Que sera, sera

di lunatica91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** * Prologo ***
Capitolo 2: *** * Giorno 0 ***
Capitolo 3: *** * Giorno 1 ***
Capitolo 4: *** * Giorno 2 ***



Capitolo 1
*** * Prologo ***


 

Salve a tutti! Per questa storia devo fare una piccola premessa: parlerà di un'esperienza su un LARP (Live Action Role Playing), in italiano, Gioco di Ruolo dal Vivo. Quello che voglio raccontare, però, non tratterà della trama del gioco ma dell'esperienza che ha vissuto la protagonista nel giocarlo: i timori e le paure iniziali, il confronto con altri giocatori, il gestire conflitti immaginari, in poche parole l'immedesimarsi in questo mondo a tratti magico e a tratti assurdo.

Spero possa piacere come idea, fate sapere! E buona lettura!

 





Prologo




-Dov'è che vuoi andare te?-

Lo sguardo sgomento e divertito del mio ragazzo mi lascia interdetta e un po' accigliata.

-Ad un larp.-

-Sì, ok, ma dove hai detto che si svolge questo larp?-

-In un bunker.-

Il tono e lo sguardo sono talmente divertiti che le labbra fremono nel tentativo di non ridere e la cosa inizia a darmi fastidio.

-In un vero bunker antiatomico!- esclamo stizzita -Capisci quanto è figo? Sarà tutto organizzato e allestito per tre giorni! Dormiremo e mangeremo lì, in un vero bunker della seconda guerra mondiale!-

Il mio ragazzo alza le mani in segno di resa, ma noto ancora l'ombra di un sorriso aleggiare spavalda sul suo volto.

-Non dico che non sia figo, ma ammetti che per essere la tua prima esperienza con i larp, te ne sei scelto uno parecchio pesante.-

Sospiro. Su questo devo dargli ragione: effettivamente andare fino a Roma per un larp di tre giorni chiusa in un bunker antiatomico, be'... non sarà una passeggiata.

-È vero- ammetto -ma era da un po' che ci stavo pensando e quando Andre e Gio mi hanno chiesto di andare...-

Il mio ragazzo ridacchia: -Ti hanno “chiesto di andare” non è proprio la scena esatta. È stato più un “Noi andiamo a questo larp.” “Davvero? Posso venire?” “Sì.” “Ok!”-

Gonfio le guance mentre lui continua a fissarmi divertito.

-Non sei divertente...- borbotto imbarazzata.

Sento le sue braccia avvolgermi teneramente.

-Dai, lo sai che scherzo. Sembra davvero molto bello e spero che ti diverta.-

-Vorresti venire anche tu?-

Le sue braccia si sciolgono in un lampo.

-Assolutamente no! Ma ti chiamerò ogni giorno per sapere se sei ancora viva.-

Per quanto i suoi riflessi certe volte fossero fulminei, questa volta non riuscì ad evitarsi una cuscinata in faccia.

 



Andre mi piazza davanti alla faccia una pila di fogli alquanto sostanziosa.

-Ehm... e questi cosa dovrebbero essere?-

-Il regolamento del larp.-

Aiuto.

-Che cosa?!-

Il suono acuto e gracchiante della mia voce mi allarma mentre Andre se la ride tranquillamente sotto i baffi.

-Be' Debbi, ogni larp ha delle regole e una trama, altrimenti come faresti a giocare? Questo poi è auto conclusivo, quindi devi anche scegliere il personaggio prefatto.-

-Sì, d'accordo, ma devo leggermi tutta questa roba?-

La mano sulla mia spalla dovrebbe essere rassicurante, ma io la trovo un macigno sadico.

-Assolutamente sì.-

In realtà non fu così tragica. La lettura scorse tranquilla e a tratti riuscì persino ad emozionarmi. Non sono mai stata attratta dalle trame postapocalittiche: l'ansia di un futuro distopico e drammatico non mi ha mai invogliata a scoprire la fine di film e libri sui generis, anche perché tanto alla fine muoiono sempre tutti.

Ma questa trama era diversa. Trattava di un futuro alternativo, dove la Guerra Fredda non era rimasta tale e il mondo era stato brutalmente bombardato. Alcuni umani erano sopravvissuti grazie ad uno dei bunker costruiti per l'evenienza e, nonostante le difficoltà, quella piccola popolazione era riuscita a sopravvivere cent'anni all'interno di quei tunnel, senza però mai vedere la luce del sole, o l'aria sulla pelle, o l'acqua del mare e, soprattutto, con una solida mentalità e costumi anni '50. Quindi, in poche parole, sarebbe stato vivere in una realtà alternativa più che distopica. Il compromesso mi andava bene.

Il problema ora era un altro: che personaggi erano rimasti? Purtroppo avevo scoperto troppo tardi dell'esistenza di questo larp e quindi non erano rimaste che poche briciole. Se solo l'organizzatore mi avesse risposto...

Ricontrollai meticolosamente i messaggi e, proprio come se l'avessi evocato, ecco arrivare la vibrante risposta. La scelta ricadeva su due personaggi: Dirac o “quella che porta i pantaloni”, donna piuttosto emancipata per l'atmosfera, scienziata e lavoratrice ma con problemi coniugali, e Valentino, “lo spazzino dal cuore ardente”. Non ci misi molto a scegliere.

-Allora, Debbi, hai deciso chi sarai nel Bunker?- chiese Andre avvicinandosi all'improvviso.

Assentii sicura e decisa, pronta a buttarmi in quell'assurda avventura.

-Certo! Sarò Dirac, “quella che porta i pantaloni”.-

-Forte! E che storia ha?-

Lessi velocemente il foglio con le annotazioni.

-È una scienziata molto risoluta e caparbia, ma ha problemi coniugali.-

-Oh, interessante! Quindi sei sposata?-

-Sì, ma c'è scritto che la licenza di nascita non è sfruttata... che cosa vuol dire?-

Andre fece un sorriso sghembo.

-Che non avete procreato.-

Ridacchiai imbarazzata.

-Ecco perché stanno litigando, insomma...-

Anche Andre rise divertito e si congratulò per la scelta.

-Be', ora manca soltanto una cosa, Debbi.-

-Cosa?-

-Il costume anni '50!-

Allora, se sei uomo, più o meno dal milleottocento ad oggi il vestiario è pressoché uguale: camicia, pantaloni, giacca, scarpe di pelle. Punto. Se proprio vuoi strafare, indossi un panciotto.

