Dieci giovani maghi

di Carme93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alice e il gattino ***
Capitolo 2: *** A riveder le stelle ***



Capitolo 1
*** Alice e il gattino ***


[Prompt 1: 4 (Alice Paciock Jr.) trova un gatto/cane abbandonato. Non può prendersene cura, così lo lascia di nascosto davanti casa di 2 (Albus Severus Potter) o 6 (Fred Weasley Jr.)].






 
 
 
Alice e il gattino
 


 
 
Diagon Alley era gremita, ma non quanto le ultime settimane di agosto, quando gli allievi di Hogwarts e le loro famiglie si accalcavano per compiere gli acquisti necessari per il nuovo anno scolastico.
Alice Paciock, però, si stava annoiando terribilmente: conosceva a menadito il piccolo centro totalmente magico avendovi abitato per almeno dodici anni della sua vita, perciò ne conosceva perfettamente i negozi e le loro mercanzie. L’unico che le interessasse veramente era Accessori di Prima Qualità per il Quidditch, ma non aveva uno zellino per cui era inutile anche solo avvicinarsi.
Calciò un sassolino e lo osservò scivolare lungo la via poco più avanti. 
Sua madre era stata crudele a trascinarla a fare spese pur sapendo che si sarebbe annoiata. In più, colmo dei colmi, aveva tentato di comprarle una veste elegante da Madame McClan. Ma scherziamo? A un simile affronto Alice aveva girato i tacchi e lasciato il negozio. Sicuramente al ritorno si sarebbe beccata una doppia ramanzina: prima dalla madre poi, a casa, da suo padre per aver lasciato la mamma da sola con la sorellina piccola. In realtà un piccolissimo senso di colpa fece capolino al pensiero delle tante buste e della bimba, ma lo scacciò all’istante: da quando erano tornati da Hogwarts sua madre non faceva che stressarla per i suoi voti e per il suo comportamento – inammissibile, a suo dire –  e ora quell’idea balzana di comprarle un vestito elegante per la festa di compleanno di suo fratello. Festa, tra l’altro, che suo fratello manco voleva! E loro madre si ostinava a non ascoltarlo. Hannah Paciock era sempre stata fantastica, ma con l’età stava mostrando qualche problema di udito o comprendonio – stessa cosa a parere di Alice -.
Stizzita, la ragazzina calciò di nuovo il ciottolo di prima che non aveva perso d’occhio. Lo raggiunse e lo colpì ancora, ma con più rabbia. Il fedifrago schizzò via e andò a colpire un signore sul ginocchio. Questi si voltò verso di lei e i loro sguardi si incrociarono per un attimo, poi lei scivolò rapidamente nel vicolo più vicino.
Ci mancava solo quella! C’era anche il rischio che l’avesse riconosciuta: per anni sua madre aveva gestito il Paiolo Magico e suo padre era insegnante e vicepreside di Hogwarts, oltre che riconosciuto esperto di Erbologia.
Il vicolo era molto silenzioso rispetto alla via principale, tanto che All’improvviso percepì un flebile suono e iniziò a muoversi in quella direzione. Più si addentrava più il rumore si attenuava e più quel suono, ancora forte, diveniva forte. Sembrava un gemito. Poteva essere un bambino?
Alice svoltò a destra e il suono divenne chiaro: era un miagolio!
Alice aumentò il passo, ma non si mise a correre in modo da non rischiare di farsi sfuggire qualche dettaglio. Continuò a camminare per altri cinque minuti finché si rese conto che il miagolio era così da forte da dover essere vicinissimo a lei, sebbene non vedesse nulla. Si guardò intorno concitatamente, ma quell’ anfratto era completamente vuoto. C’era solo lei e uno scatolone che… Lo scatolone! Si avvicinò e lo sollevò. Come aveva immaginato vi era un gattino nascosto lì sotto! Chissà come c’era finito o se qualche cretino gliel’aveva messo apposta: era troppo piccolo per riuscire a spingerlo via da solo.
Lo prese in braccio e cominciò ad accarezzarlo, poi si sedette a terra, mentre quello si abituava e gli si accucciava addosso.
«Cosa ne faccio di te?» sussurrò Alice grattandolo dietro le orecchie. «Se ti porto con me, è la volta buona che mia madre mi caccia di casa… dice che non so prendermi cura della mia puffola pigmea… ma non è vero, eh… Qui non puoi stare però… solo soletto…».
Alice sapeva che non poteva trattenersi troppo oppure, oltre che arrabbiarsi perché si era allontanata, sua madre avrebbe allarmato tutta Diagon Alley non vedendola tornare. E non era proprio il caso.
Si sollevò con un sospiro e disse al gattino. «Dai, andiamo».
Ripercorse i vicoli di prima a ritroso continuando a rimuginare sul modo migliore di comportarsi. A chi avrebbe potuto dare il gattino? Lily, la sua migliore amica, non era nemmeno da prendere in considerazione, insomma sua madre, Ginny Potter, non avrebbe approvato la presenza di un altro animale in casa tanto quanto Hannah Paciock. Senza contare che Lily e i suoi fratelli possedevano un labrador nero di nome Felpato. Alice dubitava fortemente che Felpato sarebbe andato d’accordo con lo scricciolo che aveva appena trovato.
