Blades of Glory

di killer_joe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo ***
Capitolo 3: *** capitolo secondo ***
Capitolo 4: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 5: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 6: *** Capitolo quinto ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Come se non avessi millemila fic da finire... io ne comincio un'altra! 
Questa storia è ispirata al film Blades od Glory del 2007. Sarà una storia leggera, con tante gag divertenti e un po' (ma poca) di introspezione.
Sono un po' presa da uni e altri impegni, quindi gli aggiornamenti saranno molto lenti... spero che comunque apprezzerete questa storia! 

 

BLADES OF GLORY
by killer_joe


PROLOGO
 

GARA MONDIALE DI PATTINAGGIO ARTISTICO SU GHIACCIO – STOCCOLMA 2005

FINALI MASCHILI INDIVIDUALI

 

“Ed ora scende in pista un grande del pattinaggio. Un artista del ghiaccio. Un campione dal valore di sette ori mondiali. Per l'Inghilterra... Freddie Mercury!”

 

Il giovane posò il pattino sul ghiaccio perfettamente levigato della pista. Aveva un obiettivo, ed era quello di guadagnarsi il suo ottavo oro. Sapeva di potercela fare, perché i suoi avversari semplicemente non erano all'altezza. Con un sorriso che dimostrava tutta la sua audacia, il ragazzo scese in pista.

Il boato del pubblico fu straordinario. Tutti, tutti in piedi a gridare ed esultare per lui, e solo per lui. Oh, Freddie sapeva che il pubblico lo amava, e non solo coloro con nazionalità inglese. No, lui era un esempio per l'intero mondo del pattinaggio. Era un eroe. Era una leggenda.

Con falcate delicate si portò al centro della pista. La sua tuta, di colore dorato e piena di cristalli luccicanti, rifletteva le luci tanto da farlo sembrare un angelo. O una fata. Sì, Freddie era soddisfatto del lavoro del suo costumista, e di quello dell'intero staff. Non l'avrebbe mai ammesso, ovviamente, meglio tenerli sulle spine in modo che continuassero a lavorare bene. Ora però, nulla contava se non la performance. Che doveva essere eseguita perfettamente.

Beh, fortunati loro che era lui, ad eseguire.

Non si era guadagnato il soprannome di 'Principe di Ghiaccio' per nulla.

Le dolci note di 'sonata al chiaro di luna' di Beethoven si librarono nell'aria, e per Freddie il resto del mondo scomparve. Solo lui, la musica, e il ghiaccio sotto le sue lame.

 

“Axel eseguito alla perfezione”

“Trottola bassa con asse ineccepibile... e che rotazione!”

“Combinazione di transazioni veramente eccezionale, sicuramente un quarto livello. Assolutamente favoloso!”

“E che coreografia! La grazia e l'eleganza di questo atleta non hanno eguali. Io lo dico, spettatori che ci seguite in diretta. Freddie Mercury si avvicina sempre di più all'ottavo oro.”

“Ed ecco un volo d'angelo degno di Mercury, signori. Questa è la quintessenza del 'Principe di Ghiaccio'”.


Freddie era stato un bambino prodigio. Immigrato da Zanzibar con la sua famiglia, aveva lasciato definitivamente la boxe per dedicarsi alla sua vera passione. Nonostante lo scetticismo del padre, Freddie aveva trovato un finanziatore, quasi un padre adottivo, nel magnate dell'industria musicale Ray Foster. Foster era stato il primo a credere in lui, l'aveva preso sotto la sua ala protettiva e l'aveva portato, letteralmente, alle stelle.

Freddie era stato educato, allenato e plasmato, per tutta la sua vita, ad essere il migliore. Ad essere un campione.

Aveva fatto tesoro degli insegnamenti impartitogli, ed ora era in grado di mostrare al mondo il risultato.


Freddie volteggiò a centro pista per il gran finale. Si diede uno slancio con la gamba sinistra ed eseguì una combinazione di trottole da far tremare l'intero palazzo del ghiaccio. E non aveva torto.

L'intero palazzo scoppiò in grida estasiate, e applausi fragorosi. Freddie finì la figura con estrema eleganza e, come da copione, si inginocchiò sul ghiaccio per la posa finale.
Le ultime note del capolavoro di musica classica sfumarono, a coronare il suo momento di gloria. Un trionfo.
Il pubblico lanciò rose e altri piccoli trofei in pista. Freddie si alzò in piedi e fece loro un inchino, poi un secondo. Oh, sì, aveva conquistato la pista, non c'erano dubbi che l'oro sarebbe stato suo.
Non vedeva l'ora di vedere il faccino stralunato del biondino del cazzo. Non sarebbe stato in grado di fare di meglio, stavolta.

Freddie raggiunse il bordo pista, dove venne accolto dall'abbraccio del suo allenatore. John Reid gli diede una pacca affettuosa sulla spalla, riempiendolo di complimenti sulla sua performance. Puh, come se Freddie non fosse in grado di giudicarsi da solo, ovviamente era stato perfetto. Lui era perfezione. Lui era il pattinaggio.
“Ray, che ne pensi?” non poté fare a meno di chiedere Freddie. Il suo benefattore era in prima fila, come ad ogni gara, a supervisionare il lavoro dello staff e a complimentare la sua stella.
“Mi sei sembrato molto... femmineo, Freddie. Comunque bellissima performance, un altro oro guadagnato” Foster commentò con un sorriso compiaciuto. Beh, sì, Freddie sapeva di avere particolare... grazia, nei suoi movimenti. Non aveva seguito tutte quelle lezioni di danza classica per buttarne i risultati alle ortiche. Inoltre quello era il suo marchio di fabbrica, quello che dava alle sue esecuzioni quel qualcosa in più che agli altri mancava.
Per fare un esempio, al biondino. Lui sì che non aveva alcun tipo di grazia, né di decenza.

“Fred, sei stato grande! Complimenti!”
Freddie si girò verso Brian, l'unico ragazzo del suo staff più giovane di Freddie stesso. Il ragazzo era alto e allampanato, con una testa di ricci voluminosi. Pattinatore mancato a causa di un incidente in giovane età, Brian si occupava del profilo pubblico di Freddie sui social, oltre che fargli da personale tutto-fare. Se non altro era affidabile, e altamente professionale.
“Brian, dammi una bottiglietta d'acqua. Sono stremato” comandò Freddie, avvicinandosi intanto al divanetto. Doveva vedere il suo punteggio.
Freddie si sedette al centro, con Reid alla sua destra e Foster alla sua sinistra. Era il momento della verità.

USA: 5.9

Svezia: 5.9

Austria: 6.0

Francia: 5.9

Repubblica Democratica Cinese: 5.8

Inghilterra: 6.0

Sì, oh sì. Punteggio altissimo, imbattibile. Freddie non poté contenere un gridolino eccitato.
“Grande, ragazzo!” esclamò Reid, stringendolo in un abbraccio.
“Sì, direi bene, quel 5.8 non ci ucciderà” commentò Foster, dando a Freddie una pacca sul braccio.
Le cose non sarebbero potute andare meglio di così.


“Quello era il tuo numero, o una rivisitazione del Royal Ballet di serie B?”

A ripensarci, le cose potevano sempre migliorare. Se qualche divinità compiacente garantisse il desiderio di Freddie di cancellare quello stronzetto dalla faccia della terra, ad esempio.

“Chiudi il becco Taylor, non sai nemmeno cos'è il Royal Ballet. E comunque, la mia esibizione è stata perfetta. Vedi quel punteggio? È lo stesso con cui ti ho battuto ad Oslo, tesoro” replicò Freddie, lanciando uno sguardo di fuoco al biondino che si stava avvicinando alla pista.
“Uhm, ricordo Oslo. Mi hai battuto per uno 0.1 in più. Ricordo bene anche Boston però, dove ti ho fatto mangiare la polvere superandoti di 0.3. Chissà come andranno le cose oggi, ah?” ridacchiò il biondo, che ebbe l'ardire di fare a Freddie l'occhiolino. Oh, l'audacia!
“Rompiti una gamba, tesoro. E dico letteralmente” offrì Freddie con un sorriso sardonico. Roger fece spallucce.
“Farò molto di più, dolcezza. Oggi butto giù la pista”.

Freddie digrignò i denti così forte da farsi venire un dolore alla mascella.

 

“Ed ora l'ultimo concorrente della finale. Un protagonista della scena mondiale dal valore di cinque ori, guadagnati in meno di tre anni. Un asso del pattinaggio che, da giovane promessa, si è guadagnato il podio e l'amore dei fans. Per l'Inghilterra è in scena... Roger Taylor!”

Il boato della folla fu, per la delusione di Freddie, assordante. Il pubblico femminile era in estasi, e con buone ragioni. Per quanto Freddie non desiderasse altro che cambiare i connotati a Taylor a suon di pugni, non poteva non ammettere che il ragazzino era davvero bellissimo. Con quegli occhioni blu giganteschi, quei lineamenti delicati, il sorriso abbagliante e i lunghi capelli biondi, Roger Taylor aveva vinto la lotteria di madre natura. E non si faceva scrupoli ad usare tutte le sue qualità, eseguendo dei numeri che includevano sempre tecnica perfetta, improvvisazioni fuori dal comune e flirt con il pubblico. Non per niente era stato soprannominato 'l'Eros del ghiaccio'.

La musica partì, e con lei Taylor. Freddie non riuscì a trattenere una smorfia di disgusto alla scelta musicale. Deep Purple. Che mancanza di classe.


“Toe Loop... triplo! Che precisione incredibile!”

“Piroetta alta e, signori, ad alta velocità! Nessuno potrà mai accusare Roger Taylor di codardia, signori miei, nessuno!”

“Transazione elegante a tempo di rock 'n' roll. Senza farsi mancare quella componente di improvvisazione che tutti i fan si aspettano da lui”

“E non manca nemmeno la parte giocosa di Taylor, che ora sta pattinando vicinissimo alla balaustra... ha appena dato un bacio ad una spettatrice?”

“E ora il gran finale, con uno sfoggio di elasticità degno di lui. L'Eros del ghiaccio colpisce ancora. Questo numero, signori, profuma di oro”.

 

Taylor stava salutando il pubblico che, per il fastidio di Freddie, lo stava inondando di rose. Rosse. E reggiseni. Cristo santo, il biondino aveva trasformato la pista della gara mondiale di pattinaggio artistico nel surrogato di un night club. Non aveva proprio nessuna vergogna.

Il biondo pattinò fino alla balaustra e fu accolto dalla sua squadra. Tra i tanti componenti dello staff Freddie notò un ragazzino, con lunghi capelli castani e la pelle chiara. Si stava complimentando con Roger, e il biondo come risposta lo affogò in un abbraccio spezza-ossa. Era un fan o un amico? O qualcosa di più? Peccato che perdesse tempo con il biondo, perché secondo Freddie era davvero carino.

“Tra pochi minuti avremo i risultati di quest'ultima, strabiliante, performance e, finalmente, un vincitore!”

Taylor si avvicinò al divanetto, trascinando con sé anche il ragazzino. Quest'ultimo, nonostante l'evidente imbarazzo, aveva un sorriso dolce dipinto in volto. Stava guardando Roger come se il biondo fosse il responsabile del sorgere del sole. Bah, secondo Freddie poteva trovare di meglio.

Il pattinatore moro non si discostò di troppo dal divano, in modo da poter vedere lo schermo in prima persona.

USA: 6.0

Svezia: 5.9

Austria: 5.9

Francia: 5.9

Repubblica Democratica Cinese: 5.9

Inghilterra: 5.9

“Yeah!” esultò Roger, estasiato. Freddie invece, che era più attento ai dettagli, strabuzzò gli occhi.
“Non è possibile...” sussurrò a se stesso. Non poteva essere vero. Doveva esserci un imbroglio!
“Hey principessa, chi è che ride ora?” chiese Roger, girandosi verso Freddie e offrendogli un sorriso sarcastico.
“Non ride nessuno, idiota. Siamo primi ex equo” rispose Freddie, con voce falsamente mielosa. Roger si girò subito verso lo schermo, che dava i risultati del podio.
 

“Signore e signori, abbiamo un pareggio! Doppio oro all'Inghilterra, grazie ai suoi favolosi atleti. Un applauso per Freddie Mercury e Roger Taylor, i campioni di questa edizione!”

 

“Che cazzo?” mugugnò Roger, sconcertato. Come cazzo era possibile? Il suo numero era stato da schianto!
“Uhm... sembra che abbiate vinto tutti e due” offrì John, che se ne stava ancora accoccolato sotto al braccio di Roger. Il ragazzo sperava che la calma durasse almeno fino alla fine della premiazione, perché sapeva quant'era difficile – e talvolta pericoloso – avere a che fare con un Roger Taylor incazzato.
“Ma porca puttana! Maledetto bastardo, io il podio con lui non lo condivido!” esclamò Roger, incrociando le braccia al petto. John fece un risolino.
“E invece lo condividerai per forza, perché è così che è finita. E non mettere il broncio” lo seccò John, dandogli una spinta verso la pista. A volte Roger era peggio di un bambino, tra capricci e musi lunghi. Per fortuna la maretta gli passava veloce come arrivava.
“Ma guarda te se devo condividere il mio oro con quella ballerina vestita di fronzoli” continuò ad imprecare a mezza voce Roger, il quale però si stava dirigendo verso il podio. John ridacchiò di nuovo. Un bambino troppo cresciuto che però eseguiva gli ordini. Tutto sommato John era stato fortunato.

“Stasera sarà una serataccia, io lo dico” commentò una voce alle spalle di John. Il ragazzo si girò e offrì al nuovo arrivato un sorriso spontaneo.
“Nah, non per me. Darò a Roger due birre e lo spedirò a calci in culo da quella reporter che gli ha fatto gli occhi dolci per tutto il pomeriggio. Alcool e donne sono l'antistress ideale” rispose John. Brian fece un sospiro sconfitto.
“Io invece ordinerò la cena, che Freddie non mangerà perché convinto di dover 'dimagrire' in tempo per la prossima gara. Gli offrirò alcool, e mi accuserà di volergli inibire la concentrazione. Gli proporrò di fare del sano sesso, e mi dirà che 'non ha tempo per le frivolezze'. Gli consiglierò di andare a dormire, e mi risponderà che 'è una terribile perdita di tempo'. E io devo trovarmi un nuovo lavoro”.
John annuì con aria solenne, dando una pacca sulla schiena del riccio. Tanto lo sapevano tutti e due che Brian non avrebbe mai mollato Freddie, nonostante le dichiarazioni d'intenti.

 

God Save The Queen partì in sottofondo, mentre gli addetti al palazzo issavano la bandiera del Regno Unito. Sì, il loro paese doveva sentirsi fortunato, oggi. Due ori in una sola competizione.
Peccato che Freddie sentisse l'esatto opposto. Un ladrocinio del suo oro da parte di un biondino arrogante buono solo a flirtare. Dio quanto lo odiava.
La medaglia d'oro che aveva al collo non era leggera come lo erano state le altre.

“Fatti più in là” mormorò Freddie, dando a Roger un spinta con la spalla.
“Spostati tu piuttosto” rimbeccò il biondo, restituendo la spallata. Voleva la guerra? Freddie era più che pronto.
“Mi stai urtando, sia la spalla che il sistema nervoso, tesoro. Scansati” insistette Freddie, incrementando la forza della spinta.
“Stai già occupando i ¾ del podio, coglione. Levati” replicò Roger, che non si ritirava mai da una sfida.
I due si guardarono in cagnesco. Era una dichiarazione di guerra.

 

John guardò lo svolgersi degli eventi con ansia crescente. Roger e Mercury si stavano spintonando come bambinetti delle elementari, senza rendersi conto che erano in diretta mondiale. Se si fossero limitati a delle spinte discrete magari avrebbero contenuto i danni. Peccato che davanti ai loro ego più gonfiati di un dirigibile non ci fosse nulla a rimanere discreto.
Questa storia poteva finire male.
“Ma che diavolo stanno facendo?” chiese Brian, ma John aveva l'impressione che si trattasse di una domanda retorica.
“Combinano guai, come loro solito” ripose comunque. John incrociò le dita di entrambe le mani, pregando che la premiazione finisse prima di una escalation del conflitto. Purtroppo non ebbe fortuna.

Una spinta più forte delle altre da parte di Freddie fece perdere l'equilibrio a Roger che, già in bilico sul ciglio del podio, caracollò a terra con un tonfo.
“Roger Taylor è finito a terra! Mentre Mercury continua a sorridere e a salutare il pubblico” dichiarò la voce dello speaker, e John sentì un brivido lungo la schiena. Questa storia sarebbe finita male, era ufficiale.
Infatti un secondo dopo Roger, invece che comportarsi da persona matura e ignorare il gesto rude di Mercury, ancorò un piede sul polpaccio dell'altro pattinatore e lo buttò a terra con lui.

Da quel momento fu il caos.

I due pattinatori decisero di dimenticare quale fosse il loro sport per dedicarsi alla lotta libera. Freddie, con uno strillo indignato, saltò addosso a Roger. Il biondo, per tutta risposta, rotolò su un fianco invertendo la loro posizione. I due continuarono a rollare sul pavimento, tirandosi pacche e cazzotti in faccia, decisi a risolvere la questione una volta per tutte. Con la forza bruta, ovviamente.

“Cristo...” fu il solo commento di Brian. John avrebbe voluto saltare nella mischia e dividerli in modo da evitare che le cose potessero peggiorare, ma non ne ebbe l'occasione. A dividere i due litiganti furono due membri della sicurezza che, dopo averli trascinati lontano uno dall'altro, li scortarono fuori dal palazzo del ghiaccio.
“Questo preannuncia guai” mormorò Brian.
John deglutì un groppo in gola. Lo credeva anche lui, e sarebbero stati guai seri.

 

 

 

COMMISSIONE DISCIPLINARE UNIONE INTERNAZIONALE PATTINAGGIO – ISU

ULTIMA UDIENZA

 

Brian sapeva dall'inizio come sarebbe andata a finire. Mercury e Taylor avevano presentato un perfetto esempio di comportamento antisportivo, violando praticamente tutte le regole etiche di ogni sport esistente. Una rissa in piena regola sotto il podio di una gara internazionale... ma a cosa stavano pensando?

