Ossimori

di Dalybook04
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Esplosioni_Tobio Kageyama ***
Capitolo 2: *** Calma_Shoyo Hinata ***
Capitolo 3: *** Emozioni_Kenma Kozume ***
Capitolo 4: *** Panico_Koutaro Bokuto ***
Capitolo 5: *** Horror_Tadashi Yamaguchi ***
Capitolo 6: *** Umano_Tendou Satori ***
Capitolo 7: *** Calore_Keiji Akaashi ***
Capitolo 8: *** Silenzio_Ryunosuke Tanaka ***
Capitolo 9: *** Debole_Wakatoshi Ushijima ***
Capitolo 10: *** Dolce_Haijime Iwaizumi ***
Capitolo 11: *** Sfigato_Tetsurou Kuroo ***



Capitolo 1
*** Esplosioni_Tobio Kageyama ***


Siete mai esplosi?
No, non intendo le esplosioni di fuoco, quelle in cui muore la gente. 
Intendo le esplosioni di cuore. Quando senti tutto ma proprio tutto, tutte le emozioni, le sensazioni, le lacrime trattenute e le urla silenziate, saltarti addosso e aggredirti come un'onda improvvisa e in tutto quel casino hai la testa ovattata e ti mordi la guancia fino al sangue per non piangere finché il detonatore non parte e bum. Un pezzo di cuore, grande o piccolo che sia, se n'è andato. 
E allora l'unica cosa di cui hai bisogno è stare da solo, per un attimo, un minuto, il tempo di rincollare i pezzi restanti, fare la conta dei morti e salvare il salvabile. E quando ti succede mentre sei da solo okay, il vero problema è quando sei in giro e hai degli altri esseri viventi attorno. Ed è proprio lì che succede. È lì che la maggior parte delle volte arriva l'onda. È difficile che stiamo male senza un motivo, di solito sono gli altri che ci fanno stare male e da lì parte tutta la reazione a catena fino all'esplosione. E allora se sei fortunato hai un posto dove rifugiarti, un bagno in cui chiuderti, un posto su cui sederti a fissare il vuoto fingendo di fare qualcosa di produttivo mentre invece stai cercando di salvare qualcosa della tua anima sbrindellata.
Vi è mai successo?
A Kageyama sì. Per farvi un esempio, quella famosa partita delle medie lo ha lacerato in due.
Quello che non sapeva era che qualcuno potesse più o meno restituirti ciò che avevi perso. Non sapeva ci fosse qualcuno che potesse far resuscitare i frammenti persi, o almeno provarci. Non pensava potesse esistere una persona in grado di farlo.
E invece si era ricreduto guardando quello scricciolo di un Hinata saltare prima ancora che lui effettuasse l'alzata. Fidandosi ciecamente di lui. E lì aveva sentito uno strano click e un pezzetto anche piuttosto consistente del suo cuore ritornare e tutti i pensieri negativi riguardo ad esso suicidarsi nel suo subconscio in un unico, singolo e rapido istante.
Giusto il tempo affinché la palla raggiungesse la resurrezione di Tobio, quel nanetto con più forza in corpo che neuroni, che sembrava avere un cuore così grande da compensare i frammenti mancanti dell'alzatore.
E in quel momento, anche se ancora non lo sapeva, Tobio Kageyama aveva appena sperimentato cosa fosse l'amore.
L'esplosione peggiore gliela provocò Hinata stesso. Quando, per la prima volta, litigarono sul serio. Per quella stramaledetta veloce con l'alzata wooosh. O wish. Non parlo il Kagehinese, pardon.
Comunque. Quello. Ecco. Mentre litigavano, Kageyama sentì l'ennesima esplosione frantumargli il cuore. E, insieme ad essa, tutti i pezzettini che gli aveva donato il rosso gli erano stati strappati via. Alla fine di quel secondo, era rimasto solo un misero pezzettino ferito e sanguinante. Si sentiva come un corvo senza ali e senza più un cuore che funzionasse per bene.
Ma poi, aaah, quando quei due fecero pace e quella benedettissima veloce finalmente riuscì... tutti i pezzi tornarono al loro posto, e Kageyama quasi si illuse di avere un cuore integro. Con qualche cicatrice, ma più o meno integro. Era come se gli avessero messo una protesi, ma una protesi traballante e con le misure sbagliate, ma era pur sempre qualcosa. Era comunque una bella illusione credere di stare bene.
Ma il cuore gli tornò come nuovo per davvero dopo il loro primo bacio.
Lì si senti, finalmente, dopo tanto tempo, pienamente pieno.

Forse dovrei fare un passo indietro e raccontarvi come sia successo.
Unico problema: non ne ho idea. È stato assolutamente improvviso. Un giorno era come il solito e poi bum le parole definitive, il tempo di dirle e Kageyama si era ritrovato il proprio mondo rigirato come un calzino.
Lui e Hinata non si sono mai fatti problemi a dirsi le cose. Diciamo che tra il loro cervello e la loro bocca non c'è quella cosa comunemente detta filtro. Dicono quello che pensano. Fine.
Ah, quanto sarebbe bello se al mondo fossero tutti così. Forse scoppierebbero più guerre, ma per certi aspetti sarebbe anche più bello. Dicevamo? Ah sì. Dicono le cose senza rifletterci. Senza pensare. Senza esitare. Lo dicono e basta. 
Per loro è così naturale che Tobio neanche ci ha pensato quando quelle magiche paroline gli sono uscite di bocca. 
Stavano parlando di pallavolo (e di cosa sennò?), erano appena finite le lezioni e si stavano dirigendo verso la palestra. In tutto quel caos generale di studenti entusiasti che scappavano il più in fretta possibile, verso casa o verso qualche club, quei due stavano parlando delle solite cose. Quando, forse per non perderlo in mezzo alla folla, forse per qualcos'altro, Shoyo allungò la mano verso quella di Kageyama e gliela prese, intrecciando le dita alle sue. Tobio sobbalzò sorpreso, sentendo qualcosa montare dentro di lui. Non quell'onda che precedeva l'esplosione, qualcosa di diverso, di dolce e caldo, come una montagna di miele che lentamente saliva fino a raggiungere la sua bocca e fuori uscire sottoforma di parole. Quali parole? Be' mi sembra scontato a questo punto.
"Mi piaci"
Come dicevo, nessun filtro tra bocca e cervello. 
Vi aspettavate un ti amo? Davvero? Dai gente, hanno quindici anni. Forse si amavano già, ma pensate veramente sapessero anche solo vagamente cosa sia l'amore? Ma per favore. Tobio non sapeva neanche di essere gay. Non si era mai soffermato a pensarci, non è che gliene fregasse molto alla fine. Non gli era mai interessato qualcuno prima.
Però Hinata gli piaceva. Eccome. Non riusciva neanche a ricordare un momento felice senza il rosso affianco.
A quelle parole, Shoyo si fermò un attimo e sembrò rifletterci su per un po', mentre gli ultimi studenti uscivano dalle porte vicino a loro. E non gli aveva ancora mollato la mano, notò Kageyama cercando di non morire dall'ansia. Poi, dopo qualche secondo di riflessione, il rosso gli aveva rivolto uno dei suoi soliti sorrisi solari, e riprendendo a trotterellare verso la palestra, tenendogli ancora la mano, aveva esclamato un allegro "anche tu!".

Sì lo so niente bacio. Per quello dovete aspettare ancora un po'.
Non cambiò molto da allora. Erano sempre loro due, sempre i soliti idioti, sempre il solito duo di bislacchi. 
L'unica differenza era che ora, quando camminavano fianco a fianco, non esitavano a prendersi per mano. Non ci pensavano neanche. Gli veniva spontaneo. Tutto con questi due è spontaneo. E anche il loro primo bacio lo fu.
Si stavano cambiando dopo gli allenamenti, stanchi morti e seduti fianco a fianco. Hinata era già pronto. Kageyama si stava allacciando le scarpe. Il resto della squadra o stava finendo di prepararsi o stava mettendo a posto la stanza del club.
E poi Kageyama si allaccia la scarpa e si rimette dritto, poggiando la testa al muro e sospirando, stanco ma soddisfatto del duro allenamento (non capirò mai come faccia ad essere felice dopo ore di attività fisica. Io sopravvivo appena alle due ore di ginnastica)
Ed è un attimo. Shoyo lo guarda e pensa che sia bellissimo e si sente soddisfatto (su questo punto ci ritorneremo) e pensa di essere così fortunato che uno così bello, sebbene scorbutico e idiota, si sia innamorato di lui. E così, in un attimo, lo colpisce tutto in un attimo e non esita a sporgersi verso di lui e poggiare le sue labbra su quelle di Tobio. È un bacio delicato, leggero, d'altronde è il primo no? Insomma non è che limonino o cose del genere, è principalmente uno sfioramento di bocche rapido ma dolce.
E soprattutto, non inosservato.
Allora. Partiamo dicendo che lì dentro tutti e dico proprio tutti se n'erano accorti. Insomma due che da un giorno all'altro iniziano a tenersi sempre per mano non passano di certo inosservati. Anche se nessuno aveva chiesto niente (Tanaka e Nishinoya erano stati obbligati da Daichi a farsi gli affari propri), ma tutti sospettavano.
Ora, vedendoli mentre si baciavano, Daichi non fece in tempo a guardare male gli altri due idioti prima che un coro di urla e applausi partisse spontaneo, facendo separare i due, rossi come due pomodori.

Ma sorvoliamo. Sta di fatto che, sebbene lo dimostri molto raramente, Kageyama è innamorato perdutamente di quella piccola palla di pelo rosso.
E, sebbene il suo cuore sia pieno di cicatrici, ormai non sanguina più da tempo.