Giunse sulla via principale con la consapevolezza di non poter portare il gattino a nessuno dei suoi amici. Forse la zia Luna, la migliore amica di suo padre, avrebbe accolto il piccoletto – lei amava troppo gli animali per solo pensare di abbondonarne uno – ma se sua madre l’avesse vista con il gattino si sarebbe arrabbiata ancora di più. Non che avesse qualcosa contro gli animali in generale, ma valli a capire i genitori.
Doveva liberarsene subito. Ma a chi darlo?
«Mamma, mamma, andiamo da Tiri Vispi Weasley?» strillò un bambino poco distante da lei.
Il volto di Alice s’illuminò: avrebbe potuto affidare il gattino a George Weasley.
Si avviò a passo svelto verso il suo secondo negozio preferito di Diagon Alley. Qui però trovò George Weasley, che considerava alla stregua di uno zio, discutere con il figlio maggiore Fred.
Fred aveva diciotto anni e si era diplomato da poco a Hogwarts. Alice sapeva che Fred 0negli ultimi tempi aveva più volte dichiarato di non aver alcuna intenzione di portare avanti l’attività di famiglia e naturalmente questo non rendeva felice George. Alice lo aveva sentito dire a Roxanne, la migliore amica di suo fratello e figlia minore di George, e l’amica era sembrata parecchio giù negli ultimi giorni.
Quelle dovevano essere le ultime battute del litigio, ma Alice non rimase sulla porta ad ascoltarli: aveva deciso. S’inoltrò nel negozio, alla ricerca di quello che le avrebbe permesso di mettere in atto lo scherzo che le era appena balenato in testa.
Fred Weasley avrebbe abbassato la cresta.
Conosceva a memoria il negozio, perciò non ebbe difficoltà a trovare l’espositore che cercava: era il più pieno, perché era solo per gli intenditori come lei che architettavano ben bene gli scherzi e non si accontentava di qualcosa di già pronto o comunque non era certo il genere adatto alle persone schizzinose.
Dovette tenere stretto il gattino che subito percepì l’odore delle piastrine. Sarebbe stato un bel problema se le fosse sfuggito! George non si arrabbiava facilmente, ma dopo il litigio con il figlio non avrebbe preso bene un gattino che gli metteva a soqquadro il negozio da poco rinnovato.
In fretta Alice raggiunse la cassa dove George stava sbollendo la rabbia litigando con detonatore abbindolante: più che aggiustarlo l’avrebbe distrutto definitivamente a breve. La ragazzina gli rivolse un sorriso a trentadue denti e gli porse la piastrina presa.
«Non farti sfuggire quel gatto» borbottò George alzando lo sguardo su di lei. «Mi manca solo questo oggi».
«Quanto ti devo?» tagliò corto Alice, non vedendo l’ora di mettere in atto lo scherzo.
«Niente» borbottò George.
«Grazie» replicò Alice. «C’è Roxi a casa?».
«No. Solo Fred».
«Allora vado a trovarlo» rispose Alice fiondandosi verso la porta comunicante con un piccolo pianerottolo che dava su una rampa di scale. Si trattenne dal correre: sicuramente Fred l’avrebbe sentita. E sarebbe stato un grave errore farsi scoprire. Si tolse le scarpe da tennis in modo da attutire il più possibile i propri passi.
«Shhh» disse al gattino che si agitava tra le sue braccia.
Si avvicinò alla porta lentamente e fece passare la piastrina sotto la porta. Il gattino si agitò ancora di più. Quella piastrina odorava di pesce. Ne esistevano di diversi tipi, ma di solito venivano nascoste negli armadi delle vittime o direttamente nei loro vestiti.
A quel punto si rialzò e suonò il campanello, poi, appena sentì i passi pesanti del ragazzo, appoggiò il gattino di fronte alla porta e, dopo avergli dato un’ultima carezza,0 sgattaiolò via, nascondendosi ai piedi della scala.
Sicuramente la piastrina appiccicosa si era già attaccata alle scarpe o addirittura ai piedi di Fred.
Alice si tese quando la porta si aprì e trattenne a stento le risate quando il gattino schizzò sui piedi di Fred. «Ma che diavolo!?» sbottò il ragazzo.
Alice non rimase a guardare, ma scappò via ignorando le imprecazioni del ragazzo.
Le altre Malandrine sarebbero state fiere di lei e per una volta anche suo fratello avrebbe gradito quello scherzo, dopotutto lui non sopportava vedere Roxi triste.
Inoltre il gattino sarebbe stato bene, ne era certa. Probabilmente Fred si sarebbe seccato di prendersene cura ma ne avrebbe approfittato per fare un regalo a July Mcmillan, la sua ragazza, e di certo lei gli avrebbe voluto bene.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** A riveder le stelle ***


