I miti secondo me

di Chris Vineyard
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La storia, romanzata, di Alcione e Ceice ***
Capitolo 2: *** La strana storia di Icaro ***



Capitolo 1
*** La storia, romanzata, di Alcione e Ceice ***


"Vuoi tu, Ceice, re di Eraclea Trachinia, prendere Alcione accogliendola come tua sposa. Promettendo di esserle fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarla ed onorarla tutti i giorni della tua vita?"
"Sì!"
"E vuoi tu Alcione, figlia di Eolo, prendere Ceice accogliendolo come tuo sposo. Promettendo di essergli fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarlo ed onorarlo tutti i giorni della tua vita?"
"Lo voglio!"
"Con il potere conferitomi: vi dichiaro marito e moglie. Lo sposo può baciare la sposa."
"Oh Cecino mio!"
La bella Alcione si gettò letteralmente tra le braccia del suo amato, sussurrandogli parole d'amore con voce stridula, mentre dai suoi occhi scendevano lacrime di pura felicità.
Dal canto suo, il re l'accolse e la strinse forte forte, sorridendo placidamente. Finalmente sua madre non l'avrebbe più tempestato di domande come, ad esempio: "Quando ti sposi? Guarda che se non trovi subito una moglie, poi mi cacciano come a Penelope e mi tocca andare in giro vestita di stracci." oppure: "Ma quando mi dai un nipotino, così posso vantarmi con le mie amiche al chiosco? Però non te lo guardo eh! Che a me non mi ha aiutata nessuno a crescerti."
La cerimonia si svolse esattamente come avevano calcolato Alcione ed Enzo Miccio, che per esigenze di trama facciamo esistere già; tanto abbiamo inserito il rito del matrimonio cattolico nell'antica Grecia, quindi va bene così.
Per l’occasione, la fanciulla aveva scelto d'indossare un suntuoso abito di pizzo sangallo, interamente coperto di paillettes e corredato da uno strascico che sembrava non finire mai, come...
Crediamo che la citazione sia abbastanza evidente. Non la completiamo per non banalizzare un evento così tanto importante.
Ceice, invece, indossava un elegante smoking nero con sotto una camicia bianca.
I festeggiamenti si protrassero per tutto il giorno, con la partecipazione di tutti i sudditi, che fecero ritorno nelle loro case solo a tarda notte.
"Come sono contenta, Cecino mio!" esclamò la signora quando furono a letto.
"Anche io, cara! Mi spiace solo di dover partire tra due giorni. Sai, essere un re comporta l'assoluzione di incarichi abbastanza delicati." rispose l'uomo grattandosi il mento.
"Mhh... Sì..." Nell'udire quelle parole, ad Alcione venne quasi spontaneo mettere il broncio; per lei essere sovrano significava semplicemente essere al di sopra di tutti e vivere in maniera agiata. Insomma, essere una principessa con la possibilità di cazzeggiare tutto il giorno per tutti i giorni.
"Dai, non fare quella faccia. Siamo stati fidanzati per tanti anni e d'ora in poi saremo marito e moglie per tanti altri anni." Cercò di rincuorarla lui in tono dolce, cingendole le spalle e baciandola sulle labbra carnose.
"Sì! Nessuno può essere più felice di noi, neppure Zeus ed Era."
Detto ciò, i due si addormentarono l'uno tra le braccia dell'altra.
Il mattino seguente, la nuova regina di Eraclea Trachinia si alzò all'alba per andare a fare una passeggiata in riva al mare, come soleva sempre fare da quando vivevano insieme.
Qualche ora più tardi, si vide arrivare il suo amore con in mano un vassoio contenente due paste giganti al cioccolato e due tazzine di caffè.
"Oh Zeus!" lo chiamò affettuosamente, correndogli incontro.
Lui le sorrise cordiale.
"Era!" fece di rimando, mentre posava il vassoio su un tavolino di cristallo situato nella veranda che dava  vista sul mare. Era da quando avevano iniziato a fare all'amore che usavano ogni mattina fare colazione in spiaggia e avrebbero continuato a farlo per chissà quanto tempo ancora.
La giornata trascorse in maniera tranquilla, con Ceice che riceveva i suoi ospiti per discutere di politica ed economia ed Alcione che si dedicava allo shopping nelle più rinomate e costose botteghe del paese.
La sera calò, e siccome fuori vi era un magnifico tramonto infuocato, con tanto di sole arancione che s'immergeva nel mare, i due amanti decisero di cenare in veranda.
"Zeus, la cena è pronta!"
"Arrivo, Era cara! Un attimo che finisco di firmare le petizioni su Change.org. Bisogn sempre sposare le nobili cause in quanto sovrani."
"Sì, certo, basta che la gente non inizi ad urlare in piazza che io devo fare shopping."
"Parli proprio come mia madre. Ah ah ah!"
"Sì sì come no. Se io parlassi come Rea, non potrei dire di essere più felice di Era."
