The Black Cat

di Miriallia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il gatto nero ***
Capitolo 2: *** La testimonianza del compagno di scuola ***
Capitolo 3: *** Cerchiamo la verità ***
Capitolo 4: *** Oltre l'immaginazione ***
Capitolo 5: *** Là dove sarebbe meglio fermarsi ***
Capitolo 6: *** Prepararsi al peggio ***
Capitolo 7: *** Eyes ***
Capitolo 8: *** Voglia di andare avanti ***
Capitolo 9: *** Occhio per occhio ***
Capitolo 10: *** Le bugie hanno le gambe corte ***
Capitolo 11: *** Elaborare gli indizi ***
Capitolo 12: *** È ancora tutto da vedere ***
Capitolo 13: *** In che modo convincerla? ***
Capitolo 14: *** La scelta giusta ***
Capitolo 15: *** Sorpresa e attesa ***
Capitolo 16: *** Incognita ***
Capitolo 17: *** Giocare a rimpiattino ***
Capitolo 18: *** Non gettare mai la spugna ***
Capitolo 19: *** Ogni bel gioco dura poco ***
Capitolo 20: *** Rendez-vous ***
Capitolo 21: *** Testacoda ***
Capitolo 22: *** Sentimenti contrastanti ***
Capitolo 23: *** Un passo alla volta ***
Capitolo 24: *** Kamikaze ***
Capitolo 25: *** Inside out ***
Capitolo 26: *** Mezzanotte ***
Capitolo 27: *** Inizia il countdown ***
Capitolo 28: *** Appetibile speranza ***
Capitolo 29: *** Keep calm and... ***
Capitolo 30: *** Incanto e nostalgia ***
Capitolo 31: *** Help ***
Capitolo 32: *** Incondizionatamente ***
Capitolo 33: *** Rabbia ***
Capitolo 34: *** Opinioni - Il caso di Furuya Rei ***
Capitolo 35: *** Purezza di sentimenti ***
Capitolo 36: *** Esternare i propri sentimenti ***
Capitolo 37: *** Rincorrere i propri sentimenti ***
Capitolo 38: *** Verdetto d'amore ***
Capitolo 39: *** Entrust my life to you ***
Capitolo 40: *** Non ti ho mentito davvero ***
Capitolo 41: *** Dubbi e bugie ***
Capitolo 42: *** Eco ***
Capitolo 43: *** The truth ***
Capitolo 44: *** The truth II ***
Capitolo 45: *** Arrivare a te ***
Capitolo 46: *** Aumentano i sospetti ***
Capitolo 47: *** Mille pensieri ***
Capitolo 48: *** Osaka nel periodo dei ciliegi spogli ***
Capitolo 49: *** Ritrovarsi ***
Capitolo 50: *** Oltre ogni aspettativa ***
Capitolo 51: *** Sentire una risonanza ***
Capitolo 52: *** Amore ***



Capitolo 1
*** Il gatto nero ***


Conan: «Finisce sempre così. Mi chiedo come sia possibile.» sospirò il piccolo detective, ormai consapevole della sua sfortuna a nascondino. «Uno… Due… Tre…»
 
Era un pomeriggio come tanti. Dopo la scuola, i Giovani Detective si erano recati al parco come facevano di solito quando le giornate lo permettevano. Il cielo era cristallino e, nonostante fosse autunno, si sentiva ancora un certo tepore estivo nell’aria. Il posto non era gremito come al solito, ma si vedevano bambini giocare sulle altalene, sugli scivoli e con la sabbia. C'erano ragazzi che uscivano in gruppi e alcune coppiette che passeggiavano tra gli ampi spazi dove ridevano e scherzavano. E poi c’erano loro, Conan & Co., sempre attivi in qualsiasi situazione, soprattutto se si trattava di casi. Sì, perché, come ben sappiamo, i casi da risolvere non mancano mai quando si tratta del piccolo genietto con gli occhiali.
 
Conan: «Nove… Dieci!» si tolse le mani dagli occhi e si guardò intorno. «Immagino di sapere dove si siano nascosti tutti quanti. Andiamo ad acciuffarli.» disse con tono non molto motivato mentre andava in giro per il parco a cercare i suoi amici.
 
Il primo a essere trovato fu Genta. Il bambino si era nascosto dietro a dei cespugli abbastanza alti, sicuro di scampare all’arguto occhio di Conan. Quest’ultimo era certo che l’amico non potesse trovarsi in un posto diverso: quei cespugli erano situati dietro un arbusto abbastanza spesso, il luogo ideale per non essere trovati! Mentre Genta tornava al luogo di inizio della conta, contrariato, Conan sentì dei passi allontanarsi da lì. Molto probabilmente, Ayumi o Mitsuhiko si erano nascosti nei paraggi e, nell’apprendere che Genta era stato trovato, stavano cambiando il luogo del nascondiglio. Il bambino occhialuto riconobbe quel genere di passo: apparteneva alla sua amica Ayumi. La bambina si era nascosta dietro un muretto non molto lontano. Era composto da pietre e sembrava abbastanza solido. Tuttavia, nella fretta, la piccola non si era accorta di aver lasciato in mostra, al di fuori del muro, un pezzetto del suo vestitino rosa. Conan le toccò la spalla in segno di averla catturata.
 
Ayumi: «Uffa, Conan-kun! Non sono passati nemmeno cinque minuti da quando abbiamo cominciato!» sbottò la bambina infastidita.
 
Conan: «Cosa posso farci se per fare la conta esco sempre io? Vi nascondete spesso in luoghi molto simili, quindi per me è semplice trovarvi.» disse con tono fiacco. «Ayumi-chan, Genta… Mi mancano soltanto Mitsuhiko e Haibara.» si guardò nuovamente intorno, sicuro di sé.
 
Nessuno poteva sfuggirgli. Già assaporava la sua vittoria, soddisfatto del suo lavoro. Ma all’improvviso strabuzzò gli occhi: Mitsuhiko stava correndo verso di loro.
 
Mitsuhiko: «Conan-kun!!!» urlò in modo quasi frenetico il bambino, affaticato dalla corsa che aveva fatto.
 
Conan: «Come mai sei sconvolto? Cos’è successo?» disse appoggiandogli le mani sulle spalle.
 
Conan aveva notato che Mitsuhiko aveva un’espressione perplessa, sconvolta, quasi spaventata. Ayumi si avvicinò ai due e, nel sentirli, anche Genta fece lo stesso. Il bambino con gli occhiali non sapeva bene cosa pensare, ma si era reso conto che Ai non era ancora lì in mezzo a loro.
 
Conan: «È successo qualcosa ad Haibara?! Mitsuhiko, rispondimi!!» alzò il tono della voce, sentendo uno strano presentimento dentro di sé.
 
La cosa gli incuteva timore e non gli piaceva per niente. Il pensiero che i membri dell’Organizzazione Nera potevano averle fatto qualcosa lo attanagliava.
 
Mitsuhiko: «Aspetta, aspetta!» gesticolò freneticamente. «Dammi almeno il tempo di spiegare…!» lo guardò seriamente negli occhi. «Fo-Forse si tratta di un caso! Haibara-san è rimasta lì con le prove!»
 
Conan: «Con le prove…?» chiese curioso. «Quali prove?» il suo respiro tornò normale, adesso non era più preoccupato per un eventuale rapimento di Ai, ma di un possibile morto all’interno del parco. «Portami sul luogo!»
 
Mitsuhiko: «Certo, seguitemi!» il bambino con le lentiggini non se lo fece ripetere due volte. Nonostante la paura insinuata dentro di lui e il colorito che sempre più si avvicinava al blu, voleva capire cosa stesse accadendo con tutto se stesso.
 
Quindi, seguiti da Ayumi e Genta, Mitsuhiko portò Conan sul posto dove potevano vedere Ai accovacciata su se stessa a fissare qualcosa che si trovava in alto, appeso al ramo di un albero. Aveva lo sguardo fermo, come se non riuscisse a capire qualcosa che le faceva molto male e non poteva cambiare. Uno sguardo che comunicava una sola frase: Non ho fatto in tempo.
 
Conan: «Ohi, Haibara!» il giovane detective si avvicinò a lei. «Che cos’è?!»
 
Ai: «Non lo vedi da te?» disse con voce rotta mentre si sollevava. «Non riesco a capire. Ho bisogno di trovare un ramo o qualcosa di simile per esserne certa.» scrutò le mani di Mitsuhiko. «Non ne hai trovati?»
 
Mitsuhiko: «A dire il vero no… Quindi sono andato a chiamare Conan-kun, sicuramente lui avrebbe capito se è vero oppure no!» rispose il bambino con tono preoccupato, ma sicuro che avrebbero trovato una risposta al loro quesito.
 
Il sudore scorreva sulle fronti di tutti e cinque i bambini.
 
Ayumi: «Non può essere… vero… no?» disse guardando intensamente Ai negli occhi. «Se no… si muoverebbe… no?»
 
Ai restò in silenzio, perché non sapeva cosa rispondere.
 
Genta: «Ci sono! Conan, sali sulle mie spalle e controlla da te! Non ci dovrebbero essere altri modi, se Mitsuhiko non è riuscito a trovare nemmeno un rametto.»
 
Conan: «Va bene, facciamo così. Ma non vi preoccupate, sono sicuro che non c’è modo che possa essere vero.» cercò di rassicurare i suoi amici che continuavano a non essere tanto sicuri di ciò che aveva detto, ma si aggrappavano a quell’unica verità.
 
Attaccato con una cordicella al ramo dell’albero c’era un gatto nero. Era come se fosse stato impiccato da qualcuno. Ma chi avrebbe mai potuto fare un’azione tanto subdola? Conan era convinto che si trattasse di un pupazzo o di qualcosa del genere. Il musetto del gatto era rivolto verso il basso, gli occhi erano chiusi. Davvero un peluche avrebbe potuto essere fatto tanto bene? Genta si chinò e fece salire l’amico sulle sue spalle. Data l’altezza a cui si trovava il gatto, si poteva evincere che chiunque fosse stato, non era certo una persona bassa. Conan arrivò ad afferrarne le zampette. Il cuore gli batteva all’impazzata, aveva quasi paura di scoprire la verità. Nella sua mente aveva già pensato all'eventuale diffusione della notizia qualora qualcuno l’avesse visto prima di loro. A come trovare il colpevole. Alla speranza che fosse solo un innocuo pupazzo di peluche. La prima cosa che fece, dunque, fu controllare se le zampette fossero effettivamente vere oppure no.
 
