e sua figlia uscissero dalla tenda. Anche Lucille si diede alla fuga, paonazza per la figura che suo fratello le stava facendo fare.


«Notte, Yuri!» si congedò con l'amica.

«A domani, Lu-Lu!»

A quel punto, la ragazzina seguì sua madre fino alla loro tenda. Dentro di sé, si stava già preparando mentalmente per parlare con Xavia della questione della discendenza di Redan e gli interessi che Xander aveva a riguardo.

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Capitolo 48
*** Ygren ***


La mattina giunse presto, al nuovo accampamento all'aeronave della Terza: Xavia uscì all'aperto in silenzio, si stiracchiò e diede un'occhiata al cielo limpido. Quel giorno c'era una brezza molto piacevole: la cacciatrice si prese un attimo per rilassarsi, poi scostò il telo della tenda e vide che sua figlia era ancora addormentata. Quella notte avevano passato più di un'ora a parlare di quello che preoccupava la ragazza: Yuri aveva raccontato alla madre dell'incubo che aveva avuto sul Fatalis, della visione di Redan e che il primo Rider le aveva consigliato di restare a riposo per non intaccare la sua pietra, oltre a rivelarle che era il capostipite di Xavia. 

La cacciatrice dai capelli viola l'aveva tranquillizzata abbastanza facilmente, in realtà: avrebbe parlato lei stessa con l'Ammiraglio e il Comandante della sua situazione, ovviamente escludendo il dettaglio dell'incubo. In cambio, fece promettere alla Rider di cercare di non tenersi tutto dentro: se aveva bisogno di parlare, di sfogarsi, lei c'era e ci sarebbe sempre stata. A Yuri, per poco, non vennero gli occhi lucidi alle parole della madre, ma ovviamente accettò senza alcun timore, ringraziandola di cuore. 
Xavia ritirò il telo, prima di voltarsi e dirigersi verso l'aeronave. Era ancora presto, ma una volta entrata lì trovò l'Ammiraglio seduto ad un tavolo: il gigante biondo teneva il gomito poggiato su di esso, sfogliando le pagine del libretto che Irene gli aveva fornito al ritorno dalla sua ricognizione. Xavia si avvicinò:

«Buongiorno, signore» lo salutò. 

Il capo della Commissione di Ricerca era talmente concentrato sugli appunti di Irene che sobbalzò, sentendola, prima di voltarsi.

«Ah, buongiorno, cacciatrice! Siamo mattinieri, eh? Scusami, non ti avevo sentita arrivare» disse, massaggiandosi il collo.

«Non fa niente, ho visto che era occupato - annuì Xavia, comprensiva - Qual è la situazione?»

L'Ammiraglio sospirò e scrollò le spalle, prima di voltarsi e darle di nuovo le spalle:

«Siamo ancora in alto mare, ma almeno abbiamo qualche informazione in più: il campo di battaglia è un'area praticamente sgombra, dunque i Rider corrotti non avranno modo di tenderci delle imboscate. Quello che mi preoccupa è che, stando agli appunti dell'albina, è pieno di mostri del Vecchio Mondo. Guarda tu stessa»

Xavia si sporse sul tavolo, dando una rapida occhiata alle scritte. Tralasciando la grafia frettolosa, riuscì a leggere chiaramente i nomi di molti mostri che non si trovavano nel Nuovo Mondo: Agnaktor, Najarala, Nerscylla, perfino Blangonga e Gravios, solo per citarne alcuni segnati su quella pagina.

«Se posso chiedere, perché la preoccupano questi mostri? Penso che quasi tutti abbiamo affrontato specie anche più pericolose di queste, a parte i principianti della Sesta Flotta»

«Proprio loro mi preoccupano. Oltre ai cacciatori nati e cresciuti in questo continente, come il nipote del Comandante - ammise l'Ammiraglio, a braccia conserte - Poi mi sono reso conto di un'altra cosa, leggendo questi appunti: la Rider bionda non sembra conoscere per niente la fauna del Nuovo Mondo. Mi aveva detto di aver descritto i mostri che non conosceva, ma non ha nemmeno identificato gli Anjanath o il Nergigante. Non so se è anche il caso degli altri due Rider, ma penso che dobbiamo trovare un modo per rimediare a questo problema»

Xavia rifletté per qualche secondo, poi le venne un'illuminazione e gliela suggerì:

«Forse ho un'idea: potremmo far visitare loro i biomi del Nuovo Mondo, anche con lo scopo di controllarli. Non sappiamo quale sia la situazione alla Landa dei Cristalli, alle Guglie Selvagge e nella Valle Putrefatta; basterebbe che alcuni cacciatori facessero loro da guida e potremmo fare entrambe le cose allo stesso tempo!»

L'Ammiraglio ci pensò un po' su, poi annuì soddisfatto:

«Eh, non è affatto una cattiva idea! Dovrò discuterne con gli altri, ma potremmo iniziare oggi stesso» rimuginò, strofinandosi il mento.

«Lieta di averle dato una mano, signore!» annuì Xavia, sorridendo.

«Comunque, cosa sei venuta a dirmi? Immagino non sia qui per parlare di questo» chiese poi lui, chiudendo il libretto.

Xavia si guardò intorno, si accertò che nessuno li stesse ascoltando e spiegò:

«Si tratta di mia figlia. So che potrebbe sembrarle assurdo, ma...»

L'Ammiraglio scoppiò a ridere, scuotendo la testa:

«Ho visto un parassita con una mente alveare mutare il corpo dello Xeno'Jiiva e un Rathalos trasformarsi in un Rathalos argentato, ormai non mi stupisco di nulla! Quindi avanti, dimmi tutto»

«Ha avuto una visione e parlato con Redan, il Rider che ha sconfitto per la prima volta il Makili Nova»

Nonostante le parole appena pronunciate, l'Ammiraglio la fissò con un'espressione sorpresa e confusa. Xavia, tuttavia, continuò imperterrita:

«Le ha ordinato di riposarsi, altrimenti non saremo in grado di sconfiggere quel parassita in maniera definitiva. Anche se uccidessimo lo Xeno'Jiiva e fermassimo l'esercito di Rider corrotti, non sarebbe una vittoria: troverebbe un altro ospite e dovremmo affrontarlo di nuovo»

L'Ammiraglio inarcò un sopracciglio:

«In pratica, la nostra vittoria si basa sul fatto che tua figlia si rilassi?» 

«Questo è quello che mi ha riferito lei, ieri notte. Mi ha detto che, comunque, non passerà il tempo a fare nulla: vuole aiutare il più possibile, qui al campo»

L'Ammiraglio si prese un altro momento per riflettere, poi scrollò le spalle:

«Non capisco molto queste faccende da Rider, ma se è necessario per far svanire questa malattia una volta per tutte, allora non vedo perché dovrei negarglielo. Devo solo riferire che non potrà partecipare a nessuna taglia per un po', giusto?» concluse. 

«Sì, alla fine si tratta di quello» annuì la madre di Yuri.

«Allora si può fare! Dille di non preoccuparsi e che mi occuperò io di riferirlo al Comandante e agli altri cacciatori» terminò il gigante biondo.

Xavia sospirò sollevata e sorrise:

«La ringrazio, Ammiraglio! Almeno potrà finalmente calmarsi: mi ha detto che rifletteva da ieri sul modo in cui dirvelo, senza che la prendeste per pazza»

Al capo della Commissione di Ricerca sfuggì una risata sommessa: 

«In effetti avrei potuto pensarlo, se tutta questa situazione non fosse già assurda di suo! Comunque, ora vado a parlare della tua idea al Comandante, almeno quando saranno tutti svegli potremo iniziare a darci da fare»

Xavia annuì, ringraziandolo un'ultima volta, prima di voltarsi e uscire dall'aeronave.

«E quando sono arrivata alla fine della tana assieme a Viola, ho trovato l'uovo!» concluse Irene, con una punta di malcelato orgoglio, mentre accarezzava il collo della sua Rathian dorata. 

Stava raccontando la storia di come aveva l'aveva domata: aveva iniziato a parlarne per colmare il silenzio lugubre della Landa dei Cristalli, quel giorno. Non avevano ancora incontrato un singolo mostro: l'intera regione vulcanica pareva completamente deserta, le uniche creature che avevano incontrato erano stati dei Gajalaka pacifici, piccoli gruppi di gechi tetri che zampettavano tra le rocce e alcuni nitrorospi. In quel momento, si trovavano vicino all'uscita delle caverne vulcaniche: avevano tagliato in quella direzione con lo scopo di raggiungere le alture rocciose e controllare la loro cima. A sentire quell'aneddoto, Ayla sbuffò sommessamente e alzò gli occhi al cielo finché ne era in grado:

"Quindi, in parole povere, è stato solo un colpo di fortuna" pensò, irritata.

Era stata praticamente obbligata dall'Ammiraglio ad accompagnare la giovane Rider: le serviva una guida per quella regione a lei sconosciuta; e chi meglio di Occhi di Sangue avrebbe potuto scortarla e al tempo stesso controllare la situazione alla Landa? D'altro canto, però, la cacciatrice aveva accettato un po' per curiosità: voleva vedere se, a parte gli occhi rossi e la carnagione pallida, ci fosse qualcos'altro che loro due avessero in comune. Ma più la sentiva parlare, più si rendeva conto che Yuri aveva ragione: lei e Irene non si assomigliavano per niente. A quel punto, si accorse che Irene la stava fissando, in attesa di una risposta per continuare a parlare, e si impose di dire qualcosa:

«Capisco. Immagino che sia stata dura»

«Sì, un po'. Ma mai come Skull, il mio Gore Magala!»

Ayla la guardò strabuzzando gli occhi, a quelle parole. Non fece in tempo a ribattere, che l'albina riprese immediatamente:

«Sono stata la prima Rider a combattere e ad aggiungere al suo contingente il mostro del virus frenetico ad appena quattordici anni! Di norma, per noi Rider, sarebbe un sacrilegio uccidere i Draghi Anziani; ma i Gore Magala lo diventano solo da adulti, da cuccioli sono dei mostri di categoria sconosciuta, quindi non ci sono stati problemi!»

Irne fece un sorriso allegro e si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. 
Ayla stentava a crederci: quella Rider parlava con un'autostima smisurata, eppure sembrava non accorgersene. Si sforzò di fare un respiro profondo, poi scosse la testa.

«Meno male che non hai deciso di portarlo qui: immagino che non sia ancora in grado di controllare il virus. Con l'Orrore Nero, poi, sarebbe stato un casino ancora più grande»

Irene la guardò un momento, prima di annuire con un leggero imbarazzo: 

«Sì, hai ragione. In questo momento si trova con un vecchio amico del mio maestro: è un asso nel domare i mostri più irrequieti. Vuole provare ad aiutarlo a controllarsi meglio: non ha mai avuto l'occasione di provarci prima d'ora, quindi era entusiasta all'idea di poter addestrare un Gore Magala! Però non ho avuto molta scelta in quanto a quali mostri portare. Sai, in realtà non dovevo venire io nel Nuovo Mondo assieme a Lucille e Ross. Doveva venirci un nostro amico, Cheval, ma all'ultimo ha dovuto rifiutare per motivi personali. I miei unici mostri pronti a partire erano Glaze e Raith ed eravamo già in ritardo, per cui...»

«Ehi, zitta un attimo» le sussurrò la cacciatrice, mascherando la sua irritazione. 

Le era parso di sentire un rumore quasi metallico, provenuto da un punto di fronte a loro. Si trovavano di fronte ad una grotta il cui ingresso era cosparso di graffi e scheletri di Draghi Anziani, segno che era la tana di un Nergigante. Ayla mise una mano sull'impugnatura della spadascia, mentre Raith alzò la testa e si guardò intorno, cercando eventuali minacce. Irene accarezzò il suo kinsetto, prima di portarsi una mano alla tempia e attivare il focus. Si guardò intorno, prima di dichiarare:

«Falso allarme. Non c'è nessuno, laggiù» disse la ragazza.

Ayla, che aveva fatto un paio di cauti passi verso la caverna, si voltò verso di lei, confusa:

«Come fai a saperlo?» domandò. 

La Rider si indicò la tempia destra e la donna notò un cerchio azzurro e luminoso accanto a essa.

«Ho questo piccolo dispositivo che si chiama focus, l'ho preso in un altro mondo. Mi permette di... qual era la parola? Ecco, scansionare! Scansionare l'ambiente. In pratica, posso vedere anche attraverso le pareti: se rileva un essere vivente, mostro o umano, lo evidenzia per me. Così non c'è dubbio che qualcuno possa coglierci alla sprovvista!» spiegò, orgogliosa.

Ayla, però, non era affatto convinta:

«Ma io ho sentito qualcosa, più avanti. Ne sono sicura. Non è che magari non funziona bene?» chiese, stizzita. 

Quella Rider stava cominciando a darle decisamente sui nervi: era troppo sicura di sé.

"Povera Yuri, non so come abbia passato quindici anni con lei" pensò, dispiaciuta per la figlia di Xavia.

«Magari è stata solo una tua impressione, Occhi di Sangue» disse la ragazza. 

Il fatto che si era spinta pure a usare il suo nomignolo come se niente fosse fu troppo, per Ayla: si parò davanti a Irene, irritata, e la ragazzina si spaventò un po'. Ormai esasperata, Ayla sbottò a gran voce:

«Stammi bene a sentire, ci sono tre cose che non sopporto: quel maledetto soprannome, la vanità gratuita e la stupidità. E tu mi hai dato tutte e tre le cose!»

Irene alzò una mano e aprì la bocca, ma Ayla non le diede tempo di replicare:

«Ti sei vantata per tutto questo tempo: nasce una Rathian dorata ogni morte di Dalamadur, e dalla tua storia è facile capire che la tua è stata solo fortuna! In quella tana poteva esserci benissimo una Rathian normale! Hai affrontato un Gore Magala a quattordici anni? Be', anch'io! Non c'è alcuna ragione per esserne fieri, non sei speciale! E perché sei così fiera di avere un cucciolo di Gore Magala?! Quelli non controllano il virus frenetico, a causa tua potrebbe scoppiare un'epidemia disastrosa! Non vedo perché dovresti esserne orgogliosa! E ora ti spiacerebbe chiudere quella fogna per un po'?! Non hai fatto altro che parlare da quando abbiamo lasciato l'accampamento! Impara a sgonfiare quell'ego grande come un Duramboros, piuttosto!»

Ayla terminò il suo discorso buttando fuori tutta la sua rabbia con un lungo sbuffo esasperato, si voltò ed entrò a passo veloce nella tana del Nergigante, per controllare quello che aveva sentito. Fatti alcuni passi, si voltò e guardò Irene per esortarla a seguirla. La Rider la fissava occhi sbarrati: sembrava sconcertata. Dopo alcuni secondi, abbassò il capo, mortificata. Raith sollevò la testa e chiamò la padrona con un lieve versetto, quasi come se le chiedesse se stava bene. Irene socchiuse gli occhi, prima di scuotere la testa:

«Ho davvero passato tutto il tempo a vantarmi, Raith?» chiese, in tono colpevole. 

Raith emise un gracchio affettuoso. Ayla le voltò le spalle e proseguì; Irene e la Rathian Dorata la raggiunsero quando si fermò per
 ispezionare alcune strane spine violacee, conficcate nel terreno.

«Cosa sono queste? - chiese Irene, sorpresa - Somigliano a quelle del drago spinoso che ho visto all'accampamento dei Rider corrotti! Ma quelle non erano viola, erano bianche»

«Quello che hai visto era un Nergigante» rispose Ayla. 

Occhi di Sangue prese il coltello e tentò di raschiare via un frammento di quelle spine violacee, in modo da ottenere un campione da far esaminare agli eruditi. Intanto, continuò a spiegare:

«Le loro spine possono crescere e indurirsi fino a diventare nere, ma non sono niente in confronto a queste: queste sembrano fatte di metallo! Forse la scossa causata dall'eruzione vulcanica di prima le ha fatte cadere»

«Eruzione?» chiese la Rider, stupita.

«Eri così presa a vantarti che non te ne sei nemmeno accorta» sospirò Ayla, scuotendo il capo.

Irene si coprì la bocca, imbarazzata. Abbassò lo sguardo, sussurrando delle flebili scuse. Ayla alzò gli occhi al cielo e le rispose di non preoccuparsi. Osservò le spine, preoccupata.

«Forse faremmo meglio a rientrare. Ho una brutta sensazione» affermò. 

All'improvviso il focus, che Irene aveva dimenticato di disattivare, lampeggiò con un frenetico effetto sonoro; Irene risollevò lo sguardo di colpo, guardandosi intorno. 

«Che succede?» chiese la cacciatrice, confusa.

Irene non rispose: saltò giù dalla sella di Raith, addentrandosi più a fondo nella tana del Nergigante.

«Ehi, dove vai?» chiese Ayla, sbrigandosi a seguirla assieme alla Rathian dorata.

Quando finalmente la raggiunse, la vide intenta a spingere e spostare grossi cristalli.

«Che stai facendo?»

«Cerco di tirare fuori questo!»

Dopo quell'esclamazione, la ragazza sollevò da terra un grosso uovo grigiastro e lo mostrò alla cacciatrice. Ayla trasalì: quando la Rider lo sollevò, vide per un attimo il pestilenziale fumo dell'Orrore Nero che fuoriusciva dal guscio.

«È un uovo infetto?» chiese, sorpresa.

Irene annuì, poggiandolo a terra.

«Il focus ha rilevato l'Orrore Nero al suo interno; il Makili Nova si sta agitando per qualche motivo. Hai ragione tu, è meglio tornare indietro»

«Perché non lo purifichi?»

Irene allargò le braccia, sospirò e si passò una mano tra i capelli:

«Ci ho già provato, ma la mia Pietra del Legame non è abbastanza potente: solo quella di Yuri può purificare un uovo infetto. Altrimenti bisogna aspettare che si schiuda e che il piccolo mostro contagiato venga fuori»

Ayla capì che la sua sfuriata di prima, frutto della sua esasperazione, aveva avuto un certo impatto sulla Rider: il suo tono era del tutto diverso da com'era fino a qualche minuto prima. Riconobbe di essere stata troppo iraconda e si sentì un po' in colpa. Quindi rivolse un sorriso incoraggiante a Irene e prese l'uovo dalle sue mani:

«Allora muoviamoci a tornare, forza!».

La Rider ricambiò il sorriso e annuì: 

«Puoi salire su Raith! Sarai di sicuro più comoda per trasportarlo» propose l'albina, mentre tornava in sella.

Ayla la seguì e si sedette dietro la ragazza, dunque la Rathian dorata iniziò a camminare verso l'uscita della tana.

«Yuri!»

Irene chiamò l'amica a gran voce, mentre lei e Ayla attraversavano la tendopoli di corsa. La figlia di Xavia notò l'uovo grigio e chiese, perplessa:

«Che succede?»

Corse incontro a loro, mentre alcuni dei cacciatori più vicini osservavano incuriositi Occhi di Sangue e l'uovo tra le sue braccia per qualche attimo, prima di tornare alle loro faccende.

«Abbiamo trovato quest'uovo, nella Landa dei Cristalli, è infetto» le rispose l'amica, voltandosi verso la cacciatrice.

Yuri lo osservò attentamente. 

«Capisco. Allora ci penso io - sorrise - Ayla, ti consiglio di allontanarti un po': la purificazione farà schiudere l'uovo, il mostro appena nato potrebbe ferirti»

«Va bene» annuì Ayla. 

La cacciatrice si abbassò, poggiando con estrema cautela l'uovo a terra, quasi spaventata al pensiero di poterlo rompere se ci avesse messo troppa forza. Irene si mise dietro Yuri, mentre la cacciatrice si allontanò di un paio di metri, rimanendo di fronte alle due Rider. 
Yuri osservò l'uovo ancora un po', poi strinse il pugno destro e tese il braccio in avanti. Socchiuse gli occhi e sospirò, dopodiché il meccanismo del suo bracciale si attivò: la Pietra del Legame fu scoperta e la solita, calda e rilassante luce verde iniziò a splendere dal minerale. La luce avvolse l'uovo, accelerando lo sviluppo dell'embrione, ed esso cominciò ad ingrandirsi. In pochi secondi, diventò più grosso delle due Rider e, per poco, quasi più di Ayla. Irene osservava stupefatta le dimensioni che stava raggiungendo, chiedendosi quale fosse il mostro al suo interno. Ayla, invece, osservava con enorme curiosità quello che, per quelle ragazze, era una cosa normalissima. 

La pietra iniziò a risplendere più intensamente, obbligando la cacciatrice a coprirsi gli occhi per non farsi abbagliare. Yuri e Irene fecero lo stesso, ma già dopo un paio di secondi riuscirono a fissare il bagliore senza problemi. Ayla riprese a guardare di fronte a sé solo quando ormai la luce fu totalmente diradata e sentì verso inconfondibile, che fece raggelare il sangue della donna e la ragazza dai capelli neri, oltre a quello di tutti gli altri che furono in grado di sentirlo. L'unica eccezione fu Irene: riconobbe il mostro, era quel drago spinoso che aveva avvistato al campo di battaglia, quel "Nergigante" di cui Ayla le aveva parlato.

Il mostro appena nato stava dando le spalle alle due Rider: era rivolto verso Ayla, la quale indietreggiò, intimidita. Il cucciolo si sgranchì i muscoli, spiegò le ali e si stirò, ancora ad occhi chiusi. Le spine ossee sul suo corpo erano bianchissime, nel loro stato più tenero e fragile. Agitando la coda, aprì le palpebre dopo qualche altro secondo. Ayla si ritrovò puntati addosso gli occhi gialli del cucciolo. Quasi come un riflesso incondizionato, alzò la mano destra, come tentando di afferrare la sua spadascia... ma non trovò la sua impugnatura. Appena un attimo dopo, si ricordò di averla lasciata nella tenda sua e di Gionata appena tornata. Il cucciolo di Nergigante rimase immobile per qualche altro momento, cercando di mettere a fuoco quello che vedeva. Poi sbatté le palpebre un paio di volte, guardandosi intorno incuriosito. Prese a muovere i suoi primi passi verso la cacciatrice, che invece indietreggiò impaurita.

«Un Nergigante!» urlò un erudito wyverniano terrorizzato, puntanto il dito.

Al suo urlo seguirono varie esclamazioni di sorpresa, paura, incredulità, panico di tutti gli altri presenti, come se si fossero ripresi dallo sconvolgimento iniziale nello stesso momento. Fu proprio quel panico, tuttavia, ad attirare l'attenzione del Nergigante. 
Mosse la testa, inclinandola lievemente confuso alla vista di un cacciatore, accorso con la sua lancia-fucile a sentire quel gran baccano: era Gionata. Strabuzzò gli occhi, puntando la canna della lancia in direzione del cucciolo, prima di stringere i denti:

«Ayla, allontanati!» esclamò.

Vedendo il cacciatore armato, il piccolo Nergigante sembrò addirittura più spaventato di tutti i presenti. Compì un paio di grandi balzi e si portò alle spalle Ayla, che riuscì appena a chiudere gli occhi e a prepararsi all'impatto alzando le braccia, vedendolo avvicinarsi così velocemente. Si aspettava che l'avrebbe attaccata, ma fu l'esatto contrario: ancora ad occhi chiusi, riuscì a sentire il cucciolo uggiolare terrorizzato, strusciandosi con la testa sulla sua schiena. La cacciatrice si fece coraggio, si voltò lentamente e guardò il mostro appena nato, "nascosto" dietro di lei in cerca di protezione e conforto. Si sentiva al riparo, anche se la sua stazza non lo nascondeva affatto dietro la cacciatrice.

«Ayla?» la richiamò Gionata, avvicinandosi ancora con la baionetta puntata verso il mostro.

Ma la cacciatrice restò immobile a osservare il cucciolo. Si voltò lentamente, prima appoggiare gentilmente la mano destra sul capo del Nergigante, proprio in mezzo alle corna. Prese ad accarezzarlo con dolcezza e lui, ancora spaventato, si avvicinò alla cacciatrice ancora di più. Ayla riuscì a capire che apprezzava quel gesto: aveva praticamente smesso di tremare e aveva rilassato tutti i muscoli. Schioccò la mandibola ed emise un versetto giulivo, prima di aprire i suoi occhietti vispi: fissò la donna, piegando la testa di lato mentre lei continuava ad accarezzarlo.

«Non credo che sia pericoloso» sussurrò, cercando di convincere se stessa. 

Il Nergigante prese ad agitare velocemente la coda, chiudendo di nuovo gli occhi. Sembrava parecchio contento.

«Non è un pericolo!» ripeté lei a voce più alta, voltandosi verso Gionata.

«Come fai a esserne sicura?!» le chiese lui, incredulo. 

«Ha avuto l'imprinting con lei! - si intromise Irene - Adesso crede che Ayla sia sua madre! Se nessuno lo provoca, resterà tranquillo!»

Il fidanzato di Ayla guardò l'albina, prima di spostare lo sguardo su Yuri, come se cercasse la conferma che quello che stava dicendo era corretto. Yuri, allora, annuì: 

«È tutto vero» 

Dunque Gionata distolse lo sguardo: la sa espressione era ancora dubbiosa, ma il cacciatore posò l'arma a terra. Il Nergigante si calmò e distese i muscoli, con un versetto sollevato. 
Irene tirò una gomitata al braccio a Yuri e le sorrise:

«Non ti viene un po' di nostalgia?»

«Sì, tantissima. Mi ricorda la nascita di Ratha» rispose lei, con un sorriso malinconico.

Ayla stava ancora accarezzando il cucciolo di Divoratore, quando sentì un gorgoglio provenire dal suo stomaco: sembrava davvero affamato. Il cucciolo, però, alzò la testa e iniziò ad annusare l'aria: sentiva un odore invitante provenire da una delle tende lì vicino. Rapidissimo, superò Ayla e Gionata, fiondandosi sulla tenda di Yuna e Carson: vi si infilò dentro a fatica, nonostante non ci passasse. Cercò di farsi più spazio spalancando le ali, finendo per sfasciare tutto il telo: fu ridotto a brandelli, scoprendo i sacchi a pelo e le armi dei due cacciatori.

«Che sta facendo?» chiese un cacciatore di passaggio.

Era successo tutto troppo in fretta: Ayla stava ancora elaborando quello che aveva fatto quel cucciolo affamato. Al piccolo non interessava, però: seguendo l'odore, scovò una cassetta. Distrusse il coperchio con gli artigli, poi iniziò a divorare voracemente il contenuto. 
Gionata riconobbe quella cassetta: Yuna l'aveva mostrata alla squadra un paio di volte. Conteneva tutte le gemme dei Draghi Anziani che aveva affrontato nei suoi duecento lunghi anni di carriera da cacciatrice. Anche Ayla sembrò riconoscerla, quindi entrambi corsero da lui, cercando di togliergliela dalle zampe per fermarlo, ma era già troppo tardi: aveva mangiato tutte le gemme. Mollò la cassetta a terra, soddisfatto, poi un grido lo spaventò. Si voltò dopo essersi alzato sulle zampe posteriori, ma la vista di altri due cacciatori armati fu troppo per lui: si alzò in volo sbattendo le ali, e salì in alto nel cielo fino a superare le nuvole, in direzione delle vette più alte degli Altopiani Corallini.

«Le mie gemme! No!»

Era stata la wyverniana ad urlare poco prima: era di ritorno, assieme a Carson, alla loro tenda. Erano passati dalla mensa per portare allo chef alcuni ingredienti che aveva chiesto loro di trovare, ma nessuno dei due si sarebbe mai aspettato qualcosa del genere. La wyverniana accorse alla tenda più velocemente che poté, superando il collega. 

«Che cazzo è successo qui? Perché c'era un Nergigante?! Da dove diamine è spuntato?!» chiese il bracconiere, sollevandosi il cappello di paglia per lo stupore.

A Yuna non poteva importare di meno, però: prese la cassetta che il Divoratore aveva fatto cadere a terra e realizzò che era vuota. Il mondo le crollò addosso e si sentì senza forze, mentre si rendeva conto che due secoli di dura ricerca erano andati in fumo: la cassetta le cadde di mano, poi poggiò le mani a terra, cacciando un forte urlo. Scoppiò a piangere: le lacrime uscivano copiose dai suoi occhi e bagnavano il terreno, prima che la wyverniana si portasse le mani al volto, singhiozzando come i suoi compagni di squadra non l'avevano mai vista fare. 
Ayla e Gionata si guardarono, incredibilmente dispiaciuti e ben consapevoli che, in particolare lei, avevano molto da spiegare ai colleghi.

«Le mie gemme! Le ho raccolte per duecentonovantuno anni! Erano tutte così ben conservate! Cosa ho fatto di male?» farfugliava Yuna, paonazza, senza riuscire a smettere di singhiozzare.

Irene e Yuri si guardarono a loro volta: l'albina si strinse nelle spalle, leggermente a disagio, e Yuri si grattò il capo prima di spostare lo sguardo verso gli amici della madre. Non sapendo cosa fare, si allontanarono.

QUELLA NOTTE...

«Pensi davvero che si farà vedere?» chiese Gionata.

«Secondo me vale la pena provare» rispose Ayla, determinata.

La cacciatrice aveva provato una sensazione che non riusciva bene a descrivere, per tutto il tempo in cui quel piccolo Nergigante era stato con lei alla base: si sentiva in dovere di averne cura. Ovviamente non poteva sapere cosa provasse un genitore e non era nemmeno il caso di chiederlo a Xavia o a chiunque altro avesse figli fra quelli che conosceva, ma era pronta a scommettere che si provasse qualcosa di simile. Perciò, quando l’aveva lasciato andare per la sua strada negli Altipiani Corallini, un forte bisogno di rivederlo presto si era insinuato in lei. Non era stato facile convincere la sua squadra ad aiutarla, specialmente Yuna, che aveva ancora le guance rigate per il pianto di qualche ora prima, ma infine avevano accettato di venire con lei alla ricerca del cucciolo di Divoratore. Era venuta anche Eden: provare a dissuaderla fu completamente inutile, la loro assistente era troppo emozionata all’idea di vedere un Nergigante amichevole che trattava Ayla come una mamma e voleva documentare tutto, come suo solito. Seguivano le sue tracce attraverso le alture di coralli da due ore: sembravano condurre alle zone più alte, dove spesso bazzicavano i Kirin. Alla fine, scelsero un buon punto per provare a riavvicinarlo: una delle piattaforme delle colonne coralline che sbucavano oltre le nuvole e stavano a ridosso del perimetro settentrionale del Gran Dirupo, quello che divideva gli Altipiani dalla Landa dei Cristalli.

«Qui dovrebbe andare» disse Ayla, prendendo la spadascia e affidandola a Gionata.

«Sei sicura di voler stare disarmata? Insomma, e se gli gira di “giocare” e ti ferisce, o peggio?» chiese lui, ansioso.

«Se "gli gira"? Cosa gli potrebbe girare? Non ha appendici rotanti o…» cominciò a ragionare Yuna.

«È un modo di dire, significa cambiare idea in fretta» tagliò corto Carson, impaziente.

«Oh! Me la spiegate meglio alla prossima lezione di battute umane?»

«Certo!» le disse Eden, allegra.

«Bisogna avere fede, ogni tanto. Me l’hai detto anche tu, una volta!» esclamò Ayla, ammiccando.

Gli altri, allora, si fecero un po’ distati come da lei richiesto e si nascosero in un cespuglio di felci marroni, con le armi pronte in caso di imprevisti. Ayla, allora, sospirò e mise a terra davanti a sé i corni di Kirin e le scaglie di Kushala Daora che avevano portato come esca, sperando che il Nergigante ne fosse attratto. Si sedette e iniziò l’attesa. Mentre i suoi amici stavano all’erta nel cespuglio, Eden stava in mezzo a loro col suo libro aperto e il binocolo calato sugli occhi, ad osservare il cielo. Attesero mezz’ora e non successe assolutamente nulla. La tensione e la paura che apparisse un mostro infetto all’improvviso mettevano in tutti un’ansia senza pari: Carson era sul punto di consumare le corna di Zinogre fino a staccarne qualche pezzo. Ma ecco che, alla fine, la loro pazienza fu ricompensata. Ayla sentì, dalla piattaforma di fronte a loro, un grugnito inconfondibile.

Tutti alzarono gli occhi per guardarne il bordo e, in contrasto con la luce lunare, apparve la sagoma in penombra di una testa cornuta. La cacciatrice si alzò in piedi, molto emozionata ma anche intimidita. Il Nergigante scese con un’agile planata e si ritrovò di fronte a lei. Fissò con aria assorta il cibo per qualche secondo, poi fece una buffa espressione gioiosa e famelica al contempo e lo divorò tutto in pochi bocconi, gustandoselo fino all’ultimo pezzo. Quando finì, si leccò i denti per qualche secondo e puntò lo sguardo su sua “madre”. La riconobbe da subito e lei riconobbe lui. Contentissimo, il piccolo Nergigante le si avvicinò e lei resisté alla tentazione di fare un passo indietro: non doveva mostrare segni di paura, non ne aveva bisogno. Il cucciolo strusciò il muso su di lei, come aveva fatto dopo la schiusa, poi le leccò la faccia. Disgustata, ma emozionatissima, Ayla fece un ampio sorriso meravigliato e gli accarezzò il muso. Non avrebbe mai pensato di aver mai potuto fare una cosa simile in vita sua: accarezzare e volere seriamente bene ad uno dei mostri più devastanti e pericolosi del Nuovo Mondo. Il cucciolo di Divoratore, reso felicissimo dalle carezze, la circondò delicatamente con una zampa e la attirò a sé, “abbracciandola” e premendola senza troppa forza contro la sua pancia, dopo che si sedette come un grosso animale da compagnia. Era imponente rispetto ad Ayla, eppure stava di nuovo cercando protezione da lei.

«Stupendo!» si fece sfuggire Eden.

Il Nergigante la sentì e guardò il cespuglio con curiosità, spaventandoli. Carson le tirò un silenzioso scappellotto e prese la mira. Ma Ayla si staccò dal Nergigante e li rassicurò:

«Non ci farà niente, lo sento! Venite!» esclamò, sorridente.

Loro esitarono qualche secondo, ma alla fine si convinsero e, piano piano, uscirono allo scoperto, mettendo via le armi e fissando affascinati quel mostro insolitamente docile. Eden stava dietro a tutti, senza smettere un secondo di scrivere e guardando in continuazione ora il mostro, ora il libro. Il Nergigante, per nulla spaventato o infastidito, squadrò ognuno di loro, ricordando di averli già visti all’accampamento. Avvicinò il muso e annusò le loro armature, per memorizzare i loro odori: sua “madre” era del tutto impregnata delle loro essenze, quindi dal suo punto di vista erano imparentati con lei; il che lo portava a credere che anche loro fossero di famiglia. Gionata e gli altri sudavano freddo, ma dopo un po’ si abituarono e iniziarono a loro volta a sorridere, increduli ed emozionati. Quando passò a Eden, la sua penna gli solleticò il naso e lo fece starnutire, imbrattandola di muco.

«Ma guarda, ha imparato subito come ti si tratta!» scherzò Carson, ridacchiando.

«È… ah… uao!» Eden era troppo eccitata per commentare.

Gionata prese coraggio e accarezzò il drago come aveva visto fare Ayla. Fu un’emozione unica anche per lui.

«Ehilà, bello! Dovrei essere il tuo papà?» scherzò.

«Se proprio vuoi» rise Ayla.

«Bene, allora loro sono zio Carson e zia Yuna! E lì c’è la cugina Eden. È una bambina un po’ speciale, non farci caso se fa scene!» continuò Gionata, ormai del tutto in vena di buttarla sul ridere.

«Allora, hai pensato anche ad un nome per lui?» domandò l’assistente, ancora estasiata.

Ayla ci aveva pensato eccome. E alla fine le era venuta un’idea:

«Sì. Pensavo a Ygren!»

Il Nergigante, quasi riconoscendovici, emise un uggiolio compiaciuto, mentre la Luna cominciava a scendere e i primi raggi violetti dell’alba spuntavano oltre il Gran Dirupo. Purtroppo, ora dovevano andare. Per Ygren, il primo Drago dell’Estinzione amichevole di sempre, fu triste lasciare la sua “mamma” di nuovo: li fissò con aria mesta finché scomparvero nel sottobosco corallino. Alla fine, però, si decise a spiegare le ali e a tornare al suo vagabondaggio alla scoperta dei territori del mondo in cui era nato e che, presto, sarebbero diventati i suoi territori di caccia ai Draghi Anziani: era pur sempre un Nergigante, in fondo.

INTANTO, ALLA BASE DI RICERCA...

«Che succede, Irene? Non potevi aspettare domani?» chiese Ross, ancora assonnato.

L'albina era andata a chiamare lui, Lucille e Yuri a notte fonda. Si erano appostati vicino a dove i loro mostri dormivano, alla luce di una lanterna. Il ragazzo era distrutto: aveva girato interamente le Guglie Selvagge assieme al nipote del Comandante, combattendo anche contro un Diablos e una Diablos nera infetti. La sua gemella era stata più fortunata: era stata con Erika sugli Altopiani Corallini. Avevano passato quasi tutta la giornata a parlare del più e del meno mentre esploravano, e lei aveva ammirato quasi per intero tutte le creaturine della fauna endemica di quel bioma.

«Scusatemi, ma devo chiedervelo prima che mi sfugga di mente» ammise la biondina, sospirando tesa.

Si prese ancora un momento, sotto lo sguardo confuso e curioso dei suoi amici, prima di parlare:

«Oggi, mentre esploravo con Ayla, l'ho fatta imbestialire. Mi sono vantata senza notarlo per tutto il tempo e lei mi ha risposto a tono quando non riusciva più a sopportarmi. Mi ha detto che ho un ego grande come un Duramboros. Ora, rispondete onestamente: sono davvero così pessima?»

Lucille le rispose senza la minima esitazione, sorprendendo tutti e tre:

«Sì, sei egocentrica. Un tantino»

Fu il turno di Ross:

«Anche io devo ammetterlo, purtroppo: quando ti raccontiamo i nostri risultati, spesso cerchi di ribattere con le tue imprese, sembra che voglia dimostrare che sei più brava di noi per forza»

«Eh?! Dici davvero?» balbettò Irene, sconvolta.

Ma fu ancora più attonita quando Yuri, chinando la testa e stringendosi nelle spalle, le fece una confessione:

«Devo dirti la verità. Nel periodo in cui ero la marionetta di mio padre, ho scoperto di essere estremamente invidiosa di te e che volevo superarti a qualunque costo. Perdonami» 

Irene, sconvolta, rimase in silenzio per alcuni istanti. Dopodiché, si portò le mani dietro la nuca e fece una risatina sommessa:

«Accidenti, sono persino peggio di quello che Ayla mi ha rinfacciato! Merda! Ho sul serio passato più di dieci anni trattandovi tutti così male?!» 

Il suo tono di voce salì al punto che Glaze, poco lontano da loro, alzò la testa per un secondo.

«Perché non me l'avete mai detto?» domandò.

«Penso che ormai ci fossimo fatti tutti la scorza» rispose Lucille, mortificata.

«Scusatemi tanto! Davvero, perdonatemi! Non mi sono mai accorta di essere un'amica così tossica!»

Irene si coprì gli occhi, da cui avevano iniziato a scendere delle lacrime di vergogna e rimorso. 
I tre giovani Rider si guardarono colpevoli e terribilmente dispiaciuti per l'amica. 

«Dopo esserti addestrata con Silva, però, sei migliorata molto, sai?» le disse Yuri, poggiandole una mano sulla spalla.

«E poi la fai abbastanza poco, quella cosa di confrontarti con le nostre imprese» 

«A volte è vero, vuoi metterti troppo in mostra, ma non sei un'amica tossica! Non pensarlo nemmeno!» dissero prima Ross e poi Lucille.

Irene si asciugò le lacrime con un braccio e singhiozzò, fissandoli in preda alla commozione:

«Oh, ragazzi! Ve lo giuro, proverò a smetterla! Appena provo a vantarmi con voi e non lo capisco da sola. Vi scongiuro, fatemelo notare!»

«Promesso!» dissero i suoi tre amici, riempiendola di gioia.

«Grazie! Grazie, grazie infinite!» esclamò, con un ampio sorriso.