Intanto, mentre i due coniugi consumavano la loro cena a base di caviale e champagne, una porta si spalancò all'improvviso a migliaia di passi di distanza.
"Oh Ermes! Un c'è miha bisogno di fare tutto sto baccano. E su via!"
"Sono desolato, padre, ma è una questione di vitale importanza che si è protratta per fin troppo tempo. Alcione e Ceice hanno infranto la regola numero 394 del Codice Divino, secondo la quale nessuno, per nessunissima ragione, può vantarsi di essere migliore di una divinità, tantomeno di voi, padre. Sappiamo tutti qual è la pena in questi casi."
"Eh... Bah, io un me la ricordo miha sai."
"Con tutto il dovuto rispetto padre, ma se voi non vi appuntate mai le cose e quando vi chiamo non rispondete, è comprensibile che non vi ricordiate niente. Vi rammento che dovete ancora trasformare Aracne in un ragno ed esprimere il vostro voto per la vittoria di Achille o Ettore."
"Un le po' fa Atena tutte ste cose che io c’ho da fa altro. E un posso fa miha sempre tutto io eh! Su via!"
"Come desiderate, padre. Ad ogni modo, come intendete procedere contro quella coppia di mortali?"
"E tu mi fai una bella domanda. Aspetta che parlo co Mihel."
"Mihel, l'arcangelo?"
"Sì, il mi amiho Mihel."
"D'accordo, padre. Mi congedo. Buona notte e ricordatevi anche che dovete ancora rispondere al vostro oracolo maggiore."
Il dì successivo, Ceice partì non appena cominciò ad albeggiare. Purtroppo, malgrado le condizioni climatiche non fossero proprio favorevoli, fu costretto a montare sul suo bastimento più lussuoso, giacche' non c'era ltro modo di raggiugere l'isola di Itaca.
"Zeus!" lo chiamò sua moglie dalla spiaggia, mandandogli tanti baci con le mani che erano sporche di nutella: "Fai buon viaggio e portami un pensierino se puoi."
"Certo Era cara!"
Stando a quanto aveva previsto il re, la traversata sarebbe dovuta durare mezza giornata, sebbene il mare ed il vento non fossero dalla sua parte. Sicuramente sarebbe tornato verso sera e questo la sua consorte lo sapeva bene, visto che aveva pianificato di fargli trovare pronta una cena con i fiocchi, in quanto, a suo dire, caviale e champagne erano tristemente ordinari.
Quando il cielo iniziò ad oscurarsi, la regina diede ordine di accendere il fuoco per arrostire la carne di elefante proveniente dall'africa.
Ben presto divenne buio pesto, ma dell'imbarcazione con a bordo il re e i suoi funzionari nemmeno l'ombra.
"Forse la riunione sarà durata di più e lui rimarrà a dormire là. Lo dico sempre io che queste cose durano sempre troppo e sono di una noia mortale!" pensò la giovane mentre si coricava. .Quella sera il letto matrimoniale le sembrava freddo come il marmo; quasi sicuramente ciò dipendeva dall'assenza di suo marito che l'abbracciava per riscaldarla da capo a piedi.
La notte passò assai lentamente, con il vento che ululava fuori dalle finestre del palazzo reale. Il cielo era ingombro di nuvole che non promettevano niente di buono.
Alcione non riuscì a prendere sonno. Si sentiva la schiena dolorante e la testa pesante. Non c'era proprio abituata a dormire senza il suo amato.
Si alzò alle prime luci dell'alba per andare a passeggiare in riva al mare. L'acqua, quel dì, era stranamente più fredda del solito.
"Era!"
Una voce la chiamò. Era una voce lontana, come un eco.
"Era!"
Alcione levò il capo: dinnanzi a sé vi era un'ombra spaventosa. L'uombra di suo marito Ceice.
"Zeus..." mugolò singhiozzando. Una malsana idea si stava facendo prepotentemente largo nel suo cervello.
L'uombra non disse niente, ma scappò via.
"Aspetta!" gridò la regina, prendendo a correre: "Aspetta!"
Silenzio.
"Era!"
Di nuovo quella voce roca.
"Zeus..." biascicò la donna ansimando per lo sforzo: "Cos'è successo?"
"Sono morto."
"Ah. E me lo dici così?” borbottò lei indignata, prima di salire su uno scoglio.
Silenzio. L'uombra si allontanò. Sotto di lei, la giovane poté scorgere i resti di una nave affondata.
Non ci pensò due volte: si gettò giù, ignorando completamente le calde lacrime che le solcavano le guance. Voleva rivedere Ceice, il suo amato Ceice, che per lei era la personificazione concreta di Zeus.
La ragazza non toccò mai con il proprio corpo il pelo dell'acqua, perché il caso vuole che il padre degli dèi ebbe pietà di lei e la trasformò in un grazioso uccello. Contemporaneamente, dalla profondità del relitto emerse un altro esemplare del tutto simile a lei.
Era Ceice. I due si riconobbero subito e si scambiarono un’occhiata d’intesa, quindi si strinsero l’uno nell’altra, prima di spiccare il volo nel cielo che era diventato nuovamente azzurro.

