REVOLUTION

di Bruiburiburi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 ***


SwanQueen




REVOLUTION.


#NOTONLYSWANQUEEN #NOTONLYAFANFIC

#NONSOLOSWANQUEEN #NONSOLOUNAFANFIC

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Flashback:
La notte era buia, densa, priva di stelle. Come se il tempo stesso presagisse che qualcosa di brutto, di oscuro, stava per succedere. L'asfalto bagnato della strada rifletteva la luce bianca dei lampioni, unica fonte di luce, che si gettava anche sui muri delle case, stagliandole con la forza di un dipinto a pennellate pesanti. Erano tutti li, fermi in quell'incrocio desolato e deserto. Emma, Regina, Killian, Robin, Mary Margareth e David. Si guardarono attorno, con aria allarmata. Alla ricerca di qualcosa, di quell'entità che faceva sembrare quel buio, solo una confortante penombra: l'oscurità. Quella che aveva reso Tremotino, il terribile signore oscuro che era stato.
< Cosa?! > esclamò Regina, alla parca ma efficace spiegazione che Killian aveva appena dato. < E allora dov'è? > aggiunse, voltandosi a sua volta, per perlustrare la zona col suo sguardo scuro. Emma non rispose subito. Tutto sembrava essere stranamente minaccioso, sinistro, sembrava che quell'entità potesse sbucare da un momento all'altro, da qualunque punto li attorno. I cavi dell'alta tensione, gli alberi fruscianti, i muri silenziosi.
< No, non è sparita > esalò finalmente la salvatrice, lo sguardo ancora spalancato dall'allarme. < L'oscurità, è intorno a noi > sentenziò infine. Taquero. Tutti quanti. Confusi, senza riuscire a fermare i loro occhi. Furono quelli scuri e profondi di Regina, i primi e soli ad individuare qualcosa. Mentre tutti ancora cercavano intorno, persi, il suo sguardo si issò verso l'alto, e si fece man mano sempre più aperto. Le sue labbra si schiusero, come se una muta frase d'avviso volesse uscirle di gola. Ma non ne ebbe il tempo. Robin, accanto a lei, si voltò il secondo prima che l'oscurità calasse le sue spire sul corpo della donna. Preso in contropiede, non fece nulla e subito dopo l'oscurità avviluppò completamente Regina, strattonandola violentemente in avanti. L'attenzione di tutti fu catturata.
< Regina! > esclamò Robin. E tutti fecero un singolo passo avanti, negli occhi la stessa apprensione vibrante. Regina si dibatté in quella morsa, senza risultati. Emma allargò le braccia, come in cerca di una soluzione a portata di mano, un'illuminazione, qualunque cosa.
< Io... > cominciò, senza ancora sapere come continuare, l'animo in tumulto. Doveva agire, doveva farlo in fretta. Lanciò uno sguardo a Robin, come in cerca di un aiuto, dato il rapporto del fuorilegge con Regina. Ma Robin pareva immobile, lo sguardo spaventato e preoccupato, in tensione come se fosse sul punto di agire, come se volesse fare qualcosa che però non riuscirà in seguito a fare. Che non farà. Non lui. Si voltò verso Emma, ancora confuso
< Che sta facendo?! > chiese, con la voce allarmata più che mai.
< Quello che fa' l'oscurità...offusca la luce > rispose la salvatrice, gli occhi chiari di nuovo verso Regina, una scintilla singola di consapevolezza, nel suo animo. Impulsivo, a quella risposta Robin non riuscì a tollerare oltre.
< La fermerò! > strillò, scattando in avanti. Emma fece un nuovo passo avanti. Ma quando Robin giunse a contatto con quelle scure spire vorticanti, venne brutalmente sbalzato via, all'indietro, rotolando in caduta libera sull'asfalto duro e umido.
< Così non funzionerà mai! > replicò al suo indirizzo Emma, sottolineando l'ovvio. Era di un'entità oscura che stavano parlando, e purtroppo non sarebbe mai potuto bastare farsi avanti e menare le mani. No, serviva altro. Sarebbe servito un sacrificio. < L'apprendista ha detto che dobbiamo fare come ha fatto lo stregone, collegarla a una persona! > Eccolo, il sacrificio. Killian la osservò, sollevando una mano, ma il secondo dopo Emma si fece comunque avanti.
< EMMA! > strillò Mary Margareth, spaventata come David al suo fianco, che la strinse ancora più forte, quasi volesse fermarla dal farsi avanti a sua volta per fermare la figlia. Anche Regina, dal centro di quelle spire soffocanti si oppose.
< NO! > esclamò, guardando Emma attraverso l'oscurità. La salvatrice, che era corsa in avanti, si fermò a un singolo passo dall'altra. Killian e Robin di nuovo parvero in bilico, con le mani sospese, la voglia di fare qualcosa negli sguardi allarmati. < Ci dev'essere un altro modo! > aggiunse Regina, la voce quasi implorante, gli occhi su colei che già aveva deciso il suo sacrificio.
< Non c'è > cominciò Emma, mentre il suo sguardo andava inumidendosi < Hai faticato troppo per vedere la tua felicità DISTRUTTA > aggiunse ancora, una stilla di consapevolezza dolorosa nell'animo a quel pensiero, un dispiacere che fu quasi senso di colpa, un'empatìa leggibile dalla sua frase. Non poteva fare altrimenti, caricò il braccio all'indietro, il pugnale del signore oscuro che luccicava, stretto nella sua mano.
< No! > esclamò David. Emma si voltò verso di lui.
< Già una volta mi avete liberata dall'oscurità, lo farete di nuovo. Da eroi > rispose al padre, gli occhi ormai strabordanti di lacrime che sembravano non voler scendere, luccicanti. Killian si riscosse, e corse avanti, in un ultimo tentativo disperato. La prese per un braccio
< Emma, ti prego, no! Non farlo >la pregò. Implorandola con ogni sillaba, con lo sguardo altrettanto lucido. Ma come risolvere altrimenti? Killian non propose un'alternativa, Emma non aveva comunque scelta. Avrebbe sacrificato se stessa. Ma prima non avrebbe lasciato nulla in sospeso.
< Io ti amo > disse, occhi negli occhi col pirata. Lo avvicinò, le loro fronti si toccarono, poi però lo spinse via, allontanandolo bruscamente e sfruttando quel brevissimo istante per girarsi e accoltellare senza esitazione quell'oscurità. Le spire liberarono Regina, si attorcigliarono sul pugnale, discendendo poi lungo la figura di Emma. Regina, libera, per un attimo la osservò, sgranando gli occhi. Poi però l'oscurità crebbe in un turbine impetuoso. Regina si dovette allontanare, trovando subito le braccia di Robin ad accoglierla e proteggerla, e a trattenerla in parte, mentre i suoi occhi scuri non riuscivano a lasciare la figura di Emma, sempre più invisibile dietro quelle spire. L'oscurità s'ingrandì ancora, issandosi in un turbinare violento e poi sparì, trascinando Emma con se. Un unico oggetto si lasciò alle spalle, che cadde a terra, con un sordo tonfo metallico. Il pugnale del signore oscuro. Sulla lama, a lettere nere, un nome luccicò flebile, illuminato dai lampioni. Il nome del sacrificio. Il nome dell'empatia.
Emma Swan.

GRANNY'S

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Henry si riscosse, mentre una volutta di vapore caldo, esalava dalla tazza di fronte a lui, dritto sul suo viso. Una cioccolata che profumava in maniera fortissima di cannella, permaneva stretta fra le sue dita, e il suo sguardo era vitreo, perso davanti a lui. Non era la prima volta, che quei ricordi gli ritornavano alla mente, e lui non avrebbe saputo dire, se fosse per via del forte shock che tutte le volte aveva dovuto provare o se ci fosse dell'altro. Tutto ciò che sapeva, era che, ogni volta di più, il suo pensiero a quel ricordo in particolare reagiva focalizzandosi su Robin, o su Killian. La sua bocca si storse, in un impercettibile smorfia, avvertendo come la sensazione di sentir scivolare un cubetto di ghiaccio nel suo stomaco. Entrambe le sue madri, avevano rischiato grosso, quel giorno. E Emma si era dovuta sacrificare, per salvare Regina. E lui aveva rischiato, in una notte sola, di perderle entrambe. Perché? Aveva sempre saputo che Emma, la sua mamma biologica, era la salvatrice. Ma più ci pensava più il pensiero di Robin che si limitava a cercare di menare le mani gli era fastidioso. Più ci pensava più le parole di Killian gli sembravano vuote, quasi egoistiche. Perché, se davvero Robin voleva salvare Regina, non si era sacrificato lui? Perché Killian non aveva preso il posto di Emma invece di pregarla a vuoto di non farlo? Non farlo a che scopo, poi? Non farlo e lasciar divorare sua madre adottiva da quell'oscurità?

La bevanda si sfreddò, creando una patina opaca e più resistente sul pelo della superficie. Le sue mani si strinsero con più energia attorno alla ceramica candida, ormai libere di toccarla senza scottarsi più.

La voce di Mary Margareth trillò dal bancone, e lui si decise, a sollevare gli occhi e tornare nel mondo reale. Era un brutto vizio che non si era mai tolto davvero, quello di estraniarsi. Ma non ci poteva fare nulla, quando i pensieri cominciavano a galoppare, quando la sua curiosità, cominciava a pungerlo e pungolarlo, lui non riusciva a fare a meno di perdersi fra pensieri e ricordi. Un piccolo sorriso attraversò il suo volto, mentre guardava David arrivare subito dopo, e posare una mano sul fianco di sua moglie, posandole un bacio dolce sulla tempia e sorridendo divertito da qualcosa detto da lei. Loro due erano senza dubbio l'esempio di vero amore più forte che avesse mai conosciuto. Ne avevano passate un'infinità, assieme, avevano combattuto fianco a fianco, si erano sempre protetti, sempre salvati a vicenda. E Henry era sicuro che, se al posto di Regina, ci fosse stata Mary Margareth, David non avrebbe esitato un solo secondo dallo stracciare di mano il pugnale a chiunque lo avesse, e accoltellare lui stesso l'oscurità. Sacrificandosi. Ma col cuore sereno perché, come loro erano soliti dirsi, lei lo avrebbe "trovato". Loro si sarebbero sempre trovati. Come il vero amore che li univa imponeva.

Fu ancora sua nonna a trascinarlo fuori dalla sua stessa mente. Si sedette davanti a lui, premurandosi di lasciargli prima una carezza dolce sul capo.

