Hush Hush

di Laviestar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: And all I wanted was to believe ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: So go on, live your life ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Maybe someday but not tonight, hush hush, now ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: I still believe that we were always meant to be ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: And all I wanted was to believe ***


Capitolo 1: And all I wanted was to believe




Marinette si guardò allo specchio e sorrise.
Era raggiante come non lo era mai stata, il sorriso sul suo volto esprimeva felicità.
Ma era davvero così che si sentiva dentro?O quella era l'ennesima maschera che aveva deciso di indossare?
Dopo tutti gli anni passati ad essere Ladybug era diventata un'esperta sotto quel punto di vista.
Non riuscì a darsi una risposta, sentiva solo che dopo anni di tormenti, meritava di essere felice.

Fu in quel momento, proprio mentre cercava di autoimporsi uno stato di felicità perenne, che diede una rapida occhiata al bracciale portafortuna che portava al polso e si incupì, chiedendosi perché dopo tutti quegli anni lo portasse ancora come se fosse la cosa più preziosa che avesse.

«Ti manca?» Chiese improvvisamente Alya squarciando il silenzio creatosi.
A giudicare dall'espressione che le aveva tolto il sorriso, Marinette doveva essere alle prese con un ricordo doloroso.

«No» sospirò mentendo spudoratamente per poi continuare ad ammirare il suo lungo abito davanti allo specchio.

Ciò che Marinette poteva fare era guardare avanti al futuro.

***

 

«Posso farti una domanda, Ladybug?» Domandò Chat Noir spiazzandola.

Non era per niente abituata a sentirsi chiamare Ladybug da lui e doveva ammettere che sentiva tremendamente la mancanza dei vari Milady e Buginette a cui l'aveva da sempre abituata.

«Dimmi» lo spronò a continuare senza sapere cosa aspettarsi.

«Stavo pensando...»

«E già questo è sconvolgente» commentò ironica ritrovando per un istante quella sorta di connessione che aveva sempre avuto con il suo partner.

Chat Noir ignorò volutamente la sua battuta, anche se doveva ammettere che l'ironia pungente di Ladybug era una cosa di cui aveva sentito la mancanza: «Dovrei chiamarti Master Bug? O Master Lady?» domandò portandosi un dito sotto al mento riferendosi alla sua nuova condizione di guardiana dei Miraculous.

«Stai parlando seriamente?» chiese di rimando sconvolta, mentre nella sua mente si attivò una buffa immagine di lei con la barba e i vestiti che era solito indossare Master Fu, e con quel pensiero, si mise a ridere.

«Cercavo un nuovo nome, sai» si giustificò grattandosi la nuca imbarazzato «Ma ne è sicuramente valsa la pena, chiedertelo intendo, non sorridevi così da tempo»

Non era stato un periodo facile per lei, né sul fronte Marinette, né tantomeno sul fronte Ladybug.
Tutto era cambiato. Lei era cambiata mentre le persone intorno a lei erano rimaste sempre le stesse. 
Questo cambiamento lo aveva percepito anche Chat Noir, era cambiata dal giorno in cui Master Fu aveva perso la sua memoria per proteggerli, l'aveva sentita andare in mille pezzi nel momento in cui l'aveva stretta forte tra sue braccia dopo averla trovata nelle acque della Senna a darsi la colpa di tutto. Inerme e fatta a pezzi da quei macigni che per tanto tempo aveva cercato di sostenere da sola.
Si era sentito come un pilastro fondamentale nella vita di Ladybug e lei in quel turbinio di emozioni aveva effettivamente compreso quanto lui fosse importante e sempre presente per lei.

Ma nonostante quella nuova consapevolezza, da quel giorno Chat Noir si era allontanato. 
Proprio nel momento in cui lei aveva compreso quanto Chat Noir fosse fondamentale nella sua vita, non c'era più nessuna Milady, non c'era più nessuna Buginette.
Erano diventati semplicemente Ladybug e Chat Noir, senza moine e senza fronzoli.

«Puoi dirmi cosa succede Milady?» Le chiese senza darle il tempo di parlare, e lei ebbe un sussulto nel sentirsi chiamare in quel modo.