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Capitolo 2
*** La strana storia di Icaro ***


"Figaro là, Figaro qua, Figaro su, Figaro giù, laralallaralallaralallara la la. Figaro là, Figaro qua, Figaro su, Figaro giù!"

-Figaro!-

"Figaro là, Figaro qua, Figaro su, Figaro giù, larallaralallara la la!"

-Figaroooo!”-

“Che c'è?"

-Sono arrivati i nostri ospiti. Non credi che dovremmo intrattenerli raccontando loro la storia del sommo Icaro, patriarca della tua famiglia?-

"Oh ! sì sì, certo certo! ... Di quella pira, l'orrendo toco!"

-Va bè, Figaro; come si dice dalle mie parti: va a fa l'ovo.-

Orbene signori miei, dal momento che siete stati così gentili da venirci a trovare, vi narrerò la storia dell'antenato di Figaro, ovvero... Icaro, lo gnocco biondo che sognava di volare.

Purtroppo, nessuno sa dirci come mai, di punto in bianco, al ragazzo fosse venuto il crescente desiderio di poter volare. Alcuni autori sostengono che egli fosse stato trafitto al cuore da una freccia del dio Eros, che si era innamorato perdutamente di lui; sì perché gli dèi greci si sentivano fighi e come tali, potevano innamorarsi degli individui dello stesso sesso, specie se erano bellocci.

Molti storici, invece, sono del parere che Icaro si fumasse le barbabietole da zucchero; ipotesi avvalorata dal fatto che egli apparteneva a una famiglia di contadini.

Comunque stessero le cose, il fanciullo voleva assolutamente volare come gli uccelli, i draghi, gli insetti, e chi più ne ha, più ne metta.

Il problema era... cosa fare per raggiungere il suo scopo?

"Idea! spiccherò il volo da un albero! Vai! Sono un genio! Sì sì sì!"

Presto fatto, il giovane si arrampicò sulla cima dell'albero più alto del mondo allora conosciuto.

"Volooooo!"

Pumh.

"Ahi che male..."

Disgraziatamente, il primo tentativo non andò a segno; tuttavia, Icaro non si perse d'animo. No, lui continuò a lanciarsi pericolosamente dal medesimo albero e a cadere come un sasso.

Bisogna dire che ciò scompensava l'equilibrio della fauna e della flora che risiedevano in quell'area, in quanto i frequenti rumori assordanti causati dalle cadute di Icaro, disturbavano la pacifica convivenza degli animali e delle piante. Tant'è vero che interi stormi di uccelli stavano seriamente pensando di traslocare, perché veramente non ne potevano più di quello strano individuo che gridava: "Zeus è grande!" e si buttava giù come un meteorite.

Stesso discorso valeva per le piante, le quali, a causa delle repentine scosse del terreno, erano perennemente costrette a spostare le radici. E meno male che esse non avevano ereditato da Madre natura il dono della parola, altrimenti avrebbero bestemmiato e imprecato all'infinito.

