Kintsugi di Voglioungufo (/viewuser.php?uid=371823)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come una falena, sono attratto dalla tua fiamma. ***
Capitolo 2: *** Tutto quello che facciamo è pensare ai sentimenti che nascondiamo ***
Capitolo 3: *** Sei tu e il tuo mondo e io sono intrappolato nel mezzo ***
Capitolo 4: *** Ero solito pensare che amare significasse un inseguimento doloroso, ma tu sei qui davanti a me ***
Capitolo 5: *** E' solo una scintilla, ma basta per farmi andare avanti ***
Capitolo 1 *** Come una falena, sono attratto dalla tua fiamma. ***
Titolo:
Kintsugi – le cicatrici d’oro.
Autore: Voglioungufo.
Fandom: Naruto.
Genere:
Romantico, Introspettivo, Angst.
Verse: Canon, post serie.
Note: What if?
Avvertimenti:
yaoi, yuri, un discreto age gap nella coppia principale (15 anni),
paranoie su
paranoie e il cliché del genjutsu che vi giuro non
l’ho rubato a The Last, ho
realizzato dopo di essere caduta così in basso da aver usato
lo stesso
espediente, shame on me.
Personaggi: Uzumaki Naruto, Uchiha Obito, Haruno
Sakura, Hyuga Hinata,
Uchiha Sasuke, Sai, Umino Iruka e accenno a tutto il resto della
baracca.
Coppie: ObiNaru e SakuHina.
Note:
Okay, credo di doverlo dire per chi non mi ha tra gli amici su
Facebook: mi
sono innamorata malissimo della coppia Obito x Naruto. Così
male che dopo aver
salvato ogni fan art possibile, essermi riletta la saga della Guerra
Ninja e
aver pianto tutte le mie lacrime, ho deciso di iniziare a scriverne.
Divertente
come io finisca sempre per infognarmi con le coppie meno cagate, ma non
importa.
Spero
ci sia davvero qualcuno disposto a salire su questa nave. Oltre la
drabble, è
il primo tentativo serio. Non ha chissà quale trama
elaboratissima,
semplicemente due idioti che devono imparare a relazionarsi con i
propri
sentimenti e nel mezzo vengono colpiti da cose ninja. Spero vi possa
piacere e
ci sia qualcuno disposto a lasciare un parere ^^
È
quasi tutta scritta, quindi pubblicherò un capitolo a
settimana c:
L’ultimo
ricordo che ha è di Rin,
la sua bellissima e preziosa Rin. Lo stava guadando con orgoglio
– non sentiva
di meritarlo, però – e lo teneva per mano.
Dovevano andare da qualche parte
insieme, senza Kakashi finalmente, solo loro due insieme.
Soli.
Ma lui ha
lasciato quella mano, non
ricorda perché. Aveva detto che c’era qualcosa che
doveva ancora fare…
Non ricorda
altro e quando apre gli
occhi un soffitto bianco risponde al suo sguardo, lenzuola anonime,
pregne di
odore di medicinali gli coprono il corpo. Per un momento riesce a
muovere solo
gli occhi, studia l’asettica stanza biancastra dove si trova.
Un ospedale.
Sente un peso al
lato, qualcosa che
appesantisce il materasso e sfiora il suo corpo. fatica a girare la
testa, ha
dei tubicini infilati su per il naso e altri aghetti infilzati per
tutto il corpo,
sente il ronzare di alcuni macchinari, un fastidioso beep che va in sincrono con il suo cuore
affaticato.
Vede una testa
bionda, addormentata
su un braccio piegato, ma il suo movimento deve svegliarlo. Alza il
capo, sul
volto ammaccato e pieno di bende gli occhi azzurri
brillano come finestre sul cielo.
“Obito!”
esclama incredulo, felice.
“Sei vivo!”
Lo guarda,
incapace di muoversi.
Sì,
sono ancora vivo.
Kintsugi
le
cicatrici d’oro
Kintsugi:
“riparare
con l’oro”
(Giapponese)
L’arte
di riparare la ceramica rotta
saldando i vari frammenti con l’oro.
Nasce
dall’idea che da una ferita
possa nascere una forma ancora maggiore di perfezione, sia esteriore
che
interiore.
I
Come una
falena, sono attratto dalla tua fiamma.
“Com’è
possibile che ci siano ancora così tante pergamene? Avete
tipo
prosciugato una foresta per averle?”
Obito
dardeggiò gli occhi verso l’appariscente compagno
di lavoro,
nonostante avesse ormai superato l’esame chunin nessuna
minaccia dell’Hokage lo
aveva convinto ad abbandonate le sgargianti tute arancioni.
“Non
penso si possano prosciugare le foreste, non sono laghi” gli
fece
notare suo malgrado divertito.
Catalogare
e recuperare le pergamene del suo clan era una lavoro ingrato
ed era ancora incredulo che Kakashi gli avesse assegnato qualcosa del
genere,
soprattutto una volta scoperta l’ingente quantità
di materiale. E doveva farlo
da solo!
A onor
del vero, al suo fianco avrebbe dovuto esserci anche l’altro
Uchiha superstite, ma ormai Sasuke preferiva girare a zonzo per il
mondo
preoccupandosi solo di tanto in tanto per tornare a rassicurare Naruto
e Sakura
che, sì, era ancora vivo e no, non era ricaduto in nessuna
brutta strada.
Perciò Obito si era trovato da solo a dover cercare,
controllare, tradurre e
archiviare tutte le pergamene della famiglia Uchiha.
Dopo
quello che era successo con Madara era meglio che tutti i segreti di
quel Clan maledetto fossero messi alla luce, in modo di non inciampare
più
impreparati a future situazioni di crisi.
Ovviamente la maggior parte delle pergamene, soprattutto
quelle con i
jutsu più pericolosi e le informazioni più
interessanti, erano cifrate non solo
in modo che potessero essere lette soltanto da chi possedeva lo sharingan, ma da chi
aveva addirittura sviluppato
il Mangekyu. Per loro fortuna, entrambi i due sopravvissuti lo
possedevano –
senza contare il formidabile rinnegan di Sasuke – ma era una
consolazione
inutile considerando che Obito era comunque solo a occuparsene.
Un
rumore maldestro lo rianimò dalla propria commiserazione e
spostò
l’attenzione verso Naruto che, nel tentativo di non pestare
un rotolo, era
inciampato su un tavolino basso e di conseguenza aveva sbattuto contro
la
libreria con la fronte facendosi precipitare addosso tutti i libri
rilegati.
Seriamente:
come poteva un impiastro del genere aver unito tutte le
cinque nazioni ninja e vinto la guerra?
“Ah,
dattebayo! Adesso sistemo, adesso sistemo!”
assicurò guardando
attorno il proprio disastro.
Obito
sorrise con affetto. Naruto non aveva lo sharingan, non poteva fare
nulla in quell’insulsa missione, ma quando poteva veniva
comunque ad aiutarlo.
Anche se in concreto la sua unica utilità era quella di
trovare le pergamene
più nascoste e ordinare quelle già tradotte
dall’Uchiha – anche se nel mentre
disordinava più di una mandria di bufali inferociti. Ma
averlo lì, con le sue
battute discutibili e l’entusiasmo infinito, gli rendeva quel
lavoro ingrato
meno insopportabile. Era più confortante avere al proprio
fianco qualcuno che
restarsene solo chiuso in quella casa per giorni, soprattutto se quel
qualcuno
era Naruto.
“Lascia
stare” lo rassicurò. “Tempo due secondi
e farai un altro
disastro”.
Del
resto era abituato a vivere nel disordine fin da piccolo, a
differenza dei suoi numerosi parenti non era mai stato un maniaco
dell’ordine.
Forse perché, vivendo senza genitori, nessuno gli aveva mai
insegnato che le
cose andavano rimesse al proprio posto dopo essere state usate.
Naruto
gli rivolse un sorriso confortato – doveva odiare riordinare
quanto lui – e gli pose le pergamene che aveva trovato.
“Casa
di un certo Ukiya” informò pomposo.
“Mh”
commentò non ricordando chi fosse. Prima che venissero
sterminati
gli Uchiha erano così tanti che difficilmente poteva
ricordarli tutti.
Prese i
rotoli e le mise sul mucchio davanti alle altre, mucchio che
nonostante il continuo lavoro non accennava a diminuire.
“Speriamo
non siano anche questi inutili diari personali”
biascicò
risentito.
Aveva
già mandato all’aria molte ore di lavoro scoprendo
troppo tardi che
certe pergamene erano diari di adolescenti paranoici, che avevano
deciso di
cifrare i propri insulsi segreti con lo sharingan. Una parte di lui era
tentato
di mandare comunque le traduzioni a Kakashi, chissà: magari
all’Hokage sarebbe
stato utile scoprire quante ragazzine Uchiha si erano prese una cotta
per lui.
Davvero,
aveva perso il conto di quante pergamene sprecate contenevano
confessioni d’amore verso il suo migliore amico.
E a me nemmeno
una,
piagnucolò. Era ingiusto che Kakashi, un esterno, fosse
popolare perfino nel
suo stesso clan tra le bambine!
“Comunque,”
riprese Naruto sedendosi al suo fianco, “Sasuke sta per
tornare”.
Si
bloccò e alzò i due occhi rossi su di lui, non
sapendo come dover
reagire a quella notizia. Naruto era, ovviamente, felice, ma non si
aspettava altro
visto che si trattava del suo tanto osannato migliore amico.
“Vi
ha scritto?” chiese, giusto per non far naufragare
l’allegria
dell’altro nel silenzio.
“Nah,
ma ho percepito il suo chakra. Non è lontano, domani
sarà qui”
confermò.
In cuor
suo Obito sperò che in realtà si fosse avvicinato
al Villaggio
Nascosto solo per passarlo senza fermarsi, con un’altra
direzione in mente.
“Non
sei contento? Così potrà aiutarti anche lui e
insieme finirete le
traduzioni!” insistette Naruto con gli occhi che brillavano.
“…Mh,
già” considerò e si sforzò
di sorridere solo per non deluderlo.
“Magari questa volta riesco a chiudere lui
qui dentro mentre io vado a spasso
per i fatti miei” aggiunse e si pentì che il suo
tono suonasse più sarcastico
di quanto avesse voluto.
Infatti
Naruto lo guardò con rimprovero.
“Sasuke
non va a spasso per i fatti suoi! Sta raccogliendo dati sui
piccoli villaggi ninja a rischio di crisi politica. È
comunque in missione” ci
tenne a difenderlo.
“Lo
so” borbottò soltanto.
Non
aveva voglia di discutere su quanto Sasuke fosse incredibile ai suoi
occhi e di come ora si stesse impegnando nel suo viaggio di espiazione,
a
essere onesti era già un miracolo che Naruto si fosse
ricordato di nominarlo
solo in quel momento.
Cercò,
quindi, di cambiare velocemente argomento e puntò la sua
attenzione sulla tecnica che aveva davanti iniziando a spiegarla.
Naruto
adorava conoscere nuove tecniche, perciò sapeva che con
quella lo avrebbe
distratto abbastanza a lungo da far cadere l’argomento.
Come
previsto funzionò, ne fu così entusiasta che
pretese di andare in
giardino per provarla insieme. Lo accontentò di un buon
grado, era piantato
davanti al tavolo da ore, una pausa all’aria aperta gli
avrebbe fatto bene.
Senza contare che avrebbe fatto qualsiasi cosa per rendere Naruto
felice e non
far crollare quel suo luminoso sorriso.
La pausa
durò solo qualche ora, finché Naruto non
rischiò di incendiare
una delle vecchie case tentando di usare in combo l’arte del
vento e del fuoco
come descritto nel rotolo. Era meglio che quelle tecniche andassero
provate in
un sicuro campo di allenamento e non nel giardino di casa.
Il
diversivo aveva però funzionato e non solo entrambi si erano
sentiti
più rilassati nello sgranchirsi i muscoli, ma Naruto non
aveva più parlato di
Sasuke e del suo imminente arrivo. Ripresero a lavorare più
tranquilli e
spensierati, in una sintonia invidiabile nonostante la poca
possibilità di
Naruto di rendersi utile.
Finirono
che fuori il sole era tramontato da molte ore – i lati
negativi
dell’inverno ormai prossimo – e Obito
provò a convincere Naruto a restare con
lui per cena. Purtroppo il ragazzo aveva già promesso a
Shikamaru e Choji di
fare una grigliate insieme, doveva quindi andare per darsi una cambiata
e
rendersi presentabile. Non insistette quindi, ma volle comunque
accompagnarlo
fino all’uscita del quartiere Uchiha, ogni secondo al suo
fianco era troppo
prezioso per non spingere ad averne un po’ di più.
Fu alla
grande porta di quercia che divideva la zona Uchiha dal resto di
Konoha che Naruto smise di gesticolare e parlare, si bloccò
verso l’uscita con
gli occhi incredulo. Dopo quella sua reazione, anche Obito
individuò la sua
presenza – nonostante il livello del chakra reso bassissimo
– e di conseguenza
non si stupì di vedere il compagno scattare verso il fondo
della strada.
“Teme!”
Obito
sperò che il suo cattivo umore non fosse troppo evidente
mentre si
avvicinava al nuovo venuto. Uchiha Sasuke, ovviamente, il suo ultimo
parente
rimasto in vita.
Naruto
lo aveva placcato in uno di quei suoi tipici abbracci soffocanti
da cui il compagno di team stava inutilmente tentando di liberarsi.
“Dannato
dobe, non urlare” protestò Sasuke in saluto.
“Credevo
arrivassi domani!” esultò Naruto.
“Perché non ci hai avvertiti?
Sakura lo sa?”
“Sì,
l’ho incontrata appena arrivato. Era di turno alla
porta”.
“Oh,
Sakura sì e io no!” sospirò allusivo
Naruto. “Guarda che lo dico a
Hinata, sarebbe divertente vedere uno scontro tra sharingan e
byakugan”.
Sasuke
inarcò un sopracciglio, ignorando deliberatamente
l’avvicinarsi di
Obito.
“Cosa
c’entra la Hyuga?”
“Ma
come, non te l’ha scritto?” domandò
sorpreso e davanti alla curiosità
dell’altro allargò il sorriso malizioso.
“Sakura e Hinata adesso stanno
insieme!”
“…Oh”
commentò con evidente sorpresa sul volto. “Hinata
non era
innamorata di te?”
“Ma
no!” scoppiò a ridere Naruto. “Come
può venirti in mente una cosa del
genere? Che stupidaggine!”
Sasuke
lo guardò come se fosse stupido e, in cuor suo, Obito si
trovò a
condividere la stessa esasperazione.
“Fa
finta che non io abbia detto niente” sospirò
arreso. “Quindi Sakura
sta con l’erede degli Hyuga?”
Naruto
colse immediatamente la smorfia di disapprovazione sul volto
pallido e non perse l’occasione per punzecchiarlo.
“Sei
geloso, teme?”
“Non
ho mai provato un interesse di questo tipo per Sakura”
dichiarò
impassibile.
Per Naruto
sì però,
macinò
infastidito Obito, gli occhi chiusi a fessura mentre notava che il caro
parente
non aveva fatto nessuna reale resistenza per liberarsi dalla presa di
Naruto e,
anzi, continuava a lasciarsi tenere stretto.
Decise
quindi di intervenire, giusto magari per far presenta
all’altro
Uchiha anche la sua presenza.
“Ti
ha chiamato Kakashi per quella questione?” domandò
sperando di non
far trapelare nel proprio tono quanto volesse attivare il kamui per
spedirlo il
più lontano possibile da Naruto.
Finalmente
Sasuke si degnò di spostare la sua regale attenzione su
Obito,
giusto per guardarlo come se fosse un dettaglio insignificante.
“Sì”
rispose solo, parco di parole.
Naruto
corrucciò lo sguardo, un po’ in allerta per il
tono teso di
entrambi gli Uchiha, e finalmente smise di stringere le braccia attorno
al
busto di Sasuke per fare un passo indietro e guardarli curioso.
“Che
questione?”
“Faccende
di clan” replicò lapidario Sasuke, al contempo
lanciò uno
sguardo di ammonimento a Obito. Era evidente che non avesse voglia di
parlarne
davanti a Naruto e, nonostante fosse dello stesso parare, dovette
frenarsi
dall’istinto di contraddirlo e spifferare tutto
all’altro ninja.
“Niente
di importante” minimizzò lo stesso per non farlo
preoccupare,
facendo inarcare un sopracciglio a Sasuke.
Non gli
piaceva il modo supponente con cui lo stava guardando. A essere
onesti, Sasuke non gli piaceva per niente e non riusciva a credere che
una
persona eccezionale come Naruto fosse così tanto legata a un
tale bastardo. Il
suo atteggiamento era perfino peggiore di quello che aveva Kakashi da
bambino,
quando era tutto un rispettare le regole, prima che lui e Rin
smussassero in
parte la sua arroganza. L’atteggiamento di
superiorità e la freddezza che
caratterizzava ogni suo sguardo era la stessa, senza contare il modo
sprezzante
con cui lo trattava, come se fosse una scartina a malapena degna della
sua
presenza, e senza aggiungere la diffidenza del più piccolo
nei suoi confronti,
anche ora era palese dal modo in cui faceva dardeggiare gli occhi tra
lui e
Naruto.
Sì,
è stato tutto il giorno a casa
mia e ci siamo pure allenati insieme!, avrebbe voluto
rinfacciargli, ma
si morse la lingua per non cedere a quel suo lato infantile.
“Uhm…”
ronzò Naruto fissandoli sospettosi, socchiuse gli occhi e
incrociò
le braccia al petto. “Va bene, ma se avete bisogno di aiuto
per far ragionare
Kakashi ci penso io” assicurò annuendo con
convinzione.
“Non
serve che tu ti immischia, dobe” lo seccò Sasuke,
distruggendo in un
istante tutta la sua motivazione. Invece Obito ora si sentiva molo
più motivato
a tirargli un pugno su quel suo viso di ghiaccio.
L’espressione
ferita rimase però solo un secondo sul volto abbronzato di
Naruto, subito la sostituì con un sorriso gioioso.
“Certo,
ne parleremo quando verrai a supplicare il mio aiuto” lo
sfidò e
gli diede un pugnetto scherzoso sull’unico braccio.
