Una festa per chi è rimasto

di RobLucciswife
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La gioia dei preparativi ***
Capitolo 2: *** Il convivio dell’amore e della famiglia ***
Capitolo 3: *** Le prime lacrime ***
Capitolo 4: *** Il primo incontro ***
Capitolo 5: *** Un sentimento molto nobile ***
Capitolo 6: *** Il più forte di tutti ***
Capitolo 7: *** Un sorriso fra le lacrime ***
Capitolo 8: *** Una bevuta fra uomini ***
Capitolo 9: *** L'incipit di un sentimento ***
Capitolo 10: *** Mi sono innamorato di te ***
Capitolo 11: *** La prima riunione degli agenti sotto copertura ***
Capitolo 12: *** L'amore di sè ***
Capitolo 13: *** Una missione più complessa del previsto ***
Capitolo 14: *** Un the caldo in una gelida sera ***
Capitolo 15: *** Il pagliaccio di legno ***
Capitolo 16: *** Sono venuto a prenderti ***
Capitolo 17: *** L'inizio ***
Capitolo 18: *** Solo lui avrebbe pianto per me ***



Capitolo 1
*** La gioia dei preparativi ***


Era ormai passato un anno dalla nomina di Pauly come Vicepresidente della più grande azienda navale del globo. 

Un anno ricco di soddisfazioni, di fama oltre oceano e di prosperità la cui grandezza era forse stata raggiunta solo dopo il varo del Puffing Tom, ora ribatezzato Puffin Ice.

Il nostro biondo protagonista era infatti oltrechè benvoluto ed amato da ogni concittadino, il vero e proprio erede del più grande carpentiere mai esistito: aveva dunque realizzato il suo sogno di bambino. 

Si poteva dire che, avesse raggiunto l'obiettivo della propria vita, che fosse arrivato al coricarsi ogni sera con la soddisfazione di chi dopo enormi sacrifici era fiero di sé e della propria volontà.

Un quadro idilliaco.

 

Eppure Pauly era cambiato. Nonostante le onorificenze continue, l'affetto dei suoi più cari amici ma soprattutto dell'uomo che aveva ammirato sin dalla più tenera età, e sebbene ogni giorno lo si vedesse in cantiere sorridente con l'immancabile sigaro fra le labbra avvolto nel completo elegante che ben si addiceva al suo nuovo incarico, i suoi occhi emanavano tristezza.

Naturalmente solo per chi lo conosceva a fondo. Il suo spirito generoso e scherzoso lo contraddistingueva sempre e comunque. Persino i tanto odiati creditori spesso rinunciavano a perseguire il consueto inseguimento a cagion di ciò e della stima che nutrivano nei suoi riguardi.

Lui lo sapeva.

 

L'anniversario della sua carica non era un evento indifferente né per i colleghi né per il suo superiore, era infatti prevista una festa grandiosa di cui in città non si faceva che parlare.

 

“Hai sentito? Questa sera il Vicepresidente della Galley-la festeggerà insieme a tutti noi concittadini il primo anno della sua nomina”

 

“Dici davvero?Allora non possiamo mancare!”

 

“Ehi!Voi laggiù!Questa sera tutti alla sede della Galley-la a festeggiare il nostro Vicepresidente mi raccomando!”

 

“Stai scherzando? Non mancheremo per niente al mondo!A stasera!!”

 

 

Queste erano solo alcuni dei continui vociare in tutta la Metropoli dell'acqua quel giorno. 

Pauly aveva ereditato non solo il talento del suo maestro ma anche il suo farsi voler bene e stimare da chiunque capitasse sulla sua strada.

Non deve quindi sorprendere che tutta la città fosse in fermento nonché attivamente operativa per regalargli una festa indimenticabile.

Infatti, dovunque erano visibili festoni colorati, luci d'artista, striscioni pendenti dai sontuosi terrazzi della metropoli. Gli artigiani locali soffiavano il vetro con l'abilità propria della tradizione secolare per la quale anch'essi avevano fama oltreoceanica, creando miniature d'arte e targhette di cristallo da donare all'ex capo del dock numero uno.

L'aria di allegria era respirabile anche dai turisti che quel giorno ammiravano le meraviglie di Water Seven, ed ai curiosi domandanti il perchè di tutto quel fervore veniva risposto in coro:

 

“oggi decorre un anno dalla nomina del nostro Vicepresidente. Dopo tutto ciò ch'egli ha donato alla città la nostra gratitudine non può mancare! Qualora vorreste unirvi a noi sarete i benvenuti!”.

 

Anche nelle scuole era un giorno di festa. Ai bambini infatti, le maestre raccontavano la storia della città, la sua rinascita grazie alla tenacia del di lei sindaco, e del perchè, tutti quel giorno avrebbero dovuto celebrare con gioia il suo uomo di più stretta fiducia che avrebbe preso le redini in futuro.

I più piccolini addobbarono con i loro disegni le parete delle classi, i più grandi invece, realizzarono colorati striscioni che vennero appesi ai balconi dell'edificio.

 

“Mi vergogno di tutto questo Signore, non sento di meritarlo” disse Pauly chinando la testa innanzi ad Iceburg per celare un totale imbarazzo.

 

“Lo comprendo. Io stesso ci ho convissuto per anni.”

 

“Signore ma Lei è un altro discorso. Lei è il simbolo della nostra forza. Ma io non sento nemmeno lontanamente di meritare tanta stima dai miei concittadini, in fondo, sono solo un uomo che ha amato ed ama il proprio lavoro.”

 

“Penso sia proprio per questo che tutti ti siano grati. La città ha bisogno di persone come te per continuare ad essere lo splendore che è.”

 

“Grazie Signore. Davvero.”

 

Iceburg non rispose e con un sorriso, rimessi gli occhiali, diresse lo sguardo alle carte ammucchiate selvaggiamente sulla scrivania. 

 

“ Calif..... Minima! Vieni qui un istante per favore.”

 

Presto un bussare delicato si udì dall'altra parte della pesante porta di legno intarsiato, fino a che la medesima non si socchiuse e timidamente fece capolino una bambina con i capelli neri e gli occhiali, la quale, con vocina infantile disse:

 

“Ha chiamato Signore?”

 

“Per favore cara, alle ore 17:30 buttami fuori dall'ufficio. Lo sai che quando sono impegnato con queste dannate carte perdo la cognizione del tempo. Non vorremo mica perderci la festa del nostro Uomo di Fiducia qui presente vero?.” Iceburg rivolse un ghigno a Pauly che prontamente arrossì.

 

“Senz'altro Signore. Buongiorno Signor Pauly.”

 

“Buongiorno a Lei Minima.. finalmente una segretaria composta ed educata senza vestitini osè.”

 

“Non comprendo Signore.”

 

“Non importa, non importa. Buon lavoro Signorinella.”

 

“Le ricordo Signore che ho 33 anni.”

 

“Oh accidenti! Mi perdoni Minima. E' che viene difficile.. cioè non so... vedendoLa.. è... cioè...”

 

“Nessun problema Signore. Mi piace sembrare più giovane.”

 

La piccola segretaria chiuse la porta alle proprie spalle mentre Iceburg e Pauly risero velatamente.

 

“E' molto, molto competetente. Ma soprattutto è incredibilmente autoironica, penso sia proprio questa la qualità di lei che apprezzo di più. Ma tu che ci fai ancora qui? Esci. Vai in città. Oggi è la tua giornata.”

 

“Con permesso Signore.”

 

“A stasera Vicepresidente.”

 

 

 

 

 

Lasciatosi alle spalle la sontuosa neoricostruita sede della compagnia, Pauly non si mosse in direzione delle vie della città. Sapeva infatti che non avrebbe potuto evitare oltre ai consueti creditori, l'euforia di tutti i suoi concittadini che lo avrebbero da qualsivoglia parte “ letteralmente agganciato e trascinato” in cima al loro bagno di folla.

Non che gli dispiacesse godere di tanta stima, ma non era del giusto umore per festeggiare nonostante tutto. Provò una punta di senso di colpa dal momento che tutti lavoravano con entusiasmo per lui ed anziché essere grato ed accogliente, li schivava trovando rifugio nei vicoli ciechi.

Percorsa una piccola scalinata sconnessa, abbandonata allo stato originale, ed attraversato un pontile altrettanto mal ridotto, furono sufficienti due rapide sviate alle spalle di un gruppetto di gente indaffarata con gli addobbi per ritrovarsi di fronte all'uscio della propria abitazione.

Conosceva bene quella scorciatoia, gli aveva salvato la pelle più volte dall'ondata di creditori.

Nonostante i guadagni personali si fossero triplicati, aveva deciso di non cambiare domicilio, bensì di ristrutturare il suo appartamento rendendolo; sì più raffinato, ma essendo amante della spartanità nemmeno in grande parte.

Infilata e girata frettolosamente la chiave nella toppa si chiuse la porta alle spalle. Un piacevole silenzio ed una penombra gradevolissima regnavano nell'alloggio insieme all'odore acre del sigaro. 

Pensò di non toccare le persiane né accendere alcuna luce, non aveva proprio voglia di gente che gli bussasse alla porta per congratularsi o porgergli i propri migliori auguri, meglio fingere di non essere presente e godersi quell'attimo di pace.

Mancavano quattro ore all'inizio della cerimonia, aveva già preparato tutto. D'altronde non voleva deludere chi per quell'occasione aveva davvero lavorato duramente e soprattutto con il cuore.

Appeso all'anta dell'armadio vi era il completo che avrebbe indossato da lì a poco: elegantissimo e sobrio, composto da giacca e pantaloni di seta nera lucida, camicia e cravatta di un finissimo bianco perlato la prima e grigio fumo la seconda.

Pauly non era a proprio agio con quell'abbigliamento, in ragion di quanto sopra detto; per via dello spirito pioneristico e dell'amore per le cose stravaganti. Tuttavia pensò che quell'occasione meritasse una certa solennità.

Buttatosi a peso morto sul letto, poggiò un braccio sugli occhi chiusi. Indirizzò i suoi ultimi pensieri prima di addormentarsi al motivo del suo tormento. 

Per quanto cercasse di scacciarlo, era sempre lì. Celato dietro ad un abbagliante sorriso da desto, e dietro un amaro sospiro nel dormiveglia.

 

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Capitolo 2
*** Il convivio dell’amore e della famiglia ***


 

 

Fu davvero una festa bellissima, superiore ad ogni aspettativa.

 

Ad accoglierlo, il biondo carpentiere trovò l'intera città di Water Seven, sguardi amichevoli, strette di mano e fotografie in cui abbondavano i sorrisi.

Il luogo scelto fu l'ex Blueno's bar, rilevato dalle square sisters della Frankie Family, che seppur dal gusto stravagante quella sera curarono ogni particolare al fin di rendere il proprio locale degno di una testa coronata.

Varcato l'ingresso, Pauly si trovò innanzi ad una tavola imbandita dalle dimensioni mastodontiche, nel contare velocemente ad occhio il numero dei posti assegnati, notò che i medesimi superavano le migliaia. 

Non mancavano palloncini colorati, fiori candidi poggiati agli angoli ed al centro dell'enorme tavolo: scritte di congratulazioni ed encomi con addirittura regali, avvolti da carta argentata e, ornati da fiocchi di seta.

 

“Ecco qui il nostro uomo!!! Benvenuto giovincello.”

Pepley Lulu impacchettato in un completo a pois gli porse un calice di cristallo contenente prosecco fruttato, e lo invitò a seguirlo nella sala adiacente in cui, era stato allestito un rinfresco con altrettanti sfarzosi preparativi.

 

“PPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPAAAAAAAAAAULYYYYYYYY BENVENUUUUUUUUUUUTO FATTI ABBRACCCIIIIIIIIIIIIIIIIARE”

 

“Tilestone è possibile che tu non riesca a contenerti un minimo? Ciao Pauly, Buonasera Signor Iceburg, La prego, assaggi questo prosecco delizioso. Oppure, come al solito, predilige l'analcolico a base di frutta?” disse Lord Henry, il carpentiere più elegante di tutti i dock del cantiere.

 

Giratosi istintivamente, Pauly scorse il suo superiore in un elegantissimo completo beige con accanto Minima indossante un vestitino di seta a fiori. La taglia doveva essere quella di una donna di bassa statura ma a costei, superante di gran lunga i canoni standard della bassezza, l'abito lasciava lo strascico.Persino il topolino nel taschino del maestro portava un minuscolo papillon.

 

“Grazie Lord Henry, E' sempre molto cortese ma protendo per il mio solito cocktail analcolico. Ciao Pauly, posso farti le mie personali congratulazioni?” rispose il sindaco tendendogli la mano.

 

“E' un onore Signore....”

 

“Non essere modesto. Coraggio, va' dai tuoi ospiti!Stasera, l'eroe sei tu.”

 

Inchinatosi con devoto rispetto ad Iceburg, Pauly si avviò verso i suoi amati concittadini che lo acclamavano a gran voce, non prima di aver udito la neosegretaria di Iceburg tirare uno schiaffo a Tilestone in seguito al suo dirle: 

 

“Per te piccolina va bene un succo di frutta?”

 

“Ho la tua età imbecille.”

 

 

Dopo strette di mano, abbracci e baci ricevuti in particolar modo dalle signore più anziane locali, con annessi “Guarda che bello, guarda che bravo, l'ho visto crescere io, questo ragazzo. Come ti sei fatto bbbello” ebbe inizio la cena.

 

Al biondo venne riservato naturalmente il posto da capotavola, alla sua destra il Maestro, alla sinistra gli amici.

Si bevve e mangiò tantissimo, Kiwi e Mozu con l'aiuto delle cuoche della città avevano cucinato l'impensabile, specie perchè, non era facile sfamare più di 2.000 persone tra piccoli, grandi ed anziani.

Per ovvie ragioni non mancarono anche gli alcolici, i carpentieri prediligevano: la birra nelle pause lavorative, ma il buon vino ai pasti in compagnia.In quella circostanza oltretutto, abbondarono i brindisi di Pauly con gli invitati.

Non deve pertanto stupire quindi che, a fine pasto: Tilestone completamente ubriaco tentò di schiacciare il ciuffo di Lulu con una martellata, Lord Henry altrettanto alticcio tentò un approccio con Minima dichiarandole la sua perversione riguardante le nane ( con conseguente schiaffone della segretaria indignata) e si udivano canti stonati dalla voce roca mischiati a risate o pianti isterici.

Poco prima dell'arrivo del dolce, ripresosi dalla martellata, con ancora il ciuffo ribelle, Lulu esordì dicendo:

 

“Certo che è un vero e proprio peccato che Lucci, Kaku e Califa non siano qui con noi. Chissà quanto si sarebbero divertiti anche loro.”

 

“QUANTO HAI RAGIONE COLLEGA!! OH VI RICORDATE QUANTO PIACEVA IL VINO ROSSO A LUCCI????NE BEVEVA A QUINTALATE”

 

“Chissà che fine hanno fatto.. perchè poi, sparire così..?”

 

Pauly che, pochi istanti prima rideva divertito alle scene aventi protagonisti i suoi amici brilli, si fece scuro in volto ed abbassò lo sguardo senza proferir parola.

 

“Immagino che al Vicepresidente sarà gradito concludere con un discorso questa splendida occasione” asserì Iceburg picchiettando il cucchiaino d'argento sul calice cristallino. 

 

“IL CAPO HA RAGIONE!!!!!DIS-CORSO DIS-CORSO”.

 

Mentre il grido si diffuse lungo tutta la tavolata, Pauly fece un cenno di ringraziamento ad Iceburg che chiuse gli occhi in segno di intesa.

 

Non appena Kiwi gli porse un microfono ed al convivio, regnò il totale silenzio con i di esso ospiti rivolti totalmente a lui, si alzò in piedi e schiaritosi la voce, arrossendo per l'imbarazzo, Pauly iniziò:

 

 

“Innanzitutto voglio ringraziare con il cuore tutti voi, dal primo all'ultimo, per questa sorpresa incredibile che non dimenticherò mai.

Mi avete regalato un qualcosa superiore a qualsivoglia guadagno, merito o bene materiale. E' grazie a voi che desidero essere un uomo migliore sempre, un carpentiere ancor più capace, ed onorare il mio attuale incarico senza mai deluder la vostra fiducia.

Sono nato e cresciuto in questa città. L'ho vista morire e rinascere grazie alla forza del grande uomo che siede alla mia destra ed ho avuto l'indubbio privilegio di avere come Maestro.

Non potrò mai eguagliare le sue orme ma, se avrò voi, ogni singolo giorno non ci sarà sacrificio che non amerò fare per Water Seven.

Grazie di cuore amici.”

 

Non si fece attendere un'ovazione di massa seguita da applausi e urla di gioia.

 

“Grazie....Grazie..... troppo buoni.....”

 

“VICEPRESIDENTE DA QUESTA PARTE!!!!!!!!LA AMIAMO!!!”

 

Ed ecco finalmente giungere il momento più atteso per i piccoli e grandi golosi: la torta.

Dopo che i camerieri (tutti volontari, proprio come coloro che fecero la ronda di guardia al suo Maestro ferito, la famosa notte dell'incendio) servirono altro prosecco, comparvero Kiwi e Mozu che, coadiuvate da due nerboruti omaccioni portarono un supremo capolavoro di pasticceria dalla forma di galeone. L'imbarcazione che Pauly più amava costruire e studiare”.

Sul fianco della nave, appariva la scritta di cioccolato “ congratulazioni Vicepresidente”.

 

 

Si bevve e mangiò tra risate e allegria per molte ore, fino a quando, ormai stanchi e satolli, gli invitati pian piano cominciarono ad appropinquarsi ciascuno verso la propria abitazione, non facendo mancare un'ultima stretta di mano ed abbraccio prima di congedarsi.

Le luci ed i colori pian piano si spensero, la città scivolò lentamente nel sonno, dopo che, quel giorno di festa lasciò un ricordo indelebile per l'eroe protagonista in primis, ma anche per tutte le persone a lui care.

Per ultimi, anche i suoi più cari amici, aiutando coloro che avevano esagerato con i bagordi si allontanarono sognando il riposo. Come tutte le cose, anche quelle belle hanno fine, ed il giorno dopo, una dura giornata lavorativa li attendeva.

Pauly li seguì con gli occhi vedendoli divenire sempre più piccoli man mano che i passi proseguivano, fino a che scomparvero nell'oscurità. Una volta solo, sorridendo sussurrò:

 

“Grazie di cuore.. amici miei...”

 

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Capitolo 3
*** Le prime lacrime ***


Abbandonato per ultimo il locale di Kiwi e Mozu, non prima di essersi accertato che alle square sisters non occorresse aiuto per ripulire e sparecchiare i resti della festa, Pauly si diresse verso la propria abitazione.

Era una notte autunnale piacevole, anche se, un pizzico di foschia velava l'aria, riflettendosi sui lampioni cittadini che emettevano un fascio di luce fioca.

Dopo tutto quel fervore, il silenzio fu caro alle orecchie dell'ex carpentiere, la città era addormentata, nessuna luce faceva capolino dalle finestre serrate.

Il giorno dopo sarebbe dovuto essere in sede piuttosto sul tardi e, grazie anche alla dormita ristoratrice di quello stesso pomeriggio, non aveva alcun principio di sonno.

Il biondo dunque, si sedette su una sedia di vimini in terrazza con un bicchiere di whisky poggiato sul tavolino innanzi a sè,socchiudendo gli occhi e, limitandosi ad ascoltare le onde in lontananza.

Anch'egli aveva benuto in abbondanza quella sera, tra brindisi e risate in compagnia si era reso conto che i riflessi cominciavano a venir meno come anche man mano la lucidità. Tuttavia, aveva avuto il buon gusto di fermarsi non appena accortosi di ciò.

Non ebbe però, lo stesso accorgimento per i sospiri che emetteva quasi al ritmo delle onde stesse, immerso com'era nella propria malinconia. Dettaglio che non sfuggì ad Iceburg che, proprio in tal momento, compiva quel tratto di strada dopo essersi congedato da Minima.

Alzati gli occhi il sindaco infatti, scorse il suo uomo di fiducia con una mano poggiata alla fronte e l'altra dondolante il bicchiere ormai svuotato.

Conosceva bene il motivo di quello stato d'animo per il quale provava profondo rammarico.

Non tardò a bussare alla porta del suo prediletto.

 

 

“Signore.. come mai questo piacere? C'è forse qualcosa che non va?”

 

“Lo chiedo a te piuttosto. Posso entrare?”

 

“Naturalmente!!Desidera qualcosa da bere come digestivo? Non ho molto ma mi hanno omaggiato questo Whisky fenomenale con ben quindici anni di invecchiamento. La prego, favorisca.”

 

 

“Volentieri Pauly grazie”

 

“Si accomodi in terrazza Signore, La raggiungo nell'immediato.”

 

 

Portato un elegante vassoio d'argento con poggiati sopra due bicchieri colmi di un liquido ambrato, i due uomini si sedettero dando le spalle all'uscio e voltando la vista allo splendore del mare.

 

“Magnifico ricevimento, ma temo di aver esagerato. Mi sento pieno come un uovo, non credo che prenderò sonno con molta facilità stanotte.” disse Pauly poggiandosi il bicchiere al labbro.

 

“Ci pensi ancora eh...?”

 

La domanda di Iceburg lo fece trasalire, tanto che, una piccola quantità del contenuto gli cadde sui pantaloni assorbendosi rapidamente nel tessuto.

 

“Non capisco di cosa stia parlando Signore.”

 

“Pensi ancora a Lui, vero Pauly?”

 

I battiti del cuore accellerarono improvvisamente, tanto che il Vicepresidente sentiva il suono del lor pulsare rimbombare nelle sue stesse orecchie.

 

“Signore, io..davvero, non so.. cioè Lei chi intende....?” cercò senza risultato di celare il balbettio nonché l'imbarazzo e tener a bada il forte magone.

 

“Ascolta Pauly, ti conosco da quando eri poco più di un moccioso. Ma anche se così non fosse, sei troppo limpido. E' sufficiente un bambino per sapere a cosa stai pensando, soprattutto a chi stai pensando.Se, però, sono stato invadente ti porgo le mie più sentite scuse. Qualora invece tu decida di parlarne io sarò felice di ascoltarti.”

 

“E' molto nobile da parte Sua, Signore. Solo che, ecco io.. mi sento irrispettoso a conferirne con Lei.. capisce... dopo ciò che Le hanno fatto...”

 

“Ho buone spalle. Non dimenticare che siamo gli unici a sapere la verità nuda e cruda pertanto: dubito tu possa parlarne con qualcun altro e soprattutto ch'egli, chiuque sia, possa capirti meglio di me.”

 

Udite queste parole Pauly strinse i pugni sulle proprie gambe con tanto vigore da avvertire il bruciore delle unghie conficcarsi nel suo stesso palmo.

 

“ Mi manca, Signore. Mi manca da impazzire. Anzi, forse sono diventato pazzo per davvero.

Non c'è giorno in cui in un momento di vuoto io non pensi a lui, a loro, notte in cui il suo viso non mi compaia innanzi appena serrate le palpebre. Si dice che il tempo sia la miglior cura per ogni ferita ma, più passa il tempo, più il mio dolore aumenta a dismisura.”

 

“Cosa ti manca più di lui?”

 

Una lacrima sgorgò dagli occhi del biondo che si affrettò prontamente ad asciugare. Era al limite e perfettamente conscio che non sarebbe riuscito a trattenere il pianto per molto ancora.

 

“ Ero abituato alla sua presenza, sempre. Vede quel piccolo tratto di strada?”

Rispose Pauly con la voce sempre più bassa fino ad esser ridotta ad un filo.

“Ogni sera usciti dal cantiere, sporchi di calce e polvere, stanchi ma felici la percorrevamo insieme. D'altronde lui viveva ad appena pochi metri da qui. Lo stesso ogni mattino, posso affermare che talvolta lo vedevo camminare per casa dalla finestra del tinello, con l'aria assonnata ed i capelli scompigliati.Ora, c'è solo quella serranda perennemente abbassata”.

Nel chiudere gli occhi gli sembrò di averlo innanzi. Eccolo, con il suo pizzetto nero dagli angoli insù, la tuba di feltro nera, le bretelle gialle ed i capelli corvini che gli cadevano sulle spalle larghe. Forti.

 

 

Iceburg non rispose e, in segno di rispetto, girò la propria sedia in modo tale da poter guardare dritto negli occhi il proprio interlocutore nonostante quest'ultimi fossero serrati.

 

“C'era... qualcosa di speciale in lui.Forse, proprio perchè ho un carattere come Lei sa, particolarmente estroverso ed espansivo, per contrappasso sono sempre stato attratto da chi, senza proferir parola tiene dentro sé un mondo intero. Ne ignoro il motivo ma, sin dal primo istante ho desiderato avvicinarmi a lui. Fin da quel lontano giorno, in cui scese dal treno marino con quella valigia....”

 

“Lo ricordo molto bene.”

 

“Lo immagino, Signore. Era inverno e quel giorno il mare era particolarmente calmo, proprio come lui..quando fece capolino dalla porta del treno con quei capelli che nemmeno gli arrivavano alle spalle. Mi colpì subito. Devo essere sincero, più di quell'altro ragazzo col nasone quadrato ed un cappellino di tela che viaggiava sullo stesso vagone. Kaku sorrise subito nonostante fosse palpabile la sua timidezza, ma lui no. Lui mi allungò la mano e...”

 

Non potendo più controllare l'esaurirsi della propria voce a cagion del fiotto di lacrime Pauly non completò la frase. Tra i singhiozzi aveva chiara e nitida l'immagine che aveva appena descritta.

Il suono delle onde mosse dal treno era così simile a quello del loro infrangersi sulle basi degli edifici di quella sera che, sembrava non fosse passato nemmeno un minuto da allora.

 

Eccoli scendere dal treno: un ragazzo sorridende di appena diciotto anni con il volto radioso emanante positività, nonostante un evidente difetto fisico che lo rendeva simile ad un burattino, ed un ragazzo di pochi anni più grande, dalle spalle larghe e l'aria cupa con un colombo poggiato su una di esse.

Gli sembrava di vederlo ancora in quel punto e di toccare la sua mano tesa che aveva stretto la sua.

 

“Sono Rob Lucci, grazie per essere qui ad accogliermi.”

 

 

…......

 

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Capitolo 4
*** Il primo incontro ***


“Benvenuti!Avete fatto buon viaggio? Io sono Pepley Lulu.”
 
“BENVENUTI BENVENUTI! VOLETE UNA MANO CON I BAGAGLI? DATE A ME! DATE A ME!” urlò Tilestone afferrando con foga la valigia di Lucci che serrando la presa indietreggiò al quanto infastidito.
 
“Perdonatelo, è un fracassone.” Pauly rivolse un sorriso a Kaku che ricambiò divertito,per poi girarsi verso il bruno dall’aria misteriosa.
 
“Io sono Pauly, venite, il Signor Iceburg vi attende. Potreste ripetermi i vostri nomi?”
 
“Io sono Kaku.” Rispose il ragazzo più giovane dai ricci capelli color rame sorridendo.
 
“Rob Lucci..” con stupore, il biondo e i due colleghi notarono che il colombo candido dalla propria postazione, ovvero dalla spalla sinistra del ragazzo, aveva appena proferito parola e non solo con l’intonazione che avrebbe effettivamente avuto il suo proprietario, ma anche gesticolando.
 
“MA CHE RAZZA DI STREGONERIA E’ MAI QUESTA? NON SARA’ MICA IL PICCIONE IL NEO CAPOMASTRO DEL REPARTO SEGATURA E INCHIODATURA?”
 
“Ma taci, idiota. Anche se ammetto che non ho mai né visto né sentito una cosa del genere. Rob Lucci ma seriamente non riesci a parlare?”
 
“Finitela entrambi. Non vedete che lo state mettendo in imbarazzo? Se il Signor Iceburg lo ha scelto tra migliaia di candidati, avrà fatto le sue corrette valutazioni.”
 
Lulu nell’avvicinarsi a Pauly gli sussurrò:
 
“Siamo certi che questi due siano i nuovi responsabili di settore? Sono poco più che mocciosi. Il nasone poi, sembra sia uscito ieri dall’asilo.”
 
“Ti garantisco mio caro Lulu, che questi due hanno talento da vendere. Benvenuti, Kaku e Lucci. Io sono Iceburg, il presidente della Galley-la e questi, saranno i vostri nuovi colleghi. Mi auguro abbiate fatto un viaggio piacevole.”
 
Con un sussulto i tre carpentieri si girarono prontamente verso il loro superiore e lo videro con accanto una bellissima, giovane ragazza dai capelli color del grano e grandi occhi scuri nascosti dietro gli occhiali.
 
“SIGNOR ICEBURG ANCHE LEI QUI?”
 
“Pauly, Lulu, Tilestone. Ho il piacere di presentarvi la mia nuova segretaria Califa. E’ arrivata con il treno notturno poco prima dell’alba. Mia cara, ti presento i miei più fidati collaboratori,”
 
Mentre gli ultimi due nominati mostrarono visibile gradimento per la nuova recluta, Pauly arrossendo, non poté far a meno di esternare il proprio disappunto:
 
“Che significa quell’abbigliamento? Dove crede di essere, Signorina? In un quartiere a luci rosse?” indicando con lo sguardo una minigonna cortissima, delle scarpe lucide nere con un tacco paurosamente alto ed una maglietta che lasciava intravedere le rotondità aggraziate della giovane.
 
“Lei è un insolente. Ma come si permette?”
 
“Vada a coprirsi, scostumata.”
 
“Signor Iceburg mi auguro che i suoi operai non siano tutti come costui.”
 
Una risata generale riecheggiò alla Blue Station tanto da richiamare l’attenzione di alcuni turisti.
 
Dopo le dovute presentazioni (fortunatamente con un incipit diverso da quello di poco innanzi tra i due biondi), il sindaco mostrò ai nuovi arrivati il loro posto di lavoro.
Conobbero Lord Henry, sempre impeccabile, un biondo carpentiere con tatuate vistose ali al centro del petto e molti furono i volti quel giorno che dovettero imprimere nella propria memoria, certi che, alle prime ore del mattino seguente tanti di essi sarebbero stati dimenticati.
 
Pauly continuava a fissare Lucci senza riuscire a capirne il motivo. Ovvio, sentir parlare un volatile non è cosa da vedersi quotidianamente, ma non era quello il motivo. O meglio non solo. Notò che il giovane non aveva mutato espressione nemmeno per un singolo istante, le labbra carnose non avevano accennato ad alcuna curva di un sorriso, le sopraciglia marcate dalla forma a falce gli conferivano uno sguardo intimidatorio e misterioso.
 
“Che tipo strano.” Pensò mentre guidava lui ed il suo compagno di viaggio negli appartamenti messi a disposizione dal sindaco stesso.
 
“Provvisoriamente questa sarà la vostra sistemazione” disse socchiudendo l’uscio dell’alloggio destinato a Kaku “ come potete notare in questa città l’unico mezzo di trasporto sono quei simpatici animaletti sorridenti che il Signor Iceburg ha avuto cura di mostrarvi qualche ora fa.”
 
Il ragazzo nasuto perlustrò la sua nuova magione. L’appartamento aveva giusto il necessario: ripulito a regola d’arte, poche mensole con soprammobili stravaganti, un quadro di tela raffigurante un galeone, un tavolino con quattro sedie ed una piccolissima stanza all’interno della quale in lontananza era scorgibile un letto dalla testiera in legno grezzo ed un armadio.
 
“Naturalmente qualora tu volessi trasferirti non ci sono problemi di alcun tipo. Abbiamo pensato che per i primi giorni per quanto spartano, potesse esserti comodo anche solo come base d’appoggio. D’altronde non conoscete ancora bene la metropoli, perdersi è semplice quanto bere un bicchier d’acqua. Non te ne accorgi e ti ritrovi in un vicolo cieco. Le abitazioni che vi abbiamo riservato, come potete notare, sono le più vicine al cantiere. Appena un isolato!”
 
“E’ un bell’appartamento Pauly, grazie, è perfetto.” Disse Kaku sorridendo nell’appoggiare la pesante valigia in prossimità della stanza da letto.
 
“Immagino tu voglia riposarti e rinfrescarti un poco, dopo questa impegnativa giornata ed un viaggio lungo. Io abito in quella casa laggiù” rispose il biondo indicando un edificio dalle mura bianche ed il tetto ad arco dipinto a strisce bicolori.
 
“Per qualsivoglia cosa non esitate a chiamarmi, ecco. Vi lascio i vostri lumacofoni personali. Ci vediamo domani mattina alle ore 08:00 in cantiere. Se volete cenare, un tizio ha appena aperto un localino accanto al dock numero uno. Un certo…Blueno! Non ricordo mai il suo nome. Alcuni colleghi me ne hanno parlato egregiamente, non è molto grande ma pare abbastanza accogliente, con delle ottime birre e cibo casereccio. Buonanotte Kaku. Seguimi Lucci, ti mostro il tuo alloggio nell’edificio adiacente.”
 
“Buonanotte Pauly, grazie di tutto.”
 
Pauly non rispose se non con un cenno del capo ed un sorriso, e si avviò seguito da Lucci in quello che sarebbe stato il suo domicilio per molti mesi.
 
Il silenzio, lo imbarazzava terribilmente. Il suo carattere estroverso ed ilare, l’abitudine a colleghi logorroici talvolta fracassoni come il buon Tilestone, la confidenza con cui da sempre si poneva anche nei riguardi degli sconosciuti, generalmente più che apprezzata e ricambiata, avevano fatto sì che non tollerasse la mancanza di parole.
 
 
“Da dove vieni, Lucci?”
 
Naturalmente gli rispose il piccione:
 
“Sono originario del mare occidentale.”
 
“Quanti anni hai?”
 
“ Ventitrè.”
 
“Non sei tanto più giovane di me, io ne ho ventisette.”
 
Lucci non rispose continuando a guardare innanzi a sé.
 
“Non manca molto. Come puoi notare tu sei decisamente più vicino a casa mia. Guarda i nostri balconi sono praticamente uno di fronte all’altro. Hai fame? Vuoi mangiare qualcosa? Il tuo piccione come si chiama?”
 
“Hattori.”
 
“Ciao Hattori, piacere di conoscerti. Posso chiederti come mai non puoi parlare? E’ stato un incidente o..”
 
“Puoi per favore mostrarmi l’ubicazione del mio appartamento e limitare domande al quanto insistenti e fastidiose?”
 
Quella risposta ammutolì nell’immediato il carpentiere, che cercando di celare il proprio imbarazzo misto a disappunto replicò dicendo:
 
“S-Sì. Perdona la mia invadenza. Siamo arrivati, ecco qui ci sono le chiavi. Se vuoi ti mostro la casa e..”
 
“Non ho bisogno di nient’altro. Ti ringrazio. Sarò in cantiere domani mattina alle 08:00. Buonanotte.”
 
Una volta entrato, Lucci si chiuse alle spalle la lignea porta senza nemmeno voltarsi.
Molte furono le sensazioni avvertite da Pauly. Quelle che lo accompagnarono nel breve tragitto presso la propria abitazione.
 
“Che maleducato. Io volevo solo essere gentile. Però nonostante tutto ha un qualcosa di particolare. Non so nemmeno come definirlo.Beh, pazienza! Ho fatto il mio dovere. Il signor Iceburg teneva molto che accogliessimo nel migliore dei modi questi ragazzi stranieri. Anche se ammetto che è stato piuttosto stancante.”
 
Terminato di proferir tali parole nella propria mente, poggiò il mazzo di chiavi sul tavolo del soggiorno che al contatto con lo stesso, produsse un rumore metallico. Versatosi del liquore ambrato in un tondo bicchiere si sedette sul divano allungando le gambe su uno dei di esso braccioli.
Con un braccio dietro la nuca fissò il soffitto per qualche istante prima di chiudere gli occhi.
Accortosi che il sonno stava ormai prendendo possesso delle proprie membra, Pauly sbadigliando si disse:
 
“Meglio che vada a coricarmi. Non voglio rischiare di svegliarmi tutto inchiodato domattina. Sarà una settimana difficile, dannazione.”
 
Mentre si alzò dal giaciglio scorse Lucci nell’edificio di fronte slacciarsi l’elegante camicia bianca con cui aveva sostenuto la prima visita della città dopo essersi allentato la cravatta nera.
Il ragazzo sembrò accorgersi del suo sguardo, poiché si girò di scatto verso la finestra del proprio tinello. Fortunatamente il biondo era riuscito a nascondersi spegnendo la luce. Non voleva certo passare per una spia. O peggio ancora un guardone. Di un maschio, poi!
Tuttavia non smise di guardare.
Lo vide a petto nudo avviarsi verso la finestra e tirare entrambe le tende con presa decisa. Sembrava così mingherlino impacchettato nel proprio completo elegante, invece che muscolatura! Cominciò a capire il perché Iceburg lo avesse scelto, certamente, il vigore fisico non gli mancava.
 
“Ma che diavolo sto facendo?” pensò tra sé e sé. “Caro Pauly vai a dormire va’. Sembri veramente un maniaco guardone.”
 
Nell’oscurità che lo avvolgeva, nel silenzio totale interrotto a tratti unicamente dal rumore delle onde non potè fare a meno di rivolgere un’ultimo pensiero a quell’incontro.
 
“Buonanotte… Rob Lucci.” 

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Capitolo 5
*** Un sentimento molto nobile ***


“ Mi complimento con te per la memoria eccezionale, Pauly. Ricordi addirittura com'era vestita Califa.”

 

“ Non c'è nulla che io non ricordi di quel giorno, Signore. Riguardo le mie capacità mnemoniche sono consapevole di aver tale dote, ma, mi creda, la definirei più una condanna.”

 

Pauly emise l'ennesimo sospiro versandosi dell'altro whisky nel bicchiere alla propria destra.

 

“Posso essere schietto con Lei, Signore? Califa non mi piaceva. Non che avessi particolari rapporti con lei al di fuori dell'ufficio amministrativo, ma la trovavo molto volgare.”

 

Iceburg accarezzò con la punta dell'indice il minuscolo capo di Tirannosauro che dormiva sereno nel suo taschino e socchiuse gli occhi.

 

“Non devi scusarti, so che sei un uomo sincero ed è una tua qualità che ho sempre apprezzato. Se devo essere onesto non ho mai scelto un professionista in base alle peculiarità caratteriali o all'aspetto fisico. Certamente Minima è meno appariscente e nessuno può negare che Califa fosse molto bella. Tuttavia, necessitavo di una segretaria precisa, scrupolosa e puntuale. Talvolta accade che io mi perda in progetti nuovi, visite dei governativi, ordini internazionali e mi allontani dalla realtà dimenticando anche cose piuttosto importanti. Per tal ragione se la mia sottoposta lavora bene, il resto passa totalmente in secondo piano.”

 

“Naturalmente Signore, come è giusto che sia.”

 

“A quanto pare però, la realtà dimostra che non ho una grande abilità nel scegliermi il personale di fiducia fatta eccezione di te.”

 

Il biondo guardò in volto il proprio superiore con rammarico e gli disse:

 

“Signore, hanno ingannato tutti. Un'intera città. Noi per primi, che con loro abbiamo condiviso ogni singolo istante, avremo dovuto accorgerci di qualcosa. Sono stati molto bravi in questo. Non deve farsene una colpa, Lei non avrebbe potuto..”

 

“Nemmeno tu Pauly. La differenza tra me e te, è che temo che quell'uomo si sia portato via una parte del tuo cuore che difficilmente tornerà indietro. Principalmente, è nei tuoi riguardi che avverto il maggior senso di colpa. Se le conseguenze delle mie scelte errate le avessi pagate personalmente, non avrei nulla da ridire, ma ho distrutto il tuo ricordo. Se solo quella dannata sera non ti avessi chiesto di aiutarmi...spero tu possa perdonarmi un giorno.”

 

Pauly sbattendo violentemente un pugno sul tavolino ed erettosi in piedi urlò:

 

“NON DICA SCIOCCHEZZE SIGNORE. NON ACCETTO SENTIRE DA LEI QUESTE ASSURDITA' ”

 

“Abbassa la voce. Ti ricordo che è notte inoltrata. No, no Tirannosauro! Non è successo niente! Calmati, calmati!”

Il piccolo roditore udite le urla aveva infatti aperto gli occhietti neri e tremava spaventato cercando di nascondere il muso all'interno del taschino.

 

“Le chiedo scusa.” L'ex carpentiere si passò una mano fra i capelli dorati e risiesosi con tono moderato ma tangibilmente amaro aggiunse:

 

“Non è cosi, Signor Iceburg. Anzi, da una parte La ringrazio profondamente per questo. Qualora Lui fosse sparito senza lasciar traccia, avrei continuato a credere che cinque anni di profonda condivisione, di.....amicizia, avessero avuto la stessa intensità da ambo le parti. Invece, me lo disse Lui stesso << eri l'unico a pensarla così >>. Mi sarei crogiolato nel dolore di quella sparizione ignorandone la motivazione a vita. I miei ricordi non erano che un falso, proprio come quei progetti per i quali ho rischiato di non essere più in questo mondo.”

 

Poggiatagli una mano sulla spalla, Iceburg replicò:

 

“Perché ti sei irrigidito e hai esitato prima di utilizzare la parola amicizia, Pauly?”

 

Sgranati gli occhi azzurri, l'uomo avvertì nuovamente quella sgradevole sensazione di tachicardia e sudorazione, le lacrime spinte con forza nelle profondità della gola lottavano per fuoriuscire, come il Suo Grande Segreto a propria volta chiedeva con egual vigore di essere rivelato.

Complici furono anche l'alcol e la presenza del Maestro cui, sentiva di dovere delle spiegazioni se non altro per il nobile gesto d'ascoltar le sue pene pur sapendo che, le medesime riguardavano i suoi più grandi traditori.

 

“Ecco, io.. non so nemmeno spiegarLe. Forse..lo amavo. Non me ne sono mai accorto, o meglio, non volevo ammettere a me stesso che fosse così. Ho cominciato a realizzarlo dopo il nostro ritorno dall'isola giudiziaria, quando gli avvenimenti così rapidi nel susseguirsi ebbero fine e con loro arrivò il realizzare ciò che era accaduto, ma, soprattutto, che non lo avrei...più rivisto.....”

 

Pauly non riuscì a terminare la frase, ormai il pianto non poteva più esser fermato come anche i conseguenti singhiozzi.

 

“Mi.. vergogno.. a farmi vedere in questo...stato... da Lei...Signore... e... penserà che... sono un pervertito... una mammoletta.... io...”

 

Iceburg cinse la spalla dell'altro ripiegato su se stesso in preda al dolore in un tenero abbraccio, e con voce gentile, ancor più del solito gli disse:

 

“Non c'è nulla di cui tu debba vergognarti, Pauly. Il tuo pianto così sentito non è che la testimonianza viva e dolorosa di un sentimento molto, molto nobile. Sono anzi lusingato che tu abbia voluto condividerlo con me. Perché mai dovrei ritenerti un perverso? Non c'è differenza tra uomo e donna, quando si ama qualcuno.”

 

Preda della propria emotività, forte come non mai, Pauly pianse poggiando il capo sulla spalla del proprio maestro, il quale lasciò che le lacrime bagnassero l'abito.

Solo quando un principio di calma cominciò a far capolino, quantomeno per restituirgli la voce, Pauly soffiandosi il naso riuscì a proseguire:

 

“Cominciai a passare del tempo con Lui, dopo molti mesi. Mentre Kaku si era ormai integrato perfettamente ed aveva cominciato a girar per la città nel modo che tutti conoscevano, ossia saltellando da un tetto all'altro, Lucci no. Cioè, almeno così mi era sembrato. Probabilmente non era di suo interesse farlo, anche se il perché lo abbiamo capito tardi.”

 

“Lucci ha sempre avuto quel carattere, non credo abbia mentito su questo. Ricordo perfettamente quando feci i colloqui ed entrambi: Kaku, era come lo hai conosciuto, l'altro anche. Però non faccio fatica a comprendere il suo fascino. Ricordo che colpì non poco anche me. Anzi, ora che ci penso io stesso rimembro ancora le parole che mi disse, quando, stremato dall'ennesimo candidato che mi si presentava innanzi, ero anche piuttosto indisposto. Non avevo fatto altro che trovare gente insulsa, interessata soltanto al mero guadagno, ad avere tempo libero a sufficienza per portarsi la fidanzata fuori il sabato sera o rientrare a mattino inoltrato il lunedì successivo dopo weekend di sfrenati bagordi. Così, ero convinto di trovarmi di fronte un altro imbecille da far sbattere fuori.