Fortunatamente, e sottolineo fortunatamente, dopo tre anni di arrampicamenti, di: "Zeus è grande!", di cadute e di: "Porch... Madosc...", Icaro ritenne che quello non fosse il metodo più consono per imparare a volare.

"No no, non va affatto bene. Ora però, come potrei fare...? Pensa Icaro, pensa."

Intanto che il ragazzo si spremeva le meningi, nel vero senso della parola, visto che viso ed occhi gli divennero tutti rossi; gli uccelli cinguettavano allegramente: "Gloria, gloria a Zeus, gloria gloria nell'alto dei cieeeli. Pace in terra agli uomini di buona volontààà. Glo-oo-riaaa!"

"Idea! Consulterò il dio Efesto! Lui sì che mi potrà aiutare."

Subito lo gnocco biondo estrasse dal nulla un aggeggio che voi, cari signori, pensate sia stato inventato ai giorni nostri, ma che in realtà esisteva già all'epoca in cui visse il nostro amico. Sto parlando dello smartphone!

Proprio così, lo smartphone fu messo a punto in quel periodo da un grande ingegnere tuttofare che conosceremo più tardi.

"Cerca: oracolo del dio Efesto più vicino." disse il giovne allo smartphone che si ill'minò.

"Spiacente, non ho trovato nessun risultato su Internet per: cerca oracolo del dio Efesto più vicino." rispose una voce femminile dall'interno dell'apparecchio in tono molto suadente.

"Porch... Madosc..." mugugnò lo sventurato, mordendosi rabbiosamente il labbro inferiore, già abbastanza compromesso per via delle innumerevoli cadute.

"Ti ho detto: cerca oracolo del dio Efesto più vicino a me." ripetè spazientito.

"Vuoi che cerchi: orco del festino piccino a me?" fece l'altra in tono ancora più suadente.

Per tutta risposta, il ragazzo scaraventò lo smartphone su una quercia.

"Sempre detto che gli smartphone servono solo per vedere il meteo e i film sconci."

"Domani pioverà, non dimenticare di prendere l'ombrello! Vuoi che cerchi film sconci da vedere domani?"

"No!" urlò Icaro imbufalito.

A quel punto, il dispositivo iniziò ad emettere degli strani rumori simili a scoppiettii misti a gargarismi.

"Meglio allontanarsi." disse fra sè il proprietario, alquanto preoccupato.

"Dove credi di andare? eh eh eh!" chiese la voce con fare cattivo: "Dove credi di scappare, eh? Lurido essere viscido, ignobile, narcisista, capriccioso, egocentrico, brutto!"

"No brutto no! " ribattè indignato Icaro, cominciando a correre per sfuggire alla presa dell'aggeggio che aveva iniziato, casualmente, a volare: "Dimmi tutto, ma non che sono brutto."

"Disfattista, egoista, materialista, bugiardo, presuntuoso, brutto!" proseguì l'altra con voce stridula.

"Aridaie con sto brutto." protestò a sua volta il malcapitato.

A un certo punto, i due si ritrovarono di fronte a una montagna alta alta. Icaro, allenato com'era nell'arrampicamento, prese a scalarla, mentre il dispositivo vi sbattè contro, frantumandosi in mille pezzi.

"Ah ah!" sghignazzò il fanciullo con voce nasale.

Il sole non aveva neanche sfiorato l'apice del monte, che il tredicenne era giunto al cospetto del dio Efesto, il quale, intento com'era a incastrare dei piccoli frammenti di ferro arrugginito tra loro, non si accorse della sua presenza.

"Oh Efesto, come butta?" salutò gioviale il biondo.

Inutile dire che la divinità manco se lo filò, assorto com'era nei suoi rimuginamenti, tant'è che l'altro lo sentì biascicare termini incomprensibili tipo: "Maremma vercingetorige, calussa sanakata, auccevon."

Icaro chiamò l'uomo una seconda volta, ma invano. L'avrebbe richiamato ancora, se non fosse che gli cadde l'occhio su una strana macchina nera e lunga con due grossi pannelli simili a delle ali posizionate ai lati.

"Ali..." mormorò fra sè, portandosi una mano sul mento e squadrando con circospezione quell'oggetto sconosciuto.

"Ali... Volare... Ali... Per volare ci vogliono... delle ali!"