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Capitolo 2
*** Calma_Shoyo Hinata ***


Avete mai fatto le scale a due a due? 
Ecco, un dubbio esistenziale: chi fa le scale a due è pigro o atletico? È atleticamente pigro? Pigramente atletico?
Ecco, Hinata è un po' così. Che sì certo, ha un'energia e una resistenza non da poco e sarebbe capace di giocare a pallavolo fino allo sfinimento senza pentirsi di nulla -e lo ha anche fatto, per qualche partita o durante qualche allenamento o ritiro particolarmente duro.
Ma in tutte le altre cose della vita, questa descrizione gli calza a pennello.
È lento Hinata. Non gli interessa correre. Le cose se le vuole godere. Non ha fretta di diventare grande, perché gli fa tanta paura, ma allo stesso tempo è impaziente e curioso. Non ha fretta di dare il primo bacio, di dire il primo ti amo, di farlo per la prima volta, si vuole godere per bene tutte le sue prime volte. Ma al tempo stesso ha paura Hinata, ha paura di esser lasciato indietro, di ritrovarsi a cinquant'anni solo circondato da gatti senza aver mai provato cosa sia l'amore vero, senza aver mai baciato qualcuno se non sulla guancia, senza aver mai fatto l'amore sotto le stelle ed essersi risvegliato con la pelle ricoperta dei tocchi e dei baci di qualcuno. E quel qualcuno Hinata ce lo ha già in mente, sa con chi vorrebbe provare tutte quelle prime volte. Che poi lui è stato anche la sua prima cotta, e sta cercando di godersela al meglio e al tempo stesso vuole che finisca, ma non vuole perché è così bello essere innamorati, ma ha paura delle conseguenze e allo stesso tempo non gliene frega niente e vuole solo essere felice. Che di solito se ne frega delle conseguenze, ma in questo caso gli importa e gli importa eccome, perché ci sono in ballo lui, i suoi sentimenti, il club di pallavolo e Kageyama. Sì, quello strafigo con quegli occhi blu da sbavo e quegli addominali che Hinata deve trattenersi dal guardare ogni volta che si cambiano prima e dopo gli allenamenti di pallavolo. Ha una cotta colossale per lui da tempo, ma non riesce a dirglielo. Strano, di solito si dicono tutto. È Kageyama a dirglielo, in un momento a caso, e Hinata in realtà saprebbe già cosa rispondergli, ma...
Ma si vuole godere appieno la sua prima dichiarazione d'amore. E quindi esita, per qualche attimo, si mette a pensare, cercando di imprimersi nella testa tutti i dettagli. Lo sguardo confuso e scioccato di Kageyama. Il sole che entra dalle vetrate illuminando tutto intorno. Le urla e le risate provenienti da fuori, di tutti quei ragazzi ignari che lì, in un corridoio deserto con le vetrate illuminate dalla luce e un ragazzo dagli occhi blu confusi e scioccati, sta avvenendo un piccolo miracolo. Una delle prime volte di Hinata, che è sicuro non si dimenticherà mai. E per questo se lo vuole ricordare per bene, tatuandosi tutti i dettagli nel cervello e dietro le palpebre per rivivere tutto questo semplicemente chiudendo gli occhi. E, dopo averlo fatto e aver preparato per bene il tatuatore, si apre nel sorriso più ampio che avesse mai fatto e dice finalmente quelle parole che si era sognato così tante volte.
"anche tu!"
Ecco le ha dette. Lo ha fatto. È successo. Irrimediabilmente. 
Questo è un momento importante Shoyo, te ne sei accorto? Mi sa di no, sei sempre lì con la tua innocenza e la tua spensieratezza, ma forse invece te ne sei accorto eccome, lo sai, ma non vuoi pensarci te lo vuoi godere e basta, con calma, che a ripensarci ci pensi dopo. Che quel sorriso così ampio e spontaneo non vuoi venga rovinato da qualche preoccupazione. È così bello tenere Tobio per mano che Shoyo neanche si è accorto di aver pensato a lui per la prima volta usando il suo nome.

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Capitolo 3
*** Emozioni_Kenma Kozume ***


Sì ragazzi. Ho davvero chiamato una storia (è una storia questa? Una os? Vabbé) su Kenma emozioni. 
E no. Non ho fumato niente.
So che può sembrare, ma non è così.
Così come Kenma spesso sembra un apatico micio puccioso, ma non è così.
Cioé sì, è un micio puccioso, ma non è apatico.
Lui ha delle emozioni. Anche forti. Molto forti, a dirla tutta. Solo che è si è sempre abituato a non mostrarle, almeno non in pubblico. 
Pensate davvero che non abbia mai tirato qualche bestemmione dopo aver perso l'ultimo livello di Cat Mario? Illusi. 
Sa far invidia a uno scaricatore di porto quando ci si mette.
Ma comunque. Oltre a quello, Kenma prova tante altre cose. La gioia. La tristezza. E sì, anche quello, l'amore.
E verso chi? Indovina indovinello... ma chi sarà mai... non ne ho proprio ide- sì è Kuroo. Inaspettato lo so.
La faccia apatica che vediamo è sempre stata parte di lui, neanche ci fa più caso. Anche se c'è una faccia particolare che fa quando riceve una brutta notizia. È naturale, non so neanche se ne sia consapevole o meno.
E quindi sì. Fa la Faccia. La fa sempre quando gli vengono dette cose brutte. Che sia un'insufficienza o un insulto o che ne so. Fa sempre quella Faccia. È piatta, atona, la bocca una linea dritta, gli occhi persi nel vuoto, ancora più del solito, e gli spunta sempre quella ruga sulla fronte che sarebbe adorabile se non fosse per il resto più piatto di un muro. Non sa quando ha cominciato a fare automaticamente la Faccia. Forse da quando ha capito che non poteva più permettersi di piangere come un bambino. Nonostante a volte gli piaccia e si dica che due lacrime in fondo non le nota nessuno, e gli sfuggano, e non siano mai due ma dieci cento mille diecimila, e sempre quando è solo. Non per qualche motivo, semplicemente a volte si siede per terra con la schiena poggiata alla porta, le ginocchia strette al petto, e piange. Si sente pieno fino all'orlo e si chiede se sia così che si senta il suo telefono quando lo lascia in carica anche dopo che la batteria ha raggiunto il pieno, e mentalmente si promette che non lo avrebbe fatto più, promessa che non mantiene mai perché è sempre troppo pigro per alzarsi e scollegare il caricabatterie. Questi piccoli sfoghi non li fa mai se c'è qualcun altro, sempre e solo da solo, al limite con Tetsurou che lo stringe tra le braccia perché è così naturale ormai per lui quella posizione che si sente a casa e al sicuro tanto quanto in camera sua.
Kenma ci ha anche provato a socializzare, a farsi qualche amico decente, a mostrare un minimo le sue emozioni, ma al di fuori di Kuroo (e dei suoi compagni di squadra e di Shoyo), le persone sono tutte delle delusioni così poco empatiche da dargli la nausea. Lo etichettano come lo strano e tale per loro rimane a prescindere.
Non capiscono i suoi sforzi. Non li apprezzano. Quindi non ne valgono neanche la pena.

Interagire con Kenma è come giocare a un videogioco senza sapere i comandi.
Questo gli aveva detto una volta Kuroo. E in effetti è vero ed è una paragone così alla Kozume che è sorprendente non l'abbia fatto lui stesso, vale un po' per tutte le persone se ci pensate.
Magari sì, ecco, qualche comando base ci arrivi a capirlo, come andare avanti o saltare, ma tutte le combo, i trucchi, gli attacchi speciali... quelli non li conosci e l'unico che li conosce tutti per bene è il progettatore.
E Kenma a questo punto aveva fatto un sorrisino e aveva detto che l'ultima parte era sbagliata. Lui non si conosceva così bene. Quello che lo conosceva meglio era Tetsurou.
Era lui quello che si era messo a giocare e provare e riprovare fino a capire ogni singolo tratto di lui. Kozume è troppo pigro per farlo. Si trova noioso, preferisce osservare gli altri, sono più facili da capire. Conosce troppi tratti di sé stesso per trovarsi così interessante da impegnarsi a scoprirli tutti. Non capisce quanto sia meravigliosamente complesso e semplice al tempo stesso.
È fatto così. È l'ossimoro più ossimoro tra tutti quelli qui in mezzo e allo stesso tempo non lo è.
È una contraddizione ma non lo è. E Kuroo ama tutto questo.
Ama che se ne frega altamente del giudizio della gente, ma ne ha anche una paura boia. 
Che sembra immune a ogni tipo di emozione, ma poi dentro ha un oceano colorato di sentimenti e insicurezze che sono difficili da soffocare, eppure è anche così facile, una volta capito come.
Che è un bugiardo patentato ma odia mentire e ha ben pochi peli sulla lingua.
Che è così incredibilmente pigro, ma arriva sempre e comunque alla fine degli esercizi che gli vengono assegnati.
Che non gliene frega assolutamente niente di vincere e comunque odia perdere.
Che è così goffo e imbranato e allo stesso tempo è così silenzioso e aggraziato da spuntare all'improvviso alle spalle della gente, anche se magari era lì dall'inizio e nessuno l'aveva notato.
Che non gliene frega assolutamente niente del suo aspetto fisico, tanto che non ha neanche voglia di andare a rifarsi la tinta, da lì la ricrescita a budino, ma poi passerebbe ore abbracciato a Kuroo a farsi ripetere, sussurrare anzi, perché si vergogna di questo suo bisogno e in fondo stando appiccicati non è che serva urlare per sentirsi, quanto sia carino e speciale.
Che odia le esagerazioni ma poi nel suo armadio tiene un enorme pigiama peloso a forma di gatto bianco, con tanto di calzini a forma di zampine, campanellino legato al collo e cappuccio con le orecchie, che gli ha regalato Kuroo per il compleanno e che si mette ogni sera appena arriva l'inverno.
Che ama dormire ma poi passa le notti in bianco a giocare ai videogiochi, oppure si sveglia alle due di notte per giocare prima di andare a scuola.
Che non gliene frega niente degli altri ma sotto sotto si diverte a osservarli in ogni loro sfaccettatura. Che le persone sono il suo videogioco preferito ma anche quello che odia di più.
Che è abitudinario come lo schifo ma allo stesso tempo cambia qualcosa ogni giorno, che sia la cover del telefono o un ciondolo al collo.
Questo è Kenma.
Coerentemente incoerente.
Una contraddizione che cammina, gioca ai videogiochi e qualche volta a pallavolo, ha un canale Youtube di gaming, un blog dove consiglia e consola ragazzi di ogni genere e un profilo tumbrl con migliaia di follower.
È fatto così, che volete farci.
Nella sua apparente banalità, è la persona più interessante del mondo.

