Les mots que nous ne nous disons pas

di Zomi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cheiro no cangote ***
Capitolo 2: *** Donaldkacsázás ***
Capitolo 3: *** Halatnost ***
Capitolo 4: *** Mamihlapinatapei ***
Capitolo 5: *** Retrouvailles ***
Capitolo 6: *** Fensterln ***
Capitolo 7: *** Tingo ***
Capitolo 8: *** Ming-Gatt ***
Capitolo 9: *** Viraha ***
Capitolo 10: *** Cafuné ***
Capitolo 11: *** Uteplis ***
Capitolo 12: *** Ya'aburnee ***
Capitolo 13: *** Ichigo Ichie ***
Capitolo 14: *** Nyctophilia ***
Capitolo 15: *** Gigil ***
Capitolo 16: *** Begadang ***
Capitolo 17: *** Habseligkeiten ***
Capitolo 18: *** Mbuki-mvuki ***
Capitolo 19: *** Agastopia ***
Capitolo 20: *** Milozvučan ***



Capitolo 1
*** Cheiro no cangote ***


~~



Dopo un’attenta analisi e una logica riflessione, si poteva dire che la colpa fosse solo di Zoro.

Insomma, non poteva di certo pensare che gli fosse concesso il lusso di dormire sul ponte senza ricevere qualche piccolo dispetto.

Se c’era lei poi nei paraggi…

Era la legge del Karma: nulla più, nulla meno.

Se dormi beatamente sul ponte, a gambe spalancate e braccia piegate dietro il capo, non puoi pretendere che una gatta resista all’impulso di disturbarti.

È nel suo DNA.

Se poi la gatta in questione ha una folta chioma rossa e due occhietti furbi e smaliziati, allora hai volutamente firmato la tua condanna a morte.

Con passo felpato Nami si tese sul corpo dello spadaccino, ridendo sorniona.

Si allungò con l’affusolata siluette tra le gambe aperte, tendendo il busto a sfiorare maliziosamente il torace del ragazzo, fino a puntare gli occhi sulle sue palpebre calate.

Studiò con attenzione il volto rilassato e dormiente del compagno, e con appena un piccolo indugio sulle sue labbra, abbasso il capo a sfiorare morbida la gola di Zoro con la punta del naso.

Accarezzò il collo taurino dalla base fin sotto il mento, retrocedendo e ripetendo l’azione spostandosi sempre più sotto l’orecchio di lui, in una dolce fusa continua tra pelli.

-Cheiro no cangote- miagolò piano, strofinando un’ultima volta il nasino contro la gola del samurai, portandosi con le labbra sotto il suo orecchio –Tanto lo so che non stai dormendo Zoro-


 

 

Cheiro no cangote, strofinare la punta del naso sul collo della persona amata.
(Portoghese)

 


 

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Capitolo 2
*** Donaldkacsázás ***


~~



 
 

Tamburellò le dita contro l’avambraccio.

Gli occhi chiusi con testardaggine e la mente programmata per ignorarla.

L’attenzione alta e il ringhio pronto ad esplodere a chiunque avesse osato attraversare il corridoio a gettare, casualmente o non, un occhio nello studio della cartografa.

Dannazione, ma perché lo faceva? Perché?

Non poteva fregarsene e approfittarne per dormicchiare da qualche parte?

Non poteva semplicemente ignorarla!?

Già… come se fosse facile!

Nonostante si fosse ritagliato la sua postazione ai margini della porta dello studio, riusciva comunque a vederla sgambettare tra la scrivania e la libreria, disegnando e consultando alcuni volumi.

Sempre quelli sui ripiani più alti, ovviamente, recuperandoli dopo essersi messa in punta di piedi e aver allungato, in tutta la loro attraente figura, le affusolate gambe.

Distolse nuovamente lo sguardo, ringhiando.

-Dannata ragazzin…-

-Zoro mi reggi questo?-

Si ritrovò davanti al naso un foglio gocciolante e la rabbia toccò livelli mai visti.

-Sono forse il tuo schiavo?-

-Era giusto per farti far qualcosa- si strinse nelle spalle Nami, occhiali sulla punta del naso, capelli legati in un’alta coda di cavallo e solo una camicia a quadrettoni a vestirla.

Solo una camicia!

–Sei lì a non far nulla-

A far nulla?! Lui?!?

-Perché invece che girovagare per il tuo studio non ti vesti?!- sbottò afferrando la cartina e reggendola con due sole dita.

-Ma io sono vestita- ridacchiò la rossa, ruotando in una piccola giravolta, che sollevò appena i lembi dalla camicia che la vestita.

Zoro distolse lo sguardo, imbarazzato.

-Nemmeno porti l’intimo, scema!- ringhiò.

-E tu come fai a dirlo?- lo rimbeccò –Hai sbirciato?-

-Cos…. NAMI!- urlò voltandosi a fulminarla mentre rientrava ridacchiante nel suo studio.

-Donaldkacsázás- ringhiò, braccio teso e cartina gocciolante davanti a lui.

Ma chi glielo faceva fare di fare da guardia a quella? Chi?!

 

 

 

 

Donaldkacsázás, vagare per casa senza pantaloni o biancheria intima, ma solo con una camicia addosso.
(Ungherese)

 

 

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Capitolo 3
*** Halatnost ***


~~


 
 
 

Ancora cinque minuti.

Solo cinque.

Si girò sul fianco e respirò piano.

Il calore del sole mattutino che filtrava educato dall’oblò, scaldando l’ambiente e cadendo sulla coperta aggiungendo calore.

Il silenzio apatico che coglieva tutti i suoi Nakama prima che ogni azione fosse compiuta, e le sue dita morbide ad accarezzargli i capelli nel dormitorio ormai vuoto.

-Zoro alzati- la sua voce ovattata che lo cullava ancora nel dormiveglia, rendendo impossibile accontentare la sua richiesta e peccaminosamente tentatore nel rimanere a letto e ignorare l’inizio di una nuova giornata.

-Su, giù dal letto- sussurrò ancora, le dita intrecciate tra i suoi capelli.

Oh come poteva alzarsi e rinunciare a quello? Come?!

- Halatnost - soffiò, sollevando una mano a trattenere quella di Nami sul suo capo- Ancora cinque minuti-

Le loro dita si intrecciarono nel chiaro scuro della mattina.

-Ancora cinque minuti- continuò ad accarezzarlo.