Per le donne la storia è decisamente diversa. E il fatto che nella descrizione del mio personaggio ci fosse scritto che portasse i pantaloni, be', era solo un modo di dire purtroppo. Avrei dovuto trovare in meno di due settimane una camicia/maglioncino nero, una gonna lunga in stile e colore adatto, un sottogonna e delle scarpe con i tacchi. Per non parlare della festa da ballo che si sarebbe tenuta nel bel mezzo del larp dove, ovviamente, saresti dovuto arrivare elegantemente adeguata. Ah, e non dimentichiamo la cosa più importante: oltre al fatto di avere dei colori per suddividerci in categorie, e quindi trovare i vestiti sarebbe stato ancora più arduo, avrei dovuto sopravvivere ai tredici gradi costanti che aleggiavano nella struttura. Non so dire se partire in piena estate, con 40 gradi all'ombra, e piombare per tre giorni ad una temperatura quasi invernale mi facesse bene, ma accettai la sfida.

 



Nelle giornate che seguirono lessi più e più volte il mio personaggio. Lì per lì non avevo compreso appieno il fatto che avrei dovuto interagire con perfetti sconosciuti e viverci assieme per tre giorni. E se mi fossi bloccata perché troppo imbarazzata? E se fossi scoppiata per l'assurdità della situazione? Il mio personaggio, per di più, era anche sposato, quindi anche io ero in un qualche modo sposata e la cosa iniziò a destabilizzarmi. Come avrei reagito di fronte a questo tizio? E come avrebbe reagito lui? Come avremmo gestito i conflitti? Io volevo il conflitto?

Tutte queste domande vorticarono nella mia testa fino al giorno prima della partenza, incapaci di avere risposte. Non chiesi consiglio a qualcuno perché non c'era davvero qualcuno a cui chiedere: i miei amici li avrei incontrati di lì a poco e, per non rovinarci la sorpresa, non parlavamo granché dei nostri personaggi, preferendo rimanere sul vago. Non ne parlai nemmeno col mio ragazzo, come non gli dissi che il mio personaggio era sposato. Lo so, lo so, è sbagliato e lui non è nemmeno un tipo geloso, ma semplicemente non volevo dirglielo. Volevo tenere quell'esperienza per me, anche l'esperienza matrimoniale, soprattutto quella. In fondo, sapevo che una parte di me si rivedeva in quella donna, anzi, quasi la ammiravo. Sembrava davvero una donna con la testa sulle spalle, sicura e senza dubbi. Ma sapevo anche che era stata descritta come fragile e distrutta dai litigi col marito, sua ancora di salvezza. Quindi avevo iniziato ad immedesimarmi in lei, a farmi miei i suoi problemi e le sue paure, come anche le sua forza e grinta. E infondo, un po' dei suoi problemi erano anche i miei.

Dunque, già un po' Dirac e un po' Debbi, mi tenni per me ogni cosa, pronta ad alzare il sipario.

 

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Capitolo 2
*** * Giorno 0 ***


 
Salve a tutti! Eccomi con un nuovo capitolo.
La storia sarà di 5 capitoli totali, di cui il prossimo è già in cantiere, conto di finirlo in qualche giorno, massimo una settimana. Se avete domande circa i Larp o magari avete notato errori, fate sapere ^^
E con questo, buona lettura! :)

 

 
Giorno 0

 

Quando partimmo, un giovedì pomeriggio particolarmente afoso, eravamo tutti elettrizzati e carichi: Andre non faceva altro che gongolare e parlare dei problemi del suo personaggio, Earhart, vedovo distrutto e con un figlio a carico piuttosto ribelle; Gio mise su della musica a tutto volume, rigorosamente anni '50, per entrare nel mood; io, invece, mi ritrovai in balia di molteplici emozioni troppo difficili da classificare e tutte mischiate assieme: paura, euforia, felicità, ansia.

Nel complesso posso dire che eravamo felici e terrorizzati allo stesso tempo. Era una sensazione strana ma comunque piacevole e, capii subito, non sarebbe stata la prima volta che l'avrei provata.

-Ragazzi, faremo un giro un po' lungo perché passiamo a prendere un altro ragazzo che giocherà con noi.-

Guardai curiosamente Andre alla guida.

-E chi è?-

-Ah, non lo so. So solo che si chiama Tommaso e ci aspetta al casello.-

Io e Gio scoppiammo a ridere, pensando che in realtà il poveretto che sarebbe salito in macchina con noi sarebbe stato sicuramente messo a disagio dai tre tizi carichi e con la musica anni '50 a palla. In realtà non avevo bene inteso la definizione di larper, ossia, i giocatori di ruolo dal vivo: ebbene, sono tutti carichi e fissati allo stesso modo, soprattutto a poca distanza da un evento e il nostro ospite a sorpresa non fu differente. Tommaso, un ragazzo alto e magro dallo spiccatissimo accento emiliano, apprezzò tantissimo la musica a tema e, con non calanche, prese a parlare anche lui del larp imminente e mi diede alcuni consigli tecnici, visto il mio essere novellina. Nemmeno a dirlo, nel giro di mezz'ora sembravamo tutti amici di vecchia data, immersi in dialoghi assurdi, dove la realtà e la finzione si intrecciavano perfettamente.

-Ehi, Debbi! Ma alla fine l'hai contattato il tipo che fa tuo marito?-

-Ehm... no.- risposi tranquillamente.

Le espressioni attonite degli altri tre mi misero leggermente in allarme.

-Ma perché?- chiesi ingenuamente -È così importante?-

-Cioè, tu dovresti essere sposata ma non sai nemmeno chi sia tuo marito?-

-Pazza...-

Sentii l'ansia salire come un plotone d'esecuzione. Io avevo anche provato a cercare questo tizio sui social, anche perché sul sito del larp erano stati messi tutti i nomi delle persone partecipanti; solo che non avevo trovato proprio nulla. Nessun profilo, nessuna foto, niente. Quindi mi ero rassegnata all'idea di incontrare mio marito al larp, sperando di poterci parlare da sola per qualche momento prima dell'inizio dei giochi. Non credevo sarebbe stato così strano, ma le facce dei miei amici mi fecero salire parecchi dubbi al riguardo.

-Il mio personaggio, Owens, è fidanzato e ho già parlato con questa ragazza di come si evolverà il nostro rapporto.- precisò Tommaso.

