Kintsugi

di Voglioungufo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come una falena, sono attratto dalla tua fiamma. ***
Capitolo 2: *** Tutto quello che facciamo è pensare ai sentimenti che nascondiamo ***
Capitolo 3: *** Sei tu e il tuo mondo e io sono intrappolato nel mezzo ***
Capitolo 4: *** Ero solito pensare che amare significasse un inseguimento doloroso, ma tu sei qui davanti a me ***
Capitolo 5: *** E' solo una scintilla, ma basta per farmi andare avanti ***



Capitolo 1
*** Come una falena, sono attratto dalla tua fiamma. ***


Titolo: Kintsugi – le cicatrici d’oro.
Autore: Voglioungufo.
Fandom: Naruto.

Genere: Romantico, Introspettivo, Angst.

Verse: Canon, post serie.

Note: What if?

Avvertimenti: yaoi, yuri, un discreto age gap nella coppia principale (15 anni), paranoie su paranoie e il cliché del genjutsu che vi giuro non l’ho rubato a The Last, ho realizzato dopo di essere caduta così in basso da aver usato lo stesso espediente, shame on me.
Personaggi: Uzumaki Naruto, Uchiha Obito, Haruno Sakura, Hyuga Hinata, Uchiha Sasuke, Sai, Umino Iruka e accenno a tutto il resto della baracca.
Coppie: ObiNaru e SakuHina.

Note: Okay, credo di doverlo dire per chi non mi ha tra gli amici su Facebook: mi sono innamorata malissimo della coppia Obito x Naruto. Così male che dopo aver salvato ogni fan art possibile, essermi riletta la saga della Guerra Ninja e aver pianto tutte le mie lacrime, ho deciso di iniziare a scriverne. Divertente come io finisca sempre per infognarmi con le coppie meno cagate, ma non importa.

Spero ci sia davvero qualcuno disposto a salire su questa nave. Oltre la drabble, è il primo tentativo serio. Non ha chissà quale trama elaboratissima, semplicemente due idioti che devono imparare a relazionarsi con i propri sentimenti e nel mezzo vengono colpiti da cose ninja. Spero vi possa piacere e ci sia qualcuno disposto a lasciare un parere ^^

È quasi tutta scritta, quindi pubblicherò un capitolo a settimana c:

 

 

 

 

 

L’ultimo ricordo che ha è di Rin, la sua bellissima e preziosa Rin. Lo stava guadando con orgoglio – non sentiva di meritarlo, però – e lo teneva per mano. Dovevano andare da qualche parte insieme, senza Kakashi finalmente, solo loro due insieme.
Soli.
Ma lui ha lasciato quella mano, non ricorda perché. Aveva detto che c’era qualcosa che doveva ancora fare…
Non ricorda altro e quando apre gli occhi un soffitto bianco risponde al suo sguardo, lenzuola anonime, pregne di odore di medicinali gli coprono il corpo. Per un momento riesce a muovere solo gli occhi, studia l’asettica stanza biancastra dove si trova.
Un ospedale.
Sente un peso al lato, qualcosa che appesantisce il materasso e sfiora il suo corpo. fatica a girare la testa, ha dei tubicini infilati su per il naso e altri aghetti infilzati per tutto il corpo, sente il ronzare di alcuni macchinari, un fastidioso beep che va in sincrono con il suo cuore affaticato.
Vede una testa bionda, addormentata su un braccio piegato, ma il suo movimento deve svegliarlo. Alza il capo, sul volto ammaccato e pieno di bende gli occhi azzurri  brillano come finestre sul cielo.
“Obito!” esclama incredulo, felice. “Sei vivo!”
Lo guarda, incapace di muoversi.
Sì, sono ancora vivo.

 

 

 

Kintsugi

le cicatrici d’oro

 

 

Kintsugi: “riparare con l’oro”
(Giapponese)
L’arte di riparare la ceramica rotta saldando i vari frammenti con l’oro.
Nasce dall’idea che da una ferita possa nascere una forma ancora maggiore di perfezione, sia esteriore che interiore.

 

 

 

 I

Come una falena, sono attratto dalla tua fiamma.

 

 

 
“Com’è possibile che ci siano ancora così tante pergamene? Avete tipo prosciugato una foresta per averle?”
Obito dardeggiò gli occhi verso l’appariscente compagno di lavoro, nonostante avesse ormai superato l’esame chunin nessuna minaccia dell’Hokage lo aveva convinto ad abbandonate le sgargianti tute arancioni.
“Non penso si possano prosciugare le foreste, non sono laghi” gli fece notare suo malgrado divertito.
Catalogare e recuperare le pergamene del suo clan era una lavoro ingrato ed era ancora incredulo che Kakashi gli avesse assegnato qualcosa del genere, soprattutto una volta scoperta l’ingente quantità di materiale. E doveva farlo da solo!
A onor del vero, al suo fianco avrebbe dovuto esserci anche l’altro Uchiha superstite, ma ormai Sasuke preferiva girare a zonzo per il mondo preoccupandosi solo di tanto in tanto per tornare a rassicurare Naruto e Sakura che, sì, era ancora vivo e no, non era ricaduto in nessuna brutta strada. Perciò Obito si era trovato da solo a dover cercare, controllare, tradurre e archiviare tutte le pergamene della famiglia Uchiha.
Dopo quello che era successo con Madara era meglio che tutti i segreti di quel Clan maledetto fossero messi alla luce, in modo di non inciampare più impreparati a future situazioni di crisi.  Ovviamente la maggior parte delle pergamene, soprattutto quelle con i jutsu più pericolosi e le informazioni più interessanti, erano cifrate non solo in modo che potessero essere lette soltanto da chi possedeva  lo sharingan, ma da chi aveva addirittura sviluppato il Mangekyu. Per loro fortuna, entrambi i due sopravvissuti lo possedevano – senza contare il formidabile rinnegan di Sasuke – ma era una consolazione inutile considerando che Obito era comunque solo a occuparsene.
Un rumore maldestro lo rianimò dalla propria commiserazione e spostò l’attenzione verso Naruto che, nel tentativo di non pestare un rotolo, era inciampato su un tavolino basso e di conseguenza aveva sbattuto contro la libreria con la fronte facendosi precipitare addosso tutti i libri rilegati.  
Seriamente: come poteva un impiastro del genere aver unito tutte le cinque nazioni ninja e vinto la guerra?
“Ah, dattebayo! Adesso sistemo, adesso sistemo!” assicurò guardando attorno il proprio disastro.
Obito sorrise con affetto. Naruto non aveva lo sharingan, non poteva fare nulla in quell’insulsa missione, ma quando poteva veniva comunque ad aiutarlo. Anche se in concreto la sua unica utilità era quella di trovare le pergamene più nascoste e ordinare quelle già tradotte dall’Uchiha – anche se nel mentre disordinava più di una mandria di bufali inferociti. Ma averlo lì, con le sue battute discutibili e l’entusiasmo infinito, gli rendeva quel lavoro ingrato meno insopportabile. Era più confortante avere al proprio fianco qualcuno che restarsene solo chiuso in quella casa per giorni, soprattutto se quel qualcuno era Naruto.
“Lascia stare” lo rassicurò. “Tempo due secondi e farai un altro disastro”.
Del resto era abituato a vivere nel disordine fin da piccolo, a differenza dei suoi numerosi parenti non era mai stato un maniaco dell’ordine. Forse perché, vivendo senza genitori, nessuno gli aveva mai insegnato che le cose andavano rimesse al proprio posto dopo essere state usate.
Naruto gli rivolse un sorriso confortato – doveva odiare riordinare quanto lui – e gli pose le pergamene che aveva trovato.
“Casa di un certo Ukiya” informò pomposo.
“Mh” commentò non ricordando chi fosse. Prima che venissero sterminati gli Uchiha erano così tanti che difficilmente poteva ricordarli tutti.
Prese i rotoli e le mise sul mucchio davanti alle altre, mucchio che nonostante il continuo lavoro non accennava a diminuire.
“Speriamo non siano anche questi inutili diari personali” biascicò risentito.
Aveva già mandato all’aria molte ore di lavoro scoprendo troppo tardi che certe pergamene erano diari di adolescenti paranoici, che avevano deciso di cifrare i propri insulsi segreti con lo sharingan. Una parte di lui era tentato di mandare comunque le traduzioni a Kakashi, chissà: magari all’Hokage sarebbe stato utile scoprire quante ragazzine Uchiha si erano prese una cotta per lui.
Davvero, aveva perso il conto di quante pergamene sprecate contenevano confessioni d’amore verso il suo migliore amico.
E a me nemmeno una, piagnucolò. Era ingiusto che Kakashi, un esterno, fosse popolare perfino nel suo stesso clan tra le bambine!
“Comunque,” riprese Naruto sedendosi al suo fianco, “Sasuke sta per tornare”.
Si bloccò e alzò i due occhi rossi su di lui, non sapendo come dover reagire a quella notizia. Naruto era, ovviamente, felice, ma non si aspettava altro visto che si trattava del suo tanto osannato migliore amico.
“Vi ha scritto?” chiese, giusto per non far naufragare l’allegria dell’altro nel silenzio.
“Nah, ma ho percepito il suo chakra. Non è lontano, domani sarà qui” confermò.
In cuor suo Obito sperò che in realtà si fosse avvicinato al Villaggio Nascosto solo per passarlo senza fermarsi, con un’altra direzione in mente.
“Non sei contento? Così potrà aiutarti anche lui e insieme finirete le traduzioni!” insistette Naruto con gli occhi che brillavano.
“…Mh, già” considerò e si sforzò di sorridere solo per non deluderlo. “Magari questa volta riesco a chiudere lui qui dentro mentre io vado a spasso per i fatti miei” aggiunse e si pentì che il suo tono suonasse più sarcastico di quanto avesse voluto.
Infatti Naruto lo guardò con rimprovero.
“Sasuke non va a spasso per i fatti suoi! Sta raccogliendo dati sui piccoli villaggi ninja a rischio di crisi politica. È comunque in missione” ci tenne a difenderlo.
“Lo so” borbottò soltanto.
Non aveva voglia di discutere su quanto Sasuke fosse incredibile ai suoi occhi e di come ora si stesse impegnando nel suo viaggio di espiazione, a essere onesti era già un miracolo che Naruto si fosse ricordato di nominarlo solo in quel momento.
Cercò, quindi, di cambiare velocemente argomento e puntò la sua attenzione sulla tecnica che aveva davanti iniziando a spiegarla. Naruto adorava conoscere nuove tecniche, perciò sapeva che con quella lo avrebbe distratto abbastanza a lungo da far cadere l’argomento.
Come previsto funzionò, ne fu così entusiasta che pretese di andare in giardino per provarla insieme. Lo accontentò di un buon grado, era piantato davanti al tavolo da ore, una pausa all’aria aperta gli avrebbe fatto bene. Senza contare che avrebbe fatto qualsiasi cosa per rendere Naruto felice e non far crollare quel suo luminoso sorriso.
 
La pausa durò solo qualche ora, finché Naruto non rischiò di incendiare una delle vecchie case tentando di usare in combo l’arte del vento e del fuoco come descritto nel rotolo. Era meglio che quelle tecniche andassero provate in un sicuro campo di allenamento e non nel giardino di casa.
Il diversivo aveva però funzionato e non solo entrambi si erano sentiti più rilassati nello sgranchirsi i muscoli, ma Naruto non aveva più parlato di Sasuke e del suo imminente arrivo. Ripresero a lavorare più tranquilli e spensierati, in una sintonia invidiabile nonostante la poca possibilità di Naruto di rendersi utile.
Finirono che fuori il sole era tramontato da molte ore – i lati negativi dell’inverno ormai prossimo – e Obito provò a convincere Naruto a restare con lui per cena. Purtroppo il ragazzo aveva già promesso a Shikamaru e Choji di fare una grigliate insieme, doveva quindi andare per darsi una cambiata e rendersi presentabile. Non insistette quindi, ma volle comunque accompagnarlo fino all’uscita del quartiere Uchiha, ogni secondo al suo fianco era troppo prezioso per non spingere ad averne un po’ di più.
Fu alla grande porta di quercia che divideva la zona Uchiha dal resto di Konoha che Naruto smise di gesticolare e parlare, si bloccò verso l’uscita con gli occhi incredulo. Dopo quella sua reazione, anche Obito individuò la sua presenza – nonostante il livello del chakra reso bassissimo – e di conseguenza non si stupì di vedere il compagno scattare verso il fondo della strada.
“Teme!”
Obito sperò che il suo cattivo umore non fosse troppo evidente mentre si avvicinava al nuovo venuto. Uchiha Sasuke, ovviamente, il suo ultimo parente rimasto in vita.
Naruto lo aveva placcato in uno di quei suoi tipici abbracci soffocanti da cui il compagno di team stava inutilmente tentando di liberarsi.
“Dannato dobe, non urlare” protestò Sasuke in saluto.
“Credevo arrivassi domani!” esultò Naruto. “Perché non ci hai avvertiti? Sakura lo sa?”
“Sì, l’ho incontrata appena arrivato. Era di turno alla porta”.
“Oh, Sakura sì e io no!” sospirò allusivo Naruto. “Guarda che lo dico a Hinata, sarebbe divertente vedere uno scontro tra sharingan e byakugan”.
Sasuke inarcò un sopracciglio, ignorando deliberatamente l’avvicinarsi di Obito.
“Cosa c’entra la Hyuga?”
“Ma come, non te l’ha scritto?” domandò sorpreso e davanti alla curiosità dell’altro allargò il sorriso malizioso. “Sakura e Hinata adesso stanno insieme!”
“…Oh” commentò con evidente sorpresa sul volto. “Hinata non era innamorata di te?”
“Ma no!” scoppiò a ridere Naruto. “Come può venirti in mente una cosa del genere? Che stupidaggine!”
Sasuke lo guardò come se fosse stupido e, in cuor suo, Obito si trovò a condividere la stessa esasperazione.
“Fa finta che non io abbia detto niente” sospirò arreso. “Quindi Sakura sta con l’erede degli Hyuga?”
Naruto colse immediatamente la smorfia di disapprovazione sul volto pallido e non perse l’occasione per punzecchiarlo.
“Sei geloso, teme?”
“Non ho mai provato un interesse di questo tipo per Sakura” dichiarò impassibile.
Per Naruto sì però, macinò infastidito Obito, gli occhi chiusi a fessura mentre notava che il caro parente non aveva fatto nessuna reale resistenza per liberarsi dalla presa di Naruto e, anzi, continuava a lasciarsi tenere stretto.
Decise quindi di intervenire, giusto magari per far presenta all’altro Uchiha anche la sua presenza.
“Ti ha chiamato Kakashi per quella questione?” domandò sperando di non far trapelare nel proprio tono quanto volesse attivare il kamui per spedirlo il più lontano possibile da Naruto.
Finalmente Sasuke si degnò di spostare la sua regale attenzione su Obito, giusto per guardarlo come se fosse un dettaglio insignificante.
“Sì” rispose solo, parco di parole.
Naruto corrucciò lo sguardo, un po’ in allerta per il tono teso di entrambi gli Uchiha, e finalmente smise di stringere le braccia attorno al busto di Sasuke per fare un passo indietro e guardarli curioso.
“Che questione?”
“Faccende di clan” replicò lapidario Sasuke, al contempo lanciò uno sguardo di ammonimento a Obito. Era evidente che non avesse voglia di parlarne davanti a Naruto e, nonostante fosse dello stesso parare, dovette frenarsi dall’istinto di contraddirlo e spifferare tutto all’altro ninja.
“Niente di importante” minimizzò lo stesso per non farlo preoccupare, facendo inarcare un sopracciglio a Sasuke.
Non gli piaceva il modo supponente con cui lo stava guardando. A essere onesti, Sasuke non gli piaceva per niente e non riusciva a credere che una persona eccezionale come Naruto fosse così tanto legata a un tale bastardo. Il suo atteggiamento era perfino peggiore di quello che aveva Kakashi da bambino, quando era tutto un rispettare le regole, prima che lui e Rin smussassero in parte la sua arroganza. L’atteggiamento di superiorità e la freddezza che caratterizzava ogni suo sguardo era la stessa, senza contare il modo sprezzante con cui lo trattava, come se fosse una scartina a malapena degna della sua presenza, e senza aggiungere la diffidenza del più piccolo nei suoi confronti, anche ora era palese dal modo in cui faceva dardeggiare gli occhi tra lui e Naruto.
Sì, è stato tutto il giorno a casa mia e ci siamo pure allenati insieme!, avrebbe voluto rinfacciargli, ma si morse la lingua per non cedere a quel suo lato infantile.
“Uhm…” ronzò Naruto fissandoli sospettosi, socchiuse gli occhi e incrociò le braccia al petto. “Va bene, ma se avete bisogno di aiuto per far ragionare Kakashi ci penso io” assicurò annuendo con convinzione.
“Non serve che tu ti immischia, dobe” lo seccò Sasuke, distruggendo in un istante tutta la sua motivazione. Invece Obito ora si sentiva molo più motivato a tirargli un pugno su quel suo viso di ghiaccio.
L’espressione ferita rimase però solo un secondo sul volto abbronzato di Naruto, subito la sostituì con un sorriso gioioso.
“Certo, ne parleremo quando verrai a supplicare il mio aiuto” lo sfidò e gli diede un pugnetto scherzoso sull’unico braccio.
Non se l’è ancora impiantato, considerò Obito e nel mentre gli tornò in mente lo shock che lo aveva scosso quando si era accorto, una volta sveglio alla fine della guerra, che Naruto aveva perso un braccio. Fortunatamente, grazie alle cellule di Hashirama erano riusciti a creare una protesi. Sapere che anche Naruto aveva una parte del corpo artificiale, proprio come lui, lo faceva sentire ancora più vicino al ragazzo.
Sapeva anche che era pronto un braccio per Sasuke, ma lui non aveva mai dato l’autorizzazione di procedere con l’operazione nonostante le insistenze dei suoi compagni di team.
“Eh, senti, Sasuke!” riprese a parlare Naruto senza abbandonate il tono entusiasta. “Vado con Shikamaru e Choji al negozio di carne. Vuoi venire? Paga Shikamaru” assicurò con il sorriso che diventava sempre più largo.
Obito lo guardò ferito, a lui non l’aveva chiesto…
“No” rispose impassibile Sasuke, senza aggiungere altro.
Ancora una volta lo odiò profondamente per avere permesso l’espressione delusa negli occhi azzurri.
“Sì, effettivamente sarai stanco dal viaggio…” lo giustificò comunque e Obito sentì la frustrazione salirgli alla gola per quel sorriso un po’ meno luminoso.
Naruto alzò una mano per salutare entrambi, si voltò in particolare verso di lui – che per tutto il tempo aveva ignorato, troppo interessato all’altro Uchiha.
“Allora ci vediamo domani, così finiamo” promise.
“A domani” assicurò ricambiando il sorriso, anche se dubitava fortemente che sarebbero riusciti a finire, ci voleva come minimo un’altra settimana.
Naruto se ne andò, senza prima aver colpito con un altro pugno scherzoso il teme, poi iniziò a correre per la strada buia di Konoha, preoccupato di fare tardi. Obito lo fissò finché non girò un angolo e sparì dalla sua visuale.
Si accorse solo in quel momento del modo in cui lo guardava Sasuke, un modo che non gli piaceva, come se lo stesse deridendo. Infilò le mani dentro le tasche e cercò di ricambiare quello sguardo con la stessa ostilità.
No, Sasuke Uchiha non gli piaceva per niente.
Alla fine quello, senza salutarlo o accennare qualsiasi altra cosa, riprese a camminare verso la propria casa, una mossa fastidiosa considerando che abitavano vicini.
Per un periodo Naruto aveva insistito perché i due Uchiha vivessero insieme, nella stessa casa. Siete parenti, almeno vi fate compagnia, ‘tebayo.
Fortunatamente era riuscito opporsi, in nessuno modo sarebbe riuscito a sopravvivere con un tale bastardo sotto lo stesso tetto. Perfino Madara era stato più simpatico di lui.
I suoi occhi si colorarono di rosso e la figura del Kamui si dipinse nell’iride, mentre il familiare risucchio lo trascinava nella sua dimensione. Non aveva nessuna intenzione di fare la strada insieme a quel bastardo.
 