Non se
l’è ancora impiantato,
considerò
Obito e nel mentre gli tornò in mente lo shock che lo aveva
scosso quando si
era accorto, una volta sveglio alla fine della guerra, che Naruto aveva
perso
un braccio. Fortunatamente, grazie alle cellule di Hashirama erano
riusciti a creare
una protesi. Sapere che anche Naruto aveva una parte del corpo
artificiale,
proprio come lui, lo faceva sentire ancora più vicino al
ragazzo.
Sapeva
anche che era pronto un braccio per Sasuke, ma lui non aveva mai
dato l’autorizzazione di procedere con l’operazione
nonostante le insistenze
dei suoi compagni di team.
“Eh,
senti, Sasuke!” riprese a parlare Naruto senza abbandonate il
tono
entusiasta. “Vado con Shikamaru e Choji al negozio di carne.
Vuoi venire? Paga
Shikamaru” assicurò con il sorriso che diventava
sempre più largo.
Obito lo
guardò ferito, a lui non l’aveva
chiesto…
“No”
rispose impassibile Sasuke, senza aggiungere altro.
Ancora
una volta lo odiò profondamente per avere permesso
l’espressione
delusa negli occhi azzurri.
“Sì,
effettivamente sarai stanco dal viaggio…” lo
giustificò comunque e
Obito sentì la frustrazione salirgli alla gola per quel
sorriso un po’ meno
luminoso.
Naruto
alzò una mano per salutare entrambi, si voltò in
particolare verso
di lui – che per tutto il tempo aveva ignorato, troppo
interessato all’altro
Uchiha.
“Allora
ci vediamo domani, così finiamo” promise.
“A
domani” assicurò ricambiando il sorriso, anche se
dubitava fortemente
che sarebbero riusciti a finire, ci voleva come minimo
un’altra settimana.
Naruto
se ne andò, senza prima aver colpito con un altro pugno
scherzoso
il teme, poi iniziò a correre per la strada buia di Konoha,
preoccupato di fare
tardi. Obito lo fissò finché non girò
un angolo e sparì dalla sua visuale.
Si
accorse solo in quel momento del modo in cui lo guardava Sasuke, un
modo che non gli piaceva, come se lo stesse deridendo.
Infilò le mani dentro le
tasche e cercò di ricambiare quello sguardo con la stessa
ostilità.
No,
Sasuke Uchiha non gli piaceva per niente.
Alla
fine quello, senza salutarlo o accennare qualsiasi altra cosa,
riprese a camminare verso la propria casa, una mossa fastidiosa
considerando
che abitavano vicini.
Per un
periodo Naruto aveva insistito perché i due Uchiha vivessero
insieme, nella stessa casa. Siete
parenti, almeno vi fate compagnia, ‘tebayo.
Fortunatamente
era riuscito opporsi, in nessuno modo sarebbe riuscito a sopravvivere
con un tale bastardo sotto lo stesso tetto. Perfino Madara era stato
più simpatico
di lui.
I suoi
occhi si colorarono di rosso e la figura del Kamui si dipinse
nell’iride, mentre il familiare risucchio lo trascinava nella
sua dimensione.
Non aveva nessuna intenzione di fare la strada insieme a quel bastardo.
Per
Obito, ammettere di essere innamorato di Naruto era stato abbastanza
semplice; abbandonare il ricordo di Rin si era rivelato invece
più complicato.
Per così tanto tempo erano stati i suoi sentimenti per Rin a
tenerlo vivo, a
permettergli di andare avanti e di scegliere, anche per fare le cose
sbagliate.
Non aveva mai amato nessun’altro che lei, era sempre stata
l’unica occupante
fissa del suo cuore (anche se sia Kakashi che Minato avevano preteso
uno
spazietto quando erano diventati una squadra). Dopo la sua morte, era
stato il
ricordo di Rin la linfa vitale che lo aveva nutrito, aveva continuato a
essere
la luce che doveva raggiungere nell’illusione di liberare il
mondo dal dolore.
Rin era stata la sua forza e abbandonare quei sentimenti
così radicati in lui
era stato impossibile in un primo momento. Ma accettare la sua morte,
al fatto
che non ci sarebbe stato nessun mondo onirico dove incontrarla di
nuovo, lo
aveva portato – passo dopo passo – allo smettere di
amarla. Cioè, l’amava
ancora, ma appunto come si ama una persona morta, che non
potrà mai più
sorridere e ricambiare il tuo amore. Un amore che si era cristallizzato
nel ricordo di un amore passato.
Era
stato devastante.
Aveva
quasi avuto il gusto di un tradimento, di un madornale errore. Lui
era Uchiha Obito, lui doveva amare Rin, lui apparteneva a Rin e
soltanto a Rin.
Era stata lei a permettergli di mantenere la propria coscienza intatta
quando
era diventato il Jinchuurike del Juubi, con che diritto poteva ora
voltarle le
spalle e lasciarla andare? Era qualcosa che non credeva di poter fare,
eppure
giorno dopo giorno aveva sentito quei sentimenti liberarsi di lui,
scivolare
come l’acqua nei palmi delle mani.
Forse il
suo cuore gli stava dicendo di andare avanti, di non aggrapparsi
più al ricordo di una luce, ma di aprire gli occhi in cerca
di una vera luce
che illuminasse quell’inferno.
Non ci
aveva messo molto a capire che quella luce era Uzumaki Naruto.
Anzi, lo aveva capito subito, fin da quando nel loro scontro le loro
anime
erano entrate in contatto e lui si era arreso, lasciando che estraesse
i Biju
da lui. Quando aveva lasciato che quegli occhi blu, fermi e decisi
– animati
dalla stessa luce coraggiosa e fiduciosa che brillava in quelli di Rin
quando
lo guardava – gli ricordassero chi era, che quella mano calda
– rassicurante
come quella di Rin – lo afferrasse e trascinasse verso di lui.
Naruto
era la luce.
Per
questo motivo aveva deciso di morire per lui durante la guerra, di
prendersi quell’attacco di Kaguya al suo posto e salvare al
contempo Kakashi.
Aveva anelato alla morte come espiazione per tutto quello che aveva
causato,
come unica punizione giusta per i suoi errori. Come una falena, aveva
pensato
che l’attrazione per quella luce lo uccidesse e lo aveva
accettato pur di stare
a contatto per qualche secondo con quella fiamma.
Ma
Naruto lo aveva salvato, ancora una volta, una terza volta, e si era
risvegliato vivo a Konoha, qualche settimana dopo la fine della Guerra.
Naruto
aveva voluto che restasse in vita e, per questo, aveva deciso che
la sua vita gli apparteneva interamente. Se non era morendo che poteva
ottenere
il perdono, lo avrebbe fatto dedicandosi unicamente a lui e a quel
sogno che
aveva tradito. Non sapeva quando quella convinzione fosse stata
contaminata dai
nuovi sentimenti, ma non gli importava.
Sapeva
che quello che aveva con Naruto era anche troppo, che il fatto che
non lo odiasse e anzi fosse suo amico era un miracolo prezioso. Dopo
tutto il
dolore che gli aveva causato non si sentiva degno nemmeno di camminare
al suo
fianco. Era destino che in un modo o nell’altro il suo amore
non potesse mai
venire ricambiato.
Ma
andava bene, sul serio: riusciva a vedere Naruto quasi tutti i giorni
e anche se non poteva seguirlo nelle missioni fuori Konoha (i Kage
avevano
infatti preteso almeno un lungo periodo di domiciliari in cui gli era
vietato
uscire dalle mura del Villaggio, periodo che stava ancora scontando)
sapeva che
sarebbe sempre tornato a trovarlo.
Però
– c’era il però
ovviamente
– nonostante avesse accettato di buon grado il suo ruolo di
sfondo nella sua
vita e non pretendesse nulla di più di quanto già
aveva, non poteva evitare la
gelosia. Non tanto delle nuove ragazze che in quanto Eroe avevano
iniziato a
idolatrarlo, ma dei suoi legami stretti e, da quando Sakura e Hinata si
erano
sorprendentemente innamorate l’una dell’altra, era
rimasto in particolare un
legame a torcergli le viscere.
Uchiha
Sasuke.
La sua
gelosia lo faceva sentire in colpa, un altro carico in aggiunta di
quello già gravoso che portava sulle spalle. Che fosse stato
con Sasuke o meno,
Naruto aveva il diritto di avere una persona speciale da amare e che si
prendesse cura di lui. Di
certo quella
persona non poteva essere l’assassino dei suoi genitori,
l’uomo che aveva
scatenato una guerra a sue danni e aveva tentato di ucciderlo
più volte. Non
aveva nessun diritto di imporsi.
Ma non
riusciva a evitarlo, ogni volta che Naruto parlava di lui e gli
brillavano gli occhi sentiva un pugno al centro dello stomaco. Voleva
essere
lui il motivo di quello sguardo e quel sorriso ma, ancora, come poteva
pretenderlo?
Forse,
se si fosse stato trattato di un altro invece dell’Uchiha
sarebbe
andata meglio, qualcun altro che non fosse stato un tale algido
bastardo, che
continuava a lasciarlo solo e lo aveva ferito in ogni modo possibile.
Anche tu,
ricordò
la vocina maligna nella sua testa che assomigliava un po’
troppo a quella dello
Zetsu Nero per i suoi gusti. Era comunque una consapevolezza reale e
perciò
fece una smorfia. Non aveva nessun diritto di giudicare Sasuke quando
era stato
ben peggiore di lui in passato.
Guardò
la stanza in cui si era trasportato grazie al Kamui, era la stessa
dove fino a qualche minuto prima aveva lavorato con Naruto. Gli
sembrava che
tra le pareti riecheggiasse ancora la sua risata, ma non
c’era più e si sentì
solo.
Ci vediamo
domani.
Quel
pensiero lo rasserenò almeno in parte.
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Capitolo 2 *** Tutto quello che facciamo è pensare ai sentimenti che nascondiamo ***
II
Tutto quello
che facciamo è pensare ai sentimenti che nascondiamo.
Dentro
la
locanda il clima era quasi afoso, dopo il sesto giro di sakè
e birra la
temperatura sembrava essersi drasticamente alzata. Naruto si era
così tolto la
giacca arancione, restando solo con la scura maglia retata, e aveva gli
zigomi
di un rosso accesso che accentuavano l’azzurro chiaro degli
occhi lucidi dall’alcool.
“Basta
con
la birra” propose Sakura portandogli via la bottiglia.
Non che
lei
fosse sobria, erano tutti brilli in quella piccola stanzina riservata.
“Ma
come?
Dai, Sakura-chaan, ridammela!” si lagnò fastidioso
allungandosi sulla ragazza
per riprendersi la bottiglia.
“Mai!”
sfidò quella e, con un sorriso furbo a illuminare gli occhi
verdi, passò
l’oggetto in questione a Sasuke che lo alzò con
l’unico braccio.
“Sasuke!”
strepitò sconvolto di essere stato tradito anche
dall’altro compagno di team. Tentò
di raggiungerlo per riprendersi la sua dannata e meritatissima birra ma
quello,
con un odioso sorrisetto di superiorità la passò
a Kakashi che la prese al
volo.
“La
tenga
al sicuro, sensei” lo spronò.
“Sarà
molto
al sicuro” assicurò e prima che Naruto potesse
raggiungerlo avvolse il collo
con le labbra e inghiottì tutto il suo contenuto rimasto in
un ultimo sorso. Il
Jinchuurike lo guardò inorridito mentre vedeva il suo
agognato alcool sparire
nello stomaco del maestro.
“Sensei!”
farfugliò incredulo mentre gli veniva finalmente passata la
bottiglia.
Vuota.
“Interessante
gioco di squadra” commentò Sai facendo scoppiare a
ridere Yamato.
Anche
Obito
rise divertito da quella scena e Naruto si imbronciò nel
sentire quell’ilarità
a sue spese.
“Me
ne vado
a ordinare un’altra!” garantì con
orgoglio e, traballante, si alzò per
raggiungere la prima cameriera disponibile. Obito lo
controllò andare via.
Se non
fosse stato per Hinata, anche lei invitata da Sakura per quella piccola
festicciola in onore del ritorno di Sasuke, si sarebbe sentito a
disagio. Del
resto lui non aveva nulla a che fare con il Team 7, eppure Kakashi
aveva
insistito lo stesso perché venisse. Tutto sommato gli era
grato, Naruto e
Sakura da ubriachi erano una visione esilarante.
“Dovremmo
fermarlo” considerò distratta Sai, con
l’espressione di chi spera tutto il
contrario. “Sta bevendo troppo”.
Tornando
con lo sguardo alla compagnia, Obito si rese conto che Sasuke lo stava
fissando
attento, con la stessa luce ironica della sera prima, come se lo
volesse
prendere in giro. Cercò di fare finta di niente e prese un
sorso di sakè. A
differenza del resto della comitiva, lui non si sentiva per nulla
brillo.
“Dovrebbe
prendere un po’ della resistenza da Obito” disse
appunto Kakashi.
“No,
dovrebbe bere di meno e basta” decretò Sakura.
“La resistenza ce l’ha, il
problema è che l’ha superata da un
pezzo”.
“Vado
a
fermarlo?” propose Hinata gentile.
La
fidanzata le rivolse un sorriso adorante e fece un gesto di sufficienza
con la
mano.
“Nah,
al
massimo gli ruberemo anche questa”.
“Attenta
a
non esagerare anche tu” la riprese Yamato serio.
“Lascia
stare, Tenzo,” intervenne Kakashi rilassato, “ormai
abbiamo tutti il cervello
un po’ annebbiato. Be’, tranne i nostri
Uchiha”.
“Siete
voi
a essere mezze calzette” replicò Obito, ma il suo
commento si perse con il
ritorno di Naruto e la conseguente lotta per la supremazia sulla
bottiglia.
Senza rendersene conto, fu Hinata a trovarsela in mano. Vedendo il modo
in cui
tutti la stavano fissando, come se fosse una preda indifesa,
squittì e non
sapendo che altro fare la gettò fuori dalla finestra. Tutti
si zittirono giusto
per sentire lo schianto sulla strada.
“Non…
Non
l’hai fatto davvero” balbettò Naruto con
gli occhi sbarrati.
Sakura
invece scoppiò a ridere e, in un ubriaco slancio
d’affatto, si stese sull’altra
ragazza.
“Hinata,
ti
amo!” dichiarò prima di baciarla appassionata,
allacciandole le braccia al
collo.
Quell’espediente
sembrò distrarre Naruto dall’omicidio della birra,
che arrossì come un peperone
mentre un lungo fischio di apprezzamento veniva emesso da Kakashi, il
quale
iniziò a battere anche le mani in approvazione. Allo stesso
tempo gli lanciò
un’occhiata maliziosa, come se stesse chiedendo supporto. Ma
Obito si trovò
impacciato.
La
verità
era che doveva ancora abituarsi a quel nuovo Kakashi che sembrava non
avere
nulla a che fare con il Bakakashi
che
conosceva lui. Il ragazzino che conosceva lui non avrebbe mai
applaudito
incoraggiante a un bacio pubblico di quel tenore, anzi avrebbe
sicuramente
elencato sbuffando una lunga serie di leggi shinobi dove un comportamento del
genere era vietato o
biasimato. Senza contare che quel ragazzino non sarebbe mai uscito la
sera,
dopo il suo importantissimo lavoro da Hokage, solo per bere con gli
amici. L’alcool
era uno dei tre divieti Ninja ed era strano che Kakashi si lasciasse
andare
alla goliardia insieme agli altri compagni di team.
Senza
contare tutto il resto, come i ritardi mostruosi con cui faceva
attendere
chiunque (com’era che diceva? Un
ninja
deve essere sempre puntuale) e tutte le piccole leggi
burocratiche che
aggirava con nonchalance solo perché le considerava noiose.
Quello non era
l’Hatake Kakashi che conosceva lui.
A quel
pensiero sospirò, perché in realtà era
certo che nemmeno lui fosse l’Uchiha
Obito che Kakashi cercava con quello sguardo di supporto.
In
quegli
anni a Konoha Obito aveva imparato il sentimento
dell’inadeguatezza. Ogni volta
che qualche vecchio conoscente di infanzia lo fermava per chiacchierare
si
sentiva inadeguato, incapace di riuscire davvero a soddisfare
un’aspettativa.
Lui non era lo stesso di un tempo e per questo si sentiva un impostore.
Quello
che aveva passato, quello che aveva fatto non erano cicatrici visibili
solo sul
suo corpo, ma anche sul suo carattere.
Qualsiasi
cosa cercasse Kakashi ormai non c’era più, non
poteva più essere la stessa
persona di un tempo.
Il dover
comunque tentare di ricambiare quello sguardo, di fare uno sforzo per
il
migliore amico, gli fu risparmiato da un intervento incuriosito di Sai.
“Ma
perché
agli uomini piace così tanto vedere due donne
baciarsi?”
Il suo
tono
quasi ingenuo attirò presto l’attenzione di
Naruto, che con fare fraterno lo
affiancò e avvolse un braccio attorno alle sue spalle.
“È
molto semplice,”
iniziò a parlare con tono da uomo vissuto, “Una
ragazza com’è? Bellissima.
Quindi due ragazze? Bellissime al quadrato. E due ragazze che si
baciano? Il
paradiso sceso in terra!”
Obito
inarcò un sopracciglio e ipotizzò che quel
discorso in realtà lo avesse
ereditato da un certo ninja pervertito.
“Senza
contare quanto è bella Sakura”,
continuò Naruto disinibito dall’alcool,
“e
Hinata ha due wow
enormissime…”
A quel
commento la ragazza presa in causa arrossì violentemente,
arrivando a coprirsi
il volto con le mani per il troppo imbarazzo. Invece Sakura non
apprezzò per
nulla quel commento volgare alla sua
fidanzata, perciò con uno shannaro
strepitato gli si scagliò contro e il pugno lo
colpì violento sulla guancia.
“Naruto!
Stupido pervertito! Come ti permetti!” gridò
mentre continuava a strattonarlo e
colpirlo.
A nulla
valsero i tentativi esalati da Uzumaki per quietarla, né i
“Naruto-kun” di
Hinata che tentava di mitigare le ire funeste della fidanzata.