 

 


 

 

Halatnost, l'apatia che si prova al mattino e che rende difficile alzarsi dal letto, vestirsi e cominciare la giornata.
(Russo)

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Capitolo 4
*** Mamihlapinatapei ***


~~


 
 
 

Si guardano di sottecchi, consci di sfiorarsi reciprocamente con gli occhi, parlando con parole senza voce.

Perchè la lingua scivola e mente, ma gli occhi… oh, con gli occhi non si può mentire.

-L’isola sembra tranquilla- si aggira nella cucina Usopp -Ha solo una piccola caserma di Marine nemmeno poi così addestrarti-

Isola tranquilla, pochi marines… perfetta no?

Occhio nocciola fronteggiano senza giochetti uno sguardo nero e sicuro, venendo ricambiati con un’occhiata d’intesa ma non di assenso.

Testardo orgoglioso.

Uno sbuffo, ma gli occhi da ladra non demordono.

-Il mercato sembra ben fornito: la dispensa piange grazie a qualcuno di nostra conoscenza!-

Il volto di profilo, una mano a sfiorarsi le labbra e l’altra a sistemarsi una ciocca dietro l’orecchio, sfiorando nel viaggio di ritorno il contorno dell’occhio, punti su di lui, che non accenna a parole d’invito.

Una birra, forse due, quattro chiacchiere e chissà… qualcosa di più?

-Mi sento incolpato ingiustamente-

-Non ingiustamente, ma con tutte le prove contro di te Rufy!-

-Sei cattivo Sanji!-

Nessun invito avrai da me ragazzina, ride l’iride d’ossidiana che brilla per l’occasione ma che non permette a parola alcuna di lasciare le sue labbra.

Brutta bestia l’orgoglio.

Basterebbe così poco.

Uno sguardo più deciso, un occhiolino, la sua iride che scende sul corpo diafano di lei e confermarle che la desidera.

Un sorriso e magari… una mossa?

Niente? Sicuro?

-Suuuuper! Io e fratello naso lungo andremo in cerca di materiale per la Sunny: fratello peluche vieni con noi?-

-Robin ed io volevamo consultare la biblioteca cittadina e magari anche l’erboristeria-

-Noooooia!-

-Yohoho-oh Rufy san se desideri posso accompagnarti io all’avventura!-

-Ehi no, aspettate che avventura? Rufy ci sono dei marine!-

Le lunghe ciglia sfarfallano in una chiara avance, un’offerta, un invito, una supplica che riceve in risposta solo  lo scostarsi da lei dello sguardo di guerriero.

Scappi?

No, l’occhio di nuovo sicuro su di lei,  E tu?

Gli occhi di gatta sorridono, si chiudono e si riaprono, brillando, luccica di speranza e desiderio.

Insieme, tu ed io. Lo vogliamo entrambi.

-Shishishi! Andiamo a divertirci!

-Rufy no, ti prego! Brook fagli cambiare idea!-

-Yohoho-oh, credo sia tardi Usopp san-

Lo sguardo di samurai si infiamma, prende di colore, si scioglie e ruba le sfumature del mare notturno senza luna.

Se mi vuoi, parla ora.

Una sfida, a cedere per primo, a soccombere al desiderio.

Gli occhi non mentono.

-Suuuuper! Tutti d’accordo quindi?-

No, non puoi ingannare una truffatrice, parla tu!

-Cercate di non perdervi… Uso-chan mi serve una mano al mercato-

No, tu.

-Uhm si, ok. Franky ci vediamo in carpenteria?-

-Super bro!-

Tu!

-Robin vado a prendere la lista di libri!-

-Si dottore-

Tu!

-Shishishi, non vedo l’ora di scendere!-

Tu, dannazione, tu!

-Perfetto quindi… oh, Nami swan! Mia sirena ramata, tu che programmi hai?-

L’incanto si spezza.

La verità tace, il desiderio urla in silenzio.

Gli occhi si distraggono e perdono il loro dialogo sincero.

-Penso che seguirò Chopper e Robin, Sanji kun-

La sfida, l’inganno, la truffa, l’invito, l’opportunità svanisce in un battito di ciglia.

-Quindi a fare la guardia resta Zoro?-

-A quanto pare. Tsk Testa d’Alga vedi di non dormire!-

-Taci, Torcigliolo!-

Taci, come tacciono gli occhi ora distanti.

Taci come tace mordendosi la lingua muta l’orgoglio.

Taci.

Taci per ora.

Sarà per la prossima volta, se lo promettono entrambi.

Sarà per la prossima isola.

Sarà per il prossimo sguardo.

Sarà.

Ma per ora fa male vederla andar via.

Sarà.

Ma lasciarlo brucia nell’iride color nocciola.

Sarà.

Sarà mamihlapinatapei.

Lo è sempre.

 

 

 

 

 

Mamihlapinatapei: gioco di sguardi tra due persone che si piacciono,
guardarsi reciprocamente negli occhi
sperando che l’altra persona faccia qualcosa che entrambi desiderano ardentemente
ma che nessuno dei due vuole fare per primo.

(YAGHAN, lingua indigena della Terra del Fuoco -Cile)

 

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Capitolo 5
*** Retrouvailles ***


