LA GILDA DEGLI ASSASSINI

di The black angel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


Luglio 1502. Il sole stava tramontando, il cielo iniziava a colorarsi di rosso, un rosso che in alcuni tratti sfumava fino a diventare di un rosa pallido. Le montagne erano avvolte dalla luce, che le conferiva un aspetto quasi mistico, possente. La loro vera natura veniva svelata, sembravano potenti e assai vecchie, come se sapessero da sempre ciò che stava per accadere. Qualcosa infatti doveva succedere, i tempi  erano ormai maturi e il presentimento di un oscura minaccia era decisamente nell’aria.

Sulla vetta del monte c’era una piccola villetta, molto spartana e realizzata interamente in pietra. Non era sempre abitata, era una casa utilizzata soprattutto d’inverno e nei mesi estivi, quindi presentava segni di scarsa manutenzione, che però le conferivano un aspetto secolare. L’edera occupava gran parte del tetto e delle colonne che lo sostenevano e creavano, di fatto, il porticato. Lungo i muri dell’abitazione ogni tanto, ad intervalli regolari, si trovavano delle piccole cavità che fungevano da finestre per i mesi estivi. Tutto ciò che impediva ad un ladruncolo di non entrare all’interno erano due sbarre messe senza troppa cura. Due lastroni di legno servivano, invece, per coprirli d’inverno, quando il clima rigido delle montagne ed il vento penetravano nei saloni. Molte pietre dovevano essere sostituite, altre necessitavano di costanti cure di riparazione, ma certamente il proprietario non era dell’umore adatto per eseguire opere di ristrutturazione: la mente era e doveva essere altrove.

Leonardo, così si chiamava, era l’ultimo proprietario di quella villetta, che per anni aveva ospitato i tristi e cupi riti di una setta segreta ai più, l’ordine più antico che il mondo ricordasse ancora, un gruppo di pochi eletti che lottavano per restituire all’umanità ciò che le apparteneva fin dai secoli precedenti, ma che era andato perduto. Era sulla cinquantina, capelli brizzolati, ma ancora lunghi e occhi di un azzurro caldo, intenso, rassicurante. Portava un mantello nero, con inciso all’interno il simbolo della setta. Nonostante la sua età aveva ancora un fisico scattante ed atletico, tanto che se non fosse stato per le rughe sarebbe potuto passare per un giovane uomo. Lui era l’ultimo di questa setta e doveva lottare affinché il ricordo potesse continuare a vivere, magari rifondando tutto ciò in cui credeva. Ma non era facile: il sovrano lo stava braccando senza sosta da molti anni, aveva annientato tutti i suoi “colleghi” ed ora era pronto a dare l’ultimo affondo ai suoi nemici. Non c’era tempo da perdere.

Si era rinchiuso in quella casa perché era il suo ultimo nascondiglio, ma mentre varcava la soglia dell’abitazione aveva intravisto due uomini venire verso di lui. Portavano il vessillo regio, oramai mancavano poche ore, minuti forse. Doveva muoversi. L’interno della casa era molto differente da come appariva all’esterno. Era curata, pulita ed in ordine, i mobili tutti fatti d’un legno pregiato e finemente ritoccati a mano. C’era un lunghissimo tavolo dove si riunivano per il rito serale, un altro uguale dove pranzavano e cenavano e due credenze per i viveri. Era molto spartana, ma non mancava nulla. Erano tre piani, Leonardo doveva andare al terzo. Quindi iniziò a salire la rampa di scale, di pietra anch’esse, che costituivano la via più veloce per giungere ai piani superiori. Fece gli scalini due a due e quando arrivò al secondo piano le sue speranze parvero spegnersi. C’era un lungo corridoio che si divideva in dieci e più stanze che fungevano da dormitorio, ognuna contenete bacinelle d’acqua pulita e un orinatorio. In fondo si trovava una finestra molto più grande delle altre, nascosta all’esterno da una tenda che la mimetizzava col muro. La scostò e vide che il sole era calato ma, cosa ancora più preoccupante, i due sicari erano a pochi passi dall’uscio.