Per Obito, ammettere di essere innamorato di Naruto era stato abbastanza semplice; abbandonare il ricordo di Rin si era rivelato invece più complicato. Per così tanto tempo erano stati i suoi sentimenti per Rin a tenerlo vivo, a permettergli di andare avanti e di scegliere, anche per fare le cose sbagliate. Non aveva mai amato nessun’altro che lei, era sempre stata l’unica occupante fissa del suo cuore (anche se sia Kakashi che Minato avevano preteso uno spazietto quando erano diventati una squadra). Dopo la sua morte, era stato il ricordo di Rin la linfa vitale che lo aveva nutrito, aveva continuato a essere la luce che doveva raggiungere nell’illusione di liberare il mondo dal dolore. Rin era stata la sua forza e abbandonare quei sentimenti così radicati in lui era stato impossibile in un primo momento. Ma accettare la sua morte, al fatto che non ci sarebbe stato nessun mondo onirico dove incontrarla di nuovo, lo aveva portato – passo dopo passo – allo smettere di amarla. Cioè, l’amava ancora, ma appunto come si ama una persona morta, che non potrà mai più sorridere e ricambiare il tuo amore. Un amore che si era cristallizzato nel ricordo di un amore passato.
Era stato devastante.
Aveva quasi avuto il gusto di un tradimento, di un madornale errore. Lui era Uchiha Obito, lui doveva amare Rin, lui apparteneva a Rin e soltanto a Rin. Era stata lei a permettergli di mantenere la propria coscienza intatta quando era diventato il Jinchuurike del Juubi, con che diritto poteva ora voltarle le spalle e lasciarla andare? Era qualcosa che non credeva di poter fare, eppure giorno dopo giorno aveva sentito quei sentimenti liberarsi di lui, scivolare come l’acqua nei palmi delle mani.
Forse il suo cuore gli stava dicendo di andare avanti, di non aggrapparsi più al ricordo di una luce, ma di aprire gli occhi in cerca di una vera luce che illuminasse quell’inferno.
Non ci aveva messo molto a capire che quella luce era Uzumaki Naruto. Anzi, lo aveva capito subito, fin da quando nel loro scontro le loro anime erano entrate in contatto e lui si era arreso, lasciando che estraesse i Biju da lui. Quando aveva lasciato che quegli occhi blu, fermi e decisi – animati dalla stessa luce coraggiosa e fiduciosa che brillava in quelli di Rin quando lo guardava – gli ricordassero chi era, che quella mano calda – rassicurante come quella di Rin – lo afferrasse e trascinasse verso di lui.
Naruto era la luce.
Per questo motivo aveva deciso di morire per lui durante la guerra, di prendersi quell’attacco di Kaguya al suo posto e salvare al contempo Kakashi. Aveva anelato alla morte come espiazione per tutto quello che aveva causato, come unica punizione giusta per i suoi errori. Come una falena, aveva pensato che l’attrazione per quella luce lo uccidesse e lo aveva accettato pur di stare a contatto per qualche secondo con quella fiamma.
Ma Naruto lo aveva salvato, ancora una volta, una terza volta, e si era risvegliato vivo a Konoha, qualche settimana dopo la fine della Guerra.
Naruto aveva voluto che restasse in vita e, per questo, aveva deciso che la sua vita gli apparteneva interamente. Se non era morendo che poteva ottenere il perdono, lo avrebbe fatto dedicandosi unicamente a lui e a quel sogno che aveva tradito. Non sapeva quando quella convinzione fosse stata contaminata dai nuovi sentimenti, ma non gli importava.
Sapeva che quello che aveva con Naruto era anche troppo, che il fatto che non lo odiasse e anzi fosse suo amico era un miracolo prezioso. Dopo tutto il dolore che gli aveva causato non si sentiva degno nemmeno di camminare al suo fianco. Era destino che in un modo o nell’altro il suo amore non potesse mai venire ricambiato.
Ma andava bene, sul serio: riusciva a vedere Naruto quasi tutti i giorni e anche se non poteva seguirlo nelle missioni fuori Konoha (i Kage avevano infatti preteso almeno un lungo periodo di domiciliari in cui gli era vietato uscire dalle mura del Villaggio, periodo che stava ancora scontando) sapeva che sarebbe sempre tornato a trovarlo.
Però – c’era il però ovviamente – nonostante avesse accettato di buon grado il suo ruolo di sfondo nella sua vita e non pretendesse nulla di più di quanto già aveva, non poteva evitare la gelosia. Non tanto delle nuove ragazze che in quanto Eroe avevano iniziato a idolatrarlo, ma dei suoi legami stretti e, da quando Sakura e Hinata si erano sorprendentemente innamorate l’una dell’altra, era rimasto in particolare un legame a torcergli le viscere.
Uchiha Sasuke.
La sua gelosia lo faceva sentire in colpa, un altro carico in aggiunta di quello già gravoso che portava sulle spalle. Che fosse stato con Sasuke o meno, Naruto aveva il diritto di avere una persona speciale da amare e che si prendesse cura di lui.  Di certo quella persona non poteva essere l’assassino dei suoi genitori, l’uomo che aveva scatenato una guerra a sue danni e aveva tentato di ucciderlo più volte. Non aveva nessun diritto di imporsi.
Ma non riusciva a evitarlo, ogni volta che Naruto parlava di lui e gli brillavano gli occhi sentiva un pugno al centro dello stomaco. Voleva essere lui il motivo di quello sguardo e quel sorriso ma, ancora, come poteva pretenderlo?
Forse, se si fosse stato trattato di un altro invece dell’Uchiha sarebbe andata meglio, qualcun altro che non fosse stato un tale algido bastardo, che continuava a lasciarlo solo e lo aveva ferito in ogni modo possibile.
Anche tu, ricordò la vocina maligna nella sua testa che assomigliava un po’ troppo a quella dello Zetsu Nero per i suoi gusti. Era comunque una consapevolezza reale e perciò fece una smorfia. Non aveva nessun diritto di giudicare Sasuke quando era stato ben peggiore di lui in passato.
Guardò la stanza in cui si era trasportato grazie al Kamui, era la stessa dove fino a qualche minuto prima aveva lavorato con Naruto. Gli sembrava che tra le pareti riecheggiasse ancora la sua risata, ma non c’era più e si sentì solo.
Ci vediamo domani.
Quel pensiero lo rasserenò almeno in parte.

 

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Capitolo 2
*** Tutto quello che facciamo è pensare ai sentimenti che nascondiamo ***


II

Tutto quello che facciamo è pensare ai sentimenti che nascondiamo.

 

 
Dentro la locanda il clima era quasi afoso, dopo il sesto giro di sakè e birra la temperatura sembrava essersi drasticamente alzata. Naruto si era così tolto la giacca arancione, restando solo con la scura maglia retata, e aveva gli zigomi di un rosso accesso che accentuavano l’azzurro chiaro degli occhi lucidi dall’alcool.
“Basta con la birra” propose Sakura portandogli via la bottiglia.
Non che lei fosse sobria, erano tutti brilli in quella piccola stanzina riservata.
“Ma come? Dai, Sakura-chaan, ridammela!” si lagnò fastidioso allungandosi sulla ragazza per riprendersi la bottiglia.
“Mai!” sfidò quella e, con un sorriso furbo a illuminare gli occhi verdi, passò l’oggetto in questione a Sasuke che lo alzò con l’unico braccio.
“Sasuke!” strepitò sconvolto di essere stato tradito anche dall’altro compagno di team. Tentò di raggiungerlo per riprendersi la sua dannata e meritatissima birra ma quello, con un odioso sorrisetto di superiorità la passò a Kakashi che la prese al volo.
“La tenga al sicuro, sensei” lo spronò.
“Sarà molto al sicuro” assicurò e prima che Naruto potesse raggiungerlo avvolse il collo con le labbra e inghiottì tutto il suo contenuto rimasto in un ultimo sorso. Il Jinchuurike lo guardò inorridito mentre vedeva il suo agognato alcool sparire nello stomaco del maestro.
“Sensei!” farfugliò incredulo mentre gli veniva finalmente passata la bottiglia.
Vuota.
“Interessante gioco di squadra” commentò Sai facendo scoppiare a ridere Yamato.
Anche Obito rise divertito da quella scena e Naruto si imbronciò nel sentire quell’ilarità a sue spese.
“Me ne vado a ordinare un’altra!” garantì con orgoglio e, traballante, si alzò per raggiungere la prima cameriera disponibile. Obito lo controllò andare via.
Se non fosse stato per Hinata, anche lei invitata da Sakura per quella piccola festicciola in onore del ritorno di Sasuke, si sarebbe sentito a disagio. Del resto lui non aveva nulla a che fare con il Team 7, eppure Kakashi aveva insistito lo stesso perché venisse. Tutto sommato gli era grato, Naruto e Sakura da ubriachi erano una visione esilarante.
“Dovremmo fermarlo” considerò distratta Sai, con l’espressione di chi spera tutto il contrario. “Sta bevendo troppo”.
Tornando con lo sguardo alla compagnia, Obito si rese conto che Sasuke lo stava fissando attento, con la stessa luce ironica della sera prima, come se lo volesse prendere in giro. Cercò di fare finta di niente e prese un sorso di sakè. A differenza del resto della comitiva, lui non si sentiva per nulla brillo.
“Dovrebbe prendere un po’ della resistenza da Obito” disse appunto Kakashi.
“No, dovrebbe bere di meno e basta” decretò Sakura. “La resistenza ce l’ha, il problema è che l’ha superata da un pezzo”.
“Vado a fermarlo?” propose Hinata gentile.
La fidanzata le rivolse un sorriso adorante e fece un gesto di sufficienza con la mano.
“Nah, al massimo gli ruberemo anche questa”.
“Attenta a non esagerare anche tu” la riprese Yamato serio.
“Lascia stare, Tenzo,” intervenne Kakashi rilassato, “ormai abbiamo tutti il cervello un po’ annebbiato. Be’, tranne i nostri Uchiha”.
“Siete voi a essere mezze calzette” replicò Obito, ma il suo commento si perse con il ritorno di Naruto e la conseguente lotta per la supremazia sulla bottiglia. Senza rendersene conto, fu Hinata a trovarsela in mano. Vedendo il modo in cui tutti la stavano fissando, come se fosse una preda indifesa, squittì e non sapendo che altro fare la gettò fuori dalla finestra. Tutti si zittirono giusto per sentire lo schianto sulla strada.
“Non… Non l’hai fatto davvero” balbettò Naruto con gli occhi sbarrati.
Sakura invece scoppiò a ridere e, in un ubriaco slancio d’affatto, si stese sull’altra ragazza.
“Hinata, ti amo!” dichiarò prima di baciarla appassionata, allacciandole le braccia al collo.
Quell’espediente sembrò distrarre Naruto dall’omicidio della birra, che arrossì come un peperone mentre un lungo fischio di apprezzamento veniva emesso da Kakashi, il quale iniziò a battere anche le mani in approvazione. Allo stesso tempo gli lanciò un’occhiata maliziosa, come se stesse chiedendo supporto. Ma Obito si trovò impacciato.
La verità era che doveva ancora abituarsi a quel nuovo Kakashi che sembrava non avere nulla a che fare con il Bakakashi che conosceva lui. Il ragazzino che conosceva lui non avrebbe mai applaudito incoraggiante a un bacio pubblico di quel tenore, anzi avrebbe sicuramente elencato sbuffando una lunga serie di leggi shinobi dove  un comportamento del genere era vietato o biasimato. Senza contare che quel ragazzino non sarebbe mai uscito la sera, dopo il suo importantissimo lavoro da Hokage, solo per bere con gli amici. L’alcool era uno dei tre divieti Ninja ed era strano che Kakashi si lasciasse andare alla goliardia insieme agli altri compagni di team.
Senza contare tutto il resto, come i ritardi mostruosi con cui faceva attendere chiunque (com’era che diceva? Un ninja deve essere sempre puntuale) e tutte le piccole leggi burocratiche che aggirava con nonchalance solo perché le considerava noiose. Quello non era l’Hatake Kakashi che conosceva lui.
A quel pensiero sospirò, perché in realtà era certo che nemmeno lui fosse l’Uchiha Obito che Kakashi cercava con quello sguardo di supporto.
In quegli anni a Konoha Obito aveva imparato il sentimento dell’inadeguatezza. Ogni volta che qualche vecchio conoscente di infanzia lo fermava per chiacchierare si sentiva inadeguato, incapace di riuscire davvero a soddisfare un’aspettativa. Lui non era lo stesso di un tempo e per questo si sentiva un impostore. Quello che aveva passato, quello che aveva fatto non erano cicatrici visibili solo sul suo corpo, ma anche sul suo carattere.
Qualsiasi cosa cercasse Kakashi ormai non c’era più, non poteva più essere la stessa persona di un tempo.
Il dover comunque tentare di ricambiare quello sguardo, di fare uno sforzo per il migliore amico, gli fu risparmiato da un intervento incuriosito di Sai.
“Ma perché agli uomini piace così tanto vedere due donne baciarsi?”
Il suo tono quasi ingenuo attirò presto l’attenzione di Naruto, che con fare fraterno lo affiancò e avvolse un braccio attorno alle sue spalle.
“È molto semplice,” iniziò a parlare con tono da uomo vissuto, “Una ragazza com’è? Bellissima. Quindi due ragazze? Bellissime al quadrato. E due ragazze che si baciano? Il paradiso sceso in terra!”
Obito inarcò un sopracciglio e ipotizzò che quel discorso in realtà lo avesse ereditato da un certo ninja pervertito.
“Senza contare quanto è bella Sakura”, continuò Naruto disinibito dall’alcool, “e Hinata ha due wow enormissime…”
A quel commento la ragazza presa in causa arrossì violentemente, arrivando a coprirsi il volto con le mani per il troppo imbarazzo. Invece Sakura non apprezzò per nulla quel commento volgare alla sua fidanzata, perciò con uno shannaro strepitato gli si scagliò contro e il pugno lo colpì violento sulla guancia.
“Naruto! Stupido pervertito! Come ti permetti!” gridò mentre continuava a strattonarlo e colpirlo.
A nulla valsero i tentativi esalati da Uzumaki per quietarla, né i “Naruto-kun” di Hinata che tentava di mitigare le ire funeste della fidanzata.
“Ohi!” sibilò infastidito Sasuke da quel baccano. “Rischiate di rompere tutto”.
“Non crucciarti, Sas’ke-kun” lo rassicurò Kakashi per nulla allarmato dalla sua allieva che tentava di uccidere l’altro suo allievo. “Nel caso paga Yamato”.
Il Capitano sussultò e lo guardò con gli occhi sgranati.
“Ma… Ma…!” balbettò indignato.
Kakashi non gli diede possibilità di continuare e con solennità gli puntò l’indice contro.
“È un ordine del tuo Hokage!” decretò con pomposa serietà alla quale il povero ninja non riuscì a ribattere.
L’intera esilarante scena si completò quando Sai, infastidito che la sua fonte di informazioni fosse diventata un sacco da boxe, sbottò: “Ma cosa sono queste wow enormissime?!”
 