Il giudice della commissione sembrava pensarla come lui, perché stava guardando i due pattinatori seduti al banco degli imputati con uno sguardo di ghiaccio.

Brian sapeva che come minimo sarebbero stati sospesi da qualunque attività agonistica per almeno un anno. Quello che uscì dalla bocca del giudice, tuttavia, sorprese anche lui.

“Freddie Mercury e Roger Taylor. Siete un disonore della nostra disciplina. Mai nessuno prima di voi aveva portato tanta disgrazia a questo sport, e io farò in modo che non accada mai più.
Pertanto, vi spoglio dei vostri ori...”

Già questo fu sufficiente a far alzare in piedi entrambi i pattinatori, i loro avvocati e i finanziatori che, a gran voce, cercarono di replicare in sfavore di una sentenza così pesante. In effetti, entrambi avevano un bel numero di vittorie che sarebbero andate perdute. Otto ori per Freddie e sei per Roger. Uh, sarebbe stato un duro colpo da assorbire.

“Silenzio in aula! Silenzio, non ho finito!” il giudice batté il martelletto sul banco fino a far calmare la folla. Brian, con il cuore in gola, si sporse verso il giudice, sperando che la sua sentenza avesse magari dei requisiti per l'annullamento. Qualcosa come 'e se entro due anni non dimostrerete di saper convivere civilmente la renderò permanente' o qualcosa del genere.

“Come dicevo, vi spoglio dei vostri ori e vi bandisco, perpetuamente, da qualsiasi competizione della vostra categoria. L'udienza è chiusa.”.

L'aula del tribunale si trasformò in una baraonda. Gente che gridava, chi sosteneva che la sentenza fosse troppo pesante. Chi chiedeva un ricorso. Brian, invece, si lasciò cadere sullo schienale della sedia, spossato. Accanto a lui John aveva un espressione addolorata.
“E' finita, vero? Niente più pattinaggio per Roger...” mormorò il ragazzo.
“Beh, niente più pattinaggio nemmeno per Freddie, a sentire il giudice” commentò, mettendo un braccio sulle spalle di John per un po' di conforto. Il ragazzino si appoggiò su di lui e tirò su con il naso.
“Questa era tutta la mia vita” confessò John in un sussurro. Brian annuì, condivideva il sentimento.
Era stata tutta la sua vita anche per lui.
“Faranno ricorso, vedrai. Si risolverà tutto...”.
Brian e John ci speravano, ma la speranza non è sufficiente.

Entro la fine dell'anno, Freddie Mercury e Roger Taylor furono cancellati dall'associazione.
Fu la fine delle loro vite.

E l'inizio di qualcosa che fece la storia.



Note d'autore:
Allora... che ne pensate? :)

 

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Capitolo 2
*** Capitolo primo ***


Grazie mille a chi ha recensito e/o messo tra le preferite/ricordate/seguite questa storia! 
Spero di risentirvi anche alla fine di questo primo capitolo! 



 

Capitolo primo

 

CITTA' DI SEEFELD, AUSTRIA - 2007

LA FATA TERRY E GLI AMICI DEL BOSCO – SPETTACOLO SUL GHIACCIO

 

“Freddie! Che cavolo stai facendo, devi essere in pista fra 30 secondi!”

Il moro girò pigramente lo sguardo verso la voce molesta. Brian, in tenuta di scena, lo stava guardando con aria di rimprovero. Con le mani sui fianchi e la testa piegata di lato rassomigliava vagamente ad una madre delusa.

“Mi sto preparando ad entrare in scena, tesoro. Non si vede?” rispose, facendo un gesto eloquente verso il suo costume. Ad essere sinceri, Freddie stesso non credeva alle sue parole. Il suo camerino (sempre che uno spazio di un metro quadro nascosto dietro le quinte potesse essere chiamato camerino – Freddie non ne era sicuro) era pieno zeppo di abiti buttati alla rinfusa, prodotti per capelli e trucchi sparsi in giro e, nascoste abilmente tra la roba, qualche buona bottiglia di vodka.

“Mettiti la maschera e muoviti” fu l'unica risposta di Brian, che per buona misura gli diede anche uno scappellotto sul collo, assolutamente impassibile davanti allo strillo affranto di Freddie.

“E non tirare troppo la corda, o ti licenzieranno anche da qui” gli sibilò contro prima di entrare in pista e sparire dalla vista di Freddie.

“Come se fosse una cosa negativa...” mormorò Freddie tra sé e sé.

Sapeva di essere ingiusto nei confronti di Brian. Il ragazzo riccio era l'unico a non averlo mollato in mezzo ad una strada dopo quella brutta storia che mise fine alla sua carriera da agonista. Foster l'aveva lasciato a piedi, e così come lui tutti quei falsi amici che gli stavano attorno solo per poter godere della sua luce riflessa. Ora che Freddie era un perfetto nessuno, erano spariti tutti. Tutti tranne Brian, che l'aveva aiutato a risollevarsi e gli aveva trovato un lavoro.

Beh, numerosi lavori ad essere sinceri... questo era solo l'ultimo di una lunga lista di datori di lavoro che l'avevano mandato a quel paese dopo qualche mese.

Con un sospiro affranto Freddie indossò la testa da mago cattivo fatta di cartapesta. Sentì subito dopo la fatina del bosco che lo annunciava ai bambini, e prese un respiro profondo. Aveva bisogno di un altro sorso di vodka per sopportare quest'ennesima umiliazione.

“Odio la mia vita” mormorò a se stesso prima di entrare in pista.

 

*

 

CITTA' DI SEEFELD, AUSTRIA - 2007

SPORTS & GOODS – NEGOZIO DI ARTICOLI SPORTIVI


“Ahi! Non mi stanno bene!”

La bimba, dal viso largo pieno di lentiggini, non la smetteva di piagnucolare. Dio, erano tutti così i mocciosi o quelli rompipalle capitavano sempre a lui?

“E' perché non ho finito” rispose Roger con diplomazia, trattenendo a stento un rollare di occhi al cielo. Decise comunque di fare un tentativo, magari una spiegazione sarebbe servita.

“Vedi, devi pensare ai lacci come parte di tre gruppi distinti. La base...”. La mocciosa non lo lasciò finire.

“Ahi! Sono troppo stretti! Papà!”

Oh cristo santo, ecco l'arma segreta. Dalla sua posizione in ginocchio davanti alla panca il biondo sentì avvicinarsi dei passi pesanti. Con la sua dose di fortuna, il padre di questo soldo di cacio era di sicuro due metri di uomo. Con tanto di muscoli.

“Cosa succede piccola?” chiese una voce baritonale. Roger, imperterrito, andò avanti con il suo lavoro. Quei pattini erano della misura giusta, andavano solo allacciati come dio comanda. Non le avrebbe dato una misura più grande solo per sentirla tornare in negozio un mese dopo, a lamentarsi che si erano allargati troppo.

“Mi sta stritolando! Ahi!” continuò a lamentarsi la lagna in formato mignon. Roger questa volta non riuscì a trattenersi, e alzò gli occhi al cielo.

“Hey, cosa sta facendo? Ha detto che sono troppo stretti” proseguì la voce e, oh, Roger aveva ragione. Una montagna d'uomo, dall'espressione non troppo conciliante. Amen, Roger non era uno che si faceva intimidire facilmente.

“Beh, ha torto” rispose il biondo, finendo finalmente di allacciare il pattino. Certo, magari li sentiva stretti ora, ma poi sarebbe stata contenta.

“Oi biondino, ha detto che non le stanno!” insistette il padre, avvicinandosi di due passi minacciosi.

“Ma si sta sbagliando! In fondo a chi vogliamo credere? A una bambina o a Roger Taylor?” proclamò, colpito nell'orgoglio. Magari non poteva più pattinare, ma aveva una discreta competenza in materia.

“E chi diavolo è Roger Taylor?” chiese il padre, mezzo arrabbiato e mezzo confuso. La bambina stava guardando la scena con quell'espressione finta innocente tipica dei mocciosi della sua età.

“Cosa succede qui?” arrivò la cavalleria, nella forma di Chris Crystal Taylor, il padrone del negozio. Ora la fortuna girava dalla parte di Roger.

“Questo tipo” cominciò il padre, puntando un indice accusatorio verso Roger, “sta stritolando il piede di mia figlia”. Roger sbuffò, e Crystal gli lanciò un'occhiataccia.

“Mi scusi signore. Roger, lascia perdere qui e vai in magazzino” dichiarò Crystal, il maledetto bastardo che sapeva che Roger aveva ragione.

“Ma... cosa? Perché?” si lamentò il biondo, che però si rimise in piedi subito. Crystal non era uno con cui scherzare, e non apprezzava gli ammutinamenti. Crystal non disse nulla, limitandosi a indicargli con un dito la strada per il magazzino.

“Odio la mia vita” mormorò a se stesso prima di uscire dalla porta sul retro.

 

*

 

“E così, ho deciso che non mi andava più di pattinare per i giudici... insomma, è molto più appagante vedere i visi dei bimbi che sorridono felici... mentre pattini con la maschera da mago cattivo...” Freddie, conscio di star dicendo un fracco di balle, prese un altro sorso dalla bottiglia che aveva in mano. Che era già mezza vuota. La ragazza vestita da fatina seduta accanto a lui annuì con aria solenne.

“E' per questo che ti sei tagliato i capelli e fatto crescere i baffi?” chiese l'altra fatina seduta alla sua sinistra. Il tono della seconda era più civettuolo, mentre con una manina delicata gli accarezzava i baffi. Freddie prese un altro sorso di vodka.

“Look nuovo... vita nuova” proclamò, finendo la bottiglia. Vita di merda, senza dubbio.

La porta dello spogliatoio si spalancò, e Freddie vide la silhouette di Brian fare capolino da fuori.

“Eccoti qui, dobbiamo... Freddie, stai bevendo?” chiese Brian con disapprovazione. Freddie, preso con le mani nella marmellata, buttò la bottiglia oltre lo schienale del divano.

“Io... un po'?” offrì con poca convinzione. Brian alzò gli occhi al cielo e raggiunse il divano in due falcate.

“Forza, in piedi! Adesso andiamo a fare una doccia e poi ci prepariamo per il prossimo spettacolo. Fatine, a più tardi” sentenziò il riccio, arpionando le spalle di Freddie e alzandolo di peso dal divano. Il moro si lasciò maneggiare come una bambola, conscio che il suo unico amico aveva solo il suo bene a cuore.

“Ma che diavolo combini, si può sapere? Vuoi buttare alle ortiche anche questa occasione o cosa?” mugugnò Brian mentre lo trascinava verso i bagni pubblici del palazzetto. Freddie fece spallucce, non sicuro di come rispondere. Non che volesse trovarsi, di nuovo, senza un lavoro. Però questo era davvero umiliante.

“No... solo che... andiamo, Brian! Io vincevo ori a destra e a sinistra, pattinando sulle arene più importanti al mondo accompagnato dalle note dei maestri della musica! Questo è... imbarazzante” confessò, gesticolando verso il costume da mago che ancora indossava.

“Beh, se non avessi fatto l'idiota due anni fa ora saresti ancora in pista! Invece adesso la situazione è questa, e sarà bene che ti ci abitui. Magari prima di ammalarti di cirrosi epatica” lo seccò Brian, che intanto aveva raggiunto i bagni. Aprì la porta con un piede e spinse Freddie nel primo cubicolo disponibile.

“Adesso datti una rinfrescata, torna sobrio, e metti la testa in quello che fai sulla pista. E smettila di lamentarti della tua parte, almeno hai un nome in tabellone. Ricordati che io” Brian puntò l'indice sul suo stesso petto, come a stressare il concetto, “ho la parte dell'albero!”.

Con queste parole intrise di sentimento Brian uscì dal bagno, sbattendo la porta. Freddie deglutì a vuoto. Brian aveva ragione... bell'amico del cavolo, era stato. Era il caso di mettere la testa a posto, almeno per il prossimo spettacolo. Lo doveva a Brian.

 

*

 

Roger stava combattendo da cinque minuti con quel maledetto taglierino. Gli mancava solo di rompere gli strumenti del mestiere e Crystal lo avrebbe sbattuto fuori, poco ma sicuro.

“Hey Roggie”.

Il biondo si voltò con un sorriso. John era l'unica persona al mondo che riusciva a fargli tornare il buon umore anche quando tutto sembrava grigio.

“Hey Deaky! Che hai lì?” chiese il biondo, guardando con curiosità il libro – dalle dimensioni di un mattone – che John teneva stretto al petto come un neonato.

“Ho buone notizie” sorrise John, avvicinandosi a Roger e mostrandogli il titolo del tomo. Il biondo aggrottò le sopracciglia quando vide che si trattava del regolamento della ICU. John, benedetta la sua anima ottimista, ancora non si era arreso al fatto che i giorni di gloria di Roger erano terminati. Per due anni aveva ricercato a destra e sinistra una soluzione per rimetterlo in pista, senza risultati. Era il momento che lasciasse perdere e andasse avanti.

“John... andiamo. Mi hanno bandito a vita. Facciamocene una ragione, tutti e due, d'accordo?” suggerì, usando quel tono dolce che era riservato a John e a John soltanto. Il ragazzo, invece che partire in quarta con le recriminazioni come ogni volta che avevano questa conversazione, fece il sorriso più largo che Roger avesse mai visto.

“Abbiamo fatto tante ricerche, ma sempre nel posto sbagliato! La soluzione è così semplice, ed è qui” cominciò, aprendo il libro su una pagina che aveva segnato con un'orecchia.

“Ascolta, paragrafo quattordici, comma terzo: la sospensione a vita è irrevocabile, e il pattinatore non potrà mai più competere ad alcun torneo istituzionale esistente nella sua categoria o divisione” lesse a voce alta, per poi guardare Roger con aspettativa. Il biondo alzò un sopracciglio, lo conosceva a memoria quell'articolo. E quindi?

“Rog, non capisci? Sei stato bandito dalla tua divisione, l'individuale maschile! Puoi ancora gareggiare nei tornei di coppia!”

Roger spalancò gli occhi, incredulo. Come avevano fatto a non pensarci prima? Con una nuova ventata di ottimismo verso il suo futuro raggiunse John, per guardare anche lui nero su bianco il testo dell'articolo. Cristo santo, poteva tornare in pista! Poteva tornare a fare quello che sapeva, e amava, fare nella vita! Addio, mocciose frignanti e padri recriminanti, il pattinaggio lo chiamava!

“Deaky, hai ancora il numero di Jim? Avrò bisogno di un coach”.

-

 

“Io lo sapevo, quando ho ricevuto la vostra chiamata, che non sarebbe stata solo una rimpatriata”.

Jim Beach guardò i due giovanotti seduti davanti a lui, tre tazze di cioccolata calda fumante sul tavolino in mezzo a loro. Erano cambiati, ma non così tanto. Roger aveva ancora l'aria di un ragazzino, nonostante il nuovo taglio di capelli e la tinta ossigenata. Era chiaro che si fosse mantenuto in forma, probabilmente pattinando tutti i giorni per piacere invece che per lavoro. John, con il nuovo taglio corto, era diventato un uomo. Beh, era sempre stato più maturo della sua età e, nonostante i due anni in meno, più maturo di Roger.

“Allora coach, che ne dici? Mi prepareresti per gli europei di coppia?” chiese Roger, gli occhioni blu che scintillavano davanti alle prospettive di un più roseo futuro. Jim odiava l'idea di sgretolargli così i sogni di gloria, ma era necessario.

“Roger... gli europei sono tra un mese, e le iscrizioni chiudono tra due giorni” annunciò, sperando che questo fosse sufficiente a fargli capire la gravità della situazione. C'erano coppie che si preparavano per anni solo per avere un'occasione.

“Roggie è un campione, un mese è più che sufficiente per lui” commentò John, e Jim gli diede uno sguardo in tralice. Che non pensasse, il signorino, che Jim non sapesse da dove era venuta fuori l'idea. John era desideroso di rivedere Roger in pista tanto quanto il biondo stesso, se non di più.

Il punto era che entrambi non stavano calcolando un fattore abbastanza fondamentale, nel pattinaggio di coppia.

“La tua partner è brava quanto te?” buttò lì Jim, e si godette in diretta le espressioni scioccate dei due giovanotti. Ah, l'entusiasmo della gioventù, che agisce prima di pensare. Come potevano sperare di competere in coppia senza avere una coppia?

“Uhm...” mormorò Roger passandosi una mano tra i capelli, il gesto che faceva quando era nervoso. L'immagine fece tornare in mente a Jim un Roger più giovane, dai capelli più lunghi e dal sorriso smagliante. Il coach sentì una forte emozione, molto simile alla nostalgia, scaldargli il petto. Gli mancava quel combina-guai dalla risposta sempre pronta. E gli mancava anche il ragazzino dal sorriso dolce, sempre seduto a bordo pista.

'Che Dio mi perdoni', pensò, sapeva che se ne sarebbe pentito ma non gliene importava.

“Portami una partner entro due giorni e vediamo cosa riusciamo a fare” decise, allungando una mano verso l'altro capo del tavolo. Roger gli offrì quel sorriso meraviglioso che non vedeva da due anni e gli strinse la mano.

“Grazie, coach. Non la deluderò questa volta, lo prometto”.

 

*

 

Freddie sapeva che c'era qualcosa che non andava. Quando era uscito dal bagno era deciso a fare bene la sua parte – per quanto impegno uno dovesse metterci per fare bene il 'mago cattivo' di una ridicola recita per bambini – per Brian. Perché lo doveva a Brian.

Poi però aveva incontrato Paul, il tipo che era stato declassato da mago a scoiattolo quando il manager aveva assunto lui e Brian, che gli aveva offerto una birra per prepararsi alla performance. La birra si era trasformata in due birre, uno shottino di vodka e due dita di whisky bello pesante, con poco ghiaccio. Ora, un po' intontito e decisamente confuso, Freddie non sapeva più dove fosse finito. Dove diavolo era la testa del suo costume?


