al di là del destino

di Aqua Keta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PENSIERI E CONFIDENZE ***
Capitolo 2: *** DECISIONI IMPORTANTI (1) ***
Capitolo 3: *** DECISIONI IMPORTANTI (2) ***
Capitolo 4: *** 14 LUGLIO ***
Capitolo 5: *** ANDRÉ! ***
Capitolo 6: *** PAROLE DEL SILENZIO ***
Capitolo 7: *** RITORNO A CASA ***
Capitolo 8: *** NESSUNA CERTEZZA ***
Capitolo 9: *** INCONTRI ***
Capitolo 10: *** L' AGGRESSIONE ***
Capitolo 11: *** LEAH ***
Capitolo 12: *** CONFESSIONI ***
Capitolo 13: *** ANIMI TORMENTATI ***
Capitolo 14: *** RIVELAZIONI ***
Capitolo 15: *** ARIA DI NOVITÀ ***
Capitolo 16: *** GELOSIA ***
Capitolo 17: *** CONFRONTI ***
Capitolo 18: *** NOTTE INFINITA ***
Capitolo 19: *** NELL ' OMBRA ***
Capitolo 20: *** UN AMARO ARRIVO ***
Capitolo 21: *** IL CROLLO ***
Capitolo 22: *** INASPETTATAMENTE ***
Capitolo 23: *** LA VERITÀ ***
Capitolo 24: *** DICHIARAZIONE ***
Capitolo 25: *** SOSPETTI E PROGETTI ***
Capitolo 26: *** SENTIMENTI NUOVI ***
Capitolo 27: *** ALAIN ***
Capitolo 28: *** DUBBI E PAURE ***
Capitolo 29: *** L' AMORE SOFFERTO ***
Capitolo 30: *** OPPORTUNITÀ ***
Capitolo 31: *** COMPLOTTI ***
Capitolo 32: *** OSSESSIONE D'AMORE ***
Capitolo 33: *** CONTRASTI ***
Capitolo 34: *** UN DOLCE SEGRETO ***
Capitolo 35: *** L' ULTIMA NOTTE ***
Capitolo 36: *** SENZA DI LEI ***
Capitolo 37: *** PRESENTIMENTI ***
Capitolo 38: *** UN' ULTIMA FOLLIA ***
Capitolo 39: *** SENZA SPIRAGLI ***
Capitolo 40: *** VERSO PARIGI ***
Capitolo 41: *** LONTANI ***
Capitolo 42: *** NEL BUIO ***
Capitolo 43: *** SENZA VIA DI SCAMPO ***
Capitolo 44: *** MINACCE ***
Capitolo 45: *** MADAME BOUILLE' ***
Capitolo 46: *** LA NOTTE DEL DESTINO ***
Capitolo 47: *** LE SPINE DEL CUORE ***
Capitolo 48: *** INASPETTATI RISVOLTI ***
Capitolo 49: *** SILENZIOSO ADDIO ***
Capitolo 50: *** IN FUGA ***
Capitolo 51: *** YVETTE ***
Capitolo 52: *** DESTINO BEFFARDO ***
Capitolo 53: *** LA RESA ***
Capitolo 54: *** SFIDA APERTA ***
Capitolo 55: *** RIVALI ***
Capitolo 56: *** VIVA! ***
Capitolo 57: *** IN DUE SI FUGGE, IN DUE SI RESTA ***
Capitolo 58: *** FRA LE BRACCIA ***
Capitolo 59: *** SCELTE DECISIVE ***
Capitolo 60: *** TEMPO DI RIVINCITE ***
Capitolo 61: *** L' AMORE PERCHE' ***
Capitolo 62: *** RITROVARSI ***
Capitolo 63: *** CUORE D'INVERNO ***
Capitolo 64: *** NOI ***
Capitolo 65: *** OMBRE DAL PASSATO ***
Capitolo 66: *** NEVE E SANGUE ***
Capitolo 67: *** CORSA CONTRO IL TEMPO ***
Capitolo 68: *** IN VIAGGIO ***
Capitolo 69: *** EQUILIBRI ***
Capitolo 70: *** APPUNTAMENTO CON IL NEMICO ***
Capitolo 71: *** IL BUIO OLTRE ***
Capitolo 72: *** SCACCO MATTO ***



Capitolo 1
*** PENSIERI E CONFIDENZE ***


La finestra accostata.
La tenda ondeggiò leggermente per la brezza mentre fuori la pioggia cadeva ticchettando sul davanzale. 
Oscar aprì gli occhi: rimase a fissare il soffitto per qualche istante poi volse lo sguardo per scrutare il cielo oltre i vetri bagnati.
Che sensazione giacere ancora nel letto a quell’ora. Solitamente aveva già raggiunto i suoi soldati…
Ma quel giorno….quel giorno no. 
Era rimasta a casa….si, aveva stranamente seguito il consiglio del Colonnello d’Agoult -“Perdonate Comandante …ultimamente vi vedo molto affaticata e particolarmente pallida.”
“Posso rassicurarvi che non è nulla di che….un po’ di malessere passeggero”- sorrise.
“…ascoltate…probabilmente siete ancora all’inizio. ..ma la vostra malattia è alquanto evidente davanti ad uno che sa bene di cosa si tratti” - gli si riempirono gli occhi di lacrime - “Qui non c’è bisogno della vostra presenza al momento. …un po’ di riposo non potrà che giovarvi “
Aveva fissato a lungo quegli occhi scuri mentre lucidi la supplicavano di prendersi cura di se’.
“Madamigella, la vostra situazione  attuale mi preoccupa e non poco”-  le aveva detto il medico mentre dopo una visita si infilava la giacca dell’uniforme.
“Siate esplicito e ditemi esattamente quali sono le mie reali condizioni”
 “Avete assoluto bisogno di riposo, aria buona ed un’alimentazione corretta e completa”- le aveva spiegato prescrivendole qualcosa su un foglietto.
“Se seguirete le mie indicazioni le possibilità di miglioramento sono concrete . Al momento siete allo stato iniziale. Vi chiedo di ascoltami. “
Sulla porta prima di salutare si era fermata: “Dottore, ….Vi prego di non farne cenno con alcuno …preferirei che questo incontro rimanesse confidenziale “
“Farò come desiderate “-  l’aveva rassicurata.  
Sospirò. Richiuse gli occhi e sprofondò in mille altri pensieri.
La pioggia cadeva incessante.
“Madamigella sapeste come mi sento sola”- le aveva confidato la regina Maria Antonietta –“ogni volta che mi reco a Parigi vengo accolta da un silenzio glaciale. Sapete, la scorsa settimana recandomi al Theatre Des Italiens ho trovato nel palco affisso un foglietto dove qualcuno con parole terribili minacciava la famiglia reale indicandoci come tiranni”- aveva affondato il viso pieno di lacrime tra le mani –“Oscar….credete veramente che io sia una tiranna?”
Lei aveva taciuto, si era limitata a socchiudere gli occhi ed abbassare lo sguardo.
“Come se non bastasse la volta successiva al teatro di Versailles ancora prima che avesse inizio l’opera sono stata fischiata …come mi sono sentita detestata….possibile che mi vengano attribuiti tutti i mali della situazione attuale? Una volta il popolo mi amava…”
Già. ..quei giorni di festeggiamenti in cui le folle esultando correvano per vedere l’arrivo della futura sovrana di Francia.
“Persino a corte devo sempre essere sulla difensiva, non sono più libera di parlare come in passato. Ogni discorso o parola deve essere dosato e ponderato perché c’è continuamente il rischio che venga discusso o travisato”
In effetti anche la cerchia più stretta cominciava ad essere ostile nei confronti della Regina, glielo aveva potuto confermare sua madre che oltre ad aver chiesto il permesso di essere sostituita quale dama di compagnia aveva ridotto di molto le sue apparizioni a corte.
Eppure lei la riteneva una madre eccezionale. Nonostante tutto al primo posto erano sempre venuti i suoi figli. Quanta sofferenza aveva visto in lei nei giorni in cui il Delfino si stava spegnendo lentamente. Ogni giorno si era recata al Meudon dove era stato trasferito perché  i medici ritenevano che l’aria fosse migliore di Versailles…fino a quel 4 giugno quando in lacrime al suo capezzale lo aveva visto esalare l’ultimo respiro.
“Quante notti insonni trascorro e l’unico pensiero è il mio Joseph! Non doveva morire così giovane. E come si può non assistere ai funerali del proprio figlio per via dell’etichetta reale?”
Certo non aveva considerato che le finanze del paese erano già in condizioni talmente critiche da dover vendere l’argenteria di palazzo per poter pagare le esequie del piccolo. Nemmeno in quell’occasione si era però resa conto che il regno soffriva enormemente per la situazione economica.
I suoi pensieri si spostarono ad Andre’….
Gli anni della fanciullezza trascorsi l’uno accanto all’altra spensieratamente: i giochi,  le sfide,  le cavalcate…le lotte, le tacche dell’altezza incise sul legno nelle stalle, i dispetti…Era felice di essere cresciuta accanto ad una figura maschile piuttosto che con una qualsiasi sciocca ragazzina. Poi l’adolescenza con le prime responsabilità li avevano fatti crescere e maturare velocemente. ..e tutto era cambiato.
Andre’ …che nei momenti del bisogno c’era sempre stato …che le aveva confessato tutto il suo amore celato per tanto tempo nel suo cuore…
Ad occhi chiusi rivide tutta la scena….lo schiaffo, lui che l’afferrava per i polsi, il bacio….la prima volta che si era permesso un gesto nei suoi confronti così violento tanto che aveva sinceramente provato paura…il primo uomo che si era permesso di baciarla… che pur di continuare a starle accanto si era arruolato nei Soldati della Guardia. 
No, non l’aveva odiato, non poteva, in fondo gli voleva bene…era come un fratello…non poteva proprio!
Sinceramente aveva provato una sorta di fastidio rivederlo tra i soldati…lei aveva finalmente preso la decisione di vivere come un uomo, quindi la sua presenza stonava all’interno del suo nuovo progetto.
Eppure dentro di lei aveva provato una sorta di terremoto nei sentimenti quando aveva affrontato suo padre offrendo persino la sua vita per lei...
Sospirò nuovamente….in quante occasioni era intervenuto in suo aiuto, l’aveva tolta da situazioni complicate…si, c’era sempre stato!
E Girodelle? Victor Clement de Girodelle : mai e poi mai si sarebbe aspettata che un giorno avrebbe potuto chiedere la sua mano. E pensare che suo padre sarebbe stato anche d’accordo a quel matrimonio.
Sogghignò ripensando a quel giorno in cui si era battuta con lui per la designazione a Capitano della Guardia Reale. Era stato il tenente sotto il suo comando fino al giorno in cui si era dimessa per passare ai Soldati della Guardia e l’aveva succeduta. Di lui l’aveva sempre colpita la sua classe, i suoi modi raffinati in ogni occasione, la cura dei particolare nel vestire e porsi di fronte agli altri. Indubbiamente era un nobile in tutti i sensi e lei lo ammirava moltissimo.
….Fersen ..il suo amore! 
Sbuffò.
No, non era il suo amore….aveva creduto…..aveva sperato.
Quando cominciò  a venire a corte aveva fatto scalpore con la sua splendida uniforme dalla casacca bianca che Gustavo III sovrano di Svezia aveva imposto a tutti i suoi ufficiali. Affascinante come nessun altro per via della preferenza e stima accordatagli dalla regina era divenuto l’uomo più famoso a corte. E non solo per quello. Era riuscito a conquistare in breve il cuore della sua sovrana tanto che lei era divenuta incapace di dominare la sua agitazione in sua presenza. Poi la relazione era divenuta di dominio pubblico…ed anche sua maestà  lo avara compreso…ma probabilmente aveva lasciato correre…considerando che dopo poco se n’era andato a combattere in America.
E quando era tornato aveva capito di amarlo: si, in quell’occasione aveva ceduto alla leggerezza di ogni giovane fanciulla: l’abito ideale, l’atmosfera da sogno…un ballo magico. Le parve di sentire ancora il braccio del Conte cingerle la vita, i suoi occhi, il suo respiro, la sua voce suadente …ed era fuggita quando le aveva confidato di considerarla il “suo miglior amico”…parole che le avevano trafitto il cuore.
Non era tornato per lei ma per la regina…che stupida illusione era stata la sua!
E poi lui l’aveva riconosciuta…e quella sera tutto era precipitato; si, l’amore era indubbiamente solo una lunga e lenta agonia!
Tutto si era dissolto.
Le parole di Fersen echeggiarono nella sua mente.
Sollevò il lenzuolo e si volse su di un fianco: sentì una lacrima solcarle il viso.
Il silenzio della stanza fu improvvisamente spezzato da un colpo di tosse.
Poi un altro …ed un altro ancora….
Sedette sul bordo del letto cercando di prendere aria; portò il lenzuolo alla bocca…smise di tossire.
Tentennò nel cercare di vedere…una piccola chiazza rossa c’era!
Rabbrividì …forse per l’aria fresca …forse per ciò che aveva visto.
Se gli eventi non fossero stati tali da impedirglielo se ne sarebbe andata via…lontano…magari nella tenuta di famiglia in Normandia; là sicuramente l’aria di mare le avrebbe fatto bene, lontano dalla situazione tragica di Parigi, lontana da quel quotidiano. ..lontano da Fersen,….lontano da Andre’.
“Oscar cosa ti passa per la testa? Stai solo fuggendo dalle tue responsabilità” - affondò  il viso tra le mani.
“Ti comporti come una donna qualunque!”
Rimase immobile in silenzio…sollevò appena lo sguardo.
“Oscar…ma tu sei una donna!”- le sussurrò una voce dentro.
“Basta” si alzò “basta!” - fece per scacciare il pensiero scuotendo il capo.
Si vestì velocemente. Aprì di scatto la porta, doveva uscire da quella stanza, le sembrava di impazzire.
Fece per scendere le scale quando udì la voce di Alain:
“Comandante, comandante!” – entrò trafelato. 
Scattò  sull’attenti mentre l’uniforme gocciolava vistosamente sul pavimento….il tono affannato:
“…è arrivato l’ordine! “
Quelle parole fecero tornare Oscar alla realtà. 
Al suo fianco percepì la presenza di André. Si volse verso di lui ed incrociò il verde immenso e profondo dei suoi occhi….le mancò il respiro e per un attimo si perse in essi quasi ammaliata.
“Che diamine!” - dentro fu un turbinio di sensazioni. Che cosa le stava succedendo? 
Strizzò gli occhi per cancellare quel groviglio di pensieri e visioni. 
“Grazie Alain, ci vediamo domattina al comando!”- non era sicuramente il momento per perdersi in sciocchezze del genere.
“Agli ordini Comandante!”- salutò sull’attenti e battendo i tacchi.
Poi tralasciando momentaneamente il protocollo: “….Oscar…non vedo nulla di buono!”- sfilò  il berretto e lo scrollò dall’acqua.  Sollevò il capo -“….io credo…”- tentennò – “…se interverremo affiancando gli altri eserciti in città cercando di soffocare la rivolta popolare sarà un vero e proprio massacro….”
“Cosa vorresti dire con questo?” – chiese lei esterrefatta da quelle considerazioni.
La fissò –“….io credo che alla fine …la gente travolgerà e non sarà travolta….e sarà la rivoluzione “
Oscar sgranò gli occhi e mormorò –“…la rivoluzione”. 
I tempi oramai erano maturi per una sommossa generale del popolo. La fame, la miseria, l’odio verso la famiglia reale e la nobiltà in generale era dunque all’apice.  
Nessuno ebbe il coraggio o la voglia di aggiungere altro.
Alain lanciò un ultimo sguardo ad Oscar e Andre’ e in silenzio lasciò il palazzo.

Il sole faceva capolino tra gli alberi del viale e nonostante in mattinata fosse piovuto, il caldo di luglio si faceva sentire.
Le rondini volavano alte e riempivano il cielo con il loro garrire. 
André vuotò il secchio: aveva oramai terminato di strigliare i cavalli; si passò il dorso di una mano sulla fronte per asciugare il sudore e fece una tenera carezza ad Alexander e Cesar.
Prese  la camicia e fece per infilarla. 
“André! “
Si volse e rimase con l’indumento tra le mani.
“Generale!”- si rivestì velocemente con un po’ di imbarazzo –“..mi scusi Generale” – e cercò di ricomporsi.  
L’Uomo nemmeno ci fece caso, si avvicinò con un fare affranto, gli appoggiò le mani sulle spalle.
“André. ..so bene di essere sempre stato molto autoritario nei tuoi confronti…ma vedi…la mia posizione. ..il mio carattere…”
Il giovane lo fissò, non riusciva decisamente a seguirlo.
Abbassò lo sguardo -“Ecco…vedi non ti ho mai ringraziato abbastanza per tutto quello che hai fatto in questi anni, per noi….e soprattutto per Oscar”
“Ma Signore…” – cercò di interromperlo.
Gli fece cenno di tacere: le braccia gli scivolarono lungo i fianchi –“Sei sempre stato un valido supporto sotto ogni aspetto, hai sempre svolto in maniera impeccabile il tuo lavoro ed hai sempre compreso pienamente quale fosse il tuo ruolo”.
André non riusciva a capire il perché di un discorso del genere ed esattamente dove volesse arrivare in conclusione.
Qualche momento di silenzio poi l’uomo proseguì –“ Sono a conoscenza che per voi sono giunti ordini” – accarezzò Cesar. Poi si guardò attorno –“ …ma Oscar?”-
“Credo sia uscita a piedi. ..non mi ha detto nulla!”- rispose André.
L’Uomo si volse girandogli le spalle.
“André….non so’ cosa succederà domani…e nei giorni avvenire. La mia più grande preoccupazione in questo momento è per la mia famiglia, per Nanny, per te…per Oscar”.
Si portò una mano sugli occhi lucidi e la voce si fece roca –“A distanza di anni mi rendo conto solo ora di aver commesso il più grande errore della mia vita….mia figlia sarebbe dovuta crescere come tutte le altre ragazze…i begli abiti, i ricevimenti, i balli a corte…tutto  con più leggerezza…meno responsabilità vivendo pienamente il suo essere donna,  imparando a conoscere anche le gioie dell’amore”
André ascoltava in silenzio sbalordito : osservava quest’uomo burbero, rigido far emergere ora tutto il suo lato umano …e soprattutto di padre. 
“Conosco quali siano stati i sentimenti di Oscar nei confronti del Conte Fersen….”
Il giovane strinse i pugni con rabbia.
“….ma conosco bene anche i tuoi sentimenti nei confronti di mia figlia…so quanto la ami….me lo hai fatto comprendere bene un po’ di tempo fa se non sbaglio”.
André sentì le lacrime salire agli occhi: forse solo Dio sapeva veramente quanto grande e profondo fosse l’amore che provava per lei e il dolore che gli stringeva il cuore per non essere contraccambiato.
“Se non fosse una questione di ceto sociale…io…avrei potuto dare il benestare ad una vostra eventuale unione”
André  sbarrò gli occhi.
“….ma che diamine!” – esclamò – “…forse è una pazzia….io…io vorrei che lasciasse i Soldati della Guardia…che vivesse da donna….potrei…Dio, forse sono impazzito…ma potrei anche accettare di concederti la sua mano…”.
André era letteralmente sbalordito,  non riusciva a credere alle sue orecchie…il Generale che accondiscendeva ad un suo matrimonio con Oscar? Veramente gli aveva dato di volta il cervello? Cosa mai poteva aver fatto cambiare improvvisamente quell’uomo da parlargli in quella maniera?
“Certo ci sarebbero delle conseguenze…ma a tutto si potrebbe far fronte… la mia posizione, il nome  e….beh la buona considerazione della famiglia reale nei miei e nostri confronti…!”- ragionava  gesticolando – “….forse…forse tu potresti parlarle e convincerla….tu sei l’unica persona in grado di…”
André  abbassò gli occhi e lo interruppe – “No Generale….Oscar non mi ascolterebbe…in alcun caso!”
“Possibile? Lo ha sempre fatto…ha sempre seguito i tuoi consigli…i tuoi suggerimenti e…”
“Forse un tempo”- rispose a malincuore.
Il Generale scrutò il cielo limpido che si tingeva dei colori crepuscolari come cercasse in esso sollievo a quei pensieri che gli pesavano sul cuore come macigni.
“Questa sera allora le parlerò!”- poi si rivolse al giovane –“Spero che domani non vi accada nulla…..se ne verremo fuori vivi da tutto questo potremo pensare ad una vita migliore. ..ne sono certo”- l’uomo batté una mano sulla spalla di André come volesse rassicurare ed incoraggiare entrambi – “In bocca al lupo ragazzo mio…noi…noi ci rivedremo! “.
André fissò l’uomo allontanarsi incredulo ed allo stesso tempo impressionato da quella conversazione.
Tutto, veramente tutto era cambiato e stava cambiando velocemente. 
Raccolse gli stracci, le spazzole e si volse per posarli nel secchio quando si accorse della presenza di Oscar.
Ferma, immobile,  una mano appoggiata alla porta della stalla, lo sguardo serio.
In uniforme era di una bellezza unica ma senza, così semplicemente vestita….i pantaloni mettevano in risalto le sue forme di donna , la camicia morbida…i suoi splendidi capelli.
Incontrò i suoi occhi .
Avrebbe voluto gridarle ancora tutto il suo amore e stringerla, forte tra le sue braccia….
Lei si mosse verso di lui. André si diresse verso la stalla e le passò accanto.
Sentì il suo profumo avvolgerlo ed andò  quasi in visibilio: immagino ’di afferrarla e portarla a sé, affondare le mani tra i suoi capelli ed assaporare le sue labbra con tutta la passione che sentiva bruciargli dentro, il suo corpo contro di lui e sentirsi dire che anche lei lo desiderava –“André  ricomponiti”- pensò.
Oscar fu attraversata da un brivido: -“Cosa mi succede?-“ pensò dentro di sé. Gli occhi verdi di Andre’ la fissavano ed improvvisamente si sentì persa, le gambe quasi le cedettero. Deglutì. Non era da lei. Fece fatica a ridimensionare. 
André intuì che lei era lì, anche prima e aveva assistito a tutta la conversazione. 
“Non ti preoccupare”- le disse entrando nella stalla per ultimare il suo lavoro.
Ecco..si. ..le bastarono quelle poche parole per sentirsi già più tranquilla: sapeva che André non le avrebbe fatto cenno di nulla nonostante sapesse. Allungò una mano. 
Lui la sentì prendergli delicatamente il braccio: si volse. 
“Sellami Cesar” – lo pregò.
“Dove vai?”- chiese.
“Devo parlare con una persona”” – rispose.
“Vengo con te”- si offrì lui.
“No, non c’è bisogno, vado sola”.
“Le strade di Parigi non sono sicure in questi giorni”- aggiunse.
Ma lei insistette –“Non ho bisogno,  grazie”.
“Oscar…non ti lascio andare sola”
“Ti ho detto che non ho bisogno” – lo fulminò alzando il tono della voce.
André tacque…non riusciva a capire. Dove doveva andare?  Le pensò tutte: doveva vedere la Regina, Fersen…ma no,  non poteva essere! Allora? Chi doveva incontrare?
Sellò in silenzio Cesar. La vide poi allontanarsi al galoppo senza aggiungere una parola.
Perché?  Cosa doveva fare di cosi misterioso?  Chi? Chi doveva vedere?
No, non poteva lasciarla andare sola –“Al diavolo!” – esclamò.
Col suo cavallo raggiunse il cortile: “Nonna, non attenderci per l’ora di cena” – gridò  alla donna sulla porta delle cucine. E spronato Alexander seguì  Oscar.






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Capitolo 2
*** DECISIONI IMPORTANTI (1) ***


Oscar cavalcava verso Parigi.  Mille pensieri affollavano la sua mente e in quel momento solo una persona poteva dipanare ogni suo dubbio, poteva aiutarla nel comprendere esattamente.
Udì uno scalpitio alle sue spalle –“Ohhhhh’!”- tirò le briglie a sé – “Che cosa vuoi?” – chiese irritata ad André che nel frattempo l’aveva raggiunta.
“Seguirti”- rispose deciso.
“So cavarmela da sola!” – lo bacchettò.
“Parigi non è sicura “- incalzò.
Lo fissò alquanto scocciata –“Fa’ come credi!” e riprese al galoppo la strada verso la città.
André le teneva dietro.
Percorrendo le strade di Parigi si percepiva molto bene un senso di malessere generale: mendicanti, cittadini radunati in piccoli comizi muniti di bastoni e forconi inneggiavano contro la regina e i nobili, negozi saccheggiati con vetri rotti, le porte divelte e in qualche occasione individui che entravano ed uscivano con pochi e misere derrate alimentari.
Finalmente giunsero a destinazione e solo allora André  comprese.
La porta si aprì.
“Oscar, André,  buona sera. Vi prego,  accomodatevi! “
“Grazie Bernard!”- salutò  Oscar allungando la mano.
“Madamigella!” – le corse incontro Rosalie e l’abbracciò. 
Oscar la strinse affettuosamente a sé e le diede un bacio sulla fronte –“Rosalie cara, come stai?”
“Benissimo Madamigella, ciao Andre’”- disse poi rivolgendosi al giovane –“Venite, sedetevi.”
“Posso offrirvi un bicchiere di vino?”
“Volentieri Bernard, siete molto gentile!
I tre sedettero mentre Rosalie si apprestò a portare dei bicchieri ed una caraffa.
“Vi vedo bene entrambi….il matrimonio vi fa risplendere” - commentò Oscar.
Rosalie arrossì stringendo una mano a Bernard.
Lui la guardò con una dolcezza infinita poi - “Ditemi, cosa vi porta qui a quest’ora tarda?”- e verso ‘ po’ di vino.
Oscar tentennò qualche istante poi:
“Bernard,  ho bisogno di sapere esattamente quale sia la situazione a Parigi e quali siano i sentimenti che  effettivamente pervadano il popolo. Io sono a conoscenza del malcontento generale ma forse non abbastanza.  Voi sicuramente avete una visione molto più completa al momento”- il tono era severo e preoccupato.
Bernard poggiò i gomiti sul tavolo ed incrociò le mani sotto il mento. Rosalie gli stava accanto in piedi in silenzio.
“Oscar…il popola ha fame, tanta fame…ha paura che il cibo cominci a scarseggiare…in città  la miseria oramai è ovunque…mentre dentro i palazzi c’è ancora tanta opulenza. A questa drammatica situazione si aggiunge il gran numero di soldati che sono sopraggiunti attorno a Versailles, Parigi, Sevres e Saint Denis e questo non è certamente un fatto passato inosservato.  Due giorni fa il Re ha destituito Necker e gli ha intimato di lasciare la Francia anche se con la massima discrezione”.
“Si di questo sono al corrente” – interruppe lei
“ Ieri la popolazione venuta a conoscenza dell’accaduto ha organizzato una grande manifestazione di protesta portando in piazza busti raffiguranti Necker ed il Duca d’Orleans”.
André ascoltava sorseggiando il vino.
“Alcuni soldati tedeschi hanno caricato la folla e hanno distrutto le statue…e naturalmente ci sono stati diversi feriti”- continuò.
Rosalie appoggiò una mano sulla spalla di Bernard –“Fortunatamente non ci sono state vittime”
Lui annuì. 
“Ma questo non ha fatto altro che aumentare il nervosismo nel popolo. Non so se conoscete Desmoulins..”
“…il giornalista?” – si intromise André. 
“Esatto, proprio lui. Appena ricevuta la notizia si è  precipitato tra i manifestanti e li ha invitati alla rivolta con tanto di pistola in mano”.
Oscar era quasi scioccata.
“Questa mattina “- continuò –“quaranta dei cinquanta ingressi a Parigi sono stati dati alle fiamme;  i cittadini hanno chiesto la riduzione del prezzo del pane e dei cereali,  ma non è  servito a nulla tanto che è stato saccheggiato il convento di Saint-Lazare….hanno prelevato una cinquantina di carri di grano. In molti si sono riuniti al Municipio di Parigi e hanno deciso di organizzare una milizia cittadina…”
“A quale scopo?”- chiese
“Per garantire l’ordine e la difesa dei diritti costituzionali”
“Che cosa succederà ora?”
“Ora l’obiettivo è  procurarsi delle armi…”
Oscar sgranò gli occhi -”Bernard….questo significa…”
“…questo significa solo una cosa: la rivoluzione!”- concluse l’uomo. 
Oscar affondò la testa tra le mani : “La rivoluzione” - pensò a quello che le aveva detto in mattinata Alain….si, le stesse identiche parole.
“Dunque a questo siamo giunti”- mormorò.
Si fece un silenzio surreale.
Un brivido improvviso assalì Oscar. Appoggiò la mano chiusa a pugno alla bocca e rimase qualche istante a pensare.
“Madamigella, non so cosa decidiate di fare con i vostri soldati ma….”
“Vedete Bernard” – lo interruppe – “Io…” – si soffermò – “…io non posso obbligare i miei uomini ad imbracciare un fucile contro il popolo…proprio non posso, lo capite?” – esclamò battendo i pugni sulla tavola – “Io non posso farlo!”
André fissava Oscar: il viso tirato, la fronte corrugata, una smorfia tra le labbra.
“…domani…mi recherò comando…ma per lasciare i Soldati della Guardia” – concluse e rivolse il viso verso André quasi a cercare un cenno di approvazione e di conforto allo stesso tempo. Lui sorrise; lei lo percepì come una carezza nell’anima,  ingoiò le lacrime che le salivano agli occhi e sospirò come si fosse liberata di un grosso macigno.
“Oh Madamigella!” - esclamò Rosalie singhiozzando.
Bernard appoggiò una mano sulla spalla di Oscar –“ Gesto onorevole il vostro”
Il clima nella stanza si era come rasserenato.
“Domattina parlerò ai miei soldati, poi rassegnerò le mie dimissioni” – concluse alzandosi e riposizionando la sedia –“ Grazie Bernard” – gli strinse la mano.
Lui ricambiò calorosamente –“Madamigella..io …io vorrei vedervi tra le nostre fila“- la invitò  trattenendo la stretta.
Gli occhi azzurri di Oscar incrociano quelli di Bernard.  Non vi fu nulla da aggiungere. 
“Arrivederci Rosalie” – la strinse a sé e la baciò sulla guancia –“Buona fortuna. Andiamo André “.
La porta si chiuse alle loro spalle. Senza dirsi nulla raggiunsero i cavalli e fecero rientro a palazzo Jarjayes.
Condussero Cesar ed Alexander nella stalla: nessuno dei due proferì parola.
Oscar si avviò verso l’entrata: l’aria si era fatta più fresca e tra i fili d’erba delle aiuole che bordavano il selciato intravvide delle lucciole; si chinò per ammirare meglio quelle piccole lucine volteggiare come in una danza –“André “- allungò un dito sperando che una di loro vi si posasse sopra –“Io non posso fare altro” – cercò di giustificarsi. Alzatasi  portò una mano agli occhi –“…capisci. …non posso chiedere ai miei soldati e a te di sparare sulla gente”- gridò con gli occhi lucidi –“ …tu ora puoi andartene….io…”
André si avvicinò e le prese il viso con una mano mentre con l’altra le asciugò una lacrima.
Oscar chiuse gli occhi si perse in quel gesto così tenero. 
I loro volti erano così vicini da percepire l’uno il respiro dell’altra.  
André fu pervaso da un fremito; il cuore gli batteva all’impazzata.  Gli parve quasi di sentire il sapore delle sue labbra mentre il profumo di Oscar lo inebriava.
Il respiro di André ed i suoi capelli le sfiorarono il viso…il cuore a mille sembrava le pulsasse in gola. Ebbe un senso improvviso di smarrimento.
Schiuse le labbra.
“Oscar!”- chiamò una voce.
Brusco ritorno alla realtà. 
Lei si ritrasse e voltate le spalle arrossì.
Lui deglutì e scaricò in un respiro profondo tutta la tensione e l’eccitazione. 

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Capitolo 3
*** DECISIONI IMPORTANTI (2) ***


“Avanti”- disse il Generale Jarjayes.
Oscar richiuse la porta lanciando un’occhiata ad André fermatosi fuori ad attenderla  - “Padre mi avete fatto chiamare?”
Il Generale sedeva sulla poltroncina di fronte al camino ed accanto con un sorriso rasserenante la consorte madame Emilie.
“Madre, anche voi qui” – esclamò un po’ stupita.
“Siedi Oscar”- la invitò l’uomo.
Lei si accomodò. Pensò che poche erano state le occasioni di ritrovarsi in famiglia.  Da tempo non consumavano più un pranzo tutti assieme…ad esclusione del Natale visto che anche i festeggiamenti per il passaggio dal vecchio al nuovo anno avveniva sempre a corte o a ricevimenti in palazzi di personaggi di uno certo spicco. Del resto suo padre e lei  stessa erano sempre molto presi dai loro ruoli, le sorelle oramai spostate vivevano altrove anche se venivano periodicamente a palazzo e sua madre che si divideva tra casa e qualche apparizione a corte.
“…io…” – si portò una mano agli occhi. 
La moglie gli mise un braccio attorno al collo –“Su Augustin…”
“…io ti prego di perdonarmi per tutto il male che ti ho fatto!”
Oscar sgranò gli occhi: non poteva credere che quelle parole uscissero proprio dalla bocca di suo padre.
“Padre” – cercò  di parlare.
“ No Oscar, sono stato un vero egoista. Ho pensato solo all’onore della famiglia e non al tuo bene”- gli occhi di entrambi si incrociano –“Tu saresti dovuta crescere  come le tue sorelle, conoscere l’amore e crearti una famiglia. Ho sbagliato…col mio egoismo ho fatto del male a te e a tua madre”.
Madame Emilie lo guardò con tenerezza: lo amava, infinitamente, da sempre fin dal giorno del loro incontro a palazzo del Conte di Rochambeau. 
Oscar gli allungò  una mano su un ginocchio: pensò che mai e poi mai si sarebbe potuta permettere un tale gesto in passato…ma ora era di fronte ad un uomo come tutti gli altri, con le sue fragilità e debolezze, con i suoi crucci interiori. 
“Padre, voi non dovete sentirvi in colpa di alcunché.  Io anzi, vi sono grata di come avete deciso di crescermi,  non ho rimpianti e non provo alcuna invidia o gelosia nei confronti delle mie sorelle e di qualsiasi altra donna”.
Augustin posò la mano su quella di lei e la strinse –“ Figlia mia!”- l’amava come non era mai riuscito a dimostrarle.  Sorrise –“Desidero informarti che Sua Maestà mi ha congedato chiedendomi di lasciare la Guardia Reale”
La giovane ascoltò attonita.
“Oramai ho un’età da potermi finalmente ritirare e godermi un po’ di serenità. …e non poteva capitare in un momento più opportuno”
“Ne sono immensamente felice”- sorrise.
“Appena possibile con tua madre ci recheremo nella tenuta in Normandia, là ci raggiungeranno anche le tue sorelle….ed il nostro desiderio più  grande sarebbe quello che tu venissi con noi “
Oscar scattò  in piedi e si volse.
“Ti supplico,  lascia i Soldati della Guardia  e parti con noi!”- la pregò –“Parlerò con sua Maestà ..vedrai, non ci sarà alcun problema. Poi …poi decideremo cosa fare…” – si corresse -“…deciderai cosa fare..”
“Vedete…io ora non posso!...Domani sarò con i miei uomini. …devo….ma voi non preoccupatevi. .. me la saprò  cavare”
Il Generale si alzò, si avvicinò alla figlia.
“Vedete…io non eseguirò alcun ordine che mi verrà impartito domani “ – il suo sguardo era deciso e fiero come sempre –“ Io non potrei mai spingere i miei soldati a puntare il fucile sul popolo…”- strinse i pugni –“Forse mi odierete. ..e per voi sarò solo un disonore…ma mi accomiaterò dai soldati lasciandoli liberi di scegliere…e se non mi arresteranno per insubordinazione o diserzione …o alto tradimento….io sarò  tra i rivoltosi”.
Il Generale rimase esterrefatto ed altrettanto Madame de Jarjayes –“Oscar ma…”- fu come un pugno allo stomaco –“ ma ti rendi conto…”
“Si Padre, ora potete anche colpirmi, ne è nel vostro diritto; potete cacciarmi con infamia…oppure accettare la mia decisione è lasciarmi andare”.
“Augustin ti prego” – lo intimò tra le lacrime la consorte –“non prendere decisioni affrettate e senza ascoltare il tuo cuore”- cadde in ginocchio tenendosi aggrappata con le mani a quella del marito -“ …è  nostra figlia…lascia che scelga la sua strada…ti supplico”
Guardò negli occhi la consorte: lei che aveva accettato sempre tutte le sue decisioni senza mai opporsi…anche quando aveva scelto di far crescere quell’ultima figlia come un uomo, lei che lo sveva sempre appoggiato in tutto….
Le accarezzò il viso – “…Emilie…”
Fece un respiro profondo e - ”…vai Oscar….segui il tuo destino! “
“Madre, Padre, perdonatemi se potete”- si avvicinò alla donna e la baciò sulla fronte mentre da entrambe le parti i volti erano solcati dalle lacrime.
Il Generale era come impietrito,  ebbe solo la forza di dire –“…figlia mia ….non morire! “
Oscar richiuse la porta  e vi si appoggiò con le spalle. 
Si accorse che André l’aveva attesa. 
….e ora? Cosa sarebbe accaduto? Doveva andarsene,  lasciare palazzo e poi? 
Un colpo di tosse…poi ne seguì un altro. Si porto ‘ la mano alla bocca…ma non vide sangue eppure sentì le ginocchia cederle,  ma si fece forza …mentre André si avvicinò –“ Tutto bene?”
Lei annuì,  non riuscì ad alzare lo sguardo e fece per andarsene in camera ma lui l’afferrò per un polso –“Perché non mi hai detto nulla?”
Lei sbiancò volgendosi : gli occhi di André quasi inquisitori –“Perché me lo hai nascosto?”
Oscar fece per liberarsi ma non vi riuscì, la presa era troppo forte –“Lasciami André! “- lo intimò, ma lui non mollò , la teneva ben stretta. Ora voleva sapere. 
“Non devo dirti nulla! “- gli gridò stizzita continuando a divincolarsi.
“Non vuoi che sappia che stai male? Credi veramente che non mi sia accorto di nulla in questo periodo?”- la tirò verso di sé con forza tanto che si trovarono faccia a faccia, lo sguardo torvo e minaccioso,  gli occhi fissi e sporgenti, le sopracciglia aggrottate.
“ Non sono tenuta a renderti sempre conto della mia vita”- lo aggredi’- “lasciami….se credi di farmi paura ti sbagli di grosso” - uno strattone e liberò il polso –“la vita è  mia come tutte le decisioni che prendo ; io non ho bisogno di uno che mi controlli e mi faccia paternali. Io non ho bisogno di te!” urlò. 
Quelle parole riecheggiano lungo la scalinata e l’androne. 
Silenzio.
Rimasero cosi’fermi , l’uno di fronte all’altro. 
Forse aveva esagerato: non era certamente quello il tono con il quale rivolgersi ad André. 
Pensò  di scusarsi.
“Ti sbagli”- puntualizzo ‘ con tono sostenuto ed avvicinandosi con sguardo di sfida –“tu hai bisogno di me Oscar, ricordatelo! “- e prima che lei potesse aggiungere qualcosa scese le scale velocemente 
Lei rimase li strabiliata a fissarlo mentre si allontanava senza controbattere a quelle parole che continuavano a risuonarle nella testa.




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Capitolo 4
*** 14 LUGLIO ***


Le fu difficile riuscire a riposare la notte: il litigio con André l’aveva tormentata a lungo con quelle parole –“tu hai bisogno di me!”- insomma, ma chi si credeva di essere? 
Si vestì rapidamente. Scese ed entrata nelle cucine Nanny le aveva già  preparato una cioccolata calda.
“Buongiorno bambina mia” – le disse allungandole la tazza.
“Grazie,  fai sempre delle ottime cioccolate!”- le sorrise. 
Si guardò intorno…strano non c’era André; la torta di mele era ancora lì intatta sulla tavola. Non chiese nulla.
Infilò i guanti e si avviò verso il cortile: Cesar era già sellato e pronto. Capì allora che sicuramente era andato al comando prima di lei. Sbuffò seccata. Salì a cavallo ed al galoppo si diresse verso Parigi. 
Il sole stava sorgendo.
Oscar giunse a destinazione e il Colonnello d’Agoult l’attendeva davanti la porta del suo ufficio.
“Comandante’- salutò –“I Soldati sono ancora nelle loro camerate. ..stanno attendendo vostri ordini”.
Annuì. Assieme si diressero verso i loro alloggi.
“Alain cosa pensi? – chiese Lasalle mentre si sistemava la camicia.
“Non riesco a pensare”- rispose –“…a dir la verità non so cosa pensare…”- si girò verso André forse per cercare di capire.
Lo vide sdraiato nel letto, le braccia incrociate dietro la testa.
Doveva essere accaduto qualcosa tra lui ed Oscar. Non era mai venuto da solo e soprattutto ancora prima dell’alba.
“Cosa credi che farà il comandante?”- continuò .
Alain sedette sul letto; avrebbe voluto chiederlo a lui…ma lo vide troppo assorto nei pensieri.
André fissava un punto fisso nel vuoto.
Perché Oscar aveva quelle reazioni con lui? Non le aveva fatto nulla di male. Eppure quando la sera erano rientrati dopo la visita a Bernard le era parsa così disponibile, l’aveva sentita veramente vicina in tutti i sensi. Pensò alla sua bocca a pochi centimetri da lui….così. ..schiusa…in attesa di essere finalmente baciata con infinita passione. Immaginò per l’ennesima volta di averla tra le braccia….di sfiorarle il viso con le dita…lasciarle correre sul collo fino ad insinuarsi fra le pieghe della camicia…poi giù…
Quella sera quando le aveva dichiarato il suo amore e  aveva visto per la prima volta le curve del suo seno…..
Improvvisamente la porta si aprì.
Oscar entrò accompagnata dal Colonnello. Guardò tutti i suoi uomini….e vide André. Doveva essere venuto la mattina molto presto. Dentro di sé  fece spallucce…cosa le importava….
Ora veniva la parte più difficile per lei.
“Ascoltatemi! Sapete bene quali siano gli ordini per questa mattina “- sedette e incrociò le mani sotto il mento, ora veniva la parte ardua.
“Se state pensando quali siano le mie decisioni in merito e quali saranno i miei ordini nei vostri confronti, sappiate che da me non ne riceverete alcuno!”
I soldati rimasero sbalorditi.
“Io Oscar Francois de Jarjayes ho deciso di lasciare i Soldati della Guardia. Pertanto da ora potete ritenervi  liberi e di decidere di tornare alle vostre case e ai vostri cari”
“Comandante…!”- mormorarono.
Alain lanciò un’occhiata ad André. 
Lui lo fissò quasi impassibile, del resto era già a conoscenza delle decisioni di Oscar. 
“Parigi oramai è presa d’assedio da molti eserciti. ..io personalmente non potrei di certo chiedervi di sparare sul popolo visto che è da li che voi venite. Pertanto…” – si alzò e cominciò a sfilare prima i guanti poi la giacca dell’ uniforme –“…qui terminano i miei obblighi nel vostri confronti!”- la piegò e la ripose sul tavolo al centro della stanza. Poi si volse verso d’Agoult – “Colonnello…ora fate il vostro dovere, sono pronta a consegnarmi al tribunale militare per insubordinazione !”
Gli uomini si alzarono in piedi con fare minaccioso.
“Comandante…la vostra scelta è  ammirevole”- si tolse i guanti e li consegnò  ad Oscar – “Mi rimetto alle vostre decisioni”
“Voi siete un nobile Colonnello…”- 
“Voi mi avete congedato….”- precisò d’Agoult
“Farete fatica a non fare rapporto….prima che ai miei uomini a me!” – fece per ritornagli i guanti –“Non voglio che vi troviate in una posizione critica a causa mia…e non voglio che siate Voi a pagarne le conseguenze, pertanto vi prego di accompagnarmi dal Generale Bouilett, questo è  l’ultimo ordine che vi impartisco”.
Il Colonnello si mise sull’attenti, salutò  portando la mano alla fronte, poi con gli occhi lucidi –“In bocca al lupo Oscar Francois de Jarjayes.  Che Dio vi assista”” – e battuti i tacchi si volse ed uscì.
“Colonnello!” – chiamò.
Lui senza voltarsi fece un cenno di saluto con la mano.
Rimase così, con i guanti di d’Agoult.
Sentì gli occhi dei soldati puntati su di lei. 
Ora…era il momento di decidere – “Bene…direi che qui sono riuniti solo dei cittadini francesi!”- esclamò. 
“Siiiii!” – gridarono.
Oscar si lasciò andare ad un leggero sorriso. 
Alain si avvicinò –“Oscar Francois anche se non siete più  il nostro comandante credo che nessuno abbia intenzione di andare senza di voi. Ora fateci sapere la vostra decisone”.
“Raggiungere i rivoltosi di Bernard Chatelet!”
“Si…Bernard”- la assecondò Lasalle “
“Si”- aggiunse un altro -“ il giornalista rivoluzionario amico di Robespierre!”
Oscar lanciò un’occhiata ad André. 
“Ehi André….tu che fai?” – gli chiese Lasalle
Senza distogliere lo sguardo da Oscar – “Sarò con voi naturalmente. ..Bernard è un mio ottimo amico!”
“Bene…a questo punto andate a prendere i vostri fucili…vi attenderò fuori”- concluse.
Tutti i soldati si sfilarono le divise e si diressero in armeria.
André fu l’ultimo a lasciare l’alloggio.
“Credevo saremmo venuti assieme questa mattina, perché non mi hai aspettata? Tua nonna aveva preparato anche una magnifica torta di mele”
Lui quasi la fulminò con lo sguardo –“Avrei dovuto ?”-
Rimase basita.
“Tu stessa hai ammesso di non aver la necessità di qualcuno che ti stia appresso!”
“Mah….”
“Sei quella che non ha bisogno di alcuno, soprattutto di me!” – la freddo’.
Oscar provò un senso di colpa per il diverbio della sera precedente. Abbassò  lo sguardo….avrebbe voluto scusarsi - “Senti Andre. …”-
Ma lui non le diede il tempo di ultimare la frase che si avviò dai compagni.
Provò improvvisamente un senso di solitudine quasi di abbandono.
Perché?  Perché  si sentiva così?  Per quale motivo con lui era una continua tensione ma allo stesso tempo non poteva tenerlo lontano da lei? Sentiva il suo esserci costante fondamentale anche se una parte tendeva a rifiutarlo. Quando non lo aveva accanto era come se le mancasse l’aria mentre la sua presenza spesso la irritava terribilmente. Che cosa significava tutto ciò? 
“Che stupido!” – pensò  André  mentre percorreva il lungo corridoio verso l’armeria – “Forse non era il caso…” –
“Ehi …sognatore!” – lo scosse Alain – “Ti ha dato picche anche questa volta!”- esclamò con una fragorosa risata.
Lui sogghignò.
“Sentì amico mio” – gli diede un colpetto sulla spalla –“non smetterò  mai di dirti che quella donna è  un pezzo di ghiaccio. Come fai a starle dietro? Sarà anche un grande comandante ma per il resto è  la negazione totale” – prese il suo fucile – “Perché piuttosto non  fai la corte a mia sorella Diane?” 
Diane: che splendida ragazza. Sorrise –“ Perché  so che se ci provassi mi rompesti le ossa …geloso come sei!”
Alain meditò un secondo su quella considerazione –“Già! “ – gli diede un buffetto – “….dovresti prima passare sul mio cadavere…vecchio  marpione!...e comunque potresti avere una bella cerchia di fanciulle invece di continuare a mandar giù questi rospi!” –
“ Beh…” – fece una smorfia di approvazione – “ vorrà  dire che se oggi ci andrà grassa, da domani potrei prenderti  in parola a proposito di Diane...e potrei anche essere fortunato,  no? “
Alain lo guardò un po’  in cagnesco –“Vediamo come ti comporterai oggi …soldatino! “ – ridacchiò lanciando gli il fucile.
Oscar attendeva i suoi uomini nella corte.
Accarezzò  delicatamente Cesar – “Tu hai bisogno di me!” – non riusciva a togliersi dalla mente quelle parole – “ Basta, insomma! “ -  pensò.
Eppure che André  non l’avesse aspettata la mattina e la risposta secca che le aveva dato proprio non riusciva a digerirlo. 
Finalmente gli uomini giunsero sul piazzale senza divise e con i fucili tra le mani.
Era giunto il momento.


I Reggimenti della Guardia francese formavano da giorni un vero e proprio presidio attorno la città.
Per Oscar e gli ex Soldati della Guardia fu una vera impresa raggiungere Bernard; nonostante fossero in abiti civili il fatto di essere numerosi,  a cavallo con tanto di fucile era semplicemente un suicidio.
“Bernard, Bernard! Stanno arrivando dei cavalli!”- grido ‘ un uomo che sorvegliava le barricate.
Un cospicuo gruppetto di rivoltosi puntò i pochi fucili a disposizione in direzione degli ex soldati.
“Non sparate, non sparate!”- urlò  Oscar.
“Fermi!”- esclamò  Bernard –“ Sono i Soldati della Guardia di Oscar Francois de Jarjayes “
Gli uomini abbassano le armi ed attesero che i cavalli fossero nella piazza.
Oscar scese da Cesar -“ Bernard!”
“Madamigella….dunque la vostra non era solo una promessa  fatta tanto per dire” – le strinse la mano.
“Per me è un vero onore essere qui con tutti voi…e vi prego….non sono più  Comandante. Vi prego di chiamarmi solo Oscar!”
Bernard annuì – “Ascoltate tutti! Questa è  Oscar ex comandante dei Soldati della Guardia con i suoi uomini. Da oggi si unirà a noi”
“Benvenuti”- si alzarono voci dalle barricate.
“Bene Bernard…ho bisogno di sapere qual’e’ al momento la situazione”
“Gruppi di insorti hanno attaccato Les Invalides per procurarsi armi e cannoni. Come noterete siamo a corto di fucili e munizioni”.
Oscar guardò  tutt’attorno: in effetti c’era di che proteggersi ma non rispondere ad un eventuale attacco da parte delle truppe assediate. 
“Alain….qui dobbiamo provvedere all’istante! “ – gli ordinò. 
Da una strada laterale improvvisamente si udì –“ Bernard!  Bernard!” 
“Che cosa succede?” – chiese.
“La folla che ha attaccato Les Invalides ha deciso di assaltare la Bastiglia!”
“Che  cosa? La Bastiglia?”
“Ma certo!”- esclamò Oscar -“là si può  trovare polvere da sparo. Uomini…dobbiamo dirigersi verso la Bastiglia” – ordinò.
“Oscar aspettate! – la pregò Bernard – “potrebbe essere un massacro. Siete giusto una cinquantina rischiate di non arrivare vivi”
“Non preoccupatevi…siamo duri a morire!”- gli sorrise –“ In sella, avanti!”
I primi scontri ai piedi della fortezza per respingere l’attacco avevano provocato alcuni feriti. 
Oscar e gli ex soldati dovettero lasciare i cavalli a distanza dal presidio. Giunti a piedi i rivoltosi erano riusciti a procurarsi alcuni cannoni puntati tutti sulla parte alta delle torri. Mancava però  la polvere da sparo.
Dalla fortezza vide uscire di corsa alcuni cittadini – “La trattativa è fallita”- gridò uno di loro –“ Non ci apriranno mai le porte e non ci daranno ne polvere da sparo tanto meno cartucce”
“Che cosa stiamo aspettando allora? Attacchiamo la Bastiglia!!”- si levò una voce dalla folla assiepata.
“ Si….attacchiamo la Bastiglia”.
Mentre gli insorti inneggiano arrivarono alcuni carretti di polvere da sparo per i cannoni –“Anche noi spareremo!”
“Forza…chi sa maneggiare questi arnesi si faccia avanti !”- si udì. 
Oscar si fece avanti con gli altri –“ Eccoci!” – piano piano la folla si aprì. 
“Ma chi sono?...Ehi ma sono soldati ! “
“Si, è  vero sono soldati…..si sono i Soldati della Guardia… ci hanno teso una trappola! Sparate, sparate!”
“Fermi! “ – Lasalle alzò le braccia agitandole –“ Fermi. Non vi abbiamo teso una trappola, siamo qui per unirci a voi!”
“Ma che dici? Spariamo!”
“No fermi!”- Oscar si fece avanti –“Tieni il fucile”- disse con Alain.
André  sbiancò.
“ E’ vero, siamo qui per unirci a voi. Come vedete al momento sono disarmata” si avvicinò  all’uomo e si trovò l’arma puntata in pieno viso.
André fece per precipitarsi verso Oscar ma Alain lo bloccò –“Fermo….stai tranquillo!”
“Bene…vorrei sapere con chi ho a che fare!” – le domandò l’uomo.
“Io sono Oscar Francois …ma forse sarebbe il caso che io conoscessi il nome di chi mi punta un ‘arma!”
“Mi chiamo Du Mont…sono il curato di Saint Etienne” – rispose.
Lei era ferma immobile, lucida, lo sguardo di ghiaccio. Allungò la mano e gli prese lentamente la pistola. L’Uomo rimase basito –“ Non abbiamo intenzioni ostili…siamo qui per aiutarvi. Io sono di origini nobili se questo vi può interessare….ma ho rinunciato al mio nome per unirmi alla vostra causa!”

Una donna la guardava da lontano. Si fece strada tra la gente –“ Io vi conosco. Voi…voi siete …si…quel giorno che quel nobile dalla carrozza sparò  a mio figlio…!”
Oscar cercò  di fare mente locale….tornò  indietro nel tempo, frugò nella memoria…
“Si è  vero è  una nobile anche lei….ma…le credo!” assicurò  la donna.
Nel frattempo alcuni insorti riuscirono a spezzare le catene che sorreggevano il ponte levatoio della Bastiglia e ad accedere davanti al portone alla fortezza.
Fu allora che si udì  far fuoco dalle torri.
“Maledizione!”- esclamò  Alain –“Oscar qui ci fanno fuori!”
“Al riparo, al riparo! – si precipitarono fra le barricate.
Oscar si accingeva a caricare il fucile quando le si avvicinò un giovane armato  -“Oscar Francois mi chiamo Pierre Augustin….ho bisogno che i vostri uomini ci aiutino…se dalla Bastiglia sparano….noi useremo nostri cannoni”
“Quando volete Pierre!”.
Il giovane le fece un cenno col capo.
“Avanti Alain..datti da fare! Lasalle con gli altri sparate verso la fortezza mentre armiamo i cannoni!”- urlò Oscar.
Fu una pioggia di proiettili fino a quando finalmente tutto fu pronto. 
“Puntate i cannoni verso le scappatoie ed i merli dove sono appostati i soldati della guarnigione! “ – “Fuoco! “
Un boato.
La fortezza fu colpita ripetutamente.
Dietro le barricate André sparava senza tregua con i suoi ex compagni. Aveva il terrore che Oscar venisse ferita. La teneva costantemente sottocchio: era una furia….ed era terribilmente bella anche quando era così  aggressiva.
Improvvisamente la vide scivolare all’indietro –“ Oscar!” – il panico, rabbrividì non vedendola rialzare.
Oscar portò  una mano sul braccio sinistro: era stata presa di striscio per fortuna ma la ferita bruciava come il fuoco –“Dannazione!” – disse fra sé.
“Oscar!”- André in un battibaleno le fu accanto –“ma tu sanguini”- 
“E’ solo un graffio!” - lo rassicurò - “Avanti….la Bastiglia sarà nostra!”- li incitò. 
“Abbassate il ponte, abbassate il ponte”- si sentì urlare tra la folla.
“Caricate i cannoni, forza “- Pierre aveva preso momentaneamente il comando. Poi rivoltosi ad Oscar –“ State bene?”
“Nulla di grave” – rispose –“ Forza…oramai la resa è vicina! Fuocoooo!”
L’ennesimo colpo andò a segno. 
“Trovate altra polvere…trovate altra polvere” – urlò  Pierre.
La battaglia proseguì a lungo fino a che - “Hanno sfondato il portone….avanti!”
Una parte dei rivoltosi riuscì ad entrare e con loro Pierre e il curato. Si udirono spari e grida provenienti dalla Bastiglia - “A morte!”- 
Furono portati fuori i pochi prigionieri relegati all’interno della fortezza mentre la gente continuava ad inneggiare alla vittoria.
Lungo le gradinate giacevano i corpi senza vita delle guardie.
Poco dietro la prima rampa si imbatterono in Jourdan, uomo sanguinario soprannominato “il mozza teste” che brandiva per i capelli il governatore Launay  – “Maledetto tu con tutta la tua razza di nobili” e nel men che non si dica lo decapitò. Il sangue gli spruzzò sulle vestì e contro il muro. Una scena raccapricciante. 
Poi, presa una picca vi infilzò la testa. Il sangue continuava a colare; Jourdan con le mani e il viso sporco gli occhi fuori dalla testa la portò fuori come un trofeo. La folla gridò  a squarciagola il suo nome quasi fosse un eroe. Pierre e Du Mont lo seguirono tornando indietro fra le barricate.
Oscar nel trambusto si volse per una frazione di secondo….alle sue spalle non vide più André. 
Cominciò a girare la testa a destra e sinistra cercando tra la gente – “André. ..André! “- chiamò  più volte. Niente.
Il caos era totale. Il fumo rendeva quasi impossibile tenere gli occhi aperti e vedere con chiarezza tutt’intorno.
Fu assalita dall’angoscia –“André! “
Il cuore le batteva all’inverosimile.  Decise di tornare indietro mentre il panico le attanagliava la gola. Cominciò disperatamente a farsi strada tra le barricate e la gente che urlava –“ André “
Si mise a cercare tra i feriti ed i corpi riversi tra le macerie col terrore di trovarlo fra questi ultimi – “Signore…ti prego” – diceva tra sé. Dove? Dove poteva trovarlo in mezzo a quel disastro.
Le lacrime le salirono agli occhi – “ Oh Dio, André. ..ti prego!”
In affanno si fermò piegandosi per prendere fiato appoggiando una mano ad un muro e l’altra su un ginocchio – “André dove sei?”
In lontananza una voce la chiamò – “Oscar!”
Alzò  lo sguardo – “ André! “
Tra la confusione apparve Bernard – “Oscar, venite, presto; André è stato colpito!”
Sgranò  gli occhi e sbiancò. 




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Capitolo 5
*** ANDRÉ! ***


“Oscar…Oscar!
Lei si volse: Pierre l’aveva raggiunta.
“Che fate? Abbandonate il campo ora?”- la prese per un braccio.
Lo fissò: gli occhi lucidi, il volto sporco di polvere –“ Vi prego Pierre, non ora!”-
“Venite, presto”- la incitò Bernard.
Pierre la lasciò, capì  che qualcosa doveva essere andato storto. 
Lei e Bernard allungarono il passo e lui tenne loro dietro. 
Attraversarono le ultime barricate e finalmente riuscirono ad infilarsi in un vicolo dove poco più in là c’era un gruppetto di persone fra le quali Oscar riconobbe Rosalie e Lasalle.
A terra Alain sosteneva tra le braccia in un lago di sangue il corpo di André.
“Mio Dio! André! “- cadde in ginocchio ai piedi dei due giovani. 
Gli occhi socchiusi André respirava a fatica.
“Che cosa ti hanno fatto?” – lo guardò  incredula –“ André! “
Lui chiuse gli occhi: Oscar andò nel panico –“….no …no…no…André  ti prego, non mi lasciare”- gridò singhiozzando.
“Venite,  presto!” – Lasalle fece avvicinare due uomini.
Bernard cercò di sollevarla per le braccia.
“Lasciatemi Bernard, lasciatemi”- si dimenò e ricadde in ginocchio –“Ti supplico André. ..non mi abbandonare…ho troppo bisogno di te…ti prego! “
Ebbe la forza di guardarla qualche istante: il volto rigato dalle lacrime, gli occhi gonfi –“….Oscar…la mia Oscar..!”- cercò di asciugarle il viso.
Lei gli prese la mano e se la tenne stretta su una guancia –“…non mi lasciare proprio ora!”
Bernard e Pierre tentarono nuovamente con la forza di sollevarla mentre lei continuava ad opporre resistenza e a gridare quasi istericamente.
Rosalie con gli occhi lucidi di avvicinò – “Madamigella…vi prego…ci sono due dottori. ..lasciate che lo vedano”
Si girò con gli occhi sbarrati,  tentennò poi cedette.
I due si chinarono finalmente su André.
Oscar affondò il viso tra le mani –“Rosalie. ..non puoi morire”- lei l’abbracciò per incuterle coraggio.
“Le sue condizioni sono molto critiche. ..bisogna provare a portarlo via di qua” – disse uno dei due medici –“sta perdendo molto sangue….qui è decisamente impossibile riuscire a fare qualcosa!”
“Concordo…anche se spostarlo è molto rischioso”- concluse l’altro. 
“Bernard…e se provassimo a portarlo a casa nostra? E’ il posto più vicino e indubbiamente il più sicuro al momento,  non credi? “- azzardò Rosalie. 
Bernard ci pensò  un attimo –“ Si credo che sia l’idea migliore. Voi cosa ne dite?”- si rivolse ai due.
“Purché  non sia troppo lontano…non reggerebbe!”
“Va bene, lo porto io” – si offrì Alain e piano cercò di caricarlo di peso sulle spalle.
“Alain ma ti rendi conto di quello che dici? “- provò  a fermarlo Bernard.
“Sentite, André  è  il mio miglior amico…avanti, indicatemi la strada!”
“Cercate di fare con cautela”- si raccomandò uno dei due dottori.
“Non vi preoccupate , non è certo la prima volta che lo porto sulle spalle “ – sorrise ironicamente – “Lasalle, se trovi qualcuno dei nostri vedi di recuperare i cavalli! Portali se li trovi da Dubois. Ci vediamo là sul tardi”
“Certo Alain, ci penso io!”
“Posso aiutarvi?” – domandò Pierre.
“Una mano lava l’altra!”- rispose Lasalle e assieme si allontanarono. 
“Grazie”- mormorò Oscar ad Alain.
Lui la guardò : era l’immagine della disperazione in  persona, gli occhi gonfi di lacrime e arrossati,  il viso sporco di polvere , graffiato,  la camicia strappata e macchiata di sangue. Mai l’aveva vista cosi.
“Coraggio Oscar…c’è la faremo!”- si avviò lentamente schiacciato dal peso del corpo dell’amico. 
Rosalie e Bernard facevano strada mentre Oscar camminava al fianco di Alain continuando a fissare André  oramai privo di sensi.
“…Oscar…” mormorò con un filo di voce
“Sono qui…sono qui con te..”- rispose “…non ti lascio..!”

Non fu semplice arrivare alla casa di Rosalie e Bernard: in più  di un’occasione incrociarono dei soldati ma fortunatamente riuscirono ad eluderli. 
Entrati in casa Alain depose con cautela André sul letto: era sfinito le spalle gli dolevano terribilmente.
“Portate dell’acqua e qualche asciugamano”
Oscar ferma immobile  lo sguardo fisso sul letto e attenta ad ogni parola di quegli uomini.
“Uscite per cortesia”- ordinò uno di loro.
Bernard si avvicinò –“Vi prego…lasciate che lei rimanga” – li supplicò.
Il medico guardò verso di lei poi annuì. 
Si fecero su le maniche, lavarono le mani nel catino sul comò e cominciarono a liberare André dagli abiti e a ripulirlo da tutto il sangue. Uno di loro aprì una borsa e ne estrasse alcuni strumenti chirurgici.
Oscar intravvide un bisturi, delle pinze….
Uno dei due praticò un ‘incisione sul torace del giovane poco sopra il cuore verso la spalla sinistra: lo sguardo contratto,  concentrato, la fronte leggermente lucida di sudore.
Rimasero così su André abbastanza per far aumentare la preoccupazione in Oscar, poi:
“Il proiettile sembrerebbe sia stato deviato da qualcosa altrimenti a quest’ora probabilmente non c’è l’avrebbe fatta. Ha perso molto sangue…la ferita non è delle migliori…non posso negare di essere comunque preoccupato.”- continuò – “Ora non ci resta che attendere…più  di così  non possiamo fare…”
Oscar aveva il cuore in gola: si avvicinò al letto mentre i due dottori raccoglievano le loro cose. Ebbe solo la forza di dire –“Grazie”.
Uscirono dalla stanza e lei rimase sola.
André  giaceva nel letto, immobile, privo di conoscenza. Sedette accanto: lo sguardo fisso come ipnotizzato dal movimento ritmico del torace. Nel silenzio ascoltava il respiro quasi impercettibile di lui come per recepire ogni minima variazione anomala.
I tratti del volto parevano non essere in tensione. I capelli con la poca luce nella stanza parevano nero corvino e morbidi si arricciavano tra le pieghe del cuscino. Il lenzuolo appena tirato sopra le pelvi lasciava interamente scoperta la fasciatura che gli attraversava il petto da una parte all’altra fin dietro la spalla. 
Gli occhi di Oscar scivolarono lungo ogni singolo muscolo di quel corpo quasi scultoreo.
La porta si aprì  lentamente –“Oscar non volete qualcosa da mangiare?” – sussurrò  Rosalie.
Scosse la testa: sentiva solo una morsa allo stomaco. 
“Se solo gli fossi stata accanto “ – pensò dentro di sé. 
“…ti prego non mi lasciare…ho troppo bisogno di te…”- si, era stata lei a pronunciare quelle parole, proprio lei.
Si morse un angolo del labbro: era inutile girare tanto attorno alla questione: lei non poteva stare senza André !
La notte sembrò non passare mai. 
Alle prime luci dell’alba non si era mossa di un millimetro. Non aveva chiuso occhio.
La porta si aprì  piano piano e si affacciò  in silenzio il volto di Rosalie –“ Madamigella….”
“Vieni Rosalie “
Entrata le si accostò –“ Non avete riposato nemmeno un po’ “
Fece cenno di no,  ma no  le importava molto. La vita di André  era troppo importante per mettersi a dormire.
“A breve verrà  il dottore per la medicazione ed un controllo…non vi va almeno una tazza di latte?”
Oscar fissò Rosalie: era quasi come se non la sentisse..
“Madamigella?” le posò una mano sulla spalla 
“…prego? “ – si destò  dal torpore.
“La gradite una tazza di latte? Purtroppo non abbiamo caffè  tanto meno cioccolata “- le sorrise.
Accennò ad un si con il capo.
Rosalie la lasciò  sola con i suoi pensieri.
Tornò poco dopo con una tazza e accompagnata dal dottore.
“Buongiorno”- l’uomo posò la borsa sul comò, sciacquò le mani e preparò bende pulite e disinfettante.
“Potreste aiutarmi a sollevarlo?”
Lo sollevarono e la testa di André  ricade sulla spalla di Oscar: la fronte si scoprì e i capelli lasciarono libero il viso : quante era pallido pensò  lei.
Il medico sfilata la fasciatura poté  constatare che fortunatamente non sanguina più.
Terminata la medicazione risciacquò le mani –“ Potete coricarlo”
Oscar lo fissò con gli occhi lucidi .
“Tornerò in serata”
Rimase così senza risposte alle mille domande che le frullavano per la testa.
Rosalie accompagnò  fuori l’uomo e quando rientrò  la vide piegata verso il letto, lo sguardo fisso su André 
Richiuse la porta e tornò  in cucina.
“Come sta?” – chiese Bernard
“Che pena infinita mi fa” 
“Sempre uguale?”
“Non si è staccata da lui un momento 
”Alain e gli altri vorrebbero avere notizie…”
“Non so cosa dirti…il dottore ripasserà stasera”
Bernard bussò e senza attendere risposta entrò.
“Oscar…avete bisogno da darvi una ripulita ma soprattutto di riposare un po’ !”
Pareva non sentisse….
Si avvicinò –“Oscar…”- si accorse delle lacrime. 
“Oscar…”
Affondò  il viso tra le mani –“ …non deve morire…Bernard…se solo gli fossi stata vicina…”
“Come potevate? …se doveva accadere sarebbe stato così anche con voi accanto…Coraggio…vedrete che si rimetterà. …abbiate fede!”
Sollevò  gli occhi.
Bernard vide in quello sguardo amore….un amore infinito come non aveva mai visto in una donna così tutta d’un pezzo come lei. Avrebbe voluto rincuorarla di più…
Quando fu fuori –“ Io credo che lo ami tanto…”
Rosalie si strinse le mani al petto.
“…deve solo venire fuori” – concluse.
La sera il medico fece ritorno e così fu per il giorno seguente e l’iter fu il medesimo.
La terza sera sull’uscio si rivolse a Rosalie –“ Ha bisogno di riposare…non sta bene!”
“Sono quasi tre giorni che non chiude occhio e non tocca cibo”
“…non sono il cibo o il dormire…”
Lei non capì. 
“La convinca a riposare. ..ne va della sua salute…mi ascolti” – lanciò  uno sguardo a Rosalie.
Qualcosa non le era chiaro.
“…siamo ancora in tempo..” e si allontanò.
Sbiancò. Oscar dunque stava male e nessuno ne era a conoscenza. 
Rimase cosi  in preda al panico; cominciò  a girare come una trottola persa nel da farsi.
Cosa succedeva ad Oscar? Cosa voleva intendere il dottore? Chi poteva sapere qualcosa? Forse André,  ma ora non era certo il momento per indagare.
Decise che fosse ora di smuoverla da quella sedia.
Entrò  in camera senza bussare – “Madamigella...”- Rimase li, sulla soglia … sorrise e provò  un’infinita tenerezza. 
Oscar era coricata con il capo poggiato sulle braccia incrociate affianco ad André…addormentata…la sua mano stretta in quella di lui.

L’indomani….si l’indomani l’avrebbe convinta…ora non era il momento .

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Capitolo 6
*** PAROLE DEL SILENZIO ***


“Mi ami Oscar?....cosa provi veramente? ….eppure ti ho udito gridare di non lasciarti…..che hai bisogno di me….Quanto sei bella!
Percorro ogni singolo lineamento del tuo viso accarezzandolo con lo sguardo.
Sei ancora sporca di polvere, il segno delle lacrime…sei bella anche così...
Oscar….che cosa ti dice il cuore?...Sono qui…il mio amore ti è sempre stato accanto….ascoltami…..non siamo mai stati così vicini con la volontà di entrambi di esserlo come ora….Sei il mio pensiero costante…..ti stringo, infilò le dita fra i tuoi capelli….le mie mani scivolano sulla tua pelle…..la mia bocca sulla tua…sento i tuoi baci rispondermi…tu mi desideri?
Quante notti sei stata mia…il tuo corpo sinuoso inarcarsi sotto il mio, il tuo piacere che sale e il mio che ti accompagna fino a completarci….
Oscar….quante volte avrei potuto voltarmi e lasciarti andare….io sono sempre rimasto….il cuore è troppo piccolo per contenere tutto quest’amore e questa passione.
Oscar mi ami?....perché hai paura?....perché freni il tuo cuore? 
Ho sentito il tuo respiro sereno sfiorarmi la mano…..
Tu…io….il contorno non esiste….dove sono i confini di questo sentimento? 
Ho pensato alla tue mani su di me…che mi cercano….che mi vogliono….non è  ossessione …è  solo amore….che parola difficile….riusciresti a pronunciarla ? 
Hai mai pensato come a noi?...ci ho provato….come un bambino prova a camminare….ho pensato di avere certezze…ho barcollato…sono caduto…mi sono rialzato…ogni volta eri tu a farmi cadere,  il tuo orgoglio a farmi perdere ogni equilibrio….non cadro’ più 
….quale amore vorresti? …cosa hai provato quella sera…al ballo…tu…lui….le parole ti hanno ferito…hanno trafitto il tuo cuore di donna…cosa volevi cancellare? …da cosa volevi fuggire? 
Oscar…stai fuggendo ancora?...da chi, da cosa…quali fantasmi visitano il tuo sonno? 
Cosa nascondi? ….mi guardi…sei dolce…poi quell’ombra ti copre il viso….mi allontani dalla tua vita…
…hai cambiato la mia…subito da allora….l’ho capito giorno dopo giorno…hai dato un senso alla mia esistenza…sempre e comunque...
Vorrei trovare posto nel tuo cuore….ora e poi! 
A breve ti sveglierai e i tuoi occhi trasparenti come il cielo incroceranno i miei.
Cosa stai sognando? Io ci sono mai stato?
Oscar mi ami?.....io da sempre.”

Oscar si mosse: il calore della mano di André, aprì gli occhi.
La guardava….quasi sereno…
“André! “ – sentì le lacrime  - “André,!”
Gli strinse la mano portandola al viso – “André “
Provo’ un senso dì liberazione da ogni peso sull’anima.  
Entrarono improvvisamente Rosalie e Bernard spaventati.
“…duro a morire!” – sorrise André .
“Incredibile….sei una roccia!” – Bernard gli diede una pacchettina alla spalla.
Fece una smorfia di dolore –“Vacci piano amico! “
Indietreggiò –“Perdono!
Scoppiarono in una fragorosa risata.
Oscar era frastornata:  non le pareva vero che l’incubo fosse finito. 
“Ehi…non sei contenta?”- André  aveva ripreso colorito. 
Abbassò gli occhi ed annuì.
“C’è nessuno? Si può.?” – bussarono alla porta
Rosalie andò ad aprire.
“Allora il nostro ferito di guerra?” – Alain fu il primo ad accomodarsi –“Vecchia volpe…hai sette vite come un gatto!”
“Alain….e ci sei anche tu Lasalle”- André  nonostante la debolezza era felice della compagnia.
Nella camera si fecero strada anche Pierre, il curato Du Mont ed una decina di ex Soldati della Guardia.
“Ragazzi…che sorpresa!”- era incredulo. 
“Non siamo rimasti in molti…come puoi vedere!”- Lasalle fece una smorfia.
“Già, tutto sommato a noi è andata bene”- Alain  si fece cupo. 
“…eh che caspita…che mortorio.  Smettetela….che Dio vi fulmini!” – esclamò Du Mont.
“Ma curato?”- Rosalie arrossì. 
“Che c’è?  Se siamo vivi lo avrà  pur voluto Lui?...smettiamola dunque. ..non abbiamo del buon vino in questa casa?”
Silenzio.
Tutti Scoppiarono in una risata.
Oscar guardò  André : provava una strana gioia averlo nuovamente accanto.
“Forza Rosalie, offri qualcosa ai nostri ospiti”.
Il clima tutt’attorno era gioioso: erano stati giorni difficili…molti non c’è l’avevano fatta…ma loro si erano ritrovati.
Rosalie versò del vino nei bicchieri….l’allegria era contaggiosa. 
Bernard le si affianco’ e le diede una piccola gomitata. Un’occhiata verso il letto.
André stringeva ancora la mano di Oscar.
“Che belli che sono! “- gli mormorò. 
“Un attimo di silenzio “ – interruppe Alain – “qui ci vuole un brindisi….non tu naturalmente bel moro…..Alla presa della Bastiglia….alla libertà. ..ad Oscar che resta comunque il nostro comandante. …ad André  la roccia del gruppo….a chi è  morto per la causa………a noi che siamo vivi!!!” – e sollevò  il bicchiere.
Tutti si unirono al gesto.
“Oscar ….un sorso? “ – la invitò  Pierre.
“Meglio di no….sono a stomaco vuoto da qualche giorno…rischierei grosso”
Alain rise nuovamente. 
L’allegria prese finalmente il posto della tristezza e del dolore di quegli ultimi giorni.
“…beh…se c’è una festa mi auguro di non disturbare” – fece il suo ingresso il dottore.
“Ah…venga pure, c’è posto anche per lei”- Alain lo prese sotto braccio e gli mise un bicchiere in mano –“Guardi quanto sono belli” – e indicò  Oscar e Andre. 
Il medico la fissò a lungo. Lei se ne accorse. Lascio la mano di André. 
“Bene, io dovrei fare il mio lavoro” – posò  il bicchiere –“ Vi chiedo gentilmente di uscire “
“Forza barboni! Tutti fuori”- Alain sgombero’ la stanza –“ continui a farlo bene il suo lavoro,  l’ha rimesso quasi a nuovo il ragazzo!”.
Oscar rimase. 
Si lavo’ la mani –“C’è la fa a sollevarsi un po’?”
Lei aiutò André  a mettersi seduto.
Sfilò  la fasciatura,  controllo’ la ferita, passo del disinfettante e rifece il bendaggio. Nessuno disse una parola.
“Che uomo freddo” – pensò lei.
Sistemo' la sua borsa. Li guardò  - “ Sono piuttosto contento del risultato.  Potete farvi accompagnare a casa, assoluto riposo per qualche altro giorno. Non andate a cavallo” – si diresse verso la porta – “ Se avete bisogno sono a disposizione”
Mentre stava per uscire – “ …. Voi come state?” – si rivolse a lei.
“Bene, grazie…un po’ stanca…” – rispose.
“….non scherzate con quello che avete…!” – ma lei lo interruppe prendendolo per un braccio.
“…non ora…e non qui! “ – mormorò  lanciandogli un’occhiata di ghiaccio.
“…se lo amate, curatevi “ – le sussurrò. Un cenno con la mano e uscì. 


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Capitolo 7
*** RITORNO A CASA ***


Il calesse di Du Mont procedeva a passo con Oscar, Alain e Pierre a cavallo.
André sedeva accanto al curato.
“Posso farvi una domanda?”
Du Mont si passò una mano sui baffi e la folta barba – “Dite!”
“Siete certo di essere un ministro di Dio?”
Aggrottò la fronte e le grosse sopracciglia scesero quasi a coprirgli di occhi “Ah…ah” – sbottò in una fragorosa risata.
I tre che li precedevano si volsero un istante.
“E’ fantastico vedere come si stia riprendendo André “ – commentò  Alain.
Pierre si avvicinò ad Oscar –“ …che rapporto c’è fra voi ed André? “ – azzardò .
Alain la scrutò e tese l’orecchio.  Era curioso di sentire la risposta. 
Lei tacque.
Il lungo viale alberato era attraversato da una leggera brezza mattutina.
“Posso almeno chiedervi quali intenzioni avete ora?”- sperò che almeno a questa rispondesse.
“Dovrò vedermi con Bernard fra qualche giorno!”
In lontananza s’intravvide palazzo Jarjayes. 
“Finalmente! “- pensò. 
Pierre tornò a fianco di Alain –“ Donna di poche parole”
Lui annuì -“ Vi posso garantire che è un gran comandante….e una vera macchina da guerra…per il resto non saprei dire se sia un blocco di ghiaccio o solo apparenza”.
“Uhhh! “ – Du Mont tirò le briglie : il calesse si fermò.
“Oh mio Dio…ditemi che non è un allucinazione….i miei ragazzi sono tornati”- Nanny si precipitò sul piazzale asciugandosi le mani nel grembiule –“ …i miei bambini!”
Oscar scese da cavallo e la donna la strinse ai fianchi in un forte abbraccio cominciando a piangere. 
“La mia bambina è tornata! “- continuava a ripetere –“ …è dov’è  quello sciagurato di mio nipote?” 
“Nonna…sono qui”- Du Mont aiutò André. 
Gli corse incontro –“Oh sapeste che angoscia! “
Il Generale sentendo trambusto provenire dall’esterno si affacciò alla finestra dello studio –“Oscar” – mormorò – “ Emilie…Emilie! Oscar è tornata!”
La consorte udito l’uomo balzò in piedi all’improvviso facendo cadere il piccolo telaio sul quale stava ricamando. Uscita dalla camera vide il marito che l’attendeva vicino le scale. Scesero veloci in cortile.
“Figlia mia!” – Augustin avrebbe voluto abbracciarla ma si limitò  ad una calorosa stretta di mano ed una pacca sulla spalla –“ È una gioia immensa vederti viva ”- gli occhi lucidi non riuscirono a nascondere l’emozione. 
“Madre!”- 
“Tesoro mio”- le lacrime le riempirono lo sguardo, la strinse fra le braccia e la baciò.
Il Generale si diresse verso André –“Sono felice che non vi sia accaduto nulla!” – gli allungò  la mano.
André rispose con una stretta –“ La ringrazio di cuore Generale!”
“Padre vi presento il curato Du Mont, Alain Soisson e Pierre-Augustin Hulin”
Fecero un cenno di saluto.
“Volete accomodarvi dentro? “ – li invitò. 
“Vi ringraziamo ma dobbiamo rientrare a Parigi”- rispose Pierre.
“Pensate per voi! “ – esclamò il curato –“ Chi vi ha detto che voglia seguirvi!”- si lisciò i baffi –“ Se mi offrite qualcosa da bere ….”- si rivolse al generale.
“Beh potremmo fermarci qualche minuto! “ – commentò  Alain.
“Ma certo…prego“
“Pierre, voi non venite?”- chiese Oscar.
“Grazie ma…meglio che torni in città….c’è molto da fare ancora!”
“Come volete, grazie di tutto!”
“Verrete da Bernard?” 
“Naturalmente…ci vediamo fra qualche giorno! “ – lo salutò. 
“Bene, ci conto. Grazie a voi!” – diede un colpetto gentile coi tacchi al cavallo e si avviò. 
Oscar lo guardò allontanarsi.
Emilie e André  rimasero ad attenderla.
“Non vieni?”- la chiamò André 
Lei si volse: non credeva che sarebbe ritornata…poi allungato il passo entrò in casa con gli altri.

La mattinata trascorse con i racconti di Oscar e André: D’Agoult,  gli ex soldati della Guardia, l’incontro con Du Mont e Pierre,  le barricate e la battaglia, la presa della Bastiglia,  il ferimento di André.
“Indubbiamente avete trascorso momenti particolarmente cruenti”- sottolineò il Generale.
“Siete veramente un curato?”- ad un certo punto si rivolse a Du Mont.
“Diavolo!  Certo che si!”- esclamò trangugiando l’ultimo sorso di vino.
Alain sghignazzò sotto i baffi.
Nanny piangeva a dirotto –“ Cosa hanno dovuto passare i miei ragazzi! E tu screanzato “ – si rivolse al nipote –“ come hai potuto portare la mia Oscar in mezzo a quei selvaggi!”
“Nanny…suvvia…e poi non mi ha obbligato André, è stata una mia scelta…tuo nipote piuttosto che è stato ferito!”
“Adesso voglio sperare restiate a casa e che vi riposiate no?” – proseguì la donna.
“Si, non preoccuparti…!”- la consolò –“abbiamo entrambi bisogno di tranquillità…. E soprattutto di un  bel bagno” – in effetti era riuscita solo a sciacquare il viso lasciando la casa di Rosalie.
Emilie stava in piedi affianco alla poltrona di Oscar; avere la figlia nuovamente a casa lo considerò  un vero miracolo.
“Beh…vi ringrazio dell’ospitalità! “- Du Mont si alzò.
Alain si avvicinò ad André –“Ci si vede da Bernard?”
“Certo, fra qualche giorno potrò togliere la fasciatura e verrò a Parigi con Oscar”
“Ci conto”- Alain gli poggiò una mano sulla spalla –“Sono felice che tu stia bene”
André sorrise –“Sei un vero amico, grazie Alain…un giorno spero di poterti ricambiare “- gli strizzò un occhio.
“Nanny accompagni tu i nostri ospiti? “- le chiese Emilie.
“Certo madame!”
Oscar allungò la mano ad Alain –“Grazie…a presto!”
Lui contraccambiò - “Prendetevi cura di André….e di voi!”- gli sguardi si incrociarono, poche parole ma chiare nel loro significato.
Fece un cenno col capo. 
Li vide uscire da palazzo. 
Alain si volse un’ultima volta a fissarla.


La testa poggiata all’indietro, gli occhi chiusi. Oscar assaporava il tepore dell’acqua calda che le lambiva il seno e le accarezzava il corpo. 
Rimase così a pensare agli ultimi avvenimenti.
Si, erano stati veramente fortunati ad essere ancora vivi…..
André….
Diede un colpo di tosse, poi un altro e dovette sedersi nella vasca – “…se lo amate curatevi!”
Rimase così ferma, lo sguardo perso nel vuoto a rimuginare.
In quei giorni non aveva tossito più di tanto….quella febbre di cui le aveva fatto cenno il medico non era ancora comparsa. Chissà….
Suo padre e sua madre le avevano anticipato di voler andare in Normandia….e andare con loro?  Partire….per un po’ ….qualche settimana…la tenuta di famiglia era in un luogo incantevole. Poi avrebbe rivisto le sorelle…e i nipotini!
Ma doveva vedere Bernard....non è che tutto fosse finito il 14 luglio.
La finestra aperta lasciava intravvedere le prime stelle trapuntare il cielo.
Provava un’incredibile sensazione di pace.
Si rimise a bagno. Sollevò la mano e rimase a fissarla: le parve di sentire ancora quella di André che la stringeva. La poggiò sul viso : i battiti del cuore accelerarono . Un brivido le attraversò la schiena.
La porta si aprì lentamente. Girò la testa per capire chi entrasse senza bussare. 
Sgranò  gli occhi. 
André richiuse la porta e si avvicinò alla vasca. 
Lo vide sfilare la camicia e slacciare i pantaloni che scivolarono a terra mostrando un corpo meravigliosamente scolpito in ogni singolo muscolo. 
Rimase in piedi nudo di fronte a lei.
Deglutì – “André! “ esclamò pietrificata.
Avvicinatosi infilò nella vasca prima un piede poi l’altro; poggiando le mani sui bordi si chinò su di lei: sentì le labbra morbide sfiorare le sue.
Non riuscì a reagire.
Scivolò piano fra le sue gambe sottili.
Sentì la sua mascolinità sfiorarle il ventre.
Fu pervasa da una vampata di calore.
La bocca di André le sfiorò delicatamente il collo poi scese. La lingua come fuoco le solleticò i seni. Mugugnò –“André “.
Cominciò ad ansimare...il cuore le pulsava in gola.
La mano di lui la prese delicatamente dietro il collo e la tirò a sé baciandola nuovamente.
Lei lo strinse per i polsi. Percepì tutta la sua eccitazione senza riuscire a tirarsi indietro.
“Ti desidero Oscar!”
“André…!”- sussurrò.





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Capitolo 8
*** NESSUNA CERTEZZA ***


L’acqua si era fatta fredda.
“Oscar….Oscar!” – bussarono alla porta.
Sollevò il capo dal bordo della vasca.
Fuori si era fatta sera. Il bagliore della luna illuminava la stanza oramai buia.
“Oscar…ma ti sei addormentata? Dai scendi che è ora di cena!
Guardò in giro poi sul pavimento cercando gli abiti di André…niente.
“Oscar!”
Un brivido l’attraversò- “Si….si….un momento” – rispose. Prese il telo sulla poltroncina accanto. 
Uscì dalla vasca e iniziò ad asciugarsi.  La mente confusa….cos’era successo? –“ André sei tu?” –
“E chi se no! Dai spicciati! “
Indossò camicia e pantaloni puliti, spazzolò velocemente i capelli e scese in sala da pranzo.
“Vieni bambina mia!”- la invitò Nanny –“il Generale ci ha voluti tutti assieme  a cena stasera”.
A tavola sedevano Il Generale, madame e André.
“Questa sera dobbiamo festeggiare la vostra salvezza”- Augustin e la consorte erano la felicità in persona.
Oscar sedette accanto alla madre. Il clima era particolarmente conviviale.
Era come stordita: il chiacchierare dei commensali era un brusio di sottofondo ai suoi pensieri.
Il suo sguardo era fissò su André.
Lui interloquiva tranquillamente con il Generale sugli avvenimenti del 14 luglio e della situazione in Francia.
A fine cena i consorti si accomodarono nel salottino mentre Nanny liberava la tavola.
Si fermò sulla porta della cucina mentre André addentava una fetta di torta di mele. 
Si volse masticando e con la bocca piena –“Che c’è? “ e diede un altro morso.
Lei si avvicinò, gli prese il collo della camicia e lo spostò per vedere sotto. C’era la fasciatura.
“Ehi…ma che ti piglia?!”- gli cadde un pezzo del dolce a terra.
“Dove sei stato mentre facevo il bagno?”
Nanny entrò in cucina con le caraffe dell’acqua in mano –“Sapessi che strigliata col sapone che gli ho dato!”
“Strigliata? Io con i cavalli sono più delicato! “- esclamò raccogliendo il tocchetto di torta.
“Beh…ne avevi bisogno…e poi da solo lo sai che non ci saresti riuscito, la fasciatura chi te l’avrebbe rifatta poi!”- precisò mettendogli un dito sotto il naso.
Si allontanò dalla cucina e andò  a sedersi sui gradini all’esterno. 
Un sogno….solo immaginazione…André non era mai stato nella stanza da bagno con lei…una visione, come poteva definirla? Del resto lui non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Le era sembrato tutto vero…aveva provato sensazioni così reali da non riuscire a credere fosse tutta una finzione. Ma poi perché ? Perché ? Che cosa nutriva veramente per lui? 
Non le era mai capitato di vederlo senza abiti…possibile avesse solo immaginato quel corpo così perfetto?
Affondò la testa tra le mani: cosa le stava succedendo? Prima I litigi, poi aver ammesso di non poter fare a meno di lui, aver gridato di aver bisogno che lui ci fosse, le lacrime che aveva versato in quella stanza, la sua mano stretta in quella di lui. 
Aveva provato ancora dei sentimenti simili....si, tempo prima...Fersen.
Ma questa volta….era diverso…veramente diverso. Il suo era realmente il cuore di una donna?
Si sentiva come se la stesse attraversando una tempesta. 
Gli occhi si spostarono sulle migliaia di stelle che tempestavano la volta celeste.
“Il cielo di luglio è incredibile”
Volse il capo: André le allungò un calice di vino –“Ti va?”
Sorrise e prese il bicchiere.
“Posso sedere?”
Lei annuì.
“Cosa ti succede Oscar?
“Sono solo stanca!”- mentì.
Non le credette, la conosceva troppo bene. Ma non azzardò nell’insistere. Pensò che la cosa importante ora fosse quella di essere vivi entrambi e a casa. Si sarebbero riposati i giorni avvenire …poi avrebbero incontrando Bernard e avrebbero deciso sul da farsi.
“Vorrei fare una cavalcata!”
“Beh…dovrai andare sola…sai che ancora non mi è permesso!”- osservò  André. 
“Scusa…hai ragione”- posò il bicchiere.
“Due passi però li posso fare…se vuoi”- le propose.
Lo fissò : i suoi occhi erano pieni di dolcezza. 
“Credo che entrambi abbiamo bisogno di riposare, tu in particolar modo. Magari domani, che ne dici?”
Sogghignò –“Già…”- si alzò, prese i due calici e si avviò verso le cucine.
“André! “- chiamò. 
Si girò.
“Volevo …volevo dirti buona notte”
“Buona notte a te, Oscar!”
Rientrò in casa. Sinceramente non aveva sonno ma si avvio comunque verso la sua camera.
“Oscar. …hai un minuto per tuo padre? “ – chiese madame. 
“Certo madre” – si accomodò  nel salottino.
“Vi lascio soli”- Emilie accostò la porta –“Augustin ti aspetto  di sopra”
Lui fece un cenno  di approvazione col capo.
“Oscar sono veramente felice che tu …che voi siate vivi”- la invitò a sedere –“Tua madre ed io siamo stati sinceramente in pensiero. …è stato difficile per me riuscire ad accettare le tue decisioni….ma non avrei potuto costringerti al contrario o a mie volontà…”- la voce non era rassegnata ma serena e consapevole della realtà –“….ma preferirei che ….”- non riuscì a trovare le parole.
“…preferireste che certe mie frequentazioni restassero al di fuori di questa casa…”- terminò lei.
Il Generale fece una smorfia con la bocca –“…appunto!”
“Non preoccupatevi….Vi garantisco che non avverrà  più! “
“Cerco di farmi una ragione del fatto che ora la tua vita sarà diversa …ma al momento al di fuori di queste mura….se le tue intenzioni sono quelle di seguire i tuoi ideali”
“Certo…capisco”
“Tua Madre ed io abbiamo ricevuto una lettera da tua sorella Marie Beatrice”- le mostrò la busta.
“Come sta? “- allungò la mano. 
“Bene….leggi pure”
“Miei amati genitori mi è giunta notizia che vi vogliate trasferire nella residenza in Normandia. Vi prego di desistere da questa decisione in quanto  ci è stato riferito che al momento il clima che si respira non è dei migliori nemmeno la’…capite bene a cosa mi riferisco. Louis Antoine durante uno dei suoi viaggi di lavoro, ha avuto occasione di recarsi in Bretagna e dopo numerose escursioni è riuscito a trovare una splendida abitazione proprio sul mare. Certo non è palazzo Jarjayes ma potrebbe fare al caso vostro. Del resto siete voi e la mamma e non credo abbiate necessità di troppe stanze. Noi siamo in procinto di trasferirci nella zona.  Vi prego di prendere in considerazione la mia proposta e di farmi sapere quanto prima per impedire che vada venduta ad altri. Un caro saluto ad Oscar. Vi abbraccio,  vostra Marie Beatrice”- ripiegò la lettera e la consegnò ad Augustin.
“Tua madre ed io abbiamo valutato attentamente la questione ….ci trasferiremo là”- 
“Direi che avete preso un’ottima decisione….ma qui cos’avete intenzione di fare?”
“Per il momento nulla…vedremo nel tempo….valuteremo se mettere in vendita il palazzo”- si versò un sorso di cognac– “Tu che cos’avresti deciso?”
Rimase in silenzio.
“Pensaci….noi entro fine mese raggiungeremo  Marie Beatrice “- ripose il bicchierino -“ Beh…direi che è giunto il momento di raggiungere tua madre”
Oscar salutò.
“Ah….in questi giorni è  venuto più di una volta il comandante Girodelle a cercarti….”- 
Lei si volse –“ Come dite?  Girodelle?”
“…si…non ha spiegato il motivo…ha riferito a Nanny che sarebbe tornato nuovamente “- concluse.
“…ma cosa gli è stato riferito?”- 
“ …che nessuno sapeva dove fossi”- chiuse la porta del salottino –“ Buona notte Oscar “
“Buona notte”- si avviò verso la sua stanza.

Chissà cosa voleva Victor. Sfilò gli stivali,  appoggiò pantaloni e camicia sulla poltroncina e si mise alla finestra. 
Aveva ragione André. ..il cielo di luglio era veramente incantevole. 
Udì un rumore dal cortile. Si affacciò  un po’ di più. …André 
Se ne stava seduto sui gradini.
“Che diavolo sta facendo?”- si chiese.
Decise di raggiungerlo.
“Ehi…non dormi?”- gli sedette accanto. Lo fissò.
Lui volse lo sguardo ed incrociò quelli di lei. Il bagliore della luna vi si rifletteva facendoli quasi brillare.
Non resistette…le scostò alcune ciocche di capelli dalla guancia….con la mano le prese delicatamente per il mento…le fece scorrere il pollice sule labbra…
Oscar si sentì attraversare da un fremito. 
André  si avvicinò ….le sue labbra si posarono su quelle di lei…..morbide, delicate…
Non fece resistenza. 
Si staccò per un istante continuando a fissarla. Aveva gli occhi chiusi e il viso proteso verso di lui. Quanto era bella!
Si avvicinò nuovamente, lei schiuse appena la bocca lasciando che lui la potesse esplorare fino a che rispose a quel bacio.
Un vortice di sensazioni ed emozioni la pervase. La testa cominciò a girarle….che cosa stava facendo?
Lentamente si staccò. 
Stettero in silenzio.
L’uno accanto all’altra….Gli occhi fissi nel vuoto.
André avvicinò la sua mano a quella di Oscar, le sue dita la sfiorarono…fece per stringerla….lei si ritrasse.
“Sentì. …io…. ho bisogno di capire….”
Scioccato scosse la testa –“ Oscar dimmi che è uno scherzo!”- era incredulo.
Lei tacque di fronte a tale reazione.
Alzò gli occhi e ed un braccio al cielo –“ Non ci posso credere!....Oscar?!!”
Rimase muta.
Persa la pazienza fece un sorriso sarcastico –“Signori, Madamigella Oscar deve riflettere per capire quali siano realmente i suoi sentimenti! ….mi scoppia la testa!...”- si passò una mano fra i capelli –“eppure mi sembra che ti fossero piuttosto chiari quando due minuti fa ci siamo baciati …”
“…mi hai baciata!”- puntualizzò
“…ahh..ti ho baciata! …chiedo scusa…mi sembra comunque che non ti sia poi dispiaciuta la cosa visto come non ti sei tirata indietro…anzi…mi pareva ti piacesse…e non poco!”-  avvicinò il viso a quello di lei con aria di sfida.
Oscar arrossì per la rabbia e la vergogna.
“Sai cosa ti dico?...che ha ragione Alain quando dice che sei un pezzo di ghiaccio…forse è per quello che Fersen non si è mai accorto di te…”
Risuonò l’inconfondibile rumore di uno schiaffo.
“Non ti permettere mai più! “- urlò.
Distolse lo sguardo da lei ancora visibilmente furiosa.
“…io non ho mai amato nessun’altra donna all’infuori di te Oscar…da sempre…da quel giorno che misi piede in questa casa”- sentì un nodo alla gola –“ Quando ho capito che eri innamorata di Fersen…ho provato, credimi…ho provato a non amarti…poi mi sono arruolato nei Soldati della Guardia. ..non potevo non amarti…e non starti vicino ”
“Che cosa vuoi André? Obbligarmi ad amarti?”- sbottò. 
“Obbligarti ad amarmi? Ho creduto che tu finalmente…”- la guardò con le lacrime agli occhi –“ …sono un povero illuso…ogni volta che credo di averti finalmente trovato…ti perdo Oscar….o forse, meglio, non ti ho mai trovata”
Lei non riuscì a dire più  nulle  era come pietrificata. 
“…sai che c’è?  Che ti compatisco”
Lei fece per dargli nuovamente uno schiaffo ma lui le bloccò  il polso.
“Tu vuoi che io ti odi Oscar?  Questo è quello che vuoi?”- lasciò la presa –“ Forse sarebbe stato meglio che fossi morto quel giorno alla Bastiglia…”- le voltò le spalle e fece per rientrare in casa.
“André aspetta!”
“Che cosa…?”- il dolore che provava era indecifrabile –“ che cosa devo aspettare ancora? Sinceramente credo di averti aspettato anche per troppo, troppo tempo….Ora basta Oscar, basta….!”- le lacrime gli rigavano il volto. Abbassò  gli occhi.
“André ma io volevo …”
Lui le fece cenno di non parlare più. “Non preoccuparti….da me non avrai più noie…non ti sarò più d’intralcio per la tua vita! “ – e girate le spalle rientrò in casa.
Rimase sola, così. ..sui gradini…..la situazione era decisamente assurda.
Dunque quello che pensava Alain era che lei fosse di ghiaccio…e Fersen? Quella sera le aveva detto che era il suo miglior amico. ..perché?  Era senza sentimenti o doveva semplicemente rendersi conto di cosa nutriva effettivamente?  E poi per quale motivo ogni volta con André aveva certe reazioni?  Paura? Non riusciva a spiegarselo.
Troppe, troppe questioni erano in sospeso.
Forse era giunto il momento di cominciare a dare seriamente una sistemata a tutto il caos che imperversa nella sua vita, tutto…soprattutto era ora di dare risposte e trovare soluzioni.
Tornò in camera e spogliatasi nuovamente si coricò nel letto rannicchiandosi sotto le lenzuola.
Ed il pensiero fu ancora il medesimo.
“André. ….”

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Capitolo 9
*** INCONTRI ***


Le luci del mattino si riflettevano sui vetri delle finestre di palazzo Jarjayes. 
Era stata una notte tormentata per Oscar. Si era girata e rigirata nel letto fino a riuscire ad addormentarsi solo all’alba. 
Quando decise di alzarsi rimase seduta qualche istante: era uno straccio!
Sbuffò –“Ci voleva solo il mal di testa”.
Versò dell’acqua nella catinella e si lavò il viso.
Spalancò’ la finestra –“…sinceramente credo di averti aspettato per troppo tempo, non sarò più di intralcio nella tua vita” – le parole di André erano state dure. Ma del resto cosa poteva aspettarsi dopo l’accaduto? Cos’avrebbe fatto ora?
Provava un senso di colpa nei suoi confronti e per l’ennesima volta come di abbandono e solitudine. Se la situazione fosse stata al contrario come avrebbe reagito lei? ….beh, qualcosa di analogo lo aveva vissuto con Fersen…tutta un’altra storia però. 
Scese per fare colazione.
“Caspita…che faccia scura che abbiamo stamattina!”- esclamò  Nanny.
“Lascia stare, ho un’emicrania pazzesca”
“Dai su, una bella cioccolata ed una fetta della mia super torta sarà un toccasana per cominciare la giornata”
Si guardò  in giro –“André? “- chiese
“Questa mattina è venuto quel bell’uomo di Du Mont…”-
“Nanny è  un curato!”- sbottò sbalordita lei.
“Oh insomma,  bambina mia, curato o non curato quei bei baffi e quella lunga barba gli danno un non so ché di fascino “
Oscar rise.
“Comunque sono andati assieme in città, così passava anche dal medico per un controllo”.
“Ottimo, mi auguro che proceda tutto bene!”
Terminò la cioccolata e decise di fare due passi in giardino: magari il male alla testa le sarebbe passato.
Sedette sul bordo della fontana: rimase ad osservare le tortore che vi si abbeveravano.
Il bacio che le aveva dato André : era stato così dolce, delicato….Lei si era lasciata andare…aveva contraccambiato e aveva provato una sensazione incredibile di appagamento e protezione –“Oscar…questo è il tuo cuore di donna”- le disse una voce dentro. 
Gli eventi la stavano cambiando e finalmente stavano uscendo i veri sentimenti presenti nel suo cuore?
Accarezzò l’acqua della fontana con una mano: le tortore volarono via. Improvvisamente udì un rumore di zoccoli avvicinarsi. Volse lo sguardo verso il cancello: due figure a cavallo fecero il loro ingresso nel cortile.
Si mosse verso di loro.
“Victor!”- 
Lui scese da cavallo, sfilò il cappello e salutò con un inchino –“Buongiorno Madamigella! – vedendola gli si illuminarono  gli occhi –“ Quanto siete bella! “- pensò – “Se solo mi aveste amato vi avrei potuto rendere la donna più felice al mondo…non vi avrei fatto mancare nulla ….ed il mio amore vi avrebbe ricoperto di mille attenzioni….invece....”- sentì un nodo alla gola. Oramai ….
“Non credo ai miei occhi. Che cosa fate qui?”
“Sono passato diverse volte in questi giorni, ma nessuno sapeva dove vi trovaste”
“Si ne sono a conoscenza, volete entrare?”
“No, vi ringrazio. ..preferisco parlavi qui fuori”- fece cenno a chi l’accompagnava di scendere ed occuparsi dei cavalli.
Oscar lo invitò a fare due passi –“Ditemi, come posso esservi d’aiuto? “
“Sua Maestà mi ha pregato di venire a cercarvi per chiedervi di andare a Versailles !”
Lei tentennò, poi -“Non posso Victor “- rispose comunque stupita della richiesta.
“Non preoccupatevi, vuole incontrarvi al Petit Trianon .....lontano da occhi indiscreti”-
Si fermò e abbassato lo sguardo – “Vedete…ho deciso di tagliare definitivamente con la mia vecchia vita…ho lasciato i Soldati della Guardia …e mi sono unità ai rivoltosi sotto la Bastiglia qualche giorno fa….non posso rimettere piede a corte….”.
Victor non riuscì a pronunciare mezza parola avendo udito ciò.
“Immagino il vostro stupore…e anche la vostra disapprovazione…”
“Non mi sono mai permesso di criticare né le vostre azioni tanto meno le vostre scelte Oscar….ma indipendentemente da quello che possa pensare vi prego di recarvi da sua Maestà…vi supplico!”
Rimase a fissare quegli occhi verdi che la imploravano di accettare. Se aveva fatto tutta quella strada più di una volta in pochi giorni per venirla a cercare doveva essere importante. 
“E sia!” – sospirò –“ Se avete tempo di attendere mi preparo “- concluse lei.
Victor annuì. 
Oscar rientrata si sistemò per l’incontro con la regina e recuperato Cesar dalle stalle lo raggiunse. 
“Andiamo!”- e al galoppo si avviarono a Versailles.

Du Mont aiutò André a rimettersi la camicia.
“Direi che il processo di guarigione procede molto bene” – il dottore aveva ridotto la medicazione.
“Tra domani e dopodomani potrete andare a cavallo ma lavori pesanti ancora no!” – sciacquò le mani poi azzardò –“Oscar? “
Du Mont fissò André.
“Direi bene…”
“Ha avuto febbre? “
Lui aggrottò la fronte –“Febbre? No, ogni tanto qualche colpo di tosse…”
“Mah. ..”- pensò  a quando lo aveva obbligato a tacere di fronte ad André sulla questione che la interessava –“ Va bene”- comprese che ancora non ne sapesse nulla.
I due salutarono il dottore e usciti –“ Se vado a bere qualcosa da Du Bois…..mi fate compagnia?”- domandò André.
“Un buon bicchiere non si rifiuta mai!”- si lisciò baffi e barba.
André scoppiò in una risata –“Allora andiamo”
A piedi raggiunsero la taverna.
“Buondì curato”- salutò  l’oste –“Salve André! “
Fecero un cenno con  la mano e si accomodarono ad un tavolo.
“Due”- disse André a Du Bois.
Tra una chiacchiera e l’altra i bicchieri vuoti cominciarono ad aumentare fino a che André cadde con la faccia riversa sul tavolo. 
“Ah…ragazzo mio….reggi poco”- esclamò Du Mont –“Fatti una dormita…che ripasso dopo”- raggiunto il bancone dell’oste –“Du Bois…tienilo qui fino a quando non ha smaltito un po’ la sbornia. Passo a riprenderlo più  tardi…non credo di riuscire a farlo entrare nel calesse in queste condizioni “
“D’accordo, a dopo”.
Non passò molto tempo che riuscì  malamente a riaprire gli occhi –“Perché mi fai questo?”- mormorò  - “Perché Oscar?”- batté i pugni sul tavolo –“Come posso odiarti,  maledizione! “
Scese una lacrima –“Maledizione, maledizione….come puoi! “
“Ehi bel moretto!”- una mano gli si infilò tra i capelli e li scompiglio ’-“E’ così tragica la situazione?”-
Lui sollevò lo sguardo e si trovò di fronte due occhi verdissimi tra mille lentiggini ed una valanga di ricci rossi.
“Su….una soluzione a tutto c’è. …tranne che alla morte”- 
Cercò di mettere a fuoco . 
“Caspita....sei cotto ragazzo mio…..forse un bel bicchiere d’acqua ti farà bene!”- continuò 
Improvvisamente si sentì tutto bagnato in viso.
“Ehi…ma che ti piglia? “- scattò in piedi facendo cadere la sedia .
“Vedi che ora va meglio…l’acqua ti ha fatto effetto”- rise
Provò  in una qualche maniera di asciugarsi –“Ma ti pare il caso?”-
“Eh…ma che tragedia per un po’ d’acqua.…sei fortunato che non fosse un secchio com’e mio solito fare con gli ubriaconi”- tornò al bancone.
“Vieni un po’  qua…smorfiosetta che non sei altro”- André era furioso.
Con quattro salti fu di nuovo di fronte a lui – “ Beh? Cosa vorresti farmi? Vorresti sculacciarmi?”- andò col viso sotto il suo e lo sfidò. 
Rimase immobile, scioccato da tanta irruenza.
“Dai…non ho fatto un gran danno”- sorrise e sedette sul tavolo lasciando dondolare le gambe a penzoloni.
Si riaccomodò e nonostante non fosse lucidissimo riuscì ad inquadrare bene con chi avesse a che fare.
Minuta, la pelle bianchissima ricoperta di lentiggini, una montagna di capelli rossi e ricci che incorniciavano due splendidi occhi verdi e due labbra sfacciatamente colorate. Una bretellina del vestito lasciava scoperta una spalla ed il corpetto le metteva in risalto i seni.
“Allora bel moretto? Che cosa abbiamo intenzione di fare? Vogliamo continuare a navigare tra le braccia di Bacco e Morfeo o c’è la facciamo a tornare alla realtà? “- si pronunciò talmente in avanti  che Andre si trovò il seno di lei quasi sotto il naso.
Arrossì leggermente – “Posso sapere almeno come ti chiami?”- 
“Leah”’- rispose tutta impettita.
“Che razza di nome è?!”
Gli diede uno schiaffetto  –“ Sfrontato…è un nome bellissimo…e significa “raggio di sole ”.
André sorrise: le si addiceva proprio . Solo a guardarla metteva il buon umore.
“E che fai di bello qui da Du Bois?”- mise un gomito sul tavolo e appoggiò una guancia alla mano.
“Beh ….servo ai tavoli, porto allegria e mi occupo di quelli come te! Ci penso io a buttarli fuori”- 
“Ma dai!”- era stupefatto.
“Certo… a volte con un secchio d’acqua. ..a volte gentilmente….basta un bacetto sulla guancia o un gran sorriso …nei casi estremi interviene il capo”- fece una smorfia con la bocca –“Già “-
“Leah”- ripeté.
Lo guardò  con un fare vanitoso ma sorridente.
“Sentì bel moretto, tu un nome c’è l’hai? “ – gli scompigliò nuovamente i capelli.
“André “- rispose.
“Wow! …..mi piace….il bel moretto André! - 

Percorsero al passo il vialetto alberato per raggiungere il Petit Trianon : ad Oscar parve una cosa tanto strana essere tornata a Versailles.
“Vi lascio….spero di rivedervi madamigella” – Girodelle fece un cenno con la mano e si allontanò. 
Scese da cavallo e si diresse verso l’entrata. 
Una giovane cameriera la fece accomodare nel salottino –“Avviso sua Maestà , vi prego di attendere qualche minuto”-  
Si guardò attorno: tutto era come se lo ricordava. Nulla era cambiato.
“Madamigella”- Maria Antonietta fece il suo ingresso nella stanza e le corse incontro prendendole una mano –“ Madamigella sapeste che gioia rivedervi “- aveva gli occhi lucidi.
Oscar si piegò leggermente in avanti per salutarla. Erano lontani i giorni in cui si inchinava o inginocchiava al cospetto della Regina. 
“Vi sono immensamente grata di essere venuta…ci tenevo….almeno voi siete una persona amica..”- affondò  il viso tra le mani.
“Io non dovrei essere qui….”- sottolineò.
“Vi prego venite a sedervi. Avevo tanta voglia di incontrarvi.”
Sedettero l’una di fronte all’altra. Maria Antonietta osservò attentamente la tenuta di Oscar –“Niente più uniforme, dunque”
Abbassò lo sguardo –“Si…ho lasciato”
“Ne sono al corrente…quello che non so è dove siete stata e cos’avete fatto da allora”- versò del succo d’arancia fresco in due bicchieri.
Tentennò –“Maestà “- almeno tale appellativo non poteva negarglielo –“…mi costa caro dirvelo…ma…ho abbracciato gli ideali rivoluzionari….per questo non dovrei essere al vostro cospetto….”
La Regina abbassò gli occhi –“Dunque Oscar….anche voi mi avete abbandonato?”
Volse il viso da una parte –“ In molti se ne sono andati : il Conte d’Artois e la duchessa di Polignac sono fuggiti in Belgio, il fratello minore del mio consorte il principe di Conde’, i Breteuil, l’abate di Vermond…tutti hanno lasciato la Francia…”
Calò il silenzio; Oscar non seppe come commentare.
“Un tempo a Versailles i corridoi, i salotti, camere e anticamere brulicavano di gente. Ora echeggia solo qualche passo di chi ancora ci si avventura. Non si parla….qui si mormora….come accanto ad un sepolcro. Oscar…Versailles sta morendo…!”
Si alzò  dalla poltroncina e si accostò ad una vetrata –“Non incontro più nessuno, me ne sto semplicemente qui al Trianon con I miei figli….la mia vita!”
Provò tenerezza a quell’affermazione, sapeva bene che madre splendida fosse.
“....forse avrei potuto andarmene….ma ho deciso di restare accanto a mio marito per sostenerlo”- tacque per qualche secondo - “In tutto questo contesto almeno il conte di Fersen mi è rimasto accanto”
Oscar sgranò gli occhi: Fersen non se n’era andato…era rimasto per amore della Regina! –“ Fino a questo punto l’amava tanto “ – pensò.
“Continuiamo a vederci, tutti i giorni. Ha affittato una camera ammobiliata a Versailles…almeno lui…!”
Dal giardino si udivano le grida festose dei bambini.
“Voi? Non mi dite nulla?”- 
“….quali parole vorreste che io vi dicessi in merito a quanto mi avete raccontato? …in questo momento soffro per voi ed i vostri amati figli….”-
Maria Antonietta incrociò i suoi occhi –“Madamigella …..cosa vi ha fatto prendere tali decisioni?”
Una risposta doveva dargliela….non poteva mentire o fare tanti giri di parole.
“Maestà….la mia non è stata una decisione presa su due piedi ….bensì maturata nel tempo”
“…dunque Oscar…anche voi mi addossate tutte le colpe di quanto accade ? Anche voi mi odiate?”
“Non sia mai!” – la corresse –“ Io non vi odio, non vi ho mai odiata e mai potrò ….ritengo semplicemente che le condizioni del popolo da troppo tempo siano agli stremi….già poco prima della vostra incoronazione non erano delle migliori…”
“Eppure quel giorno ….vi ricordate l’esultanza del popolo?...Io si, rammento bene e rammento pure l’immensa gioia che provai nel vedere quanto amore avesse il popolo nei nostri confronti”- il tono si fece duro.
“Si, il popolo era felice perché credeva in condizioni di vita migliori dopo la morte di Luigi V….cosa che non fu!”- replicò Oscar.
Maria Antonietta la fulminò –“Quindi se si è arrivati a tutto ciò deduco che la colpa sia mia e del Re…”
“Maestà “ – la interruppe –“le concomitanze che hanno indotto il popolo a rivoltarsi sono state diverse….ma il malessere ha origini lontane….”- come poteva dire alla regina che molti erano stati i suoi errori? – “Ricordate l’ultimo volta che ci vedemmo? …la scelta fatta fu un errore..!”- si riferì al non aver ritirato le truppe attorno Parigi.
“Desideravo incontrarvi per avere un conforto da voi…non una condanna! “- la bacchettò livida di rabbia. 
Abbassò gli occhi –“ Se ritenete di farmi arrestare non opporrò resistenza…siete ancora nella posizione di autorizzarlo…”
“Uscite di qua”- le ordinò. 
Oscar alzatasi,  chinò leggermente il capo per salutare e si avviò.
“Madamigella!”- la richiamò –“Sto perdendo definitivamente un’amica? “- le lacrime le riempirono gli occhi. 
“Credo semplicemente che le nostre vite abbiano preso strade differenti”- rispose senza voltarsi.
“Se vi chiedessi di tornare? “- in cuor suo non voleva cacciarla.
Non rispose. 
“Cosa dovrei fare secondo voi perché la situazione non degeneri ulteriormente? “- ci teneva comunque alla sua opinione.
Abbassò gli occhi - “….E ’ troppo tardi!...

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Capitolo 10
*** L' AGGRESSIONE ***


Leah si mise ad arricciare con le dita i capelli di André.
“Sono bellissimi”- osservò. 
Lui non riusciva a staccarle gli occhi di dosso : che sensazione sentire le mani affusolate di una donna che lo toccavano –“Da dove vieni? Non mi pare che tu sia di qua”
“Sono di madre francese e padre irlandese “
“Ma qui da Du Bois è la prima volta che ti vedo…”
“…in effetti è da un mese che mi ha preso a lavorare. I miei sono dovuti tornare a Cork per via di mio fratello Liam….ha avuto un incidente in miniera”
“Mi dispiace. ..”- posò la sua mano su quella di lei. 
Fece spallucce –“Non è nemmeno la prima volta…”- lo sguardo si fece cupo.
Qualcosa doveva turbarla….sul suo sorriso era calato un velo di tristezza.
In fondo a quel verde dei suoi occhi André intravvide un dolore segretamente custodito.
“Sei qui da sola allora!?”- cercò di stemperare quell’aria strana creatasi.
“So cavarmela, credimi! “lo rassicurò.
Du  Mont entrò nel locale –“A bene….allora ci siamo ripresi”
“Bell’amico siete!”- André gli diede una pacca sulla spalla.
“Eh cosa dovevo fare? Non siete mica minutino come lei!” – indicò Leah –“Chi sarebbe riuscito ad infilarvi nel calesse e riportarvi a casa con quelle due spalle che avete!”- si arricciò i baffi.
“Se…se…raccontatela a qualcun altro!”
Leah sghignazzò e lui le sorrise.
“Coraggio ….gran bevitore, vi riporto a casa” – sistemò la cintura sotto la pancia e gli fece cenno di seguirlo.
“Arrivo…un secondo solo”- avrebbe voluto restare ancora, il tempo era volato troppo in fretta.
“Vai già via? “- lo fissò un po’ amareggiata.
“Se solo avessi Alexander “- pensò –“ Purtroppo devo lasciarti…però  prometto di tornare “
“Come no!...Tutti uguali voi ubriaconi “- voltò le spalle e si diresse verso il bancone.
André la bloccò per un braccio –“ Prometto!”- 
Leah rimase a fissare i suoi splendidi occhi verdi, era sincero non c’era ombra di dubbio, allora sorrise 
–“ D’accordo…”

Quel colloquio le aveva lasciato l’amaro in bocca. Sarebbe stato meglio rifiutare alla richiesta di Girodelle.
L’amicizia che aveva legato per anni lei e la regina stava dissolvendosi come sabbia tra le mani.
Fersen dunque era rimasto in città. E se l’avesse incontrato? Ora il suo cuore era libero…si, ne era realmente convinta…per lui non provava più alcun sentimento!
Arrovellata tra i pensieri non si accorse di essere entrata in città. 
Si guardò attorno –“Diamine….Dove sono finita….”
All’improvviso qualcosa spaventò Cesar che imbizzarritosi la fece cadere a terra. Rimase con una mano aggrappata alle briglie.
Dietro di lei un uomo con una benda su un occhio l’afferrò per i capelli –‘Bene bene….guarda un po’ che cos’abbiamo qui!”- le puntò il bastone che teneva in mano sotto una guancia.
Oscar lasciò le briglie e si portò una mano alla testa digrignando i denti dal dolore  –“ Lasciatemi!”- gridò. 
“Non ci penso per nulla!”- la trascinò qualche metro più in là in un angolo di un vicoletto a fondo chiuso.
“Ehi….ma che bel  faccino…uomo o donna?”- il compagno dell’aggressore l’afferrò per il mento –“Non capisco!”- glielo volse da un lato e dall’altro.
“Dov’è il problema…..adesso verifichiamo!”- fece per strapparle la camicia ma lei con un gesto gli cacciò via la mano.
“Toglietemi le mani di dosso”- si dimenò fino a liberarsi e cercò di scappare.
Il tipo si irritò maggiormente –“Non riuscirai a svignartela ”- le infilò il bastone tra le gambe e la fece ricadere rovinosamente a terra.
“Non hai scampo”- l’afferrò per l’ennesima volta per i capelli tirandola all’indietro.
L’altro uomo le diede uno schiaffo a mano aperta rompendole un labbro –“ Dove credi di andare!”
Si sentì braccata. 
“Allora vediamo un momento”- mentre uno la teneva ferma l’altro la tastò sul seno.
Rabbrividì.
“….non è  molto chiara la cosa…..adesso provvediamo in altra maniera”- si chinò su di lei e tentò di aprirle la camicia.
Lei avendo le gambe libere gli diede di tacco fra le gambe, l’altro mollò la presa e lei riuscì  a sollevarsi su di un ginocchio. Il tizio urlando cadde a terra dolorante portandosi le mani sul basso ventre. 
Quello con la benda le sferrò un pugno –“ Schifoso!”- Oscar ricadde con la schiena all’indietro e batté la testa sul selciato.
“Dannazione. ..che hai fatto?”- gridò il compagno saltellando piegato ancora dal dolore –“ Lo hai ammazzato!”- la paura prese il sopravvento -“Dai idiota, fruga nella bisaccia del cavallo e andiamocene!”
“Meglio se è  morto….io però voglio togliermi la soddisfazione di vedere…”
“Testa di legno…lascia perdere….non ti basta quello che abbiamo combinato?”
“…..no!…”- lo guardò  incarognito –“….voglio vedere!” – avvicinatosi le sfilò la camicia dai pantaloni e vi  infilò con cattiveria una mano.
Cesar nitrì e sollevò le zampe per aria come per aggredire il brigante.
“…Ehi…ehi…”- si buttò su di un fianco e con le braccia provò a difendersi –“ Vattene dannata bestia”- agitò le mani per aria –“Vattene!”
L’altro lo soccorse –“ euh…via…”- riuscì ad alzarsi.
“Prendilo per le briglie…dai forza”
Mentre uno cercava di intrattenere Cesar da una parte il compagno strappò dalla sella la bisaccia.
“Dai…forza , ho fatto!”
Presero dunque le monete d’oro trovate – “Ti è andata bene damerino “- quello con la benda sputò in terra.
E si allontanarono velocemente lasciandola svenuta a terra.

“Grazie Du Mont, a buon rendere!”- il calesse si fermò davanti al cancello.
“Ora che state meglio dite voi ad Oscar che ci vediamo dopodomani da Du Bois, io avviserò’ Pierre e Bernard”.
“E Alain?....bisogna avvertire anche lui”
“Sapete dove abita? Potrei passare io.”- si offrì il curato.
“A pensarci bene lui un salto da Du Bois lo fa tutte le sere…pertanto non importa”
“D’accordo!”- e salutatolo decise di passare dalle scuderie –“ Buongiorno Alexander”- lo accarezzò –“Di la verità che ti sono mancato in questi giorni!”
Si accorse che mancava Cesar –“Dove sarà andata?”- si chiese –“ Che te ne importa! “- suggerì una voce nella mente. Cacciò  il pensiero : Oscar ora era libera di fare ciò che voleva! Rientrò in casa.
“Ma voi degli orari non li avete mai?”- Nanny minacciò André con un cucchiaio di legno.
André si portò le mani sulla testa per proteggersi –“ Smettila nonna…sono stato dal dottore,  non ricordi?”
Si sporse dalla porta e guardò nel cortile –“Quel bell’uomo del baffone dove l’hai messo?-“
André rimase allibito -“Nonna…ma non ti vergogni?”-
“Certo che no”- si mise a mescolare le patate nella teglia –“ Come ho detto ad Oscar questa mattina nonostante sia un curato quei baffi e quella barba lo rendono interessante”
Non credette alle sue orecchie…poi –“ A proposito, sai dov’è andata?”
Ripose il coperchio sulla pietanza –“E’ venuto quel tale….capellone,  tutto fine e composto…”
André non capì –“…capellone? “- chissà perché pensò a Fersen, ma poi ….
“Si….dai quel tipo che è venuto più  di una volta a cercarla…Giro… come caspita si chiama?”
“Girodelle! “
“Ecco….si. E’ rientrata di corsa a cambiarsi ed è andata via con lui “
André infilò le dita in un altro tegame ed assaggiò- “Ahi!
Nanny gli diede sulle mani -“Che fai?”- 
Si mise in posizione di difesa –“ Non lo faccio più ma smettila di picchiarmi sempre”
“Sei peggio di un monellaccio”
André  rise –“ Avvisami quand’è ora”- e la lasciò ai suoi manicaretti - “Chissà cosa voleva Victor”- Rimase sui gradini a fissare il cancello –“Strano che non sia ancora tornata “

Trascorse qualche ora da quando Oscar era stata aggredita.
Aprì gli occhi….accanto Cesar pareva la vegliasse.
Provò in una qualche maniera a tirarsi su. La testa le doleva terribilmente. Portò una mano dietro il capo: sporca di sangue!
Si pulì la bocca, socchiuse gli occhi e deglutì : il dolore era notevole e le forze per alzarsi si accorse di non averle.
Rimase appoggiata al muro: la camicia semi aperta ed il ventre scoperto. Il tentativo di infilarla dentro i pantaloni non andò a buon fine –“Dannazione!”- come era potuta finire in una situazione del genere.
Improvvisamente cominciò a tossire –“ Ci mancava solo questo”- mormorò. 
Il respiro era in affanno….non stava per niente bene.
Certo era che nel luogo in cui si trovava nessuno sarebbe passato e l’avrebbe potuta aiutare.
Provò  a sollevare un braccio per prendere le briglie; se solo fosse riuscita a salire a cavallo probabilmente c’è l’avrebbe fatta a tornare a casa.
Niente…
“Fossi venuta a Parigi con André tutto questo non sarebbe successo”- socchiuse gli occhi….si sentì mancare.
Lungo la strada principale si udì uno scalpitio di zoccoli.
“….per favore aiutatemi….!”- disse tra i denti.
Passarono due a cavallo.
“Ehi. ..un momento. ..ma quello mi sembra ….”- L’uomo si avvicinò –“Cesar!”. Sceso da cavallo si guardò attorno –“ Oscar!”- chiamò.
In fondo al vialetto vide la sagoma di qualcuno a terra.
“Mio Dio”- la raggiunse e si chinò su di lei, la sollevò tra le braccia –“Oscar…Oscar”
Il viso tumefatto. Aprì  leggermente gli occhi -“ André. ….ti prego…..perdonami…non volevo ferirti….io….”
“Oscar”- chiamò per l’ennesima volta.
Riuscì  a fatica a realizzare - “Fersen….”- l’immagine scomparve. Svenne .
“Su, aiutatemi a metterla sul cavallo”- si rivolse al suo attendente.
Poggiatale il capo sul petto prese per le briglie Cesar e le tenne strette alle sue –“ Di corsa a casa”- disse all’uomo.

“Indubbiamente credo se la sia vista brutta”- il dottore richiuse la porta della camera.
“Come sta?”- Fersen era visibilmente preoccupato.
Il medico sollevò la fronte e sospirò –“Taglio sul labbro, grosso livido sullo zigomo e, ferita, fortunatamente non grave, alla testa…. Chi l’ha ridotta così aveva sicuramente intenzioni peggiori”- chiuse la sua borsa –“ Ho lasciato sul divanetto gli abiti sporchi. Un po’ di riposo…..mi sembra piuttosto resistente”
“La ringrazio ”- e lo accompagnò alla porta.
“Conte….”- si soffermò –“....non so se la vostra ospite ne sia a conoscenza ma….”- non riuscì a trovare una maniera più delicata per informarlo –“…ha un principio di tisi!”
Fersen sbarrò gli occhi –“ Cosa?”- 
“Convincetela a curarsi….a mio parere siamo ancora in tempo…..ma non sarà così per molto!”- salutatolo uscì .
Richiusa la porta rimase immobile sulla soglia: un principio di tisi! 
Entrò lentamente nella camera e rimase a fissarla –“ Oscar….ma voi lo sapevate?-“ si domandò.
Sedette sulla poltroncina di fronte al letto.
“Che cosa vi è successo?” – pensò osservandola addormentata –“Perché domandavate perdono ad André? Non credo che lui vi abbia potuto ridurre così!.....”- Rimase ad osservare i suoi lunghi capelli biondi – “Siete una splendida donna….nonostante abbiate sempre nascosto il vostro bellissimo corpo dietro un’uniforme”- si avvicinò un istante - “Se avessi conosciuto prima voi della Regina? …..l’ho pensato più di una volta….dopo quella sera….”
Lei si mosse.
“Oscar!”
Aprì  leggermente gli occhi.
“Axel….Dove sono?” – era dolorante ovunque.
“Finalmente….Siete nel mio appartamento”- il tono era basso e rassicurante.
Si portò una mano alla testa, poi sullo zigomo -“Che cosa mi è successo?”
“Credo siate stata aggredita” – vide che voleva sollevarsi e l’aiutò .
Vagò con la mente per ricordare.
“….si…ero di ritorno a casa….credo di essermi stupidamente persa..”
“Ricordate cosa vi sia accaduto ?”
“….Cesar si è  imbizzarrito…forse per colpa di quei due briganti…sono caduta…poi ….lo potete vedere anche voi.”
“André….?”
“No, ero sola….la mia fortuna siete stato voi….non si sarebbe accorto nessuno di me in quel vicolo..”
Fersen sorrise –“ Avrei preferito incontrarvi in un’occasione migliore!”
“Indubbiamente”- sogghignò. Si guardò attorno: la camera non era molto grande ma ben ammobiliata e molto curata –“ Così  vi siete trasferito qua!”
“Si….”- sospirò –“….non potevo starle lontano”- disse riferendosi a Maria Antonietta –“Il mio è  un sentimento troppo forte, Oscar….di questo non ho problemi a parlarvene”.
Lei chinò gli occhi –“ Lo so…me lo ha detto la regina”
Spalancò gli occhi stupito –“L’avete vista?”
“Questa mattina….purtroppo non è  stato un incontro molto positivo”
Lui non comprese.
“…ho lasciato i Soldati della Guardia…..mi sono unità con loro ed André ai rivoltosi sotto la Bastiglia….Ora la mia vita non è  più  quella di prima….questo è stato l’argomento di contrasto ”
Axel rimase senza parole.
Un silenzio inverosimile calò nella stanza.
“Non sapete cosa dire, vero?”- lo guardò dritto negli occhi.
“Madamigella, io ho scelto di stare vicino alla donna che amo….voi ai vostri ideali….libero arbitrio!”
Annuì –“Vi ringrazio di cuore per avermi soccorsa ed aiutata”
“….forse il filo del destino continua a legarci ! “- si alzò  e le versò una tazza di the caldo, poi senza fare tanti giri di parole andò dritto al dunque –“….sapevate d’avere un principio di tisi?”- le diede le spalle riponendo la teiera.
Sgranò gli occhi e s’irrigidì.
Le allungò la tazza. Lei non fiatò.
“Da quanto lo sapete?”- scostò le tende e guardò oltre i vetri. Pareva si stesse annuvolando.
“Da un po’ “- rispose .
Poi voltatosi –“….non lo sa nessuno, vero?”
Accennò ad un si col capo.
“Oscar….voi dovete curarvi. …il medico mi ha detto che siete in tempo per farlo…”
“Ne sono consapevole….ho ancora qualche faccenda da sbrigare ….Poi andrò con i miei in Bretagna per qualche tempo…”
“Zona di mare?”
“Così mia sorella ci ha descritto il luogo”
Tornò di fronte al letto –“Sarebbe più consono  un  luogo soleggiato e asciutto “- suggerì –“Non avete pensato alla costa sud della Spagna.…o all’Italia?”
“Sono allo stadio iniziale della malattia. …basterà mare,  riposo e buona alimentazione “- ripose la tazza sul comodino e fece per alzarsi. Si accorse di non avere i suoi indumenti .
“Perdonatemi …mi sono permesso di chiedere al medico di mettervi una mia camicia.  I vostri abiti erano logori”
Lei arrossì .
“Vi prego di restare…non siete ancora in forza per rientrare a casa”
“Non voglio crearvi disturbo”- si sentì un po’ in imbarazzo.
“Nessun disturbo….Siete sempre la benvenuta”.
Si accomodò nuovamente sulla poltroncina. 
Calò per l’ennesima volta il silenzio. Era tutto alquanto irreale.
“Nel letto di Fersen”- pensò lei –“ Un tempo l’ho desiderato anche se in una situazione differente”.
Axel avrebbe voluto farle mille domande….ma la prima che gli venne in mente –“Posso essere indiscreto e chiedervi di cosa dovete scusarvi con André?”
Passò la lingua sull’angolo del labbro in cui era tagliato e divenne paonazza.
Fersen se ne accorse.
“Oscar…..siete una donna ….una gran bella donna….aprite il vostro cuore all’amore....non negatevi ad esso….potreste rimpiangerlo”- aveva vagamente intuito quale fosse la situazione. 
Volse il viso dalla parte opposta perché Axel non la vedesse: gli occhi le si erano riempiti di lacrime.
“Vi chiedo di scusare la mia sfacciataggine….eppure è la seconda volta che vi soccorro...e dalla vostra bocca esce solo un nome: quello di André...”
“…tacete,  ve ne prego!”- lo interruppe. 
Poggiò i gomiti sulle ginocchia incrociando le mani e volgendo lo sguardo a terra.
“Non  volevo offendervi ….il destino ci riserva poche occasioni positive….bisogna saperle cogliere…..ogni lasciata è persa!”- la sentì singhiozzare allora si alzò –“vi lascio riposare!”
“…Fersen…” – chiamò  tra le lacrime.
“…lasciatevi andare Oscar!....ve lo dice uno che continua a soffrire per amore…e che sa di non aver speranza….Voi forse potreste dare una svolta al vostro destino….!”- e richiuse la porta alle sue spalle.
Rimasta sola scoppio' definitivamente a piangere - “André….André….”

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Capitolo 11
*** LEAH ***


La taverna si era oramai vuotata. 

Il brusio di fondo del locale era praticamente nullo.

Gli ultimi ad uscire si erano portati via il vociare pesante con il rumore di bottiglie che si rompono ed il tintinnio dei bicchieri.

Non era rimasto che il sottile aleggiare delle oramai dissolte spirali di fumo e l’intenso odore di tabacco.

Du Bois sistemò gli ultimi boccali.

“Per questa sera abbiamo terminato”- allungò a Leah la paga –“Ci vediamo domani….Ora vai, c’è un corteggiatore che ti sta aspettando”- le fece un cenno col capo indicando André.

Si volse. 

Braccia incrociate sul tavolo e testa appoggiatavi sopra pareva dormisse.

“Grazie”- gli sorrise.

Si avvicinò e rimase così,  a fissarlo quasi in adorazione. Lo accarezzò  teneramente tra i capelli.

André aprì lentamente gli occhi gustando il tocco di quelle dita sottili –“ …Oscar”- mormorò .

Leah ritrasse velocemente la mano. Lui se ne accorse e la bloccò –“ …scusa..”

Gli girò le  spalle ed appoggiata al tavolo si mise a giocherellare con le monete nelle tasche.

“Non mi pare sia un bel modo di salutarmi “- osservò scocciata. 

“Ti va se ti accompagno a casa?”- provò  a cambiare discorso.

Lei fece spallucce ed una smorfia curvando gli angoli della bocca. Con il viso basso uscì dal locale.

Un paio di monete sul bancone salutando Du Bois e lasciata la taverna lui prese Alexander per le briglie cercando di raggiungerla. 

Camminava a passo spedito col broncio.

 ”…ehi, che ti piglia?”

Voltandosi di scatto piegò le mani sui fianchi –“ Come sarebbe a dire che ti piglia? “

André rimase di stucco.

“Ma ti pare il caso?”- esclamò alquanto alterata.

Sospirò –“ …perdonami!.....è  una lunga storia”

“Credo di aver abbastanza tempo per ascoltare le tue motivazioni”

Ripercorse nella sua mente i ricordi mettendoli in fila uno ad uno. 

“…sono rimasto orfano a sei anni…mia nonna lavorava presso una famiglia nobile e decise di prendermi con sé. ..quattro figlie, nessun erede. Con l’arrivo della quinta il Generale decise di crescerla come un uomo per dare una dinastia alla famiglia…”

“…Oscar?”- era allibita.

Lui annuì.

“Ma è pazzesco. Questo tipo deve essere matto. Come si può essere così crudeli ed insensibili nei confronti di una figlia!”

André sogghignò.

Le narrò di come fossero cresciuti assieme, della vita militare….fino a quei momenti sotto la Bastiglia…

Ascoltò in silenzio stupefatta del racconto accorato eppure assurdo nella sua realtà pensando che in fondo si trattava di una donna come lei.

“Veramente non ho parole!” – terminò.

Proseguirono l’uno affianco all’altra fino a quando Leah si fermò –“ Sono arrivata”.

Guardò la facciata : le imposte ancora aperte, semplice, i davanzali rallegrati con piccoli vasi di rose.

“Vuoi che me ne vada?”

Leah sedette sui gradini –“….condannati a soffrire per amore…”- batté una mano a terra  –“ ….dai, vieni qui!”

André si accomodò accanto a lei. 

Le scostò alcuni ricci dal viso –“…e tu?”

I suoi splendidi occhi verdi lo fissarono a lungo. Le piaceva…le piaceva da morire.

Appoggiò  la guancia sulla sua spalla, lo prese sottobraccio stringendolo forte assaporando a lungo quel momento.

“…non vuoi dirmi nulla?”

Improvvisamente sul suo volto calò un velo di tristezza .

Cominciò  a mordicchiarsi un’unghia e non riuscendo più a star seduta fece qualche passo verso il muretto che dava sulla Senna.

“… un anno fa….in quella dannata miniera. …”- le si riempirono gli occhi di lacrime “- …non si può morire così…per una paga da fame ….a soli ventisette anni…”- gli gridò.

Le tese una mano –“ …vieni…!”

Si mise in ginocchio tra le gambe di André,  il capo chino.

“….voleva mettere da parte un po’ di soldi per poterci sposare….avevamo trovato una casetta…da sistemare, niente di che ma a noi piaceva tantissimo…il suo pezzetto di terra…. io lavoravo presso una famiglia benestante….avessi visto che abitazione….c’era persino una camera dedicata solo ai libri…ogni tanto me ne prestavano da leggere…aiutavo un’altra signora a sbrigare le faccende quotidiane. La sera poi servivo ai tavoli al locale di O ‘Connelly…..eppure di quel poco che avevamo eravamo felici”- accennò ad un sorriso.

Poi un’ombra tornò a incupirle il viso.

“…quel giorno pareva si fossero rotte le cateratte del cielo….improvvisamente la parete è venuta giù….così, di botto… ha travolto tutto….Liam se l’è cavata con una gamba rotta….in cinque sono morti….soffocati dal fango”- affondò il viso tra le mani –“ Quando li hanno estratti erano irriconoscibili. ….e là. …quel giorno è rimasto il mio cuore….”

Quanta sofferenza nelle sue parole.

Alzò lo sguardo ed incrociò quello di André. La sua bocca era così vicina, il suo respiro caldo. 

Si protese in avanti e gli sfiorò le labbra.

André le cinse la vita con un braccio.

Lei gli posò due dita sulla bocca –“ André…..”

“…no…non ora, ti prego!”- e spostandole la mano con l’altra la prese teneramente fra i capelli dietro la nuca e l’attirò a sé.

Schiuse le labbra….timidamente la sua lingua la cercò.…l’avvolse….fu un assaporarsi lento, profondo…

Le dita di André sul collo scesero…. lentamente raggiungendo il bordo della camicina bianca di cotone... si spinsero oltre fino a quando i polpastrelli percepirono il capezzolo inturgidirsi al tatto.

Lei lasciò sfuggire un gridolino.

La mano si aprì fino a contenere il piccolo seno.

Leah gemette di piacere .

André ingoiò come un grido tutta l’eccitazione del momento.

“….che cosa stiamo facendo….”- mormorò lei. Le fronti appoggiate l’uno contro l’altra….in silenzio.

La fece sedere sulle sue gambe e stringendola le poggiò la testa sul ventre.

“…quanto amore hai dentro Grandier…!”- gli sussurrò ad un orecchio.

Il campanile di Notte Dame batté le tre.

“…ehi bel moretto….non pensi sia tardi?”

La fece scendere.

Infilò la chiave nella serratura tenendogli stretta la mano.

“Sei sicura di voler rimanere da sola?”

Stette sulla porta arricciandogli i capelli come piaceva a lei.

Si avvicinò nuovamente e sfiorandole le labbra la spinse lentamente all’indietro dentro casa e richiuse la porta.



Avevano chiacchierato a lungo su quanto occorso ad Oscar.

Parigi si stava trasformando sempre più in una città pericolosa anche di giorno.

Fortunatamente l’intervento del Conte di Fersen era servito ad evitare il peggio.

Oscar ripensò alla lunga conversazione ….alle confidenze e confessioni che si erano scambiati lei ed Axel.

Dunque anche lui si era domandato cosa sarebbe potuto accadere quella sera del ballo…se solo avesse avuto il cuore libero, se solo si fosse accorto di lei….

Sorrise quasi compiaciuta del fatto di essere riuscita a buttarsi tutto alle spalle, di aver cancellato definitivamente quel sentimento che non aveva fatto altro che tormentarla con conseguenze sulle sue scelte. Il lato positivo nonostante tutto il tempo trascorso era che fosse riuscita a capire cosa desiderasse e cosa provasse effettivamente.

Madame Emilie, il Generale e Nanny si erano oramai ritirati a dormire.

Era rimasta in salottino nella speranza che André facesse il suo ingresso. Poi capendo che probabilmente non fosse in casa sedette sui gradini ad aspettarlo.



André continuò a baciarla chinato su di lei, cingendola per la vita e spingendola all’indietro fino a quando non si trovò con le spalle contro la porta della camera.

La sua bocca come fuoco scese lungo il collo facendola fremere ripetutamente.

Leah allungò la mano lateralmente senza staccarsi da lui e girò la maniglia. Indietreggiò fino a ricadere sul letto.

Lui si piegò in ginocchio di fronte a lei slacciandole il corpetto e facendo scivolare a terra la gonna di cotone colorato. Accarezzò esternamente per la loro lunghezza le gambe nude di lei e raggiunte le caviglie la sua bocca le ripercorse al contrario salendo verso l’interno coscia mentre le mani si spinsero oltre l’elastico della biancheria intima sfilandola.

Leah gli intrufolò le dita tra i capelli e li strinse quando sentì le labbra arrivare alla sua femminilità.

Il respiro di André era caldo e pieno di eccitazione.

Sedette sul letto e tolse la camicina, poi gli gettò le braccia al collo e lo tirò su di sé.

André si contorse per riuscire a liberarsi dai pantaloni mentre non si staccava da lei.

Leah si aggrappò ai glutei sodi di lui mentre lo sentì scivolare tra le sue gambe. 

Percepì tutta la sua eccitazione insinuarsi fra le cosce.

Sollevatosi su di lei nonostante la spalla gli dolesse la fissò dritto negli occhi e deglutì –“ …. vuoi veramente?”- la desiderava intensamente…eppure non voleva spingerla semplicemente per compiacere se stesso.

Un attimo di silenzio. Gli sorrise teneramente –“ …tu non sei come tutte gli altri…”- lo accarezzò – “…un altro avrebbe proseguito….la domanda è. ..se siamo pronti entrambi a farci travolgere da tutto ciò. ..”

Gli occhi di lui si fecero lucidi, coricatosi accanto a lei l’abbracciò forte baciandola sulla fronte.

“…avrei dovuto conoscerti prima…”

Leah comprese il suo tormento…ma del resto nemmeno lei ne era indenne.

Si mise su di un gomito e giocherellò con i suoi capelli –“ Mi piaci da morire André Grandier”- lo sfiorò con un bacio dolcissimo –“ …ma i nostri cuori evidentemente non sono ancora pronti …”

Sospirò : quelle parole bruciavano terribilmente…ma era la pura verità. 

....si, almeno per lui, Oscar era ancora saldamente presente nei suoi pensieri .

La strinse…..



“Bambina mia, cosa fai qui?”- Nanny la sorprese per le scale.

Aveva atteso a lungo André fino a che si era addormentata poggiata alla balaustra del corrimano. 

Aprì gli occhi, le era tornata una forte emicrania - “Perché non sei nel tuo letto?”- si domandò.

“André è tornato?”- chiese alzandosi.

La donna prima bussò alla porta poi aprendola vide che il letto era ancora intatto.

“Chissà quel ragazzaccio dov’è stato stanotte! “- entrò comunque e tirò le tende.

“Sentì,  ti va di farmi un bel tè caldo?”

“Non vuoi la solita cioccolata? – Rimase un po’ stupita da quella richiesta.

“No, questa mattina ho bisogno di qualcosa di più forte”- si diressero verso le cucine –“ Credi che possa togliere la benda?”- domandò poggiando una mano dietro la nuca.

“Ci diamo un’occhiata. Vieni, cara”

La fece sedere e con molta delicatezza prese a sfilare la fasciatura.

“Lo zigomo ti fa ancora male?” – intanto controllò dietro la testa tra i capelli.

“No, è più il labbro che mi da noia”

“Non sono un dottore ma a mio parere sarebbe meglio lasciare che si asciugasse all’aria”.

“D’accordo, niente nuova benda”- e sedette accanto ad una finestra a sorseggiare il tè –“ Dove sei André.?!”- aggrottò la fronte –“ Non sei mai stato nel tuo letto? Cosa ti è  successo?”

Ripose la tazza e uscì  in cortile.

Dentro un uragano di sensazioni….nemmeno con Fersen aveva provato tutto ciò. 

Prese Cesar per le briglie e percorse il selciato fino alle scuderie. Alexander non c’era.

Doveva andare a cercarlo…non poteva attendere ancora. Magari l’avrebbe incrociato lungo la strada. 

La frenò il pensiero dell’aggressione subita…

“….la pistola…si, porterò la pistola ”- attraversò il corridoio fino alla piccola armeria sotto la scalinata.

Stava richiudendo la custodia quando alle sue spalle si palesò André.

“Cosa ci devi fare?”

Sobbalzò –“ André! “

Rimase a bocca aperta vedono il viso tumefatto di lei –“Cosa diavolo ti è successo?” – con l’indice le sfiorò lo zigomo –“Oscar!”

“Ho avuto un inconveniente rientrando da Parigi” – si portò la mano  vicino al taglio sul labbro.

Il sangue gli andò alla testa –“ Un inconveniente? Ma sei rovinata!”- la prese per le braccia quasi scuotendola.

“Mi hanno aggredito….”- disse tra i denti –“…ma sto bene….”

“Chi ti ha aggredita?”- le sollevò  il mento.

“ Ieri mattina è passato Girodelle….sua maestà la regina desiderava vedermi….”

“Che cosa? “- gli parve inverosimile la cosa, dopo così tanto tempo.

“Si….non volevo …poi mi sono lasciata convincere….un colloquio inutile…non sarei dovuta andare…”

“Ma come ti è  potuta accadere una cosa del genere?”- 

“…lo so, è assurdo ma…presa dai pensieri non ho percorso la solita strada per rientrare e mi sono persa..”

“Ti rendi conto di aver rischiato la vita?”- la rimproverò seriamente preoccupato.

“Si….credimi, non capisco come possa essere capitato….se non fosse stato per Fersen…!

“Fersen?”

“Fortunatamente è passato poco dopo credo che ….ora potrei essere ancora là…”- abbassò gli occhi

Doveva essersela vista brutta….il suo splendido viso percosso….le accarezzò  teneramente la guancia e le scostò alcuni capelli. 

“…tu comunque non saresti potuto venire….”

“…avresti potuto rimandare….così saremmo andati insieme…Parigi è pericolosa…”

Desiderò stringerla tra le braccia….ma si frenò temendo la sua reazione.

“Sentì André….io…” – sollevò il viso…era il momento di parlare……quando lo sguardo  si posò su qualcosa che ora come ora non si sarebbe aspettata di incrociare.

In un angolo del colletto ….una sottile sbavatura rossa….una sorta di traccia di labbra …lieve….quasi impercettibile nella parte meno visibile…verso l’interno…..

Sentì raggelarsi il sangue e ingoiò tutte le parole. Le parve che le gambe le venissero meno. Un ronzio alla testa – “ No…no…non può essere….non deve essere….”

Un nodo alla gola.

“Dimmi Oscar”- 

La porta si aprì. 

“Ah…..siete qui”- Augustin entrò nella stanza –“Stavo giusto pensando André che dovremmo preparare un baule anche per queste, quasi me ne dimenticavo”- fissò le mani di sua figlia –“…..ah…la tua preferita”

“Certo padre!”- cercò di sorridere nonostante si sentisse quasi morire dentro.

“Sei certa di stare bene?”- ad André le parve un po’ pallida.

“….si, certo…..vi lascio.…dovete ultimare alcune faccende no?” 

Uscì  in cortile. Fece un grosso respiro. 

Cesar era ancora lì.  

Si, aveva bisogno di stare da sola per un po’. Infilò il piede sulla staffa –“ Portami lontano !” – 

Il vento le attraversava i capelli mentre il suo cuore aveva lo stesso ritmo degli zoccoli sul selciato.

Gli alberi erano solo immagini veloci ai suoi lati.

Le lacrime scorrevano continue.

E ora? No, non poteva essere. Una donna era stata tra le braccia di André. …una donna che non fosse lei…si era stretta al suo petto…ne aveva percepito il calore…il suo profumo….e poi….No, no….cercò di scacciare il pensiero che avessero trascorso la notte assieme…condiviso lo stesso letto…. i loro corpi nudi vicini….giacere l’uno accanto all’altra dopo aver assaporato fino in fondo il piacere di unirsi….

Improvvisamente il primo colpo di tosse, poi un altro e un altro ancora. Questa volta pareva non volersi fermare.

Con l’ultimo non riuscì a tenere le briglie.

Cadde a terra. 

Il volto riverso sull’erba…il respiro in affanno.

Un’altra donna…

Era rimasta sola…definitivamente sola. André le aveva detto che non sarebbe più stato di intralcio nella sua vita….e così aveva fatto…ma possibile in così breve tempo? Ora non aveva più alcun senso dirgli della sua malattia…chiedergli di accompagnarla in Bretagna….a questo punto perché partire? Restare a Parigi...con i rivoltosi, ma così ci sarebbe stato anche lui…Allora meglio andarsene...lontano, provare a ricominciare...un nuovo inizio….senza di lui.

Sedette. Il respiro riprese normale.

Forse era giusto così. Quanto aveva sofferto per lei senza essere ricambiato?

“Coraggio Oscar!...se sei guarita da quel dolore per Fersen ….puoi rialzati anche questa volta”- si passò una mano sugli occhi per asciugare le lacrime ma queste continuavano a scendere incessantemente.

“Perché non l’ho capito prima?...André….”

 Si toccò dietro la testa. Le faceva ancora male.

“Oscar…sei a pezzi!”- si disse e prese Cesar per le briglie si avviò  a piedi. .

Adesso veniva forse la parte più difficile,  tornare a casa e vederlo.

Se avesse aspettato? Si, fino al tramonto…forse al suo rientro lui sarebbe stato fuori…si…ma sicuramente da lei.

Non c’è l’avrebbe fatta nello stato attuale ad affrontarlo.

Percorse poca strada, poi decise di fermarsi sotto un albero: avrebbe atteso …le sarebbe servito a rimettere insieme le idee, a ragionare meglio sul da farsi….nella speranza che, una volta a casa, si fosse potuta chiudere in camera sua….per quello che fosse possibile, tranquillamente.

“Domani sera dovremo vederci con Bernard egli altri, in quel frangente dovrai essere lucida e decisa Oscar!”

Cosa le faceva veramente paura? Che avesse una donna? Il suo rifiuto?

No, non  le aveva fatto paura nemmeno quando il dottore le aveva esposto della sua malattia…cosa poteva esserci di peggio? Sicuramente non quello di affrontare André. Aveva già perso di fronte all’amore non corrisposto da Fersen…ora no, questa volta era il medesimo sentimento per entrambi….

E lei non voleva essere sconfitta per l’ennesima volta.

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Capitolo 12
*** CONFESSIONI ***


Aveva atteso a lungo che Oscar rientrasse.
Poi sua nonna lo aveva chiamato a pranzo –“ Lasciala perdere”- gli suggerì quella solita voce nella testa che propendeva per dimenticare e imboccare una nuova strada.
Fissò fino all’ultimo il cancello di palazzo Jarjayes sperando di vedere la sua sagoma in lontananza avvicinarsi.
“Dai Oscar….torna a casa! “- ma la parte innamorata parteggiava per il cuore.
“André! “- lo chiamò nuovamente.
“Si…arrivo...”- 
Con fare svogliato richiuse la porta della cucina e sedette a tavola con Nanny –“Ma non ti ha detto proprio nulla Oscar?”- gli rodeva ogni volta che prendeva decisioni senza coinvolgerlo.
“No, muta come un pesce! “- riempì il piatto al nipote.
Nel mentre rimuginava agitando nervosamente una gamba nei pensieri fece breccia il volto di Leah.
I suoi occhi verdi, le sue infinite lentiggini, il rosso dei suoi ricci…sentì ancora le sue dita sottili giocare con i suoi capelli –“Leah…”- mormorò. Senza volerlo era entrata nella sua vita improvvisamente come una ventata di aria fresca.
A pranzo ultimato, si tagliò la solita fetta di torta di mele….e quel pensiero come un tarlo, come una goccia che cade continua, insistente….pesante….tac…tac….lei,  solo lei….Era così complicato riuscire a cancellare anche se per poco la sua presenza …costante nella sua testa...sempre e comunque Oscar 
“André, il Generale ha chiesto se nel pomeriggio potresti aiutarlo a preparare qualche baule da portare via…senza troppo affaticarti naturalmente”- si mise a sparecchiare.
“Certo, quindi hanno deciso di andare…”- si pulì dalle briciole. 
“Si si, dovrebbe arrivare madame Marie Beatrice con alcune carrozze per portare via abiti e altro”- ripose le ultime stoviglie –“ Vado a dare una mano a madame Emilie, c’è così tanto da fare prima di partire….”- si allontanò agitata per il poco tempo rimasto a disposizione.
E Oscar? Lei cos’aveva deciso di fare? Se fosse andata lui l’avrebbe seguita?....e Leah? Non restava più molto per scegliere.
Guardò nuovamente verso il cancello. Possibile che non rientrasse? 

Oscar aprì gli occhi. Aveva pianto pensando e ripensando ad André fino ad addormentarsi.
Avrebbe voluto gridarlo ancora quel nome….una, cento, mille volte : André! 
Le sue spalle larghe, i suoi capelli scuri, i suoi occhi verdi e profondi,  il suo profumo. Un brivido lungo le attraversò la schiena. Questa la sensazione che ora la pervadeva ogni volta che pensava a lui.
Possibile che ci fossero volute le parole di Fersen per comprendere definitivamente cosa desiderasse veramente il suo cuore?
Si volse su di un fianco…..fuori stava facendo buio.
Dunque? Come si sarebbe comportata ora? Doveva confessargli di essersi resa conto che anche lei nutriva lo stesso sentimento nei suoi confronti? Che era malata e che sarebbe partita con i suoi per un lasso  di tempo ancora da definire per curarsi? E lui? Lui l’avrebbe seguita? –“ Ti ho aspettata per troppo tempo!”- non aveva tutti i torti e questo le incuteva angoscia … era definitivo o le avrebbe dato un’ultima possibilità?
Bussarono alla porta.
Asciugò velocemente gli occhi –“ Avanti!”
Spuntò il volto sereno di Fersen –“ Disturbo?”
Sedette sul letto –“ Venite, vi prego!”
“ Come vi sentite?”- le distese sulle gambe un tovagliolo e vi adagiò un piatto di brodo caldo, poi si accomodo' al suo fianco sulla poltroncina.
Sorrise imbarazzata –“ Siete troppo gentile….io credo di aver disturbato abbastanza”- 
“Come vi ho già detto, nessun disturbo”- 
Lei sorseggiò il brodo. Fersen prese a fissarla e se ne accorse.
“Cosa volete chiedermi?”- Rimase con il cucchiaio in mano.
Lui affondò la testa tra le mani –“ Oscar….cosa accadrà ora?....in città il clima ….è di paura….temo per sua maestà! “-
Fece un lungo sospirò –“Come vi ho accennato il colloquio avuto non è stato positivo. Ho tentato di farle capire quale fosse la situazione e che le cause non fossero da addossarsi solo ai sovrani….”
“…..ma…”- tentò di interromperla per poter difendere Maria Antonietta.
“…Fersen, so che l’amate…..ma ora è troppo tardi per correre ai ripari….le avvisaglie del cambiamento ci sono da tempo…”
“Voi che avete abbracciato gli ideali rivoluzionari che cosa vuole il popolo?”
“Il popolo è  stanco di soprusi, di ingiustizie sociali…di morire di fame e stenti…mentre nei palazzi nonostante tutto si continua a sperperare….”- si infervorì –“ desidera una vita più dignitosa….”
Comprese che veramente credeva in quei nuovi valori.
“Vi posso garantire che andrà sempre peggio. Quello che è accaduto qualche giorno fa alla Bastiglia è stata solo la scintilla per far esplodere la rabbia popolare…non si è ancora raggiunto il fondo….ma presto….”
Le parole di Oscar diventarono solo un ronzio nelle sue orecchie. Cominciò a cercare disperatamente nella mente una via, una strategia,  una soluzione per riuscire a proteggere la regina. 
“È troppo tardi! – no, no, no….doveva esistere una maniera per non precipitare nel baratro definitivamente. 
Emise un lungo sospiro…..
Tornò subito alla realtà …del resto aveva un ospite….e non uno qualunque….era lei…cambiò  pertanto discorso –“ Avete mai amato ?”- guardò oltre i vetri le prime gocce di pioggia fermarsi sul davanzale della finestra. 
“Perché me lo chiedete?....Voi la risposta la conoscete”- arrossì.
“A parte avermi amato un tempo…”
“….no, prima di voi mai!”- non c’era più nulla di cui vergognarsi o da nascondere.
“….e ora?....cosa provate ora?”- continuò volgendole le spalle.
Non ebbe dubbi e rispose –“ Ora non più! ….Quel sentimento è solo un lontano ricordo”-
Stettero in silenzio.
Abbassò lo sguardo –“Vi ringrazio Madamigella per la vostra franchezza….non avrei sopportato l’idea che voi poteste soffrire ancora …”
“….sto soffrendo  ancora ma in altra maniera ….per un altro uomo….per riuscire a comprendere realmente quali siano i miei sentimenti”
“André,  vero?”
Annuì. Le parve così strano essere tanto schietta con Fersen.
“Un giorno mi diceste che l’amore è solo una lenta agonia….spero di riuscire a cambiare la sofferenza in pura felicità..”
“Ve lo auguro con tutto il cuore…ve lo meritate Oscar! “- le sue parole erano sincere.
“Voi? Cosa Farete? ….per i nobili sarà sempre più un vero calvario, Axel….e a questo punto non solo…come ho potuto constatare personalmente in questa malaugurata vicenda”
Lui tacque. Il suo pensiero era solo lei, Maria Antonietta.
“Avete mai pensato di sposarvi? “- lo interrogò.
“Prima di venire a Parigi avevo una bella cerchia di corteggiatrici….ma al mio arrivo, quel ballo in maschera ha stravolto completamente la mia vita!”- gli si illuminò il viso –“ ….un fulmine a ciel sereno…”
Fuori la pioggia incessante.
“Credete nell’amore a prima vista”? – aggiunse
“Devo per forza rispondervi di si, con sua Maestà lo è stato!” – poi la fissò –“ Voi?”-
Scosse il capo con un leggero sorriso sarcastico –“ Mi fate una domanda un po’ assurda,  non credete?
“Non lo è….”- cercò di scavare nei suoi occhi per comprendere meglio.
Lei rimase turbata –“Non capisco…”
Non le staccava lo sguardo di dosso…voleva vedere fino dove potersi spingere –“ ….non fate l’ingenua….siamo in via di confessioni….”
Oscar ammutolì.
“Su Oscar….quando mi incontraste la prima volta!”
“Certo che no!”
“Quando fu allora?”- si accorse del leggero rossore sulle guance di lei.
“Credo quella sera….di ritorno dal ricevimento in cui vi impedii di danzare con sua Maestà!”
“Avreste mai pensato che sarei potuto tornare dall’America?”
“Ho pregato perché non vi accadesse nulla”- gli allungò il piatto e si pulì la bocca.
Lo sistemò sullo scrittoio accanto la finestra e -“ …perché quella sera avete deciso di indossare quello splendido abito da donna? Cosa cercavate? “
Si mise sulle difensive -“ Dove volete arrivare Fersen? Io vi sto confessando di tutto e di più, cosa cercate voi…o cosa volete dimostrare alla fine dopo questo?!!”
Portò una mano alla fronte –“ Vi prego di perdonarmi….”
“ ….credevo di poter far breccia nel vostro cuore….ero erroneamente convinta che aveste dimenticato Maria Antonietta…..Quando mi invitaste a ballare, il vostro braccio che mi cingeva,  i  vostri occhi solo per me….”
“…se mi fossi realmente accorto di voi…..vi avessi visto con occhi diversi….vi ….avessi baciata?”
“….non credete sia trascorso tropo da allora per rivolgermi questa domanda?  Il tempo cura le ferite!”- rispose.
“…ma le cicatrici restano!”
“….le mie le ho cancellate”- concluse fiera di ciò  che sentiva ora.
Fersen sorrise –“ Siete unica e straordinaria Oscar! “
Lei si rilasso’….non c’era più motivo di stare sulle difensive.
Il clima divenne più disteso.
“Ho fatto sistemare i vostri abiti”
Li vide lavati e accuratamente ripiegati sulla pediera del letto.
“Vorrei rientrare se non vi dispiace!”- gli fece capire che desiderava rivestirsi. 
“Sia chiaro che non tornerete da sola, io ed il mio attendente vi accompagneremo !”- quasi l’ammonì.
“Non credo di avere alternative mi pare, no?”- accennò ad un sorriso.
Axel uscì per permetterle di vestirsi indisturbata.

André aveva trascorse l’intero pomeriggio ad aiutare Augustin a preparare l’occorrente per il trasferimento in Bretagna.
“Grazie mille, senza di te ci avrei impiegato il doppio del tempo”- il Generale richiuse accuratamente uno degli ultimi bauli.
“Nanny ha deciso di continuare a prestare servizio presso la nostra famiglia, pertanto ci seguirà. …tu hai preso una decisione in  merito?”
“Sinceramente non ancora “- in effetti non aveva valutato alcuna opzione. 
“Sappi comunque che se volessi seguire tua nonna, sarai sempre il ben accetto”- gli posò una mano sulla spalla –“ Sei uno di famiglia oramai!”- sorrise –“ Mi renderebbe felice che tu scegliessi di venire in Bretagna”
Era sincero,  André ne ebbe la certezza. 
“…e credo che per Oscar sarebbe lo stesso nel caso la sua scelta ricadesse per partire”
“…chissà….” – pensò.
“Fra qualche giorno…dovrebbe arrivare Maria Beatrice, pertanto hai ancora un po’ di tempo per decidere. E comunque se per caso volessi partire successivamente non sussistono problemi, potresti rimanere qui a palazzo”.
“Vi ringrazio di cuore, vedrò di farvi sapere al più  presto “- si accomiatò.
“Molto bene “- Augustin gli fece un cenno con la mano.
Attraversò l’entrata e rimase un istante davanti la vetrata principale. Finalmente aveva smesso di piovere.
“Oscar, dove sei? E’ da questa mattina che sei in giro.”- saperla ancora fuori a quell’ora lo rendeva terribilmente nervoso.
Sbuffò. 
Era inutile stare a casa…avrebbe continuato a rimuginare senza tregua.
“Al diavolo!” – esclamò. Prese il mantello per la pioggia e si diresse verso le stalle.
Sellò Alexander -“Caro mio….stasera si va in città”- avrebbe anche potuto incrociare lungo il tragitto. Infilò un piede sulla staffa –“ Domani o dopodomani potrete riprendere ad andare a cavallo”- gli aveva detto il medico –“ Ma si, non cambia nulla!”

“Avrei preferito riaccompagnarvi in carrozza!” – Fersen scrollò il mantello dalle ultime gocce di pioggia - “...ma questo è  l’unico mezzo al momento a mia disposizione “
“Non preoccupatevi, avete fatto anche troppo!” – legò Cesar in un punto riparato –“ Posso ricambiare la vostra gentilezza offrendovi qualcosa?”
“No Oscar…..magari la prossima volta…..quando e se tornerete a Parigi….”- aggiunse –“ ….ci conto”
Lo fissò a lungo –“Lo avete promesso”
Annuì sorridendo –“Non preoccupatevi! Vi prego, prima di partire non dimenticate di venirmi a salutare“- e facendo un cenno con la mano riprese la strada verso casa.
Li vide allontanarsi lungo il viale alberato –“ Grazie Fersen, siete un grande amico! “ mormorò.
“Santo cielo…cosa ti è  accaduto figlia mia? “- madame Emilie si spaventò scendendo le scale e vedendola con una fasciatura alla testa e tuemefatta in volto.
“State tranquilla madre, nulla di grave. Il Conte di Fersen si è prestato ad aiutarmi in questa spiacevole vicenda”- cercò di rassicurarla vedendola angosciata.
“Numi del cielo”- esclamò Nanny –“ la mia bambina. …chi è stato quel delinquente?.....se gli metto le mani addosso ci penso io a sistemarlo”- era furiosa. Si avvicinò per osservare meglio la situazione.
“Su, non preoccupatevi…è  tutto apposto….prometto di andare a riposarmi dopo”- aprì le braccia per invitarle ad entrare –“ Ora vi racconto”.
Si accomodarono nel salottino e Nanny portò del tè caldo.
“Ma André?...è andato poi dal medico?”
“Si cara….procede tutto perfettamente, gli ha ridotto la medicazione” – Nanny riempì  due tazze.
Provò  un senso di sollievo –“ Ma ora, dov’è?”
La donna guardò in giro –“ Che strano…ha aiutato il Generale a preparare qualche baule per la Bretagna….chissà dove si è  cacciato”
Oscar pensò  che forse aveva preferito rimanere nella sua camera. Certo non aveva torto. 
Chissà cosa avrebbe pensato vedendola in quelle condizioni. Le avrebbe fatto sicuramente una bella ramanzina. Le aveva ripetuto più di una volta che recarsi a Parigi da sola sarebbe stata un’imprudenza….quella era stata la giusta punizione per non averlo ascoltato –“…hai sempre ragione….”-avrebbe dovuto ammettere.
Più tardi sarebbe andata a bussare. Era giunto il momento di chiarire.

Il locale era pieno di gente.
Sfilò il mantello, lo scrollò e si avviò  verso un tavolo libero.
“Ehi André! “ - si sentì chiamare.
“Alain!” – gli strinse una mano e con l’altra gli diede una pacca sulla spalla –“ Sono felice di vederti!”
“Grande roccia!”- esclamò – “Tutto bene? E’ un po’ che non  ci vediamo”- sedettero.
“Abbastanza bene, dai. La ferita è migliorata notevolmente. Tu mi sembri in formissima”
Lui si pavoneggiò spostando lo stuzzicadenti da un angolo all’altro della bocca – “….eppure le donzelle pare siano intimidite dal mio incredibile fascino di bel maschio francese”
André sollevò le sopracciglia –“ Ah si?!”- 
Scoppiarono entrambi in una risata.
“Senti, bel maschio francese, sei al corrente che dopodomani ci dobbiamo incontrare  con Du Mont,  Bernard, Pierre e Oscar?”- gli chiese André. 
“Ho visto Rosalie proprio ieri e mi ha informato della cosa”
“Tu perché sei qua? “- ad Alain parve strano vederlo solo nel locale.
Proprio in quel momento tra la calca spuntò Leah.
“Allora sei venuto bel moretto !”- era raggiante di gioia.
“Beh…non te lo avevo promesso?”
Alain li fissò  entrambi.
“Il solito?”- gli scompigliò come sua abitudine i capelli.
Fece cenno di si –“Ehi!”- diede una gomitata ad Alain –“ Ti va bene ?”
“Ah…beh…si…va bene!” – era stupefatto.
Leah andò al bancone.
“Bel moretto?” – lo squadrò’ allibito.
André sorrise scuotendo la testa.
“Caspita, abbiamo fatto colpo allora!”- gli mise un braccio attorno al collo –“ Il mio bel moretto”- arricciò  la bocca come per dargli un bacio e gli diede una carezza sulla guancia –“ Ma quant’è bello questo moretto…”- ironizzò.
Lui si liberò dal braccio –“ Dai…piantala di fare lo scemo…!”
Leah posò i due boccali –“ Io però devo lavorare…”- era dispiaciuta.
“Tranquilla….non  ho fretta, posso aspettarti”- la rassicurò. 
Riprese il suo giro per i tavoli tutta allegra.
“Da quando hai una punta? ….credevo volessi corteggiare Diane”
“Non sono mica matto….con uno come te al primo sgarro ….giù legno!” – sbottò  sgranando gli occhi.
Alain tacque un istante, poi scoppiò in una risata –“ È  vero, me lo avevi già detto!”
Nonostante non fossero trascorsi molti giorni da quel quattordici luglio non mancarono gli argomenti.
“E così….ora...c’è di mezzo la rossa Leah….sei un vero cacciatore! “
“Piantala….siamo amici…”
“….come no….bel moretto! “- sbatte’ le palpebre ripetutamente cercando di fare lo sguardo languido.
André  scosse la resta -“Sei proprio un mattacchione”
“Sentì un po’ ….io tornerei a casa…non  mi va di lasciare a lungo sola Diane “
“Si, certo. Salutamela tanto comunque ….ci si vede allora”- André gli strinse nuovamente la mano.
“Fai il bravo ragazzo “- si raccomandò Alain allontanandosi.
“Sempre “- gli strizzò un occhio.
“…e se tardi…..in bocca al lupo!”

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Capitolo 13
*** ANIMI TORMENTATI ***


Nel cortile sostavano diverse carrozze: Marie Beatrice era arrivata.
Abito verde brillante bordato sulle maniche di pizzo fiorentino, i capelli color grano maturo raccolti in uno chignon aiutò Jean Christophe e Anne Jaqueline a scendere.
“Mia adorata”- Madame Emilie e il Generale erano commossi.
I due figli dopo aver salutato con rispetto nonno Augustin si precipitarono tra le braccia della nonna -“Sapeste che gioia avervi qui!”
“Oh la mia ragazza…sempre più  bella!” - Nanny la baciò affettuosamente sulla fronte sollevandosi sulle punte dei piedi.
Oscar entrò  dal cancello proprio in quell’istante accompagnando Cesar per le briglie.
“Beatrice!”- le due si corsero in contro e si abbracciano forte.
“Sorella cara!”- gli occhi lucidi, l’emozione era veramente tanta –“ Sempre come un maschiaccio”- le disse riferendosi al taglio sul labbro e lo zigomo ancora leggermente tumefatto.
“Evidentemente …la mia indole..”- ci scherzò su.
I due nipoti le si aggrapparono alla camicia tirandola –“ Oscar…Oscar…ci fai vedere la tua spada?”
“Suvvia …ragazzi, un po’ di contegno, vi prego!”- li rimproverò la madre; i due si ricomposero giusto una frazione di secondo per poi riprendere più insistenti.
“Forza, andiamo nella mia camera così potrò mostrarvela”- li esortò a salire –“ Voi accomodatevi, ci vediamo dopo!”- disse rivolgendosi ai genitori e a Beatrice.
“Com’è andato il viaggio?” – domandò Augustin facendo entrare per prima le signore nel salottino .
“Un po’ faticoso.”- poi rivolgendosi a Nanny –“ Ti spiace portarci qualcosa di fresco? Oggi fa veramente caldo”- chiese agitando ripetutamente il ventaglio .
“Ma certo cara, provvedo immediatamente!”
“Louis Antoine? “- domandò il Generale
“È a Londra da qualche giorno per lavoro. Sarà di rientro sicuramente al nostro arrivo.”- versò  la limonata nel bicchiere.
“…dunque?...tua madre sono diverse notti che non dorme per l’agitazione”- Augustin posò una mano sulla spalla della moglie.
“…la casa è  veramente stupenda….vicinissima a spiaggia e scogliera….circondata dal verde, una terrazza con vista mare ed un patio sul retro….interamente arredata….i proprietari si sono trasferiti in Italia a Venezia… non avrebbero potuto portar via mobilio e suppellettili varie.”-  era decisamente entusiasta.
“…e voi? ”- le chiese la madre.
“Noi siamo proprio all’inizio dello sterrato che conduce alla vostra abitazione….sarà  circa mezzo chilometro. Le Conquet non è molto grande ma abbastanza organizzata, vicino ci sono molti altri paesini. Brest poi non dista molto e questo mi permette di svolgere il mio servizio gratuito presso la casa di accoglienza per ammalati ed infermi almeno tre volte a settimana”
“Sempre generosa!”- esclamò il padre.
“Sapeste quanta gente ha bisogno “- posò  il bicchiere vuoto sul tavolino.
“Quanto tempo ci vorrà  per il viaggio? “- Nanny portò una nuova caraffa.
“Beh, a carrozze vuote e dovendo fare alcune soste abbiamo impiegato due giorni. Pertanto mi sono preoccupata di trovare una sistemazione presso due alloggi. Pulizia ottima, personale cortesissimo e le pietanze devo ammettere giuste per soddisfare qualsiasi palato”
“…che dire? Hai veramente pianificato tutto!”- Madame Emilie era sbalordita. 
André dopo aver bussato entrò nel salottino.
“…oh mio Dio, che bel vedere”- Beatrice gli andò in contro e lo abbracciò .
Lui da gentiluomo fece il baciamano –“ È una gran gioia rivedervi”
“Sei ancora lo scapolo più bello di Parigi o qualche d’una è già riuscita a circuirti? “- lo prese per mano e lo fece accomodare accanto a sé . Lo adorava da sempre.
“…no, sono ancora un uomo libero”- arrossì leggermente.
Lei si portò il dorso di una mano alla fronte –“ Ah…fortunata quella donna che cadrà nella tua tela!....se solo fossi più giovane e nubile …non puoi nemmeno immaginare cosa sarei in grado di fare con te”
“Beatrice!”- Emilie coprì la bocca imbarazzata –“ Sei una donna maritata”
Lei rise –“Suvvia madre…siamo femmine!”- poi - “Ma torniamo a noi. Direi che potremmo tranquillamente metterci in viaggio tra qualche giorno, appena ultimati i preparativi. Prima però... sempre che voi padre siete d’accordo, avrei pensato ad una sorte di ricevimento di commiato….giusto pochi intimi che vorrete indicarmi ….i più fidati insomma per non dare molto nell’occhio”
“Devo ammettere  che sai metter in giro un bel trambusto ogni volta che vieni a trovarci ma….ben venga per animare un po’ la vita quotidiana”- sghignazzò il Generale –“ …credo che dovremmo fare molta attenzione però….”
“Se vi riferite alla missiva urgente fattami pervenire dove mi avete esposto la situazione attuale in città e le decisioni prese da mia sorella, giusto per questi motivi i nominativi degli invitati dovranno essere molto curati”- detto questo si accomodò al piccolo scrittoio, aprì il cassettino, prese carta e inchiostro e intinse la penna -“André….sei ancora il mio adorabile confidente?”
“Sapete bene che non frequento più certi salotti da molto tempo!”
Lei arricciò il naso in una smorfia di simpatia –“ Lo so mio caro….la mia era una scusa per averti qua vicino” – e allungata una mano lo invitò  ad unirsi a loro. 

Oscar aveva accompagnato i nipoti in giardino. Aveva fatto salire Jaqueline su Cesare e Christophe su Alexander.
“La mamma ha detto che presto prenderemo un cavallo per mia sorella ed uno per me”- 
“Bene, così potremo cavalcare assieme!”- commentò  lei.
“Ci stiamo già facendo viziare dalla zia?”- Beatrice scese i gradini –“ su, rientrate….vorrei fare due chiacchiere con lei”
“Ma siano appena saliti…!”- protestarono entrambi.
“Me ne occupo io “- André si avvicinò a loro e strinse amorevolmente la mano ad Oscar, sfilandole poi le briglie.
Sulle gote un leggero rossore ed i battiti le accelerarono. 
“È  tempo che non vedi tua sorella”- le sorrise –“ Allora, lo vogliamo fare un bel giro?”- si rivolse poi ai ragazzini.
“Siiiii”- risposero entusiasti.
Le due donne li seguirono con lo sguardo fino a quando scomparvero dietro l’angolo del palazzo.
“Allora? Non hai nulla da dirmi ?”- si misero a passeggiare. 
“In che senso?”
“…oh…suvvia…siamo entrambe donne adulte ….e poi non sono più vecchia di te per l’aria che tira!” 
Abbassò lo sguardo: inutile, sua sorella sapeva leggerle dentro.
Nonostante fossero cresciute educate secondo canoni l’uno l’opposto dell’altro, erano sempre state confidenti. Oscar adorava sua sorella e Beatrice aveva una predilezione nei suoi confronti, forse perché la più piccola, forse per il destino che le era toccato.
“Da quanto?”
Scosse la testa –“ …non saprei…”
“…a complimenti, andiamo bene.  Lo sa?”
“….no”
“Numi del cielo. Ho capito bene? …ma lui?”
“…si è dichiarato più di una volta…”
Lei buttò le mani in avanti come per stopper la situazione –“ ….un momento, fammi capire. Lui è innamorato di te da una vita e non sa di essere ricambiato?”
Annuì.
“…. E quindi, cosa stiamo aspettando? Che si stanchi e si butti tra le braccia di un’altra?”
Oscar strinse i pugni e si irrigidì.
Lei lo notò –“….ah, molto bene, abbiamo il terzo incomodo”
“…credo da qualche giorno”- disse a tono basso.
“Beh, vorrà dire che il lavoro sporco sarà più semplice del previsto”
Rimase allibita dalle parole della sorella –“ Beatrice, ma cosa stai dicendo?!”
“Sentì bella mia” – si volse andandole col viso sotto il naso –“ In guerra e in amore non ci sono regole…ricordatelo. ..impara a prenderti quello che ti appartiene! “
Beatrice era così, schietta, decisamente senza peli sulla lingua. Era sempre stata la figlia difficile da gestire: contro le regole, indipendente, antimonarchica. Non aveva mai frequentato Versailles…riteneva la corte e tutto il suo entourage “una marmaglia inutile e sfruttatrice”. Augustin messo alle strette dal suo carattere ribelle era stato costretto e mandarla in un collegio dal quale poi aveva dovuto ritirarla dopo qualche anno per via dei diversi tentativi di fuga. Durante uno di questi aveva conosciuto Louis Antoine quello che sarebbe divenuto suo marito, di sei anni più  vecchio di lei. Augustin aveva fatto molta fatica ad accettarlo perché non aristocratico. Un uomo che si era fatto da solo e aveva raggiunto un’ottima posizione. Solo grazie ad Oscar e Madama Emilie alla fine erano riusciti a convolare a nozze.
“Così hai lasciato l’uniforme…”- osservò  il cielo non più terso come all’arrivo.
“Suppongo che nostro padre ti abbia messo al corrente della situazione…”
“…oh si, e meno male che in  famiglia qualcun altro la pensa come me”- si sistemò lo chignon –“Antoine tempo fa sostenne le idee di Robespierre e di quella banda di pazzi che si portava appresso. Poi quando si rese conto che il suo vero scopo era quello di arrivare al potere cambiò rotta,  allontanandosi definitivamente…”
Oscar ascoltò in silenzio. 
“Ora basta parlare…rientriamo, abbiamo ancora diverse cose da sistemare ….e tante altre di cui discutere”

“Ottima cena Nanny, come sempre del resto “- il Generale si pulì gli angoli della bocca.
“Ah, dimenticavo”- Beatrice ripose il tovagliolo sul tavolo -“Mi sono rivolta a Madame Elisabeth perché mi indicasse il nome di una brava ragazza che potesse affiancare Nanny nelle sue mansioni in Bretagna...spero tu non ti offenda “ – volse il viso verso la nonna di André. 
“Oh no, assolutamente….anzi, finalmente qualcuno che possa aiutarmi!”
“Molto bene …dovrebbe venire qui a metà  settimana, così avremmo modo di conoscerla. Ha dato la sua disponibilità per due, tre mesi…poi a Le Conquet troveremo sicuramente qualcuno che la sostituisca al momento in cui rientrerà a Parigi ”
Augustin accompagnò la sedia alla consorte –“Che ne dite di passare di là?”
Emilie presi i due ragazzini per mano si avviò verso il salotto mentre Beatrice sottobraccio ad Augustin raccontava le bellezze della Bretagna.
Oscar si attardò soffermandosi di fronte alla grande vetrata. Nubi scure velarono la luna ed in lontananza si udì il rombo di un tuono. Uno scalpitio di zoccoli attirò sua attenzione. André stava uscendo con Alexander.

La pioggia cadeva incessante. 
Leah attese sulla soglia della taverna fino a quando intravvide André. Riparandosi con lo scialle si precipitò in strada.
Lui afferratala per una mano la caricò a cavallo e la coprì con il mantello.
Si strinse a lui assaporando il tepore che emanava –“ Credevo non venissi più “- gli disse.
Giunti a casa, richiusa la porta scrollò il mantello. Lei prese un telo gli asciugò il viso e glielo passò fra i capelli.
“Non potevi aspettarmi dentro? Su, vai a cambiati o ti prenderai un accidente”
Lasciò le scarpe sulla soglia e dopo essersi recata in camera, sfilò la gonna e la camicia indossandone una asciutta.
“Ti va se preparo qualcosa di caldo?”
Riapparve nella stanza, la camicia semiaperta lasciava intravvedere le rotondità dei seni. Non c’era alcuna malizia nei suoi atteggiamenti, lei era così spontanea, genuina...
“Tu vuoi farmi morire….”- mormorò  mentre si avvicinava.
“Non ci penso proprio”- gli scompigliò i capelli come suo solito –“ Sei troppo importante per me!”- gli sfiorò le labbra con un bacio veloce.
Sedette osservandola mentre armeggiava con tazze e teiera.
Sbuffò e la prese sulle gambe.
Comprese il suo disagio -“E’ così  terribile quello che devi dirmi?”
Stette per un istante in silenzio.
“….parto per la Bretagna “- era inutile fare tanti giri di parole.
Il respiro le morì in gola. Gli occhi le si fecero lucidi –“ ….per lei vero?”
André annuì –“ …io…”
“Non devi darmi spiegazioni, non siamo fidanzati” – scherzò amaramente.
Lui la strinse a sé posandole la testa sul seno –“ Perdonami se puoi…”
“Per cosa?...tu non hai fatto nulla. Semplicemente seguì il tuo cuore”- le fece male pronunciare quelle parole, ma la realtà era che lui amava tremendamente Oscar –“ …quando?”
“…fra qualche giorno “
Ingoiò le lacrime e si fece coraggio per sorridere –“ Cerca di essere felice….te lo meriti”
“…vorrei che tu sapessi che non ti ho preso in giro…”
Gli accarezzò teneramente una guancia –“ …lo so…non ne saresti capace…tu non sei come gli altri…”
Le prese la mano e gliela baciò –“ …non si è  ancora espressa in merito…ma sono certo che partirà anche lei….c’è qualcosa che non mi torna…”
“In che senso?”- domandò incuriosita.
“…da un po’ ho la sensazione che mi nasconda qualcosa...qualcosa che la turba…”
Lo fissò in quei suoi splendidi occhi smeraldo –“ …Dio quanto la ami…”
Abbassò  lo sguardo. Quelle parole non erano che la pura verità. 
“Sarei più tranquillo saperti a Cork”
“I malintenzionati esistono anche là….”
“…almeno saresti con i tuoi…”
“Non preoccuparti, cercherò di fare attenzione “
Rimase a pensare poi –“ Se avessi bisogno vorrei che tu ti rivolgessi ad un mio caro amico….si chiama Alain…”
“…è un bel moro come te?”-  lo provocò.
Le diede un  buffetto sulla guancia –“ Non fare la sciocca!”
Finalmente gli fece un bel sorriso.
“Domani sera mi dovrò trovare con lui ed altra gente alla taverna di Du Bois…”
Intravvide una sorta di imbarazzo -“…e ci sarà anche lei, vero?”
Lui la guardò.
“…non preoccuparti”- lo rassicurò.
“…non mi preoccupo. …con te non ho timori”

Richiusa la porta di servizio André appese il mantello.
Si strofinò energicamente le mani sulle braccia attraversato da un brivido di freddo: la temperatura nonostante fossero gli ultimi giorni di luglio si era abbassata notevolmente.
Si passò una mano fra i capelli e si diresse nelle cucine.  Provò a dare un’occhiata se fosse rimasta una fetta di torta di mele ma la ceramica di portata era vuota: i ragazzini avevano spazzolato via tutto, così dovette accontentarsi di un  bicchiere di latte.
Attraversò’ l’entrata e si accorse di una luce fioca proveniente dal salottino.
Aprì lentamente la porta. 
Ebbe la sensazione che ci fosse qualcuno.
Si avvicinò alla poltrona che dava di spalle e guardò dall’alto.
Oscar dormiva rannicchiata….come una bimba…il volto illuminato per metà dalla fiamma debole del camino dove l’ultimo ceppo era oramai alla fine. 
Quanto era bella nonostante fossero ancora presenti i segni sul viso dell’aggressione.
Raccolse la coperta scivolatale a terra e la coprì delicatamente fino alle spalle.
Le sfiorò un guancia con un leggera carezza. 
Girate le spalle fece per andarsene.
“Sei andato da lei?”
Rimase impietrito davanti alla porta.

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Capitolo 14
*** RIVELAZIONI ***


Il fuoco nel camino stava consumando lentamente anche l’ultimo ceppo.
André era immobile di fronte alla porta.
Oscar si alzò ripiegando la coperta e riponendola sulla poltrona.
Poi passandogli accanto –“ Non hai nemmeno il coraggio di rispondere “- lo sfidò con arroganza.
Attraversò l’entrata mentre lui non riuscì a proferire parola.
Fece il primo passo per salire in camera e aggrappandosi al corrimano –“ ….volevo dirti che partirò per la Bretagna” – fece qualche gradino –“ ….non credo di doverti dare spiegazioni “
Lui si irrigidì -“ Anche io devo dirti qualcosa”- il tono era deciso –“ Verrò in Bretagna con te”.
Lo fulminò con un’occhiata di ghiaccio –“Non c’è motivo che tu parta”- e proseguì.
La prese per una mano  –“ Ti prego…ascoltami”.
Fece resistenza –“ Lasciami per cortesia”- e con uno strappo si liberò.
Riprese a salire quando lui l’afferrò nuovamente –“ Oscar…!”
La voce spezzata da un nodo alla gola, si volse –“ Lasciami André….non rendere le cose più difficili “
André le vide il volto rigato dalle lacrime e gli sfuggì la presa.
Lei accelerò il passo ed entrata in camera richiuse velocemente. Le mani ferme sulla maniglia come per bloccare l’accesso,  la fronte contro la porta….le lacrime.
“Oscar apri  ti prego….ascoltami….”- la supplicò battendo energicamente i pugni.
“Vattene André….torna da lei!”
Spalancò le mani premendole contro la porta e chinando il viso –“ …si sono andato da lei….ma per dirle che sarei partito….”
“Non voglio che tu venga….vattene”
Oscar scivolò lungo la schiena sedendo a terra. Rannicchiò le gambe raccogliendole con  le braccia e appoggiò il viso sulle ginocchia 
André la sentì singhiozzare al di là della porta.
“Oscar…”- no , non poteva andarsene e lasciar perdere tutto…no …lei era solo a pochi centimetri da lui...avrebbe voluto chiederle come lo aveva scoperto….poi….rammento’ ….quando si era cambiato….la camicia….quella sbavatura. Lei lo aveva visto…forse quando l’aveva sorpresa in armeria….si, poteva essere stato solo in quell’occasione…scosse la testa.
“…se vuoi sapere se abbiamo fatto l’amore…”
“…ti prego,  smettila..!”- gridò dall’altra parte.
“…no, lo devi sapere…”
Si tappò le orecchie con le mani. Faceva presto sua sorella a dire –“…impara a prenderti quello che vuoi..”
Ma dov’era finita la Oscar coraggiosa e lottatrice di un tempo? Si era detta di non voler perdere per l’ennesima volta di fronte all’amore. Che cosa stava facendo allora? 
No, non voleva sapere….le avrebbe fatto troppo male….quella donna, l’altra….tra le sue braccia…toccare la sua pelle,  baciarlo….no….no…
Strinse gli occhi….non voleva vedere quell’immagine della sua fantasia torturarle la mente.
“…non l’abbiamo fatto….non potevamo…non potevo….”
Lei sollevò lo sguardo basita.
Il silenzio calò tutto intorno e vi rimase a lungo.
Fuori il cielo si era schiarito. Le nuvole avevano rifatto posto alla luna.
Volse il viso su di un lato –“ André. ..? “
“….si ..”- era rimasto seduto tutto il tempo fuori, le spalle contro la porta, la testa tra le mani.
“Perché  vuoi seguirmi?”
Sollevò la testa –“ Perché l’ho sempre fatto…perché ho bisogno di te….e tu di me!”
Poi –“ ….Oscar, ….perché stai piangendo?”
Lei tacque. 
“…vuoi proprio cancellarmi definitivamente dalla tua vita? …è questo che vuoi?”
Inspirò profondamente quasi cercando cosi il coraggio di rispondergli –“ ….no André. …io desidero che tu ci sia nella mia vita…”
Lui spalancò gli occhi.
“…e se ora non ho le forze per lottare per averti non è detto che domani sia ancora così. Non lascerò che un’altra donna mi impedisca di prendermi l’uomo che amo!”
André non poté  credere alle sue orecchie.
“…io questa battaglia voglio vincerla….a tutti i costi…”
Si alzò in piedi allibito. …si era dichiarata!!!
Vide la porta aprirsi lentamente quando improvvisamente una serie di colpi di tosse piegò Oscar in ginocchio.
Si precipitò su di lei –“ Oscar…Oscar!”
Le parve di annaspare cercando disperatamente di riempire i polmoni d’aria.
Si portò una mano al petto: non aveva mai provato un dolore così intenso.
André  tentò di aiutarla a sollevarsi. ..il viso pallido,  velato di sudore…
Una mano posata a terra l’altra aggrappata a quella di lui.
Finalmente smise. 
Era stremata.
La raccolse tra le braccia e la coricò sul letto. 
Sulla porta apparve Marie Beatrice allarmata –“ Cosa sta’ succedendo? “- 
“Sta male…sta molto male”- André era in preda al panico.
La sorella si chinò su di lei : le parve di vedere un cadavere. 
“André. ..spalanca la finestra…prendi delle pezze nell’armadio e bagnale nel catino ..”
Senza preoccuparsi della sua presenza le sfilò scarpe e pantaloni -  “ …aiutami” – gli chiese. Doveva sollevarla e toglierle la camicia.
La rinfrescò per bene e le mise della biancheria pulita.
“…vai a chiamare il dottore!”- gli ordinò. 
Oscar nel frattempo si era ripresa. Udito ciò  sollevò un braccio –“ …no…fermi”
Il respiro stava tornando al suo ritmo naturale.
“….non ce n’è bisogno….”- le gote erano tornate rosee –“ …vi prego,  chiudete la porta” - ebbe la forza di sedersi lasciando ricadere la gambe su un lato del letto.
André obbedì e tornò accanto a lei.
Abbassò  lo sguardo e gli occhi si fecero lucidi.
“Oscar…che cosa c’è? …parlami, ti supplico”- la prese delicatamente per il mento –“ …non continuare con i tuoi silenzi ed i tuoi segreti”
“…ho un principio di tisi!” – le parole uscirono dalla bocca senza alcuna emozione.
Nella camera come una sorta di ronzio surreale.
“…se mi curerò ho buone probabilità  che la malattia regredisca…..”
 Marie Beatrice affondò  il viso tra le mani.
Oscar le allungò una mano –“ …no Beatrice,  non c’è bisogno di disperarsi. …io sono ancora qui….sono pronta a lottare anche per questo. ..”
Beatrice sedette accanto a lei –“ Perché? Perché non me lo hai detto?” 
“Dovevo trovare il coraggio di farlo. Io non voglio la compassione di nessuno…”
“Sei una stupida. …!”- le disse.
“Sentì…ti supplico…non voglio che nostra madre e nostro padre lo sappiano”
Cercò di comprendere le motivazioni della sorella –“ D’accordo…ma comunque manderò due righe al Professor Schoenlein a Le Conquett in maniera che al nostro arrivo ti possa visitare”
“…senti,  conosco bene la mia situazione…”
“Diamine Oscar”- sbottò André –“ vuoi stare ad ascoltare una volta per tutte chi si preoccupa per te e ti vuole aiutare? Se lo avessi detto prima sai quanto tempo avremmo risparmiato? “ – cominciò ad andare sue giù nervosamente  per la stanza scuotendo la testa senza darsi pace.
“Avevo ben altri pensieri che occuparmi di questo! “- rispose alterata.
“ E quali così  importanti da mettere a repentaglio la tua salute?”- piegandosi su di lei la guardò quasi aggredendola.
Lei lo afferrò di colpo per il collo della camicia –“ Dannazione André….e me lo chiedi pure….per cosa mai ci siamo tormentati continuamente fino a poco fa?”
A Marie Beatrice parve di assistere ad un vero e proprio battibecco tra innamorati. 
Con le mani li pregò -“ Ragazzi, per carità. …abbassate il tono!”
Ma non servì decisamente a nulla. 
I due continuarono imperterriti a beccarsi come se lei nemmeno fosse presente.
Nonostante il pensiero per la sorella le venne da sorridere….forse ciò che era accaduto era finalmente riuscito a chiarire molte cose.
In silenzio si allontanò richiudendo la porta. Ora era importante inviare una missiva al medico….ma anche lasciarli soli…
“Io proprio non ti capisco.  Da quand’è che lo sai?”- gesticolò animatamente in aria. 
“…credo che tutto abbia avuto inizio poco dopo gli Stati Generali. ..”
“…ah..perfetto…nemmeno qualche giorno fa….bensì qualche mese !”
Sedette sul letto e affondò la testa tra le mani.
“…ora mi curerò’….vedrai che…”- provò a rassicurarlo. 
“Non capisci….maledizione! “
Rimase attonita di fronte ai suoi splendidi occhi verdi riempirsi di lacrime.
“…non voglio perderti Oscar….non voglio che tu muoia…sei troppo importante per me….non potrei vivere senza di te!”
Provò un’infinita tenerezza e asciugandosi le lacrime si avvicinò a lui…posò le labbra sulle sue.
André le sentì così delicate, morbide, calde. ..la sua lingua sfiorò quella di lei e l’avvolse dolcemente. 
La cinse per un fianco a la strinse forte a sé.
Era la sua Oscar…la donna tanto desiderata….quella che amava da una vita….l’unica, la sola.
L’accarezzò tra i capelli premendo con passione la sua bocca contro quella di lei.
Lentamente si staccarono.
Rimase a fissarla.
“…io non posso morire..”- Il tono era quello della Oscar forte e risoluta che lui conosceva -“…ora ci sei tu!”
Quanto aveva atteso lui quelle parole e quanto aveva sofferto lei per riuscire a pronunciarle.
Le sue dita si infilarono tra i capelli di André –“…non dovremmo…se non riuscissi a curarmi potrei mettere a repentaglio anche la tua salute…”
Le prese le mano –“ Credi che me ne importi?....morirei comunque senza di te..”
Lei gli posò  due dita sulle labbra –“ shhh…..ti prometto che farò di tutto per stare bene, per vivere….per noi”
L’abbracciò nuovamente. 
“André. ….che cosa provi per lei?” – non avrebbe voluto fargli quella domanda ….ma voleva sapere.
Lui scavò a fondo nel suo cuore. …con lei doveva essere sincero….a tutti i costi –“ ….una forte attrazione…”
Oscar rimase stordita dalla risposta.
“…tra noi è nata una strana alchimia sin dal primo giorno. ..”
Fu come se una lama la trafiggesse alle spalle. 
Si scostò da lui coricandosi su un fianco .
Vide una lacrima attraversarle la guancia. Con una mano gliel’asciugò –“….se il corpo può essere debole il cuore non lo è. ..”
Lo fissò intensamente.
“Io ho la fortuna di averti accanto….Lei purtroppo è rimasta sola dopo un incidente”
Oscar sgranò  gli occhi e provò una pena incredibile.
“…le voglio molto bene, non posso negarlo….ma l’amore è un’altra cosa…!”
Ecco: quello era l’uomo che amava, sincero fino all’ultimo.
“Perdonami André per tutto quello che ti ho fatto soffrire”
La baciò sulla fronte e le sorrise –“ pagherai pegno per ogni volta che mi hai rifiutato!”- la bacchettò scherzosamente.
Poi - “ Forse sarebbe meglio che tu ti riposassi,  non credi?”- si alzò  dal letto.
Lei lo trattenne per una mano –“ Mi lasci sola?”
I suoi occhi azzurri erano tornati brillanti come sempre.
“…no…se potessi…”
Oscar lo tirò su di lei sul letto.
Si trovò così fra le sue gambe nude, la camicia stropicciata lasciava intravvedere la biancheria intima.
Cercò di placare l’eccitazione. Deglutì. 
Ma lei se ne accorse –“ Non credevo di suscitare una reazione tale!”- gli sussurrò all’orecchio. 
Si sollevò sulle braccia –“ …..è  meglio che vada…non credo di riuscire….”
Lei arrossì leggermente. 
“….potrei non riuscire a mantenere il controllo…”
“Ti prego, resta”- gli sfiorò teneramente le labbra.
Non seppe resisterle, si coricò accanto e lei si rannicchiò tra le sue braccia.
Nella notte rimase ad ascoltare il respiro di Oscar.
Non chiuse occhio.
Saperla tra le sue braccia gli pareva quasi impossibile…l’amore di una vita…
Verso il mattino nel sonno si girò verso di lui.
La camicia si spostò lasciando intravvedere l’aureola di un capezzolo…la bocca di fronte alla sua, socchiusa….
Muovendosi lo sfiorò tra le gambe. Trattenne il respiro.  L’eccitazione era decisamente alle stelle. Avrebbe voluto sentire la sua pelle scorrere sotto le mani ….quanto la desiderava. 
Rimase immobile attendendo che il suo sonno tornasse profondo.
Poi lentamente scese dal letto e la coprì  con il lenzuolo.
Avrebbe voluto baciarla sulla fronte ma sicuramente si sarebbe svegliata.
Sorrise guardandola.
In silenzio richiuse la porta alle sue spalle. Scese in cucina: aveva bisogno di un caffè per riprendersi dalla notte trascorsa in pratica in bianco.
Riempì la tazza. L’aroma si diffuse per la stanza.
I raggi del sole filtrarono dalla finestra illuminando tutto attorno.
Com’era trascorso in fretta il tempo: in una notte era cambiata la sua vita ma anche quella di Oscar.
Ripose la tazza.
Si passò velocemente le mani sul viso strofinandosi gli occhi e sistemandosi i capelli.
Si avviò verso l’uscita di servizio.
Percorse il tratto verso le scuderie ripensando a quanto accaduto.
“Buongiorno Alexander” lo accarezzò sulla criniera –“ Buongiorno Cesar”.
Accomodò la sella e sfilate le briglie si volse. 
“Un po’ presto per uscire, non credi?”




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Capitolo 15
*** ARIA DI NOVITÀ ***


Marie Beatrice era ferma di fronte a lui, una mano appoggiata alla porta della stalla, i capelli sciolti scivolavano morbidi sulla vestaglia allacciata sui fianchi.
“Devo uscire!” – rispose passandole accanto tenendo Alexander per le briglie.
Lei non si mosse – “ …ti prego…non farla soffrire…è troppo fragile in questo momento”.
Si voltò guardandola girata di spalle –“ …non potrei mai”
“Eppure lo hai fatto…con lei”- fu pronta a controbattere facendo riferimento a Leah pur non conoscendola ma cosciente della sua esistenza.
“Abbiamo sofferto troppo entrambi…non credi che forse ci meritiamo un po’ di felicità? “
Si girò.  Voleva un gran bene ad André.  Lo aveva da sempre considerato come un fratello.
Lui dal suo canto al cospetto del Genere l’aveva sempre trattata secondo “le regole” ma in quella che poteva definirsi “intimità “ era la sorella mai avuta.
“Le tue parole mi feriscono…non mi conosci forse abbastanza?”
Beatrice gli prese le mani –“ Perdonami…ti ho mancato di rispetto…non ho mai avuto dubbi sulla tua sincerità  e lealtà. ..ma Oscar è mia sorella…”
I suoi occhi lucidi  lo commossero –“ Amo tua sorella…da sempre….se avessi voluto le occasioni non mi sarebbero mancate…”
Sorrise e abbassò  gli occhi - “…certo”.
Montò su Alexander –“Stai serena Beatrice”- e si allontanò. 
Lei rientrò in casa. A metà scala incrociò  Oscar.
“André?” 

“Si, un momento…arrivo”- Diane si asciugò le mani e aprì la porta  -“ André….che bella sorpresa!...avanti, accomodati”
Entrato rimase stupito –“ Pierre..!?”
Lui alzatosi allungò la mano –“ Ciao André “
Guardò una frazione di secondo la ragazza che arrossì leggermente.
In quell’istante Alain si presentò  nella stanza stiracchiandosi e sbadigliando.
“Ehi bel moretto, buongiorno…a che devo la tua visita così  di buon mattino?”- diede un bacio alla sorella e una pacca sulla spalla a Pierre –“…ti sei comportato bene?”
Il giovane rise –“ Devo…o con te rischio di trovarmi braccia e gambe spezzate!”
“Bravo…hai compreso perfettamente le leggi di questa casa”- scoppiò in una fragorosa risata.
“Siedi bel moretto” – invitò André. 
“Perdonami…ma avrei necessità  di parlarti in privato “
Diane verso due tazze di caffè. 
“Vieni  ci mettiamo di là “- si accomodarono nella stanza accanto. Chiuse la porta sorseggiando il caffè.  
“…non sapevo di Pierre …”- André era sbalordito.
“Ha conosciuto mia sorella al mercato rionale e ha cominciato a venirla a trovare tutti i giorni sostando sulla porta. L’ho fatto entrare l’altra sera quando pioveva. ..ma li tengo sottocchio…”- sghignazzò riponendo la tazza –“ Allora? “
André non seppe da che parte cominciare.
“Mi devi forse ….beh…insomma…Leah…”- comprese il disagio dell’amico -“….non devi raccontarmi i particolari di quello che avete fatto…”
“Ieri sera Oscar ha confessato di amarmi…”
Alain rimase esterrefatto. Non poteva credere alle sue orecchie. Colei che riteneva una donna senza sentimenti si era dichiarata.
“..che dire?...amico mio hai la gran fortuna di essere molto ricercato dalle donne!” – cercò  di stemperare la tensione.
Sospirò –“Credimi se ti dico che nonostante fossi quasi certo dei suoi sentimenti…fatico a rendermene conto…” 
Accennò ad un sorriso –“ Quanto sei felice?”
Gli si illuminarono gli occhi –“ Nemmeno puoi immaginare “
Gli posò una mano sulla spalla –“ Sono immensamente contento per voi”- con un ultimo sorso vuoto la tazza –“ …e la bella rossa?”
“Sono venuto giusto per questo”
Alain si fece serio.
“Leah ed io ci siamo chiariti….le voglio molto bene…ora Oscar ed io partiremo per la Bretagna”
“…siamo già sulla soglia di una chiesa?”- ridacchiò’.
“…no Alain…sono certo che sarà lei stasera a dirvelo….preferisco non anticipare nulla”
Comprese che la motivazione doveva essere molto più  seria.
“Vorrei chiederti un favore…”
“Sono tutto orecchie”
“…Leah è  sola….ho paura che possa capitarle qualcosa”
“Ehi amico,  puoi contare su di me. Parti tranquillo. Vorrà  dire che sarà  come controllare due Diane”- scoppiò  in una risata.
André  riuscì finalmente a mettersi il cuore in pace –“ te ne sono infinitamente grato”
“Bel moretto …la lista oramai è  lunga. Ma sei il mio migliore amico e non potrei mai rifiutarmi”- continuò a ridere.
Tornarono nell’altra stanza da Diane e Pierre.
“Voi due…comportatevi bene, soprattutto tu” – puntò il dito verso il giovane.
“Senti André,  Bernard mi ha anticipato che stasera ci sarà gente nuova all’incontro”
“Speriamo a questo punto di riuscire a sederci tutti”
“A Du Bois ho chiesto di tenerci un bel tavolo grande ben in disparte”
“Allora ci si vede stasera…e grazie”
“Figurati”
Salutò anche Diane e Pierre –“ Complimenti ragazzi!”- gli venne naturale dire.
Lei chinò il viso un po’  in imbarazzo mentre lui gli fece un cenno con la mano.

Beatrice prese sottobraccio Oscar.
“Buongiorno mia cara sorella, ben alzata”
“Hai visto André? “- le era dispiaciuto svegliarsi e non trovarlo più  accanto.
“Sarà sicuramente alle scuderie ad accudire i cavalli” – la distrasse –“ tu ed io questa mattina abbiamo diverse cosette di cui occuparci “- la spinse forzatamente su per le scale.
“Ma devo ancora fare colazione! “- si lamentò frastornata.
“Nanny sarà così  gentile di portarla di sopra”- disse ad alta voce affinché la donna sentisse.
“Certo bambine,  provvedo subito”- rispose dalla cucina.
Raggiunta la camera di Oscar, Beatrice sbirciò nell’armadio della sorella.
“Non ci siamo” – Scosse la testa “- Credo che qui ci sia bisogno di dare una svecchiatina al guardaroba”
La prese per mano e la condusse nella sua stanza.
“Domani sera sarà il caso di indossare qualcosa di femminile”
Lei sgranò  gli occhi –“ Non se ne parla assolutamente. Ma stiamo scherzando?!” – e fece per andarsene.
Ma Beatrice prontamente la tirò per la camicia –“ Ferma qui…brutto maschiaccio che non sei altro…adesso ti sistemo io”.
Prendendola energicamente le sfilò camicia e pantaloni mentre lei si dimenava disperatamente.
La sedette con la forza sulla poltroncina e tra spazzola e fermagli le acconciò i capelli.
Le fece indossare della raffinatissima biancheria intima, poi prese dal suo guardaroba un abito grigio con ricami argentati dritto, le spalline sottili. Nessun antipatico corpetto.
Al termine, esausta ma soddisfatta per il lavoro si lasciò  cadere sul letto.
“…e adesso dimmi se non è tutta un’altra cosa” – fece un lungo sospiro.
Oscar apri l’anta dell’armadio e si guardò allo specchio. 
Rimase senza parole: l’immagine riflessa era quella di una splendida donna di un’eleganza sorprendente ma semplice.
L’abito scendeva morbido sui fianchi mettendo in risalto tutta la sua grazia.
Nemmeno quella sera in cui Nanny l’aveva obbligata a sofferenza con il bustino e quant’altro per il fatidico ballo eguagliava quello che con fatica era riuscita a fare Beatrice. 
“Che ne dici? “
Oscar aveva gli occhi lucidi : quella era lei!
“E ora qualche nozione di femminilità…poi…beh si aprirà un mondo fantastico…che ti sta solo aspettando”- le si accostò con malizia –“ Immagina André. ..”
Ascoltò in silenzio le fantasie di sua sorella.
“…le sue mani sulle tue spalle…”- l’accarezzò –“ …scendono lungo le braccia…sui fianchi…”
Un brivido l’attraversò pensando a lui.
“…scendono , lente. ..ti desiderano…”
“Beatrice, ti prego!”- avvampò imbarazzata. Sedette nuovamente sulla poltroncina.
Pensò  che in fondo non si sentiva goffa come in precedenza.
Beatrice si avvicinò con la bocca al suo orecchio mentre con una mano le dava un leggero velo di colore alle labbra –“ Più  una donna è  femminile…più farà impazzire il suo uomo. ..”
Sua sorella era indubbiamente incredibile nel riuscire con le parole ad ammaliarla. 
“…guarda quanto sei bella…prima o poi sarai alla resa dei conti…perderai la testa….ed anche il tuo candore…ma con l’uomo giusto…gli regalerai la tua purezza …ed lui ti porterà oltre le porte del piacere più intenso…poi non ne potrai più fare a meno...”
Lei fece un lungo sospiro.
“…non avere paura...lui saprà come guidarti…seguì l’istinto del tuo cuore…non provare imbarazzo…qualsiasi cosa farai non potrai che compiacerlo …”
“Beatrice….ma….la prima volta? “
Lei sorrise con malizia –“ Mi saprai dire…anche se io te lo leggerò negli occhi prima “- le diede un’ultima sistemata ai capelli -“…e se vorrai saperne di più su cosa si può fare ad un uomo o ottenere da lui sotto le lenzuola sarò ben lieta di …illuminare il tuo cammino”- le sorrise stuzzicandola.
Lei arrossì  terribilmente per l’ennesima volta. Si chiese se fosse capitato….se mai André ….come sarebbe stato…..
Qualcuno bussò alla porta. 
Beatrice aprì facendo attenzione che non si potesse vedere all’interno della camera.
“La colazione”- Nanny tentò  di entrare.
“Grazie, ci penso io”- le prese il vassoio e fece per richiudere.
“Volevo comunicarvi che è arrivata la ragazza ma… “
“Avvisa nostra madre e falla accomodare. Scendiamo fra qualche minuto “
“…si…ma volevo dire che…”
“…Nanny….arriviamo….lasciaci qualche minuto”
Nanny si arrese e fece come le aveva detto la giovane.
Beatrice richiuse la porta e si volse a guardare sua sorella per l’ennesima volta.
“Quanto sei bella…..non vedo l’ora sia domani sera….”
Oscar rimise gli abiti soliti tralasciando le bende che le fasciavano normalmente il seno e dopo aver sciacquato il viso si diede una spazzolata veloce.
Madame Emilie era già in salotto  assieme a Nanny e colloquiava con tono famigliare con la ragazza.
Le due sorelle fecero il loro ingresso e rimasero di stucco –“ Rosalie!” esclamò  Oscar.
“Madamigella Oscar, Madame Beatrice “- fece un leggero inchino.
“Avete visto figlie mie che sorpresa…ma Beatrice, non ti aveva detto niente Madame Elisabeth?”- chiese Emilie.
“Solo che si trattava di una bravissima ragazza. ..e che dire?...lo sappiamo bene” – abbracciò  calorosamente Rosalie –“ …non potevamo cadere in mani migliori”
“Che bella sorpresa!”- Oscar le sorrise e l’accarezzò su una guancia.
“Vi ringrazio. Sono molto felice di essere nuovamente qua”
Rimasero a lungo a chiacchierare del più e del meno fino ad affrontare il discorso viaggio e permanenza a Le Conquet.
“Da quello che ho capito hai dato la tua disponibilità per qualche mese”- osservò Emilie.
“Bernard mio marito dovrebbe recarsi a Londra per alcuni impegni…e be, sapere innanzitutto che sarò con voi lo rasserena moltissimo. ..piuttosto che rimanere a casa da sola”
“Due piccioni con una fava!”- esclamò  Beatrice.
Il gruppetto rise allegramente.
“Ma hai già portato il tuo bagaglio?”- Nanny era in fibrillazione per la gioia.
“No, Bernard me lo consegnerà domani”
“Quindi significa che sei già operativa?”- Oscar le strinse una mano.
“…se siete d’accordo…”
“Assolutamente si”- Nanny non stava nella pelle. In passato con Rosalie si era sempre trovata benissimo. Era una giovane adorabile, posata, senza tanti grilli per la testa, semplice…e poi in pratica era una di casa.
Palazzo Jarjayes si era come d’incanto risvegliato, rianimato dalla presenza dei nipoti, di Beatrice ed infine di Rosalie.
“Adesso se volete scusarmi….dovrei dedicarmi un po’ ai miei figli”- Marie Beatrice uscì dal salottino e raggiunse Christophe e Jaqueline.
Madame Emilie tornò agli ultimi preparativi per il viaggio.
“Noi potremmo anche vedere di organizzare i pasti di oggi “- Nanny si rivolse a Rosalie.
“…vi spiace se scambio due parole con Oscar?”
“No cara, fai con comodo. Io ti aspetto in cucina”- e le lasciò sole.
“Non  puoi immaginare quanto sia felice di averti ancora qui a palazzo”
“Madamigella voi siete sempre troppo buona”- arrossì abbassando lo sguardo.
L’accarezzò  tra i capelli –“ Di cosa mi volevi parlare? “
Cercò  di nascondere l’imbarazzo…il suo timore era che le rispondesse magari seccata…
“…ecco,  vedete…volevo domandarvi….”- era veramente difficile mettere insieme le parole.
“E’ un qualcosa così difficile?”
“….voi. ..voi non state bene…già da quando André….insomma…io volevo chiederlo allora…ma poi siete tornata a casa…magari non sono cose che mi devono riguardare…ma io ….sono preoccupata per voi..”- si portò le mani al viso piangendo –“ …io vi voglio bene…non…non posso pensare che ….”
Lei le prese le mani –“ Tranquilla…e non piangere”- le porse un fazzoletto.
Asciugò gli occhi e sollevò il viso.
“…una promessa però…”- lo sguardo si fece severo –“ mia madre e mio padre non lo devono sapere….sia chiaro?”
Rosalie annuì e comprese che doveva essere qualcosa di grave.
“…se ho deciso di andare in Bretagna e per curarmi….ho un principio di tisi…”- quasi le sussurrò.
Lei sgranò gli occhi e sentì un nodo alla gola soffocarle ogni parola.
“…non voglio vedere lacrime. ..d’accordo?”- il tono era risoluto.
“…si, d’accordo!” – la voce tremolante.
Oscar le sorrise –“ Ora vai, Nanny ti sta aspettando. Avremo occasione di parlarne in seguito ”.
Rosalie le volse le spalle e si diresse verso le cucine girandosi un’ultima volta per guardarla quando si scontrò con André. 
“Ehi….che ci fai qui?” - le  sorrise.
“È la ragazza indicata a Beatrice da Madame Elisabeth”- rise Oscar.
“Fantastico….mi sembra di essere tornato indietro nel tempo”- la guardò con i suoi bellissimi occhi verdi.
“Grazie André. ..vedo che ti sei ripreso benissimo”- ricambiò il sorriso –“ Ora è  meglio che vada”- e li lasciò soli.
Il volto di Oscar si illuminò di gioia vedendolo –“ Non ti ho trovato stamattina”
Si avvicinò ma prima diede un occhiata in giro. Nessuno nei paraggi.
Accostò il suo viso a quello di lei e le sfiorò le labbra con un bacio dolcissimo. 
Lei rimase con gli occhi chiusi, la bocca pronunciata verso di lui. Il suo profumo l’avvolse.
“Buongiorno”- le disse. La tentazione fu quella di prenderla per la vita e stringerla a sé ma dovette trattenersi per paura che improvvisamente comparisse qualcuno.
Oscar lo accarezzò su una guancia –“ Eri alle stalle?”
“No, sono passato da Alain”
“Ma lo vediamo questa sera con gli altri…”
Non poteva mentire ma non voleva nemmeno tirare in ballo l’argomento Leah per non ferirla. 
Cambiò  discorso –“ Sai chi c’era?”
Lo fissò con sguardo interrogativo.
“Pierre”
“Cosa?”
“Si…Alain mi ha detto che si sono conosciuti al mercato e lui ha iniziato a farle una corte spietata”
“Immagino Alain….”- rise sotto i baffi.
Quanto era bella. Quando era felice le ridevano anche gli occhi. E l’amava terribilmente. Voleva, si voleva abbracciarla…quella notte non gli era bastata…si, era stato il primo passo per stare insieme….ma dentro era come se gli ardesse un fuoco inestinguibile …la desiderava …da morire. 
Fece un azzardo.  L’afferrò per una mano e la condusse sotto le scale, nell’armeria.
“Ma…cosa…!”- Oscar non capì.
Facendola entrare la spinse con le spalle verso la porta chiudendola a chiave.
Lei non seppe cosa fare.
Appoggiò una mano allo stipite mentre con l’altra prese ad accarezzarle il viso. Con le dita le sfiorò le labbra giocando con quest’ultime,  socchiudendole la bocca. Poi scesero lungo il collo insinuandosi lentamente oltre l’apertura della camicia. Immaginò di trovarsi di fronte le bende che quotidianamente metteva invece rimase stupito sentendola libera. Proseguì accarezzando con un po’ di timore le rotondità di un seno soffermandosi poi sfacciatamente a stuzzicarle un capezzolo.
Chiuse gli occhi. Un gemito leggero.
Li riaprì quando la bocca di André si posò sulla sua. La sua lingua la cercò dolcemente perché rispondesse a quel morbido e lento abbraccio.
Si lasciò travolgere. Perse come il senso dell’equilibrio  le cedettero le gambe ma lui la prese per un fianco e la trattenne.
I baci di André erano paradisiaci. 
“Ti desidero Oscar….”
Lei come inebetita cercò di riaversi da quel turbinio di emozioni e sensazioni. Il cuore pulsava a mille.
“…André. ..”- sussurrò.
Ricadde con la fronte sulla spalla di lei. Diventava difficile riuscire a trattenersi.
Lo accarezzò tra i capelli: sentì di desiderarlo terribilmente….ma non era né il luogo ne il momento.
André fece un lungo respiro. Le prese il volto tra le mani e la baciò dolcemente. 
Avrebbe voluto dirle mille e più  cose ma rimase semplicemente a fissare i suoi occhi celesti.
Girò la chiave alle sue spalle e fece per aprire –“ Meglio tornare di là “ – le disse.
Me lei spingendo la porta con il bacino gli buttò le braccia al collo –“ …un bacio ancora…Grandier..”
La cinse per la vita e la strinse forte –“ Comandante Jarjayes…voi mi volete circuire? “
“Tacete soldato…e obbedite agli ordini”
 


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Capitolo 16
*** GELOSIA ***


La taverna brulicava di gente.
Oscar e André entrarono nel locale.
Da un tavolo laterale quasi nascosto su un lato del bancone Alain li intravvide e agitò le braccia per farsi notare.
“Ciao Alain!”- lei allungò la mano.
“Comandante”- rispose con una stretta calorosa.
Sorrise –“ Non credi sia il caso di smetterla con questo appellativo?”
“Voi siete stato e sarete sempre il nostro comandante”- esclamò dando la solita pacca sulle spalle ad André –“ Ciao amico!”
“Ma gli altri?” – si guardò  in giro ed in mezzo alla confusione incrociò  gli occhi di Leah.
Lei lo fissò dal capo opposto del locale. Un sorriso ed un leggero cenno con la mano.
Lui rispose a quel gesto con un briciolo di disagio, ma del resto era scontato che si sarebbero incontrati.
Finalmente fece il suo ingresso Bernard accompagnato dal curato Du Mont, Pierre e due nuovi soggetti.
“Ragazzi, buona sera”- salutò  il gruppo –“ Vorrei presentarvi Jean Paul Marat, giornalista e medico e l’ufficiale Napoleone Bonaparte”
Oscar spalancò gli occhi stringendo la mano a quest’ultimo -“ Io vi conosco, ci siamo incontrati alla Regia Scuola Militare..”
“Ricordate bene Comandante”- gli occhi scuri e fieri di un giovane soldato ventenne già noto per capacità strategico-militari.
“Non sono più Comandante”- sottolineò.
“Sono al corrente di questo,  ma credetemi che con la presa della Bastiglia voi e i vostri ex soldati siete divenuti molto famosi”
“Non scherzate, io ho appoggiato semplicemente una giusta causa”
“Nessuno lo mette in dubbio…ma chiedete ai colleghi presenti e vi confermeranno le mie parole”
“Dopo la caduta della fortezza molti della folla hanno continuato a ricordarsi di voi e personalmente sono molto felice di fare finalmente la vostra conoscenza.” – osservò Marat -“Avete per caso letto il mio articolo dopo l’accaduto?  Vi ho citato tra le righe…”
Oscar abbassò lo sguardo  –“Vi prego. ..non c’è bisogno di tutti questi elogi….comunque siamo qui per ben altri motivi”
Jean Paul annuì e cominciò ad illustrare il suo pensiero –“Il popolo deve assolutamente essere unito. Deve saper vigilare sull’operato dei ministri. Il loro obiettivo è lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale, il loro mezzo la guerra civile. C’è assoluta necessità di mantenere la calma”.
“Marat…l’unità sicuramente ma al momento il vero problema è  la sicurezza. Se nei centri urbani i cittadini continuano ad armarsi, in provincia i contadini hanno cominciato ad assaltare i castelli dei nobili saccheggiandoli o addirittura bruciandoli. ..con lo scopo di distruggere i documenti attestanti i diritti feudali…”- sottolineò Bernard.
Oscar pensò subito ad Arras…non era un castello e i Jarjayes non avevano terreni circostanti comunque fortuna volle che suo padre fosse riuscito a vendere la tenuta prima di partire per la Bretagna.
“…e questo è  appunto uno degli argomenti che verranno discussi prossimamente dall’Assemblea Nazionale…devono essere aboliti con tutti i privilegi in generale “- precisò Marat –“altro punto è  quello della stesura di una sorta di carta dei diritti dell’uomo. …le prime basi sono già state scritte…”
Esposta la situazione del momento, le idee ed i programmi Bonaparte si rivolse ad Oscar –“Avete fatto scelte giuste…vedrete…questa rivoluzione porterà ad uno dei periodi più bui della storia , ma alla fine la Francia tornerà  ad essere un grande paese… ve lo dice uno che nonostante tutto la detesta!”
Lei rimase come scioccata. 
“Siete stupita vero? Personalmente ora come ora mi interessa solo l’indipendenza della Corsica…il mio vero paese. Ho ottenuto una lunga licenza. Questo mi permetterà di tornare a casa….al sicuro. Qui nemmeno i militari sono immuni dalla ferocia dei rivoltosi…soprattutto quelli che servono o hanno servito la monarchia….a meno che non abbiano abbandonato come voi”
“Per quale motivo allora vi siete arruolato? Qual è il senso del vostro incredibile percorso militare?”
“L’ambizione”- rispose – “vedrete Oscar vedrete…”- le sorrise con malizia –“Ditemi…non vi manca l’uniforme?”
Rimase in silenzio. Non si aspettava una domanda del genere . 
Le tornò in mente quando dopo la delusione di Fersen aveva deciso di scegliere di vivere come un uomo urlando ad André  di voler andare sui campi di battaglia imbracciando un fucile.
Quei giorni erano oramai lontani. 
Volse lo sguardo verso di lui : quanto era bello! Non, nessun rimpianto…aveva scelto!
“La strada del mio destino è un’altra…ma questo non mi impedirà di sostenere comunque questo vento di cambiamento in atto anche se in altro modo”.
“Siete una gran donna!”- osservò. 
Donna….si…quello voleva essere, una donna libera di amare il suo André  senza ostacoli, aveva dovuto rinunciare a troppo…ora sperava che la vita le avrebbe finalmente regalato quella felicità tanto sofferta.
“Signori…direi che sia giunta l’ora di un buon bicchiere! - propose Alain.
“Era ora!”- sbottò  Du Mont lisciandosi la barba –“Sono venuto per bere non solo per le chiacchiere”
Il gruppo esplose in una fragorosa risata.
“Du Bois...otto boccali!”- gli gridò Alain.
André  si aspettò che fosse Leah a servire al tavolo, invece con  un gran vassoio si presentò proprio lui.
“Alla Francia, ai Francesi!”- invitò a brindare Pierre.
“Ad una grande Francia !”- precisò  Bonaparte.
A brindisi ultimato Oscar prese la parola –“ …amici, a malincuore devo comunicarvi che per un po’ di tempo non potrò affiancarvi. ..”- fece un lungo respiro –“ ..per problemi di salute devo ritirarmi per qualche mese…fino a quando quello che vuole distruggermi non soccomba a quel poco che la medicina può fare,  ad aria pulita,  tranquillità. ..e ad una gran forza di lottare per combatterlo”
Marat essendo medico comprese al volo –“ A che stadio siete?”
Senza turbamenti rispose –“ Iniziale, così mi è stato diagnosticato ”
Il gruppo si rese conto di cosa si trattasse solo dopo quest’affermazione.
“Vi consiglio comunque di farvi vedere da qualcuno con buone conoscenze in merito…potrebbe essere anche altro…se vorrete potrò indicarvi un paio di amici studiosi delle malattie dell’apparato respiratorio”
“Vi ringrazio ma…ha già  provveduto mia sorella. …nel caso vi farò sapere”- lo assicurò.
“Eventualmente chiedete a Bernard. ..saprà come rintracciarmi”
“Oscar…mi spiace molto”- Alain  era profondamente commosso.
“Ce la farò Alain…e André mi aiuterà! “- lo guardò piena di dolcezza ma con tanta determinazione –“ Ne verrò fuori!”
“Così mi piacete. ..io conosco solo la Oscar combattiva! “
Si trattennero ancora discutendo sui programmi e sulle strategie da mettere in atto nei giorni a venire fino a quando il locale cominciò a vuotarsi. 
Durante tutta la serata Leah non osò mai avvicinarsi al tavolo. 
“Comandante Oscar abbiate cura di voi. ..nella futura Francia ci sarà bisogno di gente valorosa e fiera come voi!”- Bonaparte le allungò la mano.
“Voi avrete un grande futuro”- ricambiò la stretta –“ il vostro orgoglio e la vostra intraprendenza vi porteranno lontano. Non so se ci rivedremo ancora…ma sono certa che sentirò ancora parlare di voi”
Rimase a guardare quel giovane che con Marat lasciava la taverna poi riprese le chiacchiere con gli altri mentre Alain, con la scusa di andare a riempire nuovamente il boccale prese da parte André. 
“Guarda che non si è mai avvicinata …non credi sia il caso di parlarle ?”
Provò imbarazzo per non averla considerata per tutto il tempo che si erano trattenuti.
Si guardò attorno e la vide in un angolo quasi nascosta dietro il bancone che asciugava dei bicchieri.
Doveva parlarle anche se c’era Oscar.
Si accostò e non appena la vide riporre un boccale l’afferrò per la mano e la condusse lontano da occhi indiscreti.
Sorrise cercando di nascondere la sofferenza che provava e gli scompigliò I capelli.
“Buonasera bel moretto “
Le accarezzò il viso e l’abbracciò.
Si strinse forte al suo petto lasciandosi andare alle lacrime. 
La sentì singhiozzare in silenzio –“ Leah…perdonami per il male che ti sto facendo”
Sollevò lo sguardo e posandogli una mano sulla bocca –“ …ti prego, non dire nulla “- cercò di prendersi tutto quello che c’era in quell’abbracciò perché sapeva che sarebbe stato l’ultimo. 
Avrebbe voluto assaporare ancora i suoi baci, teneri e pieni di passione. ..ma ora lui era definitivamente di un’altra.
Un lungo respiro per farsi forza –“Non potevi avere donna più bella”- mormorò riferendosi ad Oscar-“ è veramente stupenda”. Riuscì a guardarlo nuovamente negli occhi –“ Non devi chiedermi perdono per nulla. ..ne avevamo già  discusso…i nostri destini devono seguire strade differenti…”
Dentro frenò il desiderio di baciarla per l’ultima volta: non poteva. ..Ora c’era Oscar!”
Improvvisamente qualcuno bussò sulla parete di legno –“ …scusate…” – apparve Alain.
Lei si asciugò le lacrime. Si sciolsero da quell’ultima stretta quasi contro voglia. 
“Ti presento Alain”- le disse –“ è  l’amico di cui ti parlavo “
Accennò ad un timido sorriso mentre Alain un po’ impacciato si portò una mano dietro la testa –“ …salve!”
Le venne da ridere sotto i baffi –“ Quant’è buffo”- pensò.
Oscar nel frattempo rimase sola con Bernard  a chiacchierare della prossima partenza con loro di Rosalie .
“Sono contento sia con voi durante il mio soggiorno a Londra”
“Posso essere indiscreta e chiedere per cosa?”
“Giornalismo….mi hanno chiamato per scrivere alcuni articoli su quello che succede in Francia”- terminò l’ultimo sorso di vino –“…beh…io mi avvierei verso casa. Grazie di tutto Oscar…anche per Rosalie”
Sorrise.
Appena se ne fu andato si accorse di André e Alain che confabulavano seminascosti. Non volle disturbarli e rimase ad attenderli seduta ripensando agli argomenti discussi durante la sera –“ la Francia diventerà un grande paese “- non  si sarebbe dimenticata tanto facilmente di quel Bonaparte.
Finalmente i due tornarono al tavolo.
“ Certo che voi due messi assieme siete proprio una coppia da ridere”
“Cose da maschi”- tergiversò’ Alain –“ Comunque…André mi ha detto…e vorrei farvi le mie congratulazioni”
Entrambi provarono un po’ di imbarazzo.
“ Grazie, sei un vero amico”- Oscar si emozionò a quelle parole.
Lui le strinse la mano –“ Spero di rivedervi presto…e soprattutto che torniate più forte come il Comandante al quale ho avuto l’ onore di obbedire”- e fece il saluto militare.
“Lo farò, è una promessa ”
Uscendo André si volse cercando per l’ultima volta gli occhi di Leah, con un cenno la salutò e nel suo labiale lesse –“ Addio”.
Percorsero qualche metro –“ Accidenti!” – esclamò Oscar.
“Che ti prende ? “- le chiese.
“Ho lasciato una busta sul tavolo che Bernard mi ha pregato di consegnare stasera a Rosalie”- e tornò velocemente indietro –“ Ci metto un attimo”
Fece una corsa fino alla taverna.
Leah stava chiudendo la porta.
“Scusate” – le disse “- ho dimenticato qualcosa”.
La giovane rimase immobile. Non si aspettava di trovarsela di fronte –“ Prego”- la fece entrare.
Oscar recuperò la busta ed uscì.
“Grazie”- fece per allontanarsi quando :
 “Siete una donna fortunata”
Si volse di scatto, lo sguardo incredulo. La fissò senza fiatare.
Con gli occhi lucidi Leah ebbe la forza di sorridere –“ …amatelo oltre ogni limite…”
Il sangue le si gelò nelle vene : ecco…la sua rivale…ferma che la fissava. La fatidica donna, il cosiddetto “terzo incomodo” come l’aveva definita Beatrice, la donna che si era stretta fra le braccia di André, che sicuramente aveva accarezzato nel buio dopo baci appassionati …e forse…no, lui le aveva garantito che non si fossero concessi l’una all’altro…eppure vederla ora le bruciava terribilmente.
I rossi e lunghi capelli ricci, la carnagione color latte, una distesa di lentiggini.
Se fosse stato un uomo e se li avesse avuti lo avrebbe schiaffeggiato con i guanti….
Strinse rabbiosamente i pugni –“ Vedete di stargli lontana”- la freddò.
Voltate le spalle tornò in dietro.
Leah richiuse la porta. ..come se stesse chiudendo l’ennesimo capitolo della sua vita e sedutasi scoppiò in lacrime.
“Ehi…ci hai messo tanto!” – esclamò André. 
Lei non gli rivolse mezzo sguardo. Gli sfilò con uno strappo le briglie di Cesar dalle mani .
“Che ti piglia?”
“Complimenti “- il tono era alquanto sarcastico.
Lui non comprese.
“…tra di noi è nata subito una strana alchimia!”- era furiosa
Si erano viste.
“Non mi sembra il luogo e il momento per discutere sull’argomento “
“Fossi in te tacerei….”- montò su Cesar.
“Aspetta Oscar!”
Si volse, lo fulminò con lo sguardo e se ne andò.
Rimase solo sulla strada.
“Ti sei proprio cacciato in un bel guaio”- disse tra sé.
Oscar giunta a casa salì nervosissima in camera sua quasi sbattendo la porta.
André la raggiunse poco dopo : era necessario chiarire!
Entrò senza nemmeno bussare.
“Esci da questa stanza”- lo intimò. 
“Non ci penso lontanamente…dobbiamo parlare!”
“…e di cosa? Di quella specie di sciacquetta che hai stretto tra le braccia. ..e poi…chissà cosa ci avrai fatto…una donna da taverna..”
“..Leah è una bravissima ragazza!”
“…ah…bene, almeno adesso conosciamo anche il nome! “
“Smettila Oscar!”
“…pazzesco…te la fai con una donna capace di andare con il primo stupido sciocco per soddisfare i propri istinti ….!”
André montò su tutte le furie e le si avvicinò con fare minaccioso tanto da incuterle paura...alzò la mano per schiaffeggiarla  …poi la richiuse a pugno e fece ricadere il braccio cercando di placare la rabbia.
”…e adesso? …adesso cosa vorresti fare? Vorresti pure picchiarmi? ….Siete ripugnanti ! “
“Piantala Oscar!”
“Altrimenti?... vuoi alzare nuovamente le mani su di me?”
Gli andò con un dito sotto il naso –“ Non ti permettere mai più  di darmi dello stupido sciocco che va con donne di dubbi costumi…e non puoi parlare di lei senza nemmeno conoscerla!”
“Continuiamo pure a difenderla…io quello che so è che sei stato con lei…E ripeto, chissà cosa ci hai fatto! “
“Forse dovresti domandare a te stessa dov’eri quando mi tormentavo per essere stato respinto, quando la notte invece di dormire mi ubriacavo, quando ti mostravo un gesto d’amore e tu nemmeno te ne accorgevi o facevi finta , quando pareva quasi provassi disgusto nel vedermi”
Questa volta non riuscì a trovare le parole giuste per controbattere.
“Non sei altro che una sciocca, viziata, arrogante femminuccia gelosa!”
Avvampò di rabbia e cercò di colpirlo ma André l’afferrò per i polsi.
“Lasciami subito andare!”- gridò.
“Sai che c’è? “- la tenne saldamente bloccata mentre lei dimenandosi per liberarsi indietreggiò fino a ricadere col peso di lui sul letto –“ C’è che ci vorrebbe qualcuno che ti desse proprio una bella lezione! “
Era immobile: il corpo possente di lui le impediva di muoversi.
Il volto di André di fronte a lei, quegli occhi incredibilmente verdi, brillanti non la stavano guardando con rabbia ma con infinito amore. Voltò la testa su un lato.
“Ehi..!”
Tornò a fissarlo. Non aveva via di scampo.
La calda bocca di lui si avvicinò all’orecchio -“sciocca bambina gelosa”- le sussurrò. 
Poi cominciò a scendere sulla guancia, lungo il collo fino a quando fu sulle sue labbra.
La lingua si fece strada dolcemente in lei cercandola con passione.
Non seppe resistergli. 
Ebbe come la sensazione di perdere i sensi quando dopo essere riuscito ad allentarle le fasce i suoi baci le oltrepassarono scendendo sul seno.
Poi a quei baci si sostituì la punta della lingua e Oscar gemette.
Si sollevò su di lei . 
Gli occhi chiusi, la bocca semiaperta,  l’ansimare di piacere.
Vide la sua donna infiammata dal desiderio e sorrise.
Lei tornò alla realtà come svegliandosi da un sogno.
“Hai ancora il coraggio di darmi dello stupido sciocco?”
Comprese di aver sbagliato.
“Oscar vorrei che capissi che ti amo, che per me sei sempre e solo esistita tu. Dimmi…cos’avrei dovuto fare secondo te quando mi resi conto che eri perdutamente innamorata di Fersen? E quando tuo padre pensò di darti in moglie a Girodelle? Non credi che se non mi fosse importato nulla di te avrei potuto tranquillamente scegliere lei?”
Abbassò lo sguardo piena di vergogna.
Il comportamento tenuto con Leah non era stato decisamente degno di una come lei.
“Perdonami…”- la gelosia…un sentimento da lei mai provato prima….di una donna innamorata persa.
Le sfilò la camicia dai pantaloni facendola  scorrere  verso l’alto per toglierla. Con le mani sciolse definitivamente le bende. Rimase come in adorazione di fronte ai seni tondi e rosei. Ne accarezzò la morbidezza poi furono la labbra a sfiorarli ripetutamente. 
Oscar gli infilò le dita tra I capelli stingendoli forte –“ …André. …vorrei essere tua fino in fondo…”
Tolse la camicia e slacciò i pantaloni e li fece scivolare a terra. 
La perfezione, un corpo magnificamente scolpito in ogni dettaglio. Si avvicinò a lei. 
Lo aveva sognato così. ..
Anche i pantaloni di Oscar finirono a terra.
Lentamente fu su di lei che ne percepì tutta l’eccitazione. Arrossì leggermente.
Non smetteva di fissarla.
“Oscar, Oscar….tutto bene?”- Beatrice bussò alla porta.
Tappò la bocca di lui con una mano.
“….si Beatrice…tutto bene”
“Scusa, mi pareva stessi discutendo animatamente con André.”
Premette la mano – “ …no, è  tornato in camera sua. Si, discutevamo. ..ma è già andato via..”- gli fece cenno di non fiatare.
“…sicura che vada tutto  bene?”
Lui le tolse la mano e cominciò a stuzzicarla: le piacque vederla mentire spudoratamente alquanto imbarazzata.
“Smettila”- gli sussurrò.
Ma lui continuò a tormentarla. 
“…si, si, tranquilla…siamo rientrati tardi… starà già  dormendo”
La situazione diventava particolarmente eccitante.
Scese lungo il  ventre e dopo averle divaricato un po’  le gambe iniziò con la lingua a solleticare la sua femminilità.
Nonostante un senso di imbarazzo riversò il capo all’indietro sconvolta dal piacere ed inarcò la schiena lasciandosi sfuggire un gridolino.
Beatrice rimase ad ascoltare dietro la porta. Le pareva un po’ strano quel silenzio.
Oscar cercò  di controllare la voce perché non lasciasse trasparire emozioni –“ Tranquilla. ..torna a dormire, ci vediamo domani”.
Attese qualche secondo –“ Buonanotte”- si allontanò nonostante non fosse convinta. 
“…Comandante…da quando è diventata così brava a dire il falso?”- piegò un gomito e appoggiò la testa sulla mano passandole un dito sulle labbra. 
“Grandier, non si permetta mai più di torturarmi in maniera così sfacciata”- lo guardò con infinita dolcezza sorridendo.
Fece un lungo sospiro –“ Credo che riuscire ad avere un momento tutto nostro nella tua camera sia decisamente impossibile” – si coricò al suo fianco.
“Decisamente” – si appoggiò sul suo petto accarezzando. 
Rimasero così in silenzio. 
Poi sedette sul letto e si rivestì –“ Ci pensi che domani è l’ultimo giorno qui?”
Si coprì il seno  con il lenzuolo –“ Quasi non mi sembra vero”
Chinato si su di lei la baciò teneramente –“ Cerca di riposare”.
“Buona notte Grandier!”
André lentamente chiuse la porta quando un sonoro ceffone lo sorprese improvvisamente facendolo barcollare.
“Che cosa facevi in camera di Oscar?”