 
“Qualcuno dovrebbe accompagnare Naruto” considerò Yamato, il portafoglio molto più leggero dopo che Sakura aveva spaccato a metà un tavolo scambiandolo per la testa di Naruto.
“No, shto benissimo!” biascicò quello rischiando di inciampare sul marciapiede. “Devo sholo conscentrare il schakra shui piedi”.
Il gruppetto non lo guardò per nulla convinto dal suo tentativo di fare quanto detto, soprattutto perché non ne trovarono il senso.
Obito sospirò. “Lo accompagno io” si offrì.
Oltre a essere di strada per il quartiere degli Uchiha, era anche l’unico sobrio perciò era meglio che se ne occupasse lui.
Kakashi annuì impigrito. “Sì, pensateci tu e Sasuke-kun”.
Provò un sottile moto di rabbia all’idea di essere stato subito associato a Sasuke, quando avrebbe potuto fare da solo senza averlo tra i piedi. Fortunatamente, fu proprio il ragazzo a tirarsene fuori.
“No, io accompagno Sakura” disse stupendo tutti, per prima la ragazza.
“O-okay…” acconsentì confusa, “ma io prima accompagno Hinata, allungheresti parecchio il giro”.
“Non è un problema” assicurò impassibile. “Devo parlarti”.
Ora l’interesse di tutti era molto più palese e, soprattutto, molto sospettoso.
“Teme!” berciò infatti Naruto puntandogli l’indice contro. “Io shono il loro cavasgliere, she provi qualcosha di loshco poi ti prendo a pusgni!”
Tentò di dare maggiore veridicità alle sue parole provando a colpirlo, ma a Sasuke bastò spostarsi appena di lato per evitarlo e l’altro, sbilanciato dall’alcool, cadde di faccia sulla strada.
“Umpf,” commentò Sasuke guardandolo dall’alto al basso, “prima impara a stare in equilibrio”.
“Possho batterti quando vosglio!”
“Certo, certo. Ci vediamo, dobe” lo salutò iniziando a incamminarsi dietro le due ragazze e Naruto, vedendolo allontanarsi, si tirò di scatto su in piedi.
“Non ho ancora finito con te, bashtardo!”
Tentò di andargli dietro, ma Obito lo bloccò prima che potesse effettivamente farlo.
“Andiamo a casa, su” provò a rabbonirlo, ma Naruto continuava a dimenarsi e strepitare.
“Shakura e Hinata shono la coppia più bella di Konoha! Hai capito, eh, Sashke? She ti metti in meszo ti riempio di botte!”
Ma nessuna di quelle minacce sembrò scalfire l’altro Uchiha.
 
A differenza del quartiere Uchiha, quello degli Hyuga si trovava al centro di Konoha e non era circondato da piccole mura. Arrivarono alla casa di Hinata senza che se ne accorgesse e quando fu il momento di salutarsi Sakura stampò un bacio casto sulle labbra dell’altra, mentre Hinata rivolse uno sguardo d’avvertimento a Sasuke. Per un momento gli parve di scorgere perfino il byakugan attivato.
“Dovesti dire alla tua ragazza di stare calma” commentò infastidito Sasuke quando ripresero a camminare.
“È solo un po’ insicura e quindi gelosa” la difese Sakura. “Poi sei tu che te ne esci con richieste assurde. Dovevi parlarmi proprio ora? Non potevi aspettare domani?”
Non rispose nemmeno a quella domanda un poco accusatoria, fecero un pezzo di strada in silenzio con solo l’eco dei loro passi nella strada vuota, finché Sasuke non si decise a parlare.
“Ti sei accorta del modo in cui Obito guarda Naruto?”
In realtà era una pura domanda formale, sapeva che doveva averlo notato visto quanto fosse intelligente e intuitiva ed era questo il motivo per cui aveva deciso di parlarle.
“Solo Naruto non se n’è accorto” rispose infatti con un sospiro di chi la sapeva lunga.
Quella conferma fece capire a Sasuke che non doveva essere una novità, ma anzi una cosa che andava avanti da molto tempo. Rimase in silenzio, cercando di capire quale fosse la domanda successiva. Era difficile decidere di prendersi cura dei propri compagni di team quando non lo aveva mai fatto davvero, forse solo un po’ inconsciamente da bambino.
“Tu cosa ne pensi?” chiese alla fine, fiducioso nel giudizio dell’amica.
Ma lei lo sorprese guardandola attenta.
“No, tu cosa ne pensi?”
Fece una smorfia e la guardò confusa. “Io?”
“Sì, tu”.
Non c’era nessuna traccia di ubriachezza nel suo tono e anche lo sguardo verde era fermo. Perciò Sasuke smise di camminare per concentrarsi meglio sul capire cosa sott’intendesse quella domanda. Alla fine decise di essere sincero.
“Obito non mi piace” decretò conciso. “Soprattutto per quello che ha fatto a Naruto, è stato un pezzo di merda e non riesco a credere che sia riuscito a perdonarlo così facilmente. Preferirei gli stesse il più lontano possibile” terminò.
Sakura fece un sorriso ironico.
“Anche tu sei stato un pezzo di merda con Naruto eppure non ti crea problemi essere stato perdonato” gli fece notare.
Il punto andò a segno e Sasuke fece una faccia infastidita, come se avesse ingoiato un limone amaro.
“Le cose sono diverse” tagliò corto, poi sospirò. “In ogni caso non è affar mio con chi sceglie di impegnarsi il dobe, per quel che mi riguarda possono anche sposarsi domani”.
Sakura sembrò divertita da quella risposta acida.
“Davvero non ti darebbe fastidio? Allora perché mi hai chiesto cosa ne pensassi?” lo pungolò.
“Obito sta facendo effettivamente qualcosa? Sta… corteggiando Naruto?” chiese in imbarazzo, si sentiva estraneo a tutti quei gerghi e non sapeva nemmeno come si chiedessero cose simili.
“No, Obito non sta corteggiando Naruto” lo derise Sakura utilizzando con enfasi il suo stesso termine.
“Perché no?”
Tecnicamente era quello che dovrebbe fare una persona innamorata, ma non che se ne intendesse molto.
“Immagino perché crede che Naruto non lo ricambierà mai e sensi di colpa vari” rispose facendo spallucce. “In più ci sei tu”.
Sbatté le palpebre, preso in contropiede.
“Io? Cosa c’entro io?”
Sakura fece un sorriso furbetto e incrociò le braccia.
“Sasuke, cos’è Naruto per te?”
Per me?
Sul momento non seppe davvero cosa rispondere, troppo confuso da quella domanda. Stavano parlando di Obito e Naruto, perché improvvisamente lo tirava in mezzo? Lui non c’entrava niente!
Distolse lo sguardo.
“Naruto è il mio migliore amico, pensavo fosse chiaro” rispose acido. “Siamo anime gemelle”.
“Appunto!” esultò Sakura e sul momento Sasuke non capì esattamente perché dovesse essere così soddisfatta di quella sua ammissione ovvia.
Poi capì.
“Non ho nessun interesse di quel tipo per Naruto” sbottò arrossendo. “Anche se siamo anime gemelle, non lo siamo in quel senso. Non…”
“E lo stesso vale anche per Naruto?” lo interruppe.
Ancora una volta, rimase a fissarla confuso.
“Sono sicura che tu te lo sia chiesto,” continuò Sakura determinata, “se per Naruto fosse solo amicizia. Dopo tutto quello che ha fatto per te, devi averci pensato”.
In realtà non lo aveva mai fatto. Semplicemente aveva sempre dato per scontato che fossero amici, non aveva mai creduto che potesse esserci altro.
Si morse il labbro.
“Naruto non è innamorato di me”.
“No” confermò Sasuke tranquilla. “Ma potrebbe se spinto nella giusta direzione”.
“Perché dovrebbe…”
“Mi hai chiesto cosa ne pensassi io” lo interruppe ancora, questa volta guadagnandosi uno sguardo imbronciato. “Sarò sincera: Obito è un tipo a posto, ha dimostrato di essere cambiato e non sarebbe un problema. L’unica cosa che so per certa però è che Naruto merita di essere felice e se questa felicità la vuole condividere con qualcuno lo supporterò senza esitazioni”. Lo guardò fissa, gli occhi verdi che bruciavano. “Quello che devo capire è se quel qualcuno sei tu o meno”.
“Per questo mi hai chiesto cosa ne pensassi io?” domandò finalmente capendo che cosa stesse cercando di dirgli.
Annuì. “Se tu sei innamorato di Naruto, ovviamente farò il tifo solo per voi. Ma se non c’è niente del genere da parte tua, allora nulla vieta che qualcuno possa aprire gli occhi a Naruto sui sentimenti di Obito”.
“E quel qualcuno sei tu?” le sorrise sarcastico.
Ricambiò il sorriso. “Lascia fare a me” assicurò, poi sospirò. “Quindi, Sasuke? Ne sei proprio sicuro? Hai sempre detto che Naruto era la tua luce, il tuo sole; sei disposto a cederlo a un’altra persona?”
“Naruto non è un oggetto che si cede” le fece notare infastidito. “È un essere umano che ragiona con la propria testa. Per questo sarebbe meglio che tu non ti metta in mezzo”.
“Ma…”
“Non sei la sua mamma, Sakura. Certe cose può capirle da solo e sappiamo benissimo entrambi quanto sia empatico. Non c’è nessun altro mondo che possa capire gli altri meglio di Naruto, sicuramente sarà in grado di capire da solo cosa, chi vuole”.
Strinse le labbra in una smorfia sottile, ma annuì vinta.
“Hai ragione, ma non posso evitare di preoccuparmi. Diavolo, è diventato il centro del mondo di due Uchiha! E vorrei che anche tu fossi felice.”
Sasuke avrebbe voluto dissentire la centralità di Naruto nella sua vita, ma ormai era inutile negarlo. Del resto l’amico si era fatto carico della sofferenza di entrambi, aveva deciso di riempire il vuoto dei due Uchiha superstiti lasciato dalle persone che avevano amato, anche se in modo differente.
A quel pensiero sorrise.
“Hai ragione, Naruto è diventato il destinatario di un affetto che prima avevano altre due persone, sia da parte mia che di Obito. Solo che se per me era mio fratello, per Obito era la persona che amava”. Alzò gli occhi verso Sakura, guardandola eloquente. “Questo vorrà pur dire qualcosa”.
Lei ricambiò il sorriso, un poco colpita da quello che aveva appena detto Sasuke.
“Hai ragione” acconsentì alla fine.
Ripresero a camminare, intirizziti dall’aria fredda. Non si aspettava che fosse proprio Sasuke a riprendere a parlare.
“Hinata ti tratta bene?” chiese pungente.
Lo guardò perplessa. “Sì, cosa…”
“Devi stare attenta” la interruppe come se non l’avesse sentita. “È una Hyuga e gli Hyuga sono infimi, non bisogna mai fidarsi di uno Hyuga. Potrebbe spezzarti il cuore e tu…”
Alzò gli occhi al cielo. Una scenata di iperprotettività fraterna era l’ultima cosa che voleva in quel momento.
 
 
“Stai diventando pesante” ridacchiò Obito mentre portava Naruto sulla schiena.
Gli fu rivolto un borbottio incoerente a cui rise.
All’ennesimo inciampo di Naruto sul marciapiede aveva deciso di raccoglierlo da terra per portarlo sulle spalle e lo stava davvero facendo solo per aiutarlo, non era mosso da nessun tipo di desiderio di sentire i loro corpi vicini, premuti! Proprio come quando si esercitavano nel taijutsu.
“Obito, ho scionno” si lamentò strofinando la fronte sul retro del suo collo.
Nessun-doppio-fine, si scandì nella mente.
“Siamo quasi arrivati” lo rassicurò comunque.
Fu un po’ complicato salire le scale con quel peso che si dimenava sulla schiena,  ma per un ninja del suo livello non era poi così difficile portarlo sano e salvo sul suo pianerottolo. Una volta davanti alla porta cercò le chiavi dai suoi pantaloni, ma la voce assonnata di Naruto lo informò che non aveva chiuso a chiave quando era uscito. Infatti appena tirò giù la maniglia la porta si aprì e poté entrare nel disordinatissimo appartamento. Sentì una morsa appena mise piede nella casa, come tutte le rare volte che ci entrava. Non solo perché il profumo di Naruto era fortissimo e gli faceva girare la testa, ma perché gli tornava alla memoria tutte le volte che era entrato lì per cenare a casa di Minato-sensei.
Pensò che se le cose fossero andate diversamente, se non avesse mai attaccato Konoha, ora entrando avrebbe trovato Kushina furiosa per l’ora tarda e lo stato in cui aveva riportato il figlio. Minato avrebbe cercato di rabbonirla come meglio poteva, allo stesso tempo invitandolo a entrare e chiedendo se la serata fosse andata bene.
Invece c’era solo un appartamento vuoto, buio e disordinato.
Per colpa sua.
“Mhhh, Obito?” biascicò Naruto e lui si riscosse, rendendosi conto di essere rimasto fermo sull’uscio per tutto il tempo.
Lottò contro il rimorso e i ricordi per entrare e chiusa la porta alle spalle, accese la luce e poi attraversò il soggiorno fino a raggiungere la camera da notte. Buttò Naruto su letto con poca grazia.
Lo guardò mentre si rigirava sul letto, apparentemente incapace di fare qualsiasi altra cosa. Sospirò e perciò si accucciò a togliergli e le scarpe.
“Yamato aveva ragione, dovevamo fermarti” ridacchiò.
“Sciono il grande Usumaki Nar’do!” esclamò in risposta.
“Già, il grande Uzumaki Naruto messo a tappeto dall’alcool. Ad averlo saputo allora…”
Si bloccò, rendendosi conto dove portava quel pensiero. Si oscurò mentre gli liberava i piedi dalle scarpe e si alzava. Perché in momenti del genere il suo cervello doveva tradirlo e ricordargli chi era stato?
Una seria di versi e sbuffi incoerenti lo fece tornare a concentrarsi sul ragazzo disteso, notò che stava litigando con la chiusa dei pantaloni.
“Tosglimi anche queshsti!” ordinò infastidito dai suoi inutili tentativi.
Arrossì. “Non puoi dormire vestito?”
“Mi danno fascitidio i veshtiti!” sbottò come se stesse lottando contro terribili nemici.
Tentennò ancora incerto, per quanto avessero avuto un continuo crescendo nella loro amicizia non era ancora arrivato al punto di spogliarlo. Vedendolo per come si stava per strozzare nel tentativo di liberarsi della maglietta , decise che non poteva permettere che morisse in quel modo indegno, aveva ancora una promessa da mantenergli. Perciò si sedette sul bordo del letto e iniziò a liberarlo dalla temibile maglietta lasciandolo a petto nudo. Indugiò solo un secondo sulla pelle tesa e abbronzata dei pettorali, poi distolse lo sguardo lontano.
Doveva ricordarsi che non c’era nessun doppio fine in tutto quello.
Non riuscì comunque a evitare di soffermarsi con le dita sulla pelle del bacino mentre raggiungeva i bottoni dei pantaloni e poi li sfilava. Naruto si sollevò con il bacino ad aiutarlo in quella manovra, senza rendersi conto che così in realtà metteva ancora più in difficoltà la sua determinazione di non approfittarne.
Naruto aveva un corpo perfetto, allenato e scattante. Tentò di non soffermarsi troppo sulle gambe atletiche e sul suo inguine. Si morse l’interno della guancia imponendosi di smettere di fissarlo, alzarsi e allontanarsi da lui. Ma, nonostante la sua risolutezza, fu proprio Naruto a bloccarlo e tenerlo seduto sul materasso. Anzi, afferrandolo per la spalla lo costrinse ad abbassarsi con il busto verso di lui.
Lo stava osservando con gli occhi socchiusi, concentrati, riusciva a vedere nell’iride blu il tentativo di guardarlo oltre l’alcool. Si rese conto che stavano cercando disperatamente qualcosa sul suo viso.
“Perché lo hai fatto?” domandò alla fine, un controllo sorprendente sulla voce tremante.
Non c’era bisogno che Obito chiedesse a cosa si riferisse, gli era fin troppo dolorosamente chiaro e sentire quella domanda – quell’implicita accusa – fu una piccola pugnalata al cuore. Da quando si era risvegliato all’ospedale, non gli aveva mai chiesto nulla di simile, non aveva mai fatto riferimenti personali a quanto successo in passato. Ma ora, con tutto quell’alcool in circolo nel suo cervello non dovevano esserci freni che gli impedissero di dire tutto quello che pensava e significava, che nonostante gli avesse donato la sua amicizia, rivedeva ancora in lui l’assassino dei suoi genitori.
Mosse le labbra, cercando di articolare a parole il suo senso di colpa, ma smise di respirare quando Naruto alzò una mano a sfiorargli il viso. Rimase fermo mentre sentiva quel palmo scivolare fino a coprire tutto il lato destro del suo viso.
In quel modo, oltre al senso di colpa provò anche vergogna. Sapeva che quelle cicatrici deturpavano il suo aspetto rendendolo grottesco, per nulla attraente; sapeva di essere rovinato per sempre. Ma si sentì comunque triste nel pensare che Naruto le trovasse brutte, disturbanti al punto di doverle coprire.
Fu distratto dal movimento dell’altra mano, che andò a posarsi a coprire il lato sinistro del volto mentre quello destro veniva scoperto e la mano si spostava al lato. Osservò attentamente i solchi delle cicatrici, come la pelle sembrava quasi crepata, gli occhi restavano socchiusi e interrogativi. Poi lasciò scivolare anche quella mano fra i capelli e guardò il volto nel suo insieme sempre più corrucciato.
Obito cominciava a sentirsi a disagio sotto quel silenzio prolungato e dallo sguardo fisso e circospetto. Pensò di dire qualcosa, ma avvertì la presa sui lati del suo viso aumentare e, prima che potesse effettivamente rendersene conto, lo tirò forte verso il proprio volto.
Il panico si trasformò in confusione non appena sentì le loro fronti scontrarsi e un dolore lancinante partire dal punto di contatto e scuotergli tutta la scatola cranica.
“Ahia!” sbottò incredulo allontanandosi, una mano sul punto leso. Lo guardò sconvolto. “Perché lo hai fatto?!”
Gli aveva dato una testata! E, diamine, se Uzumaki aveva un testone duro!
Naruto arrossì fino alla radice dei capelli, di un rosso così violento da farlo sembrare un pomodoro.
“Mi shembrava la cosha giushta da fare!”
Lo guardò stralunato. “Sei serio?!”
In quel momento gli era sembrato giusto prenderlo a testate? Okay, forse aveva ragione, ma non era quello che si aspettava! Arrossì, rendendosi conto che aveva sperato succedesse un’altra cosa mentre lo tirava per far scontrare le due fronti.
Naruto si imbronciò come un bambino. “Scusa”.
Sospirò a quel borbottio. “No, non preoccuparti” lo rassicurò mentre finalmente si alzava. “Ma è meglio se ora ti metti a dormire. Buonanotte”.
“Mmpf… buonanotte” grugnì mentre si arrotolava su un fianco, lasciandogli la visione perfetta delle sue scapole e del suo fondoschiena. Si prese qualche secondo per poter osservare quella figura nella semioscurità, poi rassegnato a doversi davvero separare da lui cercò di raggiungere l’uscita. Non era ancora uscito però quando sentì Naruto parlare, il tono soffocato come se tenesse la bocca premuta sul cuscino.
“Perché fa sempre così?” domandò e Obito non era sicuro stesse parlando con lui o meno. “Perché deve andarsene ogni volta? Non puoi restare qui con me? Perché mi lascia sempre solo?”
Rimase immobile, il cuore così pesante che gli sembrò precipitasse di colpo nello stomaco.
Stava parlando di Sasuke?
Sicuramente stava pensando a lui e alla sua ovvia partenza una volta terminata la questione con l’Hokage. Come le altre volte, si fermava solo pochi giorni per poi ripartire e non mostrarsi più per mesi.
Sentì il suo odio per il parente aumentare.
Non era solo invidia, era anche rabbia per la sua ottusità. Come poteva comportarsi in quel modo quando Naruto lo guardava con così tanta attenzione? Come poteva dare quell’affetto così per scontato, quasi gli fosse dovuto? Proprio non si rendeva conto quanto fosse fortunato ad avere una persona meravigliosa come Naruto al suo fianco, e in più trattava con così poca sufficienza quella fortuna. Obito non sapeva che cosa avrebbe dato per trovarsi al suo posto, per essere guardato con altrettanto amore da quegli occhi blu.
Non te lo meriti, ricordò a se stesso.
Uscì ripetendoselo.
 