Ai: «Allora?!» disse la bambina alzando la voce, impaziente di capire cose stesse succedendo.
 
Conan: «Mpf…» si lasciò andare a un sorriso soddisfatto, nonostante non potesse nascondere di essere totalmente sudato. «È solo un pupazzo, c’era da aspettarselo!»
 
Ayumi: «Meno male, povero gattino!!» si commosse la piccolina mentre stringeva le mani di Ai.
 
Mitsuhiko: «Ce la fai a tirarlo giù? Forse avrei dovuto farlo io…» disse con un tono di rammarico.
 
Conan: «Non parlare così, scemo! Certo che ce la faccio, per chi mi hai preso?» con un tocco deciso e forte, Conan disfece il nodo al collo del peluche tirandolo giù dal ramo dell’albero che ondeggiò per un qualche secondo. «Preso!» tenne stretto tra le sue mani quel peluche che a guardarlo più attentamente, gli incuteva un certo timore.
 
Genta: «Bene, ci siamo quasi…» il bambino pacioccone si chinò nuovamente, permettendo a Conan di scendere giù dalle sue spalle. «Adesso cosa si fa?»
 
Conan: «Beh, la prima cosa da fare sarebbe capire perché… ma soprattutto… chi
 
Nell’esclamare queste parole rimarcando l’ultima in particolare, Ai gli sottrasse il peluche dalle mani. Non che non si fidasse, ma voleva capire da sé cosa la stava quasi traendo in inganno.
 
Ai: «Mh.» scrutò a fondo ogni piccola parte dell’oggetto inanimato. «È totalmente un pupazzo, come hai detto tu, Edogawa-kun».
 
Conan: «Non c’è niente da fare con te, miscredente.» la guardò di sottecchi.
 
Ai: «Eppure, guardate.» mostrò il pupazzo di pezza agli altri. «Non è neppure imbalsamato, è un gatto di peluche… ma sembra vero. Dunque, sicuramente è stato creato appositamente per fare questo scherzo, se così vogliamo definirlo.»
 
Ayumi: «Ayumi non capisce… Un gatto nero… per simboleggiare cosa?» disse con le lacrime agli occhi. «Gli animali non si devono maltrattare, nemmeno se si tratta di pupazzi!»
 
Genta: «Giusto! Ce la pagheranno! Noi, i Giovani Detective, riusciremo a capire chi è stato e lo faremo arrestare!»
 
Conan: «Aspettate, non è così tanto semplice come sembra… Portare questo peluche alla polizia non ci aiuterebbe. Le telecamere di sicurezza non sono installate nei pressi di questo punto dove lo abbiamo trovato… Inoltre, cosa dovremmo dire? Che abbiamo trovato un peluche appeso a un ramo all’interno del parco? Sicuramente persino l’agente Takagi ci riderebbe in faccia e ci direbbe che qualcuno l’ha appeso lì per gioco.» ribatté sicuro di sé.
 
Mitsuhiko: «Hai ragione, Conan-kun, però, aspetta…» cercò di riflettere. «Partiamo dal fatto che è un gatto nero…!» esclamò deciso. «I gatti neri sono conosciuti per…»
 
Ai: «Per le maldicenze legate a loro, giusto?» il tono di Ai era più rilassato rispetto a prima, ma aveva la fronte imperlata da rivoli di sudore. «È così, ma in questo caso, dobbiamo prima accertarci che non ce ne siano degli altri in giro per il parco.» guardò di sfuggita Conan, il quale aveva capito che c’era qualcosa in lei che non andava anche se cercava di non darlo a vedere.
 
Conan: «Giusto, proviamo a cercare ancora e poi vediamo come procedere.» annuì mentre anche tutti gli altri facevano lo stesso e si dirigevano a cercare nuove prove che potessero far trovare il colpevole.
 
Il pensiero del piccolo detective con gli occhiali, tuttavia, andava all’amica Ai, che tutto sembrava fuorché tranquilla. Quell’espressione, quell’atteggiamento… era il modo di fare di quando c’era dietro qualcosa che aveva a che vedere con l’Organizzazione Nera. Ma cosa poteva accomunare quelle persone e un gatto nero, a parte che il colore?

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Capitolo 2
*** La testimonianza del compagno di scuola ***


Era trascorso un giorno da quando era stato trovato il gatto nero di peluche. I Giovani Detective avevano fatto del loro meglio, ma non erano riusciti a trovare nuovi dettagli sul caso. Avevano passato gran parte del pomeriggio precedente a cercare in lungo e in largo per tutto il parco, tuttavia non avevano raggiunto nessuna nuova verità. Fino all'imbrunire, avevano anche fatto qualche domanda ai passanti che avevano visto aggirarsi all'interno e nei pressi del parco, ma senza alcun risultato.
 
Così, all'uscita da scuola...
 
Conan: «A quanto pare nessuno ha visto niente. Però è strano.» esclamò il bambino con gli occhiali mentre continuava a riflettere.
 
Genta: «Certo che è strano! Mi chiedo com'è possibile che nessuno abbia visto nulla… nemmeno quel gatto appeso!» sbottò il bambino aggrottando le sopracciglia. 
 
Mitsuhiko: «Forse non era stato fatto molto tempo prima… in fondo, in quel punto dove ci stavamo nascondendo io e Haibara-san non c'era nessuno!» esclamò determinato. «È che stavo pensando… è quasi Halloween… non è che magari…»
 
Ai: «Non dire sciocchezze!!» gli urlò contro lei, realizzando solo in un secondo momento il suo modo di fare abbastanza rude nei confronti del bambino. «Scusa, non volevo gridare. Ma era un peluche, solo un peluche.» disse con voce più calma, come se stesse cercando di convincere più se stessa che gli altri. 
 
Ayumi: «Quindi siete tutti d'accordo che lo tenga Ayumi?» sorrise gentilmente per cancellare l'aria pesante che era stata creata dall'amica. «Momentaneamente è a casa, ma ha già un nome!» concluse spontaneamente, facendo una semi-piroetta e rivolgendosi verso tutti i presenti.
 
Mitsuhiko: «Eh? Di già?» disse Mitsuhiko perplesso. «Quindi avevi già in mente di tenerlo per te? Non che sia contrario…»
 
Genta: «Se fosse stato qualcosa da mangiare, ti avrei detto di no, ma non m'interessa, quindi è tutto tuo!» affermò Genta mentre intrecciava le braccia dietro alla nuca. 
 
Conan: «Non saprei, Ayumi-chan. Penso che la soluzione migliore sia quella di tenerlo in un posto sicuro, lontano da occhi indiscreti. Non possiamo ancora sapere chi o cosa l'abbia portato lì, ti pare? E inoltre, il fatto che abbia già un nome, non mi farà cambiare idea tanto facilmente.» appuntò il bambino con gli occhiali. «Quindi decideremo insieme dove lasciarlo, perché non può restare a casa tua.»
 
Ai: «Sempre, sempre…» esclamò interrompendo l'altro bambino. «In due ti hanno detto che va bene, ma è come se non l'avessero fatto perché è solo la tua opinione quella che conta davvero.» aggiunse appoggiando entrambe le mani sui fianchi e mostrando la sua inquietudine. 
 
Conan: «Bene, bene. Allora facciamo qualcosa di democratico: la maggioranza vince.» disse con un sorrisetto. «Ma avevo previsto che anche per te non sarebbe andato bene e quindi ho agito di conseguenza, per il bene di Ayumi-chan.»
 
Ai: «Ti atteggi sempre come se sapessi tutto di tutti… ma in realtà, cosa ne sai?» sussurrò con un filo di voce. 
 
Ayumi: «Cos’hai detto, Ai-chan?» disse la bimba, preoccupata. Anche lei aveva capito che qualcosa non andava, ma non voleva creare scompiglio facendo una semplice domanda. «Allora, facciamo come ha detto Co---»
 
Ai: «Come hai detto di averlo chiamato?» la interruppe Ai, con lo sguardo adirato ma addolcendolo lentamente mentre una vena le pulsava sulla fronte. 
 
Conan: «Ohi, Haibara! Non è quello che pensi!»
 
Ai: «Edogawa-kun. Renditi. Conto. Che. Tu. Non. Sai. Cosa. Penso.» volse lo sguardo verso Ayumi. «Dicevi, prima che questo Nostradamus del nuovo millennio ci interrompesse?»
 
Ayumi: «Ecco… Chat Noir! Avete presente il protagonista di quel cartone animato molto famoso? L'ho preso da lui!!» sorrise in modo incerto perché non capiva bene in che situazione fossero andati a finire. 
 
Genta: «Certo che ce l'ho presente! È quell’eroe… per niente figo… fa tutto l’eroina, lui è un comprimario!» lamentò Genta con poco entusiasmo. 
 
Mitsuhiko: «Io credo che sia fantastico…! Fa sempre tutto quello che può ed è forte, nonché...» osservò Ai con la coda dell'occhio. 
 
Ai: «Cosa?» rispose lei che l'aveva notato. 
 
Mitsuhiko: «Aah!!» esclamò impacciato. «Beh, è molto romantico, ecco!»
 
Ai: «Romantico, eh? Perfino un gatto è più fortunato di Edogawa-kun.» disse con una punta di sarcasmo. 
 
Conan: «Ah-ah.» rise per non piangere. «Continuo a non essere d'accordo, quel gatto potrebbe rivelarsi pericoloso!»
 
…: «Perché? Io l'ho visto, non mi sembrava affatto come dici tu.» interruppe una vocina a loro sconosciuta.
 
