LA GILDA DEGLI ASSASSINI di The black angel (/viewuser.php?uid=66496)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 1 *** Prefazione ***
Luglio 1502. Il
sole
stava tramontando, il cielo iniziava a colorarsi di rosso, un rosso che
in
alcuni tratti sfumava fino a diventare di un rosa pallido. Le montagne
erano
avvolte dalla luce, che le conferiva un aspetto quasi mistico,
possente. La
loro vera natura veniva svelata, sembravano potenti e assai vecchie,
come se
sapessero da sempre ciò che stava per accadere. Qualcosa
infatti doveva
succedere, i tempi erano
ormai maturi e
il presentimento di un oscura minaccia era decisamente
nell’aria.
Sulla vetta del
monte c’era una piccola villetta, molto spartana e realizzata
interamente in
pietra. Non era sempre abitata, era una casa utilizzata soprattutto
d’inverno e
nei mesi estivi, quindi presentava segni di scarsa manutenzione, che
però le conferivano
un aspetto secolare. L’edera occupava gran parte del tetto e
delle colonne che
lo sostenevano e creavano, di fatto, il porticato. Lungo i muri
dell’abitazione
ogni tanto, ad intervalli regolari, si trovavano delle piccole
cavità che fungevano
da finestre per i mesi estivi. Tutto ciò che impediva ad un
ladruncolo di non
entrare all’interno erano due sbarre messe senza troppa cura.
Due lastroni di
legno servivano, invece, per coprirli d’inverno, quando il
clima rigido delle
montagne ed il vento penetravano nei saloni. Molte pietre dovevano
essere
sostituite, altre necessitavano di costanti cure di riparazione, ma
certamente
il proprietario non era dell’umore adatto per eseguire opere
di
ristrutturazione: la mente era e doveva essere altrove.
Leonardo,
così si
chiamava, era l’ultimo proprietario di quella villetta, che
per anni aveva
ospitato i tristi e cupi riti di una setta segreta ai più,
l’ordine più antico
che il mondo ricordasse ancora, un gruppo di pochi eletti che lottavano
per
restituire all’umanità ciò che le
apparteneva fin dai secoli precedenti, ma che
era andato perduto. Era sulla cinquantina, capelli brizzolati, ma
ancora lunghi
e occhi di un azzurro caldo, intenso, rassicurante. Portava un mantello
nero,
con inciso all’interno il simbolo della setta. Nonostante la
sua età aveva
ancora un fisico scattante ed atletico, tanto che se non fosse stato
per le
rughe sarebbe potuto passare per un giovane uomo. Lui era
l’ultimo di questa
setta e doveva lottare affinché il ricordo potesse
continuare a vivere, magari
rifondando tutto ciò in cui credeva. Ma non era facile: il
sovrano lo stava
braccando senza sosta da molti anni, aveva annientato tutti i suoi
“colleghi”
ed ora era pronto a dare l’ultimo affondo ai suoi nemici. Non
c’era tempo da
perdere.
Si era
rinchiuso in
quella casa perché era il suo ultimo nascondiglio, ma mentre
varcava la soglia
dell’abitazione aveva intravisto due uomini venire verso di
lui. Portavano il
vessillo regio, oramai mancavano poche ore, minuti forse. Doveva
muoversi.
L’interno della casa era molto differente da come appariva
all’esterno. Era
curata, pulita ed in ordine, i mobili tutti fatti d’un legno
pregiato e
finemente ritoccati a mano. C’era un lunghissimo tavolo dove
si riunivano per
il rito serale, un altro uguale dove pranzavano e cenavano e due
credenze per i
viveri. Era molto spartana, ma non mancava nulla. Erano tre piani,
Leonardo
doveva andare al terzo. Quindi iniziò a salire la rampa di
scale, di pietra
anch’esse, che costituivano la via più veloce per
giungere ai piani superiori.
