Per quanto amore potrò mai dare

di AleDic
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1. ~ E dimmi: cosa vanno cercando i tuoi occhi? [Seito/Kisara + Seth/Kisara] ***
Capitolo 2: *** #2. ~ Se potrò impedire a un cuore di spezzarsi, non avrò vissuto invano [Steve/Natasha] ***
Capitolo 3: *** #3. ~ Perché ti ho conosciuta sono stata cambiata per sempre [Elphaba/Glinda] ***
Capitolo 4: *** #4. ~ Ho sentito una carezza sul viso arrivare fino al cuore [Quentin/Eliot] ***
Capitolo 5: *** #5. ~ La debolezza dell'anima mia, sono io che non resisto a vivere senza te [Kell/Rhy] ***
Capitolo 6: *** #6. ~ Vorrei vivere nel tuo respiro [Emmett/Lucian] ***
Capitolo 7: *** #7. ~ È oggi: tutto l’ieri andò cadendo [Mahiro/Aika] ***



Capitolo 1
*** #1. ~ E dimmi: cosa vanno cercando i tuoi occhi? [Seito/Kisara + Seth/Kisara] ***


#1.

 

E dimmi

Cosa vanno cercando i tuoi occhi?

I miei cercano solo te

 

 

 

 

Nickname sul forum e su EFP: AleDic
Disclaimer: non sono miei, ovviamente.
Fandom: Anime & Manga > Yu-Gi-Oh! Duel Monsters
Generi: Introspettivo, Sentimentale
Avvertimenti: What if?
Rating: Verde

Contesto:  post-anime/manga.
Personaggi: Seito Kaiba, Reincarnation!Kisara
Pairings: Blueshipping (Seto/Kisara) + Mizushipping (Seth/Kisara)
Prompt: 9 (a fine storia).
Numero parole: 196.
Note d’autrice: i versi iniziali sono tratti dalla poesia “Occhi” di Yara Shalhoub. Io che partecipo alla mia stessa challenge. Sì, sono così disperata.

 

 

 

 

 

 

I

 

{ 196 parole }

 

 

 

C’era una volta, tanto tempo fa, una ragazza dallo spirito più puro e luminoso che fosse mai esistito, e un ragazzo che avrebbe voluto tenere con sé quella luce per sempre.
     Non era nient’altro che una favola, si era ripetuto Seto così tante volte da perdere il conto – quella ragazza e quel ragazzo, anche se fossero davvero esistiti, in un’altra vita, non avevano nulla a che fare con lui.
La ragazza soccombette al delirio oscuro del padre del ragazzo, ma non lo abbandonò: i loro desideri erano gli stessi e quando lei morì, il suo spirito decise di restare nel cuore del ragazzo e tenerlo nella luce per l’eternità.
     Il Drago Bianco era con lui da sempre, fidato amico e alleato grazie al quale aveva potuto ottenere il potere che gli serviva per liberare se stesso e suo fratello, realizzare un sogno che da tempo ormai sembrava aver dimenticato.
Si erano donati senza sapere di amarsi; si erano persi senza mai separarsi davvero.
    Eppure lei era arrivata lo stesso, un giorno, e l’aveva guardato – gli stessi occhi che lo cercavano in tutti i suoi sogni; e qualunque cosa avesse trovato nei suoi, l’avevano fatta restare.

 

 

Non è mai troppo tardi per amare.

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Capitolo 2
*** #2. ~ Se potrò impedire a un cuore di spezzarsi, non avrò vissuto invano [Steve/Natasha] ***


#2.

 

Se io potrò impedire a un cuore di spezzarsi

 
non avrò vissuto invano

 

 

 

 

Nickname sul forum e su EFP: AleDic
Disclaimer: non sono miei, ovviamente.
Fandom: Film > Marvel > The Avengers
Generi: Introspettivo, Sentimentale
Avvertimenti: //
Rating: Verde

Contesto:  Avengers: Endgame
Personaggi: Steve Rogers, Natasha Romanoff
Pairings: Romanogers (Steve/Natasha).
Prompt: 5. (a fine della storia).
Numero parole: 328.
Note d’autrice: i versi iniziali sono tratti dalla poesia “Se io potrò impedire” di Emily Dickinson.

 

 

 

 

 

II

 

{ 328 parole }

 

 

 

A volte le persone sono come specchi: benché completamente diverse o provenienti dall’altra parte del mondo o perfino separati da epoche lontane, riescono a trovarsi le une nelle altre.