I bambini si voltarono a constatare di chi si trattasse e davanti a loro si parava un bambino che, effettivamente, non conoscevano. O meglio, non conoscevano il suo nome, ma a tutti sembrava di averlo visto da qualche parte. Aveva dei lunghi capelli neri e gli occhi del medesimo colore. Era anche abbastanza alto, tanto da superare Genta di qualche centimetro. Il suo sguardo era fiero e impavido, quasi quello che potremmo definire da sbruffone a causa di un sorrisetto che sembrava non abbandonare il suo viso.
 
Conan: «Aspetta, tu… Ti ho già visto a scuola, ma non ho idea di chi tu sia.» disse perplesso.
 
…: «Sì, frequento la vostra stessa scuola. Mi chiamo Shadir e faccio la seconda!» aggiunse pieno di sé, quasi a decantarsi mentre, quasi contemporaneamente, apparve una figura strana dietro di lui, a ridosso del muro.
 
Genta: «E lì dietro chi c’è?» sbottò Genta incuriosito. «So per certo che siamo famosi, quindi se ci state spiando non è che non vi capisco!»
 
Shadir: «Seee, quando mai i Giovani Detective sono famosi? Io e la mia ragazza siamo molto migliori a risolvere qualsiasi genere di caso!» continuò a pavoneggiarsi.
 
Ayumi: «La tua ragazza…?» la piccola arrossì lievemente mentre osservava Conan fugacemente.
 
Shadir: «Sì, certo! Io e Aoi-chan stiamo insieme da prima di conoscerci! Figo, vero?» aggiunse presuntuosamente. «Vieni qua, Aoi-chan!» la chiamò gesticolando con la mano.
 
Aoi: «Sì, Shad.» disse in tono sommesso una bambina con gli occhi azzurri e dai lunghi capelli biondi che si avvicinò a lui. A differenza dell’amico, la sua statura era quella di una bambina comune, ma era particolarmente carina. «Che vogliono questi da te?»
 
Genta: «Oh!! Non siamo noi che vogliamo qualcosa da lui!!!»
 
Mitsuhiko: «Giusto…! Cioè… Cosa volevi dire con ciò che hai detto prima? Che cos’è che hai visto?» chiese il bambino con le lentiggini leggermente perplesso dal teatrino che era venuto a crearsi.
 
Ayumi: «Ooh…» arrossì lievemente. (Che bella bambina, sembra quasi una straniera… no, una bambola!) pensò tra sé.
 
Shadir: «Il gatto, no? Quello che avete detto prima!» esclamò il bambino.
 
Ai: «…» la bambina scrutò con attenzione quelle nuove conoscenze. Era sicura di aver visto lui a scuola, ma lei avrebbe dato nell’occhio, quindi non ne faceva sicuramente parte.
 
Conan: «Quindi… hai visto quel gatto…?» esclamò incerto. «Anzi, avete visto quel gatto?» aggiunse sempre meno convinto.

Shadir: «Ti ho detto di sì!» disse il bambino dai lunghi capelli neri con una punta di rabbia.
 
Aoi: «L’ho visto anche io, Shad.» esclamò la bambina che era con lui mentre si metteva gli occhiali da sole.
 
Shadir: «Visto??» insistette.
 
Conan: «Allora, potete dirci cos’è che avete visto con certezza?» cercò di ripetersi per capire se i due stavano dicendo la verità o no.
 
Shadir: «Abbiamo visto un gatto nero nel parco dove si stavano sbaciucchiando quei due!» indicò Ai e Mitsuhiko. «Non ci sono dubbi!»
 
Mitsuhiko: «Co---!!!» arrossì di colpo, immaginando la scena che non era mai esistita.
 
Ai: «Aspetta un attimo, tu.» si avvicinò al bambino dai lunghi capelli neri e lo guardò negli occhi, adirata. «Che diavolo stai dicendo?! Cosa avresti visto?!» alzò il tono della voce per inveirgli contro.
 
Shadir: «Vuoi mica fare a botte? Ma sei fortunata, io non alzo mai un dito sulle donne, tutte mi cadono ai piedi e mi vogliono. Quindi, se sei interessata, potremmo sentirci in segui---» disse con tono arrogante fino al calcione che si prese nel sedere da parte della sua fidanzatina.
 
Aoi: «Shad, non ti perdono!» sbottò arrabbiata, con lo sguardo glaciale.
 
Shadir: «Aoi-chan, era per dire.» accennò un sorrisetto per scusarsi mentre continuava a venire fulminato da tutti i presenti tranne che da Conan. «Comunque, sentite, io ho visto quei due insieme e un gatto nero al parco! Poi, quando sono andato via, perché comunque non m’interessava e non mi sono soffermato a vedere, ho notato che c’era una zona della città vicino al centro commerciale dove…» fece una breve pausa e prese un profondo respiro. «C’erano nascosti un sacco di gatti neri.» aggiunse con un tono tombale.
 
Conan: «Un… sacco? Dimmi, com’erano posizionati? Di che zona si tratta?» cercò di fare qualche domanda più concreta e specifica. (A questo punto, non so nemmeno più se pensare che stia dicendo una serie di stupidaggini, oppure…)
 
Shadir: «Erano nel vicolo proprio adiacente al centro commerciale. Sì! In quello che si trova dietro e sembra un po’ nascosto in confronto agli altri!» disse il bambino che pian piano cominciava a mostrare un sorriso beffardo.
 
Genta: «Senti, la questione è grave! Se ci stai prendendo in giro…!!!» si avvicinò a Shadir e fece per prendergli la collottola, ma venne fermato dalla mano di Aoi destando lo sconcerto del bambino. «?!»
 
Aoi: «…cosa?» disse con tono funereo, come se non avesse paura di niente. Inoltre, guardava Genta dritto negli occhi, come se lo scrutasse dentro.
 
Genta: «Ehi, lasciami!!!» si scostò. «È normale che se ci sta prendendo in giro ci saranno delle conseguenze!!»
 
Ai: «E in ogni caso, Kojima-kun… Sei stato tu a cominciare, quindi finitela.» gettò un’occhiataccia all’altro bambino. «Anche tu, maleducato. E per tua informazione, non sei nemmeno il mio tipo.» disse in modo irritato mentre volgeva le spalle ai Giovani Detective. «Io torno a casa, non ho più intenzione di stare ad ascoltare queste sciocchezze.»
 
Ayumi: «Aspetta, Ai-chan! Potrebbero essere delle informazioni importanti…!» cercò di insistere la bambina.
 
Ai: «Sono convinta di ciò che dico. Parlare con loro è soltanto tempo perso.»
 
Conan: «Mmh… Lo penso anche io. Però è meglio prima verificare che sia una stupidaggine e poi in caso...» disse facendo spallucce.
 
Shadir: «Tsk! Non mi credete? Non appena andrete a controllare e vedrete tutti quei gatti a testa in giù ne riparleremo!» fece un sorriso sghembo.
 
I Giovani Detective ebbero tutti un rimando a ciò che avevano visto il giorno prima. Il gatto non era a testa in giù, ma era impiccato. Poteva davvero essere che Shadir dicesse la verità?
 
Shadir: «Bene, adesso possiamo andare, Aoi-chan!» si rivolse alla sua fidanzata che lo stava abbracciando solidamente.
 
Aoi: «Sì, Shad.»
 
Shadir: «Ci vediamo a scuola!» si voltò verso i bambini che erano scomparsi. Quelle ultime parole li avevano fatti ragionare. Che ci fosse un fondo di verità?
 
Conan: (Potrebbe anche trattarsi di qualcuno che lo sta manipolando… Ma prima dobbiamo accertarci che ciò che ha detto sia falso.) pensò tra sé e sé. (Questo caso… Sta diventando sempre più strano. Non ne hanno parlato nemmeno i media, quindi come avrebbe potuto saperlo? Li ha visti davvero o ha solo ripetuto qualcosa che ha sentito mentre ne parlavamo tra noi?)
 
Il piccolo detective con gli occhiali continuava a interrogarsi mentre tutti e cinque i bambini arrivavano di fronte al centro commerciale. Era giunto il momento di verificare se era stata detta la verità oppure no.

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Capitolo 3
*** Cerchiamo la verità ***


I Giovani Detective erano accorsi prontamente sul posto per appurare la verità sulle parole di quel bambino appena conosciuto. Una volta giunti al centro commerciale, si guardarono dritti negli occhi.

Genta: «Quanto scommettiamo che tutto ciò che ha detto quel bambino è falso?»

Conan: «Al 99% è come dici tu. Ma quell’1% che non conosciamo deve assolutamente essere controllato.» si guardò intorno. «Conviene dividerci e avvicinarci al posto da due lati diversi.» osservò gli altri, poi più specificatamente Ai. «Non te ne dovevi tornare a casa?» disse in modo sprezzante.

Ai: «Sì, ma ormai volevo sapere come sarebbe andata a finire.» fece spallucce. «Dunque, io vado con i bambini e tu dall’altro lato.» disse con tono tombale.

Conan: «Eccola che si arrabbia di nuovo…» sbuffò leggermente. «Per me va bene.»

Ayumi: «Aspettate! Ayumi vuole andare con Conan-kun! È vero che molto probabilmente non ci sarà nulla, ma dato che non si sa mai… È sempre meglio essere in due piuttosto che uno solo… Anche se solo per guardarsi le spalle a vicenda!» disse la bimba un po’ rammaricata. «Sempre se siete d'accordo!» gesticolò freneticamente.

Mitsuhiko: «Mmh… Credo che Ayumi-chan abbia ragione?» si voltò verso Ai per cercare il suo consenso, nonostante fosse certo che gli avrebbe risposto in malo modo, visto come stavano andando le cose.

Ai: «Ma certo, fate come preferite.» chinò il capo annuendo leggermente.

Genta: «Vado anche io con loro, non si sa mai! In caso li difendo meglio di come farebbe Kamen Yaiba!»

Tutti ruppero la tensione con una fragorosa risata.

Mitsuhiko: «Genta-kun, non arriveresti a Kamen Yaiba nemmeno tra vent'anni!» lo prendeva in giro il bambino con le lentiggini.