 
 
Ecco il secondo capitolo ^^
Cosa ne pensate? Sakura e Sasuke hanno avuto una bella chiacchierata, mentre Obito si è preso una testata. Scommetto che come lui anche voi stavate sperando facesse altro xD Ma non sono così scontata, almeno spero ahahahahah
Nel prossimo capitolo abbiamo Naruto post-sbornia, compare Iruka a prendersi cura di lui, Naruto e Obito bisticciano e Obito ha uno scambio interessante con Sasuke (:
Se vi va, un commento è sempre gradito <3
Ci vediamo la prossima settimana^^
Hatta.

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Sei tu e il tuo mondo e io sono intrappolato nel mezzo ***


 

III

Sei tu e il tuo mondo ed io sono intrappolato nel mezzo

 

 

Gli faceva male la testa, come se Sakura avesse passato tutta la notte a prenderlo a pugni. Il fatto che Kurama gli bestemmiasse contro per aver ridotto entrambi in quello stato non aiutava la situazione. Senza contare il senso di nausea nello stomaco vuoto, la gola secca,  la lingua impastata nel palato e il saporaccio orribile che aveva in bocca.
C’era un solo lato positivo: il buonissimo odore di pane tostato che veniva dalla cucina. Qualcuno gli stava preparando la colazione e, forse, aveva anche qualcosa che potesse fargli passare l’emicrania.
“Obito?” biascicò tentando di alzarsi con gli occhi chiusi.
Era il primo nome che gli veniva in mente, visto che da quanto ricordava era stato l’uomo a trascinarlo semi-incosciente nel suo appartamento e lo aveva messo a letto. A quel pensiero il suo cervello gli ricordò un’altra cosa e quasi si strozzò con la propria saliva.
Aveva… baciato Obito?
Seppellì il volto tra le mani e gemette, certo di essersi confuso – del resto la sua memoria non era poi così affidabile dopo una certa quantità di alcool in corpo. Ma ricordava chiaramente di avergli preso il volto tra le mani, cercando di capire perché in quel momento lo trovasse così attraente, e aver di conseguenza spinto a incontrare i loro volti. Ricordava che aveva fatto male alla testa – da quando baciare fa male, dattebayo? – e più importante che l’altro si era ritratto subito guardandolo sconvolto.
“Perché lo hai fatto?” era sicurissimo avesse chiesto, una reazione che evidenziava abbastanza chiaramente che quel suo gesto non era stato apprezzato.
Desiderò venire inghiottito dal letto, forse poteva chiedere asilo al Monte dei Rospi e sparire per sempre dalla faccia della terra raggiungibile.
Perché l’ho fatto?
Non c’era nessun motivo razionale per fare qualcosa del genere, senza contare quanto gli risultava strano aver baciato Obito. Obito! Uchiha Obito! Era così assurdo che non riusciva proprio a capacitarsene.
Ma quel che era peggio era che Obito si trovava nell’altra stanza e gli aveva preparato la colazione. No, non poteva uscire da lì! Doveva continuare a fingersi morto per l’alcool e sperare che se ne andasse. Non poteva affrontarlo, sicuramente voleva spiegazioni e lui non ne aveva, dannazione!
“Naruto?” si sentì chiamare interrogativo dall’altra stanza e lui squittì terrorizzato, troppo per rendersi conto che effettivamente quella non era la voce di Obito.
Se ne rese conto solo quando vide Iruka fare capolino nella stanza.
“Oh, bene, ti sei svegliato” commentò.
Il senso di sollievo fu così dirompente che, ignorando la nausea e le fitta alla testa della sbornia, Naruto si scaraventò ad abbracciarlo con affetto.
“Maestro!” lo salutò con le lacrime agli occhi, così sollevato che fosse lui e non qualcun altro. “Mi hai fatto la colazione?”
Iruka era il suo angelo custode, non c’era altra soluzione, sapeva sempre quando aveva bisogno di lui.
L’uomo più grande ridacchiò a quell’esuberanza.
“Come va con la testa?” chiese arruffandogli i capelli.
“C’è una piccola Sakura-chan che sta cercando di romperla” sbiascicò.
“Vediamo di calmarla, allora” lo rassicurò e lo guidò quindi verso la cucina. Come aveva testimoniato l’odore, Iruka gli aveva preparato la colazione e Naruto sentì lo stomaco aprirsi dalla fame davanti alla tavola imbandita di pane tostato e biscotti.
“Bevi acqua e mangia solo cose secche,” ordinò Iruka, “appena ti sarai riempito lo stomaco ti darò una pastiglia”.
Lo guardò riconoscente mentre si sedeva al suo posto e prese una fetta di pane con la marmellata già spalmata. Certo, preferiva fare colazione con il ramen, ma si rendeva conto che non era il caso di mettere alla prova il suo stomaco dopo quanto aveva bevuto.
“Che ci fai qui?” chiese comunque. “Non dovresti essere da Kakashi a fargli da baby-sitter?” aggiunse ricordando l’effettivo ruolo che aveva accanto al pigro maestro, che tentava in ogni modo di sfuggire alla burocrazia più noiosa.
“Mi ha dato il giorno libero dopo avermi avvertito che ieri notte non ti sei dato un freno,” e nel dirlo lo guardò con rimprovero, “perciò sono venuto a vedere come stavi”.
“Oh, che caro Kakashi-sensei!” cinguettò. “Si preoccupa per me”.
Stava tentando in ogni modo di mostrarsi di buon’umore nonostante la testa spaccata a metà e la coscienza che sghignazzava a sue spese ripetendo in una cantilena: hai baciato Obito e ti ha rifiutato, hai baciato Obito e ti ha rifiutato, hai baciato Obito e ti ha rifiutato…
“Iruka-sensei,” chiamò cercando di dissimulare nonchalance, si finse in particolare più concentrato a spalmare la marmellata, “i baci da ubriaco non contano, vero?”
Sperava che la domanda non risultasse strana, quasi scambiabile come futile conversazione, ma catturò un po’ troppo l’attenzione di Iruka.
“Chi hai importunato?” indagò.
Al che lo guardò offeso. “Perché devo essere stato io? Magari sto parlando di qualcun altro!”
Lo guardò eloquente, ricordandogli che era sempre lui quello che combinava il guaio. Purtroppo aveva ragione.
“Obito” sospirò vinto, lo sguardo basso come se la marmellata sul pane fosse l’unica cosa degna di interesse.
Ci fu un lungo silenzio in cui Naruto ebbe il forte impulso di gettare il pane addosso a Iruka come diversivo e scappare dalla finestra, ma l’uomo parlò prima che potesse mettere in atto il suo ingegnoso piano.
“Obito ti ha baciato?”
Arrossì, imbarazzato a doverlo contraddire. “Io ho baciato Obito” borbottò.
“…Oh” commentò preso in contro piede. “E… e lui ha, ehm, apprezzato?” domandò allargandosi il coletto della maglia. Del resto non doveva essere facile tenere una conversazione del genere con quello che consideravi il tuo figlioccio.
Il rossore si accentuò sulle guance di no. “No, direi di no” ammise colpevole.
Ancora una volta Iruka lo guardò di stucco.
“No? Obito non ha apprezzato?” Fece uno sguardo davvero confuso. “Ma ne sei sicuro?”
Sentì un moto di stizza. “Direi di sì visto che si è staccato subito e mi ha guardato come se gli avessi lanciato addosso un topo morto” sbottò infastidito da quella realizzazione. 
Okay, si pentiva di averlo fatto e sperava di trovare un modo per viaggiare nel tempo a impedire che succedesse, ma – dattebayo! – la reazione era stata troppo esagerata, manco lo avesse colpito con una testata, nessuno poteva rifiutare in quel modo un bacio di Uzumaki Naruto! Ne andava del suo onore. Poteva rifiutarlo in modo più gentile, magari ringraziandolo ma declinando in quanto non era il suo tipo, anche se Naruto era sicuro di essere il tipo di chiunque.
Si riscosse dai suoi pensieri per notare che Iruka continuava a guardarlo dubbioso, quasi incredulo.
“Questo è strano…” disse infatti. “Avevi mai pensato a Obito… in quel senso?” chiese arrossendo un poco a sua volta.
“Be’, no” rispose senza nemmeno pensarci da quanto era ovvio. “Non ho mai  pensato una cosa del genere. Non so che mi sia preso”.
“Uhm…” borbottò il suo confidente. “Che cos’è allora per te?”
“Cos’è… per me?” ripeté confuso, poi si strinse nella spalle. “È Obito, un amico e un compagno con il quale mi trovo particolarmente bene”.
Anche se a quell’ultimo pensiero si oscurò, non aveva mentito nel dire che gli piaceva passare del tempo con lui, ma… c’erano delle cose che un po’ lo facevano tentennare.  Non erano tanto in momenti in cui la sua mente lo tradiva, ricordandogli che chi aveva davanti era l’assassino dei suoi genitori, l’uomo che aveva tentato di distruggerlo in ogni modo, perché Obito aveva dimostrato di essere cambiato, di non essere più quella persona e lui lo aveva perdonato già molto tempo prima. Era altro.
“Che cosa c’è?” chiese Iruka intercettando la sua espressione inquieta.
“A volte stare con lui è frustrante” ammise, deciso a vuotare il sacco. Non ne aveva mai parlato con nessuno ed era arrivato il momento di sfogarsi, Iruka era la persona perfetta con cui farlo.
“Frustrante?” ripeté per invogliarlo a spiegarsi meglio, al che annuì con convinzione.
“Non litighiamo mai!” quasi sbraitò.
Invece di spiegarsi come avrebbe dovuto, lo lasciò ancora più confuso.
“E non è un bene?”
“No! Cioè!” ritrasse rendendosi conto di quanto dovesse suonare male e si imbronciò. “Il problema è che non osa mai contraddirmi, mi dà costantemente ragione quando è evidente che è contrariato. Cerca in ogni modo di evitare le discussioni con me ed è… frustrante!” ripeté, strinse le labbra in una smorfia. “Mi sembra non mi prenda sul serio, che mi tratti come un bambino da accontentare, che non mi consideri al suo livello e mi sembra stia ancora evitando la realtà, che si nasconda ancora dietro una maschera, che…”
“Okay, ho afferrato” lo interruppe Iruka prima che potesse stilare una lista chilometrica. A Naruto però non piacque essere bloccato e incrociò le braccia al busto, i capelli spettinati gli davano un’aria ancora più arruffata.
“È come se avesse messo un vetro tra noi. Anzi, è come se abbia paura di rompermi!” riassunse ispirato.
Iruka sospirò. “Non credi che lo faccia perché si sente in colpa nei tuoi confronti?”
Sgranò gli occhi perplesso. “In colpa? Si sente in colpa?”
“Per quello che… sai…” distolse lo sguardo imbarazzato di ricordargli quelle cose, “per quello che ti ha fatto…”
Naruto strinse le mani a pugno. “Sì, avevo capito” borbottò. Sapeva di non brillare di intelligenza, ma non era nemmeno così ottuso da non aver capito a che cosa facesse riferimento!
“Be’, non dovrebbe lasciarsi influenzare dai sensi di colpa. È acqua passata” decretò massaggiandosi la fronte. La testa gli pulsava troppo dolorosamente per sostenere quel genere di conversazione, aveva proprio scelto il momento sbagliato per sfogarsi, e quello che sentiva sotto i polpastrelli era davvero un bernoccolo? Adesso l’alcool faceva anche spuntare i bernoccoli?
Iruka addolcì lo sguardo. “Ha tentato di ucciderti, non è una cosa facile con cui fare i conti”.
“Ma se per me non è più un problema, perché dovrebbe esserlo per lui?!” sbottò.
“Per certe persone è davvero difficile perdonare se stessi. Obito non sembra una persona in grado di farlo”.
Naruto non sembrava convinto.
“Anche Sasuke ha tentato di uccidermi e sono sicurissimo che si senta una merda per questo”, ignorò l’inarcarsi delle sopracciglia dell’uomo al suo francesismo, “ma continua a trattarmi come ha sempre fatto, non con le pinze!”
Effettivamente, Iruka si stava chiedendo quanto ci volesse ancora perché nominasse l’altro Uchiha. Per questo motivo aveva già preparato la risposta.
“Le cose tra te e Sasuke sono diverse, siete amici d’infanzia, eravate migliori amici già prima che lui lasciasse il villaggio” gli fece notare.
“Ma cosa c’entra?”
“Naruto, hai sempre detto che qualsiasi cosa avesse fatto non avresti smesso di volergli bene, perché era il tuo primo legame, il tuo migliore amico. C’è una base su cui Sasuke sa di poter fare affidamento” spiegò meglio. “Obito questa sicurezza non ce l’ha. Non hai mai conosciuto la persona che era prima, non hai nessun motivo per perdonarlo davvero. Non c’è nulla di positivo che vi leghi”.
“Questo non è vero” protestò con gli occhi spalancati. “Condividevamo lo stesso sogno, mio padre era il suo maestro!”
“Sogno che ha distrutto e rinnegato” ribatté pacato senza aggiungere altro, non serviva ricordare invece cosa aveva fatto al suo maestro, a suo padre.
Infatti Naruto contrasse lo sguardo, visibilmente ferito.
“Anche se ha sbagliato, si è pentito di quello che fatto e ha cercato di rimediare, ha rimediato” tenne il punto. “Mi sembra un ottimo motivo per perdonarlo e andare avanti”.
Iruka non rispose subito, si prese qualche secondo per pensare a quanto fosse fiero del ragazzo che aveva davanti. I suoi occhi azzurri erano limpidi e onesti, pensava davvero quello che diceva e, soprattutto, ci credeva. Non molte persone avrebbero sostenuto quella linea con la stessa fermezza, la fiducia che riponeva nelle persone era solo che ammirevole.
“Devi dare del tempo a Obito perché possa farlo anche lui” risolse alla fine e sorrise. “Tu puoi aiutarlo in questo”.
Naruto sbuffò e si accasciò sullo schienale. “Certo, come no. Soprattutto dopo ieri sera” gemette e si coprì il volto con le mani. “Non avrò più il coraggio di guardarlo in faccia” piagnucolò.
Iruka lo guardò con divertito affetto. “Non esagerare. Basta parlarne e si risolverà tutto”.
“Magari non vuole più parlarmi. Magari ora mi odia”.
Fu difficile trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo. “O magari spera proprio che tu chiarisca con lui il perché lo hai fatto”.
“Non lo so!” sbottò. “Non so che mi sia preso, mi era sembrata solo la cosa migliore da fare e non so perché io lo abbia pensato, voglio dire ero ubriaco, nessuno dovrebbe pretendere che un ubriaco sappia quello che fa dattebayo” terminò.
“Diglielo allora” obiettò ragionevolmente.
“Come se fosse così semplice” borbottò di nuovo depresso.
Iruka scossa la testa e non disse altro mentre portava un antidolorifico per i postumi della sbornia. Dubitava fortemente che Obito fosse arrabbiato per quel bacio, anzi tutt’altro. Non era stupido e come molte altre persone aveva notato che genere di interesse provasse l’Uchiha nei confronti del suo allievo preferito. Non era qualcosa che lo faceva saltare di gioia, ovviamente, ma sapere che non aveva approfittato di lui mentre era ubriaco – nemmeno dopo che lo aveva baciato – glielo fece rivalutare.
Naruto aveva ragione del resto: Obito aveva rimediato e aveva dimostrato di essere un bravo ragazzo.
 