Rimasi basito però, quando alla mia affermazione << scommetto che anche Lei vuole lavorare poco ed essere pagato molto, oltretutto vista l'età difficilmente La vedrei sollevare pesi come quello di un albero maestro. Mi perdoni Signor Rob ma temo Lei non sia idoneo a questa mansione, voglia comunque accettare le mie congratulazioni per l'esito lodevole della prova d'esame di ammissione. Non saremo qui a parlarci altrimenti. >>

Lui rispose: << Per la paga e l'orario di lavoro, lascio decidere a Lei. Quanto alla forza, se E' d'accordo Le darei subito una dimostrazione>>. Inutile dirti Pauly che, rimasi sconcertato quando vidi con questi occhi, il ragazzino avviarsi con passo deciso verso uno dei tuoi sottoposti, sfilargli di mano un albero maestro di non so quante tonnellate e portarlo su una sola spalla con la stessa facilità con cui si porta una sedia. Guarda: ancora adesso ho i brividi se ripenso a quell'attimo.”

 

 

Pauly notò il rizzarsi dei peli sul braccio del maestro, visibile grazie al polsino slacciato.

 

“Sì, corrisponde alla realtà: aveva una forza immensa. Mai una lamentela, un principio di stanchezza o una richiesta d'aiuto ho memoria di aver udito da Lui.

Ricorda Signore, quando ci fu quell'alluvione nel Gennaio di cinque anni fa? Una delle più drastiche: nonostante qui fossimo abituati a fenomeni di quel tipo. Persin lei, decise di chiudere i cantieri fino al passaggio dell'allerta.”

 

“Ho ben presente. Produsse danni non di poco conto.”

 

“Io ed i ragazzi, decidemmo nonostante la pioggia incessante di recarci comunque nei rispettivi dock. Non potevamo lasciare il legname e gli scheletri neocostruiti delle navi in balia del maltempo. Il legno sarebbe marcito, gli embrioni distrutti. Fu quella l'unica volta in cui, per me le cose presero una svolta.

Lui detestava l'acqua. Naturalmente come Lei e gli altri del resto, ignoravo che avesse dei poteri legati al frutto del diavolo, ma avevo notato come il suo rapporto con il mare non fosse dei migliori già dopo i primi mesi di permanenza in città. Credo infatti che la odiasse.

Ebbene, quel giorno, a cagion di una febbre altissima, sebbene mi trovassi a mia volta in loco non ero per nulla in forma.

Tremolante con la gola in fiamme e la testa che sembrava mi scoppiasse da un momento all'altro, cercavo di caricare aiutato da Lui, Tilestone, Lord Henry e Kaku: una delle navi da portare al riparo su una pesante carrucola agganciata da alcuni tiranti che avrebbe funto da rimorchio. Il chiassone avrebbe dovuto trainarla subito dopo il nostro averla issata.

Commisi un errore gravissimo: lasciai in pendenza la poppa. Il peso dell'imbarcazione e la sconnessione del terreno dovuta al suo ormai essere impregnato sin alla superficie, fecero sì che la nave scivolò dalla carrucola verso me e Lui travolgendoci con la sua interezza.

L'ultima immagine che ho innanzi agli occhi è questo ammasso di legname che mi stava per schiacciare come una formica.

Sentii una spinta violentissima, tanto vigorosa da scaraventarmi ad almeno un centinaio di metri di distanza, e fu allora che udì il fracasso infernale del distruggersi della nave seguito dall'urlo di Kaku:

<< LUCCI! LUCCIIII! NOOOOOOOOO! NOO NOO NOOO! OH MIO DIO!!! LUCCI >>.

Era stato lui a darmi quello spintone, beccandosi tutto il carico addosso che oltre a schiacciarlo, lo aveva trascinato in mare.

Ero paralizzato Signore. Non fui in grado nemmeno di parlare mentre Tilestone e Lulu si lanciarono fra le onde per recuperare almeno il suo corpo dopo essersi infilati le imbragature d'emergenza.

Non dimenticherò mai quell'istante in cui il mondo si fermò. Un mio collega poteva aver pagato con la vita la mia distrazione.

Non può immaginare come mi sentii quando vidi i miei amici riemergere dalle onde con il corpo di Lucci sanguinante, ma che dicevano essere ancora vivo, seppur da portare immediatamente all'ospedale.

Proprio per la forza immensa, il galeone non aveva minimamente danneggiato le sue ossa, ma l'acqua gli era entrata nei polmoni.”

 

 

Iceburg contrariato lo ammonì dicendo:

 

“Per qual motivo io sono stato totalmente all'oscuro di questa faccenda?Sai bene Pauly che, la vostra sicurezza mi sta particolarmente a cuore. Siete stati degli irresponsabili ed incoscienti ad agire in tal modo. Voglio augurarmi che sia stata la prima ed ultima volta.”

 

Pauly era perfettamente consapevole che il suo Maestro lo avrebbe rimproverato amaramente per quel fatto. Ma era giusto che Iceburg, dopo quel tradimento terribile, fosse messo al corrente di tutto: non dovevano esserci più segreti di alcun tipo tra loro.

 

“Ha perfettamente ragione, Signore. Non abbiamo voluto dirLe nulla per non darLe modo di essere deluso da noi. Anche se è stato sciocco. Gliene sto parlando non solo in virtù di ciò che conseguì da quell'episodio, ma soprattutto perché non voglio che esista alcun lato oscuro almeno tra me e Lei.

Ha la mia parola che non è mai più accaduto, ne avrà modo di verificarsi qualcosa di lontanamente similare.”

 

“Me lo auguro. Comunque, prosegui pure.”

 

L'uomo si prese la testa fra le mani e, chiudendo gli occhi ripercorse la corsa all'ospedale, il massaggio cardiaco, la respirazione bocca a bocca e finalmente, il risveglio dell'amato.

 

“Quando si risvegliò ero accanto al suo letto. Nemmeno il contatto con la morte seppur breve, gli fece mutar espressione. Mi trattò con il solito disprezzo, ma lo meritavo. Mi aveva appena salvato la vita. Se fino a quel momento lo avevo sempre osservato da lontano, mentre nelle pause mangiava solitario con il suo piccione seduto su una cassa di legno, mentre vagava per il tinello sorseggiando del whisky, declinando ogni nostro invito ad unirsi a noi per una serata in compagnia, quell'attrazione verso il mistero che emanava si trasformò in gratitudine ed ammirazione. Era il più forte, di tutti noi. Era... un Dio. Qualunque persona normale, sarebbe morta in pochi istanti. Lui no. Anche in quell'occasione...mai una lamentela.. mai.. un grido di dolore.”

 

Una lacrima scese dall'occhio destro morendo fra le labbra socchiuse. Le palpebre abbassate diedero modo ai suoi occhi di vederlo portare via su quella barella, in una folle corsa lungo i corridoi dell'ospedale, tanto veloce che le luci sul soffitto parevano solo brevissimi fasci di luce abbagliante. Un urlo fra le lacrime:

 

“Che cos'hai fatto......? Che cosa hai fatto maledetto idiota..............”

 

 

 

…..................... 

 

 

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Capitolo 6
*** Il più forte di tutti ***


“Cosa ci faccio in ospedale?” Lucci si sedette sul letto appoggiando la schiena al candido cuscino. Il suo fido assistente volatile Hattori, gli prestava come di consueto la propria voce appollaiato sul davanzale della finestra. Accanto a lui: Kaku, Pauly Tilestone Lulu e Lord Henry avevano un'espressione di sollievo mista a rammarico.

“Ti rendi conto che sei vivo per miracolo?” Il ciuffo di Lulu quel giorno grazie alla piogga era totalmente ingestibile tanto da essersi addirittura biforcato formandogli delle vere e proprie corna sul capo. Differentemente dall'oste Blueno, le sue avevano più una forma simile a quelle degli stambecchi.

“Cosa diavolo ti è saltato in mente?” Pauly era tanto accorato da ignorare totalmente anche il malessere conseguente della febbre..

“Un galeone t'è venuto addosso! UN GALEONE!”

“Sono vivo, no? Non comprendo tutto questo scompiglio.”

“Devi ringraziare la tua buona stella se lo sei.... però ti devo la vita Lucci, grazie.” Pauly congiunse le mani chinandosi con devozione.

“Non fraintendere. L'unico motivo del mio gesto è semplicemente che non saresti stato in grado di sopravvivere.” Lucci chiuse gli occhi assumendo l'espressione dura ed autoritaria come ogni qual volta gli veniva rivolto un apprezzamento colmo di sentimentalismo che non sopportava.

“Beh, non è che a te sia andata tanto meglio eh!” Replicò Pauly stizzito. “Sei un tipo impossibile.”Passatosi una mano fra i capelli emise un sospiro di sollievo.
“Sono davvero felice in ogni caso che tu stia bene. Non farlo mai più.”


“Signori gli orari delle visite sono terminati. Il signor Rob ha bisogno di riposo. Domattina verrà dimesso ma, per la notte preferiamo tenerlo qui: dalle ecografie non emergono fratture, ma preferiamo non correr ulteriori rischi. Ora, sarebbe opportuno che lo lasciaste rintemprarsi.”
Proferite tali parole il medico con accanto la propria infermiera diede le spalle ai carpentieri per proseguire il turno di visite in reparto.

“Vi raggiungo subito ragazzi, devo solo aggiornare Lucci su una questione impellente che riguarda i nostri rispettivi settori.”

“Non mi pare il caso di tediarlo parlandogli di lavoro in un momento come questo” Il ciuffo di Lulu non aveva intenzione di collaborare in alcun modo.

“Non c'è bisogno che vi disturbiate oltre, sono certo che Kaku abbia realmente una seria motivazione.” rispose il bruno lanciando a Kaku un'occhiataccia.
“A domani ragazzi.”

"
Grazie ancora amico.Mi raccomando, cerca di riposarti, abbiamo bisogno di te!” Pauly gli sorrise dolcemente. Si era appena reso conto di aver utilizzato quella parola per la prima volta. Non avrebbe potuto fare altrimenti.

 

Kaku seguì con lo sguardo i tre colleghi allontanarsi fino a scomparire dietro la porta di accesso al reparto.

“Che cosa vuoi Kaku? Lo sai che non è consigliabile rimanere a parlare da soli.”

“Voglio sapere che diavolo ti è preso.”

Lucci volse lo sguardo verso Hattori dormiente con il becco tra le piume approfittando della pausa concessagli.

“Ci vuole ben altro contro di me di un ammasso di legname marcio. L'unico errore che ho fatto è non calcolare la forza del vento. E' a cagion di ciò che sono finito in mare e tu sai bene che nuotare mi è impossibile. Su questa maledetta isola le folate sono dannatamente forti.”

“Cosa avremmo fatto se non fossero riusciti a recuperarti?”

Lucci si girò prontamente verso il collega rivolgendogli uno dei suoi peggiori sguardi predatori, di quelli che il ragazzo aveva imparato a temere sin dalla più tenera età.

“Avreste proseguito. Che domande idiote fai? Lo sai bene: la missione deve essere portata a compimento ad ogni costo. Non ha importanza se qualcuno di noi quattro dovesse rimanerci secco. Non tollero simili idiozie.”

“Già, che sciocco. A lui interessa solamente l'esito della missione. Non capirà mai che per noi è più di un collega...” pensò Kaku tra sé e sé sentendosi ridicolo per essersi intrattenuto unicamente per quel motivo.
“Quel Pauly è convinto che siate amici adesso..”

“E' ciò che volevo. Quel tizio può esserci molto, molto utile. Non dimenticare che è il braccio destro di Iceburg. Tanto se aspettiamo quella mongoloide di Califa su quest'isola ci rimarremo per i prossimi vent'anni. Adesso, vai. Il nostro colloquio termina qui. Qualunque novità tu abbia, rimango a disposizione. PER URGENZE MOTIVATE però. Non per queste stronzate.”

“D'accordo.. buonanotte Lucci.”

 

 

Una volta lasciato solo, il bellissimo carpentiere sotto copertura approfittò di quel raro momento di pace per convogliare i suoi pensieri sulla propria missione.
Odiava quel posto.
Odiava quella gente fracassona, banale, mediocre.
L'oscurità non aveva tardato a comparire nonostante fossero solo le diciassette del pomeriggio: che meraviglia. Quanto amava quella stagione!
Con il buio di Gennaio, il freddo e la neve, la gente non avvertiva la necessità di vagare per le strade chiassosamente. Non avrebbe avuto dunque bisogno di ostentare gentilezza verso tutti i concittadini che lo fermavano per ossequiare lui e quella dannata Galley-la.
Lucci non aveva intenzione di legarsi a nessuno, né pretendeva il contrario. D'altronde a che pro?
A Califa e Kaku, interessava invece lasciare “un buon ricordo di sè” alla città. Padronissimi di farlo, anche se avrebbero reso il distacco inevitabile, molto più doloroso.

 

“Kaku mi preoccupa sai, Hattori?” Il colombo lo guardò con aria interrogativa: era eccezionale la sua espressività.
“Non che non sia un ottimo combattente, al contrario. Padroneggia le sei tecniche con abilità superiore a quegli idioti di Kumadori e Fukuro, credo anche di Blueno. Beh quell'imbecille di Jabura nemmeno lo nomino. Però... è davvero tanto, tanto giovane. Credo anche piuttosto sensibile.”

Con l'indice accarezzò il sottobecco del pennuto: la coccola che più amava quest'ultimo. Tanto da emettere un verso simile alle fusa.

“Ma voglio dargli fiducia. Non posso fare altrimenti, purtroppo non lavoro da solo. Ho voluto io la sua presenza. Il Direttore mi aveva consultato, dandomi assoluta libertà di scegliermi i compagni con cui affrontare questo arduo compito. Blueno lavora bene. Califa se non altro fa presenza e Kaku è il miglior combattente. Non oso pensare se il capo avesse optato per gli altri tre... sarebbe già finita a scazzottate sei mesi fa”.

Nonostante l'espressione severa non riuscì a trattenere una risata immaginando Jabura, Fukuro e Kumadori in cantiere.
“Che dici Hattori, ce lo mandiamo quello stupido bastardo canide a sollevare assi di legno? Magari è la volta buona che si spacca quella testa di cazzo che si ritrova. Però un po' di nostalgia ce l'ho. Chissà che cosa sta combinando, quel buono a nulla.”
Rivolse lo sguardo al soffitto e sospirando disse:

“Ma sì. Non è il momento di pensare a queste stupidaggini. Di una cosa il bambino ha ragione però: ho commesso un errore imperdonabile. Noi con il frutto del diavolo non possiamo concederci distrazioni di questo tipo. Che strano eh? Abbiamo un potere immenso, eppure basta un secchio d'acqua per ridurci a poco più che poltiglia. I medicinali non tarderanno a fare effetto: sogni d'oro mio caro amico.”

Lucci nonostante la forza straordinaria si sentiva molto, molto stanco. Quella giornata e l'imprevisto che l'aveva dominata erano stati realmente un incubo.

Sin dalla più tenera età aveva fatto un lungo lavoro in primis su di sé e solo dopo nel confronto con l'esterno.

“Quelli come voi devono essere consapevoli di non potere legarsi a nessuno. E' la prima delle vostre regole. Perchè legarsi: significa perdere obiettività. Perdere il controllo. Perdere l'oggettività nelle cose. E' per voi, che lo dico, Signori. Nessuno vi valuterà mai per i vostri sentimenti, ma ci riserviamo il diritto di espellervi nell'immediato qualora quest'ultimi vi rendano un intralcio e non un'utilità al raggiungimento dell'obiettivo. Tenetelo bene a mente. Voi avete scelto questa strada. Voi con essa avete scelto le conseguenze che comporta. La giustizia deve essere forte. Forte più di qualunque altra cosa.”

 

Non fu facile a soli sei anni capire e fare proprio questo concetto. Ancora meno se quel bambino era un orfano solo al mondo dopo che il padre lo abbandonò miseramente al proprio destino uccisa la consorte che gli diede la vita.

 

“Non sarai mai forte quanto, quando capirai che essere forte è l'unica scelta che hai!” aveva detto un giorno a Kaku che aveva vissuto un dramma molto, molto similare.
“O te ne vai e vivrai una vita come i vagabondi predatori cui diamo la caccia piuttosto che, mediocre come quelli che ci hanno messo al mondo per poi soccombere, oppure resti! E se resti, ogni giorno, ogni singolo istante della tua vita, lotterai per essere sempre più forte.”

 

“ E' difficile......” piagnucolò un giorno Califa alle prese con una cotta adolescenziale rivolta ad un giovane garzone prestante servizio nell'isola del loro addestramento.
“Nessuno ha mai detto che fosse facile. L'abbiamo scelto per questo: perchè noi, siamo in grado di sopportare tutto.”

Quella era la scelta della sua vita, e mai, nemmeno per un giorno aveva mai avuto dei dubbi. Lucci era un combattente nel corpo e nello spirito.
Percepiva l'animo candido di Pauly, e provò una punta di dispiacere pensando che un giorno, lo avrebbe macchiato lui stesso.

Ma era la Sua Scelta.


“Perchè io voglio essere, il più forte di tutti....”

 

 

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Capitolo 7
*** Un sorriso fra le lacrime ***


“A tuo avviso quindi, dietro il suo gesto si celava unicamente l'obiettivo di far ingresso nelle tue grazie, con me come ultimo fine?”

“Credo di sì, Signore. Dopo la notte dell'incendio, non ho più avuto certezza alcuna. Non è stato semplice rimetter in discussione quattro anni di profondo legame. Ogni parola, ogni gesto, quei pochi sorrisi e tante condivisioni giorno dopo giorno: cosa c'era di vero? Non lo so più.”

Pauly allungò le gambe spingendo all'indietro il dorso sullo schienale della sedia di vimini. Il rumore delle onde in lontananza s'era fatto più lieve.

Chiuse gli occhi aggrottando la fronte.“E ormai, non posso più chiederlo direttamente a Lucci. A parte che, non avrebbe alcun senso.”

Iceburg abbassando lo sguardo notò che il suo piccolo amico dalla lunga coda penzolante si era riaddormentato sereno.

“E Lei Signore? Le capita di avvertire la mancanza di Califa?”

Rivolti gli occhi all'orizzonte e sollevate le spalle il sindaco rispose:

“Mah, sai Pauly: per me Califa era indubbiamente una presenza costante con cui anche io a mia volta, ho condiviso ogni momento delle mie giornate. Tuttavia, come ti dissi all'inizio del nostro dialogo io non ho interesse ad istaurare un rapporto affettivo con i miei dipendenti. Tu rappresenti una delle poche eccezioni. Come puoi notare spesso chiamo con il nome di lei, Minima. Sai com'è: l'abitudine. Lei non si infastidisce affatto, comprende perfettamente di aver preso il posto di una segretaria che ha vissuto al mio fianco per cinque anni. Professionalmente.. forse. Califa era molto competente e precisa. Ma non posso lamentarmi della sua sostituta. Sul piano umano: no, non avverto particolare nostalgia. C'è anche da dire che però, i legami tra voi capomastri sono sicuramente diversi di quelli tra un responsabile e la propria impiegata. Sono stato un carpentiere per molti anni e conosco bene la fatica fisica e talvolta psicologica di questo mestiere. Un confronto con i propri colleghi, una risata, una battuta o una pausa in compagnia sono un ausilio estremo per alleviare gli sforzi quotidiani.”

Il Vicepresidente annuì ascoltando le parole del Maestro cui rispose:

“Certo. Come sempre ha ragione, Signor Iceburg. Mi scusi la domanda invadente.”

“Non sei stato invadente Pauly. Forse tu ricerchi in me, come te l'unico, a conoscenza della verità: un'analogia di sentimenti per esorcizzare la tua sofferenza. E' assolutamente umano e normale. Beh, posso dirti che il più grande dolore della mia vita è stato vedere il mio Maestro Tom morire per la cupidigia umana. Sicuramente quella vicenda ha raffreddato di molto il mio animo, come credo che questa, farà con te. Per quanto simili i nostri dolori non sono uguali.
Io, ho perso il mio riferimento. Ma quel dolore mi ha aperto gli occhi alla realtà: viviamo in un mondo corrotto e senza scrupoli in cui vige la legge dell'assoluta mancanza di valori.
Quando iniziai a progettare la rinascita di questa città dimenticata da Dio e dal mondo, covavo molto rancore. Era per Tom che lo stavo facendo, dopotutto.
Però, pian piano mi resi conto che quando si odia: si è gli unici a soffrire.Gli altri continuano la propria esistenza, talvolta nemmeno conservando il tuo ricordo. Amano, ridono, piangono, ma non per te. Non ha senso serbare livore.
Naturalmente, man mano che i primi cantieri prendevano forma, mi accorsi che non tutto il mondo era popolato da mostri. Incontrai tante persone buone, qui a Water Seven, la stessa città che senza saperlo aveva condannato Tom a morte.Persone come te: Pauly.
Non so cosa Lui significasse per te, o meglio, credo di averlo capito molto bene e non solo per il sentimento cui mi hai accennato. Però credo che, dovresti conservare il suo ricordo con le sue sfumature positive. Anche se era un agente segreto, anche se il suo cuore era freddo come il ghiaccio: rimaneva sempre un essere umano. Ed è per tal motivo che mi rifiuto di credere che qualsiasi suo gesto di affetto nei tuoi confronti, qualsivoglia parola e via dicendo fossero tutte solo menzogne.”

Sentite pronunciare tali parole Pauly avvertì nuovamente le lacrime rigargli il volto.
Iceburg sapeva capirlo come nessuno mai.

“Ora come ora Signore, mi sento come se non volessi amare mai più. Nemmeno io, so il motivo per il quale è nato questo sentimento così forte. Lui non aveva un bel carattere. O meglio, non per come generalmente si intendono i bei caratteri per la maggior parte della gente.”

“La gente è un concetto inesistente, Pauly. Chi ama seguendo degli standard: beh mi dispiace dubito possa realmente sapere cosa significhi amare davvero. I momenti che hai vissuto con lui, solo tu puoi conoscerli, e solo tu puoi sapere cosa ti hanno dato.”

“E' stato dall'incidente che Le ho raccontato che, le cose tra di noi cambiarono profondamente: ovvio, almeno da parte mia. Se dapprima lo guardavo da lontano con curiosità e volontà di farmi varco in quell'essenza impenetrabile, subito dopo: la gratitudine e la forza che avevo visto con i miei stessi occhi fecero sì che tali sensazioni mutessero in emozioni. Lo ammiravo e stimavo. Ricordo in particolare una serata...”

Pauly sorrise fissando un punto a vuoto. Dopo pochi istanti si fece scappare un risolino.

“Oddio cosa mi è venuto in mente, Signore! La prima serata in cui accettò di unirsi a noi. Quella fu una delle più belle in assoluto che io ricordi!”

Iceburg, lieto di veder finalmente il proprio caro allievo sorridere nonostante gli occhi rossi, poggiato un gomito sul bracciolo della poltroncina di vimini si voltò dalla sua parte.

“Dai! Racconta! Ho voglia di farmi qualche risata e conoscere qualche particolare sulla vita dentro e fuori al cantiere!”.

Pauly ghignando iniziò dicendo:

“Eravamo ormai a fine Gennaio. Lui era totalmente guarito senza alcune ripercussioni fisiche da quell'incidente. Vista la gratitudine che nutrivo nei suoi confronti, ed il ricredersi di Lulu e Tilestone sul suo essere freddo ed apatico, decidemmo di tentare per l'ennesima volta ad invitarlo per una birra in compagnia. Stranamente acconsentì. Venimmo così a scoprire che non solo reggeva l'alcol perfettamente, ma era dotato di un enorme senso dell'umorismo!”

“Ma chi?? Lucci??”

“Ahahah sì! Sì Signore! Proprio lui!”

Pauly assunse un'espressione amara nonostante la sua bocca sorridesse. Eccolo nuovamente serrare gli occhi e perdersi nei nostalgici ricordi.

Il bar di Blueno, la tavolata, le birre fresche frizzantissime color del grano, Tilestone a capotavola sempre a far baccano infernale, Lulu col ciuffo ribelle, Kaku ed il suo sorriso timido.. e Lui. Con la sua tuba nera e Hattori sulla spalla.
Sorrise nuovamente rimembrando.

 

 

 

“LULU. TILESTONE. SIETE DUE DEMENTI!!!! E VOI KAKU E PAULY! PIANTATELA DI RIDERE, IDIOTI!”

….....................

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Capitolo 8
*** Una bevuta fra uomini ***


Nella foschia di una notte di fine Gennaio, Lucci e Pauly camminavano nei vicoli deserti della città. Una pioggerellina sottile rigava loro il volto mentre il respiro si condensava in piccoli sbaffi di fumo.

“Sono davvero felice che tu abbia accettato il nostro invito. Vedrai che ci divertiremo! I ragazzi sono già lì: ho detto loro di tenerci il posto! In questa stagione e con questo clima la gente si è riversata tutta allo Blueno’s bar!”

Lucci o meglio, Hattori, non rispose e pensò:

“Ogni tanto dovrò pur sforzarmi di passare del tempo con questi tizi, in particolare con Pauly. Chissà che magari, sotto effetto dell’alcol, non si lascino sfuggire qualche dettaglio importante. Inoltre conquistare la loro fiducia è uno dei pochi modi che ho per avvicinarmi ulteriormente ad Iceburg. E’ maledettamente accorto.”

Ciò che il bruno carpentiere non si aspettava è che sarebbe uscito ben altro grazie all’alcool.

 

“LUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUCCCIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!! PAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAUUUUUUUUUUUUULYYYYYY OOOOOOOHHHHHHH SIAMO QUAAAAAAAAA”

Tutti gli avventori presenti nel locale si voltarono a fissarli con aria tra l’interdetto e l’infastidito per il fracasso. Il buon Tilestone alzato in alto il bicchiere di birra schiumosa battè un pugno sul tavolo.

“Ciao ragazzi.. co-cooo.”

Kaku sorrise ai due scostando leggermente la propria sedia di legno per rendere loro accessibili i rispettivi posti, mentre Lulu, girandosi all’insù le punte dei baffi fece un cenno con il capo.

“BLUENOOOOOOOOOOOOOOOOOOO PORTA DUE BIRRE A LUCCI E PAULY! CIIIIAO LUCCI CHE BELLO VEDERTI! ALLORA ANCHE TU OGNI TANTO HAI BISOGNO DI UN PO’ DI CALORE UMANOOO”

L’oste si avvicinò accennando ad un sorriso, con un vassoio portante due birre appena tirate dalla spina, fresche e frizzanti.

“Ecco qui ragazzi. Buona serata.”

Lucci avvicinò il bicchiere alle labbra sorseggiandone il contenuto color oro, mentre il suo amico alato attinse la propria parte col becco.

“MA BEVE PURE IL PICCIONE? MAI VISTO UN PENNUTO ALCOLIZZATO.. OUCH!!!!!”

Pauly tirò un pugno alla mascella del collega che non mutò l’epressione attonita innanzi ad Hattori che beveva birra insieme al padrone.

“Inizia bene sta serata” Pensò Lucci cercando di celare l’imbarazzo: lo stavano osservando come un alieno rimanendo ammutoliti. D’accordo che non fosse solito ad uscire in compagnia, ma essere al centro dell’attenzione in tal modo gli dava non poco fastidio.
Fortunatamente Pauly interruppe quel silenzio fastidioso introducendo per primi: argomenti puramente lavorativi.
I dock nonostante l’alluvione appena passata, ch’egli ben rimembrava e di cui avrebbe strettamente conservato il ricordo, erano stati come al solito efficienti e la produzione non ne aveva risentito.
Trascorse le prime ore in sobrietà (nonostante il consueto fracasso di Tilestone ma ormai tutti, Hattori compreso, avevano capito essere un qualcosa di irrisolvibile e l’irritazione lasciò spazio alla rassegnazione) il consumo di alcolici iniziò ad aumentare paurosamente.La compagnia, le chiacchiere, il freddo pungente al di fuori del locale fecero perdere il senso della misura.
Naturalmente non per Lucci. Sapeva infatti, nonostante bere gli piacesse, che mai e poi mai avrebbe dovuto esagerare. Perdendo i freni inibitori e conseguentemente la lucidità avrebbe potuto rivelare qualche dettaglio estremamente importante sulla propria vera identità.
Non esitò a cagion di ciò a dare un pizzicotto sulla gamba di Kaku seduto accanto, quando si accorse che il ragazzo stava eccedendo nel consumo di birra.
Il giovane collega che, all’urlo di Tilestone “ RAGAZZI ALTRO GIRO?” aveva risposto un sonoro “Yeah!”, provvide immediatamente al ravvedersi, declinando la proposta.

Il fracassone e il baffuto cominciavano a mostrare evidenti segni di ubriacatura mentre Pauly invece pareva, al momento, esser solo un poco brillo ma ancora cosciente.
Come spesso accade, gli alterati bersagliarono i sobri di battute demenziali anche piuttosto volgari miste a biascicamento vocale, commenti altrettanto idioti e polemiche fine a se stesse.

“Lusci, ma…. Cioè tu non riesci a parlare  no….eeee alora, io e… e… e lui sci chiedevamo… ma… in quei momenti…come fai??”

“SCHERZI? AHR AHR AHR AHR RISPONDE DIRETTTTAMENTE IIIL PICCIONE!!! COOO-COOOO- EHI TESORO GGGGIRATI COOOOOOO-COOOOO PRRRRRRRRRR”

“Ma cosa diavolo….” Lucci arrossì rimanendo interdetto, come per altro anche Kaku e lo stesso Pauly.

“Aaaah sii… hai ragione amico…..è il piccione che risponde…..co-coooo puuurr puuuurrrrr mama che bello…. Epperchè Lusci…ha l’uccello….sulla spallla….”

Kaku giratosi verso il suo superiore lo vide con un’espressione talmente basita e gli occhi tanto sgranati da far fatica a trattenersi dallo scoppiare a ridere. In effetti la situazione era piuttosto comica, soprattutto perché Hattori aveva la stessa mimica, ed inoltre: non aveva mai visto Lucci essere preso in giro, specie da due dementi completamente ubriachi. (Anche perché da sobrio difficilmente qualcuno avrebbe mai osato deridere Rob Lucci, magari a conoscenza anche di chi fosse veramente).

“CO-CO-CO FA ILTTTACCHINO” iniziò a cantare Tilestone a squarciagola seguito dal “ PURR-PURR FA L’OCCCHETTA”
Insomma: il verso del povero Hattori era diventato l’argomento principale della tavolata di carpentieri.
Pauly che, nonostante gli sforzi aveva iniziato a tremare per via delle risate che cercava oltre ogni modo di soffocare, ad un certo punto dovette recarsi alla toilette impossibilitato a resistere ulteriormente.

“Almeno io ce l’ho l'uccello…cooo”

“NON CI POSSO CCCCREDERE!!!OOOOOH GENTE QUEST’UOMO HA FATTO UNA BATTUTA!!!!! ROB LUCCI HA FATTO UNA BATTUTA!! NNOOOOOOOOOOOOOOO LULU HAI SENTITO???”

“non sci posso credere…. Cooooooooo-CO PRRR”

Tutti gli ospiti dell’osteria, Blueno incluso, si voltarono verso il tavolo dei cinque.
Sfortunatamente era impossibile evitare che Hattori producesse il verso che stava facendo ammazzare dal ridere tutti i presenti. Era nella sua natura, povero colombo! Ma ormai, la situazione era tanto degenerata che non appena proferiva parola per conto del padrone, i carpentieri ormai del tutto sbronzi ridevano fino alle lacrime.
Si calmarono per un istante quando videro Iceburg comparire all’ingresso del locale, accompagnato come sempre da Califa ed ovviamente accolto con molteplici onori ed ossequi da tutti gli avventori.
Ma la calma apparente non durò molto.
Mentre Pauly chinatosi con devozione innanzi al Maestro lo salutò col proprio miglior sorriso, Lulu disse:

“Signor..Iceburg… Rob Lucci vuol dirLe una cosa…”

Il sindaco stupito ( anche per la pronunzia biascicata del sottoposto) avvicinatosi al bel tenebroso, con la consueta espressione galante e gentile gli disse:

“Ciao Lucci, sono lieto di vedere anche te insieme agli altri: c’è qualche problema?”

“Ehm..buonsera Signor Iceburg… co-cooooo”

Quello fu il culmine. Una volta udito il “co-coo” finale di Hattori, per altro davanti ad Iceburg ignorante tutto il pregresso e di conseguenza totalmente estraneo alla faccenda, i capomastri scoppiarono a ridere fino alle lacrime perdendo ogni ritegno.
Kaku si rese conto che ormai fossero giusti al livello dei bambini delle elementari, ma nonostante ciò, gli fu impossibile trattenersi ulteriormente.
Dal gran ridere rovesciò anche il proprio boccale di birra.

“LULU. TILESTONE. SIETE DUE DEMENTI!!!!! E VOI KAKU E PAULY!!PIANTATELA DI RIDERE, IDIOTI! PRRRR COOOO-CO”

“Bene bene..sono contento che vi stiate divertendo così tanto.. allora vi lascio alla vostra serata, buon proseguimento” disse il loro superiore allontanandosi con la propria segretaria altrettanto basita.
Non soddisfatto, Tilestone iniziò a pernacchiare selvaggiamente colpendo con vigore la spalla del baffuto collega che cadde addirittura dalla sedia.

Ringraziando il cielo, la serata volse al termine e, congedandosi dagli altri, Lucci e Pauly fecero ritorno verso casa.
S'era ormai fatta notte inoltrata e la pioggerellina era divenuta più consistente.

“Sono desolato per il comportamento idiota di quei due” disse Pauly sospirando e vedendo consensarsi il proprio fiato. “Però sono davvero contento che tu sia venuto, e spero non sia l'ultima volta, anche se non farei fatica a comprenderne il perchè.”

Lucci accennò un sorriso, finalmente.

“Non preoccuparti. Mi sono divertito nonostante tutto, un po' di leggerezza ogni tanto ci vuole. Coo-coo”.

Il biondo non potè fare a meno di ridere nuovamente, ormai il verso del povero colombo la faceva da padrone.

“Voglio augurarmi che Hattori non diventi la vostra mascotte per le idiozie da domani in avanti.”

“No assolutamente. Anzi scusami.... ma per stasera devi concedermelo”

Giunti alla porta di casa di Lucci, i due si salutarono.

“Grazie della serata Lucci, allora a domani”

“Grazie a te.. buonanotte, Pauly”.

 

Una volta vistolo entrare, il futuro Vicepresidente non potè fare a meno di provare emozioni piuttosto bizzarre, quali una gioia indescrivibile per aver potuto godere della compagnia dell'altro.
Era felice, e non capiva il motivo di così tanta ilarità interiore. Ci pensò mentre percorse i pochi passi che lo separavano dal suo di domicilio. Certo, era bello aver convinto un amico piuttosto introverso e solitario ad unirsi a loro, ma questo non giustificava il sorriso da ebete che non riusciva a cancellare dalle proprie labbra.
Nonostante il temperamento così freddo, Lucci gli piaceva. Molto. Aveva un qualcosa di così affascinante da risultare magnetico ai suoi occhi.
Provò un forte imbarazzo nel paragonarsi ad una scolaretta che, quando il ragazzo che le piace le concede una serata, disegna sul proprio diario cuoricini tempestati di frasi adolescenziali colorate.
“Ho alzato un po' il gomito, deve essere per questo” pensò tra sé e sé, “Ci siamo divertiti questo è certo, ma suvvia vecchio mio! Ti rendi conto che stai pensando ad un uomo?? Manco fosse una bella ragazza che ti fa l'occhiolino. Vai a dormire va'!”

 

Come spesso accade: sottovalutò quelle sensazioni a lui estranee, le ricondusse all'ebbrezza, alle risate, alla compagnia di una serata diversa. Quando gli uomini iniziano ad amare dal profondo, il più delle volte provano paura verso un sentimento che prende forma nutrendosi quotidianamente della presenza del proprio amato. La semplice “cotta” passeggera conta di caratteristiche ben distinguibili, il più delle volte è solo il risultato di un'enorme attrazione sommata all'idealizzazione di quella persona. Il vero amore, è un qualcosa di estremamente diverso.
Ma Pauly era troppo felice per pensare a tutto ciò. Si concesse un'ultima risata mentre le palpebre calavano pronte ad accogliere il dolce sonno ristoratore.

“Buonanotte Lucci..”

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** L'incipit di un sentimento ***


“Santi Numi.. non ricordavo questo episodio, in ogni caso siete stati proprio idioti” Disse Iceburg non riuscendo a trattenere un risolino.

Diciamo Signore: vero è che l'alcool fece la propria, ma lo è altrettanto che Lucci con quell'espressione seria ed autoritaria dipinta in volto richiamasse ancora di più il ridere e la presa in giro.”

E' comunque un bel ricordo che almeno non è stato rovinato dagli eventi futuri, sono certo che anche i ragazzi lo conservino tra le cose più piacevoli riguardanti quei due.”


Pauly sorrise con un'espressione amara. Alcune barche ormeggiate si lasciavano cullare dalle onde.

“ Da quell' uscita presi molta più confidenza con Lui, ed egli fece lo stesso con me. Iniziai a coinvolgerlo nel nostro gruppo, dalle semplice pause pranzo a qualche altra serata, previa raccomandazione in anticipo con quei due dementi di Tilestone e Lulu. Lucci non parlava mai ma era un eccezionale ascoltatore, forse proprio a cagion di questo, con lui mi sentivo a mio agio. Diretto, anche nei rimproveri. Ecco perchè mi è sempre venuto sponteo riporre fiducia in lui, e mai avrei potuto pensare che potesse fare un qualche cosa del genere. Non Lui.”


L'uomo sospirò ed estratto un sigaro, lo accese posta la mano a scudo. Una nuvola grigiastra levatasi, contrastò con l'oscuro cielo notturno.

Iniziammo molto presto a punzecchiarci come una vecchia coppia sposata. Lui era diretto, io permaloso..” le guance si incavarono non appena tirò una boccata dal sigaro, la cui punta divenne rovente.

“Sapevo che quasi sempre aveva ragione per ogni appunto che mi faceva. Raramente sul lavoro, continuamente nella mia vita personale. Per questo, nonostante lo mandassi al diavolo, gli dicessi di farsi gli affari propri, talvolta gli lanciassi anche oggetti e corde, lo ricercavo continuamente. Senza accorgermene arrivai al punto di non potere fare a meno di lui. Iniziai anche ad allontanarmi dagli altri.

Non fraintenda Signore, ero e sono molto legato a Tilestone e Lulu, ma con loro non mi sentivo mai pienamente compreso al di fuori dell'ambito lavorativo. Li vedevo sempre infantili come in quella serata che Le ho raccontato. Non mi incentivavano a migliorare me stesso, ecco!

Lucci, mi sembrava fosse capace a fare tutto. Anche i suoi ammonimenti o consigli erano colmi di saggezza e cognizione di causa.”


Iceburg incrociate le braccia con particolare attenzione a non schiacciare il suo piccolo amico gli disse:

Che cosa intendi, Pauly? Che tipo di rimproveri?”

Mi rimproverava d'esser troppo impulsivo. Di sollevare talvolta polveroni, laddove sarebbe bastato un minimo di autocontrollo. Lui era fissato con quest'ultimo. << Idiota, usa il cervello. Stai facendo un dramma per una cosa tranquillamente risolvibile. Cerca di calmarti e di essere lucido. Non sai controllarti? Un cliente ha criticato il tuo modo di lavorare, e allora? Invece di andare fuori di testa chiediti il perchè. E se appuri che è stato a ragion veduta: porgigli le tue scuse e impegnati affinchè non ricapiti. Bisogna sempre migliorare. Sempre>>. Mi ripeteva in continuazione queste parole”.


Alzatosi dalla propria seggiola di vimini, Pauly poggiate le mani sui fianchi rivolse lo sguardo al mare stando all'inpiedi.

Man mano il mio legame nei suoi confronti divenne sempre più stretto. Cominciai a sentirmi perso all'idea che lui non potesse esserci. Per qualche strana ragione, psicologicamente la mia autostima diminuì giorno dopo giorno. Sentivo incessantemente il bisogno di vederlo, di parlargli , di punzecchiarlo. Non ero più io.”

Stai descrivendo le caratteristiche dell'incipit di un sentimento Pauly...”

Il biondo non riuscì a guardare negli occhi il Maestro, pur voltatosi verso di lui, sentì le guance divenir roventi.

“Iniziai a rendermi conto di provare qualcosa che non fosse propriamente amicizia quando una sera lo invitai a casa mia per una cena.” 

Pauly, mordendosi un labbro continuò:

“Contrassi un debito di gioco molto pericoloso, quella volta. Purtroppo Signore, è ben nota a tutti la mia ludopatia. Lucci non la sopportava e so che mi considerava un idiota e privo di spina dorsale a cagion della medesima. Ma quella volta, mi salvò la pelle.”

Santi Numi, Pauly! Che cosa hai fatto?”


Le confidenze ormai fuoriuscivano senza alcun controllo. Il biondo sperava di mantenere intatta la stima del Maestro nonostante le debolezze personali che continuava ad esternare. Ma riponendo fiducia nell'intelligenza e umanità di Iceburg, era certo d'esser compreso.

I creditori della città ormai sono anche amici. Tutto sommato, nemmeno si impegnano negli inseguimenti e, il più delle volte lasciano correre anche somme piuttosto ingenti in cambio di lavoretti alle proprie imbarcazioni o una bevuta in compagnia. Ma quella volta, commisi un errore di valutazione terribile.”


Pauly, come puntualmente ogni qualvolta avesse un forte imbarazzo, diede nuovamente le spalle all'interlocutore.

Un giorno come cliente, arrivò un tizio dall'aria beota che non si fece problemi ad ostentare ricchezza ed arroganza. Ricordo molto bene la marsina di seta, l'enorme orologio d'oro al polso, pacchiano come non mai, e i capelli impomatati. Ci commissionò la costruzione di un panfilo privato. Ebbene, una volta terminati i lavori, i ragazzi che si facevano beffe di lui a cagion del suo aspetto perfettino unito all'incapacità, probabilmente congenita, di parlare oltrechè di ragionare ( ebbene lo spennammo come un pollo!), lo invitarono al bar per una bevuta. Lucci non era presente. Inutile dirLe che divenne il nostro zimbello, si tramutò in un pagliaccio dopo qualche bicchiere di birra e, l'occasione mi parve molto ghiotta per estorcergli una cospicua somma di danaro. Conciato in tal modo pensai che mai più ne avrebbe avuta memoria, o nella peggiore delle ipotesi che, avremmo potuto dargli una bella lezione qualora si fosse presentato al dock per reclamare berry.”

Santi Numi, Pauly. Mi vergogno di te. Come hai potuto agire in questo modo? Nemmeno la Franky family.... “


Pauly si morse nuovamente un labbro chinando lo sguardo, nel deglutire sentì in gola una manciata di chiodi. Che barbara figura meschina stava facendo innanzi al suo Maestro. Non solo giocatore senza controllo ma anche estorsore di soldi a incapaci.

Provo assai vergogna e rimorso per ciò che feci, ma, mi creda Signore, presto la cosa mi si ritorse contro con il doppio degli interessi. In effetti costui ricordò molto bene la somma che gli estorsi con l'inganno, e come da programma si presentò in cantiere con il proprio equipaggio composto da inutili perfettini quanto lui. Fu sufficiente una delle mie funi per sistemarli a puntino. Peccato che non considerai una cosa che mi fu fatale: Egli era il leccapiedi di un conoscente dei Nobili Mondiali, i cosiddetti Draghi Celesti. Avevo fatto il furbo con la persona sbagliata.”

Oh Santi Numi........”

Ben presto, cominciai a ricevere minacce prima unicamente in forma epistolare, in un secondo momento tramite sicari che mi aspettavano fuori dal cantiere, armati non certamente di buone intenzioni. Il punto Signore è che non era la mia incolumità a preoccuparmi, bensì quella del buon nome dei nostri cantieri: immagini cosa avrebbe potuto verificarsi. Già immaginavo il nome della Galley-la in prima pagina con una sfilza di calunnie nella migliore delle ipotesi, o la sua distruzione stessa nelle peggiori. Quella volta me la vidi davvero brutta.”


Iceburg storse la bocca in una smorfia di disappunto come era solito fare quando si definiva “disgustato” per qualcosa o qualcuno. Non potè fare a meno di esternare al proprio braccio destro tutta la delusione in quel momento.

Non ti facevo così irresponsabile Pauly.”

“Sono cambiato Signore. Quell'episodio mi segnò a tal punto che non solo non contrassi più alcun debito ma mi diedi una bella regolata anche con il mio vizio. Naturalmente, come al solito, fu Lui a rimetter ordine alle cose.”

In che modo?”

 

Pauly soffiò l'ultima boccata di fumo per poi girare su se stesso il sigaro nel posacenere poggiato sul tavolino.