«Non succede niente» mentì lei.

Per quanto lui avesse preso seriamente in considerazione l'idea di togliersi Ladybug dalla testa sentiva di dover esserci in qualche modo. Avrebbe dovuto smetterla di entrare e uscire da quel maledetto loop, eppure non riusciva a farne a meno.
Era quindi quello il vero amore? Preoccuparsi sempre per la persona che si amava nonostante la delusione e le difficoltà?

Quel pensiero era sbagliato, lo sapeva, non era giusto verso colei per cui credeva di provare affetto nei panni di Adrien. 
Sì maledì mentalmente, si diede del deficiente, ma non riuscì a non domandarle «Ti fidi di me?» tendendo una mano verso di lei. Lei annuì e si avvicinò afferrando la sua mano senza esitare.

«Tieniti forte» le disse mentre Ladybug portava le mani intorno al suo collo lasciando andare la testa contro al suo petto «Ma tieni gli occhi chiusi» sottolineò poi.

Non si lamentò alla sua richiesta, chiuse quindi gli occhi inebriandosi del piacere di quella sorta di abbraccio e si lasciò trasportare proprio dove Chat Noir voleva portarla.

«Siamo arrivati, puoi aprire gli occhi» sussurrò poi posandola a terra.

Le mancò il respiro per un attimo nel vedere quell'improvvisato salotto allestito proprio sopra ad un tetto di un'abitazione qualsiasi di Parigi.
La vista era mozzafiato, la Tour Eiffel capeggiava imponente difronte ai loro occhi e il tramonto rendeva il tutto ancora più meraviglioso.

«I-io non so cosa dire» disse emozionata mettendosi a sedere sulla coperta circondata dai tanti cuscini colorati.

«Non dire niente allora» rispose sedendosi accanto a lei.

Aveva preparato quel posto pensando a Ladybug, ma poi lo aveva sempre usato come posto dove andare a rifugiarsi quando i pensieri nella mente diventavano troppo ingombranti per essere gestiti tra le quattro mura di casa.

«Dovrei amare te e lasciare andare lui» sospirò appoggiando la testa contro la spalla di Chat Noir.

Per la prima volta stava ammettendo a se stessa che avrebbe dovuto lasciar andare Adrien e ricambiare il gatto nero, nonostante si ritenesse totalmente incapace di poterlo fare.
Era troppo spaventata per ammettere che qualcosa dentro di lei si era già smosso, troppo spaventata per afferrare l'opportunità. Per fidarsi di lui, per stare con lui.

«Dovresti» sospirò inclinando la testa contro quella della coccinella

Passarono ore a godersi la presenza l'uno dell'altra fino a quando il cielo nero profondo della notte si era riempito di stelle e Parigi si era lentamente illuminata mettendo in mostra le decorazioni e le luci natalizie che annunciavano l'inverno ormai alle porte.  «Devo andare, e lasciare andare te» soffiò sulle sue labbra sfiorandole leggermente per poi sparire tra i tetti della città. Ladybug tremò portandosi due dita alle labbra.

Da una parte c'era lei, che aveva scelto di essere infelice per evitare di autodistruggersi e dall'altra c'era lui, che non l'avrebbe aspettata per sempre.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: So go on, live your life ***


Quel dicembre era stato clemente, aveva regalato ai parigini parecchie giornate di sole nonostante le basse temperature, ma alla fine, come ogni anno la neve era arrivata e aveva ammantato ogni singola strada della città, scovando persino i vicoli più nascosti e riparati di Parigi.
Le scarpe affondavano nella coltre, le orecchie erano gelate e i guanti non bastavano a scaldare le mani.
Marinette rabbrividì, ma non avrebbe saputo dire se il freddo che sentiva era fuori o dentro di sé.

«Marinette mi stai ascoltando?» Chiese Alya passandole una mano davanti al viso.

«Cosa?» Rispose cadendo dalle nuvole.

Non la stava ascoltando e se ne dispiacque, Alya era la sua migliore amica e in quel periodo aveva fatto davvero di tutto per dimostrarle quanto le volesse bene e quanto potesse essere sempre presente per lei.