"Ma va, non lo sapevo! E comunque giù le mani dal mio aereplano!" disse tutt'ad un tratto Efesto, senza però degnarlo di uno sguardo.

Troppo tardi: Icaro si era avvicinato al grosso uccello meccanico, aveva aperto l'unica portiera presente sulla parte anteriore e si era comodamente seduto sul sedile di pelle marrone.

"Bene bene bene, vediamo un po' come funziona sto coso." farneticò il ragazzo sfregandosi le mani: "Indesic, Onne, Offe, Chis, Spach, Ma che è, il linguaggio dell'ermeneutica della comunicazione orientale?"

"Fermo fermo!" gridava nel frattempo il signore, cercando di aprire dall'esterno lo sportello e continuando a pronunciare parole indecifrabili: "Ammeramma allaiacam!"

Pochi istanti dopo si udì un forte boato e un'opprimente puzza di escrementi di animali bruciati.

"Non mi dire che il tuo aereoplano va con gli escrementi di topo di campagna?" domandò il pilota abusivo, incurante del fatto che l'altro non potesse sentirlo.

Il mastodontico uccello meccanico, costruito con ferro di bassissima lega e funzionante con gli escrementi di topo di campagna, si levò sulla montagna, che, mi duole dirlo, era il vero e, allora indiscusso, Olimpo degli dèi greci. Peccato che ora, a causa di un evento nefasto, non ci sia più e quello che noi conosciamo è solo una copia sputacchita da chi aveva voglia di tirare pietre in quella direzione.

Ma ritornando al nostro comandante di volo provetto, possiamo dire che egli se la cavò quasi egreggiamente nel sollevare il veivolo da terra; quasi, perché buttò giù l'albero dei pomi d'oro, con buona pace di Era, Atena e Afrodite che, nel constatare ciò, si erano messe a ballare la Macarena..

"Ops! Scusate, signore." disse passando loro accanto: "Scusami Eris. E dai, non fare quella faccia! Grazie."

"Sto volando, Yu-uh! Eh! Ahahahahah! Che figo! Oh-ooh! Oh-ooh! Oooh..."

I guai arrivarono quando il nostro amico capì che non riusciva ad andare in avanti, a sinistra, a destra e indietro. In pratica non poteva spostare l'aereoplano dove voleva lui, di conseguenza, un branco di piccioni inferociti gli vennero in contro spingendolo indietro.

"aOh no! L'olimpo! Mi schianto! Mammina, aiuto! No no no!"

Prunk!

All'improvviso, ci fu un lampo di luce abbagliante, seguito da un boato e da una pioggia di macigni che cadevano dappertutto, schiacciando ogni cosa. Lo stesso Efesto fu seppellito da una pietra gigante che lo colpì in testa, facendogli perdere i sensi e, fatto ancor più grave, il ricordo di aver inventato lo smartphone e un sacco di altri marchingegni favolosi che noi oggi sappiamo essere nati delle menti di brillanti scienziati.

Una densa coltre di fumo nero si levò dalla sommità dell'Olimpo, che iniziò a sputare lava a fiumi. Bambini, non chiedetemi se questi fiumi terminassero con una foce a delta o a estuario, perché non lo so. Fatto sta che tutto il territorio circostante al monte si ridusse a un cumulo di macerie che formarono successivamente un unico blocco. Ecco spiegato perché la Grecia è uno stato prevalentemente montuoso. Sono consapevole che ciò può sembrare assurdo, ma è vero, o almeno, Aricciccide scrisse così nel suo libro intitolato La nascita del Sacro Olimpo

Ma in tutto questo bordello, dove si era cacciato Icaro?

"Senti, Dedalo, tu sei un mastro costruttore, il migliore che si possa trovare in giro. Io desidero con tutto il cuore volare come gli uccelli, i draghi, gli insetti... Tu puoi riuscirci? Lo so che puoi riuscirci! Io credo in te e nel cuore tuo, perciò... Fammi volare!"

"Eh... Vedi ragazzo, non bisogna sfidare gli dèi, sai... Il dio Apollo, il Sole... Inoltre, devi considerare le leggi della fisica, per cui un bipide non può avere la capacità di volare... Ehm..." farfugliò Dedalo, tormentandosi la lunga barba bianca e aggrottando le folte sopracciglia.

"Ho la ricetta dei cannoli alla crema farciti con glassa di cioccolato!" lo interruppe bruscamente il suo interlocutore, mostrandogli una pergamena.