Fece gli scalini due a due e quando arrivò al secondo piano
le sue speranze
parvero spegnersi. C’era un lungo corridoio che si divideva
in dieci e più
stanze che fungevano da dormitorio, ognuna contenete bacinelle
d’acqua pulita e
un orinatorio. In fondo si trovava una finestra molto più
grande delle altre,
nascosta all’esterno da una tenda che la mimetizzava col
muro. La scostò e vide
che il sole era calato ma, cosa ancora più preoccupante, i
due sicari erano a
pochi passi dall’uscio.
Non perse
tempo,
salì le scale di corsa e si ritrovò al terzo
piano. C’erano due soli lunghi
banconi, pieni di fogli di papiro e calamai. Era lo studio, dove la
setta
studiava. Infatti c’erano lungo le pareti migliaia di volumi
storici,
scientifici, religiosi e di ogni altro genere. Era un vero e proprio
patrimonio,
visto che erano tutti volumi unici per edizione e rarità.
Bussarono alla porta,
una due tre volte, poi, non ricevendo risposta, abbatterono la porta ed
entrarono. Dalla scala Leonardo vide che si erano divisi: uno era
andato al
primo piano, uno al secondo. Entrambi portavano un pugnale,
probabilmente
intriso di veleno, e un arco con due frecce a testa nella faretra.
Poche,
quindi sapevano il fatto loro, erano evidentemente ottimi tiratori.
Non perse
ulteriore tempo, si mise sulla
prima sedia che trovò e iniziò a scrivere la sua
ultima postula. La penna
scivolava dolcemente sul papiro, il tempo si assottigliava.
Finì per tempo, si
alzò e infilò il pezzo di carta in uno dei libri
alla sua destra, intitolato Il rito iniziale.
Era il primo di una
lunga serie, tomi che introducevano al mondo della setta. Finito
ciò si voltò e
quello che vide lo lasciò di marmo.
Non preoccuparti, lo sapevi che stava
per
finire. È giunta l’ora di farsi da parte, speriamo
che non sia un sacrificio
inutile. I
due uomini erano sulla soglia, pugnali in mano. Passarono secondi
così, a
scrutarsi, mentre Leonardo iniziava a sudare freddo. Poi,
all’improvviso, uno
dei due scattò in avanti, ferì l’uomo
al piede e lo immobilizzò a terra.
L’altro si avvicinò con calma, un sorrisetto
sarcastico sul volto crudele, due
occhi azzurri e freddi come il ghiaccio. <<Vecchio, alzati!>>
esclamò, poi lo
prese a calci. <<Voglio vederti
cadere ai miei piedi, morto>>.
Lo costrinsero ad alzarsi,
poi lo apostrofò
così: <<Non pensavo che
l’ultimo degli Assassini si lasciasse prendere
così
facilmente. Cos’è, i vostri riti vi hanno
raggrinzito al cervello?>> sogghignò <<Comunque sia,
oramai è tardi per pensarci. Dobbiamo fare il nostro dovere.
Saremo lautamente
ricompensati per portare al re il tuo sudicio cadavere e, credimi,
è quello che
intendiamo fare. Bhe, dai procediamo …>>
<<Bastardi, il
segreto non morirà con me,
ritorneremo quando i tempi saranno più maturi>>. Uno schiaffo
lo
colpì in pieno volto e il sangue iniziò ad uscire
dalla sua bocca. Speriamo che qualcuno trovi
la lettera,
prima o poi.
<<Farò
finta di non aver sentito, che è meglio. Rincominciamo: nel
nome
di Sua Maestà, vi condanniamo a morte, con
l’accusa di essere il Gran Maestro
della Gilda degli Assassini, ritenuti colpevoli di numerosi omicidi.
Ecco, è
tutto.>>
Gli
avvicinò le
labbra all’orecchio ed esclamò alcune parole che
però si persero nel vuoto,
visto che l’altro gli aveva conficcato il pugnale nel ventre,
decidendo il suo
destino. Il veleno doveva essere di quelli potenti, perché
nel giro di cinque
secondi gli aveva tolto il fiato. Risorgeremo
dalle ceneri, come il nostro simbolo. Rinasceremo dalla fenice. Il
nostro
Potere si diffonderà in tutte le terre, una dopo
l’altra. Poi chiuse gli
occhi, per l’ultima volta.