 
Steve ha passato più tempo nel lutto e nella perdita di quanto ne avesse effettivamente vissuto.
     Battaglie, guerre, Apocalissi, la fine di metà universo, erano tutti intervalli scanditi dal numero di persone che non avrebbe più trovato una volta giunti al termine.
Non sapeva se credere o meno a cose come il Destino, ma spesso si scopriva a pensare che fosse quello – che fosse tutto quello – che era nato per essere: Il Soldato, l’uomo per cui non ci sarebbe mai stato altro che un campo di battaglia e le sue conseguenze.
     E l’ultima – ancora troppo fresca per non sentire una fitta acuta al cuore al solo pensiero – l’aveva lasciato con nient’altro che un mucchio di cenere tra le dita.
(I suoi fantasmi non hanno nessun lenzuolo a coprirli, piuttosto indossano facce che a volte non ha mai visto, altre che conosce talmente bene da poterne tracciare i lineamenti a occhi chiusi – tutte perdute, tutte impossibili da dimenticare.)
     Certi giorni ha paura perfino a guardarsi intorno, temendo che sia arrivato il momento in cui non troverà più nessuno accanto, che l’attimo in cui è rimasto completamente solo sia arrivato – invece quello che trova è (sempre) una chioma rossa che ricambia e riflette il suo sguardo.
«Sei ancora qui» dice ogni volta, e non sa se sia più sollievo o incredulità a riempirgli la voce.
     «Sei ancora qui» gli risponde Natasha, e un sorriso piccolo ed esitante – ma sincero, sempre sorprendentemente, dolorosamente sincero – le si forma sul volto stanco.

 
A volte le persone sono come specchi. Che Natasha sia il suo e lui quello di lei, è allo stesso tempo senza senso e la cosa più logica del mondo.
     È anche la ragione per cui riescono a trovare ancora la forza di combattere, un giorno per volta.

 

 

Grazie per essere sempre al mio fianco.

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Capitolo 3
*** #3. ~ Perché ti ho conosciuta sono stata cambiata per sempre [Elphaba/Glinda] ***


#3.

 

Chi può dire se sono stata cambiata in meglio

Io credo di essere stata cambiata in meglio

E perché ti ho conosciuta

Sono stata cambiata

Per sempre

 

 

 

 

 

 

Nickname sul forum e su EFP: AleDic
Disclaimer: non sono miei, ovviamente.
Fandom: Teatro > Musical > Wicked
Generi: Introspettivo, Angst, Sentimentale
Avvertimenti: //
Rating: Verde

Contesto:  finale.
Personaggi: Elphaba, Glinda
Pairings: Gelphie (Glinda/Elphaba).
Tipo di coppia: FemSlash
Prompt: 1. (a fine della storia).
Numero parole: 430.
Note d’autrice: i versi iniziali sono tratti dalla canzone “For Good” del musical.

 

 

 

 

 

 

III

 

{ 430 parole }

 

 

 

 

Sono passati anni dal suo primo incontro con Glinda, eppure adesso Elphaba si ritrova a guardarla come se la vedesse per la prima volta.
L’ha odiata come non ha mai odiato nessuno, l’ha invidiata come non ha mai invidiato nessuno – l’ha amata come non amerà mai nessun altro, nemmeno Fiyero.

(È un tipo d’amore diverso – come essere travolti da un improvviso tornado che spazza via quello che c’era prima, e porta con sé cose che non c’erano mai state, e le miscela insieme nella tempesta sicché, quando la calma ritorna e il ciclone si acquieta, quello che resta è stato cambiato per sempre.)




È passato così tanto tempo dall’ultima volta in cui stare nella stessa stanza con Glinda non facesse male, non fosse per lanciarsi addosso parole che ferissero – dette per rabbia,  gelosia, stanchezza (Elphaba è talmente stanca di cercare di provare agli altri quello che è – o che non è).

(La cosa davvero estenuante è che Glinda era riuscita a vederla, la vera Elphie, e riusciva ancora a vederla, nonostante tutto – e trovare la disapprovazione negli occhi di lei era peggio di qualsiasi calunnia Oz fomentasse tra la gente.)