< Henry, caro, va tutto bene? Non mangi la tua cioccolata? Si sfredderà > gli disse, il tono raddolcito e carezzevole. Henry le sorrise di rimando, luminoso

< No nonna, va tutto bene > rispose. Si, certo, per quanto la situazione potesse permetterlo, s'intendeva. La Regina Cattiva era ancora una minaccia, che pesava sulle loro spalle, come delle nubi scure all'orizzonte. E, loro non potevano saperlo, non era nemmeno la minaccia peggiore che pendeva sulle loro teste ignare. David nel frattempo, si sedette accanto a Mary Margareth, e Emma affiancò il figlio subito dopo. Il ragazzo sorrise ad entrambi, togliendo poi finalmente il cucchiaino dalla cioccolata addensata, e portandosi la tazza alle labbra. Un sorso breve e tiepido scese lungo la sua gola, riscaldandolo. Ma non potevano stare li a fare l'allegra famiglia per sempre, ignorando i problemi.
< Cosa vogliamo fare dunque? Questa tregua immotivata non durerà > proruppe finalmente Mary Margareth, rompendo il silenzio e, in parte, spegnendo i sorrisi residui. Tutti sapevano quanto quello fosse un discorso necessario. Emma sospirò pesantemente, allungando un braccio, e stendendolo sulle spalle del figlio
< Non lo so, la Regina Cattiva va fermata, ma sembra...sparita nel nulla > replicò la bionda, l'aria stanca, un paio di occhiaie scure a contornarle gli occhi azzurro cielo. Sbuffò flebilmente, stropicciandosi la faccia < Anche se questa sparizione ovviamente, non ha alcun senso > continuò. Mary Margareth incrociò le braccia sul tavolo, posandocisi.
< Ci dev'essere qualcosa sotto > replicò a sua volta, vagamente preoccupata e concentrata.
Henry prese di nuovo la tazza, e buttò giù in un unico sorso quasi tutta la bevanda. Quan
do la posò di nuovo sul tavolo, Emma gliela rubò e la svuotò, sorridendogli subito dopo e facendogli una linguaccia giocosa, alla quale il ragazzo replicò con una piccola risata divertita.
< Se è sparita tanto meglio, sfruttiamo questo tempo per organizzare un contrattacco > Killian fece il suo ingresso con questa frase
e scambiò un bacio a fior di labbra con Emma. Eppure Henry si trovò a sentirsi in colpa, quando si accorse, che la sua risata si era spenta, all'arrivo del pirata. Affibbiò la colpa ai ricordi di poco prima, si riscosse, e sorrise di rimando all'uomo, che gli fece un breve occhiolino.
< Killian ha ragione, dovremmo organizzarci, tutti assieme > concordò David. Ma Mary Margareth, che lo stava osservando, si accigliò appena, voltandosi
< Già, a proposito, dov'è Regina? > domandò, posando i suoi occhi su Emma. Henry rizzò a sua volta il capo, interessato. Nemmeno lui sapeva nulla, quella notte aveva dormito a casa di Emma. Dopo la morte di Robin, ogni tanto, Regina si isolava, e sembrava aver bisogno di una tregua dal mondo intero. Un brutto presentimento, strisciò infimo nello stomaco del ragazzino. Lo respinse violentemente. Emma, nel frattempo, estrasse il cellulare
< Non lo so, sarebbe già dovuta essere qui... > replicò, sbloccando il telefono e osservando lo schermo privo di notifiche. Quasi tutti si accigliarono appena, lanciando poi uno sguardo simultaneo all'orologio appes
o al muro. Non è che Regina fosse proprio il sinonimo vivente di "ritardo". Emma alzò lo sguardo, innalzando appena le sopracciglia chiare < Provo a chiamarla > replicò infine. Con un gesto lesto del pollice fece partire la chiamata, accostando poi il cellulare all'orecchio. Involontariamente, tutti restarono in attesa. L'espressione di Emma si fece sempre più accigliata, mentre i secondi scorrevano, e gli squilli trillavano, fastidiosi, uno dietro l'altro. Con una mano, la donna prese a tamburellare sul legno duro del tavolo. Infine, lentamente, allontanò l'apparecchio dal capo, guardandolo stranita, come se fosse un congegno alieno. < Non mi risponde > spiegò, incapacce di scollare gli occhi dallo schermo luminoso. Mary Margareth inarcò entrambe le sopracciglia, a metà fra il confuso e l'incredulo. 

< Questo non è da lei > commentò < Insomma, capisco che voglia starsene in pace ogni tanto, da quando Robin... > s'interruppe, intristendosi appena, e lasciando la frase a metà. Un piccolo spiffero gelido soffiò sugli animi di tutti loro, che caddero in un breve silenzio. Fu Henry il primo a riscuotersi. Il ragazzo s'infilò una mano in tasca

< Aspettate, provo io > replicò. Quella brutta sensazione si era amplificata, a ondate regolari e sempre più impetuose, e più provava a respingerla, più lo avvolgeva. L'unica soluzione era fare qualcosa, agire. Nel frattempo, aveva già composto il numero. La chiamata partì. 1 squillo. Lo sguardo di Henry si perse nel vuoto, vitreo. 2 squilli. Gli occhi di tutti gli altri erano su di lui, come su Emma poco prima. 3 squilli. Il ragazzo deglutì sonoramente, una sola volta, e sentì la mano della madre scivolare sulla sua schiena, in una carezza, che voleva essere tranquillizzante. In realtà, lo sguardo della Salvatrice si stava facendo più apprensivo, e ogni secondo che passava sembrava infinito. 4 squilli. "Mamma. Mamma, dove sei?" I pensieri si rincorrevano, sempre più angosciati, nella mente di Henry. 5 squilli. "Mamma RISPONDI!". Partì la segreteria telefonica.

Henry, terreo, non scostò il telefono dall'orecchio. Mulinò un paio di volte la lingua nella sua bocca asciutta, e si accorse di avere la salivazione azzerata. Da quando in qua, sua madre mancava una sua chiamata? Non esisteva al mondo che Regina Mills mancasse di rispondere a suo figlio. Mai. La mano di Emma si posò con dolcezza su quella tremante di Henry, ancora stretta sul telefono. Glielo portò giù, stringendo sensibilmente la presa.

< Basta così, andiamo a cercarla > disse solo la donna. Henry la guardò, senza riuscire a nascondere quel tumulto che si leggeva, dentro i suoi occhi chiari. Non riusciva a parlare, così si limitò ad annuire. Tutti quanti avevano lo stesso sguardo, attonito, quasi spaventato. Emma si alzò. Fu Killian, che già sembrava più confuso che spaventato, il primo a riprendersi. Afferrò un lembo della manica di Emma, attirando la sua attenzione, e prendendole la mano.

< Emma, aspettate dai, non allarmiamoci subito. Regina sta soffrendo molto ultimamente, potrebbe anche solo aver posato il telefono lontano; e se provassimo a darle semplicemente spazio e respiro? > la frase del pirata, in tutta sincerità, non aveva nulla di male, ne di crudele. Ma alle orecchie di Henry, già visibilmente scosso, non suonò così. Si voltò di scatto, un lato della mascella appena contratto, e, prima di riuscire a impedirselo, scattò appena.
< Mia madre non ha mai mancato una mia chiamata in vita sua > disse, lapidario, e il suo tono fuoriuscì gelido come un iceberg, e duro in una maniera che era difficile udire da lui. Conscio di essere nervoso si alzò, avviandosi verso l'uscita, mentre Killian lo guardava dispiaciuto. Emma si soffermò un momento di più, posando una mano sulla spalla dell'amato.
< Perdonalo, è agitato, quello che dice è vero, Regina non mancherebbe mai una chiamata di Henry, non importa quanto male possa stare, lui viene prima di tutto. Lui è sempre stato prima di tutto, per lei come per me > guardò raddolcita Killian, per poi lasciargli un piccolo bacio sulla guancia < Andiamo a controllare che sia tutto a posto, torneremo presto > concluse. Killian annuì, abbozzando un sorriso, e Emma fece per andarsere. Ma Mary Margaret la richiamò
< Emma > disse solo. E quando la donna si voltò, trovò lo sguardo della madre specchio del suo, anch'esso preoccupato, dubbioso. < Fateci sapere > aggiunse solo. Emma annuì, poi si voltò nuovamente, e uscì dal locale, raggiungendo Henry. Lo trovò posato alla parete esterna, le mani in tasca, e una piccola smorfia sul viso.
< Scusami > disse subito il ragazzo, non appena sentita la porta. Si voltò a guardare la madre, ancora con quella strana smorfietta dispiaciuta. < Non volevo reagire così > aggiunse. Emma gli sorrise appena, sfiorandogli il volto
< Va tutto bene > rispose < Adesso andiamo da Regina e togliamoci questa brutta angoscia di dosso, ok? > domandò dolcemente. Il ragazzo riuscì ad abbozzare un sorriso, mentre annuiva
< Certo> replicò solo. E, senza ulteriori indugi, i due partirono alla volta di casa Mills.


Lontano da quel locale, da quella pace e coesione, e da tutti loro, nelle profondità infime della foresta dimenticata, un paio di occhi azzurri come il ghiaccio più puro si specchiarono sulla luccicante lama di un pugnale dalla lama ondulata. Una scritta nera come la pece era incisa su di essa. Un nome. Un pugnale ben noto a tutti loro. Quegli occhi si socchiusero, sotto la forza di un sorriso malevolo.

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 ***


CAPITOLO 2


Casa Mills

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Il vialetto della vasta casa Mills, si aprì ai loro occhi, e Henry lo attraversò quasi di corsa. Il selciato scrocchiava secco sotto i suoi passi affrettati, non aiutando per nulla il suo umore già sinistro. Emma seguiva a ruota il figlio, lasciando dardeggiare i suoi occhi chiari qua e la, come sperando di veder sbucare Regina da dietro una siepe. In poche falcate il ragazzo fu davanti all'uscio bianco. Bussò una sola volta, sonoramente, a pugno chiuso, poi girò il pomello ed entrò.
< Mamma! Sono io! > strillò, sicuro che la madre potesse senza problemi riconoscere la sua voce. Un silenzio orribile fu l'unica risposta che ottenne. Si bloccò, mentre un nuovo brivido freddo gli saliva su per la schiena. La madre lo raggiunse poco dopo