Dopo i fatti di cui siamo a conoscenza non mi viene difficile capire che aveva i giusti agganci. Non so dirLe, come e cosa fece Signore. So solo che, dopo il suo intervento, non ricevetti più mezza minaccia né avvertimento. Mi aveva salvato. Di nuovo.”


L'uomo si sedette prendendosi la testa fra le mani proprio come famosa sera, in cui l'amato lo sorprese all'uscita dal cantiere. Eccoli di nuovo: i ricordi. Il suo punzecchiarlo senza ottenere risposta, il suo sederglisi accanto e tramite il piccolo pennuto dirgli “Vuoi parlarne? Coo-coo Che succede?”

La nostalgia era forte tanto quanto quel sentimento che a lungo aveva represso.

Ecco anche le luci che brillavano per loro, quando, dopo aver cenato insieme, concesse a se stesso di lasciarsi andare, e provare ad amare la persona più importante per lui, almeno per un istante.


 


 


Lucci.... io.....”


 


 

…...............................................................



 

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Capitolo 10
*** Mi sono innamorato di te ***


Un'altra giornata di lavoro volse al termine.

Una coltre di foschia ricopriva l'intera metropoli, ormai pronta ad affrontare un nuovo autunno, mentre lungo i canali i mercanti sbaraccavano ciascun il proprio banco tra risate e reciproche congratulazioni per i guadagni di quel giorno.

Lucci, preparati gli attrezzi per il dì seguente ed indossata una felpa a causa dell'aria frizzantina, accompagnato dal suo fido pennuto si preparava al gradevole pensiero di un sonno ristoratore ed, avviatosi all'uscita del dock salutò i propri sottoposti.

Non sopportava quella città ma, tutto sommato, era contento che la maledetta afosa estate fosse finita e dentro di sé, porgeva il proprio accorato “bentornato” all'equinozio che prediligeva.

Lavorare in cantiere con il freddo non era semplice ma, col caldo sotto il sole rovente a dir poco impossibile.

Mentre ragionava di tali cose, con la coda dell'occhio scorse Pauly tenente la testa fra le mani nello stare seduto su una vecchia cassa lignea cigolante. La posizione abbassata del capo non gli permise di vederlo in volto ma non fu necessario ad intendere che qualcosa non andava.

 

“Ehi, impiastro! Non vai a casa? Prr..” gli disse tramite Hattori stando all'impiedi innanzi a lui.

 

“Non ho voglia di sciocchezze” rispose l'altro soffiando fuori il fumo del consueto sigaro fra le labbra.

 

Sedutosi al suo fianco, Lucci gli chiese:

 

“Che ti succede Coo-coo?”

 

Pauly poggiando le braccia alle ginocchia divaricate cercò di nascondere il proprio stato d'ansia sfoggiando un sorriso forzato:

 

“Semplicemente sono stanco. Va' pure. Ci vediamo domani.”

 

“Non ti chiederò niente se non vuoi parlarne. Nel caso ci ripensassi, passa pure per una birra..prrr..”

Levatosi in piedi, il bel tenebroso volse le spalle al biondo collega, fermandosi poi, nel sentirsi afferrare un braccio.

 

“Sono nella merda Lucci......sono veramente nella merda stavolta.”

 

Senza che l'uomo si voltasse, il pennuto rispose:

 

“Non è il posto giusto per parlarne coo.. avanti, seguimi.”

 

I due varcarono la soglia dei cantieri non facendo la solita strada di ritorno, bensì la scorciatoia nota ed entrambi per aggirare le vie centrali della città, in totale silenzio. Pauly cercava di riordinare i pensieri ma soprattutto le parole per chiedere aiuto all'amico, sicuro che l'avrebbe aspramente ammonito per ciò che sarebbe uscito quella sera. Più volte fu tentato dalla fuga dietro una scusa dell'ultimo momento pur di sottrarsi all'inevitabile, ma, vi rinunciò nel realizzare che non avrebbe avuto alcun'altra via per trovare una soluzione.

Lucci invece, era piuttosto infastidito all'idea di sorbirsi le confidenze del collega in una serata il cui unico programma era riposare sorseggiando un buon bicchiere di whisky dopo cena. Tuttavia, doveva stare al gioco: Pauly forse, era a conoscenza di dettagli utili alla missione? O comunque, in preda alle confidenze, avrebbe rivelato qualche punto debole di Iceburg che avrebbe permesso alla cerchia dei giustizieri oscuri di agire? Tutto poteva essere. Calma e pazienza. Disponibilità ed accortezza. Solo queste erano le modalità per ottenere risultati.

 

“Accomodati. Per cena non ho molto, forse della carne e della verdura.”

 

“Grazie.. ma non ho fame. Preferirei qualcosa da bere. Qualcosa di forte, possibilmente.”

 

“Coo-coo.. a stomaco vuoto? Va bene, come vuoi. Ho del whisky, dello scotch e anche amari PUR PURR..serviti. Non hai certo bisogno degli onori di casa.”

 

Pauly aperta la vetrinetta del tinello, optò per del whisky invecchiato, girato il tappo della bottiglia ne versò il contenuto in un bicchiere dal fondo concavo per poi ber tutto d'un fiato. Forse un po' d'alcool lo avrebbe aiutato quanto meno ad iniziare il discorso.

Lucci si sedette poggiando i gomiti sulla tovaglia cerata del tavolo, fra le mani teneva una tazza di caffè fumante, per quanto gli piacesse bere non lo faceva mai a stomaco vuoto, pensando che Pauly dovesse avere realmente qualche serio problema, non gli sembrò il caso di indaffararsi a preparar cena.

 

“Allora. Spiega che hai”

 

Il biondo collega bevve una seconda sorsata di alcolico e quasi balbettando gli narrò della propria azione sconsiderata. Il cliente “trimalchione”, la disonestà nell'approfittare del di lui stato di ebbrezza, le conseguenze che lo avrebbero atteso il giorno seguente.

Ascoltato ch'ebbe le confidenze dell'altro, Lucci poggiata la tazza sul tavolo gli disse:

 

“Che idiota. Mi chiedo spesso se tu nel cervello abbia le rondini”

 

“Non sono io quello che dialoga con i volatili” rispose Pauly stizzito per poi scusarsi nell'immediato:

“Perdonami. E' che davvero, sto uno schifo. Non so come risolverla.. non so che appiglio trovare. Domani scade il termine ultimo per restituire quel danaro e chiuderla senza conseguenze.. anche per il buon nome della compagnia”.

 

“A quanto ammonta la cifra totale?”

 

Pauly balbettando non riuscì che a dire:

 

“Dieci.....”

 

“ Diecimila Berry?”

 

“Dieci...milioni...”

 

“MA TU SEI UN DEFICIENTE!”

Nonostante affidasse sempre la propria espressività ad Hattori, persin gli occhi del padrone si sgranarono nell'udire ciò.

 

“Ok, ok ho fatto una cazzata va bene?E' vero me lo merito, ma adesso, ti prego, cosa posso fare?”

 

Lucci si alzò e direttosi verso la finestra dopo un profondo silenzio, disse:

 

“A che ora è previsto l'arrivo di questi tizi? Cooo..”

 

Serrati i pugni e strusciando nervosamente le nocche sulle gambe sin a percepire dolore, l'altro rispose:

“Alle 09:30 domattina. Sono riuscito a convincerli a non avvicinarsi al cantiere, mi attendono dietro l'osteria di Patrick l'alcolista. Quello caduto in disgrazia accanto al molo.”

 

Il bruno si voltò:

 

“Ci andrò io domani all'incontro.”

 

Pauly trasalendo urlò:

 

“COSA? NON SCHERZARE NEMMENO LUCCI!QUELLA E' GENTE PERICOLOSA! E POI COSA INTENDI FARE?NON POSSO PERMETTERE CHE SIA TU A RIMETTERCI!”

 

Contratte le arcuate sopracciglia nella consueta espressione autoritaria, Lucci si mostrò visibilmente infastidito per l'alzata di voce.

“Piantala, idiota. Dovevi pensarci prima di combinare questo disastro. Ti saccagnerei di botte ma sarebbe inutile. Ci penso io.”

 

“Lucci ma....che cosa..?”

 

“Adesso vattene a casa. Domattina alle 10:00 tutto sarà risolto. Questa è l'ultima volta che ti aiuto, che ti serva da lezione, imbecille.”

 

“Co-cosa intendi fare? Seriamente! io.. io non ho tutti quei soldi e non posso chiederli a te..”

 

“Pauly, sparisci prima che io cambi idea. Odio ripetermi, e ti ho già detto che risolverò io la questione. Adesso togliti dai piedi prima che ti butti fuori a calci.”

 

 

 

Rimasto ammutolito senza possibilità di replica, Pauly si ritrovò innanzi all'uscio sbattutogli con violenza in volto dal collega.

Provò a bussare un paio di volte prima di rassegnarsi a fare ritorno presso il proprio domicilio, totalmente confuso ed interdetto.

Non poteva permettere che Lucci pagasse nuovamente le conseguenze di un suo errore e, men che meno che si ritrovasse a far fronte ad un debito simile.

Lo chiamò al lumacofono con insistenza senza nemmeno togliersi di dosso i vestiti sporchi di calce:

 

“Che cosa vuoi ancora?”

 

“Voglio che mi spieghi cosa diavolo ti passa per la mente. Ho diritto d'esser messo al corrente idiota!”

 

L'apparecchio assunse la medesima espressione dell’interlocutore arcuando le sopracciglia, imitandolo alla perfezione. Se quello non fosse stato un momento particolarmente drammatico, Pauly avrebbe trovato estremamente divertente vedere una lumaca somigliare a Lucci.

 

“Tu lascia fare a me. Non ti venga in mente di presentarti o fare come al solito di testa tua, altrimenti questa è la volta buona che ti lascio nello sterco. Cooo..ci vediamo alle 10:00 in cantiere. Purr”

 

“Non ti ho chiesto aiuto perchè ti sacrificassi tu al posto mio!”

 

“Sacrificarmi? Purr Purr.. non scherzare. Figuriamoci se potrei mai immolarmi per un imbecille come te che non sa nemmeno autogestirsi.”

 

“LUCCI SEI UNO STR...”

 

Il carpentiere non riuscì nemmeno a terminar la frase che il lumacofono assunse l'espressione dormiente rilassando i lineamenti contratti.

 

“MERDA!” Urlò sbattendo la cornetta sul proprio apparecchio che si irrigidì in una smorfia di dolore.

Inutile dire che quella fu una notte terribile: sudori, palpitazioni e spasmi nel rigirarsi fra le coperte. Cosa avrebbe fatto se Lucci si fosse ritrovato in pericolo di vita? E: se anche gli avesse anticipato i soldi, come avrebbe potuto restituirglieli dal momento che aveva consumato tutti i risparmi di mesi di lavoro per quel maledetto vizio?

A prescindere da ciò, si sentì maledettamente in colpa per aver coinvolto il collega.

 

“Domani ci sarò anche io! Eccome se ci sarò! Se la dovranno vedere con me!” biascicò parlando con il soffitto.

 

“Però.. se peggiorassi ulteriormente le cose? Magari Lucci ha una strategia precisa, ma perchè non parlarmene maledizione?!”

Colpì il cuscino con un pugno che produsse un tonfo soffocato.

 

All'apparire dell'alba, l'andrenalina era così forte da non fargli avvertire nemmeno i postumi di quella terribile notte insonne e, levatosi sui gomiti diede un'occhiata all'orologio appeso nella propria stanza che scandiva i minuti al ritmo dello sgocciolare del lavandino.

Le 07:30. Era ora di prepararsi per una nuova giornata di lavoro.

Scostate le tende della finestra, diresse un occhio alla strada illuminata da un fioco raggio di sole che sparì pochi istanti dopo soffocato da una coltre di nubi grigiastre. Water Seven si stava risvegliando: per le strade già i venditori sellavano i propri bull con molteplici rimorchi, gli impiegati con la valigetta di cuoio circolavano assonnati, nei bar il suono delle stoviglie tintinnava mentre un profumo di caffè misto a brioches appena sfornate si levava nel vento.

 

Anche vestirsi era particolarmente complicato quella mattina, i pensieri non lo abbandonavano nemmeno per un istante.

“Chissà che cosa sta facendo? Chissà se è partito per recuperare quei soldi in qualche modo, chissà se lo rivedrò....”

Si sentiva un uomo piccolo e misero, disonesto in fondo. Giurò a se stesso che mai più sarebbe capitata una cosa simile. Per nulla al mondo avrebbe ripetuto un gesto tanto orrendo ed ancor di meno chiesto aiuto non sapendo gestirne le conseguenze.

Trasalì quando il lunacofono emise il consueto segnale di chiamata.

 

“UOOOOOOOH PPPPPAULY!!! CHE FINE HAI FATTO??????? OGGI ARRIVANO I CLIENTI DEL MARE ORIENTALE ABBIAMO BISOGNO DI TE!!!! CHE CI FAI ANCORA A CASA??MUOVITI!!!”

 

“Arrivo, idiota! Non è il caso di fare tutto sto chiasso!”

 

Riagganciato, emise un profondo sospiro. Era ora di andare, non poteva più nascondersi.

Il suo bull lo attendeva con la consueta espressione sorridente e gli leccò affettuosamente la mano tesa per una carezza.

Lo stato d'animo peggiorava man mano all’avvicinarsi in prossimità dei cantieri, ecco il primo svicolo, il secondo, il bar di blueno sulla destra e per ultimo il negozio di articoli da lavoro di Jeff.

Legato il simpatico mezzo di trasporto ad un palo riportante il numero 1, si avviò verso i compagni che scorse in lontananza. Naturalmente Lucci, non era con loro.

 

“Andiamo, andiamo che sono già arrivati!Lucci questa mattina non arriverà prima delle 10:00. Ma tanto, il suo lavoro non è necessario per la bozza preparatoria.” Lulu con l'arrivo dell'autunno rinunciò al rendere gestibile quel dannato ciuffo ribelle che s'era anche increspato per via dell'umidità.

Pauly si voltò indietro un'ultima volta speranzoso di intravedere l'amico.

“Ti prego, torna il più presto possibile.....”.

 

 

 

 

 

 

 

“Signore per quale motivo dovremmo conferir con Lei per una questione riguardante un idiota truffatore?”

 

“Perchè l'idiota truffatore è una pedina fondamentale per questa missione di massima segretezza che, il vostro ordinante sta rischiando seriamente di compromettere.”

Lucci si abbassò il cilindro sulla fronte poggiando l'altro arto sul fianco.

 

“Non vorrete mica essere le mie prossime vittime?” La pupilla negli occhi verdissimi si rimpicciolì sino a divenir poco più di una fessura verticale, la lingua si strusció lentamente sul labbro carnoso.

Uno dei due uomini accortosi di ciò sentì un brivido corrergli lungo la spina dorsale. Giratosi verso il collega gli disse:

“Ascolta, io non me la sento di lottare contro questo tizio. Hai capito chi è?”

 

“Sto chiamando il capo. Pr-pronto capo sono io, a-ascolti.. c'è un problema.. il bastardo col sigaro ha mandato un altro al posto suo... no... no capo non ha i soldi ma... CAPO E' ROB LUCCI DEL CP9 CHE CI STA DI FRONTE IN QUESTO MOMENTO!!”

 

Il lumacofono dei due loschi figuri emise un grido di spavento mentre piccole gocce di sudore iniziarono a colargli dalle corna.

 

“CO...COSA?C-C-C-COSA CI FA ROB LUCCI DI FRONTE A VOI? Beh, comunque non mi interessa! Io rivoglio i miei soldi! Voglio che uccidiate quello stronzo fallito che s'è fatto beffe di me!”

 

“Capo.. noi non ce la sentiamo di combattere contro Rob Lucci. Meglio torturati ma vivi.”

 

Lucci si avvicinò e strappata la cornetta di mano a colui che proferì tali parole, la avvicinò alle labbra:

 

“Ascolta idiota, stai compromettendo un'operazione di stato per qualche berry, lo sai vero?Mi è stato detto che hai contatti con i Draghi Celesti. Non credo sia il caso di scomodare gli Dei per un'idiozia simile. So anche chi sei, e so che: anche tu a debiti non te la passi bene. Voglio proporti un accordo.”

 

Dall'altra parte ottenne come risposta:

 

“Di cosa stai parlando?”

 

“Conosco il tizio verso cui hai un debito molto più alto di quello che il mio collega ha con te.Possiamo arrivare ad un compromesso: io lo faccio fuori e tu consideri la restituzione dei soldi che ti sono stati sottratti come avvenuta. Che te ne pare?”.

 

Il lumacofono assunse dapprima un'espressione interdetta, per poi tramutarla in un ghigno compiaciuto:

 

“Mi piace il tuo modo di risolvere le cose. Ti do una settimana di tempo e hai la mia parola che al tuo amico col sigaro non verrà più torto un capello. Voglio la testa del bastardo che mi sta tenendo il coltello puntato alla gola. Dovrai farmela avere fisicamente.”

 

“Martedì prossimo a mezzodì riceverai il tuo pacco speciale. Consideralo come un omaggio per toglierti dai piedi a vita.”

 

“Deheheh, signor sì. Martedì alle 12:00.”

 

L'apparecchio iniziò a emettere un sottile ronzio prima del sonno.

 

“A-Allora noi andiamo. Arrivederci, Signore” disse il più alto dei due uomini inchinandosi.

 

Senza nemmeno dar loro risposta, Lucci si avviò seguito dal fedele assistente alato pronto a ricalarsi nel ruolo di portavoce verso i cantieri con le forti mani in tasca.

“Anche questa è fatta, uno scambio molto equo e piacevole, non trovi Hattori?”

“Purr...” gli rispose il migliore amico piegando la testolina sotto l'indice del padrone.

 

“LUCCI ECCOTI!!!!! MA DOVE DIAVOLO SEI STATO?? SONO LE 10:00! TI PARE L'ORA DI PRESENTARTI?”

 

Pauly, che stava seguendo i progetti di un nuovo veliero insieme ad un collega, udito l'urlo di Tilestone si girò di scatto verso l'entrata del dock, e fu colto da una gioia incontenibile quando scorse il collega.

 

“Lucci! Lucci ciao! Come è...”

 

Gli arrivò prontamente un pestone.

Mentre Lucci seguiva Tilestone che con mosse nerborute a pugni chiusi lo conduceva accanto al proprio reparto, Hattori volò accanto al biondo sussurrandogli:

 

“Risolto. Che ti serva da lezione, somaro. Puurrrrrr”.

 

Grattandosi il capo e sistemandosi i capelli dorati Pauly non potè fare a meno di rivolgere un ultimo sguardo all'amico che sparì dietro una massiccia porta di legno.

 

“Ma.. come hai fatto.....?”mormorò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Bene, bene!!! Allora! Il vino l'ho preso, l'apertitivo al succo di pesca pure, i tre antipasti di pesce anche...... WHISKY! IL WHISKY DANNAZIONE!!!”Pauly si precipitò in cantina sbattendo la testa contro l'infisso del sottoscala “FIUUUUU ECCOLO! Dovrebbe essere questo il suo preferito!! Muoversi! Muoversi! Manca solo mezz'ora!!!”

Nell'uscire dal portoncino sbattè la testa nello stesso identico punto sullo stesso identico infisso.

“AHIA AHIAHIA! Maledetto asse inutile!”

 

Rientrato in casa volse uno sguardo alla tavola elegantemente apparecchiata per due: tovaglia candida con finiture dorate, due calici più alti e due di forma allungata, quattro posate separate a due e due da un piatto di porcellana dipinto a mano, un secchiello col ghiaccio sulla destra ed una caraffa di cristallo posta al lato sinistro.

Gli sfiorò l'idea di una candela al centro per poi autoschiaffeggiarsi e dirsi: “Ma quanto sei demente vecchio mio, mica è la cena tra due innamorati......” avvertì avvampargli le guance terminato ch'ebbe di dire ciò. “Ma cosa sto dicendo? Avanti, muoviamoci, muoviamocimuoviamocimuoviamoci”

 

Il campanello non tardò a suonare: una pressione lieve, inconfondibile. Lucci aveva classe anche in questo.

 

“Perché ti sei disturbato?”

Disse Pauly prendendo tra le mani la bottiglia di vino rosso con al collo un elegante fiocco di seta che l’altro gli porse.

 

“Non amo presentarmi a mani vuote.. purr..”

 

“Grazie.. accomodati! Come fossi a casa tua! Lo sai bene che non sono un cuoco eccezionale ma ho fatto del mio meglio.”

 

Lucci prese posto sulla sedia accanto la finestra che dava sul terrazzo, nonostante fosse serrata a cagion dell’aria frizzantina era possibile scorgere il mare in lontananza.

A differenza che dal proprio, dall’alloggio di Pauly la laguna si intravedeva con le sue onde calme. Anche i tramonti erano bellissimi da quella posizione.

 

“Ho pensato che, come aperitivo gradissi questo cocktail alla pesca, so che generalmente preferisci il secco ma, credo che anche questo possa piacerti.. ehm.. sì allora..” Pauly si sentì alla stregua di un ritardato mentre con fare confuso avvitava il tappo su se stesso senza riuscire a smuoverlo di un singolo centimetro.

 In silenzio, Lucci gli prese delicatamente la bottiglia dalle mani ed in pochi secondi la stappó.

 

“Ehm.. grazie…”

 

Pauly non era abituato all’eleganza del collega che raramente vedeva fuori dal lavoro la sera.

Giacca e pantaloni di raffinato raso con annodata al collo, perfetta, priva di alcun segno di sgualcitura: una cravatta purpurea che si intonava perfettamente al nastro del consueto cilindro.

Lucci amava lo stile classico in tutte le occasioni che non comprendessero il lavoro in cantiere. Solo Lord Henry poteva vantare una raffinatezza superiore alla sua, a cui non rinunciava nemmeno nelle giornate lavorative fra calce e legname.

I capelli neri, freschi di shampoo, lucidi e setosi gli cadevano sulle spalle larghe, solo una ciocca arricciata sul viso.

Bello da togliere il fiato.

Arrossì voltandosi dal lato della cucina e cercando di celar l’imbarazzo che lo colse mentre faceva tali pensieri, versó il contenuto della bottiglia in due calici a base larga con del ghiaccio, per poi porgerlo all’invitato.

“Ehehe cin-cin..!”

 

Lucci sorrise ed accostato ch’ebbe il proprio bicchiere a quello dell’altro, dopo il tintinnio lo fece dondolare assaporando il profumo fruttato  di pesca, per poi sorseggiare il liquido roseo.

“Squisito.. gluck” mormorò tramite Hattori che si servì della propria dose direttamente dal bicchiere del proprietario.

 

“Eh.. già.. buono eheh vero? Eh.. perché .. a me piace molto eheh ARGH! SPRUUUZZZ COUGHT COUGHT COUGHT”

Accortosi che l’altro lo guardava con la consueta aria intimidatoria, il biondo si prese a pugni sullo sterno per far passare la tosse corposa conseguente al farsi andar di traverso l’aperitivo.  

“Ma che mi prende? Sembro un menomato! Che figura...” pensó tra un tossire e l’altro.

 

Appena ebbe modo di riaver voce, grattandosi il capo biascicò:

 

“Ehm.... allora... volevo chiederti.. come hai fatto a..”

 

“Non c’è bisogno che tu lo sappia.” Lo ammutolì l’altro non distogliendo lo sguardo dal liquido dondolante nel calice cristallino” la cosa più importante è che nessuno ti abbia più arrecato danno. Qualora accadesse ti pregherei di avvisarmi nell’immediato.”

 

“Lucci.. io non.. io non ho i soldi da restituirti in questo momento...”

 

“Idiota hai sentito menzionare i soldi? Quali danari potrei mai ottenere da uno ridotto peggio del barbone giù al molo?”

 

Pauly stizzito rimase in silenzio. Dopo ciò che l’altro aveva fatto per lui, l’ultima cosa che avrebbe potuto fare sarebbe stata quella di vantar ancor pretese. 

 

“Posso almeno ringraziarti col cuore..? Oppure.. posso fare qualcosa per..”

 

“Usare il cervello. Ammesso che tu ne possieda uno.”

 

“Quando fa così però è realmente insopportabile” pensó il carpentiere dai capelli dorati mentre poggiava entrambi i bicchieri sul lavabo della cucina per apprestarsi a servire il primo antipasto.

 

La cena, trascorso il momento di imbarazzo iniziale, proseguì con leggerezza: buon pesce, vino fresco conditi da chiacchiere e risate resero assai piacevoli quelle ore.

Lucci ascoltava le idiozie di Pauly con un braccio poggiato al tavolo e il palmo della mano che sorreggeva il proprio capo.

Il vino che scorse a litri, inizió presto a mostrar gli effetti. Non per il bruno che come di consueto non esageró nel degustarlo, quanto piuttosto per l’amico che iniziava a divorare le parole e a produrre singhiozzi sgradevoli.

Una volta giunti al digestivo comprendente: whisky invecchiato e servito in un bicchiere concavo, ormai il collega a stento riusciva a tener alta la testa.

 

“Penso che sia ora ch’io vada.” Disse Lucci terminata l’ultima goccia ambrata.

 

“Mmmaaaaa suuuvvia.... ancora un goooccino... dai......”

 

“Seriamente, basta così.”

 

“Aaaaaaallora.... f-fa’ compagniaaamme.. non è bello... bere da soli.......”

 

Lucci sospirò rassegnato. Era un sabato sera: quanto meno non gli sarebbe toccato levarsi di prima mattina con ancora la pancia piena ed appesantita. Acconsentì, dopo ovviamente aver valutato la propria lucidità, ad un ultimo bicchiere.

 

“Eecccomunque tu delle volte... amico mio.... sei..... sei insopportabile ecco. Sempre.. con quell’aria... perfetta....... blablabla... saccente...”

 

“Dacci un taglio Pauly. Stai esagerando.”

 

“Quaaaando dico qualcosa che... nooon ti fa comodo... esagero.. eh?”

Pauly diede una golata decisa al proprio whisky asciugandosi un rivolo di liquido che gli coló al lato della bocca.

 

“Si.. sei... insopportabile.”

Improvvisamente il suo volto si fece triste, come anche i suoi occhi azzurri che fissarono quelli dell’altro.

“Ma..non ce la faccio... senza di te... stronzo.... ma chi sei tu.... che sei arrivato... qui... da un anno e mezzo.. senza manco parlare.... d-da chissà dove..... chi sei... per farmi provare questo....”

 

“Ora è davvero meglio che io vada. Grazie per la cena, Idiota. Era davvero squisita.”

 

Lucci si levò in piedi incamminandosi alla volta dall’appendiabiti. La situazione stava degenerando e s’era ormai fatta l’ora di lasciare il campo.

Pauly gli afferró la spalla da dietro trattenendolo per il braccio, voltandosi di scatto si ritrovò il biondo a pochi centimetri dalle labbra, cosa che gli fece sgranare gli occhi.

 

“Lucci.......io.........”

 

“Sei ubriaco! Piantala imbecille!” 

 

“Non andartene..... ti prego.... resta qui... resta... con me.....”

 

Il bel tenebroso non si aspettó il bacio che arrivò quando ancora stava dando le spalle al proprietario di casa.

Le labbra premevano contro le sue, mentre la lingua si insinuava delicatamente fra loro.

 

“Oh Merda!” Pensó Lucci lasciandole trapassare. Pauly lo cinse in un abbraccio forte, come quello di chi, aveva mantenuto in segreto un sentimento che ormai non riusciva più a controllare e che s’era rinforzato giorno dopo giorno tra sguardi rubati, risate in compagnia ma soprattutto di istanti condivisi.

Non si tolse. Non ricambió l’abbraccio, si limitò solo a cingere la vita dell’altro con un braccio ed a poggiare una mano sulla sua nuca.

 

“Cosa faccio? Se mi ritraggo, potrei perdere l’occasione di tenerlo legato a me, se cedo, è inevitabile che gli provocherò un dolore atroce.”

Provó molta tenerezza notando come Pauly, fosse impedito e goffo anche in quel frangente. I suoi baci erano caldi ma irruenti, percepiva i suoi tremolii mentre lo stringeva a sè. Quelli erano gli atteggiamenti di chi amava... e molto.

 

“Pauly.. aspetta.. fermati..”

 

Le labbra dell’altro non volevano saperne di allontanarsi dalle sue, e nemmeno dal suo viso che baciavano senza sosta mentre gli mormorava all’orecchio:

 

“Lucci... Lucci... Lucci.. oh Lucci... quanto.. l’ho desiderato.. Lucci.. Lucci..”

 

“Ora basta Pauly!”

Disse con tono fermo alzando la voce.

 

“P-perdonami.. oddio... io... io devo aver bevuto troppo... sono mortificato... non so.. non so cosa dire io...”

 

“Adesso è meglio che tu vada a dormire. E di corsa anche.”

 

“Aspetta Lucci! Ti prego fermati un secondo! Ti chiedo scusa, Lucci! Lucci!”

 

“Buonanotte Pauly” disse il carpentiere sotto copertura senza voltarsi per richiudersi la porta alle spalle.

 

Pauly si precipitò ad aprirla, ma ormai, il suo amato era scomparso.

Piombó così nello sconforto. Che Idiota era stato: si era dichiarato nel modo peggiore. Non sapeva quale delle due cose fosse più dolorosa: se il rifiuto dell’altro o la modalità da lui scelta per concedersi di amare solo per un istante senza inibizioni.

Iniziò a piangere come un lattante realizzando di essersi perdutamente innamorato.

Di un uomo.

Di un collega.

Di chi non lo ricambiava.

Come avrebbe potuto guardarlo ancora il lunedì seguente dopo quella figura da ubriacone? Come avrebbe mai potuto amarlo, l’uomo che lo aveva fatto innamorare sin a tal punto, dopo ch’egli gli aveva mostrato la propria parte peggiore?

Un giocatore preda del proprio vizio, un carpentiere incapace che per poco non lo fece soccombere sotto un ammasso di legno marcio, un estorsore di danaro a rampolli governativi ed infine, anche un ubriacone sentimentale.

Il peggio del peggio. La cosa amara, è che più si sforzava di fare le cose in maniera perfetta per apparire quanto meno degno del Suo sguardo, più falliva miseramente.

E se Lucci: nemmeno come amico lo avrebbe più voluto? Troppo era lo sconforto, estremo il dispiacere.

Lui, che per anni s’era fatto beffe delle donnine innamorate che corteggiavano lui stesso ed i suoi colleghi visti come il vanto locale, lui, che più volte s’era ritrovato a consolare gli amici vittime di innamoramenti andati male.

“ma puoi ridurti così per una donna? Ma dai, che uomo sei?”

Quante volte lo aveva detto.

Ed ora: era il suo turno. Ora, tutto gli si era rivolto contro. Solo in quel momento realizzó che fino ad allora, aveva ignorato totalmente cosa significasse amare.

Ripensó fra i singhiozzi a tutti i loro momenti, ai soprannomi “giocatore incallito” e “sopracciglia a falce”, al reciproco stuzzicarsi talvolta sin ad arrivare alle mani.

Probabilmente aveva perduto tutto ciò.

Pianse tutte le sue lacrime, fino a quando gli occhi ormai sciolti dal pianto non gli concessero un sonno profondo. L’unica realtà, in cui poteva concedersi di amare.

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** La prima riunione degli agenti sotto copertura ***


Una buia notte di un sabato novembrino. L'orologio del campanile maestoso sopra il Canal Grande emise tre lievi rintocchi, dando inizio alla riunione straordinaria tra quattro anime tenebrose. Un vecchio tavolo da biliardo ingiallito dal tempo, due paia di sedie sfoderate con le gambe lignee erose dalle tarme, una lampada dal dorso impolverato che illuminava con luce fioca questo scenario lugubre.

 

“Possiamo iniziare.” Lucci prese posto su una delle seggiole, dopo essersi sincerato che lo stato di degrado della stessa potesse reggere il peso del suo corpo.

“Blueno non è ancora arrivato.” Kaku portava un oscuro cappello di lana nero per il suo patire molto il freddo alle orecchie. L'estremità del naso quadrato aveva assunto un colorito rossastro per via della temperatura.

“L'ho intravisto. Sarà qui tra pochi istanti, stava giusto chiudendo l'osteria.”

“ Eccolo, infatti.”

Dalla penombra si intravide una figura alta e robusta, con il capo biforcuto alle estremità.

“Chiedo scusa per il ritardo. Un paio di ubriaconi non avevano intenzione di lasciare il campo. Fortunatamente sono riuscito a convincerli ad andare a smaltire la sbornia lungo le strade, augurandomi precipitino nei canali.”

“Ti sei sincerato di non esser seguito da qualcuno?”

“Naturalmente. Per fortuna, la movida di questa città termina abbastanza in fretta.”

Califa si accese una sigaretta illuminando per pochi istanti il magazzino logoro e sporco, negli angoli giacevano vecchi scatoloni impolverati, carcasse di attrezzi e rottami in disuso. Una base perfetta di cui gli stessi abitanti cittadini ignoravano l'esistenza, forse ad eccezione degli anziani. L'avevano scoperta Kaku e Lucci assolutamente per caso, una volta che Tirannosauro era fuggito dal taschino del padrone per avventurarsi fra i suoi simili che correvano senza indugio per l'ambiente emettendo squittii lievi.

“Dunque... ormai sono trascorsi due anni dal nostro arrivo in questo sudiciume. Questa mattina, il capo ha iniziato -e giustamente mi sento di dire- a pretendere dei risultati. Quanto meno progressi. Immagino che abbiate bene a mente che ieri in cantiere, abbiamo finalmente dato un'identità a Cutty Flam”.

Lucci si allentò la cravatta di raso che cominciava a recargli un lieve fastidio.

“Ora sappiamo chi è l'altro allievo di Tom. E' già un bel risultato!” disse entusiasta Califa, vantando l'orgoglio, in quanto segretaria dell'uomo attorno a cui era concentrata l'intera missione, di aver comunicato lei stessa la notizia ai colleghi.

“Piano con i giubili.” La ammutolì prontamente il suo superiore di quello che era il loro “vero” lavoro. “Certo, indubbiamente questo è un traguardo non da poco, ma siamo ancora in alto mare”.

“Iceburg è un osso duro” rispose la bionda sistemandosi gli occhiali da vista con la punta delle dita della mano destra “ condivido con lui ogni singolo istante eppure: mai ha mostrato un segno di cedimento. In ufficio si comporta normalmente, come nulla fosse. A parte le visite dei nostri colleghi governativi a cui raramente mi permette di presenziare, non ho avuto occasione di riscontrare particolari clienti.”

“Blueno, tu?”

Il cornuto oste si abbassò la sciarpa di lana permettendo alle proprie labbra importanti di dire:

“Iceburg non beve quasi mai. Ho provato diverse volte ad incentivarlo ad allentare i freni inibitori con più omaggi in cocktail. Quella vecchia... Kokoro, la capostazione, invece mi farebbe fuori anche il petrolio qualora lo vendessi. Però qualcosa di positivo c'è: Franky, che ormai sappiamo bene chi è, viene spesso a rifornirsi nel mio locale. Da Lunedì in avanti, cercherò di drizzare le antenne con attenzione sicuramente maggiore. Gli altri clienti credo non siano al corrente di nulla invece. Ubriachi ce ne sono a bizzeffe, ma a parte commenti volgari sulle ragazze del posto, su Califa o le loro mogli non fanno.”

Lucci sospirò chiudendo gli occhi.

“Piuttosto Lucci, forse tu devi dirci qualcosa.”

Il carpentiere dai bei capelli neri sollevò il capo con gli occhi sgranati verso Kaku che proferì tali parole.

“Cosa vorresti dire scusa?”

“Non so, ricordo male o questa sera avevi in programma la cena con Pauly? Cena che, mi pare essersi conclusa anche in un certo modo.”

La pupilla di Lucci assunse la classica forma felina, succedeva ogni qualvolta qualcuno gli rivolgesse un appunto che mal tollerava.Come si permetteva quel ragazzino di parlargli in quel modo? Come faceva poi, a saperlo? Già, che sciocchezza. Erano l'elite dei servizi segreti mondiali: figuriamoci se un particolare insulso come quel bacio rubato poteva fuggire a chi ha a che fare con le missioni più impervie.

“Da quando ti permetti di spiare me?”

“Non sono fatti miei quelli che riguardano la tua vita privata, ma lo diventano nel momento in cui hanno a che fare con una missione in cui collaboriamo tutti. Bacia bene almeno?”

Lucci sferrò un calcio al nasuto che prontamente schivandolo rise.

Califa arrossendo balbettò:

“Co-cosa? Lucci ma tu e Pauly davvero...?”L'idea del biondo e del moro insieme non dispiacque alla sua mente perversa tutto sommato.

“Finiamola. A parte gli scherzi.. Pauly a tuo avviso può esserci utile, Lucci?” Kaku tornato serio appoggiò le braccia al bordo del ligneo tavolo impolverato facendo poi una smorfia disgustata una volta realizzato di essersi lordato le mani.

“Non credo. Penso che anche lui sia all'oscuro di tutto. Dannazione, non riusciamo a combinare niente al momento.”

Blueno appoggiando una mano sul fianco disse:

“Che intenzioni hai con Pauly?”

“Che cosa intendi?”

“Non ci vuole un genio per capire che è innamorato di te.” Il ragazzo impertinente incrociò le braccia guardando in volto il collega.

“Da quando è diventato così sicuro di sé?” pensò tra sé e sé Lucci ricambiando lo sguardo con espressione infastidita. In un battito di ciglia si ricordò che anche lui quando era ben più giovane di Kaku, alla prima missione era cresciuto in forza e sicurezza, per cui non poteva di certo fargliene una colpa, anzi. Ne era contento. Il ragazzino dai capelli rossi che aveva voluto con sé stava diventando un combattente per davvero.

“Se la tua domanda vuole essere finalizzata al sapere se intendo fidanzarmi con Pauly, la mia risposta è no, idiota!”

“Ahahah peccato sareste una bella coppia.”

“Kaku la finisci? Stai esagerando. Parliamo di cose serie!” Blueno mise una mano sulla spalla del ragazzo che si ritrasse rimanendo in silenzio.

“Può anche essere che al momento Pauly non sia al corrente del grande segreto che coinvolge il suo amato Maestro. Ma se posso consigliarti: gli starei al pelo. Iceburg è troppo legato a lui per non coinvolgerlo nei propri affari. Sono abbastanza sicuro che potrebbe accadere anche piuttosto presto.” disse l'oste.

Lucci sospirò slacciando del tutto la cravatta: finalmente la sensazione del collo libero di respirare!

“E sia! D'accordo, lo farò. Kaku: tu occupati degli altri due dementi. Alludo a Tilestone e Lulu, sembra che andiate piuttosto d'accordo. Anche se non credo possano nella loro utilità, può anche essere che siano i mediatori della vendita del legname alla Franky Family e dunque, ti permetteranno di avere rapporti con Cutty Flam. Drizza le antenne. Califa: tu prosegui il tuo lavoro come sempre. Ricordati di non forzare mai e poi mai Iceburg. Dovrai continuare ad essere discreta ed accodiscendente, non deve avere il minimo sospetto che tu possa cercare di forzarlo in qualche modo. Blueno: dacci dentro con gli alcolici non appena vedi che: o Cutty Flam o meglio ancora Iceburg siano interessati a concedersi una serata di bagordi, e presta attenzione anche alle chiacchiere degli altri. Al bar la gente si rilassa e non controlla la bocca. Al momento è tutto. Ci riaggiorneremo presto. Ricordate: discrezione. Sempre. La posta in gioco è troppo alta”

Proferite tali parole, Lucci sciolse la riunione furtiva.

“Adesso faremo meglio a separarci. E' pur sempre un giorno festivo, non corriamo il rischio che qualche idiota possa vederci. Non che non mi piaccia l'idea di farlo fuori, ma, poi, ci sarebbero altri problemi da affrontare di cui farei volentieri a meno fino a quando non riveleremo la nostra vera identità.”

“D'accordo. Buonanotte ragazzi, ci vediamo Lunedì in cantiere”Califa spense la seconda sigaretta in un posacenere incrostato per poi avviarsi verso l'uscita del magazzino.

“Aspetta, esco io per primo, controllo che non ci sia anima viva” la fermò Blueno aprendo una porta nell'atmosfera per teletrasportarsi all'esterno del capanno.“Via libera. Io mi catapulto direttamente nella mia osteria. A presto”.

Lucci e Kaku attesero un po' prima di allontanarsi a propria volta: giusto il tempo che a loro avviso avrebbe impiegato Califa a seminare la sede delle loro riunioni segrete.

“Non permetterti mai più di fare quelle battute idiote” disse d'un tratto il primo rompendo il silenzio.

“Non capisco cosa possa averti infastidito. D'altronde corrispondevano alla verità”

Giratosi di schiena, volto contro il tavolo da bigliardo, Kaku si tirò la zip del maglione sin sopra il mento, ma giratosi di scatto nell'avvertire la presenza dell'altro, si ritrovò le sue labbra a pochi centimetri, le separava solo il suo enorme naso, mentre le di lui braccia appoggiate al bordo gli chiudevano possibilità di fuga.

“Non sarai mica geloso...” disse il tenebroso con un sorriso beffardo. Erano tanto vicini da avvertire il calore del respiro reciproco.

“Che accidenti stai dicendo???Che..... che stai facendo, lasciami!”

“Io non ti sto trattenendo. Potresti tranquillamente liberarti se vuoi.”

Divenuto paonazzo Kaku indietreggiò colpendo con la schiena il bordo del grosso tavolo.

“Sei.... un pervertito......”

Lucci tirata fuori la lingua la passò sulle proprie labbra. Visti da vicino i suoi occhi parevano due pozze smeralde, il pizzetto a forma di cunetta lasciato crescere da mesi solleticava il mento del ragazzo dopo che l'altro con l'indice, gli aveva abbassato il collo del maglione lasciandolo scoperto.

“Ora capisco perchè Pauly impazzisce per lui. Quest'uomo sprigiona sesso da ogni parte del suo corpo” pensò Kaku avvampando mentre il cuore gli batteva all'impazzata. “MA COSA DIAVOLO STO DICENDO!!!”pensò ancora autoammonendosi.

“Ah, io sarei un pervertito? Dovevi vederti, sembravi una ragazzina gelosa.”

La situazione, che l'aveva colto totalmente impreparato, impedì a Kaku di proferire altre parole se non balbettii sconnessi.

“Vai a dormire, ragazzino arrogante. E' meglio se non alzi troppo la cresta, altrimenti potrebbe essercene anche per te. Adesso sparisci. Ci vediamo Lunedì.”

Lasciate cadere le braccia e liberando così il collega che ancora tremava per l'emozione inaspettata, Lucci si avviò verso l'uscita del magazzino, lasciando l'altro barcollante accanto al tavolo.

Che serata allucinante! Prima: Pauly che in modo maldestro aveva dichiarato i propri sentimenti, poi la riunione inconcludente ed infine anche la tracottanza di un Kaku geloso.

Mentre passeggiava lungo le strade vuote ed il freddo lo avvolgeva con il proprio manto gelido, con Hattori al caldo sotto il cappotto non potè fare a meno di emettere un profondo sospiro.La missione stava procedento realmente a rilento, certo, accertarsi dell'identità dell'allievo di Tom era stato un bel passo avanti, ma in mano di concreto, il CP9 ancora non aveva nulla.

Si fermò e girando su se stesso volse un occhio alla città che riposava sotto la coltre del freddo.

Quanto ancora sarebbe durata la loro permanenza?

Sarebbero potuti restare per anni, o addirittura decenni se qualcosa non si fosse mosso.

Pensò con nostalgia alla propria sontuosa stanza ad Ennies Lobby, calda e regale, arredata col massimo gusto, al rumore degli spari, alle urla disperate dei condannati che attendevano la deportazione ad Impel Down.

Persin quell'imbecilledi Jabura e gli altri due dementi di Kumadori e Fukurou gli mancavano.

Ad incentivare tutto questo: c'era anche la poca sopportazione che nutriva nei confronti di quella città.Non si accorse che perso tra i suoi pensieri, era appena passato sotto casa di Pauly, poco distante dalla propria, e lo scorse piangere nella stanza da letto aggrappato ad un cuscino.

Provò profonda tristezza nel vedere quell'immagine, aver imparato ad autocontrollare le proprie emozioni non significava, come molti pensavano, non provarne affatto.Il biondo collega gli era simpatico, gli si era anche affezionato nonostante lo reputasse un irresponsabile impulsivo, ed ora che le cose si erano messe in tal modo, proprio non sapeva come comportarsi nei suoi riguardi.Qualora lo avesse illuso anche per un qualcosa che andava oltre all'amicizia, sapeva che l'altro avrebbe sofferto in maniera indicibile. Ma rifiutarlo sarebbe equivalso ad allontanarlo e dunque conseguentemente allontanare anche un possibile aggancio con Iceburg.Quest'ultimo pensiero lo aiutò a scacciare quel lampo di humana pietas: non poteva avere scrupoli di alcun tipo. Era il responsabile di quella missione e l'avrebbe portata a termine a qualsiasi costo.