Ora è arrivata alla fine della storia, l’ultimo atto della grande e malvagia Strega dell’Ovest, e quando Glinda va da lei e la guarda di nuovo come faceva un tempo – come quando uno sguardo di lei era in grado di rovesciare il suo mondo – Elphaba esita.
“Non è giusto”, pensa. “Perché dovevi tornare proprio adesso e rendere tutto questo così duro?”

(Ed è solo una stupida protesta perché lasciarla per sempre sarebbe stato insopportabile comunque.)




Avrebbe voluto dirle talmente tante cose, avrebbe così tanto per cui volerle chiedere perdono – e allo stesso tempo tutto ciò che è stato fino a quel momento non importa più, tutti quegli anni separate, rancorose, sbiadiscono dalla mente quasi non fossero mai esistiti.

Elphaba la guarda adesso ed è come se la vedesse per la prima volta, con gli stessi occhi e lo stesso cuore di quando le chiese, mentre la stringeva tra le braccia, di seguirla a Oz – e poi di seguirla via da quella falsa Città di Smeraldo.

Le chiede di non cercare di ripulire il suo nome, le consegna il libro del Mago, le affida tutti i sogni che una volta erano stati suoi (loro).

(Le prende la mano e la porta alle labbra perché sa che quella è l’ultima volta che avrà la possibilità di toccarla.)

Elphaba la guarda negli occhi per la prima e ultima volta – ed è così felice (e così triste) di trovarli lo specchio dei suoi.

 

Dirti addio è la cosa più difficile che farò mai.

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Capitolo 4
*** #4. ~ Ho sentito una carezza sul viso arrivare fino al cuore [Quentin/Eliot] ***


#4.

 

Ho sentito una carezza sul viso

Arrivare fino al cuore

 

 

 

 

 

 

Nickname sul forum e su EFP: AleDic
Disclaimer: non sono miei, ovviamente.
Fandom: Serie Tv > The Magicians
Generi: Introspettivo, accenni Angst, Slice of Life, Romantico
Avvertimenti: //
Rating: Giallo

Contesto: 3x05. Ormai io vivo in questa timeline (e in qualunque altra in cui Q ed El sono vivi e felici) e su AO3.
Personaggi: Quentin Coldwater, Eliot Waugh, Arielle (solo accennata).
Pairings: Queliot (Quentin/Eliot) + accenni Quarielle (Quentin/Arielle)
Tipo di coppia: Slash, Het
Prompt: 25/11/2019 – Mani che accarezzano i capelli altrui; n. 7. (a fine storia).
Numero parole: 718.
Note d’autrice: i versi iniziali sono tratti dalla poesia “Il bacio” di Pablo Neruda. Storia partecipante alla challenge “Un Calderone di Prompt” indetta da catching_hearts sul sito di EFP.

 

 

 

 

 

 

 

 

IV

 

{ 718 parole }

 

 

 

 

 

 