Ha le labbra morbide Kenma, profuma di torta di mele e shampoo alla vaniglia. Ha un corpo così piccolo e sembra così delicato, ma sotto quelle felpe larghe e quel caschetto mezzo biondo si nasconde una determinazione ferrea. Sembra fatto di vetro Kenma, e invece è puro acciaio, e Kuroo lo sa meglio di chiunque altro. Sì, non faccio altro che nominarlo, ma è una parte fondamentale della vita di Kenma quindi devo farlo. E poi li shippo.
È grazie a lui se Kozume ha degli amici. E anche se spesso è irritante, Kenma gli è così dannatamente grato. Per tutto. 
Non saprebbe dire quando questo affetto si sia trasformato in amore, ma è successo e appena se n'è reso conto, quasi subito perché per quanto non gli piaccia ammetterlo si conosce perfettamente, gliel'ha detto, perché tanto era Kuroo: gli sarebbe stato accanto anche se fosse stato radioattivo.
E poi, Kenma ama le emozioni. Cioé no, per lo più le odia, sarebbe così bello essere un robot, ma un po' le ama e non s'è mai vergognato. Non si vergogna di sé stesso e di quello che prova, non l'ha mai fatto e mai lo farà.
L'amore è una cosa meravigliosa, lo ripetono sempre tutti, quindi per quale motivo avrebbe dovuto vergognarsene? Perché era rivolto verso un ragazzo? Perché era rivolto verso il suo migliore amico? 
Che in realtà Kenma lo amava da anni, ma gli piace credere di essersene accorto subito, e in fondo chi lo sa. Non gli piace definirsi a Kenma, non gli è mai piaciuto, a volte ha bisogno di mettere dei paletti a certe cose, ma perché farlo con una cosa così bella? Non aveva senso limitarla, eppure il fatto che fosse limitata a Tetsurou la limitava già di suo, ma nei suoi paletti era infinita, immensa e bellissima e, per quanto sembri apatico, asociale e insensibile, Kenma non si stancherà mai di amare Tetsurou, e anche se magari non glielo ripete spesso quanto lo fa l'altro, entrambi lo sanno e va bene così.
Va bene così perché in fondo per Kenma è così semplice dimostrare l'amore che neanche ci fa più caso. Basta un gesto, un sorrisino, una carezza, una mano che cerca la sua. Basta questo perché di più in pubblico è difficile che lo faccia, e Kuroo lo sa sa quanto trovi difficile aprirsi e per lui ogni piccolo gesto di Kenma vale più dell'oro.
Tetsurou li ha capiti i suoi sforzi.
Ne è valso decisamente la pena.

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Capitolo 4
*** Panico_Koutaro Bokuto ***


A Koutaro Bokuto veniva il panico due volte alla settimana. Come minimo.
E con panico non intendo quello pre verifica, quando pensi di non sapere niente e sei lì a rileggere le pagine in fretta, pensando già al tre che prenderai, e quando entra il professore ti sei ormai rassegnato a pregare tutti gli dei e i santi che ti vengono in mente nella più totale ansia.
No, non quel panico. Ma aspettate un attimo.
Facciamo un passo indietro.
Bokuto vive tutte le emozioni al massimo. Tutte. Dalla prima all'ultima. Non si fa problemi, non si trattiene, è un fuoco che brucia di continuo e brucia e illumina tutto quello che ha intorno di... qualsiasi cosa stia provando in quel momento. 
E il panico non è diverso. Anche quello lo prova al massimo e anche quello è così intenso che per poco non lo uccide. 
Di attacchi di panico ne ha almeno due a settimana Bokuto. Momenti in cui non riesce a fare altro che piangere e vorrebbe urlare, vorrebbe urlare così tanto e ci prova e ci prova ma non esce niente solo lacrime singhiozzi gemiti ma nessun urlo ed è lì che pensa a miliardi di cose e non riesce a focalizzarne neanche una solo il panico che urla urla urla urla e lui vorrebbe farlo anche solo per eguagliare quello che ha in testa e superarlo e zittirlo e non sentirlo più mentre gli urla a ritmo con il battito del suo cuore che è veloce veloce e non riuscirebbe a placarlo neanche se ci provasse e tanto non ci prova perché non ci riesce non ce la fa è tutto troppo caotico rumoroso e qualcuno riporti la pace la calma e le virgole in questa storia vi prego.
Bokuto non si sforza neanche di mostrare le sue emozioni, lo fa e basta, ma il panico è diverso, non è un'emozione è un momento di pura follia un raptus di cui non riesce a liberarsi neanche con l'aiuto di tutti gli psicologi professori medicine eccetera eccetera ma. 
Ma. Qualcuno di riportare il silenzio in quel casino che è la sua testa c'è. C'è esiste e Bokuto lo ha scoperto al secondo anno di liceo.
In realtà non è vero, è una palla, è da quando era piccolo che gioca a pallavolo e quello gli basta a calmarsi a essere felice o depresso ma niente di diverso, motivato o demotivato, la modalità panico sembra scomparire dal suo cervello come se non fosse mai esistita.
Che poi non c'è un motivo decente per i suoi attacchi, non c'è mai ed è questa la cosa che lo fa più imbestialire. Può venirgli perché è finito il caffé alla macchinetta e si rende conto all'improvviso di quanta gente c'è intorno a lui e quanto rumore e i suoni diventano ovattati e non sente più niente tranne le urla le urla di non sa chi forse è il suo inconscio forse è un demone forse è un mostro forse è la sua anima mezza morta che gli urla di fermarsi fermarsi un attimo che va tutto così di fretta ma anche di muoversi che il mondo continua a girare e il tempo non tornerà indietro e allora Bokuto non sa più che fare e non riesce a fare altro che crollare e cercare di urlare che non sa che fare non lo sa e non lo capisce e vuole solo...
Silenzio
Eppure lui lo odia il silenzio. Una volta gli è venuto un attacco di panico perché gli si sono rotte le cuffiette e senza musica (metal classica rap pop rock letteralmente qualsiasi cosa andava bene) sparata nelle orecchie non ci riusciva a stare e all'improvviso la gente sembrava circondarlo e gli era partito uno dei suoi attacchi circondato da persone a caso sull'autobus che lo stava portando a casa nel bel mezzo dell'ora di punta. Per fortuna prima aveva trovato un posto a sedere, uno di quelli singoli senza nessuno vicino, solo il finestrino e un tale in piedi affianco a lui che aveva avuto la brillante idea di farsi gli affari suoi.
Però quando vuole il silenzio c'è qualcuno che finalmente è in grado di darglielo. Una persona che gli si avvicina lo sfiora e gli sussurra qualcosa di rassicurante, seguito da quel "Bokuto-san" che a Koutaro piace così tanto, e all'improvviso Bokuto sente solo quello e nient'altro e si sta così bene. Come quando durante una montagna russa velocissima all'improvviso arrivi in cima ad una salita e la giostra, per qualche secondo, si ferma. Akaashi è quel secondo di silenzio prima della caduta. Ma basta quel attimo a Bokuto per ritornare in sé.
Ci vuole poco a scacciare il panico, ha scoperto. Basta avere vicino la persona giusta.
Da quando Akaashi Keiji è entrato nella sua vita, Bokuto ha finalmente ritrovato il silenzio.

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Capitolo 5
*** Horror_Tadashi Yamaguchi ***


Non è bellissimo farsi aiutare da qualcuno?
Quando magari vuoi solo urlare perché quel maledetto esercizio di fisica non ti viene e sei stanca/o/x e vuoi solo dare fuoco a quel libro infame e tornare a non fare un bel niente, e all'improvviso arriva qualcuno a darti una mano e a mostrarti che sì, è fattibile, basta risolvere quella dannata equazione (di secondo grado perché l'accelerazione è infame, ricordiamolo).
O quando hai avuto una giornata da schifo, ti senti malissimo, sei nel pieno di una splendida crisi adolescenziale - devo ancora capire chi abbia inventato la storia secondo cui questi siano gli anni più felici della vita - e arriva la tua crush (maschio, femmina, altro o semplicemente nutella) ad asciugarti le lacrime e a mostrare finalmente quanto sia innamoratx perdutamente di te da sempre e tira fuori un anello bellissimo e vi ritrovate vent'anni dopo con due figli e una casa gigante.
O, in generale, lasciando perdere le fantasie che non avverranno mai (un esercizio di fisica che viene? Ma per favore), quando sei in crisi per qualcosa e arriva qualcuno a darti una mano. Non è bellissimo? 
Forse sì. Ma a volte no.
Per Tadashi Yamaguchi è orribile.
Questo per un semplicissimo motivo che tante belle personcine dovrebbero capire e lasciar stare la gente: lui non ha chiesto nessunissimo aiuto. Non lo vuole. Lasciatelo stare. Andavene a f-
Scusate. Mi sono lasciata trascinare. Sappiamo tutti che quella fragolina probabilmente non ha detto neanche mezza parolaccia in vita sua.
Dicevo? Ah sì. Non vuole aiuto. Questo per un motivo. Vuole farcela da solo. Vuole essere lui a capire che lì ci va seno e non coseno. Vuole essere lui a rialzarsi, magari munito di cuffiette e musica metal (che voi ci crediate o no, è il suo genere preferito. Tutte le persone in apparenza calme si devono pur sfogare in qualche modo no?), smettere di piangere e di fare il tumbrl per qualche cavolata e tornare alla vita normale.
E anche se Tsukki munito di anello non gli dispiace per niente come immagine, vuole essere lui a risolvere il suo problema. Da solo.
Se poi ha realmente qualche difficoltà non si fa problemi a chiedere aiuto. Non è uno particolarmente orgoglioso. Infatti per la sua battuta flottante in salto aveva chiesto aiuto. Ma, in generale, se non è lui a chiederlo, l'unica cosa che vuole è stare da solo. Non gli sembra chiedere molto.
L'unico che sembra averlo capito è Tsukishima. Be', quei due si conoscono dalle elementari. Sarà banale dire che si conoscono come le proprie tasche, ma è proprio così.
Secondo voi perché due così apparentemente diversi continuano ad andare d'accordo? Perché si conoscevano così bene da sapere che, in realtà, erano più simili di quanto possa sembrare.
Avanti dai. Ammettiamolo. Abbiamo visto tutti Yamaguchi ridere dei commenti perfidi di Tsukishima. Lo sappiamo. Basta fingere. So che a guardarlo Tadashi sembra solo una fragolina innocente, ma non è così. Prima accetteremo la verità e prima potremo andare avanti con le nostre vite.
E quindi sì. Yamaguchi non è un cucciolo di fragola come sembra.
Possiamo dire, per esempio, che definirlo pettegolo è un eufemismo. Eh già. Lui e Yachi passano letteralmente ore a sparlare e a spettegolare di... be' di qualsiasi cosa. A Kageyama e Hinata che non si decidevano a dichiararsi l'uno all'altro (Yachi era molto contrariata a questo punto. Penso che Yachi sia tipo la Kagehina shipper numero uno, le sue sessioni di stalking sono al limite della denuncia), alla volta in cui Yamaguchi era arrivato prima del solito e aveva beccato il capitano e Suga a sbaciucchiarsi negli spogliatoi, al torneo sempre più vicino, a quanto fosse bono Tsukishima (sì l'ultimo argomento era trattato più che altro da Tadashi. E sì, Yachi era anche una grandissima Tsukiyama shipper), e a così tante cose che potrei scriverci sopra un libro a parte. 
Poooooi. Che altro? Direi di sorvolare sulla sua mastodontica cotta per il suo migliore amico, è piuttosto scontato e risaputo.
Oh sì. Ecco. Anche Tadashi, per quanto possa non sembrare, ha i suoi momenti no. Quei momenti in cui vuole solo starsene da solo in santa pace, in cui vuole solo starsene sul letto, con l'unica compagnia, al limite, del suo cagnolino, una tazza di té verde con non meno di tre cucchiaini di zucchero e magari qualche schifezza che avrebbe smaltito il giorno dopo a pallavolo. Se gli allenamenti di Ukai non fossero così faticosi, probabilmente sarebbe già ingrassato di almeno quattro chili.
E poi Tadashi ama tante cose. Ama il té verde. Tsukishima. La pallavolo (anche se non come quegli invasati di Hinata e Kageyama. Quei due gli fanno quasi paura per quanto ne sono appassionati). I musical. Il greco (ebbene sì gente. Un giapponese che si studia di propria spontanea volontà il greco. Penso sia più facile trovare un islandese abbronzato). Gli ACDC. Gli horror (no, non sto scherzando).
Ecco parliamo un attimo di questa sua passione per gli horror e poi chiudiamo. Fin da piccolo li ha sempre adorati. Non ne ha mai avuto paura, forse perché aveva molta più paura dei bulli, forse perché aveva la sua fighissima lucetta a forma di fragola che lo proteggeva durante la notte. E neanche Tsukki ne ha mai avuta. Ma mentre a Tadashi piacciono, a lui non fanno né caldo né freddo. Li guarda solo per far un piacere all'altro. E Yamaguchi spesso vorrebbe usarli come scusa per rannicchiarsi tra le braccia dell'altro e farsi proteggere dai mostri. Ma non lo fa. Perché il biondo sa benissimo che, invece di fargli paura, i mostri lo divertono.
Ma. 
Ma a volte è così bello fingere. A volte è così bello fregarsene e rannicchiarsi tra le braccia del più alto che Tadashi si sente quasi spaventato per davvero.