«Sei più distratta del solito» asserì «Hai per cas..»

«Si, ma sto bene, non preoccuparti» cercò di rassicurarla interrompendola.

«Davvero?» Domandò allora Alya incredula.

«Si, sto bene»

«Non hai idea di quanto sia sollevata!» Si rassicurò Alya facendo un gesto secco con le mani «Sinceramente, non pensavo che l'avresti presa così» continuò, e fu in quel momento che Marinette domandò allarmata «C'è qualcosa che dovrei sapere e che non so?»

Alya era sempre stata premurosa nei suoi confronti, specialmente nell'ultimo periodo, dopo che la sua sbandata per Adrien aveva creato una voragine dentro di lei, ma l'impressione che Marinette ebbe a seguito di quella strana discussione fu quella di non sapere nulla su qualcosa di estremamente importante.
Vide il panico scorrere negli occhi della sua amica che capì immediatamente di aver fatto una gaffe tremenda e che Marinette non era a conoscenza assolutamente di nulla.

«Non sai nulla, vero?» Si accertò Alya, cercando di scoprire se Marinette stesse semplicemente bluffando.

«Cosa non avrei preso così?» Continuò con tono deciso noncurante delle parole di Alya.

«Avevo promesso a Nino di non dirti nulla» si lasciò sfuggire ben consapevole di quanto odiasse avere dei segreti con Marinette.

«Alya» la spronò a continuare. 

«Riguarda Adrien» 

Rimase quasi impietrita nel sentir pronunciare il nome dell'altro. «Adrien?» Sussurrò non capendo cosa l'amica volesse dirle.
Non sapeva molto su Adrien e su quello che accadeva nella sua vita personale nell'ultimo periodo, erano ancora buoni amici, si, ma Marinette si era autoimposta di mettere l'amore per se stessa prima di quello per lui, lasciando andare in parte quello che provava per il ragazzo.
Ce l'aveva messa tutta per andare avanti cercando di non pensare costantemente a quel ragazzo, alle volte la cosa aveva funzionato e altre volte no, specialmente nei periodi in cui tutti i social network pullulavano di foto di Adrien che presenziava ad un evento di moda dietro l'altro in compagnia di Kagami Tsurugi.

«Andrà a New York» confessò Alya 

Ebbe un tuffo al cuore e sentì un nodo alla gola.
Improvvisamente respirare le provocava dolore, ma cercò di nascondere agli occhi di Alya lo stato di disagio che stava provando.

***

«Dobbiamo parlare» si annunciò il kwami della distruzione parandosi difronte al suo viso ancora addormentato.

«Buongiorno anche a te Plagg» biascicò Marinette girandosi dall'altra parte per poi mettersi il cuscino sopra alla testa.
Voleva solo dormire e far finta che la sua vita fosse una vita normale. Non chiedeva troppo in fondo.
Parigi in quei giorni era ancora interamente sommersa dalla neve, Papillon giaceva in uno strano stato di letago, e in una giornata come quella non c'era cosa migliore che starsene a letto a poltrire e godersi in pieno il tepore che le coperte davano.

«Sto per infrangere un milione di regole» pronunciò consapevole di lanciare una bomba «ma devi fare qualcosa» continuò cercando di attirare l'attenzione di Marinette che si tirò su a sedere intuendo che la faccenda a cui Plagg stava per fare riferimento potesse essere più seria del previsto.

Non aveva mai visto Plagg così accigliato e se ne sorprese.

«Quali regole?» Chiese Marinette allarmandosi. 

Faceva ancora fatica a tenere in mente la sua nuova condizione.
Lei era la nuova guardiana e purtroppo faticava ancora ad entrare nell'ottica che dal momento in cui lo era diventata tutti i kwami avrebbero risposto a lei, per qualsiasi cosa.

«Plagg» cercò di dissuaderlo Tikki, intuendo che l'altro aveva davvero tutta l'intenzione di far cadere la spada di Damocle sulla testa di Marinette. Plagg era consapevole che così facendo avrebbe sconvolto la ragazza, ma se c'era una persona in grado di tenere Adrien a Parigi, quella era Ladybug, quindi Marinette, e Plagg sapeva bene quanto potere avesse quella ragazza sul suo portatore. 