“Ohi!”
sibilò infastidito Sasuke da quel baccano.
“Rischiate di rompere tutto”.
“Non
crucciarti, Sas’ke-kun” lo rassicurò
Kakashi per nulla allarmato dalla sua
allieva che tentava di uccidere l’altro suo allievo.
“Nel caso paga Yamato”.
Il
Capitano
sussultò e lo guardò con gli occhi sgranati.
“Ma…
Ma…!”
balbettò indignato.
Kakashi
non
gli diede possibilità di continuare e con
solennità gli puntò l’indice contro.
“È
un
ordine del tuo Hokage!” decretò con pomposa
serietà alla quale il povero ninja
non riuscì a ribattere.
L’intera
esilarante scena si completò quando Sai, infastidito che la
sua fonte di
informazioni fosse diventata un sacco da boxe, sbottò:
“Ma cosa sono queste wow enormissime?!”
“Qualcuno
dovrebbe accompagnare Naruto” considerò Yamato, il
portafoglio molto più
leggero dopo che Sakura aveva spaccato a metà un tavolo
scambiandolo per la
testa di Naruto.
“No,
shto
benissimo!” biascicò quello rischiando di
inciampare sul marciapiede. “Devo
sholo conscentrare il schakra shui piedi”.
Il
gruppetto non lo guardò per nulla convinto dal suo tentativo
di fare quanto
detto, soprattutto perché non ne trovarono il senso.
Obito
sospirò. “Lo accompagno io” si
offrì.
Oltre a
essere di strada per il quartiere degli Uchiha, era anche
l’unico sobrio perciò
era meglio che se ne occupasse lui.
Kakashi
annuì impigrito. “Sì, pensateci tu e
Sasuke-kun”.
Provò
un
sottile moto di rabbia all’idea di essere stato subito
associato a Sasuke,
quando avrebbe potuto fare da solo senza averlo tra i piedi.
Fortunatamente, fu
proprio il ragazzo a tirarsene fuori.
“No,
io
accompagno Sakura” disse stupendo tutti, per prima la ragazza.
“O-okay…”
acconsentì confusa, “ma io prima accompagno
Hinata, allungheresti parecchio il
giro”.
“Non
è un
problema” assicurò impassibile. “Devo
parlarti”.
Ora
l’interesse di tutti era molto più palese e,
soprattutto, molto sospettoso.
“Teme!”
berciò infatti Naruto puntandogli l’indice contro.
“Io shono il loro cavasgliere,
she provi qualcosha di loshco poi ti prendo a pusgni!”
Tentò
di
dare maggiore veridicità alle sue parole provando a
colpirlo, ma a Sasuke bastò
spostarsi appena di lato per evitarlo e l’altro, sbilanciato
dall’alcool, cadde
di faccia sulla strada.
“Umpf,”
commentò Sasuke guardandolo dall’alto al basso,
“prima impara a stare in
equilibrio”.
“Possho
batterti quando vosglio!”
“Certo,
certo. Ci vediamo, dobe” lo salutò iniziando a
incamminarsi dietro le due
ragazze e Naruto, vedendolo allontanarsi, si tirò di scatto
su in piedi.
“Non
ho
ancora finito con te, bashtardo!”
Tentò
di
andargli dietro, ma Obito lo bloccò prima che potesse
effettivamente farlo.
“Andiamo
a
casa, su” provò a rabbonirlo, ma Naruto continuava
a dimenarsi e strepitare.
“Shakura
e
Hinata shono la coppia più bella di Konoha! Hai capito, eh,
Sashke? She ti
metti in meszo ti riempio di botte!”
Ma
nessuna
di quelle minacce sembrò scalfire l’altro Uchiha.
A
differenza del quartiere Uchiha, quello degli Hyuga si trovava al
centro di
Konoha e non era circondato da piccole mura. Arrivarono alla casa di
Hinata
senza che se ne accorgesse e quando fu il momento di salutarsi Sakura
stampò un
bacio casto sulle labbra dell’altra, mentre Hinata rivolse
uno sguardo
d’avvertimento a Sasuke. Per un momento gli parve di scorgere
perfino il
byakugan attivato.
“Dovesti
dire alla tua ragazza di stare calma” commentò
infastidito Sasuke quando
ripresero a camminare.
“È
solo un
po’ insicura e quindi gelosa” la difese Sakura.
“Poi sei tu che te ne esci con
richieste assurde. Dovevi parlarmi proprio ora? Non potevi aspettare
domani?”
Non
rispose
nemmeno a quella domanda un poco accusatoria, fecero un pezzo di strada
in
silenzio con solo l’eco dei loro passi nella strada vuota,
finché Sasuke non si
decise a parlare.
“Ti
sei
accorta del modo in cui Obito guarda Naruto?”
In
realtà
era una pura domanda formale, sapeva che doveva averlo notato visto
quanto
fosse intelligente e intuitiva ed era questo il motivo per cui aveva
deciso di
parlarle.
“Solo
Naruto non se n’è accorto” rispose
infatti con un sospiro di chi la sapeva
lunga.
Quella
conferma fece capire a Sasuke che non doveva essere una
novità, ma anzi una
cosa che andava avanti da molto tempo. Rimase in silenzio, cercando di
capire
quale fosse la domanda successiva. Era difficile decidere di prendersi
cura dei
propri compagni di team quando non lo aveva mai fatto davvero, forse
solo un
po’ inconsciamente da bambino.
“Tu
cosa ne
pensi?” chiese alla fine, fiducioso nel giudizio
dell’amica.
Ma lei
lo
sorprese guardandola attenta.
“No,
tu
cosa ne pensi?”
Fece una
smorfia e la guardò confusa. “Io?”
“Sì,
tu”.
Non
c’era
nessuna traccia di ubriachezza nel suo tono e anche lo sguardo verde
era fermo.
Perciò Sasuke smise di camminare per concentrarsi meglio sul
capire cosa
sott’intendesse quella domanda. Alla fine decise di essere
sincero.
“Obito
non
mi piace” decretò conciso. “Soprattutto
per quello che ha fatto a Naruto, è
stato un pezzo di merda e non riesco a credere che sia riuscito a
perdonarlo
così facilmente. Preferirei gli stesse il più
lontano possibile” terminò.
Sakura
fece
un sorriso ironico.
“Anche
tu
sei stato un pezzo di merda con Naruto eppure non ti crea problemi
essere stato
perdonato” gli fece notare.
Il punto
andò a segno e Sasuke fece una faccia infastidita, come se
avesse ingoiato un
limone amaro.
“Le
cose
sono diverse” tagliò corto, poi
sospirò. “In ogni caso non è affar mio
con chi
sceglie di impegnarsi il dobe, per quel che mi riguarda possono anche
sposarsi
domani”.
Sakura
sembrò divertita da quella risposta acida.
“Davvero
non ti darebbe fastidio? Allora perché mi hai chiesto cosa
ne pensassi?” lo
pungolò.
“Obito
sta
facendo effettivamente qualcosa? Sta… corteggiando
Naruto?” chiese in
imbarazzo, si sentiva estraneo a tutti quei gerghi e non sapeva nemmeno
come si
chiedessero cose simili.
“No,
Obito
non sta corteggiando
Naruto” lo derise
Sakura utilizzando con enfasi il suo stesso termine.
“Perché
no?”
Tecnicamente
era quello che dovrebbe fare una persona innamorata, ma non che se ne
intendesse molto.
“Immagino
perché crede che Naruto non lo ricambierà mai e
sensi di colpa vari” rispose
facendo spallucce. “In più ci sei tu”.
Sbatté
le
palpebre, preso in contropiede.
“Io?
Cosa
c’entro io?”
Sakura
fece
un sorriso furbetto e incrociò le braccia.
“Sasuke,
cos’è Naruto per te?”
Per me?
Sul
momento
non seppe davvero cosa rispondere, troppo confuso da quella domanda.
Stavano
parlando di Obito e Naruto, perché improvvisamente lo tirava
in mezzo? Lui non
c’entrava niente!
Distolse
lo
sguardo.
“Naruto
è
il mio migliore amico, pensavo fosse chiaro” rispose acido.
“Siamo anime
gemelle”.
“Appunto!”
esultò Sakura e sul momento Sasuke non capì
esattamente perché dovesse essere
così soddisfatta di quella sua ammissione ovvia.
Poi
capì.
“Non
ho
nessun interesse di quel tipo per Naruto” sbottò
arrossendo. “Anche se siamo
anime gemelle, non lo siamo in quel senso. Non…”
“E
lo
stesso vale anche per Naruto?” lo interruppe.
Ancora
una
volta, rimase a fissarla confuso.
“Sono
sicura che tu te lo sia chiesto,” continuò Sakura
determinata, “se per Naruto
fosse solo amicizia. Dopo tutto quello che ha fatto per te, devi averci
pensato”.
In
realtà
non lo aveva mai fatto. Semplicemente aveva sempre dato per scontato
che
fossero amici, non aveva mai creduto che potesse esserci altro.
Si morse
il
labbro.
“Naruto
non
è innamorato di me”.
“No”
confermò Sasuke tranquilla. “Ma potrebbe se spinto
nella giusta direzione”.
“Perché
dovrebbe…”
“Mi
hai
chiesto cosa ne pensassi io” lo interruppe ancora, questa
volta guadagnandosi
uno sguardo imbronciato. “Sarò sincera: Obito
è un tipo a posto, ha dimostrato
di essere cambiato e non sarebbe un problema. L’unica cosa
che so per certa
però è che Naruto merita di essere felice e se
questa felicità la vuole
condividere con qualcuno lo supporterò senza
esitazioni”. Lo guardò fissa, gli
occhi verdi che bruciavano. “Quello che devo capire
è se quel qualcuno sei tu o
meno”.
“Per
questo
mi hai chiesto cosa ne pensassi io?” domandò
finalmente capendo che cosa stesse
cercando di dirgli.
Annuì.
“Se
tu sei innamorato di Naruto, ovviamente farò il tifo solo
per voi. Ma se non
c’è niente del genere da parte tua, allora nulla
vieta che qualcuno possa aprire gli
occhi a Naruto sui sentimenti di Obito”.
“E
quel
qualcuno sei tu?” le sorrise sarcastico.
Ricambiò
il
sorriso. “Lascia fare a me” assicurò,
poi sospirò. “Quindi, Sasuke? Ne sei
proprio sicuro? Hai sempre detto che Naruto era la tua luce, il tuo
sole; sei
disposto a cederlo a un’altra persona?”
“Naruto
non
è un oggetto che si cede” le fece notare
infastidito. “È un essere umano che
ragiona con la propria testa. Per questo sarebbe meglio che tu non ti
metta in
mezzo”.
“Ma…”
“Non
sei la
sua mamma, Sakura. Certe cose può capirle da solo e sappiamo
benissimo entrambi
quanto sia empatico. Non c’è nessun altro mondo
che possa capire gli altri
meglio di Naruto, sicuramente sarà in grado di capire da
solo cosa, chi vuole”.
Strinse
le
labbra in una smorfia sottile, ma annuì vinta.
“Hai
ragione, ma non posso evitare di preoccuparmi. Diavolo, è
diventato il centro
del mondo di due Uchiha! E vorrei che anche tu fossi felice.”
Sasuke
avrebbe voluto dissentire la centralità di Naruto nella sua
vita, ma ormai era
inutile negarlo. Del resto l’amico si era fatto carico della
sofferenza di
entrambi, aveva deciso di riempire il vuoto dei due Uchiha superstiti
lasciato
dalle persone che avevano amato, anche se in modo differente.
A quel
pensiero sorrise.
“Hai
ragione, Naruto è diventato il destinatario di un affetto
che prima avevano
altre due persone, sia da parte mia che di Obito. Solo che se per me
era mio
fratello, per Obito era la persona che
amava”. Alzò
gli occhi verso Sakura,
guardandola eloquente. “Questo vorrà pur dire
qualcosa”.
Lei
ricambiò il sorriso, un poco colpita da quello che aveva
appena detto Sasuke.
“Hai
ragione” acconsentì alla fine.
Ripresero
a
camminare, intirizziti dall’aria fredda. Non si aspettava che
fosse proprio
Sasuke a riprendere a parlare.
“Hinata
ti
tratta bene?” chiese pungente.
Lo
guardò perplessa.
“Sì, cosa…”
“Devi
stare
attenta” la interruppe come se non l’avesse
sentita. “È una Hyuga e gli Hyuga
sono infimi, non bisogna mai fidarsi di uno Hyuga. Potrebbe spezzarti
il cuore
e tu…”
Alzò
gli
occhi al cielo. Una scenata di iperprotettività fraterna era
l’ultima cosa che
voleva in quel momento.
“Stai
diventando pesante” ridacchiò Obito mentre portava
Naruto sulla schiena.
Gli fu
rivolto
un borbottio incoerente a cui rise.
All’ennesimo
inciampo di Naruto sul marciapiede aveva deciso di raccoglierlo da
terra per
portarlo sulle spalle e lo stava davvero facendo solo
per aiutarlo, non era mosso da nessun tipo di desiderio di
sentire i loro corpi vicini, premuti! Proprio come quando si
esercitavano nel
taijutsu.
“Obito,
ho
scionno” si lamentò strofinando la fronte sul
retro del suo collo.
Nessun-doppio-fine, si
scandì nella mente.
“Siamo
quasi arrivati” lo rassicurò comunque.
Fu un
po’
complicato salire le scale con quel peso che si dimenava sulla schiena, ma per un ninja del suo
livello non era poi
così difficile portarlo sano e salvo sul suo pianerottolo.
Una volta davanti
alla porta cercò le chiavi dai suoi pantaloni, ma la voce
assonnata di Naruto
lo informò che non aveva chiuso a chiave quando era uscito.
Infatti appena tirò
giù la maniglia la porta si aprì e
poté entrare nel disordinatissimo
appartamento. Sentì una morsa appena mise piede nella casa,
come tutte le rare
volte che ci entrava. Non solo perché il profumo di Naruto
era fortissimo e gli
faceva girare la testa, ma perché gli tornava alla memoria
tutte le volte che
era entrato lì per cenare a casa di Minato-sensei.
Pensò
che
se le cose fossero andate diversamente, se non avesse mai attaccato
Konoha, ora
entrando avrebbe trovato Kushina furiosa per l’ora tarda e lo
stato in cui
aveva riportato il figlio. Minato avrebbe cercato di rabbonirla come
meglio
poteva, allo stesso tempo invitandolo a entrare e chiedendo se la
serata fosse
andata bene.
Invece
c’era solo un appartamento vuoto, buio e disordinato.
Per
colpa
sua.
“Mhhh,
Obito?” biascicò Naruto e lui si riscosse,
rendendosi conto di essere rimasto
fermo sull’uscio per tutto il tempo.
Lottò
contro il rimorso e i ricordi per entrare e chiusa la porta alle
spalle, accese
la luce e poi attraversò il soggiorno fino a raggiungere la
camera da notte.
Buttò Naruto su letto con poca grazia.
Lo
guardò
mentre si rigirava sul letto, apparentemente incapace di fare qualsiasi
altra
cosa. Sospirò e perciò si accucciò a
togliergli e le scarpe.
“Yamato
aveva ragione, dovevamo fermarti” ridacchiò.
“Sciono
il
grande Usumaki Nar’do!” esclamò in
risposta.
“Già,
il
grande Uzumaki Naruto messo a tappeto dall’alcool. Ad averlo
saputo allora…”
Si
bloccò,
rendendosi conto dove portava quel pensiero. Si oscurò
mentre gli liberava i
piedi dalle scarpe e si alzava. Perché in momenti del genere
il suo cervello doveva
tradirlo e ricordargli chi era stato?
Una
seria
di versi e sbuffi incoerenti lo fece tornare a concentrarsi sul ragazzo
disteso, notò che stava litigando con la chiusa dei
pantaloni.
“Tosglimi
anche queshsti!” ordinò infastidito dai suoi
inutili tentativi.
Arrossì.
“Non puoi dormire vestito?”
“Mi
danno
fascitidio i veshtiti!” sbottò come se stesse
lottando contro terribili nemici.
Tentennò
ancora incerto, per quanto avessero avuto un continuo crescendo nella
loro
amicizia non era ancora arrivato al punto di spogliarlo. Vedendolo per
come si
stava per strozzare nel tentativo di liberarsi della maglietta , decise
che non
poteva permettere che morisse in quel modo indegno, aveva ancora una
promessa
da mantenergli. Perciò si sedette sul bordo del letto e
iniziò a liberarlo
dalla temibile maglietta lasciandolo a petto nudo. Indugiò
solo un secondo
sulla pelle tesa e abbronzata dei pettorali, poi distolse lo sguardo
lontano.
Doveva
ricordarsi che non c’era nessun doppio fine in tutto quello.
Non
riuscì
comunque a evitare di soffermarsi con le dita sulla pelle del bacino
mentre
raggiungeva i bottoni dei pantaloni e poi li sfilava. Naruto si
sollevò con il
bacino ad aiutarlo in quella manovra, senza rendersi conto che
così in realtà
metteva ancora più in difficoltà la sua
determinazione di non approfittarne.
Naruto
aveva un corpo perfetto, allenato e scattante. Tentò di non
soffermarsi troppo
sulle gambe atletiche e sul suo inguine. Si morse l’interno
della guancia
imponendosi di smettere di fissarlo, alzarsi e allontanarsi da lui. Ma,
nonostante la sua risolutezza, fu proprio Naruto a bloccarlo e tenerlo
seduto
sul materasso. Anzi, afferrandolo per la spalla lo costrinse ad
abbassarsi con
il busto verso di lui.
Lo stava
osservando con gli occhi socchiusi, concentrati, riusciva a vedere
nell’iride
blu il tentativo di guardarlo oltre l’alcool. Si rese conto
che stavano
cercando disperatamente qualcosa sul suo viso.
“Perché
lo
hai fatto?” domandò alla fine, un controllo
sorprendente sulla voce tremante.