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Capitolo 49
*** Mikie ***


Con l'aumentare degli avvistamenti dei mostri infetti da parte dei cacciaprede, l'Ammiraglio e il Comandante avevano deciso che sarebbe stato più sicuro per tutti occuparsi degli esemplari che si trovavano in posizioni problematiche per la raccolta di risorse utili. Avevano anche chiesto ai Rider cosa pensavano fosse meglio fare, ma era stato riferito loro che ormai era troppo tardi per purificarli: la cosa migliore da fare era uccidere gli esemplari infetti, quando il Makili Nova si manifestava. Da allora, gli obiettivi delle taglie per i cacciatori erano diventati i mostri affetti dalla malattia, con la specifica richiesta di ucciderli. Mikayla, in quel momento, si trovava in una fitta discussione con l'addetta alle risorse, al centro di coordinamento: voleva rendersi utile, accettando qualche taglia sui mostri infetti, ma le era stato negato.

«Che significa che non posso partire?! - chiese, esasperata - Ho parlato con l'Ammiraglio: posso prendere parte anch'io a queste taglie per aiutarvi! Con tutto il lavoro che c'è qui, il minimo che posso fare è...»

L'addetta, tuttavia, la guardò desolata e cercò di spiegarsi:

«Nous savons, ma cherie, ma il nipote del Comandante ci ha detto che non puoi partire da sola. Dovresti farti accompagnare da almeno un'altra persona e...» 

Mikayla, stringendo i pugni, la interruppe:

«Sì, lo so, avete paura che torni da Xander e vi tradisca. Ma come faccio a dimostrare che non sono una minaccia se non mi date la possibilità di farlo? Odio mio fratello più di chiunque altro, dopo quello che ha fatto! Preferirei che mi uccidessero, piuttosto che tornare da lui!»

Non mentiva: il suo tono era estremamente serio, nell'ultima frase, tanto che perfino l'addetta alle risorse si stupì. Però scosse la testa:

«Tu n'as pas compris, non intendevo quello: preferiremmo che partiste almeno in coppia, giusto per essere più sicuri! I Rider ci hanno detto che i mostri infetti sono più pericolosi degli esemplari sani, quindi...»

Mikayla la fermò ancora, socchiudendo gli occhi e incrociando le braccia:

«Anche io sono stata una Rider, in passato. Sì, sono più pericolosi, ma posso gestirli. Sul serio non posso partire da sola? Per favore» 

In realtà, a Mikayla non sarebbe dispiaciuto lavorare assieme a qualcun altro: spesso faceva coppia con Felix e Ben, nelle loro spedizioni per uccidere i Draghi Anziani nel Nuovo Mondo. Però aveva paura che nessuno avrebbe fatto squadra con lei: era pur sempre la sorella del pazzo che aveva messo tutti loro in quella situazione assurda, era più che logico che nessuno accettasse di restare con lei. Non era nemmeno sicura se potesse chiederlo a Xavia.

«Purtroppo non è possibile, désolée» disse l'addetta, grattandosi il capo.

Mikayla, allora, fece un lungo sospiro, ormai rassegnata: 

«Va bene, ho capito. Proverò a chiedere a qualcuno di accompagnarmi, allora»

Si voltò e fece per allontanarsi. Fu solo allora che si accorse che la sua discussione con l'addetta alle risorse aveva attirato l'attenzione di qualcuno: appena si girò vide Carson ad un paio di passi da loro. Deglutì per l'imbarazzo, distogliendo lo sguardo e cercando di andare via, quando il bracconiere la stupì con la sua offerta:

«Partirò io con lei - annunciò, compiaciuto - Penserò io a tenere d'occhio la donna-Zinogre, non preoccupatevi»

Sia Mikayla che l'addetta erano piuttosto sorprese, soprattutto quest'ultima: non pensava che un nemico giurato delle iniziative improvvise come Carson si sarebbe mai offerto per qualcosa del genere.

«Sul serio?» gli chiese Mikayla, interdetta.

Carson scrollò le spalle:

«Ho sempre il permesso di spararti in testa, se provi a fare qualcosa che non dovresti. Su, ora scegli una taglia, vorrei essere di ritorno per stasera!»

Sul volto di Mikayla si formò per un attimo un sorriso, prima che annuisse e si rivolgesse di nuovo all'addetta, che aprì il registro in cui erano contrassegnate tutte le taglie e glielo mostrò. Alla fine ne scelse una il cui obiettivo era un Tobi-Kadachi: la sua tana si trovava in un'area piena di insetti-folgore. Non sarebbe stato difficile abbatterlo e avrebbe potuto prendere qualcuno di quegli insetti per rinfoltire il suo sciame. Non sapeva che, in realtà, Carson aveva un secondo fine per accompagnarla.

UN'ORA DOPO...

Mikayla non aveva mai notato quanto la Foresta Antica fosse silenziosa, prima di quel momento. Carson continuava a fare battute da quando avevano lasciato l'accampamento, interrompendosi solo quando trovavano delle tracce o sentivano dei rumori sospetti. La donna lo ascoltava in silenzio, rispondendogli solo quando veniva chiamata in causa. Nel silenzio, aveva iniziato a ripensare alla taglia: i cacciaprede avevano scritto, nel rapporto, di aver visto quel Tobi-Kadachi infetto attaccare un Anjanath entrato nel suo territorio e riuscire addirittura ad ucciderlo. Di norma, accadeva l'esatto contrario; facevano bene ad avvertire di fare molta attenzione, anche se era evidente che lo raccomandassero più a Carson che a Mikayla. Non riusciva a fare altro che pensare al fatto che lei, tra tutti quei cacciatori, non era altro che un'intrusa. Tuttavia, non biasimava nessuno per temerla: lei stessa si sentiva strana da quando Xander aveva fallito nel tentativo di infettarla ancora, ad Astera. Persino Yuri l'aveva rassicurata di non avere più quella schifosa malattia in corpo, dopo aver provato a purificarla con la sua Pietra del Legame.

«Mikie, mi stai ascoltando?» la voce di Carson la riportò alla realtà. 

Mikayla rialzò lo sguardo di scatto, notando che il bracconiere si era allontanato di cinque metri. Si trovava di fronte a lei, fermo, ad osservarla. Doveva aver rallentato il passo, a forza di rimuginare.

«Oh! Mi scusi! Ero persa nei miei pensieri. Mi dispiace, non mi distrarrò più»

«Rilassati. Cerca solo di essere presente quando incontreremo il Tobi-Kadachi, Mikie. Non so te, ma farmi fulminare non è tra i miei programmi di oggi» le rispose lui, prima di ricominciare a camminare.

Mikayla annuì, prima di ripensare alle parole appena pronunciate dal cacciatore, che le fecero sorgere un dubbio: 

«Aspetti, come mi ha chiamata? Mikie? Pensavo che il mio nomignolo fosse "donna-Zinogre"»

«Be', ti chiami Mikayla, no? "Donna-Zinogre" mi ha stancato: troppo lungo. Mikie è più immediato!»

Il cacciatore si arrampicò sull'edera selvatica cresciuta sulla parete di un dislivello nel loro percorso verso il nido del Tobi-Kadachi. Attese che Mikayla la scalasse a sua volta, prima di poter sentire la risposta alle sue parole.

«Se proprio deve chiamarmi in qualche modo, perché non Mikayla e basta?» gli chiese la donna, perplessa.

«Perché, ti dà fastidio?»

«Sì, abbastanza, in tutta onestà»

«Bene, Mikie, allora so come ti chiamerò d'ora in poi!»

Carson fece una risata sorniona e si godette l'espressione irritata e confusa di lei. Il balestriere riprese a camminare con un sorriso sarcastico. 
Lei attese qualche momento, prima di sbuffare e riprendere a seguirlo.

«Sa, signor Kitts, non immaginavo affatto che lei fosse così»

Carson, allora, le lanciò un'occhiata confusa e alzò un sopracciglio:

«In che senso "così"?»

«Quando ho sentito parlare di questo famigerato bracconiere di Zinogre, nel Vecchio Mondo, mi sono fatta l'idea che fosse qualcuno di serio, freddo, di pochissime parole; invece, ora che la conosco di persona, vedo che è l'esatto opposto di come l'avevo immaginata!»

Carson prese a lisciarsi il pizzetto, prima di risponderle:

«Be', nel Vecchio Mondo avevo un'immagine da curare! Avevo una reputazione degna di invidia, io! Se ci pensi bene, quello che hai descritto era il modo di fare perfetto per rimorchiare le pollastre: nottata spassosa con brandy stellare e belle cosce garantita!» rise il bracconiere. 

Il solito tono scherzoso dell'uomo, questa volta, strappò una risatina a Mikayla, che si coprì la bocca per non darlo a vedere mentre lui continuava: 

«Arrivato qui, però, ho capito che sarebbe stato inutile continuare con quella facciata: ho semplicemente smesso di dare spettacolo. Nulla di più, nulla di meno. Avevo cose molto più importanti a cui pensare, dopo il mio inghippo legale con la Gilda»

Mikayla annuì ancora, dunque rimasero in silenzio alla ricerca di tracce del loro bersaglio. Fu allora che gli insetti guida fuoriuscirono dalla lanterna di Carson, andando a posarsi su delle impronte abbastanza fresche nel terriccio: il Tobi-Kadachi non era ancora vicino, ma erano sulla pista giusta per trovarlo. Fu allora che la sorella di Xander non riuscì più a trattenere la sua curiosità: timidamente, cacciò un finto colpo di tosse, prima di riprendere la parola:

«Posso farle una domanda personale?»

«Quanto, personale?» chiese lui, senza guardarla.

«Molto, molto personale. Ma se non desidera rispondere, può anche non farlo! È solo una mia curiosità... non mi offendo se mi manda a quel paese perché mi sono allargata troppo! Sul serio!»

Carson rimase interdetto, non aspettandosi per niente che Mikayla fosse interessata a sapere qualcosa su di lui. Così restò in silenzio per una manciata di secondi, tanto che Mikayla arrossì e cominciò a pentirsi di aver fatto quel tentativo. Alla fine, però, Carson decise darle una possibilità:

«Vedrò dopo la domanda. Spara, Mikie»

Terminò la frase lanciandole un'occhiatina, mentre lei lo fulminava mentalmente ad occhi socchiusi. Ancora imbarazzata, pronunciò la sua domanda tutta d'un fiato e guardando per terra:

«Ecco, mi chiedevo: perché questa ossessione per gli Zinogre? Voglio dire, li combatte così spesso solo perché li trova una sfida per le sue capacità, oppure...»

Fu allora che Carson smise di camminare all'improvviso. Mikayla se ne accorse quando rialzò il capo e il suo sguardo incrociò gli occhi marroni del balestriere. Si interruppe immediatamente, facendo un passo indietro. Carson si era fatto scuro in volto e silenzioso, dopo la sua domanda.

«Oh, immagino di aver toccato un nervo scoperto! Le chiedo scusa! - esclamò, mortificata - Se non vuole rispondere non mi offendo! La prego di...»

Il bracconiere di Zinogre la interruppe di colpo iniziando a raccontare, mentre sistemava meglio il cappello di paglia sulla sua testa:

«Anni fa avevo un compagno di caccia. Il suo nome era Alcalà, ed era il mio migliore amico - Fece una breve pausa, prima di continuare - Ci conoscemmo a caccia: avevamo accettato la stessa taglia e così abbattemmo insieme il Malfestio che ci permise di essere promossi all'alto grado. Da quel giorno, decidemmo di diventare soci e continuammo a viaggiare e cacciare insieme»

A quel punto, si tolse il cappello e osservò la piuma di Malfestio che lo decorava, con uno sguardo nostalgico: 

«Questa piuma apparteneva a quel pennuto malefico e questo cappello era di Alcalà»

Detto ciò, se lo sistemò cautamente in testa, in modo che non gli offuscasse la vista mentre parlava con Mikayla.

«Un giorno eravamo a Yukumo, quando sulla bacheca del villaggio trovammo la richiesta di uccisione di un mostro deviante, un fulgur Zinogre. Purtroppo mi ero beccato la polmonite, quindi potevo scordarmi di andare a caccia. Alcalà, però, era molto impaziente. Il giorno in cui finalmente uscii da quel manicomio degli orrori che era l'infermeria di Yukumo, purtroppo aveva deciso di andare ad occuparsi di quel deviante da solo. Speravo di raggiungerlo dopo l'ultima visita, ma era troppo tardi: lo riportarono al villaggio appena misi piede fuori dall'infermeria. Lo vidi io stesso, steso su una barella. Era irriconoscibile, da com'era ridotto a causa dei fulmini di quel bastardo: l'unica cosa che mi permise di capire che era lui fu questo cappello e la sua armatura di Tetsucabra»

«Terribile» mormorò Mikayla, dispiaciuta.

Carson si prese un altro momento di pausa, sospirando:

«Dopo quella scoperta, mi ubriacai e decisi che avrei ucciso quel dannato Zinogre. Non era una caccia illegale; non ancora, perlomeno: la capovillaggio aveva firmato il permesso speciale per entrambi, quindi era valido anche per me. E, dopo una durissima battaglia, riuscii a sconfiggere da solo il fulgur Zinogre. Feci anche impagliare la sua testa per averla sempre con me. Una volta tornato a Yukumo, ci fu il funerale di Alcalà e i suoi parenti decisero di darmi questo cappello in memoria della nostra amicizia. Io accettai, ovviamente»

«E da allora è rimasto ossessionato per la specie del mostro che uccise il suo migliore amico» sussurrò Mikayla, capendo l'antifona.

Era mortificata per averlo costretto a raccontare quell'aneddoto chiaramente doloroso da ricordare: non sapeva più cosa dire, a quel punto. 
Carson annuì, prima di afferrare le corna di Zinogre che portava alla cintura e mostrarle alla donna: 

«Il mio ultimo giorno a Yukumo, prima di trasferirmi a Kokoto, vidi un allevatore che affiggeva sulla bacheca la taglia su uno Zinogre che si era divorato metà dei suoi Gargwa. Alla fine, scoprii che quell'esemplare era una femmina con un cucciolo al seguito. Uccisi entrambi, il piccolo fu il primo che uccisi solo per il gusto di farlo. Le sue corna sono diventate questo portafortuna»

Quando finì di parlare, fra i due si era creato un silenzio imbarazzante. Carson si aggiustò il cappello, si voltò e tornò a camminare. Mikayla prese una decisione: voleva ricambiare. Dunque si strinse nelle spalle e fece un sospiro colmo di agitazione:

«Quando io avevo nove anni e Xander ne aveva undici, i miei genitori morirono entrambi in un incendio che rase al suolo la nostra casa, sulla Cresta Artica. Mio fratello era uscito da poco, per andare a raccogliere della legna assieme al suo Giadrome, perché presto sarebbe arrivato l'inverno, e nostro padre voleva fossimo il più preparati possibile per le basse temperature. Sfortunatamente era costretto a restare a riposo, a causa di una ferita grave che si era fatto nella sua ultima caccia. Mia madre e io stavamo cucinando il pranzo, aspettando che Xander tornasse, poi lei mi mandò nel soggiorno a prendere delle bende perché si era tagliata affettando la carne cruda. Accadde tutto in un attimo»

«Mikie, perché mi stai raccontando questo?» le chiese Carson.

Mikayla lo fissò. Raccontando, si era portata le mani sulle spalle senza volerlo, stringendo la presa come se sentisse freddo. La risposta non si fece attendere:

«Lei mi ha raccontato un suo ricordo doloroso. Per pareggiare i conti, dovrei fare lo stesso»

«Ma cosa dici? Non è mica...»

Questa volta fu lei ad interromperlo:

«No. Devo farlo. Lo trovo giusto. Se non le interessa, può semplicemente scordarsene: non mi offenderò»

Mikayla cercò di fare appello a tutto il suo coraggio, mentre andava a riaprire le sue vecchie ferite, e riprese a raccontare:

«Prima che potessi tirare fuori le bende dal mobile in soggiorno, sentii un'esplosione, uno scoppio assordante che quasi mi distrusse i timpani. Ancora oggi, non so da cosa fu causata, ma veniva dalla stanza sopra di me: dalla camera di mio padre. Il soffitto crollò e io mi ritrovai bloccata con le gambe sotto le macerie, che stavano già bruciando. Sentii mia madre urlare dalla cucina, ma presto non sentii più la sua voce: le orecchie mi fischiavano, il dolore era atroce e non riuscivo a respirare. Chiamavo mia madre, mio padre, Xander, chiunque. Sentivo la mia pelle che bruciava dalle spalle ai piedi, vedevo solo rosso: non c'erano altro che fiamme»

Mikayla si interruppe improvvisamente, mettendosi le mani davanti al viso. Il solo ripensare alle vampate di fuoco di quel giorno, rimaste impresse nei suoi ricordi in modo indelebile, le stava facendo mancare il fiato. Scosse la testa, prendendo un respiro profondo per terminare quello che stava dicendo: 

«Soffocavo, mi sentivo quasi come se mi stessi sciogliendo. Era come essere rinchiusa in un forno; alla fine, non ce l'ho più fatta e sono svenuta. Pensavo di essere morta, invece mi svegliai dopo due giorni, nell'infermeria di Pokke. Ero bendata su tutto il corpo. Xander mi disse che, una volta tornato, aveva trovato la nostra casa rasa al suolo, mentre io ero fuori, avvolta in un lenzuolo in mezzo alla neve. Mi trasportò al villaggio il più in fretta possibile, mi salvai solo grazie a lui. Ma da quel giorno, sono terrorizzata dalle fiamme di ogni tipo. Per questo, quando ne ho avuto la possibilità, mi sono trasferita a Yukumo. I mostri che sputano fuoco sono rari sulle Cime Nebbiose e, soprattutto, non avevo il problema della temperatura. Preferivo bere bevande calde di continuo, piuttosto che stare accanto ad un falò. Anche quando entravo nella sauna, mi bendavo gli occhi per non vedere il braciere»

«E così sei pirofobica»

«Sì. Xavia mi ha sconfitta così, nella caverna. Ha incendiato la sua gabbia e mi ha circondata di fiamme: sono svenuta dal terrore»

«Ricordami di non fumare mai il sigaro quando sei nei paraggi, allora!» scherzò Carson, dandole una pacca sulla spalla. 

Mikayla guardò l'uomo sorpresa un momento, prima di sorridere e ridacchiare:

«Lo farò, va bene!»

«Andiamo a sistemare questo mostro, adesso. Ci siamo dilungati abbastanza»

Carson volse lo sguardo verso il nido del mostro, posto in cima ad un'altura e circondato da piante, prima di iniziare a camminare.

«Va bene, ha ragione. Mi scusi, è colpa mia!»

«Ma di che ti scusi? Stai tranquilla, tanto lo scontro sarà velocissimo! Voglio mostrarti un'invenzione del fabbro, per ora io sono l'unico ad esserne fornito!»

Allo sguardo confuso di Mikayla, Carson sorrise con soddisfazione. Afferrò la sua balestra pesante e prese un grosso proiettile dalla sua bisaccia, che la donna non aveva mai visto prima d'ora.

«Cara Mikie, ti presento delle munizioni potentissime, usate solo una volta contro un Deviljho qui, nel Nuovo Mondo: i proiettili perforesplosivi! Il fabbro mi aveva avvertito che erano troppo potenti, tanto che a brevettarli rischiava andare in gattabuia, quindi non li avrebbe più prodotti dopo la mia prova! Ma, visto cosa ha fatto tuo fratello e tutte le raccomandazioni di quei mocciosi, si è deciso di rimettersi a fabbricarli, in vista della battaglia contro quel parassita!» spiegò.

«Perforesplosivi?» chiese la donna, stupita.

Aveva già sentito Carson fare quel nome, in precedenza, mentre tornavano ad Astera dalla Landa dei Cristalli: 

«Sono quei proiettili che avreste voluto utilizzare contro di me?!» sobbalzò, sconvolta.

«No, quella era solo una battuta! Tranquilla, Mikie, tranquilla! Non lo userei mai contro di te! Non sei più psicopatica, quindi non sei un pericolo! Voglio solo darti una dimostrazione della loro potenza sul Tobi-Kadachi»

Mikayla tirò un sospiro di sollievo:

«D'accordo. Devo distrarlo o qualcosa del genere?»

In realtà, se veramente erano così potenti, avrebbe preferito che li conservasse per la battaglia effettiva, ma ormai la curiosità di vederli all'opera l'attanagliava.

«Sarebbe gentile, da parte tua! Attenta, arriva!»

Con quelle parole, Carson spinse via Mikayla e si mosse di lato, evitando quell'enorme coda avvolta da scariche elettriche che andò a schiantarsi sul terreno fra di loro. A Mikayla mancò il fiato un momento, a causa dell'improvviso attacco, tuttavia strinse i denti. Afferrò le doppie lame di Lunastra che teneva ai fianchi, utilizzando la lama nella mano destra per recidere alcuni dei peli sulla coda del mostro. Il Tobi-Kadachi la fissò, prima di ringhiare. I suoi occhi rossi e innaturali sembrarono studiare la cacciatrice giusto per un momento, prima che il mostro spalancasse le fauci. Dalla sua pelle cominciò ad uscire la foschia nera della malattia, che sembrò quasi mescolarsi alle scariche azzurrine che attraversavano i suoi peli. Tentò di azzannarla, ma lei strinse i denti e si mosse di lato, con eleganza, schivando per un soffio.

«Signor Kitts, è pronto?!» chiese la donna a gran voce, prima di schivare una codata.

«Sì! Inizia lo spettacolo! - le disse Carson, dopo aver caricato il proiettile - Portamelo davanti, se riesci! Non devo mancarlo, ne ho portati solo due!»

Mikayla annuì, tentando di fare come le era stato chiesto. Alzò il braccio destro, prima di tenderlo in avanti di scatto. Delle piccole scariche elettriche azzurre partirono in direzione del Tobi-Kadachi. Non gli fecero male, ma bastarono per farlo incespicare. La donna si affrettò, raggiungendo Carson e affiancandosi a lui mentre il mostro scuoteva la testa per riprendersi. Il wyvern zannuto, allora, soffiò minaccioso e camminò in cerchio intorno ai due per studiarli. Carson attese ancora un attimo, aspettando che la bestia si avvicinasse per riuscire a prendere meglio la mira, quindi premette il grilletto. La cartuccia penetrò nel fianco del mostro, che guaì dal dolore, prima di ringhiargli contro. Ma, a parte quello, sembrò non accadere nulla per qualche secondo. 

«È normale?» chiese Mikayla, confusa.

Carson ridacchiò, annuendo:

«Sì! Dagli solo un secondo e... bum!»

Il rombo dell'esplosione, quando la cartuccia esplose, si sentì probabilmente per decine di metri attorno a loro, assieme all'urlo agonizzante del Tobi-Kadachi. Mikayla si portò una mano alla bocca, stupefatta e disgustata da quello che stava vedendo. L'esplosione aveva lasciato un foro nel fianco del mostro: le viscere cominciarono a fuoriuscire, lasciando il mostro in preda agli spasmi e ad un dolore inimmaginabile, con una pozza di sangue annerito dalla malattia che andava a formarsi sotto di esso, quando quello si sdraiò al suolo.

"Porca puttana!" pensò, spaventata.

Aveva visto il Tobi-Kadachi chiudere gli occhi, e il suo petto non si alzava più con il ritmo della respirazione. Era morto sul colpo.

«Capisci perché il fabbro aveva paura di continuare a produrli, eh? - rise Carson, divertito - Aveva paura che la Gilda si spaventasse e lo sbattesse in gattabuia! Però, in questa situazione, penso chiuderanno un occhio, visto il merdaio in cui siamo finiti»

Carson si avvicinò al Tobi-Kadachi. L'unico movimento erano i peli mossi dalla brezza e dalla foschia nera che fuoriusciva dal suo corpo. Mikayla, però, aveva una sensazione bizzarra. Si sentiva strana; vide Carson avvicinarsi alla testa del wyvern zannuto, impugnando nuovamente la balestra per dare il colpo di grazia, quando qualcosa in lei scattò.

«Pericolo» sussurrò, senza accorgersene.

«Hai detto qualcosa Mikie?»

Carson, di punto in bianco, fu spinto di lato dalla donna. Finì a terra, ma quando si voltò per protestare vide che il Tobi-Kadachi, rialzatosi improvvisamente, aveva tentato di azzannarlo. Invece, ora tra le sue fauci si trovava il braccio destro di Mikayla, che strinse i denti dopo essersi lasciata scappare un mugolio di dolore. Il mostro manteneva la testa bassa, e i suoi occhi esprimevano tutto il suo dolore, mentre la presa del suo morso sul parabraccio di Zinogre di Mikayla si faceva sempre più stretta. La donna,
 dopo un momento di sofferenza, fece un'espressione insolita. I suoi occhi mutarono: l'occhio destro diventò rosso, mentre il sinistro perse colore, divenendo bianco. Si fece scappare una risata lugubre, poi socchiuse gli occhi e poggiò la mano sinistra sulla testa del mostro:

«Il cucciolotto è affamato? Allora accontentiamolo!» ghignò.

Sferrò un poderoso sinistro al muso del mostro, che guaì prima di lasciare la presa e fare un passo all'indietro. Senza tentennare, Mikayla si avvicinò al foro aperto nel fianco del mostro dall'esplosione. Poggiò le mani, seppur schifata, sulle viscere scoperte, prima di concentrarsi e lasciar confluire tutte le sue scariche elettriche all'interno del suo corpo, utilizzando le interiora come un cavo. L'elettricità attraversò interamente il mostro, che urlò dal dolore una seconda volta, un lungo e agonizzante urlo che, quando cessò, lasciò il più totale silenzio in quella parte della giungla. Il Tobi-Kadachi si accasciò al suolo a bocca spalancata, questa volta morto per arresto cardiaco. Mikayla, invece, si inginocchiò, passando le mani tra i fili d'erba per pulirle dai fluidi del mostro.

«Guarda cosa mi sono ritrovata a fare! Tocca sempre a me sporcarmi le mani. Che schifo!» sibilò.

Carson si grattò la testa e confessò:

«Avrei dovuto mirare al cervello, lo ammetto»

Fece per aiutare Mikayla ad alzarsi, ma lei lo respinse e tornò in piedi da sola:

«Sì, avresti dovuto. E poi mi spieghi perché ti sei avvicinato per il colpo di grazia, vecchio? A me sembra che le balestre pesanti possano colpire da lontano, che diamine!»

Appena la donna si voltò e guardò Carson in faccia, il balestriere strabuzzò gli occhi, spaventato:

«Mikie?!» sobbalzò.

L'ex bracconiere le puntò subito la balestra contro. Tuttavia, notò che la sua espressione era diversa, rispetto a quella che aveva visto alla base di Xander. La donna alzò le braccia all'istante, in segno di resa, colta alla sprovvista: 

«Ehi ehi ehi! Calmati, vecchio bastardo, calamati! Ti ho appena salvato! Non merito un grazie per questo?»

«Che cazzo ti sta succedendo, Mikie?» le chiese lui, continuando a mirare alla sua fronte.

Ma Mikayla, noncurante, si guardò intorno:

«Posso essere onesta con te, vecchio? Non ne ho la minima idea! Non sono mai stata risvegliata senza Xander. Ehi, per quanto mi terrai puntata contro quell'affare? Ah, che fastidio! Non so cosa fare, non mi hanno dato nessun ordine»

Si portò una mano alla tempia, mentre parlava tra sé e sé confusa.

«Non mi attaccherai?»

«No, certo che no! Non ho ordini, tanto per cominciare; inoltre, lei si è aperta con te. Devo ammettere che non sei così male come pensavo. Sei simpatico, in realtà!» rise lei.

Carson, disorientato, abbassò lentamente la balestra, ancora molto sospettoso.

«Torniamo all'aeronave della Terza Flotta. Magari tua nipote ci capirà qualcosa» suggerì, titubante.

«Buona idea! Sono stanca e confusa, quindi sbrighiamoci!»

«Però, mi hai dato ragione anche da psicopatica. Uao, questa è la cosa più strana in tutto questo!»

UN'ORA DOPO...

Chiunque incrociassero mentre cercavano la nipote di Mikayla rimaneva scioccato alla vista dei suoi mostruosi occhi. Nessuno rivolgeva loro la parola, limitandosi ad allontanarsi cercando di non farsi notare. La sorella di Xander fece un lungo sospiro, roteando gli occhi: 

«Forse dovrei lasciare a te il compito di cercare Yuri, vecchio: non vorrei attirare troppa attenzione» propose lei.

Carson, invece, fece spallucce:

«Non so se lo sai, ma ieri è nato un Nergigante qui. Dubito che i colori dei tuoi occhi possano batterlo in stranezza»

Mikayla sbarrò gli occhi, incredula:

«Cosa? Me lo sono persa! Ha ucciso qualcuno, per caso?»

«No: ha sfasciato la mia tenda, si è sbranato tutte le gemme di Yuna, poi è volato via»

«Non mi dire!»

«Ma che diavolo succede? Mikayla?!»

La donna batté le palpebre un paio di volte, prima di guardare di fronte a sé: vide subito Xavia e, di fianco a lei, anche Yuri. Entrambe avevano un'espressione terrorizzata per via dei suoi occhi. La cacciatrice si parò di fronte alla figlia, ma la sorella di Xander sollevò la mano:

«Calmatevi. Non so nemmeno io cosa diamine sta succedendo o perché mi sono risvegliata. Il vecchio stava per farsi smozzicare da un Tobi-Kadachi infetto, è allora che è successo»

«La pianti di chiamarmi "vecchio"?» le disse Carson, con un'occhiataccia.

La donna gli rivolse un sorriso beffardo:

«Ti dà fastidio, eh?»

«Mikayla, concentrati» la interruppe Xavia.

«Speravamo che Yuri potesse aiutarci a venire a capo di questa faccenda» rispose sua cognata.

La ragazzina, allora, annuì, prima di attivare il meccanismo del bracciale e avvicinarsi: 

«Ci provo»

Mikayla annuì e si tenne pronta, dunque Yuri sollevò il braccio; tuttavia, la pietra non brillò affatto. Tutto quello che fece fu riflettere la luce del sole pomeridiano.

«Non funziona!» esclamò Yuri.

«Che significa? Che siamo obbligati a sopportare la versione pazzoide di Mikie per sempre?» chiese Carson.

Mikayla riaprì gli occhi e schiuse le labbra come se dovesse dire qualcosa, ma senza che alcun suono ne fuoriuscisse. All'improvviso, sentì la sua stessa voce nella propria mente. La stava supplicando di restituirle il controllo; le sue suppliche le provocarono un lancinante mal di testa. Infastidita, si massaggiò la fronte e scosse la testa. Imprecò a denti stretti, fissò il vuoto e si lamentò con la voce dell'altra sé:

«Sei proprio una seccatura, devo dirtelo. Stiamo provando a capirci qualcosa anche noi, non sei l'unica a cui interessa questa faccenda!»

Ignorò gli sguardi confusi dei presenti e si concesse un attimo per aspettare che il dolore si affievolisse, prima di togliersi la mano dala fronte e alzare gli occhi al cielo. L'ennesima supplica della Mikayla sana la fece desistere:

«Che palle! Va bene, va bene! 
Gente, purtroppo devo andare. Lei ha paura che mi possa scattare qualcosa nella testa e che vi faccia del male. Andatela a capire: come se non fosse la prima a sapere che, senza ordini, non faccio nulla!»

Si voltò per un istante verso Carson e gli sorrise, prima di chiudere gli occhi e sospirare. 
Rimase immobile per qualche manciata di secondi. Quando li riaprì, erano tornati del loro solito azzurro. Si srofinò di nuovola fronte: si sentiva la testa pulsare. Fece dei respiri profondi per calmarsi, poi alzò una mano per anticipare una domanda di sua nipote: 

«Prima che me lo chiediate: no, non so cosa sia successo. Per favore, non fate domande»

Xavia e Yuri si guardarono per un momento, con espressioni preoccupate e insicure. Carson si lisciò il pizzetto, meditabondo:

«Sembri davvero in lotta con te stessa, Mikie. È stato strano»

Mikayla, allora incrociò le braccia, sconsolata:

«Ma non è mai successo, è sempre stato Xander a svegliarla! A volte passavo giorni rinchiusa nella mia mente, in attesa che lei finisse quelle orrende missioni. Questa volta ha preso il controllo da sola! Senza gli ordini di mio fratello!»

«Forse è successo qualcosa che ha spinto l'altra te a emergere - ipotizzò Yuri - È successo anche a me, quando mi sono liberata dal controllo di quel bastardo: vedevo che Narga stava per essere ucciso, così ho sentito una furia immensa crescere dentro di me. Volevo aiutarlo con tutta me stessa e alla fine ho ripreso il controllo del mio corpo»

«Stai dicendo che quella pazza voleva salvarmi?» chiese Carson, dubbioso.

Non l'ho fatto per te, vecchio

Mikayla si spaventò ed esclamò d'istinto:

«Sta' zitta!»

 Appena si rese conto di averlo detto ad alta voce, si coprì la bocca, a occhi sbarrati. 
Xavia, preoccupata, le poggiò una mano sulla spalla:

«Che succede? Tutto bene?»

«Lei mi ha parlato!» esclamò Mikayla

«Cosa dice?» indagò Yuri, incuriosita.

«"Non l'ho fatto per te, vecchio". Ve lo giuro, non è mai successo prima d'ora!»

«Nelle gallerie, però, vi siete scambiate per qualche momento» le ricordò Xavia. 

Mikayla, però, scosse la testa:

«Quello era diverso. Ho dovuto ribellarmi con tutte le mie forze per assumere il controllo e avvisarti. Stavolta non è successo niente di simile! Anzi, mi ha lasciato lei il posto!»

«Che tipo di sensazioni hai provato, prima che lei prendesse il controllo?» le chiese Yuri.

Mikayla rifletté per un momento, portandosi le dita sulle guance:

«Ho avuto il presentimento che qualcosa stesse per andare storto, quando il signor Kitts si è avvicinato al Tobi-Kadachi. Ricordo di essermi lanciata verso di lui e avergli dato uno spintone, poi il mostro mi ha morso il braccio»

«Giusto! Hai mormorato qualcosa, prima spingermi via - si ricordò Carson - Credo di aver sentito "pericolo". Possibile?»

«Forse non voleva salvare Carson, ma Mikayla stessa» ipotizzò Xavia. 

Quella situazione era fin troppo assurda, quello era il massimo che la cacciatrice poteva sperare di ricavare dalle loro spiegazioni.

Di' alla violetta che forse, e dico forse, ha ragione

Mikayla sentì la voce della sua personalità distorta risuonare nella sua testa. Quando lo riferì alla madre di Yuri, quest'ultima prese a grattarsi il mento pensierosa. Yuri prese la parola:

«Forse è troppo pretendere di capire tutto subito. Ora che potete comunicare, forse è il caso che vi parliate. Magari potrete capirci qualcosa in più!»

Mikayla voleva concordare con sua nipote, ma si strinse nelle spalle, guardandosi in giro con aria nervosa: 

«Non saprei, Yuri. Devo ancora schiarirmi le idee» ammise, con un sospiro.

Ringraziò i tre per averla aiutata a trovare una spiegazione a tutto quello che era successo, oltre a ringraziare Carson per averla accompagnata per svolgere la taglia, poi si diresse velocemente verso la sua tenda per sparire al suo interno.

Mikayla si sedette sul suo sacco a pelo, chiudendo gli occhi e incrociando le gambe. Fece un sospiro profondo, ripensò a tutte le volte che suo fratello l'aveva trasformata in una spietata e sadica assassina e, quando riaprì gli occhi, si trovò di fronte la se stessa creata dall'Orrore Nero, la personificazione della malattia dentro di lei, che Yuri non era riuscita ad estirpare del tutto. La vista dei suoi occhi rossi e bianchi la fece rabbrividire per un attimo, ma cercò di non pensarci. Si alzò in piedi, guardandosi intorno: attorno a sé, c'erano le pareti di una campana di vetro. Non c'era l'interno della sua tenda, non c'era la tendopoli. Era già stata in quel luogo tantissime volte: ci finiva quando la sua personalità distorta prendeva il controllo del suo corpo. Ma non era mai stato così: le pareti di cristallo opaco e sporco, ora erano pulite e trasparenti. Riusciva a vedere tutto attorno a sé con estrema nitidezza. Incredibilmente, la sua immagine riflessa le parlò:

«Non ci ho capito niente, sai? Insomma, Xander ha di certo sbagliato qualcosa quando ha provato ad infettarti di nuovo. Su questo non ci piove, ma questo significa che ora sono libera? Posso prendere il controllo del tuo corpo e fare quel che mi pare? Sembra fantastico!»

«Ti giuro che se farai del male a qualcuno, non...»

«Ehi, ehi! Calmati! Quante volte dovrò ripetertelo, per fartelo entrare in testa? Non faccio niente, senza ordini. Xander non è qui, perciò non può costringermi a fare alcunché»

«Allora perché sei intervenuta, contro il Tobi-Kadachi?»

La Mikayla pazza si strofinò il collo con una mano:

«Non lo so. Diciamo che mi sono sentita chiamata in causa. Ma a te che importa? Se perderete questa guerra, anch'io svanirò quando morirai. Oppure tornerai sotto il controllo di Xander e dei Servi del Flagello. Mi chiedo quale delle due opzioni sia peggio, poverina» sghignazzò.

«Zitta» sibilò Mikayla, a denti stretti.

«Eh? Non ho sentito. Per caso stai rimpiangendo che non ho ucciso anche la rossa della Sesta Flotta, quel giorno?» rise l'altra.

Mikayla chinò il capo:

«Smettila»

«Non sei chiara. Alza la voce, suvvia! Magari se fossi riuscita a ribellarti prima, avresti impedito la morte di Felix! Peccato che non sia più tra noi: mi stava proprio simpatico»

«Chiudi quella dannata fogna!» urlò Mikayla, spiazzandola.

L'altra se stessa rimase in silenzio, mentre lei sfogava tutto il suo rancore: 

«Ti odio! Ho fatto del male a così tante persone, solo per colpa tua e di quello stronzo di Xander! Ma tu cosa puoi capire? Esisti solo per obbedire agli ordini di un pazzo! Non sei altro che l'estensione di un parassita che sfrutta i mostri per vivere!»

«Grazie per l'ovvietà, genio» sbuffò l'altra, fingendosi indifferente.

Ma non lo era: non poteva ignorare lo sfogo di Mikayla, che ora non stava nascondendo più niente: 

«Sei nata sadica, per questo non capisci il male che fai! Quante persone hai torturato? Quanta gente hai ucciso con il mio corpo, eh? Io almeno ho una coscienza, tu sei solo una schiava di quella fottuta pietra! Ora zitta! Falla finita!» 

A quel punto, si voltò stringendo i pugni. L'altra Mikayla era rimasta a dir poco scandalizzata: non si sarebbe mai aspettata che le rispondesse a tono.

«Ascolta, io...»

Iniziò a risponderle, indugiò. Batté le palpebre un paio di volte, prima di distogliere lo sguardo e stringere i denti:

«Bah! Ti ripeto che erano solo gli ordini che avevo ricevuto! Cosa potevo fare? Ribellarmi e farci uccidere entrambe, eh? Sai perché sei arrivata a trentaquattro anni? Saresti già morta e sepolta da quando ne avevi ventitré, se non fosse stato per me che facevo tutto il lavoro sporco!»

«Forse sarebbe stato meglio così» mormorò Mikayla, tristemente.

L'altra se stessa non poteva crederci:

«Come hai detto?»

«Sarebbe stato meglio se fossi morta. Tutti mi odiano! Le uniche persone che mi amavano sono morte! A Xander non interessa nulla di me, a lui servi solo tu per la tua lealtà! Xavia mi odia, tutta la Commissione di Ricerca ce l'ha con me per quello che avete fatto tu e mio fratello... inizio a pensare che anche Yuri mi detesti, dopo tutto quello che ha passato per colpa mia!»

Mikayla scoppiò a piangere, piegandosi sulle ginocchia, mentre le lacrime sgorgavano in abbondanza dai suoi occhi. 
La personalità distorta non sapeva cosa dire: aveva aperto la bocca per parlare, ma non riusciva a trovare assolutamente nulla da dirle. Ma ecco che, all'improvviso, sentì un suono ovattato in lontananza:

«Ci sei, Mikie? Posso entrare?»

Quella era la voce di Carson, dal mondo esterno: Mikayla spalancò gli occhi, ritrovandosi di nuovo nella sua tenda. Si strofinò le palpebre con le nocche, asciugandosi le lacrime, prima di rispondere:

«Aspetti, adesso esco»

Detto ciò, mosse il telo dell'entrata e si ritrovò il cacciatore davanti.