«No Sugarcube, no» disse rivolto verso Tikki «Devi evitare che Chat Noir se ne vada» sputò poi rivolto verso Marinette senza fare troppi giri di parole.

«Mi avevi promesso di non farlo» sussurrò Tikki, ma Plagg la ignorò.

Non sarebbe mai riuscito a rivelare il nome di Adrien per via di quella stupida regola del non poter pronunciare il nome del proprio portatore difronte ad un'altra persona, ma determinato com'era avrebbe portato Marinette nella condizione di intuire di chi stesse parlando.

«Perché Chat Noir dovrebbe andarsene?» Replicò spaesata.

«Se ne andrà» rivelò fermo «E se dovesse andarsene, io andrò con lui»

In ogni fibra del suo essere fisico e mentale, in ogni muscolo, in ogni sinapsi nervosa, percepì di aver compreso ciò che non avrebbe forse mai dovuto scoprire «C-cosa stai dicendo?»
Il cuore nel petto cominciò a batterle furiosamente, mentre nella testa riusciva a formarsi solo in unica consapevolezza: New York.
Prima che Plagg riuscisse a dire altro annaspò e in un sussurro dalla sua bocca uscirono quelle due parole: «New York»

«New York» annuì Plagg, dandole conferma.

Aveva fatto centro.
Eppure, nonostante quello, le si spalancò il vuoto sotto ai piedi.
Colui di cui si stava innamorando era la persona che aveva sempre amato.
E li stava perdendo, lo stava perdendo.

«Adrien...» 

***

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: Maybe someday but not tonight, hush hush, now ***


In seguito a quella giornata dove si era più volte chiesta cosa fosse giusto fare, guidata solo dal suo istinto, prese l'insensata decisione di recarsi a casa di Adrien.

Alzò lo sguardò verso l'enorme cancello, sospirò un'ultima volta e prendendo tutto il coraggio che aveva in corpo suonò il campanello. Non ricevette nessuna risposta, Villa Agreste sembrava essere deserta, eppure riusciva ad intravedere delle luci accese e quello non la fece demordere dal suo intento.
Quella sera Marinette avrebbe fatto di tutto pur di parlare con Adrien nonostante non avesse ancora ben chiaro di cosa.

«Tikki, trasformami!» Ordinò alla sua kwami.

Trovò una finestra aperta e così come aveva fatto più volte in passato ci si intrufolò all'interno, ritrovandosi così nel lussuoso atrio della casa. 
Ricordava ancora il Natale precedente trascorso a casa di Adrien con tutti i suoi compagni di classe, era stato come scrivere un lieto fine a seguito di una notte piena di preoccupazioni; 
di quel giorno, ricordava soprattutto il grosso albero affianco alla scalinata principale decorato malamente, incompleto. Adrien non lo aveva nemmeno finito prima di scappare di casa quella sera.
Questa volta invece, l'atrio della casa era stato decorato in modo magistrale, il bianco spiccava e illuminava ogni angolo dell'ingresso e rimase incantata da quella visione.

Improvvisamente trasalì, tese l'orecchio e sentì il suono di un pianoforte. 
La musica era così magnetica che non poté trattenersi dal seguirla, salì lentamente l'enorme scalinata, passando delicatamente le dita sul corrimano decorato da una lunga ghirlanda verde incastonata di palline e sciolse la sua trasformazione camminando fino alla porta dalla quale proveniva e sbirciò all'interno della stanza. 
Chiuse gli occhi e si lasciò travolgere dalla potenza e dall'impeto di quella musica straordinaria che Adrien Agreste stava suonando. 
Sembrava essere nato con le dita su quello strumento e per la prima volta vide davanti ai suoi occhi un Adrien che non aveva mai visto.

Quando il ragazzo si accorse della sua presenza si alzò di scatto chiudendo il coperchio della tastiera, col rischio di perderci qualche dito nel mezzo, come se fosse stato beccato in flagrante a fare qualcosa che non avrebbe dovuto fare davanti a Marinette.