I due sicari
non
persero tempo, presero il cadavere, uno per le mani e l’altro
per i piedi, scesero
fino all’ingresso e lo portarono fuori. Sul tetto
già sventolava la bandiera
col marchio regio, quindi poterono sigillare l’entrata
dell’abitazione. <<Andiamocene
via, è
già buio pesto>>. Così si
incamminarono per non tornare più. La casa, un tempo piena
di ospiti, sarebbe
stata per molto tempo vuota, tolta dalle carte, il sentiero cancellato.
La
tradizione voleva che venissero bruciati i luoghi di culto o pensiero
differente da quella del monarca, ma per fortuna fecero
un’eccezione. Era
troppo importante quella casetta in montagna, la storia avrebbe dovuto
riprendersela. Prima o poi.
Il
cadavere venne
esposto per un’intera settimana fuori dal palazzo reale, per
poter permettere a
chiunque di infangarne l’immagine, nel modo più
oltraggioso che si conoscesse.
Poi, però, il Re cambiò idea e lo
seppellì nel miglior modo possibile, in una
tomba con sopra una Fenice. L’ultima.
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
1838.
Erano tempi bui, quelli. La Guerra di Primavera era appena finita e
nessuno dei
due schieramenti aveva riportato importanti successi. Ovviamente, non
si poteva
dire lo stesso per quanto riguarda la distruzione delle regioni,
detriti
ovunque, uomini tolti ai campi e alle famiglie e mai tornati
– quindi economia
immobile – e una grande carestia. Un vero disastro, a dire il
vero. Vista la
grande povertà che si avvertiva in quel periodo, era molto
sostenuta anche la
presenza di ladri per le vie, tanto che diventava pericolosissimo
girare nelle
vie. Nessuno osava avventurarsi nella grande macchia che caratterizzava
la
regione, meno che mai vagare di notte. Eppure erano frequenti i furti;
ciò
significa che era proprio nei villaggi il grande afflusso di ladri, che
si
mescolavano alla povera gente.
Tra
le rovine tutto ciò che si riusciva a recuperare era
bruciato a causa di un
incendio divampato negli ultimi giorni di guerra, e che era risultato a
dir
poco devastante. Ciò che preoccupava maggiormente le persone
erano però gli
assassini che si aggiravano soprattutto al sud. Erano una branchia
ristretta dei
ladri, si muovevano furtivi, ma uccidevano solo per vivere. I bambini
erano
tenuti in casa dalle madri, e quando dovevano uscire, erano
terrorizzati,
tant’è che volevano rientrare il prima possibile.
Le case non erano più sicure,
ma era più difficile entrarci e quindi tendevano a fare
quell’effetto ai suoi
abitanti. Il termine assassino in quel periodo aveva assunto un
significato
diverso, banalmente era riferito a tutti coloro che compivano un
omicidio. Il
termine originale sottintendeva ben altre caratteristiche, infatti gli
Assassini si muovevano come ombre, erano agilissimi e fulminei nel
porre fine
alla propria missione; inoltre avevano un loro rito, che purtroppo era
stato
perso nel corso dei secoli.
Nel
villaggio erano rimasti pochi uomini, visto che erano dovuti andare in
guerra e
coloro che erano sopravvissuti alle battaglie erano morti assiderati o
per
mancanza di cibo ed acqua. Frequentissime erano pure le morti per
infezione
delle ferite, o per epidemie dovute alla scarsa igiene che si tiene in
guerra.
Quindi erano rimasti solo vecchi – ormai inadatti al
combattimento – e bambini
non ancora pronti. Oltre, naturalmente, alle donne. Era difficile che
si
potesse continuare la produzione agricola, poiché gli
attrezzi pesanti erano
impossibili da usare per fisici non più allenati.