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Capitolo 6
*** Umano_Tendou Satori ***


Tendou Satori parla sempre troppo e a voce troppo alta. Tendou Satori è troppo alto e mingherlino. Tendou Satori ha dei capelli assurdi. Tendou Satori si affida troppo all'istinto, eppure ci azzecca sempre, fa paura, hai visto? Non penso sia normale, lo chiamano Mostro Indovino, Guess Monster, e in effetti un mostro lo è, guarda che capelli! E poi guarda che occhiaie, è troppo alto e magro, anche Ushijima è alto ma almeno lui è pieno di muscoli e anche figo, Satori è... è solo un mostro.

Questi sono solo alcuni dei motivi per cui Satori Tendou viene generalmente considerato uno strambo, un pazzo, simpatico certo ma comunque con qualche rotella fuori posto.
Tendou li aveva sentiti tutti. Ormai ci ha anche fatto il callo. Quando tutti ti chiamano mostro, alla fine cominci a pensare che abbiano ragione.
Ma al rosso, invece di demoralizzarlo, questa cosa diverte da impazzire.
Per lui gli altri sono solo dei pupazzi vuoti. Molto, molto strani e molto, molto prevedibili. Si diverte ad analizzarli, a studiarli e a prevedere le loro azioni. Anche perché, alla fine, facevano sempre come prevedeva. Spesso riusciva anche a manipolarli affinché facessero quel che voleva.
Se chiamavano lui mostro poiché diverso, allora lui li avrebbe chiamati allo stesso modo, nonostante per lui non abbia alcun senso un ragionamento simile. Se chiamassimo mostro chiunque sia anche solo un po' diverso da noi, allora anche cani, gatti, leoni, lupi, scarafaggi... tutti sarebbero dei mostri. Anche gli stessi umani.
Satori proprio non li capisce.
Blaterano tutti tanto di diversità, di rispettare chiunque con ogni suo pregio e difetto, e poi ci appena lo vedono passare attraverso i corridoi della scuola o in mezzo alla strada...
È strano, lo vedi? Quello lì è mezzo matto, te lo dico io. Un giorno ucciderà qualcuno, lo vedremo sui giornali.
Non che non ci stia male. Spesso e volentieri si sente implodere e si chiude da qualche parte, in bagno o in camera sua o non so, e si conficca le unghie nei palmi, nelle braccia, nei polsi. Si graffia, si lacera, si taglia e si trattiene dall'urlare mordendosi guance e labbra fino a sentire il sapore del sangue in bocca, eppure non ferma, e neanche ci prova, le lacrime che gli scavano le guance. Forse è un metodo un po' violento per affrontare il dolore, ma d'altronde lui è un mostro no? Prova sempre un certo piacere perverso nel vedere le sue braccia ricoperte di segni rossi e cicatrici bianche. Ma stupido non è. Non vuole attenzione o stronzate varie, non vuole che si venga a sapere. Infatti non usa lamette o simili, si fa graffi superficiali con le unghie o si ferisce con l'elastico che a volte usa durante gli allenamenti per tirarsi indietro i ciuffi ricoperti di sudore. Non vuole attenzioni: vuole solo... non lo sa in realtà. Non è una questione di "autopunirsi" o di "attirare attenzioni" o qualcosa di simile. Lo fa solo perché vuole. Come un tossico, che però si droga perché ne ha bisogno e non per moda. Qualcosa di simile. Ci ha messo ben poco a capirlo, ha una mente più fredda e analitica di quanto gli piaccia ammettere.
Anche lui però soffre, piange, sanguina e ama.
Sarà anche un mostro, ma ama con tutto il suo cuore, come nessuno ormai fa. Il suo amore è rivolto a tante cose: ai milkshake, alla pallavolo, a Ushijima...
Aveva presto scoperto che persino quel ragazzone pieno di muscoli sapeva essere romantico. A modo suo certo, ma Satori ama studiare le persone, e con Wakatoshi è sempre stato più facile. È sufficiente prestare molta attenzione ai dettagli, poi è facile notare quella ruga sulla fronte di quando è arrabbiato, come storca il naso se insoddisfatto da qualcosa, come gli si illumini lo sguardo quando lo vede. E lui adora immergersi tra le sue braccia, e pensare che quel ragazzo accompagnato da sospiri e sguardi d'invidia ad ogni suo passo sia segretamente suo e solo suo.
Sarà anche un mostro, ma alla fine il cuore di Wakatoshi Ushijima l'ha vinto lui.
E chi vince è nel giusto no? La storia lo insegna. Chi vince è normale, e i mostri sono gli altri.

Tendou si diverte a stuzzicarli, a provocarli: vuole vedere quanto sopportano prima di scacciarlo in malo modo. E anche allora, quando sbottano qualcosa esasperati da lui, ci fa una risata sopra. Si diverte a tirare la corda fino a spezzarla, a testare quanto sia resistente, per vedere quanto e quando si spezzerà. Solo per curiosità, solo per capire quanto sia la resistenza delle "persone normali", solo per aggiungere altri dati per la sua ricerca per capire chi sia il mostro tra i due: se lui o chi li circonda. Forse un po' sadica come cosa, ma tanto è un mostro no?
L'unico che mai, mai si è spezzato è Ushijima. Non importa quanto lo abbia fatto impazzire, quanto lo abbia provocato, deriso o schernito: era sempre, sempre, rimasto integro.
E così si era guadagnato da prima il suo rispetto, poi il suo affetto, e infine il suo amore. Questo perché Tendou aveva ormai capito una cosa: lui e Wakatoshi sono fatti della stessa pasta. Mostri o no, umani o meno, resta il fatto che siano uguali.
E Tendou ama così tanto stare stretto tra le sue braccia, baciarlo, amarlo: lì non ci sono né mostri né umani, solo loro due.

Sapete una cosa? Tendou è un fottuto ipocrita. Blatera tanto di mostri, umani, normalità e stranezza, di come siamo tutti mostri e tutti umani e tutti normali e tutti strani, ma poi usa la scusa dell'essere un mostro a suo vantaggio per fare come vuole.
Tutti sparlano di lui? Eh, che ci vuoi fare, tanto è un mostro, è normale. Si fa del male da solo e non riesce più a farne a meno? È un mostro, se lo merita. Non ha praticamente amici? Be', è un M O S T R O, chi vuoi che gli stia vicino?!
Tutto questo per dire che la storia del mostro è solo una favoletta che si racconta per non sentirsi in colpa, per zittire la sua coscienza che gli sussurra che forse qualche amico potrebbe farselo, che quell'elastico dovrebbe usarlo per legarsi i capelli e basta, che dovrebbe smentirle quelle voci e non aiutarle, che anche lui è umano e merita amore come chiunque. Non vuole ascoltare e zittisce quella vocina con 'sta stronzata dei mostri. Non vuole ammettere la verità, e cioé che lui vuole disperatamente delle attenzioni. E in fondo è anche normale, soprattutto durante l'adolescenza. Ma Satori vuole credere di essere speciale. E ciò lo rende ancora più normale.
Se n'è reso conto solo quando quelle attenzioni le ha effettivamente ricevute, un pomeriggio di primavera, al ritorno da scuola.
Cadevano i petali di ciliegio, lui e Wakatoshi stavano tornando da scuola, camminando fianco a fianco.
Una scena classica, da anime giapponese. E Tendou si era sentito esattamente come la ragazza di un anime quando Ushijima, arrossendo lievemente, così lievemente che Satori appena se ne accorse, allungò una mano verso la sua e gliela strinse, mentre il rosso ancora blaterava di un film visto alla tv la sera prima. A quel gesto il suo chiacchericcio si spense, per poi riprendere qualche attimo dopo, solo con un sorriso più ampio a illuminargli il viso scarno.
Tutto qui.
Un qualcosa di banale, ma Tendou si era sentito così bene. La sera, ripensandoci, aveva tratto una conclusione: voleva che lo facesse di nuovo. Voleva essere stretto, guardato, coccolato, baciato. Voleva le sue attenzioni.
Certo, aveva capito da un po' di essere cotto marcio di Ushiwaka, ma non aveva mai realizzato quanto volesse davvero le sue attenzioni.
E invece, quella sera, si addormentò sorridendo come un idiota, sognando un paio di enormi braccia intorno al suo corpo al posto delle coperte.
Quella sera dovette ammettere che era piacevole sentirsi come una sedicenne innamorata.
Il giorno dopo, in un angolino dietro la palestra, lontano da occhi indiscreti, Tendou aveva ricevuto il suo primo bacio, premuto contro il muro, con le mani sulle guance di Wakatoshi, ricoperte di una leggera barba che gli solleticava le dita lunghe. E si era sentito così bene, così bene che ne voleva ancora e ancora e ancora e...
E il coach a una certa li aveva beccati e, con uno sguardo che lasciava intendere tanto, li aveva intimati a non tardare per gli allenamenti e a pensare dopo a certe cose.
Durante gli allenamenti, Satori aveva la testa tra le nuvole, ripensava a quelle labbra morbide sulle sue, le sue braccia intorno alla sua vita e...
E si era beccato una meravigliosa pallonata in faccia. Grazie Goshiki, molto gentile. Molti gentili anche le sue scuse che, se non fosse intervenuto il coach, Tendou era piuttosto sicuro sarebbero durate anche ore.
Ushijima si era avvicinato e gli aveva subito chiesto come stesse, aiutandolo a rialzarsi. Allora il rosso aveva sorriso, il sorriso più luminiso che avesse mai fatto, con un non so che di malandrino, e aveva esclamato con tono giocoso e un po' cantato:
"Dovresti saperlo che ho la testa dura, Wakatoshi-kun!"