“Mi dispiace amico, ma qualunque sacrificio in nome della giustizia” mormorò passando oltre.

 

Varcata la soglia di casa, poggiò Hattori ancora addormentato col becco fra le piume sul divano e finalmente si liberò di quei vestiti aderenti, lasciando scoperto il corpo scolpito.

Guardata l'ora si rese conto che erano le 04:30 del mattino passate, il pensiero di un buon sonno che avrebbe potuto potrarre il giorno successivo gli permise di non preoccuparsi eccessivamente dell'ora tarda. Non aveva nemmeno particolari impegni per il giorno seguente se non quello di dare una sistemata all'alloggio come ogni fine settimana: non sopportava il disordine e nei giorni lavorativi, purtroppo non era possibile provvedere alle faccende domestiche.

Sollevato il piumone imponente si accoccolò sul fianco poggiando la testa sul cuscino.

 

“Buonanotte Hattori...” sospirò lasciandosi abbracciare dal sonno.

 

 

 

…..................................

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Capitolo 12
*** L'amore di sè ***


“Hai vissuto un'esperienza molto dolorosa Pauly, lo si percepisce dal rammarico col quale la racconti, e soprattutto perchè un amore non ricambiato è uno scoglio assai arduo da superare”

Iceburg poggiò la mano sulla spalla del suo uomo di fiducia che cercava con scarsi risultati di nascondere il profondo magone.

“Però non ricordo che lui avesse cambiato atteggiamento nei tuoi riguardi, nonostante tutto”.

“Infatti non fu così. Il lunedì dopo quella cena, avemmo modo di parlarne. Inutile dirLe, Signore, che avevo una tale disperazione mista ad imbarazzo da non riuscire nemmeno a guardarlo. Ricordo molto bene quanto fu complesso, per me, recarmi ai cantieri quella mattina. Forse ancor maggiormente da innamorato respinto che da estorsore con la gola tagliata.”

Pauly si voltò verso la vetrina del soggiorno cercando con lo sguardo un residuo di ambrato alcolico, mostrando un'espressione corrucciata quando si accorse di averlo terminato.

Nemmeno tal particolare sfuggì allo sguardo attento di Iceburg, il quale sorridendo gli disse:

“Il mio animo razionale ti direbbe che è meglio così, che hai già bevuto troppo questa sera, ma quello umano comprende la delicatezza del momento come anche che, oggi è il tuo giorno di festa. Orsù dunque, torniamo alla sede. Ho una riserva di liquore che tengo appositamente per le visite di ospiti importanti.”

“Non posso accettare Signore.”

“Per una volta, considerati tu mio ospite!”

Sospirando e colmo di gratitudine non solo per l'ascolto delle sue pene ma anche per l'incredibile gentilezza (seppur consueta) del titolare, il biondo gli sorrise ed una volta portati dentro bicchieri vuoti e vassoio, chiudendo la finestra del terrazzo e spente le luci, seguì il Maestro per le strade silenziose e deserte della città.

In lontananza alcuni camini gettavano sbuffi di fumo grigiastro che si levava alla volta celeste consumandosi poco a poco.

Il mare rompeva quel silenzio con le proprie onde in lontananza, non una luce accesa si poteva scorgere dai palazzi tondeggianti, ed il campanile nella sua maestosità segnava ormai le ore 05:00 del mattino.

Pauly provò un profondo senso di colpa per il suo intrattenere il sindaco fino a tal orario, ma, egoisticamente sapeva di necessitare della sua presenza in quella notte così emotiva.

Giunti ch'essi furono innanzi al sontuoso portone ligneo della sede, lo richiusero alle proprie spalle varcatone la soglia, mentre Iceburg, accese un lume posto su una mensola in fondo al lunghissimo corridoio.

“Se non ti spiace, preferirei evitare l'accensione delle luci. Potrebbe dare troppo nell'occhio”

“Ci mancherebbe altro Signore. Anzi, mi creda, preferisco.”

I loro passi risuonavano nella penombra mentre le ombre proiettate sul muro apparivano mastodontiche a cagion di un artistico gioco di luce.L'ex carpentiere conosceva la sede della Galley-la come le proprie tasche, eppure, da un anno a parte: dall'essere la stessa: rappresentazione del suo sogno di bambino finalmente realizzato, era divenuta un nostalgico posto di sensazioni e ricordi vissute con l'uomo che tanto aveva amato e col ragazzo dal naso quadrato di cui si fidava.

Scorse sulla destra una sedia lignea leggermente consumata dall'usura e dal tempo. Lucci era solito sedersi lì quando, per esigenze lavorative, necessitava di conferire con il sindaco e Califa lo faceva attendere che quest'ultimo si liberasse per riceverlo.

Gli pareva d'averlo innanzi. Eccolo: con il suo cilindro dalla piatta tesa circolare, le bretelle marrone scuro allacciate con cura ai pantaloni di egual colore, l'immancabile amico alato poggiato sulla spalla sinistra e i tatuaggi in vista sulle braccia possenti.Pensò con ancor maggior intensità ai momenti di scherzo e di condivisione quando, accanto a quella sedia, ne erano poste altre quattro occupate rispettivamente da se stesso e gli altri capomastri.Si sentì vecchio nell'animo: ormai non erano rimasti che pochi ricordi dei suoi momenti più felici, poca volontà di crearne di nuovi, sforzi continui per non permettere che il tempo ne cancellasse i particolari.Ogni angolo di quel posto sembrava menzionare il suo nome, ovunque i suoi occhi si posassero: lui era lì.Sulla sinistra: la sala riunioni ove presenziavano insieme quando era in corso un progetto importante per conto di enti governativi, leggermente più al centro: la sala dove sforzando gli occhi sin a sentirli annebbiarsi preparavano le bozze di costruzione con il proprio capo.

Conosceva bene il loco in cui lo stava conducendo quest'ultimo, non era niente meno che il terrazzo dell'attico da cui Iceburg osservava i propri cantieri crescere sempre di più, gli operai coordinarsi stremati dalla fatica ma soddisfatti nel veder prender forma agli scheletri delle loro stesse creazioni.

Non sbagliò infatti.

Il tavolino lavorato con intarsi d'epoca era ancora nel consueto angolo, sotto l'ampio ombrellone scuro per protegger gli occhi dal sole e le sedie poste in cerchio.Nei pomeriggi estivi non particolarmente afosi, il sindaco soleva trascorrere molto tempo su quella terrazza insieme alla propria segretaria, sorseggiando un aperitivo analcolico, un the caldo nelle ore più tarde, o un caffè nelle giornate piovose. L'altezza della medesima era tale da permettere di vedere tutta la città ed i di lei canali cambiando angolazione, con all'orizzonte il mare che talvolta si colorava di tinte rosee insieme al cielo durante il tramonto: uno spettacolo a dir poco mozzafiato.

“Ecco a te: grappa distillata ed invecchiata nei barili di rovere. Io non amo gli alcolici ma, i clienti sono piuttosto generosi negli omaggi. Serviti.”

Iceburg posò un'elegante bottiglia dal collo affusolato dalla forma d'ampolla sul tavolino insieme a due bicchieri a base larga.

“Signore, grazie davvero. Immagino che Lei sia molto stanco, mi dispiace rubarLe preziose ore di sonno per le mie melensaggini.”

“Non ho alcun principio di sonno, non reputo le tue confidenze delle melensaggini e soprattutto nessuno mi impedisce di prendere un giorno di riposo domani, grazie all'aver smaltito questo pomeriggio tonnellate di lavoro arretrato. Inoltre dal mero punto di vista lavorativo: è mio interesse avvalermi di un Vicepresidente lucido, presente mentalmente e sereno. Sarebbe penalizzata l'intera produzione se così non fosse. Per tali ragioni dunque, non sentirti in colpa per alcunchè: è una scelta mia essere qui ad ascoltarti, bada solo però, che sia produttivo tutto ciò.Esiste un momento per tutto, mio caro Pauly. C'è il momento per piangere, quello per ricordare, quello per elaborare, quello per accettare ed infine quello per reagire.

Piangi anche tutte le tue lacrime, non aver timore alcuno di sembrar fragile, urla, grida, sfogati. Ma promettimi che questo non sarà il pretesto che userai con te stesso per evitare di ricominciare. Solo in tal caso mi deluderesti.”

 

Che il suo Maestro fosse un uomo eccezionale quasi al confine con il Divino, Pauly lo aveva sempre saputo. Che oltre ad un eccellente costruttore fosse anche un uomo di enorme spessore morale, anche. Ma sempre più lo sorprendeva per l'intelligenza e l'umanità.

Le sue parole furono molto incisive. In un attimo realizzò che quanto Iceburg aveva appena pronunziato, corrispondeva a cruda verità: crogiolarsi nel dolore d'animo come un topino ferito ed agonizzante non solo non gli avrebbe riportato indietro la persona amata, non solo non avrebbe aiutato il suo animo alla guarigione, ma soprattutto, avrebbe deluso l'unica guida della sua vita e penalizzato la cosa più importante per la propria realizzazione: il lavoro che aveva sognato sin dall'infanzia.

“E' vero Signore, concordo con ogni Sua singola parola..ma il dolore.. è incredibilmente forte. Certo, in giornate particolarmente impegnative capita che la mia mente si allontani da Lui e dal suo ricordo, motivo per il quale mi sono buttato a capofitto nel lavoro. Ogni tanto, anche nelle serate con i ragazzi riesco a distrarmi concedendomi sane risate di gusto. Il problema principale è quando resto solo. Quando il silenzio mi circonda. Quando realizzo che non lo vedrò mai più e che, nonostante tutto, io ancora ho bisogno di lui.Come ben ricorderà: io, Tilestone e Lulu decidemmo di prestare il nostro aiuto ai pirati di cappello di paglia. Lord Henry non era con noi la notte dell'incendio, lo trovammo il giorno dopo all'ospedale della città con molteplici bendaggi su tutto il corpo: non so chi di loro quattro, ma lo avevano conciato per benino. Non reputammo necessario rivelare il nostro prezioso segreto a qualcuno: forse perchè faceva molto male anche a noi, forse per evitare di pronunziare nuovamente i loro nomi riaprendo una ferita così dolorosa, o forse perchè nonostante tutto, volevamo loro bene. E questo sentimento ci fece realizzare di non voler rovinare il loro ricordo.

Ecco, tornando a quel viaggio verso l'isola giudiziaria e l'ausilio dato ai ragazzi, non so quali fossero le motivazioni dei miei amici: ma sono ben conscio delle mie.

Vorrei poterLe dire che il mio unico scopo era quello di vendicare Lei, che l'unica ragione della mia decisione di rischiare la vita in quel luogo infernale fosse la profonda gratitudine che nutrii per quei pirati che, in modo del tutto disinteressato, si resero protagonisti della nostra salvezza.

Ma sarei un bugiardo.

O meglio, non che non ci fossero tali motivi però..”

 

“Però il principale fu la tua rabbia verso di Lui, vero?” Lo interruppe Iceburg.

Pauly serrò i pugni strusciando con vigore le nocche delle dita sulle gambe.

“Sì, Signore. Quando lo sentii parlare, dopo cinque anni in cui incessantemente mi ero chiesto che suono avesse mai potuto avere la sua voce, quando con parole ripugnanti di pochi secondi descrisse i miei ricordi più felici, quando vidi Lei esanime con Lui che minacciava di percuoterLa ulteriormente, fui annebbiato dalla rabbia. Lo volevo morto. No anzi, sarebbe riduttivo. Lo volevo vedere soffrire le più indicibili pene per aver ingannato chi lo aveva amato con tutto se stesso, chi gli aveva insegnato il lavoro giorno dopo giorno, chi aveva creduto in lui fino ad arrivare a farsi uccidere se fosse stato necessario. Non potevo credere che la persona di cui mi ero follemente innamorato fosse un tale mostro. Io....”

Ecco nuovamente le lacrime fare capolino dagli occhi azzurri, mentre la voce si ruppe fino a ridursi ad un filo interrotta dai singhiozzi.

“Io ho amato quell'uomo con ogni parte di me. Ho sperato, ho desiderato che Lui potesse un giorno, provare le stesse cose. Sognavo un futuro che non avrei mai visto: fatto di intesa, di momenti condivisi in un mondo tutto nostro di solo affetto come un rifuglio dall'orrore di quello reale, di averlo con me nella buona e nella peggiore delle sorti. Posso essere stato maldestro, imprudente, irresponsabile, magari anche lagnoso e pesante ma.... sincero. Sempre. Io... io non avrei mai potuto ingannarlo, la sola idea mi avrebbe fatto provare il più profondo ribrezzo.

E pensare che.. io per lui non sono stato altro che una pedina, che mi considerasse meno di un sassolino calpestato dalle sue scarpe, alla stregua di un sacco di immondizia preso a calci.... Signore, mi fa troppo troppo male.

Quando lo vidi steso a terra in una pozza di sangue, con ancora le sembianze di quell'ibrido mostruoso, capii che era morto e provai una gioia incontenibile.

Subito dopo però, quando il ragazzo di gomma ripartì insieme alla propria ciurma, sprofondai nello sconforto più nero. Il livore aveva fatto posto alla disperazione: << l'uomo che amavo è morto. >>

quelle parole, che pronunciai a me stesso, ebbero l'effetto di un vortice oscuro come la morte in cui mi sentii risucchiato senza possibilità di uscita.

Ora che Lucci è morto, Signor Iceburg, niente riesce ad avere realmente senso per me.Non si possono riportare in vita i defunti.

Se almeno Lui fosse sopravvissuto, avrei ancora la speranza, un giorno, di incontrarlo. Di essere degno nel suo sguardo assassino, visto che, a parer suo, non ero degno nemmeno d'essere ucciso.Di fargli vedere che, io sono forte. Molto più forte di quanto lui abbia mai creduto......ma, tutto questo, non può accadere.........”

Iceburg, volse il proprio sguardo innanzi a sé. Nella sua mente si fece largo l'indecisione di una scelta che avrebbe dovuto fare in un tempo brevissimo.La risposta al dubbio tremendo che lo assalì, la ebbe nell'immediato una volta guardato l'altro contorcersi nel dolore più atroce.Forse avrebbe comportato perderlo come uomo di fiducia, e come allievo per cui davvero nutriva un affetto profondo. Ma proprio per quest'ultima motivazione, doveva farlo. Glielo doveva.

 

“Lucci è vivo, non è morto nel buster call.”

 

Calò un silenzio tombale. I singhiozzi lasciarono posto ad uno sgomento palpabile, gli occhi azzurri sgranati e le labbra socchiuse rendevano bene l'immagine di un uomo pietrificatosi da vivo.

“Che..che cosa ha detto...?”

Iceburg chiuse gli occhi e continuò:

“Nessuno sa spiegarsi come abbia fatto a sopravvivere. Forse proprio per una forza simile a quella di un Dio, ma ce l'ha fatta. E' nel CP0 adesso.”

“Lui è vivo......Lui esiste ancora........” Pauly continuava a ripetere a se stesso queste parole nella propria mente, totalmente incapace di pronunziarne di nuove all'esterno. Quando la voce glielo permise, con affanno chiese:

“Signore.. Lei..come lo sa?”

“Ti ricordo che io lavoro anche con ufficiali governativi. Però non te lo nego, fui curioso di conoscere la sorte di quei quattro. Per questo motivo, quando ebbi modo di ricevere come cliente un portavoce dello stesso Grand'Ammiraglio Sengoku, non feci mistero della domanda. Di Califa e Blueno, non ebbi delucidazioni. Ma Lucci e Kaku, i più forti agenti al soldo del governo mondiale, erano troppo unici nella propria rarità perchè quest'ultimo ne potesse fare a meno. Dunque, seppi che: non solo sopravvissero, ma avanzarono anche di grado.”

“Non si è arreso nemmeno alla sconfitta.. è proprio rimasto identico. E' da lui...”

Iceburg facendosi oscuro in volto, gli rivolse queste parole:

“Voglio che tu possa considerare la mia decisione di rivelarti tutto questo come un estremo atto di fiducia verso le tue capacità. Decidi tu ora, cosa sia meglio per te. O te ne vai e cerchi disperatamente il modo di incontrarlo, essendo ben consapevole però, che potrebbe essere la tua ultima volta dal momento che la sua mente assassina non è mutata, o resti. E se opti per la seconda scelta, sappi però che non puoi più concederti di lagnarti ogni giorno verso un qualcosa che, purtroppo non è andato come desideravi.

Dal momento che dici di averlo amato così tanto e, di aver ammirato oltre ogni misura la sua forza straordinaria, fanne buon uso. Tu stesso hai la tua riserva di forza. Tu stesso devi essere la Tua forza. Lui: continua la propria vita. Lui: è coerente con la scelta che ha fatto. Ma soprattutto Lui: non ha bisogno di te.

Chiediti questo.Chiediti se è realmente ciò che desideri.”

“Lui..non ha bisogno di me....” Per quanto crude, terribili a sentirsi, fossero tali parole, il Maestro aveva nuovamente fatto centro.Lucci non aveva mai avuto bisogno di nessuno: in questo consisteva essenzialmente la sua forza. Se ci si affida a qualcuno, si crolla se questo qualcuno crolla, si muore se questo qualcuno muore, si diventa dipendenti da questo qualcuno per ogni cosa.

Realizzò in pochi istanti che quello era il motivo VERO per il quale Lui non aveva potuto ricambiare il suo amore.Preoccupato com'era di entrare nelle Sue grazie, di ottenere lo stesso sentimento, s'era dimenticato di sé, della propria crescita interiore, delle proprie capacità. Le uniche cose che lo avrebbero reso al suo pari, e per la cui riuscita poteva risponderne soltanto lui stesso.

Aveva sbagliato tutto.

Che regalo incredibile, gli aveva appena fatto il suo luminare.

Ora gli fu tutto cristallino e lapalissiano.. ora, realizzava cosa aveva inteso Lucci quando, quel famoso Lunedì, ebbero modo di chiarire i reciproci sentimenti.Gli sembrava di udirle ancora quelle parole così dure:

“Mi dispiace, Pauly. Non posso amarti.”

“Perchè???Perchè Lucci???Hai paura di quello che pensa la gente? Di fare cavolate sul lavoro?AVANTI DIMMI, PERCHE'?”

“Perchè tu non ami ancora abbastanza te stesso per poterti permettere di amare qualcun altro”

 

 

 

 

 

 

 

….................................

 

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Capitolo 13
*** Una missione più complessa del previsto ***


“Che risposta è? Abbi almeno il coraggio di spiegarmi il motivo!Sei un vigliacco!” Pauly infuriato e ferito nell'orgoglio, battè un pugno su un asse di legno spezzandolo di netto.

“Sei libero di credere che io sia un codardo..coo-coo non posso dichiarare di provare qualcosa che non sento solo perchè pretendi sincerità ma non sei in grado di reggerne il peso”

Il biondo capomastro si picchiò la tempia in totale disappunto.
“Avrei potuto capire mille motivi. Ma questo è di gran lunga il più idiota che potessi utilizzare per scaricarmi!”

Giunti a tal punto Lucci perse la pazienza, quella situazione lo innervosiva non poco, detestava parlare di sentimentalismi e melensaggini:

“Ascolta bene! PRRR.. Probabilmente hai confuso i miei gesti disinteressati con qualcosa che altro non era che amicizia. L'unico errore che ho commesso è stato quello di reputarti una persona intelligente, quando invece sei solo un idiota impulsivo ed incapace di un minimo di autocontrollo”.

“E FALLA FINITA CON STO MALEDETTO AUTOCONTROLLO! AUTOCONTROLLO DI QUA AUTOCONTROLLO DI LA', SCUSA MISTER PERFEZIONE SE NESSUNO DI NOI PUO' PERMETTERSI D'ESSER AL TUO PARI IN QUANTO A SACCENZA E A-U-T-O-C-O-N-T-R-O-L-L-O!SCUSA SE A DIFFERENZA TUA QUALCUNO PROVA DEI SENTIMENTI E NON RAGIONA SOLO COME UN AUTOMA! MA CHI DIAVOLO TI CREDI DI ESSERE MALEDETTO STRONZO EH?!”

“La nostra discussione termina qui. Non ho altro da aggiungere.”
Lucci voltò le spalle al collega fuori di sé, paonazzo e livido per la frustrazione del rifiuto. Pensò che non avesse alcun senso continuare a spiegare un qualcosa che non era in grado assolutamente di comprendere.Meno che mai era il caso di abbassarsi al livello di quegli insulti.
 
Il baccano di Pauly non era sfuggito ai colleghi che con occhi interrogativi scrutavano il carpentiere dai lunghi capelli neri, il quale si augurava fortemente che almeno, non avessero udito anche l'argomento.In effetti fortunatamente, a parte Kaku che a conoscenza di tutto sfoggiò un sorrisetto beffardo continuando a raschiare l'enorme asse ligneo innanzi a sé, nessuno dei presenti sembrava aver inteso l'imbarazzante causa di tutto quel chiasso.

“Maledetto allevatore di piccioni.... con quella sua aria superiore che non tollero..... poteva dirmi che gli piacciono le donne.... che l'idea di stare con uomo gli provoca ribrezzo..... CHE NON SONO IL SUO TIPO! Ma la cantilena filosofica del << non posso amarti perchè non ti ami >> è la più mastodontica delle stronzate. La stronzata per eccellenza anzi.”Pauly borbottava da solo mentre a testa bassa continuava la rimanenza della propria pausa camminando furiosamente per la città.

“Buongiorno Signor Pauly!” gli gridò la robusta signora con la bancarella di salumi e latticini sul bordo del canale.

“Sì sì Buongiorno, buongiorno” rispose egli continuando a tener chinato il capo.
Quando giunse al suo “angolo di paradiso” consistente in uno scoglio accanto al molo, in cui soleva trascorrere momenti meditativi nel prezioso silenzio lontano dalla baraonda metropolitana, il petto gli doleva in maniera indescrivibile.
“Probabilmente questo è il dolore di un cuore spezzato” pensò “Non avrei mai immaginato potesse recare tanta sofferenza....”.
Si sedette sulla pietra prediletta accendendosi un sigaro estratto dal giubbotto e volse malinconicamente lo sguardo al mare, lasciando che le lacrime gli rigassero il volto ed i singhiozzi prendessero il posto della voce.La rabbia iniziò a diminuire per esser sostituita dal dolore di una riflessione scomoda ora che, la parte razionale cercava di placare quella emotiva.Che diritto aveva d'altronde di pretendere un sentimento inesistente? Se Lucci fosse stato realmente un bastardo avrebbe potuto illuderlo (ammesso che il motivo non fosse l'essere eterosessuale al 100% ma allora perchè lasciarsi baciare?), sarebbe fuggito.
In effetti il moro non gli aveva mai chiesto nulla, non aveva nemmeno preteso qualcosa, e l’errato interpretare i suoi gesti come rappresentazione di un sentimento amoroso era da ricondurre solamente a se stesso.
Realizzò che: quando ci si innamora l'oggettività d'ogni cosa e d'ogni gesto riguardanti la persona amata vengono deformate nella visione di ciò che si desidera vedere.Appurò inoltre di aver avuto una reazione totalmente esagerata quando si era sentito dire un “no”, e che Lucci, aveva tutto il diritto di decidere di non volere quel sentimento.Nel pieno dei propri pensieri drammatici con le lacrime a far da padrone, sussultò quando alla sua mente si presentò l'idea che l'altro, a cagion di tutto ciò, non lo avrebbe più voluto nemmeno come amico. Lucci era l'unica persona oltre ad Iceburg, in modalità chiaramente differente da cui non avrebbe sopportato essere odiato.Impulsivo lo era eccome, ma non sigillato nella propria ignoranza da poter compromettere tutto a causa del dolore di un amore non ricambiato.
“Devo scusarmi con lui.” pensò “ Gli ho dato del vigliacco, del codardo e del perfettino.. quando ha solo cercato di farmi capire che non ha colpa se non prova il mio stesso sentimento. Però per un po' è giusto che io gli stia lontano, non ne esco più altrimenti. Oltretutto.. lui è un mio collega, il suo reparto è fondamentale per la produzione, saremo costretti a relazionarci sempre e comunque. I suoi consigli sono preziosi, la sua presenza stessa è preziosa. Non voglio perderlo, ma ora come ora sono troppo coinvolto per reggere un rapporto di questo tipo. Le scuse sono doverose, per il resto, cercherò di cavarmela da solo.”
Asciugatosi gli occhi rossi e lavatosi il volto, si apprestò a riprendere la propria giornata lavorativa, non prima di guardare la propria immagine riflessa nelle lenti dorate dei suoi occhiali da sole. Pareva pallido e col viso segnato, ma poteva cavarsela con una bugia: allergia ai trucioli del legname ecco! Sempre che qualcuno ci credesse..Mancavano solamente tre ore alla fine di quel Lunedì terribile, pensò quanto fosse fortunato ad avere un lavoro che amava: l'unica cosa soddisfacente in grado di restituirgli almeno per poco, energia e spirito costruttivo.
Il pomeriggio passò molto lentamente. Le ore che mancavano alla fine del turno gli sembravano infinite e questa sgradevole sensazione veniva acutizzata dal suo guardare continuamente l'orologio del campanile, vedendo trascorrere solo cinque minuti ogni volta.
Che bellezza sentire la campana di uscita dal cantiere!Che meraviglia congedarsi dai subordinati per avviarsi a casa, unico rifugio in cui concedersi di vivere il proprio dolore in santa pace senza aver cura di non mostrarne i segni!Prima di permettere a se stesso di crogiolarsi nella propria amarezza d'animo però, c'era un qualcosa che doveva assolutamente fare.
 


“Che cosa vuoi?”
Lucci sostava sull'uscio della propria casa dando le spalle alla luminosità della stanza.

“Ecco io.. beh, volevo chiederti scusa. Mi dispiace per le cose che ho detto oggi, non ero in me. Mi auguro tu possa perdonarmi.”
Il collega non trapelando come al solito alcun'emozione, chiusi gli occhi gli rispose:

“E' tutto a posto. Ho evitato di proseguire quel dialogo insulso proprio per questo. Stai tranquillo, non è successo niente.”

Pauly provando una sofferenza indicibile cercò di formulare una frase che non fosse melensa, al fine di non irritare ulteriormente l'amato.

“Senti Lucci, io... non voglio che il nostro rapporto cambi se è possibile.. lo so tu ora mi vedi come un povero idiota innamorato ma io sono un uomo di polso e detesto farmi schiacciare dagli eventi. Vorrei che io e te trascorressimo ancora del tempo insieme anche con i ragazzi, soprattutto che dal punto di vista lavorativo non ci siano problemi di alcun tipo.”

Scostandosi dall'uscio nel porsi di lato, Lucci lo invitò ad entrare.

“Solo un minuto.” disse il biondo varcando timidamente la soglia.

Notò che il bel tenebroso aveva fatto diversi cambiamenti all'interno dell'alloggio che lui stesso gli aveva mostrato appena giunto in città.Una credenza lignea color porpora ed una vetrina arredavano il tinello insieme ad un tavolo lucido e nero di forma quadrata. Due poltrone bianche, un tappeto sempre di colore scuro al centro della stanza e pochi soprammobili.

“Vuoi qualcosa da bere?”

“No, ti ringrazio. Mi trattengo per pochi istanti, non servono convenevoli.”

Alla sua risposta il bruno capomastro prese posto innanzi a lui, sedendosi su una sedia bianca.

“Allora, purr purr... per me non ci sono problemi, io non ho nulla contro di te e mi va benissimo continuare a vederti e a frequentarti. Vorrei però sincerarmi che da parte tua non scaturisca alcuna sofferenza nel continuare tutto come prima. Coo-coo... ora le cose sono chiare per entrambi e se questo dovesse farti male, comprendo tranquillamente la scelta di non avere più alcun rapporto con me se non lavorativo.”

Pauly abbassò gli occhi sospirando e vide distruggersi ogni sciocca speranza che ancor era sopravvissuta mentre percorreva i pochi metri per raggiungere la casa dell'amico. Non aveva cambiato idea. Il tono della sua voce (seppur tramite un volatile) era fermo, pacato ma deciso.
“D'accordo.. hai la mia parola che se dovesse succedere, sarà un problema che gestirò da me.”

Lucci scompigliandosi i capelli bruni sospirò non troppo convinto dell'ultima affermazione. Generalmente aveva poca tolleranza per i discorsi amorosi, ma essendo l'altro una pedina fondamentale per la propria missione, si sforzò di essere il più paziente possibile.

“Allora.. posso considerarti un amico come prima..?” Chiese Pauly imbarazzato tenendo gli occhi sulla tovaglia cerata a fiori.

“Coo.. tutto risolto.. idiota...”

Il collega sorrise mantenendo un'espressione amara in volto che non si sforzò di celare.

“Va bene, grazie. Ti lascio alla tua cena.. perdonami se ti ho rubato altro tempo.”

“Non essere troppo gentile, mi dai il voltastomaco prrr”

“Non alzare troppo la cresta sopracciglia a falce!”
Levatosi in piedi i due carpentieri si scambiarono un lungo abbraccio da cui Pauly stesso si congedò per primo.

“Allora ci vediamo domani, buonanotte Lucci” disse prima di chiudere alle proprie spalle la pesante porta per poi avviarsi, col cuore spezzato, verso casa.
 
 
 
“Che carino.. è proprio innamorato”. Kaku uscendo dalla penombra della stanza da letto sorrideva gongolante improvvisando un balletto di scherno.

“Finiscila stupido, altrimenti la prossima volta ti butto fuori.”

Il ragazzo dai capelli ramati prese in mano uno dei pochi soprammobili presenti nell'ambiente e facendo finta di scrutarlo disse:

“Dimentichi che ho una copia delle chiavi del tuo appartamento” posato l'artistico oggetto lo guardò in volto e continuò:

“Ti piacciono i ragazzini ma a quanto pare fai colpo sugli uomini maturi”

“E tu saresti uno di questi ultimi?”

Stizzitosi in seguito a tale risposta, Kaku si voltò verso la parete alle sue spalle.

“Comunque sia, hai avuto modo di chiedere a quei due idioti che son divenuti ormai tuoi intimi amici che cosa volesse la Franky Family oggi?”

“Solo carcasse di legname, nulla di più. Però...”

“Però cosa?”

“Non so se hai già avuto occasione di saperlo, ma domani è prevista un’altra visita di Coogy ad Iceburg”

“E quindi?”

“E quindi..magari riuscirà ad aiutarci in qualche modo.. magari è la volta che il Presidente cede e…”

Lucci inarcando il sopracciglio sinistro guardò Kaku con aria tra il basito ed il contrariato.
“Kaku dimmi una cosa: hai un serio motivo per essere qui, ti si è fuso il cervello, o non hai niente da fare e hai pensato bene di passare a casa mia, rischiando seriamente la nostra copertura per prendermi per i fondelli? No perché, se le ultime due ipotesi si rivelassero quelle corrette non la prenderei molto bene.”

Riecco lo sguardo felino riapparire tra gli occhi di smeraldo, mentre canini aguzzi si fecero strada tra le labbra carnose.
Gli fu sufficiente il silenzio dell’altro per capire la ragione della sua presenza.
 
“Ho capito. Sei un imbecille e quando hai visto Pauly vernir verso casa mia hai pensato bene di precederlo per toglierti la curiosità di cosa avesse da dirmi: non per la missione, bensì per le tue scempiaggini amorose. Ho ragione Kaku?”
 
Seriamente in difficoltà, ed essendo evidente l’aver colto nel segno il suo superiore, il ragazzo colpì con il braccio un vaso alla propria destra mandandolo in frantumi.
 
“Lucci mi dispiace…io…. Aspetta ora provo a ripararlo.. un attimo che raccolgo i cocci e..” non terminò la frase che un calcio di Lucci polverizzò letteralmente i pezzi di vetro sparsi sul pavimento maculato. Kaku sapeva benissimo che quando l’uomo arrivava a tal punto c’era il serio rischio di ritrovarsi all’altro mondo senza nemmeno aver tempo di rendersene conto.
 
“Ascoltami bene. Moccioso irresponsabile. IO ci ho messo la mia fottutissima faccia col Direttore per farti essere qui. IO ti ho voluto in questa missione. IO ho fatto l’enorme errore di reputarti MATURO nonostante tu sia ancora un lattante per lavorare al mio fianco. E tu che fai? CHE FAI? Rischi di compromettere tutto per la tua gelosia infantile?Per delle idiozie adolescenziali da donnine frustrate?
Mi hai deluso profondamente. Ti avviso: un’altra di queste azioni sconsiderate e sei fuori.Credi che mi manchi il coraggio di ammazzarti solo perché, da stolto, ti ho accolto sotto la mia ala protettiva? CRESCI DANNAZIONE!”
 
Imbarazzato per l’orrida figura, ferito nell’orgoglio e rimproverato tanto aspramente, Kaku si chiuse in se stesso senza alcuna possibilità di replica. I suoi enormi occhi tondeggianti fissavano il pavimento, le punte dei piedi si toccavano timidamente una volta inarcate le gambe sottili.
 
“La sua tipica posizione da colto sul fatto che aveva da bambino. Maledizione, riesce sempre a rigirarmi in un modo o nell’altro.” Pensò Lucci facendo leva su tutta la riserva di pazienza – ormai esigua – al fine di calmarsi poggiando le braccia muscolose sul tavolo.
 
“Adesso vattene a casa” disse col tono di voce riportato alla normalità dopo aver fatto un profondo respiro. “Che sia la prima ed ultima volta. Sei avvisato.”
 
“D’accordo.. perdonami.”
 
Senza ottenere risposta il ragazzo si avviò con lo sguardo ancora abbassato verso la finestra che dava sul terrazzo, per poi balzare via saltellando fra i tetti delle abitazioni adiacenti.
 
Hattori piegando la testolina da un lato, osservava il padrone finalmente rimasto solo e stremato dalla fatica.
 
“Ma cos’hanno tutti?E’ questa città che li rende mongoloidi o c’è qualcosa di tossico nell’aria?”
Lucci si sentiva veramente molto, molto spossato mentalmente.
“Non sono i progetti di quella dannata arma, non sono le tonnellate di legname che piallo e sego ogni giorno e nemmeno aver da tutti i lati la maledettissima acqua che mi stanno portando alla follia. Sono gli idioti che mi circondano. Non ne posso più. Avevo previsto che sarebbe stata una missione complicata, ma non pensavo che sarebbero stati QUESTI i motivi”
Il candido colombo emise un verso di solidarietà nel volare accanto all’amato proprietario sull’orlo di una crisi di nervi.
 
“Devo sbrigarmi a concludere quest’impresa il prima possibile, o va a finire veramente male, amico mio. Un irresponsabile di cui sono diventato il primo amore, un ragazzino alle prese con sentimentalismi tipici dell’ingresso nel mondo degli adulti, due colleghi dementi che ridono come macachi tutto il giorno facendo un fracasso infernale e dulcis in fundo: un superiore impenetrabile nella propria riservatezza. Bella situazione davvero. Quanto mi manca la nostra casa, mio amato Hattori..”
Il piccolo amico alato assunse un’espressione triste ed emise piccoli lamenti di approvazione nostalgica.
“Mi è anche passata la fame. Due cretini col mal d’amore sono realmente troppi. Me ne vado direttamente a dormire. Ho bisogno di un po’ di pace.”
 
 
Finalmente a proprio agio nell’oscurità, Lucci richiamò alla propria memoria l’immagine di Kaku bambino ad appena 7 anni che lo guardava allenarsi, con le punte dei piccoli piedi che si toccavano timidamente, una nave giocattolo fra le mani, esattamente come teneva pochi istanti prima l’unica parte sopravvissuta di quel povero vaso e lo sguardo basso. Passavano gli anni ma ad eccezione dell’alzarsi di statura, dei riccioli divenuti irti spini di appena qualche centimetro di lunghezza, non era cambiato per nulla.
Rivide anche se stesso con un caschetto nero e l’acerbo corpo da adolescente che sentendosi osservato si voltò verso quel ragazzino in un angolo.
 
“E tu che hai da guardare moccioso?”
 
“Mi scusi Signore….. mi dispiace averLe recato fastidio…..”
 
Sorrise.
 
 
 
 
 
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Capitolo 14
*** Un the caldo in una gelida sera ***


Il soffio del vento s'era fatto più forte, increspava l'acqua nei canali ed alzava le onde all'orizzonte. La temperatura era scesa di molto dopo il tramonto, come spesso accadeva mentre la città si preparava ad accogliere l'inverno e le prime nevicate, tanto da spingere i mercanti a ritirare ciascun il proprio banco in anticipo rispetto la consueta chiusura dell'area.
I ragazzini giocavano per le strade sospese nei canali scaldandosi le manine infreddolite, i vecchi innalzavano il capo canuto al cielo mormorando “sta per arrivare la neve, speriamo non imbianchi eccessivamente le vie impedendoci il passaggio. Alla nostra età i bull non sono consigliati.”
Qualche negoziante stava già apponendo le luci natalizie alle pareti della propria vetrina per non dover occuparsene nei giorni di futuro shopping sfrenato.
Kaku osservava tutto ciò dalla terrazza dell'attico, affondando il mento nell'alto collo della tuta da lavoro, il berretto bianco con la scritta “Galley” abbassato sul volto, gli occhi persi verso un punto indefinito.

“Kaku cosa ci fai qui a quest'ora? Non dovreste aver terminato il turno due ore fa voi altri?”

Il ragazzo assorto riconobbe la voce di Califa che sostava in piedi alle sue spalle, premendo la stanghetta degli occhiali verso la propria tempia.

“Non avevo molta voglia di tornare a casa stasera, volevo prendere una boccata d'aria in santa pace. Ho pensato che sarebbe stato meglio evitare il molo visto l'innalzamento delle onde. Tu piuttosto? Come mai ancora in ufficio?”

“Il signor Iceburg è uscito prima oggi per una riunione a Pucci, io ne approfitto della sua assenza per smaltire un po' di scartoffie. Con l'avvicinarsi del periodo natalizio e di quello di fine anno devo affrettarmi a stilare il bilancio della Galley-la.”

“Capisco..”

La bionda si avvicinò al collega e guardandolo in volto, preoccupata disse:

“Kaku ma cos'hai? Qualcuno ti ha fatto delle molestie?”

Il giovane assunse un'espressione irritata:

“Ma va. Non ho niente, forse solo una leggera costipazione.”

“Perchè non entri dentro?Ho appena preparato un the caldo, vuoi unirti a me?”

“Non credo che Lucci la prenderebbe bene se ci vedesse parlare da soli..”

Califa sorridendo rispose:

“Beh, non è necessario che lo sappia. Non ci può mica controllare ventiquattro ore al giorno. Dai, entra!Ci sono solo io qui in sede, ormai sono già andati via tutti ed il capo mi ha espressamente chiesto di prenotargli un hotel a Pucci: non sarà qui prima di domattina. Ho bisogno di una pausa anche io, mi si stanno incrociando gli occhi.”

Kaku le sorrise e ringraziandola, decise di accettare l'invito: l'idea di un the caldo fumante e due chiacchiere non gli dispiacquero visto il morale particolarmente basso, nonostante con Califa non avesse chissà che rapporti al di fuori del CP9.
Il tepore all'interno della stanza era assai gradevole, come anche il profumo d'incenso emanato da una bacchetta poggiata nel vaso sulla credenza.Già gli parve di sentirsi più rilassato.
La collega posò un vassoio d'argento sul tavolino che divideva due poltrone di fronte alla scrivania, e gli porse una tazza riempita sin all'orlo di liquido profumato e rovente.

“Amo il the al limone e zenzero, spero tu non possa reputarlo molesto.”

“Aridaje” pensò Kaku poggiando le labbra alla tazza di ceramica finemente decorata da una rosa il cui gambo intrecciato formava un ampio motivo su tutta la superficie.
Finalmente un po' di calore.

“Allora..”disse d'un tratto la segretaria prendendo posto sulla poltrona di fronte alla sua

“Che ti succede?Hai un'aria molto triste questa sera, ci sono stati problemi in cantiere?”

“No..no non sono affatto triste. Sono solo un po' stanco e come ti dissi poco fa, forse anche non al top in quanto a forma fisica.”

Nel risponderle i suoi occhi seguivano la scia di fumo che si levava dall'elegante servizio fino a scomparire formando molteplici anelli.

“Hai litigato con Lucci?” chiese la donna spostandosi una ciocca di capelli ormai già piuttosto lunghi dietro l'orecchio.

La sensazione del the bollente andato per traverso e a cagion di ciò spruzzato sull'elegante vassoio fu particolarmente ostica per il ragazzo che si contorse preda della tosse.

“Ho indovinato?” Califa gli rivolse un sorriso molto dolce che lo fece divenir paonazzo sin alla punta del naso quadrato e chiudersi simile ad un porcospino.

“Co-come? N-no. No che non ho litigato con Lucci e...non ho voglia di parlarne.Non sono affari tuoi”

“D'accordo. Perdona la mia invadenza, mi spiace esserti sembrata molesta.”

“Se lo dice ancora una volta giuro che faccio finta di rovesciarle il the addosso” pensò tra sé e sé il giovane carpentiere con le guance ancor arrossate.

Califa, non preoccupandosi della sgarbata risposta datale (era abituata ormai, con soli colleghi uomini) sorseggiando il suo the emise un profondo sospiro.
“Purtroppo qui non si muove nulla. Il capo non lascia trasparire niente di compromettente.Speriamo che domani Coogy riesca a convincerlo in un modo o nell'altro.”

“Ho i miei seri dubbi. Quel tizio è insopportabile anche nelle modalità di porsi.”

“Sì, hai ragione. Anche una persona elegante e raffinata come il signor Iceburg non lo sopporta. Pensare che lui riesce a trovar sempre un lato buono in ognuno, ma con Coogy proprio non gli riesce.”

Kaku notò che lo sguardo della collega s'era fatto improvvisamente spento.
“Dici a me che qualcosa non va ma nemmeno tu mi sembri particolarmente di buon umore. Ti sei affezionata ad Iceburg?”

La donna, contrariamente a lui non fu infastidita in modo alcuno da quella domanda, a cui annuendo rispose:

“Moltissimo.E' un ottimo titolare. Il primo maschio che mi tratta da donna e non da soldato al proprio pari. E' gentile e pacato, con sempre una buona parola per tutti. Lo stimo molto e vivo con rammarico il momento in cui dovrò tradirlo, ma so che per noi è la regola.”

Il ragazzo con empatia, vuoi per stato d'animo particolarmente fragile, vuoi per una sensibilità maggiore rispetto a tutti gli altri membri dell'organizzazione, le rivolse uno sguardo carico di comprensione.
“Perchè fai questo lavoro? Se posso, ovviamente chiederti.. non deve essere semplice per una donna.”

“Intendi dire che noi siamo inferiori?”

“NO!Però più sensibili sì..”

Califa sospirò e gli disse:

“Non ho avuto molta scelta. Conosci mio padre..”

“Lo ricordo e ne ho sentite narrare le imprese. Lui era nel grado più alto: il CP0 se non sbaglio”

“E' corretto. Quando nasci femmina da un padre di quel rango non sei proprio ben accetta. Così devi farti– passami il termine – il mazzo doppio: cercare di eguagliare la forza fisica di un maschio, cosa non semplice dal momento che per natura non è così, e sacrificare la parte più emotiva per non risentirne ogni volta.”

Kaku assunse un'aria triste, non aveva mai pensato quanto fosse stato difficile per la collega essere degna di quel ruolo. L'aveva sempre reputata la classica biondona stupida. Si vergognò profondamente per questo.
“Se avessi potuto scegliere, cosa avresti fatto?”

“Mi piaceva molto scrivere, e sui libri non me la cavavo male. Studiare lo reputavo interessante e l'ho sempre visto come un arricchimento. Nel tempo libero infatti tengo un diario su cui esprimo tutte le emozioni che sono costretta a reprimere ogni giorno, mi sento libera quando scrivo.
Tuttavia non mi sento di dire che il mio, sia stato un padre pessimo.Certo: un maschio sarebbe stato molto più gradito ma, mi ha amata molto a suo modo. Desiderava assicurarmi una carriera di un certo tipo e non fu semplice farmi entrare nelle giovani reclute della segretezza mondiale. I capi storgevano il naso quando pensavano ad una bambina anziché un promettente uomo muscoloso.
Non ho mai rinunciato però alla mia femminilità: ho bisogno di sentirmi donna almeno fuori dal lavoro. Non importa se agli occhi altrui risulto volgare, una donnaccia o un'oca. Serve a me stessa per riconoscermi.”