“Oh no, è il mago cattivo!”


Ecco, quella era la sua battuta d'entrata. E Freddie non sapeva ancora dove fosse la sua testa.

Ah ah, la sua testa. Terribilmente aderente alla realtà, quell'affermazione. Non sapeva dov'era la testa del mago, ma nemmeno la sua. Oh cielo, perché la stanza stava girando?

“Freddie, dove sei? Tocca a te!”

Quella non era la voce di Brian, e nemmeno di Paul. Freddie ruotò su se stesso per vedere una delle fatine che lo guardava un po' confusa.

“Hey, tesoro! Lo so, tocca a me... ma non trovo la mia testa! Nessuna delle mie teste, in realtà... non è ridicola, come cosa? Ho perso... la testa...” biascicò Freddie, che non si era reso conto che stava barcollando. I pattini che aveva addosso, senza una guida sicura da parte sua, lo stavano portando sempre più vicino alle quinte.

“No Freddie, torna indietro, non hai il costume!” sussurrò la fatina, agitata. Freddie agitò le mani in un gesto che voleva sembrare pacificatore. In realtà le stava sbattendo a destra e a sinistra in una squallida simulazione di un airone. La fatina fece un passo indietro per evitare di prendersi una manata in faccia mentre Freddie, senza controllo, scivolò sul ghiaccio della pista e caracollò sul sedere. Cadendo in mezzo all'arena.

“Ahi ahi...” si lamentò il moro, cercando senza successo di rimettersi in piedi. Il resto degli attori, tutti adeguatamente vestiti con i loro costumi di scena, lo osservarono come si guarda un fenomeno da baraccone.

“Scusate, io... ho perso la testa” offrì Freddie con una smorfia. Con la coda dell'occhio vide l'albero gettare le braccia al cielo, per poi scuotere la chioma del costume.

Qualcosa gli diceva che, oltre alla testa, avrebbe perso anche il lavoro.

 

*

 

La fata Terry e gli amici del bosco? Pensi davvero che riuscirò a trovarmi una partner qui?” chiese Roger, ancora non convinto del piano che John pensava invece essere perfetto. Il castano gli diede una pacca sulla spalla.

“Ho visto in un annuncio che cercano pattinatrici per lo spettacolo, ci saranno un sacco di curriculum appesi alla bacheca” rispose John, imperterrito nella sua linea d'azione. Roger si massaggiò la spalla ma non disse nulla. In fondo non poteva certo fare lo schizzinoso, già era qualcosa se riusciva a trovarla, una partner. John, con passi sicuri, lo guidò fino all'ingresso.

“Okay, tu vai alla bacheca e tirati giù i nomi delle aspiranti fate del bosco. Io invece cerco di parlare con le pattinatrici che già lavorano qui. Tutto chiaro?” ordinò John, che sembrava averci messo una gran dose d'impegno per elaborare una linea d'azione. Roger annuì, nonostante lo scetticismo. Sperava ne venisse fuori qualcosa di buono.

-

“Fuori di qui, Mercury. Non voglio più vedere la tua faccia”.

Freddie annuì, senza dire una parola. In fondo poteva capire il manager, si sarebbe comportato allo stesso modo se fosse stato nelle sue scarpe. Uscendo dall'ufficio del manager posò gli occhi su Brian, che lo stava aspettando appoggiato al muro, con le braccia incrociate. Freddie gli offrì un sorriso imbarazzato.

“Ti ha licenziato?” chiese Brian, con tono piatto. Freddie si strinse nelle spalle, improvvisamente dispiaciuto per aver perso anche quel lavoro, per quanto l'odiasse. Brian meritava di meglio.

“Uff, d'accordo. Prendi la tua roba e aspettami all'ingresso, vado a dare le dimissioni” sospirò Brian, rimettendosi in piedi. Freddie aprì la bocca per protestare, ma Brian lo fermò con un gesto.

“Andiamo, secondo te mi diverto a fare l'albero?” lo canzonò, rivolgendogli un sorriso sincero. Freddie scoppiò a ridere, scuotendo la testa. Non lo meritava, uno come Brian.

-

John camminava a testa bassa, l'attenzione concentrata sui nomi che aveva scritto sul suo taccuino. Le ragazze erano state più che entusiaste di dargli i loro nomi, la sola idea di fare la partner del famoso e affascinante Roger Taylor estasiante per qualunque aspirante pattinatrice. Peccato che le loro referenze non fossero esattamente promettenti. Forse Roger aveva ragione, per trovare una partner in grado di prepararsi ad un torneo europeo in un mese dovevano cercare da un'altra parte. Nelle scuole magari? A questo punto John era pronto a mettere un annuncio online, tanto era disperato.

Non stava guardando dove andava e, come da legge di Murphy, sbatté contro qualcosa. O meglio, qualcuno. Molto alto.

“John? John Deacon?”

Il ragazzo alzò gli occhi e riconobbe subito quella massa di capelli ricci.

“Brian May? Il mondo è piccolo” sorrise John, stringendo Brian in un abbraccio, subito restituito da Brian con entusiasmo.

“Cosa combini di bello qui? Vuoi partecipare allo spettacolo?” chiese Brian, curioso. John non gli sembrava il tipo da spettacolo per bambini, ad essere onesto.

“No, per carità. In realtà sono qui con Roger, stiamo cercando...” John si interruppe davanti all'espressione preoccupata di Brian, che lo fermò con un gesto della mano.

“Roger Taylor? È qui?” chiese Brian con il cuore in gola. Tutto voleva, ma non una ripetizione del disastro di due anni fa.

“Sì, l'ho lasciato all'ingresso... Mercury è qui con te, non è vero?” John, che non era scemo, aveva fatto due più due. Brian d'un tratto sembro impallidire vistosamente.

“Sì, e si sta dirigendo all'ingresso. Andiamo” esclamò il riccio, prendendo John per un braccio e trascinandolo verso dove era arrivato.

-

Freddie si caricò la borsa in spalla. Addio 'Terry', addio 'amici del bosco' e soprattutto, addio mago cattivo. Era il momento di una parentesi nuova della sua vita. Indossò gli occhiali da sole e si diresse verso la porta. Sarebbe uscito a testa alta da lì, come aveva sempre fatto. Nella hall del palazzo si diede un'occhiata in giro, in cerca di Brian, ma il suo amico riccio non era ancora arrivato. In compenso una figura attirò la sua attenzione. Era un ragazzo, girato di schiena mentre osservava la bacheca degli annunci. Aveva i capelli biondi, una tinta ossigenata, lunghi fino alle spalle, e a Freddie sembrava vagamente familiare. Il ragazzo in quel momento di voltò verso di lui, e i loro sguardi si incontrarono.

“Taylor...”

“Mercury”.

 

 

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Capitolo 3
*** capitolo secondo ***



Grazie di cuore a chi ha recensito e/o messo tra i preferite/ricordate/seguite questa storia! Sono felice che stia piacendo, perché io mi diverto un mondo a scriverla xD
Spero di sentirvi alla fine del capitolo!





Capitolo secondo

 


CITTA' DI SEEFELD, AUSTRIA - 2007

LA FATA TERRY E GLI AMICI DEL BOSCO – INGRESSO DEL PALAGHIACCIO

 

 

Taylor...”

 

Mercury”.

 

Con passi decisi i due si diressero uno verso l'altro, incontrandosi in mezzo alla hall, e si squadrarono con lo sguardo.

“Nuovo look? Carini i baffi, ti fanno sembrare... più gay” commentò Roger, con un sorrisetto di scherno. Mercury gli sembrava più muscoloso rispetto a due anni prima.

“Tu invece sembri ancora una diciassettenne, tesoro” replicò di rimando Freddie, dando un'occhiata veloce al fisico di Taylor. Lo stronzetto si era mantenuto in forma.

“Mi hai distrutto i sogni di gloria, bastardo” ringhiò Roger, entrando subito nel vivo della discussione.

“Caro, io per colpa tua non sogno nemmeno più” ribatté Freddie, puntando un indice sul petto di Taylor. Il biondo gli allontanò la mano.

“Non toccarmi, stronzo, o ti spacco la faccia” avvertì, minaccioso. Freddie fece uno sbuffo.

“Vorrei vederti a provarci, caro. Ma tu abbai tanto ma non mordi...” ridacchiò ironico.

Quella era la cosa sbagliata da dire. Con un urlo di battaglia Roger fu addosso a Freddie, che non si fece trovare impreparato. Tra ringhi e grida, i due cominciarono ad azzuffarsi come cani randagi per un osso di pollo.

 

In quel preciso istante Brian entrò nella hall, trascinando un affannato John con lui. Davanti alla scena i due ragazzi mollarono un sospiro affranto.

“Siamo arrivati tardi” borbottò Brian. La storia della sua vita.

 

Brian, deciso a non prendersi un cazzotto in faccia, si mise a lato della hall per aspettare che i due finissero le scorte di energia. O che arrivasse la polizia, più probabilmente.
Nell'osservare l'incontro di lotta libera improvvisato, però, non riuscì a non notare come i movimenti dei due litiganti fossero... sincronizzati. Ad un certo punto Roger si era scagliato su Freddie e il moro, per tutta risposta, l'aveva sollevato dal bacino fin sopra la sua testa. L'aveva fatto girare due o tre volte a mezz'aria, e quella sembrava stranamente una figura di danza. Era anche abbastanza armoniosa, se non si contavano i tentativi di Taylor di scalciare Freddie sul mento... fino a che Freddie, considerando di aver preso abbastanza velocità, non scagliò Roger sopra un carrello con le scenografie dello spettacolo. Brian fece una smorfia, sia a beneficio di Taylor sia per i soldi che avrebbero dovuto sborsare per ripagare i danni alle attrezzature.
Roger, con l'adrenalina della lotta ancora in corpo, si rialzò subito per continuare la guerra. Freddie tentò un calcio allo stomaco e il biondo, prendendolo alla sprovvista, lo agguantò per la caviglia. Poi lo sollevò di peso e cominciò a girare, usando Freddie in una specie di surrogato di lancio del peso olimpionico. Freddie, per mantenere un minimo di equilibrio, aprì le braccia, e Brian riconobbe una delle figure di pattinaggio a coppie che adorava quando era bambino. La magia si interruppe anche in questo caso, con un Freddie lanciato verso quello stesso carrello su cui poco prima giaceva Roger. Forse avrebbe dovuto intervenire, prima che si ammazzassero.

“Che dici John, proviamo a dividerli?” chiese il riccio, girando la testa verso il suo compagno di sventure. Brian strabuzzò gli occhi a vedere John che, placido, stava riprendendo l'intera scena con una telecamera portatile.

“Che fai, raccogli prove per il processo?” chiese divertito. John a volte era un vero mistero per lui.

“Non proprio” rispose John, criptico. Poi si voltò verso Brian con un sorriso sardonico.

“Hey Brian, pensi che Mercury voglia partecipare agli europei di pattinaggio?”

 

*

 

CITTA' DI SEEFELD, AUSTRIA

DISTRETTO DI POLIZIA – CELLA DI CUSTODIA PROVVISORIA

 

“Ho parlato con Jim, ed è d'accordo con la nostra idea! Con un allenamento mirato riuscirete a prepararvi in un mese, e siete talmente bravi da poter puntare al podio” spiegò John, entusiasta. Accanto a lui, Brian annuiva ad ogni parola.

Freddie e Roger si limitarono a fissarli, impassibili.

“Uhm... non lo so Deaks. Cioè, una coppia di... due uomini?” osservò Roger, gesticolando tra sé e Freddie per enfatizzare il punto. Non credeva di dover spiegare una cosa così ovvia come lo scandalo sociale a cui sarebbero andati incontro con una tale proposta.

“Il regolamento non dice nulla a riguardo, abbiamo controllato” fece notare Brian. Roger gli lanciò un'occhiata di traverso, era figo come se lo ricordava. Peccato che si fosse associato a Mercury, altrimenti ci avrebbe fatto un pensierino.

“In ogni caso, tesori. Io e il biondino? Andiamo!” esclamò Freddie, lanciando a Roger un'occhiata di sdegno. Non si sarebbe mai abbassato a tanto da competere con Taylor. Aveva una dignità.

“Appunto. Lo ammazzerei entro la fine del primo allenamento” concluse Roger, con aria di finalità. Tutto poteva sopportare, ma non Mercury.

Tu, mi ammazzeresti. E come, di grazia? Con la forza dell'odio?” ridacchiò Freddie, ironico. Roger lo fulminò con lo sguardo.

“Basterebbe una lama sulla gola” osservò Roger, con un sorriso tanto melenso quanto falso. Freddie ignorò il commento mentre Brian si passava una mano sul collo, un po' disturbato dalla immagine mentale.

“Smettetela di punzecchiarvi, voi due, e rispondete ad una semplice domanda: volete far parte della storia?” chiese John, con aria solenne. Roger e Freddie si scambiarono un'occhiata. Certo, era allettante... entrambi volevano vincere un oro, e magari riuscire a tenerselo stavolta. Tuttavia...

 

“Nah grazie, io no di certo. Dico, il biondino non è degno di allacciarmi il sospensorio” tuonò Freddie, alzandosi dalla panca in ferro e sistemandosi a gambe aperte e braccia incrociate, in una posizione statuaria. Aveva un punto da dimostrare.

“Te lo strappo, il sospensorio!” ringhiò Roger, che parlava sempre prima di pensare. A Brian scappò un sorrisetto divertito.

“Ti piacerebbe vero, tesoro?” ammiccò Freddie, sardonico. Un secondo dopo anche Roger era in piedi, e i due si fronteggiarono scambiandosi sguardi di fuoco.

“Eccome, e lo userei per strangolarti!” chiarificò il biondo, infuriato.

“Oh, andiamo biondino... non c'è bisogno di fingere con me” continuò Freddie, che quando vedeva un nervo scoperto non poteva fare a meno di spingerci contro fino a fare male (in senso più o meno figurato dipendeva dalle occasioni). Le guance di Taylor divennero rosso fuoco in un istante, se dalla rabbia o dall'imbarazzo Freddie non sapeva dire. L'importante era che avesse fatto centro.

“Tutta quello sfoggio di testosterone e i têt a têt con le più belle donne in circolazione... solo per mascherare il fatto che ti piace bazzicare su entrambe le sponde” continuò a pizzicare Freddie, gongolando davanti all'espressione sempre più infuriata di Taylor. Probabilmente si sarebbe guadagnato un pugno sul naso da tutto questo parlare – e, se doveva essere sincero con se stesso, se lo sarebbe anche meritato – ... ma era davvero troppo divertente far saltare i nervi al biondino.
 

Roger, dal canto suo, stava facendo uso di tutte le tecniche che aveva imparato al corso per la gestione della rabbia (di cui, si badi bene, non aveva affatto bisogno... John ce l'aveva spedito a suon di calci, e Roger aveva una sola debolezza nella vita: le richieste di John), ma non pensava che stavolta sarebbero bastate. Mercury stava facendo l'impossibile per fargli perdere le staffe e, quel che era peggio, la mente di Roger era talmente offuscata dalla rabbia da non riuscire a pensare ad una risposta a tono da sputare in faccia al suo baffuto avversario. A meno che...

Contrariamente all'opinione di Mercury, Roger non era affatto imbarazzato dalla sua bisessualità. Magari non aveva mai fatto grandi dichiarazioni pubbliche, ma questo era solo perché preferiva tenere la sua vita privata... beh, il più possibile privata. Il fatto che Mercury stesse prendendo questo suo silenzio come un tentativo di sotterfugio... la diceva lunga sul rapporto di Mercury con la sua omosessualità, più che su Roger. Il biondo sogghignò, ora si sarebbe divertito lui.

“Io, dolcezza, frequento entrambe le 'sponde'. Ma, al contrario di te, ho certi standard” commentò, alzando il nasino all'insù come una dama aristocratica davanti ad un garzone di stalla.
“Non mi limito a cercare uomini sposati che farebbero di tutto per mantenere la loro apparenza di eterosessualità smagliante... come fa qualcuno” continuò, alludendo allo scandalo di qualche anno prima che aveva visto come protagonisti Freddie e un uomo dello staff di Foster, un certo Shieffeld, il quale si presentava come irreprensibile capofamiglia per poi passare notti di passione con il pattinatore moro. Roger notò con piacere come fosse Freddie, ora, a fumare di rabbia. Ride bene chi ride ultimo.

Freddie, vedendosi servito della sua stessa moneta, non riuscì a trattenere un moto d'irritazione. Il biondino aveva una bella faccia tosta, ad accusare Freddie di essere uno sfascia-famiglie. Il caso di Shieffeld era stato particolare, e non si era più ripetuto. Freddie era giovane, al tempo, e stava assaggiando le dolcezze della popolarità con lo stesso appetito di un bimbo in un negozio di dolciumi. Shieffeld era lì, una delle tante proposte proibite come la proverbiale mela di Eva, e per questo motivo allettante. Freddie l'aveva colta e, come Eva, ne aveva provato le conseguenze in prima persona. Nessuno poteva biasimarlo per essere stato prudente, negli anni a venire.

Nessuno a parte Roger Taylor, apparentemente. Dio, il biondo aveva una capacità di fargli salire il crimine che aveva dell'incredibile.

“La mia propensione a scegliere con cura i miei partner denota unicamente autocontrollo, tesoro. Parola che chiaramente non fa parte del tuo vocabolario” rispose Freddie per ripicca, riferendosi alle frequenti foto nei giornaletti scandalistici che vedevano ritratto Taylor in vari gradi di nudità (in particolare aveva fatto scalpore una foto a figura intera del lato B di Roger che, addormentato, non si era accorto che la sua ultima conquista si era portata a casa un souvenir dalla sua notte con il biondo. Souvenir che le aveva certamente reso bene, visto quanto ci aveva guadagnato nel venderla al miglior offerente. Freddie non l'avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura, ma aveva gradito quella foto – da un punto di vista esclusivamente estetico, ovviamente).

“Dolcezza, non posso farci nulla se donne – e uomini – mi saltano addosso. Voglio dire...” osservò Taylor con noncuranza, indicando con un eloquente gesto della mano il suo bel faccino.