Non perse tempo, salì le scale di corsa e si ritrovò al terzo piano. C’erano due soli lunghi banconi, pieni di fogli di papiro e calamai. Era lo studio, dove la setta studiava. Infatti c’erano lungo le pareti migliaia di volumi storici, scientifici, religiosi e di ogni altro genere. Era un vero e proprio patrimonio, visto che erano tutti volumi unici per edizione e rarità. Bussarono alla porta, una due tre volte, poi, non ricevendo risposta, abbatterono la porta ed entrarono. Dalla scala Leonardo vide che si erano divisi: uno era andato al primo piano, uno al secondo. Entrambi portavano un pugnale, probabilmente intriso di veleno, e un arco con due frecce a testa nella faretra. Poche, quindi sapevano il fatto loro, erano evidentemente ottimi tiratori.

Non perse ulteriore tempo, si mise sulla prima sedia che trovò e iniziò a scrivere la sua ultima postula. La penna scivolava dolcemente sul papiro, il tempo si assottigliava. Finì per tempo, si alzò e infilò il pezzo di carta in uno dei libri alla sua destra, intitolato Il rito iniziale. Era il primo di una lunga serie, tomi che introducevano al mondo della setta. Finito ciò si voltò e quello che vide lo lasciò di marmo.                                                                                                                                                               

Non preoccuparti, lo sapevi che stava per finire. È giunta l’ora di farsi da parte, speriamo che non sia un sacrificio inutile.                                                                                                                                                                              I due uomini erano sulla soglia, pugnali in mano. Passarono secondi così, a scrutarsi, mentre Leonardo iniziava a sudare freddo. Poi, all’improvviso, uno dei due scattò in avanti, ferì l’uomo al piede e lo immobilizzò a terra. L’altro si avvicinò con calma, un sorrisetto sarcastico sul volto crudele, due occhi azzurri e freddi come il ghiaccio. <<Vecchio, alzati!>> esclamò, poi lo prese a calci. <<Voglio vederti cadere ai miei piedi, morto>>.                                                                                            Lo costrinsero ad alzarsi, poi lo apostrofò così: <<Non pensavo che l’ultimo degli Assassini si lasciasse prendere così facilmente. Cos’è, i vostri riti vi hanno raggrinzito al cervello?>>  sogghignò <<Comunque sia, oramai è tardi per pensarci. Dobbiamo fare il nostro dovere. Saremo lautamente ricompensati per portare al re il tuo sudicio cadavere e, credimi, è quello che intendiamo fare. Bhe, dai procediamo …>>                                                                                                                                                      <<Bastardi, il segreto non morirà con me, ritorneremo quando i tempi saranno più maturi>>. Uno schiaffo lo colpì in pieno volto e il sangue iniziò ad uscire dalla sua bocca. Speriamo che qualcuno trovi la lettera, prima o poi.                                                                                                                                       <<Farò finta di non aver sentito, che è meglio. Rincominciamo: nel nome di Sua Maestà, vi condanniamo a morte, con l’accusa di essere il Gran Maestro della Gilda degli Assassini, ritenuti colpevoli di numerosi omicidi. Ecco, è tutto.>>

Gli avvicinò le labbra all’orecchio ed esclamò alcune parole che però si persero nel vuoto, visto che l’altro gli aveva conficcato il pugnale nel ventre, decidendo il suo destino. Il veleno doveva essere di quelli potenti, perché nel giro di cinque secondi gli aveva tolto il fiato. Risorgeremo dalle ceneri, come il nostro simbolo. Rinasceremo dalla fenice. Il nostro Potere si diffonderà in tutte le terre, una dopo l’altra. Poi chiuse gli occhi, per l’ultima volta.