«Che succede?» gli chiese..

Sentiva che i suoi occhi erano lucidi e arrossati per il pianto, quindi tentò di nasconderlo. Tuttavia, dall'espressione empatica di Carson, capì che il balestriere vedeva con chiarezza il suo stato d'animo. Mikayla si aspettava che la provocasse, invece l'ex bracconiere parlò in tono serio:

«Non ho avuto modo di dirtelo, prima, con tutto il casino che è successo con la te schizzata»

Basta chiamarmi così!

Mikayla ignorò la voce e continuò ad ascoltarlo.

«Ecco, ti ringrazio per avermi difeso dal Tobi-Kadachi. Non mi aspettavo mi aiutassi, sai? A dirla tutta, avevo intenzione di accompagnarti solo per mostrarti la potenza dei perforesplosivi e impressionarti» ammise il balestriere, lisciandosi il pizzetto.

Mikayla chinò lo sguardo, scosse la testa con un mezzo sorriso e alzò una mano:

«Non fa niente. La ringrazio per avermi raccontato la storia del famoso bracconiere e per avermi ascoltata»

«Oh, basta darmi del lei! Facciamo così: se inizierai a chiamarmi Carson, non ti chiamerò "Mikie la pulciosa", dopo quello che ho visto oggi!» ridacchiò lui.

Mikayla trasalì e diventò paonazza:

«Eh?! Cosa?!»

«Ho visto degli insetti-folgore ronzarti nei capelli, dopo che hai fritto il Tobi-Kadachi. Riflettendoci, era più che ovvio che non potessi generare l'elettricità dal tuo corpo, se i tuoi poteri vengono da uno Zinogre»

Mikayla si grattò la nuca, imbarazzata:

«Giusto. Per favore, non dirlo a nessuno! È imbarazzante!»

«Va bene. E Mikie sia, allora!» sorrise Carson, con uno sguardo amichevole.

Anche Mikayla annuì, pur alzando gli occhi al cielo:

«Va bene, Carson. Grazie» sussurrò, spostandosi una ciocca di capelli.

Allora Carson si congedò. La donna tornò nella tenda e fece un respiro profondo. Ma, subito dopo, si sentì chiamare dalla voce di Xavia:

«Mikayla, hai un minuto?»

Sua cognata, sorpresa da quella visita, uscì di nuovo e la guardò con un'espressione dubbiosa:

«Dimmi pure, Xavia. È successo qualcosa?»

«No, voglio solo dirti qualcosa che ho in mente da giorni» ammise la cacciatrice.

Ohohoho, mi chiedo cosa sia!

«Ti decidi a stare zitta?!» tuonò Mikayla, prima di scusarsi con Xavia.

«Non ti preoccupare. Come dicevo...»

«Sì?»

Xavia indugiò un po', prima di affermare:

«Ti perdono»

E allora le rivolse un caldo sorriso: un sorriso sincero, che Mikayla non pensava di aver mai visto sul suo volto prima di quando parlava con lei.

«Cosa?»

«Ora che conosco tutta la storia, non posso fare altro che perdonarti e chiederti scusa. Ti ho accusata per quindici anni di essere una persona disgustosa, perché non rispondevi mai alle mie lettere di aiuto; poi, quando ho scoperto che avevi rapito Yuri, non ho potuto fare a meno di volerti morta. Non avevo la minima idea di tutto quello che hai sofferto. Mi dispiace, Mikayla, sappi che ti sono immensamente grata per tutto quello che hai fatto per me e Yuri. Sul serio, non potremmo mai odiarti, poco ma sicuro!»

Gli occhi di Mikayla tornarono lucidi: se li asciugò e si impose di non piangere, ma cedé. Le lacrime di gioia iniziarono a rigarle il viso e la donna iniziò a singhiozzare. Xavia spalancò gli occhi, si avvicinò e le mise le mani sulle spalle:

«Tutto bene?» le chiese, stupita.

Tra un singhiozzo e l'altro, Mikayla tirò su col naso e si strofinò gli occhi:

«Sì. Xavia, non so come ringraziarti. Grazie. Grazie! Grazie infinite! Non sai quanto mi renda felice aver finalmente fatto pace con te!» sorrise.

Xavia, allora, le prese gentilmente la mano in segno di conforto e annuì:

«Se hai bisogno di aiuto, non esitare a chiamare né me, né Yuri. Capito?»

«D'accordo! Grazie ancora, Xavia!»

Anche la madre di Yuri, allora, si congedò e finalmente Mikayla poté tornare in tenda e rimettersi seduta sul suo sacco a pelo.

A quanto pare, non tutti ti odiano. Visto?

«Forse hai ragione, altra me» sospirò Mikayla, mentre si asciugava gli occhi con un fazzoletto.

Rimasero in silenzio per qualche momento, poi venne sorpresa dalla voce nella sua testa: 

Ascolta, mi dispiace. È vero, sono una parassita: la mia unica preoccupazione è sopravvivere nel tuo corpo ed eseguire ordini, non posso capire nulla di quello che provi tu. Non sono mai stata libera, non ho mai potuto fare le mie scelte. Quindi ti andrebbe di ricominciare? Prometto di smettere di provocarti e che non ferirò nessuno, a meno che non diventi un pericolo per te. In quel caso, non avrò nessuna pietà!

Mikayla rifletté in silenzio, strofinandosi una guancia con un dito, dubbiosa. Alla fine, però, sbuffò e abbozzò un sorriso:

«Va bene. Possiamo provarci. Però avrai bisogno di un nome»

Un nome? E perché?

«Così avrò un modo per chiamarti e far sapere agli altri che sto parlando di te»

Capisco

«Che ne dici del soprannome scelto da Carson? "Mikie"?»

Dovette attendere per qualche momento, prima di sentire la risposta. Alla fine, la voce nella sua testa ridacchiò:

Per me va bene! Sembra carino. Piacere di ri-conoscerti, allora, Mikayla!

«Piacere mio, Mikie!»

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Capitolo 50
*** Il ritorno dell'Odogaron ***


«Com’è questa “Valle Putrefatta”?»

La voce di Lucille riscosse Xavia dai suoi pensieri: la donna batté le palpebre un paio di volte, prima di guardare l’amica di Yuri intenta a sistemare la sella sul suo Midogaron. La cacciatrice, quel giorno, si era offerta personalmente di accompagnare uno dei Rider a visitare i biomi del Nuovo Mondo: visto che lei stessa aveva avuto l’idea, le sembrava giusto dover dare il suo contributo.

«Per fartela breve, è completamente diversa da ogni altro bioma del Nuovo Mondo. Non saprei bene come descriverla - le rispose la madre di Yuri - È collegata agli Altipiani Corallini da gallerie che vanno verso il basso: vengono utilizzate da alcuni mostri della valle per venire a caccia da queste parti, dove trovano più prede. Di solito voliamo direttamente laggiù coi Mernos; ma, visto che devi portare i tuoi mostri, stavolta le utilizzeremo. Almeno non sarete costretti a scalare per raggiungerla»

Alle sue parole, il Midogaron agitò la coda e abbaiò contento e la Rider gli accarezzò il collo.

«Stia tranquilla, l’avrei comunque fermata se avesse iniziato a descriverla: sono troppo curiosa di vederla coi miei occhi! Comunque, noi siamo pronti ora, signora Aros!» rispose sorridente la giovine.

Xavia tirò un breve respiro, scuotendo la testa quando la chiamò così. La donna si avvicinò alla ragazza, poggiandole gentilmente una mano sulla spalla:

«Lucille, immagino che lo stia facendo senza rendertene conto, ma per favore: smetti di chiamarmi “signora Aros”. Xavia va benissimo»

La Rider guardò la donna confusa, prima di portarsi la mano alla bocca:

«Oh! Accidenti, le chiedo scusa! Mi spiace tantissimo per non esserci arrivata da sola! La chiamerò Xavia allora da adesso in poi!» le disse mortificata.

«Puoi anche smettere di darmi del lei, se vuoi - sorrise la donna - Sei un’amica di Yuri, e mi siete sembrati molto simpatici fin da subito, quindi stai tranquilla» ridacchiò.

Le guance della ragazza si tinsero di rosso per un momento, prima che iniziasse a ridacchiare grattandosi il capo:

«Capisco! D’accordo, farò così se non ti dà fastidio!» esclamò con un ampio sorriso.

La cacciatrice annuì, sorridendole a sua volta, prima di allontanarsi leggermente da lei: 

«Se siete pronti, allora direi che possiamo andare. Porterai solo il Midogaron?»

«Sì. Quill torna molto utile coi suoi enzimi, però ammetto che in battaglia è una frana. Finisce per mettersi nei guai, molte volte»

Lucille guardò il suo Qurupeco, intento a grattarsi con il becco la membrana dell’ala destra.

«E poi posso anch'io dare una mano: uso il corno da caccia apposta!»

Xavia annuì, ma le parole della ragazza le fecero fare un sorrisetto: le era tornato il ricordo di un giorno, molti anni prima, in cui il fidanzato di sua madre l’aveva convinta a provare il corno da caccia, invece di usare il martello come al solito. Il risultato era stato un vero e proprio casino: nonostante tutta la pratica che aveva fatto prima, non riusciva ad aiutare in nessun modo perché le sfuggiva continuamente di mente di cambiare i sacchetti con le varie polveri potenzianti da spargere con le melodie o finiva per suonare nei momenti più sbagliati. Ricordava ancora quante figuracce aveva fatto, contro una Rathian rosa.

«A cosa pensi?»

Lucille, rimasta in silenzio a quel momento, la osservava con uno sguardo curioso. Xavia scosse il capo, sorridendo:

«Se vuoi posso raccontartelo mentre andiamo verso la Valle Putrefatta. Se partiamo subito, forse posso portarti fino alla tana di un Vaal Hazak» rimuginò la donna ad alta voce.

«Oh, quel Drago Anziano mefitico?! Fantastico!»

Xavia pensò di aver visto gli occhi della Rider letteralmente illuminarsi, prima che saltasse in groppa ad Hono: il Midogaron si scrollò leggermente per mostrare che fosse pronto a partire.

«Siamo pronti!»

«Quindi conoscete la fauna del Nuovo Mondo!» disse la donna, sorpresa.

«Oh? Be’, certo che sì! Io e mio fratello ci siamo informati consultando degli appunti sul Nuovo Mondo forniti dalla Gilda. Poi, come Rider, ammetto che quando si parla di mostri è facile avere la nostra attenzione - ridacchiò - Irene conosce meno cose di noi sul continente solo perché non doveva partire, all'inizio»

«Capisco»

Xavia annuì, quindi le fece cenno di seguirla.

La Rider e Xavia avevano passato diverse ore ad esplorare la Valle Putrefatta: appena arrivate, Lucille si era immediatamente messa ad osservare ad occhi sgranati quel bioma così insolito. Ossa ovunque, acqua marcia e tantissimi insetti che zampettavano qua e là tra i resti nella valle. Persino il terreno le parve strano, quando scese dalla sella di Hono. Per non parlare di quello strano vapore nauseabondo.

«Stiamo camminando su una distesa di carcasse! Che schifo!» disse alla cacciatrice, quando le fu chiesto perché rimanesse tutto il tempo sul dorso della sua cavalcatura.

Hono, invece, si guardava intorno, incuriosito da tutto quello che li circondava.

«Non è così male, una volta che ci fai l’abitudine - Xavia fece spallucce, indicando il suo martello - Ci sono stata molto spesso, qualche mese fa, per raccogliere i materiali per forgiare questo»

«Ma davvero non ti dà fastidio questo odore?»

La Rider tossì leggermente, provando a scacciare quanto possibile quello strano vapore con la mano. Xavia la osservò per un momento, prima di guardarsi intorno:

«Parli dell’effluvio? Dammi un secondo» 

Detto questo, la cacciatrice raccolse qualcosa dal terreno, che Lucille non riuscì a vedere, prima di caricarlo nella sua fionda e spararlo verso il terreno. Dove atterrò il baccello, in un attimo si accese un fuocherello alto qualche centimetro, e il vapore iniziò a diradarsi.

«Oh!» sobbalzò la ragazza, sorpresa. 

Fece accelerare il passo a Hono per avvicinarsi al fuoco: appena non sentì più quell’odore mefitico, prese un respiro profondo.

«Il fuoco disperde l’effluvio - le spiegò Xavia - È utile fare scorta di baccelli torcia, ma mi era sfuggito di mente perché è da molto che non mi addentro in questi livelli sotterranei. Ti chiedo scusa, Lucille»

«Ah! Non fa niente, tranquilla! - sorrise Lucille, accarezzando il Midogaron - Anzi, grazie per avercelo detto! Ora non sarà più un problema; vai, Hono!»

La Rider, allora, fischiò portandosi due dita alla bocca, quindi il suo mostro abbaiò con un lieve ringhio: Xavia vide gli artigli del Midogaron conficcarsi nel terreno mentre i peli sulle sue zampe si illuminarono a poco a poco. Quindi, Hono fece un improvviso scatto in avanti di diversi metri: quando le sue zampe toccavano il terreno, si accendevano delle fiammelle e il vapore iniziava a disperdersi. In poco tempo, si creò un corridoio quasi completamente sgombro dall’effluvio: rimaneva solo vicino alle pareti rocciose, ma ora la loro strada era completamente sgombra.

«Però, che bella pensata!» commentò Xavia, sorpresa, mentre il Midogaron tornava verso di lei.

Lucille iniziò a ridacchiare:

«Hono è un mostro dalle mille risorse! Eh, amico mio?» 

Alle parole della ragazza, la bestia zannuta abbaiò, scuotendo la coda contento e guardandola con la coda dell’occhio. Xavia sorrise, poi decise di esporre alla ragazza un suo dubbio:

«Ehi Lucille, permettimi una dmanda. Non so molte cose sui mostri della Frontiera, mi chiedevo: come hai fatto ad ottenere un Midogaron? Anni fa, ricordo di aver letto in un'enciclopedia che sono dei Kamu Orugaron adattatisi a vivere da soli dopo aver perso la loro compagna, quindi sono curiosa di sapere la sua storia»

La ragazza arrossì e ridacchiò:

«Be', in effetti potrebbe sembrare strano. Non è niente di che, in verità: Hono è stato un regalo, per così dire. Conosciamo una cacciatrice molto abile che spesso e volentieri va a Mezeporta. Una volta, quando venne a trovarci da uno dei suoi ultimi viaggi, aveva con sé un cucciolo di Kamu Orugaron di appena due mesi che aveva trovato nelle paludi della Frontiera. Decise di portarlo ad Hakum per chiederci di allevarlo e io accettai immediatamente! Però vedi, siccome non ha mai fatto coppia con una Nono Orugaron, crescendo Hono è diventato un Midogaron!»

«Ah, capisco» annuì Xavia.

La cacciatrice osservò la ragazza continuare ad accarezzare il pelo del suo mostro con un ampio sorriso. 

“Prima o poi andrò anch'io a Mezeporta. Chissà, magari riesco a convincere Abigail ad accompagnarmi” pensò la cacciatrice.

«Allora, possiamo continuare? - chiese Lucille, trepidante - Vorrei vedere la tana di questo Vaal Hazak! È sicuro andarci, giusto?»

«Certo, tranquilla: se ci fosse un Vaal Hazak, l’effluvio sarebbe molto più denso e i mostri piccoli impazzirebbero. Abbiamo il via libera» le rispose la cacciatrice, quindi Lucille fece un ampio sorriso.

«Benissimo!» esultò la ragazza, trepidante.

Xavia sorrise a sua volta e fece per dirle che era ora di andare, quando un ruggito inconfondibile fece eco nella spelonca che stavano attraversando. Entrambe sbarrarono gli occhi, poi Hono iniziò a fiutare l’aria: le strisce sul suo corpo presero a brillare di una luce giallastra e fioca, prima che iniziasse a ringhiare e socchiudesse gli occhi. Le ragazze si guardarono intorno, guardinghe.

«Un Tigrex brutale» disse Xavia.

«Infetto» aggiunse Lucille.

«Eccolo! Attenta!»

Lucille fu la prima a vederlo: alle spalle di Xavia, il wyvern volante quadrupede si stava avvicinando a loro a passo di carica. La donna si voltò, ma Lucille scese dalla sella del suo mostro e le fece cenno di spostarsi: attorno alla bocca del Midogaron avevano iniziato a formarsi delle fiammelle, le quali stavano crescendo d’intensità. I suoi artigli erano ben conficcati nel terreno, i suoi occhi puntati verso il mostro infetto di fronte a lui. Xavia fece come la Rider le aveva ordinato, spostandosi velocemente con lei verso una pila di ossa, e la ragazza ne approfittò per spargere della polvere demoniaca nell’aria grazie al suo corno da caccia. Il Tigrex brutale ruggì un'altra volta, sbavando e avanzando a grandi falcate. Balzò in avanti per addentare il Midogaron al collo. Tuttavia, il wyvern zannuto sembrò svanire: il mostro non fece altro che mordere l’aria, prima di guardarsi intorno confuso. Ma ecco che venne travolto sulla schiena da un’esplosione di calore, che lo fece ruzzolare e accasciare al suolo col dorso ustionato: Hono gli era andato alle spalle prima di lanciare il suo attacco, colpendolo in pieno.

«Ottimo lavoro, Hono! Così si fa!» disse Lucille, orgogliosa.

Nel mentre, Xavia rimase a bocca aperta: sapeva che i Midogaron erano rapidi, ma mai avrebbe pensato che lo fossero così tanto.

«Xavia! Forza, sbrighiamoci, mentre è a terra!» la riprese Lucille, allora la donna annuì tacitamente.

Hono precedette entrambe: mentre l’avversario tentava di rialzarsi, sbatté violentemente le zampe anteriori sul suo collo, prima di tirargli una codata sul muso. Stordito, il Tigrex brutale tentò comunque di addentare il suo collo, ma lo mancò: il Midogaron balzò indietro. Prima che gli potesse tirare una zampata, Xavia spuntò al suo fianco e colpì il mento del wyvern volante con un montante del martello, fratturando la sua mandibola e strappandogli un urlo di dolore che probabilmente si udì per tutta la valle. Hono, allora, decise di mettere fine al combattimento in fretta: azzannò il collo del Tigrex, lacerando le squame e la carne del mostro infetto. Un lungo e denso rivolo di sangue annerito iniziò a zampillare dal collo del Tigrex brutale ed esso, sofferente ma furioso, guardò con furia cieca il Midogaron prima che la belva zannuta gli graffiasse il muso, lasciandogli un profondo solco in mezzo agli occhi. Il Tigrex emise un ultimo gorgogliante lamento prima di esalare il suo ultimo respiro, morendo dissanguato. Lucille accorse immediatamente, purificando la carcassa del mostro infetto con la sua pietra. 

«Bravissimo, Hono!» si complimentò la ragazza, accarezzando il muso del Midogaron, intento a pulirsi le zampe dal sangue marcio dell’avversario.

«Ma da dove è arrivato un Tigrex brutale?» si chiese Xavia, guardandosi intorno. 

Non si era mai visto un Tigrex nel Nuovo Mondo, quindi l’aver addirittura incontrato la sua sottospecie bastava a metterla in estrema allerta. Ma ecco che, all’improvviso, la terra sotto i loro piedi prese a tremare: Xavia dovette appoggiare una mano a terra per non cadere, mentre Lucille balzò immediatamente sul dorso del Midogaron, che aveva iniziato ad annusare l’aria e a ringhiare dopo aver sentito quelle scosse. Tra la donna, la Rider e il suo mostro, allora, spuntò un Monoblos: Hono balzò all’indietro per non farsi travolgere e Xavia dovette tuffarsi di lato a peso morto per non farsi infilzare dal corno del wyvern volante. Distesa su un fianco, la cacciatrice osservò il mostro mentre quello la fissava con un paio occhi cremisi inquietantissimi: dalla sua pelle, il fumo dell’Orrore Nero fuoriusciva incessantemente. 

«Hono, sbri...» 

La Rider fu bruscamente interrotta: senza che se ne accorgessero, due Girros ricoperti sia dal fumo nero della malattia che dall’effluvio si erano avvicinati di soppiatto, mordendo le caviglie del mostro. La loro tossina paralizzante fece presto effetto e il Midogaron si ritrovò a terra in preda a violenti spasmi, gemendo per il dolore ai muscoli, e la sua Rider cadde dalla sella senza capirci nulla. 

«No!» 

Lucille strinse i denti, impugnando il suo corno da caccia, ma fu gettata a terra quando il Monoblos la travolse con la coda, sbattendola contro una delle dune di ossa che coprivano il terreno della spelonca. La Rider buttò fuori tutto il fiato che aveva in corpo quando colpì i resti putrescenti, annaspando per respirare e socchiudendo gli occhi: quando li riaprì, riuscì a mettersi seduta, ma sentì immediatamente qualcosa di freddo e circolare toccare la sua cute.

«Di’ al tuo mostro di stare buono, o sarò costretta a farti saltare la testa» 

Una voce per certi versi gentile ma, allo stesso tempo, minacciosa la mise in guardia: era una voce femminile, talmente calma e composta che le fece raggelare il sangue. 

«Credimi, uccidere i ragazzini non mi piace, ma non posso rischiare dopo quello che avete fatto al mio povero Csavu»

La ragazza, nonostante fosse terrorizzata, riuscì a muovere la testa quanto bastava per guardare chi si trovava dietro di lei: una donna dai corti capelli castani, coperti leggermente dal cappello dell’armatura di un Gran Girros. Il suo viso era fine e aveva due occhi azzurri e penetranti. Indossava un’armatura di Tetsucabra e le teneva puntata alla testa una balestra leggera di Kecha Wacha. Dietro di lei si trovava un Gran Girros infetto. Ciò che saltò immediatamente agli occhi della ragazza, però, furono tre dettagli: la donna aveva i piedi digitigradi, le mani a quattro dita e le orecchie a punta; il padiglione auricolare destro, tuttavia, era stato strappato a morsi. Lucille deglutì all’improvviso prima di stringere i denti, ma guardò di fronte a sé velocemente quando sentì Hono ringhiare inferocito.

«Fermati, Hono! Non attaccarli!»

Il Midogaron guardò la padrona confuso, prima di saltare all’indietro per evitare che uno dei due Girros, sfruttando la sua distrazione, lo mordesse un’altra volta.

«Brava, ragazza» ridacchiò la wyverniana, prima di sollevare il braccio destro. 

La sua Pietra del Legame infetta brillò di rosso e i due Girros, immediatamente, si allontanarono per affiancarsi al loro capobranco, mentre il Monoblos continuò a tenere d’occhio Xavia, pronto a caricarla al minimo segno di movimento.

«Cosa vuoi da noi, maledetta?» le chiese a denti stretti la ragazza.

«Allora è così che si saluta una vecchia amica? Gust non sarà affatto contento»

Xavia, rimanendo in silenzio, osservava il mostro infetto di fronte a sé e ascoltava le due parlare: 

«Vi conoscete?» chiese, confusa.

«Zitta, umana! Nessuno ti ha detto di parlare» la ammonì la wyverniana, in tono altezzoso.

Con tutti i muscoli tesi e stringendo i pugni, Lucille iniziò a spiegare:

«Yuri ti ha parlato di Gust, il Rider corrotto con cui abbiamo stretto un’alleanza? Ecco, lei è una sporca doppiogiochista: ha supportato Gust per fargli prendere il controllo della banda di Anvis, per poi tentare di far scoppiare una seconda rivolta contro di lui! O sbaglio, Ekya, csavve vsefovsodi

«Non parlare in wyverniano con me, nuddeute. Credevo che tutto sarebbe cambiato per il meglio, ma Gust è ancora più folle di Anvis! Allearsi con la gente di Hakum? Ah! Mai, nei miei quattrocentoquattro anni di vita, ho assistito a qualcosa di tanto assurdo»

Lucille tentò di voltarsi per fissarla, pur stando molto cauta e tenendo sempre d’occhio la balestra leggera della nemica, e replicò:

«Ed è per questo che ora servi quell’idiota di Aros?! Sei finita dalla padella nella brace! Se quello ti sembra assurdo, tentare di comandare il Flagello Nero e dichiarare guerra alla Gilda dei cacciatori com’è?»

Ekya le rivolse un sorrisetto inquietante e rispose:

«Secondo te sono qui perché me l’ha ordinato? A me non importa nulla di lui! Affatto. Quello che voglio è che il Makili Nova torni nel Vecchio Mondo vittorioso e che mostri a tutti quei falliti la sola vera via dei Rider! Non siamo fatti per essere amici di gente come voi, dei mostri o dei cacciatori. L’Orrore Nero è l’unica cosa che dovrebbe essere rispettata!»

Xavia, nel frattempo, era più che sconcertata: conosceva pochi wyverniani, ma grazie a tutto il tempo passato con Yuna e gli eruditi della Commissione di Ricerca pensava di essersi fatta un’idea sulla loro natura; non sarebbe mai aspettata di incontrarne una del genere.

«Allora cos'hai intenzione di fare?» le chiese di nuovo la ragazza, spazientita.

«Come? Non te lo ricordi? Eppure mi sembra che sia stata proprio la tua bestia dalla Frontiera a sfregiarmi»

La wyverniana mise una mano sul foro cicatrizzato dove un tempo c'era il suo orecchio destro, prima di socchiudere gli occhi. 

«Voglio la mia rivincita su voi due disgraziati!»

«Non ti sembra banale ucciderci così, con uno sparo?» 

Lucille tentò di mostrarsi sicura, nonostante in realtà stesse sudando freddo alla vista delle dita che iniziavano lentamente a premere il grilletto.

«Chi ha detto che voglio uccidervi, eh? La mia vendetta sarà molto più terribile, cara» 

La wyverniana, dunque, iniziò ad avvicinarsi alla ragazza, che a sua volta prese ad indietreggiare, intimorita da quelle parole. Hono, alla fine, perse la pazienza: ruggì, prima di tentare di saltare verso la sua padrona per aiutarla, ma fu afferrato per la coda all’improvviso: quando si voltò, vide che era stata morsa da un Basarios infetto, il quale era rimasto mimetizzato tutto quel tempo grazie a brandelli di carne e ossa piazzati sul suo dorso. Il Midogaron guaì, tentando di liberarsi dalla presa del Basarios, ma senza successo.

«Hono! No!» 

La ragazza fece per correre verso il suo mostro, ma la distrazione le costò caro: Ekya usò l’impugnatura della balestra leggera per colpirla alla nuca, stordendola e facendola cadere a terra mentre si teneva le mani sul punto dell’impatto. In pochi secondi, la ragazza svenne.

«Ehi! Che intenzioni hai?!» 

Xavia volle tentare di aiutare la Rider ma, appena fece un passo in avanti, il Monoblos sbuffò e iniziò a raschiare il terreno con la zampa destra, pronto ad infilzare la donna con il suo corno.

«Giusto, ci sei ancora tu - sbuffò Ekya - Posso essere sincera con te, umana? Non capisco cosa tu abbia visto in quel mentecatto di Aros, per diventare la sua compagna. Sul serio, hai idea dei discorsi che fa? Non gli ho mai sentito dire una cosa sensata, da quando sono qui!»

Xavia, ignorando il fatto di essere d'accordo con la wyverniana, cercò di escogitare un modo per uscire da quella situazione. Tuttavia, non riusciva a farsi venire in mente alcunché, con quel maledetto Monoblos che non la perdeva di vista un istante. 

“Un diversivo; ho solo bisogno di un diversivo. Qualunque cosa, maledizione!” pensò, frustrata.

Nel frattempo, Ekya continuava a parlare:

«In ogni caso, di recente Aros è ossessionato dall'idea di ucciderti con le sue mani. Quindi sai cosa ti dico? Se ti ammazzassi qui e ora, forse finalmente smetterà di pensare a cose futili! Vale la pena fare un tentativo»

Detto questo, schioccò le dita. La Pietra del Legame infetta si illuminò un’altra volta di quella luce scarlatta. Il suo Monoblos, allora, socchiuse gli occhi, prima di abbassare il capo, pronto alla carica. Xavia si preparò a schivarlo, ma i due Girros infetti si piazzarono ai suoi lati per tagliarle più vie di fuga possibili. Non potendo fare altro, la cacciatrice considerò l’idea di usare il rampino per schivare il mostro. Ma non fu necessario: un lugubre ruggito risuonò nella galleria. Ekya alzò un sopracciglio, confusa, mentre il Gran Girros infetto si guardò attorno spaventato.

«Che ti prende, Ducse?» fece appena in tempo a domandargli. 

Subito dopo, il suo mostro fu ucciso all’istante da un Odogaron: come se fosse spuntato dal nulla, era saltato alla gola del mostro infetto, strappandogli la carotide, prima di compiere un balzo; per poco, non travolse la wyverniana. Il wyvern zannuto tentò di ingoiare il boccone di carne strappato dal Gran Girros, ma immediatamente lo sputò a causa del sapore ripugnante dell’Orrore Nero. Rivoli di bava scesero dalla sua bocca e guaì tristemente. Intanto, Ekya si stava disperando: 

«No! No! Ducse!» urlò, stringendo gli occhi fino a renderli due fessure. 

La sua pietra infetta si illuminò una terza volta, prima che si voltasse verso gli altri mostri infetti per urlare ordini in wyverniano: 

«Gevimu gauso! Tqapvupi! Girros! Addefivimu!»

I mostri ricevettero l’ordine forte e chiaro: il Monoblos si voltò, lasciando perdere la cacciatrice, e i due Girros si lanciarono immediatamente sulll’Odogaron. Il predatore, nonostante fosse ancora confuso e disgustato, ruggì: saltò all’indietro, evitando i due piccoli mostri, per poi spostarsi rapidamente di lato evitando la carica del Monoblos. L'erbivoro scavatore, però, eseguì una brusca frenata, colpendo di striscio il muso del wyvern zannuto con la sua coda. Il mostro guaì dal dolore, finendo a terra. I Girros tentarono di assalirlo, ma furono travolti di colpo dalla carica infuocata del Midogaron: il mostro sfruttò l’elevata velocità per lanciare uno dei due Girros contro l’altro, facendo volare tutti e due verso il cumulo di ossa su cui si trovava la wyverniana. L’impatto fu tale che entrambi rimasero rintronati e doloranti. Ekya impallidì, strabuzzando gli occhi:

«Cosa?! Come hai fatto?!» 

La wyverniana fissò furibonda il Midogaron, prima di guardare verso il suo Basarios: si trovava rovesciato a terra, mentre tentava di rimettersi in piedi agitando le zampe in preda al panico. Xavia si trovava di fianco a lui, impugnando il martello e osservandola con un sorrisetto.

«Non fai più la dura adesso, eh?»

Il Midogaron ringhiò: il suo pelo si illuminò di arancione. Era finalmente pronto a fare sul serio. L’Odogaron, ripresosi dal colpo improvviso e ancora afflitto da un lieve capogiro, conficcò gli artigli nel terreno, pronto a saltare addosso al Monoblos per vendicarsi della botta appena ricevuta.

«Gepdamu!» imprecò Ekya, nella sua lingua.

Capì di dover per forza di cose riconoscere la sconfitta e che non avrebbe avuto alcun senso affrontarli solo col Monoblos e quell’inutile Basarios. Gettò una rapida occhiata a Lucille, ancora svenuta, stringendo i denti, e si rivolse a Xavia:

«Ascoltami bene, cacciatrice: non è finita! Quando ci rivedremo, in battaglia, me la pagherai per questo giorno! E di’ alla marmocchia di avvertire i suoi amici: il Makili Nova sa tutto! Ha visto bene chi è venuto nel Nuovo Mondo, che non avete rispettato gli accordi! Non avrà misericordia di voi!» 

Detto questo, la wyverniana si avvicinò di corsa al Monoblos, per poi montare in sella: il mostro ruggì al cielo, quindi Ekya gettò una bomba lampo che accecò tutti i presenti. Quando riuscirono a riprendersi, la wyverniana era scomparsa senza lasciare alcuna traccia. Xavia rinfoderò il suo martello, quindi si affrettò a raggiungere la Rider: tirò un lungo sospiro di sollievo quando constatò che era semplicemente svenuta. Ecco che, improvvisamente, si rese conto che erano state salvate da un Odogaron: nella foga di agire per uscire da quella situazione, non ci aveva fatto troppo caso, ma il mostro era pure sano! La cacciatrice guardò il wyvern zannuto, intento ad annusare l’aria con la bava alla bocca: scrutò sia il Midogaron che la cacciatrice con uno sguardo all’apparenza timoroso, prima di puntare gli occhi sulla carcassa del Tigrex brutale. Attese ancora qualche secondo, prima di scattare verso di esso ed iniziare a staccare brandelli di carne enormi e a divorarli voracemente, come se fosse rimasto a digiuno per giorni. Hono si avvicinò a Xavia, guaendo dispiaciuto: si sedette accanto alla sua Rider, guardandola con degli occhi tristi e preoccupati.

«È solo svenuta. Stai tranquillo, starà bene» gli disse Xavia, sicura, accarezzandogli la testa.

Lucille, finalmente, iniziò a riprendersi: le orecchie le fischiavano e aveva le vertigini. La testa le girava peggio della prima volta in cui aveva dovuto cacciare un Duramboros; si mise lentamente seduta, massaggiandosi le tempie, poi si sentì leccare il viso: Hono, contentissimo di vederla sveglia, aveva iniziato a farle le feste. La ragazza ridacchiò brevemente prima di iniziare ad accarezzargli il muso.

«Oh, sono così contenta che anche tu stia bene, Hono!» disse felicissima, cingendo la sua testa in uno stretto abbraccio.

«Finalmente ti sei svegliata» 

La voce di Xavia attirò l’attenzione della ragazza: guardò la donna, vedendo un caldo sorriso sul suo volto.

«Perdonami per quello che ci è successo, Xavia, davvero: era una questione che non ti riguardava affatto, ma sei rimasta coinvolta lo stesso. Non so davvero come scusarmi!»

La cacciatrice le parlò con un tono calmo e comprensivo, sedendosi accanto a lei:

«Stai tranquilla, Lucille, sul serio. Siamo solo state colte alla sprovvista. La prossima volta faremo entrambe più attenzione, va bene?» 

«Va bene. Però che peccato, non siamo riuscite a vedere la tana del Vaal Hazak! Dovremo rientrare adesso, immagino»

«Abbiamo ancora un po’ di tempo prima che sia notte - la interruppe Xavia, mettendole una mano sulla spalla - Guardati intorno, su!»

La Rider la guardò un po’ confusa, prima di fare come le era stato detto, rimanendo a bocca aperta: era in una zona completamente diversa da dove era svenuta. Ad occhio e croce, quello doveva essere il fondo della Valle Putrefatta: si trovavano in un’enorme grotta che, nonostante presentasse ancora le pile di ossa e l’acqua marcia, che in quel luogo era persino turchina e fluorescente, le parve stupenda. Tutto era illuminato da alcune pozze di un liquido luminoso e delle enormi ossa pendevano dal soffitto come delle stalattiti.

«Dove siamo?» chiese la ragazza, sorpresa e incuriosita.

«Volevi vedere la tana del Vaal Hazak così tanto che ho pensato di venire qui e aspettare che ti riprendessi - le spiegò gentilmente Xavia, alzandosi e porgendole una mano per aiutarla - Siamo molto vicine al suo giaciglio, ma questa grotta è sempre stato il mio posto preferito della Valle Putrefatta. Sta’ solo attenta alle pozze: sono acide»

La ragazza, su di giri, si alzò immediatamente emozionata: 

«Grazie! Grazie, grazie davvero! Non so cos’altro dire, volevo troppo sapere qualcosa in più di questo Drago Anziano!»

«Allora andiamo alla sua tana, forza. Poi rientreremo, d’accordo?» 

La donna sorrise alla Rider, che annuì, prima di saltare in groppa al suo mostro per poi seguire la cacciatrice verso una caverna secondaria.

«Ah! Finalmente siamo arrivati» sospirò Lucille, scendendo dal dorso del Midogaron, appena rimisero piede nella tendopoli presso la Base di Ricerca.

Il Sole era appena tramontato, ma la base sugli Altipiani Corallini era comunque piena di vita: ormai sembrava che quasi tutti si fossero abituati alla nuova sistemazione temporanea e stavano tentando di ricreare un senso di normalità. Hono si scrollò lievemente, ancora con la sella addosso, abbaiando contento.

«Quindi, che ne pensi della Valle Putrefatta?» le sorrise Xavia, vedendola stiracchiarsi.

Lucille rise:

«Davvero molto macabra. Il nome le si addice perfettamente! Se non fosse per quell’effluvio, sarebbe il mio bioma preferito del Nuovo Mondo! L’odore è terribile, però»

«Peggio dell’Orrore Nero?» le chiese la cacciatrice, sorpresa.

La Rider annuì: 

«Sì, puoi dirlo forte! Molto peggio! Ma forse è solo questione di abitudine» ammise, imbarazzata.

«Lucille! Finalmente!» 

La ragazza si sentì chiamare dalla voce di suo fratello: Ross corse da loro, abbracciando la gemella.

«Cos’è successo? Pure Irene è tornata prima di te! Ci stavamo tutti preoccupando!» le disse, sconvolto.

Lucille arrossì, grattandosi il collo: 

«Mi dispiace tantissimo, Ross. Ci sono stati problemi gravi. Puoi andare a chiamare Irene e Yuri? Devo parlarvene il prima possibile»

Suo fratello la guardò con uno sguardo confuso, prima di annuire. Ma, prima di andare, guardò alle spalle di Xavia, sorpreso:

«Lucy, per caso hai domato un nuovo mostro, mentre eravate via?»

«Cosa?»

Le due ragazze si voltarono e Xavia strabuzzò gli occhi: dietro di loro si trovava un Odogaron che, appena vide la cacciatrice puntare lo sguardo su di sé, indietreggiò all’improvviso come intimorito e abbassò il capo con un lieve guaito. Il Midogaron fece un passo avanti, annusando il mostro del Nuovo Mondo. Guardò poi la cacciatrice, con un lieve ringhio. Xavia, allora, si rese conto che, con molta probabilità, quello era lo stesso esemplare che li aveva aiutati qualche ora prima: guardò Lucille, non sapendo bene cosa dire.

«Ecco, hai presente quando ti ho detto che un Odogaron ci ha aiutate a mandare via Ekya? Penso che ci abbia seguite fin qui, per qualche motivo»

Ross sobbalzò a sentire quel nome, ma non fece in tempo a chiedere spiegazioni a Lucille, perché la ragazza iniziò a rimuginare:

«Mi hai detto che ha tentato di mangiare della carne di un mostro infetto senza riuscirci e poi ha banchettato con quel Tigrex che avevo purificato; forse ha capito che, se resta vicino a noi, può avere qualche pasto decente?»

«Sembrava che stesse morendo di fame, laggiù. Forse hai ragione» concordò la cacciatrice.

L'Odogaron, intanto, osservava tutti i presenti con fare incuriosito. All'improvviso, si sentì la voce di Mikayla:

«Ehi, che succede qui?» domandò.

Appena sentì quella voce, l’Odogaron tese i muscoli e guardò oltre i tre umani. Xavia e i due Rider si voltarono verso la zia di Yuri, che si stava avvicinando a loro: teneva le braccia incrociate e premute contro l’addome, come se avesse freddo, e camminava con aria nervosa.

«Tutto bene, Mikayla?» le chiese confusa la cacciatrice.

Mikayla annuì:

«Sì, tranquilla. È solo che hanno iniziato ad accendere le torce per la notte. Stavo andando nella mia tenda per riposare appena le ho viste, però mi sono accorta che eravate qui con un Odogaron»

Ammutolì, quando notò che il mostro stava agitando e facendo sibilare la sua coda a sonaglio, mentre la fissava. Lentamente, la donna li superò, si avvicinò all’Odogaron e lo osservò con attenzione: vide che alla zampa anteriore destra mancavano i due artigli centrali. Anziché dieci, ne aveva otto. A quel punto, la donna spalancò gli occhi: 

«Oda! Sei riuscito a tornare nella Valle Putrefatta tutto da solo! Che bravo!» disse, contenta. 

L’Odogaron abbassò la testa e la sorella di Xander iniziò ad accarezzargli il muso: il mostro, allora, si sdraiò a terra contento, crogiolandosi nelle carezze della donna.

«Oda?» chiese Lucille, confusa ma incuriosita.