John, che stava seguendo lo scontro verbale con una sorta di fascino morboso, mollò un sospiro sconfitto. Voleva bene a Roger come ad un fratello, davvero, ma a volte il biondo sapeva essere insopportabile.

“Rog, l'arroganza non dona a nessuno. E tu, Mercury, evita di fare il sostenuto. Roger è la tua unica occasione per ritornare ad essere qualcuno” tuonò Deaky, rivolgendo ad entrambi i pattinatori uno sguardo di rimprovero.
“E di evitare la cirrosi epatica” borbottò Brian, con sentimento. Fino a quel momento se ne era stato buono e in disparte, perché guardare le due ex-star azzuffarsi era un'occasione di analisi sociologica che non capitava tutti i giorni. Però quando è troppo, è troppo.
“Dovreste cercare di cogliere l'occasione per raddrizzare le vostre vite, invece che perdere tempo a battibeccare come bambini dell'asilo!” esclamò il riccio, dando man forte a Deacon.
“Ha cominciato lui!” si difese Roger, dando inavvertitamente credito alle parole di Brian. John roteò gli occhi con impazienza.
“Tu però hai rincarato la dose!” ribatté Mercury, che aveva deciso di fare come se Brian e John non ci fossero, tutte le sue attenzioni focalizzate sul distruggere Taylor almeno con la forza delle parole, se non con quella fisica.
“Sei tu quello che ha cominciato a sparare a zero sulla mia vita sessuale. Almeno io non mi vergogno di quello che sono” rimbeccò Roger, che cominciava ad averne abbastanza dell'intera conversazione. Se non fosse stato rinchiuso dietro alle sbarre avrebbe girato sui tacchi e se ne sarebbe andato, sbattendo la porta.
“E' che sei troppo giovane ed ingenuo per capire come va il mondo, biondino, altrimenti, come me, avresti colto la necessità di non dare inutile scandalo!” esplose Freddie, gettando le braccia al cielo.
“Io l'ho colta!” ribadì Roger che, anche se consapevole di aver detto una balla, non voleva dare a Freddie l'ultima parola.
Brian a quel punto desiderava solo prendere le teste di quei due cretini e sbatterle una contro l'altra, anche solo nella speranza di far ripartire qualche neurone in stato di catalessi. E dire che lui era contrario alla violenza. Stava per aprire bocca, per rimproverare ancora una volta i due deficienti, quando...

“Allora siamo d'accordo, visto che entrambi avete 'colto' l'occasione... Vi passiamo a prendere domani mattina per firmare l'iscrizione. Fatevi una notte al fresco, magari vi schiarirà le idee” concluse Deacon, prendendo le parole dei due litiganti ed estrapolandole dal contesto per comporle nel risultato a lui più favorevole. I due ragazzi rimasero basiti quanto Brian, ma John non diede loro il tempo di replicare. Con passi veloci si allontanò dalla cella di sicurezza, trascinandosi dietro un Brian ammirato, sordo ai richiami dei pattinatori.

 

 

*

 

ISCRIZIONI ALLA GARA EUROPEA DI PATTINAGGIO SU GHIACCIO – DISTRETTO DI INNSBRUCK, AUSTRIA
 

Freddie, in completo bianco lucente, stava tentando di domare la zazzera mora che aveva in testa con un pettinino. Roger, in completo nero pece, cercava di coprirsi il viso con un paio di occhiali da sole oversize.
“Cristo, ci rideranno dietro. Stiamo andando incontro ad una monumentale figura di merda” mormorò Roger che, nel corso del viaggio fino ad Innsbruck, non aveva fatto altro che ripetere il concetto.
“Anche se rideranno non potranno che accertarci, tesoro. Il regolamento non lo vieta” rispose Freddie, che avrebbe detto qualunque cosa anche solo per contraddire Taylor.
“Fate un sorriso di repertorio, ragazzi. Ci siamo” li incoraggiò John che, assieme a Jim Beach, apriva la fila. Brian arrivava per ultimo, dietro ai pattinatori, per evitare che i due scappassero alla prima occasione.

Roger si limitò a sospirare. Tentar non nuoce, dice il detto...

 

La sala dove si tenevano le iscrizioni era gigantesca, e piena di gente. Questo rincuorò almeno un po' Roger, che immaginò di potersi mimetizzare tra la folla. Peccato che il suo partner non fosse dello stesso avviso.

“Fate largo, gente! Mercury è tornato!”

L'esclamazione di Freddie provocò scompiglio tra i giornalisti presenti alle iscrizioni, che subito si voltarono verso di loro con l'espressione di chi è in cerca di uno scoop. Roger si limitò ad alzare gli occhi al cielo. Maledetti avvoltoi, e maledetto Mercury.

“E' Freddie Mercury!”
“Ma non era stato squalificato a vita?”
“Oddio, ma quello è Roger Taylor!”


In meno di un secondo i due furono circondati da microfoni e telecamere, tutte concentrate su di loro, e bombardati da domande a cui a malapena riuscivano a dare risposta. Freddie sembrava essere nel suo elemento, offrendo commenti arguti e noncuranti ai giornalisti a lui più vicini. Roger invece, che avrebbe preferito sprofondare nel pavimento piuttosto che ammettere la ragione per cui si trovava alle iscrizioni, rispose con mezze frasi di circostanza.

Per fortuna con loro c'era Brian che, dopo anni di lavoro da PA per Freddie, sapeva come gestire qualunque situazione pubblica.
“Per favore, signori, fate spazio ai ragazzi. Devono iscriversi all'europeo” esclamò infatti il riccio, a gran voce, mentre John prendeva al balzo l'opportunità di spingere i due pattinatori verso il tavolo delle iscrizioni.
“Lasciate che Brian si prenda cura della folla, per ora, e firmate questi” disse John, mettendo in mano a Freddie e Roger un plico di documenti. Freddie fece una smorfia, abituato com'era ad avere qualcuno dello staff a compilare le scartoffie per lui, ma saggiamente tenne il becco chiuso. Non voleva rispondere male a John... anche se sapeva di aver fatto una pessima prima impressione – ma anche la seconda, la terza e forse fino alla decima – avrebbe voluto mostrare al ragazzo più giovane che aveva anche delle qualità, mischiate e parzialmente nascoste dalla carrellata di difetti del suo decisamente non impeccabile carattere.
“Ehi idiota, non stare lì impalato e scrivi” sussurrò Taylor, che si era posizionato spalla contro spalla con Freddie per compilare i suoi moduli.
“Taci, stronzetto, e spostati. Non voglio insudiciarmi la giacca mettendola a contatto con te” rispose per le rime Freddie, lanciando a Taylor un'occhiataccia piena di sdegno. John alzò gli occhi al cielo con un'espressione sofferente e Freddie, con rammarico, si rese conto che non sarebbe mai riuscito a corteggiare John Deacon se questi viveva in simbiosi con Roger Taylor. Il biondino sembrava tirar fuori il peggior lato del carattere di Freddie, in ogni occasione.

 

“Ecco i moduli firmati, signorina” dichiarò Beach, porgendo il plico alla ragazza seduta dietro alla scrivania. La giovane, confusa, alzò lo sguardo sul terzetto davanti a lei.
“Iscrizioni al... torneo di coppia?” chiese, dubbiosa.
“Esatto, sì” rispose Deacon, senza perdere un colpo.
“Uhm... forse dovrei chiedere all'organizzazione” farfugliò la poveretta, che non sapeva come comportarsi. E come darle torto? Era la prima volta nella storia che si sentiva di una tale richiesta.

“A dire il vero è tutto regolare, signorina. Abbiamo controllato” riprese John che, con il suo particolare timbro di testardaggine, non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno. La ragazza stava per cedere sotto lo sguardo severo di Deaky quando, dietro di lei, comparve una figura ai giovani ben nota.
 

“Cosa state facendo, voi, qui? Vi ho squalificato a vita!” tuonò l'uomo, mettendo le mani sui fianchi e squadrando i due pattinatori con freddezza.
“La mia solita fortuna. Proprio il giudice Brown dovevamo incontrare?” si lagnò Freddie, con un sussurro. Roger, pietrificato accanto a lui, deglutì a vuoto. Il terrore di farsi ridere dietro era inesorabilmente passato in secondo piano.
“Giudice Brown, è un piacere incontrarla di nuovo” sorrise Beach, impassibile. Il giudice spostò lo sguardo inferocito dai due pattinatori al coach, e dal coach ai documenti che ancora aveva in mano.

“Cosa significano quei moduli, signor Beach? La avverto che io non iscriverò nessuno dei due alla gara europea” esplose il Giudice, diventando rosso in faccia dalla rabbia. Freddie fece un discreto passo indietro, nascondendosi dietro a Taylor.
“Che cazzo fai?” mormorò Roger, guardando Freddie di traverso.
“Meglio tu che io” rispose Mercury, piatto.
Beach, con estrema naturalezza, consegnò i moduli alla ragazza dell'accettazione offrendo a Brown un sorriso.
“Non si preoccupi, signor giudice. Non intendo iscrivere Taylor o Mercury, io intendo iscrivere la coppia formata da Taylor e Mercury. Vedrà che è assolutamente regolare, anche se alquanto insolito” spiegò il coach. La faccia del giudice Brown divenne, se possibile, ancora più rossa, e cominciò a pulsargli una vena sulla fronte.
“Lei non può infangare in questo modo la reputazione del nostro nobile sport, coach Beach. Quei due” proclamò il giudice, indicando Freddie e Roger, “sono un disonore, e io non permetterò che mettano anche solo una lama in pista!” tuonò con finalità. Sull'intera sala era calato un silenzio tombale, tutti in attesa di sapere come sarebbe finito lo scontro.

Beach, senza fare una piega, incoraggiò la ragazza a prendere i moduli.
“Lei può chiamare chiunque, giudice Brown, dalla commissione disciplinare alla Regina d'Inghilterra per quanto mi riguarda, ma il regolamento parla chiaro: lei non può rifiutare questa candidatura” dichiarò, tranquillo e pacato. La vena sulla fronte del giudice sembrò crescere di volume, e Roger quasi si aspettava gli venisse un infarto lì ed ora. Invece il giudice girò sui tacchi, sbraitando improperi contro il mondo e promettendo ripercussioni. Senza però poter rifiutare la loro iscrizione.

Incredibile ma vero, avrebbero partecipato agli europei.

“Signor Mercury, una dichiarazione: come pensate di prepararvi a questa sfida?”
“Roger, manterrai il tuo titolo di 'Eros del ghiaccio' nonostante la collaborazione con Mercury?”
“Roger, Freddie, un sorriso per la prima pagina!”

John, in piedi accanto a Brian, fece un sorriso soddisfatto: erano di nuovo in pista.

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Capitolo 4
*** Capitolo terzo ***


Buongiorno! Mi spiace di averci messo così tanto, purtroppo gli impegni universitari non lasciano molto tempo alla scrittura... comunque, ecco il terzo capitolo! Qui ci sono un po' (un bel po') di accenni Maylor, spero di trovare qualche appassionata alla ship come me tra i lettori xD
Per farmi perdonare l'attesa, il capitolo è più lungo del solito :) Spero di strapparvi una risata e di sentirvi tra i commenti! 

Grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo! Ora passo a rispondere a tutti :-*


 

Capitolo terzo

 

NEULEUTASCH, AUSTRIA - 2007

CHALET PRIVATO DI JIM BEACH

 

 

“Qualcuno può spiegarmi, di nuovo, perché ci troviamo nel mezzo del nulla?”

John alzò gli occhi al cielo, deciso a non rispondere più a quella particolare domanda. Roger non sembrava essersi ancora rassegnato al ritiro – sia sportivo che spirituale – che il coach Beach aveva programmato per loro. L'astio di Roger e Mercury era ancora più rude se si pensava al fatto che Beach aveva aperto la sua residenza personale ai due pattinatori e alla loro scorta.
“Per l'ennesima volta, Roger, siete qui per imparare a vivere a stretto contatto l'uno con l'altro” ripeté Beach, paziente. Uno doveva ammirare come il coach riuscisse a mantenere la calma, in una mossa che sembrava quasi Zen. John era stato tentato di aprire la portiera della macchina e scaraventare sia Roger che Mercury fuori dal veicolo in corsa per la maggior parte del viaggio.

“Entrate pure, ragazzi, fate come se foste a casa vostra. Ma, se avete un briciolo di istinto di sopravvivenza, non azzardatevi a passare con le scarpe sul berbero, intesi?” Beach fece un gesto plateale, invitandoli nella stanza principale. L'atmosfera dello chalet era calda ed accogliente, con due divani in tessuto morbido, una comoda poltrona, e il caminetto che scoppiettava allegro.
“Calpestare il cosa?” mormorò Roger, dirigendo la sua domanda verso John.
“Il berbero, ignorante. Parla del tappeto” Freddie rispose alla domanda di Taylor con tono sprezzante.
“Cosa sei, esperto di tappeti ora?” sbuffò Roger, alzando gli occhi al cielo.
“Sono una persona acculturata, a differenza di altri” gongolò Mercury, lanciando uno sguardo eloquente verso Roger.
“Uh, ecco di cosa ti sei occupato fin'ora invece che imparare a pattinare” rimbeccò il biondo, sarcastico quanto bastava. John sentì le mani fremere dalla voglia di prendere a schiaffi qualcuno.
“La smettete? Siete insopportabili” rimproverò Brian, che stava portando sia la sua valigia che le due di Freddie. Il riccio squadrò i due pattinatori con uno sguardo severo, che miracolosamente riuscì a zittirli. John sapeva che il silenzio sarebbe durato massimo due minuti, ma era meglio di niente.

“Le camere sono da questa parte, ragazzi. Roger, Freddie, voi siete qui. John e Brian in fondo al corridoio” indirizzò Beach, aprendo la porta di una camera, piccola ma confortevole, che conteneva un letto a castello.
“EH? No no, coach, io sto con John!” esclamò subito Roger, facendo uno scatto in avanti per agguantare il gomito di Deacon. Il castano non riuscì a trattenere un sorriso.
“Esatto, Beach caro. Io dormo con Brian e nessun altro” sentenziò Freddie, lapidario. Roger fece uno sbuffo derisorio, smorzato dalla spalla di Deaky su cui il biondo aveva spiaccicato la faccia.
“Qualcosa da commentare, biondino?” pretese di sapere Freddie, che assottigliò gli occhi in direzione di Roger.
“Solo la tua lista di avventure di una notte, dolcezza” rispose Roger che, ancora appeso a John, mostrò a Freddie la lingua.

Nel mentre, Brian aveva depositato le valigie di Freddie nella camera assegnata ai due pattinatori, e stava tranquillamente entrando in quella che avrebbe condiviso con John, esprimendo in quel modo la sua opinione sull'argomento.

“Roger, Freddie, per imparare a pattinare insieme dovete imparare a condividere lo spazio. Ricordatevi che la pista non sarà più tutta per voi” cominciò Beach, deciso a spiegare il suo punto di vista. Roger fece una faccia che non faceva prospettare nulla di buono.
“Nuh uh, coach, io con lui” Roger puntò un indice accusatorio verso Mercury “non ci dormo. Non mi fido” argomentò con veemenza. Freddie annuì con convinzione senza accorgersi che, per la prima volta nella vita, aveva ammesso di trovarsi d'accordo con Roger.
“Esatto, tesoro. Chissà quali spaventose angherie avrà preparato per me, quello stronzetto” rincarò la dose Freddie, incrociando le braccia al petto in una mossa che Brian riconobbe come quella del 'Freddie irremovibile'. Beach alzò le braccia al cielo.
“Ascoltatemi bene, voi due: ora siete una squadra. Significa che nel tempo in cui starete qui imparerete a vivere insieme, mangiare insieme, potete anche chiedere la comunione dei beni per quanto mi riguarda. L'allenamento comincia da qui, e fine della discussione!” Con queste parole intrise di sentimento Beach indicò con il pollice la stanza da letto, invitando i due ragazzi ad entrare. Freddie sembrava aver capito che non aveva speranze di evitare questa piega degli eventi perché, con un cipiglio rabbioso, marciò dentro alla stanza. Roger, invece, non sembrava intenzionato a mollare la presa su John.
“Avrai mica paura?” lo canzonò affettuosamente il castano, passando una mano tra i capelli biondi di Roger. Il ragazzo emise uno sbuffo rassegnato.
“Figurati, io non ho paura di nulla. Solo... volevo stare in camera con te” mugugnò Roger, con la stessa aria mogia di uno studente delle scuole medie in gita di classe. La risata di John trillò in tutto il corridoio.
“Dai, ci vediamo domani mattina, non sarà una separazione drastica. E poi ti conviene sbrigarti, altrimenti Mercury si prenderà il posto migliore” lo avvisò Deacon, per dare a Roger una ragione in più per affrettarsi ad accettare le condizioni di Beach. Improvvisamente interessato a quel particolare Roger fece un altro scatto in direzione, questa volta, della sua camera, con una semplice frase di commiato.
“Mercury, io sto sopra! NON OSARE!”

John si limitò a scuotere la testa, suo malgrado divertito.


-.-


“Me lo lasci un po' di spazio?”

Roger aveva deciso che avrebbe cercato di mantenere un contegno il più possibile civile con Mercury, considerando che avrebbero dovuto dormire nella stessa stanza e, di conseguenza, condividere il bagno. Freddie però sembrava non avere la minima nozione di cosa volesse dire la parola 'condividere'. Il bagno aveva un solo bancone e un solo armadietto, e Mercury aveva già riempito tutti gli scaffali disponibili con una sorprendente quantità di prodotti di bellezza. Roger, che dal canto suo non aveva grandi esigenze a parte i fondamentali per l'igiene personale, si era ritrovato comunque a tenere tutti i suoi averi in mano.
“Non è affar mio, tesoro. Tieni la tua roba in valigia” suggerì Freddie, totalmente disinteressato. Il moro era correntemente impegnato a regolarsi quei baffi che, nell'opinione di Roger, erano un orrore di serie A, e si era impiastricciato il volto con un amalgama bianco dall'odore nauseante.