Genta: «E lo dici giusto tu dopo avermi detto che ti piace Chat Noir? Tra vent'anni sarò il più forte di tutti!!» sogghignò il bambino mentre volse lo sguardo verso Conan e Ayumi. «Andiamo!!» corse via alla sua massima velocità.

Ayumi: «Aspetta, Genta-kun!!» gli corse dietro. «Conan-kun, muoviti o resterai indietro!!»

Conan: «Arrivo!» guardò Ai con la coda dell'occhio. «Io e te dobbiamo parlare.»

Ai: «Non credo di avere niente da dire, soprattutto a te nello specifico.»

Conan: «Vedremo.» cercò di correre dietro ai suoi amici che l'avevano separato ormai da tempo.

Mitsuhiko: «Andiamo anche noi, Haibara-san?» disse esitando per qualche istante.

Ai: «Certamente.» esclamò tranquillamente mentre si incamminava.

Mitsuhiko: «So che sei una persona piuttosto riservata, però… insomma… se ti dovesse passare qualcosa per la testa… se ne volessi parlare con qualcuno…» disse trascinando le parole, quasi intimorito di esprimere il suo punto di vista, mentre si incamminava anche lui al suo fianco.

Ai: «Sei gentile, Tsuburaya-kun.» non aggiunse altro e si diresse verso il punto d'incontro con l'altro gruppo di amici.

Entrambe le parti cercarono di scrutare al meglio tutto il vicolo. Tuttavia, non riuscirono a trovare nulla, se non qualche gatto che rovistava nella spazzatura. Così si trovarono di nuovo faccia a faccia.

Genta: «Non c'è nulla, proprio come pensavo!» annuì mettendo le braccia conserte.

Ayumi: «Come pensavamo tutti, Genta-kun!!» sbottò la piccola. «A questo punto, Ayumi non sa cosa pensare…» disse portandosi un dito vicino alle labbra. «Aaah!! Guardate che carino questo gattino! Ha il pelo arancione, ma sembra quasi rosa!» indicò il gatto avvistato precedentemente nella spazzatura.

Ai: «Davvero…» annuì arrossendo lievemente mentre lo guardava.

Genta: «Aspetta, gatto!» si avvicinò a esso, togliendo una bottiglia che si trovava vicino a lui. «Queste le vende mio padre, quindi non ti devi avvicinare!» il gatto, contrariato, lo graffiò sul braccio e corse via.

Ayumi: «Povero micetto…! Genta-kun, potevi lasciarlo stare!»

Genta: «Come potevo? Quella era una bottiglia di liquore, sai? Come ho detto prima, sai quante ne vende mio padre?» cercava di pavoneggiarsi in modo del tutto innocuo per sottolineare l’importanza del lavoro del padre.

Ayumi: «Liquore? Ma in ogni caso, è vuota, sai?» lo riprese cercando di sgridarlo.

Conan: «Probabilmente Genta l'ha fatto solo perché suo padre gli ha vietato di avvicinarsi a qualsiasi genere di alcolico e quello lì di cui potete vedere la bottiglia vuota è uno dei più gettonati degli ultimi anni.» disse il piccolo saputello con gli occhiali dandolo per scontato.

Genta: «È come ha detto Conan!» esclamò impettito. «So anche che si chiama baron

Mitsuhiko: «Genta-kun, quello è il bourbon!!» scoppiò in una rigorosa risata. «Però… c'è una leggenda che lo lega a una storia molto romantica!» arrossì lievemente.

Conan: «Più che altro, è legato al nome del liquore in questione… non è mica una leggenda!» rise vedendo l'amico impacciato.

Mitsuhiko: «Giusto, giusto!» disse tutto emozionato. «Quel bourbon si chiama così perché molto tempo fa---»

Ai: «Non vorrei rompere le uova nel paniere, ma non è meglio tornare alla questione principale?» lo interruppe sul più bello.

Mitsuhiko: «Aah… sì, scusa… Tornando a noi, io suppongo che quel bambino abbia detto tutto a caso… o non avrebbe senso… eppure… Perché prenderci in giro e dirci delle bugie?» si interrogava incerto sul da farsi.

Conan: «Può essere che volesse seminare delle false prove perché non gli piacciono i Giovani Detective, ma non ha avuto il tempo di farlo e quindi ha provato a giocarci non appena ha saputo che avevamo un caso.» mentre rifletteva, si portò una mano sul mento.

Ai: «Magari è solo un bambino che ha bisogno di attenzioni, chissà.» aggiunse Ai con un tono secco.

Conan: «Attenzioni? Intendi da noi?» le chiese il bambino con gli occhiali.

Ai: «Se ha parlato direttamente con noi e non con altri, ci sarà un motivo, no?» lo guardò di sottecchi.

Conan: «Certo, come ha detto lui stesso, lui e la sua ragazza sono migliori di noi Giovani Detective. Quindi parti dal presupposto che sapeva già con chi aveva a che fare e, può anche darsi, che l'abbia fatto con uno scopo… Sebbene non riesca a vederne altri tranne che farsi bello agli occhi dei compagni di scuola. È in questo senso che pensi abbia bisogno di attenzioni?»

Ai: «No, io mi riferivo puramente al caso in cui avesse dei problemi in famiglia.»

Conan: «Non saprei, ma lo escludo.» continuò la sua riflessione. «Cosa avrebbe potuto raccontare a mamma e papà che li avrebbe spinti a lodarlo? Poi quella fidanzatina… sicuramente non fa nemmeno parte della nostra scuola. Dovremmo capire chi è e da dove viene. Ma per prima cosa ci conviene chiedere qualcosa in più su di lui. Non ci ha nemmeno detto il suo cognome. Sicuramente Kobayashi-sensei può darci qualche dritta!» annuì cercando di infondere positività.

Genta: «Hai ragione! Anche lei sarà sicuramente felice se le chiederemo qualcosa!» esclamò stringendo un pugno in segno di forza.

Mitsuhiko: «Eh… Kobayashi-sensei prende sempre molto a cuore ciò che ci riguarda!» sorrise felice.

Ayumi: «Già! È davvero una bravissima maestra!» aggiunse tutta contenta. «Meno male che Edogawa Ranpo ha fatto sì che potesse essere dalla nostra parte!»

Conan: «Aspetta…!!! Edogawa Ranpo…» il bambino con gli occhiali continuò a riflettere, come se non riuscisse a capire che nesso potesse esserci tra questo scrittore e il caso che si parava davanti ai loro occhi. Eppure, qualcosa, forse l'istinto, gli diceva che doveva assolutamente indagare più a fondo anche su di lui.

Ai: «Che ne dite se andiamo? Si sta facendo tardi.»

Ayumi: «Hai ragione! Il tempo è trascorso così velocemente che Ayumi non se n'è nemmeno accorta!» esclamò la piccola con stupore dopo aver controllato l'ora.

Effettivamente il cielo azzurro come uno specchio che si era presentato agli occhi dei bambini per tutto il pomeriggio, si era trasformato in un firmamento dalle più sfumature che variavano dal rosa al blu. Cominciavano anche a farsi vedere delle stelle meno timide che brillavano su di loro.

Genta: «Allora usciamo fuori dal vicolo e poi torniamo a casa!»

Mitsuhiko: «È una buona idea, così domani continueremo le ricerche!» aggiunse convinto.

Conan: «Bene. Domani tocca anche a noi sfamare gli animali a scuola, quindi avremo un po’ di tempo per agire indisturbati prima che quel bambino possa spiarci nuovamente!» disse in modo risoluto.

Una volta usciti dal vicolo, i bambini si fermarono per un altro attimo e, infine, con ognuno semi-rivolto verso la via della propria dimora, cominciarono a congedarsi.

Ayumi: «A domani!» alzò la manina per salutare i suoi amici.

Genta: «Gli farò vedere io a quello di che pasta sono fatti i Giovani Detective, diffidate dalle imitazioni! A domani!!»

Mitsuhiko: «Quali imitazioni?» chiese accennando una risata. «Buon ritorno a casa!»

Ai: «Mi raccomando, state attenti. Ci vediamo.» sbadigliò.

Conan: «Certo, certo… A domani!!»

Ayumi: «Aspettate!!» disse la piccola all'improvviso. «Ecco…» giocherellava con gli indici delle dita. «Va davvero bene che Chat Noir lo tenga io, vero?» chiese riprendendo il discorso che era rimasto in sospeso.

Conan: «Mmh… Facciamo che po---»

…: «Bambini… non lo sapete che è tardi per voi?»

La voce di Conan venne interrotta da qualcuno che non avrebbero mai pensato di vedere proprio in quel posto. Qualcuno che costrinse Ai ad alzare il cappuccio della sua giacca e a nascondersi dietro Genta, nella speranza di non essere vista. Qualcuno che avrebbe fatto uscire allo scoperto la stella più luminosa di tutto il firmamento.

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Capitolo 4
*** Oltre l'immaginazione ***


Quella voce era conosciuta da tutti i presenti. In fondo, si trattava di una persona gentile che si era sempre comportata in modo brillante mentre si trovava insieme a loro. Li aveva aiutati in disparate occasioni e, chissà, magari l’avrebbe fatto anche in futuro… o in questa situazione? 

Conan: «Sì, lo sappiamo, ma sai com'è!» esclamò il bambino con gli occhiali. 

Ayumi: «Buonasera, Amuro-san!» arrossì la bambina non appena lo vide, come faceva praticamente sempre. 

Genta: «Si tratta di un caso, Tantei no nii-chan! Quindi siamo giustificati!» aggiunse Genta battendosi un pugno sul petto. 

Mitsuhiko: «Esatto, esatto! Abbiamo anche delle piste da seguire!» disse tutto contento il bambino con le lentiggini. 

Rei: «Oh… e che genere di caso potrebbe distogliere i vostri genitori dallo sgridarvi, dato che le 19 sono già passate da un bel po'?» chiese quasi casualmente, con il suo solito modo di fare pieno di nonchalance. 