Quelle parole erano realmente piene di dignità e di amor proprio. Il ragazzo ne rimase molto colpito ed i sensi di colpa aumentavano man mano che il discorso proseguiva: era stato molto stolto a sottovalutare così una donna come Califa, facendosi condizionare dalle voci di corridoio non solo a Water Seven, ma anche -anzi soprattutto- ad Ennies Lobby.
Non era un'imbecille raccomandata con il cervello di un criceto – riportando ovviamente, i meno volgari dei commenti alle spalle che le venivano rivolti – bensì una figlia d'arte che s'era guadagnata quel posto con il sudore nonostante i pregiudizi.
“Hai mai pensato di mollare tutto e rimanere qui?”
Il giovane si stupì della domanda che il proprio inconscio aveva fatto formulare alle sue stesse labbra.

“Sì.”

Califa volse lo sguardo alla propria scrivania sulla destra.
“Ma quando mi viene la tentazione di cedere ripenso sempre a mio padre. Non voglio deluderlo.”

Kaku sussultò avvertendo un brivido lungo la spina dorsale.

“E tu? Come mai hai scelto questa vita...?”

Timidamente il rosso riuscì solo a dire:
“Per i tuoi stessi motivi.”

Lei gli sorrise nuovamente:
“Per Lucci non è vero..?”

Non ricevette risposta. Nella stanza illuminata piombò il totale silenzio interrotto solo dall'oscillare delle tende di seta spinte dal vento.

“Sì.”

“Perchè Lucci è tutto per te, giusto Kaku..?”

“Sì.. sì è cosi.”

Seppur nata e cresciuta in mezzo agli uomini, o forse proprio a cagion di ciò, Califa si rendeva conto quanto delicato e profondo fosse quel momento per il suo giovane collega. Per questo decise di non domandargli null'altro di così personale lasciando che fosse l'altro, qualora avesse voluto, a lasciar uscire spontaneamente le parole.

“Tu sei stata molto brava, ma sei fortunata: un padre l'hai adesso e lo hai avuto allora.Forse per te, venire al mondo con un destino già deciso da chi ti ha dato la vita, è stata una grande sofferenza.
Ma c'è anche chi: alla vita si è affacciato da solo. Senza nulla e nessuno, un essere indifferente persino a sè, e probabilmente con un futuro deciso non da qualcuno ma dal mondo stesso.”

Gli occhi del ragazzo si chiusero e le sopracciglia si aggrottarono per fargli assumere un'espressione di chi soffre un dolore molto profondo, ormai parte della propria persona, radicatosi già dai primi anni di vita per non abbandonarlo mai più.
Si rivide bambino, con la sua bandanina fiorita, degli zoccoli di legno ai piedi ed un nasino pronunciato di forma quadrata.
Una lacrima gli scese quando si rivide, sempre da infante: vestito con un completo di raso appariscente, il viso reso bianco perla dal trucco pesante, le guance rosse, del rossetto sulle piccole labbra ed una cravattina a pallini, con ai piedi delle scarpe di quattro misure più grandi.

 

 

 

“Ti piacciono le spade?”

 

“Moltissimo Signore...”

 

 

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Capitolo 15
*** Il pagliaccio di legno ***


Esiste un luogo isolato dal resto del mondo, in cui l’infanzia viene sottratta insieme ai sogni d’ogni orfano che vi approda. Un posto in cui vige la regola del sacrificio imposta a menti tanto giovani da ignorare il significato d’esso come anche il motivo del portarne il peso quando a malapena si riescono a pronunziare le prime parole.
 
Non è semplice per un bambino solo trovare il senso della vita che non è stato egli a chiedere ma gli è stata data o per errore, o per distrazione o per non curanza. Ancora meno è per lui sopravvivere agli stenti, al freddo ed alla fame, dopo essersi trovato al mondo senza un motivo.
C’è un qualcosa di insito in ogni specie a livello primordiale, che gli esperti chiamano “istinto di sopravvivenza” in grado di spingere ciascun individuo ad aggrapparsi a qualsivoglia cosa pur di non soccombere.
Ecco perché, in quell’isola, valanghe di infanti senza famiglia – viva o morta che fosse- che ne reclamasse l’assenza o ne piangesse la scomparsa, dotati di un fisico sano che rese loro possibile sopravvivere alle intemperie dei primi istanti d’esistenza, giungevano ogni anno.
Quello diveniva il loro senso di esistere.
Quelle erano le menti fresche, pure, non ancora contaminate dalle leggi umane, in cui imprimere il marchio della giustizia.
Quei fisici nuovi di zecca erano perfetti per creare delle infallibili macchine da guerra aventi come unico scopo realizzare le ambizioni di altri.
Quando “ i rifiuti del mondo” cominciavano per natura a comprendere le cose, accadeva spesso che rifiutassero un destino di quel tipo, reputando errato auto immolarsi nel corpo e nello spirito solo per capricci di chi un posto in alto nel mondo lo aveva.
Allora cessava la loro utilità e non avevano possibilità  nemmeno d’esser riciclati venuti a conoscenza com’erano di verità troppo scomode per rilasciarli allo stato origiario di “feccia vivente” . Non era raro pertanto, vederli scomparir del tutto, probabilmente: nella migliore delle ipotesi sotto metri di terra, nella peggiore come cibo per pesci.
 
 
Naturalmente la presa di coscienza non per tutti era negativa. Molti di essi infatti, o per carattere stesso, o per la buona riuscita di un lavaggio cerebrale: assumevano il ruolo di macchine da guerra considerandosi orgogliosi di poter vantar tale titolo, e non voler in alcun modo deludere chi aveva dato loro una simile opportunità.
 
Infine vi erano i “privilegiati” anche se parlare di privilegio era comunque errato. Coloro cioè la cui unica “colpa” era esser venuti alla luce per mano dell’elite che aveva creato quel mondo a parte e che aveva vissuto in esso a propria volta. La famiglia quest’ultimi la avevano eccome, e talvolta era la medesima a decidere per loro non appena aperti gli occhi alla vita.
Proseguire ciò che i genitori avevano orgogliosamente iniziato, volenti o nolenti, era il loro destino.
L’allenamento cui erano sottoposti era egualmente estenuante, ma potevano vantare qualche pausa in più, stanze migliori, un posto lavorativo già pronto non appena terminato il percorso, ed affiancare in rappresentanza gli ufficiali governativi rimasti in quel luogo.
 
Questa era l’isola delle giovani reclute dei cipherpool, della creazione dei cosiddetti “uomini perfetti” secondo rigidi canoni che non risparmiavano nessuno, nemmeno tra i “privilegiati” – a volere stesso dei genitori di questi ultimi -.
A seconda del grado di potenza raggiunta, non solo come erroneamente si credeva unicamente fisica ma bensì psicologica, della fermezza, della determinazione e del vigore, i soldatini venivano divisi in gruppi da 1 a 9.
Il 9 era il grado più alto: quello aspirato da tutte le matricole, visto come la massima compensazione per quegli sforzi disumani e la rinunzia a essere considerati semplicemente “bambini” la cui unica preoccupazione sarebbe dovuta essere il nome da dare alle proprie bambole o rincorrere un coetaneo fra i verdi prati con le risate a far da padrone.
Non era raro che alcuni padri con molteplici medaglie sul doppiopetto, parlassero personalmente con i “grandi capi” delle giovani reclute raccomandando ciascun il proprio figliolo, promettendo ampi compensi in danaro, favoritismi d’ogni genere e regali superiori a quelli destinati ad un sovrano.
Questi ultimi però, avevano una responsabilità troppo grande con i 5 astri di saggezza stessi nonché la massima autorità del governo mondiale, per poter inserire reclute immeritevoli, seppur lusingati ed attirati ad accettare tali doni.
Il 9: il cipherpool per eccellenza. L’elite dei servizi segreti mondiali. Gli stipendi più alti mai visti tra le istituzioni, la massima considerazione da parte del mondo, gli angeli custodi dell’autorità.
Al di sopra di esso vi era solo il CP0, talmente alto come grado, da non potervi accedere se non da adulti con esperienza delle missioni più impervie sulle proprie spalle, e quindi le selezioni per esso, non avvenivano in quell’isola di mocciosi.
 
Come in ciascun posto di valutazione, scolastico, militare, malavitoso e che a dir si voglia vi è sempre chi emerge superando ogni canone di selezione: anche quel fazzoletto di terra aveva la propria perla rara. La stella per eccellenza, la recluta superiore ad ogni combattente del passato.
In quel caso, il diamante era rappresentato da un ragazzino di 12 anni dalle origini occidentali, particolare anche nell’aspetto, con due sopracciglia dalla strana forma “a falce”, piccoli ma penetranti occhi color smeraldo e i capelli scuri portati a caschetto.
L’unico di cui il governo mondiale stesso aveva iniziato ad avvalersi volendolo nelle prime missioni, cosa più unica che rara dal momento che, l’età minima per cominciare un lavoro di tal genere non poteva essere inferiore ai 18 anni compiuti.
Tal limite non era stato scelto naturalmente a caso: schiere di strizzacervelli, istruttori di arti marziali di fama mondiale avevano l’arduo compito di consegnare la perfetta macchina da guerra ai “grandi capi” sincerandosi che quest’ultima fosse aurea in ogni propria singola parte, e vien da sé pertanto, che una simile preparazione non la si ottenesse da un giorno all’altro ma dopo anni ed anni di rigidissimi allenamenti.
 
Rob Lucci invece, aveva una notorietà tale da esser già divenuto leggenda, dopo aver superato in modo inappuntabile anche gli addestramenti più estremi non dando modo nemmeno di concepirne altri alla mente dei preparatori, a soli 9 anni.
Una simile pietra preziosa sarebbe stata uno spreco nei cipherpool di grado inferiore, pertanto era l’unico a vantare il posto assicurato nel numero 9.
Il solo a cui capi ed ufficiali si rivolgessero con il “lei” (cosa impensabile verso un bambino a meno che non fosse egli figlio di un nobile mondiale), con la stanza migliore e singola – privilegio rarissimo concesso solo al figlio dell’attuale agente del CP0 Spandine – e al cui pronunciare il nome gli altri  bambini stessi sentissero gelar il sangue nelle vene e fossero colti da una sorta di timore reverenziale.
Infine era anche il singolo a cui fosse permesso allenarsi nel gruppo dei ragazzi più grandi, prossimi ormai alla selezione, da lui come già detto ampliamente superata.
Non a caso, proprio per tali motivi, l’ormai ragazzino non era ben visto da tutti i colleghi adolescenti, che animati da uno spirito d’alta competizione mal sopportavano che un poco più che moccioso fosse stato considerato più forte di loro.
In particolar modo Lucci aveva problemi con un ragazzo di 19 anni, dai lunghi capelli scuri raccolti in una coda alla quale molteplici elastici distribuiti a tratti nella sua lunghezza davano le sembianze di quella di uno scorpione, con una cicatrice sull’occhio sinistro e le sembianze orientali, il cui nome era Jabura.
Di carattere totalmente opposto al suo, fracassone, competitivo e logorroico, il giovane asiatico sembrava averlo preso in antipatia sin dal primo istante, non risparmiandogli dispetti demenziali come colorargli i calzoncini di rosa, mettergli uova nel cappello a cilindro, e battute di pessimo gusto.
Certo è che il risentimento era reciproco dal momento che anche l’altro, seppur generalmente dai nervi molto saldi, gliene dava di santa ragione arrivando addirittura a mordergli le caviglie utilizzando il potere del proprio frutto del diavolo in forma felina.
Ciò che rendeva così sicuro di sé il giovinotto dagli occhi a mandorla era la forza straordinaria di cui anch’egli era dotato.
Jabura infatti quanto a potenza fisica era più forte di Lucci stesso ( beh, naturalmente con sette anni di allenamento in più sulle proprie spalle), ma nonostante l’età non a livello di quella psicologica dal momento che era un provocatore nato e ricercava rissa sempre e comunque.
Proprio a causa di quest’ultimo aspetto infatti i “grandi capi” non lo avevano ancora scelto per l’agognato cipherpool n. 9 ma si avvalevano saltuariamente della sua collaborazione i cipherpool di grado minore.
 
Nel gruppo dei ragazzi ormai adolescenti nel quale Lucci aveva accesso, vi erano altri membri ancora in attesa di selezione come il testardo orientale: un poeta mancato dalla voce insopportabile e dalla cantilena congenita con lunghi capelli rosa di nome Kumadori, un ragazzo con evidenti problemi di obesità sulla cui bocca i chirurghi del posto avevano cucito una cerniera con tanto di zip visto il suo vizio di parlare troppo ( ma piuttosto forte specialmente nel karate perché i capi decidessero di sopprimerlo ) che rispondeva al nome Fukurou, ed infine: un giovanotto dall’acconciatura bizzarra consistente in due corna simili per forma a quelle d’un ruminante, con la passione per il gioco del baseball piuttosto taciturno. Probabilmente l’unico con cui Lucci avesse un rapporto sereno.
 
Viste le ridotte dimensioni dell’isola, non ci si doveva sorprendere che le notizie avessero la rapidità di un fascio di luce nel diffondersi sia tra le reclute, sia tra i vertici governativi risiedenti in loco.
Viene da sé per tali ragioni che i ragazzi sopra menzionati fossero già stati scelti per essere introdotti nell’agognato da tutti CP9, seppur non vi era ancora stata  - ad eccezione che per Lucci – l’ufficializzazione della cosa.
Vi erano ancora tre posti vacanti qualora le presenze del gruppetto menzionato fossero state confermate, due dei quali, correva voce che fossero già stati assegnati ai figli degli agenti dell’attuale CP0, ovvero: a una bambina bionda e miope dall’aria intellettuale che pareva chiamarsi Califa e, ad un ragazzino poco più grande di Lucci che nessuno sull’isola sopportava di nome Spandam, il quale tutto nella vita avrebbe potuto fare tranne che il soldato viste le pressoché assenti abilità fisiche, il lamento facile e l’indole doppiogiochista. Spiccava tuttavia quanto meno nell’intelligenza organizzativa avendo ereditato dal padre Spandine, una mente brillante.
 
Quell’unico posto rimasto, in una selezione che salvo casi eccezionali, aveva luogo una volta ogni 20 anni, era responsabile di allenamenti al limite dell’umano, di notti insonni e volontà d’ottenerlo arrivando anche talvolta ad uccidere il proprio compagno qualora lo si vedesse più meritevole.
Una volta formato il gruppo, i bambini ma ancor più i ragazzini che in tal momento potevano aver dalla propria parte l’età idonea al raggiungimento di quell’obbiettivo: non avrebbero più potuto entrarvi visto che sarebbero stati ormai adulti il ventennio successivo.
Niente come la cupidigia appartiene all’animo umano: il desiderio di potere e ciò che ne deriva permette il compimento di azioni che si fa fatica a comprendere come possano essere state concepite dalla mente di un uomo, seppur infante.
Tuttavia: ancora era sconosciuta la data esatta in cui sarebbe avvenuta la formazione definiva ed ufficiale del gruppo d’assassini per eccellenza, e ciò permetteva agli aspiranti combattenti di prender un po’ di respiro placando la terribile ansia albergante nei loro giovani animi.
 
Nella stagione estiva, i capi locali – spacciando per humana pietas il loro voler godere di una vacanza dopo un altro anno passato ad addestrare ragazzini – permettevano ai gruppi di reclute di godere di trenta giorni di pausa a rotazione, per tornare ricaricati e conseguentemente più producenti al consueto addestramento.
Naturalmente era impossibile per i bambini lasciare l’isola, ma veniva concesso ad alcune imbarcazioni –sotto rigida autorizzazione del governo-  di farvi ingresso per vendere talune dolciumi, altre giocattoli e talvolta libri, quaderni ed addirittura vestiti.
Generalmente i più piccoli erano i primi ad usufruire della vacanza ristoratrice, venendo divisi in gruppetti sotto sorveglianza di un istruttore, in modo tale da poter avere 15 giorni ciascuno e non esser d’intralcio e/o distrazione per i ragazzi più grandi che avrebbero continuato ad allenarsi.
Al gruppo comprendente poche unità di quest’ultimi erano stati conferiti 30 giorni di riposo essendo il loro percorso il doppio estenuante rispetto ai piccoli colleghi.
 
 
 
 
 
Agosto aveva fatto la propria comparsa sull’isola delle anime perdute, portando con sé il massimo del calore nei raggi solari, insetti d’ogni genere, e grilli canterini durante le sue afose notti stellate.
Il gruppo dei “piccolissimi” aveva già esaurito il proprio periodo di riposo nella prima decade del mese trascorso, mentre ormai, quello dei bambini di età compresa tra i 6 ai 12 anni stava per terminare il proprio.
Alcuni di essi preda della curiosità su cosa comprendeva l’allenamento per i più grandi, li guardavano allenarsi sdraiati su un prato fiorito poco distante.
 
“Guardate quello è Rob Lucci!! Io l’ho conosciuto si allenava con me!!!!”
 
“CHEEEE? SUUUUL SERIO??”
 
“Sì sì! E’ così forte! Voglio diventare come lui quando crescerò!”
 
“Quello è il tizio stupido invece”
 
“CHI SAREBBE IL TIZIO STUPIDO?? EH MOCCIOSO?” Jabura poggiate le mani sui fianchi rivolse uno sguardo carico di ira al ragazzino che proferì tali parole, il quale senza nemmeno dar lui risposta gli tirò una pietra in testa.
 
“Bravo, hai fatto bene” disse Lucci senza voltarsi e continuando le flessioni sulla propria mano destra.
 
“CHE HAI DETTO LUCCI? NON HO SENTITO”
 
“Avrebbe dovuto tirartene un’altra”
 
“MALEDETTO BAMBOCCIO, ADESSO TI GONFIO COME IL BERNOCCOLO CHE M’E’ SPUNTATO DAL CRANIO”
 
“Finitela” intervenne Blueno interrompendo il proprio esercizio marziale “Conservate le scazzottate per quando avremo anche noi la nostra ora d’aria. Rischiate altrimenti che vi venga posticipata.”
 
I due si scambiarono un’occhiataccia per poi ignorarsi e proseguire i propri esercizi, così come i piccoli spettatori ripresero le chiacchiere:
 
“Hai sentito? Stasera c’è di nuovo il pagliaccio di legno!”
 
“Dici davvero?EVVIVA!!!! Mi fa morire dal ridere quell’idiota mascherato! Hai visto come l’hanno saccagnato di botte?”
 
“Sìììì troppo forte ahahahahahahahahha”.
 
“A me fa morire il numero delle torte in faccia!!!! Con quel nasone!!!!ahahahaha”
 
 
“Ehi ma cos’è questa storia? Chi sarebbe sto pagliaccio di legno?” chiese Jabura ai compagni mentre improvvisava un combattimento con Fukurou.
 
“CHAPAPAAAA pare che dieci giorni fa insieme alle navi commerciali sia arrivata anche quella di un tizio circense per intrattenere i mocciosi. L’ha voluta il gran capo dell’isola perché il figlio si annoia e gli chiede incessantemente di giocare, ma lui ha ben altro da fare, così da unire l’utile al dilettevole. CHAPA”
 
“Puoi chiedere se cercano una comparsa, saresti perfetto.”
 
“VEDREI MEGLIO TE A SALTARE NEI CERCHI DI FUOCO, MALEDETTO GATTACCIO SELVATICO, SPERANDO POSSA INCENERIRTI”
 
“YOYOYOIIII FINITELA RAGAZZI!
AL MIO OCCHIO ATTENTO NON SFUGGE
 CHE ‘L MAESTRO NOSTRO NELL’OSSERVARCI RUGGE!!!”
 
“Invece di andare a vedere sto pagliaccio di legno perché non andiamo a vedere se alla nave commerciale troviamo qualche giornaletto porno?” propose Jabura con la consueta espressione da maniaco.
 
“Sei un porco”
 
“MA COSA VUOI SAPERNE TU MOCCIOSO? BEVI ANCORA LATTE IN POLVERE.”
 
 
D’un tratto una musica simile a quella di un parco giochi fece eco dalla spiaggia sita dietro la grande torre dell’isola, al cui suono i ragazzini presenti si alzarono in gruppo gridando esaltati:
 
“E’ LUI! E’ LUI E’ IL PAGLIACCIO DI LEGNO!!!!! OGGI HA INIZIATO PRIMA!!!ANDIAMO! ANDIAMO!
 
“IL TIPO DELLA NAVE HA DETTO CHE POSSIAMO ANCHE GIOCARCI!!!AHAHAH SIII ANDIAMOOO UN GIOCATTOLO VIVENTE!!!!”
 
Uno sciame di bambini si gettò correndo alla volta della spiaggia alla stregua di uno stormo di mosche attratte dal miele. Il loro lato infantile, nonostante tutto, non era ancora totalmente scomparso.
I ragazzi più grandi invece, perdurarono l’allenamento di quel giorno sin al tramonto: d’estate infatti, oltre al fastidio del sole cocente e del caldo insopportabile, gli esercizi avevano una durata decisamente maggiore proporzionata al calar delle tenebre.
Tre giorni e avrebbero potuto godere del meritato riposo, per potersi dedicare ciascun di loro, alle attività che più preferiva.
Generalmente: Blueno riprendeva a giocare a baseball con un altro ragazzo anch’egli appassionato del medesimo sport, Fukurou vagava per l’isola in cerca di nuovi pettegolezzi spendendo i risparmi dell’anno, ottenuti con mansioni extra a livello di garzone, in riviste di gossip che gli permettevano d’esser sempre informato su tutto, Kumadori componeva poesie demenziali talvolta modificando le parole per ottenere rime altrimenti inesistenti per poi cantarle a squarciagola fino a che non venissero a intimargli di cessare tale strazio e Jabura beh, deliziava i propri sensi –e non solo quelli- con le riviste pornografiche di attraenti fanciulle.
Lucci invece passava il proprio tempo libero generalmente con il proprio piccione passeggiando nei luoghi più silenziosi dell’isola, finalmente in solitudine, spesso accompagnato da un buon libro da divorare sotto un maestoso salice piangente.
Non disdegnava nemmeno l’allenarsi per conto proprio senza la voce irritante dell’istruttore, coordinando le proprie mosse come più gli aggraziava.
Saltuariamente si concedeva l’acquisto di qualche abito elegante alla nave commerciale che vantava una prestigiosa boutique d’alta moda all’interno. D’altronde, i guadagni ottenuti dalle prime missioni glielo permettevano.
 
Terminata la propria giornata, dopo una doccia fresca ed una cena ristoratrice, Jabura propose un’uscita di gruppo all’area mercantile a cui aderirono tutti i ragazzi presi dalla curiosità ( anche se le intenzioni del giovane asiatico erano quelle di vedere gli intrattenimenti per i più grandi: magari sexy ballerine in lingerie). Alle reclute della loro età – come si è detto Lucci era l’eccezione in tutto – era consentita l’uscita serale in quella stagione, a condizione che alle 23:00 esatte si ripresentassero al dormitorio: pena un giorno di punizione e mancato permesso di uscita per un mese. Certo non volevano giocarsi le ferie.
Lucci seppur controvoglia, accettò la proposta lasciandosi tentare dall’idea di acquistare una nuova giacca di rappresentanza dal momento che quella attuale aveva tutta la fodera interna scucita a causa dell’allargarsi delle spalle. Il suo giovane corpo aveva già un principio di muscoli che rendevano non più indossabili i vestiti degli anni passati.
 
I giovani rampolli, incamminatosi per il sentiero illuminato dalle luci provenienti dalla spiaggia, concordarono di darsi appuntamento innanzi alla torre dell’isola alle 22:30, in modo tale da aver il tempo necessario per rientrare ciascun alla propria stanza.
La prima nave sulla sinistra, di dimensioni assai circoscritte rispetto alle altre due accanto, era proprio quella circense: lo spettacolo era ancora in corso e Jabura, si gettò subito verso gli spalti al fine di riuscire ad intravedere qualcuna delle sexy ballerine da lui agognate.
Rimase deluso quando trovò essi tutti occupati da ragazzini chiassosi ed il proprietario gli rivelò che le belle signorine non erano state ingaggiate a cagion del fatto che, la sua bagnarola era stata voluta unicamente per intrattenimento di bambini dell’età del figlio del capo dell’isola per i quali era previsto il famoso “pagliaccio di legno”.
 
“NGHEEEE IO VOGLIO LE RAGAZZEEEEEE”
 
“Ti sta bene, pervertito.”
 
“Quando crescerai ne riparleremo, moccioso. Bah, qui c’è solo il fantoccio di legno o come diavolo si chiama, io proseguo oltre, vado a vedere se almeno riesco ad avere un po’ di soddisfazione con le riviste! Ci vediamo più tardi gattaccio.”
 
Voltatosi alle spalle Lucci realizzò che ciascun dei compagni fosse andato per proprio conto alla ricerca di ciò che gli interessasse, per cui rimasto solo, decise con calma di fare una passeggiata per raggiungere l’ultima imbarcazione con gli accessori d’abbigliamento.
La musica era insopportabile, specie ora che l’aveva di fianco e veniva interrotta solo dagli schiamazzi del giovane pubblico che rideva a crepapelle.
Con le mani in tasca, Lucci si voltò alla propria sinistra e vide sul palco un bambino dal naso quadrato che pareva esser realmente di legno, venir manovrato dall’alto con dei fili da un burattinaio, lo stesso che con un megafono gli conferiva una voce demenziale.
Il piccolo di corporatura esile indossava scarpe di quattro misure più grandi che rendevano i suoi movimenti goffi ed impediti, un completo di raso rosso con annodata una cravatta a pallini ed il trucco bianco che gli copriva il volto in alcune zone del visto s’era colorato di rosso per il rivolo di sangue che gli scorreva dal nasino quadrato.
Sentendosi osservato da qualcuno che non appartenesse a quel pubblico crudele, il bambino sollevò gli occhi rotondi sino ad incrociare il suoi, e fu così che notò esser pieni di lacrime contrastanti con il rossetto che formava un ampio sorriso sulle piccole labbra.
 
“ECCO BAMBINI ORA PRENDO QUESTO MARTELLO E MI PICCHIO AHAHAHAHAHAHAHAHA GUARDATE QUANTO SONO STUPIDO”urlò la vocina dall’autoparlante mentre i fili si mossero sino a che il piccolo, afferrato un martello vero dallo spessore di quello d’un falegname, se lo diede sul nasino che accartocciandosi nella sua forma quadrata iniziò a sanguinare copiosamente.
 
“SII ORA LO FACCIO DI NUOVO BAMBINI”
 
Veduta tal scena Lucci si rifiutò di proseguir oltre, avanzando con passo deciso e provando un forte senso di disgusto non solo per quanto aveva appena assistito ma per le corpose risate che ne conseguirono.
Non ne capì il motivo ma una forte sensazione di malessere gli fece compagnia per tutta la sera, tanto da rendergli impossibile anche scegliere una fra le molteplici giacche eleganti nella boutique che aveva desiderato vedere nonché unico motivo della sua uscita.
Fece ritorno alla propria stanza addirittura in anticipo, cercando di rimuovere dagli occhi quell’immagine di profondo degrado.
Era ancora nel pieno dell’addestramento anche psicologico che gli avrebbe permesso di vedere le cose unicamente da spettatore disinteressato senza che la sua parte emotiva ne risentisse, di conseguenza, qualcosa di umano ancora era presente in lui, forse per tal ragione non riusciva a togliersi dalla mente la vista di quegli occhi tondi pieni di lacrime appartenenti ad un bambino umiliato in quel modo.
La stessa terribile sensazione non lo abbandonò nemmeno il giorno seguente mentre, come al solito era dedito agli esercizi volti a perfezionare il Rankyaku, la tecnica che amava di meno, avendo lui una forza spropositata nelle braccia.
 
La sera seguente, la sensazione era più forte che mai, così, come se qualcuno realmente lo manovrasse in modo similare a quel povero bambino, si ritrovò nel piccolo anfiteatro allestito di fronte all’imbarcazione con nuovamente egli come “attrazione”.
Quella volta, l’esibizione fu ancora più indegna dal momento che il proprietario della bagnarola permise alle giovani reclute di interfacciarsi col “burattino” a cui fecero le cose più atroci. Fu come se il sadismo, la frustrazione per quella vita austera, la rabbia per la loro condizione di abbandono si fossero riversate su quell’innocente.
Lo usarono come bersaglio dello Shigan, lo torturarono urinandogli addosso e molte altre furono le mostruosità compiute su quell’esserino inerme.
 
“ORA DEVI RIDERE MENTRE TI COLPISCO STUPIDO GIOCATTOLO PARLANTE!!”
 
“ahaha l’ha fatto per davvero! Guardatelo!!! Che idiota ahahah guardate che faccia!!”
 
La violenza fu tale che lo stesso proprietario dello squallido ammasso di legname intervenne dicendo con timidezza:
“ora basta ragazzi, altrimenti ehm.. me lo uccidete e mi rovinate.”
 
Ma nemmeno quello bastò a far volgere al termine quel massacro orrendo. Egli ottenne come risposta dal figlio del noto ufficiale:
“IO FACCIO QUELLO CHE VOGLIO, STRACCIONE! ED E’ MEGLIO PER TE CHE TE NE STIA FUORI DAI PIEDI ALTRIMENTI LO DICO A MIO PADRE!!”
 
 Lucci non potè esimersi dall’intervenire quando vide che uno dei ragazzini gli aveva strappato i calzoni ed afferrato un lungo bastone lo indirizzò al suo orifizio mentre il bambino urlava in modo straziante dal dolore.
 
“ORA BASTA. QUESTO E’ TROPPO”.
 
Riconosciuta la voce della “Leggenda” calò il silenzio e il pubblico intero sentì ghiacciarsi il sangue nelle vene.
 
“MA QUELLO E’ ROB LUCCI! COSA CI FA QUI? CE L’HA CON NOI?”
 
Il ragazzo dal caschetto nero chiusi gli occhi disse a voce bassa ancor più inquietante:
 
“Concedo a tutti 10 secondi. Se non vi vedo sparire all’istante, l’isola non avrà più reclute. Sì anche tu, figlio dell’ufficiale: tuo padre potrà essermi solo grato per avergli migliorato l’esistenza cancellando l’errore più grande che abbia mai commesso.”
 
Non terminò nemmeno la frase che ci fu un fuggi fuggi tra il panico generale, a cui lo stesso proprietario della bagnarola non potè credere, ignorando l’identità di quel ragazzo tenebroso.
Il piccolo intanto piangeva respirando con la bocca aperta dal momento che il nasino era ridotto ad una maschera di sangue, ancora grondante d’urina. I loro occhi si incrociarono di nuovo, questa volta lo sguardo del bambino fu troppo arduo da sostenere.
Rivolta un’occhiata gelida all’uomo che aveva permesso di compiersi simili atrocità, Lucci tenendo le mani in tasca tornò sui propri passi per raggiungere la sua stanza. La nausea che aveva avvertito pochi istanti prima iniziò ad aumentare fino a farlo fermare accanto ad un cespuglio all’uscita della pineta dove dette violentemente di stomaco.
Pensare che scene simili ne aveva già viste e ne aveva a propria volta compiute per ordine dei suoi superiori, ma vederle riversate su quel bambino gli provocava un dolore mai provato.
Aveva qualcosa di diverso, che non riusciva a spiegarsi. Quegli occhietti rotondi era come se avessero aperto una breccia nella rigida corazza che sempre con maggiore abilità aveva imparato a costruirsi. Forse per il suo di passato, forse perché lo vedeva realmente indifeso, forse una ragione non c’era.  
Non riuscì nemmeno a prender sonno quella notte e si promise che non avrebbe dato modo di verificarsi mai più una cosa del genere, a costo realmente di fare fuori tutte le reclute. Aveva il potere di farlo.
 
 
 
 
La sorpresa più grande la ebbe il giorno seguente quando, sempre alle prese con l’odiato Rankyaku, sentendosi osservato si voltò senza veder nessuno, fino a che un cespuglio emise un lieve fruscio.
Due grandi occhietti rotondi di cui uno gonfio da esser ridotto a poco più di una fessura, si affacciarono dall’arbusto.
Nonostante il piccolo volto tumefatto ed il nasino storto riconobbe il bambino che non lo faceva dormire la notte, il quale uscito dal proprio nascondiglio arrossì per l’imbarazzo ed abbassò lo sguardo, le punte dei piedini si toccavano timidamente e fra le mani teneva una nave giocattolo.
 
“E tu che hai da guardare moccioso?”
 
“Mi scusi Signore…mi dispiace averLe arrecato fastidio…”
 
Lucci poggiandosi un asciugamano sulle spalle possenti, si diresse verso di lui concedendosi una breve pausa.
 
“Come ti chiami?”
 
“Kaku..”
 
“Perché sei qui?”
 
“Volevo ringraziarLa.. per ieri sera.. probabilmente.. se Lei non fosse intervenuto.. io sarei morto..”
 
Il ragazzo si sedette su una lastra di pietra allungando le gambe ancora rigide per lo sforzo muscolare di poch’innanzi.
 
“Quanti anni hai?”
 
“Sette..”
 
“Che ci fai sulla nave di quel balordo?”
 
“Non ho altro posto dove andare..”
 
“Sei solo?”
 
“Avevo dei genitori.. ma per via del mio aspetto e della povertà in cui vivevamo non hanno più voluto saperne di me.. così.. Ravek mi ha preso con sé.”
 
“Ravek?”
 
Il piccolo guardando la propria nave giocattolo continuò:
 
“E’ il proprietario del circo galleggiante.. si trovava con la propria nave al porto del mio villaggio qualche anno fa, così, trovandomi interessante come fenomeno da baraccone, dati pochi berry ai miei genitori –ben felici di disfarsi di me non solo in qualità di piccolo mostro ma anche di bocca da sfamare- mi accolse sulla sua imbarcazione garantendomi almeno gli avanzi dei propri pasti ed un po’ di paglia su cui dormire.”
 
Ascoltate le sue parole colme di tristezza, Lucci lo guardò senza rispondere. Fino a quando non lo vide appoggiare il giocattolo sull’erba.
 
“Quella barca è tua? E’ molto bella”
 
“Sì è l’unico giocattolo che i miei genitori mi abbiano mai regalato.. è il mio migliore amico. Si chiama Zac.”
 
“Ciao Zac, piacere di conoscerti! Anche io ho un amico speciale, posso presentartelo?”
 
Il bambino magrissimo annuì timidamente, per poi scoppiar di meraviglia quando vide un colombo bianco farsi strada fra le foglie dell’alto albero alle loro spalle e posarsi sulla spalla del ragazzo misterioso.
 
“Lui è Hattori: il mio migliore amico.”
 
“Ma è bellissimo! E’ un uccello bianco come la neve! Che bello!”
 
“Purr.. purr” gli rispose il volatile accennando ad un educato inchino per poi appoggiarsi sul suo braccino esile pieno di lividi. Lucci notò che il piccolo aveva le falangi delle dita completamente storte. “ E’ per via di quei maledetti fili con cui lo lega quell’essere spregevole” pensò.
 
“Ti fermerai ancora per molto in questo posto sperduto?”
 
“Non credo Signore.. domani sera terminiamo gli spettacoli, dopodiché riprenderemo il mare.”
 
“Mi sento mortificato per ciò che ti è accaduto ieri sera Kaku..”
 
Il bimbo gli rivolse uno sguardo triste mentre con le manine non smise di accarezzare Hattori.
 
“Ci sono abituato. I bambini come me sanno essere davvero crudeli.. gli adulti generalmente mi guardano e ridono, oppure mi scambiano per un burattino vivente non degnandomi di attenzione. Per i piccoli invece sono come un giocattolo da rompere e gettare via.”
 
“Perché non vai via da quella maledetta nave?”
 
“Perché sono solo.. e sono debole. Il mio corpo è gracilino, non ho alcun posto dove andare e soprattutto chi potrebbe mai adottare un bambino mostro come me..?”
 
“Io non ti trovo affatto un mostro! Hai un nasino..strano e allora? Ti rende un bimbo unico, speciale!”
 
Le lacrime a fiotti cominciarono a scendere dagli occhioni tondi, colando dal piccolo mento, mentre Kaku chinata la testolina, tra i singhiozzi riuscì solo a rispondere:
 
“Nessuno me lo ha mai…detto…grazie…Signore….”
 
Terminato il forte sfogo, il piccolo si asciugò il nasino quadrato ancora dolente e storto, bisbigliando:
 
“Adesso..devo andare… Ravek mi starà cercando, tra poche ore avrà inizio il penultimo spettacolo..allora…grazie di cuore per tutto e spero di rivederLa.. Signor…”
 
“Io sono Rob Lucci. Ma puoi chiamarmi semplicemente Lucci e darmi del << tu >> non sono tanto più grande di te.”
 
Giratosi il berrettino in modo tale da indossarlo con la visiera rivolta all’indietro e ripreso il suo gioco, il biondino ramato rivolse un ampio sorriso al ragazzo più grande.
“Grazie di tutto Lucci..”
Poi sparì, inghiottito dalle foglie della siepe.
 
 
Quell’incontro gli aveva provocato una tristezza desolante. Cosa aveva quel bimbo di così speciale da rendergli possibile il provare emozioni che aveva dimenticato in età ancora più giovane della sua?
Non raccapacitandosi di tali pensieri, Lucci rimase immobile per quasi un’ora su quella lastra fredda con il proprio migliore amico addormentato sulle gambe. Delle voci poco lontano però, lo fecero ritornar al mondo. Avevano un suono sgradevole ed una tonalità infantile. Gli parve che le parole udite, avessero la forma di insulti.
Lucci non era mai stato curioso sin dalla più tenera età. Il mondo umano lo annoiava terribilmente e questa era la ragione per la quale prediligeva assai maggiormente trascorrere il proprio tempo in solitudine vista sempre come una conquista e mai come condanna, accompagnato unicamente dal silenzio. Tuttavia quel minuscolo esserino nasuto, aveva fatto breccia nella sua parte più umana, innescando un senso di protezione e dolcezza nei suoi riguardi.
Per tal motivo, nell'ipotesi che quelle grida di insulti fossero rivolte al suo piccolo amico si avvicinò di fretta al loco da cui provenivano.
Scorse in lontananza tre ragazzini praticamente suoi coetanei, che circondato Kaku, lo schernivano malignamente con battute di pessimo gusto sul suo aspetto.
Tra di essi riconobbe il figlio dell'ufficiale che aveva ideato quel diversivo sgradevole pur di sbrogliarsi dalla noia del dedicargli del tempo, dei restanti due non aveva memoria ma gli parve appartenessero al gruppo dei più scarsi.
 
“Ciao pagliaccio di legno, cosa ci fai tutto solo per il bosco? Hai perso il padrone?”
 
“Guardate ha una nave giocattolo in mano, fa' un po' vedere.”
 
Proferite tali parole il bullo gli strappò dalle piccole mani il modellino che gli era tanto caro, innalzandolo oltre la propria altezza e rendendogli quindi impossibile il riappropriarsene.
 
“Ridammelo!Ridammelo, è mio!”
 
“Cosa fai alzi la cresta fantoccio?” disse il compagno del ladro sferrandogli un pugno che fece riprendere a sanguinare il nasino già malconcio per la sera prima.
 
“Probabilmente non gli è bastata la lezione di ieri. Devi ringraziare la tua buona stella che quello stronzo di Rob Lucci passasse di lì. Adesso però possiamo riprendere quello che abbiamo interrotto, qui nessuno può sentirti, pagliaccio.”
 
Il piccolo ignorando le minacce concentrato com'era al riavere il suo amato giocattolo, piangendo compiva piccoli salti al fine di poterlo riprendere dal braccio alzato del suo aggressore che, crudelmente lo sventolava trovando assai divertente farlo patir in tal modo.
Improvvisamente la piccola nave gli scivolò di mano e crollando a terra si ruppe la punta.
 
“Oh guarda si è rotto. Ahahaha”
 
Kaku si chinò facendosi oscuro in volto, riprendendo ciò che rimaneva dell'amico di legno, mentre gli altri tre ridevano a crepapelle.
 
“Che cosa hai fatto....”
 
“Ho rooootto il suo giocaaaattolo ahahahaahh, adesso tocca a te essere inferiore, preparati a fare la stessa fine. Romperò quell'abominio che ti ritrovi al posto del naso proprio come la punta della tua ridicola nave!”
 
Lucci preso da un'indicibile rabbia, teso l'indice ed irrigito il proprio braccio destro fece per avventarsi contro i sadici esseri ma non si aspettò minimamente che, il bambino sferrò un calcio di una tale potenza contro il responsabile di quel danno da spappolargli letteralmente la milza facendolo ricadere con gli occhi rivolti al cielo a metri di distanza in una pozza del suo stesso sangue privo di conoscenza.
“JOAN! CHE COSA HAI FATTO MALEDETTO IBRIDO? SEI MORTO!SEI MORTO!”
 
Entrambi i rimasti gli si avventarono contro subendo la stessa sorte, non fu tanto il loro esser scagliati con il cranio fracassato in mezzo alla polvere a rendere incredulo lo spettarore, bensì la forza sprigionata da quelle gambine così esili che si chiedeva come facessero a sorreggerlo.
Nemmeno i suoi primi Rankyaku erano stati tanto poderosi.
Il piccino aveva messo k.o. tre ragazzini che si allenavano da anni e per quanto fossero scarsi i loro risultati, vantavano comunque una preparazione non alla portata di tutti.
Ma la cosa non terminò lì.
Dopo aver infatti tra le lacrime rivolte parole di conforto al giocattolo rotto proprio come fosse un vero amico in carne ed ossa quali: “Mi dispiace Zac. Mi dispiace tanto. Ti fa molto male? Ti riparerò subito.....Oh Zac....” il suo protetto spiccò un salto altissimo letteralmente dando l'impressione di volare, fluttuando nell’aria come un foglio di carta velina.
 
“Ma che razza di gambe ha??” pensò Lucci fra sé e sé “ Senza saperlo ha utilizzato tre delle sei tecniche dell'addestramento di noi reclute tra le più complicate. Ecco perchè sentivo che avesse qualcosa di speciale questo bambino: è un prodigio. Non oso pensare se avesse una preparazione tecnica.... un simile fenomeno fa realmente il pagliaccio di un circo e abbiamo più di mille unità completamente inutili che si allenano portando dopo anni risultati che valgono la metà di quello che riesce a fare lui?”
 
Altra cosa che la leggenda della giustizia oscura non sopportava era infatti la debolezza, non solo fisica naturalmente, ma aveva sempre visto di mal occhio le matricole come quel Spandam o quei tre idioti che avevano ricevuto la lezione che meritavano, incapaci dopo anni di reggersi in piedi dopo dieci minuti di percosse.
 
“Pazzesco. Ho davvero assistito ad un qualcosa di incredibile.”
Il pensiero di quell'episodio non abbandonò la sua mente per tutto il tempo restante della giornata, era così assorto ed incredulo nel rimuginare sulla potenza di quel piccolo circense da essersi alienato dal mondo.
Terminato il pranzo, decise di concedersi un pomeriggio medidativo in virtù del fatto che mancassero poche ore all'inizio del turno di riposo previsto per il suo gruppo e chi come lui era tanto avanti nella preparazione, non avrebbe avuto difficoltà a recuperare quelle poche ore.
Scelse tuttavia di rimaner nei paraggi rinunciando al consueto giro in pineta per rimanere a disposizione nel caso qualcuno degli ufficiali vedendolo non impegnato, avesse avuto delle esigenze di qualunque tipologia.
Le urla provenienti dalla finestra localizzata nell'ala destra accanto alla grande torre, attirarono la sua attenzione; decise così di appropinquarsi nella loro direzione, ed eseguiti un paio di balzi felini si ritrovò sul ramo immediatamente di fronte all'epicentro delle stesse.
 
“ PADRE! GUARDATE COSA MI E' STATO FATTO!” la voce del moccioso in questione gli era familiare: non sbagliò infatti. Riconobbe il figlio dell'ufficiale che insieme ai tre balordi aveva aggredito Kaku. Le bende gli ricoprivano tutto il busto livido, mentre un braccio era avvolto in un fazzoletto annodato al suo collo, rigidamente ingessato.
 
“Stai facendo un addestramento speciale, cosa pretendi: carezze?”
 
“NON E' STATO UN MIO COMPAGNO A PROCURARMI TUTTO CIO'!!!”
 
Dalla propria postazione Lucci, lasciatosi sfuggire un sorrisetto, intravide il padre dare la schiena al figlio senza nemmeno prestare attenzione alle sue lagne, chino su una scrivania colma di registri e scartoffie.
 