I due sicari non persero tempo, presero il cadavere, uno per le mani e l’altro per i piedi, scesero fino all’ingresso e lo portarono fuori. Sul tetto già sventolava la bandiera col marchio regio, quindi poterono sigillare l’entrata dell’abitazione. <<Andiamocene via, è già buio pesto>>.  Così si incamminarono per non tornare più. La casa, un tempo piena di ospiti, sarebbe stata per molto tempo vuota, tolta dalle carte, il sentiero cancellato. La tradizione voleva che venissero bruciati i luoghi di culto o pensiero differente da quella del monarca, ma per fortuna fecero un’eccezione. Era troppo importante quella casetta in montagna, la storia avrebbe dovuto riprendersela. Prima o poi.

Il cadavere venne esposto per un’intera settimana fuori dal palazzo reale, per poter permettere a chiunque di infangarne l’immagine, nel modo più oltraggioso che si conoscesse. Poi, però, il Re cambiò idea e lo seppellì nel miglior modo possibile, in una tomba con sopra una Fenice. L’ultima.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


1838. Erano tempi bui, quelli. La Guerra di Primavera era appena finita e nessuno dei due schieramenti aveva riportato importanti successi. Ovviamente, non si poteva dire lo stesso per quanto riguarda la distruzione delle regioni, detriti ovunque, uomini tolti ai campi e alle famiglie e mai tornati – quindi economia immobile – e una grande carestia. Un vero disastro, a dire il vero. Vista la grande povertà che si avvertiva in quel periodo, era molto sostenuta anche la presenza di ladri per le vie, tanto che diventava pericolosissimo girare nelle vie. Nessuno osava avventurarsi nella grande macchia che caratterizzava la regione, meno che mai vagare di notte. Eppure erano frequenti i furti; ciò significa che era proprio nei villaggi il grande afflusso di ladri, che si mescolavano alla povera gente.

Tra le rovine tutto ciò che si riusciva a recuperare era bruciato a causa di un incendio divampato negli ultimi giorni di guerra, e che era risultato a dir poco devastante. Ciò che preoccupava maggiormente le persone erano però gli assassini che si aggiravano soprattutto al sud. Erano una branchia ristretta dei ladri, si muovevano furtivi, ma uccidevano solo per vivere. I bambini erano tenuti in casa dalle madri, e quando dovevano uscire, erano terrorizzati, tant’è che volevano rientrare il prima possibile. Le case non erano più sicure, ma era più difficile entrarci e quindi tendevano a fare quell’effetto ai suoi abitanti. Il termine assassino in quel periodo aveva assunto un significato diverso, banalmente era riferito a tutti coloro che compivano un omicidio. Il termine originale sottintendeva ben altre caratteristiche, infatti gli Assassini si muovevano come ombre, erano agilissimi e fulminei nel porre fine alla propria missione; inoltre avevano un loro rito, che purtroppo era stato perso nel corso dei secoli.

Nel villaggio erano rimasti pochi uomini, visto che erano dovuti andare in guerra e coloro che erano sopravvissuti alle battaglie erano morti assiderati o per mancanza di cibo ed acqua. Frequentissime erano pure le morti per infezione delle ferite, o per epidemie dovute alla scarsa igiene che si tiene in guerra. Quindi erano rimasti solo vecchi – ormai inadatti al combattimento – e bambini non ancora pronti. Oltre, naturalmente, alle donne. Era difficile che si potesse continuare la produzione agricola, poiché gli attrezzi pesanti erano impossibili da usare per fisici non più allenati.