Conan: «In realtà…» Conan si voltò a guardare Ai che restava nascosta dietro le spalle di Genta, con il cappuccio alzato affinché le coprisse il volto. «Ieri abbiamo trovato un gatto di peluche al parco, ma era in una strana posizione… come se lo avessero impiccato.»

Rei: «Un gatto di peluche… in quel modo?» chiese con il solito sorriso sulle labbra. «Era mica un gatto nero?» con fare interrogativo cercò di saperne di più, ma stavolta lo sguardo era cambiato. Era sempre gentile, ma più serio. 

Ayumi: «Sì, esattamente! Come fai a saperlo, Amuro-san??» la bimba strabuzzò gli occhi. 

Rei: «L'istinto, forse?» accennò un sorriso. «In realtà, il fatto è che Halloween è alle porte, quindi… ho supposto che fosse così.» aggiunse accarezzando la testa della bambina. 

Mitsuhiko: «A-Anche io ho pensato la stessa cosa…! Quindi credi che fosse uno scherzo?» chiese un po' titubante. 

Rei: «Non saprei, ma penso di sì. Chi potrebbe mai essere interessato a fare una cosa del genere con altri intenti?» annuì per rassicurarli.

Conan: «Eppure, c'è qualcosa di strano…» continuava a riflettere. «Abbiamo conosciuto due falsi testimoni che forse ci potranno far fare qualche passo in avanti.» guardò Rei, convinto di ciò che diceva. «Adesso, però, dobbiamo scappare! È vero che tra non molto ci chiameranno da casa e faranno scendere giù fulmini e saette…!» cercò di tagliar corto il bambino. 

Genta: «Aspetta, magari può darci qualche dritta se gli spieghiamo meglio…! Stiamo pur sempre parlando di un allievo di Kogoro il dormiente… Lo sappiamo tutti che è praticamente meglio di lui!» sbottò Genta che si sentiva tirare in causa in quanto leader dei Giovani Detective. 

Rei: «No, bambini, ha ragione lui. Magari se ci incontriamo qualche altra volta ne riparliamo.» annuì agitando le mani. «In caso vi aspetto tutti e cinque al Poirot, che ne dite?» chiese con fare cordiale. 

Ayumi: «Ayumi è d'accordo! Poi domani a scuola possiamo parlare con Kobayashi-sensei e raccontarti meglio, Amuro-san!» esclamò entusiasta la bambina che non vedeva l'ora di poterne sapere di più. «Ai-chan, tu non dici niente?» si voltò verso l'amica, non capendo perché si era totalmente nascosta. «Non dirmi che non ti piace Amuro-san!» la guardò quasi contrariata. 

Ai: «…» si strinse ancora di più il viso nel cappuccio, ma se avesse potuto, avrebbe preferito teletrasportarsi altrove, possibilmente a casa. (Amuro Toru… quest'uomo dallo sguardo gentile e dalla parlantina acuta è anche un membro dell'Organizzazione… Bourbon.) Mentre pensava tra sé e sé, Ai si strinse tra le braccia, attanagliata da un senso di inquietudine che si riversava su di lei come un brivido. (È come se oggi questo liquore ce l'avesse con me. Ma non posso permettere che mi scopra. Inoltre, se non mi sbaglio ed è come credo… dobbiamo stare attenti a Gin… e a Rum. Non posso nemmeno essere certa al 100% che quest'uomo si sia avvicinato senza uno scopo. È piombato qui dal nulla, proprio mentre stavamo andando via… c'è qualcosa che non va. Inoltre è strano… tutte queste coincidenze non mi piacciono. Se fosse una trovata dell'Organizzazione non mi stupirei. Forse hanno trovato qualche indizio su di me ed Edogawa-kun? No, in questo caso… sarebbe la fine. Ma perché Edogawa-kun è totalmente convinto che questa persona sua innocua? È vero, ha una faccia che sarebbe davvero impossibile da imputare a uno che è praticamente un assassino… Ma in realtà è scaltro, finge e recita alla perfezione. Ciononostante, quella volta che Kaito Kid si è spacciato per me sul Mystery Train… voleva portarmi viva dai suoi compagni… Perché? So che l'unica cosa che vogliono da me è la mia morte… allora… perché? Essendo Bourbon, cos'altro potrebbe volere da Sherry?) 

Rei: «Tutto a posto?» chinato accanto a lei, le accarezzò la testa attraverso il cappuccio. «Se non vuoi venire, non ti costringe nessuno!» esclamò cercando di rassicurarla. 

Ai: «Nei prossimi giorni…» le uscì solo un filo di voce «Ho troppo da fare, non sono disponibile!» esclamò cercando di imitare più che poteva il tono e il modo di parlare di una bambina della sua età. Quindi si spostò lontano da lui alla velocità della luce. (Persa nei miei pensieri non avevo nemmeno fatto caso alla sua presenza… quest'uomo è davvero… Un mostro.) pensò scioccata dall'accaduto mentre si toccava la testa nella parte dove l'aveva accarezzata Rei. 

Conan: «Magari sei soltanto tu che pensi troppo.» ridacchiò il giovane detective parlando con tono canzonatorio. «Comunque, domani vedremo il da farsi, ti facciamo sapere!» annuì guardando Rei. 

Rei: «Come preferite, io sono disponibile!» sorrise tutto contento. «Certo, a meno che Mori-sensei non mi chiami all'improvviso!» aggiunse con un tono secco. 

Mitsuhiko: «Certo! Non vorremmo mai distrarti dal tuo lavoro!» gesticolò freneticamente. «Grazie mille, Amuro-san!» si inchinò in segno di riconoscimento. 

Ayumi: «Anche da parte di Ayumi!! Grazie infinite! Chat Noir sarà felicissimo!» esclamò contenta mentre si inchinava anche lei. 

Rei: «Chat Noir è il nome del peluche che avete trovato?» chiese sebbene conoscesse già la risposta. 

Genta: «Precisamente! Ayumi l'ha chiamato così perché voleva richiamare quello del cartone animato che sta spopolando in questo periodo! Anche se così sembrerà solo il nome di un povero gatto… meno male che è di peluche!» esclamò con tono di rammarico. 

Ayumi: «Ayumi pensa che sia un grande eroe! Il resto non conta mica!» gli fece la linguaccia e poi si voltò verso di Rei, cercando un appoggio. «Genta-kun non ha assolutamente capito niente di Chat Noir! Non conta quanto sei forte o quanto fai… l'importante è che lo fai col cuore e che ci metti tutto l'impegno del mondo solo per quell'unica persona che vuoi proteggere! Darebbe la sua vita per salvare Ladybug, ti pare poco eroico?» si appoggiò le mani ai fianchi. 

Genta: «Per me fa troppo poco lo stesso! E comunque, è la mia opinione!» si accese il bambino tondo. 

Mitsuhiko: «Su, non litigate! Sono solo diversi punti di vista, non ne vale la pena!!» cercò in qualche modo di appianare le acque. 

Rei: «Mitsuhiko-kun ha ragione.» si chinò accanto a loro e appoggiò una mano sulla spalla di Ayumi e poi, con l’altra mano, fece lo stesso con Genta. «Ci sono delle cose che per noi valgono di più e altre che valgono di meno. Allo stesso tempo, ci sono persone che non sono d'accordo con i nostri valori e credono in altro. Ma non per questo hanno torto! È che danno la priorità ad altri princìpi. Ayumi-chan dà la priorità all'impegno e al romanticismo, mentre Genta-kun la dà all'azione e all'eroismo… questo più dal punto di vista di un eroe super potente che vince tutto e riesce a farlo sempre!» sollevò il dito indice della mano destra per concludere la spiegazione. «Magari ci sono delle altre persone che la pensano in un modo ulteriormente diverso.»

Mitsuhiko: «Giusto!» disse arrostito. «Magari c'è direttamente chi apprezza di più Adrien!» annuì. 

Conan: «Sì, e intanto ti squilla il cellulare e probabilmente è tua sorella.» sbuffò per la discussione che per lui, totalmente disinteressato, era diventata inutile e noiosa. 

Mitsuhiko: «Aaaaargh!! Hai ragione!! Devo correre a casa!! Ci vediamo, a domani!!» corse via come un fulmine salutando gli altri con la mano destra. 

Ayumi: «A domani!!» ricambiò il saluto con la mano e poi guardò Rei, arrossita.  «Giusto… Grazie per la conversazione, però! Ayumi farà tesoro di ciò che ha imparato!» sorrise soddisfatta. 

Rei: «Figurati, non ho detto niente di che. E poi…» le fece l'occhiolino. «In realtà, si suol dire che è sempre l'impegno quello che viene premiato di più! E, sicuramente, se questo Chat Noir vuole salvare la sua bella, tutto andrà sempre liscio non solo perché è determinato, ma anche perché chiaramente…» fece una breve pausa e addolcì lo sguardo. «La ama.» una volta esclamata questa frase, tutti i presenti, meno lui, arrossirono. «Il potere dell'amore non si deve mai sottovalutare.» diede un'occhiata fugace al bambino con gli occhiali. 

Genta: «Io ho con me il potere degli eroi che dicevi prima, non m'interessa altro!» annuì fiero di sé. «Allora ci vediamo!»

Ayumi: «Il potere dell'amore… Eheh!» sorrise. «Ayumi si ricorderà anche di questo! A domani!!» anche lei salutò tutti e andò via insieme a Genta. 

Conan: «Devi andare al Poirot, Amuro-san?» chiese preoccupato che potesse chiedere qualcosa ad Ai. 

Rei: «No, per oggi ho finito. Volevo proporre alla tua amichetta di accompagnarla a casa!» esclamò con il viso più rilassato che potesse esistere. «Che ne pensi?» si voltò verso di lei, che senza Genta era rimasta priva di scudi.

Ai: «?!» restò di sasso nel sentire quella proposta che, secondo lei, era anche di pessimo gusto. «Edogawa-kun mi aveva detto precedentemente che lo avrebbe fatto lui…» disse con un filo di voce mentre tirava il bambino a sé per un braccio.

