Twelve moments

di evelyn80
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non puoi darmi tutto ***
Capitolo 2: *** Non possiamo negare ciò che siamo ***
Capitolo 3: *** Un triste ricordo ***
Capitolo 4: *** Tu sei mio ***
Capitolo 5: *** Una ferita che non si può rimarginare ***
Capitolo 6: *** Voglio il tuo profumo ***
Capitolo 7: *** Un gioco goloso ***
Capitolo 8: *** Fidati di me ***
Capitolo 9: *** Le frane del fai-da-te ***
Capitolo 10: *** Sabbia bollente ***
Capitolo 11: *** Pixel sgranati ***
Capitolo 12: *** Ti amo come allora ***



Capitolo 1
*** Non puoi darmi tutto ***


Ben ritrovati a tutti! Questa raccolta partecipa alla sfida “12x12” lanciata da Soul Dolmayan su EFP.
In cosa consiste? Dodici partecipanti dovranno scrivere una drabble o una flash fic ogni dieci giorni, su prompt sempre diversi suggeriti da ogni partecipante a turno, quindi dodici storie per dodici partecipanti.
Il primo prompt, suggerito proprio dalla organizzatrice e partecipante Soul Dolmayan, è “Tempesta di neve”.
Ho deciso di dedicare questa raccolta ai Chicago, ma non a tutti i membri. Se possibile, vorrei concentrarmi sulla mia OTP preferita: la Lammetera, ovvero la coppia slash Robert Lamm – Peter Cetera, rispettivamente tastierista e bassista del gruppo.
Per chi non conoscesse i Chicago (e credo siate in molti) vi lascio i link alla pagina Wikipedia sia in italiano – https://it.wikipedia.org/wiki/Chicago_(gruppo_musicale) – che in inglese – https://en.wikipedia.org/wiki/Chicago_(band)
Di volta in volta, visto che molto probabilmente i capitoli della raccolta saranno ambientati in anni diversi, inserirò delle foto dei due protagonisti nel periodo da me scelto, per darvi modo di farvi un'idea del loro aspetto.
Buona lettura!

 

Non puoi darmi tutto

 

Robert Lamm Peter Cetera

 

Dortmund, 20 dicembre 1982

 

Dopo aver fatto la doccia, Bobby uscì dal bagno vestito del solo accappatoio. Si tamponò i capelli con un asciugamano mentre, con lentezza, raggiungeva Peter davanti alla finestra, i piedi nudi silenziosi sulla moquette.
Ritto davanti ai vetri, il bassista guardava fuori con aria preoccupata, le mani a cingere le proprie braccia in una stretta di auto-conforto. Robert gli arrivò alle spalle e sostituì alle sue mani le proprie.
«Cosa c'è che non va, mio piccolo Pete?», chiese in un sussurro sfiorandogli il lobo sinistro – e l'orecchino che lo adornava – con le labbra.
Peter sospirò. «Non mi piace affatto questa tormenta», rispose, fissando le strade della città rese vuote e spettrali dalla tempesta di neve che imperversava ormai da quella notte. Non appena avevano raggiunto il loro albergo dopo il concerto al Westfalenhalle il tempo era cambiato improvvisamente, coprendo l'intera Germania di una coltre nevosa che aveva reso impossibile qualsiasi spostamento. *(1
«Guarda il lato positivo. Possiamo prenderci qualche giorno di vacanza tutto per noi», replicò Bobby, continuando a solleticargli l'orecchio.
Peter si contorse, liberandosi dalla sua stretta e voltandosi verso di lui, l'espressione frustrata.
«È quasi Natale! E, poco prima che partissimo, Diane mi ha detto che aveva un ritardo di venti giorni e che voleva fare il test di gravidanza. Potrebbe essere incinta, e io non sono nemmeno a casa con lei per festeggiare la bella notizia!». *(2
Robert incrociò le braccia sul petto e fissò il suo amante, accigliandosi.
«Mi sembrava di aver capito che ti importasse più di me che di lei», disse freddo.
Peter sospirò ancora. «Lo sai che è così... ma, cazzo, e se stessi davvero per diventare padre? Io e Diane vogliamo un figlio. Questo è il mio desiderio più grande, per quanto non provi per lei niente più che un amore fraterno. Tu non potrai mai rendermi padre...».
Robert gli voltò le spalle, e il bassista sospirò per la terza volta. «Vedi? Questa cazzo di tormenta ci sta facendo persino litigare... e io non voglio farlo. Cristo, sei l'uomo che amo! Ma ci sono altre priorità nella mia vita e non posso negarle. Io voglio diventare papà, Bobby».
Il tastierista si voltò lentamente verso Peter, lo sguardo chino.
«Hai ragione», sussurrò. «Non ho il diritto di negarti la gioia della paternità. In fondo, anch'io sono padre, ed è la cosa più bella che mi sia mai capitata nella vita... oltre a te, si intende». *(3
Il bassista si lasciò sfuggire un sorriso. «Facciamo pace?», chiese allargando le braccia.
Bobby lo guardò in silenzio, poi sciolse la cintura che teneva fermo l'accappatoio, lasciandolo scivolare a terra.
Peter fissò per un istante il corpo nudo dell'amante poi prese a sbottonarsi la camicia, scoprendo il petto villoso. Si accostò a Robert e gli passò le braccia dietro la schiena, facendo aderire i loro torsi. «Lo sai cosa voglio da te, vero?».
Bobby sorrise, lo sospinse verso il letto e prese a sfregare insieme i loro corpi, per fargli sentire il rumore del mare.

 

 

 

Spazio autrice:

Eccoci alla fine del primo capitolo. Per chi ha letto le mie storie con protagonisti questi due, avrà notato tantissimi riferimenti. Per chi non ha letto le storie, darò qualche delucidazione.
Nella mia personalissima story line, Peter e Robert sono amanti dalla fine di agosto del 1977. I due vivono il loro amore in clandestinità: entrambi sono sposati/fidanzati e – date le difficoltà del periodo – hanno deciso di mantenere una facciata di “normalità”, continuando le loro storie ufficiali e diventando genitori (e in questo ho cercato di rispettare al massimo la realtà), mentre di nascosto vivono il loro amore clandestino.
Una cosa ricorrente, in tutte le mie storie su di loro, è l'accenno al rumore del mare: entrambi gli uomini hanno i petti molto villosi e, nel mio immaginario, il suono dei loro peli che sfregano insieme ricorda a Peter il rumore della risacca (che tra l'altro gli ha ispirato una delle sue canzoni più belle: “Wishing you were here”).
Quando ho iniziato a scrivere questa flash volevo essere molto più fluffosa, ma poi mi sono lasciata trasportare dall'ispirazione (e non posso fare a meno di seguirla, altrimenti non cavo un ragno dal buco), ed è venuto fuori forse più angst che fluff, ma spero che sia gradita lo stesso.
E ora, vi lascio alle note numerate, che ormai mi contraddistinguono.
*(1 – Il 18 e 19 dicembre del 1982, i Chicago hanno partecipato a un evento, chiamato “Rock Pop in Concert 1982”, che si è tenuto al Westfalenhalle a Dortmund, in Germania. Ovviamente, la tempesta di neve è una mia licenza poetica, data dal primo prompt della sfida.
*(2 – Peter Cetera e Diane Nini sono diventati genitori nel 1983. Per quanto abbia cercato, non sono riuscita a trovare la data di nascita esatta della loro figlia, Claire Cetera, così ho ipotizzato che Diane potesse aver scoperto di essere incinta giusto alla fine dell'anno 1982. I primi test di gravidanza fai-da-te sono stati immessi sul mercato nel 1978, quindi nel 1982 erano già disponibili al pubblico.
*(3 – Robert Lamm e Julie Nini sono diventati genitori nel 1978.

