Fisis - Cristalli di Memoria

di Sognatrice Realista
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Centro perfetto ***
Capitolo 2: *** Verso il nuovo ***
Capitolo 3: *** Dolce Patto ***



Capitolo 1
*** Centro perfetto ***



Centro perfetto



Seduto a gambe incrociate sul retro di Villa Nanpar, in attesa di sua madre, Isryl sbadigliò. Faceva così caldo; avrebbe voluto addormentarsi lì, ma no, doveva resistere!

Raccolse un rametto da terra e iniziò a giocherellarci, tracciando sul terreno privo di erba tutto quel che attirava il suo sguardo: prima una foglia, poi il bersaglio alla sua destra, che da lì vedeva molto bene, la freccia che andò a conficcarsi in uno dei suoi cerchi più esterni… un momento. Da dov’era partita? D’un tratto molto più consapevole di ciò che lo circondava, trovare la responsabile di quel tiro non fu difficile. Abbastanza lontana, ma esattamente in linea con il bersaglio, c’era una bambina, un arco grande quasi quanto lei tra le mani. Sembrava delusa, o la distanza che gli impediva di decifrare correttamente la sua espressione? Isryl aveva una buona vista, ma in quel momento non era sicuro. In ogni caso, l’aria fiera che emanava da lei – probabilmente una sua coetanea, o quasi – lo colpì.

Mentre lei incoccava un’altra freccia e si sforzava di tendere la corda, lui prese a tracciarne il volto con una precisione maggiore di quella riservata ai soggetti precedenti. Quel ritratto improvvisato assorbì tutta la sua attenzione per diversi minuti. Notò la cascata di capelli castani davanti ai suoi occhi solo rialzando lo sguardo per confrontare il risultato con l’originale; scattò istintivamente all’indietro.

«Sono io?» domandò la bambina. «Vicina a un bersaglio». Sollevò la testa, senza preoccuparsi di riordinare i capelli – si accontentò di scostare un ciuffo ribelle dagli occhi – e lo fissò sospettosa, assottigliando gli occhi. «Sei una spia? Devi ritrarmi per i rapitori?»

Isryl impietrì. «N, no! Non sono un rapitore!» esclamò appena si fu ripreso dalla sorpresa.

Lei lo esaminò, serissima, ancora un po’ – poi scoppiò a ridere. «Sì, ti credo. Non hai la faccia da rapitore».

Isryl avvampò. «Non lo sono!» ripeté d’istinto.

«Sì, sì, va bene» accondiscese lei, sedendogli accanto. «Che ci fai qui? Non ti ho mai visto prima!»

«Aspetto mamma» rispose lui, indicando l’enorme abitazione alle loro spalle. Poi non resistette: «e tu chi sei?»

Lei gli sorrise. «Mi chiamo Reda».








NdA

La long principale è in pausa/revisione e non conto di potermici rimettere seriamente prima di qualche mese ancora, ma avendo qualche flash sul passato dei protagonisti ho deciso di pubblicarle a cadenza irregolare.
Se seguite Storie di Fisis, vi chiedo scusa. Spero che possiate apprezzare queste flash.

Grazie per aver letto e alla prossima!

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Capitolo 2
*** Verso il nuovo ***



Verso il nuovo



C’era una bella luna, quella sera. Non che Calila l’avesse notato. Rannicchiata tra le radici di una sequoia, lo sguardo fisso a terra, tremava leggermente – non per il freddo.

«Eccoti, finalmente». Nel sentire la voce di Tair, non si mosse. «Hai idea di quanto sia stato difficile trovarti, Li?»

Nessuna risposta. «Ti sei addormentata?» piegò le ginocchia, arrivando all’altezza dei suoi occhi – ancora rivolti in basso – per confrontarla meglio. «Insomma, che hai?»

Dalla bocca, seminascosta dalle braccia, della ragazza arrivarono mormorii incomprensibili.

«Li» la chiamò ancora lui, serissimo. «Lo sai che puoi parlarmene». Le spostò con movimenti delicati – ma decisi – le braccia, liberandole il volto e trovò finalmente il suo sguardo. «Perché sei scappata?»

«Volevo… stare sola. Non è niente».

«È per l’inizio di Pumi? Pensi a tuo padre?»

Il silenzio di Calila fu una risposta più eloquente di tante altre. Tair sospirò, spostandosi in modo da sedersi accanto a lei, nonostante le radici, e la strinse a sé con un braccio. «Sai che hai noi, Li. Non sei sola, non lo sarai mai più».

Una lacrima solitaria si fece strada sulla guancia, sporca di terriccio, di Calila. Lei chiuse gli occhi, limitandosi ad annuire. Aveva una nuova famiglia… ma non poteva comunque dimenticare quella vecchia.

Fu allora che la terra tremò. Una sensazione strana, nuova ma familiare al contempo, la pervase dalla punta dei piedi alle radici dei capelli. Studiandosi confusa le mani, quasi non registrò l’imprecazione di Tair. Spostò su di lui lo sguardo. La scossa aveva fatto cadere alcune foglie dalla sequoia, ora adagiatesi sui capelli del ragazzo. Notò anche un ramo, a poca distanza da lui. «Tutto bene?» domandò, preoccupata.

