Convivenze piacevolmente problematiche

di Napee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Candele ***
Capitolo 2: *** 2. Massaggio ***
Capitolo 3: *** 3. Buon San Valentino! ***
Capitolo 4: *** 4. La dichiarazione ***
Capitolo 5: *** 5. Kageyama ***
Capitolo 6: *** 6. Fiorellino-chan ***
Capitolo 7: *** 7. Sms ***



Capitolo 1
*** 1. Candele ***





1-   Candele









Secondo l’immensa e sconfinata conoscenza in fatto d’arredamento di Oikawa Tooru, le candele erano essenziali in una camera da letto.
Servono per creare atmosfera, intimità e, se profumate, a diffondere un buon aroma nella stanza.
Tutti elementi essenziali e di rilievo se si vuol sorprendere il partner.
Forse un po’ troppo influenzato dalla visione di Tooru, Hajime aveva da sempre associato le candele al romanticismo, all’amore e a tutte quelle cose sdolcinate che riguardano le coppie.
E forse era per questo che, quando andavano ancora alle superiori e si ritrovavano a casa per studiare, Tooru accendeva le candele di tutta la stanza e modificava la luminosità dei neon creando una luce soffusa. Col senno di poi, se Hajime non fosse stato un cinghiale grezzo per quel genere di cose, forse si sarebbe accorto prima che il suo migliore amico gli stava mandando dei segnali ben più che eloquenti.
Con il tempo però era migliorato ed aveva iniziato a notare tanti piccoli indizi che di solito chi è interessato a qualcuno, lancia verso il diretto interessato affinché quest’ultimo li colga al volo.
E forse era solo paranoico o soltanto geloso perché il suo fidanzato era molto popolare sia fra gli uomini che fra le donne, ma Hajime proprio non riusciva a farsi andate giù che quel pomeriggio, sul set fotografico allestito appositamente per degli scatti a tema Halloween, Tooru fosse disteso fra un sacco di lenzuola scure, mezzo nudo, coperto di sangue finto, con dei canini finti che spuntavano dalle labbra, circondato di candele e con il fotografo a dieci centimetri da lui.
È per l’atmosfera
È un artista, il sensei Takoyama, non avrebbe mai secondi fini!
Tante belle parole che gli risuonavano in testa con la vocetta squillante di Tooru, ma, invece che calmarlo, sortivano soltanto l’effetto opposto facendolo imbestialire.
E poco importava che quello fosse il secondo lavoro di Tooru, che pagassero dannatamente bene e che il suo ragazzo fosse estremamente richiesto come fotomodello. Ad Hajime tutta quella situazione andava davvero stretta e starsene in un angolo a guardare come quel fotografo mangiasse letteralmente con gli occhi il suo fidanzato iniziava ad essere un’impresa pressoché impossibile.
Erano anni che Tooru lavorava come modello per le riviste minori, fin da quando andavano alle superiori e la sua bellezza era sbocciata improvvisamente tanto da attirare gli sguardi dei passanti. Era solo questione di tempo prima che venisse notato da qualche fotografo alla ricerca di volti nuovi.
Hajime ricordava ancora la prima volta che Tooru gli aveva spalmato una rivista da teenager sulla faccia sopra la quale vi era stampata in copertina la faccia del suo migliore amico.
E tutto sommato, Tooru aveva un bel viso, uno di quei volti che stanno davvero bene in copertina, quindi Hajime non si era stupito più di tanto quando il suo amico aveva iniziato ad acquisire una certa popolarità anche fuori dal campo.
Dopo che si erano fidanzati, Hajime aveva iniziato a seguire Tooru sui vari set fotografici. Non c’era stato un motivo particolare, semplicemente Tooru gli aveva chiesto di accompagnarlo e lui aveva risposto di sì.
Non si era mai divertito particolarmente alle sessioni di fotografia, anzi, si annoiava a morte e finiva per scaricare completamente la batteria del cellulare giocando a Clash of Clans.
Ma quella volta, Hajime non aveva neppure preso il telefono fra le mani: troppo occupate a stringersi a pugno fino a far sbiancare le nocche.
Quella faccia di merda di fotografo stava letteralmente spogliando Tooru con gli occhi, era lampante per tutti ormai, soprattutto per via di quel sorrisetto che faceva sotto ai baffi ogni volta che chiedeva a Tooru di mettersi in posizioni provocanti.
Glieli avrebbe strappati volentieri dalla faccia quei baffetti del cazzo.
“Bene, Oikawa-san, sei davvero fantastico!” Lo elogiava dopo ogni click della macchina fotografica, sfoggiando un sorriso malizioso sotto quei baffetti scuri, il che faceva arrossire Tooru più di quanto Hajime avrebbe voluto vedere.
Fanculo! Avrebbe dovuto arrossire quando lui gli diceva che era fantastico, non per quel fotografo da strapazzo!
“Adesso proseguiamo con le foto con le candele, siediti per favore Oikawa-san.”
E Hajime si era ritrovato a ripetere quelle parole mentalmente, storpiando la voce del fotografo e rendendola infantile e lagnosa.
Osservò come Tooru si sedette suadente, con le gambe spalancate, con un pallone da pallavolo a coprirgli le zone intime e con quella cazzo di maglietta stracciata che lo lasciava più nudo che vestito.
Il fotografo gli passò una candela rosa  grondante cera e Tooru iniziò a giocarci con le dita facendo attenzione a non bruciarsi. Se la rigirò fra le mani, l’avvicinò al viso, alle labbra, il tutto sfoggiando uno sguardo eccitante e malizioso.Hajime dal  canto suo, completamente stregato, si ritrovò a deglutire rumorosamente.
Sembrava tutt’altro!
E quando, inevitabilmente, la cera gli ricadde sull’addome e sul pallone e il fotografo si leccò le labbra, Hajime perse le staffe del tutto.
Scattò in piedi pronto a prendere Tooru e portarlo via perché davvero aveva superato il suo limite di sopportazione! Non aveva intenzione di restare lì un minuto di più!
“Ottimo lavoro, Oikawa-san, abbiamo finito, puoi andare pure a cambiarti.” Annunciò il fotografo con un sorriso smagliante sulle labbra, inchinandosi verso il modello per ringraziarlo.
Tooru fece lo stesso, poi trotterellò verso Hajime, in mutande, canotta stracciata e sangue finto ovunque, tutto contento e fiero del suo lavoro.
Hajime, dal canto suo, lo squadrava ancora malissimo, con un cipiglio incazzato come pochi e le mani strette a pugno che tremavano per la tensione.
“Iwa-chan! Come sono andato?” Chiese entusiasta Oikawa, cercando di ripulirsi il sangue finto dalla faccia con le mani.
“Bene.” Si sforzò di rispondere, mordendosi la lingua a sangue per non commentare acidamente il lavoro di quel fotografo.
“Meno male, era la prima volta che posavo mezzo nudo, temevo si vedesse che mi vergognavo! Non volevo neppure farlo, pensa!” Confessò Oikawa ravvivandosi i capelli. Nonostante il trucco impeccabile, si poteva notare la stanchezza nei suoi occhi dopo tante ore a lavorare come modello e dopo gli allenamenti sfiancanti con la nazionale giapponese di pallavolo.
“E perché hai accettato questo lavoro allora?”
“Perché paga bene, ovvio!” Rispose con no calanche Oikawa, come se stesse spiegando una cosa ovvia ad un bambino.
E probabilmente era proprio così. Hajime si sentiva così immaturo in quel momento, così infantile, che un po’ se ne vergognava perché non riusciva affatto a complimentarsi con il fidanzato per il lavoro svolto per via dei suoi sentimenti.
“Non abbiamo bisogno di soldi.” Era l’unica risposta che il suo cervello elaborò e formulò. Che sembrasse una ripicca, quello era un altro par di maniche.
“Non scherzare, Hajime!” Sorrise il suo fidanzato in risposta, con tanto di spintarella amichevole sulla spalla.
“Le bollette non si pagano mica da sole!”
“Potrei trovarmi un lavoro anche io.” Aveva abbozzato lì Hajime, guardando altrove distrattamente.
O meglio, facendo finta di essere distratto, in realtà era pienamente coinvolto in quella conversazione.
“Ho sentito che il kombini vicino a casa nostra cerca dei magazzinieri per il turno di notte.”
“Il tuo piano sarebbe lavorare di notte e studiare all’università di giorno?” Chiese scettico Tooru, squadrandolo con uno sguardo derisorio e davvero molto poco convinto.
“Sì, perché no?! Dopotutto tu fai due lavori…”
“Sì, ma la nazionale di pallavolo e fare il modello non sono come lavorare di notte in un supermercato per due soldi.” Spiegò Tooru incrocino le braccia al petto e continuando a squadrare il fidanzato come se lo vedesse per la prima volta.
Di solito era Hajime quello razionale e pragmatico, quello calcolatore e con i piedi per terra, dunque perché si stava comportando come una ragazzina isterica?
“Ci vediamo la prossima settimana Oikawa-san!” Lo salutò il sensei Takoyama agitando la mano, e Tooru fu certo di sentire uno sbuffo furibondo da parte di Hajime.
Salutò il fotografo e si voltò all’istante per controllare le condizioni in cui versava il suo fidanzato.
Irrimediabilmente furente.
Deliziosamente geloso.
Un sorriso sornione gli distese le labbra sporche di sangue finto.
“Sei geloso Iwa-chan? Per questo vuoi che smetta di fare il modello?” Chiese a bruciapelo, godendosi come non mai la vasta gamma di rosso che sfumò sulle guance di Hajime.
“Pff! Che dici, scemo?! Io geloso di quello là?! Ma ti pare?”
“Sì, è proprio quello che mi sembra.”
“Beh, ti stai sbagliando Merdakawa!” Sbottò infine, Hajime, incrociando le braccia al petto e facendo per andarsene, ma Oikawa lo trattenne per la mano ridendo leggermente.
“Ti prometto che non farò più questo genere di foto se ti infastidiscono.”
“G-grazie…”