Quentin si sveglia al tocco leggero di una mano.
La luce che filtra attraverso la finestra del cottage è abbastanza da illuminarne l’interno, ma non così intesa da abbagliarlo, segno che è ancora mattino presto. Il tocco che l’ha destato ritorna e Quentin sbatte le palpebre un paio di volte per assicurarsi di essere del tutto sveglio.
La prima cosa di cui si rende conto è che c’è un altro corpo accanto a lui – o, in parte, sotto di lui. Il capo e il braccio destro sono poggiati su un altro petto che si alza e si abbassa a un ritmo sereno e regolare, e il suono di un respiro gli arriva a sfiorare la pelle della fronte.
Quando alza il volto trova gli occhi di Eliot ad attenderlo, un miscuglio di oceano e nebbia che lo guardano così vicino da dargli la sensazione di immergervisi all’interno.
     «Buongiorno.»
Il tono di Eliot è basso, talmente tanto che Quentin non sarebbe riuscito a sentirlo se non avesse il volto a pochi centimetri dal suo. Sente di nuovo quel tocco sul suo capo e all’improvviso realizza che si tratta della mano di Eliot. Ha un braccio a cingerlo intorno al busto e le dita che scorrono tra i suoi capelli – ed è quasi solo uno sfiorare, i movimenti talmente lenti e leggeri che si chiede come abbia potuto percepirli mentre dormiva.
(Una domanda a dir poco stupida, si dice, perché è Eliot e non c’è modo che Quentin non lo senta anche quando il suo tocco è flebile come un respiro.)
     «Buongiorno» gli risponde, e avverte la voce uscirgli roca e spezzata, la gola secca come se avesse camminato per ore nel deserto.
E poi ricorda – ricorda l’aver trovato un fiore secco tra le pagine di un vecchio libro, ricorda il sorriso di Arielle quando le porse la primula appena colta dal giardino, ricorda la sua curiosità nel leggere il libro che lei gli aveva regalato, ricorda la tomba nel cimitero del villaggio, vicino alla famiglia di lei (e ricorda il singulto violento quasi spezzargli il petto, l’accasciarsi inerte del corpo sulla sedia, le lacrime che gli bagnano il viso e cadono sul pavimento). Ricorda Eliot che arriva al suo fianco poco dopo, le mani che gli carezzano il volto e cercano di asciugare le lacrime, le braccia che gli si avvolgono intorno e lo accolgono – e lui che ci si aggrappa come un naufrago in mezzo all’oceano.
     «Oh. Io-» cerca di dire qualcosa – una scusa, forse, per il suo cuore e la sua mente in pezzi che Eliot deve raccogliere e cercare di rimettere insieme ogni volta che la vita gli soffia contro troppo forte.
     «Ah-ah!»
Eliot blocca ogni sua altra parola poggiandogli leggermente un dito sulle labbra – e nel momento esatto in cui la pelle dell’altro lo sfiora, Quentin non riuscirebbe più ad articolare parola comunque.
     «Niente autocommiserazione, Q, dovresti saperlo ormai. È la regola n. 5.[1]»
     «Pensavo la regola n. 5 fosse “niente animali parlanti come animali domestici”.»
     «No, quella è la regola n. 7. Non posso vivere con un cavallo che si lamenta dei rumori notturni per poter dormire[2]
E Quentin non può – nonostante tutto – non sorridere (quando si tratta di Eliot i sorrisi è come se gli venissero strappati via, come se lui fosse un pozzo vuoto ed Eliot lo riempisse d’acqua, facendo riemergere il secchio pieno).
Una mano dell’altro è ancora tra i suoi capelli, ora immersa tra le ciocche più lunghe e con maggiore fermezza, ma sempre leggera – troppo, troppo lontana.
Quentin si leva e spinge su un fianco per scivolare più vicino a Eliot, le gambe ingarbugliate le une con le altre e i respiri a un soffio dai volti.
     «Possiamo infrangere tutte le regole che vogliamo, El. L’unica che conta è la prima[3]. E non la infrangerò mai.»
Ora la mano di Eliot si stringe forte alla sua nuca, mentre il suo sguardo si intensifica e si scioglie sotto le mani, il respiro, lo sguardo, le parole di Quentin – “così”, grida la sua mente quando l’altra mano di Eliot torna a circondargli la vita aumentando la stretta, “più vicino”.
Le dita scivolano al lato della mandibola, incastrandosi perfettamente tra l’orecchio e il collo, e nel momento in cui le labbra di Eliot trovano le sue, non c’è più distanza fra loro.

 

 

Non ho mai desiderato così tanto qualcosa in vita mia.

 

________________________________________________________________________________________________________

 

Note de testo:

 
[1]: nel mio immaginario Q ed El una volta iniziato a prendere in considerazione l’idea del dover rimanere a vivere nel passato, hanno stilato una lista di regole per la convivenza-sopravvivenza;
[2]: ho una conoscenza quasi inesistente di ciò che non riguardi Q ed Eliot in questo fandom, perciò non ho idea di quali siano gli animali parlanti presenti in Fillory, so solo che ci sono;
[3]: sempre nel mio immaginario, la regola n. 1 che Q ed El si sono imposti è quella di non lasciare mai l’altro, qualunque cosa accada (perché, be’, sappiamo perfettamente tutti che nessuno dei due sarebbe sopravvissuto altrimenti).

 

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Capitolo 5
*** #5. ~ La debolezza dell'anima mia, sono io che non resisto a vivere senza te [Kell/Rhy] ***


#5.

 

La debolezza dell'anima mia,

sono io che non resisto a vivere senza te.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nickname sul forum e su EFP: AleDic.
Disclaimer: non sono miei, ovviamente.
Fandom: Libri > Shades of Magic.
Generi: Introspettivo, Sentimentale, Romantico, Malinconico.
Avvertimenti: no Incest, non sono consanguinei.
Rating: Verde.