“Ma che ti sei messo sulla faccia?” chiese Roger, incuriosito. “Puzza di marcio” aggiunse poi, per mascherare il fatto che era davvero interessato alle strane abitudini serali di Mercury.
“E' una crema a base di argilla bianca, plebeo. È per la pelle” rispose secco Freddie, con un rollare d'occhi. Roger annuì, fingendo di aver capito di che diavolo l'altro stesse parlando, mentre sistemava i suoi prodotti sul balconcino interno della finestrella sopra la toilette. Freddie non aveva pensato di utilizzare anche quello spazio, e Roger comunque guardava più alla sostanza che alla forma.
“E funziona?” chiese il biondo, agguantando la crema che Freddie aveva lasciato aperta sul bancone per studiarla più da vicino.
“Certo che funziona, tesoro. È per questo che la mia pelle è liscia, lucida e senza pori aperti” comunicò Freddie con una punta d'orgoglio. Poi si girò verso Roger, in piedi accanto a lui.
“Mica come la tua, che invece...” Freddie dovette fermarsi lì perché, con il viso di Roger vicinissimo al suo, il moro poté constatare in prima persona che la pelle del biondo era senza imperfezioni. Niente pori aperti, niente punti neri e con una texture invidiabile. Freddie si limitò a lanciargli un'occhiataccia, senza continuare la frase.
“La mia cosa?” chiese Roger, confuso. Onestamente, si aspettava un insulto. Mercury si limitò a voltarsi di nuovo verso lo specchio, continuando la sua routine di bellezza. Ma tu guarda se lo stronzetto doveva avere anche la pelle perfetta come il resto.
“Ti odio” fu la sdegnosa risposta di Freddie.

 

-.-


John aveva finito di svuotare la sua valigia, appendendo gli abiti nell'armadio e riponendo gli effetti personali nel mobiletto del bagno. Con Brian era sempre stato facile trattare, e i due ragazzi avevano diviso lo spazio a loro disponibile con equità, come nelle migliori delle convivenze. John lanciò una preghiera per Roger, conscio del fatto che l'amico avrebbe avuto vita molto più difficile nel mese successivo. Per ora comunque le cose sembravano andare bene, perché a parte qualche esclamazione più forte delle altre non c'erano state grida o suoni di lotta dalla stanza accanto. Il castano fece un sospiro leggero, sperando che la calma durasse.

“Allora, da quanto tempo state insieme?”
La domanda era stata posta a bruciapelo, e John si prese un secondo per pensare a cosa Brian si stesse riferendo. Deaky lanciò uno sguardo da sopra la spalla verso il ragazzo riccio, che si era già accomodato nel letto. I due ragazzi avevano deciso di non fare parola con Roger e Freddie del fatto che la loro stanza aveva due letti singoli, uno per lato.
“Rog e io?” chiese John, tastando il terreno. Per come era parafrasata la domanda, il riccio sembrava alludere che i due ragazzi fossero fidanzati. Non era così, ovviamente, ma John poteva immaginare che le apparenze ingannassero, almeno nel loro caso; Roger era una persona molto fisica, e non si faceva scrupoli a toccare, abbracciare o anche sedersi direttamente in braccio a John in ogni occasione.

“E chi altri?” rise Brian, ma era una risata forzata. John poteva addirittura notare un sottotono amaro alle parole del riccio, nonostante l'altro ragazzo cercasse di mascherarlo. Deaky sorrise sotto i baffi, questo era interessante.
“Ci conosciamo da quando avevamo dieci anni io e dodici Rog” rispose, facendo di proposito lo gnorri. Sentì Brian esalare uno sbuffo.
“Sì, si vede che avete una certa... intesa” rispose Brian, enfatizzando l'ultima parola. John decise di mettere fine alle sue sofferenze e si girò verso di lui.
“Guarda che non stiamo insieme. È come un fratello per me” precisò il castano, sedendosi finalmente sul suo materasso e infilando i piedi sotto le coperte. I suoi muscoli si rilassarono subito a contatto con la superficie morbida, e John trattenne un gemito di piacere. Era esausto. Azzardò un'occhiata verso Brian, che stava guardando invece verso il piumone blu del suo letto con un sorriso estasiato in faccia. L'espressione durò meno di un secondo, ma John fece due più due e si alzò a sedere di colpo sul letto.
“No, ma dai! Ti piace Rog?” esclamò, piacevolmente sorpreso dalla piega degli eventi. Brian era un ragazzo d'oro, forse l'unico oltre a John capace di gestire il temperamento di Roger. Se c'era anche solo una possibilità, John l'avrebbe incoraggiata con tutto se stesso.
“Cosa? Ma no!” si affrettò a negare Brian, anche se il rossore che gli si era diffuso sulle guance raccontava un'altra storia. John fece un sorriso sornione, e Brian rollò gli occhi.
“Beh, voglio dire... uno deve essere cieco per non apprezzare...” Brian non terminò la frase, ma non ce n'era bisogno perché John era più che consapevole della bellezza di Roger. Tuttavia John era anche sicuro che ci fosse qualcosa di più che Brian ancora non aveva confessato.
“Ma tu non sei cieco, e nemmeno sordo, e per questo ti piace” lo punzecchiò John, divertito. Brian ormai era diventato rosso come un peperone.
“Ma figurati, cioè è bellissimo e su questo non ci piove, ma no. E poi Freddie mi squarterebbe a mani nude” ridacchiò Brian, imbarazzato. Il riccio si morse la lingua tra i denti, ma cosa gli era venuto in mente? Di tutte le persone a cui non avrebbe dovuto parlare della sua infatuazione per il pattinatore biondo, di sicuro John-migliore-amico-di-Roger-Deacon era il primo della lista. Ma perché non aveva tenuto la bocca chiusa?
“Però non neghi che ti piace” ripeté John, deciso a continuare l'interrogatorio fino alla completa confessione. Brian, accortosi che il castano non avrebbe mollato la presa, decise per una dignitosa ritirata in stile inglese.
“BUONANOTTE, John!” esclamò infatti, spegnendo la lampada sul comodino e dando le spalle all'altro ragazzo.

 

-.-


Roger, come prevedibile, finì di prepararsi per la notte almeno mezz'ora prima di Mercury. Il biondo si era limitato a lavarsi i denti, pettinarsi i capelli e aveva abbandonato il bagno, alzando un sopracciglio sospettoso davanti alla quantità di flaconi e boccette aperte davanti a Freddie. Era convinto che il moro si fosse portato dietro un'intera profumeria.

L'essere da solo nella camera però aveva i suoi vantaggi. Nonostante Mercury, entrato per primo, avesse collocato la sua borsa da viaggio sul letto superiore come a marcare il territorio, ora non era lì presente a difendere la posizione raggiunta; e le truppe nemiche – ossia, un baldanzoso Roger – erano pronte ad espugnare la rocca. Oh, dolce profumo di vittoria.
Roger si prese il suo tempo a spostare tutti gli averi di Freddie sul letto inferiore, fischiettando a mezza voce la marcia trionfale. Poi, veloce come un fulmine, si infilò la t-shirt che usava da pigiama e salì la scaletta del letto a castello. Si era appena accoccolato sotto la morbida coperta che sentì Mercury uscire finalmente dal bagno.

“Cielo, questo posto è a dir poco spartano! Non sono riuscito nemmeno a metter... COSA STAI FACENDO?” esclamò Freddie appena posò lo sguardo su Taylor.
“Avevo reclamato io il letto superiore! Scendi subito da lì!” tuonò, avanzando fino alla struttura di legno e fissando Roger con un'espressione furiosa.
“Chi va a Roma perde poltrona” fece spallucce Roger, comodo e caldo sotto la coperta. Il biondo lanciò uno sguardo fugace a Mercury, e gli scappò da ridere. Il moro aveva un'altra, diversa, crema spalmata sul viso, che si stava solidificando a contatto con l'aria frizzante della montagna, ed era avvolto in quello che Roger credeva fosse un autentico kimono giapponese, di seta bianca e rosa, dipinto con figure di uccelli e piante stilizzate. Allo sguardo assassino di Mercury, Roger si morse la lingua per non scoppiargli a ridere in faccia: ridicolo non si avvicinava nemmeno alla scena che gli si era presentata, parola di Taylor.
“Questa me la paghi. Oh, se me la paghi” borbottò Freddie, che stava controllando le sue borse per vedere se il biondo gli aveva sottratto qualcuno dei suoi averi. Non c'era mai da fidarsi, con Taylor.
“Parla, parla... tanto fumo e niente arrosto” rispose Roger di rimando, che quella sera con la saggezza popolare stava andando alla grande. E poi, vedere Mercury fumare di rabbia era un vero spettacolo.

Roger chiuse gli occhi, preparandosi a venire accolto dalle braccia di Morfeo. La giornata era stata parecchio stressante, senza contare che la notte prima non aveva chiuso occhio grazie alla bella idea di John, e Brian, che li avevano lasciati al distretto di Polizia. Ora Roger era pronto a dormire per un anno. Il biondo sentì la struttura di legno cigolare, e Freddie che prendeva posto sotto di lui tra sbuffi e imprecazioni.
“Buonanotte, Mercury” annunciò Roger con tono melenso.
“Va' al diavolo!” sputò Freddie per tutta risposta.

 

 

*


 

Beach tirò fuori dalla tasca una pesante chiave in ferro e aprì il lucchetto. La catena scivolò facilmente dalla maniglia e per il coach fu facile aprire il portone. Questo cigolò sui cardini in maniera preoccupante.

“Qui è dove ci alleneremo” annunciò il coach, spostandosi di lato per far entrare i suoi atleti.

“Che puzza di pesce!” fu il primo commento di Freddie, che arricciò il naso con un'espressione disgustata. Roger si guardò intorno, curioso. C'era una lastra di ghiaccio abbastanza ampia nel centro del salone, circondata su ogni lato da scatoloni e imballaggi.
Mercury fece due passi avanti rispetto al gruppo e, come Roger, osservò lo spazio.
“Il ghiaccio non è levigato a dovere. E dov'è la sala di riscaldamento?” chiese il moro, con le braccia incrociate e l'aria da padrone del mondo. Brian alzò gli occhi al cielo e appoggiò il borsone di Freddie a lato del ghiaccio.
Non abbiamo una sala riscaldamento” rispose Beach, aprendo le braccia nel segno internazionale di esasperazione “abbiamo solo questo capannone che un mio amico mi ha lasciato allagare d'acqua!” terminò, indicando la lastra di ghiaccio. In fondo i due pattinatori non avevano una squadra, né sponsor. Questo per loro sarebbe stato un europeo fai-da-te, almeno fino alle qualificazioni.
“Bel colpo coach!” commentò entusiasta Roger, dando a Beach una pacca sulla spalla. Il biondo sapeva di aver chiesto molto al suo ex-allenatore, ed era già qualcosa avere uno spazio per allenarsi che non doveva essere affittato. Jim annuì tra sé e sé, lo credeva anche lui.

“Cominciamo subito con i fondamentali” partì Beach, mentre i ragazzi si infilavano i pattini ai piedi. L'allenatore si avvicinò alla lavagna – l'unica attrezzatura oltre allo stereo che aveva a disposizione – e ci attaccò sopra un poster.
“Guardate qui: il sollevamento semplice, il sollevamento alto, il sollevamento twist, il salto singolo e lanciato e il passo spinta esterno. Queste sono tutte frecce all'arco del pattinatore”. Per ogni movimento il coach indicò il disegno corrispondente. “Se le saprete usare nel modo giusto, stenderete l'avversario. Altrimenti...” Beach si girò verso la sua coppia. Roger aveva un sopracciglio sollevato, probabilmente in attesa che il coach terminasse la frase. Freddie stava studiando i disegni sul poster, ma non aveva l'aria molto convinta.
“...altrimenti vi romperete qualcosa. Quindi fate attenzione, okay?” sospirò Beach. L'unica vera cosa da fare era incrociare le dita e sperare che quei due collaborassero, almeno per evitare di farsi male. John e Brian si erano seduti a bordo pista, e Deaky aveva tirato fuori la sua telecamera portatile. L'aveva sempre fatto durante gli allenamenti, perché Roger apprezzava avere un feedback per capire come migliorarsi.
“Coraggio, ragazzi. Posizione di valzer!”

I due pattinatori salirono sul ghiaccio, e pattinarono uno attorno all'altro come due tigri in un'arena. Poi Roger, prendendo l'iniziativa, si spostò di fronte a Freddie e gli prese la mano. Il moro fece una smorfia e mise la mano sul fianco di Roger. Poi sbuffò e cambiò la posizione delle mani.
“No, devi mettere la mano sopra” puntualizzò Freddie, sciogliendo la presa di Roger.
“Uh uh, no, così si mettono le ragazze” si lamentò il biondo, cambiando di nuovo la posizione.
“Appunto, tesoro. Vedi?” rimbeccò Freddie, spostando per la terza volta la mano, “ragazza” terminò con finalità, lanciando a Roger uno sguardo eloquente. Roger lo fulminò con un'occhiataccia.

Io non faccio la ragazza!” esclamò il biondo, che aveva già le balle girate dopo nemmeno un minuto.
“Di certo non la farò io, tesoro” rispose Freddie, incrociando le braccia al petto. A bordo pista, Brian affondò la faccia tra le mani. Iniziavano bene...
“Dai, non litigate e mettetevi in posizione. Ci penseremo dopo ai ruoli” cercò di mediare Beach, che stava seriamente valutando di iniziare un corso di yoga in un futuro molto prossimo. Quei due sarebbero stati in grado di prosciugare anche le sue infinite scorte di pazienza.
“No, ci pensiamo adesso!” proclamò Roger, che sentiva già le mani pizzicare dalla voglia di prendere Mercury a pugni in faccia.
“D'accordo, stronzetto. Io sono in grado di sollevarti e ho una figura virile. Tu, invece, sembri una ragazzina e non riusciresti a sollevare un gamberetto, figurati me!” cominciò Freddie, contando sulle dita i pro e contro che stava elencando e omettendo con cautela il fatto che, al contrario di Taylor, Freddie aveva messo su una pancetta da birra e superalcolici che avrebbe dovuto smaltire presto se voleva presentarsi in forma agli europei.
“Ah davvero? Io sono più alto e sono abbastanza forte da tirarti su, nonostante la panza che hai. E tu non sei 'virile', hai soltanto un paio di baffi che posso farmi crescere in una settimana!” sbraitò Roger, piccato.
“Veramente, a te la barba non cresce nemmeno in un mese” commentò da bordo campo John, sempre disponibile. Brian gli tirò una gomitata sul costato, non gli sembrava il caso di buttare legna sul fuoco.

“D'accordo, tesoro, l'hai voluto tu: mettiamola ai voti” propose Freddie con aria di sufficienza. “Io dico che la ragazza la devi fare tu” iniziò, alzando un dito della mano destra.
“Mago. Io dico che la devi fare tu” rispose Roger, e Freddie alzò un dito della mano sinistra. “Coach?” chiese Roger, guardando verso Beach. L'allenatore impallidì visibilmente, e alzò le mani in segno di resa.
“Lasciatemi fuori da questo pasticcio” commentò, girandosi verso la lavagna. Freddie, per nulla scomposto, si girò verso i ragazzi a bordo campo.
“Brian, chi deve fare la ragazza?” chiese, quasi annoiato. Roger alzò gli occhi al cielo.
“Si, certo, chiedilo a Brian! È ovvio che darà ragione a te!” brontolò infastidito. Con il coach che si era tirato fuori, erano due contro due! Non avrebbero risolto nulla.
Brian, dal canto suo, era rimasto interdetto. Certo, dal suo punto di vista Roger era il candidato ideale tra i due per fare la ragazza... però votare contro di lui l'avrebbe fatto sentire insultato, e questa era l'ultima cosa che il riccio avrebbe voluto. Freddie però gli avrebbe tagliato la lingua e cavato gli occhi se avesse osato votare contro di lui. Brian guardò di traverso verso Deacon, che sembrava si stesse divertendo un po' troppo viste le circostanze. John averebbe votato a favore di Roger, sarebbero stati due contro due e i due pattinatori avrebbero dovuto trovare un altro modo per risolvere l'impasse.
“Secondo me, Roger” mormorò Brian, un po' a malincuore. Era la scelta giusta per non mettere né se stesso né John nei casini, e lo sapeva, ma lo sguardo di ghiaccio che gli rivolse Taylor fu come una stilettata dritta al petto. Se anche Brian avesse avuto una possibilità con Roger, sicuramente se l'era giocata con quel commento.
“Due a uno” commentò allegramente Freddie. Roger rollò gli occhi.
“Sì, come no, aspetta a ridere. John, chi deve fare la ragazza?” chiese Roger, senza perdere un colpo. Roger mantenne il contatto visivo con Freddie, in segno di sfida, e allo stesso modo Freddie non distolse lo sguardo.
“Per me, Roger” sentenziò John, lasciando tutti di sasso. La mascella di Brian toccò quasi il pavimento, le labbra di Freddie si aprirono in un ghigno che era quasi malefico e Roger piroettò su se stesso con la velocità di un lampo. L'espressione del biondo era un mix di shock, incredulità e tradimento.
“Ma... ma TU DA CHE PARTE STAI?” sbraitò Roger, confuso e, onestamente, incazzato nero.
“Da quella della verità?” offrì John, prosaico. Brian spostò lo sguardo da Roger a John e poi di nuovo sul biondo, che sembrava sull'orlo di una crisi di nervi. La situazione stava velocemente partendo per una tangente pericolosa.

“Beh, sembra che la questione sia stata risolta, tesoro. Posizione di valzer!” esclamò Freddie, che sprizzava gioia da tutti i pori. Questa volta Roger, ancora in stato di shock, non contestò la posizione delle mani.

 

“Te la farà pagare, non è vero?” mormorò Brian, attento a non farsi sentire dai due pattinatori. John fece spallucce.
“Era l'unico modo per risolvere la situazione. Spero che non la prenda troppo sul serio” rispose il castano, serrando le labbra. John non offrì nulla di più, e Brian guardò verso la coppia sul ghiaccio. Roger sembrava stesse per piangere.
Forse l'intera situazione poteva cadere a favore di Brian, in fondo. Se Roger si sentiva tradito da John... forse avrebbe avuto bisogno di un amico. Il riccio si sedette più comodo sullo scatolone che aveva eletto a sedia e continuò ad osservare l'allenamento, con un sorriso appena accennato sulle labbra.