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Capitolo 2
*** 2. Massaggio ***


2-   Massaggio




Se c’era una cosa a cui Hajime non avrebbe mai rinunciato al mondo, quella cosa erano le mani di Oikawa che gli massaggiavano le spalle dopo una giornata all’università.
Soprattutto dopo un intenso periodo di esami in cui stava praticamente piegato sui libri giorno e notte e le sue spalle e la sua schiena ne risentivano brutalmente, le mani di Tooru che gli carezzavano l’epidermide e premevano nei punti giusti, erano una vera e propria manna dal cielo.
Oikawa aveva notato quanto gli piacessero i suoi massaggi e Hajime avrebbe potuto scommetterci un rene dato che, di punto in bianco, in casa erano comparse un sacco di creme e lubrificanti variopinti dalle fragranze più inimmaginabili. Tipo quello esfoliante con granelli al frappuccino che adesso Hajime si rigirava fra le mani con sguardo dubbioso.
A cavalcioni di Tooru, con quest’ultimo sdraiato prono sul letto, Hajime era del tutto intenzionato a ricambiare il favore e massaggiare con dedizione la schiena nivea del fidanzato.
Che non avesse la minima idea di dove mettere le mani, era un altro discorso.
Tooru pareva estremamente esperto quando lo massaggiava, assumeva quasi un certo non so che di professionale mentre le sue dita premevano sui nodi muscolari.
Sembrava un gesto naturale, un’altra di quelle cose in cui Tooru eccelleva per grazia divina da aggiungere alla lista insomma.
Hajime invece era l’opposto. Forse per vergogna – perché in realtà si vergognava da matti in quel momento – o forse per inesperienza, ma proprio non sapeva che fare e dove mettere le mani per iniziare a massaggiare.
“Iwa-chan, quanto vuoi farmi aspettare?” Chiese Tooru lamentoso, voltando la testa di lato per poter guardare il fidanzato che troneggiava sopra di lui.
E quelle guance rossissime e quello sguardo imbarazzato gli scaldarono il cuore come non mai.
“O-ora inizio, va bene? Non mettermi fretta!” Aveva risposto Hajime un po’ burbero perché preso in contropiede, quindi aprì la boccetta di crema con un gesto veloce e stizzito delle dita e sospirò rumorosamente cercando di rilassarsi.
Era solo un massaggio, dannazione! Non doveva essere così difficile come appariva per lui! 
Oikawa era così naturale nei gesti e nei movimenti che Hajime si scioglieva fra le sue dita come burro su una padella.
“E che cavolo!” Borbottò fra sé e sé spruzzando la crema un po’ a casaccio sulla schiena di Oikawa. Quest’ultimo sobbalzò per il freddo a contatto con la sua pelle delicata e brontolò piagnucolando suggerendogli di scaldarla fra le mani prima di applicarla sul suo corpo perfetto.
Hajime sbuffò ancora, ma fece come gli era stato detto e ripulì la schiena del fidanzato per poter iniziare nuovamente.
Stavolta la crema al frappuccino – dall’odore davvero eccezionale, ma che Hajime non avrebbe mai ammesso ad alta voce – la spruzzò sulle sue mani e poi iniziò a sfregarle fra loro come gli era stato suggerito. I granelli nella crema facevano un po’ di frizione fra I palmi, ma non era dolorosa.
Poi poggiò le mani sulla schiena di Oikawa e rimase così, fermo immobile senza sapere dove farle vagare, cosa toccare e cosa no.
Si sentiva un vero cretino in quel momento, si vergognava da matti, e Tooru che girava lo sguardo verso di lui ogni trenta secondi non aiutava affatto.
“Iwa-chan, alle sei ho gli allenamenti con la nazionale, ce la facciamo per quell’ora?” Cantilenò divertito, Oikawa, godendosi le innumerevoli sfumature rosse che attraversarono le guance del fidanzato.
“Non ho la minima idea di cosa fare adesso.” Confessò Hajime, incassando la testa fra le spalle colpevole.
Oikawa sorrise in risposta, intenerito dalla situazione, mentre un’idea eccitante gli iniziava a frullare per la testa.
“Ti guido io, va bene?” Propose innocentemente e Hajime annuì.
Scelta sbagliata. Mai fidarsi fi Oikawa che sorride in modo strano.
Era una lezione che Hajime conosceva molto bene e, negli anni, aveva imparato ad applicare costantemente nelle situazioni più disparate.
Mai fidarsi di Oikawa che, sorridendo, propone di sperimentare giochini erotici nuovi che ha letto su internet.
Mai fidarsi di Oikawa che propone un bagno insieme nella loro minuscola vasca.
Mai fidarsi di Oikawa che decide di comprare profilattici alla fragola quando lui stesso è allergico alle fragole.
E, ad ogni proposta, seguiva un risvolto catastrofico degli eventi o una chiamata davvero imbarazzante al pronto soccorso.
Anche quella volta, Oikawa aveva sfoggiato il suo sorriso sghembo che non lasciava buon presagire e Hajime, dall’alto della sua esperienza, avrebbe dovuto sapere che portava solo guai.
Ma invece decise di fidarsi, come sempre, pensando un “che vuoi che succeda?” costante frase che seguiva una cazzata colossale.
“Inizia a massaggiare le spalle con movimenti circolari.” Ordinò Tooru accomodandosi meglio sul letto, sempre con quel sorrisetto malizioso stampato sulle labbra.
Hajime eseguì subito, applicando un po’ troppa forza nelle mani. Il lamentio di Oikawa giunse all’istante e con calma e dolcezza, gli spiegò di premere meno forte.
Così fece e presto Tooru riuscì a rilassarsi abbastanza sotto al tocco delle dita di Hajime. Sicuramente più di quanto pensasse.
Era estremamente sgraziato, i suoi movimenti erano spesso rudi e grossolani, ma Oikawa li trovava estremamente energici e rinvigorenti per le sue spalle.
Un mugolio estasiato abbandonò le sue labbra insieme ad un sorriso più rilassato che gonfiarono incredibilmente l’ego di Hajime.
Non credeva che sarebbe riuscito a far rilassare Oikawa con un massaggio. Non era una cosa da lui, insomma, Hajime non aveva mai fatto massaggi in vita sua, neppure quando giocava a pallavolo, figurarsi in una camera, con la luce soffusa e Oikawa mezzo nudo sotto di lui con le chiappe sode coperte soltanto da un asciugamano.
Senza volerlo, gli occhi gli caddero proprio lì, in basso, dove le fossette di venere annunciavano la morbida curva di quel culo da favola.
Mille pensieri iniziarono a vagare per la sua testa.
Pensieri sporchi, ben poco casti, immagini di mille e più amplessi consumati in tutti quegli anni di fidanzamento.
E Oikawa, piccolo genio del male, iniziò a sentire il risultato di quei pensieri sotto forma di pressione costante sulla sua coscia.
“Adesso massaggiami la zona lombare, è lì che mi viene sempre quel mal di schiena terribile.” Ordinò malizioso, sapendo già che il suo piano stava andando nella giusta direzione.
Hajime eseguì, continuando a massaggiare in circolo con le dita ed esercitando poca pressione affinché il risultato fosse piacevole.
Un altro mugolio abbandonò le labbra del fidanzato, seguito a ruota da un movimento di bacino che poteva sembrare un modo per accomodarsi meglio agli occhi dei più, ma in realtà era una mossa studiata negli anni per calamitare casualmente l’attenzione di Hajime ancora sul suo sedere.
E funzionava sempre, negli anni non aveva mai dato risvolti negativi.
Era come una calamita per il sesso, quella alzata di bacino e quella volta non faceva eccezione.
Hajime strappò via l’asciugamano dai fianchi di Oikawa e lo fece voltare supino, incontrando i suoi occhi di cioccolato che brillavano urlando “vittoria”.
Allora capì che era stata tutta una messa in scena per giungere fino a quel punto, ma dopotutto non poteva fregargliene di meno eccitato com’era.