[Prompt 35: 8 (Rose Weasley) porta un personaggio a vostra scelta a vedere le stelle. Genere! Bonus: romantico].









 
A riveder le stelle
 
 


Quella mattina le lentiggini sembravano più numerose del solito, ma concorrevano a conferirle un’aria ancora più infantile e delicata. Una delicatezza apparente che non si estendeva al bagliore azzurro dei suoi occhi ridotti a fessura. Sentiva anche da lontano il suo cervello macchinare un nuovo piano, qualche nuova corbelleria che avrebbe divertito i compagni e ridotti alla disperazione gli insegnanti. I capelli lunghi e rossi le ricadevano disordinatamente sulle spalle, rispecchiando la noia che sicuramente stava provando in quel momento. Alcuni capelli si erano staccati e risaltavano sul nero della divisa.
Avrebbe voluto alzarsi e toglierglieli. Qualunque cosa pur di sfiorarla ancora.
 
 
 

«Rose».
La ragazza sollevò gli occhi e lo fissò stancamente.
«Sono contento che tu sia venuta» sorrise sinceramente Scorpius. «Non mi dire che sei seccata perché non ti ho lasciato andare a letto presto come i bravi studenti».
«Al sta ancora studiando» replicò ella sollevando gli occhi al cielo. «E non sono seccata. Non ce l’hai con me?».
«Io? No, assolutamente. Tu, piuttosto?».
Rose scosse la testa e sospirò: «Siamo entrambi dei fifoni».
«Già. Non siamo stati capaci di parlare con i nostri genitori» concordò Scorpius.
«Direi piuttosto i nostri padri. Io non posso immaginarlo… Quando lo scopriranno… Oh, per le più consunte mutande di Merlino, non voglio che mio padre uccida il tuo e finisca ad Azkaban!».
«Se è per questo ho paura della stessa cosa… cioè che mio padre uccida il tuo…».
«Mio padre è il vice Capitano degli Auror» ribatté Rose guardandolo male.
«Mio padre è un abile pozionista e i Malfoy sono noti per l’uso della magia oscura».
«Ma per favore! Sta zitto! Sei i nostri padri duellassero, il mio vincerebbe».
«Ma dai!».
Rose si staccò dal muro, su cui era appoggiata, e gli si avvicinò, non smettendo di guardarlo con espressione minacciosa. «Come scusa?».
«Senti, Rose, lasciamo perdere. Anche perché nessuno dei due è intenzionato a metterli alla prova, no?».
«Eh, già» sospirò Rose, abbassando le difese e cambiando lo sguardo arrabbiato in uno stanco e appoggiando la testa sul petto di Scorpius, che ne approfittò all’istante cingendola con le braccia. «Finché siamo a Hogwarts il problema non si pone, no?».
«Insomma. La gente parla… i professori parlano… quanto riusciremo a tenerlo nascosto?».
«Non ci facciamo vedere dai professori, allora» replicò Rose staccandosi da lui e fissandolo dritto negli occhi. L’azzurro nel grigio. «Che la notte sia nostra!».


 
 
 
Scorpius era così concentrato sulla pozione, sembrava così serio assorto, sicuramente, che, lei ne era certa, avrebbe fatto un buon lavoro. Era questo il bello di Scorpius: era bravo e attento in ogni attività a cui prendeva parte, che fosse la Scuola o il Quidditch, ma era ben lungi dall’essere un secchione. I suoi capelli biondi rilucevano anche nel buio dei sotterranei e Rose avrebbe voluto staccare la mano di Meredith Ashton che glieli accarezzava. Come osava!  Scorpius era solo suo, pensò stringendo con foga il mestolo con cui avrebbe dovuto mescolare la pozione e brandendolo inconsciamente verso l’odiosa Serpeverde.
 