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Capitolo 7
*** Calore_Keiji Akaashi ***


C'è questo ragazzo sdraiato in panciolle sul letto, lo vedete? È in pigiama, pantaloni lunghi e grigi di una vecchia tuta e una t-shirt scura. Ha la schiena appoggiata allo schienale del letto e sta leggendo un piccolo libro, i piedi sono nudi ed esposti al venticello che entra dalla finestra aperta, così come le braccia e il viso del ragazzo. Fuori il cielo è limpido, c'è qualche nuvola bianca, ma sono poche e ben distanti l'una dall'altra, dalla sua posizione il ragazzo ne vede solo una, mezza nascosta dietro un palazzo.
Tutto questo farebbe pensare a una scena estiva, o una di quelle di inizio autunno, quando le foglie degli alberi ingialliscono e cominciano a cadere ma fa ancora abbastanza caldo da restare in t-shirt senza ammalarsi. Un momento del genere no?
Invece è pieno dicembre e fa un freddo porco. Davvero. Se qualcuno entrasse in quella stanza, probabilmente penserebbe di essere entrato in una cella frigorifera.
Invece Akaashi, perché sì il ragazzo è lui, ci sta benissimo. Addirittura ha quasi caldo.
Fuori il cielo è limpido, eppure il giorno prima ha piovuto incessantemente tutto il giorno, e il vento durante la notte ha, fortunatamente, portato tutte le nuvole alla larga, però c'è ancora umidità nell'aria.
Ha sempre la pelle fredda Akaashi, l'ha sempre avuta fin da bambino, anche in estate con quaranta gradi le sue mani erano dei veri e propri ghiaccioli. Anche nel suo comportamento, nel suo modo di ragionare, Akaashi è così freddo che se fosse biondo si potrebbe pensare sia il figlio illegittimo di Elsa, quella di Frozen.
Forse è per questo che, dovunque si trovi, si sente sempre circondato da così tanto calore.
Per chi vive a -50° anche avere 10° sopra lo zero vuol dire avere caldo no?
Probabilmente è per questo che riesce a sopportare Bokuto. Quel ragazzone emana un calore così forte che gli fa quasi male, ma ne è anche dipendente. Lo riscalda dall'interno, fin nel midollo, e quel calore arriva quasi fino al suo sorriso. Quasi. Sorride quando è con lui, un sorriso abbastanza freddo in realtà ma un sorriso è.
Akaashi ora ha un leggero freddo ai piedi, ma gli piace il freddo, è piacevole, lo tiene concentrato e sveglio. Ma gli piace anche il calore, soprattutto quello che sente quando è con Bokuto-san, che è lo stesso calore che sogna durante la notte, stretto tra le lenzuola, immaginando che le coperte siano le braccia del suo ace.

Avete mai studiato Pascoli? Mai sentito l'espressione "l'estate, fredda, dei morti"? È riferito a quel periodo, intorno a novembre, dove l'aria è fresca, cristallina, il sole è splendente, tanto che sembra appunto estate. Ma in realtà è novembre e fa un freddo cane. 
Ecco. Akaashi è così, ma al contrario. È uno di quei temporali estivi, quando vedi da fuori che piove, o ci sono dei nuvoloni enormi carichi d'acqua pronti ad aprirsi e inzupparti fin nelle mutande, allora ti prepari mentalmente a morire di freddo, ma poi esci e fa ancora caldo. Questo è Akaashi. Basta avere abbastanza coraggio per uscire e sfidare la pioggia per scoprire che non è freddo come sembra. Ben pochi l'hanno fatto in realtà, ma un idiota abbastanza coraggioso, o stupido, da farlo c'è. Sì, parlo di Bokuto.
Avete presente quella sensazione di gelo che vi assale quando, dopo una bella doccia calda, spegnete l'acqua, aprite il box doccia e l'aria fredda vi avvolge come una coperta, facendovi sentire il ghiaccio in tutti i muscoli e fin nelle ossa? Ecco, ad alcuni, amanti del freddo o semplicemente masochisti, piace.
Bokuto la ama. Sente i muscoli risvegliarsi, il cuore riprendere il solito ritmo, l'aria fresca che gli dà una bella svegliata. Akaashi per lui è un po' questo. È una ventata di aria fresca che gli sfiora il viso, ma non con gentilezza, con un vero e proprio schiaffo termico, e a volte anche letterale, che lo riporta alla realtà. E lo ama per questo. Senza Akaashi sarebbe perso. Ma non stiamo parlando di lui, stiamo parlando di Akaashi.
Per lui Bokuto è come un energy drink, di quelli che ne bevi un sorso e ti senti tanta di quell'energia in corpo da poter correre per chilometri e sollevare le montagne. Solo che, invece che dargli energia (quella semmai gliela toglie, è sfiancante prendersi cura di lui), lo riempe di calore.
Quel ragazzone con i capelli improbabili e il sorriso contagioso lo travolge come un'onda e gli cambia totalmente l'umore. Spesso è irritante, certo. È un bambinone, infantile, cocciuto, che non vede o fa finta di non vedere quanto a volte sia d'intralcio alla squadra e quanto porti Akaashi sull'orlo dell'esaurimento.
Spesso Keiji è tentato di mandarlo a quel paese e urlargli in faccia quanto sia infantile e idiota e stupido e- oh, ma poi quello sorride e manda via tutti i suoi propositi a calci e pallonate e lo abbraccia forte ricordandogli perché lo ami tanto.
Keiji di solito le persone le evita, sì ci trascorre del tempo ed è anche abbastanza socievole, ma sempre con un certo distacco. Con Bokuto non gli era mai stato possibile. E allora, be', se non puoi batterli unisciti a loro, ed è così che Akaashi si era trovato a studiare per ben due anni, i due anni più caldi, piacevoli e sfiancanti della sua vita, quel ragazzo volubile come una tempesta, facendo anche una lista dei suoi pregi, difetti e comportamenti in campo. Era incredibile come i difetti fossero molti più dei pregi, tanto da portare Keiji a chiedersi perché si sia innamorato di quel casinista.
Ma quando lo bacia e lo stringe e lo solleva da terra, oh, lì Akaashi si sente su tutt'altro pianeta, e non è importante che prima fosse stato sul punto di urlargli addosso per la sua idiozia, e tutto gli ritorna in mente. Bokuto lo rende una sedicenne innamorata, e Keiji spera non si renda mai conto dell'effetto che ha su di lui, o non farà più vita. In quei momenti ringrazia il suo essere così freddo, che cela i suoi scleri interni e i suoi sentimenti da ragazzina.
E anche se Koutaro ha spesso i suoi momenti no, quando il panico prende il controllo su di lui, a Keiji non dispiace essere lui, per una volta, a riscaldare l'altro e a calmarlo. Un po' per uno non fa male a nessuno no?

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Capitolo 8
*** Silenzio_Ryunosuke Tanaka ***


Tanaka sente sempre tutto questo silenzio nella sua testa che lo assorda, lo paralizza, lo spaventa.
Non vuole scomparire, non vuole perdere sé stesso in mezzo alla massa, non vuole diventare un fantasma o, peggio ancora, una fotocopia, un prodotto della massa.
Vuole lasciare il segno, dovunque egli vada.
Vuole farsi notare.
Tanaka urla, urla sempre, perché il silenzio lo odia proprio, non lo sopporta, la sola idea di rimanerci gli fa accaponare la pelle e gli fa nascere immediatamente un urlo conficcato nei polmoni pronto ad uscire, che a stento trattiene e spesso neanche ci riesce.
Sa di non essere niente di eccezionale, di essere un ragazzo normale, di sicuro un genio non lo è, ma vuole essere notato.
Anche se in maniera negativa, anche se solo per un secondo con un'occhiata confusa e annoiata, vuole che il mondo sia consapevole che lui è lì, esiste, è vivo e si chiama Tanaka Ryunosuke.
Non vuole essere lodato, ammirato, studiato ovunque vada. Vuole solo che gli altri sappiano che esiste, che c'è. Vuole solo essere più di un fantasma in un mondo di case infestate.