< Regina? > chiamò a sua volta. Di nuovo quel silenzio. Henry si guardò attorno. Il vasto ingresso sembrava deserto. Emma si riscosse
< Va' di sopra, io controllo qua giù > disse secca la salvatrice, decisa, immersa nel suo istinto. Già, il problema era che l'istinto non le stava suggerendo nulla di buono. Tentò di ignorarlo. Henry deglutì di nuovo, annuendo e salì di sopra. Fece le scale, piano, scannerizzando ogni dettaglio.
< Mamma? > chiamò ancora, una volta arrivato al piano superiore. Entrò in camera sua, in quella della madre, quella degli ospiti e in tutti i bagni. Nulla. Solo silenzio, e l'agghiacciante eco della sua voce e quella di Emma che ispezionava il piano inferiore. Henry si ritrovò a indietreggiare, di nuovo vicino alle scale, gli occhi azzurri sgranati, il fiato sempre più corto. Non c'era. Sua madre non era lì, era sparita.
< Ragazzino > la voce di Emma si slanciò su per le scale, raggiungendo il figlio. Henry si voltò, affacciandosi dal parapetto e inquadrando la figura della madre nell'ingresso di sotto. < Scendi, non è qui. Regina non è a casa > disse Emma, la voce sempre più incolore. Il ragazzino prese a scendere le scale, sentendo le gambe vagamente meno stabili di quando era salito.
< Ma...allora dov'è? È sparita! E se la regina cattiva... > il suo tono saliva di ottava in ottava, preda della paura, ma sua madre lo bloccò con un cenno della mano. Con l'altra indicò l'appendiabiti all'ingresso
< Potrebbe essere uscita. La sua giacca non c'è, hai visto se era di sopra? > domandò ancora Emma. Il ragazzo si fermò sull'ultimo scalino, voltandosi a guardare da dove era sceso, facendo mente locale. Riprese a girarsi, lentamente
< No. No, non l'ho vista da nessuna parte > replicò. Emma annuì
< Andiamo allora, cerchiamo fuori. La troveremo > concluse la salvatrice, andando verso la porta. La decisione della sua voce, dei suoi gesti, la sua fermezza. Emma ci si stava aggrappando con tutte le sue forze. Per non crollare, per non arrendersi a quella sensazione. Per Henry. Per se stessa. Il ragazzo la seguì verso l'uscio, ma la sua convinzione scemava passo dopo passo.
< Ma se non è in casa, perché ha lasciato la porta aperta? > insistette, uscendo dalla porta bianca subito dietro sua madre. Emma sospirò appena
< Non lo so Henry, scopriamolo > replicò solo la donna, camminando a falcate lunghe. La salvatrice aveva intenzione di perlustrare tutte le strade, avesse dovuto guidare per tutta Storybrooke, ma avrebbe ritrovato Regina. Ad ogni costo. Strinse sensibilmente i pugni, nervosa. Ma purtroppo non ebbero bisogno nemmeno di salire a bordo del maggiolino giallo di Emma. Mentre la donna posava la mano sulla maniglia, Henry guardò la strada davanti a loro. Poco lontano, all'incrocio delle strade, sull'asfalto duro e sporco sostava qualcosa, abbandonato a terra. Henry afferrò subito il braccio della madre
< Mamma, aspetta. Guarda lì, per terra > esalò il ragazzo. Emma seguì lo sguardo del figlio fino a quel fagotto a terra. In simultanea, madre e figlio si scambiarono un'occhiata, prima di precipitarsi verso l'incrocio. Fu Emma la prima ad arrivare. Era già da qualche passo che aveva ormai messo a fuoco quel fagotto di tessuto abbandonato, ma non ci voleva credere, non ci poteva credere, non finché non lo avesse avuto sottomano. Si abbassò e affondò la mano in quello che era un giaccone nero, pesante, sperando quasi che il suo arto ci passasse attraverso, come fosse solo un'ologramma, un'allucinazione. Ma così non fu. Sollevò di qualche centimetro la giacca, proprio mentre Henry giungeva alle spalle della madre. I suoi occhi si dilatarono, un battito del cuore saltò, salvo poi iniziare a martellare forte
< E' la sua giacca...è la giacca della mamma > fu l'unica cosa che riuscì a dire, prima che un vago senso di nausea lo pervadesse. Taquero. Emma si sollevò, la giacca ancora stretta fra le mani, un groppo in gola. E la cosa non migliorò, quando avvertì la mano sinistra inumidirsi. La donna raggelò. Senza spostare il tessuto pesante, strisciò le dita l'una sull'altra, per saggiare la consistenza di quello che aveva sulla mano. Era vischioso e denso. Era sangue. Ringraziò la sua prontezza, nel non aver esposto la mano alla luce, così che Henry non potesse vedere. Lei stessa, forse, non voleva vedere. Poté quasi avvertire il suo battito rallentare, fino quasi a fermarsi. Cercò di controllarsi, di non lasciar trasparire nulla dai suoi occhi. Doveva essere forte per Henry. Ma dentro tremava così forte da tenersi unita a stento, mentre la sua mente urlava sempre la stessa cosa, la stessa parola, sempre lo stesso nome. "Regina, Regina! REGINA". Si riscosse, mentre Henry, a fianco, sembrava caduto in stasi. La salvatrice afferrò il telefono con la mano pulita, fece partire velocemente una chiamata, che non tardò ad ottenere risposta.
< Mamma. Venite subito qui. C'è qualcosa che non va > dall'altro capo del telefono, Mary Margaret raggelò a sua volta.

L'incrocio del destino

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Il tempo sembrava bloccato. Come se quel grande orologio, che sovrastava la città, si fosse di nuovo fermato. Emma ed Henry non erano più riusciti a parlare, in attesa degli altri, e sostavano uno davanti all'altro, gli occhi spalancati, fissi su quel fagotto di vestiti inanimati.
< Emma! > la voce di Mary Margaret ruppe il silenzio. La salvatrice si voltò, inquadrando la figura della madre, che quasi correva verso di lei. Al suo fianco David, e subito dietro Killian. Mary Margaret arrivò per prima, afferrando la figlia per le braccia < Che succede, che cosa sta succedendo? > domandò la donna, la voce apprensiva. Ma quando trovò gli occhi della figlia, ci trovò dentro quel tumulto, ci lesse lo shock statico, e quell'azzurro-verde che sembrava quasi tremare. Le pupille di Mary Margaret si dilatarono. < Dov'è Regina? > di nuovo la stessa domanda, nel giro di così poco tempo. Emma fece uno sforzo immane per non crollare, ora che aveva trovato il rifugio sicuro dello sguardo materno. Sollevò appena la giacca, mostrandola alla madre, rifiutandosi di parlare, per paura di sentire la sua voce tremare. Non voleva sentirla, non voleva sentirsi. La madre fece dardeggiare gli occhi su quell'oggetto, fece per toccarlo, ma in quel momento, Emma fece scivolare fuori appena quella mano, lorda di sangue, lasciandola vedere all'altra donna e a lei soltanto. Mary Margaret trasalì, bruscamente, bloccandosi. Rialzò lo sguardo, ma prima che riuscisse a parlare, David, che era andato da Henry, tornò da loro, col ragazzino accanto. Emma nascose di nuovo la mano, voltandosi. Anche Killian fu da loro, affiancando Emma e stringendola appena, preoccupato per quegli occhi così vitrei.
< Che cosa succede? > domandò il pirata preoccupato. Emma lo guardò, trovò coraggio, dunque si rivolse a tutti
< Regina lei...non è qui. Questa è la sua giacca noi...l'abbiamo trovata qua...a terra > ogni sillaba le costava sforzo. Il controllo della voce le vacillava, ma riuscì a mantenerla salda. Killian si accigliò, mentre tutti gli altri impallidirono. A Henry sembrava di guardarli tutti da una bolla, sentiva quasi le voci ovattate. Non gli importava delle loro parole. Una sola domanda gli continuava a rimbombare fra le pareti del cranio, facendogli quasi male, una domanda alla quale diede voce.
< Dov'è la mia mamma? > disse infine. Tutti lo guardarono. Fu in quel momento che qualcosa accadde. Un rumore secco, come di qualcosa che viene strappato violentemente. Tutti si voltarono, al centro dell'incrocio una piccola nuvola di denso fumo verde smeraldo. Il fumo prese a diradarsi, svelando un abito nero, magnificamente modellato, un sorriso bianco, abbagliante e malevolo e un paio di penetranti occhi color ghiaccio. Zelena era davanti a loro.

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Tutti quanti scattarono, in allerta, i muscoli serrati, le gambe piegate come molle cariche. Zelena lasciò fuoriuscire una risata breve, secca, crudele.
< Oh...salve. Credo di avere io, quello che state cercando > disse, la voce freddamente divertita. Gesticolò elegantemente con la mano. Un bagliore si spostò da dietro le sue spalle. Una figura, priva di vita, che fluttuava a pochi centimetri da terra, avvolta da un incantesimo che la manteneva dritta e in piedi.
Quell'istante. Quel momento. Fu uno di quelli che sembra durare un'eternità, come se il tessuto stesso di tempo e spazio si lacerasse, interrompendone il normale flusso. Gli occhi di Henry scivolarono lenti, in quell'istante senza fine, trovando prima quelle scarpe, dal tacco non troppo alto, staccate dal suolo, le gambe, nude fino al ginocchio, e poi racchiuse e fasciate in una gonna a tubino. Il resto, il ragazzo lo inquadrò tutto in una volta. La camicetta grigia, zuppa di sangue fresco, che lasciava cadere qualche goccia fino a terra, e il volto di sua madre. Smorto, esangue, colorato solo dal pallore della morte.


MUTE. http://i64.tinypic.com/v5h7k4.jpg


Un fischio sordo gli inondò le orecchie, fisso, fortissimo, inesorabile. E Henry smise. Smise di respirare, di sentire, di vedere. Smise quasi di esistere in quel posto, in quel momento. Estraniandosi. Fu talmente risucchiato fuori, che non poté sentire il suo stesso urlo, che fuoriuscì straziato, potente, come se non provenisse dai suoi polmoni, ma dalla sua anima pugnalata, ferendogli la gola, tanto era forte, strappandogli le corde vocali. Ma lui non si sentì. Così come non avvertì le braccia della nonna, mentre le sue ginocchia cedevano di schianto, rischiando di farlo rovinare al suolo, che si chiudevano attorno a lui, cingendolo all'altezza dello stomaco, e comprendendo anche le sue braccia, mentre lui si piegava in due, in avanti, sotto l'impeto di quell'urlo, come se lui stesso fosse stato accoltellato. Non si rese conto, mentre il suo viso era ormai rivolto verso l'asfalto, che l'unica cosa che lo stava tenendo in piedi erano quelle braccia, attorno al suo corpo tremante. Le sue ginocchia erano molli, le sue orecchie ancora piene di quel fischio sordo, perfino la vista si era offuscata e quasi spenta. Fu una seconda voce a ridestarlo. A riuscire a riprenderlo e tirarlo fuori da quel buio oblio in cui era caduto anima e corpo. La voce della madre, di Emma.