Non
c’era
bisogno che Obito chiedesse a cosa si riferisse, gli era fin troppo
dolorosamente chiaro e sentire quella domanda –
quell’implicita accusa – fu una
piccola pugnalata al cuore. Da quando si era risvegliato
all’ospedale, non gli
aveva mai chiesto nulla di simile, non aveva mai fatto riferimenti
personali a
quanto successo in passato. Ma ora, con tutto quell’alcool in
circolo nel suo
cervello non dovevano esserci freni che gli impedissero di dire tutto
quello
che pensava e significava, che nonostante gli avesse donato la sua
amicizia,
rivedeva ancora in lui l’assassino dei suoi genitori.
Mosse le
labbra, cercando di articolare a parole il suo senso di colpa, ma smise
di
respirare quando Naruto alzò una mano a sfiorargli il viso.
Rimase fermo mentre
sentiva quel palmo scivolare fino a coprire tutto il lato destro del
suo viso.
In quel
modo, oltre al senso di colpa provò anche vergogna. Sapeva
che quelle cicatrici
deturpavano il suo aspetto rendendolo grottesco, per nulla attraente;
sapeva di
essere rovinato per sempre. Ma si sentì comunque triste nel
pensare che Naruto
le trovasse brutte, disturbanti al punto di doverle coprire.
Fu
distratto dal movimento dell’altra mano, che andò
a posarsi a coprire il lato
sinistro del volto mentre quello destro veniva scoperto e la mano si
spostava
al lato. Osservò attentamente i solchi delle cicatrici, come
la pelle sembrava
quasi crepata, gli occhi restavano socchiusi e interrogativi. Poi
lasciò
scivolare anche quella mano fra i capelli e guardò il volto
nel suo insieme
sempre più corrucciato.
Obito
cominciava a sentirsi a disagio sotto quel silenzio prolungato e dallo
sguardo
fisso e circospetto. Pensò di dire qualcosa, ma
avvertì la presa sui lati del
suo viso aumentare e, prima che potesse effettivamente rendersene
conto, lo
tirò forte verso il proprio volto.
Il
panico
si trasformò in confusione non appena sentì le
loro fronti scontrarsi e un
dolore lancinante partire dal punto di contatto e scuotergli tutta la
scatola
cranica.
“Ahia!”
sbottò incredulo allontanandosi, una mano sul punto leso. Lo
guardò sconvolto.
“Perché lo hai fatto?!”
Gli
aveva
dato una testata! E, diamine, se
Uzumaki aveva un testone duro!
Naruto
arrossì fino alla radice dei capelli, di un rosso
così violento da farlo
sembrare un pomodoro.
“Mi
shembrava
la cosha giushta da fare!”
Lo
guardò
stralunato. “Sei serio?!”
In quel
momento gli era sembrato giusto prenderlo a testate? Okay, forse aveva
ragione,
ma non era quello che si aspettava! Arrossì, rendendosi
conto che aveva sperato
succedesse un’altra cosa
mentre lo
tirava per far scontrare le due fronti.
Naruto
si
imbronciò come un bambino. “Scusa”.
Sospirò
a
quel borbottio. “No, non preoccuparti” lo
rassicurò mentre finalmente si
alzava. “Ma è meglio se ora ti metti a dormire.
Buonanotte”.
“Mmpf…
buonanotte” grugnì mentre si arrotolava su un
fianco, lasciandogli la visione
perfetta delle sue scapole e del suo fondoschiena. Si prese qualche
secondo per
poter osservare quella figura nella semioscurità, poi
rassegnato a doversi
davvero separare da lui cercò di raggiungere
l’uscita. Non era ancora uscito
però quando sentì Naruto parlare, il tono
soffocato come se tenesse la bocca
premuta sul cuscino.
“Perché
fa
sempre così?” domandò e Obito non era
sicuro stesse parlando con lui o meno.
“Perché deve andarsene ogni volta? Non puoi
restare qui con me? Perché mi
lascia sempre solo?”
Rimase
immobile, il cuore così pesante che gli sembrò
precipitasse di colpo nello
stomaco.
Stava
parlando di Sasuke?
Sicuramente
stava pensando a lui e alla sua ovvia partenza una volta terminata la
questione
con l’Hokage. Come le altre volte, si fermava solo pochi
giorni per poi
ripartire e non mostrarsi più per mesi.
Sentì
il
suo odio per il parente aumentare.
Non era
solo invidia, era anche rabbia per la sua ottusità. Come
poteva comportarsi in
quel modo quando Naruto lo guardava con così tanta
attenzione? Come poteva dare
quell’affetto così per scontato, quasi gli fosse
dovuto? Proprio non si rendeva
conto quanto fosse fortunato ad avere una persona meravigliosa come
Naruto al
suo fianco, e in più trattava con così poca
sufficienza quella fortuna. Obito
non sapeva che cosa avrebbe dato per trovarsi al suo posto, per essere
guardato
con altrettanto amore da quegli occhi blu.
Non te lo meriti,
ricordò a se stesso.
Uscì
ripetendoselo.
Ecco il secondo
capitolo ^^
Cosa ne
pensate? Sakura e Sasuke hanno avuto una bella chiacchierata, mentre
Obito si è
preso una testata. Scommetto che
come
lui anche voi stavate sperando facesse altro
xD Ma non sono così scontata, almeno spero ahahahahah
Nel prossimo
capitolo abbiamo
Naruto post-sbornia, compare Iruka a prendersi cura di lui, Naruto e
Obito
bisticciano e Obito ha uno scambio interessante con Sasuke (:
Se vi
va,
un commento
è sempre gradito <3
Ci
vediamo
la prossima settimana^^
Hatta.
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Capitolo 3 *** Sei tu e il tuo mondo e io sono intrappolato nel mezzo ***
III
Sei tu e il
tuo mondo ed io sono intrappolato nel mezzo
Gli
faceva
male la testa, come se Sakura avesse passato tutta la notte a prenderlo
a
pugni. Il fatto che Kurama gli bestemmiasse contro per aver ridotto
entrambi in
quello stato non aiutava la situazione. Senza contare il senso di
nausea nello
stomaco vuoto, la gola secca, la
lingua
impastata nel palato e il saporaccio orribile che aveva in bocca.
C’era
un
solo lato positivo: il buonissimo odore di pane tostato che veniva
dalla
cucina. Qualcuno gli stava preparando la colazione e, forse, aveva
anche
qualcosa che potesse fargli passare l’emicrania.
“Obito?”
biascicò tentando di alzarsi con gli occhi chiusi.
Era il
primo nome che gli veniva in mente, visto che da quanto ricordava era
stato l’uomo
a trascinarlo semi-incosciente nel suo appartamento e lo aveva messo a
letto. A
quel pensiero il suo cervello gli ricordò un’altra
cosa e quasi si strozzò con
la propria saliva.
Aveva…
baciato Obito?
Seppellì
il
volto tra le mani e gemette, certo di essersi confuso – del
resto la sua
memoria non era poi così affidabile dopo una certa
quantità di alcool in corpo.
Ma ricordava chiaramente di avergli preso il volto tra le mani,
cercando di
capire perché in quel momento lo trovasse così
attraente, e aver di conseguenza
spinto a incontrare i loro volti. Ricordava che aveva fatto male alla
testa – da quando baciare fa male,
dattebayo? –
e più importante che l’altro si era ritratto
subito guardandolo sconvolto.
“Perché
lo hai fatto?” era
sicurissimo avesse chiesto, una reazione che evidenziava abbastanza
chiaramente
che quel suo gesto non era stato apprezzato.
Desiderò
venire inghiottito dal letto, forse poteva chiedere asilo al Monte dei
Rospi e
sparire per sempre dalla faccia della terra raggiungibile.
Perché
l’ho fatto?
Non
c’era
nessun motivo razionale per fare qualcosa del genere, senza contare
quanto gli
risultava strano aver baciato Obito. Obito! Uchiha Obito! Era
così assurdo che
non riusciva proprio a capacitarsene.
Ma quel
che
era peggio era che Obito si trovava nell’altra stanza e gli
aveva preparato la
colazione. No, non poteva uscire da lì! Doveva continuare a
fingersi morto per
l’alcool e sperare che se ne andasse. Non poteva affrontarlo,
sicuramente
voleva spiegazioni e lui non ne aveva, dannazione!
“Naruto?”
si sentì chiamare interrogativo dall’altra stanza
e lui squittì terrorizzato,
troppo per rendersi conto che effettivamente quella non era la voce di
Obito.
Se ne
rese
conto solo quando vide Iruka fare capolino nella stanza.
“Oh,
bene,
ti sei svegliato” commentò.
Il senso
di
sollievo fu così dirompente che, ignorando la nausea e le
fitta alla testa
della sbornia, Naruto si scaraventò ad abbracciarlo con
affetto.
“Maestro!”
lo salutò con le lacrime agli occhi, così
sollevato che fosse lui e non qualcun
altro. “Mi hai fatto la colazione?”
Iruka
era
il suo angelo custode, non c’era altra soluzione, sapeva
sempre quando aveva
bisogno di lui.
L’uomo
più
grande ridacchiò a quell’esuberanza.
“Come
va
con la testa?” chiese arruffandogli i capelli.
“C’è
una
piccola Sakura-chan che sta cercando di romperla”
sbiascicò.
“Vediamo
di
calmarla, allora” lo rassicurò e lo
guidò quindi verso la cucina. Come aveva
testimoniato l’odore, Iruka gli aveva preparato la colazione
e Naruto sentì lo
stomaco aprirsi dalla fame davanti alla tavola imbandita di pane
tostato e
biscotti.
“Bevi
acqua
e mangia solo cose secche,” ordinò Iruka,
“appena ti sarai riempito lo stomaco
ti darò una pastiglia”.
Lo
guardò
riconoscente mentre si sedeva al suo posto e prese una fetta di pane
con la
marmellata già spalmata. Certo, preferiva fare colazione con
il ramen, ma si
rendeva conto che non era il caso di mettere alla prova il suo stomaco
dopo
quanto aveva bevuto.
“Che
ci fai
qui?” chiese comunque. “Non dovresti essere da
Kakashi a fargli da
baby-sitter?” aggiunse ricordando l’effettivo ruolo
che aveva accanto al pigro
maestro, che tentava in ogni modo di sfuggire alla burocrazia
più noiosa.
“Mi
ha dato
il giorno libero dopo avermi avvertito che ieri notte non ti sei dato
un
freno,” e nel dirlo lo guardò con rimprovero,
“perciò sono venuto a vedere come
stavi”.
“Oh,
che
caro Kakashi-sensei!” cinguettò. “Si
preoccupa per me”.
Stava
tentando in ogni modo di mostrarsi di buon’umore nonostante
la testa spaccata a
metà e la coscienza che sghignazzava a sue spese ripetendo
in una cantilena: hai baciato Obito e ti ha
rifiutato, hai
baciato Obito e ti ha rifiutato, hai baciato Obito e ti ha
rifiutato…
“Iruka-sensei,”
chiamò cercando di dissimulare nonchalance, si finse in
particolare più
concentrato a spalmare la marmellata, “i baci da ubriaco non
contano, vero?”
Sperava
che
la domanda non risultasse strana, quasi scambiabile come futile
conversazione,
ma catturò un po’ troppo l’attenzione di
Iruka.
“Chi
hai
importunato?” indagò.
Al che
lo
guardò offeso. “Perché devo essere
stato io? Magari sto parlando di qualcun
altro!”
Lo
guardò
eloquente, ricordandogli che era sempre lui quello che combinava il
guaio.
Purtroppo aveva ragione.
“Obito”
sospirò vinto, lo sguardo basso come se la marmellata sul
pane fosse l’unica
cosa degna di interesse.
Ci fu un
lungo silenzio in cui Naruto ebbe il forte impulso di gettare il pane
addosso a
Iruka come diversivo e scappare dalla finestra, ma l’uomo
parlò prima che
potesse mettere in atto il suo ingegnoso piano.
“Obito
ti
ha baciato?”
Arrossì,
imbarazzato a doverlo contraddire. “Io
ho baciato Obito” borbottò.
“…Oh”
commentò preso in contro piede. “E… e
lui ha, ehm, apprezzato?” domandò allargandosi
il coletto della maglia. Del resto non doveva essere facile tenere una
conversazione del genere con quello che consideravi il tuo figlioccio.
Il
rossore
si accentuò sulle guance di no. “No, direi di
no” ammise colpevole.
Ancora
una
volta Iruka lo guardò di stucco.
“No?
Obito non ha apprezzato?”
Fece uno
sguardo davvero confuso. “Ma ne sei sicuro?”
Sentì
un
moto di stizza. “Direi di sì visto che si
è staccato subito e mi ha guardato
come se gli avessi lanciato addosso un topo morto”
sbottò infastidito da quella
realizzazione.
Okay, si
pentiva di averlo fatto e sperava di trovare un modo per viaggiare nel
tempo a
impedire che succedesse, ma – dattebayo! – la
reazione era stata troppo
esagerata, manco lo avesse colpito con una testata, nessuno poteva
rifiutare in
quel modo un bacio di Uzumaki Naruto! Ne andava del suo onore. Poteva
rifiutarlo in modo più gentile, magari ringraziandolo ma
declinando in quanto
non era il suo tipo, anche se Naruto era sicuro di essere il tipo di
chiunque.
Si
riscosse
dai suoi pensieri per notare che Iruka continuava a guardarlo dubbioso,
quasi
incredulo.
“Questo
è
strano…” disse infatti. “Avevi mai
pensato a Obito… in quel senso?” chiese
arrossendo un poco a sua volta.
“Be’,
no”
rispose senza nemmeno pensarci da quanto era ovvio. “Non ho
mai pensato una
cosa del genere. Non so che mi
sia preso”.
“Uhm…”
borbottò il suo confidente. “Che
cos’è allora per te?”
“Cos’è…
per
me?” ripeté confuso, poi si strinse nella spalle.
“È Obito, un amico e un
compagno con il quale mi trovo particolarmente bene”.
Anche se
a
quell’ultimo pensiero si oscurò, non aveva mentito
nel dire che gli piaceva
passare del tempo con lui, ma… c’erano delle cose
che un po’ lo facevano
tentennare. Non
erano tanto in momenti
in cui la sua mente lo tradiva, ricordandogli che chi aveva davanti era
l’assassino dei suoi genitori, l’uomo che aveva
tentato di distruggerlo in ogni
modo, perché Obito aveva dimostrato di essere cambiato, di
non essere più
quella persona e lui lo aveva perdonato già molto tempo
prima. Era altro.
“Che
cosa
c’è?” chiese Iruka intercettando la sua
espressione inquieta.
“A
volte
stare con lui è frustrante” ammise, deciso a
vuotare il sacco. Non ne aveva mai
parlato con nessuno ed era arrivato il momento di sfogarsi, Iruka era
la
persona perfetta con cui farlo.
“Frustrante?”
ripeté per invogliarlo a spiegarsi meglio, al che
annuì con convinzione.
“Non
litighiamo mai!” quasi sbraitò.
Invece
di
spiegarsi come avrebbe dovuto, lo lasciò ancora
più confuso.
“E
non è un
bene?”
“No!
Cioè!”
ritrasse rendendosi conto di quanto dovesse suonare male e si
imbronciò. “Il
problema è che non osa mai contraddirmi, mi dà
costantemente ragione quando è
evidente che è contrariato. Cerca in ogni modo di evitare le
discussioni con me
ed è… frustrante!” ripeté,
strinse le labbra in una smorfia. “Mi sembra non mi
prenda sul serio, che mi tratti come un bambino da accontentare, che
non mi
consideri al suo livello e mi sembra stia ancora evitando la
realtà, che si
nasconda ancora dietro una maschera, che…”
“Okay,
ho
afferrato” lo interruppe Iruka prima che potesse stilare una
lista
chilometrica. A Naruto però non piacque essere bloccato e
incrociò le braccia
al busto, i capelli spettinati gli davano un’aria ancora
più arruffata.
“È
come se
avesse messo un vetro tra noi. Anzi, è come se abbia paura
di rompermi!”
riassunse ispirato.
Iruka
sospirò. “Non credi che lo faccia
perché si sente in colpa nei tuoi confronti?”
Sgranò
gli
occhi perplesso. “In colpa? Si sente in colpa?”
“Per
quello
che… sai…” distolse lo sguardo
imbarazzato di ricordargli quelle cose, “per
quello che ti ha fatto…”
Naruto
strinse le mani a pugno. “Sì, avevo
capito” borbottò. Sapeva di non brillare di
intelligenza, ma non era nemmeno così ottuso da non aver
capito a che cosa
facesse riferimento!
“Be’,
non
dovrebbe lasciarsi influenzare dai sensi di colpa. È acqua
passata” decretò
massaggiandosi la fronte. La testa gli pulsava troppo dolorosamente per
sostenere quel genere di conversazione, aveva proprio scelto il momento
sbagliato per sfogarsi, e quello che sentiva sotto i polpastrelli era
davvero
un bernoccolo? Adesso l’alcool faceva anche spuntare i
bernoccoli?
Iruka
addolcì lo sguardo. “Ha tentato di ucciderti, non
è una cosa facile con cui
fare i conti”.
“Ma
se per
me non è più un problema, perché
dovrebbe esserlo per lui?!” sbottò.
“Per
certe
persone è davvero difficile perdonare se stessi. Obito non
sembra una persona
in grado di farlo”.
Naruto
non
sembrava convinto.
“Anche
Sasuke ha tentato di uccidermi e sono sicurissimo che si senta una
merda per
questo”, ignorò l’inarcarsi delle
sopracciglia dell’uomo al suo francesismo,
“ma continua a trattarmi come ha sempre fatto, non con le
pinze!”
Effettivamente,
Iruka si stava chiedendo quanto ci volesse ancora perché
nominasse l’altro
Uchiha. Per questo motivo aveva già preparato la risposta.
“Le
cose
tra te e Sasuke sono diverse, siete amici d’infanzia, eravate
migliori amici
già prima che lui lasciasse il villaggio” gli fece
notare.
“Ma
cosa
c’entra?”
“Naruto,
hai sempre detto che qualsiasi cosa avesse fatto non avresti smesso di
volergli
bene, perché era il tuo primo legame, il tuo migliore amico.
C’è una base su
cui Sasuke sa di poter fare affidamento” spiegò
meglio. “Obito questa sicurezza
non ce l’ha. Non hai mai conosciuto la persona che era prima,
non hai nessun
motivo per perdonarlo davvero. Non c’è nulla di
positivo che vi leghi”.