In realtà, Tanaka ha uno strano rapporto con il silenzio. Normalmente lo odia, lo evita, lo scansa, lo considera il suo peggior nemico.
Però, quando arriva un momento no, ci si immerge a fondo e risale solo quando è pronto.
Come se il silenzio fosse un'enorme tazza di cioccolata calda, e lui ci si lasciasse affogare, si immergesse in quella sostanza calda e densa, risalendo una volta ristorato, ma evitandola per il resto del tempo per non ingrassare.
Lo odia perché gli ricorda ogni sua debolezza, ogni lacrima versata, ogni urlo che non è riuscito a lanciare.
Gli ricorda i suoi errori, i suoi difetti, tutti quei ricordi che aveva seppellito nel suo subconscio, perché Tanaka nel silenzio ci nasconde tutti i suoi demoni, li caccia lì dentro quando prendono il sopravvento, e per farlo ha bisogno proprio di stare in silenzio. Di tacere, chiudersi per qualche minuto, ora o giorno in quell'armatura di silenzio assordante per combattere. Come se il silenzio fosse una vecchia cantina, uno sgabuzzino ormai stracolmo, e ogni tanto Tanaka ci entrasse per aggiungere scatoloni e riordarli per lasciare abbastanza spazio da poter uscire. È un lavoro lungo e delicato, una scatola nel posto sbagliato e tutto gli cadrebbe addosso, ma necessario. Una volta finito, Ryu chiude quella cantina a chiave e la evita come la peste, almeno finché non ne ha bisogno di nuovo.

Tanaka, sebbene non sembri, è molto intelligente. Non quel tipo di intelligenza che non riesce a brillare a scuola, quella genialità creativa che tra i libri soffoca, quella genialità che è come una farfalla chiusa in gabbia. L'ho già detto, Tanaka Ryunosuke non è un genio. Lo sa, l'ha sempre saputo. La sua è proprio questo tipo di intelligenza: una consapevolezza, spesso crudele, delle proprie capacità. 
Lui sa cosa può e cosa non può fare. E questo, anche se lo spinge a dare il massimo, è anche una condanna.
Sa quali sono i suoi limiti e i traguardi a cui può ambire. E spesso questo lo deprime. Vedere amici e compagni, persone più dotate di lui, puntare alla cima, a livelli che non potrà mai neanche sognare, lo deprime e lo infiamma al tempo stesso. Ha sempre amato la competizione, e quella con sé stesso è sempre stata la più difficile.
Vuole superarsi, vuole migliorare, vuole crescere, ma sente sempre quella vocina nella sua testa che gli sussurra che non ha le capacità per farlo: non ha né talento né genio. Ha solo sé stesso, e ha il terrore che non sia sufficiente.
Forse per questo si è preso una bella sbandata per Kiyoko.
Shimizu è bellissima, è la più bella ragazza che Tanaka abbia mai visto, e sa perfettamente che ha ben poche chances di conquistarla.
E per questo ci continua a provare.
Certo, non sarà un genio o una gran bellezza, non è speciale o degno di nota. È solo Tanaka Ryunosuke.
E lui ha tutta l'intenzione di dimostrare di essere abbastanza.
Shimizu era un'opportunità per dimostrare il suo valore, per riuscire dove chiunque altro aveva fallito. 
Non che la vedesse solo come un obbiettivo, assolutamente. Crescere con una sorella come Saeko, che andava a ogni manifestazione possibile a sostenere la parità dei sessi e fin da piccolo l'aveva sempre portato con sé, gli aveva instillato un rispetto verso la donna non indifferente. Per lui Shimizu non era un oggetto, un traguardo, per lui era una specie di divinità, e lui, un semplice ragazzo, era determinato a raggiungere l'Olimpo e sfiorare il sole, come Icaro. 
Secondo la sua versione del mito, Icaro era caduto perché non se si era fatto da solo le sue ali. Uno deve impegnarsi, solo con le sue forze può raggiungere il sole e non cadere. Direi che questo riassume bene la sua visione della vita.

C'è una cosa che però in pochi sanno.
Tanaka è consapevole di essere bisessuale. Lo capisce in prima superiore, quando Ennoshita abbandona il club e un dolore fantasma gli attanaglia silenziosamente il petto. Non è mai stato con le mani in mano, infatti insieme a Noya andarono ogni giorno a invogliare Chikara, e gli altri, ma soprattutto Chikara, e tornare al club. E, quando Tanaka lo rivide in palestra, gli saltò addosso e lo baciò.
Il resto della squadra, ovviamente, lo vide, ma non commentarono. Solo qualche schiamazzo da parte Noya, zittito subito dal capitano della squadra. Una volta tanto, Tanaka, rosso come un pomodoro, apprezzò il silenzio.

Da quel giorno, cominciò il periodo più felice della vita di Tanaka. Dopo la conversazione più imbarazzante della sua vita, che era finita con il secondo bacio della sua vita, lui e Ennoshita avevano iniziato una relazione segreta, che si era aggiunta ai centinaia di scatoloni nel silenzio di Tanaka. Ma quello era uno scatolone speciale, l'unico che Tanaka non voleva tenere nascosto, ma era costretto a farlo.
In quel periodo, Tanaka scoprì un nuovo tipo di silenzio. Un silenzio fasullo, un "detto-non-detto" che gli dava sui nervi. Un silenzio molto simile alla menzogna. 
Tacere delle cose a Nishinoya e al resto del mondo era doloroso, ma ne valeva la pena per avere quel ragazzo tutto per sé.
Ennoshita è un ragazzo risoluto, a suo modo gentile, e lo ama con quelle attenzioni severe e quasi esagerate. Lo rimprovera, si occupa di lui in maniera quasi materna, ma a Ryu non dispiace. Lo sa, è il suo modo per dirgli "io a te ci tengo". Anche Tanaka lo ama, ma non può farlo a modo suo; deve farlo di nascosto, in silenzio, quando invece lui avrebbe voluto urlare il suo amore per le strade, palesarlo alla folla come la sua presenza, gridarlo al mondo e all'oggetto del suo amore. Avrebbe voluto, ma non poteva farlo. Erano due ragazzi, due maschi, Chikara aveva paura, e Tanaka non poteva dargli torto. Quindi si era limitato ad amarlo in silenzio, di nascosto.
Non che quest'aura di silenzio lo limitasse. L'amore di Ryunosuke era intenso, forte, appassionato ed energico quanto lui, e se a parole, o meglio a urla, non poteva mostrarlo, allora di sarebbe limitato a farlo con i gesti, e solo con quelli.
Così, per il resto dell'anno, Tanaka si chiuse in quel finto silenzio in nome di quel amore nuovo dolce come il peccato.
Dopo di che, Shimizu raggiunse il terzo e ultimo anno.

Quella era la sua ultima opportunità per superare sé stesso. Si era ripromesso che, un giorno, avrebbe conquistato Shimizu, e quello era l'ultimo anno per riuscirci, o almeno per provarci.
Ma Chikara...
Davanti a lui si poneva una scelta. 
Continuare la sua relazione silenziosa con Ennoshita, oppure buttarsi nel vuoto e sfidare sé stesso.
In realtà la risposta la sapeva già, ma gli era difficile applicarla.
Lui si voleva superare, ne aveva bisogno per vivere. Sebbene nel silenzio si nascondesse tutta quella dolcezza e quella passione che aveva provato con Chikara, in quello sgabuzzino stava soffocando. 
Doveva uscirne e doveva riprendere a sfidarsi, a superare ogni limite, altrimenti sarebbe rimasto al punto di partenza e sarebbe morto soffocato.
E quindi aveva preso coraggio, un pomeriggio di maggio, steso sulle gambe del suo ragazzo.
-Chikara io...

E così, cinque anni dopo quel pomeriggio, si era ritrovato a stringere la mano della donna che amava, portando due anelli gemelli al dito.
Aveva raggiunto il suo traguardo, si era superato. Ora aveva altri obbiettivi, altri traguardi.
Eppure ogni tanto ci torna ancora, nel suo sgabuzzino. Ci si rinchiude per il tempo necessario, per recuperare le forze e riposarci. 
E lì trova sempre un ragazzo pronto ad accoglierlo. Avevano una relazione clandestina da due anni e sì, entrambi si sentivano in colpa nei confronti delle proprie dolci metà, ma ne avevano bisogno, per riprendere fiato dalle loro vite caotiche e riposarsi.
E in fondo, a Tanaka bastava uscire e chiudere a chiave lo sgabuzzino per tornare alla sua vita di sempre.
E sì, non era giusto. Lo sapeva.
Era orribile da parte sua, e si sentiva tremendamente in colpa.
Ma non riusciva a farne a meno.

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Capitolo 9
*** Debole_Wakatoshi Ushijima ***