Mikayla, sorridendo e continuando ad accarezzare il collo del wyvern zannuto, raccontò la storia di quell’Odogaron:

«Sì, era uno dei mostri di mio fratello. Era solo un cucciolo quando l'abbiamo trovato: io e Ben stavamo provando a studiare i territori dei Vaal Hazak per cercare un modo di ucciderli velocemente. Non voleva attaccare, anzi, sembrava terrorizzato da noi. Ben ha notato che aveva una grave infezione alla zampa destra. L'abbiamo portato al nascondiglio e siamo riusciti a medicarlo. Come vedete, adesso ha due artigli in meno, ma avrebbe potuto perdere l’intera zampa, secondo Ben. Il nostro piano era nasconderlo da Xander e liberarlo non appena fosse guarito, ma siamo stati scoperti e mio fratello ha deciso di infettarlo: voleva una cavalcatura agile e veloce»

«E alla fine Yuri l’ha purificato prima che ve ne andaste dalla Landa dei Cristalli - concluse Xavia - Dopodiché, è persino venuto ad aiutarci contro Xander e lo Xeno’Jiiva»

L’Odogaron abbaiò, si rialzò e si avvicinò alla cacciatrice. Xavia fu intimidita per un secondo, ma cercò di mantenere la calma e iniziò ad accarezzargli la testa.

«Mi hai riconosciuta, Oda?» ridacchiò la madre di Yuri.

L’Odogaron le leccò le mani, felice delle carezze.

«Non credo che riuscirebbe a sopravvivere da solo - sospirò Mikayla - Ha passato tutta la vita a non fare altro che prendere ordini da Xander e la sua pietra. Ha dovuto combattere molto spesso, questo non lo nego, ma sono comunque preoccupata per via di tutti i mostri infetti là fuori»

Xavia, allora, disse d’impulso qualcosa che nessuno dei presenti si sarebbe mai aspettato: 

«Posso occuparmi io di lui» affermò.

A quelle parole seguì una lunga pausa, come se anche la cacciatrice si fosse sorpresa di quello che aveva appena detto: 

«Certo, non sono una Rider, però voglio comunque provarci. È difficile da spiegare: è come se sentissi di doverlo fare»

Xavia aveva passato l’intera giornata precedente ripensando alle parole di Yuri: lei, una discendente del primissimo Rider, nonostante non li avesse mai sentiti nominare in vita sua prima di conoscere Xander. Forse quella sensazione era semplicemente dovuta dalla curiosità che il mondo dei Rider le aveva sempre creato da quando l’aveva scoperto. La cacciatrice non aveva idea del motivo per cui lo avesse detto, ma il suo tono era stato così spontaneo da risultare spiazzante. L’Odogaron, come se l’avesse capita, si avvicinò ancora di più alla cacciatrice, iniziando a strusciare un lato del muso contro la sua pancia, come per darle il suo consenso. Mikayla sorrise, mettendosi le mani dietro la schiena:

«Benissimo. Grazie molte, Xavia. Sono certa che con te sarà in buone mani!»

«E se hai bisogno di aiuto, ci sono qui dei Rider esperti pronti in ogni momento!» rise Lucille, mentre Ross annuì sorridendo.

Xavia sorrise, emozionata: 

«Certo. Grazie infinite»

QUELLA NOTTE…

«E così, avete incontrato Ekya» 

Irene, appoggiata con la schiena al muretto delle stalle improvvisate per i loro mostri, rifletté sulle parole di Lucille. I gemelli erano andati a chiamare le altre due Rider appena si erano ritrovati da soli. Yuri era seduta su uno sgabello accanto a Legi, accarezzandole gentilmente il dorso mentre dormiva. Era pensierosa dopo il racconto dell’amica, pur rimanendo in silenzio.

«Sì» sospirò sconsolata Lucille. 

Si guardò le mani e le sfregò freneticamente: ogni volta che si sentiva in colpa, aveva quel piccolo tic nervoso. 

«Mi ha stesa senza che potessi fare nulla: è successo tutto troppo in fretta. Mi vergogno»

«L’importante è che tu stia bene, Lucy - la rassicurò Yuri - Non immagino cosa ti avrebbe fatto quella pazza, altrimenti»

Ross prese la parola:

«Ragazze, non lo trovate strano? Da quando Ekya si mette al servizio di un’altra setta? Tra l'altro, lasciatemelo dire: chiunque siano i capi del padre di Yuri, sono dei veri idioti a pensare di potersi fidare di lei»

«Pensi che tradirà anche loro?» gli chiese Irene.

«Conoscendola, può darsi. Però non è di lei che mi preoccupo… sono più spaventato per quello che ha detto a tua madre, Yuri»

«Il Makili Nova sa che non abbiamo rispettato le trattative, perché voi tre siete venuti ad aiutare» rimuginò la corvina.

Ross annuì: 

«Dovremo stare molto più attenti, d’ora in poi. Chissà, forse i Rider corrotti inizieranno a tendere imboscate; o peggio, ad assediare questo posto»

Irene, improvvisamente, si coprì la bocca con entrambe le mani, scandalizzata:

«Oh no! Ho fatto una cazzata! Questa è colpa mia!»

 Lucille strabuzzò gli occhi alle sue parole.

«Cosa?»

L’albina sussurrò, in tono colpevole:

«Sono stata una scema! Mi sono fatta avvistare dal Makili Nova, quando sono andata in ricognizione alla loro base! Non aveva dato l’allarme, quindi pensavo che non gli importasse di me o che volesse spingermi ad attaccarlo facendomi pressione, ma a quanto pare mi sbagliavo»

Ross la interruppe:

«Anche se fosse così, Ekya non avrebbe potuto sapere che anche io e mia sorella eravamo sbarcati nel Nuovo Mondo. Sento puzza di bruciato»

«Forse quello è colpa mia, invece» sussurrò Yuri, chinando il capo. 

Quando gli altri Rider la guardarono perplessi, cominciò a spiegare: 

«Sapete che il Makili Nova ha provato a impossessarsi di me, l’altro giorno. Senza dubbio, vi ha visti attraverso i miei occhi. È l’unica spiegazione plausibile»

Irene sobbalzò, oltraggiata:

«Yuri, non osare addossarti una colpa del genere! È stata colpa mia! Avevi ragione, non avrei mai dovuto offrirmi per una missione furtiva»

Lucille scattò in piedi, allargando le braccia in segno di rimprovero:

«Basta! Cercare un colpevole non ci serve! Ormai il danno è fatto»

Ross annuì e si accostò a Yuri:

«Lucy ha ragione: è inutile darvi la colpa. Dobbiamo avvertire l’Ammiraglio di quello che è successo: aiuteremo il più possibile a pattugliare la base con i nostri mostri. Difenderemo l’accampamento a tutti i costi. D’accordo?»

«Va bene» annuì Yuri, distogliendo lo sguardo.

«Conta su di me, Ross» sorrise Irene, incrociando le braccia.

Yuri richiuse dietro di sé il telo della tenda, andando a sdraiarsi nel suo sacco a pelo e stiracchiandosi. Aveva tentato di fare tutto il più silenziosamente possibile, perché pensava che sua madre stesse dormendo…

«Sei stanca?» 

Sobbalzò, invece, quando Xavia si voltò verso di lei, sorridendole e accendendo la lampada ad olio.

«Credevo che dormissi; mi hai spaventata» sospirò la ragazza. 

La cacciatrice sorrise e le scompigliò affettuosamente i capelli:

«Non ancora. Stavo aspettando che tornassi: ho un favore da chiederti, Yuri»

«Un favore?» 

La ragazza guardò la madre con uno sguardo curioso, invitandola a continuare.

«Sì. Non so se te lo hanno già detto, ma ho deciso di prendermi cura di un mostro»

«Intendi l’Odogaron? Sì, me l’ha detto Lucille! Ero sorpresa quando me l’ha riferito»

«Pure io sono sorpresa, se devo essere onesta. Non so dirti perché l’abbia deciso: è stata una scelta spontanea. Non ho riflettuto affatto»

«Forse è il tuo sangue di Rider a spingerti a farlo» azzardò Yuri. 

Stava tentando di sdrammatizzare e ci riuscì: sua madre la guardò per un momento, prima di ridacchiare.

«Forse hai ragione. Ma sono stata una cacciatrice per tutta la vita. Conosco le pratiche dei Rider, ma niente di più. Credo che l’unica cosa che sono in grado di fare sia rimanere aggrappata ai mostri in corsa. Per questo mi chiedevo se puoi insegnarmi»

«Insegnarti?» 

Yuri sorrise compiaciuta e sua madre annuì:

«Sì. Se devo prendermi cura di Oda, voglio farlo per bene, come fareste voi Rider. Sei disposta ad aiutarmi, Yuri?»

Yuri rimase in silenzio per qualche attimo, prima di sorridere e arrossire in modo velato: 

«Certo che sì! Ti aiuterò, mamma! Volevo già farti un pensiero per ringraziarti di tutto quello che hai fatto per me in questi ultimi mesi, questo è il minimo che possa fare!»

Xavia fece un ampio sorriso, allargando le braccia e abbracciando forte sua figlia: 

«Grazie, Yuri! Grazie, grazie di cuore!»

«Diventerai una Rider onoraria, mamma! Parola mia!» 

La ragazza ricambiò l’abbraccio di sua madre, che rise di nuovo.

«Allora conto su di te, Yuri!»

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Capitolo 51
*** I tre Fatalis ***


L’incubo di Ayla aveva qualcosa di diverso, quella notte. Era raro che ci fossero delle modifiche e, ogni volta che ciò succedeva, significava che il Fatalis voleva dirle qualcosa. A volte l'aveva fatto per annunciarle un evento futuro, altre soltanto per tormentarla perché ci provava gusto, soprattutto durante la sua infanzia. Ma quella volta era davvero strano.

Il cielo era ancora più scuro, ma non si trovava nel solito villaggio distrutto con tutti gli abitanti uccisi brutalmente. Anzi, non capiva dove potesse essere: attorno a lei si trovavano diverse macerie e strumenti di caccia distrutti sparsi in quello che sembrava un campo di battaglia. Guardandosi intorno, Ayla non si accorse di essere finita a pochi passi da una gigantesca creatura lunga distesa al suolo. Sobbalzò, saltando all’indietro, quando si rese conto di cosa fosse: quello era il Fatalis, ma aveva qualcosa di strano che le fece provare ribrezzo. Era un abominio: la sua testa e le sue ali erano ricoperte da luminose scaglie bianche, possedeva della peluria bianca sulla parte sinistra della testa e un enorme corno sul lato destro, molto più lungo degli altri. La sua coda, l’addome e i suoi arti anteriori erano corazzati da scaglie rosso cremisi, mentre il suo dorso e le zampe posteriori erano neri. Su tutto il corpo possedeva delle diverse chiazze di scaglie dei tre colori, disordinate e senza una composizione precisa. Stava ringhiando e si agitava in preda alle convulsioni. Ayla notò anche che pareva sofferente: quando si alzò lentamente, sollevando la testa e dispiegando le ali, aveva iniziato a respirare affannosamente. Emise un ruggito che fece tremare la terra: dalla sua bocca fuoriuscì una potente fiammata che si innalzò verso il cielo, da dove caddero diversi meteoriti incandescenti e fulmini rossi dopo qualche secondo.

La cacciatrice, che dovette inginocchiarsi per non farsi sbalzare via dalla scossa dovuta al ruggito, percepì tutto il dolore di quell’abominio innaturale. Occhi di Sangue si portò una mano alla bocca, disgustata da quell’orrenda creatura: si sentì in dovere di ucciderla. Afferrò la sua spadascia, immediatamente passando alla modalità spada e lanciandosi verso quell’essere... quando all’improvviso scomparve: al suo posto, seduta a terra mentre si teneva la testa, si trovava la figlia di Xavia. Ayla si fermò appena in tempo, con la lama della spada ad appena pochi centimetri dalla testa di Yuri. La ragazzina sobbalzò e la fissò con uno sguardo terrorizzato e confuso, mentre strisciava all’indietro affannata. Prima che Occhi di Sangue potesse dire qualsiasi cosa, sentì un altro ruggito alle sue spalle e un’enorme ombra si manifestò sopra di loro: voltandosi, Ayla fece appena in tempo ad intravedere il Fatalis, prima che lei e la ragazza fossero travolte da una gigantesca fiammata che bruciò entrambe.

Ayla aprì gli occhi di soprassalto, urlando. Affannata, si guardò intorno velocemente: era nella sua tenda, madida di sudore e con gli occhi strabuzzati. Era l’alba, a giudicare dalla luce che filtrava dal tessuto della tenda.

«Ayla! Tutto a posto?»

Gionata, che era già sveglio, sobbalzò al suo urlo e corse da lei.

«Io… il Fatalis… l’incubo… Yuri!»

«Calma, calma, sei sveglia ora! E Yuri? Cosa c’entra la ragazzina?» chiese il suo fidanzato, confuso quanto lei.

«L’incubo era completamente diverso, Gionata! Non ho ucciso nessuno! Non ero nel solito villaggio! Ho visto un essere raccapricciante che poi è diventato Yuri e... e... il Fatalis ci ha attaccate! Gionata, mi devi credere: lo ricordo ancora alla perfezione!»

Gionata si inginocchiò per guardarla negli occhi e, cercando di rassicurarla, le prese gentilmente le spalle:

«Ayla, fai un bel sospiro: sei più tesa di una corda!»

«Sì, giusto. Accidenti»

Gionata prese per mano la sua fidanzata e la incoraggiò, in tono gentile:

«Raccontami più nel dettaglio cos’hai visto nel sogno, va bene? Riusciremo a capirci qualcosa, insieme. Ne sono certo»

Ayla, allora, annuì prima di iniziare a spiegargli per filo e per segno il suo sogno: il rivoltante ibrido fra i tre Fatalis, il disgusto che le suscitava e il suo impulso di farlo fuori, l’improvvisa apparizione di Yuri e infine il Fatalis che per vent’anni l’aveva tormentata nei suoi sogni. Mentre raccontava il suo sogno a Gionata, le tornarono in mente le parole del professor Dehmoutvsu, un erudito wyverniano da Minegarde che aveva passato alcuni anni a Noroge, il villaggio natio dei due fidanzati, per "studiarla" da vicino: le aveva spiegato una teoria per cui la maledizione poteva intensificarsi se lo spirito del Fatalis si fosse avvicinato ad un suo simile. Erano forse questi gli effetti? Yuri contava come un suo simile, ora che possedeva anche lei un gene di Fatalis? Gionata si strofinò mento, pensieroso:

«Be’, è un cambiamento piuttosto radicale, non c’è che dire»

Ayla annuì, grattandosi le tempie:

«Non capisco cosa centri Yuri in tutto questo. Ha preso il posto di quell’abominio, prima che potessi ucciderlo»

«Il Fatalis stava cercando di comunicarti qualcosa... ti ha mostrato una chimera raccapricciante e la figlia di Xavia. Le due cose devono essere per forza collegate»

I due rimasero qualche minuto in silenzio a riflettere, prima che Gionata sbuffasse: «Cosa lega quella ragazzina ad un abominio fusione di tre Fatalis diversi?»

Ayla, improvvisamente, ebbe un'illuminazione: batté le mani, guardando il fidanzato:

«Il suo gene! Ma certo!»

«Che intendi?»

«Rifletti sui suoi poteri: Xavia ci ha parlato di un controllo quasi assoluto del fuoco, come un normale Fatalis! Poi, ad Astera, ha colpito il Makili Nova con un meteorite, come un Fatalis cremisi! E poi, qualche giorno fa, ha fritto un Legiana con delle scariche elettriche vermiglie, come un Fatalis bianco!»

Gionata strabuzzò gli occhi:

«Ha i poteri dei tre Fatalis? Quindi pensi che la chimera del suo sogno rappresenti una sorta di gene "misto"? È possibile una cosa del genere?»

«Che ne so? È l’unica spiegazione che riesco a dare al sogno. Devo parlare con lei! Il Fatalis odia gli umani, magari considera Yuri e i suoi poteri un'offesa; dev'essere per questo che voleva che la uccidessi, nel mio sogno»

«Certo, certo, però prima aspetta di rilassarti almeno un po’, se no va’ a finire che la terrorizzi! Dopo voglio proprio vedere che casino viene fuori» la interruppe Gionata, prendendole una mano gentilmente.

Il Makili Nova era preoccupato: quella notte aveva percepito una presenza. Non era la prima occasione in cui succedeva, da quando si era incarnato per la terza volta: già quando era rinato, la sentiva da qualche parte in cima ad una rupe, molto vicina all’erede di Redan. Poi, quando si era presentato ad Astera per sfidare il Miracolo Bianco, l’aveva avvertita in mezzo alla folla. Aveva un sospetto su cosa fosse, ma era così nascosta e così sopita che non riusciva a capirlo fino in fondo. Ma ora, quella presenza si era agitata all’improvviso e la sua rabbia era giunta fino a lui: quello era un Fatalis, l’unico mostro che doveva davvero temere. Avrebbe riconosciuto la sua furia tra mille e, quella notte, l’aveva sentita in tutta la sua possenza. Quando era rinato, non aveva la minima paura di essere fermato da un Fatalis come la prima volta: sapeva bene che non ce n’erano mai stati nel Nuovo Mondo. Eppure, eccone uno; chiaramente non era vivo. La presenza non era abbastanza concreta per essere fisica: era un fantasma. Il Makili Nova sapeva che a volte i Fatalis tornavano possedendo degli umani per vendicarsi dei loro assassini, ma quella era la prima volta che ne percepiva uno di quel genere. Se il Drago del Destino era nei paraggi, doveva stare molto cauto ed eliminare il posseduto al più presto, prima che il Fatalis lo distruggesse. 

Di notte il cielo si era rannuvolato e adesso pioveva. Era una pioggia tranquilla, ma insistente. Alcuni non se ne curavano e si occupavano delle loro faccende in giro per la nuova base come se niente fosse, mentre altri si aggiravano in fretta e furia imprecando, cercando di stare il meno possibile al bagnato e raggiungere le tende più in fretta che potevano. La nebbia era così fitta che si faceva fatica a vedere anche a cinque passi dal naso. Ayla, non sapendo dov’era Yuri, decise di andare da Xavia per chiederlo a lei, ma alla fine, non ne ebbe il bisogno: trovò la ragazza poco lontano dalle tende più esterne, sotto una rudimentale copertura in legno che doveva diventare il deposito delle armi. Mentre il suo Rathalos stava seduto, la ragazzina cercava di asciugare la sua sella con uno straccio. Ayla sospirò un’ultima volta, si sforzò di fare un sorriso caldo e le si avvicinò:

«Ciao, Yuri!»

«Ehi, Ayla! Devi dirmi qualcosa?» chiese la ragazzina, serena.

«Sì, è molto importante»

«Davvero?»

«Si tratta del tuo gene»

La figlia di Xavia scattò subito sull’attenti, confusa:

«Cosa?»

«È abbastanza complicato, ma devo davvero spiegartelo, per il tuo bene»

«Certo! Anzi, ti ringrazio: delle spiegazioni sarebbero davvero il massimo»

«Lo spirito del Fatalis dentro di me si è agitato a causa di quel gene. Stanotte, in sogno, mi ha mostrato la verità sui tuoi poteri»

Yuri, molto interessata, le chiese subito di andare avanti.

«Va bene»

Accanto all’impalcatura c’erano degli sgabelli, quindi ne presero uno per ciascuna e si sedettero faccia a faccia. Ayla decise di iniziare a parlare dell’incubo dovuto al Fatalis: Xavia le aveva riferito che Yuri aveva iniziato a sentirsi irrequieta ogni notte e a fare incubi, quindi voleva rassicurarla su questi ultimi come prima cosa.

«Dunque, hai cominciato ad avere un incubo in cui stermini tutti quelli che conosci e ne sei felice?» chiese.

Yuri strabuzzò gli occhi:

«Sì! Sì, è esattamente quello che vedo ogni notte!»

«Dunque è come la mia maledizione»

«Ti prego, dimmi che non succederà mai per davvero!»

«No, tranquilla. Sono io quella che deve temerlo»

«Oh, che sollievo! Comunque, mi dispiace tanto per te» aggiunse Yuri.

«Non fa niente, tranquilla. Inoltre, ci tengo ad avvisarti che l'incubo non sarà sempre uguale. Certe notti, potresti sognare due versioni diverse»

«Ovvero?» domandò Yuri, allarmata. 

«A volte si tratterà di visioni del futuro, filtrate e camuffate con delle immagini criptiche che capirai solo al momento giusto. Quando noi della Quinta Flotta stavamo navigando verso questo continente, sognai la Landa dei Cristalli anche se nessuno sapeva ancora che esistesse»

«Interessante! Allora d'ora in poi farei meglio a starci molto attenta, magari riuscirò a capire alcuni dettagli in anticipo. Qual è l'alternativa?»

«A volte, ti capiterà di rivivere alcuni giorni "di spicco" della tua vita. Spesso, io ho rivisto le peggiori offese che i miei compaesani mi rivolgevano da bambina, quando avevano paura di me. Nel sogno, ti sembrerà di essere una spettatrice invisibile: vedrai persino te stessa dall'esterno. Ti avverto, sarà strano; davvero molto strano»

Yuri era a dir poco stupita:

«Non me l'aspettavo per niente! Chissà quali episodi rivivrò io; magari alcune figuracce fatte da piccola ad Hakum?»

Ayla non trattenne un vago sorriso divertito, ma decise che era il caso di continuare:

«Ora, sai di che gene si tratta, giusto?»

Yuri sembrò confusa per un attimo, prima di parlare:

«In tutta onestà, ho qualche dubbio. Xander diceva che è un gene di Fatalis, ma la mamma è convinta che ci sia qualcosa che non quadra: i Fatalis normali non possono evocare rocce infuocate dal cielo o lanciare fulmini a comando. Non so nulla sui Draghi Neri, a parte le leggende tramandate su di loro»

Ayla le mise una mano sulla spalla e affermò:

«Questo mi porta al prossimo punto. So che potrebbe sembrarti una follia, ma non è il gene di un vero mostro»

«Cosa?»

«Nel mio sogno, ho visto un essere raccapricciante: un miscuglio fra i tre Fatalis. Subito dopo...»

Ayla ebbe un lieve sussulto e batté le palpebre: forse era meglio tralasciare il fatto che stava per ucciderla, nel sogno. Dunque riformulò in fretta e furia le sue parole:

«Subito dopo, quell’essere è svanito e sei apparsa tu, al suo posto»

Yuri era esterrefatta. Si poggiò una mano sul petto, dove Xander le aveva infuso il gene.

«Ho l'unione di tre mostri, nel mio corpo? Di solito, i geni si preparano con una Pietra del Legame e alzuni pezzi di tessuti animali. Chiunque abbia dato il gene a mio padre, ha fatto qualcosa che nessuno ha mai tentato: ha fuso insieme più parti di mostri differenti. Ah, che barbarie!»

«Questo, però, spiega alcune delle differenze tra noi due - le spiegò Ayla - Per esempio, il fatto che ti senti lucida quando la furia del Fatalis ti travolge: io perdo la testa, invece. Il gene non fa altro che donarti i poteri del Fatalis e permetterti di utilizzarli»

«Suppongo che tu abbia ragione» annuì Yuri.

La Rider era un po’ dispiaciuta per la cacciatrice. la maledizione del Fatalis aveva rovinato la vita di Occhi di Sangue, mentre adesso che pure lei era in una condizione simile era saltato fuori che in verità erano completamente diverse.

«Oltre a quello che hai già potuto vedere, hai un altro potere: le tue ferite guariscono molto più in fretta del normale, persino quelle permanenti»

«Be', in realtà lo sospettavo. Ricordo ancora quando il Makili Nova mi ha sbattuta contro il tavolo di pietra della mensa, ad Astera: soffrivo così tanto che non riuscivo a urlare, avrei giurato di essermi rotta la schiena; eppure, pochi minuti dopo, non sentivo più niente! Dunque è opera del Fatalis?»

Ayla annuì, prima di affermare:

«Bene, ora non spaventarti più, se dovessi riportare ferite gravi o mortali: sopravvivrai»

«Davvero? Come fai ad esserne sicura? Voglio dire, persino quando dovrei morire sul colpo?»

Ayla si strinse nelle spalle, guardandosi attorno:

«Se mi prometti di mantenere il segreto, posso dirtelo, Yuri»

«Eh? Sì, d’accordo. Te lo prometto» annuì la ragazzina, titubante. 

La cacciatrice si era incupita nel dirglielo, forse non voleva parlargliene, ma la curiosità per Yuri era troppa. Occhi di Sangue, allora, sospirò, prendendo coraggio:

«Una volta, anni fa, sono morta»

«Cosa?!» Yuri strabuzzò gli occhi, incredula.

«È la verità. Ti ho già parlato di Mordicchio?»

La ragazzina scosse la testa, ma le disse che quel Deviljho selvaggio era talmente famoso che addirittura ad Hakum era giunta voce di cosa faceva ad ognuno dei suoi sfidanti, nell'arena di Pokke.

«Allora te la faccio breve. Lo sfidai e mi stracciò senza fatica. Ebbene, in quell’occasione morii, ma ritornai: il Fatalis non mi permette di morire, vuole tenermi viva per continuare a farmi soffrire e tormentarmi. È per questo che non rimango lucida quando mi infurio: lui vuole che sia così. Mi ha resa quella che sono perché voleva che tutti avessero paura di me e mi lasciassero sola nel mio sconforto. Per fortuna, però, non è il tuo caso; dubito che un pezzo di carne infuso in te abbia una coscienza»

Yuri, sentendo la nota di tristezza che aveva investito Ayla parlando di ciò, le disse d’istinto che le dispiaceva tanto.

«Non preoccuparti per me: ormai ci sono abituata, non è più un problema. Anzi, non saprei immaginare come sarei senza la maledizione: ormai è parte del mio essere»

«Capisco»

Senza perdere altro tempo, Ayla passò all’ultima cosa da dire, la più importante:

«Ora sai molto meglio quello che ti succede. Ora, tieni a mente questo, perché è fondamentale: non devi mai e poi mai vedere questa tua condizione come un male. Accettalo senza credere che ti possa rovinare, perché se riesci a crederci, vedrai che alla fine diventerà come un valore aggiunto! – appoggiò una mano sulla spalla di Yuri e le sorrise – Certe cose possono sembrare la peggior sorte di sempre, come possono sembrare la migliore: dipende tutto dai punti di vista. Hai l’anima e i poteri di ben tre Fatalis? Pensa ai vantaggi che ti può portare! Non farti spaventare dall’incubo: è solo un piccolo effetto collaterale, nient'altro!»

Yuri sembrò ispirata dalle sue parole, pareva quasi rifiorita con una nuova energia e voglia di vivere:

«Questo è quello che hai fatto tu, vero?»

«Certamente! Anzi, per te sarà ancora più facile, visto che non sei maledetta e sei in grado di controllare i questi poteri. Se riuscirai a conviverci, vedrai che ti accorgerai solo del lato buono di questa cosa»

Yuri si alzò e le rivolse un sorriso radioso:

«Grazie, Ayla! Grazie sul serio!»

«Di niente, ho fatto il mio dovere» rispose la cacciatrice.

La Rider, a quel punto, si alzò, tolse la sella a Ratha e si allontanò, ringraziando ancora una volta la cacciatrice per la loro chiacchierata. Il Rathalos, invece, rimase dov’era: non gli andava di bagnarsi di nuovo la membrana delle ali, dopo alzarsi in volo era tre volte più faticoso. Ayla, rimasta sola, si alzò e guardò il cielo nuvoloso per un istante:

"Ora devo solo sperare che la teoria di quell'erudito wyverniano non comprenda anche Yuri" pensò, tesa.

Dopo qualche secondo, però, la cacciatrice sospirò, a occhi chiusi. Si mise le mani sui fianchi e tornò verso la sua tenda:

“Meglio raggiungere la squadra. Oggi ci saranno parecchi minerali da raccogliere” si disse.

«Ehi, scusami! Posso chiederti una cosa?»

Gionata, che si stava dirigendo alla sua tenda dopo aver parlato col fabbro per fargli controllare la sua lancia-fucile, si sentì chiamare. Voltandosi in direzione della voce, notò che si trattava della Rider albina. Ayla gli aveva parlato di lei dopo la sua sfuriata di un paio di giorni prima, quindi non sapeva cosa aspettarsi da lei.

«Che c’è?»

«Sei il fidanzato di Occhi... cioè, di Ayla, giusto?» la bionda si corresse immediatamente, prima di dire quel soprannome.

«Sì, sono io. Perché?» le chiese, stranito dalla domanda.

«Ottimo. Due giorni fa, l’ho fatta veramente infuriare e volevo trovare un modo per scusarmi. Sono stata veramente una stupida a continuare a vantarmi in quel modo, aveva ragione. Però non trovo alcuna idea su cosa potrei fare»

«E così sei venuta a chiedermi un suggerimento» intuì Gionata.

Irene annuì e i
l cacciatore si portò le mani al mento, pensieroso, prima di schioccare le dita:


«Ci sono! Ayla adora fare dei braccialetti: ne ha fatti diversi con delle scaglie di mostro, ma l’ultimo che voleva fare era con diverse pietre preziose importate dal Vecchio Mondo. Le ha raccolte praticamente tutte e ha chiesto al capitano del mercantile se poteva recuperare l’ultima per completarlo; però tutta la merce è andata persa per colpa dei Plesioth di quel pazzo e quindi non ha ancora potuto completarlo»

«Capisco. Quale pezzo le manca?»

«Della dundormarina. Quando tutto questo casino sarà finito, forse potresti portargliene un po’ per farti perdonare: ti assicuro che funzionerebbe!»

Gionata non notò che Irene si era accigliata improvvisamente, pensierosa.

«Va bene. Grazie mille per l’aiuto!»

Detto questo, la Rider corse via verso la sua tenda, lasciando Gionata da sola, che scrollò le spalle e riprese la sua strada verso la sua tenda.

QUALCHE ORA DOPO...

Nonostante le parole che aveva detto ad Ayla, Yuri non riusciva a smettere di pensare a quello che avevano scoperto: un gene misto di tre Fatalis: non sapeva cosa fare. Doveva dirlo ai suoi amici? A sua madre? Il cielo si era ormai rasserenato, quindi la ragazza stava approfittando di quel momento di pausa e tranquillità per fare una passeggiata al limitare della tendopoli. Stava seguendo l’ordine di Redan, certo, ma non riusciva comunque a starsene nella sua tenda a non fare niente: Ross, Lucille e Irene erano partiti quella mattina per visitare l’ultimo bioma del Nuovo Mondo in cui non erano stati. Sua madre e Mikayla, invece, aiutavano a tenere a bada i mostri infetti. Sospirando, Yuri si sedette su un corallo a strapiombo sulle profondissime gole della Valle Putrefatta, lievemente sconsolata: si sentiva l’unica inutile, in quel momento. 

All’improvviso, avvistò un Astalos nel cielo: Mikayla stava rientrando alla base. Le venne in mente un’idea: si tirò su in fretta, andando verso le scuderie improvvisate dove erano sistemati i loro mostri. Doveva parlarne il prima possibile con sua zia. Come si aspettava, l’Astalos e Mikayla atterrarono a qualche metro dalle scuderie: appena lei scese dal dorso di Asta, Yuri fece un respiro profondo per farsi coraggio, prima di avvicinarsi.

«Ehi, Mikayla?»

Mentre accarezzava Asta per complimentarsi con lui per l'ottimo lavoro che avevano svolto nell'ultima spedizione contro i mostri infetti, la donna-Zinogre si sentì chiamare dalla nipote e si voltò a guardarla, sorpresa:

«Oh, ciao Yuri! Tutto bene? Hai bisogno di qualcosa?» le chiese con gentilezza, notando l’espressione sul suo volto: pareva piuttosto tesa.

Dopo una breve esitazione, la ragazza si decise a parlare:

«Dunque, volevo chiederti una cosa, ma per favore, non dirlo alla mamma! Glielo dirò io più tardi!»

Mikayla sollevò un sopracciglio, scrollando le spalle:

«D’accordo. Bene, allora, cosa vorresti chiedermi?»

«Ayla ha scoperto qualcosa in più sul gene che quello schifoso di mio padre mi ha infuso»

«Occhi di Sangue? E che cosa ha scoperto? E come, soprattutto?»

«L'ha scoperto in sogno, ma questo non è importante. Il fatto è questo: ha scoperto che il mio gene è in realtà un miscuglio ottenuto utilizzando tutti e tre i Fatalis conosciuti. Stamattina me ne ha parlato e non riesco proprio a togliermi dalla testa le sue parole»

Yuri si grattò il capo, abbassando lo sguardo. Sua zia sbarrò gli occhi:

«Frena, frena; cos’ha fatto mio fratello? È possibile creare un gene con più mostri?»

Mikayla si massaggiò le tempie. Mentre faceva parte dei Servi del Flagello con Xander, non aveva mai sentito parlare di nulla del genere; Yuri le disse che le avrebbe spiegato più nel dettaglio in seguito.

«Quello che mi ha detto è stato di cercare di concentrarmi sui lati positivi della mia “condizione”. Credo che questo lato positivo siano i poteri che mi dà il gene!»

«Buon per te, ma cosa c’entro io con tutto questo?» chiese Mikayla, grattandosi il collo.

«Volevo chiederti: mi aiuteresti ad allenare i miei poteri?»

«Allenarti? Io?»

Sua nipote incrociò le braccia e chinò il capo, sospirando:

«Sì! Finora li ho usati solo d'istinto e presa dalla furia del Fatalis. Adesso, anche se mi concentro, non riesco a ricreare quell’alone di fuoco, a evocare un meteorite o a lanciare fulmini. Speravo che tu potessi aiutarmi, visto che hai molta più esperienza di me con i tuoi poteri e...»

Mikayla alzò la mano gentilmente, interrompendola:

«Yuri, apprezzo il pensiero, ma nemmeno io ci so fare così tanto»

Questa volta fu Yuri a guardarla sorpresa:

«Come?»

«È vero: è Mikie quella che ha padroneggiato del tutto i poteri del gene. Il massimo che posso fare io è questo»

Detto ciò, Mikayla alzò le braccia e tese le dita: i suoi avambracci furono ricoperti da luminose saette azzurre, che sparirono dopo pochi secondi.

«Posso anche lanciare deboli scariche elettriche, ma non è neanche un pizzico di quello che sa fare lei»

Hai finito di deprimerti, Mikayla?

«Ehi, stavo parlando bene di te!» ribatté ad alta voce, incrociando le braccia.

Yuri per un momento parve confusa, prima di capire che sua zia stava parlando con l’altra se stessa.

Certo, sono più brava di te con i nostri poteri. E allora? Li ho usati quasi dieci anni e ho combattuto fino a perdere il conto, mentre tu non hai mai cercato di imparare. Se ti metterai d’impegno e seguirai i miei consigli, sono sicura che mi raggiungerai in fretta! Se vuoi, posso insegnare sia a te, sia a Yuri! Ovviamente parlo solo dell’elettricità: il fuoco non ho idea di come possa controllarlo. Per non parlare delle meteore.

La donna giocherellò coi suoi capelli e riportò le parole della voce nella sua mente:

«Dice che potrebbe aiutarci lei a fare pratica. Però non possiamo fare molto per gli altri tuoi poteri: possiamo aiutarti solo con i fulmini. E per favore, non incendiare nulla! Ti supplico»

Yuri scosse velocemente la testa:

«No, no! Tranquilla, so della tua fobia! Non lo farei in ogni caso!»


La donna fece un respiro profondo per calmarsi, prima di sorridere alla ragazza e metterle le mani sulle spalle.

«Va bene allora. Comunque cerca di non esagerare, va bene? Redan ti ha detto di riposarti, non è vero?»

Yuri strabuzzò gli occhi:

«Cosa? Come fai a saperlo?»

«Me l'ha detto Xavia.»

«E ci credi? Voglio dire, non ti sembra strano?» la ragazza abbassò lo sguardo.

Mikayla sorrise:

«Yuri, sono pur sempre tua zia! Mi fido di te più di chiunque altro. Il fantasma del primo Rider riposa nella tua Pietra del Legame, ti ha parlato e ordinato di rimanere a riposo? Non è poi così tanto assurdo»

La donna ridacchiò, strappando un mezzo sorriso a Yuri.

«Giusto. Grazie, Mikayla»

«Figurati! Allora, domani iniziamo il nostro allenamento? Ci stai anche tu, Mikie?»

«Per me va bene. A domani allora, Mikayla!»

Detto questo, la Rider lasciò la zia e l’Astalos da soli alle scuderie: Asta iniziò a strusciare la membrana del corno sul fianco della padrona, ansioso di farsi togliere la sella per potersi finalmente riposare.

«Qui può andare bene!»

Yuri scese dal dorso del suo Legiana e rassicurò sua madre, indicando uno spiazzo abbastanza sgombro appena davanti a loro: le vette degli Altipiani Corallini non occupavano troppo spazio e il terreno era abbastanza uniforme per prendere confidenza con la cavalcatura. Oltretutto, il suolo era ammantato da una coltre di sabbia candida: ottimo per attutire le cadute. Appena rientrata dalla sua caccia del giorno, Xavia aveva chiesto alla figlia se poteva aiutarla con Oda come le aveva chiesto la serata prima. Ovviamente Yuri aveva accettato, contentissima di poterle essere d’aiuto. Mentre il fabbro e i suoi assistenti progettavano una sella su misura per l’Odogaron, Lucille aveva accettato di prestare loro la sella del suo Midogaron, dato che avevano un fisico all’incirca simile.

«Yuri, sei sicura che questo sia necessario? Insomma, sono già in grado di rimanere attaccata ad un mostro in corsa»

La prima cosa che era venuta in mente alla ragazza fu quella di aiutare la madre a prendere più confidenza con l’Odogaron: da quello che aveva visto durante le sue spedizioni alla Valle Putrefatta, erano mostri estremamente rapidi e agili. Non erano la migliore scelta come primo mostro di un nuovo Rider, quindi quello era il punto principale su cui iniziare a lavorare.

«Rimanere aggrappata a un mostro e cavalcarne uno sono due cose completamente diverse - spiegò Yuri, accarezzando Legi - In un caso, stai lottando con il mostro e agisci in base a quello che fa; nell'altro caso, invece, sei tu a dire al mostro cosa fare»

A dimostrazione di quanto aveva appena detto, la ragazza batté i talloni sui fianchi di Legi: il Legiana, allora, iniziò a camminare verso il centro della vallata. Yuri, di colpo, tirò le redini e reclinò la schiena all'indietro: Legi sbatté velocemente le ali, alzandosi in volo e sollevandosi da terra di diversi metri.

«Ovviamente Oda non sa volare, ma in sostanza il concetto è lo stesso!»

«Capito»

Yuri fece atterrare Legi, prima di scendere dalla sua sella e accarezzarle il collo: 

«Ricordati che sono pur sempre esseri viventi: anche loro hanno dei limiti che non possono superare.».

La ragazza, quindi, si avvicinò alla madre battendo la mano sul fianco di Oda:

«Posso provare a cavalcarlo per qualche minuto? Così posso farmi un’idea di cosa consigliarti»

«Certo, fai pure» annuì Xavia, sorridendole.

Yuri annuì, saltando in groppa all’Odogaron e afferrando le redini dopo avergli accarezzato il collo per qualche attimo: il Legiana ne approfittò per avvicinarsi a Xavia, quindi Yuri strinse le redini e batté con forza i talloni sui fianchi del wyvern zannuto. L’Odogaron, allora, ringhiò e partì di corsa: si mosse molto velocemente, sfrecciando di fronte a Xavia. Nonostante la sua velocità, Yuri riusciva a tenere la situazione sotto controllo senza agitarsi: impugnava saldamente le redini, muovendosi quanto bastava per seguire i movimenti del dorso del mostro. Xavia si ritrovò ad ammettere che Yuri aveva ragione: lei non sarebbe riuscita a farlo, se gliel’avesse chiesto così su due piedi. Yuri continuò a far riscaldare Oda per diversi minuti, facendolo correre per tutto lo spiazzo: alla fine, sorrise e prese ad accarezzargli il collo, dandogli un pezzo di carne essiccata che si era portata. Oda uggiolò contento, divorando il pezzo di carne in un secondo. Avendo appena mangiato, il suo sangue si pressurizzò: prese ad ansimare, le venature delle grinze sul suo dorso si illuminarono di arancione e un'intensa voluta di vapore iniziò ad uscirgli dalla bocca. 