 
 

«Che facciamo?» domandò Scorpius.
«Seguimi» replicò Rose.
Scorpius si lasciò prendere per mano e condurre verso la Sala d’Ingresso. Dovettero fermarsi più volte e nascondersi per evitare le ronde dei Prefetti e dei Capiscuola.
«Usciamo» sussurrò Rose, non mollando la sua mano.
Erano ancora a settembre, ma la notte era già fredda e i due ragazzi si strinsero i mantelli addosso con le mani libere. Nessuno dei due fiatò, sia per non rischiare di farsi beccare – sebbene vi fossero ben poche possibilità di incontrare qualcuno nel parco a quell’ora – sia perché entrambi sapevano dove stavano andando. Ormai da diverso tempo avevano trovato una sponda del Lago Nero che non era visibile dal castello. Vi erano andati a fare il bagno qualche mese prima, ma entrambi sentivano che questa volta sarebbe stato diverso.
«D’ora in avanti questo sarà il nostro luogo» dichiarò con voce roca Scorpius.
«Già. Qui non ci vedrà nessuno. Meno persone sanno del nostro legame, meglio è» concordò Rose.
«A mio padre verrebbe un colpo se lo scoprisse da La Gazzetta del Profeta o peggio dal Settimanale delle Streghe» borbottò il ragazzo.
«Vabbè, potrebbero sempre prenderlo come un pettegolezzo».
«Insomma, se dovessero mettere una foto mentre ci baciamo appassionatamente… non credo che ci sarebbero molti dubbi…».
«E quando mai mi hai baciato…» le parole di Rose furono interrotte dal bacio bramoso del ragazzo.
«È tutto il giorno che lo aspettavo» bisbigliò Scorpius.
Rose ghignò. «Decisamente questo non potrebbe essere frainteso… E nemmeno se sapessero che ti ho portato qui a guardare le stelle…».
Scorpius le rispose con enorme sorriso e, una volta raggiunta la meta, si tolse il mantello appoggiandolo a terra. «Prego».
«Morirai di freddo» borbottò Rose a braccia incrociate. «Solo perché ho avuto un’idea romantica, non significa che sono diventata una fanciulla delicata che ha bisogno di essere salvata».
Scorpius sbuffò. «Figuriamoci… Infatti dividerai il tuo mantello con me!».
Rose si accigliò, ma poi annuì. Sedettero insieme sul mantello dalla fodera di pelliccia verde smeraldo e si abbracciarono per scaldarsi a vicenda.
«Siamo stati fortunati, oggi il cielo è limpido» sussurrò Scorpius osservando la volta celeste.
«Non è fortuna» ribatté Rose. «Ho scelto apposta questa sera» soggiunse appoggiando la testa sulla sua spalla.
«Allora, mi dici quali stelle ci sono?».
«Col cavolo. Odio Astronomia. Fallo tu che hai il nome di una stella».
«Che io sappia lo Scorpione è una costellazione» replicò Scorpius beccandosi una gomitata dalla ragazza. «Comunque, quella è Vega, perché brilla tanto… poi abbiamo il Grande Carro…».
«Ma sei sicuro?».
«Non ha la forma di un carro?».
«A me non pare proprio. Non ha forma».
«Si devi unire i puntini… cioè le stelle… proprio come nei giochi sulla rivista di Quidditch…».
«Ma sei serio?».
«Certo… E poi abbiamo Saturno, Marte, Giove…».
«Ma smettila!» sbottò Rose scoppiando a ridere.
«Che fai non ci credi? Saturno e Marte si stanno per accoppiare…» insisté Scorpius prima di ridere anche lui.
«Scemo!» strillò Rose iniziando a solleticarlo.
«N-no… ti pregooooh…» si lamentò il ragazzo tentando di bloccarle le mani e con un po’ più di forza non solo ci riuscì, ma la spinse a terra di schiena e si pose su di lei. «Allora chi è il più forte?».
«Non mi provocare, Malfoy» ribatté Rose con un ghigno pericoloso. «Mi basta un calcio e…».
«No, no, ok» si affrettò a dire il ragazzo. «Lasciamo perdere Marte stasera, meglio Venere».
Rose sorrise e lo tirò più vicino per baciarlo.
Sì, quello sarebbe stato il loro posto e le uniche testimoni sarebbero state le tacite stelle di settembre.

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