END MUTE http://i67.tinypic.com/2a9qyd4.jpg

< PERCHÉ?!! > e anche lei aveva lasciato che quella singola parola uscisse straziata, in un'alternanza di rabbia e disperazione. Henry riuscì a mettere a fuoco l'asfalto davanti a lui. Si sentiva il volto bollente, era paonazzo,e le sue guance erano inondate di lacrime calde, che erano scese fino al suo mento, bagnandogli i vestiti. Qualche goccia era perfino giunta a terra, e ora i suoi occhi chiari erano fissi su quelle lacrime sull'asfalto, che continuavano a moltiplicarsi. Alzò il capo, a fatica, ancora chiuso dall'abbraccio della nonna. Inquadrò la figura di Emma. Come lui, la donna aveva il volto arrossato, le lacrime che calavano, inesorabili, come scuri. Ma diversamente dal ragazzo, la salvatrice era un groviglio di nervi, tesi allo spasmo, che si potevano veder guizzare chiaramente, attraverso la sua pelle chiara. Era trattenuta per un braccio da Killian, e per l'altro da David, il busto in avanti, rivolta verso Zelena, che, indifferente, continuava a guardarli, beffarda. < PERCHÉ LO HAI FATTO?! > Un nuovo urlo, una nuova cascata di dolore puro e rabbia cieca, che fecero vibrare visibilmente la figura della salvatrice da capo a piedi. Onde di male, che continuavano a scuotere Emma, e lei seppe che solamente la furia la stava tenendo in piedi. Zelena inarcò un sopracciglio chiaro, lasciando scivolare il suo sguardo ghiacciato su tutti loro, per nulla preoccupata per le loro reazioni. Sfarfallò elegantemente con la mano di nuovo, sorridendo appena.
< Il motivo è molto semplice > cominciò, rilassata. Il suo sguardo s'indurì poi, repentino < Mi riprendo ciò che è mio >. Emma si dibatté nella stretta di Killian e David, emettendo un verso che parve quasi un ruggito basso, proveniente dal suo petto. Ma prima che potesse replicare, Zelena l'anticipò. < Sta' calma, Salvatrice. Che io l'apprezzi o meno, Regina fa parte della mia famiglia. E io riavrò la mia famiglia unita > i suoi occhi ghiacciati luccicarono, accompagnati da quello stesso sorriso malevolo. < Ad ogni costo > concluse. Emma scattò di nuovo, e Killian e David dovettero stringerla tanto da rendersi le mani esangui.
< TU NON SEI LA SUA FAMIGLIA! > di nuovo, la voce le uscì così forte da graffiarle le pareti della laringe. < NOI LO SIAMO! > fece una pausa, cercando a vuoto un minimo controllo, mentre nuove lacrime bollenti le tagliavano le guance come rasoi. < HENRY LO È. E non importa cosa tu farai, non importa quante magie userai, Zelena. Questa cosa non cambierà. MAI > Quell'ultima sillaba, un manrovescio in pieno stile, indirizzato verso il viso, ora immobile, della rossa.
< Non importa. Non sono in cerca dell'amore di mia sorella > Un angolo del suo labbro superiore si issò, in un riflesso di disprezzo. < Tutto quello che voglio è riunire la mia famiglia > replicò, gelida come un iceberg.
< Vuoi riunire la tua famiglia ma uccidi tua sorella?! > fu la volta di Mary Margaret di farsi sentire, mentre ancora tratteneva un Henry straziato fra le braccia. < Non ha alcun senso! > anche lei aveva i chiari occhi lucidi, colmi di lacrime che non voleva far scendere, per fare forza ad Henry e Emma. Zelena la guardò, lasciando indugiare i suoi occhi anche sul ragazzo, un sorrisetto increspò il suo viso
< La risposta è molto semplice. Confido voi sappiate bene, dove mia madre è confinata > L'Ade. Gli sguardi di tutti si dilatarono di comprensione.
< Bene! > proruppe Killian, alterato < Dunque dovrai raggiungerla in un degno modo! Perché non lasci a noi l'onore di accompagnartici > Esclamò velenoso, in una stoccata che intendeva la necessaria morte di Zelena. Tuttavia, la donna a quelle parole, rise. Fu una risata lunga, echeggiante in quel silenzio tombale, crudele e fredda.
< Oh pirata, non sei tanto sveglio quanto bello > replicò, mettendo a tacere brutalmente l'altro. < Ho usato un'arma molto speciale, per porre fine alla vita di mia sorella > La sua mano affusolata s'infilò in una piega del suo magnifico vestito nero, e fu di nuovo allarme generale. Con lentezza studiata, Zelena estrasse un pugnale < Immagino conosciate bene quest'oggetto > Una lama ondulata , affilata e mortale, delle incisioni nere ed eleganti ad adornarla. Il pugnale dell'oscuro. Con calma la donna voltò la lama. Mostrando solo la scritta incisa sopra. "Zelena".
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La donna sorrise più apertamente < La signora oscura non ha bisogno della vostra miserabile morte, per raggiungere gli inferi > soggiunse, soddisfatta. < Ora, col vostro permesso > cominciò. Ma Emma si dibatté di nuovo, violentemente.
< Dove credi di andare! > esclamò. Zelena si voltò lentamente. Prese fiato, poi fece una breve pausa, alzando una mano.
< Facciamo così. Io ora scendo nell'Ade, riunisco la mia famiglia, e, in cambio, se non mi seguirete e non mi metterete più i bastoni fra le ruote, io vi concederò il vostro lieto fine > il suo sguardo color ghiaccio puro s'intensificò, sfiorando ognuno di loro < Il signore oscuro, o meglio la signora oscura, non sarà mai più un vostro problema, e voi potrete vivere il resto delle vostre insignificanti vite, in pace > detto ciò non attese molto, schioccò le dita. < Addio > soffiò, e con l'ennesima risata diabolica si dissolse in una nube verde smeraldo, scomparendo, assieme al corpo di Regina.
Henry non aveva parlato, per tutto il tempo, sull'orlo di uno svenimento continuo. Ma in quel momento, mentre il corpo di sua madre svaniva, trovò l'ultimo briciolo di forza residua. Si dibatté nell'abbraccio della nonna, liberandosi, ma le forze non gli bastavano per distribuirle su tutto il corpo. Le gambe, ancora molli, risposero a malapena, mentre lui cercava di camminare in avanti. Incespicò, posando la mano al suolo, per aiutarsi a non cadere, mentre nuove lacrime lo sfregiavano e le sue spalle cominciavano a tremare sempre più violentemente. In qualche modo riuscì ad arrivare, fino al punto in cui il corpo della sua mamma adottiva si era dissolto. Si lasciò cadere in ginocchio, sporcandosi i jeans. E poi. E poi lo shock lasciò il posto al dolore. Un dolore lancinante, straziante, insopportabile. Henry si piegò, scosso da capo a piedi dai singhiozzi sempre più forti e violenti. Posò le mani sull'asfalto macchiato di rosso, toccando quel sangue. Rimase così, accucciato, fino quasi a posare la fronte a terra, dondolando flebilmente e ripetendo sempre la stessa parola, in un sussurro, come un mantra singhiozzante
< Mamma...mamma....mamma >.
Emma, mentre la rabbia scemava, sentì ogni singola parte del suo cuore andare in frantumi. Libera dalla vista di Zelena, la rabbia non aveva più un bersaglio fisso su cui concentrarsi, e aveva così lasciato il posto a quel'angoscia mista a disperazione, che lei sentiva già cadergli a cascata sulle membra. Diede un ennesimo strattone, più deciso che mai, liberandosi finalmente dai due uomini che la trattenevano, e corse avanti, verso la figura di suo figlio a terra. Lo raggiunse, lasciandosi cadere a sua volta sulle ginocchia. Strinse Henry più forte che poteva, abbassandosi con lui, cercando di placare fisicamente i suoi singhiozzi, nonostante lei stessa stesse piangendo. Incapace di smettere, si limitò a posare la sua mano, a palmo aperto, sopra quella del figlio, che era a sua volta posata sul sangue ormai secco di Regina al suolo. E poi basta. Si concessero quel momento di puro e semplice dolore, senza nient'altro in testa. Vicini, tremanti, in lacrime. Mentre gli altri li guardavano, dispiaciuti e addolorati. Nemmeno Mary Margaret osò intromettersi, limitandosi a trovare le braccia di David e lasciandosi stringere, mentre qualche lacrima silenziosa sfiorava anche il suo volto tondeggiante, e i suoi occhi si posavano su sua figlia e il suo amato nipotino distrutto. Rimasero così i due. Per qualche istante forse. O qualche minuto. O per l'eternità.
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angolo off: Raga so che è un capitolo molto forte. Ma abbiate fede. Non avrei fatto accadere una cosa simile al secondo capitolo se avessi voluto lasciare le cose così. So trust me ;) ricordatevi che a volte, bisogna bruciare forte, per poter rinascere più forti dalle proprie ceneri. Enjoi it!
PS: vi ricordo di nuovo il mio account Twitter (@Love of Writing - @Amordiscrittura) o instagram con gli hastag #jointhewar #OnceREVOLUTION <3














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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 ***


CAPITOLO 3


Da Mary Margaret

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Henry non avrebbe saputo dire come, ne quando, avevano abbandonato quell'incrocio, quell'angolo di pura sofferenza. Tutto quello capitato subito dopo il saluto di Zelena era stata una macchia confusa di voci, colori, mani che lo sfioravano, occhi addolorati che lo fissavano. E lui non si sarebbe mai ricordato, in futuro, come fosse giunto li, nel bagno della casa di Mary Margaret.
Prese un altro paio di respiri fondi, immergendo le mani sotto il getto di acqua gelida. Le mise a coppa, riempiendole di liquido ghiacciato, e poi se la schiaffò in viso senza troppi complimenti. Si guardò allo specchio. Stava facendo un vano tentativo di decongestionare il suo volto violentemente arrossato. Ma qualche capillare doveva essere saltato, e sotto il pallore, diversi puntini rossi gli costellavano il viso, e i suoi occhi chiari erano gonfi come se lo avessero appena preso a pugni. Dalla cucina sentiva le voci sommesse di tutti gli altri. Probabilmente avrebbero organizzato un piano, e se lui stava provando a riprendersi era solo e soltanto per potervi partecipare attivamente. Non avrebbe lasciato le cose come stavano, non avrebbe accettato la morte di sua madre. Non così. Non a mani basse. Non a caso, l'unica cosa che ricordava distintamente, di quello straziante momento a terra con la mano sporca del sangue di sua madre, era l'abbraccio di Emma, l'altra sua mamma, e la sua voce rotta che gli sussurrava
< La riprenderemo...noi la riprenderemo...non è finita così...io non lo permetterò. Te lo prometto Henry...te lo prometto >.
Un ultimo sospiro, il ragazzo si passò una mano fra i capelli, per cercare di dargli un senso, in realtà non fece altro che arruffarli ancora di più. Fece una smorfia, salvo poi avvertire una fitta allo stomaco. I suoi capelli erano sempre andati a posto sotto il tocco di Regina, che riusciva a domarli in un sol gesto. Si voltò di scatto, deciso più che mai e andò verso gli altri, in cucina. Aprì la porta, apparendo sulla soglia, e subito le voci si spensero e gli sguardi si posarono su di lui. Emma era in piedi, posata al muro, accanto alla porta, Killian era nella stessa posizione, poco più in la, entrambi con le braccia incrociate. David era posato al tavolo e Mary Margaret era l'unica seduta.
< Henry, tesoro > lo apostrofò la nonna, ma non ebbe il coraggio di andare avanti, e chiedergli come stesse. Henry si sforzò e le rivolse un flebile sorriso. Tuttavia, erano un altro paio di occhi, quelli che il ragazzo andò cercando. Quelli verdi, di sua madre. I loro sguardi volarono attraverso la stanza, incontrandosi e legandosi a doppio filo, in un legame muto e indissolubile.
< Come la riprendiamo? > domandò solo il ragazzo. Emma non rispose subito, si prese il tempo per studiare il viso del figlio. Il dolore muto, che lei stessa sentiva dentro ma che nascondeva, al contrario del ragazzo, e quella determinazione bruciante, inarrestabile. Quella ardeva in egual misura nei loro occhi simili. Tutti gli altri, per il momento, non si intromisero.
< Innanzi tutto, dobbiamo partire da quello che ha detto Zelena > cominciò Emma, senza distogliere lo sguardo da Henry, il capo leggermente inclinato. < E abbiamo sentito tutti, dove vuole portare Regina > continuò la Salvatrice.
< E se avesse mentito? > proruppe David. Emma lo guardò, sospirò e poi si staccò dal muro, con un colpetto delle spalle, senza sciogliere l'incrocio delle braccia.

< E a che pro, mentirci? > domandò. David fece spallucce
< Attirarci in una trappola nell'Ade? > propose ancora l'uomo. Emma lasciò vagare lo sguardo chiaro, riflettendo.