Conan: «Ohi, Haibara!» esclamò lasciandosi trascinare. «Giusto! Buona serata, Amuro-san!» lo salutò con la mano. 

Rei: «Capisco… Grazie, buona serata a entrambi!» anche lui li salutò con la mano mentre sfoggiava un sorriso con una certa punta di sarcasmo. Una volta che i due bambini furono lontani dal raggio di visione del giovane uomo, questo si allontanò con cautela e ripensò alle parole di Ayumi.

Non conta quanto sei forte o quanto fai… l'importante è che lo fai col cuore e che ci metti tutto l'impegno del mondo solo per quell'unica persona che vuoi proteggere! Darebbe la sua vita per salvare Ladybug, ti pare poco eroico?

Rei: «Purtroppo no, a volte non è abbastanza…» si lasciò scappare un sorriso di quelli belli, puri e davvero sinceri, mentre guardava le stelle in cielo. «Grazie, Ayumi-chan. Forse è da quella volta che avrei voluto sentire queste parole che da oggi riescono ad accendere in me una piccola speranza.»

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Capitolo 5
*** Là dove sarebbe meglio fermarsi ***


Detto fatto, il giorno dopo, una volta sfamati gli animali, i Giovani Detective aspettarono l'arrivo di Kobayashi-sensei affinché potessero porle le domande di cui necessitavano al più presto una risposta. 
 
Kobayashi-sensei: «Fatemi pensare... Effettivamente, un bambino che si chiama così lo conosco!» osservò i bambini con entusiasmo perché finalmente poteva aiutarli. «È anche un anno più grande di voi.»
 
Genta: «È lui, non ci sono dubbi!» sbottò il bambino. 
 
Conan: «Cosa ci sa dire su di lui, sensei?» chiese il bambino con gli occhiali.
 
Ai: «L'abbiamo incontrato una sola volta, ma possiamo dire per certo che è un bambino con problemi gravi, essendo un bugiardo.» appuntò sbadigliando. 
 
Mitsuhiko: «Haibara-san ha ragione! Ci ha presi in giro!» esclamò il bambino con le lentiggini per sostenere la tesi dell'amica. 
 
Kobayashi-sensei: «Purtroppo è conosciuto anche per questo…» sospirò. «È un bambino molto aperto e giocherellone, mettiamola così!» disse con una goccia di sudore che le scendeva giù dalla guancia. 
 
Conan: «In che senso è conosciuto anche per questo?» continuò a chiedere. 
 
Kobayashi-sensei: «Ecco…» si guardò intorno per accettarsi che non ci fosse nessuno. «Quel piccolino ha una situazione familiare molto complicata… Ha un fratellino che ha dei problemi ed è stato in ospedale, ma adesso è a casa… tuttavia, non ha mai più messo piede fuori da essa a causa dei problemi di bullismo che ha subito.» li guardò dispiaciuta. 
 
Ai: «Quindi? I suoi genitori hanno occhi solo per il fratellino, lui si sente messo da parte e reagisce così?» chiese infastidita, come se fosse un problema comune tra i bambini, nonché banale. 
 
Kobayashi-sensei: «Non saprei… il fatto è che la madre soffre di depressione ed è stata ricoverata poco dopo che il fratellino è tornato a casa. Il padre…» rifletté a fondo. «Non si sa…»
 
Conan: «Come sarebbe a dire che non si sa?» esclamò sconcertato mentre stavano per cadergli gli occhiali a terra. 
 
Ayumi: «Poverino…» disse dispiaciuta. 
 
Kobayashi-sensei: «So che provvede per loro, ma non lo vedo praticamente mai. Quindi abbiamo pensato che la personalità arrogante e il modo di fare presuntuoso che ha, l'abbia sviluppato a causa di ciò che è successo al fratellino. Anche se non ne siamo certi…» si chinò appoggiando entrambe le mani sulle cosce. «Quindi, anche se a volte si comporta male, fategli capire che ha sbagliato, ma perdonatelo…!» chiese ai bambini con cortesia. 
 
Genta: «Se si scusa, posso anche pensare di perdonarlo! Ce l'ha con noi Giovanni Detective!!» strinse i pugni. 
 
Conan: «Suvvia, è pur sempre un bambino…» guardò Genta perplesso. 
 
Mitsuhiko: «Però è più grande di noi, dovrebbe essere il primo a fare un passo verso di noi!» insistette il bambino con le lentiggini. 
 
Ai: «Non importa quanto sei grande, dipende da chi sei. A volte nemmeno gli adulti riescono a scusarsi.» guardò entrambi i bambini. «Ciò però non toglie che è stato un gran maleducato e io non lo scuserò mai.» disse la bambina irritata. 
 
Conan: (Ohi, ohi… Meno male che lei è l'adulta che dovrebbe dare l'esempio…) pensò il bambino con gli occhiali facendo una risata nervosa. «Vengono aiutati dagli assistenti sociali?» chiese per curiosità. 
 
Kobayashi-sensei: «Purtroppo no, non sono segnalati come una famiglia che ne ha bisogno…» rispose dispiaciuta. 
 
Conan: «Capisco…» il bambino non aveva parole, ma la cosa lo riguardava relativamente. Decise di sorvolare e di ritornare alla questione che, invece, era davvero importante. «Sa nulla riguardo una sua fidanzatina?» 
 
Kobayashi-sensei: «Sì… in diverse situazioni ha detto ad altri bambini che lui aveva la sua Aoi-chan e che non desiderava altro. Forse è lei?» aggrottò le sopracciglia. «Ne parla in un modo assurdo…» 
 
Ayumi: «Dice che la proteggerà al costo della sua stessa vita?» chiese con gli occhioni luminosi. 
 
Kobayashi-sensei: «Ehm… magari! La ricopre di aggettivi strani, come… no, non lo posso dire, mi vergogno…» si coprì il viso con entrambe le mani. 
 
Conan: «Non importa, ci dica se l'ha mai vista, piuttosto!» chiese frettolosamente, vedendo che il tempo a loro disposizione stringeva. 
 
Kobayashi-sensei: «No, mai vista, nemmeno di sfuggita… Dice che è bionda e ha dei bellissimi occhi, ma non gli crede nessuno…!» disse tristemente. «Ditemi la verità, volete aiutarlo, è così?» sorrise orgogliosa. 
 
Genta: «Non ha capito che ci ha presi in giro e che ha anche detto delle cose spiacevoli ad Haibara?» la guardò stranito. 
 
Kobayashi-sensei: «Pensavo fosse una scusa…» si lasciò andare a uno sguardo semi-disperato. «Davvero non è così?»
 
Mitsuhiko: «È come ha detto Genta-kun… ma se possiamo fare qualcosa per lui, la faremo!» annuì. 
 
Ayumi: «Sempre se vorrà scusarsi, però! Ayumi è dispiaciuta per lui, ma le bugie non si dicono… e non ci si comporta come lui, o è il primo che diventa un bullo!» sbottò la bimba. 
 
Conan: «In realtà non ci riguarda, quindi preferirei passare…» concluse sfinito. «Tuttavia, faremo come ha detto Mitsuhiko.  E per il resto, mi pare di capire che anche lei ha qualche dubbio sull'esistenza della bambina in questione… quindi le posso dire per certo che l'abbiamo vista, dunque non si preoccupi! Almeno su questo, non ha mentito.»
 
Kobayashi-sensei: «N-No, non ne ho mai dubitato!» gesticolò. «Scusatemi, ma adesso devo scappare… ci vediamo in classe!» disse più rilassata mentre correva nell'aula docenti. 
 
Conan: «Bene, adesso non ci rimane altro da fare che parlarne con il diretto interessato.» si voltò verso gli altri che borbottavano. 
 
Genta: «Chissà che parola era quella che Kobayashi-sensei non ha voluto dire…»
 
Ayumi: «Ayumi non sa se vuole chiederlo, ma sa che vuole saperlo…!»
 
Mitsuhiko: «Speriamo che gli scappi parlando con noi!! In fondo dobbiamo saperne in più anche su di questa Aoi-chan!!»
 
Ai: «Andiamo in classe, coraggio. Sicuramente sarà una parola da pervertito.» sbadigliò nuovamente e si incamminò verso l’aula. 
 
Ayumi, Genta e Mitsuhiko: «Eeeeh?!» restarono perplessi nel sentire la parola pervertito che li incuriosiva ancora di più.
 
Conan: (Mi sa che ce l'ha ancora con lui… Haibara, dov'è finita la tua parte da adulta?) pensò tra sé e sé mentre si apprestava a tornare in classe.
 
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Durante la ricreazione, in bambini si riunirono davanti all’aula di Shadir.
 
Genta: «Riuscite a vederlo?» disse mentre spiava da una fessura della porta.
 
Mitsuhiko: «No… da questo punto non riesco a vedere nulla...»
 
Ayumi: «Nemmeno Ayumi...»
 
Conan: «Non è necessario che spiate, non stiamo cercando qualcuno che possa farci del male.» li guardò contrariato e aprì la porta della classe. «Eccolo lì.» lo indicò con un cenno del capo.
 
Shadir era attorniato da due bambini che guardava con aria di sfida.
 
Shadir: «Non mi fate paura!» sbottò il bambino.
 
Compagno: «Ma ti stiamo soltanto chiedendo di venire a pranzare con noi! Guarda, abbiamo anche unito i banchi!» disse uno dei compagni di classe.
 
Shadir: «Non ho tempo per queste cose, fatevene una ragione!» rise cercando di schernire il bambino che non aveva fatto niente di male.
 
Compagna: «Te l’avevo detto che con lui è del tutto inutile, lascialo perdere!» appoggiò una mano sulla spalla del compagno.
 
Shadir: «Non ti preoccupare, tanto ci penserà Aoi-chan! Ah ah ah!»
 
Compagno: «...sì, hai ragione tu… Comunque, se cambi idea, faccelo sapere, ti aspettiamo!» disse al bambino mentre si allontanava con la compagna.
 
Shadir: «Non ho bisogno di voi!» si sedette a mangiare da solo, sul suo banco.
 