Contesto: post-A Conjuring of Light (Dark, in Italia).
Personaggi: Kell Maresh, Lila Bard, Rhy Maresh (accennato).
Pairings: Krhy (Kell/Rhy), accenni Kella (Kell/Lila).
Tipo di coppia: Shounen-ai, het.
Prompt: 6. (a fine storia).
Note d’autrice: i versi iniziali sono tratti dalla poesia “Anima” di Rosario Triglia. Questa storia partecipa alla challenge "Portatrici di fandom nascosti" indetta da Marika Ciarrocchi sul forum di EFP.

 

 

 

 

 

 

V

 

{ 535 parole }

 

 

 

 

 

 

 

 

Kell era finalmente libero.

Una parte di lui si sentiva in colpa di pensarla in quel modo, per il profondo e inebriante senso di libertà che stava provando su una nave in mezzo al mare, lontano da Londra Rossa, dal Palazzo Reale, dall’essere Kell Maresh, l’Antari della Corona, ora che gli unici genitori che avesse mai conosciuto erano morti.
Kell provava dolore per la loro morte – un dolore denso di rimpianti e cose rotte che non potranno mai essere riparate – e il lutto nel suo cuore non l’avrebbe mai abbandonato.
Eppure niente avrebbe potuto cambiare la verità che aveva cercato di soffocare da quasi tutta la vita: Kell non era mai stato un principe, era stato un prigioniero; un uccello in gabbia che sognava di spiccare il volo più di ogni altra cosa al mondo.
E per quanto orribile fosse dirlo, quanto nauseante fosse per Kell pensarlo, la morte dei coniugi Maresh aveva aperto la sua gabbia.

 

 

Lila era affacciata sul ponte della Pinnacolo Notturna, le braccia incrociate appoggiate sul legno levigato da più intemperie di quante Kell potesse immaginare.
Era quasi il tramonto, e l’orizzonte era dipinto di varie sfumature dall’oro al cremisi che si riflettevano sullo specchio d’acqua.
Aveva lo sguardo puntato su quello spettacolo, l’occhio umano che fissava con talmente tanta intensità da tendere al nero di quello Antari.
Le aveva visto quello sguardo molte volte da quando l’aveva conosciuta e, forse, era stata una delle cose che l’aveva attratto di lei: perché era lo specchio del suo.
Lila aveva il suo stesso desiderio di libertà, ma a differenza sua l’aveva sempre inseguito e mai rinnegato, nemmeno per lui.
Sapeva che lo amava e anche lui amava lei, ma nessuno dei due avrebbe rinunciato a quel desiderio, nemmeno per l’altra. Lila sarebbe salpata anche senza di lui, e Kell avrebbe iniziato il suo viaggio anche senza di lei. Erano fatti così ed entrambi lo sapevano. E andava loro bene.

 Ma Kell sapeva anche che, per quanto lontano andasse, a differenza di Lila lui aveva un posto in cui tornare. Qualcuno da cui tornare.

 

 

Rhy.

Solo pensare quel nome gli provocava una fitta al cuore e una nostalgia talmente intensa da costringerlo a portarsi ogni volta la mano sul petto, sopra la cicatrice della magia che li legava a vita.

Anche quando era ancora l’Antari della Corona Rossa, a spingerlo a restare, a farlo tornare indietro anche quando ogni fibra del suo corpo voleva scappare via, a fermarlo alla fine non era mai l’amore per la sua città, o per i suoi genitori, o l’obbligo nei confronti della Famiglia Reale che lo aveva accolto.

La ragione era sempre la stessa. L’unica.

 

 

Kell scese distrattamente con la mano fino a sfiorare con le dita la spilla gemella che gli aveva dato Rhy.

 “Non farti uccidere là fuori. E ritorna.”
“Lo farò.”

 Non era la prima volta che gli veniva detto di tornare, e non era la prima volta che rispondeva che l’avrebbe fatto senza essere sicuro di non stare mentendo.
Accadeva tutte le volte.

Tranne quando a chiederlo era Rhy.

 

 

Kell era finalmente libero.
Ma questo non significava che non c’era un posto, una persona, dalla quale sarebbe tornato – dalla quale voleva tornare.
Sempre.

 

 

 

Sei tu. Sei sempre tu.

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Capitolo 6
*** #6. ~ Vorrei vivere nel tuo respiro [Emmett/Lucian] ***


#6.