<3

“Hai usato troppa crema, Iwa-chan! Non era il lubrificante, come hai fatto a confonderti?”
“Non mi sono messo mica a controllare, scemo! Ero preso da-… da altro!”
“Ma come hai fatto a non sentire i  grani esfolianti?! Adesso mi fa male tutto il sederino, Iwa-chan!”
“Stai zitto, MerdaKawa, sono io quello che ce l’ha esfoliato  a morte!”
 

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Capitolo 3
*** 3. Buon San Valentino! ***


3        Buon San Valentino!



Febbraio era un mese difficile per Hajime.
Il mese dell’amore, del cioccolato, dei cuori e delle coppiette innamorate. Tutte cose per cui Tooru andava ovviamente pazzo, ma da cui Hajime invece fuggiva via.
Non gli era mai piaciuta quella festa inventata solo per consumismo sfrenato di rose e cioccolato.
Non gli piaceva l’aria che si respirava in quel periodo dove tutti dovevano essere innamorati, dove una relazione pareva il sogno nel cassetto di chiunque e chi ne aveva una andava sbattendola in faccia agli altri.
Era un ragazzo innamorato, Hajime, ma non amava le manifestazioni in pubblico del proprio amore. Che fosse un bacio, tenersi per mano o abbracciarsi, riteneva tutti gesti non adatti da fare fuori casa.
Erano intimi, segreti, privati fra lui e Tooru e nessuno avrebbe dovuto fare da spettatore.
Questo suo carattere piuttosto morigerato, andava a cozzare completamente con il carattere disinibito e libero di Oikawa.
Più spavaldo, forse più coraggioso, Oikawa amava osare, spingersi sempre oltre e, con una persona chiusa come Hajime, risultava una vera e propria impresa.
A stento ricordava quante volte gli aveva chiesto di farlo nei posti più strani. O di masturbarsi a vicenda in luoghi pubblici.
Persino durante la scuola, quando il loro amore era appena sbocciato, gli aveva chiesto di farlo nello sgabuzzino degli attrezzi. E quante ancora non provasse a saltargli a dosso quando facevano le superiori.
Per non parlare della doccia dopo gli allenamenti e delle volte in cui restavano casualmente soli e chiusi dentro.
Se Hanamaki e Matsukawa avessero saputo cosa si era consumato fra quelle stesse pareti dove facevano quasi ogni giorno la doccia, probabilmente li avrebbe persi come amici e non si sarebbero più fatti sentire.
Perché sì, Hajime poteva essere morigerato e riservato quanto volesse, ma troppe volte – molte più di quante gli sarebbe piaciuto ammettere – Tooru riusciva a convincerlo a fare una grandissima stupidata.
Ricordava, prima fra tutte per vergogna e umiliazione, quella volta che si era lasciato convincere a farlo a casa dei nonni di Tooru, con tutta la sua famiglia che pranzava al piano di sotto e loro due a darci dentro al piano di sopra.
Una volta raggiunti gli altri e seduti al tavolo, la nonna di Tooru non aveva fatto altro che guardarlo storto per tutto il giorno.
Oikawa continuava a dire che era solo frutto della sua fantasia e che non avevano sentito niente gli altri. E per un po’ aveva provato a convincersene. Almeno finché non si era accorto di aver indossato la maglia al rovescio per tutto il tempo e finché non aveva notato quel succhiotto osceno sul collo del fidanzato.
Da quel giorno, le cene a casa Oikawa suscitavano un certo senso d’ansia nel cuore di Hajime e, memore di quella clamorosa figura di merda, si era ripromesso che mai e poi mai si sarebbe fatto trascinare da Oikawa in un’altra delle sue colossali cazzate.
Con questa convinzione piuttosto radicata, proprio non capiva come si fosse ritrovato a partecipare al gioco della bottiglia erotico appena inventato da Oikawa e dai suoi compagni di squadra.
O meglio, più o meno lo aveva capito dato che la bottiglia prima doveva essere stata piena e Oikawa, Kuro e Bokuto probabilmente avevano provveduto con solerzia a vuotarla molto velocemente.
Non aveva neppure capito di chi fosse la festa di compleanno – il tizio centrale che se la fa con il dj avevano detto a inizio festa – non aveva neppure capito perché era stato trascinato ad una festa di compleanno di cui non conosceva nemmeno il festeggiato. 
Gli erano sfuggiti un po’ troppi dettagli ed iniziava a sospettare che ci fosse lo zampino dietro del suo fidanzato.
Lo aveva spiato di quando in quando, lanciandogli qualche occhiata per capire se fosse l’artefice di un qualche suo subdolo piano o meno, ma gli era parso piuttosto tranquillo e disinvolto. Solitamente avrebbe indossato quel suo sorrisetto malizioso che portava solo guai. 
Prima che tutto degenerasse e si ritrovassero seduti in cerchio con il culo sul pavimento appiccicoso del locale ed una bottiglia fra loro, Oikawa si era avvicinato a lui – gli si era gettato letteralmente a dosso – investendolo con l’odore dell’alcol e aveva iniziato a strusciarglisi pericolosamente sulla patta dei pantaloni.
Hajime si era visto costretto a scrollarselo di dosso con ferma convinzione, guardandolo truce come se avesse appena commesso un peccato imperdonabile.
“Ho taaaaaanta voglia di sesso compromettente, Iwa-chan!” Aveva trillato poi, con una vocetta nasale ed una cantilena pressoché insopportabile.
“No! Assolutamente no. Non ci tengo a ripetere l’esperienza a casa di tua nonna.” Aveva dichiarato. Fermo. Autoritario. Irremovibile.
Si era detto di stare attento e non commettere stupidate.
E ancora andava domandandosi come diavolo fosse possibile che avesse acconsentito a quel gioco di spogliarello.
“Giro io!” Si era proposto Bokuto, allungando la mano per acciuffare la bottiglia vuota di vodka, ma mancandola qualcosa come quattro volte consecutive.
Il ragazzo moro al suo fianco aveva prontamente alzato gli occhi al cielo.
Con un colpo goffo di polso, Bokuto la fece roteare nel cerchio di presenti finché questa non si fermò fra Hajime e Kuro, dove un biondino mingherlino - troppo occupato dal cellulare - sostava.