~~




Il cuore non smette di battere.
Ha camminato tanto per rivederlo.
Si è spinta oltre il suo limite, e ancora lo sta facendo.
Per lui.
E ora che può riaverlo, vederlo e riprendere a respirare, è ormai tardi.
Una nuova divisione li aspettata: Onigashima li aspetta.
Kaido li aspetta, e il suo cuore trema di terribili pensieri.
Lo perderà di nuovo? Riuscirà a ritrovarlo nella mischia?
Porterà mai assaporare davvero il loro reincontro?
Le guance le si gonfiano capricciose.
Non è giusto, pensa. Perché deve accontentarsi di una sola notte per ritrovarsi con Zoro?
Aveva fatto di tutto per avere il loro retrouvailles.
Volato, anche, se si pensa al suo arrivo grazie a Sanji-kun sulle spiagge di Wa dopo essere sopravvissuti alle acque turbolenti e impetuose. Quasi contro natura.
Da lì in poi lo aveva rincorso con tutte le sue forze: le rovine del castello di Oden, nelle piazze gremite di pericoli della capitale dei Fiori, al cimitero di Ringo e a Ebisu, dove lo aveva mancato per poco.
Infine a Rasersu, per la condanna a morte di Tonoyasu da cui erano scappati ognuno con il suo compito da portare a termine per salvare Wano. Lei con la domanda di quando l’avrebbe potuto davvero incontrare.
Ed ora eccolo, con cipiglio serio e una nuova spada da addomesticare, che si alza dalla loro riunione organizzativa per l’assalto al covo di Kaido… e nemmeno la guarda.
-Ehi!- lo rincorre e al diavolo l’orgoglio!
Non può ignorarla così!
Lei vuole il suo retrouvailles con lui: vuole essere felice, vuole saperlo in forze e pronto per la battaglia!
-Ehi, buzzurro!- lo strattona con una mano sulla manica chiara dello yukata, ricevendo finalmente la sua attenzione.
Totale, diligente, ghignate attenzione.
Solo per lei.
E il cuore impenna coi suoi battiti.
-E-ehi…- ansa ancora, gli occhi incollati a quel suo ghigno strafottente, che si allarga nel vederla.
È felice.
Lo è nel vederla, nel sentirla ancorata a lui.
Le mani di lei che tremano strette alla stoffa del suo vestiario, mentre ruota a guardarla in pieno volto.
Non una parola di scherno pronunciata.
Zoro semplicemente è felice
-E-ehi… Zoro…-
La gola le si secca, le parole fuggono timorose e le guance le vanno a fuoco come i capelli.
-... io…-
Dovrebbe sgridarlo, per tutti i rischi che ha corso a Wano. Dovrebbe prenderlo per un orecchio e chiedergli chi diavolo è questa tanto famigerata Komurasaki. Dovrebbe gonfiare le guance e fare la sostenuta.
Dovrebbe.
Ma riesce solo a sorridere e a portare l’altra mano a stringere il polso di Zoro.
Nami è felice di poterlo finalmente vedere e avere.
-... ciao…-
Retrouvailles a volte è solo tenere il suo polso stretto tra i palmi, e sentirne il battito vitale sulla pelle.
Perchè Zoro finalmente è lì con lei.






 
Retrouvailles: il sentimento di gioia che proviamo quando
finalmente ritroviamo la persona che amiamo
dopo una lunga separazione
(Francese)

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Capitolo 6
*** Fensterln ***


~~



Accade nelle notti dove la nebbia nasconde la luna.
Sono notti tranquille, prive di pericoli, ma non di incubi.
Si accorge della sua presenza per il silenzio.
In mare non vi è mai una tale assenza di suoni: la risacca canta sempre.
Ma non se c'è la nebbia: se la foschia nasconde la luna, il mare smette di cantare.
Forse per questo Nami si arrampica fino alla postazione di vedetta o nel suo giaciglio dondolante. Non fa rumore nell'infilarsi sotto le lenzuola e non respira nemmeno mentre si raggomitola al suo fianco. Per questo Zoro non si accorge di lei.
O forse perché il suo istinto si cheta nel sentirla vicino e si dorme meglio.
Fatto sta che nel cuore della notte Zoro apre un occhio, la nota dormiente aggrappata a lui, e un sospiro rassegnato gli esce dalle labbra.
Rassegnato, come no.
Si volta sul fianco e porta un braccio attorno alla vita di Nami, che nemmeno prova più a fingersi addormentata e si preme al suo ampio petto.
-Dovresti smetterla di arrampicarti nel mio letto quando hai gli incubi- preme il mento i suoi capelli.
Nami alza il capo e posa le labbra contro l’attaccatura tra gola e capo.
Lì, dove il battito del cuore riecheggia con più ferocia e privo di barriere.
-Dovresti smetterla di lasciare la porta aperta del dormitorio quando ho gli incubi-
Zoro la stringe e finge di non sapere di che parla.
Nelle notti di nebbia la luna non c'è e con lei manca il canto della risacca.
Ma non manca mai il Fensterln di Nami.




 
Fensterln, fare una visita alla persona amata di notte
arrampicandosi fino alla finestra della sua camera da letto.
(Tedesco)

 
 

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Capitolo 7
*** Tingo ***


~~

-Ladra-
Nami storse il nasino e lo guardò offesa.
-Come scusa?- l’affrontò sollevando appena il capo dal libro che leggeva.
-Quella è mia- ringhiò Zoro, pestando un piede a terra.
La rossa non si scompose.
Seguì appena gli occhi inferociti del compagno fino alla camicia a quadrettoni che indossava, deviando subito lo sguardo alla lettura.
-L’ho solo presa in prestito-
La peggior bugia della sua vita: stava perdendo la dote.
-Oh certo: l’hai da tre settimane!-
-Esagerato- sbuffò –Saran al massimo due giorni-
Bugia, ancora.
Ma detta meglio.
Nami sapeva con precisione maniacale che erano esattamente ventitre giorni che aveva preso in prestito la camicia del compagno.
Ora che ci pensava, iniziava a perdere il forte profumo salato e metallico del compagno.
Che peccato.
-Hai almeno intenzione di ridarmela un giorno?- grugnì Zoro attirando la sua attenzione.
-Tingo- esclamò con fare ovvio la rossa –Te la lavo e te la ridò- gli fece l’occhiolino.
Zoro non sapeva ancora che non avrebbe mai più potuto rindossare la sua camicia.
Nami sì.




 
Tingo, l’atto di prendere in prestito oggetti dalla casa
di un amico senza mai restituire nessuno di essi.
(Rapanui, lingua dell’Isola di Pasqua)

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Capitolo 8
*** Ming-Gatt ***


~~



Il buio l'acceca, e se si rendesse conto dell'assurdità della cosa, si renderebbe conto che tutto ciò non è reale.
Ma non ci riesce perché l'unica cosa che vede è Nami che gli da le spalle e si allontana.
Si sente bloccato, incatenato, eppure la cartografa ha usato la sua Wado per tagliare le corde con cui gli uomini di Aarlong l'avevano legato, liberandolo.
E ora abbandonandolo.
Non pronuncia parola, ma Zoro sente che è un addio il suo e non lo accetta.
No, ha promesso a Rufy che l’avrebbe riportata indietro.
Che non le avrebbe permesso di abbandonarli.
Che non l’avrebbe abbandonata.
L’ha promesso al capitano.
L’ha promesso a se stesso.
Prova ad urlare, a ordinarle di restare.
Prova ad alzarsi e ad allungare braccia e gambe per afferrarla.
Ma è tutto inutile: Nami se n’è andata senza dirgli addio.
Se n’è andata per sempre.
Non tornerà.
Non gli ha detto addio.
Non l’ha guardato.
L’ha lasciato lì, a terra, immobile, incapace di ogni movimento, di ogni parola, di ogni sentimento per…