"Ok, mi metto subito a lavoro."

Da quel momento, trascorsero giorni interminabili. L'attesa stava distruggendo, logorando, uccidendo il povero Icaro, che sembrava un innamorato che non sa se confessare o no le sue pene d'amore all, persona amata. Infatti, egli non dormiva, mangiava e beveva il giusto, era sempre nervoso ed eccitato al pari di un elettrone in un legame covalente polare che non sa da che parte stare.

"Ecco fatto!" annunciò esultante l'inventore, quando ormai il ragazzo non ci sperava più: "Entra qui." aggiunse, indicando una stanza completamente rivestita di mattonelle di terracotta, dalla quale proveniva un calore paragonabile a quello di cento fuochi.

"No aspetta, cos'è?" chiese Icaro titubante. Temeva la risposta, ma si preparò comunque al peggio; peraltro, assunse con il corpo una posizione che ricordava vagamente quella di un lottatore di sumo.

"Un forno." si limitò a dire l'anziano con una semplicità e una genuinità disarmanti.

"M-ma c-c-cosa!? E tu ti aspetti che io entri lì dentro?"

"Sì, altrimenti come pensi che si attacchino le ali di cera al tuo corpo, con la pasta di alghe?" replicò candidamente Dedalo: "Io. se vuoi, ce l'ho anche la pasta di alghe, ma non penso che tu gradisca avere addosso quella roba viscida e vomitevole."

Fatte le dovute valutazioni, Icaro convenne di non avere altra scelta, se non farsi coraggio e mettere piede all'interno dell'inquietante forno.

Fece un lungo respiro, si lasciò adagiare le due ali di cera sopra le coste e, con passi lentissimi, si avviò in direzione della camera ardente.

"Io credo in me e nel cuore mio, io credo in me e nel cuore mio, io credo in me e dico addio!"

"Figliolo, dai, non ti accadrà nulla, al massimo, quando uscirai, sarai abbronzato e farai un bel figurino con le ragazze, anche perché, mi sembri un po' bruttino!" commentò l'uomo rivolto al giovane che ormai ripeteva: "Io credo in me e nel cuore mio." a mo' di rosario.

Ci volle pochissimo tempo per fare in modo che la cera aderisse alle sue coste e il risultato non fu niente male: infatti, egli fu in grado di muovere le ali all'unisono, solo dopo pochi tentativi.

"Eh! Yu-uh! Sto volando! Mi fa volare, ah. Mi fa volare, ah. Peròòò, ma questi giovani di oggi nooo!"

Icaro cantavaa squarciagola, mentre volteggiava in aria come un uccellino in festa.

Nel frattempo, Dedalo aveva preso un cono gelato da un chiosco e stava parlando da solo come un bambino che gioca a fare il cronista.

"Signori e signore, è con immenso piacere che vi presento l'invenzione più innovativa di tutto il mondo: delle ali di cera, intrise con sterco di pescespada e mangime per uccelli, che permettono agli esseri umani di volare. Le stiamo testando per la prima volta in questo preciso istante su un ragazzino."

"Voooolaaaare, oooh! Caaantaaare, oooh! Nel blu, dipinto dib blu. Felice di volare lassù e il sole buttar giù! Ah-ah-ah!" secodda risatina nasale di Icaro, perché dovete sapere che lui rideva così: "Volo più in alto del Sole, ah-ah-ah! Sì!"

"Ne sei proprio sicuro, amico?" bonfunchiò una voce alle spalle del giovane, sogghignando e ridendo in maniera profonda, finché non gli andò la saliva di traverso e fu costretta a smettere.

"Pika... ciuuu!"

Una potente energia si sprigionò dal sole per abbattersi su Icaro, il quale percepì la cera sciogliersi per effetto del calore.

In un battito d'ali, il ragazzo perse rapidamente quota e precipitò, scaraventandosi rovinosamente al suolo come un sacco di patate.

Da questa tragica esperienza, il giovincello trasse un insegnamento che poi verrà trasmesso a tutta la sua discendenza. Starete pensando a proverbi come: "Chi troppo vuole, nulla stringe", oppure "Più a largo va la gatta, che ci lascia lo zampino."

No, la verità è, per dirla con le parole dello stesso sfortunato, che: aGli dèi sono capaci di grande ira e grande amore... ma soprattutto di grande ira!”

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