“Questo
non
è vero” protestò con gli occhi
spalancati. “Condividevamo lo stesso sogno, mio
padre era il suo maestro!”
“Sogno
che
ha distrutto e rinnegato” ribatté pacato senza
aggiungere altro, non serviva
ricordare invece cosa aveva fatto al suo maestro, a suo padre.
Infatti
Naruto contrasse lo sguardo, visibilmente ferito.
“Anche
se
ha sbagliato, si è pentito di quello che fatto e ha cercato
di rimediare, ha
rimediato” tenne il punto. “Mi sembra un ottimo
motivo per perdonarlo e andare
avanti”.
Iruka
non
rispose subito, si prese qualche secondo per pensare a quanto fosse
fiero del
ragazzo che aveva davanti. I suoi occhi azzurri erano limpidi e onesti,
pensava
davvero quello che diceva e, soprattutto, ci credeva. Non molte persone
avrebbero sostenuto quella linea con la stessa fermezza, la fiducia che
riponeva nelle persone era solo che ammirevole.
“Devi
dare
del tempo a Obito perché possa farlo anche lui”
risolse alla fine e sorrise.
“Tu puoi aiutarlo in questo”.
Naruto
sbuffò e si accasciò sullo schienale.
“Certo, come no. Soprattutto dopo ieri
sera” gemette e si coprì il volto con le mani.
“Non avrò più il coraggio di
guardarlo in faccia” piagnucolò.
Iruka lo
guardò con divertito affetto. “Non esagerare.
Basta parlarne e si risolverà
tutto”.
“Magari
non
vuole più parlarmi. Magari ora mi odia”.
Fu
difficile trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo.
“O magari spera proprio
che tu chiarisca con lui il perché lo hai fatto”.
“Non
lo
so!” sbottò. “Non so che mi sia preso,
mi era sembrata solo la cosa migliore da
fare e non so perché io lo abbia pensato, voglio dire ero
ubriaco, nessuno
dovrebbe pretendere che un ubriaco sappia quello che fa
dattebayo” terminò.
“Diglielo
allora” obiettò ragionevolmente.
“Come
se
fosse così semplice” borbottò di nuovo
depresso.
Iruka
scossa la testa e non disse altro mentre portava un antidolorifico per
i
postumi della sbornia. Dubitava fortemente che Obito fosse arrabbiato
per quel
bacio, anzi tutt’altro. Non era stupido e come molte altre
persone aveva notato
che genere di interesse provasse l’Uchiha nei confronti del
suo allievo
preferito. Non era qualcosa che lo faceva saltare di gioia, ovviamente,
ma
sapere che non aveva approfittato di lui mentre era ubriaco –
nemmeno dopo che
lo aveva baciato – glielo fece rivalutare.
Naruto
aveva ragione del resto: Obito aveva rimediato e aveva dimostrato di
essere un
bravo ragazzo.
Obito
era
in ritardo, una piccola costante che non era cambiata in tutti quegli
anni. Ma
considerando che doveva incontrarsi con Kakashi non era poi
così preoccupato,
gli dava fastidio solo sapere che Sasuke era già
lì e che gli avrebbe
rinfacciato l’orario.
Be’,
non
era colpa sua se aveva un lavoro ingrato da sbrigare da solo visto che
non
aveva nemmeno pensato di chiedergli se avesse bisogno di aiuto nel
decifrare
quelle dannate pergamene. L’unica consolazione era che
ritardando di oltre due
ore era riuscito a diminuire di molto il mucchio che Naruto aveva
scovato.
Appena
pensò al ragazzo, il suo volto divenne impassibile. In
realtà c’era un altro, e
più vero, motivo per cui aveva tardato così tanto
prima di uscire di casa verso
il palazzo dell’Hokage. Il giorno prima Naruto aveva promesso
che sarebbe
passato ad aiutarlo ancora, ma aveva continuato ad aspettarlo senza che
si
presentasse. Forse doveva ancora recuperare la notte brava, o forse la
sera
prima aveva fatto qualcosa che lo aveva infastidito. Fu piuttosto
facile
ignorare la prima e più probabile ipotesi per commiserarsi
nella seconda.
In
realtà
era meglio così. Se fosse venuto poi avrebbe dovuto spiegare
perché Kakashi
aveva convocato lui e Sasuke e perché lui non poteva venire.
Non gli piaceva
tenergli nascosto qualcosa, ma in quel caso era meglio che Naruto non
si
mettesse in mezzo, sicuramente avrebbe protestato e sapeva che se lo
avesse
fatto non sarebbe riuscito a contraddirlo. Naruto aveva quella brutta
capacità
di convincerlo a cui lui si abbandonava senza combattere.
Volevano
demolire il
quartiere Uchiha per poter creare
un nuovo complesso residenziale. La popolazione di Konoha era in
aumento e
cominciavano a stare stretti tra le mura, cosa ridicola considerando
che
esisteva un intero quartiere non utilizzato. Ovviamente le case erano
già state
messe in vendita, ma nessuno aveva osato andare a vivere in quelle
abitazioni
maledette. Il Consiglio aveva quindi proposto di buttare giù
tutto e
ricominciare da zero, nella speranza che quello avrebbe fermato le
superstizioni.
Per far ciò ovviamente c’era bisogno del permesso
degli unici due residenti ed
eredi del quartiere.
Per
Obito
accettare una proposta simile era stato fin troppo semplice. Per quanto
da
piccolo ripetesse fiero di essere un Uchiha e quindi erede di grandi
tecniche,
non aveva mai provato vera fierezza per il proprio clan. Del resto era
cresciuto senza genitori, senza qualcuno che potesse insegnargli vero
orgoglio
per il suo retaggio. Considerando poi che non era mai stato visto di
buon
occhio tra gli Uchiha e che l’unico parente che gli aveva
fatto da mentore lo
aveva in realtà manipolato per i propri scopi, non si
stupiva di non provare un
minimo di affetto per il suo Clan.
Senza
contare che se era riuscito a sterminarlo al fianco di Itachi senza
provare
rimorso, non si sarebbe disperato per qualche casa vuota demolita.
Ma era
certo che lo stesso non sarebbe valso per Naruto. Poteva sentirlo
distintamente
sbraitare nella sua testa mentre protestava che stava abbandonando il
suo
passato – ancora una volta – e che quel luogo era
comunque la sua casa ed era
ingiusto che rinunciasse in quel modo rassegnato.
Si
fermò
rendendosi conto che la figura bionda non era solo nella sua testa, ma
anche a
qualche passo da lui.
“Naruto?”
lo chiamò vedendolo bighellonare alle porte del quartiere.
Quello
sussultò,
come se fosse stato beccato a compiere qualche infrazione.
“Oh,
Obito!” quasi urlò cercando di sembrare
disinvolto, ma il modo in cui portò la
mano tra i capelli tradì il suo nervosismo. “Stavo
venendo da te, ma tu stai
andando da qualche parte?”
“Da
Kakashi” spiegò osservandolo attento.
“Oh,
pazienza! Allora ti lascio andare, sarà per
un’altra…”
“Facciamo
la strada insieme” lo interruppe. Avrebbe fatto qualsiasi
cosa per approfittare
anche solo di alcuni minuti con lui.
Naruto
sorrise forzato. “Certo, sicuro! Ti accompagno, nessun
problema…”
Decisamente
c’era qualcosa che non andava. Forse aveva indugiato un
po’ troppo la notte
prima quando lo aveva spogliato e se ne ricordava, perciò si
sentiva in
imbarazzo in sua presenza.
Iniziarono
a camminare in quel silenzio nervoso, a cui riuscì a
resistere solo per un
manciata di minuti.
“Va
tutto
bene?” si assicurò.
Naruto
scattò come se lo avesse punto con uno spillo.
“Sì,
benissimo, dattebayo!” strepitò agitandosi con le
braccia, poi però gli rivolse
uno sguardo colpevole. “No, in realtà ecco volevo
scusarmi per ieri sera, per
quello che ho fatto”.
Lo
guardò
sempre più confuso. “Non occorre, eri
ubriaco…”
“Sì,
ma mi
dispiace, okay? Non volevo offenderti o disgustarti, non so
perché io lo abbia
fatto, mi era sembrato sensato farlo ma non è che le cose
degli ubriachi
abbiano davvero senso, è stato stupido e impulsivo, quindi
mi dispiace davvero
per favore non essere arrabbiato con me” terminò
quasi senza respirare, come un
testo senza virgole.
Obito
era
sicuro di non aver affatto seguito correttamente il ragionamento.
Pensò quindi
di frenarlo prima che ricominciasse a parlare.
“Non…
non
sono arrabbiato con te” gli fece presente, era ridicolo anche
solo lo pensasse!
“No?”
spiò
incerto Naruto in un’espressione adorabile a cui fece davvero
fatica a
resistere.
“No”
ripeté, poi fece un sorriso per provare ad alleggerire
l’aria. “Certo, la
testata potevi risparmiarla. Ha fatto male”
scherzò.
Ma
Naruto
lo guardò con tanto di occhi. “La…
testata?”
“Sì”
annuì
accigliandosi. Non si stava scusando per quella?
Molto
probabilmente no visto l’espressione che aveva Naruto, come
se una
realizzazione gli fosse piovuta dal cielo.
“Ti
ho dato
solo una testata?” chiese quasi speranzoso.
La
situazione era sempre più strana, confermò ancora
mentre il bernoccolo che
aveva sulla fronte pulsava come un memento.
“Una
testata fortissima” specificò.
Ma
Naruto
non sembrava davvero dispiaciuto, lo guardava piuttosto come se fosse
una
rivelazione mistica e, confondendolo ancora di più, sorrise.
“Una
testata,” sospirò con sollievo, “non ti
ho baciato. Era solo una testata”.
Si
fermò in
mezzo alla strada, così all’improvviso che Naruto
fece ancora qualche passo
prima di rendersene conto. Si voltò a guardarlo ed era rosso
sulle guance,
doveva essersi conto di quello che aveva detto e
quell’imbarazzo confermò a
Obito che aveva sentito bene.
Naruto
si
stava scusando per un bacio? Credeva di averlo baciato?
Ricordò
il
modo in cui aveva appoggiato le mani sulle sua guance, la pressione che
aveva
fatto sulla pelle prima di spingere i loro visi e capì che
quello che aveva
cercato di fare era baciarlo. Non
dargli una testata, quella doveva essere stato un incidente
dall’alcool. Per
questo Naruto credeva di averlo baciato, perché
l’intenzione era stata quella.
Ci mise
più
di qualche secondo a raccogliere i propri pensieri e riuscire a
formulare
qualcosa, secondi in cui Naruto si guardò disperatamente
intorno in cerca di un
appiglio per cambiare conversazione.
“Perché
volevi baciarmi?” chiese stupito.
Era la
domanda
più ovvia e razionale da fare, anche se era difficile
ignorare il battito
accelerato del proprio cuore. Aveva passato così tanto tempo
ad anestetizzarlo,
insieme a ogni possibile sentimento, che non sapeva più
gestirne uno nuovamente
funzionante. Si poteva sentire il rumore sordo dei battiti contro le
cassa
toracica?
“Ero
ubriaco!” strepitò Naruto come se lo avesse
accusato. “Te l’ho detto, non
c’è
un perché. E poi non è successo, non è
più importante” concluse dandogli
un’amichevole pacca sulla spalla. “Lasciamo
stare”.
Lo
guardò,
chiedendosi se fosse così tanto masochista o meno da
alimentare la fiammella di
speranza che si era accesa nel suo petto. Forse aveva ragione, del
resto era
comune fare cose assurdi da ubriachi che da sobri non si avrebbero mai
fatto,
ma c’era anche il detto che nell’alcool ci fosse la
verità…
Voleva
chiedergli qualcosa in più, voleva sapere se dietro
quell’azione impulsiva che
Naruto diceva essere senza un perché ci fosse in
realtà un significato. Se,
forse, una minuscola parte di lui aveva dei sentimenti che potevano
sbocciare…
Però
era
evidente che Naruto non volesse parlarne, sicuramente il motivo per cui
non si
era presentato fino a quel momento da lui era perché aveva
tentato di rimandare
l’argomento. Non voleva parlare di quella cosa, era ovvio che
ne fosse
imbarazzato e il sollievo nel sapere che non era successo era
così trasparente
da rispondere da solo alla domanda di Obito. Non c’erano
potenziali sentimenti.
“Va
bene”
acconsentì mesto riprendendo a camminare.
Non
avrebbe
mai forzato Naruto a fare o dire qualcosa che non voleva solo per
bisogno
personale. Non sarebbe stato così egoista, avrebbe tenuto la
fiammella di
speranza a bada senza costringerlo in qualcosa che lo metteva a disagio.
Ma
Naruto
lo guardò corrucciato mentre lo affiancava di nuovo.
“Davvero?”
indagò con tono sconcertato. “Lasci davvero stare?
Non ti interessa?”
Obito
distolse lo sguardo mentre rispondeva, temendo che potesse leggergli
negli
occhi quanto invece morisse dal desiderio di sapere di più.
“Non
è
importante” mentì con disinvoltura.
E con
altrettanta disinvoltura sentì un pugno schiantarsi contro
la sua mascella.
Impreparato
a quell’azione aggressiva da parte del compagno — e
dall’incredibile forza che
ci aveva messo nel colpirlo – perse l’equilibrio
cadendo per terra, sul piccolo
prato che fiancheggiava la strada. I suoi riflessi ninja gli permisero
di
attutire la caduta, ma non di diminuire il dolore alla guancia. Ci
appoggiò una
mano, accorgendosi del gusto ferroso in bocca: il colpo era stato
così forte
che l’interno della guancia si era lacerata scontrandosi con
i denti. Non ebbe
nemmeno il tempo di realizzarlo pienamente che Naruto si
scagliò ancora contro
di lui, un altro pugno teso per colpirlo. Abbandonò la
confusione per attivare
lo sharingan e rispondere allo scontro che a quanto pare era appena
iniziato.
Smaterializzò ogni parte di sé che Naruto tentava
di colpirlo, sfuggendo ai
suoi tentativi di bloccarlo in una posizione di svantaggio.
Riuscì a vendicarsi
del suo primo pugno colpendolo con un calcio allo stomaco, dovette
essere molto
doloroso, ma Naruto non si lasciò minimamente indietreggiare.
“Sei
un
cazzone!” sbottò invece tornando
all’attacco.
“Che
diavolo ti è preso?” riuscì a gridare a
sua volta prima di dover trasferire un
lato del volto sulla sua dimensione. Naruto non sapeva proprio
controllarsi, né
in battaglia né in allenamento, se non avesse avuto il kamui
ad aiutarlo tutti
quei colpi avrebbero fatto davvero male.
“Che
prende
a te?!” girò la
domanda Naruto
riuscendo finalmente a bloccarlo al suolo. Ma Obito rimase in quella
posizione
di svantaggio solo un secondo prima di teletrasportarsi in un punto
più
lontano.
“Sei
tu
quello che mi colpito!” sbottò incredulo che gli
girasse la frittata. La sera
prima lo aveva preso a testate, adesso a pugni, che diavolo gli
prendeva tutto
d’un colpo?
“Ti
avevo
promesso che ti avrei distrutto quella maschera”,
berciò in risposta, “e io
mantengo sempre le promesse, ‘tebayo!”
Quello
risposta lo confuse e lo inchiodò a terra, pietrificato dal
ricordo, e per
questo non riuscì a reagire prontamente quando Naruto si
scagliò ancora una
volta verso di lui.
Il colpo
non andò a segno.
Una
gigantesca mano scheletrica e fiammeggiante di viola aveva intercettato
il
balzo di Naruto afferrandolo in aria. Quella tecnica non poteva che
essere una
formazione parziale di Susanoo e infatti Obito individuò
subito Sasuke a
qualche passo da loro. Aveva un’espressione infastidita.
“Che
cazzo
state facendo?” sibilò infatti.
“Non
metterti in mezzo, teme!” sbraitò Naruto tentando
di liberarsi da quella presa.
Sasuke
lo
guardò con sufficienza e volse gli occhi inespressivi
sull’altro Uchiha.
“Allora?”
chiese acido. “Perché invece di essere
dall’Hokage dove ti stiamo aspettando da
due ore sei qui a fare il bambino con questo idiota?”
“Stavo
venendo,” si difese, “ma sono stato
aggredito”.
Al che
si
voltò verso l’idiota che sapeva essere
l’unico vero colpevole della situazione.
Per quanto Obito avesse dimostrato una certa propensione
all’idiozia e un
temperamento simile a quello del dobe, i geni Uchiha che possedeva
dovevano pur
significare qualcosa.
Allo
sguardo accusatorio Naruto si imbronciò e ripeté:
“Non metterti in mezzo”. Poi
aggiunse: “Fammi scendere”.
Sollevando
gli occhi al cielo, lo accontentò ma si premurò
di appoggiarlo il più lontano
possibile da Obito. Fortunatamente, l’usuratonkachi non
sembrava più propenso a
menare i pugni e si limitò a incrociare le braccia al petto
con sdegno. Sasuke
decise che non si sarebbe messo in mezzo, non nutriva nessun interesse
sul
perché Naruto avesse preso a pugni Obito quando gli era
sembrato di capire che
andassero d’amore
e d’accordo.
“Vogliamo
andare?” chiese quindi sbrigativo al parente.
“Posso
venire con voi?” domandò Naruto.
“No”
lo
freddò senza possibilità di appello.
“Non è qualcosa che ti riguarda, non
metterti in mezzo” calcò le sue stesse parole.
Colpito
e
affondato, Naruto non replicò nulla e poté
solamente chiudersi in un broncio
offeso. Be’, se voleva fare a gara a chi era più
cocciuto non si sarebbe tirato
indietro.
Sasuke
accennò un sorriso di superiorità, certo della
vittoria schiacciante, e si
voltò senza controllare che Obito lo seguisse.
Sentì i suoi passi dietro di sé
poco dopo e a giudicare dal ritmo Naruto era davvero rimasto indietro,
lasciandoli soli.
Corrucciò
la fronte pensoso rendendosi anche conto che Obito stava pestando il
marciapiede in modo fin troppo aggressivo. Voltò la testa al
suo fianco per
accorgersi che lo stava guardando nello stesso modo bellicoso in cui
camminava.