Spalanca gli occhi e quasi ringhia contro il silenzio assordante della notte immersa nella nebbia.
Non c’è la risacca, non c’è gabbiano che stride, non c’è alcun rumore che soffoca il martellare indefesso del suo cuore.
Ma c’è Nami.
Stretta al suo fianco che dorme, tranquilla, priva di incubi.
Lei.
Si volta sul fianco, abbracciandola e stringendola forte.
Alla fine non era un addio, quello, ma poteva esserlo.
Forse un giorno lo sarà.
Forse.
-Shhh, shhh- lo stringe Nami, permettendogli di posare il capo sul suo petto, accarezzandogli i capelli e cullandolo -Sono qui-
Zoro respira.
Sapeva che nelle notti di nebbia tutto tace tranne gli incubi.
Tutto tace.
Anche il Ming-Gat di Nami, che mai ci sarà.
L’ha promesso a se stesso Zoro.



 

Ming-Gat, andarsene per sempre senza dire addio.
(Indonesiano)

 

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Capitolo 9
*** Viraha ***


~~
 
 

Si rende conto che è troppo tardi quando versa la prima lacrima.
La raccoglie a fior di dita e la guarda sconvolta, sbattendo ripetutamente le ciglia mentre altre lacrime le scivolano sulle guance.
-Nami san?-
La voce di Brook le arriva lontana, come lontana appare Zou mentre navigano verso Whole Cake Island a recuperare Sanji.
Alza il capo, cerca di riconoscere la silhouette dell’elefante che trasporta la patria dei Visoni.
Cerca, disperatamente, di distinguere un profilo tra tutti quelli ammassati al margine dell’animale per salutarli: un profilo fiero, severo, con braccia incrociate e sorriso assente.
Ci prova ma non ci riesce.
Le lacrime l’accecano.
-Nami san- le accarezza la schiena Brook facendola sussultare.
Sono ripartiti di loro spontanea volontà.
Sono ripartiti per recuperare Sanji.
Sono ripartiti e si sono divisi, ancora una volta, ma per scelta.
Non c’è alcun nemico a separarli ora.
Nami si rende conto che non vuole più partire, non senza di lui.
Zoro andrà a Wano, lei a Whole Cake Island e chissà quando si rivedranno.
E tutto ciò è nato per una sua scelta.
Non pensava avrebbe fatto così male.
No, decisamente no.
E non parla della partenza, non parla del rapimento di Sanji, non parla del sacrificio del suo nakama nè dello sguardo severo e privo di affetto che Zoro le ha rivolto prima di venire separati.
No.
Fa male accorgersene solo ora.
Ora che saranno divisi per molti, troppi giorni, per loro scelta.
-Andrà tutto bene-
Nami non lo sa, e la speranza di Brook aumenta solo il dolore.
Lei lo ama.
Ora, qui, nei mari nebbiosi attorno a Zou.
Lo ama da tanto, troppo tempo, e se ne rende conto troppo, tanto tardi.
Nami ama Zoro, e separarsi da lui fa male.
Una falange scheletrica le sfiora una guancia e, riluttante, Nami distoglie gli occhi dall’ormai indistinguibile sagoma di Zou.
-Andrà tutto bene- le sorride -Lo ritroverai a Wano-
Riesce solo ad annuire, asciugandosi con stizza le guance.
Si, lo ritroverà e non lo lascerà più andare.
Ma farà male fino ad allora. Tanto, troppo.
La consapevolezza fa sempre male.
Viraha fa sempre male.
Ma non per sempre.
Solo fino alle terre di Wano.



 

Viraha, la consapevolezza dell’amore che arriva nel momento della separazione,
rendersi conto di amare una persona soltanto poco prima della sua (o vostra) partenza
o di una separazione più o meno inevitabile.
(Hindi)


 


 

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Capitolo 10
*** Cafuné ***


~~
 


Le dita scivolano tra le ciocche verdi.
Una, due, tre volte.
Non si stancherà mai di quel gesto.
Una, due, tre volte.
I polpastrelli sono macchiati d’inchiostro delle ultime cartine completate prima del’incubo. Qualcuno ha anche dei calli.
Una, due, tre volte.
Ma scorrono lo stesso morbidi e gentili sulla cute, sfiorando e disegnando linee meno terrestri e dure.
Una, due, tre volte.
Rafforza l’abbraccio con cui tiene stretto il suo capo al petto, e il respiro lento e regolare di Zoro la fa quasi sorridere.
Una, due, tre volte.
Lo accarezza, piano, lentamente.
Una, due, tre volte.
Dal centro della capigliatura, fin sulla nuca, dove ferma le dita per un lungo momento prima di riportarle al principio.
Una, due, tre volte.
È il più bel gesto che le sue mani compiono: sfiorarlo, accarezzarlo, amarlo…
Una, due, tre volte.
Quattro.
Lo stringe piano, nella sua branda, mentre il sole vince la nebbia della notte.
Gli incubi se ne sono andati da molto.
Una, due, tre volte.
A ogni carezza.
Ora c’è solo Cafuné, e Nami che lo ama.





 
Cafuné, accarezzare la chioma della persona amata facendo scorrere le dita tra i capelli.
(Portoghese)