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Capitolo 17
*** CONFRONTI ***


André si portò una mano alla guancia.
“Si può sapere che cosa facevi in camera da mia figlia a quest’ora della notte?
“Generale ….vi chiedo scusa ma….”
Oscar sentendo un gran trambusto si precipitò come una furia fuori dalla stanza.
“Padre ma che fate?”- urlò accostandosi ad André. 
Anche Beatrice e Madame Emilie uscirono a vedere.
“Mi pare che tu abbia oltrepassato il limite”- era furioso.
“Augustin, ti prego” – lo implorò la consorte - “ calmati, non c’è  motivo di reagire così “
“Padre mi ha semplicemente accompagnato….”- doveva trovare una giustificazione –“ non mi sentivo bene”- mentì.
Beatrice comprese la situazione ed intervenne –“ Vedete, sono rientrati tardi. ..hanno discusso perché. …Oscar non voleva prendere nulla per l’emicrania…”
L’uomo squadrò entrambi, le parole della figlia placarono sul momento la sua rabbia –“ Ne riparliamo domattina “- e presa la moglie sottobraccio tornò  in camera da letto.
Oscar passò la sua mano sulla guancia di André –“ Stai bene?”
“Siete proprio due stupidi incoscienti”- li bacchettò  la sorella –“ andatevene a dormire prima che vi prenda a calci nel sedere. Domani cercherò  di parlargli”
Lei rimase qualche istante accanto ad André.
“Allora?”- insistette.
Diede un bacio sulla fronte ad Oscar e se ne scese afflitto mentre Beatrice afferratala la sorella e la condusse nella sua stanza.
“Perché mi hai mentito? “
Arrossì. …
Alzò gli occhi al cielo e sospirò –“ …ma bisogna essere più accorti …pensa solo se fosse entrato all’improvviso…ti rendi conto?”
Oscar sedette sul letto, il viso tra le mani ….che imbarazzo –“ Oggi proprio non ne è  andata bene una! “
“…sarà meglio che vi mettiate in riga….questo boccone a nostro padre bisogna darlo poco per volta…”- sospirò nuovamente –“ In fatto di astuzia femminile ne hai di strada da fare!”- le fece un cenno con  la mano ed uscì. 
Rimasta sola ripensò a tutto quello che era successo : sbuffò –“ Ci voleva solo questo!”
Si coricò cercando di prendere sonno ma il pensiero di Leah e di suo padre la tormentarono tutta notte.
André dal canto suo sdraiato sul letto rimuginò su cosa sarebbe potuto accadere la mattina successiva a colloquio con il Generale. Doveva chiarire la sua posizione ancor prima che la situazione potesse degenerare.
Si, avrebbe dovuto affrontarlo a cuore aperto, magari ricordandogli le parole con le quali tempo prima si era dimostrato disponibile ad un’eventuale unione tra lui ed Oscar.

“Buongiorno cara!”
Beatrice scese di buon ‘ora –“ Buongiorno Nanny”.
“D’accordo che oggi è l’ultimo giorno di permanenza qui a cos’avete fatto per essere tutti così mattinieri?”- chiese preparando la colazione su un vassoio per i signori Jarjayes .
“Cosa vuoi dire?”
“Oscar è uscita da un po’, André sta ultimando di sistemare i bagagli sulle carrozze…tu sei qui…”
Beatrice sorseggiò il caffè –“…la giornata si presenta interessante!”- mormorò.

La porta si aprì.
Leah rimase impietrita.
“Posso?”- Oscar le chiese di entrare.
Abbassò lo sguardo e la fece accomodare.
Rimase ferma qualche istante al centro della stanza guardandosi attorno. 
Un ambiente semplice ed in ordine; sulla tavola alcuni fiori recisi ed un vaso vuoto, accanto una tazza. L’aroma di caffè mescolato a quello di crostata appena sfornata…..
“Prego”- Leah le fece cenno di sedersi –“ gradite un caffè? “
Oscar la fissò : cosa poteva avere in comune con lei? Cos’aveva trovato in lei André da perderci quasi la testa? …perché  poi si trovava li? Che cosa voleva dimostrare? No, non aveva bisogno della sua gentilezza tanto meno si condividere con lei una tazza di caffè come amiche che si ritrovano per scambiare quattro chiacchiere. Forse voleva semplicemente rendersi conto di chi fosse realmente. 
“Chi vi ha detto dove abito? André forse?”- chiese imbarazzata a tono basso.
“Du Buois”- fredda, distaccata. 
Nessuna emozione nel trovarsela di fronte, il respiro tranquillo , i battiti senza alcuna accelerazione. La gelosia…questo nuovo sentimento per lei ora pareva svanito.
Leah si raccolse i capelli e versò il caffè nella tazza.
“Siete venuta per stare in piedi? “
Percepì una certa insolenza nel tono. Se fino a poco prima che aprisse bocca il clima era come calma piatta ora la sua voce le procurava fastidio. 
“Potete almeno spiegarmi perché  siete qui?”- cominciò ad innervosirsi.  Quello stare in silenzio la metteva a disagio.
Forse il comportamento tenuto la sera prima nei suoi confronti non era da lei, ma le parole che le aveva rivolto non erano altro che il sunto di quello che effettivamente pensava. 
“Non avrei dovuto rivolgermi in quella maniera”
“Quindi, siete qui per scusarvi? – non riusciva più  a reggere quella situazione. 
Ma perché mai era lì?  Solo per via di quello che le aveva detto André? Basta pensare e farsi tanti problemi.
“Potevate starvene a letto questa mattina senza disturbarvi a venire per farmi perdere tempo”
“Ero venuta con l’idea di dirvi semplicemente che non è nella mia persona un tono tanto meno un atteggiamento del genere…”
“Siete solo un’arrogante”- le volse le spalle spostando i fiori recisi.
“…e voi state soffrendo perché lo avete perso!”
Leah si girò guardandola con gli occhi lucidi –“ ….forse qualcosa ci accomuna….”
“…nulla …tranne il nome della medesima persona!”- 
“Tra noi non scorrera’mai buon sangue…”- sottolineò. 
“Non credo” – Oscar girò tacchi e si diresse verso la porta –“ ...forse il destino ha voluto che voi incrociaste la nostra strada…ma il percorso per voi finisce qui”.
Leah si lasciò andare alle lacrime –“  Voi non potete capire”
Abbassò  lo sguardo –“Vi sbagliate”- si volse fissandola l’ultima volta. 
Vide i suoi splendidi occhi azzurri trattenere le lacrime.
Dunque anche lei aveva provato un dolore analogo....
Con un senso di compassione ebbe uno slancio di riappacificazione con la tentazione di porgerle la mano, poi si trattenne….comunque restavano due rivali.
“Abbiate cura di voi”- Oscar richiuse la porta e si allontanò.

André aveva oramai ultimato di sistemare le carrozze per la partenza. Tutto era pronto.
Rientrò in casa per assicurarsi di non aver dimenticato nulla di ciò che Nanny si era raccomandata di caricare quando si trovò di fronte il Generale.
“Signore!” – salutò .
“Vieni”- salì le scale avviandosi verso lo studio.
André stava in silenzio di fronte all’uomo,  lo sguardo basso.
“Cosa devo pensare? ….lo ritengo un fatto inconcepibile….soprattutto irrispettoso nei confronti della nomea di questa casa”- cominciò ad andare avanti e indietro per la stanza.
Il tono del generale era severo.
“Credo di aver permesso di muoverti liberamente in questa famiglia….ma ci sono dei limiti. Con il tuo comportamento mi sono sentito offeso e tradito nella fiducia che ho sempre riposto in te”.
Lui non fiatava. 
“Non credi io debba agire di conseguenza e prendere provvedimenti nei tuoi confronti?”
“Io non posso che chiedervi scusa…ma se deciderete di allontanarmi vi pregherei di ascoltare prima le mie ragioni “
Augustin parve irritato da quella richiesta…ma alla fine in cuor suo gli voleva bene.
“Poco tempo fa mi avete detto di aver sempre svolto il mio lavoro in maniera impeccabile”
“…e lo confermo”
“… mi avete confidato di conoscere bene anche i sentimenti che nutro nei confronti di vostra figlia “
“…certo, ciò non toglie che sia inammissibile che ti abbia trovato nel pieno della notte in camera sua!” 
“…per questo ho sbagliato…ma amo veramente Oscar e non mi permetterei mai di toccarla con un dito…se non fosse che il sentimento è reciproco”
L’uomo sgranò gli occhi –“ Non credo alle tue parole….quale certezza posso avere?”
“Mi da del bugiardo dopo più di vent’anni che sono al servizio della sua famiglia?”- abbassò lo sguardo – “ Mi diceste pure che avreste potuto anche acconsentire ad una nostra eventuale unione…”
“Se fossi sicuro dei sentimenti di entrambi, potrei…”
“..se però non mi ritenete più degno di continuare a stare al fianco di vostra figlia e dei miei compiti….avete giuste ragioni di cacciarmi!”

Beatrice aveva appena ultimato di seguire la colazione dei figli.
“Le carrozze sono oramai pronte. …ma André? “- chiese a Nanny guardandosi in giro.
“È a colloquio con il Generale”- rispose sistemando la tavola.
Le prese un colpo –“ Perché  non mi hai avvisato! “- si precipitò lungo le scale quando entrò Oscar.
“Cosa succede?”- vide la sorella trafelata e sbiancata in viso.
“André è da nostro padre!”
Un tuffo al cuore – “ No!” – esclamò .
Percorsero velocemente la rampa –“ Speriamo che non sia troppo tardi”- si disse Beatrice.
Oscar conosceva bene quanto fosse indomabile l’ira di suo padre.
Raggiunsero lo studio.  Rimasero qualche istante immobili di fronte alla porta in attesa di qualche rumore che potesse far loro comprendere la situazione all’interno.
Ma temendo per André entrò senza nemmeno bussare –“Padre…!”- grido. 
Beatrice la seguì. 
“…vi prego, perdonatelo. ..e perdonate pure me se potete. ..ma…” – cadde a terra in ginocchio portandosi una mano al viso.
André d’istinto si protese verso di lei.
Le lacrime cominciarono a scendere –“…vi prego. ..non cacciatelo. ..io amo André. …lo amo veramente!”
Augustin stupito le si accostò poggiandole una mano sulla spalla.
“Se cacciate lui…dovrete cacciare anche me!” – gli disse sollevando lo sguardo.
Commosso le allungò  un fazzoletto –“Dunque è  vero….il sentimento è reciproco!”
I suoi occhi incrociarono quelli del padre…bastò questo perché lui capisse.
Beatrice si sentì sollevata: non era stato necessario il suo intervento.
André tese una mano ad Oscar per aiutarla ad alzarsi.
Lei lo fissò con una tenerezza infinita.
Sulla porta era sopraggiunta anche madame Emilie. Augustin le lanciò uno sguardo quasi cercando la sua approvazione. La dolcezza dei suoi occhi parlò  per lei.
Pur nascondendolo in cuor suo provò una gioia immensa sapendo che Oscar aveva finalmente trovato l’amore. Aveva tanto desiderato che lasciasse l’uniforme e avesse cominciato a vivere come tutte le altre sue figlie da donna. Non l’avrebbe di certo obbligata a sposare qualcuno che non avesse amato e sapere che il suo interesse fosse rivolto ad André lo rassicurò. Del resto lo aveva messo al suo fianco perché nel tempo aveva compreso che fosse la persona giusta per tener testa ad una come lei, che l’avrebbe seguita, protetta, consigliata …..ed ora amata. Se vero che lui potesse accondiscendere a tutto ciò bisognava anche permettere che lo potessero fare liberamente senza vincolo alcuno e soprattutto alla luce del giorno senza doversi  nascondere da occhi indiscreti e senza che critiche e malelingue potessero infangarne non solo il legame ma soprattutto il nome di entrambi. 
“Credo che a questo punto sopraggiunga la parte più difficile” – osservò . Sedette ragionando sul fatto che l’unica via fosse quella di chiedere una dispensa a sua maestà –“ È l’unica strada fa intraprendere perché non vi siano ostacoli o restrizioni”
“Ritengo che forse sia il caso di agire prima del viaggio. ..recandoci in Bretagna tutto potrebbe essere più complicato”- azzardò Beatrice.
“Se ritenete sia necessario a salvaguardia del buon nome e della reputazione dei Jarjayes sono disposta a seguirvi a corte”- Oscar era decisa.
“No. ..non penso sia una buona idea. E meglio che mi rechi a Versailles da solo.”
Oscar guardò  André.
“Tuo padre ha ragione.  Dopo il 14 luglio sarebbe solo un azzardo”
“Concordo”- aggiunse Beatrice –“ Deve passare tutto abbastanza in sordina. Padre credo sia meglio risolvere la faccenda in giornata dovendo partire domani”
“Già”- si portò una mano alla bocca stretta a pugno pensando –“ André sellami il cavallo…mi recherò là  ora”
“Augustin potrebbe essere rischioso da solo! “- Emilie lo prese per una mano preoccupata.
“Vi accompagnerò’ io”- si offrì André.
Il Generale ci pensò un po’ su poi annuì –“ D’accordo! “
“Conviene muoversi …non credo ci sbrigheremo tanto in fretta a corte, nella speranza che ci ricevano”.

Christophe e Jaqueline giocavano in cortile mentre Beatrice e Madame Emilie ultimavano gli ultimi preparativi per la serata di commiato.
“Nanny quei due candelabri stanno meglio in quel l’angolo accanto al camino “
Rosalie sistemò le ultime posate d’argento ed i piatti di fine porcellana.
Oscar se ne stava seduta sui gradini di fronte a palazzo Jarjayes .
Era oramai pomeriggio inoltrato . Suo padre e André non erano ancora rientrati.
A Beatrice parve leggermente insofferente e la raggiunse.
“Cerca di stare tranquilla”- disse spingendo lo sguardo oltre il cancello lungo il viale.
“Beatrice. …non  so per quale motivo. …ma ho uno strano presentimento.”
Tutto sommato non  che le importasse più di tanto avere una dispensa da parte dei sovrani. Non sentiva più il peso di certi vincoli. Era più  per suo padre. ..per la reputazione, il buon nome della famiglia.
Decise di prendere Cesar e andare a fare una cavalcata.
Tutto stava cambiando velocemente. Gli eventi di quegli ultimi giorni avevano dato una svolta importante alla sua vita. Si sentiva più  consapevole di quello che era, che voleva essere e ciò che voleva avere.
La permanenza in Bretagna le avrebbe dato sicuramente quel briciolo di serenità di cui aveva veramente bisogno. Stava scoprendo piano piano una dimensione nuova: quella di essere una donna con tutte le sue fragilità,  nuove sensazioni.
Riportò Cesar nelle scuderie e si avviò  verso casa.
Suo padre ed André avevano già fatto ritorno.
Entrando Beatrice l’attendeva ai piedi della scala. Dalla sua espressione non traspariva nulla di buono.
“Sono tornati”- il tono era dimesso –“ nostro padre ti attende in studio.”
Un lungo respiro poi dopo aver bussato si accomodò. 
André  in piedi,  lo sguardo serio.
Entrarono anche madame Emilie e sua sorella.
“Ho esposto la situazione al Re … prima di prendere una decisione ha voluto confrontarsi con sua maestà la regina. Lei stessa dopo più di due ore di attesa e venuta a consegnarmi questa”- il Generale estrasse dall’interno della giacca una pergamena -“ avrebbe desiderato che tu fossi venuta. …”
Gli occhi bassi, le mani appoggiate sullo scrittoio.
Oscar sedette e attese che Augustin srotolasse il documento.
“Le loro Maestà Luigi XVI e Maria Antonietta sovrani di Francia, a domanda di Francois Augustin Reynier de Jarjayes Generale della Guardia Reale in seguito ai fatti accorsi nella giornata del 14 luglio 1789 e successivi accadimenti non accolgono la richiesta formulata affinché  Oscar Francois de Jarjayes, figlia, possa convenire ad eventuali nozze con il proprio attendente André Grandier. Convalidano tuttavia il  titolo del casato e non prenderanno alcun provvedimento nei confronti della stessa. Per l’intera famiglia si auspica soltanto maggiore lealtà e rispetto nei confronti della famiglia Reale.”
Madame Emilie si portò una mano alla bocca trattenendo le lacrime.
Beatrice strinse  i pugni dalla rabbia –“ Non è giusto. ..dopo tanti anni di servizio e fedeltà alla corona…”
André fissò amareggiato Oscar che al contrario pareva impassibile. 
Augustin lasciò la pergamena che si riavvolse da sola.
“Non datevi pena padre. L’onore  e la reputazione dei Jarjayes sono salvi. ..questo l’aspetto importante”
Il Generale osservò la figlia : gli occhi fieri quelli che conosceva da sempre, nessuna emozione traspariva dal suo viso. 
“Avrei voluto…”
“…ascoltate : dopo l’ultimo colloquio con la regina non mi aspettavo sicuramente una risposta positiva ma…..forse qualcuno vi ha impedito di amare quella che è vostra moglie? E Beatrice non è  forse convolata a nozze comunque con Louis Antoine?” – alzatasi si avvicinò  e gli prese una mano –“ …io mi sento libera…si libera di amare un uomo unico,  che mi ha sempre seguita, supportata, difesa….non sarà sicuramente di ostacolo un pezzo di carta !”
Abbracciò la figlia come mai aveva fatto in tutta la sua esistenza –“ Sono orgoglioso di avere una figlia come te”- le sussurrò. 
Gli occhi le si riempirono di lacrime. Le trattenne in silenzio. – “Vi ringrazio padre”
A Beatrice e sua madre nonostante tutto accennarono un sorriso.
Il Generale allungò la mano ad André –“ Ho sbagliato. ..riconosco di aver giudicato il tuo comportamento ancora prima del dovuto. Ora finalmente dubbi e perplessità sono cadute. Per quello che potrò vi garantisco ogni sostegno”.
André era commosso.
Il clima di tensione iniziale si dissolse.
Oscar pensò alle parole di Maria Antonietta poco prima che la invitasse ad andarsene durante il loro ultimo incontro –“ Sto perdendo definitivamente un’amica? “- non poteva condannarla  tanto meno odiarla  per averle negato la possibilità in un futuro di convolare a nozze con André. Forse un giorno si sarebbero incrociate di nuovo e probabilmente …chissà …avrebbero potuto chiarire…

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Capitolo 18
*** NOTTE INFINITA ***


Le prime luci della sera delineavano i contorni di palazzo Jarjayes. 
Gli pochi invitati cominciarono ad affluire accolti davanti alla grande entrata da madame Emilie ed il generale Augustin.
Strette di mano, sorrisi, baciamano….
Al piano di sopra Beatrice era alle prese con l’acconciatura di Oscar.
Seduta alla pettiniera osservava la sua immagine riflessa.
Qualche ricciolo scivolava ai lati del viso addolcito da un velo sottile di colore sulle gote e sulle labbra. Le pareva tutto così  strano in quello che doveva essere la normalità per una donna.
Con le spalle così  scoperte non si sentiva molto a suo agio, era abituata ad indossare ben altro.
Sua sorella le passò dietro le orecchie con la punta dell’indice un po’ di fragranza –“ Il tocco finale”- le sorrise - “Ah….questa sera prevedo mille occhi su di te”- sospirò – “ …ma sappiamo anche quali saranno più  importanti “
“Sei una strega”- rise lei.
Le aprì  l’anta dell’armadio con lo specchio –“ Bella….bellissima!”- le si avvicinò –“ ….sarà una notte di fuoco…!
“Beatrice!”- avvampò 
“Non  ho detto nulla di male o peccaminoso!”- le diede una sculacciata affettuosa –“ Forza  è  ora di andare”
André elegantissimo attendeva nei pressi della sala. Era curioso di vederla : chissà se si sarebbe presentata in abiti normali ma consoni all’evento o abiti femminili. 
“Allora? Dove sono le nostre incantevoli donne? “- anche il Generale era in trepidante attesa.
Finalmente apparvero in cima alle scale.
Augustin e André rimasero allibiti …soprattutto per lei, Oscar. I capelli raccolti, l’abito grigio lucido a spalline strette che la sorella le aveva prestato scendeva lungo e morbido sui fianchi mettendo in risalto le splendide forme e tutta la sua incredibile femminilità.
Il Generale lo spinse un po’  in avanti verso di lei.
André la guardò estasiato.
I suoi occhi azzurri lo fissarono con una dolcezza infinita mentre gli allungava la mano.
Afferrandola le si accostò all’orecchio –“ Sei bellissima”- le sussurrò. Baciamano poi la cedette al padre.
Il Generale prese anche quella di Beatrice fermandosi sulla soglia del salone –“Signori “- disse a tono alto.
Tutti si volsero –“ Le mie splendide figlie”
Nel silenzio dell’interruzione irruppe un brusio di stupore al quale seguì un caloroso applauso.
In diversi si avvicinarono a complimentarsi. 
André da lontano seguiva Oscar. 
Lasciò che si muovesse indisturbata tra gli invitati.
A metà  serata finalmente lei si appartò sul terrazzo che dava sul retro.
L’aria tiepida degli ultimi giorni di luglio, il cielo stellato,  il canto dei grilli, in sottofondo il vociare e la musica del salone.
Presi due calici di vino André la raggiunse in silenzio.
Si diede un’occhiata in giro …azzardò sfiorandola dietro il collo con un bacio.
Socchiuse gli occhi attraversata da un brivido di piacere lungo la schiena. 
Si volse.
Lui le porse il calice. 
Lo prese  e lo fece tintinnare contro il suo – “…a noi! “
Dopo il primo sorso la prese per mano fuori dalla visuale dall’interno del palazzo.
Avvicinò la sua bocca, lei schiuse le labbra.
Il suo sapore mescolato a quello del vino l’avvolse facendole girare la testa.
La sua lingua la cercò  con trasporto mentre con un braccio la cinse stringendola a sé.
Sentì le gambe cederle per l’ennesima volta. Oh si, i suoi baci le facevano perdere ogni cognizione della realtà. 
“Ti prego non smettere”- gli disse cercando ancora la sua bocca.
“Sarebbe un azzardo”- le sussurrò.
Lei si sciolse da quel l’abbracciò e si diresse verso il salone invitandolo con lo sguardo a seguirla.
“Oscar!”- la chiamò Beatrice.
“Esco a fare due passi….sono un po’ stanca di confusione “- le allungò il calice vuoto.
Dietro, un po’ distante la seguì André. 
Le scappò un sorriso malizioso –“ L’ amour! –“ 
Andò oltre le scuderie fino a raggiungere il prato che portava al laghetto. 
Quando si accorse che lui oramai le era dietro si fermò  a sfilare le scarpe e accelerò il passo.
“Ah….è  così? “- prese a rincorrerla fino a che la raggiunse afferrandola per una mano –“ Dove credi di andare?”
Gli sorrise –“ Se possibile in nessun luogo senza di te”
Le acque del laghetto riflettevano il cielo stellato .
“Questo luogo è sempre incantevole….soprattutto d’estate”
“Già. …anche pieno di ricordi “-
“Mi mancherà “- con la punta dei piedi toccò l’acqua –“ Non  è nemmeno fredda”
“Faresti un bagno?”
“Non sarebbe una cattiva idea….chissà com’è il mare dove andremo….e le spiagge”
“Sai quante cavalcate potremo fare….non sei curiosa?”
“Beh…si, un po’ si!
Il bagliore della luna illuminava il suo splendido viso.
Lo fissò per qualche istante in silenzio
Gli portò le mani ai bordi della giacca e piano piano cominciò a sfilarla lasciandola cadere a terra.
Le sue dita lentamente aprirono la camicia.
André seguiva pieno di desiderio i suoi gesti.
Scivolarono al di sotto del tessuto accarezzando ogni singolo muscolo del torace e facendo ricadere l’indumento dietro la schiena. Sfiorò dove era stato ferito ….Vi posò le labbra.
Le sentì morbide e calde. Chiuse gli occhi con un brivido di eccitazione.
Allentò la cintura mentre le mani di André facevamo scorrere le spalline dell’abito lungo le braccia finendo ai suoi piedi.
Tenendole il capo alla base della nuca sì chinò a baciarle il collo , l’incavo delle gola risalendo sotto il mento. Il suo profumo lo avvolse. 
La desiderava terribilmente.
Le posò il pollice sul labbro inferiore socchiudendole le bocca per ripassarlo umido su quello superiore. 
Lei sciolse i capelli che ricaddero morbidi sulle spalle. Sedette sull’erba fresca e soffice sdraiandosi.
Splendida come una dea…la pelle chiara…la sua chioma bionda sparsa tra i fili d’erba….
“….tentatrice….”- le sussurrò.
Piegatosi su di lei le accarezzò  il viso allargandole le ginocchia e scivolando tra le sue gambe.
La mano scese.
Un brivido. 
La sua bocca indugiò fra i seni piccoli e rosei.
Con le labbra circondò un capezzolo mordicchiandolo fino a farla mugugnare....scese giù sul ventre…il suo respiro caldo ….di nuovo sul seno come lingue di fuoco. Poi le mani ad assaporarne la morbidezza.
La sua pelle di seta..... le dita scorrevano adagio sul suo splendido corpo ….raggiunse la sua femminilità stuzzicandola.
Inarcò la schiena eccitata. André era in grado di farle provare sensazioni uniche.
Si fece strada in lei con infinita dolcezza.
La sentì tremare sotto di lui. Il petto si alzava e si abbassata sempre più frenetico ansimando. 
“…no...”- sussurrò –“….non tremare amore mio…..non avere paura .….”- i suoi occhi erano così  profondi e terribilmente trasparenti…..come era ora la sua anima. …
La baciò ripetutamente sulla fronte, sugli occhi, sulle labbra....
Anche lui sentì  di tremare.
Il suo candore….la sua purezza inviolata ….mai uomo prima di lui….
Ecco….quello era il suo dono d’amore. 
In un dolce affondò fu in lei.
 Il suo viso contrarsi accompagnato da un lamento strozzato in gola e le unghie spingersi quasi a graffiargli la schiena.
Scese una lacrima .
Trattenne un secondo il respiro.
L’accarezzò sulle guance guardandola mentre il piacere spazzava via quel breve attimo di dolore,  la bocca appena aperta e l’accoglierlo con passione in ogni spinta.
Il suo corpo si muoveva con un ritmo lento, gli affondi sempre più ravvicinati e in ognuno di questi era assalita da intense ondate di piacere.
Le mani di lei aggrapparsi ai glutei sodi di André mentre l’accompagnava verso l’appagamento totale.
Sollevatosi sulle braccia la vide sorridere fissandola dritto negli occhi e al culmine….un gemito.
Ed ecco come un fiume in piena un’ondata di calore dentro di lei…..lo accolse. ...le sue gambe avvolte attorno alla vita di lui.
André chiuse gli occhi per qualche istante mentre le dita di Oscar lo strinsero sui fianchi.
Sprofondò col viso fra i suoi capelli preso ancora dagli ultimi spasmi di piacere.
Giacquero così,  l’uno nelle braccia dell’altro, i battiti del cuore ancora accelerati ed il loro amore continuare a pulsare.
“Ti amo”- lo baciò sulla fronte.
“Ti amo Oscar…ti amo da morire!”- poggiato sui gomiti, i suoi occhi in quel mare immenso che erano i suoi.
Si coricò e lei appoggiò la testa sul suo petto. Le infilò le dita tra i capelli e le accarezzò  le spalle.
Attorno solo il canto dei grilli e le lucciole sfiorare il pelo dell’acqua come in una danza.
Lo sguardo verso il cielo.
“Guarda Oscar!...una stella cadente! “-
Fece in tempo a vedere la scia scomparire velocemente. Chiuse gli occhi. Espresse un desiderio.
Sollevandosi scivolò nuovamente tra le sue gambe. 
La sua virilità  contro il suo ventre la fece sussultare ripetutamente .
“Ti amo Gradier!”- un bacio ancora.
“Cos’ hai espresso?”
“Se to lo dico non si avvererà, ti pare?
Cercò di farle solletico –“ Dai…dimmelo…”
Rise contorcendosi per il fastidio –“ Vedremo nel tempo”.
Bisognava andare. Si erano allontanati da molto.
Si rivestirono,  senza fretta continuando a sfiorarsi di baci. “Comandante, se continuate così non sarò in grado di ricompormi! “
“Potrei ordinarvi di rimanere”- scherzò  trattenendolo per la giacca.
“Sapete bene che sono un bravo soldato”- la cinse per i fianchi e la sua bocca fu come fuoco su quella di lei.
La sua lingua la cercò  avidamente, con passione e lei rispose con trasporto.
“Avrei dovuto imparare ad amarti prima….”- disse riaprendo gli occhi.
Era veramente un sogno averla fra le braccia con la consapevolezza di un sentimento reciproco.
Si avviarono verso il palazzo mano nella mano.
Sopraggiunti nel cortile le lasciarono. ..a malincuore…per non destare sospetti.
“Oscar…!”- la chiamò sottovoce facendole cenno dei capelli.
Annuì. 
André entrò  dalla porta di servizio della cucina., lei da quella principale.
“Oh cara…la tua bella acconciatura?”- Madame Emilie la incrociò nell’atrio. 
“…non sono abituata…mi trovo meglio così ”- rispose. 
Sopraggiunge Beatrice –“ …il mio capolavoro”. Ma poi…guardandola negli occhi…fu come leggerle nell’anima. Provò una grande emozione e tenerezza.
Le venne da sorridere vedendo apparire André davanti la cucina.
Prese sua madre sottobraccio –“ Torniamo di là. …a breve gli invitati se ne andranno…”
Rimasero soli.
Oscar abbassò gli occhi per nascondere un po’ d’imbarazzo…anche se non aveva senso ora, di fronte a lui.
Le si avvicinò –“ Mi piaci da morire quando arrossisci”
Fissandolo si sentì persa.
“Oscar…ridimensionati”- una voce dentro di lei.
Ma ora non le importava. Quel momento voleva viverlo in pieno.
Non aveva mai amato nessuno con cosi tanta intensità .
Quella notte era sua e di André…ed era ancora lunga .
“Vuoi tornare in sala?” – le chiese.
“Berrei volentieri qualcosa”
Andò  a riempire due calici.
Tornando non la vide più. 
L’armeria era chiusa. Percorse allora il corridoio verso le stanze sua e di sua nonna.
La porta della sua camera era aperta…nessuna luce all’interno.
Entrò e la chiuse.
Oscar era alla finestra.
Le porse il calice –“ Tutto bene?”- era pensierosa.
“…l’ultima sera …e la sera della svolta….”- prese i calici e li posò sul davanzale.
Gli accarezzò il viso –“ Quanto mi hai desiderata?”-
“…non puoi nemmeno immaginarlo!”
“….allora lascia che io ti ami..!”
Fu la bocca di lei questa volta a cercarlo.
“Abbracciami André! “
La strinse : il cuore pareva volesse esplodere.
Aveva trascorso intere notti insonni crucciandosi di non essere ricambiato.
Quel desiderio tanto sofferto era divenuto realtà.
Le infilò le dita tra i capelli - “ Sapessi quanto mi piacciono”
Fuori i primi invitati cominciarono a salutare.
“Non vai?”- le sorrise.
Tacque…adorava sentire le sue mani su di lei.
“…ho bisogno di te….non di loro”
La prese più  vicina.
“Ci pensi…uno, due giorni e saremo a La Conquett”
André si fece serio.
“Cos ’ hai?”- lo interrogò.
“Come ti senti?”
“Benissimo….come dovrei stare”- non comprese che razza di domanda fosse.
Silenzio.
“Hai mai tossito tra ieri e oggi?”
Ci pensò un attimo –“ Non che io ricordi…”
“Tua sorella ha detto che in Bretagna vorrebbe che tu ti facessi vedere da un medico che conosce…”
“…si……cosa pensi?”
“…non so cosa pensare…la tua situazione è  anomala, non credi?”
Tutto sommato le parole di André non erano  fuori luogo.
Lei però ora come ora si sentiva bene…eppure….
“…e se..”- pensò al peggio.
“…non potrei vivere senza di te….lo sai…”
I suoi occhi si riempirono di dolcezza –“ Non ora….per cortesia”
Le baciò le mani –“ D’accordo”
L’uno accanto all’altra abbracciati a guardare fuori un cielo infinitamente stellato.
Sorseggiò un po’ di vino – “….vorrei passare la notte con te…se solo non ci fossero tutti questi vincoli”
“Non fare i capricci…..tuo padre ci è addosso come un falco”.
“Non avrei mai creduto in un cambiamento tale….”
Sogghignò –“ Dillo a me…..quando poco tempo fa venne alle scuderie….quella sera che andammo da Bernard…..mi fece uno strano discorso….I miei sentimenti…tu…la possibilità di acconsentire ad una nostra unione….posso garantirti di aver pensato che gli fosse dato di volta il cervello….”
“Scherzi?”
“No, assolutamente”
“…beh…consoliamoci che tutto sommato appoggia il nostro legame”
“almeno lui….”- André  si rattristò al fatto che i Reali avessero negato una dispensa nei loro confronti affinché un giorno avessero potuto sposarsi.
“Non sarà sicuramente lo loro approvazione o meno che ci possa ostacolare …ti pare!”- Il tono di Oscar era deciso.
“Saresti disposta ad andare contro la loro decisione?
“Assolutamente si!”
“Potresti ….potremmo creare problemi a tuo padre…!”
“Ho preso tante decisioni ultimamente andando contro a molti….non me ne  pento… e tu lo sai bene”-
Ecco la Oscar di sempre,  quella che aveva imparato a conoscere bene negli anni, quella forte, decisa, rigorosa, testarda. 
Ora la conosceva completamente. Sapeva che dietro quella corazza costruitasi crescendo con un educazione maschile c’era una donna di infinita dolcezza ma anche incredibilmente passionale.
“Guarda attorno quante cose sono cambiate….”
André fece una smorfia quasi sorridendo -“ ….dovrò abituarmi a non vederti più in uniforme….e a dare ordini”
Infilò una mano dentro la camicia lasciando scorrere le dita sulla sua pelle –“ ….a te continuerò a darli…”- il tono con un accento malizioso.
“Ah….mi sa che abbiamo perso un po’ di timidezza questa sera!”
“Forse qualcuno ….mi ha dato una mano, soldato Grandier”
“….potrei prendere qualche volta io il comando, Signore? “
“Non credete di averlo già fatto?”
“Mi auguro di non essere stato troppo severo”- sghignazzò.
Avvicinò la bocca a quella di lui –“ Assolutamente no….anzi, vi autorizzo fin da oggi a prenderlo più  spesso”.
Rise e la strinse.
“Fammi restare André…”- gli sussurrò.
La tentazione era veramente tanta. 
Nessuno sarebbe venuto ….forse qualcuno avrebbe potuto bussare alla camera di Oscar…non udendo risposta avrebbe lasciato correre pensando che dormisse o….sarebbe entrato….e allora non trovandola. ...
Fosse stata ancora tra i Soldati della Guardia la sua assenza poteva essere giustificata….
Eppure lo desiderava tanto anche lui.
Lei sistemò il cuscino, abbandonò l’abito sulla poltroncina e si infilò sotto le lenzuola. 
“Oscar…”
“Prometto di andarmene prima che faccia giorno”- bisbigliò.
Non poté far altro che cedere alla sua richiesta.
Tolti gli abiti fu accanto a lei prendendola tra le braccia.





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Capitolo 19
*** NELL ' OMBRA ***


I primi raggi di sole filtravano attraverso la finestra.
Oscar si girò nel letto abbracciando il cuscino.
La sera prima si era concessa ad André : ora era la sua donna….. 
Pensò quanta dolcezza avesse usato nei suoi confronti, i baci, le carezze, la delicatezza di ogni suo gesto.
E quelle lacrime di paura e di felicità allo stesso tempo per l’importanza di quel momento da segnare in tutto e per tutto la sua nuova vita….
Se solo lo avesse amato prima quanta sofferenza si sarebbero risparmiati.
Basta!
Ora bisognava guardare avanti.
Aveva sentito André addormentarsi, si era rivestita a malincuore, un bacio leggero ed  era tornata tra gli invitati per gli ultimi saluti, poi si era ritirata nella sua stanza.
Beatrice bussò  alla porta –“ Sei sveglia?
“Vieni pure”
Entrata la richiuse velocemente , le sedette accanto sul letto guardandola dritto negli occhi.
Oscar non comprese.
Fece un sorriso malizioso –“….dunque ora conosciamo cos’è l’amore….!”
Arrossì portandosi il lenzuolo al viso –“ Smettila Beatrice…sei impossibile!”
Lei la scoprì –“ Allora?”
Sbuffò sorridendo –“ Quanto sei curiosa!”- sedette appoggiandosi alla spalliera.
La sorella pendeva dalle sue labbra.
Gli occhi avevano una luce completamente diversa, quasi le brillavano di gioia. Non l’aveva mai vista così.
Il suo André! 
“È stato meraviglioso!”
Fece un gran sospiro portandosi il dorso di una mano alla fronte –“….ah…l’amore….che splendida esperienza”
Accostò  il viso al suo –“ ….qualche dettaglio piccante?”
“Beatrice….!!”- esclamò  allibita.
“Oh, insomma….sono o non sono tua sorella? Potresti pure raccontarmi …..guarda che non mi scandalizzo….tu sei una novellina col sesso!”
Scese dal letto con uno scatto alquanto irritata –“ Esci per cortesia”
Capì  di aver esagerato –“ Perdonami….non volevo…...”
Le prese le mani –“ …cerca di capire…mi è  difficile ancora riuscire a ….”
La vide in imbarazzo.
Sarebbe stato troppo per lei…..
Tirò le tende ed aprì  la finestra –“ Il tuo bel principe è stato più  mattiniero di te!”- sporgendosi vide André portare i cavalli all’entrata. 
Si affacciò. 
André sollevò lo sguardo e la vide. Sorrise.
“Coraggio….a breve si parte” – le accarezzò  i capelli ed uscì.

Nanny tirò  l’ultima tenda mentre Rosalie faceva un giro per controllare che tutto fosse in ordine.
Madame Emilie si accomodò nella carrozza con Beatrice e i bambini. Il Generale accanto a cavallo.
André infine chiuse il grande cancello.
Che sensazione strana lasciare palazzo Jarjayes. 
Salì  su Alexander e la comitiva si mise finalmente in viaggio.
Oscar si affiancò. Non avevano ancora avuto occasione di scambiare una sola parola.
“Buongiorno”
Le sorrise –“ Te ne sei andata molto prima dell’alba….” – sapeva bene che aveva fatto la cosa giusta, nonostante tutto gli era dispiaciuto aprire gli occhi durante la notte e non averla trovata accanto. 
“Dovrò farmi perdonare in qualche maniera….”- disse con una smorfia di finta preoccupazione.
“Vedrò di studiare la giusta punizione “- sghignazzò. 
Il cielo terso, l’aria tiepida. Il viaggio si preannunciava all’insegna del bel tempo.
Verso ora di pranzo la comitiva decise di fermarsi nei pressi di una zona alberata. 
Nanny aiutata da Rosalie apparecchiò sul prato e prese a servire un pasto freddo.
André mise a riposare un po’ i cavalli.
Oscar si avvicinò –“ Vieni a mangiare qualcosa?”
Sistemate le selle a terra si volse a guardarla. Era raggiante.
Una delle carrozze oscurava la visuale e la tentazione fu troppa.
La prese dolcemente per una mano –“ ….avrei tanto desiderato tu fossi rimasta ancora nel letto ..”.
Avvicinatasi gli sfiorò le labbra –“ Credi che avremmo dormito?”
“Non penso proprio”
Ridendo si accomodarono attorno alla tovaglia l’uno accanto all’altra vicino alla sorella.
Una mano di entrambi a terra, quasi a sfiorarsi.
Beatrice si sentì un po’ stringere il cuore pensando che avrebbero dovuto fare attenzione ad ogni mossa di fronte al padre.
Lei invece le tappe le aveva bruciate prima.
Quando il Generale la riportò a casa dopo l’ultima fuga dal collegio aveva già conosciuto Louis Antoine e cosi follemente innamorata ma anche per via di quel suo carattere perennemente ribelle si era concessa al suo futuro marito e senza tanti sotterfugi ne aveva messo al corrente suo padre e sua madre.
Erano volate parole grosse ma non se n’era preoccupata e non aveva ceduto di fronte ad alcuna minaccia di essere cacciata.
Il cuore di donna di Oscar aveva supportato le suppliche di madame Emilie affinché lui accettasse la situazione e lasciasse convolare liberamente a nozze.
Decise che avrebbe parlato a suo padre –“ Bisogna aprir loro un po’  la strada”- pensò dentro di sé ed il momento buono sarebbe stato indubbiamente a Le Conquet.
Il Generale passeggiava nei pressi mentre i bambini giocavano a rincorrersi.
Oscar intrecciò le sua dita a quelle di André dando un morso ad una mela per poi passargliela.
Madame Emilie li vide: provò una tenerezza incredibile.
Affiancò il marito –“ Augustin,  guarda!”
In un primo momento parve che il gesto lo urtasse poi bastarono poche parole della consorte per addolcirlo e rasserenarlo.
“Ricordi? Quel giorno mi dicesti che  mi avresti corteggiata fino a quando non avessi ceduto. Non mi chiedesti nessun permesso…così decidesti e così fu!
“Beh…ammetti che tu accettasti all’istante!”- la baciò sulla fronte.
Rimasero in silenzio a guardarli. 
“Augustin….questi due ragazzi si amano veramente. Hai osservato nostra figlia? È  come rinata”
D’istinto abbassò gli occhi coprendoli con una mano.
“Che cosa c’è? “- il tono preoccupato.
“Avrei dovuto permetterle di condurre una vita come  quella delle sorelle….”
“Oramai fa parte del passato….cerchiamo di guardare oltre. Sta vivendo momenti meravigliosi”
“Credi che dovrei essere più accondiscendente?”- domandò turbato.
Non ci fu bisogno di alcuna risposta, bastò  il sorriso di lei per comprendere a pieno.
Annuì –“ Farò del mio meglio. ..con calma”
Il viaggio riprese. La strada da percorrere era ancora tanta.

Alain era passato a prendere Leah per accompagnarla alla taverna di Du Bois.
Dopo un  breve tratto  -“ Senti, non c’è alcun bisogno che tu venga a prendermi e magari poi di riaccompagnarmi “- gli disse senza guardarlo.
Si bloccò all’improvviso –“ L’ho promesso ad André! “
Gli fece un cenno con la mano come per dire di lasciar perdere. 
Qualche passo ancora –“ Sono partiti,  vero?”- il tono era mesto.
“Si”- poi azzardò –“ Ne sei innamorata?”
Non rispose.
“Dimenticalo. ..e in fretta!”
Sgranò  gli occhi –“ Perché  dovrei!?”
“Perché ama troppo Oscar. Darebbe la vita per lei”
“Tu non sai nulla di noi!”
“Noi?”- rise –“ Senti bella bambina”- la prese per il mento -“quell’uomo non sa lontanamente cosa sia il tradimento! “-
Andò su tutte le furie –“ Sbagli…quello che accaduto  tu non puoi nemmeno lontanamente immaginarlo”- entrata alla taverna richiuse la porta sbattendola. 
Alain rimasto fuori fece spallucce e girati i tacchi tornò sui suoi passi –“ Illusa!”- mormorò. 
Leah rimase appoggiata di spalle –“ …ama troppo Oscar! “ – quelle parole bruciavano terribilmente. Scivolò a terra piangendo –“ …André. ..”- disse tra le lacrime.

Prima che il sole calasse giunsero poco fuori Chartres presso l’alloggio indicato da Beatrice.
Il viaggio era stato lungo e nonostante Nanny fosse stata tanto premurosa nel non far mancare qualche spuntino la fame e la stanchezza si fecero sentire per tutti.
I ragazzini ebbero a malapena la forza di cenare, poi crollarono e la madre dovette ritirarsi subito con loro.
Madame Emilie li seguì  a ruota ed altrettanto fecero Nanny e Rosalie.
Augustin si trattenne a fumare un po’ la pipa.
“Ti andrebbe un sorso di cognac?”- si rivolse ad André. 
L’invito lo colse di sorpresa.
“….volentieri Generale”- si accomodò sulla poltroncina .
“Tutto sommato il viaggio fino qui è andato piuttosto bene”
“Vero Signore….speriamo che il tempo ci assista”
Nella saletta il silenzio era rotto solo dal ticchettio dell’orologio posto sul camino spento.
“André. ..”
“Signore. ..”
“Sposeresti mia figlia?”
Rimase basito per la domanda così a bruciapelo –“ Se voi e anche lei foste d’accordo….anche domani!”
Il Generale lo guardò dritto negli occhi: non ebbe alcun dubbio sulla sua sincerità. 
“Nonostante il diniego dei Reali?”
“…se Oscar me lo chiedesse….e perdonatemi….sarei disposto a farlo anche contro la vostra volontà “- doveva parlargli a cuore aperto –“ …e credo che voi lo sappiate bene”.
Aspirò a lungo dalla pipa e soffiò il fumo.
“Non ho intenzione di scontrarmi con lei, tanto meno trovarmi in una situazione analoga a quella di Beatrice”.
André stava in silenzio.
“La cosa più  giusta sarebbe quella che voi possiate vivere il vostro amore privo di ogni vincolo ….”
L’orologio batté le 23.
“Ti prego solo di non infangarne il nome”- scrollò la brace nel posacenere spegnendo completamente la pipa e passandogli di fianco gli diede una pacca sulle spalle –“ Buona notte”.
Fece per alzarsi ma lui lo trattenne –“ Non importa,  stai comodo”
Oscar apparve sulla porta.
“Padre…”
Lui guardandola le baciò la fronte e si ritirò.
André si alzò.
“Vai a dormire?”
“Passo a controllare i cavalli”
“Vengo con te”
Un’occhiata veloce che tutto fosse a posto.
Attorno la campagna avvolta dal buio.
Oscar si appoggiò all’entrata del riparo.
“Che c’è? “
“Vorrei fossimo già arrivati….l’andatura è molto lenta…”
“Le carrozze sono cariche…poi coi ragazzini bisogna fare delle soste. Dai, domani sera saremo a buon punto”.
Una mano da una parte ed una dall’altra contro lo stipite, lei nel mezzo.
Lo fissò in quegli splendidi occhi verdi.
“Che intenzioni avete Grandier?”
Lui avvicinandosi le mordicchiò il labbro inferiore –“ Beh…potrei prendere in considerazione qualche vostra proposta”
“…e se vi lasciassi libera scelta?”
“Allora potrei cominciare da qui…”- una mano si infilò sotto la camicia –“ poi avrei pensato qui…”- le dita cominciarono a sfiorarle il seno –“…e successivamente qui…”- la bocca fu su quella di lei e la cercò con passione.
Quando le labbra si staccarono –“….un po’ pochino…”- lei fece una smorfia.
“Allora potrei suggerirvi qualcos’altro..”
“Sono disponibile ad ascoltarvi”
Le prese le braccia sollevandogliele verso l’alto,  appoggiò  il suo corpo contro quello di lei ed iniziò a baciarla lungo il collo.
Oscar percepì tutto il suo desiderarla attraverso la tela sottile dei pantaloni.
“Potrei distendervi  sul letto….sfilare lentamente i pantaloni…”- le sussurrò all’orecchio –“ …le mie mani sui vostri fianchi….scendono…apro le vostre ginocchia. …e ai miei occhi ed alla mia bocca si apre il paradiso…”
Fu scossa da un fremito.
“…poi vi prenderei girandovi ..” – e lo fece –“ mentre con una mano vi terrei per un seno….con l’altra vi….”
Improvvisamente sbarrò gli occhi con una leggera sensazione di bruciore.
“…vi sculaccerei!”- la mano di André  l’aveva colpita sul sedere.
Si girò  di scatto ingoiando tutta l’eccitazione.
La bloccò nuovamente –“ Volete picchiarmi? “
“Valuterò bene la punizione da infliggervi”- rise.
Un bacio nuovamente poi uscirono dal riparo per la carrozze.
L’accompagnò fino alla sua stanza.
“Vorrei…e tu sai quanto”- sospirò –“ …domani ci aspetta l’ennesima giornata pesante “- la baciò  delicatamente –“ Buona notte amore mio”
“Buona notte “- gli accarezzò il viso.

La mano strinse l’ennesimo bicchiere di brandy oramai vuoto.
La stanza immersa nel buio. Una flebile luce accanto al camino spento emanata da un paio di candele consumate. 
“Signore, scusate. Un tale alla porta chiede di potervi parlare”
Tossì ripetutamente quasi con un rantolo.
“Chi è?”
“Non me lo ha voluto dire, Signore, ma mi ha dato d’intendere che trattasi di cosa alquanto importante”
Riempì nuovamente il bicchiere.
“Mandalo via!”- rispose appoggiando con rabbia la bottiglia sul tavolino accanto.
“Permettetemi di insistere Signore …ma dice di avere delle informazioni che troverete molto interessanti”
“Ti ho detto di cacciarlo,  maledizione! “- batté un pugno su bracciolo della poltrona.
L’Uomo avvolto in un mantello scuro si fece strada nella stanza e rimase nella penombra –“…non credo vorrete cacciarmi quando vi avrò  parlato “
“Uscite immediatamente da questa casa “- urlò –“ …come vi permettete di…”
“ ….forse se vi dicessi il nome Oscar Francois de Jarjayes. …”
Si volse sbarrando gli occhi. 
Il cappuccio copriva quasi l’intero viso.
“Chi siete? “ 
“Credo che questo non sia di molta importanza”
“Parlate dunque”
Si sfregò le mani –“…naturalmente le informazioni hanno un loro prezzo…”
Fece cenno al suo servitore di allungargli delle monete.
Il tale sghignazzò –“ Se ne può discutere…”- infilò in tasca il compenso.
“Non fatevi pregare, parlate dunque!”- ruggì.
“Sicuramente sarete felice nell’apprendere che è viva”
Gli indicò di avvicinarsi e sedere.
Rise sotto i baffi senza fare un passo.
“Cos’altro? “
Allungò la mano -“….bisogna saper parlare con le persone giuste, …a volte possono presentarsi rischi e ostacoli…”
Gli lanciò una sacchetta di denaro.
“Questa dovrebbe bastare. …ma badate…”
Infilò il compenso sotto il mantello abbastanza soddisfatto. 
“E’ tornata a palazzo Jarjayes. Al momento sono in viaggio”
“In fuga?”
“No…semplicemente trasferimento con tutta la famiglia”
“Dove?”
“Regione della Bretagna”
“Chi c’è con lei?”
“Il Generale, Madame,  l’attendente, un’altra figlia con prole al seguito ed alcuni della servitù”
Bevve un sorso.
“Voglio sapere di più!”
“…credo riusciremo ad accordarci”
Intravvide appena lo sguardo torbido sotto il cappuccio.
“Più  mi farete sapere, maggiore sarà la ricompensa ”-
L’uomo si prostrò indietreggiando.
“Quando vi rivedrò? “
Non udì  risposta.
“Avete perso la lingua?”
Silenzio.
Nell’ombra nessuno più.
Chiamò allora il servitore che gli aveva aperto. 
“Dov’è andato?”
“Non saprei dire , Signore! Fuori non ho visto e udito nulla di strano”
Gli fece cenno di andarsene.
Dunque era viva.
Trangugiò un nuovo bicchiere di brandy.
L’angolo della bocca si tirò in un accenno di sorriso maleficamente compiaciuto.


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Capitolo 20
*** UN AMARO ARRIVO ***


Pur di guadagnare tempo sulla tabella di marcia, la comitiva si mise in viaggio ancora prima dell’alba.
I ragazzini avevano ripreso il sonno in carrozza accanto a Beatrice e Madame Emilie.
Oscar sbadigliò.
“Tutto bene?” – André le si affiancò a cavallo.
“Da quando ho lasciato i Soldati della Guardia è  quasi come se il mio corpo si fosse abituato a ritmi differenti”
“È  così. ..ho la sensazione che ti abbia solo giovato”
“Si, ammetto di sentirmi bene…o quasi…”
“Qualcosa non va? Hai avuto ancora delle  crisi?”- si allarmò.
Abbassò gli occhi, lo sguardo affranto.
“Parla….ti prego”
“In effetti….beh si…”
“Che cosa?” – la vide talmente titubante che stoppò Alexander.
Tirò  le briglie –“ …ecco…”
“In somma,  la finisci di tenermi sulle spine?”
Il resto della comitiva procedette tranquillamente. 
Lei fece girare Cesar per avvicinarsi di più poi alzando il volto e fissandolo negli occhi.
“….mi manchi André. …ho terribilmente bisogno di stare sola con te….” – accostandosi di più gli mormorò –“ ..ho voglia di fare l’amore con te….”
André  tirò  un sospiro di sollievo.
Oscar rimase senza parole.
“Pensavo ti fosse successo qualcosa di grave!”
“Non lo ritieni importante?”
“Certo…ma credevo peggio”
Senza nemmeno controbattere mosse le briglie e spronato Cesar raggiunse velocemente l’ultima carrozza.
“Oscar!”
Recuperò il terreno perso.
“Ti sei offesa?” – 
Non lo degnò di una risposta.
Poi guardandola meglio si accorse di un leggero sorriso malizioso. 
Si schiarì la voce –“ Comandante….mi auguro che questo atteggiamento nei vostri confronti non mi porti a dover affrontare un tribunale militare”
“Soldato Grandier, valuterò attentamente la vostra posizione. Appena possibile vi comunicherò il verdetto”
E lanciò Cesar verso la testa del gruppo affiancando il Generale.
André rimase indietro. Sorrise osservandola dialogare col padre.
Un Oscar decisamente diversa , più serena , più  donna, più  bella.
Ripercorse tutti quei momenti di abbattimento del passato nel tormento di essere semplicemente un perenne innamorato respinto, l’aver cercato di affogare nel bere quel dolore ….l’incidente con Bernard “Il Cavaliere Nero” dove aveva rischiato di perdere la vista….con la paura soprattutto di non poter più vedere lei….le scazzottate in caserma con la colpa di essere il suo attendente…il ferimento sotto la Bastiglia.
Nonostante il destino pareva gli fosse perennemente avverso, il pensiero di Oscar era stato la sua ancora di salvezza e la sua ostinazione lo aveva condotto finalmente tra le braccia di colei che amava da una vita.

Dopo tre giorni di viaggio estenuante finalmente il piccolo paesino di Le Conquet non era più  un miraggio.
Erano state giornate molto calde. 
Ora il cielo era grigio. Le nuvole correvano veloci sospinte dal vento, l’aria carica di umidità.
Nell’arco di poco si mise a piovere.
“Dannazione”- André  seguiva Oscar completamente fradici entrambi.
La temperatura si era improvvisamente abbassata. 
Imboccarono una strada sterrata. In lontananza si intravvedeva della vegetazione in mezzo alla quale si poteva scorgere l’abitazione. 
Il guardiano aveva provveduto ad aprire la casa, accendendo i vari candelabri ed alimentando il fuoco nei camini per scaldare un po’ gli ambienti.
Beatrice fece entrare velocemente i figli chiedendo a Rosalie di procurarsi asciugamani per tutti mentre Nanny si era già ritirata in cucina per preparare qualcosa di caldo.
“Sarà meglio provvedere domani a scaricare le carrozze “- Augustin cercò di riparare la consorte.
“Assolutamente si….ora non credo sia consigliabile”
Oscar si passò il  piccolo telo fra i capelli mentre André si occupava di collocare al riparo i cavalli.
Percorse il corridoio al piano superiore che portava alle camere da letto. Beatrice le mostrò quella che aveva pensato per lei.
Spaziosa con una bellissima vetrata con vista verso il mare.
“Che ne dici?” 
“Solo tu potevi pianificare tutto meravigliosamente”
“Sono felice sia di tuo gradimento” – depose un ciocco di legno nel camino –“ Pensa a cambiarti. A breve Nanny avrà preparato qualcosa per cena”
Fece di tutto per trattenersi finché la sorella non se ne fosse andata poi esplose in una serie di colpi di tosse interminabili. 
Sperava che quel mostro l’avesse abbandonata. …invece subdolo si era risvegliato.
Sentì in gola il sapore del sangue risalirle fino alla bocca…portò un fazzoletto alle labbra. 
La travolse un’ondata di caldo. 
Il tessuto bianco macchiato come non le era ancora capitato di vedere. Lo strinse forte nella mano.
Un brivido.
“No” – si disse –“ No,  no….”
Udì  bussare.
“Madamigella….volete scendere per una piccola cena?” – Rosalie attese una risposta oltre la porta.
“Si…certo….mi cambio…e scendo!”
Indossò qualcosa di asciutto lasciando gli abiti bagnati accanto ad una poltroncina….quel fazzoletto in mezzo….
L’appetito non era molto ma si sforzò comunque di mandare giù alcuni cucchiai di brodo.
André la guardava sottocchio senza perdere di vista un solo suo gesto. Qualcosa non andava.
Tutti molto provati ma felici di essere giunti a destinazione avrebbero voluto andare alla scoperta della casa ma la stanchezza prese il sopravvento. 
Beatrice quella notte decise di fermarsi con i pargoli ed attendere il rientro di Louis Antoine.
Il guardiano fece l’ultimo giro per controllare che le porte fossero chiuse e accanto ai camini ci fosse abbastanza legna per scaldare tutta la notte – “ Se aveste bisogno la mia camera è in fondo al corridoio oltre le cucine “
Nanny lo ringraziò sistemando gli ultimi piatti nel mobile.
Oscar silenziosamente si avviò in camera. 
Si accorse all’ultimo che André l’aveva seguita.
“Ehi….” – la prese per una mano.
Lei si volse. Il volto cereo ,  madido di sudore, il respiro corto e affannoso, gli occhi leggermente arrossati  e affaticati. 
Gli posò una mano sulla fronte –“ Ma tu scotti!”
Una lacrima scese sulla guancia –“ ….io…credo che il mio amore per te sia troppo piccolo….”
“Cosa stai dicendo?” – le accarezzò il viso –“ solo io ne conosco la grandezza….”
Lei aprì  la porta ed entrò. 
“…..sono una vera egoista…..”
Non comprese. 
“Cosa stai farneticando ? “
“…perché  mi hai voluto seguire? …non credo mi resti molto….cosa te ne fai di stare appresso ad un morto che cammina?”
Quelle parole erano decisamente senza senso per lui. L’afferrò  per le spalle scuotendola –“ Ma sei impazzita? “
Era irragionevole nascondersi ad André. E nemmeno ci sarebbe riuscita.
“….saresti dovuto restare con Leah….”
Sgranò  gli occhi. Forse un pugno nello stomaco gli avrebbe procurato meno male.
La tentazione fu quella di schiaffeggiarla…erano parole troppo forti. Ma si trattenne.
“Tu non sai quello che dici!”
“Invece si!”- gli urlò afferrando il fazzoletto nascosto  tra gli abiti bagnati abbandonati sulla poltrona e quasi stampandoglielo sul naso.
Allungò la mano e pieno di timore lo aprì. 
Un tremore lo attraversò.
“…ti prego, lasciami sola”- gli volse le spalle. 
“Oscar….”
“Ti supplico. …esci”
Che cosa poteva fare? 
Nulla se non fare quello che gli aveva chiesto.
Il cuore stretto come in una morsa, ma non poteva ….
“Oscar, coricati hai la febbre”- le disse cercando di accompagnarla a sdraiarsi.
“Vattene, ti ho detto!”
Strinse i pugni dalla rabbia.  
Sentì  la porta chiudersi violentemente alle sue spalle.
Solo, nella sua stanza ebbe la sensazione fortissima che l’avrebbe persa.
Perché? Perché  aveva nominato Leah?
Il pensiero involontariamente o no tornò a lei.
Chissà cosa stava facendo. E Alain? Avrebbe fatto quello che gli aveva chiesto?
Indubbiamente le voleva bene…ma ora doveva percorrere la sua strada senza di lui.
Nonostante ciò  le parole di Oscar lo turbarono. 
Stava dunque precipitando la situazione? I loro destini allora erano inesorabilmente segnati a dividersi?
Lei doveva andarsene in breve e lui? No  non poteva essere, non ora che l’amore li aveva uniti dopo tante sofferenze.
Sedette sul letto con la testa tra le mani.

Seduta nella piccola vasca di legno, il viso solcato dalla lacrime, Leah ripensò all’ultimo discorso fatto con Alain su André. 
Da allora lui comunque aveva continuato ad accompagnarla ed andarla a prendere, ma senza scambiare mezza parola. Lei non fiatava, lui nemmeno.
Eppure era come se si fosse abituata a questo tram tram. 
La sera lo attendeva sulla porta della taverna, non rientrava più da sola. 
La mattina era sempre puntuale per l’inizio del suo turno.
Perché tutto era dovuto per forza andare così ?
Quel sentimento era cresciuto troppo velocemente….
Gli aveva detto di non aver nulla da perdonargli. ..il destino così aveva deciso…
E non aveva nulla nemmeno contro di lei.
Era del tutto normale che André avesse scelto chi amava da una vita.
…i suoi occhi, i suo morbidi capelli scuri, il suo splendido corpo ….fra le sue gambe…..quella sera sarebbe bastato poco….I suoi baci…il suo desiderio…
Faceva male, terribilmente male.
Si asciugò senza riuscire a smettere di piangere.
Ma perché le aveva messo accanto Alain?
Se non gli fosse importato nulla di lei non lo avrebbe fatto….
E la decisione del viaggio in Bretagna? 
Se fosse stato solo per accompagnare Oscar? Un pretesto?  Per cosa? 
Mettere alla prova il sentimento che nutrivano l’uno per l’altra?
Raccolse i capelli guardandosi allo specchio. Il suo corpo nudo riflesso.
Non aveva nulla da invidiare ad alcuna: un bel seno, non troppo grande, pieno e sodo, la pelle chiarissima, giovane, femminile e con la giusta sensualità. 
Un uomo non avrebbe potuto desiderare di meglio……gli aveva detto di piacergli da morire…
E l’altra?
Anche lei sicuramente si sarebbe comportata alla stessa maniera, non poteva condannare il suo atteggiamento…


Qualcuno bussò leggermente. 
Aprì.
Ed eccola…lì sulla porta, il  cuscino stretto tra le braccia, la camicia che non andava oltre la metà coscia, i piedi nudi.
“Posso entrare?”
Come allora….quando la notte pioveva forte e i tuoni scuotevano palazzo Jarjayes. ….se la trovava in corridoio…
“Dai…uffa, fammi entrare…non ci sto nel letto da sola”
E lui col viso imbronciato sbuffava e valutava se dirle di si.
“Dopo mi rubi tutte le coperte e io devo dormire scoperto”- quasi piagnucolando.
“Ho freddo ai piedi “ – gli diceva pestando il pavimento.
E cedeva, era sempre così.
Nel letto poi gli puntava i piedi freddi nei polpacci …perché  gli voltava le spalle scocciato ….ma durante la notte si addormentavano spesso abbracciati….
Richiuse la porta.
Lei ferma, immobile.
“Oscar” – la guardò con tanta tenerezza.
Strinse di più il cuscino.
“Ho paura”- gli occhi lucidi.
Le sfilò il cuscino posandolo sul letto.
“Vieni qui” – l’abbracciò. 
La sentì  tremare. 
“Hai ancora la febbre”- le guance tendenti al rosso. Doveva avere la temperatura piuttosto alta.
Si infilò sotto le lenzuola.
André aggiunse un ciocco di legno al camino.
Per maggior tranquillità diede un giro di chiave alla porta .
Tolse gli abiti e si sdraiò accanto.
Lei si rannicchiò contro di lui.
“Non  voglio morire”- sibilò.
Che cosa poteva dirle? Solo quel famoso medico avrebbe sciolto ogni dubbio e perplessità sul suo stato di salute. 
Certo era che non si preannunciava nulla di buono.
“Lascia che ti metta una pezza bagnata sulla fronte….dobbiamo fare qualcosa…”
Lo sguardo di lei quasi supplichevole ….il desiderio tremendo di vivere….
Sempre coraggiosa di fronte ad ogni situazione, imprevisto o altro, Oscar non conosceva paura…eppure qualcosa sembrava quasi si fosse spezzato dentro di lei.
Non rispose e lasciò che le facesse qualche impacco sulla fronte.
“….che cosa farai?”
“ In che senso?”
“Quando non ci sarò più?”
“Ma cosa stai dicendo?”
Si drizzò sul letto –“ Insomma, vuoi essere realista? ….a me resta poco…non riesci a metterti in testa che morirò?” – gli urlò.
André non si trattenne più. Non lo aveva mai fatto ma questa volta quelle parole lo fecero uscire di senno….e la colpì.
Oscar si portò la mano sulla guancia. Le lacrime scendevano in silenzio.
La strinse forte –“ Perdonami”
Assaporò fino in fondo quel l’abbracciò –“ Non mi abbandonare, ti prego”
“Non lo farei mai!”
La fece sdraiare nuovamente riprendendo a farle gli impacchi freddi fino a che non si addormentò .
Durante la notte vedendola tremare aggiunse una coperta controllando che il fuoco non si spegnesse.
La pioggia batteva incessante contro i vetri. 
Probabilmente la febbre raggiunse il picco massimo quando la sentì delirare .
Parole, discorsi scomposti….lui….la Bastiglia…i Soldati della Guardia….Fersen….Alain…..Leah…
La tentazione fu quella di avvisare Beatrice.
Poi verso il mattino la febbre calò. 
Il colorito più roseo, il viso più sereno, il sonno più  tranquillo.
Era lui ora a doverle incuterle coraggio, nonostante in cuor suo mille paure prevalessero.
In diverse occasioni era stata lei a starle accanto. 
Quando aveva rischiato la vista lei stessa lo aveva incoraggiato non perdersi d’animo. 
E ne era venuto fuori…entrambe gli occhi avevano potuto continuare a vederla….la sua amata, la sua dea, la sua Oscar.
Ma qui ora non si scherzava, la cosa era molto più seria.
Questa crisi aveva decisamente sconvolto ogni piano. 
Lo sguardo ricadde su quell’immagine accanto al letto….quel piccolo crocifisso.
Non pregava, quasi mai….
Lo fissò  a lungo –“ Non ti ho mai chiesto nulla…..”- mormorò.
La vide muoversi nel letto.
Alzatosi dalla poltroncina le posò una mano sulla fronte.
Lei aprì gli occhi.
“Ciao”- le sussurrò. 
“Dove sono?”- era come stordita.
“Nel mio letto”
Cercò  di mettere insieme i pensieri nella sua mente come i pezzi di un puzzle.
Sedette appoggiandosi alla spalliera.
Lui si accomodò accanto.
“Come ti senti?”
“A pezzi”- rispose.
Il sole sembrava volesse prendere il posto delle nuvole.
Scese dal letto e afferrato il cuscino si diresse verso la porta.
“Aspetta” – André la raggiunse.
Le mani di lei sulla maniglia e quelle di lui sulle sue.
“Voglio tornare nella mia camera”
Girò la chiave e la lasciò uscire.
Fortunatamente ancora tutti dormivano.
L’osservò salire le scale barcollando leggermente.
Si accorse quanto fosse dimagrita in quell’ultimo periodo.
Rabbrividì.
Solo quando la vide sparire in cima richiuse la porta. Sciacquò il viso.
Era del tutto inutile rimettersi a letto.
Udì  sua nonna lungo il corridoio e andò  a prendersi un caffè.

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Capitolo 21
*** IL CROLLO ***


L’entusiasmo per la nuova dimora era palpabile.
Madame Emilie ed il Generale andarono alla scoperta di ogni angolo della casa mentre Beatrice ebbe il suo bel da fare nel gestire l’euforia dei figli lanciati in folli corse attraverso i piccoli corridoi a giocare a nascondersi.
André trascorse l’intera mattinata con Monsieur Philip il guardiano,  in giro per le scuderie, la piccolissima dépendance ed il parco fino ai bordi della splendida scogliera a strapiombo sul mare.
Il panorama era incredibile.
Le onde s’infrangevano sulle rocce sottostanti sollevando dalla spuma minuscole goccioline che risalivano la parete creando una sorta di nuvola trasparente.
Oscar fu l’unica a rimanere chiusa nella sua camera.
La febbre seppur non eccessivamente alta le era tornata.
Non volle avvisare nessuno.
Dietro la tenda osservava fuori. …in lontananza l’oceano. 
Nanny le aveva lasciato il vassoio con la colazione sul tavolino di fronte al letto.
Non aveva toccato nulla….nemmeno un sorso di cioccolata calda.
Beatrice bussò – “Oscar…non scendi?”
Inizialmente non rispose.
Ma quando la sorella fece per aprire,  trovò la porta chiusa a chiave.
“Ho bisogno di stare sola”- il tono di voce basso.
Non insistette. Probabilmente era stanca.
E….se avesse discusso con André? 
Scendendo in giardino lo vide rientrare con Philip.
“Buongiorno madame”
“Buongiorno a voi” – e si rivolse ad André –“ E’ successo qualcosa?”
Fece un leggero sospirò –“ ….no, è semplicemente stanca per il viaggio” – mentì .
“Vado in paese dal dottor Schoenlein per organizzare la visita ad Oscar”
“D’accordo”- annuì fissando la finestra della sua camera.
Beatrice non volle sembrare troppo invadente ed evitò di formulare ulteriori domande.
Il sole filtrava attraverso le  nuvole ed una leggera brezza proveniente dal mare trasportava il piacevole profumo di salsedine verso terra.
Rientrò in casa.
“E’ scesa Oscar?” – André  sbirciò tra i fornelli.
Nanny era intenta a preparare il pranzo.
“No, non credo….qui non è passata”- sfornò una splendida torta di mele.
Decise di salire a controllare come stesse ma giunto di fronte alla sua stanza la trovò vuota con la porta spalancata.
La colazione non era stata consumata ed era fredda.
Qualcosa attirò la sua attenzione oltre la finestra. 
In lontananza quasi a bordo dello strapiombo della scogliera intravvide la sua sagoma.
Afferrò la coperta adagiata ai piedi del letto e scese di corsa raggiungendola. 
Ferma…immobile…lo sguardo fisso verso un punto indefinito dell’orizzonte.
Il vento le agitava i capelli.
L’avvolse nella coperta abbracciandola.
“Che cosa c’è? “- sottovoce accostando la bocca ad un orecchio.
Si strinse in lui facendo ricadere il capo all’indietro su una sua spalla.
“Cos’è che ti tormenta?” – le appoggiò le labbra sulla fronte –“ Hai ancora la febbre, non dovresti stare qua fuori”
Si volse fissandolo con gli occhi lucidi raggomitolandosi  tra le sue braccia.
“Torniamo dentro “
Lo seguì  senza proferire parola.
“Vuoi salire?”- chiese una volta in casa.
Scosse il capo.
La fece allora sedere sul divanetto nel salottino. 
“Vado a prenderti un’altra coperta” 
Lei lo trattenne per una mano –“ …non andar via…ti prego. …non mi lasciare da sola”
Quanto faceva male vederla così.
Sedette. 
Oscar gli andò più vicino appoggiandosi a lui.
André le sollevò la coperta fino al collo.
Lei si addormentò.
Che cosa poteva fare per farla star meglio? Non ne aveva la più pallida idea.
Udì un rumore alle sue spalle.
Cercò di girare la testa senza disturbarla.  
Con la coda dell’occhio si accorse del Generale.
Tacque. Non poteva svegliarla. 
Madame Emilie lo prese per una mano –“ ….gli parlerai più tardi. …lasciali tranquilli ora”
Gli occhi teneri della consorte erano sempre rasserenanti e rassicuranti. 


“Grazie”- dopo diversi giorni finalmente Leah si decise a rivolgergli la parola.
Alain sgranò gli occhi. 
Entrando alla taverna si volse –“A stasera”
Non gli parve vero. 
Si passò una mano tra i capelli e sorrise –“ Come al solito “
La seguì con lo sguardo fino all’interno del locale. 
“Certo che sei proprio un bel bocconcino “ – mormorò tra i denti fissandola quasi stregato.
Pensò come avesse potuto André lasciarsi sfuggire tanto ben di Dio per andar appresso una sorta di pezzo di ghiaccio come Oscar, almeno così l’aveva sempre vista.
“Sei uno stupido “- si disse –“ non ti aveva forse catturato la prima volta che la vedesti?”
Già. Quel giorno in caserma l’aveva trovata terribilmente eccitante sotto quell’uniforme così aderente a quel corpo statutario. 
I primi tempi si era fatto di quei viaggi la notte fantasticando sotto le coperte. Si era immaginato cose che se solo le avesse sapute André …..
Il tempo aveva smorzato lentamente quel desiderio di trovarsela tra le mani…..Lui si che avrebbe saputo bene cosa ….
Quei pensieri li aveva cancellati. André  era divenuto il suo miglior amico. Mai e poi mai si sarebbe permesso di fargli un torto. 
Lui era un rozzo, non uno raffinato com’era André, ma era sincero e l’amicizia per lui era una cosa seria.
Il chiedergli di badare a Leah significava fidarsi ciecamente di lui.
“Però. ..una bottarella….”- continuò a fissare quella chioma rossa –“ amico mio…se dovesse accadere spero che tu non me la faccia pagare” – rise allontanandosi.

Beatrice rientrò.
Cercò  André  per metterlo al corrente del colloquio avuto con il dottore.
Udì delle voci provenire dalla sala.
Suo padre e André  discutevano piuttosto animatamente.
Fece il suo ingresso e li guardò alquanto irritata –“ Volete smetterla di litigare in continuazione sempre sullo stesso argomento?”
Immobili a fissarla.
“Cosa ti prende?”- esclamò  Augustin.
“Non è ora di smetterla di prendersela sempre con questi due ragazzi? Santo cielo…si amano come pazzi…non è  forse giunto il momento di lasciarli in pace e permettere loro di vivere quest’amore così travolgente? Dopo anni finalmente mia sorella ha compreso quale sia effettivamente la sua vita e voi non fate che darle contro e dar contro anche ad André!  Ma dove credete di trovarlo un eventuale altro genero come lui? Allora non vi è stato di alcun insegnamento quello che avete passato con me!” – era furiosa.
I due si guardarono allibiti.
Esplosero in una fragorosa risata.
“Ma cosa ti passa per la testa”- Il Generale posò una mano sulla spalla di André  quasi piegandosi dalle risate –“ Stavamo parlando di monete e preziosi…..”
Beatrice spalancò’ gli occhi.  Si sentì piccola piccola per l’ intervento inopportuno.
Arrossì portandosi le mani sulle guance.
Il Generale si avvicinò –“ Mia cara , questa volta l’ha fatta grossa!”
Si coprì il volto –“ Oh padre….perdonatemi….ve ne prego!”
“Beatrice. …tranquilla…. non ho assolutamente niente contro André. Oramai sono tante le chiacchierate che abbiamo fatto sull’argomento ….”
In quel preciso momento apparve Oscar sulla porta. 
Il viso pallido, le braccia a penzoloni lungo i fianchi e la coperta stretta in una mano trascinata a terra.
“Figlia mia!”- Augustin le andò incontro con fare preoccupato –“ Ma tu hai la febbre!” – la mano sulla fronte.
Lei si rivolse alla sorella con un filo di voce –“ Sei andata?”
André l’afferrò sotto un braccio affinché non si accasciasse a terra.
“Che cosa sta succedendo?” – l’uomo si allarmò. 
Oscar quasi priva di forze decise che oramai non era più  tempo di segreti –“ …..padre io…”.
Sopraggiunse madame avvicinandosi ad Oscar - “Tesoro….!”
Beatrice non riuscì  più  a celare quel segreto – “Non volevamo che lo sapeste”
“Sapeste cosa?”- Emilie apparve seriamente allarmata.
Fece un grosso respiro e si lascio’ andare –“ La tisi….se la sta portando via…”
Le gambe le cedettero.
André afferrò Oscar tra le braccia –“ Portiamola di sopra!”
La adagiarono nel letto. 
“Emilie….la nostra Oscar…” – 
La madre si avvicinò  al letto con gli occhi pieni di lacrime.
Anche Nanny e Rosalie avevano assistito alla scena attirato dal trambusto.
L’anziana donna cominciò a farle impacchi d’ acqua fredda per cercare di far calare la febbre.
Oscar perse i sensi.
Tutto pareva stesse definitivamente precipitando.
André seduto con la testa tra le mani non si dava pace.
I singhiozzi trattenuti a forza in gola mentre le lacrime gli bagnavano il volto.
“La mia Oscar” – sibilò.
Beatrice scese le scale precipitandosi da Philip.
“ Vi prego ….andate in paese a chiamare con urgenza il dottor Schoenlein”.
In breve il guardiano fece ritorno.
L’uomo entrò nella stanza accolto da Beatrice –“ Buon pomeriggio Thomas”
Alto, magro, poco più che trentenne, il viso pulito. 
Poggiò la sua borsa sulla poltroncina.
Si chinò su di lei –“ Riuscite a sollevarvi? “
“Ma non vedete in quale situazione si trova?”- si intromise André.
Lui lo gelo’ con un’occhiata.
Beatrice lo afferrò per una mano facendogli cenno di tacere.
Oscar aveva ripreso lentamente conoscenza.
Annuì con gli occhi e con le poche forze in corpo sedette.
Tutti alle spalle sbirciavano per capire.
L’uomo sciacquò le mani e  la visitò senza fiatare.
“A febbre scesa fatevi accompagnare da me” – richiuse la borsa.
Mise tra le mani di Beatrice un flaconcino –“ Un cucchiaino in ogni bevanda che non sia acqua e in ogni pasto liquido. Deve bere. Acqua, spremute….somministratele frutta e verdura. Fatela mangiare”
Si avviò verso le scale accompagnato da Beatrice.
“Ma che razza di medico siete?” – gli urlò  dietro André. 
Il Generale lo trattenne –“ Finiscila André “
“Dannazione….ma non vedete…che razza di visita le ha fatto….non una parola….cosa ne può capire”
Thomas si avvicinò con sguardo truce –“ Pensateci voi, allora”
Impietrito.
“Ci vediamo a giorni…..e….perdonalo….e’ sconvolto!”- si rivolse in tono amichevole al medico. 
Tornato sui suoi passi, Philip lo riaccompagnò in paese.
Oscar si era nuovamente coricata. Gli occhi chiusi.

“Ciao dolcezza”- Alain si sfilò lo stuzzicadenti dalla bocca.
Leah richiuse la porta della taverna.
S’incamminarono verso casa.
Si mise a fischiettare con le mani in tasca.
L’ osservò con la coda dell’occhio: il capello liscio e scuro, un bel sorriso, le spalle larghe….
Ma André era tutta un’altra cosa.
“Senti….probabilmente non sono uno stinco di santo e sono piuttosto grezzotto….ma possibile che ti faccia così schifo rivolgermi mezza parola?”
Si fermò –“ Cosa vorresti che ti dicessi?”
“Ah…”- le fece cenno di lasciar perdere e proseguì.
Insomma era decisamente assurda quella situazione. Lui non aveva mai avuto problemi con le donne, di nessuno  tipo. Ma Leah era veramente tosta da gestire.
“Me la pagherai amico mio”- sogghignò amichevolmente pensando ad André –“ E come che me la pagherai”
“Cos ’ hai da ridere?”- prese la chiave dal grembiule e la infilò nella toppa.
Quando si volse si trovò di fronte il viso di Alain. 
Il suo respiro rimbalzò sulle sue labbra. 
Un fremito quando la sua mano le cinse un fianco .
Improvvisamente le stampò un bacio sulla bocca con uno schiocco.
Alzò la mano per colpirlo, ma fu più lesto a bloccargliela contro la porta sorridendo.
“Tu hai bisogno di un vero uomo”
“E quello magari credi di essere tu!??”- non si aspettava una reazione del genere.
Si avvicinò a lei fino a comprimere il torace sul suo seno –“Leah…sei un bocciolo stupendo”- la bocca su quella di lei fino ad insinuarsi a cercarla con forza.
La sua lingua la esplorò con trasporto e lei non riuscì a reagire.
Quando si staccò dalle sue labbra rimase ad occhi chiusi,  senza fiato,  i battiti del cuore accelerati…
Una curva maliziosa all’angolo della bocca –“ Allora non sei del tutto indifferente al mio fascino “
Quando li riaprì lo vide allontanarsi.
“Dormi bene bella bambina”

Erano riusciti a far bere del brodo ed una spremuta ad Oscar.
Avevano deciso di fare a turno la notte. 
Ora toccava Beatrice.
“Vai a riposarti un po’ “ – sussurrò  ad André. 
Non voleva allontanarsi troppo –“ Sono giù nel salotto “ – le disse.
Sedendo si rese conto  di aver effettivamente esagerato con il dottore. 
Immerso nei pensieri e in preda alla stanchezza si addormentò.
Verso l’alba Beatrice balzò sulla poltroncina.  
Aveva preso sonno e non si era accorta che nella notte Oscar si era alzata ed era uscita.
In preda al panico si precipitò giù dalle scale.
Doveva avvertire André senza perdere un attimo.
Ma quando entrò nel salotto…..
Eccola, sul divanetto rannicchiata con la testa sulle sue gambe, la mano di lui fra i capelli della sorella.
Si nascose dietro la porta. Scoppiò in lacrime. La tensione, la tenerezza, la rabbia per quello che stava attraversando Oscar. 
Intrecciò  le mani  –“ …Tu che tutto puoi aiutali. …”

Si girò e rigirò nel letto senza trovare una posizione e chiudere occhio.
Non aveva previsto tutto quello, non lo aveva nemmeno lontanamente immaginato.
Certo….non era stato come quel primo bacio con André,  con lui era stata tutta un’altra emozione.
Eppure….le pareva di sentire ancora quelle labbra premute con veemenza sulle sue, quel vortice di lingue che s’intrecciavano suscitando un piacere inaspettato. Quei modi ben poco delicati di Alain l’avevano in un certo senso catturata. 
Quella mano sul fianco l’aveva fatta rabbrividire con un pizzico di desiderio.
Rivide lo splendido corpo di André  mentre adagiato sul suo e fra le sue cosce …..l’avrebbero fatto se non fosse stato…..
Ma nella sua immaginazione cercando il volto di lui ritrovò  al suo posto quello Alain che le sussurrava –“ Ti voglio Leah…non sai quanto”
Un’improvvisa vampata di calore. Sentì di arrossire nel buio.
Ma no, non poteva così in breve tempo invaghirsi di un altro. Nel suo cuore c’era posto solo per André. 
Eppure….


Aprì gli occhi.
La mano di André nei suoi capelli.
Sollevò  lo sguardo incrociando i suoi splendidi occhi verdi e il suo sorriso.
Quanto amore in quel piccolo gesto.
Lui non l’aveva mai abbandonata, era la sua forza….era la sua vita .
Dov’era finita quella Oscar che aveva garantito non solo a lui di lottare fino all’ultimo?
La sua battaglia era appena cominciata. Sarebbe stata la più difficile ….ma lo avrebbe avuto al suo fianco, tutto sarebbe stato meno duro da affrontare. 
Sedette piano piano.
Lui le posò una mano sulla fronte: era fresca.
Le accarezzò la guancia.
“Ho fame”
André la strinse felicissimo a sé –“ Ora dico a Nanny di prepararti la colazione”
Rimase sola, seduta, la coperta sulle gambe.
Quello? Uno dei nuovi ostacoli da superare.
I giorni a venire …. la vera incognita sul suo futuro.
Poca o molta che sarebbe stata, quella vita andava vissuta fino all’ultimo dei suoi respiri.
Quel tunnel si presentava lungo da percorrere.…

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Capitolo 22
*** INASPETTATAMENTE ***


Alain come sempre arrivò  in anticipo. 
Bussò alla porta e attese.
Nessuno.
Sbirciò attraverso le finestre.
Niente.
Si diresse allora verso la taverna con l’interrogativo del perché  Leah non lo avesse aspettato.
Oltre le grate della piccola vetrata la vide già al lavoro. 
“Strano”- pensò.
Decise di non entrare per non disturbarla. E comunque si sarebbero incontrati la sera. 
Fece ritorno a casa. 
Aveva anche Diane da tenere sottocchio. 
Pierre faceva indubbiamente sul serio ma lui comunque continuava ad essere molto protettivo nei suoi confronti a volte anche in maniera eccessiva. Dopo la brutta avventura di qualche anno prima con un nobile che l’aveva lasciata, era sempre sul chi va là. 
Aveva sofferto tanto. E quando sembrava si fosse ripresa era mancata la madre. 
Brutta batosta per entrambi.
Il loro legame era divenuto ancora più forte.
Lui storie serie non aveva mai avute. Era un animo libero e ribelle. Forse solo durante il periodo nei Soldati della Guardia aveva sottostato ad ordini e seguito regole, o almeno ci aveva provato.
Certo, non disdegnava le donne, anzi. Non aveva mai voluto impegnarsi ma aveva lasciato il segno in numerose taverne di Parigi e non solo.


La giornata per Oscar trascorse serenamente. 
Sfebbrata e con un leggero appetito in più, non uscì comunque di casa.
Dedicò il suo tempo a leggere e ad andare in giro a visionare ogni angolo per lei nuovo.
Nanny e Rosalie la tennero controllata durante le loro incombenze, preoccupandosi che mangiasse e bevesse come prescritto dal dottor Schoenlein.
André nel piccolo studio visionava con il Generale alcune monete antiche e preziosi appartenenti alla famiglia.
“Non immaginavo che l’argomento fosse di tuo gradimento e nemmeno delle tue conoscenze tecniche”- Augustin era stupefatto.
“Rammentate la storia del Cavaliere Nero?”- chiese osservando contro luce uno splendido rubino.
“Certo, come potrei essermene dimenticato. Hai rischiato di perdere la vista”- 
“Be, tutti quei gioielli e quei valori accumulati mi avevano incuriosito. Così ho iniziato ad appassionarmi.”
“Devo ammettere che sei piuttosto abile. Già sei un gran intenditore di cavalli. …potresti avere un bel futuro nelle contrattazioni”- ripose le pietre nello scrigno.
“Non prendetevi gioco di me, ve ne prego. E’ semplicemente una passione come un’altra”- si sentì  a disagio.
“Non sto scherzando”- lo fissò seriamente –“ potrebbe diventare anche un’occupazione futura”- prese da un cassetto la sua pipa e preparò il tabacco –“ Se … “- l’accese aspirando a fondo –“ ….chissà,  se sposassi mia figlia….forse potrebbe garantirvi un ottimo tenore di vita….sempre che Oscar …..”
André era sconcertato: la frase non terminata e il Generale che più trascorreva il tempo più si dimostrava benevolo nei sui confronti stupendolo incredibilmente ogni volta con dialoghi inerenti il rapporto tra lui ed Oscar.
“Io Signore, non so come ringraziarvi ….”
Rimase in silenzio. 
Amava sua figlia come non mai. Dopo tanto tempo ora l’unico desiderio era quello che stesse bene e che fosse finalmente felice. Basta litigi, basta contrasti. 
Alla fine Beatrice ed Oscar nonostante tutto erano le figlie che erano rimaste sempre accanto a lui e ad Emilie.
Che importanza poteva avere ora l’orgoglio di un erede maschio? 
“Io…vorrei parlarne con Louis Antoine….se sei d’accordo”- tornò  a guardarlo.
Non seppe come rispondere. 
“Senza impegno”- aggiunse.
“Signore….grazie del vostro interessamento”- era imbarazzato e non poco. Non si era ancora abituato a quel modo di rapportarsi con lui. 
Oscar bussò alla porta. Entrò.
“Avete deciso di rintanarvi lontano da tutti?”
Il colorito era decisamente più roseo, gli occhi meno segnati dalle occhiaie, la voce leggermente più  energica.
“Hai mangiato qualcosa?”- chiese André. 
“Siiiii…..mi farete diventare un barilotto”- rispose gonfiano le guance a pallone.
“Desideriamo solo che tu stia bene”- intervenne il Generale.
“Farò la brava, prometto!”- si avvicinò ad André –“ Avete finito? Mi date il permesso di portarlo via?”
Il padre sorrise –“ Purché facciate i bravi ragazzi! “ – 
“Certo, perché  non dovremmo?”- ribatte’ fissando teneramente il giovane negli occhi.
“…perché  sono stato giovane anche io….”- ed aprì  la porta –“ …ed immagino…”- sorrise.
Li lasciò soli.
“Qualcosa mi dice che tuo padre ….”
“….pensi che……?”- concluse lei.
“Incrociamo le dita”- la prese per i fianchi abbracciandola dietro la schiena.
Rimase ad ammirarla. 
Le scostò alcuni riccioli dal volto –“ È  splendido vederti un po’ più serena”


“Ehi…Du Bois?...Dov’è Leah?”- chiese sedendo al bancone.
“E’ uscita da qualche minuto”- rispose passando lo straccio umido sul ripiano.
“Dannazione! “- esclamò  precipitandosi fuori dalla taverna cercando di raggiungerla.
Il clima dopo la presa della Bastiglia non era per niente migliorato, anzi, trovarsi in giro di notte per strada era a proprio rischio e pericolo.
A passo spedito la ragazza oramai era quasi giunta a destinazione . Udì qualcuno che si avvicinava alle spalle ed incrementò l’andatura un po’ impaurita.  
Non appena mise piede in casa non fece in tempo a chiudere la porta che una mano l’afferrò. 
Scattò in preda al terrore .
“Ehi , stupida ragazzina”- sbraitò Alain - “…non credi sia un azzardo girare la notte da sola?”
“Ti pare la maniera di arrivare così all’improvviso? Mi hai fatto prendere un colpo”- gli urlò.
“Ritieniti fortunata che non fosse un malintenzionato”
“Lasciami subito ed esci di qua!”
Lui la fissò intensamente negli occhi.
Leah si sentì terribilmente a disagio. Quello sguardo pareva la stesse spogliando.
“Che cosa ti prende? Non mordo mica”
“Non voglio più che ti prenda cura di me….dimentica la promessa fatta…”
Si accorse che tremava.
Lasciò la presa e le andò con viso sotto il naso –“ Ma cosa credi che io sia? Un mostro? E ’ questo quello che pensi di me?”
Lo vide talmente adirato che non ebbe il coraggio di pronunciare mezza parola.
“Non toccherei una donna con un solo dito…a meno che lei non mi dia da intendere che lo voglia!”
Era impietrita.
“Di me si può  dire tutto, che sono un rozzo, burbero, irruento, rissoso…ma…”- interruppe improvvisamente il discorso –“ …ah certo…il solito ….il motivo è sempre quello….vero?”
Le sollevò  leggermente il mento –“ Non sono André! E’ questo no?”“
Lei sbarrò gli occhi.
“E smettila di guardarmi in quella maniera. È ora che la pianti di fare la finta verginella….”
Un sonoro ceffone tagliò l’aria. 
Alain si toccò il labbro inferiore e  passando la lingua percepì il sapore del sangue.
“Toglietelo dalla testa….André quello che voleva, vuole e vorrà  sempre l’ha ottenuto”
“Smettila”
“Apri gli occhi …..forse nonostante i calli nelle mani, la mancanza di buone maniere ed un linguaggio scorretto e sboccato ….anche io ho un cuore e dei sentimenti”
Livida di rabbia reagì sputandogli in faccia.
Mai avrebbe pensato ad un suo comportamento così villano.
Sorrise maliziosamente –“ Mi fai impazzire” – e prendendola per un fianco la tirò con forza a sé stampandole un bacio appassionato sulle labbra.
Colta per l’ennesima volta alla sprovvista. 
La sua lingua s’insinuò con veemenza avvinghiandola, cercandola,  assaporandola.
Alain sentì le mani di Leah premergli contro il petto nel tentativo di allontanarlo.
La stretta continuò ad essere forte.
Con la mano libera le spostò il braccio sentendo il morbido seno ansimante sulla sua camicia.
Non le diede respiro e lei alla fine si lasciò andare a tanta passione.
Senza mollare la presa staccò le labbra fissandola in quegli splendidi occhi verdi.
“Sei uno schianto bambolina!”
Lo spinse via –“ Vattene subito! “- gli indicò la porta strabiliata da tanto furore.
Girò  i tacchi, infilò le mani nelle tasche allontanandosi –“ …posso garantirti che sarai mia prima che tu possa rendertene conto!....oramai il ghiaccio è rotto…..e non puoi più resistermi”
“Guai a te se verrai ancora a prendermi. ….ti diffido. …maleducato,  ignorante,  rozzo, impertinente. …che non sei altro”- gli gridò  stringendo i pugni.

Spense le candele.
Sporse il viso oltre la stanza.
Un’occhiata a destra e una a sinistra.
Il corridoio percorso in punta di piedi.
“Augustin, cosa stai facendo?”- Madame Emilie sedette sul letto.
“Oscar è uscita dalla sua camera e…”- una mano lo afferrò delicatamente mentre l’altra spinse la porta.
Si volse.  
“Torna a dormire”- sorrise.
“Emilie…”
Gli posò un dito sulle labbra –“….non ricordi?....vogliamo parlarne?”
“….ma…”- spiazzato.
“Attento a quello che dici”- 
Lo sguardo dolce di sempre lo riportò indietro nel tempo…..
Rimase quasi in adorazione della consorte. Gli anni erano trascorsi ma l’amore era immutato. 
Aveva sempre avuto la capacità di placare tutti i suoi momenti dirà.  Quel suo sorriso cosi rasserenante e rassicurante.
“Emilie…..sai che determinate situazioni…”
“Augustin vorresti rivivere con Oscar quello passato con Beatrice? “
“Forse vorrei semplicemente che stesse bene e che ….be …..André. ..”
“Vieni”- lo invitò a tornare nel letto .
Accomodatosi accanto alla moglie si coprì. 
“Ti piace André. …ti è sempre piaciuto. Non lo avresti messo accanto a nostra figlia se non fosse così”
“Avrei desiderato che tante cose fossero andate in maniera differente…..vedi, se si potessero sposare ….”
“Ora pensa a dormire. Domani sarà  una giornata pesante”- un tenero bacio –“ per primo dobbiamo pensare alla salute di Oscar…poi vedremo il resto.”

La chiave scattò  nella serratura.
André si girò nel letto.
Nel buio quella figura esile avvicinarsi in silenzio.
“Posso?”- sussurrò. 
“Sai che non dovresti essere qui”- la rimproverò amorevolmente. 
“Non riesco a dormire….”
Sedettero l’uno accanto all’altra.
Il suo profumo lo inebriò riempiendogli le narici. 
“Sei fresca”- le tocco la fronte.
“Oggi è andata bene, solo un po’ di debolezza”
“Pensi a domani?”
Come aveva detto il dottore, si sarebbero dovuti incontrare appena la febbre fosse scomparsa.
Tacque.
La conosceva bene, da sempre. Sapeva che i suoi silenzi dicevo più di mille parole. 
Rimasero così nel buio senza fiatare.
Era inutile tentare di rassicurarla che tutto sarebbe andato bene poiché entrambi sapevano che così certamente non sarebbe stato. ….nonostante lo sperassero.
“André. ..”
“Si …”
“Ricordi quando mi accusarono di tradimento? “
“Certo, quando tuo padre voleva ucciderti ed io lo minacciai con una pistola”
“Rammenti la conversazione?”
“Come posso dimenticarla. Gli dissi che sarei scappato con te …..”E magari vorresti sposarla?”  Mi chiese ed io risposi di si“
“…ma tu lo pensi ancora?”
Le accarezzò il viso –“ Ma certo Oscar…lo farei anche ora. Io non ho cambiato assolutamente idea”
“Nonostante io possa ….non avere molto da vivere?”
“Si….”
Lei abbassò lo sguardo.
“André. .. prometto di non essere più così  debole, di lottare….non so se sarà  tanto o poco il tempo che mi resta ma voglio viverlo intensamente, fino alla fine”
Un respiro profondo - “Io…avrei un desiderio ..…”
Avvicinò la bocca tanto da sentire il suo respiro e sfiorandogli le labbra –“ ….io ….io vorrei diventare tua moglie……”
Lo sguardo pieno d’amore- “ E’ la cosa che più desidero al mondo. Ti amo. Tu sei la mia vita”.
Gli occhi le si riempirono di lacrime –“ ….amami André, ….amami ora….più  di quella notte, più  di ….”
Le infilò le mani fra i capelli e la baciò .
L’averla accanto….un fiume in piena di emozioni. 
Sfilata la camicia si sdraiò sul letto.
Così. ..in attesa che la raggiungesse rimase a guardarlo mentre gli abiti cadevano al suolo.
Di fronte a lei si chinò leggermente. 
Quelle mani così morbide potevano muoversi liberamente sul suo corpo
Aveva pensato diverse volte in cuor suo di non essere stata né la prima ne l’unica. Ma ciò non le importava.
Beatrice le aveva detto –“ L’abilità di un uomo fra le lenzuola è sempre grazie ad una donna”.
Non voleva sapere chi…o quante ….
Giaceva come in uno stato di ebrezza mentre quelle dita stuzzicavano la sua femminilità esplorandola accompagnate dal calore della sua bocca e la sua lingua provocandole un’ondata di incredibile piacere.
Lo afferrò per i capelli gemendo senza controllo.
Sazio di quel paradiso la girò sollevandola per il bacino e appoggiandosi  lei.
“Mi farai morire di te…”
Si abbassò a baciarle la schiena trattenendola con una mano dal seno.
Così ricurva lo stuzzicò –“ Fino dove può  arrivare la tua fantasia?”
Lasciò la presa allibito di fronte a quelle parole inaspettate e di sfida.
Lei allora ne approfittò volgendosi all’improvviso, facendolo ricadere fra le coperte e mettendosi a cavalcioni su di lui. 
I seni premuti sul suo torace. Posò le labbra sulle sue.
Si sollevò sulle ginocchia accarezzando ovunque la magnificenza di quei muscoli così torniti.  
Chinatasi  per baciargli il petto si intrattenne a mordicchiargli i capezzoli. E la punta della lingua scese.
André inarcò la schiena irrigidendosi per l’eccitazione.
Al contatto con la sua femminilità la risposta fu inevitabile.
Oscar sussulto ‘ socchiudendo gli occhi percorsa da un fremito. 
“Grandier….non sapete controllare i vostri istinti!”- sibilò. 
“Voi non fate che istigarmi….”
Con movimenti lenti assaporò ogni sussulto del suo uomo in di lei.
Non c’era nulla di più bello al mondo.
André l’afferrò  per i fianchi seguendo il suo ritmo guardandola mentre col capo gettato all’indietro godeva di ogni sensazione.
Invasa da un’ondata di calore mentre le mani continuavano a tenerla saldamente lo sentì mormorare il suo nome. 
Svuotati del desiderio, ricadde su di lui lasciandosi avvolgere dal suo abbraccio.
I respiri ancora in affanno.
Rimasero così rilassandosi.
André si mise a giocherellare con i capelli di Oscar.
“Ho intenzione di parlare quanto prima con tuo padre”
“Di cosa ?” – gli sfiorò le labbra con un dito.
“Di noi. Non ho intenzione di aspettare troppo. Consenso reale o meno voglio sposarti”
Lei sedette accanto.
“Che c’è?!”- l’accarezzò dolcemente sui seni.
“Tu hai dato un senso alla mia vita ….ti amo Grandier”
La trasse a sé  baciandola con infinita passione.
“Madame Grandier….suona bene,  non credi?”
Sorrise –“ Benissimo”.
“Ha un che di…..potente!....”
Rimase ancora qualche istante, poi scesa dal letto infilò la camicia.
“Grazie amore mio”- un ultimo bacio. 
La porta si richiuse alle sue spalle.

La carrozza fermò di fronte alla casa di accoglienza dove Beatrice prestava servizio gratuito e dove lavorava periodicamente il dottor Schoenlein.
Oscar aveva chiesto ai suoi di restare a casa. Sarebbero bastati la sorella ed André. 
“Buongiorno Madame” 
“Buongiorno Constance,  è già arrivato il dottore?” - Beatrice sfilò i guanti.
“Si, vi attende nel suo studio.”
Percorsero il corridoio. 
Ogni tanto si udiva il lamento di qualche paziente.
Diverse giovani si muovevano indaffarate con bende, flaconi, biancheria pulita.
Trascorso qualche minuto l’uomo si presentò nella saletta d’attesa seguito da una di loro.
“Buongiorno”
Lanciò un’occhiata ad André.
“Prego”- invitò Oscar ad accomodarsi e richiuse la porta.
“Ma che diamine….noi non entriamo? “ – sbottò lui seccato.
“Cerca di stare tranquillo e soprattutto di avere pazienza. Siedi. ”.
Fece un lungo sospiro. 
“Mettiti nell’ordine di idee di cambiare atteggiamento nei confronti di Thomas, d’accordo?”- il tono severo di Beatrice come una madre nei confronti di un figlio irrequieto.
Oscar si guardò attorno.
Una scrivania sommersa ai lati di carta e libri, alcune teche contenenti strani strumenti, un mobiletto con diversi volumi di medicina, bende pulite, liquidi strani, una specie di piccolo lettino coperto da un lenzuolo bianco.
“Avete un bel colorito”- la fissò.
“Mi sento bene a parte un po’ di debolezza”
Rimase in silenzio a studiarne i lineamenti e spingendosi nel profondo di quegli occhi celesti.
La ragazza sedeva accanto con alcuni fogli.
“Quanti consulti?”
“Direi uno…..per un altro medico fu più una sorta di diagnosi basata sull’apparenza”.
“Bene. Vi farò delle domande. Ho bisogno che le riposte siano precise e concise. Sono stato abbastanza chiaro?”
Annuì.
L’aiutante intinse il pennino nell’inchiostro e cominciò a scrivere.


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Capitolo 23
*** LA VERITÀ ***


André batteva nervosamente i piedi a terra. 
L’attesa si stava facendo sempre più lunga.
“ Ma che diavolo stanno facendo in quella stanza”- si domandò  con la testa appoggiata al muro –“ ci vuole così  tanto per fare una visita?”- tutto sommato non c’era altro che confermare le diagnosi precedenti. Che altro?
Beatrice al contrario pareva la persona più tranquilla sulla faccia della terra. 
Era rimasta seduta nella medesima posizione senza fare il benché minimo movimento o lasciarsi andare anche solo a una mezza parola. Silenzio totale.
La fissò una frazione di secondo. Come faceva a non essere agitata o insofferente come lui? Del resto si trattava di sua sorella, non di un estraneo qualsiasi.
Spinse lo sguardo oltre la finestra. Il sole era alto, il cielo per lo più libero dalle nuvole. 
“Io vorrei diventare tua moglie”- quanto lo aveva atteso e sperato. 
A questo punto però avrebbero dovuto fare in fretta….certo…in breve, brevissimo sarebbero dovuti convolare a nozze, il tempo stringeva. Bisognava parlare quanto prima al Generale. Bastava poi anche solo un curato….ci sarebbe pur stata una chiesetta da quelle parti! 
Sorrise pensando che se le cose fossero andate diversamente non gli sarebbe dispiaciuto Du Mont…con i suoi bei baffoni. Nanny avrebbe sicuramente fatto i salti di gioia ed anche Oscar sarebbe stata d’accordo.
Chissà come stavano tutti….

A domanda, risposta.
La giovane assistente aveva riempito diversi fogli prendendo appunti.
Schoenlein non aveva tralasciato di chiederle nulla. 
Tutto era stato trascritto con precisione.
“Ora vorrei procedere ad esaminarvi. Vi informo fin da ora che non sarà  una passeggiata” – aprì la porta.
André  balzò in piedi.
“Beatrice te la senti di coadiuvarmi durante la visita?”- le porse un grembiule.
“Certo Thomas”- lo afferrò entrando nella stanza.
Oscar sedeva di fronte la scrivania. Le sorrise.
André  si trovò da solo. Ma come? Ancora la doveva visitare? Cos’avevano fatto e cos’era successo in quel lasso di tempo? No, proprio non riusciva a comprendere.
Thomas sciacquò le mani, altrettanto fece Beatrice.
“Vi chiederei di allentarvi la camicia e sedervi su quel lettino”
Oscar fece quello che le fu chiesto.
Lui estrasse dalla teca alcuni strumenti alquanto inquietanti.
Deglutì. Un brivido le percorse la schiena. 
Non era paura, no, non ne aveva.
E allora? 
“Vi prego di coricarvi sporgendovi oltre il bordo, reclinando il capo all’indietro”
Beatrice strinse la mano alla sorella.
Uno sguardo –“ Coraggio” – pensò tra sé –“ A breve sarà tutto finito”.
Fece un lungo respiro.
Si posiziono’ alle sue spalle, dietro la testa in modo da poter aver una perfetta visuale all’interno della bocca.
Oscar percepì il freddo di quel “ferro” ricurvo insinuarsi lungo la gola. Trattenne in qualche maniera il senso di vomito che le provocò varcando la parte interna della lingua. Strinse gli occhi che le si riempirono di lacrime –“ Resisti, resisti”- le suggerì una voce nella testa.
Thomas scrutò attentamente lungo la cavità continuando a dettare con termini medici all’assistente ogni passaggio. 
Lo strumento si mosse contro le pareti ripetutamente. 
Sentì la muscolatura del diaframma contrarsi involontariamente ed ebbe la forte sensazione di dare di stomaco.
“C’è bisogno che mi fermi?” – Schoenlein la vide sbiancare. Un leggero velo di sudore le rivestì le tempie e la fronte.
Scosse leggermente il capo afferrando con la mano libera un lembo del lenzuolo che sporgeva ai lati sotto di lei. Non aveva senso interrompere. Era una vera sofferenza ma voleva arrivare alla fine, a tutti i costi.
Quel tempo le parve infinito….così  come per André in attesa fuori.
Il camminare avanti ed indietro per la piccola saletta non aveva in alcun modo ridotto l’attesa, anzi, l’ aveva resa ancora terribilmente estenuante. 
Alla fine la porta si aprì .
Beatrice uscì  sfilando il grembiule, richiudendola alle sue spalle.
“Allora?” – con la voce quasi strozzata sentendo i battiti in gola.
Un grosso respiro -“ E’ andata”
La guardò supplicando una risposta.
“Il grosso è stato fatto” – diede una sistemata ai capelli raccolti.
“Quindi?” – insistette.
“Cosa?”- sedette
“Come sarebbe a dire cosa? “- chiese gesticolando.
“Non ti ho detto che ha finito, solo che la parte più complessa della visita si è conclusa”
André si portò le mani alla testa. Gli parve d’impazzire.

“Con calma potete sedervi.  Lentamente, evitando movimenti bruschi”
Oscar fece un profondo respiro. 
Thomas sciacquò  le mani e  prese una sorta di nuovo “attrezzo” avvicinandosi.
“Testa leggermente all’indietro….”- I ferri si insinuarono nelle narici, prima in una poi nell’altra tastandone le pareti. Ebbe la sensazione che avessero raggiunto la gola…..pensò –“ Quante storie…non credi che una pallottola possa essere molto più fastidiosa? “
Sentì il respiro di quell’uomo rimbalzare tra il mento e la gola: era esausta.
Riapri gli occhi.
“Abbiamo terminato” – Schoenlein tornò alla sua scrivania.

Camminava fischiettando verso la casa di Leah.
Ad Alain non pesava ma tutto questo aveva indubbiamente stravolto la sua quotidianità, aveva inciso non poco sul suo essere un animo libero. 
Il lato positivo? La trovava dannatamente sensuale.
Quanto avrebbe desiderato infilare le mani oltre quel corpetto che le metteva in bellavista il seno…. di affondare la faccia fra quelle rotondità piene ed assaporarne la morbidezza.
Leah era una donna da domare un po’…questa era una sfida e a lui le sfide soprattutto con le donne lo facevano impazzire.
Il pensiero lo eccitò a tal punto che si ripercosse oltre la tela dei pantaloni cominciando a tendersi e a tirare - “Dannazione”- 
Da quando André era partito non era riuscito una sola sera a trovare un po’ di tempo per dar libero sfogo ai propri istinti. 
Si sentiva obbligato nei confronti del suo amico, una promessa era una promessa…..certo che se lei….
Provarci non era un delitto tanto meno una mancanza di rispetto. Si era pur lasciata andare…. quindi avevano già  rotto il ghiaccio ora la strada era tutta in discesa…o no? 
Ma si, che razza di discorsi!
Ah le donne….che fantastica invenzione! 
Immerso nei pensieri più spinti raggiunse la casa di Leah.
Sentì pulsare dietro la tela fra le gambe tirata oramai al limite
“Maledizione”- esclamò  guardando quel rigonfiamento fin troppo evidente.
Leah sentendolo sulla porta aprì. 
Avvampò all’improvviso trovandolo a ravanare dentro i pantaloni.
Si volse sconvolta.
Sistemati i beneamati gioielli di famiglia passò una mano tra i capelli. Già  aveva una cattiva opinione di lui….figuriamoci ora! 
Cercò di stemperare l’imbarazzo creatosi –“ Buongiorno….”
Rimase di spalle –“ Sei un depravato, maniaco…”
Il profumo dei suoi capelli lo avvolse incrementando quello stato di eccitazione in cui si trovava.
Avrebbe tanto voluto farle cambiare idea…
Trattenne a fatica quell’istinto quasi animale.
“Senti,  se vuoi cacciarmi ne hai tutte le ragioni….ma, non voglio giustificarmi….vorrei solo che capissi un po’ la mia situazione….insomma….non sono di legno!....”
Chiuse gli occhi e desiderò per un istante che davanti alla porta al suo posto ci fosse André,  che quelle parole le avesse pronunciate lui….il suo bel moretto…
Alain richiuse la porta. 
“Cosa stai facendo?”- strinse la braccia la petto.
“Senti. ..non respingermi in continuazione….non mi dire che ieri non ti è piaciuto..”
“Nooo” – urlò .
Avvicinò una mano sfiorandola sul collo –“ Che meravigliosa creatura”
Fu attraversata da un fremito e lui se ne accorse.
“Non sei poi così insensibile al mio fascino…”- la mano scese .
Alain rimase ad osservare quel seno che si muoveva ritmicamente su e giù. 
L’afferrò per i polsi fermandoglieli dietro la schiena…senza stringere troppo…
Il calore del suo respiro sul collo. 
“Lasciami andare…”- il tono meno aggressivo mentre le labbra le sfiorarono un orecchio  e la lingua come fuoco le accarezzò inizialmente il lobo per poi scendere lungo la guancia cercando la sua bocca.
“Leah” – mormorò –“ …mi fai impazzire” – trovandola schiusa si spinse con piccoli tocchi all’interno.
Lasciò  la presa. 
Rimase ferma stregata da quel modo di fare sebbene un po’ rozzo.
Le abbassò le spalline del corpetto e quel meraviglioso fiore  di seno si offrì  a lui in tutto il suo splendore.
Sollevandone uno le labbra voraci ne afferrarono un capezzolo.
Un gridolino di piacere inarcando la schiena mentre Alain lo addentò piano.
Con l’altra mano scivolò sotto la gonna scorrendo lungo la pelle liscia della coscia.
“Lasciati andare”- le sussurrò –“ Lo so che lo vuoi anche tu”.
Leah sentì  quelle dita ruvide e callose spingersi lentamente sino ai bordi della biancheria.
“A....lain”- il nome le si strozzò in gola.
Lui deglutì carico di tensione ed eccitatissimo. 
Si, era il suo di nome che aveva pronunciato….non quello di André. 
Non trovando alcun ostacolo oltrepassò quella barriera raggiungendo la sua femminilità.
Leah mugugnò di piacere. Non ebbe la forza di bloccarlo.
Quelle dita la stuzzicarono abilmente e lei gemette improvvisamente. 
La baciò fra i capelli –“ ….stupendo!” – 
Leah cominciò  a tremare. Fu assalita da un profondo senso di vergogna . Si sentì sporca, sconfitta nel suo orgoglio di non aver mai ceduto ad alcuno tranne che ad André dopo quel fatidico tragico incidente che l’aveva lasciata sola.
“Ehi….”-  la vide scivolare a terra –“ che ti prende?”
Che cosa mai aveva fatto? Non era possibile…non riusciva a credere di….Alain….no,  no...!
Si chinò su di lei –“Guardami”
Lo fissò  in quei grandi occhi scuri con il viso inondato dalle lacrime.
“Nessun senso di colpa…..non hai nulla di cui recriminarti”- le asciugò le guance.
Leah si coprì il volto con le mani, le gote ancora rosse di quel piacere e di vergogna .
“Io non sono una di quelle facili ragazze che sei abituato a frequentare, una che ogni sera ne ha uno differente….io non sono…. ”- la voce spezzata.
Le posò un dito sulle labbra –“ Non dirlo” 
L’aiutò a rialzarsi. Quando fu in piedi la cinse accarezzandola fra i capelli –“ I miei modi sono rozzi ma non l’ho fatto per ferirti”
Le prese delicatamente  per il mento –“ Tu mi piaci, mi piaci veramente. Leah….credo di aver perso la testa…”
Le strinse le mani –“ Giuro che non ti toccherò più nemmeno con un dito a meno che non tu….tu non me lo chieda”
Accennò ad un sottile sorriso.
Rispose a quella stretta ed annuì. 


Oscar riprese colore.
“Desumo non abbiate mangiato questa mattina”
“No…ero troppo nervosa”
“Come avete notato è stato un bene”
“Già “- sistemò la camicia.
“Vi faccio portare qualcosa?”- Thomas mise insieme i trascritti dalla giovane assistente.
“Preferisco di no, grazie”
Cominciò a rileggere il tutto attentamente nonostante avesse già elaborato la diagnosi.
Si soffermò su diversi passaggi sottolineandone i principali e segnando alcuni punti su un foglio a parte.
Da una pila di volumi posti alla sua sinistra ne estrasse uno andandone a consultare alcune righe.
Oscar immobile osservò i lineamenti di quel giovane volto per cercare di cogliere il minimo movimento che le potesse anticipare una risposta definitiva.
Quanto tempo oramai era trascorso?
Ebbe la sensazione di essere da ore in quella stanza.
Pensò ad André, fuori ad attenderla.
Se per lei era un’agonia chissà per lui. 
…e se il loro destino fosse stato differente?
Ben poche erano state le gioie condivise da quando finalmente aveva compreso e confessato tutto l’amore che provava nei suoi confronti.
E ora?
Ora un unico desiderio…averlo accanto…..diventare sua moglie e poter vivere assieme quel poco che le sarebbe rimasto.
Thomas rilesse un’ultima volta.
Alzò gli occhi.
Ecco. 
Era pronta.
Il tono della voce era calmo, pacato. Pronunciò quel discorso senza la benché minima emozione.
Ascoltò senza distogliere l’attenzione fino all’ultimo parola.
Improvvisamente nelle orecchie un ronzio continuo quasi una sensazione di bruciore.
Continuò a fissare quelle labbra. Le vedeva muoversi senza udirne alcun suono.
In quella frase tutta la sua vita.
Gli occhi le si riempirono di lacrime. 
Tutto sembrò incredibilmente lontano….
Trascorse alcuni minuti immersa in quel torpore poi udì –“ Puoi farli accomodare?”- rivolgendosi all’assistente. 
André scattò in piedi.
Il respiro in affanno. L’ora della verità.
Entrò subito dietro Beatrice.
Oscar seduta. Ferma, immobile, come pietrificata, lo sguardo perso in un punto indefinito, quelle lacrime che scendevano sul viso scivolando sulla camicia.
Non appena Thomas alzò gli occhi, lui li richiuse stretti per affrontare quel dolore pronto a travolgerlo. 
“Epistassi interna”
André spalancò occhi e bocca. 
Beatrice si aggrappò al suo braccio –“ Prego? “- rivolgendosi a Schoenlein.
“Epi cosa? Che diavolo sta dicendo !?” – pensò André. 
“EPISTASSI INTERNAI”- scandì.
Fece cenno a Beatrice di accomodarsi.
“Non è  che un versamento interno di sangue per lo più conosciuto come la classica emorragia nasale provocata da cause locali o da malattia generale che influisce sulla circolazione nasale”
I volti stupefatti.
“Dopo aver analizzato la situazione completa e la storia pregressa di Oscar la causa è dovuta principalmente allo stile di vita adottato dopo il trasferimento ai Soldati della Guardia, pertanto malnutrizione intesa come errata e scarsa assunzione di alimenti e liquidi, condizioni igienico-ambientali carenti o totalmente assenti in cui ha vissuto la maggior parte del tempo, sbalzi continui di temperatura, fisico debilitato, affaticamento. Tutto quest’insieme di situazioni negative hanno provocato una reazione incontrollata a catena nel corpo provocando un’ intensa fragilità capillare con conseguente sanguinamento dal naso che, invece di manifestarsi esternamente, lo ha fatto riversandosi lungo la gola, stimolando così intensi colpi di tosse con lo scopo di espellere lo stesso”.
Un silenzio totale riempì la stanza.
“Non ho riscontrato tracce ematiche tranne che all’interno delle narici dove la fragilità capillare è notevole, in particolar modo nella parte di collegamento alla gola”
Tutta quella spiegazione pareva rimbombasse contro le pareti.
Solo Beatrice ad un certo punto fece un’osservazione. 
“Ma la febbre di questi giorni?”- 
“Il viaggio fatto è stato lungo e per lo più sotto il sole. Il fisico già debilitato non ha retto ulteriormente”
“Quindi….le diagnosi precedenti.....io non capisco…..com’è possibile”- André scosse la testa agitando le mani.
“I sintomi sono facilmente confondibili con quelle della tisi. Sono oramai diversi anni che studio questa malattia così a rapido decorso evolutivo e distruttivo. E’ comprensivo sia stata confusa.”
Negli occhi l’incredulità a quelle parole, a quella situazione.
“E’ sinceramente capibile la vostra reazione. Non mi sarei aspettato nulla di diverso.”- Thomas diede per l’ennesima volta una rilettura a quanto scritto –“ Posso solo assicurarvi che non si tratta dell’unico caso che mi sia stato sottoposto. Durante i miei studi a Bamberg ho avuto l’opportunità di analizzarne un paio. Vi garantisco che le persone affette da questa sintomatologia ad oggi sono ancora vive e vegete”.
Oscar affondò il viso tra le mani ed esplose in un pianto liberatorio singhiozzando.
“Io….io non morirò. ….non morirò “- pronunciò tra gioia e disperazione.
Alzatasi in piedi strinse forti i pugni fissando negli occhi André –“ Io vivrò André,  vivrò. ..lo capisci?!”
Le gambe le cedettero facendola inginocchiare a terra.
“Io vivrò. ..”- le lacrime si mescolano ai singhiozzi. Il volto nuovamente affondato tra le mani.
André  si chinò su di lei abbracciandola – “ Amore mio…..vivrai….per te….per noi..”
Beatrice con gli occhi lucidi si portò una mano alla bocca. L’emozione era veramente immensa.
Thomas ripose gli scritti in una cartella licenziando l’assistente -“Si rimetterà, questione di tempo ma si rimetterà “ 
I due si rialzarono 
“A questo punto dovrete seguire una buona alimentazione, mai saltare i pasti. Bevete. Riposate. Fate passeggiate all’aperto,  se potete in riva al mare. Potete andare anche a cavallo. Vi darò un unguento da spalmare all’interno delle narici per una decina di giorni.”
“Se dovessero ripetersi gli episodi?”- domandò André 
“Col tempo dovrebbero essere sempre più rari. Ma nel caso, senza allarmismo, ci possiamo vedere. Resta inteso che Beatrice mi terrà aggiornato sul decorso.”
Fissò  in silenzio in quegli occhi scuri al primo impatto freddi, distaccati.
“Credo di dovermi scusare….”- 
“Lasciate perdere…molta gente si lascia ingannare dalla mia giovane età traendo erroneamente conclusioni affrettate sul mio operato”
“Credetemi, non era mia intenzione…sicuramente la preoccupazione ha preso il sopravvento”
“Indubbiamente. Ora cercate di tranquillizzarvi.  Andrà  tutto bene. Fatele seguire quelle poche ma importanti indicazioni che le ho dato”
“Lo farò “- André  allungò la mano a Thomas –“ Grazie di cuore, avete ridato vita a tante speranze “
Sorrise contraccambiando la stretta.

“Scusate, buongiorno”
Philip alzò gli occhi –“ Buongiorno a voi, posso esservi d’aiuto? “
“Ecco, penso di essermi perso….ero diretto a Brest ma credo di aver sbagliato strada”
Il guardiano osservò quell’uomo a cavallo. La tesa del cappello ne oscura in parte il volto.
“La strada termina qui. Oltre non si va, c’è la scogliera”.
Spinse lo sguardo lungo quel viale, in fondo fra gli alberi intravvide un’abitazione. 
“Permettete la mia irriverenza, ma chi vive qui? Il luogo è incantevole”
“La famiglia Jarjayes, signore”
“Jarjayes….”- mormorò. 
Philip continuò ad osservarlo in silenzio.
“Posso chiedervi un bicchiere d’acqua? ….oggi fa veramente molto caldo ed avrò ancora molta strada da percorrere…..sempre che non sia troppo disturbo”
Accompagnò l’uomo fino all’entrata di servizio.
Lui scese dal cavallo senza togliere il cappello. Rimase accanto all’animale in attesa che Philip gli portasse da bere.
Nanny uscì con caraffa e bicchiere.
“Buongiorno signore”
“Buongiorno a voi….Siete molto gentile”- bevve un sorso scrutando la casa.
“Il guardiano mi ha detto che probabilmente vi siete perso”
“Mi ha spiegato qual è la strada giusta da prendere. …credo di riuscire a rimettermi in viaggio senza alcun problema”- restituì il bicchiere alla donna.
Lo guardò e riguardò attentamente. Quel tale aveva un non so ché di strano, un tantino misterioso ed inquietante. Ne osservò l’abbigliamento,  il volto…per quello che poteva intravvedere sotto la tesa ampia e ripiegata in avanti. 
“Un po’ maleducato”- pensò –“ è buona educazione togliersi il cappello soprattutto a cospetto di una signora”.
Rimase per qualche minuto a studiare tutto attorno poi risali  a cavallo.
“Siete stata molto gentile. Scusate il disturbo. Buona giornata”- e tirate le briglie si volse percorrendo lentamente la strada girando nuovamente gli occhi verso la casa”
Nanny e Philip lo seguirono con lo sguardo fin dove fu loro possibile.
“Che tipo”- commentò il guardiano.
“Strano, molto strano”- aggiunse la donna –“A dir la verità piuttosto misterioso. Avete notato che non si è nemmeno tolto il cappello?”
“In effetti”- con tono dubbioso.
“Sinceramente questa storia non mi è  piaciuta. …per niente”- aggrottò la fronte –“ Forse sarebbe il caso di metterne a conoscenza il Generale”.
“Suvvia, non siate così  diffidente di un semplice passante in difficoltà “- Philip cercò di tranquillizzarla. 
“Sarà come dite voi”- concluse.
Eppure un dubbio si accese ……

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Capitolo 24
*** DICHIARAZIONE ***


La carrozza percorse la lunga strada sterrata verso casa.
Il volto più colorito, non più tirato dal tormento di quei giorni e dall’attesa,  gli occhi più vivi e brillanti rivolti fuori ad inseguire il susseguirsi veloce degli alberi assieme al desiderio e la gioia di vivere.
André la osservò in silenzio. La sua splendida Oscar.
Senza distogliere lo sguardo, allungò una mano a cercare quella di lui.
Beatrice sorrise di fronte a quel gesto così colmo di tenerezza.
Ora tutto sarebbe cambiato, forse finalmente avrebbero potuto fare progetti per il loro futuro.
L’uomo a cavallo costeggiò la carrozza.
Sotto l’ampia tesa ripiegata leggermente in avanti, quasi a coprire interamente il volto, un’occhiata sfuggevole indirizzata ai tre passeggeri.
“Beatrice….conosci quel tale?”- Oscar lo seguì a lungo con lo sguardo.
La sorella si sporse ma ne scorse solo le spalle.
“Non saprei, …..Qualcuno che ha erroneamente imboccato questa strada”
“Strano….”- sibilò.
“Sospettosa per un viandante?”- ridacchiò André. 
Gli angoli della bocca si tirano in un leggero sorriso –“ Già. …che stupida!”
Rosalie li intravvide in lontananza –“ Madame….Generale….stanno rientrando!”
Emilie intenta a giocare con i nipoti, si affrettò a raggiungere l’entrata.
Anche Augustin accorse assieme a Nanny e Philip.
Oscar scese per prima raggiante di gioia –“ Madre…..” – le strinse affettuosamente le mani. Poi guardando verso suo padre –“ ….io….io sto bene..!”
Madame si portò una mano agli occhi gonfi di lacrime quasi con un senso di svenimento –“La mia bambina”- l’accarezzò  tra i capelli.
Augustin non proferì parola ma profondamente commosso si lasciò andare ad un abbraccio colmo di amore paterno.
“Madamigella….che splendida notizia”- anche Rosalie non riuscì a trattenere le lacrime. 
Nanny si asciugò il volto ripetutamente con il grembiule mentre il custode tentava di consolarla.
Beatrice prese sottobraccio André –“ Basta piagnistei….e’ ora di gioire…..e poi su ….non volete sapere com’è andata? “- 
Oscar si volse a cercare quegli splendidi occhi smeraldo.
Le sorrise.
Forse ora veramente la loro vita avrebbe preso una piega completamente differente.
Si spostarono sul terrazzo che dava sul retro. La curiosità circa i dettagli della visita era tanta.
Beatrice supporto ‘ la sorella nel racconto aggiungendo un particolare dietro l’altro circa quanto fosse accaduto in quello studio della casa del sollievo…..gli strumenti inquietanti….la visita ….la tensione…André in attesa fuori….
“E’ un vero sollievo”- Philip ripose sulla tavola della cucina una cassa di frutta.
“Oh si….ora ci sarà finalmente un po’ più di serenità in questa casa” 
“Mamma….mamma….”- chiamò Christophe –“ è tornato il babbo”
Si alzò all’improvviso precipitandosi verso la corte.
“Louis”- correndo gli incontro.
La baciò dolcemente –“Mia amata moglie”- le accarezzò il volto –“ Quanto mi sei mancata!”
Si strinse di più in quel l’abbracciò –“ Questo viaggio mi è parso tanto più lungo degli altri”
“Ora sono qui, con te e i ragazzi”
Christophe e Jaqueline li cinsero alle gambe felici di essersi tutti riuniti.
“Vieni…ti stanno aspettando”
Attraversarono quel corridoio fino al retro.
Il Generale si levò porgendo la mano –“ Bentornato a casa!”
“Vi ringrazio Augustin”- si rivolse poi ad Emilie con un baciamano –“ Madame….”
“Ben arrivato, caro”
Si avvicinò  anche Oscar –“ Ciao  Louis, è un  piacere ritrovarti “
“Sei un vero splendore”- un accenno di baciamano anche a lei.
Ad André batte’ una mano sulla spalla –“ Che piacere vederti”
“Il piacere è mio Louis”
Sedettero mentre Nanny portò della limonata fresca.
“Mi auguro che il viaggio sia stato tranquillo e proficuo ”.
Louis si lisciò il mento –“ Beh…proficuo direi abbastanza….tranquillo un po’ meno”- aggrottò  la fronte.
“Problemi?”- Beatrice riempì i bicchieri. 
“Le Conquet la si può considerare ancora un piccolo paradiso….ma attraversando le campagne venendo da St. Malo ho visto tenute prese d’assalto dai contadini….alcune date alle fiamme e quasi rase al suolo….pazzesco, veramente!”
Tutti zittirono.
“Non so se siete a conoscenza di quello che sta accadendo a Parigi. I membri dell’assemblea Nazionale hanno deciso definitivamente di abolire tutti i privilegi. Sono intenti alla stesura di un documento che chiameranno  Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino….un preambolo della costituzione sulla quale stanno lavorando. Luigi XVI in pratica, nonostante disapprovi,  ha lasciato fare”.
Oscar lanciò un’occhiata ad André. Le tornarono in mente i discorsi fatti quella sera alla taverna di Du Bois con Bernard, Marat e gli altri. Evidentemente tutto era ancora in una fase evolutiva….
“Personalmente, dovreste liberarvi di palazzo Jarjayes! “ – concluse Louis. 
“Ti sei forse ammattito?”- sbottò  Oscar.
“E’ un rischio inutile…conviene vendere la tenuta…..trattare e bene sul prezzo….poi deciderà il nuovo proprietario cosa farne…!
“Non posso credere che tu possa parlare così! “- era furiosa.
“Potrebbe fare la stessa fine di quelli visti lungo il tragitto…”
Strinse energicamente i braccioli della sedia pronunciandosi verso suo padre e implorandolo –“ Vi prego. …non commetterete un errore del genere….!”
“Se devo essere sincero….ho già  provveduto! “- la interruppe.
“Che cosa?”- allibita – “ …mi auguro stiate scherzano”
“Affatto….”- il tono pacato e tranquillo. 
“No….no…”- scosse la testa ripetutamente.
“Basta Oscar”- sbottò –“ ….cosi ho deciso”
“Quindi. …l’avete già venduta senza metterci al corrente del fatto? “
Tacque.
“ E voi madre? Voi non dite nulla?”
Emilie  rimase in silenzio.
“No…..”- sconvolta –“ ….lo sapevate…..!!”
Gli occhi lucidi di Madame non furono che una conferma.
Oscar si alzò di scatto urtando il tavolino e rovesciando un paio di bicchieri.
“Perché? “- strinse i pugni.
“Non potevamo rischiare”
Lasciò la terrazza di corsa.
Non poteva essere : palazzo Jarjayes venduto!!!
“Oscar…Oscar!”- André cercò di tenerle dietro.
“Fermati André! “- lo bloccò Augustin –“ Lasciala andare….dovrà farsene una ragione !”
“Perché non ci avete messo a conoscenza del fatto?”- Beatrice era profondamente amareggiata.
“Vostra madre ed io lo decidemmo quando ci proponesti di trasferirci qui”- prese dalla tasca la pipa e vi pigiò il tabacco all’interno –“ non avrebbe avuto alcun senso lasciarlo inabitato per un tempo indefinito, soprattutto ora “
“Avreste potuto almeno informarci “- il tono notevolmente stizzito –“ Sai bene quanto ci tenesse ….molto più di me….e poi le suppellettili, il mobilio….insomma tutto ciò  che è rimasto?”
“Ciò che era veramente di valore ed importante è stato portato qui…Sono certo che questa scelta aiuterà tutti a staccarci definitivamente dal passato e ricominciare “
“Non ne comprendo la necessità. Dimenticare cosa? II nostro passato….i nostri ricordi….e per noi la nostra infanzia? Una parte importante della nostra vita? “
“Così è Beatrice, basta!”- intervenne Emilie. 
“No  basta niente. …se Oscar avesse deciso di non partire. …se fosse rimasta a Parigi?”- lo punzonò.
“Venimmo a conoscenza della sua scelta giusto in tempo per prendere questa decisione”
Non ebbe più motivo di controbattere. Del resto suo padre avrebbe comunque potuto prendere qualsivoglia decisione in merito senza nemmeno interpellarle. 
“….ma ….raccontatemi piuttosto di Oscar?...com’è andato l’incontro con Thomas?”- un tentativo  di Louis per sviare il discorso ed allentare la tensione.

Oscar seduta a pochi metri del dirupo. 
La scogliera in questo punto godeva di un panorama mozzafiato.
Le onde sottostanti s’infrangevano violente sulle rocce…il loro suono impetuoso….
Difficile accettare che suo padre avesse potuto vendere palazzo Jarjayes.
Quella notizia era giunta come una coltellata alle spalle.
Ripercorse gli anni trascorsi fra quelle mura….in quel giardino….il viale del laghetto….. 
Un libro pieno di ricordi.
E faceva male….tanto male….
“Posso?”
Udì la sua voce calda e carezzevole. 
L’immagine del passato svani.
Annuì.
André sedette accanto. 
“Hai deciso di startene qui per il resto della giornata “
Non una parola.
Conosceva i silenzi di Oscar.
“Ti va una cavalcata?”
Senza fiatare si alzò. 
Assieme si diressero verso la piccola scuderia.
André  sellò prima Cesar.
Attese che fosse pronto anche lui.
Percorsero al galoppo lo sterrato lungo la scogliera fino a scendere verso quella sterminata e deserta lingua di sabbia bianca.
“Ohhhhh! “- tirò le briglie fermando Alexander e scese.
Lei rimase ad osservarlo.
Tolte le scarpe, arrotolò i pantaloni e correndo raggiunse la battigia.
“Non vieni?”- l’acqua gli lambì dolcemente i piedi nudi.
All’improvviso avvampi’  –“ Ma che stai facendo?”- allibita.
André sfilò la camicia. 
Lasciò scivolare i pantaloni sulla sabbia e si buttò in mare.
Lo vide sparire per qualche secondo fra le onde ….poi riaffiorò.
Riemerse passandosi le mani tra I capelli.
Quel corpo bagnato,  così perfetto, così meravigliosamente scolpito luccicò sotto i raggi del sole mentre uscendo dall’acqua si avvicinò a lei. 
L’occhio ricadde per forza sulla sua virilità.
Le mancò il respiro attraversata da un brivido: era così eccitante!
“Allora?....che fai?”- le mani sui fianchi.
“….se ci vedesse qualcuno? “ 
Le allungò la mano –“ …e chi?....” – le mostrò attorno.
Si abbandonò  alla sua presa e scese.
La tirò verso riva.
“Aspetta un secondo….”- tolse anche lei scarpe e calze.
“Non verrai mica in acqua così? “
“…no. ..ma io….” – non riuscì a terminare il discorso che le sue mani le sfilarono velocemente la camicia.
Coprì con le braccia il seno, arrossendo. 
Oramai aveva abbandonato quelle dannate bende che per anni avevano costretto e nascosto la sua vera essenza di donna.
“Ti vergogni difronte a me?”
No, non ne aveva motivo.
Lasciò ricadere le braccia portando le mani sui fianchi per togliere anche i pantaloni.
La prese nuovamente per mano e la condusse  in acqua. 
Che sensazione incantevole quel  fresco sulla pelle.
André si coricò di schiena trascinandola su di sé.
Si lasciò trasportare verso il largo.
Un po’  distante da riva lui si fermò trattenendola tra le braccia.
“Ricordi i nostri bagni al laghetto?”
Lo fissò intensamente. Non rispose.
Quei suoi occhi terribilmente trasparenti, la sua bocca…
Si chinò su di lei sfiorandole appena le labbra.
Un fremito. 
L’acqua attorno non era poi così fredda tra le sue braccia.
“Ti amo!”- sussurrò affondando il viso contro il suo collo.
Lasciò scivolare le gambe toccando il fondo con le punte dei piedi. Con una leggera spinta le portò all’altezza dei fianchi e lo cinse.
Il seno di lei a premere sul suo torace, la sua femminilità contro il suo ventre.
Non tardò  la risposta a quel contatto.
“Grandier…quali intenzioni avete?”
“Nulla di ciò  che non vorreste….Jarjayes. ..”
La fissò con infinita tenerezza.
Nel cuore un’esplosione di felicità. 
Non poteva desiderare di più. La donna amata da una vita ….
“Che c’è? “- chiese.
“Sei bellissima…”
Le catturò nuovamente le labbra mordicchiandole e passandoci sopra la lingua ad assaporare le tracce di sale.
“…sei buona…”- mugugnò. 
– “Grandier….insomma, siate meno sfacciato”
“…ma se vi desiderassi ora…Jarjayes ?”
Cercò la sua bocca trascinata dal desiderio.
“Sei la mia vita”- gli sussurrò. 
Risalirono lentamente verso la spiaggia. Ogni passo un bacio, uno sfiorarsi, un cercarsi continuo. …
Sedettero sulla sabbia bianca e fine, lei fra le sue gambe.
“Tuo padre ha fatto la cosa giusta”
Tacque.
“Sarebbe stato un rischio inutile….”
“Ti rendi conto di quante cose sono rimaste là?”
“Se parli di ricordi concordo, se parli del resto,  non hai a sufficienza qui?”- le prese dolcemente il mento volgendole il viso su un lato.
“….a me basta avere te”- si accoccolò di più fra quelle braccia forti e vigorose. 
“Cosa dici…rientriamo?”
Annuì alzandosi per prima. 
“Ehi…ma non hai un po’  di appetito?”
“Grandier…il tuo stomaco emette suoni spaventosi”- rise.
“Credi di essere da meno?...e poi sai bene cosa ti ha ordinato Thomas ”
Raccolsero gli abiti abbandonati in precedenza e rivestiti fecero rientro a casa.
Un cielo rosso vermiglio quasi incendiato da quella perfetta palla di fuoco.
Condussero Cesar ed Alexander a riposo.
André afferrò per mano Oscar.
“Vuoi ancora sposarmi? “.
Gli occhi le si fecero lucidi –“ Con tutta me stessa” – rispose.
Sorrise.
“D’accordo”

La tavola splendidamente imbandita anche se con sobrietà rispetto al passato.
Anche in quest’occasione il Generale chiese la presenza di tutti.
Fece il suo ingresso nella saletta da pranzo con madame Emilie, al seguito i ragazzini di corsa per accaparrarsi il posto migliore accanto alla nonna.
Oscar decise per un abito femminile. Che ci stesse prendendo gusto?
Non raccolse i capelli, si limitò a legarli con un nastro sottilissimo.
André l’attendeva alla fine delle scale. 
Quando la vide scendere rimase incantato.
“…su…non guardarmi così imbambolato…”
“…ogni volta sai togliermi il fiato! “
Avvampò abbassando gli occhi.
“Allora?” – li sorprese Augustin –“ vogliamo accomodarci? “
Tutti sedettero. 
Lui no. 
Riempì di tutta l’aria possibile i polmoni e avvicinatosi al Generale deglutì –“ Signore…”- con fare impettito.
Si volse –“ Dimmi André “
“Signore….io….questa sera chiedo formalmente che mi concediate la mano di vostra figlia”
Un tono di meraviglia riempì la stanza.
Oscar alzandosi improvvisamente fece cadere la sedia alle sue spalle.
Nanny inconsapevole di tutto accusò il colpo quasi svenendo. 
Augustin lo fissò a lungo. Dietro quegli occhi un amore infinito. 
La mano di Emilie sulla gamba a cercare la sua per poi stringergliela.
Alcuni istanti e si levò dalla sedia dandogli una sonora pacca sulla spalla.
“Forse più che a me dovresti domandarlo a colei che vorresti diventasse tua sposa!!!”
Allora si volse verso di lei.
L’ennesimo respiro profondo.
Infilò una mano in tasca e ne trasse una piccola scatola.
Un ginocchio a terra…l’apri. 
“Oscar…”- la voce quasi a strozzarsi in gola dall’emozione  -“vuoi sposarmi?”.
Ammutolita. 
Poi, accarezzandogli il volto  -“ Con tutto il mio cuore”
André  prese quel piccolo anello con la pietra azzurra incastonata al centro e delicatamente lo infilò al dito di Oscar.
“Questo è  il ricordo più caro che ho di mia madre”
Non  poté trattenersi e gli buttò le braccia al collo –“ André! “
Nanny scivolò all’indietro con la sedia –“ Oh mio Dio!”- Philip la soccorse. 
Si levò un applauso dai commensali.
Augustin si accostò  ad André –“ Che dire?....parrebbe abbia acconsentito anche lei!”- e rise di gusto. 
Prendendoli entrambi accanto –“ Congratulazioni ragazzi”- il tono di voce fiero non riuscì comunque a celare l’emozione.
Philip richiamò l’attenzione di tutti –“ “Scusate…ma ….qui ci sarebbe bisogno di aiuto!”- con un tovagliolo sventolò Nanny.
“I miei ragazzi…si sposano….” – mormorò con gli occhi buttati leggermente all’indietro.
La circondarono sinceramente preoccupati. Del resto era una figura importante della famiglia.
Beatrice le passò prontamente il flaconcino dei sali sotto il naso e si riebbe.

Alain, schiena appoggiata al muro, passò lo stuzzicadenti da un lato all’altro della bocca in attesa che Leah terminasse il turno al lavoro.
Rimuginò sugli ultimi avvenimenti: chissà  André. ..e Oscar…
Che storia d’amore pazzesca!
Eppure la tenacia li aveva premiati! 
Non era trascorso molto da quando si erano salutati, nonostante ciò sembrava un’eternità .
Ma all’improvviso. …eccola!
Richiuse la porta e si girò.
Quella splendida chioma rossa incorniciava due occhi di un verde incredibilmente brillante.
Lo fissò…così  semplicemente senza dire nulla.
“Ciao...”- le porse delle piccole margherite azzurre. Gesto inconsueto…ma il desiderio di farle cambiare idea su di lui aveva preso il sopravvento. 
Romantico ? Lungi da lui!
Ma….lo aveva stregato. Non riusciva a comprenderne il motivo. 
Nessuna tra le donne che aveva conosciuto gli erano resistite. …ma lui desiderava Leah, solo lei!
Era scattato quel non so ché. …
Che fosse giunta l’ora di mettere la testa a posto e….di cominciare seriamente a pensare di accasarsi?
“Dove le hai trovate?”
“Lungo la strada…venendo qui”
“Sono degli Astri!”- li prese odorandoli ad occhi chiusi –“ grazie”- li infilò  tra i lacci del corpetto.
Alain ebbe un fremito.
“Cavoli….come vorrei essere al loro posto”
Gli mostrò le spalle –“ Screanzato!”
“Dai….non fare così. ..sai bene come sono fatto!”
S’incamminò’ senza degnarlo di uno sguardo o una parola.
“Ehi…aspetta!”- la raggiunse borbottando.
Percorsero un piccolo tratto di strada quando lei lo prese sottobraccio senza fermarsi. Si strinse a lui.
Gongolò felice finalmente di quel gesto così spontaneo da parte di Leah.
“Bravo”- si complimentò con se stesso –“ Forse sei sulla strada giusta”.

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Capitolo 25
*** SOSPETTI E PROGETTI ***


Una splendida sera d’agosto. 
Il cielo trapuntato di stelle, una leggera brezza dal mare.
“Louis sai che il nostro André è un vero esperto di monete e preziosi?”- Augustin sorseggiò il cognac.
“Veramente?”- ripose il bicchiere oramai vuoto.
“Signore….e’ solo una passione”- il tono imbarazzato.
“Suvvia…non fare il modesto”
“Interessante”- la mano a pugno sulle labbra a meditare –“ Per i cavalli non  ho alcun  dubbio sulla tua bravura….per monete e preziosi….dovrei vederti all’opera……”
Il silenzio calato nella conversazione venne interrotto dalle risa delle donne provenienti dal salottino. 
“Padre, l’ennesima figlia da maritare! “- Beatrice azzardò un bacio sulla guancia.
Il Generale sorrise e chiudendo gli occhi assaporò quel breve attimo di tenerezza da parte della figlia.
Lui, l’uomo tutto d’un pezzo, freddo, severo si era incredibilmente ammorbidito.
Oscar, cambiatasi, da dietro posò le mani attorno al collo di André.
Il piccolo anello luccicò. 
Lui ebbe la tentazione di stringerle ….ma per certi gesti, al cospetto di suo padre, non si sentiva ancora a suo agio come poteva essere per Louis Antoine.
“Ti va di portarmi in paese a bere qualcosa?”
Sollevò  lo sguardo.
“A voi non dispiace se…”
“Andate pure , ragazzi….questa è la vostra serata”.
L’aria tiepida, i cavalli al galoppo, le luci fioche lungo la strada principale.
“Che ne dici? “André indicò una locanda illuminata.
“Fermiamoci”
Entrati nel locale la donna procace dietro il bancone andò loro incontro invitandoli ad accomodarsi nel primo posto libero di loro gradimento.
Sedettero in un tavolo appartato.
“Cosa vi porto?”- una delle ragazze della sala si avvicinò. 
“Due del vostro miglior vino “- ordinò Oscar. 
Rimasero soli. Gli occhi l’uno nell’altra.
André le prese la mano rimirando ed accarezzando quella promessa al suo dito.
“E’ il dono più bello che tu abbia potuto farmi. L’anello di tua madre…”
“L’unico ricordo che ho di lei…”- il tono mesto.
“Ti manca?”
“A volte si”- sospirò –“ Anche se rammento ben poco di lei e mio padre”
In breve vennero serviti.
“A te , amore! “- brindò Oscar.
“A noi!”
Chiacchierarono a lungo, ridendo, scambiandosi tenere occhiate, ogni tanto qualche bacio fugace.
Improvvisamente –“ Quell’uomo….!”- mormorò lei cercando di aguzzare la vista leggermente intorpidita dal vino.
“André. …quell’uomo! “
“Quale?”
“Nell’angolo, accanto alle scale”- gli occhi fissi, puntati sul tale.
“Si, è un uomo…e quindi?”
“……è lo stesso che abbiamo incrociato questa mattina! “
“Dai….non scherzare”- bevve l’ultimo sorso dell’ennesimo boccale –“ …comunque se anche fosse?”
“…ora che ci penso era anche alla taverna di Du Bois la sera che ci incontrammo con Bernard e gli altri”
“Sentì Oscar, è il terzo boccale che stai trangugiando....cominci ad avere le visioni!”- rise di gusto.
“André,  ne sono certa…non mi sto’ sbagliando! “
“Ascolta….mi può star bene che possa essere quello di stamattina, ma addirittura di quella sera a Parigi…”
Non riuscì a distogliere lo sguardo –“Ti dico che è lui!!”
“Si  come no. E magari ci pedina da allora….e appena usciremo ci deruberà’! “
Le sfilò il boccale dalla mano –“ Smettila di bere,  per cortesia….stai vaneggiando!”
Lasciò alcune monete sul tavolo –“Dai, basta. Torniamo a casa”
Quando furono in strada inalò a pieni polmoni l’aria per liberare le narici dall’odore intenso di fumo e di chiuso –“ Dai ….respira, ti aiuterà a rimettere in ordine i pensieri”
“André ….io…”
“Guardami “- le mani a stringerle le braccia –“ non trovi assurdo tutto ciò? Si, forse poteva essere il tizio di stamani. …alloggia qui….del resto è una locanda.  Quando lo abbiamo incontrato probabilmente era alla ricerca di un luogo dove trascorrere la nottata. …o che ne so’….ma arrivare al punto di averlo visto a Parigi…”- la rasserenò.
Infilò il piede nella staffa –“ Forza, rientriamo!”
Eppure quel dubbio….


Aprendo gli occhi lo sguardo ricadde sulla mano sinistra poggiata sul cuscino.
Mai avrebbe pensato di portare un giorno un anello, in più una promessa di matrimonio …di André. 
Lo sfiorò.
Che splendido dono d’amore.
Gli era mancato terribilmente quella notte. Avrebbe tanto desiderato averlo avuto accanto, sentire il suo respiro, caldo, accarezzare il suo corpo….essere sua per l’ennesima volta.
Che amante straordinario!
Dopo anni trascorsi assieme, André le aveva fatto scoprire cosa significasse essere veramente una donna.
Ed era una sensazione stupenda.
Anni di uniformi, impartendo ordini, cercando di vivere secondo gli insegnamenti ricevuti. Maschili!
Basta….tutto pareva lontanissimo.
Ora la strada per il loro amore era spianata.
Sentì di arrossire ripensando al pomeriggio trascorso sulla spiaggia.
Lo rivide così,  nudo, sdraiato sulla sabbia. Lei sul suo petto….attorno il nulla.
Dopo essersi preparata scese per fare colazione. 
Attraversato il piccolo corridoio trovo André  fermò davanti la porta dello studio del Generale.
“Ciao, buongiorno “- che tentazione quella di rubarle un bacio.
“Buongiorno “- le parve che il cuore volesse imploderle dalla gioia nel vederlo.
“Stavo per venirti a chiamare….tuo padre desidera vederci”
“Certo,  ma prima vorrei fare colazione. Ho fame”
La seguì in cucina.
Rimase sulla soglia mentre lei armeggiava con tazza e cioccolata calda.
Affondò  il coltello nella torta. Afferrò la fetta del dolce. La crema le scivolò fra le dita.
“Ne vuoi? “- chiese con un gesto sensuale.
Si avvicinò a lei lentamente.
Quando le fu di fronte appoggiò le mani sul mobile alle sue spalle, una a destra e l’altra a sinistra. Lei nel mezzo.
Oscar portò le dita sporche di crema alla bocca una ad una per poi passarsi la lingua sulle labbra.
“Mi sei mancato stanotte”
Il viso talmente vicino quasi a sfiorarlo.
“Non provocarmi,  Jarjayes !”- le sussurrò “ ora non posso far nulla….ma poi….”
“….e ’ una minaccia? “- gli avvicinò la bocca all’orecchio.
“…no, una promessa”
Succhiò l’ultimo dito con malizia.
Sentirono dei passi.
André si allontanò velocemente.
Oscar voltò le spalle e bevve un sorso di cioccolata.
“Madamigella….André. …scusate….io ….io ho raccolto delle rose. Volevo metterle a bagno”- Rosalie provò imbarazzo. Indubbiamente aveva interrotto qualcosa.
“Sono splendide! “- ripose la tazza –“ Ne metteresti un paio anche nella mia stanza?”
“Si, certo. Sono proprio per voi!”
“Grazie mille del pensiero”
Al seguito di André si diressero dal Generale.
Bussarono.  André fece accomodare prima Oscar.
“Madre….anche voi….”
Emilie come sempre accanto al marito.
Un largo sorriso.
“Vi prego, sedete! “
Augustin com’era solito fare in circostanze “delicate” si accese la pipa ed aspirò a lungo. 
“Volevamo conoscere un po’ le vostre intenzioni….”- fece una pausa -“ …naturalmente non per mettervi fretta…ma…”
Oscar ed André si guardarono.
Effettivamente non avevo ancora toccato l’argomento. 
“Ecco….noi….non abbiamo valutato ancora nulla…una cosa certa”- lei prese la parola –“ la cerimonia dovrà essere molto semplice….il più  possibile…”
André tacque. Qualsiasi decisione avesse preso , lui avrebbe accondisceso.  
“…credo che …a parte noi. …pochi altri…”
Si volse a cercare l’approvazione di quegli splendidi occhi verdi.
“Pensateci.  Fate tutte le vostre valutazioni. Attendiamo le vostre decisioni….quanto prima”- Il Generale spense la pipa.
“Se aveste bisogno per un consiglio,  un suggerimento sono a vostra disposizione”- concluse Emilie.
Usciti dal salotto rimasero in silenzio lungo quel corridoio piccolo.
Oscar le spalle al muro. André che la fissava.
“Ho voglia di tirar di scherma!”- esclamò lei.
Indubbiamente la reazione non fu quella immaginata. Ma la conosceva fin troppo bene.
Erano giunti al dunque. Una situazione del tutto anomala, no?
Sul prato, di fronte a casa.
Si mise in guardia –“ Bada André. …”
Eccola la vecchia Oscar risoluta, fiera,  combattiva, orgogliosa.
Inizialmente André si trovò leggermente in difficoltà : quanto era trascorso dall’ultima volta.
Scivolò e lei come una furia si fiondò su di lui per colpirlo.
Fece appena in tempo a spostarsi per schivarla. 
“Grandier…mi sembrate fiacco! Non sapete più combattere?”- negli occhi chiari come il cielo quella scintilla che mille altre volte aveva visto brillare.
Che cosa provava in quel momento?  A cosa stava pensando?
Si rialzò di scatto.
Ora si faceva sul serio.
André non le diede più  tregua.
Era abile e veloce, ma sapeva bene come tenerle testa.
Un vero duello, senza esclusione di colpi.
Oscar inciampò ricadendo all’indietro.
Si avventò su di lei . La lama si piantò a terra a pochi centimetri dal suo viso.
La tempia attraversata da una goccia di sudore.
Si chinò . Quel seno ansimante,  muoversi ritmicamente dall’alto verso il basso.
Gli occhi sbarrati.
Reclinò il volto su un lato.
Fu dura per lei dover ammettere la sconfitta. 
Le allungò una mano per aiutarla.
Con un  gesto stizzito gliel’allontanò.
“…d’accordo…hai vinto! “- disse a denti stretti.
André  accennò ad un sorriso.
“…no….”- e scostando leggermente la camicia mostrò il tessuto lacerato ed un vistoso graffio sul fianco. 
Lei balzò in piedi –“ Mio Dio….ti ho ferito!”- si avvicinò preoccupata. 
Le accarezzò una guancia –“ Non è  nulla …tranquilla”
“Perdonami André. ..io”
“E’ solo un graffio. Comunque complimenti.  Nonostante il tempo trascorso la tua indole guerriera non ha fatto una piega”.
Sedette a terra.
Si accomodò accanto. 
“Non immaginavo che prima o poi questo momento sarebbe arrivato”
“Hai cambiato idea?”
“No, assolutamente. …cosa dici. Non sia mai!”- gli occhi sgranati –“ Sai bene quanto ti amo”
“Cosa ti spaventa?”- il tono carezzevole.
“Sentì André.  Io voglio sposarti….ma…”
Gli parve di sudare freddo di fronte al suo tentennamento. 
“Io non voglio essere come tutte le altre ….consorti. Acconciature, abiti pomposi,  scarpe di raso, lacci, fiocchi, fronzoli…insomma io non me la sento! Sono cresciuta con camicie , pantaloni, giacché maschili. …io non voglio diventare una donnetta qualsiasi”
Un momento di silenzio poi André scoppiò in una fragorosa risata.
“Dunque è questo che ti turba!”- quasi con le lacrime agli occhi.
“Che hai da ridere?” – lo sguardo accigliato.
“Oscar…ma tu sei libera di fare come preferisci….sinceramente non m’importa se raccogli i capelli, indossi un corpetto o continui a vestire come hai fatto fino ad ora. Ti amo per quello che sei !”
Si rasserenò.
Il suo André.
Gli buttò le braccia al collo –“ Grazie”.
Quei riccioli dorati gli accarezzarono il viso. 
“Quando sarai la signora Grandier dovrò guardarmi le spalle”- le spostò teneramente i capelli passandole l’indice sulle labbra.
“Perché? “
“Potresti mettermi al muro con la punta della spada sotto il collo in un momento d’ira”
“Sei impossibile! “- lo spinse via amorevolmente.
André l’afferrò per una mano.
Lei si girò.
Quanto era bella. 
La trasse a sé e la baciò. 
Si abbandonò a quell’infinita dolcezza…..le gambe le cedettero. Dio …..quella bocca….quel calore, quel cercarla…..la tenerezza diventa passione….quel desiderarlo …..sempre….le sua mani….le sue braccia…..quel corpo splendidamente scolpito…..André. ….
“Cosa dici? Cominciamo a pensarci un po’ ?”- sibilò stringendola ancora.
“Ti va stasera?”- 
La fissò  perplesso.
Si morse maliziosamente un labbro –“ ……devo spiegarvi come funziona, Grandier?”
Scosse il capo sogghignando. E cambiando discorso - “ Cavalcata?”- propose - “Alla spiaggia?”- 
“Magari” – rispose con la mente trasportata al pomeriggio precedente. Forse questa volta avrebbe potuto osare di più.
“Emilie….”- Augustin dalla finestra dello studio aveva osservato tutta la scena.
“Prego?”- si volse in ascolto infilando il cotone colorato nell’ago per proseguire il ricamo.
“Mi è un po’ difficile immaginarli quali prossimi sposi. Li ho visti cresce assieme e non ho mai pensato che un giorno tutto questo sarebbe potuto accadere”
“Il fatto ti infastidisce?”- ripose il piccolo telaio avvicinandosi e spingendo lo sguardo oltre i vetri.
“No”- rispose risoluto –“ André la conosce da sempre. …non potrà che farla felice!”
Rimasero ad osservarli mentre attraversavano il giardino per recarsi alla scuderia.
In sella a Cesar ed Alexander percorsero quello sterrato che correva lungo la costa, scesero tra le dune di sabbia bianca, gli zoccoli dei cavalli si tuffarono e riemersero dalle onde basse della marea che lentamente saliva.
D’un tratto il sole venne oscurato da nubi nere che impetuose avanzarono velocemente verso l’entroterra .
Si alzò il vento.
André si volse –“ Oscar, Oscar….dobbiamo rientrare!,
I gabbiani in volo verso una zona di riparo.
Girarono i cavalli. 
In lontananza cielo e mare…. tutt’uno.
Le prime gocce….il tuono rumoreggiò in quel grigiore poi quella luce improvvisa quasi metallica a ragnatela distendersi in un cielo che non era più tale. 
L’ennesimo rombo e a seguire un nuovo bagliore ed un altro tuono.
Ed ecco la pioggia scrosciare furiosa a riempire il mare, a bagnare la terra, i cavalli, come centinaia di aghi a percuotere  i volti tanto da non riuscire tenere gli occhi aperti.
Riposti Cesar ed Alexander al riparo riuscirono a metter piede in casa.
Philip in cucina scrutò il cielo –“ primo temporale estivo….”- mormorò.
Oscar ed André lasciarono le scarpe sulla soglia. 
“I signori sono andati da Madame Beatrice. Faranno rientro in tarda serata”
Lungo il corridoio André  fece per entrare in camera sua ma lei lo afferrò per la mano –“ Mangiamo un boccone assieme?”
“Il tempo di cambiarmi”- i capelli appiccicati al viso, la camicia che le aderiva bagnata al seno. L’amava e la desiderava da morire.
Poco dopo si ritrovarono in cucina.
Fu André a mettere i piatti in tavola con quello che aveva preparato Nanny.
Oscar morse un pezzetto di pane e rimase a fissarlo mentre infilava una fetta di formaggio. 
Sorrise con malizia.
Con la bocca piena sollevò lo sguardo –“ Che hai? – smise di masticare un istante.
“Pensavo”
“E….e che cosa? “- si pulì la bocca.
“Sai…..una sera, quando eravamo ancora a Parigi, mentre facevo il bagno. ….ho immaginato che tu entrassi in camera ….”
“…e allora?”
“…..e che ti infilarvi nella vasca ….con me!”
Il boccone quasi gli si bloccò in gola. Poi –“ ….e chi ti ha detto che tu stessi immaginando? “- abbassò  gli occhi.
No, non poteva essere stato vero –“ Mi prendi in giro?”
Stette in silenzio senza nemmeno alzare lo sguardo.
“André. ..rispondi!”- lo intimò.
“E ti è piaciuto quello che hai visto ?”
“Da impazzire “- avvicinò la sedia alla sua appoggiandosi con i gomiti sul tavolo –“ Potremmo rifarlo no?”
Quella fantasia di Oscar lo stuzzicò – “ Se fossimo sposati. ….”
“Insomma Grandier….vedi ostacoli ovunque…possibile?”- gli piantò il broncio.
“Sai bene che dobbiamo tenere un certo comportamento. ….”
Lo interruppe posandogli l’indice sulle labbra – “ Lo so...”
André versò dell’acqua –“ Ti piacerebbe Du Mont come celebrante?”
“Du Mont?”- rise –“Faresti felice Nanny”
“Forse dovremmo cominciare a pensare sul serio a dove….ma soprattutto quando. ..”-
“Settembre….ottobre? “- propose.
“Avremmo il tempo di cercare la chiesetta che desideri”
“….vorresti invitare qualcuno in particolare?”- 
“….Alain, sicuramente”- non ebbe dubbi in quella risposta.
Alain….chissà se aveva mantenuto la promessa…….Leah….
“Che fai? Sogni di già? “- gli sfiorò  le labbra con un bacio.
“No…questa realtà mi piace troppo”- le infilò una mano tra I capelli e la trasse a sé ricambiando con trasporto quel bacio quasi sfuggevole. 

Leah ripiegò lo straccio e vuotò  il secchio.
Alain era in ritardo.
Du Bois le allungò la paga.
“Buona notte”- salutò allontanandosi.
“Non aspetti che passino a prenderti?”- non la voleva vedere andar via da sola.
“Si…tranquillo!”- richiuse la porta.
Attese qualche minuto nella speranza arrivasse, poi si avviò.
Percorse un brevissimo tratto di strada quando un tale sbucò da dietro un angolo. 
“Ehi dolcezza!”- si mise a seguirla.
Lei accelerò.
“Vai di fretta?”- un altro le sbarrò la strada.
Lei si strinse nello scialle –” Cosa volete?”
“Beh….vediamo”- le afferrò il bordo del vestito sollevandolo. 
“Ma che fai!”- stizzita.
L’altro la prese per un polso –“ Forse potremmo fare quattro chiacchiere “
“Andate al diavolo tutti e due!”- fece per riprendere la strada ma quelli la spinsero in un angolo contro il muro.
“..facciamo che ci divertiamo un po’. ..”- le premette le mani sul corpetto mentre l’altro la tenne ferma.
Allentò il cordoncino e spinse la mano sotto la camicina di cotone.
“Lasciami bifolco!!”- urlò  dimenandosi.
“Certo. …appena avremo finito”- tastandole le gambe sotto il vestito.
Afferratala per il mento cercò di baciarla – “ Vieni qui….fammi sentire un po’ il tuo sapore”
“Così facciamo prima”- il compagno con un gesto le scopri il seno.
“Nooo”- urlò disperata. 
Gli occhi le si riempirono di lacrime.
“Cosa diavolo pensi di fare”- Alain apparve all’improvviso sferrandogli un pugno e tramortendolo a terra.
L’altro gli piombò addosso colpendo ripetutamente.
“Alain!”- gridò Leah terrorizzata.
Nonostante fossero in due Alain le diede di santa ragione. …ma ne prese anche.
Poi tenendone uno per il collo –“ Guai se ti trovo a dar ancora fastidio alla mia donna, ci siamo intesi?”
I due se la diedero a gambe levate mentre tutto dolorante e il volto tumefatto Alain prese vicino a sé Leah.
“ Tutto bene? Dannazione perché non mi hai aspettato!”- la vide impaurita e tremante.
“Non voglio che tu stia da sola stasera”- così dicendo si diresse verso casa.
Quando Diane aprì  la porta comprese che doveva essere accaduto qualcosa di serio.
Leah ancora visibilmente impaurita non riuscì a staccarsi da Alain.
“Non potevo lasciarla a casa sua stanotte”- la invitò ad accomodarsi –“ Dormirà nel mio letto”
“E tu?”- mormorò appena.
“Non preoccuparti.  Voglio solo che tu stia al sicuro”
Diane le sistemò subito il letto e le diede una sua camicia da notte – “ Dovrebbe andarti bene. Mi pare tu abbia la mia stessa taglia “
La giovane sulla porta ancora stretta al braccio di Alain.
“Mia sorella si occuperà di te!”- la tranquillizzò.
Lei però  lo trattenne –“ Ti prego, stai qui!”
Le volse le spalle mentre si cambiò. 
“Questa volta dico io MI RACCOMANDO!”- Diane strizzò l’occhio al fratello –“ Vado a prepararle qualcosa di caldo”.
Annuì. Socchiuse la porta e le sedette accanto sul letto.
Le strinse la mano.
I suoi grandi occhi verdi lo fissarono.
Si gettò sulle sue gambe scoppiando in lacrime.
Alain in un primo momento non seppe come reagire. Non era abituato a gestire queste situazioni.
Tuttavia d’istinto le accarezzò quei lunghi capelli rossi.
“Non voglio che tu stia più da sola.”- le allungò la tazza portata da Diane.
Quando ebbe terminato di bere l’aiutò a sdraiarsi – “Domattina vedremo il da farsi”
“Alain…”
“Si”
“Resta”- lo supplicò. 
Afferrò allora una coperta stendendo ai piedi del letto e vi si coricò  sopra.
“Ma ?...”
“Non preoccuparti.  Sono in grado di dormire anche sui sassi.”
Piano piano Leah prese sonno.
Alain rimase a lungo ad occhi aprì, le braccia incrociate dietro la testa, ripensando a quanto accaduto.
Non la voleva più pensare in quella casa senza nessuno che la proteggesse. No, non voleva.
Stava diventando troppo importante quella presenza nella sua vita….
Forse però la cosa era reciproca.



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Capitolo 26
*** SENTIMENTI NUOVI ***


Trascorsero quel grigio pomeriggio dal sapore quasi autunnale a chiacchierare,  ridere e scherzare, buttando giù  le prime basi per quell’evento a dir poco straordinario: il matrimonio.
Il luogo, gli invitati….ma soprattutto la data. 
Si divertirono a stuzzicarsi a vicenda.
Il Generale e Madame fecero rientro in tarda serata e dopo un breve saluto si accomiatarono.
Philip prima di andare a dormire fece il solito giro di controllo attorno la casa.
Accertatosi che tutto fosse in ordine, si ritirò. 
La porta si aprì e richiuse piano.
La luce fioca della candela sul comodino illuminò quanto bastò  per intravvedere la figura sinuosa di Oscar.
André sorrise. Sapeva che quella notte lei sarebbe venuta.
Ferma, di spalle, il cuore all’impazzata mentre restò in ascolto che nessuno avesse udito rumore.
Lui si avvicinò  e scostandole i capelli le sfiorò teneramente il collo.
Oscar ebbe un sussulto.
Le mani di André sui fianchi a sollevare lentamente la camicia fino a sfilarla per poi farle scorrere dalle spalle verso il basso….
Si volse.
Gli occhi estasiati di lui di fronte a quel corpo perfetto in ogni sua morbida curva.
La prese tra le braccia e la distese sul letto.
Chino su di lei, quei baci bollenti sui seni, a scendere sul ventre….in quel l’incavo fra le pelvi fino a sorprendere all’improvviso la sua femminilità. 
Incurvò di scatto la schiena insinuando le dita nei suoi morbidi capelli.
Un lungo gemito di piacere ruppe il silenzio della stanza.
Lui sollevò lo sguardo appena a scrutare il suo viso contratto dall’ estasi.
La lingua a spingersi in lei facendola sobbalzare tra un respiro mancato ed un mugugno fino a quando sentì le sue dita prenderne il posto.
Un grido le si smorzò in gola –“ André….fermati!!”
In uno stato di totale eccitazione la guardò perplesso.
La vide prendere un attimo di respiro con gli occhi chiusi,  sollevandosi dal letto.
Quando li riaprì con fare malizioso gattonò fino al bordo ove lui era in piedi.
La mano si posò là. ..dove non aveva ancora osato.
A quel gesto André buttò la testa all’indietro lasciando che un suono gutturale inciampasse tra i denti.
Quando si rese conto che non era più la mano ma le labbra a muoversi con dolce e lenta passione, le gambe quasi gli si piegarono.
Sibilò appena quel nome –“ Oscar……”.
Si accorse di quegli occhi smeraldo che la fissavano.
Avvampò leggermente d’imbarazzo, poi comprese quanto piacere, con quel gesto, fosse in grado di donare al suo uomo e si lasciò andare.
Quando sentì di non potersi più  trattenere, la spinse tra le lenzuola senza staccare la bocca dalla sua.
Un affondo…. quelle mani morbide gli strinsero le spalle ad ogni spinta fino a quando le dita affusolate quasi si conficcarono nella pelle al sopraggiungere dell’appagamento totale .
Giacquero così ….in quel silenzio ritrovato nella stanza….la fiamma tremolante della candela quasi del tutto consunta. 
I cuori ancora pazzi d’amore.
André fece ricadere il viso sul cuscino cercando i suoi occhi celesti.
Si girò sul fianco ancora ansimante ed allungò la mano accarezzandogli una guancia.
Gliela strinse e la baciò.
“Grandier….e’ così bello amarti”- sorrise e si accovacciò tra le sue braccia.
Sollevò il lenzuolo a coprire entrambi.
Attesero che i respiri si placassero.
 “Louis Antoine mi ha fatto una proposta” – si mise ad arricciarle capelli.
Appoggiò il mento ad una mano rimanendo sdraiata sul suo torace  sfiorando quella cicatrice.
“Preziosi o cavalli?”
“Preziosi. Vorrebbe portarmi a Morlaix da un famoso gioielliere per l’acquisto di un’ importante partita di pietre e monili”
“Beh….non sei contento? Personalmente la trovo un’ottima idea”
“…pensi per il nostro futuro?”
“Dopo sposati dovremmo contare sulle nostre forze…quindi ….”
“…sarebbe il caso che ci guardassimo attorno anche per una casa nostra….che ne dici?”
“Mi piacerebbe che la nostra camera da letto avesse le finestre verso il mare”
“Giardino?”
“Oh si, e. …una piccola terrazza….o pergolato”
“Un luogo di riparo per Cesar ed Alexander…”
“Domani potremmo fare un giro …..”
Alzò il viso e gli sfiorò dolcemente le labbra – “Domani Grandier…..domani…ma non hai dimenticato nulla?”
“….non saprei…..una bella sala …per quando verranno gli ospiti?”
Si sollevò sdraiandosi a pancia bassa su di lui e lasciando scivolare le gambe tra le sue.
Gli scostò i capelli dalla fronte –“ ……una stanza per l’ erede….”- accennò ad un sorriso.
“…una sola?”-
“….due?”
“….ecco….adesso ragioniamo”- concluse passandole le mani sulla schiena.
La candela si spense. Quel sottile velo di fumo sparse l’odore dello stoppino bruciato nella stanza.
Il contatto con la sua femminilità risvegliò il suo desiderio.
“Grandier……”- lo ammonì.
“….non so cosa farci”- rise.
Nel silenzio ….l’una nella braccia dell’altro. ……si addormentarono. …

L’uomo fece il suo ingresso senza il minimo rumore nonostante il servo avesse avvisato del suo arrivo.
“Vi saluto”- la voce attraversò la penombra facendolo quasi sobbalzare.
“Siete vivo allora!” – il tono severo –“ Vi pago profumatamente affinché mi portiate delle nuove se non quotidianamente….quasi!”-  batté violentemente i pugni sui braccioli della poltrona.
“La pazienza è la virtù dei forti”-
“Piantatela con questi detti!”- Inforcò gli occhiali nel tentativo di intravvederne almeno le sembianze ma, come in precedenza il cappuccio ne mascherava l’intero volto.
Vagamente riuscì  a scrutarne la bocca.
“Insomma, non potete presentarvi di giorno?”- tossì ripetutamente cercando di liberarsi la gola ostruita.
Trangugiò quell’ultimo sorso di cognac –“ Non siete altro che una dannata e schifosa creatura notturna succhia sangue !”- sputò nella ciotola accanto.
“Credo dobbiate mantenere un tono non dico ossequioso,  ma per lo meno un po’ più rispettoso….del resto ….non avete che me per ottenere novità. ….ricordatelo”- la voce lieve e pacata.
“Parlate, maledizione!”- lo intimò bruscamente.
Avanzò appena mostrando sotto quella luce fioca delle candele il nero mantello che lo avvolgeva.
“Pare che siano ben sistemati. L’abitazione non ha che un gran parco attorno senza cancelli o recinzione alcuna. Un semplice sorvegliante. Tutto sommato una posizione favorevole…..essendo isolata”- sfregò le mai.
“Cosa volete che m’importi della casa…ditemi di lei e il padre!” – nonostante l’ammonizione il tono continuò ad essere particolarmente arrogante.
“Allora gradirete sapere che ha una relazione col proprio attendente”
“Che dite…bifolco! Credete che il Generale acconsenta?”- tossì nuovamente.
“Vedendoli muoversi liberamente anche in paese direi proprio di si”
Incrociò i pugni sotto il mento lasciandosi andare a perfidi pensieri.
“Cos’altro?”- dopo un breve silenzio.
Si volse a cercare quella sagoma nella penombra.
“Che il cielo vi fulmini!!”- gridò lanciando il bicchiere verso la parete di fronte a sé. 
Questo andò a sbattere contro il grande specchio appeso sopra il camino mandando in frantumi entrambi.
Il frastuono attirò l’attenzione d’un paio di servitori.
“Che avete da guardare, idioti!  Rimuovete quel che resta di quello specchio  e ripulite”
Senza fiatare staccarono la cornice rimasta appesa e eliminarono velocemente i pezzi di vetro sparsi ovunque.
“..siate maledetti Jarjayes!!!!”- mormorò tra i denti.

Un raggio di sole filtrò attraverso la tenda stuzzicando gli occhi di Alain.
Fece per girarsi su quella coperta buttata sul pavimento quando si accorse di Leah rannicchiata accanto a lui.
Così minuta gli parve di vedere una bambina. Del resto lui era un uomo rispetto alla sua giovane età .
La camicia da notte leggermente arrotolata …le candide gambe scoperte…
Rimase immobile per non svegliarla.  
Il respiro lieve…quasi impercettibile.
Si mosse appena e aprendo gli occhi incrociò quelli scuri come la notte di Alain.
Avrebbe voluto baciarla…era così bella. A fatica si trattenne . Lo aveva promesso.
Allungò una mano passandola tra quei capelli corvino –“ Ciao!”
“Ciao”- le sorrise.
“Scusa….”
“Il più è stato per te che hai dormito a terra”
“..c’eri tu…”
Dentro una lotta tra abbracciarla o lasciar perdere. 
Appoggiò il viso nell’incavo del collo stringendosi a lui.
“Sentì Leah”- deciso andò al punto –“ Io non posso venire a stare da te….qui c’è Diane e questa è la nostra casa. Perché non ti trasferisci? Troveremo come organizzarci….che senso ha che tu stia sola?”
Sedette coprendo le gambe con la camicia.
“Potremmo portare le tue cose qui. Sistemeremmo la camera di mia madre….avresti il tuo spazio….la sera staremmo tutti assieme….e …saresti al sicuro. Pierre è quasi sempre qui….saremmo in due a garantire la vostra tranquillità “
Lo ascoltò  in silenzio.
“Poi avresti sempre compagnia”- sperò così di convincerla.
“Sarò sempre puntuale nell’accompagnarti e nel venirti a prendere”- le strinse una mano –“ Non capiterà mai più!”
“Credi che Diane sia d’accordo?”- gli occhi le si riempirono di lacrime ripensando alla brutta avventura.
“Si….non avrà problemi…anzi, ne sarà felice!”
Quelle parole furono di conforto a sopportare meglio quella ferita apertasi nell’anima.
Annuì.
Alain sentì una gioia sottile insinuarsi nel cuore. 
“Vieni…..andiamo a mangiare qualcosa. Nel mentre ne discuteremo con mia sorella. Decideremo poi in giornata il da farsi”


Oscar giaceva in adorazione di quel corpo scolpito affianco al suo. 
Il lenzuolo copriva a stento la sua virilità .
Sollevò appena quel telo leggero e l’occhio là ricadde.
Si morse un labbro …..allungò la mano e con tocco lieve sfiorò ove fino a quella notte non aveva ancora azzardato.
“Mhhh…che meraviglia! “- immersa in pensieri peccaminosi.
“Jarjayes. …che state facendo?”- cercò il cielo dei suoi occhi compiaciuto del gesto.
“….beh….”- arricciò il naso –“ ….controllo che nella mia proprietà tutto sia in ordine!”
Le rubò un bacio –“ Ti sei accorta che è già mattina e sei ancora nel mio letto?”
“Certo. …non esiste situazione più piacevole. Svegliarsi con il mio futuro consorte è un privilegio non da poco!”- si alzò infilando la camicia.
“Come farai ad uscire senza essere notata? A quest’ora Nanny sarà già  in piedi e sicuramente anche Rosalie”
“….se rammenti quella notte quando mio padre ti chiese di convincermi ad indossare quella mia prima uniforme dovresti ricordare quanto sono abile a sfuggire ad occhi indiscreti. …”
“Fosti veramente una pazza ad origliare sotto il temporale in quella maniera!”- 
“Abile….non pazza, astuta ….non pazza!”- aperta la porta, un’occhiata lungo il corridoio poi….via, sparì.  

“Diane….ecco…io…”- si passò una mano tra I capelli –“ ecco….vorrei che Leah venisse a stare qui….sai…temo che…”
“Ottimo, è  una splendida idea”- interruppe quel discorso sconnesso.
“Davvero?”- Alain non ebbe dubbi sulla risposta ma che accettasse subito proprio non se lo aspettava.
“Ma certo fratellone …considerando che quando mi sarò sposta la casa sarà troppo vuota…avrai pur bisogno di una figura femminile  che…..ti faccia mettere a posto soprattutto la testa”
Alain l’abbracciò –“ Ti adoro!”
“Credo che anche nostra madre ne sarebbe felice, no? Quante volte in passato ti chiese se tu avessi una ragazza?”
Si volse e si accorse della presenza di Leah.
“Non voglio crearvi problemi o darvi disturbo “- 
“Nessun  disturbo cara, sei o non  sei la ragazza di mio fratello ?”- le sorrise apparecchiando per la colazione.
Rimase in silenzio fissando Alain.
La sua ragazza? 
Lo aveva sentito urlare a quei briganti “la mia donna”…..
Stava bene con lui…le dava un senso di sicurezza e protezione indescrivibile.
…e poi ….francamente era un bell’uomo….e precisiamo UOMO….imponente. ….un po’  rozzo, d’accordo….eppure quando quelle mani grandi l’avevano sfiorata erano stati brividi….di piacere.
Non era André. …un abisso tra i due…
André. ..il suo bel moretto……
No, non era il suo bel moretto…ci aveva sperato…fino all’ultimo….non avrebbe potuto obbligarlo…c’era lei…..che amava da una vita…..
La invidiava ancora….un uomo così qualsiasi donna lo avrebbe desiderato….e lei aveva lottato per non perderlo  perché aveva rischiato….aveva tirato fuori le unghie quasi sfidandola, il coraggio di andare a casa sua…a mettere le cose in chiaro….
Non avrebbe avuto alcuna chance …..Oscar era Oscar. Punto!
Alain aveva promesso….e la promessa si era trasformata in qualcosa di nuovo.
Ma lei….che cosa provava?  Che cos’era Alain per lei?
….si, doveva essere sincera con se stessa…gli piaceva!
Non era una da saltare da un letto all’altro….aveva avuto una sola storia …..rimasta sola, era trascorso tanto tempo prima che desse confidenza ad una nuova figura maschile. …André.  L’aveva colpita, subito. Probabilmente il suo cuore era pronto a ricominciare. 
E non si erano spinti oltre…..destino?
“Coraggio. ..la colazione è pronta “- Diane versò il caffè nelle tazze e mise in tavola del latte, pane appena sfornato ed alcune mele fatte a fette.
“Caspita sorellina….da nobili!”- e scoppiò in una fragorosa risata.
Sedettero assieme.
Come una vera famiglia.

Rientrata nella sua camera tirò le lenzuola e spiumacciò il cuscino. Un letto ancora fatto avrebbe destato mille strani pensieri a chi avrebbe riassettato la  stanza.
Indossò camicia e pantaloni velocemente.
André le aveva promesso una cavalcata…in primis per la ricerca del loro futuro…..nido d’amore.
Spalancata la finestra il paesaggio attorno era meraviglioso.
Il mare in lontananza rifletteva i raggi del sole facendo brillare il pelo dell’acqua. 
Qualcosa attirò la sua attenzione. Sulla sua destra …verso la scogliera, quasi nascosta dagli alberi non troppo alti. …la piccola dependance …..ancora chiusa da quando si erano trasferiti.
Non ne avevano mai fatto uso…del resto l’abitazione aveva un numero sufficiente di stanze per accogliere famiglia e servitù.
Scese di corsa cercando André.
“E’ da vostro padre con vostro cognato,  Madamigella! “- Rosalie le versò la cioccolata calda.
“Sarà certamente per Morlaix”- fece per portare la tazza alla bocca quando provò un improvviso e strano senso di fastidio a quel profumo così dolciastro.
Bevve comunque …ma svogliatamente.
Strinse leggermente gli occhi arricciando il naso con disgusto lasciandone un po’ .
“Rosalie …perdonami…ma questa mattina la cioccolata è particolarmente strana…”
Si portò le mani alla bocca dispiaciuta –“ Veramente Madamigella? Vi prego di perdonarmi….forse l’ho lasciata troppo sul fuoco!”
“Tranquilla…può succedere”- le accarezzò I capelli….un gesto per rasserenarla. 
Raggiunse il piccolo studio e attese  sulla porta.
Avrebbe desiderato partecipare alla discussione…ma …del resto erano argomenti più “maschili” nonostante riguardasse anche il suo futuro.
Non vide l’ora che terminassero per poter parlare prima con lui della dependance. ..e successivamte con suo padre.
Chissà …. le chiavi.
Sicuramente Philip ……

“Te la senti di passare a casa a vedere le cose da portare via?”- Alain si pulì la bocca.
“Probabilmente avrete bisogno di un carretto…”- Diane sparecchiò. 
“Potrei chiedere a Du Mont….sono certo che riuscirebbe a trovarne uno”
Fissò Leah. Nei suoi occhi ancora l’ombra di quanto accaduto la sera precedente.
“Ehi…”- le sorrise. 
Quasi stuzzicata da quel gesto ricambiò tirando leggermente gli angoli della bocca –“ ...allora andiamo”.
Percorsero quel brave tratto di strada. Alain accelerò il passo quando si trovarono sul luogo dell’aggressione e lei non si accorse di nulla.
Entrati in casa Leah pensò di liberare prima la camera dove dormiva.
Piegò la suo poca e misera biancheria sul letto, vi mise accanto il piccolo specchio, la spazzola, quel l’unico fermaglio regalatole da sua madre, un paio di lenzuola pulite.
“E questo pentolame ..?”- Alain sbirciò nei mobiletti.
“Posso portarli via?”- prese le ultime cose rimaste nella camera dei suoi genitori e le rispose sulla tavola.
“Certo!”
“Ecco….questo è quanto”
Alain guardò quel mucchietto ammassato –“ Che miseria! “- pensò dentro di sé. …Leah viveva veramente di poco. Lui e sua sorella potevano dirsi in fin dei conti fortunati. 
La casa era loro e indubbiamente i suoi soldi da soldato e quelli di Diane potevano permetter loro di vivere degnamente se messi a confronto.
Ora che non era più nei Soldati della Guardia si era messo a fare qualche lavoretto e per loro due bastava.
Provò infinita tristezza.
“Queste possiamo portarle già  con noi, per il resto passeremo poi”

“Philip!”- Oscar raggiunse il guardiano in giardino. 
“Prego?”- ripose il ciocco di legno sulla catasta pulendo velocemente le mani nel grembiule.
“Sapete dirmi qualcosa sulla dependance?”
“Rientra nella proprietà,  ma i signori hanno preferito lasciarla chiusa e non utilizzarla”
“Chi tiene le chiavi?”
“Le tengo io con tutti gli altri mazzi in cucina”
“E ’ possibile vederla?”
“Sono a vostra disposizione. Se volete intanto avviarvi, le vado a prenderle”
Oscar percorse il vialetto ombreggiato al termine del quale apparve la costruzione.
Un grazioso cottage nello stile classico della zona: il tetto scuro e spiovente faceva risaltare l’esterno in pietra vista chiaro, le finestre non molto grandi dai classici vetri all’inglese. 
Due splendidi rosai si rintracciavano arrampicandosi attorno all’entrata.
In breve Philip la raggiunse. 
Le imposte chiuse non permisero di vedere l’interno.
Le aprì la prima finestra disponibile e il sole filtrò illuminando parte della stanza. Poi una seconda e finalmente la luce irruppe prepotentemente a spezzare quel buio sigillato da tempo.
L’odore di chiuso stuzzicò negativamente l’olfatto di Oscar quasi dandole fastidio.
Tutto attorno risultò essere in legno intagliato.
Sollevò un paio di lenzuoli a scoprire alcuni mobili.
“E’ bellissimo qua!” – era veramente estasiata da tanta bellezza nonostante la semplicità. 
“I proprietari precedenti inizialmente si stabilirono qua. Solo con l’arrivo degli eredi fecero costruire l’altra abitazione “
“Philip….potete lasciarmi le chiavi?”
“Senza problemi…purché ne mettiate a conoscenza il Generale”
“Consideratelo  come già fatto”.
Mentre il guardiano fece ritorno alle sue mansioni, Oscar si precipitò in casa.
Doveva assolutamente parlare con André  e con suo padre.
“Allora a questo punto siamo d’accordo. Te la senti di raggiungermi  a casa ….verso le 6? La strada è piuttosto lunga, meglio partire presto”
“Va bene Louis “- André gli strinse la mano.
“Che dire? Questi sono i miei due generi”- batté le mani sulle spalle di entrambi.
“I miei rispetti”- Louis salutò Augustin.
“Ciao Oscar”- la incrociò uscendo.
Trovò così suo padre ed André davanti lo studio.
“Che succede?”
“Devo ammettere che ultimamente voi ragazzi mi avete reso veramente orgoglioso!”
Allibita.
“Il tuo futuro marito parte domani con Louis Antoine per Morlaix. Ne vedremo delle belle!”- rise compiaciuto. 
Sgranò  gli occhi -“ Come parte domani?”

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Capitolo 27
*** ALAIN ***


L’entusiasmo per la dependance sparì in un battibaleno.
La tentazione fu quella di girare i tacchi e andarsene. Si trattenne.
André lesse nel suo sguardo un velo di tristezza mescolato alla rabbia.
Perché tutto all’improvviso? Si, gliene aveva fatto cenno ….ma una decisione…così. ..su due piedi. ..!
Cercò di frenare quella furia interiore pronta ad esplodere….
Era il caso di mettersi il cuore in pace.
Del resto lei stessa aveva accolto la notizia positivamente quando la notte prima André l’aveva informata .
Se tutto fosse andato per il verso giusto, quella probabilmente sarebbe stata la sua strada,  garantendo un buon tenore di vita alla loro unione.
Doveva accettare il fatto che avrebbero potuto trascorrere lunghi periodi distanti com’era appunto per Beatrice e suo marito.
L’aver sempre vissuto l’una accanto all’altro rendeva difficile accettare il tutto.
“Non mi aspettavo…..così presto”
“….e’ una prova….non sappiamo nemmeno come andrà a finire”
“Vi lascio….avrete da discutere sull’argomento “- Augustin raggiunse Madame Emilie.
Rimasero soli.
Il silenzio calò pesante fra loro.
Oscar, le spalle al muro, il volto chino,  la fronte aggrottata.
La fissò a lungo : quanto l’amava….. Era comprensibile la reazione.
Avvicinò il viso al suo –“ Ehi…..”
Sollevato lo sguardo incrociò quegli occhi verdissimi pieni di dolcezza –“ Dovrò  abituarmi, vero?”
“Non possiamo saperlo. Dai….vedremo...”
Riusciva sempre a placare l’impeto del suo animo.
Fece un gran sospiro –“ …è per il nostro futuro”.
Le sorrise.
“…allora per questo motivo voglio mostrarti una cosa”- lo prese per mano e lo condusse in giardino.
Attraversarono quel breve sterrato immerso nel verde fino alla dependance.
“Guarda!”
“….Mhhh. ..carina”
Inserì le chiavi ed aprì. 
“Oscar…che fai?”
Spalancò un paio di finestre e gli mostrò l’interno.
“Graziosa”- perlustrò tutte le stanze soffermandosi in quella matrimoniale.
“Che ne dici? “
Bastò guardarla per comprendere al volo – “ Immagino bene?”
“Benissimo….non potrebbe essere questa la soluzione? Non abbiamo bisogno di una reggia…”
“Tuo padre cosa ne pensa?
“Glielo possiamo chiedere. Credo accoglierà positivamente la nostra scelta”
“A te piace?”
“Penso sia l’ideale per noi!”
“D’accordo”- In effetti non potevano desiderare di meglio. Il luogo mozzafiato, le dimensioni più che giuste anche nel caso avessero deciso di allargare la futura famiglia.
“ Togliamoci il pensiero”- decisa come sempre di fronte a scelte importanti prese André  per mano e lo trascinò in casa.

Quando Leah ed Alain rientrano,  Diane aveva liberato la camera della madre. 
Lenzuola pulite, un paio di asciugamani, alcuni rametti di lavanda profumati nell’armadio ed alcuni in un bicchiere sul comodino.
“Ecco cara!” – le mostrò la stanza.
Le parve tutto così strano –“ Io….io non so veramente come ringraziarvi. ..”- le salirono le lacrime agli occhi.
“Ora sistemati”- Alain la lasciò sola.
In cucina mostrò alla sorella quelle poche cose prese a casa di Leah.
“E’ rimasto solo un po’ di pentolame….null’altro”
“Che pena…..”- Diane strinse le mani a pugno sul petto .
“Grazie per aver…”
“Non dire nulla”- lo interruppe -“ E’ stata la scelta migliore…poi per te fratellone…farei di tutto”
“Ho una sorella magnifica”- la baciò sulla fronte.
“Alain….abbi cura di lei…..un’anima così delicata ha bisogno di tanto amore”
Strinse i denti irrigidendo la mascella. 
Tutto era iniziato con una semplice promessa al suo miglior amico.
In breve si era fatto strada nel suo cuore un sentimento diverso, totalmente nuovo per lui.
Da quando André era partito non aveva più guardato una donna tranne lei.
Lui che non poteva fare a meno di una “femmina” ogni sera, che non voleva impegni con nessuna, che gli bastava una sottana sventolante davanti agli occhi perché quell’istinto animale si risvegliasse ….ora era perso…terribilmente perso per quella ragazzina. 
Era stata in grado di mandare in frantumi tutte le sue certezze.
La desiderava….terribilmente…..ma non era solo una questione fisica.
Di fronte a quei due balordi la sera dell’aggressione l’aveva definita “la mia donna”.
Quel sentimento insinuatosi dentro di lui era esploso travolgendo interamente il suo cuore.
L’amava. Ora ne era certo.
Come poteva essere? La conosceva non da tanto! 
Ma chi o cosa può comandare l’amore? 
Non era un’infatuazione! No, non lo era affatto. Non le avrebbe mai portato così rispetto.
Leah riapparve in cucina .
Gli si strinse il cuore a pensare con quanto poco avesse vissuto fino ad allora.
“E’ ora di andare da Du Bois”- raccolse i capelli con quell’unico fermaglio.
“Sono pronto”.
L’accompagnò fino alla taverna.
“Mi raccomando. Per qualsiasi motivo non far rientro a casa da sola”
Lo fissò in quegli occhi scuri come la notte ed avvicinatasi gli sfiorò appena le labbra –“ Non tardare! “
“Caspita!”- esclamò  -“ A cosa devo tutto questo?”
“Sei un brav’uomo Alain…dal cuore grande”- detto questo raggiunse Du Bois.
Leah gli era entrata prima nella testa…..ora nel cuore.
Un giorno prima o poi André avrebbe fatto ritorno….chissà….
Scacciò quel pensiero sbattendo gli occhi…..non c’era motivo di preoccuparsi. 
Anche il cuore di Leah stava cambiando.

“Avremmo bisogno di parlarvi”- Si accomodarono nel salottino.
Madame Emilie intenta a ricamare,  il Generale a leggere.
“Sembra piuttosto importante”- Augustin riconobbe la fermezza della figlia in quel tono di voce. 
“Avremmo trovato …la giusta dimora”
“Magnifico”- il volto di Emilie s’illuminò di gioia.
“La dependance”
Rimasero basiti. 
“La dependance? Ne siete certi?”
“Si padre. …sempre che voi e mia madre siate d’accordo”
L’uomo rivolse lo sguardo per una frazione di secondi ad André –“ Tu cosa ne dici?”
“Qualsiasi decisione prenda Oscar a me va bene”
“Una scelta azzeccata”- Madame Emilie abbracciò la figlia.
Augustin solo dopo un po’ pronunciò la sua decisione –“ E sia”- alzandosi scrutò oltre i vetri della finestra quella zona ombreggiata verso la scogliera –“ Ad un patto!”
Quel momento di entusiasmo fu interrotto.
“Non andrete a viverci fino dopo il matrimonio”
Oscar spalancò  gli occhi.
Suo padre si era dimostrato di larghe vedute dopo quel fatidico 14 luglio…..perché ora questo vincolo? 
“Augustin. …suvvia! “- Emilie sempre pronta a schierarsi dalla parte dei ragazzi –“ cerchiamo di non essere così rigidi “- gli lanciò un’occhiata quasi di rimprovero. 
“Su questo fatto non transigo”- irremovibile.
André non si permise nemmeno lontanamente di ribattere. Si limitò a fissare Oscar rimasta ammutolita e visibilmente seccata.
Per quale motivo suo padre doveva imporsi in quella maniera?! Non erano più dei ragazzini incoscienti.
Di cosa aveva paura? Che si ripetesse la storia di Beatrice?  Non riusciva ad immaginare che lei forse avesse già perso il suo candore?  Che tutto sommato avessero consumato ben prima di convolare a nozze?
Il Generale osservò quegli occhi celesti ribollire di rabbia .
“Sappi che non sono assolutamente d’accordo con questa decisione. …ritengo Oscar ed André sufficientemente maturi per potersi trasferire …anche domani se lo desiderano….”- Emilie tentò di far desistere il consorte.
“Non ammetto osservazioni o repliche in merito. Così ho deciso!”
“Mah….”- lo interruppe nuovamente.
Con la mano stoppò la conversazione senza aggiungere altro.
“Chiediamo almeno il permesso di sistemare e dare una ripulita….mentre decidiamo per la data“ – con questo Oscar volle chiudere la discussione.
“Concesso”- Doveva farlo, doveva ripristinare un po’ di ordine in quella casa. Non poteva cedere sempre di fronte a quelle due figlie ribelli!! C’erano delle regole. Andavano rispettate!
Fu la prima ad uscire : dentro un vulcano!
“Oscar…tranquilla, ti prego. Cerchiamo di non metterci contro tuo padre. E’ stato molto magnanimo nei nostri confronti. Il fatto di avermi accettato come uno di famiglia ed avermi concesso di sposarti è veramente tanto.”
Come sempre, pur sostenendola nelle decisioni e nelle scelte….ecco, la ragione, l’ago della bilancia che sapeva portare equilibrio in ogni situazione placando quel suo animo perennemente guerriero.
“Credi che non sappia? Dai Oscar…siamo realisti, tuo padre non è uno stupido”- accennò  ad un sorriso – 
“ poi non dobbiamo sposarci chissà fra quanto!”
Ogni volta con lui il cuore si faceva più leggero –“ Come si fa a non amarti!!”
“Allora?...la vogliamo decidere questa data?.....o stai tergiversando perché hai cambiato idea?”
“Non fosse mai!!!...vorrei dirti anche ora. ..stasera….domani….”
“Facciamo così : mentre sarò via ci penserai. Al mio rientro definiremo il tutto.”

Non sgarrò di un solo secondo anzi, Alain arrivò prima della chiusura e sedutosi al bancone bevve qualcosa. 
La taverna in breve si svuotò. 
“Senti Leah, non sei mai mancata una sola volta da quando lavori qui. Sei una bravissima ragazza. Sei diligente e ben predisposta nei confronti dei clienti. Perché  non ti prendi questo fine settimana di festa?” – Du Bois la sorprese con quella proposta.
“Ma il venerdì  ed il sabato c’è sempre un sacco di gente. Come fareste?”
“Allora facciamo così : domani e dopodomani  te ne stai a casa e ti riposi.  Ci rivediamo venerdì sera.”
Poi le allungò la paga.
Osservò le monete –“ Ma e ’ una paga doppia!”
Du Bois sorrise –“ Va bene così. Ora tornatene a casa. Alain è un po’ che ti aspetta”
Strinse forte le sue monete. Poi le infilò in tasca. 
“Sei pronta? “- Alain  l’aiutò a mettere lo scialle sulle spalle.
“Andiamo “- lo prese sottobraccio.
Se lo tenne stretto per tutto il tragitto. Che incredibile sensazione di sicurezza le dava!
Fecero appena in tempo a mettere piede in casa che su Parigi si scatenò un violento temporale .
Diane già dormiva.
Leah si chiuse nella sua stanza. La pioggia batteva forte contro gli scuretti in legno. 
Indossò la sua camicia da notte e si infilò sotto le lenzuola. 
Alain, braccia incrociate dietro la testa fissava il soffitto con solo un pensiero : lei, sempre e solo lei.
I vetri vibrarono al rombo del tuono.
Solo dopo un po’ si accorse di un  leggero ed insistente bussare.
Aprì. 
Leah ferma sulla porta, lo sguardo basso, torturandosi le dite delle mani.
L’ennesimo lampo seguito dal tuono.
Si avvicinò posando la guancia su quel petto nudo. Una mano scivolò lungo i muscoli torniti di un braccio.
Alain fu attraversato da un brivido di piacere. Le afferrò la mano ricoprendola di baci trattenendola sulle labbra.
La sollevò poi tra le braccia e richiusa la porta la distese sul letto.
Avrebbe voluto. …si, avrebbe tanto voluto infilare le mani sotto quel tessuto leggero e accarezzarle i seni, sentire la pelle scorrere sotto le sue dita…
Ma aveva promesso. 
Fu una vera sofferenza per lui sentire tutta quell’eccitazione e doversi controllare.
La tirò a sé. Si, si concesse almeno quella libertà coprendo entrambi con il lenzuolo.
L’aria più fresca.
La sentì rabbrividire – “Freddo?”
Annuì.
Le sue braccia lo strinsero.
Che incredibile sensazione averla lì. ..di sua scelta….le gambe accanto le sue, quel seno muoversi ritmicamente contro il suo torace, il respiro lieve…..il suo profumo. …
Il bagliore di un lampo illuminò per un attimo la stanza. 
Leah si sollevò sulle braccia fissandolo .
Alain l’accarezzò tra i capelli.
Si chinò su di lui.
Quelle labbra sottili scivolarono sulla sua guancia per fermarsi sulla bocca.
Lei lo cercò. 
Lui rispose senza forzare troppo la mano. 
Quel groviglio morbido di lingue a scrutarsi,  a desiderarsi ..
Per la prima volta sentì il cuore battergli nel petto quasi ad impazzire.
Quanta dolcezza, quanta delicatezza e allo stesso tempo quanta passione in quel bacio.
“Leah…!” – un sussurro nel buio vedendola staccarsi.
Rimase in silenzio così, appoggiata su di lui, infilando le dita sottili in quei capelli corvini. 
“Che cosa mi hai fatto!!?”- sibilò senza staccare quei grandi occhi verdi dai suoi.
Immobile….spaventato un attimo da quelle parole.
“Non mi hai mai detto il tuo nome per intero” – si mise a giocare con  una ciocca.
“Alain de Soissons”-  scandì con orgoglio.
“De Soissons” – ripeté.
Come suonava bene pronunciato da lei.
Le sollevò il mento passandole il pollice prima sul labbro superiore poi sull’altro - “Come sei bella “- 
Riprese posto sul petto stringendosi a lui.
Il braccio forte sulle spalle a tenerla.
“Aspetta”- le disse alzandosi.
Passò velocemente una mano sui vetri appannati a guardare fuori.
Prese una coperta dall’armadio e la distese sul letto per poi coricarsi nuovamente accanto a lei.
“Vieni” 
Si accovacciò. Il viso nell’incavo della spalla. Un filo sottile di gioia attraversarle l’anima. 

La sacca pronta.
André sedette a bere il caffè.
“Oh….il mio ragazzo parte”- piagnucolò Nanny.
“Su nonna, non vado in guerra. E’ un semplice viaggio con Louis Antoine.”
“Non si fanno queste cose in procinto di convolare a nozze. Dovresti stare accanto alla tua futura consorte”- lo bacchettò con le braccia suo fianchi.
Oscar fece il suo ingresso in cucina.
André la vide strofinarsi gli occhi ……come allora…..
“Oscar alzati o la nonna ci sgriderà…” – la spingeva con le mani affinché scendesse dal letto.
La notte il temporale l’aveva fatta correre in camera sua.
“Dai André. …ho sonno lasciami dormire’
“Svegliati, svegliati vattene via….o la nonna mi darà con il mestolo….dai alzati….non voglio prenderle per colpa tua”
“Uffa…che scocciatore”- passandosi le mai a pugni sugli occhi –“ Non sei per niente un maschio….sei troppo pauroso”
“La nonna picchia me, poi”- la tirava per la camicia –“ daiiiiiii”
Sorrise a quel ricordo.
Una vita….una vita assieme…..e oggi per la prima volta si allontanava da lei.
“Bambina mia….vuoi un caffè pure tu?”
“Non grazie….sono venuta solo per salutare André”
Bevve l’ultimo sorso, poi assieme si diressero in giardino.  
Alexander era già sellato e pronto.
Legò la sacca.
Si passò  velocemente le mani sulle braccia. L’aria umida la fece rabbrividire.
“Perché non hai messo nulla sulle spalle?”
“Non fa niente”- si avvicinò – “Mi manchi già …lo sai?”- gli occhi le si fecero lucidi.
“Le giornate passeranno in fretta….vedrai. Non devi forse sistemare la dependance?”- tentò di rincuorarla. 
Si gettò tra le sue braccia. 
“Pensa alla nostra futura casa e a quella data. Vedrai, sarò di ritorno appena avrai ultimato tutto”
Quel bacio….quel lungo bacio pieno di tristezza.
Oscar non si era mai sentita così.
Perché? Perché era diventata così facile alle lacrime?  Per tutto quell’infinito amore che provava? Perché non erano mai stati lontani in tutti quegli anni? 
Quanto si sentì stringere il cuore!
Le accarezzò il viso asciugandole le lacrime.
“Mi avevi fatto una promessa. ..ricordi?”
“Che sarei stata sempre forte”- tentò di sorridere. 
Tenendola per una mano salì a cavallo.
Si volse a guardarla per l’ultima volta mentre lo salutava.
Lo seguì con lo sguardo fino a quando in fondo al lungo viale scomparve fra quella nebbia mattutina.

Com’era bello Alain. 
La mascella imponente, i capelli come la notte….spalle larghe ….un corpo scolpito come un’opera greca….
Non si era mai accorta di lui? Eppure aveva sempre frequentato la taverna di Du Bois. Com’era possibile che non l’avesse mai adocchiato? Forse perché mente e cuore non erano ancora liberi dal passato?
Era entrato nella sua vita in punta di piedi….non sopportandolo….
Assorta nei pensieri sentì il cuore battere forte….i brividi sulla pelle a contatto col suo corpo…non si rese conto di quegli occhi che la fissavano.
“Ciao…”- sussurrò.
Sorrise.
Poi accarezzandolo sulla guancia …..si avvicinò. …
…quelle labbra…morbide….il suo sapore. …
Alain azzardò posandole una mano sul fianco….scendendo sul fondo schiena. …
Sedette sul letto….sfilò la camicia… su di lui ….quelle labbra ancora…
Deglutì.
Il seno di lei ….il ventre contro il suo….il desiderio alle stelle.
Leah infilò una mano oltre la cintura della biancheria da notte di Alain spalancandola su quel gluteo sodo e muscoloso….scendendo ad abbassare l’indumento ….
Si divincolò per liberarsene e lei scivolò fra le sue gambe sfiorando il suo vigore.
Quel corpo sinuoso su di lui….
“Leah…”- quel nome’ strozzato in gola quando il suo essere uomo sentì il calore della sua femminilità.
Gli posò un dito sulla bocca –“ Shhh. ….”
Lo baciò sugli occhi….su una guancia…sulla bocca…..lungo il collo….
E quell’eccitazione salire….sempre più. ….
“….ti prego….”- la supplicò con un filo di voce –“….non mi torturare così. …”
Quel suono gutturale smorzarsi quando sentì di essere in lei….
Il capo riverso all’indietro…ansimando in quella danza morbida …lenta…..le mani di Alain sul suo seno….
Aprì gli occhi a scrutare quella creatura divina muoversi su di lui….
I capelli lunghi di Leah lo accarezzarono sulle le gambe.
…e la vide …quelle labbra distendersi in uno splendido sorriso quando soggiunse quel momento magico dell’apice …
Rotolò sul fianco …toccava a lui!
A quella prima spinta vigorosa ….un grido di piacere …
Le posò la mano sulla bocca restando in ascolto.
Che Diane avesse udito?
“Scusami…”- sibilò.
Silenzio attorno.
Lo afferrò con le mani dietro la testa baciandolo con trasporto.
E lui riprese ….
Sentirla finalmente sua lo incoraggiò ad incrementare il ritmo.
La bocca di lei accanto al suo orecchio….quei gemiti. …quei mugugni…..
Era tutto vero.
Al sopraggiungere dell’estasi si staccò veloce da lei.
Una pioggia calda sul ventre.
Lei lo guardò mentre con la mano lo vide condurre il suo vigore al termine . Quel volto sollevato perso nel piacere più  assoluto e quell’ultimo suono di liberazione tra le labbra.
Incrociò subito i suo occhi verdi e ancora ansimante ingoiò quel sentore di lacrime di gioia salire.
Non aveva mai provato nulla di simile.
Allungò una mano alla ricerca dei pantaloni….glieli passò sulla pancia asciugandola e li gettò a terra tuffandosi tra le sue braccia. 
Leah lo strinse forte. 
Il suo Alain.

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Capitolo 28
*** DUBBI E PAURE ***


Si alzò giusto per salutare André.
Ma come aveva fatto in tutti quegli anni a non accorgersi di lui? Di quanto bisognasse della sua presenza? Delle sue parole? 
Solo ora avendolo visto partire sentì il peso immenso della solitudine.
Si rese conto di quanto grande fosse quell’amore. 
A breve finalmente sarebbe convolata a nozze con il suo miglior amico, il suo confidente, il suo sostegno, il suo uomo.
“Madame Grandier”- pronunciò ad alta voce buttando un occhio a quell’anello – “Grandier”- come suonava imponente quel nome.
“Coraggio, Oscar! Al lavoro!”- si levò dal letto velocemente.  
Un capogiro improvviso.
Fece un lungo sospirò –“ Caspita!”- una mano sulla fronte –“ ….forse è il caso di fare colazione con urgenza”
Nanny già alle prese con il pranzo le versò la solita cioccolata.
“Ma Rosalie?”- avvicinò la tazza alle labbra.
“Sta’ raccogliendo la biancheria stesa”- si volse.
Lo sguardo disgustato di Oscar.
“…avete cambiato qualcosa nel prepararla?”- le labbra contratte, la fronte corrugata.
“Ma no, cara.”- prese il barattolo contenete la polvere di cacao e l’annusò –“ Mi pare sia sempre quella…!”
“Fammi del tè per cortesia!”- ripose la tazza.
La donna si accinse a preparare quanto da lei richiesto un po’ perplessa. Che l’avesse lasciata troppo sul fuoco?
“Buongiorno Madamigella. Quando volete possiamo cominciare!” – anche Rosalie parve entusiasta della cosa.
“Se vuoi intanto andare ad aprire, le chiavi sono nel mobiletto accanto la porta di servizio. Termino la colazione e ti raggiungo”
Spalancò tutte le finestre –“ Accipicchia. …quanta polvere!!”
Tolse tutti quei vecchi lenzuoli che ricoprivano i mobili e diede un’occhiata in giro.
Poco dopo Oscar fece il suo ingresso.
“Che ne dici?”
“Be….allora: bisogna spolverare, pulire i vetri, lavare le tende…”- aprì la credenza –“ lavare tutte le stoviglie..”- si diresse in camera da letto –“ mettere lenzuola pulite…”
“…con calma…con calma….sei peggio di Nanny..!”- 
Indubbiamente c’era veramente molto da fare. Quindi….rimboccarsi le maniche.
“Ma cosa fate? Non vorrete mica mettervi a rassettare voi?”
“Ascolta Rosalie. Qui dovrò viverci io con André. Vorrei metterci anche del mio…”
“Oh…..guarda un po’!”- Beatrice apparve sulla porta –“ Che state facendo?”- posò il cappellino sulla tavola.
“Madamigella ed André verranno ad abitare qui appena sposi”- Rosalie quasi si commosse.
“…e brava la sorella che comincia a fare veramente sul serio!” – le posò una mano sulla spalla –“ Bisogno di un aiutino? “- si fece su le maniche.
“Perché no….tu hai buon gusto e quella giusta attenzione ai particolari….e questo ci servirà “- Oscar sorrise.
Che figura fondamentale quella di Beatrice nella sua vita!
Così  dicendo si misero all’opera partendo dalla camera da letto.