La scena lasciò perplessi i Giovani Detective che avevano gli occhi ridotti a dei puntini neri, mentre Ai sbadigliava con una goccia di sudore sul viso.
 
Genta: «Meno male che non frequentiamo la stessa classe, o non so come avrei fatto a stargli accanto senza litigare!» sbottò il bambino tondo.
 
Conan: «Sarebbe stato impossibile, suvvia.» esclamò incredulo. «Andiamo da lui, sperando che non ci scacci senza dirci nulla.» si avvicinò al bambino. «Ciao, ti ricordi di noi?» chiese cercando di essere gentile.
 
Shadir: «Come potrei dimenticarmi, ti sembro scemo?» appuntò con un tono insolente.
 
Conan: (Ohi ohi, non era ciò che avrei voluto sentire…) cercò di tralasciare un’inutile discussione che avrebbe portato a un litigio. «Possiamo parlare?»
 
Shadir: «Ovviamente no!» risposte facendo un sorriso sghembo. «Visto come mi vogliono tutti? Siete venuti a vedere se stavo raccontando una bugia?»
 
Ai: «Più che altro, immagino che le maestre siano preoccupate per te e stiano cercando di farti coinvolgere dai tuoi compagni di classe affinché tu non te ne stia da solo. Non ti vuole nessuno, credo. E ancora non riesco a capire come ti voglia quella tua fidanzata, se così possiamo definirla.» disse senza fermarsi nemmeno un secondo.
 
Shadir: «Non è vero, sono popolare, è solo per questo! Tsk!» rispose con tono di rimprovero.
 
Mitsuhiko: «Comunque… Possiamo almeno farti compagnia, magari parlando decentemente?» cercò di appianare la discussione.
 
Shadir: «Uhuh… Ci state provando in tutti i modi, quindi vi accontenterò!» fece loro segno di prendere le sedie.
 
Ayumi: «Questo non possiamo farlo, appartengono già ai tuoi compagni di classe… Dove dovrebbero sedersi, se no?» disse la bambina che vedeva solo sedie occupate o che pian piano andavano a occuparsi dai bambini della classe.
 
Shadir: «Allora che volete?» li guardò malamente.
 
Conan: «Magari fare due chiacchiere! Sai com’è… la tua fidanzatina è così particolare! Non se ne vedono così in giro! Sai se è straniera?» andò dritto al sodo.
 
Shadir: «Cosa vuoi da Aoi-chan? Lei è soltanto mia!!» sbottò il bambino che sembrava seriamente arrabbiato.
 
Genta: «Oh, calmati! Ha fatto delle domande, se vuoi rispondi, se no ce ne andiamo!» lo guardò in malo modo.
 
Conan: «Genta, non aggiungere altro!» allungò una mano tra sé e il bambino in segno di placarsi. (Non avrei dovuto portarli con me…) lamentò dentro di sé. «Volevo dire, tu e la tua amica-»
 
Shadir: «Ragazza!» lo interruppe.
 
Conan: «… Tu e la tua ragazza sembrate essere fatti l’uno per l’altro! Quindi mi chiedevo quale fosse il segreto per condividere una relazione tanto emozionante!» esclamò il bambino enfatizzando sulla parola di cui era stato ripreso.
 
Ai: «Che schifo...» lo guardò con un’espressione quasi ributtante.
 
Conan: (Suvvia… Nessuno mi dà mai sostegno!!!) imprecò dentro di sé.
 
Ayumi: «Anche Ayumi la pensa come Conan-kun! Potresti risponderci, per favore?» guardò Shadir con un’espressione totalmente gentile che però lasciava rivelare un po' di gelosia per quello che aveva detto il bambino con gli occhiali. 
 
Shadir: «Oh… Beh… Che carina!» la guardò squadrandola dall’alto in basso.
 
Conan: «Potresti rispondere alla domanda che ti ho fatto?» cercò di riprendere il discorso che stava andando disperdendosi per la millesima volta. (Almeno Ayumi-chan mi è di qualche aiuto…)
 
Mitsuhiko: «Giusto! E poi, Aoi-chan non si arrabbierebbe a sentire una cosa del genere?» chiese il bambino un po’ titubante.
 
Shadir: «Vedi che non si potrebbe mai offendere. Lei non è carina… Lei è figa!» annuì compiaciuto.
 
I Giovani Detective restarono sconvolti e pensarono tutti che quella era, molto probabilmente, la parola che Kobayashi-sensei non voleva rivelare.
 
Ai: «Me ne torno in classe, ne ho abbastanza.» disse la bambina con un tono di rassegnazione. Fece quindi per andarsene. 
 
Ayumi: «Aspetta, Ai-chan!» la afferrò per un braccio. «Non è meglio se siamo tutti insieme?» la guardò con degli occhioni quasi supplichevoli. 
 
Ai: «Mah, non m'interessa per niente.» disse seguita da uno sbadiglio. «Se si muove, posso anche sacrificarmi per un altro po'.»
 
Ayumi: «Grazie!!» esclamò con gli occhi che le brillavano come delle stelle. 
 
Conan: «Allora… per la millesima volta… potresti rispondere alla domanda che ti ho fatto?» chiese Conan con una faccia bruttissima che lasciava intravedere la sua disperazione. 
 
Shadir: «Sì, io e Aoi-chan siamo una coppia perfetta. Cosa ti devo dire più di questo?» osservò attentamente Conan. 
 
Conan: «Non è che magari potresti dirmi come fate ad andare tanto d'accordo, come vi siete conosciuti… dove?» lo guardò serio come non mai. 
 
Shadir: «Andiamo d'accordo perché… beh… diciamo che siamo sulla stessa onda!» annuì soddisfatto. 
 
Mitsuhiko: «Si dice sulla stessa lunghezza d'onda…» appuntò per essere preciso. 
 
Shadir: «È quello che ho detto io! Le piace tutto quello che piace a me, non l'avrei mai pensato!» raccontò il bambino, quasi perplesso. 
 
Conan: «Ah.» esclamò tanto sconvolto quanto il bambino che rispondeva alla sua domanda. «Da quanto tempo vi conoscete? Dove vi siete incontrati?» continuò incessantemente. 
 
Shadir: «L'ho detto! Prima di conoscerci dal vivo, sapevamo già chi eravamo!» arrossì. 
 
Genta: «Vi siete conosciuti su internet? Anche se avrei giurato che non sapevi nemmeno scrivere!» lo guardò stranito.
 
Shadir: «Come ti permetti? Mica sono te!» balzò in piedi, totalmente nero di rabbia. 
 
Mitsuhiko: «Per favore, no! Genta-kun, anche tu!» cercò di dirgli di smetterla con lo sguardo. 
 
Genta: «Ma io…!!» lo guardò intensamente. (E questo come si permette di dire una cosa del genere giusto a me?!)
 
Ayumi: «Scusalo, Shadir-kun! Per favore…» gli chiese gentilmente la bambina. 
 
Shadir: «Mah. Va bene, dolcezza.» fece un sorriso sghembo. 
 
Conan: «Ehm… posso sapere dove l'hai conosciuta?» insistette. 
 
Ai: «Mpf…» non riuscì a trattenere una risata nel vedere quanto impegno ci mettevano tutti tranne Genta che veniva consigliato male dalla rabbia. 
 
Shadir: «Senti, mi hai seccato! L'ho vista dal vivo per strada, contento??» sbottò il bambino. 
 
Conan: «Certo, certo! Anzi, grazie mille!» annuì sorridendo ormai per inerzia. «Quindi prima di quel momento vi eravate davvero conosciuti in rete?» cercò di osare, già che era in ballo. 
 
Shadir: «No, ci eravamo conosciuti nei sogni… È quello che mi ha detto lei in modo così romantico che sembrava quasi una principessa! Anche se lei è una guerriera!» annuì orgoglioso. 
 
Genta: «Caso mai non poteva essere una principessa guerriera? Ce ne so--- mmgfdgjkk!!!» stavolta venne prontamente zittito da Mitsuhiko. 
 
Mitsuhiko: «Davvero, che bello!!» cercò di mascherare la frase che aveva detto Genta perché pensò che non si sapeva mai
 
Conan: (Capisco… Quindi era così…) rise soddisfatto. 
 
Ai: «Bene, il teatrino è finito, possiamo andare.» disse riconoscendo quello sguardo del bambino con gli occhiali, poi guardò Shadir. «Ricorda, anche se puoi pensare che non è il tuo caso, che ci sarà sempre qualcuno disposto a salvarti. E tu sei stato fortunato a incontrare questa bambina, quindi fanne tesoro. La vita… Può essere ingiusta, ma siamo tutti su una bilancia. Prima o poi l'ago penderà anche dal lato della felicità.» si fermò un attimo. «Bye bye.» tornò in classe. 
 
Ayumi: «Grazie per averci risposto! Magari qualche volta giochiamo a calcio o a nascondino insieme, se ti va! Ciao!!» sorrise. «Aspetta, Ai-chan!!» le corse dietro. 
 
Mitsuhiko: «Andiamo anche noi. Ci vediamo! E in bocca al lupo!» esclamò con un po' di speranza nel cuore nei confronti del bambino. 
 
Genta: «Uff… ciao, allora!» se ne andò seccato per essere stato zittito. 
 
Conan: «Questo è il mio contatto.» una volta accertatosi che erano andati tutti via, gli scrisse il suo numero di cellulare sul diario. «In caso ti andasse, fatti sentire! Ciao!» lo salutò e tornò in classe anche lui. 
 
Shadir: «…» non sapendo cosa rispondere, pieno di emozioni, per la prima volta dopo tanto tempo, il bambino rimase in silenzio a fissare il numero che Conan gli aveva lasciato sul diario. 
 
Una volta tornati in classe, i bambini e Ai guardarono Conan aspettando una spiegazione logica di ciò che aveva capito. 
 
Conan: «È come sospettavo. Adesso non rimane altro da fare che pedinarlo, aspettare che si veda con lei… e il gioco è fatto.» bisbigliò queste parole più a se stesso che agli altri mentre le lenti dei suoi occhiali diventarono opache. «Quella bambina… è qualcosa, ma bisogna capire cosa.»
 