 

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Capitolo 2
*** Non possiamo negare ciò che siamo ***


Non possiamo negare ciò che siamo

 

Peter Cetera      Robert Lamm

 

 

Pasadena (California), 13 maggio 1979

 

Il Rose Bowl Flea Market era particolarmente affollato, quella domenica. Tantissime persone avevano approfittato della splendida giornata per visitare il famoso mercatino delle pulci situato attorno all'omonimo stadio. *(1
Peter e Robert, accompagnati dalle rispettive compagne, ne varcarono i cancelli alle dieci di mattina, godendosi l'atmosfera festosa prima che l'aria si facesse troppo calda. Le due sorelle si allontanarono subito insieme – Julie spingendo il passeggino con sua figlia – dirette alle bancarelle di abiti usati. Gli uomini le lasciarono fare, per godersi alcuni minuti da soli. *(2
Passeggiando lentamente, Peter si avvicinò a uno stand che, oltre a cianfrusaglie varie, esponeva una numerosa selezione di gioielli di bigiotteria, prevalentemente orecchini.
«Credo che Diane si meriti qualcosa in più di questa paccottiglia, non trovi?», gli sussurrò Bobby all'orecchio, facendolo fremere. Il corpo del suo amante gli era talmente vicino da poterne sentire il calore attraverso i vestiti.
«In realtà stavo pensando che mi piacerebbe molto mettermi l'orecchino», rispose il bassista senza voltarsi.
Robert si irrigidì. «L'orecchino!? Ma è da finocchio!», sibilò d'istinto.
Peter gli lanciò un'occhiata strana, un misto di irritazione e sarcasmo. «Perché, non è forse quello che sono?».
In quel momento, il tastierista si rese conto di ciò che aveva detto.
«Scusami Pete... ho sparato una cazzata. Ma, forse è perché non ci considero tali. Noi due siamo semplicemente due uomini che si amano», mormorò in tono sommesso mentre si allontanavano, scostandosi dalla gente che affollava la bancarella.
«Due uomini che si amano di nascosto, perché se lo facessero alla luce del sole sarebbero osteggiati da tutti», replicò Peter con amarezza, fissandolo negli occhi. «Due froci... ecco quello che siamo, Robert».
Il tastierista lo trascinò verso un angolo poco affollato del mercatino, spingendolo tra due bancarelle di frutta e verdura.
«Non voglio che tu usi quella parola, Peter! È... denigrante! E io non mi sento affatto diverso dagli altri!».
«Neanche io... e forse in futuro sarà così per tutti. Ma per il momento dobbiamo accettare la nostra condizione e tenerla nascosta al resto del mondo» replicò il bassista con aria cupa.
Guardandosi attorno per essere sicuri che Julie e Diane non li avessero visti, i due uomini ripresero a passeggiare tra gli stand.
«E comunque», riprese Peter in tono improvvisamente più allegro, «è da gay mettersi l'orecchino all'orecchio destro. Io voglio metterlo al sinistro». Sorrise al suo amante, che rispose mettendosi a ridere. *(3

 

* * *

 

Columbia (Maryland), 26 luglio 1979

 

Bobby si avventò come una furia sulle labbra di Peter, catturandole con le proprie. Dopo averle torturate con un bacio mozzafiato prese a leccargli i lobi. Una volta giunto alle prese col sinistro, la sua lingua danzò attorno al bottoncino d'oro che adornava l'orecchio del bassista.
«Adoro il tuo orecchino», ansimò, sfregando il proprio petto villoso contro quello dell'amante.
«Non pensi più che sia da finocchio?», ridacchiò Peter, passandogli le dita tra i lunghi capelli neri.
«Io!? Mai pensata una cosa del genere...», rispose Robert.
Il bassista ridacchiò ancora, per poi mutare il riso in un sospiro mentre il rumore del mare gli inondava le orecchie.

 

 

Spazio autrice:
Ed eccoci al secondo capitolo della sfida. Questa volta il prompt è “mercatino”, ed è stato suggerito da alessandroago_94. Perciò, mio caro, tutto questo è merito tuo :-)
Ho deciso quindi di ambientare il capitolo (o almeno la prima parte) in uno dei più famosi mercatini della contea di Los Angeles. La seconda parte è ambientata un po' di tempo dopo a Columbia, dove, nella data indicata, i Chicago hanno tenuto un concerto.
Anche questa volta, il momento che ho immaginato non è proprio “tranquillo”. Soprattutto Peter, nella mia story line, soffre moltissimo la sua condizione di “diverso”, (diverso almeno per quel periodo storico, in cui gli omosessuali venivano ancora visti con occhio molto maligno) e quando Robert, senza riflettere, spara la sua cavolata galattica, il bassista ne risente. Per sua fortuna, Peter è dotato (per davvero) di un grandissimo senso dell'umorismo, che gli permette di superare il momento abbastanza in fretta.
Tanto per la cronaca: Ho immaginato che Peter abbia indossato l'orecchino nell'estate del 1979. È molto difficile appurare con certezza quando abbia forato per davvero il lobo perché, avendo i capelli lunghi che gli coprono le orecchie, è quasi impossibile vederlo. In un video dell'estate del 1979, comunque, mi pare di averlo intravisto. E a partire dal 1980, quando taglierà i capelli, sarà sempre ben visibile.
E ora, le note numerate.
*(1 – Il Rose Bowl Flea Market è un famoso mercatino delle pulci che si svolge ogni seconda domenica del mese, a partire dal 1975, all'interno dei cancelli dell'omonimo stadio di football (il Rose Bowl) di Padasena, nella contea di Los Angeles. Tra le sue bancarelle si può trovare veramente di tutto.
*(2 – Julie e Diane Nini, rispettivamente moglie di Robert e compagna di Peter, sono sorelle. Julie e Robert, come detto nel capitolo precedente, hanno avuto una figlia nel 1978.
*(3 – Stando a quanto ho trovato su internet, l'orecchino maschile è un ornamento utilizzato sin dall'epoca storica. Già gli antichi egizi ne facevano uso. Secondo la tradizione della marina, e della pirateria in particolare, però, l'orecchino andava portato all'orecchio sinistro. Chi lo metteva al destro comunicava la sua disponibilità ad avere rapporti omosessuali.

 

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Capitolo 3
*** Un triste ricordo ***


Un triste ricordo

 

Peter Cetera    Robert Lamm

 

 

Los Angeles, 17 giugno 1978

 

Robert raggiunse Peter stringendo tra le mani una ciotola di popcorn. Il biondo, seduto sul divano davanti alla TV, cambiava svogliatamente canale alla ricerca di un programma da guardare.
Il tastierista si lasciò cadere al suo fianco. Alcuni popcorn saltarono fuori dalla ciotola e Peter li raccolse dai cuscini, lanciandoseli in bocca con fare distratto.
«Allora? Trovato niente di interessante?».
«Per ora no...», rispose il bassista. «Proprio non capisco perché non sei voluto andare al cinema con le ragazze».
«John Travolta mi sta sulle palle! Non capisco proprio cosa ci trovi Julie di così esaltante, in lui».
Peter sogghignò. Ricordava perfettamente quando, nel dicembre dell'anno prima, tutti e quattro erano andati a vedere “La febbre del sabato sera”. Julie era stata così entusiasta dell'attore che Robert aveva sentito minata la propria virilità, e nelle settimane successive aveva stressato il bassista chiedendogli conferme sul proprio aspetto.
«Ancora con questa storia? Te l'ho già detto: tu sei mille volte più bello e virile di John Travolta».
Il moro gongolò, soddisfatto, poi passò un braccio attorno alle spalle di Peter e lo trasse a sé, facendogli poggiare la testa sulla sua spalla.
Non appena Diane e Julie avevano detto loro che sarebbero andate al cinema a vedere “Grease”, i due ragazzi avevano subito acconsentito, per passare una serata tranquilla approfittando della loro assenza. *(1
Cambiando canale per l'ennesima volta, Peter si imbatté in una replica di “Godzilla”. Il film era già iniziato, e il dinosauro preistorico alto 50 metri sputava raggi distruttivi su tutta Tokyo.
«Lascia questo», disse Robert, «almeno ci facciamo due risate! Credo che questo sia uno dei film più assurdi della storia del cinema. E il bello è che, da ragazzino, mi piaceva pure!». *(2
Accoccolati sul divano l'uno contro l'altro, i due uomini mangiarono i popcorn commentando le scene del film. Le più esilaranti erano quelle in cui il mostro preistorico lanciava i suoi raggi verdi.
«Guarda!», esclamò il tastierista all'improvviso. «Non ti ricorda Terry e i suoi rutti al vetriolo?».
L'accenno al chitarrista scomparso pochi mesi prima colpì Peter come un pugno nello stomaco. I suoi occhi si riempirono di lacrime e il suo petto fu scosso dai singhiozzi. *(3
Robert se ne accorse e si scostò per guardarlo dritto in faccia.
«Tutto bene, Pete?».
Il bassista annuì. «Sì... è solo che parlare di lui mi fa ancora male. Mi manca da impazzire. I suoi sorrisi, le sue battute... persino le sue scorregge. Cazzo, Bobby, non doveva morire così!».
Il moro lo strinse di nuovo a sé, posandogli la guancia sulla tempia.
«Lo so. Non volevo offendere il suo ricordo. Era talmente tanto spiritoso che credo si sarebbe fatto una bella risata, nel sentirsi paragonare a Godzilla».
Peter annuì ancora, poi cadde il silenzio. Le immagini del film continuavano a scorrere, ma nessuno dei due seguiva più le avventure del dinosauro. Entrambi pensavano al loro amico che non c'era più.
«Tienimi stretto, Bobby...», esalò il bassista e il moro obbedì, serrando il suo amante in un caldo abbraccio.