Beh, ecco qui :) sono piuttosto orgogliosa di come è uscito questo capitolo, voi che ne pensate? 
Un bacio e, spero, a presto!
KJ

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Capitolo 5
*** Capitolo quarto ***





Bentrovate/i, lovelies, con il quarto capitolo di questa follia! Stavolta un episodio meno divertente e più introspettivo (è necessario), spero apprezziate comunque! 
Scusate tantissimo per il disastroso ritardo (^^"), mi impegnerò a non far passare così tanto tempo per il prossimo capitolo!





Capitolo quarto

 

NEULEUTASCH, AUSTRIA – 2007

CAPANNONE CON FUNZIONE MAGAZZINO/PISTA DI ALLENAMENTO

 



“Okay ragazzi, bene così! Adesso prendete velocità, concentrati, incrocio di braccia, Freddie sollevalo un po' di più, e...”


BADABAM SBANG CRASH

 

“...e la prossima volta andrà meglio” sospirò Beach, sconfitto.

 

“Al quarto di giro! Porca puttana, devi mollarmi al QUARTO DI GIRO!”
Roger, nonostante l'incontro-scontro ravvicinato con gli scatoloni del magazzino, non aveva perso la potenza dei polmoni.
“Scusa, tesoro. Stavo cercando di incorporare un po' di quella improvvisazione che ti piace tanto” si giustificò Freddie che, nonostante le parole, pareva tutto meno che dispiaciuto.

Beach si massaggiò le tempie con le mani. Quella che in principio era una semplice pressione alla base del cranio si era tramutata in una emicrania coi fiocchi. Così non avrebbero combinato nulla.
“D'accordo ragazzi, facciamo una pausa” si decise, stufo della mancanza di collaborazione dei suoi atleti. Qui ci voleva un piano geniale, farli vivere insieme non sarebbe bastato.
Roger, che stava cercando di rimettersi in piedi dopo l'ottava caduta in meno di due ore di allenamento, si lasciò ricadere a terra con uno sbuffo.
Grazie al cielo” sputò con sentimento. Beach alzò un sopracciglio ma decise di non commentare, consapevole che Roger raramente cadeva in modo così rovinoso durante le prove. L'umiliazione doveva essere più dolorosa dei lividi.


“Brian, tesoro, bottiglietta d'acqua” ordinò Freddie che, ancora sogghignante, non si era mosso di un millimetro dalla sua posizione eretta e stava guardando Roger con un sorrisetto di scherno tanto palese quanto irritante. Il biondo gli ringhiò contro.
“Prenditela da solo” sbottò Brian, in uno sfoggio di irritabilità mai visto prima da nessuno dei presenti. Freddie lo squadrò con uno sguardo scioccato mentre Roger, superata la sorpresa iniziale, mollò una risatina sotto i baffi.
“Ma sei il mio assistente personale!” recriminò Freddie, agitando le braccia su e giù come a rendere la sua argomentazione più pregnante. Brian fece solo spallucce, ignorandolo completamente. Il riccio aveva osservato con attenzione tutti gli allenamenti fino a quel punto, e ne aveva le scatole piene dell'atteggiamento scostante e irriverente di Freddie. Non ascoltava le indicazioni di Beach, faceva di testa sua ad ogni passo e, soprattutto, cercava in tutti i modi di mettere Roger nei casini. Avevano meno di un mese per prepararsi agli Europei e Freddie si comportava in modo completamente non professionale, per questo Brian era tanto arrabbiato. Non c'entrava nulla il fatto che fosse Roger a volare come un sacco di patate contro qualunque ostacolo presente, rischiando di farsi male sul serio. No, le sorti di Roger non c'entravano nulla con il suo malumore. Per niente.

 

“Ehi, tutto okay? Ti sei fatto male?”
John aveva raggiunto Roger veloce come una saetta nel momento in cui il coach aveva annunciato la pausa, portando con sé un asciugamano pulito e una bottiglietta d'acqua, pronto al soccorso.

“Sì, grazie. Sparisci”.
Peccato che Roger non ne volesse sapere di farsi aiutare da lui. Dopo il commento di qualche giorno prima sui ruoli della coppia Roger non aveva rivolto a John più di tre parole in una volta, e solo quando la comunicazione era assolutamente necessaria. Per il resto si limitava ad un mugugno incoerente oppure al silenzio stampa.
Per John stava diventando frustrante.
“Per l'amor di dio, smettila con questa inutile strategia del silenzio e fatti aiutare! Sei più infantile di Mercury!” sbottò Deaky, irritato. Non era la prima volta che lui e Roger litigavano, visto il caratterino più che esplosivo del biondo, ma non era mai successo che non facessero pace entro fine giornata. Senza contare che era Roger stesso quello che ripeteva sempre 'di non andare a letto arrabbiati'. Gran bell'esempio di predicare bene e razzolare male, stavolta.
“Ehi! Io non sono infantile!” si intromise Freddie, che non sapeva mai quando stare zitto. Quella era una conversazione tra John e Roger, grazie tante.
“Tu hai l'età mentale di un bambino di cinque anni” rispose prontamente Brian, ancora seduto sul suo scatolone. Freddie gli rivolse uno sguardo sdegnato.
“Fai anche due” rincarò la dose Roger che, finalmente in piedi, si stava dirigendo verso l'uscita del capannone. John, che non aveva intenzione di lasciar cadere il discorso, strinse la mano attorno al suo polso.
“Datti una calmata e ascoltami...”
“Mollami subito o ti rompo il naso!”
John, un po' agitato, lasciò subito la presa. Roger, senza nemmeno guardarsi indietro, riprese la sua strada verso l'esterno.
“Molto maturo, Roger, davvero. Continua ad ignorare l'unico amico che ti è rimasto, è un piano perfetto!” gli urlò dietro Deacon, che stava raggiungendo il punto di ebollizione. Roger fece uno sbuffo altero.
“Meglio soli che mal accompagnati” rispose di rimando, con una freddezza che John aveva sentito raramente nel tono del suo migliore amico. Forse stavolta John aveva colpito più in profondità di quanto non avesse immaginato.
“Ragazzi, basta così! Tutti fuori, tranne Roger. Bevetevi una camomilla, fate un sonnellino, basta che non vi uccidiate a vicenda” interruppe Beach, che cominciava a preoccuparsi. La tensione nel magazzino si poteva tagliare con il coltello, e non stavano facendo progressi. Di questo passo l'Europeo sarebbe stato un vero disastro, altro che medaglia d'oro.

Roger incrociò le braccia al petto, furioso di essere stato isolato dal gruppo, ma rispettò il volere del suo coach e non si mosse dalla sua posizione, pattini ancora ai piedi. Freddie fece uno spettacolo nel togliersi i pattini e uscire dal magazzino, lasciando che la porta sbattesse dietro di lui con un tonfo sordo. Brian lo seguì con qualche secondo di ritardo, in modo da non essere costretto a camminare assieme a lui per raggiungere lo chalet, mentre John fu l'ultimo ad abbandonare il magazzino, con uno sguardo mogio rivolto verso Roger. Il biondo, imperterrito, fissò la parete opposta all'uscita finché la porta non si chiuse dietro alla schiena di Deacon.

 

 

Beach, finalmente solo con il suo atleta, si concesse un piccolo sospiro di sollievo. Il ragazzo era teso, Jim lo poteva vedere dalla rigidità delle spalle, e il coach non sapeva come aiutarlo. Da un lato parte del nervosismo era giustificabile, visto il rapporto non proprio amichevole con il suo partner, ma Beach era convinto ci fosse qualcosa di più profondo a turbare il pattinatore. Roger cominciò a fare qualche giro della pista, provando una vecchia routine di qualche anno prima che gli era valsa l'oro al Grand Prix a Barcellona, e il coach decise di lasciargli qualche minuto di pace per sbollire l'incazzatura. D'altronde Beach conosceva bene le conseguenze del pressare un Roger già irritato, e si sarebbe volentieri risparmiato un pattino scagliato in fronte.

Seduto sull'unica sedia disponibile nel magazzino, Beach osservò Roger portare a termine un quadruplo toe-loop, il suo cavallo di battaglia, e una combinazione perfetta di tripli – loop, lutz e flip - che avrebbe fatto impazzire ogni giuria di qualunque gara. Roger aveva sempre avuto una relazione strana con l'ansia da prestazione; per la maggior parte degli atleti, l'importante era mantenere la calma. Per altri, era concentrarsi su emozioni positive – amore, fiducia, orgoglio. Per Roger, invece, il trucco era la rabbia. La prima volta che Beach l'aveva fatto incazzare sul serio, ovviamente senza volerlo, prima di una prestazione, Roger aveva superato il suo punteggio personale e segnato il record mondiale nel programma corto, stupendo giuria, concorrenti e il suo stesso coach. Da quel momento in poi Beach si era premurato di fargli saltare i nervi prima di ogni gara, cosa non difficile visto il carattere del biondo, con risultati sempre migliori di ogni più rosea previsione.

Constatato che Roger sembrava essersi calmato, Beach si schiarì la gola e chiamò il pattinatore a bordo campo.
“Allora, cosa sta succedendo?” chiese Jim, dritto al punto. Con Roger i giri di parole non servivano ad altro se non ad irritarlo più di quanto già non fosse.
“Niente” bofonchiò il biondo, con lo sguardo che si posava su tutto tranne che su Jim. Il coach non si perse d'animo.
“E' quasi una settimana che non parli con John, non per mancanza di tentativi da parte sua, e la cosa comincia a spaventarmi. Non è mai successo prima” lo informò Jim, palesando l'ovvio. Roger si limitò a scrollare una spalla, mentre la bocca si storpiava in una smorfia addolorata.
“Si tratta dei ruoli? È per questo che sei cosi nervoso?” tentò Beach davanti al mutismo del biondo. Era strano; di solito Roger non perdeva l'occasione di spiegare esattamente cosa non gli andasse a genio, senza mezzi termini e con tutti gli insulti disponibili nel suo repertorio.
“Non sono nervoso” ringhiò Roger, dimostrando l'esatto contrario. Jim si limitò ad alzare un sopracciglio, scettico, e il biondo alzò gli occhi al cielo.
“Non me ne frega niente dei ruoli, Jim, che cazzo!” sputò Roger, infastidito “che poi tra i due sono l'unico vagamente convincente nel ruolo femminile” aggiunse poi a mezza voce, più a se stesso che a Beach. L'allenatore annuì decidendo di lasciarlo parlare, voleva arrivare in fondo alla questione. Davanti all'espressione gentile di Jim, anche il muro di ostinazione e silenzio di Roger crollò come un castello di carte.
“E' che John... lui mi conosce da una vita, okay? Ed è il mio migliore amico, quindi sa” continuò Roger, sibillino, “e per ottenere quello che vuole, o quello che reputa essere la cosa migliore, non si fa nessun scrupolo. Solo che quando colpisce punta sempre al nervo scoperto, e stavolta ha fatto male” concluse, con una scrollata di spalle. Beach annuì di nuovo, non sicuro di aver capito di cosa Roger stesse parlando ma con la consapevolezza che si trattava di una discussione tra Roger e John, una che il coach non poteva risolvere per loro.
“D'accordo. Vai a farti una doccia e metti della pomata sui lividi, okay?” lo congedò, strizzandogli una spalla in segno di supporto. Roger mollò un sospiro sollevato, chiaramente felice che quella scomoda conversazione fosse terminata, e non ci mise più di un minuto a liberarsi dei pattini e sgattaiolare verso la porta. Prima che potesse sparire dalla visuale di Jim, il coach gli urlò dietro un ultimo consiglio.
“Parlaci! John è il tuo migliore amico, e ti vuole bene”.
Roger gli rivolse un'occhiata indecifrabile e sparì dietro lo stipite.

 

*

 

“Si può sapere cosa ti ho fatto?”

Brian alzò gli occhi al cielo, sconfitto. Aveva sperato di poter rimanere solo per un po', e per ottenere il risultato era rimasto a gironzolare nei pressi del capannone quei cinque minuti necessari a ritrovare la calma. Ma a quanto pareva anche quella poca tranquillità mentale sarebbe durata poco. Freddie, braccia conserte e cipiglio battagliero, lo stava aspettando davanti alla porta dello chalet, postura e sguardo che dicevano tu non puoi passare senza prima darmi attenzioni. Beh, se era un têt a têt emozionale che voleva, sarebbe stato esattamente quello che Brian gli avrebbe dato.
“A me, nulla” rispose prontamente il riccio, incrociando le braccia al petto a sua volta. L'espressione di Freddie si fece confusa, salvo poi illuminarsi per un'intuizione che, secondo Brian, non era poi così difficile da raggiungere.
“Ce l'hai con me per Taylor?” sbottò Freddie, sbalordito. Brian si limitò ad alzare un sopracciglio, invitando l'amico ad elaborare sul punto. Freddie sbuffò di frustrazione.
“Sei arrabbiato con me perché mi sto prendendo qualche piccola soddisfazione a spese di Taylor? Solo perché il signorino non è abituato a cadere in allenamento? Guarda che se le nostre posizioni fossero invertite lui farebbe anche di peggio!” argomentò Freddie con veemenza, alzando le braccia al cielo come a pregare Dio di dargli la forza. Non poteva credere che Brian fosse così innervosito per conto del biondino, invece che supportare le ragioni di Freddie del quale era l'assistente personale e, Freddie sperava, amico.
“Il tuo atteggiamento nei confronti del tuo partner è parte del problema, sì” confermò Brian con aria severa, “ma anche la tua mancanza di professionalità nei confronti di Jim Beach, che ha fatto l'impossibile per permettervi di gareggiare di nuovo. E tu ti stai comportando da imbecille ingrato e irresponsabile!” lo rimproverò il riccio, senza accorgersi di aver inavvertitamente creato una sorta di allitterazione.
“Jim Beach” ripeté Freddie con una sorta di disgusto. “Quell'uomo è un santo, ma ha bisogno di un nome nuovo; quello con cui l'hanno battezzato alla nascita è terribilmente tedioso” commentò sovrappensiero, mentre rifletteva sulle parole di Brian. A lui non sembrava di aver intralciato più di tanto gli allenamenti, se doveva essere sincero. Sì, magari aveva lanciato Taylor con un po' più forza di quanta non fosse necessaria, ma in linea di massima stavano lavorando sodo. Era normale non essere già al top della forma, si stavano allenando da meno di una settimana dopo due anni di pausa dall'agonismo. Avevano bisogno di più tempo per brillare.
Brian spalancò la bocca, senza parole. Dopo la sua strigliata, tutto quello a cui Freddie riusciva a pensare era dare un nome nuovo al coach?
“Sei impossibile! Prenditi le tue responsabilità, per una volta nella vita!” tuonò Brian, frustrato.
“Ma io lo sto facendo! Abbiamo bisogno di più tempo, e i risultati si vedranno” ribatté Freddie, con un gesto incurante. Avevano più di tre settimane per preparare le qualificazioni, sarebbero andati alla grande. In fondo in pista ci sarebbe stato Freddie Mercury, in tutto il suo splendore.
Tu non ti stai impegnando nemmeno la metà di quanto è necessario per raggiungere un risultato che è quasi un'utopia! Senza contare il tuo comportamento assolutamente meschino verso Roger, che sta facendo il doppio del lavoro per imparare una parte che non ha mai eseguito prima!” rispose a tono Brian, che cominciava a sentirsi accaldato. L'aria di indifferenza di Freddie gli stava facendo ribollire il sangue nelle vene.
“Ah, è diventato 'Roger' adesso?” sputò Freddie, che a vedere Brian prendere le difese del biondino stava andando in bestia.
“E' il tuo partner, Freddie! Devi trattarlo, se non amichevolmente, almeno decentemente!” sbraitò Brian, che sentiva le mani pizzicare dalla voglia di sfogare tutta la rabbia che sentiva in corpo.
“Ma sentiti, Brian! Sembra quasi che lo stronzetto ti piaccia!”

Ecco, Freddie aveva inteso quel 'piaccia' come quando una persona, con cui si è in un certo grado di confidenza perché ogni mattina ci si vede in pigiama, con gli occhi ancora appannati dal desiderio di tornare a dormire, ti sta abbastanza a genio da non volerla decapitare con il primo attrezzo contundente a disposizione. Secondo questa prima, innocente, interpretazione, a Freddie Roger non piaceva, perché gli avrebbe cambiato i connotati ogni volta che lo sentiva aprire bocca. A Brian, invece, Roger sembrava piacere, perché stava prendendo le parti del biondino invece che di Freddie. Semplice.

Dal rossore improvviso cosparso sulle guance di Brian, che in quel momento stava esibendo la sua migliore interpretazione di un pomodoro maturo, Freddie ebbe l'impressione di essersi perso un dettaglio incredibilmente importante dell'intera conversazione.

Brian sputacchiò un paio di volte, la rabbia dimenticata davanti all'intenso imbarazzo che aveva preso possesso del suo intero essere. Non solo John Deacon aveva capito che Brian provava qualcosa di più intenso nei confronti del pattinatore biondo, ma ora anche Freddie, inconsapevolmente, era giunto alla stessa conclusione. Quando il diretto interessato, preso nella sua faida silenziosa con il suo amico d'infanzia, non aveva rivolto a Brian niente più di qualche sguardo disinteressato.

Questo era un incubo.