“PADRE!GUARDATEMI!QUEL BASTARDO MERITA UNA LEZIONE.”
 
“Joan, come puoi vedere ho da sbrigare faccende assai più importanti che l'ennesima rissa a cui non hai saputo far fronte pensando che fosse sufficiente presentarti con il mio nome. Non so nemmeno di chi tu stia parlando né mi interessa saperlo se devo dirla tutta.”
 
“E' STATO IL PAGLIACCIO DI LEGNO CHE FA PARTE DI QUELLA MALEDETTA NAVE ADIBITA A CIRCO CHE HAI FATTO ARRIVARE!!!!!!”
 
Il silenzio calò nella stanza, dando una sensazione di attesa inquietante per ciò che ne sarebbe seguito.
 
“Credo di non aver inteso. Puoi ripetere?”
 
“IL PAGLIACCIO DI LEGNO DELLA NAVE DA CIRCO CHE HAI VOLUTO FAR APPRODARE ALL'ISOLA MI HA QUASI SPAPPOLATO LA MILZA, PADRE!!!!!QUESTO FATTO NON PUO' RESTAR IMPUNITO.”
 
L'uomo di alta statura, poggiò la candida piuma di cui si serviva per compilare quel mondo cartaceo innanzi a sé, per poi voltarsi verso il congiunto e sfilarsi i rotondi occhiali dal volto. Sotto la divisa bianca era possibile intravedere un gilet a righe le quali, vista la corporatura robusta in alcuni tratti del ventre si deformavano.
 
“Un pagliaccio ti ha ridotto in quel modo?”
 
“Sì!!QUEL DANNATO FANTOCCIO DI LEGNO DEL CIRCO.”
L'ufficiale si coprì gli occhi con il palmo della mano destra, chiudendosi in un mutismo che interruppe dopo diversi minuti con un'isterica risata, dapprima manifestata velatamente attraverso continui tremolii, ed in un secondo momento apertamente.
 
“Un...pagliaccio.....AHAHAHAHAHAHAHAHAHA!!!AHAHAHAHAHAHAHAHAH”
 
“Pa-padre.. ma cosa...”
 
“AHAHAHAH, UN SOLDATO DEL GOVERNO MONDIALE RIDOTTO AD UN ESCREMENTO VIVENTE DA UN PAGLIACCIO. MA CHE CON CHE FACCIA TI PRESENTI QUI, DI FRONTE A ME, NON CELANDO UNA VERGOGNA DEL GENERE? TU, MISERO AGGLOMERATO DI CELLULE CHE  DA STOLTO COMMISI L'ERRORE DI METTERE AL MONDO. TU, FECCIA INDEGNA LA CUI UNICA GLORIA NELLA PROPRIA INUTILE VITA E' AVER AVUTO ME COME PADRE?”
 
Rimasto ammutolito dalle grida impetuose e da una reazione come quella che mai si sarebbe atteso, il giovane tentò di trattenere le lacrime che non tardarono a rigare il suo volto, mentre si fece strada da una delle narici una piccola scia di muco conferendogli un aspetto ancor più infantile.

“Ho acconsentito ad ogni tua assurda richiesta unicamente per non avere la visione della tua piccola, insignificante presenza. Ho fatto appello alla clemenza del supremo consiglio di quest’isola per farti ammettere all’addestramento forgiante le punte di diamante della giustizia, nonostante ti reputassi meno del nulla; non sei stato in grado nemmeno di godere di questo privilegio, ed ora sono stufo di te e del tuo universo misero ed inutile. Questa è realmente la goccia che ha fatto traboccare un vaso ormai colmo fino all’orlo. Sparisci dalla mia vista e non osare mai più presentarti al mio cospetto sin a quando non sarai divenuto un uomo degno di essere chiamato tale, quindi con ogni probabilità difficilmente ti rivedrò.”
Pronunciate quest’ultime parole, l’uomo rimessosi gli occhiali abbassati sul setto nasale, riprese il lavoro interrotto non degnando più di considerazione alcuna il ragazzino che lasciò la stanza in un pianto disperato.
 
Quello spettacolo a Lucci fu assai gradito; di più, anzi. Lo rese di ottimo umore per tutte le ore seguenti, nonostante temesse ripercussioni sul piccolo responsabile di tutto quell’eccezionale momento. La cosa però, non si sarebbe verificata questa volta: era pronto a recarsi alla nave di Kaku con congruo anticipo al fine di proteggerlo da ciò che aveva scatenato, non limitandosi solo ad osservare ma ad intervenire.
Balzato infatti, giù dall’albero, a passo veloce percorse i pochi chilometri che lo separavano dalla spiaggia, fermandosi quando scorse il bimbo in una radura poco lontano.
Notò che aveva riparato il proprio giochino alla meglio, utilizzando un poco di pece reperita al molo, e che tenendolo appoggiato alla sommità d’una collinetta erbosa di pochi metri, gli rivolgeva parole rassicuranti.
 
“Non preoccuparti amico mio, nessuno ti farà più del male: io ti difenderò con le unghie e con i denti”

In quest’occasione Kaku aveva portato con sé due coltellini affilati che tenendo fra le minuscole mani, brandiva al vento come fossero vere e proprie Katane. Un’immagine che gli ispirò estrema tenerezza.
Tal sentimento però, mutò in incredulità pietrificante quando vide che, ancora livido di rabbia per quanto accaduto all’oggetto a lui tanto caro, il piccolo sferrò un calcio ancor più vigoroso di quello precedentemente inferto ai balordi, abbinando ad esso con movimento sincronizzato le due piccole armi da taglio. Fu come se il tutto si fosse ridotto ad un’unica gigantesca e letale lama che falciò di netto l’albero dietro al quale lui stesso si celava cosa che, lo costrinse ad un rapido movimento per non venirne schiacciato.
Ancora sbigottito per ciò a cui aveva appena assistito, Lucci si ritrovò a poca distanza dal bambino che arrossì arretrando quasi volesse darsi alla fuga.

“No, ti prego non te ne andare.”

“Mi dispiace.. non credevo che Lei fosse là dietro, Signore.”

“Non hai nulla di cui scusarti, hai fatto qualcosa di incredibile, Kaku.”

Divenuto ancor più paonazzo in volto, il mini circense si sedette sul prato accanto alla sua amata nave.

“Ti piacciono le spade?”

“Moltissimo Signore…..”

Il ragazzo si sedette accanto a lui e sorridendogli (cosa assai rara) gli disse dolcemente:
“Mi pare di averti già detto che puoi chiamarmi Lucci e darmi del << tu >>”.

Il piccolo gli rivolse un largo sorriso non percependo l’imbarazzo venir meno.

“Ho visto quello che hai fatto questa mattina, Kaku.”

Udite queste parole, il bambino tremando balbettò alzando la voce:

“LU-LUCCI NON E’ COME SEMBRA. QUEI MALED..RAGAZZI HANNO FATTO DEL MALE A ZAC” iniziò a lacrimare sussultando “I-IO NON VOLEVO… I-IO HO PERSO LA TESTA E…”

Lucci levatogli il cappellino ancora indossato con la visiera girata, gli accarezzò i capelli in maniera rassicurante:
“Sei stato eccezionale. Tu sei un fenomeno Kaku, e ancora non te ne rendi conto.. mi hai colpito. E credimi è un qualcosa di estremamente raro per quanto mi riguarda. Ho visto combattere gente d’ogni età e d’ogni grado nonostante come vedi, io non sia tanto più grande di te. Solo nei veri uomini ho visto il tuo coraggio e la tua forza.”

“ Da-davvero..?”

Lucci annuì continuando a sorridere.

“A-allora.. non mi vuoi.. punire..?”

“Punirti?Ma stai scherzando?Ce ne fossero di reclute come te.. “

Kaku ripreso fra le braccia il suo ligneo amico lo strinse a sé nascondendo il visino.

“Perché non lasci quella nave e ti unisci a noi?”

Il bambino lo guardò stupito per poi riabbassare gli occhioni rotondi e rispondere:
“Io non sono che un burattino vivente.. non potrei mai competere con fenomeni del vostro calibro, nemmeno ci ho mai pensato.”

“Non hai avuto alcun problema a fronteggiarne tre, nonostante non potessero certo definirsi fenomeni se non da baraccone.” Lucci si portò la mano innanzi alle labbra, amaramente pentito di quanto appena pronunciato.

“Io sono un fenomeno da baraccone, Lucci.. non quei tre. Quella è gente che ha avuto la fortuna di nascere dalle persone giuste, con un aspetto normale, ed essere nel posto giusto al momento altrettanto giusto.. io sono solo senzafamiglia che riesce almeno a fare ridere i bambini.. sono solo un pagliaccio..”

“Tu non sei un pagliaccio Kaku. Mi addolora pensare che ti abbiano portato a considerarti tale solo perché un losco individuo trae profitto dai tuoi sacrifici e non si accorge di avere fra le mani un autentico prodigio.” Continuò: “Nessun << pagliaccio >> come lo chiami tu, avrebbe avuto una tale grinta da ridurre tre individui con un addestramento come il nostro a poco più che poltiglia.”

“Sono stato.. solo fortunato…”

Lucci lo afferrò per il braccino esile e guardandolo nei tondi occhi castani gli disse:
“Tu hai un talento incredibile anche con le spade. Sei un’autentica arma vivente, un guerriero. Perché non rifletti su questo..? Ti assicuro piccolino, che non sono il tipo che elargisce meriti né tanto meno complimenti a chiunque. Anzi, probabilmente sei la prima persona con cui mi capita.”

Il bimbo si alzò all’in piedi, sempre paonazzo ma con uno sguardo terribilmente triste.

“Ora devo andare Lucci.. tra poche inizierà il mio ultimo.. so che cosa ho fatto e a chi l’ho fatto.. questa potrebbe essere la mia ultima volta..”

“NON LO SARA’! NON PERMETTERO’ ASSOLUTAMENTE CHE LO SIA, IO..”

“A me non importa di morire..” Kaku abbozzò un sorriso mentre due lacrimoni gli scesero sulle guanciotte paffute “ e se accadesse, sono felice di averti conosciuto Lucci. Sei stato forse l’unico che mi abbia mai parlato in questo modo, e l’unico ad avermi trattato da ESSERE UMANO.. perché…anche se io sembro di legno… anche se tutte le sere indosso quel vestito ridicolo, anche se mi prendo a martellate da solo manovrato da quel tizio.. io.. sono un essere umano….”
Pulendosi il nasino ancora dolente, il piccolo poggiò la manina dalle dita storte su quella dell’amico:
“Nasconderò Zac nella stiva della nave del circo. Se non ci sarò più voglio che sia tu a prenderlo.. così ti ricorderai di me…”

“Kaku….” Per la prima volta nella propria vita Lucci avvertì il calore di una lacrima scendere dai suoi occhi ed attraversargli il volto contratto. Per la prima volta, ebbe la voce rotta dal pianto. Per la prima volta.. percepì un sentimento così forte nascergli dentro da spezzargli il cuore indistruttibile.

“Non devi essere triste” gli disse l’altro ancora sorridente “per un bambino nelle mie condizioni non c’è alcuna differenza tra vivere e morire. Però sono contento perché almeno una volta mi sono sentito amato.. e questo sarà il più dolce dei ricordi che porterò con me…”
Asciugandosi le lacrime con vigore e cercando invano di trattenere le altre, il ragazzo più forte dell’isola lo strinse a sé con talmente tanta forza da percepire i battiti del suo cuore.
“Grazie…” Kaku con le piccole labbra umide gli sfiorò la guancia, e liberatosi dal suo vigoroso abbraccio, balzò in aria leggero come una libellula, assaporando quell’incredibile sensazione di libertà.
Lucci, chinato su se stesso, pianse come mai ne aveva avuta memoria, e non riuscendo a comprendere che cosa quel ragazzino gli avesse mai fatto per ridurlo in tal stato. Forse, tutta la repressione a cui si era costretto per non essere attaccabile su nessun fronte, era stata schiacciata dall’intensità di quell’emozione. O forse, quel bambino così fragile ed indifeso gli rimembrava se stesso, quando aveva il suo stesso sguardo di orfano abbandonato al proprio destino. Non lo sapeva e non lo capiva, ma i singhiozzi non cessavano ed anzi si facevano più forti. Non si curò nemmeno del fatto che qualcuno potesse vederlo: vedere il futuro simbolo della giustizia oscura in preda alle lacrime. D’altronde anche lui…. Era un essere umano.
Quando finalmente il pianto gli concesse tregua, un’idea folle quanto geniale gli illuminò gli occhi rossi. Una pensata che gli diede la forza di riprendere la sua funzione di allievo prodigio e lo fece precipitare alla sede centrale dell’isola.
Una trovata, che avrebbe cambiato per sempre la vita di quel bambino.
 
…………………………………………

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Capitolo 16
*** Sono venuto a prenderti ***


“Signore, qui fuori c'è un allievo che desidera interloquir con Lei.”
 
“Che cosa? Un allievo? Ma come si permette? Spediscilo da dove è venuto a calci.”
 
Lo scrivano con una vistosa scia di sangue in volto, timidamente rispose al superiore:
 
“Ci ho già provato, ma costui non conosce di certo le buone maniere.”
 
Il losco figuro dall'imponente stazza voltò il capo in direzione del sottoposto abbassandosi gli occhiali da vista di rotonda forma.
 
“Come sarebbe? Chi osa tanto?”
 
“Un certo Rob Lucci..”
 
“IDIOTA PERCHE' NON L'HAI DETTO SUBITO! FALLO ENTRARE IMMEDIATAMENTE.”
 
Stupito per l'ammonimento del tutto inaspettato, il portavoce si scostò dall'uscio della stanza emanante un acre odore di sigaro, per poi rivolgersi al ragazzo in questione dicendo:
 
“Prego. Si accomodi.”
 
Lucci, fece il proprio ingresso allargando le forti spalle con piccoli ma decisi passi fermandosi innanzi all'ufficiale, postosi sull'attenti.
 
“Buongiorno Signor Rob, a cosa devo la Sua visita? C'è forse qualche problema?”
 
“Buongiorno Signore. Necessiterei di conferir con Lei privatamente riguardo una questione particolarmente delicata. Naturalmente non intendo approfittar del Suo tempo né tanto meno, della Sua pazienza, verrei subito al punto qualora mi concedesse ascolto.”
 
“Lasciaci soli.” disse l'imponente omaccione allo scrivano, il quale, tamponandosi la ferita ancora sanguinante gettò una gelida occhiata alla “leggenda” prima di chiudere dietro alle proprie spalle la pesante porta dalle maniglie d'ottone.
 
“Sono a Sua disposizione, mi dica. VuoLe accomodarsi?”
 
“La ringrazio per la premura ma non ve n'è necessità. Dunque; Lei sa bene quanto mi stia a cuore la sorte del Governo, come anche l'addestramento di noi umili reclute, che abbiamo avuto un simil privilegio in sorte.”
 
“Prosegua. La ascolto.”
 
“A tal proposito mi è gradita l'occasione per sottoporre alla Sua attenzione un caso unico quanto singolare innanzi a cui io per primo rimasi interdetto.”
 
Lucci raccontò nel dettaglio ogni singolo episodio riguardante il piccolo circense, senza omissione alcuna nemmeno riguardante il ruolo che svolgeva. Sapeva bene che il grand'ufficiale capo dell'isola – padre di joan – sarebbe rimasto al quanto perplesso nell'ascoltarlo, come ben si evinceva dall'espressione del volto, tuttavia conosceva anche le adeguate strategie di convincimento.
 
“Insomma, anche Lei viene qui a parlarmi di sto fantomatico pagliaccio di legno. Ma che v'è preso a tutti quanti? Mi perdoni Signor Rob, ma nonostante io per primo ammiri la Sue straordinarie capacità, capisce bene che, mi risulta complicato dar peso a ciò che Lei sta dicendo a proposito di costui”.
 
Il ragazzo col caschetto, sistematosi la cravatta candida con fare elegante, guardando in volto l'interlocutore rispose:
 
“Perchè non l'avete veduto combattere, Signore. Mi permetto di farLe osservare che, anch'egli è orfano, solo a questo mondo, privo di qualsivoglia caro che possa reclamarne la presenza. Non vanterei l'assurda quanto sciocca pretesa di averlo tra le reclute migliori dei nostri corpi speciali, semplicemente: mi dia la possibilità di accoglierlo quanto meno fra i principianti.”
 
L'ufficiale prese ad accarezzarsi la folta barba ed assunse un'espressione meditativa rimanendo in silenzio. Pochi minuti dopo, mantenendo la stessa, disse:
 
“Quanti anni ha il bambino?”
 
“Sette, signore. Rientra nei parametri di età.”
 
“Mh.. Lei è certo che a parte le Sue ridicole apparizioni come intrattenimento non sia un pirata o abbia legami con malavitosi d' ogni genere?”
 
“Mi sento di escluderlo, Signore.”
 
“Non saprei, sebbene segua io stesso il reclutamento dei giovani soldati questa sarebbe senza dubbio la prima occasione priva di precedenti in cui non li sottopongo al consueto esame d'ammissione all'addestramento.”
 
Notando evidenti segni di cedimento, Lucci non perse quell'allettante occasione:
 
“Le propongo un accordo, Signore.”
 
“La ascolto.”
 
“Seguirò io la preparazione tecnica dell’infante. Mi assumo ogni responsabilità circa il suo addestramento impegnandomi a consegnarLe nell'arco di un anno soltanto: un soldato perfetto al pari delle migliori matricole di cui l'isola può aver avuto memoria.”
 
Il nerboruto omaccione rimase stupido innanzi a tale affermazione, mai infatti era successo che Rob Lucci in persona si esponesse in tal modo per qualcuno.
 
“Non Le sembra di riporre eccessiva fiducia nei riguardi di un moccioso che ha conosciuto occasionalmente, ignorandone praticamente ogni aspetto di vita?”
 
“Signore, il mio dovere si limita a servire Voi e la Massima Autorità giudiziaria. E' questo l'unico motivo per il quale sono al mondo, è questa la ragione d'ogni mio gesto, d'ogni mia dedizione ad acquisire maggior potenza per poter assorbire su di me, ogni male a Voi destinato. Per tal motivo: come potrei suggerire la presenza di un qualcosa che possa, anche solo lontanamente, arrecarVi del danno? E' proprio per finalità contrarie che mi trovo qui al Suo cospetto, a proporLe di dare una possibilità ad un elemento che secondo mio modestissimo parere risulta essere assai interessante proprio per garanzia stessa della Vostra incolumità.”
 
“Dovrei proporlo al consiglio....”
 
Seguì un silenzio carico d'attesa, di cui lo stesso Lucci dai saldi nervi ne percepì la tensione. Infine, l'uomo rimessosi gli occhiali sul naso, chinatosi nuovamente sulle scartoffie disse:
 
“E sia. D'accordo. Mi porti il bambino domani mattina, lo sottoporremo ad un attento esame medico per accertarne i requisiti fisici. Si occuperà Lei stesso della Sua preparazione.”
 
Lucci trasalì per l'emozione ( cosa ancor più rara del vederlo sorridere ):
 
“La ringrazio Signore. Le sono profondamente grato!”
 
“Sappia però” aggiunse l'alto ufficiale “ che ha il termine massimo di un anno per forgiare un soldato perfetto del quale potremo vantare la collaborazione. Trascorsa detta tempistica, se il bambino non avrà superato ogni singola prova, Lei è al corrente del nostro modus operandi.”
Il ragazzo annuì mantenendo contratta l’espressione del volto, sapeva benissimo a cosa si stesse riferendo il suo superiore, come s’è detto infatti: una volta aver fatto ingresso in quel sistema oscuro, mai più se ne sarebbe potuti uscire, se non da morti.
 
 “Inoltre la Sua stessa posizione potrebbe essere gravemente compromessa. E' pronto anche a questo?”
 
Annuì nuovamente, strinse i pugni cercando di celar il proprio disappunto, tuttavia non poteva far altro che riporre ogni più piccola goccia di fiducia in Kaku e nelle sue capacità, in virtù delle quali si era esposto sin a quel punto. Non poteva tornare indietro. Non era da lui.
 
“Ha la mia parola.”
 
“Bene. Se non c'è altro di cui necessita, avrei da continuare codesto alienante lavoro. Ci vediamo domani mattina all'alba con la nuova recluta. La saluto Signor Rob.”
 
Rimessosi sull'attenti, Lucci si congedò con un inchino di devozione. La posta in gioco era estremamente alta, ma aveva raggiunto il proprio obbiettivo.
 
“E' fatta Hattori!!” disse fra i giubili al proprio alato amico che emise solidale un  verso di contentezza.
“Devo andare da lui subito! Subito! Altrimenti potrebbe partire prima dell'alba. Questa è l'ultima sera! GEPPO!”
 
Lucci scalciando l'aria, sospeso nel vuoto come il suo piccolo amico, si diresse alla nave di quest'ultimo, percependo però l'odore di un acre fumo provenire alla volta della direzione di quest'ultima.
Atterrato in sua prossimità, si trovò innanzi ai resti dell'imbarcazione consumati dal fuoco.
Intuì nell'immediato l'accaduto ed era perfettamente a conoscenza delle cause.
 
“NO! NOOO! KAKU!!!!!!!!!! KAKUUUU!!!!!”
 
Non ottenne risposta. Il cuore gli batteva all'impazzata, quando scorse delle figure in lontananza all'interno della pineta.
 
“MALEDETTO BAMBOCCIO INUTILE! STUPIDO ABORTO MANCATO!! E’ SOLO PER COLPA TUA CHE QUEI BASTARDI HANNO DISTRUTTO LA MIA NAVE! ED ORA COME FACCIO? MI HAI ROVINATO!! ROVINATO!”
 
Il maligno proprietario di quei pochi resti superstiti, strattonava il bambino malmenandolo, sferrando privo di pietà alle sue piccole ossa calci e pugni nonostante fosse già avvolto in una pozza di sangue.
Il piccolo cercava invano di farsi scudo con la propria manina tumefatta, ormai esanime, prossimo al perder conoscenza.
 
“Ra….Ravek….ti prego…….mi dispiace…….”
 
“NON ME NE FACCIO NIENTE DEL TUO DISPIACERE PICCOLA MERDA! NON HO Più NIENTE!TUTTO DISTRUTTO! DOPO AVERE DATO UN SENSO ALLA TUA VITA INUTILE. DOPO CHE TI HO ACCOLTO COME UN FIGLIO QUANDO NON AVEVI NEMMENO I VESTITI ADDOSSO!”
 
Con la punta ferrata della scarpa, lo colpì violentemente al volto facendogli sbattere la testolina contro il muro. A quel punto, certo ormai d’esser arrivato alla fine, Kaku non provò più a difendersi in alcun modo.
 
“Uccidi…mi… uccidimi..del tutto…”
 
“ CHE COSA FAI? PROVOCHI ANCHE? NON PREOCCUPARTI CHE ORA REALIZZERO’ IL TUO DESIDERIO. TANTO CHI VUOI CHE VERSI QUALCHE LACRIMA PER TE? CREPA MALEDETTO MOSTRO!!!”
 
Il losco ceffo alzò il braccio stringendo il pugno, mentre il bambino chiuse gli occhi speranzoso che ogni cosa volgesse al fine. In quella frazione di secondo, pensò che Ravek avesse ragione.
“Nessuno..piangerà per me…”
 
Quel colpo mortale però non arrivò mai,  udito un tonfo sordo sull’erba,  Kaku non avvertì più alcun vociare. Aprì così un occhietto dopo alcuni istanti, per capire cosa fosse accaduto e vide innanzi a sé il corpo senza vita del suo aguzzino mantenente ancora la posizione di poco prima, con gli occhi fissi, privi di espressione immerso dal proprio sangue sgorgante da molteplici fori su tutto il corpo. Pareva che migliaia di chiodi fossero stati impiantati in ogni parte di esso per poi venirne estratti.
Lucci come segno di estremo disprezzo sputò sulla faccia riversa a terra dell’uomo, premendovi sopra la scarpa lucida.
 
“Lu..Lucci…cosa ci fai qui….?”
 
“E’ finita Kaku.”
 
Il bimbo scoppiò in lacrime e singhiozzi, mentre l’altro cingendolo con le proprie possenti braccia lo lasciò piangere ed urlare per un tempo indefinito, accarezzandogli i riccioli ramati ed asciugando tutto il suo sangue con il fazzoletto di seta che aveva nel taschino della giacca elegante.
Quando finalmente, fece capolino un principio di calma ed i tremolii nel singhiozzare cessarono, Kaku riappropriatosi della voce disse:
 
“Perché mi hai salvato..? Non ha senso…”
 
“Perché pensi questo?”
 
“Te l’ho già detto.. per un bambino nelle mie condizioni non c’è differenza tra vivere e morire..”
 
“ Questo perché la vita a cui sei stato costretto fino ad ora, era mera esistenza. La tua VERA vita, inizia ora.”
 
Lucci prese il cappellino del piccolo, e ripulitolo dalla polvere glielo mise sul capo chino.
 
“..Non so nemmeno dove andare… non so cosa fare…non ho niente che mi leghi alla vita.. “
 
“Un posto dove andare adesso ce l’hai.”
 
Il bambino lo fissò con aria interrogativa.
 
“Sono venuto a prenderti Kaku. Vieni con me: torniamo insieme alla torre della giustizia.”
 
“ CO- COSA? M-MA IO NON POTREI MAI..”
 
Il ragazzo più grande afferrò con forza le piccole spalle, dicendogli con aria severa e penetrante:
 
“Da questo momento, il pensare di non essere più in grado di fare qualcosa deve abbandonare la tua mente. Tu puoi fare TUTTO. Devi solo capirlo, crederlo con tutte le tue forze.”
 
“ M-ma io non sono forte…”
 
“PIANTALA. Non sarai mai forte quanto, quando essere forte è l’unica scelta che avrai.”
 
Kaku lo guardò basito. Ttutto ciò, stava accadendo realmente a lui?
 
“Se devi morire come tutti noi, morirai da UOMO non da burattino. Se devi combattere, lo farai DA SOLDATO non dandoti martellate per far ridere quattro caproni con ancora i denti da latte. Io, non posso decidere per te Kaku.. questo è vero. Non posso fare tuoi quelli che sono i miei di ideali. Però posso dirti questo: non tutti nascono una buona stella. Non siamo tutti uguali nella vita e nemmeno nella morte. Tutti però possiamo scegliere. Ed anche tu puoi.”
 
Lucci chiuse gli occhi, aggrottando la fronte.
 
“O te ne vai e vivrai una vita come i vagabondi predatori cui diamo la caccia piuttosto che, mediocre come quelli che ci hanno messo al mondo per poi soccombere, oppure resti! E se resti, ogni giorno, ogni singolo istante della tua vita, lotterai per essere sempre più forte.”
 
Udite quelle parole il bambino con gli occhioni sgranati non riuscì a replicare una sola sillaba. Lo avevano a dir poco pietrificato per l’intensità della loro pienezza.
 
“E poi.. c’è un’altra cosa….”
 
Il bruno dai lucidi capelli riaperti gli occhi smeraldi, gli rivolse uno sguardo tristissimo, di quelli con ogni certezza mai avuti nella propria vita e disse:
 
“Se tu morissi.. io proverei davvero un dolore immenso…”
 
Kaku sussultò per l’emozione:
 
“Da-davvero…..?”
 
“Davvero… la tua morte ucciderebbe l’unica parte umana rimasta in me.”
 
Piangendo a dirotto il piccolo gli disse:
 
“T-tu… piangeresti per m-me….?”
 
“Moltissimo.”
 
Quella volta fu l’infante a saltargli al collo abbracciandolo con tutta l’esigua forza rimastagli dopo quel massacro. Rideva e piangeva, sentiva il proprio piccolo petto scoppiare da una moltitudine di emozioni come non avrebbe mai pensato di poter provare. Il calore di quell’abbraccio non lo abbandonò per tutta la vita.
 
 
 
 
 
 
 
 
“Sono venuto a prenderti Kaku, Vieni con me: torniamo insieme alla torre della giustizia…….”
 

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Capitolo 17
*** L'inizio ***


“Bene Kaku, ora tira fuori la lingua.. bravissimo, così”.

 

Il dottore dalle mani profumate annotò qualcosa sul proprio taccuino, per poi dire:

 

“Andiamo nella sala di fronte, seguimi.”

 

Il bimbo con solo un paio di mutandine a righe indosso, lo seguì timidamente. Lesse sulla porta d’entrata “ Sala Douriki ”.

“ Che cosa sono questi Douriki? Speriamo non titoli di studio.. io so leggere e scrivere ma non sono mai andato a scuola.. ma no! Cosa possono centrare queste cose con l’addestramento che mi diceva Lucci..?” pensò Kaku tra sé e sé varcando la soglia.

Appena entrato nell’enorme palestra si guardò intorno meravigliato: v’erano attrezzi stranissimi, mai visti prima, parevano quasi strumenti di tortura. Sulla destra un macchinario avente una cinghia di cuoio con legata all’estremità una maniglia d’acciaio, a sinistra una sagoma di legno con molteplici fori similari in tutto a quelli che aveva visto sul corpo del suo aguzzino il giorno prima, davanti a sé: una macchina che sembrava essere un misuratore di qualche cosa di indecifrabile, costituita da una lunghissima sbarra graduata con un cuscino posto sul numero “0” e la scritta “Max 2000” sull’ultimo altissimo vertice. Lesse altre due parole: “Douriki Rankyaku”.

Giratosi verso gli altri attrezzi, appurò che la scritta “Douriki” era appuntata ovunque, seguita da un altro nome stranissimo ai suoi occhi per ciascun macchinario.

 

Al fondo della palestra era presente anche un uomo di alta statura, dai muscoli talmente massicci che pareva stesse per esplodere da un momento all’altro e molteplici vene lo facevano apparire una carta geografica vivente. Egli in silenzio teneva tra le mani pelose una cartellina ed una penna.

 

“Bene Kaku, avvicinati.”

 

Il medico era fermo accanto proprio all'attrezzo dotato della cinghia di cuoio, lo seguì anche lo strano tizio dai muscoli d’acciaio.

 

“Sei mancino o destrorso?”

 

“D-destrorso..”

 

“ Molto bene. Adesso stringi con la mano che utilizzi questa maniglia, al mio VIA tira con tutta la forza che hai. Sei pronto?”

 

“S-sì..”

 

Il Dottore premette un bottone sulla destra dello strano congegno che emise diversi tremolii, mentre una piccolissima sbarra quadrata sopra la cinghia si illuminò. Kaku lesse “ Douriki Arms “.

 

“ VIA “

 

Tirò con tutta la forza che aveva nelle esili braccia, notando che un cursore illuminava diversi numeri. Quando era in procinto di mollare la presa, la freccia scendeva rapidamente verso lo zero.

“ 1 Douriki! “ disse il medico al nerboruto assistente che provvide ad annotarlo immediatamente sul foglio pinzato alla cartellina.

Dopo di che, spense il macchinario dirigendosi verso la sagoma lignea bucherellata in più punti.

 

“ Adesso Kaku, il mio assistente sostituirà questa sagoma dalla fisionomia umana con una nuova intatta. Al mio via dovrai provare a farle dei fori con le dita. Hai compreso? “

 

“C-COSA? M-ma è impossibile!”

 

“Per il momento può essere che non ti riesca, non preoccuparti. Ha anch’essa un rilevatore interno per darci un’idea indicativa del vigore con cui esegui questo esercizio. Puoi usare una mano sola o entrambe, come ti è più comodo. La cosa più importante è che dovrai servirti unicamente del dito indice, massimo quello medio. Solo questi due. Sei pronto?”

 

“Questi sono pazzi..” pensò il piccolo mentre attese che l’omone muscoloso apponesse la nuova sagoma verso cui avrebbe dovuto svolgere quell’assurda prestazione.

 

“ Sempre al mio VIA, d’accordo?”

 

“S-Si Signore..”

 

“ VIA!”

 

“ AHIA! AHIA!MA E’ REALMENTE IMPOSSIBILE!! AHI! AHI!”

 

“ …0,3 Douriki!” ripetè l’uomo in camice mentre l’altro come sempre appuntava. Voltati gli occhietti sulla destra lesse “ Douriki Shigan ”.

 

“Non capisco.. ma cosa diavolo vogliono dire queste scritte? Ma seriamente questi qua riescono a bucare il legno con le dita..? Non posso crederci.. non può essere” pensò il bambino seguendo i due attraverso un’altra macchina stranissima, dall’aspetto di una vera e propria gabbia alle estremità della quale erano appese delle fibbie.

 

“Allora, adesso il mio assistente ti legherà alle estremità di questo altro attrezzo, dopodiché in modo delicato e soprattutto aumentando gradualmente il vigore, ti colpirà in tutto il corpo. Dovrai irrigidirlo il più possibile. Non preoccuparti, non ti faremo del male, come puoi notare anche questo marchingegno è dotato di un rilevatore come tutti gli altri. Quando la pressione dei colpi farà accendere quel bottone rosso che vedi alla tua destra, il mio uomo cesserà le percosse. Abbi fede. Sei pronto?”

 

Kaku spaventato a morte non riuscì a trattenersi dal dire:

 

“S-signore ma quest’uomo mi ucciderà! Mi è sufficiente un suo schiaffo per andare all’altro mondo!!!”

 

Il medico rise e gli disse: “Ma no sciocchino. Lo sappiamo bene che per te tutti questi nomi non hanno alcun significato, come anche che non hai una preparazione tecnica. Serve a noi per capire se sei idoneo all’addestramento ed in quale gruppo inserirti. Dopo di che, ciclicamente rifarai ogni singolo di questi controlli a cui vedrai: sarai sicuramente più preparato. Adesso però concentrati. Irrigidisci ogni parte di te come più ti è possibile. Oriman, sei pronto?”

 

“Sì, Dottore.” Rispose il losco individuo.

 

“ VIA”.

 

 

Il muscoloso assistente come aveva detto il professionista infatti, iniziò a colpirlo con leggere percosse su tutto il corpo che, attenendosi alle disposizioni aveva provveduto ad irrigidire fino quasi a percepire diversi crampi dai propri piccoli muscoli. Man mano che aumentava il vigore nel colpirlo, il dottore appuntava qualcosa sul foglio lasciatogli dall’altro.

Sulla parte superiore del corpo avvertiva molto dolore, su quella inferiore, dalla vita in giù poco o niente. Naturalmente fino a quando il macho non aumentò la forza in modo intollerabile.

 

“AHIA! AHIA! BASTA SIGNORE!”

 

“ Resisti ancora un po’ Kaku, stai andando bene. Il pulsante non si è ancora acceso.”

 

“ BUSTO 0,5 DOURIKI” Urlò l’uomo.

 

“ SCHIENA 1 DOURIKI. GAMBE 23 DOURIKI”

 

“LA PREGO SIGNORE MI FA MALE!!”

 

Mai fu felice come nel momento in cui percepì il suono dell’allarme del cosiddetto pulsante rosso che finalmente si accese. Mentre provvedevano a slegarlo, lesse “ Douriki Tekkai “, ma ormai rinunciò a capirci qualcosa di ciò che quei due folli gli stavano facendo eseguire.

 

Eccolo ora innanzi a quella enorme sbarra graduata che lo colpì non appena mise piede in quel posto. “ Douriki Rankyaku “ lesse accanto al cuscino.

 

“ Bene Kaku, stiamo per terminare. Adesso, sempre al mio VIA dovrai sferrare un calcio con tutto il vigore che possiedi su quel cuscino. Questa è la prova meno dolorosa. Dopodichè faremo il punto di tutto, d’accordo?”

 

Il dottore gli sorrise dolcemente ma, volse gli occhi all’assistente con uno sguardo che gli parve esser rassegnato e venne ricambiato dallo stesso con il medesimo. Li sentì mormorare poche parole vicinissimi, e gli sembrò di udire qualcosa simile a “ Non ci siamo….” mentre scrutavano la sua cartella.

Terminato quel brevissimo consulto, il medico e l’assistente presero posto accanto al congegno.

 

“ VIA “

 

 

Il piccolo sferrò il calcio con ogni briciola di forza rimastagli, e notò che assorbito il colpo, la strana macchina iniziò a traballare, mentre un cursore iniziò ad illuminare i numero sulla sbarra graduata. Gli pareva che non si fermasse mai.

“ NON E’ POSSIBILE!!!!!!!!!” Dallo stupore, la cartellina scivolò dalle mani del muscoloso omone ed al dottore cadde addirittura il taccuino.

 

“ 120….150….180…200….250!.....400!!! NO NO NON POSSO CREDERE A QUELLO CHE STO VEDENDO, LA MACCHINA DEVE ESSERE IN AVARIA!!!!!!”

 

Il cursore luminoso salì ancora, per poi fermarsi al numero 780.

 

“ NO…… NO NON PUO’ ESSERE. NON PUO’ ESSERE. ORIMAN!!!!! SONO IO CHE HO LE TRAVVEGOLE O ANCHE TU HAI VISTO QUELLO CHE HO VISTO IO??????”

 

“ DOTTORE ALLORA SIAMO PAZZI IN DUE!”

 

Entrambi non distoglievano gli occhi dalla sbarra graduata.

 

“C-che succede..?Ho sbagliato qualcosa..?”

 

“A-ascolta Kaku. Credo sia meglio ripetere la prova. Porta pazienza, la macchina deve essere guasta. Ora la azzeriamo. Sì probabilmente si è impallata al risultato precedente. Ecco. Ecco. Ora è a posto. Puoi gentilmente riprovare?”

 

“V-va bene..”

 

 

“Ehm… o-ok…… VIA”

 

La modalità con cui avvenne la cosa fu assolutamente la medesima. I due erano letteralmente pietrificati, con addirittura una scia di muco penzolante dalla narice.

 

“ORIMAN VAI A CHIAMARE L’ISTRUTTORE DEL PRIMO LIVELLO. CORRI!”

 

Kaku non capiva cosa stesse accadendo, e la cosa gli incuteva preoccupazione. “Ma che ho fatto..? Perché gridano così..? Io ho eseguito solo quello che hanno detto”.

 

Lucci, che intanto era fuori dalla sala medica, quando vide uscire correndo Oriman “La Bestia” sorrise intuendone perfettamente il motivo. Era accaduta la stessa cosa a lui 5 anni prima. Ne ebbe conferma quando lo vide tornare con Oiaku, l’istruttore che seguiva il suo stesso gruppo.

I due entrarono velocemente senza dargli modo di vedere nulla.

 

“ SIGNOR OIAKU GUARDI QUA! NON HO MAI VISTO IN TANTI ANNI DI SERVIZIO UN RISULTATO SIMILE AL TEST DI BASE!”

 

“Non è possibile! Siete certi che la macchina non sia andata in malora per via dell’usura?”

 

“Gli abbiamo fatto ripetere la prova! Non credo proprio! Tuttavia dal momento che non ho mai visto qualcosa di così eccezionale ho bisogno della Sua collaborazione.”

 

“Lo comprendo. Come si chiama il bambino?”

 

“ Kaku, di anni 7.”

 

“ Ragazzino vieni qui.” Il bimbo gli si avvicinò.

 

“ Adesso dovrai fare la stessa cosa che hai fatto poco fa, colpendo me.”

 

“ Ma Signore perché mai dovrei?”

 

“ Non si discutono gli ordini. Al mio VIA colpiscimi come hai colpito quella sbarra. Chiaro?”

 

L’uomo si irrigidì tendendo ogni muscolo del proprio corpo fino a parer divenir di pietra. Kaku rimase assolutamente stupito di vedere una trasformazione del genere su un essere umano, e si convinse sempre di più che quello fosse un posto popolato da mostri.

 

“TEKKAI!!VIA!!!”

 

Eseguito l’ordine ancora di più aumentò il suo sgomento quando vide che l’istruttore non aveva fatto una piega, mantenendo la stessa posizione eretta, con le palpebre serrate. Fino a quando, riappropriatosi della voce mormorò:

 

“ Dottore.. non è un errore. Costui ha una potenza di 780 Douriki nella sola gamba destra.”

 

“ M-ma signor Oiaku, come può essere possibile? Guardi i risultati degli altri test: a giudicare da essi, questo infante dovrebbe avere la forza di un canarino!” Il medico senza riuscire a darsi una spiegazione mise innanzi all’uomo la cartellina con le valutazioni del bambino.

Una volta letta con estrema attenzione, egli disse non distogliendo gli occhi dalla stessa:

 

“Ho visto un solo caso di questo tipo seppur, riguardasse la parte superiore del corpo. La spiegazione è una sola: questo ragazzo ha delle gambe prodigiose.. davvero notevole. Dottore, credo che il piccolo possa sostenere anche l’esame per il Geppo, il Soru ed il Kamie. Se le mie ipotesi sono corrette, assisteremo alla ribalta dei risultati ottenuti.”

 

“ Signor Oiaku, mi dispiace contraddirLa ma Lei sa bene che è troppo rischioso sottoporre una recluta priva di qualsiasi preparazione tecnica di base a quelle due discipline. Le facciamo eseguire solamente alle matricole terminanti i primi due anni di addestramento.”

 

“ Dottor Moser, alleno cadetti da almeno vent’anni nei corpi più scelti a livello mondiale. So quel che dico. La Sua professionalità è ammirevole, tuttavia Lei sa meglio di me che i risultati ottenuti dal ragazzo non sono calcolati equamente: ha ottenuto punteggi scarsi alle prove a cui lo avete sottoposto perché è evidente che egli abbia poco vigore fisico nella parte superiore del proprio corpo. Ma non posso fingere di non ritenere interessante un risultato tanto eccellente nell’unico test comprendente gli arti inferiori. Sono abbastanza sicuro che sarà possibile arginare le sue lacune con un adeguato addestramento. Qualora superasse questi ultimi due esami: il bambino sarà ammesso alle reclute di grado medio. Perciò si fidi di me, e vedrà che le mie valutazioni saranno corrette anche in questo caso.”

 

Sospirando e non del tutto convinto d’agir per il giusto, il dottore acconsentì e fece cenno a Kaku di seguirli nel percorrere la lunghissima scala che portava sin al piano più alto della torre.

Giunti che furono in cima, l’istruttore disse:

 

“Kaku la domanda ti sembrerà banale ma, tu hai mai volato?”

 

“ Sì Signore..ed è bellissimo. E’ la cosa che amo più fare al mondo!”

 

Oiaku sorridendo rivolse agli altri presenti uno sguardo di enorme soddisfazione, per poi rivolgersi al bambino e dire:

 

“ Allora che ne dici di mostrarci come fai a volare..? Te la senti?”

 

“ D’accordo Signore.”

 

“ Sono sufficienti solo pochi secondi, ma per noi è importante vedere come fai a librarti nel cielo. Parti pure quando vuoi.”

 

Una volta presa la rincorsa con la rapidità di un fascio di luce, Leggero come una libellula, con l’immensa sensazione di libertà che gli regalava ogni volta, il bambino spiccò un salto e si lasciò cullare dal vento che gli accarezzava il visino. Il suo piccolo corpo fragile, martoriato da quegli anni di violenza, lo faceva oscillare simile ad una foglia autunnale staccatasi dall’albero, con l’agilità conferitegli dalla statura altrettanto minuta.

 

“ Dottor Moser, dichiaro l’allievo ammesso al corso base delle sei tecniche volto a renderlo un futuro servitore del Governo Mondiale. Lo attendo nei prossimi giorni al campo di formazione 8.”

 

“ Sissignore.”

 

Messosi sull’attenti, l’istruttore nerboruto scalciando l’aria egualmente aggraziato, si lasciò cadere oltre gli alberi poco distante dal sontuoso terrazzo, giusto il tempo perché il piccolo potesse atterrare prendendone il posto.

 

“ Le mie congratulazioni Kaku, ti abbiamo sottovalutato. Sei risultato idoneo al test di ammissione. Ora vai, giovane recluta. Domani inizia il tuo primo giorno di addestramento.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“ LUCCI! LUCCI! CE L’HO FATTA! MI HANNO DETTO CHE POSSO FARE L’ALLENAMENTO COME VOI, UOMINI FORTISSIMI”

 

Il ragazzo felino sorrise:

 

“Ma io ne ero certo. Complimenti Kaku..sono fiero di te.. “

 

Il bambino lo abbracciò forte inondandolo delle proprie lacrime di gioia.

 

“ Inizia una nuova vita per te adesso. Una vita fatta sì di enormi sacrifici, ma anche di enormi soddisfazioni.”

 

Lucci sapeva tuttavia di aver omesso cose di importanza non relativa. Non aveva mai parlato infatti nello specifico a Kaku, di quale fosse la loro mansione una volta terminato quel percorso. Vero è che il piccolo sarebbe potuto entrare nei corpi minori ed occuparsi di meri servizi investigativi, come anche che non avrebbe comunque lasciato vivo quell’isola se fosse rimasto con quel losco individuo.