«Scusami» disse Marinette «N-Non sapevo suonassi così bene»
Lo aveva sentito suonare con Luka in passato, ma non aveva nulla a che vedere con lo spettacolo a cui aveva assistito.

«Non sapevo fossi qui» si affrettò lui.

«Si, mi ha aperto Nathalie» mentì con tono deciso. 
Non era mai stata brava ad accampare scuse, ma dentro di lei sentiva che non era quello il momento giusto per dirgli come era realmente entrata in casa sua.
Quel momento era perfetto, magico, in quel modo.

«Ah» sospirò per poi rivolgerle uno dei suoi sorrisi più belli «Sono felice che tu sia qui»

«Da quanti anni suoni il pianoforte?» Chiese decisa.

«Mia madre suonava il pianoforte e quando ero bambino l'ascoltavo suonare per ore, sai...quando nessuno mi vedeva cercavo di suonare le sue stesse melodie, ero un disastro all'epoca» confessò sorridendo per poi proseguire con: «Suonare il pianoforte mi fa sentire ancora vicino a lei, in qualche modo».

«Non lo sapevo» sussurrò lei.

«Non abbiamo mai avuto l'occasione di parlarne» ammise sincero lui.
Quante cose si era persa di Adrien? 
Se solo si fosse fermata ad osservarlo nel profondo sarebbe riuscita a comprendere prima che nessun altro oltre a lui poteva essere Chat Noir.
Un ragazzo sensibile dai sentimenti profondi e onesti. 

«Già...» bisbigliò lei con rammarico.

«Ma ne stiamo parlando ora» sorrise invece lui sincero.

Non era mai riuscito ad ammettere a se stesso quello che provava per la ragazza che aveva davanti, ma averle detto qualcosa di così personale lo fece sentire meglio.

«Da New York sarà difficile ascoltarti» lo gelò Marinette svelando in parte la ragione per cui si trovava li e a quelle parole Adrien sgranò gli occhi.

«Tu...lo sai»

«Volevi partire senza dirmi nulla?» Domandò imbronciandosi.

«No» strinse i pugni Adrien «Ma a te, non sapevo come dirlo».

«Perchè così all'improvviso?»

«Mio padre» esordì «Un nuovo socio, qualcosa del genere...i-io credo abbia bisogno di me, al suo fianco» continuò confuso distogliendo lo sguardo dal suo «Sai, ci sono tante cose che dovrei fare prima di partire, ma probabilmente non concluderò nulla» disse sedendosi nuovamente stringendo i pugni sul coperchio della tastiera mentre Marinette si sentiva come paralizzata.
«Marinette, se tu avessi una grossa responsabilità sulle spalle, andresti via tenendola con te o la cederesti a qualcuno?» Domandò poi a bruciapelo riportando lo sguardo negli occhi color oceano di lei.

Marinette capì immediatamente a cosa alludeva il ragazzo, ignaro di ciò che lei sapeva.
Avrebbe dovuto dirgli che lei aveva bisogno di lui a Parigi e non a New York, ma «La terrei con me» rispose di pancia, sicura del fatto che mai si sarebbe ripresa il suo anello. 
Non sarebbe esistito nessun altro Chat Noir a Parigi senza Adrien Agreste «Non cambierà nulla di ciò che sei».

Lo vide sgranare gli occhi per la sorpresa della sua risposta, ma pensò che nonostante tutto, quello non era il momento di esporsi «Vorrei poterti ascoltare ancora» si affrettò a dire mettendosi al suo fianco. «Certo» sorrise lui aprendo la tastiera e cominciando a far scorrere le mani sul pianoforte «Sei straordinaria Marinette, grazie».

«Un giorno, Adrien Agreste, mi insegnerai a suonare». 

«Te lo prometto» giurò lui.