«Bene! Pronta, mamma?» chiese Yuri, scendendo dal dorso del mostro e camminando con lui verso la madre tenendogli le redini.

«Sì, penso di sì» disse Xavia, un po’ insicura ora che era arrivato il suo turno.

«Mamma, stai tranquilla: appena avrai preso la mano con le basi, vedrai che non è così complicato adattarsi anche ad altri mostri! Spero di riuscire ad insegnarti abbastanza bene: non l’ho mai fatto prima»

La ragazza si grattò il collo, imbarazzata.

«Sono sicra che ce la farai, Yuri! Sono nelle tue mani» le sorrise Xavia. 

Yuri annuì, ricambiando il sorriso. 
La ragazzina aiutò la madre a montare sulla sella dell’Odogaron e, visto che era parecchio più in alto rispetto a dove arrivava, Yuri chiamò Legi e salì in piedi sulla sua schiena per raggiungere la madre.

«Bene, mamma, ricordati solo questo: devi cercare di non agitarti e tenere ben salde le redini, qualunque cosa accada. Oda è già ben addestrato: Xander almeno sa fare bene il suo lavoro da Rider»

La ragazza sospirò, accorgendosi troppo tardi di aver riconosciuto un merito a suo padre per sbaglio. Xavia sorrise, scuotendo la testa, prima che Yuri continuasse a spiegare:

«La cosa più importante è riuscire a mantenere l’equilibrio per rimanere bene in sella: il resto verrà da sé. Batti una volta i talloni sui suoi fianchi per farlo iniziare a camminare e seguici, va bene?»

Detto questo, Yuri si sedette sul dorso di Legi prima di tirare un colpetto con gli schinieri: il Legiana, allora, prese a camminare di fronte all’Odogaron, in linea retta.

«D’accordo»

Xavia annuì, facendo come la figlia le aveva detto: batté i talloni sui fianchi di Oda, ma senza metterci troppa forza. Il risultato fu solo un lieve sussulto da parte del wyvern zannuto, che la guardò con la coda dell’occhio confuso.

«Stai tranquilla, sono pur sempre dei mostri: mettici un po’ più di forza, ma non troppa, va bene? Altrimenti partirà alla massima velocità»

«Va bene»

Xavia riprovò e questa volta ci riuscì: l’Odogaron iniziò a camminare in avanti lentamente, seguendo il Legiana pacificamente. La cacciatrice lo trovò quasi buffo, dato che normalmente quei due mostri si contendevano il titolo di predatore dominante degli Altipiani Corallini.

«Benissimo! - esclamò Yuri - Per fermarlo, semplicemente tira le redini verso di te e sposta il peso all’indietro: tienile sempre ben strette fino a quando non ti senti abbastanza confidente. Ci vuole molta pratica per tenere le mani libere mentre cavalchi un mostro, quindi non scoraggiarti!»

Xavia rimase in silenzio, annuendo, e Yuri continuò a illustrarle le basi con delle semplici dimostrazioni: come far cambiare direzione al mostro, come regolare la velocità.

«Sono comunque in grado di adattarsi per conto proprio, in ogni caso - spiegò la ragazza, facendo rallentare Legi e affiancandosi alla madre mentre continuava a far camminare Oda - Se dovesse vedere un ostacolo nel percorso, ad esempio, non è necessario che sia tu stessa a dare l’ordine di evitarlo: il trucco sta nel mantenere la calma e fidarsi del mostro intervenendo solo quando necessario. “Fidati del tuo mostro e si fiderà di te”. Nei legami più stretti, i mostri riescono persino a percepire lo stato d’animo del loro Rider»

«Sicura che non hai mai insegnato a nessuno? Dico sul serio: sei proprio brava»

Le parole di sua madre fecero arrossire Yuri, che distolse lo sguardo con una risatina imbarazzata. La ragazzina ripensò con nostalgia alle lezioni di Dan e rispose:

«Ho avuto un bravo maestro. Forza, ora proviamo ad aumentare un po’ il passo, va bene? Stacci dietro!»

Yuri batté due volte i polpacci contro i fianchi del wyvern volante e Legi superò velocemente l’Odogaron, allontanandosi di qualche metro.

«Ah! Aspetta!» sobbalzò Xavia. 

Accarezzò brevemente il collo di Oda, prima di fare come la figlia ma mettendoci troppa forza e inavvertitamente tirando le redini: l’Odogaron si alzò improvvisamente sulle zampe posteriori e la cacciatrice, non aspettandoselo, perse l’equilibrio e cadde dalla sella, distesa a terra nella sabbia.

«Oddio, mamma! Scusa, scusami tanto!»

Yuri scese velocemente dal dorso del Legiana e correndo dalla madre e dal mostro, che teneva il muso basso dispiaciuto. Xavia si rimise seduta, prima di ridacchiare scrollandosi un po’ della sabbia di dosso:

«Be’, è normale cadere qualche volta, no?»

«Sì, però mi spiace! È stata colpa mia, ti ho colta di sorpresa!»

Xavia le diede una pacca sulla spalla e la rassicurò:

«Sto bene, sul serio. Forza, riproviamo! Questa volta vi prenderemo, vero, Oda?»

L’Odogaron abbaiò, contento che la cacciatrice non si fosse ferita, leccandole una mano e facendola ridacchiare.

Ayla e Gionata si stavano rilassando davanti al fuoco da campo di fronte alla loro tenda, dopo quella lunga giornata passata a raccogliere materiali, quando Occhi di Sangue si sentì chiamare in lontananza. Riconobbe subito la voce e sbuffò, leggermente tesa: si trattava di Irene. La sfuriata dell’altro giorno, riflettendoci da lucida, le era parsa un po’ troppo esagerata. Yuri, però, le aveva detto che era servito a qualcosa, raccontandole che l’amica aveva promesso loro che avrebbe cercato di lavorare al suo carattere.

«Ehi! Ciao, Ayla!»

Irene, imbarazzata, si sentì lievemente in soggezione quando gli occhi rossi della cacciatrice si posarono su di lei. Ayla notò che teneva le mani dietro la schiena.

«Ascolta, volevo scusarmi per quello che è successo l’altro ieri. Ho passato tutto il tempo a vantarmi con te, mi meritavo tutto quello che mi hai detto»

«Non fa niente, tranquilla - le disse gentilmente Ayla - Possiamo metterci una pietra sopra, va bene? Ammetto di avere un po’ esagerato anch'io»

«No, affatto: tutto quello che hai detto era vero, semplicemente tutti si erano abituati al mio carattere e nessuno me l’aveva mai detto. Voglio scusarmi come si deve»

L’albina esitò per qualche momento, sotto lo sguardo di Ayla e Gionata, prima di prendere coraggio e allungare le mani di fronte a sé:

«Voglio regalarti questo!»

La cacciatrice strabuzzò gli occhi: tra le mani della Rider si trovava un grosso pezzo di dundormarina. Guardò Gionata per un istante, sorpreso quanto lei, prima di guardare di nuovo Irene, che riprese a parlare:

«Volevo chiederti scusa dandoti qualcosa, ma non mi veniva in mente nulla; così ho chiesto consiglio a Gionata che mi ha detto che avevi bisogno della Dundormarina per completare un bracciale»

«Be’, non mi aspettavo che ne avessi un pezzo con te!» disse Gionata, sorpreso.

«Sai, in realtà questo è un mio portafortuna: Silva, il mio maestro, è sia un Rider che un espertissimo marinaio e commerciante. Uno dei miei primi incarichi è stato quello di scortare delle merci da Tanzia fino a Dundorma. È stato uno dei viaggi più sfiancanti della mia vita; comunque, dopo aver completato la mia missione, il mio maestro mi ha regalato questa pietra per i miei sforzi e da allora è il mio portafortuna! La porto sempre con me durante un viaggio. Ma sono disposta a dartela se significa che posso farmi perdonare!»

«Non saprei» fu la risposta di Ayla.

«Per favore, accettalo! Insisto! È uno dei primi regali del mio maestro e mi ha accompagnata in molte avventure: prendilo, prima che cambi idea» scherzò l'albina.

Dopo qualche altro minuto di esitazione, Ayla accettò, prendendo il minerale dalle mani della Rider.

«Grazie mille, Irene!»

«Di niente! Sono felice che siamo pari, adesso. Siamo pari, giusto?» 

Quando Ayla annuì e le sorrise, Irene sembrò sul punto di fare i salti di gioia. Poi si schiarì la voce e disse:

«Comunque, volevo chiederti un’altra cosa, dopo quello che mi hai detto l’altroieri. Solo se vuoi rispondere, ovvio! Altrimenti me ne vado»

«Certo, chiedi pure» le rispose la cacciatrice, un po’ sorpresa.

«D'accordo. Hai detto di aver affrontato un Gore Magala a quattordici anni, come me. Com’è successo? Cioè, so che sono molto rari: ho dovuto faticare molto per riuscire ad affrontarne uno»

Ayla si grattò il collo:

«Oh, quello. Ti risparmio tutti i dettagli, ma i miei genitori sono i due Grantalenti, i cacciatori che sconfissero lo Shagaru Magala sui picchi vicino a Cathar. Vista la mia “bravura”, per così dire, hanno voluto spingermi un po’ e ho affrontato un Gore Magala giovanissima»

«Davvero? Sono stati imprudenti, per quanto mi riguarda» commentò la ragazza.

 Questa volta a parlare fu Gionata, richiamando l’attenzione di entrambe:

«E perché, i tuoi? Voglio dire, perché tu crescessi così egocentrica, non devono averti prestato troppa attenzione. Credo che avessero i loro bei problemi»

Irene si scurì in voltò all’improvviso, distogliendo lo sguardo, e Ayla tirò una gomitata al suo ragazzo. Lui non fece in tempo a protestare, perché iniziò a parlare la Rider:

«In un certo senso, hai ragione. Non ho mai incontrato i miei genitori. Sono orfana» disse, imbarazzata. 

Gionata la osservò un po’ dispiaciuto e si scusò per il commento troppo duro.

«Non fa niente, non potevi saperlo. Non sono neanche originaria di Hakum: so che potrà sembrarvi un’assurdità, ma è la verità. Sono stata portata al villaggio quando avevo appena tre mesi da un Rathalos azzurro»

«Un Rathalos azzurro?» chiese Ayla, sorpresa.

«Sì, me lo ha detto il capovillaggio: con sé aveva un foglio di carta col mio nome e cognome e la mia età, nient’altro. Dopo che vide che ero al sicuro, volò via. Qualche giorno dopo, le pattuglie di Hakum trovarono un villaggio dall’altra parte delle colline di Pondry completamente devastato e il Rathalos azzurro si trovava lì, come se stesse visitando un cimitero. Crediamo che io in realtà venga da lì e che quel mostro appartenesse a un Rider del villaggio che voleva condurmi in salvo»

«Mi dispiace tanto, non volevo rievocarti questi ricordi - si scusò di nuovo Gionata - Però, sai, a volte non conoscere i tuoi genitori può essere una fortuna immensa. Non so cosa darei, per dimenticare mio padre»

Prima che Irene potesse dire qualcosa, Gionata scosse la testa e riprese a parlare:

«Solo per dirtene una, quello stronzo è anche il mio agente e ha approfittato di un nudo che ho disegnato di Ayla una sera in cui eravamo entrambi ubriachi, rifilandolo al mio editore che gli ha addirittura dato un aumento!»

Ayla divenne paonazza quando il suo fidanzato tirò fuori quella storia, coprendosi il viso, e anche Irene divenne rossa come un pomodoro a sentirlo.

«Cosa?!»

La ragazzina non riusciva a formulare una frase completa, sia per l’imbarazzo, sia per il disgusto che provava per quell’uomo.

«Mi dispiace per te! Che bastardo!» disse infine.

«E non è tutto: per salvare la Casa editrice dalla bancarotta, è venuto qui di persona dal Vecchio Mondo per farmi disegnare un calendario sensuale. Hai mai incontrato Avhi Itvivi?»

«Credo di no: il nome non mi dice niente» scosse la testa la ragazza.

«Vorrei fare una battuta sulle sue splendide forme, ma ti basti sapere che è stata lei la modella di quel calendario»

Irene era a dir poco scandalizzata e si scusò con Gionata per avergliene fatto parlare.

«Suppongo di essere fortunata, in un certo senso, a non sapere nulla di chi fossero i miei genitori. Yuri ha fatto una brutta scoperta, con suo padre» mormorò la ragazza.

«Già. Se non altro, ha un'ottima madre» commentò Gionata.

I tre rimasero diversi minuti in silenzio, prima che Irene decidesse di congedarsi.

«Grazie ancora per la dundormarina!» le disse Ayla, sorridendole.

«Di niente! Grazie per la chiacchierata e per avermi aperto gli occhi, Ayla! E anche per avermi perdonata! Ci vediamo!»

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Capitolo 52
*** Fiamme e Fulmini ***


Un Nergigante diverso da tutti i suoi simili stava sorvolando il mare a est del Nuovo Mondo: era molto più vecchio ed esperto, temprato da innumerevoli battaglie, come testimoniava il suo aspetto. Aveva le corna nere e tutto il corpo era più scuro del normale. Oltretutto, in mezzo alle sue spine osee, ne crescevano altre più dure e lucide, che sembravano fatte di metallo. Era il Nergigante razziatore, il più forte e anziano della sua specie, che da molti decenni contribuiva a mantenere l’equilibrio nell’ecosistema dando la caccia ai Draghi Anziani più distruttivi.

Si stava recando nel continente perché era preoccupato dall’aumento improvviso dei mostri con la malattia apparsa di recente. Fino ad allora, aveva solo sentito il loro flebile ma disgustoso odore, trasportato dal vento fino alla sua isola. Ma quando alcuni di quei mostri erano arrivati lì attraverso le gallerie scavate dalla Kulve Taroth, aveva capito che le cose stavano peggiorando: era il caso di controllare la sua progenie. Giunse alla Landa dei Cristalli dopo una notte di volo e raggiunse il suo nido all’alba: non trovò niente. Spaventato, iniziò a cercare dappertutto, intorno al labirinto di cristalli in cui aveva nidificato. Nulla da fare: il suo uovo era sparito e ne sentiva a malapena l’odore, segno che non era stato portato via di recente. Cosa poteva essere successo?

Aveva lasciato il suo uovo nella Landa dei Cristalli affinché il cucciolo avesse cibo in abbondanza e la possibilità di fare esperienza in fretta, ma non si aspettava che qualcosa o qualcuno lo trovasse prima del tempo. Infuriato, si rizzò sulle zampe posteriori e lanciò un tonante ruggito al cielo e sferrò due pugni nel tufo; le spine metalliche sulle sue zampe crebbero di qualche centimetro dopo l’impatto. Tirò una zampata ad una parete di cristallo, che si frantumò.

Si prese alcuni minuti per sbollire e, quando fu calmo, annusò l’aria con attenzione: l’odore della sua progenie era debole, ma non era scomparso. Forse aveva ancora una speranza di trovarla. Si alzò in volo e perlustrò i dintorni per seguire la traccia, ma le sue narici captarono un altro odore familiare: quello di un altro Nergigante, un adulto più giovane. Preoccupato da ciò, decise di indagare, prima di proseguire la ricerca.

Seguì la pista e raggiunse una vallata dove trovò la coda mozzata del suo simile. C’erano anche le tracce di una giovanissima umana e di un Nargacuga; dunque c’era stato uno scontro, da cui l’altro Nergigante si era ritirato. La scia proseguiva fino alla Caverna del Fato. Si stupì della scomparsa dello Xeno’Jiiva morto, ma gli importava poco. In quel posto, percepì l’odore di vari umani e tre mostri che non venivano dalla Landa dei Cristalli. A quel punto, l’odore dell’altro Nergigante cambiò e diventò identico al rivoltante tanfo dei mostri infetti.

Da quel punto partiva verso un luogo molto lontano da cui veniva, distante ma nitido, l’odore di dozzine di portatori della malattia, più quello di una creatura che non aveva mai fiutato prima. Il Nergigante razziatore chinò il muso e ringhiò: l’essere sconosciuto aveva un odore così acre e pungente da provocargli la nausea. L’istinto gli suggeriva che quel mostro, qualunque cosa fosse, doveva essere tolto di mezzo al più presto. Al momento, però, il Nergigante razziatore aveva un’altra priorità: la sua progenie. Tornò al suo nido profanato e riuscì a ritrovare la traccia.

La nuova pista lo condusse lontano, fino agli Altipiani Coralini. Una volta giunto a destinazione, la scia cominciò a spargersi in ogni dove, tra le alture di coralli: a quanto pareva, l’uovo si era schiuso e il cucciolo si era stanziato nella regione. Speranzoso, il Nergigante razziatore cominciò a scandagliare tutte le gole, tutti i fondali e tutte le colline. Dopo un paio d’ore, si posò in cima a una gola di calcare per riposarsi. Fu allora che lo avvistò: stava combattendo contro un Kirin, sulla vetta di un dirupo poco lontano.

Con un ruggito entusiasta, il Nergigante razziatore spiccò il volo e planò verso la sua progenie. Il cucciolo cercava di atterrare il Kirin a cornate e spallate ma, a causa della sua inesperienza, non riusciva a prevedere i suoi balzi e si faceva fulminare di continuo. Appena li raggiunse, il Nergigante razziatore scese in picchiata sul Kirin e sferrò una potente zampata. L’impatto fu tale che, tra gli artigli e le spine metalliche, lo squartò.

Il cucciolo, spaventato e stupito, uggiolò e fece dei passi indietro. Fissava il Nergigante razziatore a occhi sbarrati e stava in posa difensiva, paralizzato dalla paura. Era sconvolto ed era chiaro che non sapeva cosa fare. Sembrava indeciso tra battersi e fuggire. Le sue spine crebbero e si annerirono, anche se sembravano aghi in confronto agli spuntoni d’acciaio dell’adulto. Il Nergigante razziatore piegò le ali e si sedé, per fargli capire che non voleva attaccarlo. Il cucciolo era ancora diffidente, ma piano piano si rilassò a sua volta. Osservò bene l’adulto, con uno sguardo circospetto.

Il Nergigante razziatore lo fissò a lungo, poi gli si accostò e iniziò a raschiargli via le spine nere usando gli artigli come pettine. Al cucciolo non era mai successo, ma per istinto capì che era un gesto affettuoso: sarebbe già morto, se quell’adulto fosse stato un Nergigante qualunque. In questo modo, il razziatore gli comunicò che era il suo genitore. I due draghi presero ad annusarsi e scambiarsi ringhi e schiocchi di mandibola per prendere confidenza e, ogni secondo che passava, la paura del cucciolo cedeva il posto all’entusiasmo. Alla fine, si strusciarono i musi e cominciarono a spolpare il Kirin insieme.

 

MHGilda2 by RobertoTurati

«Yuri! Yuri, ci sei? Tutto bene?».

Mikayla riscosse Yuri dal suo dormiveglia chiamandola a gran voce. La ragazza guardò sotto di sé e sobbalzò, quando vide le fitte chiome della Foresta Antica. Ratha emise un verso gutturale per richiamare l’attenzione della sua padrona, mentre Asta si accostava a loro in volo. Avevano deciso di volare fino all’acquitrino della foresta per la prima lezione su come utilizzare i suoi poteri, ma si era addormentata verso la fine del tragitto e Mikayla si era preoccupata, quando si era accorta che non le rispondeva più quando la chiamava. Yuri si strofinò gli occhi e bofonchiò a bassa voce:

«Oh, scusatemi. Stanotte ho fatto fatica a prendere sonno. Devo essermi appisolata»

«Sei sicura di farcela? Possiamo anche rimandare a domani, se non te la senti. Abbiamo ancora del tempo prima che…»

Yuri si coprì la bocca con una mano per nascondere uno sbadiglio e la interruppe:

«È già quasi passata una settimana e mezza, non abbiamo tempo: vorrei riuscire almeno a controllare i miei poteri, prima dello scontro col Makili Nova»

Mikayla fece per protestare, però si accorse che gli occhi stanchi della nipote erano anche determinati. Quindi annuì, poi ordinò al suo Astalos di guidare Ratha verso il punto in cui atterrare. La voce di Mikie nella sua testa la rassicurò:

Oggi ci andremo comunque piano: dobbiamo capire quanta differenza c’è tra i nostri poteri e quelli di Yuri. Sao, a parte il fuoco; e le meteore, ovvio.

Mikayla tirò un sospiro di sollievo: perlomeno, non avrebbero fatto sforzare troppo Yuri.

 

MHGilda2 by RobertoTurati

Una volta che furono atterrate, la Rider chiese:

«Forse me l’hai già detto, e in tal caso mi scuso, ma perché siamo andate agli acquitrini? Non potevamo rimanere sugli Altipiani Corallini?»

I loro wyvern andarono a riposarsi sotto le fronde degli alberi, pronti a intervenire in caso arrivassero mostri infetti. Mikayla indugiò qualche secondo prima di rispondere, e Yuri presunse che stesse aspettando la risposta della sua personalità distorta:

«Mikie dice che lei ha iniziato così: l’acqua è un ottimo conduttore, può aiutarti a concentrarti meglio sul canalizzare e scagliare un fulmine perché sai che il tuo bersaglio verrà colpito a prescindere, anche solo in parte»

Yuri era perplessa:

«Capisco, ma non so nemmeno da dove iniziare. Finora, sono stati la furia del Fatalis e l’instino a farmi usare i miei poteri, non saprei come usarli a comando»

«Stai tranquilla: qui entriamo in gioco io e Mikie»

Mikayla le rivolse un caldo sorriso. Sollevò il braccio destro che, dopo un attimo, fu avvolto da fievoli scariche elettriche.

«Certo, noi incanaliamo l’elettricità degli insetti-folgore, mentre tu dovresti generarla dal tuo corpo, però sono sicura che troveremo un modo!»

La ragazza sorrise e annuì:

«Grazie, Mikayla. Dunque, da dove iniziamo?»

Mikayla tacque e fissò il vuoto, in ascolto. Fece un’espressione incerta per un attimo, ma poi sembrò persuadersi e riferì alla nipote:

«Mikie mi ha chiesto di lasciarle il posto, così potrà insegnare sia a te sia a me e non dovrò continuare a riferirti tutte le istruzioni che ti dà. In effetti, ha ragione: faremo prima, in questo modo»

Detto ciò, chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Quando li riaprì, le sue iridi erano mutate: la destra era rossa, la sinistra era bianca. Mikie aveva preso il controllo. Yuri doveva ammettere di non essersi ancora abituata alla vista di quegli occhi terrificanti. Si chiedeva se anche lei avesse subito un cambiamento simile, mentre era sotto il controllo di quel pazzo di suo padre o del Makili Nova. Mikie alzò le braccia e si stiracchiò, poi sorrise a Yuri:

«Eccomi qua. Sei pronta, novellina? Quando avrò finito con te, ti invidieranno persino i Kirin!»

«Va bene»

Yuri buttò fuori l’aria, nel tentativo di alleviare la sua tensione. Mikie le mise una mano sulla spalla:

«Iniziamo da questo: sai dirmi cos’hai provato, quando hai fulminato quel Legiana all’accampamento? O in generale, quando hai usato i tuoi poteri?»

Yuri rifletté con una mano sotto il mento, per qualche secondo, prima di rispondere:

«Ero sempre infuriata. Il Nergigante, Xander, il Makili Nova ad Astera e quel Legiana… ho usato i miei poteri d’istinto perché ero in preda alla rabbia. Non ho idea se ci fosse altro. Anche Ayla mi ha detto che le nostre situazioni sono differenti: quando lei viene pervasa dalla furia del Fatalis, il suo unico pensiero è uccidere, poi deve calmarsi; io, invece, riesco a calmarmi abbastanza in fretta e rimango più o meno lucida»

Mikie sollevò lo sguardo, pensierosa, poi propose:

«Facciamo così: ti spiego come funziona per noi, va bene? Forse ti aiuterà, in qualche modo»

Yuri sorrise:

«Va bene, proviamo. Ammetto di essere sempre stata curiosissima! Avrei anche voluto chiederlo a Felix, però purtroppo… oh, perdonami!»

Si fermò subito, mortificata, appena si rese conto di quello che stava per dire. Mikie, però, fece spallucce:

«Per quanto mi dispiaccia per Felix, io e lui non siamo mai stati così uniti. Lo trovavo solo simpatico. Dovresti scusarti con Mikayla: è lei che ora ha il morale a terra!»

Dopo quella frecciatina, tacque e rimase in ascolto, quindi agitò la mano con fare distratto e aggiunse:

«Scusa, Yuri, era solo una battuta: non preoccuparti. Anche Mikayla dice che non c’è problema, che sa che non era tua intenzione, eccetera eccetera»

Yuri annuì e la ringraziò. Allora, la donna si allontanò di qualche passo dalla ragazza e iniziò a spiegare:

«Come ti ha spiegato Mikayla, non generiamo l’elettricità: il nostro corpo emana un feromone che attira gli insetti-folgore»

Mosse una ciocca dei suoi capelli castani e dalla sua chioma fuoriuscì una decina di piccoli insetti luminosi che iniziarono a ronzarle intorno alla testa.

«La immagazziniamo e, per lanciare i fulmini, la concentriamo in una parte del corpo prima di rilasciarla»

Detto questo, nel giro di un paio di secondi, entrambe le sue braccia furono avvolte da scariche elettriche. Con un movimento rapido del braccio, quelle scariche si concentrarono in una saetta, che sfrecciò verso il terreno e carbonizzò una macchia d’erba. Yuri annuì, paziente, e affermò con curiosità:

«Fin qui è tutto chiaro. Me ne aveva già parlato Mikayla. Quello che non mi è chiaro è il modo. Come fate a rilasciare l’energia immagazzinata? E poi a lanciarla verso un bersaglio? Potreste anche ricoprire il vostro intero corpo, come fanno gli Zinogre quando si infuriano?»

«Rispondo all’ultima domanda: in tutta sincerità, non saprei; non ci ho mai provato. Ci vorrebbe una riserva di elettricità enorme. Forse due o tre volte la grandezza del nostro sciame attuale. Ma il problema è che non siamo del tutto immuni all’elettricità: ne sentiamo gli effetti, anche se molto indeboliti»

«Ah, davvero? Non l’avrei mai detto!»

«Sì. Quando lancio fulmini per molto tempo, mi pizzicano sempre le braccia. Una volta, in un allenamento durato ore, non sono più riuscita a muovere il braccio destro per un’intera giornata. Meno male che sono mancina!»

Provò a buttarla sul ridere, quando vide l’espressione preoccupata di Yuri. Riprese prima che la ragazza potesse risponderle:

«Riguardo alle altre domande: ci ho messo un po’, ma quello che mi ha aiutato è stato immaginare di lanciare qualcosa»

Si avvicinò alla nipote, andò dietro di lei e le mise le mani sulle spalle:

«Prima ti concentri sull’energia che senti all’interno del tuo corpo, poi la visualizzi in punto preciso come le tue dita, infine immagini di lanciarla. Il resto viene da sé. Però non è immediato: non sapevamo ancora nulla ai tempi; né noi, né Xander, né quegli squilibrati della setta a cui obbedivo. Mi ci è voluta una settimana per capire come controllare l’energia senza prendere la scossa, e più di due mesi per perfezionare la tecnica»

Yuri si guardò la mano destra, ancora dubbiosa:

«Io, però, non so neanche come generare l’elettricità»

Mikie sospirò:

«Infatti quello è l’ostacolo più grande che avevo in mente, purtroppo. Quello che hanno fatto con noi è stato utilizzare un aggeggio strano, che prendeva l’elettricità dagli elettrodi dei mostri e la scaricava nel nostro corpo a intervalli regolari. C’erano pure gli insetti folgore, ma serviva a velocizzare il processo»

Si interruppe, ascoltò in silenzio e alzò un sopracciglio:

«Mikayla ha suggerito di fare lo stesso con te. Non sono convinta che abbia senso provare allo stesso modo: dovresti essere capace di generare l’elettricità da te. Se te la forniamo e tu non fai altro che deviarla, non potresti usarla al meglio»

Mikie tacque ancora, poi affermò:

«Dice che tentare non nuoce. Che ne dici, Yuri? Facciamo una prova? Stai tranquilla, non ti fulmino: Xavia mi ammazzerebbe! Userò una dose bassa, quanto basta perché il tuo corpo si abitui alla sensazione»

La ragazza sospirò e annuì:

«Ti direi di no, ma non abbiamo altre idee. Va bene, proviamo così»

«Va bene, allora si comincia. Chiudi gli occhi e concentrati: sentirai pizzicare. Dimmi se devo fermarmi, d’accordo?»

Detto questo, Mikie strinse un po’ la presa sulle spalle di Yuri e lei annuì; la Rider chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, tesa:

«Sono pronta. Iniziamo.»

Mikie annuì e Yuri udì il crepitio dell’elettricità che si formava sulle sue braccia. Si strinse nelle spalle e corrugò la fronte, provò a ignorare il suono e concentrarsi su quello che le era stato detto: fu quando iniziò a sentire un formicolio che capì che avevano iniziato. Dopo qualche minuto, che alla ragazza parve interminabile, il formicolio divenne un pizzicore incessante che si estendeva fino alla punta delle sue dita. Yuri strinse i denti, tentava di concentrarsi sull’elettricità che stava attraversando il suo corpo: alzò il braccio destro, colto da un fremito improvviso, e provò a visualizzare quell’energia sulle sue dita. Mikie la incoraggiò con un sussurro:

«Bravissima, Yuri. Forza, puoi farcela»

Ma la ragazza mugolò di dolore, per poi sbuffare e aprire un occhio:

«Sta iniziando a bruciare, non…»

«Coraggio, solo un ultimo sforzo! Ci sei quasi, ne sono certa!»

La sicurezza con cui Mikie interruppe la frase di Yuri per esortarla la convinse a continuare a resistere. Richiuse gli occhi, contorse le dita della mano destra e fece respiri più rapidi e brevi. Ed ecco che accadde: per pochi secondi, avvertì il formicolio sulle braccia fermarsi e concentrarsi solo nel braccio destro. Dietro di lei, sua zia sobbalzò dallo stupore: sul braccio di Yuri si erano formate delle scariche elettriche vermiglie, le quali creavano un enorme contrasto con l’elettricità azzurra di Mikie.

«Brava, continua così! Ci sei quasi!»

Yuri le diede retta e si sforzò di concentrarsi ancora di più sull’elettricità nel suo braccio, che diventava sempre più intensa.

«Quando sei pronta, immagina di lanciare il fulmine dalla mano destra!» esclamò Mikie.

Dopo qualche altro istante che le parve interminabile, Yuri spalancò gli occhi e tese il braccio destro di scatto: sentì un rombo di tuono che fece spaventare sua zia e i due mostri, poi la scarica scarlatta fulminò un ciuffo di canne che spuntavano dall’acqua e le incenerì all’istante. Il fascio elettrico proseguì il suo tragitto fino a colpire un albero della foresta a una decina di metri di distanza; lasciò un cerchio annerito e carbonizzò la corteccia nel punto d’impatto.

«Ehi, ce l’ho fatta!!» urlò Yuri, euforica.

Era al settimo cielo, ma quando si voltò verso la zia per ringraziarla, si accorse che Mikie si era allontanata di un paio di metri da lei e, sotto lo sguardo confuso della Rider, la salutò con la mano. Affannata e disorientata, Yuri domandò:

«Perché ti sei allontanata?»

Il suo braccio continuava a formicolare, ma era una sensazione quasi piacevole, in confronto al bruciore di prima. Mikie la raggiunse di corsa ed esultò:

«Yuri! Sei incredibile! Ti stavo trasmettendo l’elettricità, poi hai iniziato a generarla da sola all’improvviso!»

La ragazza strabuzzò gli occhi, stupefatta:

«Eh?!»

«Sì! Quando si sono formati quei fulmini rossi, abbiamo notato che era molta più energia di quanta te ne stavo dando io! Quindi ho deciso di allontanarmi e vedere cosa sarebbe successo. Cavolo, sei pazzesca!»

Yuri provò a darsi un pizzicotto sul braccio sinistro, convinta di stare sognando, ma era tutto vero:

«Ho… ho generato elettricità senza nemmeno rendermene conto? Oh, no! E ora come faccio?! Non so neanche come ho fatto, come faccio a replicarlo?! Ah!»

Mille pensieri e domande avevano iniziato a frullarle nella testa: avrebbe potuto farlo anche con il fuoco, in qualche modo? E le meteore, come poteva controllarle? Mikie scoppiò a ridere e le scompigliò i capelli:

«Su, su! Rilassati! In una ventina di minuti, hai già fatto passi da gigante: possiamo riprovare tutte le volte che vuoi, finché non capirai come “attivare” la tua elettricità senza il mio aiuto!»

La ragazza annuì, estasiata:

«Oh! Sì, sì! Grazie, Mikie! Possiamo riprovarci subito, per favore?»

«Va bene, forza! Questa volta, aumenterò un po’ la carica»

Mentre le due umane riprendevano, Ratha e Asta si scambiarono uno sguardo quasi complice: allora il Rathalos si alzò in volo e si allontanò per cercare del cibo, mentre l’Astalos si acciambellò a terra, sempre vigile ma con gli occhi per riposarsi un po’.

 

MHGilda1 by RobertoTurati

Quando ebbero terminato il loro pasto, il Nergigante razziatore si alzò in volo ed esortò il cucciolo a seguirlo. Dapprima, il piccolo gli venne dietro con entusiasmo, ma quando si accorse che si stavano allontanando da quella zona, esitò. Il suo genitore si accorse che era sceso a terra e lo raggiunse, perplesso. All’ombra di un grande corallo rosso, si sedé davanti al cucciolo e provò a incoraggiarlo, ma il piccolo non era sicuro. Allora il Nergigante si accorse, dopo un’annusata più attenta, che sul cucciolo c’era l’odore di una femmina umana.

Ora che ci faceva caso, quella traccia era molto marcata, almeno quanto lo sarebbe stata la sua se gli fosse stato accanto fin dalla schiusa. A quanto pareva, aveva visto quell’umana alla nascita e le era rimasto accanto, anche se apparteneva a un’altra specie. Al Nergigante razziatore dispiacque, ma almeno non aveva perso la sua progenie. Sarebbe potuta andare peggio.

All’improvviso, la quiete fu interrotta dal ruggito di un Bazelgeuse, che portava con sé il tanfo di quella malattia. Il mostro infetto sfrecciò sopra le loro teste senza notarli; volava dritto verso l’insediamento degli umani. Il cucciolo si allarmò subito, alla vista una creatura ostile che andava in quella direzione, quindi si gettò all’inseguimento con un ruggito. Il Nergigante razziatore stava per seguirlo, quando un getto di elemento drago lo investì alle spalle; gli pizzicò tutto il corpo e lo fece starnutire.

«No, stupido! Non ti ho portato qui per questo!» esclamò una voce umana.

Infuriato, il Nergigante razziatore si voltò e vide un Deviljho infetto, cavalcato da un uomo. L’umano si reggeva a fatica alla sella e faceva brillare una pietra rossa sul suo polso, nel vano tentativo di tenere a freno il mostro; ma la sua cavalcatura era troppo in balia della fame e dalla malattia per obbedirgli. Il Nergigante razziatore ringhiò e affondò le zampe nella terra con dei pugni fortissimi per scagliare le spine. Gli spuntoni metallici trafissero il Deviljho da tutte le parti e lo fecero cadere su un fianco per l’impatto; l’uomo fu sbalzato via dalla sella e rotolò nella polvere grigia degli Altipiani Corallini.

Prima che il Deviljho si rialzasse, il Nergigante razziatore si scagliò su di lui e gli staccò la mandibola con un’artigliata. Rimasto senza bocca e con la lingua penzolante, il Deviljho si accasciò a terra, morto. Il suo padrone non riuscì nemmeno a finire di imprecare, prima di diventare una poltiglia di sangue e interiora. Vittorioso, il Nergigante razziatore si pulì le zampe dal sangue annerito e guardò il cielo: si chiedeva cosa stesse facendo il suo cucciolo ritrovato.

 

MHGilda2 by RobertoTurati

«Ehi, quando abbiamo finito posso andare a vedere da vicino la tua Rathian dorata? Ho sempre sognato di vederne una, ma non mi è mai capitato. Be’, non per niente è una specie rara» chiese Eden, accanto a Irene.

«Oh, va bene! Raith è molto socievole. È facile: basta una carezza sul mento e te la fai subito amica!» rispose la biondina.

«Non soffocare questi ragazzini, lingua lunga: se sono meno pazienti di come vogliono farti credere quelle faccine angeliche, potrebbero darti da mangiare alle loro bestie, altro che carezza!» si intromise Carson, sornione.

Siccome la squadra di Ayla non aveva incarichi urgenti per eliminare mostri infetti quel giorno, i quattro cacciatori ed Eden avevano deciso di rendersi utili stando accanto all’ingresso della fucina improvvisata allestita dal fabbro e dai suoi apprendisti e affilando armi danneggiate, reduci delle ultime cacce. Poco dopo, l’assistente aveva chiesto se poteva invitare gli amici di Yuri per conoscerli meglio e gliel’avevano concesso. Da quel momento, Eden non aveva fatto altro che sommergere tutti e tre di domande tipiche di lei. Ross ammiccò alla sua gemella:

«Ma no, non si preoccupi! Anche noi di solito facciamo così, soprattutto Yuri e qualcun altro. Vero, Lucy?»

«Oh, finiscila! Disse quello che ha perseguitato per settimane quel tizio coi due Zinogre perché non sapeva più come gestire l’invasione degli insetti dracofagi di Tyr e voleva consigli!» lo punzecchiò lei.

Gionata e Ayla si scambiarono un’occhiata divertita, senza interrompere il lavoro. Yuna, nella sua ingenuità, chiese ai colleghi perché a volte gli umani litigavano per minuzie del genere. Carson ridacchiò e le spiegò che i due marmocchi non stavano litigando sul serio, si punzecchiavano come ogni loro coetaneo sulla faccia della terra. Continuarono ad affilare armi ancora un po’ ma, di punto in bianco, tutto l’accampamento fu allertato dal suono del corno d’allarme. Tutti corsero al centro e guardarono con perplessità il vecchio wyverniano che aveva suonato: sbracciandosi e sbraitando dal balcone dell’aeronave, gridò:

«Bazelgeuse! Un Bazelgeuse ci attacca da nord-est! In arrivo!»

Mentre tutti andavano nel panico, una pioggia di scaglie a forma di pigne trasformò la parte nordorientale base in un campo minato, poi l’imponente mostro invasore piombò fra le tende; scavò un solco nella terra e fece esplodere tende, casse e tavoli esterni. Il Bazelgeuse si riscosse dall’atterraggio, si piazzò al centro dell’area e cominciò a guardarsi intorno con sguardo vigile, mentre tutti i cacciatori si precipitavano nelle loro tende a prendere le armi. Seguita dai suoi compagni e dagli amici di Yuri, Ayla prese la spadascia accanto alla sua amaca e imprecò:

«Merda, ci mancava solo questa!»
«Cos’è quel mostro?!» domandò Lucille, a occhi sbarrati.

«Una bomba con le ali, ecco cos’è! Non perdete tempo!» rispose Carson, frettoloso.

«Andiamo a prendere le armi: vogliamo aiutarvi!» esortò Ross.

«No! Voi non dovete fare niente!» li fermò Yuna.

«Cosa? E perché mai?» chiese Irene, seccata.

«Nessuno affronta il suo primo Bazelgeuse alla cieca e sopravvive! Rendetevi utili in un altro modo. Ecco, aiutate gli eruditi a uscire dall’aeronave! Quel mostro potrebbe abbatterla in volo e ucciderli»

«Non è giusto!» si lamentò la biondina.

«Però potete sempre osservarci, così la prossima volta sarete pronti!» scherzò Gionata.

In poco tempo, mentre i tre ragazzini andavano a soccorrere i ricercatori, tutti i presenti formarono una calca armata fino ai denti che circondava da ogni lato il Bazelgeuse infetto. Con loro grande sorpresa, si accorsero che il mostro non stava facendo niente: dopo la sua devastante comparsa, il Bazelgeuse si era immobilizzato e aveva lasciato che lo accerchiassero senza reagire. Stava in posa difensiva, le sue scaglie producevano un bagliore sinistro e così intenso che le si vedeva sotto la foschia di Orrore Nero. Le sue zanne erano scoperte e manteneva uno sguardo minaccioso, eppure non attaccava. Non faceva altro che osservare tutti i cacciatori uno alla volta. Il nipote del Comandante accorse in prima fila con lo spadone sguainato e ordinò:

«Cacciatori, aspettate la sua prossima mossa! Non fatevi cogliere di sorpresa!»