“Brian?” lo sollecitò Freddie, suo malgrado incuriosito. Il riccio sembrava sul punto di implodere dalla portata dei suoi stessi pensieri. Brian deglutì un groppo in gola.
“Ma che diavolo dici, Freddie? Roger non mi piace, figurati, dico solo che devi imparare a collaborare con lui anche se è insopportabile!” sputò fuori Brian, cercando di mettere una pezza alla situazione disastrosa che si era venuta a creare. Freddie lo stava osservando con uno sguardo carico di incredulità, e davanti alla sua affrettata negazione aveva alzato un sopracciglio, dubbioso. Cavolo, questa era la peggior situazione in cui Brian potesse infilarsi, e il riccio non sapeva come tirarsene fuori. Se Freddie avesse intuito la verità sarebbe andato su tutte le furie, gli avrebbe urlato addosso in mezzo alla strada facendosi sentire da tutti – Roger compreso – e Brian sarebbe morto di vergogna. E poi Freddie avrebbe proceduto nel cavargli il cuore dal petto a mani nude, e Brian sarebbe morto letteralmente. Era una strada senza uscita, davvero, e la situazione non sarebbe potuta peggiorare.

“Lieto di sentire che hai una così alta opinione di me. Per la cronaca, il sentimento è ricambiato al cento per cento”.

Roger non aggiunse altro, e sorpassò Brian per raggiungere la porta dello chalet. Con noncuranza diede una spallata a Freddie per farsi strada e sparì alla loro vista, sbattendo la porta alle sue spalle.

Brian si rimangiò il suo precedente pensiero, le cose potevano sempre peggiorare. Nell'ansia di negare a Freddie la sua infatuazione per Roger, Brian non si era accorto che il biondo era dietro di lui, arrivato giusto in tempo per sentire come Brian lo stesse insultando.

Il riccio strizzò gli occhi, ricacciando indietro le lacrime che sentiva bruciare dietro al bulbo degli occhi. Nel giro di una settimana era riuscito ad inanellare una gaffe dietro l'altra, e se anche Roger fosse stato un sogno accessibile – cosa che non era, perché il biondo era fuori dalla sua portata, Brian lo sapeva – ora... beh, ora gli aveva detto in faccia che non avrebbero funzionato nemmeno come amici.

Per la prima volta dopo quell'orribile udienza che aveva spazzato via la sua vita, Brian sentì il bisogno di piangere.

 

*

 

'Brutto stronzo, bastardo e maledetto. Vaffanculo a lui, ai suoi ricci, al suo viso perfetto e alle sue gambe lunghe un chilometro! Vaffanculo a tutto!'

Roger entrò come una furia dentro allo chalet, sbattendo ogni porta che si trovava davanti. Quella era la ciliegina sulla torta, davvero. Dopo un allenamento disastroso e l'interrogatorio, mascherato da chiacchierata, con il coach, l'ultima cosa che gli serviva era sentire l'opinione che il fottuto Brian May aveva di lui. Non rimarchevole, come c'era da immaginarsi.

Beh, Roger ne aveva ufficialmente abbastanza. Ora si sarebbe chiuso in bagno, e Mercury poteva andare a pisciare nel bosco vicino per quanto lo riguardava, si sarebbe fatto una lunghissima doccia, usando tutta l'acqua calda disponibile, e si sarebbe goduto una serata in completa solitudine, a leccarsi le ferite (sia figurate che reali. Erano anni che non cadeva così violentemente durante le prove, e si era dimenticato quanto fosse duro il ghiaccio). E il giorno seguente sarebbe stato un uomo nuovo.

L'ultima porta nel suo percorso ricevette un poderoso calcio, aprendosi fino a sbattere sul muro opposto con un tonfo sordo. Nella stanza John, che si era preparato un tè caldo per combattere il freddo pungente dell'inverno austriaco, fece un salto dallo spavento. La tazza barcollò pericolosamente nella sua mano, facendo cadere delle gocce di liquido bollente sulla stoffa della poltrona, e John imprecò sottovoce. Per fortuna non aveva macchiato il berbero altrimenti, incidente o meno, Beach l'avrebbe spellato vivo.

“Uh... scusa” mormorò Roger, che non aveva pensato al fatto che ci potesse essere qualcuno nella stanza. Dandosi dell'idiota il biondo girò sui tacchi, pronto a mettere in atto una fuga all'inglese. Una chiacchierata a cuore aperto con John sarebbe stata il colpo di grazia, Roger ne era certo.

“Rog, aspetta!” lo chiamò Deacon che, superato l'attimo di allarme, non aveva intenzione di lasciare che Roger scappasse di nuovo. John aveva provato in tutti i modi a cominciare quella discussione, che sarebbe stata difficile ma necessaria per ricostruire il rapporto tra loro. Certo quello di John era stato un commento, per molti, di poco conto, ma non per Roger. Il suo amico biondo aveva una pletora di complessi riguardanti quel particolare problema, che Deacon aveva bellamente ignorato solo per risolvere lo stupido litigio sui ruoli della coppia. Senza contare che John era stato dalla parte di Mercury nel momento di massimo scontro tra i due rivali. Due tradimenti in una sola frase: era normale che Roger si sentisse solo contro tutti.

Roger, miracolosamente, si era fermato sul ciglio della porta, con un piede già fuori dalla stanza. Gli dava le spalle, ma John si sarebbe accontentato. Per ora.

“Per quello che vale, mi dispiace”.
Ecco, l'aveva detto. Quello che per quattro giorni aveva cercato di sputare fuori, ma che era rimasto bloccato in gola, come un boccone amaro che non si riesce né ad inghiottire, né a rigettare. Era chiedere scusa, ed era detto con sincerità.
Roger non rispose, ma fece un cenno d'assenso quasi impercettibile con il capo; okay, scuse accettate.
Roger si dileguò subito dopo, ma John lo guardò andare via con il cuore leggero. Il primo passo era fatto.
'Un passo alla volta, John. Un passo alla volta'.

 

*


John era ancora nella stessa posizione quando Beach entrò nel salotto dello chalet, quasi mezz'ora dopo. Il castano era stravaccato sulla poltrona a sorseggiare il suo tè, e il coach gli rivolse un sorriso che pareva avere un secondo fine.
“John, cercavo proprio te”.
“Ho parlato con Roger” anticipò Deacon, che pensava di sapere dove l'allenatore volesse arrivare. Beach però lo sorprese con un gesto di indifferenza.
“Anch'io, e ne ho concluso che dovete arrangiarvi da soli. No, io devo chiederti un favore”.

Beach si diresse nel cucinotto, e si preparò una tazza di tè sotto lo sguardo incuriosito di John. Quando il coach fu comodamente seduto sul divano davanti a Deaky, gli rivolse un sorriso sornione.
“Qui le cose non migliorano. Roger e Freddie non sono in grado di ragionare come una coppia, né di pattinare come una coppia. Visto che la mia prima strategia, di farli vivere insieme, non sta riscuotendo risultati... ho avuto un'idea che oserei definire geniale. Ma ho bisogno che tu chiami una persona per me”.
John si spremette le meningi per cercare di capire chi dovesse contattare, ma ne venne fuori con la mente vuota. Comunque avrebbe fatto qualunque cosa per aiutare i due pattinatori a migliorare il loro feeling in pista, a qualunque costo, quindi si limitò ad annuire con convinzione.
“Devi chiamare Jim Hutton e organizzare un programma intensivo. Almeno tre ore al giorno” sentenziò Beach, con un sorrisetto appena accennato a tirargli le labbra.
Gli occhi di John brillarono di ammirazione: il coach era un vero genio.

Anche se Roger e Mercury li avrebbero ammazzati.

 


... uhm. Cosa avrà in mente il malefico coach Beach? Stay tuned per scoprire a cosa andranno incontro i nostri eroi! XD

No vabbè, auto-promozione a parte, volevo mettere due note su questa AU con delle info che ho decisamente tralasciato:
1) Roger e Freddie sono CAMPIONI del pattinaggio artistico su ghiaccio singolo maschile; quindi, Roger detiene con orgoglio il record mondiale sul programma corto, e Freddie detiene invece quello sul programma libero ( Evgenij Plushenko? Yuzuri Hanyu? Chi sono costoro?). 
2) Ho usato il look di Freddie e Roger circa 1975 per il prologo, e il look circa 1980 per il resto della storia. Ovviamente, non possono avere trent'anni (anche perché ho deciso di farli cambiare carriera xD imparando un intero nuovo stile. A trent'anni un pattinatore è prossimo alla pensione, se già non si è ritirato). Visto che non voglio trasformare la mia fic in una hospital!AU, Freddie aveva 23 anni nel 2005, e ora ne ha 25, mentre Roger ne aveva 20 e ora ne ha 23. 

E dopo queste totalmente inutili vagamente indispensabili note, vi mando un bacio e vi aspetto (spero) nei commenti e nel prossimo capitolo!

Alla prossima
KJ

 

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Capitolo 6
*** Capitolo quinto ***


Hello lovelies! BUONA PASQUA A TUTTE/I!

Mi scuso tantissimo per il ritardo... Spero che il capitolo vi soddisfi!
A voi, con l'introduzione di... Jim Hutton!





Capitolo quinto

 

SEEFELD, AUSTRIA – 2007

PALESTRA AFFITTATA DA JIM BEACH

 

“Carissimi, bentrovati. Prego prego, venite avanti, non morde nessuno qui”.

Jim Hutton era un uomo alto e imponente. Aveva un fisico snello ma tonico, due baffoni da far invidia a quelli di Freddie e intensi occhi color castagna dall'espressione dolce e accogliente.

“Coach... perché?” esalò Roger, in un piagnisteo che risultò patetico alle sue stesse orecchie. Le labbra di Hutton si piegarono in un sorriso divertito. Freddie rispose con un cenno del capo al saluto del nuovo arrivato, ma gli riservò uno sguardo guardingo. Beach non aveva comunicato quale fosse l'attività che aveva in serbo per la mattinata, e a Freddie non piacevano le sorprese.

“Buongiorno Roger, anch'io sono felice di rivederti”.

Roger sbuffò, fingendo fastidio, ma accettò di buon grado l'abbraccio in stile orso di Jim il quale, con la sua poderosa massa, era in grado di racchiudere il biondo fino a nasconderlo alla vista di tutti. John mollò una risatina, era una scena adorabile ma non sarebbe durata per molto.

“E lei dev'essere l'altro pattinatore” continuò Hutton, rivolgendo a Freddie la sua mano tesa e un sorriso sincero. Freddie si presentò e gli strinse la mano, sempre con la stessa espressione dubbiosa. Dalla faccia di Taylor il loro non sarebbe stato un incontro indolore. Hutton però lo lasciò perdere quasi subito, girando lo sguardo su Roger e analizzando ogni angolo del suo corpo con aria critica.

“Mhm mhm, Roger, sono un po' deluso. Non hai seguito proprio nessuno dei miei consigli? E io che ti avevo lasciato pronto a fare l'etoile del Bolshoi...” commentò Jim, con tono leggero ma occhi calcolatori. Roger deglutì e Freddie, capendo cosa l'aspettava, deglutì a sua volta.

 

Jim Hutton era l'orgoglioso padrone di uno dei migliori studi di danza di Londra. Offriva corsi di ogni stile, dalla più rigorosa routine di danza classica alle classi disinvolte di latino americano. Aveva dedicato al ballo la sua intera vita e, nonostante i numerosi impegni, quando John gli aveva descritto nel dettaglio in quale situazione lui e Roger si fossero cacciati non aveva perso tempo a salire sul primo aereo e raggiungerli in Austria. Questo perché Jim era serio e severo nella sua attività ma aveva un debole per Roger, che considerava come un fratello minore acquisito. Per la proprietà transitiva, questo si applicava anche a John.

“Io non.. umpf... per due anni non ho nemmeno gareggiato!” sputacchiò Roger, rosso in viso. Non era stata la sua migliore risposta a tono, certo, e questo perché in tutta onestà il biondo non l'aveva, una risposta. Jim aveva ragione, da quando era stato bandito dalle gare d'agonismo Roger aveva ben volentieri, come si suol dire, 'appeso le scarpette al chiodo', dimenticandosi allegramente dieta, lezioni alla sbarra e soprattutto il malefico stretching.

E tutto questo lavoro di rimozione mirata si vedeva chiaramente sul suo fisico.

“Su su, niente di irrecuperabile con un po' di duro lavoro” disse Hutton, forse nel tentativo di tranquillizzare il suo ex-studente, ora tornato all'ovile.

Roger impallidì così velocemente che John temette uno svenimento.

“E invece cos'abbiamo qui? Freddie Mercury...” Jim voltò lo sguardo sul pattinatore moro, che non era meno preoccupato della sua controparte bionda. Freddie era stato un prodigio nella sua classe di danza classica, anni prima, ma, come Roger, anche lui aveva smesso da tempo di praticare giornalmente la sua routine, e questo è tragico per ogni ballerino che si rispetti.

D'altronde la regola è chiara: se non fai la sbarra un giorno, te ne accorgi tu; se non la fai per due giorni, se ne accorge il tuo partner; se non la fai per tre, se ne accorgono tutti.

“Sono un po' fuori forma, ma confido nelle tue capacità. Sono tutti tuoi una volta al giorno, fai ciò che credi” lasciò mandato Beach che, appoggiato ad una delle sbarre appena dentro la sala, si stava divertendo forse troppo a spese dei suoi atleti. Certo che le facce dei due ragazzi erano impagabili.

“Avevo anticipato una situazione drammatica Jim, non preoccuparti. Sono venuto preparato” lo confortò Hutton, rivolgendo un sorriso veloce al suo omonimo. Diede un ultima squadrata ai due allievi e si scrocchiò le dita delle mani. Roger e Freddie si scambiarono uno sguardo pieno di sconforto.

“Cominciamo subito! Ragazzi, alla sbarra!”.

 

 

Dopo i plié, i battement tendu, i glissé e i fondu, Roger era già in acqua. La maglietta che aveva indossato la mattina, non sapendo la sua destinazione, era bagnata su tutta la schiena, e i muscoli di tutto il corpo, anche quelli che aveva dimenticato di avere, bruciavano dallo sforzo. E non erano nemmeno arrivati a metà del riscaldamento. Gli sembrava di morire, e non voleva nient'altro che una pausa.

“Per i rond de jambe ho in mente un esercizio un po' più avanzato, così scaldiamo anche la schiena con i cambré. Pensate di riuscire a fare il rond de jambe en l'air? Ma certo che riuscite!” cinguettò Jim, che al solito si faceva le domande e si dava le risposte da solo, ben consapevole di quello che Roger gli avrebbe volentieri urlato addosso se avesse avuto la possibilità di parlare. O il fiato per farlo, a dirla tutta. Era convinto di avere i polmoni in avaria. Il biondo sfruttò il fatto che Jim si fosse girato di schiena a cercare la musica giusta per stravaccarsi sulla sbarra, appoggiando gli avambracci sul legno e la fronte sulle mani incrociate, e prese un lungo respiro per cercare di rallentare il battito del suo povero cuore. Non era certo che sarebbe uscito dalla palestra vivo se fosse andata avanti così.

“Cristo santo, ma è sempre così quell'Hutton?” gli mormorò Freddie, vicinissimo al suo orecchio. Roger saltò su come una molla dallo spavento, e gli rivolse un'occhiata mesta. Il primo istinto era di insultarlo, dicendogli di stargli alla larga che puzzava di sudore (vero), o magari fare il duro e assicurargli che questo era niente e che Roger era abituato a molta più sofferenza (falso). Ma, onestamente, non aveva nemmeno la forza di litigare.
“Da così a peggio” confessò invece, allungando una gamba per stirare il tricipite che sembrava stesse per andare a fuoco. Freddie ebbe un brivido spontaneo su tutto il corpo.
“Sono già a pezzi” borbottò Freddie, anche lui impegnato in un leggero esercizio di stretching per il collo del piede. Roger sbuffò, suo malgrado divertito.
“Altrettanto” rassicurò l'altro pattinatore, come se Freddie non fosse in grado di vederlo da solo.
“Bene, direi che avete fatto abbastanza pausa. Cominciamo con un doppio rond par terre e due en l'air, ripetuto tre volte, e...”
Roger si concentrò sull'esercizio di Hutton, dimenticandosi del resto del mondo. Senza rendersi conto di aver avuto la prima conversazione pacifica con Mercury da quando si erano conosciuti.

 

“Però, per essere la prima volta dopo anni non sono male” commentò Brian che, appoggiato comodamente al muro della palestra, non avrebbe mai ammesso a nessuno di godere di una decisamente ottima visuale del fondoschiena di Roger. Certo che la danza classica aveva parecchi vantaggi.

“Roger è così legato che sembra essere tornato al quinto grado” sbottò John, non distogliendo lo sguardo dall'obiettivo della telecamera. Stava riprendendo tutto in modo da avere in mano le prove concrete del disastro, visto come era stato bellamente ignorato ogni volta che aveva consigliato al biondo di tornare a lezione da Hutton. Ora John avrebbe potuto dirgli un sonoro 'te l'avevo detto', con tanto di dimostrazione pratica. Ben gli stava, a non seguire i suoi consigli.

“Quinto grado? Roger è diplomato?” chiese Brian, pronto a conoscere qualunque dettaglio, anche minuscolo, della vita della sua cotta. Dio, se si sentiva patetico.

“No, che non lo è. Lo scemo ha mollato all'Advanced I” rispose bruscamente John che non gliel'aveva mai perdonata. Gli sarebbe bastato uno sforzo in più, un ultimo esame, per il diploma, ma a quel punto Roger aveva cominciato a vincere medaglie d'oro nel circuito Senior e ad abbandonare progressivamente la didattica della danza, limitandosi a mantenere i risultati raggiunti. Salvo poi buttare tutto alle ortiche per colpa di una rissa. Cretino.

John spostò la lente della telecamera un po' più a sinistra per inquadrare anche Mercury nelle riprese, sicuro che anche il pattinatore moro sarebbe stato felice di un feedback sulla sua performance. Freddie aveva gli stessi problemi di Roger in fatto di elasticità muscolare, cosa inevitabile dopo due anni di ozio alla loro età, ma uno stile completamente diverso che lasciò John a bocca aperta. Dove Roger aveva certamente più solidità strutturale e attenzione alla tecnica dei movimenti, Freddie aveva più morbidezza nelle posizioni e una certa teatralità nel gesto che rendeva la sua esecuzione molto piacevole da guardare. Il castano osservò i muscoli di Mercury muoversi sotto alla forma affusolata delle gambe, notandone il mix di grazia e potenza. Era sinuoso, come un gatto, ma allo stesso tempo forte come una roccia. Di sicuro aveva un fisico mozzafiato, esattamente come due anni prima, quando John aveva il piacere di osservarlo scivolare sul ghiaccio della pista avvolto in una tutina così aderente da non lasciare nulla all'immaginazione e...