Il Governo infatti, aveva dato ordine di eliminare chiunque fosse giunto in quel luogo ed avesse visto cosa vi accadeva all’interno. Il rischio di spionaggio era troppo alto: non poteva permettere la fuga di notizie sull’addestramento dei futuri angeli custodi della giustizia.

Aveva egli stesso dovuto eliminare, insieme ai propri – ormai prossimi – colleghi interi equipaggi di navi giunte, aventi come unica colpa quella dell’essersi perse in balìa delle onde.

 

“ Lucci a cosa stai pensando? Va tutto bene?”

 

Il bambino lo fissava con gli enormi occhi tondi e l’aria interrogativa.

Una delle cose che aveva imparato per prime all’inizio del proprio percorso era proprio quella del decidere in fretta senza più volgersi indietro. Così fu anche quella volta.

 

“ Kaku ascolta. Non ti ho detto tutto riguardo il nostro lavoro.”

 

“ In che senso..? Noi..cioè voi..siete soldati giusto?”

 

“..Sì. Lo siamo. Ma non come tu hai l’idea generale dei Marines o degli altri corpi militari.”

 

Il biondino non riusciva a capire cosa stesse asserendo l’amico.

 

“ Lucci ma tu sei nel grado più alto vero?”

 

“ Sì, io sono nel numero 9. Il gruppo della giustizia oscura.”

 

“ Giustizia oscura?”

 

Non era affatto semplice spiegarlo a chi gli aveva concesso ogni briciolo della propria fiducia. Ma proprio per questo Kaku meritava una spiegazione.

 

“ Kaku, il nostro lavoro è quello di assassini. Noi uccidiamo su commissione.”

 

Come si aspettava, il bambino si oscurò in volto per poi allontanarsi bruscamente. Dunque quello sarebbe stato il suo destino?

 

“ Come assassini? LUCCI PERCHE’ NON ME LO HAI DETTO? IO NON VOGLIO ESSERE UN ASSASSINO!! I-IO PENSAVO CHE SAREI DIVENTATO UN SOLDATO!!! IO MI SONO FIDATO DI TE!”

 

“ Ascolta..”

 

“ COME PUOI ESSERE UN ASSASSINO? ALLORA PERCHE’ MI HAI SALVATO LA VITA? LUCCI MI HAI INGANNATO! IO NON VOGLIO UCCIDERE NESSUNO!”

 

Kaku iniziò a piangere ininterrottamente sentendosi profondamente tradito. Aveva sostenuto quei test con tutto il proprio impegno senza sapere a cosa sarebbe andato in contro, aveva fatto appello ad ogni sua energia profondamente grato a Lucci per avergli dato quell’occasione ed avergli salvato la vita. Già vedeva su di sé la bianca divisa della marina militare mentre navigando su una nave con innalzata la candida bandiera della giustizia in cui credeva, combatteva per nobili ideali. Per salvare altra gente bisognosa come lo era stato lui fino al giorno precedente. Come aveva potuto il suo amico fargli questo?

 

“ MI HAI TRADITO LUCCI! TU MI HAI..”

 

“ STAMMI BENE A SENTIRE! PIANTALA DI FARE TUTTO QUESTO CASINO ED ASCOLTAMI!”

Lucci cercò di placare il tono di voce udibilmente innervosito.

 

“ Sì, io sono un assassino. Il mio gruppo uccide gente divenuta scomoda per la realizzazione dei piani dell’autorità. Kaku, credi davvero che saresti salpato vivo questa sera dall’isola? Mi dispiace mio piccolo amico, ma è bene che tu impari velocemente come è fatto questo mondo. La risposta è: no. Saresti solamente cibo per pesci insieme a quel maledetto essere che ti ha costretto ad anni di prigionia.”

 

Il bimbo lo guardò con occhi sbarrati senza proferir parola, sotto schock.

 

“Non amo dilungarmi nei convenevoli, sono piuttosto conciso. Io, non ti ho mai detto di essere una bella persona. Non ti ho mai raccontato di cosa mi occupo personalmente. Non ero tenuto a farlo come non lo sono nemmeno ora. Ti ho però anche detto che non posso fare tuoi quelli che sono i miei di ideali. Non vuoi rimanere? Sei padronissimo di farlo, ti ho detto anche questo: non posso decidere per te. Non posso sapere qual è la tua concezione di giusto o sbagliato, non posso nemmeno obbligarti a servire il Governo. Vuoi sapere perché ti ho salvato la vita? Perché tu non vuoi realmente morire Kaku.”

 

“C-cosa..?”

 

“ Gli occhi di un bambino che ha deciso di morire, non sono come i tuoi.”

Lucci aggrottò la fronte cercando di scacciare i propri, abominevoli ricordi.

 

“Lucci..?”

 

“In ogni caso” continuò il ragazzo con tono deciso: “ Non tutti i gruppi di reclute che vedi su quest’isola si occupano di assassinio. Alcuni svolgono servizi investigativi minori in missioni di poco conto. Non so dirti quale sia il loro destino al termine delle stesse, credo di averne un’idea ma non mi è dato sapere le decisioni dell’Autorità. Non mi devi niente Kaku: ora sei libero di scegliere che cosa vuoi farne della tua vita. Io, sebbene ti conosca da poco, non posso negare di provare molto affetto per te. E credimi che è una parola pressoché sconosciuta per quanto mi riguarda. Se non vuoi sottoporti all’allenamento sei padronissimo di farlo, ma io non potrò aiutarti. Bada però che qualunque decisione tu prenda, questo mondo non ti darà l’opportunità di avere ripensamenti. Il tuo destino è stato segnato dal primo giorno in cui sei giunto in questo posto. Puoi non essere stato tu a deciderlo, ma è così.”

 

Kaku volgeva gli occhi verso un punto indefinito, ormai incapace anche di pensare. In pochi giorni soltanto la sua esistenza era stata stravolta in ogni propria parte, in modo tanto rapido da non dargli nemmeno il tempo di realizzare.

 

“S-se rimango.. tu mi aiuterai..?”

 

Lucci chiusi gli occhi gli rispose:

 

“ Sì. Però devi essere informato di tutto. In questo luogo vigono dei regolamenti, molto, molto severi. Scordati il rapporto che abbiamo mantenuto fino ad ora, dovremo comportarci come tutte le altre reclute, continuare gli allenamenti in silenzio separatamente, non contravvenire ad alcun ordine, impegnarci giorno dopo giorno al fine di non perdere i risultati conseguiti e conquistarne di nuovi. Siamo un investimento per il Governo, le debolezze sentimentali, le ribellioni per i propri ideali, i piagnistei e tutto il superfluo, non sono tollerati.

Ho preso un impegno preciso con il grand'Ufficiale dell'isola: mi occuperò io di insegnarti le Rokushiki, ossia tutte quelle tecniche che hai avuto modo di sentir nominare nel sostenere l'esame di ammissione. Tuttavia, quando sarò impossibilitato a seguirti per continuare il mio di allenamento, dovrai attenerti col massimo impegno alle disposizioni dell'istruttore. Devi cavartela da solo Kaku. Io finchè posso, cercherò di non farti mancare il mio supporto, ma ti ripeto: qui si sopravvive solo grazie a se stessi.”

 

Giunti che furono innanzi all'ala della grande torre, dove erano ubicati i dormitori delle reclute dal grado medio a quello avanzato, il ragazzo bruno gli disse:

 

“Ti concedo fino a domani per pensarci. Condivideremo la stessa stanza, per cui saliremo insieme. Nonostante sia l'inizio delle mie ferie, domani all'alba ti aspetterò per cominciare il tuo percorso. Non sarò io a svegliarti, né a ricordarti questo impegno Kaku.”

Giratosi alla propria destra indicò con il dito un muro invecchiato avvolto ormai dal verde muschio ed abbracciato per tutta la lunghezza da una bellissima edera “Se non ti vedrò alle ore 07:00 accanto a quel muretto che vedi, mi limiterò ad accettare che le nostre strade si divideranno senza più possibilità di riunirsi. Se invece, ci sarai, beh: non avrai più occasione di tirarti indietro qualunque cosa accada. Scegli Kaku. Impara a decidere cosa è meglio per te.”

 

Lucci arrotolatosi le maniche dell’elegante camicia sino ai gomiti come di consueto soleva portare, tirò fuori dalla tasca le chiavi della loro stanza: la numero 6.

 

 

“Adesso vieni, ti mostro quella che se deciderai di proseguire sarà la stanza che condivideremo. E’ possibile che tu conosca anche i miei colleghi che occupano quelle adiacenti.”

 

Rimanendo in silenzio il piccolo lo seguì varcando la soglia della grande torre. Li accolse un grande silenzio, d’altronde tutte le altre reclute avevano terminato il proprio periodo di vacanza ed erano rientrate nei rispettivi gruppi d’addestramento.

 

“Oooh… ma è….enorme… bellissimo…..”

 

Kaku con meraviglia osservò ogni particolare di quel palazzo meraviglioso, quasi fiabesco: non fosse stato un luogo di futuri angeli della morte poteva pensare si trattasse del castello fatato di cui aveva sentito narrare i poveri cantastorie del suo villaggio.

Oltre allo sfarzo di elegantissime moquette rosso rubino, come quelle nei palazzi dei sovrani, e alle vetrate con mosaici colorati, alzati gli occhietti al cielo, notando che la cupola dell’imponente edificio era totalmente di vetro, gli parve quasi che gli uccelli librati in cielo volassero a pochi centimetri dal suo piccolo capo.

Non gli pareva vero che quella sarebbe diventata la sua nuova casa.

Ancor meno, quando vide la stanza che avrebbe condiviso con l’amico che aveva reso possibile ciò che neppur nel mondo onirico avrebbe potuto concepire.

 

“Accomodati. Noto con piacere che gli inservienti hanno già fatto in modo di sistemare il tuo letto.”

 

Un piacevolissimo profumo aleggiava nella camera più bella su cui i suoi piccoli occhi si fossero mai posati.

Al centro: una poltrona di velluto rosso ornata da un finissimo bordo dorato, l’immancabile tappeto rubino, il caminetto di pregiatissimo marmo antico, cesellato con la massima precisione –naturalmente spento vista la stagione estiva ma dall’irresistibile fascino sempre e comunque – ed ai lati: due letti di dimensioni spropositate con candide lenzuola fresche di pulizia.

Un letto vero. Nemmeno da bambino ne aveva mai posseduto uno.

 

“Questo è il bagno. Se vuoi rinfrescarti un po’ fai pure.”

 

L’ambiente era ancor più sorprendente: una vasca rotonda di bianchissima ceramica, due lavandini con i rubinetti placcati in oro, di forma quadrata in modo da riprodurre l’uscita dell’acqua con artistico effetto di quella sgorgante da una sorgente, ed infine uno specchio altrettanto enorme in cui vide riflessa la sua piccola immagine.

Portatosi una manina al viso per la prima volta vide quanto la vita che aveva condotto su quella bagnarola lo avesse devastato.

L’occhietto sinistro era violaceo, la pelle bianca colma di lividi e segni e le piccole labbra gonfie per via delle percosse ricevute il giorno precedente.

 

“Lo so, la tua immagine in questo momento ti fa male. Ma, seppur estremamente doloroso: imprimitela nella mente, Kaku. Giura a te stesso che mai più, vorrai vederti così se non per tua scelta, per combattere le TUE battaglie.”

 

Una lacrima gli sfuggì dall’ occhietto malconcio.

 

“ Adesso ti lascio solo. Hai bisogno di molto, molto riposo. Io ne approfitterò per godermi le mie ultime ore di libertà. La cena è prevista per le 19:00. Le luci vengono spente alle 22:00.”

 

Improvvisamente però, entrambi udirono un enorme fracasso provenire all'esterno dell’elegante stanza.

 

“Che cosa succede là fuori?” chiese Kaku preoccupato. Notò che Lucci assunse un’espressione tra l’infastidito ed il rassegnato: sapeva bene chi fosse l’artefice di tutto quel percuotere.

 

“GATTACCIO CI SEI? ANDIAMO TUTTI ALLA SPIAGGIA QUESTO POMERIGGIO AUHAUHAUAHUAUHU KUMADORI S’E’ MESSO IL COSTUME A PALLINI GYAYAAHHAYAYAHAYAYHAYYHAAHAHA SEMBRA CHE ABBIANO INFILATO UN SALAME IN UN BUDELLINO A POIS “ Jabura incurante e chiassoso come al solito spalancò la porta urlando a squarciagola.

 

“COS… CHI E’ QUESTO BAMBINO CON LA FACCIA DA MARIONETTA?”

Un pugno gli arrivò alla guancia sinistra scaraventandolo fuori dall’uscio. Il ragazzo col caschetto, gli gettò un’occhiataccia ponendosi di fronte a Kaku.

 

“MA SEI SCEMO? TI SCORREGGIA IL CERVELLO MALEDETTO FELIDE?”

 

“YOI-YOYOYOYOYYY

IL MIO ATTENTO OCCHIO

POCO FA INTRAVISTO EBBE UN MARMOCCHIO

MA DI COSTUI NON HO MEMORIA ALCUNA

COLMERESTE VOI LA MIA LACUNA?”

 

Un enorme essere dai lunghissimi capelli rosa indossante un ridicolo costumino a pois comparve dietro l’asiatico ragazzo chiassoso, sotto la vita la mutanda gli era così stretta che i pallini divenivano ovali. Poco dopo si affacciarono altri due strambi individui altrettanto mastodontici: uno, obeso con una cerniera al posto della bocca e l’altro, con un cappellino dalla scritta “baseball team” al quale aveva forato le estremità al fine di consentire l'uscita dell’acconciatura bizzarra. Entrambi avevano addosso altri costumi altrettanto ridicoli.

 

“ M-ma Signore Lei ha una cerniera al posto della b-bocca!”

 

Tutti i presenti lo scrutavano da cima a fondo ricordando di averlo già visto ma per fortuna non sembravano rimembrare dove, almeno fino a quando Fukurou non rivelò – come al solito – tutto quanto.

 

“ CHAPAPPAAA questo ragazzino era il clown di legno che lavorava sulla nave circense distrutta da Joan e i suoi scagnozzi. CHAPAPA Lucci l’ha voluto come recluta perché ha superato abilmente tutti i test di base ed ora deve addestr…ZZZZZIIPPPP.”

 

Lucci gli serrò prontamente la cerniera posta sulle labbra producendo un rumore metallico.

 

“NON CAPISCO IL FANTOCCIO DI LEGNO ADESSO SAREBBE UN NOSTRO COMPAGNO? MA L’UFFICIALE HA ESAGERATO CON I BAGORDI IERI SERA?”

 

“ Non credo sia nel CP9.. solo che sia riuscito ad entrare nei gruppi minori..” gli rispose il cornuto con voce mite.

 

“ YOIYOIYOIYOI

ME NE ASSUMO LA RESPONSABILITA’! FARO’ SEPPUKU PER LUCCI E IL SUO PICCOLO AMICO DAL NASO QUADRATO!”

Il chiassoso collega dell’amico sguainata la spada dal fodero poggiato sul fianco destro del costume a pois la diresse verso il proprio ventre.

 

“SIGNORE LA PREGO MA COSA STA FACENDO!!!!SI FERMI!!!!” Urlò il bambino scoppiando in lacrime e precipitandosi verso l’uomo dalla folta chioma rosea. Lucci gli afferrò il braccio e guardandolo con aria rassegnata gli disse:

 

“Lascia perdere ed abituatici..”

 

“M-MA LUCCI IL TUO AMICO MORIRA’!”

 

“Purtroppo no”

 

 

“TEEEEEEKKKKAIIIIIIII”

 

“Di nuovo quello strano nome” pensò Kaku sgranati gli occhietti. Lo sgomento di osservare che l’altro fosse ancora vivo dopo essersi colpito il ventre con una Katana affilatissima che come minimo avrebbe dovuto trapassarlo da una parte all’altra lo fece cadere sulle proprie ginocchia.

 

“YOIYOIYOII NON FUNZIONA NON FUNZIONA NON FUNZIONAA! YOIYOIYOI LA MIA MAMMA MI PROTEGGE SEMPRE”

 

“EH BASTA KUMADORI! SEI PIU' PESANTE DELLA PEPATA DI COZZE CHE HANNO SERVITO IERI SERA ALLA MENSA! ALLORA LUCCI COSA DIAVOLO E’ QUESTA STORIA? CHI E’ QUESTO BAMBINO? COSA CI FA QUI? MA DAVVERO SEI INTERVENUTO PERSONALMENTE PER FARLO AMMETTERE ALL’ADDESTRAMENTO DELLE ROKUSHIKI?”

 

“ Non sottovalutarlo, cagnaccio. Potrebbe farti il culo lo sai?”

 

“L-LUCCI!” Kaku nonostante non capisse più nulla già dall’entrata in scena degli strambi colleghi, rimase ancor più interdetto sentendo Lucci, sempre così elegante e raffinato esprimersi in tal maniera.

 

“CHIAMAMI ANCORA UNA VOLTA CANE E NON VEDRAI L’ALBA DEL GIORNO DOPO BRUTTO GATTACCIO DOMESTICO TROPPO CRESCIUTO!”

 

“FINITELA!”

Fu sempre il cornuto giocatore di baseball a far raffreddare gli animi.

“ Dal momento che siamo più grandi di questo ragazzino, dovremmo quanto meno presentarci. Scusaci per la maleducazione piccolo, io sono Blueno.”

 

“ P-piacere i-io sono Kaku…..”

 

“Alla tua destra: Fukurou, stai ben attento che con lui le notizie volano in meno di un secondo.. segue: Kumadori il poeta (di drammi che compone e conosce solo lui), e..”

 

“ E questo cazzone con la faccia da idiota è Jabura. Ignoralo pure, è un imbecille.”

 

“LUCCI GIURO CHE TI AMMAZZO!”

 

“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH!” Il bambino pietrificato dal terrore notò che il ragazzo dai lunghi capelli legati aveva assunto sembianze mostruose.

“UN LUPO MANNARO! UN LUPO MANNARO!”

 

“ Il tuo piccolo amico non sa ancora dell’esistenza dei frutti del diavolo eh Lucci..?” gli sussurrò all’orecchio Blueno comprendendo la reazione di Kaku.

 

“ Pensavo di informarlo in un altro modo. Ma come sempre gli idioti rovinano tutto.”

 

Inaspettatamente però il piccino rivolse un enorme sorriso all’asiatico canide e con gli occhi luccicanti disse:

 

“Signor Jabura ma allora..anche Lei ha lavorato in un circo?”

 

“………….CHE COSA……”

 

Seguì un imbarazzante silenzio interrotto dalle risate fino alle lacrime di tutti i presenti, quelle di Lucci soprattutto.

 

“Oddio ahahahhah Kaku mi hai ucciso ahahahahahah ahahahahaha ahahahah sei grande!”

 

“YOIYOIYOIYOI NON VOGLIO RIDERE MA ME NE ASSUMERO’ LA RESPONSABILITA’ AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH IL RISO ABBONDA DALLE MIE LABBRA AHAHAHAHAH INCONTENIBILE E’ PER I MIEI SENSI”

 

“Perchè state ridendo tutti? Che cosa ho detto?” il piccolo infastidito per lo sghignazzare senza ritegno si guardò attorno alla ricerca di una risposta, mentre Jabura ancora impietrito ritornò in umane sembianze.

 

Terminata l’ilarità del momento gli spiegarono l’esistenza di frutti sparsi in ogni angolo della terra aventi origine infernale, che avrebbero garantito poteri immensi al fortunato o sventurato che li avesse assaporati. Ma che, proprio per la magnificenza delle capacità sovrannaturali sprigionate da essi, sarebbero stati un vero e proprio “patto con il diavolo”: la propria anima in cambio di forze simili agli dei e l’incapacità, per tutta la vita, di nuotare.

Anche Lucci assunse la propria forma felina sotto gli occhi meravigliosi del piccolo nasuto, come altrettanta fu la meraviglia di quest’ultimo nel vedere Blueno letteralmente scomparire tramite le sue porte atmosferiche.

 

“Wow… ma è fantastico…”

 

“Nel corso della tua vita ne vedrai tanti di questi poteri Kaku, e chissà, magari anche tu un giorno ne possiederai uno. In questo mondo purtroppo non c’è nulla che si ottenga senza sacrifici estremi.”

 

“Credo però che questo gnomo nasone non sopravviverà tanto a lungo da potere mangiare uno di questi frutti. E’ già tanto che riesca a reggersi in piedi GYAHAHAHAHAHHAHAHHA”

 

Kaku abbassati gli occhi, assunse un’espressione triste e dimessa, non che non fosse abituato a quel genere di battute, ma ogni volta la sua sensibilità ne risentiva.

 

“ SEI UN MALEDETTO IDIOTA BRUTTO…”

 

“ Lascia perdere Lucci.. il signor Jabura ha ragione.. non posso competere con voi..”

L’asiatico – che adottava quell’atteggiamento da bullo proprio al fine di nascondere il proprio cuore tenero ed anche le insicurezze più profonde – provando rimorso per quanto appena detto, senza lasciar trapelare tuttavia il pentimento gli disse:

 

“ Beh, sei entrato nelle giovani reclute. Questo non è comunque da tutti moccioso. Impara da subito che un vero uomo non permette a nessuno di dirgli quello che è capace o non è capace di fare. Lo dimostra.”

 

Lucci spazientito, postosi a lato dell’uscio invitò tutti i presenti a lasciare la propria stanza, motivando che il piccolo avesse bisogno di raccogliere ogni energia per il giorno successivo. Fra tutti, Blueno sembrava quello che meglio avesse compreso la situazione delicata e con la scusa di regalare a Fukurou e a Kumadori la sua nuova palla da spiaggia, li convinse a rispettare i programmi presi per quel giorno.

 

Una volta che l’altissima porta cesellata si richiuse e tornò finalmente la quiete, l’amico fidato diede disposizione tramite il proprio lumacofono personale – altro privilegio assai raro – che la cena fosse servita con congruo anticipo direttamente in camera.

 

“Avrai molta fame, da quanto non ti nutri con qualcosa di decente?”

 

“ Non mangio da tre giorni..”

 

“Ecco: questo non va affatto bene. Dovrai seguire una dieta equilibrata ma soprattutto sana per poter permettere al tuo corpo indebolito di produrre il massimo.”

 

 

Consumato finalmente un lauto pasto abbondante, e provando l’ebbrezza di un letto morbido, seppur terribilmente stanco il bambino non riusciva a prendere sonno. Pensava e ripensava al proprio destino che lo avrebbe voluto un angelo della morte. Lui che amava la vita e che non era in grado di recar danno a nessuno, solo a se stesso.

Le parole di Lucci gli risuonavano senza interruzione nella mente:

 

Se non ti vedrò alle ore 07:00 accanto a quel muretto che vedi, mi limiterò ad accettare che le nostre strade si divideranno senza più possibilità di riunirsi. Se invece, ci sarai, beh: non avrai più occasione di tirarti indietro qualunque cosa accada. Scegli Kaku. Impara a decidere cosa è meglio per te.”

 

 

 

Che cosa fare? Iniziare un percorso per il quale dentro se stesso, si riteneva perdente a priori, volto a trasformarlo in un assassino, o non presentarsi non solo deludendo Lucci ma: provando a fuggire senza una meta e morire preda di stenti e fame?

 

Non tutti i gruppi di reclute che vedi su quest’isola si occupano di assassinio. Alcuni svolgono servizi investigativi minori in missioni di poco conto. Non so dirti quale sia il loro destino al termine delle stesse, credo di averne un’idea ma non mi è dato sapere le decisioni dell’Autorità.”

 

Nonostante la tenera età aveva capito perfettamente che Lucci, in modo indiretto, gli aveva rivelato che questi ultimi una volta divenuti “inutili” sarebbero stati fatti fuori come scarpe vecchie.

Tuttavia era arrivato sin lì, avrebbe avuto realmente senso perdere l’unica opportunità che quella misera esistenza gli aveva riservato?

 

Sollevate le lenzuola scorse Lucci dormiente sul fianco, con il proprio migliore amico appollaiato sul davanzale dell’enorme finestra.

Seppur si fosse esposto personalmente ed in caso di sua rinuncia ne avrebbe pagate le conseguente: il ragazzo non aveva paura. Già: Lucci era così forte da non aver timore di nulla.

Anche solo per non deludere la sua fiducia, ci avrebbe provato.

 

 

 

 

 

 

“ Sono lieto di vederti qui, Kaku. Possiamo iniziare: ricordati che, d’ora in poi, non ti sarà più concesso tirarti indietro.”

 

“ Se tu sarai con me.. tutto mi sembrerà possibile.”

 

 

Lucci gli sorrise dolcemente, per l’ultima volta.

 

 

“ COMINCIAMO.”

 

 

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Capitolo 18
*** Solo lui avrebbe pianto per me ***


Passarono molti mesi da quel lontano giorno. Mesi di fatica, di dolori atroci ad ogni cellula del proprio corpo, di rinunce e sacrifici per non perdere il più piccolo dei miglioramenti. Non vi era alba in cui Kaku non si svegliasse col visino tumefatto, le reni che parevan essere spappolate (non era raro urinasse sangue) e tramonto in cui le gambe, per quanto poderose, sostenessero a fatica il suo piccolo corpo nel percorrere i pochi metri che separavano il bagno dal letto.
Imparò il significato di tutti quei nomi strani che lo colpirono sin dal primo istante, e Lucci, cessò di essere il ragazzo dolce e compassionevole che gli aveva dato l'opportunità di restare vivo, divenendo un istruttore rigoroso e austero, freddo come il ghiaccio.
Comprese a fondo il perchè tutti tremassero solo al sentir pronunciare il suo nome, come anche perchè si fosse meritato il soprannome di “Leggenda” in quel luogo di senzafamiglia future macchine da guerra. La sua forza straordinaria non si limitava unicamente al non riportare alcun graffio dopo ore ed ore di percosse, ma alla capacità, di non lasciar trapelare singola emozione nemmeno nel veder conciato a poco più di un cadavere il ragazzino che tanto gli era caro. Ma anzi, inveire contro di lui.
 
“Pappamolla. E tu saresti un soldato? Posso capire le problematiche con lo Shigan, ma questo Rankyaku l'avrebbe fatto meglio di te anche mio nonno. Sei un miserabile. AVANTI! RIALZATI!”
 
“Lucci..davvero io..”
 
“ SILENZIO. NON PERMETTERTI MAI DI SINDACARE GLI ORDINI! UN'ALTRA PAROLA E IN FONDO AL MARE TI CI SPEDISCO IO, INUTILE AGGLOMERATO DI CELLULE!”
 
Eppure, ciò nonostante, o forse, proprio a cagion di questo, Kaku iniziò a pretendere l'impossibile da se stesso. Lucci rendeva possibile il desiderare d'essere sempre più forte superando ogni limite personale.
Finchè arrivò quel maledetto giorno. Il giorno in cui il bambino, sprofondò in turbine di angoscia come mai ne aveva provata prima di allora.
 
 
Era una sera alla parvenza come molte altre, se non fosse che, all'imbrunire, il ragazzo leggendario sospese l'allenamento con congruo anticipo.
 
“Per oggi va bene così Kaku.”
 
“ Lucci, non sono stanco, possiamo proseguire se vuoi.”
 
“ Non è certo il pensiero della tua stanchezza il motivo per cui stasera terminiamo un po' prima del solito.. sono stato chiamato a rapporto dall'ufficiale dell'isola.”
 
“Oh.. che cosa può volere?”
 
Lucci sospirò asciugandosi le goccie di sudore che grondavano dal collo muscoloso.
 
“Non lo so. Ma ho mezz'ora di tempo per rendermi presentabile. Tu riposa pure, puoi fare un bagno caldo o un giro per l'isola. Anzi, perché non approfitti per presenziare a qualche allenamento di gruppo delle altre reclute? Potrebbe senza alcun dubbio esserti utile. In ogni caso fa' come vuoi, io ora devo andare. Non so per che ora finirò ma avrò cura di non disturbarti qualora tu dormissi.”
 
Pronunciate queste parole, la Leggenda si avviò verso la loro stanza, percependo i piccoli occhi tondi dell'amico dietro le proprie spalle.
Una volta giunto nel sontuoso ambiente, lavò via la giornata con la calda acqua della doccia, si asciugò i capelli bruni ed indossò il completo elegante da rappresentanza. Scese le scale dell’androne con una spiacevole sensazione premonitrice, che gli pareva aumentare dopo ciascun passo che lo avvicinava alla grande torre dell’Autorità dell’isola.
 
 
“Prego Signor Rob, si accomodi.”
Lo scrivano del grand’Ufficiale gli rivolse parole formali ma era palpabile il risentimento che vuoi per il timore, vuoi per la solennità obbligata dal ruolo ricoperto, cercava di celare dietro gli occhi vitrei. Del resto era ben memore del loro ultimo incontro che gli fece dono di una permanente cicatrice sul sopracciglio destro.
Non trovò il superiore immerso nella consueta moltitudine di scartoffie questa volta, bensì in compagnia di un uomo di bassa statura, dall’espressione contratta resa ancor più marcata dai capelli impomatati. Con la coda dell’occhio Lucci scorse la spilla con il simbolo del Governo Mondiale appuntata sulla giacca dello sconosciuto. Un governativo dunque.
La pesante porta si chiuse alle sue spalle, nello stesso momento un tuono squarciò il cielo plumbeo, scatenando un inferno d’acqua nell’isola delle giovani reclute.
 
 
 
*
 
 
“LUCCI! ECCOTI FINALMENTE!”
Kaku scattò a sedere sul proprio letto. Era da poco scivolato in un placido dormiveglia dopo la serata passata in preda alle palpitazioni nel chiedersi che cosa fosse successo all’amico di cui non aveva più notizia alcuna dal pomeriggio. Che ora era? Forse mezzanotte, forse anche l’una passata. La violenta grandinata pomeridiana era scomparsa lasciando sul vetro appannato della stanza minuscoli frammenti di gocce.
“E’ molto tardi.. come mai ancora non dormi? La sveglia è tra quattro ore.”
“Non riuscivo a prendere sonno..come è andata? Che cosa ti ha detto il Grand’Ufficiale?”
Il bimbo irrequieto, levatosi in piedi innanzi al ragazzo bruno era assetato di risposte, anch’egli infatti aveva avuto la medesima sensazione di Lucci quel pomeriggio, quasi le loro anime fossero connesse.
“Ne parliamo domani Kaku, ora sono davvero molto, molto stanco. Non preoccuparti, non riguarda nè la tua persona né il tuo addestramento. “
Ad onor del vero il biondino non aveva nemmeno pensato a quanto appena menzionato. Qualcosa dentro di sé, forse una semplice premonizione, forse il timore che la sua paura più profonda potesse concretizzarsi, era stata la sua sgradevolissima compagnia per tutte le ore di assenza dell’altro.
“ Buonanotte. Cerca di dormire. Quella che giungerà a breve non sarà una giornata leggera.”
 
Quella notte Kaku fu tormentato da incubi orrendi. Sognò un leopardo ferito che dolorante ed ansimante trascinava il corpo grondante di sangue verso l’angolo buio, che pareva essere infinito, d’una enorme stanza rossa.
Scorse una porta di legno marcio alla propria destra e spontaneamente l’aprì.
 
“MAMMA!”
 
Una donna di spalle dai lunghi capelli biondi rossicci ondulati, con un naso pronunciato cullava un fagotto fra le braccia, rivolgendogli bisbiglii non udibili.
 
“Mamma… mamma… sono io… sono Kaku…”
 
“Sono un’infelice..”
 
La signora vestita di viola non sembrava conferire con lui, anzi, nemmeno pareva curarsi della sua presenza. Gemendo girò leggermente il volto, ma un boccolo ramato gli cadeva sull’occhio celandone i lineamenti.
 
“ Ho partorito un mostro….. sono una peccatrice.. questa è la punizione per le mie colpe…”
 
“ Mamma… ma cosa stai……”
 
I singhiozzi si facevano più forti, mentre la voce era sempre più rotta dal pianto.”
 
“ Non saresti dovuto nascere.. non dovresti esistere….”
 
“ TI PREGO MAMMA, SMETTILA!!! “
 
Urlate tali parole la donna si ammutolì, girandosi di scatto. Gli parve ch’ ella lo avesse finalmente visto e sentito, come se la sua immagine si fosse materializzata.
Il piccolo piangeva a dirotto senza riuscire a contenersi.
 
“ Mamma… perché… perché mi odi così tanto..?”
 
La donna accennò ad un ghigno, scoprendo le gengive rosse come carne cruda.
 
“ Chi vuoi che ti ami? “
 
Lasciò cadere il lenzuolo che aveva tenuto fra le proprie braccia fino a quel momento, che nel schiantarsi al suolo produsse un tonfo sordo mentre la creatura che vi era avvolta rimase immobile. Un lembo di tessuto spostandosi, scoprì il volto di un infante con un lunghissimo naso quadrato, deceduto ed ormai in vistoso stato di decomposizione, tanto che larve brulicanti facevano capolinea dalle labbra bluastre.
 
“ Io ti odio. Piccolo mostro. Ti odio.”
 
Kaku iniziò ad urlare ed a contorcersi dal dolore che squarciava il suo piccolo petto, le lacrime inondavano quel pavimento lordo e marcio, gli pareva che qualcuno gli stesse strappando il cuore. Anzi, in tal caso forse, avrebbe sofferto meno.
 
“Ma…mamma…….il…. il mostro…..sei…. tu…….”
 
L’adunca mano della donna gli sollevò il piccolo mento rigato di pianto. Lo spavento fu tale che balzò all’indietro sbattendo la testolina contro il muro. La madre aveva le palpebre cucite, le labbra completamente nere, mentre dalle ferite oculari grondavano fiotti di sangue.
 
“ Lo vedi? Piuttosto di vederti, mi sono cavata gli occhi con le mie stesse mani. Ho cercato di ucciderti due volte, ma tu, maledetto essere, sei sopravvissuto. La mia vergogna. Il mio errore. Ti odio Kaku”
Il bambino nella disperazione più profonda prese a strapparsi i capelli urlando a quella figura mostruosa di tacere.
 
“ Ti odio Kaku. Kaku… kaku… KAKU!!! KAKU!!!”
 
Trasalendo il biondino ramato spalancò gli occhi e vide Lucci che con le sopracciglia inarcate e lo sguardo severo teneva il suo viso fra le mani.
 
“ Finalmente ti sei svegliato. Hai avuto un incubo terribile.”
 
“ Lucci… io…”
 
“ Coraggio. Ora è finito. Asciugati le lacrime e va’ a rinfrescarti il viso. Dobbiamo scendere per la colazione. E’ tardi.”
 
“ Che ore sono..?”
 
“ Le cinque e un quarto. Siamo in ritardo, sbrigati!”
 
Levatosi dal letto Kaku avvertì ancora tremolii per l’orribile sensazione cagionata dall’abominio che aveva popolato i suoi sogni quella notte tremenda. Guardando la propria immagine riflessa nello specchio si vide pallido ed emaciato, con ancora le lacrime che gli rigavano il piccolo volto.
 
Si preparò con il massimo della fretta e scese le scale della palazzina insieme al suo benefattore.
 
“ Che cosa ti ha ridotto in questo stato Kaku? Cos’hai sognato di così terribile?”
 
“ Preferirei non parlarne Lucci.. fa ancora troppo male.”
Il compagno di stanza non insistette, d’altronde lui per primo detestava quando qualcuno cercava forzatamente di farsi breccia all’interno del suo animo.
 
La sala pasti era piena di vociare nonostante le prime ore del mattino. Molte reclute avevano già terminato il proprio pasto e i di lor vassoi giacevano sulle tavolate ormai vuote. I due scorgendo in lontananza Jabura e gli altri, vi si avvicinarono. Al gruppo dei più grandi ed esperti era concesso iniziare con più calma.
 
“ Buongiorno babbei avete dormito bene? Luuuuuuuuuucci, hai dimenticato di pettinarti questa mattina? Gyaahahahahahahahahaha sembri proprio uno spelacchiato gattaccio selvatico.  EHI KUMADORI LASCIAMI UN PEZZO DI QUELLA CROSTATA MALEDETTO IDIOTA INGORDO!”
 
“ Kaku, dovresti mangiare con la tavolata del gruppo addestrata da Oiaku..” Lucci si girò verso il bambino dallo sguardo spento.
 
“ Ma.. non conosco ancora bene nessuno.. io..”
 
“ Allora è il caso che cominci. Le sai ormai le regole di questo posto. Finora sei stato con noi, come da accordi intercorsi tra me e il superiore, ma sono ormai 10 mesi che la cosa perdura e non posso aiutarti come prima, lo capisci..?”
 
“ Beh Lucci, potresti concedergli ancora questa mattina, non credo che cambi qualcosa, non era nemmeno preparato.”
 
Blueno sporse la testa in modo da rendersi visibile dal momento che la mastodontica figura di Kumadori celava totalmente la sua presenza.
 
Lucci non rispose, ma assunse un’espressione tristissima, cosa assai rara per egli stesso. Il cornuto compagno, particolarmente sensibile forse per il carattere mite e maggiormente riflessivo, colse il messaggio.
 
“ Kaku se Lucci non ha niente in contrario, per oggi potrai ancora condividere la mensa con noi. Tuttavia potresti lasciarci soli per un momento? Ho bisogno di parlare con il tuo amico per qualche istante riguardo il perfezionamento di alcuni esercizi particolarmente ostici.”
 
Giratosi verso i chiassosi colleghi, rivolse loro queste parole:
 
“ Kumadori, Fukurou, e Jabura possiamo affidarvi il bambino senza che voi lo utilizziate come aereoplanino vivente e tu Jabura non lo traumatizzi con le tue sconcerie? Possiamo fidarci?”
 
“ BLUENO CON CHI CREDI DI PARLARE? LA MIA E’ SOLO SANA EDUCAZIONE SESSUALE. BISOGNA CRESCERLI NEL MODO GIUSTO QUESTI RAGAZZINI, IO ALLA LORO ETA’ AVREI PAGATO PERCHE’ UN GIOVANE UOMO MI DESSE QUESTI INSEGNAMENTI! Devi sapere piccolino che il sedere di una bella donn… OUCH!!!!!!!!!!”
 
Lucci gli tirò prontamente un pestone mordendosi con gli incisivi il proprio labbro carnoso inferiore.
 
“ Vieni pure tu idiota. “
 
“ Eh? Io? Ma di che diavolo stai parlando?”
 
Afferratogli un braccio, il ragazzo felino tirò su il collega di peso.
 
“ AHIA MA SEI SCEMO? MI FAI MALE, GUARDA CHE TI DENUNCIO ALL’AUTORITA’ COMPETENTE! CHE MANIERE!”
 
Mentre il lupo, il leopardo e la mucca si avviarono verso l’uscita dalla mensa, Lucci scorse con la coda dell’occhio il bambino nasuto accerchiato dai due colleghi che, mangiucchiando timidamente l’ultima brioche rimasta, domandava spaesato ai due giganti cosa avesse di particolare il sedere di una donna.
 
“ Cagnaggio deficiente…” fu il suo ultimo pensiero.
 
 
 
*
 
 
 
 
“Ho capito  bene Lucci? Volevi parlarmi giusto?”
 
“ Sì è cosi. Ho un favore da chiederti Blueno prima d’ogni cosa. Quello che sto per dirvi non deve essere udito da nessuno. Potresti creare una delle tue porte atmosferiche isolandoci per un istante dal mondo?”
 
“ OUH MA IO CHE C’ENTRO?”
 
“ Jabura. Taci. Per favore, taci.”
 
Il diciannovenne fu tanto sorpreso di quella risposta secca, quanto di sentirsi chiamare per nome. Era solito punzecchiarsi con Lucci, fargli scherzi idioti da bambini dell’asilo, i soprannomi “cagnaccio” e “gattaccio idrofobo” erano pura normalità. Ma quella volta comprese che il rivale fosse realmente serio e, per la prima volta, lo vide preoccupato.
 
Blueno esaudì la richiesta del collega, e i tre si trovarono in uno spazio indefinito, circondati da un grigio plumbeo uniforme, attraversato talvolta da fasci neri intermittenti.
 
“ Ecco qua. Qui nessuno può sentirci, nemmeno se dotato di qualsivoglia potere. Che cosa succede Lucci? Non mi hai mai chiesto una cosa del genere, conoscendoti immagino che si tratti di qualcosa di molto importante.”
 
Lucci chiuse gli occhi aggrottando la fronte e deglutì rumorosamente. Aveva la gola tanto secca da avvertire quasi dolore.
 
“Devo partire per una missione.”
 
“ Ti pareva che non avessero scelto lui” si lasciò sfuggire Jabura dando voce ai propri pensieri.
 
Il ragazzo bruno lo ignorò.
 
“ Questa volta è diverso. Io.. non so se riuscirò a tornare.”
 
Il lupoide sgranò gli occhi.
 
“ Ehi…gattaccio.. ma che stai dicendo…..?”
 
Anche l’altro era visibilmente sorpreso di sentire Rob Lucci esternare una frase del genere.
 
“ Non è questo il problema. Sono un servitore del Governo e a me sta bene così ma… c’è un qualcosa che mi preoccupa più della missione.”
 
I due intuirono perfettamente a cosa si riferisse.
 
Lucci parlò molto. Tutto quel giorno era strano, forse la cosa più normale era proprio quello spazio atmosferico perso nell’infinito. Raccontò per filo e per segno ai colleghi ciò che lo attendeva, ma soprattutto, ad onorare la serie delle “prime volte” di quel dì, chiese aiuto ai propri compagni per ciò che gli stava più a cuore.
Chiedere. Una parola che nel suo dizionario d’animo, non era mai esistita prima.
 
 
“ Ho capito. Non preoccuparti di questo: ci penseremo noi.”
 
“ Lucci cosa ti succede? Non ti ho mai visto così. Ehi, gattaccio..” per un istante il ragazzo più grande del gruppo mise il proprio orgoglio da parte.
 
“ Non permetterti di pensare mai più che non tornerai. Tu sei la Leggenda.”
 
“ Cosa c’è ti preoccupi per me cane pazzoide?”
 
“ EHI! FRENA BRUTTO IDIOTA. NON SONO AFFATTO PREOCCUPATO! E’ SOLO CHE…. CHE…..”
 
“Partirò domani mattina all’alba” tagliò corto Lucci sistemandosi i capelli lunghi ormai quasi alle spalle dietro l’orecchio.
 
“ Quando hai intenzione di dirglielo?” Blueno lo guardò con tristezza.
 
“ Stasera. E’ giusto che lo sappia, ma non che sia al corrente di tutto il resto, ciò che ci siamo detti, rimarrà qui e soltanto qui.”
 
“ Non preoccuparti, non verremo meno.”
 
“ Vi ringrazio. Consideratela la mia prima ed ultima richiesta. Possiamo tornare ora, mi raccomando, per la prima volta nella mia vita, devo potermi fidare di qualcuno. D’accordo Blueno, riportaci all’isola.”
 
Annuendo il cornuto compagno si apprestò a creare un nuovo varco atmosferico. Una volta oltrepassato, i tre avrebbero fatto ritorno al luogo dal quale erano giunti.
 
“ Ehi gattaccio..”
 
“ Che vuoi?”
 
“ Perché questa volta hai paura? Tu non hai mai conosciuto quest’emozione.”
 
Lucci gli sorrise mantenendo un’espressione tristissima.
 
“Perché solo quando hai qualcosa o qualcuno da perdere, capisci che cosa significhi avere paura….”
 
 
 
*
                                                                                                               
“ Avanti Kaku. Non fare quella faccia. Lo sai che è il mio lavoro.”
 
Il bambino cacciò a forza le lacrime in gola. Ansia, tristezza e paura si materializzarono in tremolii continui che impedivano al suo piccolo corpo di permanere immobile.
 
“ Quanto starai via..?”
 
“ Non lo so. E’ impossibile determinare la durata di una missione. I fattori sono tanti..” Lucci ancora a petto nudo, ricoprì le membra con l’elegante pigiama di seta blu.
“ Ma ne avevamo già parlato Kaku. Ti avevo detto sin dal primo momento che in mia assenza avresti continuato l’addestramento con Oiaku. Inoltre riprendendo l’argomento di cui discutevamo questa mattina in mensa, è giusto iniziare a passare il tuo tempo con persone diverse da me.”
 
“ Io non voglio altre persone!”
 