La pioggia su Parigi era incessante e batteva forte sui vetri della camera da letto.
Leah riposava tra le braccia di Alain.
Il respiro lieve, quei ricci rossi sparsi sul cuscino e sul lenzuolo.
Il capo di lui leggermente reclinato, appoggiando su quel mare di capelli.
Diane era alle prese con le faccende. Di lì a poco sarebbe passato Pierre per accompagnarla dalla sarta dove rammendava e ricamava. 
Apparecchiò per la colazione per tutti : caffè bollente, latte, pane e confettura di mele fatta in casa.
Non osò bussare a nessuna delle due stanze. Vista la giornata pensò che entrambi desiderassero rimare più a lungo nel letto.
“Du Mont mi ha prestato il calesse….con questo diluvio “- Pierre la fece accomodare coprendole le gambe.
“Tutto bene ?”- chiese prima di incitare il cavallo a muoversi
“Tutto bene, grazie. Stanno tutti dormendo ancora”
Leah si stiracchiò come un gatto.
Si sollevò su un braccio appoggiando il seno sul petto di Alain.
Infilò le dita tra I suoi capelli –“ C’è ne stiamo a letto tutto il giorno?”
“Perché no!”- le accarezzò le spalle – “Diane non rientra prima di questa sera. Oggi pranza fuori….dove lavora…quindi….”- le fece un sorrisetto malizioso.
Lei arricciò il naso –“ …quindi cosa De Soissons?”
“…quindi…potremmo…”- si volse di scatto girandosi su di lei –“ potremmo starcene qui a fare l’amore tutto il giorno”- le sfiorò le labbra guardandola dritta negli occhi –“ che ne dici?” – sollevò un sopracciglio.
“Dunque non vi è bastato il buongiorno? “- incrociò le braccia dietro il suo collo.
“….credevo fosse un assaggio…!”- le passò la punta della lingua sul labbro superiore.
Quel suo vigore contro le gambe tendersi sempre più. 
“…siete uomo notevolmente dotato…!” – gli sussurrò all’orecchio.
“E’ stato di vostro gradimento?”- 
Socchiuse leggermente gli occhi con fare schizzinoso –“Mhh….non saprei…..forse potrei trovare di meglio”
Volse il viso dalla parte opposta quasi sfidandolo .
“Non credo proprio”- la mano s’infilò sotto le lenzuola.
Leah sentì il turgore della la sua mascolinità insinuarsi fra le sue gambe.
“Allora?”- si fece strada in lei ma stavolta lentamente.
Le mancò il fiato.
“Ma come? Non parlate più? “-  la vide schiudere le labbra alla prima spinta –“ Devo dedurre vi piaccia” – nuovamente –“ Ditemi dunque…”- ancora.
Gli occhi chiusi nell’estasi.
Alain si fermò. 
Lei lo guardò turbata –“ Che fai?”
“Mi piace vederti godere!”- 
Arrossì leggermente –“ Alain…smettila!” – gli batté i pugni sul torace.
“Sei fantastica. Fai la pudica ….ma alla fine ti piace da morire….di la verità? “
Quegli occhi ….
“….sei un vero uomo….non c’è che dire….e….”- si aggrappò ai suoi glutei –“ ….e sai farmi sentire veramente una donna”- lo incitò a continuare.
“….piccola strega”- la baciò con immensa passione.

Ricadde al suo fianco sfinito. La fronte madida di sudore…
I volti stravolti d’amore.
“Vieni qui!”- l’attirò a sé. 
“Alain…pausa, però “- gli disse ansimando.
“…..direi che…..potremmo anche scendere a mangiare !”
“…concordo!…..tu non vuoi farmi arrivare viva a sera”- tentò di sedere sul ciglio del letto.
“Dove vai?”- la fermò. 
“….no Alain, basta…sarei sazia…! – recuperò la camicia.
“Sei sicura?”-
Non fece in tempo a girarsi che le arrivò una cuscinata . 
“Ah …è così? …vuoi la guerra allora!!!”
Afferrò il secondo cuscino - “Tieni….tieni”- picchiando ripetutamente.
Lui rispose ai suoi colpi fino a quando gli scivolò il guanciale e dovette solo difendersi da lei.
“E ora?....sei disarmato ….prendi…..e prendi ancora…”
L’afferrò per la vita e ricaddero sul letto.
“Lasciami…farabutto…lasciami”
Le bloccò le mani al di sopra della testa –“ ….e adesso? Come la mettiamo?”
“Attento…potrei usare le gambe!”
Le bloccò pure quelle col suo peso.
“Or dunque…bella fanciulla….”
Non poté  muoversi. 
Spinse la testa sotto la camicia fino a quando la bocca non fu all’altezza del seno. 
La stuzzicò con la lingua e posandole le labbra si mise a giocherellare con un capezzolo. 
“No, no Alain…ti supplico” – si divincolò ridendo –“ Vieni fuori da lì “.
Lui obbedì e le lasciò  i polsi. 
“Adesso basta!”- lo ammonì amorevolmente mostrandogli un dito –“ Ora andiamo a mangiare”
Rimase a guardarla mentre scendeva dal letto –“ Ma…..sono ancora nei Soldati della Guardia?”-
Balzò giù dalla parte opposta mettendosi sull’attenti – “Ai vostri ordini !”
Lei scoppiò in una risata  -“ Soldato…siete nudo…non vi vergognate a mostrare i gioielli?....e che gioielli!”
Abbassò lo sguardo fra le gambe  –“Amico mio, coraggio! La festa è finita!”
Prese dall’armadio la biancheria per rivestirsi. 
Raccolse i pantaloni a terra e li buttò nella cesta accanto la finestra.
“Prego, Madame! “- le aprì la porta.
“Grazie, soldato!”- nel mentre usciva Alain la sculaccio ‘ amorevolmente.
“ Quanto ben di Dio!”- buttò  gli occhi al cielo.

Poco prima del mezzogiorno Louis Antoine e André  giunsero a Morlaix.
Anche i cavalli erano stanchi del viaggio.
Arrivati in città cercarono una locanda dove poter alloggiare e mangiare un boccone.
“Abbiamo appuntamento con Monsieur Fournier per le 3 di questo pomeriggio. Dovrebbe esporci come avverrà l’acquisto.”
“Perfetto” – André  terminò  il suo pasto –“ Come si svolgerà il tutto?”
“In mattinata dovrebbe arrivare il venditore ed mostrare la partita di preziosi. Il nostro compito è quello di analizzarne le caratteristiche, valutare se trattasi di merce meritevole di contrattazione, pattuire il prezzo d’acquisto e fare in maniera che entrambe le parti ne escano soddisfatte”
“Una curiosità : se questo tale è uno dei più famosi gioiellieri del nord della Francia per quale motivo ha necessità  di persone che ne medino lo scambio?”- André parve turbato.
“Giusta osservazione. Noi avremmo a che fare solo oggi con Fournier. Lui si serve sempre di terzi per queste trattative,  non lo fa mai direttamente…..sinceramente non ne comprendo il motivo. Mi è stato detto che ha sempre lavorato così ”
“Quindi domani a parte il venditore?”-
“”Ci sarà un suo delegato …giusto per visionare pietre e monili e ….naturalmente metterci il denaro”.
Annuì.
“Alla fine comunque il compenso per questo intervento ci verrà dato direttamente da Fournier il giorno dopo”.
“D’accordo”
Dopo il breve pranzo riposero  il piccolo bagaglio nelle camere.
Dalla finestra la vista sulla splendida baia con i suoi pescherecci ed i grandi vascelli per le traversate dirette a Plymouth in Inghilterra e Cork in Irlanda. 
Cork……la cittadina da dove proveniva Leah.
Per un attimo ripensò a quei lunghi capelli ricci e rossi…quella montagna di lentiggini….le dita arricciare i suoi capelli….
Cosa sarebbe accaduto se…se quella sera ….fossero andati fino in fondo? Se non avesse pensato ad Oscar?
Come sarebbe stata ora la sua vita? 
“Che pensieri balordi”- si disse.
No, non aveva dubbi o ripensamenti. 
L’amava…più della sua vita. L’aveva sempre amata…nessuna, nessuna donna avrebbe mai potuto prenderne il posto nella mente, tanto meno nel cuore.
Chissà cosa stava facendo….
La loro casa…presto, si molto presto …
Raggiunse Louis Antoine. 
Il gioielliere li attendeva.


Le camere da letto erano state sistemate.
Rosalie ne socchiuse le porte –“ Madamigella, Beatrice….oggi avete lavorato troppo. Me ne sarei dovuta occupare io”
“Non preoccuparti….come vedi assieme abbiamo semplificato il tutto….andando avanti così potremmo anche terminare se non domani …dopodomani”- Beatrice era al settimo cielo –“ Cosa ne dici?” – rivolgendosi alla sorella.
Oscar appoggiata al muro : uno straccio! 
“Non fa per voi tutto questo”- le sorrise Rosalie.
“Vediamo di rientrare….sei un po’ pallida“- Beatrice le tastò la fronte.
“No…non ho febbre…sono solo affaticata”- 
“Stai seguendo le indicazioni di Thomas?”
“Si…alla lettera. Quindi….direi di rientrare per la cena”
Un giro di chiave e si lasciarono la dependance alle spalle.
Beatrice fece ritorno a casa dai suoi ragazzi.
Oscar toccò ben poco di quanto ci fosse in tavola nonostante alcune tra le sue portate preferite.
“Scusate”- si alzò –“ …sarei molto stanca. Se non vi è di disturbo preferirei ritirarmi”- poi rivolgendosi a Nanny -“Vorrei farmi un bagno caldo”
“Ma certo cara….provvedo subito”
 L’aria tiepida della sera accarezzò  le tende.
Spogliatasi rimase qualche istante davanti allo specchio : non amava particolarmente vedere la propria immagine riflessa. Osservò attentamente quella figura.
Le lunghe gambe, la vita stretta…i seni piccoli, tondi, sodi….L’occhio ricadde su quei due bottoncini…quei due boccioli stranamente più sensibili, morbidi….percepì una strana tensione….
Ebbe la sensazione di essere dimagrita ancora.
“Non è possibile! “- passò le mani sui fianchi –“ eppure mangio….a parte stasera”.
Chiuse gli occhi e le parve di sentire le dita di André scorrere sulla sua pelle.
Una lacrima le attraversò la guancia.
“Ma che fai?”- si disse –“ per cosa stai piangendo?”- asciugò il viso –“ possibile tu sia diventata così lagnosa? “
Sbuffò infilandosi nella vasca. 
Splendida sensazione l’acqua calda dopo una giornata così stancante.
“Cosa starai facendo amore mio? Vorrei tanto averti qui…”
Sorrise ripensando a quella sera….quando lo immaginò entrare nella stanza, spogliarsi ed infilarsi nella vasca con lei. Le era parso così vero…
Fece ricadere la testa su un lato passando una mano lungo una gamba.
Il primo giorno senza di lui volgeva al termine.
Come avrebbe mai fatto ad abituarsi a tutto quello ? 
Beatrice ci era riuscita!
Si, certo ma ….ma lei aveva scoperto l’amore giovanissima…e da allora aveva potuto vivere momenti incredibili con Louis Antoine…..Lei al contrario lo aveva scoperto da poco…
Dio! Quanto tempo buttato alle spine…perché?  perché non si era accorta prima di lui? Una vita trascorsa assieme….André l’amava da sempre, da quando aveva messo piede a palazzo Jarjayes. …perché era dovuta passare per la delusione di Fersen affinché lui trovasse il coraggio di manifestarle quel sentimento represso da sempre? 
“Quanto ti ho fatto soffrire!”- sibilò –“Potrai mai perdonarmi?”- non riuscì a trattenere le lacrime .
Nel contempo provò una sensazione come d’inutilità. Lei abituata ad impartire ordini e di conseguenza ad eseguirne cos’avrebbe potuto fare ora?
André stava costruendo un futuro nuovo per lui…per entrambi…e lei?
Beatrice aveva fatto scelte consapevoli. Aveva deciso di seguire ed adeguarsi agli impegni del marito, buttandosi sulla famiglia….la crescita dei figli…e  offrendo il suo tempo libero al lavoro di Thomas.
Lei invece? Cos’avrebbe fatto?
Si, forse un giorno si sarebbe dedicata indubbiamente anche lei alla crescita degli eredi…se il buon Dio gliene avesse concessi. Ma nel frattempo? Come avrebbe potuto riempire le sue giornate?
Quel desiderio celato infondo al cuore di indossare nuovamente un’uniforme!
Un lunghissimo sospirò. 


L’incontro con Fournier ebbe termine in serata.
Discussero a lungo sull’intero svolgimento della trattativa.
Ad André sembrò così strano trovarsi la, con Louis,  quel gioiellerie,  tutti quei preziosi…
Dopo cena si ritirarono entrambi troppo stanchi e bisognosi di riposarsi prima della fatidica giornata.
Ripose gli abiti sulla poltroncina e si buttò di peso sul letto.
Le braccia incrociate dietro la testa, quella leggera brezza proveniente dalla finestra spalancata. …
Fissò  a lungo il soffitto assalito da mille pensieri.
La giornata a seguire avrebbe segnato quasi sicuramente la sua vita ed anche quella di Oscar.
“Che starai facendo? Avrai deciso finalmente la data?”- 
La immaginò con l’abito nuziale….I fiori. …il Generale che l’accompagnava tutto impettito…madame, Beatrice, Nanny e Rosalie fra le lacrime….Bernard. ..Du Mont come celebrante…sai che risate….Alain sicuramente come testimone….beh…Diane e Pierre…e i ragazzi della Guardia……….Leah?
Perché gli tornava in continuazione in mente?
No, non l’amava! 
Aveva fatto la sua scelta: quella era Oscar, solo e per sempre lei! Nessun’altra avrebbe mai e poi mai potuto prendere il suo posto.
No! MAI! 
Avrebbe tanto desiderato averla accanto….le sue dita affusolate sfiorarlo delicatamente….la sua bocca…e suoi occhi trasparenti….
Era cambiata tanto la sua Oscar…..
Del resto tutto era cambiato…..

“Ehi…che stai cucinando di buono?” - Alain  sollevò  il coperchio intingendo un dito nella pietanza.
“Ma che fai?”- Leah gli diede sulla mano con un cucchiaio –“ Non toccare”-
Le si avvicinò –“Allora dove posso toccare?” - le sussurrò all’orecchio. E stringendola a sé la baciò con passione –“ Non immaginavo che un giorno avrei potuto perdere la testa per una donna”
“Avresti preferito per un uomo?” – 
“Giammai!” - la strinse di più –“ Benedetto il cielo per aver inventato le donne!....ma tu. ..tu sei diversa…”
Lo accarezzò  tra I capelli – “ Fai il cascamorto?”
“Leah…io credo veramente di essermi innamorato di te….”
Gli sorrise teneramente –“ Sono felice di stare con te Alain. …lo dico sinceramente”- la sua bocca gli sfiorò le labbra mordicchiandole.
La porta di aprì e Diane entrò in casa.
“Ops…..buonasera piccioncini. …”- ripose il mantello grondante d’acqua in un angolo.
Pierre diede un giro di chiave –“ Alain…c’è un clima tremendo in città. Non lasciar girare Leah da sola”
“Cos’è successo?”
“Sinceramente non lo so….ma ….beh, se non ti dispiace io resterei qui stasera a costo di dormire a terra.”
Leah si strinse di più ad Alain.
“Pensiamo a chiudere bene porta e finestre…e….permesso accordato “- rivolgendosi a Pierre.
“Potrebbe dormire nella mia camera….”- suggerì Leah –
“Si certo…Noi due ci arrangeremo –“ concluse Alain.
Le due ragazze preparano la tavola poi tutti sedettero per cenare.
“Domani verrò con te. Dobbiamo parlare con Du Mont. Lui sicuramente sarà al corrente di quello che sta succedendo”
“Se solo ci fosse Bernard!” – Pierre incrociò i pugni sotto il mento –“ Sai quando rientra?”
“ Direi con i primi di ottobre. Dovrebbe passare a prendere Rosalie e fare ritorno a Parigi.”
Rimasero a lungo a chiacchierare della situazione di terrore che si stava diffondendo in città.
“A volte credo che abbiano fatto bene ad andarsene da Parigi”- Alain si fece improvvisamente serio.
Guardò a lungo quelle che erano “le sue donne”…Diane e Leah….un unico desiderio: che vivessero nella tranquillità più assoluta….
“Vedremo come si mettono le cose …ma sappiate che sono disposto a portarvi via da qui anche senza una dimora certa”- 
Leah lo accarezzò su una guancia. 
“Ah…quasi dimenticavo”- Diane infilò una mano nella tasca, ne trasse una busta e l’allungò alla ragazza  –  “ Questa è per te…me l’hanno consegnata questa mattina”
Sbalordita.  Chi poteva averle scritto?
Riconobbe subito la calligrafia.

Assorta nei pensieri, un’idea le balenò all’improvviso: il comando militare di Brest.
Rammentò che vi fosse all’interno anche una piccola scuola di addestramento….con chi ne parlò in passato? Forse suo padre…no,  Girodelle! 
Ecco…
C’era da dire che….indubbiamente dipendesse dal comando generale di Parigi e di conseguenza …dai Reali.
Avrebbe potuto presentarsi e chiedere di parlare con il graduato più alto che presenziava la caserma.
Si palesavano diversi ostacoli: innanzitutto il fatto che fosse donna, poi senza un’uniforme, a seguire pronunciando il suo nome cosa sarebbe potuto accadere? 
Non voleva assolutamente l’intervento del Generale.
Usci velocemente dalla vasca gocciolando sul pavimento, dimenticandosi completamente del telo ripiegato sulla poltroncina. Spalancò le ante dell’armadio.
Si…le sue uniformi erano lì. …compresa quella dei Soldati della Guardia. Nanny era stata così premurosa da ripulirle e portarle via da palazzo Jarjayes.
Un briciolo di nostalgia afferrando una manica dell’ultima indossata.
Era quella alla quale teneva di più.
Tante le difficoltà iniziali….ma ne era uscito un gruppo straordinario. ..e poi….in quel periodo aveva scoperto l’amore, quello vero, con la A maiuscola….il suo André. 


Leah osservò attentamente la busta sporca e spiegazzata.
L’apri. ..e lesse.
Dopo poche righe si alzò da tavola allontanandosi con lo sguardo triste.
“Forse qualcosa di grave?” – Diane volse lo sguardo verso Alain.
La videro salire le scale di corsa poco dopo.
Lui in silenzio la raggiunse. 
Entrando, lei immobile di fronte alla finestra…la lettera sul letto.
“Vuoi parlarne?”- infilò le mani in tasca appoggiandosi con la schiena al muro.
“Mia madre vuole che torni a Cork. Non faranno più rientro a Parigi. Devono seguire mio fratello…”
Ad Alain si gelò il sangue nelle vene.


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Capitolo 29
*** L' AMORE SOFFERTO ***


Quando Louis scese per fare colazione André era sveglio da molto.
“Sei mattiniero!”
“A dire la verità ho faticato a riposare…”
“Nervoso? “
Sospirò –“ Abbastanza…fossero cavalli sarebbe diverso”
“Tranquillo…lavoreremo assieme….non sarai da solo!”- lo rassicurò.
Annuì.
“Già mangiato qualcosa?”
“No…volevo aspettarti”
Consumata la colazione uscirono dalla locanda e ripresi i cavalli si diressero alla gioielleria di Fournier.
Il suo collaboratore li stava attendendo.
“Mi chiamo Nicolas Aubert, benvenuti. Vi prego. …accomodatevi. Il venditore sarà qui a breve”
André rimase stupefatto dal salottino d’ attesa. 
Le pareti interamente ricoperte da splendi e antichi arazzi, vasi provenienti da paesi orientali, una credenza con vetrina contenente preziose ceramiche e monili in finissima filigrana di Cordoba, un lampadario in vetro soffiato di Murano, le tende bordate di pizzi fiorentini…il mondo in una stanza!
“Che posto eh?”- anche Louis ne fu affascinato.
“Solo quest’ambiente vale un vero e proprio patrimonio!” 
Attesero qualche minuto quando finalmente Aubert fece il suo ingresso nel salottino con il venditore accompagnato da un tale , forse un suo assistente.
“Vi saluto. Sono Dominic Lemaire e questo è il mio socio Monsieur Rene Picard.”
Strette di mano, sorrisi poi - “Signori, benvenuti. Prima di cominciare gradite qualcosa da bere? “- Nicolas attese qualche secondo –“ Bene, direi che possiamo cominciare”
Lemaire appoggiò due sacchette nere sul tavolo e dopo averne sciolto i lacci ne rovesciò lentamente il contenuto. Sul tavolo opposto Picard distese delicatamente su un panno rosso diversi gioielli in oro.
Louis iniziò a visionare questi ultimi mentre André si occupò delle pietre .
Man mano che i monili passavano il controllo Antoine li metteva da parte.
Più complesso risultò il lavoro per André. 
Osservò, mise in controluce , girò e rigirò quei piccoli preziosi diverse volte poi alzò lo sguardo fissando il venditore.

Alain non fece altro che pensare a quanto successo la sera precedente.
Leah gli aveva chiesto di poter rimanere sola.
Quella lettera…quella dannata lettera lo tormentò fino la mattina senza permettergli di chiudere occhio.
Leah si coricò  accanto a lui solo a notte fonda.
Fingendo di dormire la vide entrare nella camera, spogliarsi ed infilarsi sotto le lenzuola rannicchiandosi quasi sul ciglio del letto. Ne respirò il profumo e la tentazione di allungare una mano fu veramente tanta. Ma non lo fece.
Non capì esattamente il perché. ..eppure non mosse un dito tanto meno azzardò ad una sola parola. 
La sentì singhiozzare in silenzio. Dio, quanto avrebbe desiderato abbracciarla, stringerla forte a sé, dirle che l’amava….l’amava all’inverosimile.
Si volse nel letto e si trovò di fronte il suo viso. Quegli occhi smeraldo lo fissarono a lungo.
Fuori non aveva ancora smesso di piovere.
Lei allungò la mano lo sfiorò con infinita dolcezza su una guancia.
Alain sentì il cuore pulsargli nel petto quasi a voler esplodere.
“Ti amo”- sussurrò –“ ….non voglio perderti. Sei la persona più importante della mia vita….tu mi hai ridato il sorriso…”
Le afferrò la mano stringendola e ricoprendola di baci.
“….se andrò via da Parigi. ..sarà’ solo con te”- gli disse con le lacrime agli occhi e allungandosi cercò le sue labbra.
Calda, morbida ….la bocca di Leah era un paradiso. 
Le posò una mano sul fondoschiena attirandola a sé.
“Ti voglio …..ora”- gli bisbigliò.
Non ci fu altro da aggiungere. Quel corpo esile, sinuoso, invitante…
E questa volta fu diverso…l’amò come mai aveva fatto.
Non fu solo una questione di possedere una donna…questa volta no….questa volta fu il vero amore che un uomo prova per la sua donna…il trasporto, la tenerezza…la fusione di due anime…
Baci, carezze, sussurri….due corpi in un’unica essenza.
Leah pianse fissandolo in quegli occhi lucidi, spalancati a cogliere ogni suo gemito fino a quando si trovarono a giacere abbracciati non svuotati ma pieni d’amore l’uno per l’altra.
“Dove vai?”
Alain si alzò a guardare fuori – “Il tempo rispecchia la situazione attuale a Parigi”.
Prese la coperta e la distese sul letto –“ Sembra che l’estate sia al termine”- si coricò nuovamente.
Scivolò fra le gambe di lui, il ventre contro il suo….poggiando sui gomiti a giocherellare con quei capelli corvini.
“Non dovresti andare con Pierre da Du Mont?”
“Ah…caspita….e ’ vero! – fece per alzarsi –“ ….potremmo sempre continuare questa sera se sei d’accordo”
“Dai….”- scese dal letto –“ so che Diane oggi è a casa. Vorrei darle una mano in cucina”
Alain indossò pantaloni e camicia. Passò  velocemente la mani nel catino sciacquando poi il viso.
Sua sorella intenta a tagliare il pane, mentre la colazione primeggiava sulla tavola.
“Buongiorno”- la baciò sulla fronte.
“Alain. ..Sono tanto felice per te….. Avevi bisogno di una ragazza come Leah.”
“Già! “- mormorò riempiendo la tazza di caffè. 

In breve raggiunse Brest.
Non volle dire a nessuno di quella meta mattutina. Si limitò ad un “Faccio un giretto …per cortesia Rosalie puoi proseguire tu con i lavori alla dependance?”
Entrando in città imponente di fronte a lei il castello costeggiato dal porto interno brulicante di pescherecci e velieri.  Ne rimase affascinata.
Carrozze e calessi lungo le strade, venditori ambulanti …
Le sembrò  tutto così  lontano e distaccato da ciò  che stava accadendo a Parigi, un mondo quasi a parte.
Chissà se la collocazione della scuola militare  fosse esterna o parte integrante della fortezza.
Immersa nei pensieri accompagnando a mano Cesar svoltò un angolo e ..
“Perdonatemi….ero sovrappensiero”- pose le mani in avanti scontrandosi con una figura maschile. 
“…..no, scusate voi…che distratto… “-
Oscar alzò gli occhi….no, non poteva essere. Le parve inizialmente di conoscere quella voce…
“Siete veramente voi?”- incredula.
L’uomo la squadrò ripetutamente quasi scioccato nel vedersela davanti .
“Madamigella Oscar…siete voi?!!”
“Victor …ma cosa ci fate a Brest? …non posso crederci….che gioia rivedervi”
“Sono stupito e felice quanto voi “- le tese la mano per salutarla.
“Qual buon vento vi porta  Brest?”
“Non potevo più sopportare di vedere mia sorella vivere quotidianamente nel terrore per la situazione a Parigi. Ho chiesto di essere trasferito subito dopo i disordini alla Bastiglia. Ma voi…piuttosto? Gradirei tanto fare due chiacchiere. Che ne dite di venire al presidio militare?”
“….oh….si certo, vi ringrazio”- ed entusiasta pensò –“ Destino o fortuna?”
 Girodelle  fece accomodare Oscar e fece portare da bere.
“Quindi ora siete comandante qui?”- si guardò attorno.
“Si….questo presidio militare non dipende proprio da Parigi. All’interno c’è una scuola di addestramento…”
“Vivete definitivamente qui allora…”
“Si…la vita è decisamente più tranquilla…ma ditemi di voi”
“Ci siamo trasferiti tutti a Le Conquett. Palazzo Jarjayes è stato venduto”
“State scherzando?”- allibito.
“Purtroppo no. Comunque devo ammettere come voi che vivere in Bretagna è tutta un’altra storia.”
“….gli scontri a Parigi sono stati spaventosi. Troppi morti…il popolo inferocito non ha risparmiato niente e nessuno…”
"Non mi pare che le truppe assiepate attorno alla città abbiano fatto di meglio…io là c’ero.…i morti, i feriti, la gente che urlava….ho rischiato di perdere André! “
La fissò in silenzio.
Dunque non aveva smesso di amarlo.
“Posso garantirvi di non essermi assolutamente pentita delle scelte fatte. Anzi…l’essermi unità ai rivoltosi mi ha fatto comprendere a pieno i loro ideali. Ingiuste le condizioni di vita nelle quali versa ancora il popolo. Troppe le mancanze e gli errori politici commessi da parte dei Reali e del loro entourage…”
“Non state forse dimenticando di appartenere alla famiglia Jarjayes ?”
“…ho rinunciato al mio nome ancora prima di essere con la folla sotto la Bastiglia!”- lo interruppe bruscamente.
Era sempre lei, non era cambiata nonostante tutto….sempre bellissima, fiera, orgogliosa.
“Pertanto….come dovrei chiamarvi ora?” – rise cercando di stemperare quel filo di tensione insinuatosi nella loro conversazione.
“Oscar Francois Grandier!” – pronunciò calcando sulle parole.
Di fronte a quel nome Victor sgranò gli occhi.
Poi abbassando il viso non poté che sorridere e compiacersi con lei –“ Siete dunque convolata a nozze! Sono felice per voi!”
“Non ancora …”- sorseggiò  lentamente dal calice –“ ..presto…entro l’autunno. ..”
Ripensò a quel giorno quando andò a chiedere la sua mano al Generale.
“In tanti anni che vi conosco riuscite ancora a stupirmi “
Oscar accennò ad un lieve sorriso.
“Nostalgia dell’uniforme?”- azzardò. 
Spinse lo sguardo oltre i vetri della finestra posta al suo fianco –“ Volete la verità? “
“Dovreste mentire?  Siete troppo leale per farlo….poi manchereste di sincerità con voi stessa …”
“…si, un po’ … è per questo che sono venuta a Brest questa mattina”
“Posso fare qualcosa per voi?”
I suoi occhi tornarono su di lui –“ Credo proprio di si!”


“Signore…siete certo di quanto state mettendo in vendita?”
André , lo sguardo accigliato, fissò Lemaire esterrefatto.
“Cosa vorreste dire?”- apparve alquanto stizzito.
“…non so se le pietre siano vostre o le abbiate acquistate in precedenza ma…..più della metà non sono altro che insignificanti pezzi di vetro!”
“Vorreste forse insinuare che siano false?”
“Lo sono”
“Non permetto di darmi dell’imbroglione!”- l’uomo scattò in piedi.
“André. ..ne sei certo?”- Louis ne afferrò una e l’analizzò con la lente. Ne afferrò subito un’altra. .ed un’altra ancora.
“Mi auguro sia un errore!”
“Signori…..vi prego, vediamo di mantenere la calma!”- li interruppe Aubert.
“Ciò che vi posso dire è che trattasi di fondi di bottiglia abilmente sfaccettati e lavorati…ma soprattutto lucidati. ..”
“Signori  devo forse credere che pensaste di farla franca mescolandoli con pietre vere e presentando assieme monili in oro?”
Trovandosi in evidente difficoltà Picard intervenne –“ Dannazione….siamo stati truffati!!”
André non fiatò, ma comprese chiaramente che stessero mentendo.
“Vi garantiamo di aver proposto tale affare in buona fede!”
Vedendoli alle strette, pur di concludere velocemente il tutto, Aubert optò per un acquisto parziale e sottovalutato.
“Nell’ipotetico caso non siate d’accordo vi verrà comunque commisurata una penale per la trattativa andata a monte, il disturbo arrecato ai signori che si sono prestati per la valutazione della merce e l’organizzazione alle spalle.
Rimase incredibilmente colpito dalla pacatezza con cui Aubert portò  a conclusione il tutto.
I due sufficientemente bastonati accettarono lo scambio e con fare mesto lasciarono la gioielleria.
“Signori, vi ringrazio a nome di Monsieur Fournier. Vi chiedo gentilmente di fare ritorno domani in mattinata. Vi consegnerà personalmente il compenso.”

Pierre ed Alain fecero il loro ingresso nella chiesa di Saint Etienne.
Du Mont intento a distribuire qualche pezzo di pane ad alcuni bambini del quartiere non si accorse di loro.
“Salve curato”- Pierre richiamò la sua attenzione.
“Oh…il ritorno delle pecorelle smarrite”- salutò l’ultimo ragazzino e si rivolse a loro.
“Bell’amico siete”-  ad Alain –“ Dopo la serata da Du Bois non vi siete più fatto vedere”
“Sono stato impegnato…”- cercò  di giustificarsi.
“Ah….il vino e le donne vi porteranno all’inferno! “
“Siate buono….sto cercando di accasarmi”
“Che il cielo mi fulmini! Chi è  mai quella santa donna che ha accettato di donare il proprio cuore ad un animale come voi?”
“….forse avete ragione sulla santa!” – sghignazzò .
“Venite di là. …non mi piace parlare senza del vino”
“Poi date del dannato a me?”
“….Tacete,  io posso…”
Fece loro strada nella piccola canonica e mise sul tavolo bicchieri ed una bottiglia.
“Allora …che si dice?”
“Da quando Bernard è partito non mi sono più recato tanto spesso al giornale, soprattutto in questi ultimi giorni”- 
“Vi sarete accorti che clima teso c’è in città. …più di prima. La gente continua a versare in condizioni di miseria spaventosa e a morire di fame…poco è cambiato se non in peggio! Ma una cosa è certa: Robespierre con i suoi scagnozzi sta’ portando la Francia definitivamente nel baratro. Novità?  Si, che qualche giorno fa’’ è stata approvata la Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino. …in pratica una vera e propria condanna della monarchia”
“Du Monte che altro?”- Pierre insistette.
“Ho avuto occasione di rivedere Marat….lo ricordate?”
“Si…certo….cosa vi ha raccontato?”- Alain vuotò il bicchiere.
“Si parla di cospirazioni e complotti”
“In che senso?” – incalzò  versando nuovamente del vino.
“I ministri sarebbero stanchi di vedere un sovrano che non fa altro che andare a caccia dalla mattina alla sera fino allo svenimento per poi ritirarsi velocemente per non incappare nelle loro domande troppo pressanti. Mi ha confidato che qualcuno avesse persino escogitato di rapire i reali e costringere poi Luigi XVI a sciogliere l’Assemblea e con le poche truppe rimaste a lui fedeli di ristabilire l’ordine precedente”
“Pazzesco….”- Pierre allibito rimase a bocca aperta.
“Non è  tutto….qualcuno dice che il Re voglia convocare il reggimento delle Fiandre a Versailles!!”
“Significherebbe alimentare nuovi tumulti….possibile che non riescano a comprendere la gravità della situazione?”- Alain scosse ripetutamente la testa.
“Ragazzi….qui la Rivoluzione è solo alle fasi iniziali….credetemi! “- Pierre apparve seriamente preoccupato.


“Sono sincero….non mi aspettavo una richiesta del genere”- fissò a lungo allibito quegli occhi celesti .
“Sapete bene che non sono solita domandare favori ad alcuno. …”
“…posso immaginare la vostra richiesta”- la precedette. 
“Non tanto quale militare all’interno del presidio…sarebbe sufficiente nell’ambito della scuola di formazione. ..”
“A mio parere la vostra presenza qui potrebbe condurre ad un incremento della notorietà di questa piccola accademia o al completo tracollo…alla chiusura …per via del vostro nome”- aggrottò la fronte sprofondato in pensieri cupi.
Il discorso di Girodelle non faceva una piega.
“….tuttavia….non dipendenti più da Parigi….si potrebbe anche rischiare…”
Le si illuminò lo sguardo.
“Oscar, non potete nemmeno lontanamente immaginare quanto amore provi ancora per voi!” – pensò nella sua mente –“ Sarei pronto a qualsiasi rischio pur di assecondarvi e farvi felice!”
Quanto l’aveva desiderata e quanto ancora la desiderava.
Quella fiamma affievolitasi dopo quell’ultimo incontro a Palazzo Jarjayes aveva improvvisamente ripreso vigore.
“Vedrò di intervenire positivamente in vostro favore. Vi farò sapere quanto prima”- il tono gentile ed elegante.
“Non posso far altro che ringraziarvi fin da ora che la risposta risulti positiva o meno”- alzatasi allungò la mano per salutarlo.
L’accompagnò all’esterno e la vide allontanarsi come un’amazzone sul suo destriero.
“Cosa mai potrei fare perché possiate ricambiare i sentimenti che nutro per voi…questa gioia intrisa di sofferenza per avervi rivista…il vostro splendido sorriso, i vostri occhi ….Solo il cielo sa quante notti ho trascorso a pensarci. …con così tanta intensità da avere quasi la percezione che mi foste accanto …per poi tornare alla cruda e triste realtà del nulla fra le mie braccia….Vi amo Oscar. …non ho mai smesso un solo minuto di desiderarvi. …Convolerete presto a nozze …perché?  Perché proprio con il vostro attendente Rispetto André. …ma ritengo non sia assolutamente l’uomo adatto per voi”- la seguì con lo sguardo fino quando non fu altro che un puntino sfumato in lontananza. 
“Non mi resta molto tempo per convincerci a cambiare idea….ma farò il possibile per impedire che facciate questo terribile errore” – poi rivolse un pensiero ad André –“ Non ce l’ho con voi…..ma perdonatemi!!”


Avventurandosi nel centro della cittadina, nell’attesa di pranzare raggiunsero un piazzale piuttosto animato.
“Esposizione di bestiame ?”- Louis si guardò attorno.
“Direi cavalli…!”
Contadini, uomini distintamente vestiti, donne, bambini ….vendita di ogni sorta di articolo inerente.
“Che meraviglia! “ – André ne fu incredibilmente incantato.
Costeggiarono diversi piccoli padiglioni commentando a volte anche animatamente.
“Se dovessi acquistarne uno fra questi. …quale mi consiglieresti?” – lo stuzzicò affascinato dalla profonda  conoscenza del suo “compagno di lavoro”-“ mi piace particolarmente questo” – ne accarezzò  uno.
“No….indubbiamente è molto bello, curato, il mantello è particolarmente lucido….ma non è un purosangue”
“E come fai a dirlo? – Louis rise di gusto.
“..se il venditore è  onesto te lo dirà. ..e proporrà un prezzo basso…altrimenti. ….”
Volle metterlo alla prova – “ Ehilà. ..brav’uomo….quanto chiedete per questo?”
“Signore…personalmente ritengo meritiate di meglio….non è puro…tuttavia se lo desiderate….potrei farvi un gran buon prezzo! “
Si volse verso André –“Sei incredibile!”- gli diede una pacca sulla spalla.
Proseguirono il giro soffermandosi ancora e solo dopo un bel po’ si accorsero di un tale che silenziosamente li seguiva e affiancava in continuazione.

“Leah..”- Diane sfornò il pane. 
Il profumo riempì piacevolmente la stanza.
“…si..”
“Perdonami se te lo chiedo…ma…ami veramente Alain?”
Si volse impietrita di fronte a quella domanda così esplicita.
“Non dovrei essere così sfacciata….ma è mio fratello. Non vorrei vederlo soffrire. ….come in passato!”
Dunque Alain serbava in fondo all’anima il dolore per un amore….
“E’ burbero, irruento,  rozzo…ma ha un gran cuore. Il suo debole? Le donne….”
Lei ascoltò in silenzio.
“Anni fa conobbe una ragazza... perse letteralmente la testa. La ricoprì di regali…spese una fortuna per accontentare ogni suo desiderio o capriccio. Anche lei sembrò innamorata. …ma nella realtà lo prese solo in giro. La trovo una sera in atteggiamento ben oltre un semplice amoreggiare con un altro in una delle taverne che frequentavano entrambi. . 
Fu un vero colpo per lui. Massacrò di botte fino quasi ad uccidere il ragazzo che era …diciamo in suo compagnia”
“..poi cosa successe?”
“Smise di dormire. Beveva e basta. Iniziò a frequentare i bordelli con immensa sofferenza di nostra madre.
Una mattina era talmente cotto che lo cacciarono da dove lavorava.
Fu allora che prese la decisione di arruolarsi nei Soldati della Guardia…”
“Come André. ..” – pensò Leah
“In qualche maniera bisognava che portasse casa una paga.”
Mise il pane caldo in un cestino e lo coprì con un telo.
“Una volta tornò  a casa dicendomi che aveva la sensazione di essersi preso una sbandata pazzesca …..ma tu pensa…..per il suo comandante…..sai, quella che ora è la compagna del suo miglior amico! “- rise.
Leah raggelò.
Non poteva essere. 
Dunque in precedenza aveva perso la testa per lei….si proprio lei….
“Vorrei tanto comprendere cos’abbia da far innamorare tutti gli uomini!”- brontolò nervosamente nei suoi pensieri.
Ma perché  preoccuparsi. 
Alain era perso di lei…poteva dormire sonni tranquilli per questo! 
Si…Alain era suo. Se era riuscita a portarsi via definitivamente André non sarebbe stato cosi con Alain.
Questa volta sarebbe stata pronta a tirar fuori le unghie!!
Tuttavia un briciolo di curiosità si insinuò con un tarlo nella sua mente. Doveva e voleva sapere.
A tutti i costi.

Facendo rientro a casa  il primo pensiero fu quello di dare una sbirciatina alla dependance per vedere l’evolversi dei lavori.
“Rosalie…?!!....ma hai quasi terminato”- incantata da come era decisamente cambiato ogni spazio.
“Madamigella…siete tornata”
“Scusa se ti ho lasciata sola questa mattina…”
“Nessun problema….voi avete fatto bene a svagarvi e riposarvi. Ieri è stato piuttosto pesante per voi ed io ho lavorato al meglio. Ricordate che non siete ancora al massimo delle vostre forze. “
“Prima ultimiamo …”
“Non posso che ringraziarti di cuore per ciò che hai fatto”
“E’ stato un piacere per me poter tendere accogliente il luogo dove vivrete a breve”
Un brivido l’attraversò. 
La loro nuova dimora si poteva considerare pronta.
L’adrenalina nel sangue cominciò a dare quella scarica di agitazione classica di chi è  imminente alle nozze.
E…già. …ma quando?
Sbuffò.
Possibile che le fosse così difficile riuscire a pensare ad una data? Aveva detto entro l’autunno. …quindi?
Cosa la frenava ora? Per quale motivo non si decideva?
Insomma …amava o non amava André? 
Dubbi?

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Capitolo 30
*** OPPORTUNITÀ ***


Pierre ed Alain fecero rientro sotto una pioggia scrosciante.
“Dannazione….ma che diavolo succede? Anche il cielo sente l’aria che tira in città!”- spalancò la porta con tutta la forza in corpo.
“Alain….stai bagnando ovunque!”- 
“Scusa sorellina…”- 
Leah gli andò incontro con un piccolo telo e cominciò ad asciugargli il viso. I capelli scuri appiccicati alla fronte ed alle guance, la camicia fradicia divenuta aderente evidenzio’ quei muscoli torniti ….
La baciò teneramente sulla fronte –“ Ciao bambina!”
Diane allungò una camicia asciutta a Pierre –“Vedete di sistemarvi ….si va a pranzo!”
“Vado a cambiarmi”- Alain salì  in camera e Leah lo seguì. 
“Com’è andata?”
“E’ pazzesco quello che sta succedendo….maledetti nobili….maledetti reali….qui si muore di fame, ci si ammala…di miseria”
“Su..calmati…cosa credi di risolvere alzando la voce ed imprecando ? “
Quei due pezzi di smeraldo accarezzargli lo sguardo.
Tese la mano per avvicinarla a sé -“ Come farei senza di te?”
“Potrebbe essercene un’altra…non credi?- volle provocarlo.
Incrociò il contorno delle sue labbra …così …appena schiuse ….invitanti. …provocanti mentre si mossero nel comporre parole che lui non udì. ..perso in quel desiderio di sfiorarle,  di farle sue …e con loro pure quel corpo che aveva sentito suo, solo suo….
“Leah…..amore mio!”- la strinse baciandola con passione accarezzandola tra i capelli.
Il seno premuto contro di lui lo fece sussultare…
“Che intenzioni hai?”- gli sussurrò all’orecchio.
“I miei sono pensieri talmente peccaminosi da rischiare l’inferno”
“Su…smettila, è ora di pranzo!”- gli allungò una camicia e dei pantaloni asciutti.
Tolse gl’indumenti fradici.
Lo fissò rapita da quel corpo possente. Si avvicinò sfiorandolo. 
Così di spalle rabbrividì a sentire quelle dita scorrere dolcemente sulla sua schiena fino ad arrivare sui fianchi….i glutei…
Senza volgersi le afferrò le mani da dietro e le posò sul suo turgore in piena tensione.
Lei avvampò leggermente  e si lasciò guidare.
Alain abbandonò la testa all’indietro mentre la condusse in quel gioco.
Un movimento ritmico stringendo le sue mani sulla sua mascolinità.
Un  gemito di piacere.
Si girò di scatto deglutendo e avvicinato il viso al suo –“ ….Ora non possiamo….ma stanotte….non mi sfuggirai. ..preparati” – indossò la camicia e dovette attendere qualche minuto per riuscire a fare altrettanto con i pantaloni  per evitare ….visioni compromettenti di fronte alla sorella e Pierre.
Leah rise –“ Vedremo….”- si avviò per scendere le scale.
“Cosa vorresti dire con “vedremo”? ....ehi bambina, non facciamo scherzi…ti ho atteso troppo a lungo …”
“Smettila Alain….forza ….ci aspettano!”
La bloccò per un braccio –“ …non dici sul serio, vero?”
Bastò lo sguardo per rimproverarlo. 
“Su..Leah….- la seguì scendendo –“ …ti prego. ..non dirmi di no!”
“Che succede?”- Diane mise in tavola i piatti con le pietanze.
“Tuo fratello ….e’ terribilmente focoso!!”- sghignazzò.
Alain si portò una mano dietro la testa un po’ imbarazzato  –“….insomma…cosa ci posso fare se ….tu mi istighi!!”
“Ragazzi….buoni….non vogliamo sapere …le vostre ….cose intime”- sedette sorridendo.


“Signori….Vi chiedo infinitamente di perdonarmi…ma sono rimasto decisamente affascinato dalla vostra conoscenza e preparazione in fatto di cavalli!” – l’uomo tolse il cappello portandolo al petto e chinando leggermente il capo in segno di riverenza.
“Permettete….mi chiamo Vincent Mornay, proprietario delle scuderie Mornay. Allevo e fornisco cavalli all’Accademia Equestre di Saumur. Scusate se mi sono permesso di seguirvi …non ho potuto resistere.”
André  e Louis lo fissarono basiti.
“Se non avete impegni vorrei invitarvi a pranzo”
“Vi ringraziamo infinitamente ma…-“ Antoine si sentì in imbarazzo.
“Insisto!” – l’uomo parve deciso.
Si guardarono per qualche istante – “ E sia”- André gli fece strada.
“Avete già  un’idea dove?”
“Non siamo del luogo”- Louis rispose incamminandosi.
Si allontanarono di poco da quel mercato quando Vincent li pregò di accomodarsi in un locale dalle sembianze molto costoso.
Oramai sulla soglia non poterono più tirarsi in dietro.
“Monsieur Mornay, buongiorno”- il proprietario li accompagnò ad un tavolo elegantemente apparecchiato. 
“Una bottiglia del miglior vino e acqua fresca” – ordinò.
“Ho giusto messo da parte qualcosa che apprezzerete molto.!”
“Ottimo. Per il resto lascio fare a voi…sono certo sarete in grado di soddisfare a pieno il palato dei miei ospiti”
“Certo Monsieur Mornay, provvedo immediatamente”
L’ uomo si diresse velocemente verso le cucine.
“Non vi ho lasciato molto spazio….perdonatemi,  ma non si trovano molte persone così preparate come voi…non potevo lasciarmi scappare un’occasione simile”
“Non capisco come potremmo aiutarvi…”- Louis dispose il tovagliolo sulle gambe.
“Vedete….ho perso da poco il mio stretto collaboratore e amico che da anni si occupava del mio allevamento. Un’esperienza che mai in altri ho potuto riscontrare negli anni. Ma…..udendo il vostro collega sono rimasto esterrefatto. Riconoscere un purosangue in quella maniera non mi era mai capitato. Siete straordinario!”- rivolgendosi ad André. 
“Vi ringrazio”- 
“Raccontatemi di voi”
“Ho semplicemente la passione per i cavalli e da una vita lavoro presso una famiglia occupandomi  delle loro stalle…tutto qui”- con umiltà.
Vincet lo fissò a lungo in silenzio. 
Antoine cercò di stemperare la situazione quando :
“Da dove venite?”-
“Le Conquett”- si pulì  gli angoli della bocca.
“Ho l’allevamento a Brest…perché non venite a trovarmi? Potremmo discutere …per qualcosa di molto interessante….”
“…ecco …veramente…”- André non seppe come controbattere.
Louis gli diede un colpetto con la scarpa –“ Perché no?” -  spalancò gli occhi nel fissarlo e volgendosi all’uomo gli fece un leggero sorriso –“ Appena saremo rientrati sono certo troverà il tempo per passare da voi”.

Il viso imbronciato appoggiato su un gomito e con la forchetta nell’altra mano a giocherellare svogliatamente con il cibo nel piatto.
“Non hai appetito?”- le chiese Madame Emilie.
Sbuffò. L’ennesima volta da quanto sedeva a tavola.
“Si può sapere  cosa ti prende?”- posò  il tovagliolo alla sua destra. 
“Le classiche paturnie prematrimoniale femminili!”- sorrise il Generale.
Oscar lo fulminò con lo sguardo ed alzatasi di colpo uscì dalla sala.
“Augustin…..ma ti pare il caso?”- lo bacchettò Emilie.
“Ah ..”- un cenno con la mano per dirle di lasciar perdere.
Fuori sul terrazzo, livida di rabbia per le parole del padre.
Ebbe la sensazione di non riuscire più a sopportare nulla.
Sua madre la raggiunse. Sedette difronte a lei fissandola in silenzio.
Sbuffò  nuovamente - “E’ tutto terribilmente complicato!!”
Staccò lo sguardo dalla figlia per spostarlo verso il mare all’orizzonte. 
“Le tue mensilità sono regolari?”
“Madre….che dite!!!”- avvampò –“ Come vi salta in mente….!”- s’irrigidì stringendo forte i braccioli della sedia.
Spinse gli occhi verso il cielo terso. 
Le rondini a riempire l’aria del loro garrire.
“André  dovrebbe rientrare domani!”- deviò immediatamente il discorso –“ sarebbe bello sorprenderlo con la data fissata e….dicendogli che sei già stata in sartoria per l’abito. Ho visto in paese un piccolo atelier….”
In lontananza Oscar si accorse di Rosalie andare avanti e indietro portando biancheria pulita verso la dependance. 
“Voi….mi accompagnereste?”- titubante.
“Se puoi farti piacere….certo che si…”
“….anche ora volendo?”- decise di accelerare i tempi.
“Potremmo chiedere a Philip di accompagnarci”- volle assecondarla. 
“D’accordo!”

Terminato il pranzo dopo aver accompagnato Diane in sartoria, Pierre proseguì per il giornale. Le notizie di Du Mont non gli bastarono, voleva assolutamente comprendere cosa stesse succedendo effettivamente in città.
Leah si mise a rassettare casa. In serata sarebbe dovuta rientrare da Du Bois.
“Ehi. …bambolina….siamo soli!”- la canzonò Alain ancora seduto a tavola.
“Potresti anche aiutarmi a sistemare un po’ “- ripose le ultime stoviglie asciugate.
“Perché non vieni qui a darmi un bacetto?”
“Dai…piantala. …”
Ma non appena gli passò accanto l’afferrò per una mano facendola sedere sulle sue gambe.
La prese delicatamente per il mento e avvicinò le labbra alle sue –“ Quanto sei bella….”- la stuzzicò con la punta della lingua –“ …questa sera poi rientrando sarai stanca…..vorresti mandarmi in bianco?”
Un bacio veloce per accontentarlo e fece per alzarsi.
“Dove vai…?”- la trattenne sulle gambe.
“Su Alain….non fare i capricci….devo ultimare le faccende e fare il bucato prima di andare al lavoro. Non può  fare sempre e solo tua sorella!”- lo accarezzò tra I capelli.
“Non fare la ghignosa. …ricordati che ogni lasciata è persa…!!!”- e così dicendo infilò una mano sotto il vestito passandogliela per l’intera lunghezza della gamba spingendosi poi oltre la biancheria intima.
Le parole le si smorzarono in gola dentro un mugugno –“ Alain…”
“Siiiii. …”
“…ti prego ….”- 
“Cosa. …”
La sollevò afferrandola con un braccio attorno la vita e facendola sedere a cavalcioni su di lui.
“Mi fai impazzire. ….ti amo Leah….”
Gli mise le braccia attorno il collo –“ Tu hai un problema….”
“Si, sono insaziabile. Ho voglia di te…..in continuazione……”
Lo sfiorò ripetutamente con piccoli baci sulle labbra –“ Se mi sfinisci ora non riuscirò a portare a termine il mio turno stasera….”
“…mh. …” – mugugnò sconsolato –“ Non c’è trippa per gatti allora…!”
La fece scendere rattristato per non aver ottenuto ciò che ambiva.
Sorrise vedendolo come un cane bastonato.
“….se non sarò troppo stanca….mi implorerai di lasciarti stare!”- 
“Oh….finalmente una donna che mi domini tra le lenzuola!”- la sculacciò amorevolmente –“ …allora, in cosa posso aiutarti…per guadagnarmi la ricompensa?”


“Mi auguro di cuore che il pranzo sia stato di vostro gradimento “- Mornay allungò la mano ad André  e a Louis.
“Grazie….Siete stato molto gentile “- entrambi sazi.
“Grandier…vi aspetto allora….ci conto!”- salì a cavallo, un cenno di saluto e si allontanò.
Si soffermarono a guardare quell’uomo che lentamente si mescolò tra la gente.
“Che fantastica giornata!”- Louis si congratulò con André –“ Sei un grande! Ti rendi conto che questo potrebbe veramente dare una svolta alla tua vita…e a quella di Oscar? Non devi assolutamente perdere quest’occasione. Poi poco fuori Brest…sulla strada per La Conquett…è fantastico!!!”
Già….una vera botta di fortuna! Cosa gli avrebbe mai proposto quell’uomo al suo allevamento?
E i cavalli….tutta un’altra storia! 
Chissà la sua Oscar cos’avrebbe detto al suo rientro!
“Che ne dici di tornare alla locanda?”
“Se Fournier ci avesse pagato oggi avremmo potuto tornarcene a casa “- non era abituato a stare lontano da Oscar ….si….tutto ciò era per il loro futuro…era questione solo di abituarsi.


Emilie fece il suo ingresso all’atelier seguita da Oscar.
“Buongiorno Madame…..posso aiutarvi?”
“Vorremmo vedere alcuni i abiti da sposa….”
“Con piacere. ….accomodatevi”
Sedettero in un piccolo salottino, , le poltroncine imbottite e ricamate, cuscini, tende chiare e lunghe alle finestre fino a ripiegare sul pavimento…
Ad Oscar parve quasi di essere in una favola tanto l’ambiente circostante era così lontano dal quotidiano, talmente sontuoso…..
Una bella signora, non più giovane, capelli raccolti tendenti all’argento, occhiali sul naso, molto semplicemente vestita fece il suo ingresso –“ Buongiorno sono madame Clelie.  Siete voi la futura sposa?”- rivolgendosi ad Oscar.
Annuì senza aggiungere altro.
“Potrei sapere la data fissata?”
Emilie volse lo sguardo ad interrogare la figlia .
Lei deglutì  -“….ecco….-“ il cuore pulsare in gola…non le passò assolutamente per la testa che forse glielo avrebbero chiesto.
Tentennò. 
Poi strinse gli occhi ed in un respiro profondo quasi liberatorio pronunciò quasi gridando la prima data che le balenò in testa – “30 settembre!!
“Santo cielo!”- la donna portò le mani alla bocca stupefatto –“ Mia splendida ragazza….siamo alquanto alle strette…poco più di venti giorni….ma avete almeno una vaga idea? Un modello? Uno stile? …vaporoso, lineare…bianco, colorato….pizzo…perle…e per l’acconciatura? “
Improvvisamente non udì più nulla. Vide semplicemente le labbra di Madame Clelie aprirsi e chiudersi ripetutamente, le mani agitarsi nervosamente ..
…un ronzio lungo….continuo…nelle orecchie il pulsare dei battiti….una sensazione come di soffocamento…il muoversi ritmico del seno alla ricerca di aria….quel senso di svenimento che da tempo la tormentata si fece più  irruento.
“…cosa ci faccio qui?...”- si chiese cercando con gli occhi una via di fuga –“ …devo andarmene….subito”- pensò.
Quand’ecco la mano delicata di Emilie posarsi sulla sua.
Volse lo sguardo verso sua madre.
Quel sorriso carezzevole, confortante….rassicurante come sempre….la dolcezza della sua comprensione per il momento non facile per lei, quasi le dicesse –“ Non temere….sono qui….va tutto bene…”
Richiuse gli occhi…doveva placare quella tempesta interiore. 
Non c’era nulla di sbagliato in quello che si accingeva a fare, niente e nessuno la stavano obbligando o spingendo a fare qualcosa che non avesse scelto lei …che non avesse deciso lei…
Lei…solo lei l’aveva chiesto ad André. .quella sera, quando ancora non sapeva che la vita si sarebbe loro spalancata piena di quelle gioie tanto ardite. ..
“Potreste gentilmente alzarvi?”
Come fosse di fronte alla scelta più difficile della sua vita, fece forza sui braccioli, sollevandosi.
“Asciutta e longilinea ….vita stretta….seno giusto….Se siete d’accordo vorrei mostrarvi qualcosa…giusto per avere un’idea dei vostri gusti e di ciò che può starvi bene…Accomodatevi dietro la tenda e spogliatevi nel frattempo”
Tolse la camicia e attese in silenzio.
“Venite pure”- Clelie tornò con un abito.
Imbarazzatissima uscì coprendosi il seno. 
“Sarebbe meglio vi sfiliate anche i pantaloni e le calze”
Lanciò gli occhi al cielo sbuffando e tornando nuovamente dietro la tenda.
Riapparve  accesa di vergogna, così, in pratica quasi nuda.
Indossò il primo abito aiutata dalla donna –“ Fate con calma….infilate prima qui la mano….piano….ecco….abbiate pazienza …..perfetto! Potete guardarvi allo specchio”- ponendole in aggiunta sul capo un velo.
Quell’immagine riflessa di lei …
Non poteva essere …..gli occhi si fecero lucidi
Era lei, era quella donna nascosta da anni in fasce ed uniformi. …quella che non era mai stata…che forse non aveva voluto essere….che aveva anche rifiutato. .
Sentì  il cuore sciogliersi nel petto.
…..ma poi….scoppiò in una fragorosa risata –“ Madre….ma guardatemi ..non sono terribilmente ridicola?”
Madame Clelie inorridì a quelle parole –“ …avete intenzione di sposarvi. ..o credete forse di dover andare ad un ballo in maschera?”
“….mio Dio…”- non riuscì  a fermarsi –“ Vi chiedo umilmente scusa…”- si piegò quasi in due –“ non ce la posso fare “ – fu tutto inutile.
La donna profondamente seccata si rivolse a madame Emilie –“ Non capisco cosa ci sia di così comico!”
“Oscar….ti prego….un po’ di contegno”- la rimproverò sorridendo.
“D’accordo…ma tutto questo non fa decisamente per me”- e così dicendo tolse l’abito.
“Gentilmente …provate a mostrargliene un altro…per cortesia”- cercò di convincere Clelie.
Si allontanò per qualche istante tornando con un nuovo abito.
“Allora? Mi pare che questo sia decisamente più semplice, non trovi?”- comprese la tensione della figlia.
“…madre…non possiamo trovare un’altra soluzione?”
“Se avete delle richieste specifiche possiamo anche realizzarne su misura “- la donna iniziò  a seccarsi sentendosi presa in giro.
Madame Emilie la prese da parte –“ Perdonate la sfrontatezza di mia figlia….ha sempre indossato abiti ben lontani da quanto ci proponete…abbiate pazienza. Fatemi vedere qualcosa con meno pizzo e fronzoli…sono certa che arriveremo ad un compromesso”
La voce suadente della madre chieto’ la collera della donna.
Le mostrò una nuova serie di abiti….fino a quando……si, in mezzo a tanti ne adocchiò uno.
“Questo….vedrete che a mia figlia piacerà “
Lo specchio era lì a riflettere una nuova Oscar.
Clelie le raccolse alla meglio i capelli infilandole alcune roselline di seta –“…ecco”
In evidenza un corpetto di pizzo,  le maniche lunghe di voile con applicazioni floreali. Il resto pulito, lineare, a scendere morbido lungo i fianchi.
Lo sguardo di Oscar cambiò repentinamente. 
Gli occhi le si illuminarono.
Non le parve vero. Eccolo.
Una strana felicità le attraversò l’anima: era questo allora ciò che ogni futura sposa sentiva di fronte alla scelta giusta? Il suo pensiero andò subito ad André : si, anche a lui sarebbe piaciuto.
“….io credo…..credo sia quello giusto!”
Le due donne si guardano finalmente rasserenate da quella decisione.
“….si…questo è il mio abito nuziale”

Louis e André fecero rientro alla locanda piuttosto stanchi della giornata. 
Chiesero di consumare una cena leggera e si ritirarono nelle loro stanze. Il giorno dopo sarebbero tornati da Fournier per ricevere il loro compenso per quella strana vendita. Poi finalmente avrebbero fatto ritorno a Le Conquett.
Ripose la camicia sulla poltroncina, si sciacquò nel catino posto sul comò e dopo essersi asciugato si distese sul letto.
“Che starai facendo amore mio…!” – il suo pensiero andò subito a lei. Due giorni di lontananza gli parvero un’eternità. 
Si volse su un fianco.
Quel letto così piccolo rispetto al suo….e la notte …vuoto, terribilmente vuoto senza di lei.
Non sentirla bussare lievemente, non vederla entrare in punta di piedi,  infilarsi sotto le lenzuola….
Quanto, quanto ancora avrebbe dovuto aspettare perché  diventasse finalmente sua moglie? Solo questo desiderava, null’altro.
Probabilmente la dependance oramai sarebbe stata pronta. 
Un vero peccato che il Generale avesse loro negato di trasferirvici prima del matrimonio.
Una cosa era certa: sapeva!
Sapeva di loro….forse anche Madame….
Ma avevano atteso troppo….quell’amore così tanto sofferto e desiderato. 
“Ti prometto che entro domani sera sarò a casa…dovessi cavalcare tutto il giorno senza sosta!”

“Madamigella….Siete tornate ….qualcuno vi attende in terrazza!”
Chi mai poteva essere…poi a quell’ora…poco prima di cena…
“Vai cara….ci vediamo dopo”
Era affaticata…la giornata era stata intensa.
Si passò una mano sulla fronte e raggiunta la terrazza .
“Victor!”- esterrefatta –“ …ma …come avete fatto a …”
“…a trovare dove vivete?” – la precedette –“ Siete l’unica nuova famiglia arrivata da poco a La Conquett”
“ Be…mi avete veramente stupito…ma evidentemente questo significa forse che siate qui per darmi qualche buona notizia…spero!”
“Appena ve ne siete andata ho colto l’occasione per parlare con il responsabile della scuola….e….”
“….e….?”- sgranò gli occhi –“ …su Victor. ..non fatemi stare sulle spine!”
“Dopo avergli parlato di voi ha accettato immediatamente. Vorrebbe incontrarvi già domani per illustrarvi il programma e presentarvi agli allievi”
“Non potete immaginare che gioia immensa!”- si alzò improvvisamente in piedi e gli strinse calorosamente la mano –“ Grazie, grazie infinite”
Gli parve che il cuore volesse esplodere tanta la felicità nel vederla gioire.
“Per voi farei questo e altro…”- aggiunse.
Ma Oscar forse troppo presa dall’entusiasmo non udì quelle parole.
“Volete fermarvi a cena?”
“Vi ringrazio ma…mia sorella mia aspetta. Magari una di queste sere potreste venire da noi.”
“Sicuramente….”
“Ora è meglio che vada”
“Vi accompagno “
Percorsero in silenzio quel breve tratto di giardino fino allo sterrato.
Il baciamano di Victor non la stupì. 
“Allora vi aspetto. A domattina e vi auguro di trascorrere una notte serena”
Salito a cavallo si allontanò volgendosi più di una volta a cercare il suo sguardo.
“Buona notte….mia amata….da domani potremo finalmente trascorrere più tempo assieme…e chissà che questo non ci avvicini e….vi faccia comprendere. … vi fermi e così possiate ragionare sull’errore che state per compiere”


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Capitolo 31
*** COMPLOTTI ***


L’aria più fresca del solito. 
André terminò di vestirsi velocemente.  Desiderava tornare a casa il prima possibile….e di rivedere lei…
Infilò nella sacca le poche cose portate con lui soffermandosi qualche istante davanti la finestra.
Il cielo privo di quel bel celeste delle giornate estive ed in lontananza nuvole minacciose.
Possibile che l’arrivo dell’autunno fosse così imminente?
Controllò di non aver dimenticato nulla e richiuse la porta della camera alle sue spalle.
Un sospiro – “In serata ti riabbraccerò….!”
Louis lo raggiunse.
Fecero colazione e presi i cavalli si diressero alla gioielleria di Fournier.
“Ho la sensazione che ci prenderemo la pioggia! “- gli occhi rivolti verso l’orizzonte. 
“Credimi. ..non mi importa. …sono disposto a fare tutto il viaggio di rientro sotto l’acqua pur di tornare a Le Conquett”- André impaziente all’inverosimile.
“Ti manca eh?”
“Non puoi immaginare quanto! “
“Certo che …potrebbe essere un problema …se tu cominciassi a viaggiare per lavoro!”
“….ho ancora quell’ipotetica offerta di Mornay da prendere in considerazione…è veramente difficile starle lontano. Non è mai successo in tutti questi anni…”
“Non posso giudicarti.  Il rapporto che ho con Beatrice è completamente diverso. Lei  è abituata. ..fin da quando ci siamo conosciuti. Del resto noi viviamo del mio lavoro!”
Non ebbero il tempo di terminare il discorso che giunsero a destinazione.
Fournier li attendeva fasciato da un ‘incredibile sorriso.
Li fece accomodare.
“Grandier vi sono infinitamente grato” – allungò la mano stringendogliela.
“Non ho fatto niente di particolare “- 
“Scherzate? Forse non vi siete reso conto che da quell’imbroglio mi avete permesso di acquistare le poche pietre preziose ad un valore talmente esiguo…ma il fatto ottimale è  che potrò rivenderle mettendole sul mercato a tre, forse quattro volte di più …”
Stupefatto all’udire quelle parole.
“Avete fatto un ottimo lavoro” – e rivolgendosi a Louis –“ Complimenti per la valutazione dell’oro”
“Figuratevi, è stato un vero piacere aver lavorato per voi”- gli sorrise. 
Fournier posò sul tavolo due sacchette nere a testa –“ Sarei veramente onorato di poter intrattenere nuovi rapporti commerciali con voi”.
“Avremo sicuramente occasione di vederci ancora”- Louis si alzò. 
“Non controllate il denaro?”- li incalzò. 
“Non credo c’è ne sia bisogno “- puntualizzò André stringendogli la mano –“ Grazie…di tutto”
“Grazie a voi. Sarà un immenso piacere fare il vostro nome ai miei conoscenti”- rivolgendosi alla fine a Louis.

Leah aprì gli occhi.
Alain su un fianco. 
Che nottata! 
Al rientro da Du Bois erano state faville. Del resto glielo aveva detto –“ …mi implorerai di lasciarti stare!”.
“….sei un uragano!”- le disse ansimante e sfinito a notte fonda.
Si avvicinò lentamente posandogli delicatamente una mano sulla schiena. 
Era possente il suo uomo. 
Si, lo amava…lo amava veramente. Alain aveva dato una vera scossa alla sua vita, l’aveva completamente stravolta. Non aveva mai incontrato nessuno come lui. Bello, forte, passionale all’inverosimile….
Lo sentì muovere.
Si volse.
“Ciao bambina!” – l’accarezzò tra i capelli –“ ….quanto hai goduto stanotte?!?”- 
Arrossì abbassando lo sguardo.
“Che fai ? Ti vergogni con me? Mi sono piaciute da matti tutte quelle …quelle cosine che mi hai fatto..”- la trasse a sé, il desiderio di sentire ancora quel corpo contro il suo –“ Leah…mi fai morire…..cosa mai hai fatto al mio cuore. …!!?!”
Le labbra morbide, calde posarsi sulle sue…schiudersi. …cercarlo ancora con veemenza…le mani scorrere  verso il basso…portarle davanti…insinuarsi tra le sue gambe ….
“…ehi..ehi….con calma”- quasi a supplicarla. 
“….ah…ora ti tiri indietro tu….che c’è bel maschio eh?  Non reggi più il ritmo?.....mh….”- si spostò fingendo di alzarsi –“ ….ah…i primi sintomi della vecchiaia incalzano”
L’afferrò per un braccio trascinandola nuovamente nel letto –“ ….guarda che stai parlando con Alain de Soissons ….non uno qualsiasi”- e fu su di lei –“….dove eravamo rimasti?”- l’adorava quando lo sfidava o stuzzicava. 
Gli buttò le braccia la collo –“ Vieni qui e baciami!”
Sollevò il lenzuolo fino a coprirli entrambi sopra la testa.
Come bambini si misero a scherzare ridendo per un po’.
“Non vogliamo scendere a fare colazione?...Devo andare anche a fare un lavoretto in città “
“Ed io vorrei aiutare tua sorella”
“Allora…coraggio bambolina!”
Leah raccolse i capelli e allacciò il corpetto.
“Non dà fastidio a Diane che dormiamo assieme?”- 
“No, stai tranquilla. Sono io che non voglio Pierre tra i piedi….guai se la tocca!-“ infilò la cintura nella fibbia. 
“Perché  credi che….? Ma dai! Vuoi che ….mai una volta? “- gli sistemò il collo della camicia.
“…spero….mi auguro di no…ma non ci metterei la mano sul fuoco. Comunque per il momento mi sembra che si sia sempre comportato bene!”
Lo baciò con trasporto –“ Gelosone !”


Oscar arrivò di buon ora alla scuola militare .
Lasciato Cesar nel cortile, fece il suo ingresso nell’ufficio generale.
“Madamigella…siete mattiniera”- Girodelle sfoderò il più gioioso dei sorrisi andandole incontro.
“Dovreste conoscermi, Victor! La puntualità innanzitutto!”- 
“Venite, vi accompagno!”
Percorsero la corte l’uno affianco all’altra.
“Avete riposato bene ?” 
“Abbastanza, grazie. Voi seguite orari particolari?”- chiese guardandosi attorno.
“Normalmente arrivo verso le 8….del resto abito nei pressi del comando. Nonostante questo a pranzo mi fermo qui. Il servizio è discreto….anche se preferisco alla lunga i pasti di casa!”- rise composto sotto i baffi.
“Immagino. Sappiamo bene che in caserma non si è  mai pasteggiato bene!”- assecondò la sua ironia.
Entrarono in un edificio attiguo e percorso un lungo corridoio giungendo in un’ala riservata alle esercitazioni.
“Dall’esterno l’impressione che suscita è completamente differente. Non credevo fosse così ampio”-
Girodelle bussò ad una porta ed entrò. 
“Colonnello Roussel,  vi presento Oscar ….”
“Oscar Francois Grandier”- lo interruppe calcando sul cognome.
L’uomo le ricordò  d’Agoult: stessi baffi, stesso taglio degli occhi, stessa presenza.
“Girodelle mi ha parlato molto bene di voi…e non ho potuto attendere troppo per conoscervi”- ripose la spada nel fodero.
“Siete molto gentile”- 
“Mi ha detto che siete una formidabile spadaccina. ..e che non disdegnate fucile, pistola…”- era decisamente incuriosito.
“In effetti, non ho preferenze. Sono stata cresciuta con un’educazione tipicamente maschile. Le armi non hanno segreti per me! “- orgogliosa e fiera come sempre –“ Nel caso desideriate vedere qualcosa …sono pronta!”
Roussel la scrutò attentamente. 
“Non credo di aver bisogno di alcuna dimostrazione. Conosco bene Girodelle. Non avrei motivo di non credergli!. Bene …..a questo punto non ci resta che iniziare.”
Si avvicinarono tutti e tre ai cadetti.
“Signori….da oggi prenderete lezioni da Madamigella…”
“…Madame…”- puntualizzò.
Victor s’irrigidì. ….come se fosse già  convolata a nozze lo irritò e non poco. Dovette trattenersi per non far trapelare la rabbia –“ Perché? Perché  vi ostinate nel percorrere questa strada? Non avete bisogno di un uomo mediocre al vostro fianco. …un vostro servitore …uno stalliere….Meritate ben altro, Madamigella. Al vostro fianco deve esserci un uomo colto, nobile come voi, raffinato….che conosca le buone regole del galateo e dello stare in società. …che vi tratti come una gemma preziosa…”
Perso in quel fantasticare non si accorse di Oscar che, sguainata la spada, era già alle prese con uno dei migliori cadetti del corso.
Si muoveva veloce la “sua” Oscar, precisa nei tocchi, composta nella postura…
“Oscar…mia amata…i giorni a disposizione sono pochi….ma riuscirò a farvi cambiare idea….ho perso un’occasione tempo indietro….ma non sarà così ora…!”
“Girodelle? Non avete nient’altro da fare che seguire la lezione? Non c’è alcun bisogno della vostra presenza. Mi sembra che Madame Grandier se la cavi egregiamente!”
“Ha perfettamente ragione. Le auguro buon proseguimento “- e si allontanò a malincuore.


Il cielo si fece plumbeo ed il vento si alzò lievemente.
“Ce la prenderemo tutta!”- Louis cavalcava accanto ad André.
“Pazienza. Fortuna che la temperatura non è particolarmente bassa”
“Già. Allora che ne dici?”
“Interessante….ma mi viene difficile pensare che possa essere il futuro adatto per Oscar e per me!” 
“E lei? …quali intenzioni avrebbe?”- lo punzonò. 
“Immagino quella di restare a casa. Dopo sposati vorremmo mettere su subito famiglia. Si dedicherà interamente a questo. Poi avendo la vicinanza del Generale e di Madame potrò stare tranquillo nel caso riuscissi ad inserirmi da Mornay….”- André aveva le idee fin troppo chiare. Ed in cuor suo….la certezza di quel posto nell’allevamento.
“Personalmente dubito che Oscar riesca a stare ferma….dedicarsi solo alla famiglia? Forse non la conosci bene come dici ….”- sghignazzò.
E….lo sapeva bene! Oscar era sempre stata fin troppo attiva. Amava battersi, impartire ordini….sarebbe stata in grado di rimanersene a casa nell’attesa …di prole? Ora poi che nutriva di discreta salute !
Ecco, quello sarebbe stato un argomento forse da affrontare appena rientrato. 
Louis non aveva tutti i torti.
Lui? Lui avrebbe accettato un eventuale suo lavoro? Era abile con le armi….avrebbe potuto impartire lezione a qualche famiglia di un certo rango…..ma quale famiglia!!! Vivevano famiglie nobili o comunque di un ceto elevato a Le Conquett? Non era da molto che si erano trasferiti e pertanto non conoscevano nessuno. Forse. Forse …..qualche lezione ….chissà. …
Le prime gocce lo sorpresero immerso nei pensieri.
“Maledizione!  “- pensò –“Fosse piovuto al nostro arrivo!”
Un vero diluvio tanto che furono costretti a fermarsi appena incrociarono un piccolo fienile abbandonato. 
“Auguriamoci di non dover trascorrere qui la notte”- Louis scrutò le nuvole seriamente preoccupato.
“Ci fermeremo un po’….ma la mia intenzione è quella di proseguire ed essere a casa entro sera”- André tolse la giacca riponendola su delle assi.
Il rumore del tuono scosse le pareti del capanno.


“Madamigella….avete terminato! ?!”- la vide apparire sulla porta come una visione.
“Che incredibile sensazione essere tornata come ai vecchi tempi!”- stanca ma entusiasta della prima giornata. 
“Mi rallegra che vi siate trovata bene”- quanto era bello il suo sorriso.
“Mi hanno riferito di tornare domani”- aggiunse.
“Se vi fa piacere potremmo pranzare fuori dal comando. C’è una piccola locanda qui vicino con ottimi piatti”.
“Vi ringrazio, ma preferirei rientrare a casa”
“Insisto!”- incrociò quegli occhi di un celeste infinito.
“ Grazie Victor ma….questa sera farà rientro André. ..ed  io vorrei  esserci…!”
“Maledizione!” - pensò -“Ci sarete, ve lo prometto!”- accennò  comunque ad un sorriso.
“ Magari domani…o in un’altra occasione…ce ne saranno sicuramente!”- 
Girodelle abbassò gli occhi. 
Oscar se ne accorse –“Sentite, vi prometto di venire a pranzo”- gli sorrise.
“L’avete detto! Non vi tirerete in dietro all’ultimo… mi auguro!”
“Girodelle ..!”- il tono leggermente stizzito.
“Perdonatemi…non volevo irritarvi”- le parve alquanto strano quel sul modo di atteggiarsi. Non era da lei.
“…no Victor,  scusate voi. Ho attraversato un momento molto difficile a livello di salute …e  mi sto rimettendo solo ora”- cercò di giustificarsi.
“Mi dispiace….non ne ero a conoscenza”
“Certo…non potevate saperlo. Comunque ora va decisamente meglio….mi trascinò solo della stanchezza ed un po’ di affaticamento”
“Cercate di riguardarvi. ..se avete bisogno sono a vostra completa disposizione “
“Lo so Victor…so bene che potrei contare su di voi”
Una sensazione stupenda udire quelle parole.
“Oh si …per voi farei di tutto….mia adorata, mia amata Oscar….riuscirò mai a toccarvi il cuore? E’ bastato un solo giorno per riaccendere quella fiamma rimasta assopita nel mio cuore. Vi dimostrerò il mio amore ….giuro che lo farò.”- dentro di sé un tumulto di sentimenti guardandola ferma a fissare la corte interna accogliere la pioggia.
“Non ci voleva proprio!”- appoggiò le mani agli stipiti della porta –“ Sarà un vero problema fare rientro”
“Vi farò accompagnare in carrozza. Potreste lasciare qui il vostro destriero…..riprenderlo domani. ..”
“Non saprei come venire a Brest ”- continuò a fissare il cielo.
“Vi manderò a prendere….non è assolutamente un problema”
Oscar rimase in silenzio ragionando sul da farsi.
Desiderava a tutti i costi rientrare ….André sarebbe potuto tornare a qualsiasi ora quella sera.
“E sia!” – continuando a fissare all’esterno.
Solo allora Victor la notò giocherellare con un anello al dito.
Fu come un pugno allo stomaco. Possibile non se ne fosse accorto prima? 
Cercò di mettere bene a fuoco….
Solo quando lei poggiò la mano sullo schienale della sedia riuscì a vederlo chiaramente.
Una piega all’angolo della bocca –“ Banale!”- nella sua mente –“ Insignificante anello di fidanzamento….come si può far dono alla propria amata di un gioiello talmente ordinario…anonimo. La futura consorte meriterebbe un dono che va ben oltre ad una pietra così scialba!”
Infilò la giacca e volgendosi –“ Io andrei”
Avrebbe voluto trattenerla,  ma forse era meglio procedere senza troppa pressione…
“Vi faccio preparare la carrozza “- uscì  dall’ufficio per una manciata di minuti.
Un improvviso brontolio di stomaco seguito da un forte senso di nausea. 
Si portò una mano a metà della giacca e l’altra davanti la bocca.
“Cosa sta succedendo?....” – Il pensiero improvviso di quanto fosse stata male in precedenza. 
Eppure non tossiva …niente febbre….allora?
“Oscar…è  solo un po’  di stanchezza !”- si disse passando il dorso della mano sulla fronte.
Inspirò profondamente.
“State bene?”- Girodelle rientrato la vide pallida. 
“Si, si….”
“ Vi auguro una buona serata , Oscar”
“Grazie Victor. A domani allora”
Vide la carrozza allontanarsi.
“Potrei parlare nuovamente con il Generale….non posso credere che approvi tutto questo! - 


“Non riusciremo ad arrivare a casa con questa pioggia!”- urlò Louis per farsi sentire.
Alexander lanciato al galoppo.
Le gocce come aghi sul viso quasi a trafiggergli gli occhi nonostante li tenesse socchiusi.
No, non avrebbe potuto stare un’altra notte lontano da lei. Non gli importava di essere già fradicio, dell’aria che riempiendogli la gola provocava un intenso senso di bruciore….
“André. …rallenta o sfiniremo i cavalli!!”-
La immaginò sulla soglia di casa…della dependance….da sposati. ..con quel suo splendido sorriso finalmente ritrovato…con un pargolo tra le braccia.
“Amore mio, presto tutti i nostri sogni si realizzeranno”- mormorò –“ Vai Alexander, vai”- lo incitò agitando le briglie.

“Tornerò a prendervi domattina!”- le disse l’uomo alla guida della carrozza.
Lei annuì. 
Rientrò velocemente. 
“Oscar….bentornata!”- Madame Emilie la incrociò lungo le scale – “Abbiamo l’onore di averti a cena e…di essere messi a conoscenza …dei tuoi intrallazzi?”- sorrise maliziosamente.
“Madre…”- non li aveva informati di nulla….certo ma non avrebbe potuto senza delle certezze –“ Mi cambio e sarò con voi!”
Quando scese l’attendevano già nella sala da pranzo. 
“Scusate il ritardo”- sedette subito dopo il Generale e Madame.
“Non hai forse qualcosa da riferirci? “- la interrogò Augustin.
“Dovevo attendere i risvolti….ma ora posso informarvi di essere stata in un certo senso arruolata alla Scuola Militare di Brest alla sezione addestramento”
Suo padre sgranò  gli occhi –“ Come sarebbe a dire?”
“Ricordate Girodelle? Ha chiesto il trasferimento. Ora si trova al Comando militare di Brest. E’ stato un puro caso l’averlo incontrato “- fissò dritto negli occhi Augustin –“ Padre…ho trascorso una vita dentro un’uniforme….non pretendo di indossarne una nuovamente…farei un torto ad André. …non potrei mai…ma…”
“Non devi giustificarti. …”- il tono amorevole di un genitore –“ Se può renderti felice non ho assolutamente nulla in contrario…e poi questa decisione deve accordarsi con ciò che può pensare il tuo futuro consorte”
Abbassò leggermente lo sguardo –“ Vi ringrazio …di cuore!”
Madame Emilie strinse la mano alla figlia.
“…Girodelle….certo, ora rammento….venne a domandare la tua mano…”- Augustin  sorseggiò del vino.
Oscar s’irrigidì leggermente.
“Hai fatto bene a non volerlo sposare…..André è tutta un’altra cosa. Certo…non è un nobile….ma ha un ottimo carattere, sani principi,  sempre composto…..credo che un suocero non possa pretendere di meglio.  E soprattutto sa tener testa ad una come te !”- rivolgendosi alla figlia.
“Padre…..”- tentennò per un momento –“ …ricordate quando vi dissi di aver rinunciato al mio nome?”
Il Generale si fece cupo all’improvviso.
“Vi prego….non mi avete condannato allora…..non fatelo adesso. Io…mi sono presentata quale Oscar Francois Grandier…..questo desidero che sia il mio nome d’ora in avanti!”
Che cosa poteva dirle? Sapeva bene che non era un rinnegare le sue origini, la sua famiglia….dopo quel 14 luglio la sua vita era profondamente cambiata , aveva rischiato grosso lasciando i Soldati della Guardia ed unendosi alle file dei rivoltosi. L’avrebbero ancora potuta arrestare per insubordinazione ed accusare di alto tradimento nei confronti della corona. Il fatto che non si fossero mai presentati dei gendarmi alla porta era da considerarsi solo un questione di pura fortuna….o di benevolenza dei Reali nei suoi confronti. 
A malincuore ma consapevole delle motivazioni, con gli occhi lucidi la fissò in quell’ incredibile sguardo pieno di fierezza –“ Madame Grandier!”
Accennò ad un sorriso. 
Tutto era chiaro.
Augustin sollevò il calice –“ A mia figlia!”
Nanny fece il suo ingresso in sala –“ Scusate volevo semplicemente avvisare che è appena rientrato André “
Oscar balzò in piedi facendo scivolare la sedia alle sue spalle a terra –“ André. ..André! “- 
Raggiunse l’entrata. 
Fermo sulla porta completamente fradicio, Oscar gli buttò le braccia al collo.
“Amore…sei tornato”- cercò la sua bocca per rubargli subito un bacio.
“Sono completamente bagnato….”
Gli passò le mani trai capelli appiccicati alla testa e guardandolo in quei due splendidi pezzi di giada sentì le lacrime solcarle il viso.
“Perché  piangi? Ora sono qui!” – la rincuorò
“Bentornato!”- Madame Emilie ed il Generale gli andarono incontro.
“Vi ringrazio ”- cingendo per un fianco la sua futura moglie.
“Credo abbiate molto da raccontarvi “- Augustin prese sottobraccio la moglie –“ Mi auguro tu ci possa aggiornare sul viaggio domani” 
“Si certo…..”- la stanchezza per il viaggio cominciò a farsi sentire.
Allontanati lasciarono i due giovani da soli.


L’intenso odore di tabacco aleggiava in tutta la stanza.
Tossì ripetutamente.
“Dovreste smettere di fumare. ….” – pochi passi entrando nel salottino. 
Non si volse. Riempì nuovamente il bicchiere e ne trangugiò il contenuto in un unico sorso.
“Che siate maledetto! …voi e tutta la vostra razza di bastardi impostori….”
Un sorriso maligno nascosto sotto il cappuccio.
“Sapete….il vostro problema è ‘ l’impazienza”- il tono come sempre pacato, i modi sempre e comunque composti.
“Andate al diavolo…..uscite, non vi voglio più tra i piedi! Mi date allo stomaco”
“Le vostre reazioni sono comprensibili…..ma ….se foste più sereno tutto sarebbe molto più semplice e avreste la giusta lucidità per cominciare ….”
Si volse di scatto all’indietro lanciandogli il bicchiere –“ …che possiate morire all’istante!”
Scansatosi appena per evitarlo si avvicinò di poco –“ Smettetela di consumarvi nell’alcool e nel tabacco ….la vendetta non va pianificata con pensieri annebbiati o confusi”
Aggrottò la fronte. L’ennesimo colpo di tosse.
“Che cosa volete? Non vi darò una sola moneta d’oro in più. ….Siete un farabutto schifoso…cosa mi avete dato finora?  Un pugno di stupide, insignificanti informazioni.”
Si sfregò energicamente le mani –“ Io credo che i tempi siano maturi!”
Cercò il suo sguardo sotto quel mantello senza riuscirne a scorgere nemmeno un accenno.
“Se tramate nell’ombra quanto me per quale motivo continuate a nascondervi razza di vipera che non siete altro!”
“Pensate che con tutte le insolenze che mi avete rivolto potrei tranquillamente essere io a mandarvi al diavolo”
“Con quello che vi pago non credo proprio!!!”- quasi lo minacciò. 
“Vi illudete di essere l’unico….”- rise con moderazione
Il silenzio calò improvvisamente tra di loro.
“Cosa intendevate con quel ‘ i tempi sono maturi’?”- 
“Dipende dalle intenzioni che avete…..io avrei da darvi un suggerimento “- per la prima volta si avvicinò piegandosi su di lui e bisbigliandogli all’orecchio.
Gli angoli della bocca si curvarono improvvisamente in un sorriso di compiacimento fino ad esplodere in una fragorosissima risata.
“Voi siete un pazzo demone!!!  …come fanno a venirvi in mente certe idee….” – versò l’ennesimo sorso di cognac –“ Se  doveste riuscire nel piano giuro sulla mia vita che vi darò due volte il prezzo pattuito”
“Fate attenzione….potrei prendervi in parola”
“Siete dannatamente perfido…quasi diabolico….state iniziando a piacermi….immagino che abbiate pensato bene a tutto ….”
“….un passo alla volta….procediamo  un passo alla volta ….”
Afferrò una sacchetta dalla tasca della giacca e gliele mise in una mano –“ …quello che dovete fare…fatelo quanto prima ….e al meglio...”
L’uomo si sfregò per l’ennesima volta la mani –“ …non avete motivo di dubitare…”


Il capo riverso all’indietro appoggiato al bordo della vasca.
Che bella sensazione essere a casa finalmente.
Nanny ebbe la brillante idea di far accendere da Philip i camini nelle stanze.
Socchiuse leggermente gli occhi quando si accorse di lei…entrata di soppiatto.
La chiave girare nella serratura.
Sedette per vederla meglio.
La luce fioca del candelabro.
Udì gli abiti frusciare nel silenzio…poi quello splendido corpo avanzare nella penombra.
André deglutì.
Oscar avvicinatasi infilò nell’acqua prima un piede. ..poi l’altro ….sedette a cavalcioni su di lui.
Con una mano vagò alla ricerca della spugna….afferratala cominciò a farla scorrere delicatamente sul suo torace ….
Si sporse in avanti cercando la sua bocca…lei si fece indietro con la schiena..
“Dove scappi….”- tentò di tirarla a sé ma lei con un sorriso malizioso indietreggiò nuovamente.
Ripose la spugna …..gli prese le mani e se le posò sul seno.
“…che intenzioni avete Comandante?”- la fissò in quegli occhi celesti.
Chinatasi verso di lui gli avvicinò la bocca all’orecchio –“ Voi Grandier che ne dite? ….rammentate quella sera….la situazione era opposta…..perché nei miei pensieri siete entrato nella vasca? Che cosa cercavate? “
La mano affondò nell’acqua.
André ebbe un sussulto sentendola scorrere sul suo vigore…
“Mhh…niente male”- mormorò.
Sollevarsi appena. ..e poi accomodarsi nuovamente su di lui….un brivido.
Un gemito.
Le mani sui suoi fianchi mentre il suo bacino si mosse lento sopra….
“Oscar….”
Incrociò il suo sguardo.
“Che intenzioni hai?”- sibilò. 
Non rispose. Sorrise solo.
Riuscì in una qualche maniera a sollevarsi ed uscire dalla vasca.
Lei rimasta nell’acqua si volse a guardarlo con un che di sconcerto e delusione.


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Capitolo 32
*** OSSESSIONE D'AMORE ***


Oscar abbassò lo sguardo.
Due giorni, solo due giorni erano bastati per allontanarlo da lei?
Si rannicchiò nella vasca stringendo a sé le gambe.
Gli occhi lucidi e gonfi.
Si fece forza . Appoggiò le mani sui bordi e si sollevò. 
Coprì il seno con le braccia e si volse per cercare il telo.
Alzò lo sguardo.
André l’avvolse stringendola.
Si girò di scatto.
Sentì  le lacrime solcarle il viso –“ André. …dimmi che mi ami ancora….”
“Ma cosa stai dicendo?”- sorpreso –“ Certo che ti amo…perché? Credi che abbia dei dubbi? “- l’accarezzò  su una guancia.
Si strinse a lui – “…..pensavo…”
“Guardami, ti prego” 
Lo fissò con un senso di angoscia.
Le sollevò  il mento e chinatosi su di lei le sfiorò dolcemente le labbra.
Rispose a quel bacio assetata d’amore….cercandolo. …desiderando che lui facesse altrettanto.
Il telo scivolò a terra.
La mano forte di André ferma sul suo fianco.
Le dita scorrere sul quel torace magnificamente scolpito.
Fissandolo in silenzio piegò le ginocchia.
André la guardò posare le mani sul suo vigore. Chiuse gli occhi.
Morbide, delicate quelle labbra …le sentì scorrere in un movimento lento….ad assaporare la sua mascolinità……
L’afferrò per i capelli in un mugugno strozzato tra i denti.
Gli occhi celesti si spinsero a cercare quelli del suo uomo.
Lo vide perso nel piacere assoluto.
Lui fece scivolare le braccia lungo i fianchi.
Non la sentì più. 
Riemerse da quel delizioso torpore. Non la vide.
La porta del bagno semiaperta.
Cosa stava succedendo?
Si avvolse il telo attorno la vita.
Un’occhiata lungo il corridoio buio….una luce fioca provenire dalla sua camera.
A piedi nudi raggiunse la stanza.
Un giro di chiave e…
Il suo viso appoggiato sulla schiena –“ …mi sei mancato…terribilmente….”
Gli girò attorno lentamente. Quelle dita sottili continuare a sfiorarlo.
Una serie di brividi lo attraversarono. 
Accostò la bocca ad un orecchio –“ Ti voglio Grandier…..prendimi….e fai di me ciò  che ti aggrada di più. ..”- lo stuzzicò  con  la punta della lingua.
La vide avvicinarsi al letto e fermarvisi di fronte.
Sciolse il telo posandolo sulla poltroncina e le andò incontro.
Lei immobile, in attesa.
Quei baci bollenti lungo il collo, quei baci che quando ti scorrono sulla pelle sanno solo farti sentire il paradiso . 
Iniziò a respirare forte.
La fece distendere sul letto. 
Labbra come fuoco suggere prima un seno …poi l’altro…..e scendere bramosi ma dolci sul ventre…..
Le aprì le gambe. 
Un gemito ….lungo….sentendolo spingersi con la lingua in quel dolce fiore della sua femminilità…
Strinse le lenzuola.
Avrebbe voluto gridare. 
Si morse un labbro quando furono le dita a infliggerle quel delizioso tormento…
Improvvisamente la fece rotolare a pancia bassa.
Trattenne il respiro….impaurita da un lato ma eccitata da quello che sarebbe potuto scaturire dalla fantasia del suo uomo. 
Un tremore la scosse quando sentì le mani di André scorrere lente sul suo corpo….percorrerle la schiena scendendo…sempre più giù. .
Sfiorò  i glutei con le labbra …strofinandovi sopra una guancia…
L’afferrò per il bacino sollevandola. 
Un gemito misto a rantolo le sfuggì..quel turgore insinuarsi fra le sue gambe ….
I fianchi muoversi prima dolcemente poi sempre più insaziabili. 
Avrebbe voluto gridare di piacere e di gioia assieme per le paradisiache sensazioni che André era in grado ogni volta di farle provare.
Poi rallentò il ritmo. 
Stringendola a sé per il seno accostò la guancia alla sua –“ Mai più dovranno esserci notti in cui non ti ho accanto….non potrei sopportarlo….ti amo…….”
La fece sdraiare nuovamente sul letto….
“Amami André. ..”- sibilò –“….amami ….”

Si, lo aveva fatto…e lo aveva fatto pensando a lei.
L’aveva immaginata in quella stanza….di fronte a lui….
Ora completamente svuotato da quel desiderio di averla , giaceva immobile nel letto, ancora ansimante…il viso reclinato sul cuscino, gli occhi fissi nel vuoto.
Perché?  Perché non era riuscito allora? Sarebbe bastato così poco.
Il Generale voleva che sua figlia lasciasse l’uniforme  e convolasse  a nozze….lui avrebbe potuto insistere e lo avrebbe convinto ad imporsi su di lei, sicuramente!
L’attesa all’altare, avrebbe infilato quell’ anello al dito, il ricevimento. …e la notte….o si, la notte l’avrebbe fatta sua, finalmente. …assaporando ogni angolo di quel corpo tentatore … sua, solo sua….udirla gemere nella sua bocca sotto le spinte ….solo sua…
Le sue mani appropriarsi di quel corpo sinuoso dalla pelle alabastro, le lunghe gambe allacciate alle sue, sentire di essere in lei, il piacere dipinto sul suo viso mentre aggrappata in un gemito la supplica di non smettere. Poi girarla al culmine e farle provare nuove emozioni….baci bollenti …e spingersi  ..dove mai poter immaginare…osare il proibito …..ma ove lui l’avrebbe fatta gridare raggiungendo l’estasi. …
La mano umida quasi a bruciare di quella colpa ancora calda ….
Il volto di Grandier …come un fantasma..
Strinse con rabbia le lenzuola. 
Sedette sul letto passandole sul ventre….a cancellare quella sua voglia notturna….quel suo peccato nascosto…
Sciacquò  velocemente il viso. Scostò le tende e guardò fuori.
La luna a cercare di farsi strada tra le nubi ancora cariche di pioggia.
“Devo riuscirci…”- ringhiò nel silenzio –“ …sarete mia Oscar….non vi lascerò’ tra le braccia di uno stalliere….”
Il tempo era poco….bisognava agire ….e farlo velocemente.

Poggiata sul petto di André si mise ad accarezzarlo tra i capelli.
“Quanto sei bello amore mio…”
Sorrise. Una mano sulle spalle –“ Che hai fatto di bello in mia assenza?”
“Oh…tante cose …una più emozionante dell’altra!”- rispose entusiasta.
“Interessante…posso esserne messo a conoscenza ?”
“…sono andata a provare l’abito…” – l’indice leggero sul sopracciglio.
Lo sguardo gli si illuminò –“ Davvero?....quindi hai deciso quando…”
“30 settembre!” – il cuore ricolmo di gioia.
Aggrottò la fronte –“ Caspita…mi resta ben poco per fare lo scapolo d’oro! “
“Dai. ..”- si mise a picchiettarlo coi pugni chiusi sul torace –“…cosa dici..!?”
Allungò il collo per baciarla –“ …fosse anche domani…”
Si morse il labbro inferiore sorridendo e proseguì –“ ….Sono stata a Brest…”
“..a Brest?  …per l’abito? “
“No no”- emozionata –“ …per il nostro futuro. ..!”
André non comprese.
“Sono stata alla Scuola Militare……e …..be, allora…. non  posso stare con le mani in mano, così ho pensato che a Brest c’è  un comando militare con annessa accademia. Quindi sono stata in città  e ...ho incontrato Girodelle.….”
“…scusa un secondo..”- la interruppe – “ hai incontrato Girodelle?”
“…si, ha chiesto il trasferimento. …ora è al comando di Brest…ho pensato di interpellarlo per riuscire ad  entrare alla scuola militare..!”
La sguardo s’incupì leggermente.
Oscar cercò l’approvazione nei suoi occhi.
“….è ciò che desideri veramente ?” – la domanda non lasciò trapelare i suoi reali sentimenti.
Sospirò.
E bastò questo.
Si, era così.  Quell’educazione maschile, anni di uniformi, ordini dati e ricevuti, duelli, esercitazioni avevano lasciato un’impronta indelebile in lei….no, non avrebbe potuto…..anzi, voluto cambiarla. L’amava così, per quello che era. Non l’avrebbe mai obbligata ad andare contro la sua volontà, i suoi desideri….no, MAI!
“D’accordo….ma…”
“Ma cosa?”
“Voglio che tu mi prometta che nel momento in cui ci sarà un bambino in arrivo…. smetterai”
Sorrise piena di dolcezza e chinatasi su di lui lo baciò –“Non c’è bisogno che lo prometta. ..perché sarà così. Non potrò certo rischiare la vita di nostro figlio, ti pare? “
Sentì il cuore quasi esplodergli nel petto. Dio quanto l’amava! 
La strinse forte a sé ricambiando con infinito trasporto quel bacio. 
La sua Oscar. La sua splendida, amata Oscar.

La carrozza ferma in giardino in attesa di condurre Oscar alla Scuola Militare.
“Quando ci vediamo?” – André l’accompagnò all’entrata.
“Se riesco, dovrei rientrare per pranzo. …..e poi devi ancora raccontarmi di Morlaix….!”- lo baciò teneramente.
La trattenne per qualche istante per la mano con uno strano presentimento in fondo al cuore.
Sorrise –“ Stai tranquillo. …!”
Un  sospirò profondo.
La carrozza si allontanò –“ Non hai motivo di preoccuparti “- disse tra sé e sé.
“ Girodelle….ci voleva solo lui!”- biascicò rientrando in casa.
Si fidava di Oscar, ciecamente.
“Sei tu damerino che non mi fai stare tranquillo……”- terminò di vestirsi.
Quella mattina si sarebbe recato alle scuderie Mornay. 
Desiderava capire di cosa si trattasse e soprattutto di concludere un buon affare.
Sellò Alexander –“ Oggi potrebbe essere un gran giorno”- lo accarezzò prima d’infilare il piede nella staffa.

“Buongiorno Oscar!”- Girodelle sfoderò uno dei suoi sorrisi più brillanti – “ tutto bene ieri ?”
“Buongiorno Victor. Si, grazie tutto perfetto”- 
Percorsero assieme il corridoio che portava alla sala delle esercitazioni.
“Ieri eravate particolarmente stanca. Avete riposato bene ?”
“Si grazie, direi molto bene “- accennò ad un sorriso ripensando alla meravigliosa notte d’amore trascorsa con André.
Si accorse di quel fantasticare e ben immaginò a chi fosse rivolto.
“Vi fermate a pranzo?” – le aprì la porta.
“Dipende dallo svolgersi della mattinata. La mia intenzione sarebbe quella di far rientro a casa”- raggiunse i cadetti.
Doveva impedirglielo…a tutti i costi.
Avrebbe dovuto fare in modo che fosse impegnata oltre la mattinata …. obbligarla  a restare per l’ora di pranzo….e poi….in breve …una cena a casa sua. …
Rimase  a guardarla attraverso i vetri …
Un fisico snello e sinuoso,….si muoveva rapida, precisa negli affondi ….
Tutta un’altra cosa vederla in abiti civili. 
Ora poté’ meglio fantasticare su quelle curve sotto la camicia di cotone leggero….gli parve di intravvederne le rotondità dei seni…con l’immaginazione ne sfiorò i rosei boccioli….
Deglutì trattenendo il respiro percependo quel desiderio istigarlo oltre il tessuto dei pantaloni.
I riccioli biondi ondeggiare morbidi sulle spalle….
“Oscar…vi avrò ….riuscirò a farvi mia, solo mia!”
Fece velocemente rientro nel suo ufficio. La tensione era decisamente troppa.
Attese un po’ prima di riuscire a sedersi alla scrivania. 
Si versò dell’acqua fresca.
Doveva assolutamente riuscire a concentrarsi sul lavoro.

Non fu poi così difficile trovare le scuderie Mornay.
Come gli era stato detto: circa a metà  strada tra le Conquett e Brest spostandosi verso il mare.
L’area interamente recintata e alberata suscitava all’occhio un gran senso di tranquillità. 
I cancelli aperti con alcuni sorveglianti pronti ad interdire l’accesso agli estranei.
André si avvicinò –“ Buongiorno, mi chiamo Grandier. Il signor Mornay mi attende”
Uno di questi lo squadrò da capo a piede –“ Signore…scusate ….devo pregarvi di scendere da cavallo”
Obbedì rimanendo basito quando avvicinatosi gli chiese di poterlo perquisire. 
“Perdonate….ma con i tempi che corrono siamo obbligati a farlo. Siete armato?”-
“Assolutamente no!”- rispose sollevando appena le braccia per permettergli di accertarsene.
“Vi ringrazio della disponibilità.  Vi accompagno “
Attraversarono un viale alberato in fondo al quale si aprì una distesa immensa tra recinti con stalle attigue in mezzo alle quali ergersi una splendida casa colonica .
Un uomo a cavallo venne loro incontro.
“Oh….Grandier…buongiorno!  Be…avete mantenuto la promessa di passare a visitarmi”
“Avete un proprietà da lasciare senza fiato”- entusiasta ed impressionato come un bambino di fronte ad un giocattolo nuovo.
“Vi piace?....non avete ancora visto nulla!”- una fragorosa risata –“ Vai pure!” – rivolgendosi al sorvegliante. 
“Vi hanno perquisito? “- tolse il cappello scendendo.
“Immagino che da voi sia consuetudine”- strinse le briglie.
“Devo….il podere è molto ampio….e coi tempi che corrono devo garantirne la sicurezza e l’incolumità di chi vi lavora”
Annuì –“ Capisco”
“Non vi spostate mai armato?”- si fermarono sotto una tettoia all’ombra. 
“Da quando ci siamo traferiti….decisamente no…”
“Be….”- versò della limonata in due bicchieri –“ …vi consiglio di farlo”- sorseggiò di gusto la bevanda –“ Qui non è tutto rose e viole come può apparire”
Lo ascoltò in silenzio.
“Ma voi siete qui per ben altri motivi. Venite….Vi mostro un po’ le mie splendide creature”-
Lo condusse all’interno di alcune fra le sue stalle più belle.
Frisoni, cavalli arabi, spagnoli, bai, purosangue inglesi, andalusi,  lusitani,  nordici…
Incantato…non riuscì a proferire parola di fronte a si’ tanta bellezza.
“Sinceramente credo di non aver mai visto così tante razze tutte assieme.  Avete degli esemplari incantevoli -“ Si soffermò ad accarezzare un lipizzano dal manto come la neve.
L’uomo sorrise di fronte a quel gesto pieno d’amore e passione –“ Vi piaccio , eh?....vi si illuminano gli occhi proprio come a Gustave. 
“Era il vostro uomo di fiducia?”- domandò senza distogliere lo sguardo da quegli splendidi animali.
“Si….Era un gran brav’uomo. Purtroppo si è spento un paio di mesi fa….adorava questo lavoro… passione e amore per questi magnifici quadrupedi. …”
Osservò André.
“Grandier…..siete certo di voler occuparvi di pietre e preziosi?.....non credo proprio sia per voi”- gli fece cenno di seguirlo .
Gli mostrò altre stalle e altri recinti sempre più convinto che fosse la persona ideale per mandare avanti quel lavoro.
“Ditemi, siete sposato?”
“Lo sarò a fine mese….e sinceramente non vedo l’ora”- quegli occhi di giada brillarono d’amore.
Spostò lo sguardo verso il viale – “ …..il posto è vostro. Se volete già da domani. Gestirete voi il vostro tempo. L’importante che seguiate i miei lavoranti, controlliate che i cavalli siano in salute e non manchino di nulla. Vorrei che seguiste anche vendita e acquisto…..”
André allibito per la proposta.
“Se fosse un problema muovervi da Le Conquett fino qui posso mettervi a disposizione uno spazio tutto vostro…..e la vostra consorte. Qui l’area è sorvegliata giorno e notte…..ma problemi non ve ne sono mai stati per fortuna”- accennò  ad un sorriso compiaciuto –“ non vi dico pensateci…..vi aspetto domattina.”

La mattinata trascorse velocemente. 
Oscar ripose la spada e si accomiatò dagli allievi. 
Indossata la giacca uscì all’aria aperta.
Sollevò gli occhi verso il cielo….così terso…..nemmeno una nuvola.
“Chissà  se sarà così anche quel giorno”- per la prima volta pensò  a quella data fatidica con un briciolo di emozione, senza tensione o preoccupazione –“ amore mio….siamo quasi al dunque…!”
Girodelle si accorse di lei ferma nel mezzo del piazzale, lo sguardo assorto.
La raggiunse.
“Mi sembrate stanca. Desiderate fare una pausa?”- le porse un fazzoletto notando il volto leggermente accaldato. 
“Grazie Victor”- afferratolo  tamponò il collo.
“Desiderate pranzare? “ – 
“Dovrei riprendere a breve ….ma un boccone lo mangerei volentieri”-
“Posso offrirvi qualcosa nel mio ufficio visto che il tempo stringe?”
“Credo di non aver altra scelta, vi pare?”- sghignazzò. 
Victor le fece strada.
Prima di entrare diede ordine che fosse portato qualcosa da mangiare e che successivamente non fosse disturbato per alcun motivo.
“Vi prego, mettetevi comoda….fa ancora caldo per tenere la giacca non vi sembra?”- si prestò a sfilarla.
“Siete sempre piacevolmente galante, in tanto tempo che vi conosco mai una sbavatura, una mancanza, una benché minima distrazione…..impeccabile”- lo lodò.
“Natura ed educazione….un perfetto connubio!”- le versò  del vino bianco.
Tra un boccone ed una chiacchiera terminarono in breve il pranzo.
“Sapete….mia sorella avrebbe piacere di invitarvi a cena. E’ molto che non vi vede…”
“Ne sarei infinitamente onorata!”- 
“Magnifico….avete delle preferenze per la serata?”- cominciò a pregustare l’evento. 
“No Girodelle, fate scegliere a lei….mi adeguerò senza alcun tipo di impedimento”
“Gliene parlerò questa sera. Un sorso ancora?”-  la bottiglia verso il suo bicchiere.
“Direi che forse….sia anche oltre il limite…”- allungò la mano per fermarlo.
Improvvisamente sbiancò.
“State bene?”- quasi si avventò su di lei spaventato.
Si accorse del respiro affannato, la fronte madida di sudore. Le tastò il polso.
“Aspettate…”- l’aiutò a sollevarsi facendola poi sdraiare sul piccolo divanetto.
Posizionò un cuscino dietro la testa –“ Permettete? “- chiese portando le mani al collo della camicia per allentarla. 
Annuì ad occhi chiusi .
Fece scorrere delicatamente le dita sui bordi.
Involontariamente o meno le sfiorò la pelle del décolleté …..quasi fra l’incavo dei seni…
Un fremito.
Sentì quel desiderio incendiarlo in ogni sua fibra…..
Oscar volse il viso. 
“Come vi sentite?”- cercò di ricomporsi.
“Grazie Victor….ora va meglio…” - Lo fissò a lungo. 
Chino su di lei ne percepì il respiro leggero sfiorargli la guancia.
Osservò le labbra sottili appena schiuse…
Gli parve quasi di sentirne il sapore….insinuarsi dolcemente …..cercarla, assaporarla. …invitarla…..
La coscienza impose il controllo.
“Non credo siate in grado di proseguire l’addestramento per oggi. Ritengo sia meglio che facciate rientro a casa.”- le appoggiò la giacca sulle spalle.
“…tranquillo…è passato…”
“Questa sera preferirei accompagnarvi…..non me lo perdonerei mai se vi capitasse qualcosa lungo il tragitto…”
“E sia….forse avete ragione!”

Quante cose erano successe da quando avevano lasciato Parigi.
Sembrava fosse trascorso così tanto tempo….
Settembre aveva cominciato a dipingere le giornate di quei bei colori caldi….le prime foglie abbandonare gli alberi….le giornate decisamente più corte…l’aria più frizzante….
Sedeva sul terrazzo in attesa che Oscar rientrasse. Avevano ancora tanto da raccontarsi.
Sorrise cercando di immaginare quale abito avesse mai potuto scegliere. 
Comunque, sarebbe stata un incanto. L’aveva vista in abiti femminili in solo due occasioni : la sera del ballo con Fersen…..e quella sera magica dove si erano lasciati andare ai loro veri sentimenti.
Si dondolò nervosamente sulla poltroncina.
In lontananza lo scalpitio di zoccoli sul selciato.
Scese i gradini e fece alcuni passi.
Il tramonto ad illuminare il viale e la scogliera.
Aggrottò la fronte per mettere a fuoco…poi…
“Girodelle??!!”- mormorò.
I due giunsero di fronte a casa.
Oscar scese da cavallo andandogli incontro.
“Buonasera André! “- un accenno di freddezza.
“Buonasera Conte….Bentrovato! “- gli lanciò un’occhiata –“ Vi ringrazio di aver riaccompagnato Oscar a casa…”
“Le strade sono tranquille. ..ve lo posso garantire….ma quest’oggi ha avuto un malessere….”
“Che cosa?”- si volse di scatto rivolgendosi a lei – “ Stai meglio ora?”
“Si…tranquillo….forse la stanchezza. ..”- lo rassicurò prendendogli una mano.
Victor ritto sul suo destriero a quel gesto s’irrigidì stringendo le briglie.
“Vengo a prendervi domattina…..faremo il tragitto assieme” – e senza nemmeno attendere una risposta spronò il cavallo e si allontanò al galoppo.
“Stai continuando a seguire le indicazioni di Thomas?”- la interrogò mentre riportavano Cesar nel capanno.
“Si, seguo tutte le sue prescrizioni. Mangio anche troppo….credo persino di aver preso un paio di chili….e’ solo stanchezza…”.
“Non mi pare….al contrario…sei dimagrita…”.
“….vado a cambiarmi….ci vediamo a tavola”.
Salì in camera, tolse gli abiti e aperta l’anta dell’armadio osservò la sua immagine riflessa allo specchio.
Si volse prima a destra, poi a sinistra.
I seni le apparvero più pieni e sodi, molto più sensibili, le rose aureole dei capezzoli avevano assunto una colorazione differente e sembravano più ampi…anche la vita sempre stretta la trovò non più la stessa…
Le dita scivolarono delicatamente sulle sue curve….sul ventre…..
Che cosa le stava succedendo? 

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Capitolo 33
*** CONTRASTI ***


“Victor….un po’ tardi per rientrare?”-
Avvicinatosi alla sorella la baciò sulla fronte.
“Perdonami cara, ho accompagnato a casa Madamigella Oscar!”- si, per lui era “ madamigella” e non “madame”. Non era ancora la consorte di Grandier…e mai lo sarebbe stata!
“Madamigella Oscar? ….e come sta?”- si accomodò a tavola.
“Molto bene”- distese il tovagliolo sulle gambe –“ ha iniziato l’addestramento ai nuovi cadetti”
“Che splendida notizia. Gradirei molto averla ospite da noi!”- si conoscevano da tanto, la stimava infinitamente..….ma era pure a conoscenza dei sentimenti nutriti in passato dal fratello….
Girodelle non attendeva altro che quelle parole –“ Ma certo Cecile,  ne abbiamo discusso proprio quest’oggi. Lascia decidere a te …”
Si soffermò a scrutare lo sguardo di Victor intento a versare il vino.
“Ti piace ancora, vero?”- azzardò quasi a sussurrare.
La mano a stringere il bicchiere, gli occhi fissi in un punto perso non definito.
“Victor……avevi promesso!”- una piega severa le attraversò la fronte –“ ….Victor….!?”
Trangugiò quel sorso ed alzatosi uscì dalla sala da pranzo.
Cecile gli tenne dietro –“ Victor…!”
Voltatosi di scatto –“ Avevo promesso e allora?” – 
Rimase ferma immobile fissandolo negli occhi. Il respiro in affanno per la rabbia.
“Non posso farla venire!”- girò le spalle per andarsene.
L’afferrò per un braccio –“ No…..lei verrà!”- la strinse irrigidendosi. 
“Mi fai male, lasciami!”- gli posò una mano sul polso.
Allentò la presa come se fosse tornato in sé  da un torpore –“ Perdonami Cecile. ..io….non so cosa mi sia preso….d’accordo. Prometto. Ma….ti prego ….lascia che venga…”
“Ne riparleremo domani!”- e volte le spalle si ritirò nella sua camera. 
“Tu non puoi capire!”- sibilò rimasto solo –“ Non puoi comprendere il mio tormento….cosa significhi lei per me….”


“Sono piacevolmente stupito per questa notizia. Credo che di meglio non sarebbe potuto capitarti! “- Il Generale sinceramente entusiasta per le novità accorse ad André –“ Che ne pensi?”-
“Indubbiamente una grande opportunità “-
Oscar gli strinse una mano –“ Come vedete Padre, non siamo certo inattivi”
“Tu….sei convinta della scelta fatta in merito alla Scuola Militare?”
“Pensate forse che abbia dei dubbi? ….sapete bene che non potrei stare con le mani in mano!”
“…ma …., se dopo sposati arrivasse un erede?”- pensieroso.
“Non avete di che preoccuparvi.  In tal caso mi ritirerò all’istante”- fiera e decisa come sempre.
Quelle parole dissiparono tutti i turbamenti di André. Del resto lei stessa glielo aveva già detto in precedenza. E poi perché avere dubbi?
“Quindi il lavoro svolto con Luis?”- Augustin proseguì la conversazione.
“….da considerarsi un’esperienza positiva da non gettare alle ortiche….nel caso con Mornay non producesse i suoi frutti”-
Adorava la tenacia del giovane; in cuor suo la convinzione che fosse veramente la persona ideale per sua figlia oramai non aveva più motivo di non essere tale. 
“Vorresti vedere la sistemazione della dependance? “- Oscar non stava nella pelle.
“E’ venuto un vero gioiellino!”- Madame Emilie avrebbe voluto vederli già viverci assieme, erano abbastanza adulti per dare inizio alla loro vita di coppia….ma il Generale era stato perentorio : solo dopo il matrimonio!
Lasciarono la sala assieme, mano nella mano.
“Non vedo l’ora arrivi fine settembre. Voglio dividere le mie giornate libere con te….soprattutto non voglio più dormire in un letto dove al mio fianco esiste solo il vuoto…”- si fermò improvvisamente. 
Attorno il silenzio spezzato dal  richiamo di qualche civetta e il suono del mare in lontananza.
André cercò i suoi splendidi occhi –“ Cosa ti succede ora?”
Gli prese il viso tra le mani e lo baciò dolcemente –“ Ti amo Grandier…non lo scordare mai. Sei l’essenza della mia vita…..voglio trascorrere i prossimi trenta….cinquanta…non so quanti anni accanto a te….voglio una famiglia nostra….voglio che tu sia il padre dei nostri figli….voglio…”
“…..occhi belli…..voglio voglio voglio…..” – la rimproverò con tenerezza.
Si fece improvvisamente seria.
Le sorrise –“ ….amore…..i tuoi desideri sono anche i miei….e mi auguro di cuore che questi giorni possano trascorrere velocemente……madame Grandier”- e afferratele la mano con l’anello gliela baciò. 
Attraversarono il breve selciato alberato e finalmente giunsero alla dependance.
Entrati, Oscar accese delle candele.
André rimase senza parole.
Avevano completamente rivoluzionato tutto. Ora veramente si era trasformata nella casa dove avrebbe voluto dividere i suoi giorni con lei.
“Ma quanto avete faticato?!”- passò dalla saletta da pranzo alla camera da letto.
“…e questo è  il nostro nido d’amore….”- soffiò sulla candela avvicinandosi a lui nel buio.
André sentì quelle dita affusolate insinuarsi sotto la camicia …scorrere sul suo torace….sfilandola. 
I cuori di entrambi battere all’impazzata. 
Fu un attimo e si ritrovarono sul letto….quei corpi liberi da ogni costrizione…le gambe allacciate l’uno all’altra….le carezze…i baci….i sussurri….le risa….i gemiti…….l’amore.
Nel silenzio più assoluto…..solo i loro respiri….vuoti di desiderio…ma sempre più legati….
“Dovremo risistemare tutto…”- una mano fra i suoi capelli dorati.
“…..faremo presto, tranquillo. Che ne dici allora?”- 
“E’ semplicemente fantastico il lavoro che avete fatto. E poi se il dopocena sarà  sempre come stasera non potrei desiderare niente di più”- la strinse a sé.
Rimasero ancora così a coccolarsi senza tener conto del tempo……


Leah si girò su un fianco.
Allungando la mano si accorse del letto vuoto.
Sedette di scatto guardandosi attorno. 
“Alain….!”
La porta leggermente aperta. Voci provenienti dal piano sottostante.
Prese lo scialle. Percorse quel tratto di corridoio a piedi nudi fermandosi in cima alle scale.
“E’ pazzesco. Qui ogni giorno la situazione precipita senza sosta. Sono seriamente preoccupato.”
Si spinse in avanti provando a capire chi stesse parlando.
“La furia e la rabbia della gente non hanno sosta. Fame e miseria ne fanno da padrone. Ho detto a Diane che non mi fido più lasciarla andare in sartoria da sola…..oramai il terrore è presente giorno e notte”
Scese i pochi gradini.
“Ehi….che fai in piedi a quest’ora?”- Alain le andò incontro.
“Non ti ho più trovato nel letto.  Ho passato paura. Che succede?....Ciao Pierre!”- strinse lo scialle infreddolita.
“Ciao….perdonami se ti ho svegliata…”- Imbarazzatissimo.
“Vi preparo qualcosa di caldo?”- strofinò gli occhi.
“No…grazie. Ora vado….”- Sistemò la sedia.
“Pierre…fammi avere notizie appena puoi”- lo accompagnò alla porta.
Annuì –“ Scusate nuovamente il disturbo”
Alain diede una doppia mandata rimanendo fermo immobile come assorto in mille pensieri.
“Che c’è?”- gli posò una mano sulla spalla.
Si volse. Si perse in quegli splendidi occhi verdi. Allungando una mano la trasse a sé stringendola forte.
“Ti amo Leah….”- le sussurrò.
“Lo so…anche io ti amo….ma che ti prende?”- gli accarezzò una guancia. 
“Parigi è un delirio….temo per noi….!”
“Alain ….noi apparteniamo al popolo….di che dovremmo preoccuparci?
“….non so cosa pensare. Tu sei in a casa la mattina e in taverna la sera….io vedo la gente di giorno…in giro per le strade….inferocita….affamata…La situazione non è per niente cambiata dalla presa della Bastiglia, anzi. Sono quotidiani gli assalti ai negozi per un tozzo di pane, nelle campagne nei poderi alla ricerca di sacchi di grano….dov’è possibile saccheggiare armi….Ci vorrebbe Bernard.  Qui le notizie si hanno alla spicciolata. Pierre fa fatica a reperirle al giornale. Saint Just nonostante la contrarietà di Robespierre, agisce di testa sua e con i suoi seguaci continua ad accanirsi su nobili e quanti altri ritenga non degni di vivere perché traditori e nemici del popolo”
Leah ascoltò quasi terrorizzata.
“Credo dovremmo valutare l’ipotesi di andarcene….non ho la più pallida idea dove …ma lontano da qui….!”
“Ti prego…saliamo a dormire….spegni le candele….e’ meglio stare al buio”
Soffiò sulle fiamme.
“Vieni qui amore mio”- sollevandola tra le braccia. 
Gli buttò le braccia al collo accostando il volto al suo –“ Alain….io con te mi sento sicura….credimi….dove vorrai andare io verrò…!”


“Buongiorno bambina mia”- Nanny le versò il tè. Da tempo Oscar ne aveva fatta espressamente richiesta sostituendo la solita cioccolata –“ Quel tipo capellone ti sta aspettando da una ventina di minuti nel salottino”
“Quel tipo capellone?”- comprese al volo si trattasse di Victor –“ Nonna….e’ il Conte Victor Florian de Girodelle”
Ripose la teiera facendo spallucce –“ È  un capellone. ..vuoi mettere il mio bel nipote? André si che è un bel maschio da quando ha tagliato i capelli. Ah… bambina mia. ..non potevi fare scelta migliore….e non te lo dico perché è mio parente. ..ma perché è la pura verità”- avvicinandosi mise sul tavolo un piattino con una fetta di dolce.
Oscar rise di gusto –“ Nanny sei uno spasso!”
“…ma quando vi sposerete. ..farete per caso venire quel bel baffone? “
“…chi? Du Mont?”- sgranando gli occhi.
“Che il buon Dio mi perdoni del peccato….ma….be…non mi dispiacerebbe non fosse un curato! “
Sollevò le sopracciglia stupita –“ Nonna….ma che dici!!”
“Oh insomma. …”- si volse arricciando il naso e  ritornando ai fornelli.
Oscar continuò a ridere.
André  scese in cucina –“ Buongiorno a tutte e due!”- stiracchiandosi baciò sua nonna su una guancia, poi si avvicinò ad Oscar.
Lei, sollevato il viso, si prese tutto quel dolce e leggero bacio.
Nanny si fece piccola piccola arrossendo senza dir nulla.
“Vai alle scuderie Mornay?”- sorseggiando dalla tazza.
“Già. …”- sedette accanto.
“Nervoso?”- 
“No…”- sereno e convinto –“…ero più agitato a Morlaix con Louis. Questo è un mondo che conosco come le mie tasche”- zuccherò il caffè.
Lei si alzò ultimata la colazione.
“Sei già  in partenza?”- sarebbe stata lunga l’ennesima giornata senza di lei….senza averla accanto….com’era sempre stato…
“Girodelle mi attende in salotto”- arricciò  il naso.
Sbuffò –“ E’ proprio necessario che venga a prenderti? Credo tu sia in grado di cavalcare fino a Brest anche da sola!”- stizzito al massimo.
Gli sorrise –“ Grandier….Siete forse geloso?”
“…si  non lo nascondo….anche se ….non avrei motivo di esserlo perché di te mi fido ciecamente!”
“….ti sei risposto da solo!”- gli mandò un bacio con la mano allontanandosi.
“…finirà questa storia!”- nella sua mente mille pensieri a tormentarlo –“ Come se non fosse in grado di gestirsi da sola. Diavolo, ha comandato la Guardia Reale e i Soldati della Guardia….ma cosa crede?”
Ripose la tazza seriamente seccato. 
Percorse il corridoio per tornare nella sua camera quando udì le voci in salotto.
“Permettetemi….ma questa mattina avete un volto talmente raggiante….”- incantato.
“Siete raggiante…”- lo imitò buffamente nascosto in un angolo –“ ….mi da’ il voltastomaco! “- 
“Ho semplicemente riposato molto bene”- far l’amore con André la faceva sentire ogni giorno viva come mai era stata. Sorrise come sempre ripensando a quei momenti. Donna, si una donna…Finalmente riusciva a sentirsi liberamente donna. Lui….il suo amico, il suo sostegno, il suo confidente….Il suo uomo…la sua vita.
“Quando volete…io sono pronta!”- legò la spada su un fianco. 
André apparve improvvisamente….e apposta.
“Buongiorno Girodelle!”- avvicinandosi ad Oscar.
Rispose quasi digrignando i denti –“ Grandier…”- un cenno con la testa.
“Buona giornata!”- rivolgendosi alla sua futura moglie.
“Anche a te…ci vediamo stasera”.
Li vide allontanarsi ed uscire in giardino.
“…stai all’occhio conte dei miei stivali. …”- esclamò indossando la giacca ed infilando la spada sul lato.
Non fece che borbottare per tutto il tragitto verso l’allevamento di Mornay.
Inutile, non gli era mai piaciuto, ancora di meno da quando si era azzardato a chiedere al Generale la mano di Oscar. 
Il destino volle che lei avesse rifiutato….altrimenti….forse ora …tutto sarebbe stato differente, forse….non sarebbero nemmeno stati in procinto di sposarsi.
Assorto in pensieri di ogni genere si ritrovò senza accorgersene di fronte all’entrata dell’allevamento Mornay.


“Oscar…..Cecile chiede se può aggradarvi di venire a cena da noi a metà  settimana”- fremette nel farle quella domanda.
“Vi prego di ringraziare vostra sorella “- 
Rimase in attesa trepidante della risposta: doveva accettare, doveva!
“Sarà un vero piacere poterla ritrovare dopo così tanto tempo”- si preparò a ricevere i cadetti per l’addestramento.
“Benissimo…..manderò una carrozza a prendervi”-
Victor fece ritorno nel sul ufficio pervaso da una gioia indescrivibile –“ Finalmente….non attendevo altro! Una sera…un’incantevole serata con voi Madamigella……”
Prese ad immaginarla fasciata in uno splendido abito da sera……si, sarebbe stato sfacciato….ma lo avrebbe fatto. Le avrebbe chiesto di vestire femminile….. l’avrebbe attesa davanti a casa….avrebbero cenato tra  conversazioni frivole, calici di buon vino, risate….e poi….Cecile si sarebbe ritirata…sarebbero rimasti soli …..e lui….finalmente….


“Grandier…..in largo anticipo”- Mornay lo ricevette a cavallo –“ Avete fatto colazione?”
“Si….stamattina  presto”- si accostò con Alexander.
“Credo che un caffè lo gradirete comunque!”- si avviarono verso la sua abitazione – “Ne avete discusso con la vostra futura consorte?”
“Certamente….che dire? Entusiasta.”- 
“Molto bene…..sentite….preferirei chiamarvi per nome….e magari evitare tutti questi convenevoli….”- scese da cavallo e gli fece strada in casa.
André comprese al volo –“ Se può farvi piacere…”
“Benissimo……allora mettiti comodo “- sedette di fronte a lui –“ hai accennato anche della disponibilità, nel caso, di potervi trasferire qui?”- versò la bevanda calda appena portatagli. 
“No…..non ne abbiamo parlato…credo sia un po’ prematuro al momento”-
L’uomo sorrise –“ Sono certo di aver fatto un gran bel investimento scegliendoti quale uomo fidato …..”- lo fissò a lungo –‘ …ma credo che sarebbe meglio affrontassimo l’argomento compenso”- posò sul tavolo due sacchetti neri –“ Questi per iniziare…..ti pagherò a settimana….e…non mancheranno gli extra….!’
André quasi scioccato.  Non riuscì a credere stesse veramente accadendo a lui.
“Sono pochi?”- sbigottito di fronte al silenzio del giovane – “D’accordo….”- aggiunse una nuova sacchetta.
“No…no”- portò le mani in avanti per bloccarlo –“ Vi prego, fermatevi…..io…be, sono molto più che soddisfatto…non immaginavo tutto questo”- gli rese il dato in più –“ se sarete soddisfatto o meno potrete decidere di aumentare o togliere….ma vi prego…per ora è anche troppo….!”
“Oltre che preparato sei anche onesto….bravo!”- gli tese la mano –“ …per qualsiasi necessità,  dubbio o quant’altro non aver paura di chiedere”-
“Grazie di cuore!” – ricambiò calorosamente quella stretta.
“Benissimo….direi che sia giunto il momento di metterci al lavoro. Ti mostrerò tutte le stalle e i vari recinti. Avrai accesso ovunque. Potrai impartire ordini a qualsiasi dei miei uomini o lavoranti donne. Sarai i miei occhi e la mia voce!”- gli diede una pacca sulla spalla.
Quante responsabilità si stavano affacciando alla sua quotidianità. Mornay riponeva tutto nelle sue mani. Un vero uomo di fiducia. Il suo uomo di fiducia. Un gran impegno. 
Fece un gran respiro –“Forza, cominciamo!”- si caricò.


Gli allievi incantati di fronte a tanta leggerezza nei movimenti di Oscar, un incredibile senso del ritmo, precisione nella scelta del momento ideale per agire, la percezione esatta dei movimenti dell’avversario per evitare di essere colpiti, la velocità di azione e del ragionamento tattico.
Eppure qualcuno fu in grado di tenerle testa. 
Si compiacque per la bravura di quei ragazzi. E dentro di sé ringraziò suo padre per l ‘educazione  maschile ricevuta.
Quella sua nuova vita cominciava a piacerle. 
“Signori…per quest’oggi abbiamo terminato. Riponete spade e sciabole nei loro armadi e lasciate la sala in ordine composto. La prossima lezione con armi fa fuoco fra circa mezz’ora. “- uscì a prendere una boccata d’aria. 
“Chissà che starai facendo…”- rivolse il pensiero ad André. 
Quasi come in una favola.  Lei al comando militare, lui alle scuderie Mornay, la casa pronta, l’abito scelto e la data pure….il matrimonio prossimo. Un periodo incredibilmente sereno dopo tanto tempo. La gioia piena di vivere, di amare ed essere ricambiata.
L’aria dal sapore autunnale, i raggi del sole molto più  tiepidi….
Rientrò giusto qualche minuto per versarsi dell’acqua. 
Appoggiò la mano alla porta. L’ennesimo capogiro ed un forte senso di nausea.
I battiti del cuore improvvisamente accelerati –“ Che cosa mi sta succedendo?”- portò una mano alla fronte e chiuse gli occhi. 
Il primo pensiero fu di non essersi ripresa da quel profondo malessere che l’aveva perseguitata per mesi, anzi che stranamente la situazione stesse precipitando per non so quale motivo. 
No…..non poteva farne parola con nessuno…..-“ Come farò ?”- il suo pensiero ad André e al matrimonio imminente.
Percepì una presenza alle sue spalle. Volse lo sguardo –“ Victor….siete voi…”-
“State bene?.....siete nuovamente pallida”.
Posò il bicchiere –“ …si, benissimo…..un po’ affaticata “- accennò ad un sorriso –“ ….il tempo d’inattività mi ha un po’ arrugginita….niente di cui preoccuparsi”.
“Forse sarebbe il caso sospendeste”- sinceramente preoccupato. 
“Vi ringrazio….non è nulla. Appena terminato rientrerò a casa”- 
“Non posso lasciarvi andare da sola……vi accompagnerò”- 
“Molto gentile…ma non importa”
“Siete forse impazzita? Se vi capitasse qualcosa  vostro padre mi darebbe il tormento fino alla fine dei miei giorni ed anche oltre”- tentò  di stemperare la tensione del momento.
Rise –“Credo abbiate ragione.”
“Ve la sentite sinceramente di terminare? “
“Potete stare tranquillo, ve lo assicuro”- estrasse le pistole e prese a distribuirle ai cadetti nel frattempo rientrati.
Girodelle rimase lungo il corridoio. Non si allontanò un solo secondo. Attese in silenzio che anche quella lezione terminasse senza perdere d’occhio Oscar.
Concentrata, precisa, attenta, energica, fiera…..la sua splendida Oscar….la donna dei suoi sogni…
I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti da un applauso seguito da un susseguirsi di fragorose risate.
“Signori…..suvvia,  cerchiamo di ricomporci. …”- il tono autoritario ma con una vena d’ironia –“ dopo aver pulito le armi riponete nelle loro custodie.”
Alcuni cadetti s’intrattennero affascinati a chiacchierare con lei.
Victor si fece avanti porgendole la giacca.
Un sorriso raggiante –“ Siete sempre un vero gentiluomo “-
Come una ventata di aria fresca un’ondata di gioia travolgente lo invase –“ Mia amata…” – nella sua mente un tumulto di pensieri.
“Vi adorano…e come non potrebbero? Chiunque vi conosca non può fare altro…”- lo sguardo dritto in quegli occhi celesti.
Accennò ad un sorriso – “ Ammaliatore. ..”- sussurrò. 
Indossò la giacca e si avviarono a prendere i cavalli.


Le prime ombre della sera calarono sulla scogliera.
“Nanny…sai niente dei ragazzi?”- Emilie sistemò il centrotavola.
“Credo faranno tardi Madame. Oggi erano molto impegnati entrambi fuori città. Credo fareste meglio a mettervi a tavola con il Generale”
“D’accordo…..puoi pure servire se vuoi. Chiamo Augustin”
André entrò dalla porta di servizio. 
“….perfetto….sto’ per mettere in tavola”- Nanny preparò la zuppiera.
“Oscar?”- chiese passandosi una mano tra i capelli.
“Non è ancora tornata”- si diresse verso la sala da pranzo.
Uscì nuovamente rimanendo sulla soglia.
Lo sguardo verso lo sterrato. Tese l’orecchio nell’intento di udire lo scalpitio degli zoccoli sul selciato. Nulla.
Fece rientro in casa avviandosi in camera.
Saperla ancora fuori….in più con quel damerino di Girodelle lo innervosì.
Si sciacquò e indossò abiti puliti .
Sceso per cenare udì la sua voce.
“Victor siete stato fin troppo gentile ad accompagnarmi nuovamente a casa”- ferma di fronte a lui.
“…per me è  stato ed è  sempre un vero piacere. Le giornate si sono accorciate. …e di molto. Non penso sia consigliabile per voi rientrare con l’oscurità”
“Vi prego…non passate a prendermi domattina. Verrò da sola. Non sarà necessario nemmeno per il rientro. Dovrei terminare presto”
“Ma domani sera vi manderò una carrozza. Questo non potete rifiutarlo….”
“Credo di non avere scelta….Vi pare?”- sghignazzò.
Un attimo di silenzio poi –“ Oscar….scusate la mia impertinenza …..cosa indosserete?”- abbassò leggermente lo sguardo.
“….Victor….…”
“Cecile sarebbe felicissima vedervi in abiti …..femminili, ne sono certo”
Baciamano nel mentre Oscar distolse lo sguardo spostandolo sugli occhi scioccati di André. 
“Maledizione! “- digrignando i denti –“ …sempre tra i piedi” – Girodelle quasi lo fulminò.
“Salve Victor”-
“Buona sera Grandier”- volgendo gli occhi a lei –“ Vi auguro la buona notte. A domani!” – 
Lo videro allontanarsi lasciando dietro di sé  solo la polvere sollevata da terra.
Oscar fece per rientrare quando André l’afferrò per un braccio –“ È  tardi!”- 
Lei lo freddò- “ Smettila di fare il geloso, non lo sopporto “- e si liberò dalla presa.
La seguì fino in camera sbattendo la porta alle sue spalle.
“Che modi!”- indispettita. 
“Che cosa sarebbe questa cosa di domani sera?”- la rabbia cominciò a montare. 
“Cecile mi ha invitato a cena…”
“Andresti a casa di Girodelle?”
“…che c’è di male? ….conosco sua sorella da una vita…”
“Oscar….non voglio che tu vada!”
Lo guardò furente –“ Ma cosa ti prende? Spero tu stia scherzando…”
“….per nulla..”- la interruppe.
“Smettila André. Non c’è motivo per cui io non debba andare, io…”
“…è  innamorato di te!”
Scoppiò in una risata –“ Ma cosa ti salta in mente?....Chi ti ha detto questa sciocchezza? “
“Lo si vede lontano un miglio!”- sempre più fuori di sé. 
“Esci per cortesia, devo cambiarmi.”
“Non ti permetterò di andare!”
“…bene, provaci!”- lo sfidò.
“Quella specie di damerino sbava ogni volta che ti vede.”
“Dacci un taglio…le tue sono solo supposizioni anche di cattivo gusto …è semplicemente un tipo molto educato e particolarmente raffinato”
“…quindi io sarei un grezzotto al suo confronto “
“…basta, questa discussione sta’ degenerando”
“Ah…bene”- iniziò a gesticolare animatamente per aria –“ …e già….io non sono che il tuo attendente, faccio parte della servitù di casa Jarjayes…uno stalliere. …”
“Stai farneticando. Vedi di smetterla per cortesia. Ora esci gentilmente”- 
“Non ho ancora terminato!”- si avvicinò.
“Io invece si. Andrò a quella cena. La faccenda è chiusa”-
“Tu sei fuori di testa Oscar…”
“…no caro mio, qui quello fuori di testa sei tu con la tua stupida gelosia. Tu non devi permetterti di dirmi ciò che devo o non devo fare!”
“Non pensi che dovresti anche imparare ad obbedire un po’ ….a tuo marito?”
“Non lo sei ancora!”
Sentì le mani quasi bruciare dal desiderio di schiaffeggiarla. 
“A questo punto credo sia meglio ragionarci bene se fare questo passo oppure no, viste le premesse!”
“Molto bene, non ci sono problemi. Tanto non sappiamo ancora nemmeno dove celebrare la cerimonia.
E sinceramente non ho alcuna intenzione di sposare un uomo accecato dalla gelosia! “
La gocca che fece traboccare il vaso.
André irrigidì la mascella, la rabbia salire fino al culmine.
“Io non voglio avere al mio fianco una donna che prenda certi argomenti cosi alla leggera”
Lei alzò la mano per colpirlo. Lui la bloccò.
“Vattene André! Per questa sera ne ho abbastanza! Esci immediatamente dalla mia camera!”
“Non ti preoccupare…..non ci metterò più piede!”- volse le spalle e uscendo sbatte’ nuovamente la porta. 

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Capitolo 34
*** UN DOLCE SEGRETO ***


“Ah..ah..ah! Bastardo farabutto “- una sonora risata –“ Ma le vostre idee mi aggradano all’inverosimile. Mi piacerebbe tanto sapere come vi vengono in mente disegni così perversi”- innalzò il bicchiere dedicandogli un brindisi –“ Siete un vero tripudio di malvagità!!!”
L’uomo incurvò l’angolo della bocca compiaciuto –“ Le persone come me esistono per alleviare i tormenti di altre come voi”
“Alleviare? Forse volete dire risolvere i problemi….”- tossì ripetutamente.
“Non è forse un tormento il vostro? Se non fosse così non sarei qua. Vi pare?”- il tono di voce perennemente pacato.
“E ditemi….farete tutto da solo? Nessun supporto?”- 
“Mi basta che i vostri uomini siano pronti…per concludere il tutto!”
“State tranquillo. E ’ tutto pronto. Ma….se qualcosa andasse storto?”- tentò per l’ennesima volta di scrutare il viso sotto il cappuccio scuro.
“Non vi fidate?”- si ritrasse nell’ombra. 
“…vorrei tanto sapere per quale motivo non vi siete mai mostrato. E’ come se avessi rapporti con un fantasma!”- irritato.
“Non necessitate di conoscere chi io sia. Ciò che deve importavi è il risultato finale” 
“Schifosa carogna. Continuerò a fidarmi di voi”- riempì nuovamente il bicchiere.
“Se un giorno non finirete sulla forca, sarà quella porcheria che bevete ad uccidervi! “- 
“Voi invece…potreste crepare anche prima…!”- sbottò 
“Non preoccupatevi… godo di ottima salute….e ….non temo per la mia incolumità.”
“Ne siete convinto?”- lo sfidò.
“Mettermi alla prova sarebbe un vostro rischio, posso garantirvelo! “- lo freddò.
L’uomo tacque quasi spaventato da quella avvertita come una minaccia.
“Fate quello che dovete!”- gli ordinò –“Sarà tutto pronto. Voglio un lavoro pulito….comprendete bene quello che intendo!”
“Non dubitate! “- scomparve nell’ombra come sempre….
Si pulì la bocca sporca di liquore –“ Finalmente….”

Dopo essersi cambiata Oscar scese a cena.
“Buonasera, bentornata”- Emilie si accorse del viso cupo di lei –“ Giornata intensa?”
“Abbastanza”- gli occhi chini senza alcuna voglia di parlare.
La sedia di André ancora vuota.
Poco dopo fece il suo ingresso. Non poté  non presenziare….questione di buon educazione nei confronti del Generale e Madame.
“Vi prego di scusarmi…”- sedette in silenzio.
“Nessun problema ragazzi. Questa sera siete piuttosto stanchi”- Augustin fiero dei suoi ragazzi.
Non si scambiarono un solo sguardo.
A differenza del consorte, Emilie percepì tutta la tensione fra i due.
Oscar più che cenare giocherellò col cibo nel piatto. Non le andava proprio di stare a tavola con lui.
Attese che i suoi genitori terminassero. 
“Noi ci spostiamo in salotto”- il Generale prese la moglie sottobraccio.
“Quando fai così  proprio non ti sopporto!”- lasciando scivolare rumorosamente le poste nel piatto.
“Non è sicuramente il luogo per discutere!”- osservò André. 
“Bene…..allora usciamo!”- alzatasi si diresse verso il terrazzo.
La raggiunse.
“Vorrei comprendere come ti salta in mente di fare illazioni assurde su Girodelle!”
“Perché lo difendi tanto? Voglio ricordarti che non tantissimo tempo fa chiese la tua mano al Generale!”- verde dalla rabbia.
“Ma come puoi ben notare non ho accettato! ….e dovrei convolare a nozze con te….fino a prova contraria!”
“Tu sei cieca allora!”- le andò vicino quasi con fare minaccioso.
“No, sei tu che sei accecato dalla gelosia e questo mi da fastidio. Non posso pensare di dividere la mia vita con qualcuno che non riesce a darmi fiducia!” – 
“Qui non si tratta di fiducia. E’ una vita che lotto per quest’amore. Non riesci a capire che non è mancanza di fiducia nei tuoi confronti? Il problema sono certe persone con cui hai a che fare!”
“So gestirmi da sola, non credi?-
“Oscar….odio rivangare il passato e non voglio darti colpe ….ma sii obiettiva. Fersen, Alain, Girodelle…”-
“Alain?...tu stai sinceramente farneticando!”- scosse il capo incredula.
“Si, Alain!”- ribadì.
Lo fissò dritto negli occhi –“ Dimmi che stai scherzando?”
Aggrottò la fronte –“ No, affatto!”
“….ti dà  veramente di volta il cervello!”- scioccata.
“Non hai mai fatto caso a come ti guardava, come si comportava con te? Sei talmente ingenua a volte ….”
Volse le spalle stupita a quelle parole.
“Non ho mai voluto dirtelo…..sono sempre stato convinto te ne fossi accorta”
“André. …io non  ci ho mai fatto caso…e mi sembra assurdo da parte di uno come lui….in più mio soldato e tuo amico”
“Ora lo sai”- un lungo sospiro come fosse stata una liberazione quella confessione –“ Qui non c’entra essere soldato o amico… poi non aggiungo altro!”
Tornò con lo sguardo in quegli occhi come giada –“ Perdonami André. …io….io ti amo, ti amo da morire e quello che desidero è che tra di noi ci sia fiducia reciproca, serenità e sincerità…non voglio che tu sia geloso, non deve essercene motivo”
Le mani di lei sul suo volto a stringerlo.
“…ci proverò…”- cingendola per la vita.
“Tu sei la mia vita, non ho occhi che per te….non avere più dubbi.”
“Ciò non toglie che il problema Victor …..”
“Ascolta. Ho rifiutato allora, glielo dissi chiaramente che avrebbe dovuto dimenticarmi. In più quando ci siamo incontrati a Brest la prima volta gli dissi che il mio nome è Oscar Francois Grandier….madame Grandier!”
Come una ventata di gioia sul cuore nel sentir pronunciare quel nome.
“Io non voglio essere un marito despota.  Con me ti sei sempre sentita libera e così deve essere in futuro. Vorrei solo che imparassi ad aprire meglio gli occhi. Oscar,  a volte hai l’ingenuità di un bambino. Mettiti in testa che non sei un soldato e soprattutto non sei un uomo. E anche altri hanno saputo guardarti per quello che sei realmente …una donna, una splendida donna.”
Lo ascoltò in silenzio con gli occhi lucidi.
“Tu hai sempre odiato la tua immagine riflessa allo specchio. La vita che ti ha imposto tuo padre ha fatto sì che rifiutassi il tuo lato femminile. Ora guardati.”
Sorrise. 
Si sollevò  sulle punte dei piedi accostandosi al suo orecchio – “….non preferiresti farlo tu?”.
Quella breve tempesta spazzata via…..
Lo lasciò solo sul terrazzo.
André  la seguì con la coda dell’occhio.
S’incamminò  lungo il corridoio dando prima una sbirciatina nel salottino. Madame e il Generale si erano già ritirati.
Richiuse la porta. Sapeva bene che l’avrebbe ritrovata lì.
Quelle dita sottili lungo i bordi della camicia….scesero verso la cinta, insinuandosi sotto il tessuto leggero ….indugiando per assaporare il calore della sua pelle.
Risalendo lungo il torace sentì i muscoli contrarsi al passaggio delle mani.
Le lambì delicatamente le labbra.
“Spogliami”-  lo intimò. 
Le fece sollevare le braccia e in un attimo una cascata di riccioli biondi scivolarono a coprirle i seni.
Lui li prese nei palmi delle mani accarezzandoli. Poi avvicinò la bocca…
Chiuse gli occhi rovesciando la testa all’indietro assaporando quella splendida sensazione.
André  sapeva come toccarla ….sapeva come farle desiderare a chiedergli di più .
Quando gl’indumenti furono a terra lo spinse facendolo ricadere sul letto.
Portò le mani alla cinta slacciandola, mentre le mani a scorrere lungo i fianchi trascinando verso il basso i pantaloni, accompagnando quei gesti con un susseguirsi di piccoli baci sul ventre …..a scendere lungo un percorso pericolosamente sempre più  infuocato di piacere.
André si sollevò sui gomiti per godersi quello spettacolo ….peccaminoso. 
Quando le labbra raggiunsero la meta un gemito inciampò fra i denti.
Oscar alzò leggermente gli occhi e fu allora che lui la prese per le mani trascinandola su di sé. ..e rotolando si stese su di lei immobilizzandola.
Due corpi allacciati in una perfetta aderenza.
Le bocche sovrapposte come i battiti dei loro cuori.
Tenendola per i polsi con la punta della lingua si dedicò a tormentarle quei due boccioli turgidi.
Ondate incontrollabili di piacere l’attraversarono ….un susseguirsi continuo di gemiti sempre più ravvicinati tra loro.
“André. …ti prego….”- lo supplicò travolta dal desiderio.
Risalì a cercare la sua bocca e lei gli circondò i fianchi con le gambe, inarcandosi contro di lui.
“Sono tua ….solo tua …”- gli sussurrò con il fiato reso corto da quella tempesta di passione.
Le accarezzò  il viso perdendosi in quegli occhi celesti .
Mugugnò sentendolo farsi strada in lei con movimenti lenti seguiti da affondi sempre più ingordi d’amore.
In un lungo gemito all’apice del piacere spalancò gli occhi per poi richiuderli nuovamente rivoltando il capo all’indietro.
Lo vide deglutire e trattenere per un secondo il respiro nell’attimo in cui l’appagamento raggiunse il culmine.
Adagiato al suo fianco, la pelle velata di sudore….entrambi svuotati dal desiderio…..gli occhi pieni d’amore.
Le prese la mano e avvicinandola alla bocca la baciò –“ …ti amo…”- si soffermò a guardare quell’anello –“ Lo porti sempre…”-
“…Non è forse il tuo pegno d’amore? “-
Tacque.
“…tu….vuoi ancora sposarmi, vero?” – 
“Non dovrei?....”- un sospiro profondo “- Madame Grandier…capricciosa come un bambino. A volte penso che dovrei cominciare a sculacciarti…”
Sedette sul letto contrariata. 
Portò le mani in avanti quasi a chiedere una tregua –“ Non ricominciamo con le discussioni….”
Sorrise maliziosamente –“ …perché  no? Non mi sembra che…..ti dispiaccia far poi la pace…”- si avvicinò sfiorandolo con un bacio.
“……no, basta litigi…..discutere con te mi sfianca ….”
“….esagerato!’- incrociò le braccia girandogli le spalle.
Sghignazzò –“ Dai…vieni qui!”
Si adagiò sul suo torace giocherellando con i suoi capelli morbidi.
“Ho l’impressione che finalmente tu abbia messo un po’ di carne….”- all’improvviso.
“Dici?” – sedette nuovamente cominciando a guardarsi.
“…..si…un po’ …..hai il seno più tondo…..anche sui fianchi….Ora stai meglio. Ti ho vista così magra fino a poco tempo fa….”
Arricciò il naso facendo una smorfia con la bocca –“ …sarà. ….be, si….forse qualcosina…ma…”
“Ma?”
“….niente….”-
“Ehi….”- dritto di fronte a lei prendendola delicatamente per il mento –“ tutto  bene?”
“…mi capita di avere qualche capogiro. ….”-
“….hai ancora quella tosse?”-
“No…tranquillo, te lo avrei detto….solo giramenti….”
“Perché  non fai un salto da Thomas?”- la incoraggiò.
“….non è nulla, tranquillo! “ – accoccolandosi fra le sue braccia.
Sollevò il lenzuolo fino a coprire entrambi.
“Non ti ho nemmeno domandato com’è andata oggi da Mornay..”
“E’ veramente un luogo magnifico dove lavorare”- gli occhi gli si illuminarono –“ Se avessimo necessità ha persino messo a disposizione un’abitazione tutta per noi, nel caso “
“E’ fantastico vederti così entusiasta”
“Ci sono un paio di fattrici oramai al termine….potrebbe essere anche domani!”
“Veramente?...dev’essere emozionante assistere al parto di un cavallo”
“Si…molto. E ’ un’esperienza incredibile”
Sedette sul letto e si rivestì –“ Mio caro Grandier diventerete un gran allevatore!”- 
Sistemati i polsi della camicia si chinò su di lui –“ Buona notte mio bello stallone!” – lo baciò teneramente e con circospezione uscì  richiudendo la porta alle sue spalle.
Allungatasi in cucina per un bicchiere di latte notò una luce in salotto.
Si affacciò e scorse sua madre intenta a leggere.
“Vi credevo già a dormire….posso?”- accostandosi alla poltrona.
“Certo Oscar, siedi pure. Non capita molto spesso che si riesca a stare da sole a chiacchierare”
“Volete che vi prenda qualcosa da bere?”- posando il bicchiere sul tavolino.
“No cara, grazie.”- richiuse il libro sulle gambe.
“Non riuscite a riposare?”- sorseggiò il latte.
“ Questa sera va’ così”- scrutò attentamente lo sguardo di Oscar –“ Ti ascolto ….penso tu abbia qualcosa da dirmi“- accennando ad un sorriso. 
Tentennò mentre con l’indice lisciò ripetutamente il bordo del bicchiere.
“Vuoi parlarne?”- prese la parola per spingerla a sciogliere ogni esitazione.
Alzò gli occhi spalancandoli. Non potevano esserci dubbi. Sapeva. –“ Credete che….?...come lo avete capito?”
“Non credo, ne sono certa” – un tono carezzevole –“ ho un po’ di esperienza in campo!”- Rimase a fissarla mentre la vide stringere forte le mani tra loro. 
“….ho bisogno di certezze”.
“ Se ti fa piacere posso accompagnarti da Thomas”- 
“Vorrei andare domani….nel pomeriggio, al mio rientro da Brest. Devo sapere!”- 
“La cioccolata, i pallori, poi il volto giorno dopo giorno più raggiante, le nausee, i giramenti di testa….direi tutto molto chiaro”
Un sospiro profondo mostrò tutta la sua preoccupazione.
“Spaventata?”- le sedette accanto.
Scosse la testa –“ Sinceramente non lo so….no, io…..”
“Il matrimonio è alle porte. ..nel caso fosse tuo padre il problema”- tentò di rasserenarla.
Calò nuovamente il silenzio.
Si sporse verso di lei prendendole una mano –“ Non temere. I figli sono uno splendido dono.”
“Non posso nemmeno dire ‘non me lo aspettavo’….la verità è che non pensavo così  presto”
“…in luglio?...la sera della festa di commiato! “- 
Strabiliata dalle parole della madre. Avvampò abbassando gli occhi. 
Madame l’accarezzò tra i capelli –“Forse è stato un bene che tu abbia scoperto l’amore ora….più  matura e indubbiamente consapevole dei sentimenti che provi….e hai accanto un uomo veramente meraviglioso. André è un bravissimo ragazzo, ti conosce da una vita, ti capisce, ti supporta….e sopporta, ma soprattutto ti ama come nessun’altra.  Sarete una splendida  famiglia”
Sentì salire le lacrime –“ Madre….io  ….io credo di sapere ora cosa sia la felicità “- 
“Figliola mia…!”
Oscar pianse china sulle ginocchia della madre, pianse di gioia. 
Tra un singhiozzo e l’altro sollevò lo sguardo  –“ Se avremo la conferma vi prego di non farne cenno con alcuno. Desidero sia una sorpresa per André ….il giorno del matrimonio… “.
“Potrai contare su di me per qualsiasi cosa”- le strizzò l’occhio portando l’indice alle labbra.
Sorrise annuendo –“ Vi ringrazio madre, dal profondo del cuore”
“Ora vai a riposare, domani sarà una giornata intensa.”- la invitò ad alzarsi.
Passò il dorso di una mano sugli occhi asciugandosi le lacrime. Un cenno di saluto.
Percorse quel corridoio e le scale come ubriaca, pervasa da un susseguirsi di emozioni una diversa dall’altra.
Raggiunta la sua camera, richiuse la porta, spogliatasi ripose gli abiti sulla poltroncina e finalmente si coricò.
Distesa sul letto, mille pensieri affollarono la sua mente mentre una mano scivolò piano sul ventre. Lo accarezzò ripetutamente –“ Ci sarai veramente?”- 
Si volse su di un fianco.

Aveva a malapena avuto il tempo di stringersi a lui per un saluto di buongiorno accompagnato da un bacio dolcissimo che André si mise a cavallo per dirigersi di buon’ora all’allevamento di Mornay.
“Farò molto tardi se dovrò seguire il parto delle due fattrici. Oscar…..vorrei che tu non andassi….”- riferendosi alla cena a casa di Victor - …ma di te mi fido ciecamente. Ti prego, se deciderai di andare promettimi che farai attenzione”
“Stai tranquillo. Ti aspetterò sveglia.”
“No, vai a dormire. Non so quanto tempo ci vorrà. …potrebbe essere anche tutta la notte. Ci vedremo tuttalpiù domattina.”
“D’accordo. Buona giornata”
Lo vide allontanarsi mentre i primi raggi del giorno accarezzarono i profili di casa Jarjayes .
Terminò velocemente di fare colazione. Infilato un piede nella staffa si volse verso Nanny –“ Potresti prepararmi per questa sera la camicia di seta bianca?”
“Credevo avresti indossato un abito più appropriato per l’occasione”- alquanto meravigliata.
“Non me la sento. Preferisco vestirmi come solito. Non penso che Cecile farà molto caso al tipo di abbigliamento’
“Chiederò a Rosalie di provvedere”
“So che ha ricevuto notizie da Bernard. “
“Dovrebbe tornare dall’Inghilterra la prima settimana di ottobre. A tal proposito sarebbe il caso dar inizio alla ricerca di una nuova ragazza. Sai bene che farà rientro a Parigi”
“Parlane con mia madre, vedrai che ti dirà come comportarti. Magari ci daremo un occhio domani. Non avrò sicuramente tempo di pensarci questa sera”
“Certo,  la cosa migliore da fare è comunque cominciare a vedere chi potrebbe eventualmente sostituirla.
“Ah!”- spronò Cesar al galoppo e in cuor suo il desiderio di sapere…

Una mattinata intensa alle scuderie Mornay. 
“Grandier…venite…qualcosa sembra non andare”- uno dei lavoranti richiamò la sua attenzione.
“Che cosa succede?”- arrotolò le maniche entrando nel recinto riservato ad una delle due cavalle. 
“Guardate sul ventre!”
André vi passò leggermente sopra la mano. L’animale emise un nitrito. 
“Tranquilla…va tutto bene”- le sussurrò –“ Non è nulla. E’ semplicemente un edema classico della prossimità al parto. Non preoccupatevi. Un ristagno di liquido dovuto alla mancanza di movimento. L’importante sarà fargliene fare successivamente il prima possibile per garantirne il riassorbimento.”
All’improvviso l’animale si rialzò spaventando i presenti.
“Usciamo …..rientrerò a momento opportuno”
Si coricò e si rialzò più di una volta girandosi su se stessa, gemendo.
“Non perdetela d’occhio. Nel caso vi fosse la perdita delle acque chiamatemi. Vado a seguire la fattrice nell’altro recinto. Portate della nuova paglia pulita e adagiatela in quell’angolo.”
I vari lavoranti eseguirono precisi gli ordini.
“André tutto bene?”- Mornay apparve sulla porta della stalla.
“Al momento direi di si. Per questa oramai siamo al termine”- non fece in tempo a concludere il discorso che si cominciarono ad intravvedere le zampe anteriori.
Lentamente, dopo un breve riposo ed una nuova spinta fuoriuscì la testa.
“Coraggio piccola….”- le accarezzò il manto.
I minuti trascorsero velocemente e finalmente apparve il resto del corpo.
“Passatemi le forbici”- quando smise di pulsare André recisi il cordone.
Appena le fu possibile, la cavalla prese ad accudire il bellissimo puledro. Lo leccò affettuosamente per ripulirlo. 
“Uscite dal recinto…fuori, fuori!”- intimò a tutti.
Rimasero ad ammirare il piccolo tentare di rialzarsi.
“Grandier, ottimo lavoro!”- Mornay gli diede una vigorosa pacca sulla spalla.
Sorrise entusiasta del risultato –“ Non abbiamo ancora terminato. Ora c’è l’altra da seguire. Prevedo sarà lunga.”

L’ addestramento si svolse nel piazzale.
Victor sistemò la sedia in modo da riuscire a vedere Oscar attraverso i vetri della finestra e a seguire ogni suo minimo movimento.
“Siete splendida. Nessuna sa muoversi come voi.”- gli occhi fissi a scrutare ogni curva di quel corpo.
“Stasera finalmente …..sapeste, non vedo l’ora…..”
Si fece portare dell’acqua fresca. Oramai quasi ora di pranzo lei sarebbe sicuramente passata per un saluto ed accordarsi per la cena.
Così fu.
“Oscar, l’ennesima lezione perfetta.”- allungandole un bicchiere.
“Oggi devo dire particolarmente pesante!”- 
Le fece cenno di accomodarsi.
“Grazie….giusto qualche minuto “- sedette sul divanetto.
Victor scorse una goccia di sudore attraversarle una guancia, a scendere lungo il collo insinuandosi oltre l’apertura della camicia, in quella zona d’ombra che poteva lasciar immaginare solo pensieri oltre la normale decenza. 
Deglutì sentendo tutta l’eccitazione ripercuotersi sotto la cintura tendendo al limite la tela sottile dei pantaloni. Sedette per non dare nell’occhio. 
“Rientrate ora?”- tergiversò’.
“Si….ho un impegno con mia madre nel pomeriggio”- i battiti del cuore accelerare al pensiero.
“Vi manderò una carrozza per le sette. Gradite un orario differente?”- 
“No, è perfetto. Avrò così il tempo di fare tutto”
Le allungò  un fazzoletto per tergere la fronte.
Sorrise –“ Gentilezza e cortesia vi caratterizzano in qualsiasi situazione. Siete indubbiamente un uomo da ammirare.”
“Mi auguro non solo”- aggiunse dopo essersi ripreso da quello intenso stato di desiderio.
Oscar si alzò –“ Ci vediamo più tardi”-
La precedette nel cortile facendo cenno ad un cadetto perché le portasse Cesar.
“Fate attenzione lungo la strada”- le porse le briglie.
“Certo. Vi ringrazio di tutto”-

Philip fermò la carrozza di fronte all’abitazione di Thomas.
Una giovane donna aprì loro la porta – Madame Jarjayes, Oscar. …prego”- richiuse accompagnandole nella veranda estiva –“ Avevate appuntamento?”
“No… Thomas immagino ci scuserà per esserci presentate così all’improvviso ma trattasi di una questione piuttosto particolare…”.
“Ve lo vado a chiamare. Nel frattempo gradite da bere?”-
“No grazie, siete molto gentile”- 
La donna si allontanò.
Emilie ed Oscar rimasero in attesa ammirando lo splendido giardino dietro la vetrata.
“Un luogo incantevole,  non trovate madre? “
“Decisamente rilassante”-
Dopo pochi minuti apparve Thomas –“ Signore….i miei omaggi. Una piacevolissima sorpresa avervi qui”- 
“Vi prego di scusarci, non saremmo venute a disturbarvi se non fosse per un motivo…..importante!”- puntualizzò’ la madre.
“Deduco sia anche delicata da come me l’avete esposto. Accomodiamoci nel mio studio”- si spostarono in una stanza laterale. 
Un’immensa libreria ricolma di testi medici, alambicchi, strumentazioni strane.
“Voi madame come state?”- sedette alla scrivania.
“Bene, vi ringrazio. Ma a dir la verità non siamo qui per me…”
Lo sguardo dell’uomo si volse verso Oscar. Osservò attentamente quei lineamenti che gli parvero addolciti dall’ultima volta –“ Vi siate ripresa bene….avete seguito attentamente le mie prescrizioni?”
“Si, sono stata piuttosto scrupolosa nel seguire un’adeguata alimentazione, aria pulita, riposo…”-
Emilie tossì a schiarirsi la voce sentendo quelle parole.
Incrociò gli occhi della madre –“ D’accordo…ho cercato di riposarmi …ma ….ecco, sono sempre stata molto attiva e ritrovarmi ora così in una sorta di inerzia è stata una vera e propria distruzione psicologica. Non ho resistito, ho dovuto fare assolutamente qualcosa per non deprimermi”
“Se tutto questo può avervi aiutato…ben venga. Dunque?”- incuriosito.
“Sono tornata a fare quello che ho sempre fatto…o per lo meno ….analogo. Seguo i cadetti alla scuola militare a Brest.”
“Ciò  può voler significare semplicemente che state bene. E di questo non posso che compiacermi.  Ma non credo siate qui per questo”-
“Decisamente no!”- avvampò  leggermente.
Thomas non era solito esternare emozioni e sentimenti ma in quell’occasione non poté non sorridere.
“Da quanto non siete più regolare?”- avendo compreso al volo.
“Due mesi…direi”- sorpresa che avesse intuito l’argomento.
“Raccontatemi pure”- incrociò le mani sotto il mento in attento ascolto. 
“Tutto ha avuto inizio con capogiri,  senso del gusto alterato, nausee…..ho avuto un calo di peso corporeo improvviso, ora però ho come la sensazione di aver ripreso ogni chilo perso e anche qualcosa di più”
“Avete tensione al seno?”-
“Più che tensione i seni sono più pieni,  tondi….e….”- arrossì nuovamente –“ la colorazione. …è  differente….e anche l’ampiezza…”
“Parlate dei capezzoli?”
Rossa accesa per la vergogna annuì in silenzio.
“Non c’è  nulla di cui scandalizzarsi….”
Un sospiro. 
Oscar incrociò gli occhi di sua madre. Un cenno col capo.
“Avete piacere che Madame resti?”- sciacquandosi le  mani.
“Si, assolutamente”- la sua forza in quella situazione.
“Potete allentare la camicia?”-
Oscar si scopri nonostante l’imbarazzo.
Allungò le mani verso di lei –“ Posso?- 
Mosse il capo in senso di approvazione.
Thomas prese a tastarle i seni.
Ebbe un sussulto. Nessun uomo tranne André si era mai permesso di farlo. Solo lui, il suo uomo, il suo futuro marito….fu una strana sensazione quella di sentire un altro su di lei, nonostante si trattasse di un medico.
Eppure in quei tocchi percepì tutta la professionalità di quel giovane. 
Attento, premuroso…..il suo mestiere.
Terminato le fece risistemare l’indumento.
“Vi spiace sdraiarvi su quel lettino e abbassarvi un po’ i pantaloni?
Anche questa volta fece quanto le venne chiesto.
Le tastò il ventre ripetutamente. 
“Ascoltate, se ve la sentite posso anche visitarvi in maniera più specifica.  Questo solo se lo desiderate….”
Una condizione psicologica indubbiamente di disagio derivante dalla situazione, ma non poté far altro che accondiscendere. Doveva, voleva sapere. E del resto di Thomas poteva fidarsi. L’aveva aiutata a liberarsi già da un macigno in precedenza….
“Oscar….vuoi che esca?”- 
Fece cenno a sua madre di non muoversi –“ Ti prego….”-
Ripiegò i pantaloni in un angolo e rossa paonazza si sdraiò su quella sorta di lettino.
Il viso reclinato su un lato. 
Chiuse gli occhi aggrottando la fronte.
“Cercherò di fare presto”- volle rasserenarla.
Le parve che il tempo si fosse fermato. 
Deglutì ripetutamente. Possibile che ci volesse così tanto?
Il cuore battere veloce. 
Provò a pensare ad altro ma sentire Thomas perlustrarla le fece quasi venire le lacrime .
“Potete rialzarvi” – sciacquò nuovamente le mani e tornò a sedersi.
Oscar si ricompose e attese in silenzio.
“Cosa vorreste che vi dicessi in questo momento?”- scrutò attentamente il suo sguardo a carpire ogni benché minima emozione.
“Io…..”- la voce flebile –“ …ditemi che è  tutto vero!”
“Allora ho poco da aggiungere! “- le labbra a distendersi in un sorriso –“ al momento tutto procede bene. Il vostro sogno si realizzerà la prossima primavera”.
Non riuscì a trattenersi ed esplose in un pianto liberatorio e di gioia.
Madame Emilie si avvicinò abbracciando la figlia.
“Che meraviglia cara…..”- si strinsero forte. Una felicità indescrivibile.
“Ascoltate” - continuò – “Questi mesi sono i più delicati anche se attualmente siete in perfetta salute dovete seguire alcune regole fondamentali”-
Le due donne rimasero in ascoltò.
“Innanzitutto evitate assolutamente di andare a cavallo. Cercate di mangiare variato abbondando in pesce, verdure, frutta. Riposate. Passeggiate all’aria aperta finché la stagione lo permetterà. Se desiderate continuare nel  vostro impegno alla scuola militare non ci sono problemi, purché  non eccediate. Nel caso di dolori strani, sanguinamento improvviso o qualsiasi altra situazione anomale non abbiate paura di venire subito. Anche la notte.”
“Thomas…..non so come ringraziarvi”- allungò la mano.
“Faremo un controllo fra un mese esatto. Il padre lo sa già? “- azzardò. 
Gli occhi brillare di felicità –“ ….ancora no….sarà il mio regalo il giorno del matrimonio!”
“Non trovo momento più bello!”- rispose calorosamente a quella stretta –“ Allora ci vediamo in ottobre.”
“Sentite….be, mi farebbe immenso piacere presenziaste al mio matrimonio!”
“Con piacere. Quando sarebbe?”-
“Il 30 di questo mese”- emozionata.
“Siamo agli sgoccioli”- ridacchiò.
“Vi manderò la carrozza a prelevarvi”-
“Lasciate….potrei venire con Beatrice. Magari la carrozza potrebbe servirvi. ..”-
“Perfetto. Allora vi aspetto!”

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Capitolo 35
*** L' ULTIMA NOTTE ***


“Rosalie hai preparato la camicia di seta per Oscar?”- Nanny intenta ad ultimare la cena.
“Si, è tutto pronto. Ha un impegno galante questa sera?”- riempì le caraffe di acqua fresca.
“…..oh….deve andare da quel capellone …..” – sbuffò indispettita –“ Non riesco proprio a capire perché vada. Non mi piace, è inutile. Ha qualcosa negli occhi …..”
“Suvvia….Madamigella sa quello che fa!”- le posò una mano sulla spalla come per rassicurarla.
“…me lo auguro…”- sibilò –“ la mia bambina…dovrebbe pensare ad altre cose, dovrebbe rimanere a casa in attesa del suo futuro consorte, non andare a girare la sera!”- agitando nervosamente un coperchio.
Rosalie rise di gusto portando in tavola piatti e posate.
Madame e Oscar richiusero la porta..
“Ho bisogno di un bagno” – sfinita ma al settimo cielo.
“Mi raccomando, non troppo calda l’acqua!” – consigliò la madre.
“Grazie….di tutto!”- la prese per una mano.
“Andrà tutto bene”- le sorrise.
Salì di corsa in camera, ripose gli abiti sudati in un angolo, preparò la vasca e vi si immerse. C’era ancora tempo prima che la carrozza di Girodelle venisse a prelevarla. 
Si calò nell’acqua poggiando la testa sul bordo ed assaporando quel piacevole tepore.
Il pensiero tornò a quel pomeriggio: la sensazione strana di sentire le mani di un altro uomo sul suo corpo…..si, certo, un medico. E che medico! Thomas nonostante tutto aveva fatto veramente il possibile per metterla a suo agio. Ma i battiti del cuore accelerati per ben altro.
La mano scivolò lentamente sul seno accarezzandone le rotondità a scendere poi sul ventre ove si soffermò a lungo –“ Ci sei,  ora è  una certezza. Ci sei amore mio…..Che madre strana ti ritroverai….una madre maschiaccio. Ti amo…frutto di un amore incredibile. Presto lo saprà anche tuo padre. Per fortuna poco più di una settimana…e non sarai più un segreto per nessuno.”- 
Ultimò di lavarsi. Uscendo dalla vasca si spinse verso la finestra. L’occhio ricadde in fondo a quel vialetto alberato, verso la dependance –“ Ci siamo quasi”- mormorò.
Indossò la camicia di seta bianca, pantaloni e giacca.  Una manciata di secondi davanti lo specchio a sistemare i capelli.
Scese a salutare –“ Vi auguro una buona cena”- affacciandosi sul salotto.
“Buona serata cara”- Madame si pulì un angolo della bocca.
“Beh…siete state da Thomas e non mi dite nulla?”- le bacchettò il Generale.
“Un semplice controllo”- Emilie fece cenno alla figlia di andare –“Oscar gode di ottima salute!”- rivolgendosi poi ad Augustin.
“Voi due messe assieme mi fate paura. Siete sempre state l’una la complice dell’altra. D’accordo, mi fiderò- versandosi del vino.
La carrozza pronta davanti casa.
“Rientrerai tardi?”- Nanny piuttosto contrariata.
“Tranquilla, si tratta di una semplicissima cena con due vecchi amici. Non preoccuparti. Immagino tu sia al corrente che André potrebbe non tornare prima di domattina.”
“ Si,  me lo ha detto…spero comunque non sia così. Da quando viviamo qui ….forse la vecchiaia forse non so cosa, non ho piacere sapervi fuori la notte!”- strinse nervosamente il grembiule.
“E come farai quando ci trasferiremo nella dependance …che non potrai più controllarci? “- scoppiò in una risata.
“Ridi ridi….mi prendete sempre in giro. Ma io vi voglio bene. Io vi ho cresciuti. E continuerò fino all’ultimo a preoccuparmi per voi!”- imbronciatissima.
“Lo so nonna, ma André ed io siamo adulti e sufficientemente capaci di gestirci responsabilmente”- accomodatasi in carrozza –“ Sarebbe molto carino da parte tua farmi trovare una bella camomilla calda al rientro”
“Oscar…..fai attenzione!”- fissandola negli occhi.
“Andiamo!”- incitò il cocchiere.
Nanny a seguirla con lo sguardo fino dove poté –“Capellone antipatico!”- rientrando in cucina.

“Signore avete delle preferenze per il vino di questa sera?”- il servitore porse due bottiglie differenti a Girodelle.
“Mettile in tavola entrambe. Madamigella Oscar apprezzerà, ne sono certo”- sostò di fronte allo specchio sistemando il prezioso foulard attorno al collo –“ Finalmente…..a breve sarete qui. Solo il cielo sa quanto abbia desiderato una serata come questa!”- mormorò -“E Cecile?....Cecile non sarà un problema…..tutto è stato studiato nel minimo dettaglio.”- udì la carrozza fermarsi.
“Victor..”- la sorella apparve in sala.
“….che brutta cera, stai bene?”- si avvicinò porgendole il braccio.
“La solita emicrania….”- portò il dorso della mano alla fronte.
“Hai preso qualcosa?”- si avviarono per andare a ricevere l’ospite. 
“Magari più tardi. Non posso sicuramente defilarmi ora, ti sembra?”-
“Ti preparerò la solita polverina dopo il dolce….sempre che tu riesca a resistere!”
”Ci proverò”- 
Uno dei servitori aprì la porta.
“Oscar…mia carissima Oscar “- Cecile l’abbracciò affettuosamente baciandola sulle guance.
“Cecile…è una gioia immensa rivedervi dopo così tanto tempo !”-
“Siete uno splendore”- osservandola attentamente.
Avvampò’ leggermente. 
Victor sorrise maliziosamente –“ Siete sempre splendida….non solo questa sera!”-
“Concordo pienamente fratello mio. Voi siete di un’ unica e rara bellezza!”-
“Ve ne prego….non sono abituata ai complimenti!”- 
“Venite avanti, accomodatevi. Victor prendi la giacca di Madamigella!”- invitandolo ad aiutarla.
“Questi sono per voi”- le allungò una scatola raffinatamente preparata –“di puro cioccolato svizzero”-
“Vi ringrazio, non dovevate …..-“ scartò l’involucro –“ cioccolatini! La dimostrazione che nonostante sia trascorso molto tempo ricordate ancora la mia passione per queste piccole delizie”
“Signori…la cena è servita”- avvisò uno dei domestici. 
Victor scostò la sedia facendo accomodare Oscar
“ Vi ringrazio”- un sorriso.
Poi fece altrettanto con la sorella.
“Grazie Victor”
La conversazione fu fluida e piuttosto viva. Non ci fu un solo attimo di silenzio.
Oscar rispose a tutte le domande di Cecile cercando tuttavia di deviare quelle troppo personali e particolari.
E stranamente non venne mai toccato l’argomento matrimonio per tutta la serata.
I ricordi degli anni a Versailles, la Bastiglia, la sua salute, il trasferimento a Le Conquette….L’incontro con Girodelle.
“Non smettete mai di stupirmi. Sono felicissima che Madame e il Generale stiano bene. Noi qui a Brest siamo in pratica rinati.  La vita a Parigi era divenuta insostenibile. Oramai vivevo nel terrore. Qua abbiamo raggiunto quella pace di cui avevamo indubbiamente la necessità. Considerando anche il decadimento della famiglia reale”- sorseggiò del vino –“ Sapevate che la Contessa di Polignac  se n’è fuggita all’estero? “- accostò il dorso della mano alla bocca –“ lo definirei uno scandalo. Non appena la sorte non si è  più dimostrata benevola nei confronti dei sovrani, ha pensato bene di darsela a gambe levate. E’ comprensibile l’essersi allontanato da parte del Duca di Germain visto che non è mai esistita sintonia. Ma la Polignac…”la preferita” di Maria Antonietta…..”
“La sovrana me ne fece cenno in occasione di un nostro brevissimo incontro….”- sistemò le posate nel piatto. 
“Spero sinceramente che qui non possano giungere nemmeno gli eco degli scontri e trambusti di Parigi.”-
“Diciamo che al momento è tutto piuttosto tranquillo”- sogghignò. 
“Sareste pronta ad indossare nuovamente l’uniforme se foste chiamata a combattere? – azzardò .
Pronta fu la risposta –“ Ho abbandonato la divisa quel giorno sotto la Bastiglia. Ma sarei pronta ad imbracciare per l’ennesima volta il fucile se fosse necessario per il mio paese….. “- fiera come sempre.
“Affianchereste Robespierre?”
“Non credo….ma il popolo si…..Robespierre trasformerà le vie di Parigi in fiumi di sangue!”
“Avete le idee piuttosto chiare”- 
“La Francia sta attraversando un periodo difficile. Personalmente credo che il peggio debba ancora venire!”
Qui calò  il silenzio per la prima volta in tutta la serata. 
“Cecile…dovresti prendere la tua medicina…..e forse andare a riposati.”- Victor  tentò di rianimare la conversazione.
“State poco bene?”- 
“Ultimamente soffro di emicranie molto intense”- un lungo sospiro –“ Puoi prepararmi la medicina?”- al fratello.
“Vi siete rivolta ad un medico?”- 
“…si, mi è stata prescritta una polverina che fortunatamente riesce ad alleviare il malessere. Unica controindicazione che appena assunta devo coricarmi”.
Girodelle le porse il bicchiere con la soluzione.
Cecile bevve lentamente, asciugò gli angoli della bocca e fece per alzarsi. Il fratello le accostò la sedia.
“Grazie….”- lo baciò su una guancia –“ Oscar, vi prego sinceramente di scusarmi…..avrei tanto desiderato che la serata si fosse conclusa in maniera più consona alla circostanza. …”
“Non dovete scusarvi, siete stata una meravigliosa padrona di casa. Avremo sicuramente altre occasioni”-
“Accomodatevi in terrazzo….vi farò portare un ottimo distillato di famiglia da degustare”- si allontanò sottobraccio al Victor.
“Vi raggiungo a breve”- Girodelle si volse rassicurandola.
Oscar prese il calice e si diresse sul terrazzo. 
Una vista mozzafiato. Dal mare la brezza più fresca delle sere settembrine .
Socchiuse gli occhi assaporando quell’aura accarezzarle i capelli. 
Il pensiero andò ad André ….posò una mano sul ventre immaginando quale reazione avrebbe avuto di fronte a quella notizia. Un’ ondata di gioia la travolse e spingendo lo sguardo verso il cielo –“ Fa che questi giorni trascorrono in fretta…”
“Sognate?”- la voce di Victor la fece tornare alla realtà. 
Girandosi se lo trovò di fronte a pochissimi centimetri. Lo sguardo dritto nei suoi occhi. 
Le sorrise –“ Gradite allora un assaggio del distillato?”
“ …volentieri. Da quello che mi ha dato d’intendere Cecile dev’essere una vera specialità! “
Ne versò una piccola quantità e glielo porse.
L’aroma fruttato le riempì piacevolmente le narici. Accostò le labbra e ne assaporò un sorso.
La gradazione leggermente più alcolica del normale le provocò un gradevole bruciore lungo le pareti della gola. Fece un lungo respiro.
“Che ne dite?”- 
“Delizioso….ma ….uff. ..lasciatemi prendere una boccata d’aria….”- si voltò a cercare un po’ di respiro –“ indubbiamente una vera e propria particolarità. ..”- 
Una mano a scostarle delicatamente i capelli….le labbra sfiorarle il collo….scorrere lentamente risalendo verso un orecchio.
Due braccia si appoggiarono una da una parte e una dall’altra sul parapetto.
Sbarrò gli occhi e si girò di scatto .
Colta all’improvviso.
Quelle stesse braccia incredibilmente forti la trassero comprimendo il suo corpo contro quello di lui.
Le labbra sottili e morbide di Girodelle stampate sulle sue.
Sentirlo farsi strada in lei…cercandola con veemenza.
Scostò il viso da un lato –“ Victor….mio Dio….che state facendo?”- senza via di scampo.
“Oscar….io vi amo….Vi ho sempre amata…”- continuando a stringerla e a cercare la sua bocca.
“Siete pazzo! Lasciatemi andare!”- in un disperato tentativo di sottrarsi.
“…no…non cercate di fuggire…..io potrei rendervi felice come mai potreste immaginare.”
Dimenandosi disperatamente per liberarsi inciampò all’indietro ricadendo di schiena sul divanetto.
Girodelle su di lei con tutto il suo peso a bloccarla.
Bramoso di desiderio….le labbra scorrere sul collo questa volta a scendere oltre il limite –“ Vi desidero….voi non potete sapere quanto….”-
“Victor lasciatemi….io sto per sposarmi!”- furono le prime parole che le venne spontaneo gridare.
Si sollevò su di lei. 
Oscar ne percepì tutta l’eccitazione attraverso la tela dei pantaloni a contatto con le sue gambe.
“….vorreste sposarvi con un servo, il vostro attendente….uno stalliere? Meritate ben altro!!!”
“Vi prego….voi non sapete quello che state facendo!”
“Io so bene quello che sto facendo. E anche quello che voglio e quello siete VOI!”
“Smettetela….toglietevi di dosso”
“Piantatela di agitarvi tanto. Vorrei capire perché mi avete rifiutato quella volta! “
“Victor io amo André. ..l’ho sempre amato…”
“Bugiarda!”- la bloccò per il collo –“ Bugiarda! Un tempo siete stata innamorata del Conte di Fersen…credete che non lo sappia? Un amore il vostro non corrisposto. Del resto come poteva essere. Avreste voluto competere con Sua Maestà la Regina? ILLUSA! Come illusa siete ora con questo matrimonio assurdo! Voi non amavate André .…quindi anche il tempo può avere la sua valenza nel far nascere un sentimento. Così potrà essere per noi. Ora forse non vi è ben chiaro….ma vedrete….nel tempo imparerete ad apprezzare non solo la mia buona cultura ed educazione. ….bensì le mie doti amatoriali. Non potete immaginare quanto potrei farvi godere tra le lenzuola! “
Il disperato bisogno di riempire d’aria i polmoni. Cercò di elaborare velocemente qualcosa per liberarsi.
“Non dovevate rifiutarmi ….vorrei sapere cos’avete fatto o detto a vostro padre perché non insistesse nel decidere di farvi sposare. …io ero il miglior partito….ed ancora lo sono!
“Victor…”- la voce strozzata –“ ….io non potevo lontanamente immaginare quanto mi amaste. .!”
Allentò la presa sorpreso –“ Sareste disposta e ripensarci?”-
La gola dolorante. Non poté immaginare che avesse così tanta forza.
L’afferrò per il collo della camicia attirandola nuovamente a sé ed insinuandosi nella sua bocca.
Strinse gli occhi disperata. Scostò il viso urlando  –“ Lasciatemi Victor!!”- tremante ma con la poca forza ancora in corpo piegò di scatto un ginocchio colpendolo con violenza fra le gambe.
Si ritrasse scivolando a terra contorcendosi dal dolore. 
Oscar si alzò dal divanetto portandosi una mano alla gola. Piegata in avanti ansimando.
Sollevò lo sguardo cercando la sua giacca. La prese al volo e corse verso la porta.
“Dove andate?!”- le urlò quasi in un rantolo.
Scese velocemente le scale . La carrozza in attesa. 
“Riportatemi a casa!”- supplico ‘ il cocchiere.
La strada verso Le Conquette le parve interminabile.
Il volto tra le mani. Le lacrime a solcarle le guance.  I singhiozzi incontrollati. 
“André perdonami…..perdonami…!”- un fiume di disperazione –“ Amore mio….quanto avevi ragione. Perché non ti ho creduto. Tu vedi sempre oltre…perdonami…perdonami….”- si accasciò sul sedile. Le braccia incrociate, il pianto interminabile per tutto il tragitto fino a quando “Madame….siamo arrivati”-
Entrando in casa l’accolse il silenzio più totale.
Le lacrime senza tregua, il cuore in frantumi….
Si chiuse nella sua camera e sprofondò nel letto –“ André  ti prego …torna a casa….ti prego! Ho bisogno di te…André. ..!!!!


“Dannazione….è podalico!”- André chino  sulla cavalla si accorse dell’immensa sofferenza dell’animale. 
Mornay poco distante seguì impensierito. 
“Paglia pulita….portate della paglia pulita e dell’acqua…..veloci!”- il volto contratto e madido di sudore.
Le mani tra le zampe della fattrice tentando disperatamente di aiutarla a far nascere il puledro.
“Coraggio….ce la farai…..non arrenderti”- la povera bestia nitrì dolorante.
Spinse di più le mani per liberare il piccolo tra i lamenti della madre.
Ed ecco …..un ultima spinta con il suo aiuto.
Uno splendido puledrino.
Ricadde all’indietro sedendosi spossato.
“Grandier….non credevo c’è l’avresti fatta. Hai veramente le mani d’oro. “- Mornay pienamente soddisfatto.
I lavoranti si lasciarono andare ad un caloroso applauso. Due nuove vite in una giornata.
Alzatosi srotolò le maniche e si passò un asciugamano sul viso e sul collo.
La fattrice prese a leccare il piccolo ripulendolo da ogni traccia del parto.
“Paglia pulita anche qui….”- concluse –“ poi lasciateli soli!”
Uscì e rimase qualche istante con le braccia incrociate sul recinto ad ammirare la bellezza della natura.
“Bella soddisfazione, eh?”
“Un’esperienza come questa vale tutto il lavoro!”- 
“André. ..sono orgoglioso come foste un figlio!”- l’uomo sinceramente commosso.
“…devo ringraziarvi di tutto. Due giorni che sono qui ed è tutto …incredibile, unico….magnifico!”
“Sono io che devo ringraziare te”- la mano sulla spalla, gli occhi lucidi, la voce rotta dall’emozione. 
“Fra un paio d’ore il puledro dovrebbe essere definitivamente in piedi”
“Tornatene a casa ora. E ’ notte fonda oramai. Credo che ora sia la futura consorte ad aver bisogno di te”
Già. Non aveva avuto tempo di pensare ad Oscar un solo secondo.
Chissà se fosse andata alla cena da Girodelle. 
Si, sicuramente. Conoscendola. 
Ma di lei si fidava. Ciecamente. Del resto non avrebbe potuto comportarsi in maniera differente.
Testarda. Forse troppo. 
Era veramente il momento di rientrare a casa.
Sarebbe stata sveglia? 
“Prendila con comodo domattina”- Mornay gli sorrise. 
“D’accordo, grazie. Comunque non arriverò tardi. Voglio vedere come proseguirà il tutto con i puledri.”
“Vieni quando vuoi! “
Salutò e andò a prendere Alexander.

Leah si mosse fra le lenzuola. Alain?
Sedette sul letto strofinandosi gli occhi. 
Lo vide in piedi di fronte alla finestra nel buio e nel silenzio totale.
“Cosa ti tormenta?”- avvicinandosi lo accarezzò lungo la schiena.
“Tutta questa situazione. Ho paura per voi, tu e Diane”-
Un bacio leggero a sfiorargli la pelle.
Si volse stringendola forte a sé –“ Leah….sei la mia vita. Ti amo e il mio solo desiderio è quello che tu stia bene….come pure mia sorella.”
“Dai, torna a letto”- trascinandolo.
Si infilarono sotto le lenzuola, l’una tra le braccia dell’altro.
“Prima di prendere una decisione possiamo vedere un po’ come andranno le cose? Magari il tutto potrebbe migliorare”
“No….può solo peggiorare. Pierre mi ha detto che fra qualche giorno dovrebbe rientrare Bernard da Londra”- le mani infilate tra i suoi lunghi capelli rossi.
“Senti,  facciamo così. Aspettiamo l’arrivo di Bernard, poi decidiamo sul da farsi. Non credo cambi nulla qualche giorno in più”
“…e sia. Ma poi….penso seriamente che lasceremo la città “.
Lei sollevò lo sguardo appoggiandosi con le braccia incrociate sul suo torace. 
Sorrise attorcigliandogli con un dito una ciocca di capelli –“ Hai una vaga idea almeno di dove andare? Potrei dirti andiamo a Cork….ma credimi, non è tutta questa meraviglia. Dovremmo andarcene….lontano….ricominciare….”
“….troveremo…dobbiamo solo aspettare ancora qualche giorno…”

Una leggera foschia avvolgere casa Jarjayes. 
Nel suo letto…a stringere forte le lenzuola tra le mani –“ Testona. …testona. ..e stupida! Maledizione al mio orgoglio! Perché non ho ascoltato André ?....Oscar sei una stupida, cocciuta…..ti rendi conto di quello che hai rischiato? …. irresponsabile. …te lo aveva detto…..hai messo a repentaglio anche la vita della creatura che sta crescendo dentro di te…”- portò una mano alla gola ancora dolorante. 
Si avvicinò allo specchio della pettiniera sollevando il viso a guardare l’immagine riflessa: una sorta di livido a metà della gola. Le parve di sentire ancora quelle mani forti stringere e premere contro la carotide.
Come lo avrebbe spiegato ad André?  Sarebbe andato su tutte le furie e chissà, preso dall’ira, come avrebbe potuto reagire. Avrebbe sicuramente affrontato Girodelle….
Nonostante tutto, gli avrebbe raccontato la verità. Non avrebbe cercato di nascondere l’accaduto.  Sincerità sempre. 
Si coricò di nuovo senza spogliarsi. Su un fianco rivide quella scena terribile….quei minuti le sembrarono essere stati infiniti e rabbrividì. Mai e poi mai avrebbe immaginato un comportamento del genere da parte di Victor. 
Stanca, provata e addolorata per l’accaduto si lasciò accompagnare dai mille pensieri addormentandosi .
Una luna non ancora del tutto piena cucita nel cielo…il silenzio riempire ogni singolo spazio.
A volte la notte bisognerebbe avere occhi per scrutare e orecchi per udire anche quei rumori che non sembrano tali.  La notte amplifica le ombre, le paure…..
I respiri, lievi o profondi che siano,  accompagnare il trascorrere del tempo scandito dalla voce della pendola e gli altri orologi sparsi per casa.
Il tempo che scorre …..
Nel cuore della notte.
Un rumore di vetri in frantumi che andarono a spargersi nella stanza in schegge aguzze infrangere improvvisamente quel silenzio.
Una luce improvvisa, una fiammata e il copriletto prese fuoco.
Le fiamme prima lente si arrampicarono risalendo dai piedi del letto verso la testiera in un baleno.
Seduti entrambi nel cercare di comprendere cosa fosse quando -“Mio Dio ….Augustin. …!”- un grido disperato –“ Augustin aiutami!!”
Madame Emilie ferma immobilizzata dalla paura mentre il fuoco le avvolse le gambe.
Il Generale precipitatosi verso la finestra si aggrappò con forza alle pesanti tende oscuranti strappandone una e divellendo il pesante bastone che le sosteneva. 
Le urla disperate di dolore e di terrore della moglie.
Trascinò il pesante drappo verso la consorte gettandosi su di lei nell’intento di spegnere il fuoco. 
“Nanny…..Nanny……presto…..”- Rosalie bussò alla porta strillando .
La povera donna uscì dalla camera in preda al panico –“ Al fuoco…al fuoco”-
Philip percorse le scale in un battibaleno e si trovò di fronte il Generale con la moglie svenuta tra le braccia. 
“Signore!”- spalancò gli occhi sgomento.
La camicia da notte della donna bruciata, le gambe completamente ustionate …i volti anneriti dal fumo…gli occhi lucidi di Augustin.
“Vi supplico…andate a cercare aiuto……qui brucia tutto….!!!!”
“Aspettate vi aiuto!”
“No…vi prego…non toccatela! “- stringendola forte a sé.
Uscirono all’aperto.
Il guardiano corse alle stalle e prese il primo cavallo disponibile dirigendosi in paese.
“Oh mio Dio….Signore….siete salvi!”- Nanny con le lacrime andando in contro ad entrambi.
Il Generale adagiò madame a terra inginocchiandosi affianco.
“Oscar dov’è? “- rivolgendo nuovamente lo sguardo alla casa.
“Tenete Emilie….devo andare a cercarla…!”
“Signore….non potete…!”
Non vi fu niente da fare per fermarlo.

La strada buia, solo la luna ad illuminare il rientro verso casa.
André provato per l’intensa giornata, lanciato con Alexander per arrivare il prima possibile e assaporare l’abbracciò del suo amore.
“Pochi …pochissimi giorni.  E chi lo avrebbe immaginato? Si, l’ho sempre sognato e sperato….Ora finalmente tutto diverrà realtà! “
I pensieri accompagnati da quegli zoccoli sul selciato come a scandire il tempo che passa e in lontananza una luce ad aumentare e ad illuminargli il volto di rosso.
No…non poteva essere!
Un tumulto di gente con secchi tra le mani e alcuni soldati dell’Esercito di Terra con funzioni di difesa civile a cercare di spegnere fiamme alte divorare casa.
André frenò il cavallo a pochi centimetri da Rosalie in lacrime.
“Che diavolo è successo?”- volse lo sguardo verso il Generale con Emilie tra le braccia.
Non credette ai suoi occhi –“ Signore…”- ebbe solo la forza di mormorare .
Poi –“ Oscar….dov’è Oscar?”- non vedendola.
Nessuno riuscì a pronunciare una sola parola.
Afferrò Nanny per le braccia e la scosse ripetutamente –“ Dov’è Oscar?”- gridò. 
“….non è riuscita ad uscire….la mia bambina. …”- le lacrime ed i singhiozzi.
Sollevò lo sguardo fissando l’edificio avvolto dalle fiamme. 
“No…non può essere…!”- corse verso la casa. Doveva entrare….doveva tentare il tutto per tutto per trovarla….no poteva lasciare nulla di intentato.
“Dove credete in andare?”- lo bloccò un soldato.
“C’è mia moglie là dentro!”- fece per andare oltre ma altri due uomini si avvicinarono bloccandolo. 
“Non è  possibile…la struttura sta cedendo…!”-
“Lasciatemi entrare…..mia moglie….Oscar…!”- gridò con tutta la forza, le lacrime scendere a solcargli il viso –“ …..Nooo. …..Oscar….!!!!!”


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Capitolo 36
*** SENZA DI LEI ***


Il cielo tinto di rosso, il fumo alto nel cielo, le fiamme ad illuminare la notte.
“Fatemi andare….Oscar…!!!!”- mente e corpo inghiottiti dalla disperazione, incredulo di fronte a quello che stava accadendo. 
Si dimenò disperatamente nel tentativo di liberarsi dalle braccia che lo bloccavano.
“Ora basta!”- gridò il Generale colpendolo all’improvviso con uno schiaffo –“ Smettila André. …non puoi più  fare nulla, smettila!”- chinandosi nuovamente sulla moglie quasi esamine.
Immobile di fronte a quel gesto….sconvolto.
“Là c’è quella che sarà mia moglie…..vostra figlia dannazione e non  volete nemmeno tentare….”-
“Basta André. ….”- strinse forte Emilie al petto.
Beatrice arrivò trafelata con il marito avvisati da alcuni abitanti del paese.
“Madre, madre…!”- gettandosi su di lei –“ ….madre….dite qualcosa, vi supplico…!”
“Portiamola da Thomas. ..subito!”- Louis prese in mano la situazione –“ Non c’è tempo da perdere….forza….la carrozza!”
Le fiamme si fecero sempre più alte nonostante in tanti tentassero con ogni mezzo di spegnerle. 
“Venite!”- Beatrice con suo padre “- resta con loro”- rivolgendosi poi al marito.
Nanny un fiume di lacrime stringendosi a Rosalie - “La mia bambina. …la mia bambina…!”- 
André  in ginocchio. Le gambe talmente deboli da non essere in grado di reggersi in piedi. Gli occhi inondati, la testa vuota incapace di pensare, di ragionare….
Un soldato accanto continuò a parlargli. Lo sguardo perso. Qualsiasi cosa gli dicesse mente e corpo completamente assenti. Un ronzio nelle orecchie e nulla più.
Le mani affondate nella terra con rabbia e disperazione. 
L’incapacità, l’impossibilità di fare qualunque cosa.
Un rumore spezzò improvvisamente quella distanza tra assurdità e realtà. Il piano alto delle camere dei coniugi Jarjayes e di Oscar crollò sollevando altro fumo e fiamme.
Sentire il cuore frantumarsi in un dolore indescrivibile.
“Tanto vale morire…”- tra i denti.
Che senso poteva avere ora continuare a vivere? …senza lei…quale futuro?
Un groviglio di pensieri sulla morte….su come farla finita…
Solo verso mattina le fiamme finalmente furono domate mostrando ciò che era andato distrutto.
Fortunatamente il fuoco si portò via solo una parte dell’edificio.
“Philip, accompagna le signore a casa nostra”- Louis Antoine aiutò Nanny e Rosalie a salire in carrozza. 
Volgendosi verso André lo vide avvicinarsi a quel disastro come un fantasma.
“Signore…è pericoloso…non andate …!”- qualcuno azzardò.
Raggiunse quel che era rimasto della zona notte elevata. Si soffermò ad osservare…tutto attorno il fumo, l’odore intenso di bruciato…
Sentì il legno bagnato morbido sotto gli stivali mentre in silenzio si infilò tra le macerie.
Intravvide quello che gli parve lo scheletro del pianoforte di Oscar. Si chinò rovistando con una mano in mezzo a quell’ammasso. A cercare cosa? Le fiamme erano state inesorabili su tutto.
Louis lo afferrò per un braccio –“ André. …”
Gli rivolse lo sguardo….perso. Le guance rigate ancora dalle lacrime.
“Ti prego. Vieni via!”
Riprese a camminare in silenzio. Sollevò un grosso pezzo di legno, forse il pezzo una trave, ne spostò un altro, frugò ancora a mani nude…
“Non troverai nulla qui….André vieni via!”
Lo freddò con un’occhiata –“ Non posso….io…io devo cercarla…devo trovare Oscar….io non posso andarmene…..”
“André. …..e’ morta…!”
Giratosi di scatto gli sferrò un pugno mancando il segno e ricadendo rovinosamente tra quei resti –“ …non è morta…non è  morta. ….ti prego dimmi che non lo è. ….la mia Oscar…..la mia Oscar…..non c’è più. …” – strinse una mano picchiandola al suolo tra pezzi di legno e schegge di vetro –“ …non può essere. …non può essere…..perché?!! …perché ?!!”-
Louis lo sollevò per le braccia trascinandolo lontano.
Sedette nuovamente a terra. Il volto tra le mani. I singhiozzi silenziosi. 
Bisognava portarlo via da lì,  in qualsiasi maniera.
“Vattene!”- André con un filo di voce.
“Non puoi rimanere ….”
“Louis…..vattene,  ti prego! Lasciami da solo!”-
Cos’avrebbe dovuto fare? 
Il Comandante dei Soldati di Le Conquet li raggiunse –“ Vorrei lasciare alcuni dei miei uomini a sorvegliare la casa sempre che naturalmente la cosa non vi disturbi. Non vorrei che qualche sciacallo. …”-
“Si certo, concordo pienamente con voi. Sei d’accordo vero?”- rivolgendosi ad André che nemmeno l’udì.
“Credo sia meglio lo portiate a casa!”- suggerì l’uomo.
“Sarà un’impresa! “
“Volete che vi aiuti?”
“No, vi ringrazio…..forse ha solo bisogno di un po’ di tempo…”-


“Aprite….aprite”- i pugni a battere forte sull’uscio.
La domestica  spalancò la porta –“ Insomma…che modi…”- non ebbe il tempo di ultimare la frase che Augustin entrò prepotentemente in casa con Madame tra le braccia.
“Vi prego…. Thomas…subito!”
Spaventata corse a chiamare  l’uomo. 
“Emilie….amore….parlami, ti supplico….dimmi qualcosa!”- stringendola a sé nell’attesa di sapere dove portarla.
Il medico apparve nell’entrata.
Sgranò gli occhi di fronte alla scena terrificante che gli si presentò. 
“Venite!”- incitò a seguirlo in una delle camere a disposizione per le urgenze.
Il Generale l’adagiò con garbo.
“Colette…porta subito delle forbici, acqua, una spugna…”
“Si…so bene cosa serve….faccio subito! “
Poi rivolgendosi ad Augustin –“ Che cos’è successo?”-
La voce rotta dallo strazio –“ Un incendio…un terribile incendio ..”
La domestica riappare con tutto l’occorrente. 
Afferrò le forbici tagliando la camicia da notte ancora avvolta attorno alle gambe, sollevando un lembo alla volta del tessuto e cercando di staccarlo dalla pelle vistosamente bruciata.
“Pulisci il viso, il collo  e le braccia. Mettile un altro cuscino sotto la testa. Procurarmi delle bende”-
“Thomas…..sono qui per aiutarti. Dimmi cosa devo fare!”- Beatrice con l’intenzione di accelerare il tutto per la medicazione.
La fissò a lungo in silenzio poi le allungò delle pezze bianche e una bottiglietta scura –“ Appena sollevò il tessuto imbevile e cerca di pulire le ustioni”
Beatrice seguì alla lettera ognuna delle istruzioni che Thomas le impartì.
Ci volle tempo affinché riuscisse ad eliminare ogni brandello di cotone. 
Emilie svenuta per fortuna non si rese conto di nulla.
Il Generale fermo immobile di fronte al letto a seguire ogni mossa di chi in quel momento ebbe l’unico pensiero di salvare la vita alla sua consorte.
Colette nel frattempo pulì il volto a Madame, lavò il collo, il decolté, a scendere le braccia.
Quando ebbero terminato Thomas si volse verso Augustin –“ La situazione è  molto grave. Le ustioni sono notevoli….io…non posso dire nulla al momento. Forse da una parte è meglio che non sia cosciente, credo che il male sia talmente intenso da non poter resistere. In alcuni punti la pelle è bruciata in profondità …è. ….è  terribile. ….io…..spero che …..superi inizialmente questa notte…..”
Beatrice portò le mani alla bocca come pietrificata. 
“Inumidiscile spesso le labbra con una pezza bagnata –“ rivolgendosi alla domestica –“ Non dobbiamo assolutamente muoverla”
“Credo stia meglio sulla poltroncina”- avvicinandosi –“Augustin….sedete.  Avete bisogno di qualcosa?”
Scosse il capo impietrito dal dolore.
Osservò con lo sguardo vitreo il corpo di sua moglie giacere martoriato dalle ustioni. Il rischio ora era quello di perdere anche lei….dopo la figlia.
Ripensò a quel gesto improvviso…senza alcun senso nei confronti di André. Quello schiaffo se lo sarebbe potuto risparmiare. Non aveva forse tutte le ragioni per disperarsi? E lui? Dov’erano le lacrime per Oscar?
Realizzò improvvisamente che ora non c’era più. Era rimasta vittima di quel maledetto incendio. Si, sua figlia, la sua adorata Oscar….
Poggiò I gomiti sulle ginocchia e stringendo i pugni si colpi ripetutamente sulla fronte –“ Oscar….Oscar!”- gridò tra le lacrime.
Beatrice si gettò sulle sue gambe –“ Padre….”- 

“Fatemi passare, fatemi passare”- l’uomo a cavallo al galoppo andò oltre il cancello e la sorveglianza dirigendosi con gran foga verso l’abitazione di Mornay. Mollate le briglie entrò in casa senza nemmeno bussare.
“Signore. ..Signore! “-
Vincent apparve nell’atrio innervosito dal trambusto –“ E che diavolo….è forse questo il modo di…”
“Signore….hanno dato fuoco alla villa dei Jarjayes! “
Sgranò gli occhi –“ Che cosa?”
“Si…la scorsa notte…pare abbiano appiccato il fuoco….la stanza dove riposavano i Jarjayes è andata distrutta….anche quella della figlia…”
“Oscar?!?”- 
“Signore….e’ raccapricciante quello che ho potuto vedere. Hanno portato via Madame con le gambe completamente ustionate!”
“E André? Ditemi di lui!”- afferrandolo per le braccia.
“E’ rimasto sul luogo del disastro”
“..ma sta bene?”- scuotendolo. 
“….si , lui è  illeso!”
“Presto, il mio cavallo!”- ordinò –“Voglio cinque dei miei migliori uomini con me, subito! “
Presto fatto. Vincent si ritrovò sulla strada per Le Conquet spronando il cavallo al massimo. 
Non ci volle tanto che giunse alla scogliera.
Ciò che gli si palesò fu peggio dell’ incubo più terribile.
Un’area ampia dell’abitazione oltre ad essere bruciata si era accartocciata su se stessa. Un ammasso quasi informe di legno annerito e distrutto dalle fiamme.
“Chi siete?”- uno dei soldati rimasti li bloccò a pochi metri dal disastro.
“Sono Vincent Mornay! “
“Perdonate signore,  non vi avevo riconosciuto. Passate pure!”
Sceso da cavallo si guardò attorno: spettrale!
Intravvide qualcuno rovistare in quel marasma. André.
Lo raggiunse –“ Grandier!”
Nemmeno lo sentì. Gli occhi chini, le mani a frugare….a cercare qualcosa della sua Oscar. ..che lo aiutasse a capire….a comprendere meglio…..una certezza…che …sotto le macerie ne riuscisse almeno a ritrovare il corpo…..o che….che lì lei non fosse mai stata….
“André “- gli appoggiò una mano sulla spalla –“ perché sei qui? Non vedi ….non c’è più nulla…..Che cosa vai cercando?”
“….Vincent….non posso venire alle scuderie….io….non posso proprio….”
“Vieni via…..ascoltami. ….”
“Mancava poco….lentamente tutti i nostri sogni cominciavano a realizzarsi…..mancava poco..!”
“Non puoi restare qui….dove sono tutti gli altri di casa?”
“….io….non lo so….una carrozza ha portato via Nanny….in una c’era il Generale…”
Lo prese per un braccio –“ Andiamo!”
Si lasciò trascinare .
“Fatemi cercare ancora un po’”- il volto rigato dalle lacrime.
Riprese scostando legni e altro. 
Una mostrina.  Spalancò gli occhi. 
Una mostrina della divisa dei Soldati della Guardia.
Rovistò di più fino a sentire le schegge di legno infilarsi  sotto le unghie. 
Il nuovo giorno a farsi strada.
Un raggio di sole. 
Bastò quello. Qualcosa luccicò. 
André seguì quel bagliore. Scivolò sbattendo un ginocchio contro una trave.
Un dolore stretto tra i denti. Allungò la mano…..

Il volto su un lato del cuscino a fissare il suo Alain.
Il viso rilassato. 
Quanto gli piaceva. E quanto l’amava. 
Lentamente lasciò ricadere le gambe verso il bordo del letto per scendere quando una mano l’afferrò.
“Dove vai bambolina? “-
Si girò incrociando quegli occhi scuri più della notte.
“Non volevo svegliarti….eri così. ..”
“Così come?”- tirandola verso di sé. 
“Così bello!” – lo sfiorò con un bacio.
Morbida. Fu un invito.
La punta della lingua le accarezzò le labbra e lei le schiuse.
Alain vi si insinuò cercandola con infinita passione.
Una mano sul seno e con il pollice e l’indice a stuzzicarle uno di quei rosei boccioli che non tardò ad irrigidirsi a quel gioco.
Si inumidì le dita e le passò nuovamente.
“Ti va?”- le sussurrò all’orecchio.
“Alain…!”- con tono di rimprovero.
Le prese una mano. La posò dove l’eccitazione oramai era al massimo.
Lo fissò.
Lui sollevò il sopracciglio –“ Non sentì il richiamo? “
Avvampò leggermente abbassando lo sguardo.
Le portò la mano all’interno della biancheria da notte.
Leah sentì il calore attraversarle il palmo. Strinse leggermente. Alain era eccitatissimo.
Lo accarezzò.
“Allora?....che cosa vogliamo fare?”- cercando la sua bocca.
“Lo so bene che ogni lasciata è persa….ma ho tantissime cose da fare. Rimandiamo a questa sera”- abbandonò il terreno di gioco.
Sollevò il pantalone risistemando i gioielli –“ ….non puoi però lasciarmi così. …qui ora prima che si sistemi tutto ci vuole un po’ !”
Lei rise scendendo –“ Non posso trascorrere la mattinata a letto”
“Perché no? Che hai da fare? Diane è già uscita. Poi lo sai che stasera rientriamo tardi, devi lavarti e appena metti piede sotto le lenzuola sei cotta!”
Tolse la camicina da notte. 
E fu allora che Alain l’afferrò nuovamente trascinandola sul letto e sovrastandola col suo corpo.
“Alain. …smettila!”- rise.
Le sfiorò il collo delicatamente –“ ….sai che belle cosine possiamo fare…..”- fece scorrere la mano lungo una  gamba risalendo verso il suo paradiso.
La sentì mugugnare quando si spinse oltre. Era sua.
Tolse la biancheria da notte. 
“Leah…ti amo…da morire. Mi fai impazzire. ….”- l’accarezzò tra i capelli.
Sorrise.
“Sei bellissima….”- 
Si strinse forte a lui –“ Alain….prometti di non lasciarmi mai…”-
Quegli occhi verdi pieni di dolcezza –“ Sei troppo importante per me!”
Si sdraiò . Il braccio a cingerle un fianco.
“Vorrei tanto che potessimo vivere sereni….sono sempre più convinto che andremo via da Parigi. Non sopporto più questo clima di terrore!”
“E dove andremo?”
“Non lo so”- baciandola fra i ricci –“ Proprio non lo so!”


Non credette ai suoi occhi. Non era possibile. 
L’anello di Oscar! 
Richiuse la mano a pugno.. 
Fu come se un pugnale gli trafiggesse il cuore.
Deglutì e stringendo gli occhi alzò il viso al cielo –“ Nooo. …..!”- gridò.
Mornay provò una pena immensa vedendolo accasciarsi fra quelle macerie –“ André. …”
“Vincent….non c’è più nulla da fare…..ho perso la mia Oscar per sempre….!”
L’uomo l’aiutò ad alzarsi e lo condusse sul prato –“ Sono profondamente dispiaciuto. Se posso fare qualcosa per te….”
“…..vorrei restare solo….!”
Si allontanò silenziosamente tenendolo comunque sottocchio.
“E’ un a tragedia. ….”- Louis rimase ad osservare la gente che piano piano se ne andò –“ è un dolore troppo grande!”
“Che ne è dei Jarjayes? “-
“Il Generale con l’altra figlia hanno portato di corsa Madame da un medico. Le sue condizioni mi sono parse gravissime”
“Il danno all’edificio è notevole”
“Sarà dura ricominciare…”
André in un angolo. La sua totale attenzione verso quell’anello –“ Non l’avresti mai tolto amore mio. Non ho più nulla di te tranne questo….tranne la mia promessa d’amore….perché? …che cos’abbiamo fatto di male per meritarci tutto questo? Non abbiamo sofferto abbastanza? “ 
Gli occhi nuovamente rivolti al cielo –“ Perché me l’hai portata via?!!!”- 
Rimasero solo alcuni soldati a sorvegliare la casa.
“Un incubo….vorrei fosse un incubo…e nient’altro.  Vorrei svegliarmi e rendermi conto che non è stato altro che in incubo”- una mano sul viso –“ …..ma non lo è. …cosa mi resta ora? Nulla…..Che vita mi si presenta ora senza di te…..perché è successo tutto ciò. …io devo sapere….voglio capire. Qualcuno dovrà pagare!”
In un momento di lucidità i suoi pensieri si spostarono verso Madame Emilie – “Louis….dov’è madame ?”
“L’hanno portata da Thomas…!”
“Sarebbe il caso tu andassi”- suggerì Vincent –“ Louis….mi pare che qui la situazione sia più tranquilla. Lascerei un paio dei miei uomini con i soldati a sorvegliare la casa. Conviene andare!”
André guardò un’ultima volta l’edificio, poi salì a cavallo.


“Ehi bambolina….vuoi sviarmi? “- il pollice sul labbro inferiore –“ ….dove eravamo rimasti?”- la punta della lingua ad accarezzarle in senso circolare la bocca.
“Come devo fare con te?”- sghignazzò. 
“Semplice…..vieni che te lo spiego “- le afferrò una mano e la posò su quel turgore –“ …..non c’è nemmeno da lavorarci….vedi, il solo starti vicino si scatena”
Leah arrossì leggermente sorridendo.
“Non fare la timida…”- appoggiandosi sui gomiti e scivolando fra le sue gambe. 
Un gemito.
“….quanto sei bella ora…”- una prima spinta.
Si aggrappò a quei glutei sodi.
“…si….”- le sussurrò –“ ….fammi sentire quanto ti piace…”
Riversò il viso all’indietro. Le dita quasi a graffiargli la pelle.
“Alain. ..”- ebbe la forza di mormorare seguendo il ritmo imposto .
“…amore mio..”- accompagnandola verso l’apice.
Un bussare prepotente alla porta interruppe quegli attimi paradisiaci.
Leah sobbalzò dalla paura.
“Dannazione! “- sbottò Alain –“ chi diavolo  è adesso!!!”- cercò di ricomporsi. 
Afferrò i pantaloni –“ Non ti muovere da lì. …non abbiamo ancora finito. Voglio vedere chi viene a scocciarmi proprio sul più bello! “-
Scese le scale. Prima sbirciò dalla finestra.
Aprì con violenza la porta –“ Si può sapere cosa ti prende? Guarda che hai interrotto qualcosa molto importante!”
“Alain….pare che il popolo voglia marciare su Versailles!”
Sgranò gli occhi irrigidendo la mascella -“ Cosa?”
“Marat sta’ attraversando le strade di Parigi diffondendo la notizia che sia imminente una fuga del Re mentre Danton tappezza i muri con manifesti incitanti a radunarsi il prima possibile per marciare verso la reggia”
“….vai a prendere Diane in sartoria e venite qui quanto prima. Se dovesse scoppiare un’ennesima sommossa vi voglio al sicuro. Presto…muoviti!”
Chiusa la porta.
Leah lo fissò.
“Spero solo che Bernard non rientri troppo tardi da Londra!”


Beatrice sulla porta del salottino d ’attesa.  Il viso rigato dalle lacrime, i singhiozzi trattenuti a stento.
Si portò una mano alla bocca –“ Dobbiamo solo pregare. ….le condizioni di mia madre sono molto gravi”
Il consorte si avvicinò. Lei gli buttò le braccia al collo lasciandosi andare in un pianto disperato –“ dobbiamo solo attendere per capire se riuscirà a salvarsi….!”.
Il Generale apparve come un fantasma. Sedette in silenzio e affondò la testa tra le mani.
André quasi impassibile. Che cosa ancora sarebbe dovuto accadere in quella giornata? 
La casa ridotta per metà ad un ammasso di macerie e fumo, Emilie tra la vita e la morte, una famiglia distrutta……Oscar…..
Perché  tutto quel dolore? 
No, non poteva essere che tutto finisse così. 
“Chiunque sia stato la pagherà ’”- questo il suo unico pensiero –“ avrò la mia vendetta”
Chissà perché  gli balenò per la testa Girodelle.
Che avesse lui escogitato tutto? 
Ma no, assurdo! D’accordo aver perso la testa per lei….ma….arrivare a questo punto. …diventare un assassino? E se avesse pianificato tutto ma poi un inghippo, uno sbaglio…..e la tragedia? Se invece avesse organizzato per rapirla?  
“Stai vaneggiando Grandier!”- si disse. Non poteva essere. 
“Generale”- Mornay si fece avanti –“ so bene che questo non è certamente il momento ideale per un discorso del genere, ma…..non potrete sicuramente far rientro nella vostra casa. Necessita di numerosi lavori di ripristino e per questo ci vorrà molto tempo. Avrete bisogno di un tetto sulla testa, soprattutto quando Madame …..si rimetterà. ..”
“…..siete un ottimista incredibile!”- lo interruppe. 
“…mi auguro non sia solo una visione……comunque nella mia tenuta ho un’abitazione completamente vuota. Potreste trasferirvici. Li indubbiamente sareste al sicuro. Il perimetro delle scuderie è interamente circondato da mura e comunque i cancelli sono sorvegliati giorno e notte. Potreste veramente dormire sogni sereni.”
“Augustin, è indubbiamente una proposta da tener in considerazione…per la tranquillità di tutti!”- Louis pienamente d’accordo con le parole di Vincent.
André rimase in silenzio. In quel preciso momento non gli importò nulla di come sarebbero andate le cose. Forse domani sarebbe stato un giorno migliore….ma questo non per lui. 
Non ci sarebbe più stato un futuro….senza di lei.
Chiuse gli occhi portandosi una mano alla fronte. Doveva semplicemente decidere cosa fare.
“Thomas…venite, presto!”- Colette in affanno –“ ….madame ha aperto gli occhi!”
Il Generale balzò in piedi precipitandosi al suo capezzale.
“Emilie…Emilie…” chiamò ripetutamente.
Volse lo sguardo verso il marito –“ Augustin….”- appena un filo di voce.
“Sono qui…non ti lascio…”
Beatrice portò le mani alla bocca –“ Madre….!”
Madame accennò ad un leggero sorriso poi sbiancò –“ Oscar…..dov’è Oscar……perché  non è  qui….!”
Una piega attraversò la fronte ad André  mentre stringendo i pugni irrigidì la mascella.
“Augustin…Oscar…dov’è?….il bambino. ….Il suo bambino…!”
Thomas le tastò il polso. 
Il bambino? Quale bambino!
André sgranò gli occhi. 
Si fece strada avvicinandosi al letto –“ Quale bambino?  Emilie di quale bambino state parlando? …
Rispondete! Emilie! “
La donna richiuse gli occhi.
“…no…vi prego….ditemi quale bambino…di cosa parlate…..Emilie! Emilie!”


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Capitolo 37
*** PRESENTIMENTI ***


Il Generale volse lo sguardo verso Andrè. Cosa diavolo stava succedendo?
Il giovane si girò quasi fulminando Beatrice – “ Tu lo sapevi….vero? Tu non potevi non saperlo!”- l’afferrò per le braccia squotendola –“Perché non me l’ha detto? Perché?”
Beatrice scoppiò in lacrime –“Io non lo sapevo….ti giuro..non sapevo nulla di tutto questo…non so perché non te l’abbia detto!”
“Bugiarda!”- le gridò “ sei solo una bugiarda. Perché menti? Da quanto lo sapevi?”
“Smettila Andrè…così mi fai male! Io non sapevo niente come posso fartelo capire?”
“Sei sua sorella…la sua confidente…di lei hai sempre saputo tutto..”
“…è inutile che insisti. Con me non ha fatto cenno di nulla!”
Lasciò la presa rivolgendo gli occhi a madame Emilie quando Augustin gli diede l’ennesimo ceffone e lo brancò per il collo della camicia – “Che cosa hai fatto?!!”
Si portò una mano alla guancia. Il labbro tagliato.
“Ora smettetela!”- li bacchettò Thomas -“Non è sicuramente il luogo tanto meno il momento per mettersi a discutere così animatamente!!!”
“Tu!...che cosa hai fatto?!!”- ripetè l’uomo.
Andrè gli cacciò via la mano malamente –“e piantatela una buona volta di trattarci come due stupidi ragazzini! Che cosa credevate? Che vostra figlia ed io ci guardassimo solo negli occhi dopo anni di sofferenza? Ci siamo desiderati per troppo tempo….si, non lo nascondo. E non è stata una volta sola. Quasi tutte le notti ci siamo incontrati…e a volte anche di giorno….e non mi vergogno certamente di dirvi che abbiamo fatto l’amore ogni volta che abbiamo potuto! Voi non potete nemmeno lontanamente immaginare i nostri sentimenti. “
Alzò la mano per colpirlo nuovamente ma fu più lesto e frenò quel gesto –“Ora basta!!!” – spingendolo via –“quale danno vi avrebbe potuto creare dal momento che ci saremmo sposati nei prossimi giorni?! L’onore? Vostra figlia fu chiara ancora prima di informarvi del matrimonio. Decise che il suo nome sarebbe stato Oscar Francois Grandier. Quindi di che vi preoccupate?...soprattutto ora che non c’è più!”- abbassò gli occhi colmi di lacrime – “Potete stare tranquillo ora! Il vostro nome è salvo. Nessuno scandalo. Nessun figlio illegittimo. L’illibatezza di vostra figlia rimarrà inalterata! Nessuno potrà sapere …nessuno…”- uscì sbattendo la porta.
Non poteva restare.  Avrebbe rischiato di rispondere con la violenza a quel gesto. Troppo spesso Augustin si era preso la briga di colpirlo. Ora basta! Non era uno stupido…non era più alle sue dipendendenze. Nessuno gli dava ora il diritto di trattarlo come in precedenza.
Vincent nella saletta lo fissò a lungo.
Quanta sofferenza nella vita di quel giovane.
“Posso fare qualcosa per te?”- gli venne naturale domandare.
“…no. Vorrei solo la mia Oscar…!”- sferrò un pugno contro lo stipite. Il dolore percorse tutta la mano risalendo il braccio. Strinse i denti.
Le nocche rosse, la pelle lacerata. Un ‘impronta di sangue rimase stampata sul legno bianco.
“Andrè…che fai!” – lo raggiunse agguantandolo per il polso –“ora baste sciocchezze e colpi di testa!”
“Non mettetevi in mezzo Mornay! Non sono questioni che vi riguardano!”
“…no caro mio. Qui ti sbagli.  Lavori per me. Tieni a mente questo!”- lo rimproverò con disapprovazione.
Non potè fare altro. Voleva bene a quel giovane come fosse suo figlio.
Si rese conto che il tono e le parole usate forse non fossero appropriate. Non era un oggetto e non era di sua proprietà, ma in qualche maniera bisognava farlo tornare alla realtà, smuoverlo e farlo reagire.
“Allora in questo caso considerate sciolto ogni vincolo”- uscì in strada e preso Alexander fece ritorno alla villa.
Quella terribile giornata oramai volgeva al termine.
Giunto a casa Jarjayes scese da cavallo.
Gli uomini di Vincent e i soldati ancora a sorvegliare l’edificio.
Gli ultimi raggi di sole riflettersi sulle finestre.
Si fece coraggio ed entrò nella parte della casa ancora agibile.
Gli mancò il fiato quando salendo le scale si trovò da un parte il vuoto.
“Perché non mi hai detto nulla? Perché mi hai nascosto che aspettavi un figlio…nostro figlio…perché Oscar?!”- gli occhi rivolti alle macerie ma lo sguardo perso nel vuoto.
I seni più tondi, le forme più morbide….e poi quei capogiri di cui gli parlò –“Sono uno stupido!”- esclamò –“Avrei dovuto comprenderlo al volo. Siamo sempre andati a ruota libera…non poteva essere altrimenti…”- affondò il viso tra le mani –“…avremmo avuto un figlio nostro…”- gli venne da sorridere –“ Io padre!...un frugoletto tra le mani”- strinse gli occhi facendo un lungo respiro –“ io padre….avrei visto nascere nostro figlio, lo avrei tenuto tra le braccia…lo avrei cullato….lo avremmo cresciuto assieme…”
Con un nodo alla gola fece ritorno al pian terreno.
Doveva bere qualcosa.
Entro’ in cucina ed afferrò una bottiglia, ne tolse il tappo trangugiando un lungo sorso.
Estrasse dalla tasca l’anello –“..che cosa è successo la scorsa notte? Cos’hai fatto? Chi hai visto?”
Un sorso ancora…poi un altro. Presto fu vuota. La ripose sul tavolo e ne afferrò una seconda.
Gli effetti dell’alcool non tardarono a farsi sentire.
Barcollò cercando di uscire in giardino. Appoggiò una mano alla porta e giù l’ennesimo sorso.
Gli tornò alla mente la cena da Girodelle. Che fosse andata? Magari lui poteva sapere qualcosa.
“Eppure non può essere stato lui. No…non Victor. Perso di lei…ma non credo a tal punto da escogitare un piano così terribile. E poi a quale scopo!?” – ripose quel pegno d’amore dov’era prima –“Un saltino però al Comando Militare non me lo vieta nessuno”
Non avrebbe avuto alcun senso rimandare quella visita al giorno dopo. C’era in gioco la verità!
L’ultimo sorso e la bottiglia fu vuota.
A fatica infilò il piede nella staffa. Montò in sella ad Alexander e prese la strada per Brest.
 