< No...non credo sia così > mormorò < Abbiamo visto cosa ha fatto, il corpo di Regina... > una fitta dolorosa a quel ricordo e i suoi occhi si socchiusero in maniera impercettibile. < Non era un illusione. E se non voleva portarla nell'Ade perché ucciderla? Inoltre ci ha dato una spiegazione più che plausibile, non è la prima volta che Zelena si batte, per il suo concetto di "Famiglia" > un moto di ribrezzo e fastidio l'attraversò < Non ci avrebbe dato tanti dettagli, e non avrebbe ucciso sua sorella, solo per attirare noi in una trappola. Avrebbe cercato un altro modo. Avrebbe trovato un altro modo > fece una pausa, sollevando gli occhi sul padre, che nel frattempo annuiva piano < Tantopiù ora, che è diventata la signora oscura > concluse. David sospirò piano, concordando silenziosamente con sua figlia. Fu Henry poi, a intervenire
< Quindi? Scenderemo nell'Ade? > domandò, vagamente impaziente. Emma posò di nuovo i suoi occhi su di lui, raddolcendosi. A passi lenti si avvicinò al figlio, sciogliendo l'incrocio delle braccia solo una volta chiuse le distanze col ragazzo. Allungò le mani, chiudendole attorno alle spalle di Henry che restituì il suo sguardo intenso. < Non chiedermi di restare indietro > l'anticipò il ragazzo. Ma Emma scosse piano il capo

< Non è quello che ho intenzione di fare, ragazzino > cominciò la donna. Piantò i suoi occhi in quelli del figlio, con più insistenza. < Ma quello che vogliamo fare, non è da poco. Abbiamo già conosciuto quel posto e i suoi pericoli. Ho bisogno di sapere che non ti stai solo buttando a testa bassa in un'impresa folle. Ho bisogno di sapere che non sei spinto solo dalla disperazione e che quindi starai davvero il più attento possibile > fece una breve pausa, senza lasciare la presa salda sulle spalle del figlio < Voglio che pensi a questa cosa il più lucidamente possibile. E solo dopo tu risponda a questa domanda. Sei pronto? > domandò la Salvatrice. Henry si prese qualche secondo. Faceva male, guardarsi dentro. Era incredibilmente difficile, sollevare il velo di determinazione furiosa, e scoprire il dolore. Ma fu efficace, perché sua madre, immersa nei suoi occhi, poté osservare l'intera operazione. Un piccolo squarcio di luce, dentro di lui e Henry trovò la consapevolezza. Quella di stare per affrontare un'impresa al limite della follia, la paura e, accanto, la sicurezza che nonostante tutto, fosse giusto così. Quando rialzò gli occhi su Emma, il suo sguardo era diverso. Rimase serio, sicuro, senza lasciarsi fagocitare da rabbia e disperazione

< Si mamma, sono pronto > disse solo, la voce ferma, irremovibile. Emma, lentamente, gli sorrise, mentre il suo sguardo si raddolciva e coi pollici lasciava quelche carezza sulle spalle del figlio.

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Poi un rumore ruppe quel momento, un sospiro, profondo, proveniente da Killian. L'uomo posò il capo al muro, chiudendo gli occhi solo per un secondo, prima di rialzare il capo. Riaprendo il suo penetrante sguardo azzurro poi, trovò gli occhi di tutti puntati su di lui, interrogativi. Inclinò appena il capo
< Io...stavo solo riflettendo > replciò l'uomo a quegli sguardi. Mary Margaret gli sorrise appena.

< Cosa stavi pensando, dicci > lo invogliò la donna, immancabilmente gentile con tutti. Killian la guardò, per poi spostare gli occhi, lasciandoli vagare
< Non abbiamo preso in considerazione quello che potrebbe essere il punto di vista di Regina > cominciò. Quasi tutti si accigliarono, Henry, dietro Emma, prese ad irrigidirsi.

< Cosa intendi, Killian, che punto di vista? > fu Emma stavolta a parlare, dubbiosa, vagamente cauta. Killian la guardò, esitò, neanche fosse indeciso se parlare o meno, poi si decise. Scrollò appena le spalle, raddrizzandole e puntando gli occhi nel vuoto, dritti davanti a se, fermi e sicuri

< Hai ragione Emma, dobbiamo partire da quello che ha detto Zelena... > fece una breve pausa < Ma Zelena non ha solo detto dove avrebbe portato Regina e perché > un sospiro breve, mentre l'uomo sfiorava la figura di tutti i presenti con gli occhi. Quasi sperava che capissero da loro, cosa voleva dire, come avrebbe continuato, ma così non fu. Tutti seguitavano a guardarlo ammutoliti. < Ci ha anche dato qualcosa in cambio, per non seguirla > concluse. La voce di Zelena parve echeggiare nei muri, mentre un'unica frase rimbombava nei ricordi dei presenti

" Io ora scendo nell'Ade, riunisco la mia famiglia e, in cambio, se non mi seguirete, e non mi metterete più i bastoni fra le ruote, io vi concederò il vostro lieto fine ".

< Ci ha dato un motivo che non possiamo ignorare del tutto, come se non avesse parlato affatto > concluse Killian, per il momento. Non era un discorso stupido, e nemmeno folle o crudele. Era giusto considerare e soppesare ogni singola parola che Zelena aveva detto. Era giusto soffermarsi su ogni singolo e minimo punto di vista, senza lasciare nulla in sospeso, nulla di non detto. La pace, per sempre, non era cosa da poco, non era possibile snobbarla così. Per quanto Killian non volesse, in alcun modo, remare contro il destino di Regina, sapeva che avrebbe fatto bene anche alla consapevolezza di tutti, ricordarsi non solo cosa volevano recuperare, ma anche quello che avrebbero perso, andando fino in fondo. Tuttavia, per quanto il pirata non volesse intendere nulla di crudele, le orecchie e a seguito l'animo di Henry non la presero così. Il ragazzo, sempre più rigido, oltrepassò la figura di Emma, che, come gli altri, per il momento, continuava a fissare Killian muta. Gli occhi chiari di Henry si fissarono sul pirata, i muscoli del collo tesi, i pugni serrati lungo i fianchi.

< Stai forse suggerendo di lasciare mia madre a marcire nell'Ade? > domandò, la voce più bassa del solito, il tono altalenante sotto una rabbia che il giovane stava trattenendo a stento. Killian lo guardò, vagamente dispiaciuto.

< Non è quello che ho detto, Henry > replicò il pirata, il tono gentile. Henry fece un passo avanti, senza rilassare un singolo muscolo

< E allora cos'è, che stavi dicendo? > incalzò ancora, facendo un nuovo passo avanti. Killian sospirò forte.

< Nemmeno io voglio lasciare Regina li, ma avete pensato a cosa potrebbe dirci, se fosse qui? > lo sguardo di Killian prese a vagare, su tutti, come a cercare sostegno da qualcuno di loro. < Pensate veramente che non ci direbbe perlomeno di valutare le parole di Zelena? > si voltò verso Henry, indicandolo poi appena con la mano < Pensi davvero che non ti chiederebbe di non rischiare la vita per lei, che non si sacrificherebbe per la tua felicità eterna? > queste parole furono tutte rivolte al ragazzo che Killian ora guardava, sinceramente Accorato. Ma ebbero l'effetto opposto a quello desiderato. Gli occhi di Henry erano ancora pieni della straziante vista di sua madre morta, ogni volta che il ragazzo chiudeva gli occhi sulla parte interna delle palpebre continuava a rivedere il viso pallido di Regina. Per Henry, in quel momento, la frase "felicità eterna" non solo non aveva senso: era un insulto. E a quell'ennesima rigirata di coltello, nella sua ferita fresca, il ragazzo perse il controllo. La sua anima, distrutta, in pezzi, non era abbastanza forte. In fondo era sempre e comunque un ragazzo che aveva appena perso sua madre. Scattò in avanti, veloce, afferrò Killian per il bavero della giacca, che si posò con più forza al muro per via di quel contatto, e lo costrinse, trattenendolo, a guardarlo in faccia, a osservare i suoi occhi.

< TI SEMBRO "FELICE" KILLIAN?! > chiese, strillando nonostante fosse a pochi centimetri dal viso dell'altro. Dietro la furia, nei suoi occhi chiari, Killian vide. Vide il vuoto, quell'enorme cratere, lasciato dentro Henry dalla morte di Regina. E capì, capì che forse aveva sbagliato momento.

< Henry... > cominciò, provando a spiegarsi. Ma il ragazzo era ormai sprofondato in quell'oblio di rabbia.

< TACI! > proruppe, stringendo la presa tanto che le nocche sbiancarono di botto < Cosa suggerisci, in alternativa? Qual'è il tuo brillante piano alternativo, per tenerci al sicuro?! > La domanda, quella domanda che già gli ronzava in mente, al ricordo di quell'oscurità, del sacrificio che, una volta di più, aveva dovuto compiere Emma, mentre lui e Robin stavano a guardare, come due inermi e inutili bambocci.

" Emma, ti prego, no! Non farlo "

Quel ricordo tornò alla sua mente, alimentando la sua furia. < La verità è che non ti importa > si spezzò la sua voce, nonostante il suo tono rimanesse alto, alterato < Non ti importa nulla di mia madre, non ti importa di nessuno che non sia te stesso > le sue mani, strette, presero a tremare, tanta la forza < Non vuoi scendere nell'Ade per salvare la mia mamma, quando per te, per te siamo scesi! Per te LEI è scesa, si è messa in pericolo > I suoi occhi si fecero lucidi. < Sei solo un'egoista > un'ultima sentenza. Un ultimo sguardo, poi Henry lasciò bruscamente la presa. Si scostò da Killian, dirigendosi alla porta li accanto. Ma quando mise una mano sulla maniglia, Killian prese il suo braccio, cercando di fermarlo.

< Henry, aspetta. Mi dispiace, non intendevo dire questo > cominciò il pirata. Henry, in tutta risposta, fece per divincolarsi, Ma Killian rinforzò la presa, attirando ulteriormente l'attenzione del ragazzo. < Ascoltami! Quando io ero nell'Ade, è questo che avrei voluto dirvi, vi avrei detto di non scendere, di stare al sicuro. Quando io ero laggiù non vi avrei voluto mettere in pericolo. Io che ci sono stato volevo che qualcuno potesse dar voce anche a quello che potrebbe dirvi Regina > cercò di spiegarsi, di far capire. Ma Henry, di nuovo, strattonò forte, liberandosi dalla presa di Killian. Lo guardò, gelido come un iceberg.

< Vuoi sapere cosa ha suggerito lei, quando era al tuo posto? Ha detto solo "Andiamo a riprenderlo" > e, dopo quella fredda replica secca, fece di nuovo per andarsene. Killian provò a fermarlo un'altra volta, ma Henry si scostò e lo guardò ancora col gelo negli occhi. < Sta lontano da me. Pirata > e, sferzando forte quell'ultima parola, si voltò, aprì e uscì, sbattendo la porta dietro di se tanto forte da far tremare i muri e il lampadario. Tanto forte da far tremare quasi tutti loro.

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Killian chiuse gli occhi, un sospiro forte fuoriuscì dalle sue labbra e si lasciò cadere di nuovo, poggiato contro il muro, dove battè piano il capo, all'indietro, imprecando sottovoce. Si sarebbe aspettato che qualcuno dicesse qualcosa, di avvertire magari il tocco gentile di Emma, sulla spalla o sul viso. In un gesto di comprensione, di vicinanza. Ma così non fu. Così aprì gli occhi. Tutto lo stavano fissando, gli sguardi indecifrabili, quasi interdetti. Fece per parlare, ma Emma lo anticipò. Un passo in avanti e lo sguardo che andava indurendosi, la Salvatrice era ben lontana dalla comprensione

< Ma sei impazzito per caso? > domandò, secca. Killian si accigliò

< Cosa? Credevo tu avessi capito. Andiamo Emma, lo sai che non stavo suggerendo di lasciare Regina laggiù! > replicò il pirata, quasi pestando i piedi per la frustrazione. Ma Emma non si intenerì. Indicò la porta, dalla quale era appena uscito Henry, con veemenza

< Hai visto in che condizioni è Henry?! Come ti salta in mente di fare un ragionamento simile, davanti a lui?! > esclamò, contrariata. Killian espirò pesantemente, la sua mascella squadrata pulsò una sola volta, nervosa.