Obito era in ritardo, una piccola costante che non era cambiata in tutti quegli anni. Ma considerando che doveva incontrarsi con Kakashi non era poi così preoccupato, gli dava fastidio solo sapere che Sasuke era già lì e che gli avrebbe rinfacciato l’orario.
Be’, non era colpa sua se aveva un lavoro ingrato da sbrigare da solo visto che non aveva nemmeno pensato di chiedergli se avesse bisogno di aiuto nel decifrare quelle dannate pergamene. L’unica consolazione era che ritardando di oltre due ore era riuscito a diminuire di molto il mucchio che Naruto aveva scovato.
Appena pensò al ragazzo, il suo volto divenne impassibile. In realtà c’era un altro, e più vero, motivo per cui aveva tardato così tanto prima di uscire di casa verso il palazzo dell’Hokage. Il giorno prima Naruto aveva promesso che sarebbe passato ad aiutarlo ancora, ma aveva continuato ad aspettarlo senza che si presentasse. Forse doveva ancora recuperare la notte brava, o forse la sera prima aveva fatto qualcosa che lo aveva infastidito. Fu piuttosto facile ignorare la prima e più probabile ipotesi per commiserarsi nella seconda.
In realtà era meglio così. Se fosse venuto poi avrebbe dovuto spiegare perché Kakashi aveva convocato lui e Sasuke e perché lui non poteva venire. Non gli piaceva tenergli nascosto qualcosa, ma in quel caso era meglio che Naruto non si mettesse in mezzo, sicuramente avrebbe protestato e sapeva che se lo avesse fatto non sarebbe riuscito a contraddirlo. Naruto aveva quella brutta capacità di convincerlo a cui lui si abbandonava senza combattere.
Volevano  demolire il quartiere Uchiha per poter creare un nuovo complesso residenziale. La popolazione di Konoha era in aumento e cominciavano a stare stretti tra le mura, cosa ridicola considerando che esisteva un intero quartiere non utilizzato. Ovviamente le case erano già state messe in vendita, ma nessuno aveva osato andare a vivere in quelle abitazioni maledette. Il Consiglio aveva quindi proposto di buttare giù tutto e ricominciare da zero, nella speranza che quello avrebbe fermato le superstizioni. Per far ciò ovviamente c’era bisogno del permesso degli unici due residenti ed eredi del quartiere.
Per Obito accettare una proposta simile era stato fin troppo semplice. Per quanto da piccolo ripetesse fiero di essere un Uchiha e quindi erede di grandi tecniche, non aveva mai provato vera fierezza per il proprio clan. Del resto era cresciuto senza genitori, senza qualcuno che potesse insegnargli vero orgoglio per il suo retaggio. Considerando poi che non era mai stato visto di buon occhio tra gli Uchiha e che l’unico parente che gli aveva fatto da mentore lo aveva in realtà manipolato per i propri scopi, non si stupiva di non provare un minimo di affetto per il suo Clan.
Senza contare che se era riuscito a sterminarlo al fianco di Itachi senza provare rimorso, non si sarebbe disperato per qualche casa vuota demolita.
Ma era certo che lo stesso non sarebbe valso per Naruto. Poteva sentirlo distintamente sbraitare nella sua testa mentre protestava che stava abbandonando il suo passato – ancora una volta – e che quel luogo era comunque la sua casa ed era ingiusto che rinunciasse in quel modo rassegnato.
Si fermò rendendosi conto che la figura bionda non era solo nella sua testa, ma anche a qualche passo da lui.
“Naruto?” lo chiamò vedendolo bighellonare alle porte del quartiere.
Quello sussultò, come se fosse stato beccato a compiere qualche infrazione.
“Oh, Obito!” quasi urlò cercando di sembrare disinvolto, ma il modo in cui portò la mano tra i capelli tradì il suo nervosismo. “Stavo venendo da te, ma tu stai andando da qualche parte?”
“Da Kakashi” spiegò osservandolo attento.
“Oh, pazienza! Allora ti lascio andare, sarà per un’altra…”
“Facciamo la strada insieme” lo interruppe. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per approfittare anche solo di alcuni minuti con lui.
Naruto sorrise forzato. “Certo, sicuro! Ti accompagno, nessun problema…”
Decisamente c’era qualcosa che non andava. Forse aveva indugiato un po’ troppo la notte prima quando lo aveva spogliato e se ne ricordava, perciò si sentiva in imbarazzo in sua presenza.
Iniziarono a camminare in quel silenzio nervoso, a cui riuscì a resistere solo per un manciata di minuti.
“Va tutto bene?” si assicurò.
Naruto scattò come se lo avesse punto con uno spillo.
“Sì, benissimo, dattebayo!” strepitò agitandosi con le braccia, poi però gli rivolse uno sguardo colpevole. “No, in realtà ecco volevo scusarmi per ieri sera, per quello che ho fatto”.
Lo guardò sempre più confuso. “Non occorre, eri ubriaco…”
“Sì, ma mi dispiace, okay? Non volevo offenderti o disgustarti, non so perché io lo abbia fatto, mi era sembrato sensato farlo ma non è che le cose degli ubriachi abbiano davvero senso, è stato stupido e impulsivo, quindi mi dispiace davvero per favore non essere arrabbiato con me” terminò quasi senza respirare, come un testo senza virgole.
Obito era sicuro di non aver affatto seguito correttamente il ragionamento. Pensò quindi di frenarlo prima che ricominciasse a parlare.
“Non… non sono arrabbiato con te” gli fece presente, era ridicolo anche solo lo pensasse!
“No?” spiò incerto Naruto in un’espressione adorabile a cui fece davvero fatica a resistere.
“No” ripeté, poi fece un sorriso per provare ad alleggerire l’aria. “Certo, la testata potevi risparmiarla. Ha fatto male” scherzò.
Ma Naruto lo guardò con tanto di occhi. “La… testata?”
“Sì” annuì accigliandosi. Non si stava scusando per quella?
Molto probabilmente no visto l’espressione che aveva Naruto, come se una realizzazione gli fosse piovuta dal cielo.
“Ti ho dato solo una testata?” chiese quasi speranzoso.
La situazione era sempre più strana, confermò ancora mentre il bernoccolo che aveva sulla fronte pulsava come un memento.
“Una testata fortissima” specificò.
Ma Naruto non sembrava davvero dispiaciuto, lo guardava piuttosto come se fosse una rivelazione mistica e, confondendolo ancora di più, sorrise.
“Una testata,” sospirò con sollievo, “non ti ho baciato. Era solo una testata”.
Si fermò in mezzo alla strada, così all’improvviso che Naruto fece ancora qualche passo prima di rendersene conto. Si voltò a guardarlo ed era rosso sulle guance, doveva essersi conto di quello che aveva detto e quell’imbarazzo confermò a Obito che aveva sentito bene.
Naruto si stava scusando per un bacio? Credeva di averlo baciato?
Ricordò il modo in cui aveva appoggiato le mani sulle sua guance, la pressione che aveva fatto sulla pelle prima di spingere i loro visi e capì che quello che aveva cercato di fare era baciarlo. Non dargli una testata, quella doveva essere stato un incidente dall’alcool. Per questo Naruto credeva di averlo baciato, perché l’intenzione era stata quella.
Ci mise più di qualche secondo a raccogliere i propri pensieri e riuscire a formulare qualcosa, secondi in cui Naruto si guardò disperatamente intorno in cerca di un appiglio per cambiare conversazione.
“Perché volevi baciarmi?” chiese stupito.
Era la domanda più ovvia e razionale da fare, anche se era difficile ignorare il battito accelerato del proprio cuore. Aveva passato così tanto tempo ad anestetizzarlo, insieme a ogni possibile sentimento, che non sapeva più gestirne uno nuovamente funzionante. Si poteva sentire il rumore sordo dei battiti contro le cassa toracica?
“Ero ubriaco!” strepitò Naruto come se lo avesse accusato. “Te l’ho detto, non c’è un perché. E poi non è successo, non è più importante” concluse dandogli un’amichevole pacca sulla spalla. “Lasciamo stare”.
Lo guardò, chiedendosi se fosse così tanto masochista o meno da alimentare la fiammella di speranza che si era accesa nel suo petto. Forse aveva ragione, del resto era comune fare cose assurdi da ubriachi che da sobri non si avrebbero mai fatto, ma c’era anche il detto che nell’alcool ci fosse la verità…
Voleva chiedergli qualcosa in più, voleva sapere se dietro quell’azione impulsiva che Naruto diceva essere senza un perché ci fosse in realtà un significato. Se, forse, una minuscola parte di lui aveva dei sentimenti che potevano sbocciare…
Però era evidente che Naruto non volesse parlarne, sicuramente il motivo per cui non si era presentato fino a quel momento da lui era perché aveva tentato di rimandare l’argomento. Non voleva parlare di quella cosa, era ovvio che ne fosse imbarazzato e il sollievo nel sapere che non era successo era così trasparente da rispondere da solo alla domanda di Obito. Non c’erano potenziali sentimenti.
“Va bene” acconsentì mesto riprendendo a camminare.
Non avrebbe mai forzato Naruto a fare o dire qualcosa che non voleva solo per bisogno personale. Non sarebbe stato così egoista, avrebbe tenuto la fiammella di speranza a bada senza costringerlo in qualcosa che lo metteva a disagio.
Ma Naruto lo guardò corrucciato mentre lo affiancava di nuovo.
“Davvero?” indagò con tono sconcertato. “Lasci davvero stare? Non ti interessa?”
Obito distolse lo sguardo mentre rispondeva, temendo che potesse leggergli negli occhi quanto invece morisse dal desiderio di sapere di più.
“Non è importante” mentì con disinvoltura.
E con altrettanta disinvoltura sentì un pugno schiantarsi contro la sua mascella.
Impreparato a quell’azione aggressiva da parte del compagno — e dall’incredibile forza che ci aveva messo nel colpirlo – perse l’equilibrio cadendo per terra, sul piccolo prato che fiancheggiava la strada. I suoi riflessi ninja gli permisero di attutire la caduta, ma non di diminuire il dolore alla guancia. Ci appoggiò una mano, accorgendosi del gusto ferroso in bocca: il colpo era stato così forte che l’interno della guancia si era lacerata scontrandosi con i denti. Non ebbe nemmeno il tempo di realizzarlo pienamente che Naruto si scagliò ancora contro di lui, un altro pugno teso per colpirlo. Abbandonò la confusione per attivare lo sharingan e rispondere allo scontro che a quanto pare era appena iniziato. Smaterializzò ogni parte di sé che Naruto tentava di colpirlo, sfuggendo ai suoi tentativi di bloccarlo in una posizione di svantaggio. Riuscì a vendicarsi del suo primo pugno colpendolo con un calcio allo stomaco, dovette essere molto doloroso, ma Naruto non si lasciò minimamente indietreggiare.
“Sei un cazzone!” sbottò invece tornando all’attacco.
“Che diavolo ti è preso?” riuscì a gridare a sua volta prima di dover trasferire un lato del volto sulla sua dimensione. Naruto non sapeva proprio controllarsi, né in battaglia né in allenamento, se non avesse avuto il kamui ad aiutarlo tutti quei colpi avrebbero fatto davvero male.
“Che prende a te?!” girò la domanda Naruto riuscendo finalmente a bloccarlo al suolo. Ma Obito rimase in quella posizione di svantaggio solo un secondo prima di teletrasportarsi in un punto più lontano.
“Sei tu quello che mi colpito!” sbottò incredulo che gli girasse la frittata. La sera prima lo aveva preso a testate, adesso a pugni, che diavolo gli prendeva tutto d’un colpo?
“Ti avevo promesso che ti avrei distrutto quella maschera”, berciò in risposta, “e io mantengo sempre le promesse, ‘tebayo!”
Quello risposta lo confuse e lo inchiodò a terra, pietrificato dal ricordo, e per questo non riuscì a reagire prontamente quando Naruto si scagliò ancora una volta verso di lui.
 