“Signori, siamo giunti a Le Conquet. Chi deve scendere è pregato di farlo e di prendere il proprio bagaglio”
Bernard prese la propria valigia –“Grazie della compagnia”- rivolgendosi a due viaggiatori rimasti in carrozza –“E buon proseguimento”.
Fece alcuni passi e richiamò l’attenzione di quell’uomo con il calesse –“Potreste gentilmente accompagnarmi alla casa dei Jarjayes?”
Quello si volse allibito – “Signore…è andata a fuoco questa notte….”
Sgranò gli occhi incredulo -“Che cosa avete detto?”
“Siete l’unico a quanto pare a non essere a conoscenza del fatto. La scorsa notte hanno appiccato il fuoco alla villa. La consorte del Generale è rimasta gravemente ferita….mentre la ragazza…”- abbassò gli occhi –“--- poveretta…era così bella---“
“Quale ragazza?”- il primo pensiero fu per sua moglie Rosalie.
“La figlia, signore. E’ rimasta vittima delle fiamme!”
La bocca spalancata.
No, non poteva essere. Oscar! Oscar era morta nell’incendio la notte prima!
“Dove sono ora i Jarjayes?”- allarmato.
“Posso accompagnarvi dall’altra figlia. Non è molto distante da qui.”
Bernard salì sul calesse –“Presto. Fate presto!!”
Percorsero un brevissimo tratto di strada.
“Uhhhh!”- l’uomo tirò le briglie –“Ecco signore”
Bernard gli lasciò una moneta -“Vi ringrazio”
Attraversò quel fazzoletto di verde e bussò.
Uno dei domestici aprì .
“Buonasera. Mi chiamo Bernard Chatelet…”
Non fece in tempo ad ultimare la frase che Rosalie gli corse incontro tra le lacrime –“Bernard…Bernard…sei tornato!”- gettandogli le braccia al collo.
La strinse forte a sé. Che gioia rivedere sua moglie dopo due lunghi mesi - “Rosalie, amore mio!”
“Bernard….Oscar….Oscar è morta!”- i singhiozzi impossibili da controllare.
“Che cos’è successo?”- tentò di tranquillizzarla.
“Un incendio….un terribile incendio!”
“Ti prego Rosalie, sediamoci. Potrai raccontarmi meglio”
Si accomodarono nel salotto accanto l’entrata.
Bernard sfilò il mantello e dopo averlo ripiegato lo appoggiò su una poltrona.
Il volto affondato tra le mani –“…spaventoso….quando Nanny ed io ci siamo svegliate nel cuore della notte le fiamme erano alte. Abbiamo sentito le urla di Madame. Philip ha cercato di fare qualcosa ma …oramai era troppo tardi.”
L’accarezzò tra i capelli –“Oscar dov’era?”
“Immagino nella sua stanza….deve essere stato atroce…..mio Dio …..morire così…”
“Ne siete realmente certi?”
Il volto rigato dalle lacrime. Lo fissò allibita –“Bernard, cosa stai dicendo?....Non è rimasto nulla delle stanze da letto.”
“Rosalie, te lo chiedo nuovamente: siete certi che sia morta?”
“Tu dubiti delle mie parole….io ero là….ho visto le fiamme, il fumo….le grida …”
“Di chi?...Le grida di chi, Rosalie?”
Rimase a guardarlo in silenzio a bocca aperta.
Cercò di riorganizzare i pensieri e le immagini di quella notte. Socchiuse gli occhi e ripercorse ogni attimo della tragedia.
I vetri in frantumi, il trambusto ai piani alti, il bagliore lungo i corridoi, Nanny tra le lacrime, Philip precipitarsi su per le scale, le grida di Emilie e il Generale…….
…e le grida di Oscar? No, non l’aveva udita chiedere aiuto.
“…ma se stesse dormendo profondamente ...”
Il dubbio negli occhi di suo marito –“Forse una minima possibilità…..ma….Oscar?”- strofinandosi il mento.
“Tu dici che….insomma pensi che forse…”
Appoggiò la schiena alla poltrona. Un sospiro mescolato ad uno sbuffo. Abbassò per qualche istante lo sguardo rimanendo assorto in mille pensieri dopo aver ascoltato le parole di Rosalie.
“Andrè?!?”
“…non lo so….noi…ecco ci hanno accompagnate qui…non so….il Generale e Madame sono andati dal medico assieme a Beatrice…..Nanny si è sentita male….”
Il silenzio a far da padrone nella stanza.
Bernard tornò a rivolgerle la parola –“Vieni qui…”- porgendole una mano.
Si avvicinò e sedette sulle sue gambe.
“Mi sei mancata, tanto”- le scostò i capelli dal viso.
“Sono felice tu sia tornato…soprattutto ora. Sono stata benissimo con i Jarjayes…come sempre del resto. Ma ….ho bisogno di fare rientro a casa con te”- gli sfiorò teneramente le labbra.
“Certo….torneremo a Parigi….ma prima voglio incontrare Andrè e vedere il luogo della tragedia.”
 
 
 “Altolà…chi siete?”- una delle guardie.
“Voglio vedere quel damerino del vostro comandante …o quel diavolo che è!”- urlò Andrè.
“Andatevene. E’ tardi!”- lo invitò un’ altra.
Ma insistette –“Voglio vedere Girodelle…..non me ne andrò prima di aver parlato con quell’essere viscido del vostro comandante!!”
“Moderate i toni e abbassate la voce o saremo obbligati ad arrestarvi!”
“Il Comandante Girodelle non si è presentato oggi al Comando Militare. Tornate domani”- puntando verso di lui i fucili.
Tirò le briglie e fece fare un dietrofront ad Alexander allontanandosi.
Pochi metri ed in preda all’alcool cominciò ad chiamare a squarciagola Victor inveendo contro di lui.
“Dove siete infame…..Victor….Victor Clement Florian de Girodelle…venite fuori se avete coraggio….avanti…mostratevi…fate vedere la vostra bella faccia da impostore…!!”
A malapena fu in grado di reggersi a cavallo. Barcollante, le mente annebbiata, un dolore immenso a trafiggergli il cuore e rabbia, una rabbia infinita.
“Avanti….Clement  Florian….ma che razza di nome è….ehi….damerino, venite fuori…allora …avete forse paura di affrontarmi…?”
Qualcuno sbirciare alla finestra mormorando e domandandosi chi fosse quel pazzo che strillava in mezzo alla strada ad un’ora così tarda.
“Smettetela, tornatevene a casa!”
“Andate al diavolo…vi chiamate forse Girodelle?”- l’equilibrio sempre più precario.
“Se non ve ne tornate a casa giuro che vi faccio arrestare!”-
“…ma non siete capaci di farvi gli affari vostri. Victor Clement venite fuori!”
Una donna affacciandosi al balcone gli rovesciò un secchio d’acqua.
Quel gesto lo scosse per qualche istante….poi riprese -“Dannazione venite fuori!”
Cecile attirata da tutto quel trambusto si sporse dal balcone e vide Andrè.
“Grandier!”- chiamò.
Volse lo sguardo verso l’alto ma in balia della sbronza perse l’equilibrio ritrovandosi a terra con dei fucili puntati addosso.
“…ma che diavolo…”- un tentativo di rialzarsi.
Il calcio di un fucile lo bloccò col viso a terra –“Fate silenzio! Siete in arresto!”
In due lo girarono legandolo per i polsi.
“….che problemi avete? Non ho fatto nulla di male…voglio solo parlare con Victor de Girodelle..”
“Finitela!”- e uno di loro lo colpì alla testa.
 
 
Era del tutto inutile rimanere in attesa da quel medico.
Mornay fece ritorno alla villa.
“Dov’è Grandier?”- chiese ad uno dei suoi uomini –“E’ passato di qua?”
“Si signore. E’ stato qui per poco, poi ubriaco se n’è andato a cavallo”
Gli occhi rivolti verso l’edifico e le macerie.
 “Ha detto nulla su dove fosse diretto?”
“No signore…..ma….non faceva altro che borbottare…..ha pronunciato un nome….Victor…”
La notte oramai era calata.
Bisognava fare un po’ di ordine e riprendere in mano tutta la situazione.
La mattina seguente avrebbe perlustrato più a fondo in mezzo a quel marasma.
Qualcosa non gli tornava. Ma per capire meglio avrebbe dovuto far quattro chiacchiere con chi quella notte era presente.
Successivamente, su autorizzazione del Generale, avrebbe fatto svuotare la parte di casa ancora agibile, portando tutto nella sua tenuta. La priorità era dare sicurezza ai Jarjayes, soprattutto appena Madame Emilie si fosse ripresa. Si, lui ci credeva.
Avrebbe contattato quel suo vecchio amico, un bravissimo architetto, costruttore, per cominciare immediatamente i lavori di ripristino della struttura. E nel progetto gli avrebbe chiesto di considerare eventualmente di recintare la proprietà.
Infine Andrè.
Dove poteva essere andato?
“Victor…”- sibilò rimuginando su dove avesse sentito quel nome – “…Victor…”
Chiaro!
Il Comando Militare di Brest. Andrè gli aveva accennato a qualcosa circa un tale invaghito della sua Oscar.
“Voi due, con me! Ora!”- richiamando una parte dei suoi uomini.
Certo. Poteva essere andato solo là, magari col dubbio che ….
 

Aprì lentamente gli occhi e tentò di girarsi su un fianco.
Digrignò i denti dolorante. Poi riuscì a sollevarsi. Portò una mano alla tempia. Del sangue.
Ma cosa diavolo era successo?
Guardò tutt’attorno per comprendere esattamente dove si trovasse.
Poi finalmente realizzò. In gattabuia in non so quale luogo.
Sedette appoggiandosi al muro.
Strofinò ripetutamente gli occhi – “Complimenti, ti sei cacciato proprio in un bel guaio…come se non ne avessi abbastanza”- si disse.
Infilò la mano in tasca.
Quell’anello fra il pollice e l’indice – “Dove sei Oscar….!?
Non era possibile che fosse morta. No, assolutamente. La sensazione troppo forte che in realtà le fosse accaduto qualcosa….ma fosse viva.
La porta pesante della cella si aprì stridendo.
In quella penombra Andrè riconobbe una figura amica.
“Non avevi nient’altro da fare questa sera che farti rinchiudere qua dentro?”
“Vincent….non fate tanto lo spiritoso!”
“Ti pensavo una persona più ragionevole”
“Dateci un taglio…non ho voglia di discutere anche con voi”- aggrottò la fronte abbassando lo sguardo.
“Non credi che la situazione sia abbastanza complicata per peggiorare le cose col tuo comportamento da incosciente?”
“Piantatela!”- lo freddò –“Voi non potete comprendere questo dolore…vedete di andarvene!”
“Ottimo. Qualche giorno al fresco ti farà solo bene!!”- girò i tacchi e fece per uscire –“Ho perso mia moglie tanti anni fa….è morta di parto….assieme a mio figlio”.
Andrè esterrefatto.
Si volse per un’ultima volta. Lo fissò a lungo, poi lasciò la cella.
La tentazione fu quella di richiamarlo, ma si trattenne.
Situazione assurda.
Rinchiuso in quello schifo di buco senza nemmeno sapere quando ne sarebbe uscito.
“Maledizione!”- sbottò.
Non avrebbe dovuto trattare in quel modo Mornay….della sua vita non conosceva nulla…..
“Che figura….”
Gli fu difficile capire che ora fosse.
Una sorta di piccolissima finestra con tanto di inferiate non ad altezza d’uomo non lasciava entrare che una flebile luce.
Troppi pensieri non lo aiutarono ad elaborare una soluzione.
“Siete sicura di voler entrare?”- la guardia girò la chiave nella serratura – “Potrebbe essere pericoloso!”
“Non preoccupatevi….lo conosco bene”
Quell’esile figura si avvicinò a lui.
“Che siete venuta a fare?...mi sarei aspettato piuttosto vostro fratello!.....Ah…dimenticavo. E’ un coniglio. Vi ha mandato all’avanscoperta?”
“Andrè….che parole!”- scovolta.
“Perché non si è fatto vedere? Dov’è? Dove ha portato Oscar?”
Lo fissò con un senso di smarrimento – “Che cosa state dicendo!? Victor è al comando…”
“Non è vero…chiedeteglielo ….si chiedetegli dove l’ha portata!”
Sbigottita sbiancò.
Lui a quella reazione montò su tutte le furie – “Allora è vero!”- scattò in piedi – “dove l’ha portata? Ditemelo!”- afferratala per le braccia la scosse ripetutamente.
La porta della prigione si aprì all’improvviso e due guardie si precipitarono all’interno bloccandolo.
“Rispondete! Vostro fratello è un pazzo! Ha dato persino fuoco alla villa dei Jarjayes. E’ un pazzo”- e rivolgendosi alle guardie – “Dovete arrestare Victor de Girodelle…..l’incendio è opera sua! Maledetto!”
“Incendio? Di quale incendio state parlando?”
“Quello che ha avuto il coraggio di appiccare alla villa Jarjayes mandandola per metà in cenere. Da chi si è fatto aiutare? Non ha avuto scrupoli vero? Lo sa che Madame Emilie si trova tra la vita e la morte? “
Cecile non potè credere a quelle parole.
Alzandosi la mattina non lo aveva trovato. Non se n’era preoccupata più di tanto. Era più il tempo trascorso al Comando piuttosto che a casa.
Una delle domestiche la mise al corrente di ciò che era avvenuto dopo cena, quando lei si allontanò per via di quell’emicrania.  Ne avrebbe voluto parlare direttamente con Victor per capire bene…
Ora però…mille dubbi le balenarono per la mente.
Dov’era  suo fratello? Veramente al comando nessuno ne aveva notizie?
Si, Victor aveva alcuni problemi…ma la sua situazione non poteva essere precipitata fino a provocare quella tragedia.
“Dio mio….Grandier…io sono costernata….mi dispiace…”- affonò il viso tra le mani- “si…mio fratello ha dei problemi ma….ma non posso credere che abbia…o Dio, no!”
La prese per le mani – “Cecile, vi prego, dovete aiutarmi. Se sapete dov’è Victor ditemelo…!!”
“Andrè vi giuro…non so nulla di tutto quello che è successo e non ho la più pallida idea di dove possa essere ora…….a meno che….”
“Cosa Cecile, cosa?”
“Abbiamo una piccola residenza a Nantes…ma no, non può essere andato là…”
“Ascoltate…io devo uscire di qui….il prima possibile…..perchè avete parlato di problemi con vostro fratello?”
“Da un po’ Victor è divenuto stranamente aggressivo, a volte violento….ma va a momenti…ha attraversato un forte periodo di depressione….e mi spiace dirvelo…ma….è successo subito dopo aver chiesto la mano di Oscar al Generale…E’ stato molto difficile per lui riuscire ad accettare il suo rifiuto. E’ divenuta un’ossessione……Abbiamo lasciato Parigi anche per questo. Ricominciare da capo era il nostro scopo. Non potevamo certo immaginare che un giorno l’avrebbe incontrata di nuovo!”
Andrè fece un lungo sospiro chiudendo per un attimo gli occhi –“D’accordo Cecile…..lasciamo perdere tutti questi discorsi…io devo uscire da qui….aiutatemi! Devo andare a cercare Oscar!!”
“Grandier….io non so veramente come aiutarvi….potrei…forse ….ascoltate. Il Comando di Brest si gestisce in autonomia ma in questo caso credo che l’unica soluzione sia parlare con il Generale Bouillè!”
“…voi credete di riuscire ad incontrarlo?”
“Ci proverò, ve lo prometto!!”- fece per uscire – “Andrè…”- volgendogli le spalle – “Vi chiedo perdono per il comportamento di Victor…per tutto il dolore che vi sta provocando…”
Sentì un nodo alla gola. Forse Oscar poteva essere in serio pericolo –“…grazie Cecile….”
 

“Generale….posso parlarvi?”
Augustin alzò lo sguardo. Annuì uscendo dalla stanza.
Mornay lo seguì.
“Ascoltate. So bene che il vostro pensiero ora è solo per lo stato di salute di vostra moglie ma….bisogna provvedere a ciò che è rimasto della villa…voi dovete essere messo al sicuro con il resto della famiglia..!”
Augustin sedutosi appoggiò le mani sotto il mento –“ …quale famiglia?...mia  moglie è in fin di vita …ho perso mia figlia….”
“Io non credo che Oscar sia morta!”
Lo fissò strabiliato – “Che dite?!”
“Sentite bene. Domattina con i miei uomini faremo un sopraluogo scrupoloso tra le macerie. Ci arrenderemo solo di fronte all’evidenza. Il corpo non può essersi ridotto in polvere…sempre che sia morta.”
L’uomo rimase in silenzio ad ascoltarlo.
“Vi chiedo di autorizzarmi a portare via tutte le vostre cose e portarle alla tenuta. La villa verrà risistemata e chiederò un progetto per recintare la proprietà.”
“Perché vi affannate così tanto?”
Vedete….io purtroppo non ho figli…..sono rimasto vedovo molto presto e non mi sono più risposato. Mi sono affezionato molto ad Andrè. Voglio aiutarlo…e voglio aiutare la famiglia….di sua moglie…”
“…si sarebbero sposati fra qualche giorno….”
“Lo so. Mi ha raccontato molte cose…….dimenticavo di dirvi che lo hanno arrestato”
“Come?...e per quale motivo?”
“Be…andare in giro di notte sbronzo urlando e minacciando il comandate del presidio militare….non credo sia stata una grande idea…ma una bravata….sicuramente dovuta a tutto quello che è accaduto e soprattutto al dolore che prova…”
“Ci voleva solo questo….maledizione…”
“Vedrò di fare qualcosa…suggerirei nel frattempo di lasciarlo dentro a meditare. Fuori potrebbe solo fare altri danni. Non vi preoccupate. Badate a madame.”
“E sia. Ora non posso dedicarvi attenzioni…ma…vi lascio carta bianca”
 
 
Un nuovo giorno….un nuovo sole….
Bernard si fece accompagnare sul luogo della tragedia.
Gli uomini di Mornay ed alcuni soldati sorvegliarono la casa durante a notte.
Rosalie scoppiò in lacrime – “Non ce la faccio…proprio…non riesco…”
Si avvicinò alle macerie in silenzio.
“Chi siete?”
Alzò gli occhi – “Mi chiamo Bernard Chatelet. Sono il marito di Rosalie e amico della figlia dei Jarjayes”
“Cosa cercate?”
“Forse sarebbe il caso mi diceste il vostro nome prima”- con tono severo.
“Sono Vincent Mornay…Andrè Grandier lavora nella mia proprietà!”
“Mornay!”- stupito – “…i cavalli di Francia!”
Accennò ad un sorriso.
“Che ne pensate?” – tornando con lo sguardo sull’edificio.
“Chi ha agito era ben organizzato. Ha studiato tutto nei minimi particolari. Dovevano essere probabilmente una decina di persone. Hanno mirato alla zona notte…perché li avrebbero trovato Oscar!”- il tono di voce convinto.
“avete per caso dato un’occhiata fra i resti?”
“Questa mattina presto con i miei uomini. Non c’è traccia di alcun corpo carbonizzato!”
Bernard sgranò gli occhi –“Che cosa può essere successo?...semplici ladri o…”
“No. E’ stato un pretesto…una copertura…”
“Che cosa? Volete dire che Oscar era l’obiettivo di tutto ciò?”
“Ne sono più che convinto. Qualcuno voleva arrivare a lei…potrebbe essere che qualcosa sia andato storto….mi riferisco a Madame Emilie…”
“Più tardi mi recherò da lei. Quali sono le sue condizioni?”
“Non sono delle migliori…non sono medico, ma sono fiducioso….”
“Quindi …Oscar sarebbe viva?!”
“Non so dove….ne come stia….ma quella donna è viva!!”
“…ma Andrè?”
Vincent incurvò gli angoli della bocca – “Al fresco…in questo momento…”
“Lo hanno arrestato?”
“E’ stato meglio così….quel ragazzo ha bisogno di mettere un po’ di ordine ai pensieri….in questo momento non è in grado di ragionare lucidamente!”
“Perdonate…come ne verrà fuori?”
“Non preoccupatevi. Le situazioni vanno affrontate una alla volta. Una cosa è certa. Chi ha causato tutto questo non avrà scampo. Andrè gli darà una caccia spietata…!”
 

“…Oscar….dove sei?...non sei morta…lo sento! Dove sei? Che cosa ti è successo?...se non fossi andato da Mornay….se solo fossi tornato prima saresti ancora qui. Ti avrei fra le mie braccia. …il profumo dei tuoi capelli….le tue mani a sfiorarmi…i tuoi occhi che mi fissano …che sanno sempre rasserenarmi…Oscar, amore mio….un figlio…”- deglutì…un nodo alla gola. Sentì una lacrima sulla guancia –“Perchè non me lo hai detto? Avevi forse paura che ti dicessi che non lo volevo? …non può essere! Le gioia più grande! Noi…una famiglia….Quello che mi fa star più male è che non sono stato in grado di proteggerti…Ora sei sola, anche se non del tutto. Il frutto del nostro amore sta crescendo in te. Vorrei posare il mio viso sul tuo ventre…cercare quel battito….”- strinse gli occhi – “Non si può soffrire così!”
Sedette. La mano a pugno posata sulla bocca.
“Sono stato uno stupido. Se fossi rimasto da Thomas o alla villa ora non sarei qui a scervellarmi per pensare a come uscire!”
Mornay.
Perdere moglie e figlio in una volta sola!
Scosse il capo – “Dannazione!”
Cecile….chissà se fosse andata da Bouillè…
Tutto assurdo. Victor….e se lo avesse aiutato qualcuno? Poteva essere che avesse escogitato un piano così terribile?
La sorella gli disse che aveva qualche problema….poteva averla rapita, portata da qualche parte…ma mai e poi mai le avrebbe fatto del male. E l’aggressività di cui gli parlò Cecile?
Doveva uscire!

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Capitolo 38
*** UN' ULTIMA FOLLIA ***


In lontananza una carrozza.
Mornay  la seguì con gli occhi fino all’arrivo davanti a casa Jarjayes.
Ne scese una bellissima donna.
Bernard e Vincent la videro soffermarsi di fronte alle macerie.
Portò una mano alla bocca sconvolta. Gli occhi le si riempirono di lacrime. Fece per cercare un fazzoletto.
Mornay gliene porse uno.
“Vi ringrazio…siete molto gentile”- poi tornando con lo sguardo su quel disastro –“Una vera tragedia…!”
Alcuni uomini si avvicinarono –“Signore, possiamo procedere?”
“Si certo. Voglio che sia tutto ultimato entro sera. Se così non fosse andremo avanti ad oltranza. Spero vi sia chiaro!”
Cecile si rivolse a Vincent –“Perdonate….che cosa state facendo?”
“Viene portato tutto alla mia tenuta. I Jarjayes si trasferiranno là per il momento”
“Siete?”
“Scusate Madame. Mi chiamo Mornay, delle scuderie Mornay”- baciamano di rito.
“Oh….ma certo. I cavalli di sua Maestà…!”
“…non solo..”- l’ accenno di un sorriso
“..certo…lo so bene. Posso chiedervi in che rapporti siete con la famiglia ?”
“Grandier è il mio uomo di fiducia!”
Cecile rimase senza parole.
“Siete al corrente del fatto che sia in prigione al momento…?!”
Annuì.
A lui avrebbe pensato successivamente. Un po’ di gattabuia per rimettere insieme le idee ma soprattutto per comprendere gli atteggiamenti sbagliati non gli avrebbe certo fatto male.
“Voi Madame?”
“Scusate…avete perfettamente ragione. Sono Cecile Doriane de Girodelle…”
Vincent la squadrò da capo a piedi –“ …è stato vostro fratello?”- domanda secca.
Rivolse gli occhi verso l’edificio –“..io…non credo sia stata opera sua..ma ogni dubbio è lecito..”- in cuor suo si augurò che non avesse commesso un’atrocità del genere.
“Dov’è?”
“….Nantes….forse…”- un tono di angoscia nella sua voce.
“Siete cosciente del fatto che Andrè gliela farà pagare?”
Strinse le mani portandole al petto – “…credetemi. Sono molto combattuta. Devo decidere se far uscire Grandier o coprire mio fratello!”
“Farete la cosa più giusta……sapete a chi rivolgervi ?”
“Il Generale Bouillè…il Comando di Brest non dipende più direttamente da Parigi….ma è l’unico che probabilmente potrebbe….”
“Quando?”
“Sono passata qui prima di recarmi da lui. Desideravo rendermi conto della gravità della situazione”
“Portatemi da lui…gli parlerò io!” – deciso.
Cecile fissò Mornay strabiliata per tanta risolutezza.
Non aggiunse altro.
Salì in carrozza seguita da Vincent a cavallo.
 
Sdraiato su quella specie di letto Andrè cercò di ricomporre pensieri, immagini…parole .
Il silenzio totale.
Che ora era? Probabilmente giorno visto la luce che filtrava da quella minuscola finestra in alto.
Qualcuno apri il piccolo pertugio nella pesante porta di ferro e depose a terra una scodella e un tozzo di pane.
Si girò sul fianco, il volto verso il muro.
Non gli importava di mangiare.
Doveva uscire.
Cecile. Poteva contare solo su di lei.
Che stupido era stato! Se non si fosse comportato così da incosciente ora sarebbe stato libero di andare a cercare Oscar.
“Complimenti Grandier! Sei un vero idiota!”- chiuse gli occhi.
Il pensiero fu per lei.
Rientrare dal lavoro e aver assistito a tutto quello lo aveva sconvolto. Era normale avesse pensato che le fiamme se la fossero portata via…nonostante sapesse che in qualsiasi situazione anche nelle peggiori era sempre stata in grado di cavarsela.
….sorrise rivedendola in ogni attimo trascorso assieme…emozioni pure emozioni…occhi che sapevano essere di ghiaccio e poi improvvisamente bruciare di passione, mani ferme nell’impugnare la spada ma scorrere delicate su di lui, una bocca capace di ferire con le parole ma anche di teneri baci…la sua Oscar…l’essere giunti quasi alla realizzazione di un sogno….ora…sbriciolarsi tutto….scivolare via come sabbia tra le dita…
Un comportamento assurdo anche nei confronti di Mornay.
No, non era da lui.
Una lacrima scese dall’angolo di un occhio attraversando la tempia a perdersi fra i capelli.
Perchè? Perchè ancora tanta sofferenza? Perchè mai il destino non voleva concedere loro quella felicità tanto desiderata? Ora avrebbero potuto avere tutto….una vita insieme per sempre…marito e moglie…un figlio…chissà …due…la serenità…
Strinse i pugni.
Dove poteva essere? Veramente Girodelle era stato capace di un tale gesto? Per cosa? Per averla sua? No…non poteva essere…non aveva senso tutto quel ragionamento. Pazzo d’amore si…ma non un assassino.
Gli aveva dato del farabutto…ma in fondo era certo che non lo fosse. Aveva obbedito ad Oscar per anni senza una grinza, sempre preciso, impeccabile…un’ottima spalla durante gli anni alla Guardia Reale.
D’accordo, Cecile gli aveva parlato di una forte depressione dovuta al rifiuto di Oscar…poteva la sua mente essere malata a tal punto ?
 
“Generale….una certa Madame de Girodelle e Monsieur Mornay chiedono di essere ricevuti”
Sollevò lo sguardo da una montagna di scartoffie. Un cenno al soldato affinchè li facesse accomodare.
Appena Cecile fece il suo ingresso nella stanza Bouillè le andò incontro prendendole la mano e portandola alla bocca.
“Madame….quanto tempo. E’ un vero piacere rivedervi”
“Vi ringrazio di averci ricevuto…senza appuntamento”- si volse verso Victor “Il signor Mornay”- con un cenno per presentargli Vincent.
“Mornay….ammetto che è un onore conoscervi di persona. Credo di aver trattato con uno dei vostri uomini qualche anno fa per i nuovi cavalli della Guardia Reale”-
Annuì accennando ad un leggero sorriso.
“Prego….sedete. A cosa devo questa vostra visita inaspettata?”
“Ecco….”- Cecile cercò le parole per elaborare un discorso convincente quando Mornay la precedette.
“Il mio uomo fidato è richiuso nella prigione di Brest!”
“ E chi sarebbe?”
“Andrè Grandier!!”- scandì il nome.
Bouillè sollevò il sopracciglio con fare disinteressato –“Avrà perpetrato qualche grave illecito o reato…non si finisce dietro le sbarre per futili motivazioni…”
“Era semplicemente ubriaco..”
Il Generale prese la pipa da una scatola finemente lavorata sulla scrivania. Pigiò il tabacco. Diede fuoco.
Aspirò a lungo rilasciando un sottile e lanoso filo di fumo.
“Ho assoluta necessità che venga rilasciato…ne va anche della reputazione delle scuderie….non posso assolutamente permettermi una situazione del genere..”-  la prima eppur banale giustificazione per uno come lui. Il pensiero reale era per la vita di Andrè non per il buon nome delle scuderie. Ne aveva attraversati di momenti difficili prima di raggiungere quella posizione. E comunque ogni ostacolo era sempre riuscito a superarlo con determinazione e coraggio.
“Dovreste tenere a bada chi lavora per voi..”
“Un innocuo errore di percorso…nulla di più..!”
“E avevate necessità di farvi accompagnare da una signora per venirmi a supplicare di lasciar libero un vostro servitore?”- scrutò a lungo quello sguardo imperturbabile.
“Madame si è prestata semplicemente perché Victor de Girodelle è capitano al presidio militare di Brest”
“Perché non domandare a lui?”
“Sono abituato a pagare i miei errori di persona e con i gradi più alti…. anche quelli commessi dai miei lavoranti dal momento che sono alle mie dipendenze”
Bouillè spostò gli occhi sulla donna.
“Dunque una semplice sbornia? Mi pare poco perché …”
“…ha avuto da discutere giustamente con Victor per via dell’acquisto di un cavallo per uso personale …..mio fratello avrebbe dovuto pagare entro metà di questo mese ma… ultimamente ha sperperato un po’ troppo denaro…”- s’intromise Cecile.
“E’ vero?”- rivolgendosi a Mornay.
Tacque. Odiava mentire.
Sfregò energicamente le mani –“Credo attualmente di non potere fare nulla per voi, signori…è un momento questo particolare per la Francia…vedete sulla mia scrivania quanti documenti? Il presidio di Brest è come un granello di sabbia su una spiaggia della Normandia. Mi devo occupare di problemi ben più seri. La situazione a Parigi stà precipitando. Pertanto….vi chiedo gentilmente di lasciarmi lavorare. Vi auguro buona giornata ”
Ripose la pipa e riprese in mano i fogli accantonati.
A Cecile si riempirono gli occhi di lacrime. Si alzò in silenzio.
Mornay  le aprì la porta –“Aspettatemi in carrozza”- richiudendola poi alle sue spalle.
Il Generale alzò lo sguardo –“Cosa volete ancora?”
“Avete mai pensato al futuro?”
“Che intendete?”- corrugando la fronte.
“Parigi vive nei disordini quotidiani. Presto….molto presto la famiglia reale sarà destabilizzata…con tutta la monarchia al seguito. Sarà una gioia per i rivoltosi…”
“Voi farneticate!”- si alzò in piedi –“Uscite immediatamente!”
“Se aveste ancora una posizione privilegiata e significante non stareste a marcire a Brest!
“Badate Mornay…non vi permetto di rivolgervi a me in questa maniera, potrei farvi arrestare!”
“Contate ben poco e ne siete consapevole”
“Uscite immediatamente da questa stanza”- furioso – “Guardia!!” – chiamò.
Vincent frugò all’intero della giacca e ne trasse tre sacchette scure ponendogliele sul tavolo.
“Volete corrompermi?”- battendo i pugni sulla scrivania.”
“Voglio il mio uomo!”- freddo.
Bouillè rise – “Che fate? Comprate gli uomini come le bestie?”
“NO! Compro semplicemente la libertà del migliore e fidato fra tutti!”
Quelle sacchette bruciavano più del fuoco.
“Uscite! Vi risparmio la galera solo perché…”
“…perché quel denaro vi farà comodo quando verranno a cercarvi per condurvi di fronte a Madame “Guillotine” se non riuscirete a fuggire”
L’uomo livido di rabbia.
“Uscite e non fatevi mai più rivedere o la prossima volta giuro sarò io stesso a piantarvi una pallottola in corpo” – estrasse la pistola ponendola accanto a quel denaro.
Mornay aprì la porta e uscendo si girò un’ultima volta –“Dopodomani farò ritorno a Brest…mi recherò alla prigione…”- senza aggiungere altro raggiunse Cecile.
Boullè ribollì dal nervoso. I pugni stretti sulla scrivania.
Sedette.
Nessuno mai aveva azzardato tanto. Nessuno!
Rimase a fissare quelle sacchette nere.
Ne sciolse i laccetti e rovesciò il contenuto.
La libertà di un uomo poteva valere così tante monete d’oro?
Vincent montò a cavallo –“Vi riaccompagno”- rivolgendosi a Cecile.
“Perché avete voluto rimanere solo con lui?”
“Non preoccupatevi.  Vedete di organizzarvi per andare a Nantes!”
 
Il cielo nuvoloso su Parigi.
“Alain…Alain…apri….apri!”
Apparve Leah sulla porta –“Ma insomma Pierre! Che ti prende? E’ il caso di urlare e bussare in questa maniera?”- seccata.
“Dov’è Alain?
Apparve alle spalle della giovane –“Che vuoi Pierre?”- lo sguardo leggermente assonnato.
“Un corteo di donne è partito da Faubourg Saint-Antoine e uno da Les Halles …stanno dirigendosi a Versailles.”
“Che cosa?”- incredulo.
“Si, stanno marciando accompagnate da una calca di parigini armati di falci, lance….e pistole”.
“Chiudetevi in casa!”- rivolgendosi a Leah.
“Dove vuoi andare?”- spaventata.
“Quando Diane scende non farla andare alla sartoria!”
“Alain!”
Voltatosi la baciò sulla fronte – “Non preoccuparti!”
Una corsa.
Raggiunsero la folla. Inferocita.
La pioggia battente, le donne fradice gridavano contro i monarchi la loro rabbia. Ma in particolar modo era lei, l’Austriaca ad essere presa di mira, accusata di aver sperperato il tesoro reale a discapito delle misere condizioni di vita in cui versava tutta la popolazione, di condurre una vita dissoluta e soprattutto di avere una sciagurata influenza sul re.
Quel trambusto attirò l’attenzione di gentiluomini e cortigiane che  si precipitarono alle finestre per osservare cosa stesse accadendo fuori.
Presto il panico prese il sopravento
 
Un brivido gli percorse la schiena.
La notte era stata terribile senza uno straccio di coperta.
La ciotola ancora ai piedi della pesante porta di ferro.
Si accorse che il pezzo di pane era sparito – “Topi”- pensò.
Quanto tempo era trascorso?
Era difficile riuscire a rendersi conto dello svolgere del tempo in quel buco.
“Grandier…hai provato anche il brivido della galera!”
I suoi pensieri furono improvvisamente interrotti da un rumore di passi pesanti avvicinarsi alla cella.
La chiave girò nella serratura.
Due guardie entrarono – “Forza Grandier….alzatevi!”- lo spintonarono – “uscite prima che qualcuno cambi idea…siete libero!”
Non se lo fece ripetere una seconda volta.
Cecile ce l’aveva fatta.
Percorse un lungo tratto delle segrete scortato da altri soldati, salì una quantità infinita di gradini e finalmente raggiunse l’uscita.
“Vedete di non farvi pizzicare nuovamente!”- gli dissero.
Respirò a pieni polmoni l’aria fresca della sera, l’aria fresca dell’essere liberi.
Di fronte a lui Mornay a cavallo tenendo Alexander per le briglie.
“Vincent!”- sgranò gli occhi.
Lo sguardo crucciato, la fronte corrugata quasi come un padre quando rimprovera un figlio.
“Mi auguro che la permanenza in cella ti abbia rinsavito. Non rivolgerti a me mai più in quella maniera…o la prossima volta giuro che sarò io stesso a condurti in gattabuia!!”
Abbassò gli occhi – “Vi prego di scusarmi….sappiate che non è da me…”
Rialzò lo sguardo ed incrociò quello severo dell’uomo.
“Sali!”- lo intimò –“Madame Jarjayes vuole vederti”
Emilie!  Allora si era ripresa.
In brevissimo furono di fronte all’abitazione di Thomas.
Mornay sedette in attesa che li chiamassero.
“Come ha fatto Cecile a convincere Bouillè?”- gli venne da sorridere – “il fascino femminile!”
Vincent non fiatò.
Nella saletta si palesò Beatrice – “Andrè….vieni…”
A passo lento fece il suo ingresso nella stanza.
Il volto della donna trasfigurato dal dolore.
Mai aveva visto Emilie in quelle condizioni.
Socchiuse appena gli occhi e sollevando debolmente un braccio lo allungò. Prese il giovane per la mano tirandolo verso di sé.
Accostò le labbra al suo orecchio.
“..tuo figlio…..Oscar è incinta di tuo figlio….tutto bene….andava tutto bene…..aveva paura….”- sibilò.
Deglutì cercando la forza per parlargli ancora – “…durante la visita….aveva paura…..quelle non erano le tue mani….ma di Thomas si fidava….solo io…..e Thomas…..nessun altro…..”
Si aggrappò ad un filo di voce – “tu…non dubitare….è troppo l’amore che ha nel cuore solo per te…”
Andrè fece per sollevarsi ma Emilie lo trattenne –“---non può essere morta…vai.. Andrè!....trova Oscar e il vostro bambino…trova Oscar…”- richiuse gli occhi.
Sentì le lacrime rigargli il volto.
Baciò teneramente la mano della donna rimanendo piegato su di lei –“ …vi giuro …giuro davanti a Dio ….dovessi perdere la mia stessa vita per riuscirci…riporterò a casa vostra figlia…”
Thomas le tastò il polso – “Uscite tutti….per cortesia”- preparò delle nuove bende e le scoprì le gambe.
“Generale….anche voi..”- facendosi cupo in volto.
Non appena rimase solo rimosse con cautela quei ritagli di cotone a proteggerle le ustioni.
Ripulì con una soluzione nuova elaborata dal suoi grandi amici Berthollet e Scheele, un liquido che sembrava aiutasse a limitare l’espandersi delle infezioni….mai adoperata prima –“Che Dio ce la mandi buona!”
 
Guardò dritto verso il letto.
Lei, in piedi, fiera e tremendamente bella.
Desiderata da sempre…
Le prese una ciocca di capelli e ne inspirò a lungo il profumo. La guardò in viso e scostandoli delicatamente dal collo lasciò scivolare lentamente la mano fino allo scollo della camicia.
La sfilò dai pantaloni e si insinuò al di sotto del tessuto stringendo ed accarezzando un seno.
Un mugugno.
Avvicinò la bocca alla sua pronto ad accogliere ogni suo ansimo.
La vide sedersi sul bordo del letto, liberarsi definitivamente dalla costrizione degli abiti e coricarsi all’indietro rimanendo sui gomiti… le gambe lunghe leggermente divaricate….quella cascata di riccioli biondi adagiati fra le lenzuola.
Ripose la giacca sulla poltrona, camicia e pantaloni accuratamente ripiegati….
Curvatosi sulle ginocchia si poggiò fra le sue gambe facendo scorrere le mani sui seni, ne tastò la morbidezza …scese sul ventre piatto e teso fino a giungere a quella collina paradisiaca. Il suo biondo naturale lo eccitò ancora di più. Spinse la lingua assaporando quel nettare mentre i gemiti… dolci suoni alle sue orecchie.
Le dita sottili afferrarlo per i capelli, a stringerli, trattenendolo e…accompagnare quell’abbeverarsi con un movimento ritmico del bacino …assecondando ogni carezza, ogni passaggio ove le terminazioni nervose erano così sensibili. Piccoli sobbalzi, scatti involontari…di piacere.
La mano aperta sulla sua femminilità …sfiorarla… Spinse prima un dito…poi due…
“Victor….”- le sfuggì.
Sollevò lo sguardo estasiato a quelle parole senza fermarsi.
E quando non resistette più si sdraiò su di lei accarezzandole il viso ….consapevole del fatto che non sarebbe stata sua per la prima volta…..quell’illibatezza buttata alle spine con un servitore, quel candore sporcato ….e la rabbia racchiusa in un affondo violento facendola gridare –“Si…!”- la bocca a catturare la sua essenza di donna –“…godete di me Oscar…!”.
Ma non gli bastò.
Sua, solo e completamente sua.
La girò supina.
Le dita scorrere lungo la schiena fino ai glutei sodi e tondi.
“Siete l’inferno e il paradiso…”mormorò sollevandola improvvisamente per il bacino e attirandola verso di lui – “sarete mia fino all’ultimo dei vostri respiri….fino all’ultimo dei vostri gemiti…”- l’ennesimo affondo afferrandola per i fianchi –“…di nessun altro…”
Il respiro in affanno, i battiti del cuore accelerati…..l’apice in un suono gutturale ….un fiotto caldo.. lungo....a spargersi in lei…
Ricadde sul letto …madido di sudore, sfiancato…tristemente compiaciuto, gli occhi alla ricerca di quelli di lei.
“Che io sia dannato in eterno per quello che ho fatto…”
Dalla finestra socchiusa udì la voce della sorella.
“Mi raccomando. Preparate nuovi cavalli per domattina. Dovrò recarmi a Nantes.”.
Lasciata la carrozza salì lentamente le scale. La stanchezza cominciò a farsi sentire.
“Dove sei stata?”
Sollevò lo sguardo – “ Victor!!”
In cima alle scale, i piedi scalzi, la vestaglia di seta verde e dorata, aperta a lasciar intravvedere il corpo nudo e asciutto, il petto glabro….le braccia abbandonate morbide lungo i fianchi. Due pezzi di ghiaccio al posto degli occhi.
“Ti ho chiesto dove sei stata!!!?!”
“Che cos’hai fatto Victor? Perché?”
Aggrottò leggermente la fronte.
“Tu non puoi capire”- si allontanò dall’entrata.
“Dove credi di andare? Voglio una spiegazione…ora!!”- afferrò due lembi dell’abito sollevondolo per agevolare la camminata –“Non permetterti di volgermi le spalle!”
Si bloccò a metà del corridoio – “Tu non capisci. Amo quella donna più della mia stessa vita”
“Non puoi ….lei ama Andrè!”-
Si girò di scatto scoppiando in una risata isterica – “Uno stalliere!....ci credi veramente?”
“Ascolta…”
“NO! Tu ascolta! Oscar è destinata a sposare me. Non un servo.”
“Victor…”
“E’ mia! SOLO MIA!!”
“Victor…”
“Ci trasferiremo a Nantes..che la cosa sia di tuo gradimento o  no….!”
“Victor…vuoi starmi ad ascoltare?”- gridò.
Un’occhiata. La freddò.
 “Chi ti ha aiutato nell’ordire il tutto? Dov’è? Dove hai portato Oscar?”
Un sorriso beffardo.
“si…dove hai portato Madamigella Oscar…sei un pazzo…..perchè un gesto così folle..?”
 “Lei…è venuta qui …di sua spontanea iniziativa…..sapevo che mi amava…che mi desiderava…”- fece qualche passo in direzione della camera da letto – “è mia …..è stato incredibile….non immaginavo che sotto quelle spoglie di Comandante rigido e inflessibile ci fosse una donna così passionale, carica di desiderio…”
Sbiancò.
Che cosa voleva dire?
Lo seguì in silenzio. L’angoscia attanagliarle la gola.
Victor aprì la porta a mostrarle la stanza.
Tentennante entrò.
Non credette ai suoi occhi.
“Che cosa ti avevo detto? Guardala….”
Cecile prese a tremare.
“Victor…ma…”- gli occhi le si riempirono di lacrime.
Rise appoggiando un gomito al grande como’.
“Sei senza parole vero? E’ terribilmente bella….bella, sensuale….un uomo non può desiderare nulla di più”
Portò una mano alla bocca allibita.
“No…no sorella mia… non scandalizzarti…..avessi sentito come gridava di piacere….nemmeno una gatta in calore….e ha goduto…o si, sotto le mie spinte…ora è mia”
Deglutì sconvolta.
“Sai…”- le volse per qualche secondo le spalle –“avrei preferito fosse stata illibata….avrei desiderato ardentemente essere stato il primo a scontrarmi con la sua purezza… a spalancarle le porte ai veri piaceri….invece…”- il tono di voce si fece più serio –“ quel bastardo mi ha impedito di provare quella sensazione incredibile di vedere quel dolore sottile nei suoi occhi…..me l’ha sporcata …rendendola….una puttana come le altre…”- si volse impugnando una pistola.
Un grido.
“Mio Dio Victor…!!”
“....si…proprio come quelle donne del bordello di Madame Margot…solo che non sono belle quanto lei….lei è una dea….e resterà mia per sempre!”.
Puntò la pistola verso il letto.
Un colpo.
 

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Capitolo 39
*** SENZA SPIRAGLI ***


Lo sparo risuonò nella stanza facendo tintinnare il lampadario.
Una nuvola di piume si levò in aria.
Un foro non perfetto, una bruciatura sbavata nel cuscino.
Girodelle indietreggiò come spaventato urtando il comò alle sue spalle.
La bottiglietta vuota di laudano cadde a terra frantumandosi in mille pezzetti di vetro.
Cecile rimase con lo sguardo fisso sul pavimento per una frazione di secondi poi con un gesto d’ira lo scostò per vedere sul mobile.
Polvere d’oppio!
“Victor!”- gridò sconvolta.
Lui rivolse gli occhi verso il letto.
Il vuoto.
Piume fra le lenzuola bianche spiegazzate e al centro una chiazza…una macchia …il suo tormento, il suo peccato….la sua follia.
Niente di più.
“Oscar…”- mormorò come risvegliandosi da un intenso torpore.
La sorella paralizzata da paura e incredulità.
Victor si accostò al letto tremante. Il nulla.
Afferrò le lenzuola stringendole rabbiosamente.
“NO!...non può essere! Lei era qui! Io l’ho posseduta…lei…lei ha pronunciato il mio nome…ho udito i suoi gemiti…l’ho sentita godere…non può essere!”- strappò le lenzuola dal letto –“NOOO!”
Lei immobile incapace di pensare, di immaginare cos’altro potesse accadere in quel preciso momento. Tentò di avvicinarsi a lui.
Fu questione di un attimo.
Victor si voltò di scatto afferrando la seconda pistola sul comò.
La canna alla tempia.
Esplose un colpo.
Il sangue schizzò violentemente sul volto di Cecile.
Sbattè ripetutamente le palpebre indietreggiando con le mani quasi a difesa. La bocca spalancata.
Il corpo ricadde a terra.
Tentò di pulire gli occhi. Volse i palmi.
Rimase a fissare esterrefatta quelle macchie scarlatte.
Poi realizzò.
“Noooooo!”- gridò gettandosi su di lui – “Nooo Victor, ti prego…nooooo!”
Le grida a bruciarle la gola dalla disperazione.
Sopraggiunse uno dei servitori, l’unico rimasto in una serata di libertà per tutti i domestici.
Bloccato, sulla porta, come pietrificato per la scena.
Si fece coraggio e chinatosi su Cecile –“Madame…madame!”
 
 
Anche quella notte fece fatica a riposare.
Le parole di Emilie lo tormentarono fino le prime ore del mattino –“…aveva paura…quelle non erano le tue mani….è troppo l’amore che ha nel cuore solo per te….trova Oscar e il vostro bambino.!”
Se veramente fosse stata colpa di Girodelle l’avrebbe pagata cara!
Sedette sul letto.
Con Mornay tutto era chiarito.
Anche lui ora era suo ospite…se così si poteva definire.
“Potrai restare fino quando vorrai. Considera questa casa come fosse tua….e quando troverai Oscar…se vorrai…anzi, vorrete…be, ne sarei immensamente felice”.
Ma la loro casa sarebbe dovuta essere la dependance. Oscar con Rosalie e Beatrice ci avevano messo il cuore.
Così soddisfatta ed entusiasta quando gliel’aveva mostrata.
Avevano fatto l’amore in quello che sarebbe stato il loro nido.
I suoi pensieri furono interrotti dall’improvviso bussare alla porta.
“Buongiorno signore. Vi  ho portato la colazione.”- Pauline una delle lavoranti di Vincent.
“Grazie mille…puoi appoggiare sul tavolo”- strofinandosi gli occhi.
“Mornay vi aspetta appena avete terminato”
Annuì versandosi il caffè.
La donna uscì.
La giornata si presentava forse come risolutiva.
Infilò gli stivali e indossò la giacca.
Nantes li attendeva.
 
La folla crebbe inveendo verbalmente contro “l’Austriaca” e maledicendola.
Una parte dei dimostranti si ammassò sotto le finestre del re mentre l’altra riuscì ad introdursi salendo per la scalinata della regina.
Prima una, poi una seconda guardia della scorta vennero massacrate trafitte dalle lance e la strada per l’appartamento della regina fu libera.
Un grido improvviso – “Salvate la Regina!!”
Il re prese il figlio tra le braccia e attraversò a passo spedito quel groviglio di corridoi segreti per raggiungere la consorte.
Un fuggi fuggi generale. Maria Antonietta indossò velocemente qualcosa e si precipitò per una scalinata interna verso la camera della piccola Maria Teresa – “Vieni amore mio!”
Pochissimi minuti e raggiunse Luigi XVI nella Sala del Consiglio.
Qualche fidato ed una manciata di guardie della scorta. Tutto quello che restava.
“Mammina…ho fame!”- il piccolo Delfino aggrappato alla sorellina.
“Amore mio…pazienta un po’….appena sarà possibile la mamma ti farà portare latte e biscotti…un po’ di pazienza amore, solo un pochino…”- le lacrime agli occhi mentre Marie Teresa iniziò a lamentarsi stanca della situazione.
Il re provò a consultarsi con i ministri quando La Fayette udendo il clamore della folla si rivolse al sovrano.
“Vi prego….affacciatevi…forse la rabbia si placherà”.
Uno sguardo di terrore fra Luigi e Maria Antonietta.
Quest’ultima prese in braccio il piccolo Delfino e per mano la figlia.
Un respiro profondo. I sovrani si affacciarono.
“Lunga vita al Re!” – si udì dopo un lungo silenzio.
La Fayette cercò di rassicurare la folla che sarebbero stati presi provvedimenti per migliorare le condizioni di vita della popolazione e garantito il pane permettendo così ai sovrani di rientrare.
Ma improvvisamente : “Vogliamo la Regina!”
“Si, fuori la Regina! Che si affacci da sola se ha il coraggio!”
“Che venga sul balcone l’Austriaca!!!”
Il respiro le si bloccò in gola.
“Maestà…vi prego, non fatelo….non fatelo!”- qualcuno la supplicò.
Afferrò per mano i figli, testa alta e fiera e si diresse verso il balcone.
“Perché i bambini? Non avete il coraggio di uscire da sola?”- una voce tra la folla.
“Si, che abbia il coraggio di affacciarsi sola….non vogliamo i bambini”
Maria Antonietta lasciò teneramente che facessero rientro nella stanza.
Sola.
Al centro di quel balcone, sola. Gli occhi del popolo puntati su di lei. La rabbia, gli insulti, le grida.
Ed ecco.
Incrociate le mani sul petto, un profondo inchino.
Il silenzio totale.
Quel gesto così composto e nel suo infinito dolore pieno di dignità.
La folla quasi intimidita si unì in un unico grido –“A Parigi! Lunga vita alla Regina!”
Pierre afferrò per un braccio Alain – “Vogliono che i sovrani vadano a Le Tuileries….vedrai…li condurranno là!”
“Ma che dici!!”- si volse fradicio.
“Vedrai se mi sbaglio!”
Girò le spalle al compagno e si allontanò.
“Dove vai Alain?”
“Sono stufo di stare qui in mezzo, inzuppato d’acqua e al freddo….me ne torno a casa. Mi interessa di più che le ragazze siano al sicuro!”- allungando velocemente il passo – “Tu se vuoi resta pure..!”
Cercò di farsi strada tra la gente ancora ammassata nel cortile sotto quel balcone.
La pioggia battente, incessante.
 
 
La porta accostata.
Mornay spinse l’uscio lentamente.
Nessun servitore ad accoglierli.
Qualcosa non quadrava.
Salirono le scale nel silenzio più totale.
“Cecile!”- chiamò Andrè.
Nessuno. Possibile?
Attraversarono l’entrata quasi in punta di piedi.
Ed ecco in un angolo, seduto appoggiato al muro un inserviente con la testa tra le mani.
Poi un suono…flebile…quasi un lamento continuo.
Si diressero verso la stanza da dove proveniva quella voce sottile.
Andrè fu il primo ad entrare.
Una scena raccapricciante.
Cecile giaceva in ginocchio. Mani sporche e volto schizzato di sangue.
Il viso stravolto. Gli occhi fissi sul corpo del fratello stretto tra le braccia…dondolandosi avanti e indietro quasi a cullarlo e quel nome mormorato tra le lacrime all’infinito –“Victor….Victor….Victor…”
La vestaglia in parte sfilata a lasciar intravveder il corpo nudo esanime.
Il rosso vermiglio fra i capelli di Girodelle colare sull’abito della donna fino a formare una pozza sul pavimento.
Vincent fissò il letto. Il foro nel cuscino, le piume sparse tra le lenzuola, quei pezzetti di vetro a terra, la polvere d’oppio sul comò.
Sopraggiunsero alcuni dei domestici di ritorno al lavoro dopo un giorno di pausa accompagnati da alcune guardie allarmate dal vicinato.
Mornay si chinò sulla donna -“Andrè aiutami”- provò ad allontanare Cecile dal corpo di Victor.
“Nooo!”- trattenendolo a sé –“Victor…Victor!”- un urlo straziante.
“Cecile, vi prego, lasciatelo!”- Vincent tentò di dissuaderla.
“Victor perché l’hai fatto….Victor…!”
Intervennero un paio di guardie spostando il cadavere.
“Cos’è successo?”- un militare ai due.
“Al nostro arrivo la tragedia era già avvenuta”- Andrè quasi senza parole.
I domestici in lacrime.
“Ci pensiamo noi!”- continuò quella guardia.
“E la donna?”
“Non preoccupatevi. Sono vostri familiari?”
“No”- rispose Andrè.
“Bene”- sollevarono Cecile per le braccia mentre altri avvolsero momentaneamente il corpo di Girodelle in un lenzuolo.
“Portatelo fuori”- ordinò quello che sembrava di grado superiore.
Poi rivolgendosi ai due –“Se non siete parenti perché siete qui?...ma …ma lei è Mornay!”
“Dovevamo recarci a Nantes con la sorella del suicida”- chiarì.
“Come posso credervi?”
“…loro…loro sono arrivati dopo…”- il domestico seduto a terra.
“Che cos’è successo?”- domandò il militare.
“Urlava con la sorella…si è sparato!”
La guardia fissò Andrè e Vincent – “D’accordo. Potete andare!”- e rientrò nella stanza.
Mornay si piegò sul giovane –“Sapete dov’è stato tutto il giorno il Conte?....al comando non si è fatto vedere. Per caso è venuto qui con una donna?”
“No”- rispose continuando a stringere la testa tra le mani –“E’ andato a Saint-Renan….”
Andrè aggrottò la fronte – “ A Saint-Renan?”
Il giovane sollevò appena lo sguardo –“Signore….io non dovrei dirvi certe cose….sono personali….non posso…”
“Il vostro padrone è morto….cosa volete farvene dei segreti!”- voleva sapere…dovevano riuscire a capire cos’avesse fatto…se fosse stato solo…se Oscar…
“Ultimamente vi si recava spesso ..”- con le lacrime agli occhi –“Non poteva frequentare il bordello di Brest, ne andava del suo nome…del suo onore...là nessuno lo conosceva”
“Non credo sia solo questo….tu sai molto di più!”- incalzò Vincent.
“…c’è un luogo….”- tentennante – “…un posto dove tra le prostitute si assume oppio….lo si può fumare…io…io non so altro…non ci sono mai stato….il padrone me lo raccontava quando rientrava stravolto e dovevo aiutarlo a cambiarsi e mettersi a letto…..non era in grado di reggersi in piedi….delirava….”
“Quanto doveva soffrire”- pensò Andrè.
“…mi raccontò di una donna…bionda….bellissima….”
“Oscar!”- sbarrò gli occhi ascoltando quelle parole.
“…diceva di non essere ricambiato ma di aver trovato nel bordello una ragazza anch’essa bionda….capelli lunghi….voleva sempre e solo quella….lo appagava …..il mio padrone era solo…terribilmente solo…!”
Udirono abbastanza.
Mornay si girò verso Andrè.
Lo vide sospirare appoggiando una mano al muro –“Siamo al punto di partenza….”
“Avete mai visto qui quella donna di cui tanto vi parlava?”-
“Signore”- rivolgendosi a Vincent – “E’ venuta a cena ma ….il padrone …il padrone ha tentato…ecco….tutto è precipitato… …e lei è fuggita”
Andrè quasi si avvinghiò su di lui afferrandolo per un braccio – “Che cosa le ha fatto? Ditemelo!!”
“Nulla signore…vi giuro nulla….è stata più astuta e se n’è andata…..da allora non l’ho più vista!”
Basta! Non poteva più ascoltare.
Girodelle aveva tentato di fare, forse, del male ad Oscar…usarle violenza….pazzo com’era…!
Si allontanò.
Non c’era più bisogno di restare.
Oscar non c’era. Victor si era ucciso. Cecile sull’orlo della pazzia.
E lui….lui da capo!
Appena furono fuori si appoggiò con la schiena al muro sollevano gli occhi al cielo – “Maledizione!”
“Pensavi veramente fosse stato lui?”- Mornay afferrò per le briglie i due cavalli.
Un lungo sospiro –“No….non poteva…nonostante tutto…no..”
“E allora? Cosa ti turba?”
“Che siamo da capo. Ora veramente non so dove sbattere la testa”- infilò il piede nella staffa.
Una spinta e salì su Alexander.
“Ora non so veramente dove cercare!”- strinse le briglie dalla rabbia.
Abbassò lo sguardo.
Ora tutto sarebbe stato terribilmente difficile.
 
Alain richiuse la porta quasi sbattendola.
Diane e Leah sedute in attesa che rientrasse.
Le guardò – “Che state facendo?”- sfilando gli stivali e scrollandosi l’acqua di dosso.
Un ceffone lo colpì di sorpresa.
Portò una mano alla guancia – “Che diavolo..?”
“Incosciente, stupido, menefreghista….”- gli urlò contro Leah – “Tu…tu volevi farci morire di crepacuore…”- le venne spontaneo alzare la mano per colpirlo di nuovo ma lui la bloccò per il polso.
Le gambe le vennero meno e scivolò a terra in un mare di lacrime.
“Ti rendi conto di quanto tempo siete sati via? E Pierre? Pierre dov’è?” – Diane china sulla giovane.
Si passò una mano fra i capelli bagnati – “…scusate…ecco…non ci siamo resi conto….Pierre è andato al giornale….eravamo sotto il balcone dei sovrani…è stata una scena pazzesca…”
“Che vuoi che mi importi dei sovrani…del balcone….”- Leah si alzò e corse di sopra in camera.
Alain non seppe che dire – “ Ecco…”
“Meglio che non fiati. Togliti quella roba …hai portato tutto il fango in casa. Spostati!”- Diane era furiosa.
Un paio di passi per salire anch’egli a cambiarsi –“Vedi di togliere quello che hai addosso…prima..”
Sfilò camicia e pantaloni e li allungò alla sorella.
“Sei un animale!”- gli strappò gli indumenti dalle mani andandoli a riporre in una grande cesta.
Fece le scale quasi in punta di piedi.
Girò lentamente la maniglia ed entrò nella camera da letto.
Leah stava seduta in un angolo del letto. I gomiti sulle ginocchia, il volto appoggiato alle mani strette in pugni.
Prese un telo dall’armadio e strofinò i capelli.
“Senti….non …non mi sono accorto di tutto il tempo che siamo stati via…qui oramai le cose precipitano giorno dopo giorno…”
“….non ha alcun senso stia qui!”- lo sguardo perso nel vuoto – “…è meglio che torni in Irlanda…”
“Scherzi vero?”
“Non credo di riuscire a sopportare tutto questo..”
Sedette accanto a lei mettendole un braccio attorno alla vita –“Non prenderti gioco di me…smettila di dire sciocchezze”
Quegli occhi verdi, così incredibilmente profondi da perdersi in lei.
Si piegò sulle ginocchia adagiando la testa sulle sue gambe.
“Perdonami, ti prego”
La tentazione fu quella di infilare le dita fra quei capelli corvini e stringere il capo a lei. Si trattenne.
Sollevò lo sguardo.
Il viso rigato dalle lacrime.
Lo prese tra le mani e la baciò teneramente.
“Ho paura Alain…ho paura ti possa capitare qualcosa….ho paura di perderti…..io non …”
“Shhhh…..non dire nulla”- la strinse forte.
Si perse in quell’abbraccio assaporando ogni briciolo di quell’istante.
“Ascolta. Bernard stà rientrando da Londra. Attendiamo solo fino ad allora. Poi ti prometto che ce ne andremo”
“…dove…non abbiamo una meta…dove…?!”- singhiozzando.
“Non preoccuparti. Ricominceremo da capo….mi inventerò qualcosa….ma ti prego. Non dire più di voler andartene”
“Alain…io ho solo te!”
L’accarezzò  tra i capelli. Fece un lungo respiro.
“Leah….io ho poco da offrirti….ma quando tutto questo sarà finito….appena ci sarà un pò di tranquillità ed avremo trovato dove sistemarci…..ecco….”
Spalancò gli occhi –“…cosa vuoi dirmi Alain?”
“…si…insomma….ma tu ed io….”- deglutì.
Lei immobile in attesa.
“….beh…non suonerebbe male Leah de Soissons…”
Un ronzio nelle orecchie…..
“Che cosa…?”
Tacque un istante.
“….mi sposeresti?”- riuscì infine a pronunciare quelle parole.
“Alain….tu non vuoi sposarmi!..smettila di scherzare….sei allergico al matrimonio…..dai smettila”- lo spintonò ridendo – “ Se volevi farmi tornare il buon umore ci sei riuscito!”- aprì l’armadio per prendergli della biancheria asciutta e pulita.
“Tu credi?”- le mani sui fianchi.
“Ma certo. Ami troppo la tua libertà…!”
“Perché allora starei con te?”- si buttò all’indietro sul letto.
Non trovò una risposta. Gli sedette accanto.
Lui la trascinò sul letto sopra di lui.
Scivolando fra le sue gambe sentì quel turgore – “Ti stai rispondendo da solo!”
Rotolò su di lei – “Ne sei certa?”- le catturò le labbra mordicchiandole.
“… è perché….perchè dici di amarmi…”
L’afferrò con infinita tenerezza per il mento –“Per quanto tu possa pensare…io stavo parlando sul serio”
Avvampò leggermente – “Dai…smettila….è forse una maniera diversa dalle altre per convincermi….e sai per cosa..”- continuò a sghignazzare – “….penso di essermi messa con te anche per la tua ilarità….”
Alain si fece serio.
Aggrottò la fronte e la fissò dritta negli occhi – “... non stò scherzando, non mi stò prendendo gioco di te…non sono ubriaco…”
“…io…”- tentennò.
“Allora …facciamo così….”- slacciò i bottoncini del corpetto –“…potresti pensarci..”- le scoprì il seno e ne accarezzò le rotondità – “…nel frattempo …”- la baciò nuovamente –“…dal momento che sono già svestito potremmo vedere di…”
 
Un groviglio di pensieri. Gli eventi avevano preso indubbiamente una piega inaspettata.
La testa fra le mani cercando di dare un senso, di riposizionare ogni tassello….
“E’ peggio di voler attraversare un labirinto al buio”- mormorò.
Strofinò ripetutamente gli occhi.
Cosa fare ora? Soprattutto come agire per riuscire a trovare Oscar?
Sollevando lo sguardo vide entrare Bernard assieme a Rosalie.
“Ehi…..sei tornato!”- allungandogli una mano.
“Bentrovato Andrè”- ricambiò quella stretta.
“Quando sei rientrato?...scusa…ma sono stato preso da tutt’altro…”
“Si, sono al corrente di quello che è successo….anche se non proprio in tutti i particolari”.
Mornay ascoltò in un angolo.
“Non è morta vero?”
“Pensavamo di avere una pista…..si è rivelata un pugno di mosche…in più è morto un uomo”
“Che cosa pensi di fare?”
Sentì un nodo alla gola – “Non lo so…..ma devo trovarla!”
Il Generale richiuse la porta.
“Come stà Madame?”- azzardò Rosalie.
Scosse leggermente la testa.
Incrociò lo sguardo di Andrè.
“Chi può avercela con vostra figlia?”- Vincent si rivolse ad Augustin.
“Oscar ha un gran cuore….non saprei”
“Evidentemente ha pestato i piedi a qualcuno”- intervenne Bernard.
“Indubbiamente…ma quel qualcuno per aver messo in atto un piano del genere deve aver avuto molte persone a sua completa disposizione….e soprattutto o è una mente geniale, o si deve essere avvalso di un terzo maledettamente diabolico”
Quelle parole fecero quasi rabbrividire i presenti.
Il Generale strinse la testa tra le mani – “Questa situazione è decisamente assurda. Mia moglie che lotta tra la vita e la morte, mia figlia che è scomparsa…”
“Madame si rimetterà, ne sono certo”- Bernard volle rincuorarlo – “Per quanto riguarda Oscar credo dovreste prendere in considerazione situazioni anomale nelle quali possa essersi trovata in passato…magari con la stessa o stesse persone…valutare a chi eventualmente possono aver creato problemi le sue scelte…l’aver lasciato i Soldati della Guardia….l’essersi unita a rivoltosi…”
“Concordo con monsieur…”
“Chatelet, Bernard Chatelet, giornalista”
Allungò la mano –“Vincent Mornay”
“Si…certo, so chi siete. Me ne ha parlato mia moglie Rosalie”
“Ho moltissime conoscenze….e non dovrebbe essere difficile avere notizie….conoscere pettegolezzi….saprei come e chi interpellare”
“Potremmo muoverci su fronti diversi. Voi qui, io a Parigi”- lo fissò.
Vincent annuì. Bisogna agire. E in fretta.
“Vi darò ogni appoggio possibile…anche se dovrò mettere comunque al primo posto la situazione di mia moglie”- intervenne il Generale rivolgendosi a Mornay.
“Verrò a Parigi!”
Bernard si volse verso Andrè – “Che cosa?”
“Tornerò a Parigi con voi. Forse….forse anche Pierre…e Alain potranno darci una mano”.
“Penso sia un’ottima idea. Qua me ne occuperò io”- Vincent deciso come sempre.
“Ma non sarebbe meglio tu restassi e la cercassi qui?”- osservò Rosalie.
“Vincent ha molti più agganci…per lui sarà un gioco. Mi muoverò meglio a Parigi….Alain è una volpe…potrò contare sul suo aiuto”.
“Prima ci metteremo in viaggio e meglio sarà. Il tempo è prezioso.”- concluse Bernard.
 
“Venite avanti, venite avanti”- riempì un calice di vino della riserva più pregiata.
“Non vi state entusiasmando un po’ troppo?”
“Siete una mente geniale amico mio!”- brindò sollevando in aria il bicchiere.
“Non sono vostro amico, mettetevelo bene in testa”- il tono sempre pacato.
“Che siate dannato! Ah ah!”- ridendo di gusto – “Ma avete mai pensato che finirete all’inferno per l’eternità?”
“Non mi preoccupo troppo dal momento che sarò in buona compagnia”- rimanendo sempre distante dalla luce.
“Pensatela come volete….”- tossì ripetutamente – “E’ andato tutto secondo i vostri piani.”
“Quando devo svolgere un lavoro esigo la massima precisione…soprattutto con i miei uomini”
Buttò sul tavolo delle sacchette contenenti monete d’oro – “Non ho mai speso meglio il mio denaro”- compiaciuto.
Incurvò leggermente gli angoli della bocca – “ E di lei che ne avete fatto?”

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Capitolo 40
*** VERSO PARIGI ***


Si avvicinò di più ad Alain cercando di accoccolarsi sul suo petto.
Lui la sentì e la strinse a sé.
“Allora?”- accarezzandola lungo la schiena.
“Allora cosa?”
“Ci hai pensato mentre facevamo l’amore?”
“A cosa?” – sollevandosi su di lui.
“Di sposarmi”
Lo fissò a lungo in silenzio. I capelli corvini, gli occhi scuri, la mascella importante….il suo Alain.
Chi l’avrebbe detto che quella storia in poco tempo sarebbe diventata così seria?
“Smettila di scherzare”- sdraiandosi nuovamente.
Sedette nel letto invitandola a fare altrettanto.
“Io non ho un anello da metterti al dito, quello che possiedo lo vedi e lo condividi con noi quotidianamente.
Quello che posso offrirti …è il mio amore”
“Alain..”
Le fece cenno di tacere –“E’ vero, non ho mai amato i legami…adoro le donne, tutte….e non mi vergogno di dirti che me ne sono fatte tante…veramente tante….ma…con te ho scoperto qualcosa di nuovo. Non so come spiegarti ma…mi hai veramente stregato. Leah mi hai preso il cuore. Ti amo, ti amo veramente tanto…e se ti chiedo di sposarmi non è un gioco, tanto meno uno scherzo”
Ascoltò allibita quelle parole. Poi lo vide scendere, passare dalla sua parte del letto e con un ginocchio a terra le afferrò una mano –“Leah…vuoi diventare la signora De Soissons?”
Gli occhi le si riempirono di lacrime.
La guardò con fare interrogativo.
Gli buttò le braccia al collo –“Oh Alain…si…si, lo voglio, lo voglio con tutta me stessa!”
La strinse baciandola tra i capelli –“No ti deluderò e non ti abbandonerò mai, te lo prometto sin da ora”.
 
 
Trangugiò l’ennesimo calice di vino esplodendo poi in una fragorosa risata.
“State tranquillo. Dove si trova ora non ha che delle sbarre da dove vedere …il vuoto totale. Ah ah ah!”
Prese il denaro nascondendolo sotto il mantello scuro.
“Stordita da giorni non si è ancora svegliata.”
“Ora avete qualche idea di cosa farne? La lascerete marcire in quel buco?”- senza mai scomporsi o far trasparire una minima emozione.
“Perché ve ne preoccupate tanto? Cosa ne farò credo non sia  affar vostro!”- scocciato.
“Perfetto…a questo punto il mio compito è terminato”- girò i tacchi apprestandosi ad uscire.
“Dove andate? Non vi ho ancora congedato!”- con tono arrogante.
“Devo forse ricordarvi che nessuno mi da ordini tanto meno voi!”
“Quando fate così mi fate schifo. Lurido bastardo che non siete altro!”- batté i pugni sui braccioli della poltrona.
“Cercate di tornare in voi. Il vino non fa che inebetirvi. Il vostro atteggiamento non incontra sinceramente le mie preferenze…pertanto…buona notte!”- fu tutt’uno nel buio.
“Aspettate….maledetta canaglia, tornate qui!”
L’uomo nell’ombra rimase in silenzio.
“D’accordo….”- sputò con rabbia nella ciotola accanto – “Avanti…venite avanti…dannata carogna!”
“Un uomo come voi non dovrebbe adoperare un linguaggio più appropriato? Ogni volta che aprite bocca siete uno sterquilinio”
“Badate a come vi rivolgete!”
Da sotto il mantello l’uomo lasciò intravvedere la punta di un coltello.
Nonostante l’oscurità quell’unica luce proveniente dalle candele fece luccicare la lama.
“Credete forse di incutermi terrore in questa maniera?”- furioso.
“Vi rammento una sola cosa: che voi viviate o moriate oggi, domani o in questo preciso istante dipende da me. Non scordatelo.”
“…e voi verrete all’inferno con me!”
Il coltello tagliò improvvisamente l’aria andandosi a conficcare nella poltrona a lato della tempia.
Un rigolo di sudore gli percorse la guancia.
“Decido io quando e con chi fare affari…e soprattutto quando smettere. Se desiderate ancora i miei servigi non avete che da chiederlo ma sappiate sin da ora che qualsiasi decisione sarò io e solamente io a prenderla. Io vi suggerirò e se gradirete io deciderò come dovranno svolgersi i piani.”
“Dovrei stare semplicemente a guardarvi mentre agite e pagarvi?”
“Vi ho forse deluso fin’ora?”
“Ebbene, no”- intravvide appena l’incurvatura compiaciuta della bocca.
“Bene. Ora pensateci perché se deciderete di continuare ….un passo falso…e vi farò andare a picco, vi farò andare all’inferno senza che abbiate nemmeno il tempo di rendervene conto!”
“Quindi a questo punto avreste già escogitato un seguito…”
“Dipende semplicemente dalle vostre intenzioni. Se volete farla marcire fra quattro mura umide e puzzolenti o portare a termine la vostra vendetta nella maniera più eclatante facendo in modo che non possa scordarsene per tutta la vita”.
“Al momento mi basta che stia dietro delle solide sbarre…ma….mi incuriosite…”
“Bene.  Credo che una bella dormita possa avere effetti positivi ….”
“Siete divenuto pure il mio medico personale?”
Ma nell’ombra non si udì più una risposta tanto meno il minino rumore.
Così come appariva improvvisamente così quell’ombra si dileguava nel nulla…
 
Anche quella notte fece fatica a riposare.
Girodelle, Cecile, Emilie…Oscar…
Oramai dormire era divenuto un vero tormento. I pensieri assillavano la mente senza lasciarlo un secondo.
Sedette sul bordo del letto.
Volse lo sguardo verso quella parte dove avrebbe tanto desiderato vedere lei…i tratti del viso sereni, quei riccioli d’oro sparsi sul cuscino, i suoi occhi trasparenti come l’acqua fissarlo.
Quanto gli mancava!
Ora sarebbe stato tutto terribilmente difficile.
Nessuna traccia, ipotesi….indizio su dove fosse, su come poterla ritrovare…ma soprattutto cosa le fosse realmanete accaduto…chi avesse mai potuto ordire un piano così scellerato…
Chi poteva odiare Oscar a tal punto?
Indubbiamente negli anni di servizio militare era riuscita ad inimicarsi molti. Quante invidie prima a corte poi durante il periodo ai Soldati della Guardia.
Vincent si era dimostrato veramente di cuore. Si, un grand’uomo! Con le sue conoscenze si sarebbe spinto dove lui non avrebbe mai potuto.
La scelta di tornare a Parigi era l’unica in quel momento.
Avrebbe dovuto lasciare i Jarjayes…Mornay con il lavoro…Cecile…
Già, Cecile. Avevano abbandonato la casa senza nemmeno sapere cosa le fosse accaduto, dove l’avrebbero condotta le guardie.
Non poteva andarsene così.
Indossò camicia e pantaloni velocemente.
Aprendo la porta si trovò di fronte Pauline.
Sgranò gli occhi spaventata. Arrossì. “Buongiorno, Signore….ecco vi ho portato la colazione”
La fece entrare.
“Perdonate il ritardo..”- versò il caffè – “i biscotti sono appena sfornati”
“Grazie ….sei molto gentile”
Rimase ferma accanto al tavolo fissandolo mentre sorseggiava dalla tazza.
Un brivido la percorse –“Quant’è bello..”- pensò.
“Potresti preparare quella borsa con della biancheria?”
“Siete in partenza?”-
“Pauline….posso chiederti una cortesia?”
“Dite pure”- quasi pendendo dalle sue labbra.
“Smetti di darmi del voi…ti prego. Chiamami Andrè…solo e semplicemente Andrè!”
Avvampò nuovamente – “D’accordo…Andrè”
Ripose la tazza sul tavolo.
“Non assaggi nemmeno un biscotto?”- quasi amareggiata.
“Li hai fatti tu?”
Strinse le mani con un senso d’imbarazzo –“Si”
Ne addentò uno.
Lo vide gustarlo con piacere –“Ci sono anche le gocce di cioccolato”
“Ottimi…mi hai fatto tornare in mente quelli che fa mia nonna..”
Compiaciuta portò una mano alla bocca accennando un sorriso.
Mornay bussò alla porta entrando.
“Buongiorno!”
“Buongiorno Vincent”
“Pauline…puoi lasciarci…”
La giovane uscì desolata.
“Allora hai deciso?”- sedette.
“Si. Torno a Parigi. Che ne pensate?”
Piegò le braccia appoggiando i gomiti sulle gambe. Le mani a pugni sotto il mento –“Credo sia la soluzione migliore. Ora la ricerca deve esser su due fronti fino a quando non si avranno punti di riferimento sui quali concentrarsi”
“Già…sono mortificato… proprio ora che il lavoro è tanto”
“Non preoccuparti. E’ sempre e solo tuo. Quando tornerai riprenderai in mano tutto.”
“Come farete fino ad allora?”- seriamente preoccupato.
“Come prima di conoscerti quando venne a mancare il mio uomo di fiducia precedente. Certo, sentirò la tua mancanza …in tutti i sensi…”- In breve tempo Andrè era entrato nel cuore di Vincent come un figlio.
“Vi ringrazio …non ho mai conosciuto un uomo come voi!”
Appoggiò la schiena alla poltrona –“ Dei Jarjayes mi occuperò io, non preoccuparti. Tu pensa solo a lei….quando avrai qualche certezza cerca di farmelo sapere….ti verrò in aiuto”.
 
“Direi che oramai sia tutto pronto”- Nanny richiuse il piccolo baule.
Rosalie ripose in una scatola le ultime cose.
“Così non ci vedremo più…”- strinse il grembiule e si asciugò una lacrima.
“Cosa dite? Ma certo che ci vedremo ancora. Facciamo semplicemente rientro a Parigi per vedere se casa nostra è in ordine…e per il lavoro di Bernard. Ma torneremo….”- le si avvicinò per consolarla.
“Ora resterò proprio sola. Andrè parte con voi…la mia bambina non sappiamo dove sia…Madame che stà male….”
“Vedrete, piano piano le cose si sistemeranno. Sono certa che riusciranno a ritrovare Oscar”
“ I miei ragazzi ora sarebbero sposati e vivrebbero nella loro casetta….e noi accanto…se solo no fosse successo questo disastro…..ma il buon Dio li punirà…o si, vedrai. Allora potremmo vivere tutti in serenità!”
“Vi presterò una delle nostre carrozze”- intervenne Beatrice.
“No, vi ringrazio….è troppo pericoloso. Viaggeremo su quelle classiche, non voglio assolutamente che sorgano problemi anche per voi.”
“Non è assolutamente un problema per noi…e poi non portano stemmi o quant’altro, sono molto anonime….siete certo di non voler accettare?”
“E’ meglio così, credetemi.”- poi volgendosi a Rosalie –“Sei felice di tornare a casa?”
“Si…mi manca. Anche se mi addolora molto lasciare Madame Emilie”
“E’ in ottime mani. Thomas è veramente un medico eccezionale”
“Verso che ora vi metterete in viaggio?”
“Andrè ha suggerito di partire all’alba…”
“Vi preparerò un cestino con delle vivande”- aggiunse Nanny –“Almeno durante il tragitto potrete rifocillarvi un po’”
“Vorrei dare un ultimo saluto a Madame….verresti con me?”- rivolgendosi al marito.
“Volentieri così ci congederemo anche dal Generale”
 
 
“A vostro parere dove potrebbero aver condotto Cecile?”- richiudendo la porta.
“Dovremmo recarci a Brest  al comando….là sicuramente ci sapranno dire qualcosa”- si avviarono verso una delle stalle.
Andrè fissò Vincent –“Grazie, grazie veramente di cuore per tutto ciò che avete fatto e state facendo”
Incrociò il suo sguardo.
“Non ho nemmeno avuto modo di ringraziarla prima che perdesse la ragione per avermi aiutato ad uscire di prigione”
“Non lo ha fatto!”-
“Cosa dite?”- sbalordito.
“Bouillè non era intenzionato ad intervenire”
“Non capisco….allora come…?
“Ho optato per una soluzione irrifiutabile”-
Aggrottò la fronte – “Voi…voi mi avete comprato?...voi avete pagato quell’uomo come fossi una bestia?”
“Ho comprato la tua libertà”- salendo a cavallo.
“Vi rendete conto di quello che avete fatto?”
Si volse di scatto quasi fulminandolo –“Ti ho regalato la libertà per andare a cercare colei che ami, ti sembra forse che ti abbia trattato come un animale al mercato del bestiame?”- lo zittì.
In effetti senza di lui non sarebbe sicuramente uscito da quel buco.
Infilò il piede nella staffa e montò su Alexander.
Durante tutto il tragitto verso Brest non si scambiarono una sola parola.
Vincent convinto che quel gesto fosse stato giusto e l’unico possibile.
Andrè perso nel mettere insieme tutte le volte che Mornay, in quel breve lasso di tempo, era intervenuto a suo favore.
Senza un minimo di conversazione a metà mattinata si ritrovarono davanti al Comando Militare.
Sceso da cavallo Mornay si avvicinò ad una delle guardie –“Perdonate…a chi potrei rivolgermi per quanto accorso ieri presso l’abitazione dei Girodelle?”
“Attraversate la corte interna. Sulla sinistra troverete un ufficio. Chiedete là”
Seguite le indicazioni bussarono alla porta.
Aprì loro lo stesso uomo che aveva gestito la tragedia della sera precedente.
“Accomodatevi. Siete forse qui per darmi qualche informazione sul suicidio?”
“A dir la verità saremmo venuti per Madame de Girodelle”- chiarì Andrè.
L’uomo incrociate le mani le appoggiò sotto il mento –“Madame è rimasta sola da quello che ho potuto comprendere dai racconti dei domestici. E’ un problema serio. Al momento l’abbiamo sistemata in una stanza sorvegliata….abbiamo dovuto farla sedare”
Esterrefatti entrambi –“Cosa volete dire?”
“Era visibilmente sconvolta….un continuo farneticare…..non abbiamo potuto fare altro”
“Cosa le accadrà ora?”- Il tono di Vincent sempre controllato.
“Non ci resta che farla rinchiudere al Sanitat a Nantes”- addolorato.
“Scherzate vero? In quell’ inferno. E’ una prigione non è un luogo per una donna che ha perso la ragione.”- Andrè rabbrividì solo al pensiero – “morirebbe di sicuro in breve tempo. Vi rendete conto in che condizioni sono reclusi vecchi abbandonati, persone sole malate e pazzi? In nessun luogo credo esistano così tante serrature e  sbarre di ferro per assicurarne le porte. Nemmeno le bestie ….”
“Non ha più parenti stretti…chi volete se ne occupi? E’ destinata a fare una fine terribile”- concluse il militare.
“Ascoltate “- intervenne Mornay –“…se le trovassimo una collocazione differente…a lei confacente?”
“Vorreste portarvela a casa?”- scoppiò in una risata.
“No…al convento di Pointe Saint-Mathieu…”
“Spero vi rendiate conto di quello che dite..”- scuotendo la testa con disapprovazione.
“Conosco molto bene la Madre Superiora, sono certo potrà occuparsi di lei senza alcun problema”
“Forse non avete ben capito una cosa: quella donna è pazza!”
“Vi chiedo di lasciarla a me…tutto questo non vi creerà difficoltà di alcun genere.  Anzi, avrete un pensiero in meno.”
“E per il trasferimento? Quale sicurezza potete garantire?”
“Come vi ho appena detto non avrete grane.”
Rimase a fissare Mornay – “Quando la potereste via?”
“Il tempo di mettere assieme le sue cose….anche domani..”
Rimuginò su quella conversazione valutando eventuali complicazioni….ma non ne riscontrò.
“E sia. Raccogliete la sua roba e venitevela a prendere il prima possibile. Voglio togliermi questo grattacapo dai piedi”
“Vedrete…per questa scelta riceverete un encomio dai vostri superiori”
“Non mi prendete in giro e cercate di fare con sollecitudine”
 
 
Aprì appena gli occhi ed attraverso quella sottile fessura cercò il consorte.
“Augustin…”- sollevando una mano.
“Emilie….sono qui”- avvicinandosi.
“Ho sete..”_
Il generale spalancò gli occhi –“…si, certo…”- alzatosi aprì la porta e chiamò la domestica di Thomas.
La donna si precipitò accompagnata dal medico.
“Madame, come vi sentite?”- tastandole il polso.
“Vorrei bere…”- un leggero, quasi impercettibile accenno ad un sorriso.
Fece cenno con il capo alla giovane di provvedere. Nel frattempo preparò nuove bende pulite da sostituire inumidendole con quella soluzione dei suoi colleghi.
Sollevando quelle che avvolgevano le gambe vide il volto della donna contrarsi in una smorfia di dolore.
“Perdonatemi Madame….”
Non appena ebbe terminato Emilie richiuse gli occhi.
“Cosa ne pensate?”- il Generale gli appoggiò una mano sulla spalla.
“Pare che stia reagendo bene….ma non voglio pronunciarmi più di tanto”- tamponò delicatamente le ustioni e piano piano applicò le nuove pezze –“Jarjayes….farò il possibile che aiutare vostra moglie …ma…credo che le rimarranno profonde cicatrici….augurandoci che siano solo quelle…”
“Che cosa vorreste dire?”- allarmato ancora di più.
“Spero che il danno sia circoscritto alla superficie delle gambe e non abbia interessato le terminazioni nervose compromettendo la mobilità”
Rimase in silenzio ad osservare Emilie priva di coscienza.
Beatrice entrò nella stanza – “Thomas….Andrè vorrebbe vedere un secondo mia madre”
“Purchè sia una cosa veloce.”- acconsentì.
Il giovane si accostò al letto.
Si piegò sulla donna e presa una mano gliela baciò – “Vi prego…rimettetevi presto….io vi riporterò vostra figlia”
Augustin si commosse di fronte a quel gesto. Sapeva bene quanto affetto nutrisse Andrè per la moglie.
Un sentimento reciproco.
Uscì dalla stanza.
Il Generale lo seguì –“Dunque sei in partenza”
“Si Signore….domattina. Salvo imprevisti”
Gli allungò la mano –“In bocca al lupo”
“Vi ringrazio di cuore”- nel ricambiare l’uomo l’abbracciò.
“Abbi cura di te….io…noi vi aspetteremo entrambi..!”
 
 
Vincent e Andrè di buon’ora tornarono a Brest al Comando Militare.
“Siete certo di aver preso la decisione giusta?”- il militare lo scrutò mentre aiutato da Pauline fece salire Cecile sulla carrozza.
 “Si”- risoluto.
“Mi auguro che non vi salti in mente di cambiare idea lungo la strada che vi condurrà a Pointe Saint-Mathieu”
“Potete dormire sonni tranquilli…”
Gli uomini di Mornay si assicurarono che gli effetti personali della donna fossero ben sistemati.
Pauline sedette accanto alla donna sistemandole uno scialle sulle spalle.
“Andiamo!”- incitò il gruppetto.
Rosalie e Bernard convinti da Beatrice scelsero di viaggiare con una sua carrozza.  Avrebbero raggiunto gli altri sulla strada per il convento.
Durante il viaggio Cecile stette tranquilla. Si limitò ad osservare fuori dalla carrozza.
Pauline la tenne sott’occhio per tutto il tragitto.
Provò pena nel vedere quello sguardo perso nel vuoto, lo scuotere continuo del capo ed il tormentarsi ripetutamente le mai.
“Madame…..desiderate un sorso d’acqua?”- le chiese diverse volte nell’arco della mattinata.
Mai una risposta. Solo un mormorare il nome del fratello di tanto in tanto.
Ben presto al gruppetto si unirono Rosalie e Bernard.
Il convento era situato al limite del paese, in aperta campagna.
Vincent tirò la leva della campanella.
Dopo qualche istante dalla piccola grata nella porta -“Desiderata Monsieur?”- il volto minuto delineato da un velo.
“Buongiorno Sorella, mi chiamo Vincent Mornay. Potrei parlare con la Madre Superiora?”
“Attendete prego”- la religiosa richiuse il portellino.
Rimase in attesa qualche minuto poi il pesante portone in ferro si aprì.
“Signor Mornay ….ne è trascorso di tempo!”-
“Buongiorno Madre….mi auguro di cuore che stiate bene”- con riverenza.
“Nonostante i tempi difficili ce la caviamo. A cosa devo la vostra visita? “
Vincent fece cenno a Pauline di scendere con la sorella di Girodelle.
Si avvicinarono.
Lo sguardo completamente perso di Cecile.
“Cosa le è accaduto?”- le prese una mano mentre con l’altra le accarezzò il volto.
“Il fratello si è tolto la vita di fronte a lei….ha perso completamente la ragione. Non ha più nessuno….sapete bene quale potrebbe essere la sua fine”
Si volse verso alcune consorelle –“Aiutate a portare dentro i suoi effetti personali”- e fece strada all’interno dell’edificio –“non è semplice per noi. Ospitiamo diversi vecchi malati, un paio di bambini orfani e qualche caso di pazzia. Lo spazio non è molto ma.. ci proviamo, nella speranza che la situazione attuale del paese non ci crei problemi e non ci spinga ad abbandonare questo luogo”
“Parlate di difficoltà economiche?”- Vincent continuò a seguire la Superiora con Andrè.
“Anche. Molti nobili sono fuggiti, altri sono stati massacrati nelle loro residenze…le offerte sono diminuite spaventosamente.”
“Posso aumentare il mio mensile se …”-
“No Mornay…voi fate già tanto. Da quando sono mancati vostra moglie e vostro figlio ci avete sempre sostenuto quando avreste potuto evitarlo….avete tanto buon cuore. Ce la caveremo, vedrete”
Sistemarono quel poco bagaglio in un stanzetta dotata di inferriate.
Andrè storse il naso.
“Mi auguro ne comprendiate il motivo”- chiarì la religiosa.
“Certo, lo immagino”- dando una rapida scorsa all’ambiente.
Pauline fece entrare nella stanza Cecile.
“Non preoccupatevi. Starà bene qui”- guardando la donna completamente assente aggrapparsi alla grata alla finestra.
Il gruppetto fece per uscire.
“…perdonate Victor….”
Andrè si volse all’improvviso.
“…perdonate Victor…”- mormorò nuovamente la donna.
Si avvicinò a lei.
Aggrappata al ferro dondolandosi avanti e indietro, l’occhio sbarrato –“….perdonate Victor..”
Posò una mano su quella di lei e la strinse.
La baciò tra i capelli – “Certo Cecile….ho perdonato il vostro Victor”
Gli parve di intravvedere l’accenno di un sorriso e delle lacrime dietro quegli occhi fissi oltre la grata.
Riprese a dondolare avanti e indietro.
 
Tentò di aprire gli occhi.
La vista completamente annebbiata.
Un dolore lancinante alla testa mescolato ad un senso di stordimento ed un torpore generale.
Braccia e gambe irrigidite.
Distesa sulla schiena. Le mani le parvero libere.
Con una tastò dove poteva per comprendere cosa ci fosse attorno.
Pietre….un muro, umido, freddo.
Poi mosse l’altra.
Nel tentativo di farla scorrere lateralmente si accorse di qualcosa che le bloccava il polso.
Tirò.
Un rumore di catena.
Una sensazione d’impotenza non riuscendo a mettere a fuoco.
Si sforzò di respirare con calma.
Dapprima sedette.
Allungò la mano libera e si accorse di non avere più gli stivali ma semplicemente le calze.
Sbattè le palpebre ripetutamente nella speranza di avere una visione più nitida.
Riuscì ad alzarsi.
La catena al polso le sembrò piuttosto lunga.
Avanzò a tentoni tastando la parete.
Un brivido l’attraversò salendo dai piedi.
Dove si trovava? Che cos’era successo? Da quanto tempo si trovava lì?
I ricordi confusi…
Guardando verso l’alto, gli occhi a fessura intravvide il soffitto particolarmente basso.
Poi su di un lato una luce.
Piano piano le immagini si fecero più chiare e definite anche se di poco.
Una finestrella dotata di grata.
Fuori non una strada, non un albero, ….solo il vuoto e nuvole basse.
Tento inutilmente di spingersi fino al limite della lunghezza della catena per riuscire a vedere oltre
Volgendo le spalle a quel punto di luce ebbe finalmente la percezione dell’estensione della cella.
A terra dove si era risvegliata, una brocca e una ciotola contenente alcuni pezzi di pane.
Gli stivali accanto.
Cominciò a tremare come una foglia.
Quell’apertura nel muro non era dotata di vetri.
L’aria fredda autunnale farsi strada fra quelle quattro mura.
La mano libera si posò sullo stomaco. I morsi della fame.
Scivolare sul ventre. Una tenera carezza.
Sbarrò gli occhi.
“Il mio bambino!!”

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Capitolo 41
*** LONTANI ***


Rimase a fissare il convento.
Gli si strinse il cuore ripercorrendo ciò che era successo.
Andrè abbasso lo sguardo. Ripensò alla sua Oscar – “Amore mio….è una magra consolazione sapere che sei viva…senza sapere dove”- sibilò.
Vincent gli poggiò una mano sulla spalla. Un leggero sorriso – “Coraggio! Ora viene il difficile”
Fece un lungo respiro.
L’avrebbe ritrovata, a tutti i costi.
Salì a cavallo – “Vi occuperete di Cesar?”
“Non dovresti nemmeno chiedermelo, ti pare?”
Scosse il capo –“Certo…domanda stupida la mia”
Rosalie e Bernard risalirono in carrozza.
“Mi raccomando. Fate attenzione, soprattutto quando arriverete a Parigi!” – rivolgendosi ai giovani.
“State tranquillo….noi comunque…ci rivedremo!” – Bernard allungò la mano prima di richiudere la porta.
Mornay la strinse – “Ci rivedremo!”
“Andrè….andiamo…”- richiamò la sua attenzione Rosalie.
“..quell’uomo…”- mormorò.
“Ehi….hai cambiato idea. Non parti più?”- Vincent si avvicinò a cavallo.
“…l’uomo della taverna..”
“Si può sapere cosa vai borbottando?”-
“Ascoltate Mornay….c’era un uomo…un tale che Oscar ed io abbiamo visto tempo fa …una sera che siamo andati a bere qualcosa….Oscar disse di averlo visto alla taverna di Du Bois a Parigi….e…lo incrociammo anche di ritorno ….proveniva dalla casa dei Jarjayes…”
“Un uomo?...vuoi dire che Oscar ha riconosciuto lo stesso uomo per ben tre volte?”- Vincent quasi allarmato.
“Si….rammento di non averle creduto….lei ne era certa…ricordarsi di averlo visto addirittura a Parigi….quello mi ha lasciato perplesso nonostante non ci abbia dato peso..”
“Avresti dovuto parlarmene prima…”- Vincent si fece più serio del solito.
“Stai parlando della sera che ci siamo incontrati tutti alla taverna?”- intervenne Bernard.
“Si, Oscar ricordò di aver visto un uomo fissare di continuo la nostra tavolata”
Cercò di portare la memoria indietro nel tempo focalizzandosi sull’ambiente circostante del locale ed eventuali presenti che gli fossero rimasti in mente.
“Ehi…ora che mi ci fai pensare …ci fu un tale che uscì proprio a chiusura….rimasi perplesso visto che tutti oramai se n’erano andati….lui attese fino all’ultimo…proprio quando foste voi a lasciare la taverna”
“Dite sul serio?”
“Mornay…ne sono certo. Un tale con un cappello dalla tesa larga….quasi a coprirgli completamente il volto.
Mi rimase impresso proprio per il fatto che lo tenne indosso tutto il tempo!”
“Andrè è lo stesso?”
“Si…non rammento alla taverna….ma la descrizione combacia perfettamente con gli altri due episodi..”
“Cos’altro ricordi?”-
“…un Quarter Horse…cavalcava un Quarter Horse perfetto…lucido, la criniera nera….”
“Caspita!”- Bernard stupefatto.
“Era bellissimo….quello mi ha colpito. La purezza del colore…. non una macchia. Perfetto!”
“..non male come indizio….non sono molto comuni in Francia… anche se ho avuto occasione di vederne diversi.  E’ già qualcosa da cui partire…...averlo saputo prima avremmo potuto già cominciare le ricerche…”- quasi un bacchettare Andrè.
Si volse fissandolo aggrottando la fronte. Non gradì l’osservazione…ciononostante Mornay non aveva tutti i torti.
“A questo punto la scelta di agire su due fronti cade a pennello. Indubbiamente  la taverna di Du Bois sarà il primo luogo dove dovremmo recarci una volta giunti a Parigi”- concluse Bernard.
“Bene, cerchiamo di tenerci in contatto Chatelet. E’ fondamentale informarci ogni qualvolta ci siano novità in merito”
“Perfetto. Ora è meglio metterci in viaggio….Parigi non è dietro l’angolo. Il tempo è prezioso miei cari!”
Vincent volse gli occhi per l’ultima volta verso Andrè – “In bocca al lupo!”
“Crepi!”
 
 
A terra, in un angolo, riconobbe la sua giacca.
La prese infilandola.
Un brivido la percorse. Sedette e calzò gli stivali.
Rialzatasi tentò nuovamente di arrivare a quella finestrella.
Solo tendendo al limite il braccio incatenato riuscì ad appoggiarsi appena al muricciolo del davanzale.
Una nebbia fitta le impedì di scorgere cosa vi fosse oltre.
Amareggiata se ne  tornò nell’angolo.
“Dove mi trovo? Cos’e’ successo?....Andrè….dove sei…?”- il cuore pieno di tristezza –“ …se non fossi andata da Girodelle…e tu fossi rientrato prima….avremmo trascorso assieme la notte…tutto questo non sarebbe accaduto…”
Rannicchiandosi portò le mani al grembo –“Mia creatura….mi auguro tu ci sia ancora. Ti prego, non mi lasciare.”
Sentì le lacrime scenderle sulle guance –“..smettila Oscar …..ti stai comportando come una femminuccia piagnucolosa….si Andrè, te l’ho promesso …..ma non riesco a smettere….non so perché ma non riesco a fermarle…..proprio non riesco…”
I morsi della fame cominciarono a farsi sentire insistentemente.
Asciugatasi il viso afferrò un tozzo di pane dalla ciotola.
“Devo mangiare!”- si disse. Intinse il pezzetto nell’acqua per ammorbidirlo lo addentò masticando lentamente, cercando di coglierne il sapore …immaginando i piatti deliziosi di Nanny –“Giuro che se mai farò ritorno a casa non avrò più tante storie e non rifiuterò più di mangiare per il semplice fatto di non aver appetito!”- si disse.
Si strinse di più nella giacca.
Chiuse gli occhi - “Desidererei tanto avere un tuo cenno…un segno che …che sei ancora qui con me…”- accarezzandosi il ventre.
Un unico pensiero: rimettersi in forze nonostante tutto. Successivamente avrebbe cercato di comprendere per quale motivo si trovasse lì e soprattutto chi avesse ordito il tutto.
Una figura le fu subito chiara : si, quell’uomo…..prima alla taverna di Du Bois, poi quella sera nel locale dove si era recata con Andrè a bere….e sulla strada per casa….
“Si, deve per forza avere a che fare con tutta questa storia…”-
Un rumore di passi rimbombare oltre la porta di ferro.
Si nascose più nell’ombra.
Qualcuno aprì la grata posta circa a metà.
Si intravvide appena un volto scrutare all’interno della cella.
Oscar nel buio lo fissò a lungo.
“Allora …che sta facendo?”
“Non so, credo dorma…..non riesco a vederla.”
“Dai…fammi passare che controlliamo”
Udì la pesante sbarra cigolare mentre scivolava a fatica nei passanti di ferro.
La canna della pistola indirizzata verso di lei. Trattenne il fiato.
“La ciotola è vuota…. si è svegliata”
Oscar socchiuse gli occhi appoggiandosi al muro, fingendo di dormire.
I due si avvicinarono cauti.
Il freddo di quell’arma da fuoco fra i capelli.
Lei rimase immobile ed in silenzio.
Innervosendosi quello con l’arma la spintonò ripetutamente.
Attese qualche istante poi -“Ora”- si disse agguantandolo improvvisamente per il polso obbligandolo a piegarsi a terra.
La mano bloccata.
“Ahhh!-“ si lamentò dolorante.
“Maledetta!”- l’altro si avventò su di lei mettendole di soppiatto le mani al collo e stringendo –“Molla la presa …puttana!”
L’aria che mancava, la stretta sempre più forte, la rabbia implacabile di quel tale accanirsi su di lei.
Tentò disperatamente di liberarsi.
Non riuscendoci lo afferrò per il viso affondandogli le unghie nelle guance.
Un ceffone di una violenza inaudita la colpì seguita da un calcio all’addome.
Piegata in due dal dolore le mancò il fiato.
“Volevi fuggire eh?”- passò una mano sul viso graffiato – “Schifosa!!”- sputò a terra.
“Caspita…non credevo potesse avere così tanta forza!”
“Ci avevano avvisato che fosse un osso duro!”
Prima di uscire uno dei due la spinse verso il muro con un piede –“Fatti un riposino per calmarti un po’!”
Rimase sola a contorcesi dal dolore.
Sentì salire le lacrime agli occhi assieme alla rabbia.


Che cosa ci si poteva aspettare ora? Il peggio?
Le atrocità viste in quel breve lasso di tempo non fecero altro che incuterle solo il terrore e nemmeno gli occhi innocenti dei suoi figli riuscirono a rasserenarla.
Guardò il Delfino correrle incontro –“ Mammina!”.
Aveva dovuto dare udienza a quell’orda di donne piazzatesi nei giardini delle Tuilleries che a lungo non avevano che urlato di rabbia contro di lei.
Cercando di placare il tremore che l’aveva assalita, si era fatta forza e aveva risposto con garbo soddisfacendo pienamente ogni domanda rivoltale da ognuna di loro riuscendo quasi a tramutare un branco di lupi in un gregge di pecorelle.
Affascinate da tant’eleganza avevano azzardato chiedendole un nastro, un fiore, un qualsivoglia gingillino….oggetti preziosi del resto…reali.
Con il consorte avevano poi visitato l’intero palazzo per scegliere in quali appartamenti sistemarsi.
Un edifico mal tenuto e mal arredato, quasi in uno stato di abbandono.
Fortunatamente erano riusciti a farsi portare parte del mobilio e dei loro effetti personali.
Tutto sommato la sistemazione era piacevole.
Era divenuto un vivere molto più intimo rispetto Versailles.
Almeno all’interno del palazzo.
Fuori i giardini furono lasciati aperti al pubblico. Ciò non fece altro che incrementare la curiosità del popolo.
Scrutare, spionare la quotidianità dei sovrani. La folla voleva sapere, voleva conoscere.
Ora i reali erano “più vicini” ai parigini. Questo contava.
Non più “relegati” lontani, distaccati, in un mondo opulento dove la miseria non era che un punto lontano e senza alcun significato.
Niente più balli, niente più ricevimenti, niente più concerti…..
Il palazzo delle Tuilleries non era infine…che una prigione!


La pioggia fitta e copiosa contro le finestre.
Allungò una gamba girandosi nel letto.
Quel calore a contatto con la sua pelle.
“Oscar…”- mormorò .
Il viso sorridente, i suoi bellissimi occhi celesti, quel mare di riccioli biondi sparsi sul cuscino.
“Ti amo”- la sua bocca avvicinarsi. Sfiorarlo, cercandolo, desiderandolo sempre più.
Adagiandosi su di lui lo ricoprì di baci scendendo lungo il collo, le mani accarezzarlo sul petto …sempre più giù.
Il respirò gli si mozzò in gola.
Deglutì ripetutamente stringendo da una parte le lenzuola dall’altra i suoi capelli.
Riaprendo gli occhi …il capo riverso all’indietro …il suo bacino muoversi lento….sentirsi dentro di lei…
Le labbra appena socchiuse e quel piacere distenderle il viso.
L’afferrò per i fianchi.
Un tuono scosse i vetri.
Andrè aprì gli occhi. Si volse sul fianco quasi abbracciando il cuscino.
L’ultima volta…si, l’ultima volta che era stato con lei,…prima che accadesse tutto…
L’ennesima notte insonne.
Sedette sul bordo del letto passandosi una mano tra i capelli.
Versò un sorso d’acqua.
Una fortuna trovare quell’alloggio.
La strada buia, la tempesta…
Avevano rischiato di rimanere a piedi. Il percorso si era trasformato in un ammasso di fango.
Una delle ruote della carrozza era sprofondata in una buca.
Fradici ….far leva per liberare il mezzo e rimettersi in viaggio.
In lontananza una luce, la loro salvezza.
Provò un leggero senso di invidia pensando che nella camera accanto stavano riposando Rosalie e Bernard.
Strofinò ripetutamente gli occhi. Non erano nemmeno a metà strada da Rennes.
Se l’indomani non si fosse placato il diluvio, si sarebbero dovuti fermare per tutta la giornata.
“Dannazione”- tutto tempo perso.
Doveva arrivare a Parigi il prima possibile.
Scostò le tende guardando fuori.  La strada gli parve un fiume in piena.
Una mano contro il muro, l’altra su un fianco. Il capo chino in avanti.
“Non ha senso tutto questo”- mormorò –“Perché?....”
 
 
Sedette ad un tavolo.
“Ehi Alain….bentornato. E’ un po’ che non vi facevate vedere”
“Du Mont…voi senza bere non riuscite proprio a stare!”- scoppiò in una risata.
“Smettetela di prendermi in giro. Passo ogni tanto. Essere un curato non significa non apprezzare un buono e sano bicchiere di vino. Allora che mi raccontate?”- lisciandosi i baffi.
“Aspetto Leah…dovrebbe terminare a breve”
“Come vi vanno le cose? Avete notizie di Bernard? E Andrè ed Oscar?”
“Da quello che so Bernard dovrebbe essere di rientro da Londra a giorni….degli altri sinceramente non ho notizie. Mi auguro di cuore che stiano bene e che Oscar sia guarita…per il resto…tiriamo a campare con qualche lavoretto”
“beh….visto che siete stato nei Soldati della Guardia perché non vi arruolate nuovamente? Ne cercano di persone come voi….tutti i giorni…e poi non ditemi che non vi farebbe comodo una bella paghetta…anche se non particolarmente sostanziosa. In questo periodo credo che non ci si debba lasciar sfuggire alcuna opportunità…e poi prestereste semplicmente servizio…non vi spedirebbero da nessuna parte”
“…sinceramente non saprei….dovrei affrontare questo discorso piuttosto spinoso con Leah…”
“Se per caso prenderete una decisione so io con chi farvi parlare…..”
“Fareste questo per me?”-
“Perché non dovrei….umh….sta arrivando la vostra donzella”-
La giovane si accostò al tavolo – “Andiamo?”
“Conosci il curato Du Mont?”-
“Non credo proprio. I mie rispetti signorina”- un cenno con la testa.
“Buonasera ….non lo conosco di persona ma qui l’ho visto diverse volte”
“Allora….ci vediamo!”- allontanandosi.
“Quando volete!”
Appena fuori iniziò a piovere.
Alain sollevò il mantello e la prese accanto a sé –“Metti lo scialle, ti riparerai un po’ di più”
Percorsero il tratto di strada fino a casa a passo veloce.
“Di che avete discusso tu e Du Mont?”
“Ne parliamo a casa”- cercando di coprirla il più possibile.
Diane dormiva quando rientrarono.
Alain scrollò il mantello dall’acqua e sfilò gli stivali.
Leah ripose lo scialle accanto alla stufa – “Comincia a far freddo!”
“Dici?”- le si avvicinò –“Vieni qui bambolina. Ci penso io a scaldarti”- la strinse tra le braccia – “E’ bello averti qui con me”
“Su…avanti, cosa devi dirmi”- staccandosi da lui.
Non le si poteva proprio nascondere nulla.
“Senti….”- appoggiandosi con le spalle al muro ed incrociando le braccia – “Du Mont mi ha detto che stanno cercando uomini da arruolare….ecco…non sarebbe male come idea…poi avendo fatto parte dei Soldati della Guardia avrei qualche possibilità in più…”
Abbassò lo sguardo pensierosa.
“Se in futuro vogliamo sposarci non credo riusciremmo a vivere della tua paga alla taverna e dei lavori saltuari che posso trovare… e poi onestamente non sono molto più d’accordo sul fatto che tu debba lavorare fino a notte fonda….preferirei saperti a casa ad una cert’ora”
“Alain….io voglio stare tranquilla…”
“Ma certo….guarda che se non lo fosse non starei qui a parlartene. Il curato mi ha dato qualche dritta. Nel caso dovrei rivolgermi a lui. E….non potresti sentire da Diane …che ne so, se ti potessero prendere in sartoria? Sei brava a cucire e rammendare…”
“Diane è molto più fine di me…..”
“Non dire sciocchezze…ascolta, credo sia il caso di cominciare a organizzare meglio la nostra vita…già la fuori è uno schifo….”
“Potrei parlarne con tua sorella?”
“Perché no. Sono certo che metterebbe una buona parola…”
“Posso pensarci?”
“Come no. Io invece aspetterò Bernard poi parlerò con Du Mont”.
 
 
I giorni successivi il suo risveglio non furono dei migliori.
Quei due malvagi che l’avevano in carico si accanirono su di lei in una maniera inaudita.
Quotidianamente recandosi a controllarla furono percosse e sproloqui.
Se inizialmente ebbe la forza di reagire, successivamente priva di forze smise.
Davanti a tutto scelse di proteggersi, ma soprattutto di proteggere la creatura che stava crescendo in lei.
Rannicchiata in un angolo, lo sguardo perso oltre quelle inferriate.
Un pezzo di cielo grigio, la pioggia battente sulle pietre del davanzale.
Inconsapevole del suo destino.
Forse sarebbe stato meglio dare un taglio a quella sofferenza fisica…se fosse stata sola…
Combattiva nel resistere fino all’ultimo…esclusivamente per il frutto del loro more.
La ciotola del pane vuota, i morsi della fame, la sete.
All’improvviso un barlume.
Dolorante si fece forza. Afferrò quella scodella ed allungandosi al limite delle sue possibilità per via della catena ad una mano, la sistemò sulla finestra.
La pioggia cadendo obliquamente scivolava lentamente all’interno delle sue pareti assieme a quella che colava dalle inferriate.
“Forza!”- sibilò fissando le gocce nel loro tragitto a formare piano piano quel tanto agognato sorso d’acqua.
Ci volle del tempo perché vi fosse un quantitativo pari ad un cucchiaio.
Si morse il labbro pensando che finalmente sarebbe riuscita almeno ad inumidirsi la gola arsa.
“Che stai facendo?”- uno dei due balordi piombò di soppiatto nella cella.
La ciotola rotolò a terra.
“No…”- gli occhi sbarrati a fissarla.
Rabbioso si avventò su di lei colpendola per l’ennesima volta.
Si piegò a proteggere il ventre in previsione di nuove percosse.
“Creperai prima o poi…”- sferrandole un calcio su di un fianco.
Strinse gli occhi dal dolore lancinante, ma non una parola, non un lamento fuoriuscì dalla sua bocca.
“Dateci un taglio!”
Sollevò appena lo sguardo giusto per intravvedere il luccicare di una lama premuta contro il collo del suo carceriere.
“Signore..perdonate”- terrorizzato.
Quella figura avvolta in un mantello scuro si avvicinò.
Oscar incrociò le braccia sul viso –“…vi supplico….”
La porta si richiuse rumorosamente.
Chi poteva mai essere quel tale?
“Ora finalmente vi palesate pure di giorno!”- sbottò.
“I vostri uomini rispecchiano pienamente quale bestia siate!”- senza mai far trapelare alcuna emozione.
“Che volete dire?”
“Il tempo e la scarsa considerazione altrui nel vostro operato non ha fatto altro che trasformarvi in un animale….anzi, a dir vero peggio”
“Andate all’inferno voi e tutte le vostre allusioni”- balzando in piedi.
“Non intendo supportarvi in queste azioni”
“Avete fatto di peggio dando fuoco alla villa dei Jarjayes!”
“Qui vi sbagliate!”- avanzò verso di lui – “Nel mio piano era prevista solo l’irruzione ed il rapimento…tutto sarebbe filato liscio se i vostri galoppini fossero stati attenti alle mie istruzioni!”
L’uomo grugnì nervoso –“ Evidentemente qualcosa è andato storto…le mie raccomandazioni erano state chiare. Seguirvi alla lettera in tutto e per tutto”
“Fate attenzione…..è l’ennesimo passo falso…”
“Cosa volete insinuare?”
“Non mi avete informato di quanto accorso in città….”
Fece mente locale – “Di che vi preoccupate? Innocue piccolezze!”
“Non le definirei tali se fossi in voi…badate il passo dall’oblio alla forca è minimo!”
Fece per avvicinarsi. La curiosità di scoprire di più su quel tale …
Indietreggiò abbassando il cappuccio - “Non giocate con me, rischiereste seriamente di bruciarvi!”
Allacciò i bottoni della giacca – “Maledizione!” – vedendo quanto tirassero sulla pancia.
L’uomo sghignazzò – “Se continuate così non riuscirete nemmeno più a levarvi dalla poltrona”
“Fatevi gli affari vostri!”- aprì la porta – “Avanti, essere immondo….voglio vederla”
Percorsero i corridoi umidi e scarsamente illuminati delle segrete.
“Signore….ai vostri ordini!”
“Aprite la grata!”-
Nonostante la poca luce intravvide Oscar rannicchiata. Gli abiti sporchi e laceri, il volto scarno ed emaciato.
“Che le avete fatto?!”IDIOTI!!”- tuonò.
“Abbiamo solo eseguito gli ordini..”
“Vi avevo detto di sorvegliarla non di ridurla così…luridi bastari!”
La udirono tossire ripetutamente.
“Rendetevi conto che avete una fortuna tra le mani”- nella penombra quel sorriso malefico – “Non immaginate nemmeno lontanamente quale sublime vendetta vi ho riservato…”
“Più passa il tempo più la vostra mente è in grado di elaborare piani e strategie a mio dire che vanno ben oltre il diabolico. Eppure questo mi affascina. Chissà quale estrema malvagità mi suggerirete!”
“Pazientate…a breve vi illustreò qualcosa che vi sbalordirà!”
“Mi incuriosite terribilmente. Fate presto ed ultimare i piccoli dettagli…”
“Datele da bere e qualcosa da mangiare….e qualcosa per coprirsi. Novembre è alle porte e le prime nevicate non tarderanno tanto. Ho bisogno che la teniate in vita!”
“Portatele una coperta, dell’acqua e una zuppa!”- ordinò.
“Momentaneamente ritengo che sia sufficiente!”- retrocesse nel buio –
 “Non perdetela di vista nemmeno per un secondo. E’ abile e astuta!”- rivolgendosi ai due balordi.
 “Debole e malconcia com’è non vi procurerà noie”- concluse dileguandosi nell’ombra.
 
 
Il maltempo imperversò diversi giorni senza tregua obbligando la comitiva a fermarsi nella locanda.
L’umore di Andrè rispecchiava perfettamente il clima. Un’insofferenza costante e nervosismo lo accompagnarono per quasi tutta la permanenza.
Un sonno quasi assente, per lo più disturbato, scarso appetito e quel pensiero costante lo stavano riducendo ad uno straccio.
Il volto scavato, la barba incolta e gli occhi perennemente attraversati da infinita tristezza.
“Non credo le farebbe piacere vederti così!”- Bernard gli sedette accanto.
Trangugiò l’ennesimo sorso di vino.
Aveva promesso di non ubriacarsi più.
La mente ancora lucida.
Affondò il viso tra le mani – “E’ una tortura… questa pioggia mi stà uccidendo. Non ce la faccio più a starmene qui con le mani in mano. Il tempo passa….e lei non so dove sia..”
“E’ viva Andrè….è una certezza”
Sollevò lo sguardo incrociando il suo – “Dobbiamo rimetterci in viaggio…immediatamente. Sto buttando via le mie giornate rimanendo qui!”
“La strada è impraticabile!” – tentò di farlo desistere – “Aspettiamo almeno domattina per vedere se…”
“No! Ho atteso anche troppo”- si alzò dal tavolo. Voi rimate. Partirete appena tutto si sarà calmato. Io non posso. Devo andare, ora!”
“Non essere così precipitoso…non rischiare per nulla…”
Un’occhiata. Lo gelò – “Non è per nulla! Lei è la mi vita!”- fece ritorno nella sua stanza seccato al pensiero delle parole di Bernard.
Riempì velocemente la sacca con i pochi effetti personali e scese.
Saldata la sua permanenza al proprietario sellò Alexander – “Vecchio mio..credo sarà l’ultimo tuo viaggio”- accarezzandolo per la lunghezza della criniera – “Cominci ad essere stanco..”
Avvolse il mantello attorno le spalle e sotto il diluvio si mise in strada.
 
 
La porta pesante si aprì.
Una sagoma posare a terra una coperta. Uscire un istante e ritornare con del pane, una zuppa calda e dell’acqua.
Allungò la mano. Prese la ciotola, sbriciolò il pane.
Assaporò lentamente quella prima cucchiaiata.
Una sensazione di calore l’attraversò.
Quand’ebbe terminato si avvolse nella coperta.
Poche semplici cose per sentirsi stranamente serena in quella situazione.
Dentro di sé le venne quasi naturale ringraziare quel tale per aver potuto finalmente mangiare e coprirsi.
Fuori solo il rumore della pioggia.
Socchiuse gli occhi.
Andrè, il bambino e lei. Si, ci credeva.
Non poteva tutto finire così….non poteva avere senso.
“Bisogna attraversare tante tribolazioni per raggiungere la felicità? Destino…cosa vuoi riservarci? Se hai deciso che si debba stare lontani sappi bene che non intendo dartela vinta. Io tornerò a casa, te lo posso garantire e mi prenderò tutto quello che non hai fatto altro che portarmi via in questi anni. Avrò la mia rivincita….e questa creatura che cresce in me ne è la dimostrazione. Niente e nessuno potranno portarmela via….”
 
 

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Capitolo 42
*** NEL BUIO ***


La pioggia battente come mille lame sul viso mentre Alexander era lanciato al galoppo in una notte che non prometteva nulla di buono.
Stremato e fradicio giunse finalmente a Rennes quasi alle prime luci dell’alba.
Alle porte della città riuscì a trovare una locanda.
“Avrei necessità di una stanza per qualche ora per riposare ed un riparo per il cavallo”- rivolgendosi alla proprietaria.
“Potete salire ed occupare l’ultima stanza sulla sinistra. Per il cavallo se ne occuperà mio marito.”- gli allungò la chiave – “Gradite qualcosa di caldo? Mi sembrate piuttosto infreddolito.”
Andrè fissò la donna.
“Offre la casa”- disse –“La donna che vi attende è fortunata…”- strizzandogli un occhio.
Aggrottò la fronte con fare interrogativo.
“Per viaggiare con questo tempo può essere l’unica motivazione valida!”
Un accenno di sorriso abbassando lo sguardo – “Volentieri..grazie”
“Andate a cambiarvi, rischiate di beccarvi un malanno. Quando scendete accomodatevi a quel tavolo”
Fortunatamente la biancheria nella sacca era asciutta.
Come detto dalla locandiera sedendo si trovò di fronte a del latte caldo, caffè ed alcune fette di dolce fatto in casa.
“Spero sia sufficiente”- lasciando un piatto con anche dei biscotti.
“E’ anche troppo….grazie di cuore”
“Quando avete terminato vi chiedo solo di lasciar pagata la tariffa a mio marito. “
“Certo”.
“E cercate di riposare ….siete uno straccio”
Ultimata quella sorta di cena-colazione, con la pancia piena si buttò sul letto.
Non ebbe nemmeno la forza di spogliarsi che si addormentò di botto.
 
 
Una fortuna aver avuto la coperta.
La notte aveva fatto piuttosto freddo.
Sistematasi nell’angolo più riparato, era riuscita, rannicchiata, a dormire.
Un profondo senso di nausea – “Stamattina ti fai sentire!”- sorrise posando una mano sul ventre – “Che tuo padre sappia di te?”- un lungo sospiro.
Riaffiorò qualche vago ricordo di quella notte.
Qualcuno alla porta…un’ombra avvicinarsi al letto e stordirla ….ma prima un rumore di vetri in frantumi…le fiamme improvvise…qualcuno gridare…poi il vuoto totale.
Affondò il viso tra le mani –“Andrè!”
I cardini stridettero e la porta si aprì. Uno dei suoi carcerieri entrò lasciando a terra la solita acqua e la ciotola con il pane ma questa volta in aggiunta accanto poggiò una caraffa.
“A mio parere il padrone vi stà trattando troppo bene. Se fossi al suo posto saprei ben io cosa farvi…”- con sguardo malizioso e malvagio nel contempo tempo.
“Ehi, non ti è bastata la batosta di ieri? Lasciala perdere o avremmo nuovamente delle grane”- il compagno lo riprese.
“Comunque nel caso non sapeste come trascorrere il tempo chiamatemi….ci divertiremmo un pochino!”
“Piantala e vieni via….sta arrivando qualcuno!!”- allarmato.
“Ma chi è?”
“Vieni via…muoviti!”
L’uomo apparve loro dopo pochi istanti –“Come stà?”
“Pare che abbia mangiato il pasto di ieri”.
Aprì la grata fissando Oscar –“Umh! - mugugnò  richiudendo –“Vorrei tanto sapere quell’ombra maledetta cosa stia pianificando. Se fosse per me potrebbe pure crepare lì dentro”.
Si allontanò pensieroso con le mani dietro la schiena –“Jarjayes vi ho fatto proprio una bella sorpresa portandovi via vostra figlia. In tanti anni credo di non essermi mai sentito meglio come in questo preciso istante”.
“Signore, scusate ma…è arrivata.”- uno dei domestici.
“Ah…bene….fatela accomodare nel mio studio. Ditele che la raggiungerò a breve.”- attraversando il salone da pranzo –“Non voglio che nessuno mi disturbi assolutamente, sia chiaro!”
“Certo Signore!”-
Pochi minuti e –“Adoro quando sei puntuale!”
La ragazza sorrise maliziosamente. I capelli scuri raccolti, snella, eppure il corpetto a mettere in evidenza quel seno procace.
Le afferrò il viso per il mento –“Ebbene oggi che cosa mi farai ?”-
“Quello che vi piace di più. Scegliete voi cosa può garbarvi..”
La spinse verso la poltrona e dopo averla girata le sollevò il vestito dandole una sonora sculacciata.
“Hai un culo stupendo”- afferrandola per un gluteo.
Sghignazzò –“Dunque?”
“Fammi sedere”- Slacciò i pantaloni ed affondò con tutto il peso nella poltrona – “forza….vedi di arti da fare!”
Lei si inginocchio fra le grosse gambe dell’uomo. La mano scivolò fra la biancheria. Si chinò.

 
Chi poteva odiare Oscar e i Jarjayes a tal punto da volerne la morte?
Vincent  tornò presso l’abitazione di Thomas per avere notizie di Emilie.
“E’ sveglia e vigile. Risponde bene a tutti gli stimoli. Ha appetito e tutto sommato anche di umore discreto”- Beatrice  lo accompagnò nella stanza.
“I miei omaggi Madame!”-
Appoggiata con la schiena al cuscino contro la testiera del letto accennò ad un sorriso – “Mornay…siete stato gentile a venire”
“Sono felice di rivedervi”- baciamano di rito.
Tacque fissandolo a lungo.
“Cosa volete sapere?”- comprendendone il silenzio.
“Vorrei chiedervi….forse è troppo presto….la mia Oscar….”
Sedette accanto al letto ed incrociando le mani le appoggiò alla bocca sospirando –“Ho bisogno di nomi…certi….una lista di persone, chi sono dove vivono…solo in questa maniera potrò aiutarvi”
“E’ pazzesco quello che chiedete!”- Il Generale scosse il capo.
“Chi ha ordito un piano del genere ha posizione, soldi, uomini al suo servizio, non si tratta di un poveraccio qualsiasi che desidera arricchirsi. Parliamo di qualcuno che ha potere o lo ha avuto….sfrutta conoscenze…probabilmente ora non frequenta più certi ambienti…”
“Augustin…tu hai smesso da poco il tuo servizio….”- insistette Emilie.
“Sinceramente me ne vengono in mente pochi…”
“Potrebbe essere meglio così…una cerchia ristretta….fatemeli avere presto…..”
 
 
“Vi prego…il Signore al momento è molto occupato…..non è possibile disturbarlo”- il domestico quasi a ricorrere l’uomo col mantello – “vi supplico…non entrate!”
“Non preoccupatevi….!”- percorse quel tratto di corridoio senza alcun rumore.
Aprì la porta.
“Che diamine!”- spingendo brutalmente la giovane da parte e riallacciandosi i pantaloni.
Fissò la donna che con sguardo malizioso si passò una mano sulla bocca.
Volse poi lo sguardo verso di lui – “Non vi fa ribrezzo tutto ciò?”
“E perché dovrebbe! Non avete anche voi certe necessità? Siete forse di pietra?”- buttando alcune monete d’oro alla ragazza – “Vattene ora!”
Rimasero soli.
Sistemò la camicia e la pesante giacca e sedutosi nuovamente versò del cognac.
“Morirete presto di questo passo!”
“Che ve ne importa…toccherà pure a voi, pensate forse di esserne indenne?”- sbottò.
“Indubbiamente …ma voi mi precederete di molto!”
“Insomma che volete per piombare qui in questa maniera?”-
“Avete mai pensato di prendere moglie?”- lo interrogò.
“Lungi da me!”- sgranando gli occhi.
Si mise a camminare tenendo sempre il cappuccio a coprire quasi tutto il volto.
“Quindi…non avreste mai pensato ad un erede, qualcuno che raccolga il nome del vostro casato e che lo porti avanti? “
In tanti anni la sola idea non gli passò mai per la testa. Tutto tranne matrimonio e prole.
“Mi ci vedete forse con una sottana e dei marmocchi tra i piedi?”- tossì ripetutamente.
“Invece di buttare il vostro patrimonio ai porci…una donna, giovane, di ottima famiglia, colta,  capace anche di tenervi testa…..”
“Non ho tempo di star dietro a queste fesserie”- accostandosi alla finestra.
“Una gran bella donna…senza tanto andar lontano…unire l’utile al dilettevole”
Si volse esterrefatto – “Voi farneticate….prendetevi una femmina e date sfogo ai vostri istinti repressi..”
“Io non scherzo mai, dovreste saperlo!”- curvando l’angolo della bocca in un sorriso malefico.
“Dovrei forse ricominciare a frequentare salotti e ricevimenti?”- seccato.
“Perché spostarsi quando l’avete in casa”
Un silenzio improvviso piombò su di loro.
“Vi da forse di volta il cervello?” – tentando d’interpretare il suo interlocutore.
“Oscar Francois de Jarjayes!”
“Siete pazzo!”- grugnì.
“Semplicemente perché non l’avete mai guardata come quella che è realmente: una donna!”
“….siete malato….avete forse bevuto prima di venire qui? Pazzo….veramente, voi state delirando!”- posando violentemente il bicchiere sul tavolo – “Uscite di qua e tornate quando sarete più lucido”- indicandogli la porta.
“Smettete di vederla sempre e solo con un’uniforme indosso….pensate a quel corpo nascosto per una vita sotto degli abiti maschili….è una donna a tutti gli effetti…..pensateci”- girò la maniglia per uscire.
“Aspettate!”- lo frenò – “Voglio sapere il resto prima che ve ne andiate!”- incuriosito sempre di più da quella mente.
“La sposerete….lei, promessa a quell’uomo che ama, si vedrà obbligata a vivere con voi, assecondarvi in ogni vostro desiderio e volontà, qualsiasi essa sia. Vi darà un figlio…e porterà il vostro nome, il nome della vostra casata…i Jarjayes moriranno per sempre!...e per il resto non posso anticiparvi altro al momento. Non ha forse il sapore della vera vendetta tutto questo?”- quasi sghignazzando.
Avrebbe voluto sinceramente vedere il volto di quella figura che appariva e scompariva nell’ombra senza alcun rumore, che ora si palesava anche di giorno, una mente perversa, contorta, diabolica. Mai un’emozione, mai una variazione di tono nella voce. Pacata, una cattiveria quasi controllata, studiata nei pensieri, nelle conversazioni, nei gesti.
Da dove fosse saltata fuori non lo sapeva. Presentarsi quella sera a casa sua con il semplice pretesto dell’odio che lui nutriva per i Jarjayes  fu la sua fortuna.
“Sono sempre più convinto che il vostro futuro sarà all’inferno!”-
“In tanti mi seguiranno…e voi sarete una fra quelli…..pensateci….ma sappiate darmi una risposta in breve….non amo le attese troppo prolungate…non siete l’unico a desiderare i miei servigi”- richiuse la porta.
Uscì dallo studio. Scese le scale senza troppa fretta rimuginando sull’intero colloquio avuto con quel “fantasma”. Percorse in silenzio il lungo corridoio delle segrete sbuffando per la fatica accusata nei movimenti causata dalla pancia prominente e dalla fin troppo evidente robustezza.
“Signore!”- i due carcerieri  balzarono in piedi vedendolo.
Fece loro cenno di tacere e con tono basso –“Cosa sta facendo?”
“Pare stia ancora dormendo”- rispose uno dei due aprendo lentamente la grata per permettergli di guardare all’interno della cella.
“…e quella donna potrebbe diventare mia moglie..”- mormorò tra i denti.
Pensò alla prostituta e la immaginò per un istante con il volto di Oscar.
Una fantasia azzardata, eppure eccitante a tal punto che sentì la tela dei pantaloni tirare e tendersi con un senso di costrizione dolorosa della sua mascolinità.
Portò una mano su quel pulsare premendo e strofinando di piacere.
Un mugugno mescolato ad un rantolo.
Possibile che gli suscitasse quelle sensazioni?
 
 
Aprì gli occhi poco dopo mezzogiorno.
Doveva riprendere il viaggio.
“Ancora pioggia!”- scostando le tende dalla finestra. Passò una mano sui vetri appannati.
Si vestì. L’altra biancheria ancora bagnata. Avrebbe dovuto attendere minimo un altro giorno perché tutto fosse finalmente asciutto –“Non c’è tempo”.
Buttò tutto dentro la sacca e scese.
“Già di partenza?”- la locandiera lo guardò rattristata.
“Devo arrivare a Parigi il prima possibile”
“E che ci andate a fare? Non è di certo il luogo più sicuro al momento”- passando uno straccio sul bancone – “Non sapete….hanno trasferito i reali a Les Tuileries….”
Quella notizia non lo meravigliò più di tanto. I tempi stavano cambiando più velocemente di quanto ci si potesse aspettare.
“Non ho alternative! -  
“Ascoltate….siete ancora molto stanco, la biancheria non credo sia asciugata e il vostro cavallo è piuttosto provato. A mio parere farà molta fatica a giungere a destinazione se gli farete fare un’altra tirata come l’ultima….”
“Ne va della vita di una persona…”- caricando la sacca sulla spalla.
La donna si commosse di fronte a tanta tenerezza – “L’amate più delle vostra” – sorridendogli.
La fissò in silenzio –“E’ la mia vita stessa!”
Un cenno con la mano e raggiunse Alexander – “So bene quanto sia duro per te….ma ti prego, non abbandonarmi”- lo accarezzò dolcemente tra gli occhi – “Coraggio!”.

 
“Allora te ne vai!”- Du Bois sistemò l’ultimo boccale sul ripiano.
“…ho paura la sera.  A breve Alain tornerà a prestare servizio ed io sinceramente non me la sento di rientrare sola.”- abbassò gli occhi sinceramente dispiaciuta.
“Ti capisco, non preoccuparti. Potresti almeno darmi qualche giorno per trovare una sostituta?”- le posò una mano sulla spalla.
“Certamente. Nel caso però che Alain cominci prima che l’abbiate trovata….devo lasciare, questo lo capite…immagino”
“Si, si.  Cercherò di fare il prima possibile. So di alcune persone che hanno bisogno di un lavoro. Ma tu piuttosto, che farai?”- le mise in mano la paga.
“Diane è riuscita a farmi entrare alla sartoria Bertin”
“Scherzi? Bertin…Rose Bertin?”- stupefatto.
“Si…proprio lei”
“Ma lo sai che è la modista prediletta dalla Regina. E’ sicuramente la più famosa di Francia”-
Leah sorrise –“E voi come fate  saperlo? Frequentate i salotti?”-
“Ma no, ti pare. E’ mia moglie che sa tutto di tutti. Qualsiasi pettegolezzo tu voglia conoscere, non preoccuparti. Rivolgiti a lei”- scoppiando in una fragorosa risata.
“Sono stata sempre bene qui con voi”.
“Be…prima o poi me lo sarei dovuto aspettare. Se un giorno ti sposassi questo lavoro diventerebbe un vero problema per te e la tua famiglia”.
“Ci sarebbe in programma pure quello”- avvampando leggermente.
“Allora congratulazioni!”
“Non cantiamo vittoria troppo in fretta. E’ un progetto…una promessa di Alain”.
“Sono felice per voi”- aggiunse qualcosa alla paga – “Tieni”
“Che fate?”- stupita.
“Se veramente avete intenzione di mettere su famiglia avrete bisogno di un gruzzoletto da parte”- le strinse le mani –“Ora vai.  Ho intravvisto Alain.”
Sollevatasi sulla punta dei piedi lo baciò sulla guancia – “Grazie di cuore”.
Richiuse la porta della taverna stringendo nelle tasche le sue monete.
“Ehi…perché hai baciato Du Bois?”- mettendole lo scialle sulle spalle.
Lo prese sottobraccio –“Gelosone! Ti amo Alain, ti amo da morire!”- gli occhi pieni di felicità.
“Cavoli, a cosa devo tutto quest’entusiasmo?”- sbalordito.
“Andiamo  a casa. Poi ti racconto”.
Leah entrò in casa sistemando lo scialle accanto alla stufa.
Alain si passò le mani fra i capelli bagnati.
Lo guardò estasiata – “Quanto sei bello!”- una carezza sulla guancia.
La cinse per la vita – “Umh….quindi? Devo forse preoccuparmi?”
“Per cosa?”- mettendogli le braccia al collo.
“Devi dirmi qualcosa di particolarmente difficile?”
“No, affatto”- estrasse la paga dalla tasca –“Ecco!”
Sgranò gli occhi –“Chi te li ha dati?”
“Du Bois….gli ho detto che vado a lavorare da Madame Bertin. Questi me li ha dati …per il nostro futuro assieme”
L’afferrò tra le braccia –“Ci pensi bambolina? Tu, io …marito e moglie. Il signore e la signora De Soissons”
“Sei fradicio, dai andiamo di sopra”
“Così di soppiatto? D’accordo, sono uno splendido amante ma..”
“Smetti di dire sciocchezze e vieni a cambiarti. E’ ora di andare a dormire”.
“Come dormire! Spero scherzerai vero?”- facendo due gradini alla volta.
“E’ tardi…ed io sono molto stanca”- togliendo gl’indumenti e riponendoli nell’armadio.
Alain sfilò i pantaloni e la camicia. Si sdraiò in attesa che Leah lo raggiungesse.
Sciolse i capelli ed infilata la camicia da notte si mise sotto le coperte.
“Vieni qui”- la fece accoccolare accanto a lui –“Ti spiace lasciare il lavoro alla taverna?”
“Un po’ si. Anche se lavoro fino tardi la sera la mattina sono libera…però è meglio così. Spero veramente di non deludere tua sorella….ci ha messo la faccia chiedendo di prendermi alla sartoria”
“Vedrai, andrà tutto bene. Sei brava a cucire. Almeno così la sera sari a casa”- stringendola.
“E tu? Se ti prenderanno ci saranno sere che magari neanche tornerai a casa!”- aggrottando la fronte.
“Dai…non piantarmi il broncio. Deciderò tutto quando sarà tornato Bernard”
“Riusciremo mai ad avere una vita tranquilla, in un mondo più tranquillo?”
“Ce la faremo, te lo prometto!”
 
 
La pioggia aveva reso la strada un vero pantano a tal punto che Andrè dovette rallentare l’andatura.
Nuovamente fradicio, affranto e provato fisicamente fece una sosta sotto alcuni alberi. Scese.
“Stanco, vero?”- osservando Alexander. Doveva assolutamente farlo riposare, in un luogo asciutto.
Purtroppo attorno solo campagna alternata da macchie di boscaglia. Non una casa, non un capanno.
Nulla.
Afferrò le briglie e s’incamminò a piedi.
Anche quella giornata oramai volgeva al termine e ben presto si trovò immerso nel buio totale.
Le Mans non doveva essere lontana.
Sotto quel diluvio gli tornò alla mente quel pomeriggio sulle dune, le nuvole minacciose, i tuoni in lontananza….precipitarsi a casa, trascorrere il tempo tra le chiacchiere, le risate ed i progetti per il matrimonio. Poi ..come ogni sera, lei lo aveva raggiunto. L’ennesima notte fatta di baci, carezze, a scoprirsi, ed amarsi.
Pesava come il piombo la sua assenza, ma il tormento maggiore era dato dal non sapere dove, perché….e chi!
Risalì sul cavallo.  Almeno a Le Mans….doveva arrivare almeno a Les Mans.
L’aria fredda come schiaffi sul viso.
Percorse forse qualche chilometro.
Il buio. Fu un attimo.
Il nitrito lungo, quasi disperato di Alexander.
Andrè si ritrovò sbalzato a terra.
 
 
Gli occhi fissi sul ciocco di legno nel camino.
La fiamma rossa vibrare.
Sorseggiò l’ultimo goccio di cognac –“Oscar Francois de Jarjayes…..”- mormorò.
Ripose il bicchiere sul tavolino.
Appoggiò la schiena alla poltrona – “Oscar Francois de Jarjayes..”- pronunciò per la seconda volta.
Chiuse gli occhi cercando nei suoi pensieri quel volto.
Mugugnò.
Una mano sul cavallo dei pantaloni.
Il respiro si fece più pesante.
Strofinò ripetutamente fino a quando la fece scivolare all’interno.
Possibile che dopo i discorsi con quel diavolo “ d’ombra” il pensiero che sotto quelle vesti ci fosse un corpo giovane e femminile lo eccitasse all’inverosimile?
Inebriato da quel sogno, lasciò che tutto si compisse.
Un calore riversarsi fra le dita e quel sospiro liberatorio.
“D’accordo!”- esclamò non appena si fu ripreso dal piacevole torpore.
“Bene….a quanto pare avevo ragione”
Sistemò velocemente i pantaloni asciugando la mano sul bracciolo della poltrona -”Possibile che con voi non si riesca ad avere momenti privati? Non vi hanno insegnato a farvi annunciare?”- sbottò.
“Eravate talmente preso che non avete udito il mio bussare!”- un sorrisino malizioso.
“Andate al diavolo!”- biascicò.
“Desumo che la vostra mente stia finalmente elaborando quanto illustratovi…e a quanto pare, non solo la vostra mente”- avvicinandosi appena.
“Che volte!?”
“Sapere quale decisione abbiate preso”
“Avete fretta?”- innervosendosi.
“Non sopporto sprecare tempo”
“Comincio a non sopportarvi più. Mi date sempre più sui nervi!”
“Siete entrato in questo vortice…ora si va fino in fondo!”
Il tono di voce mise ben in chiaro chi avesse il coltello dalla parte del manico, chi fosse non solo la mente, ma alla fine anche se non direttamente, l’esecutore.
“Mi piacerebbe sapere che gusto ci provate in tutto questo”- alzatosi gettò un nuovo ciocco di legno nel camino.
“Se volete saperlo, non m’importa di quello che sarà di me nel futuro. Morire? Moriremo tutti, chi prima, chi dopo, sulla forca o no….vivo il presente e mi godo il piacevole suono dell’oro quando tintinna nelle mie tasche. La gente come voi si trastulla nel compiacimento della realizzazione dei propri desideri oscuri, io mi compiaccio della mia malvagità e del potere che ho su gente fragile come voi”
“Siete un lurido bastardo! Non sono obbligato a continuare con questa storia, tanto meno a pagarvi…per lo schifo che fate!”
Per la prima volta si lasciò scappare una risata –“Vi da così noia che sia io a tramare per voi? Dite la verità! Non sopportate di non essere stato in grado di elaborare voi la vendetta tanto agognata! Abbiate almeno il coraggio di ammetterlo!”
“Sono tecniche da femminuccia!”- grugnì paonazzo –“Mi occupo di strategie di ben altro tipo, più complesse del vostro farneticare..”
“…quello che volevate lo state ottenendo. Non è sicuramente farneticare. Complimenti per l’orgoglio!”
“Adesso piantatela!!”- sbraitò – “Avete intenzione di continuare a seccarmi o siete venuto per darmi ulteriori chiarimenti sul da farsi?!”
“Ottimo. Devo intendere che l’idea abbia ben solleticato le vostre fantasie….ordunque, non ho che da chiedervi conferma: farete di quella donna la vostra futura consorte?”
Il ronzio del silenzio interrotto bruscamente –“Si!!”
L’uomo sorrise soddisfatto –“Toglietela da quella cella. Una stanza, isolata, sicura all’interno di questa rocca. Datele quel che le serve per lavarsi, sistemarsi, aver cura di sé. Avete domestici al femminile?
“No,…anzi, una vecchia in cucina. Nessun altro”
“Non è urgente ma ho bisogno che vi procuriate una donna giovane, che la segua. Prima convolerete a nozze prima avrete un erede”
“Dove? Come? E quando? State dando aria alla gola a vanvera!”- avvicinandosi.
“Qui naturalmente e dove altrimenti? Per il celebrante vedrò cosa procurarvi….”- sfregò le mani soddisfatto.
“Non voglio un semplice curato…..”
“Ma certo che no. Su questo state tranquillo…di vescovi corrotti ne esistono diversi. Quando? Entro la prossima settimana!”
Sgranò gli occhi –“Non mi date nemmeno il tempo di avvicinarmi a lei e conoscerla un po’ meglio”
“E che ve ne fate? Non la sposate per amore, ma per vendetta. Frequentava il suo attendente, ricordate?
Ora sarà vostra. Vi darà un erede e per il poi al momento non c’è fretta. Un passo alla volta”
“E se non fosse….?!”
“Vi importa? Se lo fosse sarebbe l’ennesima vostra soddisfazione per aver colto per primo il suo candore, in caso contrario la strada sarebbe spianata….credetemi, non è sicuramente questa la vera soddisfazione!”- lo seccò.
“Mhm…”- mugugnò stizzito.
“Una donna la si può ancora ripudiare….”
“Siete perfido più di Satana! Quali viscere della terra vi hanno partorito? Non è che sotto quel mantello portate le corna e la coda?”
“Fervida immaginazione…”- allontanandosi.
Rimasto solo si incamminò verso la camera da letto.
Ripose la pesante giacca sulla sedia. Tolse la camicia, sfilò stivali e pantaloni e si coricò sul letto.
“Madame Oscar Francois Bouillè…”- scoppiò in una fragorosa risata.

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Capitolo 43
*** SENZA VIA DI SCAMPO ***


Il povero Alexander giaceva a terra fermo, solo il suo nitrito nel buio sotto la pioggia incessante.
Andrè si sollevò da terra dolorante avvicinandosi.
“Ehi…amico mio!”- una carezza sul muso.
La prima reazione fu quella di tastare le zampe.
Le percorse nella loro lunghezza, con calma, sfiorandone appena il manto …ed ecco….
“No…maledizione!”- quel grido disperato. La mano si fermò improvvisamente. Sentì l’osso affiorare dalla pelle.
Strinse un pugno appoggiandovi la bocca sopra –“Noo!”- le lacrime attraversargli il viso.
Un nodo alla gola.
No, non poteva essere accaduto….
Deglutì irrigidendo la mascella.
Fu come gli avessero conficcato un coltello in pieno petto.
Non c’era più nulla da fare.
Lo accarezzò ripetutamente fra gli occhi.
“Mi dispiace….mi dispiace da morire”
Estrasse la pistola – “Perdonami amico mio, perdonami…!”- cercò quel coraggio necessario in un respiro profondo.
Gli puntò l’arma sulla fronte.
Premette il grilletto.
Il colpo risuonò in quel nulla, nella notte.
La mano ricadde a terra in una pozza d’acqua.
Il rumore della pioggia. Immobile a fissare il suo destriero privo di vita.
Completamente fradicio ebbe solo la forza di sedersi sotto degli alberi poco distanti come a dover vegliare per l’ultima volta il compagno di una vita.
La schiena appoggiata al tronco e le lacrime scendere inesorabili.
“Perché tutto questo?”- un profondo senso di stanchezza e di frustrazione pervase ogni sua fibra.
Ed il dolore, immenso.
 
“Avanti, giratevi”- le ordinò uno dei carcerieri.
“Che cosa avete intenzioni di fare ora?”- opponendo resistenza.
“Fate ciò che vi ho detto senza tante storie o giuro che ci metterò un secondo a sfigurare il vostro bel visetto !”- seccato.
Si volse con la faccia al muro.
Mentre uno le liberava la mano per poi legarle i polsi, l’altro le poneva una benda sugli occhi.
“Cosa volete fare….maledetti!”
“Ti conviene stare ferma se non vuoi che ti facciamo passare la voglia di fare tanto la sfrontata”- aggiunse il compagno.
Percorsero il lungo corridoio delle segrete facendo attenzione che non inciampasse durante il tragitto.
“Sollevate i piedi, ci sono dei gradini”
Oscar seguì le indicazioni che le vennero impartite.
Così, senza poter vedere, senza aver la benché minima percezione di dove si trovasse e dove la stessero conducendo, un senso di smarrimento totale.
Quel lasso di tempo le parve infinito.
Si fermarono.
Attorno nel silenzio solo un bisbigliare.
Temette il peggio.
Rimase concentrata in ascolto per comprendere cosa stesse accadendo attorno a lei.
Un fruscio, il tintinnare di chiavi, il rumore di tacchi di stivali sul pavimento.
Improvvisamente una lama tranciò la corda ai polsi.
La porta si richiuse alle sue spalle.
Attese qualche istante. Portò le mani dietro la testa e sciolse la benda.
Si ritrovò in una grande stanza, riscaldata.
Il camino doveva essere stato acceso già da diverso tempo.
Un grande letto a baldacchino, accanto una pettiniera con tanto di catino e caraffa per lavarsi le mani ed il viso, un grande armadio ed un comò, un paio di poltroncine con tavolino.
In un angolo della stanza accanto al camino una vasca piena d’acqua calda.
Aggrottò la fronte.
Che cosa voleva significare tutto ciò?
Avvicinatasi ad una delle finestre scostò le tende e nonostante la pioggia aprì i vetri.
Grosse inferriate le impedirono di affacciarsi.
Fuori il vento gelido di novembre.
Richiuse.
La porta pesante come quella della cella nella quale era stata fino ad allora si spalancò nuovamente ed entrò una donna.
“Madamigella “- fece un leggero inchino – “sono Renée”
Rimase a fissarla.
Piccola, minuta, i capelli bianchi raccolti, il volto solcato da profonde rughe.
“Ecco vedete…ho preparato affinchè vi facciate un bagno caldo”.
“Perché mi trovo qui? Al servizio di chi siete? Chi mi tiene prigioniera in questo luogo?”
“Ascoltate. Non posso rispondervi. Io sarò qui solo saltuariamente fino a quando non vi verrà assegnata una persona che possa seguirvi costantemente. Non fatemi troppe domande. Io sono vecchia, stanca e piena di acciacchi…non voglio avere problemi con il padrone. Vorrei poter vivere quello che mi resta serenamente. Sono sola e questo è l’unico posto che conosco da una vita e dove, in fin dei conti, mi sento sicura e protetta. Non manco di nulla. Cercate di capirmi..”- il tono quasi supplichevole.
 I timori della donna la impietosirono. Avrebbe indagato successivamente – “Ebbene, che dovrei fare ora?”
“Avete sicuramente bisogno di farvi un bel bagno. Vi ho portato alcune boccette di sali profumati”
Sfilò la giacca ed i pantaloni.
La donna raccolse la biancheria.
“Dove la portate?”
“E’ talmente logora che forse sarebbe meglio buttarla nel camino!”
“No, ve ne prego”
“ Nell’armadio potrete scegliere l’abito che più vi si addice”- aprendo le ante del mobile.
Oscar diede un’occhiata veloce –“Ma qui non ci sono camice, tanto meno pantaloni o giacche!”
“Oh…non credo sia un abbigliamento consono ad una come voi!”
Cercò di trovare una scusa valida –“E se dovessi andare a cavallo, o tirar di scherma….tutto questo non mi agevolerebbe di certo..”- afferrando il lembo di un abito.
“E va bene, d’accordo. Ve la laverò così potrete indossarla, nel caso!”
Tirò un sospiro di sollievo.
Infilò un piede poi l’altro e lentamente sedette nell’acqua.
“Finalmente!”- pensò.
Quel tepore la riportò indietro nel tempo…..il suo Andrè….
Si accarezzò il ventre –“Non so dove tu sia….se riusciremo a ritrovarci….ma una parte di te è qui, con me, dentro di me. Lo sento crescere giorno dopo giorno e giorno dopo giorno lo amo sempre di più. Qualsiasi cosa accadrà farò di tutto per proteggere la nostra creatura e per ricongiungerci. Lo giuro davanti a Dio”
La domestica si prestò per aiutarla a lavare i lunghi capelli e ad asciugarsi.
Una sistemata all’abito per la cena ed una pettinata.
“Siete stupenda”- sorridendole.
Un’occhiata allo specchio. Leggermente impacciata. Non era di sicuro il suo modo di vestire ma non essendoci altro si adeguò.
La porta si aprì. Apparvero due uomini, ma non gli stessi della cella.
Percorse un lungo corridoio scarsamente illuminato e scese diverse scale, sempre accompagnata dai due.
Ed ecco di fronte a lei aprirsi un ampio salone dalle pareti ricoperte di preziosi arazzi  e dipinti.
Alle finestre dai vetri finemente lavorati pesanti tende di broccato verde.
Al centro una lunga tavola apparecchiata con finissime porcellane di Limoges, posate d’argento e bicchieri di cristallo. Nel mezzo un vaso con dei lilium profumatissimi dietro il quale finalmente intravvide una figura maschile.
“Siete la benvenuta Madamigella Oscar”
Quella voce!
No, non poteva essere!
Sgranò gli occhi – “Generale Bouillè!”- senza parole, esterrefatta.
L’uomo sghignazzò –“Sorpresa di vedermi?”- fece cenno ad un domestico di farla accomodare.
“Che cosa volete da me? Perché mi trovo qui?”-
“Vi prego, sedete”- gentilmente.
“Non ci penso assolutamente”- volse le spalle e tentò di allontanarsi ma degli uomini le sbarrarono la strada.
“Non credo abbiate alternative a quanto pare”
“Lasciatemi libera, subito!”- irritata.
“Suvvia, venite a cenare”
“Preferisco morire di fame che sedere al tavolo con voi”- sempre più indispettita.
“Sedete!”- grugnì.
“Siete voi l’artefice di tutto questo?”
Qualche secondo e fece marcia indietro obbedendo a quell’imposizione.
“Siete uno splendore…vestita come Dio comanda! Ho sempre pensato che l’uniforme non facesse per voi. E mi sono sempre domandato quale donna si celasse dietro. Le aspettative sono state largamente superate”- sorrise con malizia.
“Vorrei sapere per quale motivo mi trovi qui!”- battendo i pugni sulla tavola.
Bouillè fece versare il vino in entrambe i calici –“Sempre irruenta, non vi smentite mai.”
“E voi  insopportabile ” – fredda.
“Indubbiamente siete….anzi, siete stata un ottimo elemento nelle Guardie di Sua Maestà ed anche nei Soldati della Guardia, tutto sommato. Ma da quando vi conosco, come detto in precedenza, avrei preferito che vostro padre vi avesse educato come tutte le altre ragazze anche se devo ammettere che, nonostante siate cresciuta come un uomo non vi mancano bellezza, grazia e portamento”
“Non capisco il nesso con la mia presenza in questo luogo”
“Non riuscite proprio ad arrivarci. Siete sempre stata cocciuta, irreverente e troppo fiera per i miei gusti. Ho cercato di assecondare le richieste del generale Jarjayes e per un po’ siete riuscita a stare al vostro posto. Poi, non so, è scattato qualcosa che ha iniziato a stravolgere i vostri atteggiamenti e il senso di obbedienza nei confronti dei vostri superiori ed in particolar modo nei miei confronti”
“Ovviamente, dato che le richieste furono assurde”
“Non avete ben chiaro il concetto di portare un’uniforme”
“Forse siete voi a non saper gestire le criticità!”
“Gli ordini sono ordini e vanno eseguiti se provenienti dall’alto. Troppe volte avete ignorato le mie parole ponendomi in situazioni alquanto imbarazzanti di fronte a Sua Maestà. E ciò che mi indispettisce maggiormente è che la Regina vi abbia sempre concesso clemenza!”-
“Evidentemente il rispetto alla corona rende la strada spianata”
Scoppiò in una fragorosa risata –“Rispetto alla corona? Dove eravate il 14 luglio con i vostri uomini? A supportare gli eserciti contro i rivoltosi oppure in mezzo a quella marmaglia?”
“Non mi sono mai vergognata delle scelte fatte con consapevolezza anche delle conseguenze!
“Meritavate il plotone di esecuzione!!”
“Se pensate di farmi cambiare idea ora, siete un illuso”
“Ditemi. Faceste richiesta a Sua Maestà di lasciare le Guardie Reali, perché Madamigella? Oramai di tempo ne è trascorso. Potreste anche darmi una giustificazione valida per quella scelta”
“Credo non siano cose che vi riguardino “
“Io penso fosse stato a causa di un uomo!”
Seccata per l’insistenza e per la domanda provocante avvampò leggermente.
“Dalla vostra reazione desumo sia così”- lisciandosi i baffi –“…e probabilmente c’è di mezzo anche il vostro attendente”
“Lasciate da parte Andrè!”
“…mhh….bene. Allora ciò che mi è stato riferito a proposito di una vostra frequentazione con un vostro servitore non sono solo chiacchiere”
“Ho detto di lasciare fuori da questi discorsi il mio attendente!”- avrebbe voluto mordersi la lingua in quel preciso istante pronunciando quelle parole. Ma doveva difenderlo, doveva fare in modo e maniera che non si accanissero successivamente anche su di lui.
“D’accordo, d’accordo…come volete. Ma , toglietemi una curiosità: ha avuto niente a che fare con voi?”
Abbassò gli occhi fissando la mano priva dell’anello di Andrè.
“Allora? Abbiate almeno la gentilezza di rispondermi”- insistendo.
Doveva evitare ogni suo coinvolgimento.
“Io…”- un sussulto improvviso nel suo ventre. La sua creatura per la prima volta le diede un segno della sua presenza. Sentì le lacrime salirle agli occhi per l’emozione e l’incredibile gioia. Ma dovette trattenersi e velocemente tornare alla realtà – “…un’ infatuazione!”- mentì amaramente.
“Siete una bugiarda!”- gridò alzandosi in piedi – “Siete una maledetta bugiarda!”
Impietrita.
“Credete forse sia un imbecille? Perché non ammettete di esservi donata a lui? Siete solo una sgualdrina!”- avventandosi su di lei ed afferrandola per il collo.
La stretta inesorabile di quelle grosse mani, l’aria le venne a mancare per qualche istante.
“Ma ora si farà come dico io. Per troppo tempo mi avete dato delle grane disobbedendomi”- gli occhi iniettati di sangue –“Devo forse farvi un elenco di tutte le volte che mi avete messo in imbarazzo? L’ultima volta con la trovata di abbandonare i Soldati della Guardia. Da questo momento sarete reclusa nella stanza dove siete stata condotta. Vestirete come si addice ad una donna, vi comporterete come si addice ad una  donna e pertanto farete quello per cui ogni donna è destinata: appartenere ad un uomo. Ma non sarà l’uomo che immaginate voi”- lasciò la presa.
Si portò una mano alla gola cercando di riappropriarsi del respiro.
“Mi sposerete e mi darete un erede!”
Sgranò gli occhi – “Voi siete pazzo!”
“NO!”- urlandole contro –“Farete ciò che ho deciso. Diverrete mia moglie, asseconderete i miei desideri, assolverete quotidianamente ai vostri doveri coniugali fino a quando mi darete un figlio….e oltre, che vi piaccia oppure no!”
“Non intendo assolutamente compiacere i vostri pensieri malati! Scordatevelo! Queste richieste fatele a qualche vostra donna di dubbi costumi..!”
La brancò di scattò per un braccio.
La forza di quell’uomo era indescrivibile.
La spinse contro il tavolo obbligandola a sdraiarvisi sopra con la schiena. La bocca avvicinarsi.
Sentì quel respiro pesante di alcool e tabacco insinuarsi nelle sue narici dandole un senso di fastidio allo stomaco.
“Non preoccupatevi. La mia figura è imponente ma so bene come soddisfare una femmina anche se nel vostro caso sarete voi a doverlo fare”- la mano scivolò sotto l’abito scorrendo lungo l’interno coscia andandola a tastare in mezzo alle gambe facendola sobbalzare –“non vedo l’ora di assaporarvi la prima notte di nozze. Fino ad allora mi impegnerò a resistere. Nei vostri confronti, naturalmente. Ho comunque chi mi “trastulla” piacevolmente ogni giorno…anzi, ora che ne abbiamo parlato mi è venuta una voglia tremenda di scoparvi, e perdonatemi la mancanza di finezza nel lessico, giusto per farvi capire …normalmente non sono così sboccato”
Oscar tremò al solo pensiero che potesse spingersi oltre con la mano.
“Troppo vi ho concesso, ma non ho dimenticato. Questa sarà la mia vendetta su di voi e la vostra famiglia…che non rivedrete mai più. Vi odio…ma siete talmente eccitante…”- quelle labbra umide la sfiorarono lungo il collo.
Un senso di ribrezzo l’attraversò.
Si sollevò da lei ricomponendosi lasciandola su quel tavolo ancora scossa per l’accaduto.
“Ora sedete e cenate!!”
Rimettendosi in piedi poggiò con violenza le mani sul tavolo –“Vi auguro di strozzarvi al primo boccone!”
“Sedete!”-
“Dovrete legarmi alla sedia se vorrete avermi quale commensale!!”
Con il cenno di una mano richiamò l’attenzione di uno dei suoi uomini –“Riaccompagna la futura Madame Bouillè nelle sue stanze. Credo abbia bisogno di meditare sul suo prossimo futuro”!
Il tale l’afferrò per un braccio.
“Non mi avrete Bouillè, mai!!”- voltandosi prima di lasciare il salone.
“Lo vedremo!”- le ultime parole.
 
Le nuvole iniziarono a diradarsi  e lentamente apparve uno spicchio sottile di luna.
Stremato, aveva chiuso gli occhi appisolandosi.
Rimase a fissare in silenzio Alexander morto di fronte a lui.
Avesse avuto le possibilità lo avrebbe sepolto.
Alzatosi si avvicinò al cavallo e chinatosi lo accarezzò un’ultima volta –“Sarà tutto più difficile senza di te!”
Afferrò la sacca e si rimise in cammino.
Percorse probabilmente qualche chilometro quando alle spalle udì il rumore in lontananza di una carrozza.
“C’è un uomo lungo la strada!”-
La giovane si sporse impugnando la pistola – “Fermati Jerome!”
“E dai…non credi possa essere pericoloso!”-
“Ah, piantala Gerard, uno solo in piena notte, a piedi dopo il diluvio?”- si volse spintonandolo.
La carrozza affiancò Andrè.
“Ehi tu….che diavolo ci fai a piedi di notte su questa strada?”
Un luccichio. Si accorse che la donna era armata.
“Devo raggiungere Parigi”.
“Parigi?”- il giovane all’interno si mise a ridere.
“Piantala!”- lo riprese lei. Poi rivolgendosi nuovamente ad Andrè – “Ma ti rendi conto che hai una valanga di strada da percorrere prima di arrivare?”
“Ho perso il cavallo in un incidente…!”
Aprì lo sportellino –“Dai, sali!”
Non se lo fece ripetere una seconda volta. Appoggiò il piede sul predellino ed alzando lo sguardo si trovò la pistola puntata in viso.
“Sei per caso un nobile?”-
“Gerard….ma ti pare, guarda in quali condizioni si trova!”
“No, tranquilli, non lo sono”
“D’accordo!”- il giovane gli allungò una mano – “Inutile dirti il mio nome, lo ha già fatto quella scema di mia sorella”-
Accennò ad un sorriso.
“Sono Yvonne….Yvy per gli amici”- capelli neri come la notte, corti e due occhi cerulei incastonati in un viso sottile dalla carnagione chiarissima. Pantaloni, una camicia ed un mantello buttato sulle spalle.
“Voi li dentro, ci sono anche io!”
“Ah…lui che stà fuori è Jerome, l’altro mio fratello”-
“Ma perché vai a Parigi?”- il giovane quasi si sdraiò in un angolo infilandosi un dito nel naso.
“Dai, che schifo!”- la ragazza gli tirò un calcio.
“Stò raggiungendo degli amici”- appoggiandosi con la schiena.
Gerard fissò la sorella ed un sorrisino malizioso gli si stampò sulle labbra.
“Hai già perso la testa?”- arricciando la bocca come per mandarle dei baci.
“Jerome, ferma la carrozza!!”- gridò.
“Ehi, che vuoi fare?!”
“Scendi, tuo fratello ti da il cambio. A stare qui dentro dice solo scemenze!”
“Strega!!”- le alitò salendo all’esterno.
Ripartirono a gran velocità.
“Voi dove siete diretti?”
“Al momento a Le Mans…”- i gomiti sulle ginocchia ed il mento sui pugni chiusi a fissarlo.
“Come Le Mans? No dai, hai cambiato idea nuovamente!”- sbottò il fratello – “Non dovevamo andare ad Orleans?”
Gli diede uno scappellotto –“Se non la pianti va a finire che raggiungi Gerard!”
Sbuffò mettendosi in un angolo in silenzio.
“Come credi di arrivarci a Parigi? Vorresti fartela tutta a piedi?”
“Comprare un cavallo mi costerebbe troppo e…non saprei nemmeno a chi rivolgermi”- gli brontolò lo stomaco.
Yvy rovistò in una sacca accanto e gli allungò un pezzo di pane. Dai pantaloni estrasse un coltello e tagliò un fetta di formaggio –“Se ti accontenti…”
“Grazie, sei molto gentile”.
“Posso domandarti come fate ad avere una carrozza tutta vostra? Sembrerebbe sia di qualche famiglia aristocratica”
“L’abbiamo rubata!”- senza staccargli gli occhi di dosso – “A quel nobile non serviva…soprattutto dopo che gli avevano dato fuoco alla casa…così ci siamo potuti fare il viaggio al coperto”
Andrè scoppiò in una risata.
“…Parigi…mhm….”- masticando un pezzetto di pane. Richiuse la sacca e mise via il coltello strizzandogli un occhio.
 
Si tolse nervosamente quegli abiti quasi strappandoseli di dosso.
“Siate maledetto!”- strinse forte i pugni dalla rabbia –“Bouillè se credete di averla vinta vi sbagliate di grosso”.
Sola nella stanza si rese conto di non aver mangiato nulla.
Sbuffando aprì l’armadio alla ricerca di qualcosa da infilarsi per la notte.
Passando di fronte al grande specchio dell’armadio si fermò osservando la sua immagine riflessa.
Quella leggera rotondità dell’addome, il seno più pieno – “Finalmente ti ho sentito”- accarezzando la pancia. Un’emozione unica. La sensazione come di avere dentro di sé mille farfalle che sbattessero le ali contemporaneamente. Una gioia immensa.
Chissà Andrè quale nome avrebbe voluto per la loro creatura – “Maschio? Femmina?...cercherò di fare in modo e maniera che tu possa crescere sano amore mio, questo è ciò che conta”.
Infilò una camicia lunga e proprio in quel momento la porta pesante si aprì – “Permettete?”- Renée entrò posando sul tavolino del latte con dei biscotti –“So che non avete toccato cibo. Eccovi qualcosa…ne avete bisogno”- allontanandosi.
Udì la chiave girare nella serratura ed una sbarra bloccare l’uscita definitivamente.
Dopo aver messo qualcosa nella pancia riuscì finalmente a coricarsi.
Se le forze glielo avessero permesso avrebbe potuto reagire di fronte a quell’attacco di Bouillè.
Doveva elaborare un piano. Ma innanzitutto riacquistare le energie, nel contempo studiare il luogo, carpire qualche informazione da Renée. Forse le luci del mattino seguente l’avrebbero potuta aiutare a comprendere esattamente cosa ci fosse oltre le finestre.
 
“Allora? Com’è stata la vostra prima serata con la vostra futura consorte?”- l’uomo si fece avanti nel silenzio più assoluto.
“Strisciate quasi come una serpe!”- tuonò.
“Uhm….non so se il vostro cattivo umore sia di natura o se lei vi abbia dato picche”.
“Lasciate perdere. Piuttosto prima che arrivaste stavo giusto pensando che le vostre idee saranno a dir poco balorde ma mi stuzzicano più di una strategia di guerra!”- vuotando il bicchiere.
Sghignazzò leggermente – “Ho scritto una lettera da consegnare al cardinale Dominique de La Rochefoucauld dove fate richiesta di celebrare le nozze domenica in mattinata. Dovete firmarla e farla pervenire a Sua Eminenza. Mandate subito un vostro emissario a Grenoble. Il Cardinale si trova lì per una breve vacanza. Per dimostrare la vostra gratitudine mandategli una carrozza e riservategli eventualmente un’ala del palazzo.”
“Dunque non scherzavate dicendo che tutto si sarebbe compiuto in tempi brevissimi..”
“Attendere per cosa? Questa sarà una vera e propria tortura per la vostra “consorte”!
“Farò preparare la cappella per la cerimonia….ma nessun invitato”
“Avete intenzione di destare sospetti nel Cardinale? Immagino avrete fidati del vostro stampo”
Bouillè si lisciò il mento –“Certo che si!”
“Molto bene. E rammentate. Prima che lasci il castello omaggiatelo per la sua disponibilità. Credo abbiate compreso chiaramente cosa voglio intendere”
 “Per quello non ci sono problemi”
“Vi ho procurato l’abito..”
“Senza nemmeno provarlo?”- sbalordito.
“Non ci vuole una scienza per comprendere le misure di “madame”- si sfregò le mani – “L’anello?”
“Uno di famiglia con impresso lo stemma del casato all’inerno”
L’uomo gli allungò la lettera. Bouillè sedette e dopo aver dato un’occhiata allo scritto, firmò.
Chiamò uno dei suoi uomini –“Da portare immediatamente al Cardinale Rochefoucauld a Grenoble, assieme a questa!”- tra le mani gli mise una sacchetta di monete d’oro –“Un piccolo omaggio da parte del Generale, riferisci questo”.
Un cenno con la testa ed uscì.
“Vedete….state imparando. Ottimo gesto!!”- e lentamente come un’ombra svanì.
 
Le prime luci dell’alba il gruppetto giunse a Le Mans.
“Gerard….prosegui!”- Yvy battè una mano contro l’abitacolo.
“Cosa?....ma non ci fermiamo. Dai, riposiamoci un po’. Sono fradicio e distrutto!”- seccato.
“Per quale motivo non vuoi che ci fermiamo. Abbiamo bisogno di qualche ora di sonno”- Jerome appoggiò i lamenti del fratello.
“Siete due buoni a nulla”- scendendo dalla carrozza – “Vattene di sotto!”- prendendo le briglie.
“Aspetta!”- Andrè salì con lei – “Vuoi che lo faccia io? Un tempo era uno dei miei compiti ….presso la famiglia dove vivevo”
Fissò i suo occhi verdi e si sentì attraversare da un brivido – “D’accordo”.
Ripresero così il viaggio. I due fratelli caddero in un sonno profondo mentre Yvy ed Andrè si misero a chiacchierare.
“Lavoravi per una famiglia di un certo calibro?”
“Si…lavoravo e vivevo con loro”
“Ti hanno cacciato o cosa?”- incuriosita.
“Nulla di tutto ciò.”- poi il silenzio.
Yvy era curiosa, terribilmente curiosa. Andrè era un bell’uomo, forse un po’ troppo grande per lei….ma era affascinante, maledettamente affascinante.
“Sposato?”
“Avrei dovuto!”- abbassando gli occhi.
“Ah….ti ha tradito!...ora capisco”-
“No, Oscar non lo farebbe mai!”-
“…ah….con  il figlio del padrone?”- il tono dispiaciuto.
“La figlia, Oscar è la figlia”.
“Dai, non scherzare!”- rise.
La fissò seriamente.
“Senti, solo un padre pazzo può chiamare una figlia con un nome maschile”
“Le cose sono un tantino diverse da ciò che puoi pensare”- e così dicendo le raccontò su di lei senza però entrare in particolari troppo personali.
Quand’ebbe terminato Yvy rimase a bocca aperta senza riuscire a proferire parola.
Nel frattempo il cielo si fece sereno.
“Era ora che smettesse di piovere. Che ne dici se ci fermiamo a magiare qualcosa?”
“Mi sembra un po’ improbabile trovare una locanda nel bel mezzo del nulla”- commentò Andrè.
“Abbiamo a sufficienza per sfamare tutti e quattro. Dai, fermiamoci….magari là, in quella radura!”
“Perdonami Yvy…ma preferirei proseguire..”
Lo guardò per qualche secondo.
“E sia. Tanto quei due non li svegliano nemmeno le cannonate”.
Così dicendo giunsero ad un bivio.
Andrè tirò le redini – “Direi che il mio passaggio termina qui. Voi dovete proseguire per Orleans”
Lei si alzò – “Siedi qui!”- spostandosi sul suo lato. Uno schiocco indirizzato verso i cavalli e la carrozza riprese il viaggio.
“Ma che ti salta in mente?”- aggrappandosi per lo scossone improvviso.
“Mettiti giù o il tuo viaggio finirà veramente…ma rovinosamente a terra”- scoppiò in una risata –“Facciamo finta che ….io ti accompagni verso Parigi…!!”
 
I primi raggi di sole filtrarono tenui attraversi i vetri accarezzando il volto di Oscar.
Lentamente aprì gli occhi.
Abbracciata al cuscino il suo primo pensiero lo rivolse ad Andrè – “Buongiorno amore mio, ovunque tu sia. Questa notte finalmente sono riuscita a riposare in un letto ed al caldo. Non so ancora dove mi trovo esattamente….avrei voluto vederti qui accanto a me….”
Quella sensazione di mille farfalle la riempì nuovamente. Una carezza ed in silenzio restare ad ascoltare il proprio corpo.
Tutto magnifico, soprattutto lo starsene fra le coperte.
“Avanti. Vediamo un po’”- scostate le tende aprì la finestra.
…il nulla, il vuoto totale. Attorno solo montagne impervie e ricoperte di neve ma il fondo, la strada dov’erano? Una rocca! Si, sicuramente il luogo in cui si trovava doveva essere posto in alto…molto in alto.
Inferriate in tutte le finestre ed il paesaggio, il medesimo in qualsiasi direzione.
Non riuscì a vedere mura, bastioni o quant’altro. Impossibile sporgersi.
Richiuse non appena udì aprirsi la porta.
“Buongiorno. Avete riposato bene?” – Renée pose il vassoio sul tavolino –“la vostra colazione”.
“Non potete dirmi nemmeno quanto distiamo dalle coste della Bretagna o tuttalpiù da Parigi ?”- la interrogò con disinvoltura sciacquando il viso.
“Bretagna? Parigi?”- la donna sorrise –“mia cara, quei monti là in fondo sono le Alpi…”
Il sangue le si raggelò – “Le Alpi!”
 

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Capitolo 44
*** MINACCE ***


“Credo che i cavalli abbiano necessità di fermarsi!”
“Si, forse è meglio farli riposare”- Yvy tirò le briglie.
I due fratelli si svegliarono all’improvviso.
“Cos’è successo?”- Jerome si sporse.
“Niente, ci fermiamo!”- la giovane scese seguita da Andrè.
Gerard si stiracchiò come un gatto –“Ehi …  ma dove siamo?”
“Sulla strada per Parigi!”- rovistando nella sacca.
“Parigi? Avevi detto che non ci saremmo tornati, che ti salta in mente?”
“Piantala, le decisioni le prendo io!”- aprì un fazzoletto e si mise a tagliare del pane – “Andrè che ne dici di sganciare i cavalli?”
Annuì legandoli ad un albero.
“Proprio non ti capisco. Ci eravamo detti di non mettere più piede in quella stramaledetta città. Che ti prende ora? Hai perso la testa per il tipo?”- Jerome l’afferrò per un braccio.
Si volse con il coltello in mano –“Non mi contraddire. Si va a Parigi e basta!”
“Io proprio non ti capisco. Avevamo deciso per una vita più tranquilla … e invece guarda. Abbiamo rubato pane , formaggio e frutta, poi pistole, fucili e la carrozza a quel tizio a Brest …. vuoi continuare così?”
“A Brest?”- s’intromise Andrè.
“E tu che vuoi? E’ per colpa tua se mia sorella non ragiona più!”- sbottò.
Guardò Yvy perplesso.
“Un’altra parola e giuro che un pugno sui denti non te lo leva nessuno!”- si avvicinò minacciosa.
“Vuoi fare a botte? Sono pronto … lo sai che non ho paura di te!”- sfidandola.
Non ebbe il tempo di mettersi sulle difensive che gli arrivò un destro sulla guancia – “Mi hai seccato! Se non ci fossi stata io saremmo crepati tutti e tre. Di che ti lamenti. Abbiamo la pancia piena ed abbiamo viaggiato comodi!”
“Si era deciso per Orleans …. fuori dai guai! Andare a Parigi è un suicidio, te ne rendi conto?”
“Aspettate un momento”- Andrè tentò nuovamente di parlare.
“Stattene fuori. Ci stai solo procurando guai!”
“Ora basta!”- impugnando il coltello – “Sfideremo la sorte. Si va a Parigi e basta. Du Mont ci aiuterà di sicuro!”
Quel nome!
“Du Mont?”- Andrè si avvicinò a Yvy.
“Cazzo, hai finito di intrometterti. Cominci proprio a starmi su!”- Jerome gli puntò la pistola.
La giovane gli diede uno scappellotto –“Metti giù quell’arma … e lascialo parlare!”
“Il curato Du Mont?”
“Si, lui”- aggrottando la fronte.
“Siamo vecchi amici. Eravamo con i rivoltosi sotto la Bastiglia a luglio. Siamo rimasti ottimi amici!”
Gerard storse il naso – “E tu gli credi?”
“Se veramente lo conosci ….”
“Baffoni scuri, tondetto, pochi capelli, curato della chiesa di Saint Etienne … amante del buon  vino”
La ragazza sorrise soddisfatta – “Beh … che dire, lo conosci veramente!”
“Quando si ha bisogno si può sempre contare su di lui … ma … parlavate di Brest”
Jerome sedette sul predellino della carrozza –“Hanno dato fuoco ad una villa poco fuori Brest … quella del responsabile del comando …. e noi abbiamo colto l’occasione al volo portando via la carrozza. Gerard è riuscito a togliere buona parte dello stemma sulle portiere …. altrimenti a quest’ora..”
Andrè scoppiò in una risata –“Non posso credere che l’abbiate fatta in barba a quel maledetto di Bouillè!”
“Cavoli, non mi dire che conosci pure lui!”-  Yvy sbalordita.
“Mi verrebbe voglia di dire “quant’è piccolo il mondo!”- scosse la testa incredulo.
Jerome gli si piazzò davanti –“D’accordo bel fusto … ti condurremo a Parigi. Spero che almeno ci aiuterai a non avere grane”


“Guardate …. questa mattina la colazione ve l’ho preparata più ricca”- la donna versò il caffè.
Oscar le si avvicinò –“Renée …. dovete aiutarmi!”
“Oh certo, sono a vostra disposizione fino a quando non vi assegneranno una ragazza …”- cominciando a sistemare il letto.
“No Renée …. forse non mi avete capita. Io devo andarmene di qua!”
“Suvvia, non scherzate. Siete appena arrivata e a breve diverrete la signora Bouillè. Non siete felice di questo? “
Gli occhi pieni di terrore –“Che giorno è oggi?”
“Siamo a metà novembre e dopodomani vi sposerete.”- tirò meglio le tende.
“Quando sono arrivata qui?”- non riuscì a comprendere i discorsi della donna.
“Ieri mattina. Non fate colazione?”- sorridendo.
L’afferrò per le braccia – “Renée … io non sono arrivata ieri mattina. Sono giorni che sono qui … rinchiusa nelle segrete!”
La donna si spaventò –“Ma cosa dite? In una cella? No, vi prego. Non voglio sapere!”
Gli occhi sbarrati, le mani salde sulle braccia della donna –“No, ascoltatemi. Era fine settembre … dovevo sposarmi … la casa è andata a fuoco … quegli uomini sono entrati nella mia camera …”
“Smettetela, così mi fate paura!”- liberandosi da quella presa –“Voi state farneticando … smettetela. Non voglio sentire altro”
“Vi prego, ascoltatemi. Non sono pazza. Io …”- d’istinto posò una mano sul ventre.
“Su, non vedete che avete fame?”- cercò di tergiversare.
“Renée … vi prego, ascoltatemi. Il vostro padrone mi sposa per perpetrare la sua vendetta, credetemi!”
“ Basta, basta”- si portò le mani alle orecchie per non voler udire –“ Io non so niente … non voglio sapere nulla. Chiederò al padrone di affrettarsi a trovarve un’altra cameriera”
“Non vi domandate il motivo per cui il vostro padrone mi tiene segregata in questa stanza con uomini che mi sorvegliano e chiusa a chiave?”
La donna si volse a guardarla.
“Vi supplico!”- un ultimo tentativo.
“Stò uscendo!”- avvisò le guardie –“Perdonate. Ho troppa paura”-  lo sguardo crucciato su di lei.
 

“Signore, ho la lista”- porgendo un foglio a Mornay.
“Ottimo lavoro”- si mise a scorrere i nomi elencati – “Maledizione!”- mormorò –“Mi sarei aspettato di trovare anche il suo.”
Ripose il foglio sul tavolo.
Ripensò ad Andrè. Che fosse già a Parigi?
In tutta quella storia alquanto complessa ed intricata almeno una nota positiva : Madame Jarjayes si stava riprendendo , nonostante le profonde cicatrici e la lenta e difficile riabilitazione per riprendere la funzionalità delle gambe. Un pizzico di serenità nella sofferenza per quella mancanza.
Assurdo, decisamente assurdo l’accaduto! Qualcosa non gli tornava.
“Il vostro nome non compare, ma sono certo siate implicato nella vicenda. Vi stanerò!”
Rilesse attentamente quanto scritto su quel foglio.
Si appoggiò con la schiena alla sedia sorseggiando il caffè.
Il Generale Jarjayes gli aveva procurato l’elenco di conoscenti che avrebbero potuto serbare rancore nei confronti di Oscar. Anche lì quel nome non compariva. Perché?
“Cominciate dal primo della lista. Voglio sapere tutto, intesi?”
“Quanti uomini posso prendere?”
“In quattro sarete sufficienti. Organizzatevi in modo da non destare sospetti. Conto su di voi!”
“Non si preoccupi”
“Andate. Voglio essere tenuto al corrente dell’evolversi delle ricerche”
 

Yvy sedette accanto ad Andrè.
“Eri con lei sotto la Bastiglia?”-
La fissò –“Si…”
“Ti manca?”- giocherellando con il suo stiletto.
“Da morire..”- sibilò.
S’incantò ad osservarlo. Quegli splendidi occhi verdi!
“Come avete fatto a ritrovarvi nella mischia con i rivoltosi?”
“Lei per prima, comandante e poi tutti noi Soldati della Guardia abbiamo scelto di non appoggiare gli eserciti che presidiavano Parigi”
Scoppiò in una fragorosa risata –“Nei Soldati della Guardia?”- si piegò quasi in due a forza di ridere –“No, non ci posso credere. E’ pazzesco … veramente”
Rimase attonito di fronte a quella reazione.
“E dimmi, sei rimasto in buoni rapporti anche con Alain?”-
“Non mi dire che …”
“Cavoli, a volte il destino è veramente incredibile!...Alain de Soissons!”
“Ma come diavolo …”
“E’ ancora uno sterminatore di cuori femminili?”- riponendo l’arma.
“Fino a prima di partire … direi proprio di si”
“Quindi di questi amici si tratta …”
“Deduco che sei caduta anche tu nella sua tela”- scrutandola sottocchio.
“Già…. ci siamo divertiti per un po’ di tempo … .poi ognuno sen’è andato per la sua strada”- alzandosi.
Andrè comprese che la conversazione doveva terminare lì.
Un giorno chissà, avrebbe domandato proprio ad Alain dei lei.
“Su ragazzi … si riparte. Jerome conduci tu …. è vedi di non fare scherzi!”- salendo in carrozza.
“Quando fai così giuro che non ti sopporto!”- sbuffando.
“Fermiamoci per la notte lungo il percorso!”- un’ultima indicazione.
“Gne gne!”- commentò seccato.
 

I vetri spalancati.
Fece scorrere le mani lungo le inferriate. Spinse lo sguardo oltre, fin dove le fu possibile. Cime elevate coperte di neve, alcune nascoste da nuvole grigie come la pece.
L’aria gelida … come fosse pieno inverno.
Afferrò una coperta e vi si avvolse.
Tentò invano di scorgere il fondo di quella rupe, riuscire ad intravvedere una strada, un villaggio, qualcosa.
Nulla!
Un brivido la percorse.
Richiuse la finestra. Gettò un ciocco di legno nel camino.
Le parve di udire delle voci.
Accostò l’orecchio alla porta.
“Il Cardinale ha accettato ben volentieri. Ha riferito che attenderà la vostra carrozza.”
“Ottimo”- Bouillè si lisciò i baffi –“Ti ha detto qualcosa a proposito dell’essere ospite per il tempo che riterrà necessario e che sarà lui riservata un’ala del palazzo?”
“Vi manda questa. Riferisce che per impegni improrogabili si fermerà solo per la celebrazione e per la prima parte del ricevimento.”
“Apri la porta!”- ordinò ad uno dei due sorveglianti.
Oscar di scostò di scatto andando a sedersi sulla poltroncina.
“Buongiorno mia cara. Mi auguro abbiate riposato bene”- buttò un occhio sul tavolino – “Non gradite le letture che vi ho procurato?”
Non rispose e nemmeno gli rivolse lo sguardo.
“Eppure ho fatto in modo che nulla vi mancasse”
“Siete in errore!”- fredda.
“Ditemi pure … in cosa posso accontentarvi ancora?”- sorridendo con malizia.
Si avvicinò irritata –“La mia libertà!”
Esplose in una risata – “La vostra libertà? “- si spinse verso di lei –“Scordatevela!”-
“Il vostro comportamento è scellerato. Siete un pazzo se credete che possa sposarvi!”- stringendo i pugni.
Sghignazzò – “Non vedo soluzione. Credete forse di poter fuggire da qui? Siete un’illusa!”- sedette sulla poltroncina.
“Morirete all’inferno!”- furiosa.
“Oh … certo … ma prima vi avrò fatta mia … in tutti i sensi!!”.
Una risata fragorosa, compiaciuta, carica di malvagità.
Bastò una frazione di secondo. Oscar si volse afferrando la forchettina per la colazione e si avventò su di lui conficcandogliela in una mano – “Che siate maledetto!”
Un urlo atroce alzandosi all’improvviso. La mano tremante bloccata sul bracciolo.
A quelle grida la porta si spalancò. I due uomini entrarono allarmati e rimasero immobilizzati.
 “Giuro che vi ammazzo con le mie stesse mani!”- liberatosi, sanguinando e dolorante ebbe comunque la forza di chinarsi su di lei ed afferrarla per il collo –“Che cosa credevate di fare?”
Sentì il sangue colarle addosso –“Mi fate schifo!”.
“La leonessa ha messo gli artigli!”- apparve quell’uomo.
Il generale mollò la presa lasciando Oscar nelle mani dei suoi uomini –“Voi vi materializzate sempre nei momenti meno opportuni!”- tenendosi la mano.
Sollevò appena gli occhi quanto bastò per scrutare Oscar –“Me lo avevano detto che eravate una gatta dura da pelare!”
“Non avete ancora visto nulla. Credete mi sia data per vinta stando segregata in questa stanza? Vi sbagliate di grosso!”
“Non mi pare abbiate molte possibilità di fuga. Personalmente credo che l’unica scelta che abbiate sia quella di lasciarvi condurre sulla strada che il destino ha stabilito per voi”
“Preferisco la morte, piuttosto”
“Fate attenzione, vi potrebbe prendere in parola. Non so se vi rendiate conto esattamente di quanto odio nutre per voi”
“E crede di placare questo sentimento sposandomi?”- rise.
“La vendetta è un piatto che va servito freddo”
“Le vostre parole non hanno senso. In tutti gli anni che sono stata comandante delle Guardie Reali e successivamente dei Soldati della Guardia perché non cercare allora di saziare la sete di vendetta?”
“Per la posizione occupata mi sarei esposto troppo. Credetemi, se fossi stato presente quando decideste di lasciare l’uniforme vi avrei fucilato sul posto senza nemmeno un processo o un plotone pronto a farlo”.
“Sareste stato in minoranza”
“Una marmaglia di sovversivi meritevoli di morire!”
“Cercate di non dimenticare quanti fossero i rivoltosi … non avete ancora compreso in complesso vortice di cambiamento che ha innescato il 14 luglio nella storia della Francia”
“La solita insolente ribelle, non cambierete mai!”- rabbioso.
“Non intendo farlo e non sarete sicuramente voi a riuscirci”- lo sguardo di ghiaccio.
“Staremo a vedere!”- avviandosi.
L’uomo incurvò la bocca in un sorrisino – “Dovreste stare dal lato giusto. Sareste una mente geniale”
“Non preoccupatevi, prima o poi anche voi finirete sulla forca” – furiosa.
La porta si richiuse rumorosamente.
“Fatevi medicare, immediatamente!”- suggerì quell’uomo.
“Mi domando cosa mi abbia spinto ad accettare tutto questo sapendo quanto odi quella donna!”- Renée accorse in suo aiuto con delle bende –“ E voi siete ancora convinto che tutto vada in porto tranquillamente? Portarla all’altare? Possibile solo sotto l’effetto di oppiacei …”
“Come la fate tragica …. non avrete bisogno di stordirla. Deve essere una sua scelta …. Volontaria ….”- sfregandosi le mani.
“Cosa diavolo ha elaborato per l’ennesima volta la vostra mente perversa?”- si volse poi verso la domestica –“Ora basta, vattene!”
“Non dovete preoccuparvi. Vi supplicherà!”
 

“Non la sopporto! Quando si prende queste sbandate mi da sui nervi!”- Jerome addentò la mela con rabbia.
“E’ fatta così. Non cambierà mai! … per questo non riesce a trovarsi uno”- Gerard inghiottì l’ultimo pezzetto di formaggio.
Andrè accarezzò i cavalli e diede un occhiata agli zoccoli.
“Che te ne pare?”
Si volse trovandosi di fronte quegli occhi brillanti. Il respiro leggero di lei sul viso.
Deglutì.
Lo sfiorò avvicinandosi per guardare meglio.
Si ricompose –“Saranno da ferrare nuovi …. credo comunque che dovremmo riuscire ad arrivare a Parigi senza alcun problema!”
Socchiuse gli occhi inspirando: Andrè sapeva di buono, sapeva di vero uomo.
Gli tornò alla mente Alain. Accennò ad un sorriso.
Erano stati bene ….  ma era durata poco. Incompatibilità di caratteri! … e di idee, sicuramente.
“Se non fosse che sei impegnato … ti bacerei!”- senza pudore.
Imbarazzato chinò il capo.
“Forza, rimettiamoci in viaggio”- richiamò i fratelli – “ Jerome, tocca a te!”
Andrè riagganciò i cavalli.
“Perché non guidi tu?”- lo stuzzicò Gerard.
“Nessun problema”-
“Che problemi hai?”- Yvy lo afferrò per un braccio.
“Lascialo. Tranquilla, va bene così”- andò a sedersi nella sua postazione afferrando le redini.
“Vai a fargli compagnia …”- con tono ironico Jerome montò in carrozza.
Lei al contrario salì con i fratelli.
“Andiamo!”-
 

L’ennesima giornata trascorsa prigioniera.
Certo non potè aspettarsi che Bouillè reagisse prontamente a quel gesto.
Come avrebbe mai fatto a fuggire?
Solide sbarre, una porta sprangata, uomini a sorvegliarla … non sapeva nemmeno quanto grande fosse quella specie di castello …. le Alpi!
Possibile fosse così lontana da Parigi? Non ricordava nulla, nemmeno un frammento del viaggio da Le Conquett.
Sedette accanto una delle grandi finestre.
I primi fiocchi di neve.
Aprì i vetri e stese fuori la mano. Piccoli cristalli ghiacciati.
Renée entrò nella camera.
La fissò in silenzio.
Oscar le rivolse lo sguardo. Gli occhi lucidi. Chissà perché le ricordò Nanny.
Tornò con gli occhi sulla neve.
La donna ripose il vassoio sul tavolino –“La vostra cena ….”
“Grazie”- inspirò a fondo l’aria fresca.
Ferma al centro della camera –“Scusate per questa mattina …”
Tentennante le si avvicinò –“Sentite … io ho molta paura del padrone. Come vi ho detto sono sola e vecchia”
Richiuse la finestra –“Certo, capisco”.
“Mi spiace molto per la vostra situazione. Non sapevo vi avesse tenuto nelle segrete”
“Non voglio crearvi problemi …. ma devo assolutamente andarmene da qua!”
“E’ impossibile, ve lo posso garantire”
“Non posso sposare quel mostro”
“Il figlio che portate in grembo ….”
“Giuratemi che non ne farete cenno!”- sgranando gli occhi – “E’ così evidente?”
“Sono stata levatrice, non mi sfuggono certi particolari”
Avvampò leggermente.
“Siete molto alta e magra … dovreste essere attorno ai quattro mesi … circa. Ma solo un occhio attento lo noterebbe”
Posò una mano sul ventre.
“Non è … vero?”-
“No, assolutamente!....Renée, io dovevo sposarmi … con l’uomo che amo … da sempre”
“Io non posso fare nulla, se non aiutarvi per le vostre necessità ed eventualmente …. nel mio piccolo, preservarvi dalla cattiveria di quell’uomo”- le prese una mano.
“Da quanto siete qui?”
“Oh …. è così tanto tempo oramai. Se sono riuscita a conviverci è semplicemente perché obbedisco e cerco di stare sempre al mio posto. Non mi impiccio delle sue cose. Lo evito proprio. Stando reclusa nelle cucine e sbrigando qualche faccenda qua e la lo vedo raramente. A parte in quest’occasione, dovuta alla vostra presenza”.
“Avete detto che vuole affiancarmi una ragazza. Chi sarebbe?”- incuriosita.
“Mi spiace. Questa è l’unica cosa che so. Ma, sono sfacciata se vi domando il motivo per cui dite che vuole vendicarsi su di voi?”
“E’ una storia lunga. Vi annoierei solo raccontandovela”- si versò dell’acqua –“ Cosa potete dirmi di questo luogo esattamente?”
“Lo avete visto dalle finestre. Siamo ai piedi delle Alpi. Questo castello è arroccato su uno spuntone di montagna. La strada in discesa è molto ripida e lunga. Il primo paesello è parecchio lontano”- sistemando la pettiniera.
“Avete una vaga idea di quanti uomini sorveglino il tutto?”
“Oh mamma mia. Tanti. Dove mi giro trovo uno di quei bifolchi! E tutti armati!”-  il tono seccato.
“Ha forse paura di qualcosa?”- incalzò.
“Madamigella, non so se siete al corrente di ciò che è successo a Parigi …. ma non c’è niente da stare tranquilli”.
La fissò un po’ sorpresa.
“E già, come potete sapere. Be, vi dico. Hanno obbligato i reali a trasferirsi a Les Tuileries. Bisogna ammettere che ora in pratica vivono da reclusi. Il clima si è fatto pesante. Questo è quanto ho udito dai discorsi del generale. Certo che continuare a chiamarlo Generale.”
“Cosa volete dire?”
“Oramai … sta precipitando tutto. I nobili perderanno tutti i loro privilegi. I contadini si sono accaniti su delle lussuose abitazioni verso Grenoble. Se dovesse accadere qualcosa mi auguro solo che alla servitù di questo castello non venga torto un capello”.
 

Tolse i pantaloni riponendoli nell’armadio e s’infilò sotto le coperte.
“Com’è andata oggi da Madam Bertin?”- le braccia incrociate dietro la testa.
“E’ bellissimo Alain, credimi. Ci sono degli abiti magnifici … io non riesco ad immaginare quanto lavoro ci possa essere dietro”
“E poi chi li porta? Qui i nobili hanno perso oramai tutto il loro lustro …”
Infilò la camicia da notte e piano piano si accoccolò accanto a lui –“Moltissimi vengono imballati e spediti a Londra,  Vienna, Venezia ….”
“Ti trovi bene? Diane dice che hai fatto amicizia con tutte”- la strinse a sé.
“Sono tutte bravissime ragazze. Semplici, senza puzza sotto il naso. A proposito domani sono di riposo”
Allungò la mano accarezzandole una coscia.
Leah continuò a chiacchierare mentre Alain prese a stuzzicarla.
Sollevatosi su di un gomito si chinò a baciarla, prima sulla guancia, poi scivolando lungo il collo.
Scese sotto le lenzuola.
Un sussulto. Non fiatò più.
Un mugugno.
Poco dopo risalì cercando le sue labbra, mordicchiandole, passandovi la punta della lingua.
Le accarezzò delicatamente i seni. La vide rabbrividire mentre l’eccitazione saliva. Le dita a stuzzicare quei bottoncini turgidi e rosei.
La sentì ansimare.
Avvicinò la bocca all’orecchio – “Leah … quanto sei bella.”
Poi la mano scese nuovamente, più giù …. ad insinuarsi in lei.
La sentì assecondare il suo movimento mentre tra i denti un susseguirsi di gemiti.
“Alain….”- sibilò.
Scivolò fra le sue gambe baciandola ripetutamente.
Non più quella sfrontatezza e fretta nell’atto, solito per lui nei tempi passati, ma tenerezza assaporando ogni gesto, ogni sussulto. Amore, amore vero …. non più il dover dar libero sfogo ad un istinto.
Ed alla fine, quella sensazione stupenda ogni volta lasciarsi poi andare in quell’abbraccio forte, stringersi senza fiatare.
Si sdraiò a pancia bassa sul suo torace infilandogli le dita tra i capelli.
“La mia rossa irlandese!”- sorrise.
Un tuono scosse i vetri delle finestre.
“Ancora pioggia!”- Si alzò a prendere un’altra coperta, così facendo si accorse di una carrozza all’esterno ferma sotto casa.
Non udì le voci ma intravvide una figura scendere.
“Grazie Yvy….e grazie anche a voi”-
“Era ora che ci lasciassi in pace”- Jerome prese le redini al suo posto.
“Si va da Du Mont”- rivolgendosi ad André.
“So dove trovarti”- le strinse la mano.
“Se non vieni ci fai un piacere”- concluse Gerard.
“Piantatela, cretini!”- un gesto di stizza –“L’hai promesso. Ci conto”
“Non dubitare. Mantengo sempre le promesse”- ricambiando il gesto.
Il mezzo si allontanò velocemente.
“Non vieni?”- Leah sedette sul letto.
Serio, lo sguardo fisso fuori –“ Ma chi diavolo …?”
Udirono bussare forte.
“Vorrei proprio sapere a chi può venir voglia di rompere le scatole a quest’ora”- uscito dalla stanza scese le scale – “Arrivo, arrivo …!”
Aprì la porta.
Fradicio, stanco, la barba incolta.
“Andrè!”- allibito.
Accennò ad un sorriso – “Perdona l’ora …. ma non sapevo proprio dove andare”.
“Alain, Alain … .insomma si può sapere chi..”- non potè credere ai suoi occhi.
I lunghi capelli ricci sciolti, le gote leggermente arrossate, la camicia da notte a segnarle il seno.
Spalancò gli occhi stupefatta –“Andrè!”- quasi balbettando.
Sorpreso rimase a bocca aperta. Poi –“Posso entrare? Sta diluviando!”
Alain gli strinse la mano abbracciandolo – “Amico mio!”.
 
 
I fiocchi di neve si erano adagiati sui davanzali delle finestre durante la notte formando una sofficissima coltre bianca.
Rimase quasi incantata ad osservarla, proprio come quando da bambina attendeva quei giorni per giocare di fronte a palazzo Jarjayes con Andrè.
Udì la porta aprirsi.
Ancora quell’uomo, un mantello scuro ad avvolgerlo completamente, il cappuccio largo a nascondere il volto.
“ I miei omaggi!” – accennando ad un inchino. Fece entrare Renéè con un abito lungo – “Vi chiedo gentilmente di provarlo.”
“Scordatevelo!”- lo freddò.
Un ghigno di sprezzo – “Non fate tanto la difficile. Domani tutto sarà compiuto!”
“Preferirei morire!”
“No, per quello ci sarà tempo in futuro … sempre che … accidentalmente qualcuno non decida di liberarsi di voi prima. Vi consiglio di accingervi ai preparativi. La cameriera vi aiuterà anche a sistemare i capelli”
“Andate al diavolo!”
Fece alcuni passi verso di lei –“Sono convinto che entro sera cambierete idea”
“Povero illuso! Mi fate pena, voi e quell’altro essere ripugnante di Bouillè”
“State parlando del vostro futuro consorte, se non ve ne siete accorta”
“Futuro consorte? Mi viene la nausea al solo pensiero!”
Fece cenno ai due uomini all’esterno di entrare – “ Vorrei accompagnare Madamigella nelle segrete”
“Avete forse intenzione di rinchiudermi di nuovo in quel buco?”
“No, state tranquilla. Desidero solo mostrarvi qualcosa che troverete molto interessante!”
“Crepate!”- sempre più irritata.
“Credevo provaste interesse o per lo meno vi stesse a cuore …. Grandier!”
A quel nome si volse sorpresa –“Che cosa?”
“Se siete curiosa dovete solo seguirmi”- uscì quasi come non toccasse nemmeno il pavimento.
Quell’ombra era talmente leggera e silenziosa nei movimenti quasi da non percepirne la presenza.
Accompagnata dai suoi due sorveglianti percorse scale e lunghi corridoi.
Quando scesero verso le segrete l’aria mutò improvvisamente. Una sensazione di umido, odore di muffa, di quel freddo che riesce entrarti nelle ossa e non ti lascia più. Ecco dunque il luogo dove era rimasta a lungo dopo il suo “rapimento”.
Accesero un paio di torce ad illuminare il percorso.
Finalmente si fermarono di fronte ad una cella.
L’uomo fece aprire -“…Grandier!”
Dentro in un angolo buio un giovane legato, imbavagliato con una benda agli occhi. Alle spalle uno di quei bifolchi lo tirava per una corda avvolta attorno al collo puntandogli un coltello alla schiena.
Oscar non comprese.
Il tale punzonò con la punta della lama il prigioniero obbligandolo a parlare.
“Oscar…Oscar…!”- la voce ostacolata da quel bavaglio.
“André!??”- incredula. Come poteva essere? Dunque avevano trascinato anche lui in quel luogo deserto, sperso in un punto non ben definito ai piedi o in mezzo alle Alpi?
“Bene…”- commentò l’ombra.
Il giovane minacciato si divincolò ripetutamente chiamando più volte il nome di lei.
“Cosa volete fargli?”- protendendosi verso di lui. Il desiderio incontrollabile di vederlo.
“Ferma!!”- la bloccarono.
“André, Andrè!”- chiamò con le lacrime agli occhi.
“Non avevate detto a Bouillè che si trattava solo di un’infatuazione?”
“Lasciatelo, maledetti!”
L’uomo spinse leggermente il coltello nella schiena del giovane.
“Ah!”- gridò dietro il bavaglio.
“No, vi prego, lasciatelo andare, lui non ha niente a che fare con tutto ciò. Lasciatelo!”- dimenandosi fra le braccia dei due sorveglianti.
“Allora….Madamigella Oscar”- ne scandì lentamente il nome –“Se desiderate che non gli venga torto un capello, sapete esattamente cosa fare. Rifiutate, morirà. Accettate, resterà in vita ma in gattabuia”
In trappola, non c’era dubbio. Avevano escogitato bene la vendetta, nei minimi dettagli.
Ora non aveva scelta.
Strinse i pugni digrignando i denti dalla rabbia. Gli occhi pieni di lacrime.
In fine –“D’accordo! Sposerò Bouillé!”-“poi rivolgendosi verso il giovane –“Andrè … perdonami – la voce rotta dai singhiozzi.
Il sorriso maligno dell’uomo quasi s’intravvide sotto il cappuccio, illuminato appena da un filo di luce delle torce.
“Oltre ad  essere bella, siete anche saggia!”- fece cenno ai carcerieri di richiudere la pesante porta di ferro.
“No … vi prego lasciatemelo vedere !”- tentando di rientrare.
“E’ sufficiente così!”- ordinò.
La riaccompagnarono nella sua camera nonostante i tentativi disperati di non voler andarsene da là.
Renée non si era mossa.
“Fatele provare l’abito!”- rivolgendosi alla donna.
Lei annuì impaurita.
Oscar al centro della stanza, ammutolita, le lacrime a scenderle copiose sul volto.
“Un ultimo consiglio. Domani cercate di essere sorridente. Ricordate che il vostro “si” dovrà essere di libera scelta!”- quasi sussurrandole all’orecchio.
Il tonfo del chiudersi della porta fece eco scuotendo interiormente Oscar.
Cadde in ginocchio portandosi una mano agli occhi –“Andrè, Andrè “- ripetè piegandosi su se stessa.
La domestica si avvicinò accarezzandola fra i capelli – “Su, vi prego, non fate così”.
 

Incuriosita dal trambusto Diane si avvolse uno scialle sulle spalle e scese.
“Oddio … Andrè!”- gli corse incontro abbracciandolo –“Che gioia rivederti. E Oscar? Oscar dov’è?”
Tolse il mantello grondante d’acqua –“Oscar … non c’è”.
Leah rimase a fissarlo come se di fronte a lei ci fosse un fantasma.
Quelle parole le percepì quasi con un senso di liberazione –“Oscar non c’è!”. Le avesse udite prima, allora … quando servivano.
“Ehi amico … che cosa significa?”- facendolo accomodare –“Leah, prepara qualcosa di caldo”.
Un lunghissimo sospiro.
“E’ stata rapita!”.
 
 

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Capitolo 45
*** MADAME BOUILLE' ***


Nel cuore della notte, attorno ad un tavolo.
Le tazze di te’ caldo oramai vuote.
Il silenzio spezzato solo dalla pioggia insistente sui vetri delle finestre.
“Io … Io non riesco a credere a tutto questo. E’ pazzesco!”- Alain incredulo ed allibito per quanto raccontato da Andrè – Assurdo … decisamente assurdo!”
Diane con le lacrime agli occhi quasi scioccata.
Leah…
Leah  impassibile, seduta di fronte a lui. Gli occhi fissi sul suo volto provato e afflitto. Non ebbe la forza di commentare. Trovarselo lì di punto in bianco l’aveva sconvolta.
No, non immaginava nemmeno lontanamente di rivederlo così presto, nel cuore della notte …dopo tutto quel tempo…. dopo aver fatto l’amore con Alain.
“Quanto stai soffrendo?”- gli chiese col pensiero – “Quanto ti manca? Ti sono mai mancata io in questi mesi? “
Sollevò lo sguardo ed incrociò quello di lei. I suoi occhi grandi abbassarsi improvvisamente. Le guance farsi rosse giusto una frazione di secondi.
“E voi che mi dite? Non immaginavo di trovarti qui !”- rivolgendosi a lei.
Avvampò nuovamente.
“Ecco … noi stiamo assieme “- Alain strofinò una mano dietro la testa vistosamente in imbarazzo.
La bocca spalancata, gli occhi sgranati –“Oh … beh …”- non trovò le parole adatte – “… sono felice per voi, che bella novità”- infine.
Un profondo senso disagio in ognuno di loro.
“Scusate se mi sono presentato in piena notte … ma non sapevo veramente dove andare”
“Stai scherzando? Tu qui sei sempre il benvenuto, in qualsiasi momento”- Diane si mise a raccogliere le tazze.
“Certo, puoi fermarti tutto il tempo che ti serve”- confermando le parole della sorella.
“Puoi tranquillamente dormire nella camera di nostra madre. Vieni sarai stanchissimo”- Gli  fece strada.
“Vi ringrazio di cuore. Vi prometto che cercherò quanto prima una sistemazione”
“No!”- esclamò all’improvviso Leah.
Tutti si voltarono a fissarla.
“…. non credo che ce ne sia bisogno, vero Alain? “- cercando approvazione sul suo volto.
“Ma certo, Leah ha perfettamente ragione. Che senso ha cercare un luogo dove stare quando puoi rimare qui”.
Accennò ad un sorriso. Poi seguì Diane.
“Sistema le tue cose come preferisci. Le lenzuola sono pulite. Nell’armadio troverai una coperta in più nel caso avessi freddo”.
La posò una mano sulla spalla –“Grazie”.
“Sarai stanchissimo. Domattina fai con comodo. Io sono al lavoro e credo anche Alain. Per qualsiasi cosa puoi rivolgerti  Leah che è di riposo”.
La porta si richiuse.
Posò la sacca sulla sedia e tolte giacca e camicia si sciacquò nel catino.
Si guardò allo specchio –“Sei impresentabile”- disse lisciandosi la barba di qualche giorno – “Dai … tutto sommato non male”- rimirandosi.
 
Aveva pianto a lungo sul letto fino ad addormentarsi.
Una notte terribile. Un susseguirsi di incubi.
Senza via di scampo.
La vita del suo Andrè ora dipendeva solo da lei.
Renée entrò portandole la colazione.
Sollevò lo sguardo. Gli occhi ancora lucidi.
Vide la porta richiudersi lentamente.
Piombò giù del letto e la bloccò – “Aspettate! Dov’è quell’uomo! Voglio parlargli … subito!”
“Non c’è!”- la risposta secca di uno dei sorveglianti.
“Devo parlargli! Fatelo venire qui!”- mentre con uno strattone richiusero l’uscio.
Le mani ferme sulla maniglia –“Ho bisogno di sapere! Subito!”
“Madamigella …. dovete prepararvi”- stendendo l’abito sul letto –“Vi prego…”
Si volse. Le spalle contro la porta, immobile. Incredula.
“No, no! Io devo sapere prima di fare questa scelta!”
“Cosa dovete sapere?”
“Voglio la certezza che quell’uomo che ho visto sia Andrè!”
“Suvvia … dovete prepararvi. A breve verranno a prelevarvi. Non mi fate andare nei guai”
“Non voglio crearvi problemi, ma devo …”
“Ascoltate. Quell’uomo tornerà di sicuro e potrete chiedere chiarimenti”- tentò di farla accomodare alla pettiniera.
Le spazzolò i lunghi capelli biondi –“Sono splendidi. Se non vi spiace, preferirei non raccoglierli”
Assurdo. Tutto assurdo.
“Cosa volete che mi importi dei capelli”
“Non agitatevi così, rischio di tirarveli”
Le afferrò la mano –“Mi preparerò solo quando mi avranno dato delle certezze!”
Quell’ombra fece il suo ingresso –“Siete così nervosa per il matrimonio?”
Si alzò all’improvviso –“Voi, proprio voi!”
“Posso esservi d’aiuto?”- scrutandola da sotto il cappuccio.
“Voglio rivederlo. Chi mi assicura che quell’uomo sia effettivamente Andrè?”
“Non riesco a comprendere esattamente la natura del vostro interesse. Infatuazione, amore fraterno o molto di più? Mi hanno parlato di un rapporto molto particolare. Volete darmi voi una delucidazione?”
“Vorrei avere prima una risposta”
Si mise a camminare avanti e indietro per la camera –“Terribilmente cocciuta”-
“Non mi sembra di chiedere l’impossibile”- insistette.
Battè un pugno sulla porta.
Aprirono e gli venne passata una maglia –“Prego!”- allungandogliela.
Sul momento non comprese il gesto poi tese tremando la mano afferrandola.
Poteva significare solo una cosa.
Pregò, sperò che non fosse come in quell’istante le suggerì il cuore.
Sollevò un angolo dove la cucitura era più spessa.
Strinse gli occhi. Una lacrima le solcò il viso.
Nanny aveva ricamato il nome di Andrè su tutte le maglie indossate durante la sua permanenza nei Soldati della Guardia.
Non vi fu più alcun dubbio.
“Soddisfatta?”- un sorriso malizioso.
Ingoiò la saliva e quel dolore che ora le frantumava l’anima.
Passò l’indumento su una guancia a cercare una carezza –“Andrè … che cosa ci stanno facendo! Perdonami amore mio, sappi che questa scelta è solo per te” – nel silenzio dei suoi pensieri.
Volse lo sguardo verso di lui –“Potete lasciarmela?”
Sghignazzò –“Fatene quello che volete…”
Un respiro profondo. Cercò dentro tutta la forza necessaria per affrontare la strada che il destino aveva stabilito per lei – “Ora uscite. Devo prepararmi”
“Giudiziosa. Avete mezz’ora poi verrò a prendervi. Badate a ciò che dite e fate”- un’ultima raccomandazione.
“Lasciateci sole!”
 
Seduta in cucina. La tazza del caffè tra le mani.
“E’ un sogno … dimmi che è solo un sogno!”- mormorò.
Non poteva essere.
Andrè era tornato. Solo.
Iniziò a dondolare nervosamente le gambe.
“Che cos’hai pensato quando Alain ti ha detto che stiamo assieme? Perché sei venuto proprio qua?”
Fissò le scale.
Si fece coraggio. Si appoggiò allo scorrimano di legno e salì lentamente.
Rimase ferma per qualche istante davanti alla porta della sua camera.
Nessun rumore.
Posò la mano sulla maniglia per aprire. La tirò immediatamente indietro –“Che stai facendo?”- nei suoi pensieri –“Non puoi entrare così”- si disse.
Scese. Tentennò a lungo cercando nei lavori di casa di deviare quel pensiero.
Poi, preparò un vassoio con del caffè, un po’ di latte ed una fetta di dolce e tornò al piano di sopra.
Aprì piano.
Entrata ripose il tutto sul comò e quasi in punta di piedi si avvicinò al letto.
I capelli sparsi sul cuscino, la barba, le coperte a lambire quel torace magnificamente scolpito.
La tentazione fu quella di sfiorarlo. Allungò la mano.
Andrè aprì gli occhi.
Si ritrasse avvampando.
Le sorrise –“Buongiorno”
Abbassò lo sguardo –“Ciao” – un attimo di silenzio –“ecco … io ti ho portato la colazione. Scusa. Non volevo svegliarti”- fece per andarsene.
“Aspetta!”- sedendo nel letto.
Ferma sulla porta senza volgergli lo sguardo.
“Ti va di fare due chiacchiere?”
Si girò lentamente senza riuscire a guardarlo dritto negli occhi.
“Dai, vieni qui. Non eravamo amici tu ed io fino a qualche mese fa?”
Già. Amici. “Forse era quello che volevi tu”- quante parole nella sua mente.
“Vieni a sedere qui!”- invitandola ad accomodarsi accanto a lui.
Una frazione di secondi i suoi occhi in quelli di lui.
“No, ho troppe cose da fare”- richiuse la porta tornandosene di sotto in un battibaleno.
Infilò le mani nel secchiaio e prese a lavare i piatti.
“Perché sono salita? Cosa sono andata a fare nella sua camera? No, non potevo sedere.”- gli occhi oltre i vetri della finestra di fronte – “Perché sei tornato Andrè? Perché?...non dovevi!”
 
Renée come impietrita –“Siete stupenda!”- le aprì l’anta dell’armadio con lo specchio –“guardate!”
Si volse e vedere la sua immagine riflessa.
Non si riconobbe. Quella non era lei.
“Squallido!”- con rabbia.
“Ma cosa dite? Vi fascia che è una meraviglia”- entusiasta nonostante tutto.
“Non lo volete capire che non voglio sposare quell’essere immondo? E’ ben differente la concezione che ho di matrimonio. Questa è solo una pagliacciata. E quest’abito è per donne di basso profilo.”
“Abbassate il tono della voce, per cortesia”
“Renée … ciò che sto per fare mi costa oltre ogni immaginazione. Ma da questo dipende la vita dell’uomo che amo e che avrei dovuto sposare. Chi mi garantisce che poi  non gli verrà torto un solo capello?”
“Il vostro è un gran gesto d’amore, credetemi”- le sorrise –“quanto quel frutto che portate in grembo”
Gli occhi ricaddero verso il basso. Accarezzò il ventre con infinita tenerezza –“Come farò questa notte? Dovrò concedermi ad un uomo che non è il mio, che odio, che mi odia …. questa è pura follia, solo pura follia!”
Strinse i pugni con il forte desiderio di strapparsi le vesti e non presentarsi all’altare, ma non aveva scelta. Andrè rinchiuso in quella cella, bendato e legato … quell’immagine ad infliggerle sofferenza come le rigirassero un coltello dentro una piaga.
Affondò il viso tra le mani – “Perché tutto questo? Perché non ci è possibile vivere il nostro amore e la nostra vita in maniera normale? Perché sempre ostacoli? Che male abbiamo mai fatto per meritarci tutto questo?”
La porta si spalancò.
Sollevò lo sguardo. Quell’ombra di fronte a lei in attesa di accompagnarla al “patibolo”.
“Siete veramente di un fascino unico”- lasciando intendere la sua incredulità di fronte a tanta bellezza –“Lascerete tutti senza parole!”.
“Che cosa farete ad Andrè?”
“Dipenda da voi. Ne abbiamo già discusso.”- le fece un cenno con la mano –“Vogliamo andare?”
Doveva pensare e in fretta.
“Avete cambiato forse idea?”
Un respiro profondo –“Voglio libertà di movimento nel castello. Non voglio più la porta sprangata.”
“Voglio, voglio … non siete certo nella posizione di poter fare alcuna richiesta”
“Quale prossima Madame Bouillè voglio …. esigo tutto questo”
“Non vi pare di spingervi un po’ troppo oltre?”
“Tanto chiedete e tanto dovete dare”
“State azzardando troppo con me!”
“…. forse …”
Si mosse silenzioso nella stanza –“E sia. …. badate … nessun’altra concessione!”
“Grazie Renéè per tutto”- poi volgendosi a quell’uomo –“Andiamo!”
 
Si passò le mani tra i capelli sbadigliando. Lisciò la barba a lungo.
Chissà se ad Oscar sarebbe piaciuta.
“Oscar!”- mormorò –“La pagheranno. Giuro davanti a Dio che la pagheranno”- rigirò più volte tra le dita l’anello. Vi posò sopra le labbra –“Ti amo “.
Lo ripose in quella sacchetta all’interno della giacca. Vestitosi con calma scese con il vassoio.
Leah strofinò le mani sul grembiule e rimase a fissarlo.
“Ti spiace se consumo qui la colazione?”
“Perché sei tornato?”- si fece forza di chiedergli.
Aggrottò la fronte sbalordito di fronte a quella richiesta.
“Ho bisogno di Alain e dei ragazzi per ritrovarla”- irrigidendo la mascella.
“Non ti è passato nemmeno per un istante per la testa che forse ci saremmo rivisti?”
“Non ti credevo a casa sua … tanto meno che fossi diventata la sua ragazza …”
“Cosa significa? “
“… hai fatto abbastanza in fretta a …”- non ebbe il tempo di terminare la frase che il suono di uno schiaffo risuonò nella stanza.
“Mi dai forse della donnaccia?”
“…no, mai!  Perdonami …. mi sono espresso male”
“Non ho fatto in fretta a trovarmi nessuno al posto tuo … se questo volevi intendere. Quello che è successo è capitato per caso …”
Le si avvicinò  e sfiorandole il viso con una carezza –“… stiamo discutendo per cosa? Perché ti sei rifatta una vita? Io non posso che esserne felice. Sapendo che stai con Alain , ancora di più!”
Strinse quella mano sulla guancia. Avrebbe voluto dirgli chissà quante cose, chissà quanti pensieri, liberare tutti i sentimenti ancora presenti nel suo cuore.
Non lo fece.
In silenzio assaporò quel tenero gesto ingoiando le lacrime.
La trasse a sé abbracciandola – “La mia piccola Leah!”
Avrebbe voluto che il tempo si fermasse.
Sentì il suo cuore battere, il calore del suo corpo, le sua braccia forti, rassicuranti, protettive.
“Ti prego … non mi lasciare ora” – il suo pensiero –“stringimi ancora”
Chiuse gli occhi.
Il suo profumo. No, non era riuscita a dimenticarlo.
“Che ne dici se ora faccio colazione?”- le sorrise.
Quell’abbraccio sciogliersi lentamente.
“Meglio riscaldare latte e caffè”- girandosi per nascondere le lacrime.
Scostò e tende della finestra –“Lavori ancora da Du bois?”
Si asciugò il viso –“No, lavoro con Diane da Madame Bertin”- versando il latte.
“Madame Bertin? Caspita! Da quanto?”
“Non da molto. L’ho fatto in previsione del matrimonio”- si morse la lingua per aver pronunciato quelle parole.
Si volse allibito –“Matrimonio?... vorresti dire … mi stai forse dicendo che tu ed Alain …”
Arrossì vistosamente abbassando gli occhi.
 
Attraversò nel silenzio totale quei corridoi e quelle sale fino a giungere ad una piccola cappella.
In fondo, di fronte all’altare Bouillè accanto ad un prelato.
Lo stomaco contorcersi in una morsa.
Gli occhi dei pochi invitati tutti su di lei.
“Coraggio”- percorse quel breve tratto che la separava dal suo destino fredda, lucida e comunque fiera come sempre nonostante le tante lacrime nascoste nell’anima.
Bouillè incantato –“Siete magnifica”- allungandole la mano.
Un senso di nausea l’assalì.
Respirò profondamente e rispose per forza a quel gesto posando la sua mano su quella del Generale.
“Coppia incantevole”- il Cardinale  sorrise ad entrambi.
Fissò le labbra di quell’uomo di Dio muoversi ripetutamente senza udirne il benché minimo suono.
Un ronzio continuo nelle orecchie.
Non seppe esattamente dopo quanto tempo il celebrante fece cenno di unire le mani.
Bouillè afferrò quella di Oscar.
Le avvolse nella stola ed impartì la benedizione.
Si riebbe solo quando presentarono gli anelli nuziali.
Improvvisamente il ronzio sparì.
Il senso di nausea s’intensificò.
“Perdonami Andrè”- il pensiero costante.
Il Generale pronunciò la sua approvazione.
Quel viso rivolto verso di lei che le domandò –“Lo volete?”
Lo sguardo su di lei in attesa
Quell’ombra fece un passo in avanti alle spalle del Cardinale e sollevato appena il cappuccio quanto bastò per non mostrasi più di tanto le fece un unico gesto: la mano tesa passò veloce da una parte all’altra all’altezza della gola.
“La pagherete”- nel silenzio parole impresse dentro di sé come con un ferro rovente sulla pelle –“Voi e quanti ora partecipano a questa depravata ingiustizia pagherete a tempo debito ogni vostro gesto”
Gli occhi rivolti a quell’uomo di abiti sacri vestito, che avrebbe dovuto assicurarsi dell’assoluta libera scelta di quell’unione ed invece corrotto quanto tutti i presenti. Lo maledisse dentro e fredda più del ghiaccio rispose –“Si!”
Venne impartita la benedizione agli anelli.
Bouillè con quel gesto la imprigionò definitivamente.
Poi toccò a lei a pronunciare quelle parole che le bruciarono di dolore le labbra mentre infilava l’anello a quel sordido e maligno.
Quando con un ultimo gesto segnò con la croce quell’unione, nell’applauso degli invitati esplose la fragorosa risata di quello che ora era suo marito –“Madame Bouillè!” esclamò –“Non avete più scampo!”
L’incappucciato sfregò le mani compiaciuto –“Che l’uomo non separi ciò che Dio ha unito” – ripetendo le ultime parole del celebrante.
Una sensazione di leggero sollievo al cuore. Andrè era salvo!
“Potete baciare la sposa!”- Rochefoucauld  invitò il Generale ad “inaugurare” l’unione.
Si protrasse verso di lei cercando la sua bocca.
Oscar volse il viso da un lato.
Bouillè l’afferrò per il mento.
Quelle labbra umide, viscide unite alle sue. S’insinuò in lei cercandola con voracità.
Staccandosi poi –“Non vedo l’ora di consumare la prima notte di nozze. Non potete nemmeno lontanamente immaginare quanto sia eccitato all’idea di avervi!”- le sussurrò all’orecchio.
Mentre un applauso echeggiò nella cappella, si volse. Le venne di dare di stomaco e si allontanò.
“Aspettate, mia sposa”- stringendole una mano –“Abbandonate così la nostra festa?”
 