< Non mi ha voluto ascoltare! Ha capito solo quello che voleva lui! > replicò il pirata a tono. Emma esplose

< È FERITO! > strillò < Come diavolo ti aspettavi reagisse?! > una pausa, mentre la Salvatrice tentava di abbassare i suoi battiti accelerati < E tu non hai fatto che girare il coltello nella piaga > aggiunse, fredda e lapidaria. Killian la guardò per un pò, a bocca aperta, poi scosse il capo alzando le braccia e lasciandole ricadere, in un gesto frustrato

< Non è possibile > espirò. Emma s'innervosì ulteriormente, a quella risposta. Serrò i pugni, andando verso la porta

< Se l'idea ti pesa tanto, Killian, forse non dovresti venire con noi > replicò fredda. Lo sguardo del pirata si ammansì, facendosi dispiaciuto.

< Non ho mai nemmeno pensato una cosa simile > rispose, sincero. Emma posò una mano sulla maniglia, voltandosi prima di uscire verso tutti quanti.

< Io vado a prepararmi. Chiunque non sia d'accordo è libero di stare comodo > e, detto questo, uscì, senza dare il tempo a nessuno di replicare. In cuor suo per nulla pentita. Killian, anche se innavertitamente, aveva ferito suo figlio, in un momento in cui, meno che mai, aveva bisogno di ulteriori sofferenze. Notò che Henry non era nemmeno più in casa, probabilmente uscito a sbollire la rabbia. Decise che sarebbe andata a cercarlo, ma prima si sarebbe preparata, a dimostrazione del fatto che non importava cosa Killian o chiunque altro potesse dire. Loro sarebbero scesi nell'Ade, a salvare Regina. Perché una promessa è una promessa. Perché era giusto così.

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Raga ecchice, scusatemi è stata Pasqua anche per me. Ringrazio tutti quelli che stanno seguendo mettendo fra i preferiti etc. Un ringraziamento particolare a DistressAndComa, eepfanfictionfan e anonima31 che hanno lasciato tre bellissime recensioni <3 non siate timidi e lasciatene una anche voi! Vi ricordo come al solito la pagina twitter @Amordiscrittura @Love of Writing. oppure, come sempre, seguite su instagram (e anche su twitter) gli hastag #Jointhewar #OnceREVOLUTION! <3 bye!

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 ***


       Allora, di solito non scrivo angoli off prima del capitolo ma stavolta è d'obbligo. Prima di subire un linciaggio per il ritardo a postare e per l'entità del capitolo mi giustifico in due modi. 1) non sono stata a casa per un lungo periodo, da ciò la mia lunga assenza. 2) e più importante questo è un capitolo di transizione con una montagna di flashback, mi rendo conto sia pesante e forse più noioso rispetto agli altri ma sono tutti tasselli necessari per poterli ricollegare poi dopo, con l'andare della storia, inoltre questo capitolo è scritto da tempo e non capisco perché non me lo segnava caricato, quindi è arrivato in ritardo nonostante fosse gia pronto, il lato positivo è che la parte due è già in stesura da tempo e per questo quasi pronta. Quindi se possibile sopportate questo capitolo e vi prometto che già dal prossimo ci saranno risvolti più interessanti. Enjoi it! :)                                                                                     
                                                                                                 CAPITOLO 4


Walking Rage (pt.1)

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Il rumore sordo, di un sasso che rotolava, riempì l'aria. Unica presenza in una strada altrimenti vuota di Storybrooke. Henry camminava a falcate lunghissime, le mani ficcate in tasca con veemenza, chiuse a pugno, tanto da tirargli la giacca sulle spalle. La solita sciarpa svolazzava sferzante alle sue spalle, sospinta dalla camminata impetuosa del ragazzo. Un ringhio rabbioso fuoriuscì dalle sue labbra, facendogli vibrare il petto, mentre raggiungeva di nuovo quel povero sasso. Caricò il piede all'indietro, e sferrò quello che ormai doveva essere il milionesimo calcio a quella pietra che si schiantò dura contro la gomma morbida delle sue scarpe da ginnastica.

< Stupido Pirata! > esalò, la voce traboccante di collera. Odiava profondamente quel momento, odiava quella situazione. Le parole di Killian ancora gli rimbombavano nelle orecchie, avvelenandogli di rabbia il sangue, che continuava a pulsare ferocemente. Mentalmente, Henry si maledisse. Si disse che avrebbe dovuto saperlo, avrebbe dovuto aspettarselo. Cosa si aspettava, alla fin fine, di tanto diverso, da Killian Jones? Che si spendesse per salvare Regina? Era inutile girarci intorno, Killian era sempre stato un egoista. Non aveva mai salvato praticamente nessuno, a malapena Emma, e per un motivo ben noto a tutti. Nessuno, invece, aveva mai voluto salvare Regina. A nessuno importava così tanto di sua madre. A parte lui, e, alla fine dei conti, Emma. Solo lei aveva voluto aiutarla, capirla. Fin dai tempi più bui, fin da quando le due donne si odiavano, e nonostante Regina avesse reso la vita di Emma un inferno. Come con Biancaneve prima di lei. Tuttavia, Emma non aveva mai ritratto la sua mano, quando Regina aveva avuto bisogno di afferrarla. Come la volta dell'incendio inscenato da Gold.

Flashback:

Un boato riempì l'aria, un'onda d'urto si rovesciò sui corpi di Emma e Regina, sbalzandole via come fossero scatole di cartone vuote. L'odore acre del fumo si sprigionò subito, e lo scrocchiare secco e crepitante delle fiamme riempì loro le orecchie. Entrambe si issarono sui gomiti, osservando, sgomente e spaventate, le fiamme che lambivano il posto a quasi un metro da loro. Emma si affrettò a rimettersi in piedi, gli occhi chiari illuminati da quell'incendio. Regina, colta dal fumo, cominciò a tossire, senza alzarsi. Una pesante sbarra in ferro era caduta sul suo ginocchio, con una violenza tale da ferirla. Emma, in piedi, prese quella sbarra e la scostò, buttandola via e liberando la gamba del Sindaco. Dunque si sbrigò a spostarsi, andando alle spalle di Regina, che ancora gemeva di dolore, a terra

< Presto, Andiamo! Dobbiamo uscire da qui! > esclamò la Salvatrice, allarmata. Ma Regina continuava a non riuscire a issarsi.

< Non riesco a muovermi! > replicò, vagamente in panico. Emma la guardò, la mano ancora allungata verso di lei. Si issò appena e guardò lungo le scale nell'unica via ancora illesa dalle fiamme.

< Deve farmi uscire! > continuò Regina, agitandosi < Mi aiuti > domandò ancora, allungando ora lei la mano verso Emma. La Salvatrice la guardò, per un secondo. Quasi stesse soppesando l'idea di lasciarla li, ricambiando quello sguardo scuro. Guardò poi ancora quel muro spaventoso di fiamme.

La sua mano era ancora giunta a quella di Regina, ma dopo poco, Emma prese a riscendere gli scalini dai quali Regina non riusciva ad alzarsi. Passò accanto alla donna, voltandole le spalle, e il Sindaco, nel panico, le afferrò un braccio con forza, portandola a voltarsi, cercando di impedirle di lasciarla li da sola.

< Vuole lasciarmi qui, non è vero? > domandò infatti, esplicando quel pensiero. In tutta risposta, con uno strattone, Emma liberò il braccio, e le voltò di nuovo le spalle, saltando un secondo dopo, fra le fiamme e il fumo, e sparendo dalla vista di Regina. Il sindaco la guardò sotto shock. Nel panico, più evidente. Si voltò e cercò di sollevarsi, facendo leva solo con le braccia, cercando di risalire quegli scalini. Ma non sarebbe bastato. Non fosse che la Salvatrice, non aveva affatto deciso di lasciarla bruciare viva. Una nuvola di aria e schiuma, di fumo diverso, agenti chimici tipici di un comune estintore, andarono a mangiarsi parte delle fiamme. Irrompendo nel luogo in cui ancora stava Regina, e abbassando notevolmente quel muro di fuoco, dalla parte in cui Emma era appena uscita. Regina si voltò stupita, tossendo appena nuovamente e cercando di dissipare tutto quel fumo. Tutto fu grigio per un istante. Grigio denso e totale, Regina non vide più nulla. La prima cosa che riuscì a mettere di nuovo a fuoco fu la figura di Emma, controluce, che ritornava indietro con un estintore in mano. La salvatrice andò spedita verso di lei, afferrandole la mano, e aiutandola a tirarsi su. Regina fece passare il braccio sulle spalle della bionda e Emma a sua volta le cinse la vita, per assicurarsi che non cadesse di nuovo, fungendo quasi da stampella umana. Senza nemmeno soffermarsi a guardarla, Emma partì spedita verso l'uscita. Regina invece, per un solo istante la guardò stranita. Zoppicando, e con la Salvatrice a sostenerla riuscì a uscire da quella porta maledetta e a fuggire da quell'incendio. Con un calcio Emma sfondò la porta gia rovinata dalle fiamme, E arrivarono sulla strada, sporche di fuliggine, coi polmoni brucianti per il fumo eccessivo, e la tosse che scuoteva entrambe. In una mano Emma reggeva ancora l'estintore, che poi lasciò cadere, quando pochi passi dopo, un nuovo eccesso di tosse la piegò in due. Regina le scivolò appena a sua volta, e posò la gamba lesa a terra.

< La caviglia! > si lamentò il sindaco < Poteva mettermi giù delicatamente! > continuò inveendo contro Emma accanto a lei, e reggendosi in malo equilibrio sul piede sano.

< Si sta lamentando del modo in cui le ho salvato la vita?! >replicò stizzita la bionda.

< I vigili del fuoco sono qui, non eravamo davvero in pericolo > sferzò ancora la mora, incapace di ringraziare la donna che tanto odiava. Emma cercò di riprendersi dalla tosse, e si fece appena avanti

< D'accordo > replicò all'indirizzo di Regina < In tal caso, se ricapitasse, sa che le dico? La salverei mille volte. Perché è quello che fanno le persone civili. Le persone buone > e, detto questo, se ne andò, voltando le spalle a quella donna crudele, e di nuovo scossa dai fremiti della tosse.

-End Flashback

Probabilmente sarebbe stato più semplice, per Emma, liberarsi della rivale in quel momento, probabilmente, anzi sicuramente, quello avrebbe fatto Killian, se fosse stato al suo posto. Ma sua madre, Emma, la Salvatrice, non lo aveva fatto. " La salverei mille volte ".

Henry continuò la sua camminata feroce, mentre la sua mente galoppava, e i ricordi, che quella mattina aveva spinto via per non risultare scontroso o antipatico, lo invasero. Ogni singola briciola, ogni buon motivo che potesse fargli detestare il pirata ancora di più era ben accetto. E si dava il caso che le occasioni in cui le sue madri si erano salvate a vicenda non fossero poche. Ogni singolo episodio era una goccia di fuoco nelle sue vene. Perché quel buono a nulla non poteva essere un pò più come loro? Perché una Emma che veniva vessata e maltrattata, alla fine quasi uccisa, da Regina, non aveva comunque mai esitato a salvarla, e invece quel maledetto Pirata non voleva muovere un dito?! E ancora altri mille esempi si stamparono a fuoco nella sua mente, alimentandolo. Quando le cose erano crollate davanti agli occhi di Regina, e tutti si sarebbero, di li a poco, dedicati al linciaggio. Anche li, nonostante quasi un anno di maltrattamenti, Emma non era rimasta ferma, non aveva lasciato che la cittadinanza arrabbiata andasse a vendicarsi fisicamente di Regina. Il ricordo affiorò prepotente. La sua vocina, ancora esile per via dell'età, impegnata in una preghiera, gli inondò le orecchie.