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Capitolo 11
*** Uteplis ***


~~


Zoro era un lupo solitario.
Prediligeva il silenzio e la quieta al caos che accompagnava ogni passo della ciurma e, in particolar modo, il suo Capitano.
Ma non disegnava comunque la loro compagnia, partecipando alle bizzarre gare di Usopp e Rufy, o limitandosi a vegliare su di loro all’ombra dell’albero con l’altalena del ponte.
Come in quel giorno di sole e caldo estivo nel mare aperto.
Era addossato pigramente alla parete esterna del castello di poppa, occhiando tra un sonnellino e l’altro, Rufy, Chopper e Usopp giocattolare con gli ultimi gadget di Franky, limitando le esplosione a una sola parte del ponte erboso.
Seppur rilassato e in pace, teneva i sensi all’erta, per intervenire in caso di pericolo, non negandosi però di sonnecchiare qualche minuto di tanto in tanto.
Forse aveva approfittato proprio di uno di quei piccoli riposini.
Forse l’aveva atteso per tutta la giornata, ben nascosta dietro al suo finto crogiolarsi al sole.
Forse aveva abbassato troppo l’attenzione.
Forse aveva creduto che Rufy e i gadget di Franky fossero più pericolosi di lei.
Ingenuo!
Aveva chiuso l’occhio buono per pochi attimi, ne era sicuro!, deliziandosi del calore della giornata di sole per poi saltare sull’attenti al brivido freddo che gli aveva attraversato la pelle del braccio, abbandonato indifeso al suo fianco.
-Che diamin… NAMI!!!-
La risata della cartografa era scappata cristallina sul castello di poppa, divertita dalla sua ultima bricconata ai suoi danni.
-Razza di mocciosa- tornò a sedersi, occhiando distrattamente all’oggetto che gli aveva regalato un così gelato risveglio.
Una bottiglia ghiacciata di birra, ondeggiava pigramente al suo fianco, rovesciata a terra quasi certamente dal suo brusco risveglio.
La studiò attento, prima di prenderla in mano, ancora fredda, e riportarsi seduto.
Una birra ghiacciata.
Per lui.
Da bere sotto al sole di quella bella giornata.
Proprio uno stupido scherzo.
-Ragazzina- sospirò impacciato, alzandosi.
-Robin tieni d’occhio tu Rufy?- si avviò verso la cucina.
L’archeologa annuì con sorriso sornione, non alzano gli occhi dalla sua lettura ma richiamandolo divertita.
-E tu?- si limitò a chiedere.
-Utepils- si grattò la nuca verde, non lasciando la presa sulla bottiglia di birra -In due è meglio-
Robin non chiese a chi era destinata l’altra birra che Zoro stava andando a recuperare.
Lo sapeva già.
 

 
Utepils, stare all’aperto in una giornata di sole, bevendo una birra.
(Norvegese)

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Capitolo 12
*** Ya'aburnee ***


~~
 
 
Era egoista.
Lo sapeva da tempo.
Era un’egoista nata.
Una ladra di opportunità.
E non si sarebbe lasciata sfuggire nemmeno questa.
Ricacciò quindi indietro le lacrime e strizzò per bene il fazzoletto che stringeva -strozzava- tra le mani.
A passi lenti si avviò sul ponte della sunny, trovandolo sulla scalinata esterna intento a sistemarsi le bende strattonandole con i denti.
Il solito stupido.
Con gesto brusco, gli strappò dalle mani la garza, sedendosi sullo scalino inferiore rispetto al suo e armeggiando rapida con le nuove ferite che gli coloravano le braccia.
Zoro la guardò muto.
Guardò le sue mani da cartografa disegnare i tagli e ricoprirli con le bende, non stringendo mai troppo ma senza nemmeno lasciarle troppo blande. Non parlava però.
Se ne stava zitta, accarezzando e stringendo prima la sua pelle lesa e poi le garze, col capo chino e le spalle ricurve.
Curava i tagli piccoli come quelli profondi, i superficiali come i gravi.
Quelli innocui come quelli mortali.
Tutti, nessuno escluso.
Stava passando le dita all’interno del suo avambraccio sinistro, quando Zoro le sollevò il volto con due sole dita destre posate sotto il mento, rivelando le lacrime che stava versando.
-Guai a te- singhiozzò -Guai a te, Roronoa-
Strinse gli ultimi lacci, asciugandosi con stizza le guance prima di rivolgere ancora lo sguardo al volto confuso di Zoro.
-Sono un’egoista e non ti permetterò di farmi questo torno- lo minacciò seria -Tu devi promettermelo: promettilo Zoro! Ya'aburnee!-
Zoro annuì. Promise.
Non sapeva cosa, ma promise.
Tutto per quelle lacrime.
-E ora va da Chopper, che non sono certo la tua infermiera personale- lo scacciò burbera, dandogli le spalle e permettendosi di piangere solo quando sentì la porta del castello di poppa richiudersi.
I singhiozzi le sconquassarono il petto per il ritmo e il dolore.
Egoista.
Sciocca egoista.
Rubare una tale promessa… Ya'aburnee.
Morire dopo di lei, per negarle il dolore di vederlo spirare.
Regalarle l’egoistico desiderio di non soffrire per lui.
Prometterle che non l’avrebbe fatta soffrire con la sua morte.
Ya'aburnee.
In cuor suo Nami sapeva che Zoro l’avrebbe mantenuta.
In cuor suo sapeva che il dolore della separazione era minore rispetto al saperlo da solo al mondo senza di lei.


 
Ya'aburnee, la speranza che la persona che ami viva più a lungo di te,
così da risparmiarti il dolore di vivere senza di lei.
(Arabo)

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Capitolo 13
*** Ichigo Ichie ***