 

Spazio autrice:

Siamo arrivati alla fine del terzo momento... Questa volta la parola d'ordine, suggerita da Kim WinterNight, era “dinosauro”. Tesoro, all'inizio mi hai messo davvero in difficoltà, perché mi è venuto da pensare a “tu sai chi” (e non è Voldemort...). Poi ho pensato a Godzilla, ed ecco cosa ne è saltato fuori. Quindi, te la dedico!
Questa volta non c'è angst, ma molto fluff e hurt-comfort (almeno credo, con tutti questi termini io mi confondo perché sono dura come una capra).
Comunque, spero che possa piacere lo stesso! Alla prossima parola!
E ora, ecco a voi le note numerate!
*(1 – “La febbre del sabato sera” e “Grease”, sono due film con John Travolta come protagonista, probabilmente le pellicole che lo hanno definitivamente lanciato nella sua carriera di attore. Sono usciti negli Stati Uniti, rispettivamente, il 16 dicembre 1977 e il 16 giugno 1978.
Seguendo la mia story line, Peter e Robert sono diventati amanti nell'agosto del 1977, quindi approfittano dell'assenza delle loro compagne per stare un po' insieme.
*(2 – “Godzilla” è un film giapponese del 1954, uscito negli Stati Uniti (dopo essere stato rimaneggiato) nel 1956. Il protagonista è un dinosauro marino geneticamente modificato, alto 50 metri e in grado di sputare raggi distruttivi.
Robert, che è nato nel 1944, potrebbe averlo visto benissimo da ragazzino.
*(3 – Terry Kath, chitarrista e membro fondatore dei Chicago, ha perso la vita sparandosi accidentalmente un colpo di pistola alla testa il 23 gennaio 1978.
Nella mia personalissima versione di lui, il ragazzone è un tipo piuttosto spiritoso e scurrile, che non si fa problemi ad emettere i suoi gas in presenza dei suoi amici.

 

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Capitolo 4
*** Tu sei mio ***


Tu sei mio

 

Robert Lamm Peter Cetera

 

 

 

New York, 28 ottobre 1977

 

Occhi negli occhi. Era così che piaceva loro rimanere, dopo aver fatto l'amore: gli occhi blu fissi negli occhi verdi, fronte contro fronte, mentre ancora ansimavano per l'orgasmo appena raggiunto, i petti villosi poggiati l'uno sopra l'altro che si muovevano al ritmo del loro respiro affannoso, sfregando tra loro e riempiendo le loro orecchie del rumore del mare.
Robert passò le dita lunghe e sottili tra le ciocche bionde di Peter, stringendole poi nel pugno. Percorse con lo sguardo tutto il suo volto – le guance arrossate, le labbra calde e morbide, il mento lievemente sporgente – per poi tornare a fissarlo nei suoi occhi. Quegli occhi che, ogni volta che si trovavano da soli, lo imploravano di amarlo.
«Tu sei mio... solo mio... per sempre mio», sussurrò, strappandogli un bacio rude. Allentò la stretta sui capelli e portò le mani a stringere quelle del bassista, intrecciando le dita con le sue per poi baciarlo di nuovo, affondando la lingua nella sua bocca.
Peter rispose al bacio, ingaggiando una lotta di labbra, lingue e denti che si concluse soltanto quando entrambi, ormai senza fiato, furono costretti a separarsi per respirare.
Di nuovo occhi negli occhi, il biondo liberò le mani dalla presa ferrea del suo amante e le alzò a carezzargli il viso liscio.
«Sono tuo... solo tuo... per sempre tuo», disse, rispondendo alle parole di Robert, senza mai distogliere lo sguardo dal suo volto. Senza nemmeno battere le palpebre, per dimostrargli che stava dicendo la verità. Quasi come se Bobby fosse stato un ippogrifo pronto a divorarlo e lui avesse avuto bisogno di guadagnarsi la sua completa fiducia. *1)
Il moro si mosse su di lui e i loro velli frusciarono ancora. Quel rumore così caldo e profondo fece gemere Peter che piegò la testa all'indietro allungando il collo, esponendolo allo sguardo di Robert.
Lui non si fece pregare, e lo leccò e lo morse delicatamente per poi costringere il suo amante a chinare di nuovo il capo e tornare a fissarlo negli occhi.
Il mare e il cielo. Ecco a cosa gli facevano pensare i loro occhi. Verdi come il mare quelli di Peter, blu come il cielo i propri. Un orizzonte infinito che nessun ostacolo poteva spezzare.
Il biondo parve leggergli nel pensiero. «Tu sei il mio cielo...», sussurrò nella penombra tiepida della stanza.
«E tu sei il mio mare...», replicò il tastierista, tornando a insinuargli le dita tra i capelli.
«E allora, se sono il tuo mare, fammi cantare», implorò Peter.
Bobby non ebbe bisogno di spiegazioni, sapeva benissimo di cosa il suo amante avesse bisogno. Ricominciò a sfregare insieme i loro velli, e il rumore della risacca invase ancora le loro orecchie e tutta la camera. Le loro virilità si ersero di nuovo e si scontrarono dolorosamente, calde e pulsanti.
E, mentre fuori dalla finestra, le strade di New York venivano pian piano illuminate dall'alba, i due uomini fondevano nuovamente i loro respiri, gli occhi fissi negli occhi. *2)

 

Spazio autrice:

Ed eccoci al quarto momento. Questa volta la parola da usare – suggerita da Juriaka – era "occhi". Beh, devo dire, mia cara, che mi hai fatto uno splendido assist, perché avevo decisamente bisogno, dopo tutto l'angst dei capitoli precedenti, di scrivere qualcosa di molto più “intenso” tra i miei due patatosi. Che, tra l'altro, nella mia story line qui sono all'inizio del loro rapporto, visto che sono diventati amanti alla fine di agosto del 1977, e quindi sono molto più focosi.
Stavolta, il rumore del mare torna prepotente a farci visita, ormai marchio di fabbrica della mia OTP preferita. Lo so, l'immagine di due petti pelosi che strofinano insieme potrebbe non essere così piacevole XD, ma io la trovo incredibilmente eccitante. (E di sicuro avrò qualche problema ahahahaha).
Potevo non lasciarvi alle note numerate? Ma certo che no! Ma, suvvia, stavolta sono veramente minuscole XD.
*1) Il concetto dell'ippogrifo che deve essere fissato dritto negli occhi, senza nemmeno sbattere le palpebre, per potersi guadagnare la sua fiducia, è tratto direttamente dai libri di Harry Potter.
*2) Nella data indicata, i Chicago hanno tenuto un concerto al Madison Square Garden, ecco perché il capitolo è ambientato a New York.

 

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Capitolo 5
*** Una ferita che non si può rimarginare ***


Una ferita che non si può rimarginare


Peter Cetera    Robert Lamm


 