“Ooooh...” fu il suono di sconcerto che si alzò nel cerchio di alcolizzati.
“No! Kenma no! Non sta giocando con noi!” Si mise subito in mezzo Kuro, barcollando sulle ginocchia e frapponendosi fra il fidanzato ed il collo della bottiglia, come se lo stesse salvando da un proiettile appena partito. 
“Non ho mai visto Kenma nudo.” Iniziò Bokuto.
“Sei troppo geloso del tuo fidanzato!” Aveva asserito Oikawa sornione.
“Allora perché non fai spogliare il tuo prezioso Iwa-chan o Akahashi?” Ribatté il moro offeso, stringendo a sé il fidanzato totalmente indifferente alla situazione.
A quelle parole, Bokuto trasalì come se avesse appena udito una bestemmia.
“Come osi! Il mio Akahaashi non si tocca!” Aveva risposto piccato, con tanto di linguaccia verso il suo interlocutore. Il moro che probabilmente doveva essere Akahashi, aveva di nuovo girato gli occhi al cielo.
“Iwa-chan è troppo bello, finireste per innamorarvi di lui! Insomma, avete visto che bicipiti! È tutto duro lì sotto!” Aveva asserito Tooru, convinto del fatto suo è totalmente indifferente alle guance rosse del fidanzato e alle occhiate di morte che gli andava lanciando.
“Motivo in più per far spogliare Iwa-chan allora!” Aveva aggiunto Kuro, rincarando la dose, ma stringendosi al petto il suo prezioso Kenma.
Akahashi infine, si frappose al cerchio di alcolizzati, prese la bottiglia e la gettò nel cestino dichiarando con voce monocolore “abbiamo dedicato a questa cosa anche più tempo del necessario.”
Internamente, Hajime tirò un sospiro di sollievo. Quella stronzata si era conclusa più velocemente di quanto avesse sperato.
È tutto sommato si era divertito a udire i botta e risposta ubriachi dei compagni di squadra di Oikawa.
Quello invece che lo preoccupava, era il sospetto silenzio che aveva improvvisamente colto il suo ragazzo.
Tooru dopotutto era come un bambino: quando stava in silenzio apparentemente buono, in realtà stava macchinando per un qualcosa di colossalmente dannoso.
E lo sapeva, Hajime, lo sentiva chiaro e cristallino che non scoraggiarlo avrebbe certamente portato a conseguenze nefaste.
Sapeva che avrebbe dovuto fermarlo sul principio, senza nemmeno sapere di cosa si trattasse.
Almeno, questi erano stati i suoi pensieri razionali. Quelli che si era ripetuto come un mantra fin da quando Oikawa gli aveva fatto cenno di seguirlo con la mano.
Il problema era sorto una volta raggiunto il guardaroba del locale, dove Tooru aveva preso a spogliarsi goffamente seguendo una danza sconclusionata tutta sua.
E avrebbe voluto fermarlo. Diamine se lo voleva…
Sapeva già che non avrebbe portato a niente di buono, ma tutto quello che riuscì a fare prima che il suo cervello disconnettesse le funzioni cognitive, fu chiudere la porta a chiave per evitare che entrasse qualcuno.
“Voglio farlo qui…” gli aveva sussurrato all’orecchio, innaffiandolo con l’aroma di vodka alla fragola.
“Non mi pare il luogo migliore… e poi sei ubriaco fradicio.” Protestò con coscienza Hajime, portando delle motivazioni rilevanti. Almeno era quello che credeva.
“Non mi interessa!” Rispose piccato l’alzatore, sfilandosi finalmente anche l’ultimo indumento dal corpo ed esibendosi dinanzi agli occhi del suo fidanzato come un pavone che fa la ruota.
Il perizoma di velo a cuoricini pareva sottile ed effimero agli occhi di Hajime e non lasciava proprio niente all’immaginazione. I merletti ed i pizzi gli carezzavano i fianchi con eleganza, mentre il filo di perle spariva fra le natiche sode senza che gli occhi curiosi di Hajime potessero vedere oltre.
“E q-quello?” Tentennò con la gola secca, schiarendosi la voce come poteva per dissimulare. Odiava quando Tooru usava i suoi punti deboli per colpirlo e costringerlo a fare ciò che non voleva. O meglio, dove non voleva.
In particolare, indumenti come perizomi strani, tute in pelle e uniformi sexy erano una debolezza che Hajime amava concedersi di quando in quando. Ovviamente Tooru era più che entusiasta nell’assecondarlo.
Filava dritto solo il fatto che Oikawa avesse avuto un briciolo di decenza e che sotto ai vestiti non si fosse messo l’uniforme da cameriera francese che tanto adorava e avesse optato per un qualcosa di più “sobrio”.
Anche se sobrio non era proprio la parola che stava pensando in quel momento, mentre non riusciva a staccare gli occhi dalla zona bacino di Tooru che gli si mostrava a trecentosessanta gradi con piroette sensuali e carezze bollenti.
“L’ho comprato per San Valentino, ti va di festeggiare?”
Hajime non seppe come replicare. Non riusciva a trovare alcuna motivazione buona e solida per poter rifiutare una tale proposta allettante.
Gli occhi che si sfamavano della figura sinuosa e sensuale di Oikawa, le mani che non riuscivano a stare ferme su quel corpo candido e perfetto e quell’erezione che premeva prepotente nei suoi jeans troppo stretti.
Per un secondo gli parve anche una buona idea. Ma sì, cosa poteva andare storto dopotutto? Erano in un guardaroba chiuso a chiave, chi mai sarebbe entrato?
E infine, con queste effimere convinzioni ed il cervello fottuto dalla libido, Hajime cedette.
Ma sapeva che sarebbe stato un disastro. In cuor suo sentiva che qualcosa sarebbe piombato a scombussolare i loro piano.
Lo sentiva come una premonizione, come un sesto senso.
Qualcosa sarebbe andato storto.
Non sapeva cosa, ma qualcosa sicuramente sarebbe andata male.
Come la telecamera piazzata nell’angolo in alto del guardaroba per esempio, che registrava e trasmetteva ad uno schermo, ciò che stava avvenendo.
Come Bokuto e Kuro davanti a quello schermo con i cellulari in mano e la fotocamera che scattava una foto dopo l’altra fra le risate più ubriache che si fossero mai sentite.