John scosse veloce la testa, scacciando quei pensieri molesti. Ma cosa gli era preso? Non era certo il momento adatto per farsi venire certe... certe voglie, cristo santo! John deglutì due volte, nascondendo le sue guance arrossate dietro la telecamera. Se Roger avesse anche solo sospettato dei pensieri di John davanti a Mercury... probabilmente Freddie non sarebbe arrivato vivo agli Europei.

“Advanced I? Freddie è diplomato, ma con l'esame di ottavo grado” domandò spiegazioni Brian, che ora era perplesso. Non aveva mai sentito un nome del genere per gli esami che aveva sostenuto Freddie, il quale era orgogliosamente diplomato dopo aver sostenuto l'esame dell'ottavo grado. Certo, quando aveva cominciato a vincere le prime medaglie d'oro aveva dato più importanza agli allenamenti sul ghiaccio piuttosto che a quelli in sala di danza, ma era comunque riuscito a portare a casa il tanto agognato diploma.

“Anche Roger è diplomato con l'ottavo grado, ma lo scemo ha mollato i Majors. Sarebbe potuto essere professionista” rispose John, aggrappandosi alla conversazione sui successi dei loro rispettivi amici per aiutarsi a dimenticare i pensieri poco innocenti che gli aveva provocato l'esibizione di Mercury. Meglio concentrarsi su qualcosa di serio, grazie molte.

Brian, ancora più confuso, era ormai convinto che John si stesse riferendo a qualcosa di completamente diverso da quanto aveva in mente lui. Ma non ebbe occasione di ottenere più informazioni perché in quel momento Hutton cominciò a parlare, e Brian e John non si sarebbero persi lo spettacolo per nulla al mondo.

“Stop, ragazzi, stop. Freddie, devi sistemare la postura, non puoi sparare la gamba in aria senza controllo del bacino. Roger, la tecnica è buona ma non cercare di fregarmi, so che puoi arrivare più in alto di 90 gradi” corresse Jim, muovendosi con esperienza da una parte all'altra della sbarra per correggere le posizioni dei due studenti. Roger aveva un'espressione di dolore puro quando Hutton, senza pietà, gli sollevò la gamba fin quasi all'altezza del naso. Freddie dall'altro lato, con una mano di Jim a tenergli le anche ferme al loro posto, era rosso in viso dallo sforzo di sollevare la gamba fin dove l'aveva lanciata poco prima con minore difficoltà.

Brian e John ridacchiarono in unisono. Il grand battement è una delle bestie nere dei ballerini, soprattutto quelli poco allenati.

 

L'unico vero sollievo quando si arriva all'esercizio del grand battement è che si sa che quello è l'ultimo esercizio del repertorio alla sbarra. Una volta ripetuto a destra e a sinistra, Roger non ci mise più di due secondi a crollare sul pavimento in una maldestra rappresentazione della morte del cigno.

Cristo, non sento più altro che dolore” proclamò, con fare melodrammatico. Freddie lo guardò dall'alto, confuso.
“Che combini, mi lasci solo?” si lamentò il moro, dandogli un calcio sul fianco per convincerlo a rialzarsi.
“Lasciami morire in pace, stronzo. Che vuoi, fare pure gli esercizi al centro?” borbottò Roger, scacciando con la mano il piede di Mercury. Freddie, indignato, gli diede un calcio più forte dall'altro lato, colpendogli in pieno la milza. Per ripicca, Roger gli agguantò una caviglia e lo strattonò sul pavimento assieme a lui, facendo crollare Freddie sul suo didietro. Il moro cadde con malagrazia, cacciando uno strillo acuto e provocando in questo modo una grassa risata da parte di Roger.

Brian alzò gli occhi al cielo. A quanto pareva, con il termine della lezione era terminata anche la tregua. Figurarsi se poteva accadere il contrario.

“Non comportatevi come bambini e alzatevi in piedi. Non abbiamo mica finito” li rimproverò amichevolmente Hutton, che sembrava soddisfatto di come il suo riscaldamento avesse lasciato i due atleti senza nemmeno la forza di muoversi. Freddie gli rivolse uno sguardo sospettoso, quel tipo nascondeva una vena sadica dietro a quegli ampi sorrisi. Roger, ampiamente abituato ai modi spicci di Jim, si limitò ad uno sbuffo pieno di autocommiserazione.

“Dunque, Beach, se non ho capito male tu vorresti migliorare il loro feeling come coppia... corretto?” chiese Hutton, voltandosi verso Beach e confidando nella capacità dei due atleti di raccattarsi da terra da soli.
“Hai capito perfettamente, Jim” rispose il coach, sornione, “e hai carta bianca su modi e tempi di lavoro. Anche se ti avverto, sono esasperanti” mise in chiaro Beach, rivolgendo uno sguardo in tralice ai pattinatori, ancora ammassati sul pavimento della palestra. Forse era un pensiero cattivo, ma Beach si stava divertendo un mondo. Le espressioni di Roger e Freddie erano impagabili, davvero. Hutton fece un mormorio di assenso, sguardo assente in contemplazione di quale fosse la migliore strategia per ottenere un risultato decente. Da quel poco che aveva visto, si sarebbe trattato di un lavoro lungo.

“D'accordo, ho un piano! Forza ragazzi, in piedi, che...” Jim fece una giravolta su se stesso, e dovette trattenere una risata. Roger si era portato in ginocchio sul pavimento, ma sembrava avere difficoltà a reggersi sulle gambe. Freddie aveva una gamba stesa davanti a sé, l'altra piegata, e una smorfia di dolore a deformargli i tratti del viso.

“Beh, a ripensarci... forse per oggi ne avete avuto abbastanza. Rimandiamo a domani” sorrise dolcemente Hutton. I due pattinatori emanarono un sospiro di sollievo quasi in unisono.

“Buona idea Jim. Non voglio rischiare che siano troppo rotti per l'allenamento sul ghiaccio di oggi pomeriggio” concluse Beach, con un ghigno rivolto ai suoi atleti.

 

'Sì', pensò Beach davanti alle facce di Roger e Freddie, 'davvero impagabile'.

 

*

 

“Complimenti per oggi. Sei davvero molto bravo”.

Roger, con i capelli ancora bagnati dopo la doccia, guardò Brian da sopra la spalla e alzò un sopracciglio.

“A dire il vero ho fatto cagare, ma grazie comunque” rispose, mantenendo un tono civile. Non sapeva quale fosse il gioco di Brian, ma non aveva dimenticato come il riccio l'avesse definito 'insopportabile' solo due giorni prima. Che ora fosse May stesso a intavolare una conversazione non cambiava le cose.

Brian, dal canto suo, avrebbe fatto qualunque cosa per rientrare nelle grazie del biondo. Il giorno precedente aveva tentato di rivolgergli la parola, ma la sua famosa timidezza l'aveva portato ad un blocco totale della comunicazione. Aveva tagliato la strada a Roger sul vialetto che portava allo chalet, costringendo il biondo a fermarsi. E poi, come un cretino, era rimasto a guardarlo per un imbarazzante minuto di silenzio stampa, mentre le sopracciglia di Roger si alzavano ogni secondo che passava e le guance di Brian si facevano sempre più rosse. In un ultimo audace gesto Brian aveva allungato una mano verso Roger e gli aveva praticamente lanciato addosso una bottiglietta d'acqua, salvo poi fare dietrofront e scappare come un vigliacco dentro allo chalet lasciando un Roger confuso nel bel mezzo del vialetto. Brian si sarebbe voluto scorticare per la figura da idiota che aveva fatto davanti alla sua cotta – l'ennesima ormai. Si sentiva mostruosamente patetico.

“Uhm, io non direi. Cioè, secondo me sei stato... sei bravo, insomma, nonostante la mancanza di pratica sei comunque... sei molto bello mentr... no, intendo, molto bravo e...” oddio, Brian sentiva già il corpo sciogliersi dall'imbarazzo. Ma che cavolo stava dicendo? E aveva appena confessato a Roger che lo trovava bello? Dio, sarebbe morto lì, nello spogliatoio di un anonima palestra austriaca, Brian lo sapeva. Se non l'avesse ucciso Roger l'avrebbe fatto la vergogna.

“Non credo che John la pensi come te, e nemmeno Jim. Ma grazie eh, fa piacere essere apprezzati” rispose Roger, mordendosi un labbro per trattenere una risata. 'Molto bello' a chi?

“Uh, prego. Io ti apprezzo eccome”.

Brian aveva bisogno di fare una revisione al suo filtro cervello-corde vocali, era ufficiale. E quel che era peggio, Roger non si era nemmeno girato a guardarlo in faccia; Brian si stava rendeva ridicolo davanti alla schiena del biondo.

Davanti a quelle parole Roger sentì i muscoli irrigidirsi. Due giorni prima lo insultava, e adesso gli faceva i complimenti? Di colpo il biondo si rese conto del gioco a cui Brian stava giocando, e sentì il corpo fremere di rabbia. Perché Roger non era scemo, aveva visto gli sguardi del riccio, ma aveva sperato, come un allocco, che volessero dire qualcosa di più di semplice lussuria. Ben gli stava a farsi i viaggi mentali; a quanto pareva, Brian May non era diverso da tutti gli altri. Ma se quello stronzo pensava che bastassero quattro lusinghe per portarselo a letto aveva fatto i suoi calcoli male: perché Roger aveva sì una reputazione da sgualdrina, ma manteneva comunque una dignità.

“Immagino. Quando non mi ritieni 'insopportabile', a quanto ho capito” lo seccò, girandosi a squadrarlo con uno sguardo di ghiaccio. Brian ammutolì.

Senza una parola di più il biondo girò sui tacchi e uscì dallo spogliatoio, lasciando Brian nel mezzo della stanza come uno stoccafisso. Il ragazzo riccio ne approfittò per fare un esame approfondito delle sue discutibili scelte di vita.

 

*


John diede la colpa di tutto alla sua videocamera. Sì, perché quella era stata l'argomento di inizio della conversazione, e la ragione per cui non aveva prestato attenzione ai movimenti delle persone nella stanza. Il castano, troppo impegnato a controllare che il filmato della lezione si fosse registrato correttamente, non si accorse che Freddie Mercury si era avvicinato e lo stava osservando con un sorriso smagliante dipinto in faccia.

“Ci hai registrato? Grazie, sarà utile vedere come siamo riusciti a disonorare l'arte del balletto” commentò con una risata. John fece un salto dallo spavento, rischiando di far cadere a terra la sua preziosa videocamera.

“Uh. Io... sì. Registro sempre. Tutto” borbottò, nascondendo le sue guance arrossate dietro alla lente. Perché Mercury gli stava parlando proprio adesso?

“Sì, avevo intuito. Non ti si vede mai senza videocamera” rispose Freddie, rivolgendo a John un sorriso. Il ragazzo si azzardò a guardarlo da sotto la sua protezione improvvisata e cercò di ricambiare il sorriso. Il massimo che riuscì a produrre fu un ghigno poco amichevole, ma aveva fatto del suo meglio.

“Eh, già. A Roger fa bene un feedback, soprattutto delle lezioni di danza” si spiegò, senza sapere perché si sentisse in dovere di giustificarsi per una cosa che aveva sempre fatto, con Mercury tra tutti.

“Immagino che al biondino faccia bene, da solo non sembra in grado di combinare più di tanto” commentò Freddie con leggerezza, il sorriso sempre stampato in faccia. John aggrottò le sopracciglia, cosa voleva insinuare? Roger non era un incapace.

“Roger è capacissimo di arrangiarsi da solo, se deve. A me piace aiutarlo comunque” calcò sul punto John, sperando che Freddie capisse l'antifona. A Deacon non dispiaceva Mercury, era un gran atleta con un affascinante personalità, ma questa sua attitudine verso Roger lo faceva andare in bestia. Freddie, probabilmente accortosi del suo passo falso, si affrettò a negare con una scrollata di spalle.

“Ma certo, tesoro, non volevo insinuare nulla. Anzi, ad essere sincero, Taylor è un bravo pattinatore. Non eccezionale come me, ovviamente, ma avvicinarsi alla perfezione è impossibile” ridacchiò, e John non riuscì a capire se fosse serio o scherzoso. Accidenti, Mercury era davvero una primadonna.

“Sì, è bravissimo. Detiene il record mondiale nel programma corto” gli ricordò John, che aveva stampato nella memoria il ricordo del giorno in cui Roger aveva superato il record di Mercury. Il biondo si era ubriacato fino a star male per festeggiare il fantastico risultato.

“Umpf, come se potessi dimenticarlo. Ma ci tengo a sottolineare che io ho ancora il record per il programma libero” brontolò Freddie a mezza voce. John, che trovava la rivalità tra Roger e Mercury esasperante, ma anche divertente quando si trattava di pattinaggio, rispose con una risata.

“Posso farti una domanda, tesoro?” chiese Freddie, di punto in bianco serio. John, che non si aspettava un cambiamento dalla conversazione leggera di poco prima, si limitò ad annuire per mascherare la sua confusione.

“Perché sei sempre a correre dietro a Taylor? Voglio dire, capisco il legame d'amicizia e tutto il resto, però mi sembra un po'... unilaterale, ecco. Visto quanto fai tu per il biondino... Mi chiedevo che cosa fa Taylor per te”.

Deacon rimase di sasso. Cosa faceva Roger per lui? Visto quanto lui faceva per Roger? Ma che idea si era fatto Mercury? Che John fosse un cagnolino alle dipendenze di Roger, senza una vita al di fuori dell'orbita del biondo?

“Prego?” chiese, senza esprimere le domande che gli erano passate per la mente. Il tono con cui aveva risposto, però, diceva più di mille parole. Freddie fece un passo indietro, e il suo sorriso si deformò fino a trasformarsi in una smorfia. John non ci fece caso, troppo impegnato a difendere la sua dignità. John sapeva di avere una personalità meno brillante di Roger, che, estroverso com'era, era in grado di illuminare un salone intero con la sola forza del suo carattere. Ma questo non voleva dire che John fosse insignificante. Almeno John lo sperava.

“Si da il caso che la carriera di Roger sia di enorme interesse per me” cominciò Deacon, con un tono tagliente come la lama di una spada, “e non solo perché è il mio migliore amico. Difatti, per chi non lo sapesse, io sono il suo coreografo da anni!”. Mercury impallidì di colpo, e fece un altro passo indietro per mettere una distanza di sicurezza tra sé e Deacon.

“Inoltre, se proprio vuoi sapere tutto di me, io e Roger ci siamo conosciuti in sala di danza. Sono io, tra i due, quello diplomato alla Royal Accademy of Dance di Londra! Lui sarà anche il pattinatore professionista, ma io sono il ballerino!” continuò John, con un tono di voce sempre più alto. Stava ribollendo di rabbia! Davvero Mercury pensava che fosse solo un perfetto nessuno che godeva della luce riflessa di Roger?

“Tesoro, io non intendevo certo... cioè, non pensavo, ma... uhm, complimenti?” tentò Freddie, che ormai aveva capito di aver fatto un enorme pasticcio. Certo lui non aveva nessuna intenzione di offendere John, anzi, voleva creare un primo contatto con lui quando finalmente era riuscito a beccarlo senza Taylor in giro. Purtroppo però il suo piano era fallito miseramente, e non aveva nessuno da incolpare se non se stesso.

“Non pensavi, è evidente. Comincia adesso, magari su come non farsi ingannare dalle apparenze” concluse John, con tono velenoso. In quell'istante Deacon sentì il tonfo della porta dello spogliatoio, e si girò giusto in tempo per vedere come Roger stesse marciando fuori dalla stanza con un cipiglio scuro da far paura. Senza rivolgere a Mercury niente più di uno sguardo di sufficienza John prese la sua videocamera e corse dietro al suo amico. Probabilmente avrebbero avuto modo di sfogarsi uno con l'altro delle frustrazioni accumulate per colpa dei due coglioni con cui dividevano la casa.





Note dell'autore:
Dunque dunque... Freddie e Brian non ne combinano una giusta, ah? Ammetto che mi sto divertendo un po' troppo a far soffrire questi due giovinotti xD certo che Roger e John sono tipetti tutto pepe. 
Anyway, oggi un capitolo dedicato non al pattinaggio ma alla mia specialità: danza classica! Per chi sapesse poco di questa nobile(?) arte, vi metto alcune (vagamente utili) note sulle differenze di stili/esami che ho assegnato a Roger e Freddie. 
A Freddie ho dato la parte del diplomato nel metodo russo, il Vaganova; questa scuola di balletto è quella che si insegna in Russia, in Austria e più o meno in tutta l'Europa dell'Est. E' caratterizzato da movimenti molto ampi e 'artistici', e punta moltissimo sullo stile. Per diplomarsi in Vaganova devi superare otto esami, ognuno dei quali chiamato 'Grado'. 
Roger, invece, si trova nella mia situazione (glom)! Ovvero, diplomato all'ottavo grado RAD ma mancante un esame per il professionismo. Il metodo RAD (Royal Accademy of Dance) è il metodo inglese, che si insegna in UK ma che conta scuole in tutto il globo. E' un metodo molto lineare, che punta tantissimo sulla tecnica e su una solida esecuzione. Ha due categorie di esami: otto gradi, che sono comunemente chiamati esami 'dilettantistici', e cinque Majors (Intermediate foundation, Intermediate, Advanced foundation, Advanced 1 e Advanced 2). Chi supera l'Advanced 2 è ufficialmente professionista, e può presentarsi ai provini per le compagnie di danza o per i teatri con compagnia fissa. 
Insomma, questo in estrema sintesi. Se volete informazioni aggiuntive (o anche solo fare due chiacchiere sulla danza) sono qui che vi aspetto!

Spero di non avervi annoiato troppo, e di sentirvi nei commenti!
Un bacio enorme

KJ

 

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