Providence (Rhode Island), 15 febbraio 1985


Quando Robert passò dietro di lui nel corridoio del Providence Civic Center, Peter sentì la sua occhiata penetrante sulla nuca. Si affrettò a entrare nel camerino, sbattendosi la porta alle spalle e correndo al suo bagaglio. Frugò tra i vestiti finché non trovò ciò che stava cercando: una bottiglia di vodka piena per metà. *1)
La stappò con mani tremanti e la portò alla bocca, trangugiando diverse sorsate prima di tornare ad abbassarla. Trasse alcuni respiri e bevve di nuovo, un rivoletto di liquido che gli colava dall'angolo della bocca.
Quando la posò sul tavolo, la bottiglia era quasi vuota. Si pulì col dorso della mano e si fissò allo specchio. I suoi occhi erano iniettati di sangue.
Vodka. Quella era la sola terapia che gli rimaneva, l'unica in grado di placare i suoi pensieri tormentati, colmi d'odio e rancore. Verso Lee e Bill, per averlo accusato di essere diventato la voce dei Chicago; verso Danny, che non era stato in grado di mantenere il suo segreto per nemmeno dieci minuti. A volte anche verso Terry, che era stato tanto idiota da ammazzarsi spezzando tutti gli equilibri del gruppo.
E, soprattutto, verso Robert, che gli aveva insegnato cosa volesse dire amare veramente qualcuno per poi buttarlo via come un giocattolo rotto, mettendo la propria reputazione davanti a tutto il resto. *2)
Al pensiero del tastierista il suo cuore fece una capriola. La vodka, forse, poteva essere la terapia giusta per il suo cervello, ma non poteva nulla contro la ferita del suo cuore. Robert glielo aveva strappato dal petto, ci aveva giocato e poi, quando se ne era stancato, l'aveva buttato via, calpestandolo come un mozzicone di sigaretta.
Qualcuno bussò alla porta. Peter non rispose, sperando di essere lasciato in pace, ma il visitatore entrò ugualmente senza attendere il permesso.
Nello specchio, il bassista vide riflesso il volto dell'uomo che aveva amato alla follia fino a poco meno di un anno prima. *3)
Lo amo ancora alla follia...”, pensò, prima di afferrare nuovamente la bottiglia e scolarla fino all'ultima goccia.
«Pete».
«Non... chiamarmi... a quel modo...», sibilò, fremendo, ma Robert continuò come se non lo avesse nemmeno sentito.
«Dovresti smetterla con quella merda. Stasera hai suonato da schifo».
«Da che pulpito... e poi, cosa cazzo te ne frega di come ho suonato? Tanto, finito questo tour me ne andrò per i cazzi miei, e addio ai Chicago». *4)
Senza neanche rendersene conto Peter si ritrovò tra le braccia del tastierista. Avrebbe voluto gridargli di lasciarlo andare, ma le parole gli morirono in gola.
«Sei ancora in tempo per cambiare idea... non lasciarmi...», sussurrò Robert.
Il bassista avrebbe venduto l'anima al diavolo pur di poter sentire nuovamente il rumore del mare, ma la ferita del suo cuore non si sarebbe mai rimarginata con nessuna terapia. Si fece forza e lo spinse via.
«Non toccarmi mai più...», sibilò con odio, e negli occhi di Robert spuntò una lacrima.
Senza parlare, il tastierista voltò le spalle all'uomo della sua vita e se ne andò, lasciandolo solo.

 

 

Spazio autrice:

Questo è un momento molto particolare, nella Lammetera, perché si svolge dopo che, nella mia personalissima story line, i due uomini si sono già lasciati. Tutto questo grazie alla quinta parola, “terapia”, suggerita da LadyPalma. Grazie, carissima, perché mi hai permesso di scrivere della mia coppia anche in un momento molto delicato del loro rapporto. Infatti, nella realtà Peter lascerà i Chicago solo nel luglio del 1985, al termine del tour iniziato proprio col concerto in cui questa flash è ambientata, quindi i due uomini devono “convivere forzatamente” per più di un anno XD. Come spero avrete notato, Peter è pieno di astio e livore (tutto il suo amore si è trasformato in odio profondo) nei confronti di Robert mentre quest'ultimo è pentito di aver lasciato il bassista ma, come spesso gli succede, se ne è reso conto quando ormai era troppo tardi.
Ho dovuto tagliare tantissimo per rientrare nel limite canonico delle 500 parole, spero che il testo non ne abbia risentito troppo. E, proprio per questo, stavolta vi beccherete delle note chilometriche XD.
*1) Nella data indicata, i Chicago hanno tenuto un concerto al Providence Civic Center.
Nel corso degli anni, anche Peter ha avuto problemi di alcolismo, specialmente dopo aver lasciato il gruppo. Essendo di origini polacche, ho immaginato che la vodka fosse il suo liquore preferito.
*2) Qui ci sono sia riferimenti alla realtà che alla mia personalissima story line. Anni dopo aver lasciato il gruppo, infatti, Peter dichiarerà che i suoi compagni lo avevano accusato di essere diventato l'unica “voce” dei Chicago (anche perché così lo definivano i giornalisti, a quel tempo), in quanto praticamente cantava lui quasi tutte le canzoni; mentre all'inizio i testi erano equamente suddivisi tra Terry, Robert e lui stesso.
Danny, in effetti, è stato il primo a cui Peter ha confidato di aver in mente qualcosa, anche se non gli ha rivelato specificatamente che voleva andarsene. Qui faccio riferimento alla mia storia “Just you 'n' me”, in cui Peter rivela a Danny di voler lasciare il gruppo, chiedendogli di mantenere il segreto, e lui invece lo va subito a spifferare agli altri, provocando poi il litigio con Robert che porterà alla loro rottura.
Terry Kath, primo chitarrista e membro fondatore dei Chicago, si è tolto accidentalmente la vita nel gennaio del 1978, sparandosi un proiettile in testa mentre giocava con le sue pistole. A mio personalissimo avviso (ovviamente non possiamo saperlo per certo) se non fosse morto le cose per i Chicago sarebbero andate molto diversamente. Infatti, dalla sua morte il gruppo ha cambiato moltissimo il proprio stile musicale, diventando molto più “commerciale” ma perdendo il consenso della maggior parte dei loro estimatori, con conseguenze più o meno nefaste.
Infine, per quanto riguarda Robert, il riferimento è ancora alla mia storia che citavo prima anche se, nella realtà, tutti i membri dei Chicago hanno sempre dato tantissima importanza alla reputazione e alla “facciata esterna”.
*3) Altro riferimento alla mia storia “Just you 'n' me”, ambientata nell'aprile del 1984.
*4) Peter dice “da che pulpito” perché anche Robert ha avuto gravissimi problemi di dipendenza dalla cocaina, ma in questo periodo si era già disintossicato.

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Capitolo 6
*** Voglio il tuo profumo ***


Voglio il tuo profumo


Robert Lamm    Peter Cetera

 

 

Edwardsville (Illinois), 22 agosto 1978

 

Al termine del concerto al Mississippi River Festival, i Chicago si eclissarono passando da un'uscita secondaria, lasciando il tendone da circo sotto il quale si erano esibiti avvolti in una cappa di afa e umidità. Dall'altra parte, una marea di studenti universitari chiedeva a gran voce l'ennesimo bis, o almeno che si facessero di nuovo vedere sullo stage, ma nessuno dei membri della band aveva intenzione di fermarsi un minuto di più. Non solo stavano grondando di sudore, ma erano stati anche letteralmente divorati vivi dalle zanzare. *1)
Mentre gli altri sei si allontanavano, diretti al loro albergo per fare una meritatissima doccia, Peter e Robert si attardarono, appartandosi dietro un folto gruppo di pioppi tremuli sotto i quali le ombre della sera si infittivano. In realtà anche il bassista sarebbe voluto andare a sciacquarsi di dosso la fatica della serata, ma il suo amante lo aveva trattenuto afferrandolo per un polso e trascinandolo tra gli alberi.
«Cosa devi dirmi di così tanto importante da non poter attendere nemmeno il tempo di una doccia?», chiese il biondo con un sorriso non appena si ritrovò tra le braccia del tastierista.
Per tutta risposta, Bobby gli tuffò il naso nell'incavo del collo e inspirò profondamente il suo odore. «Voglio il tuo profumo».
«Il mio profumo!? Ma se puzzo come un caprone...».
La voce di Peter si smorzò quando il moro gli passò la lingua lungo la curva della mascella, leccando avidamente alcune goccioline di sudore. «Dammi tutto il tuo sapore».
Il bassista cominciò ad ansimare, infiammato dalla bocca del suo amante che correva sulla sua pelle, diretta alla peluria bionda che gli copriva il petto e che ora era madida dei suoi umori.
Robert inspirò ancora a fondo inebriandosi dell'odore salato di Peter, che gli ricordava la salsedine trasportata dal vento quando il Maestrale spirava sull'Oceano Pacifico.
«Tu profumi di mare», mormorò, facendo scorrere le labbra sul vello del suo amante. «Profumi come il vento che viene dall'est, come una giornata di sole, come il sale che ti rimane sulla pelle dopo un tuffo tra le onde. Non è che mi stai nascondendo di essere in realtà un tritone? Non me ne meraviglierei affatto, sai?», disse, mentre gli ansiti del biondo gli riempivano le orecchie.
Scostò i lembi della camicia hawaiana di Peter per farsi largo sul suo petto, scendendo lentamente verso il basso fino a raggiungere il suo ombelico. Glielo penetrò con la lingua per poi slacciargli i pantaloni e calarglieli fino alle caviglie.
«Il tuo è il profumo della tentazione più golosa», riprese, carezzandogli il membro turgido da sopra la stoffa degli slip, «il profumo della trasgressione, il profumo della passione». Si interruppe un istante per abbassare anche l'ultimo indumento che lo separava dalla sua meta. «Tu profumi di sesso. Dammi tutto il tuo sapore», ripeté, accogliendo la calda virilità dell'amante tra le labbra.
Peter si inarcò sotto il suo tocco poggiando la schiena contro un tronco e, con un gemito, gli affondò le dita tra la folta chioma nera.