“ Quello che vuoi tu, non ha importanza in questo posto. L’anno di addestramento pattuito con il Grand’ Ufficiale sta volgendo al termine. Ora, sei padrone di cinque delle sei tecniche. Anche se il Tekkai del tuo busto è ancora piuttosto lacunoso, credo di aver svolto adeguatamente il mio dovere. Avrei voluto fossi in grado di utilizzare anche lo Shigan.. ma non posso fartene una colpa.”
 Il bruno volse un’occhiata alle minute dita fasciate del piccolo.
 
“ Le tue falangette sono irrimediabilmente compromesse a causa di quel bastardo che ora è ridotto soltanto ad una manciata di vermi. I fili che ha utilizzato su di te in tenera età hanno fatto sì che le ossa delle dita si calcificassero erroneamente.”
 
Kaku si guardò le mani e morso dal dispiacere, notò congiungendole che l’amico come sempre aveva ragione: l’indice, il pollice ed il mignolo erano totalmente irregolari all’estremità. Il Dottor Moser aveva azzardato l’ipotesi di un’eventuale correzione tramite utilizzo di stecche, ma avrebbe perso troppi mesi di allenamento, cosa che avrebbe cancellato ogni progresso data la freschezza della sua preparazione.
Nel corso di quei dieci mesi, si era sottoposto a controlli del proprio potenziale ogni settimana, i macchinari che tanto lo avevano sorpreso al suo ingresso ormai li conosceva come le proprie tasche.
“ Congratulazioni Kaku, hai una potenza totale di un centinaio di Douriki. Davvero niente male.”
Al suo obiettare, dal momento che ben aveva memoria di quando Oriman ne aveva appuntati 780 nella sola gamba destra, gli era stato risposto che la valutazione complessiva, comprendeva non solo l’intero corpo, ma anche la padronanza tecnica dello stesso.
 
“ Matricola, un combattente che utilizza la propria forza senza dosarla, che fatica il doppio producendo il minimo a cagion della propria impreparazione tecnica, non è degno di definirsi tale. Saresti solo un bell’imbusto da rissa nei locali malfamati o il mozzo di qualche pirata ubriacone. La vera potenza è data dalla mente. Il corpo è l’ultimo aspetto. Importantissimo senza ombra di dubbio. Ma una diretta conseguenza della stessa. Non commettere mai l’errore di credere il contrario.”
 
Non a caso infatti, le reclute erano seguite da folle di strizzacervelli i quali, avevano massima cura e precisione nello stilare referti che agli occhi dell’Autorità vantavano importanza ancor maggiore di quelli medici.
Un futuro esecutore della giustizia mai sarebbe potuto essere un individuo disturbato, aggressivo e pericoloso per l’incolumità di sé e degli altri. Meno che mai di quella governativa.
 
“ A breve inizierai anche l’anno scolastico. Stanno già formando le classi.” Lucci interruppe il flusso dei suoi pensieri riportandolo al presente.
 
“ A-anno scolastico? Cosa significa?”
 
“ Tutti noi studiamo Kaku. Non penserai certo che il Governo Mondiale possa investire su reclute prive di preparazione culturale. Abbiamo i migliori insegnanti del mondo, le nostre scuole sono diverse da quelle degli altri. Il nostro stesso anno scolastico è diverso. Preparazione logica, umanistica, linguistica e soprattutto giuridica, politica e psicologico-comportamentale sono i nostri cardini.”
 
“ Io non sono mai andato a scuola” disse il biondino sconsolato.
 
“ So che sai leggere e scrivere, le basi le hai. Il resto lo imparerai fra i banchi.”
 
“ Gli alunni vengono divisi per età..?” Kaku con amarezza realizzò che dunque, la separazione da Lucci sarebbe stata inevitabile in un modo o nell’altro. In effetti non poteva vantare alcuna pretesa da lui, era arrivato il momento di spiccare il volo e ricominciare a cavarsela da sé.
 
“ No. Per questo ti ho detto che le nostre scuole sono diverse da quelle di cui hai finora sentito parlare. Dipende dal cipherpool in cui si viene inseriti. Al Governo non importa nulla che tu abbia anche tre anni, se ti rivelassi un utile investimento studieresti anche con le reclute mature. Certo, per te sarebbe uno sforzo enorme, ma devi dimostrare di saperti mantenere ogni conquista.”
 
Kaku percepì qualcosa accendersi nel proprio animo. Una sensazione fortissima che lo fece sobbalzare.
 
“ Lucci ma… se io… se io riuscissi ad entrare nel CP9…. Allora…. Allora io e te resteremo insieme per sempre…?”
 
Sbigottito per quella domanda il ragazzo con il caschetto sgranò gli occhi.
 
“ Kaku… mi rincresce dirtelo ma.. non credo tu abbia molte speranze di entrare nel grado 9…”
 
“ NON TI HO CHIESTO QUESTO.” Per la prima volta il piccolo udì la propria voce risuonare potente e chiara.
“ Se io riuscissi ad entrare nel tuo gruppo, non dovremo più dividerci non è vero?”
 
“ Dipende.. le missioni non sempre vengono affidate a tutti gli elementi del gruppo, questa volta ad esempio hanno chiamato solo me. Però sì. Lavoreremmo insieme. “
Guardandolo negli occhi tondeggianti continuò con aria severa:
“ Tu credi che tutto questo sia un gioco Kaku? Non lo è. Forse è anche colpa mia, non ti ho fatto prendere coscienza del percorso che hai intrapreso. Quel lembo di emotività che ancora mi è rimasta mi ha giocato un pessimo scherzo. D’altronde sei un bambino in tenera età, è normale che tu non ti renda conto delle cose…forse ho sbagliato tutto..”
 
“ NON PARLARMI COSì! NON OSARE MAI PIU’ DIRE UNA COSA DEL GENERE!”
L’urlo del bambino colse di sopresa il compagno di stanza. In quasi un anno in totale condivisione non aveva mai udito Kaku alzare la voce. Mai.
 
“ E’ COSì SBAGLIATO PRENDERTI COME MODELLO? E’ COSI ABERRANTE AVERE BISOGNO DI TE? E’ COSì INFATILE VOLER ENTRARE NEL CP9? NON E’ QUELLO CHE VOGLIONO ANCHE TUTTI GLI ALTRI? NON E’ FORSE PER QUELLO CHE PASSANO IL TEMPO A FARSI LE SCARPE, A UCCIDERSI A VICENDA?”
 
“ Kaku senti…”
 
“ PERCHE’ SE LO VOGLIO IO SONO INFANTILE? DIMMI, PERCHE’? PERCHE’ HO FATTO IL PAGLIACCIO? DILLO LUCCI CHE E’ QUELLO CHE STAI PENSANDO! AMMETTILO CHE UN FANTOCCIO DI LEGNO NON PUO’ ESSERE AMBIZIOSO!!”
 
“ MA CHE C’ENTRA QUESTO?” La cosa stava degenerando, la consueta fermezza emotiva di Lucci, con Kaku aveva sempre faticato a perdurare.
 
“ ALLORA PERCHE’ IO NON POSSO VOLERLO? PERCHE’ CONTINUI AD ALLENARMI, A SACCAGNARMI DI LEGNATE SE PER TE NON VALGO NIENTE? PERCHE’ CERCHI IN TUTTI I MODI DI ALLONTANARMI? SOLO PERCHE’ TI VOGLIO BENE? SOLO PERCHE’ HO ANCHE IO UN SOGNO? ALLORA? RISPONDIMI LUCCI!!! O TI MANCA IL CORAGGIO? ALLORA LEGGENDA?”
 
“ Kaku finiscila! Stai esagerando!”
 
“ RISPONDIMI!!!!!!” Il piccolo perdendo il lume della ragione iniziò a bersagliare il ragazzo di pugni e calci. “ SEI UN CODARDO LUCCI! NON MI RISPONDI NEMMENO! PERCHE’ IO NON POSSO VOLERE ENTRARE NEL CP9?
 
“ PERCHE’ NON NE SEI IN GRADO DANNAZIONE! NON TI VEDI? NON UCCIDERESTI NEMMENO UN MOSCERINO E HAI DELLE DITA CONCIATE PEGGIO DEI RAMI SECCHI! AFFRONTA LA REALTA’ MALEDIZIONE!!!!!”
 
Kaku sentì una fitta trapassargli il cuore. Istintivamente lasciò cadere le braccia lungo i fianchi mentre gli occhi si riempirono di lacrime. Troppe questa volta perché potesse controllarle.
 
“ Mi dispiace.. Kaku scusami io non volevo…”
 
Lucci si chinò di fronte al bambino cercando di prendere le sue mani fra le proprie, ma l’altro si sottrasse indietreggiando.
 
“ Finalmente sei stato sincero. Va bene così Lucci.. ti ringrazio per tutto ciò che hai fatto per me.”
 
“ Adesso non fare la vittima.. Kaku il problema è che non è la tua ambizione. Tu lo stai facendo per me, non per te. Ed io, è l’ultima cosa che voglio.”
 
“ Non ha importanza. Sta bene così. Adesso credo sia meglio dormire, hai detto che domani partirai all’alba.”
 
Lucci rinunciò a proseguire oltre. Tutto avrebbe voluto tranne congedarsi da Kaku in un modo simile, ma si sentiva molto stanco per tutta quella situazione. Il giorno dopo lo attendeva l’incipit di una missione molto impervia, e vista la sacralità del proprio lavoro, non avrebbe permesso che i fatti personali potessero penalizzare quest’ultimo.
Una volta accertatosi che il piccolo compagno di stanza fosse caduto finalmente in un sonno profondo, si alzò dal proprio letto e camminando in silenzio nell’oscurità, si sedette alla scrivania.
Grazie al suo potere felino, era in grado di vedere perfettamente in qualsiasi condizione di scarsa luminosità, quella volta non fu eccezione. Stese di proprio pugno poche righe su un foglio ed infine bisbigliò ad Hattori:
 
“ Ti affido questa lettera mio caro amico. Consegnala a Kaku quando sarò partito.”
 
Il pennuto assunse l’espressione solenne di chi appena ricevuto un incarico importantissimo tutto avrebbe fatto tranne che deludere le aspettative del commissionante.
 
“ Lo so che posso contare su di te. Mi mancherai Hattori. Non posso portare nemmeno te questa volta.”
 
“ Prrrr..” Il colombino cercò le ultime coccole dal padrone che gli sorrise con dolcezza.
 
“ Mi raccomando, abbi cura del mio piccolo ospite…”
 
Lucci si avvicinò al bimbo profondamente addormentato, i riccioli biondi ramati  contornavano la testolina sprofondata nel cuscino. Le labbra minute erano schiuse e le lunghe ciglia contribuivano a farlo somigliare ad un dolcissimo cherubino.
Chinatosi su di lui gli baciò la fronte facendosi strada fra i capelli, e con dolcezza gli sussurrò:
 
“ Non pensavo che lo avrei mai detto in vita mia.. probabilmente se tu fossi sveglio mi verrebbe difficile.. ma… qualunque cosa accada… sappi che… io….. ti voglio bene……..”
 
Un dolce ricordo da portare con sé in quello che, sarebbe potuto essere un viaggio di non ritorno.
 
 
                                                              
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“ Anche se non potrò essere accanto a te per ripetertelo ogni giorno, ricordati Kaku che tu puoi fare qualunque cosa. Credi in te, come ci ho creduto io dalla prima volta che i nostri occhi si sono incontrati. Tu, se lo vuoi, sei capace di realizzare qualsiasi desiderio.
 
 
 
 
Il bambino appallottolato il foglio di carta lo gettò in un angolo della stanza incurante del disappunto di Hattori.
 
“ Ormai non mi importa più di niente. E non ho bisogno che il tuo padrone mi compatisca ulteriormente.”
 
Kaku si preparò per l’allenamento del giorno, indossando la consueta bandanina a fiori per tenere a bada i riccioli ormai sempre più lunghi, la tutina celeste con ricamata ai bordi una striscia color panna ed i pantaloncini neri.
Volse uno sguardo al letto del proprio amico e vedendolo vuoto, fu invaso da un profondo sconforto prima che sopraggiungesse nuovamente la rabbia per la delusione ricevuta la sera prima.
 
“ Chiederò di cambiare stanza. Non voglio più essergli di alcun disturbo ed è giusto che io inizi ad allontanarmi da lui, in particolar modo ora che non è presente. Forse al suo ritorno sarò più preparato..”
Mentre posò la mano sul pomello dorato della massiccia porta, l’occhio gli cadde sulla manina dalle dita fasciate, e sospirando pensò “ al diavolo lo Shigan. Tanto ho le dita storte no? Non so nemmeno se ha senso continuare tutto questo.. ricevo legnate da quando ho avuto la sfortuna di affacciarmi a questo mondo schifoso e non ho più voglia di lottare per trovare il mio posto all’interno di esso. Vada tutto come deve andare..”
 
 
 
 
 
*
 
 
 
 
Un mese era ormai passato e con esso anche l’equinozio autunnale. I rami erano spogli, la coltre di foschia sulla costa abbracciava il plumbeo cielo mentre la brina sui verdi prati dell’isola formava un tappeto di cristalli lucenti.
Le reclute perduravano gli allenamenti nonostante il manto del gelo, incuranti della febbre che il più delle volte si impadroniva dei loro corpi acerbi. Nessuno concedeva a se stesso un letto caldo in cui riposare e guarire definitivamente, poiché a breve, fra 4 mesi soltanto, si sarebbe tenuta la selezione che dava un senso ad ogni cosa.
Il CP9. Il massimo grado di quell’isola. Persino le matricole più giovani avevano macchiato il proprio animo innocente di emozioni fortemente distruttive comprendenti invidia, paura, competizione oltre ogni misura.
I più determinati non concedevano alle proprie membra nemmeno il sonno notturno, continuando ad allenarsi senza sosta.
 
“ ALLORA MARMOCCHIO COME PROCEDE? IL CARO VECCHIO OIAKU TI STA MASSACRANDO?”
 
I capelli di Jabura erano cresciuti notevolmente, tanto che alla lunga coda aveva aggiunto un nuovo elastico.
 
“ Sto bene Signor Jabura, non è necessario che passi ogni giorno a sincerarsi delle mie condizioni.”
 
Kaku, seduto sul tappeto di brina d’una lasta di pietra, non trattenendo i brividi cercava senza risultato di scaldare le manine infreddolite arrossate.
 
“ MA BASTA CON STO << LEI >> MI FAI SENTIRE UN VECCHIO!! ALLORA, COME PROCEDE IL TUO ALLENAMENTO?”
 
“ Procede e basta..”
 
Il ragazzo prese posto accanto al bambino.
 
“ Sei riuscito a farti dei nuovi amici?”
 
“ No. Non mi interessa minimamente..”
 
Kaku senza degnare di sguardo alcuno l’interlocutore si levò in piedi mantenendo la testa abbassata.
 
“ Kaku che c’è che non va..? Lucci non ha deciso di partire, ma fa parte del suo lavoro e…”
 
“ Non me ne importa niente. Lo so che siete gli angeli custodi del Governo ed è giusto così. Non ho interesse a sapere cosa sta facendo Lucci né tanto meno dove sia. Adesso mi scusi, ma il mio gruppo sta per riprendere.”
 
Senza attendere nemmeno risposta si avviò con passo deciso verso una moltitudine di bambini chiassosi.
 
“ Caro Gattaccio io sto provando a fare quello che mi hai chiesto ma è tutt’altro che semplice.. lo sai che non sono molto portato per i rapporti umani..in particolar modo con i mocciosi..” lo sconsolato lupoide si avviò grattandosi il capo verso Blueno, Fukurou e Kumadori poco distanti.
 
“ Allora ragazzi? Avete qualche notizia del bastardo piccionaio?”
 
Fukurou scostò la cerniera metallica dalle labbra.
 
“ CHAPAPAAAA.. al momento no. “
 
“ Mi deludi amico, non sei più il dispensario di notizie di un tempo.”
 
“ Evidentemente la segretezza di questa missione è troppa anche per Fukurou..” Blueno stappata la borraccia sul cui dorso spiccava l’effige di un toro, portatala alle labbra bevve avidamente.
“ Come se la sta cavando il nostro piccolo amico?”
 
“ Bah.. non bene. C’è un qualcosa di diverso in lui, come avesse perso la voglia di lottare. Temo che la partenza di Lucci non l’abbia presa bene.” Jabura sospirò.
 
“ E’ poco più di un bambino.. inoltre si è ritrovato da un giorno all’altro a confrontarsi con un qualcosa di più grande di sé.”
 
“ Anche per tutti noi è stato così, Blueno.”
 
“ Noi abbiamo preso consapevolezza dei nostri desideri, collega. Lui no. Ed ora che il suo unico punto di riferimento è assente, è normale si senta spaesato.”
 
“ YOIYOIYOIYOI ME NE ASSUMO LA RESPONSABILITA’! E’ TUTTA COLPA MIA! MIA DI ME CHE NON HO PREGATO ABBASTANZA!! FARO’ SEPPUKU PER COLMAR LA MIA MANCANZA”
 
“ PREGHEREI IO PERCHE’ TU RIESCA FINALMENTE NELL’INTENTO DI AMMAZZARTI MALEDETTO IDIOTA!”
 
“ Ehi voi due, piantatela. Guardate: Kaku si sta avvicinando.”
 
I chiassosi compagni si voltarono alle proprie spalle, e scorsero il piccino dal naso quadrato venir verso di loro con le mani in tasca ed un rivolo di sangue fuoriuscente dalla narice.
 
“ Kaku, è successo qualcosa?” Blueno andò in contro al bambino che gli rivolse un sorriso forzato.
 
“ No, non è accaduto nulla. Semplicemente Oiaku trova che le mie capacità siano troppe scarse per perdere ulteriore tempo con me. Mi ha ordinato di ritirarmi, per oggi. Domani.. chi lo sa.”
 
“ Ascolta Kaku, Lucci non vorrebbe questo..”
 
“ Non ha importanza che cosa desidera Lucci. A me non importa più di nulla, voglio solo rimanere da solo. Ora vogliate scusarmi ma, ho bisogno di riordinare i pensieri“
 
Terminata ch’ebbe tale frase continuò la strada perdendosi nella pineta cristallizzata dalla brina.
 
“ Dovremmo seguirlo” propose Jabura vedendolo scomparire nella foschia.
 
“ No, non sarebbe giusto. Deve imparare a scegliere, cosa che non ha mai purtroppo avuto occasione di fare in tutta la sua vita. Hanno sempre deciso gli altri, cosa farne di lui. Ed il risultato non poteva essere diverso da questo.”
 
Calò il silenzio nel gruppo dei giovani guerrieri. Un mutismo in cui ognuno per pochi istanti rivide se stesso e provò profondo dispiacere per quella piccola vittima della cattiveria umana. Ma quello era un luogo in cui imparare a decidere in fretta, e probabilmente nonostante la promessa fatta al compagno ormai lontano, Kaku doveva ritrovare se stesso per decidere cosa fare della propria esistenza. In effetti era sempre stato sballottato a destra e a sinistra da tutti, senza che mai nessuno si curasse anche solo per un minuto dei suoi veri desideri. Forse il piccolo era realmente stanco di sopravvivere, e sarebbe stato egoistico convincerlo del contrario.
 
“ Nessuno sceglie di nascere, ma tutti possono decidere di morire”
 
 aveva detto un giorno Kumadori in uno dei rari momenti in cui era riuscito ad esternare qualcosa di molto profondo al posto della consueta cantilena da attore teatrale mal riuscito. Una frase che colpì tutti i presenti, Lucci compreso, per la totale pienezza e l’amara verità racchiusa in quelle poche parole.
Non potevano dunque aiutare chi rifiutava qualsivoglia forma di ausilio, solo rispettarne le scelte per quanto dolorose esse fossero.
Ragionando di tali cose, lasciarono la piccola anima perdersi in se stessa, pronti anche al fatto che non sarebbe uscita dal proprio labirinto irto di spine.
 
Jabura volse lo sguardo un’ultima volta alla pineta sempreverde dell’isola e gli parve di aver davanti agli occhi il bambino dagli occhi tondi che gli rivolse quel dolce sorriso la prima volta che ebbe occasione di conoscerlo.
 
“ Mi dispiace Gattaccio.. credo di aver capito perché quel mocciosetto sia così speciale per te. Ma ora deve combattere la battaglia più importante, quella in cui nemmeno tu << Leggenda >> potresti sostituirti a lui: la battaglia contro se stesso.”
 
 
 
 
 
 
 
*
 
 
“ Ascolta Kaku, le cose non stanno andando bene per niente. Ti rendi conto che in nemmeno un mese hai perso tutti i miglioramenti di quasi un anno di allenamento?”
 
L’istruttore si asciugò col polso il sudore dalla fronte stempiata.
“ ahaha, Kaku torna a fare il pagliaccio”
 
Un bambino dai denti sporgenti ed il viso solcato da lentiggini diede una spinta al compagno nasuto il quale, non ebbe reazione alcuna.
 
“ Non possiamo continuare così.. se non avrai una ripresa anche minima sarò costretto a fare rapporto al Grand’ Ufficiale ed ad estrometterti dall’addestramento.”
 
“ Sissignore. “
 
“ RIPOSO, MATRICOLE! SPARITE DALLA MIA VISTA ENTRO DIECI SECONDI. VI CONCEDO DIECI MINUTI DI PAUSA. AVANTI, SCIO’! VIA!!”
 
Mentre una nuvola di ragazzini schiamazzanti rompendo le righe si disperse nel prato brinato, Oiaku si chinò verso Kaku in modo tale da guardarlo negli enormi occhi spenti.
 
“ E’ davvero un peccato. Avevi delle ottime possibilità. Delle gambe come le tue non sono un dono da gettare al vento come stai facendo.”
 
Non ottenne risposta. Il biondino non alzò gli occhi da terra nemmeno per un istante.
 
“ E’ forse successo qualcosa? Devi temprarti, matricola! Se è la nostalgia a determinare codesto tuo stato allora forse davvero non sei adatto a questo ruolo.”
 
Le sue parole come quelle pronunziate poco prima si dispersero nel vento autunnale. Fino a quando il rassegnato istruttore, stufatosi di conferire da solo, disse sospirando:
 
“ D’accordo come vuoi. Suppongo tu abbia inteso il destino che attende coloro che vengono considerati deboli su quest’isola. Proprio per la fiducia che mi hai ispirato la prima volta che ho avuto occasione di conoscerti, voglio attendere ancora qualche giorno prima di fare rapporto. Dopo di che, se tutto permarrà come ad oggi, dovrai attingere a tutte le tue abilità per riuscire a sopravvivere..”
 
“ Per me potrebbe fare rapporto anche adesso.” Pensò Kaku tra sé e sé. “ Posso morire anche domani, anzi forse sarebbe anche meglio.. non c’è posto per me in questo mondo.. e di marcio, ne ho visto anche troppo. Sono stanco….”
 
La sensazione del vuoto non lo abbandonava nemmeno per un istante. Gli pareva d’esser alienato da tutto e da tutti, nemmeno più le prese in giro dei compagni lo scalfivano. Gli sembrava di essere circondato da un perenne ronzio di voci tutte uguali e confuse, non vi era concetto, discorso, battuta scherzosa o pianto che penetrasse in lui, che coinvolgesse un minimo il suo spirito, bensì si sentiva ridotto ad un ameba che affrontava ormai la propria routine meccanicamente, ripetendo sempre gli stessi gesti in modalità lentissima ed ovattata.
Anche quella stessa sera tutto procedeva nel medesimo modo: una volta consumata la cena in totale solitudine standosene rintanato in un angolo in disparte dal resto dell’enorme tavolata di ragazzini, trascinando le gambine magrissime faceva ritorno alla propria stanza. Fu la voce chiassosa di Jabura, unita a singhiozzi disperati proveniente dalla camera adiacente a destarlo dallo spegnimento totale.
 
“ CHE RAZZA DI IDIOTA! COSA DIAVOLO CREDEVA DI FARE? DANNAZIONE NON SI PUO’ ESSERE TANTO STUPIDI!”
 
Udì un boato fortissimo riecheggiare all’interno della stanza dopo essersi accucciato innanzi alla porta, mentre il singhiozzare del ragazzo più grande si faceva sempre più acuto. Ipotizzò che probabilmente il diciannovenne aveva fracassato il mobilio di mezza parete.
 
“DIMMI…..DIMMI LA VERITA’ FUKUROU……E’ MORTO…?”
 
Fu come se la nuvola su cui fino ad allora era rimasto adagiato si fosse vaporizzata e precipitando dal cielo del proprio limbo, una volta schiantatosi al suolo fosse tornato alla realtà.
Avvertì il cuore schizzargli fuori dal piccolo petto.
 
“ Morto..? Lucci..?” bisbigliarono le labbra minute.
 
“ CHAPAPAAAAAA… Non so rispondere a questa domanda, pare che quando l’abbiano caricato sulla nave per il rientro fosse vivo. CHAPPAPPAAA  Ma che durante il viaggio siano sorte delle complicazioni. Pensare che ce l’aveva fatta. CHAPA aveva eliminato già tutti gli ostaggi, e sarebbe stato in grado di fuggire alle cannonate di quei bagordi se solo lo avesse voluto. CHAPAPPA”
 
“ YOIYOIYOIYOIIII L’ORGOGLIO E’ LA ROVINA DELL’UOMO.”
 
“ MA SEI REALMENTE CERTO FUKUROU? NON E’ CHE HAI CAPITO MALE? UN ESSERE UMANO NON PUO’ SOPRAVVIVERE DOPO ESSERE STATO COLPITO ALLA SCHIENA DA CINQUE CANNONATE!!!!!!!”
 
“ CHAPPAPPAAAA Te l’ho detto. Non so nient’altro. Non so se è ancora in questo mondo, e in che condizioni si trovi qualora ci fosse. CHAPA”
 
“ E’ inutile chiederti se hai sentito parlare di un eventuale ricovero, o per lo meno un posto dove piangere la sua morte suppongo..” La voce di Blueno venne udita a malapena come un bisbiglio.
 
All’improvviso la pesantissima porta della stanza venne letteralmente tranciata in due. Tanto fu affilata la lama o qualunque cosa avesse sfogato la propria furia, che persino il pavimento fu diviso da una crepa profonda.
Gli ospiti sobbalzando intravidero il bambino divorato dalle lacrime dei propri occhioni sbarrati. Pallido tanto da apparire un cadavere.
“ Dov’è Lucci..?”
 
“ Kaku! C-che ci fai qui? Aspetta.. non..”
 
“ DOV’E’ LUCCI????” La gambetta poco più spessa d’un ramoscello solo nello spostare l’aria produsse un vortice di lame che si ripercosse sulla parete alle loro spalle, polverizzandola.
 
“ DOV’EEEEEEEEEEEEEEE’???” Urlò fino quasi a recidersi le corde vocali.
 
“ FERMATELO DANNAZIONE! E’ FUORI CONTROLLO! “
 
“ YOIYOIYOIYOI ME NE OCCUPERO’ IO!”
 
I lunghissimi capelli rosa di Kumadori si divisero in molteplici ciocche che presero vita come manovrate da una forza soprannaturale e simili a corde di seta immobilizzarono le braccia del biondino.
 
“DOV’E’ LUCCIIIIIIIII?”
 
Kaku scalciò nuovamente come un cavallo imbizzarrito ormai privo di qualsivoglia controllo non solo sulla propria mente, ma soprattutto sul proprio esile corpo. Gli occhi pieni di lacrime fissavano un punto indefinito totalmente sbarrati, come se avesse perso ogni cognizione della realtà.
I capelli del gigante dall’aspetto leonino vennero recisi di netto ed egli stesso scagliato contro il muro privo di sensi.
 
“ KUMADORI!!! KAKU TI PREGO FERMATI! KAKU!”
 
“ Inutile Blueno, non è in grado di capirti!” Jabura assunse le sembianze di un ibrido lupoide dai denti aguzzi le cui unghie si allungarono tingendosi di un oscuro colore.
“ Dobbiamo cercare di fermarlo in qualche modo! Chi avrebbe mai immaginato possedesse una potenza simile?”
 
“ Aspetta Jabura! Lascia provare me prima!”
 
Il cornuto collega grazie alla tecnica del Soru, riuscì a cingere la vita del bambino e a scomparir con egli fra le braccia nel nulla del proprio varco atmosferico.
 
“ JABURA! FUKOROU! COSA STA SUCCEDENDO QUI?”
 
 Oiaku accompagnato dal sorvegliante notturno scavalcò le macerie della stanza facendosi largo tra una folla di giovani reclute accorse per sincerarsi di cosa stesse succedendo.
 
“ PRESTO, CHIAMA UN MEDICO. UNA RECLUTA E’ GRAVEMENTE FERITA.” Mentre l’altro eseguì nell’immediatezza precipitandosi alla volta dell’ala del dormitorio destinato al personale, l’istruttore allontanò bruscamente il giovane pubblico interdetto.
“ VOI CHE DIAVOLO AVETE DA GUARDARE? TORNATE IMMEDIATAMENTE NELLE VOSTRE STANZE. DESIDERATE AVERE QUALCHE GIORNO DI SOSPENSIONE ACCOMPAGNATO DA UN BEL RAPPORTO ALL’AUTORITA’? AVANTI! MARCIARE!!”
 
Nonostante la maggior parte onde evitare ripercussioni lasciò prontamente il campo, alcuni gruppetti si ostinavano a permanere, interdetti per lo spettacolo innanzi ai propri giovani occhi.
 
“ MATRICOLA CHE COSA SIGNIFICA TUTTO QUESTO? CHI E’ STATO A CAUSARE UN SIMILE MISFATTO? CHI HA RIDOTTO IN TAL MANIERA IL TUO COMPAGNO DI STANZA?” Oiaku furente si rivolse a Jabura nel frattempo tornato in sembianze normali.
 
“ Signore.. ecco..”
 
“AVANTI! FUORI IL NOME!!”
 
“ CHAPAPPPAAA è stato Kaku” fece eco una voce metallica alle sue spalle.
 
Gli agglomerati di giovani reclute cacciarono un urlo di sgomento misto a terrore.
“ Q-QUELLA MEZZA SEGA?!”
“NO! MI RIFIUTO DI CREDERCI! VOGLIONO PARARSI IL FONDOSCHIENA”
 
Fra questi vi era anche il lentigginoso marmocchio che quel pomeriggio si era fatto beffe del piccolo nasuto. Dalla fronte maculata colavano sul volto pallido molteplici gocce di sudore.
“M-Ma non siate idioti!” giratosi verso i compagni il piccolo pel di carota sforzò un sorriso a denti stretti, così che essi sembrassero doppiamente sporgenti.
“Insomma ragazzi. Avete visto anche quanto è ridicolo quel povero fantoccio vivente AHAHAHAHAHAH!Manco riesce a reggersi in piedi AHAHAHAH. Sarà stato un terremoto.”
 
Terminato ch’ebbe di pronunziare tali parole, un man rovescio di Oiaku lo scaraventò alla velocità di un fascio di luce contro parete opposta che sfondò col capo. Quella visione fu abbastanza anche per coloro trattenuti fino a quel momento dalla curiosità. Un fuggi fuggi si scatenò all’interno del dormitorio, che in un battito di ciglia venne avvolto dal più totale silenzio.
 
“ Kaku.. ha fatto questo? Mi state prendendo in giro?”
 
“…..”
 
“ ESIGO UNA RISPOSTA!!”
 
“ No Signore.. non La stiamo prendendo per i fondelli.. Kaku ha ridotto così  stanza e compagno con soli due calci.”
 
L’istruttore si sforzò al contegno doveroso di cui faceva menzione continua agli allievi di ogni giorno.
 
“ Permesso. E’ quello il ragazzo rimasto ferito? “ Il Dottor Moser accorse con due barellieri in direzione di Kumadori ancora incosciente.
“ E’ solo svenuto. Ma non escludo un lieve trauma cranico. Che diavolo è successo alla sua chioma?
 
In effetti, ora che venne posta tale domanda, i presenti notarono intere ciocche rosee di capelli sparse in ogni angolo della stanza, o meglio, di ciò che d’essa rimaneva.
 
“ Dov’è ora la matricola?”
 
“ Il mio collega l’ha allontanato utilizzando il proprio potere. Con ogni probabilità sta cercando di calmarlo: il bambino ha avuto una crisi nervosa molto pesante.”
 
“ Ciò che è accaduto questa notte non rimarrà un mistero. Farò rapporto al Grand’ Ufficiale.”
 
“ La prego Signore. Non lo faccia” Jabura temeva per la propria nomina ad agente speciale ufficialmente inserito al gruppo della giustizia oscura.
 
“ Non sto parlando di te, idiota. Adesso fila a dormire, non voglio più sentire volare una mosca, per questa notte è abbastanza. La cosa vale anche per te, ciccione.”Disse rivolgendosi a Fukurou.
“ Muovetevi. La camera 111 è vuota. Sarà la vostra sistemazione temporanea, da domani riparerete i danni che avete causato. AVANTI! FUORI”
 
Improvvisamente, dal soffitto della stanza, comparve il compagno mancante con il bambino fra le braccia.
 
“TU SEI BLUENO. FA’ RAPPORTO! SUBITO”
 
L’istruttore ed il medico si lanciarono alla volta del cornuto.
 
“ E’svenuto.. ha avuto una crisi molto forte..”
 
“QUESTO E’ EVIDENTE. DOTTORE, COSA MI DICE?”
 
“ Confermo. Il ragazzino ha avuto un mancamento di origine nervosa. Sembra anche piuttosto disidratato. Per questa notte ritengo opportuno trasportarlo in infermeria e tenerlo in osservazione. Naturalmente, dispongo che venga reso inoffensivo mediante catene immobilizzanti alle gambe. Non possiamo sapere la sua reazione al risveglio.”
 
“ Accordata.” Oiaku ormai esausto per la nottata che sembrava non volgesse al termine, si rivolse a Blueno più gentilmente rispetto ai compagni.
 
“ Anche tu, va’ con gli altri. Non manca molto all’alba. Domani sarete convocati tutti e tre per fare rapporto all’Autorità. Blueno, dal momento che pare tu sia il più riflessivo del gruppo meglio che conferisca con te. Rimani a disposizione. “
 
“ Sissignore.”
 
L’istruttore volse un ultimo sguardo al bambino adagiato su una barella con il volto rigato di lacrime.
 
“ Ciò che è accaduto, non avrà mai più modo di verificarsi tra le mie reclute. Qual è stata la motivazione?”
 
“ La presa di coscienza, Signor Oiaku”
 
Chinato il capo biforcuto all’estremità, Blueno si avviò verso la destinazione assegnatagli insieme ai compagni, dando le spalle al proprio maestro che lo guardò con aria interrogativa.
 
“ Mi dispiace Kaku.. Purtroppo, ti sei ancora una volta trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato. Non siamo riusciti a mantenere la promessa.. perdonaci Lucci…”
 
 
 
 
 
 
 
 
*
 
 
 
 
 
“ Lei sa meglio di me il modus operandi, Signor Oiaku”
Il Grand’Ufficiale non sollevò il capo dalla propria scrivania se non per sistemare una ciocca ribelle che fece capolino da sotto la visiera del berretto militare.
“ Non capisco perché non ci abbia pensato Lei, ed ancor meno comprendo perché stia interrompendo il mio ed il suo lavoro per una simile sciocchezza. Le confesso che questa storia inizia a stancarmi.”
 
Mantenendo ritta la schiena ed alta la fronte, l’istruttore rispose:
 
“ Perché abbiamo per le mani un prodigio vivente. Quello che ho visto stanotte non posso ignorarlo, Signore. Una potenza simile se correttamente impiegata al servizio del nostro gruppo, sarebbe un’autentica arma letale che annienterebbe qualsiasi nemico.”
 
“ Mi meraviglio di Lei, Oiaku.”
L’uomo questa volta fece compiere una lieve rotazione alla propria sedia in direzione dell’interlocutore e, lo fissò con i piccoli occhi nascosti dietro le tonde lenti.
“ Ammesso e non concesso che costui sia davvero così invincibile come tutti riferite, si rende conto che è un individuo fortemente disturbato? Ho errato io ad acconsentire al suo inserimento nelle reclute. Non possiamo permettere l’accesso ad un infante incapace di controllar se stesso ai massimi vertici dell’Autorità.”
 
“ E’ poco più che un moccioso..”
 
“ ANCHE GLI ALTRI SONO POCO PIU’ CHE MOCCIOSI, SIGNOR OIAKU.” Il Grand’Ufficiale nell’alzare la voce parve particolarmente infastidito.
“ Non capisco perché abbiate tanto a cuore la sorte di questo marmocchio, e se devo essere sincero, comincio ad essere saturo di conferir della sua persona. Ho concesso la sua ammissione all’addestramento ma non posso ignorare il suo limite nell’autogestirsi. Non vedo altra soluzione se non quella consueta che conosce bene anche Lei.”
 
“ Le chiedo solo un altro po’ di tempo Signore, mi creda, reputo ne valga la pena. So bene che si è occupato Rob Lucci in persona del suo addestramento, e Le garantisco che il bambino ha ottenuto ottimi risultati.”
 
“ Rob Lucci dovrà rispondere di tutto questo, come da accordi intercorsi. Evidentemente non ha lavorato adeguatamente se si è arrivati ad un esito come quello di cui stiamo discorrendo.”
 
Oiaku tentando il tutto per tutto disse:
 
“ Le propongo un accordo. Non appena la recluta verrà dimessa dall’infermeria, agirò di persona sulla sua mente in modo da consegnarLe una perfetta macchina da guerra in un solo mese.”
 
Il Grand’Ufficiale spazientito si levò in piedi, il consueto gilet a righe faticava a tener serrati i bottoni data la pronuncia del ventre.
 
“Ho già sentito queste parole una volta, Istruttore. E come vede le promesse sono estremamente facili da fare, quanto ardue da mantenere.”
 
“ Mi perdoni se oso contraddirLa, Signore. Ma non è esattamente come Lei asserisce. In dieci mesi il bambino è riuscito a possedere ben cinque Rokushiki, non può ignorare questo fatto. Rob Lucci ha mantenuto la propria parola, l’unico errore che ha commesso, a mio modestissimo avviso, è stato sopravvalutare la fragile psiche dell’infante.”
 
“ E Le pare poco?”
 
Oiaku chiuse gli occhi ed emise un profondo sospiro.
 
“ No Signore. Non è certo poca cosa. Ma, se posso permettermi, ho allenato Rob Lucci e le reclute più promettenti dell’isola, quelle che hanno già superato la selezione per il nuovo cipherpool. Mi creda che inizialmente, se avessi ragionato come stiamo conferendo in questo momento, ad eccezione del primo nominato, nessun’altra sarebbe stata ammessa. Come Lei comprende, agire su una giovane mente inconsapevole è decisamente più semplice che operare invece su una già dotata di consapevolezza.”
 
L’interlocutore prese ad accarezzarsi la barba, in effetti, non poté ritenere del tutto errata l’affermazione del sottoposto.
 
“ La matricola è ancora debole di psiche solamente perché nessuno si è mai occupato della sua forma mentis. Kaku, ehm, la recluta, mi creda è un ottimo discepolo. Non ha mai messo in discussione alcun ordine, né tanto meno sfidato l’autorità. Concepisca questo errore come l’essersi concesso d’essere stato bambino per l’ultima volta. Mi creda Signore, e con questo concludo: non sarei qui a sprecare il mio ed il Suo tempo, uno dei nostri beni più preziosi, se davvero non vedessi qualcosa di prodigioso in lui.”
 
 
Il Grand’Ufficiale rimessosi seduto, e chinato il capo sulla consueta montagna di carte innanzi a sé, nello stesso modo in cui congedò Lucci disse:
 
“ E sia. Non so che diavolo abbia di così speciale questo moccioso ma a quanto pare è riuscito a conquistare le più brillanti menti dell’isola. Le concedo un mese di tempo, ma questa volta, valuterò io il risultato finale. E’ l’ultima possibilità che concedo a costui. Trascorso il termine del suddetto, qualora a mio giudizio la matricola non risultasse idonea, verrà soppressa seduta stante. Se non c’è altro, La saluto Oiaku.”
 
“ Grazie Signore! Non se ne pentirà Signore!”
Messosi sull’attenti ed accennato un inchino di devozione, Oiaku uscì dall’ufficio avvolto da un odore acre di sigaro.
Mentre varcava la soglia dell’imponente torre, scorse con la coda dell’occhio l’infermeria.
 
“ Ora è tutto nelle tue mani, matricola. Impara a vivere. Impara a combattere per te stesso. Se non ti vorrai bene tu, nessuno lo farà per te.”
 
Un lampo di tenerezza rischiarò gli occhi scuri del nerboruto istruttore. Si sentì felice dopo tutto.
“ Non c’è regalo più bello di concedere ad un bambino, di essere tale per l’ultima volta..” pensò camminando verso il tramonto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*
 
 
 
 
 
 
 
Un soffitto bianco, candide tende ed un tichettìo che scandiva i minuti.
La visione delle proprie manine dalle dita fasciate levate verso l’alto, da offuscata si fece più nitida.
 
“ D-dove sono..?”
 
“ All’infermeria dell’ospedale. Ti hanno portato qui privo di sensi.”
 
Kaku si girò verso il punto da cui sentì provenire quella voce calda e mite e scorse Blueno seduto su una piccola sedia di plastica al suo fianco.
All’improvviso tutti i ricordi fecero capolino nella sua giovane mente.
Non diede peso nemmeno al suono metallico delle catene fissategli alle caviglie.
 
“ Lucci..è….morto…?”
 
Le lacrime ricominciarono a sgorgare copiosamente dagli occhi tondi inumidendo le lunghe ciglia.
 
“ Non lo sappiamo, Kaku.. siamo in pena anche noi e vorrei tanto darti una risposta, ma non ce l’ho.”
 
“ Che cosa… che cosa gli è….”
 
“ Gli hanno sparato alla schiena cinque colpi di cannone ” disse Blueno evitando lo sguardo sconcertato del piccolo.
“ Pare che fosse sopravvissuto ma, che siano sorte delle complicazioni e…..”
 
Kaku serrò gli occhietti grondanti aggrottando le sopraciglia in un dolore tanto profondo da non averne mai avuto memoria.
 
“ Ora devo andare, purtroppo mi hanno concesso solo pochi istanti al tuo risveglio. Ah, dimenticavo.. questo è tuo..”
 
Il ragazzo gli pose delicatamente fra le manine fasciate una piccola nave giocattolo dalla punta storta.
 
“Lucci si era assolutamente raccomandato di dartelo qualora lui non sarebbe più…….insomma……”
 
Lo stesso cornuto ebbe la voce rotta da un singhiozzo. Continuò:
“Quelle catene ti verranno tolte domani mattina per disposizione di Oiaku. Mi dispiace Kaku.. io.. prometto che questa volta non verrai tenuto all’oscuro, ma verrò da te a dirti qualsiasi notizia giungerà alle mie orecchie.”
Blueno si chinò sul bambino e gli accarezzò dolcemente la fronte prima di voltargli le spalle.
 
“ Cerca di dormire adesso. “
 
Una volta udita la pesante porta chiudersi rumorosamente, Kaku fu soffocato dal propri singhiozzi, le lacrime fluivano tanto copiosamente da impedirgli di respirare.
Fasci di ricordi lo avvolsero trascinandolo nella disperazione più totale.
 
 
“Ti piacciono le spade?”
 
 
 
Io non ti trovo affatto un mostro! Hai un nasino..strano e allora? Ti rende un bimbo unico, speciale!”
 
 
I gemiti aumentarono fino a togliergli il fiato.
 
 
“Io sono Rob Lucci. Ma puoi chiamarmi semplicemente Lucci e darmi del << tu >> non sono tanto più grande di te.”
 
 
“Lucci…..Lucci…..LUCCI…….LU….LUCCI….”
 
“Sono venuto a prenderti Kaku. Vieni con me: torniamo insieme alla torre della giustizia.”
 
 
“ Non mi puoi lasciare…… non mi puoi lasciare anche tu….LUCCI…..”
Prese a tossire in preda agli spasmi.
 
 
 
“Se tu morissi.. io proverei davvero un dolore immenso…”
 
Gli apparve il volto di sua madre, ancora umano e non mostruoso come nel sogno, ma con lei anche le sue parole che gli rimbombarono nella testa.
 
“ Chi vuoi che pianga per te?”
 
 
E di nuovo, il viso del suo unico amico.
 
 
“T-tu… piangeresti per m-me….?”
 
 
“ Moltissimo……”
 
 
 
Con l’ultimo filo di voce, strinse fra le mani la piccola nave, ed inondandola di lacrime le sussurrò:
 
“ Tu lo sai vero Zac….? Che io amerò Lucci per sempre….?” Uno spasmo ruppe il bisbiglio.
 
“ Perché solo lui…. avrebbe pianto per me…..” Risultati immagini per kaku x lucci

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