Al campo, ogni volta che il mostro incrociava il suo sguardo minaccioso con quello di un cacciatore, gli rivolgeva un gorgoglio minaccioso e scuoteva le scaglie esplosive attaccate al suo corpo, in segno di sfida, eppure si ostinava a non riprendere l’assalto. Cosa voleva? Ayla vide Nick e Nina tra la folla e sentì lui dire alla sorella:

«È come se stesse cercando qualcuno»

«Lo sapevo! Hanno mandato un mostro ancora peggiore dei Legiana a catturare Yuri!» esclamò lei.

«Sempre colpa di quella maledetta ragazzina! È un malocchio!» si lamentò Mike, accanto a loro.

Fu quando il Bazelgeuse posò il suo sguardo su Ayla che lo stallo giunse al termine: il wyvern volante spalancò gli occhi e ruggì; partì alla carica, scaraventò via i cacciatori più vicini e costrinse quelli più lontani a tuffarsi di lato. Esterrefatta e disorientata, Ayla ebbe giusto il tempo di pensare:

“Ce l’ha con me! Perché?” pensò.

Dopo aver preso la rincorsa, il Bazelgeuse spiccò di nuovo il volo, eseguì un’inversione a U e cominciò a sorvolare diverse volte il campo mentre sganciava le sue scaglie esplosive.

«Qualcuno lo accechi, presto!» ordinò il nipote del Comandante.

Un cacciatore con spada e scudo esclamò un rapido “signorsì” e mise un baccello lampo nella fionda. Appena il Bazelgeuse planò nella sua direzione, lo lanciò e il bagliore confuse il mostro. Il wyvern si destabilizzò e si schiantò contro un corallo, che si sgretolò all’impatto. Prima che si rialzasse, Carson e un altro balestriere pesante spararono la furia wyvern e lo sguardo wyvern al contempo, ferendo così i suoi fianchi e facendolo incespicare; un fiotto di sangue annerito inzuppò il corallo in frantumi.

Stando attenti a non calpestare le scaglie inesplose cadute intorno a loro, i cacciatori si avventarono in massa sul Bazelgeuse: Yuna iniziò a lacerare le rigide membrane delle ali con le sue acrobazie a mezz’aria per metterlo in difficoltà. Una donna con le doppie lame sfrecciò sotto il mostro e incise le escrescenze sulle caviglie con dei fendenti rotanti, nel tentativo di fargli perdere l’equilibrio. Il mostro la respinse con un calcio, ma subito dopo Ayla fece la sua mossa: convertì l’ascia in spada, si aggrappò al fianco ferito ed eseguì la scarica elementale, che ingrandì lo squarcio. Il mostro emise un gemito, poi ondeggiò la testa e la spinse via.

Mentre era distesa al suolo, Ayla vide la coda del Bazelgeuse sopra di sé. Il mostro fece illuminare le scaglie esplosive sotto di essa e stava per sbattergliela addosso. Ayla si riparò il volto con le braccia d’istinto, ma vide Nick accorrere all’ultimo: usò il ceppo del corallo come trampolino e tranciò di netto la coda con uno spacca-elmi. Il Bazelgeuse, infuriato, prese fiato e si preparò a sputare fuoco su Nick. Gionata frappose tra loro e parò la fiammata con lo scudo, per poi sparare tutte le cartucce in una volta sul muso del Bazelgeuse; lo scoppio ruppe buona parte delle piastre lisce che ricoprivano la testa.

Il wyvern fece un saltello per calpestarli, ma Nina lo colpì con la freccia perforadraghi prima che si schiantasse e lo fece precipitare più in là. Il nipote del Comandante ne approfittò per sbilanciarlo con una spallata e colpì il muso con un devastante fendente dello spadone; gli cavò l’occhio destro. Il Bazelgeuse barcollò e gemé, sofferente e furibondo. Ayla si rialzò e decise di approfittare dell’intervento degli altri per affilare la spadascia; ma quella distrazione le costò caro: fu travolta all’improvviso dalla testa tondeggiante del Bazelgeuse e fu scagliata in alto. Ayla atterrò sul muso del mostro e, senza riflettere, vi si aggrappò per non cadere.

Non fece in tempo a scendere, perché il Bazelgeuse spiccò il volo e salì di quota fino a raggiungere la coltre di nubi che avvolgeva le cime degli Altipiani Corallini. Il wyvern salì oltre le nuvole e iniziò a scuotersi e compiere acrobazie frenetiche nel cielo, per farle lasciare la presa. Ayla si sforzò di stare aggrappata alle sue scaglie, ma alla fine cedé. Tuttavia, mentre precipitava attraverso le nubi e l’adrenalina le faceva battere il cuore all’impazzata, ebbe un’idea all’ultimo e si agganciò alla zampa del Bazelgeuse col rampino; rimase appesa.

«Ah! Porca miseria!» farfugliò, col cuore a mille.

Il Bazelgeuse ringhiò e iniziò a scendere in picchiata. Un muro di vento investì il viso di Ayla e il cavo si tese; la cacciatrice ebbe una fitta lancinante al braccio, come se stesse per staccarsi. Si stavano avvicinando all’accampamento sotto di loro a una velocità spaventosa. All’improvviso, però, Ayla sentì un ruggito familiare e, di colpo, nientemeno che un Nergigante placcò in volo il Bazelgeuse con una cornata. Il rampino si sganciò con uno schiocco metallico. Mentre precipitava, Ayla si girò verso l’alto e notò che il Nergigante era più piccolo del Bazelgeuse. Fu così che lo riconobbe.

«Ygren!»

Quando sentì la sua voce, il cucciolo lasciò perdere il Bazelgeuse e cominciò a scendere in picchiata per prenderla. Quando mancava una decina di metri a terra, riuscì a piazzarsi sotto di lei e fare in modo che atterrasse con delicatezza sul suo dorso. Stando fermo in aria, si voltò per vedere se Ayla stava bene, ma d’un tratto il Bazelgeuse tornò e lo travolse, con gli artigli protesi. Ayla cadde di nuovo e, questa volta, si schiantò rovinosamente su una tenda; l’ultima cosa che vide fu il tessuto giallo e ruvido che le avvolse la faccia, prima dell’impatto. Poi tutto diventò nero.

 

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Yuri cadde a terra sulla schiena e annaspò per provare a riprendere fiato:

«Pausa, per favore» bofonchiò, esausta.

«Sì, certo. Uff!»

Mikayla si sedé di fianco a lei, madida di sudore. Lei e Mikie si erano scambiate di posto dopo un paio d’ore di allenamento: così, almeno, anche la Mikayla normale avrebbe potuto prendere più confidenza coi suoi poteri, mentre tentavano di aiutare Yuri. Purtroppo, non avevano avuto molto successo: nonostante Yuri riuscisse a focalizzare l’energia e a generare elettricità dopo che sua zia iniziava il processo, trasferendo elettricità ormai per pochi secondi, non erano ancora riuscite a capire come potesse riuscirci da sola. Per distrarsi, avevano iniziato uno scontro amichevole: Mikayla le lanciava una scarica elettrica, Yuri la convogliava nelle sue braccia e la rispediva alla mittente, quindi continuavano lo scambio il più possibile. Mikayla fece un respiro profondo e sorrise:

«Però lasciamelo dire, Yuri: sei un vero portento. In meno di una giornata, sei riuscita a diventare quasi più esperta di me. Anche Mikie ti fa i suoi complimenti più sinceri: si aspettava che ci mettessi almeno tre o quattro giorni a lanciare un fulmine!»

La Rider osservava il cielo, che aveva iniziato a imbrunire con l’avvicinarsi del tramonto: presto si sarebbe fatto buio ma, nonostante le parole confortanti di Mikayla e Mikie, non si riteneva ancora soddisfatta. Biascicò un flebile ringraziamento, si passò una mano tremante sul viso e si strofinò la fronte:

«Non riesco ancora a capire perché non riesco a generare elettricità per conto mio. Non ha senso!»

Detto questo, si mise seduta e guardò i loro mostri. Ora Asta era in piedi e faceva la guardia, scandagliava il sottobosco e stava in ascolto, mentre Ratha dormiva vicino alla carcassa di un Aptonoth che aveva portato lì dall’ultima battuta di caccia, sotto le fronde.

«Mi basta che mi trasmetta elettricità anche solo per un secondo e riesco ad amplificarla, però poi da sola non ci riesco» sbuffò.

«Hai già fatto dei progressi enormi solo oggi: stai tranquilla, per queste cose ci vuole tempo. Non hai imparato a cavalcare il tuo Velocidrome in una sola giornata, giusto? Ti sei allenata molto al villaggio, poi quando è nato eri pronta ad accudirlo»

«No, però…»

Yuri si interruppe e le rivolse un’occhiata confusa:

«Aspetta, come fai a sapere che il mio primo mostro è stato un Velocidrome?»

«So che ad Hakum è il mostro più comune, per i nuovi Rider. Ho solo tirato a indovinare»

«In effetti, sai molte cose su Hakum. Hai parlato anche del capovillaggio Omna, la prima volta che ci siamo incontrate alle Guglie Selvagge. Posso chiederti come? Per caso ci sei stata?»

Mikayla arrossì e finse un colpo di tosse:

«Oh, ehm… ti devo dire la verità: Mikie ti ha detto tutte quelle cose solo perché gliele ha raccontate Xander. Era convinta che ti avrebbe mandata in confusione e le avrebbe permesso di coglierti alla sprovvista. So di alcune tradizioni di Hakum, del capovillaggio, però non ci sono mai stata. Tutto quello che so me l’ha raccontanto mio fratello, dopo che ci ha vissuto per qualche mese»

Sembra un bel villaggio, però!

«Mikie aggiunge che pensa sia un bel villaggio» ridacchiò, imbarazzata.

Yuri annuì e fece un sorriso nostalgico:

«Capisco. Sì, è un villaggio stupendo. Tutti gli abitanti sono stati sempre gentili con me. Sono contenta di essere cresciuta lì. Certo, vorrei che tutto questo casino non fosse mai successo, ma forse non sarei mai nemmeno stata una Rider, senza quello che ha fatto quel rifiuto»

Si batté una mano sulla fronte e scosse la testa:

«Ed ecco che gli faccio un altro complimento. Scusami»

«Ehi, Yuri, non c’è niente di male»

Mikayla le poggiò una mano sulla testa e le accarezzò i capelli:

«Credimi: sono la prima a odiarlo per tutto quello che ha fatto negli ultimi quindici anni. Però non posso fare finta che non sia mio fratello e che non si sia preso cura di me per più di dieci anni, dopo che abbiamo perso i genitori»

Yuri si strinse nelle spalle e si portò le ginocchia al petto:

«Il fatto è che nemmeno lo conosco. Per anni, sono stata convinta che mia madre fosse una Rider passata a miglior vita troppo presto e che non avessi fatto in tempo a conoscerla. Che mio padre fosse un Rider giusto e onesto, come mi raccontò il capovillaggio, ma che andò incontro alla morte quando osò troppo. Ora invece è tutto diverso: mio padre è un pazzo megalomane che ci sta minacciando tutti, ma per qualche motivo non riesco a odiarlo fino in fondo»

Mikayla le accarezzò una guancia:

«Purtroppo, non so bene come aiutarti in questa situazione. Però posso dirti cosa ne penso: secondo me, vedi sempre il lato migliore delle persone. A volte è uno sbaglio, ma altre volte gioca a tuo favore: guarda me e Mikie! Senza di te, forse in questo momento saremmo entrambe in catene, tenute come ostaggi, senza poter fare nulla. O peggio, avrebbero potuto decidere di giustiziarci. Ora, invece, grazie alla tua fiducia siamo riuscite almeno in piccola parte a riscattarci e renderci utili per contrastare mio fratello. Non cambiare mai, Yuri. Io e Mikie crediamo in te, come immagino i tuoi amici, Xavia e persino Redan! Dovresti avere più fiducia in te stessa»

Gli occhi della ragazza diventarono lucidi e alcune lacrime iniziarono a rigarle il volto:

«Grazie, Mikayla. Grazie. Grazie!»

Singhiozzò e la abbracciò, ma poi si tirò indietro e chinò il capo:

«Scusa»

Dovresti dirle anche di scusarsi di meno. Sul serio, oggi l’ha fatto almeno quattro o cinque volte, solo con noi!

“Non rovinare il momento, Mikie!” pensò la donna.

Mentre stringeva a sé la nipote e le accarezzava la schiena con un ampio sorriso, Asta, iniziò a ringhiare e annusare l’aria. Si alzò in piedi e osservò i margini del sottobosco, mentre il corno e la membrana delle ali iniziarono a vibrare. Ratha, allertato, si alzò in fretta. Tuttavia, quando annusò l’aria, si calmò e gracchiò a Yuri: un gracchio allegro, che confuse l’Astalos e le due umane.

«Ratha?»

Yuri si asciugò le lacrime con una mano, per poi alzarsi e aiutare anche Mikayla, quindi iniziarono a guardarsi in giro. Asta individuò la fonte dell’odore: ci fu un movimento rapido nel sottobosco e il wyvern volante emise un ruggito intimidatorio. La vibrazione delle sue membrane si stava facendo piuttosto rumorosa. il Rathalos, però, gli si accostò e gli strusciò il becco sul fianco, come se provasse a dirgli di calmarsi.

«Che succede?» chiese Mikayla.

Di colpo, un Nargacuga saltò fuori dalla boscaglia come una scheggia: con un agile balzo, raggiunse le due umane e buttò Yuri a terra. Ma lo con delicatezza, come per gioco: Mikayla lo guardò stupita, mentre strusciava il suo becco scheggiato sulle guance della ragazza: la leccava felice e lei rideva contenta. Gli abbracciò la testa ed esclamò:

«Ah! Narga, Narga! Basta! Mi fai il solletico! Sto bene! Sto bene!»

Il Nargacuga mugolò un po’, ancora un po’ malandato dopo la battaglia contro il Nergigante, poi lasciò che la sua padrona si mettesse seduta. Yuri iniziò ad accarezzargli la testa e il collo e il Nargacuga fece le fusa per la gioia: si godeva le coccole e agitava la coda. Ratha volò verso con un gracchio entusiasta e Narga si scostò da Yuri; prese a saltellare qua e là, come per giocare col Rathalos.

«Asta, falso allarme! Stai tranquillo!» sorrise Mikayla.

Fischiò con due dita per far calmare il suo mostro. Allora l’Astalos smise di far vibrare il corno e le membrane, prima di avvicinarsi e fiutando l’aria. Yuri guardò la zia e le sorrise: «Forse rientreremo un po’ più tardi; ti dispiace? Vorrei guidare Narga fino all’accampamento, così finalmente potrà riposarsi per bene»

Mikayla sollevò il pollice e ridacchiò:

«Nessun problema, davvero»

E le torce per la notte?

La voce di Mikie la provocò e Mikayla diventò paonazza. Rispose col pensiero:

“Le sopporterò, per stanotte. Yuri è così felice di aver trovato Narga, non voglio rovinare tutto con la mia fobia”

 

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Ayla si svegliò a poco a poco, nella totale tranquillità della sua tenda, sotto lo sguardo vigile e speranzoso di Ygren. La cacciatrice sorrise e lo accarezzò:

«Ehi, Ygren! Che ci fai qui?»

«Ha voluto stare con te tutto il tempo, per un po’ avete dormito insieme» rispose Yuna.

«L’Ammiraglio le ha provate tutte per mandarlo via, ma niente da fare: ti vuole troppo bene!» aggiunse Eden.

«Accidenti! Grazie dell’affetto, Ygren! Nella mia vita, ne ho sempre avuto tanto bisogno…»

Ygren, giulivo, la leccò dopo l’ennesima carezza. Ayla era ancora intontita, ma si sforzò di ripensare a cosa stava succedendo prima che perdesse i sensi e sobbalzò, spaventata:

«Il Bazelgeuse! Dov’è?»

Yuna le mise una mano sulla spalla e la tranquillizzò:

«Non temere, è morto: mentre Ygren lo distraeva, ne abbiamo approfittato per abbatterlo»

«Oh, bene. È un sollievo»

La wyverniana annuì a occhi chiusi:

«Anche noi siamo sollevati per te, soprattutto Gionata. Guardati: non hai neanche un graffio! E pensare che non è stata una caduta da poco, la tua. Il tuo fisico mi stupisce sempre, Ayla»

«Ormai dovreste averci fatto l’abitudine: avete visto che razza di infortuni posso reggere. D’altronde, se mi sono ripresa dopo che Mordicchio mi ha frantumato tutte le ossa, cosa sarà mai una caduta? Per non parlare di quando lo Xeno’Jiiva mi è esploso in faccia»

All’improvviso, udirono due voci che litigavano fuori dalla tenda:

«Eccoti qui, maledetta Rider! Sai che un Bazelgeuse ha bombardato questo accampamento per colpa tua?! Dove diavolo eri finita?»

Era l’ormai odiosa voce di Mike, intento a colpevolizzare Yuri come al solito.

«Un Bazelgeuse?! Ma, io non… scusami, ma io che potevo farci? Anche se fossi stata qui, il massimo che avrei potuto fare sarebbe stato combatterlo assieme a voi!» ribatté la voce della ragazza.

La voce di Mikayla, nel frattempo, cercava invano di interrompere la loro lite. Ygren guardò l’entrata della tenda e Ayla volle alzarsi per parlare con quel cacciatore, ma si sentiva ancora troppo stordita per muoversi.

“Scusa, Yuri. Penserò domani a cantargliene quattro” pensò.

Yuri tornò finalmente nella sua tenda, sfinita dalla lunga giornata. Aveva portato Narga alla scuderia improvvisata e lasciato che i mostri lo salutassero e che Legi lo conoscesse per la prima volta. Incrociò i suoi amici, tuttavia promise loro che avrebbe raccontato tutto l’indomani, perché era senza forze ma soddisfatta. Xavia stava già dormendo ma, quando Yuri si tolse l’armatura e si sdraiò accanto a lei, si girò verso di lei e la stritolò in un forte abbraccio. La Rider rise contenta, si rilassò e socchiuse gli occhi.

«Forse, se riesco a parlare con Redan, potrò capire cosa mi blocca» bisbigliò tra sé e sé, prima di addormentarsi.

 

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Presso il futuro campo di battaglia, il Makili Nova rifletteva, consumato dalla frustrazione e dallo sconvolgimento: non solo il tentativo di neutralizzare l’erede di Redan qualche giorno prima era fallito, ma il mostro che aveva mandato a occuparsi “di una certa cosa” che lo impensieriva ormai da tanto era stato ucciso. Com’era ovvio, erano stati gli umani, ma la sua percezione non mentiva: tra quei cacciatori, aleggiava una presenza che sentiva molto bene, qualcosa di molto più potente degli altri mostri e che persino lui temeva: un Fatalis. Attraverso gli occhi della sua pedina, aveva visto un’umana in cui ne albergava l’essenza.

Quelle specie erano una grave minaccia per lui. Dentro di sé, nel profondo, aveva capito bene con cos’aveva a che fare, ma non voleva confidarlo ai suoi servitori umani; non osava. Doveva stare attento, molto attento: era venuto al mondo nella sua incarnazione più potente, aveva un intero esercito ad assisterlo e l’erede di Redan era una preda alla sua portata, finalmente. Il muro che lo separava dalla dominazione assoluta si stava sgretolando, per la prima volta da millenni. Non poteva permettere che un terzo incomodo interferisse. Non era ancora finita, di questo potevano stare tutti certi.

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Capitolo 53
*** Incubo ***


«Siamo finalmente tornati!» sbuffò Nina, madida di sudore.

Lei, Xavia e Nick, assieme ad Hana, erano appena tornati da una caccia per abbattere tre Uragaan infetti: mostri che l’arciera non sopportava per nulla.

«Mi gira ancora la testa!» si lamentò, sconsolata.

«Forse dovevo accettare una taglia diversa» ammise Xavia.

Nick, però, scosse la testa:

«Ma no, andava bene, non ti preoccupare. È solo Nina che mette il broncio»

«Sarebbe andato ancora meglio se qualcuno fosse riuscito ad allontanare gli altri due quando sono arrivati, invece di farci correre all’impazzata per evitare ben tre sfere rotolanti impazzite»

Nina lanciò un’occhiataccia al fratello, che fece spallucce senza ribattere, il che la infastidì. Nick si rivolse a Xavia e Hana:

«Avete fame, per caso? È da tanto che non pranziamo insieme»

L’assistente batté le mani dalla contentezza:

«Oh, certo! Per me andrebbe benissimo. Devo solo compilare il rapporto sulla caccia, ma ci metterò al massimo dieci minuti. Poi sono pronta»

Nina alzò una mano e affermò in tono gioviale:

«Be’, devo sdraiarmi un paio di minuti. Quando avrà smesso di vorticarmi la testa, potremo andare»

Xavia rise e annuì:

«Posso invitare anche Yuri, se non è un problema?»

«Certo che no! Anzi, ancora meglio! Nick moriva dala voglia di fare domande su Redan, non è vero?»

Nina ammiccò al fratello, che incrociò le braccia per non mostrarsi imbarazzato.

«Trovo solo molto interessante che sappia parlare con un morto, tutto qui»

Nina scrollò le spalle e i quattro si congederano, con l’accordo di ritrovarsi alla mensa una volta terminate le proprie mansioni. Xavia si recò alla sua tenda col sorriso, ma un suono attirò la sua attenzione: riusciva a sentire la tenue melodia di un flauto. Si chiese da dove provenisse: tese l’orecchio e rimase in ascolto, mentre si guardava intorno. A tratti, la melodia era lenta ma precisa, in altri momenti era rapida e incalzante. Riconobbe cambi di note studiati con cura, i quali davano vita a un brano rilassante come una ninna nanna e allegro come una canzone da festa. Alla fine, capì da dove proveniva: la tenda dei tre Rider da Hakum, poco lontana dalla tenda sua e di Yuri. Rapita da quella melodia che sembrava quasi magica, Xavia pensò:

“Non mi aspettavo che uno di loro sapesse suonare così bene!”

Si avvicinò quindi alla tenda, incuriosita; scostò un po’ il telo per sbirciare dentro e si meravigliò: vide Ross, Irene e Lucille che ascoltavano seduti, con espressioni contente e sollevate, e la persona che stava suonando il flauto era nientemeno che sua figlia. Seduta a gambe incrociate su uno dei sacchi a pelo, teneva un flauto traverso bianco adornato da splendidi motivi dorati simili rami e foglie. Vicino al piede del flauto, era incastonata una piccola pietra azzura intagliata, circondata da un cerchio grigio. A prima vista, le ricordò la forma dei loro bracciali delle Pietre del Legame.

Yuri teneva gli occhi chiusi e suonava con grande abilità: le sue dita si muovevano con rapidità e precisione: producevano quelle note incantevoli come se le avesse suonate altre mille volte, prima di allora. Xavia si sentiva quasi incantata dalla scena a cui stava assistendo. Dopo un po’, la melodia rallentò di nuovo e, piano piano, giunse alla conclusione: Yuri tolse le labbra dalla boccola del flauto e sospirò con un sorriso. Irene la abbracciò da dietro e si complimentò:

«Fantastica come sempre, Yuri!»

«Ci mancava un po’ sentirti suonare il flauto, lo ammetto» sorrise Ross, e Lucille annuì.

Le guance di Yuri arrossirono per i complimenti dei suoi amici:

«Grazie, ragazzi. Ammetto che mancava un po’ anche a me. Ross, hai avuto un’idea fantastica a portarlo! Non posso ringraziarti abbastanza!»

Il ragazzo arrossì e si grattò la nuca:

«Oh! No, non è nulla di che, sul serio. Dopo la tua ultima lettera, ho pensato che suonare ti avrebbe aiutata a rilassarti, tutto qui»

Mentre Irene tornava a sedere sul suo sacco a pelo, Yuri gli sorrise:

«Hai comunque fatto benissimo. A dirla tutta, non pensavo che mi sarebbe servito, per questo non l’avevo portato con me»

Si rigirò il flauto tra le mani, sospirò e lo strinse un po’. Xavia vide che l’espressione della ragazza si era fatta più cupa, pensierosa. Decise di complimentarsi con la figlia, prima di origliare oltre i loro discorsi: non voleva creare possibili equivoci. Scostò del tutto il telo della tenda e sorprese i quattro ragazzi: Yuri la vide e arrossì di colpo, diventò paonazza e nascose il flauto dietro la schiena.

«Mamma! Da quanto…»

Xavia le rivolse un sorriso imbarazzato e ammise:

«Scusa, ti stavo cercando per chiedere se volevi pranzare insieme e non sono riuscita a ignorare quella melodia. Era magnifica, Yuri! Non sapevo suonassi il flauto così bene! Era quasi ipnotica»

Sua figlia diventò rossa come un pomodoro e si coprì il viso con entrambe le mani. Allora Irene ridacchiò e le tirò una gomitata:

«Sì, glielo diciamo tutti, ad Hakum! Ma lei è sempre modesta e non vuole ammetterlo»

Lucille fece un sorriso nostalgico:

«Da quando le hanno regalato questo flauto ad Albarax, si esercitava in ogni momento libero, quando eravamo nel Vecchio Mondo. Quanto tempo sarà passato? Tre anni? Quattro, forse?»

«Quattro, sì»

Yuri annuì e si ventilò la faccia con la mano: aveva il respiro affannoso, come se stesse soffocando. D’un tratto, si scusò e disse che le serviva una boccata d’aria frsca, quindi si alzò di corsa e corse fuori dalla tenda, sotto lo sguardo confuso di tutti e quattro. Xavia era la più perplessa di tutti: la reazione di Yuri le sembrava davvero esagerata, per essere solo timidezza. Sospettò subito che le nascondesse qualcosa. Dopo questo pensiero, anche lei si scusò coi tre amici di Yuri e uscì dalla tenda per seguire la figlia. La cercò per tutta la tendopoli, finché non raggiunse la stalla improvvisata per i mostri dei Rider: quandò arrivò, vide che aveva già sellato la sua Legiana. Sconvolta, la chiamò a gran voce:

«Yuri! Ti prego, ascoltami! Mi dispiace, non volevo turbarti così tanto! Ho solo sentito la tua melodia e volevo farti i miei complimenti, nient’altro»

La ragazza uscì dalla stalla tenendo le redini di Legi, che seguiva la padrona un po’ confusa Xavia le poggiò le mani sulle spalle e la costrinse a guardarla, ma si sforzò di mantenere un tono gentile, senza trasmettere neanche un accenno di rabbia:

«Per favore, puoi fermarti un attimo e spiegarmi che sta succedendo? Ci eravamo promesse di non nasconderci niente, ricordi? Sono e sarò sempre qui per te, Yuri!»

Quelle parole furono troppo per Yuri: si portò una mano sul viso, come se tentasse di nascondersi dallo sguardo inquisitorio di sua madre. Alla fine, esasperata, esclamò:

«Non ne sto combinando una giusta, mamma!»

«Di che parli? Non…»

«Non riesco a controllare i miei poteri, non importa quanto Mikie e Mikayla ci provino: non riesco a fare nulla senza di loro! Siamo accampati qui da due settimane e non sto facendo proprio nulla di utile contro i mostri infetti o nella raccolta delle risorse! Rimango a riposo tutto il giorno e anche quello non serve a un bel niente, perché Redan sta peggiorando a vista d’occhio ed è tutta colpa mia!»

Yuri si coprì all’istante la bocca con entrambe le mani, appena disse l’ultima frase; il flauto le cadde e rotolò ai suoi piedi. Xavia strabuzzò gli occhi, stupita:

«Aspetta, cosa? Che intendi? Cosa centra Redan?»

Si chinò per guardarla negli occhi in modo diretto. Ne approfittò anche per raccogliere il flauto e soffiarci sopra per pulirlo dalla terra e dalla polvere. Yuri impallidì e sudò freddo, poi fece un lungo respiro profondo. Si voltò, buttò fuori tutta l’aria e tornò a guardare sua madre negli occhi.

«Redan si sta indebolendo ed è solo colpa mia»

 

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Yuri si svegliò di soprassalto, come ormai le succedeva sempre più spesso di notte: l’incubo del Fatalis peggiorava sempre di più. Detestava vedere quelle immagini orripilanti: i suoi amici, la sua casa, tutti quelli che conosceva morivano in modo atroce. Sapere di essere la loro carnefice la faceva impazzire dalla rabbia. Tuttavia, quando si voltò per controllare sua madre, non la trovò. La tenda, a parte il suo respiro affannato, era del tutto silenziosa. Anzi, non sentiva un singolo rumore in tutto l’accampamento.

«Oh?»

Rimase confusa per qualche secondo, prima di spalancare gli occhi e alzarsi di scatto. C’era una sola spiegazione: stava avendo una visione. Uscì in fretta e furia dalla tenda, senza nemmeno controllare le altre per cercare altre persone: doveva trovarne solo una e il suo mostro. Si guardò intorno e gridò:

«Redan! Redan, dove sei? Ti prego, voglio parlare!»

Nessuno le rispose. Non vide nemmeno la sagoma di Ejderi da nessuna parte: pur essendo un cucciolo, un Fatalis bianco si sarebbe visto anche da lontano. Iniziò quindi a camminare per la tendopoli, alla ricerca del suo capostipite. Fu dopo qualche minuto che udì un lungo, lugubre gemito sofferente. La Rider batté le palpebre: era un rantolo animalesco e terrificante, che le provocava un enorme senso di disagio. Però, allo stesso tempo, le infondeva tristezza, come se si sentisse in dovere di occuparsi di qualunque essere ferito.

Camminò in direzione del suono con cautela, ma quello che vide la frastornò: una lunga, enorme creatura stava rannicchiata a terra, senza forze. Le bellissime scaglie bianche sul suo corpo erano bruciate, strappate, spezzate, martoriate, insanguinate; le sue corna erano distrutte; le membrane delle ali erano squarciate. Il respiro era debole e il ventre si muoveva a malapena. Yuri trasalì, terrorizzata, si avvicinò e trattenne a stento un conato di vomito.

«Ejderi!»

Si portò di fronte al suo muso e gli accarezzò il muso, dopo essere caduta sulle ginocchia.

«No, no, no! Ejderi, ti prego, svegliati! Cos’è successo?»

Era allibita e in preda al panico: come poteva essersi ridotto così il primo Miracolo Bianco? Poco dopo, si sentì chiamare da una voce flebile:

«Yuri…»

Con la schiena appoggiata al fianco del possente Fatalis bianco, c’era il suo capostipite. La ragazza si sentì svenire: era diventato ancora più pallido, la sua carnagione era cadaverica, ancora peggio della pelle di Irene e Ayla. La cicatrice sul suo volto si era ingrandita ed era diventata più profonda. La sua armatura era distrutta, ridotta a poco più di un rottame che non avrebbe potuto difenderlo nemmeno da un Velocidrome. Le stava tendendo la mano, ma anche quel singolo gesto sembrava doloroso per lui.

«No, no!»

Yuri si sentì la gola secca e lo stomaco in subbuglio: non riusciva nemmeno ad alzarsi, quindi gattonò verso Redan. Dai suoi occhi iniziarono a sgorgare lacrime in abbondanza, quando si trovò davanti a lui: gli afferrò la mano e la trovò gelida.

«Non può essere vero!»

Si abbandonò al pianto, strillando e singhiozzando; poggiò la testa sul petto del suo capostipite, disperata.

«Cos’ho sbagliato? Ho fatto tutto quello che mi hai detto, Redan! Ti prego, ti prego! Perdonami!»

Le sue suppliche e i suoi singhiozzi risuonavano come un’eco nel silenzio del suo sogno. Dopo quelle che sembrarono ore, finalmente, si svegliò per davvero e urlò in preda al panico, con gli occhi arrossati e gonfi.

 

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«Redan ed Ejderi ridotti in quello stato… mamma, quell’immagine non scompare dalla mia testa!» urlò Yuri, esasperata.

Si strinse nelle spalle e si cinse l’addome, col respiro affannoso. Scoppiò a piangere per la rabbia e la frustrazione dovute al suo senso di impotenza. Xavia la abbracciò e la strinse a sé, però non disse nulla. Aspettò che si calmasse, mentre le accarezzava la schiena e i capelli. Rimasero abbracciate per diversi minuti, durante i quali la ragazza continuò a singhiozzare e sfogarsi.

«Perché non me l’hai detto, Yuri? Quando è successo?» le chiese Xavia.

«È successo stanotte»

La ragazza tirò su col naso e guardò per terra, con aria colpevle. Xavia le sollevò il mento con due dita per farsi guardare negli occhi:

«Stamattina mi hai detto che era solo l’incubo del Fatalis. Mi hai mentito, Yuri»

La Rider non riusciva a dire niente per giustificarsi: si vergognava con tutta se stessa. Confessò:

«Non l’ho detto neanche ai miei amici. A loro ho solo detto che ero frustrata e stanca per tutto quello che sta succedendo. E che l’incubo del Fatalis mi stava tenendo coi nervi a fior di pelle. Poi mi hanno detto di avere una sorpresa per me, una cosa ha tirato l’altra e mi sono ritrovata a suonare il flauto di Redan. Hanno ragione: mi aiuta sempre a calmarmi, però stavolta speravo che in qualche modo potesse aiutare Redan o… insomma, che servisse in qualche modo a risolvere questo schifo»

Dopodiché, cadde in un lungo silenzio opprimente che fu rotto da sua madre:

«Yuri, per favore. Ora torna nella nostra tenda: non scappare con Legi, non risolveresti niente. Non sono arrabbiata con te, solo un po’ delusa»

Yuri abbassò lo sguardo con un’espressione triste, a parole, ma Xavia le scompigliò i capelli con affetto e le diede un bacio sulla fronte.

«Però capisco che avevi i tuoi motivi. Eri terrorizzata da quello che hai visto nella visione. Voglio solo parlare con te, con calma. Va bene? Ti scongiuro, fidati di me»

La ragazza inspirò a fondo, prima di annuire: .

«Va bene, mamma. Facciamo come dici tu»

Poi si ricordò della loro conversazione precedente e le rivolse un’occhiata spiacente:

«Prima, hai detto che volevi pranzare insieme. Ma ho già mangiato qualche ora fa assieme agli altri. Scusami tanto. Ti aspetto nella tenda, se vuoi puoi andare a mangiare e possiamo parlare più tardi»

Xavia ridacchiò, poi annuì:

«Se per te va bene, d’accordo. Ho appetito, in effetti, ma non ci metterò molto. Dirò a Nina, Nick e ad Hana che non posso trattenermi molto e tornerò da te il prima possibile»

Yuri si imbronciò per un attimo: non le sarebbe dispiaciuto pranzare assieme a loro o, come minimo, stare in compagnia, ma in quel momento si sentiva distrutta e per niente in grado di mantenere un tono socievole. Quindi annuì e, dopo aver tolto la sella a Legi per permetterle di riposarsi, ringraziò la madre con un fortissimo abbraccio, prima che ognuna andasse per la sua strada.

 

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La Rider si era sdraiata sul suo sacco a pello e fissava il soffitto della tenda con uno sguardo stanco. Fu quando sentì dei passi fuori dalla tenda che si mise seduta; con sua grande sorpresa, però, non sentì la voce della madre:

«Ehm… Yuri? Posso entrare?»

Era Ross. Il suo tono di voce era preoccupato e Yuri non poteva certo biasimarlo, tra il suo atteggiamento di quella mattina e la sua improvvisa fuga. Rimase in silenzio per qualche altro secondo, prima di battersi le mani sulle guance per darsi una svegliata:

«Sì, entra pure»

Il ragazzo, allora, scostò il telo della tenda, entrò e si sedé davanti a lei:

«Scusa l’irruzione, Yuri, però devo sapere: sei sicura di stare bene?»

Alla domanda dell’amico, la ragazza annuì e si sforzò di abbozzare un sorriso:

«Sì, te l’ho detto: sono solo stanca, frustrata e, in tutta onestà, tesa come una corda»

«Non è solo questo, però. Voglio dire, sei arrivata addirittura a scappare da tua madre, poco fa. Da quando siamo arrivati nel Nuovo Mondo, non fai altro che passare il tempo con lei a ogni momento disponibile. Purtroppo non riesco a crederti, Yuri: qualunque cosa ti abbia turbata, dev’essere gravissima, per farti comportare così»

Yuri gli lanciò una rapida occhiata sorpresa. Si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e fece un tentativo di sdrammatizzare:

«Eddai, mi conosci troppo bene. Così non è giusto»

Il ragazzo, però, le prese l’altra mano con delicatezza:

«Proprio perché ti conosco troppo bene, so che ti stai facendo del male da sola. Ti comporti come la prima volta che abbiamo scoperto la tua ascendenza: ti stai caricando tutto sulle spalle senza rivolgerti a nessuno. Io, mia sorella e Irene ti abbiamo aiutata la prima volta, contro il Makili Nova, e siamo qui perché siamo pronti a rifarlo. Devi solo parlarci e ti ascolteremo»

Iniziò a strofinare il pollice sul dorso della mano di Yuri, poi gliela strinse con fare rassicurante, cosa che la fece arrossire, e aggiunse:

«Non posso obbligarti a dirci cosa ti passa per la testa, è ovvio. Fallo quando ti sentirai pronta, ma sappi che siamo pronti ad aiutarti, va bene?»

«Va bene, Ross»

Yuri arrossì ancora di più, quando lo fissò. Lo sguardo inquisitorio ma gentile dell’amico le fece venire le lacrime agli occhi, ma se li strofinò con una mano e si sforzò a non scoppiare a piangere un’altra volta lo stesso giorno.

«Grazie, Ross, davvero. So che ci siete sempre, per me. Appena sarò pronta a parlarvene, ve lo farò sapere. È una promessa»

«Bene. Sono contento»

Ross annuì, soddisfatto da quella risposta, e le strinse la mano un’ultima volta, per poi lasciarla andare e alzarsi.

«Allora vado: Irene e Lucille non sanno che sono venuto a parlarti. Pensavamo di lasciarti un po’ di spazio, ma ho saputo resistere. Dovevo parlarti. Per favore, non dirglielo! Sai come sono fatte quelle due!»

Yuri lo guardò inebetita per un attimo, non sapendo cosa dire, poi sorrise con un risolino. Si alzò, lo abbracciò e lo fece arrossire a sua volta:

«Grazie, Ross. Ne avevo davvero bisogno.».

«Oh! Nessun problema»

Il ragazzo ricambiò l’abbraccio, poi si congedò e uscì dalla tenda. Yuri si sentì un po’ più leggera, dopo la quella conversazione, quindi tirò il telo dell’entrata della tenda e rimase in attesa dell’arrivo di sua madre; prese il suo flauto e lo pulì dalla sporcizia rimasta attaccata quando le era caduto.

“Il capovillaggio Normo mi ammazzerebbe, se scoprisse che ho fatto cadere il suo prezioso cimelio così” pensò.

 

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Xavia la raggiunse dopo una quindicina di minuti: richiuse il telo della tenda dietro di sé, sorrise alla figlia e si sedette di fianco a lei, per poi accarezzarle i capelli. Yuri poggiò la testa sulla sua spalla e provò a rilassarsi: non aveva idea da dove iniziare. La cacciatrice prese l’iniziativa:

«Pronta, Yuri?»

La ragazza annuì e Xavia fece la sua prima domanda.

«Posso chiederti qualcosa di più su quel flauto? Da come ne hai parlato prima, sembrava quasi che stessi aspettando qualche effetto strano che non è mai arrivato»

Yuri la guardò in viso per un secondo, poi le porse il flauto e iniziò a spiegare; Xavia se lo rigirò tra le mani e contemplò da vicino i dettagli.

«Questo flauto è un cimelio che si tramanda da generazioni nel villaggio di Albarax. Gli abitanti lo chiamavano “Flauto del Rider” e furono i primi a raccontarci la storia del primo Rider, colui che sconfisse il Flagello Nero con un drago bianco. Io e Lucille salvammo il villaggio da un Diablos infetto e li aiutammo ad avviare i lavori di ricostruzione delle loro case, così decisero di regalarcelo in segno di amicizia e rispetto»

«Capisco» annuì Xavia.

Quando Yuri si fermò, le fece cenno di continuare.