Flashback:

< Ha ragione, Vi prego! È pur sempre la mia mamma > Henry si rivolse ad Emma, che a sua volta si soffermò a guardarlo. Un piccolo sospiro interiore, mentre la Salvatrice sollevava gli occhi su i suoi genitori davanti a lei, e agli altri amici.

< Noi dobbiamo fermarli > sentenziò, decisa e diretta. Mary Margareth scambiò un occhiata profonda con la figlia, mentre David si voltò prendendo a parlare con gli altri del gruppo.

< Se la magia è arrivata fin qui, Regina potrebbe aver riavuto i suoi poteri... > ragionò, posando poi di nuovo i suoi occhi su Emma. Lo sguardo del principe scivolò ancora indietro, sulla folla che correva inferocita e imbestialita. < E per loro sarebbe la fine > concluse. In un lampo di consapevolezza, Mary Margareth e David si guardarono, un filo di allarme sospeso tra di loro. Avevano conosciuto bene Regina e i suoi incredibili poteri. Un ultimo cenno d'intesa, e tutti assieme si misero a correre, a rotta di collo, verso la casa assediata del Sindaco.

Nel frattempo, davanti all'uscio bianco e immacolato della dimora di Regina, la folla si era ammassata. Il dottor Whale diede tre forti botte sul legno chiaro, bussando con violenza.

< APRI! > Whale si spostò verso l'oblò a vetri accanto alla porta. < Apri, o veniamo a prenderti! > altri tre forti colpi scossero la porta, che subito dopo si aprì. Regina apparve, un sorrisetto sulle labbra

< Come posso aiutarvi? > domandò, vagamente sarcastica. Whale s'innervosì ulteriormente

< Quel sorrisetto, ti abbandonerà presto Regina. Ci hai portato via tutto, e adesso.. > cominciò, ma Regina lo interruppe.

< Cosa? > domandò, senza mostrare il minimo tentennamento, davanti alla furia dell'uomo. < Siete venuti ad uccidermi? > continuò senza timore.

< Alla fine...ma prima devi soffrire > replicò con veemenza e odio Whale. Regina non indietreggiò, al contrario si fece avanti. Spintonò con una mano il dottore

< Ascoltare te è stata una sofferenza sufficente per tutti > rispose la donna, spintonandolo ancora una volta abbastanza da farlo indietreggiare per un bel pezzo. Dunque il Sindaco si rivolse al resto della folla < D'accordo popolo. Volevate vedere la vostra Regina? Bene miei cari.. > Regina prese a scendere i pochi scalini, in maniera minacciosa verso le persone li presenti.

< Lei... è... QUI! > con sicurezza, Regina provo a richiamare il suo potere, tentando di slanciare un attacco dalle sue mani. Ma nulla scaturì da esse. La folla fece per ripararsi, ma non accadde nulla. Lentamente presero a risollevarsi, Regina parve interdetta. Felici i cittadini presero a rumoreggiare < Non ha funzionato! > < Non ha poteri! >

Regina si osservò le mani < Cosa?... > mormorò fra se. Prese a indietreggiare, mentre la folla si faceva avanti sotto il grido generale di < Prendiamola!! >. Whale si fece avanti, riprendendo il capo del gruppo, e afferrandola con forza. La mandò a impattare contro una colonna.

< Dove eravamo rimasti? > domandò sornione. Fece per portarle le mani al collo.

In quel momento Emma e gli altri arrivarono. La salvatrice si fece largo fra la folla a spintoni.

< FERMATI! > strillò, avanzando a falcate verso Whale.

< Lasciala! LASCIALA! > con prepotenza, Emma scostò le ultime due persone dalla sua via, e afferrò il braccio del dottore, cercando di strattonarlo via. Whale mollò la presa

< E perché dovrei?! > le domandò, visibilmente in collera. Emma non si fece intimorire e lo fissò negli occhi, con forza.

< Perché sono ancora lo sceriffo > replicò secca. David accorse a darle manforte. < E perché è lei che vi ha salvato > aggiunse. La folla non smise di rumoreggiare, e allora anche Mary Margareth rincarò, tra le braccia un Henry che guardava la scena dispiaciuto.

< E perché a prescindere da cosa ha fatto Regina, niente giustifica un linciaggio! > esclamò. Henry guardò Emma, la muta speranza negli occhi che la sua mamma salvasse Regina. La salvatrice si rivolse ancora a Whale

< Qui non si uccide la gente > aggiunse. Ma Whale non pareva voler mollare

< Ma noi non siamo di questo mondo > replicò ancora.

< Ora però ci vivete > rispose a tono la Salvatrice. David si fece avanti, la pazienza al limite

< Ok Whale, smettila > Gli scostò con un colpo il braccio, mettendosi fra lui e Regina.

< Giù le mani! > si lamentò il dottore. < Non sei il mio principe > aggiunse, faccia a faccia con David. Regina lanciò uno sguardo in quella direzione, mentre David si accigliava. < Ma tu chi sei? > chiese.

Whale non si rispose, ma la folla era ormai protesa verso Emma, Mary Margareth e David, e convinsero tutti a lasciargli portare Regina in prigione, senza ferirla.

-End Flashback.

Non aveva esitato, nemmeno quella volta. Nemmeno davanti alla tentazione di veder linciare la sua più grande nemica Emma aveva ceduto. E così Davi, così Mary Margareth. Nessuno di loro aveva permesso di farle del male. Avevano dimostrato coraggio, bontà d'animo. Avevano dimostrato di essere persone migliori di quanto Killian Jones avrebbe mai potuto essere. Un piccolo raggio di speranza si accese nel suo petto a pensare che, probabilmente, anche i suoi adorati nonni erano dalla sua parte per il piano di andare a salvare Regina negli inferi. E anche quella volta, che Emma lo avesse fatto per lui o meno, non importava. Lo aveva fatto perché era la cosa giusta, perché non era una vigliacca, ne' un'egoista. Altri calci, altro rumore di quel sasso che rotolava inerme, unico sfogo per la sua rabbia galoppante. Lui, rapito, nemmeno sapeva dove fosse diretto. Le immagini continuarono a scorrere dietro i suoi occhi. E nuove ondate di rabbia calda lo invasero quando fu il turno di ricordarsi delle cose buone che aveva fatto Regina. Perfino la sua mamma adottiva, rimasta crudele e spietata per anni, aveva lentamente cambiato il suo mondo interiore. E Henry ricordava, ricordava tutto, come fosse successo solo il giorno prima. Ricordava il volto di sua madre, trabboccante di lacrime, mente gli diceva che lo avrebbe lasciato andare, lo avrebbe lasciato di libero di stare con David, se era quello che voleva. Una pugnalata in pieno stomaco per lui, in quel momento. Il ragazzo rallentò il passo, piegandosi leggermente sotto una fitta di sofferenza quasi fisica. Riprese ad accellerare subito dopo, la mascella contratta e nuovo fuoco nelle vene. A pensarci bene, perfino le loro magie si erano sempre alimentate a vicenda. Anche quando ancora Emma non era consapevole dei suoi poteri...un cappello a cilindro nero, si posò sul fondo dei suoi occhi chiari e vitrei, mentre un nuovo ricordo lo inghiottiva.

-Flashback:

La situazione era critica, nel peggiore dei modi possibili. Una figura nera, oscura, la stessa che pareva aver marchiato l'anima di Filippo nell'altro mondo incombeva su di loro. Mary Margaret, David, Emma e Regina erano intrappolati in quella stanza cercando di combattere quell'entità. Con foga David brandì davanti a se una scopa infuocata, usata a mo' di torcia. La creatura parve spaventata da quel fuoco, ma il principe non riusciva comunque a farla demordere. Nel frattempo, Mary Margaret aveva organizzato una difesa, lasciando colare del liquido infiammabile.

< David! > urlò Mary Margaret. Il principe si voltò, e non ebbe bisogno di ulteriori spiegazioni dalla moglie. Si avvicinò velocemente e diede fuoco a quel liquido, creando un muro di fuoco fra le tre e la creatura, ma lasciando se stesso a fronteggiarla. Regina, a terra nel tentativo di far funzionare il cilindro si voltò a guardarlo.

< Veloce! > gli strillò David di rimando. Regina si volse di nuovo. Fra le sue dita, sostavano i lembi di un cappello nero, a cilindro. Il buco di esso pareva guardarla con aria ammonitrice. La sua magia era poca, e rarefatta e quel cilindro, che in realtà poteva diventare un vero e proprio portale, non funzionava, lei non stava riuscendo ad attivarlo. Eppure era vitale che lo facesse, o il loro piano di spedire quella creatura nell'altro mondo non sarebbe mai andato a buon fine. E sarebbe stata lei a pagarne le conseguenze.

< Non funziona! > replicò, allarmata. David continuava a combattere, con tutte le sue forze, sferzando la scopa infuocata con energia, mentre quella continuava ad attaccare con sempre più ferocia. Emma lanciò uno sguardo verso suo padre, preoccupata, per poi riabbassarlo su quel cappello inerme. La situazione andava aggravandosi e loro parevano non riuscire a trovare una soluzione.

< Non sta funzionando! > continuò Regina, una nota di disperazione nella voce, mentre con la coda dell'occhio lanciava uno sguardo alle sue spalle, dove stava Emma. Mary Margaret intanto, guardva impotente suo marito sfidare quel mostro. Emma si abbassò appena nella direzione di Regina.

< Qual'è il problema? > le domandò, la voce alta a cercare di sovrastare il trambusto.

< La magia...è diversa qui > replicò Regina, continuando a osservare quell'ostinato vuoto immobile che si vedeva dentro il cilindro. Emma si voltò di nuovo verso il padre, preoccupata. David non demordeva intanto

< Sarebbe il momento giusto! > strillò ancora il principe. Ma quel cappello restava immobile, e Regina non sembrava poterci fare nulla. Intanto il ruggito di quella creatura si levava ancora più alto e minaccioso.

Emma strinse i denti, nervosa. Si abbassò vicina a Regina, Allungò una mano e la strinse attorno al braccio del Sindaco. Forse per sotenerla, forse solo per incitarla.

Fatto fu che quel cappello, prima inerme e patetico, si risvegliò immediatamente. Un vortice viola fuoriscì da quel buco prima nero e fondo. Il cilindro prese a girare e vorticare velocemente, aprendo finalmente quel portale.

Emma e Regina si guardarono, per un istante...

Ma David nel frattempo ebbe infine la peggio. La creatura lo sbalzò via e infine si diresse veloce verso Regina, di spalle ancora in piedi davanti al portale. Ma lo sguardo di Emma fu più veloce, e fece in tempo a vederlo.

Non ci fu tempo per pensare, non ci fu tempo per nulla che non fosse puro istinto.

< REGINA! > urlò la salvatrice. Saltò in avanti e spinse via la donna dalla traiettoria di quel mostro, salvandola, una nuova volta, in un impeto di istinto. Riuscì a scostarla e a far cadere la creatura nel portale. Ma quella non ne volle sapere di lasciarli senza ulteriori problemi. Così, con un ultimo attacco, trascinò Emma con se.