“Generale, buongiorno”- entrando.
 “Mornay, buongiorno”.
“Volevo avere notizie di Madame Emilie”.
“Venite pure avanti. Vi ringrazio molto dell’interesse. Sarà felice di rivedervi”
Vincent si accomodò nella camera.
La donna seduta nel letto, il volto più sereno –“Mornay … sempre gentile.”
Le porse un piccolo mazzo di fiori –“Non conosco i vostri gusti ma mi auguro siano di vostro gradimento”
Ne inspirò il profumo –“Dove li avete trovati? E’ così difficile riuscire ad averne di freschi in questo periodo”
“Piccolo segreto!”- strizzandole l’occhio.
Sorrise portandosi una mano alla bocca.
“Come procede la vostra ripresa?”- sedendo nella poltroncina accanto al letto.
“Con molta calma. Le ferite si sono quasi del tutto rimarginate e ho cominciato un po’ di riabilitazione”
“Cosa vi ha detto il dottore?”
Un sospiro –“Di sicuro non tornerò la Emilie di prima. Vedremo … non posso dirvi altro”
“Ecco … se Thomas fosse favorevole e naturalmente voi foste d’accordo vi proporrei di venire a questo punto alla tenuta. Avreste più spazio e tutta la tranquillità di cui avete bisogno”
La donna fissò il consorte –“Cosa ne pensi Augustin?”
“Indubbiamente toglieremmo anche il disturbo a Thomas … “
“Molto bene!”- levandosi in piedi –“A questo punto non resta che informarsi direttamente da lui”
La porta si aprì lentamente – “Perdonate Sig. Mornay degli uomini vi desiderano di là”
“Permettete”- allontanandosi.
“Signore … “
“Era così urgente da disturbarmi proprio qui?”- il tono severo.
“Si!”- un leggero sorriso intriso di soddisfazione –“Lo abbiamo trovato!!”
Non potè credere alle sue orecchie –“Dite sul serio?”
“Il cavallo appartiene ad un certo Damien Morel”
“Tutto qui?” – insoddisfatto.
“No signore. Credo che questo vi farà drizzare le orecchie”
“Parla”- lo incitò –“Non farmi stare sulle spine!”
“Pare abbia a che fare con un certo Generale Bouillè!”
Augustin entrato in quell’istante nella saletta rimase impietrito – “Bouillè?”
“Non avevo dubbi!”- una pacca sulla spalla del giovane.
“Volete dire che in tutto questo disastro … l’incendio, il rapimento … c’entra il Generale Bouillè, proprio lui?”
Mornay si volse –“Si. Me lo sentivo!”
“Com’è possibile?”- sbalordito.
“Cosa potete dirmi esattamente di lui?”
“Quell’uomo lo conosco da una vita … non può aver..”
“E’ un farabutto!”
“Vi proibisco di parlare di lui in questa maniera!!”- visibilmente adirato.
“Da come reagite è stato in grado di abbindolarvi per bene”
“Ascoltate. Un uomo eccezionale, di grandi capacità tattiche, strategiche..”
“Appunto!”
“E’ una figura di alto livello,  a capo del Comando Generale a Parigi.”
“Era!”- precisò.
Aggrottò la fronte stringendo i pugni – “Non intendo ascoltare oltre”-  allontanandosi.
“Siate più realista. La rivoluzione sta stravolgendo il mondo che avete conosciuto fino ad ora. Quell’uomo non conta più nulla”
Il Generale rimase di spalle.
“Quando con Madame Girodelle andai da lui a chiedere la liberazione di Andrè lo convinsi con del denaro”
“Voi lo avete corrotto?”- indignato.
“Lui ha accettato!”
“Bugiardo!”- quasi inveendo contro di lui.
“Non siete obbligato a credermi. Io continuerò le mie ricerche. Fate come credete”- uscendo –“L’invito a trasferirvi resta valido!”- chiudendo la porta.
 
“Ti vergogni?”- accostandosi a lei.
“Di cosa?”- irritata.
“Sei arrossita …”- la stuzzicò.
“Non dovevi tornare!”
“Cosa dici?”
“NO, non dovevi tornare. Mi hai lasciata per prendere la tua strada con Oscar. Mi hai lasciata nelle mani di Alain. Ora che lei non c’è più sei tornato per provare che cosa ?”- furiosa.
“Leah … sei impazzita?”- allibito.
“No, non sono impazzita. Io ho rinunciato a te … “- strinse le labbra coprendosi la bocca.
“Hai rinunciato a me?”
“Basta!”- sfilò il grembiule gettandolo sulla tavola e correndo in camera.
Rimase immobile fissandola mentre saliva le scale.
Nel mentre la porta si spalancò.
“Ehi bel moretto!”- Alain  entrò in casa –“Bella la vita”- rise.
“Da dove arrivi?”-
“Sono tornato nei Soldati della Guardia”
“Che cosa?”
“Tranquillo … non è come prima. E’ cambiato tutto. Ci servivano soldi. I lavoretti saltuari non riempiono la pancia”- sfilando gli stivali – “Sai c’è pure Lasalle …”- sedette  -“Non faccio niente di particolare. I turni  non sono massacranti come prima. Vediamo un po’ come va!”- si guardò attorno –“Ma Leah?”
“Credo stia sbrigando le faccende di sopra”- mentì.
Si passò una mano tra i capelli –“Devo ringraziarti”
“Per cosa?”- confuso.
“Per avermi chiesto allora di badare a Leah. Non credevo di innamorarmi di lei”
Rimase ad ascoltarlo in silenzio.
“E’ una ragazza straordinaria”- lo fissò –“Io la amo, veramente!”
Andrè tacque. Quegli occhi scuri, seri, determinati nelle parole appena pronunciate.
“Dimmi una cosa”
“Si…”
“Non sei tornato per lei, vero?”
Gli sguardi si incrociarono. Un silenzio strano riempì improvvisamente la stanza.
“No”
Alain tirò un sospiro di sollievo dentro di lui – “Perfetto!”- sghignazzando.
Nessuno dei due si accorse di lei in cima alle scale.
In punta di piedi si allontanò.
Non appena fu in camera scoppiò in lacrime.
“Stupida, stupida. Dannatamente stupida. Che cosa credevi? Che tornasse per te?”- tra i singhiozzi –“E Alain? Che stai facendo? “
Udì i passi pesanti di lui sui gradini.
Si alzò di scatto, asciugò il viso. Aprì le ante dell’armadio fingendo di sistemare la biancheria.
“Ciao bambolina!”- avvicinandosi.
Infilò la testa fra i ripiani. Non riuscì a guardarlo negli occhi.
“Indaffarata?”
“Lasciami finire. Scendi a far compagnia ad Andrè. Avrete molto di cui parlare”
“Ti unisci a noi dopo?”
“Più tardi”- mostrandogli sempre le spalle.
 
Quella sensazione di nausea l’accompagnò per tutto il ricevimento.
Seduta a tavola non riuscì a toccare nulla.
Non fece altro che vagare coi pensieri e con lo sguardo fra tutti quegli occhi a lei sconosciuti.
Possibile che non conoscesse nessuno in mezzo a tutti quegli invitati? Qualcuno a cui chiedere aiuto?
“Andrè … ce la farò, vedrai. Riusciremo ad andarcene. Non te lo prometto, te lo giuro!”
Una mano scivolò sulla sua gamba. Bouillè!
Un brivido di ribrezzo le percorse la schiena.
La allontanò stizzita –“Abbiate la decenza di stare al vostro posto almeno a tavola”
“A breve tutta questa marmaglia inutile se ne sarà andata. Preparatevi nel corpo e nello spirito …. Vi voglio nella mia camera per prendermi ciò che è mio diritto. Poi se desiderate  …. potrete tornarvene nelle vostre stanze. Se non vorrete dormire nel mio letto poco importa”.
Tentò di alzarsi.
“No! Sedete! La sposa non può andarsene prima di tutti. Mettetevi nella testa che d’ora in avanti siete Madame Bouillè e come tale dovrete comportarvi, portandomi rispetto e ubbidendomi!”
“Mi fate vomitare!”- scostata la sedia abbandonò la sala.
 

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Capitolo 46
*** LA NOTTE DEL DESTINO ***


Riempì la suo giornata di mille faccende in casa pur di non trovarsi sola con Andrè tanto meno con Alain.
Persino all’ora di pranzo Leah trovò una scusa per non sedere con entrambi.
Dopo cena i due giovani se ne andarono alla taverna di Du Bois lasciando le ragazze sole.
Solo allora prese posto a tavola. Tagliò una mela a spicchi e mangiò un tocchetto di pane.
Diane sistemò le ultime stoviglie, slacciò il grembiule e sedette accanto a lei.
“Rivederlo ha messo in dubbio i sentimenti che provi per Alain?”- aprendo la cesta del cucito.
Spalancò gli occhi. Rimase in silenzio. Lo sguardo fisso su quel pezzetto di mollica tra le dita.
“Il tormento che tieni nascosto prima o poi diventerà il dolore di qualcuno!”- si mise a rammendare una maglia del fratello.
Vuotò il piattino e lo ripose con il coltello nel secchiaio.
“Vado a dormire”.
Diane non staccò lo sguardo dal suo lavoro –“Guarda nel tuo cuore e smetti di soffrire”
Sostò muta sul primo gradino delle scale per qualche secondo.
Senza rispondere se ne andò nella sua camera.
Ripose gli abiti sulla sedia, indossò la camicia da notte e si infilò sotto le coperte.
“Che cosa vuoi veramente? Hai scoperto un uomo che nemmeno immaginavi, che ti ama all’inverosimile. Cosa ti manca? Il tuo non è forse un capriccio? Lo sapevi che sarebbe andato via con lei. Non è tornato per te. E tu? Quali sono i tuoi reali sentimenti per Alain?”- tante, troppe domande, troppi dubbi.
 


La seguì e non appena si fu allontanato dalla sala del ricevimento l’afferrò per un braccio.
“Dove credete di andare?”- stringendo.
“Lasciatemi”- opponendo resistenza –“Penso di essere stata seduta a quella tavola fin troppo”
“Badate!”- con rabbia.
“Credete di farmi paura con le vostre stupide minacce?”
“Voi non avete ancora capito bene con chi avete a che fare”- strattonandola –“Non fatemi perdere la pazienza e rammentate che sono io ad avere il coltello dalla parte del manico”- lasciò la presa –“Ed ora venite a salutare gli invitati, vedete di sorridere. E quando l’ultimo di loro se ne sarà andato vi autorizzo a recarvi nella vostra stanza per prepararvi. Vi voglio libera da quest’abito”
“Siete un folle, malato! Potrei essere vostra figlia!”
“Siete giovane, viva e potrete darmi anche più di un figlio!”
Scoppiò in una risata –“E se non ne fossi in grado?”
Con una mano la prese per i capelli, con l’altra per il collo –“Vi conviene non scherzare”
Una smorfia di dolore.
“Ora muovetevi.  Dovete ringraziare anche Sua Eminenza!”
Trascinata a forza nuovamente in quella sala ed obbligata e sedersi fra quegli sguardi allegri, compiaciuti dell’evento, stupiti di tanta bellezza ed eleganza.
Rochefoucauld si avvicinò agli sposi prima di lasciare il ricevimento –“Benedetta questa casa e la sua discendenza”- posando una mano sul ventre di Oscar.
Prontamente si ritrasse.
Le parve di percepire un sussulto.
“Non lo toccate!”- nei suoi pensieri fissando quell’uomo con un sentimento di odio mai provato in precedenza –“Non vi permetto di sfiorare il frutto del vero amore”
L’uomo stupito rivolse lo sguardo al Generale.
“Perdonate. Come avete potuto notare la mia consorte è particolarmente timida e taciturna”- intervenne nascondendo l’irritazione per il gesto.
“Comprendo bene. Una così bella e giovane creatura che affronta una nuova vita”
“E’ stato un vero onore avervi quale celebrante”- riponendo nelle mani del suo tuttofare alcune sacchette contenenti monete d’oro.
Un cenno di approvazione da parte dell’uomo per il gesto.
Il Generale si chinò baciando l’anello al Cardinale –“Siete sempre il benvenuto !”
Una lenta processione degli invitati a porgere i saluti e gli auguri alla coppia.
Una stretta e un baciamano dietro l’altro Oscar assistette a quella insignificante e falsa sfilata.
“Andate. Vi aspetto nella mia stanza fra mezz’ora”- tornando a sedere.
I passi veloci, la rabbia bruciarle dentro e tante lacrime trattenute pensando a quello che sarebbe stato il suo vero matrimonio, con Andrè, in mezzo ai suoi cari, agli amici. Un giorno felice.
Invece quello era l’inferno.
Giunta di fronte alla sua camera si trovò di fronte quell’ombra maledetta –“Voi!!  Possibile che siate onnipresente?”
“Volevo semplicemente augurarvi una buona prima notte di nozze”
“Spero possiate bruciare nel fuoco eterno!”- intenta a richiudere la porta.
Posò una mano sulla sua –“Inutile farvi raccomandazioni. Siete abbastanza saggia per non commettere imprudenze”
Si sfilò da quel tocco –“Non  dovete permettervi nemmeno di sfiorarmi!”
Indietreggiò –“Permalosa la nuova signora Bouillè!”
“Sparite dalla mia vista!”
“Ma come, quando vi fa comodo sbraitate e mi cercate … Non dimenticate ciò che avete visto nelle segrete”
“Non c’è alcuna necessità che me le ricordiate. So mantenere la parola data. Voi sarete in grado di fare altrettanto?”- quasi fulminandolo.
“Rissosa …. d’accordo. Comprendo che dobbiate prepararvi. A questo punto il mio auspicioè che trascorriate una splendida nottata!”- l’angolo della bocca a tirarsi in un sorriso maligno.
Richiuse la porta alle sue spalle.
Non aveva più tempo.
 


“Maledetto testone!”- ripensando al colloquio avuto con il Generale Jarjayes – “Quell’uomo viaggia con un paraocchi di orgoglio e presunzione”.
Si chinò a smuovere le braci nel camino –“Damien Morel!”- gettò un nuovo ceppo e la fiamma riprese vigore.
Bisognava avvisare immediatamente Andrè.
Inutile fare tanti giri coi pensieri: la causa di tutto era solo lui, Bouillè.
Lo aveva capito fin da quell’incontro. L’atteggiamento, lo sguardo ….Erano bastate poche monete d’oro per corrompere un uomo che a dire da chi lo conosceva e dalla posizione occupata sarebbe dovuto essere integerrimo.
A questo punto bisognava recarsi innanzitutto al Comando Militare a Brest. Eventualmente tornare dove era stato con Madame Girodelle.
Madame Girodelle! Già. Fosse stata ancora in città e lucida gli avrebbe potuto dare sicuramente sufficienti informazioni su quel maledetto.
Forse Emilie ….
Perché non provare a parlare con lei, senza che il Generale venisse a conoscenza del fatto.
Povero illuso d’un uomo!
Lui e la consorte si sarebbero presto trasferiti alla tenuta, ma nel frattempo non poteva stare con la mani in mano.
 
 
“Penso che Bernard sarà qui domani o dopodomani!”- Andrè versò il vino nei boccali.
“Nel frattempo cos’hai intenzione di fare?”- Pierre poggiò i gomiti sul tavolo.
“Sinceramente non so nemmeno da dove cominciare. C’è un tale che è stato in questa taverna la sera che ci incontrammo con quel Bonaparte. Era là”- si volse indicando un angolo appartato del locale – “Oscar mi disse di averlo visto per ben due volte a Le Conquet “- gli tornò in mente quella splendida serata trascorsa assieme a bere dopo la proposta di matrimonio.
“Dai, ti pare!”- Alain sghignazzò.
“Posso garantirti di non aver creduto alle sue parole in un primo momento”
“Assurdo che uno vi abbia seguito da Parigi!”
“Lo credo anche io …. Nonostante il dubbio resti!”
“Curato!”- Andrè si alzò in piedi allungandogli la mano.
“Ciao moro!”- dietro di lui apparve Yvy.
“Ehi, ma guarda chi si rivede!”- sporgendosi per salutarla.
“Ti spiace che sia venuta con lui?”- accomodandosi a cavallo di uno sgabello.
“Affatto. Sapevo ci saremmo rivisti”-  Andrè attirò l’attenzione della nuova cameriera a servizio da Du Bois.
“Dite ragazzi”- accostandosi al tavolo.
“Potresti portarci dell’altro vino.
“Bianco, grazie!”- sottolineò Yvy.
“Dove hai messo i tuoi fratelli?”
“Non li ho voluti con me, almeno stasera. Li ho sempre tra i piedi. Dovrebbero essere loro a prendersi cura di me, invece devo badare a loro come fossero dei bambini!”- passandosi una mano fra i capelli cortissimi.
Du Mont si accese  una sigaretta.
“Da quando in qua vi siete messo a fumare?”- Alain allibito.
“Da sempre. Semplicemente non mi avevate mai visto”- ridacchiò.
“Ne avete una anche per me?”
Ne allungò una a Yvy.
Dopo averla accesa inspirò con gusto. Lasciò che il fumo uscisse lentamente dalla bocca.
Andrè rimase ammaliato da quel gesto e da come lo fece.
Aveva visto diverse donne fumare ma nessuna mai con tanta indifferente sensualità.
Nonostante avesse ben poco di femminile nei modi e nell’abbigliamento, Yvy era una figura ambigua, misteriosa e …. terribilmente affascinante.
“Allora, che si dice?”- trangugiando un lungo sorso di vino – “Certo che siete proprio una bella combriccola!”
“Non mi presenti alla tua amichetta?”- Alain ammiccò maliziosamente.
“Lei è Yvy. Mi ha dato un … lungo passaggio in carrozza per arrivare prima a Parigi”- rise.
“Già!... un lungo passaggio”- lo assecondò.
Poi fattosi serio –“Ho bisogno del vostro aiuto”
“Di che si tratta?”- Lasalle incuriosito.
“Dovete aiutarmi a ritrovare Oscar!”
 


Renée le spazzolò i lunghi capelli.
Gli occhi lucidi, lo sguardo assente.
“Coraggio”- le mormorò con un filo di voce strozzato.
Bussarono.
La porta non più sigillata e sorvegliata si aprì.
“Il Generale vi attende nella sua camera”-  una delle guardie.
Si alzò in silenzio. Una sorta di senso di rassegnazione quasi obbligato.
Avrebbe potuto avventarsi su di lui durante il ricevimento afferrando un coltello.
Conficcargli la lama nella gola! Avrebbe potuto!
E poi?
Avrebbero ucciso Andrè, si sarebbero accaniti su di lei e sul suo bambino.
No! Mettere a repentaglio le vite di chi amava di più al mondo, mai!
Un ultimo sguardo alla donna.
Seguì l’uomo percorrendo quel corridoio freddo e buio, illuminato unicamente da alcune torce poste ai lati sui muri.
“E’ questo che si prova andando al patibolo?”- si domandò giunta di fronte a quella stanza come di fronte ad un plotone di esecuzione.
Quel bifolco bussò.
Bouillè apparve sulla porta –“Finalmente, mia meravigliosa sposa”- facendola accomodare –“Che nessuno osi assolutamente disturbarmi per alcun motivo”- rivolgendosi alla guardia.
“Avanti splendida creatura”- invitandola verso il centro della camera – “Lasciate che vi guardi”.
Le girò attorno rimirandone grazia e bellezza.
Accostò la bocca al suo orecchio –“Non immaginate quanto vi trovi eccitante”
La mano le accarezzò una spalla scendendo lungo il braccio –“E pensare che ho sempre solo visto il lato maschile di voi. Ora siete qui in splendide vesti femminili ed in più quale mia consorte. Quasi non riesco a crederci”
“Sinceramente è meglio che non vi ci abituiate troppo in fretta!”- stizzita.
“Quanto siete irritabile …. Penso invece che dovrete essere voi ad abituarvi all’idea dal momento che ogni sera vi vorrò nel mio letto … e che negli spazi vuoti giornalieri non li voglia riempire  nella medesima maniera”
“Siete un depravato!”
“Si, continuate così … vi desidero ancora di più!”- le sciolse la cinta della vestaglia attirandola a sé –“Devo togliervela io la camicia?”
Strizzò gli occhi disgustata da quell’alito pesante intriso di tabacco e alcool.
Li spalancò improvvisamente sentendo l’umido di quelle labbra carnose scorrerle lungo il collo.
Un braccio la cinse –“Forza, non abbiate timore. Vedrete, alla fine vi piacerà!”
Poi allontanandosi ripose la pesante giacca da camera sulla poltrona – “Venite … sdraiatevi sul letto”
Ferma, immobile, come pietrificata avvampando sconvolta quando, sfilati gli abiti da notte, si mostrò in tutta la sua corpulenta nudità.
Le parve di sentire il mento tremare.
Di fronte in tutta la sua imponente figura che, afferrandola per le mani, la condusse verso il “talamo nuziale”.
“Mi obbligate a spogliarvi”- vedendo la sua reticenza.
Si ritrasse stringendo le braccia al petto –“Faccio da sola!”-
“Vedete di non metterci tanto”- coricandosi da una parte.
Fece scivolare l’indumento ai suoi piedi coprendo con l’avambraccio i seni e con una mano la sua femminilità.
Il Generale balzò sul letto –“Dio, che visione!”- visibilmente eccitato.
Non resistendo le si avvicinò nuovamente trascinandola fra le lenzuola.
La fece coricare.
Gli occhi rivolti verso la copertura del baldacchino in silenzio, nell’attesa che tutto si compisse il più velocemente possibile.
Quelle mani grosse afferrarle vogliose  i seni e quella bocca umida, viscida aggrapparvisi per saziare quel desiderio crescente.
La sentì scorrere vorace sul ventre a scendere inesorabile.
“Siete una Dea”- sollevandosi su di lei a cercare le sue labbra.
La sua lingua insinuarsi con veemenza nella speranza di un suo coinvolgimento.
Sudato, scivolò con tutto il peso tra le gambe di lei.
Oscar ne percepì il turgore nell’incavo delle cosce.
Spaventosamente ripugnante!
Cosa poteva avere di piacevole quell’essere immondo? Quale donna avrebbe potuto desiderare di unirsi a lui provando anche piacere?
Sperò con tutto il cuore che non facesse male alla sua creatura.
Sopraffatta da quella mole, quando lo vide sollevarsi sulle braccia chiuse gli occhi.
“Andrè!”- il suo pensiero.
Le lacrime solcarle il viso.
Ingoiò quel dolore  nell’anima ed andò incontro al suo destino.
 


Rientrarono tardi.
Le ragazze oramai dormivano.
“Auguriamoci solo che Bernard rientri al più presto. Sono certo che con le sue conoscenze riusciremo a dare una svolta a questa vicenda!”- Alain girò la chiave nella serratura – “Stai tranquillo! La troveremo!”
Andrè annuì. Appese il mantello –“Non mi hai detto che presto vi sposerete”
L’amico si passò la mano sulla testa leggermente imbarazzato –“Capisco che mi ha anticipato qualcun altro”
Gli sorrise –“Sono sinceramente felice per voi. Tu avevi bisogno di una brava ragazza e lei di uno tosto come te”
“Grazie. Sei un vero amico!”- una pacca sulla spalla –“Dai, andiamo a dormire. Domani sarà una giornata impegnativa”
Salirono assieme le scale.
“Notte”- Alain richiuse la porta.
Andrè rimase a fissare la soglia della camera. Alain e Leah. Assieme, a condividere quello spazio in quella stanza, gli abbracci sotto le lenzuola, le carezze, i baci appassionati … l’amore.
Si buttò di peso sul letto stringendo il cuscino –“Oscar … mi manchi. Mi mancano i tuoi sorrisi ed i tuoi sguardi cupi, quelli teneri e di ghiaccio, mi mancano le tue mani che scorrono su di me, mi mancano i tuoi baci … mi manchi. E nostro figlio? Starai bene? “
Alain ripose gli indumenti nell’armadio cercando di fare il minor rumore possibile.
Sollevò le lenzuola e si coricò affianco a Leah.
Nel buio della stanza intravvide i suoi occhi –“Ciao bambolina, ancora sveglia?”
Lo accarezzò delicatamente su una guancia sfiorandolo ripetutamente con il pollice – “Mi ami?- gli chiese.
La guardò stupito –“Ma che domanda è? Certo che ti amo”- la strinse a sé baciandola dolcemente –“Ti amo da morire. E lo sai”
Si strinse a lui.
Si, lo amava. Lo amava terribilmente, nonostante quel tarlo … quel pensiero costante … Andrè.
“Ti amo Alain, qualsiasi cosa succeda, ricordati che ti amo”- il volto posato sul suo petto.
“Che discorsi sono?!”- sghignazzando – “Lo so che mi ami … e non succederà nulla !”
“Ve la siete passata alla taverna di Du Bois?”
“Si, c’era anche Du Mont, Lasalle …e una tipa con cui ha viaggiato Andrè .. una certa Yvy”
Rimase ad ascoltare in silenzio.
“Una tipina tutto pepe!”- rivedendola mentre a cavallo dello sgabello fumava.
“In che senso?”- incuriosita.
“Giovanissima, capelli cortissimi e scuri, come la notte , un maschiaccio … ma molto particolare”
Leah si sollevò seduta nel letto –“Cosa?”
Alain la fissò e scoppiò in una fragorosa risata –“Dai gelosona, vieni qui!”-
“Shhhh…. fai silenzio. Diane e Andrè staranno dormendo”- coricandosi nuovamente.
“Smetti di preoccuparti. D’accordo che adoro le donne … ma sai anche che non ho occhi che per te”.
 


Quel corpo accasciato su di lei, con tutto il suo peso.
Si sentì quasi soffocare.
Che cos’era successo?
La porta della camera si aprì lentamente.
Tentò di scostare la testa per vedere di chi si trattasse.
Il respiro in affanno.
Finalmente riuscì ad infilare le braccia sotto quell’ammasso di carne e con uno sforzo immane spostò Bouillè su un lato.
Renée entrò in punta di piedi –“Oscar … Oscar… siete sveglia?”
“Si”
“Forza alzatevi!”- nervosa.
“Ma cosa succede?”- inconsapevole di ciò che stesse accadendo.
“Rimettetevi la biancheria”.
“Ma…”-
“Sbrigatevi, forza. Scostatevi”- spingendola da una parte.
Seduta a fissare il corpo del Generale affondato sul materasso, il volto riverso sul cuscino, immerso in un sonno profondo.
“Avanti, muovetevi, non abbiamo tutto questo tempo. Il Generale potrebbe risvegliarsi da un momento all’altro”
“Volete spiegarmi cosa state facendo?” – osservando la donna mentre con una boccetta rovesciava sulle lenzuola del liquido denso colorato di rosso  –“Renée … di cosa si tratta?”
“Sangue!”
Arricciò il naso aggrottando la fronte – “Che schifo!”
“Farà anche schifo, ma questo vi salverà la pelle mia cara!”
Non capendo si limitò ad eseguire le indicazioni impartitegli .
“Ieri sono stati macellati  alcuni maialini per il ricevimento”
“Continuo a non capire!”
Si volse di scatto fissandola intensamente –“Vi ha avuta o no?”
“Come?”
“Insomma, lo avete fatto con lui o no?
“Ma no!! Quell’essere ripugnante fortunatamente mi è crollato addosso proprio nel momento cruciale!”
“Non vi siete stupita della cosa?”
Allibita – “In effetti…”
“Credevo sinceramente non funzionasse. Ho cercato di dosare poco a poco la polvere. Temevo se ne sarebbe accorto! Coraggio, rivestitevi velocemente e torniamo nella vostra stanza. Presto, fate presto!”
Indossò la vestaglia e sulla porta attese Renée.
La donna diede un’occhiata in giro per non dimenticare nulla secondo il piano.
“No, datemi la vestaglia!”- afferrandola.
La gettò a terra, controllò le lenzuola, sbirciò gli occhi di Bouillè – “Andiamo!”
Richiuse cautamente la porta.
“Se ci incrociasse qualcuno?”
“Tranquilla. Mi è stato dato l’ordine di venire a controllare ad una certa ora per riaccompagnarvi in camera”
Nel silenzio della notte, a piedi scalzi . Il pavimento terribilmente freddo.
Svoltarono per un corridoio quando incrociarono quell’ombra.
“E’ pazzesco!”- pensò bloccandosi. Il respiro trattenuto – “Quest’essere è incredibile. Ha veramente il dono dell’ubiquità”
“Devo dedurre che abbiate compiuto il vostro dovere!”- passandole accanto.
Abbassò lo sguardo fingendo di essere provata.
“ Domattina chiederò un resoconto. Non vorrei mai che vi prendeste gioco di me”
“Che assurdità andate dicendo!”- s’intromise Renée – “Lasciate che torni nella sua stanza come detto del Generale”
La scrutò a lungo sotto il cappuccio.
Come era apparso così si dileguò senza il benché minimo rumore.
“Renée, vi prego. Voi mi dovete delle spiegazioni”- girando la chiave nella serratura.
“Cosa volete che vi spieghi?”- preparandole il letto.
“Io … scusate ma non capisco”
La donna si volse accennando ad un amorevole sorriso –“Perdonatemi se inizialmente non ho creduto al vostro racconto. E’ una vita che vivo al servizio del Generale. Non ho mai voluto sapere nulla della sua vita privata. Mi sono sempre adeguata ai suoi umori, ai suoi vizi, ai suoi ordini. Ma di fronte a tutto questo non ho potuto starmene con le mani in mano. Voi siete una brava ragazza, di nobili sentimenti, gentile, con bei modi. Mai avrei pensato fosse in grado di arrivare a tali squallidi livelli. Voi meritate di amare il vostro uomo, formare la vostra famiglia e crescere nella gioia il figlio che portate in grembo.”
Commossa le afferrò le mani –“Grazie! Grazie di cuore per quello che state facendo”
Ricambiò calorosamente quella stretta – “Questa sera sono riuscita nel mio piano. Non so cosa dirvi per le prossime!”
“Ditemi, che cos’è successo esattamente?”
“Ho fatto in maniera che fosse sempre lo stesso cameriere a riempire il bicchiere a Bouillè…”
Sbarrò gli occhi. La bocca spalancata –“Volete dire che voi l’avete---“
“…. no, non l’ho drogato. Ho semplicemente accelerato il suo sonno, rendendolo particolarmente pesante. Ora andate a riposarvi. Cercherò nel limite delle mie possibilità di aiutarvi. Sperando … che ci possa andare sempre bene come questa notte”
 


Impossibile riposare.
Aver pensato di aver chiarito definitivamente i propri sentimenti fu solo un'illusione.
Qualcosa ancora la tormentava.
Scostò lentamente le lenzuola facendo attenzione a non svegliare Alain, infilò una maglia ed uscì dalla camera.
Scese le scale a piedi nudi. Qualcosa doveva essere rimasto aperto.
Dell’aria fredda le percorse le gambe risalendo dalle caviglie facendola rabbrividire.
La porta di casa accostata.
Possibile che qualcuno si fosse dimenticato di chiuderla?
Impugnò la maniglia per chiudere quando si accorse di Andrè seduto sui gradini esterni.
Percepì una presenza e si volse alzando gli occhi.
“Che ci fai ancora in piedi in più qua fuori con questo freddo?”- stringendosi nella maglia di lana.
“Avevo bisogno di aria … non riesco a riposare bene ultimamente”
“Posso?”- mordendosi un labbro.
“Certo”.
Gli sedette accanto.
Rimase a fissarne il profilo.  I capelli più lunghi, la barba … il suo profumo. Quello non l’aveva dimenticato.
Era terribilmente bello, si bello da impazzire.
“Tu perché non dormi?”- i gomiti poggiati sulle gambe.
“Pensieri”- rispose alzando lo sguardo al cielo – “Quante stelle!”
Sollevò il viso –“A dir la verità non sembra nemmeno un cielo di novembre”
Improvvisamente incrociò il suo sguardo.
Sentì le lacrime salirle agli occhi.
Le sorrise posandole una mano sulla guancia per asciugargliela.
Leah l’afferrò stringendosela al viso –“Perdonami per ciò che ho detto. Non volevo ferirti”
Perplesso.
“Ti ho aggredito rimproverandoti del fatto che non saresti dovuto tornare. Ma tu ne hai tutto il diritto. Non devi sicuramente rendere conto a me”.
“Forse sono io a doverti chieder scusa per come ti ho trattato. Con il mio comportamento in passato non ho fatto che illuderti. Non era nelle mie intenzioni”
Non ebbe la forza di controbattere. Sentì i battiti in gola.
Le mani appoggiate sui gradini si sfiorarono.
Allungò la sua intrecciando le dita a quelle di Andrè.
Si perse in quegli splendidi occhi.
“Non ho mai smesso di …”
“No Leah, non lo dire!”
Lo accarezzò sulla guancia.
Sentì il suo respiro lieve sfiorarlo.
Allungò il volto verso di lui  e posò le labbra sulle sue.
Dolci, morbide, leggere.
Quante volte le aveva baciate …. prima …. prima che tutto cambiasse e prendesse una piega differente.
La porta alle spalle spalancata.
Alain in piedi, gli occhi iniettati di rabbia, i pugni stretti.
I due si alzarono di soprassalto.
“Alain”- spaventata.
Afferrò l’amico per il collo della maglia –“Ti ospito nella mia casa e tu mi pugnali alle spalle?”
“No aspetta, hai capito male”- tentò di difendersi.
“Ho capito benissimo”- sferrandogli un pugno.
Ricadde all’indietro sulla strada.
La giovane si chinò su Andrè – “Ma sei impazzito?”
La fissò pieno d’ira – “Prendi la tua roba e vattene!”-
Sbalordita – “Ma cosa dici?
“Prendi le tue cose e sparisci da casa mia assieme al tuo bel moro”- rientrando in casa.
“No, Alain, ti prego! Aspetta”- tendendo la mano verso di lui.
Salito nella camera da letto spalancò la finestra e vi gettò fuori la biancheria e i pochi oggetti che le appartenevano.
“Alain … ti supplico!”- raccogliendo gli abiti ed il resto.
“Ehi amico, aspetta!”- Andrè salì di corsa le scale ma quando si trovò sul pianerottolo si sentì nuovamente scaraventare a terra.
“Esci da questa casa o ti ammazzo!”
“Che sta succedendo?”- Diane spaventata.
“In casa nostra ci sono un traditore ed una sgualdrina!”- furioso.
Leah in ginocchio a terra tra le lacrime – “Alain …  ti supplico!”
“Non voglio più sentirti!  Mi fai schifo, vattene!”- spinse Andrè fuori dalla porta e si chiuse in casa.
“Apri Alain, non è quello che credi. “- battendo i pugni sull’uscio.
Riaprì giusto per lanciargli la sacca con i suoi effetti personali – “Non farti più vedere o la prossima volta giuro che  ti pianto un coltello nella gola!”
“Alain, ma sei impazzito!”- Diane tentò disperatamente di calmarlo.
“Non ti ci mettere pure tu. Tornatene a dormire!”
“Aspetta, fammi capire. Cos’è successo?”- bloccandogli le scale.
“Mi ero illuso di avere una donna come si deve … invece…”- un gesto d’ira sferrò un pugno contro lo scorrimano in legno –“…. con il mio miglior amico!”
“Oh mio Dio !”- la mano sanguinante –“Guarda che ti sei fatto”- afferrandogliela.
“E lasciami perdere “- ritraendola con uno strattone.
“Lascia che ti medichi”
Infilò gli stivali ed afferrato il mantello.
“Dove vai?”- preoccupata.
“Da Du Bois a bere”- sbattendo la porta.
In strada ancora Laeh ed Andrè a mettere insieme quanto gettato dalla finestra.
“Alain …”- cercò di avvicinarsi.
Si volse. Gli occhi di ghiaccio –“Sparisci dalla mia vista assieme alla tua puttana!”
Leah in un mare di lacrime, singhiozzante –“Ti supplico ….non mi lasciare!”
Sputò da una parte –“Mi fate schifo!”- allungò velocemente il passo allontanandosi.
Sollevatasi da terra lo rincorse per qualche metro riuscendo a raggiungerlo.
Aggrappandosi al mantello scivolò sul selciato sbattendo le ginocchia.
Senza mollare la presa –“Alain …. ti prego, ascoltami. Non mi lasciare. Perdonami, non volevo ferirti!”
Si volse fissandola –“Dimmi una cosa: quante voi hai pensato a lui facendo l’amore con me?”
Non ebbe la prontezza di ribattere.
“Bene! Mi hai già risposto. Non voglio vederti mai più. Tu per me non conti più nulla!”

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Capitolo 47
*** LE SPINE DEL CUORE ***


Strinse forte a sé il cuscino.
Un lungo sospiro di sollievo ripensando a quanto fosse stata astuta Renée.
Ebbene, quell’inaspettato piano aveva beffato il destino e la sua fatidica prima notte da Madame Bouillè.
Rientrando nella sua camera si era fatta aiutare proprio da lei nel fare il bagno.
Un unico desiderio: togliersi di dosso ogni traccia di quell’essere ripugnante.
Con la pezza bagnata aveva strofinato la pelle a tal punto da sentire il fuoco su tutto il corpo.
Alla fine aveva indossato una nuova camicia da notte, profumata, bianca.
Finalmente si sentiva nuovamente pulita.
Si erano lasciate stringendosi le mani entrambe un po’ più serene.
Si, tranquilla, ma fino ad un certo punto.
Ora aveva finalmente dalla sua parte una donna che conosceva nei minimi particolari ogni angolo di  quel castello, le abitudini dei suoi inquilini.
Tranne uno.
Quell’ombra onnipresente.
Come poteva quell’essere muoversi con tanta leggerezza e silenzio da sorprendere chiunque all’improvviso!
I suoi pensieri furono improvvisamente interrotti da quella splendida sensazione di mille farfalle nel ventre.
Vi posò una mano e le parve di percepire un sussulto –“Possibile? Non è forse troppo presto?”
Ci fosse stata Beatrice, avrebbe potuto spiegarle.
Che ne sapeva lei della gravidanza? Nulla!
Rammentò le parole di sua madre - “Madri non si nasce, ci si diventa”
“Ed io farò di tutto per esserlo quando finalmente potrò ammirare il tuo volto, vedere i tuoi occhi, stringerti tra le mia braccia con la certezza che sei il frutto di un grande amore”- rimanendo come in ascolto del suo corpo.
Sedette sul letto –“Andrè!”
Come fare per vederlo? Per accertarsi che stesse bene? Perché avevano rapito pure lui?
Doveva assolutamente fare qualcosa per impedire che rimanesse fra quelle mura fredde ed umide.
Rovistò nell’armadio alla ricerca di qualcosa da mettere indosso.
La mano sulla maniglia.
La porta si aprì.
Ora niente più sbarre a bloccarle la possibilità di muoversi liberamente nel castello come aveva richiesto.
Sbirciò lungo il corridoio.
 

Le lacrime solcarle il volto senza tregua.
Le ginocchia doloranti per la rovinosa caduta sulla strada , le mani sbucciate.
Andrè la raggiunse e chinatosi su di lei tentò di aiutarla ad alzarsi.
Alain si volse e lanciò loro una gelida occhiata.
Anche Diane si precipitò in suo soccorso –“Non credi di aver esagerato?”- rivolgendosi al fratello.
“Ti proibisco di riprenderla in casa!”- con gli occhi fuori dalla testa.
“Dove hai messo il cuore!?!”- sbraitò.
“Forse qualcuna lo ha calpestato”- ed accelerato il passo sparì poco più in là dietro un angolo.
Non c’era più nulla da fare. Leah lo sapeva.
Si rialzò barcollando con una smorfia di dolore
“Portala dentro”- Andrè si rivolse a Diane.
Lo sguardo fisso nel vuoto - “Che cosa ho fatto!”- coprendosi il viso con le mani.
“Ti prego Leah, torna in casa, Diane ti deve medicare!”
“ … ora ho perso proprio tutto!”
Andrè rimase a fissarla qualche istante. Provò una pena infinita vedendola racimolare le sue poche e misere cose .
“Maledizione!”- sbottò.
“Dove vai?”- gli occhi di Diane ad inseguirlo.
“Non finisce qui!”- imboccando la stessa strada di Alain.
Doveva chiarire e subito.
Alain spinse con rabbia la porta della taverna facendola sbattere.
Solo Du Bois sollevò gli occhi dal bancone –“Che hai scordato?”
“Dammi da bere!”- sedendo.
“Serataccia”- commentò riempiendogli un bicchiere.
Ne trangugiò più della metà in un solo sorso.
Qualcuno si accostò a lui – “Le donne saranno sempre la tua dannazione”
Con la coda dell’occhio intravvide Yvy prendere posto al suo fianco.
“Uno pure a me!”- un cenno all’oste.
“Che siate maledette!”- vuotando completamente il boccale – “Dammene un altro”- spingendo il bicchiere verso Du Bois.
“Hai mai pensato che forse il problema potresti essere tu?”- sorseggiò il vino.
“Ma non te n’eri andata da Parigi? Cosa vuoi ancora da me?”
“Bel modo di salutarmi stasera quando sono entrata”
“Dovevo prenderti tra le braccia, stringerti e baciarti?”- ingrugnito.
Sollevò appena un sopracciglio –“Poteva essere un’idea”- cercando i suoi occhi.
Alain si perse in quel mare verde azzurro.
Yvy non era affatto cambiata. Sguardo malizioso, atteggiamento da maschiaccio ma terribilmente donna nonostante la giovane età – “E poi?”- stuzzicandola.
“Hai da fumare?”- chiese a Du Bois.
L’uomo estrasse una cartina e del tabacco da un cassetto.
“Lascia, faccio io” – preparò quel miscuglio rollando il tutto poi fra le dite e fece accendere.
Aspirò a fondo lasciando scivolare dalla bocca appena socchiusa un sottile filo di fumo.
“Cavoli”- si disse osservandola – “Lo fai apposta?”- afferrandola per la mano.
Gli sorrise con malizia. Sapeva quanto ad Alain piacesse quel gesto –“E’ finita tra noi, ricordi?”
Gli apparve il volto di Leah.
Scosse il capo come per cacciare quell’immagine.
“Complimenti. Hai già trovato con chi consolarti!”- Andrè lo afferrò per una spalla.
“Togliti dai piedi, traditore!”- dando uno strattone per liberarsi.
“Vieni fuori a dirmelo se hai il coraggio!”- lo sfidò.
“Piantala Andrè!”
“Avanti … ”- provocandolo nuovamente.
“La cosa si fa interessante!”- Yvy scrollò la cenere.
“Coraggio, vieni fuori”- la mano a stringergli una manica.
Montò su tutte le furie –“Te la sei cercata”- tentando di sferrargli un pugno all’interno del locale.
Andrè lo sviò e si diresse in strada.
Fu un attimo. Alain lo raggiunse. Piegò i gomiti avvicinandoli al corpo e mettendosi in guardia – Lo hai voluto tu!”- partendo con un destro in direzione del viso dell’amico.
Il pugno colpì la guancia di Andrè mentre l’altro affondò nello stomaco.
“Traditore. Vorresti tenere due piedi in una staffa? Leah ed Oscar?”
Rispose senza pensarci centrandolo in pieno sotto il mento –“Io amo una donna sola: Oscar”
“Bugiardo. Te la sei fatta allora e adesso che non hai più compagnia sei tornato a riprendertela!”
“Sei un pazzo se credi questo!”- l’ennesimo affondo.
“Non lo credo. Ho visto. Questo mi è bastato”.
“Io non tradisco gli amici tanto meno la donna che amo!”
Alain l’afferrò per il collo –“Dimmi il senso di essertela portata a letto e poi averla lasciata nelle mie mani!”
“Non me la sono portata a letto. Non abbiamo mai fatto nulla. Io non ho voluto e lei non ha voluto. Amo solo una donna e quella è e sarà sempre e solo Oscar. Se sono tornato è solo perché contavo sull’aiuto del mio migliore amico per ritrovarla, perché ho sempre saputo che su di lui avrei potuto contare!”
“Falso! Se non avessi voluto baciarla avresti potuto tirarti indietro. E per quanto riguarda lei … beh è solo una sgualdrina”
“Non lo è!” - Alain era forte, ma lui non era certo da meno.
Riuscì a liberarsi e capovolgere la situazione spingendolo con le spalle al muro –“ Mi meraviglio tu abbia dei dubbi sulla mia onestà nei tuoi confronti”
“Credi sia scemo?  Sui gradini di casa non stavate di sicuro giocando a carte”
“Sai bene quanto io voglia bene a Leah …. ma l’amore è tutta un’altra cosa. Amo Oscar, da sempre. Se non fosse accaduto quell’incidente ora saremmo marito e moglie e potremmo preoccuparci assieme di nostro figlio”
“Diventerai padre?”- allibito.
“Si, Oscar ed io aspettiamo un bambino”-
Si lasciò andare quasi di peso sedendo a terra – “Già … l’amore è tutta un’altra cosa.”- sollevando lo sguardo verso il cielo –“mi sono illuso …”
“Non ti sei illuso” - accomodandosi al suo fianco –“Laeh è una brava ragazza”
Guardò l’amico quasi alla ricerca di un’ulteriore conferma a quelle parole.
“Non la cacciare. Le sue lacrime erano sincere. Ti ama, credimi”- pulendosi un angolo della bocca –“Non ho tradito la tua fiducia. Non può che farmi piacere che si stia ricostruendo una vita e che tu finalmente abbia messo la testa al posto giusto. Siete fatti l’uno per l’altra”.
“Non per lei! Quello che mi fa più rabbia e che non sia mai stata sincera. Ma soprattutto ciò che mi rode è sapere che ogni volta che abbiamo fatto l’amore lei abbia pensato a te!”- quasi fulminandolo.
“Ti sbagli. Se quello fosse stato il suo pensiero non lo avrebbe fatto. Se fosse ancora innamorata di me non si sarebbe concessa. Non è una di quelle ragazzette che forse avrai frequentato prima!”
Gli sguardi si incrociarono.
“Non ho mai sofferto per amore”
“Parli con uno che ci ha convissuto una vita. Come posso, ora che avrei avuto la  felicità servita su un vassoio d’argento, buttare tutto alle ortiche?”
“Mhhh…”- mugugnò massaggiandosi il mento –“Da quando colpisci così duro?”
Sogghignò - “ Da sempre. Il fatto è che tu ed io non siamo mai venuti alle mani”
“Le donne …”- mormorò.
“… un nettare dolce amaro”-
 

A piedi scalzi attraversò il corridoio per giungere infine alle scale.
Poteva essere un azzardo ma ora più che mai aveva bisogno di lui, di vederlo, di udire almeno per una volta nuovamente la sua voce.
Il silenzio.
Scese i gradini velocemente. Ricordava bene il percorso fatto in precedenza per arrivare alle prigioni.
“Madame voi qui!”- uno dei carcerieri la sorprese all’improvviso.
Immobile di fronte all’uomo dovette pensare velocemente ad una valida motivazione – “Mi è stato concesso di colloquiare con l’uomo tenuto in quella cella, quella sulla destra alle vostre spalle”
Si fece da parte lasciandola passare –“ Il Generale è al corrente che siete qui?”
“Dubitate delle mie parole?”- quasi fulminandolo.
“Oh no certo che no. Non mi permetterei mai.”
 “E’ la seconda volta che ci incontriamo questa notte, Madame!”
Alle sue spalle, il cappuccio sempre a coprirne il volto.
“Non dovreste essere nelle vostre stanze a quest’ora?”
“Non riuscivo a riposare”
“Era necessario scendere in questo luogo …? Non credo sia consono alla sposa di un Generale”
“Penso sia mio diritto potermi muovere liberamente …. dal momento che trattasi … di casa mia”- desiderò mordersi la lingua pronunciando quelle parole.
“Siete astuta, molto astuta”
“Tanto da incutervi qualche timore?”
“Sappiate che non temo nemmeno la morte, pertanto quale motivazione dovrebbe spingermi ad avere paura di voi? Al contrario nel vostro caso”
Aggrottò la fronte.
Veramente di quell’essere bisognava temere.
“Perché siete scesa fino qua? Dopo la prima notte pensate ancora a quel prigioniero?”
“E’ stato il mio attendente, non dovrei preoccuparmene?”­ – Attendente! Si odiò per l’uso di quel termine.
“Non vedo il motivo di angosciarsi tanto per un domestico dal momento che, come mi avete assicurato, tra voi non vi è altro che un rapporto padrone-servo!
“Non stiamo parlando di un oggetto, ma di una persona”
“Vi toglierò questa preoccupazione in maniera tale che possiate concentrarvi solo ed esclusivamente al vostro ruolo di Madame!”- un cenno e apparvero due uomini uno dei quali aprì la porta pesante della prigione dirigendosi all’interno verso il giovane ancora imbavagliato e bendato.
Oscar allungò il collo spingendo lo sguardo in quel luogo buio per tentar di scorgere il volto di Andrè -  “Che intenzioni avete?”- allarmata.
Un cenno col capo. Tanto bastò.
Quel bifolco afferrò per il nodo la striscia di tessuto che copriva gli occhi al ragazzo obbligandolo a reclinare la testa all’indietro e con uno strattone gli sollevò il mento.
Non ebbe il tempo di realizzare quanto stesse accadendo.
 L’uomo estrasse un coltello.
Ne scorse un leggero luccichio.
Fu un attimo.
La lama tagliente attraversò la gola del prigioniero da una parte all’altra in un battito di ciglia.
Oscar sbiancò.
Il corpo ricadde a terra in una pozza di sangue.
Gli occhi spalancati, la bocca semiaperta. Scioccata ed impietrita.
Tutte le parole soffocate in gola.
Mezzo passo fra quelle mura umide, nel buio.
Le mani tremanti protese in avanti – “Andrè …”- un filo di voce.
Il cuore esploderle nel petto.
L’altro aguzzino l’afferrò per un braccio – “Dove credete di andare?”- spingendola fuori con arroganza.
 “Ora riportatela nella sua stanza e sbarazzatevi di quel corpo”- girando le spalle quell’ombra come era apparsa così si dileguò.
No, non poteva essere.
Cadde in ginocchio, una mano a terra ed una sul viso a coprire gli occhi traboccanti di lacrime.
“Andrè!”- quel nome urlato con tutto il dolore che ora le lacerava l’anima.
Si sentì afferrare per le braccia e trascinare via con forza.
“Noooo …. Andrè, Andrè..”
Priva di ogni forza per reagire, i singhiozzi, un senso di mancanza d’aria e di nausea mescolati tra loro.
Tutto attorno prese a girare vorticosamente.
Una mano con un candelabro.
Le fiammelle tremule ….
Il buio.
 

“Cosa fai? Dove vorresti andare?”- Diane china su di lei le strinse una mano.
Sollevò lo sguardo –“… non volevo. Sono stata solo una stupida. Perdonami almeno tu!”
“Hai bisogno di essere medicata. Torna in casa”
“Diane … grazie di tutto. Ora lasciami andare. Ti prego”
“Non posso. So bene che ami Alain … quello che è successo è stato solo un momento di debolezza”
Leah  accennò ad una sorta di leggero sorriso. Prese il volto della giovane tra le mani e la baciò sulla fronte.
“Dai questo bacio a tuo fratello quando riterrai opportuno farlo”.
Si avvolse lo scialle sulle spalle e voltandosi si allontanò di corsa nonostante il male tremendo alle ginocchia.
“Leah!”- chiamò.
Troppo il tormento che forse da sempre, da quando Andrè se n’era andato, non aveva fatto altro che consumarla. Alain un ripiego ? No! Diane aveva visto tanto amore in quegli occhi in tutto il tempo che aveva fatto parte di quella famiglia.  Gli errori stavano da entrambe le parti.
Rallentò non appena si rese conto di essere oramai fuori dalla visuale della ragazza.
Si appoggiò ad un muro prendendo fiato. Il dolore era quasi insopportabile.
Un brivido le attraversò la schiena.
 

“Che intenzioni hai?”
Andrè rivolse lo sguardo all’amico –“In che senso?”
“Si, cos’hai intenzione di fare per Oscar”
“Contavo su qualche aggancio di Bernard. Oramai dovrebbe essere arrivato”
“Penso sia come cercare un ago in un pagliaio”
“A parte quel tale che pare vi abbia seguito fin da qui, qualche altro indizio?”
Scosse la testa –“Inizialmente ho creduto si trattasse di Girodelle. Mi sono dovuto ricredere quando l’ho trovato morto nella sua stanza”
“Parli di quel tale fuori di testa innamorato perso di lei?”
“Già”- appoggiato al muro, gli occhi rivolti al cielo –“Sai Alain … era tutto pronto. Accanto alla casa del Generale c’era una piccola dependance. Oscar, sua sorella e Rosalie l’avevano risistemata … la data certa. Aveva anche già scelto l’abito. Non ci mancava nulla …”
Si volse verso l’amico.
“Cos’abbiamo mai fatto di male per non riuscire a vivere finalmente assieme “- abbassò gli occhi –“Ho il presentimento che non vedrò nascere mio figlio …”
Una mano sulla spalla –“Ehi, Oscar saprà cavarsela”
Andrè annuì.
“Non hai pensato a chi potrebbe odiare i Jarjayes a tal punto?”
“Proprio non saprei”
“Qualcuno che magari serbi rancore nei loro confronti da anni”
“Una cosa posso garantirtela. A mio parere la cerchia è assai ristretta. E personaggi tutti di un certo calibro”
“Credo dovremmo cominciare proprio da lì”- rimettendosi in piedi ed allungando una mano al giovane -“Torniamo a casa”
Rimase a pensarci un attimo – “Non mi pianterai per caso un coltello nella gola stanotte?”
“Non credo ce ne sarà bisogno”- strizzandogli l’occhio.
“Tu invece?”- scrollandosi la polvere.
“Io cosa?”- passando le mani tra i capelli.
“Cosa farai con Leah?”
Lo vide aggrottare la fronte e dilatare le narici.
“Che cosa provi per lei?”- senza guardarlo
Infilò le mani in tasca.
Un calcio ad un sasso sulla strada.
“Non sono mai stato innamorato di nessuna come di lei”
Le labbra di Andrè si distesero in un lungo sorriso.
“Voglio sposarla. Voglio costruire una famiglia con lei ….”- rivolse gli occhi all’amico –“… ma deve essere veramente sincera con me”
Un sospiro di liberazione –“Allora rientriamo” -  una pacca sulla spalla dell’amico.
“Aspetta”- prendendolo per il polso – “Perché vi siete baciati? Devi dirmelo”
Cos’avrebbe potuto rispondergli. Che fosse stato un momento di debolezza di Leah? C’era anche lui li.
“Io amo Oscar e non devo convincermi di questo. Questa è la realtà. Ho sofferto una vita per realizzare questo sogno. Voglio bene a Leah. Ma l’amore vero come ti ho detto è tutta un’altra cosa, come quello che provo per lei. Solo affetto. Nulla di più!”
“Vuoi dirmi che dopo qualche mese non provi più attrazione nei suoi confronti?”- non soddisfatto della risposta.
“E tu? Nonostante tutto non provi ancora attrazione per Yvy?”
Irrigidì la mascella impreparato di fronte a quella domanda.
“E di Oscar? Quanto tempo sei stato invaghito di lei? Vorresti dirmi che nonostante stessimo assieme non hai più provato nulla?”- Lo vide stringere i pugni con un senso di rabbia, o forse rancore? – “Certo non l’hai mai baciata … Ma sii sincero tu ora! Dopo esserti messo con Leah non hai più guardato nessuna? Attento a come rispondi. Ti conosco troppo bene Alain!”
Si sciolse da quella tensione ed iniziò a ridere.
“Che ti prende?”- sbalordito.
Divenne una risata fragorosa –“Le donne! Questo dolce tormento”- afferrando Andrè per il collo con l’incavo dell’avambraccio e strofinandogli un pugno sulla testa – “Grandier, mi hai fregato!”
 

Il tonfo del richiudersi della porta alle sue spalle la fece sobbalzare.
Gli occhi sbarrati. Un tremore attraversarla per tutto il corpo.
Si volse lentamente.
“Noooo!”- battè con forza i pugni –“No … Andrè … maledetti! Fatemelo vedere … almeno un’ultima volta … Andrè …”
Le gambe le cedettero. Si ritrovò in ginocchio, la fronte contro la porta, le lacrime solcarle il viso.
“Nooo … perché? Perché non avete ucciso pure me! Che senso ha che io resti in vita. Non voglio essere la consorte di Bouillè … dovevo essere la sposa di Andrè … voglio morire … non ha più senso questa vita … vi prego uccidetemi … vi prego …”
I singhiozzi le strozzarono quasi il respiro –“Non voglio più vivere …” mormorò – “… è un dolore troppo grande…”
Renèe sorpresa da quel trambusto la raggiunse nella sua camera.
“Oscar, cosa vi è successo?”- chinandosi su di lei.
Le buttò le braccia attorno le gambe –“Me l’hanno ucciso, maledetti!”
“Su, vi prego, alzatevi.
“Non ha più senso la mia vita … Renèe voglio morire”- senza che le lacrime le dessero tregua.
“Cosa dite? Siete impazzita!”- sbirciò fuori dalla porta poi la richiuse – “Su, venite”- aiutandola ad alzarsi – “Sedete qui”- l’accompagnò sul ciglio del letto – “Cos’è successo?”
“Lo hanno ucciso, quell’ombra … la lama gli ha attraversato la gola … un lago di sangue … “
“Che il cielo lo fulmini quanto prima!”- le asciugò gli occhi raccogliendole i capelli dietro le orecchie –“Coraggio … fatevi coraggio. Non dovete dire assolutamente di voler morire. E il vostro bambino? Avete pensato al vostro bambino? Desiderate togliere la vita pure a lui? Il frutto del vostro bellissimo amore?”
Alzò gli occhi incrociando lo sguardo della donna. Anche i suoi erano lucidi.
“Io non credo vogliate fare del male a questa piccola creatura che portate in grembo”- le prese una mano posandogliela sul ventre –“Volete veramente che questo miracolo non veda la luce? Questo deve essere la forza che vi farà andare avanti, il vostro orgoglio. Lo dovete fare per il vostro Andrè!”
“Renèe come farò? Io non credo di potercela fare … Il mio Andrè ..”- la mani sul viso.
“Vi conosco da poco ma quanto basta per aver compreso quanto siate coraggiosa, di animo buono. Siate fiduciosa. Un giorno guarderete vostro figlio ripensando a quella scelta giusta che avete fatto”
“Renèe …”- con un filo di voce. Abbassò lo sguardo.
Un sussulto e ancora quella sensazione di mille farfalle nella pancia.
Le braccia a stringersi il ventre – “Andrè …”
“Mettetevi a letto. Avete bisogno di riposare”- la invitò a coricarsi –“Aspettate …” – avvicinatasi al comò prese il catino e lo ripose a terra accanto al letto. Vi appoggiò i piedi della giovane e vi versò sopra dell’acqua –“Come avete fatto ad andare scalza? “- li lavò e dopo averli asciugati –“Ecco, ora potete distendervi”
“Non voglio dormire … io non …”-
La fece sdraiare sul letto. Le sistemò i cuscini –“se volete posso prepararvi qualcosa di caldo”
“No … io … ho solo voglia di piangere … solo piangere..”
“Allora se questo può aiutarvi fatelo pure …. Vedrete che poi vi addormenterete”- accostò le tende – “Ve le lascio sistemate in questa maniera, così potrete vedere fuori dal letto. So che vi piace molto”
La donna prese il catino e fece per uscire dalla stanza.
“Renèe …”
“Dite “- voltandosi.
“Grazie … di cuore”- seduta sul letto.
Le fece un gesto con la mano –“Lasciate stare. Non dovete ringraziarmi di nulla. Pensate al vostro bambino. Ora riposate”
 

Fecero rientro a casa sinceramente più sereni entrambi.
Nel cuore di Alain il desiderio di chiarire tutto con Leah. L’amava. Si! L’amava terribilmente. Non aveva mai provato un sentimento così forte. E doveva questo unicamente al suo amico.
Mentre camminavano lo fissò a lungo.
Lui era veramente innamorato di Oscar. Lo era sempre stato nonostante nella sua vita fosse entrata la sua “bambolina”.  Volto provato,  barba incolta e quegli occhi ancora più tristi di quando l’aveva conosciuto dietro i quali tanto dolore. Si era sbagliato. Doveva ammetterlo. Andrè non era capace di pugnalare un amico alle spalle.
Voltato l’angolo si ritrovarono di fronte a casa.
Diane sui gradini. Il viso affondato fra le braccia sulle gambe.
“Che fai qua fuori con questo freddo?”- avvicinandosi alla sorella.
Sollevò il volto –“Se n’è andata!”- gli occhi lucidi.
Spinse la porta con la mano. Dentro il buio.
Scavalcò la giovane entrando –“Leah, Leah!”
“Inutile chiamarla. Se n’è andata. Ha preso le poche cose che le avevi gettato dalla finestra e se n’è andata. Cos’hai fatto Alain, cos’hai fatto??!!!”
Si precipitò di sopra in camera –“Leah!”- entrando nella stanza.
Fece qualche passo. Gli occhi fissi sul letto.
Sul comò il suo fermaglio.
Lo prese tra le mani passandolo e ripassandolo tra le dita – “Dove sei?”- tra i denti.
 

“Non tollero determinate azioni in casa mia. Come vi siete permesso? Mai una goccia di sangue ha sporcato una sola pietra di questo castello!”- adirato.
“Cos’avreste preferito? Che avesse continuato ad illudersi?”
“Non datevi assillo per questo. Avreste potuto evitare. La prima notte di nozze.”
“Il pensiero è tolto. Ora potrete concentrarvi meglio su tutto il resto.”
Immobile di fronte alla finestra.
Si era svegliato presto.
Al suo fianco lei se n’era andata.
Il suo profumo era rimasto sul cuscino e fra le lenzuola, quelle lenzuola sulle quali aveva trovato quella piacevole sorpresa. Oscar era stata sua! Rammentava poco di quella notte. Ma una cosa ricordava bene: il  corpo meraviglioso di quella donna tanto odiata ora era divenuta la sua consorte. L’aveva posseduta. Non vi era dubbio alcuno. Tutto era andato secondo i piani. Quella splendida creatura aveva perso il suo candore nel suo letto.
Un sorriso sottile si delineò sulle sue labbra.
“Ditemi. La prima notte?”- azzardò per aver conferma di ciò che quella donna gli aveva detto.
“La prima notte!”- confermò –“ nemmeno potete lontanamente immaginare la mia soddisfazione”- poi rivolgendogli lo sguardo –“D’ora innanzi non vi sarà più concesso libero arbitrio fra queste mura!”- tuonò.
“Grave errore il vostro”
“Tutto vi ho permesso e tutto ho accettato di voi. La vostra diabolica mente mi intriga ciò non toglie che non sia ammissibile l’accaduto di questa notte”- si versò del caffè – “Gradite?”
“No, vi ringrazio. Quello che volevate fin’ora lo avete ottenuto?”
“Indubbiamente e direi i risultati sono andati ben oltre le mie aspettative”
“Di che vi lamentate allora?”
“Mhh… “- ripose la tazza sul tavolo –“Vi siete già sbarazzato del corpo?”
“Dovreste ben sapere che i miei lavori sono impeccabili … se non s’intromettono i vostri uomini”
“Appunto per questo desidero che veniate a Parigi con me”
“Non ne comprendo la motivazione”
“Devo sbrigare alcune faccende relative alla conclusione del mio servizio per Sua Maestà. Un’ottima occasione per trovare una donna, una ragazza che si occupi a tempo pieno di mia moglie. Renèe è troppo anziana e poi è meglio che si dedichi ad altro.”
“Proprio Parigi?” – una nota di disappunto.
“Meglio trovarla lontana da qui”.
“Vi darò alcuni dei miei uomini”- insistette.
“No, verrete con me. Qui non c’è alcun bisogno della vostra presenza. Soprattutto dopo ciò che avete ordito alle mie spalle”
“Vi chiedo di moderare i toni”- leggermente stizzito.
“Col tempo state iniziando a manifestare le vostre emozioni “- lo sorprese.
“Non prendo ordini da nessuno, dovreste saperlo”
“Visto che vi pago, e profumatamente, questa volta si farà secondo i miei voleri. Vedete di organizzarvi quanto prima. La partenza è fissata per dopodomani. I tempi stringono. Per Natale vorrei essere di rientro”.
“Correte un bel rischio a lasciar sguarnito il castello. Sapete meglio di me che quella donna deve stare sotto stretta sorveglianza”
“State parlando di mia moglie!”- lo bacchettò.
“Mi stupite. Vi state forse ammorbidendo? Sappiate che se non la controllerete giorno e notte quando farete ritorno da Parigi sapete quante ne troverete? Nessuna! E’ tremendamente astuta. Non dovrei nemmeno ricordarvelo. I vostri uomini, almeno quelli che si annidano come ratti nelle segrete, sono talmente stupidi che a metterli tutti assieme non si riuscirebbero a farne uno intelligente.
“Probabilmente … ma non tutti. E quelli sparsi in giro all’interno delle mura sono astuti quasi più dei vostri”
“Ritenete pertanto di poter partire nella completa tranquillità? Povero sciocco”
Bouillè si mosse verso di lui con fare minaccioso – “Ora basta!! Mi avete seccato. Cosa fareste tutto il tempo in questo luogo sperduto sulla faccia della terra?”
“Tramerei nuovi piani … “- sfregandosi le mani.
Lo sguardo interrogativo. Cos’altro poteva partorire quella mente diabolica?
“D’accordo. Potrete venire al castello quotidianamente a visionare che tutto sia tranquillo. A questo punto istruite i vostri scagnozzi per il da farsi”
Un leggero accenno di riverenza ed uscì dallo studio.
 
 
Nessuno dei due aveva chiuso occhio.
Andrè se n’era rimasto in cucina. La tazza del caffè tra le mani.
Alain come impietrito, seduto ai piedi del letto, passare ripetutamente tra le dita il fermaglio di Leah.
Nella sua mente il susseguirsi di ogni singolo istante trascorso con la giovane fino alla sera precedente, alle parole dette, alla sua ira, a quella forte amicizia che lo legava al suo ex compagno di divisa, a Diane che non aveva smesso di piangere.
Scese – “C’è ancora del caffè?”
La sorella non lo degnò nemmeno di uno sguardo.
“Diane , smettila!”
“Sei un’ idiota … anzi, lo siete entrambi. Possibile che voi uomini non usiate il cervello quando serve?”
Sbalordito.
“Non troverai mai più una donna che si doni a te come Leah.  Vuoi riprendere a saltare da un letto all’altro? Una diversa tutte le sere? Bene. Vorrà dire che ti sei scelto la tua vita. Io non sono più disposta ad accettare questo tuo comportamento”- inveendo contro il fratello –“E tu …”- rivolgendosi ad Andrè –“ … meglio non dica nulla”- tendendo le braccia e stringendo i pugni – “avete proprio combinato un bel pasticcio. Stupidi sciocchi!!”- ed afferrato lo scialle salì di corsa in camera sua.
A bocca aperta entrambi a fissare le scale.
Andrè girò lo sguardo verso l’amico  -“Una diversa tutte le sere? Ma come diavolo hai fatto!”- per stemperare il clima creatosi.
Alain si passò una mano tra i capelli, poi spalancò le braccia –“Che ti posso dire? Non riesco farne a meno. Le donne sono come l’aria per me”
“Anche dopo di lei?”- tornò serio.
Aggrottò la fronte –“No. Dopo di lei, solo lei”
Un lungo sospiro –“Sarà un bel problema ora”.
“Non credo sia andata lontano. Direi che potremmo provare alla sua vecchia casa”-
“Alain tu vai a cercarla. Io devo accertarmi che Bernard sia rientrato”
L’amico annuì –“Certo. Vedi se riesci intanto ad organizzare qualcosa con lui.”
“Appuntamento da Du Bois?”
“Si, direi in serata”
André infilò la giacca e fece per uscire.
“Ehi…”- lo richiamò Alain.
Uno sguardo.
L’intesa. L’amicizia.
 

Seduta accanto alla finestra.
Fuori i fiocchi di neve silenziosi posarsi lievi sul davanzale.
Gli occhi lucidi, persi nel vuoto.
Le mani strette sul ventre.
Cos’altro le restava?
Ripensò alle parole di Renée.
Il bene più grande, il suo amore eterno per Andrè era in lei. Lo sentiva crescere giorno dopo giorno. La sua unica speranza, la sua unica voglia di continuare a vivere.
Accarezzò teneramente quella leggera rotondità.
Si affacciò alla porta la sua “salvatrice” –“Oscar … siete sveglia?”
“Venite Renèe”- un filo di voce.
La donna ripose il vassoio con il the caldo sul tavolino –“Vi ho preparato dei biscotti”
L’accenno di un sorriso –“Vi ringrazio”
“Ho una splendida notizia da darvi : il Generale parte per Parigi”- il tono di voce basso.
“Che cosa?”
“Shhh…. “- facendole cenno di parlare piano –“Sono certa verrà direttamente lui ad informarvi”
“A Parigi per cosa?”
“Affari immagino. Ma questo non importa. A noi interessa che non sia presente almeno fino Natale”- le strizzò un occhio.
Il bussare le  riportò improvvisamente alla realtà.
L’imponente figura di Bouillè si palesò nella camera da letto.
Un cenno a Renèe di lasciarli soli.
 

Rannicchiata nel letto.
Una coperta buttata addosso.
Aveva dormito probabilmente un paio d’ore.
In piena notte l’unico luogo dove potersi rifugiare fu la sua vecchia casa.
Si rese conto di tremare.
Non aveva acceso il camino, voleva che nessuno potesse accorgersi della sua presenza.
Quel nodo alla gola, i segni delle lacrime sul viso.
Lo aveva perso, definitivamente.
Era stata una stupida.
Un vero azzardo il suo. Un gesto che giustamente aveva scatenato la gelosia di Alain.
Come aveva potuto? Che cosa mai aveva voluto dimostrare a se stessa o cos’aveva cercato in quel gesto?
Una conferma a cosa?
Sporca.
Ecco come si sentiva.
Probabilmente il destino aveva deciso affinchè nessun uomo potesse viverle accanto.
… Bran il suo primo amore, poi Andrè, infine Alain ….nessuno.
La sua sorte era dunque quella di rimanere sola per sempre?
Sentì le guance arrossarsi dalla vergogna.
Una macchia su di lei.
Non sarebbe nemmeno potuta tornare da Madame Bertin.
Alain avrebbe taciuto. Troppo orgoglioso.
Ma le malelingue avrebbero fatto il loro dovere in breve e la gente l’avrebbe additata come una poco di buono. Lo fosse stato non le sarebbe importato di nulla.
Ma lei non era così. A discapito di ciò che Alain potesse da quel momento pensare di lei.
Aveva provato nuovi sentimenti con André. Aveva capito che dopo quella tragica perdita era in grado di credere ancora nell’amore.
Per Alain era diverso. Non era un ragazzetto. E con i suoi modi a volte impacciati e grezzotti l’aveva fatta sentire viva, l’aveva fatta sentire amata fino in fondo.
Inutile piangere sul latte versato.
Continuare a stare a Parigi sarebbe risultato impossibile.
Avrebbero fatto presto a darle della puttanella.
Andarsene. L’unica soluzione.
Aveva messo da parte sufficiente denaro per poter arrivare fino al porto di Roscoff e imbarcarsi per Cork.
Ma forse, ancora meglio, partire da Le Havre per l’Inghilterra.
Là nessuno avrebbe saputo.
Sedette sul letto avvolgendosi nella coperta.
Sollevò appena l’abito. Le ginocchia sbucciate.
Si spinse fino allo specchio accanto la finestra.
Un vistoso graffio le attraversava la guancia dall’occhio fino al mento.
Lo sfiorò con un dito.
Doveva cercare qualcosa per pulirsi e medicarsi.
Passando accanto la finestra buttò un occhio fuori.
Alain!
Indietreggiò di scatto buttandosi nell’angolo tra il letto ed il muro.
Strinse a sé le gambe con una smorfia di dolore e chiuse gli occhi.

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Capitolo 48
*** INASPETTATI RISVOLTI ***


“Il viaggio è stato terribile. Credevamo veramente di non riuscire più a rientrare”- Bernard versò il caffè nelle due tazze.
“Il tempo non è stato dei migliori. Mi spiace aver proseguito da solo …”- Andrè ne strinse una tra le mani per scaldarle.
“Freddo oggi eh?”
“Già. E pensare che stanotte il cielo era sereno, completamente sgombro da nubi”- spinse lo sguardo oltre i vetri della finestra –“Guarda che neve che viene!”
“Mh … “- bevve un sorso –“Così Alain ora è alla ricerca di Leah”
“Assurdo no?”
“Cerco di essere sempre ottimista. Tutto si risolverà al meglio. Vedrai”- lo rincuorò –“Allora, vediamo di riordinare un po’ le idee”- prese carta,  penna e inchiostro.
Andrè fece un lungo sospiro.
“Chi potrebbe aver motivi di odio nei confronti dei Jarjayes? Dissapori trascinati nel tempo ….”
“Oscar ebbe contrasti in passato con il Duca di Germain e il Duca d’Orleans …”
“E possiamo evitare di inserirli nell’elenco. Sono fuggiti in ottobre, poco dopo il trasferimento dei Reali a Le Tuileries”
“Scherzi?”
Sghignazzò –“Sai quanti nobili hanno lasciato il paese terrorizzati per quello che potrebbe loro accadere? Anche la contessa di Polignac è scappata, mi hanno riferito che probabilmente abbia riparato in Belgio”
“Ognuno pensa per sé”
“E chi non lo farebbe. La situazione per i nobili al momento non è delle  migliori. La rabbia popolare non si è certamente dissolta con la presa della Bastiglia, anzi. A raccontarla tutta la tensione non si è assolutamente assopita.”
“E Robespierre cosa ne pensa?- incuriosito.
“Mi sono allontanato dal gruppo poco prima del 14 luglio. Le sue idee hanno preso una piega differente, divergendo notevolmente dai valori che mi avevano spinto ad abbracciare la causa”
“A proposito di questo rammento che Oscar ebbe uno scontro con Saint Just …ma non credo possa avere a che fare con la sua scomparsa”
“No, assolutamente. Figurati”
“La questione si fa più complessa”- le mani incrociate sotto il mento.
“Ripercorriamo un attimo la sua carriera militare a questo punto”
“Come ti ho detto in precedenza ebbe un paio di incontri poco piacevoli con Il Duca di Germain e D’Orleans“
“E poi?”
“Avevo pensato a Victor Clement de Girodelle … ma si è suicidato ….”
“E nei Soldati della Guardia?”
Andrè rise di gusto –“Beh … inizialmente la odiavano tutti, compreso Alain … poi dopo la storia di Lasalle con il fucile le cose migliorarono e di molto nonostante qualche “mela marcia” fosse rimasta comunque ….”
“Tutto qui? Nessun altro fra i tuoi ex compagni?”- tentando di andare a fondo.
“Screzi di poco conto …”- si alzò accostandosi alla finestra.
La neve continuava la sua danza silenziosa iniziando a ricoprire la strada.
In quale occasione Oscar si era comportata stranamente, in maniera azzardata, aveva fatto di testa propria scatenando l’ira di qualcuno in particolare? … un superiore, per esempio.
Lasciò che la mente vagasse fra i diversi ricordi.
Come nel tentativo di attraversare una galleria lunga e buia, mille immagini si susseguirono. Ogni tanto gli venne da sorridere ripercorrendo attimi indimenticabili. La sua Oscar.
 … ed ecco una sorte di spiraglio di luce …
“Bouillè!”- pronunciò.
“Prego?”- Bernard alzò gli occhi.
“La sfida per diventare Capitano delle Guardie Reali …. Gli ordini rifiutati in occasione della Convocazione degli Stati Generali … Il ballo organizzato per lei … “
“Chi sarebbe?”
“L’uomo a capo di tutti i corpi militari … “- aggrottando la fronte.
“Ne sei certo?”
“No … ma credo di conoscere veramente pochi personaggi viscidi e vendicativi quanto lui. Quello degli Stati Generali non lo dimenticherò mai!!”
Bernard intravvide nei suoi occhi una rabbia indescrivibile.
“D’accordo!  Vedrò di informarmi”- ripose le tazze nel secchiaio ed afferrato il mantello ­–“Coraggio, muoviamoci.”
“Ragazzi …. Dove andate di bello?”- Rosalie fece il suo ingresso in casa.
“Dobbiamo metterci al lavoro. Abbiamo già perso troppo tempo.”- Andrè infilò la giacca.
“Aspetta!”- gli disse la giovane –“Rientrando mi hanno consegnato questa. E’ indirizzata a te”- porgendogli una busta.
Chi mai poteva avergli scritto? Il Generale Jarjayes forse? O Beatrice?
Aprì lentamente e lesse – “E’ di Mornay”
Rimasero in silenzio nell’attesa che terminasse.
Il braccio  ricadde sul fianco stringendo quel foglio nella mano. Gli occhi spalancati –“Maledetto!”
“Che succede?”- Bernard si avvicinò.
Gli allungò la lettera –“Forse i miei sospetti non sono del tutto infondati!!”
“Caspita! Non posso crederci.”- leggendo –“a questo punto potremmo essere veramente sulla giusta strada”
“Dobbiamo trovare Damien Morel. E arrivare a Bouillè!”- odio, un odio incredibile per quell’essere che mai gli era andato a genio.
Forse tutta la nebbia che aveva avvolto fino ad allora la tragedia di Le Conquet con l’incendio di casa Jarjayes, il ferimento di Madame Emilie ed il rapimento di Oscar cominciava a dissolversi.
Le mani dei due giovani si incrociarono stringendosi forte –“Ce la faremo!”- sorridendo ad Andrè.
 

Rimase immobile in quell’angolo quasi trattenendo il respiro. Gli occhi stretti.
“No, no!” – si disse tendendo l’orecchio.
Alain battè ripetutamente il pugno sulla porta.
“No … ti prego!”- tremando – “Che cosa vuoi Alain? Mi hai già cacciata! Che cosa cerchi ancora?”- i pensieri bruciarle nella testa come le ferite sulle mani e le ginocchia.
Sbirciò attraverso una finestra nel tentativo di scorgere la ragazza.
Tutto chiuso e buio.
Sollevò lo sguardo verso la parte alta dell’edificio. Le tende oltre i vetri come le avevano lasciate il giorno che si era trasferita da lui.
Balzò in piedi terrorizzata quando udì la mano di Alain sulla maniglia tentare di entrare.
Ancora alcuni colpi all’uscio.
Indietreggiò non soddisfatto scrutando nuovamente oltre i vetri.
Niente. Leah non c’era.
Eppure qualcosa in cuor suo non lo convinceva.
Non poteva essere. La sensazione che lei fosse in quella casa era troppo forte.
Indubbiamente la sua reazione era andata oltre le righe. Non poteva farci nulla. Lui era così. Forse però avrebbe potuto chiederle spiegazioni prima di cacciarla in quella maniera.
Leah era una ragazza sensibile. I suoi modi potevano averla spaventata.
Ritornò sulla soglia picchiando ancora i pugni sulla porta –“Leah! Leah!”- chiamò.
“Vattene, vattene”- sibilò. Il cuore pulsare quasi a voler esploderle in petto, un nodo alla gola, la lacrime incalzare dietro gli occhi.
Rassegnato diede un’ultima occhiata, poi afflitto si allontanò.
 

Non distolse lo sguardo dalla finestra.
Fuori imperversava una vera e propria tormenta.
Il vento fischiare attraverso le sottili fessure.
“Mi spiace non avervi trovato nel letto questa mattina”- fermo davanti alla porta.
Oscar non disse una parola.
“Devo complimentarvi con voi. Avete adempiuto pienamente ai vostri doveri coniugali. Spero vivamente che questa notte non manchiate all’appuntamento. Quale consorte devo rammentarvi che avete l’obbligo di fronte a Dio di compiacere vostro marito …”
“Avete finito?”- lo interruppe bruscamente –“Vedete di smetterla ed uscire dalla mia camera”
“Sapete che certi toni non sono di mio gradimento e soprattutto non sono rispettosi nei miei confronti”
“Quale rispetto dovrei portare? E a chi? A voi? Ma fatemi il piacere!”
Avanzò con fare minaccioso –“Sempre altezzosa”- afferrandola per un polso.
“Dio, quel Dio che tanto citate un giorno vi punirà per quanto male perpetrate senza tregua!”- con uno strattone si liberò dalla presa.
“Se vi riferite all’accaduto della scorsa notte non ero assolutamente a conoscenza delle sue intenzioni”- a giustificarsi –“… e comunque vista la vostra ostinazione a non essere remissiva nei miei confronti non posso che plaudire al gesto”.
Il suono di un sonoro schiaffo risuonò schioccando nell’aria della stanza zittendolo.
“Siate maledetto!”- sputandogli in pieno viso.
Bouillè si passò la mano sulla guancia  furioso –“Ci penserò io a farvi passare tanta arroganza e presunzione.
Nelle mie mani cambierete atteggiamento, vedrete. Presto sarete docile come un agnellino!”
“Ne avete ancora per molto? Quella è la porta!”- mostrando l’uscita.
Il Generale di fronte a lei – “Con quanto io vi odi, trovo siate terribilmente eccitante quando vi adirate”
Oscar balzò in piedi.
Bouillè la cinse allora per la vita attirandola a sé.
Le braccia a respingerlo sul petto –“Lasciatemi subito!”
La bloccò contro la parete premendo il corpo contro quello di lei bramando la sua bocca –“Mi fate impazzire”
Tentò disperate di divincolarsi.
Quelle labbra umide posarsi ripetutamente sul suo collo –“Vi voglio! Ora!”
Sgranò gli occhi terrorizzata a quelle parole.
La presa forte, poderosa. La trascinò sul letto.
“Smettetela!”- scostando il volto a destra e sinistra.
Una di quelle grosse mani la tennero ferma per i polsi mentre l’altra vogliosa, s’infilò all’interno della camicia tastandole un seno.
Il peso dell’uomo le fece mancare per un attimo il respiro.
“Siete pazzo! Lasciatemi andare subito!”
“Non ci penso assolutamente. Siete mia moglie. Me lo dovete!”- scorrendo le dita sul ventre –“Ogni volta che vorrò, ogni volta. Notte o giorno che sia”
“Non vi è bastata questa notte?”- un diversivo.
“No! Vi voglio adesso!”
 Le slacciò i pantaloni.
“O mio Dio!”- dentro di sé.
Renèe non poteva aiutarla come la notte precedente.
 Era in trappola.
Sentì la mano spingersi fra le gambe.
Cominciò a sudare freddo.
 

I tentativi di rintracciare Bouillè a Brest non andarono a buon fine.
“Siete stato furbo”- i pensieri di Morney , in giro per la sua solita ispezione quotidiana attraverso le stalle e per i recinti,  costantemente focalizzati su quell’uomo –“Non avete perso tempo a lasciare la cittadina! Siete un vile!”
Doveva assolutamente convincere Augustin a ravvedersi –“Sciocco di un asino!”- mormorò trovandosi di fronte all’abitazione dei Jarjayes.
Bussò.
“Buongiorno Signore. Accomodatevi”- Nanny sempre accogliente.
“Buongiorno. Come stà Madame oggi?”
“Oh Signore, sempre meglio. Questa mattina Thomas l’ha visitata e ha riscontrato ulteriori miglioramenti. Le ha consigliato di iniziare a deambulare con un solo bastone”
In quell’istante Emilie apparve sulla porta della sala –“Vincent, buongiorno!”
Morney accennò ad un inchino –“I miei omaggi. Siete raggiante quest’oggi”
“E voi siete un terribile bugiardo”- sorridendo.
“Dovreste oramai conoscermi. Non è mia abitudine mentire”- andandole incontro.
“Lo so, scherzavo naturalmente. Siete un adulatore”- sedette sulla poltrona –“Gradite un caffè?”
“Volentieri, grazie”
“Sono certa che la vostra visita non sia solo motivo per accertarvi della mia salute”
“In effetti vorrei fare quattro chiacchiere con voi e il Generale”- facendosi serio.
“Oscar, vero?”
Annuì –“Ditemi. Cosa pensate di Bouillè? Vi prego, siete sincera”
Emilie si appoggiò allo schienale –“Volete sapere se mi garba come uomo? No, da sempre. Ma avendo a che fare con mio marito ho dovuto accettare la sua presenza quasi costante nella nostra vita. Del resto è lui a capo delle forze armate. Ritenuta dai Reali persona integerrima, dalle incredibili capacità di comando e strategico-militari.”
“Lo conoscete molto bene allora”
“Non saprei se dirvi per fortuna o purtroppo”
“Mh…”- mugugnò lisciandosi il mento.
Augustin si presentò nella stanza –“Vincent, buongiorno”
Mornay si alzò in piedi –“Generale”
“Comodo, comodo. Avete visto la mia Emilie come migliora giorno dopo giorno”- le mani sulle spalle della consorte.
“Non posso che gioire. Thomas ha fatto veramente un miracolo. Senza togliere nulla a Madame per la costanza e la volontà di venir fuori da una situazione non poco complessa”
Emilie sollevò lo sguardo verso il marito mandandogli un bacio.
“Ma ditemi. Siete qui per qualche novità?”
“Soprattutto per questo”- appoggiandosi con i gomiti sulle ginocchia –“Ho valide ragioni di credere sempre più che in questa storia sia coinvolto il vostro tanto difeso Bouillè!”
“Generale Bouillè”- sottolineò.
“Cambierete ben presto opinione sul quel doppiogiochista!”
“Non vi permetto di usare termini poco appropriati”- stizzito.
“Aprite gli occhi Augustin! Quell’uomo ha fatto pedinare vostra figlia e tutta la famiglia già prima che vi trasferiste a Le Conquet!!”
“State farneticando!!”
“Maledizione!!”- battendo un pugno sul bracciolo della poltrona –“Voi non volete ascoltarmi! Ma cos’avete nel cervello? Pigne?”
“Mornay! Vi siete ammattito? Non vi permetto di…”
“Ma piantatela una buona volta e aprite gli occhi! Stiamo parlando di vostra figlia. Per quale assurdo motivo vi ostinate a difendere quel bastardo?”- sbraitò.
Il Generale osservò paonazzo dalla rabbia Vincent. Quell’uomo non si era mai sbilanciato verbalmente. Aveva dato un lavoro ben remunerato ad Andrè, messo a disposizione di Emilie e sua una nuova abitazione, si stava esponendo economicamente per la ristrutturazione della casa andata a fuoco ed ora aveva sguinzagliato i suoi uomini alla ricerca di indizi che potessero condurre al rapimento di Oscar. Possibile allora che il suo fosse un clamoroso abbaglio?
Madame strinse una mano al marito –“Augustin, perché non siedi a senti cos’ha da dirti il signor Mornay? Magari è in errore, ma dagli almeno la soddisfazione di ascoltarlo. Poi potrai prendere una decisione in merito”
Sbuffò irritato ma seguì il suggerimento della moglie.
“E sia. Parlate dunque”- sedendo.
“Si è servito di un certo Damien Morel, uno molto astuto. Ha fatto pedinare vostra figlia ed Andrè già a Parigi, dopo l’ abbandono dei Soldati della Guardia. Oscar è risultata essere una disertrice, ma quello che sicuramente ha irritato maggiormente Bouillè dev’essere stato il fatto che si sia trascinata dietro tutti i suoi uomini e soprattutto che si sia unita ai rivoltosi. A mio parere covava già astio nei suoi confronti in precedenza, ma non ne conosco le motivazioni, e sicuramente anche nei vostri tanto da seguirvi fino a Le Conquet”
“Tutto questo è pazzesco!”
“I pedinamenti si sono susseguiti dopo il vostro trasferimento. Avrà sicuramente assoldato qualcuno o forse più di uno per tendervi la trappola dell’incendio”.
“Ehm … Generale “- Nanny piccola piccola si fece avanti –“… scusate l’intromissione …”
“Che cosa vuoi?”- volgendole lo sguardo.
“Ecco, veramente … non ve l’ho mai detto ma un giorno si è presentato un tale piuttosto misterioso. Mi pare stesse cercando un alloggio per la notte. Philip ed io rimanemmo alquanto stupefatti che fosse arrivato fino alla villa. Non aveva senso spingersi fino alla scogliera invece di proseguire per il centro del paese per trovare una locanda”
“Cosa?”- scioccato.
“Ne siete certa?”- Mornay strinse i braccioli della poltrona.
“Si Signore. Sarò anche vecchia ma non sono ancora rincitrullita e non mi manca sicuramente la memoria. Potete chiedere anche a Philip. Fu lui il primo ad incrociarlo”
“E cosa fece?”- Augustin volle andare a fondo.
“Chiese un bicchiere d’acqua. Faceva caldo. Squadrò la casa e poi si rimise in viaggio “
“Vi disse dove stava andando?”- la interrogò Vincent.
“Suppongo alla ricerca di un posto per dormire”
Il Generale lanciò un’occhiata a Mornay.
“Allora …. allora non vi state sbagliando”- quasi scusandosi.
“Vi siete convinto finalmente?”
 

“Non siete una donna che prende molta iniziativa!”- la bacchettò strusciandole le labbra sul collo –“sapete di buono Oscar… sapete di femmina”
Divincolandosi liberò un braccio e il pensiero in quella situazione fu uno solo.
“Ahhhh!”- un verso di dolore riecheggiò nella stanza.
La mano stringere con forza il cavallo dei pantaloni di Bouillè tanto che il Generale non ebbe nemmeno la forza di respirare.
“Se non volete che riduca ad una spremuta i vostri gioielli di famiglia toglietevi di dosso immediatamente!”- gli bisbigliò all’orecchio –“Giuro che farò in modo che possiate scordarvi per sempre di avere degli eredi”
“Mollate …”- con un filo di voce strozzata.
“Ora mi direte cose siete venuto a fare, poi ve ne andrete e mi lascerete in pace”
“Volevo comunicarmi che dovrò recarmi a Parigi per alcuni impegni. Rimarrete sola ma vi farò sorvegliare a dovere. Per quanto riguarda chi sapete verrà quotidianamente a controllarvi”- pronunciò il discorso tutto d’un fiato.
Mollò la presa. Lui si fece da parte inginocchiandosi ai piedi del letto dolorante –“Che cosa vi prende? Ieri sera non avete obiettato. Anzi, vi siete concessa volontariamente ed ho goduto del vostro candore senza alcun ostacolo da parte vostra”- ripiegato su se stesso.
“Ieri notte è trascorsa. Ora le cose sono differenti”
“Credete veramente? Vi avrò ancora, e ancora fino a quando non avrò il mio erede e successivamente ogni qualvolta io voglia soddisfare le mie necessità”
“Andatevene!”- risistemandosi ed allontanandosi da lui.
Bouillè poggiò una mano sul letto quale aiuto per sollevarsi –“Ha ragione quell’uomo. Siete astuta, anche troppo. Riprenderemo presto il discorso.”- si diresse quasi accartocciato verso la porta –“Avete vinto solo questa partita Jarjayes!!”
Rimasta sola avvampò dalla vergogna per aver compiuto quel gesto inconsulto pur di potersi difendere. Scoppiò in lacrime –“Maledetto! Non mi avrete mai, mai, per nessun motivo al mondo, soprattutto ora che avete portato via il mio Andrè!”
Quelle splendide farfalle tornarono a farsi sentire nel ventre.
“Si amore mio, sono qui, sono qui con te. Non temere”- la mano lieve lisciò la leggera rotondità.
“Permettete?”- Renèe si affacciò.
“Finalmente una presenza amica. Venite avanti”
“Che diavolo gli avete fatto? Aveva l’aspetto di un cane bastonato”- rassettando il letto –“ Vi ha messo le mani addosso?”
“Ci ha provato”- continuando ad accarezzarsi la pancia.
“A mio parere siete perfettamente in grado di difendervi. Non che io non contribuisca più….”- le strizzò un’occhio –“ma nel caso non possa intervenire …”
Sorrise.
“Non immaginate quanto siate bella quando sorridete. Il viso vi brilla che è un piacere osservarvi”
“Ditemi, veramente parte per Parigi?”
“Non ve l’ha forse comunicato?”
“Renèe, ora ho veramente bisogno del vostro aiuto”
La donna arricciò il naso –“Cosa dovrei fare?”
“Dovete venire con me in giro per il castello, mostriate uscite, cunicoli, passaggi strani. Ho necessità che mi indichiate esattamente quanti uomini sorvegliano l’edificio. Ogni piccolo dettaglio può fare la differenza”
“Avete forse intenzione di fug…”- le tappò la bocca.
La donna comprese il gesto ed ammutolì annuendo.
“Dovete spiegarmi cosa ci sia oltre queste mura, quanto disti il primo paese …”
“Siete al corrente che verrà quel mostro ogni giorno?”- preoccupata.
“Diverrà il male minore non appena avrò un quadro completo mettendo assieme le varie informazioni che riuscirete a darmi”
“Siete certa di quello che dite?”
“Quello che è accaduto la scorsa notte ha cambiato la situazione. Non ho più nulla da perdere”- si accostò alla finestra scostandone le tende.
“E il bambino? Avete pensato alle vostre condizioni?”- avvicinandosi a lei.
“Ho tempo a sufficienza per studiare tutto in ogni minimo particolare”- si volse –“Voi verrete con me!”
La donna la fissò allibita –“Scherzate?”
“No, non potete continuare a vivere con un mostro del genere”
“E cosa farò fuori di qui?”
“Vi porterò con me a Le Conquet”
“No Oscar, vi ringrazio. Sarei solo d’intralcio ai vostri piani. Sono vecchia. Non sto poi male qui”- la rassicurò.
“Ma Renèe …”
“Non preoccupatevi. Vi aiuteròa raggiungere il vostro scopo ed al momento opportuno vi coprirò le spalle”- stringendole le mani.
 

Scostando appena le tende lo vide allontanarsi.
I battiti del cuore accelerati.
“Pensa Leah, pensa!”- sedette per un istante sul letto rosicchiandosi le unghie –“Si, devo comunque passare da Madame Bertin, avvertirla che non potrò più lavorare per lei e ritirare l’ultima paga. Un biglietto … si, un biglietto per l’Inghilterra non costerà poi così tanto … potrò dormire anche sul ponte….”
Scese in cucina a rovistare nella credenza alla ricerca di un qualcosa per sistemare le ferite alle ginocchia.
Ripiegò le sue poche cose riponendole nella sacca. Aprì la scatola dove teneva tutti i suoi risparmi, li contò e la richiuse infilandola tra la poca biancheria appena sistemata.
Sbuffò accorgendosi di non avere più  il suo fermaglio. In una qualche maniera comunque riuscì a raccogliere i capelli. Si riavvolse nello scialle di lana e dopo aver sbirciato piano piano dalla porta, la richiuse dirigendosi all’Atelier.
Trattandosi del giorno libero di Diane fortunatamente non l’avrebbe incrociata.
 

Dovette quasi coricarsi sul divanetto.
“Me la pagherete!”- ancora dolorante.
Quell’ombra si palesò di fronte a lui.
“Voglio che vi facciate annunciare. Dove credete di essere?!”- sbraitò.
“Desumo che qualcosa sia andato storto”
“Andate a quel paese. Non vi sopporto più. Voi e la vostra stupidissima idea di far fuori quell’uomo. Avete usato la testa almeno questa volta? Quella donna quasi mi staccava tutto…”- massaggiandosi nelle parti basse.
“Pratiche amorose azzardate?”
“Ma cosa diavolo state dicendo. L’ho posseduta una notte ed ora tutto sarà più difficile. E’ inavvicinabile”
“Tranquillizzatevi. Non ditemi che non siete capace di tenerle testa”- sogghignò.
“E’ astuta, molto!”- aggrottando la fronte.
“Ascoltate. Fate tranquillamente il vostro viaggio a Parigi. Quando rientrerete, con calma, sono certo che la soggiogherete”
Una manna quelle parole. Le labbra di Bouillè si tirarono in un sorriso malizioso.
“E nell’ipotetico caso la vostra prima notte abbia dato i suoi frutti … avrete nuove possibilità”
“Di cosa?”-
“Di ricatto. Riuscite ad immaginare anche solo in minima parte come potrete tenerla nella vostra ragnatela?”
“Siete diabolico!!”- rialzandosi.
“Cosa non farebbe una madre per il proprio figlio ….”
 

Intascò le ultime monete.
“Cara mi spiace immensamente tu debba partire. Nel caso cambiassi idea la mia porta sarà sempre aperta. Stò perdendo una ricamatrice eccezionale. Non credo proprio di riuscire a rimpiazzarti”
Per fortuna Madame Bertin non amava, stranamente, i pettegolezzi. Persona riservata non si spingeva mai oltre quella soglia del privato delle sue lavoranti.
“Vi prego di salutare le altre”- lasciando la sartoria.
“Leah …”- richiamandola le aveva donato un cappotto ed un cappellino –“Immagino il viaggio sarà lungo. Fa molto freddo. Meglio coprirsi”
Un abbraccio, sincero, affettuoso –“Grazie di cuore!”
“Abbi cura di te. Buona fortuna”.
Prima di rientrare nella sua vecchia casa azzardò a fermarsi ad acquistare un paio di mele, alcune patate e chiese se le potessero regalare del pane secco.
 Lasciò le tende tirate, buttò un paio di ceppi per accendere il fuoco.
Alain non sarebbe più tornato.
Preparò del brodo caldo e sedette a sorseggiarlo accanto al camino. Avrebbe dovuto attendere che almeno smettesse di nevicare per riuscire a mettersi in viaggio.
Si avvolse poi in una coperta e stanca prese sonno.
 

Una lunga chiacchierata con Renèe finalmente permise ad Oscar di avere una prima visione delle caratteristiche del castello, delle abitudini del personale e cosa più importante, dove fosse collocato.
Le prime abitazioni distavano circa un’ora di strada.
Attorno alla fortezza, il nulla se non le pendici ripide ed innevate delle Alpi.
Dovevano aver ecceduto il suo giusto nelle dosi per farla dormire  da non riuscire ad aprire gli occhi per tutto il viaggio da Le Conquet. Quanto potevano averci impiegato? 15 , 20 giorni? Indubbiamente doveva aver viaggiato in una carrozza piuttosto comoda e sicuramente in compagnia di qualcuno che la tenesse stordita.
Ora i ragionamenti si facevano più chiari nonostante non riuscisse a ricordare il benché minimo particolare di quanto seguito all’incendio. Quello si, lo rammentava bene.
Figure scure si erano introdotte nella sua stanza tappandole la bocca. Vetri rotti, le urla di sua madre, il fuoco che in breve aveva inghiottito la sua stanza.
L’ultima immagine chiara quella di un’intera ala della villa avvolta dalle fiamme vista da lontano. Poi legata e bendata era caduta in un sonno profondo.
Aveva pianto quella sera. Le tornò in mente la serata trascorsa a cena da Victor. Le avances, la lotta, la fuga.
Se non fosse andata …
Andrè alla tenuta di Mornay, lei sola con la sua disperazione.
Sarebbe accaduto comunque, che lui ci fosse stato o no. Stabilito dal destino nulla lo avrebbe impedito.
A questo punto era del tutto inutile recriminare sul passato.
Doveva lottare e vivere per quel figlio che giorno dopo giorno cresceva nel suo grembo.
Glielo doveva. Aveva il diritto di nascere!
Lo doveva a se stessa che aveva compreso quale fosse ora lo scopo della sua vita.
Lo doveva soprattutto al suo unico e grande amore. Lo doveva ad Andrè.
 

Il vento gelido fischiare sferzando le strade di Parigi.
I due giovani si recarono al giornale nella speranza che qualcuno dei presenti fosse a conoscenza di qualche notizia su Bouillè.
“Dovrei rivolgermi a Robespierre o a qualcuno dei suoi scagnozzi”- a testa bassa per ripararsi.
“Magari in serata da Du Bois  potremmo domandare al curato ….”- con tono quasi rassegnato.
“Non preoccuparti Andrè, vedrai che ci arriveremo in fondo”- alzò improvvisamente gli occhi –“Alain!”
“Non c’è, a casa sua è tutto chiuso come lo abbiamo lasciato tempo fa”- rivolgendosi all’amico.
“Dai, rientriamo. E’ impossibile girare con questo tempo”
“Concordo. Rinviamo tutto a questa sera. Ci troviamo alla taverna alla solita ora”- propose Bernard.
Un saluto veloce e le loro strade si divisero.
Aain battè gli stivali davanti all’entrata per liberarsi dalla neve.
Andrè lo seguì a ruota.
Scrollò il mantello e dopo averlo appeso sedette. I gomiti sulla tavola, il viso tra le mani – “Ho fatto lo sbaglio più grande della mia vita!”
Osservò l’amico in silenzio.
“Non avrei dovuto cacciarla. Sono stato uno stupido!”
“E’ bene riconoscere i propri errori perché è da lì che si impara a non commetterne più di simili”
“Le avevo giurato che non avrei mai alzato le mani su di lei. Ma è come se lo avessi fatto!”- disperandosi.
“Sei passato alla sartoria?”
“No. In effetti non ci ho pensato”
“Magari si è fatta viva”- accomodandosi.
“Ehi … ma dov’è Diane? Oggi è il suo giorno libero. Dovrebbe essere a casa”
“Forse è uscita a comperare qualcosa”
“Con questa bufera?”- alzatosi, Alain passò una mano sul vetro della finestra appannato.
 

Non era potuta rimanere in casa con le mani in mano.
Quei due avevano combinato un bel guaio –“Vorrei tanto capire cos’abbiano nella testa”.
Era cresciuta con le maniere burbere di suo fratello. Era fatto così, s’infiammava per un non nulla.
Indubbiamente l’accaduto non era cosa da poco.
Non che Andrè fosse indenne da colpe –“Ma mi dico. Possibile che a volte basti una gonna sventolante da cadere in brodo di giuggiole? So bene che entrambi amino le loro donne … ma dannate tentazioni!”
La neve sempre più copiosa.
“Leah dove sei?! Spero solo tu non faccia sciocchezze”- la strada stava diventando impraticabile.
Il vento soffiare talmente forte da impedire la visibilità.
Un attimo.
Una distrazione del cocchiere.
Diane scivolò.
La carrozza sbandò urtandola rovinosamente.
Non ebbe il tempo di rendersene conto.

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Capitolo 49
*** SILENZIOSO ADDIO ***


“Suvvia Augustin, smettila di camminare nervosamente avanti e indietro per la stanza. Credi forse di dare una risposta ai mille interrogativi che ora ti frullano nella testa?”- Madame si levò dalla poltrona facendo forza sul bastone.
Il Generale le si accostò per aiutarla.
“Ce la faccio, non preoccuparti. E per cortesia, stai affumicando l’intero salotto!”
“Perdonami. Non riesco proprio a capacitarmi delle parole di Mornay”- riponendo la pipa sul tavolino.
“Non comprendo il tuo stupore”- facendo qualche passo.
“Per cortesia.  Dubbiosa pure tu?”- allibito per l’atteggiamento della consorte.
“Non ti ho mai nascosto il disgusto provato per quell’uomo”.
“Emilie!”- incredulo rimase a bocca aperta –“Il Generale Bouillè ha fatto molto per la carriera di nostra figlia!”
“Con il suo tornaconto”- scostate le tende rimase ad osservare Vincent intento a dare ordini ai suoi uomini.
Fissò a lungo la moglie.
Sempre in disparte, senza mai contraddire le sue decisioni, aveva cresciuto amorevolmente e con tanta dedizione le sue figlie.  E per lei,  per Oscar, l’ultima, una vera predilezione. Gli aveva permesso in silenzio di crescerla come un ragazzo. Una famiglia così importante, di un generale non poteva non avere un figlio maschio, ne valeva del proprio onore. Quanto, quanto aveva sofferto per quella stupida decisone. E nonostante tutto aveva accettato quella scelta infelice. Si, infelice condizionando la vita di ogni singolo componente della famiglia e soprattutto di loro due, madre e figlia. Mornay si era permesso di dargli “dell’asino”. Già, forse aveva ragione.
Annuì accennando ad un sorriso. Le prese una mano.
Madame si volse.
“Lo credi veramente possibile di un gesto così vile?”
Quegli occhi così dolci di moglie e madre incrociarono i suoi.
 

Scese le scale, si ritrovò lungo un corridoio come le aveva indicato Renèe.
Uditi dei passi, tese l’orecchio.
“Madame …”- un uomo incrociandola accennò ad un saluto chinando la testa.
“Dove conduce il portone alle vostre spalle?”- pur conoscendo la risposta grazie alla domestica.
“Al giardino interno … gradite vederlo?”
Non aspettava altro –“Grazie”.
Di fronte a lei uno splendido angolo che in primavera e nelle soleggiate giornate estive doveva essere di un  verde meraviglioso, con tanto di aiuole sicuramente fiorite ed un paio di fontane al momento non  funzionanti.  Attorno mura alte ed imponenti sorvegliate di continuo lasciavano a malapena di intravvedere le cime imbiancate dei monti circostanti.
“Permettete,  sta ancora nevicando e fa molto freddo, non credo sia consigliabile passeggiare all’esterno”.
“Potreste prestarmi il vostro mantello? Vorrei prendere una boccata d’aria”- doveva uscire e guardarsi bene attorno.
L’uomo le porse l’indumento.
Sollevò il cappuccio a coprirsi oltre la fronte.
Un passo.  Lo stivale affondò frusciando nello strato di neve. Sollevò lo sguardo. Una danza di mille cristalli come farfalle volteggiare in un silenzio ovattato posandosi sul suo volto.
Lasciò correre gli occhi lungo il perimetro della cinta muraria visibile. Doveva esserci un altro spazio aperto, non poteva esistere solo quel fazzoletto di giardino. Riportò l’attenzione sulle pareti concentrandosi in un punto preciso. Un volto conduceva al magazzino delle provviste.  Renèe le aveva raccontato di un  paio di carretti provenienti dal paese più vicino che ogni dieci giorni venivano con nuove scorte. Le porte del locale e quelle di un’uscita-entrata secondaria sarebbero rimaste aperte per circa mezz’ora per permettere lo scarico della merce ed il carico dei vuoti. Ogni dieci giorni.  La prossima occasione il fine settimana. Perfetto.  Bouillè sarebbe partito l’indomani.  Avrebbe avuto tre giorni per organizzare il tutto.
Ripercorse con lo sguardo le mura controllando quanti uomini si susseguissero durante la guardia ed il tempo intercorso tra un cambio e l’altro.
“Madame … rientrate “- la voce dell’uomo la richiamò.
Oscar gli porse il mantello –“Vi ringrazio”.
Si addentrò in alcune stanze poste al piano terra cercando di imprimere nella memoria quante persone vi circolassero e da quante fossero sorvegliate.  Poi  ripercorse  il tutto al contrario calcolando i tempi fino a fare ritorno nella sua stanza.
Richiuse la porta. Un brivido di freddo le attraversò la schiena. Afferrò la coperta di lana ripiegata ai piedi del letto e vi si avvolse.
Nuovamente quella straordinaria sensazione di mille farfalle accompagnata da una sorte di formicolio.
Renèe fece il suo ingresso –“Vi ho portato del the caldo qualche biscotto. Dovete mangiare un po’ più spesso o non riuscirete a stare in piedi. Quel frugoletto deve crescere. Possibile che non abbiate mai fame? Siete così magra!”
“Cattive abitudini dei soldati”- sorrise addentando uno di quei dolcetti appena sfornati.
“Dovete avergli dato una bella strizzata. Non si è ancora mosso dalla sua stanza. Ho dovuto portargli la colazione. Avreste dovuto vederlo, a gambe aperte appoggiato alla testiera del letto”
“Mi auguro di non aver esagerato. Ho assoluto bisogno che si metta in viaggio quanto prima”- perplessa.
“Siete sicura?”
“E quando altrimenti? “
“Fuori imperversa una vera bufera di neve. Non riuscireste a percorrere nemmeno una parte della strada fino al primo paese. Non siete sicuramente nelle condizioni per poterlo fare”
“Renèe, io devo andarmene. Non intendo trascorrere un solo giorno di più in questo luogo”.
“Non farà ritorno prima di Natale … anzi …”
“Questo non cambia nulla”
“L’inverno è alle porte. In questo luogo non c’è veramente da scherzare. Trovarsi la fuori or ora significherebbe morire assiderata”
“Cercate forse di dissuadermi?”- irritata.
“Non  ci penso assolutamente. Splendesse un bel sole primaverile …”
“Non intendete darmi più il vostro prezioso aiuto?”- riponendo la tazza sul tavolino.
“Che dite! A me preoccupa quella maledetta ombra e mi sta soprattutto a cuore la vostra salute. Non potete assolutamente permettervi di perdere questo figlio”
Uno sguardo. All’improvviso ebbe come l’impressione di avere di fronte a sé Nanny.  
“I miei bambini” nel tempo si era trasformato ne “i miei ragazzi”. Dio, quanto le mancava! Se fosse mai riuscita a tornare  casa come avrebbe potuto dirle che suo nipote, il suo Andrè non c’era più?
Le sarebbe piaciuto che Renèe scappasse con lei.
 

Barcollò.
Portò una mano dietro la testa dove il dolore andava diramandosi velocemente .
L’equilibrio precario.
Osservò il palmo della mano sporco di sangue.
Gli occhi riversarsi all’indietro, le gambe cedere.
Ricadde di peso in mezzo alla neve. Il volto su di un lato. Gli occhi sbarrati.
Qualcuno scese per un attimo dalla carrozza –“Maledizione!”.
Il candore attorno a lei macchiarsi di rosso accanto al capo.
“Ehi, voi”-
Colto da terrore, risalì velocemente –“Vai, vai!”- gridò.
“Dove andate, vigliacco!!”- Yvy si inginocchiò su Diane –“Coraggio, ora cerchiamo aiuto”-
Non si azzardò a sollevarla. Rimase scioccata vedendo quel manto bianco diventare scarlatto.
Jerome prese a rincorrere la carrozza –“Fermati maledetto!”
Gerard accanto alla sorella –“La conosci?”
Gli occhi lucidi –“E’ Diane, la sorella di Alain!”
“Cosa?”- scioccato.
“Rimani qui accanto a lei”-
“Dove vai?”
“Vado a cercare Alain. Se non ricordo male abita non molto distante da qui”
“Che facciamo con lei?”
“Non muovetela. Di a Jerome di andare a chiamare un dottore”
Il fratello annuì.
Yvy  osservò la giovane riversa a terra. Il respiro corto.
Doveva fare in fretta.
La corsa veloce nonostante  la strada non fosse nelle condizioni migliori per farlo. Il cuore in gola.
Girato l’angolo, ecco.
Due colpi decisi alla porta –“Alain apri!”
 

“Mi par di capire che non siate nemmeno in grado di tener testa ad una donna!”- camminando di fronte alla scrivania.
“Andate all’inferno! “- cercando di sedersi il più comodo possibile. Allentò i pantaloni infilando una mano all’interno. Il viso contratto in una smorfia tra dolore e fastidio.
“Ma guardatevi”- un accenno di risata.
“Tacete. Ultimamente mi state procurando solo noie e problemi”
“Forse i vostri piani non stanno andando in porto? Mi pare che ogni obiettivo sia stato raggiunto”.
“Avete un bel coraggio …”
“Solo perché quella donna questa mattina vi ha dato delle grane?”
“Pregate Dio o chi volete che un erede sia già in porto nonostante una sola notte o giuro che vi strapperò i denti uno ad uno e ve li conficcherò in gola!”
Tra le pieghe del mantello s’intravvide il luccichio di una lama.
“Le vostre minacce non mi fanno un baffo. Comincio sinceramente ad essere stanco ed alquanto infastidito dei vostri errori. Vedete di sorvegliare bene mia moglie durante la mia assenza”- lo ammonì.
“Se solo mi permetteste di rimanere anche durante la notte potrei gestire al meglio la situazione”
Scoppiò in una risata –“E cosa pensate che possa fare? Fuggire forse? Da questa fortezza e con il tempo che imperversa in questo periodo dell’anno?”
“Siete un povero illuso”
“Basta!”- sbottò -“Farete come ho stabilito. Solo di giorno. La vostra presenza la notte non farebbe che metterle ansia ed innervosirla. Desidero che riposi serenamente”
“Vi siete trasformato in un agnellino? La vostra non è di certo una scelta saggia”.
“Così ho deciso” – seccato – “Ed ora toglietevi dai piedi. Ho ben altri pensieri al momento che dare ascolto al vostro farneticare!”- massaggiandosi il cavallo dei pantaloni.
“Dovreste cogliere l’ultima occasione prima di mettervi in viaggio. Possibile che uno imponente come voi non sia capace di …”
“Vi siete forse ammattito? Se tentassi a rimettere piede in questo momento in quella stanza metterei solo a repentaglio la mia mascolinità. Ci vorrebbe solo che in un tentativo di farla nuovamente mia possa evirarmi con un solo colpo ben assestato- Oh no, grazie, proprio non ci tengo”
“Pusillanime!”
Bouillè avvampò dalla rabbia –“Voi non avete nulla di umano. Siete una dannata creatura!!”
Si avvicinò al Generale minaccioso –“Badate, potrei trascinarvi nel baratro in men che non si dica!”
Balzò in piedi –“Pensateci bene nel caso vi sovvenisse la tentazione di farlo, succhiabudelle che non siete altro. Io vi pago profumatamente ad ogni respiro che fate. Non lo scordate!!!”
Indietreggiò – “Se non vi date da fare con quella donna tutto ciò sarà valso a ben poco”
 

“Chi diavolo …”- Alain rimase sbalordito –“Yvy che ci fai qui?”
“Presto ….Diane ha avuto un incidente!”
Andrè scattò sulla sedia facendola cadere a terra.
“Cosa stai dicendo?”- scuotendola per le braccia.
“Vieni di corsa. E’ qua vicino”
I tre si precipitarono in strada.
I cuori battere all’impazzata. L’ara gelida a graffiare le gole.
Un paio di vie. Poi girato un angolo …
Gerard chino sul corpo della giovane.
Alain si accostò con delicatezza quasi inusuale alla sorella – “Diane …”- le sussurrò scostandole una ciocca di capelli dalla guancia attraversata da un rigolo di sangue.
Il respiro a tratti. Gli occhi spalancati. Lo sguardo fisso.
Il volto pallido, quasi cianotico.
“Diane …”- chiamò nuovamente.
Jerome dopo aver rincorso per un breve tratto la carrozza ritornò sul posto con un farmacista.
L’uomo diede un’occhiata veloce –“ L’urto è stato troppo violento. Il dolore che sta provando in questo momento dev’essere terribile.”
“Andrè!”
“Si”
“Vai a cercare Pierre al giornale”
“Subito”
Si chinò accanto la sorella a posare quasi la faccia al suolo –“Diane …”
Silenzio.
Poi –“ …Alain … “- un rauco filo di voce.
“Sono qui”
Un respiro –“ … si … ti sento …”
“Diane, riesci a vedermi ?”-
“ … Alain … ho freddo …”
Poggiò un ginocchio a terra e si volse verso Yvy –“Trovami un medico, ti supplico!”
Annuì infilandosi velocemente fra le vie sferzate da vento e neve.
Tolse la giacca distendendogliela sulla schiena –“Ora arriva un dottore Diane. Resisti, ti prego”
Un nuovo respiro a fatica –“… ho tanto freddo”
Le prese una mano. Dio! Quant’era gelida!
Tentò di riscaldarla tra le sue sperando che un medico giungesse quanto prima.
Finalmente arrivò Pierre.
“Diane!”- gridò gettandosi quasi su di lei.
“No!”- lo bloccò Alain –“Non la toccare. Dobbiamo  attendere il medico”
Incredulo a quelle parole –“Tu sei pazzo! Non vedi che sta morendo?”
Lo fissò –“Non la toccare!!”
Quando finalmente Yvy fece ritorno con un dottore ad Alain parve che fosse trascorsa un’eternità.
Si chinò sulla ragazza. Scostò leggermente i capelli dietro la testa, poi li risistemò.
Volse lo sguardo verso Alain scuotendo il capo.
Strinse forte i pugni affondandone uno nella neve con violenza inaudita. L’impatto con il suolo gli provocò un dolore incredibile diramandosi per tutto il braccio.
“La porti via di qui. Non le resta molto. La porti a casa!”- gli suggerì l’uomo.
Alain delicatamente le mise una mano dietro il capo, la fece girare su di un fianco e piano piano la raccolse tra le braccia stringendola a sé.
Pierre inorridito e sconvolto lo affiancò in silenzio per tutto il tragitto fino a casa.
Yvy in un fiume di lacrime appoggiata al petto di Andrè, un braccio sulle spalle.
Un bacio poi un altro sulla fronte della sorella, il passo lento – “Diane non mi lasciare”- le sussurrò.
 

“Che intenzioni avete?”- Augustin sotto il porticato richiamò l’attenzione di Vincent.
“Vado a Parigi”- lo freddò –“Che vi piaccia o meno, che siate convinto o no del coinvolgimento di Bouillè , non ho alcuna intenzione di starmene con le mani in mano”
Sopraggiunse Emilie.
“Mi domando quanto vi importi in questo momento la sorte di vostra figlia!”
Il Generale si avventò su di lui afferrandolo per il collo della camicia –“Siete un impertinente. Non vi permetto di mettere in dubbio la preoccupazione soprattutto l’amore che nutro per Oscar …e suo marito!”
“Smettetela!!”- Madame s’intromise.
“Cosa vi ha promesso Bouillè in cambio della vostra devozione?”
La donna alzata una mano lo schiaffeggiò  - “Non vi permetto in alcun modo di mettere in dubbio l’integrità morale, la devozione  e l’amore verso la propria famiglia di mio marito”- furiosa.
Mornay si passò il palmo sulla guancia.
Gli occhi fissi in quelli di lei. Quanto orgoglio, forza, coraggio in quella donna.
“Perdonate”- senza mai abbassare lo sguardo – “Non volevo mancarvi di rispetto. Sapete bene che non ho peli sulla lingua. Ma al momento non mi date alcun motivo di pensare il contrario”- allontanandosi.
“Dove andate?!”
“Fra mezz’ora mi metterò in viaggio con alcuni uomini. Voi fate come vi pare!!”
Il Generale si volse verso la consorte.
“Vai! Se veramente è stato Bouillè quell’uomo dev’essere punito!”- gli disse.
 

Il vento cessò.
I fiocchi di neve lenti  nella loro discesa.
Oscar con la testa infilata nell’armadio a rovistare tra l’abbigliamento –“Dovrò prendere lo stretto necessario per stare al caldo e permettermi di cambiarmi alla prima tappa. Senza un cavallo sarà tutto più complicato”.
Il suo pensiero andò a Cesar -“Mio vecchio e fedele amico, ci vorresti proprio tu. Chissà quando potremo cavalcare nuovamente assieme”
Un sussulto nel ventre ed ancora quella incredibile sensazione di farfalle –“Ce la faremo, vedrai”- abbassando lo sguardo e passando una mano sul grembo.
Carica, si! Si sentiva piena di energia . A differenza dei mesi precedenti durante i quali stanchezza e debolezza erano state perennemente presenti, ora si sentiva rinata. Il senso di nausea l’aveva quasi del tutto abbandonata.
“Oscar, devo dire che mi sorprendi. Fino ieri ogni occasione era buona per  dormire, oggi spaccheresti il mondo”- disse tra sé –“Avrai proprio bisogno di tutta questa forza e grinta”
Nel frattempo Bouillè fuori dalla camera, di fronte alla porta, indeciso se entrare o meno.
“Se fossi in voi coglierei l’ultima occasione prima di partire per Parigi. Siete un pusillanime!”- le parole di quell’uomo non fecero che alimentare la sua rabbia.
Certo era stata la sua prima notte di nozze. Lui ne aveva colto la purezza, il candore. Poteva quell’unica volta dare nei prossimi mesi il frutto tanto bramato della sua vendetta? Quale certezza poteva avere ? Doveva averla , si, ancora. A tutti i costi.
Strofinò una mano sul cavallo dei pantaloni -“La vostra irruenza non fa che stuzzicarmi terribilmente” – percepì l’eccitazione oltre la tela.
Fece per aprire quando si palesò Renèe – “Che vuoi?”- stizzito.
“Perdonate … c’è quella signorina … la solita che viene per voi …”- imbarazzata.
“Quella non è una signorina. E’ semplicemente una puttana che viene un paio di volte a settimana”.
“Si, signore”
“Mandala via, non è il momento. Ora devo occuparmi di mia moglie”
La donna insistette –“Ho riferito che siete impegnato, ma non vuol proprio sentir ragioni”
Montò su tutte le furie –“Vattene! Ci penso io!!!”
Con passo pesante raggiunse lo studio dove si svolgevano solitamente quegli squallidi incontri.
Entrando trovò la giovane seduta sulla poltrona.
“Sparisci! Non voglio più vederti. Non mettere più piede nel mio castello!”
Con sguardo malizioso sollevò l’abito e divaricando le gambe ne pose una a destra ed una a sinistra sui braccioli mettendo ben in evidenza la mancanza di biancheria intima al di sotto.
Bouillè aguzzò la vista.
Vide la mano di lei scendere sul ventre scoperto accarezzandosi ripetutamente.
Si avvicinò eccitatissimo. Con un gesto brusco le scostò il braccio – “Lascia fare a me”- affondando il viso fra le sue gambe beandosi di quel paradiso e di ogni gemito della giovane.
“Non avevate detto di andarmene?”
“Taci!”- prendendo respiro.
Quando ne fu sazio, in piedi di fronte a lei slacciò i pantaloni –“Fammi sedere!”
Balzò giù dalla poltrona mentre il  Generale vi ricadde con tutto il suo peso –“Datti da fare e vedi di fare un buon lavoro!”- afferrandola per i capelli.
“Vi ho forse mai deluso?”- inginocchiandosi.
“Riempiti la bocca di altro invece di troppe chiacchiere”
 

Adagiò Diane sul letto.
La giacca con un’evidente chiazza di sangue sul petto ed un braccio.
Una smorfia di intensa sofferenza sul volto della sorella – “Alain …”- chiamò.
Piegatosi sulle ginocchia accanto a lei le accarezzò il viso.
“… Alain ..”
“Sono qui”- rispose.
La mano gelida si mosse alla ricerca di quella del fratello piegato su di lei –“Sono qui Diane”
Accostò l’orecchio alla sua bocca.
“Non abbandonarla”- sussurrò. Le labbra sottili a posarsi sulla guancia –“Questo è l’amore di Leah …”
Gli occhi lentamente si chiusero.
 Il capo riverso su un lato.
Il silenzio della camera spezzato dai singhiozzi di Yvy fattasi  piccola sotto il braccio di Andrè. Pierre immobile accanto al letto, incredulo di fronte a quella scena straziante.
Alain.
Il volto trasfigurato dal dolore. Lo sguardo sul corpicino esamine della sorella – “Uscite tutti” – sibilò.
“Scordatelo!”- sbottò Pierre.
“Vi voglio tutti fuori da qui”- grugnì senza staccare gli occhi da Diane.
Una mano sulla spalla di Pierre . “Vieni”-  lo invitò Andrè.
“Non posso … io … Diane … avevamo deciso di sposarci …!”- le lacrime agli occhi.
Lo condusse a fatica al piano sottostante tentando di calmarlo.
Yvy seduta in un angolo.
Diane se n’era andata, in silenzio.
L’impatto violento con quella carrozza aveva deciso in breve le sorti della sua esistenza.
“Maledetto assassino!”- Jerome biascicò insolenze contro quell’uomo fuggito di fronte al drammatico incidente.
“Smettila”- lo zittì la sorella.
“Bastardo di un generale!”
Andrè sgranò gli occhi.
 

Le grosse mani a stringerle i fianchi.
L’ultima spinta e si staccò da lei.
Appagato e svuotato di ogni desiderio riprese posto sulla poltrona allontanando la ragazza.
“Non siete mai sazio”- lo canzonò.
“Hai un culo fantastico e lo sai”- risistemandosi.
“Allora come va con la vostra consorte? Avete consumato? “
“Per chi mi hai preso?!  … e poi non devo certamente rendere conto a te”
Le lanciò alcune monete.
“Allora questa è l’ultima volta”- allacciandosi il corpetto.
L’afferrò per la gonna –“Magari ogni tanto potresti tornare”
La ragazza rise e si mise a cavalcioni di Bouillè e afferrandogli le grosse mani le schiaffò con violenza sui glutei –“Lo potete fare solo con me. Non credo proprio che la vostra bella mogliettina possa concedervi  certe cosettine che vi piacciono tanto …”
“A che servirebbero le donne come te? Ora vattene. Ho molte faccende da sbrigare”- gli diede un paio di monete in più.
“Per queste potrei….”
“Vattene. Ti farò sapere quando sarò di ritorno”
Con un sorrisetto malizioso uscì soddisfatta dallo studio.
Scese velocemente le scale fischiettando.
Renèe l’attese davanti all’uscita di servizio – “Permettete?”
Fissò la donna avvolgendosi nello scialle.
“Prima di andare avrei …”
“Ehi nonnina, non vorrai mica …?”
“Oh santi numi!”- avvampando –“Per cortesia. Per chi mi avete preso?”
La giovane rise – “Che volete?
“Avrei una proposta da farvi”
“L’importante che mi paghiate, per il resto faccio tutto”
La domestica si guardò attorno, poi le fece cenno di seguirla.
 
 
Mornay presso l’entrata della proprietà diede le ultime indicazioni ai suoi lavoranti.
In lontananza intravvide il Generale a cavallo.
Infilò un piede nella staffa – “Che volete ancora?”
“Vengo con voi”- il tono deciso.
“E Madame è d’accordo? Potremmo stare via molto!”
“Nanny e Philip si occuperanno di lei. Qui da voi si sente tranquilla”
“Mi fa piacere. Lo stesso è per voi?”- indirizzando lo sguardo verso di lui.
“Si. Assolutamente”-
“Se non siete convinto è inutile che veniate. Sarebbe una perdita di tempo per entrambi”
“Ho forse altra scelta?”
“Se non vi interessa ritrovare Oscar è un problema vostro.”
“Posso farvi una domanda?”
Vincent si volse.
“Perché ci tenete così tanto ad andare a fondo a questa storia? Non avete nessun legame con Oscar ed Andrè”
L’uomo tirò le briglie e mosse il cavallo – “Avanti, in marcia!”- rivolgendosi al gruppetto già pronto.
Un ultimo saluto di Augustin alla moglie in lontananza sotto il pergolato  poi si affiancò a Mornay.
L’aria gelida, il cielo grigio. Attorno un’atmosfera quasi ovattata.
“Troveremo neve …”- alzando gli occhi.
“Già!”- standosene sulle sue.
I cavalli al trotto. Non avrebbero potuto percorrere molta strada. Poche le ore di luce rimaste.
“Sono stato sposato tanti anni fa”
Il Generale tese l’orecchio.
“Ci incontrammo ad un’asta. Un amore a prima vista. Mia moglie era una donna bellissima. Dieci giorni dopo ci sposammo. E’ morta con nostro figlio dandolo alla luce” – nessuna emozione.
Augustin  sbiancò. Ecco! Ecco dunque perché quel legame stabilito con Andrè. Forse in lui aveva ritrovato il figlio tanto desiderato.
Tacque.
Un uomo così imponente, posato, apparentemente tranquillo aveva portato con sé quel dolore senza risposarsi, senza rifarsi una nuova vita.
 

Aprì gli occhi all’improvviso.
Diane!
Una terribile sensazione.
Leah  rabbrividì. Portò una mano alla fronte. Scottava.
“No… ci voleva solo la febbre”.
Un profondo senso di debolezza e dolore alle articolazioni.
Mise un nuovo ciocco nel camino. Distese una coperta a terra accanto alle fiamme, un paio di cuscini.
Non se la sentiva di dormire di sopra. Troppo freddo.
Riscaldò nuovamente un po’ di brodo con qualche pezzetto di pane secco.
Avrebbe dovuto attendere di stare bene prima di riuscire a mettersi in viaggio verso il porto.
Raccolse lentamente un cucchiaio dopo l’altro il pane nella ciotola.
Terminato si risistemò coricandosi.
“Alain, potrai mai perdonarmi un giorno? Non ci rivedremo più, ma tu, ti prego, perdonami.”- i sui pensieri accompagnati da un profondo senso di frustrazione e solitudine –“Ho commesso un errore imperdonabile. Ma ti ho amato veramente … con tutto il mio cuore e non solo … e ti amo ancora. Non avrei dovuto”- sollevò l’altra coperta fino al collo –“Ho rovinato tutto”
Avrebbe tanto desiderato essere nel letto con Alain, tra le sue braccia. La sensazione di protezione, sicurezza che le sapeva dare era impagabile. Sentirlo accanto, la mano cercarla, quel suo modo di sfiorarla, di desiderala … l’amore…. Solo lui riusciva a farla sentire veramente una donna. Appagata in ogni senso. E Andrè? Un capriccio? No. Ora, solo ora comprendeva che il suo era solo affetto, un immenso affetto nei suoi confronti. E quel bacio? Una stupidaggine, un’inverosimile sciocchezza … forse trovare una risposta in fondo ai suoi sentimenti. Aveva sbagliato. Non doveva essere quella la maniera per capire.
“Ben ti stà Leah! Ora sei veramente sola”
 

Quella notte non si sarebbe addormentato.
Non aveva toccato un solo sorso di vino, nonostante gliene fosse stato versato. Se n’era ben guardato!
No, quella sera voleva essere lucido, fino in fondo.
Della prima notte di nozze non ricordava nulla, anche se tra le lenzuola i segni evidenti dell’ aver consumato, di averla fatta sua.
Non si era presentata a tavola e questo aveva ulteriormente rincarato la rabbia ed il nervoso. E buona parte della colpa non poteva che essere di quel maledetto –“Schifoso!”- biascicò terminando l’ultimo boccone.
“Signore … nemmeno un sorso di vino?”- Renèe gli propose una fetta di dolce.
“No, stasera no. E nemmeno il dolce. Porta via tutto”
Obbedì in silenzio.
“Mia moglie ha cenato nella sua stanza?”
“Aveva una terribile emicrania”
“Bugiarda”- rimuginò alzandosi.
Il passo pesante sul pavimento di legno.
“Vi ritirate ?”- azzardò.
“Sarò da Madame stanotte. Nessuno si azzardi a disturbarci”
La donna sgranò gli occhi. –“Signore … forse…”
Si volse lanciandole un’occhiata da gelarla –“Forse cosa?”
“Nulla. Scusate”- abbassando gli occhi.  Non poteva impedirglielo. Lui era il padrone. Oscar era sua moglie. Aveva tutti i diritti di trascorrere la notte con lei. Lei non poteva dire nulla.
“Venite domattina a svegliarmi nella mia stanza”
“Prego?”
“Dovrò partire alle 6. Venite per tempo a chiamarmi”
“Quindi non vi troverò da Madame?”
“No. A tempo debito riposerò nel mio letto”- allontanandosi.
Sistemò la cintura dei pantaloni prima di salire le scale –“ Mia cara, questa notte godrò a pieno di voi. Lucido, perfettamente lucido. Voglio non dimenticare del tempo che mi accingo a trascorrere con voi. Avrò impressa nella mente ogni cosa. Il vostro corpo muoversi sotto il mio, i vostri gemiti.”- eccitato –“Chissà che col tempo non riesca anche a convincervi di altro …”- ripensando alla conversazione avuta con la prostituta nel pomeriggio.
La stanza immersa nel buio.
Bouillè richiuse piano la porta.
Attese qualche istante affinchè la vista si adattasse all’oscurità.
Ripose la giacca sullo schienale della poltrona, sfilò la camicia, abbandonò gli stivali accanto al tavolino e slacciò i pantaloni.
Lisciò la pancia prominente. La cena preparata da Renèe era stata deliziosa ed impeccabile come sempre.
Allungò una mano afferrando la sua mascolinità tesa all’inverosimile. Un movimento lento, ritmico avvicinandosi al letto.
Non c’era maniera migliore per concludere la serata.
Lei era li.
Ne percepì il profumo, buono, delicato.
Il respiro lieve.
Che fosse pronta o no, lui lo era. Anche troppo.
Stampò la mano libera sulla bocca di lei –“Mia dolce consorte, non mi avete deliziato della vostra compagnia a cena. Mi auguro sinceramente fosse per via di un’emicrania come informato dalla domestica” – il buio tale da faticare a distinguerne nitidamente il volto. – “Il vostro profumo mi inebria ogni qualvolta metto piede nella vostra camera da letto e durante il giorno ne distinguo facilmente la scia che lasciate lungo i corridoi”.
Tentò di sciogliersi da quella presa afferrandolo per un polso.
Si trovò l’uomo su di lei con tutta la sua imponente figura –“Come vostro consorte vorrei trascorrere quest’ultima notte con voi, vi desidero, ora! E’ nel mio diritto! E questa volta non mi priverete di godere di voi nella completa lucidità”
La forza di quell’uomo era inimmaginabile - “ Il tempo è poco. Farò in fretta mia dolce Oscar … farò in fretta”.
Sollevata la camicia da notte riuscì a liberarla della biancheria intima nonostante cerasse di impedirglielo.
Ogni tentativo fu vano.
Quasi stremata non potè che cedere. Basta lottare.
Non oppose più resistenza.
“Mhh …”- biaciandola lungo il collo.
Poi stringendole i seni –“ Non rammentavo fossero così pieni … ho fatto bene a cena a non toccare un solo goccio di vino”- sfiorandoli con la punta della lingua – “Porterò con me a Parigi il ricordo di questa notte, mia cara consorte. Suvvia .. mi basta poco … veramente poco” – sussurrandole all’orecchio –“Direi che quando volete sapete comportarvi da mogliettina obbediente”- sentendola oramai bendisposta a collaborare - "E ora fate la brava …”

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Capitolo 50
*** IN FUGA ***


“Che cos’hai detto?”- afferrò Jerome per la tela della giacca.
“Ehi … ma che ti prende?!”- innervosito diede uno strattone liberandosi.
“Di quale generale stai parlando?”
“Quel bastardo di Bouillè … gli rubammo la carrozza”
“Ma cos’ha a che fare con la morte di Diane?”- confuso.
“Quel tipo fuggito dopo l’incidente … lo stemma dipinto sul portellino era il medesimo”
Yvy balzò in piedi –“Ne sei certo?”
“Voglio rammentarti che ho reso io irriconoscibile quella sulla quale abbiamo viaggiato fino a Parigi!!”
Andrè strinse i pugni. Ancora Bouillè. Troppe, veramente troppe coincidenze.
Possibile che fosse effettivamente coinvolto nell’incendio? Aveva veramente rapito Oscar?
Sedette.
Yvy gli posò una mano sulla spalla - “Lo rintracceremo” – convinta. Poi -“Vi preparo del caffè?”- propose.
“Si, credo ce ne sia bisogno”- agitando nervosamente un gamba.
Bouillè dunque era a Parigi. Quindi anche Oscar. Bisognava scoprire se fosse ancora alle dipendenze di sua Maestà. Conosceva bene dove fosse la sua residenza. Ed era là che sarebbe andato appena fatto giorno.
Volse lo sguardo verso le scale.
Alain non si era mosso. Chiuso nella stanza della sorella, al buio. Nel silenzio.
Seduto a terra accanto al letto.
 

L’odore intenso e nauseante di tabacco.
Le spinte più audaci.
Una sorta di rantolo finale accasciandosi sudato e sfinito sulla giovane.
La mole imponente rovesciarsi su si un fianco dopo qualche secondo –“La vostra è stata una scelta saggia. – ancora ansimante –“Rendetevi conto che ora siete mia moglie e dovete assolvere ai vostri doveri coniugali … “ – asciugandosi con il lenzuolo – “Il vostro orgoglio e la vostra reticenza si sono finalmente piegati di fronte alla realtà dei fatti. Se vi può rasserenare non vi farò mancare nulla, tanto meno al figlio che mi darete. Di questo potete esserne certa”- accarezzandole una gamba per la sua lunghezza.
Con gesto irritato la cacciò via.
“Come siete permalosa … non posso avervi fatto del male … e poi ho trovato particolarmente eccitanti i vostri gemiti”- ridendo.
Si rivestì per metà –“Mi spiace lasciarvi sola. Avremmo potuto trascorrere un po’ più di tempo assieme e conoscerci meglio …”- infilò gli stivali –“non so esattamente quali saranno le disposizioni di sua Maestà … mi auguro di far ritorno al più tardi entro Natale”.
Lei non fiatò stringendo forte il lenzuolo al petto.
“Cercate di comportarvi bene in mia assenza”- la porta si richiuse alle sue spalle.
Attese in silenzio, immobile nel letto tendendo l’orecchio.
Trascorsa una decina di minuti –“Tutto bene?”
Renèe tese in avanti il candelabro.
Scostate le lenzuola si sdraiò a pancia bassa poggiando le mani sotto il mento. Un lungo sospiro –“ Credo sinceramente che dovrei darmi al teatro”.
“State bene?”- illuminandole il volto.
“Mai stata meglio e mai divertita così tanto”- un balzo e fu giù dal letto –“Coraggio …. Uscite. La farse è finita”- sedette mordicchiando un biscotto rimasto sul tavolino.
L’anta dell’armadio cigolò.
Un piede e dopo l’altro Oscar ne uscì – “Anne Marie siete stata favolosa”.
Alzatasi si inchinò ripetutamente quasi stesse ricevendo degli applausi –“Grazie, grazie …. Troppo buone”
Renèe avvampò sollevando una mano davanti gli occhi alquanto imbarazzata –“Suvvia, copritevi”- le allungò una vestaglia.
Ridacchiò indossandola.
La domestica le allungò alcune monete –“Questo quanto pattuito”
Le richiuse la mano con il denaro respingendola –“Lasciate perdere. Ho fatto un’opera buona. Spero che il Signore un giorno mi ricompensi”
“Mi avete veramente salvata. L’idea è stata incredibile. Credevo sinceramente si sarebbe accorto …”
“Chi? Bouillè? Ma per cortesia. Quell’uomo credo sia talmente accecato dall’odio nei vostri confronti. Il suo pensiero è solo uno”- spalancò le gambe –“questa!”
Oscar e Renèe si volsero paonazze –“Un po’ di ritegno”
Sogghignò scuotendo la testa –“Sarà pure un gran generale … ma in fatto di donne ne capisce ben poco, anche se devo ammettere che in altro senso ci sa fare.”- Prese i suoi abiti nascosti nell’armadio – “Peccato sia durata poco”
“Ma come fate?”-
“E’ il mio lavoro. Semplicemente lo faccio con passione … e questo mi permette tre pasti al giorno, di avere una piccola casetta tutta mia  e di non vestire stracci. Di questo io ci vivo. Tanto vale farlo bene”
Oscar rabbrividì al pensiero che fra quelle lenzuola avrebbe dovuto esserci lei.
“Forza, vediamo di non perdere tempo. Avete preparato le vostre cose?”-
“Tutto pronto”-
“Vedete di riposare. Voi potete scendere con me …. Ma fate piano”
“Siete sicura? Non sarebbe meglio che restasse qui?”
“No, dalle stanze della servitù avrà accesso più comodo alla porta di servizio. Rammentate. Bouillè partirà alle 6. Una mezz’ora più tardi arriveranno i carretti. Il tempo  è poco e va gestito bene. Quell’uomo non sappiamo esattamente a che ora si presenterà”
“Non sarà così mattiniero!”- commentò la ragazza.
“Sappiamo bene quanto sia imprevedibile. Basta chiacchiere. Andate a dormire. E voi venite con me”
La maniglia abbassarsi lentamente. Renèe sbirciò a destra e sinistra –“Muoviamoci”
“Anne Marie …”
Lo sguardo fisso verso Oscar.
“Grazie”- un cenno con la mano.
Le sorrise.
 

Il volto bagnato di sudore.
Leah aprì gli occhi. Il respiro corto. Un senso di affanno.
Portò una mano alla fronte. La febbre doveva essere molto alta.
Fattasi forza per alzarsi, aprì un cassetto e ne estrasse una pezza bianca.  Prese una ciotola ed aperta appena la finestra la riempì con la neve depositatasi sul davanzale.
Il tepore della stanza lentamente la fece sciogliere. Vi immerse quel ritaglio di cotone. Dopo averlo strizzato se lo posò sulla fronte. Doveva assolutamente riuscire a far calare la temperatura.
Un altro ciocco di legno nel camino.
Nuovamente la pezza rinfrescata sulla fronte bollente.
La speranza era quella che la situazione non peggiorasse.
Certo, non era la prima volta che doveva arrangiarsi in un momento critico. Sapeva benissimo cavarsela da sola.
Ci fosse stato Alain …  Si sarebbe preso cura di lei, si sarebbe preoccupato di fare il massimo per farla stare meglio.
Non aveva fretta di imbarcarsi, ma allontanarsi da Parigi era la priorità.
Inutile tornarsene a Cork.
Ricominciare.
 Doveva anche scrivere ai suoi informandoli della sua decisione. Forse un giorno li avrebbe raggiunti …
Appena in Inghilterra avrebbe dovuto trovare subito un lavoro ed inizialmente almeno una camera.
Cercare un’occupazione in qualche sartoria, ma si sarebbe accontentata anche di servire in una taverna, come aveva sempre fatto.
Da parte un bel gruzzoletto, ce l’avrebbe fatta. Ne era certa.
 

Avevano percorso a malapena metà della strada per raggiungere la prima tappa programmata verso Parigi.
Il cielo grigio come il piombo non prometteva nulla di buono. Almeno aveva smesso di nevicare.
Il  pernottamento in una locanda spersa in mezza campagna. Una cena semplice, poi si erano ritirati nella proprie stanze.
Il Generale aveva riposato a fatica. Mille pensieri lo avevano assillato. Si era girato e rigirato nel letto in preda ad un incubo dietro l’altro. L’immagine di Bouillè che con un sorriso beffardo stringeva la mano di sua figlia.
Un saluto distaccato tra Vincent ed Augustin, non una parola.
Nel completo silenzio avevano consumato la colazione.
“E’ ora”- rivolgendosi ai suoi uomini.
Nuovamente in viaggio schiaffeggiati da un vento gelido.
Mornay si approcciò al Generale –“Non male la locanda”
Augustin scostò lo sguardo verso di lui –“Il letto era piuttosto comodo”
“Mi pare abbiate riposato poco”
“Mhh …”- mugugnò – “Pensieri”
Comprese la preoccupazione dell’uomo. Finalmente si stava rendendo conto di quanto potessero essere vere tutte le sue considerazioni, i suo dubbi su quell’uomo …
“Vedrete. Troveremo Oscar … e di Bouillè potrete farne quello che più vi aggrada”- gli occhi fissi sulla strada imbiancata.
Aggrottò la fronte ed una smorfia gli si stampò sulle labbra.
 

“Quel tale verrà solo di giorno. Non vi darà alcuna noia la notte”- rivolgendosi a Renèe.
La donna annuì.
“Occupati di mia moglie. Al rientro sicuramente ci sarà anche una ragazza a darti una mano. So bene che  questo periodo è stato particolarmente pesante per te.”
“E’ il mio lavoro, Signore”
Bouillè tirò le briglie. Un cenno al suo seguito.
La domestica seguì con lo sguardo i cavalli allontanarsi ancora nel buio.
Alzò gli occhi verso il cielo incredibilmente sgombro da nubi, di un blu profondo trapuntato di stelle.
“Che Dio ce la mandi buona”- rientrando.
Oscar tentò di infilare i suoi vecchi pantaloni. Niente da fare.
I fianchi si erano fatti un po’ più larghi. 
Rovistò nell’armadio e fortunatamente ne trovò un paio che le andassero.
Calzò gli stivali, richiuse il collo della camicia ed infilò la giacca pesante. Raccolse i capelli e prese la sacca si apprestò a scendere le scale.
Il castello ancora immerso nel silenzio nonostante le attività quotidiane stessero riprendendo.
Raggiunse la camera di Renèe come dal piano studiato.
“Buongiorno”- Anne Marie la fece entrare.
“Bouillè è partito?”- sussurrò.
“Ho intravvisto i cavalli uscire dal portone di servizio …”- poi squadrandola –“ma che razza di pantaloni vi siete messa?”
“Smettetela di prendermi in giro”- imbarazzata.
Sogghignò –“Un giorno vorrei diventare madre anche io. Vorrei incontrare un bravo ragazzo che mi ami,  si prenda cura di me”
La fissò dubbiosa.
“Guardate che smetterei subito di fare questo lavoro … e poi me lo sceglierei con i giusti requisiti”
“Sono certa che i vostri sogni si realizzeranno”- tendendo l’orecchio.
Renèe fece il suo ingresso nella stanza –“ I carretti sono di fronte al magazzino delle provviste. Fate presto. Sono arrivati prima del solito. Venite”
Mentre la domestica camminava al centro del corridoio le due donne si mossero rasentando le pareti.
Giunte a pochi metri dal portone si fermarono all’improvviso.
“Mattiniero!”- Renèe scioccata nel vedere quell’uomo malefico entrare con i suoi uomini.
“La cosa vi disturba?”- scendendo da cavallo.
“Basta che non mi diate noia nelle mie incombenze!”- sollevando un grosso cesto di patate.
“Madame?”- lo sguardo rivolto alla parte alta della torre.
“A quest’ora sta ancora riposando, vi pare?”-  riponendo il canestro su una grande tavola–“Se  non avete nulla da fare potreste anche dire ai vostri scagnozzi di scostarsi. Qui non abbiamo tempo da perdere. Questa gente lavora e vuotati i carretti deve ritornarsene in paese”
”Lasciate libero il passaggio e prendete posto all’interno del castello. Due di voi di sopra davanti la camera di Madame Bouillè”
“Vi siete ammattito?”- afferrandolo per il mantello –“Il padrone mi ha riferito che la dovete lasciar muovere liberamente, senza alcun impedimento in tutta la proprietà”
L’uomo diede uno strattone lanciando una gelida occhiata alla domestica –“Non vi intromettete o saprò come liberarmi anche di voi”
Renèe rabbrividì per un secondo. Si ricompose velocemente –“Io sono alle dipendenze del Generale, non alle vostre. Vedetevela con lui quando rientrerà se avete delle dimostrarne da fare”- poi rivolgendosi ai contadini –“I sacchi di farina dovevano essere sei, perché ne manca uno?”
Con la coda dell’occhio lo seguì mentre si dirigeva verso i corridoi dei piani bassi con il suo seguito.
Appena le parve che fosse sparito richiamò l’attenzione delle due giovani affinchè raggiungessero la grande dispensa.
Improvvisamente lo vide riapparire sul piazzale.
Fece loro segno di fermarsi.
L’uomo insospettito si accostò ai carri quasi in attesa che ultimassero lo scarico delle merci.
La donna facendo finta di niente si mise a contare i barilotti di olio e quelli più grandi di vino.
“Siete piuttosto scrupolosa”- girandole attorno.
“Avete intenzione di darmi noia ancora per molto? Fa freddo qua fuori. Vorrei ultimare il tutto quanto prima”- scansandolo.
“Se vi domandassi qualcosa di caldo?”- con sorriso sprezzante.
“Potete accomodarvi nel salone. Appena i contadini se ne saranno andati vi farò una camomilla con qualche cucchiaio di miele … così addolcirete un po’ le vostre maniere”-
Gli parve non ci fosse nulla di cui preoccuparsi –“Vedete di non metterci molto” – sfregandosi le mani.
Il piazzale finalmente sgombro da ogni occhio indiscreto.
Renèe agitò nervosamente le braccia – “Coraggio, veloci”
Oscar e Anne Marie balzarono sui carri nascondendosi sotto i teli che avevano ricoperto le merci consegnate ed i vuoti dei sacchi di patate e farina.
“Abbiamo terminato!”- uno dei due ragazzotti si pulì le mani sui pantaloni –“Mi avete dato la nuova lista?”
Gli allungò un pezzetto di carta –“Vedete di portare sei sacchi di farina la prossima volta o il padrone se la prenderà con me”
“Scusate ma la farina è quasi terminata”- togliendosi il cappello –“La situazione non è delle migliori anche giù in paese. Non penso potremo ritornare prima di un mese. Le scorte scarseggiano ovunque. E’ difficile riuscire a procurare generi di prima necessità anche per noi. Cercate di moderare il consumo di ciò che avete in dispensa. Sarà un inverno duro”
Non trovò parole per controbattere.
Per fortuna nel tempo fu previdente e fece riempire il magazzino con qualche scorta in più.
“Ci vediamo con il nuovo anno allora”- mentre vedeva i due giovani far girare i cavalli con il loro carico.
Un cenno di saluto.
Le due donne risposero sollevando appena i teli.
“Che Iddio vi assista!”- sibilò.
 

“Te la senti di rimanere con Alain?”- indossando la giacca ed il mantello.
“Dove vai?”-
“Devo trovare quella carrozza. Ho bisogno dei tuoi fratelli”-
Yvy  svegliò Jerome addormentatosi sul tavolo.
Gerard accanto una delle finestre infilò il cappello –“Sai, cominci a starmi simpatico!”- una pacca sulla spalla.
Jerome si avvolse anch’egli nel mantello – “Hai almeno la minima idea di dove andare?”
“Palazzo Bouillè!”-
Le parve di vedere un luccichio in quei profondi occhi verdi.
“Mi raccomando, fate attenzione”- mettendo una pistola tra le mani di Andrè.
“Sei pazza”- sgranò gli occhi.
“Previdente. Non credi che quell’uomo abbia già fatto abbastanza danni? Quante persone dovranno ancora soffrire per causa sua?”
Uno sguardo. Il silenzio.
“Forza, andate. Abbiamo già perso troppo tempo!”- spingendo i tre verso la porta.
“Chiuditi in casa”
“Tranquillo.”
“So dove trovare dei cavalli” – Jerome poggiò una mano sulla spalla di Andrè.
Li vide allontanarsi in mezzo alla neve.
Un sospiro. Richiuse la porta.
Il suo pensiero andò ad Alain ancora rinchiuso in quella stanza.
Ravvivò il fuoco nel camino, rassettò un po’ la stanza e sedette accanto la finestra.
Il destino.
Sorrise.
Mai avrebbe immaginato di ritrovarsi dopo tanto tempo nuovamente a Parigi e in più in casa di Alain.
Una storia burrascosa. Era incredibilmente durata fin troppo a suo dire. Gli screzi, i litigi e a volte le parole grosse. Lei poco più che ragazzina, lui molto più grande. Un colpo di fulmine. A lui si era donata la prima volta. Dietro quella maschera di uomo rude, un’infinita dolcezza.
Poi le troppe incomprensioni avevano lacerato il legame ma non i sentimenti.
YvY gli voleva ancora molto bene. Inutile negarlo.
Pensarlo ora nella penombra di quella stanza, il cuore lacerato dal dolore della perdita dell’amatissima sorella le provocava un nolo alla gola. Avrebbe voluto abbracciarlo e consolarlo nonostante sapesse bene che non era amante di smancerie e troppe effusioni.
Una cosa era certa. Avrebbero dovuto occuparsi del funerale quanto prima
 

I carri ripercorsero a fatica i solchi lasciati nella neve durante l’andata, avvolti dal silenzio di quell’immensa distesa bianca. In lontananza l’eco di alcuni corvi.
I ragazzi a stringere le briglie incitando i cavalli ad accelerare un po’ il passo.
Il fiato caldo tra le mani accostate alla bocca nel tentativo di riscaldarle .
Quando furono a debita distanza Oscar sbirciò appena –“Avremmo percorso una decina di chilometri. Penso sia meglio io abbandoni il carro”
“Cosa credete di fare?”- Anne Marie la fermò.
“Sarebbe troppo rischioso proseguire assieme”- scostò la copertura -“Fermatevi!”- affondò con gli stivali nella neve.
“Siete forse impazzita? Guardatevi attorno! Il nulla! Dove credete di andare? “
“Non preoccupatevi, me la caverò”- sicura di sé.
“Non siate cocciuta. Non vale la pena di rischiare”-
“Anne Marie non posso mettere a repentaglio la vostra vita. Avete già fatto troppo. E’ giusto che andiate per la vostra strada. Se ipoteticamente ci trovassero assieme, con Bouillè,  se non con quell’altro maledetto, non avreste scampo ….. Tornate in paese. In tal modo nessuno potrà sospettare di voi”
“Ma vi rendete conto di quanta strada dovrete fare prima di incontrare un’anima viva? Qui la montagna non scherza, voi non ne avete la minima idea”- tentando inutilmente di convincerla a cambiare idea.
Oscar si rivolse ad uno dei due ragazzi –“Se volessi evitare il vostro percorso cosa consigliereste per dirigermi verso Parigi?”
“Una decina di chilometri e dovreste trovare un bivio. Proseguite sulla sinistra verso Lione.”- indicando con una mano.
“Vi prego, non andate!”- trattenendola per il mantello.
Si volse –“Abbiate cura di voi. Chissà … un giorno potrei venirvi a vedere a teatro”- sorridendo.
Anne Marie lasciò la presa – “Siete una brava persona. Meritate tutto il bene ed il meglio da questa vita”
Si avviò seguendo il sentiero consigliato dal ragazzotto.
“Oscar …”- la richiamò.
Un ultimo scambio di sguardi.
 

“Questa sarebbe la residenza di Bouillè?”- affiancando le mura di recinzione.
“Esatto”- Andrè scese da cavallo.
Si avvicinarono con cautela al cancello principale, mantenendo comunque le debite distanze.
Un paio di uomini armati ne sorvegliavano l’entrata.
“Farabutto, hai paura eh?”- mormorò.
“Ha sempre avuto dei sorveglianti?”- Gerard allungò il collo.
“No. Penso sia da luglio. Ricordo di non averne mai incrociati in precedenza. C’è sempre stato un gran viavai di personaggi di un certo calibro.  Ho accompagnato diverse volte il Generale e forse un paio Oscar”
“Si potrebbe rubare qualcosa …”- Jerome si strofinò le mani.
“Non faresti in tempo a varcare il portone che probabilmente ti trasformerebbero in un trofeo per il salone delle feste”- puntualizzò Andrè.
“Ehi … quella è la carrozza!”- improvvisamente.
“Abbassa la voce!”- il fratello gli diede uno scappellotto.
Sui gradini di fronte all’entrata  un gran movimento di personale di servizio.
“Secondo te che sta succedendo?”
“Probabilmente è in arrivo qualcuno di importante”
“ Da cosa lo capisci?”
Gerard colpì per l’ennesima volta il fratello –“Vuoi startene un po’ zitto. Se ti ha detto così ci sarà un motivo. Lui conosce bene quest’ambiente. Piantala di seccare!”
“Quante storie, ero solo curio so di …”
“E’ lui!”- non potè credere ai suoi occhi –“Il tizio che ci ha pedinato!”
“Ma è lo stesso dell’incidente!”
“Dici sul serio?”
“Si, è lui. L’ho visto bene mentre risaliva in carrozza!”- continuando a guardare in direzione dell’uomo intento a chiacchierare con una domestica.
“I tasselli iniziano ad incastrarsi. Ora bisogna solo capire se Bouillè è presente oppure no”
 

I due carri scomparvero in lontananza avvolti da piccole particelle di neve sollevate dal vento.
L’aria gelida ed il cielo plumbeo. Il tempo era mutato in maniera repentina.
Attorno il silenzio totale, solo il frusciare dei suoi stivali in quella coltre bianca.
Doveva sperare che non riprendesse la tormenta del giorno precedente e di riuscire a percorrere più strada possibile allontanandosi da quella prigione. E magari trovare un riparo dove trascorrere la notte.
Non era sicuramente un percorso battuto. Non avrebbe incrociato carrozze, carretti. Tantomeno qualcuno a cavallo. Chi poteva essere quel pazzo a mettersi in marcia con un tempo del genere? Lei, solo lei.  E il suo bambino.
Respirò a pieni polmoni la magnifica sensazione di essere nuovamente libera.
Sorrise vedendo alcune  impronte di lepre.
Sfregò energicamente le mani soffiandovi all’interno per riscaldarle senza fermarsi.
Quel maledetto avrebbe avuto una bella sorpresa accorgendosi tardi che la stanza era vuota. Renèe le avrebbe retto il gioco il più possibile. Aveva bisogno di tempo per impedire che la trovassero. Certo che se avesse avuto un cavallo tutto sarebbe stato molto più semplice.
“Non te ne saresti fatta nulla comunque”- tra sé e sé –“sai bene che non avresti potuto cavalcare. Thomas è stato perentorio. Nessun rischio.”- sollevò le sopracciglia positivamente rassegnata.
Percorse poco più della metà del tragitto per il bivio per Lione. Camminare nella neve non era molto agevole. Non poteva fermarsi proprio ora nonostante la stanchezza iniziasse a dare i primi segnli. Ed ecco nuovamente la sua creatura far sentire la sua presenza – “Si,  vorresti anche tu che mi riposassi … “
Tentò di accelerare il passo ma lo sforzo non fece cha affaticarla ulteriormente.
Finalmente il bivio. Sinistra verso Lione o destra verso l’ignoto ma certa di depistare eventuali inseguitori?
 

“Non portate la colazione a Madame?”- terminando di sorseggiare il the caldo.
“Il Generale ieri sera mi ha pregato di lasciarla riposare”- rassettando la sala.
“Mhh … nottata di fuoco desumo”
Renèe lo fissò in cagnesco –“Credo siano affari loro, no?”
“Uhh … come siete suscettibile. Quindi non avete neppure la più pallida idea di come siano andate le cose?”
“Mi faccio solo gli affari miei, come sempre”- sistemando i cuscini sul divanetto –“Sarebbe il caso che cominciaste a fare altrettanto pure voi!”
“Anche se siete al servizio di Bouillè in sua assenza gli ordini li prendete da me!”- stizzito.
“Non credo proprio. In tanti anni che lavoro per il generale ho dovuto rendere conto solo a lui. Non sarà certo per la sua assenza a far cambiare la situazione.”
Con fare minaccioso le si avvicinò –“Badate di tenere a freno la lingua!”
“Mi auguro arrivi presto sera così ve ne andrete. Qui siamo abituati a giornate più tranquille” – prendendogli la tazza vuota ed allontanandosi.
“Preparate la colazione a Madame e portategliela!”- le ordinò.
“E’ ancora presto”- tornando nelle cucine.
“Dannata sguattera!”- digrignando i denti. Non potè far altro che attendere che infine si decidesse ad andare a svegliare Oscar.
Avanti e indietro nella sala, sbirciatine oltre le finestre, momenti affondato nella poltrona agitandosi nervosamente. Lui che niente e nessuno erano in grado di scalfire la sua compostezza, quella donna lo urtava mettendo a dura prova il controllo di ogni emozione.
Oltrepassata metà della mattinata apparecchiò il vassoio con  the caldo, zucchero, un paio di fette di pane, miele ed una mela. Salendo le scale passò di fronte alla sala –“Se volete seguirmi …”
L’uomo balzò in piedi precipitandosi al suo seguito.
Renèe inizialmente bussò. Poi aprì lentamente la porta –“Madame, buongiorno”.
L’uomo rimase sulla porta sbirciando all’interno.
La donna ripose il vassoio sul tavolino e si mise ad aprire una dopo l’altra le tende –“Il padrone è partito. Se desiderate riposare non dovete che dirmelo”
Quell’ombra non udendo alcuna risposta fece un passo in avanti.
“Che fate?!!” - lo bloccò – “Maleducato, nella stanza di Madame. Come vi permettete!!”
Lo sguardo oltre la domestica fino in fondo alla camera, in quella zona d’ombra – “Scostatevi!”- spingendola da una parte.
“Vi siete ammattito!”- tentando di afferrarlo per il mantello scuro.
Tutto troppo anomalo.
Si fiondò sul letto ed afferrate le coperte le scaraventò da una parte.
Sotto le lenzuola solo dei cuscini ammassati da fare volume.
“Dannazione!!!”- esclamò trattenendone un paio tra le mani –“Credete forse di averla fatta franca?”- e volgendosi a Renèe –“Voi lo sapevate!!”
“State dando i numeri!”
“Bugiarda! Avete tardato nel portarle la colazione per farle guadagnare tempo”- la strinse alla gola.
“Voi siete pazzo”!- la voce soffocata aggrappandosi al braccio dell’uomo –“Avete intenzione di uccidermi?”
Mollò la presa –“Con voi farò i conti più tardi!”- precipitandosi fuori dalla camera.
Richiamò velocemente i suoi uomini –“A cavallo! Quella donna è fuggita!”-
In breve furono di fronte al grande portone –“Aprite maledizione, aprite”.
“Signore … il fondo della strada è ghiacciato … non credo sarà agile …”
“Taci! Muoviamoci!!!”
Un tentativo goffo ed azzardato quello di mettersi al galoppo all’inseguimento di Oscar che chissà a quell’ora dove poteva essere.
A quell’andatura riuscirono a percorrere un brevissimo tratto. Dovettero rallentare.
“Stupida donna!”- mormorò rivolgendo il suo pensiero a Renèe.
Come aveva fatto a fuggire e soprattutto quando? Quella di obbligarlo a recarsi al castello solo di giorno era stato un vero azzardo da parte di Bouillè.  Ma la sua vera preoccupazione ora era di ritrovarla quanto prima e riportarla dietro quelle mura. L’avrebbe fatta sorvegliare giorno e notte. Al diavolo il Generale e le sue decisioni idiote! Tutto era filato liscio fino a quando se n’era voluto occupare quella palla di lardo.
Il vento si alzò nuovamente e riprese a nevicare.
“Signore, non mettiamo a repentaglio i cavalli. Non ne vale la pena”- uno dei suoi al seguito.
Tirò le briglie fermandosi nel mezzo di quella distesa bianca.
Scrutò l’orizzonte –“In quale direzione siete andata? “- abbassò lo sguardo sulla neve ai bordi della strada nella speranza di qualche traccia evidente.
La visibilità si fece via via più difficoltosa.
Dovette arrendersi di fronte alle condizioni sempre più proibitive
“Se credete di esservi liberata di me vi sbagliate di grosso! Vi troverò Oscar. Statene certa!!”
 

Gerard tirò su il cappuccio, sollevò il bavero della giacca fino a coprirsi la bocca.
“Ehi dove vai?”- lo richiamò il fratello.
Fece segno di tacere e si diresse verso il cancello principale.
“E’ pazzo!”- tirando Jerome per un braccio –“Vieni più indietro. Potrebbero vederci”
“Tranquillo!”sbirciando.
Allungò il passo fermandosi non appena si trovò di fronte due uomini armati –“Altolà!”
Accennò ad una sorta di mal fatta riverenza –“Perdonate Messeri, mi manda Monsieur Giraud per un lavoro presso il generale Bouillè”
I due si guardarono un istante e scoppiarono in una risata –“Messeri? Povero idiota. Via via –“ un cenno con la mano –“allontanatevi!”
“Scusate se insisto ma…”
“Il Generale al momento non è presente. Venite fra qualche giorno”- lo spintonò uno di loro.
“Perdonate signori”- un inchino.
“Si si …. Andatevene …”
Gerard girati i tacchi fece ritorno da Jerome e Andrè.
“Allora? Che ti hanno detto?”
“Non c’è. Arriverà fra qualche giorno. A parte la servitù e quell’assassino non c’è nessun altro”
Jerome lo afferrò con il braccio per il collo e gli strofinò un pugno sulla testa –“E bravo il mio fratellino. Ottimo lavoro.”
“Torniamocene a casa. A questo punto abbiamo  tempo per studiare un piano.”- suggerì Andrè.
“Già. Anche perché a questo punto non sappiamo nemmeno se Oscar sia qui o meno”-
“Non credo Jerome” – disse il fratello incamminandosi.
“Dobbiamo pensare anche al funerale di Diane”
“Riusciremo a smuovere Alain?”
“Sarà una bell’impresa”- Andrè lo seguì dubbioso.
Quando fecero rientro YvY aveva preparato il pranzo. La tavola apparecchiata. I piatti fumanti.
“Caspita sorellina”- respirando a pieni polmoni il profumo di cui si era riempita la casa –“Quando vuoi ci sai proprio fare!”
“Ehi selvaggio, sfila gli stivali. Vuoi portare dentro tutta la neve?”- uno scappellotto a Gerard.
Si portò la mano sulla testa –“Hai fatto pulizie?”
“Siamo in casa di altri. Un po’ di buona educazione e contegno”
Andrè ridacchio. Che tipino era Yvy. “Alain è ancora di sopra?”
Annuì –“Dovremmo pensare al funerale. Sali?”
Si passò una mano fra i capelli –“Ci provo”- sospirò.
Spinse lentamente la porta.
Non si era mosso di un millimetro.
Avvicinatosi sedette, gli posò una mano sulla spalla senza fiatare.
“Ho bisogno di stare solo. Non me la sento di lasciarla”
“Alain .. dovremmo organizzar il fu…”
“Non pronunciare quella parola!”- lo interruppe bruscamente –“Non ora … ancora un po’, solo un po’ … lasciami con la mia sorellina … ho bisogno di capire … io devo … devo rendermi conto che non la vedrò più ..mai più”
Rimase qualche istante ancora.
Non poteva far nulla.
Scese.
Yvy comprese dal suo sguardo senza chiedere.
Pranzarono senza scambiare una parola. Nessuno aveva voglia di chiacchiere.
Solo al termine mentre Jerome e Gerard decisero di fare un salto dal curato Andrè si volse prima di richiudere la porta –“Parlaci. Sono certo che ti ascolterà”
 

Freddo, tanto freddo.
Sentì di avere gli stivali fradici.
Doveva assolutamente trovare un riparo. Almeno fino alla fine di quella nuova tempesta che si preannunciava imminente.
Fu allora che sollevando lo sguardo si accorse di un capanno, uno di quelli che i contadini utilizzano per raccogliere le balle di fieno per gli animali.
Gli ultimi passi nella neve.
Aprì lentamente. Nessuno.
Richiuse la porticina. Sfilato il mantello lo ripose su un legno perché si asciugasse.
Un’occhiata attorno. Fieno, vecchi teli, attrezzi per i campi, un secchio.
“Vediamo un po’ di sistemarci al meglio”.
Ammassò della paglia in un angolo tra le balle di fieno, il più riparato possibile dagli spifferi, vi buttò sopra uno di quei teli. Preso il secchio lo riempì di neve fresca –“Così avremo anche da bere appena si sarà sciolta”- posando una mano sul ventre.
Infine afferrò una tavola di legno e bloccò la porta –“Almeno così staremo tranquilli”.
Tolse gli stivali appoggiandoli su un vecchio sgabello.
Rovistando nella sacca alla ricerca di un paio di calze asciutte –“E questo cos’è?”
All’interno di un canovaccio un grosso pezzo di pane nero, del formaggio, un piccolo contenitore con della marmellata. Più a fondo un paio di mele ed un piccolo coltello –“Ora capisco perché mi pareva troppo pesante per esserci solo della biancheria”.
Sistemò tutto su un vecchio barile –“Sempre previdente Renèe. Guarda un po’ che bel pranzetto che potremo fare”.
Un paio di fette di pane, un pezzo di formaggio e per concludere tagliò a metà una mela.
Il vento fischiare attraverso le fessure.
Quand’ebbe terminato si coricò su quella sorte di letto improvvisato, si avvolse nei teli affondando il più possibile nella paglia – “Dovremo attendere che la bufera finisca, amore mio. Poi ci rimetteremo in viaggio” – accarezzando ripetutamente la pancia –“Cominci a farti notare”- osservando quanto la  rotondità iniziasse ad essere più evidente.
La sensazione fu quella di percepire piccoli movimenti –“Non può essere”- si disse –“Ma che ne capisci di gravidanza. Te lo sei già detto e ripetuto più di una volta. Madre …. ci foste voi … o Beatrice ….”
Sdraiatasi su di un fianco socchiuse gli occhi –“Andrè … sarai fiera di me. Crescerò nostro figlio con tutto l’amore possibile. Gli racconterò di quanto meraviglioso fosse suo padre ….Andrè ..”- gli occhi le si riempirono di lacrime – “… Andrè …”

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Capitolo 51
*** YVETTE ***


Fecero la spola avanti e indietro da palazzo Bouillè per alcuni giorni in attesa di veder comparire il generale.
Niente da fare.
“Maledizione. Ma dov’è stato che ci mette tutto questo tempo a rientrare!?!”- Gerard stanco –“Non mi va di stare con le mani in mano. Siamo fatti per l’azione … non la staticità … mi sento inutile ed impotente”
“Dovrei essere io quello nervoso”- sghignazzò Andrè.
“Come caspita fai a startene così tranquillo, a me scoppierebbe il cervello sapendo che quel bastardo ha la mia donna!”
Rimase in silenzio qualche istante –“Ho semplicemente imparato ad attendere. E’ una vita oramai che lo faccio stando appresso Oscar. Le cose vanno fatte con calma. Certe azioni devono essere ponderate e i piani ben organizzati”
“Mi sono seccato di stare qui al freddo”- soffiando il fiato tra le mani –“Dai, andiamocene alla taverna. E’ tardi, forza”- Jerome si alzò.
“Vuoi lasciare tua sorella a casa sola?”- Andrè sarebbe rientrato volentieri.
“Ah..”- un gesto con la mano –“… starà bevendosi un goccetto e fumandosi una sigaretta alla nostra salute e al caldo!”- Gerard si sistemò il cappello.
“E Alain?”
“Senti, smettila di preoccuparti. Sarà ancora chiuso in camera”- sfregandosi le mani –“fortuna che siamo riusciti a convincerlo per il funerale o ci sarebbe ancora quel cadavere in casa!!”
Andrè lo gelò con lo sguardo.
“Lascialo perdere “- Gerard gli diede una pacca sulla spalla –“mio fratello è un animale privo di sentimenti. Coraggio, andiamo”
 

Il cielo finalmente stellato.
Yvy diede una schiccherata alla sigaretta ed aspirò nuovamente.
La brace prese vigore illuminandole le labbra.
Una sottile scia di fumo soffiata in alto.
Si strinse nella coperta.
Seduta sui gradini di casa, immersa nel silenzio totale.
In lontananza il guaito di un cane.
L’ultimo tiro. Lanciò lontano la cicca.
Respirò profondamente l’aria fredda quasi alla ricerca di un senso di pace interiore, poi rientrò in casa.
Ravvivò il fuoco nel camino con l’attizzatoio. Seduta a riscaldarsi sollevò lo sguardo verso le scale.
Dopo il funerale Alain si era richiuso nella stanza della sorella. Non aveva fiatato per tutta la celebrazione, seduto affianco alla bara di Diane, una mano posata sulla cassa, gli occhi bassi. Che pena gli aveva fatto! Dio, quanto l’aveva amata!
Ripiegò la coperta e la ripose sul vecchio baule.
Si aggrappò allo scorrimano. Salì.
Aprì lentamente la porta della camera.
Alain se ne stava in ginocchio di fronte al letto vuoto della sorella. Le mani a terra.
In silenzio gli sedette accanto.
Quel silenzio bruciante nelle orecchie. Quanto? Quanto dolore stava provando?
Non era riuscito a versare una sola lacrima. Chiuso ermeticamente nella sua sofferenza.
Yvy intrecciò lentamente le dita alle sue.
La mascella irrigidirsi. Poi volse lo sguardo verso di lei.
Gli occhi.
Gli splendidi occhi cerulei di Yvette pareva gli scavassero nell’anima.
Lei lo conosceva bene.
Abbassò lo sguardo forse incapace di sostenere quello della giovane. Ed ecco finalmente le lacrime scorrere –“Me l’hanno portata via. La mia piccola Diane”- strinse gli occhi –“Non ho più nessuno. Mi è stato tolto tutto. Non ho più nulla”
Allungò una mano accarezzandolo su una guancia – “Non sei solo. Hai tutti i tuoi amici … se vuoi … io ci sono”
Le dita stringere forte quelle di lei.
Sollevò il volto trovandosi di fronte quello della giovane.
Sfiorò con le nocche una gota liscia avvicinandosi fino la punta del naso.
Posò il palmo su un lato del viso certo comunque che si sarebbe sicuramente sottratta a quel contatto.
Amici. Forse.
Ed invece rimase lì, ferma.
Protendendosi in avanti si fermò lieve sulle sue labbra sottili.
Nessuna reticenza.
Alain si spinse oltre stampando con impeto la bocca su quella di lei, insinuandosi, cercandola con veemenza.
Yvy si abbandonò aggrappandosi a quelle spalle forti.
Si ritrovarono avvinghiati, la schiena di lei premuta sul pavimento.
Non staccò la bocca dalla sua nemmeno quando infilandole un braccio dietro il collo ed uno sotto le gambe, la sollevò da terra.
Barcollando nel buio urtò lo stipite della porta con i piedi della giovane e si diresse nella sua stanza.
Distesi sul letto le affondò le dita fra i capelli corvini –“YvY…”- sussurrò.
Senza un attimo di respiro le mani grandi come voraci del corpo di lei sfilarono la camicia dai pantaloni obbligandola poi a sollevare le braccia, l’unico momento in cui le labbra si staccarono.
E scendere giù verso la cintola dei pantaloni. Li abbassò fino a quando non fu lei con i piedi a liberarsene.
La biancheria ricadde a terra.
Lui si spogliò velocemente e la trasse a sé infilandosi sotto le lenzuola.
Inumidito un pollice le sfiorò quell’aurea rosa al centro del seno facendola sobbalzare.
Il battito accelerato come il respiro.
Insinuò una coscia fra le sue, le labbra sulla gola.
A quel contatto lei inarcò la schiena percorsa da un brivido di piacere.
Quel turgore premere a pochi centimetri del suo punto più intimo.
Le braccia forti stringerla. Poi lasciarsi andare a carezze sempre più audaci.
Un fascio di muscoli tesi dall’eccitazione.
Yvy emise un gemito lungo, strozzato quando senza alcun ostacolo lo sentì in lei.
Un susseguirsi di movimenti morbidi assecondare quel corpo sinuoso sotto di lui.
Le dita affondare sulle spalle quando con un sorriso tra le lacrime fu l’apice.
Lasciò scivolare le braccia lungo la schiena, le mani sui glutei sodi e contratti assecondando gli affondi.
Gli occhi chiusi, la fronte imperlata di sudore. Yvy non staccò un secondo lo sguardo dal suo viso. Volle assaporare fino all’ultimo quel momento tutto loro, incredibilmente magico ma allo stesso tempo intriso da un velo di tristezza infinita.
Un fiotto caldo scorrerle sul ventre mentre Alain si staccava da lei.
Ricadde su un fianco esausto, svuotato.
Volse lo sguardo da un lato incapace di guardarlo dritto negli occhi.
Appena cuore e respiro ripresero il loro ritmo tranquillo si alzò, afferrò un piccolo telo, lo passò delicatamente per asciugarla e rimessosi fra le lenzuola la trasse a sé baciandola fra i capelli.
Non una parola.
Non ci fu bisogno di null’altro in quel momento.
 

“Il cielo è sereno”- gli occhi rivolti a quella coltre celeste trapuntata di stelle –“Che ne dici? Domani ci rimettiamo in viaggio? “- una mano ad accarezzare la lieve rotondità.
Rientrò trovandosi nuovamente immersa nel buio.
Affondò nella paglia tirando a sé i teli fino sotto il mento –“Dopo questo credo di poter dormire ovunque”-
Quei giorni le parvero infiniti rinchiusa in quel capanno, impossibilitata a muoversi per via della tormenta. Aveva trascorso il tempo sonnecchiando e parlando al suo bambino, raccontandogli di lei, di nonno Augustin  e nonna Emilie, Nanny … e suo padre, Andrè. E ripensando a lui aveva pianto. Si era data della stupida ad aver perso tanto tempo, negando a se stessa di amarlo già da tempo.
Oramai il passato era passato.
Doveva guardare avanti, pensare al meglio per la sua creatura –“Vedrai, riusciremo ad arrivare a destinazione. Il viaggio sarà lungo. Ma sono ottimista”
Immaginò di essere già a Le Conquet, nuovamente a casa, fra i suoi affetti più cari.
Sollevò la mano per scostare una ciocca di capelli dal viso.
Un sottile raggio di luna filtrando attraverso una fessura illuminò quell’anello attorno al dito indice.
Perché diavolo lo portava ancora? Con un gesto di rabbia lo afferrò sfilandolo.
Lo avrebbe venduto. Doveva valere il suo giusto. Qualcuno sicuramente lo avrebbe acquistato. Il denaro le sarebbe tornato utile per il sostentamento di entrambi e magari trovare un passaggio su una carrozza.
Lo mise in un taschino della giacca.
Cos’avrebbe mai raccontato a suo padre? Come avrebbe potuto rendere nullo quel matrimonio farsa?
Prima di fuggire avrebbe dovuto in qualche maniera cercare quel pezzo di carta firmato di fronte al cardinale.
Forse a Parigi sarebbe riuscita ad incontrare sua Maestà … e magari … un suo intervento …
Non aveva senso tutto ciò.
Era trascorso tanto da quando si era vista l’ultima volta con la regina Maria Antonietta. Non era stato un gran incontro.
Non sapeva più nulla della situazione a Parigi. Nessuna notizia di come stessero effettivamente le cose. Le era giunto all’orecchio del trasferimento dei reali a Parigi al palazzo delle Tuileries … null’altro.
Gli occhi lentamente iniziarono a chiudersi.
“Nessun’altro uomo metterà mai più una fede al mio dito. Te lo giuro Andrè!”
 

Le dita di Alain scorrevano dolcemente sulla spalla di Yvy .
La pelle di lei rabbrividire ad ogni tocco.
In quel silenzio si assopirono senza nemmeno accorgersene.
Le prime luci del giorno filtrarono attraverso le tende accarezzando il volto di entrambi.
Aprì lentamente gli occhi. Si stiracchiò facendo attenzione a non svegliarlo.
Lo fissò qualche istante.
Scendendo dal letto Alain si volse su un fianco abbracciando il cuscino.
Si rivestì dandogli le spalle.
Quella notte era passata.
La sentì richiudere la porta.
Gli occhi aperti.
Mentre si allacciava la camicia uscendo sul pianerottolo si trovò di fronte Andrè.
“… Yvy ..!”- allibito.
Alzò lo sguardo un secondo per poi riabbassarlo senza fiatare.
Gli passò accanto e scese.
Un’occhiata rivolta alla camera da letto di Alain e nuovamente a lei.
La raggiunse al piano di sotto. Sedette a tavola.
“Caffè?- domandò come se niente fosse.
“Grazie”- non voleva e non poteva chiederle. Chi era lui per impicciarsi dei suoi affari? Nonostante la giovane età era libera di fare ciò che voleva, come pure Alain.
Ma una cosa non gli andava giù.
Tutto l’amore sbandierato per Leah? Che fine aveva fatto?
“Piantala!” – si disse –“Parli proprio tu che non ti sei nemmeno tirato indietro di fronte a quel bacio”- affondò la testa tra le mani –“Ti sei mai chiesto cosa racconterai ad Oscar? Avrai mai il coraggio di dirle la verità? “- ma l’altra voce dentro di lui fu pronta a controbattere –“Gli dirò semplicemente la verità. Oscar sa che ho sempre voluto bene a Leah” – convinto –“Bugiardo! Traditore! E’ proprio vero che quando manca il gatto i topi ballano! Se Alain non vi avesse sorpreso l’avresti stretta a te, ed altrochè bacio”- insistente –“No. Amo Oscar. Nessuna donna al mondo potrà mai prendere il suo posto”- ribattendo –“Come no”-
Battè violentemente i pugni sul tavolo –“Se veramente fossi innamorato di Leah avrei piantato tutto quella sera e me ne sarei andato via con lei. Ora basta. Avrò il coraggio di dirglielo assumendomi le mie responsabilità ed andando incontro alle conseguenze”- una lotta interiore.
Yvy lo guardò turbata –“Problemi di coscienza?”
Andrè parve risvegliarsi da un torpore –“Prego?”
Scosse la testa mettendogli sul tavolo il caffè –“Forse hai bisogno di una bella carica. Bevi che è meglio”
Si avvicinò alla finestra tenendo tra le mani la sua tazza fumante e soffiandovi sopra.
“Senti Yvy ….”
Alain apparve ai piedi delle scale.
Lei lo fissò un istante.
“Dove sono i tuoi fratelli?”- il chiaro intento di svincolarsi dai suoi occhi.
“Chiedilo a lui. Erano fuori assieme ieri sera”- tornando a fissare fuori dai vetri.
“Sono andati da Du Mont”
Si riempì una tazza e con indifferenza le si accostò –“Tiepido sole”- guardando fuori.
Lei non distolse lo sguardo dai vetri –“Che intenzioni avete oggi?
 
 
Ancora prima che albeggiasse aveva rimesso assieme le sue poche cose e si era rimessa in cammino.
Non era il caso di sprecare tempo. Doveva allontanarsi il più possibile. Non poteva considerarsi ancora in salvo.
Un timido sole si fece strada piano piano all’orizzonte tingendo quell’alba dal sapore invernale di un’incredibile rosa arancio.
“Coraggio Oscar”- affondando un passo dietro l’altro nella neve alta.
Lentamente la strada si fece sgombra dalla coltre bianca e meglio percorribile.
Ciò nonostante attorno era il deserto completo.
Possibile che sebbene avesse percorso molta strada non ci fosse un villaggio o per lo meno una casa in quella regione? Non una persona. Nessuno. Sinceramente da avvilirsi!
Completamente assorta nei pensieri, con i piedi ghiacciati e affaticata si accorse all’ultimo di quella casa con una stalla accanto.
“Finalmente”- giungendo sulla porta.
Bussò ripetutamente nella speranza che qualcuno le aprisse.
Tutto chiuso.
Sbirciò attraverso i vetri delle finestre. Nulla.
“D’accordo”- dirigendosi verso l’altra costruzione –“Evidentemente l’unica soluzione sono i fienili”
Entrata si accorse della presenza di una mucca ed un cavallo. – “Almeno questa volta avrò un po’ di compagnia”
L’ambiente era decisamente più caldo del capanno dove aveva trascorso gli ultimi giorni.
La struttura era meglio isolata. Di fessure ne vide veramente poche –“Ottimo”.
Ripose la sacca in un angolo ragionando su come sistemarsi quando udì le ruote di un carro avvicinarsi.
Nascostasi rimase in ascolto.
 
 
“Così dovremo alloggiare in qualche locanda. Ma non abitavate poco fuori Parigi prima di trasferirvi a Le Conquet? “
“Palazzo Jarjayes è stato veduto”- una nota di tristezza nella voce del Generale.
Mornay storse il naso -“Ci avrebbe fatto comodo in quest’occasione”
“Senza domestici?”- puntualizzò Augustin.
“In effetti avete ragione. Non vi vedo a preparare la colazione”- ridendo sotto i baffi –“Ad ogni modo credo sia meglio un luogo tranquillo magari alle porte della città.”
“Concordo. Non so fino a che punto possa essere sicuro.”
“Mi auguro indossiate abiti più consoni per muoverci durante il giorno.  Persino uno senza un occhio e orbo nell’altro capirebbe lontano un miglio che siete un aristocratico”
“Avanti, non esagerate. E comunque non preoccupatevi. Non daremo nell’occhio, posso garantirvelo. A proposito. Immagino andremo subito alla ricerca di Andrè”
“Ovvio. Prima di partire mi disse che si sarebbe sistemato da un certo Alain. Nel caso in cui ci fosse stato qualche impedimento avrebbe chiesto ospitalità al curato di Saint Etienne”
“Oh! “- esclamò –“Il baffone”- ridendo di gusto.
Vincent non comprese ma si sentì più leggero. Il rapporto con il Generale si era ammorbidito, grazie a quel viaggio.
Parigi oramai non era più così lontana.
Si sentì quasi impaziente di giungere a destinazione. Il desiderio era quello di riuscire a trovare Oscar quanto prima e dare una bella lezione a Bouillè. Poi c’era Andrè. Non aveva mai provato un legame così profondo con nessun altro. Si, doveva ammetterlo. Era il figlio mai avuto, il figlio desiderato da sempre.
Ripensò stranamente a quel giorno. La febbre, le grida di dolore, l’emorragia, il cuore che aveva smesso di battere assieme a quello del neonato. Aveva cercato di rinchiuderlo in uno di quei cassetti della memoria, ne aveva nascosto la chiave … Non era più riuscito a ricostruirsi una vita con un’altra donna, o forse, più che riuscire, non aveva voluto. No. Mai più.
Attraversarono l’ennesimo villaggio.
“Cosa dite se ci fermeremo a pranzare?”- Augustin con i morsi della fame.
“Non mi pare sia il caso. Oramai Parigi non dista molto”-
 

Il portone della stalla si aprì.
Un ragazzino fece il suo ingresso tenendo per le briglia un cavallo.
“Ecco, ora puoi riposarti”- lo legò accanto all’altro. Prese del fieno e lo ripose nella mangiatoia.
Lo vide girarsi un attimo per poi uscire.
Il portone si richiuse.
Oscar tirò un sospiro di sollievo –“Forse conveniva farmi vedere. Del resto non sono venuta a rubare nulla ma solo a cercare un luogo dove riposarmi un po’”
“Che diavolo ci fate nella mia stalla?”- un uomo apparve davanti l’entrata puntandole un fucile –“Chi siete? Che cosa volete? ”
Portò le mani mostrandone il palmo all’altezza del petto –“Vi prego, fermatevi. Non sono una ladra, tanto meno sono qui per farvi del male. Non ho armi con me”
Alle spalle del tale comparve una donna con il ragazzino avvinghiato alla sottana – “Siete qui per portarci via la farina vero?” inveì.
“No, credetemi. Sto solo cercando un riparo. Ho fatto molta strada, sono stremata. Vi prego, abbassate quell’arma. Non ho alcuna intenzione di nuocervi. Credetemi”
“Ma è una donna”- la moglie si avvicinò al consorte posandogli le mani sugli avambracci –“Abbassa il fucile Olivier”
“Che cosa volte allora? Abbiamo appena per poterci sfamare”
“Credetemi. Ho solo la necessità di un riparo. Null’altro”- ancora sulle difensive.
Titubante –“Quale certezza posso avere che non siete qui per portarci via quel poco che abbiamo o farci del male?”
“Vi  ripeto che non ho armi. Sono solo di passaggio. Sono diretta a Lione. Ho solo bisogno di riposare un po’”- sentendosi piuttosto affaticata si portò una mano sulla pancia.
La donna sussurrò all’orecchio del marito.
Abbassò il fucile.
“Se vi accontentate di una zuppa di patate ….”- la invitò.
Oscar accennò ad un sorriso –“Non voglio esservi di peso. E’ mia intenzione riprendere il viaggio quanto prima”
“Non credo potrete farlo prima di qualche giorno”- osservò l’uomo –“Si preannuncia l’ennesima bufera” volgendosi a scrutare il cielo.
“Sistemiamo velocemente gli animali e torniamo in casa”- la donna afferrò della legna da ardere –“Venite”- facendole poi strada.
Il ragazzino e l’uomo accudite le bestie scaricarono il carro delle provviste fatte in città.
“Posso aiutarvi?”- posando la sacca a terra.
“Tenete”- allungandole una tovaglia –“Piatti e posate li trovate in quel mobile”- tornando a mescolare la pentola sul fuoco.
Riempì  d’acqua una caraffa e la mise in tavola –“Il mio nome è Colette”.
La porta si richiuse.
“Loro sono  mio marito Olivier e mio figlio Andrè”- rivolgendo loro un’occhiata.
Trasalì a quel nome –“Come …. mio marito…”- abbassando lo sguardo.
“E dove si trova ora?”- riempiendo i piatti con la zuppa.
Un nodo alla gola –“E’ morto”.
I tre rimasero senza parole – “Mi spiace”- Colette le fece cenno di accomodarsi.
“Perdonate, non mi sono nemmeno presentata. Il mio nome è Oscar Francois Grandier”- con un tono di orgoglio nel pronunciare quel cognome.
“Oscar?”- la donna mise in tavola alcuni pezzetti di formaggio –“Ma siete una donna. Perché mai portate un nome maschile?”
“E’ una lunga storia …”
Dalla scodella fumante l’aroma di patate e cipolle.
Ne inalò intensamente il profumo .
Andrè le passò alcuni pezzetti di pane secco –“Se glieli metti dentro diventa ancora più buona”.
Ricambiò quel gesto con un largo sorriso.
Durante il pranzo raccontò loro brevemente chi fosse e perché stesse andando a Lione.
Olivier fece un lungo sospiro –“Spero sinceramente per voi che riusciate nelle vostre intenzioni. La strada per Lione è ancora lunga. Vi accompagnerò io appena la tempesta sarà passata”
“Non so come ringraziarvi”- commossa.
“Non sarà comunque prima di due … forse tre giorni”- osservando al di fuori della finestra.
“Come? Tre giorni? Non può essere. Devo raggiungere Lione quanto prima!”- stringendo i pugni.
“Guardate voi stessa. Non ci potremo muovere. Sarebbe troppo rischioso.”- invitandola di fronte ai vetri.
Scostò le tende spingendo lo sguardo fuori fra il vento e la neve.
“Chi è?”- Colette si avvicinò scrutando il tempo.
“Chi è chi?”
“L’uomo dal quale state fuggendo”
Attese prima di rispondere –“Colui che ha reso la mia vita un inferno”
 

“Per quanto ancora dovrò sopportare la vostra presenza a palazzo?”- Renèe innervosita liberò la tavola.
“Vedete di non mancarmi di rispetto, donna”- con tono spregevole.
“Sentite bene, io sono al servizio del Generale, non vostro e dei vostri scagnozzi”
L’uomo si volse e con fare minaccioso l’afferrò per un polso –“Tenete a bada la lingua, potrei perdere veramente la pazienza e malauguratamente … liberarmi di voi … gli incidenti capitano!”
Renèe ne intravvide per la prima volta gli occhi. Ebbe paura ma si fece coraggio. Diede uno strattone e si liberò. 
“Tornerà il mio padrone e vi metterà in riga”- riprendendo le faccende.
“Non mi avete ancora detto come abbia fatto a fuggire”
“Non ne so nulla”
“Credete sia stupido?”- irritato.
Non rispose.
“Non andrà molto lontana. Posso garantirvelo. La troveremo prima che il vostro padrone faccia rientro. E posso giurarvi che questo castello sarà la sua tomba. Nessuno. Nessuno riuscirà a trovarla. … e inoltre presto, molto presto non vi occuperete più di lei”
“Non credo che queste siano vostre decisioni”
“Infatti, sono quelle di Bouillè”- sprofondando nella poltrona.
“Staremo a vedere al suo rientro. Per ora vedete di lasciarmi in pace. Io devo lavorare”- allontanandosi - “Oscar … mi auguro siate al sicuro”- mormorò appena fuori dalla portata visiva dell’uomo.
“Non crediate di farla franca. Vi troverò. Potete essere lontana da qui quanto volete, ma non mi sfuggirete.”- giocherellando con un pugnale –“Avete le ore contate …”.
 

La febbre pareva finalmente stesse scendendo.
Ancora qualche giorno e si sarebbe potuta mettere in viaggio verso il porto.
Alain non era più tornato a cercarla e questo non fece che tranquillizzarla nonostante rivolgendo i pensieri a lui l’assalisse un’infinita tristezza.
Le notti al suo fianco, i suoi abbracci, gli scherzi, il suo essere burbero eppure tanto protettivo nei suoi confronti.
Quanto le mancava.
Ma oramai non poteva più tornare indietro
Tutto era pronto per mettersi in cammino e lasciare Parigi il prima possibile.
Cos’avrebbe trovato a Londra? Qualcuno le aveva detto che non avrebbe incontrato problemi a trovare come lavapiatti, cameriera, domestica o sarta. Avendo lavorato per Madame Bertin probabilmente qualche porta si sarebbe aperta con più facilità.
Magari nelle vicinanze del porto, prima di salire sulla nave,  si sarebbe cambiata indossando l’abito ed il cappottino che le aveva regalato. Di un rosso cupo con collo e maniche nere.
Lo indossò e corse nella sua stanza per guardarsi allo specchio.  Era proprio bello.
Raccolse i capelli con le mani rimirando l’immagine riflessa. L’avesse vista Alain.
“Ti piace quell’abito?”- le aveva chiesto un giorno passando davanti ad una piccola bottega vicino alla taverna di Du Bois.
Ci aveva lasciato gli occhi.
“Sarà il mio regalo per te a Natale”- aveva aggiunto.
Abbassando lo sguardo era arrossita. Nessuno si era mai preoccupato di farle un regalo. Solo sua madre. Il suo fermaglio per capelli …
Lo aveva perso. O forse lasciato nella camera da letto di Alain.
Con lui era cambiato tutto.
I primi giorni che Andrè se n’era andato era stato difficile averlo accanto. I modi grezzi la indispettivano. Eppure di quello si era innamorata.
“Basta!”- stringendo gli occhi a voler cancellare dalla memoria quelle immagini –“Ora basta. Fattene un ragione. Hai sbagliato. Questa è la giusta conseguenza”- ripiegando il cappotto.
 

Il profumo di caffè mescolato a quello di Yvy … da perderci la testa.
Eppure aveva giurato a se stesso che non sarebbe più tornato sui suoi passi.
Quella storia era morta e sepolta.
Così sarebbe dovuto essere … prima  … prima di vederla nuovamente, prima della morte di Diane.
Se solo fossero stati soli …
Andrè alzatosi ripose la tazza nel secchiaio. La sensazione fu quella di essere il terzo incomodo in quella stanza. Si, quella notte era successo qualcosa tra loro due.
“Vado da Du Mont”- buttandosi il mantello sulle spalle.
Yvy non si mosse.
“Ehi … vengo con te!”-
Volse lo sguardo fissando Alain.
“Lungo il tragitto voglio che mi esponi le tue intenzioni “- coprendosi le spalle –“Devo passare anche in un posto”
“Vi aspetto per pranzo?”- fissando Alain.
“Ritieniti libera. Forse per cena!”
Appena fuori –“A piedi o a cavallo?”- Andrè cercò i suoi occhi per capire.
“Anche a piedi va bene”- rispose incamminandosi.
L’aria gelida li fece rabbrividire.
L’uno affianco all’altro, senza dirsi mezza parola. Proprio loro. Due amici che avevano condiviso tanto.
Alain spezzò quel silenzio –“Senti …”
Andrè lo interruppe immediatamente –“Voglio solo sapere una cosa “- fermandosi all’improvviso –“Ho capito bene quello che è successo?”
Era sempre stato abituato a non avere peli sulla lingua e a non mentire –“Si!”- la risposta fu secca – “Volevi sapere perchè è stata nella mia camera? Se abbiamo fatto l’amore? SI! E posso pure garantirti che è stato magnifico dopo tanto tempo e che non mi pento assolutamente di averlo fatto”
Gli occhi sgranati, la bocca spalancata. Incredulo.
“E piantala di guardarmi con quella faccia da pesce lesso. Al posto mio lo avresti fatto pure tu!”
Abbassò lo sguardo –“Non sono qui per giudicarti.”
“Anche tu sei caduto in tentazione con Leah”- lo stuzzicò.
La rabbia gli montò in corpo. Ma si trattenne –“Un uomo che ama la propria donna non dovrebbe avere occhi e pensieri che per lei”
“Il cuore può anche perdonare certe … ingiustificate debolezze … siamo uomini … in carne ed ossa”
Scosse la testa –“No Alain, è sbagliato”
“Io sono stato assieme a Yvy tempo fa …”
“E credi che questo sia un motivo valido per portartela a letto appena Leah ha voltato l’angolo?”
“Fatti gli affari tuoi. Credo di poter decidere liberamente chi farmi!”
Uno scatto fulmineo Andrè lo afferrò per il collo- “Piantala di giocare con i sentimenti  delle donne. In questa maniera  ne ferirai due allo stesso tempo”
“Sei forse mio padre per decidere quello che devo fare?”- bloccandogli il polso e liberandosi dalla presa.
Incrociò quegli occhi verde brillante.
Fece ricadere le braccia lungo il corpo infilando le mani in tasca –“Siamo ridicoli” – riprendendo la strada verso la chiesa di Saint Etienne.
“Alain!”- chiamò rimanendo indietro.
Si volse.
“Ami Leah?”
 
 
“Non abbiamo un altro letto ma vedremo di farvi un qualcosa di comodo sul quale poter riposare”- si scusò Olivier.
“Non preoccupatevi. Ho trascorso tre giorni in un capanno per il foraggio degli animali e a parte un po’ il freddo ho dormito benissimo”- lo rassicurò.
“E’ un’ottima idea”- Colette tornò nella stanza con delle lenzuola –“ metteremo un bel po’ di paglia qui , vicino al camino. Queste solo pulite. Potrete fermarvi fino a quando la tempesta non sarà passata. Poi mio marito vi accompagnerà a Lione”
“Vi ringrazio”- commossa abbassò gli occhi – “Veramente io …non vorrei esservi di peso”
“Una zuppa in più non ci farà sicuramente morire di fame”.
Olivier fece rientro in casa con un bel mucchio di fieno e lo depose a terra.
“C’è veramente una così gran carenza di beni di prima necessità?”- il tono preoccupato.
“Il grano scarseggia ovunque e di conseguenza la farina. E faticoso trovare persino patate e cipolle. La nostra piccola fortuna è la mucca. Con parte del latte ricaviamo un po’ di formaggio che riusciamo a scambiare al mercato.  Dicono che la situazione peggiore sia verso Parigi
 “Avete altre notizie?”- incuriosita.
“I Reali sono stati trasferiti al Les Tuileries. Pare che ora conducano una vita molto più unita. La regina si occupa dell’educazione ed i giochi dei figli e il Luigi XVI trascorre molto più tempo con loro. Niente più balli, ricevimenti, concerti.  Sono come dei reclusi. Il sovrano ha persino smesso di andare a caccia”
Oscar rimase in silenzio ascoltando le parole dell’uomo. Ripensò ai tempi in cui le sale di Versailles erano gremite dalla mattina alla sera.
“I giardini sono stati lasciati aperti per permettere al popolo di rendersi conto di come vivano ora.  Ad ogni modo molti nobili ed aristocratici terrorizzati dalle continue sommosse hanno lasciato la Francia riparando in paesi oltre confine” – sistemò il tutto per dare almeno una parvenza di letto.
“Pare che il sovrano abbia chiesto aiuto al Re di Spagna e all’imperatore d’Austria per ristabilire la sua autorità”- continuò
“Ma a quanto si dice le risposte non sarebbero state molto esaustive”- concluse Colette –“Ecco!”- dopo aver disteso delle lenzuola ed una coperta di lana.
Un sorriso velato di amarezza.
 

Riprese a camminare lasciandolo senza una risposta.
“Alain … fermati!”- lo raggiunse.
“Non è il luogo tanto meno il momento per questi discorsi” – accelerando il passo.
Non si diede per vinto –“Non mi sono beccato dei pugni da te per l’aria che tira. Rispondimi..”- una mano ad afferrarlo nuovamente per la manica –“Mi hai sommerso di insolenze e trattato da traditore. Esigo una risposta”
“Andrè!”
Volse lo sguardo in direzione della voce.
Non potè credere ai suoi occhi –“Generale, Vincent!”
Augustin scese da cavallo andandogli incontro. Trovandoselo di fronte gli strinse calorosamente la mano mettendogli un braccio intorno al collo –“Ragazzo, che bello rivederti!”
Mornay avvicinatosi sorrise. Gli occhi leggermente lucidi dalla commozione.
Una stretta calorosa.
“Da quando siete a Parigi?”
“Arrivati ora”- facendo cenno ai suoi uomini di scendere da cavallo.
Il giovane si passò una mano tra i capelli –“Incredibile”
Alain fece un cenno di saluto.
“Scusate. Lui è Alain de Soissons”- presentando l’amico.
“Dovremmo cercare un alloggio comodo. Avete idea dove potremmo…”
“Da Agnés”- suggerì d’impulso Alain –“Semplice, pulita, economica. Sempre che vi vada a genio”
“L’importante che si possa riposare e mangiare bene”- sottolineò Mornay
“Da locanda, ma bene”- assicurò – “ Se volete è sulla strada per andare a Saint Etienne”
“Non avevamo parlato di starcene fuori dalla città?”- puntualizzò
“Potete stare tranquillo. Là non ci sono disordini al momento. La proprietaria è un bravissima donna. Vi tratterà con i guanti”.
Il gruppetto si avviò.
Durante il tragitto Morney e Augustin misero al corrente Andrè circa le condizioni i salute di Madame Emilie, i lavori di ripristino della casa a Le Conquet, i sospetti su Bouillè . Alain qualche passo più avanti immerso nei pensieri.
Rammentò che sarebbe dovuto passare alla sartoria da Madame Bertin per avere informazioni di Leah.
“Leah!”- quel nome a fargli eco nella mente, nelle orecchie. Era entrata nella sua vita come un fiume in piena, lo aveva travolto, lo aveva cambiato. E allora Yvy?
Sollevando gli occhi si trovò di fronte alla locanda – “Ecco”- volgendosi al gruppo.
La proprietaria non potè che essere felice di ospitare un così bel gruppetto.
“Perché oggi non pensate a riposarvi. Penso che il viaggio sia stato piuttosto faticoso”- suggerì Andrè.
“Non siamo venuti qui per poltrire. Abbiamo da lavorare, e molto”- puntualizzò Vincent.
“Bouillè non è ancora in città. Sono diversi giorni che stiamo appostati nei pressi del palazzo … Diamine!”- improvvisamente –“Quell’uomo!”
“Lo hai visto?”- Il Generale sgranò gli occhi.
“Si, al palazzo di quel maledetto!”- stringendo i pugni.
“Fantastico!”- Vincent si sfregò le mani –“Il cerchio inizia a stringersi”.
Non volendo perdere tempo si recarono da Du Mont.
Era necessario mettere insieme tutte le informazioni raccolte e decidere il da farsi.
Alain partecipò poco. Trascorse la maggior parte del tempo dondolandosi su una sedia e fissando quella tavolata immersa in programmi e strategie.
Non si era mai fatto scrupoli nell’avere anche più di una donna contemporaneamente. Uno stinco di santo? Nemmeno quando stava con Yvette. Inutile. Adorava il sesso femminile, ma soprattutto adorava tutto ciò che con questo si poteva fare. Un rapporto serio? Lungi da lui!!
Quando Andrè gli aveva chiesto di occuparsi di Leah il suo unico pensiero era stato quello di portarsela a letto in una maniera o nell’altra. Poi era scattato qualcosa. Si era reso conto che non poteva vivere senza di lei. Arrivare al punto di chiederle di diventare la signora De Soissons la diceva lunga.
Chi si sarebbe aspettato il ritorno di Yvy? Lui no di certo.
Quella storia si era chiusa in malo modo e lei se n’era andata da Parigi. Nonostante tutto ricordava bene i primi tempi, la passione, il desiderio. Ragazzina si, ma il solo starle accanto i pensieri prendevano fuoco. E non solo quelli.
Era tornata. Perché?
La sera precedente non aveva resistito. Era li. Il suo profumo, i suoi occhi, quel modo di guardarlo. Aveva riassaporato le sue labbra, stringerla, sfiorarle la pelle ... Il suo corpo si era fuso con quello di lei come mai prima.
Lo sguardo di Andrè. Le parole.
Bruciavano, come una ferita aperta.
Il curato offrì loro un semplice pasto caldo. Nessuno ebbe da lamentarsi.
Nel tardo pomeriggio finalmente si schiodò da quell’insolita posizione –“Io torno a casa”- un semplice cenno a salutare.
Sul sagrato della chiesa alzò lo sguardo verso il cielo plumbeo –“Mhmm…” – mugugnò. Le mani in tasca, il solito stuzzicadenti in un angolo della bocca, gli occhi socchiusi per l’aria gelida. Si avviò.
“Direi che a questo punto ci vediamo domattina”- Augustin impaziente che fosse già il giorno seguente.
Andrè salutò velocemente tutti i commensali. Doveva seguire l’amico.
Si accorse che ormai era tardi per passare da Madame Bertin –“Maledizione!”- e nella testa una battaglia. Yvy. Leah.
Quando fu a pochi passi da casa, la luce accesa.
Attraverso i vetri, Yvy intenta a preparare la cena. Quella sensazione di famiglia che ora gli mancava.
Un sospiro. La mano girò la maniglia.
Entrando la trovò immobile al centro della stanza.
Lo sguardo fisso su di lui.
Quegli occhi cerulei da rabbrividire.
Yvy  accennò ad un sorriso.
Irrigidì la mascella deglutendo.
Pochi passi e fu di fronte a lei.
Era bella, bella da impazzire –“ Yvy … io …”

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Capitolo 52
*** DESTINO BEFFARDO ***


La febbre finalmente sparita.
L’immagine riflessa nello specchio della camera. Il volto francamente ancora un po’ pallido eppure si sentiva bene.
Tutto era pronto.
Attese le prime luci del mattino, indossò il cappottino di Madame Bertin , legò i capelli con un nastro.
Spense il fuoco nel camino.
Avrebbe dovuto occuparsi anche della vendita della casa. A cosa le serviva? Certo, ma non ora.
La cosa più importante al momento era andarsene. E velocemente.
Ricontrollò che nella borsa ci fosse tutto l’occorrente e che i suoi risparmi fossero al sicuro.
Un’ultima occhiata attorno. Quanti ricordi!
Infilò il cappellino e richiusa la porta si avviò, senza voltarsi.
Uscire dalla città, poi trovare un passaggio.
 


“E’ arrivato!”- strillò Jerome entrando in casa – “Bouillè è arrivato a Parigi”
Andrè balzò sulla sedia –“Ne sei certo?”
“Non può che essere lui quell’uomo che ho visto. Massiccio, pancia prominente, baffi”
Afferrò la giacca e senza nemmeno pensarci un secondo si precipitò in strada seguito dal giovane.
“Dove stiamo andando?”- gli chiese.
“Da Mornay ed il Generale. Dobbiamo avvisarli immediatamente”- l’aria fredda a bruciare la gola –“Dov’è tuo fratello?”
“E’ rimasto a sorvegliare il palazzo. Non voleva perderlo di vista”
Yvy calzò gli stivali.
“Che succede?”- Alain scendendo le scale la vide vestirsi per uscire.
“Raggiungo i miei fratelli”- sollevando il bavero della giacca e aprendo la porta.
“Non tornerai più, vero?”- irrigidendo la mascella.
 
Non doveva fare tanti giri di parole.
Eppure gli era di fronte.  Quel solito sguardo sfrontato che gli aveva fatto perdere la testa.
“Io credo … “- senza distogliere gli occhi puntati sui suoi.
“Non dobbiamo dirci nulla”- lo aveva interrotto.
Lo era sempre stata, diretta, senza peli sulla lingua. Niente e nessuno le avevano mai fatto paura. Tanto meno lui, nonostante tutto.
“Avevamo semplicemente bisogno di non pensare a nulla”- portandosi una sigaretta alla bocca.
 La freddezza delle sue parole non lo scalfirono minimamente.
“Tu non hai bisogno di me Alain! “- un sorriso dal tocco beffardo –“Non capisco perché ti sei lasciato sfuggire il bocconcino che avevi tra le mani prima che io tornassi a Parigi. Non pensare che lo abbia fatto per  te  … non pensarlo nemmeno lontanamente. La nostra storia ha avuto un inizio ed una fine. Chiuso.”- aspirò a lungo soffiandone il fumo da un lato della bocca – “Leah … dico bene?”
Una piega gli attraversò la fronte. Lo sguardo più severo.
Era riapparsa dal nulla. Uno strano rapporto il loro.
Non rimpiangeva nulla tanto meno provava sensi di colpa per quella notte. Dopo aver rimuginato a lungo la sua mente ora era concentrata su di un unico pensiero e lei lo aveva compreso ancora prima di lui: Leah!
L’errore più grande era stato quello di cacciarla da casa.
Si rivide nell’atto di assalirla verbalmente come un mostro in preda ad ira e gelosia. E ciò voleva significare una cosa sola: era pazzo di lei!
Doveva trovarla e ricondurla a casa.
Yvy era una donna forte, sicura di sé, con i piedi per terra. Pochi sogni e frivolezze. Non aveva certo paura di sbatterti in faccia quello che pensava.
A muso duro aveva dovuto prendere in mano presto le redini della sua vita.
Si era scontrato un milione di volte con lei per tutti questi motivi. Non gli era mai andata a genio di legarsi definitivamente con una persona che sapesse tenergli testa così bene, o forse non gli era mai andato a genio di legarsi e basta.
Fra le lenzuola due che sapevano amarsi alla follia, un’esplosione in ogni senso. Al di fuori di queste tutta un’altra musica.
Fu solo l’ennesima conferma del perché non avesse funzionato –“Non ho alcuna intenzione di cambiare idea.  Avevamo bisogno di sfogarci, tutto qua.”
“Bene, a quanto pare la pensiamo nella stessa identica maniera. Ritengo la faccenda morta e sepolta.”
 
“I miei fratelli si sono presi l’impegno di aiutare il tuo amico. Non preoccuparti.  Mi trasferisco da Du Mont. Non voglio crearti sensi di colpa,  con te stesso  tanto meno nei confronti di Andrè”- la brace prendere vigore mentre aspirava.
“Di che cavolo parli?”- indispettito sempre più.
Scosse la testa –“Ti secca da morire che ti faccia tante domande su di noi nonostante siate grandi amici.”
Tacque.
“Mmhh …”- mugugnò – “Io non sono la donna  giusta per te. Questo lo sai.”- spense la cicca a terra –“Diamoci un taglio. Ritrova lei e quel bel rapporto che avevate. Anche con Andrè. E’ un bravissimo ragazzo, innamorato perso della sua futura moglie. Bisogna imparare a riconoscere i propri errori e riprendere il cammino nella consapevolezza di non ripeterli”- lo lasciò sulla soglia di casa con un ultimo sorriso.
 
 
“Signore ben arrivato. Se dovete recarvi subito da Sua Maestà gli abiti per cambiarvi sono pronti”
“Vediamo di fare in fretta. Vorrei capire di cosa si debba discutere. Sinceramente ho altri impegni e pensieri ai quali dedicarmi”- sfilando gli stivali.
“Vi fermerete molto?”- passandogliene un paio nuovi.
“Qualche giorno, sempre che non si prospettino spiacevoli imprevisti”- sistemando pantaloni e camicia puliti – “Fà preparare la carrozza e cercami Damien. Lo voglio qui il prima possibile”.
 

“Maestà ...”- un inchino leggero –“E’ un vero onore essere nuovamente al vostro cospetto”.
“Bouillè, che fine avevate fatto?”- il sovrano lo fece accomodare in quella specie di studiolo.
“Diversi affari personali mi hanno tenuto occupato … tra i quali il matrimonio “- con tono leggermente sommesso –“E vi domando perdono per non avervene dato notizia”
“Generale … le mie più sentite felicitazioni. Averlo saputo per tempo la Regina ed io vi avremmo omaggiato di un presente”
“La mia consorte desiderava il massimo riservo …”
“Le donne sono indubbiamente incredibili  ed imprevedibili”- sorrise –“E’ lecito almeno conoscerne il nome?”- incalzando.
“Devo chiedervi purtroppo di non insistere, ma apprezzo sinceramente il vostro interessamento”- il tono riverente.
“L’augurio è quello che questa nuova famiglia possa allargarsi quanto prima”- offrendogli un bicchierino di Armagnac.
Un brindisi.
“Deduco  che la vostra momentanea irreperibilità a Brest sia dovuta proprio a questo”
“In effetti …”
“Siete piuttosto reticente nel dare risposte”- posando il bicchierino –“siete convolato a nozze a Parigi?”
“No Maestà …”
Luigi XVI  sbuffò un tantino seccato per la mancata loquacità sull’argomento.
“Vi chiedo gentilmente di non farne cenno con alcuno … e se fosse possibile nemmeno con la Regina. So bene quanto ci tenga ad essere informata circa tali questioni”
“State tranquillo. Cercherò di tergiversare se dovesse chiedermi vostre notizie”- sghignazzò –“Almeno ditemi dove vi siete ritirato”
“Ai piedi delle Alpi … alcune ore da Lione”- lisciandosi i baffi.
Spalancò gli occhi –“Non ero a conoscenza di questo vostro possedimento”
“Una lontana eredità …”- vuotando il bicchierino.
Il sovrano fece per versargliene ancora ma Bouillè con una mano lo invitò a fermarsi.
“Sono rimasto alquanto sorpreso di questo vostro invito”
Luigi XVI si alzò –“Avevo fatto programmi importanti su di voi per quanto riguarda gli eserciti ai confini … ma qualcosa mi dice che dovrò modificare i miei progetti”- lanciandogli un’occhiata.
Il Generale abbassò lo sguardo –“Ecco … le intenzioni sarebbero quelle di trasferirci …”
“E dove se posso essere indiscreto?”
“La mia signora necessità di tranquillità. Ho acquistato da poco un tenuta  nelle campagne di Bruges ed appena la stagione lo permetterà ci trasferiremo.  Non abbiatemene …”
“Immagino l’emozione ed il desiderio di trascorrere il maggior tempo possibile assieme”.
“Immaginate bene. Ho un’età per cui non potevo non cogliere l’occasione di prendere moglie, pur consapevole del fatto che questo avrebbe comportato a rinunce”
“Mi state informando quindi che desiderate lasciare l’arma?”- le mani incrociate dietro la schiena passeggiando per la stanza.
“Saprò consigliarvi il meglio quale figura che possa sostituirmi”- tranquillo ma deciso.
“Non lo metto in dubbio”- soffermandosi di fronte ad una delle grandi finestre – “La Regina non gradirà questa decisione quando ne verrà a conoscenza”
“Mi permetto di disquisire con voi. Conoscendone le motivazioni non potrà che convenire con me su una saggia decisione”
Lo fissò qualche istante senza fiatare – “Non vi rivedremo più a Parigi”
“Al momento non sono in grado di darvi una risposta”
Tornò a camminare avanti indietro per la stanza fermandosi nuovamente ad osservare oltre i vetri.
“Probabilmente la vostra è veramente una scelta saggia”- aggrottando la fronte –“La situazione attuale non è certo delle più rosee”
Bouillè non seppe come controbattere.
L’insoddisfazione popolare, la povertà, la fame alimentavano quotidianamente il malcontento dei parigini.
Lo sguardo ricadde all’esterno in giardino.
Un uomo ripiegato su se stesso maneggiava a terra con qualcosa.
Poco dopo sollevò una simil testa di pezza legata ad un cappio mostrandola verso l’alto.
Inspirò corrugando la fronte –“Generale … andatevene finchè siete in tempo”- senza nemmeno voltarsi –“Potete ritenervi libero da ogni vincolo nei confronti della Corona. Vi farò pervenire uno scritto quanto prima”.
 
 
“Avete finito di fare tanto baccano?”- Renèe non gliele mandava certo a dire.
“Posso garantirvi che in giornata farò sparire dalla vostra faccia quel sorrisetto ironico che vi contraddistingue in questi giorni. La vostra Oscar ha le ore contate!”
La donna rabbrividì al solo pensiero di cosa avrebbe potuto fare quel mostro – “Vedremo!”- in tono quasi di sfida –“ e comunque non ho alcun grado di parentela con Madame che la definite mia”- ostentando tranquillità ed indifferenza.
Una risata diabolica echeggiò mentre quell’uomo scendeva le scale – “Rassettate la camera di Madame. A sera, se non prima, avrete un piatto in più da servire”
Lo vide uscire in giardino e richiamare i suoi scagnozzi..”Mio Dio … butta un occhio sulla terra …!”- stringendo le mani al petto.
“Non faremo ritorno prima di averla rintracciata”- afferrando le briglie salì a cavallo –“Ghiaccio o non ghiaccio la voglio al castello entro sera. Ed ora muoviamoci”- incitando quella banda di delinquenti.
Il primo sole farsi strada tra i monti mentre l’aria gelida sferzava il gruppetto al galoppo sulla strada leggermente sgombra dalla neve.
 


“Dobbiamo assolutamente farci ricevere da Bouillè!”- dopo aver udito della presenza a Parigi dell’uomo – “Voi!”- rivolgendosi al Generale –“Voi dovreste essere il benvenuto. Ci recheremo a palazzo”
“Con quale scusa se mi è lecito?”
“Avete forse bisogno di qualche scusa per recarvi da un “amico”?”- accentuando con tono ironico l’appellativo –“E poi, la scomparsa di vostra figlia ha necessità di motivazioni valide?”- quasi gelandolo con un’occhiata .
“Il vostro è sempre stato un ottimo rapporto sebbene intervallato da alti e bassi”- puntualizzò Andrè.
“In effetti …”
“Inutile attendere. Mettiamoci in strada”- abbottonando la giacca –“Meglio che tu non venga”- rivolgendosi al giovane.
“Scherzate vero?”- stupefatto.
“No, assolutamente!”
“Vincent vi ricordo si tratta di mia moglie!”- a pugni stretti.
“Non preoccuparti.  Credo abbia ragione. Al rientro valuteremo il da farsi”-
“Generale … anche voi!!”
“Fidati” – con l’intento di tranquillizzarlo.
“No, no”- scuotendo il capo –“Non ho fatto tanta strada sacrificando anche il mio cavallo per poi sentirmi dire che non posso vedere in faccia quel maledetto!!”
“Ragazzo, calmati”- Jarjayes gli posò affettuosamente una mano sulla spalla.
“Direi di toglierci il pensiero”
“Vincent, vi supplico!”
“Mi spiace”- irremovibile.
 


Da quando era morta Diane non aveva rimesso più piede alla sartoria nemmeno per prendere l’ultima paga della sorella.
Ora però il desiderio di riportare a casa Leah aveva prevalso sul timore di rivedere quel luogo intriso ancora del suo ricordo.
“Alain, mio caro. Vieni avanti”- Madame Bertin gli era sempre stata descritta da Diane e Leah come una donna straordinaria – “Accomodati. Sono felice tu sia venuto a trovarmi”
Passò una mano tra i capelli corvini con fare imbarazzato –“Salve Madame”.
Sedettero nel salottino dove era solita ricevere ospiti – “Posso offrirti una cioccolata calda? Un thè? – un cenno ad una delle ragazze di portare intanto le tazze.
“No, vi ringrazio”- declinando l’invito.
“Ho provato un immenso dispiacere per la prematura scomparsa di Diane. Era una ragazza adorabile. Non si poteva non volerle bene. Una vera disgrazia la sua dipartita”- portò un fazzoletto agli occhi commossa –“Se poi  vogliamo aggiungere la decisione di Leah di andarsene … ho perso due ragazze meravigliose, dal talento e le mani d’oro”
“Come fate a sapere di Leah?”- sbalordito.
“E’ passata più o meno una settimana fa informandomi del fatto e ritirare la paga” – sorseggiando dalla tazza –“Ma Alain … non sei forse fidanzato con lei? Come puoi non essere a conoscenza di …”
“Abbiamo avuto una discussione …”- abbassando lo sguardo.
“Mhh …”- sfiorò gli angoli della bocca con il tovagliolo –“animato e pesante per decidere di lasciare Parigi”- sollevò leggermente gli occhi per carpire la sua reazione.
“Madame Bertin … vi ha forse fatto cenno dove fosse diretta?”
Tentennò nel rispondere al giovane. Diane, pur nel suo essere molto riservata, le aveva dato ad intendere attraverso qualche discorso dell’irruenza del fratello –“Londra”- pronunciò riponendo la tazza –“Devi averla ferita nel profondo”- concluse.
Ebbe stranamente la sensazione di sprofondare dalla vergogna. Mai si era sentito così.
La donna comprese il suo disagio.
Un cenno alla ragazza in servizio.
“Questa è l’ultima paga di Diane”- porgendogli una busta –“A molti errori si può rimediare”- alzandosi –“il porto d’imbarco è Le Havre. Potresti fare ancora in tempo”.
 