 

Spazio autrice:

E questo è stato il sesto “momento” tra Peter e Robert. Stavolta siamo tornati indietro nel tempo rispetto al capitolo precedente, quando i due erano ancora appassionati e focosi. La parola chiave di questa sesta manche era “profumo”, ed è stata suggerita da Sabriel_Little Storm. Tesoro, spero di aver esaudito il tuo desiderio di veder descritto un profumo, ma non so quanto possa esserci riuscita... XD. Spero possa piacerti lo stesso :-).
Non appena ho letto la parola, mi è venuta in mente la canzone “Profumo” di Gianna Nannini, da cui ho tratto il titolo di questo capitolo e le parole di Robert scritte in corsivo nel testo, che sono appunto frasi tratte dalla canzone citata.
Questa volta non c'è il rumore del mare, ma il profumo del mare. L'odore salino di Peter ricorda a Robert l'oceano (e forse il suo naso è guidato dalla passione, perché l'odore di sudore di un uomo può essere davvero terribile, a volte XD).
Comunque, scrivere di questo momento mi ha emozionato tantissimo, perché ormai sono legatissima a questa OTP e mi piace scrivere di loro in momenti piuttosto “hot”.
Vi lascio all'unica nota. Alla prossima parola!
*1) Il “Mississippi River Festival” era una manifestazione della durata di parecchi giorni, tenutasi ogni estate dal 1969 al 1980, cui hanno preso parte tantissimi gruppi e cantanti famosi, tra cui anche i Chicago. Si teneva nel campus della “Southern Illinois University” di Edwardsville e i musicisti si esibivano sotto una sorta di enorme tendone da circo, mentre il pubblico si sistemava sul prato antistante, di solito su sedie pieghevoli (fonte: Wikipedia).

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Capitolo 7
*** Un gioco goloso ***


Un gioco goloso

 

Peter Cetera    Robert Lamm

 

Los Angeles, 16 novembre 1983

 

Robert accolse Peter stringendolo tra le braccia, lasciandosi sfuggire un sospiro.
«Sono contento che tu sia riuscito a venire... mi sentivo così solo».
Il bassista sorrise e gli diede un lieve bacio sulle labbra.
«Forse dovresti cercarti un'altra donna, non trovi?».
Il moro rifiutò, categorico. «Non sono ancora pronto per una nuova relazione di facciata. Voglio godere della tua presenza senza dovermi preoccupare di nient'altro. A proposito», aggiunse, dopo aver fatto accomodare il suo amante sul divano ed essergli crollato accanto, «Diane non sospetta di nulla, vero?».
Peter scosse la testa. «No. Da quando tu e sua sorella vi siete lasciati, si è presa ogni mercoledì per farle compagnia. Quindi pensa che non ci sia niente di strano se io faccio lo stesso con te». *1)
Robert si lasciò sfuggire un ghigno e baciò il suo compagno sul collo, per poi risalire verso la cicatrice che gli segnava la mandibola. *2)
«Ti senti particolarmente sporcaccione, stasera?», chiese, tra un bacio e l'altro.
«Perché?».
«Ho voglia di fare un gioco un po'... particolare».
Peter lo fissò con sguardo interrogativo e il tastierista, per tutta risposta, andò in cucina e ne tornò con in mano un barattolo di miele.
«Ti va di sporcarti un pochettino?».
Al pensiero del proprio corpo ricoperto della dolce sostanza e della lingua di Robert che lo leccava ovunque, il bassista sentì la propria virilità indurirsi. «Oh... Dio...», riuscì soltanto a esalare, lo sguardo fisso sulle dita affusolate del proprio amante strette sul recipiente di vetro.
Bobby lo prese per mano e lo fece alzare, per poi invitarlo a spogliarsi e a sdraiarsi sul morbido tappeto di pelle di caribù steso davanti al divano, ricordo del Caribou Ranch. Peter obbedì e il moro si inginocchiò accanto a lui, contemplando per qualche minuto il suo petto coperto dalla fitta peluria bionda, prima di svitare il tappo del barattolo. *3)
Immerse indice e medio nel miele dorato, poi sollevò le dita e lo fece colare, dall'alto, prima su un capezzolo del suo amante e poi sull'altro, tracciando tra i due una lieve scia appiccicosa. Tornò a inzuppare le dita e disegnò un'altra striscia, stavolta dallo sterno fino all'ombelico. Fece riempire la piccola cavità della sostanza ambrata prima di intingere ancora indice e medio, dedicandosi stavolta all'erezione dell'amante appoggiata sul suo basso ventre.
Non appena fu soddisfatto della propria opera, avvicinò le dita sporche di miele alla bocca di Peter, che le leccò e le succhiò fino a ripulirle completamente.
Allora, Robert si chinò sul petto del biondo e iniziò a leccare il dolce nettare dorato, seguendo la scia che aveva tracciato su di lui: prima i capezzoli, che al contatto con le sue labbra divennero duri come pietruzze; poi lungo la linea alba fino all'ombelico, che penetrò con la lingua; infine il membro caldo e rigonfio, che si lasciò scivolare fino in gola con un gorgoglio liquido.
Peter si lasciò sfuggire un gemito mentre, con la mano tra i capelli dell'amante, chiudeva gli occhi e si lasciava andare all'estasi.

 

Spazio autrice:

Cavoli, siamo già arrivati al settimo momento! La parola, questa volta, era “miele”, suggerita da Gella. Più o meno, questo capitolo è sulla stessa falsa riga del precedente, anche se ambientato in un momento molto più tardo (quasi alla fine della loro relazione secondo la mia story line). Ma come faccio a non scrivere qualcosa di hot con un soggetto come il miele? Anche stavolta, ci limitiamo a un “lime” che non sfocia nell'atto vero e proprio. Ma, mannaggia, 500 parole sono veramente troppo poche! Anche stavolta ho dovuto limare qua e là, anche se non proprio tantissimo. Spero non ne risenta il testo, ovviamente.
Beccatevi ora le note numerate:
*1) Robert Lamm e Julie Nini – sorella di Diane Nini, moglie di Peter Cetera – si sono lasciati nel 1981. Robert si sposerà di nuovo nel 1985 con l'attrice Alex Donnelley. Ho ipotizzato che, alla fine del 1983, fosse ancora single.
Basandomi sulla mia personalissima story line, in cui i due uomini intraprendono tra loro una relazione clandestina, Robert fa riferimento a una nuova relazione “di facciata” perché appunto, dato il periodo non ancora favorevole alle relazioni omosessuali, i due amanti tirano avanti rapporti eterosessuali per nascondere al mondo la loro vera condizione. Il 16 novembre 1983, giorno in cui questa flash è ambientata, era davvero un mercoledì.
*2) Nel 1969, durante una partita di baseball Peter fu preso di mira da alcuni Marines semplicemente perché era capellone. Lo presero a pugni e gli fratturarono la mandibola. Trasportato in ospedale, fu operato con l'applicazione di tre perni metallici, costringendolo per parecchi mesi a stare con la bocca semichiusa e a cantare, da allora in avanti, con il falsetto che lo ha sempre contraddistinto.
*3) Il Caribou Ranch era un ranch trasformato in studio di registrazione – di proprietà di Jimmy Guercio, produttore dei Chicago – in cui la band ha registrato cinque album, dal 1973 al 1977.

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Capitolo 8
*** Fidati di me ***


Fidati di me
 

Robert Lamm    Peter Cetera

 

 

Los Angeles, 17 giugno 1979

 