-End Flashback-

Il battito cardiaco di Henry, smise per un istante di trottare furioso, mentre si accigliava appena. Tralasciando per una volta l'ennesimo salvataggio di Emma, a favore di Regina, ignorando il fatto che abbia di nuovo sacrificato se stessa per proteggere la vita di sua madre adottiva, e stavolta senza necessità di nessuna preghiera da parte sua, suo figlio, e senza il bisogno di dimostrarle come le persone buone si comportino. Mettendo da parte questi dettagli, una cosa comunque non tornava: Quel tocco. Quel singolo gesto, la mano di Emma sul braccio di Regina, e la magia che finalmente esplodeva, forte e prepotente, In un momento in cui, per altro, la sua mamma biologica nemmeno sapeva di possedere dei poteri magici dentro di se.

Buffo.

Come potevano le loro magie alimentarsi a tal punto? In maniera così forte. E poi quel gesto, e quel salvataggio...Così spontanei. Henry sentiva come se ci fosse un collegamento tra quei due elementi, c'era qualcosa, di opaco, sullo sfondo di quei ricordi, qualcosa che non riusciva a mettere ancora a fuoco. Era solo una sensazione per il momento. Ma cosa era?

C'era solo un modo per scoprirlo: I suoi ricordi.

La sua mente si fece più analitica, mentre una nuova ondata di memorie lo attraversavano.

Regina, in cambio, per una volta non era rimasta indietro. Con curiosità Henry si soffermò con la mente al momento in cui, per lui, aveva salvato non solo Emma ma addirittura Mary Margaret, di ritorno dalla Foresta Incantata. Di nuovo una sua preghiera gli risuonò nelle orecchie, disperata, la vocina esile...

-Flashback:

Il pozzo, minaccioso, vorticava furioso, con il vedre denso di un incantesimo a scuoterlo. Tremotino e Regina sostavano davanti ad esso, gli sguardi malevoli puntati su di esso. Non sarebbero tornate. Ne Emma ne Biancaneve. Mai più. E nel tentativo di attraversare la breccia avrebbero perso la vita. Ma proprio in quel momento, Henry arrivò, correndo come poteva sulle sue gambe ancora di ragazzino.

< Mamma! > la chiamò. Regina si voltò immediatamente verso di lui. Uno sguardo allarmato e preoccupato si dipinse sul volto del sindaco, inizialmente. Henry, piano piano, capì. Come sempre aveva fatto, ricollegando i pezzi.

< Ma...tu non vuoi aiutare Emma e Mary Margaret > commentò, osservando ora quel pozzo minaccioso. Regina si abbassò appena verso di lui.

< Io voglio aiutare te, Henry > replicò con sicurezza la donna.

< Ma di che stai parlando?! > chiese ancora il bambino, l'allarme crescente nel suo animo. Ruby, intanto, arrivata con Henry concluse l'intuizione del piccolo.

< Vuoi ucciderli vero? > domando, gli occhi spalancati. Ma Tremotino non era evidentemente intenzionato a farsi fermare da niente e nessuno

< Scusami cara > disse solo, e con un solo gesto della mano fece volare via Ruby, che svenì. Henry osservò il tutto atterrito per poi rivolgersi di nuovo a Regina.

< Mamma, ma che stai facendo? > le chiese sempre più allarmato. Regina non si scoraggiò e si fece più vicina al figlio.

< Devo impedire che Corah, attraversi il portale...tu non hai la minima idea, di quello che ci farebbe > replicò, il tono accorato, preoccupato. Ma Henry non avrebbe accettato quella scusante, e non si lasciò piegare.

< Emma e Mary Margaret riusciranno a sconfiggerla! Attraverseranno loro il portale > disse, la vocina esile da bambino, ma sicura come non mai. Tremotino decise di intromettersi.

< Tua madre ha ragione, arriverà Corah! > rispose al piccolo.

< No voi...vi sbagliate...il bene sconfigge sempre il male.. > e, mentre parlava si volse lentamente di nuovo verso sua madre. < dovresti saperlo meglio di chiunque altro > concluse, lapidario. Regina lo guardò, per un istante, prima di abbassarsi all'altezza dei suoi occhi chiari.

< Quello che so, è che mia madre distruggerà tutto quello che amo di più > replicò, decisa. < Quindi anche te > aggiunse all'indirizzo di suo figlio.

< E io non posso permetterlo > concluse.

Ma dall'altra parte andava esattamente come detto dal piccolo Henry. Emma e Mary Margaret avevano sconfitto Corah, e si apprestavano a tornare a casa, tramite il portale.

Dall'altra parte, Henry, disperato, si tuffò in avanti, verso quel pozzo maledetto in cui gorgogliava ancora quell'incantesimo sinistro. Ma Regina lo abbrancò circondandolo con le braccia, e lo fermò.

< Non puoi!! > esclamò il bambino, divincolandosi. < Fermati! > continuò. Ma Regina non accennò ad allentare la presa, ne a cambiare i suoi piani. < Non puoi.. > Henry fisso il pozzo, li davanti a lui.

< La ucciderai! > continuò imperterrito. < Ti prego! > il bambino cominciava ad affannare ma non smetteva di lottare, contro quella stretta e contro quella situazione. Il pozzo riluceva di un verde sempre più potente e abbagliante, l'enorme vortice al suo interno pareva ogni minuto più minaccioso. Henry continuò la sua battaglia

< Riusciranno ad attraversarlo.. > esclamò dibattendosi < DEVI FERMARTI! > urlò, dando sfogo a tutta la frustrazione accumulata.

< Così le ucciderai! > continuava a ripeterlo, come un mantra. Ma ciò diede i suoi frutti. Con un ultimo strattone, più violento degli altri, il ragazzino riuscì a liberarsi dalla stretta di Regina, e corse avanti, verso quel pozzo maledetto. La donna gli corse dietro. Nel momento il cui lui toccò la pietra di quel pozzo Regina lo ragiunse e lo tirò indietro.

< HENRY! > strillò, preoccupata, allontanandolo a distanza di sicurezza. Lo strinse per le braccia e frappose di nuovo se stessa fra il bambino e il pozzo. Fuori di se dall'angoscia Regina lo fisso, bassa alla sua altezza. < Che cosa stai facendo? > gli domandò il sindaco. < Emma e Mary Margaret attraverseranno il portale! Io lo so...avevi detto che volevi cambiare...essere migliore > rispose il piccolo, occhi negli occhi con sua madre adottiva. Regina lo fissò mentre diceva quelle parole, gli occhi bruni preoccupati, quasi dispiaciuti. Il suo sguardo si accigliò appena, le parole di Henry avevano fatto centro, come un dardo dritte al cuore della donna. < Ora puoi farlo... > continuò Henry accorato

< Tu vuoi che abbia fede in te? Allora abbi fede, in me > concluse.

Una lacrima solcò il viso di Regina, silenziosa, nonostante la donna non avesse cambiato sguardo. Henry abbozzò un sorriso. Regina agì lentamente. Prese ad issarsi, lasciando scivolare via le sue mani dalle spalle del figlio, ma senza smettere di guardarlo. Si voltò verso il pozzo, e camminò incontro ad esso.

< Regina! > provò a fermarla Gold. Ma lei non si fermò. Arrivò sino a quella pietra e a quel vortice verde, ci guardo dentro, dunque stese le mani sopra quel buco abitato dall'incantesimo, e prese a richiamarlo. L'incantesimo prese a confluire verso le sue mani aperte, in maniera forte e violenta, scuotendola da capo a piedi, come elettricità. Infine, le sue braccia si spalancarono, mentre l'incantesimo confluiva in lei da ogni parte della sua figura. Gold si accigliò, Henry fece un passo indietro, spaventato. Un ultimo lampo, uno scossone talmente violento, che Regina venne sbalzata via, finendo a doversi aggrappare a l'albero vicino. Henry la guardò preoccupato, poi volse i suoi occhi al pozzo, che però gli restituì uno sguardo silenzioso. < NO! > corse incontro a quel maledetto ammasso di pietre. Regina, da terra, si voltò a guardarlo, ancora affannata < Mi dispiace, Henry, mi dispiace. > gli disse, addolorata. Il bambino non staccava lo sguardo dalla struttura, mentre le lacrime spingevano brucianti contro i suoi occhi. Regina era a sua volta in lacrime. Ma poi...Una mano. Una mano si chiuse sul bordo di quel buco nero. Poi due. E infine Emma si issò da quel pozzo e ne uscì illesa. Henry la guardò quasi icnredulo < Mamma? > esalò il piccolo. Mary Margaret uscì subito dopo, raggiungendo la figlia a terra. Emma inquadrò il bambino < Henry!! > esclamò < MAMMA! > strillò di rimando il bambino correndole incontro e tuffandosi fra le sue braccia spalancate. I due si strinsero forte in un abbraccio.

< Mi sei mancato! > disse Emma al figlio, con un sospiro di sollievo

< Mi sei mancata anche tu > replicò Henry, prontamente. Mary Margaret si unì a quell'abbraccio, comprendendo sia il nipotino sia la figlia in quel gesto. Regina non poté che restare a osservarli. Gold lanciò uno sguardo significativo a Regina e poi volse le spalle e se ne andò via, senza una parola.

< che succede? > domandò Mary Margaret alzando il capo. < Che è successo? > continuò inquadrando la figura di Gold che se ne andava, quella di Regina vicina all'albero e di Ruby ancora a terra. Henry si voltò una mano di Emma ancora ad  avvolgergli le spalle

< Lei ti ha salvato, ha salvato entrambe > spiegò subito il piccolo, ora rivolto verso la madre adottiva. Emma parve stupefatta. Henry si tuffò di nuovo ad abbracciare la bionda. Ma la salvatrice stavolta non spostò lo sguardo, vagamente stupito, ancora puntato dritto su Regina.

< Grazie.. > esalò, sincera.

< Non c'è di che > replicò Regina, issandosi finalmente, e senza l'ombra del solito sarcasmo velenoso nella voce. Ruby accorse a sua volta.

< state bene?! > domandò allarmata. Abbracciò forte Mary Margaret, che ricambio di buon grado la stetta. < dov'è mio marito? Devo trovarlo > domandò però subito Mary Margaret. Così dopo un sorriso a Emma, Ruby prese per mano Mary Margaret e corsero via, dirette da David. Emma rimase sola con Henry e Regina. I due scesero nella direzione del Sindaco. Emma prese la parola, vagamente titubante

< Ehm..tua madre è....diciamo...un tipo impegnativo, lo sai? > domandò la salvatrice, un sopracciglio appena inarcato e l'aria ancora un po' stravolta. Regina spostò un istante lo sguardo, e annuì.

< Certo che lo so > commentò, poi sposto i suoi occhi bruni di nuovo sui due. Infine li issò dritti in quelli di Emma, un sorriso raddolcito si aprì sul suo volto, un sorriso che raramente si era visto, fino a quel momento, da parte sua.

< Bentornata > concluse.

< Grazie.. > replicò la salvatrice, sorridendole a sua volta.

-End Flashback.


Un brivido scosse Henry da capo a piedi.

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Angolo off: Ok le cose importanti le ho gia scritte su, scusate davvero per il ritardo, e tempo record dovrebbe uscire il seguito. Grazie infinite a tutti i recensori siete davvero troppo buoni e spero di non deludervi conn questo capitolo, so che dopo l'immensa attesa ci si aspettava qualcosa di meglio. Ma recupererò prestissimo. Detto ciò ho due piccole note a pie di pagina alle quali tengo immensamente:

Se vi piace il modo in cui scrivo e vi interessa leggere di più di ciò che scrivo ho un libro, da poco edito, disponibile in tutte le librerie on-line e non. Qua vi lascio il link in cui potete trovarlo:


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