 

Vorrei vivere nel tuo respiro

Mentre ti guardo muoio per te

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nickname sul forum e su EFP: AleDic
Disclaimer: non sono miei, ovviamente.
Fandom: Libri > Il rilegatore.
Generi: Introspettivo, Sentimentale, Romantico, Fluff, Slice of Life, accenni Lime.
Avvertimenti: Missing moment.
Rating: Giallo.

Contesto:  prima del fattaccio, all’inizio dell’estate che Lucian passa con i Farmer.
Personaggi: Emmett Farmer, Lucian Darnay.
Pairings: Farnay.
Tipo di coppia: Slash.
Prompt: 2. (a fine storia).
Note d’autrice: i versi iniziali sono tratti dalla poesia “Il bacio” di Pablo Neruda.

 

 

 

 

 

 

 

 

VI

 

{ 162 parole }

 

 

 

 

 

Ci sono mani che si cercano nel buio così come alla luce – seppur più attente, discrete, in un segreto che vorrebbe urlare al mondo intero –, frementi, impazienti, tremanti (che desiderano così tanto, ma sembrano non averne mai abbastanza).
     Ci sono occhi che indugiano a lungo, scavano, imprimono tutto quello che vedono – consumano come fuoco con la legna finché ossa, sangue e fiamme sono la stessa cosa.
Ci sono bocche che si inseguono all’ombra di cipressi e siepi rosate dallo sbocciare dei fiori, labbra che incidono parole sulla pelle e respiri che annegano nella stessa aria.
     C’è Lucian – ovunque, sopra, sotto, accanto, dentro di lui – e il cielo d’estate non è mai stato così bello visto sdraiati sull’erba fresca.
Emmett si volta sulla schiena e allarga le braccia per accogliere l’altro sul suo petto, le gambe già un garbuglio intricato che sembra impossibile sciogliere.
     C’è Lucian – prima, ora, sempre (ti prego, fa che sia per sempre) – ed è l’incastro perfetto del suo cuore.

 

 

Vorrei che ogni giorno fosse come questo.

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Capitolo 7
*** #7. ~ È oggi: tutto l’ieri andò cadendo [Mahiro/Aika] ***


#7.

 

È oggi:

tutto l’ieri andò cadendo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nickname sul forum e su EFP: AleDic
Disclaimer: non sono miei, ovviamente.
Fandom: Anime & Manga > Zetsuen no Tempest.
Generi: Introspettivo, Angst, Sentimentale.
Avvertimenti: no Incest, non sono consanguinei.
Rating: Verde.

Contesto: Pre-manga/anime.
Personaggi: Mahiro Fuwa, Aika Fuwa.
Pairings: Mahiro/Aika.
Tipo di coppia: Het.
Prompt: 3. (a fine storia).
Note d’autrice: i versi iniziali sono tratti dalla poesia “È oggi” di Pablo Neruda.

 

 

 

 

 

 

 

 

VII

 

{ 194 parole }

 

 

 

 

 

 

 

 

Qualsiasi cosa faccia, lei è sempre nei suoi pensieri.
Da quando è arrivata è un tarlo nella sua mente che non lo lascia mai solo: lo preoccupa, lo stuzzica, lo rimprovera.
Lo fa impazzire.
     Mahiro assorbe ogni singola emozione, ma non le sa gestire, ignaro di ciò che alberghi davvero nel suo cuore.
Intanto, la ragazza che è diventata sua sorella minore senza che lui avesse voce in capitolo, continua a invadere ogni suo pensiero – anche quello senza il suo permesso.
Mahiro detesta non essere in grado di capire, non avere il controllo di se stesso, perché gli nega la possibilità di essere razionale.
Vorrebbe parlarne con Yoshino, sfogarsi, ma c’è qualcosa – un altro di quei tarli che gli infestano la mente – che gli impedisce di andare fino in fondo.
     Dice a se stesso che ha tempo per queste cose, che rendere un problema indefinibile qualcosa di complicato è solo stupido, che crescendo troverà da solo quella risposta.
Quando quel giorno rientra e trova il corpo di Aika placidamente curvo sulla sedia, un lago rosso che le sboccia dalla gola e si riversa ai suoi piedi, capisce che l’unico stupido è sempre stato lui.

 

 

Quando realizzi di amare qualcuno è già troppo tardi per tornare indietro.

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