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Capitolo 4
*** 4. La dichiarazione ***


4.       La dichiarazione 




Se c’era una cosa che Tooru Oikawa detestava, erano le ragazze che gironzolavano intorno ad Hajime.
Fin da quando erano bambini, le ragazzine avevano da sempre decantato il loro amore solo per lui e Iwa-chan se ne era sempre rimasto buono buono a guardare in un angolo.
Nessuna si era mai interessata a lui, soprattutto nei primi anni di medie, quando Hajime era un burbero bimbetto tutto brufoli e parolacce.
Era persino mingherlino nonostante fosse fra i più alti della classe insieme a Tooru.
Ovviamente, al contrario, Tooru già da giovanissimo aveva iniziato a curarsi dell’aspetto esteriore e subito le ragazze di tutta la scuola erano cadute ai suoi piedi.
Ricordava ancora di quando, tornando a casa, si ritrovava la cartella piena di lettere d’amore.
Febbraio poi, con San Valentino, era un vero delirio!
Le scatole di cioccolato gliele lasciavano persino nella giacca e nelle scarpe!
In tutto questo, Hajime si era sempre lamentato di come tutte fossero prese dal suo migliore amico e non lo considerassero.
“Come potrebbero mai, Iwa-chan! Con quel tuo caratteraccio e quei brufoli?!” Lo aveva preso in giro al tempo, canzonandolo in quel modo giocoso come avevano fatto altre mille volte.
Quella volta però Hajime non aveva risposto, non aveva reagito, si era limitato a sorridere tristemente e filare a casa.
In quel momento, Tooru capì di aver esagerato ed era disposto a rimediare perché, dopotutto, forse non aveva semplicemente compreso quanto Hajime tenesse a quelle frivolezze che lui dava per scontate.
Il giorno dopo si era quindi recato a casa sua prima del solito.
Evento eccezionale, dato che solitamente era Hajime quello che si piazzava nel vialetto di casa sua insultandolo in tutti i modi se non si fosse spicciato a farsi quella dannata piega ai capelli.
Lo aveva chiamato a gran voce – per una volta che era in anticipo, voleva proprio godersela – e aveva atteso che uscisse con il solito broncio con cui lo accoglieva ogni mattino e qualche offesa gratuita.
Invece si era ritrovato davanti un altro ragazzo.
I brufoli erano miracolosamente spariti, la sua pelle era molto più liscia e curata, persino i suoi capelli parevano più domati del solito.
“Non guardarmi in quel modo! Mi sono fatto portare dall’estetista da mia madre.” Si era giustificato Hajime arrossendo leggermente. Evidentemente a disagio per il modo idiota con cui Oikawa lo stava fissando.
Il problema era proprio che in quel momento esatto, Oikawa aveva sentito qualcosa dentro di lui cambiare.
Non aveva mai guardato Hajime, non lo aveva mai guardato con occhi interessati.
Iwa-chan era il suo amico, il suo migliore amico e così sarebbe sempre stato.
Almeno così credeva.
Si era portato una mano alla guancia e si era scoperto ad arrossire davanti al suo migliore amico con un batticuore irrefrenabile nel petto.
Non si era mai accorto di quanto Hajime fosse bello… non si era mai accorto neppure di quanto gli piacesse.
E Tooru sapeva benissimo che quella era stata la primissima volta in cui aveva provato interesse per lui.
Un sentimento innocente, puro è meraviglioso che lo aveva accompagnato per tutti quegli anni e che li aveva uniti insieme nella vita.
C’erano state delle ragazze che si erano interessate, come lui, al nuovo Iwa-chan.
In particolare, Oikawa ricordava una morettina mingherlina e con gli occhialoni che era solita arrossire visibilmente ogni qualvolta il suo Iwa-chan le passasse davanti.
Era diventata irritante e vederla struggersi d’amore per il ragazzo che piaceva anche a lui, era una cosa che non riusciva più a tollerare.
Fortunatamente ci pensò il fato a metterla al suo posto, quando, l’ultimo giorno di scuola media, lei gli aveva chiesto timidamente il secondo bottone della divisa e Hajime aveva detto di averlo perso.
Quella sera stessa, tornando a casa in una via di ciliegi in fiore, baciati dai caldi raggi di un sole morente, Hajime gli aveva donato il suo bottone e rubato il suo primo bacio.
Un sorriso nostalgico gli distese le labbra al sol ricordo, mentre continuava a scrutare ossessivamente e senza sosta il suo ragazzo che chiacchierava allegramente con una morettina accanto al distributore del caffè.
E lui, seduto su una sedia, con un accappatoio a coprirlo prima che iniziassero a fotografarlo, non riusciva a darsi pace guardandoli fare amicizia come se si conoscessero da una vita.

Eccola ridere alle sue battute…

Hajime non è così divertente.

Ora gli sfiora la spalla amichevole…

E si conoscono da pochi minuti. Fosse stato un giorno intero gli avrebbe tirato le mutande in faccia!

“Oikawa-san, siamo quasi pronti per cominciare.” Lo informò il sensei Takoyama, sorridendo gentile sotto ai suoi baffetti scuri che Oikawa trovava davvero ridicoli.
D’improvviso, gli tornò in mente ciò che era accaduto qualche mese prima, ad un certo servizio fotografico, con un certo Iwa-chan deliziosamente geloso. E un’idea birichina gli carezzo dolce la mente.
Sfoggiò il suo sorriso più suadente, si strinse nelle spalle e sciolse l’accappatoio lentamente, dando tutto il tempo al sensei di osservarlo per bene.
Gli occhi verdi incandescenti di Hajime furono subito su di lui.
“Io sono pronto quando vuole, sensei” Rispose garbatamente, ammiccando un sorrisetto malizioso come saluto.
Il fotografo ghignò soddisfatto in risposta, allontanandosi lentamente non senza inciampare nei suoi passi qualche volta.
Nel senso opposto, Hajime salutò distrattamente la ragazza e si fiondò su Tooru senza guardarsi indietro.
Quanto gli era mancato il suo Iwa-chan gelosone!
“Mi spieghi quello che ho appena visto?” Aveva iniziato senza fermare un secondo lo sguardo che rimbalzava frenetico dal fidanzato al fotografo e viceversa.
“Lo sai che non sopporto quel viscido-…”
“E spiegami invece quello che ho dovuto vedere io, Hajime.” Lo interruppe lento, Tooru, scandendo bene ogni sillaba del suo nome e calamitando inevitabilmente l’attenzione del fidanzato tutta su di sé.
Lo aveva chiamato per nome. Non era mai un buon segno.
“Che intendi?”
“La ragazza che ci provava con te.” Aveva risposto ammiccando con lo sguardo nella direzione della brunetta con un’aria davvero molto familiare. Gli sembrava proprio di averla già vista, ora che la guardava bene, ma non riusciva a ricordare dove.
“Hana è-…”
“Oh! Ha anche un nome,
Non mi dire…” Lo interruppe subito, senza dargli il tempo di spiegare. Esattamente come Hajime detestava. E probabilmente era la cosa più immatura che avesse mai fatto in vita sua.
Cercare di litigare con Hajlme per una sciocchezza come quella era davvero troppo, ma nel suo stomaco ribolliva ancora un calderone di bollente gelosia e voleva davvero rovesciarglielo tutto a dosso senza pensarci due volte.
“Cos-…”
“Scommetto che sai già la sua taglia di reggiseno!” 
“Sei ridicolo Tooru.” Gli aveva risposto Hajime. Fermo, severo.
Aveva aggrottato le sopracciglia in modo diverso dal solito. Sembrava quasi ostile nei suoi confronti stavolta.
La sfumatura verde dei suoi occhi era divenuta davvero molto più cupa… e Tooru sentì il bisogno di proteggersi da quello sguardo che lo faceva sentire così inadeguato.
“Continua pure, non stai migliorando la tua situazione.” Gli aveva risposto con un filo di voce, più per tenere il punto preso che per dire qualcosa realmente.
“Hana è una collega all’università e le ho gentilmente chiesto gli appunti dell’ultima lezione perché i miei non sono abbastanza dettagliati.”
E adesso si sentiva davvero uno stupido.
“Oh…”
Cavolo se si sentiva stupido.
Era stato in un angolo a morire di gelosia, aveva tentato di litigare con Hajime – il suo Hajime – e tutto solo per degli stupidi appunti!
“Beh, avresti potuto anche dirmelo!”
Ma aveva ancora una posizione da mantenere e riconoscere apertamente di aver fatto una cazzata non era affatto nello stile di Tooru Oikawa.
Hajime sorrise stanco in risposta, ma pareva divertito, rilassato.
Gli si accostò furtivo, guardandosi intorno circospetto prima di rubargli un timido bacio dalle labbra e allontanarsi rosso come un peperone senza neppure riuscire a guardarlo in faccia.
Tooru si sciolse a quel fugace e labile tocco.
Era come tornare ragazzi, quando si nascondevano da tutti per rubare qualche momento di dolcezza fra loro.
Era come se Hajime gli confessasse ancora, dopo tutti quegli anni, che provava lo stesso sentimento per lui.
Sia lo sconfinato amore, che la tremenda timidezza, ma era pronto a vergognarsi per un semplice bacio dato in pubblico pur di non rinunciare a lui.
E per Tooru quella era la dichiarazione d’amore più bella che avesse mai ricevuto.