Lui la rassicurò con un cenno. «Mi ha colto di sorpresa», disse solo. Ricambiando il suo sguardo, lo vide spalancare gli occhi. «Sembri diversa. Ti sei spaventata?»

Stupita, Calila scosse la testa. Non era spavento, no – non aveva idea di cosa avesse provato.

Tair non insistette; si alzò con una scrollata di spalle e le tese una mano. «Torniamo a casa», propose.

Calila si chiese come avrebbe reagito a un suo rifiuto, ma scacciò in fretta il pensiero. Era strano, ma la malinconia che aveva percepito fino a poco prima si era improvvisamente attenuata; inoltre, Tair aveva ragione. Si alzò e poggiò una mano sulla sequoia, chiudendo gli occhi per qualche istante.

Poi, si voltò e sorrise al ragazzo che la guardava in silenzio – era la sua immaginazione, o le sue guance si erano tinte di rosso?

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Capitolo 3
*** Dolce Patto ***


Dolce Patto

Un dolce patto



Quella mattina vide Aidra al mercato; non fece però in tempo ad avvicinarsi che lei era già sgusciata via rapida tra i banchi di fiori e farine. Sul momento non vi diede importanza, immaginando semplicemente che non l’avesse visto, e accantonò il pensiero per occuparsi delle sue commissioni.

Più tardi, avvicinandosi alla fattoria del lattaio – situata poco fuori dal villaggio – la scorse nuovamente: stavolta, ne era quasi certo, prima di voltarsi e sparire nella direzione opposta lei l’aveva notato.

Lo stava deliberatamente evitando.

Ma perché? L’aveva fatta arrabbiare? No… il giorno prima erano stati insieme al fiume, parlando e giocando come sempre. Lui non aveva fatto nulla! Vero? Il dubbio lo stava facendo impazzire.

Si sbrigò a terminare le consegne e tornare al forno, provando a convincersi che andava tutto bene. Doveva trattarsi di un malinteso, sicuramente – si era sbagliato, alla fattoria. Non l’aveva visto affatto. Ma perché era così difficile convincersene?

Era la prima volta che provava sensazioni simili. Non gli piaceva. Ottenuto il permesso dalla madre, dopo pranzo corse al tempio – o meglio, all’alloggio posto sul retro. Lì abitava, come da tradizione, la Fonè del villaggio. Con lei Aidra, da ormai quasi cinque cicli.

Come la maggior parte degli abitanti di Lytho, Odrik provava ancora un po’ di soggezione nei confronti di Mirel. Tuttavia, quando aprì la porta riuscì a balbettare un saluto.

La ragazza gli rivolse un ampio sorriso. «Entra pure, Ai è in cucina» l’informò, lasciandolo entrare.

Odrik deglutì, ringraziò e raggiunse il corridoio; c’era già stato. Del fumo proveniente dalla sua destinazione lo allarmò.

«Aidra!» urlò preoccupato, irrompendo nella stanza.

«Od…» mormorò la bambina, volgendosi verso di lui con gli occhioni lucidi.

Piange…? Odrik si paralizzò, spiazzato.

Aidra tossì. «Troppo fumo!» esclamò con voce roca.

Giusto. In qualche modo, trovò abbastanza presenza di spirito da raggiungere la finestra e spalancarla. Aidra tossì ancora un paio di volte, prima di rivolgergli un sorriso imbarazzato. Ne notò gli occhi rossi e l’espressione strana.

«Ai» iniziò, impacciato; voleva chiederle se fosse arrabbiata, ma gli mancarono le parole.

Lei poggiò una mano a terra, interrompendolo. «Pumi ti sia benigna!» esclamò, così rapidamente che lui non comprese subito. Sbarrò gli occhi. Aidra rimase in quella posizione per un po’, il volto stranamente rosso. «Buon Neociclo, Odrik!» aggiunse infine, gettandogli di slancio le braccia al collo.

Si era ricordata – gli stava facendo gli auguri. Non era arrabbiata. Incredulo e felice, glielo chiese.

«Arrabbiata? No!» fu la subitanea, quasi allibita, risposta. «Perché… oh» iniziò, arrossendo. «Volevo farti una sorpresa, per questo ti ho evitato, stamattina».

Una sorpresa?

Aidra si scansò, mostrandogli delle forme annerite su un vassoio. L’origine del fumo. «Se n’è salvato solo uno» constatò triste, recuperando l’unico biscotto ancora dorato. «È ai mirtilli» spiegò, porgendoglielo.

Odrik lo prese e lo spezzò a metà – Aidra parve sul punto di dire qualcosa – e gliene porse una. «Amici per sempre?» propose, fissandola serio.

Lei accettò con un sorriso. «Sempre».

Diedero insieme il primo morso, mentre la certezza di quella promessa si faceva strada in Odrik scaldandolo.

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