Bouillè sfilò i guanti.
La conversazione con il sovrano aveva delineato chiaramente la situazione a Parigi. E non solo.
L’essere stato sollevato da ogni incarico gli avrebbe finalmente permesso di dedicarsi solo a lei e perpetrare la sua vendetta.
Ultime faccende da sbrigare tra le quali la vendita del palazzo con annessi e connessi ed il trasloco di alcune suppellettili nella nuova tenuta a Bruges.
Se tutto fosse andato liscio sarebbe potuto rientrare al castello già per Natale –“Mia cara Oscar, sarò tutto vostro”- un angolo delle labbra si tirò in un sorriso malizioso.
Damien seduto di fronte a lui nella carrozza l’osservò in silenzio. Il Generale lo avrebbe largamente ricompensato per tutto il lavoro svolto fino ad allora e chissà che non gli avesse affidato qualcosa di nuovo.
Non fece in tempo a mettere piede a palazzo –“Signore, il Generale Jarjayes ed il signor Mornay attendono nella sala del mappamondo”
Incurvò le sopraciglia- “Verranno a domandarvi, vedrete. Ho già pensato a tutto. State tranquillo”- quell’uomo ne studiava e ne sapeva veramente una più del diavolo.
Bouillè attraversò il lungo corridoio del giardino invernale, sistemò  gli alamari della giacca e schiaritasi la voce fece il suo ingresso nella sala.
“Jarjayes finalmente!”- lo anticipò –“Dove diavolo vi eravate cacciato! Sapeste da quanto vi cerco”- stringendo una mano e posarne una sulla spalla.
Volse lo sguardo verso Mornay –“Se non sbaglio noi ci siamo già visti”
“Brest”- rispose osservandolo attentamente.
Annuì –“Venite, accomodatevi. Siete a Parigi da quanto? Perché siete sparito improvvisamente? “
“In effetti mi sono allontanato dalla città”- senza sbottonarsi troppo.
“Che diamine!Vi ha forse mangiato la lingua un gatto? Non vi fidate più di me?”
Cosa poteva rispondergli? Avrebbe forse dovuto  mettere le carte in tavola e scaricargli addosso tutti i dubbi sulla sua onestà? –“Emilie aveva bisogno di tranquillità, soprattutto per nostra figlia …”
La mano aperta sulla fronte –“Augustin … se solo fossi riuscito ad avvertirvi per tempo.”
Il Generale lo fissò aggrottando la fronte non comprendendo le parole di Boullè.
Inspirò profondamente e con la voce spezzata dalla commozione –“Vostra figlia è stata qui da me”
Jarjayes sbarrò gli occhi – “Prego?”
Vincent dal suo posto scrutò il Generale  in ogni suo movimento ponendo attenzione ad ogni parola che usciva dalla sua bocca.
“I primi giorni di ottobre …”
“Fantastico !”- stringendo i braccioli della poltrona.
“Augustin … vi prego ..”-
Rimase impressionato dal tono severo di Bouillè.
“Una carrozza l’accompagnò qui una notte. Le sue condizioni non erano delle migliori. Diverse bruciature e ferite profonde su tutto il corpo”
Jarjayes pietrificato occhi e bocca spalancata.
“Ebbe appena la forza di raccontarmi di un incendio, di come a fatica ne fosse venuta fuori … ma non compresi mai dove fosse avvenuto il fatto. Nonostante le cure la sua fu sempre una situazione di semicoscienza. Poi improvvisamente le condizioni si aggravarono precipitando in pochi giorni fino al triste epilogo”
Rimase a fissarlo come inebetito. La sensazione di trovarsi in un terribile incubo. Si, certo! Non poteva essere altro. Si, a breve si sarebbe risvegliato e come la nebbia si sarebbe dissolto.
“Sono costernato. Sapeste quanto vi ho cercato. Sapendo della tomba di famiglia ho provveduto alla tumulazione”
Una mano a nascondere gli occhi. Le lacrime scendere ed un nodo alla gola da mancare l’aria.
Vincent non ebbe la forza di rimanere seduto.  Fece alcuni passi volgendo loro le spalle. Per quanto potesse essere razionale e particolarmente attento a tutto il racconto di Bouillè non pareva  una fantasia.  Se fosse stato veramente cosi?
“Non potete lontanamente immaginare il dispiacere. Mi auguro di aver fatto la cosa giusta”
“Si, certo”- ebbe la forza di pronunciare con un filo di voce –“.. io … io non posso che ringraziarvi di tutto”
“No Jarjayes, non dovete ringraziarmi. Sapete bene quale sia il forte legame da sempre con la vostra famiglia”
“ … la mia Oscar …”- mormorò.
“E’ stato fatto il massimo per alleviare le sofferenze che l’attanagliavano quotidianamente, posso assicurarvelo”
Il Generale si levò dalla poltroncina – “Vorrei andare a vederla”- rivolgendosi a Vincent.
“Desiderate che vi accompagni?”-
Augustin  non riuscì a rispondere. Un tempo se sua figlia fosse morta su un campo di battaglia o per la corona lo avrebbe reso orgoglioso, l’onore prima di tutto. Così. Ma molto tempo prima. Prima di comprendere che Oscar non era che la sua splendida figlia, la più giovane … una donna innamorata perdutamente e ricambiata di quell’amore.
L’aria pungente, il cielo plumbeo e qualche fiocco scendere silenzioso.
Bouillè mise a disposizione una delle sue carrozze.
Attraversarono la città dirigendosi oltre Les Invalides, verso Grenelle al cimitero di Vaugirard, scelta insolita per una tomba di famiglia trattandosi di un luogo destinato alle sepolture degli abitanti della zona.
Jarjayes ne aveva acquistato un pezzetto di terra non appena inaugurato su consiglio di un amico e ne aveva fatto erigere una piccola cappella in marmo bianco.
Scesero di fronte all’entrata.  Percorsero il perimetro a nord , lungo le mura alte .
“Mi sono raccomandato con il custode affinchè vengano deposti fiori freschi ogni due o tre giorni”.
Augustin fece il suo ingresso.
Sulla parete destra a metà quell’incisione: “Oscar Francois de Jarjayes  25 dicembre 1755/20 ottobre 1789
Non gli parve vero di leggere il nome della figlia scavato su quella lapide.
Posò una mano sul marmo freddo chinando lo sguardo.
Tutto era perso.
Avrebbe voluto gridare alla figlia, chiedere il suo perdono per tutti gli errori commessi nei suoi confronti a partire da quella scelta sciagurata – “Bambina mia ….”.
Bouillè rimase all’esterno.
“Mornay … non credo di avere la forza di dirlo ad Andrè …”.
Il Generele li osservò in piedi di fronte alla carrozza. L’ingombrante cappello a coprirne parte del viso –“Per quanto siate solo feccia, avete una mente aguzza. Avevate visto giusto!!”- sogghignò nascondendo un sorriso beffardo rivolgendo il suo pensiero a quell’ombra.
 


I piedi ghiacciati.
Sollevò di più il collo del cappottino a coprirsi fino al naso.
Sarebbe stato decisamente meglio trovarsi a casa, accanto al camino, in uno dei quegli abbracci rassicuranti di Alain.
Scosse il capo –“Basta. Smettila di pensare a lui. Ti fai solo del male. Ora devi concentrarti sul viaggio!!”
Poco fuori la città un tale effettuava mediante alcune carrozze il servizio Parigi-Le Havre e ritono un paio di volte a settimana. Non restava che raggiungere il luogo di raccolta dei viaggiatori diretti al porto.
Poco dopo mezzogiorno finalmente in lontananza le parve di vedere uno dei mezzi fermi.
Nei pressi un uomo intento a passeggiare avanti e indietro.
“Signore”- rivolgendosi al tale già a bordo della vettura –“… un giovane fanciulla …”
“Sai quel che devi fare!”
Leah allungando il passo lo raggiunse certa finalmente di riuscire a partire.
“Salve”- l’uomo sfiorò la visiera del cappello in un segno di saluto.
“Buongiorno. Andate al porto?”
“E dove altrimenti. Servizio doppio tanti siete oggi!!”- una fragorosa risata –“Se volete accomodarvi, avete anche la compagnia”- indicando l’abitacolo.
“Desiderate essere pagato ora?”
“No Mademoiselle, a fine corsa”- aiutandola a salire.
Una mano stretta a quella del tale e l’altra allo sportellino –“Buongiorno!”- rivolgendosi al passeggero già presente.
Il tipo accennò ad un saluto accompagnato da un lieve sorriso.
La giovane si sistemò stringendo al fianco la borsa.
“Dove andate di bello? Sempre che desideriate rispondere. Il viaggio è lungo … giusto per fare qualche chiacchiera”- il tono estremamente gentile –“Non siete obbligata a rispondere … naturalmente”
Sollevò appena gli occhi un po’ titubante. Non avrebbe dovuto infastidirla conversare con uno sconosciuto oramai abituata con il lavoro alla taverna di Du Bois e prima ancora a Cork. Eppure quell’uomo le suscitò un senso di strano disagio.
“Vuoi farti il viaggio nel completo silenzio?”- la stuzzicò quella vocina nella testa – “Londra”- rispose quasi sussurrando.
“Magnifica città”- un ammicco al cocchiere senza che lei se ne potesse accorgere.
“Beh signori”- il tale designato al trasporto richiuse la vettura –“l’ora è giunta. Si parte!”- andando ad occupare la sua postazione.
“Che strano”- volgendo lo sguardo al di fuori verso l’estesa campagna innevata –“solo noi due”- i pensieri si fecero più insistenti imponendole un atteggiamento di allerta.
Ritornando sul suo “compagno di viaggio” lo scorse appisolato.
Arricciò il naso: in fondo era tutto tranquillo.
Rannicchiatasi meglio nell’angolo lentamente le palpebre si fecero via via più pesanti. Eppure non voleva assolutamente addormentarsi.
Un battito di ciglia.
Il volto dell’uomo a pochi centimetri dal suo .
Il tentativo di gridare.
Un fazzoletto impregnato di qualche sostanza premuto con vigore su naso e bocca, l’altra mano a bloccarle un braccio –“Tranquilla dolcezza. Ora fatti un bel sonno!”
 


“Avete riposato bene questa notte?”- Colette rivolgendosi ad Oscar.
“Devo ammettere che questi letti naturali sono oramai nelle mie abitudini. Potrei quasi decidere di far sostituire il mio un giorno tornata a casa”- ridacchiando.
“Perdonate la mia sfacciataggine. Non ve l’ho mai domandato in questi giorni. In quanti mesi siete?”- agganciando il grosso pentolone colmo di  latte sul fuoco.
Un velo d’imbarazzo –“A breve prenderò il quinto “- la mano accarezzare quella rotondità che giorno dopo giorno andava facendosi sempre più evidente.
“E’ il vostro primo figlio?”
“ … e l’ultimo”- il tentativo di celare le lacrime salite agli occhi.
“Cercate di custodirlo con infinito amore. Vi darà la forza per lottare ed andare avanti”- mescolando lentamente.
Annuì. In fondo lo aveva giurato a se stessa ma principalmente ad Andrè. Niente e nessuno avrebbero torto un solo capello al frutto del loro amore.
Olivier fece rientro in casa strofinando vigorosamente tra loro le mani  -“Pare duri”- riferendosi a quel pallido sole spuntato tra le nuvole –“Copritevi  bene. Soffia un vento piuttosto gelido. Se non incontreremo troppa neve lungo la strada nel primo pomeriggio dovremmo raggiungere Lione”
“Non so proprio come sdebitarmi. Avete fatto veramente tanto”
“Mettete questo in borsa”- Colette le mise tra le mani un fagotto –“Pane, formaggio e biscotti secchi … è poco ma…”
“… no, vi prego. Vi ho privato già abbastanza”
“Ne avrete bisogno”- aiutandola a sistemare la sacca.
Andrè attirato da rumori provenienti dall’esterno si avvicinò alla finestre – “Pà ... ci sono degli uomini a cavallo”- scostando appena le tende.
Olivier afferrato il fucile inizialmente scrutò dalla finestra poi spalancò la porta – “Chi siete?”
“Buongiorno”- quell’uomo allungano la mano la posò sulla canna dell’arma - “ritengo sia consigliabile abbassarla”- alle spalle i suoi scagnozzi pronti a far fuoco all’interno della casa.
Un leggero tremito. Non potè che obbedire .
Il ragazzino si gettò fra le braccia della madre terrorizzato.
Spinto l’uomo da parte, alcuni passi fino a trovarsi al centro della stanza –“Madame Bouillè. Ma che splendida sorpresa!”

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Capitolo 53
*** LA RESA ***


Il piede poggiò sul gradino.
Augustin si fermò un momento salendo le scale aggrappandosi allo scorrimano.
I battiti del cuore pulsare in gola. Deglutì cercando disperatamente di mettere insieme nella sua testa una serie di parole in grado di affrontare le mille domande che Andrè gli avrebbe posto. Come, come dirgli che  …che tutte le speranze si erano trasformate in un pugno di polvere?
Si fece forza quasi trascinandosi fino alla camera della locanda dove il giovane li attendeva.
Un lungo respiro allungando la mano sulla maniglia.
Andrè spalancò la porta.
Jarjayes  sollevò gli occhi incrociando quei due pezzi di giada interrogativi.
“Allora?”- trepidante.
Il Generale sentì ogni fibra della sua persona irrigidirsi.
Vincent da dietro gli posò una mano sulla spalla –“Forza. Entriamo”.
Si volse –“Allora?”- ripetè.
Augustin sedette. I gomiti sul tavolo, la testa tra le mani.
“Volete spiegarmi che cos’è successo?”- cominciando ad innervosirsi.
Mornay inspirò profondamente fissandolo –“Oscar è stata da Bouillè”
Un pugno stretto –“Si! Lo sapevo”- digrignando i denti di soddisfazione.
“Grandier!”- sbottò.
Stupito dal tono e del modo di richiamare la sua attenzione.
Il volto si fece cupo –“E’ morta in seguito alle ferite provocate dall’incendio”.
Lo scrutò un istante - “Vincent se Oscar vi ha chiesto di farmi uno scherzo credetemi, è proprio di cattivo gusto”- sghignazzando.
Non rispose senza distogliere lo sguardo.
Una sorta di pallore gli si stampò sul viso –“No … eh no “- scuotendo la testa con un sorrisino incredulo –“non è così … vero?”- iniziando a sudare freddo.
Nessuno dei due pronunciò una parola.
“Mornay, vi prego, ditemi che non è quello che penso”- increspando la fronte .”Generale perché non dite nulla? Ditemi che non è così?”- le lacrime inumidirgli gli occhi tentando di avere risposte che non confermassero i suoi timori.
“No, no, NO!”- un grido di disperazione tuonò nella stanza -“Dio! Perché?!”- il viso rivolto verso il soffitto, gli occhi stretti. Una fitta, un dolore in pieno petto come se una pallottola gli avesse trafitto il cuore. Un ronzio insinuarsi nelle orecchie. Portò le mani alla testa stringendola –“Oscar … no…”- sibilò.
Il respiro con un senso di affanno.
“Bouillè si è prodigato per alleviare in qualche maniera ogni sua sofferenza ma non c’è stato nulla da fare”.
“No, non credo a nessuna delle vostre parole.”- la tentazione fu quella di andarsene.
Vincet lo afferrò per la giacca –“Andrè!”
“Vi prego ditemi che non è così, ditemi che è solo tutto un incubo”
L’uomo tirò un lungo respiro lasciando ricadere le braccia.
Strizzò forte gli occhi . La voce roca strozzata dalle lacrime - “Dov’è?”- gli occhi fissi nel vuoto rivolgendosi al Generale.
“La nostra tomba di famiglia”- in un filo di voce.
“Voglio vedere!”- incredulo.
“Rimanete”- ad Augustin – “lo accompagno io”.
Oltrepassata l’entrata del cimitero la neve tutt’attorno gli parve desse al luogo un aspetto meno cupo, quasi piacevole come fosse un  semplicissimo parco immerso nel sonno.
Scendendo da cavallo affondò con gli stivali in quella coltre bianca. I piedi pesanti a salire i pochi gradini come se al posto dei piedi avesse dei blocchi di piombo. Spinse il piccolo cancello in ferro battuto.
Deglutì più di una volta vedendo quella moltitudine di fiori alla base della lapide.
Il nome. Quel nome, che mai avrebbe voluto leggere. Avrebbe preferito mille volte essere cieco. Lacrime calde solcargli il volto come il sangue scorrere da una ferita profonda nella consapevolezza che mai si sarebbe potuta sanare.
Poggiò entrambe le mani sul marmo freddo, le dita sfiorare, i polpastrelli spingersi nelle lettere scavate percorrendole una ad una.
Lei, l’amore, la loro futura famiglia. Tutto svanito, tutto dissolto.
Le gambe cedettero e si ritrovò in ginocchio. I palmi spalancati sulle gambe, il capo chino.
Vincent non ebbe il coraggio di entrare.  Conosceva bene il sapore di quel dolore, lo aveva provato molto, molto tempo prima. Una di quelle sofferenze che si insinuano come il freddo nelle ossa, s’impadronisce di te e non ti abbandona più per tutto il resto della tua vita.
Un vecchio avvolto in un mantello logoro ed un cappello calato sulla fronte si accostò –“Signore, dovrei chiudere!”
“Vi prego,  cinque minuti ancora”- allungandogli una moneta.
“D’accordo, ma non di più, potrei andare nei guai”
“Se volevi punirmi per ogni mia mancanza o debolezza questa è la condanna più atroce che potevi riservarmi”- sollevando gli occhi al cielo – “e non basteranno le mie suppliche di perdono per far si che tutto questo non sia vero … nulla è più sanabile. Ho perduto il bene più prezioso. Questo il tuo castigo … per sempre …”
“Devono chiudere”- Vincent lo fece tornare alla realtà.
Avviatisi verso l’uscita Andrè si volse mentre il guardiano serrava le cancellate.
“Mornay, tornatevene alla locanda. Io … ho bisogno di stare solo”
“D’accordo. Ti aspettiamo là”- gli si strinse il cuore vederlo con gli occhi fissi oltre quelle sbarre.
Avrebbe voluto in qualche maniera alleviare quella sofferenza, spiegargli che la vita non era finita, che avrebbe potuto ricominciare. Ma perché illuderlo quando lui stesso a tutto quello non aveva creduto a suo tempo, scegliendo di nascondere nel cuore e nella mente un ricordo che ancora lo tormentava a distanza di anni.
Lo vide sedere a terra appoggiando la schiena alle mura di recinzione, pallido, scavato.
 
 
Un paio di cani entrarono in casa annusando a terra fino a fermarsi di fronte ad Oscar iniziando ad abbaiare.
Un sorriso maleficamente soddisfatto gli si stampò su quella parte del volto visibile.
“Pare che anche loro siano particolarmente felici di rivedervi, finalmente!”
Lo sguardo di ghiaccio rivolto a quell’essere ripugnante.
“Gentili ad accogliervi, non credete? Deduco che preferiate vivere nella miseria che nelle più ampie comodità offertevi dal Generale”- girando attorno ad Oscar badando di non esporre troppo il volto –“Siete pronta a rientrare?”
“Non credo che questo sia il suo volere”- sbottò Olivier.
“Io invece credo che non dobbiate impicciarvi degli affari che non vi riguardano”- la mano infilarsi sotto il mantello estraendone uno stiletto e puntandolo con uno scatto alla gola di Andrè.
Colette si sentì quasi svenire dal terrore.
“NO!”- Oscar richiamò la sua attenzione –“Lasciateli fuori da questa faccenda! E’ me che volete!”
L’arma scomparve al’interno della manica –“Il mio suggerimento è che teniate la bocca chiusa … altrimenti …”un semplice cenno col capo ed uno dei suoi scagnozzi prese un legno sporgente dal camino ed uscito avvicinatolo alla stalla vi diede fuoco.
“ Gli animali!”- strillò il ragazzino.
“Maledetto!Lasciateli stare! Che male vi hanno fatto?!? La loro sopravvivenza dipende da quelle bestie”
Andrè scoppiò in lacrime.
“Potete sempre buttarci sopra della neve!”- lasciando libero il passaggio ad Olivier .
Questo tentò di precipitarsi all’esterno per spegnere le fiamme ma l’ombra allungando un piede lo fece cadere rovinosamente a terra.
“Siete proprio degli esseri insignificanti”- e rivolgendosi ad Oscar –“Fuori vi attende un cavallo”
Lei chinatasi sul giovane lo aiutò a rialzarsi –“Non temete. Non vi torcerà un capello. E’ me che vuole”
Sollevatasi –“Lasciate che intervengano sull’incendio”
Li lasciò uscire –“Ed ora vi prego con le buone maniere di mettervi in sella”- il tono minaccioso.
Rimase immobile di fronte all’animale . Le parole di Thomas –“Non mettete a repentaglio la salute del bambino. Assolutamente non andate a cavallo”- afferrate le briglie fece alcuni passi.
“Avete forse intenzione di farvi tutto il tragitto a piedi?”- le chiese.
Proseguì in silenzio.
Le si fermò davanti impedendole di andare avanti –“Salite su quel dannatissimo cavallo!!”
Era lì pronto a riversare tutta la sua cattiveria su quella povera famiglia già messa fin troppo alla prova.
Sceso le si avvicinò –“Stò aspettando!”- quasi con il fiato sul collo.
Strinse i denti. Non potè fare altro.
Afferrate le briglie pose un piede sulla staffa e montò in sella.
“Ottimo!”- facendo altrettanto. Un’ultima raccomandazione ai tre –“Affinchè non possiate incorrere in  alcun incidente il consiglio è quello che abbiate una completa amnesia del prima, del durante e del dopo di quanto accaduto” – affiancando Oscar –“Dopo di voi. Immagino conosciate la strada”
 


Non ebbe alcun problema a trovare qualcuno che gli prestasse un cavallo.
Alain attraversò velocemente la città.
Du Bois gli aveva dato indicazioni circa il punto di raccolta dei viaggiatori diretti al porto. La prima tappa dove cercare Leah.
Nel caso avrebbe proseguito per Le Havre.
Si diede ripetutamente dello stupido, dell’incosciente ad averla cacciata con così tanta cattiveria.
Un bacio. Un maledettissimo bacio.
E lui con Yvy?
Non era certo nel suo carattere pentirsi.
Aveva trascorso la notte con lei. Argomento chiuso.
Ma questo non era sbagliato nei confronti di Leah? Se veramente l’amava non era forse da considerarsi un tradimento?
Strizzò forte gli occhi per liberare la mente da così tanti, troppi pensieri.
Ora la cosa più importante era riportarla a casa.
Non voleva, non poteva perderla.
 


Affondò con tutta la mole nella poltroncina sfilando lentamente i guanti e riponendoli sul tavolino accanto.
Le labbra sotto i baffi tirate in un sorriso di compiacimento per come si era svolto il tutto. Averla fatta in barba ad Augustin non era che l’ennesimo tassello a completamento della  sua vendetta nei confronti dei Jarjayes.
Il mento appoggiato su di un gomito a ripercorrere ogni singolo evento da quel giorno con l’incendio a Le Conquett.
Fortuna volle, e dovette ammetterlo purtroppo, l’incontro tempo prima con quel tale, quella sorte di ombra di cui ancora non ne conosceva nome tanto meno il volto.
La sua mente diabolica era stata in grado di ordire un piano studiato nei minimi particolari. Nulla gli era sfuggito. Aveva previsto ipotetiche situazioni alle quali lui non avrebbe mai pensato.
Sottigliezze ma che avevano fatto la differenza rendendo la beffa realtà pura.
Dall’indumento dell’attendente per renderne credibile il rapimento alla lapide all’interno della tomba di famiglia.
Tutto perfetto, ineccepibile. Non una sola sbavatura.
Possibile che fosse capace di non  commettere il benché minimo errore?
Anche l’acquisto della tenuta a Bruges era stato un suo suggerimento. Andarsene in un paese straniero avrebbe messo a tacere definitivamente la faccenda, la famiglia Jarjayes distrutta, la tranquillità lontano da una Francia in fiamme ed un erede o più a garantire la prosecuzione del suo casato.
Le prime ombre della sera oltre i vetri, segno di quanto veloce fosse trascorso il tempo in quella giornata così intensa.
Libero finalmente da ogni vincolo nei confronti della corona, un senso di sollievo sciolse ogni tensione della sua persona.
Il rumore di una carrozza lo risvegliò da quei pensieri.
Damien era di ritorno. Si augurò avesse portato a termine l’ennesimo compito assegnatogli.
 


Quello sarebbe stato il suo inferno.
Nessuna lacrima. Come se all’improvviso il suo cuore fosse divenuto un deserto, anima compresa.
Nel buio della sera fiocchi silenziosi a scendere lentamente adagiandosi sui capelli.
Le braccia poggiate sulle ginocchia, le dita intrecciate tra loro come i pensieri nella mente.
“Sconterò fino all’ultimo dei miei giorni questa condanna. Ma tu, amore mio, perdonami se puoi”- rivolgendosi a lei –“Oscar … che cosa devo fare ora? Dimmi tu quale strada scegliere”
Sollevando gli occhi, si accorse di una giovane in piedi di fronte a lui –“Ehi zuccherino, hai bisogno di compagnia?”- accarezzandogli i capelli –“Che occhi tristi che abbiamo. Io saprei come farti tornare il sorriso”- piegandosi in avanti fino a mostrare il seno prosperoso stretto dal corsetto –“Sei talmente carino che potrei anche farti un prezzo di favore.  E bada, faccio tutto anche quello che non immagini!”- ammiccando.
Si alzò scrollandosi la neve di dosso.
“Dove vuoi andare?”- inumidendosi maliziosamente le labbra.
Rimase a fissarla giusto una manciata di secondi, allontanandosi successivamente senza nemmeno tenerla in considerazione.
“Non sai cosa ti perdi”- la sua voce lo rincorse lungo la strada.
Le briglie lente in una mano, lo sguardo sui passi a susseguirsi uno dopo l’altro.
Fermatosi, un piede sulla staffa montò in sella lanciando il cavallo al galoppo.
L’aria ghiacciata, tagliente sul volto.
Ma che gli importava di vivere ora!
A vagare oltre il perimetro della città si ritrovò senza volere di fronte al vecchio palazzo Jarjayes.
L’edificio completamente avvolto dal buio più totale, chiuso come lo aveva lasciato l’estate precedente.
Pareva non fosse ancora stato abitato.
Riaffiorarono i ricordi. Immagini a susseguirsi una dopo l’altra, a fargli battere  il cuore ripensando a quei momenti in cui l’amore dopo anni era divenuto reciproco … la prima notte al lago … il volto radioso di lei finalmente libera di sentirsi una donna amata.
Si aggrappò alla cancellata – “Forse non saremmo dovuti partire … Oscar, dovrò vivere senza di te. Potrei sinceramente farla finita. Basterebbe puntarsi un’arma alla testa”. In un attimo tutto sarebbe risolto”- alzò il volto al cielo in un grido disperato –“Perchè?”- Inspirò a fondo l’aria fredda fino a sentire bruciare il petto –“Quello che mi fa più male è che non ho perso solo te ma anche il nostro bambino”
Trascorsa una mezz’ora con gli occhi spinti fin oltre quelle inferriate come ritornato in sé, si rimise a cavallo ed attraversato da brividi di freddo fece rientro alla locanda.
 


Non fu semplice riuscire a rendere abitabile quel luogo tanto meno riorganizzare a pieno la propria esistenza.
Maria Antonietta scelse di allestire il proprio appartamento a quello del consorte.
Un salotto, una sala biliardo, lo studio geografico del re.
Madame Elisabeth  e Madame de Lamballe al Padiglione di Flora con vista sulla Senna, le zie di sua Maestà al Meudon.
La loro quotidianità vissuta come prigionieri. Si, perché così si sentivano.
“Perdonate, ho saputo della visita del Generale Bouillè”- domandò al consorte.
“Beh … ecco … un semplice saluto mia cara”
“Potevate avvisarmi, l’avrei salutato volentieri. Cosa vi ha raccontato di particolare? Presta ancora servizio a Brest?”- sistemando i capelli alla piccola Maria Teresa.
Tentennò nella risposta. Aveva promesso a Bouillè. Ma come poteva tacere di fronte a quello sguardo così dolce?
Avvicinandosi al marito sbattè ripetutamente le ciglia –“Cos’è che non volete dirmi? Non dovreste proprio avere segreti con me”- cinguettò.
“Mhh..”- mugugnò sentendosi alle strette –“avrebbe domandato di lasciare .. . questioni personali”
“Vorreste dire che non sarà più a capo della gestione degli eserciti? Spero stiate scherzando!”- irritata –“Avreste dovuto interpellarmi. Per quale motivo non lo avete fatto? Ed ora? Già i sovrani d’Europa vi hanno negato supporto. Chi più di lui avrebbe potuto contribuire al ripristino del potere sovrano di Luigi XVI? “
“Motivazioni personali particolarmente … gravi lo hanno indotto ad abbandonare “- la mani dietro la schiena passeggiando avanti e indietro.
Maria Antonietta portò una mano alla fronte –“Non vi capisco proprio.  Non vi rendete conto di come siamo reclusi? Nemmeno il peggiore dei miei nemici conduce una vita così … così …”- gesticolando nervosamente –“… questo palazzo è una vera prigione!!”
Luigi incurvò le sopracciglia addolorato per le parole della consorte.
La stanza piombò nel silenzio più assoluto.
Si volse approcciandosi teneramente al marito ed afferrandogli le mani –“Perdonate, mio sire. E’ che … tutto è diverso, difficile. Non sopporto quelle donne che ogni giorno affollano il cortile per spiarci e quei … quei damerini del popolo che stanno ad ogni porta di accesso, ci sorvegliano, ci controllano. Perché dobbiamo subire tutto questo?”
“Mia Regina … “
 


Il cavallo stremato –“No, non mi abbandonare ora!”- spronandolo a continuare.
Nonostante il freddo, la neve ed il buio oramai sopraggiunto in lontananza le luci del porto.
“Leah … ti prego, aspettami!”
Le briglie strette in una mano, si avviò lentamente verso la banchina alla ricerca del luogo dove si raccoglievano i viaggiatori.
Alcune persone ammassata come bestie per cercare di scaldarsi attorno ad un fuoco improvvisato.
Alain si avvicinò –“Quale nave è in partenza per Londra?”- con il respiro in affanno.
Un tale con la barba lunga gli indicò di spostarsi più in là – “Chiedete a quei signori in quel gabbiotto “
Accelerò il passo muovendosi tra casse in attesa di essere caricate e gente assiepata  in attesa.
“Mi sapete indicare quale nave sia in partenza per Londra?”- rivolgendosi ai tizi indicati.
Una donna con un bambino fra le braccia sollevò lo sguardo –“E’ quella!”
Si volse in direzione di quel braccio teso verso le luci in mezzo al mare che man mano andavano allontana dosi.
Gli occhi sgranati. Corse fino al limite della banchina fermandosi sul bordo senza perdere di vista quei contorni oramai poco delineati dissolversi tra i fiocchi e l’oscurità.
Sarebbe bastato poco, veramente poco.
Che fosse veramente a bordo?
 

“Signore”- salutò palesandosi nello studio.
Bouillè lo squadrò.
“La pecora è nel recinto”- sorridendo soddisfatto.
“Non avevo dubbi”- sfregandosi la mani – “Ottimo lavoro Damien. Dov’è ora?”
“Nel mondo dei sogni”
Il Generale comprese.
“Domani mi occuperò delle ultime pratiche per la vendita del palazzo. Inizia ad organizzare il trasferimento a Bruges. Qua troverai l’elenco delle suppellettili e quant’altro dovranno essere portate via”-
“E la donna?”
“Lasciala nelle mani degli scagnozzi di quel tipo. Farà ritorno con me al castello. Tu mi servi qui.” –lanciandogli un’occhiata.
Intese al volo le motivazioni. Un cenno con il capo uscì.
“Non immaginavo che tutto riuscisse ad incastrarsi perfettamente”- avviandosi verso la stanza da letto.
Un’ultima escursione prima di ritirarsi per la notte. Una breve cavalcata Damien nei pressi della locanda dove Mornay e il generale attendevano il rientro di Andrè.
 

Aveva detto ad Alain che se ne sarebbe andata da Du Mont.
Jerome e Gerard dovevano essere ancora con Andrè.
“Pensierosa?”-  il curato le allungò una coperta per la notte –“Di là c’è un letto anche per te”
Rimase seduta sulla soglia della piccola canonica. La sigaretta tra le labbra –“Grazie padre!”- soffiando il fumo da un angolo della bocca. Si passò velocemente una mano tra i capelli –“Dannazione!” – mormorò tra i denti.
Aveva creduto di essersi buttata tutto dietro le spalle.
 Lei. In una chiesa. Proprio lei. Non che avesse qualcosa contro Du Mont e nemmeno contro i religiosi. Semplicemente l’ambiente non faceva al caso suo. Al momento doveva accontentarsi della sistemazione. Certo, avrebbe preferito mille volte la casa di Alain … e forse … forse non era stato tutto chiarito.  Si era dimostrata fredda e distaccata come pure Alain. Ma qualcosa nel suo cuore forse non quadrava. Quella notte non poteva essere stata tutto solo uno sbaglio.
Si picchiò ripetutamente la fronte con il palmo della mano –“Stupida, stupida, stupida!” – furiosa con se stessa.
Pentita? No, mai, in alcun caso. Rimettere piede a Parigi era stata una sfida con se stessa.
Non c’era alcun dubbio sui sentimenti che Alain provava per quella ragazza. Glielo aveva letto negli occhi quella notte. Non era con lei che aveva fatto l’amore.
Perché tutti questi strani pensieri? Perché comunque con Alain era sempre stato così, un tira e molla continuo fino alla rottura definitiva. Quindi basta!
Avrebbe atteso i suoi fratelli per capire il da farsi con Andrè.  Poi … se ne sarebbe andata.
Questa volta per sempre.
 

Fradicio, infreddolito e spaventosamente pallido fece rientro alla locanda a notte fonda.
Il Generale e Mornay lo aveva atteso a lungo senza scambiare due parole. Nessuno dei due ne aveva sentito la necessità, chiuso ognuno nei propri pensieri nel cercare di elaborare quel dolore.
La proprietaria li aveva lasciati dopo cena seduti a quel tavolo accanto al camino servendo loro qualcosa di caldo prima di andare a coricarsi.
Vincent vedendolo entrare sollevò lo sguardo rincuorato del fatto che almeno a lui non fossa accaduto nulla. Gli allungò una tazza.
La strinse a lungo nel tentativo di scaldarsi le mani fissando silenziosamente le fiamme  divorare lentamente l’ultimo ciocco di legno.
Ad Augustin si strinse il cuore vedendolo così provato. Pensò ad Emilie. Come avrebbe potuto dirle che la sua amata Oscar se n’era andata senza nemmeno la consolazione almeno della carezza di sua madre?
“Vincent … “
“Si”
“Volete ancora che lavori per voi?”- la voce roca.
“Non desidero altro”
“Non ho più motivo di rimanere. Nulla mi trattiene più in questa maledetta città”- riponendo la tazza.
“Se siete d’accordo direi di rientrare domani. Vedrò di far traslare il corpo di Oscar quanto prima”- le lacrime premere dietro gli occhi del Generale.
Un groviglio di dubbi nella mente di Mornay. Preferì tacere. Non era il caso di infierire ulteriormente su di loro  con ipotetiche congetture su quanto accaduto .
 

Le gambe a penzoloni quasi a pelo d’acqua e le onde di ritorno infrangersi morbide contro la banchina.
A braccia tese, le mani chiuse a pugno sulle ginocchia mentre lo sguardo inseguiva quelle luci allontanarsi sempre più nel buio della notte.
Leah aveva deciso di andarsene.
Che fosse su quella nave o fosse riuscita a partire con quella salpata in precedenza comunque aveva lasciato il suolo francese.
Si maledisse all’inverosimile per quanto accaduto, per averla persa e con lei l’occasione della sua vita. Tutto avrebbe potuto prendere una piega differente.
Avrebbe lasciato l’arma definitivamente, acquistato una casetta lontano da Parigi, l’avrebbe sposata. Si, come le aveva promesso.
Ed invece eccolo lì, solo, schiaffeggiato dal vento gelido del nord.
Si mise in piedi ed afferrate le briglie si rimise in sella.
L’unica certezza ora era chiudere le situazioni sospese. Una fra queste quella di chiarirsi una volta per tutte con Yvy.
 

Giunse al castello sfinita.
Il susseguirsi dei balzi sul cavallo le provocarono ripetutamente un forte senso di nausea e per questo dovettero fermarsi più di una volta durante il tragitto.
Renèe la vide scendere a fatica aggrappandosi con una mano alle briglie e posando l’altra sul ventre.
“Smettete di fare tante scene inutili. Vi brucia che vi abbia riportato a casa”- stando ritto sulla sella –“Come vi avevo annunciato questa mattina, mettete un piatto in più per madame”- rivolto alla domestica in una risata che di umano non aveva nulla.
Oscar alzò gli occhi verso la donna attanagliata da fitte continue che come morse la fecero piegare in due dal dolore.
“Madame!”- precipitandosi verso di lei.
“Renèe … il bambino”- riuscì a mormorarle tra i denti contorcendosi dagli spasmi.
La domestica le allungò un braccio –“Aggrappatevi a me”- aiutandola a salire gradino dopo gradino fino alla sua stanza.
“Renèe … qualcosa non va … il mio bambino”
Giunte quasi di fronte alla porta della camera si sentì mancare.
“Coraggio, siamo arrivate”.
La fece sdraiare sul letto iniziando a sfilarle dapprima gli stivali lasciandola con la semplice camicia.
“Vi preparo un bagno caldo. Vedrete, dopo vi sentirete meglio”.
Fece riscaldare l’acqua sul camino e appena ritenne fosse della giusta temperatura la versò nella vasca sciogliendovi dei sali profumati –“Cercate di fare piano. Due minuti e potrete immergervi”.
Quei dolori si fecero più sopportabili.
Sollevatasi piano piano sulle braccia fece per sedersi sul bordo quando –“Oh mio Dio!”- gridò ad un tratto –“Renèe!...”
La donna si volse asciugando le mani  ed avvicinatasi sgranò gli occhi portandosi una mano alla bocca sconvolta –“Santo cielo!”
 
 

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Capitolo 54
*** SFIDA APERTA ***


Lo attese fino a notte fonda.
Sapeva che sarebbe sicuramente passato in chiesa da Du Mont.
Distesa sulla branda, una vecchia coperta buttata addosso e lo sguardo a fissare le vecchie travi della stanza.
Al suo fianco, poco distante da lei, Jerome emetteva uno strano fischio con il naso concludendo la musica con una sorte di rantolo.
Gerard con il cuscino premuto sulla testa nel disperato tentativo di camuffare quel tormento. Raggiunto il limite di sopportazione afferrò d’un tratto una scarpa e gliela lanciò – “ E dacci un taglio razza d’orso!”
Spalancati all’improvviso gli occhi si drizzò sul letto ruotando la testa a sinistra e a destra –“Che diavolo è stato?”
“Piantala di fare il cinghiale. Qui vorremmo poter dormire!!”-
Jerome gliela ritornò con cattiveria. Ne nacque il solito diverbio tra fratelli. Dalle parole passarono in breve alle mani.
Yvy afferrata la coperta uscì dalla stanza tornando a sedersi fuori.
I fiocchi di neve lenti e silenziosi nella loro danza. Non una bava di vento.
Tastò i fianchi dei pantaloni alla ricerca della busta con il tabacco.
Quella piccola fiamma illuminarle il volto per una manciata di secondi. Aspirando a lungo non si accorse della figura imponente di Alain palesarsi di fronte a lei –“Non perderai mai il vizio!”- la rimproverò.
Sollevato lo sguardo incrociò il suo ed un remoto brivido di gioia le sfiorò il cuore.
“Allora?”- con estrema freddezza.
Sbuffando si passò le mani fra i capelli rimanendo con le dita incrociate dietro la testa –“L’ultima nave aveva già preso il largo”.
Gli fece posto accanto.
Sedendo sollevò la coperta stringendosi di più a lei in maniera che bastasse per entrambi.
Socchiuse gli occhi un istante assaporando il calore emanato da Alain. Conosceva bene i brividi che il contatto con quel corpo era in grado di suscitarle ed adorava all’inverosimile ciò che si celava sotto quegli abiti.
“Qualche novità?”
“Oscar è morta due mesi fa”- fissando un punto non definito.
Impallidì d’un tratto –“Morta?”
“Già”- arricciando il naso.
“Non può essere “- il tono sorpreso eppure pacato.
“E’ stata sepolta nella tomba di famiglia da quello schifoso di Bouillè. I dettagli devi chiederli ad Andrè. Non so altro”
La mano sulla fronte a nascondere gli occhi lucidi –“Poveraccio”- pensando all’amico – “Che schifo di vita!”- tra i denti.
Anche Oscar dunque se n’era andata. Gli pareva tutto così irreale. Con nessuno di loro il destino era stato benevolo.
Scostò l’attenzione sul volto di lei.
Com’erano diverse l’una dall’altra. Ad entrambe la vita non aveva risparmiato sofferenze e difficoltà.
Due ragazze. Il giorno e la notte.
Yvy era dovuta crescere in fretta con due fratelli che, nonostante più vecchi, non erano che degli immaturi rispetto lei. Viveva alla giornata, mai stabilmente tra risse, ruberie, sempre con il coltello in tasca. Non uno stinco di santa. Fredda e distaccata all’apparenza.
Leah con quel velo perenne di tristezza piantato negli occhi, ma capace di riempirti la vita di sorrisi, di una dolcezza infinita e con molto più senso del focolare.
“Non sono per le sdolcinature”- interrompendo bruscamente quel viaggio nei suoi pensieri – “Vorrei chiarire”- scrollò quel poco di neve dai capelli, dando un ultimo tiro alla sigaretta.
Annuì –“certo”
 

Sfinita dalle lacrime riuscì a malapena a riposare un paio d’ore poi quell’incubo la fece risvegliare di colpo madida di sudore.
Quella macchia di sangue sul copriletto e le morse a farla piegare in due dal dolore.
“Renèe … che cosa stà succedendo?”- aveva gridato con le mani strette al ventre ed il terrore impresso negli occhi – “… il mio bambino!!”
Renèe l’aveva fatta cambiare, aveva rimosso le coperte sporche e si era preoccupata di darle qualcosa di naturale affinchè si calmasse.
Sollevandosi lentamente dal letto si accorse che le fitte erano completamente sparite. Scostò di scatto le coperte guardando timorosa le lenzuola sotto di sé.
La donna rimasta a dormire seduta sulla poltroncina si destò sentendola muoversi.
“Come vi sentite?” – accostandosi al letto.
“Il mio bambino”- furono le sue parole.
“Penso che non sia successo nulla di grave. Probabilmente l’aver cavalcato fino qui …”
“Come posso esserne sicura? Voi non siete un medico”
“Sarebbe un azzardo farne venire uno. Ve ne rendete conto?”
“In una maniera o nell’altra è un rischio che devo correre”
“Non posso pensare a quali conseguenze questo vi porterà”
“Io devo sapere!”- stringendole le mani –“devo avere delle certezze”
“E Bouillè?” E quella bestia che vi sorveglia?”
“Non posso pensarci ora. Ogni cosa a suo momento. Fate venire un dottore!”
Quanta fermezza e forza in quegli occhi come il cielo.
Perplessa per la decisione comunque annuì. – “E sia. Manderò qualcuno a chiamarlo in città”
 

Yvy si morse il labbro inferiore.
“Non è mai stato amore, questo lo sappiamo entrambi”- esordì Alain ancora prima che potesse pronunciare una parola –“L’attrazione fra noi è sempre stata una scintilla pronta ad incendiarci” – gli occhi a perdersi in quelli cerulei di lei – “Quante volte ci abbiamo provato?”
“Io non sono la donna che tu vuoi che sia” – fissando la strada.
“Non l’ho mai preteso”- sbottò.
“La tua gelosia ossessiva la causa di tutto” – lo bacchettò.
“Tu troppo libertina”
Un sonoro schiaffo tagliò l’aria d’un tratto.
“Non ti permetto di darmi della sgualdrina come quelle che di solito frequenti. Voglio ricordarti che sei stato il primo e fin’ora anche l’unico”- livida di rabbia.
Si massaggiò la guancia ripetutamente –“Non l’ho mai pensato … hai male interpretato ….”
“Ti conosco troppo bene. Volevi intendere proprio quello. Non ho capito male. Con chi credi di avere a che fare? Vedi di prendere in giro qualcun’altra!”- alzandosi all’improvviso –“Ti auguro di riuscire a trovarla … lei sicuramente è meno puttanella di me!”
“Aspetta!”- afferrandola per una mano.
“Lasciami andare. Il tempo non ti ha cambiato. Anzi! Ad oggi ti confermi il solito cafone bastardo”- uno strattone per liberarsi.
Alain la tirò a sé con forza.
Si trovò così fra le sue braccia.
Il respiro rimbalzarle sulle labbra.
“Non ho mai pensato male di te. Lo dovresti sapere”- accostando la bocca al suo orecchio.
Sentì il cuore quasi esploderle nel petto. Si strinse a lui –“Non può funzionare tra noi. E’ inutile”
La trattenne forte strofinando la guancia fra i suoi capelli –“E’ un addio definitivo?”
“Non devi chiedermelo”
“Resta un paio di giorni …”
“Per continuare a farci del male?”
Si staccò da lei avvolgendola nella coperta.
“Quando partirete?”- il dorso della mano accarezzarle il viso.
“Potrebbe essere domani”
 

Un timidissimo sole farsi strada fra le nuvole grigie illuminando la sala.
La locandiera posò sul tavolo caffè, latte e dei biscotti appena sfornati –“Fatemi un sorriso suvvia”
Andrè sveglio dal giorno prima la fissò inebetito da stanchezza e sofferenza. Ebbe solo la forza di ringraziarla.
“Esiste un tempo per soffrire ma esiste anche un tempo per la ricompensa della gioia. Non abbattetevi e non smettete mai di sperare”
“Vorrei potervi credere “- disse fra sé.
“Non hai dormito nemmeno un po’?”- Vincent si accomodò al tavolo.
Gli occhi arrossati, scavati da un dolore insormontabile.
Scosse il capo poggiando la fronte sui palmi delle mani.
Li raggiunse anche Augustin.
Solo un semplice “buongiorno” e nulla più.
Mancava lo spirito di intavolare una qualsiasi conversazione.
Ultimarono in breve la colazione e saldato il conto si apprestarono a ripartire.
Tutto pronto.
Mornay s’intrattenne qualche minuto con la proprietaria della locanda e Martin il più fidato dei suoi uomini al seguito.
“Questo è un anticipo per la prossima settimana. Non temete. Per ulteriori giorni di permanenza vi verrà pagato tutto fino all’ultimo”.
Rivolgendosi all’uomo –“Ci rivediamo alla tenuta per Natale. Poi vedremo sul da farsi”
Questi non perse tempo e senza dare troppo nell’occhio  passato sul retro montò a cavallo allontanandosi.
“Volete tornare per un ultimo saluto?”- uscendo dalla locanda guardò il Generale.
Augustin scosse il capo.
Andrè spinse lo sguardo in direzione del cimitero. Avrebbe voluto precipitarsi là, aggrapparsi a quella lapide per staccarla a mani nude a costo di far sanguinare le dita pur di riabbracciarla una sola volta. Un’ultima volta. Stringerla a lui, baciarle la fronte, gli occhi, le labbra. Affondare il viso nei suo capelli dorati e gridarle ancora che l’amava, che non aveva mai smesso. Che era la sua stessa vita.
Ingoiò le lacrime e senza rispondere spronò il cavallo a muoversi.
 

“E a cosa vi servirebbe ordunque far venire un medico?”
Renèe montò su tutte le furie –“Toglietevi dai piedi una buona volta. Madame non stà bene. Volete impicciarvi pure di questo?”- scostandolo con un braccio.
L’uomo la bloccò parandosi di fronte. –“Attenta a quel che fate!”- il tono minaccioso.
“mi fate perdere troppo tempo”- scansandolo – “Vi rammento che devo rendere conto al Generale e non certo a voi. Anche della salute di Madame”- inviperita.
“Non crediate di starvene sole quando verrà a visitarla!”
“Lo vedremo”- allontanandosi –“razza di vipera!”- mugugnò.
L’attesa fu lunga.
Oscar impaziente ed angosciata faticò a rimanere nel letto come ordina tale da Renèe.
Non poteva assolutamente perdere il bambino, la sua ancora di salvezza, l’amore del suo Andrè fatto carne.
“Giuro su questo figlio che saprò dare il tormento ad entrambi fino alla fine dei vostri giorni”- stringendo con rabbia le lenzuola.
Le mani sul ventre, accarezzando con infinita dolcezza quella rotondità –“Non mi abbandonare”
 

“Signore tutto è pronto per il vostro rientro al castello”- Damien si accostò a Bouillè accompagnandolo verso il suo studio.
Il passo veloce sfilando i guanti.
“Ottimo. Novità?”- richiudendo la porta.
“Hanno lasciato la città da circa mezz’ora.”
“Mh… molto bene”- posò la giacca sulla poltrona e versò dell’Armagnac porgendone un bicchiere all’uomo –“La ragazza?”
“Tutto bene … anche se si è svegliata”
“Mi raccomando”- trangugiando l’ultimo sorso –“Credo sia meglio bendarla per il viaggio”
Annuì.
“Il palazzo dovrà essere vuotato entro la primavera. Allora ci trasferiremo definitivamente a Bruges”.
“La trattativa è andata bene, Signore?”
“Non poteva andare meglio. Finalmente mi sono liberato di quest’edificio. Con la situazione attuale a Parigi è stata la scelta migliore”
“Perdonate. Immagino dovrete fare altrettanto con il castello?”
“Si. Non deve rimanere nulla dei Bouillè in terra francese.  Sono sicuro che a Bruges non correremo alcun pericolo.”- scostò leggermente la tenda guardando fuori –“Quindi Jarjayes è partito ….”- mormorò.
Damien si versò un altro goccetto di liquore quando il generale esplose in un risata –“Ma telo immagini se un giorno confessassi ad Augustin che sua figlia non è morta ma che, anzi, è divenuta mia moglie?”
“Beh, Signore, credo dovreste spiegargli perché mentire e nascondere la verità”
“Potrei sempre digli che fu una scelta della figlia, ti pare?”
“Non penso vi crederebbe”
“Dici?”- gli diede una pacca sulla spalla continuando a ridere –“Forza, non vedo l’ora di rientrare. Ho voglia di trascorrere le notti con la mia consorte, non in un letto freddo e da solo”.
“Preparo la ragazza?”
“Mi raccomando”
“Ho calcolato che per via della neve impiegherete un paio di giorni in più per arrivare.”
“Basta che sia là per Natale”- cambiando gli stivali.
“Desiderate partire subito?”
“E cosa mi trattiene ancora qui? Prima ci mettiamo in viaggio prima arriveremo. Ho la nausea di questa città”
“Vi consiglio di mettervi in viaggio domani. Guardate il cielo”- mostrando la finestra –“Rischiate di rimanere bloccati a poche miglia da qui”
“Correremo questo rischio.  Tra mezz’ora”
 

“Fersen … “- andandogli incontro.
“Mia Regina”- abbracciandola.
“Non potrei pensare di trascorrere le mie giornate in quest’inferno senza vedervi, senza udire la vostra voce. Non immaginate quanto mi sia di consolazione la vostra presenza qui!”
“Venite, allontaniamoci. La porta è sguarnita ma ciò non toglie che sia consigliabile non farci vedere qui da soli”
“Oh Fersen,  questi giorni sono stati i più difficili. Un viavai continuo di donne, pezzenti che entrano liberamente nel giardino, si accostano alle grandi vetrate, ci scrutano ad ogni ora del giorno. Non siamo liberi di muoverci come vogliamo. Ho paura persino per i miei figli. Ma perché? Perché tutta questa cattiveria nei nostri confronti? Noi siamo i sovrani di Francia e siamo trattati peggio di qualsiasi malfattore, ladro o assassino.”
“Non temete. Io .. io vi proteggerò a costo della mia stessa vita”
Maria Antonietta nascose il volto tra le mani –“Piango ogni notte da quando ci hanno segregato in questo luogo. Piango di nascosto, lontano dai miei figli. Non voglio che si rattristino. Desidero continuare a vederli felici e spensierati”
Hans prese le mani tra le sue –“Non dovete mai nascondervi, non dovete mai nascondere il vostro splendido viso. Voi siete la Regina, questo non dimenticatelo mai”.
Sollevò lo sguardo incrociando quello del Conte –“Sapete. Anche madamigella Oscar una volta mi disse le stesse parole”
“Madamigella Oscar …” - mormorò ripensando a lei.
“Fersen provo tanta tristezza pensando a come ci siamo lasciate l’ultima volta”
“Me lo raccontò …”
“… già, me ne avete fatto menzione un po’ di tempo fa. Sapeste come mi manca. Non avrei dovuto lasciarla andare in quel modo. Chissà … .avete avuto più occasione di incontrarla?”
“No. Tra le altre cose mi è giunta voce che i Jarjayes abbiano lasciato Parigi”
“Che cosa?”- spalancò gli occhi incredula –“ E dove si sono trasferiti? Fersen, che cosa sapete di loro? Perché non me ne avete mai fatto cenno?”
“Vi chiedo perdono ma sapendo del vostro ultimo incontro …”
“Vi prego …. fate il possibile per avere sue notizie. Vi supplico”- intrecciando le mani alle sue.
 

No, non poteva essere!
Andrè tirò le briglie obbligando il cavallo a ruotare su se stesso tornando indietro.
“Grandier, dove vai!” - urlò Mornay vedendolo sfrecciare via al galoppo.
Non poteva essere vero. Oscar non poteva essere morta.
Le lacrime gelarsi all’aria tagliente sul volto –“Voglio veder cosa c’è dietro quella lapide. Non è morta!”
Vincent lo rincorse continuando a chiamarlo –“Fermati Andrè, fermati!”
Giungendo alla cancellata del cimitero e trovandola chiusa vi si aggrappò strattonandola con tutta la forza in corpo –“Qualcuno venga ad aprire!”
Mornay lo raggiunse e sceso da cavallo gli si parò quasi di fronte –“Dannazione! Non puoi farci nulla!”
“No, maledizione. Lei non è morta. E’ viva! Perchè qualcuno vuol far crederci questo? Io lo so, me lo sento!”
“Piantala Andrè!”
“Vincent  lo volete capire? Non è morta. Qualcuno vuole che …”
“Lo so!”- lo interruppe.
“Che cosa?”- scioccato.
“Forza, torniamo dal Generale”- invitandolo a salire a cavallo.
“No, un attimo, Mornay  che cosa … che cosa andate farneticando? Lo sapete? Sapete che cosa? Chi la trattiene contro il suo volere? Dove? Chi? Parlate!”- afferrandolo per la giacca.
“Non c’è nulla di chiaro in questa faccenda, ma ora non possiamo fare altro”- avviandosi.
“Vincent!”- gridò –“fermatevi!”
Stoppò il cavallo.
“Che cosa sapete? Scendete e venite a dirmi che cosa sapete di questa faccenda”
“Non so nulla”- senza voltarsi –“forza Grandier!”
Si avvicinò afferrando le briglie –“Che cosa mi nascondete?
“Credi veramente che io ti stia nascondendo qualcosa?”- fissandolo dritto negli occhi –“E’ questo che pensi?”
Mollò la presa –“Sinceramente non so più cosa pensare”- portando le mani alla testa – “Di una cosa sono certo. Oscar non è morta ed io devo trovarla”
“Ti fidi di me?”
Alzò gli occhi e rimase in silenzio immerso nel suo sguardo – “Si”- convinto.
“Allora non temere. La troveremo. Ora però sali a cavallo. Il Generale si starà preoccupando”
Contro voglia obbedì –“Mornay!”.
“Si?”
“Che cosa vi fa credere che sia viva?”
“Tu ed io abbiamo in comune le sensazioni. Tu le affianchi all’amore travolgente che nutri per lei. Io osservo la gente. Bouillè mente”
 

Trascorse tutta la mattinata prima che il medico di Chambery si presentasse al castello.
“Venite, vi accompagno”- gli fece strada Renèe.
Quell’ombra apparve alle sue spalle facendolo quasi spaventare.
“Vi domando scusa per l’impertinenza del soggetto”- la donna lo fulminò.
“Gradirei assistere alla visita”- seguendoli.
Entrando nella stanza Oscar sedeva nel letto, la schiena appoggiata su un grande cuscino contro la testiera, le lenzuola sollevate fino al seno. Il viso stanco.
“Buongiorno madame, sono il dottor Lever.”- ripose la borsa ai piedi del letto –“Volete dirmi come e cosa vi sentite?”
La giovane inizialmente sbiancò. La presenza di quel ”incappucciato” la innervosiva –“Potete uscire gentilmente?”- gli chiese senza lasciar trasparire alcuna emozione.
“Perché dovrei? Mi sembrate in perfetta salute”
“Questo se permettete dovrei stabilirlo io”- sfilando la giacca –“uscite, per cortesia”
“Scordatevelo!”-  irato –“Ed ora fate il vostro lavoro e mentre lo fate vedete di parlare. Voglio sapere ogni dettaglio”
Renèè afferrò il paravento e lo collocò di fronte al letto –“Scostatevi! Sempre tra i piedi!”- ripiegandolo in modo da avere un minimo di riservatezza –“Mettetevi qua dietro, cafone!”
Lever le  si accostò -“Volete raccontarmi che cosa vi sentite?”
“Vedete di alzare il tono della voce, dottore!!”- lo esortò l’ombra.
“Abbiate pazienza, signore. Vi chiedo gentilmente di non essere troppo pressante e lasciare che io svolga il mio lavoro”- bacchettandolo pacatamente.
Oscar fece un gran respiro cosciente del pericolo al quale stesse andando incontro –“Ho avuto delle forti fitte all’addome ed alcune perdite ematiche …”
“Potete distendervi e scoprirvi?”
Obbedì’ sollevando la camicia mostrando così l’evidente stato di gravidanza.
Il dottore dapprima sollevò poi aggrottò le sopracciglia –“Siete molto magra”- tastandole il ventre.  Capì al volo la situazione –“Quinto?”- mormorò.
Lei annuì.
“Permettete?”- facendole intendere di voler approfondire la visita.
Un senso di vergogna e timore l’attraversarono.
Thomas quella prima volta era riuscito a metterla completamente a suo agio.
Non potè far altro che acconsentire. Avere la certezza che tutto procedesse al meglio era la priorità.
“Allora? Non parlate più?”- quell’uomo alquanto stizzito da dietro il paravento.
“Potreste tacere?”- Renèe alzò la voce.
Attimi lunghissimi, infiniti …
Il volto riverso su un lato del cuscino. Gli occhi lucidi.
Le mani esperte e delicate di Lever quasi la sorpresero.
“Non lo si può più nascondere”- le sussurrò.
“Lo so”- sollevandosi appena ebbe terminato –“Ora però ditemi, vi prego!”
“Qualcosa deve avere provocato le perdite ed i dolori”
“E certo. Una lunga cavalcata”- s’intromise la domestica.
“Mhm…”- fissandola. Richiuse la borsa – “Non credo sia nulla di grave ma non posso averne la certezza in questo momento. Dovete starvene a letto. Riposo assoluto. E’ fondamentale che seguiate alla lettera le mie indicazioni”- poi rivolgendosi a Renèe – “Alimentazione leggera ma completa”
“Contate pure su di me”
“Allora. Volete rendere partecipe anche il sottoscritto di tutta questa farsa?”- scostando con violenza il paravento.
Lever sollevò il lenzuolo a coprirla.. Lanciò un’occhiata alla giovane.
Comprese. Un battito di ciglia acconsentendo.
“Madame è in dolce attesa ed è forte il rischio di perdere la creatura. Vi chiedo pertanto …”
“Alzatevi! Voglio vedervi in piedi!”
“Vi da di volta il cervello?”- Renèe si parò di fronte a lui.
“Togliti di mezzo!”- spingendola con cattiveria –“Vi ordino di alzarvi!”- le strappò le lenzuola dalle mani.
Scese dal letto.
Oscar portò le braccia al seno.
L’occhio ricadde immediatamente su quella rotondità evidente senza abiti.
“Siete un animale!”- il medico le allungò la camicia da notte.
Strinse l’indumento al petto.
 

Gli occhi coperti ma le mani libere.
La possibilità comunque di poter udire cosa avvenisse attorno a lei e di poter parlare non riuscirono comunque a tranquillizzarla.
Il cuore battere all’inverosimile in pieno petto, il terrore che le potesse accadere qualcosa di terribile le face salire le lacrime.. Un nodo alla gola – “Alain … ci fossi tu a proteggermi come quella sera  …”
“Avete freddo?”- una voce ovattata la scosse - “Non vi sarà fatto del male. Cercate di stare tranquilla e pazientare e tutto andrà bene”
Si fece coraggio ed azzardò –“Chi siete? Che cosa volete da me? Dove mi trovo?”
Non ebbe risposte.
Allungò una mano alla ricerca della sua borsa.
“E’ accanto a voi, sull’altro lato”
Finalmente la raggiunse. La strinse a sé.
“Non è stato toccato nulla”
“E dove …”
“Vi è stato detto anche troppo”- la interruppe.
Si rannicchiò allora in un angolo in silenzio quando quel tale le distese una coperta sulle gambe.
“Vedete di riposare”.
 

Andrè non  si diede pace. Le parole di Mornay lo avevano sconvolto.
Tuttavia fece ritorno con lui aggregandosi nuovamente al gruppetto.
Nella testa solo una gran confusione. Che cosa sapeva di più Vincent?
Tutta la situazione era decisamente assurda e lui da solo non avrebbe potuto fare nulla.
Con i suoi modi pacati e la sua razionalità Mornay li aveva condotti fino a Bouillè. Nessuno sarebbe stato in grado di fare meglio.
Se ora lo spingeva a far rientro a Le Conquet doveva esserci una valida motivazione.
Immerso nei pensieri e con quel dolore che gli stringeva il cuore lo vide all’ultimo affiancarsi.
“So bene che sarà difficile se non impossibile ma cerca di stare tranquillo. Non so quanto tempo ci vorrà, ma andremo fino in fondo”.
“Devo trovarla”.
Fissò quegli occhi velati di tristezza ma determinati –“La troveremo e chi avrà delle colpe, pagherà!”
 

Un grido di rabbia echeggiò attraverso l’intero palazzo –“NO!”
Mai si era lasciato trasportare da alcun sentimento o emozione.
La parte di volto visibile tirato in una smorfia d’ira.
Si avventò su di lei afferrandola per il collo –“Siete riuscita a nasconderlo! Quel figlio non può essere di Bouillè! Come avete fatto?”
“Siete pazzo!”- Lever lo allontanò da Oscar.
Si volse verso Renèe –“Voi!!- puntandole un dito contro –“Voi eravate d’accordo. Avete escogitato tutto, compresa la prima notte. Come avete fatto? Cos’avete messo nel letto per imbrogliare il Generale?”- e voltandosi verso il medico –“Uscite di qua!!”- sbraitò.
“Seguite le mie indicazioni e tutto andrà bene. Tornerò, non preoccupatevi”- la rassicurò il dottore.
“Fuori!”- lo intimò estraendo il pugnale –“Uscite da qui o guai a voi e dimenticate di essere stato in questo castello”
La domestica fece per accompagnarlo quando –“Dove credete di andare? Non fate un solo passo. Credo sia in grado di trovare l’uscita”
La donna aiutò allora Oscar a rimettersi a letto.
“Me la pagherete tutte e due. E voi “- verso la giovane –“vi auguro di perderlo e che al rientro Bouillè vi faccia sputare sangue pur di averne uno suo! Di chi è il bastardo? Ditemelo!”
“ Piantatemi un coltello nel ventre così da ucciderci entrambi in una sola volta. Ci penserà poi  Bouillè a farvi la pelle”- gli gridò.
“Vorrò proprio vedervi di fronte al Generale quando gli direte che quello che portate in grembo non è suo figlio, sempre che non lo perdiate prima”- ridendo.
“Questa creatura vi dico che vivrà! E un giorno vi farò pagare fino all’ultimo tutto quello che mi avete fatto passare, voi e il vostro fantoccio del Generale. Date tempo al tempo”
“Vedete di tenere la lingua tra i denti. Badate a ciò che dite”- sfilando nuovamente lo stiletto dalla manica.
Oscar avanzò verso di lui –“Fatelo ora!”- gli andò incontro senza alcun timore.
“Non sfidatemi!”- la lama verso di lei.
“Credete di farmi paura?”- la punta premere contro la pelle –“Ero sotto la Bastiglia il 14 luglio in mezzo ad una folla inferocita ed una pioggia di proiettili.”
“Non fate un solo passo in più o sarà peggio per voi! Non immaginate nemmeno lontanamente quanto sarei felice di uccidervi”
Si mosse senza remore. Strinse i denti. Un passo in più  –“Fatelo, ora!”.
 Lo stiletto andò conficcandosi sotto un seno.
L’ombra stupefatta estrasse il coltello indietreggiando.
Il sangue scorrere sul ventre.
“Oh mio Dio!”- Renèe  portò le mani alla bocca spaventata.
“Giuro su questo figlio che asciugherò con la vostra faccia ogni goccia di sangue che avete versato e che fosse in qualche maniera legata a me”
L’ennesima risata diabolica – “Fate la spavalda? Forse non vi è ancora chiaro con chi avete a che fare!”- afferrato il lenzuolo ripulì la lama –“Mi sfidate? Ebbene sappiate che vi strapperò il cuore dal petto e non avrete lacrime sufficienti per colmare il dolore che saprò infliggervi”- e continuando a ridere lasciò la stanza.
“Oscar voi siete matta”- tamponando immediatamente la ferita –“Ma cosa vi salta in mente?”
Una smorfia di sofferenza le si stampò sul viso.
“Non azzardatevi più  fare una cosa del genere” – la fece sdraiare – “Perché mettere a repentaglio la vostra vita e quella di vostro figlio?”
“Non temo più quell’essere!”- lasciandosi medicare.
“Penso invece che dovreste!”- l’ammonì.
“Non preoccupatevi Renèe … la ferita si rimarginerà”.
 

La neve riprese a cadere copiosa senza comunque per questo impedire il rientro a Le Conquet di Andrè assieme il Generale e Mornay al seguito e sull’altro versante di Bouillè e Leah.
La tenuta completamente imbiancata.
Un sottile sentimento di gioia velato di tristezza nel cuore di Augustin.
Emilie apparve sulla soglia di casa appoggiata al suo bastone.
Fu sufficiente uno sguardo. Un’occhiata ai volti di Andrè e Vincent.
Tentata di entrare e scoppiare in lacrime rimase invece immobile in attesa che scendessero dai cavalli.
Il Generale le andò incontro. Un abbraccio lungo, carico d’amore e di disperazione.
“La nostra bambina non c’è più”- le sussurrò all’orecchio.
Strinse forte gli occhi affondando il volto sul petto del consorte.
Quale dolore più grande di una madre vedere andarsene un figlio prima di lei.
Andrè fece un gradino.
Emilie gli gettò le braccia al collo lasciando cadere il bastone –“La nostra Oscar!”
Allungò le braccia cingendo la donna.
Staccatasi da lui gli accarezzò le guance con entrambe le mani –“Ragazzo mio riusciremo mai a alleviare quest’immensa sofferenza?”
Mornay rimase in disparte.
Se ne accorse –“Vincent””
L’uomo si fece avanti. Baciamano –“Madame”- raccogliendo il bastone.
Un lunghissimo sospiro abbassando gli occhi lucidi.
Nanny ferma poco più in là in un mare di lacrime dovette sedersi sentendosi quasi mancare.
Andrè le andò incontro –“Nonna …”
“Coraggio, entriamo” –Augustin accompagnò la moglie sottobraccio aiutandola ad accomodarsi in poltrona.
In totale silenzio, lo sguardo puntato sul consorte . Rimase in ascolto circa quanto fosse accaduto a Parigi.
Le mani a tormentare quel fazzoletto rivedendo ogni immagine della figlia solo socchiudendo gli occhi.
“Madame”- Nanny le si accostò singhiozzando –“dovete andare a riposarvi”.
Fece forza sul bastone sollevandosi dalla poltrona.
Il Generale datole un bacio sulla fronte , con fare mesto si rinchiuse nello studiolo.
“Voi credete veramente tutto questo?”- volgendo le spalle ad Andrè e Vincent –“Un madre lo sente se un figlio è morto … ed Oscar non lo è!”
 

Le soste furono diverse costretti dalla strada quasi del tutto impercorribile, facendo particolare attenzione di non dare troppo nell’occhio.
Un mantello con il cappuccio calato fino sopra gli occhi per non mostrare quella giovane bendata.
E come previsto da Damien giunsero finalmente al castello solo un paio di giorni prima di Natale provati da quel lungo viaggio.
Renèe rimase alquanto sorpresa di rivedere così presto il Generale. Aveva calcolato che con i vari impegni a Parigi non sarebbe rientrato prima della fine dell’anno –“Signore, che piacevole sorpresa”- sfilandogli il mantello e scrollandolo dalla neve.
“Un inferno questo viaggio. Comincio ad odiare la neve e questi luoghi così sperduti nel nulla”- mettendole tra le mani anche i guanti ed il cappello – “Ho una bella sorpresa per te e mia moglie”- gongolandosi dalla contentezza.
Da una carrozza scese Leah accompagnata da uno degli scagnozzi dell’ombra.
Dopo giorni al buio finalmente le venne sciolta quella benda.
Si parò gli occhi con una mano stringendoli alla vista della luce.
“Portatela qui!”- ordinò Bouillè.
Lentamente e a fatica le immagini attorno si fecero man mano sempre più nitide fino riuscire a mettere a fuoco l’ambiente e le persone.
“Ti sarà d’aiuto e per la maggior parte del suo tempo si prenderà cura di mia moglie”
“Come vi chiamate?”- Renèe si rivolse alla giovane.
“Leah”- rispose.
“Bene Leah più tardi vi mostrerò il vostro alloggio e vi darò le prime istruzioni in merito a quelle che dovranno essere le vostre mansioni”
“Perdonate ma io non capisco. Dove mi trovo? E perché mi trovo qui?”
La domestica lanciò un’occhiata di fuoco a Bouillè –“Devo credere che sia come immagino?”
“Ah..”- un gesto con la mano –“non preoccuparti E’ stata trattata con i guanti. Puoi chiederglielo”
“Ciò non toglie che non sia qua di sua iniziativa”- sottolineò.
“Una che si mette in viaggio per l’Inghilterra lo fa solo perché alla ricerca di un buon lavoro. E lei ora ce l’ha!”- sghignazzando –“Ma dov’è la mia consorte?”
“E’ nella sua stanza, signore … ecco volevo dirvi …”
“Ottimo!”- salendo le scale.
Renèe dovette quasi rincorrerlo tanta la foga di precipitarsi da Oscar nonostante il fiatone.
“Signore … signore …”- lo chiamò ripetutamente.
“Non ora!””- bussando alla camera della giovane.
Aprì la porta e la vide coricata nel letto.
Una nota tra disappunto e sorpresa gli si stampò sul viso.
Oscar sgranò gli occhi incredula  sedendosi all’improvviso.
“Non immaginate quanto avete occupato i miei pensieri”- baciandole la mano –“Leggo stupore nei vostri bellissimi occhi quanto quello nei miei nel vedervi a quest’ora ancora in camicia da notte, una come voi!”
Sfilò la mano da quella di lui strofinandola disgustata sul copriletto.
“Ecco … Generale .. madame deve stare in assoluto riposo …”- quasi bisbigliò Renèe.
“Riposo? In questi giorni prossimi al Natale? Non credo proprio sia nelle sue intenzioni, soprattutto pensando che dopodomani sarà anche il suo compleanno …”- s’interruppe spalancando gli occhi –“… a meno che …”- perplesso –“… a meno che non mi stiate riservando qualche sorpresa” – accennando ad un sorriso che andò via via allargandosi.
Oscar involontariamente si portò una mano sul ventre.
“Voi … voi mi darete un erede?”- una risata lisciandosi i baffi –“ Non posso che ringraziarvi di questa splendida sorpresa, mia cara. Ebbene anche io ne ho una per voi. Vi avevo promesso che presto avreste avuto una compagnia”- calcando sulla parola –“più giovane e che si sarebbe dedicata completamente a voi alleviando nelle sue mansioni Renèe”
Un cenno alla ragazza rimasta nella penombra al di fuori della camera da letto –“Venite avanti!”
Oscar lasciò scendere la gambe dal letto incuriosita.
La giovane fece il suo ingresso titubante.
 

Aveva ripreso pieno servizio in caserma chiedendo di essere assegnato al reparto che si turnava quotidianamente.
Certo senza Andrè in città era tutta un’altra cosa.
“Mi raccomando, comportati bene”- riferendosi alle donne.
“Tornerai a trovarmi? Lo so che ora odi Parigi ma non dimenticare che ci vive il tuo miglior amico”
“Che farai con Leah?”
“Mi manca … terribilmente” – pensando a lei –“Voglio mettere da parte qualche soldo …”
“Vuoi andare a Londra?”
“Si. Voglio andare a cercarla”
“E Yvy?”
“Al momento resterà. Questo fino all’inizio dell’anno nuovo. Poi anche lei se ne andrà … Inghilterra di sicuro”
“Davvero?”
“Vuole ripartire da zero. Una nuova vita nella speranza che anche i suoi fratelli mettano la testa apposto. E tu?
“Riprenderò il lavoro alla tenuta di Mornay”
Ripensò a come tutti i progetti fatti fossero andati in fumo in una manciata di mesi. Andrè era stato veramente sfortunato. Pensò che mai gli era capitato di conoscere una persona più bastonata dal destino.
“Non fare arrabbiare Yvy. E’ una brava ragazza”- stringendogli la mano.
Lui aveva abbracciato l’amico – “… un giorno ci rivedremo …2
“Sei sicuro di non voler venire a Le Conquet? Non c’è più nulla che ti leghi a questo posto”
“Magari in un futuro …  e con Leah”- sorrise.
“Sarai … sarete i benvenuti. Del futuro non si può mai sapere”.
Lo aveva visto allontanarsi poco prima di raggiungere Yvy a Saint Etienne, la stessa sera che avevano discusso animatamente.
Lungo la strada per casa passò accanto a quel vicolo dell’aggressione a Leah i primi tempi, quando iniziò ad occuparsi di lei su richiesta di Andrè. Rimase a fissare a lungo quella strettoia a fondo chiuso.
Le mani in tasca, il solito stuzzicadenti tra le labbra –“Leah …”- mormorò tirando un paio di calci ad un sasso.
 

In piedi sul lato del letto, occhi e bocca spalancati incredula di fronte a quella figura al centro della stanza.
Leah scioccata.
Oscar sentì irrigidirsi ogni fibra della sua persona. Strinse i pugni increspando la fronte.
Lei! La sua rivale!
Non poteva essere.
Bouillè spinse la ragazza verso la consorte –“Questa è mia moglie. Oscar Francois Bouillè. Per te naturalmente sarà solo Madame Bouillè”- impettito.
La ragazza sbiancò.
 
 

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Capitolo 55
*** RIVALI ***


Si buttò sul letto sfinito nella speranza di riuscire a dormire almeno un paio d’ore.
Invece i pensieri lo assillarono senza dargli tregua.
Mornay.  Cosa stava tramando?  Si era sempre fidato di lui. Quali erano realmente le sue intenzioni nei confronti di Bouillè?
Socchiuse per qualche istante gli occhi.
Oscar non era morta. Anche Emilie la pensava come lui.
Inutile e frustrato. Ecco. Forse non aveva fatto abbastanza per ritrovarla. Aveva sbagliato tutto.
Anche se fosse andato lui dal Generale non avrebbe risolto nulla. Anzi. Quell’uomo sicuramente lo avrebbe fatto buttare fuori da palazzo se non addirittura arrestare. Del resto sarebbe stato così anche per Vincent. Forse , forse solo Jarjayes avrebbe potuto spingersi oltre, minacciandolo, ricattandolo. Che ne sapeva. Lui non era che un nullatenente entrato nelle grazie di una famiglia importante e successivamente di un uomo, Mornay, dimostratosi magnanimo nei suo confronti.
L’amava. Dio quanto l’amava!
“Dimmi Oscar, che cosa devo fare ora?”


Sentì una rabbia incontrollabile pervaderla all’improvviso.
Quella donna. Lì. Di fronte a lei.
Volse le spalle nonostante la tentazione fosse quella di prenderla a schiaffi –“Non ho bisogno dell’aiuto di nessun’altra se non di Renèe. Tenetela per voi”- sedendo sul letto.
Laeh abbassò lo sguardo. Perché si trovava in quel luogo e proprio al cospetto della futura … No. Un momento. Che diavolo stava succedendo? Oscar moglie di un altro? Scosse il capo quando Renèe la prese per un braccio –“Uscite per il momento. Vi raggiungo a breve”
“Mia cara. Ero convinto di farvi una bella sorpresa. Del resto ve lo avevo promesso.”- Bouillè si avvicinò – “Ed ora vi prego , ditemi. E’ venuto dunque un dottore …”
“Oh si che è venuto un dottore”
Renèe sbiancò.
Quell’uomo incappucciato fece alcuni passi entrando nella stanza – “Non volete dire a vostro marito che cosa vi ha raccontato?”- rivolgendosi ad Oscar.
“Ah … siete voi. Dovreste comunque imparare a bussare prima di entrare nella stanza di mia moglie”
“Vostra moglie …”- sottolineò.
“Signore …”- la domestica avanzò verso il Generale tendendo una mano per attirare la sua attenzione.
“Voi uscite di qua!”- le urlò contro.
“Non ci penso proprio. Da quando siete qui avete solo creato problemi. Siete d’intralcio ogni volta che ci si muove e …”
“Perché non raccontate come siete fuggita il giorno della partenza del Generale per Parigi , di come vi ho ritrovato e ricondotto al castello, del fatto che il figlio che portate in grembo non è ..” Renèe  passandogli accanto gli pestò un piede.
L’ombra la colpì a man rovescia facendola cadere a terra –“Che cosa volete fare? Volete continuare ad essere complice di questa farsa?”- le urlò .
“Vi da di volta il cervello?”- chinandosi sulla donna –“Vi proibisco di prendere tali iniziative nei confronti dei miei domestici!”- lo bacchettò.
“I vostri domestici? Forse qualcuna trama alle vostre spalle!”
La guardò crucciato per quelle parole –“Devi dirmi qualcosa?”
“Avanti, aprite quella bocca invece di adoperarla a sproposito. O volete forse dirlo voi?”- richiamando l’attenzione di Oscar –“Si, credo che in quanto moglie dobbiate voi confessare al vostro consorte del vostro tradimento!”
 “Che cosa?”- incredulo.
“Abbiate il coraggio di dirgli che il figlio che portate in grembo non è suo”
Bouillè avvampò dall’ira –“E’ vero?”- un’occhiata di fuoco.
Non fiatò.
L’uomo le si parò di fronte –“Vi domando nuovamente. E’ vero?”
Lo fissò in silenzio.
“Si”- il tono fiero  – “questo è figlio del vero amore non dei vostri ricatti, delle vostre menzogne, delle vostre minacce assieme a quel vostro scagnozzo incappucciato. E mai sarà vostro!”
Il Generale paonazzo esplose in tutta la sua rabbia – “Mi avete ingannato!! – afferrandola per un braccio –“Voi … “
“Si, io. Credete abbia paura di voi? Non vi temo, nessuno dei due. E sappiate che se non mi ucciderete prima , un giorno pagherete. Ricordatelo per il futuro.  Pagherete!”
Bouillè si strappò la camicia urlando e ringhiando come un animale ferito. – “Immaginate di aver vinto in questa maniera? Vi sbagliate. Vi sbagliate di grosso”
Oscar sedette sul letto – “Avreste dovuto pensarci bene quel giorno che decideste di dar fuoco alla villa!”
Il passo pesante sul pavimento, le si avvicinò . Una mano posata sul letto l’altra tenendola per il mento –“Sarebbe troppo comodo farvi fuori. No. Voi vivrete e darete alla luce questo bastardo ..”
Lo colpì con un sonoro schiaffo –“Guai a voi se osate ancora a chiamarlo bastardo!”
Le strinse il polso –“Darete alla luce questo bambino e porterà il mio nome. Questo posso garantirvelo. E non appena vi sarete rimessa dal parto mi darete un erede, un vero Bouillè!”
Esplose in una risata –“Ne siete veramente convinto?”
“Ci potete giurare”- poi rivolgendosi a quell’ombra –“Venite nel mio salottino ora!”
“Uhh che modi. Si può chiedere più garbatamente”- pacatamente.
“Non ve lo sto chiedendo, ve lo sto ordinando !”
“Sapete che non prendo ordini da nessuno, tanto meno da voi”
“Le cose sono cambiate. Ora il gioco lo dirigo io. Muovetevi!!”- uscendo dalla stanza – “Con voi comunque terminerò più tardi” - ad Oscar.
“Risparmiatevi la perdita di tempo”- infilandosi sotto le lenzuola.
Renèe le sistemò i cuscini dietro la schiena –“Voi siete veramente pazza … una pazza piena di coraggio. E ora?”
“ Non so a cosa andrò incontro ma non potevo continuare a mentire su mio figlio”
“Siete una gran persona”- stringendole una mano.
Leah ferma lungo il corridoio poco fuori dalla camera rimase per tutto il tempo in silenzio.
Quella conversazione era stata a dir poco sconvolgente. Oscar non aveva allora contratto matrimonio volontariamente. E del resto come poteva? In grembo portava il figlio di Andrè.  Dunque cos’era realmente accaduto? Un fatto non le era sfuggito: Bouillè era l’artefice dell’incendio a casa Jarjayes a Le Conquet e quindi anche di un ipotetico rapimento … perché tutto questo?
Si affacciò timidamente alla porta. Lo sguardo basso. Gli occhi appena sollevati giusto per riuscire ad intravvedere le due donne nella stanza, in attesa che qualcuno le dicesse cosa fare.
Oscar increspò la fronte stringendo i denti dal nervoso vedendola a pochi passi da lei.
“Deve per forza stare qui?”- rivolgendosi a Renèe.
“Che male può farvi? Sarà un bell’aiuto”- scostando le tende in maniera che potesse entrare più luce.
“Tenetevela in cucina. Qui non voglio vederla”- sempre più stizzita.
“Non posso controbattere le decisioni del generale. Suvvia ..”
“Uscite per cortesia”- a Leah .
Non se lo fece ripetere e senza fiatare si allontanò lungo il corridoio.
Che situazione assurda. Per la seconda volta il destino aveva voluto che si incontrassero. Ora però era diverso. Non aveva più la necessità di competere con lei per amore. No, non più. I suoi errori le avevano aperto gli occhi e spalancato le porte del cuore ad Alain. Anche se a questo punto inutilmente.
Ora però non c’era più nulla da fare. Chi mai avrebbe saputo di lei in quel luogo sconosciuto?
Pensò che anche per Oscar fosse la medesima situazione. Andrè del resto la cercava disperatamente .. e lei era lì alla sua insaputa.
Assorta nei suoi pensieri tornò alla realtà solo quando Renèe la richiamò dicendole di seguirla.
 

Sarebbe rimasta fino ai primi del nuovo anno. Glielo aveva promesso, ad una condizione. Lei la sera sarebbe rientrata  da Du Mont e là avrebbe trascorso le notti con i suoi fratelli.
Alain aveva accettato senza battere ciglia. A fine turno era comunque piacevole trovare qualcuno a casa. Nonostante fosse consapevole del fatto che quella non era la sua normalità, Yvy rassettava casa, gli seguiva la biancheria e non gli faceva mai mancare la tavola apparecchiata al suo rientro. Non era speciale a cucinare quanto Leah, ma se la cavava.
Aveva ripreso a frequentare Bernard. Un paio di volte a settimana si ritrovavano da Du Bois con alcuni vecchi nomi dei Soldati della Guardia. Discutevano per lo più di quello che sarebbe stato il futuro della Francia, o meglio, ciò che avrebbero voluto.
Mentre loro speravano in condizioni di vita migliori per tutti, l’Assemblea si era dedicata ad alcune riforme tra le quali quella amministrativa e municipale. Poco prima di Natale erano stati creati i dipartimenti, una sorta di circoscrizioni amministrative, giudiziarie, fiscali e religiose.
Molto dibattuto era l’argomento della riforma del sistema elettorale sul quale era un continuo scontrarsi tra alcuni deputati convinti che il voto lo si sarebbe dovuto estendere a tutti i cittadini maschi, altri che tale diritto fosse riconosciuto solo ad una parte della popolazione.
“Io proprio non capisco. D’accordo sul dare nuove prospettive politiche al paese ma non è forse più importante preoccuparsi della miseria in cui versa la maggior parte della popolazione?”- Yvy aspirò a lungo dalla sigaretta –“Se andiamo avanti così sarà un macello”
“Non hai forse deciso di andartene a Londra? “- la stuzzicò Alain.
Un’occhiata quasi da fulminarlo. Trangugiò l’ultimo sorso di birra e seccata se ne uscì dalla taverna.
Il passo spedito verso la canonica di Du Mont –“Idiota! Ma perché gli ho promesso di restare? “.
Una mano l’afferrò per un braccio –“Ehi …”
“Ma come fa quella a sopportarti? Dev’essere una santa!”- riferendosi a Leah –“Non cambierai mai”- liberandosi con uno strattone –
“Forse nemmeno tu”
“Basta, domattina me ne vado. A volte mi domando cosa pensassi quando ho deciso di tornare a Parigi. Maledizione a me!”- riprendendo a camminare.
“Semplice. Hai pensato a me.”- con tono altezzoso.
“Ma piantala di dire scemenze”- sempre più seccata.
La raggiunse bloccandola –“Perché altrimenti?”
“Perché …”- le spalle al muro.
Alain avvicinarsi sempre più fino a sentirne il corpo aderire al suo. Il respiro caldo accarezzarle una guancia –“Perché non stai da me stasera ….”
Percepì tutta la sua eccitazione dietro la tela dei pantaloni contro la sua gamba. Socchiuse gli occhi una frazione di secondi quasi inebriata dal tono suadente della sua voce.
Si, ecco l’Alain che sapeva comunque come prenderla.
Un tentativo di riaprire gli occhi quando le labbra carnose e morbide di lui le sfiorarono un orecchio scivolando lungo il collo a risalire fino a trovarsi di fronte le sue. Le passò delicatamente la punta della lingua sull’arcata superiore.
Persa.
 

“Posso domandarvi da quanto sono sposati i signori?”- azzardò dopo aver seguito a lungo una serie di insegnamenti impartitele da Renèe.
“Un mese circa”- armeggiando con tazza e teiera –“Piano piano dovrai occuparti tu di lei. Così vuole il padrone”
“Non mi pare sia ben disposta nei miei confronti”
“Si fida solo di me”- ribattè.
“Ma …”
Renèe si volse lanciandole un’occhiataccia –“Prima regola: mai essere ficcanaso. Ascolta e taci, la seconda. Rispondi e parla solo quando ti viene chiesto, la terza”
Leah abbassò gli occhi. Ma dov’era capitata? Una prigione, ecco!
“I pasti vengono serviti in camera a Madame come hai potuto constatare questa sera con la cena. La mattina va arieggiata e sistemata la stanza e rifatto il letto. Il tutto abbastanza velocemente. Madame non deve affaticarsi”
“Mi sembra di aver capito che sia in dolce attesa. Immagino la gioia di entrambi”
La donna non rispose. Preparò un vassoio e glielo porse –“Cominciamo subito. Portale la tisana serale”
Rimase immobile di fronte a quelle parole.
“Beh? Che hai da stare lì imbambolata? Forza, sei qui per questo. Muoviti”- quasi spintonandola.
Afferrò il vassoio titubante.
“Avanti”- la incitò nuovamente la domestica.
Salì le scale assalita da mille pensieri e domande. Attraversato il lungo corridoio giunse infine di fronte alla camera di Oscar.
Un lungo respiro. Bussò.
La voce dall’interno le disse di entrare.
Rimase con il vassoio in mano in silenzio, in attesa che le venisse indicato dove posarlo.
La tensione era palpabile.
Oscar strinse con rabbia le lenzuola –“Che cosa volete?”
“Ecco … ho portato la tisana serale”- lo volto chino, il respiro leggermente affannato.
Riprese in mano il libro lasciato cadere tra le coperte –“Sul tavolino”
Leah eseguì e volgendosi cominciò a tormentarsi le mani –“Posso esservi d’aiuto?”
“Non ho bisogno di voi. Vi prego di lasciare la mia camera”- senza nemmeno degnarla di uno sguardo.
Perché la trattava così? Non c’era motivo. Lei era la donna di Andrè, in grembo portava suo figlio. Non aveva proprio nulla di cui aver paura. Si, certo c’era stato quel momento di debolezza. Ma Andrè non aveva dubbi sui suoi sentimenti nei confronti di Oscar. Glielo aveva detto e ripetuto. Tra loro solo un profondo sentimento di amicizia.
“Permettete?”- il tono sicuro di sè eppure rispettoso nel contempo.
Non rispose.
“Potete ascoltarmi gentilmente? Io …”
“Vi chiedo per cortesia di uscire”- voltando pagina.
“Non ho voluto io venire qui . Se penso che potrei tranquillamente essere già a Londra a quest’ora”
“Potevate partire, avreste fatto piacere a molti”- sempre senza guardarla.
“Forse se non mi avessero rapito non sarei qui!”- stizziita.
“Avete terminato? “- lasciando scivolare il libro.
“No, non ho finito. E’ ora che chiariamo una volta per tutte questa storia.”- i pugni stretti avvicinandosi al letto.
“Non ho alcun motivo per conversare con voi”- lo sguardo di ghiaccio.
“Io credo di si. E lo sapete bene!”-
“Personalmente l’argomento è chiuso. Da tempo. E poi …”- volse lo sguardo verso la finestra. Gli occhi le si fecero lucidi –“… poi ora non ha più importanza”.
“No. Ha importanza, soprattutto ora che attendete un figlio!”- incalzò.
Si accarezzò il ventre con infinita tenerezza. Che importanza poteva avere il passato ora. Andrè non c’era più. Lei era rimasta sola, sola con la sua creatura che cresceva giorno dopo giorno e che lei amava sempre di più. E quella ragazza di fronte a lei, la sua rivale …
“Lasciatemi sola”- nascondendo le lacrime.
Rimase colpita dal tono di voce strozzato da infinita sofferenza..
“Oscar …”- per la prima volta la chiamò per nome.
Incrociò quegli occhi celesti velati di tristezza.
“Uscite, ve lo chiedo per cortesia”- passò una mano per asciugarsi le lacrime.
“Vi prego … ascoltatemi. Solo qualche minuto”
“Che cosa volete? Perché mi tormentate ancora con la vostra presenza? Lasciatemi in pace”- il volto ricadde sul cuscino .
“Non voglio tormentarvi. Andrè non me lo perdonerebbe mai! Vi ama, vi ama troppo. E tra noi c’è solo tanto affetto, null’altro”- affondò il viso tra le mani –“Se solo potesse sapere che siete qui …”.
“… non può … Andrè è morto! …”- quasi aggredendola verbalmente.
Leah sgranò gli occhi –“Morto?”
 

“Non credo che alla tua bella rossa faccia piacere sapere che mentre lei non c’è te la intendi con la tua ex”- lo sfidò.
Sorrise maliziosamente di fronte a quell’affermazione.
Ma poi si fece serio. Le parole di Yvy avevano colpito nel segno. Si, adorava le donne, non lo aveva mai negato. Ed ora era una situazione alquanto assurda.
Nel cuore il desiderio di cercare a tutti i costi Leah e riportarla a casa. Nella mente e negli occhi il volto di Yvy.
Si passò le mani fra i capelli voltandole le spalle –“In un duello bisognerebbe combattere ad armi pari”
“Sai bene che non possiamo continuare ad illuderci. Ne abbiamo già discusso più di una volta. Inutile, tu ed io non siamo compatibili …”
“… tranne che…”
“Si, tranne che ! Ma questo non può bastare per far funzionare una relazione e tu lo sai … noi lo sappiamo. Abbiamo tentato più di una volta. E’ ora di darci un taglio definitivo. Tu e Leah vi appartenete. Per noi non è mai stato così”- accendendosi una sigaretta.
Il discorso di Yvy non faceva una piega –“Che cosa resterà di noi?”
Sorrise –“Tanti ricordi. Belli. Brutti. … affetto”
“Rispetto ….”- concluse.
Scoppiò in una risata –“Rispetto? Dai Alain … non ci credi nemmeno tu”
“A modo nostro …”
“Ecco “- aspirando dalla sigaretta.
“Non perderai mai il vizio”- avvicinandosi.
Lasciò cadere la cicca a terra –“Non voglio nemmeno smettere”- si lasciò cingere i fianchi.
Alain la strinse forte a sé –“E’ un addio vero?”
Chiuse gli occhi.
L’ultimo abbraccio.
 

“Quando?”- la voce tremante.
La fissò –“ … uscite. Non sono tenuta a raccontarvi eventi personali”- si coricò girandole le spalle.
Leah scosse il capo –“Non può essere!”- incredula –“Non può essere assolutamente”
“Uscite, ve ne prego”- quasi singhiozzando –“Uscite da questa camera”- la intimò sollevandosi.
Il volto rigato dalle lacrime, gli occhi gonfi –“Uscite!!- le gridò per l’ultima volta.
Fece un passo indietro come spaventata da tant’aggressività.
“Andrè non è morto!”- sbottò con gli occhi lucidi -“è a Parigi a casa di Alain!!”
Oscar fece scendere le gambe sul lato del letto. Gli occhi e la bocca spalancati, incredula.  Si volse verso di lei avvicinandosi lentamente. Una mano poggiata alla balaustra del baldacchino –“Che cos’avete detto?”
La giovane indietreggiò.
Avanzò nuovamente afferrandola per le braccia –“Che cos’avete detto di Andrè?”
“E’ a Parigi a casa di Alain … almeno fino a quando …”
“Voi mentite”- scuotendola.
“E come potrei? Che senso avrebbe? Perché dovrei dirvi il contrario?”
“Perché voi l’amate”- la zittì.
Chinò gli occhi –“ ….  ho creduto di amarlo … in realtà amo un altro uomo … “
Oscar si prese la testa tra le mani –“Allora … allora chi era quell’uomo nella cella? Chi era … chi hanno ucciso? … io …”- le premette sugli occhi –“Io non capisco … mi sembra di’impazzire …. Andrè”.
Una fitta improvvisa la piegò in ginocchio.
Leah si chinò su di lei –“State bene?  Che cos’avete?”
L’afferrò per una mano e facendosi forza tentò di rimettersi in piedi.
“Se non sbaglio dovete rimanere a letto e cercare di stare tranquilla. Coraggio. Vi aiuto”
Le spiumacciò i cuscini e la fece coricare.
Il cuore le batteva all’impazzata. Era vivo!
Avrebbe voluto gridare, si gridare il suo nome. Cos’era accaduto allora in quella cella? Chi era il giovane fatto passare per il suo Andrè? Bouillè e quell’atro l’avevano tratta in inganno alla perfezione. Nel buio totale di quelle mura umide si era compiuto un atto atroce. Un uomo innocente, sconosciuto. L’assassinio di un poveraccio che in tutta quella storia non aveva nulla a che fare.
Andrè era vivo … il suo Andrè. Gioia, tristezza, impotenza. Un groviglio di sentimenti.
Assurdo, tutto assurdo. La verità. Si, qual’era il vero motivo di tutto ? E poi chi era quell’essere incappucciato? Perché la odiava così tanto e perché aveva aiutato il Generale in quel losco affare?
Le parve di percepire come piccoli colpetti –“Si tesoro. Tua madre deve assolutamente cercare di stare calma. Perdonami. Ma ora tutto … tutto cambierà”- accarezzando il ventre.
Rimase ad osservare la sua “rivale”mentre le sistemava le coperte. Una montagna di ricci rossi legati dietro la nuca da un nastro incorniciavano un volto tempestato di lentiggini e occhi come due smeraldi spiccavano luminosi fra la pelle color latte.
Incrociò il suo sguardo.
“Voi mi odiate ….”
“No, io non vi odio. Forse prima avrei fatto di tutto per strapparvi Andrè. “
“Allora lo ammettete!”- sedendosi sul letto.
“Perché mentirvi? Certo, prima.”- nella sua mente l’immagine di Alain.
Intravvide un velo di tristezza infinita sul suo volto –“Ditemelo ancora!”
“Che cosa?”- versandole la tisana.
“Di Andrè ….”
Dopo averle allungato la tazza sedette poco distante dal letto – “Quando ho deciso di lasciare Parigi era a casa di Alain”
Il capo ricadde all’indietro sul cuscino. Strinse gli occhi deglutendo ripetutamente. Le lacrime scorrerle ai lati del viso.
 

Versò dell’Armagnac nel bicchiere e sorseggiandolo si mise a camminare per la stanza. Avevano discusso di mille cose e all’ora di cena non lo aveva voluto seduto al tavolo. Ora esigeva nuove spiegazioni –“Voglio un racconto dettagliato di tutto ciò che è accaduto durante la mia assenza”
L’ombra storse il naso –“Sapete bene che no amo particolarmente prendere ordini …”
“Mi avete stancato con i vostri modi falso posati e soprattutto che non facciate quello che vi chiedo”- irritato.
“Tutto è sempre filato liscio e a gonfie vele prima che s’intromettesse la vostra domestica. Fosse al mio servizio l’avrei già sbattuta in gattabuia”
“So io come gestire chi è al mio servizio. VOI, voi dovete cambiare atteggiamento”
“E’ forse una minaccia?”
“Fate come volete. A mio parere vi state prendendo troppe libertà. Vi siete dimenticato per chi lavorate?”- affondando con tutto il peso nella poltroncina –“Come vi ho ripetuto in precedenza posso sospendere ogni contratto con voi”
“E voi ben sapete non sia conveniente una decisione tale. A volte credo bramiate finire all’inferno prima del tempo!”- sghignazzò.
Qualcuno bussò.
“Avanti!”
Renèe fece il suo ingresso nello studio.
“Ah … bene. Proprio tu”- trangugiando l’ultimo sorso – “Che cosa mi hai combinato? Dopo tanti anni di fiducia nei tuoi confronti mi pugnali così alle spalle?”
 L’ombra le si avvicinò girandole attorno –“Traditrice!”-
“Piantatela!”- sbottò Bouillè –“Un’altra parola e vi sbatto fuori!!”
Digrignò i denti dalla rabbia e si mise in disparte.
“Renèe … io non posso credere …. io non mi capacito del fatto che tu abbia aiutato quella donna a …”
“Quella donna è vostra moglie”- lo interruppe.
“Giusto per questo dovresti rendermi conto sinceramente di tutto.”- si lisciò il mento –“Tu sapevi?”
La donna tacque.
“Non avete nemmeno il coraggio di aprir bocca ….”- s’intromise l’altro.
“Tacete! Nessuno vi ha interpellato”- rabbioso. Poi rivolgendosi nuovamente alla domestica –“Rispondi!”
Inizialmente tentennò – “Si”- rispose a tono basso.
“Perché Renèe, perché? Da quando sei al mio servizio non hai mai fatto una cosa del genere”
“Io vi ho sempre servito fedelmente. Sono sempre stata al mio posto, non mi sono mai intromessa in nulla. Ma questa volta non ho potuto. Approvare ciò che avete fatto sarebbe stato andar contro la mia morale”
“Come hai appena detto saresti dovuta rimanere al tuo posto. Non ti saresti dovuta intromettere nelle mie decisioni”
“Il vostro gesto nei confronti di quella giovane è a dir poco obbrobrioso ed inaccettabile. E a quanto pare avete pur preso gusto a rapire la gente”
“Modera le parole”- la bacchettò.
“Ma come avete potuto con l’aiuto di quell’essere immondo …”
“Non vi azzardate …”- l’ombra avanzò verso di lei con l’intento di colpirla.
“Se la toccate giuro che vi strozzo con le mie stesse mani”- alzandosi di scatto Bouillè gli puntò un dito.
Si rifece da parte.
“Come avete potuto rapire quella giovane, dar fuoco a casa sua, portarla via dalla sua famiglia, condurla in questo luogo sperduto nel nulla per farla vostra consorte contro la sua volontà? Non credevo vi sareste spinto così oltre ogni limite della ragione umana. Cosa vi ha fatto di tanto atroce per destinarla ad una condanna così assurda? L’amaste alla follia … ma voi la odiate. La vostra è solo una questione di ripicca, di vendetta e null’altro!”
“Il fatto è che tutto ciò non deve riguardarti”
“Sbagliate. Mi avete messo al suo fianco e non posso che ripetervi quanto siate nel torto. Avete compiuto un atto riprovevole!”
“Ora basta!”- sbottò –“Di chi è il figlio che porta in grembo?”
“Dell’uomo che ama. E se doveste toccarlo che Dio vi fulmini!”
“Basta Renèe! Non posso e non voglio cacciarti. Tanto meno rinchiuderti come suggerisce qualcuno. Ma ti allontanerò da qui per il momento.  Andrai a Bruges. Prepara le tue cose.”
“Ma signore … siamo a Natale!”
“Partirai subito dopo”
“E come farete? Oscar ha assoluta necessità di essere seguita  durante questi mesi che la condurranno al parto … e quando …”
“Quando sarà il momento ci penserà la nuova ragazza”- la zittì con un cenno di mano.
“Cosa credete che ne sappia Leah di come aiutare una partoriente?”
“Non deve certo essere una tua preoccupazione. Ho deciso così, e così sarà. Ci precederai nella nuova dimora”
“Ma non vi trasferirete prima che il bambino sia nato!”
“Avrai tutto il tempo per sistemare ed organizzare al meglio il luogo dove vivremo”
“Vi chiedo di ripensarci. Se dovessero sorgere delle complicazioni durate il travaglio e successivamente come pensate possa intervenire la ragazza?”
“D’ora in poi non è più una tua preoccupazione”
“Io vi chiedo scusa … ma siete impazzito?  Volete mettere a rischio la vita del nascituro?”- stringendo i pugni dalla rabbia.
“Renèe!!” - la richiamò.
“No! Non potete farle una cosa del genere. Se il bambino morisse … volete macchiarvi del sangue di un innocente?”
“Smetti di fare la tragica. Da che mondo e mondo tutte le donne sanno come partorire anche da sole. E’ un qualcosa che avete dentro”
“A stare con quello scellerato vi siete bevuto il cervello!”- esplose.
“Non ti permetto …”
“Ma si, cacciatemi dal castello, buttatemi in gattabuia. Sono vecchia e non vi servo più. Meglio le nuove leve”
Quelle parole fecero emergere un leggero sorriso sulle labbra di Bouillè –“Siete gelosa?”
“Ma quando mai! Ben venga l’aiuto della gioventù. Io mi preoccupo di vostra moglie e di quella creatura che ha tutto il diritto di nascere senza alcun problema”
“Quello che mi stupisce è che lasciate che una stupida serva si rivolga a voi con questo tono”- un paio di passi in avanti.
“Fuori!”- gli urlò Bouillè.
Se ne uscì dallo studiolo paonazzo dalla rabbia –“Al momento opportuno faremo i conti!”- mormorò.
 

“Quindi mi era venuto a cercare a Parigi?”
“Si”- ripensando ad allora –“Si è presentato un giorno quasi a notte fonda. Alain se lo è trovato sulla porta. Siamo rimasti allibiti nel vederlo”
Oscar volse lo sguardo verso Leah –“Siete rimasti?”
La giovane trasalì avvampando all’improvviso.
“Voi e Alain?”- sgranando gli occhi.
Chinò il capo mordendosi un labbro.
“Allora l’uomo di cui parlate è ….”
Non rispose. Rimase in silenzio. Quanto avrebbe desiderato averlo lì ora. Una stupida! Ecco! Era stata solo una stupida.
La sentì sghignazzare.
Alzati gli occhi per la prima volta vide Oscar sorridere divertita.
“Perdonatemi, non voglio sembrarvi poco rispettosa o delicata … ma con Alain? Beh, non posso che congratularmi con voi … se ho inteso bene, naturalmente”
“… si ….”
“Quindi vi avrebbe …. sorpreso in piena notte? E poi?”- incuriosita.
“Era piuttosto provato per il lungo viaggio da Le Conquet. Ci ha raccontato di quanto accaduto, di voi …”
Provò nella sua mente ad immaginarlo. Stanco, la barba incolta … Il suo Andrè.
Si sentì attraversare da un fremito e sorrise accarezzando la morbida rotondità.
“Credo sia meglio vi corichiate. E’ tardi. “. Leah sistemò la tazza sul vassoio e si accinse ad uscire -“Già una volta ve lo dissi. Siete fortunata ad avere un uomo che vi ama così perdutamente”.
La porta si richiuse alle sue spalle.
Scese dal letto. L’eccitazione per la scoperta era tale da non riuscire a rimanere ferma.
Prese a camminare avanti e indietro per la camera da letto con passo lento facendo attenzione ad ogni segno le desse il suo corpo. Doveva veramente fare attenzione, ora più che mai.
Probabilmente era stato un bene che quell’ombra l’avesse riportata a palazzo. Non fosse stato così non avrebbe incontrato Leah e di conseguenza non avrebbe mai imparato di Andrè.
Si, forse era stato meglio così.
A questo punto le cose cambiavano.
Aveva avuto fretta, troppa fretta. Il piano di fuga precedente non era stato studiato nei minimi dettagli. Questa volta le cose sarebbero andate in maniera differente.
Unico ostacolo, se così lo si poteva definire, era la sua situazione attuale. Il medico era stato chiaro.
Non avrebbe messo a repentaglio la vita di suo figlio. No, non ora.
I mesi seguenti sarebbero stati sicuramente pesanti in ogni senso. Quindi, meglio mettersi momentaneamente il cuore in pace. Si sarebbe attenuta scrupolosamente alle indicazioni del medico e di Renèe. Avrebbe fatto la brava per il suo piccolo e per Andrè. Nel frattempo avrebbe pianificato la “dipartita” da quel luogo maledetto. Senza dimenticarsi di come l’avrebbe fatta pagare a quei due.
E Renèe? E Laeh? Cos’avrebbe fatto con loro?
 

Un timido sole distese i suoi raggi sulla tenuta.
Andrè era intento a seguire i primi passi di un piccolo puledro. Era rimasto in piedi tutta la notte.
Da quando erano rientrati da Parigi dormiva si e non un paio d’ore la notte. Non riusciva a riposare. Era un susseguirsi continuo di incubi. Si risvegliava di botto madido di sudore, il respiro in affanno, i battiti accelerati  gridando spesso il nome di Oscar.
Cercava di tenersi il più possibile impegnato in modo da non pensare ma nella sua mente era sempre presente l’immagine di lei.
Vincent apparve al di là del recinto –“Ti va una tazza di caffè?”
Annuì accarezzando la bestiola.
Infilata la giacca si diressero verso l’abitazione di Mornay.
Riempì due tazze e ne porse una al giovane –“Buon Natale”- gli disse brindando.
Ricambiò il gesto con un leggero sorriso –“Sarebbe stato il primo Natale da marito e moglie”- commentò.
“Mi auguro siederai a tavola con noi per pranzo. Faresti un torto a madame non esserci”
“Certo. Ci sarò”
Rimase a fissare il giovane. Lo sguardo sulla tazza, perso in chissà quali pensieri .
“Il Generale ha deciso di far traslare la salma la prossima settimana”- abbassando lo sguardo.
“Prego?”- tornando alla realtà.
“Jarjayes farà traslare la salma di Oscar la prossima settimana”
Sorseggiò il caffè –“Non c’è nessuna Oscar in quella cassa e voi lo sapete benissimo”-
Vincent accennò ad un sorriso.
“Mornay a che gioco stiamo giocando? Mi sembra solo una presa in giro”
“Nessun gioco, ragazzo. Stò aspettando che aprano quella bara perché Augustin si convinca finalmente della falsità di Bouillè”
“Che cosa è rimasto a fare Martin a Parigi?”- con nonchalance.
Sghignazzò –“Non avevo dubbi che fossi un attento osservatore”
“Non mi avete risposto”- il tono serio.
“Ti ho detto di non preoccuparti”- riponendo la tazza.
“Non mi preoccupo. Vorrei solo capire che intenzioni avete”
“Tenere sotto controllo gli spostamenti di Bouillè. Sono certo che se ne sia andato da Parigi. Dobbiamo capire dove”
“Credete che sia con lui?”
“Ne sono certo. E quando lo avremo trovato a te l’onore di farne ciò che vorrai”
 

Leah bussò alla porta poi entrò.
Ripose il vassoio sul tavolino ed aprì lentamente le tende – “Buongiorno. Buon Natale”
Oscar si stiracchiò nel letto. Poi abbracciando il cuscino –“Dov’è Renèe?”
“E’ alle prese con il pranzo odierno”
“Buongiorno”- rispondendo poi al saluto –“Buon Natale”
Socchiuse gli occhi pensando che quello sarebbe stato il primo Natale da Signora Grandier. Già, nella loro dependance a Le Conquet. Si sarebbe svegliata tra le braccia di suo marito, sarebbero rimasti a coccolarsi prima di fare colazione assieme. A pranzo si sarebbero seduti a tavola con sua madre, suo padre e Nanny che le avrebbe sicuramente preparato una delle sue torte straordinarie per il suo compleanno.
Alzatasi decise che avrebbe fatto almeno quattro passi per il castello, giusto per muoversi un po’.
Dopo essersi vestita sedette alla specchiera mentre la giovane si accinse a spazzolarle i capelli.
“Non mi avete detto per quale motivo dovevate andare in Inghilterra. Viaggetto in programma con Alain?”
La ragazza scioccata per la domanda sentì le mani tremare.
Tacque qualche secondo mettendo insieme le parole per poterle rispondere.
“Ecco … veramente …”
“Voi non siete irlandese?”
“Si”- sibilò passando la spazzola.
“Deve essere un paese meraviglioso”
“In effetti …”
Attese un attimo e la incalzò nuovamente –“Vi sareste trasferiti  a Londra?”
Le braccia ricaddero lungo i fianchi.
Oscar si volse –“Che succede?”
Abbassò lo sguardo. La spazzola scivolò a terra. Portò le mani al volto –“Vi prego perdonatemi”
Aggrottò la fronte perplessa di fronte a tale reazione.
Piegata in ginocchio, le lacrime attraversarle le guance.
“Ho sbagliato … non volevo farlo … io non avevo compreso di amare Alain …”
“Ma che cosa …?”
La voce rotta dai singhiozzi –“Stavo lasciando Parigi … perché Alain mi aveva cacciata di casa”
“Cacciata?”-
“Ci ha sorpreso mentre ci baciavamo … ma giuro è stato ….”
“Vi baciavate? Voi e …”-
“… Andrè …”- in un pianto a dirotto.
Oscar si alzò in piedi.
Andrè si era baciato con Leah!
Andrè pur essendo a Parigi per cercarla … si era baciato con la sua eterna rivale!
Deglutì incredula.
Sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Non poteva essere! Andrè si era gettato per l’ennesima volta tra le braccia di quella donna!
“Che cos’avete fatto!”- furiosa.
“Vi giuro che è stato uno sbaglio. Noi non volevamo … è stato un momento di smarrimento … sappiamo bene i sentimenti che …”
“Un momento di smarrimento?”- si portò una mano alla fronte –“Non ci posso credere. Un momento di smarrimento. Ma siamo impazziti? Ma chi volete prendere per i fondelli? Voi !”- avvicinandosi alla giovane –“VOI!”- la fissò livida di rabbia e piena di gelosia – “Alain vi ha cacciato e Andrè?”
“Pure lui!”- tentando di ripararsi da lei con un braccio.
Le voltò le spalle –“Alain non ha avuto dubbi a quanto pare. Anche lui ha visto bene. Come me, del resto”
“Che cosa volete dire?”- asciugandosi il viso.
“Che non ha avuto dubbi sulla vostra poca serietà e su Andrè.”
“Vi sbagliate!”
“Non credo proprio. Da quando avete incrociato la mia strada siete stata un problema. Ma a quanto pare anche terribilmente abile a trarre nella vostra tela un uomo che era prossimo al matrimonio.”
“Non sono quella persona che credete”
“Io non credo nulla. Mi baso sulle evidenze. Forse la vostra giovane età … o chissà … la vostra facilità di costumi”
Leah si alzò di scatto sollevando una mano verso di lei per colpirla.
Oscar la scansò - “Ah, bene. Siete pure manesca. Bugiarda, di facili costumi e manesca. Che bel partito per Andrè!”- si allontanò – “Uscite!”
“NO! Voi dovete ascoltarmi!”
“Non sono solita circondarmi di soggetti come voi. Vi prego di lasciare questa stanza”
“Non abbiamo fatto nulla di male. E’ stato un bacio innocente!”
“Non avete fatto nulla di male? Un bacio innocente? Uscite o giuro che vi prendo a schiaffi!”
“Vi state sbagliando su Andrè e su di me. Avrei fatto meglio a non raccontarvi dell’accaduto. Se l’ho fatto è semplicemente perché sono una persona sincera e nonostante il passato vi rispetto”
Scoppiò in una risata –“Voi parlate di rispetto? Come no! Oh si, avete avuto una gran considerazione del rapporto che c’è tra Andrè e la sottoscritta … anzi, possiamo dire che c’è stato .. visto questa squallida verità. Si, tantissimo rispetto”
“Smettetela!”
“Così tanto rispetto da non farvi scrupoli nel tentativo di portarmelo via nonostante fosse a conoscenza del legame che …”
“Forse lo avreste fatto pure al mio posto!”
“Non esiste! Non mi sarei mai messa in mezzo tra due persone sapendo quanto si amassero”
“Voi lo rifiutavate Andrè! I Io conosco bene quante volte si è ubriacato, quante volte dentro un bacio c’erano le lacrime per voi, quando una sera ci lasciammo quasi andare ma …”
“Prego?”- scioccata
“Si! Avremmo fatto l’amore se nella testa non ci foste stata voi!!”- le gridò.
Gli occhi sbarrati. La rabbia crescere e la gelosia divorarla fino ad esplodere.
“Fuori!”- indicandole la porta –“Uscite e guai se rimettete piede in questa stanza. Non voglio più vedervi. Mi date la nausea. Uscite!!”
“Siete solo una sciocca, viziata, impertinente, boriosa. Ma come ha fatto Andrè a starvi dietro per così tanto tempo con tutte le donne in giro!?!”- avviandosi.
“Oh bene. Certo, meglio scegliere una sciacquetta come voi”
“Quanto siete infantile!”
“Chiederò al Generale di destinarvi ad altro servizio. Anzi! Vi sbattesse fuori. Almeno così potreste tornare da Andrè a piagnucolare”
“Molto volentieri. Vi auguro di rimanere a lungo al fianco di vostro marito, madame Bouillè!”
“Fuori!!!”
Leah uscì sbattendo la porta.
Paonazza dal nervoso  rimase ferma al centro della camera da letto.
Abbassò lo sguardo delusa. Si sentì ferita nei sentimenti così puri nei confronti dell’uomo che tanto amava. O che fino ad allora aveva amato. Non riusciva a capacitarsi del comportamento di Andrè. Non poteva essere che si fosse lasciato abbindolare da quella strega.
Portò un pugno chiuso alla fronte – “Andrè … perché? Perché hai fatto questo? Ti sei buttato tra le braccia di un’altra donna senza pensare alle nostre promesse, ai nostri progetti … a nostro figlio! Io non posso crederci … non posso … non voglio crederci … - ma poi affondò il viso tra le mani –“… sono una stupida … credevo mi amassi. Invece non appena sono sparita hai trovato subito conforto … e ciò che mi rode di più proprio con quella donna!”
Sedette sul bordo del letto –“Splendido compleanno Oscar. Auguri”- disse ironicamente.
Il fatto che Andrè fosse vivo le aveva dato inizialmente la speranza e la forza per riuscire a scappare definitivamente. Aveva cominciato a fare nuovi progetti nella sua mente, senza fretta però. Questa volte avrebbe dovuto studiare tutto nel più piccolo dettaglio.
Ma ora …
 

“Fersen non potete immaginare quanto ho desiderato una giornata come questa … un Natale con voi. Sono la donna più felice sulla faccia della terra”- stringendogli le mani.
“Mia Regina, la vostra gioia è la mia”.
“Ho tanta nostalgia di Versailles. Sarebbe stato stupendo trascorrere il Natale cominciando la giornata con una bella passeggiata nel parco ...  il pranzo a corte … e nel pomeriggio la lettura di alcune poesie al Petit Trianon con un sottofondo musicale … una cioccolata in tazza … Hans è così triste qui”
“Vorrei poter fare molto di più per voi e sua Maestà”
“Il Re nutre nobili sentimenti nei vostri confronti e un profondo rispetto”
“Ne sono sinceramente lusingato”
“Hans ditemi. Avete avuto notizie di Oscar?”- accomodandosi.
“Al momento mi è stato riferito che i Jarjayes si siano trasferiti sulla costa occidentale, in Bretagna”
Accostò una mano alla bocca –“Fersen … così lontano!”
“Immagino abbiano avuto i loro motivi per farlo”-
“Credo che sarebbero dovuti restare a servizio della Corona e non fuggire come dei vili!”
“Maestà!”- sbalordito –“Come potete pensare questo soprattutto di Madamigella Oscar?”
Seccata si alzò dalla poltroncina –“Mi avete riferito di essere a conoscenza del nostro ultimo incontro”
“Lei stessa mi ha raccontato …”
“Vi rendete conto che ha abbandonato l’uniforme per unirsi a quella plebaglia? Mai mi sarei aspettata una decisione del genere”
“Eppure l’avete perdonata”
Aggrottò la fronte. Colta in fallo.
“Si, è vero … ma non ho acconsentito alle nozze con Andrè!”
“Come dite? Madamigella e Andrè?”- inizialmente stupefatto –“Certo, non poteva andare in altra maniera”
“Ma cosa state dicendo? Mio Dio, Fersen. Indipendentemente dal profondo rispetto che nutro nei confronti di quel giovane è pur sempre uno della servitù. Come potete fare un’affermazione del genere?”
“Voi non potete immaginare. Andrè è innamoratissimo di madamigella ed è largamente ricambiato”
“Hans! Vi prego. E’ a dir poco scandaloso!”- imbarazzata.
“E per quale motivo? L’amore, purchè sincero, non è mai nulla di scandaloso”
Lo fissò teneramente. Le parole del Conte non facevano una piega. Anche lei era una donna terribilmente innamorata.
“Ad ogni modo Sua Maestà ed io non abbiamo potuto accondiscendere alle nozze”- accostandosi alla finestra.
“Ritengo sia stato un grosso sbaglio. Non nutrite affetto nei confronti di Madamigella? Per quanto tempo vi ha fedelmente servito? Guardia del corpo,confidente … amica. Non pensate di averle voltato le spalle in questa maniera?”
Maria Antoniettà sospirò –“Avrei bisogno della sua forza e del suo coraggio … soprattutto ora”
 

La rabbia le bruciava dentro come non mai.
Strinse forte il bordo della tenda rimanendo con lo sguardo fisso oltre la finestra.
Ora l’unica cosa che contava era suo figlio.
Sola, definitivamente sola!
Non avrebbe certo potuto fuggire ora. Quindi non le restava che cogliere il lato positivo di quella situazione.
Portare a termine la gravidanza, al sicuro, lontano dal freddo dell’inverno. Protetta da Bouillè. Avrebbe avuto accanto Renèe durante il parto e successivamente avrebbe potuto far crescere il bambino senza privazioni. E nel contempo il piano per andarsene.
Che cosa avrebbe fatto successivamente? Sarebbe andata a Parigi? No! Sarebbe tornata a Le Conquet da sua madre e suo padre. Quello sarebbe stato il luogo migliore dove vivere serenamente.
E Andrè?
“Non m’importa!”- mormorò –“Farò anche senza di lui. Non voglio crescere mio figlio con un uomo che non sa veramente cosa significhi amare e non ha rispetto di quella che sarebbe dovuta divenire sua moglie”.
Udì bussare.
“Non voglio vedervi! Guai se mettete piede in questa stanza”
La porta si aprì lentamente –“Oscar?”
Si volse.
“Renèe!”- stupita –“Perdonatemi non immaginavo foste voi”
“Non dovreste essere a letto?”- avvicinandosi.
“Non posso passare le mie giornate perennemente sdraiata. “
“Dovrete abituarvi all’dea di stare completamente a riposo.”- pregandola di rimettersi fra le lenzuola.
“Lasciatemi sgranchire un po’. Non sono abituata a tutta questa immobilità”
“State molto bene con quest’abito”- facendola girare su se stessa – “Ve l’ha consigliato Le …”
“Non pronunciate quel nome per cortesia. Non voglio più vederla. Chiederò a Bouillè di metterla in pianta stabile da un’altra parte”.
Renèe si fece triste – “Cercate di farvene una ragione”
“Non ci penso proprio. Non ho alcuna intensione di avere come cameriera personale una donna di dubbi costumi!”-
“Oscar! Ma cosa dite?”
“Credetemi.  Ah Renèe, siete la mia buona stella”- stringendole le mani.
“Sedete. Devo parlarvi”
La giovane obbedì turbata dal tono così serio della donna.
“Io non potrò più essere al vostro servizio. Dovrete accettare il fatto che sia Leah”
“State scherzando vero? Non ci penso assolutamente!”
“Oscar! E’ il volere del Generale”
“No, no Renèe. Non ci credo!”
“E’ così”
“Parlerò io con Bouillè. Vedrete, lo convincerò”-
“Posso garantirvi che su questo fatto è irremovibile”
“Renèe non mi lasciate. Mi fido solo di voi!”
“Io non vorrei. Ma così ha deciso. Domani partirò per Bruges”
Spalancò occhi e bocca – “Bruges?”

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Capitolo 56
*** VIVA! ***


Non gli aveva potuto dire di no.
Per l’ennesima volta di fronte alle insistenze di Alain si era lasciata convincere trascorrendo la notte con lui.
Giaceva ora al suo fianco immersa nel sonno.
Le coperte poco sopra il seno, le spalle scoperte.
Si svegliò presto e rimase a fissarla in silenzio.
Timidi raggi di sole si fecero strada attraverso la finestra accarezzandone il profilo.
“E poi vorresti fare il moralista?”- sogghignò –“Dove stai sbagliando? Lo capisci che non puoi stare con due piedi in un staffa? Non puoi usare le persone a tuo piacere. Te ne rendi conto?”
I lineamenti del volto distesi, le labbra appena socchiuse e quella ciocca corvina sulla fronte.
Yvy era una ragazzina se paragonata a lui.
Eppure se era tornata una motivazione valida doveva esserci. Destino?
La giovane si mosse distendendosi.
Le lenzuola si scostarono scoprendo il seno.
Un fremito.
Aveva veramente un corpo da urlo –“Lo pensi di tutte”- una voce nella sua mente.
La tentazione fu quella di allungare la mano ed accarezzare quelle morbide colline. Ma si trattenne senza staccarne lo sguardo.
“Dovevo cacciare Leah per rivalutare i miei veri sentimenti? In un legame non può esistere solo l’attrazione fisica. E poi non avevi detto di essere stanco di situazioni precarie? Rammenti la promessa fatta a Leah?”
Sedette a bordo letto tentando di placare quel tumulto di pensieri.
I gomiti sulle ginocchia, la testa tra le mani.
“Diane … mi servirebbe proprio una tua buona parola …”
 
“Devo parlarvi!”- senza nemmeno bussare.
“ … almeno un saluto. Sapete che giorno è oggi?”- alzandosi dalla piccola scrivania ed andandole incontro.
“Non potete farlo. Io … ve lo proibisco!”- stringendo i pugni.
“A cosa vi riferite? E poi non siete certamente nella posizione per parlarmi in questa maniera”
“Vi proibisco di mandare via Renèe!”
“Avete la nuova cameriera”
“Ma non se ne parla assolutamente. Quella non la voglio proprio tra i piedi”
“Si può sapere perché non vi garbi?”
“Non la voglio e basta”- insistendo – “non mi serve un’incompetente del genere”
“Imparerà e voi vi abituerete!”
“Preferisco arrangiarmi piuttosto”
“Prendo io le decisioni. Renèe andrà a Bruges dove ci trasferiremo non appena avrete partorito”
“Volete fuggire dalla Francia? Vi stanno forse già alle costole?”- e rivolgendosi all’incappucciato –“sarò in prima fila, sotto la ghigliottina quando salirete sul patibolo”
“Siete una sgualdrina!”- gridò con l’intento di colpirla.
“Bouillè sguainò la spada –“Azzardatevi a toccarla e dovrete raccogliere le vostre mani con i denti!”
Un velo di soddisfazione nel sorriso accennato da Oscar.
“Uscite! Voglio restare solo con mia moglie!”
“Non è finita qui!”- livido di rabbia.
“Mettete pure in conto. Non mi fanno un baffo le vostre minacce!”
“A suo momento non avrete nemmeno le lacrime per piangere!”
 
Le dita sottili di Yvy gli sfiorarono le spalle.
Poi le braccia lo avvolsero attorno al collo –“Tormenti?”
Il caldo corpo di lei premuto sulla sua schiena, il contatto con la morbidezza del suo seno non tardarono a risvegliare il desiderio.
Si volse cingendola per i fianchi ricadendo tra le lenzuola.
Gli spostò delicatamente i capelli dietro le orecchie mentre Alain, poggiato su un gomito le accarezzò con il pollice una guancia. Soffermatosi sulle labbra ne sfiorò i contorni.
“Yvy … “- e chinatosi su di lei la baciò –“Dove ci porterà tutto questo?” – staccandosi.
”Credo sia meglio che io me ne vada. Forse ci aiuterà a far chiarezza nei sentimenti”- sfilatasi da quell’abbraccio fece per scendere dal letto e rivestirsi.
“Aspetta … “ – afferrandola per un polso – “Dove vorresti andare?”
Gli posò un dito sulle labbra per zittirlo –“Avremo tempo per guardarci dentro e comprendere realmente quello che desideriamo”
“Non andartene …”
Sorrise –“E’ ora di mettere a nudo il proprio cuore”
Afferrò la camicia –“Leah è una brava ragazza, seria, coscienziosa, senza grilli per la testa, che sa bene come prenderti. Ha il senso della casa e non è libertina come me. E’ la donna giusta per uno come te, Alain. Non lo pensava anche Diane? La adorava!”
“Diane desiderava che mi accasassi. Questa è la verità. Non rammenti quanto si fosse affezionata a te quando ci frequentavamo?”
“… soffriva vederci discutere in continuazione”- tornando a sedere sul letto.
“Perché siamo due teste calde. Tu ed io siamo come la faccia della medesima medaglia”
“Ti sei già risposto”
“Non voglio che tu vada”
“Tu non sai esattamente quello che vuoi in questo momento. Quando è morta tua sorella se ci fosse stata Leah al mio posto avresti agito nella medesima maniera.”
“Non penso proprio”
“Ti conosco troppo bene”
“E’ per questo che vuoi fuggire ancora? Che cosa vuoi provare Yvy, che cosa cerchi di dimostrare? Che non è destino che noi due si stia assieme?”
“Ci abbiamo provato troppe volte senza …”
“Non potremmo essere cambiati col tempo?”
Si volse. Quanto era bello! Seduto tra le lenzuola, quel corpo scolpito e lo sguardo da schiaffi.
“Non ritenteresti?”
Rimase in silenzio fissando il pavimento.
Si avvicinò lentamente sfiorandole le spalle con le labbra.
Un brivido le percorse la schiena. Socchiuse gli occhi.
Alain le ricoprì il collo di baci leggeri – “Non andartene”
“Credi di esserti comportato bene con Andrè?”
“Cosa vorresti insinuare?”- aggrottando la fronte.
“Lui è venuto a Parigi nella speranza di un aiuto da parte tua per ritrovare Oscar. E invece? Sceneggiata di gelosia, lo hai sbattuto fuori di casa e quando vi siete riappacificati, se lo siete sinceramente,  lui se n’è tornato più infelice che mai a casa sua e tu hai ripreso la vita di tutti i giorni rincorrendo le donne”
“Ehi… io non rincorro nessuno. Se non ti va di startene qui sai dov’è la porta”- scendendo dal letto –“Che diamine! “
“Lo vedi? Scatti per un non nulla!”
“Certo, dannazione. Mi fai andare il sangue al cervello! “
Yvy infilò la camicia ed i pantaloni. Calzò gli stivali ed indossò la giacca –“In una relazione ci vuole molto di più”
 
Non voleva pensare a nulla.
La sua giornata sarebbe state concentrata solo ed esclusivamente sul lavoro, nonostante fosse Natale.
Eppure quando fu ora di pranzo non si potè esimere nel seder a tavola con il Generale, Madame, Mornay, Beatrice assieme a Louis Antoine e i figli.
Un’atmosfera insolita intrisa di gioia apparente per non turbare la felicità dei ragazzini.
Si evitò di parlare di Oscar ma un velo di tristezza avvolse comunque i commensali per non averla tra loro, soprattutto nel giorno del suo compleanno.
Dopo il pranzo, Andrè se ne stette per la maggior parte del tempo in disparte partecipando alle conversazioni esclusivamente se coinvolto direttamente.
Seduto accanto al camino, intento a sorseggiare un bicchierino di cognac, sorrise vedendo avvicinarsi Emilie.
La donna appoggiandosi al bastone gli posò una mano sulla spalla e chinatasi lo baciò fra i capelli –“Auguri per il vostro primo Natale”
Sollevò lo sguardo incrociando quello di una madre fermamente convinta che la figlia fosse ancora viva.
Si alzò per aiutarla ad accomodarsi.
Aggrappata ad un braccio del giovane sussurrò –“Non credo riuscirai a vedere la nascita di tuo figlio … ma sono certa che il futuro saprà riservarvi gioia immensa”
Andrè rimase immobile. Deglutì. Quelle parole bruciarono come fuoco alle sue orecchie –“Non vedrai nascere tuo figlio”. Una pugnalata gli avrebbe arrecato meno dolore.
Si volse a nascondere gli occhi lucidi e tornando a sedere il suo pensiero fu solo uno -”Bouillè la pagherete!!”
 
Come deciso dal Generale Renèe fu costretta a mettersi in viaggio per Bruges.
Oscar con le lacrime gli occhi le strinse a lungo le mani prima di lasciarla andare.
“Siate forte. Sempre. Ogni giorno. Abbiate fiducia nel futuro e pensate a riposare. Per il bene vostro e del nascituro”
“Come farò senza di voi quando arriverà il momento? Io …”
“Non abbiate paura. Leah vi sarà d’aiuto in qualche maniera”
“Non voglio aver a che fare con quella donna!”
“Ascoltate. Ho informato il medico. Verrà a controllarvi periodicamente. Quando arriverà l’ora sono certa che andrà tutto bene. Ci rivedremo in primavera. Abbiate cura di voi”
La carrozza lasciò il castello la mattina presto. La vide allontanarsi immersa nella foschia.
I giorni successivi fece di tutto per incrociare il meno possibile la sua eterna rivale.
Leah lasciava il vassoio della colazione e dei pasti giornalieri davanti la porta della sua camera.
Solo quando Oscar si allontanava, poteva entrate e rassettare la stanza.
Fortunatamente non doveva sbrigare tutti i servizi da sola.
Aveva tentato di parlarle, ma lei si era mostrata irremovibile sul fatto di non rivolgerle la parola.
Per il Capodanno Bouillè organizzò un ricevimento al quale avrebbero partecipato gli stessi invitati al matrimonio ai quali si aggiunsero nuovi conoscenti .
Oscar trascorse la sua giornata come al solito tra una lettura, una passeggiata nel piccolo giardino e riposando.
Vedendola particolarmente stanca il Generale l’autorizzò ad astenersi nel prendere parte all’evento purchè facesse una comparsa a salutare gli ospiti.
“Non ne vedo la necessità”- fredda e distaccata come sempre.
“Non ve lo sto chiedendo, ve lo sto ordinando”
“Uno dei soliti ricatti. Avete imparato bene dal vostro compare” – riferendosi all’ombra.
“Saluterete e poi potrete ritirarvi, questo quanto”
Seduta alla pettiniera guardò la sua immagine riflessa allo specchio – “Allora Oscar, che cosa volgiamo fare? Non ti sei ancora stancata di prendere ordini da quel bifolco? Si, lo so che vorresti tanto infilzarlo con la spada e magari piantare una pallottola in fronte a quell’incappucciato. Ma fossi più agile potresti anche. Guardati … non sei sicuramente nelle condizioni per fare l’eroina. Dimmi. Quanto ti senti goffa in questo momento?”- si alzò aprendo l’anta dell’armadio e rimirandosi il profilo. Magra si, ma era così dolce vedere quella rotondità. L’accarezzò. Ed il pensiero andò a lui –“Vedessi come cresce tuo figlio”- mormorò.
Scosse la testa come per togliersi quel pensiero. Ed il sapere che fuori da quella porta ci fosse Leah non fece che alimentare nuovamente rabbia e gelosia.
Un lungo sospiro.
Era questione di pochi minuti.
Scese le scale mentre dal salone delle feste udì la musica ed il vociare degli invitati.
Proprio all’ultimo gradino una figura sulla porta di accesso al piazzale interno attirò la sua attenzione.
L’uomo si volse.
I capelli castani raccolti in una coda sulle spalle, la casacca di un verde brillante dalle passamanerie dorate, un calice in mano.
La fissò a lungo ammaliato da tanta bellezza . Un cascata di riccioli biondi incorniciavano due splendidi occhi celesti. –“Madame”- facendole un inchino.
“Venite”- Bouillè le andò incontro tendendole un braccio.
Oscar si ritrasse –“Non toccatemi!”
Il Generale accorgendosi dell’uomo –“Queste donne. Sempre stizzite”- tentando di giustificare il gesto.
L’ingresso della coppia nel salone fu accolto da un applauso scrosciante.
“Signori … vi chiedo gentilmente un attimo “- il tono di voce richiamò l’attenzione degli invitati –“La mia consorte è scesa innanzitutto per omaggiarci della sua presenza qualche minuto e per porgervi gli auguri ma anche per unirsi a me per condividere l’immensa gioia dell’arrivo di un erede”
Un coro di stupore si sollevò dai presenti .
Paonazza dal nervoso fece per allontanarsi ma l’uomo la trattenne energicamente per  un braccio – “Non vi azzardate!”- mormorò camuffando la rabbia dietro un sorriso forzato.
Un odio incontenibile trasudare dalla sua espressione.
“Vi chiedo di perdonarci se non potrà deliziarvi con la sua presenza per l’intera serata. Ma come potete ben comprendere, necessita di molto riposo in prospettiva dell’evento”- sghignazzò.
L’ennesimo applauso accompagnò l’uscita dalla sala dei due.
“Non permettetevi mai più!”- strattonandola.
Oscar questa volta non riuscì proprio a trattenersi –“Mi fate schifo!”- sputandogli in pieno volto.
Bouillè si passò una mano sulla guancia –“Avrò tutto il tempo per  rimettere sulla giusta strada questo vostro carattere ribelle”- volgendole le spalle si accorse di quel giovane rimasto di fronte al portone –“Siete sposato?”- con tono scherzoso.
“Al momento no, Signore”- sollevando le sopracciglia.
“… non so se dire “beato voi”- scoppiò in un fragorosa risata ritornando fra gli invitati.
La giovane fece i primi gradini.
“Madame … tutto bene?” – azzardò.
Quegli occhi lucidi incrociarono i suoi – “Si … tutto bene”- la voce spezzata dal desiderio di esplodere in lacrime.
“Posso fare qualcosa per voi?”
Si aggrappò allo scorrimano – “No. Voi non potete fare nulla”
 
“Credevo mi amassi”- il volto quasi alabastrino, le gote leggermente infiammate dalla rabbia, la fronte aggrottata in segno di disapprovazione sotto il manto ondeggiante di quel mare di riccioli d’un pallido dorato.
Rimase nel totale silenzio.
Ogni pensiero si tramutò in parole. Parole che avrebbe desiderato dirle ma che rimasero chiuse, barricate dietro le labbra, senza nessuna forza di controbattere, di difendersi.
Fiera di fronte a lui, come in passato e tra le braccia una bambina dalla chioma come il grano maturo nel tentativo disperato di aggrapparsi al collo della madre .
Le braccia forti a stringerla al seno mentre ad un tratto la creatura si volse.
Due occhi smeraldo lo fissarono mentre dalla bocca cucita –“Tu non sei mio padre”.
“Noooo …. Oscar!”- un grido spezzò all’improvviso il silenzio della stanza.
Sedette sul letto. Il fiato corto per lo spavento. Gli occhi spalancati dal terrore.
Un rigolo di sudore gli attraversò le tempie.
L’ennesimo incubo. Il medesimo. Ogni notte.
Che cosa voleva significare?
Era stanco di quel profondo senso di frustrazione, di impotenza.
Doveva tornare a Parigi. Doveva far rimuovere quella lapide ed avere la conferma che Oscar non vi fosse rinchiusa, che fosse viva e poi dare la caccia a Bouillè.
 
I primi giorni del nuovo anno furono pesanti sotto ogni aspetto.
Il generale nervosissimo per il trasferimento a Bruges che piano piano, giorno dopo giorno si avvicinava non  fece che urlare con i domestici impegnati nei preparativi.
L’ombra, un po’ tranquilla, non fu più così pressante come nei mesi precedenti.
Nonostante le giornate fossero ancora piuttosto fredde, non appena usciva un raggio di sole Oscar non rinunciava ad una passeggiata nel piccolo giardino.
L’aria fresca l’aiutava a trovare un po’ di serenità e ad indirizzare i suoi pensieri nella progettazione della fuga.
Ripercorrendo ripetutamente il percorso che costeggiava le alte mura, aveva scoperto in un angolo, nascosto da un folto intreccio di edere, una porta di legno con una finestrella ferrata e chiusa con un vecchio lucchetto arrugginito.
Attraverso la piccola grata si apriva una vasta distesa, al momento, largamente ricoperta dalla neve.
Questa volta bisognava essere molto più accorte.
Il piano doveva essere perfetto, nessun margine di errore.
La sua creatura si fece sentire facendola sobbalzare e sorridere –“Credo che a tuo padre farebbe piacere posare l’orecchio ed ascoltarti”
Dall’ultima volta che si era scontrata con Leah rari erano stati i pensieri positivi rivolti ad Andrè.
Le prime notti aveva pianto assalita da un senso di totale abbandono.
Poi aveva ritrovato la Oscar di sempre, forte, energica.
“Andrè … non posso credere che tu mi abbia … tradito in questa maniera. Dopo tutto quello che abbiamo passato … che hai passato, per realizzare il tuo e nostro sogno”
Sedette sulla piccola panchina di marmo riprendendo il segno lasciato tra le pagine del libro portato con sé.
I suoi pensieri furono interrotti  da una presenza. Sollevò lo sguardo poi lo distolse ignorandola completamente.
“So che non mi sopportate. Che mi odiate per il passato e per ciò che vi ho confessato. Non volevo mentirvi”
“Avete terminato?”- celando l’astio dietro una calma ed indifferenza apparenti.
“Vi prego … ascoltatemi … e se lo riterrete, potrete togliermi definitivamente la parola”
Tacque.
“Andrè non ha colpa. Io, io solo ho compiuto quel gesto nonostante sapessi di voi … e del vostro bambino. E se non lo perdonerete continuerò a supplicarvi di farlo. Lo ammetto. L’ho amato fin da quando l’ho incontrato. Come si può non aprirgli il cuore? Un uomo come lui è raro su questa terra. Ho commesso un errore … un grave errore. E ne sto pagando amaramente le conseguenze. Il destino mi ha voluto privare dell’amore per ben tre volte. Ma con questo non voglio fare del vittimismo. Ho imparato ad accettare la mia solitudine. E a questo punto mi basterebbe riuscire a fuggire ed andarmene in Inghilterra. Ripartire, ricominciare”
Il silenzio tornò sovrano fa loro.
Il cinguettio di alcuni passerotti  fece sollevare il volto a Leah – “Non voglio morire in questa prigione. Sono ancora troppo giovane”.
Una lunga pausa –“Oscar … non esiste uomo che vi ami più di Andrè. E meritate la felicità più assoluta”.
Attese nella speranza almeno di un gesto se non di una parola.
Abbassò gli occhi –“Meglio che vada. Ho ancora tanti lavori da sbrigare prima di sera”- allontanandosi.
“Ne usciremo”- mormorò.
Gli sguardi delle due donne si incrociarono.
Leah provò un senso di sollievo nell’anima. Forse non l’odiava poi così tanto.
 
“Signore, il tetto oramai è ultimato”        
“Ottimo “- Mornay rimirò soddisfatto villa Jarjayes.  I lavori procedevano spediti.
Anche la costruzione del muro di cinta era a buon punto –“Madame ed il Generale ne rimarranno soddisfatti”
Percorse il corridoio che l’incendio aveva inizialmente distrutto. Si affacciò nella camera di Oscar. Era solo questione di sistemare la tappezzeria e riposizionare i mobili.
Gli uomini reclutati avevano lavorato ininterrottamente per portare a termini il tutto quanto prima e permettere ai Jarjayes di rientrare nella loro abitazione.
“Andrè … “- lo vide apparire alle sue spalle.
“Salve”- fermandosi sulla soglia della stanza.
 Si guardò attorno. Quanti ricordi.
Gli parve di vedere Oscar dietro la porta tra le lacrime che le confessava tutto il suo amore, la notte trascorsa nel suo letto dopo quella crisi che aveva fatto pensare alla tisi. I loro momenti di prima intimità. Le risa, i suoi sorrisi, i suoi imbarazzi …
“Vincent, non posso starmene inerte qui a Le Conquet. Questo tormento mi uccide giorno dopo giorno”.
“Vorresti  tornare a Parigi? Alcuni uomini si metteranno in viaggio per raggiungere il cimitero”
“Quando?”
“Credo domani.”
“Scusate”- uno dei lavoranti richiamò la loro attenzione –“un tale chiede di voi”
“Si, certo. Scendiamo”
La vetrata della sala aperta. Un giovane di bella presenza di fronte al dipinto di Oscar.
“Buongiorno!”- entrarono.
Il tale si volse –“Ah … buongiorno.  Signor Mornay?”
“Vincent Mornay”- annuendo.
Il mio nome è Henning Lindgren. Mi sono recato questa mattina alla vostra tenuta e mi hanno riferito che vi avrei trovato qui.”
“Posso esservi d’aiuto?”
“Sono veramente onorato di conoscere il proprietario dell’allevamento più bello di Francia e non solo. Il Conte di Fersen su suggerimento di Sua Maestà la Regina Maria Antonietta mi ha indirizzato a voi garantendomi che non ne esistono di migliori”.
“Il Conte Hans Axel di Fersen”- pronunciò Andrè.
“Conoscete?”
“Perdonatemi. Vi presento Andrè Grandier, mio fidato ed esperto”
“Monsieur Grandier conoscete pure voi il Conte?”
“Da molto”- rispose incuriosito.
“Sapendolo a Parigi al servizio di Sua Maestà non ho voluto rubargli tempo prezioso, ma tramite uno scambio epistolare, mi ha fatto avere il vostro nome. E vi prego sinceramente di non condannarmi se non mi fosse noto in precedenza.”
“A questo punto avete percorso della strada in più per trovarmi. Sarò lieto di invitarvi a pranzo per ovviare al disturbo”
“Oh no, assolutamente. Nessun disturbo. Ma accetto volentieri “- avviandosi con loro verso la corte –“Ah … perdonate nuovamente. Quel dipinto. E’ decisamente magnifico. Il volto di Madame Bouillè è raggiante come dal vivo”
Andrè sgranò gli occhi – “Prego?!!?”
Mornay lo trattenne per un braccio lanciandogli un’occhiata.
“Dicevate …”- lo invitò a proseguire Vincent.
“La bellezza di Madame Bouillè è sorprendente”
“Ascoltate”- rivolse lo sguardo fuori –“Le strade non sono ancora totalmente praticabili e il tempo non promette nulla di buono. Vorrei suggerire di fermarvi e ripartire domani. Posso ospitarvi senza problemi”- lo rassicurò.
“Troppo gentile. Accetto volentieri per il pranzo ma a mio malincuore devo confidarvi di non potermi trattenere ulteriormente”
“Come gradite. Abbiate la pazienza di attendere solo un paio di minuti”- invitando Andrè a seguirlo.
“Fate pure”- tornando a rimirare estasiato il dipinto.
Prese il ragazzo da parte fingendo di dare un’ultima occhiata all’avanzamento dei lavori.
“Vi siete ammattito? Vi sono giunte alle orecchie le parole di quell’uomo? Madame Bouillè!! Vi rendete conto di cosa significa? Oscar sposa di quel maledetto!!!”- gli occhi ispirtati, incredulo e sconvolto di fronte a quelle affermazioni.
“No, tu! Tu non riesci a controllare il tuo stato di frustrazione attuale. Lo capisci che cos’è accaduto? La sorte ci stà dando l’opportunità di trovarla e riportala a casa. E’ la conferma che sia viva”
Andrè strinse la testa tra le mani –“Non è possibile … io non riesco a credere …”
“Ascolta. Quest’occasione va gestita al meglio. Non possiamo mettergli la pulce nell’orecchio!”
“Che intendete fare?”
“Non deve mangiare la foglia o saremo spacciati”
Di quali altre conferme c’era la necessità per credere ora che fosse viva? Nessun dubbio. Quell’uomo non poteva aver avuto un abbaglio. L’aveva riconosciuta senz’ombra di dubbio.
“Cerca di stare tranquillo nel limite del possibile e vedi di ponderare ogni risposta ad eventuali domande ti possa rivolgere”
Andrè annuì.
Mornay aveva ragione. Nessun passo falso.
Lindgren visionò l’allevamento accompagnato dai due. Ed alla fine concluse l’affare. “Un ottimo affare”- sedendo a tavola pienamente soddisfatto.
“La vostra tenuta è un vero gioiellino. E’ incredibile come curiate tutto in maniera così meticolosa e soprattutto che il vostro allevamento consti di una così vasta varietà di razze”- portando il tovagliolo alla bocca.
“Vi ringrazio. Gradite altro vino?”
Annuì –“Perdonate se cambio discorso ma … a chi appartiene quello splendido ritratto? Conoscete per caso il Generale e suo maglie?”
Andrè sentì ribollire il sangue. Fece uno sforzo immane per controllarsi.
“Devo avergli venduto alcuni esemplari  diversi anni fa. Non conosco la consorte”
 “Sono rimasto colpito dalla giovane età e da tanta bellezza”- riferendosi a “Madame Bouillè” –“Mi spiace molto di non averla vista raggiante di gioia. Le dame in dolce attesa lo sono sempre. Ho letto molta infelicità sul suo volto …”
Andrè strinse così tanto i pugni sotto il tavolo da sentire le unghie affondare nel palmo delle mani.
“Vi prego di scusarmi”- alzandosi da tavola –“Devo controllare gli ultimi puledri nati in settimana. Vi auguro una buona prosecuzione per quanto concerne il viaggio”
“Grazie a voi. Capisco perché siete l’uomo fidato di Monsieur Mornay. Un eccellente intenditore. Grazie mille ancora”
Raggiunta la stalla finalmente potè dare libero sfogo a tutta la sua rabbia.
“Maledetto!!”- sferrando un pugno contro il portone.
Oscar, la sua Oscar moglie di Bouillè!!
Sedette tra la paglia. I gomiti sulle ginocchia e la testa stretta tra le mani. Le guance rigate dalle lacrime.
Non poteva pensare che fosse stata tra le sue braccia, che avesse sfiorato le sue labbra.
“Non può essere, non può essere!”- immaginando che l’avesse fatta sua.
E poi suo figlio …
 
La situazione a Parigi era in continua evoluzione.
Ora anche i Soldati della Guardia iniziarono a temere ritorsioni  nei loro confronti da parte dei rivoltosi. Non c’era più quel clima amichevole di quella giornata sotto la Bastiglia.
La mente prese a vagare. Si rese conto di avere troppa carne al fuoco.  Leah, Yvy … Andrè.
Bell’aiuto aveva dato al suo miglior amico nella ricerca di Oscar. Certo, tutti ammettevano che fosse morta.
Ma lui no. Voleva non credergli?
Bisognava riordinare un po’ le idee ed iniziare a dare delle priorità a ciò che aveva in sospeso.
Ma prima di tutto doveva, nuovamente, lasciare l’uniforme e questa volta definitivamente.
Restare significava correre un rischio troppo alto. Ne aveva avuto un assaggio in settimana.
Erano stati mandati nella zona della Concergerie a ripristinare l’ordine dopo che un gruppetto di uomini della Guardia Nazionale, su ordine di Robespierre, aveva arrestato diversi personaggi , apparentemente gente del popolo ma in realtà cospiratori contro la nazione e coinvolti in loschi affari  con delle famiglie nobili o legate in qualche maniera alla monarchia.
Era venuto a conoscenza che fossero stati prelevati anche alcuni uomini di Bouillè tra i quali quel tale Damien Morel.
Certo di far cosa gradita ad Andrè, gli aveva mandato due righe informandolo dell’accaduto e rintracciando immediatamente Bernard affinchè indagasse.
 
Poche informazioni ma sufficienti da mettere assieme a quanto letto in una missiva giunta poco dopo pranzo.
La situazione cominciava ad essere più chiara e definita. Si cominciava finalmente ad avere qualcosa sul quale lavorare,  sul quale predisporre un piano che portasse a risultati certi in tempi possibilmente brevi.
“Mi avete fatto chiamare?”- Andrè apparve nel suo studio.
Mornay gli allungò una lettera e si appoggiò allo schienale della sedia.
Lesse in silenzio.
Vincent rimase ad osservare l’espressione del volto del giovane inizialmente incredula e man mano carica di commozione.
Sollevò gli occhi –“E’ viva!!”- sedette stringendo quel foglio tra le mani.
“Prima della traslazione ho insistito perché la bara fosse aperta. E’ risultata vuota”- così scriveva Martin dopo aver chiesto a Mornay di poter prolungare la sua permanenza a Parigi –“Si sono verificati scontri in città. Sono state prese d’assalto un paio di residenze tra le quali quella del generale Bouillè dove hanno arrestato il nostro uomo”
“Fatela leggere a Jarjayes almeno così si convincerà!”
“Saresti dovuto rimanere”
“Al pranzo? No, grazie. D’accordo affondare il coltello ma non continuare a ruotarlo nella ferita”
“Ai piedi delle Alpi”
Sconvolto.
“E’ piuttosto generico ma è già un più che ottimo indizio. Lindgren non ha saputo darmi il nome preciso della località dal momento che lo accompagnarono, ma mi ha parlato di un castello arroccato, ad una manciata d’ore da Lione”
Andrè deglutì  e per alcuni secondi gli parve si fossero fermati i battiti.
 
Non era stato poi così difficile riuscire a lasciare i Soldate della Guardia.
Si sentì pervadere da un strano senso di liberazione nonostante, ora, dovesse trovare a tutti i costi una nuova occupazione.
Nel  frattempo aveva scritto ad Andrè.
Durante un pattugliamento in città aveva assistito all’irruzione della Guardia Nazionale a Palazzo Bouillè. Avevano portato via delle ultime suppellettili ed arrestato quel tale Damien, fidato del Generale, assieme ad altri con l’accusa di complotto.
Chissà se l’accaduto avrebbe riportato l’amico in città.
Yvy era un po’ che non si faceva vedere.
Se n’era andata quella mattina dopo l’ennesima discussione, ma sapeva essere ancora a Parigi, sicuramente da Du Mont.
Tuttavia in quei giorni non aveva fatto nulla per cercarla.
Doveva iniziare a ragionare seriamente su lei e Leah. Basta fare il saltimbanco. Non poteva più mettere davanti a tutto il fatto che gli piacevano da morire le donne. Quelle belle s’intende! E del resto le considerazioni di Yvy non facevano una piega.
D’accordo una buona intesa fra le lenzuola, ma non bastava. Ci voleva ben altro per tenere in piedi un rapporto. In più l’età. E il suo carattere era troppo ribelle.
“Dove vuoi andare a parare? Stai solo arrampicandoti sugli specchi tirando fuori difetti inesistenti”- un macinare continuo –“Non può essere un ripiego per la mancanza di Leah. Devi decidere e anche in fretta. E se nel caso lei tornasse ma non volesse più a che fare con te? Ehi amico! Utilizza la testa per questi pensieri, non qualcos’altro!”- sghignazzò – “Cavoli! Beato te che ne hai sempre amata una sola”- rivolgendo il pensiero all’amico lontano –“Però, non sai cosa ti sei perso!”
 
Le mani iniziarono a tremargli.
Il Generale trinse con rabbia quello scritto –“Maledetto!” – sbottò paonazzo dalla rabbia –“Che siate maledetto Bouillè!”
Mornay aveva chiesto espressamente che fosse presente anche  Madame Emilie durante la lettura.
Senza il benché minimo segno di stupore volse lo sguardo verso il consorte –“Sapete quale sia la vera sfortuna? Che non abbiano arrestato pure lui. Pur essendo certa del carattere forte di Oscar non mi capacito che presto diventerà madre senza aver attorno il calore della sua famiglia e soprattutto senza che Andrè possa vedere suo figlio. Di questo ne siete consapevole?”
Augustin non potè controbattere. La moglie aveva ragione sul tornaconto di quel mascalzone. Da sempre.
“Non ho saputo guardare oltre il mio orgoglio senza tenere in considerazione pro e contro delle scelte fatte”
“Siete mio marito. Non ho mai ostacolato le vostre decisioni. E non mi permetterò ora di farvi dei rimproveri.  Ma vi prego. Riportate a casa Oscar!”- detto questo salutò i presenti ritirandosi nella sua stanza.
Augustin rivolse lo sguardo ad Andrè e a Vincent –“Come intendete procedere?”- ritornando anche la lettera di Alain.
“Damien è in prigione e sicuramente sarà a conoscenza dei piani di Bouillè. Lindgren ci ha dato le indicazioni per trovarlo seppure approssimative”- chiarì Mornay.
“Voglio Bouille!”- si espresse il Generale.
“Oscar ha la precedenza su tutto!”-  sbottò Andrè.
“Bouillè significa trovarla”
“State calmi. Ora bisogna assolutamente far parlare Morell”
“Bernard!”- suggerì improvvisamente il giovane –“Lui potrebbe rivolgersi forse a Robespierre. In questa maniere forse potrebbe …”
“Si può tentare, nella speranza sia collaborativo” – Vincent si lisciò il mento –“Sempre che la forca non lo porti via prima!”
 
“Alain, quanto tempo!”- stringendogli la mano.
“Ciao Bernard. In effetti gli eventi ci hanno fatto perdere un po’ di vista”
“Dai, siedi.  Purtroppo qui al giornale non posso offrirti nulla”
“Non importa. Ti ringrazio”
“Deve essere piuttosto importante se sei venuto a cercarmi fino qui”
“Beh, ecco” – passandosi una mano fra i capelli –“Tu sei abbastanza noto e hai anche una certa influenza in città”
Sorrise – “Sicuramente meno rispetto Robespierre. Ma … indubbiamente il nostro giornale tiene vivo lo spirito rivoluzionario”
“Quindi sei al corrente degli scontri della scorsa settimana”
“Certo, è uscito il nostro articolo subito il giorno dopo l’accaduto. Scontri e arresti di un certo livello”
“Mi riferisco appunto a questi ultimi. Tra i vari personaggi ce n’è uno in particolare che mi interessa. Un tale Damien Morell”
“Aspetta …” – scartabellando sulla sua scrivania –“Ho qui l’elenco completo”
Scorse veloce con il dito sui vari nomi soffermandosi a metà –“Damien Morell. Parigi 26 gennaio 1749. Ex guardia. Cospiratore”
“Lui!!”- esclamò – “Questo sciagurato è il braccio destro del Generale Bouillè”
“Bouillè … si, ho capito”
“Pare che con l’aiuto di qualcun altro abbia dato ordine di appiccare fuoco alla villa dei Jarjayes a Le Conquet e rapito Oscar”
“Madamigella Oscar? Scherzi?”- scioccato.
“Devo dirti “pare” secondo ciò che mi ha raccontato Andrè. Gli ho mandato una lettera informandolo. Ma vorrei anticipare i tempi certo che si precipiterà a Parigi quanto prima”
“Cosa vorresti che facessi?”
“Interrogare Morell”
Bernard incurvò le sopracciglia –“Mi domandi una cosa piuttosto difficile”
“Lo so bene. Ma sei l’unico al momento che può intervenire”
“Alain, io sono un semplice giornalista. Devo avere motivazioni valide per …”
“Ti chiedo di provarci. E’ importante. Il destino di Oscar e Andrè dipende anche da questo”
Si appoggiò con la schiena alla sedia sospirando. Le braccia conserte.
Rimase in silenzio alcuni minuti fissando il suo interlocutore. Strofinò il mento ripetutamente e sollevato il volto prese a lisciarsi la gola con due dita meditando.
“Vedrò cosa posso fare”- infine.
“Ti ringrazio di cuore”- con sollievo.
“Non ho detto ci riesca. Nel caso cosa dovrei domandargli?”
“Bisogna capire dove sia Bouillè”
“D’accordo. Ti farò sapere. Eventualmente ti troverò da Du Bois?”
“Certo. La sera. Un appuntamento immancabile”
 
“Che cosa? Vorreste qualcuno per tirare di scherma?”- esplose in una fragorosa risata.
Il volto pieno come la luna, quella prominenza sobbalzare nella sua pienezza riempiendo in tutta la sua ampiezza la poltroncina.
Oscar provò un senso di fastidio.
“Mia cara, non pensate di farmi una richiesta assurda?”
“Allora datemi la possibilità di fare almeno tiro a segno”- immaginando poi lui come bersaglio.
Si fece serio – “Come no. Conosco bene la vostra abilità nell’utilizzo delle armi. Credete di avere a che fare con uno sciocco?”
“Voi lo dite”- ribattè.
“Non riuscite proprio a controllare la lingua”- un sorriso malizioso gli si stampò sotto i baffi –“se avete bisogno di sgranchirvi un po’ io saprei come darvi un mano”
Sgranò gli occhi inorridita.
“Non potete immaginare nemmeno lontanamente  quanto desideri che vi liberiate di questo bambino …”- squadrandola – “ci attendono tempi meravigliosi. Imparerete ad apprezzare me mie doti amatoriali”
“Non penso proprio”- avvampò sconvolta.
“Fate pure la sostenuta” – si alzò avvicinandosi a lei – “sapete … non c’è notte che non vi immagini sopra di me … in tutta la vostra raggiante bellezza, mentre vi muovete, lenta, ansimante. Vedo i vostri giovani seni, li accarezzo, li stringo”- accostò il volto al suo orecchio –“… poi vi girate … aggrappata al baldacchino … le mie mani salde sui vostri fianchi … “
Non riuscì più a trattenere la nausea.
“Diavolo!!”- le braccia spalancate lasciando scorrere gli occhi dalla camicia verso il basso –“Ma che vi salta in mente?”- indietreggiando.
Oscar si passò un fazzoletto sulla bocca .
Bouillè continuò a guardarsi addosso disgustato –“Leah … Leah …”- strillò.
“Tutto questo … sordido discorso … sapete, sono inconvenienti di una gravidanza”- ironizzò uscendo dallo studio.
“Leah!”- gridò nuovamente.
Sinceramente non aveva preventivato di dar di stomaco addosso a quell’orco.
Ridacchiò allontanandosi.  Una boccata d’aria le avrebbe giovato.
La passeggiata giornaliera in quel piccolo e delizioso giardino interno.
Lì riusciva a starsene completamente sola. No occhi indiscreti che la sorvegliassero.
E ciò si rivelò nel tempo fondamentale.
Percorse tutta la breve camminata che conduceva in quell’angolo nascosto.
Scostò lentamente l’edera che ostruiva quella porticina.
Chissà se Bouillè o qualcuno dei suoi fosse a conoscenza della sua esistenza.
Il lucchetto completamente arrugginito.
Fuori la libertà.
Avrebbe corso il rischio?
Volse lo sguardo alla sua sinistra.
Afferrò una pietra. Assestò un colpo secco su quella serratura.
Nulla.
Si girò. Gli occhi rivolti verso l’edificio a controllare che nessuno avesse udito quel tonfo metallico.
Rimase in ascolto qualche istante.
Poi nuovamente. Questa volta più forte.
Il lucchetto si spezzò.
 

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Capitolo 57
*** IN DUE SI FUGGE, IN DUE SI RESTA ***


Mornay pensò bene di portarsi dietro qualche uomo in più.
A fine febbraio le giornate si erano leggermente allungate e pertanto permise al gruppo di viaggiare fino quasi all’ultimo raggio di sole.
Jarjayes, finalmente convinto del tradimento e della malvagità di Bouillè, aveva nuovamente lasciato sola Madame Emilie.
“Non preoccuparti. Nanny è con me. Qui è sicuro. Vai! Trova nostra figlia!”- baciandolo.
Un dubbio continuav a tormentare Andrè.
“Vincent, mi auguro solo si riesca ad arrivare quanto prima al castello. Temo una fuga di quel maledetto”
“Nulla è scontato. Spero che il tuo amico Bernanrd o chi per lui abbia messo sotto torchio Morell. Lui è l’unico capace di darci informazioni attendibili”
“Come si può aver commesso un gesto così sciagurato!!”- commentò Augustin –“Non mi capacito che Bouile …”
“Possibile che siate ancora dubbioso? Non vi è bastato quanto accaduto fin’ora?”- lo rimproverò Mornay.
Vincent aveva ragione. Avrebbe dovuto dubitare seriamente del Generale fin dall’inizio.
La sua arrogante disponibilità non poteva che celare maligni tornaconti.
Si era illuso!
Persino quando aveva organizzato il ballo per Oscar, si rese conto che fosse stato pianificato affinchè risultasse un buco nell’acqua. Invitati solo al maschile. Certo! Bouillè aveva compreso prima di lui che sua figlia non  si sarebbe mai presentata in vesti femminili.
Ora, ragionando a mente lucida, ripensò ad un suo strano discorso in occasione di una convocazione da parte di Sua Maestà, poco prima della fatidica scelta di abbandonare l’uniforme.
“Per un’anima ribelle come lei sarebbe stato meglio un’unione concordata fin dall’inizio, oppure avreste dovuto imporle il matrimonio quando venne assegnata alla comando dei Soldati della Guardia. Un partito come me, nella sua piena maturità ed autorità, avrebbe tenuto a freno la sua irruenza e fatto sbocciare tutta la sua femminilità”
L’aveva presa come una constatazione ironica personale e non ne aveva colto quella velata minaccia abilmente celata.
Rabbrividì al pensiero di Oscar fra le grinfie di quell’impostore e si commosse guardando Andrè. Con quanto sentimento e dedizione aveva affrontato ogni ostacolo a quel legame, a partire da lui. Quanta forza e coraggio si era fatto e continuava a farsi per riabbracciare la donna che amava da una vita.
Affiancò il cavallo a quello del giovane.
“Signore …”- volgendosi.
“Sono onorato di avere un futuro genero come te. Spero vivamente che il futuro possa riservarvi una felicità infinita. Oscar non poteva scegliere un uomo migliore”- commosso.
“Vi ringrazio, Generale, vi ringrazio di cuore”
 

“Invece di continuare a fare il fantasma in casa mia, vedete di mettere in moto il vostro cervello per trovare una soluzione”- sbraitò mostrandogli una lettera.
L’ombra sghignazzò –“Temete forse per la vostra pellaccia?”
“Siete un insolente. Badate! Pensate forse di uscirne indenne?”
“Cosa vi fa paura? Il tradimento di un vostro fidato? Non avete già un luogo dove rifugiarvi?”- riferendosi a Bruges –“Chi mai pensate possa venirvi a cercare in terra straniera?!”
“Mhh…”- mugugnò –“non vorrei riuscissero a carpire certe informazioni ….”
“Allora vi suggerisco di accelerare i piani. E per le lingue lunghe avevo già preso provvedimenti “
“Cosa volete insinuare?”
“Ad un gallo che canta troppo si può sempre tirare il collo”
Bouillè rabbrividì a quelle parole.
“Sapete, in certe situazioni la morte può sopraggiungere subdola, senza dare troppo nell’occhio”- girandogli attorno.
Il Generale non ebbe dubbi. Aveva già pianificato anche come sopprimere chi fosse malauguratamente messo dietro le sbarre.
“Ritenete pertanto  sia consigliabile anticipare i tempi?”
“Ne guadagnerete in serenità e salute. Venirvi a prendere in un paese straniero non sarà certo cosa semplice”
Per l’ennesima volta fece un vano tentativo di spingere lo sguardo sotto quel cappuccio.
L’uomo indietreggiò –“Organizzerò tutto in sicurezza. Giungerete a destinazione quanto prima”
“Nessuna traccia”- sottolineò il Generale.
“Non siete mai stato qui!”
 

Sdraiato sul letto a fissare il soffitto.
Il ronzio del silenzio quasi gli disturbava i pensieri.
Si girò su un fianco spostando lo sguardo verso il comò. Qualcosa attirò la sua attenzione.
Incurvò le sopracciglia e mise a fuoco quell’oggetto su un lato, di fronte allo specchio. Cosa diavolo era?
Sedette avvicinandosi. Allungò la mano. Il fermacapelli di Leah.
Lo girò e rigirò tra le dita. Quante volte glielo aveva visto infilare per raccogliere quel mare di ricci.
Si coricò nuovamente nel letto continuando a guardarlo, ruotandolo ripetutamente.
“E’ un regalo di mia madre”
Leah non aveva che poche cose. Ma non gli era mai capitato di sentirla lamentare per questo.
Rammentò di averle promesso un abito … quello nel negozio dove era solita fermarsi quando rientrava dalla sartoria.
Le guance le si erano infiammate dall’imbarazzo.
Lui, solo, seduto sulla banchina. Gli occhi inseguire una nave oramai lontana. In Inghilterra.
Non che le mancasse il coraggio. Del resto, quando i suoi erano tornati a Cork per via dell’incidente al fratello, lei era rimasta. Ed aveva pure rinunciato a rientrare in Irlanda nonostante le insistenze dei genitori … perché … perché aveva scelto lui. Aveva deciso di costruirsi un futuro lontano dagli affetti  familiari. Non era questa, forse, la più bella dichiarazione d’amore?
Si volse su un fianco stringendo con un braccio il cuscino senza distogliere gli occhi dal fermacapelli –“Non sei partita … “- mormorò senza nemmeno pensare. Tre parole pronunciate dalle sue labbra … così, d’istinto.
Sensazioni?
 

Posò il vassoio del solito infuso serale sul tavolino.
Oscar seduta accanto la finestra. Lo sguardo perso oltre i vetri, spinto nel buio fra quei monti ancora innevati.
Fece per andarsene.
“Ti manca?”- mormorò.
Per la prima volta le si rivolse in tono quasi amichevole.
Si volse fissandola. Le mani strette , posate sul grembiule.
“Si”- quasi sussurrando –“ogni giorno”.
Si morse un labbro accarezzandosi il ventre. Il piccolo scalciò.
“Almeno voi avete lui”- rivolgendosi al nascituro.
Scostò le tende sospirando –“Com’era quando venne a Parigi?”
Leah fece qualche passo verso di lei –“Stanco, provato. I capelli lunghi, raccolti. Lo conobbi con i capelli corti, il volto più curato. Mi fece strano vederlo con la barba”
Le venne da sorridere. Gli aveva detto in passato che non lo sopportava quando la pungeva …
Dall’avventura del Cavaliere Nero non se li era più fatti crescere.  E lei, così, lo trovava terribilmente eccitante.
Quant’era bello il suo Andrè!
“Comincia a preparare le tue cose. Presto te ne andrai”
Aggrottò la fronte  – “Lo so che non mi potete vedere, ma vi prego, non cacciatemi. Penso di essere stata punita abbastanza per tutte le mie mancanze ed i miei errori. Se non vorrete parlarmi mai più accetterò senza problemi la vostra decisione. Ma vi prego … fatemi restare”
“Fra qualche giorno tornerai da Alain”
Sgranò gli occhi.
“So come farti fuggire”
 
I giorni trascorsero e Bernard non riuscì ad avere notizie da Robespierre.
Poi finalmente la tanto attesa risposta –“Ho parlato con alcuni rappresentanti del tribunale del popolo. Vogliono sapere chi fa esattamente la richiesta di interrogare Morell, le motivazioni esatte ,in che rapporti si sia con il carcerato. Avuto queste informazioni decideranno per il benestare. Mi hanno informato che nel caso di una risposta positiva il colloquio sarà sorvegliato.”
“Abbiamo la necessità di accelerare i tempi. C’è di mezzo la vita di una persona”
“Bernard, mi auguro sinceramente che si tratti di uno del popolo”
“Si, lo è”- confermò – “Oscar Francois de Jarjayes!”
Sul volto di Robespierre si stampò un’espressione mista tra stupore ed un pizzico di contrarietà – “Scherzi?”
“No, affatto. Sai bene chi sia e cos’abbia fatto …”- increspando la fronte –“C’è di mezzo Bouillè!”
“Che cosa? Quel bastardo?”- picchiando con violenza i pugni sul tavolo.
Bernard annuì –“Capisci ora?”
“Guarda”- gli allungò un foglio con una lista di nomi tra i quali lesse “Duca di Germain, Contessa di Polignac, …. Generale Bouillè”-“Questo è l’elenco dei condannati a priori. Gente che passerà direttamente sotto la lama della ghigliottina molto probabilmente senza il briciolo di un processo. Quel bifolco ha scagliato contro il popolo un esercito la scorsa estate. Mi auguro bruci all’inferno dopo essere salito sulla forca”
“Ti chiedo di fare il possibile per avere quel colloquio e ti garantisco di servirti Bouillè su di un piatto d’argento”
 

“Senti Alain, la ragazza che aveva sostituito Leah se n’è andata”- gli aveva detto Du Bois una sera all’ora di chiusura –“è dura per me riuscire a mandare avanti la baracca da solo. Ecco … so che hai lasciato i Soldati della Guardia,  questa volta definitivamente e che, al momento, tiri avanti con qualche lavoretto. Beh … ti andrebbe di darmi una mano? Ti darò la stessa paga di Leah. Di meglio purtroppo non posso fare”
Aveva colto la palla al balzo. E Du Bois si sentiva sinceramente più tranquillo.
Da quando c’era lui, niente più risse.
“Ehilà Bernard!”
“Ciao Alain”- sedendo al bancone.
“Che novità mi porti?”
“Ho avuto qualche difficoltà a convincere Robespierre ad intervenire presso il tribunale per farmi avere quel colloquio. Mi ha fatto mille domande sul perché ed il per come. Quando gli ho parlato di Oscar ha storto il naso ma alla fine ha accettato. Sai, non scorre buon sangue tra noi, nonostante si lotti per la medesima causa”
“Mi spiace, non volevo crearti problemi”
“Tranquillo, del resto lo stiamo facendo per lei e Andrè. Vedrai, riusciremo ad ottenere il permesso. Almeno, me lo auguro”
 

“Oscar …”
“Fra due settimane farà luna piena. Ci sarà luce naturale per fuggire. Posso garantirtelo. Ultimamente pare che abbiamo abbassato un po’ l’attenzione. Bouillè ha ridotto gli uomini di guardia soprattutto per i preparativi del viaggio a Bruges.”
“In effetti sono giorni che c’è un continuo va e vieni di carri per il trasporto di suppellettili”
“Prepara lo stretto necessario. Ti farò uscire di qua”
“Ma cosa dite?!”- scioccata.
“Leah …”- con tono severo.
“No!”- un passo in vanti, i pugni stretti –“Non andrò proprio da nessuna parte senza di voi!”
Oscar incrociò quel verde immenso dei suoi occhi.
Per un attimo le ricordarono quelli di Andrè.
“Se e quando si deciderà di fuggire, lo si farà assieme. Se il destino ci ha fatto incontrare in questa disavventura ci dovrà pur essere una motivazione valida”
“Non dire sciocchezze. Guardami”- mostrandole quella gravidanza oramai piuttosto evidente  –“Come credi potrei affrontare una fuga ora?”
“Quando vi capiterà nuovamente un’occasione come questa? Dovrete attendere la nascita di questo bambino, il viaggio a Bruges e poi chissà cos’altro. Quella bestia sarà il vostro carnefice se non fuggirete con me”
“Vuoi capire che non posso correre in caso di necessità? Ti sarei solo d’impiccio. Almeno tu riuscirai a raggiungere Parigi e avvisare Alain e magari Andrè”
“In due si fugge, in due si resta. Non insistete”
Quante fermezza in quello sguardo. Forse quella ragazza meritava di essere scoperta.
“In due si fugge, in due si resta”- ripetè.
La giovane sorrise. Un punto d’incontro, finalmente.
 

Andrè avrebbe potuto tranquillamente percorrere la strada verso Parigi ad occhi chiusi.
Come durante il primo viaggio, sembrò che tutto fosse contro di loro, che comunque dovesse per forza esserci qualcosa o qualcuno che mettesse i bastoni tra le ruote ostacolando, ritardando l’arrivo a destinazione.
Pioggia incessante, temperature basse, difficoltà nel trovare l’alloggio per la notte.
Un sospiro di sollievo solo dopo aver messo piede in città.
Alain lo aveva informato nella lettera di aver lasciato i Soldati della Guardia e che quindi, al suo arrivo, lo avrebbe trovato a casa, di giorno, da Du Bois in serata.
Parigi si presentò loro in pieno fermento. I comizi, i raduni inneggiando contro la monarchia non si erano assolutamente assopiti, tanto meno placati. Anzi, avevano acquistato vigore giorno dopo giorno incrementando l’odio verso la monarchia.
Giungendo in tarda serata si recarono inizialmente alla solita locanda per poi dirigersi alla taverna, giusto per informare Alain del loro arrivo e per scambiare quattro chiacchiere sul da farsi.
Il Generale , in quel luogo non troppo illuminato e saturo di fumo e di odore di chiuso, non si sentì molto a suo agio.
“Tutto bene?”- Mornay gli posò una mano sulla spalla.
“Perdonate … mi sento un tantino fuori luogo”- stringendo fra le mani un bicchiere di vino.
Bernard aveva ricevuto finalmente il benestare del tribunale per il colloquio con Morell.
“L’approccio migliore sarà di motivare la visita spiegando di voler scrivere un articolo per il giornale.”- suggerì Vincent – “Cittadini francesi accusati ingiustamente di cospirazione e complotto. Immagino sappiate bene come comportarvi”
“Bisogna risalire a Bouillè illudendo abilmente quell’uomo spiegandogli che  nel caso collaborasse, gli si spalancherebbero le porte della libertà”
“Io userei metodi tradizionali” – s’intromise Alain –“ tanto comunque finirà sulla forca”
“L’importante che non giunga nulla di tutto ciò all’orecchio di quel maledetto o saremmo spacciati”- osservò Andrè.
 

La luna si levò alta, luminosa e piena in un cielo di marzo ricamato di stelle.
Il chiacchierio degli uomini posti a guardia del portone principale e lungo i corridoi al piano terra.
Ogni tanto un nitrito proveniente dalle stalle.
Nel piccolo giardino un’ombra accanto a quella via di fuga.
Leah raccolse i capelli nascondendoli all’interno del cappuccio. Afferrò la sacca con le sue poche cose più una seconda, nascosta sotto il mantello, all’interno della quale alcuni viveri ed una coperta.
Dalla cucina si diresse verso il cortiletto dove l’avrebbe attesa Oscar. Rasentò i muri rimando il più possibile nell’oscurità e facendo attenzione ad ogni strano movimento attorno e dei rumori.
“Ci siete?”- bisbigliò.
“Si. Vediamo di muoverci”- forzò la porticina, giusto perché riuscissero a passare.
“Aspettate!”- la bloccò la giovane.
Un piede dentro ed uno fuori osservando Leah che spargeva qualcosa a terra.
“Che stai facendo?”
“I cani non sopportano la polvere di pepe. Servirà a sviarli”- indietreggiando verso di lei –“Uscite pure”
Oscar afferrò la sua sacca ed una di quelle della ragazza mentre la vide bagnarsi le mani con dell’aceto e rovesciarne un po’. Richiuse la porticina e si diresse verso di lei.
“Pepe e aceto. Connubio perfetto per depistare il loro fiuto”
Sorrise. Era veramente incredibile.
“Su, datemi la borsa. Meglio che abbiate poco peso”
“Sto bene, non preoccuparti”
“Avvisatemi quando e se sarete stanca”
“Ora l’importante è allontanarsi il più possibile. Andiamo da quella parte. “- indicando la strada opposta percorsa durante il primo tentativo di fuga fallito – “La cosa migliore è costeggiare il torrente per poi attraversarlo”
“Siete coperta abbastanza?”- spargendo dietro di sé la polvere di pepe rimasta.
“Si, tu?”- aspettandola.
“Si si”- allungando il passo per raggiungerla –“Fortunatamente la nottata ci assiste. Fosse piovuto i nostri piani sarebbero saltati”
“Quanto tempo abbiamo secondo te prima che si accorgano …”
“Almeno quattro , forse cinque ore di viaggio. Tutti sanno che a quest’ora riposate ed anche più della metà della servitù e che la mattina mi reco in cucina alle 6. Probabilmente non vedendomi attenderanno un po’ pensando ad un normale ritardo”
Studiato nei minimi dettagli. Da un lato Leah, dall’altro Oscar. Alla fine, avevano messo assieme il tutto elaborando un piano che non poteva assolutamente fallire.
Costeggiarono quel torrente per diversi chilometri .
 Il freddo pungente nonostante la primavera ne profumasse già l’aria.
L’una accanto all’altra, senza perdersi di vista. Se una si attardava, l’altra rimaneva in attesa.
Nonostante fosse molto presto, i primi raggi di sole filtrarono tra la foschia illuminando piano piano l’orizzonte.
Oscar si sfregò vigorosamente le mani – “Immagino che ora sappiano”
Leah si volse. Quella prigione oramai non si intravvedeva da molto – Mhh …”- mugugnò arricciando il naso.
“Attraversiamo il torrente. Di là saremo più al sicuro” – fermandosi a cercare un punto comodo per passare oltre.
“Guardate!”- indicò Leah –“le acque sembrano più tranquille anche se la distanza dalla sponda  è maggiore rispetto altrove”
“Sarà un buongiorno rigenerante”- immergendo una mano. Un brivido le attraversò la schiena.
“Ottimo, ci vuole una scossa. Coraggio, non perdiamo tempo. Piuttosto. Come state?”
“Non è certo questo il momento per pensarci. Più lontano andiamo e tutto sarà di guadagnato”
Istintivamente allungò una mano  verso la giovane –“Ce la fai?”
Leah accennò ad un sorriso –“Fate attenzione a non scivolare”- afferrandola –“Attenta lì …”
La due mani stringersi forti mentre i pensieri veloci correvano già oltre quelle acque.
Giunte sulla sponda opposta Oscar mise piede per prima sulla terra –“Un ultimo sforzo”- aiutandola.
Un lungo sospiro di sollievo per entrambe nonostante fradice fino alle ginocchia.
“Dobbiamo trovare un luogo riparato per cambiarci”- guardandosi attorno.
“Infiliamoci in quella boscaglia”- suggerì  Oscar –“Qui siamo troppo scoperte. Il sole comincia a farsi alto”
“Non volete riposare?”
“E’ troppo rischioso in questa zona”
“D’accordo. Lo faremo però appena in quel verde. Avete spinto la vostra persona oltre ogni limite, nelle condizioni in cui siete”
S’inoltrarono in quella distesa di alberi e cespugli percorrendo un tratto senza la benché minima sosta.
Oscar era veramente inarrestabile.
Eppure la fatica e la stanchezza iniziarono a farsi sentire-
“Fermiamoci”- le sacche scivolarono a terra –“Avete bisogno di riposarvi. Non ammetto storie”
Posò una mano sul grembo e l’altra contro un albero facendo un lungo respiro.
Una smorfia di dolore le attraversò il volto reclinato in avanti.
“Tutto bene?”- avvicinandosi.
“Credo di si”- un nuovo sospiro.
Leah distese la coperta – “Provate a sedervi”
Oscar scosse il capo deglutendo.
La giovane rimase a fissarla. Pallida. La vide increspare la fronte irrigidendo i lineamenti nell’ennesima smorfia di sofferenza.
Scrutò attorno. Dovevano trovare un riparo.
“Ascoltate. Provo ad andare in quella direzione a vedere se vi sia un capanno di ricovero attrezzi o legna … comunque qualcosa dove ci si possa fermare tranquille”
Annuì stringendo gli occhi.
Un’ultima occhiata alla donna per assicurarsi che tutto andasse bene. Poi scomparve in mezzo alla boscaglia.
 

Un grido furioso echeggiò per i corridoi quasi scuotendone le pareti.
“Schifosa carogna”- sguainando la spada – “maledetta canaglia”- le guance infiammate dalla rabbia, il passo pesante. Scese le scale ruggendo, facendo scorrere l’arma contro le piccole balaustre di marmo dello scorrimano –“Dove siete, sciagurato?”
L’ombra apparve all’improvviso.
“Voi, bestia malefica che non siete altro. Vi pago fior di quattrini e non siete nemmeno in grado di fare il vostro lavoro”
“Siete un vero fiume di turpiloqui. Che avete da sbraitare così tanto?”-
Il Generale gli puntò la lama alla gola – “Vi consiglio di trovare mia moglie e quell’altra sgualdrinella che la serve o giuro che vi squarterò personalmente appendendovi poi al punto più alto della torre”- una vera esplosione d’ira.
“Ve la siete lasciata sfuggire? I vostri uomini sono degli incapaci. Se solo svolgessero meglio le loro mansioni e mi aveste permesso di …”
“Basta!!!”- lo interruppe squarciandogli il cappuccio.
Quest’ultimo sollevò un braccio coprendosi il volto con il mantello.
“Trovatele!!” E quella Leah fatela fuori all’istante e datela in pasto ai lupi, incapaci che non siete altro”- infierendo poi con i suoi uomini –“ Sciogliete i cani! La voglio entro sera!!!”
Perlustrarono tutto l’edificio, segrete comprese, nel vano tentativo di scovare da dove fossero fuggite.
I cani impazziti non fecero che girare e rigirare come trottole fino a quando venne loro aperto il cancello del piccolo giardino. Fiutare il perimetro fino a soffermarsi nel mezzo di quella corte abbaiando insistentemente.
Bouillè sopraggiunse come una furia –“ Che diavolo hanno?”
“Le tracce si fermano qui … pare di entrambe”- uno di quegli uomini si mise a controllare fra i rampicanti.
“Signore!!!”- richiamò l’attenzione.
Il lucchetto arrugginito a terra, spezzato. L’edera fitta rese difficoltoso l’apertura di quella porticina nonostante le due donne vi fossero già passate.
“Sono fuggite da qui!”- una vigorosa spallata.
Bouillè attraversò a fatica trovandosi fuori le mura del castello.
Una distesa verde sperdersi nella vallata.
Esplose nell’ennesimo grido di rabbia rivolgendo il viso verso il cielo –“Trovatele!!”
“Dove volete che siano andate? Una serva e la sua padrona gravida? Sarà un gioco da ragazzi riportarle a casa, anche questa volta”.
“Ed allora montate a cavallo e datevi da fare”- ordinò.
Il gruppetto capitanato dall’ombra si precipitò sulla strada verso Lione, la medesima della prima fuga di Oscar.
“Pagherete caro quest’affronto, Jarjayes!”- spronando il suo destriero –“Giuro che me la pagherete!!”
 

Strizzò gli occhi –“Che cosa mi stà succedendo?”- fitte improvvise  al basso ventre da lasciarla senza fiato.
Alzò gli occhi e vide Leah tornare correndo.
“Come state?”
“Ho visto momenti migliori. Cos’hai trovato?”- la mano posata sulla pancia.
“Poco distante da qui c’è un vecchio casino di caccia. Piccolo. Sembra abbandonato o comunque dev’essere inutilizzato da molto”
“D’accordo. Andiamo”
“Lasciate”- caricandosi di tutte le sacche.
La precedette per un breve tratto. Poi non sentendo più i suoi passi fra l’erba si volse.
Ferma, immobile ad una decina di metri da lei mentre incredula fissava strabiliata i pantaloni completamente bagnati nella parte interna delle gambe.
“Oh mio Dio!”- raggiungendola.
Sollevò lo sguardo - “Non è quello che penso, vero?”
Leah si morse un labbro –“Oh … invece temo sia proprio così”
“Non può essere … è troppo presto!”- allarmata.
“Quando dovrebbe …”- osservandole il cavallo dei pantaloni.
“Aprile … forse  primi di maggio”- quasi cerando negli occhi della giovane una spiegazione.
“Evidentemente ha fretta … visto che si sono rotte le acque”
“Smettila Leah … è una cosa seria”
“Certo che lo è. State per partorire e non è sicuramente un gioco e nemmeno una passeggiata”- senza perdersi d’animo –“Coraggio, cerchiamo di arrivare al capanno poi penseremo al da farsi”
Raggiunto quel riparo, richiuse la porta preoccupandosi di cercare subito nella sacca l’acciarino –“Toglietevi i pantaloni “- le disse soffiando sulla fiamma appena accesa nel piccolo camino.
“Come prego?”
“Avete forse intenzione di mettere al mondo vostro figlio vestita?”
“Non è il momento di fare tanta ironia”- la bacchettò. Ed ecco nuovamente le contrazioni.
Oscar si lamentò a lungo.
La ragazza, dopo essersi guardata un po’ attorno, si mise a rovistare in un vecchio baule dietro alcuni attrezzi. Vi trovò un paio di coperte e delle tele di lino leggermente ingiallite. Le distese a terra accanto al fuoco. Stranamente trovò una pentola.
Rammentò di aver visto all’esterno una botte per raccogliere l’acqua piovana. Riempito il recipiente lo mise a scaldare. Preparò quel poco a sua disposizione per poterla aiutare durante il momento fatidico.
I dolori iniziarono ad avere una certa regolarità.
Leah non le impose  assolutamente di sdraiarsi sulle coperte ma lasciò che vagasse per il capanno immersa in lunghi lamenti strozzati  e attimi a prendere respiro tra una contrazione e l’altra.
La fronte ed i palmi delle mani poggiati sulla parete quando il dolore toccò l’apice.
Le parve quasi di essere trafitta con una lama. Strinse nuovamente gli occhi, la schiena contro il legno scivolando lentamente a terra.
Leah si avvicinò –“Forza, coricatevi”- sollevandole il bordo della camicia e posandole una mano sul ginocchio –“Permettete?”
Fissò la giovane con un’espressione tra il terrore e l’imbarazzo.
“Non temete. Faremo nascere il vostro bambino”
Si coricò divaricando le gambe. Il volto riverso su un lato, le gote accese di vergogna, le sue mani sfiorarla, gli occhi puntati sulla parte più intima di lei.
Sollevò lo sguardo –“S’intravvede la testa”- quasi commossa.
Una sensazione di smarrimento, paura per ciò che avrebbe affrontato.  Un duello, una carica in mezzo a proiettili che fischiano tagliando l’aria … avrebbe potuto affrontare tutto , avrebbe saputo come affrontarlo. Ma ora? Il vuoto totale. Nessuna conoscenza, nessun insegnamento, consiglio, suggerimento. Avesse avuto il tempo di chiacchierare con sua madre. Chi meglio di lei le avrebbe saputo incutere serenità? Lei che era stata cresciuta con un’educazione tipicamente maschile mai avrebbe immaginato tutto questo, di trovarsi alle prese con ciò a cui ogni donna anelava: diventare madre.
Afferrò per una mano Leah quasi a cercare la forza per arrivare fino in fondo.
“Smettetela di trattenervi. Sfogatevi Oscar. Di cosa vi vergognate? Di essere donna nel momento più bello della vostra vita? Avanti, state partorendo”- osservò.
Fu allora che si sciolse in un grido di dolore appena sopraggiunse l’ennesima contrazione. Il fiato corto provata dall’ormai lungo travaglio.
“Ascoltatemi”- stringendole la mano –“Un ultimo sforzo. Prendete un lungo respiro ed al mio via spingete con tutte le vostre forze”- guardandola dritta negli occhi.
Il volto madido di sudore. Annuì. Inspirò profondamente.
Cominciò a contare –“Uno … due … tre … Spingete!!!”
Espirò tutta l’aria seguendo le indicazione.
“Un’altra volta”
Anche la seconda spinta.
“Ancora”- la invitò.
Come un bravo soldato eseguì l’ordine.
La ragazza s’irrigidì leggermente. Le parve che qualcosa non procedesse come avrebbe dovuto.
“Oscar … un’ultima volta”
Un grido lungo di dolore accompagnò quell’ultima spinta.
La creatura scivolò a fatica tra le gambe della madre.
Leah sbiancò – “Mio Dio!”
 

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Capitolo 58
*** FRA LE BRACCIA ***


“Che cosa vuoi ancora da me? Lasciami perdere. Non vedi? Non sono nemmeno capace di diventare madre” - quel corpicino immobile, cianotico, a pochi centimetri da lei  -“Guardami. Guarda quanto sono inutile a te e a me stessa”
Tentò di allungare una mano per toccare quella creatura  –“ Può succedere …”- azzardò –“… non hai alcuna colpa … vedrai che …”
“Vedrai cosa?!”- sbottò con le lacrime agli occhi – “Vattene!!”
Il sangue sulle mani, fra le gambe di Oscar e nessun vagito.
Volse il capo su un lato priva di forze, stremata per il parto, tremante per il freddo.
“Perché questo accanimento del destino? “- un sussurro tra le labbra –“portalo via, non voglio vederlo!!”
“Oscar …”- le mani tremanti.
“Vattene, vattene!”- raccogliendo le ginocchia al petto.
“Oscar no!!!!”
Sedette sul letto, madido di sudore. Il volto sbiancato. I battiti accelerati –“Oscar”- mormorò – “cosa ti è successo?”
Andrè lasciò ricadere le gambe lateralmente, poggiando i piedi a terra. La testa tra le mani, gli occhi stretti nel tentativo di ingoiare quell’ennesimo incubo – “Se non ti troverò ne uscirò pazzo. …. Amore mio. Spero di cuore tu stia bene e che non sia accaduto nulla al nostro bambino”.
 
Gli occhi sgranati. Sollevò appena la testa nel tentativo di cercare il volto della giovane – “Leah, parla … ti prego. Dì qualcosa. Perché non piange?”
Il terrore stampato sul volto. Allungò le mani sul corpicino del piccolo sciogliendolo da quel giro di cordone ombelicale attorno il collo.
Non ricevendo risposta si fece forza sui gomiti per riuscire a vedere tra le sue gambe. Deglutì. La bocca spalancata, incredula. Il cuore pulsarle in gola in quegli istanti di tempo sospeso nell’angoscia. Gli occhi puntati sulle mani, le mani della sua oramai lontana rivale, delicate nel cancellare in poche mosse la paura che quella vita se ne andasse.
Leah  inumidì una pezza e lo ripulì. Le parve riacquistasse lentamente colore. Si chinò allora sul quel piccolo torace posando l’orecchio in ascolto. Il respiro leggero sfiorarle il volto. E quel cuoricino battere con forza.
Poi un vagito, energico irruppe nel capanno.
Un largo sorriso le illuminò il volto.
Oscar tirò un sospiro e rimase in attesa coricandosi nuovamente, gli occhi lucidi.
La giovane recise il cordone. Ultimò di pulirlo, lo avvolse in un telo di lino e nel suo scialle. Avvicinatasi ad Oscar glielo mise tra le braccia – “Guardate che splendida creatura che avete dato alla luce. E’ una bellissima bambina”
Tremante, gli occhi traboccanti di lacrime. Guardò quel fagottino così piccolo. Il capo ricoperto di una peluria bionda, le bocca di un rosa incredibilmente acceso, socchiusa. Allungò un dito e questa di riflesso lo strinse. Le sfiorò la testa con un tenerissimo bacio strofinando appena la guancia su quel biondo dorato.
La sua creatura. La sua splendida e tanto desiderata creatura. Il cuore esplodere dalla gioia. “Andrè, amore mio. Questa è nostra figlia”- sussurrò senza staccarle gli occhi di dosso.
Leah sedette accanto emozionata.
“Grazie”- le disse.
Sorrise commossa –“E meraviglioso ciò che avete fatto”- guardando madre e figlia quasi estasiata – “E’ bellissima, un incanto”- scostò appena lo scialle per vederla nuovamente - “Provate ad attaccarla al seno”
Oscar avvampò impacciata.
“Aspettate …  scopritevi un po’ di più … ecco, avvicinate la piccola”
Sentì quelle piccole e sottili labbra aderire e la bocca tentare di suggere nutrimento.
Le passò il dorso di un dito sulla guancia ed ebbe quasi la sensazione che la piccola sorridesse.
“Credi che abbia già il latte?”- un po’ a disagio.
“Se la signorina resta attaccata e non piange direi che siete già a buon punto”
“Prenderesti per cortesia la mia sacca? Dentro dovresti trovare una maglia blu”
Rovistò trovando l’indumento –“Vorreste mettergliela?”
“Non ho altro che questo di Andrè”
“Dovremmo procurarci qualcosa da farle indossare” – alzatasi ravvivò il fuoco, ripulì e sistemò ai piedi di Oscar – “Avete una camicia pulita?”
“Si, certo”.
La piccola si addormentò sul suo seno.
“Guardate … ho trovato questa tinozza” – la pose accanto al camino e la riempì d’acqua calda –“ecco, così vi potete sciacquare”
La mise fra le braccia di Leah e piano piano si alzò.
La giovane sedette accanto al fuoco rimirando la creatura –“Come pensate di chiamarla?”
Inumidì una pezza e la passò su una gamba pensando in silenzio a quelle parole. Avrebbe tanto desiderato scegliere il nome con Andrè. Rammentò non ne avessero mai parlato.
L’acqua calda la fece rabbrividire piacevolmente. Sollevato lo sguardo lo rivolse alla bambina avvolta nello scialle –“Madeleine … come la madre di Andrè”
 
“Non vi darò più l’ombra di un quattrino. Lurida canaglia. Faccio io, ci penso io, io posso, io so …. Siete una nullità!- grugnì.
“Badate”- il tono minaccioso sfilando da sotto il mantello uno stiletto –“tenete a freno quella lingua o farete la fine di altri”
“Non siete più in grado di incutermi alcun timore. Mi avete stancato. Trovate una soluzione quanto prima visto che ho anche un’altra faccenda da sbrigare. Morell è rinchiuso in gattabuia e temo che riescano a smuovergli la lingua in una maniera o nell’altra”- camminando nervosamente per la stanza.
“Non credo abbiate di cui preoccuparvi. Il problema è già stato risolto!”
Bouillè alzò gli occhi –“Che dite sciagura vivente?”
“Morell non vi darà filo da torcere. Ora organizzate solo il viaggio verso Bruges”
Comprese al volo il significato di quella conversazione –“Avreste almeno potuto parlarne prima … o no? “- sprofondando nella poltrona –“Voglio sapere quello che fate con i miei uomini”
“Quest’impiccio è risolto. Di cosa vi preoccupate?”
Sbuffò lisciandosi i baffi –“Trovate mia moglie!” – slacciò alcuni bottoni della giacca –“Mandate qualcuno in paese . Ho bisogno di una femmina … che parli poco … spero abbiate compreso”
L’ombra, sebbene disgustata, sghignazzò uscendo.
 
“No! Dimmi che non è vero!” – Andrè sconvolto. Possibile che nulla andasse liscio?
“Purtroppo è così. Questa mattina quando le guardie si sono recate da Morell lo hanno trovato morto. Pare sia stato avvelenato”
“Qualcuno ci spia, lo capite?”- Alain battè i pugni sulla scrivania di Bernard.
“Si, lo credo anche io – Mornay portò una mano alla fronte –“A meno che non fosse tutto organizzato ancora prima dell’arresto”
“Sono dell’idea che Bouillè non agisca da solo ma abbia una fitta rete di informatori, personaggi che gli coprono le spalle, anche qualcuno che pianifichi tutto nel minimo dettaglio”- Andrè livido di rabbia.
“Concordo, Non è possibile che sia in grado di gestire tutto questo da solo”-
“Rammentate che è una gran stratega militare”- osservò Jarjayes rivolgendosi a Vincent.
“Eppure sono certo che in qualche punto i suoi piani possano avere una falla”
“Voi non conoscete quell’uomo”- continuò il Generale.
“Voi invece si. Quindi dovreste essere al corrente delle sue debolezze”
“Quell’uomo non ne ha!”
“Impossibile! Tutti ne abbiamo. Chi più, chi meno. Lui non è certamente esentato. E comunque a starcene qui non risolviamo il problema”
“Decidete ciò che volete. Io mi metto in viaggio. Un castello ai piedi delle Alpi. Non mi importa quanto ci vorrà. Or ora stiamo solo perdendo tempo ed Oscar potrebbe essere in pericolo” – Andrè si alzò dalla sedia –“Scusate, ho bisogno di prendere una boccata d’aria”
Scese in strada amareggiato per come si stesse complicando sempre più la situazione e con il pensiero costante che fosse accaduto qualcosa al bambino e a lei. Gli incubi lo assillavano oramai ogni notte e, a suo parere, non erano che un campanello d’allarme. Chi, chi poteva dargli una mano a trovare Bouillè? Era come avere mani legate ed occhi bendati.
Basta! Troppe attese, troppi viaggi … troppo tutto!
Avrebbe trovato Oscar con o senza tutte quelle persone al seguito.
Per quanto il Generale e Mornay si prodigassero per riuscire nell’impresa, ora doveva contare solo sulle sue forze. Basta rimandare.
Bouillè avrebbe pagato tutto il male loro inferto.
Le parole di Madame Emilie erano quotidianamente un macigno sul cuore - “Non vedrai nascere tuo figlio”-
“Abbiamo potuto vivere e godere di momenti indimenticabili quest’ amore per quanto tempo? Due mesi? Due incredibili e magnifici mesi. E così dovrà essere il nostro futuro, Oscar. Ora che so che sei viva. Ti riporterò a casa con la nostra creature. Te lo giuro. Dovessi rinunciare alla mia vita per permettere tutto ciò. Ritornerai dai tuoi affetti”
Rientrò velocemente al giornale da Bernard –“Domattina mi metto in viaggio!”- convinto più che mai
“Andrè … mah …”- Jarjayes stupefatto.
“D’ora in poi si fa sul serio. Bisogna andare a colpo sicuro. I se e forse non aiutano le nostre ricerche. Certezze, solo certezze.”
“Sono con te!”. Alain gli diede una pacca sulla spalla.
“Signore”- rivolgendosi ad Augustin –“Tornate a Le Conquett. Tornate da Madame. Non abbiatemene, ma non credo che il vostro intervento  sarà di utilità incontrando Bouillè. Odia Oscar e di conseguenza anche voi e tutti i Jarjayes. Non ne caveremmo un ragno dal buco. Vi chiedo di tornare a casa” – poi rivolgendosi a Mornay –“Vincent, fate altrettanto. Il lavoro alla tenuta deve proseguire. Non potete assentarvi per così tanto tempo nonostante dei collaboratori possiate fidarvi totalmente. Lasciatemi solo un paio di uomini”
Lo fissò come un padre con un figlio. Quanta fermezza in quegli occhi. Una forza d’animo straordinaria, fuori dal comune. Inizialmente avrebbe voluto convincerlo per il contrario, poi  prevalse il buon senso. Quello era il suo volere –“D’accordo. Lascerò quattro dei ragazzi. Quando arriverete al castello avrete bisogno di rinforzi”
“No, Mornay …  basteranno due uomini. In pochi ci muoveremo più agevolmente”
“Verranno Armand e Gilles. Noi possiamo tornare alla locanda e rimetterci in strada per casa”- volgendosi al Generale.
“Andiamo a prendere la vostra roba. Stanotte vi fermerete da me”- suggerì Alain ad Andrè e gli altri due.
“Quanto ci vorrà per arrivare a Lione?”- Andrè impaziente e teso.
Augustin fece un paio di conti –“Tempo e strada permettendo non meno di otto, dieci giorni”
“Troppo”- mormorò tra i denti. Sono trascorsi oramai sei mesi … non siamo riusciti a prendere che un pugno di mosche. Quell’uomo ha studiato tutto nei minimi particolari. La morte di Morell ne è una dimostrazione. Sapeva! Si, sapeva che noi saremmo tornati a Parigi a cercarlo. E lui nel frattempo, mentre noi siamo in piena tempesta, lui segue tranquillo il suo progetto diabolico”-
Vincent  fissò il giovane.
“Ci sono momenti in cui perdo ogni speranza. Il destino continua ad accanirsi su di noi con quale scopo? Non riesco ad immaginare cosa possa aver fatto quell’uomo ad Oscar. Lo so. E’ forte e combattiva. Ma aspetta anche nostro figlio e questo potrebbe averla resa più vulnerabile. Dico potrebbe”- un brivido gli percorse la schiena –“Come stareste voi al pensiero che un essere immondo come Bouillè possa aver messo le mani sulla vostra futura moglie? Lo definirei qualcosa di abominevole. E quando la ritroveremo, non tutto avrà fine. Risulta sposata. Ottenere l’annullamento del matrimonio sarà impossibile. E non voglio nemmeno pensare che se non la trovassimo prima di portare a termine la gravidanza, quel maledetto potrebbe riconoscere il nascituro, imporgli il suo nome. No, non posso pensare che tutto possa terminare così”
“Andrè, questo è un argomento che affronteremo al momento opportuno. Ora dobbiamo pensare solo a trovarla”- nel tentativo di risollevargli il morale.
“Mornay, io non mi arrenderò con tanta facilità. Provo rabbia, solo un’infinita rabbia. Ho lottato una vita per quest’amore. E farò qualsiasi cosa per riprendermi ciò che mi appartiene”.
 
Previdente, Leah, aveva preparato una sacca con sole derrate alimentari: pane, formaggio, alcune patate, del riso, delle noci ed un piccolo involucro con della marmellata.
Mentre Oscar riempiva di sguardi amorevoli e carezze la sua bambina, la giovane preparò una zuppa.
“Tenete”- allungandole una ciotola – “Vi farà bene qualcosa di caldo”
Adagiò la piccola  sulla coperta  nella tinozza accanto a lei. Immerse il cucchiaio assaporandone un sorso.
Seduta di fronte la giovane fece altrettanto.
Si soffermò ad osservarla in quella quiete.
Il fuoco scoppiettare nel camino.
“Sei una brava persona …”- asserì guardandola.
Sollevò lo sguardo incrociando quegli occhi chiari come un pezzetto di cielo. Le guance le si colorarono d’imbarazzo – “Detto da voi … è un onore ed un piccolo traguardo”
Allungò una mano afferrandole la sua –“Torneremo a casa e tutto ricomincerà”
Si fece triste in volto – “Non credo che Alain …”
“Sono convinta che ti accoglierà a braccia aperte. Non esista altra ragazza che possa tenergli testa”
 
“Forza con quei carri, muovetevi!!”
“Avete forse intenzione di portare via tutto?”- domandò quell’uomo allibito per quanta masserizia fosse stata caricata.
“No, queste sono le cose più importanti”- continuando a seguire che tutto procedesse senza intoppi.
“Vedete di scegliere bene cosa lasciare …”
“Voi preoccupatevi di far bene il vostro lavoro. Siete ancora qui? Non dovreste cercare quelle due donne? Siete un vero salasso per me. Con quello che vi pago pretendo risultati. Mettetevi in strada. Avete perso fin troppo tempo. A quest’ora potrebbero già essere a Lione e se così fosse potremmo averle perse definitivamente”- irritato.
“Credo si siano fermate. Non so dove ma non penso siano riuscite  fare molta strada nelle condizioni in cui si trova la vostra consorte”
“Non le avete ancora ritrovate. Questo è un problema e a questo punto devo ritenerle molto più furbe di voi!”
Mugugnò dal nervoso. Mai nessuno si era mai permesso un affronto tale –“Mi auguro abbiate pensato ad una punizione esemplare senza ragionare con il vostro istinto mascolino”- il tono ironico.
“Non sono certo fatti vostri. Piuttosto, vi avevo detto di trovare una … sapete di che genere”
“Non è semplice come la volete voi. Bionda, alta, fisico asciutto … ”- sbuffò –“Le vostre fantasie sono perverse e disgustose”
“Mi piacerebbe rinchiudervi in una stanza con un paio di donzelle. Non sareste più così schizzinoso.”
“Le donne sono solo fonte di guai”- puntualizzò.
“Oh oh”- scoppiò a ridere –“ preferite fare da solo?”
“Questi discorsi mi danno solo il voltastomaco”- afferrò le briglie –“Non potreste accontentarvi della prima che riesco a rintracciarvi?”- montando a cavallo.
“Fate ciò che vi ho chiesto!!”
 
Rischiarono.
Si trattennero in quel capanno qualche giorno, giusto il tempo perché Oscar si riprendesse dalle fatiche del parto e fosse in grado con la piccola di rimettersi in cammino.
Piano piano iniziò ad acquisire consapevolezza di quella sua nuova vita, di essere divenuta madre e che d’ora in avanti tutto sarebbe stato completamente diverso. Aveva iniziato a comprendere quando fosse ora della poppata e quando quella del cambio.
“Avevi mai aiutato qualcuno a far nascere un bambino?”- accarezzando la sua Madeleine.
“Ho solo avuto occasione di vederlo fare un paio di volte …. Puro caso”- pelando un paio di patate.
Avvolse la sua piccola in una coperta e la ripose in quella culla improvvisata.
“Come vi sentite?”
“Bene.  Penso sinceramente che potremmo riprendere il viaggio. Siamo rimaste anche troppo. Non sfidiamo la sorte. Fino adesso ci è andata bene ma meglio non illudersi”
“Se vi sentite in forze possiamo partire anche domattina”
“Credo sia la cosa migliore da farsi. Quell’uomo è troppo furbo. Potrebbe aver seguito la strada verso Lione ma …. Vedrai. Se non ce ne andiamo potremmo trovarcelo qui all’improvviso”
“Non vorrete partire ora?”- preoccupata.
“No, non riusciremo ad attraversare il bosco con questo buio. Ma sarebbe il caso di farlo alle prime luci dell’alba”
“D’accordo”- versò il riso nella ciotola –“Ora pensiamo a mangiare”
La notte dovette svegliarsi per allattare la piccola. Nonostante tutto la mattina si alzò carica, pronta a ripartire.
“Ci voleva solo la pioggia”- Leah portò gli occhi al cielo fissando quelle nuvole scure e dense.
Oscar avvolse Madeleine nello scialle di lana della giovane. La strinse al petto coprendola con la mantella.
Sollevò il cappuccio.
La ragazza spense il fuoco ed afferrò le sacche –“Quasi mi spiace lasciare questo luogo”
“In effetti”- ridacchio Oscar –“Non siamo state poi così male. Ho avuto anche un’ottima cuoca”
“Diciamo che di quel poco che avevamo non ci è mancato nulla”- assecondandola.
“Coraggio. Mettiamoci in cammino”.
“E’ abbastanza coperta la piccola?”
“E’ tutto a posto. Forza. Andiamo”
E richiusero la porta.
La pioggia scrosciante.
Oscar e Leah si trovarono nel pieno di un  temporale. I tuoni a scuoterle fin dentro l’anima.
“Dobbiamo fermarci”- si volse guardando dietro si sé – “Come sta la piccola?”
Madeleine piangeva già da un po’ ininterrottamente.
“Deve avere fame ma non posso darle da mangiare prima di trovare riparo”- completamente fradicia.
“Se solo riuscissimo a capire dove siamo.”- una mano tesa all’altezza della fronte a scrutare in lontananza.
“Abbiamo percorso la strada dalla parte opposta di Lione. Non vorrei fossimo uscite dalla Francia”
“Dite sul serio?”
“Possibile. Abbiamo fatto veramente molta strada.”
La bambina continuava a strillare. Oscar posò il dorso della mano sulla fronte della piccola –“Leah, troviamo subito un riparo. Maddie ha la febbre”- preoccupata.
Continuarono sotto quel diluvio ancoro per diverso tempo. Poi finalmente –“Guardate!”- la giovane indicò verso l’orizzonte –“Sembrerebbe un convento”
“Affrettiamoci. La piccola scotta”- sempre più angustiata.
Raggiunsero velocemente quell’edificio severo e quasi angusto nella sua sobrietà ed immerso nel completo nulla di quella verde distesa.
“Ascoltate” – Leah si passò una mano sul viso per asciugarsi dall’acqua –“Dovete assolutamente fermarvi ed occuparvi della bambina. Io proseguirò. Non so bene quanto tempo ci impiegherò, ma devo raggiungere Parigi”- i capelli appiccicati al volto, gli abiti completamente inzuppati.
“Non dire sciocchezze. Sei fradicia quanto me. Ti prenderai un accidente”
“No Oscar. Ora siete al sicuro. Adesso è più importante avvisare Andrè che siete viva. Qui non avrete nulla di cui temere”- lucida e fredda nella sua decisione.
“E’ una pazzia!”
“Arriverò a destinazione e vi verranno a prendere. Fidatevi!”- bussò ripetutamente a quel portone.
“No… lo faremo assieme non appena …”
“Vi fidate di me?”
Gli sguardi si incrociarono. In due si fugge, in due si resta era stato il motto che le aveva spinte ad affrontare a testa alta il destino, assieme, contando l’una sull’altra, sorreggendosi in ogni istante e condividendo quel momento magico e straordinario della venuta al mondo di una nuova creatura.
Annuì –“Mi fido!”- quelle parole pronunciate dalle sue labbra senza dubbi, senza incertezze. La sua mano scoprì leggermente il volto di Madeleine. Un bacio. Le sfiorò il capo –“Che Dio vi assista!”- sollevando gli occhi verso Oscar.
Dall’interno dell’edificio si udì una voce – “Chi siete? Cosa volete?”
Verso la giovane –“Vai!!”- annuendo.
Lanciò un’ultima occhiata a madre e figlia e prese a correre sotto la pioggia per allontanarsi il più possibile.
La vide sparire nel verde –“In bocca al lupo … amica mia”
La finestrella posta al centro del portone si aprì.
“Vi prego, aiutatemi. Mia figlia sta molto male”
 
Si avvicinò e sedette sui gradini al suo fianco.
“Credevo fossi partita con i tuoi fratelli”- la schiena contro la porta, gli occhi rivolti ad un insolito cielo sereno e stellato.
“Il prossimo imbarco è per metà settimana. Non mi avrai più tra i piedi”- le braccia sulle ginocchia, il capo appoggiato all’uscio.
“Tu non sei mai stata tra i piedi. Non dire assurdità”- la riprese.
Rimase in silenzio a fissare quelle stelle luccicare –“Du Mont mi ha detto che hai lasciato i Soldati della Guardia definitivamente …”
“Si. Meglio così. Ho altre faccende a cui pensare”- passò una mano tra i capelli –“Mi sei mancata”- mormorò.
“Non ti sono mancata … ti è mancato ben altro”- lanciando un sasso.
Alain scoppiò in una fragorosa risata –“Yvy … sei veramente unica. Credo non esista donna al mondo che possa conoscermi così bene”
“Non pensare di convincermi …”
“Cosa saresti venuta a fare allora?”- si volse a fissarla –“Non puoi starmi lontana vero? Sii sincera”
“Lo sono sempre stata e lo sai bene”
“Ed allora dimmi. Perché sei qui?”
“Per dirti addio”- senza degnarlo di uno sguardo.
“Ah ah”- rise nuovamente –“Sei convinta di quello che dici?”
Incrociò improvvisamente quegli occhi cerulei.
Yvy  avvicinò il volto a quello di Alain. Le labbra morbide. Un bacio semplice eppure intriso di tanta dolcezza e tristezza allo stesso tempo.
Si staccò da lui lentamente – “Non ci saremmo dovuti incontrare. Avremmo dovuto lasciare le cose come stavano.”- si alzò e gli accarezzò una guancia –“Trovala e sii felice. Non lasciartela mai più sfuggire perché non ne troverai un’altra che la possa sostituire”- gli sorrise – “Addio Alain”
La vide allontanarsi senza voltarsi una sola volta.
Un lungo sospiro seguendo quella sagoma fino a scomparire in fondo alla strada.
“Buona fortuna … Yvette”- mormorò.
 
Non dovette convincere in alcuna maniera la religiosa a farla entrare.
Fradicia e febbricitante quanto la piccola Madeleine, la fecero accomodare.
“Assegnatele una delle nostre celle e procurate abiti per lei e la creatura”- il tono severo della Madre Superiora.
Lo spazio ridotto. Un letto, un piccolo armadio ed un comodino.  
Maddie fra le lenzuola. Le gote infuocate, il respiro in affanno.
Le fu portato un pasto caldo. Non ebbe la forza di toccare nulla. La sua bambina prima di tutto.
Nonostante i brividi e la temperatura elevata si preoccupò di asciugarla e cambiarla  adagiandola fra le lenzuola vicino al cuscino. Sfilò velocemente gli abiti inzuppati riponendoli su una sedia. Passò il telo fra i capelli ed indosso una camicia pulita. Sedette fra le coperte accanto alla sua piccola. Forse avrebbe potuto fare degli impacchi di acqua fredda. Mentre ragionava sul da farsi udì bussare.
Fece il suo ingresso la Badessa seguita da una consorella.
La fissò. Una donna imponente. Gli occhi scuri. Una piega profonda le attraversava la fronte. Lo sguardo di ghiaccio.
“Non ho alcuna intenzione di crearvi problemi con la mia presenza. Ho solo bisogno che mia figlia si riprenda e ce ne andremo”
La religiosa si volse verso colei che l’aveva accompagnata –“Lasciateci sole”
La porta si richiuse alle sue spalle tuonando lungo il corridoio esterno.
“Da cosa state fuggendo?”- il tono duro.
“Dall’inferno!”- senza esitare.
“Immagino abbiate un nome”
Il silenzio riprese possesso della stanza.
“Se non mi venite incontro non riuscirò ad aiutarvi”
“Oscar … Oscar Francois de Jarjayes”
Diede un’occhiata alla bambina.
“Mia figlia Madeliene Grandier”- quasi con orgoglio.
“Legittima?”
Sgranò gli occhi scioccata –“Certo che si!”- sbottò. Si accorse di essere stata poco delicata nel tono –“Perdonate. Stiamo solo cercando di tornare finalmente a casa …”
“Chi è l’altro?”- comprendendo la situazione.
“Non merita nemmeno di essere nominato!”- livida di rabbia.
Si mosse quasi fluttuando nel poco spazio a disposizione e posò sul comodino una bottiglietta.
“Somministratele questo ogni quattro ore. La febbre dovrebbe piano piano calare. Un cucchiaino”
Accostatasi al letto posò una mano sulla fronte di Maddie – “Siete stata una pazza! Una pazza incosciente”
Oscar strinse i pugni. Come si permetteva quella donna a dare dei giudizi nei suoi confronti? Che ne sapeva di quello che aveva passato in quegli ultimi mesi?
Voltate le spalle lasciò la stanza.
Attraversò il chiostro ripensando a quella strana conversazione.
Avrebbe dovuto risolvere quanto prima quella situazione. Non aveva molte alternative. Non poteva coinvolgere le sorelle in qualche complicanza.
Aperto un cassetto ne estrasse un foglio.
Intinse la penna nell’inchiostro.
Sospirò. Lasciò scorrere la mano.
Non poteva fare altro.
 
Ognuno aveva preso la propria strada.
Mornay e il Generale avevano fatto rientro alla tenuta con immensa sorpresa di Madame e Nanny. Nonostante la situazione, fu una vera consolazione avere accanto almeno il consorte e la certezza che sua figlia sarebbe tornata a casa senz’ombra di dubbio.
Sul fronte opposto Andrè, Alain e i due uomini di Vincent erano arrivati alle porte di Lione. Il viaggio era stato sfiancante. Avevano sfruttato al massimo le ore di luce per arrivare in città il prima possibile.
Le sere, esausti, avevano scambiato giusto poche parole cenando, presi dai loro pensieri.
Alain aveva visto andarsene Yvy, consapevole che quello sarebbe stato veramente un addio. Conoscendola, non avrebbe fatto alcun passo indietro sulla sua decisione.
Le sue parole non facevano una piega –“In un rapporto non si può andare d’accordo solo tra le lenzuola”. Il carattere? L’orgoglio di entrambi? Il voler aver sempre l’ultima parola? Forse il voler prevaricare sempre e comunque l’uno sull’altra? A Yvy non potevi mettere il guinzaglio. Lei era uno spirito libero. Come il mare poteva travolgerti nel bene e nel male. Un’anima ribelle.
Ma doveva esserle grato.
Si, ora i suoi sentimenti erano definitivamente chiari. E lui desiderava una donna sola al suo fianco. Leah.
Raggiunta infine la locanda, erano seduti a sorseggiare il caffè mattutino.
Andrè colse l’occasione per avere informazioni quando la proprietaria, riempiendogli la tazza, gli fece gli occhi dolci –“Sapreste indicarci se in zona c’è un castello, una rocca dove si sia ritirato un certo Bouillè?”
Questa improvvisamente impallidì rovesciando la bevanda sulla tavola –“Perdonate” – accingendosi a pulire velocemente –“Perdonate”- e fece per allontanarsi impaurita.
Alain l’afferrò per un polso –“Ehi dolcezza! Sai che hai degli occhi stupendi?”- nel tentativo di tranquillizzarla.
Questa avvampò leggermente – “Molto gentile”- abbassando lo sguardo.
“Se volessimo fermarci qui, hai da offrirci un posticino?”- esibendo uno dei suoi sorrisi maliziosamente ammalianti.
Timidamente rispose –“Siete solo voi quattro?”
“Certo, splendore”- la lusingò.
“Credo di averne ancora due con doppio letto se vi accontentate”
“Beh … avrei preferito essere da solo … e magari … che tu avessi trovato il tempo di venirmi a trovare a fine turno”- strizzandole un occhio.
Avvampò nuovamente – “Per chi mi avete preso?”
Lui sorrise  e la invitò a sedersi.
“Non posso ora”- rispose in tono schizzinoso.
“Senti bella bambina. Il mio amico non ci sa fare molto con i fiorellini come te”- baciamano –“sapresti indicarci la strada per raggiungere il castello del Generale Bouillè? Sai, siamo nuove leve. Ci hanno informato che cerca uomini forti” – gonfiando il bicipite.
Lasciò scorrere lasciva la mano su quel muscolo invitante.
“Quell’uomo finalmente se n’è andato”- un sorriso compiaciuto.
“Che cosa?”- Andrè fece quasi per scattare in piedi ma l’amico lo trattenne continuando ad abbindolare la ragazza.
“E noi come possiamo fare? Sai … a questo punto credo di essere stato fortunato perché invece di un lavoro ho conosciuto una dea”
Con una mano scostò i capelli dietro le spalle can fare vanitoso - “Hanno fatto su tutto in fretta e furia circa venti giorni fa. Avreste dovuto vedere che razza di carovana”- la lingua le si sciolse come un fiume in piena.
Alain aveva centrato il colpo. La fece sedere sulle sue gambe –“Sei un vero bocconcino”- accarezzandole la spalla scoperta.
“Vi ho detto anche troppo”- come rinsavendo dal torpore delle lusinghe del giovane –“Non posso parlare”
“Le tue labbra sono uno spettacolo”- sempre per convincerla a vuotare il sacco.
“La moglie se n’è andata … in realtà è fuggita … con la cameriera personale”
“La moglie?”- fece una finta faccia stupita continuando a stuzzicarla.
“Sentite. Vi prego. Acqua in bocca o mi verranno a prendere e della mia pelle faranno un bandiera”
“Abbiamo forse la faccia di due spie?”- agguantò Andrè per il collo con un braccio premendo il viso contro il suo –“guardaci. E tu credi che due faccine pulite ed angeliche come le nostre …?”- sbattendo ripetutamente le ciglia.
La giovane rise di gusto – “Ebbene. Quell’uomo ha preso moglie prima di Natale. Ho avuto occasione di vederla. Una giovane donna, alta, bionda. Uno splendore affianco ad un orco. Poi è arrivata quella riccia, rosa, tutte lentiggini  … dal nome strano … ed è divenuta la sua cameriera personale …”
Alain sbiancò –“Un nome strano?”
“Si, una straniera suppongo. Beh, volete ridere? Circa un mesetto fa sono fuggite!”- battendo un pugno sul tavolo.
“Cosa?”- Andrè balzò in piedi facendo cadere la sedia a terra.
Alain lo tirò per la giacca obbligandolo ad accomodarsi nuovamente.
“Ma il tuo amico ha dei problemi?”- un po’ irritata.
“E’ suscettibile”- tentando di non farle perdere il filo del discorso.
“Comunque, sta di fatto che sono riuscite a fuggire facendola in barba a quell’animale. Nonostante la gravidanza!”
“Davvero?”- il finto sbalordito.
“Ohhh si!”- le  braccia conserte – “E ben gli sta!!”
“E dimmi bel coniglietto. Se volessimo raggiungere il Generale per avere un lavoro dove dovremmo dirigerci?”
“E se ve lo dico io cosa ci guadagno in cambio?”- afferrandogli una ciocca di capelli.
Alain le prese la mano posandola fra le gambe.
A bocca spalancata percepì il suo vigore e sgranò gli occhi. Avvampò.
“E non è niente … ora!”- ammiccò.
“Ha acquistato una tenuta a Bruges, nelle Fiandre”
Alain accostò la bocca al suo orecchio –“Ti farò vedere le stelle … passerotto”
“Smonto alle undici stasera”- gli sussurrò allontanandosi.
“Pazzo, bugiardo circuitore”- Andrè gli strinse la mano –“E’ fatta! Sei un grande!”
“Oscar e Leah sono assieme”-
Andrè inizialmente fu attraversato da un brivido . Scosse il capo pensando quanto fosse incredibile che le due “rivali” avessero escogitato assieme la fuga.
“Questo cambia tutto. Si ritorna a Parigi, Alain. Potrebbero già sulla strada per casa”.
“Bouillè?”
“Sappiamo che è a Bruges. Ora non ha più scampo”.
 