-E io ho parlato con quello che interpreterà mio figlio.- si intromise Andre con tono saccente -È importante parlare prima di come si vuole interpretare il personaggio, così da non fare cose che possano dare fastidio all'altro.-

Gonfiai le guance, iniziando ad infastidirmi.

-Insomma! Voi avete avuto mesi per sentire sta gente, io mi sono iscritta due settimane fa ed è già tanto che sia riuscita a trovare posto. Mio marito se ne farà una ragione!-

Ovviamente tutti scoppiarono a ridere, e io capii di aver messo troppa enfasi in un dialogo che era, decisamente, fintamente esagerato.

-Ma prende sempre tutto così seriamente?- chiese Tommaso continuando a sghignazzare.

-Il più delle volte.-

-Allora sarà divertentissimo giocarci!-

 

 

-Ma sei sicuro che la strada sia questa?-

-Ah bo', il navigatore dice di andare di qua...-

-Una strada più inquietante non potevamo prenderla: niente luci, niente case...-

-Secondo me a domani non ci arriviamo.-

-Domani? Qua non arriviamo nemmeno in hotel!-

E invece l'edificio si stagliò tranquillo e solido di fronte a noi, come a ricordarci quanto fossero assurdi e paranoici i nostri discorsi.

Arrivati nella stanza ci accasciammo esausti sui letti, pensando con ansia e trepidazione al giorno seguente. Solo una notte ci separava da quella strana esperienza e ancora non riuscivo a capacitarmene: avevo davvero detto di sì ad una cosa del genere? Sarei veramente rimasta chiusa per tre giorni in un bunker antiatomico? Ero mentalmente stabile per aver scelto volontariamente di entrarci, ed aver anche pagato per farlo?

-Ehi, vi va di provarci i costumi di domani?-

La richiesta di Gio arrivò al momento giusto, segregando in un angolo della mente le mie consuete paranoie.

In un attimo aprii la valigia e iniziai a prepararmi: camicetta, maglione, collant, gonna, sottogonna, scarpe, … Il tempo di tirare fuori tutto e la mia compagnia maschile aveva quasi terminato di vestirsi.

-Accidenti al sottogonna...- brontolai mentre litigavo con l'indumento che continuava ostinatamente ad impigliarsi ovunque -Chi diamine ha inventato quest'aggeggio infernale?-

I ragazzi non risposero, impegnati nell'unica parte complicata del loro vestiario: il nodo alla cravatta. Facile la vita per loro, pensai mentre indossavo i collant, pregando in ogni modo che non si smagliassero.

Quando finalmente la gonna e il sottogonna smisero di litigare fra loro, mi guardai allo specchio, rimirando il risultato: la gonna bianca a pois blu era troppo lunga per i miei standard, ma perfetta per l'epoca; le scarpe, vecchio cimelio di mia madre, mi avrebbero distrutto i piedi dopo appena due ore, ne ero convinta; pregai che la camicetta ed il maglione mi avrebbero riscaldata adeguatamente, anche se non ne ero proprio convinta; infine il foulard e la fascia per capelli rendevano il costume tremendamente verosimile.

-Oh mio Dio! Ma sembro mia nonna!-

-Be', è quella l'idea, credo.- ridacchiò Andre dietro di me, ammirandosi nel suo completo grigio fumo.

-Gio, mi piace un sacco la tua camicia!- esclamai al mio amico mentre sfoggiava una camicia scura con disegni floreali -Qual è il tuo personaggio?-

-Chaplin, “lo spione fascinoso”.-

-Addirittura?- replicai alzando divertita un sopracciglio -E il tuo ruolo quale sarebbe?-

-Quello di provarci con tutte le signore del bunker.- e concluse la battuta con un occhiolino provocatorio.

-Mmm, non so quanto sarà felice mio marito di sapere questa cosa...-

Il cellulare iniziò a vibrare, entrando prepotentemente nella conversazione. Il nome del mio ragazzo lampeggiò sullo schermo e io, con una smorfia, risposi. Non capii perché quella volta mi diede così fastidio che il mio ragazzo mi chiamasse: pensai proprio che mi stesse disturbando quando in realtà voleva solo sapere come stessi. Chiusi piuttosto velocemente la chiamata, attirandomi gli sguardi incuriositi dei miei amici.

-Tutto bene?-

Guardai Andre, non sapendo bene cosa rispondere.

-Non lo so...-

In realtà lo sapevo benissimo che non stava andando bene. Lo sapevo che c'erano dei problemi, lo sapevo che stavamo lavorando per risolverli e lo sapevo che non ci stavamo riuscendo. Solo che non volevo ammetterlo, non volevo ammettere quella sconfitta che, un giorno o l'altro sarebbe arrivata. Volevo crogiolarmi nell'ignoranza, mantenere quella meravigliosa benda sugli occhi e far finta di niente perché, per adesso, mi andava bene così. I problemi li avremmo risolti più avanti.

Abbozzai un sorriso, scuotendo energicamente la testa, e cambiai discorso, fomentando nuovamente le aspettative per l'indomani.

Fu in quel momento, mentre ci facevamo foto senza sosta condite da commenti idioti, che mi chiesi: perché sono qui? Perché mi sono voluta imbarcare in questa avventura? Volevo stare da sola con i miei pensieri oppure non volevo proprio pensare?



 

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Capitolo 3
*** * Giorno 1 ***


Buonasera a tutti! Scusate per il terribile ritardo ma purtroppo molte questioni nella realtà mi hanno totalemtne deconcentrata. Spero almeno che il capitolo piaccia, nonostante l'attesa ^^ Buona lettura!