Inarcò un sopracciglio per invogliarlo a spiegarsi.
Obito
non
dovette farsi pregare.
“Perché
devi essere sempre così freddo con lui?”
sbottò.
“Non
so di
che parli”.
“Tratti
continuamente Naruto di merda”.
Quel
commento lo infastidì ulteriormente, non gli piaceva che la
gente si mettesse
in mezzo fra loro due e soprattutto sindacasse sul suo comportamento.
“Naruto
non
lo pensa allo stesso modo,” gli fece notare,
“quindi puoi immaginare da solo
quanto mi interessa la tua opinione in merito”.
Lo vide
contrarre la mascella.
“Sei
arrogante” replicò.
“L’unico
arrogante qui sei tu, che parli senza sapere niente, quindi: taci” perse definitivamente la
pazienza.
In quei
pochi giorni a Konoha non si era solo reso conto
dell’infatuazione di Obito per
Naruto, ma anche quanto fosse geloso e, soprattutto, quanto fosse
geloso di
lui. Il fatto che ora lo stesse accusando che non gli importava
abbastanza di
Naruto era la goccia di troppo, soprattutto contando che in tutto il
mondo solo
due erano le persone di cui gli importava qualcosa: una era Sakura,
l’altra
Naruto.
Quindi
poteva evitare di riversargli contro la sua frustrazione solo
perché a
differenza sua non riusciva ad avvicinarsi a Naruto come voleva.
Obito
però
non sembrava aver perso la voglia di litigare.
“Posso
assicurarti che il tuo comportamento lo fa soffrire”
masticò rabbioso.
Se non
fosse stato incazzato, avrebbe riso.
“Cos’è?
Sei
il suo speciale confidente del cuore?” commentò
con ampio sarcasmo.
“No”
ammise
Obito. “Ma ieri sera da ubriaco ha detto qualcosa. Si
è chiesto perché tu te ne
andassi sempre, lasciandolo ogni volta solo”.
Sasuke
si
bloccò, questa volta le parole avevano raggiunto il loro
segno. Alzò di nuovo
gli occhi su Obito.
“Ha
parlato
proprio di me?” si assicurò. “Ha detto
il mio nome?”
La
smorfia
sul volto del più grande gli fece capire che non era
così.
“Sei
l’unica persona che lascia il villaggio regolarmente che gli
sia così vicina.
Non serviva facesse il nome per capirlo” obiettò.
Rimase
zitto, meditando su quelle parole. In realtà, era certo che
avesse capito male
o frainteso quello che il dobe aveva detto. Lo sapeva perché
ne aveva parlato
con Naruto, ancora quando era partito la prima volta, riguardo il suo
non
restare al villaggio. Poco prima di partire gli aveva chiesto
scherzosamente,
anche se con una certa ansia, se lo avrebbe seguito ancora. Il fatto
che aveva
risposto “no” con serenità lo aveva
stupito, ma aveva dimostrato ancora una
volta quanto sotto quell’apparenza da dobe lui riuscisse a
capirlo. Non avrebbe
seguito per riportarlo al villaggio, perché sapeva che non
stava correndo
contro a qualcosa di autodistruttivo, che non si stava allontanando da
lui e
che sarebbe tornato. Naruto aveva già tolto quel peso dalle
spalle di Sasuke,
se n’era fatto carico come promesso, e ora Sasuke doveva solo
imparare a essere
felice. Sapeva che per far questo doveva in primo luogo imparare a
conoscere
meglio se stesso e il mondo che lo circondava, quel mondo che Naruto
voleva
proteggere a ogni costo. Per questo viaggiava e, per lo stesso motivo,
tornava.
“Tu
lo
lasci solo” lo accusò Obito interrompendo il filo
dei suoi pensieri.
Questa
volta alzare il tono della voce risultò più
difficile, come detto odiava il suo
giudizio da esterno che non sapeva nulla.
“Non
è
vero, ma se anche fosse ti assicuro che Naruto me lo farebbe presente
invece di
venire a piagnucolarlo a te”. Fece una smorfia,
l’occhio nero brillò di
cattiveria. “A differenza tua è onesto nei propri
sentimenti e non è un
codardo”.
Sapeva
di
aver colto il segno con quelle parole, lo confermò il modo
in cui Obito
contrasse lo sguardo e come la sua espressione si fece più
diffidente. Sasuke
aveva scoperto le sue carte, facendogli presente che conosceva i suoi
sentimenti.
“Parli
di
una cosa che non capisci” disse alla fine a bassa voce.
Quel suo
tentativo di rendere il tutto più privato dopo che aveva
praticamente sbraitato
in mezzo alla strada gli fece alzare gli occhi al cielo.
“Nemmeno
tu” replicò deciso a chiudere quella
conversazione, del resto erano ormai
arrivati al Palazzo del suo Hokage e al suo interno non avrebbero
potuto
continuare il discorso.
C’era
però
ancora qualcosa che voleva dire a Obito, forse perché era
parenti, forse perché
era comunque una persona alla quale Naruto teneva o forse si era
semplicemente
rammollito, contagiato dai sentimentalismi dei suoi compagni di
squadra. Perciò
sospirò.
“Può
sembrare assurdo, ma io e Naruto comunichiamo. Forse in passato lo
abbiamo
fatto nel modo sbagliato,” mentre lo diceva gli vennero in
mente tutti i pugni
che si erano scambiati, “ma ora stiamo migliorando,
perciò posso assicurarti
che se lo facessi stare male, me lo verrebbe a dire”. Fece
una pausa in cui lo
guardò eloquente. “Forse quelle parole non erano
per me. E forse dovresti
iniziare a essere un po’ più diretto con lui,
magari prendere sul serio l’idea
di parlare apertamente di quello che provi”.
Obito
non
rispose, perciò Sasuke considerò chiuso
l’argomento. La sue esperienza come
consulente poteva anche terminare lì, aveva fatto anche
troppo.
Buon 2020!
Tranquilli,
non mi sono dimenticata di questa storia xD Ho solo avuto le feste in
mezzo e
varie cose, ma la pubblicazione continua! Ed ecco qui il terzo capitolo
della
storia, dove Naruto dimostra chiaramente di essere un dobe e Sasuke
è già
stanco di questi drama da romanzo rosa.
Spero vi
sia piaciuto, una recensione è sempre graditissima <3
Nel
prossimo capitolo Obito e Naruto chiariranno alcune cosette e Sasuke
prendere a
calci Naruto.
Hatta.
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Capitolo 4 *** Ero solito pensare che amare significasse un inseguimento doloroso, ma tu sei qui davanti a me ***
IV
Ero solito
pensare che amare significasse un inseguimento doloroso, ma tu sei qui
davanti
a me
Come
aveva
sospettato, l’incontro con Kakashi riguardava solo formali
procedure
burocratiche. Al termine di esso, Obito procedeva verso la sua
– ancora per
poco – casa con una cartella piena di permessi e
autorizzazioni da firmare e
completare. Non sapeva quando avrebbe trovato la forza per farlo, era
esausto.
Lavorare sulle pergamene da solo, il piccolo scontro con Naruto e la
conversazione con Sasuke lo avevano sfinito. Si era appena fatta
l’ora di cena,
ma complice il buio invernale gli sembrava fosse la mezzanotte passata.
Eppure
quella giornata non aveva finito di metterlo alla prova, lo
capì quando
arrivato davanti alla sua casa vide Naruto seduto a gambe incrociate
sul
porticato. Aveva gli occhi puntati sul giardino poco curato –
Obito non era mai
stato un pollice verde –, ma appena gli si
avvicinò li alzò su di lui.
Non
sapeva
dire se fosse l’iride azzurra a rendere lo sguardo
così intenso, ma ogni volta
che lo fissava direttamente in volto si sentiva spaesato, trafitto,
come quando
le loro coscienze si erano scontrate. Naruto dava la sensazione di
vederti
davvero.
Vide il
volto abbronzato piegarsi in un sorriso.
“Lavoro
extra?” domandò indicando con un cenno la cartella
gonfia sotto il braccio.
“In
un
certo senso” rispose vago.
Si
sentiva
un po’ a disagio, visto che si erano lasciati nel mezzo di
una zuffa senza
risolvere, senza contare la fastidiosa conversazione avuta con
l’altrettanto
fastidioso parente. Lo aveva accusato di essere un codardo e non poteva
dire
avesse poi così torto.
“Scusa
per
il pugno” borbottò Naruto dopo qualche secondo di
silenzio, una smorfia di
dispiacere.
Scrollò
le
spalle. “Me ne sono capitati di peggio”
assicurò, poi fece una smorfia. “È
stato abbastanza inaspettato” ammise, con chiaro tono
interrogativo.
Naruto
fece
un sorriso imbarazzato e batté la mano sul gradino al suo
fianco in un invito.
“Parliamo”
risolse.
Che alla
fine era proprio quello che Sasuke gli aveva consigliato di fare,
parlare. Ma
lui non si sentiva ancora pronto, aveva bisogno di un altro
po’ di tempo, senza
contare che non si aspettava che l’iniziativa venisse proprio
dall’altro.
Ingenuo, si
accusò da solo. Era di Uzumaki
Naruto che parlavano, il ninja imprevedibile numero uno.
Perciò
accettò e si sedette al suo fianco, togliendosi le scarpe.
“Di
cosa?”
chiese con un sospiro mentre liberava i piedi doloranti. Le calzature
ninja
erano scomode oltre che oscene, gli sarebbe tanto piaciuto sapere chi
le aveva
progettate.
Naruto
si
strinse nelle spalle. “Be’, di noi”.
Suonava
terribilmente ambiguo, perciò lasciò che
continuasse.
“Voglio
dire,” riprese infatti, “immagino tu voglia sapere
perché ti ho colpito”.
“Sì,
effettivamente mi farebbe piacere. Immagino non sia solo
perché sono un
cazzone” disse sorridendo, in un tentativo di rilassare
l’atmosfera.
Naruto
colse la palla al balzo e ricambiò il sorriso.
“Invece
è
proprio per quello,” annuì, “ma credo di
dovermi spiegare meglio”.
Attese
che
lo facesse e si avvolse meglio nella giacca. L’autunno stava
davvero finendo,
la temperatura rigida di quella notte annunciava che ormai
l’inverno aveva
iniziato ad avanzare.
“Obito,
tu
ti fidi di me?”
Non era
con
quella domanda che si aspettava iniziasse la conversazione.
Annuì.
“Ovviamente”.
Era
stupido
che avesse quel dubbio, era la persona più degna di fiducia
che conoscesse. Era
Obito a non meritare la sua fiducia.
“Allora
perché non mi parli? Voglio dire…”
Naruto si morse il labbro, “non sembra ecco.
Sembra che a te non interessi, mi tieni a distanza”.
Contrasse
lo sguardo a quell’ammissione. Non voleva dargli
quell’impressione, era
l’ultima cosa che voleva.
“Mi
dispiace” disse.
“Anche
prima. So che è una stupidaggine, forse è
imbarazzante anche per te ed è okay
se non ne vuoi parlare, nemmeno io voglio farlo. Ma hai lasciato cadere
il
discorso così, non ha insistito. Non insisti mai, appena
dico no tu lo accetti e non fai
niente”.
“Se
non
vuoi parlarne…”
“Lo
so, ma
sembri indifferente. Sembra che non ti importa di me. Sembra che non ti
importi
ancora più di niente… Che nulla continui a
importarti” mantenne il punto.
“Apprezzo che tu non voglia forzarmi, ma un amico dovrebbe
aiutare a tirarci
fuori le cose anche quando non vogliamo” gli fece presente.
“Quindi
dovevo insistere e sapere perché credevi di avermi
baciato?” domandò.
Naruto
arrossì un po’. “Be’, non sto
parlando solo di questo caso specifico,”
borbottò, “ma in generale ecco. Mi sento tagliato
fuori, non mi piace questa
sensazione. Per questo ti ho colpito, perché speravo di
avere una reazione, di
buttare giù il muro che hai messo. È come se ti
stessi nascondo di nuovo dietro
una maschera, ma io voglio vedere il vero Obito!”
terminò deciso.
Su una
cosa
Sasuke aveva ragione: Naruto era molto più onesto di quanto
fosse mai stato
lui. C’erano tanti punti di incontro tra loro due (per lo
più con il vecchio se
stesso), ma non credeva di essere mai riuscito a essere così
schietto e diretto
con qualcuno. Forse solo in quell’ultima missione con
Kakashi, dove era…
Non
lasciò
finire il pensiero, si concentrò solo sul ragazzino che
aveva davanti. Era
cresciuto dal loro primo incontro, aumentando l’altezza e
mettendo più massa
muscolare, effettivamente assomigliava più a un uomo che a
un ragazzino.
Un uomo
affidabile, quello che un tempo aveva desiderato essere lui.
Perciò
sospirò. Sasuke gli aveva fatto capire che doveva essere
onesto ed era la
stessa cosa che gli stava chiedendo Naruto.
“Hai
ragione, solo che…” si strinse nelle spalle,
“solo che dopo tutto quello che ho
fatto non riesco ancora a credere che tu mi abbia davvero perdonato. Ho
paura
di rovinare tutto, di prendere ancora un cammino sbagliato”.
Okay,
era
stato sincero. Magari non aveva parlato dei suoi sentimenti, ma almeno
aveva
esposto le sue preoccupazioni, era un passo avanti.
“Non
rovinerai niente” lo rassicurò Naruto e la fiducia
incondizionata con cui lo
disse gli scaldò il cuore. Avrebbe voluto avere la stessa
sicurezza.
“Cosa
ti fa
credere che non succederà?”
“Be’,
perché ci sono io a impedirtelo” annuì
serio, poi scoppiò a ridere. “Voi Uchiha
siete tutti uguali, anche Sasuke mi ha chiesto la stessa
cosa”.
S’imbronciò
per essere stato paragonato a una delle persone che meno gli stavano
simpatiche
al mondo.
“E
gli ho
risposto che sono sempre disposto a prenderlo a calci in
culo” continuò a
ciarlare spensierato Naruto. “Lo stesso vale per te. Ma
ovviamente non posso
farlo se mi chiudi fuori”.
“Non
ti ho
mai chiuso fuori da casa mia” gli fece notare.
“Sai
cosa
intendo.” Lo guardò eloquente. “Sono
passati anni, ma continuo a sapere
pochissimo di te. Mi piacerebbe poter recuperare quello che non abbiamo
potuto
avere…”
“Per
colpa
mia”.
“Per
colpa
di Madara” corresse.
Ma Obito
scosse la testa. “Mi avrà anche manipolato, ma ho
fatto tutto di mia volontà.
Non scaricherò la colpa a un altro solo per
comodità” precisò, si guardò
le
mani. “Se fossi tornato subito le cose sarebbero andate
diversamente. Se fossi
stato abbastanza forte da resistere al dolore…”
Naruto
rimase in silenzio prima di scrollare le spalle. “Non ha
senso pensarci” disse,
ma con il tono di una persona che ci aveva pensato anche troppo e Obito
non
poteva non ammettere di condividere quel pensiero.
“Hai
ragione” ammise sapendo comunque che avrebbe continuato a
farlo. Ormai crogiolarsi
nel senso di colpa era un’abitudine.
“Quindi,
mi
prometti di non mettermi più su un piedistallo?”
riprese Naruto. “Di non aver
paura di rovinare tutto?”
Sorrise.
“È
una promessa un po’ troppo grossa”.
“E
io
credevo di averti dimostrato che non mi rompo facilmente” lo
canzonò.
“Touché”.
Si
scambiarono una breve risata, la tensione allentata. Tutto sommato
Obito era
contento di essere stato affrontato ancora una volta.
“Quindi
se
ti dicessi che ho appena accettato di far radere al suolo
l’intero quartiere
Uchiha tu non ti arrabbierai?” domandò tastando il
terreno.
Aveva
detto
che sarebbero stato sinceri d’ora in poi, era meglio iniziare
fin da subito.
Naruto
lo
guardò sconvolto. “Hai fatto cosa?”
Gli
passò
la cartellina con tutto il materiale procuratogli da Kakashi senza dire
niente.
Naruto sbirciò con la poca luce delle lanterne
d’entrata, lo sguardo che si
sgranava sempre più nell’andare avanti.
“Perché?”
chiese.
“È
un
intero quartiere inutilizzato, è davvero un peccato che non
venga sfruttato…”
“No,
non
intendo questo” lo interruppe con gli occhi contratti.
“Perché hai accettato? È
casa tua, ti stanno mandando via”.
Scrollò
le
spalle. “Non mi interessa molto, in
realtà” ammise. “Non sono mai stato un
vero
Uchiha e quando lo sono stato ero un traditore. In realtà
stare qui è più una
sofferenza che altro”.
“È
il tuo
passato,” obiettò, “così lo
stai buttando via”.
“Magari
è
quello che voglio,” gli fece notare, “ricominciare
da zero”.
“Ma
non è
giusto!” protestò ancora e ripeté
più incisivo: “È il tuo passato, la
persona
che sei”.
Fortunatamente
bastò un’occhiata sola a farlo rimettere in riga.
“Non
è nel
passato che troverai il vero me” gli fece notare. Anche se la
verità era che
non aveva proprio nessuna idea di dove potesse essere quel vero Obito
che
Naruto voleva trovare a tutti i costi.
Dentro
la
casa c’era un bel calduccio. Si erano decisi a entrare quando
entrambi avevano
ammesso di essere congelati e ovviamente Obito aveva ben pensato di
invitarlo a
cena. Ora guardava negli stipetti per controllare di avere tutti gli
ingredienti per un buon ramen, era certo che se anche se non fosse
stato
all’altezza di quello di Ichiraku Naruto avrebbe apprezzato
lo stesso. Lui non
aveva bisogno di mangiare, se ora lo faceva era solo per tentare di
prendere
un’abitudine che lo integrasse meglio nella nuova vita,
perciò gli era
piuttosto indifferente quello che cucinava.
Dall’altra
parte, seduto sul tavolo basso della cucina, l’esuberante
ninja era meno
esuberante del solito, troppo impegnato a studiare le carte
sull’imminente
demolizione.
“Qui
dice
che i lavori inizieranno a Marzo” borbottò dopo un
po’.