~~


-... e sai dove te lo puoi infilare la tua stupida camicia?!?-
-Nella tua boccaccia dovrebbe starci perfettamente!-
-Come osi?!? Cavernicolo!-
-Arpia!-
-Maleducato!-
-Capricciosa!-
-Stupido!-
-Ladra!-
-Ti ho detto che te l’avrei ridata: rozzo di uno spadaccino!
-Come no, str-
-Scusate-
Il capo riccioluto e il naso prominente di Usopp fanno capolino dalla porta, interrompendoli.
-Che vuoi?!- sbottano all’unisono Nami e Zoro, fulminando il malcapitato.
-Stiamo per andare- pigola il cecchino, mani alzate pronte alla resa -Zoro dovresti venire: sei col gruppo di esplorazione dell’isola con me e Sanji-
Lo spadaccino annuisce, lasciando scappare Usopp mentre Nami gli dà le spalle con nasino arricciato e aura collerica ancora al fianco.
Eccoli lì dunque, pronti per una nuova avventura, pronti per nuovi guai.
Pronti per una nuova divisione.
E perchè non litigare e tenersi il muso prima di venir separati per l’ennesima volta?
Zoro nemmeno sa perchè litigano, non conosce il motivo per cui si stavano lanciando i peggiori epiteti del loro repertorio.
Non lo sa, o meglio non se lo ricorda.
Sa solo che ora deve andare e Nami gli da le spalle e in regalo un bel broncio.
Sospira e si gratta il capo sbuffando.
Deve andare, ma potrebbe aggiungere che gli spiace, che non è esattamente così che vuole lasciarla, che non gliene frega nulla della sua camicia che gli ha rubato o per qualsiasi altra cosa per cui stavano litigando.
Potrebbe.
Potrebbe essere una nuova divisione a quella a cui va incontro, e quello, con sbuffi, musi e tropiloqui poco gentili potrebbe essere il loro ultimo incontro.
È già successo a Dressrosa, a Zou, a Wano: nulla impedisce possa succedere ancora.
Piega appena lo sguardo a incontrare la schiena dritta e tenace ricoperta di onde rosse della compagna, e un modo di orgoglio gli prende lo stomaco: oh al diavolo!
Se vuole tenergli il muso che lo faccia!
Lui non rimpiange che il loro ultimo incontro abbia previsto solo urla e sguardi furenti.
È uno spadaccino, un pirata, e non dovrebbe tormentarsi l’anima per una possibile, probabile, discutibile divisione che magari nemmeno avverrà.
Hanno litigato già tante volte e lui è sempre tornato.
Sempre.
Però…
Sbuffa, torna a grattarsi il capo e non sa che dire.
Zoro litiga anche con le parole che voglio uscire e dire alla cartografa che tornerà.
Tornerà sempre.
Che non vuole che si congedino così, litigiosi e con l’animo in subbuglio.
Ma per tradurre questo, le sue parole, non sanno come uscire, e restano ingabbiate sul fondo della gola.
Grugnisce, si scalda la gola, pensa a una frase…
-Devo andare-
… e ne dice un’altra.
Nami nemmeno si volta, emette uno sbuffo indignato e mantiene le spalle voltate.
Ah, mocciosa capricciosa!
Perché dev’essere così difficile? si chiede mentre si avvia verso la porta.
Perché non possono salutarsi, fare la pace, e dividersi senza rimpianti per il loro ultimo incontro?
Perché non…
Due braccia esili ma decise lo abbracciano per la vita, stringendolo possessive e il calore di un corpo femminile lo blocca ancora lì.
-Tu…- borbotta Nami e Zoro vorrebbe solo che continuasse, che le dicesse lei quelle maledette parole.
Prima che vada via, prima che il rimpianto sia troppo grande.
-Cerca di non perderti- gli pizzica un fianco, stringendo poi di nuovo la presa -E cerca di tornare-
Allenta la presa, lo supera, lo guarda con occhi sorridenti, gli tira una linguaccia.
-Dobbiamo fare pace- esce dalla stanza lasciandolo alle sue parole che solo ora, trovano la strada per uscire.
-Ichigo Ichie- esala e sorride sghembo sopra ogni rimpianto.






 
Ichigo Ichie, ogni incontro con un’altra persona va affrontato essendo consci
del fatto che potremmo anche non rivedere mai più quella persona
e quindi bisogna far sì da non avere rimpianti per come ci si è comportati.
(Giapponese)

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Capitolo 14
*** Nyctophilia ***


~~
 
 
 
Le onde si sfaldano come neve al sole, contro la chiglia cullante nella notte della Sunny.
Emettono un suono soffice sotto il cielo stellato, ballando per una luna candida e gentile che rivolge la sua luce al mare e a chi vi dimora.
Il vento notturno soffia gentile, scivola sulle vele ripiegate della nave pirata, corre sul ponte e ruzzola tra il castello di poppa e prua, divertendo la notte che cala sulla nave e la scruta curiosa.
Le vele colorate, la nenia del mare che la culla, nove respiri che si alzano dal sottocoperta.
No, non nove.
La notte non ha mai saputo contare, ma sa giocare, sa scivolare tra gli alberi maestri e ridere delle stelle.
Sa fermarsi, l’oscura e silente notte, ammaliata da un rumore: una risata.
La raccoglie, la culla, la porta con sè rincorrendola.
È una risata gentile, dolce, da bambina che ama la notte.
Una bambina non sola.
Con passi silenti e felpati di nero, la notte si affaccia, la scopre, la studia.
-Sei troppo cattivo con Sanji kun- parla la bambina accanto a un demone.
-Tsk- parla roco il demonio, più scuro di lei stessa, e lei è la notte! -Quel cuoco da strapazzo…-
La bambina ride, siede accanto al demone, contro la balaustra della nave, sotto il cielo stellato e il blu zaffiro del cielo.
Non sembra temerlo, anzi da come posa il capo sulla sua spalla e gioca con le dita su strade immaginarie del braccio possente del mefisto, pare trovarsi a suo agio.
E ride.
La bambina ride contro il demone.
Gioca con lui, preme i ricci rossi spenti dalla oscurità e permette al silenzio di parlare per loro in lunghe chiacchierate.
La notte se ne accorge: sono carezze, movimenti, attenzioni che i due non eseguono con suo fratello giorno.
No, lei lo sa.
Riconosce le dita di chi è più abile ad accarezzare col buio, a sfiorare l’altro con silente attenzione e cura notturna.
Il demone trova conforto nelle carezze della bambina.
Trova conforto in lei notte, godendosi le tenebre del mare, la segretezza delle stelle e la quieta della luna.
La bambina ruba pace nel sfiorarlo, nel premersi a lui, nel ritrovare le sue mani rozze e malefiche tra le sue, al buio, dove nessuno vede, nessuno commenta.
Nemmeno loro.
-Dovresti andare a dormire- parla ora il malefico -È tardi-
-Nyctophilia- sussurra piano la bambina -Sto bene qui. Sto bene ora-
Il demone non replica ma la notte sa che è lo stesso per lui.
Ora è la notte a ridere, e scappare per non farsi trovare: ha spiato abbastanza i due nictofili.
Li regalerà qualche altra ora di silenzio e di oscurità.
Solo per loro.
Solo per la bambina e il demone.