“Caro fratello, giusto poche parole per informarvi che la donna di cui mi avete tanto parlato è al momento ospite presso di noi. Con se ha una bambina di pochi giorni. Mandatemi quanto prima una carrozza. Immagino sarete felicissimo di accoglierla a casa. Vostra sorella. Justine”
Sorrise compiaciuto per la notizia lisciandosi i baffi.
“Oscar Francois de Jarjayes … sarà un immenso piacere”
Fu questione di un paio di giorni.
Oscar e la piccola fortunatamente si erano riprese piuttosto velocemente. Era stata molto in apprensione per la sua creatura. Non si era mai staccata da lei. Per un paio di notti era rimasta a vegliarla nella speranza che la febbre scendesse, riacquistasse vivacità e le tornasse l’appetito. Aveva ascoltato nel silenzio il suo respiro ed il battito forte del suo cuore. Essere madre era una sensazione unica.
Seduta sul muretto di marmo , la schiena appoggiata ad una delle colonne del chiostro. La piccola Maddie fra le braccia mentre assaporava quei primi timidi e tiepidi raggi di sole. Gli occhi chiusi. Il volto più colorito e più sereno.
“Vedo che gradite la pace che c’è qui”- la Madre Superiora le si accostò.
Aprì gli occhi rivolgendoli subito alla figlia –“Si, è veramente un luogo tranquillo”- donando una carezza a quel fagottino.
“Coraggio, venite!”- la esortò.
Non intuì sul momento le intenzioni della religiosa ma la seguì. Durante la sua permanenza in quel convento ne aveva compreso le regole ed i ritmi. Pochi dialoghi, molta meditazione, preghiere e lavori manuali semplici come seguire l’orto, ricamare, la preparazione di conserve, lo studio delle erbe mediche.
Si era abituata alle maniere burbere e fredde di quella donna. Era indubbiamente una grande responsabilità la sua posizione.
La vide dirigersi verso la sua stanza. Aperta la porta la invitò ad entrare –“Raccogliete le vostre cose”
Sul volto di Oscar lo stupore. Credette di non aver inteso chiaramente.
“Non mi fissate. Fate la vostra borsa”
Mille pensieri l’attraversarono mentre preparava la poca biancheria sua e di Maddie. Si sentì persa. Non capiva. La donna parve non volerle dare spiegazioni.
Mise la sacca sulle spalle e prese sua figlia tra le braccia.
Uscite, attraversarono tutto il colonnato senza incrociare una sola consorella.
Giunte al portone le aprì.
Una carrozza scura attendeva all’esterno.
“Ma … che cosa significa?”- Stringendo la bambina al petto.
“Salite”- la intimò.
“Che cosa significa tutto ciò? Dove … ?”
“Vi prego di accomodarvi senza fare domande”- la freddò.
Si sentì come una lepre accerchiata durante una battuta di caccia. Inghiottì la paura. Più per la bambina che per se stessa e facendosi coraggio salì in vettura.
Un cenno a quell’uomo.
“Non siete mai stata qui”- fu le ultime parole che udì dalla badessa prima dello schioccare delle briglie.
La carrozza percorse la strada con un’andatura sostenuta.
Se solo avesse tentato di gettarsi fuori con Maddie sarebbe stato un suicidio. Tra l’altro nemmeno sapeva dove si trovava. Una vera mancanza da parte sua non averlo domandato, non essersi interessata di capire quanta strada ed in quale direzione lei e Leah fossero fuggite. Poteva veramente essere ovunque in un punto qualsiasi della Francia … e perché no, anche oltre confine. Troppo presa dalla salute della bambina. Null’altro le era importato.
Se quella donna le avesse teso una trappola? Se avesse in una qualche maniera informato Bouillè e fossero diretti a Bruges nelle Fiandre?
I cavalli rallentarono. Che fossero arrivati?
Invece continuarono per un lungo tratto attraverso campi verdissimi alternati a zone boschive.
Madeleine fu tranquilla per tutto il viaggio. L’allattò e la cambiò quando fu il momento e nonostante la stanchezza rimase sempre sveglia e vigile.
Il sole lentamente fece capolino all’orizzonte. Quell’uomo non le rivolse mai mezza parola. Nemmeno per chiederle come stesse lei o la piccola.
“Che indelicato” – mormorò mentre imboccavano un viale alberato al termine del quale si aprì un magnifico giardino nel pieno della fioritura.
“Uhhhh …”- udì tirare le briglie.
La carrozza si fermò. “Siamo arrivati”
“Allora parlate …!”- esclamò stizzita.
L’aiutò a scendere mentre una donna, sicurmente una domestica, le andò incontro –“Madame volete darmi la vostra borsa?”
Tese la mano cedendole il piccolo bagaglio.
“Jarjayes!”- all’improvviso.
Sollevò lo sguardo.
Sgranò gli occhi incredula.
“Voi!!!”
 

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Capitolo 59
*** SCELTE DECISIVE ***


Oscar e Leah erano fuggite.
Questa era una certezza.
Alain. Fare il cascamorto con la locandiera aveva loro permesso di carpirle informazioni importanti su quel maledetto di Bouillè.
E volente o nolente quella notte non l’aveva  trascorsa in camera con Andrè.
Lui lo sentì rientrare alle prime luci dell’alba fischiettando.
Seduto sul letto lo fissò stropicciandosi gli occhi.
Sfilata la giacca, sciacquò velocemente il viso –“Chi dorme non piglia pesci!”- passando il telo sul volto.
Scosse il capo ridendo – “Non cambierai mai”- scese per infilare la camicia.
“No Andrè …”- serio –“ L’Alain che conoscevi è cambiato. Posso garantirtelo”- guardandosi allo specchio – “Avrei potuto fare e farmi fare di tutto e di più, credimi. Invece questa sorte di gigante l’ha fatta bere fino ad ubriacarla, fino quando l’ha vista tramortita nel suo letto”.
L’amico lo ascoltò in silenzio.
“Quando vi ho visti quella notte posso giurarti che sarei stato in grado di ucciderti” – irrigidì la mascella aggrottando la fronte – “Mi sono sentito pugnalato alle spalle”
“Alain … io”
Gli fece cenno di non parlare –“Mi sono sempre fidato di te. Ti ho sempre rispettato fin da quando entrasti nei Soldati della Guardia. Avrei potuto fregarmene del fatto che eri  innamorato di Oscar. Mi sarei  potuto mettere in mezzo. Mi faceva impazzire vederla nella sua bella uniforme blu. Mi sono fatto sogni su di lei che nemmeno puoi immaginare. Avrei potuto ostacolarti in ogni modo. Del resto di te non ne voleva sapere. E credimi se ti dico quante volte, trovandomi solo nel suo ufficio, avrei potuto sbattermela, anche se so che ne avrei prese di santa ragione prima. Ma alla fine l’avrei sopraffatta. Vuoi mettere la forza di un uomo? Invece no.  Solo e semplicemente perché sapevo quanto ci soffrivi. Leah è la prima donna che mi ha fatto perdere realmente la testa.”- sollevò lo sguardo verso di lui –“Ora dimmi. Perché vi siete baciati? Che cosa c’è stato tra voi?”
Prontamente –“Nulla. Non c’è stato niente. Di tutto quello che puoi aver pensato. Se vuoi sapere se me la sono fatta in precedenza, la risposta è no, mai. Ma questo lo dovresti sapere. E per quanto riguarda quel bacio … non sarebbe dovuto accadere. Voglio molto bene a Leah  ma l’amore che provo per Oscar è tutta un’altra cosa”
“Se Oscar fosse veramente morta e Leah tornasse e ….”
“Non dirlo nemmeno per scherzo!”- balzando in piedi  stringendo i pugni –“Che cosa stai facendo Alain? Vuoi forse mettermi alla prova? Non ci proverei con Leah nemmeno se non potessi rivedere mai più Oscar!”
La tensione era palpabile.
Uno dei suoi soliti sorrisini. Afferrò il telo lanciandoglielo –“Grandier … tu nella vita hai scopato poco!”
“Meno di te di sicuro.”
“Ma sei un vero amico”-
“E tu?”
“Io cosa?”
“Che cosa provi veramente per Leah?”
“Le ho chiesto di sposarmi, questo te l’ho detto”- cambiandosi la camicia.
“Certo rammento bene. Ma vogliamo parlare di Yvy?”
Scoppiò in una risata –“Sei un bastardo Grandier”
Incurvò l’angolo della bocca –“Non hai risposto”
“Sesso, Grandier. Solo sesso. E l’argomento è chiuso”- indossò la giacca ed il mantello –“Allora, vuoi muoverti o hai deciso di startene ancora lì impalato?”
 

Un largo sorriso si distinse chiaramente sotto i baffi dell’uomo.
“D’Agoult, voi!”
Incredula ed allo stesso tempo un’esplosione di gioia nel vederlo.
“Chi l’avrebbe mai immaginato che il destino ci facesse incontrare nuovamente”
Sollievo, un infinito sollievo dopo quel lungo viaggio nell’incertezza e nel timore di avere sorprese non proprio gradite.
“Sono costernato per avervi nascosto questo piano, ma Justine ed io volevamo essere certi che andasse a buon fine, senza alcun intoppo. “
“Perdonatemi per aver pensato male di vostra sorella …”
“Non preoccupatevi. E’ comprensibile il vostro stato d’anima, dopo tutto quello che vi sarà accaduto. Ma vi prego, entriamo. Fa ancora freddo e non vorrei che vostra figlia si ammalasse nuovamente.”
Una cena semplice in un clima quasi familiare.
Per la prima volta dopo mesi, Oscar assaporò una serenità indescrivibile. La piccola tra le braccia mentre conversava con d’Agoult.
“Sono scioccato per quanto accadutovi. Mai e poi mai avrei immaginato che il Generale Bouillè fosse capace di azioni simili … non certo un esempio di gentilezza e buone maniere se rammento bene ..”- posando il calice di vino –“in tutto questo inferno, come l’avete definito voi, una nota positiva” – gli occhi su Maddie –“la vostra splendida creatura!”
Lo sguardo amorevole di madre quasi lo commosse –“ E’ magnifico vedere quanto la maternità vi abbia addolcito”
Oscar accarezzò il capo alla figlia.
“Grandier?”- sorrise seppur senz’ombra di dubbio sulla risposta.
Le guance le si colorirono leggermente per l’imbarazzo.
“Vi meritate tutta la felicità di questo mondo”
“Vi ringrazio di cuore”.
“Mi permetto di suggerirvi di andare a riposare. Domattina, se vorrete, discuteremo un po’ sul da farsi. Per qualsiasi cosa potete rivolgervi a Rose e Gaston”
I due domestici accennarono ad un saluto.
“Colonnello … vi devo veramente la vita … di entrambe”
Si alzò da tavola e prima di ritirarsi –“ Dimenticavo. Dove ci troviamo esattamente?”
“Alle porte della Foresta Nera … ne avete percorsa di strada” – accennando ad una risata.
 

Parigi non era più un miraggio.
Aveva percorso chilometri trovando raramente un passaggio. Eppure aveva tenuto duro, non si era lasciata abbattere dalle condizioni atmosferiche, dalla stanchezza ed anche dalla fame cercando di risparmiare il suo gruzzolo messo da parte e dormendo in ripari occasionali.
Una promessa.
Era sfinita. Da giorni non consumava un pasto decente. Si era limitata ad acquistare, dove le fu possibile, del pane nero e qualche frutto. Quel viaggio fortunatamente non le aveva riservato spiacevoli sorprese. Aveva macinato strada su strada.
Ora, quasi accelerando il passo, non faceva che domandarsi se sarebbe riuscita ad affrontare Alain. Avrebbe avuto il coraggio di guardarlo negli occhi? E lui? Come avrebbe reagito vedendola?
Un compito. Importante. Doveva portarlo a termine a qualsiasi costo.
Forse non l’avrebbe voluta vedere, le avrebbe sbattuto la porta in faccia. Ma prima doveva ascoltare. A costo di gridargli che Oscar era viva. Si, lei e la sua bambina ed avevano trovato rifugio presso quel convento.
Provò una gioia indescrivibile quando finalmente in lontananza intravvide le luci della taverna di Du Bois.
Finalmente un boccone più sostanzioso del normale, poi si sarebbe recata da Alain.
Ma quando si affacciò e lo vide riempire i boccali dietro il bancone , fece un passo indietro. Il cuore iniziò a batterle all’inverosimile, quasi da volerle esplodere in pieno petto.
Le spalle contro il muro. Il terrore negli occhi come se avesse visto un fantasma. Le ginocchia quasi cederle. No, non ce la poteva fare!
Si allontanò svoltando il primo angolo.
“Ma che stai facendo?!! Hai paura della sua reazione? D’accordo. Ma tu non puoi tirati indietro! Rammentalo!!”
Che ci faceva da Du Bois? Forse lo stava semplicemente aiutando.
Avrebbe atteso fuori. Sedette in un angolo al buio in maniera che nessuno la vedesse.
In silenzio.
 

D’Agoult aveva fatto allestire la camera in maniera che ad Oscar non mancasse nulla. Accanto al letto una culla ove riporre la sua Madeleine.
Ebbe quasi la sensazione di essere ritornata a Le Conquet.
Le finestre davano su un piccolo parco interno. Aperti i vetri rimirò a lungo quel paesaggio in grado di suscitare veramente una sensazione di benessere, di serenità. Il Colonnello aveva scelto proprio un luogo incantevole per poter trascorrere i suoi giorni dopo la presa della Bastiglia.Rammentò le avesse raccontato di essere amante della natura, in particolar modo dei fiori. Il giardino sottostante era curato  in maniera ineccepibile.
Respirò a pieni polmoni quell’aria frizzante – “Andrè … l’incubo  è finito. Nonostante la distanza, tu sei qui con me tutti i giorni negli occhi di nostra figlia”.
Chissà se Leah fosse riuscita a raggiungere Parigi. Sedette poggiando il volto fra le braccia incrociate sul davanzale. La luna alta ad illuminarle il viso.
Il pianto di Maddie irruppe nei suoi pensieri.
 

Attese in silenzio e al buio in quell’angolo pervasa da un tremore continuo. Freddo e paura. Paura per come avrebbe reagito Alain. Per quanto fosse buono d’animo era come un fiammifero. Bastava un non nulla perché s’ ìncendiasse.
Un sospiro. Gli avrebbe detto di Oscar e se ne sarebbe andata, per sempre. Si. Non avrebbe voluto essergli d’intralcio.
I rintocchi di Notre Dame la risvegliarono dal torpore nel quale si era assopita. Il vociare di due persone interrotto da una fragorosa risata. Leah riconobbe la voce di Alain.
“Riesci ad immaginare quando irromperemo da quel bastardo?”- una vigorosa pacca sulla spalla.
“Bernard ci farà sapere come sia meglio agire. Dovremmo recarci  forse in un paese straniero. Cavoli! Se fosse per me sarei già là con un fucile puntato”- commentò Andrè.
“Certo che le ragazze sono state grandiose”- passando ripetutamente lo stuzzicadenti da un lato all’altro della bocca.
Un fruscio alle loro spalle.
Con fare minaccioso si volse stringendo i pugni e mettendosi sulle difensive – “Vieni fuori, chiunque tu sia!”
Andrè assecondò l’amico pronto ad un’eventuale colluttazione.
In quella penombra avanzò una figura.
“Ehi amico, hai dei problemi? Vieni fuori che sistemiamo subito la faccenda!”- sempre più adirato.
Leah si morse un labbro e facendosi coraggio, lentamente –“Alain …”- sibilò.
Spiazzati, increduli entrambi di fronte a quella visione.
Alain  ebbe la sensazione che gli si fermasse il battito del cuore. Deglutì ripetutamente sconvolto.
Non poteva essere. Un passo verso di lei.
La giovane abbassò gli occhi certa di udire le sue urla risuonare nel vicolo e perché no, un sonoro ceffone.
Tese la mano sfiorandole dolcemente il viso.
Sollevò lo sguardo inumidito dalle lacrime.
“Leah …”-
Tutta la dolcezza che conosceva di Alain nel pronunciare il suo nome.
Le afferrò delicatamente una mano e la trasse a sé stringendola come non aveva mai fatto.
Quelle braccia forti, protettive, cariche d’amore e di perdono. Non vi furono parole ad accompagnare quegli istanti così unici. Solo sguardi intensi, di gioia.
La bocca accostata al suo orecchio – “ Non mi lasciare mai più”.
Sorrise affondando il volto solcato dalle lacrime sul suo petto.
Riprendendo fiato entrambi, riuscirono a sciogliersi  da quell’abbraccio mentre Andrè ebbe solo la forza di chiederle – “Oscar?”
Si avvicinò al giovane. Quegli occhi, quei magnifici occhi smeraldo che le avevano fatto tanto battere il cuore. Gli accarezzò una guancia – “Ciao Andrè! Oscar sta bene. Non è con me, ma sta bene”
Una tempesta di sensazioni, emozioni. Mille perché.
Da un lato quelle parole lo rasserenarono spingendolo ad abbracciare la ragazza. – “Sono felice tu sia salva”
Lo guardò nuovamente ben comprendendo i suoi mille interrogativi – “Non temere. Stanno bene entrambe. Madre e figlia”
Si sciolse dall’abbraccio di quella giovane entrata come un temporale estivo nella sua vita sconvolgendola. Il cuore ora ben più leggero pervaso da un profondo sentimento di affetto. Solo affetto.
Madre e figlia. Un eco nelle sue orecchie, nella sua mente. Era padre.
Ingoiò le lacrime fissando Alain radioso.
“La tua Madeleine è bellissima”- sorridendogli.
Sua figlia. Era nata ed Oscar aveva scelto per lei lo stesso nome di sua madre.
L’amico gli tese la mano –“Ehi … congratulazioni … Papà!”
Confuso. Scioccato. Deluso. Impossibile descrivere il suo stato d’animo.
“Perdonami Andrè. Lei sarebbe venuta con me … ma Maddie era febbricitante. Sarebbe stato da vere incoscienti  … Sono rimaste al sicuro in un convento poco distante da Colmar”- tentò di rassicurarlo.
Un velo di tristezza attraversò i suoi occhi.
Alain lo afferrò con un braccio per il collo –“Dai, oramai ci siamo! Tutte le tessere stanno andando al loro posto”- e volgendosi verso Leah – “Forza ragazzi. Torniamo a casa. Fa freddo”
Era tardi quando la ragazza terminò di raccontare loro quanto accorso da quella sera in cui era stata rapita al punto di raccolta per raggiungere il porto.
Andrè. Ben poco rincuorato del fatto che Oscar fosse in un luogo lontano da quel mostro di Bouillè. La mano a pugno premuta contro le labbra. Avrebbe desiderato averla finalmente tra le braccia assieme a sua figlia ma … il destino li voleva ancora lontani.
Sollevato lo sguardo, questo ricadde sull’amico. Gli occhi lucidi quasi in contemplazione della sua Leah.
L’accenno di un sorriso comprendendo bene di essere il terzo incomodo in quel frangente. Provò una gioia smisurata vedere i due finalmente ricongiunti.
 “Vado a dormire”- passando una mano tra i capelli – “E’ bello averti nuovamente a casa“ – rivolgendosi in ultimo alla giovane.
“Grazie Andrè … sei molto caro”- ricambiando quel sorriso.
“Domattina dobbiamo recarci da Bernard …”- gli ricordò.
“Si, certo”- un cenno con la mano salendo le scale.
Calò il silenzio.
Leah ultimò la tazza di latte. Messa da parte, prese a tormentarsi le dita. Lo sguardo basso.
Alain l’afferrò per un polso –“Giuro che mai più mi permetterò di farti una cosa del genere”- portando la mano alla bocca e baciandola.
Si coprì gli occhi con l’altra – “Perdonami Alain … ti prego. Non volevo ferirti … ho sbagliato … io …”
Si alzò dalla tavola e la prese in braccio – “Basta! Non voglio più parlare di ciò che è stato”. La sua Leah, la sua piccola Leah era a casa.
Gli cinse il collo facendo aderire la guancia alla sua. Era imponente il suo Alain.
“Hai freddo? … sei ghiacciata”
“Vorrei darmi una sistemata”
“Ti scaldo dell’acqua”. Preparò la tinozza mentre la vide raccogliersi i capelli.
La mano leggera sul viso. L’aria stanca. Allentati i laccetti sfilò il corpetto e la camicia.
La gonna ricadde a terra.
Alain deglutì.
Visibilmente dimagrita. Le costole spingere vistosamente sotto la pelle bianca quasi a tenderla al limite.
In piedi, di spalle mentre infilava un piede poi l’altro nell’acqua. Un mucchietto d’ossa.
Prese una pezza e dopo averla bagnata gliela passò delicatamente sulle spalle.
Una magnifica sensazione. Un brivido percorrerle la schiena.
Lasciò ricadere la testa cercando quegli occhi come la notte.
Dio! Quant’era bella. Le baciò teneramente la fronte.
Allungò le braccia all’indietro fasciandolo per il collo a cercare la sua bocca.
Le sue labbra, morbide, invitanti. Senza indugio, con trasporto e passione.
Senza staccarsi da lei fece il giro della tinozza. Una mano a sfilare gli stivali. Aggrappato con l’altra al bordo di quella vasca slacciò velocemente i pantaloni e senza togliere la camicia si infilò nell’acqua.
Chino su di lei la baciò ripetutamente sul collo.
Le gambe tornite di Alain sfiorarono quelle della giovane ed in breve lo spazio che li separava si annullò completamente.
Sollevatosi la prese  sotto le braccia e dopo essersi seduto l’adagiò a cavalcioni su di lui.
Leah posò le mani sul suo torace –“… la camicia”- ridacchiò.
In una semplice mossa la sfilò lasciandola in una pozza d’acqua sul pavimento.
Ogni senso si accese prendendo il sopravvento. L’afferrò per i fianchi attirandola a sé. I suoi giovani seni aderire a quel petto scolpito in ogni suo muscolo.
Le fece muovere il bacino a stuzzicare ulteriormente il suo vigore mentre la punta della lingua le torturava i capezzoli.
Un gemito afferrandolo tra i capelli.
La mano delicata dietro la nuca, il volto di fronte al suo … il fiato sulle sue labbra.
Lo sentì  farsi strada in lei. Trattenne il respiro fino a quando le mani sui glutei la condussero ad un affondo completo accompagnato da un lamento trattenuto fra i denti.
Le braccia forti di Alain incrociarsi sulla sua schiena e quella danza morbida in un ritmo sempre più veloce, un contrarsi continuo di muscoli, il desiderio esplodere poco prima di quell’ondata calda a completare quella voglia di amarsi ancora e di appartenersi.
“Ti amo”- accarezzandogli una guancia.
Rimase quasi basita di fronte a quegli occhi lucidi che la fissavano.
“Vuoi ancora sposarmi?”- scostandole alcuni ricci dalla fronte.
L’ennesimo bacio con tenero trasporto – “Mille volte si!”- stringendosi a lui.
 

“Ascoltate. Siete libera di fare della vostra vita ciò che più via aggrada. Ora, come allora, potete scegliere consapevole delle conseguenze  alle quali andrete incontro. Non vi metto certamente fretta. Potete restare quanto desiderate. Qui non verrà nessuno a cercarvi. Ma sappiate, siete madre. Non penso vogliate mettere a repentaglio l’esistenza della vostra bambina. Nemmeno Grandier approverebbe.”
Oscar ascoltò le parole di D’Agoult quasi in un religioso silenzio. Maddie riposava serena fra le braccia di sua madre.
“Credo dobbiate pensare prima di tutto a lei …”
L’accarezzò dolcemente fra quei teneri riccioli dorati e le parve perfino sorridesse al tatto delle sue dita affusolate.
“Che cosa mi consigliate di fare?”
“Restate, fino a quando la situazione non sia tale da permettervi di rientrare a Le Conquet. Nel frattempo mi metterò in contatto con mia sorella Justine affinchè , in maniera molto discreta, si occupi dell’annullamento del matrimonio”
Le suonarono così pesanti quelle parole “annullamento del matrimonio”. Sarebbe mai stata in grado la Madre Superiora di portare ad una conclusione definitiva quella faccenda? Lo sguardo ricadde sulla mano sinistra. Il pollice e l’indice a passare e ripassare, a stringere,  alla ricerca di quel simbolo d’amore che aveva smarrito durante l’incendio. Quella notte quando tutto aveva avuto inizio.
L’anello di Bouillè lo aveva dato a Leah perché lo vendesse e ne tenesse il ricavato utilizzandolo a suo piacere.
“Rischierei di non rivedere Andrè ancora per molto tempo se non mai più …”
“Manderemo un mio fidato a Parigi per informarlo di voi e della piccola. Potrei recarmi dai sovrani per esporre loro quanto successo e richiedere, sempre che lo concedano, un mandato d’arresto nei confronti di Bouillè. Non so quanto potrebbe servire, ma tentare non nuoce”
“Ho seri dubbi sulla sua fattibilità. Mi hanno negato la possibilità di convolare a nozze con Andrè. Dopo la presa della Bastiglia i rapporti si sono interrotti e non credo mi vedano più di buon occhio”
“Vorrei evitare uno scambio epistolare per precludere qualsiasi fuga di notizie, eventuali interferenze o sorta di possibilità di rintracciarvi”
“Non voglio crearvi problemi …”
“Nessun problema. La sconcertante pazzia di quell’uomo dev’essere fermata definitivamente. Non deve più nuocere a voi, alla vostra famiglia e a qualsivoglia essere umano”
D’Agoult non aveva tutti i torti. Eppure non si sarebbe sicuramente tirata indietro se il sopportare l’ennesimo distacco, lontananza, avesse condotto ad una soluzione definitiva. Andrè lo avrebbe compreso ed accettato  … per il bene di tutti e tre e della famiglia.
Aveva giurato vendetta di fronte ai suoi aguzzini. Stava rinunciando? Dov’era la sua fierezza, la sua grinta, il suo coraggio? Avrebbero pagato il male. Ma davanti a tutto veniva Madeleine. Avrebbe rinunciato alla sua stessa vita pur di ricondurre sua figlia, nella massima serenità, tra le braccia di suo padre e dei suoi nonni.
“Se acconsentirete invierò immediatamente un mio emissario a Parigi. Io mi metterò in viaggio domattina … potrei anche riuscire ad arrivare in giornata …”
Con la figlia tra le braccia si levò dalla poltrona affiancandosi alla grande vetrata che dava sul giardino.
Gli occhi si spinsero lontano …
Doveva decidere. Subito.
 

“La fortuna che Leah sia stata in grado di darci indicazioni su dove si trovi approssimativamente questo convento. Purtroppo però abbiamo anche il rovescio della medaglia. La situazione in Francia sappiamo bene quale sia. Recarsi in un paese straniero al momento è alquanto complesso. Mi hanno riferito di perquisizioni ai confini da parte di militari per limitare le fughe dal paese di questo periodo”
“Che cosa vorresti dire Bernard?”- lo sguardo crucciato –“Non è possibile mettersi in viaggio per raggiungere Oscar?”
“Ho paura che sia proprio così”- le mani incrociate sotto il mento.
Andrè sbiancò.
“No! Dobbiamo trovare un escamotage”- osservò Alain.
“Il mio suggerimento è quello di attendere …”
“Ancora? Mi prendi in giro Bernard?”
“No Andrè. Lo dico a malincuore ma lo dico seriamente. I militari ai confini non sono così clementi”
“Se necessario andrò da solo. Non m’importa dei soldati”
“Ehi … valutiamo un attimo la situazione”- lo esortò Alain.
“Non esiste”- alzandosi di scatto.
“Senti …”
“Alain, non sei obbligato a seguirmi, credimi!”- uscendo.
A passo veloce raggiunse l’abitazione dell’amico mentre questo gli tenne dietro implorandolo di cambiare idea.
“Diamine. Mi parli così perché la donna che ami è qui … vuoi metterti nei miei panni per una volta? Sono mesi che l’hanno portata via . Non ho nemmeno visto nascere mia figlia … te ne rendi conto?”
“Se non corressimo troppi rischi ti appoggerei in tutto e per tutto ma …”
“Ho capito! Non importa. Farò da solo”- volgendogli le spalle
“Andrè!”- lo afferrò per la giacca .
“Lasciami o finisce male” – sulle difensive.
“Basta!!”- s’intromise Leah – “Smettetela tutti e due!”
“Non esiterò a metterti le mani addosso per impedirti di fare una sciocchezza” – Alain strinse i pugni.
“Coraggio! Fatti avanti!”- lo incitò l’amico.
“Basta! Ho detto basta” – un ceffone ad entrambi – “Vergognatevi! Siete peggio dei bambini che si azzuffano in strada” – poi rivolgendosi ad Alain –“Mi stupisce l’atteggiamento nei confronti del tuo miglior amico. Ha perfettamente ragione. Dovresti provare a metterti nei suoi panni. La sofferenza umana ha dei limiti, non credi?”- poi guardando Andrè –“Oscar, pur non avendo alcun dubbio su tutto l’amore che nutri per lei, asseconderebbe Alain. Questo posso garantirtelo. Lei attenderebbe. Per non rischiare la vita. E lo farebbe per sua figlia. Se non ci fosse di mezzo questa creatura sfiderebbe il mondo per raggiungerti. Vuoi andare a prenderla? Bene!  Fai pure. Ma se durante il viaggio di rientro in Francia vi capitasse qualcosa, soprattutto a Maddie, non te lo perdoneresti per tutto il resto della tua vita!”- gli strillò contro.
La sua voce quasi echeggiò all’interno della stanza.
Subito dopo il silenzio riprese pieno possesso dello spazio fra quelle mura.
I due amici impietriti per la reazione della giovane.
Eppure quel discorso li fece ragionare.
“Siete infantili … e pure egoisti “- i pugni stretti dalla rabbia –“Consiglio sinceramente un bella boccata d’aria per schiarirvi come si deve le idee”- tornando ai fornelli – “e se sparite dalla mia vista per un po’ mi fate solo un gran piacere. Stupidi sciocchi che non siete altro!”
Alain si ritrovò sulla soglia di casa. Poi rivolgendosi all’amico –“Vieni da Du Bois?”
Rimase a pensarci qualche secondo – “Senti amico, mi spiace”-
“Dai, andiamo a berci qualcosa. Tutta questa situazione non fa che mettere alla prova i nostri nervi. Non ti invidio Andrè. Sei d’acciaio. Al tuo posto non so se sarei ancora qui a lottare”- una pacca sulla spalla mentre lentamente si avviarono.
 

La piccola attaccata al seno.
L’indice sfiorarla teneramente sulla guancia. Negli occhi amore, un infinito amore.
La vide addormentarsi tra le sue braccia.
Sistemò la camicia e depose Madeleine nella culla senza dimenticare l’ennesima carezza.
“Andrè … cosa devo fare? Noi stiamo bene. Qui nessuno verrà a cercarci. Ci sono momenti in cui non mi riconosco. A volte mi domando dove sia finita la Oscar combattente, fiera, risoluta nelle sue decisioni e scelte. Non mi sono mai arresa di fronte alle difficoltà. Anzi. Gli ostacoli sono sempre stati uno stimolo. Forse l’essere madre mi ha profondamente cambiata. Ora davanti a tutto viene lei, la nostra creatura, nostra figlia. La nostra Madeleine. La mia vita.” – le sistemò la copertina –“Rischierei il tutto per tutto se fossi certa di non mettere in pericolo la sua esistenza. Come posso rassicurati? D’Agoult è stata la nostra salvezza. Domani si metterà in viaggio per Parigi. Vuole raccontare quanto accaduto ai sovrani. Dopo averci ragionato a lungo cerco di essere ottimista. Credo verrà ascoltato e Bouillè non avrà più scampo. Piuttosto mi preoccupa l’altro. Se solo conoscessi la sua identità. Sono certa che la sorella riuscirà ad aiutarci per far annullare il matrimonio.”
Afferrò una forbice.
Si chinò sulla piccola. Un bacio –“Perdonami bambina mia”
 

Se ne stette seduto al bancone a bere e chiacchierare con Alain, intento a lavorare,  Du Mont, Lasalle e Delacroix.
L’umore non era dei migliori ripensando a quanto riferitogli da Bernard. Cosa ancora doveva aspettare per ricongiungersi ad Oscar? Sapere dove si trovasse e non poterla raggiungere. Ma ciò che lo tormentava maggiormente, che faceva più male era quello di non essere stato accanto a lei nel momento più importante, di non aver visto nascere sua figlia.
“Ehi Andrè!”- lo scosse Alain.
Tornò alla realtà come risvegliandosi da un torpore immerso in pensieri che lo torturavano giorno e notte.
“Dai … smettila di sognare!”- insistendo – “In fondo al locale … guarda quel tipo”
Si volse con fare indifferente sorseggiando dal boccale. Poi tornò composto – “Quello nell’angolo?”
Alain annuì continuando ad asciugare uno dei bicchieri – “ E’ tutta sera che se ne sta là seduto … non vorrei mai …”
“Tu sei in una posizione strategica. Tienilo sott’occhio e dimmi quando se ne va”
Il tale non colloquiò con alcuno. Si limitò a rimanere seduto in silenzio fino a quando la taverna non si fu vuotata completamente.
“Si sta alzando!”- osservò sussurrando all’amico – “Viene qua”
L’uomo si avvicinò guardandosi attorno – “Siete voi Grandier?”- attento che occhi indiscreti non seguissero la conversazione.
“Sono io”- irrigidendosi.
Sedette al suo fianco e sfilata una sacchetta nera dalla tasca la fece scivolare sul bancone.
“Senti amico” – Alain gli si parò di fronte con fare minaccioso – “cerchi guai?”- fece scrocchiare le nocche nei palmi delle mani.
“Posso avere da bere?”- sollevò lo sguardo verso di lui.
Andrè allungò le dita afferrando quel sacchetto e sciolti i laccetti tentò di rovesciarne il contenuto. Non fuoriuscendo nulla sul ripiano le infilò all’interno e ne estrasse una ciocca di capelli –“Che cosa significa?”- visibilmente scosso.
“La piccola”- osservandolo con la coda dell’occhio .
Sgranò gli occhi.
Alain lo afferrò per la gola – “Bastardo! Che le hai fatto?”
“Lo manda lei”- la voce strozzata portando una mano su quella del giovane stretta al collo.
“Lascialo Alain!”- fissando l’uomo con rabbia –“Fallo parlare”
Respirò a pieni polmoni sistemandosi e tentando di ricomporsi –“Ascoltatemi. Non posso restare molto.”- guardandosi nuovamente attorno –“Vi porto un suo messaggio”
Un senso di smarrimento, confusione … cosa voleva dire tutta quella scena?
“Restituiti i guanti. Trottola e coltellino sono nella scatola sotto la quercia. Uno strappo nel velo. Riponi gli stivali ad Arras.”
“Forse hai bevuto un po’ troppo”- togliendo il bicchiere dalle mani dell’uomo –“Cominci a straparlare”
Andrè ad occhi chiusi. La mano a pugno sulla bocca –“Oscar che cosa vuoi dirmi?”.
Si strofinò ripetutamente la faccia con le mani –“Ragiona Andrè, ragiona”.
“Dobbiamo stare ad ascoltare ancora per un pezzo questo squilibrato?”- il gomito appoggiato sul bancone, lo sguardo irritato.
“Restituiti i guanti …. trottola e coltellino … il velo …. Arras …”- mugugnò – “… restituiti i guanti …”
Rovistò nei pensieri, spalancando le porte ai ricordi, facendo scorrere immagini ….
“I guanti …” – ripetè nuovamente –“ … i guanti…”.
“Ascoltate … non posso trattenermi oltre. Se avete un messaggio da ritornare …”
Volgendosi verso l’uomo –“Ditemi solo si o no. Questo mi basterà . Mattina del 14 luglio. Caserma dei Soldati della Guardia”
Il tale annuì accennando ad un leggero sorriso.
“Una rosa non un lillà.”- Oscar avrebbe compreso benissimo. E guardando Alain –“Cork è in fiore”
Un cenno con il capo.
“Ditemi un’ultima cosa”- attirano la sua attenzione –“Dove?”
“Fuori Freiburg  ai confini della Foresta Nera”- quasi sussurrando.
Pagò. Un cenno con la mano ed uscito dalla taverna si dileguò.
Alain. La faccia poggiata su una mano. Lo sguardo pensieroso. –“… guanti … lillà … stivali … Cork … ehi scusa? Sono io che inizio avere dei seri problemi o …?”
“Ti spiegherò a casa. Non qui”- poi rivolgendosi agli amici –“Ragazzi … acqua in bocca. Voi non avete visto e sentito nulla”
“Non preoccuparti Andrè”- Delacroix  gli strinse la mano –“In bocca al lupo qualsiasi cosa tu abbia compreso e deciso di fare”
 

“Il Colonnello D’Agoult? Si certo, fatelo pure accomodare”.
“Mio Re … non trovate sia alquanto strana la sua presenza qui?”- Maria Antonietta prese ad andare avanti e indietro.
“Di cosa vi preoccupate mia cara. Ha servito degnamente la monarchia. Impeccabile e .. “
“Rammentate? Forse non rammentate … Madamigella Oscar … i Soldati della Guardia …”- stizzita.
“Sapete bene che non avrebbe potuto fare altro … avreste forse preferito si rivolgesse a Bouillè ?” Madamigella sarebbe stata designata al Tribunale Militare. Che ne è stata della grande amicizia che vi ha legato a lei?”- Luigi XVI aggrottò la fronte perplesso.
Strinse i pugni battendo un piede sul pavimento –“Non avrebbe dovuto! Io non riesco, non posso capacitarmi della sua scelta. Per non parlare poi di voler convolare a nozze con un suo servitore”
“Desidero ricordarvi che state parlando di Andrè Grandier …”
“Maestà! Vi prego. Come potete assecondare un legame di questo tipo?”
“Suvvia … si tratta di Madamigella Oscar … i Jarjayes sono sempre stati fedelissimi alla Corona. Non credete sia giusto che possa vivere finalmente come desidera e non come imposto dal padre? Mia regina … è una donna.”
Sbuffò seccata che il consorte approvasse – “Io non sono per alcun motivo intenzionata a perdonare Madamigella. Assolutamente. E comunque il Colonnello D’Agoult non è certo qui per questo”
La porta del piccolo studio si aprì.
D’Agoult fece il suo ingresso.
Chinò il capo facendo volteggiare il cappello  –“Loro Maestà”
“Colonnello, è un vero piacere rivedervi dopo così tanto tempo”- Luigi lo fece accomodare – “Bevete qualcosa?”
“No, vi ringrazio”- un gesto di diniego con la mano.
“A cosa dobbiamo questa visita? Posso confidarvi di essere alquanto sorpreso … così all’improvviso senza alcun preavviso”
“Sono qui per il Generale Bouillè”
“Prego?”- Maria Antonietta strinse nervosamente il bracciolo della poltroncina.
“Ecco … avrei una richiesta da farvi … questo naturalmente dopo che avrete ascoltato quanto ho da raccontarvi. Ne va della vita di Oscar Francois de Jarjayes”
La sovrana balzò in piedi – “D’Agoult!!”
“Vi prego. Non potete dimenticare il profondo affetto e la stima reciproca che vi ha legato per anni”
Volse lo sguardo dalla parte opposta –“Anche voi! “ – sempre più seccata –“Ha commesso un errore imperdonabile!”
“Maestà … dovreste sentire quanto ho da dirvi sul Generale”
“Mia Regina … lasciamolo parlare …. “- tentò di convincerla.
“Potrete raccontarmi ciò che vorrete, ma non cambierò sicuramente idea”
“Invece io credo il contrario quando saprete cos’è stato in grado di fare quell’essere”
“D’Agoult … “- lo riprese il Sovrano.
“Mio Sire … vogliate ascoltarmi. Voi nemmeno immaginate ….”- il tono supplichevole.
Maria Antonietta fissò il Colonnello verde dalla rabbia. Non era riuscita proprio a digerire quell’ultimo incontro con Oscar. Si era sentita tradita dalla persona nella quale riponeva la massima fiducia .
“Colonnello parlate pure … vi ascoltiamo …”
La Regina volse il viso di scatto quasi a fulminare il consorte
“Mia Sovrana … decideremo alla fine, siete d’accordo?”- il tono pacato.
Non rispose, ma alzatasi incrociò le braccia voltando le spalle.
“Parlate dunque!”
L’uomo inspirò a pieni polmoni.
D’Agoult narrò per filo e per segno quanto accaduto alla giovane soffermandosi sui momenti cruciali e calcando sulla vera identità di Bouillè.
Maria Antonietta, pur non guardando l’uomo, non si lasciò sfuggire una sola parola del Colonnello. Scioccata, sconvolta, amareggiata e profondamente colpita dalla sua narrazione. Strinse le mani al petto con le lacrime agli occhi –“Oscar … che cosa mai avete dovuto sopportare!”- dentro di sé. Il racconto fu lungo eppure rimase immobile, come impassibile mentre, al contrario, provò una sofferenza indescrivibile.
Quando D’Agoult ebbe terminato calò il silenzio.
Luigi impietrito di fronte a tanta cattiveria.
La sovrana portò una mano agli occhi  - “Oscar … perdonatemi …”
Il Re se ne accorse ed avvicinatosi –“Mia cara … cosa vi prende?”
“Oscar … la nostra Oscar ..”- le lacrime solcarle il viso –“Vi prego Maestà. Quell’uomo deve pagare. Non si po’ arrivare a commettere tali azioni nei confronti di un essere umano. E’ mostruoso!!”
“Colonnello, che cosa possiamo fare ?”
“ Quell’uomo deve essere catturato e condannato”
Il sovrano sedette alla piccola scrivania –“Bisogna provvedere immediatamente prima che mi vengano tolti tutti i poteri. O sarà troppo tardi"

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Capitolo 60
*** TEMPO DI RIVINCITE ***


“Ehi … ehi…. Un momento, con calma. Non ci sto capendo nulla!”! – Alain strofinò una mano fra i capelli –“Io ne sto uscendo pazzo. Dunque , i guanti sono D’Agoult, la trottola tua figlia, Arras è in realtà Le Conquet ..: caspita! E pensare che questa sera non ho toccato nemmeno un goccio”
“Ascolta. Cosa fece Oscar la mattina del 14 luglio? Diede i guanti a D’Agoult per consegnarsi al tribunale militare per insubordinazione. “
“Rammento”
“La trottola ed il coltellino sono due oggetti che nascondemmo ai piedi di una quercia dentro una scatola. Era il nostro tesoro”
Annuì sempre più confuso.
“Mettiamo da parte il velo strappato che devo ancora capire, gli stivali li metti per cosa?
“Per camminare. Che domanda””
“Perfetto. Arras è un luogo che amiamo molto entrambi”
“Senti Andrè … un metodo meno complesso per mandarvi un messaggio no?!”
“Oscar si trova da D’Agoult. Lei è il coltellino e Madeleine è la trottola. Significa che sono al sicuro a casa del Colonnello. Per quanto riguarda gli stivali, devo smettere di cercarla e di tornare a Le Conquet. “
“Ma cosa ha a che fare con Arras?”
“Non poteva menzionare dove vogliamo stabilirci”
“Lei e la bambina sono al sicuro da D’Agoult. Io devo tornare a Le Conquet ed attendere. Il velo … “
“Direi che indica il matrimonio. Che abbia a che fare con l’annullamento del matrimonio con Bouillè?”- Leah sorseggiò il latte dalla tazza.
“Già! Forse qualcuno … forse D’Agoult …”
“Ehi bambolina! Sei grande”- schioccandole un bacio sulle labbra –“Ma toglimi una curiosità. Perché tutto questo?”
“Quando arrivai a palazzo Jarjayes Oscar mi iniziò a questo linguaggio segreto per non far comprendere le nostre intenzioni a mia nonna e al Generale”
“Aspetta. Una rosa non un lillà ….”- un sorrisino sarcastico –“vecchio marpione. Come dire alla tua bella che l’ami. Rammento quando mi raccontasti quell’episodio. Fu da li che bene  o male decidesti di arruolarti per seguirla”
Andrè rise di gusto –“Vedi, hai già imparato”
“E Cork? Ha a che fare con Leah?”
“Sono certa che comprenderà.  Per informarla che è sana e salva a casa”
“Certo che sei fantastico. Hai ideato un messaggio in pochi secondi!”
“Ho imparato da lei”
“Straordinario il nostro Comandante”- tirando la sedia di Leah vicino – “Hai capito amore mio con chi abbiamo a che fare? “
“Che cosa farai ora? Seguirai le indicazioni di Osar?”- rivolgendosi al giovane.
Un lungo sospiro stringendo nella tasca la sacchetta con la ciocca di Maddie.
 

“Non posso crederci . Luigi XVI ha emesso un mandato d’arresto per uno appartenente alla nobiltà?!”
“Mio caro Maxim … forse Capeto vuole farti le scarpe e riprendersi il potere. I Reali vanno sterminati assieme a tutti coloro che li hanno serviti”
“Saint Just, dacci un taglio!”- fulminandolo con lo sguardo –“Che cosa sai di questa faccenda Bernard?”
“Immagino che i sovrani abbiano preso questa decisione probabilmente perché, e bada è una mia visione personale del fatto, qualcuno deve aver loro riferito la vicenda di Oscar Francois de Jarjayes”
“La bionda che fa l’uomo!”- esclamo Saint Just con disprezzo –“Fossi in te Maxim farei attenzione a tutti questi sotterfugi”
“Che cosa vorresti dire?”
“Quella donna ha comandato inizialmente le Guardie Reali ed è stata per anni al servizio dell’Austriaca. Destituire Bouillè e farla tornare allo scopo di rimettere assieme un esercito e marciare su Parigi. Occhio! La tua Rivoluzione non andrà mai a buon fine fino a quando non li avrai fatti fuori tutti”
Robespierre sedette appoggiando una mano alla bocca.
 “Dovremmo fare altrettanto e chiedere al tribunale di emettere un mandato di arresto anche per la Jarjayes … ”- suggerì  continuando il discorso.
“Stai scherzando, vero? Voglio rammentarti che Oscar si è schierata dalla parte del popolo”
“Bernard, la difendi perché è amica di Rosalie. Non ha forse lavorato per lei fino a poco tempo fa?”
“Saint Just. C’eri anche tu il 14 luglio nei pressi della Bastiglia. Hai visto come ha gestito il popolo per utilizzare i cannoni. Vuoi fare tanto il fenomeno. Perché non ti sei offerto quando è stato il momento di assaltare la fortezza? Con gli ex Soldati della Guardia ha …”
“Basta Bernard!”- lo interruppe Robespierre –“So bene cosa fece in quell’occasione e siamo grati a lei ed ai suoi soldati. ”
“Vorresti ascoltare Saint Just? Credo che chi si è schierato con il popolo sia da considerarsi del popolo”
“Fate un po’ come volete. State usando troppo i guanti di velluto.”
“Che cosa suggerisci Bernard?”
“Chiederei al Tribunale di fare altrettanto con un ulteriore  mandato d’arresto per Bouillé ”
“A quale scopo? Due mandati?”
“In una maniera o nell’altra verrà catturato”- battendo un pugno sul tavolo – “Ma se saremo noi a farlo sarà un vero successo, un tuo successo. Robespierre che cattura l’aguzzino di colei che ha supportato il popolo di fronte alla fortezza.”
“E nel frattempo lasciamo libera la bionda e la sua famiglia”- concluse Saint Just.
“Piantala!”- sempre più irritato –“Vatti a fare un giro. Qui non sei d’aiuto”
“Siete ridicoli”- allontanandosi –“Robespierre, la tua Rivoluzione comincia a far acqua ancora prima di entrare nel vivo. Continua pure ad essere morbido nel prendere le decisioni. Se non cominci a dare esempi forti il popolo primo o poi ti abbandonerà … fai attenzione … Maxim”- con sarcasmo.
“Perché continui a tenerlo nel gruppo? Saint Just è sempre stato troppo sanguinario”- scuotendo il capo.
“Molti fra i parigini approvano le sue idee. Bisogna solo tenerlo a freno”- appoggiandosi con la schiena alla sedia –“Mi auguro solo che il tribunale non faccia problemi per l’ennesima richiesta a proposito del Generale”
“La volta precedente non coinvolgeva direttamente Bouillè”
Rimase in silenzio passandosi ripetutamente una mano sulla fronte – “Te ne occupi tu per il mandato d’arresto?”
“D’accordo. Mi recherò al tribunale domattina”
 

La borsa pronta accanto la porta.
Andrè indossò la giacca – “Laeh, mi raccomando. Segui questo bestione e fallo restare sulla retta via”
La giovane sorrise e lo abbracciò – “Ti prego. Fai attenzione. Se ti sarà possibile mandaci due righe per farci sapere che sei al sicuro”
“Tranquilla”- un bacio sulla fronte – “Sono con i ragazzi di Mornay”
Una pacca sulla spalla –“Cerca di stare sereno. Se avremo notizie te lo faremo sapere. Non preoccuparti per Oscar. Sai bene che è un osso duro”- allungandogli la mano.
Annuì un po’ più sereno nonostante tanta amarezza - “Fateci un pensierino. Sono certo che Vincent  ti prenderebbe a lavorare alla tenuta. E Leah non avrebbe problemi a trovare un’occupazione a Le Conquest o a Brest”
“Ora dobbiamo restare, lo sai. Dovesse tornare Oscar sarà qui che verrà. Ma ti prometto che ci ragioneremo su”- gli strinse la mano vigorosamente.
“Alain … abbi cura di lei”- l’ultima raccomandazione.
Lo videro salire a cavallo ed allontanarsi con gli altri due.
A Leah si strinse il cuore pensando che per l’ennesima volta se ne stava tornando a Le Conquet a mani vuote.
“Bambolina … che hai fatto?”- vedendola con gli occhi lucidi.
“Avrei voluto fare di più. Se Madeleine fosse stata bene saremmo  riuscite a tornare a Parigi insieme”- abbassando lo sguardo.
Alain la strinse a sé –“Hai fatto e dato veramente il massimo in questa storia per aiutare entrambe. Non preoccuparti. Bernard è riuscito a far emettere un mandato di arresto dal tribunale. Bouillè non ha più scampo”- tentando di rassicurarla .
“ Mi auguro tu abbia ragione” – continuando a fissare il fondo della strada –“Che pena mi fa!”
“Dai, vieni dentro”- richiudendo la porta.
Leah ripose le tazze della colazione nel secchiaio. Sentì la mani di Alain afferrarla per i fianchi e stringerla a sé –“La cosa più bella è sapere che sei qui con me”
“Potremmo essere in due”- intrecciando le mani alle sue –“Mi manca Diane, tanto”
Gli occhi di Alain si fecero lucidi – “Ti voleva bene”
“Anche io gliene volevo … se solo non … “- portò le mani agli occhi – “Non posso pensare che se quella sera non fosse accaduto … sarebbe ancora qui”
Irrigidì la mascella. La fece ruotare su se stessa –“Perché quel bacio? Provi ancora qualcosa per Andrè?”
“Sono stata una vera stupida. Non so cosa mi sia preso. Non è colpa di Andrè. Ma giuro sulla mia stessa vita di amarti Alain. Se così non fosse non sarei tornata. Sarei potuta andarmene in Inghilterra, lasciando perdere Oscar, Andrè … e soprattutto te. Avevo messo in conto che mi avresti cacciata. E tu perché? Perché mi hai riaccolta a casa? Sii sincero.”
“Non sono uno stinco di santo, lo sai. Ma quello che provo per te è diverso. Ed è stato così quasi dall’inizio”- le accarezzò il viso –“E devo ringraziare Andrè per questo. Averti accanto rende tutto più vivibile. Io … non immaginavo di riaverti qui … quando Diane è morta c’era Ivy … e con lei …  è successo più di una volta … ma ….”
La giovane gli posò la mano sulle labbra. Scosse il capo – “Non voglio Alain! Ti prego. Non voglio sapere. Voglio lasciarmi tutto alle spalle. Voglio solo ricominciare”- affondando il viso sul suo petto – “Non voglio sapere del tuo passato”
La strinse. Niente e nessuno l’avrebbe più portata via da lui.
Una sensazione di liberazione dopo quelle confessioni. Ora contava solo lei.
“Hai da fare?”- le mormorò all’orecchio.
“Alain!”- quasi volesse rimproverarlo.
“Che impegni hai? “- lo sguardo interrogativo.
“Devo sistemare le camere, preparare il pranzo e stendere il bucato”- voltandosi.
Si ritrovò col bacino appoggiato al secchiaio e le braccia del giovane che la bloccavano da entrambe le parti.
“Ti ricordo che ora siamo solo tu ed io”- sfiorandola sulle labbra.
“Ed io ti ricordo che voi due non ne avete fatte molte per aiutarmi”- indietreggiando leggermente.
Si chinò su di lei cospargendola di piccoli baci lungo il collo –“Sai bene che sono bravo in altre cose”- scendendo verso l’incavo del seno”
Attraversata da un brivido rise –“Dai …. Mi fai il solletico”
“Se vieni di sopra te lo faccio passare”- stuzzicandola.
“Alain … smettila”. Tentando di liberarsi.
“Dobbiamo recuperare il tempo perso”- le sussurrò.
“No … dai…”
La sollevò tra le braccia mentre si dimenava in maniera scherzosa.
Salito in camera la depose sul letto.
Tolta la camicia fu un attimo sfilare anche i pantaloni.
Indietreggiò sul letto facendo la finta impaurita.
“Vieni bel bocconcino. La giornata è lunga. E abbiamo tanto tempo solo per noi”.
 

All’arrivo a Bruges Bouillè era venuto a conoscenza che Renèe se n’era andata. L’ennesimo smacco. Pareva che improvvisamente la fortuna gli stesse lentamente voltando le spalle. Almeno  il viaggio per stabilirsi nei pressi della città si era svolto senza intoppi. Unico problema era sempre e solo quel tale. Non era riuscito a ritrovare le due giovani quindi la situazione si poteva definire critica.
Erano notti oramai che chiudeva occhio a malapena tormentato dall’immagine di Oscar sulla porta della sua camera da letto con una spada in mano. Non aveva mai avuto paura di lei. Anzi. L’aveva trovata sempre particolarmente eccitante soprattutto in uniforme. Eppure, ora, temeva per la sua vita. Conosceva bene quanto fosse astuta ed abile, e questo non faceva che innervosirlo in continuazione, nonostante fosse certo che in quel paese straniero non lo sarebbero venuti a cercare. Troppi soldati alle frontiere per evitare la fuga di nobili dalla Francia.
“Siete uno straccio”- lo punzecchiò l’Ombra.
“Maledico quella volta che vi ho fatto entrare in casa mia”- riempiendo il bicchiere di liquore.
“Avete ripreso vecchie e malsane abitudini. Vi fa male stare senza una donna”- fermo sulla porta.
In uno scatto d’ira gli lanciò contro il bicchiere –“Che siate dannato!”
Questi si scostò leggermente su di un lato schivandolo –“Se non morirete sulla forca, sarà un colpo a portarvi via”
“Siete ancora qui? Mi sveno per pagarvi e voi che fate? Fate del sarcasmo, con quel vostro mezzo sorrisino ipocrita. Voglio quella donna e voglio che ammazziate l’altra o giuro su Dio che vi manderò personalmente all’altro mondo”- urlandogli contro rabbioso –“Uscite di qua e fate ciò che vi ho ordinato”- afferrò la pistola nascosta dietro fra il cuscino della poltrona ed il bracciolo.
L’uomo indietreggiò qualche passo.
Bouillè gli puntò contro l’arma –“Ritrovatemi quella donna se non volete ampliare la collezione di trofei che decorano le pareti del salone”.
Era evidente che questa volta non sarebbe stato semplice.
Boullè era divenuto ancora più intrattabile ed arrogante e non solo per via della fuga delle due donna. Improvvisamente non si sentiva più sicuro.
Bisognava ricominciare la ricerca mettendo insieme mille e più possibilità. Si sarebbe dovuto organizzare al meglio. Ora tutto sarebbe stato molto più complesso.
 

Dopo giorni di viaggio aveva raggiunto la tenuta di Mornay.
L’accoglienza  calorosa da parte di tutti. Rientrando, aveva informato Jarjayes e Madame di Oscar e della piccola Madeleine. La gioia aveva riempito i cuori di tutti illuminando per un po’ i volti di felicità.
“Oh mio caro, congratulazioni”- Emilie lo aveva stretto amorevolmente tra le braccia, commossa, con quell’affetto che una madre riserva ad un figlio ed il Generale, seppure vagamente contrariato, sapendo Oscar madre pur non essendo ancora maritata, non potè non allungargli la mano –“Le mie  felicitazioni”. Aveva potuto riportare solo il racconto di Leah. Nulla di più. Mettendo assieme tutti quei particolari, quelle minuziose descrizioni aveva creato nella mente un ritratto immaginario di sua figlia.
Era tutto così difficile da riuscire ad accettare. Ma lo aveva fatto. Questa volta non era andato contro la volontà di Oscar. Perché le sue parole erano dettate dal cuore e dall’amore infinito che nutriva per lui e per la loro creatura.
Gli sovvenne quando, tempo prima, Emilie gli aveva mormorato “non vedrai nascere tuo figlio”. Già.
Per giorni non si era parlato d’altro, sempre nella costante speranza che arrivassero buone nuove da Parigi. Invece nulla. Giornate piene di lavoro fino a tarda ora per non aver tempo di pensare, di rimuginare. Di farsi del male.
Steso sul letto. La finestra spalancata. L’aria tiepida dei primi giorni di giugno. In lontananza il nitrito di qualche cavallo ed il canto dei grilli a fare da sottofondo in quelle splendide notti stellate. Lo aveva fatto solo perché lei glielo aveva chiesto. Tornare a casa. In quel messaggio dell’uomo di D’Agoult aveva compreso chiaramente lo stato d’animo di Oscar. Era finalmente serena. Si sentiva al sicuro con la figlia nella trepidante attesa di tornare. Ma non avere più notizie, quello era il vero tormento. La narrazione di Leah, tempo prima, aveva messo chiaramente in evidenza le vessazioni subite da entrambe da parte di Bouillè e quell’altro tizio soprannominato l’Ombra. La sapeva forte e coraggiosa. Affrontare una fuga in quella situazione era stato un azzardo. Eppure con la giovane avevano superato anche lo scoglio più difficile ed inaspettato. Il parto. Era dunque padre. Un padre che non aveva potuto assistere a quell’evento straordinario. Un padre lontano. Un padre che non aveva potuto vedere il volto di sua figlia. Un uomo che non aveva potuto stare accanto alla donna per la quale avrebbe dato mille volte e più la sua vita. Quando, Quando avrebbe potuto riaverla tra le braccia?
In lontananza gli parve di udire lo stridere di una civetta. Sua nonna gli raccontò che il canto dei rapaci notturni significava eventi negativi. Ed Oscar che si trattasse solo di antiche superstizioni e maldicenze. Quella sera al laghetto, la loro prima notte d’amore ne avevano uditi diversi ….
Strizzò gli occhi per annullare ogni pensiero negativo e tornò a quei pochi giorni rimasto a Parigi.
Aveva avuto occasione di parlare con Mornay a proposito di Alain -“Ce né’ tanto di lavoro … un uomo in più mi farebbe proprio comodo”- gli aveva risposto.
Ripensò alla sera precedente. Durante una cavalcata in solitario era tornato là, lungo la scogliera. L’abitazione dei Jarjayes era stata finalmente risistemata. L’ala andata distrutta, interamente ricostruita. La casa oramai era pronta per accogliere nuovamente i suoi inquilini. E lui? Che cosa avrebbe fatto? Sarebbe rimasto alla tenuta? Forse sarebbe stato meglio. Non avrebbe avuto molto senso senza di lei. E probabilmente tutto sarebbe stato molto più semplice. Casa, se così la si poteva definire, e lavoro.
Qualche passo e si trovò di fronte alla dependance. Tutto era rimasto come allora. Il tempo si era fermato.
L’entusiasmo di Oscar, i preparativi … l’abito. Chissà quando l’avrebbe potuto indossare.
Ripercorse ogni evento, ogni momento trascorso con lei da quel giorno di luglio quando con i Soldati della guardia avevano disertato. Un nodo alla gola, lo stesso che ora gli impediva di prendere sonno.
 

Aveva quasi supplicato D’Agoult di poter far giungere una lettera ad Andrè rendendosi poi conto che la sua reticenza era dovuta solo al timore che Bouillè, in una qualche maniera, la potesse intercettare. Tutto sarebbe andato in fumo.
Alle porte dell’autunno era trascorso un anno da quella tragedia. Le grida , i vetri in frantumo, le fiamme alte ed il fumo denso erano immagini rimaste nitide ed indelebili nella sua mente. E Girodelle? Che ne era stato di lui dopo quella serata pazzesca ?
Fu attraversata da un brivido al pensiero di ciò che le sarebbe potuto accadere se  solo … Certo che mai avrebbe potuto pensare che in più di uno l’avessero guardata con occhi diversi,  com’era veramente. Una donna.
Victor … Alain …. Per non dire di Bouillè.
Sorrise ripensando che l’unico ad averla sempre e solo identificata come “il mio miglior amico” fosse l’uomo per il quale aveva perso la testa tanto tempo prima. “Potrei dire che non immaginate cosa vi siete perso”- ridendo sotto i baffi mentre seduta sull’erba giocava con la sua Maddie. Cresceva. E cresceva forte in un ambiente sereno e super coccolata non solo dal Colonnello, bensì anche dai due domestici. Ma non era questo che voleva. Le sarebbe dovuta essere altrove, là, accanto la scogliera, nella sua casa … e soprattutto con Andrè.
Le parlava sempre di suo padre, nonostante potesse comprendere poco di quelle parole.
Dedicava la maggior parte del tempo alla figlia, ma si ritagliava spazi anche per incrociare la spada con D’Agoult per mantenersi in allenamento, lunghe cavalcate, suonare il pianoforte e perché no, imparare un po’ di quella lingua tedesca con la quale il Colonnello se la cavava discretamente.
Poi una sera  l’uomo, mentre erano intenti a sorseggiare dell’ottimo vino dei vigneti della zona, le consegnò una lettera – “Tenete”- facendola scivolare sul tavolo.
Il primo pensiero fu quello di trovarvi notizie di Andrè poi –“Mio caro fratello, gli scambi epistolari con Sua Santità Pio VI per la questione di cui siete a conoscenza  sono giunti oramai ad una svolta. Al momento si trova a dover sbrogliare la matassa della Costituzione civile del clero promulgata dal parlamento francese. I nuovi provvedimenti hanno creato tensioni e attualmente deve accantonare l’argomento ma ha garantito di ricevermi con i primi del nuovo anno. Avrei pertanto necessità di ulteriori chiarimenti per non trovarmi impreparata qual’ora mi venissero posti nuovi questi esplicativi. Se desideriamo uscirne con la soluzione in mano non possiamo permetterci alcuna mancanza e benché minimo errore nel porci di fronte al Pontefice. Vi raggiungerò fra un paio di settimane”
In silenzio, la lettera tra le mani. Sollevò lo sguardo incrociando gli occhi scuri del Colonnello.
“Tornerete a casa come Oscar Francois  de Jarjayes e potrete convolare liberamente a nozze con Grandier ”- elargendole un sorriso – “sono certo che Justine riuscirà nel suo intento”
Oscar restituì il foglio.
“Forse sarete voi a fare l’ultima mossa contro il destino”- sollevando il calice.
 

L’ennesimo rigido inverno.
Leah aveva ripreso il lavoro alla sartoria di Madame Bertin ed Alain continuava il suo servizio serale da Du Bois. L’intenzione era quella di accantonare un bel gruzzolo. Si erano dati tempo ancora sei mesi poi avrebbero lasciato la città. Forse avrebbero accettato l’offerta di Andrè di trasferirsi a Le Conquet. Sei mesi per vedere se qualcosa si fosse mosso e avessero ricevuto finalmente notizie positive da Oscar.
La neve scendere silenziosa a ricoprire una città divenuta oramai l’ombra di se stessa. Nulla era cambiato dal trasferimento dei Reali, se non in peggio.
Sistemò i piatti nella credenza e mise un nuovo ciocco nel camino. Rimase china a fissare quella fiamma prendere vigore. Deglutì stringendo tra le mani la gonna sul ventre. Un lungo sospiro. Sarebbe stata pronta ad affrontare il discorso con Alain?
Ripose l’attizzatoio e prese la cesta del cucito quando udì bussare.
“Alain, smettila di scherzare. Le hai le chiavi”- infilando il cotone nella cruna dell’ago.
Nuovamente.
Sbuffando si levò dalla sedia – “Quando fai così mi vien voglia di lasciarti a dormire fuori “ – ed aprì.
Sbiancò improvvisamente.
“E’ un vero piacere avervi finalmente ritrovata”
Leah tremante indietreggiò.
L’uomo avanzò nella stanza lentamente –“Credevate di farla franca vero? Ce n’è voluto del tempo e soprattutto di strada per riuscire a trovarvi. Immagino non abbiate fatto bene i vostri conti”
“Che cosa volete ancora?” – assalirla il terrore.
“Vedete “- richiudendo la porta –“Bouillè mi ha messo alle strette. Ed io non amo molto queste situazioni, soprattutto quando la causa sono le donne. Non sareste dovute fuggire”
 “Vi suggerisco di andarvene se non volete …”
“Che cosa?”- afferrandola per il collo –“se non volete che cosa?”- stringendo.
Leah sentì di perdere aderenza con il pavimento. A malapena riuscì a sfiorarlo con le punte dei piedi, portando entrambe le mani al collo nel tentativo disperato di liberarsi. Strinse gli occhi quasi annaspando per riempire i polmoni d’aria.
“Dov’è?”- il tono grave seppur composto come sempre.
Il tentativo di chiedere aiuto e non riuscirvi. La presa sempre più forte.
“Sono mesi che vi cerco … avrei dovuto immaginare subito che sareste tornata all’ovile. Ora tocca a voi poi penseremo alla vostra cara amica. Ditemi dov’è!!”
“Non riuscirete mai a trovarla”- in un filo di voce strozzata.
“Oh …  ne siete certa? Potrei anche dirvi di avervi lasciato credere che tutto fosse finito. Avete trascorso bene l’estate trastullandovi con un ex soldato di basso rango? Beh … del resto cos’altro poteva  fare una come voi !”
“Vi auguro la morte peggiore che possa esistere”- piantando le unghie in quella mano che la stringeva con una forza quasi sovrumana.
“Come è stato per voi, così sarà anche per lei”- un pugnale scivolò dalla manica e dopo averlo afferrato –“Non mi servite più. Il mio compito era quello di uccidervi”- affondò la lama.
Gli occhi rivolti al cielo e sbarrati. Un dolore lancinante al ventre mentre sentì le lacrime scorrere  veloci sulle guance.
“Morite, puttana!”- sfilò l’arma lasciando la presa. Un sorriso malefico incurvò le labbra mentre la giovane stramazzò sul pavimento.
Ora mancava solo lei.
Ripulì lo stiletto nella gonna della giovane, guardandola con disprezzo, mentre sotto di lei una chiazza di sangue andava allargandosi vistosamente.
Le mani su quella ferita. Il fiato corto.
“Potesse vedervi il Generale ora … e magari anche la vostra amichetta. Che magnifica soddisfazione!!”- sfregandosi le mani compiaciuto. Qualche passo indietro per uscire quando voltandosi invece di trovarvi i suoi scagnozzi parò contro quel gigante di Alain.
Non ebbe il tempo di reagire che questi gli sferrò un pugno in pieno volto scaraventandolo sotto la tavola. Fuori Pierre, Lasalle, Delacroix, Du Mont, Bernard ed un paio di altri ex Soldati della Guardia avevano immobilizzato i suoi uomini avvisati da un vicino allarmato per la presenza di quei tipi loschi nei pressi dell’abitazione.
Si chinò d’impulso sulla ragazza – “Leah, Leah !!”- chiamò ripetutamente.
L’ombra si alzò dolorante afferrando il pugnale ed avventandosi sul giovane gli sferrò un paio di fendenti al braccio.
La rabbia esplodere in tutta la sua forza –“Hai sbagliato a mettere piede in questa casa”- l’ennesimo destro a stamparsi sulla guancia di quell’essere.
Alain afferrò lo stiletto e prima che fosse in grado di rialzarsi glielo conficcò in una mano bloccandolo al legno del pavimento. Un rantolo di dolore .
“Me la pagherete!!”- ebbe la forza di gridare.
Bernard e Du Mont entrarono trovandosi di fronte una scena raccapricciante.
Leah tra le braccia del giovane, il capo riverso all’indietro, il sangue ovunque.
“Ti supplico Bernard! Va a chiamare il dottore!!”
“Vado io!”- si precipitò il curato.
“Qualcuno ha mandato a chiamare le Guardie”- Bernard scoprì il volto dell’assalitore – “Chi siete? Perché volevate uccidere la ragazza?”
Digrignò i denti. Il piano era fallito.
“Fate pure scena muta. Quando sarete al fresco vi converrà sciogliere la lingua tutto in una volta”
“Credete di aver vinto? Poveri illusi”- sghignazzò nonostante il dolore atroce alla mano –“Poveri illusi”- ripetè.
 
 
“Posso parlarvi?”- il volto spingersi appena oltre lo stipite del salottino.
“Venite Oscar”- riponendo il libro sul bracciolo della poltrona –“Non riuscite a dormire?”
Fece spallucce sedendo di fronte al Colonnello - “Cosa leggete?”
“Pflanzen beschneiden”
“Prego?”- 
D’Agoult rise sotto i baffi –“Potare le piante. Unisco l’utile al dilettevole”- continuando a sghignazzare –“Maddie?”
“Ha già preso sonno”- si mise a giocherellare con un laccio della camicia – “ Vostra sorella è una gran persona. Di poche parole ma molto comprensiva”
“Cercate di essere ottimista. Credo che Justine riuscirà a convincere Sua Santità”
“E’ stata proprio una toccata e fuga …”
“Meglio sbrigare questa matassa quanto prima”- puntualizzò il colonnello.
Si fece improvvisamente seria. Un’ombra le attraversò il viso. Lasciò scivolare il capo lateralmente posando il mento su una mano – “So bene quanto mi avete suggerito e continuate a fare ogni qualvolta venga affrontato il discorso. Capisco che sia a fin di bene principalmente per mia figlia … ma … vorrei che vi metteste nei miei panni. E’ trascorso più di un anno da quella notte e… io … “
“Cosa vorreste fare? ”
“Ho bisogno di scrivere ad Andrè. Non posso continuare  con quest’attesa. Il tempo passa, Madeleine cresce … sto bene qui da voi e sono veramente rinata … ma non posso più aspettare. Bouillè continuerà la ricerca . Non si arrenderà così facilmente, credetemi. E non posso trascorrere tutto il resto della mia vita qui in attesa che le cose si mettano meglio. Ho bisogno di tornare. Ne ha bisogno mia figlia. Ne ha bisogno Andrè.”
“Se ve ne andate ora, forse, non saprete se avete ottenuto l’annullamento”
Rimase in silenzio fissando un  punto indefinito nella stanza.
Fece un sospiro e richiudendo il libro –“Fatemi avere quanto prima la lettera. Vedrò cosa posso fare”
Il volto le si illuminò come un arcobaleno colora nuovamente il cielo dopo un temporale estivo.
“Ve la sentite di attendere …?”
“Aspetterò  …. Ho bisogno di quel documento.”
“Ci vorrà il suo tempo …. deve recarsi a Roma”
“Non ho più molto tempo D’Agoult … “
“Siete sicura di questa scelta?”
“Credo che tutto questo debba avere fine.  Voglio riprendere in mano la mia vita e devo trovare il modo di mandare all’inferno Bouillè e quell’altro. “- determinata come non mai –“E’ stato emesso un mandato d’arresto per quell’aguzzino. Non penso che se ne stia tanto tranquillo. La partita è appena iniziata e sarò io a fare scacco matto”
 

“Deve riposare, assolutamente. Mi raccomando” – rivolgendosi a Rosalie.
Sciacquate le mani, ripose i suoi strumenti all’interno della borsa - “Si rimetterà, anche se ha perso molto sangue. E’ giovane e piena di forza”
Uscendo dalla camera da letto si trovò di fronte l’imponente figura di Alain vistosamente preoccupato.
“Come sta?”- avvicinandosi all’uomo.
Accostò la porta – “Riposo assoluto, almeno per una settimana … poi …”- sospirò –“ … purtroppo non ho potuto fare niente per il bambino”
“… bambino?”- sgranò gli occhi scioccato.
Aggrottò la fronte turbato –“ Credevo lo sapeste. Direi che questo fosse il terzo mese per lei …. Il colpo inferto … ecco, abbiate molta delicatezza. Lo stato mentale potrebbe risentirne.”
“Lei crede …?”
“La rivedrò la prossima settimana. Ora come ora è prematuro stabilire se potrà averne ancora”
Quella voce come ovattata svanire nel nulla. Un ronzio nelle orecchie.
Leah era incinta. Lui non sapeva. Nulla gli aveva fatto pensare che lo fosse.
Immobile. La mano stretta sulla maniglia. Lo sguardo assente e quelle parole risuonare nella testa come il rintocco di una campana –“ … il bambino”
Lui, padre.
Gli occhi rivolti verso le scale. Salì lentamente in camera quasi trascinandosi aggrappato allo scorrimano
Pallida. Il volto sofferente. Si accorse di lui.
 Volse il viso su un lato del cuscino sentendo le lacrime attraversarle le guance.
Sedette sul bordo del letto scostandole una ciocca di capelli dalla fronte – “Perché non me lo hai detto?”
Non ebbe il coraggio di rivolgergli lo sguardo –“ Sarei dovuta andare questa settimana per un controllo … volevo averne la certezza … non ti avrei nascosto nulla”- i singhiozzi impedirle di parlare.
Si chinò su di lei prendendosela vicina – “Quando sarà il momento ne avremo un altro” – le sussurrò ricoprendola di teneri baci.
“E se non fosse così?”- con un filo di voce.
“Nulla mi impedirà di amarti. Sempre. E comunque”.
 

“Vi rendete conto? Umiliati in continuazione. E’ assurdo tutto questo” - Maria Antonietta strinse i pugni dalla rabbia  - “Ci hanno appena informati che d’or in poi durante la notte le Guardie faranno la ronda di tutte le stanze, incluse quella di Sua Maestà e la mia …. Per non dire di quella rozza plebaglia che continua imperterrita a minacciarci di morte”- discorrendo indispettita con il Conte di Fersen.
Luigi fece un cenno all’uomo e rivolgendosi alla consorte – “Mia Regina, vi prego. Sedete”
Si volse quasi fulminandolo –“Come fate a starvene lì calmo. Siete ancora il Re in questo paese che …”
“Maestà … sedete”- la invitò Axel.
Sbuffando si accomodò nuovamente al tavolo seccata per l’indifferenza mostrata dal marito.
“La data è decisa.”
Guardò il consorte allibita.
“Destinazione Montmedy. Se non fosse per il mandato d’arresto nei confronti del  Generale Bouillè  sarebbe stato lui ad attenderci a destinazione. Purtroppo  o per fortuna non sarà così. Ci troveremo al confine dove potranno raggiungerci con facilità aiuti esterni ma rimarremo in territorio  francese”- spiegò Fersen.
“Per quale motivo?”- turbata.
“Dobbiamo preservare ciò che resta del prestigio e dell’autorità della Monarchia. Rimarremo sul suolo francese anche in considerazione del fatto che la costituzione prevede che, se Sua Maestà lasciasse il suolo francese senza il permesso dell’ Assemblea, verrebbe rimosso dalla carica. Il suggerimento è quello di utilizzare due carrozze, leggere e veloci”
“Che cosa? Dovrei forse essere sparata dai miei figli?”
“Mia Regina ma …”- tentò di persuaderla il Sovrano.
“Non se ne parla assolutamente! I miei figli verranno in carrozza con noi”- quasi strillando.
Fersen sospirò –“D’accordo, vedremo meglio come organizzarci. Le truppe scorteranno la carrozza, sulla quale viaggerete, solo dopo aver raggiunto Chalons sur Marne”
“La distanza è notevole”- commentò Luigi XVI.
“Non possiamo fare in altra maniera”.
Volse le spalle ai suoi interlocutori livida di rabbia per le mancate o vaghe risposte d’aiuto da parte degli altri sovrani del continente. A suo fratello Leopoldo quasi importava poco del suo destino –“Signori. Dal momento che le corti dei paesi confinanti non si dimostrano collaborativi a salvare i Reali di Francia … io non posso che sperare che vengano a trovarsi in analoghe situazioni … affinchè provino l’angoscia vera e la completa solitudine. Vorrei comprendere perché tutta questa ostilità, quest’indifferenza nei nostri confronti. Fino a prova contraria siamo ancora i sovrani di Francia”
“Altezza …. Dobbiamo pensare solo a mettervi in salvo. Il piano è stato studiato nei minimi dettagli. Andrà tutto bene”- il tono rasserenante di Fersen la tranquillizzò.
Nella stanza fecero il loro ingresso i figli.
“Oh … miei adorati, venite qui dalla vostra mamma”- abbracciandoli tutti assieme –“Sappiate sempre quanto vi ama vostra madre. Non dimenticatelo mai”- baciandoli uno ad uno.
 

“Sinceramente credo di non aver mai udito storia più intricata ed inquietante”- facendo roteare l’anello al dito –“assurdo assistere in questi tempi a pratiche da Medioevo”
“Concordo pienamente con Sua Santità. Vorrei evidenziare la totale disinformazione di Sua Eminenza il Vescovo celebrando un rito così sacro senza accertarsi ….”
“Un fatto gravissimo”- la interruppe profondamente preoccupato – “Inoltre è inammissibile che un uomo così legato alla chiesa come il Generale Bouillè abbia potuto spingersi a commettere azioni sì tanto raccapriccianti. La crudeltà nei confronti di una, anzi due giovani donne … di cui una in dolce attesa. Una vergogna!! – posò una mano sugli occhi – “Uno scandalo”. Rivolse lo sguardo nuovamente alla Badessa.
“I due giovani sarebbero dovuti convolare a nozze consapevoli del profondo significato del matrimonio. Comprenderete bene le loro vicissitudini”
“Ingiusto da parte di un padre una scelta così scellerata”- turbato sebbene a conoscenza della storia della ragazza.
“Convengo con Voi sebbene il padre si sia ravveduto e propenda favorevolmente per quest’unione”
“Quindi voi mi dite che al momento non posso ricongiungersi perché minacciati?”- incalzò.
“Si Sua Santità. Al momento Jarjayes è ospite con la figlia presso mio fratello nell’attesa di far ritorno quanto prima, ma in completa sicurezza. Oscar Francois, come vi ho raccontato in precedenza, è una persona dai profondi valori etici e morali come pure il futuro consorte e padre della bambina … so bene vi abbia turbato il fatto d’ aver affiancato i rivoluzionari la scorsa estate ma …”
Le fece un cenno di non andare oltre. Afferrò lo zucchetto posandolo a lato sulla scrivania –“Sorella, gli eventi francesi stanno profondamente mutando i rapporti clericali. Questa rivoluzione cambierà il mondo sotto ogni aspetto. Essere uomo di Dio in questo periodo storico non è una passeggiata “- sorridendo – “Le responsabilità sono come una spada di Damocle ….”
Justine rimase in rispettoso silenzio.
“Quell’uomo va fermato. E non solo dall’autorità del tribunale e dai Reali ….”-  tirata la cordicella al suo fianco le porte si aprirono.
“Sua Santità ha chiamato?”- fece il suo ingresso il segretario personale.
“Prego sedete e prendete da scrivere”
“Una lettera o un documento ufficiale?”-
“Procedete alla stesura di un annullamento di matrimonio “
“Quali nomi devo inserire, Sua Santità?”
“ Francois  Claude Amour du Chariol, Marchese de Bouillè e Oscar Francois de Jarjayes”
L’uomo prese appunti –“ Concluso questo?”
“Procedete alla redazione di una scomunica”
“Eminenza?!”- scioccato dalle parole del Pontefice –“Una … scomunica?”- balbettò.
Pio VI lo fissò. La fronte attraversata da una profonda piega, lo sguardo corrucciato. Ripose lo zucchetto sul capo – “Una scomunica nei confronti del Marchese Bouillè. Seguite la procedura e quando avrete tutto pronto apporrò il sigillo”
Il segretario intinse la penna nell’inchiostro.
“Completate il tutto quanto prima. La Madre Superiora deve far ritorno in Francia”
 

Se n’era stato sempre in silenzio in quella cella umida e buia.
Una benda sporca avvolta attorno alla mano ancora dolorante. E solo i pensieri a fargli compagnia. Brillante e diabolica mente di pedinamenti, intrighi, agguati … sempre dietro ad una lauta ricompensa, sempre e solo per il compiacimento personale e per il dio denaro.
Un uomo con un fucile lo venne a prelevare. Gli fece incrociare le mani dietro la schiena e gli strinse una corda ai polsi.
Attraversarono un lungo corridoio illuminato solo dalla flebile luce di poche torce. L’odore di polvere e muffa insinuarsi nelle narici . Saliti diversi scalini si ritrovarono in una stanza dove sedevano due tizi anch’essi armati. Si aprì una porta e si ritrovò in un’aula molto simile a quella di un tribunale. Si guardò attorno e fra le diverse persone accomodate fra i banchi intravvide Alain.
Una smorfia di scherno mentre il suo carceriere legava la corda a quella sorta di ringhiera, balaustra, alla quale appoggiarsi.
Vennero chiamate alcune persone fra i presenti coinvolte direttamente o indirettamente con quell’aguzzino.
Gli interventi si susseguirono senza che l’accusato muovesse obiezioni.
Ed infine fu chiamato Alain.
Il volto contratto. La mascella irrigidita. Percepì un senso di bruciore ai palmi delle mani. Avesse potuto, gli sarebbe saltato addosso. Aveva ancora un conto in sospeso. Ma di fronte all’autorità tentò di mantenersi calmo e rispose a ciò che gli venne chiesto.
“Il cittadino De Soissons ci ha esposto precedentemente nei dettagli gli eventi accorsi la sera del 12 gennaio 1791 alla compagna Leah, cittadina irlandese. Jean Baptiste Aubert non avete alcuna intenzione di difendervi e di pronunciarvi in vostro favore? “- rivolgendosi  quell’uomo che ora senza il mantello ed il cappuccio non era più in grado di incutere timore.
Tacque continuando a fissare Alain.
“Non volete parlare? Dunque, potete confermare che il mandate sia il Generale Bouillè?”- lo intimò l’uomo con la coccarda seduto a quel tavolo.
Non una parola.
“Credete forse di cavarvela tacendo? Vi conviene collaborare e tirare fuori i nomi di tutti i nobile ai quali avete offerto i vostri servizi da mercenario.”
Volse lo sguardo verso il suo interlocutore – “Branco di poveri pezzenti.”- commentò.
“Badate, usate un linguaggio più consono di fronte a quest’Autorità”
“Autorità?”- sghignazzò sempre composto –“Quale autorità e di chi? Siete ridicoli”
“Come vi permettete!”- battè il pugno sul tavolo.
Impassibile, com’era sempre stato. Non una sola ombra di sgomento, timore, turbamento mentre i suoi accusatori discutevano fra loro sul da farsi. I suoi occhi di ghiaccio fissi su Alain.
“Jean Baptiste Aubert , ve lo chiedo per l’ennesima volta. Avete nulla da dire a riguardo? Chi tace acconsente”- chiese l’uomo vistosamente innervosito dall’atteggiamento beffardo – “Riportatelo al fresco. Ci penserà definitivamente il tribunale”
Nell’istante in cui le guardie lo afferrarono per le braccia per condurlo nuovamente in cella, questi, passandogli accanto, volse lo sguardo verso il giovane –“Godetevi questa tranquillità momentanea ed apparente …”- con un sorriso diabolico stampato sulle labbra.
“Le vostre minacce riservatele per gli scarafaggi della galera perché sarà lì che marcirete”- fissandolo con rabbia.
 

Strinse forte la lettera tra le mani sul cuore –“Oscar …”- mormorò socchiudendo gli occhi.
“Madeleine cresce forte, spensierata e felice. A le parlo di te. Ogni giorno. Mi guarda, mi ascolta. E sorride. Ed in quel sorriso rivedo te. Ogni volta. E la gioia più grande è sentirsi chiamare “mamma”. Mi manchi. Immensamente. Non sono speciale nello scrivere lettere soprattutto a te. Non ne ho mai avuto la necessità. Sei sempre stato al mio fianco.”
Maddie aveva mosso i primi passi. Aveva pronunciato le prime parole.
Sentì gli occhi inumidirsi dall’emozione e dalla rabbia contemporaneamente.
Una certezza. Presto sarebbe partita per Parigi. E là si sarebbero incontrati. Era solo questione di attendere l’ annullamento delle nozze.
Alain lo aveva informato del mandato d’arresto emesso dai sovrani e dal Tribunale nei confronti del Generale. Nel contempo lo aveva messo al corrente dell’agguato accorso a Leah e dell’arresto di un tale riconosciuto da questa come l’ aguzzino ai servizi di Bouillè.
Strinse i pugni – “Prima o poi tutti i nodi vengono al pettine. Il cerchio si sta chiudendo e voi finirete sulla forca “- mormorò.
 

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Capitolo 61
*** L' AMORE PERCHE' ***


Nulla.
Assolutamente nulla avrebbe potuto far indurre che qualcosa quel giorno avrebbe cambiato definitivamente il destino dei Reali.
I soliti rituali quotidiani.
Solo quando le tenebre calarono sulle Tuileries Maria Antonietta si recò dai figli per prepararli –“Andiamo in un luogo più sicuro”- sussurrò al Delfino.
Entusiasta per l’avventura afferrò la sua spada ed agitandola in aria  –“Vi difenderò io, madre. Non temete”-
La sovrana lo baciò teneramente – “No tesoro mio. Questa volta sarà differente”-
Deluso e strabiliato nel vedere la governante che lo vestiva alla pari della sorella –“orsù … per chi mi avete preso? Io sono il futuro re di Francia”- incrociando le braccia imbronciato.
“E’ un gioco. Vedrai come ci divertiremo”- nel tentativo di convincerlo.
Tutto era pronto.
Fersen apparve sulla soglia della stanza vestito da cocchiere. Un cenno con il capo.
Maria Antonietta indossò un largo cappello scuro con un lungo velo per nasconderle il volto. Afferrò il figlio per mano assicurandosi che Madame Tourzel la seguisse con Maria Teresa.
Luigi XVI lasciò il palazzo prima della consorte secondo i piani. Due berline differenti  per non dare nell’occhio.
Il caso volle che alla barriera della dogana nessuno si preoccupò ed insospettì di quei viaggiatori. Oltrepassato quell’ostacolo finalmente la famiglia potè ricongiungersi accomodandosi in un’unica vettura.
Fersen schioccò la frusta.
La berlina lanciata al galoppo raggiunse presto Bondy dove vennero sostituiti i cavalli.
“Conte, il vostro è stato un gran aiuto. Senza di voi tutto questo non si sarebbe potuto realizzare. Credo che possiate tranquillamente far rientro a Parigi o decidere di tornarvene in Svezia. La Regina ed io vi siamo debitori”- con fermezza.
“Sire … forse sarebbe meglio che proseguissi il viaggio con voi …”-
“Avete fatto anche troppo”- un cenno con la mano interrompendolo – “ L’averci condotto fuori Parigi mettendo a rischio la vostra stessa vita è stato il gesto più nobile e di fedeltà nei confronti della Corona. Sua Maestà ed io non potremo mai dimenticare la vostra devozione“
Maria Antonietta fissò il giovane sperando nel suo profondo che potesse far cambiare idea al consorte – “Fersen vi prego! Non mi lasciate!”- i suoi pensieri rincorrersi come i battiti in pieno petto –“Fersen non lasciatemi sola … non lo fate!”
Luigi XVI riprese posto accanto la regina.
Fersen addolorato, non potè far altro che seguire con lo sguardo la berlina allontanarsi e andare incontro al suo destino.
 

Leah lentamente si era ristabilita. Era tornata alla sartoria con somma gioia di Madame Bertin.
Alain si era ripromesso di non lasciarla più da sola fino a quando non se ne fossero andati da Parigi.
Aveva chiesto a Du Bois di poter anticipare la fine del turno la sera, mentre Rosalie e Bernard si trattenevano a casa sua con la ragazza in attesa del suo rientro dal lavoro.
Affacciato alla finestra guardò il cielo trapuntato di stelle. Non una bava d’aria in quei giorni di quasi fine giugno.
Si passò una mano fra i capelli sbadigliando.
Le mani di Leah lo sfiorarono sulla schiena –“Che fai? Non riesci a dormire?”- accostandosi.
La fece passare davanti a sé in modo da abbracciarla da dietro appoggiandosi al davanzale –“ Guarda che cielo meraviglioso”- le disse.
“Sei diventato un romanticone tutto in una volta?”- stringendosi a lui.
“Ce ne andremo di qua. Basta Parigi. Voglio vivere con più tranquillità”
“E tutti i tuoi amici? Il lavoro?”- perplessa.
“Se Andrè me l’ha raccontata giusta, Mornay mi prenderà alla tenuta”- le baciò una guancia.
“Sarebbe una bella opportunità. Dovremmo cercarci una casetta ….”
“Preferenze?”- posandole il mento su una spalla.
“No Alain, non m’importa. Desidero solo stare con te”- volgendosi lo accarezzò teneramente –“Voglio solo renderti felice … “
Chinato sudi lei le sfiorò le labbra – “Già lo sono”- mordicchiandogliele.
“Alain … noi non siamo ancora stati assieme da quella sera … io avevo paura  … sono trascorsi mesi e mi spiace … ecco, del resto sei un uomo …. ”
“Non preoccuparti. Quando te la sentirai. Non è certo stata una passeggiata la tua ….”
Gli butto le braccia al collo ed accostò la bocca al suo orecchio –“ … possiamo provare ..” suggerì sussurrandogli.
“Non voglio forzarti …”
Indietreggiò sfilando la camicia e sdraiandosi con malizia fra le lenzuola.
Sentì salire l’eccitazione. I muscoli cominciarono a tendersi. La stanchezza per la serata di lavoro sparì improvvisamente  lasciando spazio ad una carica straordinaria di energia . Un’ onda di calore lo attraversò per tutto il corpo. Abbandonò i pantaloni a terra.
Leah sgranò gli occhi sorridendo di fronte al suo desiderio così evidente.
Posò gli occhi sulla sua mascolinità –“Insomma, un po’ di contegno di fronte ad una bella signorina”- ma questa si tese maggiormente – “Mi spiace, non riesco proprio a controllarlo”- sghignazzando.
“Allora forse potremmo trovare assieme una soluzione”- un cenno  con il dito invitandolo a raggiungerla.
Scivolò tra le sue gambe. La pelle liscia sotto quelle sue mani leggermente callose.
Le punta della lingua sfiorarla sul ventre risalendo fino a soffermarsi prima su di un seno poi sull’altro mentre la vide inarcare la schiena e gemendo, mordersi un labbro.
L’accarezzò fra i capelli –“Sei splendida …”
Sorrise –“Che  ti prende?”- vedendolo farsi serio.
Serrò la mascella aggrottando la fronte –“Voglio sposarti Leah.  Voglio portarti via di qua.”
“Lo voglio anche io e lo faremo”- passandogli una mano sulla guancia.
 

“Credevate veramente che vi avrei lasciato andar via così?”- ruggì.
“Lasciate stare mia figlia. E’ una questione che riguarda solo noi due”.
“Non penso proprio. Madeleine porterà il nome dei Bouillè e voi altrettanto, che vi piaccia o no. Se credete che basti uno stupido ed insignificante pezzo di carta pontificio per considerarvi libera da ogni vincolo, allora non avete ben compreso con chi avete a che fare. Oramai dovreste sapere che non mi arrendo con tanta facilità.”- stringendo la piccola per un braccio –“Se volete che non le vanga torto un capello e che sia altrettanto per la vostra famiglia vi suggerisco di assumervi le vostre responsabilità e comportarvi da fedele consorte, Madame Bouillè!”
“Voi siete pazzo. Siete veramente malato!”
“Pensate bene a ciò che fate e decidete perché questa volta un vostro passo falso e il vostro stalliere accompagnerà vostra figlia all’altro mondo!”
“Che cosa volete ancora da me? Perché vi ostinate a tormentarmi in questa maniera? Che cosa vi abbiamo fatto la mia famiglia ed io per meritarci questo vostro odio incontrollato?”
“Voi mi appartenete!!”
Sedette di botto sul letto. La fronte madida di sudore, il fiato corto.
Scese velocemente accostandosi al lettino della piccola. Maddie riposava serenamente con il suo pupazzo di pezza.
Per la prima volta dopo tanto venne assalita dall’angoscia.
Era certa che quell’uomo la stesse ancora cercando e che probabilmente nemmeno quel luogo fosse più sicuro.
Doveva andarsene.
Fuggire non era più la soluzione ideale. Prima o poi avrebbe dovuto affrontarlo. Una volta per tutte.
Ma non ora.
Justine era rientrata da Roma.
Non era più la moglie di Bouillè. Era tornata ad essere una donna libera. Nessun legame, nessun vincolo le impediva, ora, di ritrovarsi con Andrè e convolare a nozze come entrambi sognavano. Essere una famiglia e vivere finalmente quell’amore a loro negato troppo a lungo.
Rimase a fissare la piccola . Tese una mano accarezzandole delicatamente i riccioli sulla fronte. Doveva impedire che le accadesse qualcosa. Doveva battezzarla. Si, darle il nome di suo padre. Quanto prima. In quella maniera non avrebbe più potuto far nulla. Nessuna ritorsione nei confronti della bambina. Poi … lo avrebbe affrontato. Non c’era altro da fare.
Ma prima, Maddie.
 

“Alain, Alain!!!”- la mano forte battere sull’uscio –“Alain!!”
Il giovane aprì violentemente la porta innervosito da tanto trambusto –“Che diavolo …. Bernard! Che succede?”
“Presto, vieni. I Reali stanno facendo ritorno in città”
“Senti, non me ne può importare di meno. Mi fanno letteralmente schifo … …”
“Robespierre ha fatto affiggere volantini ovunque”- mostrandogliene uno.
Alain lo afferrò –“Chiunque applauda il re verrà frustato e chiunque lo insulti verrà impiccato” – lesse ad alta voce – “Il tuo amico da che parte sta? Dalla parte dei Reali o dalla parte del popolo? Che cosa vorrebbe fare in questa maniera?”
“Dai, vieni.”- afferrandolo per un braccio.
Durante il tragitto la carrozza fece diverse tappe. Le voci fecero presto a mettere in allarme gli abitanti dei villaggi che la accolsero armati di falci, forconi e bastoni. A Chouilly qualcuno riuscì persino a sputare in faccia al re.
Ben presto si resero conto che nulla sarebbe stato come prima. Nessuno sarebbe andato loro incontro per liberarli da quelle aggressioni e portarli in salvo verso il confine.
Il caldo afoso intriso di un silenzio surreale. La berlina giunse di fronte alle Tuileries.
Bernard e Alain in posizione strategica videro scendere Luigi XVI affaticato, profondamente turbato ed imbarazzato. Dalla folla che si assiepava attorno al mezzo non una mosca.
Ma quando spuntò la chioma della regina si levò inizialmente un gran brusio per poi sfociare in urla, insulti accompagnati da tentativi di colpirla.
Alain strinse con rabbia i pugni serrando la mascella. Poi volte le spalle si diresse verso la sartoria di Madame Bertin.
“Alain…!”- chiamò Bernard.
A passo veloce raggiunse in breve il luogo di lavoro di Leah. Voleva andarsene. Prenderla e lasciare Parigi. Subito.
Trovandosi di fronte alla bottega qualcosa lo frenò – “No, non posso.”- indietreggiando –“… d’accordo Oscar. Vi aspetteremo. Ma fate in fretta”
 

“Avete due minuti?”- D’Agoult le sedette accanto.
Oscar fece un sospiro – “Il vostro sguardo parla per voi”- comprendendo sarebbe stato un discorso difficile.
“Giornata meravigliosa oggi”- ammirando il giardino in tutto il suo splendore.
“Adoro questo pergolato. E’ delizioso starsene qui immersi in questa tranquillità”- osservò Maddie seduta nell’erba a raccogliere le margherite.
“Vi assomiglia sempre più”- volgendole lo sguardo.
“Desidero darle un’infanzia serena e felice”
“Lo state facendo in maniera esemplare”- la lodò.
“Non del tutto. Manca ancora suo padre”- versando della limonata fresca.
“I Reali sono stati fermati a Varennes durante un tentativo di fuga”- lisciando i baffi.
Sgranò gli occhi. Il bordo del bicchiere ancora posato fra le labbra.
“A Parigi è esplosa la rabbia ….”
Bevve un sorso.
“Non voglio sembrarvi insistente, tanto meno opprimente. Il mio desiderio è che riusciate a riabbracciare la vostra famiglia e Grandier quanto prima ma … vorrei consigliarvi di attendere ancora. Non è certo il momento ideale per tornare …”- tacque un istante –“Parigi è in fermento. Bouillè è alle strette. Due mandati d’arresto, l’annullamento del matrimonio, una scomunica. Immagino non si tratterrà molto a Bruges. In questo frangente , dovendo fuggire, potrebbe sguinzagliare i suoi uomini allo scopo di trovarvi e portarvi via con lui. Ritengo possa essere estremamente pericoloso allontanarsi da qui … soprattutto per vostra figlia”
Oscar si alzò raggiungendo la piccola .
La sensazione come si riaprisse una ferita.
“Mamma …”- allungandole una margherita.
Le sorrise sollevandola per aria – “Solo per te, amore mio. Solo per te”
E volgendosi verso D’Agoult –“Colonnello … voglio battezzare Madeleine. Nessuno deve potersi permettere di cancellare che è una Grandier”
L’uomo annuì percependo l’infinita sofferenza della giovane.
Al suo servizio presso i Soldati della Guardia aveva imparato a conoscerla. Caparbia, risoluta, energica. Ora, di fronte al potere di Bouillè, si era dovuta piegare per amore di quella creatura. Solo per amore.
Ma in quegli occhi, due pezzi di cielo incastonati fra una cascata d’oro, la fermezza e la fierezza di una donna e madre che avrebbe affrontato il suo eterno rivale in maniera definitiva appena le fosse stato concesso.
“Mi accorderò con Justine perché tutto possa svolgersi nel  massimo riserbo”
 

Braccato. Ecco come si sentiva.
In piedi, di fronte alla grande vetrata, in silenzio, mentre le parole pronunciate da uno dei suoi scagnozzi quasi lo percossero nell’orgoglio
Annullamento del matrimonio e scomunica –“Fino a questo punto vi siete spinta Jarjayes? Come avete fatto ad ottenere tutto ciò?”- livido di rabbia, gli occhi iniettati di sangue. Un affronto imperdonabile nei suoi confronti.
In più l’arresto di colui che lo aveva condotto al raggiungimento di obiettivi insperati e che ora si andavano sbriciolando , frantumati come cristalli.
Per non scordare il doppio mandato d’arresto.
Un tremore di paura mescolato ad ira lo scosse.
Ebbe la sensazione di sprofondare in un baratro –“Verrete all’inferno con me!” – gli disse un giorno l’Ombra –“No! Vi sbagliate!”- disse tra sé – “All’inferno andrete da solo!”- e volgendosi –“Preparate le carrozze. Entro sera lasceremo Bruges”
“Padrone … non riusciremo mai …”
“Stasera!!”- tuonò seriamente preoccupato. Una. Anche una sola possibilità di salvarsi.
Gli sarebbe bastata.
 

“Che cos’hai da ridere Saint Just?”
“Vi ostinate ad adoperare il guanto di velluto con l’Austriaca e quell'insignificante di Capeto. Non vi è stata di alcun insegnamento allora la fuga”- fissando Robespierre da lontano.
“Non credi che sia un gran successo che Luigi XVI abbia accettato la Costituzione? “
“Sei un illuso Maxim. Sai che cosa si dice in giro? Che quella tiranna consideri l’Assemblea Nazionale un ammasso di poveracci, di bestie, di pazzi. E’ una doppiogiochista non l’hai ancora capito? Si serve dei moderati per scopi personali. Non si è ancora arresa, credimi. S’illude che in qualche maniera anche un solo esercito straniero possa intervenire all’improvviso e capovolgere la situazione attuale, riportando al potere il consorte”
“Chiusa fra quelle mura cosa credi possano fare?”- sempre più seccato per le idee non collimanti con le proprie.
“A Capeto non frega nulla dell’Assemblea. Per quale motivo allora si ostina a mantenere i suoi ministri? Te lo sei domandato? Ah Maxim ….”- allontanandosi –“Fosse per me sarebbero sulla forca domattina di buon’ora.  E senza processo”.
 

Gli occhi a fissare la sua immagine riflessa nello specchio. Tutto era pronto.
La decisione era stata presa.
Aveva atteso anche troppo.
La situazione a Parigi non sarebbe di certo mutata in meglio dalla mattina alla sera come in una sorta di magia. La Rivoluzione procedeva di gran lena e come un’onda stava travolgendo e mutando i tempi.
Quella notizia giunta all’orecchio di D’Agoult aveva messo in atto il rientro a Parigi.
Quel maledetto era fuggito in Inghilterra abbandonando in fretta e furia la sua dimora a Bruges.
Non era così che avrebbe voluto. Ma questo, al momento, poteva garantirgli che non avrebbe più rimesso piede sul suolo francese.
“La strada è lunga da percorrere a cavallo. Rischiate di dare nell’occhio con una bambina così piccola. Lasciate almeno che qualcuno vi accompagni fino sul suolo francese”
Un sottile velo di tristezza. Infondo era stata bene in quel luogo. D’Agoult  si era dimostrato per l’ennesima volta un signore, un galantuomo ed un vero amico.
“Quando avrete voglia o vorrete farvi una piccola vacanza , sappiate che qui, un posto per voi, ci sarà sempre. Portate i miei saluti a vostro padre e a Grandier, quando li rivedrete. Abbiate cura di voi e di Madeleine”.
Afferrò le forbici.
Un primo taglio netto al quale ne seguì un altro, ed un  altro ancora.
Le lunghe ciocche ricaddero silenziose a terra. Le spalle ed il collo scoperti.
Ripose le forbici sulla pettiniera.
Ecco la nuova Oscar … ecco Francoise Grandier.
Indossata la giacca scura si avvolse nel mantello. Prese in braccio la figlia raggiungendo Anton, l’uomo che l’avrebbe scortata fino a Parigi.
 

I Jarjayes avevano fatto ritorno alla loro residenza risistemata e messa in sicurezza dopo aver eretto  un muro lungo il perimetro della proprietà. Mornay aveva loro assicurato un gruppetto di uomini per sorvegliare la zona giorno e notte.
Fu difficile abituarsi i primi giorni. L’incubo di quella notte terribile aleggiò nei pensieri e sonni di tutti per diverso tempo.
Lentamente, molto lentamente ripresero possesso della loro vita. Mancava sole lei.
“Vi chiedo di perdonarmi … .ma al momento non me la sento. Io ….”
Madame Emilie lo aveva accarezzato sulla guancia con tanta tenerezza – “La nostra Oscar tornerà presto. La vostra casa vi sta aspettando”.
Non poteva. No. Mai senza di lei.
Non aveva senso tornare  …  nella sua stanza in attesa che lei … no … nonostante sua nonna lo avesse supplicato …
Strinse gli occhi. Basta pensare.
 

Un viaggio difficile da affrontare con una bambina così piccola, nonostante svoltosi abbastanza tranquillo e senza dar troppo nell’occhio.
Avevano alloggiato in locande di paese spacciandosi per una copia di rientro dopo una visita al nonno lontano. Anton cercò di lasciare quanta più intimità a madre e figlia, nel limite delle sue possibilità. Di questo Oscar gliene fu riconoscente.
Parigi alle porte – “Fate ritorno … oramai non c’è più nulla di cui preoccuparsi”
“Ho promesso al Colonnello di accompagnarvi fino a destinazione. Non posso mancargli di parola”- accostandosi  a lei a cavallo.
“Anton … ascoltatemi. Prima vi rimetterete in viaggio e prima tutto questo trambusto terminerà anche per voi. Siete stato un vero gentiluomo. Non saprò mai come ringraziarvi per tutto quello che avete fatto per entrambe”
“E’ stato un onore, credetemi”- chinò il capo per vedere la piccola sonnecchiare tra le braccia della madre –“ Che la fortuna vi assista.”- tirate le briglie si rimise in strada nonostante la stanchezza, certo che fossero oramai al sicuro.
Di fronte alla casa di Alain emise un lungo sospiro. Essere lì, ora, per lei e la sua bambina era già un gran passo. Forse un miracolo.
La porta si aprì ancora prima di bussare.
“Ci vediamo più tardi”- Leah salutò Alain. Volgendosi si trovò di fronte Oscar con la piccola in braccio – “Oh mio Dio!!” – incredula a quella visione – “Oh mio Dio!”- ripetè con gli occhi strabordanti di lacrime. La giovane si portò le mani al viso.
“Che succede?”- Alain con una falcata fu sulla soglia allarmato.
Occhi e bocca spalancata – “Comandante!!”- strabiliato.
“Venite dentro”- Leah le fece accomodare velocemente.
Mise coi piedi a terra Madeleine che rimase aggrappata con una mano ai suoi pantaloni mentre con l’altra stringeva il suo pupazzo.
“Che meraviglia!!”- esclamò osservando la piccola – “Petit Grandier”- piegandosi sulle ginocchia.
Leah buttò le braccia al collo ad Oscar –“Siete tornata!”
La giovane ricambiò quell’abbraccio sincero ed affettuoso.
“Non siete un fantasma. Oscar … Oscar…”- tra i singhiozzi.
Madeleine avvicinò una manina ad un basettone di Alain e divertita vi passò sopra ripetutamente l’indice ridendo.
Rimessosi in piedi strinse calorosamente la mano alla donna –“Ci siete mancata.”
“Grazie Alain … finalmente”
Giornata di riposo per Alain mentre Leah dovette comunque recarsi al lavoro ma a sera si ritrovarono tutti assieme attorno alla tavola.
Il calore degli amici, quella sensazione stupenda di sentirsi come a casa.
Svegli fino a notte inoltrata, raccolti attorno il camino a raccontarsi, a ridere, a sperare e progettare una nuova vita.
Maddie fra le braccia di Oscar oramai addormentata.
“L’incubo è finito”- commentò il giovane.
Oscar sospirò – “No. Non del tutto. Forse però siamo riusciti a mettere i bastoni tra le ruote al destino”
“Non vi fermerete qui, vero?”- scrutando quegli occhi fieri e risoluti –“Non vi accontenterete fino a che non vi sarete confrontata una volta per tutte con quei due maledetti”
“E’ ancora in prigione?”-
Annuì –“Bernard mi ha detto si chiami Jean Baptiste Aubert e sia una sorte di mercenario. Il problema è che non sono ancora riusciti a processarlo per via del fatto dei reali. Troppa carne al fuoco in questo periodo. Per il resto di lui non si sa altro”
“Oscar, non pensateci …. E tu Alain non tormentarla appena arrivata”- dandogli una pacchettina su una spalla – “Potete sistemarvi in una camera di sopra con Madeleine. Se avete bisogno di una coperta in più potete trovarla nell’armadio”
“Grazie di cuore Leah”- stringendo a sé la figlia.
“Comandante … ora manca solo Grandier”- strizzandole l’occhio.
Incrociò gli occhi scuri del suo ex soldato – “Andrè “- mormorò.
 

L’ennesima intensa giornata interamente dedita a quel lavoro tanto amato.
Il sole all’orizzonte fare lentamente capolino sul mare, quasi tuffandosi fra le onde a salutare il giorno. Attimi ai quali non riusciva più porgere un briciolo di attenzione, emozioni accantonate per non dover pensare e crucciarsi.
I primi assaggi di un inverno pronto a scalzare una stagione fino ad allora abbastanza vivibile.
Anche l’ultimo puledrino era nato. L’incredibile bellezza della natura regalare ancora grandi soddisfazioni.
“Andrè … Mornay chiede se puoi passare da lui” – Martin si affacciò nella stalla.
Diede una ripulita agli stivali e raggiunse Victor nel suo ufficio.
“Volevo ringraziarti per lo splendido lavoro. Da quando sei tornato tutto procede a gonfie vele”- versando ad entrambi un sorso di cherry.
“Non dovete ringraziarmi, sapete bene che questo lavoro è la mia vita”- sollevando appena il bicchierino per aria.
L’uomo posò una busta sulla scrivania spingendola verso di lui.
“Non è giorno di paga …”- commentò stupito del gesto.
Mornay incrociò le mani sotto il mento.
Allungò una mano e l’aprì.
L’espressione del suo volto mutò d’un tratto. Un pallore iniziale … poi le guance prendere colore mentre le sopracciglia s’incurvarono fino a formare una piega a metà della fronte. Ebbe la sensazione che i battiti accelerassero. Il respiro quasi ad ostruirgli la gola incespicò tra i denti. Deglutì sollevando lo sguardo.
Lo vide accennare un sorriso all’angolo della bocca.
Fu come se quell’enorme macigno sul cuore si sbriciolasse il polvere soffiata via dal vento.
“Grandier …. Vai e riportala a casa”


L’atmosfera era decisamente opprimente. Invivibile.
Costantemente sorvegliati, giorno e notte, come animali in gabbia.
Che cosa? Che cosa era andato storto?
Maria Antonietta continuava  a chiederselo senza riuscire a darsi una risposta. Una vicenda triste e soprattutto che aveva lasciato un’indelebile amarezza.
L’ennesima conferma che fosse lei ad essere odiata. Lei era la causa, a dir del popolo, dell’indigenza dei francesi, di una situazione economica tragica nell’intero paese.
Un senso di smarrimento la scosse in un brivido. Umiliata, insultata, derisa. Lo zimbello di un intero regno … Nessun rispetto nei suoi confronti. Abbandonata. Da tutti. Amici e pseudo amici, fedeli servitori . Attorno a lei si era venuto a creare un gelido vuoto.
L’unica consolazione a donarle un po’ di sollievo in quei tormentati pensieri il suo eterno amore: Fersen. Lui almeno la sosteneva com’era sempre stato.
“Sapere di essere presente costantemente nel vostro cuore e nei vostri pensieri allevia ogni momento di sconforto delle mie giornate. Resto basita di fronte a tant’arroganza, odio, maldicenza mi si rivolga. Eppure sono ancora la sovrana di Francia e mi si dovrebbe rispetto. Mio adorato amico. Rammento con nostalgia quei giorni lontani quando, attraversando Parigi, non furono che grida di gioia, esultanza e stupore. Lontano il tempo in cui amavo il mio popolo. Ora non resta che rimpianto ed afflizione. Almeno voi non abbandonatemi”
 

Era solo questione di giorni.
L’attesa, oramai, volgeva al termine.
Forse avrebbe avuto più senso che un giorno arrivata Oscar, fossero stati loro a mettersi in viaggio.
Ma gli accordi erano accordi e le promesse altrettanto. Andrè era stato categorico –“Verrò io a prenderle. Nel frattempo organizzatevi. Du Mont troverà un mezzo dismesso per affrontare un tragitto così lungo. Informati se Lasalle e Delacroix sono ancora intenzionati a seguirci”.
Oscar aveva colto l’occasione per recarsi nei luoghi in cui era cresciuta. L’ex Palazzo Jarjayes versava in una situazione di completo degrado. Le si strinse il cuore a vedere come la natura aveva preso possesso dell’edificio. L’enorme cancello divelto, le vetrate in frantumi, tendaggi strappati, parte del mobilio utilizzato per alimentare i camini forse da poveracci o rivoltosi . Una desolazione.
Leah era riuscita a terminare un grosso lavoro in sartoria e Madame Bertin, dal canto suo, l’aveva raccomandata a Madame Bonnet, amica di lunga data, alle sartorie “Freres Martin” a Brest.
Un’occhiata ai biscotti appena messi a cuocere – “Arrivo”- sentendo bussare.
Aprendo la porta se lo trovò di fronte. Grondante.  I capelli appiccicati al volto, la barba gocciolare e quegli occhi …
“Non ci credo!” - gli buttò le braccia al collo –“Che gioia!”
“Sono felice di rivederti”- in un tenero abbraccio.
“Vieni, vieni avanti”- facendolo accomodare –“Ti prendo qualcosa da asciugarti”
Appese il mantello accanto alla porta. Passò il telo sul viso e fra i capelli.
“Me lo sentivo che saresti arrivato oggi. Magari però,  non sotto questo diluvio”
“Oramai la strada la conosco a memoria. Con tutte quelle volte che l’ho percorsa”- continuando a sfregare vigorosamente la testa – “Sei sempre bellissima, Leah”
Arrossì lievemente.
“Sei sola?”
“Alain è andato da Du Mont per gli ultimi preparativi”
“Stai bene ora? Quando Alain mi ha fatto sapere … beh … mi sono preoccupato molto. Mi spiace per il bambino”- addolorato.
Sorrise –“Ora sto bene. Il dottore ha detto che non dovrebbero esserci problemi se volessimo ….”
Le accarezzò una guancia –“Sei felice?”
Trattenne la mano sul viso stringendola –“Si Andrè. Alain è veramente tutta la mia vita”
Una vocina, un canticchiare leggero.  Tese l’orecchio per comprendere da dove provenisse.
Leah lo fece ruotare leggermente verso la tavola.
Seduta di spalle una bambina armeggia con un cucchiaio ed un tazza.
Una testolina di riccioli biondi. Le gambette a penzoloni dondolarsi avanti e indietro.
Leah la chiamò –“Maddie …. amore”.
Si volse.
Due splendidi occhi verdi lo fissarono.
La piccola fece loro un bellissimo sorriso poi tornò ad intingere quella fetta di pane nel latte.
Il telo scivolò a terra.
Si mosse lentamente, titubante, incredulo, andandosi a sedere di fronte a lei.
La bimba alzò nuovamente gli occhi e gli regalò l’ennesimo sorriso raggiante.
Al giovane non parve vero.
Fissandolo perplessa gli allungò il cucchiaio con un tozzetto di pane imbevuto.
Tremante tese una mano per prenderlo mentre gocciolava sulla tavola e con il pollice la sfiorò delicatamente come fosse di cristallo. La pelle liscia, morbida, le piccole dita …. sua figlia.
Leah, in un angolo, si passò una mano ad asciugare le lacrime commossa.
Madeleine ritrasse il braccio e infilò il cucchiaio  in bocca. Poi afferrò la tazza per bere.
Andrè deglutì. Gli occhi umidi, un nodo alla gola. Rimase a guardarla a lungo estasiato. Il cuore pulsargli in pieno petto quasi ad esplodere.
La piccola alzò il volto all’improvviso e udendo aprirsi la porta balzò giù dalla sedia come un grillo.
“Leah … è pazzesco! E’ come se si fossero rotte le cateratte del cielo”- una figura fradicia apparve sulla soglia.
Madeleine le corse incontro aggrappandosi alle gambe cercando amorevolmente il suo sguardo.
“Si, cucciola, la mamma è tornata”- facendo scivolare il cappuccio bagnato sulle spalle e chinatasi la sollevò – “Sono qui amore mio”.
Le butto le braccia al collo baciandola sulla guancia – “Ora lascia che la mamma si svesta”
Andrè si alzò appoggiando una mano allo schienale della sedia.
Rimise la figlia a terra – “Sapessi che tristezza”- rivolgendosi all’amica. Passò velocemente le mani tra i capelli corti mentre Leah le allungò qualcosa per asciugarsi facendole un cenno col capo, indicandole il giovane.
Solo in ultimo si accorse di quella presenza.
Sollevò lo sguardo. Lui. Lui era lì di fronte a lei.
Deglutì sbattendo ripetutamente le ciglia nel tentativo di mettere a fuoco l’immagine in mezzo alle lacrime che le riempirono gli occhi. La fronte corrugarsi in una piega d’incredulità e gioia allo stesso tempo. Ebbe solo la forza di pronunciare quel nome – “ … Andrè …”
“Oscar …”- mormorò.
La bambina si aggrappò alla giacca della madre tirandola con insistenza portando l’altra alla bocca a succhiarsi il dito.
“Maddie…”- chiamò Leah – “Vieni ad aiutarmi in cucina”.
Lasciò la presa afferrando la mano della giovane –“Adesso ci mettiamo a preparare qualcosa di caldo per la mamma”
I battiti a rincorrersi. Rimase immobile come impietrita, come se di fronte a lei si fosse palesato un fantasma. Si, lo sapeva che sarebbe arrivato in quei giorni ed aveva vissuto l’attesa carica di emozione e gioia. Ed ora? Ora non riusciva a proferire parola. Eppure gli occhi gonfi parlavano per lei.
Era trascorso così tanto tempo …
“Ciao”- non riuscendo che a sussurrare Andrè si fece coraggio per rompere il ghiaccio.
“Ciao” – abbassando lo sguardo.
“Hai … hai tagliato i capelli …”- trattenendo in gola una voglia irrefrenabile di gridare e fremendo dal desiderio di stringerla a sé dopo tutto quel patire.
Sorrise passando una mano in quella bionda chioma – “… ho dovuto …”
Sollevò gli occhi incrociando i suoi – “ Hai la barba …”- sghignazzò.
“Già …”- lisciandosi guancia e mento –“Avrei dovuto farmela prima di venire … so che non è molto di tuo gradimento”
“… mi punge ..”- gli rispose portando una mano a coprire sula bocca un po’ in imbarazzo.
Inumidì le labbra alla ricerca di un argomento per proseguire la conversazione – “E’ bellissima”
Aggrottò la fronte non capendo.
“Madeleine, è bellissima”- a terminare la frase.
“Ha i tuoi occhi”- aggiunse lei.
“I tuoi splendidi capelli”- sottolineò Andrè.
“E’ buona?”
“Oh si, molto …. E’ tanto affettuosa”
Quando non vi furono più parole per cancellare il silenzio, Andrè avanzò con fare timoroso, serrando la mascella, ingoiando le lacrime che urlavano per farsi strada.
I battiti pulsarle in gola, il fiato corto come dopo quelle corse infinite da ragazzini.
La sentì tremare quando, accostandosi, le sfiorò la guancia con la sua.
Il suo respiro lambirle il collo e la mano, lungo il corpo, andare ad intrecciarsi alle sue dita.
Chiuse gli occhi e posò il viso al quello del giovane.
Rimasero così, senza dirsi nulla, colmati finalmente da quel senso di liberazione da ogni sofferenza.
Gli strinse forte la mano appoggiandosi completamente a lui – “Andrè … sei qui finalmente”.
Le dita si sciolsero per accarezzarle la nuca ed infilarsi fra le onde morbide e corte dei suoi capelli e l’altro braccio cingerla per la vita.
Le labbra scorrere morbide sulla fronte, sugli occhi fino a raggiungere le sue.
Un bacio. Timido, leggero … come la prima volta.
La sentì fremere con infinita dolcezza. Cercarlo, desiderarlo … e finalmente un pianto liberatorio.
Si abbandonò alle lacrime stringendosi forte a lui e ricambiando quel gesto d’amore tanto sospirato.
“Oscar, la mia Oscar”- baciandola fra i capelli.
I cuori non riuscire a riprendersi i propri spazi di tranquillità per la forte, troppa emozione.
Quanti di quegli abbracci ci sarebbero voluti per cancellare i vuoti infiniti di due anni e più.
Oscar aprì gli occhi guardando verso il basso Maddie tirarla insistentemente per la giacca succhiandosi  il dito – “Mamma”- biascicò a bocca piena.
Si sciolsero a malincuore da quella stretta.
La piccola sorrise di fronte allo sguardo amorevole di Andrè e gli offrì il dito umidiccio.
Chinatosi le baciò la manina.
Riprese a succhiarlo mentre con l’altra mano gli accarezzò la barba. Rise nuovamente divertita da quella sensazione morbida e pungente allo stesso tempo.
“Maddie”- chiamò Leah.
Raggiunse la giovane nella piccola cucina e tornò con un biscotto appena sfornato – “Mamma … buono”- mostrandoglielo.
Oscar la prese tra le braccia –“Vuoi darne metà ad Andrè?”
Lo guardò con la faccina furbetta. Poi lo spezzò porgendogliene un pezzetto.
“Le ho sempre parlato di te”- scostandole alcuni capelli dalla fronte –“fin da quando seppi di essere incinta. Forse dovrà solo abituarsi alla tua presenza”
Madeleine elargì l’ennesimo sorriso mostrando un paio di dentini.
Avrebbe desiderato sollevarla tra le braccia, stringerla, ricoprirla di baci e carezze.
Sua figlia. Il frutto di un amore meraviglioso.
La sua Maddie.
 
 

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Capitolo 62
*** RITROVARSI ***


Lo scrosciare incessante della pioggia, l’unico sottofondo nel silenzio della cella.
Accucciato come un cane in un angolo, il viso rivolto verso quelle inferriate, poste ad un’altezza irraggiungibile per chiunque, unico fazzoletto di libertà per gli occhi e per i pensieri.
E un ghigno di sfida e vendetta stampato sulla faccia in un diabolico sorriso.
La fortuna gli era stata accanto risparmiandogli fino a quel momento l’incontro con la forca.
Non una benché minima ombra di preoccupazione, di timore.
Addentò con rabbia il tozzo di pane raffermo rimasto nella ciotola.
Per un istante si maledisse per quell’imprevisto, causa della sua attuale reclusione. In rassegnata seppur ottimistica attesa, una serie di volti, susseguirsi nella mente andando ad ampliare quella lista di nomi e cognomi da lui condannati a morte. Una lista alla fine della quale quel nome, forse, non si sarebbe aspettato di dover inserire così presto –“Mi sarei atteso un vostro intervento …. “- sputando la crosta dura del pane – “Vi avevo avvisato che sareste andato all’inferno … non dubitate delle mie parole …”
 
Fu piacevole ritrovarsi tutti assieme attorno ad una tavola.
Maddie incuriosita dalla presenza nuova di Andrè fece la spola dalle sue gambe a quelle di Alain a lisciare barba e basettoni, una volta da uno ed una dall’altro quasi dovesse scegliere il preferito.
Oscar rimase a guardarla, divertita, prendere confidenza lentamente con suo padre.
Quando fu ora – “Andiamo a nanna?”- sorridendole.
Con il dito in bocca si accostò ad Andrè afferrandolo istintivamente per mano ed appoggiando la testa sulle sue ginocchia.
Infilò teneramente le dita fra quei riccioli dorati accarezzandole il capo. Lei compiaciuta per il gesto, chiuse gli occhi mugugnando di piacere.
“Caro mio, è giunto il tuo momento”- Alain divertito gli diede una pacca sulla spalla.
Volse allora lo sguardo verso Oscar come a domandarle cosa dovesse fare.
Lei sollevò le sopracciglia divertita –“Ha detto tutto lui”- commentò.
Titubante, nonostante il cuore esplodergli dentro, la prese tra le braccia. Il capo a ciondoloni sulla spalla, la mano umidiccia aggrapparsi al collo. Socchiuse gli occhi dall’emozione avviandosi per le scale. Le posò delicatamente una mano sulla schiena quasi a proteggerla. Percepì i battiti di quel cuoricino contro il suo petto. La sua Maddie, la sua splendida bambina.
“Oscar …”- chiamò Leah come per domandarle se quella notte avessero condiviso lo stesso letto.
Si volse accennando ad un leggero sorriso seguendo Andrè per le scale.
Il giovane depose sul letto la piccola affinché sua madre la potesse cambiare e preparare per la notte.
Sedette sul bordo a seguire ogni mossa, ogni gesto di lei così carico d’amore e di dedizione.
Piegandosi mosse l’aria con quella chioma dorata.
Ne percepì il profumo, quel profumo che non aveva mai scordato durante la loro lontananza. Senza staccarle gli occhi di dosso, estasiato.
Quand’ebbe terminato la ripose fra i cuscini con il suo pupazzo di pezza. Un bacio sulla fronte ed una carezza.
Sollevò gli occhi incrociando quelli di lui. Un senso d’imbarazzo le fece abbassare all’improvviso lo sguardo stringendosi le braccia. Si morse un labbro non sapendo come comportarsi.
Comprendendo il suo stato si alzò e afferrando la maniglia –“Scusa”
Oscar posò la mano sulla sua –“Ti prego … non andare”.
Difficile ristabilire un contatto, un’intimità un tempo scontata e spontanea.
Ma lui era lì. Lo aveva tanto sognato, tanto desiderato. Non poteva permettere che lasciasse quella stanza dove, in quel preciso momento, erano finalmente una famiglia.
Richiuse la porta.
Si mise in un angolo per cambiarsi.
Andrè le volse le spalle e attese in silenzio.
“Ho fatto”- accanto al letto. Una camicia bianca, al ginocchio. Le gambe tornite e magre, la pelle chiarissima.
Sollevò le lenzuola e si coricò accanto alla figlia.
Andrè sfilò gli abiti riponendoli sulla sedia. Con la coda dell’occhio la vide arrossire e provò uno strano disagio.
Un brivido l’attraversò nel vedere il giovane a torso nudo. Dio quant’era bello!
Scostate le coperte prese posto appoggiando la schiena alla testiera del letto.
Maddie come un gatto si accovacciò con il capo su una gamba di lui, all’altezza del bacino. Fermo, immobile per non svegliarla.
Oscar timidamente allungò la mano cercando la sua. Intrecciò le dite a quelle del giovane.
Il cuore così leggero. Quel gesto a dire molto più di mille parole.
 
Aprì lentamente gli occhi.
Per la prima volta dopo tanto tempo aveva riposato tutta la notte ininterrottamente.
Sollevò appena lo sguardo. La sua mano ancora stretta in quella di Andrè e lui seduto, appoggiato fra alcuni cuscini mentre accarezzava delicatamente la piccola Maddie, addormentata tra le sue gambe.
Le sorrise.
“Da quanto sei sveglio?”- sollevandosi.
“Da ieri sera”- le sfiorò la fronte con un bacio leggero.
“Non hai chiuso occhio …!”
“Non potevo. Ho perso toppo di voi …”- continuando ad infilare le dita fra i riccioli della figlia – “E’ bella come te” – senza staccarle gli occhi..
“E lo sguardo profondo di suo padre”- aggiunse lei.
Sedette più vicino ad Andrè
“Ho desiderato tanto questo momento”- il cuore pulsare all’inverosimile –“pur consapevole di quanto tu sia forte, ho temuto … per voi . Ho avuto paura di perdervi, di non riuscire a rivedervi mai più” – posò il capo contro quello di lei –“Il sapere quanto male possa averti fatto quel maledetto mi ha tormentato notti intere”
“… Andrè non preoccuparti. Quelle mani mi hanno sfiorato solo  …”
S’irrigidì e lei se ne accorse.
Gli strinse la mano –“Non è successo nulla … ho fatto di tutto per impedirlo”
Madeleine si mosse. Si stropicciò gli occhi e guardando verso l’alto vide il volto di su madre e del giovane.
Un gran sorriso. Afferrò il suo pupazzo e infilando il dito in bocca si mise dritta in ginocchio, un braccio attorno il collo di Andrè. La testa sulla sua spalla.
Allungò la mano verso Oscar –“Mamma ..”
Gli occhi lucidi di entrambi.
 
Du Mont, nei giorni precedenti, si spese alla ricerca di una carrozza per poter affrontare il viaggio verso Le Conquet. Purtroppo non riuscì nel suo intento.
Alain, di conseguenza, aveva agito trovando almeno un cavallo per Oscar e uno per Leah. Si sarebbero dovuti arrangiare.
Tutto era pronto. Il poco e misero bagaglio venne collocato all’interno del capiente calesse del curato.
“Siete certo di riuscire ad arrivare a destinazione con questo catorcio?”
“Soissons preoccupatevi del vostro ronzino!”- sistemando alcune bottiglie di vino.
“E quelle? Che intenzione avete?”
“La strada è lunga non vorrete mica bere solo acqua. Vi potrebbero marcire le budella”- lisciando i baffoni.
Esplose in una sonora risata - “Forza. Venite dentro. Aspettiamo gli altri”- facendolo accomodare.
Bernard li raggiunse assieme a Rosalie per un ultimo saluto.
“Hai novità?”- Alain appoggiò i gomiti sulla tavola.
“Il processo si farà subito dopo Natale. Questo quanto ho saputo da Robespierre. Comunque vi terrò informati sugli eventi”
Oscar storse il naso. Avrebbe voluto prendervi parte ed assistere finalmente alla condanna di uno dei suoi due aguzzini.  Ma come sempre mise davanti a tutto Maddie e Andrè. Rientrare a casa era la vera priorità. Questa volta sarebbe stata la legge a fare il suo corso.
“Comprendo il vostro stato d’animo.  Ma …”
Strinse i pugni rivolgendo lo sguardo verso le scale. Andrè stava scendendo con la piccola in braccio.
Alain si schiarì la voce –“Ehm …. Forse è il caso di mettersi in viaggio. Il cielo non promette nulla di buono e l’aria è già più frizzante del solito. Potremmo incontrare neve”
“Bernard ti prego di farmi sapere quanto prima”
“Potrebbero aver bisogno di una vostra testimonianza. Lo sapete questo, vero?”
Un sospiro fissando dritto negli occhi Andrè –“Non potrò certo sottrarmi”
Strinse la figlia a sé. La fronte aggrottata. Una piega di disappunto nonostante sapesse che lei avrebbe preso parte al processo. In ogni caso.
“Coraggio. Non perdiamo più tempo”- prese Maddie tra le braccia mettendola in piedi sulla sedia. Una carezza  ed infilatele gli stivali, l’avvolse in uno scialle di lana pesante.
Alain richiuse la porta soffermandosi a fissare l’abitazione dove aveva vissuto fino ad allora. Sua madre e Diane se n’erano andate. Non c’era più motivo di restare.  Sentì Leah prenderlo sottobraccio e stringerlo forte. La baciò teneramente sulla fronte. Era pronto. Ora si. Era pronto a ricominciare una nuova vita con lei, lontano, al sicuro. Ripartire da zero. Più sereni.
“Andiamo?”- gli sorrise.
Incrociò quegli occhi smeraldo che senza volerlo, lo avevano fatto innamorare. Si lei, quella ragazza che Andrè le aveva semplicemente chiesto di tenere d’occhio, perché non le capitasse nulla. Lei che con quella folta chioma rossa, le sue lentiggini, la sua cadenza irlandese, il suo modo di fare buffo, a volte sfrontato era riuscita a fargli credere veramente nell’amore.  E che avrebbe presto sposato.
Le allungò le briglie. Un piede nella staffa. Leah salì.
Maddie in sella con Andrè.
Lasalle sul calesse con Du Mont.
“Delacroix mi spiace tu abbia cambiato idea”- Oscar gli tese la mano.
“Avremo occasione di vederci ancora. Ne sono certo.”- ricambiando il gesto.
Rosalie in lacrime le si avvicinò –“Abbiate cura di voi. Mi mancherete tanto”
“Piccola Rosalie”- sollevandole il volto per il mento –“E’ solo un arrivederci.”
Montò a cavallo. Un ultimo sguardo.
 
I fiocchi di neve scendere  volteggiando, sospinti dal vento proveniente da nord.
Oscar buttò un occhio alla figlia rannicchiata sotto il suo mantello.
“Che viaggio faticoso ti ho fatto affrontare”- fissandola mentre stringeva forte in una mano il suo pupazzo.
Andrè le si affiancò –“Tutto bene?”
Quei giorni trascorsi assieme li avevano riavvicinati un po’. Eppure era  difficile per entrambi ritrovare l’intimità di un tempo. In compenso Maddie stava scoprendo lentamente suo padre.
Annuì stringendo a sé la piccola.
In lontananza s’intravvidero finalmente le luci del piccolo paese.
Il curato e Lasalle si recarono direttamente alla chiesa del paese mentre Alain e Leah decisero di fermarsi in una locanda.
“Non volete proseguire con noi? Potreste accomodarvi alla villa finchè non avrete trovato qualcosa”- Li invitò Oscar.
“Non comandante, ci fermeremo qui. Domani valuteremo il da farsi”-
“E smettila Alain di chiamarmi “comandante”- lo rimproverò – “Non lo sono più. Sono Oscar e basta.”
“D’accordo capo!”
Oscar scosse la testa –“Leah spero che almeno tu riesca a mantenerlo sulla buona strada. “
La giovane sghignazzò –“Ci provo, ogni giorno. Ma in certe cose, proprio, non vuole correggersi”
“Oscar proseguiamo. Il vento si sta alzando.”- osservò Andrè.
“Ci si vede domani allora”- Alain fece un cenno con la mano.
Poca, ancora pochissima strada.
Imboccarono il viale alberato giungendo al cancello sorvegliato.
“Salve Grandier”- uno degli uomini di Mornay aprì loro.
Rimase a bocca aperta stupita da quella novità nonostante Andrè gliene avesse fatto cenno.
“Signore, signore”- chiamo Philiph sbirciando dalla grande finestra della sala.
Il Generale uscì dallo studio accompagnato da Madame - “Che succede?”
“Guardate”- indicando un paio di cavalli fermarsi di fronte all’abitazione
“Ma … ma sono i nostri ragazzi!”- quasi incredula.
Philiph afferrò delle coperte ed uscì di corsa.
Andrè aiutò Oscar a scendere con la figlia.
“Signori, che bello riavervi a casa”- posando il panno sulle spalle della giovane –“Penso io ai cavalli. Andate al caldo”
Alcuni passi attraverso l’entrata e si trovò di fronte i suoi genitori.
Nanny scoppiò in lacrime.
Emilie si avvicinò poggiandosi sul bastone. Un braccio intorno al collo di Oscar baciandola sulla guancia – “Bentornata, figlia mia”
“Madre ..”- rimanendo con  il volto contro il suo – “Siamo a casa, finalmente!!”.
Quell’abbraccio che tanto aveva desiderato. Sua madre, alla quale aveva rivolto costantemente il suo pensiero dopo l’incendio.
Augustin  commosso riuscì solo a dare una pacca sulla spalla ad Andrè stringendogli la mano –“Ce l’hai fatta!”
Oscar scoprì Maddie addormentata tra le sue braccia.
“Oddio che meraviglia!”- Madame Emilie si avvicinò cautamente sfiorandole appena i riccioli biondi.
Augustin, troppo commosso per tutte quelle emozioni in una sola volta, farfugliò qualcosa incantato dalla nuova nipotina.
Nanny già infatuata della piccola, rimase ad osservarla con un’espressione sognante.
“Vorrei poterla mettere a dormire”- baciandola sulla fronte – “E’ stato un viaggio massacrante”
Madame la invitò ad andare a riposare - “Immagino sarete a pezzi. E’ tardi. Avremo tempo domani”- donandole una carezza –“Ora siete qui. Con noi. Questa è la cosa più importante”.
Oscar si accinse a salire le scale. Le parve così strano essere nuovamente con le persone che amava.
Andrè la seguì con lo sguardo.
Emilie lo prese sottobraccio –“Non accompagni la tua famiglia?”
Una sorta d’imbarazzo gli percorse la schiena in un brivido vedendo gli occhi del Generale puntati su di lui.
La donna fissò il consorte – “Augustin?”
Scosso dal richiamo della moglie si schiarì la voce –“Certamente. Vai ragazzo mio.”
La camera interamente risistemata. Il camino acceso .
“Momentaneamente ho fatto mettere qui il letto per la piccola”- Nanny scostò le coperte – “Bentornati ragazzi” – asciugando le lacrime con il grembiule .
“Grazie”- adagiandovi Madeleine.
Sfilò gli stivali, la giacca e la sistemò per la notte.
“Vi preparo qualcosa?”
“Ci siamo fermati per un boccone lungo il tragitto”- china sulla figlia sistemandola sotto le coperte.
Andrè, in disparte, rimase in silenzio.
Sulla porta apparvero i coniugi Jarjayes –“Tutto bene?”- Emilie sorrise guardando la nipotina.
“Domattina avrete tempo di raccontarci”-
“Madre … Andrè mi aveva raccontato di quanto vi accadde quella notte … io immaginavo …”
“Sto bene figlia mia. Ho solo un nuovo compagno per potermi muovere “- mostrandole il bastone –“oramai siamo inseparabii”- accarezzandole una guancia – “Coraggio, Augustin. Andiamo”- invitandolo a lasciare i giovani da soli.
 La presenza del giovane nella stanza fece irrigidire il Generale.
Andrè comprese al volo e dato un bacio a Maddie si diresse verso le scale –“Buonanotte Oscar”.
Non ebbe la freddezza di controbattere o forse non volle interferire con le rigide idee del padre.
Rimase sola con sua figlia.
Fece un sospiro guardandosi attorno. Casa. La sua famiglia.
Quante notti aveva ripensato a quel luogo. Ora era lì.
Ripose gli stivali accanto al camino. Giacca, camicia, pantaloni.
Prese della biancheria pulita dall’armadio. Sedette sul bordo del letto. Rimase a fissare il cuscino.
Di cos’aveva paura? Aveva trascorso le ultime notti condividendo il medesimo letto con Andrè.  Sapere che al risveglio lui fosse lì l’aveva fatta sentire viva. Eppure imbarazzata. Una semplice carezza,  un bacio lieve, le mani intrecciate. Oltre questo null’altro. Qualcosa la frenava. Perché?
 
Sceso, si richiuse nella sua camera.
L’ultima parte del viaggio era stata tremenda. Freddo, neve, vento.
Ripose la giacca e la camicia sulla sedia leggermente stizzito per l’atteggiamento di Jarjayes. Si, certo, non erano ancora sposati. Ma si rendeva conto che ora avevano una figlia? Che cosa credeva? Ancora adesso dopo tanto tempo non riusciva ad essere più morbido nei loro confronti.
“Dai, calmati”- si disse sciacquandosi con vigore il volto nel catino –“cerca di metterti nella testa che sarà così fino a quando non sarà tua moglie ed andrete a vivere nella dependance. Che ti piaccia o no”- strinse nervosamente l’asciugamani. E poi, comunque … non sarebbe successo nulla. Come durante il viaggio di rientro. Aveva creduto che tutto fosse come prima. No. Non lo era.
Si coricò nel letto.
Le braccia incrociate dietro la testa.
Durante quei giorni avevano alloggiato in alcune locande lungo la strada. Unica stanza, unico letto. Nonostante Maddie e tutto l’amore reciproco, aveva la sensazione che tra loro si fosse eretto un muro, così difficile da abbattere. Del resto erano trascorsi due anni. Tante cose erano cambiate. Forse loro stessi lo erano. Oscar gli aveva assicurato che nulla fosse accaduto con il generale Bouillè. Ma era stata sua moglie. Lui dunque non era mai riuscito a farla sua? Nemmeno una volta?
Si strofinò gli occhi ripetutamente . Che pensieri assurdi.
Si fidava ciecamente di Oscar. Se glielo aveva garantito non doveva dunque avere dubbi. E poi se anche fosse stato? Cos’avrebbe potuto fare? Lei era forte, sapeva come difendersi. Ma quell’animale l’aveva tenuta in pugno tanto, troppo tempo.
Ripensò alla narrazione della prima notte da consorte del suo aguzzino … non riusciva nemmeno a pronunciarne il nome. Se fosse no stato per lei …. come si chiamava? … ah, si , Renèe … che cosa sarebbe potuto accadere? Forse il destino aveva avuto un occhio di riguardo nei suoi confronti in quel caso.
Si girò su un fianco nel tentativo di prendere sonno.
Sbuffò rivedendo l’espressione del Generale.
Si rigirò dalla parte opposta. Abbracciò il cuscino.
Sbuffò nuovamente.
In questo tormentarsi di continuo gli parve di aver udito bussare.
Tese l’orecchio.
“Dai, piantala” – gli disse una voce nella testa.
Socchiuse gli occhi.
Prima, la notte, lei lo raggiungeva. Sfidando suo padre.
Tese nuovamente l’orecchio. Gli occhi sulla maniglia.
La porta si aprì. E si richiuse.
Sedette lentamente sbalordito.
Lei. Come allora. Come nelle loro prime notti d’amore.
Ferma, immobile, di spalle.
A piedi scalzi.
Si volse appoggiando la schiena alla porta. Il volto chino. Le mani nervosamente stringere quella camicia che a fatica le copriva le ginocchia. Timida ed impacciata.
Andò verso di lei.
Oscar evitò di guardarlo dritto negli occhi. Imbarazzata come mai era stata. Eppure era Andrè. Il suo Andrè.
Man mano che si avvicinava, il fiato farsi corto. Il cuore gridarle in pieno petto.
Andrè poggiò una mano allo stipite e con l’altra le scostò un paio di ciocche dalla fronte.
Chiuse gli occhi tremando. Ma cosa le stava succedendo? Avevano penato tanto per tornare a stare assieme ed ora che finalmente …. – “Che cosa stai facendo Oscar?”- si chiese –“Di cosa hai paura? Tremi di fronte all’uomo che ami? Al padre di tua figlia?”
“Ehi …”- le sussurrò abbassando il volto per riuscire a guardarla negli occhi.
Sollevò il viso fissandolo.
Sciolse alcuni bottoncini. Afferrò una mano del giovane accompagnandola all’interno del tessuto leggero della camicia.
I polpastrelli sfiorarle il seno e sentire inturgidirsi, al contatto, quelle splendide, piccole aureole.
Un gemito. Lo desiderava. Come lui la desiderava.
“Lasciati andare …”- le sussurrò - “Non hai da temere del mio amore … lasciati trasportare dai sensi Oscar …”
I primi baci bruciare sulla pelle ed infiammarla poco per volta.
“Ti prego … voglio ritrovare la passione di un tempo, di quelle notti …”
Le dita s’infilarono fra le onde scure dei suoi capelli stringendoli con vigore quando le labbra morbide si impossessarono dei capezzoli. La lingua come fuoco assaporarli ripetutamente.
Lasciò che la camicia le scivolasse dietro le spalle. La bocca sempre più assetata di lei scendere ed il ventre a contrarsi con piccoli spasmi. Le mani forti di lui sui fianchi spingersi oltre il bordo dell’intimo facendolo scorrere lungo le gambe.
Andrè si trovò in ginocchio ad abbeverarsi del suo crescente piacere. L’aveva desiderata così tanto.
Oscar sentì le gambe farsi di burro continuando a mugugnare, ingoiando le grida che le si aggrappavano in gola.
Solo quando lo sentì staccarsi ebbe la forza di aprire gli occhi.
“Andrè … io …”mordendosi un labbro.
La caricò in braccio deponendola sul letto.
I suoi occhi verdi brillare eccitati mentre abbandonava la biancheria sul pavimento lasciando in bella vista la sua eccitazione.
Si adagiò su di lei sostenendosi su un gomito mentre con una mano continuò a vagare su quel setoso mare della sua pelle.
Poi chinarsi, sfiorarle le labbra senza baciarle, tracciarne i contorni con la punta della lingua e lei sussultare, fremere ad ogni tocco.
Il suo vigore pulsare contro la sua femminilità.
Lo cinse dietro il collo cercando la sua bocca.
Andrè si ritrasse.
Lei sgranò gli occhi sbalordita.
Un sorrisino malizioso si incurvò sul suo volto.
Lo sentì scendere fra le sue gambe a suggere nuovamente da quella fonte il suo essere donna.
L’ennesimo grido strozzato.
Le unghie affondare leggermente sulle spalle.
Aprì gli occhi e se lo ritrovò di fronte bello come non mai.
Si fece strada in lei con la stessa infinita dolcezza di allora.
Accoglierlo nel suo abbraccio vellutato e ritrovare finalmente quell’infinito piacere che sapeva donarle.
I bacini toccarsi ripetutamente in movimenti morbidi, in affondi da lasciarla ogni volta senza fiato.
Il ghiaccio oramai sciolto.
I corpi amalgamarsi fra baci appassionati. E stringersi in abbracci troppo a lungo mancati, carezze fra mille sguardi.
Lo afferrò per i glutei, aggrappandosi e seguendo quel ritmo trasportarla in un oblio unico.
Percepì il suo contrarsi, avvolgerlo all’apice del piacere, tremare con la stessa forza di una tempesta in mare ed assaporare fino in fondo quell’essersi ritrovati.
Spinse indietro la testa incurvando il collo rilasciando quel dolce suono dell’appagamento totale.
Gli occhi puntati su di lei a deliziarsi del suo volto in estasi. Com’era bella la sua Oscar.
E poi il suo di piacere in quell’ultimo affondo, arrivare prorompente, violento, liberatorio in un’ondata di calore accompagnato da un suono gutturale strozzato mentre il suo corpo veniva sconvolto da un fremito paradisiaco che dolcemente lo trascinava a riva.
Ansimanti all’unisono, i cuori in balia della felicità, gli occhi lucidi riflettersi gli uni negli altri a trattenere le lacrime di gioia.
E baciarle la fronte, scendere sugli occhi per tornare sulle sue labbra imporporite d’amore.
“Bentornata a casa”- sorrise.
Le dita affusolate arricciargli i capelli ed accarezzargli una guancia. Con l’indice percorrere quella cicatrice che gli attraversava l’occhio e che lo rendeva, a suo dire, ancora più affascinante. La fortuna che non avesse perso la vista e potersi tuffare a fondo in quei verdi abissi.
Magnifica la sensazione di poter essere nuovamente fra le sue braccia,  sfiorare la sua pelle, sentire il calore del suo corpo.
Si accovacciò nell’incavo del suo braccio. Scorrere sul suo torace delineandone la perfezione, assaporando il piacere di toccare il suo uomo così intimamente come non era stato dal suo incontro a Parigi soffermandosi nel risalire su quel rilievo, un piccolo ricordo del ferimento sotto la Bastiglia.
Rimasero in silenzio lasciando che i respiri riprendessero i loro ritmi, mentre i cuori non smettere di pulsare, vivi e colmi di emozioni e gioia, fondersi in un unico battito.
I rintocchi della pendola nel corridoio.
“Solo Dio sa quanto vorrei restare ….”
“Arriverà il momento in cui non sarà più un problema”
“E’ meglio che vada”- abbandonando le lenzuola ed infilando la camicia.
La trattenne per una mano.
Si volse.
La trasse a sé per un ultimo bacio. Le labbra ancora smaniose d’amore. Il sapore di loro.
Raccolse le biancheria e si ricompose.
Rimasero sulla porta non riuscendo a smettere di scambiarsi tenerezze e sguardi.
“Mamma …”- una vocina.
Oscar abbassò gli occhi. La piccola Maddie la tirò per la camicia.
Incuriosita spinse la testolina all’interno della stanza ed intravvide il giovane. Un sorriso le si stampò sul volto. Allungò le mani verso l’alto – “Ande …”.
Indossò velocemente qualcosa e la prese in braccio.
La bimba si aggrappò al collo. Il capo sulla spalla, il dito in bocca.
“Portiamola a letto”- imboccando le scale.
Un paio di gradini quando, alzando gli occhi, in cima, la presenza del Generale e madame sottobraccio.
Percependo una strana tensione del marito, Emilie richiamò la loro attenzione – “Tutto bene ragazzi?”
Augustin quasi la fulminò. Lei senza scomporsi lo strinse.
“Maddie voleva stare con suo padre”- prontamente Oscar – “Ora la riportiamo a dormire”
Passando accanto ai consorti Madeleine sollevò la testa. Sorrise ad entrambi e mostrò il suo pupazzo di pezza al Generale – “Tato …”.
Lo sguardo severo dell’uomo sciogliersi.
“Mamma, tato…”- insistette.
“Si amore, è il nonno”- il capo ricadde sulla spalla di Andrè che la strinse teneramente.
Emilie li strattonò delicatamente facendogli un cenno con gli occhi.
“Ecco … beh … certo, indubbiamente ha bisogno di entrambi”- lasciando loro spazio per passare.
“Buona notte”- una carezza alla nipotina e un bacio alla figlia per poi trascinare il marito verso la loro stanza.
“Non trovi sia di una tenerezza infinita?”- Emilie si sistemò nel letto.
Il Generale ripose la giacca da camera piuttosto seccato.
“Augustin ….”con tono di rimprovero.
“Ci provo, ma non riesco ad essere così morbido come sei tu …”
“Hanno una bambina, non credi sarebbe il caso ….”
“Che si sposino!”- agitando nervosamente le braccia.
“Sono appena tornati a casa, ti prego”
“Io proprio non riesco a capire. Solo Beatrice ed Oscar, solo loro due”- infilandosi sotto le coperte.
“Vorrei rammentarti che nemmeno tu aspettasti”
“… sono un uomo!”
“Ed io la donna che corrompesti quella notte e che diventò da lì a poco tua moglie”- lo zittì.
Avvampò inizialmente per poi tornare docile alle parole carezzevoli di madame –“alla fine hai sempre ragione tu”
“In privato, sempre”- invitandolo a coricarsi.
“Emilie, amore mio, sarà faticoso abituarsi all’idea di Oscar che …”
“Per quale motivo? E’ una delle tue figlie. Cosa cambia da Beatrice ad Oscar o alle altre?”- perplessa.
Annuì –“Lo so. Ma con lei è differente”
“Ha al suo fianco Andrè. Non poteva avere uomo migliore. Sono cresciuti assieme. Conosce tutto di lei. Nessun altro potrebbe tenerle testa e soprattutto saprà sempre come renderla felice. Ed il primo passo è stato già fatto”
“Madeleine?”
“Ovvio. Lasciali andare nella dependance. Hanno bisogno della loro intimità e non di un padre ed un suocero ossessivo e tediante. Dopo tutto questo tempo. Non sono più dei ragazzini. Sono un famiglia”
Si volse con gli occhi spiritati –“Mi auguro tu stia scherzando?”
“Affatto.”- rimanendo tranquillamente seduta con la schiena sui cuscini, le braccia incrociate sulle gambe – “Domani farò dare una ripulita alla loro casa e farò portare il lettino di Maddie nella sua nuova cameretta”
“Emilie!”- balzando in piedi –“non sono assolutamente d’accordo. Prima il matrimonio … poi…”
“Invece io ti dico che i ragazzi andranno nella loro casa”- alzando leggermente il tono di voce.
“Stai disobbedendo a tuo marito!!”- gesticolando sempre più irritato – “che cosa ti sta succedendo? Da quando ci siamo trasferiti a Le Conquet sei improvvisamente cambiata. Non sei più rispettosa nei miei confronti …. Ora capisco l’arroganza e lo spirito libertino di Beatrice e di Oscar da dove vengono”
La donna scese appoggiandosi al bastone.  Fece il giro del letto ed afferrati i cuscini del Generale glieli sbattè fra le braccia -”Credo dovrai trovare un  posto dove dormire questa notte”
“Mi stai cacciando dal nostro ….?”- scioccato per il comportamento della donna.
“Oh no, non mi permetterei mai. Ti sto solo invitando a trovare una diversa collocazione per le prossime ore notturne”
“Emilie … ti prego …”- sempre più sconvolto.
“Se sei irremovibile sulla tua decisione, vorrà dire che lo sarò pure io sulla mia”- aprendogli la porta.
Sbuffò seccato ed uscì.
Madame ritornò nel letto. Sedette fra le coperte ed attese – “cinque … quattro … tre … due … uno …”- contò nella sua mente.
La porta si riaprì e richiuse.
Il Generale fermo con i cuscini tra le braccia. Lo sguardo severo. Le narici dilatate dal nervoso. Sbuffò nuovamente – “  E sia!!”- con il passo pesante si avvicinò al letto, si coricò e tirò le coperte fin sotto il mento.
“Ottimo”- soffiando sulle candele –“Buona notte”
 
Maddie prese sonno velocemente. Andrè chino su di lei non aveva smesso un attimo di accarezzarla tra i capelli.
Oscar affianco, stretta al suo braccio. Il capo appoggiato sulla spalla.
Volgendosi incrociò le sue labbra. Sollevò una mano e con le dita ne percorse i contorni, le sfiorò ripetutamente. Il suo respiro caldo. La prese dolcemente per il mento ed unì le sue a quelle della giovane.
La cercò con passione e lei ricambiò con trasporto.
Premerle il volto con una mano contro la propria guancia –“Oscar … “- deglutì – “ti amo da morire …”
La giovane si alzò, diede un giro di chiave e soffiò sulle candele.
“Che intenzioni hai?”- avvicinandosi alle spalle le posò le mani sui fianchi.
Gli incrociò le braccia dietro il collo trascinandolo su di lei sul letto – “Mi riprendo ciò che mi appartiene”- gli sussurrò.
Sfilò velocemente la camicia. Rotolando tra le lenzuola si ritrovò supino.
Oscar portò le mani alla cinta. La sciolse, fece scivolare i pantaloni a terra e si mise a cavalcioni su di lui.
“Dimmelo ancora Andrè …. dimmi che mi ami”
Le mani sul seno. Il suo cuore battere con prepotenza. La trasse a sé – “Sei la mia stessa vita. Senza di te nulla avrebbe senso.”
Poggiata sui gomiti si mise a giocherellare con una ciocca di capelli arricciandola con un dito – “Grandier “- sibilò.
Adorava il modo in cui pronunciava il suo nome –“Si, mio comandante” – tentando di baciarla.
“Grandier … vuoi ancora sposarmi?”- la bocca accostata all’orecchio.
Improvvisamente fu lei a trovarsi sotto il peso del corpo di Andrè –“Voi comandante? Siete ancora dell’idea di convolare a nozze con il vostro soldato?”
“Per l’eternità”- cingendolo per il collo.  Un bacio, poi un altro sempre più audaci.
“E’ un azzardo …”- la voce roca dall’eccitazione.
“Che cosa?”- in un mezzo gemito sentendolo affondare in lei.
“Farlo nella tua camera …”
“Che cosa cambia dalla tua ?”- aggrappandosi alle spalle del giovane.
Fu solo silenzio interrotto a tratti dal loro desiderio di appartenersi ancora.
I corpi l’uno accanto all’altro, tremanti ed esausti,  la pelle imperlata di sudore, ansimanti eppure pieni  d’amore, aggrovigliati fra le lenzuola mentre la luce oramai fioca proveniente dal camino ne illuminava appena i volti.
Oscar si mise su di un fianco . Un braccio sotto il cuscino, l’altro trattenuto al seno in contemplazione del giovane.
Lasciò ricadere il volto su di un lato. Sorrise. “Che guardi?”
“Non ho mai dimenticato alcun lineamento del tuo viso. E dopo così tanto tempo … sei ancora più bello”
Andrè sghignazzò girandosi verso di lei.  La mano ne percorse lieve le curve soffermandosi  su un fianco dall’aspetto più morbido.
Un lungo sospiro.
“E questo?”- stupito.
“Vorrei non venisse mai giorno. Vorrei che potessimo restare qui …”
Le catturò le labbra in un bacio dolcissimo –“Ho temuto che Maddie si svegliasse”
“No, papà. Tranquillo”-
Sceso dal letto raccolse la sua biancheria e si rivestì.  Ripose un nuovo ciocco di legno  oltre il parascintille e la fiamma riprese vigore.
Oscar indossata la camicia si accostò al letto della figlia per darle un’occhiata. 
“Ehi, vieni a vedere”- richiamando la sua attenzione.
Lo raggiunse vicino alla finestra.
Fuori le neve copiosa aveva imbiancato completamente il giardino sottostante.
“Sarà un’ottima occasione domattina per giocare con Madeleine”
“L’hai sentita stasera?”
“Beh … è stata un’emozione incredibile udirla pronunciare il mio nome”
“Ti scioglierai come neve al sole quando ti chiamerà papà”- sogghignò.
“Credo proprio di si”- donandole un’ultima carezza – “Ora riposati”
“Devi proprio andare?”- trattenendolo per una mano.
“Non posso restare. Non facciamo imbestialire tuo padre, finché riesce a tenerlo a bada tua madre”
Girata la chiave nella serratura, aprì lentamente. Diede un’occhiata da un lato, poi dall’altro.
L’ultimo bacio ancora – “A domani”- allontanandosi per le scale.
 

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Capitolo 63
*** CUORE D'INVERNO ***


Lasciò scivolare le mani sotto il cuscino al suo fianco.
Alain si era alzato presto per recarsi con Andrè alla tenuta di Mornay.
Lo sguardo si spinse oltre i vetri della finestra. La neve scendere copiosa.
Diede un’occhiata alla stanza nella quale avevano trascorso la loro prima notte a Le Conquet.
Piccola, freddina, ma pulita.
“Coraggio”- si disse –“hai molto da fare in questa giornata”.
Sistemò la biancheria nell’armadio e dopo essersi vestita scese a mangiare qualcosa.
“Buongiorno “ – la locandiera la fece accomodare ad un tavolo.
“Buongiorno”
“Vostro marito è uscito presto”- posando il cestino col pane.
“Prego?” - spiazzata.
“Dicevo,  vostro marito è uscito molto presto questa mattina. E’ venuto un tale a prenderlo”
“Marito”- mugugnò nella sua testa – “Alain …. mio marito”- accennando ad un sorriso –“Si, certo” – rispose.
La donna la osservò leggermente perplessa  scuotendo la testa.
“Sapete di qualcuno che abbia una casa da dare in affitto … o vendere?”
“Ah … quindi vi trasferite qui!”- versandole del caffè e sempre più incuriosita.
Annuì sorseggiando dalla tazza.
“Beh …. Vediamo”- piegando un braccio sul fianco –“ Una casa ….”- sollevò gli occhi nel vuoto ricercando una risposta fra i pensieri –“Avete preferenze? Tipo vicino al porto, sulla strada principale, verso Brest …”
“Direi che l’importante sia trovare qualcosa. Poi il resto verrà da sé”
Preso un pezzo di carta vi scrisse alcuni nominativi –“Tenete. Dite che vi mando io.”- allungandole il foglietto –“Vi consiglio di vedere quella verso la spiaggia. E’ in un luogo stupendo. Da sistemare … e non poco … ma credetemi, ne vale la pena … se il proprietario  è ancora intenzionato a disfarsene”
Leah si avvolse nello scialle di lana ed il mantello.
Un lungo respiro.
 
 
Gli occhi brillanti di Maddie fissarla.
Il dito in bocca –“Mamma …”- biascicò sorridendole.
Tese la mano accarezzandola tra i riccioli dorati .
Stringendo il suo pupazzo di pezza sedette fra le lenzuola indicando la finestra.
Scese dal letto prendendo la figlia tra le braccia.
Un vociare gioioso di bambini provenire dal giardino.
Jean Christophe e Anne Jaqueline lanciarsi palle di neve mentre in sottofondo si udiva Beatrice brontolare.
“Vuoi  andare a giocare con loro?”
Appoggiò una manina sul vetro. La bocca spalancata muovendo la testa per seguire con lo sguardo i due che si rincorrevano spensierati.
Oscar sorrise –“Ora ci vestiamo, colazione e poi potrai andare a divertirti con loro”
Scese le scale tenendo per mano la figlia che giunta al piano terra volle fermarsi di fronte la porta della camera di Andrè.
Si avvicinò tirando la madre –“Andè …”- bussando.
“Non credo ci sia. Ci siamo alzate tardi. Andrè sarà sicuramente in giro”
L’espressione interrogativa e dispiaciuta per non averlo trovato.
Obbediente come sempre seguì la madre nella saletta dalla quale si udivano le voci di Beatrice e i suoi genitori.
“O mio Dio!”- quando vide Oscar entrare. Con le lacrime agli occhi si gettò tra le braccia della sorella.
Si strinsero forti commosse e felici finalmente di essersi ritrovate. Poi abbassando gli occhi vide la nipote aggrappata alle gambe della madre. Si piegò sulle ginocchia –“Santo cielo! Che meraviglia”
Madeleine si nascose dietro la giovane sbirciando la donna.
“E’ la zia, è una mamma anche lei. I bambini che hai visto giocare sono i suoi”
La voce calda e tranquilla di Oscar la incoraggiò a fare un passo in avanti. Le mostrò il suo pupazzo sorridendo.
Beatrice la fissò estasiata –“Che splendida creatura hai dato alla luce”
Accarezzò la figlia tra i capelli –“La mia cucciola dorata”.
“Buongiorno padre”- un cenno con il capo - “Buongiorno madre”- rivolgendosi ad Emilie.
Nanny mise sul tavolino una tazza di cioccolata calda ed una di latte –“Ecco qui”
“La tua cioccolata! Sapessi quanto mi è mancata …”- inspirandone l’aroma.
Maddie si mise in ginocchio di fronte alla tazza , prese il tovagliolo e lo infilò alla buona all’interno del colletto della camicina. Afferrata la fetta di pane la intinse addentandola.
Sorseggiò la cioccolata lentamente, gustandola fino in fondo. Gli occhi chiusi. Il vero sapore di casa.
Le piccole dita di sua figlia toccarle una guancia.
Aprì gli occhi.  Un bacio nell’incavo di quella piccola mano.
Madelaine le buttò le braccia al collo ricambiando quel gesto.
“Mettiamo il cappottino poi puoi andare fuori a giocare”- aiutandola a vestirsi.
Dopo averla accompagnata in giardino, fece rientro  e si riaccomodò tra i familiari.
Madame sorrise teneramente alla figlia –“E’ una gioia incredibile averti qui con noi”
Beatrice, in piedi dietro la poltrona, le posò le mani sulle spalle –“Un tempo infinito e doloroso … che ha portato un frutto meraviglioso”- riferendosi alla nipotina –“deliziosa, non trovate padre?”
“Ovviamente, è mia nipote”- un accento di orgoglio mescolato a commozione.
“Oscar … bambina mia … mi pare tutto un sogno …”- le sorrise Emilie.
Un sogno.
Era sprofondata all’inferno. L’incubo che nessuno mai avrebbe voluto vivere. Un incubo da non augurare nemmeno al peggior nemico.
“Ho ricordi frammentati di quella notte ….”- socchiuse gli occhi quasi a voler ricercare nella memoria immagini rimaste scolpite come cicatrici nell’anima –“il rumore di vetri in frantumi … le fiamme …”
Sua madre volse lo sguardo dalla parte opposta a celare le lacrime.
 
Calò improvvisamente il silenzio.
Fu come se i presenti fossero stati avvolti dal medesimo gelo di quell’inverno oramai alle porte.
Non fu semplice raccontare quei due anni trascorsi lontani da casa, segregata nelle grinfie di Bouillè e del suo complice.
Aggrottò la fronte stringendo un pugno in una mano.
Madame lasciò che i suoi occhi accarezzassero ogni singolo mutamento d’espressione del volto della figlia.
Tra le pieghe della fronte corrugata, tormento e sofferenza impossibili da cancellare nonostante ora fosse finalmente attorniata dal calore famigliare.
Maddie fece improvvisamente il suo ingresso nella saletta precipitandosi tra le braccia di sua madre la quale sorrise –“A quanto pare ti sei divertita”- il volto umido e mani e capelli fatte ancora di neve –“Non credi che qualcuno si potrebbe arrabbiare dal momento che hai bagnato a terra?”
La piccola osservò perplessa il pavimento e sollevando gli occhi li rivolse istintivamente a Nanny che l’ammonì con tono giocoso –“E adesso che cosa facciamo a questa bambina pasticciona?”
Mesta mesta le si avvicinò con il dito in bocca e gliel’offrì in segno di pace.
“Questa volta questo bell’angelo biondo lo perdoniamo”- donandole un bacio sulla fronte.
Oscar sghignazzò divertita osservando la scena.
Il Generale si schiarì la voce con un colpetto di tosse – “ … a questo punto sarebbe il caso che tu ci mettessi al corrente delle tue intenzioni ….”
Emilie tese una mano afferrando e stringendo quella del consorte.
 “Immagino vi farebbe piacere sistemarvi nella dependance”- tentò di stemperare la tensione.
“Come sarebbe a dire?!”- il Generale s’irrigidì.
“Ne abbiamo parlato stanotte, rammenti? I ragazzi hanno necessità dei loro spazi … soprattutto ora”- il tono deciso della donna.
“Non erano certo questi i miei pensieri … io vorrei capire …”
 “Credo che non vi sia che da accendere i camini”- rivolgendosi a Philip – “Nanny si è preoccupata di rassettarla e predisporre tutto il necessario affinchè vi possiate abitare tranquillamente”
“Io credo che …”- tentò di interromperla .
“Volete sapere quando e se ci sposeremo? E’ questo che non riuscite a togliervi dalla testa?  Capire quando vi potrete liberare del pensiero di avere una figlia madre senza portare un anello al dito?”
L’uomo sgranò gli occhi allibito per la reazione della figlia. Scioccato, nella totale incapacità di ribattere.
“E’ questo che vi importa veramente? E se non volessi sposarmi? Se le mie intenzioni fossero tutt’altro ciò che desiderate voi tutti?”
Madeleine stupita del tono di voce della madre le si accostò posando il capo sulle sue gambe – “… mamma …”
Ingoiò la rabbia pronta ad esplodere donandole un’amorevole carezza – “Non credo di volermi sposare … tanto meno con un abito bianco come continuate ad immaginare … Non ho ancora deciso cosa ne sarò della mia vita … e di quella di mia figlia. E non credo che qualsiasi mia scelta debba essere subordinata alla vostra approvazione”- tentando di controllare la voce.
“Non ti permetto di rivolgerti in questa maniera …”
“Non potete più decidere di me. Da tempo ho preso in mano la mia vita. Se non accettate tutto questo ritengo sia superflua la mia presenza in questa casa”- e presa tra le braccia Maddie uscì dalla stanza.
Madame urtò le gambe del marito con il suo bastone – “Dovresti vergognarti ..”
“Emilie!...”- stordito dalle parole della consorte.
“…. Questa volta hai sbagliato..!!” – ed appoggiandosi si sollevò seguendo la figlia.
A passo lento la raggiunse nel corridoio – “Oscar!” – la chiamò.
Pur volgendole le spalle si fermò.
“Perdonalo … ma…”
“Madre, non ce l’ho con voi … tanto meno con mio padre. Ora come ora ho bisogno di non avere pressioni  Io … devo rimettere assieme i pezzi della mia vita”
“Lo so bene … per questo ti ho proposto di sistemarti nella dependance. Deciderai tu se stare sola con tua figlia … o tutti e tre”
La giovane strinse la piccola a sé –“Vi ringrazio madre”.
Un desiderio irrefrenabile di andarsene.
Sarebbe stato meglio fermarsi in quella locanda in paese, dove avevano deciso di alloggiare Alain e Leah.
Non aveva immaginato così il suo rientro a casa.
“Mamma … pappa …”- Maddie le rammentò che doveva mangiare.
“Scusami tesoro. Ora andiamo da Nanny e vediamo cos’ha preparato di buono”
La vide sulla porta della cucina con la sua creatura tra le braccia –“Oh bambine mie. Come siete belle.”- asciugando le mani nel grembiule – “Oscar hai reso questa vecchia la donna più felice sulla faccia della terra”
“Vecchia tu? Ma cosa stai dicendo”- sghignazzando.
“Su smettila di prenderti gioco di me”- mettendo un paio di piatti sulla tavola –“Suppongo tu non voglia condividere i pasti con ..”
“Non ne vedo il motivo.”- sedendo – “Mi ero illusa che quell’ottuso di mio padre fosse cambiato durante la mia assenza … ho quasi la sensazione che sia peggiorato”
“Non dire così. Ha sofferto molto. Anche se non lo ha mai dato a vedere. Ma io conosco i miei polli”
“Vorrei non essere mai tornata”- allungando del pane alla figlia.
“Oscar!”- sbottò con le mani sui fianchi.
Tacque chiudendosi a riccio nel suo silenzio.
Girare ripetutamente il cucchiaio nel piatto … passarlo da un bordo all’altro …
“Non hai appetito?”- vedendola giocherellare.
“Veramente Philip ha acceso i camini nella dependance?”- spingendo lo sguardo oltre la finestra.
“Certo. Su indicazione di Madame”
Rimase come assopita nei suoi pensieri.
Poi si spinse leggermente all’indietro con la sedia cercando con la coda dell’occhio la chiave appesa al muro.
Nanny fece finta di niente ma si accorse del gesto.
“Perché non vai a vedere con la tua bambina? Potresti mostrarle la sua cameretta … e magari decidere di restare”
 
Posò la mano sulla maniglia ed aprì la porta.
Era rimasto tutto come aveva sistemato allora con Rosalie.
Maddie si mise a girare incuriosita fino a quando non trovò la sua cameretta.
Gli occhi le si illuminarono quando vide il suo letto, i pupazzi ed alcune bambole –“Mamma …. mio?”
Si piegò sulle ginocchia osservandola mentre le mostrava quei nuovi giochi – “Se vuoi si”
Rimase a guardarla con un sorriso tenerissimo stampato sulle labbra.
La sua serenità, il suo bene più prezioso, la sua vita.
Sedette sul letto compiaciuta dell’entusiasmo della figlia mentre teneva due pupazzi di pezza, uno in una mano, uno nell’altra indecisa nella scelta.
“Allora? Quale preferisci?”
Alla fine li ripose sul letto accanto al cuscino e strinse a se il suo solito, un po’ sdrucito –“Lapin …”abbracciando le gambe della madre e portandosi il dito i bocca.
“Il coniglietto è il tuo preferito?”
Sorrise annuendo.
“Ti piace qui?”
“Bello” – biascicò .
“Credi piacerà anche ad Andrè?”
Prese sua madre per mano e la condusse nella camera più grande –“Mamma qui” – indicando una parte del letto. Poi spostandosi sul lato opposto – “Andè qui”.
“Ah!”- esclamò divertita – “così Andrè dovrebbe dormire, anche qui, nel letto con la mamma?”
Scosse il capo in senso di approvazione.
“Penso dovremmo domandarlo a lui, no?”
“Andè buono, dice si”- con aria furbetta.
“D’accordo. Allora quando rientrerà glielo chiederemo”
 
 
Il freddo insinuarsi nelle ossa fino a bruciare ogni singola fibra del suo essere.
E quel solito ghigno di sfida nei confronti di quella situazione avversa.
I giorni del processo si avvicinavano ma non il terrore di affrontare i suoi accusatori.
Gli erano giunte voci su dove si fosse rintanato Bouillè e di quanto stesse tramando.
Come sempre del resto.
Pensò che mai nulla lo aveva ostacolato nel portare a termine i suoi diabolici piani.
Oscar era stata la prima nella sua lunga carriera  e ciò aveva accresciuto la rabbia ed il rancore nei suoi confronti.
“Jarjayes …” mormorò tra i denti – “… nulle è come sembra. Godetevi la libertà”- sfregando le mani per riscaldarle – “… il vostro tempo … “
 
 
Non poteva rimanere chiusa in casa.
Aveva bisogno di respirare aria diversa.
In sella al cavallo, la figlia stretta sotto il mantello, si diresse in paese.
Parlare con qualcuno. Che non fosse sua madre, sua sorella …
 
I piedi ghiacciati ed infreddolita fece ritorno alla locanda.
“Madame De Soissons”- la proprietaria richiamò la sua attenzione.
Scrollò la neve dal cappuccio sollevando gli occhi.
“Ci sono delle visite per voi”
Seduta ad un tavolo Oscar.
Maddie le corse incontro –“Lela…Lela”
“La mia piccola stella”- piegandosi ad abbracciarla –“Ciao tesoro”
“Ciao Leah”
“Oscar siete venuta nonostante il tempo”- un cenno alla locandiera – “Può portarci qualcosa di caldo?”
“Mattinata intensa?”
Un sospiro appoggiando il mantello sulla sedia –“Non possiamo certo stare con le mani in mano. Ho visto un paio di casette … per noi due”
“Se hai bisogno di aiuto posso rivolgermi a Louis, mio cognato”
“Vi ringrazio. Nel caso so che potrò contare su di voi”
Versò il te nella tazza ad Oscar.
“Maddie, fai attenzione. La cioccolata è molto calda”- rivolgendosi alla figlia.
La piccola si mise a soffiare sulla bevanda mescolando lentamente con il cucchiaino e pregustando il tutto con uno sguardo gioioso.
Un lungo silenzio calò su di loro.
“Non mi aspettavo sareste venuta a trovarmi …”
Gli occhi bassi, fissi sulla tazza stretta tra le mani –“Non sono così entusiasta di questo rientro …”
“Siete arrivata solo ieri. Ci vorrà qualche giorno per riprendere a pieno la vostra routine”- osservò a lungo quel viso attraversato da un velo di tristezza – “Non siete felice di essere finalmente con Andrè e a casa?”
“Immaginavo sarebbe stato diverso. Tutti si aspettano qualcosa da me. Non è così. Credo di non dover nulla a nessuno”- il tono leggermente irritato.
“Sbagliate. Tutti hanno contribuito, chi in una maniera, chi in un’altra per riportarvi a casa. Più di tutti Andrè”
“Leah, qui attendono solo che mi trasformi in quella donna di casa che sarei dovuta essere con un’educazione al femminile, che mi sposi, che sforni bambini …”
“Voi non volete questo …”
“NO! Ovviamente … non voglio starmene chiusa fra quattro mura a ricamare, tra pettegolezzi e inutili e chiassosi ricevimenti”
“Amate Andrè?”- posando la tazza.
“Pensi che abbia dei dubbi?”
“Dai vostri discorsi parrebbe di si”
“Leah!!”- sconvolta.
“A volte la verità ferisce più di una spada”
La giovane si irrigidì.
Se ne accorse –“Oscar. Guardate dentro di voi. E’ giunto il momento di prendere delle decisioni, definitive. Lo so che è difficile. Gli eventi sulle vostre spalle sono ancora freschi, vivi. Mettete davanti a tutto i vostri reali sentimenti. E Madeleine. Soprattutto lei. Ha bisogno di un padre. Di suo padre, Andrè”.
Tacque. Una mano stretta in un pugno poggiato sulle labbra ed una tempesta nell’anima. Sentirsi come una nave in balia delle onde, alla ricerca di un porto sicuro.
“Desideravate così tanto sposarvi. Quante volte me lo avete raccontato. Il vostro abito, la vostra casa. I vostri sogni”
“L’abito …”- sogghignò –“ … immagino l’avranno venduto. E probabilmente hanno fatto la cosa giusta.”
“Perché siete andata a sceglierne uno?”
“Non sarei certamente potuta andare all’altare in uniforme no?”- quasi stizzita per la domanda ritenuta banale.
“Avreste potuto farlo indossando abiti civili, quelli di tutti i giorni. I vostri soliti.”
Le parole della ragazza la zittirono per qualche istante. Non aveva tutti i torti.
“Lo avete fatto perché questo era ciò che volevate effettivamente ..  per Andrè. Ed aggiungo per vostra madre. Per nessun altro”
Già. Andrè. Come uomo avrebbe avuto piacere vederla nuovamente in abiti femminili. In particolar modo quel giorno. Per quanto lo conoscesse, era certa che non gli avrebbe fatto né caldo né freddo su cos’avrebbe scelto. Ma ….
“Se non fossi pronta per questo passo importante?”
“State mentendo a voi stessa”- elargendo una carezza a Maddie che nel frattempo le si era avvicinata posando il capo sulle sue gambe –“Lo dovete ad Andrè. Lo dovete a lei”- abbassando lo sguardo verso la bambina – “Avevate giurato di sigillare per sempre il nome di vostra figlia”
Sgranò gli occhi.
“Inutile farci tante illusioni”- una piega le attraversò la fronte.
“Hai paura?”- incrociando quegli occhi smeraldo.
Quasi sbiancò –“Ogni giorno. Ogni minuto”- incrociò le mani stringendole –“Non posso e non voglio farlo capire ad Alain. Voglio vivere questa mia libertà e questa mia piccola felicità finchè mi sarà concesso. Amo Alain. E’ la mia vita, la mia forza. Eppure ci sono momenti in cui mi auguro non arrivi mai quel figlio che tanto desideriamo. La notte piango e mi do dell’egoista. Allora prego arrivi presto ….. Si, ho paura. Tanta. Ma devo e voglio vivere . E sarà quello che vorrà il destino”
“E voi? Non avete pensato di sposarvi?”- per stemperare la tensione.
“Dobbiamo sistemarci prima”- accennando ad un lieve sorriso.
“Mamma …”- Madeleine salì sulle gambe di Oscar. Il dito in bocca.
“Sei stanca eh?”- baciandola sulla fronte - “ Ora ci avviamo verso casa”
Pronte per rientrare, Oscar scrutò il cielo attraverso una finestra.
“Sono certa prenderete la decisione più giusta”- accompagnandola verso l’uscita.
“Leah “- fermandosi all’improvviso – “Ho bisogno di chiederti un favore …”
 
 
Emilie scrutò con la coda dell’occhio il consorte.
“Siamo nervosi?”- sentendolo rumoreggiare nel piatto con le posate.
“Mhh … no”- masticando stizzito.
“Allora desumo che questa mancanza di compostezza sia dovuta …”
“Insomma, io proprio non capisco”- sbottò.
“L’argomento è nostra figlia?”- pulendosi gli angoli della bocca.
“Ovvio!! Testarda ed arrogante!”
“Una Jarjayes”- il tono ironico.
“Prego?”- sempre più infastidito.
“Non credi che ci sia un motivo a tutto questo? Oscar è stata cresciuta secondo canoni maschili. Cosa pretendi? Poi tutto quello che ha passato? Non potrà mai essere come Beatrice e le nostre altre figlie. Ed è pure cambiata rispetto un tempo. E’ madre … ne ha passate tante. Quello che ti urta è l’aver fatto scelte che vanno a cozzare con le tue idee antiquate”
“Che diamine! “
“Sarebbe il caso di smetterla con quest’atteggiamento. Per quale motivo devi ostacolarla pure tu?
“Ma come  ti salta in mente di …”
“Oscar farà quello che si sente. E sarà la scelta migliore. Ora diamoci un taglio con tutte questa pressioni …. intendi perderla nuovamente?”
“Cosa vorresti dire?”- esterrefatto.
“Potrebbe andarsene …”
“Non lo farebbe”
“Attento! Non credi di aver rischiato abbastanza?”- posò una mano accanto al piatto –“Non hai capito perché non è  tavola con noi questa sera? Cosa pretendi esattamente da lei? O … o hai delle reticenze nei confronti di Andrè?”
“Ci mancherebbe!”- stringendo il tovagliolo –“Come ti salta in mente ..”
“E’ sempre stata legata ad Andrè. In una maniera o in un’altra. Ora un motivo in più. L’hai vista con quanto amore guarda sua figlia?”
Gli si inumidirono gli occhi ripensando a quell’angioletto.
Madame si versò l’acqua –“Allora abbiamo il cuore tenero …. ci stiamo commuovendo”
Volse lo sguardo da una parte fingendo di pulirsi gli angoli della bocca.
Le parole di Emilie come macigni pesargli dentro. Oscar non era più una bambina. Non lo era mai stata del resto. Forse era giunto veramente il momento di lasciarle vivere le sue emozioni, i suoi sentimenti. La sua vita.
 
 
La giornata era stata proficua.
Mornay gli aveva fatto una proposta di lavoro. Nel caso avesse rifiutato avrebbe potuto garantirgli comunque un’altra occupazione. Ora stava a lui decidere.
Era tardi quando al bivio si salutarono. Andrè era diretto a villa Jarjayes, lui aveva proseguito alla locanda.
“Buonasera”- la proprietaria gli servi un piatto di zuppa calda e dell’arrosto – “La gradite una caraffa di vino?”
Affamato ingoiò un boccone di pane.
“Vostra moglie mi ha dato una mano questa sera. E’stata molto gentile.”
Il cucchiaio a mezz’aria –“Leah?”
“Si, è salita da circa mezz’ora o poco più. Ha servito ai tavoli e lavato fino all’ultimo piatto”- le mani sui fianchi .”E’ proprio una bravissima ragazza”
Aveva lavorato tutta la sera. E lui non era nemmeno salito a salutarla. Si era fiondato direttamente a tavola.
Pulì la bocca e dopo aver trangugiato un paio di bicchieri si diresse in camera.
La fiamma della candela vibrare aprendo la porta.
Avvolta dalle coperte, la chioma rossa sparsa sul cuscino. Il suo respiro impercettibile. Fece il giro del letto. Un ginocchio a terra ed uno piegato. Rimase a fissarla nella silenziosa penombra della stanza. Le sfiorò il volto con una tenera carezza.
La giovane aprì lentamente gli occhi – “Ciao …”- sibilò sorridendogli – “Ma che ore sono?”
“E’ tardi”- avvicinando il volto al suo –“Mi sei mancata oggi” – le sfiorò le labbra.
“Hai cenato?”- distendendosi con un braccio dietro la testa.
“Si”- sfilando gli indumenti. Ripose tutto sulla sedia e versata l’acqua nel catino si sciacquò – “La proprietaria mi ha detto che l’hai aiutata questa sera”
“Mi annoiavo e … non ci farà pagare la scorsa notte”
Si volse asciugandosi – “Dovremo andare a Brest alla sartoria”
“Abbiamo altre priorità al momento”
“Una casa … certo. Quanto prima”- infilandosi sotto le lenzuola.
“Se quella donna ha bisogno, per noi è tutto denaro risparmiato”
“Quel Mornay mi ha offerto un posto all’allevamento”- stringendo la giovane a sé – “Non so … io non so se sono fatto per i cavalli”
“Che cosa vorresti fare?”- le dita scorrere delicate sul torace.
“Nel caso non accettassi mi troverebbe un’altra occupazione”
Sollevatasi sui gomiti si appoggiò su di lui –“Ho trovato una casa”
Sgranò gli occhi –“Come hai detto?”
“Ho trovato la casa che fa a caso nostro”-  uno splendido sorriso le illuminò il volto –“Vicino al mare.  E’ da sistemare … ci sono molti lavori da fare ma … potremmo adattarci mentre  ….”
“… mentre la rimettiamo in piedi?”- ridacchiando.
“Beh … si. “
“Che cosa c’è di intatto?”- giocherellando con una ciocca di capelli.
“Al piano terra potremmo sistemare momentaneamente il letto. Si, ci sarebbe anche la cucina ma … in un ambiente unico ci riscalderemo meglio. E’ più piccola della tua a Parigi. Per noi basterà”
“Anche se dovessimo … allargarci?”
Arrossì leggermente –“Si, ci staremmo”
“Ne vale la pena?”
“Il proprietario pur di disfarsene ci farà un prezzo di favore”
Qualche secondo di silenzio.
“A te piace?”
“Si. E’ la nostra casa”- piena di entusiasmo.
Annuì sorridendole –“So che non me ne pentirò”
“Davvero?”
“Allora andremo a vederla”.
Si coricò nuovamente al suo fianco - “E’ passata Oscar con la bambina”
“L’avrei vista volentieri”
Tentennò un istante poi –“Ecco … mi ha domandato un favore … “
“Di che si tratta?”- quasi preoccupato per il tono della giovane.
 
 
 
Giunto di fronte a casa Jarjayes si accorse delle luci provenienti dalla dependance.
“Ma che diavolo ….?!”
Condotto il cavallo nella scuderia si avviò verso l’edifico.
Gli stivali affondare nella neve mentre attorno i fiocchi scendere in un atmosfera quasi surreale. L’aria ovattata.
Spinse lo sguardo all’interno attraverso una delle finestre e si accorse di Oscar intenta a leggere con Maddie seduta affianco.
Aprì la porta.
“Andè”- la gioia in quell’esclamazione mentre si precipitava verso di lui.
La caricò in spalla –“Ciao cucciola”
La giovane richiuse il libro divertita.
“Ma cosa ci fate qui?”- avanzando al centro della stanza.
“Per te?”- andandogli incontro.
Maddie si divincolò per scendere e quando mise i piedi a terra prese per mano il giovane –“Vieni!!”
Lo condusse nella sua cameretta e spalancate le braccia –“Mia!”
“Oh è davvero una stanza bellissima”
La piccola sistemò il suo pupazzo di pezza sotto le lenzuola – “Lapin dorme”
Portò l’indice alla bocca – “Shhhh … allora bisogna fare silenzio.”
In punta di piedi uscì lentamente tenendolo per mano e richiuse la porta –“Vieni”
“E ora dove andiamo?”- seguendola.
Madeleine entrò nella stanza matrimoniale e posò entrambe le manine sul letto –“Nanna mamma”- per passare velocemente al lato opposto e facendo altrettanto –“Nanna Andè”
Andrè si volse a guardare Oscar.
Sollevò le sopracciglia – “Ha deciso lei”- come per  giustificarsi.
Si piegò sulla bambina – “Quindi devo dormire con la mamma?”
Gli buttò le braccia la collo baciandolo sulla guancia – “Tu buono. Piace Maddie”
La strinse a sé teneramente. Gli occhi lucidi. Deglutì ripetutamente.
“Hai fame?”
Prese tra le braccia sua figlia. Un lungo respiro a nascondere la commozione –“Abbastanza”
 
 
“Che cosa? Stai scherzando?”  - sedendo di scatto sul letto.
“Perché sei così sconvolto?” - allibita per la reazione.
“Beh … sapevo si volesse sposare …”
“Io me lo aspettavo …”- rannicchiando le gambe al petto.
Si lisciò il mento – “Già, forse tutto sommato non poteva essere altrimenti. Ciò che mi spaventa è questa  … indecisione. Perché? Non è da lei. E’ sempre stata risoluta nelle sue scelte”
“Alain, ciò che ha passato non lo augurerei a nessuno. E comunque non è certo sintomo di debolezza. Non è semplice ora ricostruire  tutto”
Volse lo sguardo verso la ragazza. Comprese che quella ferita non era ancora rimarginata. Né per Oscar tanto meno per Leah.
“L’ho vista seriamente turbata ma … mi sono limitata a fare ciò che mi ha chiesto”
“Mi auguro solo faccia la scelta giusta”- poggiò la fronte su una mano – “Cavoli … se veramente facesse … No! Non oso pensare Andrè …”
“Qualsiasi cosa decida, comunque è tutto pronto”
“Oggi ti saresti dovuta riposare dal viaggio. Ed invece ….”
“Esistono anche le giornate difficile e complesse. Domani sera quando tutto sarà passato prometti che troveremo uno spazio solo per noi”- sorridendo.
Sistemandosi a cavallo della giovane, rimanendo sollevato sulle braccia, si chinò su di lei catturandole le labbra - “Ci puoi giurare … comunque vada la giornata, faremo faville”
 
 
Passò ripetutamente l’asciugamano fra i capelli tornando nella piccola saletta.
Oscar teneva tra le braccia la figlia addormentata. Gli occhi su di lei. I lineamenti sereni, tirati in un leggero sorriso.
Sollevò lo sguardo incrociando quello del giovane.
Per un attimo le mancò il respiro. Era così ogni volta che lo vedeva.
Era bello Andrè. Terribilmente bello.
La vide alzarsi.
“La metto a dormire?”- indossando una camicia pulita.
“Certo”- lasciando che la prendesse.
La coricò nel lettino e dopo averla coperta la baciò sulla fronte.
Di spalle di fronte alla finestra.
“Hai intenzione di rimanere qui?”
Tacque sedendo.
“Vuoi parlare?”
Le mani scivolare lungo le gambe stringendo con rabbia le ginocchia quasi a conficcarvi le dita.
I lineamenti tesi, contratti in una smorfia volta a celare una sofferenza lontana eppure a pesare sull’anima come un macigno.
Il petto sollevarsi ed abbassarsi in un respiro carico d’ansia.
Odiava vederla così. Chiusa in quel suo guscio impenetrabile.
“Immaginavo un rientro diverso. Non riesco a stare in quella casa. “- cupa.
“Tua madre ha detto che puoi stare qui”
“E’ tutto l’insieme. Ho mille ricordi che mi riportano a splendidi momenti trascorsi con te … ma poi si affacciano quelli che non vorrei mi tormentassero di continuo. E c’è mio padre che non riesce a capire … “
Tese una mano a stringere una delle sue.
“Andrè è difficile, Tutto è difficile. Ricominciare, riprendere in mano la mia vita. E poi … lo sai anche tu che non è finita qui”
“Smettila Oscar”
“Io non ho paura. Questo lo capisci? Io non ho paura per me. Mia figlia non deve soffrire”
La prese dolcemente per il mento – “Non soffrirà. E nemmeno tu. Io sono qui, sono qui per te, per lei.
Per noi”
“Andrè vuoi ancora sposarmi?”
“E’ la seconda volta che me lo chiedi. Perché? Credi abbia dei dubbi?”- la fronte aggrottata.
“Vuoi ancora sposarmi?!!”- insistendo.
“Anche ora”- avvicinandosi per baciarla.
Scostò il viso - “E se  non volessi un abito bianco, gli invitati e quant’altro?”
“Non mi importerebbe. Io desidero solo te”
“E se fossi io a non volermi più sposare?”
Gelato dalle parole di Oscar rimase immobile. Lo sguardo fisso su di lei. La bocca leggermente aperta per l’incredulita.
Un accenno di sorriso ironico. Scosse il capo –“Devo ammettere che pur conoscendoti da una vita riesci comunque a sorprendermi, sempre”- un sospiro. Ingoiò quella pugnalata e abbassando gli occhi si volse - “Ho fatto di tutto per riportarti a casa nella speranza …”
“Nella speranza di cosa? Che potessi gettarmi tutto dietro le spalle? Che riuscissi a continuare la mia vita come se nulla fosse? “- il fiato corto e la rabbia stretta nei pugni - “Non posso. Il mio essere donna violato come mai avrei potuto immaginare. Se sono riuscita ad andare avanti, a farmi forza, resistere, oppormi lo devo solo alla presenza di mia figlia”
“Questo significa che ti ho perso?!”
Nascose il volto tra le mani a celare le lacrime riempirle gli occhi.
Tese una mano sfiorandola. Poi la trasse teneramente a sé.
L’udi singhiozzare –“Così Oscar. Piangi, sfogati. Liberati di tutta questa tensione, di questi ricordi che non fanno che torturarti. Sei con me ora. Niente e nessuno più ci dividerà. Te lo giuro sulla mia stessa vita!”
Lo strinse con tutte le forze in corpo.
“Non temere ..”
“Ci sono stati momenti in cui ho desiderato morire. Maddie è stata la mia vera forza. Sapere che fosse in me, che giorno dopo giorno cresceva, l’averla data alla luce. La creatura che impersonava il nostro amore, che nessuno mai mi avrebbe strappato”
“Abbiamo superato ostacoli insormontabili … e sarà così anche per questo. Lo faremo insieme. A piccoli passi , giorno dopo giorno. Ma devi crederci”.
Il cuore più leggero accarezzato dalle parole di Andrè. Quanto l’amava.
“Faremo come desideri. Se non vuoi sposarti non sarò certo io ad obbligarti a farlo. Non sarà certo una promessa legata al dito che potrà impedire di amarci”
Sollevò lo sguardo incrociando quello trasparente e dolcissimo di lui – “Andrè io …”
Un sorriso. Un bacio sulla fronte – “Ti ascolto”
“Sposiamoci!”- quegli occhi brillare d’amore.
“D’accordo … decidi quando ed è fatta”
“Domani!”
“Domani?!?”- sbalordito.
“Si, domani. Non abbiamo bisogno di niente e di nessuno se non di noi stessi e nostra figlia”
Buttò gli occhi al cielo incredulo passandosi una mano tra la chioma ancora umida –“So bene che riesci sempre a prendermi alla sprovvista … sei certa di volerlo fare?”
“Non abbiamo motivo di aspettare. Ciò che importa veramente siamo noi. Desidero che diventiamo finalmente una famiglia. Desidero essere tua moglie.”
Per un attimo gli mancò l’aria. Deglutì.
“Allora?”- in attesa.
“Sei pazza. Tuo padre? Tua madre? E …”
“Allora?”- insistendo.
Inizialmente spalancò le braccia e portò le mani alla testa – “Non ci credo!”
“Andrè, voglio una risposta”- conscia della reazione.
Rimase fermo, immobile al centro della stanza.
Quei secondi ad Oscar parvero un’eternità.
“Allora?”- ripetè .
Le mani ad afferrarle il viso. Le labbra morbide, calde, posarsi sulle sue. Un bacio tenero, lungo.
“Lo devo prendere come un si?”- sussurrò sulla sua bocca.
“Non potrei desiderare nulla di più meraviglioso … Madame Grandier”
 
 

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Capitolo 64
*** NOI ***


Il rintocco delle campane diede il buongiorno a Le Conquet ancora prima che l’alba rischiarasse il cielo.
Un brivido scosse Leah svegliandola.
Si volse raggomitolandosi contro la schiena di Alain.
Il giovane stiracchiandosi, girò su un fianco – “Hai freddo?”- sentendola tremare – “Vieni qui”- fra le sue braccia.
“Dobbiamo andare lo sai, vero?”
“Dai … ancora un po’. Restiamo ancora un po’ qui”- baciandola teneramente fra i capelli.
“Il tempo è poco.”
Un timido raggio di sole andò ad illuminare la stanza.
“Almeno oggi non nevicherà … chissà”- Leah sfiorò il petto di Alain con un bacio.
Mugugnò – “Ferma … o non lascerai tanto facilmente questo letto”- ed afferrata una mano della ragazza la condusse sul suo vigore in piena erezione.
Avvampò –“Alain …”- sedendo all’improvviso fra le lenzuola –“… sei incorreggibile”
“Lo so … ma a te non dispiace”- strizzandole un occhio.
Aprì l’armadio alla ricerca del suo abito da festa.
Sceso dal letto infilò una mano nella biancheria tentando di ricomporsi.
“Mi aiuti?”- mostrandogli la schiena e sollevando con le mani i capelli .
Strinse i lacci del corsetto –“Sei uno schianto”- baciandola sul collo.
“Su vestiti, smetti di fare il cascamorto”.
“E tu non vuoi aiutarmi a mettere un po’ d’ordine qua dentro?” – un’occhiata fra le gambe.
“Smettila!”- lo schiaffeggiò in maniera giocosa con le calze.
“Uff…”- sbuffò infilando i pantaloni – “Comunque stasera non mi sfuggirai!”
 

“Sei già sveglio!”- si presentò in cucina sbadigliando.
“Buongiorno”- versandole della cioccolata calda.
 I capelli spettinati, la vestaglia allacciata morbida sui fianchi a lasciar intravvedere l’incavo dei seni. Quant’era bella.
“Mhh …”- socchiuse gli occhi inspirando l’aroma – “Un dolce buongiorno. Mi preparerai la colazione tutte le mattine?”- soffiando leggermente sulla bevanda.
Sorrise portando la tazza alla bocca e sorseggiando il caffè.
“Nervoso?”
“Non capita tutti i giorni di sposarsi” – un lungo sospiro.
“Hai cambiato idea?” –  tese la gamba andando a sfiorargli una caviglia con la punta del piede, risalendo lentamente.
Andrè la fissò.
Un’occhiata maliziosa.
Sussultò quando, avvicinatasi, le dita affusolate frusciarono sulla camicia scorrendo delicatamente oltre l’allacciatura.
“Oscar …”- quasi a volerla ammonire.
La vide ridere divertita sotto i baffi –“Grandier  … è questo l’effetto che vi faccio?”
Accostò le labbra lungo il collo di lei –“Da sempre …”- sussurrò.
Un lungo brivido le attraversò la schiena tanto da farle tremare la presa e dover posare la tazza.
Le forti mani di Andrè stringerle le braccia mentre la bocca premuta sulla sua le aveva tolto il respiro.
La cercò con trasporto.
Sentì le gambe cedere e quando le labbra si staccarono vi rimase appoggiata con la fronte. Le mani posate sul petto a sciogliersi in quell’abbraccio. Il suo porto sicuro.
Il tempo parve fermarsi in quel silenzio spezzato ad un tratto da un mugugno.
Oscar si volse.
Maddie ferma sulla porta. Il pupazzo tenuto per un orecchio. Una manina a strofinarsi gli occhi. I piedini nudi sul pavimento – “Mamma ….”- avvicinandosi.
Alzò gli occhi sorridendo ad entrambi. Tese le braccia verso Andrè.
Il giovane la sollevò baciandola sulla guancia – “Buongiorno principessa”
Poggiò il capo sulla spalla.
“Maddie, amore. Rammenti cosa ti ha sempre raccontato la mamma? Ti ha spiegato che tu hai una mamma, ma anche un papà”
La piccola annuì.
“Ti ha detto che un giorno ci saremmo sposati e saremmo stati tutti assieme”
Mosse il capo in segno di approvazione.
“Mamma Oscar” – posò una manina sulla guancia di lei.
Poi volgendosi verso il giovane lo strinse al collo.
Il dito in bocca  e biascicò – “ Papà Andè”
Gli occhi si fecero lucidi. Chiusi nel silenzio ad assaporare fino infondo quel tenero abbraccio.
Sua figlia. La sua splendida bambina.
Aveva tanto desiderato che arrivasse quel giorno.
E ora un ultimo passo e sarebbero stati finalmente un vera famiglia.
Il volto sereno di Oscar. Gli sorrise – “Allora papà … forse è il caso di prepararsi”
Passò velocemente il dorso della mano sugli occhi a riprendersi da quel momento di profonda commozione.
“Certo” – tentando di controllare la voce rotta dall’emozione.
 

“Eccoli!!”- Alain intravvide i due cavalli farsi largo fra la leggera foschia mattutina.
La giornata volgeva al bello dopo giorni di pioggia e neve.
“Buongiorno ragazzi” – Leah prese tra le braccia Madeleine – “Ciao cucciola”
“Lela ..” – aggrappandosi a lei tese una mano indicando Andrè ed Oscar – “Mamma … papà …”
“Ehilà”- Alain diede una pacca sulla spalla all’amico –“Forse hai ancora una possibilità di scampo. Sei certo di voler fare questo passo?” – in tono scherzoso – “Dimmi che sei nervoso … almeno un po’”
“Vorrò vedere te quando sarà il momento. Sciupadonne … fai pure lo spiritoso. Hai i giorni contati anche tu, cosa credi? “
Scoppiò in una fragorosa risata.
“Su, su”- li incitò Leah –“ andiamo dentro”- avviandosi all’interno della chiesa.
Alain afferrò l’ amico conducendolo in una stanza a parte nella piccola canonica.
“Forza, svestiti”- quasi strappandogli la giacca di dosso.
“Ma che fai?!” – opponendo resistenza.
“Muoviti. Togliti questi abiti”
“Dai, smettila”- respingendolo.
Le mani sui fianchi. Lo sguardo severo.
“D’accordo”- si fece su le maniche – “non volevo usare la forza …. ma a questo punto non mi dai scelta”
Afferrandolo per la camicia lo spinse con le spalle al muro.
La mano grande e forte a bloccarlo per un braccio, l’altra a sfilare abilmente la giacca.
“Ti suggerisco di collaborare o sai … il mio carattere piuttosto rissoso”
“Colpiresti il tuo miglior amico nel giorno delle sue nozze?”
“Se fosse necessario non mi tirerei indietro. E ora … gentilmente, Monsieur Grandier … sfilatevi gli abiti “
Andrè, messo alle strette, dovette obbedire. Conosceva fin troppo bene la forza di Alain.
 
“Mamma si sposa!!”- saltellando per la stanza.
“Coraggio. Togliete quel che avete indosso”- sistemando della nuova biancheria su una poltroncina.
“Che cosa significa?”- stupefatta.
“Su, su … stiamo perdendo tempo. Non vorrete far aspettare il curato”
“Leah, che cosa ti salta in mente? Che cosa stai facendo … cosa …?”
“Badate, o vi svestite da sola o faccio venire Alain!”-
“Leah, voglio sapere che sta succedendo!”-
La giovane aprì l’armadio della sagrestia e in una nuvola bianca frusciante ne estrasse l’abito che ben due anni prima aveva scelto per le nozze.
Stupore, incredulità spalmati sul volto - “Ma come è possibile?”
“Non vorrete mica non realizzare a pieno questo sogno. Il vostro sogno. E di Andrè”
“Ohh!!”- esclamò la piccola sfiorando appena il tessuto delicato.
Indecisione e profondo desiderio di convolare a nozze con l’amore di sempre. Sedette sfilando stivali, pantaloni …
La ragazza buttò un ciocco di legno nel camino ravvivando la fiamma.
“Dove .. dove hai preso questa biancheria?”
“Preoccupatevi di indossare il tutto e velocemente se non volete buscarvi un malanno”
Un lungo sospiro e silenziosamente obbedì.
“Ed ora voltatevi” – le mani veloci ma attente ad allacciare i piccoli bottoncini sulla schiena – “sedete ora”
Afferrata la spazzola iniziò a passarla tra i capelli, raccogliendo piccole ciocche con delle forcine.
“Non riesco proprio a capire che cosa vorresti … non vedi quanto sono corti?”
“Volete tacere e lasciarmi fare!?! Parlerete a lavoro ultimato!”- la bacchettò.
 
“Fermo!”- Alain gli sistemò il colletto – “Sei un gran pezzo di gnocco! Se fossi una donna ti sposerei io”- mostrandogli la bocca a cuore.
“E piantala di prendermi in giro!”- allontanandolo da sé – “Giuro che te la farò pagare. Aspetta che venga il tuo turno e vedrai”
“Hai gli anelli?”
Portò una mano alla fronte sbuffando – “Dannazione … li ha Mornay. Gli avevo chiesto di metterli al sicuro..”
Alain gli diede uno scappellotto –“E bravo rincitrullito!!”- dirigendosi verso l’entrata della piccola chiesa – “Per fortuna c’è il tuo amico che ti tira sempre fuori dai guai”.
Sul portone apparve Vincent.
“Voi!... come facevate a sapere …”
“Ci ho pensato io”- Du Mont fece il suo ingresso già agghindato per la celebrazione.
Andrè sgranò gli occhi – “Cavoli, giornata di grandi sorprese oggi”- stupefatto più che mai.
Mornay gli porse gli anelli – “Che Dio vi benedica”- poi si allontanò.
“Vincent! Ve ne andate?”
“Questo è il vostro matrimonio! Così immagino lo desideri la vostra futura consorte. Avremo tempo di vederci al termine”- volgendogli le spalle.
“Aspettate!”
“Lascialo. Voi. Nessun altro. Non è forse questo che avete deciso?”
Apparve Maddie.
“Ehi cucciola”- sorrise Alain.
La piccola corse incontro ai due uomini e si aggrappò alle gambe di Andrè – “Il mio papà”
Si chinò stringendola a sé, quando la porta della sagrestia si aprì.
Alain diede un colpo di tosse – “Ehi sposo … mettiti dritto. E’ arrivato il momento”
Un brivido gli percorse la schiena non appena il chierico intonò le prime note con l’organetto.
Un frusciare alle sue spalle.
Rimase immobile trattenendo il respiro, lo sguardo basso in attesa.
Con la coda dell’occhio scorse al suo fianco un chè di tessuto bianco ricamato.
Sollevò lentamente il viso fino ad incrociare quello di lei.
I suoi magnifici occhi celesti a brillare accompagnati dal sorriso più bello di sempre.
I capelli, sebbene corti, abilmente raccolti tra alcuni bucaneve, lasciando ricadere su fronte e guance solo qualche bionda ciocca.
“Sei bellissima”- sussurrò appena.
Le si imporporirono appena le guance – “Grazie …”- in un tono d’imbarazzo.
“Beh … che dire”- Du Mont lisciò i baffi  - “Non avrei mai immaginato di celebrare le nozze di due ex Soldati della Guardia”
Alain poco distante da Andrè sghignazzò – “Non lo dica a loro!!”
“Sono felice di essermi trasferito a Le Conquet e questo lo devo solo a voi. Vi ringrazio di cuore” – ed aperto il piccolo volume tra le mani schiarì la voce – “Siamo qui riuniti al cospetto del Signore per unire in matrimonio queste due splendide anime”
Oscar strinse i pugni dalla tensione.
“Oscar Francois, vuoi prendere Andrè Grandier come tuo sposo?”
Sorrise e inspirando a fondo – “Si, lo voglio … con tutto il cuore”
Poi al giovane – “Andrè Grandier, vuoi prendere Oscar Francois  come tua sposa?”
Deglutì. Le mani sudate – “Si, lo voglio …. con tutto me stesso, con tutta la mia anima e con tutto il mio cuore”
Non appena ebbe pronunciato quelle parole, qualcuno alle spalle lo tirò per la giacca.
Si volsero entrambi trovandosi di fronte la piccola Maddie. Tra le mani unite un fazzoletto di pizzo bianco ricamato sotto il quale penzolava il suo pupazzo. All’interno gli anelli.
Oscar la fece accomodare in mezzo a loro due.
Du Mont impartì la benedizione.
Andrè ne prese uno portandolo alle labbra. Lo baciò e lentamente lo infilò al dito della giovane –“Oscar, con questo anello io ti sposo. Prometto di esserti fedele, sempre, di amarti , di rispettarti, di sostenerti, di esserti accanto fino all’ultimo dei miei giorni … e oltre”- senza staccarle gli occhi di dosso.
Fu la volta di lei. Sfiorò l’anello con un  bacio e afferratagli la mano – “Andrè, con questo anello io ti sposo. Prometto di esserti accanto, sempre, di crescere con te ancora di più, di esserti fedele, ma soprattutto di amarti … per tutta la vita … e oltre”
Le strinse forte le mani. Tutto era compiuto.
A Du Mont non rimase che concludere quella breve celebrazione  -“Di fronte al Signore e con la sua benedizione vi dichiaro uniti in matrimonio e di essere da questo momento, marito e moglie.” - e con le mani posate su di loro – “Che l’uomo non osi separare ciò che Iddio ha unito”
Un breve silenzio calò nella piccola chiesa mentre il curato compiaciuto e commosso si asciugò gli occhi.
“Che stai aspettando!”- Alain gli diede una leggera gomitata – “Forza. Baciala”
La mano scorrere sul fianco fino a cingerla e chinato su di lei la baciò dolcemente – “Congratulazione Madame Grandier, ti amo”
Rimase tra le braccia del suo finalmente marito mentre la piccola Madeleine  si aggrappò alle gambe di entrambi.
Andrè la sollevò – “Sei stata bravissima, una vera principessina”
La bambina afferrò la mano prima del padre a rimirare quel cerchio dorato attorno al dito. Poi quello della madre – “Ohhh … mamma. Luccica!”
“Ti piacciono?”- donandole una carezza.
“Maddie tanto felice”- biascicò con il suo ditino in bocca, appoggiando la testa sulla spalla di Andrè.
“Congratulazioni!”- Leah strinse le mani ad Oscar – “E’ una gioia immensa vedervi finalmente assieme e sposi … e riuniti con la vostra bambina”- gli occhi lucidi.
“Se sono qui lo devo anche a te … ed Alain, ovviamente”- strizzando l’occhio al giovane che nel frattempo si era avvicinato mettendo un braccio attorno al collo della ragazza.
“A questo punto … beh, tocca a voi”- suggerì Andrè.
“Ecco … si … “- tentennò.
“Hai già cambiato idea?”
“Giammai!”- strinse forte a sé Leah – “Non sia mai che me la lasci sfuggire”
La ragazza gli diede uno scappellotto amorevolmente ed il gruppetto scoppiò in una risata.
“Oscar, gli abiti ve li carico in carrozza”
“In carrozza? “- strabiliata.
“Non vorrete per caso fare ritorno a casa a cavallo con quest’abito”- intervenne Alain.
“Io veramente ..”
“Potrai sempre toglierlo appena arrivati a casa”- le sorrise Andrè.
Annuì e stringendo suo marito per mano si avviarono verso l’uscita della chiesetta accompagnati dalle note dell’organo.
Raggianti di gioia ed i cuori colmi di quella felicità attesa da una vita, con la loro bambina tenuta per mano, si ritrovarono sul piazzale della chiesetta accolti con grande sorpresa da un calorosissimo e scrosciante applauso.
Madame Emilie, il Generale, Beatrice con consorte e figli al seguito, Nanny, Philiph, Thomas, Mornay ed alcuni suoi collaboratori, Lasalle e qualche abitante del paese incuriosito.
Rimasero allibiti di fronte alla piccola folla festante.
La prima a farsi avanti fu sua madre. La prese per mano –“I miei splendidi ragazzi. Che la felicità e l’amore vi possano accompagnare per tutta la vita”
“Vi ringrazio madre”- gli occhi lucidi.
“Grazie Madame”
“Ehm!”- tossì alle spalle il Generale –“Congratulazioni. Che Dio vi benedica”- una pacca sulle spalle ad Andrè tendendogli la mano , camuffando la commozione in un tono contenuto, quasi severo.
“Vi ringrazio signore” – ricambiò quella stretta con vigore.
Nanny stretta a Philiph in un fiume di lacrime –“I miei ragazzi si sono sposati. Io … io non posso crederci. Come sono felice”
Un brivido scosse Oscar.
“Aspetta”- Andrè sfilò la giacca posandogliela sulle spalle.
“Quest’abito doveva essere indossato in settembre … invece … siamo in pieno inverno, a due giorni dal Natale”- sfiorando le labbra del consorte.
“Se può farvi piacere il signor Mornay ha organizzato un piccolo pranzo … per festeggiare”- la madre fece avvicinare Vincent.
“Mi auguro accettiate questo piccolo pensiero per le vostre nozze, nella speranza che questo gesto non sia offensivo nei vostro confronti, visto la riservatezza con cui avete scelto di sposarvi”
Andrè rivolse lo sguardo ad Oscar –“Lascio decidere a lei”
La giovane avvicinatasi all’uomo lo baciò sulla guancia – “Non sono solita a  certi gesti … ma voi siete una grande persona. Sarà un immenso piacere condividere anche con voi questa magnifica giornata”
Mornay con un briciolo d’imbarazzo – “Sono io che devo ringraziarvi. Nutro molto affetto nei vostri confronti”
“Andrè è sempre stato come un figlio per voi, lo so bene”- intrecciando le dita a quelle di suo marito.
“A questo punto, meglio avviarci”- aprendo lo sportellino della carrozza messa a loro disposizione.
 

Un pranzo tranquillo tra amici e parenti, senza troppi fronzoli o esagerazioni, comunque molto curato nei minimi dettagli. Mornay aveva organizzato il tutto da tempo.
Informato in tarda serata da Du Mont sulla celebrazione di quelle nozze, era ricorso ad alcune donne alle sue dipendenze per preparare il “banchetto nuziale”.
La mattina, non appena i due giovani si erano allontanati quasi furtivamente da casa per recarsi in chiesa, gli uomini di guardia erano stati solerti nell’avvisarlo. Lui, di contro, ne aveva informato i Jarjayes.
La serenità di una bella famiglia circondata dagli affetti ed i giochi e le risa dei bambini.
Andrè non riuscì a staccarle gli occhi di dosso. La sua tanto amata e desiderata Oscar.
La sposa si destreggiò abilmente tra i complimenti dei presenti, i baci, gli abbracci, senza mai dimenticare di dare attenzioni anche alla sua Maddie.
Nel tardo pomeriggio i bambini iniziarono ad agitarsi attorno all’albero allestito nel salotto mentre Madeleine stanca si addormentò tra le braccia della madre.
“Vuoi lasciarla qui a dormire con Christophe e Anne Jaqueline? Sarà bello per loro svegliarsi assieme la vigilia” – suggerì Beatrice.
Alain intento a chiacchierare con Andrè s’intromise nel discorso –“Oscar … fossi in voi coglierei l’occasione. Prima notte di nozze”- terminando con un lungo fischio –“Prevedo faville!!”
“Alain!”- Leah lo ammonì –“Non ti prendere certe libertà”
Si passò una mano tra i capelli accusando il colpo –“Beh … io lo dicevo per loro … noi stasera metteremo a ferro e fuoco il letto, garantito. Vero?”- stampandole un sonoro bacio sulle labbra.
Oscar rise e rivolgendosi ad Andrè –“Io … non saprei. Maddie non ha mai dormito lontano da me”
“Come credi. Visto però che oramai si è addormentata … forse …”
Emilie raggiunse i ragazzi –“Credo sia meglio metterla a dormire. La giornata è stata pesante per lei. Lasciala con i suoi cuginetti. “
La giovane la sollevò tra le braccia e la piccola aprì gli occhi assonnata – “Vuoi restare qui dai nonni? Dormirai in camera con Christophe e Anne Jaqueline”
La bimba volse lo sguardo verso i due ragazzini ed allungò una manina.
“Vieni”- le dissero.
Strinse al collo sua madre baciandola, poi afferrate le mani dei due, li seguì in camera.
“Zia Oscar, ci penso io a prepararla per la notte”- la giudiziosa Jaqueline.
Beatrice li osservò teneramente salire le scale ed accostandosi alla sorella le sussurrò –“Se questa notte sarà come penso … darà i suoi frutti molto presto …”
 

Percorsero mano nella mano il piccolo viottolo verso la dependance.
Giunti di fronte alla porta – “Permettete Madame Grandier?”- un inchino.
La sollevò tra le braccia.
“Cosa fai?”- cingendolo al collo.
“Porto la mia sposa in casa”- entrando.
Richiuse mentre lei gli catturò le labbra in un bacio appassionato.
“Se l’inizio è così non voglio immaginare …”
“Grandier … da oggi sono finalmente vostra moglie”- ripose la giacca e voltandogli le spalle – “Mi aiutare?”
Slacciò lentamente i bottoncini sulla schiena e fece scorrere le maniche lungo le braccia. L’abito ricadde frusciando sul pavimento lasciandola solo con la bellissima biancheria nuziale.
Senza fiato.
Le gote leggermente arrossate. Forse l’emozione … Srotolò delicatamente le calze sotto lo sguardo confuso e quasi inebetito di Andrè.
Si volse. Senza alcun pudore o imbarazzo rimase nuda, in piedi, accanto al comò – “Grandier … che cosa fate impalato?”- sogghignò.
La fece voltare su se stessa e sfilò quel che era rimasto dei bucaneve e le forcine liberando piccole ciocche bionde e ricce ai lati del viso.
Le mani sulle spalle , delicate sulle braccia fino a fermarsi sui fianchi.
Le labbra posarsi sulla pelle diafana a suscitarle brividi che solo lui era in grado di provocarle.
Il cuore martellarle nel petto.
Poi,  lente lambire il ventre fino ad arrivare alla sua femminilità.
Un gemito.
La testa ricadde all’indietro.
Le mani poggiate al muro nel momento in cui le gambe si fecero molli.
Un braccio a sostenerla sotto il seno, esplorandola con l’altra.
Il respiro le mancò. Si fece strada in lei con tutto il suo desiderio.
Le labbra ardere lungo il collo. Al primo affondo un grido strozzato le arrochì la voce – “Andrè”
Il respiro eccitato sfiorarle l’orecchio.
La schiena di lei premuta contro il suo torace. Il  calore del suo corpo ed i suoi movimenti ritmici accompagnarlo con il suo crescente piacere.
Senza smettere di baciarla, la fece distendere tra le lenzuola.
Così appassionata, impaziente.
Le gambe fra le sue, sollevato sui gomiti per non gravare troppo su di lei.
Occhi negli occhi.
“Che c’è?”- percependo i battiti accelerati del suo cuore.
Le dita soffermarsi sulle sue labbra.
“Stento a credere a tutto ciò … non mi sembra possibile”
Sorrise accarezzandole una guancia – “E’ tutto vero”- donandole l’ennesimo bacio.
Le bocche nuovamente a cercarsi e volersi sempre di più.
Le mani posate sui suoi glutei ed il suo piacere crescere sotto le spinte sempre più audaci fino a condurla all’estasi completa.
Rotolarono fra le coperte ed Andrè venne a trovarsi sotto di lei.
“Comandante … che intenzioni avete?”
“Grandier, anche se ora siete accasato con il vostro comandante, non crediate di ricevere un trattamento di favore”
“Sono pronto ad eseguire qualsiasi vostro ordine, signore!”
“Vedo che avete compreso bene. Quindi, afferratemi per i fianchi e seguite il mio ritmo”- con movimenti morbidi sul giovane.
Si morse un labbro mugugnando – “Siete terribile …”
Chinatasi su di lui  - “E nemmeno immaginate cos’io abbia in riserva per voi …. Grandier”
Le dita delineare maliziosamente il suo torace fino a ritrovarsi sulle pelvi.
Alla stretta delle sue mani, scivolò su un fianco.
Il giovane, quasi al culmine, rimase basito dal gesto della moglie.
“Ehi, che ti salta in mente?! Torna subito qui, Comandante! Non facciamo scherzi”- facendola tornare a cavalcioni su di sé.
Si divincolò ridendo divertita e scesa dal letto lasciò la stanza.
“Jarjayes … non mi sfuggire”- nel tentativo di riacchiapparla.
Dalla parte opposta del tavolo, stringerne i bordi. Lo sguardo furbo.
“Mi stai sfidando?”- nella penombra della stanza.
“State invecchiando Grandier. Non riuscite più nemmeno a stare dietro ad una donna”- con tono malizioso.
“Attenta, dovresti sapere con chi hai a che fare”
Rimase ferma in attesa della prima mossa.
“D’accordo”- le mani incrociate dietro la testa. Mezzo giro su se stesso con l’intento di dirigersi verso la camera da letto.
Sgranò gli occhi di fronte alla sua resa.
“Grandier … venite subito qui”
“Non c’è trippa per gatti!”
Tentò di avvicinarsi quando lui, voltandosi di scatto, la blocco spingendola contro la tavola obbligandola a sdraiarsi.
“Credevate di farmela eh? Dov’è finito il vostro scatto felino?”
Trattenne il respiro in un gemito quando affondò nuovamente in lei.
“Ma, non volevate giocare?”
“Ve la farò pagare ..”- in un filo di voce sottolineato da un sorriso di piacere.
Sopraggiunse il culmine, travolgente, estatico, liberatorio.
Si accasciò dolcemente qualche istante su di lei.
Sfiniti, appagati. I corpi imperlati di sudore riprendere lentamente fiato.
La baciò ripetutamente prima di sollevarsi –“Madame Grandier ... sappiate che vi amo da morire”
Ricambiò quei baci con passione intrecciando le dita nei suoi capelli.
Gli mise le braccia al collo incrociando le gambe dietro la sua schiena- “Non mi dite che non avete più fiato per continuare”- sibilò.
Le mani sotto i glutei per sostenerla – “Credi veramente sia finita qui?”
“Non saprei. A dir la verità mi sembrate sfinito”- stuzzicandolo.
“Allora non conoscete Grandier!”- trascinandola con sé in camera – “Non credo proprio riuscirai a dormire stanotte”- sfiorandole le labbra.
“Non ho alcuna intenzione di farlo”- ricambiando quel gesto con trasporto.
 
 
“Eri bellissima oggi”- sollevandole il mento – “e non solo oggi”
“Anche tu Soissons non eri male”- infilando le dita tra i capelli a sfilare il fermaglio.
“Ovvio, no?!”- pavoneggiandosi –“Vuoi mettere un bel maschio come me? Non mi manca proprio nulla. Alto, moro, bello, sguardo profondo ed accattivante, fisico prestante e ben dotato. La soddisfazione con me è garantita. In ogni senso. Sono veramente il maschio ideale.  In troppe se lo sognano uno come me … ma appartengo solo ad una”- prendendola per i fianchi – “Appartengo ad una donna meravigliosa”
“Sei un grande adulatore di te stesso”
“Ehi ehi, scherzi? Ho semplicemente un’ottima opinione di me stesso ma la mia bambolina, è la mia bambolina”
Scosse la testa –“Incorreggibile”
Seduta sul letto - “Alla fine ce l’abbiamo fatta a condurli all’altare”- slacciando il corpetto.
“Ovvio”- si avvicinò ed allungando una mano infilò le dita nell’incavo dei seni –“Quanto ben di Dio”.
Tolse velocemente la camicia ed i pantaloni – “Sono tutto tuo, dolcezza!”
“Oh no Alain. Non stasera. Sono stanca”
“Come sarebbe a dire “sono stanca”?” – sbottò nella penombra della stanza.
Leah allacciò la camicia da notte ed infilandosi sotto le coperte – “E’ stata una giornata pesante. Su, vieni a letto”- mettendosi su un fianco.
Coricatosi accanto alla giovane la strinse a sé –“Sicura di non voler giocare con lo zio Alain?”- una mano scorrere sotto quel tessuto leggero.
“Facciamo domani”
“Mhm … secondo me ….”- una serie di piccoli baci lungo il collo.
La mano s’intrufolò furtivamente oltre la biancheria intima.
“Non mi pare che tu non ne abbia voglia”- al primo mugugno.
Le catturò le labbra in un bacio appassionato e di fronte alle notevoli insistenze seduttive del giovane non potè che cedere.
 
 
I pugni sotto il mento.
Lo sguardo fisso in un punto non definito della stanza.
Bruciava. Bruciava troppo quella battaglia persa. Una sconfitta nell’orgoglio oltre ogni limite.
Il matrimonio annullato. La scomunica da parte di Sua Santità.
Non aveva smesso un secondo di pensarla, di volerla. Quella donna era sua. Gli apparteneva.
Doveva riaverla.
Non gli importava del bambino. Maschio o femmina che fosse stato, ne avrebbe avuto uno tutto suo.
Che se lo tenessero quelli della sua famiglia quel bastardo.
Vuotò il bicchiere stringendolo con rabbia.
Tutto era stato pianificato nel più piccolo dettaglio.
Nessun errore.
Sarebbe tornata casa. Tutto era stato predisposto per la sua consorte.
Questa volta non ci sarebbe stato nessuno a proteggerla in quel paese straniero.
Nonostante fosse  Oscar Francois de Jarjayes.
L’avrebbe domata.
Definitivamente.

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Capitolo 65
*** OMBRE DAL PASSATO ***


Forse l’emozione mescolata alla gioia.

Oscar riposò giusto un paio d’ore.

Si erano addormentati sul far del mattino. La loro prima notte da marito e moglie.

Si volse lentamente su un fianco. Aprendo gli occhi, il viso sereno di Andrè.

Il respiro lieve. Si mosse.

Rimase a delinearne il profilo con lo sguardo.

Un braccio sotto il cuscino, le lenzuola lambirgli appena le pelvi.

Sorrise.

La tranquillità di giacere assieme a colui che ora sarebbe stato legato a lei per sempre. Quell’ansia, quella fretta di dover abbandonare il luogo dove si erano amati, per paura che sapessero. Nulla più di tutto ciò.

La loro alcova, il loro nido. La loro casa.

Allungò la mano, lasciando che le dita sottili scorressero libere su quel corpo scolpito, sentire sotto i polpastrelli la perfezione di colui che aveva tanto desiderato, del suo uomo. Di suo marito.

Così strano eppure meraviglioso pensarlo come tale.

Scendere, fino al bordo del lenzuolo, insinuandosi sotto lo stesso, quasi furtivamente, sollevandolo appena a scrutare maliziosamente.

Ritrasse la mano avvampando.

La mente alla notte appena trascorsa le incendiò le guance.

Volse le spalle quasi a nascondere l’imbarazzo.

Vagò con la mano sul copriletto alla ricerca della vestaglia quando l’accarezzò sul fianco.

“Dove vai?”- assonnato.

“Riposati”- con l’intento di alzarsi.

Stiratosi la trascinò tra le coperte – “Perché scappi?

Le gote ancora imporporite .

“Che succede?”- sollevandosi la baciò su una spalla.

“Non dovrei avere alcun senso di pudore nei tuoi confronti … eppure …”- stringendosi a lui.

“Mi piace terribilmente questo tuo essere pudica e al contempo maliziosa e provocante nell’intimità”

Si accoccolò di più fra le sue braccia – “E’ la vigilia di Natale”- sussurrò.

“Nessuno verrà a disturbarci …”- accarezzandole i seni.

Mugugnò compiaciuta del gesto.

“Jarjayes, lo sapete che domani non è solo Natale, ma è anche il vostro compleanno? “

“Il primo compleanno da Madame Grandier. Non avrei potuto desiderare regalo più bello”

“Non desiderate null’altro?”- sollevandosi con i gomiti.

Lasciò ricadere il volto sul cuscino –“Mh … ”.

Rimase a fissarla in silenzio – “Dio, quanto sei bella”

Sorrise passandole il dorso della mano su una guancia –“Sai Andrè … infondo al cuore so di averti sempre amato. Io … io non avrei potuto amare nessun altro se non te”

“E’ una vera e propria confessione?”- sghignazzò.

“No, non ridere. Ti ho fatto soffrire troppo nel passato … “

“Quello che conta è ora. Niente e nessuno potrà mai più separarci. Maddie, tu ed io. E’ semplicemente meraviglioso tutto questo. La nostra nuova vita insieme. Per sempre”

“Ti amo”- sfiorandogli le labbra.

Scivolò tra le gambe di lei. La sua erezione la fece sobbalzare – “Andrè …”

“Ti va di fare colazione?”- divertito.