Robert fissò l'Electra Glide con sguardo dubbioso per poi alzarlo sul suo amante, intento a indossare il casco. *1)
«Qualcosa non va?», chiese Peter.
«Tutto, non va! Non riesco a capire cosa ci sia di tanto divertente nell'andare in giro in equilibrio precario su due ruote, mentre i moscerini ti entrano in bocca e negli occhi!».
Peter rise. «Innanzi tutto, la visiera serve proprio a evitare che gli insetti ti finiscano in faccia. E poi, quando vai veloce, la moto sta in equilibrio da sola».
Robert fece una smorfia. «Ne dubito molto, sai?».
«Non ti fidi di me?», chiese Peter porgendogli il casco, una leggera nota di delusione nella voce. «Guarda che, in “Electra Glide in Blue”, la scena dell'inseguimento me la sono fatta quasi tutta senza controfigura! E non ho mai invidiato quel disgraziato che ha sfondato la vetrata del ristorante al posto mio...». *2)
Il moro chinò lo sguardo mentre infilava il casco. «Scusami, Pete. So benissimo che sei un pilota molto abile. È solo che... mi sento a disagio sulle due ruote».
Il bassista sorrise, accomodandosi sulla sella. «Stai tranquillo, non avere paura. Basta solo che ti pieghi sulle curve. Tieniti stretto a me e vedrai che andrà tutto liscio come l'olio».
Robert salì sulla Harley-Davidson e si aggrappò forte al torso di Peter, che mise in moto con un colpo ben assestato al pedale. Il motore prese vita con un rombo potente che risuonò nelle loro orecchie. Il biondo ingranò la prima marcia e partì, diretto verso Malibù.
La moto viaggiava a gran velocità, e Robert capì cosa intendeva il suo amante quando diceva che correre in moto lo faceva sentire vivo. L'asfalto scorreva veloce sotto di loro mentre l'aria calda e profumata di quell'estate precoce sferzava i loro corpi, asciugando il sudore. Il tastierista poggiò il mento sulla spalla di Peter e si strinse ancor più a lui, facendo aderire il petto alla sua schiena.
Il biondo sospirò a quel contatto, ma il suono si perse nel rumore del vento. Si sentiva da dio, e non solo perché stava volando sulla sua Harley, ma perché Bobby si era finalmente abbandonato contro di lui, lasciandogli il controllo della situazione.
Raggiunta una piccola spiaggetta deserta, Peter accostò. Presero gli asciugamani dalle borse in pelle della motocicletta, si spogliarono e si sdraiarono sulla riva, le onde del mare che si infrangevano lievi ai loro piedi con quel rumore che li mandava in estasi.
«Che scusa hai inventato stavolta, per Diane?», chiese Robert, voltandosi a fissare l'amante che si cospargeva il petto di lozione solare.
«Che volevo andare a far visita a Terry. Lei non sopporta i cimiteri. E tu? Cos'hai detto a Julie?».
«La stessa cosa. Evidentemente siamo proprio sulla stessa lunghezza d'onda». *3)
Peter sorrise e ghermì il suo amante per le braccia, schiacciandolo poi sull'asciugamano.
«Visto che ti sei fidato di me, stavolta sarò io a condurre i giochi», sussurrò a un centimetro dalle sue labbra, fissandolo negli occhi.
«Non vedo l'ora», rispose Robert con un sospiro di piacere.

 

Spazio autrice:

Ed eccoci dunque all'ottavo momento. Il prompt, suggerito da Harriet Strimell, era “giro in moto”, e anche questa volta ho avuto un assist pazzesco, perché Peter Cetera è sempre stato un grandissimo amante delle due ruote, come dirò anche nelle note. Era inevitabile, quindi, che stavolta Robert, che di solito ha sempre in pugno la situazione, debba fidarsi invece del suo amante e lasciare che sia lui a prendere l'iniziativa. E, dato che ci prende gusto, prende l'iniziativa anche sulla spiaggia. E stavolta non hanno bisogno di sfregare i loro petti per sentire il rumore del mare XD.
Purtroppo non sono mai salita su una moto, né ho mai conosciuto qualcuno che ne possedesse una, quindi spero di non aver scritto qualche cavolata in ambito tecnico, tipo la messa in moto. Se ho sbagliato qualcosa non esitate a farmelo sapere.
Dannato limite di 500 parole, anche stavolta ho dovuto limare tantissimo!
Vi lascio alle note:
*1) – L'Electra Glide è un modello di motocicletta della Harley-Davidson, uscito per la prima volta nel 1965. Peter è sempre stato un amante delle due ruote e ha posseduto proprio una di queste motociclette.
*2) – “
Electra Glide in Blue” è un film del 1973 diretto da James Guercio, il produttore dei Chicago, che narra la storia di un poliziotto di pattuglia addetto al traffico sulle strade del deserto dell'Arizona. A questo film partecipano anche, in piccolissimi ruoli, quattro membri dei Chicago: Peter Cetera, Terry Kath, Lee Loughnane e Walter Parazaider. Inoltre la band ha composto quasi totalmente la colonna sonora. Qui: https://www.youtube.com/watch?v=ZPr8A_wf-Zg potete trovare la scena dell'inseguimento in moto cui Peter fa riferimento nel testo, e potete sentire anche parte della colonna sonora originale. Peter è il motociclista che indossa la salopette bianca, con il casco rosso. Ovviamente non penso che abbia rinunciato alla controfigura, la mia è una licenza poetica. Comunque, vero è che guidava abitualmente la moto, a quel tempo.
*3) – Terry Kath, chitarrista e membro fondatore dei Chicago, è venuto a mancare il 23 gennaio 1978, quindi un anno e mezzo prima rispetto all'ambientazione di questa flash. Le sue spoglie riposano nel
Forest Lawn Memorial Park Cemetery di Glendale. Diane e Julie Nini, sorelle, sono rispettivamente la compagna di Peter e la moglie di Robert.

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Capitolo 9
*** Le frane del fai-da-te ***


Le frane del fai-da-te

 

Peter Cetera    Robert Lamm

 

Los Angeles, 02 giugno 1978


Di ritorno dalla sua corsa mattutina, passando davanti alla villetta di Robert e Julie, Peter udì una colorita bestemmia provenire dall'abitazione. Si voltò a guardare. Da una delle finestre aperte che si affacciavano sul giardinetto vide Bobby, coperto di macchie di vernice color verde pisello. Ne aveva dappertutto: sui capelli, sulla faccia, sulle mani. *1)
Trattenendo a stento una risatina, il bassista percorse il vialetto e mise la testa dentro la finestra.
«Buongiorno Bobby. Ma... stai tinteggiando le pareti o te stesso?».
«Ah... ah... ah...», rise sarcastico il tastierista, mordendosi la lingua per non lasciarsi sfuggire l'ennesima imprecazione. «Julie mi ha chiesto di verniciare le pareti della cameretta, ma io sono sempre stato una frana in queste cose».
«Perché non avete chiamato un imbianchino?».
«Tocca a un papà fare questi lavoretti», rispose Robert, scimmiottando la voce della moglie.
Peter scoppiò in una risata.
«Allora, avresti potuto chiamare me. Neanche io sono un asso nel bricolage, ma almeno avrei potuto darti una mano!».
«Sei ancora in tempo per farlo», replicò il tastierista, facendogli cenno di entrare in casa.
Una volta che fu nella camera, Bobby squadrò l'amante dalla testa ai piedi. Il biondo indossava maglietta e pantaloncini fradici di sudore che gli aderivano perfettamente al corpo, i lunghi capelli biondi tenuti indietro da una fascia elastica di spugna. Si morse il labbro inferiore.
«Certo che, se piombi conciato così in casa mia, poi come faccio a resistere e a non metterti le mani addosso?», chiese, abbrancando il bassista per le spalle e macchiandogli la t-shirt di vernice.
«Prima pensiamo a dipingere», replicò Peter liberandosi dalla sua stretta. «Le ragazze sono andate a fare shopping per il nascituro, se ho ben capito dagli sproloqui di Diane, e fino all'ora di pranzo di sicuro non faranno ritorno. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo». Prese un pennello e lo inzuppò nella tinta.
Benché fosse più quella che finiva sul pavimento e sui loro corpi rispetto a quella che rimaneva sulle pareti, in un paio d'ore i due uomini finirono il lavoro. Stanchi ma soddisfatti, posarono secchi e pennelli e contemplarono la loro opera.
«La stanza non è venuta male, in fondo...», sospirò Peter guardandosi attorno.
Robert si voltò verso di lui e scoppiò a ridere, e il bassista lo fissò con sguardo interrogativo.
«Hai i capelli verdi! E anche la faccia!», sghignazzò il tastierista.
Sgomento, il biondo alzò le mani a toccarsi la chioma completamente coperta di vernice.
«Te l'avevo detto che anch'io sono una frana nel bricolage», esalò, alzando gli occhi al soffitto.
Bobby gli si accostò e lo strinse in un forte abbraccio per poi strappargli un bacio rude, al quale Peter rispose subito con passione.
«Nel baciare, invece, non sei affatto una frana», soffiò il moro sulla bocca dell'amante non appena si separarono.
«Neanche tu...», esalò il bassista in risposta, tornando a unire le loro labbra e ingaggiando una lotta violenta tra le loro lingue.
Senza interrompere il contatto, Robert iniziò a sospingerlo verso il bagno. Li attendeva una doccia molto lunga.