 
Nyctophilia, l’amore per la notte
e per le caratteristiche che a questa si accompagnano,
oscurità e silenzio.
Il soggetto nictofilo trova conforto all’idea della notte
e generalmente preferisce svolgere le proprie attività
durante le ore buie piuttosto che con la luce del giorno.
(Inglese)

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Capitolo 15
*** Gigil ***


~~
 
 
 
Gli prudono le mani.
E no, non nel senso collerico del termine.
Gli prudono le mani e sa che se posa la bottiglia di liquore a terra, quelle andranno a trovare conforto in altri materiali inebrianti e stordenti.
Per cui beve, beve tanto Zoro.
Beve con Franky attorno al fuoco acceso sulla spiaggia dove campeggiano per la notte, su una nuova isola.
Beve con Chopper, prima che Rufy e Usopp lo rapiscano in un ballo osceno.
Beve perfino col cuoco, pur di non lasciare nell’ozio le mani, sempre impegnate ad armeggiare bottiglie fino a quando non incespicano nella leggera sbronza.
Ma continuano a prudere.
Prudono cavolo, prudono da impazzire.
Sembra abbiano il fuoco sotto pelle.
Come se un liquido sconosciuto abbia trovato breccia dalla sua prigione e ora non abbia alcuna intenzione di fermarsi se prima non prende il pieno controllo delle sue mani e le usa per…
Per…
Zoro sa per fare cosa.
È tutta la sera che evita di pensarci, che mantiene gli occhi incollati ai nakama e beve per trattenersi.
Ma basta scivolare con l’iride d’ossidiana appena più in là del profilo afro di Brook per vederla ballare, e le mani scalpitano e stringono talmente forte la bottiglia che la incrinano.
-Yo-hohoho Zoro san: che presa!-
Già, che presa.
Che presa vorrebbe liberare da quelle mani, posandola su Nami.
Nami che balla, ancheggia, volteggia con Chopper o il dannato cuoco.
Nami che salta attorno al fuoco sulle note del violino di Brook, Nami che mostra i suoi fianchi scoscesi e invitanti.
E le mani prudono.
Le dita scioccano tra loro e scalpitano per potersi posare, stringere, pizzicare quella pelle lattea che si tende in giravolte e passi di danza, offrendosi a lui con fin troppi invitanti movimenti.
Sta per impazzire!
Se lo sente, insieme alla smania di pizzicare i fianchi di Nami che gli brucia le mani: se non poserà le dita attorno alla sua pelle, la sua mente si liquefarà.
Basterebbe così poso.
Un piccolo, piccolo pizzicotto sui suoi fianchi nudi mentre salta davanti ai suoi occhi.
Solo uno…
Beve avido, e annega quel desiderio, annacqua il bruciore alle mani e spera di salvarsi.
Si, ci spera.
Ci spera anche mentre la bottiglia gli scivola di mano, finalmente libera!, e si alza in piedi.
Ci spera ancora quando Nami si volta, ancheggia davanti ai suoi occhi e si piega verso di lui.
Ci spera, ci spera eccome.
Ci spera anche quando le dita febbreccitanti si posano sui fianchi della navigatrice e li stringono con appagante e beata forza.
Ci spera.
Spera che il contatto non finisca mai.
-Gigil- ansa con le dita strette su Nami, a un soffio da lui.
Gigil, ripete, mentre la rossa lo prende per mano e si allontana con lui.



 
 
Gigil, l’impulso irresistibile di pizzicare
o stringere qualcuno a cui si vuole bene
(Tagalog, lingua delle Filippine)

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Capitolo 16
*** Begadang ***


~~
 

-Solo uno. Ecco tieni… ah! Cosa si dice?-
-Spero non sia avvelenato?-
-Stupido! Non avvelenerei mai uno dei preziosi mandarini di Bellemeré-
-E perchè mai lo condividi con me, se è così prezioso?-
-Perchè questa notte mi sento magnanima-

-Oh quale grazia-
-No, si dice “grazie”. Prova a ripetere Zoro: g-r-a-z-i-e -
-M-o-l-l-a i-l M-i-k-a-n-
-Sciocco, non so se te lo meriti-
-Ormai me l’hai promesso-
-Potrei sempre darlo a Sanji kun domani mattina-
-Quell'idiota-
-Sei troppo cattivo con lui-
-È un cuoco da strapazzo-
-Eppure potrebbe ricevere questo mandarino-
-Dai qua!-
-Ehi attento! È buio pesto e potresti farlo cadere a terra-

-È notte, è normale sia buio-
-Lo dico per te, io ci vedo benissimo comunque-
-Certo… allora?-
-Ecco tieni, tieni, lo stavo sbucciando. Grazie quindi non me lo dici?-
-Grazie-
-Prego-
-...-
-...-
-È buono-
-Certo che è buono, è un mandarino di Bellemeré: vi è tutto il suo amore lì dentro-
-Ma questo lo coltivi tu-
-La ricetta è sempre quella-
-Vi è tutto il tuo amore qui dentro, mocciosa?-
-... forse-
-... è buono-
-Nè vuoi un altro?-
-Si-
-E cosa mi dai in cambio?-
-La solita strozzina. Non ti sentivi magnanina questa notte?-
-Mmm, magari mi è passato-
-Tsk-
-O magari no. Tieni, solo per questa volta-
-La fine del mondo è vicina-
-Sciocco, se non lo vuoi posso sempre-
-Ho detto che sono buoni. Ne voglio ancora-
-Un attimo: lo sto sbucciando-
-Non serve, posso…-
-Uhm? Puoi co… oh! L’alba!-
-...-
-È meravigliosa oggi-
-... si, lo è-
-È arrivata prima del solito… peccato-

-Begadang-
-Come?-
-Nulla. Dammi il mikan-



 

 Begadang, restare svegli tutta la notte a parlare.
(Indonesiano)

 

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Capitolo 17
*** Habseligkeiten ***


~~
 

Il panico le attanagliò lo stomaco al solo sospetto.
“Impossibile” si derise, asciugamano ancora sul capo a coprire le ciocche ramate fradicie, mentre rovistava tra i suoi abiti.
Impossibile.
Era impossibile che avesse perso il suo prezioso bracciale dorato.
Che poi… “prezioso”.
Era paccottiglia recuperata chissà dove, nemmeno placcata d’oro vero ma appena verniciata di un giallo intenso, quasi prezioso.
Un semplice bracciale tondo e di finto valore monetario.
Per un occhio inesperto, ovvio.
Ma per Nami quel bracciale valeva come oro puro, tempestato di diamanti e con qualche smeraldo qua e là.
-Non scherziamo- gettò la pezza di spugna con ira fuori dalla sua stanza, gettandosi ginocchioni a controllare sotto al suo letto.
Zoro fermò i suoi passi proprio davanti alla pezzuola.
La navigatrice e il suo ordine di donna.
-Hai perso qualcosa qui- sbottò e sgranò gli occhi quando la rossa gli corse incontro guardandolo speranzosa.
-L’hai trovato?!-
Non l’aveva mai vista così tesa e tremante. La studiò per un lungo momento, prima di chinarsi a raccogliere l’asciugamano e porgerglielo.
Riconobbe la delusione farsi spazio nell’iride nocciola di Nami.
No, lei non aveva perso uno stupido straccio di spugna.
Aveva perso il bracciale di Nojiko, di sua sorella, il suo regalo, il suo augurio per una nuova vita, il suo tesoro più prezioso, il suo…
-Qualsiasi cosa sia- la mano di Zoro le sfiorò il mento, alzandole il volto colorato di panico -Lo troveremo insieme-
Nami deglutì e respirò con maggior calma, aggrappandosi al polso dello spadaccino.
-È solo… solo un bracciale…- che bugia orribile!
-Habseligkeiten- mantenne la mano sul suo volto, tra le sue dita -Lo troveremo-
Habseligkeiten.
Quella parola sapeva di promessa se pronunciata da Zoro.