Ushijima Wakatoshi è forte.
È così muscoloso, e poi hai visto con che forza esegue le sue schiacciate? Imprendibili.
Certo, perfetto non è. Magari non è mai riuscito a vincere i nazionali, e al terzo anno si è fatto battere dal Karasuno, ma nessuno è invincibile no?
Ecco, magari, nonostante la sua aria da duro, ha un complesso di inferiorità enorme e dorme pochissimo perché passa le nottate a darsi della nullità- o in chiamata con Tendou, quando questo nota, nota sempre tutto Satori, come quel giorno sia stato giù di corda e allora, amorevole fidanzato e amico premuroso, quella notte finge un'insonnia improvvisa per stargli accanto, anche se solo attraverso il telefono. Wakatoshi sa che finge, sente gli sbadigli trattenuti e soffocati contro il cuscino fino alle quattro del mattino, ma non dice niente perché sa quanto Satori sia testardo come un mulo e lo ama, lo ama tantissimo e ama come cerchi sempre di stargli accanto, e odia come faccia di tutto per fingersi invincibile.
Anche se alla fine è la stessa cosa che fa lui ogni giorno, solo che almeno con il suo ragazzo non finge, anche perché non potrebbe mai farcela.
Tendou è molto più forte di lui, la sua maschera se la tiene addosso sempre, Ushijima non ce la farebbe mai.
Perché in fondo Ushijima Wakatoshi è debole.
È solo un debole.
Troppo debole per vincere, troppo debole per essere il migliore, troppo debole per impedire ai suoi genitori di divorziare, troppo debole per impedire all'amore della sua vita, perché sì Tendou lo è e Wakatoshi non esiterebbe a riempire di pugni chiunque ne possa dubitare, di distruggersi con le sue stesse mani.
Troppo debole per diventare uno degli eroi che da bambino amava guardare alla TV, troppo debole per rendere orgogliose le persone che ama e per proteggere loro e il mondo dal Male.
Anche se in fondo a lui non interessa salvare il mondo. Quel mondo che gli eroi salvavano è lo stesso che continua a sbattergli in faccia che, nonostante quanto si impegni, quanto si alleni, quanto stringa forte Satori quelle rarissime volte in cui crolla, non vincerà mai. Stesso discorso per la sua famiglia, suo padre allontanato, sua madre assente e i suoi nonni così esigenti da soffocarlo.
In fin dei conti, l'unico di cui gli interessi davvero è Tendou.
Per questo non poterlo salvare lo uccide così tanto. Ma per quanto si sforzi, per quanto ci provi, quello gli sbatte la porta in faccia ogni volta che prova ad aiutarlo. E Wakatoshi continua a rimuginarci sopra, a provarci, a cercare di capire come fare, ma come si salva qualcuno che non vuole essere salvato?
Continua a pensarci e a chiederselo e a pensarci continuamente, ogni giorno, ogni volta che vede Tendou sul punto di crollare, ogni volta che vede come si tiri giù le maniche per coprirsi i polsi.
Ad un certo punto, esasperato, si è detto che chiederlo al diretto interessato forse lo avrebbe aiutato a capirci qualcosa.
Satori sa perfettamente che Ushijima sa, e Ushijima sa che lui sa. Glielo ha anche detto, lo ha stretto forte quando ne ha avuto bisogno, lo ha baciato e lo ha confortato come è riuscito a fare, ma a quanto pare non è stato abbastanza forte da aiutarlo.
E così glielo chiede, semplicemente, un pomeriggio afoso di agosto, sdraiati l'uno affianco all'altro nell'ampio letto di Ushijima, a godersi l'aria del ventilatore. Glielo chiede, così, improvvisamente, perché per una volta vuole zittire quella vocina che gli ripete quanto sia debole e dimostrare a sé stesso di essere abbastanza forte. Lo vuole fare per lui, per il suo amore magrolino e con i capelli impiastricciati di gel, perché la sola idea di vederlo soffrire gli distrugge il cuore e gli prende a calci l'anima, lo riduce a uno straccio.
E così glielo chiede, nel silenzio assoluto. Okay no, sono a Tokyo figurati se c'è silenzio, si sentono i rumori delle macchine e gli altri suoni della città, inoltre c'era il ronzio del ventilatore che stava impedendo loro di sciogliersi come ghiaccioli al sole.
Ma comunque sì, glielo chiede in un relativo silenzio, e Satori per un po' rimane in silenzio.
Poi, nonostante ci siano qualcosa come trenta gradi e siano entrambi sudati marci dopo tre ore di allenamento intensivo, inutile dire che si erano subito fiondati a casa del moro per appiccicarsi al ventilatore come mosche alla carta moschicida, il rosso lo abbraccia.
Aspettate no, così è riduttivo.
Non è un semplice abbraccio. Tendou in questo momento sembra un koala. Sono sdraiati sulla pancia, con la faccia rivolta verso il ventilatore e i gomiti appoggiati per sollevare leggermente il busto. Ecco, Satori si infila in quella fessura tra i gomiti di Wakatoshi, inutile dire che ci sta benissimo, inoltre, capendo le sue intenzioni, Wakatoshi si è anche sollevato per agevolarlo, e finisce sotto di lui. Poi avvolge le braccia intorno al collo e le gambe intorno al suo bacino. Pensandoci potrebbe sembrare una posizione porno, se non fosse che il rosso ha la faccia premuta contro il petto dell'altro, ed è scoppiato a piangere, stringendolo con forza, il corpo scosso da tremiti incontrollati.
E Ushijima rotola sulla schiena, sollevando Tendou-pesopiuma-Satori nel processo, stando ben attento a non schiacciarlo, ritrovandosi a stringere il rosso, che è sdraiato su di lui, e ad accarezzargli i capelli. Penso si sia capita la posizione, non so come spiegarmi, capitemi, sono raffreddata, non ho la forza di spiegarmi decentemente.
Non sa quanto questo sfogo gli sia effettivamente utile, e lo è stato, nonostante il moro non ne sia consapevole, ma spera che lo sia, e in qualche modo, quel giorno, Ushijima Wakatoshi si sente un eroe.

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Capitolo 10
*** Dolce_Haijime Iwaizumi ***


Che voi ci crediate o meno, Iwaizumi è incredibilmente dolce.
Oikawa sa che, se lo dicesse ad alta voce a qualcuno, lo prenderebbe per pazzo. Anche il diretto interessato probabilmente lo farebbe, magari tirandogli anche un ceffone o una pallonata da qualche parte.
Questo perché la dolcezza dell'asso del Seijo è una dolcezza nascosta, fugace, fatta di piccole attenzioni e brevi attimi che urlano "ti amo" più di qualsiasi parola. È fatta di carezze distratte tra i capelli, di abbracci nel sonno, di baci distratti. Haijime è una specie di madre, o meglio, alcuni suoi comportamenti sono molto materni, come il rimproverarlo per non aver messo la sciarpa prima di uscire di casa o essere il primo a correre da lui a controllare come stia quando si fa male.
Tooru ricorda ancora quanta dolcezza ci avesse messo l'altro la prima volta che fecero l'amore, con quanta cura si fosse assicurato continuamente che non sentisse male, che stesse bene, quanto fosse stato delicato, tanto che a un certo punto di castano era stato costretto a dirgli di darsi una mossa perché si stava addormentando, beccandosi uno schiaffo bello forte sulla coscia nuda.
A quella timida delicatezza era stata poi, col tempo, sostituita una passione così irruenta da togliergli il fiato, anche da parte propria, ma comunque Iwaizumi continua tutt'ora con le sue coccole celate, e a Oikawa non dispiace per niente.
Continua ancora con quelle carezze, quegli abbracci, quei baci, quelle tenerezze così naturali e quelle attenzioni così spontanee da essere spesso soffocate dal lato rude di Iwa-chan che prende quasi sempre il sopravvento, e per questo sono così preziose.
Oikawa sa che l'altro si butterebbe nel fuoco per lui, si ucciderebbe pur di non vivere senza di lui.
Cosa che Tooru non farebbe mai.
Non perché non lo ami, anzi.
Perché non è così egoista da costringere l'altro a convivere con i sensi di colpa per il resto della vita. Sa che lo ucciderebbero, che gli farebbero perdere notti insonni a piangere, lo tormenterebbero insieme al dolore fino a prendersi la sua sanità mentale, oltre che ogni gioia e umanità.
Iwaizumi invece lo è, forse per la sua insicurezza nascosta, forse al dubbio costante che Tooru lo ami meno di quanto faccia lui, o che addirittura non lo ami proprio, forse perché non riuscirebbe mai a immaginare neanche un giorno della sua vita senza quel rompiscatole egocentrico, forse per il suo non-tanto-represso istinto materno, sta di fatto che si farebbe uccidere pur di proteggerlo; preferisce scaricare tutti i sensi di colpa addosso all'altro piuttosto che sopportarli per conto suo, preferisce il dolore fisico a quello mentale: preferisce soffrire e restare lucido piuttosto che impazzire dal dolore.
Come biasimarlo, lo faremmo praticamente tutti.
Sapete, Haijime ha quel tipico atteggiamento che Oikawa non sopporta, quello di chi aiuta sempre tutti e non vuole mai essere aiutato. Un po' come Yamaguchi, anche se per motivi diversi. Mentre Tadashi vuole sempre essere messo alla prova e affrontare da solo le proprie avversità, Haijime non vuole disturbare, infastidire chi gli sta intorno, attirare attenzione su di sé, ammettere di essere debole: vuole farcela da sola per non aggiungere peso sulle spalle altrui, anche e soprattutto quando non ce la fa o la situazione è troppo grande per una persona sola.
Uno cresciuto con un rompicoglioni come Oikawa sempre attaccato al culo impara a lasciare stare gli altri; si era giustificato così quando il castano gli aveva chiesto perché non si facesse mai aiutare.
Erano a casa di Oikawa, sdraiati sul letto, o meglio, Oikawa era sdraiato con la testa in grembro al suo ragazzo, che leggeva un libro accarezzandogli distrattamente i capelli; avevano appena cenato e si erano rintanati in camera del castano per sfuggire alle domande imbarazzanti dei genitori del padrone di casa, che da quando avevano scoperto della loro relazione non perdevano occasione di tormentarli.
-Iwa-chan- lo chiamò con tono lamentoso.
-che vuoi?
-perché non ti fai mai aiutare?- fece finalmente la domanda che lo tormentava da un po', da quando Iwaizumi si era preso una bella febbre qualche settimana prima e non aveva lasciato che gli si avvicinasse per aiutarlo come l'amorevole fidanzato che era (pff), con il tono di un bambino che chiede alla mamma perché non possa mangiare un'altra fetta di torta.
Allora Haijime gli aveva detto quella frase, e sotto tutta la sua copertura da rude, Tooru aveva colto il vero significato di quella frase.
-ma tu non mi dai fastidio- si era tirato su e lo aveva baciato -io ti voglio aiutare.
Iwaizumi era rimasto in silenzio, poi aveva fatto un piccolo sorriso e lo aveva baciato di nuovo, zittendo ogni sua protesta o ulteriore domanda.
Ancora, Oikawa poteva aggiungere decine e decine di altri momenti in cui l'altro si fosse dimostrato dolce, attento o disponibile.
Un esempio palese era stato il loro primo anniversario. Aaaah, quello non lo scorderà mai.
Aveva fatto finta di niente, limitandosi a dargli qualche bacio la mattina, niente di più. Si erano separati per le lezioni, ma quando Oikawa si era ritirato negli spogliatoi a cambiarsi per gli allenamenti, aprendo la borsa ci aveva trovato, in mezzo ai suoi vestiti, una lettera, scritta nella calligrafia tutta linee dritte e lettere ben scandite.
Leggendo quella lettera era persino scoppiato in lacrime, e non appena aveva rivisto il suo ragazzo gli era saltato addosso e lo aveva baciato senza neanche pensarci.
Non vi scrivo la lettera per intero per dare ai due piccioncini un po' di privacy, ma in soldoni c'era scritto che lo amava, lo ringraziava di sopportare il suo carattere "orribile, anche se pure io a sopportarti ne ho di pazienza"; aggiungeva che quell'anno insieme era stato ancor più che meraviglioso, che insieme erano la cosa più "stupefacente, assurda e incredibile che il mondo potesse creare", che, nonostante fosse "un damerino insopportabile che se la tira e si comporta da bambino", sperava di passare il resto della vita al suo fianco, se Oikawa l'avesse voluto, e, dopo altre cose sdolcinate e piene di insulti, concludeva con un "ti amo, anche se e soprattutto perché sei un idiota almeno quanto me" e, insieme alla lettera, nella busta Tooru trovò un anello sottile, infilato in una busta perché "poi mentre giochi a pallavolo rischi di perderlo o rovinarlo e ti farei fuori con le mie mani" e poi "così è vicino al cuore".
Oikawa non si è mai sfilato l'anello dal collo, se non quando costretto per fare il bagno. Lo tiene lì, vicino al cuore, come monito che l'altro, per quanto litigassero, si insultassero e si urlassero addosso, lo amava comunque e grazie al suo modo rude e indiretto di dimostrarglielo, Tooru non potrebbe amarlo più di così.
Haijime è dolce, ragazzi. Ha solo il suo modo di dimostrarlo. È come uno di quei dolcetti, duri all'esterno ma ripieni di crema all'interno.