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Capitolo 5
*** 5. Kageyama ***


5.       Kageyama



Non ci credeva ancora.
Se solo i suoi splendidi occhi castani non fossero stati aiutati dalle sgraziate lenti spesse degli occhiali, avrebbe certamente dubitato di sé e si sarebbe dato dello sciocco.
Non aveva mai avuto problemi di udito, ma evidentemente era giunta l’ora di andare a farsi una bella visita.
Prima non avrebbe mai dubitato dei suoi sensi. Prima non avrebbe mai avuto così tanti dubbi mescolati a così tanta rabbia che gli ribollivano insieme nello stomaco come la zuppa in una pentola pronta ad esplodere.
Tutto questo però era prima.
Poco prima che quel moretto insopportabile varcasse la porta dello spogliatoio insieme al gamberetto rosso accompagnati dall’allenatore.
E Tooru era certo che il suo viso avesse repentinamente cambiato espressione, dato che Bokuto gli aveva dato una gomitata per cercare di farlo rinsavire.
Non era riuscito a capire niente di quello che era stato detto nello spogliatoio dal coach. Non era riuscito a cogliere nemmeno il motivo della presenza di Kageyama lì, nello spogliatoio della Nazionale maschile con uno sguardo fiero ed un sorriso che a stento riusciva a trattenere la reale emozione del ragazzo.
Era stato chiamato dall’allenatore più volte, ma non era riuscito a capire il suo nome.
C’era voluto l’intervento di un’altra gomitata, stavolta di Kuro, per farlo rinsavire.
“Kageyama è un promettente alzatore, conto su di te, Oikawa, affinché impari presto i nostri schemi.”

“MA ANCHE NO! Mi basta vedere ogni giorno la brutta faccia di Ushijima!” Aveva berciato sgraziatamente Oikawa, lanciando il borsone degli allenamenti a terra sotto lo sguardo sbigottito di Hajime.
“Giornataccia?”
“Puoi ben dirlo! Indovina chi è entrato a far parte della Nazionale?”
“Kageyama Tobio.” Rispose Hajime tranquillamente, sfilandosi gli occhiali da lettura ed abbandonandoli sulla scrivania accanto al pc. Sullo schermo, le ultime notizie sulle nazionale giapponese ed i loro ultimi acquisti.
“Esattamente! Quell’irritante moccioso continua a tormentare la mia vita!” Si lamentò Oikawa lasciandosi cadere pesantemente sul divano bianco in pelle che troneggiava all’interno del loro salone.
“È un valido alzatore, sarebbe stato da stupidi non metterlo nella rosa dei giocatori.” Considerò Hajime. Sempre estremamente diplomatico quando si trattava di una delle crisi isteriche de suo ragazzo.
“Lo so! Ed è proprio questo il problema! Speravo avesse perso tutto il suo talento innato!”
“E come avrebbe potuto? Ha continuato ad allenarsi duramente, è migliorato molto e-…”
“E mi tocca pure insegnargli i miei schemi, Iwa-chan!” Lo interruppe Oikawa sbattendo le mani sui cuscini del divano.
Perfetta imitazione di un bambino piagnone ed Hajime non riuscì a negare al suo cervello di fare quel parallelismo.
“Quindi è questo il vero problema?” Chiese sospirando, conscio di essere finalmente giunto al motivo di quell’infinita lamentela.
“Certo che sì!” Confermò piagnucolando Tooru e tirando su con il naso. Un bambino, appunto.
“Sono i miei schemi, perché dovrei dividerli con lui?”
“Perché te lo ha chiesto l’allenatore immagino.” Rispose prontamente Hajime alzandosi dal suo posto per sedersi vicino al fidanzato e lasciare che quest’ultimo gli si accoccolasse sul petto in cerca di consolazione.
Consolazione che non tardò ad arrivare sottoforma di dolci carezze sui boccoli castani che profumavano ancora di shampoo alla pesca.
“Non voglio che prenda il mio posto, Iwa-chan…” Confessò infine Tooru, stringendosi maggiormente al fidanzato ed affondando il viso nel suo petto.
“Non lui… ancora!”

“Non accadrà, stai tranquillo.” Rispose Hajime stampandogli un bacio fra i capelli profumati.
“Sono venuti tanti alzatori dopo di te, ma sei rimasto sempre il solo ed unico titolare indiscusso. Perché dovrebbe essere diverso stavolta?”
“Lo credi davvero?” Chiese Tooru flebilmente, con una vocina piccola e minuta, timida e nasale, tipica di chi è sul punto di piangere.
“Certo che sì. Anche se non te lo dico mai, sei un vero fenomeno in campo.”
“DAVVERO?!” Scattò all’erta Tooru, drizzando le antenne in modalità “recezione di un complimento da parte di Iwa-chan il rude”, con gli occhioni nocciola spalancati puntati nei suoi e un timido sorrisetto sulle labbra pregno di aspettative che non volevano essere deluse.
“Non te lo dico una seconda volta!” Rispose Hajime stroncando il momento e l’entusiasmo di Tooru n mille pezzi.
“Il tuo ego è già smisurato così com’è anche senza i miei complimenti!”

Gli allenamenti erano diventati estenuanti. Tooru era incredibilmente nervoso e a stento riusciva a sopportare ogni singolo giocatore della squadra. Aveva da ridire su tutto, non era mai contento e quel moccioso non faceva altro che ricevere consensi su consensi da tutti.
L’allenatore pareva tessere le sue lodi, la federazione puntava tutto su quel moccioso insolente che, con i suoi schemi di gioco, riusciva a sfondare i muri degli avversari grazie a quel gamberetto salterino.
Trovava pace, Oikawa, solo la sera, fra le braccia del suo grande amore, ascoltando il suo respiro fra i capelli ed annusando il suo profumo.
Hajime era la sua salvezza. Hajime era la sua roccia. Hajime era tutto per lui.
E vi si aggrappò con tutto sé stesso, strenuamente, anche quando durante l’allenamento cadde scivolando e si fece male a quel suo ginocchio già malandato.
Ma non aveva paura. Hajime sarebbe stato lì per lui comunque.