Se non
fosse stato che stava cucinando, Obito avrebbe detto che il vapore che
aveva
invaso la stanza veniva direttamente dalle orecchie
dell’Uzumaki, evidentemente
troppo concentrato per il suo cervello poco abituato a quello sforzo.
“Sì,
be’,
aspetteranno la fine dell’inverno per lavorare
meglio” fece presente.
“Quindi
c’è
ancora tempo per cambiare idea”.
Si
fermò capendo
dove voleva andare a parare. Naruto era davvero cocciuto, ma sperava
avesse
capito che quello era un affare che riguardava lui.
“Non
cambierò idea”.
“Te
la farò
cambiare io” lo sfidò.
“Dovresti
farla cambiare anche a Sasuke” lo avvertì.
“Oh,
sono
certo di convincerlo” commentò e Obito non poteva
dire di non credergli, ci
doveva essere un motivo se Sasuke aveva voluto tenergli nascosto quella
cosa.
Probabilmente si sarebbe arrabbiato da morire nello scoprire che aveva
spifferato tutto.
“Uhm,
ho
anche qualche mese per lavorarmi Kakashi” terminò
soddisfatto Naruto,
finalmente mettendo da parte le carte. Annusò
l’aria concentrandosi finalmente
su quello che lo circondava e allargò lo sguardo felice.
“Ramen!” esultò.
“Ramen”
confermò.
Terminò
di
sistemare le ultime cose e poi versò il tutto nelle due
ciotole, disponendo i
vari ingredienti in modo che la rotellina di naruto fosse visibile su
tutti.
Naruto sembrò apprezzare quell’accortezza.
“Itadakimasu!”
gridò prendendo le bacchette.
Obito lo
guardò in silenzio, divertito dal modo in cui si abbuffava
– come se non
mangiasse ramen da mesi – poi decise di punzecchiarlo un
po’.
“Quindi,
perché volevi baciarmi?”
Fu molto
divertente vedere Naruto quasi strozzarsi con gli spaghetti.
“Possiamo
lasciar stare?”
“Hai
detto
che dobbiamo parlare” gli rinfacciò con un
sorrisetto “e ammetto di essere
curioso”.
Molto curioso. Del
resto, la sua
fiammella di speranza non si era ancora spenta. Se doveva soffocarla
brutalmente, era meglio farlo ora.
“Non
lo so
perché” ammise imbronciandosi. “Non so
perché io abbia pensato di farlo, so
solo che l’ho pensato e ho tentato di farlo. Meno male che
non ci sono
riuscito” rise.
“Mh,
avrei
preferito un bacio che una testata” commentò
casuale.
Lo aveva
detto per mantenersi sul tono scherzoso – per quanto fosse
vero –, di certo non
si aspettava che Naruto reagisse lasciando cadere le bacchette.
“Davvero?”
lo guardò con gli occhi spalancati.
Obito
cominciò
a temere di essersi esposto.
“Be’,
hai
la testa dura, ha fatto male” obiettò leggero, nel
tentativo di mantenere la
cosa poco seria.
Ma
Naruto
ora sembrava incuriosito.
“Tu
hai mai
baciato qualcuno?”
Raggelò.
“Ehm, domanda di riserva?” chiese, anche se si
rendeva conto che il suo
tentativo di svincolare assomigliava fin troppo a
un’ammissione.
Infatti
Naruto inclinò la testa, sempre più curioso.
“Davvero?
Nessuno?”
“Non
è che
ne abbia avuto l’occasione” borbottò.
Il suo
primo
bacio era destinato a Rin ma lei era morta e poi c’era
stato… quello che era
stato.
“E
non
vorresti provare?” continuò. “Trovare
qualcuno e…”
Non
obiettò
che effettivamente aveva davanti la persona che avrebbe voluto baciare,
si
limitò a passare le dita sul lato destro del suo volto,
quello rovinato.
“Non
credo
che qualcuno si offrirebbe” commentò suo malgrado
amareggiato. Non era solo il
fatto che tutti lo guardassero ancora con sospetto, sapeva di non avere
un
aspetto attraente.
Naruto
dovette intercettare i suoi pensieri perché gli sorrise
dolce.
“Invece
sì.
Secondo me sei davvero figo, sai?” commentò sicuro
e Obito avrebbe davvero
voluto che quelle parole non si adagiassero troppo ad alimentare quella
fiammella.
“Oh,
uhm…
grazie?” borbottò in imbarazzo, che
cercò di dissimulare con un sorriso malizioso.
“Quindi ti stai offrendo come cavia?”
“Ti
piacerebbe” replicò Naruto ridendo, spezzando la
piccola speranza. “Non ho
abbastanza alcool in corpo per pensare una cosa del genere. Riprova la
prossima
volta”.
Non
commentò, rise solo con poca convinzione. Non avrebbe mai
approfittato di
Naruto ubriaco, questo era certo, quindi non riusciva a prendere lo
scherzo per
quello che era.
“E
tu,
Naruto? Sei riuscito a superare il tuo primo bacio?” lo
derise un poco
masochista e, suo malgrado, curioso visto che non aveva mai accennato a
probabili conquiste.
Come
ogni
volta che si menzionava quel famoso incidente, Naruto
arrossì furioso.
“Certo
che
l’ho superato!” sbraitò.
“Ah
sì? E
chi avresti baciato?” lo derise poco convinto. Era certo che
non avesse baciato
nessuno, glielo avrebbe detto, se ne sarebbe vantato con chiunque.
“Be’,
Sakura!” rispose, ma dovette ammettere sotto lo sguardo poco
convinto di Obito:
“Durante la mia quasi morte, respirazione bocca a
bocca”.
Scoppiò
a
ridere. “Sfigato” sghignazzò.
“Almeno
io
ho baciato qualcuno!” protestò indignato.
“Il
tuo
migliore amico” non smise di ridere.
Il
broncio
che ricevette era assolutamente adorabile, quasi irresistibile.
“Sto
solo
aspettando la persona giusta, ‘tebayo”
borbottò con le orecchie rosse e
quell’ammissione fu davvero dolce per Obito.
“La
troverai” lo rassicurò.
A differenza mia,
aggiunse mentalmente. La sua persona giusta era morta e
l’altra… be’, non credeva di meritare
l’amore di Naruto.
Passarono
il resto della serata a chiacchierare leggeri, scambiandosi battute e
punzecchiandosi a vicenda. Il discorso sulla demolizione imminente non
fu più
sollevato, ma al contrario Naruto volle che entrambi stilassero una
lista delle
persone che avrebbero voluto baciare. La cosa aveva smesso di essere
seria
quando Obito aveva aggiunto Tsunade e Naruto era inorridito
all’idea di baciare
nonna Tsunade, a nulla erano valsi i tentativi di spiegazione
sull’interessante
petto della donna da parte di Obito, per Naruto era una cosa troppo
assurda e
basta. Però era stato d’accordo senza esitazione
per quanto riguardava la
Mizukage.
Si fece
tardi e Naruto dovette tornare a casa, per un momento Obito quasi
pensò di
invitarlo a restare a dormire da lui, ma aveva una camera da letto
sola, un
letto solo. Sarebbe stato imbarazzante.
Perciò
lo
accompagnò all’entrata per salutarlo. Fuori la
temperatura era precipitata e
ogni volta che respiravano nuvolette di condensa si formavano davanti
ai loro
volti. Nonostante questo il cielo era stellato e Obito
osservò placido i puntini
luminosi mentre Naruto si sistemava alla partenza.
“Ohi”
si
sentì chiamare.
Ebbe
appena
il tempo di abbassare la testa che il più giovane lo
afferrò al colletto e lo
tirò verso di sé, per un momento si chiese se
stesse per replicare quello che
era successo la notte prima. Ma Naruto fermò i loro visi a
una discreta
distanza, lo aveva fatto solo perché si osservassero negli
occhi.
Era
comunque troppo vicino, con i fiati che si scontravano, e Obito si
agitò. Si
sentiva vulnerabile osservato da così vicino, in quel modo
che solo le iridi
cerulee sapevano fare.
“Abbiamo
un
accordo, allora” disse Naruto serio, poi ghignò.
“Ti osservo, Uchiha Obito” lo
avvertì.
Rimase
di
stucco, anche quando lo lasciò andare restò fermo
a fissarlo interdetto.
Quello… gli ricordava così tanto…
Naruto
fece
un passo indietro, un poco imbarazzato a sua volta, e passò l’indice sotto il
naso in un gesto sbarazzino.
“Neh,
ci
vediamo domani quindi!” salutò prima di iniziare a
correre via, prima di
lasciare Obito solo sulla porta della sua casa.
Crollò
a
sedere sul porticato, gli occhi puntati sulla figura dello shinobi che
si
rimpiccioliva sempre più.
Ti osservo,
Uchiha Obito.
Veglierò
sempre su di te, Obito.
Un solo
sospiro uscì dalle sue labbra, una parola accompagnata dalla
nuvoletta
biancastra:
“Rin…”
Naruto
riconobbe subito il chakra familiare quando si svegliò. Con
un sorriso
smagliante si alzò dal letto e si gettò sulla
finestra per aprirla.
“Yo!”
salutò con lo sguardo rivolto al tetto, dove vide la scura
figura di Sasuke.
Fuori il cielo era azzurro, solo nuvole sottili scivolavano veloci
spinte dal
vento forte, lo stesso che agitava i capelli e le vesti scure del
compagno.
“Yo”
ricambiò Sasuke con l’accenno di un sorriso.
“Stavi ancora dormendo?” lo
derise.
“È
l’alba,
teme” si difese e nel mentre si spostò permettendo
che il ragazzo entrasse
nella casa, portando con sé il fresco della mattina.
“A
cosa
devo questa tua visita?” cinguettò richiudendo la
finestra.
Sasuke
guardò con disapprovazione il disordine che imperversava
nella stanza, il
labbro arricciato e le dita che fremevano dal bisogno di soddisfare il
suo
disturbo compulsivo di ordine. Riuscì a resistere e senza
guardare niente andò
verso al cucina.
“Sto
per
partire” annunciò.
“Eh,
di
già?” esalò Naruto stringendo gli
occhi. “Sei stato meno del solito!”
protestò.
“Ho
sbrigato le mie faccende” spiegò parco.
Aprì il frigo in cerca di qualcosa con
cui fare colazione, ma fu con una smorfia disgustata che si accorse che
c’era
solo ramen. “Fammi un caffè”
ordinò.
Naruto
era
già diretto alla caffettiera prima che lo pretendesse,
perciò non questionò sul
tono con cui aveva parlato. Fece però una smorfia.
“Già,
le
tue faccende, cioè demolire il tuo quartiere?”
domandò con ampio sarcasmo e
gongolò interamente all’espressione sbigottita sul
volto pallido.
“Obito
ha
parlato” capì stringendo le labbra in una linea
sottile.
“Già
e non
credere che io non sia arrabbiato che voi me lo abbiate
nascosto” sbottò con la
stessa forza con cui fece sbattere la scatola di caffè sul
ripiano. “E che
vogliate davvero una cosa del genere!” terminò.
“Ti
stupisci davvero?” replicò pacato.
“Sì!”
quasi
gridò ignorando la regola secondo cui le persone la mattina
non gridano. “È
casa vostra…”
“Sto
più
tempo fuori dal Villaggio che a casa…”
“È
il
vostro passato”, insistette, “e voi volete buttarlo
via”.
“Sì”.
La
risposta
così schietta e povera di Sasuke gli fece contrarre lo
sguardo. Non c’era
nessuna emozione negli occhi neri mentre lo diceva, come se stesse
parlando di
qualcosa che non aveva davvero valore.
“Gli
Uchiha
hanno portato solo dolore e problemi a questo villaggio”
mormorò davanti allo
sguardo di fuoco di Naruto, “almeno ora potranno rendersi
utili in qualche
modo”.
“Cancellandoli?!”
“Sono
solo
case, Naruto, oggetti. Nessuno sta cancellando gli Uchiha dai libri di
storia”.
“Non
riesco
a credere che… proprio tu…”
balbettò incredulo. “Non posso permettervi di
buttare via il vostro passato, le persone che siete!”
“Non
puoi
permetterci?” echeggiò inarcando un sopracciglio.
“Chi ti dà il diritto di metterti
in mezzo nelle nostre decisioni?”
“Sono
decisioni sbagliate!” gridò ancora. A grandi passi
gli andò davanti, la
caffettiera dimenticata sul fornello acceso.
“Perché
sbagliate?” lo sfidò Sasuke. “Chi lo
decide?”
“È
quello
che siete, lo state buttando via!” mantenne il punto.
“Non eri proprio tu che
volevi ridare onore al tuo Clan?”
“Questo
prima di sapere la verità” obiettò.
“Non c’è onore per un clan di traditori
come il nostro. Forse è meglio dimenticare la storia degli
Uchiha”.
“Itachi
non
vorrebbe mai una cosa del genere, lo sai!”
Tirare
in
mezzo il fratello fu un errore, vide gli occhi neri sgranarsi e poi
stringersi
di rabbia.
“Mio
fratello li ha sterminati per il bene del villaggio. Credi che si
farebbe
qualche scrupolo per delle cose?”
“Ma
questo
significa cancellare una parte di te, di voi”.
“La
parte
che odio di me”
sibilò. “E sono certo
che anche per Obito sia lo stesso”.
Naruto
non
riuscì a replicare.
“Non
siamo
così ingenui da credere di poter cancellare le nostre
colpe” ringhiò con tono
più basso. “Ma se abbiamo anche solo la
possibilità di sbarazzarci del fantasma
che ci perseguita, il fantasma degli Uchiha… credi che non
lo faremmo?”
“Non…
perché devi dire così!”
sbottò di frustrazione. “Anche Obito,
perché dovete
buttarvi in questo modo, rinunciare…”
“Naruto,
cosa vuoi dire davvero?” lo interruppe.
Lo
guardò
confuso, gli occhi azzurri sgranati, perciò Sasuke riprese:
“Te
lo si
legge in faccia, c’è qualcosa che vorresti dire ma
allo stesso tempo ignorare.
Cosa c’è? Perché ti stai impuntando su
una cosa che non ti riguarda?”
“Perché
state commettendo un errore…”
“No,
non lo
stai facendo per noi” lo interruppe ancora. “Lo sai
benissimo che quello che
desideriamo è proprio questo, sbarazzarci del nostro
fantasma. Sai meglio di me
che è solo il tuo dannato ego a parlare.”
Tentò
di
replicare, ma rimase zitto a guardarlo. Sasuke aveva uno sguardo
deciso, lo
trafiggeva da parte a parte.
“Stai
inventando scuse su scuse solo esclusivamente per proteggere te stesso.
Tu non
vuoi cancellare il passato, tu vuoi riportare tutto indietro a
com’era una
volta, a quello che sarebbe potuto essere, e non ti importa
nient’altro che di
questo tuo desiderio. Non ti importa nient’altro che di te
stesso, su questo
non c’è dubbio”.
“No!”
protestò ferito, scombussolato. “Non è
vero… Hai frainteso, non si tratta di
questo…”
O forse
sì.
Naruto darebbe qualsiasi cosa per tornare indietro in quei giorni, per
aggiustare ogni cosa che è andata storta. Ma è
lui è Uzumaki Naruto, aveva
promesso a se stesso di non avere più rimpianti,
quindi… quindi…
Il
fischiare acuto della caffettiera interruppe la tensione
dell’aria, scongelò
entrambi dalle pose rigide e permise a Naruto di non rispondere.
“Oh
no, il
caffè!” accettò quel diversivo con
sollievo e Sasuke lo accontentò, non sollevando
ancora l’argomento.
Del
resto
nemmeno Naruto lo fece, anche se continuò a pensarci per
tutto il giorno,
perfino quando Sasuke lasciò il villaggio.
Lui era
Uzumaki Naruto, non aveva rimpianti e tutto quello che desiderava lo
aveva già.
…forse.
Buona sera
polpette!
E anche
il
quarto capitolo è andato e con questo pure Sasuke xD Spero
che la loro
chiacchierata vi sia piaciuta ^^
Nel
prossimo assisteremo a un time-skip,
Sakura non manterrà fede alla promessa fatta a Sasuke e si
metterà a macchinare
cose con Kakashi – per la disperazione di Iruka. Ma
soprattutto ci sarà una
piccola sorpresa per Obito <3
Non
esitate
a farmi sapere che cosa ne pensate!
Un
bacione,
Hatta.
|
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Capitolo 5 *** E' solo una scintilla, ma basta per farmi andare avanti ***
V
È
solo una scintilla, ma basta per farmi andare avanti
Attorno
al
masso che faceva da tomba c’era una leggera polverina bianca,
segno che quella
notte doveva aver nevicato, ma la luce e il calore del sole la stavano
già
sciogliendo. Non era ancora abbastanza freddo per mantenere il panorama
imbiancato.
A Naruto
non andava molto di sedersi a terra e gelarsi il culo
sull’erba umida di neve e
rugiada, perciò rimase in piedi mentre parlava
all’ero-sennin.
Non era
nessuna ricorrenza particolare, niente di speciale, ma quella mattina
si era
svegliato con il desiderio di parlare un poco con il vecchio maestro,
anche se
si trattava solo di un fiume di coscienza che non avrebbe ricevuto
risposta.
Nonostante tutto, però, farlo lo aiutava a cogliere meglio
il quadro generale e
in quel momento ne aveva bisogno.
Non che
le
cose stessero andando male a Konoha, tutt’altro. Sasuke non
c’era, come al
solito, ma continuava a mandare messaggi di aggiornamento a lui e
Sakura,
restavano comunque in contatto. Aveva avuto poche missioni,
praticamente nulla
che lo portasse fuori da Konoha, ma questo gli aveva dato
più tempo da passare
con gli amici, soprattutto con Obito.
E fu
proprio di Obito che a un certo punto si ritrovò a parlare,
così spedito
nonostante non si fosse mai reso conto che aveva così tante
cose da dire
sull’uomo. Da quando avevano chiarito e fatto quel patto di
sincerità le cose erano
andate molto meglio, non lo trattava più con le pinze, era
meno esitante e
finalmente si comportava come quello che aveva sempre voluto fosse fin
dalla
fine della sua guerra: come un fratello maggiore.