«Per mesi, lo tenni nei miei alloggi a Gildegaran perché non volevo che si rompesse o danneggiasse: era proprio bello e sembrava davvero prezioso, non avevo mai avuto un oggetto così prima di allora»

Fece un sorriso malinconico, colta dalla nostalgia. Tese la mano destra davanti a sé, come per toccare qualcosa, e proseguì:

«Un giorno, andammo a esplorare la giungla al limitare della città, assieme agli Scribi Reali, e scoprimmo le rovine della cittadella in cui Redan, Ejderi e alcuni dei suoi fidati compagni si erano stanziati. Le pareti crollate erano piene di murali che raffiguravano la storia di Redan e del Miracolo Bianco. Per qualche motivo, sentivo che qualcosa o qualcuno mi stava chiamando»

Congiunse le mani e se le guardò, mentre raccontava:

«Quello che successe dopo mi è rimasto impresso nella memoria. Mi avvicinai sempre di più al murale, fino a toccarlo. Fu allora che sentii la melodia del flauto: iniziò a farmi male la testa. Mi pulsava, come se una marea di pensieri e sentimenti altrui stessero fluendo all’improvviso nella mia mente. Alla fine, svenni ed ebbi la mia prima visione di Redan, che purtroppo durò poco e fu quasi inutile, perché non riuscimmo nemmeno a parlarci. Vidi solo il suo aspetto, ma sembrava così familiare che continuai a rivederlo davanti a me»

«Ed ecco come hai iniziato a credere che potesse essere una visione di tuo padre» rise Xavia.

Yuri le aveva confidato quel dettaglio la prima volta che le aveva raccontato della visione del suo capostipite. La ragazza arrossì e rise di imbarazzo:

«Eh, sì. Era l’unica cosa che mi veniva in mente al tempo, ora me ne vergogno un po’»

«Da come l’hai descritto, sembra un brav’uomo. E poi, è un nostro antenato: in un certo senso, avevi ragione! Senza di lui, non esisteremmo»

Yuri sorrise, poi riprese a raccontare:

«Dopo aver sentito la melodia del flauto, iniziai a imparare a suonarlo. Certo, all’inizio ero una frana ma, anche grazie ad alcuni contatti fra gli Scribi Reali, riuscii a migliorare col tempo: ormai ricordo quella melodia a memoria»

«E sei pure bravissima»

«Scusa se prima sono scappata senza ringraziarti. Grazie mille! Sono contentissima che lo pensi!»

Xavia le baciò la fronte:

«Non preoccuparti. Però, quando la situazione si sarà risolta, ti andrebbe di suonarla un’altra volta, per me?» le chiese, speranzosa.

«Ci stavo già pensando, mamma. Tranquilla! Te lo prometto»

Yuri sorrise e la madre la stritolò con un abbraccio.

«Grazie! Ah, scusami se ti ho interrotta, continua pure!»

Yuri annuì e si strofinò le guance:

«In realtà, non c’è molto altro da dire. Suonare mi aiuta a calmarmi, come hanno detto i miei amici. Quella melodia, però, ha anche un altro effetto che scoprii solo quando riuscii a suonarla per intero, senza errori: quando mi addormentavo dopo averlo suonato, mi faceva avere una visione»

Xavia strabuzzò gli occhi, stupita:

«Davvero?».

«Sì: rividi Redan la prima notte in cui la suonai alla perfezione e riuscimmo a parlare per un po’. Fu lui ad approvare il nostro piano di cercare i giacimenti di Minerale del Legame sparsi nel continente dei Rider per purificarli. Successe altre tre volte che, dopo aver suonato quella melodia, arrivasse una visione appena mi addormentavo»

«Quindi speravi di riuscire a parlargli di nuovo oggi, dopo averla suonata» concluse la cacciatrice.

Yuri annuì.

«I ragazzi lo sapevano: ho fatto un tentativo, ma ero così nervosa che non ha funzionato. Quando mi hai sentita suonare, era la seconda volta che ci provavo. Certo, non ho più avuto visioni grazie al flauto per due anni, dopo che ho sconfitto il Makili Nova, però credevo che l’effetto fosse garantito, ora che il parassita si è reincarnato. Ma dopo la visione di stanotte, sono terrorizzata, mamma»

Rivide per un istante la carnagione cadaverica di Redan, si sentì le mani fredde ed ebbe i brividi: si portò le mani sul viso e socchiuse gli occhi.

«Ho paura di scoprire che è scomparso per sempre, la prossima volta che andrò a dormire. Ho paura che la mia pietra si infetti, di star distruggendo tutto ciò che abbiamo ottenuto finora. Sono terrorizzata, mamma!»

Xavia, però, le afferrò il braccio destro con gentilezza e lo portò di fronte a sé: sotto lo sguardo confuso della figlia, le tolse il bracciale e lo aprì per mostrarle la Pietra del Legame. Era azzurra e limpida come al solito: nessun punto della sua superficie sembrava scolorito o sporco. Anzi, sembrava quasi emettere un lieve bagliore intermittente.

«Visto? La tua pietra è ancora purissima»

Xavia non le diede neanche il tempo di ribattere, prima di continuare:

«È da quando mi hai raccontato della visione che ho una strana sensazione: è come se quello che credi non quadrasse. Non ho idea di come spiegartelo: so che non mi mentiresti e credo in quello che hai visto, ma dentro di me sento che ti sbagli»

Yuri voleva ribattere che sua madre non aveva visto il suo incubo: l’espressione sofferente di Redan, il gemito straziante di Ejderi, le ferite sui corpi di entrambi. Però, per qualche motivo, non ci riuscì: Xavia aveva un’espressione serissima, sicura con tutta se stessa di quello che stava dicendo.

«Ma allora cosa significa? Non so più cosa fare, in tutta onestà» sospirò Yuri, esausta.

«Prova a riposarti un po’, Yuri» propose Xavia.

Quando la ragazza le rivolse uno sguardo perplesso, aggiunse:

«Solo per oggi. La tensione che si accumula può giocare brutti scherzi, convincerci di cose che in realtà ci immaginiamo e basta. Non pensare a niente e prova solo a stare tranquilla per un po’: se non funziona, ne parleremo coi tuoi amici e troveremo una soluzione, te lo prometto»

Yuri esitò a lungo: nella sua testa, pensieri contrastanti mettevano in discussione la proposta di sua madre. E se l’indomani fosse già stato troppo tardi per salvare Redan ed Ejderi? Però la sua pietra era pura, senza ombra di dubbio. E come faceva Xavia a essere così certa che quello che aveva sognato non era vero? Che sua madre riuscisse in qualche modo ad avvertire la presenza di Redan, ora che sapeva di discendere da lui e aveva usato la sua Pietra del Legame? Le sembrava impossibile, ma non poteva nemmeno continuare a scervellarsi per trovare la soluzione a un problema che forse nemmeno esisteva. Seppure riluttante, Yuri annuì:

«Va bene, mamma. Proviamo a fare come dici tu»

Xavia sorrise, contenta, e la strinse a sé. Quando Yuri ricambiò l’abbraccio, le si scaldò il cuore. Rimasero abbracciate per svariati minuti, poi la donna la lasciò andare poco alla volta. Le riconsegnò il bracciale della Pietra del Legame, che la Rider indossò subito.

«Allora ti lascio riposare. Ci vediamo dopo, va bene?» le chiese.

Tuttavia, Yuri scosse la testa con vigore ed esclamò:

«No! Per favore, resta qui con me! Ti prego»

Seppur sorpresa, Xavia annuì con un sorriso:

«Ma certo»

Yuri, quindi, si sdraiò sul sacco a pelo e fece un respiro profondo. Xavia rimase seduta accanto a lei, la tenne per mano e le accarezzò la testa. La ragazza a sentirsi gli occhi pesanti.

«Mamma, perdonami per tutto quello che ho fatto oggi. Ti ho mentito sul sogno, volevo scappare, volevo risolvere tutto da sola» mormorò, dispiaciuta.

Xavia, però, le poggiò un dito labbra e le sorrise.

«Shhhhh. Non preoccuparti. Ti sei già scusata abbastanza»

Yuri ridacchiò e sussurrò:

«Se vuoi, domani possiamo riprendere gli allenamenti con Oda. Ho trascorso gli ultimi giorni allenando i miei poteri con Mikayla, ma non mi sono dimenticata di te. Non potrei mai»

«Mi farebbe molto piacere. Ho provato quegli esercizi che mi hai consigliato e ora riesco a stare meglio in sella anche al galoppo, dopo molte cadute»

Mentre Xavia continuava ad accarezzarle i capelli, Yuri sbadigliò, socchiuse gli occhi e, nel giro di pochi minuti, si addormentò.

 

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Yuri si stiracchiò con uno sbadiglio, prima di mugolare e lamentarsi del mal di schiena. Si era addormentata con l’armatura ancora addosso: si maledisse per non essersela tolta prima che arrivasse sua madre. Nonostante tutto, però, doveva ammettere che si sentiva molto più riposata di prima.

«Non ho nemmeno sognato il Fatalis. Meno male» sussurrò.

Si accorse solo allora che Xavia non era più con lei nella tenda: se non si fosse accorta di quel silenzio innaturale, forse avrebbe avuto un tuffo al cuore. Era molto stupita.

“Un’altra visione?” si chiese.

Sbirciò fuori dalla tenda, terrorizzata da quello che avrebbe potuto trovare di fuori. Il suo cuore, invece, si colmò di gioia: fuori dalla tenda, ad aspettarla, si trovava il suo capostipite. La pelle di Redan era tornata a un colorito roseo e le cicatrici sul suo volto erano scomparse: dava l’impressione di essere sano come un pesce. La sua armatura bianca era in condizioni perfette, come se fosse stata appena forgiata, e le dava l’impressione che potesse proteggerlo da ogni attacco. Sotto la sua barba, si vedeva un sorriso accogliente:

«Eccoti, Yuri. Finalmente riesco a parlarti di nuovo»

Yuri si sforzò con tutta se stessa di non scoppiare a piangere un’altra volta, ma non ci riuscì: quando tentò di parlare, le sue labbra tremolarono e le lacrime iniziarono subito a rigarle il volto. Si fiondò su di lui e lo strinse tra le sue braccia più forte che poteva, tra un singhiozzo sollevato e l’altro. Redan la lasciò fare. Poggiò un ginocchio a terra e le permise di piangere, paziente. Poco dopo, Yuri sentì dei passi pesanti da dietro la tenda e si voltò: Ejderi, a sua volta in forma smagliante, fece un verso allegro.

 

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Appena Yuri si addormentò, Xavia si sentì chiamare dall’esterno:

«Xavia? Disturbo?»

Con sua grande sorpresa, Xavia si voltò e vide Ayla che faceva capolino nella tenda. Nonostante la confusione, le rispose a bassa voce:

«Aspetta, esco: Yuri sta dormendo»

Una volta uscita dalla tenda, si allontanarono un po’ e Xavia domandò:

«Che succede, Ayla?»

Occhi di Sangue incrociò le braccia:

«Poco fa, è venuta a parlarmi Irene, in gran segreto. Mi ha detto che Yuri sembra strana da stamattina e che ha detto loro che l’incubo del Fatalis sta peggiorando. Mi ha implorato di venire a parlare con lei. Per caso l’ha detto anche a te?»

«Sì. Prima, però, mi ha rivelato che oggi non è così per l’incubo del Fatalis: ha avuto una nuova visione che l’ha scossa nel profondo. Ora sono riuscita a farla calmare un po’, ma non so quanto ancora posso esserle utile»

«Ha visto di nuovo il suo antenato?»

La cacciatrice era una delle poche persone a cui era stato confidato quel segreto. Xavia annuì, quindi Ayla iniziò a rimuginare:

«Sospetto che, in realtà, sia comunque il gene di Fatalis la causa di tutto ciò»

«Che intendi?»

«Gliel’ho spiegato alcuni giorni fa: di norma, l’incubo del Fatalis ti fa sognare di uccidere e distruggere tutto ciò a cui tieni. Certe volte, però, potresti avere visioni distorte o rivedere brutti momenti del tuo passato»

Esitò per qualche istante, poi mormorò:

«Se devo essere sincera, pensavo che non le sarebbe mai successo. Il Fatalis mi tormenta perché sono maledetta, è il suo dannato spirito che mi mostra queste cose. Yuri ha dentro di sé un miscuglio innaturale che non credevo avesse una volontà propria. A quanto pare, però, mi sbagliavo»

Xavia si grattò il capo, confusa, e cercò di elaborare quello che le era appena stato detto.

«Quindi, secondo te, il suo gene le ha fatto avere una visione e l’ha scambiata per un messaggio di Redan?»

«Sì, più o meno. In tutta onestà, non ho idea di come siano di solito le visioni che ha, quindi potrei sbagliarmi»

Xavia incrociò le braccia:

«Vorrei trovare il modo di aiutarla. Ma purtroppo per me, è un ambito di cui non so niente. Mi basterebbe anche solo aiutarla a distrarsi, ma non sono sicura di cosa potrei fare»

Ayla pensò per qualche momento, poi sorrise:

«Ho trovato! Puoi portarla in un posto dove non è mai stata, a vedere il mostro più raro del Nuovo Mondo»

Xavia unì i puntini e strabuzzò gli occhi, illuminata:

«Le Caverne di El Dorado! La Kulve Taroth! Ma certo! Sei un genio, Ayla! Scommetto che le adorerà!»

«Laggiù potreste anche incontrare gli Eroi di Kokoto: sono rimasti lì per monitorare la Kulve Taroth al posto nostro, quando siamo tornati qui assieme all’Ammiraglio. Non so se Yuri li conosce già»

«Non ne sono sicura, ma posso provare a organizzare qualcosa. Grazie mille, Ayla! Le parlerò anche dei tuoi dubbi riguardo alla visione, nella speranza che l’aiuti a stare più tranquilla»

«Figurati! Nessun problema»

Occhi di Sangue le batté una mano sulla spalla, contenta di essere stata di aiuto, e si congedò.

 

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Yuri riuscì finalmente a calmarsi dopo essersi sfogata per svariati minuti. Lei e Redan si erano quindi diretti all’aeronave della tendopoli: l’antico Rider non aveva mai visto una nave in grado di volare ed era curioso di ispezionarla, mentre discutevano. Alla fine delle reciproche spiegazioni, Yuri si sedé al tavolo delle mappe e concluse:

«E così, quello che ho visto stanotte non era altro che il Fatalis che provava a incasinarmi la testa? Ti giuro, Redan, che sembrava più reale di quello che vedo da sveglia!»

Il biondo annuì, senza guardarla, mentre si aggirava per l’aeronave:

«È la verità: quella donna, Occhi di Sangue, te lo ha spiegato o no? Hai fatto un ottimo lavoro per queste due settimane, Yuri: mi sento in ottima forma, come se fossi ringiovanito! Anche Ejderi è più in forma del solito»

La sua risata fragorosa fece eco per l’aeronave vuota. Yuri si incupì e affermò:

«Però, in questi giorni, ho comunque provato sensazioni spiacevoli. Ero terrorizzata dagli incubi, frustrata perché non so controllare meglio i miei poteri e, in generale, mi sentivo impotente. Non è un problema?»

Redan smise di esaminare i meccanismi dell’aeronave e la raggiunse al tavolo. Si sedé davanti a lei e le rivolse un sorriso comprensivo:

«Sono emozioni normali, Yuri. È impossibile vivere senza preoccuparsi. Due settimane fa, ti ho avvertita perché i tuoi sentimenti e pensieri stavano andando fuori controllo, da quando sei stata rapita e corrotta da tuo padre»

Speranzosa, Yuri gli chiese con allegria:

«Questo significa che la mia pietra non rischia più di infettarsi? Posso tornare in azione?»

«Ma certo. Il pericolo più grande è passato. Ti ho chiamata qui solo perché volevo rassicurarti dopo tutto quello che hai visto e passato oggi»

Yuri sospirò, felice e sollevata:

«Meno male che Ross ha portato il flauto: almeno siamo riusciti a parlare subito!»

Redan, però, scoppiò a ridere e scosse la testa:

«Yuri, ascolta: quel flauto non è mai servito a niente»

«Aspetta, cosa?»

«È la verità: quella melodia fu composta da mio fratello, con l’aiuto di alcuni bardi itineranti. Cantavano le gesta mie ed Ejderi come primo Rider e, in seguito, fabbricarono quel flauto per me. Ma non ho mai avuto l’orecchio per la musica. Tutte le volte in cui abbiamo parlato, il flauto e la melodia non c’entravano nulla: era solo una coincidenza»

Yuri si sentì un poco avvilita dalla sua rivelazione: si mise una mano sulla bocca, pensierosa, prima di guardarlo di nuovo con un’espressione a metà tra il divertito e sollevato.

«Cavolo, avresti potuto dirmelo prima!» rise, imbarazzata.

«E perdermi il tuo talento con il flauto? Giammai! Ogni volta che suonavi quella melodia, mi rievocavi ricordi felici di quando ero ancora vivo»

«Non mi hai mai neanche detto di avere un fratello! Nelle illustrazioni alle rovine della tua cittadella, non viene mai menzionato. Almeno nelle parti che Lilia e il capitano Violet sono riuscite a tradurre»

Redan, quindi, si grattò il capo con un sospiro, crucciato:

«Be’, avevamo sempre argomenti molto più importanti di cui discutere, al tempo. È una storia lunga e complicata, ma diciamo che non correva buon sangue tra noi, anni dopo la sconfitta del demone di catrame di cui il Makili Nova si era impossessato. I miei amici lo credevano solo invidioso, ma in realtà mi domandavo tutto il tempo quale torto gli avessi mai fatto; non capivo perché avesse deciso di troncare i rapporti con me»

«Oh! Scusami, non lo sapevo»

«No, tranquilla: l’ultima volta che ne sentii parlare, lui e il Rathalos che l’avevo aiutato a domare erano partiti per un continente di Rider molto lontano dalla nostra terra, e neanche questa è una certezza. Comunque, mio fratello si chiamava Red»

«Purtroppo non mi dice niente» disse Yuri.

Rimasero in silenzio per qualche minuto, poi sentirono Ejderi emettere uno sbuffo sconsolato. Redan ridacchiò e si alzò:

«Dici che stiamo perdendo tempo, Ejderi? Ha ragione: è probabile che ti svegli tra poco»

Yuri si alzò e chinò la testa, in segno di riverenza:

«Redan, ti ringrazio dal profondo del cuore. Ora sono molto più tranquilla. Mi dispiace per averti fatto preoccupare e sono felicissima di vedere che stai bene»

Redan fece un ghigno sornione:

«Dovrei scusarmi io: avrei dovuto contattarti prima, per farti sapere che ora potevi smettere di preoccuparti per questo fantasma troppo ostinato. Ora pensa solo a presentarti alla battaglia contro il Makili Nova al massimo delle tue capacità: sono certo che, negli anni a venire, i bardi canteranno anche le tue gesta, proprio come cantarono le mie!»

Allargò le braccia ed esclamò in tono teatrale:

«Le gesta di Yuri Aros e il suo Rathalos, che superarono in destrezza e abilità il Rider del Miracolo Bianco per mettere fine alla piaga del malefico Flagello Nero!»

Yuri arrossì subito e scoppiò a ridere:

«Penso che morirei di imbarazzo, se qualcuno mi presentasse mai così»

«E chissà? Magari, alla prossima venuta del Makili Nova, ci sarete tu e Ratha a guidare il nostro successore al mio posto!»

Ormai Redan aveva deciso di buttarla sul ridere e aveva perso la sua aura di misticità e saggezza. Yuri rise così tanto che dové respirare a fondo per evitare di singhiozzare, quindi sorrise:

«Grazie di tutto, Redan. Spero che riusciremo a rivederci, un giorno: magari quei successori li guideremo insieme, che ne dici?» ammiccò.

Il primo Rider le strinse la mano, rispettoso:

«Non potrei essere più onorato, Yuri»

 

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La Rider aprì gli occhi con calma, un po’ infastidita: le sarebbe piaciuto parlare con Redan ancora un po’. Si mise una mano sulla fronte, sentendola pulsare, prima di mettersi seduta. Xavia la salutò, cordiale:

«Oh! Buongiorno, Yuri»

La ragazza vide che era ancora seduta accanto a lei e questo la fece arrossire. Sorrise, contentissima, e la abbracciò:

«Oh, mamma! Ho una notizia stupenda»

La cacciatrice la guardò con stupore e le chiese di spiegarsi.

«La visione orribile di stamattina era solo un altro incubo dovuto al Fatalis! Ora ho avuto una vera visione, mentre dormivo: Redan stava benissimo! Mi ha pure detto che il pericolo è passato: non rischio più di infettare la mia pietra. Posso di nuovo rendermi utile!»

Xavia le prese entrambe le mani, entusiasta:

«È fantastico, Yuri! Volevo proprio parlarti di questo: secondo Ayla, la visione che hai avuto stamattina poteva essere distorta e il gene di Fatalis te la stava mostrando per farti disperare»

«Aspetta, come faceva Ayla a saperlo?»

«È venuta a chiedere di parlarmi qualche minuto dopo che ti sei addormentata: ha detto che Irene l’ha supplicata di aiutarti perché avevi menzionato l’incubo del Fatalis e ti eri comportata in modo strano per tutta la mattina»

Yuri si fece scappare una risatina divertita: sia Ross sia Irene avevano infranto in segreto la promessa dei suoi tre amici. Tuttavia, il suo sorriso svanì quando si rese conto che l’unico motivo per cui l’avevano fatto era perché, con ogni probabilità, li stava facendo preoccupare a morte.

«Dovrei andare da loro e spiegare perché mi sono comportata così e che ora è tutto a posto» disse, pentita.

«Se te la senti, posso accompagnarti per aiutarti. Solo se vuoi, però»

Yuri scosse la testa, ma sorrise:

«Grazie, mamma, ma penso di doverlo fare da sola. Però, se vuoi venire, ho scoperto qualche dettaglio privato su Redan per la prima volta»

«Oh! Certo, perché no. Ammetto di essere curiosa»

 

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«E questo è quanto»

Yuri espirò a fondo, nel tentativo di scaricare tutta la tensione dal discorso che aveva appena fatto agli amici. Non osava guardarli in faccia: immaginava le loro espressioni deluse nei suoi confronti, soprattutto quella di Ross. Aveva fatto proprio quello che le aveva chiesto di non fare: si era tenuta tutto dentro e aveva provato a risolvere da sola quell’enorme problema.

«Sono mortificata per avervi nascosto la verità. Avevo troppa paura delle vostre reazioni, se vi avessi detto che Redan stava morendo a causa mia. Solo pronunciare quelle parole mi fa ancora seccare la gola!»

Xavia le mise una mano sulla spalla e gliela strofinò per confortarla. I tre Rider si scambiarono un’occhiata incerta. Irene prese la parola per prima e li sorprese:

«Non posso parlare per tutti e tre, ma non sono arrabbiata con te, Yuri. Capisco le tue ragioni: forse avrei agito allo stesso modo, al tuo posto. Insomma, ci è voluta un’imboscata di Ekya per farmi ammettere che il Makili Nova mi aveva vista, al campo di battaglia»

«Non mi sembrano due situazioni tanto paragonabili» mormorò Yuri.

Lucille si alzò di colpo. Yuri notò che si stava sfregando le mani, il che la confuse, ma l’amica non le diede il tempo di dire altro:

«Yuri, il punto è che capisce perché l’hai fatto e non ti biasima. Neanch’io ti biasimo, per inciso. Avremmo dovuto insistere un po’ anche noi. Sappiamo che, quando ti fissi su qualcosa, vuoi venirne a capo da sola senza sentire ragioni. Magari avremmo potuto farti parlare prima ed evitare tutto questo casino»

«Lucy, per favore, non avete nessuna colpa. Sono io che ho fatto l’omertosa»

Questa volta, fu il turno di Ross, che la osservava a braccia incrociate:

«Ti chiedo solo una cosa, Yuri: prometti che, se in futuro succede qualcosa di simile, ce lo dirai subito. Va bene? Nessuno ce l’ha con te, quindi mettiamoci una pietra sopra e vediamo di non ripetere lo stesso errore un’altra volta»

La schiettezza con cui pronunciò quelle parole sorprese Yuri: si sentì come pugnalata al petto, nel vedere lo sguardo abbattuto di Ross. Sapeva già che l’avrebbe deluso rivelando quanto aveva taciuto, ma vederlo così le fece venire un tuffo al cuore. Pensava di meritarsi di molto peggio, dopo averli fatti preoccupare così tanto: qualche parola dura era il minimo. La gemella lo prese per le spalle:

«Ross! Ti sembra il modo di parlarle? Guarda, hai rovinato tutto!»

Anche Irene stava per dire qualcosa, ma questa volta Yuri si alzò in piedi e agitò le mani:

«No, no! Lasciatelo stare. Ha ragione: erano parole sincere. Sono grata che non siate furiosi con me. Prometto che voi e mia madre sarete i primi a sapere cosa mi passa per la testa, se ho altri incubi altrettanto gravi. Ve lo giuro sulla mia Pietra del Legame!»

Si portò la mano al cuore, fissando Ross. L’amico vide il suo sguardo deciso e ascoltò la sua voce determinata, quindi annuì e le sorrise.

«Va bene, allora. Scuse accettate, Yuri»

Il suo tono era tornato gentile come al solito. Yuri, quindi, abbracciò ciascuno dei suoi amici e li sommerse di ringraziamenti. Finalmente si sentiva più leggera e lasciò scivolare il ricordo di quella giornata terribile che si stava avvicinando alla conclusione. Anche Xavia prese la parola:

«Yuri, non avevi detto che hai scoperto qualcosa di nuovo su Redan e volevi raccontarcelo?»

La ragazza si sbatté una mano sulla fronte:

«Oh, quasi dimenticavo! Sì! Non è nulla di importante però, solo pettegolezzi»

Irene scherzò con un tono accusatorio caricaturale:

«I pettegolezzi sono importantissimi, bella! Su, su! Spara!»

«Due cose: la prima è che quella melodia e il flauto di Redan, in realtà, non servono a nulla. Sono solo un cimelio del passato: è sempre stata una coincidenza, quando avevo una visione la notte dopo averlo suonato»

«Cosa? Sul serio?» chiese Ross, confuso.

Lucille scoppiò a ridere:

«Oh, il capovillaggio Normo sarà così deluso: era certo che il mondo sarebbe stato spacciato, senza questo cimelio, e invece! Ben gli sta, a quel pallone gonfiato che non voleva nemmeno che lo aiutassimo»

Yuri sorrise:

«Redan non me l’ha mai detto perché gli veniva una grande nostalgia a sentirmi suonare. Suo fratello compose la melodia e la usavano come sottofondo per cantare le sue gesta»

Irene era incredula:

«Aspetta, aspetta. Redan aveva un fratello?»

«Sì: mi ha detto che si chiamava Red e che, purtroppo, col tempo si allontanarono e smisero di parlarsi. Se ne andò dal continente in sella a un Rathalos che Redan l’aveva aiutato a domare e fece perdere tutte le sue tracce»

«Era forse invidioso della fama di Redan?» chiese Lucille.

«Però ha composto lui quella melodia, no? Quindi non credo fosse per questo» ribatté Ross.

Xavia si intromise:

«Sembra un mistero perso nel tempo, purtroppo. Se neanche Redan sa il motivo, dubito che troveremo una risposta a distanza di generazioni, senza nemmeno sapere dove sia andato questo fantomatico Red»

I cinque continuarono a congetturare e discutere per svariati minuti, poi la cacciatrice dové congedarsi: si scusò con la figlia e i suoi amici dicendo che aveva un impegno e, dopo aver promesso a Yuri che avrebbero finalmente cenato insieme quella sera, uscì dalla tenda e si recò all’aeronave per parlare con l’Ammiraglio.

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Capitolo 54
*** El Dorado ***


Ross trovò Yuri seduta a uno dei tavoli della mensa, intenta a osservare il panorama degli Altipiani Corallini baciati dal sole del primo mattino mentre, con un dito, strofinava con fare distratto i bordi della tazza di tè che aveva ordinato. La raggiunse e la salutò:

«Buongiorno, Yuri!»

La ragazza sorrise, contenta:

«Oh! Ciao, Ross! Buongiorno! Come mai già in piedi?»

«Non riuscivo a dormire e ho deciso di fare due passi per non disturbare Lucy e Irene»

«Quelle due sono peggio di un Espinas, vero?» rise Yuri.

Strappò un sorriso all’amico, che si sedé di fronte a lei.

«Eh, già: mai svegliarle, se non vuoi iniziare la giornata con un piede nella fossa, soprattutto quando rimangono sveglie la notte a spettagolare tra loro. Tu, invece?»

«Ieri sera mi sono addormentata presto e non avevo voglia di rimanere nella tenda fino a tarda mattinata»

«Oh, capisco. Te l’ho chiesto solo perché di solito ti vedo qui con tua madre, pensavo che ti fossi svegliata prima e fossi uscita per conto tuo, visto che non c’è»

La Rider lo guardò un po’ confusa, poi si grattò il capo:

«Ah! Sì, è vero: di solito, al mattino, facciamo sempre colazione insieme. Era già sveglia quando sono uscita, però mi ha detto che doveva andare a parlare col fabbro e che potevo aspettarla qui»

Mentre spiegava, un Felyne cameriere si avvicinò al loro tavolo e chiese al ragazzo se voleva ordinare qualcosa: Ross chiese solo del latte e, quando il Lynian si allontanò, Yuri riprese a parlare:

«Stavo già aspettando da un po’, quindi ho ordinato per me, però mi si è raffreddato il tè. Non capisco come mai ci stia mettendo così tanto»

Incrociò le braccia con uno sguardo incuriosito, mentre pensava ad alta voce. Purtroppo Ross non sapeva bene cosa dire su quella situazione, quindi pensò che forse poteva aiutare l’amica a distrarsi parlando di qualcos’altro:

«Mi chiedevo: non potresti scaldartelo da sola con le fiamme del Fatalis?» azzardò.

Yuri gli rivolse un’espressione sorpresa e corrugò la fronte:

«Partendo dal presupposto che sappia usarli a comando, cosa che ancora non riesco a fare: vuoi davvero che usi i poteri del Drago Nero che distrusse Schrade per riscaldare una tazza di tè?»

Ross si grattò la nuca, imbarazzato, e ridacchiò:

«Tentar non nuoce, no?»

«Suvvia Ross, sai come sono fatta! Mi sembra sbagliato usarli per piccolezze del genere»

«Sono i tuoi poteri, dovresti poterli sfruttare un po’, non ti pare? Inoltre, potrebbe tornarti utile: forse usarli al di fuori degli scontri ti aiuterà a controllarli meglio. In fondo, i mostri non usano le loro abilità solo quando cacciano o si difendono, giusto?»

Mentre lo diceva, Ross ripensò a quando Fugu, lo Zamtrios di Yuri, giocava nelle distese ghiacciate di Darj: si gonfiava come un pallone, per poi rotolare giù dalle lastre di ghiaccio, e si divertiva un mondo sfidando il Lagombi di Lucille. Gli venne in mente anche il Nerscylla di Irene, il quale aveva imparato a oscillare così bene che, negli ambienti giusti, Irene non toccava quasi mai terra, grazie al temnoceran e al suo falcione insetto. Yuri rifletté, quindi sorrise e annuì:

«Sì, hai ragione. Però non ne sono ancora sicura: anche se riuscissi a evocare il fuoco, ho troppa paura di bruciare qualcosa. O peggio, ustionare qualcuno»

Yuri sospirò e si strofinò gli occhi, segno che la stavano tormentando svariati dubbi e preoccupazioni. In quel momento, il Felyne cameriere tornò col latte che Ross aveva ordinato. Il ragazzo ringraziò, poi si grattò il mento, pensieroso:

«Posso chiederti una cosa, Yuri?»

«Certo, chiedi pure»

«La furia del Fatalis ti ha sempre fatto usare i tuoi poteri e ci hai detto che tu e Ayla siete simili, da infuriate. Però, quando il Makili Nova ha provato a farti distruggere la tua Pietra del Legame sull’aeronave, non eri affatto come lei»

Ross rabbrividì: gli era riapparsa davanti l’immagine di Occhi di Sangue con quelle inquietanti vene gonfie e in rilievo sulla sua pelle paonazza. Yuri batté le palpebre, sorpresa:

«Davvero?»

«Sì: ieri ci ho riflettuto, quando siete tornate. Ci hai detto che era stato un altro buco nell’acqua. Sull’aeronave, ti sei ricoperta il braccio di fiamme e ci hai minacciati, ma i tuoi occhi non brillavano e non emanavi vapore»

Yuri si strinse nelle spalle:

«Però questo non mi aiuta molto, Ross. Non me n’ero neanche accorta, come posso...»

Ross si alzò, si sedé accanto a lei e la incoraggiò:

«Fai un tentativo! Se non ricordo male, quella volta hai detto che stavi sottomettendo il Fatalis dentro di te. Forse il problema è che, a livello inconscio, continui a pensare che questi poteri non ti appartengano e di starli usando a discapito del Drago Nero»

Conoscendo Yuri e il suo modo di vedere le cose, gli sembrava logico che la sua amica credesse di prendere solo in prestito le proprietà del suo gene, per questo le veniva spontaneo usarli solo quando cedeva alla furia. La sua personalità distorta, invece, era molto più sicura di sé e pronta a tutto per compiacere Xander o il Makili Nova.

«Quindi dovrei “sottomettere” il Fatalis?» chiese Yuri, incerta.

Ross incrociò le braccia, prima di azzardare un suggerimento:

«Mi rendo conto che è più facile a dirsi che a farsi, neanch’io ho idea di dove iniziare. E se immaginassi di domare un nuovo mostro appena nato?»

La ragazza sollevò lo sguardo e si guardò intorno per un istante: non vide la madre nei paraggi e vide che la mensa non era ancora molto affollata, quindi annuì e accettò di fare un tentativo. Si mise la tazza di tè nel palmo della mano destra, dopodiché chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.

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Yuri tentò di immaginare davanti a sé un cucciolo di Fatalis simile a Ejderi. Non fu difficile: ormai, l’immagine del Drago Nero le era impressa nella memoria a causa dell’incubo. Espirò a fondo: il primo passo per domare un mostro appena nato era mostrarsi più calma possibile. Tese la mano sinistra e accarezzò il collo squamoso del drago: la creatura, per tutta risposta, le rivolse un ruggito furente. Si sentì impallidire, quando percepì quella furia cieca: in preda ai sudori freddi, si batté le mani sulle guance per farsi coraggio e si impose di mostrarsi decisa. Dopo diversi minuti, il drago cedé e abbassò il capo. Pur continuando a ringhiare, sembrava apprezzare l’affetto della ragazza.

Distolse lo sguardo da lei, prima di spalancare le fauci e soffiare una fiammata che mancò di striscio il fianco destro di Yuri. Allora mutò e diventò all’improvviso un Fatalis bianco; esso fece la stessa cosa, ma sputando un flusso di fulmini vermigli e terrificanti. Infine, divenne un Fatalis cremisi, il quale sputò una sfera infuocata in aria che poi sfrecciò verso il basso come una meteora. Si schiantò a terra con una velocità impressionante, dopo esserle passata appena sopra la testa. Ecco che il drago scomparve all’improvviso: la Rider annaspò e iniziò a sentirsi il polso bruciare.

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Ross osservava l’amica che teneva gli occhi chiusi quando, dopo svariati minuti, il polso e la mano destra di Yuri furono avvolti da bellissime fiamme dorate. Al contrario di quel giorno sull’aeronave, però, erano placide e non incutevano nessun timore: erano come il fuoco di una lanterna o un falò appena acceso.

«Incredibile!» esclamò, estasiato.

Yuri sobbalzò e aprì gli occhi di scatto: agitò troppo la mano e la tazza barcollò per un attimo, per poi sfuggirle. Ross, per riflesso, riuscì ad afferrarla, ma metà del tè si rovesciò sul tavolo. Un Felyne di passaggio corse a prendere uno straccio e miagolò:

«Mià, che disastro!»

I due ragazzi si scusarono quando tornò per asciugare il tavolo e, quando si allontanò dicendo loro di stare più attenti, si guardarono per un momento, prima di scoppiare a ridere. La Rider si guardò il polso, tornato freddo, e lo rigirò un po’:

«È stato stranissimo: ho visto le fiamme, però non bruciavano!»

«E ora riesci a rifarlo?» le chiese Ross.

Yuri si concentrò per qualche secondo e, con un movimento rapido delle dita, le fiamme dorate le riapparvero a partire dall’avambraccio. Decise quindi di provare con l’elettricità: scosse il braccio destro e il fuoco si dissolse, quindi si guardò il sinistro. Chiuse il pugno prima di tendere il braccio e, quando rilassò la mano, apparvero le scariche elettriche vermiglie che crepitarono con un suono quasi inquietante. Non si trattenne più: l’elettricità scomparve, fece un ampio sorriso soddisfatto e sollevò entrambe le braccia.

«Ce l’ho fatta! Ci sono riuscita!» esultò, emozionatissima.

Strinse Ross tra le sue braccia in uno fortissimo abbraccio che lo fece diventare paonazzo.

«Grazie, Ross! Grazie! Non so come ripagarti!»

Il Rider sorrise e ricambiò l’abbraccio:

«Sono contentissimo di esserti stato di aiuto, Yuri! Mi dispiaceva vederti tormentarti così per i tuoi poteri»

Yuri ridacchiò, si tirò indietro e gli rivolse un sorriso allegro:

«Non sminuirti. Ti fai sempre in quattro per aiutarmi, non ti ringrazierò mai abbastanza»

Dopo quella frase, arrossirono entrambi. Rimasero in silenzio per qualche attimo che parve loro interminabile, intenti a guardarsi negli occhi. Ecco che, all’improvviso, sentirono la voce di Xavia che chiamava la figlia da lontano. Entrambi divennero rossi come pomodori e Ross la lasciò andare, poi Yuri si alzò e si ventilò la faccia con la mano, nel tentativo di farsi passare il rossore prima che sua madre la vedesse così. La cacciatrice li raggiunse con un’espressione dispiaciuta:

«Eccomi. Scusa per il ritardo, Yuri. Ci ho messo più tempo del previsto, purtroppo»

«Oh! Nessun problema, Ross è venuto a farmi compagnia»

Il ragazzo salutò Xavia con una punta di imbarazzo. Xavia gli sorrise, lo salutò a sua volta e lo ringraziò. Prima che Yuri potesse darle la buona notizia sui progressi dei suoi poteri, la donna le mise una mano sulla spalla:

«Ti andrebbe di venire un attimo nella nostra tenda? Ho una sorpresa!»

Yuri la guardò, sorpresa e incuriosita allo stesso tempo, ma annuì:

«Oh! Una sorpresa? Sì, va bene!»

«Ross, vuoi venire anche tu?» chiese Xavia.

A Yuri sembrò quasi di vederla ammiccare ma, quando guardò il suo amico, vide che anche lui sembrava un po’ confuso.

«Se non sono di troppo, nessun problema!»

«Certo che no! Su, andiamo»

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Quando arrivarono alla tenda, videro che ad aspettarli lì c’era Mikayla. Dopo aver salutato la zia, Yuri non seppe resistere: si allontanò di qualche passo da loro per stare sicura, prima di sollevare le braccia, emozionata:

«Mikayla! Mikie! Guardate!»

Si concentrò e le scariche vermiglie ricoprirono le sue braccia, sotto gli sguardi sorpresi delle due cacciatrici.

«Oh! Per la Stella di Zaffiro!» esclamò Mikayla.

Quando l’elettricità svanì, stritolò la nipote tra le sue braccia:

«Sei davvero incredibile, Yuri! Sono così fiera di te!»

Yuri sorrise e guardò il suo amico:

«È stato tutto merito di Ross. Si è ricordato quel che ho detto quando il Makili Nova ha provato a controllarmi e mi ha dato una spinta nella direzione giusta»

Mikayla restò in silenzio per un attimo, prima di ridacchiare e rivolgersi all’altro Rider:

«Io e Mikie ti siamo davvero grate per averla aiutata a superare il suo blocco. Eravamo proprio alla frutta! Stavamo già pensando a metodi alternativi per farle assorbire l’elettricità e usare i suoi poteri, ma a quanto pare non ce n’è più bisogno!»

«Metodi alternativi?» chiese Ross, confuso.

«Sì, usare le trappole scossa o qualcosa del genere. Però ammetto che forse sarebbe stata un’idea un po’ grossolana»

Yuri ridacchiò, poi si avvicinò di nuovo a sua madre e le chiese scusa per quella dimostrazione improvvisa.