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Capitolo 6
*** 6. Fiorellino-chan ***


6. Fiorellino-chan        




Tooru fissava la scena appollaiato sul bancone della cucina con una tazza di the in mano ed il sopracciglio inarcato scetticamente.
La ragazza dai capelli scuri e perfettamente lisciati in un caschetto che a stento le sfiorava il collo, rideva timidamente con le guance arrossate ad ogni parola che Hajime pronunciava. Nervosamente si sistemava i suddetti capelli dietro l’orecchio e non perdeva mai occasione per guardarlo di nascosto con i suoi occhioni verdi. Pareva così dolce e delicata… proprio come un fiorellino appena sbocciato.
I libri davanti a lei, neppure li aveva degnati di uno sguardo.
Al contrario, si era avvicinata sempre di più ad Hajime in quella sessione di studio intensivo pre-esame che a Tooru pareva tutto tranne che una sessione di studio pre-esame.
Avrebbe preferito di gran lunga allenarsi piuttosto che assistere a quella tortura un secondo di più. Ma il suo ginocchio malandato aveva deciso per lui. E il suo fisioterapista era stato categorico: niente sforzi e niente allenamento fino a data da destinarsi.
Tanto ormai avevano Tobio-chan a sostituirlo… scosse la testa ed ingoiò il magone che gli si stava formando nel petto.
Non era una bella prospettiva, ma piuttosto che vedere Tobio-chan che gli prendeva il posto in squadra, avrebbe preferito continuare ad osservare ancora il suo Iwa-chan alle prese con il gentil sesso.
Tornò a puntare il suo sguardo di fuoco su Hana-chan.
La ragazza era composta, ordinata e schifosamente gentile con il suo Hajime. Si era avvicinata fin troppo a lui, tanto da arrivare a far sfiorare le loro spalle per un numero fin troppo elevato di volte affinché risultasse casuale.
E quello stupido orco di Hajime neppure si era accorto della moltitudine di segnali che la ragazza andava inviandogli.
Tooru invece, dall’alto della sua lunghissima esperienza in quanto a ragazze innamorate di lui, aveva capito subito che la situazione era fin troppo ambigua e sospetta per essere solamente un caso.
Almeno questo era quello che pensava dopo la prima sessione di studio, ma aveva preferito tacere e non tirare conclusioni affrettate.
Prima di parlare con Hajime aveva bisogno di prove un po’ più evidenti del solo sospetto.
E poi, sotto sotto, era pure contento che Hajime avesse trovato un’amica all’università. O almeno questo era quello che si era detto mentalmente osservandoli all’inizio. Poi aveva velocemente cambiato idea vedendoli insieme così affiatati.
In verità, altro non aspettava che lei se ne andasse per poter parlare con il suo Iwa-chan liberamente e metterlo finalmente in guardia da Fiorellino-chan.
Sorseggiò il suo the lentamente, squadrandola con gelosia anche quando lei si sporse ancora più vicina al suo Hajime per indicargli una frase del libro che non aveva capito.
Attese pazientemente, Tooru, senza mai abbandonare la stanza e seguendoli con lo sguardo come una telecamera instancabile.
E quando infine Fiorellino-chan aveva alzato lo sguardo verso l’orologio della cucina e aveva esclamato con fin troppa enfasi per i gusti di Tooru “oh cielo! Si è fatto tardissimo Hajime-san!”, che si era sentito finalmente sollevato ed aveva riniziato a respirare tranquillamente.
Con un sorriso forzato stampato sulle labbra, aveva assistito anche a quell’ultima scena non desiderata dove il cavalleresco Hajime si era prestato ad aiutare la donzella in difficoltà a radunare le proprie cose.
Tsé! Fosse stato per Tooru gliele avrebbe cortesemente lanciate dalla finestra. Magari anche lei, se avesse gradito seguire i suoi libri e non separarsene. E il fatto che lui e Iwa-chan abitassero al settimo piano era tutto dire.
Finalmente la porta si chiuse e Hajime lo raggiunse in cucina con un sorriso soddisfatto sulle labbra, ma il viso segnato dalla stanchezza di ore interminabili di studio.
“Allora? Com’è andata?” Chiese Tooru con un sorriso talmente tanto tirato che a momenti gli si sarebbe sgretolata la faccia.
“Come se tu non lo sapessi. Non ci levavi gli occhi di dosso.” Rispose Hajime prendendo un sorso d’acqua e guardando il fidanzato con malcelata ironia.
Non gli dispiaceva affatto avere Tooru più in giro per la casa, ma vedere come lo controllasse quando studiava con Hana gli metteva letteralmente i brividi.
Un conto era essere gelosi, ben altro era stalkerarli mentre stavano insieme.
Tooru gonfiò le guance offeso e finì il restante the prima di abbandonare la tazza nel lavello e scendere dal piano cucina.
“Ci prova con te spudoratamente, non la sopporto e tu non sei carino a prendermi in giro per questo.” Rispose piccato.
Che cavolo! Aveva le sue buonissime ragioni per non farsi andare bene Fiorellino-chan, la sua presenza in casa e il modo con cui ci provava schifosamente con il suo ragazzo senza curarsi della sua presenza lì!
La risata di Hajime come risposta fu peggio di uno schiaffo in pubblico.
“Tooru, io e Hana siamo amici, mentre noi due stiamo insieme da anni e ancora ti preoccupi che possa fuggire da te?! Andiamo, sei ridicolo…”
Tooru sorrise tristemente e decise di lasciar perdere la sua gelosia bruciante.
Finse di non accorgersi del modo sgarbato con cui Hajime non aveva preso affatto in considerazione i suoi sentimenti di dubbio e gelosia.
Si morse l’interno della guancia e continuò a recitare la parte, scherzando con il suo ragazzo di quello che in realtà per lui rappresentava un vero e proprio problema.
Hana non le piaceva. Non le piaceva che frequentasse Hajime e non le piaceva il modo in cui interagivano fra loro.
Sembravano troppo intimi, troppo amiconi inseparabili…
Vedere Hajime comportarsi con lei nell’esatto modo in cui si comportava con lui, gli aveva fatto innegabilmente male.
Lui e Hajime erano legati da anni di sentimenti che poi si erano trasformati in qualcosa di diverso. Qualcosa che era un di più desiderato da entrambi con tutto il cuore.
E vederlo così, sereno e spensierato, autentico come solo Tooru poteva dire di conoscerlo, gli aveva spezzato il cuore.
In più, c’era il fatto che Fiorellino-chan non lo perdesse un secondo di vista. Erano sempre insieme. Sempre.
Quando Hajime era a lezione e si scambiavano qualche sms fugace, lei era lì con lui. E ne era certo, Tooru. Ormai quella ragazza era diventata una presenza costante nelle loro vite.
Nella vita di Hajime soprattutto.
E Tooru non riusciva a non sentirsi spodestato da quello che era sempre stato il suo trono legittimo.
Di punto in bianco Hana pareva essere diventata il fulcro della vita del suo ragazzo e se lui era – giustamente – geloso di questo cambiamento, Hajime gli rideva in faccia sfanculando bellamente i suoi sentimenti a riguardo.

Hana è stata così gentile da prestarmi gli appunti di oggi, dato che tu non la smettevi di mandarmi sms e distrarmi.

Hana mi ha accompagnato al kombini dietro casa e abbiamo fatto la spesa insieme.

Non torno a casa per pranzo, ho le lezioni fra un’ora e non ne la faccio. Ma non preoccuparti, Hana mangia un panino al volo e mi ha chiesto di farle compagnia.