 
 
 

Habseligkeiten, oggetti personali
che hanno un basso valore materiale
ma un forte valore affettivo.
(Tedesco)

 

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Capitolo 18
*** Mbuki-mvuki ***


~~
 

Mosse i piedi nella sabbia ancora calda della spiaggia.
Nonostante la notte fosse calata con le sue tenebre sulla ciurma, il lido regalava ancora il suo dorato calore, facendola danzare sulle note pizzicate con maestria da Brook.
Un salto, le mani verso la notte scura.
Un passo tra i granelli finissimi, gli occhi chiusi a lasciarsi trasportare dalla musica.
Il battere delle mani di Usopp come ritmo per la sua danza.
Nami amava ballare.
Amava lasciarsi guidare dalle note create da Brook, muovendo il corpo in movimenti leggeri e coordinati seguita da Rufy e Chopper, incitata da Sanji.
Guardata da Zoro.
Ancheggiò e roteò le mani al cielo, un sorriso sulle labbra libero da ogni pensiero che non fosse lui.
I suoi occhi neri, che la fecero saltare sulla sabbia e il cuore.
Le labbra inclinate in un sorriso, le sue gambe tremule in passi di danza liquidi.
Le mani strette alla bottiglia di liquore, la sua pelle fremente per quel tatto negato mentre ancheggiava a ritmo con la musica.
Nami si sentiva libera, libera da ogni catena e preoccupazione.
Libera di muoversi a passi morbidi sulla spiaggia verso di lui.
Libera di slacciare il nodo del pareo dalla vita, l’iride nera di Zoro danzante sui suoi movimenti.
Libera di avvicinarsi, alzando il lieve tessuto tra loro, mentre la bottiglia di liquore che occupava le mani dello spadaccino veniva abbandonata a terra.
Libera di danzare a un soffio da lui, il pareo a dividerli, le mani di Zoro a un respiro dai suoi fianchi.
Libera di volersi spogliare maggiormente, ma di sentirsi più nuda che mai davanti a quello sguardo di samurai, protettivo e tagliente, suo e non.
Un passo, un altro, una giravolta e le mani di Zoro sulla sua vita.
Il pareo che cade e le mani che si posano sul suo petto.
Aveva il respiro spezzato, non per lo sforzo, non per la danza.
Aveva il respiro spezzato, l’anima a nudo e le mani di Zoro a regalarle tremiti.
Nami amava mbuki-mvuki sotto gli occhi di Zoro.




 
Mbuki-mvuki, la voglia di togliersi i vestiti
mentre si balla per sentirsi più liberi
(Bantu, dialetto Norvegese)

 

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Capitolo 19
*** Agastopia ***


~~


Zoro era un bel ragazzo.

Nessuno poteva dire il contrario.

Aveva dei lineamenti decisi, un corpo scultoreo, occhi profondi e possedeva un sorriso raro ma gentile.

Questo prima di Kuraigana.

Poi i lineamenti si erano fatti duri.

Il corpo votato all’auto immolazione con cicatrici e dolore.

Gli occhi erano diventati l’occhio.

Uno solo.

Nero, scuro, minaccioso.

Ma il sorriso.

Nami lo riconosceva ancora.

Raro, gentile, unico.

Nami lo avrebbe riconosciuto tra mille.

Non importava quanto Zoro sarebbe cambiato, quante nuove cicatrici avrebbero segnato il suo corpo.

Quanto ancora il suo sguardo si sarebbe annerito.

Lei avrebbe sempre osservato, trovato, riconosciuto e apprezzato (amato andava detto sottovoce) quel particolare sorriso di Zoro.

Sempre.

Agastopia non era l’unico aiuto che le veniva dato per osservare per ore le labbra di Zoro in attesa del suo sorriso.

 



 

Agastopia, osservare e apprezzare
una particolare zona del corpo dell’altro.
(Inglese)

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Capitolo 20
*** Milozvučan ***


~~


Le avrebbe strappato le corde vocali dalla gola volentieri.
Quando la sua voce urlava ordini a destra e a manca, sbraitando di ammainare questo o di fissare meglio quello, Zoro avrebbe voluto volentieri prendere la lingua di Nami e farci un bel nodo.
Erano volte in cui il tono della cartografa diventava duro, grezzo, maleducato e irritante per ogni udito.
Le note acute, gli ordini strillati e perentori, l’autorità di cui auto si eleggeva unica depositaria e che calzava in ogni parola echeggiata su chiunque arbitrariamente.
La voce di Nami era insopportabile.
Lo era davvero.
Alcune volte.
Alcune volte Zoro odiava la voce di Nami.
Altre di più.
Quando miagolava per ingraziarsi il cuoco, cinguettando al suo orecchio per un piatto speciale o un favore particolare.
In quelle occasioni avrebbe preferito di gran lunga che fosse muta.
Ma poi se ne pentiva.
Perché, come esisteva la voce imperiosa e melliflua, esisteva anche la voce di Nami.
La sua Nami.
Dolce, gentile, come miele per l’udito.
Composta da vocali delicate, suoni ovattati e dal timbro leggero.
Da gatta vogliosa di fusa, da ladra di sospiri.
La voce del mattino, che lo cullava verso il risveglio.
La voce della notte, che cullava nel sonno più calmo.
La voce di Nami, che senza suonare, lo raggiungeva in ogni allenamento, con la risata che rotolava come un mandairno fino ai suoi pesi.
La voce di Nami che non lo chiamava per il pasto quotidiano, ma glielo portava, con un sospiro, un rimprovero delicato e una carezza.
Detta, non data.
Dolce, come miele.
Gentile, come fusa.
Piacevole come solo lei poteva essere.
Milozvučan come la sua Nami.

 

Milozvučan, avere una voce dolce e gentile,
particolarmente piacevole per l’orecchio. (Serbo)

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