Tom era un uomo rimasto a casa dalla guerra, data la sua età e la sua non idoneità a combattere. Il suo desiderio di servire il suo re era forte, ma era stato “catalogato” come un inutile peso che l’esercito regio si sarebbe dovuto caricare sulle spalle. Era un uomo che aveva perso tutto, casa, affetti, famiglia ed era diventato un ladro per sopravvivere. Era sulla cinquantina, il suo corpo – benché presentasse i segni dell’età – era ancora atletico, scattante; tutto dovuto agli anni addietro, quando lavorava nei campi e, nel tempo libero, si dedicava alla pesca d’altura. Aveva profondi occhi verdi, capelli brizzolati e lineamenti perfetti, nonostante l’età. Il suo volto era però pieno di rughe e le labbra iniziavano a spaccarsi, fragili. Era ad un crocevia: mezzo reduce e mezzo uomo che voleva dimostrare ancora qualcosa di importante. Infatti, pur essendo un ladro, ambiva ad un obbiettivo storico, voleva far risorgere l’antico ordine degli Assassini, la Gilda.

Per lui la guerra era stata sia positiva sia negativa. Gli aveva tolto tutto, vedere i corpi dei suoi familiari cadere inerti al suolo lo aveva fatto uscire di senno completamente, ma è stato in quei momenti che aveva iniziato ad apprezzare l’aroma ed il sapore del sangue, la cosa fondamentale per entrare nella Gilda. Sapeva che il rito era stato scritto da qualche parte, un passo fondamentale sarebbe stato trovare il foglio, la pergamena. La svolta sarebbe arrivata, e per sempre. Questo era uno dei due motivi per cui aveva iniziato a rubare. L’altro ovviamente era il cibo.

Era esausto e disperato, aveva fame ed il lavoro scarseggiava. Ogni tanto, infatti, veniva anche commissionato per alcuni suoi furti ed in quel caso il compenso era di molto maggiore; erano solo ricchi proprietari terrieri ad avere abbastanza denaro da poterlo ingaggiare. Da alcuni giorni si era avventurato in un’altra regione, dove la guerra non aveva colpito. Sperava che in quei posti ci fossero più risorse, città integre e molti soldi che giravano. Ma si sbagliava. Tutte le case rimaste erano villette padronali, del demos nessuna traccia. Rovine dappertutto, case abbandonate, vie spettrali e completamente vuote: questo era tutto ciò che il panorama della regione poteva offrire. Ci doveva essere stata carestia, o nel passato qualche grave episodio per il regno.

Quella sera pioveva a dirotto, non c’era vento e le nubi non si sarebbero diradate prima di qualche ora. Come se non bastasse le scorte di cibo erano finite, l’acqua introvabile e l’apprensione cresceva. Come avrebbe potuto andare avanti? Non ne aveva le forze. Tutto iniziò proprio così, gli eventi presero una piega inaspettata e tutto il suo mondo cambiò radicalmente. Doveva cercare assolutamente un riparo per la notte ed ecco che gli appare in lontananza una casa, un rudere abbandonato, costruito completamente in pietra e con poche finestrelle. Ci voleva qualche minuto per raggiungerla, ma decise ugualmente di tentare. L’erba tutt’intorno era bruciata, di alberi non c’era nemmeno l’ombra e quello che doveva essere stato un antico laghetto si era prosciugato. Iniziò a farsi delle domande, ma continuò imperterrito il suo cammino verso la casa, oramai ad un passo.

Arrivato davanti al portone, notò che era fatto con un legno pregiato, molto solido e resistente. Si avvicinò ulteriormente e vide davanti alla serratura il simbolo regio. Significava solo due cose: o era un luogo di culto pagano – ovvero in contrasto con la religione adottata dal re in persona molti anni addietro – oppure era la sede di qualche organizzazione a lui non propriamente gradita. La curiosità cresceva, doveva trovare un modo per entrare. Il sigillo era molto antico, rovinato dagli anni e dalle intemperie continue che ci sono a grandi altitudini, ma era ancora intatto. Un occasione da non farsi sfuggire: una casa antica, opposta al re, quindi di un certo valore, per di più abbandonata da almeno duecento anni. Si guarda attorno, non vede nessuno, quindi con un particolare attrezzo da ladro fa scattare la serratura ed entra. La casa è a dir poco spettacolare, anche se molto spartana. È tardi, la notte è calata già da un bel pezzo, quindi decide di coricarsi. Trova un po’ di paglia, la sistema e ci si sdraia, contento di poter finalmente dormire profondamente; l’ultima volta era stata un bel po’ di tempo prima. Guarda le volte per un po’, sente che qualcosa non va, ma preso dalla stanchezza, si addormenta.