«Non ti preoccupare»

Xavia le baciò la fronte con un sorriso, prima di avvicinarsi la tenda:

«Pronta?»

Quando la figlia annuì, curiosa, Xavia scostò il telo e Yuri vide la sorpresa: una bellissima armatura bianca era esposta su uno dei supporti del fabbro. Era lucidata così bene che si vedeva la sua immagine riflessa sul metallo. L’elmo lasciava scoperto solo il viso e tutta l’armatura era decorata da dettagli simili alle scaglie di un Rathalos. Ed era della sua taglia. Yuri la ammirò da vicino, stupefatta:

«Sembra l’armatura che indossavo quando sono arrivata nel Nuovo Mondo!»

«Sì, ci siamo basati su quella per l’aspetto. Ovviamente, il fabbro ha voluto migliorarla un po’, dopo che ha saputo che l’artigliata di un Teostra ha distrutto il busto» spiegò Xavia.

«Quelle sono scaglie di Rathalos argentato?» chiese Ross, sorpreso.

«Esatto! Ho chiesto in giro e sono riuscita a raccogliere abbastanza materiali. Mi sembrava l’ideale, dopo che ho visto Ratha trasformarsi! Spero che ti piaccia, Yuri»

La ragazza annuì e la abbracciò:

«È meravigliosa! Grazie mille, mamma!»

Sua madre le accarezzò i capelli, le rivolse un dolce sorriso e la stritolò tra le sue braccia:

«Di nulla! Buon compleanno, Yuri!»

Yuri alzò lo sguardo, confusa e un po’ sorpresa. Si grattò una guancia con imbarazzo, prima di contestare:

«Mamma, il mio compleanno è fra tre mesi»

A quel punto, Xavia e Mikayla si scambiarono un’occhiata confusa. Sua zia disse:

«Oggi è il primo giugno, no?»

Altrettanto confuso, Ross prese la parola:

«Sì, ma l’abbiamo sempre festeggiato il 10 settembre»

Yuri annuì e aggiunse:

«Sono sempre stata la più piccola del nostro gruppo, dopo Lilia. Il maestro Dan mi stuzzicava sempre perché ero l’apprendista Rider più giovane»

Xavia quindi le prese le mani e scosse la testa:

«No, Yuri, te lo garantisco: sei nata il primo giugno, in una bellissima mattina di sedici anni fa. Ogni anno, in questo giorno, ti facevo gli auguri e speravo con tutta me stessa che vivessi felice, dovunque ti trovassi»

La ragazza rimase in silenzio, pensierosa. Dopo qualche minuto, però, sorrise:

«E così, oggi compio sedici anni?».

«A parte Cheval, ora sei l’unica tra noi che ha sedici anni» sorrise Ross, a braccia incrociate.

Yuri rise alla battuta dell’amico, quindi abbracciò ancora più forte la madre:

«Grazie, mamma! Grazie infinite. L’armatura è bellissima! È un regalo stupendo»

Alla cacciatrice si scaldò il cuore, quindi baciò le guance della ragazza:

«Questo e altro, per la festeggiata. E le sorprese non finiscono qui: ti andrebbe di visitare un bioma del Nuovo Mondo in cui non sei mai stata?»

La ragazza lasciò andare la madre e le rivolse uno sguardo intrigato:

«Oh, davvero? Sì, mi piacerebbe un sacco!»

Xavia annuì, contenta:

«Però spero che non ti dispiaccia se viene anche la squadra di Ayla: quando ne ho parlato con l’Ammiraglio, mi ha chiesto di portare anche loro, così potranno avere un rapporto dagli Eroi di Kokoto, che sono rimasti laggiù»

Yuri scosse la testa col sorriso:

«No, nessun problema!»

Guardò Ross per un attimo e lo vide molto incuriosito, poi volse di nuovo lo sguardo alla madre:

«Possono unirsi anche i miei amici, per caso?»

«Certo! Se vogliono venire, nessun problema»

Allora il ragazzo ebbe un fremito di contentezza: ringraziò la cacciatrice e l’amica, prima di correre verso la sua tenda per vedere se le altre due Rider si erano svegliate. Mikayla abbracciò la nipote e le augurò ancora buon compleanno, per poi andarsene e lasciare madre e figlia da sole. Yuri ne approfittò per indossare subito la nuova armatura.

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Le caverne di El Dorado erano un intricatissimo dedalo di gallerie, gole e scivoli sotterranei che cambiavano in continuazione a causa dello scavare della Kulve Taroth, il Drago Anziano che viveva in quella caverne. Irene si alzò in piedi sulla sella di Raith, mentre la sua Rathian dorata camminava a passo lento, si guardò intorno e squittì:

«Questo posto è incantevole!»

Anche le altre due Rider non erano da meno: Lucille osservava curiosissima le colonie di granchirame intenti a raccogliere pepite d’oro e pietre preziose per abbellire le loro tane, Yuri osservava le bellissime pareti di ossidiana attraversate da vene d’oro purissime. Ross, invece, restava un po’ più in disparte assieme a Gionata, il quale gli stava raccontando che, qualche mese prima, i cacciatori di Astera avevano affrontato la Kulve Taroth in un vero e proprio assedio, come testimoniavano i cannoni e le baliste piazzati sui ripiani e nelle nicchie del labirinto di grotte. Xavia sorrise, contenta che la figlia e i suoi amici apprezzassero la sorpresa: camminava di fianco a Yuri e al suo Rathalos. Yuna accarezzò il suo whispervesp, mentre si guardava intorno:

«Non vi sembra che ci siano pochi Gajalaka in giro? Ne ho visti solo due, da quando siamo arrivati»

«Meglio, no? Quei cosi sono solo una spina nel fianco!» esclamò Carson.

Lucille reclinò il capo, incuriosita:

«I Gajalaka sono quei Lynian tribali con le maschere rosse, giusto? Li ho visti alla Landa dei cristalli, ma mi è stato detto di non avvicinarmi»

«Hai presente gli Shakalaka?» le chiese Ayla.

Quando la ragazza annuì, le spiegò:

«Ecco, i Gajalaka sono simili, ma lanciano anche coltelli soporiferi, velenosi o paralizzanti. Possono farti passare un brutto quarto d’ora, se li infastidisci»

«Però sono anche più propensi a collaborare, se riesci a parlarci. Pensate che la Terza Flotta ne ha reclutati alcuni come Cacciaprede!» aggiunse Yuna.

«I Gajalaka di queste caverne sono particolari: venerano la Kulve Taroth come la “dea madre dell’oro”. Abbiamo stretto un patto con loro mentre eravamo qui: noi diamo loro una parte dell’oro che stacchiamo dal mantello della Kulve Taroth e, in cambio, ci aiutano a deviarla per non farla salire in superficie» continuò Occhi di Sangue.

«Interessante!» commentò Lucille.

«Spero di restare con quelle palle di pelo il meno possibile» borbottò Gionata, a disagio.

Ross gli diede un’occhiata confusa e alzò un sopracciglio:

«Sono davvero così terribili? Non mi sembra, da come ne parlano»

Prima che Gionata gli rispondesse, Yuna si intromise:

«Ha sempre avuto problemi coi Lynian. Una volta ci ha raccontato che, quando lui e Ayla erano piccoli e vivevano a Cathar, c’erano dei Felyne sbruffoni che lo perseguitavano e...»

«Yuna! Eddai!» si lamentò Gionata.

«Oh! L’ho fatto di nuovo? Perdonami, non volevo confidare troppo» si scusò la wyverniana.

Ross pensò bene cosa a dirgli dopo, mentre accarezzava il collo di Kuro:

«Allora è per questo che, nel volume in cui affronta quel Rathalos argentato fortissimo, Saitama distrugge tutta Koapni? Sai, quando torna indietro dalla luna e atterra di pugno!»

Con la coda dell’occhio, il giovane Rider notò che sua sorella aveva spalancato gli occhi e si era sbattuta un palmo sulla fronte; ora stava scuotendo la testa, in preda alla vergogna. Gionata sembrò rallegrarsi subito, quando Ross tirò in ballo il suo fumetto: annuì e rise.

«Sì! Proprio così! Ah, tutto l’arco di Boros è stato uno spasso da disegnare!»

«Ed è pure venuto benissimo! Un Rathalos argentato che crea un esercito di wyvern e stermina Draghi Anziani fino a diventare l’esemplare più potente della sua specie? Non l’avrei mai immaginato!»

Dopo quel complimento, Ross vide Yuri accostarsi a sua madre e chiederle sottovoce:

«Ma succede sul serio?»

Xavia sobbalzò, perché stava provando ad ascoltare la conversazione senza farsi notare. Ross ridacchiò e si lasciò trasportare dall’entusiasmo:

«Poi, quando perde l’armatura dei wyverniani e inizia a fare sul serio con tutte quelle fiamme, è pazzesco!»

Gionata fece un ampio sorriso, contento:

«Eh già! Forse, da qualche parte, ho ancora i bozzetti originali: ci ho messo un sacco a disegnare un modello soddisfacente per l’armatura inibitoria di Boros»

«Ma in fin dei conti, quando affronti Saitama non c’è storia: un pugno e finisce tutto! Anche se è stata la prima volta che ha usato il suo “pugno serio” e non un semplice colpo svogliato!»

«E non hai ancora visto nulla! Dopo tutto quello che è successo nell’ultimo mese, ho un sacco di idee per quando potrò finalmente uscire da questa pausa forzata e riprendere a disegnare!»

«Oh, fantastico! Non vedo l’ora!» rispose Ross, sognante.

All’improvviso, si sentirono chiamare da Carson:

«Ehi, voi due! Vi siete addormentati in piedi?»

Notarono che si erano separati molto dagli altri: erano rimasti parecchio indietro, mentre parlavano. Anche Kuro si era fermato: il Malfestio bubolò, infastidito.

«Oh, cavolo! Scusate!»

Gionata si affrettò a raggiungerli e anche Ross fece affrettare il passo al suo mostro.

«Siamo quasi al nascondiglio della tribù dorata, dove sono accampati gli Eroi di Kokoto» spiegò Yuna.

«Quindi stiamo per rivedere l’uomo Felyne» rabbrividì Gionata.

«È lui il motivo per cui abbiamo dovuto cospargerci le armature di aceto?» chiese Irene, ancora infastidita dall’odore pungente.

«Sì, proprio lui. Purtroppo» annuì Ayla.

«Però sono una squadra niente male: mi sorprende che non ne abbiate mai sentito parlare» affermò Yuna.

Carson si lisciò i baffi e commentò:

«Gli svantaggi di vivere reclusi tra le montagne. Sul serio, che facevate per divertirvi lassù, voi Rider? Giocavate ad acchiapparella coi mostri volanti?»

I quattro ragazzi si scambiarono un’occhiata imbarazzata. Dopo un attimo di silenzio, Lucille rispose:

«Be’, leggevamo. E imparavamo a disegnare. Aiutavamo anche coi lavori nel villaggio»

«Imparavate a disegnare? Davvero?» chiese Gionata, sorpreso.

«Sì! Ma di certo non siamo al tuo livello» gli rispose Ross, imbarazzato.

«Però è vero. Ci siamo messi ad abbellire le nostre Mostropedie con disegni personali solo perché ci annoiavamo. Poi ci è rimasta l’abitudine» sorrise Yuri.

MHGilda2 by RobertoTurati

Una volta raggiunto il villaggio dei Gajalaka di El Dorado, i quattro Rider furono accolti da una schiera di Lynian dalle maschere d’oro che li squadravano dalla testa ai piedi. Yuri comprendeva quella reazione: non li avevano mai visti prima e il fatto che ciascuno dei ragazzi era accompagnato un mostro non li metteva certo a loro agio. Per fortuna, i Gajalaka si rilassarono quando un uomo imponente ma dal volto infantile si avvicinò a loro miagolando e gattonando: era una scena strana, vedere un uomo di quella stazza con indosso un’armatura di Glavenus ammaccata muoversi come un bambino piccolo.

Quello era Raymeta, l’uomo Felyne, “campione” ed eroe dei Gajalaka dorati da quando li aveva salvati da un Bazelgeuse che si era smarrito nelle gallerie della Kulve Taroth; almeno, così le aveva raccontato Yuna lungo il tragitto. Raymeta comunicò con quei Lynian per svariati minuti, poi i Gajalaka iniziarono a fare i loro versi e danzare: permisero ai Rider di proseguire col gruppo di cacciatori. L’uomo Felyne si avvicinò quindi ai ragazzi, ma per fortuna l’odore di aceto e la presenza di quei quattro mostri lo dissuase dal fare altro che presentarsi.

«Mià! Piacere conoscere voi, monta-mostri! Che strano vedere voi! Io Raymeta!»

Irene lo fissò con un’espressione colma di imbarazzo e disagio, con una punta di timore. Per educazione, però, i giovani si presentarono e gli strinsero la mano. Raymeta si voltò e tornò verso il punto più alto del villaggio, dove si trovava un mucchio di tessuti e lembi di tenda su cui riposava.

«Non me l’aspettavo affatto così! Pensavo che “uomo Felyne” fosse solo per dire, tipo quelli che indossano finte teste di Gargwa alle feste!» sussurrò Lucille agli amici.

Yuri annuì, sbigottita, poi vide Xavia che agitava la mano al centro del villaggio per chiamarli e dire di avvicinarsi: chiamò gli amici, quindi si avvicinarono al grande gruppo di cacciatori. Assieme a Xavia e la squadra di Occhi di Sangue, c’erano altri sei cacciatori: tre uomini, due donne e un wyverniano. In base alle descrizioni che aveva fatto Yuna, Yuri seppe riconoscerli.

Il wyverniano era il caposquadra degli Eroi di Kokoto: Kahlmuxon. Aveva la pelle nera, una foltissima chioma argentata e la barba lunga. Il suo sguardo era serio, calmo e penetrante e, quando si presentarono, li squadrò tutti e quattro uno a uno con un’espressione inquisitoria.

Poi si presentarono a due dei tre uomini: il primo era Cecerinho, un uomo con una barba curata e capelli castani lunghi fino alle spalle. Sembrava tanto serio e composto quanto il caposquadra e indossava l’uniforme azzura dei Cavalieri della Gilda. L’altro era Sen Zoname, un giovane biondo con una rada barbetta che indossava una veste di stoffa verde. Aveva un portamento molto allegro e, quando vide che il Rathalos di Yuri aveva una cicatrice sull’occhio sinistro, scherzò dicendo che erano simili. La sua non gli chiudeva l’occhio, ma gli spaccava il sopracciglio ed era viola, segno che era stata causata da un Gore Magala.

Il terzo uomo era avvolto in un mantello scuro e non gli si vedeva il volto, che nascondeva con un cappuccio e una bavaglia neri. Stava zitto e immobile come una statua e non faceva altro che fissarli con uno sguardo così minaccioso che, dopo un po’, Yuri non poté fare a meno di distogliere lo sguardo. Yuna gliel’aveva anticipato, ma questo non lo rendeva meno inquietante. Di lui non si sapeva niente, a parte che tutti lo chiamavano Incubo e che non parlava mai.

Infine, si presentarono le due donne: entrambe avevano i capelli raccolti in una corta coda di cavallo e portavano sul capo la coroncina dell’uniforme d’onore della Gilda. Una aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri e indossava un’armatura di Tigrex brutale: quella era Pitrilla. L’altra, Velris, aveva i capelli scuri, gli occhi a mandorla e un viso raffinato. Indossava un’armatura di Rathian dorata.

«Guarda, Velris: la ragazzina ha una Rathian dorata! Dici che ti scambierà per sua madre?» scherzò Sen.

Lei lo fulminò con lo sguardo e sbuffò:

«Dubito che funzioni così, Sen»

«Non ho mai visto un Rider in vita mia. Però! Siete tutti così giovani!» esclamò Cecerinho, intrigato.

Yuri e i suoi amici furono messi un po’ a disagio da tutte le attenzioni che stavano ricevendo, ma soprattutto dal modo in cui Kahlmuxon e Incubo li stavano osservando. Yuri si fece coraggio e parlò per prima:

«Piacere di conoscervi: ci dicono che siete cacciatori eccezionali, ma purtroppo non vi abbiamo mai sentiti nominare prima di oggi. Non ci teniamo molto aggiornati su riviste come Vita di Caccia»

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Mentre Yuri sbrigava i convenevoli, Gionata prese Ross in disparte e ridacchiò:

«Ricordi quando Saitama ha fatto a gara di urli con quel Tigrex brutale? Quella e altre idee mi sono venute bevendo e chiacchierando con Sen! È pieno di storie da raccontare sui suoi compagni di squadra e spesso sta al gioco quando faccio battute, quindi è una miniera d’oro per l’ispirazione!»

«Oh! Che forza!» esclamò Ross.

«Ehi, Gionata! Lo lasci rispondere?»

La voce di Pitrilla attirò la loro attenzione. Videro che li stavano osservando come se attendessero una risposta. Ross si fece attento:

«Oh! Scusa, potresti ripetere la domanda?»

Pitrilla indicò le sue tre amiche una alla volta:

«Ho chiesto qual è il mostro più cazzuto che hai! La biondina ha detto un Gore Magala, la tua gemella un Midogaron e la figlia della violetta sempre depressa ha detto che è il suo Rathalos. Il tuo?»

Carson scoppiò a ridere fino a piegarsi in due, mentre Xavia si coprì il viso per l’imbarazzo e mormorò:

«Non ero sempre depressa»

«Oh, credo il mio Zinogre stigeo» disse Ross, perplesso.

«Ah, quindi è a pari merito tra voi due!» disse la donna bionda a Lucille e Irene.

L’albina incrociò le braccia, offesa:

«Non te li facciamo comunque combattere! Non importa quanto ti sembri “virile” affrontarli a mani nude! Non sono mostri da arena. Se vuoi, possiamo organizzarti qualcosa coi Rider di Albarax, ma di certo non combatterai le nostre cavalcature»

Prima che Pitrilla potesse ribattere, Velris le mise una mano sulla spalla, si scusò a suo nome e provò a farla ragionare. Cecerinho, allora, si parò di fronte al Qurupeco di Lucille e la fissò, severo:

«Ho sentito bene? Hai un Midogaron?»

«Sì! Si chiama Hono» annuì lei.

Il Cavaliere della Gilda la rimproverò in tono cupo:

«Per la legge sull’isolamento rigido degli ecosistemi esotici, i mostri della Frontiera devono rimanere oltre i confini di Mezeporta. Lucille Moore, sei in possesso di un esemplare illegale, quindi perseguibile per contrabbando di specie alloctone»

La Rider impallidì e andò nel panico; tentò di dire qualcosa, ma si ritrovò a balbettare in modo incoerente mentre si torceva le mani.

«Ehi, no! Lucy non è una criminale!» si intromise Irene, furiosa.

Raith si accostò a Quill e ringhiò a zanne scoperte: lo faceva sempre, quando la sua padrona aveva quel tono di voce.

«Non è stata lei a prendere il Midogaron, gliel’hanno regalato! Non lo sapeva!»

A quel punto, Cecerinho scoppiò a ridere e confuse entrambe:

«Ah, perdonatemi, non ho saputo resistere! Rilassati, signorina, non ti arresterei per così poco: dovrei farlo se seguissi la procedura alla lettera, ma da quando sono in questa squadra abbiamo violato così tante norme della Gilda che impazzirei, se contassi tutte le nostre infrazioni»

Lucille si rilassò e si asciugò il sudore sulla fronte con un sospiro:

«Santo cielo, mi ha spaventata a morte»

«Pensate che, quando si è unito a noi, questo atteggiamento ce l’aveva davvero!» rimarcò Sen.

Nonostante avesse detto si trattasse di una battuta, Irene continuava a fissare il Cavaliere della Gilda con uno sguardo acido e arrabbiato a cui lui, tuttavia, non dava peso.

«Confido che comunque lo terrai a bada e che non causerà danni ambientali. Va bene, Lucille?» aggiunse poi.

La ragazza alzò la mano come per fare un giuramento:

«Certo! Certo. Ha la mia parola»

Fu allora che Kahlmuxon prese parola: si rivolse a Occhi di Sangue.

«Siete venuti a chiedere il nostro rapporto sulla situazione qui a El Dorado, giusto?»

Ayla annuì:

«Sì. Avete avvistato mostri infetti quaggiù?»

«Altroché: continuano a entrare nelle gallerie! Spuntano come funghi e puzzano peggio di un Congalala e l’effluvio di Vaal Hazak messi insieme» disse Sen, a metà fra il serio e lo scherzoso.

Il caposquadra proseguì:

«Ne abbattiamo il più possibile, ma la Kulve Taroth sa difendersi abbastanza bene. Sembra immune e spesso riesce a incenerirli prima che li raggiungiamo, poi se ne va. L’unico problema è che i Gajalaka possono contrarre la malattia, quindi abbiamo dovuto spiegare loro di non toccare i resti o i mostri con quell’alone per nessun motivo. Però non sempre funziona»

Lucille alzò la mano:

«Possiamo purificarli noi! È vero che raggiungono lo stadio terminale più in fretta col Makili Nova in circolazione, ma i mostri piccoli non sono un problema, possiamo guarirli se ci dite dove sono»

Uno dei Gajalaka in ascolto, che indossava una maschera rossa, si mise a danzare allegramente e strillò a gran voce:

«Gaja! Laka laka!»

Dal modo in cui ascoltava i loro discorsi, era evidente che capiva la lingua degli umani. Dopo che strillò, tutti i Lynian dalla maschera dorata presero a danzare e si avvicinarono al Qurupeco di Lucille, che cinguettò spaventato.

«Gaja-ja! Guaritrice, laka! Per favore, aiutaci!» esclamò il Gajalaka in rosso.

«Oh! Ah! Va bene, va bene!» disse lei, disorientata.

Quindi i Lynian si mossero e la condussero dove avevano allestito una zona di quarantena per tutti i loro simili infetti. Sen si stupì:

«L’hanno presa subito in simpatia! Dite che inizieranno a lodarla come fanno con “Raymeta l’eroe”?»

Ross ne approfittò per fare una battuta in tono melodrammatico:

«E fu così che Iris, la regina dei mostri, trovò la sua rivale adorata da una tribù di Lynian d’oro»

Yuri scoppiò a ridere, mentre Irene diventò paonazza e alzò gli occhi al cielo:

«Ah-ah. Simpatici. Almeno il suo nome non lo sbaglieranno»

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Gionata decise che ne aveva abbastanza di rimanere tra i Lynian: con la scusa di voler controllare se c’erano mostri infetti nei paraggi, se ne andò dal villaggio della tribù dorata con uno sbuffo esasperato. Si arrampicò su una delle sporgenze su cui avevano montato i cannoni per l’assedio alla Kulve Taroth, lasciò a terra la sua lancia-fucile e iniziò a scandagliare le grotte col binocolo. Ma la situazione era tranquillissima: a parte i granchirame e qualche Gajalaka d’oro, non c’era anima viva in quella galleria.

Prima di andarsene, aveva sentito da Kahlmuxon che la Kulve Taroth si rintanava nelle caverne più profonde e attraversata da fiumi di magma da quando era scoppiata l’epidemia e che stava chiudendo poco a poco tutte le aperture per evitare che i mostri infetti si aggirassero nella sua tana.

“Almeno non sono più in mezzo a quelle dannate palle di pelo” pensò, con uno sbuffo.

Ma ecco che, all’improvviso, avvistò un Monoblos avvolto dall’alone schifoso dell’Orrore Nero: spuntò scavando dal terreno assieme a due Gravios, a loro volta infetti. Ingrandendo l’immagine con il binocolo, vide che il Monoblos era sellato e che c’era una wyverniana dai capelli castani e un singolo orecchio a punta. Dai buchi che i mostri avevano scavato, uscirono moltissimi Girros e Shamos, oltre a due Lavasioth ricoperti di magma ancora caldo e fluido.

«Cazzo» sussurrò.

Riprese la lancia-fucile e tornò indietro: doveva fare subito rapporto.

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Tornato al villaggio della tribù dorata, Gionata vide che anche gli Eroi di Kokoto, i Rider e i suoi colleghi stavano impugnando le armi. Raggiunse la sua fidanzata e le chiese cosa stava succedendo.

«I Gajalaka ricognitori hanno detto che la Kulve Taroth si è mossa: a quanto pare, sono arrivati dei mostri infetti assieme a Rider corrotti» gli spiegò Ayla.

“Le palle di pelo mi hanno preceduto!” pensò, deluso.

Scacciò il pensiero, dicendo invece:

«Sì, li ho visti anch’io! Ho visto una wyverniana con un orecchio solo»

Ross sobbalzò a occhi sbarrati:

«Hai visto Ekya?!»

Anche le altre tre Rider diventarono subito vigili. Gionata confermò:

«Sì, ma non è certo indifesa: ha usato un Monoblos e dei Gravios per scavare una galleia, ne sono spuntati fuori molti mostri. Forse i Rider corrotti che i Gajalaka hanno avvistato hanno fatto qualcosa di smile. Che avranno in mente?»

«Vogliono infettare la Kulve Taroth, è l’unica opzione» affermò Irene.

«Un singolo Rider corrotto non basta anche solo per superare l’immunità naturale dei Draghi Anziani. Se questa “dea dorata” è grande quanto lo Xeno’Jiiva, richiederà uno sforzo enorme» aggiunse Yuri.

Cecerinho si allarmò:

«Sarebbe un disastro! La Kulve Taroth può letteralmente plasmare il terreno: avrebbero il totale controllo su queste gallerie. Sarebbe una perdita durissima»

Kahlmuxon fece un passo avanti, con fare risoluto:

«Allora che aspettiamo? Forza, muoviamoci! Dividiamoci e sventiamo i loro piani. Catturarli sarebbe meglio, ma se non vi lasciano alternative, non esitate a ucciderli»

«Gionata, dove hai visto Ekya? Andremo noi da lei: abbiamo un conto in sospeso con quella lurida doppiogiochista» disse Lucille.

«Avete un Qurupeco e un Malfestio, non mi sembrano mostri in grado di scalfire un Gravios» le rinfacciò Carson, a braccia incrociate.

«Ma...»

Yuri rassicurò l’amica:

«Lu-Lu, andrà tutto bene. Falli venire con noi: lasceremo a te e Ross il compito di catturarla, mentre noi ci occupiamo dei mostri. Che ne dite?»

«Non combatto un Gravios da chissà quanto, ma per me nessun problema» annuì Gionata.

«Ce la caveremo, tranquilli» sorrise Ayla.

Anche Yuna, Carson e Xavia si mostrarono convinti. Kahlmuxon dichiarò:

«Noi, invece, ci divideremo per sfoltire i mostri infetti e tenerli più lontani possibile dalla Kulve Taroth. Raymeta, di’ ai Gajalaka di aiutarci a capire i movimenti della dea madre dorata e, nel caso, di aiutarla a combattere. Dobbiamo sapere sempre dove si trova ed essere pronti»

«Mià, subito!» annuì l’uomo Felyne, mentre gattonava via.

«Forza, muoviamoci!»

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Una sfera infuocata esplose sulle rocce ai loro piedi: il Monoblos infetto sobbalzò all’indietro e due Shamos furono travolti dalle fiamme. Ekya socchiuse gli occhi e vide i quattro Rider di Hakum: la Rathian dorata era in volo e, dalle sue fauci, uscivano ancora fiammelle. La wyverniana alzò gli occhi al cielo, scese dalla sella del Monoblos e i due Gravios le si accostarono.

«Che accoglienza calorosa» commentò.

Il branco di piccoli wyvern zannuti si posizionò di fronte a loro, ma una palla di cannone ne travolse alcuni con un’esplosione: aguzzando la vista, vide che su una delle sporgenze rocciose si trovava Carson Kitts, il noto ex bracconiere di Zinogre. Vennero raggiunti anche dai cacciatori: la wyverniana strabuzzò gli occhi quando vide una wyverniana inconfondibile. Allora le voci che aveva sentito tra i wyverniani nel Vecchio Mondo erano vere: nella Commissione di Ricerca c’era Yuna Tahaso, la mitica Fepbevsodi fim Zipvu! Dapprima, Ekya rimase esterrefatta, ma si riscosse in fretta e sollevò il braccio, pronta a dare l’ordine di partire all’attacco con la sua pietra infetta. Provò a fingersi diplomatica:

«Umani, vi scongiuro: oggi non mi interessa combattere. Sono qui solo per la Kulve Taroth. Lasciatemi fare: troveremo un accordo vantaggioso per tutti»

Le rispose la giovane donna con le iridi rosse, che non poteva essere altri che Occhi di Sangue:

«Ci hanno già detto che trattare con te è inutile. Se proprio vuoi che ti lasciamo in pace, gira i tacchi e sparisci»

«Dji qemmi! Ve la siete cercata»

Tornò in groppa al Monoblos, prima di attivare la pietra infetta: i due Lavasioth particono alla carica, lasciandosi dietro una scia di magma. Il Rathalos della figlia di Xander si alzò in volo. La donna coi capelli viola e il giovane con la lancia-fucile puntarono uno dei Gravios, Occhi di Sangue e Yuna l’altro. Carson iniziò a ricaricare il cannone. Ekya fece brillare la sua Pietra del Legame corrotta; il Monoblos e tutti i piccoli wyvern zannuti ruggirono all’unisono.

I Lavasioth sfrecciarono verso i nemici scivolando sul ventre, ma i due Rath li colpirono sul fianco con gli artigli e li rovesciarono entrambi. Dopodiché, soffiarono una fiammata intensa per carbonizzare i vari mostri piccoli. I due Gravios iniziarono a caricare un raggio infuocato, ma quello a destra fu colpito da una palla di cannone e perse l’equilibrio, dunque Occhi di Sangue e Yuna ebbero l’occasione di raggiungerlo. Il whispervesp della wyverniana iniziò a infastidirlo e pungerlo sulla dura corazza di roccia e Yuna gli saltò sul dorso balzando col falcione insetto, mentre Ayla convertì l’ascia in spada e rilasciò una scarica elementale sul petto del mostro.

Il secondo Gravios soffiò il raggio infuocato, ma gli altri due cacciatori lo schivarono tuffandosi a terra. Xavia si alzò in fretta e lo raggiunse, sferrò un montante e sbatté il martello sul muso del mostro, ma il Gravios tentennò solo per un istante. Provò a tirarle una testata e travolgerla, ma il lanciafuciliere si parò di fronte alla cacciatrice con lo scudo e bloccò il colpo, per poi scaricare tutti i proiettili in un colpo solo.

Ekya tentò di sfruttare la confusione per andarsene e cercare la Kulve Taroth, ma il Malfestio si parò di fronte al Monoblos e sparse le scaglie tra le piume agitando le ali: il wyvern volante andò in confusione appena le respirò e si mise a scuotere la testa come un forsennato. Caricò in una direzione a caso e andò a sbattere col corno contro la parete rocciosa.

La wyverniana saltò giù all’ultimo e rotolò su un fianco, con un’imprecazione. Imbracciò la balestra leggera e sparò, ma il Malfestio schivò i proiettili con agilità. Poi il Qurupeco si fiondò su di lei e l’aria fece scintille, prima di prendere fuoco: Ekya si abbassò all’ultimo e schivò il getto di fiamme, ma Lucille scese dalla sella e tentò di colpirla alla testa con il corno da caccia. La wyverniana rotolò via in tempo.

«Dov’è la tua bestia dalla Frontiera, nuddoute

Ekya sparò un colpo, ma la Rider lo schivò.

«Quill basta e avanza! Stavolta non mi sfuggirai!»

Il Qurupeco afferrò la padrona per le spalle e si rialzò in volo. Ekya ne approfittò per caricare i proiettili perforanti: cercò di prendere la mira, ma il wyvern rapace svolazzava in un modo così goffo e imprevedibile che era difficilissimo puntarlo. Ekya sentì un grugnito e si voltò, speranzosa: il Monoblos si era finalmente ripreso e rialzato, ma Ross gli saltò sulla schiena e vi rimase aggrappato mentre il mostro scalpitava per sfiancarlo, poi gli ferì il collo con lo spadone e lo fece cadere.

Mentre osservava la scena, Ekya sentì un bubbolio dietro di sé e trasalì. Si voltò di scatto e si ritrovò il Malfestio davanti. Il wyvern rapace sollevò la cresta e le ali e sparse centinaia di spore, poi emise un’ondata di ultrasuoni per addormentarla. Ma Ekya era pronta e, trattenendo il fiato, fece per sparargli in testa, ma dall’alto piombò Lucille, con la bocca e il naso coperti da un panno. Buttò a terra Ekya colpendole le gambe con il corno, poi si scagliò su di lei e la bloccò a terra. Gli ultrasuoni del Malfestio la colpirono in pieno e, quando respirò le spore, iniziò a perdere i sensi.

«Numifivve tvsupbe!»

Insultò la ragazza un’ultima volta, poi cedé al sonno e tutto diventò nero.

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Kulve Taroth by RobertoTurati

«Tuhpo fo usu»

Lucille tossì e fece il dito medio a Ekya, prima di rialzarsi. Quill atterrò accanto a lei e afferrò la wyverniana con le zampe, si rialzò in volo e si allontanò un po’.

«Ekya catturata!» urlò la ragazza.

Quindi andò ad aiutare il suo gemello assieme al Malfestio per sconfiggere il Monoblos. Ma non ci misero molto: all’improvviso spuntò Carson che, sparando un proiettile perforesplosivo, fece esplodere tutto il collare osseo del Monoblos e ne ridusse il muso a un grumo irriconoscibile. La morte fu istantanea.

“Che schifo!” pensò Lucille, con un conato di vomito.

«Ho visto che avete preso la wyverniana mezza sorda, ottimo»

Con loro sorpresa, Carson si complimentò con loro: doveva essere proprio di buon umore.

«Forza, ora possiamo tornare indietro: è rimasta solo qualche bestiola inutile, le faranno fuori i Gajalaka o la Kulve Taroth»

Appena la nominò, all’improvviso sentirono dei passi pesanti e un rumore di metallo trascinato sul terreno. I Rider si voltarono e, da dietro un angolo in fondo alla grotta, apparve una creatura che non poteva essere altro che la dea madre dell’oro di cui i cacciatori avevano tanto parlato. La Kulve Taroth era imponente, grande quanto il Makili Nova. Aveva le fattezze di un’enorme iguana nera, con bellissime corna da ariete rivestite d’oro e pietre preziose; tutto il suo corpo era celato e protetto da un lunghissimo mantello d’oro puro che il mostro trascinava con un’andatura elegante e altezzosa, tenendo le zampe anteriori tese e la testa alta. Sembrava davvero una dea con un abito da sera sfarzoso e preziosissimo.

«È stupenda!» esclamò Lucille, rapita.

Suo fratello fece la stessa espressione ed era certa che anche Irene e Yuri stavano reagendo così.

«Ehi! Sbrigatevi, bambocci! Dobbiamo andare, siamo rimasti solo noi!» li ammonì Carson.

In quel momento, Lucille si accorse che la Kulve Taroth sembrava furiosa: si muoveva a passo lento e scrutava le carcasse dei mostri infetti attorno a lei con un ringhio minaccioso. Ross si riscosse e aiutò la gemella a montare in sella al Malfestio con lui.

«Kuro, presto!»

Il petto della Kulve Taroth si illuminò e la creatura iniziò a prendere fiato. Il Malfestio si accostò a Carson e Ross esclamò all’improvviso:

«Scusa!»

Quindi ordinò a Kuro di afferrare Carson per le spalle appena il Malfestio si fu alzato in volo per allontanarsi. Carson farfugliò qualche imprecazione stupita, ma fu la scelta giusta: la Kulve Taroth soffiò un caldissimo getto di aria incandescente per tutta la grotta. Il terreno si fuse e diventò lava e le carcasse infette si carbonizzarono in pochi secondi: era come se la Kulve Taroth volesse sterilizzare la sua tana.

«Ehi, mi stanno venendo i reumatismi! Possiamo muoverci?» li apostrofò Carson.

«Sì, subito! Andiamo!»

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Una volta tornati al villaggio della tribù dorata, legarono i polsi e le caviglie di Ekya con delle corde e le bendarono gli occhi, per sicurezza. Speravano che restasse svenuta finché che non fossero tornati alla tendopoli sugli Altopiani Corallini ma, giusto per stare sicuro, Ross decise che avrebbe fatto spargere le spore a Kuro un’ultima volta, prima di ripartire. I Rider uscirono dal nascondiglio e aspettarono che i cacciatori finissero di raccontare l’accaduto agli Eroi di Kokoto. Irene esclamò:

«La Kulve Taroth era stupenda! Vi immaginate se prendessimo un suo uovo?! Sarebbe bellissimo!»

Lucille si grattò il mento e rimuginò:

«I capi della Prima Flotta hanno detto che è lo stesso esemplare che scoprirono quarant’anni fa e che sembra essere l’unica del continente. Chissà quanto tempo ci mette a deporre un uovo»

«Bah, era per dire! Abbiamo comunque visto un mostro rarissimo e per ora mi basta»

«E abbiamo pure catturato Ekya: questa spedizione è stata più produttiva del previsto» ridacchiò Lucille.

Era proprio contenta di aver avuto la sua rivincita: era dalla sconfitta di Anvis che aspettava quel momento. Ross bevve un sorso d’acqua dalla sua borraccia e dichiarò:

«Tutto merito della madre di Yuri: questa escursione era pur sempre il suo regalo di compleanno!»

«Ehi, con tutti i casini che sono successi, non ho ancora avuto modo di dirtelo: tanti auguri, Yuri!» sorrise l’albina.

Yuri si passò una mano nei capelli, imbarazzata:

«È ancora così strano sentirvelo dire così presto»

Ancora in vena di battute, Irene le tirò una gomitata, ammiccò e la punzecchiò:

«Pensa a noi: sei la seconda più grande, adesso! Dovremo iniziare a darti del lei?»

I quattro Rider scoppiarono a ridere, poi vennero raggiunti da Gionata e Xavia.

«Oh! Avete finito?» chiese Yuri.

Poi, però, si accorse che il cacciatore teneva in mano un blocco da disegno e alcune matite.

«No, Ayla e gli altri stanno ancora parlando, ma a Gionata è venuta un’idea bellissima per il tuo compleanno!» le disse Xavia, allegra.

Lui annuì con vivacità:

«Pensavo di fare un disegno di te e Xavia e regalarvelo: ho già fatto una bozza dello sfondo prima, quando sono uscito: mancate solo voi due!»

A Yuri si illuminarono gli occhi e annuì, emozionata:

«Oh, sarebbe davvero fantastico!»

«Bene, allora mettetevi in posa!»

Le guidò fino a un masso incrostato d’oro, rubini e smeraldi e vi fece sedere prima Xavia, poi la figlia si sedé sulle sue ginocchia e le due si abbracciarono, per poi stare più ferme possibile. Gionata iniziò a far scorrere le matite sulla carta con rapidità e precisione e Ross ammirava l’artista all’opera a qualche passo di distanza, con una punta di invidia. Dopo svariati minuti, mostrò loro il ritratto finito: un disegno bellissimo in bianco e nero di madre e figlia, abbracciate e sorridenti.

«È stupendo! Grazie, grazie infinite!» squittì la Rider.

Dal canto suo, Xavia arrossì, un po’ imbarazzata.

«Di nulla: buon compleanno! Quando saremo tornati all’accampamento, lo pulirò un po’, poi sarà tutto vostro. Almeno così non si rovina»

«Grazie mille, Gionata. Ti è venuto benissimo, come sempre» sorrise Xavia, riconoscente.

Detto ciò, strinse la figlia a sé e rise con gioia:

«Il nostro primo ritratto di famiglia!»

Gionata ridacchiò, poi si voltò verso gli altri Rider:

«Che ne dite se disegno anche voi con Yuri? Così avrete un ricordino della prima visita alle Caverne di El Dorado!»

Ross fremé, incredulo ed entusiasmato:

«Oh, sì! Sì! Un disegno di Gionata Uberti tutto per noi, porca miseria!»

Lucille e Irene risero della sua reazione, ma anche loro accettarono volentieri, dunque Xavia si alzò e andò dietro il collega per lasciarlo lavorare. Gionata si sfregò le mani: annunciò che, tornato all’accampamento, avrebbe disegnato altre tre copie, così il suo giovane ammiratore e le tre Rider avrebbero avuto ciascuno il proprio disegno personale. Dopo aver stuzzicato Ross con la promessa che avrebbe firmato la copia per lui, iniziò a ritrarre gli sfondi.

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