-Ma dai! Ieri siamo riusciti a farci stare tutto! Com'è possibile che oggi nel bagagliaio non ci stia più niente?-
-Si è ristretta la macchina?-
-Ma secondo me se sposti quella valigia e ci metti il sacco a pelo … -
-No, no. Secondo me se metti il sacco a pelo e poi la valigia … -
-Zitti tutti! Mi state deconcentrando!-
-Aspettate! Ho io quello che ci vuole.-
Fissammo Gio speranzosi mentre lui armeggiava con convinzione col cellulare: la musichetta accattivante e retro di Tetris aleggiò nell'aria. Andre mandò l'amico silenziosamente a quel paese mentre io ridacchiai di gusto.
Tempo un quarto d'ora che tutti quanti eravamo stipati nell'auto e, navigatore alla mano, pronti all'avventura. Ma lo eravamo davvero?
-Ragazzi, io ho un'ansia assurda, non so voi...- ammise Andre.
-Ma tantissimo!- aggiunse Gio facendo sventolare una mano.
Tommaso ridacchiò tranquillamente, per niente intimorito dal larp, mentre io mi sentii leggermente più a mio agio: sapere di non essere l'unica a provare ansia per l'imminente evento mi fece sentire in un qualche modo più normale.
Quando ci ritrovammo finalmente nel luogo prestabilito, capii in cosa mi ero davvero imbarcata ma dovevo ancora decidere se mi sarebbe piaciuto o meno: guardavo intimidita tutta quella ressa di gente stipata attorno all'edificio e il cuore cominciò a battere più forte, così, istintivamente, mi avvicinai ai miei amici sperando di sparire dietro a loro.
Ci accodammo in mezzo allo stuolo di gente in fila alla segreteria per ottenere pass, oggetti vari e firmare le ultime scartoffie. Le persone attorno a noi, già arrivate e con altrettante valigie e capi di abbigliamento d'epoca, parlavano tranquillamente tra di loro oppure si salutavano calorosamente, come ritrovandosi dopo tanto tempo. Si poteva percepire un'aura pregna di aspettative e agitazione. 
-Buongiorno Cittadina!-
Il tizio della segreteria mi colse impreparata e ci misi un po' a rispondere al saluto, anche perché avevo dimenticato che in quell'universo tutti utilizzavano l'appellativo “cittadino” o “cittadina” davanti al nome. 
-Pronta per l'avventura?- chiese con tono amichevole.
-Ehm... sì, credo.- replicai sorridendo.
-Prima volta ad un larp?-
-Eh sì... si nota molto?-
Il tizio mi rivolse un caldo sorriso che mi calmò leggermente.
-Nah, tranquilla. Non preoccuparti, basta lasciarsi andare e divertirsi. E per qualunque problema siamo a disposizione, ricordalo!-
-Grazie.-
-Bene!- continuò in tono più energico -Ora, la parte burocratica: il nome del tuo personaggio?-
-Dirac.-
-Dirac, Dirac, … Eccolo qua! Ah, vedo una licenza di unione con un certo Ascari. Hai già incontrato tuo marito?-
-Non ancora, sai se è arrivato?-
Si mise a guardare tra i fogli rimasti.
-Mmm... no, i suoi fogli sono ancora qui. Ma ti avvertiamo quando arriva, ok?-
-Grazie!-
Guardai tutti i fogli e gli oggetti che mi aveva passato: c'erano ulteriori piccole informazioni sul mio personaggio e un po' di spille da indossare, che riguardavano il proprio distretto, lavoro, importanza, … 
Indossai subito quella che riportava il mio nome e cominciai a guardarmi attorno interessata: c'era veramente gente di ogni tipo e la cosa, stranamente, mi elettrizzò. Andre e Gio si erano inchiacchierati poco più avanti con alcuni ragazzi ed io, dopo aver provato ad ascoltarli per un po', decisi di prendere coraggio e continuare in solitaria ad analizzare quello strano ed affascinante mondo. 
Iniziai a leggere curiosamente i nomi su tutti i cartellini che riportavano il nome: Marciano, Kahn, Disney, Kafka, Rockfeller, …  Tutti nomi di grandi personaggi del passato, per ricordare, anche se in minima parte, quel mondo che era stato spazzato via da noi stessi. Tristemente ironico.
Mi soffermai a guardare le svariate differenze di età tra i vari partecipanti, anche se non potevo sapere quanti anni avessero realmente le persone: e se quel ragazzo basso e mingherlino che pareva un diciottenne, in realtà avesse avuto trent'anni? E se la signora nell'angolo, che col viso abbronzato e segnato sembrava avere già cinquant'anni, ne avesse avuti dieci in meno? 
Altra cosa che mi colpì furono i vari accenti delle persone: abituata ormai a sentire solo quelli della mia zona, fu molto bello sentirne di così svariati in un solo, piccolo luogo: romani, toscani, marchigiani, campani, sardi. Era davvero magnifico inebriarsi di tutte quelle sfumature e modi di dire vari. 
Nonostante fosse ancora mattina, il caldo sole d'Agosto iniziò a farsi sentire e quindi mi riparai sotto una tettoia insieme ad un altro gruppetto, intenti a bere e a fumare. Oltre a me, c'era una ragazza, alta e bellissima, che scherzava con un ragazzone dal viso simpatico. Lessi i loro nomi dalle targhette: lei portava il nome di Curie e lui quello di Volta. 
-Oh!- fece lui improvvisamente, dopo aver adocchiato il mio cartellino -Tu sei Dirac del dipartimento scientifico, giusto?-
-Ehm, sì, esatto!-
Lui, con fare spavaldo, mi porse calorosamente la mano.
-Piacere, io sarò Volta, il tuo Ministro e Capo.-
Mi comparve spontaneamente un sorriso di fronte a tanta cordialità e iniziai così a conversare con una tranquillità disarmante con quei due perfetti sconosciuti. 
Ecco, questa cosa mi piacque moltissimo. Non che non fossi abituata agli estranei, tutt'altro, ma non mi aspettavo tanto calore da persone conosciute da all'incirca dieci minuti.
Scandalizzai Curie quando ammisi di essere al mio primo larp.
-Wow!- fece sorpresa -Hai proprio voluto iniziare alla grande!-
-Be', sembrava interessante come tematica.-
-Oh sì, lo è decisamente.- aggiunse Volta annuendo. 
Un'altra cosa che mi venne naturale quasi subito, come a tutti, fu di chiamare le persone con il nome del proprio personaggio. Quasi nessuno, tranne che per qualche coincidenza, si presentò col proprio nome. Forse volevamo mettere le cose in chiaro e non confonderci subito con doppi epiteti, o forse funzionava proprio così. 
All'improvviso apparve un tizio che venne velocemente verso di me.
-Tu sei Dirac, vero? Abbiamo trovato Ascari!-
La frase per un momento mi freddò e, presa dal panico, istintivamente non mi mossi. Poi mi accorsi di quanto fosse stupido e mi precipitati a conoscere il mio fantomatico marito. Mi trovai all'improvviso di fronte a questo ragazzo robusto e dai folti capelli ricci che, con sguardo confuso, mi fissava. Gli porsi la mano imitando la gestualità di Volta ed esclamai: -Ciao! Io sono Dirac, tua moglie, piacere!-
Lui, da confuso che era, arrossì improvvisamente e, con un sorriso tirato, rispose meccanicamente al mio saluto. Rimasi un attimo interdetta dal suo comportamento ma, tempo pochi secondi, anche io mi ritrovai nella stessa situazione: ok, mi era presentata, l'avevo finalmente conosciuto, tutto molto bello, e adesso? Dovevamo parlare? Di cosa, esattamente? Ma dovevamo iniziare subito a relazionarci oppure avremmo dovuto aspettare un momento appropriato?
Con tutte queste domande in testa e nessuna reazione da parte di entrambi, ci congedammo in fretta senza aver concluso nulla e io, mestamente, mi rifugiai dai miei amici per avere consigli. Giustamente loro si misero a ridere e mi dissero semplicemente di tornare da lui e parlarci tranquillamente.
-Ricordati che è solo un gioco.- fece Tommaso incoraggiandomi -Non farti venire paranoie strane per una cosa del genere. Anche perché ricordati, per qualunque cosa, puoi sempre fermarti e dire “No guarda, fermati che devo fare una pausa”, oppure “Basta, che stai esagerando”.-
Quelle parole mi rilassarono. Effettivamente non ci avevo pensato ma, in fondo, era solo un gioco e quindi come tale sarebbe rimasto. Sì, aveva senso. 
In quel momento gli organizzatori ci chiesero di radunarci per iniziare ad avviarci verso il bunker.
Ci guardammo sorridendo. Ormai era arrivato il momento. 