Tutto il popolo aveva bisogno di soldi e di cibo, ma l’aiuto da palazzo reale tardava ad arrivare, vista la collocazione tra i monti dei paesini, quindi tutti pativano la fame. Pochi turisti ormai passavano di lì, quindi la gente del posto iniziò ad insospettirsi. Prima un vecchio che si dirigeva verso le vette più alte, adesso due sicari del re. Che fosse successo qualcosa? La casa era stata scoperta? Tutti cercarono di informarsi maggiormente, si ritrovarono agli angoli delle vie, ma da buoni cittadini decisero di non rischiare per la sicurezza del villaggio. Quindi nessuno fece nulla, semplicemente rientrarono nelle loro case e si addormentarono beati. I due uomini mandati dal re, invece, continuarono ad avvicinarsi alla casetta dove avevano visto entrare il vecchio nell’ancor giovane serata. Quell’uomo doveva aver fatto qualcosa di grosso perché il re si scomodasse tanto e mandasse due sicari bravi come loro ad ucciderlo; peccato che non fossero stati informati della motivazione. Un uomo che ammazza senza un buon motivo, lo fa ma senza convinzione alcuna. Semplicemente ubbidisce agli ordini. Questo sarebbe stato un errore enorme.

Arrivarono alla casa, videro il simbolo regio rotto e allora capirono: tramava contro il re ed era entrato in un luogo proibito. Entrarono cercando di non fare rumore, lo cercarono scrupolosamente, ma né al primo né al secondo piano trovarono niente. Salirono le scale, all’ultimo piano lo videro coricato su un pagliericcio ed estrassero fulmineamente i pugnali. A bassissima voce iniziarono la frase di rito: <>.

Tom si svegliò di soprassalto, con strani sogni in testa e voci nelle orecchie. D’istinto schivò il primo colpo, ma il secondo lo colpì al fianco. Il sangue iniziava ad uscire dalla ferita, molto profonda, ed ecco un altro colpo in arrivo. Con uno sforzo riuscì a rotolare su se stesso e a levarsi dalla traiettoria del pugnale, ma un dolore lancinante lo scosse dalla testa ai piedi. Si mise in piedi a fatica, si appoggiò alla balaustra e scese le scale fino al portone d’ingresso. Lì trovò una spada corta appesa alla parete, due frecce ed un arco. Prese quest’ultimò, lo preparò e appena uno dei due uomini fu a portata di tiro, senza esitazioni, scoccò la freccia. Andò a segno, lo colpì in pieno petto e stramazzò al suolo, inerte. L’altro però fu rapido, prese un secondo pugnale dalla cintura e glielo tiro contro. Tom se ne accorse all’ultimo e si parò con l’arco. Questo venne distrutto dalla lama, quindi non restava altro che combattere corpo a corpo con le spade. La stanchezza si faceva sentire tanto quanto la ferita, sempre più aperta dallo sforzo. Iniziarono il combattimento, due affondi colpirono di striscio il sicario, ma altrettanti fu costretto a subirne. Mentre si preparava ad un nuovo affondo, sentì le forze scorrergli via e cadde al suolo. L’ultima cosa che vide fu il suo nemico cadere, morto, sul lungo tavolo del primo piano. Poi solo buio. 

(Glossario: assassino = uomo che, banalmente, commette un omicidio.

                    Assassino = membro della Gilda degli Assassini )                                Continua.

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