Inutile dire che, dopo aver sentito questo paragone, il dolce e amorevole Iwaizumi ha tirato una botta al suo altrettanto amorevole ragazzo così forte da lasciargli il livido per qualche giorno.

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Capitolo 11
*** Sfigato_Tetsurou Kuroo ***


Sì, ho chiamato un capitolo su Kuroo "sfigato".
E no, non nel senso di sfortunato.
Con "sfigato" intendo nerd, asociale, e sì so che Kuroo sembra esattamente il contrario, ma questa in fondo è una storia di ossimori no?
Kuroo è un nerd, uno di quelli che fanno battute su scienza e matematica che nessuno capisce, uno di quelli che si è imparato tutta la tavola periodica per divertimento, che va in brodo di giuggiole per la scoperta di un nuovo tipo di batterio in Arizona.
Ma poi, pensate davvero che la compagnia di Kozume non lo abbia portato al lato oscuro? Sì, mi riferisco ai videogiochi. Sebbene da bambino si fosse limitato a guardare, dopo un po' di tempo si era unito a lui, e ormai Kenma si è rassegnato, come se gli dispiacesse poi, a tenere un joystick solo per lui.
Nonostante anni e anni di pratica, ancora oggi Tetsurou continua a perdere. Kenma sembra quasi godere nel batterlo, è una sorta di ripicca per tutte le cose in cui Kuroo è, o Kozume pensa sia, migliore di lui. Kuroo lo sa benissimo, figuriamoci, e forse un po' si fa battere a posta. O più probabilmente se la racconta così ed è semplicemente una schiappa ai videogiochi.
E nonostante sia il capitano della squadra di pallavolo, nonostante abbia quell'aria da cattivo ragazzo che fa impazzire gli ormonì di gran parte delle ragazzine della sua scuola, continua ad aver il suo animo nerd e romantico, e probabilmente non lo perderà mai.
Il suo romanticismo si sfoga con Kenma che, povero micetto scontroso, è costretto a subire tutti i suoi abbracci da koala, tutti i suoi dolci baci sulle guance, sulla fronte, sul collo, sulle clavicole, sulle labbra e su qualsiasi punto della sua pelle nuda Kuroo riesca a raggiungere, tutte le sue coccole e attenzioni che gli scaldano quel cuore da micio asociale e, apparentemente, apatico che si ritrova.
E Kuroo sa che in fondo quelle coccole le ama. Lo conosce benissimo Kenma, e non ci vuole certo un genio a notare come, quando è distratto da qualche videogioco o è sull'orlo del sonno, Kenma venga incontro alle sue mani, si rifugi tra le sue braccia, si sporga verso la sua bocca, come un gattino in cerca di coccole, tanto che Tetsurou spesso quasi si aspetta di sentirgli fare le fusa.
Ma comunque, nonostante molti lo vedano come un latin lover che scopa almeno cinque volte al giorno (sì, aveva davvero sentito alcune primine definirlo così tra i corridoi), in realtà è più simile a un micione coccoloso.
La relazione tra Kuroo e Kenma è un segreto. Non perché non si fidino dei loro compagni di squadra o dei loro amici, semplicemente vogliono che rimanga un segreto ancora per un po'. È bella quell'aria di proibito, rende ogni secondo con la tua dolce metà unico e speciale. Sapete no, quell'aria di superiorità che ti senti quando sai un segreto, come quando senti parlare dei tuoi amici di un personaggio di una serie tv e tu sai già che morirà malissimo. E poi in Giappone non è che siano proprio avantissimo riguardo alla comunità lgbt+, quindi meglio evitare problemi. Certo, la cosa ha portato a diverse situazioni imbarazzanti in cui qualche ragazza di turno ci prova con Kuroo, ma quello è così perdutamente perso per Kenma che non vede nessun altro, e il micetto lo sa e fa finta di niente.
Ah sì, perché Kuroo ama Kenma. 
Il biondo è il suo piccolo tesoro. Kuroo ha sempre la sensazione che tutti capiscano tutto prima e meglio di lui, ma Kenma... Kenma è l'unica cosa che lui comprende, mentre il resto del mondo no.
Morirebbe per lui, desidera passare il resto della vita con lui e, se fosse sicuro che l'altro lo voglia, lo lascerebbe andare.
Lo conosce, sa come capirlo, sa benissimo quando lasciarlo da solo e quando stargli vicino.
Può sembrare noiosa una relazione con qualcuno di cui puoi prevedere ogni singola azione, e forse lo è, ma non è questo il caso. In qualche modo che ancora non ha compreso, Kenma riesce sempre a stupirlo, a cambiare le carte in tavola, che sia con una nuova passione assolutamente impensabile, per esempio i suoi due mesi di passione per il violino, o con un ti amo detto all'improvviso, o con qualche piccolo dettaglio cambiato, aggiunto o rimosso dal suo look, in qualche modo, con piccole o grandi cose, Kenma cambia ogni giorno, in maniera sempre sorprendente.
È come se in un'equazione perfetta ci fosse una variabile impazzita che cambia ogni volta valore, magari di poco, sballando però totalmente i conti.
Ma se con un'equazione cercherebbe di venirne a capo, con il suo ragazzo neanche ci prova: sa che non si abituerà mai e nemmeno vuole farlo.
Ovviamente non è tutto rose e fiori, anzi. I litigi ci sono, piccoli battibecchi che risolvono relativamente in fretta o grandi litigate che durano anche giorni o settimane.
Certo, Tetsurou lo ama, ma non per questo si fa mettere i piedi in testa. Non è un sottone. Ha le sue libertà, i suoi amici, il suo bro, non è un cagnolino.
La loro sembra la relazione perfetta, vero? Be', non lo è. Prima ho accennato ai loro litigi. Sono più furiosi di quanto abbia fatto intuire. 
Il fatto che si conoscano così bene è un'arma a doppio taglio.
Sì, sanno come aiutarsi, cosa l'altro voglia, di cosa abbia bisogno, ma sanno pentrambi le insicuresse e i punti deboli dell'altro: in un litigio, entrambi sanno colpire dove fa più male. Già, bella merda eh?
Alla fine riescono più o meno a fare pace, ma le ferite restano, anche se cercano di curarle con qualche bacio.
Ma Kuroo non è mica solo il ragazzo di Kenma. No, è tanto altro. Per esempio è il bro di Bokuto, come dimenticare le loro cretinate?
Ecco, Kuroo è un ragazzo molto responsabile, lo è sempre stato, fin da bambino. È sveglio, spesso non lo sembra ma lo è, è proprio grazie a questo che è riuscito a farsi una carriera niente male. Insomma, uno che a undici anni riesce già a risolvere senza problemi un'equazione di secondo grado non è mica un idiota. Però è stancante essere responsabili, sapete? Preoccuparsi di tutto, stare attenti agli altri...
Lo invidia, Bokuto. Non ha tante preoccupazioni, si limita a godersi la vita, mentre lui, per quanto ci provi, non riuscirebbe mai a vivere come lui. Per questo sono così amici: quando sono insieme, Kuroo riesce a spegnere per un po' il cervello e a fare l'idiota con lui. Kenma e Akaashi si mostrano sempre un po' scocciati, della serie "perché sto con un ragazzo così idiota?", ma in realtà il biondino sa benissimo quanto Tetsurou abbia bisogno di quelle visite per rilassarsi, per non pensare più all'università, al futuro, alla squadra, a come se la caveranno senza di lui l'anno successivo, al riscaldamento globale, alla condizione dei cetrioli di mare, alla verifica di fine trimestre, agli esami finali, a...
Sì, insomma. Alle solite preoccupazioni di Kuroo Tetsurou.
Kuroo vuole bene a Bokuto, davvero. Solo come amico eh, non ha la pazienza di Akaashi. E poi Koutarou è così innamorato del suo ragazzo che non avrebbe la minima speranza, e non potrebbe mai sostituire il suo Kenmino, neanche con tutti i Bokuto del mondo.
Essere senza pensieri, poi, è bello sì, ma troppo gli farebbe male. Non è nel suo stile. Per un po' okay, ma poi basta. Un po' di hakuna matata sì, ma avrebbe lasciato il lemming e il facocero dopo due giorni, altro che Simba.
Kuroo da piccolo era persino più timido di Kenma, sapete? No, non me lo sto inventando. Kenma era molto più tranquillo, se ne fregava degli altri e fine, invece Kuroo andava nel panico più totale. Quando si trasferì da piccolo dopo il divorzio dei suoi, Kenma fu il suo primo e unico amico per molto tempo. Poi fece amicizia con altri ragazzi della sua classe, e da lì conoscere altra gente divenne sempre più semplice. Quando si trasferì al liceo Nekoma, i suoi primi veri amici furono i suoi compagni di squadra. Inizialmente lui e Yaku si odiavano, ma è così che cominciano le migliori amicizie, si sa. Lasciare la sua squadra per sempre fu una delle cose più difficili della sua vita, ma in qualche modo ce la fece. Il suo animo nerd gli servì nella vita, perché si laureò in fretta e trovò un lavoro niente male. E poteva mettersi lo smoking, che piaceva particolarmente al suo compagno, senza sembrare un idiota.
Spesso per lavoro doveva viaggiare, cosa che lo portava lontano dall'amore della sua vita. Sempre Kenma, che vi credete? Vivevano insieme da qualche anno. Kenma, invece, viaggiava di rado, solo per qualche convention di videogiochi, del resto il suo lavoro di Youtuber non è che richiedesse chissà quanti spostamenti.
Ma in fondo, sotto la camicia bianca e i capelli scombinati, nonostante il passare degli anni, i soldi in più e il lavoro, nonostante le nuove conoscenze e il ritrovo di quelle vecchie, Kuroo rimarrà sempre un nerd che fa battute su scienza e matematica che nessuno capisce, che si è imparato tutta la tavola periodica per divertimento, che va in brodo di giuggiole per la scoperta di un nuovo batterio in Arizona, che fa l'idiota con il suo bro e che è schifosamente innamorato del suo migliore amico di sempre.

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