E si entra nell'antro buio che chiamerò casa per qualche giorno. È tutto strano, irreale, sembra davvero di essere già entrati in una realtà parallela, ma ancora la trasformazione non è completa. I tunnel sono pronti, è tutto costruito e addobbato adeguatamente ma, appunto, è ancora tutto finto, solo un set, solo finzione. No... non è ancora iniziato tutto, non siamo ancora nell'anno 2054, stiamo solo visitando un bunker.
-Ora visiteremo il luogo dove viviamo, dove siamo cresciuti e l'unico conosciuto in questo mondo.- 
Ci inoltrammo in un tunnel malamente illuminato ma quasi tutti ci bloccammo davanti ad una realtà che non avevamo davvero colto: di fronte a noi si stagliava una colonna di ordinati bagni chimici. Vada per oggi, pensai ricordando con nostalgia il bagno dell'albergo, e vada anche per domenica sera, ma domani? Cioè, domani avremmo dovuto usare davvero questi cosi per andare in bagno?! Sentii distintamente più di una voce affermare che sarebbe rimasto stitico.
Gli organizzatori ci mostrano ogni stanza: ecco la sala degli incontri organizzativi del Presidente, che pare uscita davvero dal 1950, polvere compresa; proprio lì accanto c'è l'unico passaggio verso l'esterno, l'unica via d'uscita conosciuta, luogo pericoloso e allettante ma territorio esclusivo dei coraggiosi esploratori; più in giù c'è l'intelligence dove vengono gestite le informazioni che arrivano dall'esterno, se arrivano; poco oltre c'è il Computer programmato per permetterci di sopravvivere e che noi abbiamo preso ad adorare quasi quanto un essere umano; e poi, incastrati in un angolo, ci sono i pochi archivi rimasti, gli unici ricordi di un mondo ormai devastato. Al piano superiore ci sono l'infermeria, il laboratorio scientifico, la serra con le Piante, unica risorsa di sostentamento, la mensa e le camere da letto. 
-Qui dormiranno i Cittadini di rango più alto.- e l'organizzatore indicò dei letti piuttosto decenti per il posto. 
-Qui invece i restanti cittadini.- 
Ci spostammo nella sala a fianco, trovandoci di fronte una distesa di brandine che pareva avessero davvero visto la guerra e un enorme gemito partì dalla maggior parte del gruppo. 
Ci dicono di vestirci e prepararci per poi presentarci nella sala riunioni per iniziare davvero a giocare. Mi avviai veloce tra le brandine per accaparrarmi un letto decente.
-Ehi, aspetta!- 
Mi giro confusa e vedo il mio cosiddetto marito farmi segno di avvicinarmi. 
-Ho preso due letti vicini. Non dobbiamo forse essere una coppia?-
Ridacchio divertita.
-Giusto! Grazie, marito.- 
Ecco, il cambio di abiti mi fa percepire qualcosa di diverso: ora, con quella gonna informe e il sottogonna ad alzarla goffamente, la camicetta troppo leggera per quelle temperature, le scarpe scomode e vecchie, con i capelli già intrisi di sporco e umidità nonostante siano passati soltanto pochi minuti, inizio a sentire la differenza. Sento il personaggio iniziare a fuoriuscire, infondo questo è il suo elemento, il suo regno, la sua vita, non la mia. Io l'ho solo presa in prestito.
Quando mi avvio con gli altri nel salone sento che qualcosa sta per succedere: siamo entrati tutti con abiti non nostri, chi già zoppicando, chi ridacchiando nervosamente, chi imprecando perché gli abiti non stanno come dovrebbero stare. Siamo ancora noi, ma per poco.
Mentre gli organizzatori iniziano a parlare sento qualcosa scattare: non sono gli organizzatori quelli, colei che sta parlando è il nostro Presidente; quella ragazza nell'angolo che fissa nervosamente il Computer non vede l'ora di tornare al lavoro; gli uomini vestiti di grigio rimangono composti al loro posto e tengono d'occhio la gente come bravi poliziotti. E nel mezzo vedo due occhi tristi fissarmi di tanto in tanto. Io vorrei rispondergli di non preoccuparsi, che andrà tutto bene, ma Dirac non è dello stesso avviso e quando distolgo lo sguardo, be'... non sono io a farlo. È Dirac ormai a comandare i giochi. 
Il Presidente finisce il discorso e ci sprona a tornare al lavoro. Dirac fa un cenno di assenso e si volta trovandosi di fronte Ascari col braccio pronto ad accompagnarla. Senza nemmeno degnarlo di uno sguardo, si fionda fuori dalla sala, arrabbiata, sicura, caparbia. 
E il gioco non è più tale, ora è tutto completamente reale. Ma infondo, cosa è reale? E cosa è un gioco?