 

Spazio autrice:

Siamo arrivati, dunque, anche al nono momento. Questa volta la parola, suggerita da Sakkaku, era “frana” e devo ammettere che all'inizio mi ha lasciata un po' sconcertata. Poi ho pensato di utilizzarla in senso metaforico, ovvero: “essere una frana in qualcosa”, e ho immaginato che i due amanti siano entrambi delle frane nei lavori di casa. Spero di non aver deluso le aspettative.
Tra l'altro, questa è la prima volta, in questa raccolta, che non ho dovuto limare nulla. Sono arrivata a 500 parole senza dover togliere frasi o quant'altro. Potevo però non concludere con una scena che conduce verso un seguito... hot? Ma certo che no!
Anche le note numerate sono minime, in effetti è soltanto una XD.
*1) Peter è sempre stato un tipo molto sportivo. Anche da giovane amava alzarsi all'alba per andare a fare jogging, di solito in compagnia di Diane che – come lui stesso ha dichiarato – spesso lo lasciava indietro perché era molto più veloce di lui. In questo caso Peter è da solo perché, essendo Julie – sorella di Diane e moglie di Robert – incinta, ho immaginato che la compagna di Peter passi molto tempo con lei, visto che Julie è anche la sorella minore. Il colore scelto per tinteggiare la cameretta è il verde pisello perché ho immaginato che i due futuri genitori non conoscano ancora il sesso del nascituro, e quindi hanno optato per un colore neutro.

 

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Capitolo 10
*** Sabbia bollente ***


Sabbia bollente


Robert Lamm    Peter Cetera

 

 

Maracaibo (Venezuela), 12 luglio 1980

 

Le spiagge di Maracaibo erano affollatissime. Robert, Peter e relative consorti faticarono moltissimo a trovare un posticino sufficientemente appartato. Oltre a portarsi dietro un mare di bagagli, infatti, Bobby teneva sulle spalle anche la piccola Sasha, che lanciava gridolini estasiati alla vista del mare cristallino che aveva davanti.
Non appena sistemati, gli asciugamani stesi al sole, la bimba corse verso la riva e la madre e la zia furono costrette ad andarle dietro, perché non si perdesse in mezzo a tutta quella marea di chiappe e seni al vento che affollavano la spiaggia. *1)
«Se ti azzardi a guardare anche uno solo di quei sederi, giuro che ti stacco la testa da collo!», minacciò Julie rivolgendosi al marito prima di correre via all'inseguimento della figlia.
Robert alzò le mani in segno di resa. «Stai tranquilla, tesoro. Avrò occhi solo per Peter».
Mentre la giovane donna si allontanava il bassista fece una risatina. «Se solo sapesse quanto è vero...».
Bobby si voltò verso di lui e rispose al suo sorriso. «Credo che le prenderebbe un infarto. Quindi, cerchiamo di non farci scoprire... non vorrei averla sulla coscienza».
Il biondo rise ancora mentre prendeva a spalmarsi la lozione solare sul petto.
Il tastierista si morse le labbra nell'osservare le mani dell'amante che carezzavano la peluria dorata, facendola frusciare. Lanciò una rapida occhiata in direzione della riva, per accertarsi che le due donne fossero a distanza di sicurezza, poi si accostò a Peter.
«Quanto vorrei essere io a spalmarti la crema...», gli sussurrò all'orecchio, solleticandogli il lobo col suo alito caldo.
Per tutta risposta, il bassista gli porse il tubetto e si sdraiò a pancia in giù. «Puoi mettermela sulla schiena».
Robert si lasciò sfuggire un mugolio sfiatato. Guardò di nuovo verso il mare. Le due donne si erano sedute sul bagnasciuga dando loro le spalle, con Sasha in mezzo a loro, e stavano aiutando la bambina a costruire un castello di sabbia. Senza curarsi del viavai di persone che li circondavano si mise a cavalcioni del corpo del suo amante, sedendosi sui suoi glutei rotondi e sodi.
Peter ansimò. «Che cazzo fai, Bobby? Ci vedono tutti!».
«Ma non ci conosce nessuno... e le ragazze ci voltano la schiena. Sta' tranquillo, rilassati».
Il bassista trattenne a stento un singulto. Al solo pensiero di avere Robert seduto addosso sentì la propria virilità indurirsi contro la sabbia bollente di Maracaibo. Quella del suo amante non era da meno: la sentiva premere contro la natica sinistra.
Nello spalmare la lozione, Robert prese a sfregarsi sopra di lui, lentamente, per non attirare l'attenzione, ma Peter capì subito le sue intenzioni. Il membro del tastierista, costretto nel costume, pareva volersi fare strada tra i suoi glutei, anch'essi coperti dalla stoffa elastica. Si lasciò sfuggire un gemito.
«Smettila, Bobby, oppure verrò nelle mutande...».
«È proprio quello che voglio», sussurrò il suo amante chinandosi su di lui.
E mentre le ragazze, ignare, giocavano con la bambina sulla riva, Peter si lasciò condurre da Robert fino all'orgasmo, soffocando i gemiti nell'asciugamano.

 

 

Spazio autrice:

Eccoci qua, alla fine del decimo momento. Questa volta la parola, suggerita da Harryet, era “Maracaibo”, e l'unico modo in cui sono riuscita a inserirla è stata come ambientazione di un fantomatico periodo di vacanza preso dai due membri dei Chicago con le rispettive famiglie. Spero di non aver deluso le aspettative. Tra l'altro non sono molto soddisfatta del risultato. Questa quarantena mi sta sfibrando...
Come potevo però non mettere ancora un momento hot? Stavolta avviene tutto di nascosto, ma alla luce del sole, e penso che Peter si lasci trasportare proprio da questo fatto. Non è forse una cosa eccitantissima fare cose sconce di nascosto, ma in mezzo alla gente?
E anche stavolta le signore Nini rimangono all'oscuro di tutto.
Vi lascio all'unica nota.
*1) – Come detto varie volte, Julie e Diane Nini, rispettivamente moglie di Robert e compagna di Peter, sono sorelle. Nel 1980 la piccola Sasha, figlia di Robert e Julie, aveva circa 2 anni.

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Capitolo 11
*** Pixel sgranati ***


Pixel sgranati


Robert Lamm    Peter Cetera

 

 

Los Angeles, 25 settembre 1981

 

Peter aprì la porta a Robert e si scostò per lasciarlo entrare. Il moro era trasandato: aveva i capelli in disordine, la barba incolta e gli abiti tutti spiegazzati. Il bassista gli lanciò una lunga occhiata.
«Certo che si vede da lontano un miglio che sei rimasto senza una donna. Almeno avresti potuto imparare a stirare, in tutti questi anni», commentò fissando la camicia dell'amante coperta di grinze.
«Ah... ah... ah...», rise sarcastico Robert, lo sguardo cupo. «Spero che tu non mi abbia invitato per criticare i miei vestiti». Si interruppe per un secondo, poi emise un lungo sospiro. «So che ti sembrerà strano sentirmelo dire ma... Julie mi manca molto. E anche Sasha. Soprattutto Sasha». *1)
Nel vedere l'uomo così ridotto, il biondo si sciolse in un sorriso. «Ti capisco benissimo. Anche se stavi con lei solo per salvare le apparenze, è normale che tu ne senta la mancanza. In fondo siete stati insieme per quasi cinque anni, e avete avuto una figlia». Guidò l'amante verso il divano e lo fece accomodare. «Comunque non ti ho invitato per criticarti, ma per farti una sorpresa», aggiunse, indicando con un ampio gesto del braccio un nuovo dispositivo installato sotto al televisore.
Lo sguardo di Robert si illuminò. «Ehi, ti sei comprato un videoregistratore?».
«Già! Ed è una bomba di tecnologia. Ma non è l'unica sorpresa». Si chinò per prendere qualcosa dal cassetto del mobile porta TV. «Guarda un po'?», riprese, facendogli oscillare una cassetta VHS davanti. *2)
«Che cos'è?», chiese Bobby, pieno di curiosità.
«Una rarissima registrazione del nostro concerto a Tanglewood del 21 luglio 1970», rispose Peter inserendo la cassetta nel dispositivo e mettendosi seduto accanto al moro. «Me l'ha fatta avere Don giusto un paio di giorni fa, e ho pensato che avrebbe potuto farti piacere vederla insieme. Visto che Diane oggi è partita per passare il fine settimana con la sua famiglia, e che fino a domenica sera non tornerà, ho deciso di approfittarne». *3)
«Hai fatto benissimo!», esclamò Robert sporgendosi per baciarlo sulle labbra.
Il bassista premette il tasto play e le immagini del concerto apparvero sullo schermo. I pixel del televisore erano sgranati, e i colori erano smorti, ma fu comunque un piacere per entrambi guardare quelle vecchie immagini e perdersi nei ricordi.
«Certo che eravamo proprio ridicoli, però... vero?», rise Bobby, guardando se stesso vestito con un'attillatissima maglietta rosa shocking, i lunghi capelli che gli spiovevano sulle spalle come le orecchie di un cocker, e il proprio amante che indossava una collana tanto rigida da sembrare il collare di un cane. «Sai che, quando ti vidi con quella collana addosso», aggiunse, indicando l'immagine di Peter dai pixel sfuocati, «cominciai a immaginarti a quattro zampe, legato a un guinzaglio?». *4)
Il biondo si voltò verso di lui con sguardo interrogativo e Robert rise nuovamente.
«Già allora avevo perso la testa per te», rivelò.
Peter lo fissò con sguardo languido. «Sai che quella collana ce l'ho ancora? Se vuoi, posso mettermela».
Robert si lasciò sfuggire un singulto. «Allora fallo!», gli ordinò.