Tom
era un uomo rimasto a casa dalla guerra, data la sua età e
la sua non idoneità
a combattere. Il suo desiderio di servire il suo re era forte, ma era
stato
“catalogato” come un inutile peso che
l’esercito regio si sarebbe dovuto
caricare sulle spalle. Era un uomo che aveva perso tutto, casa,
affetti,
famiglia ed era diventato un ladro per sopravvivere. Era sulla
cinquantina, il
suo corpo – benché presentasse i segni
dell’età – era ancora atletico,
scattante; tutto dovuto agli anni addietro, quando lavorava nei campi
e, nel
tempo libero, si dedicava alla pesca d’altura. Aveva profondi
occhi verdi,
capelli brizzolati e lineamenti perfetti, nonostante
l’età. Il suo volto era
però pieno di rughe e le labbra iniziavano a spaccarsi,
fragili. Era ad un
crocevia: mezzo reduce e mezzo uomo che voleva dimostrare ancora
qualcosa di
importante. Infatti, pur essendo un ladro, ambiva ad un obbiettivo
storico,
voleva far risorgere l’antico ordine degli Assassini, la
Gilda.
Per
lui la guerra era stata sia positiva sia negativa. Gli aveva tolto
tutto,
vedere i corpi dei suoi familiari cadere inerti al suolo lo aveva fatto
uscire
di senno completamente, ma è stato in quei momenti che aveva
iniziato ad
apprezzare l’aroma ed il sapore del sangue, la cosa
fondamentale per entrare
nella Gilda. Sapeva che il rito era stato scritto da qualche parte, un
passo
fondamentale sarebbe stato trovare il foglio, la pergamena. La svolta
sarebbe
arrivata, e per sempre. Questo era uno dei due motivi per cui aveva
iniziato a
rubare. L’altro ovviamente era il cibo.
Era
esausto e disperato, aveva fame ed il lavoro scarseggiava. Ogni tanto,
infatti,
veniva anche commissionato per alcuni suoi furti ed in quel caso il
compenso
era di molto maggiore; erano solo ricchi proprietari terrieri ad avere
abbastanza denaro da poterlo ingaggiare. Da alcuni giorni si era
avventurato in
un’altra regione, dove la guerra non aveva colpito. Sperava
che in quei posti
ci fossero più risorse, città integre e molti
soldi che giravano. Ma si
sbagliava. Tutte le case rimaste erano villette padronali, del demos
nessuna
traccia. Rovine dappertutto, case abbandonate, vie spettrali e
completamente
vuote: questo era tutto ciò che il panorama della regione
poteva offrire. Ci
doveva essere stata carestia, o nel passato qualche grave episodio per
il
regno.
Quella
sera pioveva a dirotto, non c’era vento e le nubi non si
sarebbero diradate
prima di qualche ora. Come se non bastasse le scorte di cibo erano
finite,
l’acqua introvabile e l’apprensione cresceva. Come
avrebbe potuto andare
avanti? Non ne aveva le forze. Tutto iniziò proprio
così, gli eventi presero
una piega inaspettata e tutto il suo mondo cambiò
radicalmente. Doveva cercare
assolutamente un riparo per la notte ed ecco che gli appare in
lontananza una
casa, un rudere abbandonato, costruito completamente in pietra e con
poche
finestrelle. Ci voleva qualche minuto per raggiungerla, ma decise
ugualmente di
tentare. L’erba tutt’intorno era bruciata, di
alberi non c’era nemmeno l’ombra
e quello che doveva essere stato un antico laghetto si era prosciugato.
Iniziò
a farsi delle domande, ma continuò imperterrito il suo
cammino verso la casa,
oramai ad un passo.
Arrivato
davanti al portone, notò che era fatto con un legno
pregiato, molto solido e
resistente. Si avvicinò ulteriormente e vide davanti alla
serratura il simbolo
regio. Significava solo due cose: o era un luogo di culto pagano
– ovvero in
contrasto con la religione adottata dal re in persona molti anni
addietro –
oppure era la sede di qualche organizzazione a lui non propriamente
gradita. La
curiosità cresceva, doveva trovare un modo per entrare. Il
sigillo era molto
antico, rovinato dagli anni e dalle intemperie continue che ci sono a
grandi
altitudini, ma era ancora intatto. Un occasione da non farsi sfuggire:
una casa
antica, opposta al re, quindi di un certo valore, per di più
abbandonata da
almeno duecento anni. Si guarda attorno, non vede nessuno, quindi con
un
particolare attrezzo da ladro fa scattare la serratura ed entra. La
casa è a
dir poco spettacolare, anche se molto spartana. È tardi, la
notte è calata già
da un bel pezzo, quindi decide di coricarsi. Trova un po’ di
paglia, la sistema
e ci si sdraia, contento di poter finalmente dormire profondamente;
l’ultima
volta era stata un bel po’ di tempo prima. Guarda le volte
per un po’, sente
che qualcosa non va, ma preso dalla stanchezza, si addormenta.