Le ore passano, Dirac riprende confidenza con i colleghi ed il suo adorato laboratorio. Si vede che è a suo agio tra provette e polveri varie. Trova che Mendel sia adorabile e un'ottima lavoratrice, ma si chiede se non sia troppo intima in certe occasioni... Newton le ricorda tanto un altro Cittadino e, più di una volta, ha rischiato di confonderli (ma sono io o Dirac che li confonde?). Einstein è un'ottima supervisore e non vede l'ora di aiutarla nel corso delle giornate. Curie è proprio una mamma, dedita alla famiglia sopra ogni cosa... anche lei diventerà così un giorno? Vorrebbe diventare così? Darwin e Faraday sembrano dei bravi scienziati, nonostante professino il Duncanesimo. Aveva letto nei libri dell'archivio che in passato altri scienziati erano riusciti a bilanciare le loro credenze con il raziocinio, dunque perché giudicarli?
Dirac (o forse io?) non vuole uscire dal laboratorio. Non vuole incontrare Ascari. È proprio sotto di lei, sente i suoni dell'intelligence, i discorsi borbottati per non farsi sentire da tutti. Le piace stare nel laboratorio con i suoi colleghi, non vuole ancora incontrare l'inizio dei suoi litigi, anche se sarà inevitabile... 
-Allora, colleghi, è tempo di metterci a fare le Pillole.-
Tutti ci girammo verso la Cittadina Mendel.
-Giusto, Mendel.- asserì Einstein mentre inforcava gli occhiali da laboratorio. 
Io mi schiarii la gola, sperando di darmi un'aria professionale mentre ascoltavo, senza ben capire, la ricetta di queste fantomatiche Pillole. In realtà la cosa fu molto divertente: c'erano degli aggeggi per fare davvero delle pillole, di quelle bianche e rosse, e noi, mischiando polveri varie, le avremmo assemblate. 
-Molto bene, Cittadina Dirac.- si complimentò Mendel quando feci uscire delle pillole pronte -Continua così e tra poco potremmo somministrarle.-
Qualcosa in quella frase mi fece capire che non le stavamo facendo solo per finta e la cosa mi inquietò alquanto. Avevo all'improvviso bisogno di chiarimenti.
-Ma... cioè... noi stiamo davvero mischiando questa roba?- chiesi timidamente a Mendel.
Lei mi fissò stranita.
-Certo, Cittadina. É grazie a noi che il Bunker sopravvive.-
All'improvviso anche gli altri rimasero un attimo sconcertati dalla cosa.
-Vuoi dire che dobbiamo mangiarle sul serio?- chiese Newton in tono apprensivo.
-Ovviamente. Vuoi forse morire di radiazioni?-
-E se dovessimo sbagliare la dose?-
-Ma non è mica la prima volta che le facciamo, dovresti conoscere bene la procedura.- fece Mendel inasprendo i toni -Ora però sbrighiamoci, che tra poco ci sarà la visita e i medici non sono molto pazienti...-
Rimasi sconcertata dal fatto che avremmo dovuto mangiare davvero quelle pillole. Appena Mendel si girò, Darwin e Faraday si avvicinarono rassicuranti.
-Ehi, tranquilli. Sono cose normalissime, hanno solo il nome tecnico-
-Ma siete sicuri?-
-Sì sì, ve lo giuriamo.- mi rassicurò Darwin con un sorriso -Li usiamo anche all'università in laboratorio, sono cose tipo farina, zucchero, borotalco...- 
Tirai un sospiro di sollievo.
-Ah, ok grazie...- 
Aspetta. Borotalco?!
-Come borotalco?-
-Be', sì, in minima parte serve per fare le pasticche.- mi spiegò Faraday -Serve per non farle attaccare alla superficie del contenitore. Davvero, non preoccuparti, non moriremo!-
Non mi aveva del tutto convinta, ma avrei sempre potuto non mangiarle. 



Durante i larp, i pasti sono sempre piuttosto spartani, ma in un bunker le cose si complicano ulteriormente: l'acqua sapeva già di umidità e polvere e tutto il cibo era liofilizzato. Insomma, per quanto fossi preparata all'idea di pranzi mediocri, la prima cena si rivelò decisamente difficile. Ora capivo perché qualcuno sosteneva di dimagrire durante i larp.
Dirac si trascina verso le sue mansioni di relax, non trovandole minimamente rilassanti e anzi, sentendosi sempre più stanca e leggermente affamata. Così, durante  un momento di solitudine, Dirac si ferma a riflettere. Non è riuscita a rimanere tale per tutto il giorno: più di una volta io giocatrice ho fatto capolino, fino ad arrivare ad una sorta di connubio, di unione, tanto che a volte nemmeno io capivo più chi stesse parlando, io o Dirac?
Ogni tanto Dirac ha chiesto consiglio agli altri Cittadini riguardo suo marito: alcuni l'hanno aiutata, altri sono rimasti sul vago, altri ancora hanno cercato di defilarsi garbatamente per non dover rispondere. Rimango sola con i miei pensieri e quelli di Dirac, rimuginando sul da farsi e iniziando ad accusare la stanchezza che inizia ad annebbiare i pensieri.
-Tutto bene?-
Alzo gli occhi e il volto gioviale di Faraday mi si staglia di fronte. 
-Non proprio...- 
Chi è che ha risposto? Io o Dirac?
-Ne vuoi parlare?-
Sorrido e gli faccio segno di sedersi e, per la prima volta da quando è iniziato il larp, mi sento a mio agio. Sento lo stress della situazione sciogliersi e scivolare via, lentamente, e la mia voce racconta i problemi di Dirac, e un po' anche i miei. Infondo, credo che siamo molto simili.
Faraday mi ascolta e parla tranquillamente, tanto da non capire se stia solo giocando o se davanti a me ho una persona reale. Fingo che sia così, non riuscirei ad accettare una menzogna del genere in questo momento.
-Eccoti finalmente!-
Io e Faraday ci freddiamo sul posto mentre Ascari fa scorrere confuso lo sguardo tra noi due. Sono talmente presa alla sprovvista che una parte di me si sente colta in flagrante, quasi in colpa. Faraday, altrettanto imbarazzato, fa scorrere lo sguardo tra Dirac e suo marito e, con molto tatto e un mezzo inchino, si defila lasciandoli soli.
Ed eccoci davvero soli. Dirac e Ascari. Io e mio marito. Fa strano e non riesco a sciogliermi. Dirac è arrabbiata, io sono imbarazzata, ho paura di non uscire da questa situazione.
Ascari è nervoso, non riesco a capire chi stia parlando, se lui o il giocatore: a volte risponde in modo scanzonato, beffardo, e quello non è Ascari. Dirac lo mette al suo posto (o sono io? Anche io lo faccio certe volte...) ed eccolo lì Ascari, il volto abbassato e la voce tornata poco più di un sospiro. Sento le labbra incresparsi in un sorriso, ma cerco di contenermi: Dirac non approverebbe.
Continuiamo a parlare per un po', impacciati ma sempre più nella parte, sempre più presi, sempre più Dirac e Ascari. Purtroppo la magia non dura: la vera me inizia a fuoriuscire, troppo in colpa e fissata, e blocca completamente Dirac. Anche l'altro ragazzo si impappina, ed eccoci tornati alla realtà. Questo scoprirsi rende le cose ancora più imbarazzanti e nonostante i discorsi e il provare a rimettersi nei panni dei due coniugi, la cosa non ci riesce. Non c'è alchimia con quel giocatore e quindi bisogna accontentarsi di far evolvere quello che si può. Un allarme mi salva da quella situazione imbarazzante e io posso tornare al mio caro laboratorio...