“Cosa mi proponi?”

Scese dal letto –“Non ti muovere”- allontanandosi.

Rimase a gustarsi il tepore lasciato fra le lenzuola abbracciando e respirando il suo cuscino.

Adorava il profumo di Andrè. Da sempre.

Spinse lo sguardo oltre la finestra –“Ha ripreso a nevicare!”

“Siamo stati fortunati ieri”- le rispose dalla cucina.

“Già”- mormorò.

Tornato nella camera posò il vassoio sul letto: pane, marmellata, cioccolata, caffè e due porzioni di torta di mele.

“Hai intenzioni di viziarmi? Sarà così tutte le mattine?”

“Diciamo … nei giorni di festa”- addentando la torta.

Sorseggiò la sua bevanda senza staccargli gli occhi di dosso.

“Cosa guardi?”- pulendosi la bocca.

Tendendosi in avanti sussurrò teneramente sulle sue labbra –“Ti amo”

Sorrise –“Ovviamente, dove lo trovi uno come me?”

“Presuntuoso”- e gattonandogli attorno –“Hai terminato con questa fetta di dolce?”

Sollevò appena il sopracciglio –“Jarjayes che intenzioni avete?”

Lo sospinse verso la testiera del letto, fra i cuscini –“Ora ve lo mostro, Grandier”

 

“Potrebbe essere un’indigestione”- fissando in apprensione Leah  china sul catino mentre continuava ad avere conati di nausea – “Se ti vesti ti porto da Thomas, subito”- preparandole gli abiti sul letto.

“Alain … fermati ti prego.”

“Non dobbiamo prendere il fatto sottogamba”- infilò gli stivali.

Lo afferrò per una mano – “Non ce n’è bisogno”- gli occhi lucidi.

“Ma tu stai male! Vedrai che tutto si risolverà …”

“Alain, non è un’indigestione. E da qualche settimana che … “

“Come? Qualche settimana? No … perché non e lo hai detto … probabilmente la situazione sta peggiorando …  Se me ne avessi parlato prima forse … “

“Credo di aspettare un bambino”

La bocca spalancata, sbiancato in viso – “… tu … tu … cosa?”

“E’ molto probabile che … ”

Cadde con tutto il peso seduto sul letto continuando a fissare la giovane –“Vuoi … cioè … tu … no, aspetta, volevo dire noi … hai detto bambino?”

Annuì teneramente.

Si strofinò i capelli – “Noi avremo un bambino?”

“Beh … non resta che avere la conferma dal medico”

L’abbracciò stringendola forte a sé –“Veramente?”

“Direi che questa volta non dovrebbero esserci dubbi”

Allungò le mani posandole unite sul ventre della giovane –“Il nostro bambino … un piccolo Alain …”- sollevò gli occhi incrociando quelli di lei –“… o una piccola Leah”. Ed improvvisamente impallidì nuovamente  –“E se fossero due?”

“Su, smettila. Vedremo quando sarà il momento”.

“Leah, ma ci pensi se fossero due gemelli?”

Si fece seria.

“Che succede?”

“Non abbiamo una casa e …”

“Non preoccuparti. Accetterò il lavoro da Mornay e … sistemeremo anche l’argomento casa. Ora ciò che conta è che tu stia bene … e anche lui … lei … insomma, voi due o tre che siate. Abbiamo messo da parte un discreto gruzzoletto. Ce la faremo, vedrai”

 

 

Spalmò un velo di marmellata sul pane e lo addentò.

“L’amore fa venir fame … “- ridacchiò Andrè.

Annuì con la bocca piena.

“Mi rendo conto a distanza di anni che sei veramente incredibile … anche se l’ho sempre saputo”

Sollevò un sopracciglio –“In che senso?”

“Andrè, tu sai fare di tutto. Nanny ti ha insegnato bene … e immagino, prima ancora, tua madre. Conosci le buone maniere, sai maneggiare qualsiasi tipo di arma, sai accudire i cavalli, cucinare.. insomma, qualsiasi cosa ti venga chiesta , tu sei in grado di eseguirla”

“Beh … credo che a te manchi solo migliorare in cucina”

“Lo facessi con te, avrei indubbiamente un ottimo insegnante”

“Potresti domandare a Nanny”

Abbassò lo sguardo – “Mhh …”

Incurvò un angolo della bocca – “Avanti, cosa devi chiedermi ..?”- appoggiandosi allo schienale del letto.

“Nulla perché?”- mentendo.

“Oscar, credo di conoscerti meglio di te stessa. Allora …?”

“Senti, ho avuto modo di ragionarci a lungo … voglio tornare alla caserma”- stringendo le lenzuola.

Un lungo sospiro quasi di resa – “Non riuscirò a convincerti … vero?”- fissandola dritta negli occhi.

Sbuffò con aria insofferente – “Questi due anni sono stati deleteri per il mio spirito combattivo, di indipendenza … di tutto, insomma”

“Un periodo difficile coronato dalla nascita di nostra figlia”- osservò allungando le gambe sotto le coperte.

“Assolutamente si …”

“Hai pensato a Maddie?”

“Ovvio. E’ costantemente nei miei pensieri, ogni giorno, ogni momento. E’ la mia vita”

“Non credi sia troppo piccola per trascorrere molto tempo senza sua madre? Sai che dovrò tornare da Mornay.  Vincent non ha fretta. Ha detto di prendermi tutto il tempo di cui ho bisogno ma non voglio approfittare della sua disponibilità. E’ il mio lavoro, quello che ci darà di che vivere.”

La fronte tra le mani.

“Lasceresti Madeleine a tua madre?” – le si accostò vedendola preoccupata.

“Potrei chiedere di riprendere ad insegnare solo per mezza giornata. L’altra la dedicherei a nostra figlia e alla casa”- nel tentativo di ottenere l’approvazione del marito.

Abbassò leggermente lo sguardo.

“Che cosa ti turba? Girodelle è morto. Non avrò più problemi di alcun tipo”- il tono supplichevole.

Incrociò le braccia dietro la testa gonfiando le guance d’aria e sbuffottando.

Cercò i suoi occhi e si perse in quel mare celeste –“Sarà impegnativo”

“Niente mi ha mai spaventato”

“Maddie ne risentirà”

“ Ti garantisco che riuscirò a gestire il tutto. Non farò mancare la mia presenza a nostra figlia … ”

Rimase a fissarla in silenzio. Non avrebbe potuto dirle di no, nonostante in cuor suo qualcosa gli dicesse che le cose sarebbero andate in maniera differente. Oscar non poteva stare lontano dall’impartire ordini, imbracciare un fucile, impugnare una spada, dai duelli. Dalle sfide. Forse questa sarebbe stata quella più grande.

Infine, dunque, cedette –“E sia”.

 

Fervevano i preparativi per il giorno di Natale.

Il primo, finalmente, tutti riuniti.

Il Generale espresse il desiderio fossero presenti anche Mornay ed Alain con Leah.

Vincent, dal canto suo, offrì  la collaborazione di alcune delle sue lavoranti affinchè aiutassero Nanny in cucina come era stato per il matrionio di Oscar e Andrè.

La vigilia trascorse serenamente.

Oscar dedicò il suo tempo alla piccola Maddie: le favole, il pianoforte, i disegni, i suo pupazzi.

Andrè, intento ad organizzare la vendita di alcuni cavalli, ogni tanto si soffermava ad osservarle.  Sua moglie era di una tenerezza strabiliante con la figlia, seppur senza trascendere in sdolcinature eccessive ed inutili.

Madeleine intonava a meraviglia alcune canzoni, nonostante non conoscesse tutte le parole e alla fine entrambe si lasciavano trasportare da lunghe risate.

La sera regalò l’ennesima intensa nevicata.

Quegli occhietti vispi sgranati, il nasino premuto e le manine spalancate sul vetro della finestra –“Ohhh!”- esclamò. Poi d’un tratto, scese velocemente dalla sedia, corse nella sua stanza. Fece ritorno nella saletta con gli stivalini ai piedi e la mantella –“mamma…” – afferrando la madre per una mano la condusse sulla soglia di casa. Aperta la porta trascinò fuori la giovane.

Rivolse lo sguardo verso l’alto e spalancando la bocca mise fuori la lingua cercando di acchiappare i fiocchi di neve.

Oscar rise divertita.

“Mangia mamma!”- invitandola a fare lo stesso.

La donna schiuse le labbra, la lingua come a fare le boccacce.

“Che state facendo?”- Andrè sopraggiunse incuriosito.

“Ande …. mangia neve”- tendendo le braccia verso il cielo.

Il giovane afferrò una coperta ed uscito, si affiancò alla consorte, avvolgendola – “Vuoi prenderti un malanno e startene a letto il giorno di Natale?”- rimproverandola in tono scherzoso.

E raggiunta la figlia, si inginocchiò accanto a lei, spalancò la bocca –“Ahhhh”- lasciando che quei cristalli si posassero silenziosi.

 

La stanza illuminata dal tremolio dalle fiamme provenienti dal camino.

Maddie assopita tra le braccia di Oscar .

“La metto a dormire”- Andrè le porse la cioccolata calda –“rilassati un po’”

Accostò la porta e ravvivò il fuoco con un paio di ciocchi di legno.

Lei ripose la tazza ancora mezza piena. Scostò la coperta che le avvolgeva le gambe e la lasciò ricadere a terra.

Le lunghe dita affusolate infilarsi fra quei capelli corvini.

Si volse e cingendola con un braccio la fece sdraiare.

“Grandier … che intenzioni avete?”

“Comandante … avete cominciato voi”

“Quindi?”

“Potrei assecondarvi e … sapete bene che non vi deluderei …”- passandole l’indice sulle labbra.

“Allora non perdete tempo … ed è un ordine”

 

“Auguri amore mio”

Ricambiò l’abbraccio posando le labbra su quelle morbide di lui –“Ho desiderato tanto questo momento”

Le dita a scostarle riccioli biondi dalla fronte – “La mia sposa, mia moglie”- si perse in quel mare celeste dei suoi occhi – “Sei felice?”

Rimase in uno strano silenzio continuando a fissarlo. Nella mente un pensiero affacciarsi velandole lo sguardo.

“Cosa mi nascondi Oscar?”- sfiorandole una guancia.

Tacque. Si sforzò di sorridere – “Nulla … forse devo ancora elaborare tutto questo” – stringendosi nel suo abbraccio.

Il primo. Il Natale tanto sognato. Andrè, lei e il frutto del loro infinito amore.

Certo, la famiglia, gli amici … ma prima di tutto venivano loro.

Era veramente felice?

Assorta nei pensieri osservando la sua piccola Maddie riprese possesso della realtà quando la vide arrampicarsi sul letto e sedersi accanto ad entrambi.

“Mamma” –  le porse un sacchettino in velluto rosso.

Le donò una carezza – “E’ per la mamma?”

La piccola si strinse a lei in un tenero abbraccio.

Sciolse i laccetti ed infilandovi all’interno le dita ne estrasse tre biscotti  a forma di cuore  legati tra loro da un nastro bianco.

“Buoni anni”- le disse mostrandole una serie di dentini bianchi.

La baciò fra i riccioli dorati – “E’ un regalo meraviglioso”

“Mamma felice?”

Annuì con un mezzo sorriso.

Ad Andrè non sfuggì quel tentativo forzato di incurvare le labbra. Dopo momenti indimenticabili di immensa gioia qualcosa ora le turbava lo sguardo.

“Tutto bene?”- afferrandole una mano.

Il tono sussurrato.

“Si … certo”- lasciandosi trascinare dalla figlia in un girotondo ai piedi del letto.

Cosa la preoccupava?

 

Il pranzo abilmente preparato con gran cura da Nanny  con l’aiuto delle lavoranti di Mornay fu degno di quelli serviti a Versailles nei giorni d’oro della proclamazione dei nuovi sovrani di Francia.

Un clima gioioso a riempire le stanze di villa Jarjayes mescolato alle risate e l’esuberanza dei ragazzini.

“Signori …” – Alain fece tintinnare un coltello contro il bicchiere.

Il vociare si placò.

“Signore … signori … beh ecco, forse potrò passare per poco educato … ma, in quest’occasione, non potevo almeno dire due parole. Abbiamo attraversato momenti difficili, bui … se non terribili. La forza di lottare non ci ha mai abbandonato. Questo è il punto. Ora ci meritiamo sinceramente serenità”- innalzò il calice verso Oscar e Andrè –“Al mio ex Comandante voglio fare gli auguri per questo compleanno speciale … voglio augurarvi  tutta la felicità che meritate. Siete veramente un osso duro.”

Un velo d’imbarazzo sul volto si Oscar.

Poi rivolgendosi a Leah –“Io ho ben poco da offrirti … ma spero comunque accetterai di sposarmi”- si portò un mano dietro la testa strofinandola fra i capelli.

Andrè ed Oscar furono i primi a sostenerli con un caloroso applauso mentre Leah, commossa rispose- “Non esiste nulla che potrebbe rendermi più felice”

Un brindisi in un’atmosfera festosa. Natale … un compleanno, una richiesta di matrimonio.

In tarda serata , lentamente , uno ad uno, tutti gli ospiti si accomiatarono ringraziando calorosamente il Generale e madame.

“Vi offrirei un passaggio a casa. Nevica troppo per rientrare a piedi”- Mornay invitò sulla sua carrozza i futuri neo sposini – “Vorrei scambiare due chiacchiere … se non vi spiace”.

Infreddolita la giovane si strinse nello scialle pesante accomodandosi in vettura.

Vincent diede un colpetto alle sue spalle . Il mezzo si mise in movimento.

“Non occorre mi rispondiate subito …. E’ ancora libero quel posto “- indirizzando lo sguardo verso Alain –“Mi serve una persona fidata che sappia guardarmi le spalle … ma questo già lo sapete”. Poi scostando l’attenzione sulla giovane – “La vostra intenzione è quella di acquistare quella vecchia casa giù alla spiaggia e so bene che non accettereste mai mi sobbarcassi le spese di ristrutturazione o comunque un contributo da parte mia”- scostò appena la tendina sul suo lato. Il vento forte a scuotere la carrozza – “Vorrei suggerirvi un’altra sistemazione nelle vicinanze … proprio come è nei vostri desideri. Nessun lavoro”

“Si, ho capito a quale vi riferite. Ho avuto occasione di ammirarla da fuori … ma non potremmo assolutamente permettercela”- sottolineò lei.

“Al contrario”- osservò.

“Non capisco …”

“La piccola costruzione è di mia proprietà. E disabitata da qualche anno. Penso sia sufficientemente spaziosa per voi. Una ripulita, nient’altro”

“Signore, vi ringraziamo ma …”- s’intromise nel discorso Alain.

Un cenno con la mano per interromperlo – “Mi pagherete solo un affitto … vi farò un prezzo giusto, lo stabiliremo assieme, voglio venirvi incontro in ogni modo e sarebbe meglio piuttosto che sobbarcarvi un impegno così gravoso quale quello di un acquisto e di una ristrutturazione. Quell’abitazione è a pezzi. Sareste obbligati a vivere a lungo alla locanda “

Rimasero senza parole.

“E se un giorno vorrete acquistarla … beh,potremmo convenire ad un buon prezzo”- poi si rivolse direttamente a Leah - “So che siete un’abile ricamatrice e sarta”- accennando ad un sorriso – “Avreste dovuto andare a Brest … ma è troppo distante. Recarvi quotidianamente in città … un peso di una certa entità considerando il fatto che dovrete organizzare un matrimonio ed un figlio in arrivo … non siete certo nelle condizioni migliori per rifiutare”

Leah sgranò gli occhi – “Come lo avete capito?”

“Lo siete?”- incalzò.

Alain le cinse le spalle.

“Questa conversazione non oltrepasserà questa vettura. Non sta certo a me informare i vostri conoscenti”

Si guardarono negli occhi bramosi di dare un nuovo corso alla loro vita.

La carrozza si fermò di fronte la locanda.

“Potreste trasferirvi già domani, entro sera. Il tempo di farvi rassettare gli ambienti”- Mornay aprì lo sportellino e scendendo pose una mano alla giovane.

“Vincent …”- affondando con le scarpe nella neve –“se anche Alain è d’accordo … beh…”

Risalì –“Vi manderò un paio di persone domattina”- e verso il giovane – “vi farò avere un cavallo ed un calessino per potervi muovere comodamente”.

Il mezzo ripartì sparendo in lontananza avvolto dal buio della notte e dalla tempesta di neve.

Seduti sul letto, rimasero immobili a ripensare strabiliati da tanta generosità di quell’uomo.

“Ti rendi conto che … ecco … una casa, un lavoro io, uno tu … e dobbiamo pensare al matrimonio … poi arriverà il bambino …”

“O la bambina”- sottolineò Leah.

“Sei felice?”

“Non so … ecco … mi sembra tutto troppo semplice”

 “Non ti fidi di Mornay?”- accarezzandola fra i lunghi capelli rossi.

“Oh no. E’ una persona stimabile, disponibile … “- si volse –“ … io … non ho mai avuto a che fare con persone del genere. Mi sono sempre dovuta sudare tutto … è difficile ora credere che mi venga offerto tutto questo su un vassoio d’argento”

La fissò perplesso.

“Ma sono terribilmente felice”- buttandogli le braccia al collo –“e soprattutto sono felicissima di diventare tua moglie”

“Andrà tutto bene”- sfiorandole le labbra –“.. e saremo felici”

 

Strinse il figlio tra le braccia.

Nemmeno il giorno di Natale le fu concesso di vedere il consorte.

Erano stati separati con una tale violenza, disumanità …

Seduta in un angolo accarezzando il capo del Delfino ripensò a quell’ultimo terribile periodo.

Aveva ancora davanti agli occhi la testa di Madame Lamballe conficcata sulla punta di una lancia  -“Affacciatevi, guardate cosa vuol mostrarvi il popolo. Affacciatevi …. ”- l’ aveva intimata una guardia.

Inorridita, rammentava di aver perso conoscenza. Come si poteva nutrire così tanto odio nei loro confronti? Povera donna. Aveva pianto, si era disperata. E le lacrime le avevano fatto compagnia ogni giorno da quando erano stati trasferiti alla Torre del Tempio. Non aveva più appetito.

Angoscia costante.

Mentre il consorte oramai non nutriva più molte speranze sul suo destino. Non gli restava che pregare affinchè risparmiassero almeno la moglie ed i figli.

“Vi prego. Non potete essere un po’ più clementi? Un po’ più umani?” – aggrappandosi al braccio di uno dei suoi carcerieri lo supplicò affinchè permettesse a lei ed i figli di riunirsi al marito.

“Più umani? Più clementi?”- l’uomo le cacciò via la mano con uno strattone –“Siete senza vergogna”- spuntando su un lato.

Maria Antonietta scioccata dalla reazione, non potè che abbassare lo sguardo verso il Delfino che la fissava con le lacrime agli occhi. Ingoiò in silenzio quell’ennesima umiliazione. Oramai le vessazioni erano divenute quotidiane e sempre più pesanti. In cuor suo, la speranza che comunque i pochi rimasti fedeli si adoperassero per una nuova fuga, andava via via svanendo. Era stato costruito un nuovo muro attorno al torrione. Porte con grosse sbarre avevano sostituito quelle vecchie. Sorvegliati giorno e notte. Nessuna riservatezza, nulla era più “privato”. Qualsiasi movimento, parola, respiro di ognuno di loro era controllato … spiato, alla mercè di quegli uomini  senza alcuno scrupolo.

Sedette in un angolo attorniata dai suoi figli … la sua unica ed ultima ragione di vita.

 

Le giornate si alternarono tra intense nevicate e sprazzi di cielo azzurri .

Le festività della fine dell’anno trascorsero senza eccessi, in un clima sereno.

Oscar lentamente si stava abituando alla nuova vita di madre e moglie. Nanny quotidianamente le dava qualche lezione di cucina, anche se , a dir la verità, nonostante l’impegno, i risultati non fossero dei migliori.

Avrebbe dovuto attendere ancora qualche giorno prima di riprendere l’insegnamento ai cadetti della caserma di Brest.

Seduta al pianoforte con la sua Maddie si stava godendo quella fredda mattinata invernale quando udì bussare.

“Bernard!”- incredula di fronte al giovane.

“Oscar, è un piacere rivedervi”- sfilando il cappello.

“Venite, accomodatevi”- richiuse la porta.

Madeleine rimase concentrata nell’intonare alla perfezione quelle poche note conosciute.

“Siete solo? E Rosalie?”

“Ho preferito rimanesse a Parigi anche se …beh, è stata un’impresa difficile riuscire a convincerla e non mettersi in viaggio. Desiderava tanto rivedervi”

Sorrise versandogli del caffè caldo.

“Vi ringrazio di cuore”- gli occhi scivolarono velocemente attorno –“molto accogliente ed intima la vostra casa” – lo sguardo si soffermò su quella chioma bionda che lentamente si avvicinava –“Ciao Maddie … sei cresciuta”- rovistando nella sacca. Ne estrasse una bambolina di pezza cucita a mano – “Questo è un piccolo pensiero da parte di Rosalie”.

Allungò la manina un po’ intimidita fissando la madre con fare interrogativo.

“Certo che puoi prenderla, Bernard ti ha detto che è un regalo”

Afferrò con delicatezza il giocattolo stringendolo a sé ringraziando con un piccolo inchino.

“Vostra figlia è meravigliosa”- seguendola con lo sguardo mentre, seduta accanto al camino, giocava.

“Non desiderate un figlio?”

Incrociò quei due pezzi di cielo infinito –“Ci stiamo lavorando”- sorrise – “Si respira veramente una pace indescrivibile in questo luogo”- cambiando completamente discorso –“Parigi è immersa nel caos più assoluto.”

Si fece seria e sorseggiò un po’ di caffè.

“Le Conquet sembra uscita dalle favole così imbiancata”- stringendo la tazza calda fra le mani nell’intento di gustarsi quel tepore.

“Bernard …” – spinse lo sguardo oltre i vetri, fra quelle nuvole bianche intente a rincorrersi sospinte dal vento –“ Che cosa dovete dirmi?”

Il giovane trattenne il respiro per qualche secondo colto alla sprovvista da quella domanda secca. Tentennò nella risposta –“ Cosa intendete?”

“Non credo siate venuto qui senza preavviso semplicemente per portare un regalo a Maddie.”- gli occhi amorevoli sulla figlia eppure attenti al suo interlocutore –“tanto meno per informarmi della situazione attuale a Parigi. Sono notizie che giungono anche qui seppur non così dettagliate come potreste esserne a conoscenza voi ”

Cercò di trovare le parole meno forti per affrontare il discorso – “Avrei desiderato sinceramente fosse solo una visita di cortesia …”

“I miei tormenti sono dunque reali?”- senza distogliere lo sguardo da Madeleine.

“La mattina della sentenza hanno trovato la cella vuota …”

“Bouillè …” – mormorò.

“Come dite?”

“E’ stato Bouillè. Non può vivere senza quell’essere nonostante l’odio sia reciproco. “

Bernard inspirò trattenendo l’aria per poi sbuffare – “ Credetemi … non avrei voluto …”

“Non avete nulla di cui scusarvi. Del resto vi avevo chiesto di farmi sapere”- l’ultimo sorso di caffè. Levatasi raccolse tra le braccia la figlia sfiorandole la fronte con un bacio –“La mia battaglia non è ancora terminata”

Difficile comprendere quali sentimenti e quali pensieri attraversassero in quel preciso momento la donna: nessun segno sul suo volto, una piega leggera sulla fronte, l’incurvatura delle labbra … nulla.

“Che cosa farete?”

La piccola, con le dita infilate tra i capelli della madre, intenta ad arricciarli –“Dovrò affrontare entrambi …”

“State scherzando?”- sbarrò gli occhi.

“Prima o poi la resa dei conti sarebbe arrivata … comunque …”

“Con Andrè e gli altri …”

“No Bernard!”- lo freddò – “Vi chiedo di non farne parola con alcuno … soprattutto con Andrè”

“Oscar … non potete da sola … E’ una pazzia!!”- balzò in piedi, le braccia serrate sulla tavola mentre proteso in avanti le si rivolgeva supplicandola.

“Vai a mettere la tua nuova bambola nel suo lettino”- invitò la figlia ad allontanarsi dalla stanza –“Non posso mettere a repentaglio la vita altrui … ”

“Ma non pensate ad Andrè … a vostra figlia?”

Volgendo il capo lo gelò con un’occhiata.

Immobile, impressionato dalla reazione della giovane seppur consapevole delle sue capacità.

Abbassò gli occhi  -“Non posso rischiare che Madeleine rimanga orfana di entrambe i genitori.  Promettetemi che questa conversazione resterà fra queste mura”- incrociando nuovamente il suo sguardo.

Il silenzio si riappropriò della stanza.

Come, come avrebbe potuto affrontare i sui aguzzini ? Un brivido lo scosse attraversato da uno strano presentimento.

“D’accordo”- accostando la sedia –“Ma vi prego … non …”

“Non preoccupatevi”- accompagnando il giovane alla porta –“Nel caso abbiate delle novità vi chiedo di informarmi quanto prima”

Annuì – “Abbiate cura di voi”

“Portate i miei saluti a Rosalie”.

Rimase con le mani poste entrambe sulla maniglia. La fronte premuta contro la porta. Gli occhi chiusi.

“Bouillè ….”- sibilò.

 

La sentenza era stata pronunciata.

Concesso un breve incontro, il re comunicò alla consorte della sua condanna.

“Noooo!”- gridò la regina gettandosi tra le braccia del marito – “quale reato avete mai commesso … no, non possono, non è giusto …”

La ghigliottina lo avrebbe atteso in quella che oramai era stata ribattezzata Place de la Revolution .

Stretti, immersi tra le lacrime ed i singhiozzi.

Nulla era più possibile.

Anche l’ultima speranza di uscirne vivi svanì nelle parole pronunciate dall’ex sovrano. Nessuno. Nessuno più sarebbe accorso in loro aiuto, nessuno avrebbe più escogitato un piano di fuga per la famiglia reale. Dov’erano tutti coloro che avevano giurato fedeltà alla corona? Dove? Fuggiti, condannati, imprigionati … dove? Dov’erano? Tutti avevano voltato loro le spalle.

“Fersen …”- pensò la donna straziata dal dolore –“… dove siete? Voi, solo voi avreste potuto aiutarci amico mio, solo voi l’unico rimasto fedele … solo voi.”

In un pizzico di lucidità mentre le lacrime le rigavano copiose le guance –“Oscar … mia cara amica. Ora avrei tanto bisogno di un solo briciolo della vostra forza … del vostro conforto … chissà dove sarete ora … “

Il sovrano baciò a lungo fra i capelli la consorte stringendo forte a sé i figli –“Pregate per me miei amati. Ricordatevi che vi amo e vi amerò sempre. Siate forti. Non piangete.”

 

Le ore trascorse in sartoria erano volate.

Leah era felice. Finalmente il destino cominciava a dimostrarsi benevolo nei loro confronti.

Il lavoro che adorava, una buon posto per Alain, la casa che si erano immaginati, il matrimonio oramai prossimo, un figlio in arrivo. Non potevano desiderare nulla di più.

Un pensiero andò ai suoi in Irlanda. Aver rinunciato quel giorno a far ritorno nella sua patria ne era valsa veramente la pena. Quante cose erano cambiate da quando Alain era entrato nella sua vita. Il suo Alain, il suo futuro sposo. Lo amava. Terribilmente. Era tutto per lei. Era rinata.

Sistemò il calessino nel piccolo deposito accanto a casa.

Ripose il cappottino regalatole da Madame Bertin, sistemò i capelli e legò il grembiule ai fianchi.

Distese la tovaglia ed apparecchiò. La cena era solo da riscaldare. Alain le aveva promesso che non avrebbe fatto tardi.

Bisognava ravvivare un po’ le fiamme del camino.

Uscì per prendere della legna.

Rientrata, i ciocchi scivolarono con un tonfo sordo sul pavimento.

Afferrata per il collo, si ritrovò con le spalle contro la porta, sollevata da terra di qualche centimetro.

 Di riflesso portò le mani alla gola aggrappandosi a quella presa stretta al punto da farle mancare il respiro.

Tentò disperatamente di toccare il pavimento almeno con la punta dei piedi mentre gli occhi sgranati inquadravano quel volto.

“Bentrovata”- le dita affondarono nella carne.

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Capitolo 66
*** NEVE E SANGUE ***


Alle prese con la prima cena preparata da sola, Oscar non perdeva di vista, attraverso i vetri di fronte alla tavola, la piccola Maddie giocare con la neve.

Voleva fare una sorpresa ad Andrè mettendo in tavola il suo piatto preferito.

Chissà se i consigli e gli insegnamenti di Nanny avrebbero dato esito positivo sul risultato finale.

Le pareva alquanto strano dedicarsi ad incombenze del genere.

Presto avrebbe ripreso sevizio alla caserma di Brest e lì sarebbe stata la prova del fuoco, dimostrando proprio a lui di essere in grado di gestire la donna di casa e madre e quella dedita al suo lavoro.

Il pensiero si spostò su Bernard. La sua recente visita, nonostante attesa, l’aveva turbata ed in un certo senso messa in allarme.

Era cosciente del fatto che prima o poi sarebbe arrivata la resa dei conti con Bouillè e la sua Ombra. Ma non ora. Lo sperava ardentemente.

Ora doveva dare solo serenità a sua figlia, alla sua famiglia finalmente ricongiuntasi. Il primo Natale assieme era stato meraviglioso, aveva ritrovato con Andrè quell’intimità e complicità di un tempo. Lui sapeva farla sentire così straordinariamente donna, desiderata ed amata.

Scosse il capo dandosi della stupida ed immatura sentimentalmente ripensando a quella sua infatuazione per Fersen.

Eppure da un lato gli doveva molto. Scoprire di amare Andrè era stato un percorso doloroso, lungo e combattuto fino a giungere a quella consapevolezza di fronte alla quale, lui era stato l’unico testimone ed artefice. Non fosse intervenuto durante l’agguato a Saint Antoine, sarebbe accaduto tutto il resto?

Oramai faceva parte del passato.

Fersen …. Maria Antonietta …

 

Strizzò forte gli occhi pregando che Alain entrasse in quel preciso istante scaraventandosi con tutta la sua forza su quel mostro.

La mano stretta salda alla gola e le labbra increspate del suo aggressore in un ghigno di scherno – “Se non erro abbiamo un conto in sospeso noi due”

Gli occhi annacquati, annaspando alla ricerca disperata di un po’ d’aria.

“Sai, certe azioni, scelte, decisioni comportano inequivocabili conseguenze … che a volte possiamo definire … tragiche”.

Una fitta lancinante su di un fianco le tolse quel poco di respiro che ancora le circolava nei polmoni. La lama affondò lentamente – “Sfuggire alla morte una volta è stato un vero miracolo per te … ma la sorte non fa sconti e non regala una seconda occasione”- ritraendo lo stiletto e conficcandolo nuovamente nella carne –“Ma voglio essere clemente con te. Ti ho riservato un trattamento molto speciale  … e presto toccherà anche alla tua amichetta bionda.” – roteò lentamente la lama conficcandola con maggior forza per poi estrarla nuovamente.

Ancora sollevata da terra non ebbe più la forza di agitare i piedi alla disperata ricerca di un appiglio.

“E’ tutto pronto” – lo avvisò uno dei suoi sicari.

Accostò la bocca alla guancia della giovane –“Sentito?” – lasciata la presa Leah ricadde a terra.

Non ebbe il tempo di farsi forza sulle braccia per sollevarsi e prendere respiro che uno del gruppetto l’afferrò per i capelli trascinandola all’esterno.

“Suvvia, smettila di miagolare. I tuoi lamenti ti rendono particolarmente insopportabile.”- mentre girandole attorno si compiaceva nel vederla contorcersi dal dolore - “Tutto sommato sei fortunata comunque. Fossero stati gli uomini di Bouillè ti avrebbero fatto una bella festa com’è loro squallida abitudine. Ma io lavoro in maniera molto più pulita e ti assicuro, meno incivile”.

Sentì una corda sfregare e stringerle i polsi per poi ritrovarsi con le braccia sopra il capo, appesa al ramo piu grosso di quell’albero spoglio di fronte a casa – “Alain!!!”- gridò con le ultime forze rimaste in corpo mentre le lacrime la rigavano le guance.

Un ultimo sguardo diabolico si posò su di lei – “Forse farà in tempo a vederti prima di trasformarti in cenere” – un cenno con il capo e le torce si posarono sulle pareti dell’abitazione ed il ricovero per il calesse.

Mentre il fuoco divorava velocemente il legno, si affiancò nuovamente alla giovane con un sorriso diabolico – “E ora tocca a te. Muori, puttana”.

Le fiamme l’avvolsero.

 

Sorrise lasciando vagare la mente, ripensando alle loro notti d’amore.

Con Andrè era libera di essere tutto ciò che per anni aveva dovuto reprimere inconsciamente. Le guance le si accesero.

Sollevato lo sguardo vide Maddie immobile fissare un punto in lontananza. Rimase ad osservarla qualche istante. Poi, pulite le mani, uscì.

“Che cos’hai visto?”- piegandosi sulle ginocchia mentre con una mano le accarezzava il capo.

In lontananza il cielo illuminato a giorno.

Incurvò le sopracciglia nel tentativo di mettere a fuoco e comprendere di cosa si trattasse.

Aggrottò la fronte drizzandosi d’un tratto in piedi –“Parrebbe verso la spiaggia … vicino al porticciolo …”- farfugliò.

Madleine si strinse alle sue gambe – “Fuoco mamma?”

“… si …”- quell’affermazione le filtrò tra i denti con un profondo senso d’angoscia – “… la spiaggia …. Leah!!”- deglutì quel nome.

Afferrata per mano la figlia corse dentro. Indossò qualcosa di pesante trascinando la piccola a casa Jarjayes.

“Mamma … mamma”- strillò innervosita dall’agitazione della madre.

“Chiudetevi in casa!”- ordinò a Nanny.

“Ma Oscar …”- la rincorse con la voce.

“Fai ciò che ti ho detto”- il tono severo mentre stretta dall’angoscia si diresse verso la scuderia.

Lanciata al galoppo. Doveva arrivare in tempo.

L’aria gelida provocarle una fitta dolorosa al petto riempiendo i polmoni, la gola bruciare ad ogni boccata.

“Ti prego … “- masticò nervosamente quel pensiero in quella folle corsa.

Perché la spiaggia sembrava così lontana.

Gli zoccoli affondare sordi nella neve.

Uno strattone alle redini per rallentare il suo destriero.

Scese da cavallo.

Incredula, pietrificata. Gli occhi sbarrati di fronte a quell’orrore.

 

La strada era costeggiata ai bordi da neve ancora fresca, ma nel centro si era trasformata in un immenso pantano.

Aveva voglia di vederla, desiderava rientrare a casa quanto prima per riabbracciarla dopo un’intera giornata lontani.

Si rese conto di quanto quella giovane l’avesse cambiato, più consapevole dei suoi sentimenti, dedito solo a quel legame divenuto così forte.

Doveva tutto ad Andrè, a quel giorno che gli aveva chiesto di occuparsi di lei, di vegliarla, proteggerla. Una storia, la loro, anche sofferta per via della sua gelosia, dei sentimenti di Leah nei confronti del suo miglior amico …

Raggiungerla, cenare assieme, starsene accanto al camino a raccontarsi della giornata e discutere gli ultimi dettagli del matrimonio fissato per la prima domenica del mese in arrivo, fino a quando le fiamme lentamente si sarebbero affievolite decretando il momento di andarsi a coricare.

Imboccato lo stradello per la spiaggia notò, in lontananza, un certo assembramento poco distante dalla sua abitazione. Un intenso fumo elevarsi verso il cielo plumbeo.

Le torce ad illuminare un cospicuo numero di persone.

Solo quando la distanza fu minima, realizzò.

Scese da cavallo. Lo sguardo fisso su ciò che restava del piccolo edificio. Un paio di passi ancora.

Percepì il sangue risalire velocemente e pulsare nelle tempie – “Leah … !”- gridò facendosi strada a spintoni fra coloro che erano accorsi in aiuto.

Andrè gli si parò di fronte. Le mani forti bloccarlo per le braccia – “Non andare Alain!”

“Togliti dai piedi Andrè. Fammi passare o giuro che ti pesto!” afferrandolo per il collo gli sferrò un pugno.

Schivò a stento quel colpo perdendo la presa per evitarlo e accorgendosi di una nuova carica.

“Soissons!”- chiamò Oscar.

Rimase con il pugno serrato per aria pronto ad infierire nuovamente sull’amico. Digrignò i denti cogliendo lo sguardo gelido del suo ex Comandante.

Un paio di falcate e si trovò di fronte all’albero posto davanti le macerie di quel che restava della casa. Appeso, il corpo bruciato della giovane.

Si precipitò ai piedi della ragazza nel tentativo di liberarla mentre rabbia e disperazione gli infuocavano il volto.

E quel nome, gridato mille volte contro il cielo.

Uno dei presenti si fece coraggio riuscendo a recidere il cappio, lasciando ricadere ciò che rimaneva di lei tra le braccia di Alain.

L’odore acre gli riempì le narici stringendo il suo amore informe, sfigurato.

“Via! Andate tutti via!”- volgendosi verso la piccola folla – “via, sparite di qui!” – in ginocchio, privo di forze, affondò le mani in quella poltiglia di terra gelida. Lo sguardo trasfigurato fisso su di lei.

Oscar deglutì ogni lacrima pronta ad oltrepassare le barriere dei suoi occhi concentrati su una tragedia, forse, annunciata.

Avrebbe dovuto parlare con Andrè, dir lui della visita di Bernard, della rocambolesca fuga del suo aguzzino. Avrebbe dovuto informare Alain, Mornay .. chi altro avrebbe potuto colpire per arrivare a lei? Era stato così anche in precedenza. Leah, l’anello di congiunzione.

Le ombre del passato erano riemerse impetuose, come una tempesta, come una belva vorace si stavano accanendo nuovamente su di lei a ricordarle che “tutto a suo tempo”.

Strinse gli occhi scostando lo sguardo. I singhiozzi aggrapparsi alla gola e dover ingoiarli a forza.

Il braccio rassicurante di Andrè le cinse amorevolmente le spalle facendola sobbalzare e costringendola a riprendere possesso della realtà.

“Andrè io…”- cercando conforto nei suoi occhi.

“Vai a casa. Resto io qui”

“Prima devo parlare con Alain”- si allontanò a malincuore da quel porto sicuro avanzando con passo sicuro verso l’uomo ricurvo su quel corpo esanime.

“Ferma!”- afferrandola per una mano –“Non ora Oscar, non ora. Ha bisogno di stare solo”

“E’ importante Andrè, io devo parlargli assolutamente”- ma la presa forte del consorte le impedì di proseguire.

“Andrè… io devo”- quel segreto schiacciarla con tutto il suo peso sull’anima – “Che farà ora? Dove dormirà stanotte?”- un ultimo tentativo di divincolarsi.

“Torna da Maddie, ci penso io con lui”

Già, Maddie. In tutto quel trambusto aveva completamente dimenticato la sua bambina.

Un brivido freddo le percorse la schiena per tutta la lunghezza al punto da raggelarle il sangue.

Si volse di scatto verso il cavallo. Desiderò raggiungerlo, afferrarne le briglie e lanciarsi verso casa, andare ad abbracciare la sua creatura, stringerla forte a sé. Quando, quando sarebbe finito quell’incubo?

Inspirò a pieni polmoni l’aria gelida. Fece mezzo giro su se stessa fino ad inquadrare i due giovani – “E’ stato qui!”.

Alain sollevò il capo –“Che cos’avete detto?”

Oscar lo fissò dritto negli occhi. Non avrebbe potuto commettere errore più grande. Tutta la fiducia che aveva riposto in lei in quegli anni, svanita, dissolta….

Si avventò su di lei afferrandola per il collo – “Sapevate, voi sapevate!!!” – racchiuse tutta la forza in un pugno serrato e sollevò il braccio in aria.

La giovane non abbassò lo sguardo pronta a ricevere il colpo consapevole di essere stata volontariamente la causa della morte di Leah e di essere pertanto pronta a affrontarne le conseguenze.

Andrè l’afferrò bloccandolo – “Fermo!!!”

Si strattonarono ripetutamente, uno nel tentativo di colpire, l’altro di trattenerlo.

Ma non poteva. Lo spinse via con gran rabbia- “Sparisci. Sparite tutte e due!”

“Alain io…”

“Andatevene!”- la voce spezzata dal dolore –“ Sparite o giuro su Diane che vi uccido con le mie stesse mani!”

“Vieni via”- la esortò Andrè.

Uno sbaglio. Un immenso terribile sbaglio di valutazione.

Non avrebbe dovuto.

Afferrò le briglie ed in sella si allontanò a gran velocità.

“Aspetta Oscar!”- tentò di richiamarla suo marito.

Una corsa forsennata verso nessuna meta.

Le lacrime cristallizzarsi sulle guance allo schiaffo dell’aria fredda.

Con il suo silenzio, l’orgoglio di voler sbrogliare da sola una matassa troppo complessa, aveva permesso che quell’assassino togliesse la vita ad un’innocente.

Leah. Era stata la sua rivale per divenire, nel momento più buio della sua vita, il suo aiuto più grande, il suo sostegno, la sua libertà … .

Aveva deluso Alain. Sicuramente Andrè.

E pure se stessa.

La mente trafitta da ogni sorte di pensiero in una battaglia con il proprio stato d’animo

… uno spiraglio di luce … l’immagine di sua figlia.

Tirò con uno strattone le briglie a fermare quella corsa sfrenata nel tentativo di rimettere insieme ogni briciolo di idea sul da farsi.

Era veramente giunta l’ora di chiudere il cerchio, di affrontare quei fantasmi.

Aveva ancora un conto in sospeso con il destino.

Lo doveva a se stessa, a sua figlia e ad Andrè.

Ad Alain.

Lo doveva a Leah.

 

Le spalle contro la corteccia, ai piedi di quell’albero maledetto.

Gli occhi vuoti concentrati sui resti della giovane immersi, in parte, nella terra mescolata alla sabbia e la neve sciolta.

“Non credo di essere nata sotto una buona stella”- gli diceva ogni tanto ridendoci sopra. Ripensando alla sua breve vita provò una pena infinita.

La sua bambolina dai rossi riccioli.

Non aveva mai compreso esattamente cos’avesse trovato in lui, perché alla fine aveva deciso di diventare la sua donna.

Una cosa era certa. Lui aveva perso letteralmente la testa. Mai per nessuna.

Non sapeva nemmeno come avvisare la sua famiglia.

Cork non doveva essere poi così tanto grande. Vuoi che non la conoscessero? Qualcuno che scrivesse loro due righe 

Come ci si poteva accanire su una giovane donna in quella maniera?

Non poteva lasciarla li.

Si mise a rovistare tra le macerie alla ricerca della pala prestata tempo prima dal curato .

Il legno umido si sbriciolò più di una volta fra le sue mani.

Scavò ai piedi dell’albero. Quando fu abbastanza profondo, trascinò il corpo deponendolo in quella fossa. Poi lo ricoprì e vi piantò una croce improvvisata con due legnetti legati tra loro con un pezzo di corda mezza bruciata.

Le prime gocce.

Si accorse di alcuni brandelli dell’abito della giovane. Ne raccolse uno e sedette. Accostandolo al naso, socchiuse gli occhi. Gli parve di sentire ancora il suo profumo … quella boccetta di acqua di fiori di campo che le aveva regalato per un suo compleanno. Era dosato in ogni goccia –“ Avrai speso un patrimonio” – aveva stretto quel flaconcino tra le mani. Il suo piccolo tesoro … con il suo fermaglio.

 

Vagò a lungo senza una meta.

Il pensiero di dover ora affrontare anche Andrè.

Rientrando a casa, lui era la che l’aspettava. Come sempre.

Non le chiese dove fosse stata, il motivo per cui fosse rientrata solo sul far del mattino. No.

Attese che richiudesse la porta, riponesse il mantello.

“Perché?”

Abbassò lo sguardo. Un sospiro.

“Perché me lo hai tenuto nascosto? Sei mia moglie. Avresti dovuto dirmelo, avresti dovuto parlarne con me… “

“Andrè …”

“Cos’altro mi hai nascosto fino ad ora? Come posso continuare a fidarmi di te se non mi parli? Se i tuoi silenzi continuano ad essere lunghi? Sei spesso assente e assorta … Che ti succede?”

“Io non ti nascondo nulla”

“Lo hai fatto. Avresti dovuto coinvolgermi. Quando è venuto Bernard?”- il tono si fece più severo.

“Qualche giorno fa”- scostò la sedia per accomodarsi.

Il giovane si mosse.

Era li, di fronte a lei, a pochi centimetri dal suo viso. Il volto tirato.

“Non volevo farti ripiombare nell’incubo …”

“E’ un qualcosa che riguarda entrambi, non credi? Ne va della nostra felicità”

“E’ proprio questo il motivo per cui non ho voluto …”

“Oscar! Leah è morta”- la sua voce la sovrastò.

Affondò il volto tra le mani – “Non potrò mai più lavar via questa colpa”

“Quale fiducia potrà continuare ad avere in te Alain? … ed io?” - deluso.

Sgranò gli occhi fissandolo terrorizzata –“Ti prego, non dire così”

Le volse le spalle ravvivando il fuoco nel camino –“ Madeleine ti ha cercato piangendo fino a poco fa”- gelandola –“sei sua madre … ma forse l’hai scordato …”

Le parole del marito affondarono in lei come una lama.

La vide dirigersi nella stanza della piccola.

Si soffermò sulla porta della camera.

China su di lei le accarezzava i riccioli sparsi sul cuscino.

Il pupazzo stretto in un abbraccio disperato. Quanto aveva sofferto, quante lacrime aveva versato.

Entrato  si piegò allungando la mano e sfiorando le dita della donna. Le accarezzò sperando si intrecciassero alle sue,

Le strinse forte, con tutto l’amore che da sempre gli apparteneva.

“Non ti deluderò”- sussurrò posando il capo sulla spalla di Andrè.

 

Nemmeno il tempo di riprendersi quella serenità di cui aveva bisogno, tanto desiderata che quell’incubo tornava prepotentemente nella sua vita ad ostacolare la felicità sognata.

Bouillè aveva ancora conoscenze influenti tali al punto da essere riuscito ad organizzare , seppure da suolo straniero, la fuga di quel persecutore.

Forse si era illusa che la fuga del generale e la cattura dell’Ombra potesse aver determinato la fine dei suoi aguzzini.

Il destino per l’ennesima volta la metteva di fronte a delle scelte …  decidere tra la sua vita e quella di chi amava.

Osservò la figlia intenta a sistemare le posate in tavola.

Maddie la fissò regalandole uno dei suoi splendidi sorrisi.

Aveva fatto di tutto perché crescesse serena ed amata.

Andrè non aveva potuto assaporare i momenti dell’attesa, il parto … aveva perso quasi tre anni della piccola.

Non poteva privare ne l’una ne l’altro di quel legame profondo instauratosi.

Amava Andrè e sua figlia, ma non poteva mettere a repentaglio le loro vite.

Far in modo che quei due fossero sbattuti definitivamente in galera, ecco la soluzione.

Forse solo una condanna a morte e l’avvenuta esecuzione avrebbero potuto decretare la fine di tutto.

E affinchè questo si compisse, avrebbe sacrificato se stessa.

Si sentì tirare insistentemente per la camicia.

Abbassò gli occhi incrociando quelli gioiosi di Madeleine – “Mamma … fai pappa… pappa per mamma, Maddie e Ande”.

 

La pioggia cadere silenziosa e fine.

Solo il frangersi delle onde sulla spiaggia.

Oscar percorse lo stradello a piedi.

Un nodo le si strinse in gola quando intravvide i resti della casa di Alain.

Le travi annerite dall’incendio, l’odore di bruciato ancora presente.

Era rimasto in piedi un muro sopra il quale quattro pezzi di legno si incrociavano dando l’impressione si trattasse di una parte del tetto.

Si guardò attorno. La desolazione regnava ovunque.

Avanzò un paio di passi ancora quando si accorse di lui.

Seduto in un angolo, sotto quella specie di riparo. Fradicio. La testa tra le mani.

Rivolse il volto al mare.

“Che volete …” in un rantolo di sofferenza.

Rimase a scrutare l’orizzonte in un punto non definito.

“Se siete venuta qui per le inutili e solite frasi di scuse e commozione, prendete il vostro cavallo e sparite”

Tacque senza distogliere lo sguardo da quelle onde.

L’uomo afferrò per il collo una delle bottiglie ai suoi piedi e ne trangugiò il contenuto in un unico sorso.

“Stanotte partirò per l’Inghilterra”

“Bene, addio!”

“Ho bisogno di un uomo fidato ed abile nelle armi”

“In caserma ne troverete a bizzeffe”- passandosi il dorso della mano sulla bocca – “E che ci andate a fare?”

Un paio di gabbiani fermi sulla riva richiamarono la sua attenzione – “Ho un conto da saldare”

Alain sogghignò –“Portatevi Andrè … unirete l’utile al dilettevole”

“Deve crescere nostra figlia”.

La sua voce roca lo scosse – “Oscar ….”

“All’alba … al capitello di Saint Paul. Attenderò dieci minuti fino al primo rintocco delle campane”- scosse la pioggia dal mantello.

“Siete pazza”

Gli stivali affondare nella sabbia.

“… che cosa racconterete ad Andrè?”

Si fermò un istante. Una morsa allo stomaco – “All’alba”.

 

Rimase in attesa nel silenzio della notte ascoltando il ritmo del suo respiro, aspettando che si facesse profondo.

Quando si rese conto di poter farlo, si alzò. Una vertigine la colse tanto da farla restare seduta a bordo del letto qualche secondo.

Il dorso della mano sulla fronte ed un violento senso di nausea la colse.

Trattenne l’aria nei polmoni deglutendo per non dar di stomaco nella stanza.

L’altra mano sulla bocca ed allontanandosi accostò la porta della camera da letto.

Doveva vomitare.

Si buttò una coperta sulle spalle ed uscita, liberò lo stomaco.

Rimase con gli occhi sbarrati sulla neve, appoggiata ad un angolo dell’edificio – “ E se fosse …?”

Un brivido le percorse la schiena – “Non ora …” – pensò – “non può essere …”

Non potevano esserci dubbi.

Socchiuse gli occhi sentendo salire le lacrime mescolate tra gioia e paura.

E stringendo i pugni un crescendo di rabbia. Un motivo in più per lottare ed estirpare una volta per tutte quel male, quella minaccia sulla sua intera famiglia.

Un refolo di vento le raggelò quel velo di sudore sulla fronte.

Incrociò le braccia sul ventre in un abbraccio. Il cuore pulsarle velocemente.

Inspirò l’aria soffiandola successivamente come a volersi dare coraggio.

Rientrata indossò gli abiti abbandonati accanto al camino. Si avvolse nel mantello.

Un ultimo saluto alla sua creatura.

Avvicinò la mano a quella montagna di riccioli dorati. Si trattenne nel timore di svegliarla. Ma poi chinatasi la baciò delicatamente sulla fronte – “La mamma tornerà. Te lo prometto.”

Socchiuse la porta.

Un occhio ad Andrè immerso nel sonno.

Le labbra mimarono le parole “ti amo”. Poi si volse ed uscì.

Il suo angolo di felicità.

Accelerò il passo per raggiungere la scuderia.

Alain non le aveva dato alcuna risposta ma era certa che l’avrebbe raggiunta.

 

Non c’era più nulla di lei se non quel fermaglio di metallo annerito, stretto in una mano.

Stanchezza e dolore insinuate tra le increspature della fronte.

Il destino si era portato via tutto di lui. Sua sorella, sua madre ed ora Leah ed il frutto del loro amore.

Tutto.

Focalizzò lo sguardo su quell’albero.

Sentì montare la rabbia ripensando ad Oscar. Lei sapeva. Non aveva fatto nulla per impedire quella tragedia.

Forse avrebbero potuto salvarla? magari … salvare entrambi?

In un gesto di stizza lanciò lontano il fermaglio.

Attorno ancora il buio ed il silenzio della notte. Solo il cullare del mare.

Distese e richiuse a pugno le dita intorpidite dal freddo.

“Ma perché diavolo l’ho gettato!” – si mise a cercare nel punto in cui aveva udito ricadere quell’unico oggetto rimastogli della giovane. Nonostante l’oscurità lo trovò.

Lo raccolse continuando a sfregarlo tra le mani doloranti.

Quel bastardo era troppo furbo. Essere riuscito a fuggire … Oscar, Oscar era la sua preda. E per arrivare a lei doveva colpire chi le stava vicino. E chi se non Leah? Lei l’aveva aiutata ed insieme erano fuggite. Forse non si sarebbe salvata comunque …. ma … -“Dannazione!!”

L’appuntamento.

Lei ci sarebbe stata.

Sapeva che l’avrebbe raggiunta.

E come aveva fatto negli anni indietro, avrebbe obbedito.

Afferrò le briglie ed infilando un piede in una staffa – “Maledizione a voi Jarjayes”.

Attraversò il paese ancora addormentato, solo la luce proveniente dalla locanda riuscì a bucare quella nebbia che lenta saliva rendendo piano piano la strada quasi invisibile

Un leggero nitrito gli diede conferma di non essere solo.

Lei era la.

Si trovò a poca distanza. Ne intravvide la sagoma.

Il cappuccio a nasconderne la chioma dorata.

Il comandante ed il soldato.

Non una parola da entrambe le parti.

Tirate le briglie Oscar fece ruotare il cavallo.

L’alba distese i suoi primi raggi sul capitello e la foschia inghiottì le loro figure.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 67
*** CORSA CONTRO IL TEMPO ***


Era scivolata in uno stato di prostrazione totale.

Gli attacchi di convulsioni erano divenuti più frequenti. Non mangiava. Apatica di fronte a qualsiasi cosa.

L’ombra di se stessa.

Trovava un briciolo di sollievo solo accanto ai suoi figli.

Osservandola da lontano chiunque avrebbe pensato di trovarsi di fronte ad una donna anziana.

Nessuno più si preoccupava di lei. Amici e parenti non si curavano certo del suo destino. Pareva che tutti si fossero dimenticati di Maria Antonietta, sovrana di Francia. Solo Fersen continuava a pensare a lei nell’estremo tentativo di salvarla dal suo destino.

Perché da Vienna nessuno interveniva?

Dopo la morte del consorte le erano giunte all’orecchio voci che l’intera famiglia sarebbe dovuta sparire dalla faccia della terra. Si. Sterminata, come fossero assassini della razza peggiore.

Si portò, tremando,una mano alla bocca. Trattenne le lacrime – “Cos’ho mai commesso di così atroce da meritare tutta questa cattiveria? E contro i miei figli? “

Un’immagine remota si fece strada nella sua infinita disperazione –“Madamigella Oscar …. Dove siete? Avrei tanto bisogno di una vostra parola di conforto”

 

 

Le ginocchia sulla panca sotto la grande finestra della saletta. Gli occhi oltre i vetri appannati e nella mano un biscotto.

Maddie sbuffò annoiata.

Scese, aprì la porta e guardò fuori. Prima a destra, poi a sinistra. Sbuffò nuovamente.

Richiuse l’uscio e si diresse nella camera di Oscar e Andrè.

Sfilò le scarpine, gattonò fino al centro del letto ed incrociate le gambe sedette continuando a sgranocchiare il biscotto.

Il giovane si stirò lasciando scivolare la mano al suo fianco alla ricerca della moglie.

Tastò le lenzuola fino quando non incrociò un piedino della figlia. Aprì gli occhi -. “Ehi cucciola … che ci fai qui?”

Lei gli allungò il biscotto.

“No, grazie. Adesso mi alzo”.

Si sdraiò a pancia bassa, il viso poggiato sui gomiti a scrutare suo padre – “Andè bello”- gli sorrise.

“Grazie tesoro. Dov’è la mamma?” – sollevandosi.

Aprì le mani mostrando i palmi – “Boh…!”

Si fece d’un tratto serio. Sceso dal letto fece un giro per le stanze. Gli abiti, lasciati la sera prima accanto al camino, erano spariti.

Madeleine lo seguì in giro per casa mimando ogni suo gesto. Afferratolo per i pantaloni lo strattonò insistentemente.

“Non ora Maddie”

Ma lei continuò imperterrita.

“Maddie …”- prestandole finalmente l’attenzione che voleva.

La piccola gli allungò un biglietto.

“Dove l’hai trovato?”

“Cuscino”- rispose incuriosita da cosa vi fosse scritto.

Le sopraciglia incurvarsi. Dilatò le narici increspando la fronte : “Fidati di me e se puoi perdonami. Maddie ha bisogno di te”- accartocciò con rabbia quel pezzetto di carta – “Che cosa vuoi fare Oscar?”- i pensieri si susseguirono veloci – “Dove sei andata? Perché? Che cosa vorresti fare da sola?”

“Mamma andata via?”- biascicò con il dito in bocca mentre gli occhietti si facevano lucidi.

La sollevò tra le braccia e lei gli si strinse al collo –“Non preoccuparti, la mamma tornerà presto”.

 

 

Il cielo plumbeo.

La strada per Le Havre sarebbe stata lunga.

Avevano cavalcato a lungo senza scambiarsi una parola.

Alain l’affiancava mantenendo il ritmo impartito dal suo ex comandante. Non aveva nulla da chiedere. Sapeva bene lo scopo di quel viaggio. Conosceva la meta. L’avrebbe assecondata, seguita ed avrebbe obbedito, come sempre da quando era arrivata ai Soldati della Guardia.

Odio e amore per quella donna che era divenuta la compagna per tutta la vita del suo miglior amico. Si, una volta l’aveva desiderata. Fra tutte le donne con cui aveva avuto a che fare era l’unica che non era riuscito a domare - “Che pensieri del cazzo!”- si disse socchiudendo gli occhi per una frazione di secondi. Infilò la mano all’interno della giubba a cercare nella tasca il fermaglio di Leah.

Le donne avevano sempre fatto parte della sua vita. Sua madre, sua sorella Diane, le ragazze della taverna da una botta e via, Yvy, Leah….

Yvy….Leah… le uniche che aveva amato. Erano così diverse tra loro. In tutto e per tutto.

Che il suo destino fosse quello di rimanere solo? Paura lui? Mai! Mai avuta.

Riprese possesso della realtà scrollando quegli stupidi pensieri appena Oscar rallentò la corsa fermando il cavallo.

“Hanno bisogno di riposare”- accarezzando la criniera.

“Forse anche noi”- stringendo le redini – “Il cielo non promette nulla di buono. Sarebbe meglio trovassimo una locanda … “- vedendola terribilmente pallida.

Scese proseguendo a piedi.

Si, aveva fretta di arrivare al porto ed imbarcarsi quanto prima. Che temesse che Andrè la raggiungesse obbligandola a tornare indietro, non riuscendo cosi a portare a termine il suo piano? Sempre che ne avesse uno.

Appunto. Un piano, un qualcosa ….

Alain digrignò i denti – “Maledizione! Non riuscirò mai ad adattarmi …”- pensando al carattere di Oscar –“Ma come diavolo fa Andrè!”.

Era abituato a marciare, fosse stato per lui avrebbero proseguito per ore.

Si trovò senz’accorgersene a precederla. Si volse a guardarla. Segnata dalla stanchezza di una notte sicuramente trascorsa insonne. La immaginò mentre attendeva nel silenzio della sua stanza che tutti dormissero. Magari si era coricata con gli abiti indosso.

E Maddie? Come aveva potuto lasciare sue figlia?

Il vento sospinse velocemente le nuvole ed in breve si ritrovarono sotto una pioggia scrosciante.

“Dannazione!”- strizzando gli occhi – “Possibile che in questa compagna non esista una mezza abitazione?!!”

Oscar perse l’equilibrio. Affondò con le mani nel fango. Le venne di dar di stomaco. Inspirò a fondo per tentare di riprendersi.

Prontamente si chinò su di lei – “Tutto bene?”

Annuì rialzandosi.

La vide accasciarsi al suolo.

L’afferrò tra le braccia –“Oscar, Oscar ..!”

Doveva trovare un riparo. Immediatamente.

 

 

“Che succede Andrè?”- il Generale raccolse tra le braccia la piccola Maddie.

“Prometti a papà di fare la brava?”- donandole una carezza.

La piccola allungò le mani verso il giovane con gli occhi lucidi.

“Vado a riprendere la mamma.”

Portò il pollice alla bocca continuando a tendere una mano –“Ande…”- biascicò.

“Andrè, dov’è Oscar? Cosa significa tutto questo?”

“E’ partita per l’Inghilterra. Vuole liberarsi di Bouillè da sola”- un bacio sulla fronte della figlia.

“Ma è impazzita?”

Madame Emilie si accostò al marito –“Augustin, ti prego, fa qualcosa”

“No Generale, rimanete ed occupatevi di Maddie. “

“Non puoi andare solo”

“Raggiungo Mornay. Non preoccupatevi. Tornerò a casa con Oscar. E questa volta sarà per sempre”

 

 

Vincent non perse tempo.

Messo insieme un manipolo dei suoi uomini migliori e lasciatene altri a protezione dei Jarjayes, si mise velocemente in strada con Andrè nella speranza di poter raggiungere Oscar.

“Coraggiosa fino all’ultimo”- si era espresso con il giovane non appena informato dell’accaduto.

Poteva quella donna sfidare da sola quei due criminali? Ben comprendeva la preoccupazione di Andrè ma era certo che avrebbero chiuso la faccenda una volta per tutte.

Il Generale aveva indubbiamente appoggi di un certo calibro per essere riuscito a svignarsela incolume in Inghilterra.

Ma lui ne aveva altrettante tali per cui lo aveva messo quasi con le spalle al muro facendolo scomunicare dalla Chiesa ed annullandogli le nozze con Oscar.

Scrutò l’orizzonte verso il quale si dirigevano al galoppo. Non prometteva nulla di buono.

Le Havre l’unico porto dal quale, al momento, partivano le grosse navi verso il suolo inglese, era lontano.

Bisognava augurarsi che il tempo non fosse loro di ostacolo per giungere a destinazione quanto prima.

Andrè e Vincent sapevano entrambi che non sarebbero mai riusciti a convincere la giovane a tornare indietro e lasciare che fosse solo la giustizia a fermare quei due.

E c’era d’augurarsi anche una buona dose di fortuna, che il destino non giocasse loro brutti scherzi.

 

 

Di fronte a loro si apriva una distesa infinita con qualche sporadica conifera.

Afferrò entrambe le briglie e sorreggendo la donna, si diressero verso una piccola boscaglia.

Un grosso albero incavo gli parve potesse essere un riparo improvvisato sotto quell’acquazzone insistente.

Legò i cavalli ad un paio di rami bassi e sedette all’interno di quella grossa corteccia con lei accanto.

Esausta scivolò con il capo sulla sua spalla.

Provò un brivido … non riuscì a comprendere fosse un brivido nei confronti del suo ex comandante o ….

Già…

La sentì tremare dal freddo. Sfilata la giubba pesante l’adagiò sulle spalle di entrambi. Un braccio a cingerla a sé. Forse sarebbe riuscito a scaldarla un po’.

La guancia contro la sua fronte. Era febbricitante. Imprecò pensando –“Ci voleva solo questo”

La strinse di più provando un’infinita tenerezza. Così magra, così piccola e fragile.

Oscar si aggrappò quasi con disperazione alla camicia di Alain strofinandovi il viso.  Le lacrime bagnare la stoffa sottile.. Cercò la sua mano. Sentì quelle dita delicate, sottili intrecciarsi alle sue.

La vide sollevare lo sguardo ed allungare il collo. Gli occhi lucidi – “Mi ami ancora? … Andrè, mi ami ancora?”

Delirava. Doveva pensare velocemente ad una soluzione.

“Oscar  sono Alain, guardatemi!”

In un pizzico di lucidità riuscì ad inquadrarlo – “Alain …”.  Avvampò in sé provando un senso di vergogna. Poi scosse il capo . Come aveva potuto scambiare l’ ex soldato per suo marito?  Sentì le tempie pulsarle. 

Infilato un piede nella staffa, montò in sella trascinandola con sé quasi fosse un corpo morto. La trattenne contro il suo petto. Col mantello avvolse tutti e due, afferrò le briglie dell’altro cavallo e si rimise in strada. Un riparo, una locanda, qualcosa …

 

 

I cavalli lanciati al galoppo.

Andrè sperava di raggiungerla. Probabilmente si era messa in strada all’alba. Quanto poteva avere di vantaggio su di loro? Due, tre ore … Il tempo. Forse quella pioggia scrosciante sarebbe riuscita a rallentarne il viaggio. Che si fosse fermata a far riposare il cavallo? Quanti, quanti pensieri assiepavano la mente del giovane.

“Grandier …. Dobbiamo fermarci! E’ impossibile proseguire!”- Mornay rallentò la corsa.

“No Vincent, non fermiamoci. Questa pioggia avrà frenato sicuramente Oscar.  Potremmo raggiungerla”- lo esortò volgendosi.

“I cavalli cominciano a sentire la stanchezza. Non possiamo sfinirli. Rischiamo sinceramente di dover mandare a monte tutto”

“Se volete fermarvi, fatelo pure. Io non ci penso assolutamente”- proseguendo imperterrito.

“Andrè, anche lei avrà cercato un riparo. La raggiungeremo. Ma ora fermiamoci”- sollevò appena lo sguardo sotto il cappuccio scrutando la strada – “ci sono alcune case oltre quella radura”.

No. Non aveva alcuna intenzione di fermarsi.  Voleva, doveva raggiungerla.  Ma i cavalli erano stremati e proseguire sotto quel diluvio sarebbe stato solo un suicidio – “Oscar non fare pazzie. Ti  prego!”

 

 

Quando gli parve non vi fosse più alcuna speranza, ecco un piccolo agglomerato di case. Man mano che si avvicinavano le costruzioni aumentavano –“Landerneau”- lesse dipinto su un muro.

Un po’ di vita dopo distese infinite e deserte.

Il suo primo pensiero fu quello di trovare immediatamente una locanda dove potersi cambiare e occuparsi di Oscar in una qualche maniera.  Fradici entrambi, stremati dal freddo.

Vedendola reggersi in sella le parve fosse riuscita a riprendersi un po’.

Attraversarono il centro di quella cittadina ed ecco finalmente una locanda.

 

 

“Vorrei ricordarvi che ho fame”- Jerome scrollò l’acqua dal mantello.

Gerard legò i cavalli – “Oh si, una bella zuppa fumante di cipolle, cosciotto di maiale e patate, vino rosso … e magari per digerire una bella scopata”

Entrarono accompagnati da una fragorosa risata.

“Volete darci un taglio voi due? Ma dove siete cresciuti? In una porcillaia? “ – si rivolse loro con tono autoritario – “A volte mi domando se siate veramente miei fratelli!!”

“Smetti di fare la sostenuta. Buon sangue non mente”- la punzecchiò uno dei due.

“Vi chiedo sinceramente perdono per la maleducazione di questi due”- rivolgendosi alla donna dietro il bancone – “Avremmo bisogno di due stanze”

“ … perché due?” – brontolò Jerome.

“Piantatela!”- sbottò seccata.

“Mi spiace”- la proprietaria afferrò la chiave –“mi è rimasta una sola camera. Foste arrivati dieci minuti fa … prima di quell’uomo e …”- un cenno col capo ad indicare Alain – “Avete poi deciso cosa fare? Ho gente da sistemare”- verso il giovane.

Volgendosi, lo vide là, seduto ad un tavolo. Lo sguardo fisso su di lei. La donna appoggiata alla sua spalla, il volto pallido, la chioma dorata.

“Non è … come si chiama … quella dai capelli rossi, con quel nome strano … l’irlandese”- pensò. Incrociò nuovamente gli occhi di Alain. Le sopracciglia aggrottate, un che di preoccupazione ….

Si, eccolo nuovamente riapparire nella sua vita.

“Ehi bestione!” – gli andò incontro Gerard.

“Siamo tutti assieme”- senza distogliere lo sguardo – “Prendiamo le stanze che le sono rimaste”

“Ma ti sei bevuta il cervello?”- Jerome allibito.

“Taci!”- lo zittì Yvy.

“Cavoli … ogni volta che lo vede perde il lume della ragione”- digrignando i denti.

La locandiera le consegnò le tre chiavi.

Alain non proferì parola e sollevò di peso Oscar. Fecero le scale nel silenzio più totale mentre i due fratelli non facevano altro che borbottare seccati.

“Riesce a stare almeno seduta?”- chiese lei.

“Si” – adagiandola sul letto.

Ripose le borse sul piccolo comò – “Lasciateci sole”- liquidando il gruppetto.

La ragazza sfilò la giacca ad Oscar.

“Chi siete?” – in un momento di lucidità.

“Un’amica”- strofinandole un asciugamani fra i capelli.

L’aiutò a cambiarsi ed indossare biancheria asciutta e pulita. La fece coricare –“Ora riposate. Sarò qui a breve”

Richiuse la porta. Alain era fermo sul ballatoio. Le braccia conserte e quella piega che gli attraversava la fronte.

Si appoggiò con i gomiti sul parapetto. Avrebbe voluto fargli mille domande. Invece rimase in silenzio, gli occhi persi in un punto non definito. Solo i rumori sottostanti a  riempire quello spazio fra loro due.

Per l’ennesima volta era riapparso nella sua vita.  Non poteva essere assolutamente un caso. A che gioco voleva giocare con lei questa volta il destino?

“E’ la moglie di Andrè”- quasi a rispondere ad una domanda non fatta ma che aveva percepito – “Leah è morta”- stringendo i pugni.

Non era  strano quello scambio di monosillabi. Con lui era così, soprattutto in quei momenti difficili dove nascondeva di più il suo vero stato d’animo.

“Deve stare a riposo qualche giorno. Ha la febbre.”

“Non è possibile”- a fior di labbra.

“E’ da suicidio viaggiare in quelle condizioni”- ribattè.

“Dobbiamo arrivare a Le Havre”

Percepì una certa urgenza nelle parole di Alain, una strana fretta. Non poteva chiedere … o non voleva. Era così strano ritrovarselo accanto dopo tanto tempo.

“E’ sveglia?”- tenendo la testa tra le mani.

“Non credo”- catturò il suo profilo con la coda dell’occhio. Poi –“Scendo a chiedere se le preparano qualcosa di caldo”

Socchiuse gli occhi facendo un lungo respiro – “Yvy…”

Si fermò appena fatto un gradino.

“Grazie”

 

 

Non riusciva a darsi pace per la decisione di Oscar. Si era illuso che divenendo sua moglie …

Ma lei era fatta così. Niente e nessuno l’avrebbero mai potuta cambiare. Con la nascita di Madeleine era esplosa tutta la sua femminilità nel privato ed era una madre straordinaria, ma nel carattere tutto era rimasto immutato. Quando qualcosa la turbava i suoi silenzi divenivano ermetici e risultava difficile, se non impossibile, scalfire quella corazza. Uno strumento per difendere chi amava e se stessa. Non la condannava. Non poteva.

Bouillè. L’incubo peggiore.

Ma non poteva pensare di affrontarlo da sola. Era una pazzia.

Completamente fradicio volse lo sguardo a Mornay e a gli altri.

 

 

Si passò il tovagliolo sulla bocca e si versò del vino.

Il giovane passava ripetutamente il cucchiaio nella zuppa con infinita lentezza.

Yvette si appoggiò allo schienale della panca e portò  il bicchiere alle labbra.

Rimase a fissarle rapito dalle loro linee così definite mentre aderivano al vetro muovendosi con morbidezza ad ogni sorso.

Quando si staccarono rimasero appena socchiuse.

Tese la mano e con l’indice sfiorò il labbro superiore lasciando che il medio si appoggiasse tremante a quello inferiore. Non incontrando reticenze lo fece incurvare verso il basso facendovi scorrere il dito oramai umido, da un lato all’altro mentre il respiro caldo e tranquillo di lei ne cullavano il gesto.

Ritrasse d’un tratto la mano chiudendola a pugno.

Non poteva.

Abbassò gli occhi  mentre quel dolore in pieno petto tornò ad acuirsi.

 

 

La lama tracciò un taglio netto.

Le mani portate istintivamente alla gola intrise di un rosso vivo. Gli occhi, sbarrati. Increduli.

“Andrè!”! – gridò nel tentativo invano di accorrere in soccorso.

“NO!!!” – la disperazione aggrapparsi con forza nelle braccia protese.

Il vuoto.

Solo un ronzio nelle orecchie mentre tentava di arrivare a lui.

Il cuore pulsarle in gola impedendole di respirare.

Un senso di nausea la colse con violenza.

Spalancò gli occhi in preda al terrore – “Andrè …” – chiamò quel nome con un filo di voce.

Sedette sul letto lasciando ricadere le gambe su un lato. Gli occhi a vagare alla ricerca di un catino.

Con le poche forze in corpo si allungò verso il piccolo comò e nel tentativo di afferrare  il recipiente, questi ricadde rumorosamente sul pavimento.

Yvy sopraggiunse in quel preciso istante trovandola in un angolo, pallida a prendere fiato nel tentativo di placare i conati.

Chinatasi la fissò – “E’ passata?”

Sollevato lo sguardo incrociò quegli occhi cerulei. Annuì.

“Siete veramente una pazza incosciente. Lo sa Alain?”

Aggrottò la fronte afferrandola per la camicia –“Non deve saperlo”- l’ammonì.

“Avete intenzione di nasconderlo ancora per quanto? Credete che non si accorgerà della vostra gravidanza?”

Come faceva a saperlo? Come aveva capito …

Le braccia incrociate su un ginocchio –“Siamo donne … “ – tesa una mano l’aiutò a sollevarsi e sedere –“E’ il primo?”

Scosse il capo ripensando alla sua creatura lasciata nel cuore della notte –“No”

“Non vi manca?”

Gli si strinse il cuore  - “Non potete capire …”

“Non voglio insistere. Non voglio impicciarmi dei fatti vostri. Ma non andrete lontano in queste condizioni”

“Ho un conto in sospeso da saldare”

“Preferite Alain a vostro marito?”- la domanda le arrivò come uno schiaffo in pieno viso.

Ma chi era questa ragazzina impertinente da permettersi di giudicarla?

“Non vi conosco , ma siete tosta. Alain non vi accompagnerebbe se non lo foste”.

“Sentite, non credo di dover dare delle spiegazioni ad un’estranea ..”

“Figuratevi.  Ho fatto un piacere ad Alain”- sollevato il catino lo ripose sul comò – “Vi faccio portare qualcosa di caldo. Se vorrete arrivare a Le Havre ed affrontare ciò che vi riserva il destino, dovrete stare bene ed avere le forze per farlo”- fece per uscire –“per la creatura che portate dentro di voi”.

 

 

Il volto tirato per la rabbia e la preoccupazione.

Una smorfia per l’aria gelida che tagliente pareva lo schiaffeggiasse.

Addolorato nei confronti di sua figlia per averla dovuta lasciare, sebbene in ottime mani, così, su due piedi mentre le lacrime le solcavano le guance e trattenuta dal Generale tendeva le braccia chiamandolo – “Ande .. Ande”.

Era la prima volta che Maddie si separava da entrambi … principalmente da Oscar.

Non riusciva a condannare la giovane, non poteva farlo. Conoscendola da sempre era scontato il suo comportamento. Avrebbe desiderato gliene parlasse e lo coinvolgesse direttamente ma… lei era così.

Affrontare tutto da sola. Questa era la paura più grande. Ma del resto non lo aveva già fatto in precedenza senza volerlo?

Fra gli innumerevoli pensieri si fece strada la figura di Bernard.

Magari scrivergli, informandolo di tutto e … Robespierre aveva un’ottima considerazione di Oscar, dei suo ex soldati per aver sorretto il popolo e combattuto ai piedi della Bastiglia. Sarebbe potuto intervenire in suo favore … Del resto Bouillè era in quella famosa lista tra i nomi dei ricercati e condannati alla ghigliottina.

 

In quei due giorni di sosta in città Alain aveva trascorso la maggior parte del tempo a rimuginare sugli ultimi avvenimenti, a come avrebbero mai potuto, solo loro due, affrontare quei due pazzi assassini, ad Yvy improvvisamente riapparsa nella sua vita … un legame infondo mantenutosi nel tempo nonostante le vicissitudini di entrambi.

Erano più i lunghi silenzi ad aver predominato durante i loro momenti di condivisione dei pasti, fino a quando, in un sospiro le aveva domandato –“Che farete ora?”

Uno strana sensazione di sollievo sentendole dire _”Vogliamo lasciare la Francia. Abbiamo preso in considerazione momentaneamente l’Inghilterra. Eventualmente valuteremo là. Ma non preoccuparti, non vogliamo esserti di disturbo. Ognuno per la propria strada”

“Ma quale disturbo”- l’aveva interrotta.

Nessuna emozione era trapelata dal suo volto, ma sapeva che nel suo cuore ne era felice.

Fu poi Oscar a decidere di rimettersi in viaggio.

E nemmeno il tempo pessimo che imperversava da quando erano partiti la fece desistere. Comprendeva quella sua impellente necessità di porre fine a quell’agonia.

Sulla strada verso Le Havre avevano dovuto fare una nuova tappa. Il suo ex comandante non aveva perso quel pallore, anzi, la vedeva sempre più provata.

Non sarebbe stato certo lui a farle cambiare decisione ma iniziò seriamente  preoccuparsi quando ad una manciata di chilometri dal porto dovettero fermarsi nuovamente.

In un angolo di quella piccola osteria si era seduta abbandonandosi con la schiena contro il muro. Gli occhi chiusi inspirando profondamente. Un colpo di tosse e l’ennesimo violento attacco di nausea.

Di cose di donne ne capiva ben poco, ma un dubbio si insinuò nella mente tormentandolo come quella goccia che lenta scava. Ed ecco ricordare quando Leah aggrappata ad un secchio gli aveva rivelato di essere in attesa del loro figlio.

E così le si era accomodato di fronte fissandola con insistenza.

“Parla Alain”- riempiendo d’aria i polmoni.

“Siete incinta, vero?”- il tatto non era certo nella sua indole.

In una stretta fessura degli occhi ne inquadrò la figura possente e le guance si colorarono appena di quella vergogna innocente per averlo scambiato per Andrè qualche giorno prima. Non ne aveva fatto parola e per questo silenzio gliene era stata grata. Cosi, diretto. Sempre. Il motivo per cui era sempre stato il suo soldato preferito.

Col capo riverso all’indietro e gli occhi oltre quel soffitto – “E anche se fosse? Non vedo il problema. E soprattutto non deve importarti”

“Cazzo!”- battè con violenza i pugni sul tavolo – “stupida femmina”- senza pensare minimamente chi avesse davanti. Avrebbe dovuto mordersi la lingua …. Ma …

Solo quando vide quegli occhi celesti farsi lame di ghiaccio e posarsi sui suoi ritrovò un briciolo di compostezza – “Perdonate”

Sogghignò sospirando – “… già … stupida femmina ….”

Il silenzio colmò la distanza fra loro per qualche minuto. Il vociare dei commensali agli altri tavoli li avvolse.

Yvy li raggiunse con i suoi fratelli ma bastò un’occhiata di Alain per cogliere che non fosse il momento giusto – “Sediamoci là”- indicando un tavolo vuoto dalla parte opposta della sala.

Li osservò da lontano interloquire in una conversazione molto pacata. Le labbra del giovane riempirsi di parole. Quelle di lei limitarsi a si e no.

“Voi siete completamente pazza. Una pazza determinata. Dopo tanto tempo ancora mi sconvolgo di fronte a quanta forza abbiate dentro per difendere chi amate e i vostri ideali.

“Ho bisogno del tuo aiuto”

“Sapete che potete contare su di me. Sempre. Ora ancora di più”- le motivazioni … più che valide per appoggiarla. La vendetta li univa in questo momento.

La morte di Diane … ma soprattutto la crudeltà con cui si erano accaniti su Leah e il suo bambino – “Non  avrò pace fino a quando non avrò ucciso con le mie stesse mani quel bastardo!”- aveva concluso quella conversazione.

Poi, uno sguardo a Yvy.

Preso il piatto e la bottiglia di vino si era unita a loro.

La presenza di quella giovane ragazza le era divenuta quasi famigliare nonostante non fosse molto loquace. Aveva compreso che fosse una figura di una certa importanza nella vita di Alain. Nessuna domanda. Massima discrezione. Non aveva approfondito la motivazione della sua costante presenza accanto a loro. Non le dava fastidio alcuno. Anzi. Si era dimostrata persino premurosa nei suoi confronti.

Accennò ad un lieve sorriso pensando se solo Alain si fosse dovuto occupare di lei al posto di Yvy.

“Meglio mettersi in viaggio. Le Havre è a pochi chilometri”

 

 

Quando in lontananza scorse il mare, il cuore prese a pulsargli in pieno petto con un carico di emozione, una sorta di agitazione strana. La speranza di riuscire a trovarla, magari sulla banchina pronta ad imbarcarsi.

Vana speranza la sua considerando il vantaggio che si era guadagnata su di loro. Riusciva tranquillamente ad immaginare quanto avrebbe spinto per giungere a Le Havre ed imbarcarsi di corsa sulla prima nave disponibile diretta in Inghilterra.

Se sulla terraferma imperversava vento forte ed il cielo fosse una lastra di piombo, in pieno mare, al largo , i raggi di sole illuminavano la sottile linea dell’orizzonte.

La mano salda alle briglie per tuffarsi in quel tumulto di gente ammassata sulla banchina tra valige, bambini strillanti, carrozze…

“Grandier!” – la voce profonda di Mornay riuscì a prevaricare su quella confusione –“Ecco i biglietti”

Un portantino indicò loro dove salire con i cavalli e come poter raggiungere il ponte.

A Maddie sarebbe piaciuto trovarsi li. La pensò con quei suoi occhioni pieni di curiosità, piena di entusiasmo, di gioia delle piccole cose.

Quando riemersero sul ponte sollevò il bavero del cappotto sistemando il foulard al collo. Un vento gelido sferzare sulla folla di passeggeri ammassati ai parapetti della nave.

“Mi informo per gli alloggi” – Vincent sempre previdente si allontanò perdendosi in quella marea umana.

Spinse lo sguardo su quel tratto di mare che la vista gli permetteva di abbracciare. La spuma bianca delle onde e nel cielo i gabbiani innalzarsi leggeri e chiassosi nel loro garrire.

Inspirò quell’aria fresca dal sapore salmastro socchiudendo gli occhi.

Riaprendoli li lasciò scorrere lentamente su quanti si fossero imbarcati quel giorno.

Le sopracciglia incurvarsi per mettere a fuoco una fra tutte quelle teste.

Una chioma bionda sul ponte sottostante.

Di spalle, i ricci spettinati dal vento.

Un tuffo al cuore quando quel viso si volse su un lato riconoscendo che gli era famigliare.

A grandi falcate  facendosi largo con le braccia tra la gente, percorse velocemente quella breve distanza per riuscire a trovarsi esattamente sopra quella esile figura avvolta in un mantello scuro.

“Oscar!!”- chiamò con tutto il fiato in gola.

Sollevò il capo e gli occhi celesti incrociarono i suoi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 68
*** IN VIAGGIO ***


Le cime vennero sciolte dagli ormeggi fra le urla festanti dei passeggeri e da chi, ammassato sulla banchina, salutava e viaggiatori.

La nave lentamente si mise in movimento.

Il vento ad ingrossare le vele e a scompigliare quei riccioli biondi.

Gli occhi sbarrati di Oscar gelarono Andrè che la fissava dall’alto.

Strinse i pugni ed in un gesto di rabbia si allontanò dal parapetto.

“Oscar!!”- chiamò nuovamente. Intravvide tra la folla sottostante le figure di Alain con Yvy ed i suoi fratelli – “Ma che diavolo ….?!” - serrando la mascella.

Si fece strada tra la marea umana nel tentativo di allontanarsi.

Andrè con un paio di falcate scese i gradini ed a spintoni la raggiunse mentre si infilava nei corridoi degli alloggi.

“Lasciami!”- sentendo la mano afferrarla per un braccio e riuscendo a bloccarla contro una parete – “Che cosa fai qui? Dovresti essere a Le Conquet con Maddie!!”

“Invece sono qui!”

“Non erano questi i patti!”- sentenziò.

“Non c’è stato mai nessun patto. Tu hai deciso di lasciarci. Tu hai deciso di fare da sola … o così hai dato ad intendere. Che ci fa qui Alain?”

“Io non ti ho fatto intendere nulla!”

“Preferisci lui a tuo marito?”

Un sonoro schiaffo si stampò sulla guancia del giovane.

Questa volta fu lo sguardo di lui a gelarla – “Come hai potuto abbandonare Maddie?”

“C’eri tu!”- rispose prontamente continuando a dimenarsi – “Lasciami andare. Toglimi le mani di dosso!!!

“Oscar, ascoltami!”

“No, lasciami . Non tornerò a casa. Non riuscirai a convincermi a tornare indietro. Affronterò Bouillè e …. Che ti piaccia oppure no”

“Non voglio riportarti a casa”

“Lasciami. Devo liberarmi da questo incubo. Per Maddie. Per te. Per noi …”

“Non voglio riportarti a casa”- ribadì alzando il tono di voce.

Basita smise di agitarsi perdendosi in quel verde così profondo dei suoi occhi –“Tu … non vuoi farmi cambiare idea?”

“No”- quasi in un soffio carezzandola con lo sguardo.

Chinò il capo increspando la fronte. Lasciò ricadere la braccia lungo i fianchi.

“Oscar, sono tuo marito. Ho il diritto e il dovere di esserti vicino sempre. Rammenti?”- le dita a sollevarla delicatamente per il mento – “nella gioia e nel dolore, in salute e i malattia … finchè morte non ci separi …”

Ogni tensione venne a placarsi.

“Ci sono sempre stato. Ancora prima che fossimo noi. E ci sarò sempre”

Scostò lo sguardo dal giovane. Gli occhi le si fecero umidi.

“Avresti dovuto parlarmene. Non puoi sempre isolarti. Una soluzione l’avremmo comunque trovata insieme”

“Andrè, qui non è questione di trovare una soluzione. Il problema deve essere affrontato in un’unica maniera”

“Lo so. Ma con le spalle coperte e magari … pianificando …”

“Alain è venuto con me”

“E credi che in due ed eventualmente Jerome e Gerarde riuscirai a portare a termine la tua vendetta?”

“Non si tratta di vendetta. Bensì di giustizia. Non devono più nuocere a nessuno”

Accennò ad un sorriso. La sua Oscar non sarebbe mai cambiata.

“Come fai a conoscerli?”-

“E’una lunga storia”- passandole dolcemente il dorso della mano sulla guancia.

Socchiuse gli occhi assaporando fino in fondo quel semplice gesto pieno d’amore – “Andrè …”

 

Sollevò lo sguardo in direzione di quella voce.

“Andrè”- mormorò sorpreso.

Vide Oscar sbiancare improvvisamente, divenire un fascio di nervi tesi ed allontanarsi a passo veloce.

Strinse lo stecchino in un angolo della bocca, incurvato in un sorriso malizioso -.”Prepariamoci alla tempesta!”- tornando a fissare la banchina.

In cuor suo fu felice di quella presenza: lei era la donna del suo miglior amico. Era giusto che fosse riuscito a raggiungerla. Lui. Lui avrebbe dovuto difenderla, preoccuparsi di lei …  Provò un senso di vuoto stringendo nella tasca il fermaglio di Leah.

Yvy colse al volo la sua necessità di isolarsi e si scostò leggermente. Non voleva essere di troppo. Comprendeva perfettamente quanto dolore gli attanagliasse il cuore.

Non percependone più la vicinanza, Alain si volse a cercarla con lo sguardo –“Ti va un boccone?”- suggerì.

 

Bouillè esplose in una fragorosa risata spezzata da un rantolo nel respiro.

“Bacco, tabacco e venere saranno la vostra condanna a morte. Non è la prima volta che ve lo dico”- scivolò come un serpente alle spalle del generale –“se continuerete in questi logoranti vizi andrete all’inferno prima di aver raggiunto i vostri obiettivi”

“Quanto ancora dovrò sopportare il vostro tormento? Non avete nessuna deviazione nella vostra inutile esistenza? Non bevete, non fumate, non scopate. Date l’impressione di essere casto e puro come una verginella … poi siete il male nei vostri pensieri e nelle vostre azioni. Possibile che non sentiate mai la necessità di sollazzarvi?”

“Godo di ben altri piaceri!”- osservò con sguardo malefico.

“E toglietevi da dietro le spalle!”- ruggì agitandosi nervosamente sulla poltrona.

Distanziandosi dall’uomo lo guardò sottecchi.

“La piantate di fare il taciturno. Voglio notizie. E che siano buone!”

“Quella donna è in viaggio …”

“Quella donna è mia moglie!”- sbottò.

“Vi rammento che non lo è più e che siete stato scomunicato da Sua Santità”

“Tacete, maledetto. Jarjayes tornerà ad essere mia moglie. Potete contarci. E a questo scopo dovrete fare più attenzione …. è colpa vostra se le cose …”

Lasciò scivolare lo stiletto in una mano.

“Vi ho già ripetuto che non mi fate più paura. Se siete ancora qui lo dovete solo a me. A quest’ora avreste già perso la testa. Dovreste baciare la terra che calpesto quotidianamente”

Digrignò i denti dalla rabbia.

“Quindi?”

“Non è sola. Si è portata dietro uno dei suoi ex soldati più una puttanella con due imbecilli al seguito”

“Mhh…”- mugugnò in una piega di disappunto riempiendo il bicchiere di cognac.

“Nulla di preoccupante”- lo rassicurò.

“Ah…”- con un gesto di stizza –“liberatevene al più presto. La voglio qui sola, senza intralci”

“Non avevate palesato l’ipotesi della figlia?”

“Dovrà fare il suo dovere e darmi un erede maschio”

“Siete fissato. Non mi avete ancora risposto”- stuzzicandolo.

Un pugno chiuso portato alla bocca tuffandosi in pensieri peccaminosi e perversi. Lo infastidiva terribilmente non averla fatta sua quella notte. Che nascondesse il segreto di quel figlio, per lui, bastardo. Della fuga. Arricciò ripetutamente i baffi spostando lo sguardo su quel consigliere e stratega.

Trangugiò in un unico sorso il contenuto del bicchiere e passandosi una mano agli angoli della bocca – “Liberatevene”

“Solo lei?”- soddisfatto della risposta ma incalzando per ottenere qualcosa di più.

“… no …”- quasi sfidandolo – “portatela qui”- una strana luce negli occhi.

Un sorriso compiaciuto accolse favorevolmente la proposta –“Il ricatto è un’ottima arma di convinzione … soprattutto quando la merce di scambio colpisce i sentimenti”

“Mi riprenderò in sposa Jarjayes. Avrò l’erede e imporrò il nome del mio casato anche sulla femmina. Ho già ottimi rapporti con il duca di Gloucester. Quattro figli maschi.”

“Matrimonio combinato?”

“Ovviamente. Vedrete. Mi rifarò qui in Inghilterra. Il mio nome vivrà in eterno”- esplodendo in una risata.

“E come ? …. Dovrete fare un’ottima impressione al sovrano per riuscire a riprendervi vostra moglie. Sapete bene quanto sia rigido e dedito ad una vita virtuosa ispirata ai principi religiosi. Non ama chi si lascia condurre da dissolutezza, vizi e ….”

“Non credo sia un vostro problema. Dovreste anche essere a conoscenza del fatto che da diversi anni dia segni di squilibrio mentale … ciò sarà un punto a mio favore. Il duca di Gloucester è nelle grazie di sua Maestà …. “- sfregandosi le mani.

“Uno scambio di favori. Siete diabolico”

“Voglio chiudere il cerchio e liberarmi una volta per tutte di tutti gli intralci. L’Inghilterra sarà la mia immunità. E ora … bando alle chiacchiere. Organizzatevi. Il tempo stringe. Datevi da fare”

 

Yvy aveva lasciato i fratelli per fare due passi e prendere una boccata d’aria dopo la cena. 

In che razza di avventura si era cacciata.

Trovò un angolo riparato e sedette a terra.

Ma che cosa le era saltato in mente? Seguire Alain? Non erano quelli i progetti che aveva fatto con i suoi fratelli. Si, certo, andarsene dalla Francia …. Ma …

Si strofinò il capo passando ripetutamente le mani tra i capelli corti. Sbuffò. Quando c’era di mezzo lui …

Povera Leah. Che pena! A fatica era riuscito a raccontarle cosa fosse accaduto alla giovane. Che morte terribile. Lo aveva visto così provato … come quando aveva perso la sua piccola Diane. Gli era sempre stata accanto nei momenti più difficili. Ecco perché ora era lì.

 

Respirò a pieni polmoni l’aria fresca – “Che cena!”- lisciandosi la pancia – “Era tempo che non mangiavo così bene e abbondante”.

Sollevò il collo della giacca. Le mani in tasca. Sputò da un lato lo stecchino trattenuto tra i denti e si mise a fischiettare.

Fu allora che la vide.

In un angolo riparato dall’umidità della notte, le gambe rannicchiate al petto e lo sguardo perso verso il cielo particolarmente stellato.

Le sedette accanto.

Il frangersi delle onde al passaggio della nave e in lontananza le chiacchiere di qualche passeggero rimasto sul ponte.

Yvy frugò nelle tasche alla ricerca di un po’ di tabacco: nulla. Sbuffò appoggiando il mento alle ginocchia.

“Forse è la volta buona che smetti”- le bisbigliò.

Fece spallucce.

Accennò ad un sorriso. Era dovuta crescere in fretta ma non le mancavano, con questo, quei gesti da ragazzina che l’avevano fatto innamorare di lei. Aveva la tendenza a nascondere ogni sorta di emozione. Ma lui la conosceva bene, sapeva come scalfire la sua corazza.

Un brivido di freddo le percorse la schiena.

Alain la fece scivolare tra le sue gambe in modo da trovarsi alle sue spalle e la cinse con le braccia.

Nonostante non temesse quasi nulla, solo con lui provava una vera sensazione di protezione totale. Avvolta nella sua stretta lo sentì posare il mento proprio dietro un orecchio – “Yvy … siamo mai stati felici tu ed io insieme?”

“… l’orgoglio non ci ha mai permesso di vedere che lo eravamo …”

Tacque. Nel profondo del suo cuore sapeva bene che avesse ragione. Si erano veramente amati alla follia.

Un tempo.

Quella prima ed unica volta che aveva alzato le mani, l’incantesimo si era spezzato. Non l’aveva sfiorata ma il gesto … era bastato per incrinare il loro legame. Erano nate incomprensioni, litigi, gelosie da parte sua … fino a concludersi nel peggiore dei modi. L’aveva tradita.

Fatte su le sue poche cose, se n’era andata via con i suoi fratelli.

“Sono stato un vero stupido”- rimuginò.

Di lì a poco aveva conosciuto Leah … ma lei era tornata nella sua vita per l’ennesima volta.

 

L’uno accanto all’altra a passeggiare sul ponte dopo una buona cena ed un’ottima compagnia.

Oscar si fermò a fissare il mare.

Andrè sollevò il collo della giacca –“Non hai freddo?”- strofinandole le mani lungo le braccia.

Si strinse a lui felice di quella serenità ritrovata.

Si, era felice che lui fosse lì. Ed era così che avrebbe desiderato potesse tutto continuare.

Suo marito.  Si diede della sciocca credendo che non l’avrebbe raggiunta. Impossibile. Doveva saperlo che sarebbe andato in capo al mondo pur di starle accanto. Come aveva sempre fatto. Non poteva essere sempre così cocciuta e troppo spesso scorbutica nei suoi confronti, tentando, di fronte ad ostacoli particolari , di allontanarlo dalla sua esistenza. Ne faceva parte, completamente. La loro unione aveva dato i suoi frutti … Maddie. Ed ora una nuova vita stava crescendo in lei. Lo sapeva. Lo sentiva.

Gli prese le mani portandole sul ventre – “Questo è tuo padre”- pronunciò nei suoi pensieri.

Andrè tentò di sollevare le braccia per stringerla a sé ma lei gli trattenne salde le mani, lasciando ricadere il capo all’indietro sul suo petto alla ricerca dei suoi occhi.

Si perse nel suo sguardo scrutandoli per cogliere i suoi pensieri … uno sguardo diverso con una luce che mai aveva visto –“Oscar …”- sussurrò.

Sul volto di lei un sorriso di una dolcezza infinita – “Rientriamo”.

 

Chiusa la porta, sfilò la giacca appendendola all’attaccapanni.  Oscar gli dava le spalle.

Rimase incantato a fissarla mentre lentamente si spogliava riponendo la biancheria su una sedia.

Si volse con le braccia incrociate sul seno. Un leggero rossore gli colorì le guance.

A piedi nudi gli si avvicinò.

“Adoro quel tuo velo di pudore”- le sussurrò all’orecchio.

“Grandier … avete intenzione di rimanere come uno stoccafisso sulla porta?”

“Avete una proposta più allettante?”- scostandole un ricciolo dalla guancia.

“Se vi accomodate tra le lenzuola potrei suggerirvi qualcosa …”-  tirandolo verso il letto – “Ma come, siete ancora vestito?”- lo provocò.

Il giovane, abbandonata la camicia, sfilò gli stivali ed i pantaloni ricaddero sul pavimento.

Gattonò verso di lei fino a trovarsi sopra la giovane.

“Quindi?”- osservandolo maliziosamente.

“Avete fretta?” – posandole le labbra sulla pelle morbida del collo. La punta della lingua scese delicata come ad assaggiare il più dolce dei mieli. Risalendo lungo la guancia le posò un bacio sulla bocca accesa di desiderio.

Le sue dita lunghe e sottili s’insinuarono dietro la nuca fra quelle ciocche scure attirandolo a sé alla ricerca di un bacio più profondo. Chiuse gli occhi cercando di respirare. Senza fiato, il cuore imploderle nel petto.

Con la lingua le tracciò il contorno delle labbra, ritraendosi ad ogni suo tentativo di fondere la bocca con la sua.

Mugugnò quasi seccata.

Andrè accennò ad un sorrisino stuzzicandola.

Scese poi baciandole i seni, verso l’ombelico. Più giù sul ventre. E nuovamente a  rubarle un altro bacio mentre il respiro di lei si riempiva di piccoli gemiti.

Oscar gli afferrò una mano facendola scorrere sinuosa sulla pelle calda dell’interno coscia fino dove si lasciò sfuggire una serie di mugugni.

Il suo sguardo si riempì d’amorevole compiacimento mentre quella mano vagava riempiendosi di lei.

La sentì inarcare la schiena.

Quando la vide riaprire gli occhi fece per sollevarsi ma si ritrovò improvvisamente spalle sul materasso e lei a gattoni.

Strofinò delicatamente una guancia sul suo petto per poi ricoprirlo di piccoli baci mentre sentiva il suo desiderio aumentare.

“Oscar …”- mormorò in un filo di voce roca.

La lasciò giocare a tratti divertita di fronte alla sua virilità farsi sempre più bramosa fino a quando l’afferrò per i fianchi e con un movimento deciso la fece affondare su di lui strappandole un gridolino.

Una danza lenta inizialmente per farsi sempre più veloce in una ricerca l’uno dell’altra, in un fondersi completamente in un’anima sola.

Bella! Dio quanto era bella ritta su di lui. Avvolta dall’estasi, la bocca appena schiusa mentre le teneva le mani sui fianchi accompagnando il suo ritmo.

Pronunciò il suo nome in un filo di voce stringendo le cosce e raggiungendo l’apice si aggrappò a lui in quell’onda di calore che la completava.

Esausti, svuotati tra le lenzuola aggrovigliate, i respiri ancora in affanno. 

Adagiata su di lui, il volto affondato nell’incavo del suo braccio.

Giacquero in silenzio per qualche minuto a placare  i battiti dei loro cuori.

Andrè le accarezzò una spalla. Il mento poggiato sulla sua fronte.

Si sollevò mettendosi a cavalcioni su di lui.

“Ehi … che intenzioni avete madame Grandier?”

“Uhh … come mai …. beh fino a poco fa non mi chiamavate Jarjayes?”- intrecciò le dita alle sue.

“Non suona bene? Siete o non siete mia moglie?”

Chinatasi lo sfiorò sulle labbra –“Per tutta la vita”- sibilò.

Dritta sul giovane trattenne nuovamente la mani posandole sul ventre.

“Non avrei mai potuto rimanere a Le Conquet senza di te. Lo sai questo, vero?”

Annuì senza fiatare.

In quegli occhi celesti una luce diversa.

Strinse di più le mani sul ventre e accennò ad un sorriso.

Si soffermò un istante davanti a quel gesto inconsueto di Oscar. Così inusuale. Per la seconda volta nell’arco di poco tempo.

Scrutò nei suoi occhi che spesso davano la sensazione di essere imperturbabili e freddi. La fissò con espressione interrogativa.

Annuì appena.

Sollevò le sopracciglia come a chiedere conferma e lei annuì nuovamente.

Qualche istante. Cercò su quel volto una risposta ai mille interrogativi di quel momento. Fu lui subito dopo a posare una mano poco sotto l’ombelico della moglie e fissarla ad occhi sgranati.

Gli regalò uno dei suoi sorrisi più dolci.

Un nodo gli strinse la gola mentre gli occhi si facevano liquidi di felicità.

Deglutendo –“E’ quello che penso?”

Mosse il capo in senso affermativo.

“Veramente?”

Si adagiò su di lui poggiando i gomiti sui cuscini – “Monsieur Grandier sarai padre per la seconda volta”.

La strinse a sé affondando il volto in quella chioma dorata – “Da quando lo sai?”- sussurrò.

“Da un po’ … a fine estate Maddie avrà compagnia”

Forse non era il momento opportuno per quella gravidanza, pensò tra sé, ma non avrebbe potuto nasconderglielo questa volta. No. Doveva sapere. Era suo marito. Non doveva ripetersi il passato.

 

Si erano ritrovati nello stesso letto.

Vestiti, a condividere i propri pensieri.

Lui. Le braccia incrociate dietro la testa.

Lei. Rannicchiatagli accanto. Il volto tra le pieghe della camicia, all’altezza del cuore, quasi a voler  ascoltare la sua anima sempre e perennemente a soqquadro.

“Idiota!”- si disse – “quando mai sei stato in un letto con una donna senza farci del buono e sano sesso … e per di più con gli abiti indosso.”- gli occhi persi verso il soffitto dell’alloggio, con quel calore su un fianco, in grado di calmare il ritmo del suo cuore e rallentare ogni pensiero.

Che sensazione strana sentirsela addosso.

Abbassò lo sguardo e la vide riposare.

Con un braccio le cinse le spalle, stringendola un po’ di più –“piccola Yvy…”- mormorò.

Si mosse.

L’occhio ricadde fra la scollatura della camicia allentata, lasciando intravvedere le curve dei seni.

Deglutì – “Cazzo!”- avrebbe voluto infilare la mano sotto il tessuto leggero e deliziarsi di quella morbidezza. Allungò leggermente il collo a scrutare quel di più a saziare la sua curiosità.

“Come se non l’avessi mai vista nuda e non conoscessi ogni centimetro della sua pelle. Soissons … contieniti”- sbuffò.

“Cosa t’impedisce di farlo?”- una parte della sua coscienza – “Dai! Prenditela. Non ti dirà certo di no”.

“Piantala, non vedi che dorme?!”

“Ma che t’importa. Appena sveglia si avvinghierà a te come una gatta in calore”

“Ma che ti salta in mente? Cosa pensi che sia? Una di quelle di strada?”

“Non far tanto il sofisticato. Alla fine le donne per te sono tutte uguali. Si salvava solo tua sorella”

“Ora basta!!”- la lotta nella testa si placò.

La baciò fra quel nero corvino – “Piccola Yvy …”

 

“Madre, lasciate che Maddie venga da noi. Potrà distrarsi … questi ultimi giorno sono stati piuttosto pesanti per lei”- Beatrice tentò di convincere Madame.

La donna osservò la piccola seduta alla finestra. Lo sguardo oltre i vetri. Il dito in bocca ed il suo pupazzo nell’altra mano. Se lo portò alla guancia strofinandolo dolcemente mentre gli occhi le si facevano lucidi.

“Le farà solo bene stare in compagnia con i ragazzi. Non può starsene sempre chiusa in casa”- continuò sedendole accanto.

“Oscar non l’ha mai lasciata un attimo. Ora si sente spaesata ….”- Emilie provò un’infinita tristezza. In cuor suo sentiva che tutto si sarebbe risolto al meglio e finalmente quella nuova famiglia avrebbe potuto vivere serenamente – “Devi chiederglielo … non voglio obbligarla …”

La giovane si avvicinò alla piccola e chinatasi –“Tesoro … a Jean Christophe e Anne Jaqueline  piacerebbe che tu venissi qualche giorno da noi … ”

Madeleine, con le labbra incurvate verso li basso, fissò la donna . Passò il pupazzo sotto il naso gocciolante e sugli occhi pieni di lacrime.

“Potrai giocare con loro. C’è una cameretta tutta per te … “- donandole una carezza.

“Torna mamma? E Ande?”- piagnucolò.

“Ma certo che tornano”- sorridendole – “Tu sai vero che devono lavorare … ecco, vedi, sono partiti per un po’ proprio per questo motivo”

“Niente Maddie?”- singhiozzando.

“Non potevano amore. Se andavi con loro ti saresti annoiata tantissimo. Oscar e Andrè non avrebbero potuto giocare con te … ti hanno lasciato dai nonni proprio per questo”

“Maddie sola …”- stringendo il suo Lapin.

“Oh no tesoro. Maddie non è sola. C’è nonna Emilie, nonno Augustin, Nanny, c’è zia Beatrice e zio Louis, Christophe e Jaqueline …”

Le mostrò il pollice biascicato e umidiccio.

Le prese la manina - “La tua mamma ed il tuo papà torneranno fra qualche giorno”- asciugandole il viso.

Finalmente la piccola accennò ad un lieve sorriso –“Vero?”

“Ma certo. Zia non può dire le bugie”- oramai l’aveva convinta.

“Va bene”- le disse infine andando verso Madame –“Nonna?”- quasi a domandarle il permesso.

“Ma certo tesoro mio, vedrai che ti divertirai e quando tornerai Oscar e Andrè saranno di nuovo a casa”

Madeleine si buttò braccia aperte sull’abito della donna.

“Prendo qualcosa dalla sua stanza e andiamo”- allontanandosi.

 

La nave solcò quelle acque tranquille e gelide tutta la notte sospinta appena da un vento leggero e sovrastata da un cielo trapuntato da migliaia di stelle.

Il sole distese i suoi raggi fra le onde.

Alle prime luci dell’alba Andrè aprì gli occhi stiracchiandosi.

Volse il capo al suo fianco. Il letto era vuoto. Oscar doveva essersi alzata molto presto …. sempre che avesse riposato.

Si rinfrescò il viso ed infilò la camicia. Calzati gli stivali, sistemò la giacca e passate velocemente le mani tra i capelli uscì dall’alloggio.

La vide poco distante, scrutare l’orizzonte. Gli occhi fissi su quella linea immaginaria. Ne colse l’insofferenza dell’attesa.

“Buongiorno”- baciandola fra i capelli.

Un sussulto.

Le posò il mento su una spalla cingendole i fianchi – “Sono fredde le lenzuola senza di te”- sussurrò.

Rimase in silenzio. Un solo desiderio. Vedere quanto prima le coste inglesi e sbarcare.

Bernard le aveva dato indicazioni su dove alloggiare. Lì si sarebbero dovuti organizzare e pianificare la caccia a Bouillè … senza dare troppo nell’occhio.

“Fate attenzione Oscar. Badate a come agite. Le leggi di sua maestà sono particolarmente severe nei confronti degli stranieri che le violano. Non sarà difficile trovarlo … ma siate piuttosto circospetta nel chiedere, nell’indagare su dove esattamente sia la sua tenuta.”- le aveva suggerito il giovane.

“Bernard, quell’animale vuole che io lo trovi. Il suo scopo è quello di riprendersi ciò che ha perso.”- livida di rabbia.

“Dimenticavo che lo conoscete meglio di me. Robespierre ha smosso alcuni membri del tribunale rivoluzionario per ottenere un nuovo mandato di cattura …”

“Non servirà a nulla. L’ha scampata fino adesso  …. Non mi stupirei fosse stato in grado di ottenere una sorta di immunità.”

“Come posso aiutarvi a questo punto?”

“Qualsiasi cosa possa accadere devi garantirmi di far tornare Alain in Francia”

Il volto di Bernard  si era fatto cupo –“ E voi?”

“Bernard … devi promettermelo”

 

Non aveva pensato che Andrè l’avrebbe raggiunta portandosi dietro Mornay ed i suoi uomini. Tanto meno che in quell’avventura si aggiungesse Yvy con i suoi fratelli. Doveva inviare quanto prima due righe a Bernard.

“Colazione?”- suggerì Andrè.

Riprese possesso della realtà. Avevano ancora un giorno di viaggio. Forse avrebbe dovuto sedere ad un tavolo e parlare a tutti.

 

Sbarcati a Le Havre affittarono dei cavalli.

“Per quanti giorni?”- chiese il proprietario scrutandoli, perplesso, dalla testa ai piedi.

“Lo imparerete quando ve li riporteremo”- lasciando un lauto anticipo sul bancone.

Afferrati gli animali per le briglie si allontanarono dal caos delle banchine.

Il prescelto per quella missione sapeva il fatto suo - “Faremo una sola tappa per dormire. Destinazione Le Conquet. Rapidi e precisi. Un lavoro pulito. Presa la bambina si torna indietro. Intesi?”

Non aggiunse altro.

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Capitolo 69
*** EQUILIBRI ***


Si volse su di un fianco, trovandosi di fronte il volto di Yvy.

Durante la notte entrambi si erano sfilati gli abiti … troppo caldo. Erano rimasti l’uno accanto all’altra avvolti solo da quel lenzuolo.

Gli occhi chiusi, i tratti del volto distesi, la pelle diafana.

In tutta la sua vita era stata l’unica donna ad aver conosciuto che non portasse capelli lunghi, raccolti com’era la normalità per molte giovani della sua età …. e non.

In un certo senso assomigliava ad Oscar. Mai un abito femminile. Sempre e rigorosamente pantaloni, camicia, giacca.

Chiunque vedendola da lontano o di spalle l’avrebbe scambiata per un ragazzo.

Non amava mettersi in mostra.

Lui. Solo lui sapeva, sotto quegli abiti, il corpo magnifico che si celava. Solo lui conosceva la passione che ardeva in lei.

Passò una mano sugli occhi – “Che diavolo mi succede? Leah è morta da poco … e già la sto dimenticando?”

“Sia Leah o Yvy poco ti importa, basta che sia femmina e ti dia ciò che desideri. Non è forse così?”

Incrociò le braccia sul viso – “Dannazione Soissons!- i pugni stretti. Quel tepore al suo fianco non faceva che aumentare la sua eccitazione.

“Coraggio … che aspetti. Basta che tu lo voglia”

Sedette sul bordo del letto disgustato da se stesso – “ Sei senza ritegno”- la rabbia montare.

Avrebbe potuto evitarla, fare in maniera che non lo seguisse in quell’avventura, mandarla via. Invece lei era li.

E c’era sempre stata in quei momenti in cui sembrava che la sua vita andasse a rotoli, si frantumasse in mille pezzi.

Un desiderio irrefrenabile di toccarla, sentire quella pelle scorrere sotto le sue dita, affondare la bocca nella sua …

Era li. Sarebbe veramente bastato poco.

La testa tra le mani maledicendosi.

Svegliatasi, la giovane rimase a fissarlo in silenzio.

Comprendendo il suo tormento si rivestì velocemente.

Sollevò gli occhi senza voltarsi.

La porta richiudersi alle sue spalle

 

Il duca di Glouchester. Figura integerrima, molto influente su sua maestà Giorgio III.

Bouillè era riuscito magistralmente a circuirlo entrando, in breve, nelle sue grazie.

Ospite spesso presso il suo castello immerso nella verde campagna londinese, aveva raggiunto intese economiche di notevole spessore.

Si era inventato che Madame e la figlia, necessitavano di un periodo di riposo. Pertanto le aveva mandate in Italia … per respirare aria buona e sole e che presto avrebbero fatto ritorno.

A suggellare ulteriormente quest’”intimità” avevano sancito un accordo, un vero e proprio contratto di matrimonio tra la figlia Madeleine Francoise Bouillè ed il primogenito tredicenne del duca.

“Personalmente mi ritengo particolarmente soddisfatto ed entusiasta. Mi auguro di poter conoscere quanto prima la vostra consorte e la vostra deliziosa fanciulla”

“Onorato di tanta grazia”- chinando il capo dopo aver apposto la sua firma.

“Siete un brav’uomo Bouillè …. Ho parlato a lungo con sua Maestà. Desidera incontrare voi e tutta la vostra famiglia. Questo significa che potrete avere la sua benedizione e … protezione”

Perfetto. Tutto procedeva secondo i piani.

Mancava solo quel tassello.

 

Si, sapeva di essere spesso fredda e distaccata nei confronti di Andrè … sebbene non ve ne fosse il motivo.

Eppure era cambiata, aveva fatto grandi passi nell’aprirsi a lui soprattutto da quando era divenuta madre.

Non aver potuto condividere quella incredibile esperienza con lui accanto era ancora una ferita aperta.

Anche per questo Bouillè avrebbe pagato.

Le dita intrecciate alle sue, quella forza e qual coraggio che necessitava per affrontare una volta per tutte quell’ostacolo al quale il destino aveva deciso di metterli nuovamente a confronto.

Il timore più grande: che Madeline potesse rimanere sola … senza di loro.

“Non temere” – le sussurrò quasi a leggerle nei pensieri –“ce la faremo. Maddie ci aspetta”.

 

Alla fine aveva trascorso solo una notte da Beatrice. 

Si, si era divertita con i cugini … ma Nonna Emilie e nonno Augustin, Nanny … era tutto diverso.

“ Ande … hai detto che torni … e la mamma”- si disse portandosi il dito in bocca.

Stretta al suo pupazzo si asciugò gli occhi con il lenzuolo. Le mancavano … tanto ….

Uno scricchiolio strano la mise sul chi valà.

Immobile sotto le coperte ascoltò nel silenzio.

Solo quando si accorse di un’ombra avanzare lentamente verso di lei, sedette di scatto sul letto.

“Ciao … “- sussurrò quella figura – “Non aver paura. Sono venuto per portarti dalla tua mamma”

“Mamma?!”- esclamò muovendosi verso il bordo del letto.

“Si, la mamma non è potuta venire. Ha mandato me, sono un suo amico. Ti sta aspettando!”- con voce suadente avvicinandosi lentamente.

Storse il naso dubbiosa sulle parole di quell’estraneo. Perchè non era venuto di giorno? Perché non aveva avvisato i nonni?

Si fece indietro spingendosi con la schiena contro la testiera e scuotendo il capo in senso di diniego.

“Vieni, non preoccuparti. Mamma ti sta aspettando”- continuò quello.

“Via! – calciando con i piedi per allontanarlo.

“Non vuoi vedere la tua mamma? Oh … le darai un gran dispiacere”- rimanendo improvvisamente con le mani poggiate sulla coperta – “Allora vuoi farla piangere”-

Scosse il capo.

“Su, vieni …” – tendendo un braccio.

Ma Maddie indietreggiò ulteriormente.

L’uomo iniziò a spazientirsi – “Suvvia, vogliamo farla aspettare a lungo? Non fare i capricci o le dovrò dire che sei stata disubbidiente. Vuoi che ti sculacci?”

Oscar non l’aveva mai sculacciata. Che cosa voleva dunque quell’uomo? – “Via!!” – ripetè scendendo lentamente dal letto.

Il tale si mosse dalla sua parte e con uno scatto si prounciò in avanti per prenderla.

Maddie scivolò tra il letto ed il comò rannicchiandosi sempre più –“Via, via!! Vai via”

“Avanti smorfiosetta, vieni qui se non vuoi che ti dia un ceffone come si deve”- riuscendo ad afferrarla per un polso.

“Noooo!”- scalciando nel tentativo di liberarsi.

Questione di … equilibri …

Il candeliere posto sul comò per non lasciarla nel buio completo durante la notte cadde sul pavimento rovinando sul mantello dell’uomo.

Fu un attimo. Il tessuto prese velocemente fuoco.

La piccola si strinse contro il muro abbracciando il suo pupazzo –“Mamma!!” – strillò impaurita.

Quella figura iniziò ad agitarsi nel tentativo disperato di smorzare invano le fiamme.

Rotolò al suolo imprecando.

La porta della stanza si spalancò all’improvviso.

Il Generale e Philip imbracciati i fucili li puntarono sull’uomo che continuava a contorcersi a terra come una torcia umana –“Maddie, vieni qui!”- chiamò senza perdere d’occhio il bersaglio.

Tremante corse verso suo nonno tuffandosi tra le braccia di Emilie in piedi e terrorizzata alle sue spalle.

Augustin afferrò una coperta gliela gettò addosso tenendo sempre sotto tiro l’intruso – “Che cosa credevi di fare, sciagurato! - poi – “Chiama gli uomini di Mornay!”- alla consorte.

 

“Non so come ringraziarti”- rivolgendosi a Robespierre.

“Non lo faccio per te. Tanto meno per quella donna. I nobili devono pagare”- sedendo.

Bernard aggrottò la fronte.

“Le riconosco solo il merito di aver aiutato il popolo. Se si tratta di riportare in patria un ex Soldato della guardia, un cittadino francese, non mi tiro certo indietro”

“Sei ridicolo!”- Saint Just si sollevò dalla panca sulla quale stava sdraiato– “ci sono problemi ben più importanti da risolvere che riportare quell’ uomo in Francia. Piuttosto dovresti preoccuparti dell’austriaca, non credi?”

“Il suo destino è già stato discusso dalla Convenzione. Presto verrà condotta dinanzi al Tribunale della rivoluzione ….”- lo ammonì.

“Non pensi che l’accusa di aver partecipato alle violazioni contro la libertà e la sicurezza dello stato sia un minimizzare la sua vera colpa? Quella donna è stata la sciagura di questo paese. La vedi la gente che continua a morire di fame lungo le strade?” – un attimo di silenzio. Incurvò le labbra in un sorriso ironico –“Maxime … tu vedi solo ciò che vuoi … che fa comodo a te”

“Saint Just … le tue idee sono troppo estremiste per i miei gusti” -  adirato.

“Sono semplicemente realista. I nobili e i loro simpatizzanti, tutti alla ghigliottina.”- qualche passo allontanandosi – “Ti stai perdendo nell’effimero …. “

“Le tue soluzioni contrastano con la Convenzione. Ogni colpevole deve passare dal tribunale”

“ Attento … stai cominciando a scantonare. Sei troppo preso dalla tua popolarità e dal tuo egocentrismo al punto da non essere a conoscenza delle notizie effettivamente importanti”- lanciandogli un’occhiata.

“Cosa vorresti dire?”

“Circolano voci che il Generale Dillon voglia far rapire il figlio di Capeto per proclamarlo successivamente nuovo sovrano”

“Voci di chi?”

“Domanda al cittadino Cambon …. se fossi in te farei richiesta ai membri della Convenzione di allontanare l’erede dall’austriaca … fai attenzione. La situazione potrebbe sfuggirti di mano … Serpeggiano malumori tra i tuoi fedelissimi … vero Bernard?”

A quelle parole il giovane sgranò gli occhi – “Non c’è bisogno di illazioni, Saint Just. Maximilien conosce bene le mie idee ed è perfettamente a conoscenza del fatto che non condivido molto del suo pensiero”

“Perché sei ancora qui allora? Per spiarci e riportare tutto a quei nobili della tua Jarjayes?”

“Ora basta!”- li interruppe bruscamente Robespierre –“Vattene a casa Saint Just. Qui sei del tutto inutile!”

“Cerca di aprire di più le orecchie … e soprattutto gli occhi ….”- uscendo.

Rimasero soli.

“Tu lo sapevi?”- volgendo le spalle a Chatelet.

“Per caso ne ho sentito parlare da Brissot alla taverna”

Il silenzio rese ancora più distanti i loro pensieri.

“Bernard….”

“Si …”

“Non posso più aiutare i tuoi amici. Questa è l’ultima volta. Farò tornare Soissons in Francia … ”

 “Certo ….”

 

“Bambina mia”- stringendo la piccola Maddie.

“Signore, sono costernato per la gravità dell’accaduto. Hanno addormentato i cani e … giuro … non riesco a capacitarmi ….”- il capo chino.

“Una disattenzione che ci sarebbe costata cara … “- fissando la nipote fra le braccia di madame.

“Sto facendo perlustrare tutto il perimetro della tenuta compresa la parte della scogliera. Ho fatto venire altri uomini …”

Lo sguardo oltre la finestra a seguire quelle fiammelle in lontananza sparse nel giardino ad illuminare ogni angolo più remoto – “Credo siano stati molti furbi e ben organizzati”

“Le posso garantire che …“

Jarjayes gli fece cenno con una mano di tacere –“Ho sempre dato la massima fiducia a Mornay e a voi e continuerò a darla. …”

“Come sta la piccola?”

“Molto spaventata … ma è forte ….”- poi volgendosi –“ non dovete permetter che accada mai più”

Annuì.

“Che ne è stato di quegli sciagurati?”

“Sono stati condotti alla prigione di Brest.”

“E che ne sarà di loro?”

“Sarà la sovrintendenza di Parigi a decidere.  Verranno trasferiti di fronte al Tribunale rivoluzionario e successivamente alla Conciergerie.”

“Ciò significa ….”

“La ghigliottina … signore”

 

Andrè aveva la capacità di rasserenarla semplicemente con la sua presenza.

Si strinse nel suo abbraccio alla ricerca del tepore del suo corpo.

“Dove sono gli altri?”

“Alain l’ho visto a fare due passi. Mornay e i ragazzi credo siano di sotto …. “- la baciò fra i capelli.

“Yvy?”

“Probabilmente con i suoi fratelli”

“Mhm …”- mugugnò continuando a fissare il mare – “Credi sia innamorata di Alain?”

“Beh, è un legame strano il loro. Non mi sorprenderebbe se alla fine tornassero assieme”

“Andrè! Leah è morta da poco!”- sconcertata.

“Si .. lo so. Ma ha diritto di rifarsi una vita, non credi?”

Tacque. Le si strinse il cuore rivolgendo il pensiero alla giovane.

Che strana la vita! No. Non l’aveva odiata, ma di lei era stata gelosa fin dall’inizio.

Già. Gelosa. Proprio lei.

E alla fine si era dimostrata una bravissima ragazza. Con lei aveva vissuto e superato quei terribili momenti … con Bouillè.

“Stai tremando” – il giovane la deviò dal suo rimuginare – “Su, rientriamo”.

L’ennesima giornata volgeva al termine … l’ultima prima di giungere a destinazione.

Richiuse la porta del loro alloggio, volgendosi, si trovò sua moglie di fronte.

Quelle dita sottili iniziarono a slacciare lentamente i bottoni della giacca fino a sfilarla.

Lente e maliziose sfilare la camicia per scendere curiose sulla cinta.

Incurvò le sopracciglia – “Che intenzioni hai?”

Sollevandosi sulla punta dei piedi accostò le labbra al suo orecchio –“Stanotte mi preferisci come madame Grandier o come Jarjayes?”- lo stuzzicò.

Sollevatale fra le braccia l’adagiò sul letto – “Oscar … solo Oscar” – ricoprendola di piccoli baci lungo il collo –“Oscar. La mia Oscar”

 

Lo sguardo rivolto verso la banchina.

Oscar aggrottò la fronte. L’Inghilterra.

Mornay si accostò alla coppia – “Siamo pronti”

Andrè annuì.

Ognuno sapeva esattamente cosa fare.

Sollevò il cappuccio a coprire la bionda chioma – “Andiamo”

La nave lentamente ormeggiò nel porto.

I passeggeri scendere in maniera composta sulle diverse passerelle predisposte.

Occhi furtivi a cercare fra quella folla senza lasciarsi sfuggire uno solo fra tutti quei volti in movimento per mettere piede sulla terra ferma … ma tutto era stato studiato attentamente in ogni particolare, seguendo nei minimi dettagli le indicazioni che Bernard si era preoccupato di fornire ad Oscar per l’arrivo in Inghilterra.

Il suo contatto era sicuro.

Lo sbarco non avvenne attraverso i pontili riservati ai passeggeri.

Alcuni uomini si presentarono al settore scarico merci prelevando i pochi bagagli nascosti in botti di vino vuoti. Altri si occuparono dei cavalli come fossero destinati al mercato del bestiame.

La banchina lentamente andò svuotandosi.

Le cime strette. Le vele ammainate. I marinai finalmente in licenza per qualche giorno e altri pronti a risistemare la nave per un nuovo viaggio.

Nessuno li vide.

 

Sopraggiunsero le “vedette” del porto – “Padrone! I viaggiatori sono spariti nel nulla. Non li abbiamo visti sbarcare … abbiamo sorvegliato e controllato ovunque. Nulla. Spariti”

Il silenzio s’impadronì per una manciata di secondi della sala.

“Vi mette ansia il fatto?”- così sibillino fece aumentare la rabbia del generale.

Paonazzo in volto a fissare con un senso di disgusto quella figura perennemente incappucciata

Poi Bouillè esplose. Un grido di rabbia echeggiò facendo tremare i vetri mentre strappandosi le vesti si volse furioso verso di loro – “Dannati incompetenti!! Fuori! FUORI!!!

Con un gesto d’ira rovesciò ogni oggetto attorno – “Sparite!!!”

Versatosi da bere si mise a camminare per la stanza.

Era stata furba questa volta.

Ma aveva ancora quella carta da giocare: la figlia.

I suoi fidati sarebbero rientrati a breve …

“Questa volta non avrete scampo. Se sarà necessario userò la forza per raggiungere il mio scopo. In precedenza vi ho permesso troppo”.

 

Scesero dalla nave divisi.

Nascosti dentro carretti fra le masserizie ed il bestiame, si erano ritrovati ad alcune miglia dal porto, in una fitta boscaglia dove il contatto di Bernard aveva fatto loro trovare un cambio di cavalli ed abiti puliti.

La strada verso la destinazione, base d’appoggio per mettere a punto al meglio la loro strategia, non era certo delle migliori. Buchi, fango …. e la pioggia gelida e costante non dar tregua e non agevolare per niente il loro viaggio.

Andrè seguiva con la coda dell’occhio la figura di Oscar al suo fianco.

Fradicia, pallida e visibilmente provata dalla stanchezza … e la tensione. Non aveva pronunciato una sola parola. Gli occhi chini sulle briglie. Pareva procedesse per inerzia.

Accostatosi a lei le sfiorò una mano.

Sollevato lo sguardo incrociò quel verde trasparente di lui.

Accennò ad un sorriso.

Dietro di loro Mornay con i suoi fedelissimi, Alain, Yvy con i fratelli.

“In che situazione assurda ci siamo cacciati”- brontolò Gerome.

Sul calar della sera, finalmente, le nuvole andarono diradandosi lasciando spazio ad un magnifico tramonto.

Un vecchio podere di campagna.

L’uomo strinse la mano ad Oscar –“Jamie, benvenuti”

Fece mettere al riparo i cavalli.

“Qui siete al sicuro”

Un cenno col capo.

Era stanca per questo l’uomo li fece subito accomodare nelle loro stanze –“Per qualsiasi necessità non esitate a chiedere”

Richiusa la porta, appese il mantello.  Giacca e camicia li stese accanto al camino.

Poi si lasciò ricadere sul letto.

Andrè tolse i panni inzuppati d’acqua. Chinatosi le sfilò delicatamente gli stivali e a seguire le calze. Lo aveva fatto tante volte.

Prese ad asciugarle e massaggiarle i piedi.

Socchiuse gli occhi.

“Andrè …”

“Si …”

“Non ti è mai pesato fare tutto questo?”

“Sorrise – “No. Mai. E sempre stato il mio lavoro … l’ho sempre fatto pensando che era per te …”

Sollevatasi sui gomiti lo guardò. Poi ricadde nuovamente con la schiena fra le coperte.

“ … Andrè …”

“Si …”

“Se ti dicessi di avere paura ?...”

Una piega gli attraversò la fronte – “Tu non conosci la paura” – rispose.

Le slaccio i pantaloni liberandola definitivamente da ogni costrizione.

Lentamente si infilò sotto le lenzuola rannicchiandosi.

Seduto sul bordo del letto rimase a fissarla.

“Ho paura …”

“Di cosa? Siamo un bel gruppo e riusciremo nel nostro intento. Il piano funzionerà. Tutto è stato pianificato nei minimi dettagli”

“Thomas mi avrebbe già proibito di andare a cavallo … non voglio perdere questo bambino”

Rimase ad ascoltarla in silenzio.

Provò una tenerezza infinita.

Conosceva bene ogni sua fragilità nonostante le nascondesse con abilità. Una vita al suo fianco.

Il suo occhio era abituato ad andare ben oltre a ciò che voleva apparire.

Si adagiò su di lei stringendola.

 

Il luogo era tranquillo.

Tuttavia Oscar fece molta fatica a riposare nei due giorni successivi.

Insofferente. Ogni piccola cosa la innervosiva. E per questo stava per lo più sola, chiusa in camera. Era capace a rimanere ore seduta di fronte alla finestra a fissare un punto indefinito.

Andrè non voleva assolutamente darle noia. Comprendeva perfettamente il suo stato d’animo.

Sapeva che i silenzi erano per lei la miglior arma per elaborare meglio le situazioni difficili da gestire. Prima o poi lo avrebbe coinvolto in qualche strana conversazione e li si sarebbe aperta.

“Se dovevamo fare una vacanza potevamo scegliere un posto meno umido. Sono due giorni che piove.”- Gerome diede un calcio ad una sedia –“Hai deciso che cosa fare?”- rivolgendosi alla sorella – “Mi sono seccato di star dietro a quella bionda … e poi prendi una decisione una volta per tutte con Alain. Che senso ha scoparselo una volta ogni tanto?”

Un sonoro ceffone lasciò il segno di tutte e cinque le dita sulla guancia del fratello –“Sparisci dalla mia vista”- fulminandolo con lo sguardo.

“Caspita se siamo permalose”- massaggiandosi la faccia –“perché non è forse così? E’ sufficiente che lui compaia sulla tua strada che gli sbavi dietro …. anzi, vi sbavate dietro reciprocamente. E decidetevi una volta per tutte. Lui è sempre stato pazzo di te. E tu? Hai pensato cosa provi esattamente per lui? Sono anni che vi prendete e mollate in continuazione.”

Avanzò di un passo atterrando con lo stivale sul piede del fratello –“Sparisci. Non te lo ripeto più”.

Gerome si allontanò dolorante e lei rimase sulla porta a guardare Alain che passeggiava di fronte al casolare sotto la pioggia.

Eppure non le aveva che detto la pura verità.

 

Un gran trambusto … ed ecco … l’unico fuggito da Le Conquet si presentò al suo cospetto – “Signore …”

Bouillè si alzò di scatto dalla poltrona - “Dov’è la bambina? Dove sono gli altri?”- grugnì con ferocia.

“Purtroppo è accaduto un incidente”- il tono costernato –“ … ecco … sono stati catturati … e …” – il capo chino, visibilmente provato.

“Dov’è?”- inveì avanzando verso di lui.

“Purtroppo … ecco … non siamo riusciti a prenderla”.

“L’ennesimo buco nell’acqua! Lavorare per voi è sfinente. Vi servite veramente di incapaci”- il cappuccio a coprire il volto incurvando la bocca in un sorrisino ironico.

Afferrata una delle tende la tirò con uno strattone sganciandola e facendola cadere pesantemente a terra – “Tacete ! Che siate maledetto! Se aveste fatto pure voi il vostro lavoro in precedenza – stringendo i pugni e fissandolo con sguardo minaccioso –“ … tacete … che il diavolo vi colga!!”- puntandogli la pistola.

L’Ombra inizialmente indietreggiò. Poi si avvicinò quasi a sfidarlo - “Sparate. Sparate pure. Ricordate che verrete all’inferno con me”-  continuando a ridere.

La tentazione fu quella non di sparargli ma di colpirlo. Trattenne a stento la mano.

Ancora una volta doveva fermarsi  e considerare il fatto che quell’essere viscido”,come lo definiva lui, in fin dei conti gli serviva. Tutto sommato aveva escogitato piani perfetti. L’errore era stato dei suoi uomini. Una vera delusione. Ma al momento giusto aveva fallito anche lui … lei era riuscita a fuggire e tutto era iniziato a precipitare.

A questo punto che cosa poteva … doveva fare?

Aveva scommesso tutto sulla figlia, l’unico appiglio certo per poterla riportare a sè.

Rimuginò sugli accordi presi con il duca di Glouchester. Non poteva certo tirarsi indietro, era in gioco la sua reputazione, proprio ora che era entrato nelle sue grazie ed era a un passo da quelle del sovrano inglese.

Come? Come avevano potuto fallire? Quegli uomini erano i migliori, ben preparati. Che cos’era successo per far saltare tutto?

Doveva tenerselo buono. Era il suo asso nella manica. Solo con lui avrebbe potuto raggiungere i suoi diabolici scopi. La voleva. A tutti i costi. I Bouillè erano un casato troppo importante. Non poteva morire.  E lei era la donna che gli avrebbe dato un erede tutto suo. Al diavolo quella bastardella.

Oscar era giovane. Avrebbe potuto dargli un seguito notevole. Perché accontentarsi di uno solo?

Alzò lo sguardo verso quell’incappucciato e poggiando rumorosamente le braccia sul tavolo esplose in una risata – “Volete la guerra Oscar? Sono pronto. Vi aspetto!!”

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Capitolo 70
*** APPUNTAMENTO CON IL NEMICO ***


Trangugiò quel che restava nel boccale passandosi il dorso della mano sulla bocca.

Alzò gli occhi – “Comandante …”- un cenno col capo.

“Posso?”- sollevando una sedia.

Alain le fece segno di accomodarsi – “Gradite?”- per offrirle da bere.

“Preferisco di no”

“Volete rimanere lucida ….”- osservò.

Oscar poggiò i gomiti sul tavolo – “Pensieri?”

“Direi che per quelli posso tranquillamente farvi compagnia”- portò uno stuzzicadenti fra le labbra.

“Mhh….”

Si accorse di un lieve tremore delle mani.

Sollevò appena lo sguardo. Pallida …. Quella donna in fin dei conti era umana. Leah glielo aveva detto e ripetuto più di una volta. Ma lui, nonostante l’infinita stima, aveva sempre fatto fatica a crederlo. Dispensava pochi sorrisi, lo sguardo fiero, serio. Si, di cambiamenti ne aveva notati nel tempo –“Siate fiduciosa. Tutto si appianerà”- volle incoraggiarla.

“Ne sei così certo?” – in un filo di voce.

Quegli occhi non erano più schegge di ghiaccio, ma ritagli di cielo velati di tristezza.

“Si”- con fermezza.

Alzatasi, fece per andarsene – “Alain …”

“Oscar …” – gli venne spontaneo.

“Non fare l’errore che ho fatto io.  …. Leah sarebbe felice per te”

Sgranò gli occhi scioccato da quelle parole, seguendola con lo sguardo mentre si allontanava.

 

Non era poi così difficile assecondare i suoi lunghi silenzi. Quante volte lo aveva fatto.

Doveva solo attendere che fosse lei a cercarlo. Uno sguardo, un sospiro … una parola.

Una coperta buttata sulle spalle.

In quei giorni aveva dormito si e no un paio d’ore. Tesa, come una corda di violino.

Affondò il cucchiaio nella zuppa mescolando senza nemmeno portarne un poco alla bocca.

Posò una mano sulla sua.

Sollevato lo sguardo, rimase a fissarlo.

“Devi mangiare ….  “- regalandole uno dei suoi sorrisi più dolci. Le sfiorò delicatamente una guancia.

Fu una vera tortura riuscire a terminare la cena. Ma Andrè aveva ragione. Come sempre del resto.

Doveva essere in forze e pensare anche a quella creatura che portava in grembo.

Fecero giusto due passi prima che in lontananza si udissero dei tuoni.

“Rientriamo”- attraversata da un brivido.

 

Immobile sotto la pioggia.

Lo sguardo rivolto al cielo a fissare quelle nuvole plumbee.

“Odio la pioggia”- gli tornò in mente un pensiero di Leah – “Se un giorno per qualsiasi motivo io me ne andassi, promettimi di ricominciare”.  L’aveva stretta a sé rimproverandola –“Smetti di fare certi discorsi”.

Ma lei si era seduta al centro del letto e prendendogli le mani – “Prometti!”

Ebbe la sensazione che lei sapesse che non avrebbe vissuto a lungo.

Era per quello che il destino aveva messo nuovamente Yvy sulla sua strada? Aveva rimuginato tutta la notte sulle parole di Oscar.

Certi gesti nascevano spontanei senza alcun bisogno di domandare, di chiarire …

Al momento di ritirarsi, era salito con lei. Si era spogliato e coricato aveva atteso che ripiegasse gli abiti sulla sedia.

Aveva immaginato di farla salire sul letto e sedere a cavalcioni su di lui. Le mani ruvide e callose accarezzarle i seni … scendere sul ventre, scorrere lungo i fianchi.

Quella voce che, come un tarlo, non faceva altro che ossessionarlo, scavando nei suoi pensieri.

Ad Yvette non aveva mai potuto resistere. Era troppo forte. Non poteva ignorare il fatto che era molto più di una semplice e forse banale attrazione fisica, che per lei provasse ancora dei sentimenti … nonostante tutto.

Come le sere precedenti, si era distesa in silenzio al suo fianco.

Alain le aveva sollevato le coperte fino alle spalle. 

Si era rannicchiata. Piccola, piccola.

L’avrebbe stretta. Forte. A sé. Ma nella sua mente c’era ancora lei. Leah.  Era così doloroso ripercorrere tutto ciò che era stato. Che cosa avrebbe fatto ora?

Ed era rimasta ferma, tutta la notte con quel battito accelerato nel cuore, pieno di spavento di fronte a quell’intimità crescente, che già si respirava nonostante nulla fosse accaduto. Era sempre stata trasparente nei confronti di Alain … ma ora tutti gli equilibri stavano venendo meno, tutte le certezze stavano trasformandosi in fragilità … . Lui. L’unico al quale si era donata. L’unico nella sua vita. L’unico che nonostante tutto amava ancora. L’unico …

Abbassato lo sguardo si accorse di lei che lentamente andava avvicinandosi. Aggrottò la fronte.

Si fermò a pochi passi.

I capelli appiccicati a quel volto dalla pelle diafana ad incorniciare due occhi cerulei da lasciare senza fiato.

“Yvy”- mormorò.

Non aveva bisogno di cercare il coraggio. Con lui era sempre stata spontanea e senza alcun timore.

Gli posò un dito sulle labbra a zittirlo e scosse il capo - “Sai che non durerà”- gli sussurrò.

“Il tempo farà ciò che deve”.

 

Infilò delicatamente le dita in un ricciolo dorato per scostarlo dalla fronte increspata.  Una piega profonda l’attraversava. Nemmeno in quelle poche ore di sonno riusciva ad essere serena.

Rimase così a fissarla in silenzio.

La pioggia tintinnare insistentemente sui vetri.

Buttò un occhio alle fiamme affievolirsi nel camino. Fece per alzarsi a ravvivarlo quando la mano di lei lo trattenne – “Resta”- sussurrò appena.

Giorni di attesa. Difficili. Di tensione. Lo aveva messo da parte ancora una volta, chiudendosi a riccio, escludendolo dai suoi pensieri, dal confidare quale fosse il suo stato d’animo, dalla condivisione come doveva essere tra due sposi.

Come un’ombra, sempre presente continuava a supportarla e sopportarla. La situazione non era delle migliori, ma quando avrebbe dovuto … potuto prendere totalmente in mano quella felicità tanto sognata ed ora finalmente reale?

Aprendo gli occhi lo trasse a sé cingendogli il collo – “Troveremo mai pace?”- accostando la bocca al suo orecchio.

Si lasciò adagiare su di lei stringendola in quell’abbraccio.

Non c’era bisogno di parole. Andrè sapeva leggerle perfettamente nei gesti. Nel’anima.

In quella stretta cercò le sue labbra a dissetarsi di tutto quell’amore che solo lui era sempre stato in grado di donarle. Le dita sottili scivolare sotto la stoffa morbida della camicia alla ricerca di un contatto. Il desiderio di toccarlo, sentire la sua vicinanza ancora di più, in quei giorni così strani in cui a malapena si erano scambiati un paio di parole e pochi sguardi.

Per sentirlo ancora suo sostegno. Per sentirlo suo.

Per sentire ancora quell’appartenenza reciproca.

Rimanere a torso nudo mentre le mani di lei si insinuavano delicate e piene di desiderio a far scivolare via i pantaloni.

Fu un brivido. La sua pelle. Il suo profumo. Quel suo sapere sempre di buono.

Piccoli baci scorrere lentamente sotto il collo a scendere come carezze fino a raggiungere le curve morbide dei seni. E sfiorarli con piccoli cerchi con la punta della lingua … e scendere ancora. Ed il piacere crescere.

Oscar si sollevò sui gomiti a perdersi un secondo nel profondo di quegli occhi che ora la fissavano mentre si faceva strada in lei.

Socchiuse le palpebre e ogni pensiero, tensione, paura si dissolse.

 

Le gambe intrecciate alle sue. Il respiro lieve. Si strinse a lui sollevando la coperta.

“Freddo?” - Sceso dal letto ripose alcuni ciocchi di legno nel camino e ravvivò le fiamme.

Lo seguì con lo sguardo mentre lentamente faceva ritorno tra le lenzuola passandosi una mano tra i capelli. Era bello. Terribilmente bello Andrè. Il suo Andrè. Suo marito. Accennò ad un sorriso mentre si coricava accanto a lei.

“Che hai da sghignazzare?”

“Sono la più fortunata al mondo”- allungando il collo per baciarlo.

“Io di più” – ricambiando quel gesto.

Prese una mano di lui la posò sul ventre – “Lo sento crescere …”

Non ebbe tempo di pensare che qualcuno bussò con insistenza alla porta. Indossò velocemente i pantaloni ed aprì.

“Grandier …. Oscar è qui?”- Mornay parve preoccupato.

La giovane si affacciò –“Che succede Vincent?”

“Ci siamo!”

Lei annuì.

 

I cavalli al galoppo tagliare l’aria fredda dell’alba, avvolti in una nebbia a tratti fitta e bagnata.

Le gocce come piccoli aghi colpirle il volto tirato in una smorfia di turbamento – “ … non dovrei cavalcare”- distolse lo sguardo fisso sulla strada per farlo scivolare sul ventre.

Il drappello incolonnato giunse alle porte della città. Si appostarono nei pressi del cimitero di Bunhill Fields. Lì, avrebbero dovuto attendere gli uomini di Jamie che per giorni avevano tenuto sotto controllo ogni spostamento di Bouillè. Anche gli inviati di Robespierre in breve li avrebbero raggiunti.

Il rumore di zoccoli sul selciato li mise in allarme. Nascosti fra alcune cappelle funerarie, rimasero in silenzio.

Cinque figure non ben definite si fermarono fra le lapidi quasi cercassero qualcosa …. qualcuno.

Oscar si mosse furtiva scrutandone i movimenti, poi uscì allo scoperto.

“Oscar?”

Avanzò fino a trovarseli di fronte – “Vi manda Robespierre?”-

Quello che pareva fosse il loro capo annuì – “Lazare”

Tese la mano –“Ben arrivati”.

Questo ricambiò la stretta.

Solo a questo punto la tensione si sciolse anche negli altri.

“E’ molto che siete in attesa?”- mantenendo un tono basso.

“No. Siamo qui da poco”- accompagnandoli verso il gruppo.

“Soissons?”- quasi bisbigliando al fianco della giovane.

“Foulard cremisi” – mormorò. La loro presenza, ora, era la certezza che qualsiasi cosa fosse accaduta, Alain sarebbe riuscito a tornare in Francia. Glielo doveva.

Sedettero su alcuni gradini. Attorno la nebbia pareva non volersi dissolvere. Ebbe la strana sensazione che fosse tutto troppo semplice. Un piano a dir poco perfetto. Nessun inghippo … . Un brivido le percorse la schiena. Sentì il sangue raggelarsi - “Ho bisogno che portiate via una persona in più “- quasi in un sussurro.

L’uomo aggrottò le sopracciglia – “E’ rischioso ….”

“Stà parlando con Soissons” – indicando Andrè.

Lo scrutò a lungo quasi a voler ben memorizzarne volto e corporatura – “Non posso …”- il tono freddo e distaccato.

“E’ importante”- insistette lei guardando altrove.

“Siamo solo in quattro. Non posso mettere a repentaglio la vita dei miei compagni”

Guardò i due uomini parlottare. Poi si volse verso la giovane – “Nessun altro!” – concluse quasi seccato allontanandosi.

Scrutò Andrè ed Alain da sotto il cappuccio. Loro si sarebbero salvati.

 

Durante questo lasso di tempo Mornay rimase seduto tra i suoi uomini, senza staccare lo sguardo da Oscar.

Più che pena, provava un’infinita tristezza. Uno strano destino il suo … il loro. Una spada di Damocle pendeva sulle loro vite. Quei due giovani non meritavano tutto quell’accanimento di eventi avversi.

Gli occhi fissi su lei e quei “soggetti” che si augurava sarebbero stati di supporto, un buon contributo per portare  termine quella missione. Amici di Bernard? Ad ogni modo non gli era ben chiaro quale fosse il loro ruolo nel piano. La giovane aveva preferito non parlargliene.

 

Lo sentì sederle accanto. Volgendo lo sguardo accennò ad un sorriso.

Un bacio leggero sulla fronte. Un gesto che ogni volta sapeva donarle pace interiore. Si appoggiò alla sua spalla ad assaporare quel momento di piccola intimità … l’ultima? Aveva una disperata necessità di sentirlo vicino. Ora più che mai.

Si assopì.

 

Rimasero appostati fino all’ora di pranzo.

La carrozza di Bouillè sarebbe dovuta passare sul lato est del cimitero. Lì sarebbe scattato l’agguato.

Oscar sentì i primi morsi della fame.

“Quest’attesa è logorante!” – brontolò Alain sul lato opposto della strada spostando uno stuzzicadenti da un lato all’altro della bocca.

Yvy si drizzò in piedi.

“Ehi! Sta giù!”- afferrandola per un braccio.

“Shhhtt …” -  lo zittì. Tese l’orecchio – “Arrivano dei cavalli!”

Gli uomini di Jamie giunsero al galoppo tirando le briglie all’improvviso – “Il piano è saltato! Bouillè ha cambiato tragitto!!”

“Maledizione!”- sbottò Vincent.

In men che non si dica si ritrovarono tutti in sella.

“Sappiamo almeno la strada che percorrerà?”- Oscar si rivolse alle “vedette”.

“Si. Sarà un problema coglierlo di sorpresa . La zona è piuttosto movimentata”

“Andiamo!”- li esortò Alain carico e pronto ad entrare in azione. Pieno di rabbia, si allacciò la giacca.

 

Attraversarono il centro di Londra a loro sconosciuto nonostante avessero preso visione della pianta per comprendere come potersi muovere agilmente prima, durante e dopo.

Giunsero nei pressi del passaggio del generale, troppo affollato per un’azione rapida. Le vie di fuga si presentavano minime - “Siamo certi sia qua?”- rivolgendosi ai due fidati di Jamie.

“Si”- rispose secco uno dei due .

Lei lo scrutò a lungo. Uno strano presentimento s’insinuò nei suoi pensieri. Ebbe la sensazione che qualcosa non quadrasse.

Jerome le si accostò – “Ci appostiamo lassù”- indicando una gradinata fra degli edifici – “Avremo una visuale migliore!”- avviandosi con il fratello.

Dovettero organizzarsi velocemente e prendere immediatamente posizione, quella che li ponesse avvantaggiati nei confronti del nemico.

Andrè l’afferrò per una mano.

Si volse un attimo a cogliere il suo sguardo rassicurante.

Alain sfilò il foulard infilandolo nervosamente nella tasca interna della giacca senza perdere d’occhio Yvette che, nascosta dietro un porticato, caricava un fucile. Sedette poggiando la schiena al muro. Attendere, solo questo bisognava fare. Un cenno di Jerome e Gerard.

Mornay con i suoi al seguito avevano scelto di posizionarsi poco più avanti all’incrocio, in modo da bloccare un’eventuale fuga della carrozza. Il gruppo di Jamie, invece, in quello precedente per convogliare la vettura in una sorta di imbuto, senza via di scampo.

“Vuoi startene in piedi?”- rivolgendosi ad Andrè – “Il comandante non ha bisogno di essere tenuta sotto controllo”- quell’appellativo che faticava a mettere da parte.

Il giovane inspirò a lungo. Aveva ragione … ma non poteva esimersi dal farlo.

Soissons seguì con la coda dell’occhio Yvy allontanarsi per raggiungere i fratelli.

“Ne sei innamorato?”- sussurrò appena Grandier.

Tacque. Era troppo complicato da spiegare all’amico. Accennò ad un leggero sorriso.

 

I gradini due a due per raggiungerli.

Al termine della rampa percorse quel breve viottolo guardando a destra e sinistra alla ricerca dei fratelli. Nulla. Pareva che la città li avesse inghiottiti. Affrettò il passo per vedere se si fossero spostati più avanti. Spariti così all’improvviso? Sarebbero dovuti appostarsi per dare il segnale …. e invece.

Seccata iniziò a borbottare. A volte erano impossibili.

Poi, ebbe una strana sensazione. S’infilò in quella laterale a fondo chiuso.

Il respiro le si bloccò in gola mentre un tremore la scosse. Le lacrime iniziarono a scenderle copiose rigandole le guance.

Jerome e Gerard giacevano a terra in un’unica pozza di sangue. Senza vita.

 

Attendeva silenziosa ed irritata per quell’improvviso stravolgimento del piano.

Accanto al cimitero tutto sarebbe stato molto più semplice. Ora la strada era piuttosto movimentata. Risultava alquanto complesso seguire ogni direzione e ogni appostamento.

Sospirò, quando si accorse di una presenza. Volgendosi si trovò di fronte uno degli uomini di Robespierre - “Non è qui il vostro posto”- puntualizzò tornando con lo sguardo sulla via.

Ma quello tacque.

“Lazare vi ha dato indicazioni precise. Vedete di attenervi a quanto stabilito”.

Il tale non si scostò di un centimetro. Poi -“Come vi sentite ad essere a due passi dall’inferno?”

Sbarrò gli occhi girandosi di scatto.

Un sorrisino ironico - “La vostra fuga termina qui …. Madame Bouillè!”- puntandole la pistola su un fianco - “Abbiate l’accortezza di starvene buona e tranquilla fino all’arrivo del Generale. Non fate gesti inconsulti se non volete che accada qualcosa a vostra figlia”

S’irrigidì attraversata da un brivido di fronte a quelle parole.  No. Non poteva essere che fossero arrivati fino a lei, che quei due maledetti l’avessero strappata dagli affetti e l’avessero portata in Inghilterra.

Sporse il volto in avanti in maniera tale da uscire appena dalla penombra. Lanciò un’occhiata ad Alain ed Andrè nella speranza si accorgessero.

Soissons sorrise – “Ehi … la tua donna ti sta fissando” – canzonò Grandier.

Rimase concentrato su quegli occhi sgranati – “ … qualcosa non va … “- mormorò allarmato.

L’amico aggrottò la fronte… - “Alain … qualcosa non va” – e fece per attraversare.

“NOOO…. Fermi!  E’ un’imboscata!!”- gridò a squarciagola Yvette  dalla gradinata – “Oscar attenta!!”

La carrozza di Bouillè sopraggiunse a gran velocità.

L’uomo alle spalle per un attimo si distrasse.

Una gomitata in pieno stomaco e si piegò in due lasciando cadere la pistola.

“Oscar!”- chiamò Andrè . La visuale intralciata dalla vettura del Generale.

La giovane raccolta l’arma si precipitò verso il mezzo spalancando il portellino.

Eccolo. Bouillè.

Il braccio teso e la pistola puntata diretta verso di lei . Al suo fianco l’Ombra, Morell - “Siete stata veramente sciocca a credere che avrei fatto rientro alla mia tenuta nella consueta maniera essendo a conoscenza che eravate in città. Avete perso tutta la vostra abilità e capacità strategica mescolandovi con la plebaglia”.

Digrignò i denti piena di rabbia.

“Vi consiglio vivamente di salire e sedervi.”- il tono severo.

“Siete sotto tiro!”- minacciò lei.

Il Generale esplose in una fragorosa risata – “Credete? Voi lo siete”- indicando tutti i suoi uomini al seguito puntare i fucili verso Andrè e gli altri.

La gente per la strada prese a correre in preda al panico - “Chiamate le Guardie … “- si levò da quel fuggi fuggi.

“Come avete potuto constatare ho fidati infiltrati dove meno ve lo aspettate. Ed ora siate ragionevole. Deponete le armi, voi e i vostri scagnozzi da quattro soldi … e scegliete spontaneamente di tornare a casa. Non sarà torto un solo capello … in primis al vostro stalliere”

“E’ mio marito!”- precisò fredda.

“No!”- tuonò Bouillè – “Voi siete mia moglie!”- pesando le parole.

“Vi siete bevuto il cervello? Avete ricevuto una scomunica pubblica e quel legame farsa è stato annullato” – lo aggredì.

“Non conta nulla! Voi verrete con me” – ribadì – “ Non vorrete, con il vostro rifiuto, che accada qualcosa a vostra figlia,vero?”

Sgranò gli occhi.

“Al momento sta bene. Ha chiesto tanto di voi …. è diventata proprio graziosa”-

“Voi mentite!”

Morell sghignazzò – “Perderete velocemente tutta quest’arroganza, Jarjayes!”

“Tacete!”- zittendolo

“Come vi permettete!?!”- un gesto per colpirla.

“Cercate di stare al vostro posto!”- lo ammonì il Generale obbligandolo a sedere.

Le parole erano semplicemente assurde. Fissò la canna della pistola. Ora doveva solo rischiare. Il pensiero andò per una frazione di secondi alla sua creatura … e …. con uno scatto si spinse all’indietro rovinando a terra di schiena per rotolare velocemente sotto la vettura.

“Maledetta!”- esclamò l’Ombra sporgendosi dal finestrino – “Fatemi passare!!-“ a Bouillè.

Si udirono degli spari.

“Oscar!”- ad Andrè si fermò il cuore vedendola scivolare sotto la carrozza per poi precipitarsi  in un vicolo laterale.

“Toglietevi … massa di lardo che non siete altro!” – nel tentativo di uscire.

“Come osate?!” – grugnì.

“Sparate! Sparate!”- rivolto agli uomini di Bouillè – “Ve la siete lasciata sfuggire per l’ennesima volta” – mettendo finalmente piede in strada.

Alain afferrò l’amico per il collo della giacca tirandolo indietro – “Dai muoviti!” - Dovevano assolutamente raggiungere Oscar e riunirsi a Mornay e Jemie. Ma dov’erano? Che cos’era successo?

In lontananza alcuni uomini del Generale sparare nella loro direzione.

“Oscar …. dove ti sei nascosta?!!”- l’unico pensiero girando l’ennesimo angolo di una strada nel tentativo di trovarla e nel contempo di seminare gli inseguitori.

 

Prese fiato.

Le spalle poggiate al muro. Gli occhi chiusi facendo boccate d’aria.  Aveva perso molto dell’agilità di qualche anno prima. Si piegò in avanti, le mani sulle ginocchia. Ebbe la sensazione di un giramento. Richiuse gli occhi, deglutì. Doveva tornare indietro a cercare Andrè e gli altri.

Si accorse di perdere sangue da un braccio. Un colpo esploso probabilmente l’aveva presa di striscio.

Mornay e i suoi erano spariti e … doveva dunque ipotizzare che gli inviati di Robespierre fossero in realtà degli impostori?

La pistola era scarica quindi inutile. E la spada? Era rimasta a terra in quel vicolo poco prima dell’agguato. - “Che stupida” – si rimproverò di non averla raccolta prima di balzare sul predellino della carrozza del Generale.

Ripercorse cautamente quella strada a ritroso, tendendo l’orecchio a voler catturare voci a lei note e ritrovandosi all’imbocco di quel vicolo dove giacevano i corpi senza vita Jerome e Gerard.

Sconvolta – “Che siate maledetto!”- mormorò. Povera Yvy. Lei che in quella storia ci era capitata per caso … per seguire Alain.

E volgendosi se lo trovò li, a pochi passi.

“Siete veramente convinta di riuscire a fuggire anche questa volta?”

Impietrita si domandò come avesse fatto a trovarla. L’Ombra sempre alle spalle. Priva di mezzi per difendersi lanciò qualche occhiata attorno quando alla sua destra Alain fece scivolare verso di lei la spada – “Comandante!”- a richiamare l’attenzione.

Chinatasi l’afferrò velocemente sguainandola.

Bouillè esplose in una fragorosa risata – “Comandante”- la canzonò. Il volto si fece presto scuro – “Sarà un vero onore ed una completa soddisfazione battersi con mia moglie e sottometterla al mio volere, finalmente!”

“Non sono vostra moglie!!”- fiondandosi su di lui.

Le lame incrociarsi stridendo in un colpo secco.

Eccolo il suo aguzzino. Faccia a faccia con quella bestia.

“Quanto siete irruente”- trattenendola a sé –“Vi domerò mia cara” – inspirò profondamente il profumo dei suoi capelli – “Non potete immaginare quanto io vi desideri”

Lo allontanò con forza.

“E ora venite avanti”- la sfidò.

Oscar non si fece pregare e si avventò nuovamente sull’uomo.

Alain impugnò la pistola.

“Sei impazzito … potresti colpirla!”- Andrè gli afferrò il polso.

“Che stiamo a fare qui, allora. Maledizione!” – furioso.

I due ferri stridere al contatto violento. La giovane non risparmiò alcun colpo. Tuttavia il Generale le tenne testa senza alcun problema.

Un passo falso indietreggiando, Oscar perse l’equilibrio e Bouillè ne approfittò per disarmarla.

Strinse gli occhi cadendo sul braccio ferito rimanendo a terra dolorante.

“Ah  ah ah! Siete la mia preda preferita!”

La giovane fece forza sulle gambe riuscendo ad alzarsi. E  con la schiena appoggiata al muro sollevò lo sguardo.

 “Smetti di lamentarti schifosa”- ruggì –“Ed ora arrendetevi se non volete che la vostra amichetta faccia la fine dei suoi fratelli”- trascinando la ragazza sui gradini – “Che cosa credete di fare?” – la risata di Bouillè fece eco lungo le scale – “Pensavate veramente di cavarvela?!”- un coltello al collo di Yvette –“Non credo vorrete avere sulla coscienza una povera vita innocente”- con ironia.

 “Sparagli!” – la voce strozzata della giovane – “Uccidilo!”.

Avanzò – “ Lasciatela andare. Lei non c’entra nulla.”

L’uomo strattonò la ragazza.

Il volto tumefatto ed un taglio sul labbro.

“Vigliacchi!”- montò la rabbia.

“Sapete bene cosa fare.”

“Alain, non lo fare ... “

Soissons strinse con rabbia la pistola.

“Non otterrai nulla … solo guai con le leggi inglesi ..”

“Madame Bouillè … quanta saggezza!”- sghignazzò l’uomo.

“Lasciatela andare. E’ me che volete” – le mani sollevate per aria.

“Alain spara … spa … ra”- Yvy in un filo di voce strozzata.

“No Alain … la vita di ogni uomo è sacra … non è giusto uccidere qualcuno … sebbene in questo caso sia della peggior specie … esiste una legge. E quella è la migliore delle condanne”

“Oh…. Che animo nobile”- la canzonò Morell.

“Oscar … non lo fare!”- supplicò Andrè sbiancando.

“Lasciatela. Sono qui”

Il braccio teso. Alain teneva sotto tiro Bouillè.

“Pensate bene a ciò che fate. Non ne uscirete vivo. Il Generale gode della protezione di sua maestà”- minacciò l’Ombra.

“Ti supplico. Riponi l’arma Alain”- un passo ancora per consegnarsi al nemico.  Due vite erano in gioco ed il rischio era che ci prendesse di mezzo anche Andrè.

Morell avvicinatosi ai due, afferrò la mano del Generale e la fece scorrere veloce al collo di Yvy.

“Noooo!” – un gridò si levò.

La giovane scivolò a terra. Le mani portate alla gola.

E l’ira esplose – “Vai all’inferno!”- digrignando i denti.

Un colpo tagliò l’aria. Preciso. Uno.

Gli occhi sbarrati fissi su di lui. Il volto contratto in una smorfia di stupore. Le mani sciogliere la presa dalla giovane e contrarsi –“ Maledet …”

Oscar afferrò tra le braccia Yvette –“ Che hai fatto!”- rivolgendosi all’ex soldato.

La figura di Bouillè ricadde all’indietro con tutto il suo peso strabuzzando gli occhi. Il sangue schizzare dalla fronte dell’uomo andando ad imbrattare volto ed abiti di Morell che resosi conto di essere alle strette, raccolse il coltello lanciandole un’ultima occhiata – “Non finisce qui!”- allontanandosi di corsa.

L’eco dei soldati di sua Maestà poco distante.

Oscar sfilò veloce la giacca strappando una manica della camicia, portando le mani al collo della giovane a premere con forza sul taglio –“Che hai fatto !?!”- continuava a ripetere. Il cuore in pieno petto pulsarle quasi a voler esplodere fissando sconvolta Alain.

 “Yvy … Yvy …” – riverso sulla giovane senza dar peso alla gravità della situazione in cui si era cacciato – “Ti prego … resisti”

“Alain … tu sei pazzo!”

Ed ecco sopraggiungere gli uomini di Robespierre.

“Portateli via subito!” ordinò Oscar

“La ragazza non è …”

“La ragazza viene con voi!”- li gelò.

“Non è lei che …”

“Portateli via!”

“I soldati!!!”- qualcuno gridò.

Sollevato lo sguardo vide Andrè rincorrere Morell.

“Comandante … “- verso la donna.

Un’occhiata all’ex soldato.

“Andate a prenderlo. Questa è l’ultima occasione”- il tono burbero e fermo

“Ma Yvy ….”

“Andate.  Andrè ha bisogno di voi. Non può farcela da solo”

“Tenete”- uno degli uomini di Robespierre le restituì la spada.

Una corsa sfrenata per raggiungere il giovane – “Andrè ti prego, non fare pazzie!” - Il rumore degli stivali echeggiare lungo quel vicolo stretto e umido.

Un suono di lame stridere poco lontano.

Andrè era rapido nei movimenti ma non quanto lo fosse quel Morell.

Lo vide schivare un colpo, poi un altro. L’Ombra si accaniva con una ferocia indescrivibile ma il giovane rispondeva con forza.

Ogni colpo era un sussulto per il cuore di Oscar. Gli occhi puntati sui duellanti. La pistola … avesse avuto la pistola. Sarebbe bastata una pallottola per ferire quel maledetto per renderlo innocuo.

Sbalordita di fronte a quanta forza avesse quell’essere che di umano non aveva proprio nulla. Magro, il volto scavato. Con il cappuccio le pareva di vedere la morte in persona. Agilità e cattiveria erano tali da sovrastare Andrè.

“Jarjayes …”- finalmente una presenza amica.

“Vincent!” – in un filo di voce strozzato.

Gli allungò una pistola – “C’era un infiltrato. Hanno teso una trappola anche a noi”

Quasi non udì le sue parole. Afferrò l’arma e la puntò verso Morell. Talmente veloce nei movimenti da non riuscire a prendere la mira. Quando finalmente  un attimo rimase immobile, realizzò che avesse disarmato Andrè.

Con un sorriso tra il compiaciuto ed il diabolico - “Ed ora... addio!!” – la lama affondò in tutta la sua lunghezza.

Quel nome urlato con tutta se stessa nell’esplodere un colpo. Sbiancò.

Si sentì morire.

 

 

 

 

 

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Capitolo 71
*** IL BUIO OLTRE ***


Un forte dolore.

Piegata in due, gli occhi a fessura e la mente alla ricerca di qualche ricordo. Il tentativo di rimettere insieme frammenti di memoria ed immagini.

“Oscar …” – qualcuno pronunciò il suo nome. La voce ovattata, nelle orecchie ancora l’eco bruciante di quel colpo esploso. Poi nulla.

“Oscar …”- udì nuovamente.

Perse i sensi.

 

Gli occhi sbarrati. Le mani e la giacca imbrattate di sangue – “Andrè! Andrè!”- quel grido disperato spezzarsi in gola mentre lo stringeva tra le braccia.

Non udì più alcun suono o rumore.

Vide gli uomini di Mornay piombare su Morell e Vincent chinarsi su di lei e il giovane.

Le lacrime scorrere e quel dolore intenso, poco sotto a cinta. Il frastuono dei soldati mescolati alla folla incuriosita e spaventata allo stesso tempo.

Un ronzio continuo mentre la trascinavano via da quel luogo.

“Oscar …”

A fatica riuscì finalmente ad aprire gli occhi –“Dove sono …?”- sibilò – “… che cosa … che cosa è successo?”

Jamie le posò le mani sulle spalle – “No, dovete stare a riposo”

“Ma io …”-

“Il dottore ha proibito assolutamente che vi alziate”

Un barlume – “Andrè? Dov’è Andrè?”- nel tentativo disperato di sollevarsi. Ma quel dolore la piegò per l’ennesima volta.

“Non dovete assolutamente alzarvi. Almeno per qualche giorno ancora”- Anne, la sua compagna le sistemò i cuscini dietro le testa.

“Voglio sapere cos’è successo ad Andrè!”- si agitò.

“State giù!”- le impose –“Volete forse perdere il bambino?”- secco.

Le parve che il cuore rallentasse del tutto i battiti. Le labbra socchiuse. Il respiro trattenuto. Deglutì lasciando scorrere lo sguardo verso il basso e sollevando appena le coperte, una fasciatura ben stretta le avvolgeva il bacino e quella piccola macchia rossa spiccare fra tutto quel bianco.

Si adagiò fra le lenzuola. Gli occhi sbarrati a fissare le travi del soffitto.

“Avete ferito Morell, ma un colpo, non sappiamo proveniente da dove, vi ha colpito. Forse uno degli uomini di Bouillè.”

Stette in ascolto senza volgere lo sguardo sull’uomo –“Vi prego … ditemi di Andrè”- in un filo di voce.

Jamie non rispose.

Il viso ricadde lateralmente sul cuscino. Quel silenzio … una pugnalata al cuore.

 

Non aveva avuto nemmeno il tempo di fiatare e chiedere di Oscar e Andrè.

Lazare ed i suoi lo avevano portato via con Yvette immediatamente dopo l’uccisione del generale. Erano stati attimi concitati. Nemmeno si era reso conto di quanto stesse accadendo attorno a lui preso solamente dalle condizioni della giovane.

In breve si erano ritrovati in un luogo probabilmente nei pressi del porto. Ne percepiva il profumo del mare.

Le finestre oscurate, un silenzio costante fra quelle quattro mura.

Era rimasto in un angolo mentre un tale con una profonda cicatrice sulla guancia, armeggiava sulla giovane con pezze, ferri vari. Non riusciva a vedere. L’uomo, appena illuminato dalle fiamme del camino, gli dava di spalle. Accanto a lui una donna. I capelli rossi raccolti in una cuffietta, le maniche della camiciola arrotolate fino ai gomiti, le braccia grosse.

Un tempo infinito. Poi l’aveva vista finalmente, eccola. Distesa, immobile su quella tavola. Il collo fasciato fino alle spalle.

L’uomo si era accasciato su una sedia. Il volto sudato. Le mani sporche di sangue. Gli aveva rivolto lo sguardo –“Ho fatto il possibile. Se credete in un Dio, non vi resta che pregare”.

L’avevano spostata su una branda a lato del camino. La donna era riuscita a toglierle gli abiti e con una spugna strizzata, l’aveva ripulita. Sistemato tutto, aveva scaldato della zuppa di cipolla. Aveva riempito un piatto, versato dell’acqua fresca e lasciato del pane con un pezzo di formaggio –“Se avete bisogno bussate alla parete. Io e mio marito siamo nell’abitazione affianco. Qui non vi cercherà nessuno. Nessuno sa di questo piccolo magazzino”.

Preso uno sgabello si era seduto accanto a lei. Afferratale una mano l’aveva tenuta stretta tutta notte.

 

Erano giorni che nevicava. Nella stanza si stava bene. Le fiamme nel camino venivano costantemente ravvivate.

Lo scoppiettio della legna la risvegliò. Aprì lentamente gli occhi. Le tempie pulsarle a tal punto d’avere la sensazione che la testa volesse esplodere. Un senso di nausea la fece girare su un fianco. Troppo debole per riuscire a sollevarsi eppure si fece forza. A piedi nudi si trascinò fino alla porta appoggiandosi al muro con le mani. Si ritrovò sul pianerottolo, come un fantasma – “Andrè …”- mormorò appena, sentendosi morire dentro.

Qualche passo e aggrappandosi alla maniglia della porta della stanza accanto l’aprì.

Il respiro in affanno. Si toccò la fronte. Doveva avere la febbre molto alta.

Nella penombra della camera notò un letto. I passi le parvero così pesanti per riuscire ad avvicinarsi. – “Oh mio Dio!”- scivolando con le ginocchia a terra – “Andrè …”- aggrappandosi ad una sua mano. La sentì gelida. –“Andrè … ti prego rispondimi”.

Qualcuno entrò e sollevatala a forza la ricondusse nella sua stanza – “Lasciatemi, vi prego. Voglio vedere Andrè. Ditemi qualcosa. Parlate.”- ma quel dolore ricomparve.

“ Jarjayes dovete starvene a letto. Lo volete capire o no?”

“D’accordò ….”- ebbe la forza di rispondere – “Ma ditemi di Andrè … vi supplico”

“Non vi fa bene agitarvi. Cercate di stare tranquilla. Se seguirete quanto continuo a ripetervi andrà tutto bene”- richiudendo la porta.

Forse doveva mettersi il cuore in pace. Lui era lì, nella stanza accanto. Non sapeva nulla delle sue condizioni di salute. E lei non aveva scelta. Chiuse gli occhi. Doveva solo sperare.

La febbre la tormentò tutta la notte.  Ogni tanto si accorse di Anne venirle a fare impacchi con pezze fresche.

Sul far del mattino prese sonno, uno di quelli tranquilli, di quelli che riposi e non ti rendi conto di nulla.

Fuori la neve cadere copiosa mescolata al vento del nord.

 

La donna passava ogni giorno. Le cambiava la medicazione, portava i pasti al giovane e si assicurava che il camino restasse sempre acceso.

“Mhm … “- controllando la ferita –“direi che ci siamo.”

Nello stesso momento entrò il marito e chinatosi su Yvette guardò e riguardò dove aveva cucito. Poi volgendosi ad Alain –“Un paio di giorni ancora. La prima nave salperà poco dopo mezzanotte. Vi verranno a prendere”

Probabilmente quel tale, Lazare … si, sicuramente parlava di lui.

Non appena lasciarono la stanza, sedette accanto alla giovane. Fece un profondo sospiro vedendola ancora ferma immobile in quella branda. Si accorse allora dei suoi occhi aperti – “Ehi!”- sfiorandole la guancia.

Tentò invano di emettere anche solo un suono e non sentendo la propria voce sentì le lacrime pungerle gli occhi.

“No, non sforzarti. Non ora. Cerca di stare tranquilla. Tutto andrà bene”. L’aiutò a sollevarsi un po’. Presa dell’acqua, gliela diede a piccoli sorsi – “Fra qualche giorno ce ne andiamo.”

 

Il tempo pareva non trascorrere mai.

Finalmente una mattina Anne la trovò sfebbrata. Rimosse la benda. La ferita andava rimarginandosi lentamente.

Oscar la vide uscire sul pianerottolo e parlottare con Jamie.  Intravvide il suo sguardo scrutarla ripetutamente mentre gesticolava animatamente. Fu allora che lui socchiuse la porta.

Rimase in silenzio in attesa di udire i loro passi lungo le scale. Solo quando fu certa fossero scesi, si alzò. Doveva tornare nella stanza da Andrè.

Attorno il buio. Il camino che in precedenza con le sue fievoli fiamme aveva illuminato l’ambiente erano completamente spente.

Quel letto vuoto. Le parve che il cuore le balzasse in gola e tornata vicino alle scale – “Dov’è?”- gridò

Jamie le percorse con un paio di falcate raggiungendola –“Tornate nella vostra camera!”

Ma con un’occhiata lo gelò –“Ora basta! Che cosa mi state nascondendo? Dov’è Andrè? Era in quel letto!!”

“Avevate la febbre alta”- puntualizzò.

Oscar lo afferrò per il collo della giacca –“Non vi azzardate a darmi della pazza. Voglio sapere dov’è”

L’uomo si incamminò verso la sua camera –“Dovreste pensare a vostro figlio”

“Non preoccupatevi di questo e rispondete”

“Un abbaglio dovuto alla febbre alta”

Sbarrò gli occhi – “Per chi mi avete presa?”

“Riposate. A breve rientrerete in Francia”- richiudendo la porta.

Rimase ferma al centro della stanza, scioccata per la situazione decisamente assurda.

Alain e Yvette sicuramente avevano già raggiunto il suolo francese con Lazare. Mornay? Dov’era finito? E i suoi uomini? Ma soprattutto Andrè? Non poteva essere stata una visione, un delirio. Lui era stato in quella stanza.

Scese le scale aggrappandosi allo scorrimano livida di rabbia – “Voglio la verità!”- quand’ecco Vincent, seduto al tavolo, bisbigliare con Jamie – “Voi?”

Scostata una sedia la invitò ad accomodarsi –“Jarjayes … prego “

Avanzò fredda fino a trovarselo di fronte – “Ora voglio la verità. Tutta”

Le fece cenno di mettersi comoda.

“Non ne ho bisogno. Posso ascoltarvi anche in piedi”

“Vi suggerisco di mettervi a sedere”

“Parlate Mornay. Che cosa sono tutti questi misteri?”

La fissò dritto negli occhi senza far trasparire alcuna emozione –“La lama è andata molto a fondo … troppo …”

“Vincent … Andrè era in quella stanza!”- battendo i pugni sulla tavola.

“Vedete di riprendere in mano la vostra vita senza vostro marito”- la interruppe.

“Siete impazzito? Che cosa significa?”

“Significa che tornerete a casa sola. E vi prego di non chiedermi altro”

Le si raggelò il sangue – “Vi da di volta il cervello?”

“Avete una figlia che vi aspetta e un nuovo bambino in arrivo. Tornerete a Le Conquet”

Perché non voleva darle risposte esaurienti? Cos’era accaduto ad Andrè?

Si strinse in un brivido –“Voglio vederlo … è mio marito … è il padre dei miei figli …”

“Oscar … “

Dunque … era morto? Era questo che voleva farle capire?

“Voglio la verità”

Mornay fece cenno a Jamie di lasciarli soli.

“Promettete di partire con la prima nave disponibile”

“Non potete chiedermi questo …  Se dovete dirmi che Andrè è morto … fatelo!”

“mhmm …”- mugugnò.

“Vincent ora parlate. Non ho alcuna intenzione di prendere ordini ne da voi tanto meno da Jamie o qualcun altro. Tornerò in Francia ma con Andrè vivo o morto che sia. E’ chiaro?”

“Così non farete che peggiorare la situazione”

“Peggio di così non potrebbe andare. Mi avete dato da intendere che non sia delle migliori.”- aggrottando la fronte – “Credevo ci volesse aiutare …”

“Jarjayes … ho sempre avuto un profondo rispetto e nutrito affetto per entrambi. Mi offendete”

Scostando lo sguardo abbassò appena gli occhi – “Perdonate … non era mia intenzione”- poi tornando a fissarlo – “Mettetevi nei miei panni … vorrei solo un po’ di pace con mio marito e i nostri figli … lo capite?”

L’uomo sospirò – “Ho fatto trasportare Andrè da un amico, in un luogo sicuro. La lama è andata a fondo. Ha perso molto sangue e pare vi siano lesioni importanti. Non mi hanno dato grandi speranze … “

Un gelido silenzio calò su entrambi.

“Mi spiace … avrei voluto darvi notizie migliori … . Ora voi dovete tornare in Francia. Maddie vi aspetta ed avete bisogno di riposare, riguardarvi …

Rimase avvolta da un senso di smarrimento. Doveva dunque arrendersi al volere del destino? Le parole di Mornay erano state più che chiare. Non poteva fare nulla. Ora le restavano solo i suoi bambini.

“Che cosa, che cosa devo fare?”- accarezzando l’anello al dito. Partire e tornare sola dalla loro piccola? Imbarcare anche Andrè ? Attendere che le sue condizioni … ? Non poteva avere dubbi su Vincent. Amava Andrè come un figlio e non poteva non volere che il suo bene e quello di entrambi.

Lui le avrebbe detto di andare. Mornay in fin dei conti, non aveva tutti i torti.

Ingoiò le lacrime e quel dolore che le stringevano lo stomaco –“Vi chiedo solo di fare il possibile … per i suoi figli”- allontanandosi –“Fatemi rientrare in Francia il prima possibile”. Si, Andrè avrebbe voluto così.

 

Quell'attesa era divenuta snervante. Alain iniziava a spazientirsi.

Ricurvo sulla poltrona, la testa tra le mani, immerso in un’infinità di pensieri.

Erano riusciti finalmente a salire su quella nave diretta in Francia. Lazare li aveva riportati a casa –“La ragazza deve rimettersi. Il viaggio sarà lungo. Appena avremo notizie di un imbarco sicuro per l’America vi contatterò tramite Bernard”.

Ora sapeva.

Oscar aveva organizzato tutto. Era consapevole a cosa sarebbero andati incontro sul suolo inglese. Si era assicurata che qualcuno lo portasse lontano. Non solo lui. Anche Yvette. Bouillè era morto. Per mano sua. Se lei non avesse escogitato quella sorte di fuga ora sicuramente si sarebbe ritrovato dietro le sbarre … e chissà … Già. Oscar …

Mornay, nonostante ancora in terra inglese, aveva pianificato il loro rientro mettendo a disposizione la piccola dependance all’allevamento e contattando il dottor Schoenlein per una visita accurata a Yvette.

Provava un profondo senso di colpa per averla trascinata in quella sporca faccenda, sebbene non l’avesse costretta. Aveva scelto di seguirlo nonostante la contrarietà dei fratelli.

Era rimasta sola. Come lui, del resto.

Un rumore di passi gli fece sollevare lo sguardo.

“Alain!”- Stupita. Oscar non si aspettava certo di trovarlo li.

“Comandante!”- balzando in piedi.

“Mi fa piacere trovarti qui … Yvette?”

“Il dottor Schoenlein la sta visitando … beh, oramai è più di un’ora che … ma … Andrè? Dov’è Andrè?”

Gli occhi si fecero lucidi non trovando le parole.

Qualcosa doveva essere andato storto. Scosse il capo – “Ditemi che non è vero”

“Non so cosa dirti Alain. E’ rimasto gravemente ferito … Mornay lo ha fatto trasportare presso un medico del luogo. Non avevo scelta … dovevo partire”

Avanzò lentamente tendendole la mano, ma poi trovandosela di fronte si rese conto non fosse più in grado di trattenere le lacrime – “Alain io …”

L’accolse tra le sue braccia mentre il volto si posava sul suo petto e si lasciava andare.

Ricordò quando prima di tuffarsi in quell’avventura, febbricitante lo aveva strattonato supplicandogli disperatamente un bacio.

“Quella è una donna da ammirare, non da amare”- aveva rimproverato un giorno Andrè. No. Si sbagliava. Oscar era una donna da ammirare ed amare all’inverosimile. E l’unico poteva essere lui. Nessun altro. Grandier era la sua ombra, la sua metà. Andrè e Oscar erano una sola cosa. Lo erano sempre stati.

Provò un senso di serenità tra quelle braccia. Si, Alain era veramente una grande persona. Un vero amico. Nonostante quanto accaduto con Leah, non si era tirato indietro in quel momento di bisogno di aiuto a livello di forza ma anche come sostegno morale. La fiducia era reciproca.

“Comandante …”

“Smettila … non sono più il tuo comandante”- in un accenno di sorriso spezzato dai singhiozzi.

“Non perdete la speranza”- le sussurrò – “siate forte, soprattutto per i vostri figli. Andrè vi chiederebbe questo”

Abbassando gli occhi si sciolse lentamente da quella stretta – “Dovrò esserlo per forza”- asserì.

La porta dello studio di Thomas si aprì –“Jarjayes … che sorpresa vedervi! Ne è trascorso di tempo”

“Spero di non essere stata inopportuna a passare … “

“State scherzando. Termino la visita e sarò subito da voi” - Poi rivolgendosi ad Alain – “Soissons … prego, venite”

Yvette gli si avvicinò.

“Chiunque abbia messo le mani sulla ragazza non era certo un medico”- puntualizzò greve –“ tuttavia è stato veramente attento ed accurato nel gestire il taglio “- posando una mano sulla spalla della ragazza –“Ora vi prego di ascoltarmi. Ci sarà bisogno di fare molto esercizio, ogni giorno, essere costanti. Non tornerà la voce come prima, questo è decisamente impossibile. Ma … la voce tornerà”

Ad Yvy si illuminarono gli occhi come mai prima.

“Dovete sentire il desiderio di riprendere a parlare, con calma … non dovrete avere fretta. I risultati non li otterrete dalla mattina alla sera. Costanza e calma” – ribadì –“Passate domani, vi preparerò un vademecum da seguire alla lettera”

Uscendo dalla stanza le due donne si incrociarono – “Yvette, sono felice di vedere che stai bene”

La ragazza le afferrò le mani stringendole forte –“Grazie, vi devo la vita”- sillabò con le labbra.

“Alain, ti prego, passa a trovarmi. Mi farebbe immenso piacere”

 

Le pareva così strano essere finalmente a Le Conquet, fra quelle mura, a casa.  … essere senza Andrè …

Un sospiro, pieno di tristezza, leggero per non disturbare il sonno della sua piccola Maddie.

Le era corsa incontro, le braccia tese e chiamandola a squarciagola – “Mamma, mamma …” – gli occhi illuminati da una gioia incontenibile.

“Quanto ti ho fatto soffrire, amore mio” – le dita sottili infilarsi in  quei riccioli dorati.

La piccola riposava serena stretta a lei.

Era stanca, molto provata. La traversata era stata pesante soprattutto per via della tempesta nella quale si erano imbattuti.

Ora era con i suoi cari. Aveva rivisto Alain, Yvy era viva e tutto sommato stava bene.

“Voglio parlarvi molto chiaramente. Il vostro comportamento è stato da vera incosciente. Il freddo, la pioggia, il viaggio lungo, andare a cavallo! Per non parlare della scarsa alimentazione, se non addirittura assente. Oscar, siete avanti con gli anni, questa è la maniera più efficace per non portare a termine una gravidanza”

Le venne spontaneo stringere i pugni. Non le andava giù essere rimproverata come una mocciosa. Non era certo una sprovveduta. Ma Thomas aveva inequivocabilmente ragione. Pertanto rimase in silenzio di fronte a quella lavata di testa.

“Mi auguro per voi che non vi siano state ripercussioni sul nascituro … “

Un brivido la scosse.

“Il fatto che con Madeleine sia andato tutto bene non esclude che non lo sia in questo caso” – senza nascondere la sua preoccupazione – “Riposo assoluto, massima tranquillità, alimentazione equilibrata … riposo, riposo, riposo. E speriamo ….”

Fosse accaduto qualcosa a questo bambino non se lo sarebbe perdonato.

Ora doveva pensare solo a Maddie e a se stessa.

Ma in mezzo a tutto questo ragionare le apparve l’immagine dell’Ombra, di Morell. Che ne era stato?

 

Nuovamente dietro le sbarre, non aveva certo perso quel suo sorriso sprezzante.

L’occhio aveva percorso così tante volte il perimetro di quelle quattro mura da conoscere ogni singola imperfezione delle pareti, fori, angoli più umidi.

Se ne stava seduto a terra tendendo l’orecchio, in ascolto dei rumori, suoni …

Una delle guardie gli passò della zuppa ed un tozzo di pane secco attraverso il piccolo pertugio posto accanto la porta imponente, seppur piccola – “Morell … goditeli. Saranno i tuoi ultimi pasti!”

Questi, pur mantenendo la solita calma di sempre, si accostò alla parete – “Ne sei certo?”

“Ovviamente”

Sogghignò . “Menti. E comunque non sono ancora stato processato. Ne ho il diritto”

Il tale esplose in una fragorosa risata – “Ne hai diritto? Come no!”- allontanandosi.

Tornò a sedere ed afferrata la ciotola ne intinse il pane raffermo per farlo ammorbidire.

Bouillè era morto. Ma non gli mancavano certamente gli agganci giusti … esterni … ed interni. Era solo questione di tempo. Saper attendere, con calma, come era solito. Qualche giorno … non di più, e sarebbe tornato libero.

E questa volta la sua sarebbe stata una vendetta coi fiocchi …. la più feroce.

Le labbra s’incurvarono in un sorriso di compiacimento tuffando il cucchiaio nella zuppa, pregustando già il piano per portare a  termine il suo scopo – “Forse non avete capito esattamente con chi avete a che fare” – rivolgendo il suo pensiero ad Oscar.

Prese parte del pane e ne fece piccole palline di mollica mettendole una dietro l’altra, in fila. Ad ognuna di loro un nome.

Ognuna di loro, una vittima.

 

La porta si spalancò ed i funzionari municipali irruppero nella stanza.

Spaventata strinse a sé i suoi figli. Gli occhi sgranati su uno di loro mentre srotolando una pergamena lesse con tono autoritario parole che le fecero come eco nelle orecchie, mentre un altro,  afferrato per un braccio il piccolo Luis lo strattonò nel tentativo di allontanarlo dalla madre.

“Che volete fare? Lasciatelo! Lasciate subito mio figlio”- gridò nel tentativo disperato di impedire che il piccolo venisse allontanato.

“Così è stato deciso. Smettetela se non volete che intervengano le guardie”- disse uno di loro.

“Perché? Perché tutto questo accanimento su di noi? Che male mai vi abbiamo fatto?”- stringendo i pugni in una supplica a quell’uomo.

“Voi! Proprio voi, vi siete mai fatta domande? Vi siete mai chiesta perché siamo arrivati a tutto questo?”- facendo passare il collega con il bambino stretto per una mano.

Impietrita di fronte a quelle parole e alle minacce, si arrese – “Vi prego, fatemelo abbracciare ancora una volta”

Forse in un ultimo gesto di pietà, un cenno all’altro di lasciarlo.

Il piccolo terrorizzato si gettò tra le braccia della madre piangendo disperatamente.

Una dolce carezza fra i capelli sottili di Louis – “Sii forte amore mio. Ricorda che sei il futuro Delfino di Francia”- gli sussurrò teneramente nel tentativo di rassicurarlo. Un ultimo bacio sulla fronte.

La porta si richiuse rumorosamente.

Marie –Therese intrecciò le sue piccole dita a quelle di sua madre – “Che cosa succederà ora?”

 

L’aria più fresca della sera un vero toccasana dopo una giornata calda più del normale.

L’estate, dopo tanta pioggia, pareva finalmente aver preso piede.

Mornay non aveva ancora fatto ritorno sul suolo francese e questo per lei significava continuare ad avere qualche speranza.

Alain le recapitava un biglietto ogni settimana o due proveniente da un paesino della campagna londinese – “Nessuna nuova”.

Ogni volta lo stringeva tra le mani mentre quel dolore si affievoliva socchiudendo gli occhi.

 “Mamma … “ – l’orecchio posato sul grembo di lei – “la tua pancia mi parla”.

Oscar sorrise teneramente – “Davvero? E cosa ti racconta di bello?”

“Io sono sicura. Sarà un fratellino. Me lo dice ogni volta che metto qui l’orecchio e mi dice che si chiama Joseph” – continuando ad ascoltare.

Le accarezzò il capo . Non doveva più soffrire. I suoi figli ora avrebbero dovuto vivere solo in serenità.

Ripensò al suo rientro a casa. Quanta gioia aveva letto nei suoi occhi e quante lacrime di felicità li avevano riempiti.

Era stato così difficile spiegarle ciò che era accaduto. Il perché della sua partenza improvvisa. Perché Andrè non fosse tornato.

Andrè …. 

Notti insonni con accanto la sua piccola, col pensiero perennemente là ….

“Joseph?”il pensiero andò a ritroso tornando a quella cavalcata con il secondogenito di Maria Antonietta. Povero piccolo ...

“ Si, si … vuole chiamarsi così e ti vuole tanto bene”- mostrandole una serie di dentini bianchi.

La cinse in un abbraccio – “Vieni qui piccolo angelo”

“Lo chiameremo Joseph, vero?”

“Se te lo ha detto lui allora sarà Joseph”

Baciò la madre sulla guancia e posata la ghirlanda di margherite appena terminata sul pancione di Oscar si mise a girarle attorno saltellando – “Joseph, Joseph”- canticchiando.

Le visite di Alain erano sempre una gioia per Oscar e soprattutto un sollievo. Ma quella era giunta in largo ritardo.

Maddie gli corse incontro.

“Ehi principessa!” – sollevandola tra le braccia.

“Sei bello e buono”- accarezzandogli i basettoni.

Oscar sorrise divertita accorgendosi poi di quanto il volto fosse adombrato.

Il solito saluto portandosi la mano tesa alla fronte. Non aveva smesso di considerarla il suo comandante. Non gli era possibile non farlo.

Sederono sulla veranda mentre il sole s’impadroniva del mare all’orizzonte ed il profumo di salsedine riportava la donna a ricordi oramai lontani. La piccola si accovacciò sulle sue gambe dell’uomo, il dito in bocca ed il pupazzo di pezza stretto in una mano.

Lei non chiese nulla. Generalmente era lui il primo a consegnarle il biglietto. Lui non ne fece cenno.

Allora comprese. Il suo silenzio fu inequivocabile.

Sentì una morsa allo stomaco. Nonostante dentro gridasse forte tutta la sua disperazione , si impose di ricordare che Andrè l’avrebbe voluta coraggiosa. Per se stessa ma soprattutto per i loro figli.

Immersi in un silenzio surreale cullato dal frangersi delle onde ai piedi della scogliera, Oscar posò la mano sul grembo percependo lo scalciare del nascituro. Un sospiro quasi impercettibile … forse di resa … a quel punto …

Si aggrappò a tutta la forza interiore possibile per interloquire con lui mostrando una calma incredibile – “Come sta Yvette?”- per alleggerire quel peso come un macigno sul cuore.

“E’ bello sentirla nuovamente parlare …” – le parole gli uscirono a fatica tra i denti – “Un vero miracolo”

“E’ una brava ragazza …”- proseguì lei.

“E’ la mia salvezza”- aggiunse lui.

Così distanti nei loro pensieri e così vicini in quel profondo legame di amicizia. Rimasero a fissare il mare lontano.

“Ehi principessa … Alain deve andare”- aiutandola a scendere dalle sue gambe. Lei lo baciò sulla guancia cingendogli il collo.

La strinse teneramente sentendo pungere gli occhi dalla commozione – “Stai vicino alla tua mamma”- le sussurrò.

Le mani nelle tasche, lo sguardo rivolto a quegli ultimi raggi di sole risplendere a filo d’acqua. Si volse a fissare a lungo la donna quasi a voler imprimere per sempre nella memoria quell’istante. E tendendole la mano – “Abbiate cura di voi e dei vostri bambini”

Lo vide allontanarsi lentamente, le briglie strette in una mano in quella insolita e leggera foschia.

“Soissons!”- lo chiamò – “che la fortuna vi assista”.

 

Parigi era profondamente cambiata, era palpabile attraversandone le strade.

Non c’era fretta. Il passo lento diretto a Place de la Revolution.

La folla si accalcava ai piedi di quelle travi verticali sormontate da un plinto al quale era assicurata una mannaia : sua maestà la ghigliottina.

Rimase nelle retrovia, non aveva certo la necessità di essere in prima fila per accertarsi che quella figura salisse finalmente al patibolo.

La gente inveiva nell’attesa dell’arrivo del carretto con il o i condannati. Urla, sputi, bestemmie … nemmeno le donne mostravano un minimo di ritegno, anzi, i loro insulti andavano a travolgere quelli di tutti gli altri presenti.

“A morte!”- gridò a squarciagola una donna al suo fianco. Il volto pieno , arrossato e quelle ciocche scure appiccicate alla fronte imperlata di sudore, le braccia grosse sollevate con i pugni per aria.

Solo quando il carretto giunse al centro della piazza i parigini zittirono.

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Capitolo 72
*** SCACCO MATTO ***


Di nero vestita, come un fantasma si mosse verso sua figlia.  La baciò. Un saluto alla cognata e nel silenzio più totale si avviò, un passo dopo l’altro, verso l’uscita del Tempio.

Il volto rigato dalle lacrime pensando in quali mani sciagurate fosse finito suo figlio Louis – “Signore, ti prego, veglia su di lui”

Il calesse percorse quel tratto di strada ritrovandosi in breve davanti le torri della Conciergerie.

Spintonata all’interno dell’edificio, venne perquisita e condotta nella sua cella, il suo nuovo alloggio.  Pochi metri quadrati, sorvegliata a vista da due soldati.

La giovane  le si avvicinò tendendole le mani per aiutarla a sedere accennando un sorriso –“Mi è stato chiesto di occuparmi di voi”.

La vedova Capeto sollevò lo sguardo - “Come vi chiamate?”

“Rosalie, Rosalie Chatelet”.

 

 

“Signore …”- scuotendolo dai suoi pensieri – “Cosa dobbiamo fare?”

Rimase seduto, quasi sprofondato in quella poltrona rivolta verso la grande vetrata spalancata sul piccolo giardino all’italiana, il bicchiere pieno di vino mentre con una mano accarezzava il gatto accovacciato fra le sue gambe.

I tempi erano cambiati, velocemente. Aveva vissuto gli anni migliori pieno d’ambizione, nella speranza di succedere a Luigi XVI … amico di Lafayette, massone, membro del club dei giacobini, deputato alla Convenzione, aveva trasformato Palais Royal in uno dei centri fulcro della Rivoluzione. Il fior fiore delle nuove idee, di una nuova visione del mondo, del popolo, della Francia. Si, quasi tutto aveva avuto inizio li.

In tutta questa ricerca del mettersi in buona luce con gli oppositori della monarchia, la cosa veramente più importante era di aver votato la messa a morte del re. Questo forse gli aveva reso ancora più onore fra le varie fazioni rivoluzionarie.

Rammentò che pure il comandante Oscar Francois de Jarjayes, si, proprio madamigella Oscar, era stata sua ospite … già, alla ricerca del misterioso Cavaliere Nero.

Portò il calice alla bocca. Un sorso assaporato fino in fondo. “Madamigella Oscar …” – mormorò appena.

Non aveva mai fatto parte delle sue ristrette amicizie di corte e questo lo aveva spesso indispettito, seppure, obiettivamente, l’aveva sempre ammirata e stimata.

Sapeva. Lui sapeva tutto di quel fattaccio.

Sapeva di Bouillè, uomo terribilmente infimo ed opportunista, sapeva delle sue brame, dell’odio e della rivalità nei confronti del generale Jarjayes.

Ma lui, infondo, non aveva nulla contro di lei. Nonostante avesse spesso teso una mano a quell’altro sciagurato, mercenario, assassino. Ma non nei suoi confronti. No, non contro di lei.

Un tempo … forse aveva pensato di sbarazzarsene … ma non di ucciderla. Una persona si può eliminare anche solo con le parole.

Ma non aveva nulle contro di lei.

Allora … forse … un suo intervento … anche solo un accenno a chi di dovere su dove si nascondesse Bouillè … degli sporchi ricatti … Lui si, avrebbe potuto impedire quel travaglio. Si. Lui avrebbe potuto.

Scosse le spalle. Sapeva. Nonostante tutto … nessun rammarico, nessun rimprovero, nessun senso di colpa.

Aveva vissuto la sua esistenza al limite.

Nessun pentimento.

Incurvò le sopracciglia – “Madamigella Oscar …”- mormorò tra i denti –“Non conosco donna al mondo più caparbia, coraggiosa, e determinata … “- sollevò il bicchiere verso l’alto – "A voi”

Ora non aveva più alcuna brama … il tempo era terminato.

Tese l’altra mano verso l’inserviente per farsi passare quella lettera. “Accusa di tradimento”.

“E che cosa vorresti fare?” – rispondendo al suo servitore –“ … nulla. Non resta più nulla da fare … se non di attendere”

“Signore ma Morell … non dovremmo intervenire? … insomma, avete ben compreso …”

“Morell … “ masticò quel nome accennando ad un sorriso – “… la fortuna gira … il destino ha lanciato i suoi dadi …”.

Le guardie del tribunale varcarono il cancello.

“Passami la giacca” – il gatto balzò a terra.

Quando bussarono alla porta, lui li accolse senza opporsi – “Louis Philippe Joseph duca d’Orleans, siete in arresto”.

 

 

“Forza, andiamo”.

“Ecco” – pensò – “finalmente”- compiaciuto della sua breve permanenza dietro le sbarre.

Non diede il giusto peso a quelle parole.

Nemmeno quando, le mani legate dietro la schiena, mise piede su quel carretto.

Un senso di sollievo. Tutto volgeva al termine. Anche questa volta era andata secondo i piani. Gli agganci erano serviti per l’ennesima volta, ed ora il sapore nel tornare libero era quello della vittoria.

Ma quando il mezzo svoltò in Place de la Revolution, realizzò ed un brivido gli percorse la schiena.

Perché era stato condotto in quel luogo? No, non poteva essere. Non doveva andare così. Non era possibile.

La folla inveiva inferocita.

Si fermarono accanto al patibolo. Una goccia si sudore scivolò lungo la tempia.

Le guardie lo fecero scendere spingendolo a forza su per le assi di legno imbevute di sangue.

Non un’ombra di pentimento ma lo sguardo intriso di terrore.

Opponendo resistenza prese a gridare – “Bastardi maledetti! Il processo, il processo!! Non potete condannarmi senza nemmeno un regolare processo?”

Sanson gli si avvicinò – “Non preoccuparti, farò veloce! “- afferrandolo per la camiciola bianca.

“Che tu sia dannato!!”- sputandogli in faccia.

L’uomo si passò una mano sul volto e con un ghigno di disprezzo sistemò la lama.

Morell divincolandosi riuscì a liberarsi. Con un balzo atterrò nel fango ai piedi del patibolo scivolando  a terra. Si fece forza sulle ginocchia e rialzandosi, si mise a correre per fuggire. Ma alcuni tra la folla gli si pararono davanti bloccandolo – “Alla forca!” – gridarono.

“Scansatevi, bifolchi!!” – ringhiò spintonandoli per farsi strada.

In un batter d’occhio le due guardie gli furono addosso –“Dove credi di andare!?! – trascinandolo nuovamente al cospetto del boia.

“Dove sono i vostri capi? Dove sono coloro che condannano un fautore della rivoluzione, uno che ha dato tutto se stesso per la causa, per liberare la Francia da  chi ha rubato e portato alla miseria questo grande paese?”

“Smetti di farneticare”- gli disse uno spingendolo verso Sanson.

Si guardò attorno nel  tentativo di scrutare occhi amici  pronti ad intervenire in un ultimo disperato salvataggio - “I vostri capi condannano a morte chi vuole la fine dei nobili. E’ questa la giustizia che desiderano?”

Salirono altre due guardie in aiuto ai colleghi e dopo averlo immobilizzato riuscirono a legarlo e coricarlo sull’asse.

Quell’assassino che mai aveva temuto nulla,  lui stesso era l’ultima vittima del suo agire.

Sanson gli pose la tavoletta dietro il collo ed afferrò la corda della mannaia.

“Robespierre vi farà tutti morire nel vostro sangue, maledetti!!” – le ultime parole.

La lama cadde facendo il suo sporco dovere.

Un silenzio tombale riempì la piazza.

Sanson, chinatosi, raccolse dalla cesta il capo mozzato sollevandolo verso la folla che esplose in un grido di esultanza – “Pour la France!”

Fermo, immobile. Strinse i pugni in un senso di soddisfazione e nel contempo di tristezza.

Ogni debito prima o poi andava saldato.  Il tempo si riprendeva ciò che gli spettava. “Tanto dato, tanto tolto”- echeggiò nei suoi pensieri.

Posò un ultimo sguardo là, sul corpo senza vita di Morell ancora legato mentre veniva scaraventato su un carretto con altri. L’incubo era finito.

Si volse abbandonando la piazza. Ora poteva tornare.

Un piede sulla staffa afferrando le briglie.

“Andiamo”. Un cenno di Mornay.

 

 

Terminata la cena con i suoi cari, si era congedata: la stanchezza si faceva sentire sempre più. La giornata non era stata delle migliori. Seduta a tavola qualche fitta anomala al ventre le aveva dato da pensare.

La mano della figlia stretta nella sua a percorrere il vialetto che conduceva alla dependance. La piccola sbadigliò ripetutamente strofinandosi gli occhi.

Varcata la soglia aiutò Maddie a prepararsi per la notte – “Mamma, quando arriva Joseph posso dargli il mio Lapin?”- agitando il pupazzo per aria.

“Immagino non sarà difficile trovarne uno tutto per lui”

La bimba fissò il coniglietto perplessa –“Si … Lapin vuole stare con me. Credo che poi piangerebbe …”- stringendolo a sé.

“Penso si sentirebbe molto triste”- riponendo gli abiti sulla piccola sedia a dondolo.

Volgendosi la vide già addormentata. Una leggera carezza per poi andare a sedersi di fronte alla grande finestra nella saletta. Si sentiva strana.

Cercava di non darlo a vedere, ma nonostante fosse trascorso diverso tempo non riusciva a cancellare dalla mente quel dubbio che, come una goccia, la tormentava in continuazione.

Aveva frammenti di ricordi di quanto era accaduto a Londra.

Vincent era come sparito. Bernard non si era fatto più sentire. Quello di Alain era stato un addio, non esplicito, ma chiaro. … Andrè …

Tutto questo “oblio” non faceva che alimentare il timore costante che prima o poi potesse riapparire. Del resto lo aveva già fatto quando la prima volta si credeva che quello in prigione fosse lui. Tutti lo avevano identificato come Damien Morell mentre lui se ne stava tranquillamente al sicuro da Bouillè, continuando ad ordire piani diabolici nei suoi confronti e dei suoi cari. Nel mirino di un fanatico, pazzo squilibrato, assassino …. Come avesse raggirato tutti, nessuno era stato in grado di venir a capo di quella matassa così complessa e chissà quali personaggi erano stati in grado di coprirlo, proteggerlo. Abile e temibile pianificatore, insaziabile nella sua crudeltà. L’odio che nutriva nei confronti dei Jarjayes, e non solo, era un qualcosa di innaturale ed incomprensibile.

I rintocchi della piccola pendola batterono le tre.

Oscar sbuffò. Una nuova notte in bianco.

Non era mai stata una dormigliona. Le erano sempre bastate poche ore di sonno, ma ora era veramente divenuto impossibile riposare. Un susseguirsi di incubi, la difficoltà di stare coricata per via della prominenza della gravidanza … il pensiero che veramente che quel briciolo di speranza ora fosse del tutto vana.

L’ennesima fitta strana …. Una contrazione? Deglutì rimanendo ferma immobile.

Quando le parve che tutto fosse tornato normale si buttò una vestaglia sulle spalle. Un breve passaggio nella stanza di Maddie. Sorrise teneramente vedendola stretta al suo pupazzo. Un calcio. Il piccolo Joseph si fece sentire. Posò una mano sul grembo – “Non fare il geloso” – accostando la porta.  

Inspirò a lungo quella brezza sospinta dal mare mentre un leggero chiarore saliva lentamente all’orizzonte.

Fece qualche passo giusto perché lo sguardo potesse abbracciare meglio il mare infrangersi sulla scogliera.

Si, inutile far finta di nulla. Quelle erano vere e proprie contrazioni. Il dolore la fece quasi piegare in due. Si appoggiò per qualche istante al muro della casa. Doveva andare a chiamare Nanny. E Maddie? Avrebbe potuto lasciarla da sola? Raggiungere la casa le parve quasi un’impresa impossibile. Eppure non era così distante.

Un rumore in lontananza attirò la sua attenzione.

Pensò ad una volpe … ce n’erano diverse nella piccola tenuta.

Ancora.

Svoltò l’angolo della casa per inquadrare il viale alberato.  Le parve di udire dei passi.

Ed eccone un’altra..

Tese l’orecchio e mise a fuoco.

In quella foschia appena accennata intravvide una sagoma. Chi mai poteva essere a quell’ora? Uno degli uomini di Mornay durante una ronda?

Rimase a fissare quel punto che avanzava quando i contorni divennero via via più definiti. Improvvisamente i battiti si fecero accelerati. Deglutì. … un cappuccio.

No, non poteva essere.

Scosse il capo. Gli occhi si fecero lucidi – “No! Basta!”- volgendosi per rientrare velocemente in casa.

Inciampò nella vestaglia rovinando a terrà. Fu lesta nel tendere le braccia per proteggere il grembo ma battè un ginocchio. Un dolore intenso le percorse la gamba. Ed ecco … si accorse … come allora, nel bosco con Leah. Le acque si erano rotte.

Si fece forza trascinandosi all’interno. Non poteva essere nuovamente quell’incubo. Come, come aveva fatto ad entrare? Aprì l’armadietto e ne estrasse un fucile.

L’ennesima contrazione. Le spalle poggiate allo stipite della porta. Puntò l’arma verso la figura che si avvicinava sempre più. Che cosa doveva fare? Non poteva rischiare.

Entrata richiuse l’uscio e trascinandosi nella camera di Maddie la fece alzare.

“Mamma … ?”- strofinandosi gli occhi.

“Vai in camera della mamma e nasconditi dietro il letto. Corri!”- la esortò.

La bambina non se lo fece certo ripetere due volte ed in un battito di ciglia si rannicchiò come un riccio .

Sedette sul bordo del letto stringendo i denti per il dolore.

Si rese conto di tremare. “Che cosa vuoi ancora?”- gridò. Tese le braccia con il solo pensiero rivolto alla salvezza dei suoi figli.

Chiuse gli occhi quando ne percepì la presenza sulla soglia di casa.

Il dito sul grilletto.

Esplose un colpo.

 

 

Un lungo sospiro sollevando lo sguardo verso la giovane seduta di fronte, le lacrime copiose solcarle le guance – “Rosalie … grazie, grazie di cuore”

“Per cosa?” – prese a spazzolarle i lunghi capelli ingrigiti.

“Il vostro racconto così accorato mi è stato di grande sollievo. Sapete … se solo quel giorno avessi ascoltato le parole di madamigella … forse il destino … “- ripensando a come gli eventi erano velocemente precipitati da quel loro ultimo incontro. La sua unica e vera amica aveva fatto scelte indubbiamente azzardate che non le avevano certo reso la vita facile … eppure … - “riesco ad immaginarmela con la sua bambina. Quanta dolcezza ha sempre dimostrato nei confronti dei miei figli.”

La giovane sorrise e quasi si commosse tornando con la mente ai giorni in cui aveva vissuto a palazzo Jarjayes.

“Rosalie … ho bisogno che mi facciate un piacere …”- stringendole le mani.

”Se posso …”

“Vorrei vederla … per un’ultima volta. Voi sola potete fare in modo che questo mio desiderio possa realizzarsi”

“Ma …” – esterrefatta per la richiesta decisamente inaspettata ed impossibile.

“Ve ne prego … non mi resta molto”- il tono supplichevole.

“Io non … non so, non so se …”

“Ascoltate. Non mi è permesso scrivere nulla, nemmeno due righe su un misero pezzetto di carta. Voi, voi siete la sola, l’unico mezzo che ho per poterle dire che non l’ho dimenticata, che è sempre rimasta nel mio cuore, che è l’unica persona di cui io mi sia sempre fidata e la sola con la quale mi sia mai confidata. Desidero rivederla … non so come, non so quando  … ma prima del mio ultimo respiro … io …”

 

 

“Oscar …”- quella figura la chiamò.

Un tuffo al cuore.

“Oscar …” – udì nuovamente mentre, inspirando profondamente tentò di controllare una nuova contrazione.

Il fiato corto come avesse corso allo sfinimento mentre un senso di sollievo le accarezzò il cuore riempiendole gli occhi di lacrime – “Andrè!” – posando il fucile e tendendo una mano – “Andrè!!”

Il giovane avanzò nella stanza facendo scivolare il cappuccio sulle spalle.

“Sei tu!” – afferrandolo per un braccio – “Sei vivo, sei vivo!”

Un pianto liberatorio spezzato dai singhiozzi –“Andrè, Andrè”- continuò a ripetere.

“Papà!!!”- Maddie uscì dal suo nascondiglio balzando sul letto –“Papà!”

“Sono qui, amore mio, sono qui”

Una gioia immensa, incontenibile mentre le piccole braccia gli cinsero il collo.

La baciò con infinita dolcezza. Poi volgendosi verso Oscar le afferrò il volto tra le mani. Sorrise  –“Che intenzioni avevi? Volevi sparami?”- raccogliendo successivamente l’arma.

“Credevo … avevo visto quell’Ombra maledetta …. Invece … invece … “- asciugò gli occhi corrugando la fronte al sopraggiungere delle nuove contrazioni.

“Oscar ma ….”-

Afferrata una mano del marito gliela posò sul grembo – “Andrè … ”

Toccare, sfiorare finalmente la gravidanza di sua moglie … gesto che gli era così mancato con la sua adorata Maddie.

“Oscar, è tutto finito”- nel tentativo di rassicurarla.

“No Andrè … non ho più avuto notizie da Bernard … di Morell non so più nulla da tempo”- scuotendo il capo.

“Oscar … è finita”

“Andrè tu non sai … quel …”

Sopraggiunse una nuova contrazione questa volta molto più intensa.

 

Calava lentamente sera. Una brezza leggera si fece strada nella stanza.

Lo sculacciò con una pezza bianca –“Ti pare la maniera di far ritorno a casa? Avresti potuto almeno scrivere due righe …”

“Mi spiace nonna …”

“Se ti fosse dispiaciuto veramente saresti rientrato prima. Non puoi nemmeno immaginare la sofferenza di Oscar”

Rimase a fissarla sfinita per il parto.

Tutto era avvenuto senza rendersene conto. Almeno per lui.

Pallida, in un bagno di sudore, i capelli appiccicati al volto. Questa volta era stato più difficile nonostante fosse il secondo parto.

Le aveva tenuto ripetutamente la mano mentre i suoi lamenti riempivano la stanza. Aveva assistito a tutto il travaglio perché così lei gli aveva chiesto. Era stata una vera sofferenza vederla contorcersi dai dolori. Ci fu un momento in cui gli parve avesse pronunciato tra i denti il nome di Leah.

Il pensiero andò a quando gli aveva raccontato come la giovane l’avesse aiutata e seguita durante la nascita di Madeleine. Tutto l’astio nutrito per tanto tempo si era trasformato in un legame unico, in una bell’amicizia … purtroppo troncata troppo presto con quella morte precoce e violenta … Leah …

All’ennesimo lamento di Oscar era tornato alla realtà.

“Ci siamo!!”- oramai era alle ultime battute –“Andrè, lasciaci sole”- lo aveva esortato sua nonna.

A malincuore era uscito, rimanendo comunque in allerta.

Da dietro la porta udirla gridare a lungo per un paio di volte … e il silenzio. Irrigidirsi sentendosi impotente, tendere l’orecchio per carpire anche il minimo rumore. Ed ecco … un vagito  – “Andrè! Andrè! Vieni, presto!!, Madame, Generale!!”

Spalancando la porta Nanny gli era andato incontro mettendogli tra le braccia un fagottino dalla chioma scura.

Emilie e consorte accostarsi a lui. I volti illuminati di felicità e stupore di fronte a quella nuova gioia a riempire la famiglia.

“E’ un magnifico maschietto!”- asciugandosi gli occhi dalla commozione.

Incantato ad osservare quella creatura, così piccola, la bocca appena socchiusa, le piccole dita strette in pugni …. Sfiorandogli il dorso delle mani, il nascituro le aveva spalancate di riflesso. Un’emozione forte, come quando aveva visto Madeleine per la prima volta.

Madame sedette sul lato opposto del letto, giusto un paio di parole con la figlia mentre Jarjayes rivolgendosi ad Andrè si congratulò con immenso affetto stringendogli la mano – “E’ semplicemente meraviglioso”

Emilie posò un bacio sul capo della figlia e - “Su …. lasciamoli soli … “- prendendo il marito sottobraccio.

Il giovane sollevato lo sguardo vide Maddie sdraiata su un fianco accanto ad Oscar, mentre le accarezzava una guancia - “Mamma … ti voglio tanto bene!”

Lei accennò ad un tenero sorriso  - “Anche la mamma te ne vuole …”- socchiudendo gli occhi.

Nanny le rinfrescò il viso –“Bambina mia, ora cerca di riposare”.

Allungò le mani alla ricerca delle sue. Chiuse gli occhi assaporando a pieno di trovarsi tutti nuovamente riuniti riacquistando un briciolo di tranquillità – “ Perdonami … “

La fissò perplesso.

“Auguri … buon compleanno Monsieur Grandier”- sfiorandoli gli labbra.

Il piccolo Joseph mugugno - “E’ bellissimo” –  Andrè incantato ad osservarlo – “E tutto questo è il regalo più bello che potessi ricevere oggi”

Le dita di lei scorrere leggere sulla fronte del piccolo.

Maddie in ginocchio sul letto a fissare estasiata suo fratello stringendo in una mano il suo Lapin.

“Vieni”- la invitò – “Vieni ad accarezzarlo”.

La bimba avvicinatasi, tese la mano sulle sottili ciocche scure del neonato. Sorrise –“Mamma … è proprio piccolo. Ma ero anche io così? Adesso diventa grande come me?”

Istanti unici. Non ci fu bisogno di null’altro.

 

 

“Che cosa? Maria Antonietta ti ha chiesto di Oscar?”- Bernard non potè credere alle parole della moglie.

“Posso garantirti che era serissima. Oh … sapessi in che misere condizioni vive quella povera donna”- portandosi le mani agli occhi.

“Rosalie, ma che dici? Povera donna?”

“Ascolta. Non ha fatto del male a nessuno. Forse è a lei che ne è stato fatto”- singhiozzando –“Le hanno portato via il figlio più piccolo per metterlo nelle mani di un disgraziato … le hanno tolto tutto … anche la dignità … è una donna, un essere umano!”

“Ti rendi conto di quello che dici? Guarda, guarda il popolo francese com’è ridotto. Guarda la miseria che abbiamo attorno”- sempre più stupito.

“Bernard … ha espresso un desiderio, molto probabilmente l’ultimo …”

Scosse il capo volgendole le spalle – “Penso che Oscar abbia ben altro a cui pensare in questo periodo” – incrociando le braccia – “E poi credi veramente che accetterebbe di incontrarla? Sai benissimo che è impossibile”

“Eppure tu potresti …”

“Intervenire presso Robespierre? Non dire sciocchezze”- sempre più irritato – “Sai bene che i nostri modi di concepire questa rivoluzione sono completamente differenti. E poi fu molto chiaro l’ultima volta che ci vedemmo. Per me non avrebbe fatto più nulla. Intervenire per Alain è stato un favore in via del tutto eccezionale”

“Si tratta di Oscar …”

“No! Si tratta di Maria Antonietta. E’ un favore che dovresti fare a lei, non ad Oscar”

“Allora dovrò fare da sola”

“Rosalie, non c’è nulla che tu possa fare. Non scherzare con il fuoco. Quella donna è destinata a morire”

“E credi che lei non lo sappia? Bernard, ti prego ….”

“Ascolta … non puoi e non possiamo fare nulla. Quella è una prigione e lei è perennemente sorvegliata. Vuoi mettere a repentaglio la tua vita? Se ti hanno chiamato per assisterla è solo perché ci conoscono”

“Ma Oscar ha fatto tanto per …”

“Hai detto bene. Ha fatto. Sono trascorsi tre anni … “

“Bella riconoscenza !”- alzando la voce.

Posandole le mani sulle spalle –“Rosalie. Non puoi, non puoi organizzare un incontro. Cerca di comprenderlo.”

“Ma Bernard …”

Un bacio sulla fronte –“Lo so … ma non puoi fare nulla”.

 

 

Nonostante la quotidiana presenza di Rosalie alleviasse la sua sofferenza interiore, il suo era un lento deperimento dovuto ad una serie di emorragie continue. Dopo circa un mese dal suo trasferimento alla Conciergerie, la sua cella venne nuovamente perquisita e le furono requisiti gli ultimi suoi averi, un orologio ed alcuni gioielli. Iniziarono i giorni degli interrogatori. Si alternavano due a due dei deputati dell’assemblea, a volte anche più volte durante le settimane che seguirono. Se inizialmente le domande riguardavano la politica, i rapporti con la nobiltà francese ed estera, quella con i reggimenti stranieri, la situazione economica, successivamente divennero più incalzanti, irrispettosi, scendendo in argomenti fin troppo personali.

Rosalie provava una pena infinita. Come si poteva esser così infimi nei confronti di quella povera donna? Dov’era un briciolo di umanità? Si, certo. Forse molte erano le sue colpe e le sue mancanze nei confronti del Paese ma … no, non ci si poteva accanire così.

Quante, quante cattiverie udiva attraversando quei corridoi. Nei momenti in cui riusciva a rientrare a casa raccontava a Bernard di lei in un fiume di lacrime.

In molti si auguravano che quel male oscuro che la torturava se la portasse via quanto prima, senza dover per forza ricorrere ad un processo. Ma se da un lato c’era chi desiderava che la fine avvenisse in maniera naturale, dall’altra c’era chi gridava a gran voce l’esecuzione della vedova Capeto, dell’Autrichienne, della Lupa Austriaca, della “vergogna dell’umanità e del suo sesso” come pronunciò in un suo discorso Billaud-Varenne.

“Non servirà a nulla, ma se potrà farti stare un po’ meglio … scriverò ad Oscar”.

Rosalie, sollevando il volto, rivolse gli occhi gonfi ed arrossati al marito.

 

 

Furono giorni difficili quelli dopo il parto.

Oscar faticò molto a riprendersi eppure cercò di non far mancare alcuna attenzione ai suoi bambini e ad Andrè finalmente a casa.

“Guardami”- sollevandole delicatamente il mento – “E’ tutto finito. Morell è morto”- le aveva detto il giorno dopo la nascita di Joseph.

Stupita, sconvolta lo aveva fissato in quel mare dei suoi occhi che sempre erano stati in grado di calmare ogni sua tempesta interiore – “Com’è possibile? Come … come fai a saperlo?”

“Ero a Parigi quando è stato giustiziato. Ero in quella piazza. L’ho visto salire sul patibolo .. ho visto Sanson sollevarne la testa rivolgendola alla folla”-  sistemandole i cuscini dietro la schiena affinché stesse più comoda.

Il cuore aveva riacquistato lentamente ogni suo battito –“E’ morto? Quindi … è veramente tutto finito? L’incubo …”

“Si”- annuendo – “questa volta è definitivamente finita”.

Doveva quindi darsi pace, stare tranquilla. Dedicarsi solo alla sua famiglia.

“Vostro figlio cresce bene”- Thomas adagiò il piccolo nella culla.

La donna sedette sulla sedia a dondolo.

“Ascoltate”- richiudendo la sua borsa –“ … devo suggerirvi di fermarvi qui con … il far crescere la famiglia”

Oscar abbassò gli occhi.

“Lo dico semplicemente per la vostra salute. Siete consapevole del fatto che ….”

“Si, non dovete aggiungere altro. Questo discorso lo avevamo già affrontato in precedenza”.

“Perdonate …. Mi preoccupo semplicemente per voi”

Lei fissò oltre i vetri la piccola Maddie alle prese con la sua prima passeggiata a  cavallo con suo padre.

“Siete una meravigliosa famiglia”- sorrise – “… e ve la siete meritata”- sciacquò le mani –“ se volete godervela dovete riprendervi quanto prima. Siete molto debole”- volgendo lo sguardo verso la donna.

“Seguirò quanto mi avete prescritto. Ora desidero solo il bene di chi amo”

Accennò ad un sorriso – “Ripasserò la prossima settimana”

“Devo tornare a Parigi”- prima che uscisse dalla stanza.

“Mi auguro stiate scherzando …”- scioccato.

“Ditemi solo quando potrò affrontare il viaggio”

“Avete dato alla luce vostro figlio solo da qualche settimana … “

Tacque prendendo tra le braccia il piccolo Joseph

“Non credo siate in grado … ma cosa ve lo dico a fare”- lanciandole un’occhiata –“farete a modo vostro .. come sempre del resto”

Oscar colse al volo il tono lievemente seccato e con un pizzico di sarcasmo.

“E posso sapere quando dovreste partire e qualcosa di più … se non sono troppo impertinente …”

“E’ importante …

“Più della vostra salute, della vostra famiglia, dei vostri figli ….. di Andrè?”

S’irrigidì pur sapendo che Thomas in fin dei conti avesse ragione. Che cosa? Che cosa contava veramente di più? Quel viaggio assurdo o tutto ciò che con tanta fatica si era costruita? Era stata lontana troppo … veramente troppo tempo. E ne aveva perso troppo. Ora doveva decidere –“Seguirò ogni vostra indicazione alla lettera. Ve lo garantisco.”

Rimase a fissarla in silenzio. Doveva essere molto importante per non potervi rinunciare. Che cosa andava a fare a Parigi? Chi doveva incontrare?

Tenne questi interrogativi nella sua mente. Non poteva. Non aveva alcun diritto di indagare nella sua vita e soprattutto nelle sue scelte. Era decisa. Lui era il suo medico personale, non il suo confidente, non il suo confessore. Doveva semplicemente svolgere il suo lavoro.

Sedette. Poche e semplici regole e suggerimenti.

Ascoltò senza battere ciglio fino a quando concluse –“… non lasciate i vostri figli … non lasciate Andrè”.

 

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