Il colpo non andò a segno.
Una gigantesca mano scheletrica e fiammeggiante di viola aveva intercettato il balzo di Naruto afferrandolo in aria. Quella tecnica non poteva che essere una formazione parziale di Susanoo e infatti Obito individuò subito Sasuke a qualche passo da loro. Aveva un’espressione infastidita.
“Che cazzo state facendo?” sibilò infatti.
“Non metterti in mezzo, teme!” sbraitò Naruto tentando di liberarsi da quella presa.
Sasuke lo guardò con sufficienza e volse gli occhi inespressivi sull’altro Uchiha.
“Allora?” chiese acido. “Perché invece di essere dall’Hokage dove ti stiamo aspettando da due ore sei qui a fare il bambino con questo idiota?”
“Stavo venendo,” si difese, “ma sono stato aggredito”.
Al che si voltò verso l’idiota che sapeva essere l’unico vero colpevole della situazione. Per quanto Obito avesse dimostrato una certa propensione all’idiozia e un temperamento simile a quello del dobe, i geni Uchiha che possedeva dovevano pur significare qualcosa.
Allo sguardo accusatorio Naruto si imbronciò e ripeté: “Non metterti in mezzo”. Poi aggiunse: “Fammi scendere”.
Sollevando gli occhi al cielo, lo accontentò ma si premurò di appoggiarlo il più lontano possibile da Obito. Fortunatamente, l’usuratonkachi non sembrava più propenso a menare i pugni e si limitò a incrociare le braccia al petto con sdegno. Sasuke decise che non si sarebbe messo in mezzo, non nutriva nessun interesse sul perché Naruto avesse preso a pugni Obito quando gli era sembrato di capire che andassero  d’amore e d’accordo.
“Vogliamo andare?” chiese quindi sbrigativo al parente.
“Posso venire con voi?” domandò Naruto.
“No” lo freddò senza possibilità di appello. “Non è qualcosa che ti riguarda, non metterti in mezzo” calcò le sue stesse parole.
Colpito e affondato, Naruto non replicò nulla e poté solamente chiudersi in un broncio offeso. Be’, se voleva fare a gara a chi era più cocciuto non si sarebbe tirato indietro.
Sasuke accennò un sorriso di superiorità, certo della vittoria schiacciante, e si voltò senza controllare che Obito lo seguisse. Sentì i suoi passi dietro di sé poco dopo e a giudicare dal ritmo Naruto era davvero rimasto indietro, lasciandoli soli.
Corrucciò la fronte pensoso rendendosi anche conto che Obito stava pestando il marciapiede in modo fin troppo aggressivo. Voltò la testa al suo fianco per accorgersi che lo stava guardando nello stesso modo bellicoso in cui camminava. Inarcò un sopracciglio per invogliarlo a spiegarsi.
Obito non dovette farsi pregare.
“Perché devi essere sempre così freddo con lui?” sbottò.
“Non so di che parli”.
“Tratti continuamente Naruto di merda”.
Quel commento lo infastidì ulteriormente, non gli piaceva che la gente si mettesse in mezzo fra loro due e soprattutto sindacasse sul suo comportamento.
“Naruto non lo pensa allo stesso modo,” gli fece notare, “quindi puoi immaginare da solo quanto mi interessa la tua opinione in merito”.
Lo vide contrarre la mascella.
“Sei arrogante” replicò.
“L’unico arrogante qui sei tu, che parli senza sapere niente, quindi: taci” perse definitivamente la pazienza.
In quei pochi giorni a Konoha non si era solo reso conto dell’infatuazione di Obito per Naruto, ma anche quanto fosse geloso e, soprattutto, quanto fosse geloso di lui. Il fatto che ora lo stesse accusando che non gli importava abbastanza di Naruto era la goccia di troppo, soprattutto contando che in tutto il mondo solo due erano le persone di cui gli importava qualcosa: una era Sakura, l’altra Naruto.
Quindi poteva evitare di riversargli contro la sua frustrazione solo perché a differenza sua non riusciva ad avvicinarsi a Naruto come voleva.
Obito però non sembrava aver perso la voglia di litigare.
“Posso assicurarti che il tuo comportamento lo fa soffrire” masticò rabbioso.
Se non fosse stato incazzato, avrebbe riso.
“Cos’è? Sei il suo speciale confidente del cuore?” commentò con ampio sarcasmo.
“No” ammise Obito. “Ma ieri sera da ubriaco ha detto qualcosa. Si è chiesto perché tu te ne andassi sempre, lasciandolo ogni volta solo”.
Sasuke si bloccò, questa volta le parole avevano raggiunto il loro segno. Alzò di nuovo gli occhi su Obito.
“Ha parlato proprio di me?” si assicurò. “Ha detto il mio nome?”
La smorfia sul volto del più grande gli fece capire che non era così.
“Sei l’unica persona che lascia il villaggio regolarmente che gli sia così vicina. Non serviva facesse il nome per capirlo” obiettò.
Rimase zitto, meditando su quelle parole. In realtà, era certo che avesse capito male o frainteso quello che il dobe aveva detto. Lo sapeva perché ne aveva parlato con Naruto, ancora quando era partito la prima volta, riguardo il suo non restare al villaggio. Poco prima di partire gli aveva chiesto scherzosamente, anche se con una certa ansia, se lo avrebbe seguito ancora. Il fatto che aveva risposto “no” con serenità lo aveva stupito, ma aveva dimostrato ancora una volta quanto sotto quell’apparenza da dobe lui riuscisse a capirlo. Non avrebbe seguito per riportarlo al villaggio, perché sapeva che non stava correndo contro a qualcosa di autodistruttivo, che non si stava allontanando da lui e che sarebbe tornato. Naruto aveva già tolto quel peso dalle spalle di Sasuke, se n’era fatto carico come promesso, e ora Sasuke doveva solo imparare a essere felice. Sapeva che per far questo doveva in primo luogo imparare a conoscere meglio se stesso e il mondo che lo circondava, quel mondo che Naruto voleva proteggere a ogni costo. Per questo viaggiava e, per lo stesso motivo, tornava.
“Tu lo lasci solo” lo accusò Obito interrompendo il filo dei suoi pensieri.
Questa volta alzare il tono della voce risultò più difficile, come detto odiava il suo giudizio da esterno che non sapeva nulla.
“Non è vero, ma se anche fosse ti assicuro che Naruto me lo farebbe presente invece di venire a piagnucolarlo a te”. Fece una smorfia, l’occhio nero brillò di cattiveria. “A differenza tua è onesto nei propri sentimenti e non è un codardo”.
Sapeva di aver colto il segno con quelle parole, lo confermò il modo in cui Obito contrasse lo sguardo e come la sua espressione si fece più diffidente. Sasuke aveva scoperto le sue carte, facendogli presente che conosceva i suoi sentimenti.
“Parli di una cosa che non capisci” disse alla fine a bassa voce.
Quel suo tentativo di rendere il tutto più privato dopo che aveva praticamente sbraitato in mezzo alla strada gli fece alzare gli occhi al cielo.
“Nemmeno tu” replicò deciso a chiudere quella conversazione, del resto erano ormai arrivati al Palazzo del suo Hokage e al suo interno non avrebbero potuto continuare il discorso.
C’era però ancora qualcosa che voleva dire a Obito, forse perché era parenti, forse perché era comunque una persona alla quale Naruto teneva o forse si era semplicemente rammollito, contagiato dai sentimentalismi dei suoi compagni di squadra. Perciò sospirò.
“Può sembrare assurdo, ma io e Naruto comunichiamo. Forse in passato lo abbiamo fatto nel modo sbagliato,” mentre lo diceva gli vennero in mente tutti i pugni che si erano scambiati, “ma ora stiamo migliorando, perciò posso assicurarti che se lo facessi stare male, me lo verrebbe a dire”. Fece una pausa in cui lo guardò eloquente. “Forse quelle parole non erano per me. E forse dovresti iniziare a essere un po’ più diretto con lui, magari prendere sul serio l’idea di parlare apertamente di quello che provi”.
Obito non rispose, perciò Sasuke considerò chiuso l’argomento. La sue esperienza come consulente poteva anche terminare lì, aveva fatto anche troppo.
 
 
 
 
Buon 2020!
Tranquilli, non mi sono dimenticata di questa storia xD Ho solo avuto le feste in mezzo e varie cose, ma la pubblicazione continua! Ed ecco qui il terzo capitolo della storia, dove Naruto dimostra chiaramente di essere un dobe e Sasuke è già stanco di questi drama da romanzo rosa.
Spero vi sia piaciuto, una recensione è sempre graditissima <3
Nel prossimo capitolo Obito e Naruto chiariranno alcune cosette e Sasuke prendere a calci Naruto.

Hatta.

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Capitolo 4
*** Ero solito pensare che amare significasse un inseguimento doloroso, ma tu sei qui davanti a me ***


 

IV

Ero solito pensare che amare significasse un inseguimento doloroso, ma tu sei qui davanti a me

 

 

Come aveva sospettato, l’incontro con Kakashi riguardava solo formali procedure burocratiche. Al termine di esso, Obito procedeva verso la sua – ancora per poco – casa con una cartella piena di permessi e autorizzazioni da firmare e completare. Non sapeva quando avrebbe trovato la forza per farlo, era esausto. Lavorare sulle pergamene da solo, il piccolo scontro con Naruto e la conversazione con Sasuke lo avevano sfinito. Si era appena fatta l’ora di cena, ma complice il buio invernale gli sembrava fosse la mezzanotte passata.
Eppure quella giornata non aveva finito di metterlo alla prova, lo capì quando arrivato davanti alla sua casa vide Naruto seduto a gambe incrociate sul porticato. Aveva gli occhi puntati sul giardino poco curato – Obito non era mai stato un pollice verde –, ma appena gli si avvicinò li alzò su di lui.
Non sapeva dire se fosse l’iride azzurra a rendere lo sguardo così intenso, ma ogni volta che lo fissava direttamente in volto si sentiva spaesato, trafitto, come quando le loro coscienze si erano scontrate. Naruto dava la sensazione di vederti davvero.
Vide il volto abbronzato piegarsi in un sorriso.
“Lavoro extra?” domandò indicando con un cenno la cartella gonfia sotto il braccio.
“In un certo senso” rispose vago.
Si sentiva un po’ a disagio, visto che si erano lasciati nel mezzo di una zuffa senza risolvere, senza contare la fastidiosa conversazione avuta con l’altrettanto fastidioso parente. Lo aveva accusato di essere un codardo e non poteva dire avesse poi così torto.
“Scusa per il pugno” borbottò Naruto dopo qualche secondo di silenzio, una smorfia di dispiacere.
Scrollò le spalle. “Me ne sono capitati di peggio” assicurò, poi fece una smorfia. “È stato abbastanza inaspettato” ammise, con chiaro tono interrogativo.
Naruto fece un sorriso imbarazzato e batté la mano sul gradino al suo fianco in un invito.
“Parliamo” risolse.
Che alla fine era proprio quello che Sasuke gli aveva consigliato di fare, parlare. Ma lui non si sentiva ancora pronto, aveva bisogno di un altro po’ di tempo, senza contare che non si aspettava che l’iniziativa venisse proprio dall’altro.
Ingenuo, si accusò da solo. Era di Uzumaki Naruto che parlavano, il ninja imprevedibile numero uno.
Perciò accettò e si sedette al suo fianco, togliendosi le scarpe.
“Di cosa?” chiese con un sospiro mentre liberava i piedi doloranti. Le calzature ninja erano scomode oltre che oscene, gli sarebbe tanto piaciuto sapere chi le aveva progettate.
Naruto si strinse nelle spalle. “Be’, di noi”.
Suonava terribilmente ambiguo, perciò lasciò che continuasse.
“Voglio dire,” riprese infatti, “immagino tu voglia sapere perché ti ho colpito”.
“Sì, effettivamente mi farebbe piacere. Immagino non sia solo perché sono un cazzone” disse sorridendo, in un tentativo di rilassare l’atmosfera.
Naruto colse la palla al balzo e ricambiò il sorriso.
“Invece è proprio per quello,” annuì, “ma credo di dovermi spiegare meglio”.
Attese che lo facesse e si avvolse meglio nella giacca. L’autunno stava davvero finendo, la temperatura rigida di quella notte annunciava che ormai l’inverno aveva iniziato ad avanzare.
“Obito, tu ti fidi di me?”
Non era con quella domanda che si aspettava iniziasse la conversazione.
Annuì. “Ovviamente”.
Era stupido che avesse quel dubbio, era la persona più degna di fiducia che conoscesse. Era Obito a non meritare la sua fiducia.
“Allora perché non mi parli? Voglio dire…” Naruto si morse il labbro, “non sembra ecco. Sembra che a te non interessi, mi tieni a distanza”.
Contrasse lo sguardo a quell’ammissione. Non voleva dargli quell’impressione, era l’ultima cosa che voleva.
“Mi dispiace” disse.
“Anche prima. So che è una stupidaggine, forse è imbarazzante anche per te ed è okay se non ne vuoi parlare, nemmeno io voglio farlo. Ma hai lasciato cadere il discorso così, non ha insistito. Non insisti mai, appena dico no tu lo accetti e non fai niente”.
“Se non vuoi parlarne…”
“Lo so, ma sembri indifferente. Sembra che non ti importa di me. Sembra che non ti importi ancora più di niente… Che nulla continui a importarti” mantenne il punto. “Apprezzo che tu non voglia forzarmi, ma un amico dovrebbe aiutare a tirarci fuori le cose anche quando non vogliamo” gli fece presente.  
“Quindi dovevo insistere e sapere perché credevi di avermi baciato?” domandò.
Naruto arrossì un po’. “Be’, non sto parlando solo di questo caso specifico,” borbottò, “ma in generale ecco. Mi sento tagliato fuori, non mi piace questa sensazione. Per questo ti ho colpito, perché speravo di avere una reazione, di buttare giù il muro che hai messo. È come se ti stessi nascondo di nuovo dietro una maschera, ma io voglio vedere il vero Obito!” terminò deciso.
Su una cosa Sasuke aveva ragione: Naruto era molto più onesto di quanto fosse mai stato lui. C’erano tanti punti di incontro tra loro due (per lo più con il vecchio se stesso), ma non credeva di essere mai riuscito a essere così schietto e diretto con qualcuno. Forse solo in quell’ultima missione con Kakashi, dove era…
Non lasciò finire il pensiero, si concentrò solo sul ragazzino che aveva davanti. Era cresciuto dal loro primo incontro, aumentando l’altezza e mettendo più massa muscolare, effettivamente assomigliava più a un uomo che a un ragazzino.
Un uomo affidabile, quello che un tempo aveva desiderato essere lui.
Perciò sospirò. Sasuke gli aveva fatto capire che doveva essere onesto ed era la stessa cosa che gli stava chiedendo Naruto.
“Hai ragione, solo che…” si strinse nelle spalle, “solo che dopo tutto quello che ho fatto non riesco ancora a credere che tu mi abbia davvero perdonato. Ho paura di rovinare tutto, di prendere ancora un cammino sbagliato”.
Okay, era stato sincero. Magari non aveva parlato dei suoi sentimenti, ma almeno aveva esposto le sue preoccupazioni, era un passo avanti.
“Non rovinerai niente” lo rassicurò Naruto e la fiducia incondizionata con cui lo disse gli scaldò il cuore. Avrebbe voluto avere la stessa sicurezza.
“Cosa ti fa credere che non succederà?”
“Be’, perché ci sono io a impedirtelo” annuì serio, poi scoppiò a ridere. “Voi Uchiha siete tutti uguali, anche Sasuke mi ha chiesto la stessa cosa”.
S’imbronciò per essere stato paragonato a una delle persone che meno gli stavano simpatiche al mondo.
“E gli ho risposto che sono sempre disposto a prenderlo a calci in culo” continuò a ciarlare spensierato Naruto. “Lo stesso vale per te. Ma ovviamente non posso farlo se mi chiudi fuori”.
“Non ti ho mai chiuso fuori da casa mia” gli fece notare.
“Sai cosa intendo.” Lo guardò eloquente. “Sono passati anni, ma continuo a sapere pochissimo di te. Mi piacerebbe poter recuperare quello che non abbiamo potuto avere…”
“Per colpa mia”.
“Per colpa di Madara” corresse.
Ma Obito scosse la testa. “Mi avrà anche manipolato, ma ho fatto tutto di mia volontà. Non scaricherò la colpa a un altro solo per comodità” precisò, si guardò le mani. “Se fossi tornato subito le cose sarebbero andate diversamente. Se fossi stato abbastanza forte da resistere al dolore…”
Naruto rimase in silenzio prima di scrollare le spalle. “Non ha senso pensarci” disse, ma con il tono di una persona che ci aveva pensato anche troppo e Obito non poteva non ammettere di condividere quel pensiero.
“Hai ragione” ammise sapendo comunque che avrebbe continuato a farlo. Ormai crogiolarsi nel senso di colpa era un’abitudine.
“Quindi, mi prometti di non mettermi più su un piedistallo?” riprese Naruto. “Di non aver paura di rovinare tutto?”
Sorrise. “È una promessa un po’ troppo grossa”.
“E io credevo di averti dimostrato che non mi rompo facilmente” lo canzonò.
“Touché”.
Si scambiarono una breve risata, la tensione allentata. Tutto sommato Obito era contento di essere stato affrontato ancora una volta.
“Quindi se ti dicessi che ho appena accettato di far radere al suolo l’intero quartiere Uchiha tu non ti arrabbierai?” domandò tastando il terreno.
Aveva detto che sarebbero stato sinceri d’ora in poi, era meglio iniziare fin da subito.
Naruto lo guardò sconvolto. “Hai fatto cosa?”
Gli passò la cartellina con tutto il materiale procuratogli da Kakashi senza dire niente. Naruto sbirciò con la poca luce delle lanterne d’entrata, lo sguardo che si sgranava sempre più nell’andare avanti.
“Perché?” chiese.
“È un intero quartiere inutilizzato, è davvero un peccato che non venga sfruttato…”
“No, non intendo questo” lo interruppe con gli occhi contratti. “Perché hai accettato? È casa tua, ti stanno mandando via”.
Scrollò le spalle. “Non mi interessa molto, in realtà” ammise. “Non sono mai stato un vero Uchiha e quando lo sono stato ero un traditore. In realtà stare qui è più una sofferenza che altro”.
“È il tuo passato,” obiettò, “così lo stai buttando via”.
“Magari è quello che voglio,” gli fece notare, “ricominciare da zero”.
“Ma non è giusto!” protestò ancora e ripeté più incisivo: “È il tuo passato, la persona che sei”.
Fortunatamente bastò un’occhiata sola a farlo rimettere in riga.
“Non è nel passato che troverai il vero me” gli fece notare. Anche se la verità era che non aveva proprio nessuna idea di dove potesse essere quel vero Obito che Naruto voleva trovare a tutti i costi.
 