-Allora, come sta andando?-
La voce dall'altro capo del telefono è scherzosa.
-Difficile, lo ammetto, ma molto interessante! Sai che ci sono solo bagni chimici?!-
Mi nascondo in una stanzetta apposita per telefonare al mio ragazzo. È notte e non credo che disturberò qualcuno. Speravo che chiamandolo mi sarei sentita meglio, ma in realtà quella lontananza non mi ha fatto provare la solita nostalgia: nonostante l'ora tarda, sentivo di stare sprecando tempo nel rimanere lì a chiacchierare con lui. Lo trovai eccessivo come pensiero e me ne vergognai, ma ciò non cambiò il fatto che non gli dissi che una parte di me doveva ancora ambientarsi e neanche che mi desse fastidio perdere tempo a chiacchierare con lui. Chiusi semplicemente la chiamata salutandolo velocemente e tornai quasi immediatamente nei panni di Dirac.
Qualcuno dirà che è sbagliato nascondersi nei panni degli altri e magari ha anche ragione, ma sentivo di averne bisogno: sentivo di dover essere qualcun altro e vedere la mia vita da una diversa prospettiva e Dirac, in fondo, era una prospettiva perfetta.

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Capitolo 4
*** * Giorno 2 ***


Salve a tutti! Come sempre, scusate il ritardo.
Sappiate che siamo ormai alla fine, il prossimo sarà l'ultimo capitolo. 
Buona lettura! ^^



 

Giorno 2





Quando dormi fuori casa sei preparato alle scomodità: il letto troppo duro, il cuscino che sembra una sottiletta, i turni per andare in bagno. Dopo un po' ci si abitua anche a questi piccoli fastidi, ma dormire in un bunker è decisamente tutta un'altra storia.

Il mio dormitorio era il più affollato e anche quello messo peggio, in linea con il background del personaggio. In poche parole, i ricchi avevano le agevolazioni e gli altri il contentino.

Nel complesso, il mio letto non era malvagio, ma ciò che mi urtò profondamente fu passare dai circa 35 gradi di Agosto ai 12 di un bunker umido e polveroso. Non riuscii praticamente a dormire dal freddo che patii quella notte e, giuro, una parte di me fu tentata di infilarsi nel letto del fantomatico marito.

Oltre a questo e nonostante le precauzioni con tappini di gomma ormai largamente collaudati, per tutta la notte ci fu un concerto esattamente accanto al mio letto. Leggenda vuole che lo abbiano sentito anche nell'altro dormitorio, con un pesante muro a dividerci.

Io e Dirac ci svegliammo. Parlo al plurale perché tecnicamente non ci dovevano essere pause in questo larp, dunque anche durante la notte si doveva rimanere in gioco. Decisamente troppo difficile per me, ma finsi e nessuno se ne accorse.

Unica parte divertente di quella nottata disastrosa fu il risveglio di mio marito: un sonoro strappo echeggiò per il tunnel buio, seguito dal suo -Oh oh.- più esaustivo che si possa immaginare.

-È quello che penso?- chiesi trattenendo a stento le risate.

Lui annuì imbarazzato, tenendosi una mano sui pantaloni.

Be', forse quella giornata non sarebbe stata un completo disastro.

 

Il laboratorio fu preso d'assalto quel giorno: medici, ispettori, educatori, giornalisti. Sembrava che tutto il mondo dovesse girare attorno a noi, ma da bravi topi di laboratorio quali eravamo, iniziammo a stancarci molto presto delle continue interruzioni e iniziammo a mandarli via senza troppe cerimonie.

Quella fu una delle cose che mi stupirono: i gruppi di cui facevamo parte, anche se solo per finta, iniziarono a diventare davvero parte di noi. Per esempio, noi scienziati iniziammo a comportarci in modo spocchioso e analitico verso tutto ciò che entrava nel nostro spazio vitale. Fu davvero buffo far parte di questo gruppo che provava ad analizzare qualunque cosa gli passasse sottomano, per il nome della scienza.

Ma un altra cosa che notai fu come qualcuno, invece, non la visse come un gioco.

Newton, durante la mattinata, ci prese tutti da parte per parlare.

-Ragazzi, la ragazza che fa Einstein ha avuto un piccolo collasso.-

All'improvviso vidi realmente le persone con cui stavo passando il mio tempo. Le facce in un qualche modo cambiarono e, sotto alla nostra maschera, riuscii a scorgere vera preoccupazione.

-Ma si è sentita male?- chiese Curie.

-No no, tranquilli. È che si è sentita troppo sotto pressione per essere il supervisore: i vari compiti e la gente che le chiedeva continuamente cose, l'hanno destabilizzata.

-Lo immaginavo.- fece Faraday con voce grave -Questa mattina quando ci siamo alzati l'avevo vista abbastanza agitata e poi è scappata via.-

Newton annuì.

-Magari cerchiamo di andarci piano con lei, anche se i vostri personaggi dovrebbero essere antipatici, almeno per un po' cerchiamo di trattenerci.-

Non dovette ripetercelo e, appena Einstein tornò, la aiutammo in ogni modo possibile. Mi dispiaceva che qualcuno avesse preso così sul serio un gioco, ma potevo anche capire la pesantezza e l'ansia che comportavano il non vedere la luce del sole e il poco cibo. Capii che nessuno in quel finto mondo voleva davvero intralciare qualcun altro: anche a discapito della trama, se un giocatore non si sentiva a proprio agio, si cercava di venirgli incontro per fargli comunque provare una buona esperienza di gioco. Lo trovai molto bello e questa nuova scoperta mi mise un po' di gioia addosso, togliendomi un po' della stanchezza.