Tutto
il popolo aveva bisogno di soldi e di cibo, ma l’aiuto da
palazzo reale tardava
ad arrivare, vista la collocazione tra i monti dei paesini, quindi
tutti
pativano la fame. Pochi turisti ormai passavano di lì,
quindi la gente del
posto iniziò ad insospettirsi. Prima un vecchio che si
dirigeva verso le vette
più alte, adesso due sicari del re. Che fosse successo
qualcosa? La casa era
stata scoperta? Tutti cercarono di informarsi maggiormente, si
ritrovarono agli
angoli delle vie, ma da buoni cittadini decisero di non rischiare per
la
sicurezza del villaggio. Quindi nessuno fece nulla, semplicemente
rientrarono
nelle loro case e si addormentarono beati. I due uomini mandati dal re,
invece,
continuarono ad avvicinarsi alla casetta dove avevano visto entrare il
vecchio
nell’ancor giovane serata. Quell’uomo doveva aver
fatto qualcosa di grosso
perché il re si scomodasse tanto e mandasse due sicari bravi
come loro ad
ucciderlo; peccato che non fossero stati informati della motivazione.
Un uomo
che ammazza senza un buon motivo, lo fa ma senza convinzione alcuna.
Semplicemente
ubbidisce agli ordini. Questo sarebbe stato un errore enorme.
Arrivarono
alla casa, videro il simbolo regio rotto e allora capirono: tramava
contro il
re ed era entrato in un luogo proibito. Entrarono cercando di non fare
rumore,
lo cercarono scrupolosamente, ma né al primo né
al secondo piano trovarono
niente. Salirono le scale, all’ultimo piano lo videro
coricato su un
pagliericcio ed estrassero fulmineamente i pugnali. A bassissima voce
iniziarono la frase di rito: <>.
Tom
si svegliò di soprassalto, con strani sogni in testa e voci
nelle orecchie.
D’istinto schivò il primo colpo, ma il secondo lo
colpì al fianco. Il sangue
iniziava ad uscire dalla ferita, molto profonda, ed ecco un altro colpo
in
arrivo. Con uno sforzo riuscì a rotolare su se stesso e a
levarsi dalla traiettoria
del pugnale, ma un dolore lancinante lo scosse dalla testa ai piedi. Si
mise in
piedi a fatica, si appoggiò alla balaustra e scese le scale
fino al portone
d’ingresso. Lì trovò una spada corta
appesa alla parete, due frecce ed un arco.
Prese quest’ultimò, lo preparò e appena
uno dei due uomini fu a portata di
tiro, senza esitazioni, scoccò la freccia. Andò a
segno, lo colpì in pieno
petto e stramazzò al suolo, inerte. L’altro
però fu rapido, prese un secondo
pugnale dalla cintura e glielo tiro contro. Tom se ne accorse
all’ultimo e si
parò con l’arco. Questo venne distrutto dalla
lama, quindi non restava altro
che combattere corpo a corpo con le spade. La stanchezza si faceva
sentire
tanto quanto la ferita, sempre più aperta dallo sforzo.
Iniziarono il
combattimento, due affondi colpirono di striscio il sicario, ma
altrettanti fu
costretto a subirne. Mentre si preparava ad un nuovo affondo,
sentì le forze
scorrergli via e cadde al suolo. L’ultima cosa che vide fu il
suo nemico
cadere, morto, sul lungo tavolo del primo piano. Poi solo buio.
(Glossario:
assassino = uomo che, banalmente, commette un omicidio.
Assassino = membro della
Gilda degli Assassini )
Continua.
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