Dentro la casa c’era un bel calduccio. Si erano decisi a entrare quando entrambi avevano ammesso di essere congelati e ovviamente Obito aveva ben pensato di invitarlo a cena. Ora guardava negli stipetti per controllare di avere tutti gli ingredienti per un buon ramen, era certo che se anche se non fosse stato all’altezza di quello di Ichiraku Naruto avrebbe apprezzato lo stesso. Lui non aveva bisogno di mangiare, se ora lo faceva era solo per tentare di prendere un’abitudine che lo integrasse meglio nella nuova vita, perciò gli era piuttosto indifferente quello che cucinava.
Dall’altra parte, seduto sul tavolo basso della cucina, l’esuberante ninja era meno esuberante del solito, troppo impegnato a studiare le carte sull’imminente demolizione.
“Qui dice che i lavori inizieranno a Marzo” borbottò dopo un po’.
Se non fosse stato che stava cucinando, Obito avrebbe detto che il vapore che aveva invaso la stanza veniva direttamente dalle orecchie dell’Uzumaki, evidentemente troppo concentrato per il suo cervello poco abituato a quello sforzo.
“Sì, be’, aspetteranno la fine dell’inverno per lavorare meglio” fece presente.
“Quindi c’è ancora tempo per cambiare idea”.
Si fermò capendo dove voleva andare a parare. Naruto era davvero cocciuto, ma sperava avesse capito che quello era un affare che riguardava lui.
“Non cambierò idea”.
“Te la farò cambiare io” lo sfidò.
“Dovresti farla cambiare anche a Sasuke” lo avvertì.
“Oh, sono certo di convincerlo” commentò e Obito non poteva dire di non credergli, ci doveva essere un motivo se Sasuke aveva voluto tenergli nascosto quella cosa. Probabilmente si sarebbe arrabbiato da morire nello scoprire che aveva spifferato tutto.
“Uhm, ho anche qualche mese per lavorarmi Kakashi” terminò soddisfatto Naruto, finalmente mettendo da parte le carte. Annusò l’aria concentrandosi finalmente su quello che lo circondava e allargò lo sguardo felice. “Ramen!” esultò.
“Ramen” confermò.
Terminò di sistemare le ultime cose e poi versò il tutto nelle due ciotole, disponendo i vari ingredienti in modo che la rotellina di naruto fosse visibile su tutti. Naruto sembrò apprezzare quell’accortezza.
“Itadakimasu!” gridò prendendo le bacchette.
Obito lo guardò in silenzio, divertito dal modo in cui si abbuffava – come se non mangiasse ramen da mesi – poi decise di punzecchiarlo un po’.
“Quindi, perché volevi baciarmi?”
Fu molto divertente vedere Naruto quasi strozzarsi con gli spaghetti.
“Possiamo lasciar stare?”
“Hai detto che dobbiamo parlare” gli rinfacciò con un sorrisetto “e ammetto di essere curioso”.
Molto curioso. Del resto, la sua fiammella di speranza non si era ancora spenta. Se doveva soffocarla brutalmente, era meglio farlo ora.
“Non lo so perché” ammise imbronciandosi. “Non so perché io abbia pensato di farlo, so solo che l’ho pensato e ho tentato di farlo. Meno male che non ci sono riuscito” rise.
“Mh, avrei preferito un bacio che una testata” commentò casuale.
Lo aveva detto per mantenersi sul tono scherzoso – per quanto fosse vero –, di certo non si aspettava che Naruto reagisse lasciando cadere le bacchette.
“Davvero?” lo guardò con gli occhi spalancati.
Obito cominciò a temere di essersi esposto.
“Be’, hai la testa dura, ha fatto male” obiettò leggero, nel tentativo di mantenere la cosa poco seria.
Ma Naruto ora sembrava incuriosito.
“Tu hai mai baciato qualcuno?”
Raggelò. “Ehm, domanda di riserva?” chiese, anche se si rendeva conto che il suo tentativo di svincolare assomigliava fin troppo a un’ammissione.
Infatti Naruto inclinò la testa, sempre più curioso.
“Davvero? Nessuno?”
“Non è che ne abbia avuto l’occasione” borbottò.
Il suo primo bacio era destinato a Rin ma lei era morta e poi c’era stato… quello che era stato.
“E non vorresti provare?” continuò. “Trovare qualcuno e…”
Non obiettò che effettivamente aveva davanti la persona che avrebbe voluto baciare, si limitò a passare le dita sul lato destro del suo volto, quello rovinato.
“Non credo che qualcuno si offrirebbe” commentò suo malgrado amareggiato. Non era solo il fatto che tutti lo guardassero ancora con sospetto, sapeva di non avere un aspetto attraente.
Naruto dovette intercettare i suoi pensieri perché gli sorrise dolce.
“Invece sì. Secondo me sei davvero figo, sai?” commentò sicuro e Obito avrebbe davvero voluto che quelle parole non si adagiassero troppo ad alimentare quella fiammella.
“Oh, uhm… grazie?” borbottò in imbarazzo, che cercò di dissimulare con un sorriso malizioso. “Quindi ti stai offrendo come cavia?”
“Ti piacerebbe” replicò Naruto ridendo, spezzando la piccola speranza. “Non ho abbastanza alcool in corpo per pensare una cosa del genere. Riprova la prossima volta”.
Non commentò, rise solo con poca convinzione. Non avrebbe mai approfittato di Naruto ubriaco, questo era certo, quindi non riusciva a prendere lo scherzo per quello che era.
“E tu, Naruto? Sei riuscito a superare il tuo primo bacio?” lo derise un poco masochista e, suo malgrado, curioso visto che non aveva mai accennato a probabili conquiste.
Come ogni volta che si menzionava quel famoso incidente, Naruto arrossì furioso.
“Certo che l’ho superato!” sbraitò.
“Ah sì? E chi avresti baciato?” lo derise poco convinto. Era certo che non avesse baciato nessuno, glielo avrebbe detto, se ne sarebbe vantato con chiunque.
“Be’, Sakura!” rispose, ma dovette ammettere sotto lo sguardo poco convinto di Obito: “Durante la mia quasi morte, respirazione bocca a bocca”.
Scoppiò a ridere. “Sfigato” sghignazzò.
“Almeno io ho baciato qualcuno!” protestò indignato.
“Il tuo migliore amico” non smise di ridere.
Il broncio che ricevette era assolutamente adorabile, quasi irresistibile.
“Sto solo aspettando la persona giusta, ‘tebayo” borbottò con le orecchie rosse e quell’ammissione fu davvero dolce per Obito.
“La troverai” lo rassicurò.
A differenza mia, aggiunse mentalmente. La sua persona giusta era morta e l’altra… be’, non credeva di meritare l’amore di Naruto.
 
Passarono il resto della serata a chiacchierare leggeri, scambiandosi battute e punzecchiandosi a vicenda. Il discorso sulla demolizione imminente non fu più sollevato, ma al contrario Naruto volle che entrambi stilassero una lista delle persone che avrebbero voluto baciare. La cosa aveva smesso di essere seria quando Obito aveva aggiunto Tsunade e Naruto era inorridito all’idea di baciare nonna Tsunade, a nulla erano valsi i tentativi di spiegazione sull’interessante petto della donna da parte di Obito, per Naruto era una cosa troppo assurda e basta. Però era stato d’accordo senza esitazione per quanto riguardava la Mizukage.
Si fece tardi e Naruto dovette tornare a casa, per un momento Obito quasi pensò di invitarlo a restare a dormire da lui, ma aveva una camera da letto sola, un letto solo. Sarebbe stato imbarazzante.
Perciò lo accompagnò all’entrata per salutarlo. Fuori la temperatura era precipitata e ogni volta che respiravano nuvolette di condensa si formavano davanti ai loro volti. Nonostante questo il cielo era stellato e Obito osservò placido i puntini luminosi mentre Naruto si sistemava alla partenza.
“Ohi” si sentì chiamare.
Ebbe appena il tempo di abbassare la testa che il più giovane lo afferrò al colletto e lo tirò verso di sé, per un momento si chiese se stesse per replicare quello che era successo la notte prima. Ma Naruto fermò i loro visi a una discreta distanza, lo aveva fatto solo perché si osservassero negli occhi.
Era comunque troppo vicino, con i fiati che si scontravano, e Obito si agitò. Si sentiva vulnerabile osservato da così vicino, in quel modo che solo le iridi cerulee sapevano fare.
“Abbiamo un accordo, allora” disse Naruto serio, poi ghignò. “Ti osservo, Uchiha Obito” lo avvertì.
Rimase di stucco, anche quando lo lasciò andare restò fermo a fissarlo interdetto. Quello… gli ricordava così tanto…
Naruto fece un passo indietro, un poco imbarazzato a sua volta, e passò  l’indice sotto il naso in un gesto sbarazzino.
“Neh, ci vediamo domani quindi!” salutò prima di iniziare a correre via, prima di lasciare Obito solo sulla porta della sua casa.
Crollò a sedere sul porticato, gli occhi puntati sulla figura dello shinobi che si rimpiccioliva sempre più.
Ti osservo, Uchiha Obito.
Veglierò sempre su di te, Obito.
Un solo sospiro uscì dalle sue labbra, una parola accompagnata dalla nuvoletta biancastra:
“Rin…”
 
 
Naruto riconobbe subito il chakra familiare quando si svegliò. Con un sorriso smagliante si alzò dal letto e si gettò sulla finestra per aprirla.
“Yo!” salutò con lo sguardo rivolto al tetto, dove vide la scura figura di Sasuke. Fuori il cielo era azzurro, solo nuvole sottili scivolavano veloci spinte dal vento forte, lo stesso che agitava i capelli e le vesti scure del compagno.
“Yo” ricambiò Sasuke con l’accenno di un sorriso. “Stavi ancora dormendo?” lo derise.
“È l’alba, teme” si difese e nel mentre si spostò permettendo che il ragazzo entrasse nella casa, portando con sé il fresco della mattina.
“A cosa devo questa tua visita?” cinguettò richiudendo la finestra.
Sasuke guardò con disapprovazione il disordine che imperversava nella stanza, il labbro arricciato e le dita che fremevano dal bisogno di soddisfare il suo disturbo compulsivo di ordine. Riuscì a resistere e senza guardare niente andò verso al cucina.
“Sto per partire” annunciò.
“Eh, di già?” esalò Naruto stringendo gli occhi. “Sei stato meno del solito!” protestò.
“Ho sbrigato le mie faccende” spiegò parco. Aprì il frigo in cerca di qualcosa con cui fare colazione, ma fu con una smorfia disgustata che si accorse che c’era solo ramen. “Fammi un caffè” ordinò.
Naruto era già diretto alla caffettiera prima che lo pretendesse, perciò non questionò sul tono con cui aveva parlato. Fece però una smorfia.
“Già, le tue faccende, cioè demolire il tuo quartiere?” domandò con ampio sarcasmo e gongolò interamente all’espressione sbigottita sul volto pallido.
“Obito ha parlato” capì stringendo le labbra in una linea sottile.
“Già e non credere che io non sia arrabbiato che voi me lo abbiate nascosto” sbottò con la stessa forza con cui fece sbattere la scatola di caffè sul ripiano. “E che vogliate davvero una cosa del genere!” terminò.
“Ti stupisci davvero?” replicò pacato.
“Sì!” quasi gridò ignorando la regola secondo cui le persone la mattina non gridano. “È casa vostra…”
“Sto più tempo fuori dal Villaggio che a casa…”
“È il vostro passato”, insistette, “e voi volete buttarlo via”.
“Sì”.
La risposta così schietta e povera di Sasuke gli fece contrarre lo sguardo. Non c’era nessuna emozione negli occhi neri mentre lo diceva, come se stesse parlando di qualcosa che non aveva davvero valore.
“Gli Uchiha hanno portato solo dolore e problemi a questo villaggio” mormorò davanti allo sguardo di fuoco di Naruto, “almeno ora potranno rendersi utili in qualche modo”.
“Cancellandoli?!”
“Sono solo case, Naruto, oggetti. Nessuno sta cancellando gli Uchiha dai libri di storia”.
“Non riesco a credere che… proprio tu…” balbettò incredulo. “Non posso permettervi di buttare via il vostro passato, le persone che siete!”
“Non puoi permetterci?” echeggiò inarcando un sopracciglio. “Chi ti dà il diritto di metterti in mezzo nelle nostre decisioni?”
“Sono decisioni sbagliate!” gridò ancora. A grandi passi gli andò davanti, la caffettiera dimenticata sul fornello acceso.
“Perché sbagliate?” lo sfidò Sasuke. “Chi lo decide?”
“È quello che siete, lo state buttando via!” mantenne il punto. “Non eri proprio tu che volevi ridare onore al tuo Clan?”
“Questo prima di sapere la verità” obiettò. “Non c’è onore per un clan di traditori come il nostro. Forse è meglio dimenticare la storia degli Uchiha”.
“Itachi non vorrebbe mai una cosa del genere, lo sai!”
Tirare in mezzo il fratello fu un errore, vide gli occhi neri sgranarsi e poi stringersi di rabbia.
“Mio fratello li ha sterminati per il bene del villaggio. Credi che si farebbe qualche scrupolo per delle cose?”
“Ma questo significa cancellare una parte di te, di voi”.
“La parte che odio di me” sibilò. “E sono certo che anche per Obito sia lo stesso”.
Naruto non riuscì a replicare.
“Non siamo così ingenui da credere di poter cancellare le nostre colpe” ringhiò con tono più basso. “Ma se abbiamo anche solo la possibilità di sbarazzarci del fantasma che ci perseguita, il fantasma degli Uchiha… credi che non lo faremmo?”
“Non… perché devi dire così!” sbottò di frustrazione. “Anche Obito, perché dovete buttarvi in questo modo, rinunciare…”
“Naruto, cosa vuoi dire davvero?” lo interruppe.
Lo guardò confuso, gli occhi azzurri sgranati, perciò Sasuke riprese:
“Te lo si legge in faccia, c’è qualcosa che vorresti dire ma allo stesso tempo ignorare. Cosa c’è? Perché ti stai impuntando su una cosa che non ti riguarda?”
“Perché state commettendo un errore…”
“No, non lo stai facendo per noi” lo interruppe ancora. “Lo sai benissimo che quello che desideriamo è proprio questo, sbarazzarci del nostro fantasma. Sai meglio di me che è solo il tuo dannato ego a parlare.”
Tentò di replicare, ma rimase zitto a guardarlo. Sasuke aveva uno sguardo deciso, lo trafiggeva da parte a parte.
“Stai inventando scuse su scuse solo esclusivamente per proteggere te stesso. Tu non vuoi cancellare il passato, tu vuoi riportare tutto indietro a com’era una volta, a quello che sarebbe potuto essere, e non ti importa nient’altro che di questo tuo desiderio. Non ti importa nient’altro che di te stesso, su questo non c’è dubbio”.
“No!” protestò ferito, scombussolato. “Non è vero… Hai frainteso, non si tratta di questo…”
O forse sì. Naruto darebbe qualsiasi cosa per tornare indietro in quei giorni, per aggiustare ogni cosa che è andata storta. Ma è lui è Uzumaki Naruto, aveva promesso a se stesso di non avere più rimpianti, quindi… quindi…
Il fischiare acuto della caffettiera interruppe la tensione dell’aria, scongelò entrambi dalle pose rigide e permise a Naruto di non rispondere.
“Oh no, il caffè!” accettò quel diversivo con sollievo e Sasuke lo accontentò, non sollevando ancora l’argomento.
Del resto nemmeno Naruto lo fece, anche se continuò a pensarci per tutto il giorno, perfino quando Sasuke lasciò il villaggio.
Lui era Uzumaki Naruto, non aveva rimpianti e tutto quello che desiderava lo aveva già.
…forse.
 
 
 
Buona sera polpette!
E anche il quarto capitolo è andato e con questo pure Sasuke xD Spero che la loro chiacchierata vi sia piaciuta ^^
Nel prossimo assisteremo a un time-skip, Sakura non manterrà fede alla promessa fatta a Sasuke e si metterà a macchinare cose con Kakashi – per la disperazione di Iruka. Ma soprattutto ci sarà una piccola sorpresa per Obito <3
Non esitate a farmi sapere che cosa ne pensate!
Un bacione,
Hatta.