Passare
il
tempo con lui era piacevole, soprattutto perché a differenza
di Sakura e
Shikamaru tendeva ad assecondarlo con entusiasmo nelle idee
strampalate, senza
contare che spesso era proprio lui a proporle. Avere due caratteri
affini era
una grande punto a favore nel loro rapporto, dal modo in cui si
comportavano
sembravano davvero fratelli e Naruto non poteva che esserne felice. In
sua
presenza cominciava a provare quella stessa familiarità che
aveva con Sakura,
una sorta di sapere in anticipo cosa aspettarsi, come se lo conoscesse
da così
tanto bene da avere un routine prefissata con lui. Sapeva cosa lo
faceva
sorridere, cosa lo impensieriva, come tirargli su il morale o
provocarlo;
sapeva cosa gli piaceva mangiare, i cibi che evitava, le cose che lo
entusiasmavano e tante altre sfaccettature del suo carattere.
Non
mostrò
incertezza nemmeno quando parlò dei momenti in cui,
comunque, Obito lo lasciava
scombussolato, confuso. A volte c’era qualcosa che non
riusciva a capire, ma
immaginava centrasse il persistere di quei sensi di colpa di cui gli
aveva
parlato. Non si lasciava scoraggiare però, era certo che
sarebbero riusciti a
passarci sopra per diventare definitivamente quella famiglia che
sarebbero
dovuti essere fin dall’inizio.
Stare
con
Obito gli piaceva davvero, lo faceva sentire felice, gli gonfiava il
cuore di
felicità come un palloncino e anche quando ci ripensava a
casa continuava a
sentirsi felice. Si crogiolava al pensiero della familiarità
che si era creata
fra loro, come non si sentissero a disagio nell’invadere il
reciproco spazio
vitale. Era tutto così bello.
Fu
mentre
era nel pieno di queste argomentazioni che vide uno dei falchi di
Konoha
discendere verso di lui, aveva su una zampetta legato un messaggio.
“L’Hokage ti vuole nel tuo ufficio per una
missione” citava telematico.
Un
enorme
sorriso si aprì sul suo volto.
“Finalmente!
Una missione!” esultò. Si voltò verso
la tomba. “Be’, ti lascio il sakè,
Ero-sennin” assicurò. “Ci vediamo
presto, non importunare i fantasmi delle
belle ragazze”.
Poi
saltò
sul ramo più vicino, diretto a casa.
Quella
stessa mattina, Kakashi era entrata nel suo ufficio di buon umore. Era
in
ritardo, perciò ovviamente dentro trovò
già Iruka intento a sistemare tutte le
sue faccende.
“Alla
buon’ora”
sospirò scoraggiato. Era lì da un’ora e
già voleva andare a casa.
“Oggi
è una
bella giornata” lo ignorò Kakashi, felice come mai
lo aveva visto, mentre si
sedeva alla sua sedia. Guardò con soddisfazione la stanza
attorno a sé,
premurandosi di ignorare la torre di fogli da firmare sulla scrivania.
“Iruka,
sai
dirmi che giorno è oggi?”
“Il
27
Novembre” rispose perplesso e confuso.
“È
esatto”
concordò. “Sai che cosa significa?”
Non fece
in
tempo a rispondere che un bussare alla porta lo interruppe, subito dopo
entrò
Sakura con una pila di cartelline.
“Sensei,
queste sono le ultime missioni di grado C e B che ci sono
arrivate…” mormorò
appoggiandole sulla scrivania, “come mi hai
chiesto” concluse.
“Eccellente”
la lodò, facendo insospettire ancor di più Iruka.
“Allora,
che significa?” domandò per riportare
l’attenzione su di sé.
“Oggi”,
iniziò solenne Kakashi, “è
ufficialmente quattro anni e un mese che Obito si
trova agli arresti domiciliari qui a Konoha”.
Una luce
di
comprensione illuminò gli occhi nocciola di Iruka.
“Questo significa…”
“Precisamente”
confermò l’Hokage con un sorriso. “Ha
ufficialmente scontato tutta la sua pena,
ora è un uomo libero”.
Sakura
sorrise luminosa, unendo le mani davanti al viso. “Questo
significa che può
tornare a essere un ninja di Konoha” osservò su di
giri.
“E
che può
tenere missioni” completò il vecchio maestro.
“Credo ce l’abbia ancora con me
per averlo chiuso in casa a tradurre pergamene, quindi è il
momento di farsi
perdonare”.
“Gli
dai
subito una missione?” domandò Iruka leggermente
preoccupato.
“Nulla
di
troppo complicato” garantì Kakashi.
“Solo qualcosina che possa distrarlo e
sgranchirlo un po’, per riprendere il ritmo ecco”.
Sakura
fece
un sorriso birichino a quelle parole e, con finto fare casuale, si
appoggiò con
i gomiti alla scrivania.
“Sensei,
avrei un suggerimento” miagolò mentre prendeva il
primo foglio dalla pila e
glielo passava. Lo aveva visto mentre portava le scartoffie e aveva
subito
colto il suo interesse.
Kakashi
corrugò la fronte pensoso mentre leggeva, al che Iruka
cominciò a incuriosirsi.
“Cos’è?”
“Una
missione specifica per Naruto” mormorò Kakashi
perplesso. “Il capo del Villaggio
della Ceramica ha invitato Naruto Uzumaki a venire da loro a confermare
la
nostra alleanza”.
“Perché
proprio Naruto?” chiese subito Iruka con fare protettivo.
“Be’,
è un
motivo di vanto avere l’Eroe della Guerra nel proprio
Villaggio” spiegò
tranquillo Kakashi, gli occhi scuri che osservavano la ragazza per
capire cosa
avesse in mente.
“Le
conferme di alleanza si stringono con uno scambio di tecniche,
giusto?” chiese
Iruka. “Quindi Naruto dovrebbe portare un rotolo con una
tecnica di Konoha e
ricevere in cambio una del Villaggio della Ceramica?”
“Esatto”
confermò Kakashi. “Ovviamente, trattandosi di un
Villaggio Ninja appena sorto e
poco potente basterà un tecnica base qualsiasi, nulla di
proibito o pericoloso”
rassicurò. “Sarà solo una
formalità”.
“Esatto,
ma
Naruto avrà comunque bisogno di un accompagnatore”
ghignò Sakura e vide negli
occhi di Kakashi il ricambio dello stesso ghigno.
“Obito?”
“Obito”
confermò allargando il sorriso malizioso. “Non
crede che potrebbe rivelarsi una
missione interessante? Loro due, da soli…” lo
lisciò sapendo di c’entrare il bersaglio.
Era vero
che aveva promesso a Sasuke di non mettersi in mezzo tra Naruto e
Obito, di
lasciare che se la sbrigassero da soli, ma era quasi passato un mese
senza che
la situazione si evolvesse, era arrivato il momento di dare una
spintarella.
Considerando come Kakashi la stava guardando doveva pensare la stessa
cosa. Ultimamente
Konoha era stata troppo tranquilla, c’era bisogno di un nuovo
pettegolezzo.
“Il
Villaggio della Ceramica è a qualche giorno di viaggio da
qui” considerò
sporgendosi a sua volta, lo stesso tono casuale. “E saranno
solo loro due,
lontani da casa… Obito finalmente un uomo
libero…”
“Potrebbe
fare qualcosa di davvero impulsivo…”
“Potrebbe
farla Naruto…”
“Potrebbero
farlo insieme…”
Iruka
fece
saettare gli occhi tra i due mentre pianificavano il loro malefico
piano a
discapito del suo studente preferito prima di decidere di intervenire.
“Non
lo
state pensando davvero, vero?”
chiese
preoccupato, guardò Kakashi. “Capisco Sakura, ma
anche tu…!”
“Nel
tempo
libero leggo romanzi erotici e harmony, che cosa ti
aspettavi?” obiettò sereno
l’Hokage, gli occhi a virgoletta a testimoniare il suo
sorrisetto.
Suo
malgrado, fu costretto a dargli ragione.
Quando
Naruto entrò nell’ufficio dell’Hokage,
scoprì di non essere il solo a essere
stato convocato.
“Obito?”
domandò riconoscendo i corti capelli bianchi, gli sorrise e
poi guardò
imbarazzato Kakashi. “Non mi avevi chiamato?”
“Oh,
sì.
Resta qui” confermò quello. “Anche Obito
è appena arrivato, quindi non ti sei
perso niente”.
Lo
guardò
interrogativo e spostò lo sguardo sull’Uchiha, poi
sugli altri occupanti della
stanza. C’era Sakura, che sembrava molto soddisfatta, e
Iruka, con un’espressione
chiaramente contrariata.
“Allora!”
richiamò l’attenzione Kakashi battendo le mani.
“Sai che giorno è oggi, Obito?”
Quello
annuì, lo sguardo crucciato. Ovviamente lo sapeva, aveva
contato i giorni fino
a quel momento e sapeva quindi perché era stato convocato.
Kakashi
non
dovette quindi aggiungere nulla, fece solo un sorriso di pigra
felicità e
strisciò sulla scrivania una divisa chunin sulla quale
spiccava un coprifronte
e una medaglietta di identificazione.
“Bentornato”
disse caloroso.
Fu
allora
che Naruto capì, mentre Obito con un sorriso commosso si
piegava a prendere il
pacchetto di vestiti. Saltò sul posto, incredulo e incapace
di trattenere la
sorpresa.
“Woah!
Dattebayo, mi state dicendo che…”
“Sì,
Naruto-kun” confermò Kakashi socchiudendo gli
occhi. “Uchiha Obito è di nuovo
uno shinobi di Konoha”.
“È
meraviglioso!” esultò il ragazzo sorridendo
smagliante all’ex-nuniken, il quale
era un po’ troppo commosso per riuscire a dire qualcosa. Si
limitò a ricambiare
il sorriso, sentendosi il cuore più leggero.
Ora era
ufficialmente perdonato. A livello ufficiale i suoi crimini erano stati
pagati,
poteva ricominciare tutto da capo.
“Non
ho
finito” annunciò Kakashi con un tono
più alto per richiamare i due all’ordine. “Devo affidarti
la tua prima missione”.
Quella
notizia fece gongolare Sakura e corrucciare ancora di più lo
sguardo di Iruka.
“Di
già?”
chiese invece Obito sorpreso da quella tempestività. Erano
in periodo di pace e
le richieste di missioni non erano più ingestibili come un
tempo, non era più
urgente usare ogni shinobi a disposizione per completarle.
Da parte
sua, Naruto cominciò ad agitarsi ancor di più
capendo tutto, perché fosse stato
convocato e perché Kakashi gli avesse detto di restare
mentre consegnava il
coprifronte a Obito.
“Uhm”
annuì
Kakashi incrociando le braccia. “Tu e Naruto partirete domani
all’alba per
raggiungere il Villaggio della Ceramica e rinnovare la loro alleanza
con noi”.
Per un
momento, Naruto si sentì abbattere nel capire che si
trattava dell’ennesima
missione diplomatica a cui era costretto far parte (Iruka-sensei aveva
parlato
su qualcosa che riguardava la sua preparazione come futuro Hokage), ma
l’entusiasmo ritornò subito ricordandosi che
questa volta avrebbe partecipato
con Obito. Era da anni che desiderava una missione insieme, non avrebbe
fatto
lo schizzinoso.
Alzò
quindi
il pollice dipingendosi in faccia il suo miglior sorriso smagliante.
“Lasci
fare
a noi!” assicurò deciso come suo solito.
“Più
precisamente,” continuò l’Hokage,
“il vostro compito sarà quello di sorvegliare
una pergamena con iscritto un jutsu di Konoha all’andata,
mentre al ritorno
sorveglierete quella offerta dal Villaggio della Ceramica”.
Naruto
annuì un paio di volte, gli occhi socchiusi per la
concentrazione.
“Quanto
tempo abbiamo?” chiese invece Obito, deciso a risolvere al
meglio la sua prima
missione.
E forse,
con il senno del poi, avrebbe dovuto preoccuparsi del sorrisetto che
intravide
sotto la maschera di Kakashi, mentre socchiudeva gli occhi malizioso.
“Oh,
potete
prendervi tutto il tempo che vi serve…”
Obito
era
ancora incredulo mentre usciva dal palazzo dell’Hokage, non
riusciva nemmeno a
concentrarsi nel concentrato di allegria ed esuberanza arancione al suo
fianco,
riusciva solo a tenere gli occhi sulla targhetta identificativa. Aveva
un nuovo
numero, non quello vecchio, e anche il coprifronte era nuovo. Non aveva
alcuna
idea della fine che aveva fatto quello che aveva da bambino,
probabilmente
Madara lo aveva bruciato appena visto. Ma non gli importava che non
fossero gli
stessi di un tempo, anzi gli dava ancor di più la sensazione
di ricominciare da
zero, di lasciarsi alle spalle i propri sbagli.
Fu
fermato
di colpo e Obito sbatté la palpebre, confuso.
Alzò lo sguardo per vedere il
viso luminoso di Naruto, le labbra aperte nel suo tipico sorriso pieno
di
entusiasmo. Lo aveva chiamato e lui troppo distratto non se
n’era accorto? Del
resto non si era nemmeno reso conto che fossero usciti in strada.
Senza
smettere di sorridere Naruto prese il coprifronte dalla pila che teneva
tra le
braccia, distese le estremità di stoffa e si
allungò sulla punta dei piedi per
raggiungere la sua testa. Obito non dovette immaginare quello che stava
per
fare, gli venne spontaneo chiudere gli occhi mentre sentiva la stoffa
avvolgere
la sua fronte e venire stretta sulla nuca.
Il
metallo…
non se lo ricordava così pesante.
Quando
riaprì gli occhi c’era ancora Naruto a guardarlo
con quel suo incrollabile
sorriso. Lo fissava dritto in viso, osservando forse il modo in cui il
coprifronte si univa ai suoi lineamenti. Obito sapeva di non apparire
come un
tempo, non aveva più il volto paffuto, gli occhi avevano
perso quella luce di
continua beffa e c’erano le cicatrici a rovinare la pelle. Ma
qualsiasi cosa
vedesse Naruto, parve soddisfarlo, perché allargò
il sorriso e piantò le mani
sui fianchi.
“Ora
è
tutto come immaginavo” ghignò.
Obito
ricambiò il sorriso, ma distolse subito lo sguardo
sentendosi arrossire. Lo
superò perché non vedesse la sua espressione
troppo compiaciuta e
costringendosi a mantenere un tono serio disse:
“Dobbiamo
pianificare il percorso per il Villaggio della Ceramica”.
Naruto
cominciò a corrergli dietro.
“Andiamo
a
casa tua?”
“No,
da
Ichiraku”. Si voltò sentendo il lungo silenzio.
“Offro io” spiegò.
Non fu
sorpreso di vedere Naruto iniziare a correre come un razzo verso il
negozio del
ramen.
Sakura
guardò gongolando la scena dalla finestra
dell’ufficio.
“Ti
sei
appena perso la dolce scena di Naruto che metteva il coprifronte a
Obito” disse
compiaciuta.
“Posso
immaginarmela” assicurò Kakashi, lo sguardo
lamentoso su tutto il lavoro che
Iruka gli aveva messo davanti. Forse era per via del loro losco piano,
ma il
chunin sembrava più irritato del solito. La sua
disapprovazione era evidente,
ma Sakura non se ne curò.
“Allora,
secondo te sarà Obito a fare la prima mossa?”
chiese.
“Ma
figurati, è un imbranato” le andò
subito dietro Kakashi. “Sarà Naruto, vedrai.
Farà qualcosa di impulsivo come suo solito chiedendosi dopo
perché l’abbia
fatto”.
“Probabile.
Ma ultimamente mi sembrava che Obito fosse sul punto di
rottura…”
“Ci
credo,
Naruto gli è sempre addosso” concordò.
“Forse,
con
un’altra spintarella…”
“Insomma!”
sbottò Iruka sbattendo i fogli davanti a Kakashi.
“State giocando con i loro
sentimenti, non vi sentite in colpa?”
“Nope”.
“Assolutamente
no”.
Sospirò
esasperato e crollò a sedere sulla prima sedia disponibile.
Si prese il volto
tra le mani, incredulo che i due avessero appena fatto in modo che il
suo
studente preferito, quello che considerava come un figlio, si trovasse
da solo
con l’uomo che aveva mire poco caste su di lui.
“Questo
non
sta succedendo” gemette.
Kakashi
ridacchiò alla sua disperazione. “Il bambino sta
uscendo dal nido, verso nuovi
orizzonti…”
“Tutto
questo sarà un disastro” lo ignorò,
“e finirà malissimo, vedrete”.
“Finirà
benissimo, invece” fischiettò Sakura.
“Il vero amore trionferà”.
Kakashi
si
mise una mano sul cuore. “Sono così emozionato! Mi
spiace solo che non potrò
assistere in diretta”.
“Naruto
ci
racconterà tutto” promise Sakura. “E se
non lo farà…” sorrise pericolosa e
mostrò il pugno, chiarendo quale sarebbe stata la pena da
scontare.
Con un
sospiro rassegnato Iruka si afflosciò su una sedia, svuotato
di energie. Dire che
era preoccupato era dir poco: Obito fino a quel momento aveva tenuto le
mani a
posto, ma una volta soli? Kakashi aveva ragione quando diceva che
Naruto gli
stava sempre addosso, invadendo costantemente il suo spazio vitale,
quanto
poteva sopportare prima di fare qualcosa di losco?
Gemette
internamente. Non stava succedendo, non al suo bambino innocente.
…E
invece
sta succedendo davvero, Iruka caro xD
Perdonate
il largo ritardo, ma ecco il quinto capitolo. Non immaginavo prendesse
questa
piega comica e devo dirvi che persisterà anche nel prossimo.
Ma alla fine un po’
di demenzialità fa sempre bene xD E poi mi fa troppo ridere
l’idea di Sakura e
Kakashi che fanno le comari e s’intromettono sulla vita
sentimentale di Naruto
e fanno scommesse e il povero Iruka deve subire tutto hahahaah
Spero
sia
piaciuto anche a voi <3
Nel
prossimo capitolo abbiamo l’inizio della missione, una
interessante
condivisione e Naruto che overthinking tutto.
Una
recensione è sempre apprezzata, non siate timidi *^*
Hatta.
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