Sarebbe stato difficile trovare un punto di partenza senza di lui, ma ogni lungo viaggio cominciava con un primo passo, così si diceva.
Fino a prima di quel momento non avrebbe mai cambiato niente di ciò che erano lei e Chat Noir, ma il cambiamento nella vita era inevitabile, nonostante facesse paura e rendesse le persone inquiete. 
Cambiare ed evolversi era un processo naturale, lo sapeva meglio di chiunque altro.
Lui non aveva chiesto quel cambiamento come lei non aveva chiesto di essere la nuova guardiana, ma quella nuova trasformazione attendeva entrambi, lui doveva compiere quell'evoluzione e lei non poteva fermarlo, doveva lasciarlo andare senza confessare la sua identità segreta per trattenerlo.

Lo ascoltò suonare portandosi le mani al petto, immergendosi con corpo e mente in quel momento così intimo, con la consapevolezza che una volta tornata a casa ci sarebbe stato solo il silenzio nel suo cuore per via di quello che stava perdendo in quella fredda notte di dicembre.


 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: I still believe that we were always meant to be ***


«Va bene, sono nervosa» esordì un'emozionata damigella aprendo il suo discorso «Per me è un onore essere qui, ricordo come se fosse oggi il giorno in cui ci siamo conosciute e da quel giorno sono passati sette anni, è incredibile, ho molti ricordi che mi riempiono il cuore e non so da dove iniziare. Ho sempre vissuto con te le tue battaglie -e tu le mie- e nulla è mai stato in grado di ostacolare le tue passioni, questo ti ha portata ad avere successo nella vita. Sono così orgogliosa di te, Alya» continuò girandosi verso l'amica «Ora invece arriva il momento in cui dovrei darvi qualche consiglio per il futuro, giusto?» Chiese imbarazzata portandosi una mano dietro alla nuca mentre Alya si portò una mano al viso come a dire: "Non può essere vero".

«Vi auguro tempo per trovare voi stessi, per vivere ogni giorno ed ogni ora insieme come un dono. Vi auguro tempo per perdonare e per farvi perdonare, ma soprattutto vi auguro tempo non soltanto per trascorrerlo, ma affinché ve ne resti» riprese citando una poesia di Michler che negli ultimi anni aveva fatto sua.
Il tempo. Che trascorreva e non dava possibilità di tornare indietro.
Nel pronunciare quelle parole sentì gli occhi di Adrien fissi su di lei, non riusciva a guardare nella sua direzione ma riusciva a sentire il calore del suo sguardo anche da quella distanza. «Ma soprattutto condividete sempre i vostri sentimenti, buoni e cattivi. Condividete le vostre speranze, i sogni e le paure, non trovatevi mai sul punto di non farlo, il tempo non torna indietro e nonostante il futuro qualche volta possa sembrarvi incerto, non abbiate timore, le difficoltà le affronterete insieme. Non ha senso rimandare. Qualsiasi cosa accada sarete sempre insieme, voi due...» disse per poi bloccarsi in seguito all'emozione «...contro il mondo» concluse tremando, per poi riprendere subito con: «Chiedo ora di fare un brindisi per questi due ragazzi che ricorderanno per sempre il giorno di Natale come il più bello della loro vita».
Sull'ultima frase un applauso partì in suo favore e immediatamente si lanciò ad abbracciare Alya e Nino. Non aveva parole per descrivere la felicità che stava provando per i suoi amici.

In seguito al carico di emozioni che Marinette provò nel pronunciare quelle parole, prese un calice di vino e si allontanò verso la spiaggia che circondava il castello de La Napoule senza nemmeno avere premura di prendere la giacca per coprirsi.
il fiato usciva bianco ed energico, l'aria fredda pungeva con insistenza la pelle delle guance e delle mani, ma non aveva importanza, aveva solo bisogno di uscire e tornare a respirare.
Si sedette su un muretto a pochi metri dal mare e chiuse gli occhi.
Pensò agli ultimi sette anni e a quanto era stato difficile andare avanti nella sua doppia vita, pensò a quanto era stato difficile sconfiggere quel nuovo nemico comparso dopo Papillon e sospirò nel pensare che fosse stata Lila a darle tutto quel filo da torcere. Nel mentre Chat Noir era tornato, aveva scoperto il suo segreto, ma non potevano essere liberi di amarsi perché il tempo aveva nuovamente cambiato tutto.