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Capitolo 5
*** E' solo una scintilla, ma basta per farmi andare avanti ***


V

È solo una scintilla, ma basta per farmi andare avanti

 

 

Attorno al masso che faceva da tomba c’era una leggera polverina bianca, segno che quella notte doveva aver nevicato, ma la luce e il calore del sole la stavano già sciogliendo. Non era ancora abbastanza freddo per mantenere il panorama imbiancato.
A Naruto non andava molto di sedersi a terra e gelarsi il culo sull’erba umida di neve e rugiada, perciò rimase in piedi mentre parlava all’ero-sennin.
Non era nessuna ricorrenza particolare, niente di speciale, ma quella mattina si era svegliato con il desiderio di parlare un poco con il vecchio maestro, anche se si trattava solo di un fiume di coscienza che non avrebbe ricevuto risposta. Nonostante tutto, però, farlo lo aiutava a cogliere meglio il quadro generale e in quel momento ne aveva bisogno.
Non che le cose stessero andando male a Konoha, tutt’altro. Sasuke non c’era, come al solito, ma continuava a mandare messaggi di aggiornamento a lui e Sakura, restavano comunque in contatto. Aveva avuto poche missioni, praticamente nulla che lo portasse fuori da Konoha, ma questo gli aveva dato più tempo da passare con gli amici, soprattutto con Obito.
E fu proprio di Obito che a un certo punto si ritrovò a parlare, così spedito nonostante non si fosse mai reso conto che aveva così tante cose da dire sull’uomo. Da quando avevano chiarito e fatto quel patto di sincerità le cose erano andate molto meglio, non lo trattava più con le pinze, era meno esitante e finalmente si comportava come quello che aveva sempre voluto fosse fin dalla fine della sua guerra: come un fratello maggiore.
Passare il tempo con lui era piacevole, soprattutto perché a differenza di Sakura e Shikamaru tendeva ad assecondarlo con entusiasmo nelle idee strampalate, senza contare che spesso era proprio lui a proporle. Avere due caratteri affini era una grande punto a favore nel loro rapporto, dal modo in cui si comportavano sembravano davvero fratelli e Naruto non poteva che esserne felice. In sua presenza cominciava a provare quella stessa familiarità che aveva con Sakura, una sorta di sapere in anticipo cosa aspettarsi, come se lo conoscesse da così tanto bene da avere un routine prefissata con lui. Sapeva cosa lo faceva sorridere, cosa lo impensieriva, come tirargli su il morale o provocarlo; sapeva cosa gli piaceva mangiare, i cibi che evitava, le cose che lo entusiasmavano e tante altre sfaccettature del suo carattere.
Non mostrò incertezza nemmeno quando parlò dei momenti in cui, comunque, Obito lo lasciava scombussolato, confuso. A volte c’era qualcosa che non riusciva a capire, ma immaginava centrasse il persistere di quei sensi di colpa di cui gli aveva parlato. Non si lasciava scoraggiare però, era certo che sarebbero riusciti a passarci sopra per diventare definitivamente quella famiglia che sarebbero dovuti essere fin dall’inizio.
Stare con Obito gli piaceva davvero, lo faceva sentire felice, gli gonfiava il cuore di felicità come un palloncino e anche quando ci ripensava a casa continuava a sentirsi felice. Si crogiolava al pensiero della familiarità che si era creata fra loro, come non si sentissero a disagio nell’invadere il reciproco spazio vitale. Era tutto così bello.
Fu mentre era nel pieno di queste argomentazioni che vide uno dei falchi di Konoha discendere verso di lui, aveva su una zampetta legato un messaggio.
L’Hokage ti vuole nel tuo ufficio per una missione” citava telematico.
Un enorme sorriso si aprì sul suo volto.
“Finalmente! Una missione!” esultò. Si voltò verso la tomba. “Be’, ti lascio il sakè, Ero-sennin” assicurò. “Ci vediamo presto, non importunare i fantasmi delle belle ragazze”.
Poi saltò sul ramo più vicino, diretto a casa.
 
Quella stessa mattina, Kakashi era entrata nel suo ufficio di buon umore. Era in ritardo, perciò ovviamente dentro trovò già Iruka intento a sistemare tutte le sue faccende.
“Alla buon’ora” sospirò scoraggiato. Era lì da un’ora e già voleva andare a casa.
“Oggi è una bella giornata” lo ignorò Kakashi, felice come mai lo aveva visto, mentre si sedeva alla sua sedia. Guardò con soddisfazione la stanza attorno a sé, premurandosi di ignorare la torre di fogli da firmare sulla scrivania.
“Iruka, sai dirmi che giorno è oggi?”
“Il 27 Novembre” rispose perplesso e confuso.
“È esatto” concordò. “Sai che cosa significa?”
Non fece in tempo a rispondere che un bussare alla porta lo interruppe, subito dopo entrò Sakura con una pila di cartelline.
“Sensei, queste sono le ultime missioni di grado C e B che ci sono arrivate…” mormorò appoggiandole sulla scrivania, “come mi hai chiesto” concluse.
“Eccellente” la lodò, facendo insospettire ancor di più Iruka.
“Allora, che significa?” domandò per riportare l’attenzione su di sé.
“Oggi”, iniziò solenne Kakashi, “è ufficialmente quattro anni e un mese che Obito si trova agli arresti domiciliari qui a Konoha”.
Una luce di comprensione illuminò gli occhi nocciola di Iruka. “Questo significa…”
“Precisamente” confermò l’Hokage con un sorriso. “Ha ufficialmente scontato tutta la sua pena, ora è un uomo libero”.
Sakura sorrise luminosa, unendo le mani davanti al viso. “Questo significa che può tornare a essere un ninja di Konoha” osservò su di giri.
“E che può tenere missioni” completò il vecchio maestro. “Credo ce l’abbia ancora con me per averlo chiuso in casa a tradurre pergamene, quindi è il momento di farsi perdonare”.
“Gli dai subito una missione?” domandò Iruka leggermente preoccupato.
“Nulla di troppo complicato” garantì Kakashi. “Solo qualcosina che possa distrarlo e sgranchirlo un po’, per riprendere il ritmo ecco”.
Sakura fece un sorriso birichino a quelle parole e, con finto fare casuale, si appoggiò con i gomiti alla scrivania.
“Sensei, avrei un suggerimento” miagolò mentre prendeva il primo foglio dalla pila e glielo passava. Lo aveva visto mentre portava le scartoffie e aveva subito colto il suo interesse.
Kakashi corrugò la fronte pensoso mentre leggeva, al che Iruka cominciò a incuriosirsi.
“Cos’è?”
“Una missione specifica per Naruto” mormorò Kakashi perplesso. “Il capo del Villaggio della Ceramica ha invitato Naruto Uzumaki a venire da loro a confermare la nostra alleanza”.
“Perché proprio Naruto?” chiese subito Iruka con fare protettivo.
“Be’, è un motivo di vanto avere l’Eroe della Guerra nel proprio Villaggio” spiegò tranquillo Kakashi, gli occhi scuri che osservavano la ragazza per capire cosa avesse in mente.
“Le conferme di alleanza si stringono con uno scambio di tecniche, giusto?” chiese Iruka. “Quindi Naruto dovrebbe portare un rotolo con una tecnica di Konoha e ricevere in cambio una del Villaggio della Ceramica?”
“Esatto” confermò Kakashi. “Ovviamente, trattandosi di un Villaggio Ninja appena sorto e poco potente basterà un tecnica base qualsiasi, nulla di proibito o pericoloso” rassicurò. “Sarà solo una formalità”.
“Esatto, ma Naruto avrà comunque bisogno di un accompagnatore” ghignò Sakura e vide negli occhi di Kakashi il ricambio dello stesso ghigno.
“Obito?”
“Obito” confermò allargando il sorriso malizioso. “Non crede che potrebbe rivelarsi una missione interessante? Loro due, da soli…” lo lisciò sapendo di c’entrare il bersaglio.
Era vero che aveva promesso a Sasuke di non mettersi in mezzo tra Naruto e Obito, di lasciare che se la sbrigassero da soli, ma era quasi passato un mese senza che la situazione si evolvesse, era arrivato il momento di dare una spintarella. Considerando come Kakashi la stava guardando doveva pensare la stessa cosa. Ultimamente Konoha era stata troppo tranquilla, c’era bisogno di un nuovo pettegolezzo.
“Il Villaggio della Ceramica è a qualche giorno di viaggio da qui” considerò sporgendosi a sua volta, lo stesso tono casuale. “E saranno solo loro due, lontani da casa… Obito finalmente un uomo libero…”
“Potrebbe fare qualcosa di davvero impulsivo…”
“Potrebbe farla Naruto…”
“Potrebbero farlo insieme…”
Iruka fece saettare gli occhi tra i due mentre pianificavano il loro malefico piano a discapito del suo studente preferito prima di decidere di intervenire.
“Non lo state pensando davvero, vero?” chiese preoccupato, guardò Kakashi. “Capisco Sakura, ma anche tu…!”
“Nel tempo libero leggo romanzi erotici e harmony, che cosa ti aspettavi?” obiettò sereno l’Hokage, gli occhi a virgoletta a testimoniare il suo sorrisetto.
Suo malgrado, fu costretto a dargli ragione.
 
Quando Naruto entrò nell’ufficio dell’Hokage, scoprì di non essere il solo a essere stato convocato.
“Obito?” domandò riconoscendo i corti capelli bianchi, gli sorrise e poi guardò imbarazzato Kakashi. “Non mi avevi chiamato?”
“Oh, sì. Resta qui” confermò quello. “Anche Obito è appena arrivato, quindi non ti sei perso niente”.
Lo guardò interrogativo e spostò lo sguardo sull’Uchiha, poi sugli altri occupanti della stanza. C’era Sakura, che sembrava molto soddisfatta, e Iruka, con un’espressione chiaramente contrariata.
“Allora!” richiamò l’attenzione Kakashi battendo le mani. “Sai che giorno è oggi, Obito?”
Quello annuì, lo sguardo crucciato. Ovviamente lo sapeva, aveva contato i giorni fino a quel momento e sapeva quindi perché era stato convocato.
Kakashi non dovette quindi aggiungere nulla, fece solo un sorriso di pigra felicità e strisciò sulla scrivania una divisa chunin sulla quale spiccava un coprifronte e una medaglietta di identificazione.
“Bentornato” disse caloroso.
Fu allora che Naruto capì, mentre Obito con un sorriso commosso si piegava a prendere il pacchetto di vestiti. Saltò sul posto, incredulo e incapace di trattenere la sorpresa.
“Woah! Dattebayo, mi state dicendo che…”
“Sì, Naruto-kun” confermò Kakashi socchiudendo gli occhi. “Uchiha Obito è di nuovo uno shinobi di Konoha”.
“È meraviglioso!” esultò il ragazzo sorridendo smagliante all’ex-nuniken, il quale era un po’ troppo commosso per riuscire a dire qualcosa. Si limitò a ricambiare il sorriso, sentendosi il cuore più leggero.
Ora era ufficialmente perdonato. A livello ufficiale i suoi crimini erano stati pagati, poteva ricominciare tutto da capo.
“Non ho finito” annunciò Kakashi con un tono più alto per richiamare i due all’ordine.  “Devo affidarti la tua prima missione”.
Quella notizia fece gongolare Sakura e corrucciare ancora di più lo sguardo di Iruka.
“Di già?” chiese invece Obito sorpreso da quella tempestività. Erano in periodo di pace e le richieste di missioni non erano più ingestibili come un tempo, non era più urgente usare ogni shinobi a disposizione per completarle.
Da parte sua, Naruto cominciò ad agitarsi ancor di più capendo tutto, perché fosse stato convocato e perché Kakashi gli avesse detto di restare mentre consegnava il coprifronte a Obito.
“Uhm” annuì Kakashi incrociando le braccia. “Tu e Naruto partirete domani all’alba per raggiungere il Villaggio della Ceramica e rinnovare la loro alleanza con noi”.
Per un momento, Naruto si sentì abbattere nel capire che si trattava dell’ennesima missione diplomatica a cui era costretto far parte (Iruka-sensei aveva parlato su qualcosa che riguardava la sua preparazione come futuro Hokage), ma l’entusiasmo ritornò subito ricordandosi che questa volta avrebbe partecipato con Obito. Era da anni che desiderava una missione insieme, non avrebbe fatto lo schizzinoso.
Alzò quindi il pollice dipingendosi in faccia il suo miglior sorriso smagliante.
“Lasci fare a noi!” assicurò deciso come suo solito.
“Più precisamente,” continuò l’Hokage, “il vostro compito sarà quello di sorvegliare una pergamena con iscritto un jutsu di Konoha all’andata, mentre al ritorno sorveglierete quella offerta dal Villaggio della Ceramica”.
Naruto annuì un paio di volte, gli occhi socchiusi per la concentrazione.
“Quanto tempo abbiamo?” chiese invece Obito, deciso a risolvere al meglio la sua prima missione.
E forse, con il senno del poi, avrebbe dovuto preoccuparsi del sorrisetto che intravide sotto la maschera di Kakashi, mentre socchiudeva gli occhi malizioso.
“Oh, potete prendervi tutto il tempo che vi serve…”
 
Obito era ancora incredulo mentre usciva dal palazzo dell’Hokage, non riusciva nemmeno a concentrarsi nel concentrato di allegria ed esuberanza arancione al suo fianco, riusciva solo a tenere gli occhi sulla targhetta identificativa. Aveva un nuovo numero, non quello vecchio, e anche il coprifronte era nuovo. Non aveva alcuna idea della fine che aveva fatto quello che aveva da bambino, probabilmente Madara lo aveva bruciato appena visto. Ma non gli importava che non fossero gli stessi di un tempo, anzi gli dava ancor di più la sensazione di ricominciare da zero, di lasciarsi alle spalle i propri sbagli.
Fu fermato di colpo e Obito sbatté la palpebre, confuso. Alzò lo sguardo per vedere il viso luminoso di Naruto, le labbra aperte nel suo tipico sorriso pieno di entusiasmo. Lo aveva chiamato e lui troppo distratto non se n’era accorto? Del resto non si era nemmeno reso conto che fossero usciti in strada.
Senza smettere di sorridere Naruto prese il coprifronte dalla pila che teneva tra le braccia, distese le estremità di stoffa e si allungò sulla punta dei piedi per raggiungere la sua testa. Obito non dovette immaginare quello che stava per fare, gli venne spontaneo chiudere gli occhi mentre sentiva la stoffa avvolgere la sua fronte e venire stretta sulla nuca.
Il metallo… non se lo ricordava così pesante.
Quando riaprì gli occhi c’era ancora Naruto a guardarlo con quel suo incrollabile sorriso. Lo fissava dritto in viso, osservando forse il modo in cui il coprifronte si univa ai suoi lineamenti. Obito sapeva di non apparire come un tempo, non aveva più il volto paffuto, gli occhi avevano perso quella luce di continua beffa e c’erano le cicatrici a rovinare la pelle. Ma qualsiasi cosa vedesse Naruto, parve soddisfarlo, perché allargò il sorriso e piantò le mani sui fianchi.
“Ora è tutto come immaginavo” ghignò.
Obito ricambiò il sorriso, ma distolse subito lo sguardo sentendosi arrossire. Lo superò perché non vedesse la sua espressione troppo compiaciuta e costringendosi a mantenere un tono serio disse:
“Dobbiamo pianificare il percorso per il Villaggio della Ceramica”.
Naruto cominciò a corrergli dietro.
“Andiamo a casa tua?”
“No, da Ichiraku”. Si voltò sentendo il lungo silenzio. “Offro io” spiegò.
Non fu sorpreso di vedere Naruto iniziare a correre come un razzo verso il negozio del ramen.
 
 
Sakura guardò gongolando la scena dalla finestra dell’ufficio.
“Ti sei appena perso la dolce scena di Naruto che metteva il coprifronte a Obito” disse compiaciuta.
“Posso immaginarmela” assicurò Kakashi, lo sguardo lamentoso su tutto il lavoro che Iruka gli aveva messo davanti. Forse era per via del loro losco piano, ma il chunin sembrava più irritato del solito. La sua disapprovazione era evidente, ma Sakura non se ne curò.
“Allora, secondo te sarà Obito a fare la prima mossa?” chiese.
“Ma figurati, è un imbranato” le andò subito dietro Kakashi. “Sarà Naruto, vedrai. Farà qualcosa di impulsivo come suo solito chiedendosi dopo perché l’abbia fatto”.
“Probabile. Ma ultimamente mi sembrava che Obito fosse sul punto di rottura…”
“Ci credo, Naruto gli è sempre addosso” concordò.
“Forse, con un’altra spintarella…”
“Insomma!” sbottò Iruka sbattendo i fogli davanti a Kakashi. “State giocando con i loro sentimenti, non vi sentite in colpa?”
Nope”.
“Assolutamente no”.
Sospirò esasperato e crollò a sedere sulla prima sedia disponibile. Si prese il volto tra le mani, incredulo che i due avessero appena fatto in modo che il suo studente preferito, quello che considerava come un figlio, si trovasse da solo con l’uomo che aveva mire poco caste su di lui.
“Questo non sta succedendo” gemette.
Kakashi ridacchiò alla sua disperazione. “Il bambino sta uscendo dal nido, verso nuovi orizzonti…”
“Tutto questo sarà un disastro” lo ignorò, “e finirà malissimo, vedrete”.
“Finirà benissimo, invece” fischiettò Sakura. “Il vero amore trionferà”.
Kakashi si mise una mano sul cuore. “Sono così emozionato! Mi spiace solo che non potrò assistere in diretta”.
“Naruto ci racconterà tutto” promise Sakura. “E se non lo farà…” sorrise pericolosa e mostrò il pugno, chiarendo quale sarebbe stata la pena da scontare.
Con un sospiro rassegnato Iruka si afflosciò su una sedia, svuotato di energie. Dire che era preoccupato era dir poco: Obito fino a quel momento aveva tenuto le mani a posto, ma una volta soli? Kakashi aveva ragione quando diceva che Naruto gli stava sempre addosso, invadendo costantemente il suo spazio vitale, quanto poteva sopportare prima di fare qualcosa di losco?
Gemette internamente. Non stava succedendo, non al suo bambino innocente.
 
 
 
 
…E invece sta succedendo davvero, Iruka caro xD
Perdonate il largo ritardo, ma ecco il quinto capitolo. Non immaginavo prendesse questa piega comica e devo dirvi che persisterà anche nel prossimo. Ma alla fine un po’ di demenzialità fa sempre bene xD E poi mi fa troppo ridere l’idea di Sakura e Kakashi che fanno le comari e s’intromettono sulla vita sentimentale di Naruto e fanno scommesse e il povero Iruka deve subire tutto hahahaah
Spero sia piaciuto anche a voi <3
Nel prossimo capitolo abbiamo l’inizio della missione, una interessante condivisione e Naruto che overthinking tutto.
Una recensione è sempre apprezzata, non siate timidi *^*
Hatta.
 

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