Hana di qui e Hana di là!
Hana era ovunque e sempre, non passavano giorno insieme in cui non le arrivasse una sua chiamata o un suo sms.
E Tooru si sentiva inesorabilmente tagliato fuori dalla loro stessa relazione.

È solo un’amica, smettila di farne un dramma!

Hajime pareva non aver preso sul serio quello che per lui era un vero dubbio. Si domandava spesso se Hajime avesse notato quanto lei ricercasse le sue attenzioni o quanto insistentemente lei gli ronzasse intorno senza una reale ragione.
E si chiedeva anche perché Hajime non la fermasse di proposito.
Spesso si chiedeva il motivo per cui il suo ragazzo non tracciasse una netta linea di demarcazione fra lui e Fiorellino-chan.
Glielo aveva chiesto quel giorno e l’unica risposta che aveva ottenuto era stata una risata che gli aveva spezzato il cuore.

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Capitolo 7
*** 7. Sms ***





7.         Sms 





Hajime non aveva mai avuto una paura concreta vera e propria, un qualcosa che temeva così tanto da pietrificarlo sul posto, un qualcosa che scatenasse in lui una reazione così devastante da fargli mancare il respiro.
Fino a qualche giorno prima, alla domanda “cosa ti spaventa di più?” Hajime avrebbe risposto una cosa qualunque e astratta come la morte o il futuro incerto.
Credeva fermamente che le paure fossero tutte irrazionali e che, se affrontate di petto, si potesse superare tutto con la propria forza di volontà.
Ovviamente aveva avuto paura, molte volte in verità: prima di una partita, paura di perdere, paura di non riuscire in qualche esame, paura di fallire.
Ma aveva sempre preso ogni cosa di petto, qualsiasi problema, qualsiasi timore, affrontando tutto senza tirarsi indietro. Perché le paure sono solo blocchi mentali che ci poniamo quando non ci sentiamo sicuri davanti ad un ostacolo.
Questo era quello che credeva fino a quella mattina, quando un inatteso quanto inaspettato Oikawa gli aveva mandato un sms strano.
Non che di solito Tooru scrivesse trattati o saggi via sms, anzi, solitamente erano frasi sdolcinate, frivole, piene di emoji dal contenuto intellettuale simile a quello che avrebbe scritto una scolaretta di dieci anni.
Quindi, quell’sms senza faccine o cuoricini vari, serio, aveva spaventato Hajime più di ogni altra cosa.
E mille domande avevano iniziato ad affollargli la mente senza trovare una risposta soddisfacente che lo facesse calmare.
 
Sono stato dal dottore. Potresti tornare a casa appena finite le lezioni?
 
Niente emoji. Niente cuoricini.
Quindi Oikawa era serio e senza voglia di scherzare. E già questo di per sé era una potenziale catastrofe!
Le rare volte in cui lo aveva visto serio, ma serio davvero, erano solo due: il funerale di suo nonno e quando gli aveva detto di amarlo.
Ora, Hajime non credeva davvero che Tooru lo facesse correre a casa per dirgli che lo amava. E lasciare l’unica altra tragica opzione come quella più papabile, non lo lasciava tranquillo neppure un po’.
Ripose il telefono in tasca dopo aver inviato un frettoloso “ok” e tornò a prestare attenzione alla lezione.
Era la penultima in fondo, ed era appena iniziata. Avrebbe avuto ancora due ore e poi sarebbe corso a casa.
Hana al suo fianco lo vide irrigidirsi improvvisamente e s’incuriosì.
“Tutto bene?” Chiese piano, con quei suoi occhioni da cerbiatta che lo scrutavano alla ricerca di qualche indizio.
“Non lo so… Tooru è stato dal dottore e penso sia una cosa seria.” Spiegò velocemente cercando di ascoltare le parole del professore.
Praticamente aria vuota per le sue orecchie.
“Mi dispiace…” rispose Hana gentile, allungando una mano sulla sua per stringergliela con affetto.
Hajime le sorrise grato, sinceramente felice di aver trovato un’amica come lei.
“Se posso fare qualcosa…”
“Prestarmi i tuoi appunti, oggi non ci sono molto con la testa.” Il sorriso di conferma che ricevette lo rassicurò un sacco.
Prese nuovamente la penna fra le mani e cercò di prendere appunti. Quantomeno far finta di farlo.
Il professore andava scrivendo qualcosa sulla lavagna, ma la testa di Hajime era ancora a quelle parole.
Oikawa che gli annunciava di aver visto un medico e di tornare a casa il prima possibile con un freddo messaggio.
Hajime non era paranoico. E poteva fieramente affermare di non esserlo mai stato. Almeno fino a quel momento.
Fanculo.
Cacciò nella tracolla il quaderno e la penna e si fiondò fuori dall’aula abbozzando ad un’emergenza improvvisa a casa scusandosi con il professore.
Uno sguardo veloce verso Hana ed un cenno con la testa in risposta.
Lei aveva capito e gli avrebbe coperto le spalle.
In men che non si dica era già a correre fra le vie di Tokyo perché aveva perso la metro e non conosceva gli orari dei mezzi pubblici.
Fanculo. Fanculo. Fanculo.
Arrivò a casa dopo quarantacinque minuti di corsa pazza e disperatissima, salendo le scale a due a due perché la vecchiaccia del quarto piano gli aveva letteralmente fregato l’ascensore da sotto al naso.
Fanculo!
Spalancò la porta di casa trafelato, ansante, sudato come non mai e pallido come un lenzuolo.
“Hajime…” lo salutò Tooru un po’ sorpreso con un sorriso traballante e gli occhioni lucidi dietro le spesse lenti degli occhiali.
Sul tavolo della cucina, davanti all’alzatore, spiccavano mille e più fogli riportanti lo stemma dell’ospedale e due radiografie.
Il cuore di Hajime si fermò in quel preciso istante.
Il suo Tooru era forte. Il suo Tooru era la persona più forte che conosceva, una di quelle persone che si piegano, ma non si spezzano, una di quelle persone che si rialzano sempre e comunque.
Soprattutto, il suo Tooru non piangeva mai davanti a lui. Teneva per sé e per la notte le sue fragilità. Forse per vergogna, forse per orgoglio, ma Hajime rispettava questa decisione e non gli aveva mai chiesto niente. Gli stava vicino, sempre, rispettando i suoi spazi ed i confini personali che aveva tracciato.
“T-ti aspettavo fra un po’… è saltata qualche lezione?” Chiese l’alzatore sfilandosi gli occhiali ed asciugandosi gli occhi con il dorso della mano.
“Sono corso via.” Confessò chiudendo la porta ed avvicinandosi al tavolo.
L’occhio gli cadde sulla radiografia, ma non ci capì nulla, così spostò lo sguardo su un referto medico riportante la data di quel giorno.
Lesione grave.
Cartilagine quasi assente.
Rotula lesionata.
Operazione.
“Tooru…” non sapeva nemmeno cosa dire davvero, come iniziare, cosa chiedergli.
Sapeva soltanto che avrebbe fatto male ad entrambi e al suo Tooru, la persona più forte che conosceva, avrebbe fatto anche più male.
Quindi lo strinse a sé, depositandogli un bacio delicato fra i boccoli castani, mentre le braccia dell’alzatore gli andavano stringendo i fianchi.
Rimasero così per minuti interminabili, finché Tooru non tuffò la faccia sulla maglia sudata di Hajime e non pianse ogni lacrima che il suo corpo era in grado di produrre. E ancora rimasero così, stretti l’uno all’altro, cercando reciprocamente forza l’uno nell’altro.
Perché avevano affrontato tutto insieme, sempre, e così avrebbero continuato a fare.
Quello era solo l’ennesimo ostacolo che li spaventava, ma lo avrebbero affrontato e superato. Insieme.

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