 

 

Spazio autrice:

Non ci credo, siamo arrivati alla penultima parola, che era “pixel” ed è stata suggerita da Carmaux.
All'inizio mi sono trovata un po' in difficoltà, perché non sapevo se i pixel esistessero già alla fine degli anni settanta, inizi anni ottanta. Poi mi sono documentata su internet e ho scoperto che anche nei televisori a tubo catodico (quindi i primi usciti in commercio), i quadratini che compongono le immagini si chiamano pixel e quindi da lì è stato tutto più semplice, e ho immaginato un momento tra i due amanti in cui si ritrovano a guardare la registrazione di un vecchio concerto, dai pixel sgranati appunto. Questa volta sono abbastanza contenta del risultato, anche se mi dispiace tantissimo perché la sfida è quasi finita. Manca solo più la mia parola ehehehehee.
Vi lascio alle note numerate:
*1) Robert e Julie Nini si sono lasciati, appunto, nel 1981. Non è specificato quando, su Wikipedia, quindi ho immaginato che sia poco tempo. Sasha è la figlia che i due anno avuto insieme nel 1978.
*2) Il primo videoregistratore commerciale nasce nel 1956 e nel 1976 arriva la tecnologia VHS (fonte: Wikipedia). Quindi nel 1981 in America credo fosse abbastanza normale per la gente avere questi apparecchi in casa. In fondo, io ho avuto il primo videoregistratore nel 1987, ma si sa che queste tecnologie in Italia sono sempre arrivate in ritardo.
*3) Se vi interessa, il concerto completo di Tanglewood potete vederlo qui: https://www.youtube.com/watch?v=_oAoSZ2y1cw. Il Don cui faccio riferimento è Don Johnson, uno dei roadie di fiducia dei Chicago.
*4) Se avete guardato anche solo qualche frammento del concerto, avrete notato entrambi i particolari. E a me, la collana di Peter pare davvero il collare di un cane.

 

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Capitolo 12
*** Ti amo come allora ***


Ti amo come allora

 

Robert Lamm    Peter Cetera

 

 

Ketchum (Idaho), 18 agosto 2016

 

Robert controllò l'indirizzo. Aveva impiegato giorni per trovare l'ultima residenza di Peter. Trasse un sospiro e scese dall'automobile, incamminandosi lungo il vialetto illuminato dalla luna piena. Il bassista aveva scelto di vivere in aperta campagna, senza vicini che potessero infastidirlo. *1)
Una volta giunto davanti l'uscio Robert esitò, il pugno alzato. Cosa avrebbe detto al suo unico amore, una volta aperta la porta? Sempre che lo facesse, ovviamente. Era possibilissimo che, appena riconosciuto, gli sbattesse l'uscio sul naso.
«E farebbe anche bene...», sussurrò tra sé.
Nonostante l'ora tarda, dalla finestra accanto all'ingresso filtrava una luce. Peter era ancora sveglio, dunque. Bobby trasse un altro sospiro e batté tre colpi decisi sul legno della porta.
Passarono alcuni istanti lunghi un'eternità. Stava per bussare di nuovo quando l'uscio si spalancò con veemenza e l'uomo che aveva amato così intensamente per tutti quegli anni, nonostante ciò che era successo, gli apparve davanti. Alla luce della luna piena gli parve ancora più bello di quanto non fosse mai stato in gioventù.
«Mio piccolo Pete...», mormorò, incapace di trattenersi.
Gli occhi verdi del bassista si sgranarono, la sua bocca si contorse in una smorfia. Fece per richiudere la porta ma Robert la bloccò con un gesto imperioso del braccio. Tentò di spingerla più volte, senza successo, così ci rinunciò e incrociò le braccia sul petto.
«Si può sapere che cazzo vuoi?».
«Anch'io sono contento di vederti, Peter».
«Non ho nessuna voglia di scherzare», replicò il bassista, lo sguardo torvo. «Mi vuoi dire cosa sei venuto a fare, qui?».
«Avevo bisogno di parlarti a quattr'occhi».
Peter fece un ghigno di scherno. «Dopo trentun anni?».
«Devo sapere perché non sei voluto venire alla cerimonia della “Hall of Fame”».
«Te l'ho detto al telefono, il perché!», si infervorò il bassista. «Io non sono più uno dei Chicago!». *2)
«Non è vero, Pete. Tu rimarrai sempre uno di noi, e lo sai benissimo», replicò con calma Robert.
«Smettila di chiamarmi a quel modo!», gridò ancora Peter, agitando le braccia.
Il tastierista gliele afferrò, trascinandolo verso di lui. La porta si chiuse alle spalle del bassista e Robert ce lo spinse contro, aderendo poi al suo corpo. La luna piena si rifletteva nei loro occhi, illuminandoli di una luce nuova.
«Non ho mai smesso di amarti... in tutti questi anni sei sempre stato al centro del mio cuore», sussurrò il tastierista sulle labbra dell'amante.
«E allora perché non sei venuto a cercarmi prima?», replicò Peter in balìa dei suoi sentimenti, la voce che tremava. Anche lui non aveva mai smesso di amarlo. Non aveva mai dimenticato le sensazioni che il tocco di Robert gli procurava, le stesse che stava provando in quel preciso momento. E, proprio per questo, dopo aver dato una figlia alla sua ultima fidanzata – diciannove anni prima – non aveva più voluto nessuno al suo fianco. *3)
Si fissarono ancora, occhi negli occhi, e non ci fu bisogno di dire altro. Le loro labbra si incontrarono a metà strada e le loro lingue si intrecciarono di nuovo.

 

 

Spazio autrice:

E siamo arrivati, infine, anche al “mio” momento, quello scritto con il prompt suggerito da me, ovvero “luna piena”. E, per la cronaca, il 18 agosto del 2016, giorno in cui è ambientata questa flash, era davvero luna piena.
Ho avuto una fortuna sfacciata. Lo desideravo tantissimo e la sorte ha voluto che rimanessi per ultima a scegliere il prompt. Sono contentissima di questo, visto che questo capitolo parla del nuovo incontro, in vecchiaia, dei due ex amanti che, nella mia personalissima story line, si sono lasciati nell'aprile del 1984, anche se Peter è rimasto nei Chicago fino alla metà del 1985. Ed è perfetto per chiudere in bellezza questa raccolta.
Mi sono emozionata tantissimo nell'immaginare, e poi nello scrivere, questo incontro tra i due uomini ormai settantaduenni, ma che ancora si amano, nonostante tutto, come il primo giorno. E infatti avrei voluto scrivere, scrivere e scrivere, ma le 500 parole erano troppo poche, quindi ho dovuto limare un po'. Pazienza... Spero un giorno di poter scrivere i seguiti di tutti i capitoli di questa raccolta, perché non posso lasciare tutto in sospeso XD.
Ringrazio tantissimo Soul per aver organizzato questa sfida, che mi ha stimolato tantissimo e mi ha permesso di leggere tante bellissime storie!
Vi lascio alle ultime note.
*1) – Ketchum, nell'Idaho, è il paese in cui Peter ha risieduto più o meno da quando ha lasciato i Chicago. Essendo un tipo molto sportivo e amante dei cavalli, ho sempre immaginato che vivesse in una tenuta di campagna, isolata da tutto e da tutti.
*2) – L'8 aprile del 2016 i Chicago sono stati inseriti nella “Rock and Roll Hall of Fame”. In quella occasione Robert telefonò a Peter per dargli la notizia e chiedergli di presenziare alla cerimonia. Pare che il bassista gli abbia risposto di non scocciarlo (forse anche in termini un po' più rudi), perché lui non era più uno dei Chicago. Ovviamente Robert ci è rimasto molto male.
*3) – Nel 1997 Peter ha avuto una figlia, Senna, dalla sua fidanzata di allora, Blythe Weber. Da quel momento non ci sono più notizie di sue “fiamme”, quindi immagino che sia rimasto da solo.

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