Persa in quell'amaro pensiero sentì il calore di una giacca appoggiarsi sulle spalle e il tepore di una morbida sciarpa azzurra avvolgerle dolcemente il collo, «Non voglio che tu prenda freddo».

«Adrien» sussurrò verso il ragazzo che si sedette al suo fianco «Grazie».
Sorrise pensando che in tutti quegli anni non era mai riuscita a confessargli la verità su quella sciarpa, ma il fatto che Adrien ci tenesse ancora per lei era l'essenziale.

«Hai fatto un bellissimo discorso» ruppe il silenzio lui guardando verso il mare. 

Nel pronunciare il suo discorso aveva sentito lo sguardo di Adrien penetrarle l'anima, non poteva scamparla senza che lui pretendesse delle spiegazioni.
Adrien, dopo essere tornato da New York, gli aveva aperto il suo cuore, ma pur di proteggerlo da Lila e dai suoi folli piani nei quali era coinvolta sia come Ladybug che come Marinette, si era chiusa come un riccio decidendo stupidamente di continuare a soffrire.

«Se non sfruttato al meglio il tempo fa perdere tutto» sospirò pensando al passato.

Non poteva mentire con Adrien, le parole dette ai novelli sposi erano state ispirate da quella che era stata la sua, la loro, esperienza. Quello che avevano avuto era stato così vero ma in qualche modo erano riusciti a perdere tutto. 
Quella volta, quella notte, invece che lasciarlo andare, avrebbe dovuto incollarsi al suo pianoforte e pregarlo di non andarsene perché era quello l'attimo perfetto per loro.

«Cosa?» 

«Tutto» rispose lapidaria portando lo sguardo sul bracciale che teneva al polso e che non aveva mai avuto il coraggio di togliere.

Adrien le era mancato tanto in quegli anni passati a tenerlo lontano, e quel bracciale era stata una cura palliativa al suo malessere.

«Pure io lo porto ancora» sorrise lui leggendo tra i suoi pensieri e mostrandole il suo bracciale «Sai Marinette, magari da qualche parte c'è un'altra te che si sveglia al fianco di un altro me, chissà» continuò con aria sognante prendendo il bicchiere dalle mani della ragazza.

«Una me e un te che si svegliano e si sposano il giorno di Natale» continuò Marinette dando corda al discorso dell'altro.

«Perché ci stiamo facendo questo?» Domandò poi lui serio «Smettiamola di vivere una vita di bugie». 

«Come la bugia che amassi Luka e non te?» sospirò pensando al modo meschino in cui aveva provato a dimenticare Adrien.

«Come la bugia che amassi Kagami e non te» rispose lui portandosi il calice alla labbra e svuotandolo completamente del suo contenuto.

Marinette spalancò gli occhi, arrivando al punto di sentirsi schiacciata dallo stesso dolore che aveva provato nel vederlo insieme all'amica, quando improvvisamente sentì il respiro caldo di Adrien sfiorarle le labbra.
Il ragazzo perse il controllo e passò le labbra su quelle tremanti di lei, ma anziché offrirsi a lui, Marinette cercò di scostare il viso.

«Marinette» disse con voce rauca «baciami» la pregò «possiamo affrontare tutto insieme».

Doveva fare la cosa giusta, almeno questa volta.
Come se si fosse ripresa da anni passati in apnea appoggiò la fronte contro la sua, sospirò: «Non ha senso rimandare» e lo baciò.
Non aveva senso gettare l'occasione di un attimo perfetto; 

Alle volte Il tempo, oltre a scorrere, sistemava tutto. 

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Iniziamo dicendo: Buon Anno a tutti!!
Avevo completamente rimosso che su efp mancasse ancora il quarto capitolo di questa mia storia, perciò: eccolo. XD
Grazie per averla letta e seguita, è stata una piccola fatica della quale sono molto soddisfatta, e inoltre, sono altrettanto soddisfatta del risultato che ha ottenuto nel contest per il quale l'ho scritta, è stata una piacevole e inaspettata sorpresa raggiungere la vetta. 
Grazie davvero a tutti.


Lavie


 

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