 

Buona parte del pomeriggio la passai in laboratorio ma, questa volta, mi sforzai di rapportarmi con mio marito. Dirac era ancora infuriata, io meno. Dopotutto, non potevo certo far finta di non avere nessun rapporto! Così mi sforzai di scendere e affrontare a muso duro la questione.

-Vado a parlare con mio marito, colleghi.- sbottai improvvisamente -A più tardi.-

Sentii chiaramente varie risatine soffocate e anch'io cercai di mantenere quesll'austerità che mi ero imposta e scesi marzialmente le scale.

Fu buffo vedere i colleghi chiamarlo appena mi scorsero all'entrata dell'intellligence ma Dirac, ancora una volta, non lo trovò buffo. Lei, fiera e caparbia, teneva un'espressione granitica.

Ascari si avvicinò timidamente, mantenendo il personaggio, e ci allontanammo per parlare. Questa volta riuscimmo a rapportarci meglio: Dirac, nonostante le fracciatine pungenti, cercava di ascoltare Ascari che, pur rimanendo piuttosto remissivo, iniziava a far sentire la sua voce. Apprezzai molto il dialogo, vidi una luce di speranza per quel rapporto disastrato. Forse mi ci rividi e decisi che, dopotutto, avrei potuto dare anche una possibilità a quella strana coppia.

Ed è qui che feci il mio primo errore: io, giocatrice, dovevo starmene in disparte, non era la mia storia, io dovevo solo farla evolvere, non dovevo intromettermi. Ma l'avrei capito più avanti, i larp, scoprii, sono ottimi insegnanti se li si lascia spiegare.

 

Il ballo serale mi aveva creato disagio fin da subito: non volevo assolutamente parteciparvi. Il vestito l'avevo portato, addirittura i tacchi, ero comunque pronta ad assistere a quell'evento e, insieme a Dirac, a rimanervi in disparte. Quel pomeriggio avevo accennato la cosa ad Ascari e anche lui mi era parso d'accordo.

Dopo cena ci cambiammo, chi nei fantomatici bagni chimici e chi nel buio dei corridoi polverosi. Torce e luci vari rispecchiavano un magico teatrino di “vedo non vedo” tra seta e tulle vario. Lo trovai in un qualche modo poetico. E apprezzai che nessuno si sentisse in imbarazzo per la situazione, anzi: notai molta gioia e aspettativa mentre in lontananza, tra i vari tunnel, iniziavano ad echeggiare le musiche di note canzoni anni '50.

Dirac e Ascari si guardano mentre sono tutti eleganti e, nuovamente, sento che qualcosa stona, qualcosa è tirato, non funziona. Cos'è che non funziona?

-Allora, come sto?- mi chiede Ascari con un sorrisetto presuntuoso.

A Dirac da' fastidio, ma io sono troppo stanca per ribattere e non ne ho voglia. Gli sorrido e mi complimento e aspetto un suo giudizio, che non arriva. Oh sì, sicuramente direte che non avrei dovuto prendermela se un tizio a caso non ha detto che sono carina. Ma almeno un piccolo complimento avrei voluto riceverlo, anche se finto avrei apprezzato un “Sei carina” da Ascari, ma nulla. Lui ha preteso un giudizio, ma non ne ha dati a me e questo mi ha ferita, ci ha ferite.

 

 

Il ballo inizia e, ancora arrabbiata, mi rifiuto di ballare e mi eclisso mentre Ascari decide di parlare con dei colleghi.

Provai a farmi strada verso il tavolo delle bibite e riuscii miracolosamente a procacciarmi un bicchiere. Annegare i dispiaceri nell'alcool non era proprio il mio ideale di serata, ma nemmeno di mostrare quanto fossi poco portata per la danza, dunque mi infilo in un angolo per guardare la folla.

È sempre Faraday a risollevarmi il morale. Anche lui è nel mio stesso angolo a fissare gli altri ballare senza nessun desiderio di raggiungerli e Dirac è pienamente d'accordo. Quindi si trovano lì, a fissare la folla e a chiacchierare, e senza volerlo si inizia a scherzare.

-Ma dimmi- chiede Farady con un sorrisetto -tu che sei sposata, esattamente come funzionano le Licenze di Nascita? Cioè, c'è una stanza in particolare dove si può... ecco... avere della privacy?-

-Ah, non ti so dire.- risponde Dirac piccata -Mio marito non vuole usufruirne!-

-Allora a chi potremmo chiedere? Forse Curie?- ridacchia Faraday, sul pezzo.

-Già, lei lo sa, con due figli! Ma chi vuole solo informarsi, dove va?-

-Mmm... Forse i tizi dell'archivio hanno dei materiali?-

-Oh mamma! Non so se voglio davvero vedere quei documenti! Chissà quando sono stati usati!-

Ora però non è sempre Dirac a parlare: le battute che vengono fuori sono decisamente fuori luogo e poco adatte all'epoca ma ci fanno talmente ridere che continuiamo e continuiamo, tanto da aggiungere ai nostri discorsi assurdi e parodistici altri nostri colleghi. E questo mi rende davvero felice e mi fa divertire.

Poi appare Ascari. Provo a coinvolgerlo nel discorso, ma lui sembra confuso e leggermente contrariato dalle nostre risate. Questa volta però, non voglio assolutamente perdere la felicità ritrovata, così lo lascio stare, non lo invito più ad unirsi e solo quando me la sento, decido di raggiungerlo per chiacchierare un po' da marito a moglie. Ovviamente rimasti soli smettiamo di ruolare e diventiamo nuovamente le persone che siamo, e mi accorgo a quel punto che io e lui non siamo compatibili: ci siamo impegnati e ce l'abbiamo messa tutta, ma proprio non siamo fatti l'uno per l'altra e, purtroppo, questo si vede. Lui si mette a chiacchierare e io lo ascolto, conscia che lui si stia divertendo meno di me, che è stanco e non vede l'ora di tornare a casa. In quel momento penso di voler tornare da Faraday e dai miei colleghi perché, nonostante ogni tanto con loro io esca fuori dal personaggio, la maggior parte del tempo mi sento a mio agio con loro.

La festa finisce con un altro allarme e io inizio a trovare salvifici quei suoni inquietanti...

 

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