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Capitolo 6
*** Prepararsi al peggio ***


Alla fine delle lezioni, Conan e Co. provarono a pedinare il bambino, nella speranza che si vedesse con Aoi-chan.
 
Ayumi: «Conan-kun, non ci hai ancora detto come mai pensi che Aoi-chan sia qualcosa!» esclamò la bambina parlando a bassa voce, temendo che Shadir potesse sentirla.
 
Conan: «È semplice, ma non è questo il momento di parlarne. Momentaneamente concentriamoci solo a capire meglio cosa faranno.» le rispose anche lui con un tono bassissimo.
 
Ai: «Parli come se tutto ciò che esce dalla tua bocca avesse un senso, come se tutti i pezzi del puzzle combaciassero. Ma lo fanno solo per te, perché noi brancoliamo ancora nel buio.» aggiunse la bambina con un tono di voce irritato.
 
Conan: «Mi sorprende che parli così giusto tu… che a quanto ho capito, stai nascondendo qualcosa, o più di una.» ribatté il bambino con gli occhiali.
 
Mitsuhiko: «Eh? Perché Haibara-san dovrebbe nasconderci qualcosa?» la guardò interrogativamente.
 
Ai: «Edogawa-kun, cosa vai a pensare?» rispose con tranquillità. «È come ha detto Tsuburaya-kun, perché dovrei nascondervi qualcosa? Sbaglio o il detective sei tu?»
 
Genta: «Vedi che lo siamo tutti quanti!» inveì contro di lei.
 
Conan: «Sshhh!!!» gli tappò la bocca. «Non discutiamo tra di noi, o almeno, non adesso!» diede un’occhiataccia ad Ai e tornò a osservare Shadir che svoltava l’angolo. «Andiamo, non perdiamo tempo!» camminò affrettando il passo, seguito da tutti.
 
Ayumi: «Oh…!» si fermò all’improvviso. «Questa… forse è casa sua!» indicò un condominio.
 
Mitsuhiko: «Quindi è tornato a casa… e basta?» si voltò verso Conan.
 
Conan: «Strano… avrei dato per scontato che si sarebbero visti.» osservò il condominio che sembrava uno di quelli in nuovo stile, abbastanza sofisticati. «Lui non si vede da nessuna parte… quindi sì, sarà rientrato.» diede un'occhiata intorno al posto per vedere se si riuscivano a distinguere le impronte delle sue scarpe, ma purtroppo era impossibile. 
 
Genta: «Qua non c'è nulla… E ora come facciamo a trovarlo?» chiese per esserne certo. 
 
Mitsuhiko: «Non conosciamo nemmeno il suo cognome… Asp--- Conan-kun!!» esclamò il bambino con le lentiggini.
 
L'aveva fatto perché aveva visto Conan avvicinarsi al citofono e, di conseguenza, stare quanto più poteva sulle punte delle dita per provare a leggere i cognomi listati. Ayumi lo seguì prontamente. 
 
Conan: «Niente, sono troppi. Dobbiamo chiedere nuovamente a Kobayashi-sensei di aiutarci e dircelo al più presto possibile.» si voltò a guardare i Giovani Detective, ma all'improvviso raggelò. 
 
Aoi: «Se fossi al vostro posto, non farei nulla.» disse la bambina freddamente. 
 
Conan: (Da quanto tempo era lì? Perché non ha detto nessuna parola? Ci stava spiando per sapere cosa stavamo facendo qui davanti?) pensò incredulo. 
 
Genta: «Ciao! Senti, già che sei qui, ci dici dove dobbiamo suonare per parlare col tuo fidanzato?» disse quasi scocciato. 
 
Ai: «Sta scherzando, stavamo andando via.» esclamò mentre si parava davanti ad Ayumi. 
 
Aoi: «Scherzare, eh?» fece un ghigno. «Facciamo che ve ne andate e io non ho visto niente?»
 
Mitsuhiko: «Non stavamo facendo niente di male in ogni caso…» guardò Conan con la coda dell'occhio. 
 
Conan: «A dire il vero è come ha detto Mitsuhiko! Non abbiamo niente da nascondere, quindi fai pure ciò che vuoi. Noi stavamo andando via!» esclamò con la voce più simile a quella di un moccioso che poteva emettere. «Guarda!» le mostrò il cellulare. «Mi hanno anche chiamato da casa, quindi…» disse il bambino mentre teneva lo smartphone verso di lei, ma poi lo sentì vibrare davvero e lo voltò verso di sé. (È Ran…!!) pensò mentre rifiutava la chiamata. «È stato un piacere, ci si vede!» guardò tutti i presenti. «Andiamo?»
 
Ai: «…» cercò di restare tranquilla, ma c'era qualcosa in quella bambina che le incuteva timore, anche se non riusciva a capire cosa. «Addio.» disse con la voce bassa ma con un tono secco. 
 
Ayumi: «Ciao Aoi-chan!» la salutò con la mano e raggiunse l'amica. 
 
Aoi: «Lo specifico: per voi sono solo Aoi-san. Sempre se lo preferite.» li guardò con lo sguardo serio. 
 
Mitsuhiko: «Nessun problema, figurati! Io sono Tsuburaya Mitsuhiko, comunque! Piacere!» le tese la mano che la bimba bionda non strinse. 
 
Genta: «Lasciamo perdere e andiamo via!» sbottò arrabbiato. 
 
Conan: «Aspettate! Magari vuole essere chiamata per cognome, mi sembra un buon compromesso, no?» esclamò tranquillo. 
 
Aoi: «Ecco, mi sembra ottimale. Però aggiungete sempre il suffisso corretto.» precisò. 
 
Conan: «Ovviamente!» annuì sorridendo. (Ecco, brava! Dammi qualche indizio su di te!!) pensò mentre bramava con tutto se stesso quel singolo istante. 
 
Aoi: «Bene. Il mio cognome è Gyoku.» guardò Conan intensamente, come a dirgli qualcosa. 
 
Conan: «OK, Gyoku-san! Buon proseguimento!!» la salutò nuovamente. (Questo cognome è sicuramente falso… devo capire perché… e anche perché mi ha guardato in quel modo.) pensò, mentre il cellulare continuava a squillare fino a fermarsi di nuovo. 
 
Ayumi: «Conan-kun, che ne dici se torniamo davvero a casa?» lo guardò preoccupata. 
 
Conan: «Certo che sì! Tanto adesso non c'è più nulla da investigare!» la guardò e notò che tutti lo stavano guardando male. «Ohi, ragazzi… che c'è?» chiese quasi spaventato dalle loro facce da funerale. 
 
Mitsuhiko: «Ci chiedi cosa c'è, ma in realtà sei tu che ci stai tenendo all'oscuro di qualcosa!» sbottò il bambino con le lentiggini. 
 
Genta: «È a causa di quel cognome, vero?» lo guardò come a dirgli che era palese che fosse così. 
 
Ai: «Non è che non sappiamo che genere di facce fai e quali sono le apposite traduzioni automatiche da impostare.» lo guardò storto. 
 
Conan: «Non è come pensate…!» in realtà non sapeva cosa rispondere per discolparsi, ma poi arrivò la sua manna. «Ah! Ecco, un attimo!!» rispose alla ventesima telefonata di Ran. «P-Pronto?» disse con un filo di voce. 
 
Ran: «Finalmente!! Si può sapere che fine hai fatto?!» urlò più preoccupata che altro. 
 
Conan: «Sbaglio o ti avevo detto che oggi restavo a giocare con i ragazzi?» pensò di filarsela, ma i Giovani Detective non lo lasciarono scappare. (Ohi Ohi…) 
 
Ran: «No, non mi hai detto niente!» sbottò. «Me l'ha detto gentilmente Amuro-san!!»
 
Conan: «Aaaah!! Giusto! Amuro-san! L'avevo dimenticato del tutto!!! Bravissima, Ran!» esclamò. «… nee-chan!» aggiunse con la voce da moccioso. 
 
Ran: «Uffa…» sbuffò. «L'ho invitato a restare a cena, ma ha da fare. Quindi se devi parlargli, sbrigati a tornare, d'accordo? Ti aspettiamo.» disse con un tono più dolce del solito, prima di riattaccare la chiamata. 
 
Conan: (Caspita, si è arrabbiata…) 
 
Mitsuhiko: «A tal proposito, stavo giusto per nominarlo… Amuro-san, intendo!» guardò Conan. «Cosa dobbiamo fare?»
 
Conan: «Al momento niente. Domani vi spiego meglio.» aggiunse con tono serio. 
 
Ai: «Come volevi fare prima?» lo guardò sbigottita.
 
Conan: «No, davvero… mi serve il vostro aiuto, quindi domattina ne parliamo.» annuì. 
 
Genta: «Non so perché, ma non ne sono sicuro…» disse incerto. 
 
Ayumi: «Ayumi vuole fidarsi di Conan-kun, quindi aspetterà domani!» arrossì leggermente. 
 
Mitsuhiko: «Vale lo stesso anche per me! Mi fido sempre di te, Conan-kun!» sorrise. 
 
Genta: «E va bene… ma appena non ci dici di nuovo nulla, te la vedrai con me!» disse con tono minaccioso. 
 
Conan: «Grazie, ragazzi.» sorrise. 
 
Ai: «Io non mi sono mai fidata e non lo farò adesso.» rise sadicamente. «Allora a domani!» li salutò con una mano. 
 
Conan: «Sempre gentile tu… sì.» sospirò consapevole. «A domani!»
 
I bambini si salutarono e si diressero verso casa loro. Così, anche Conan raggiunse l'agenzia investigativa. Non era molto sicuro di sopravvivere, ma non poteva non entrare. 
 
Conan: «Sono tornato…» esclamò aprendo la porta di casa, ma non vide nessuno ad accoglierlo. «Ehm…» provò ad alzare la voce. «Sono tornato!!» appoggiò la cartella vicino a sé. «Ra---» cercò di urlare il nome della sua amata, ma vide apparire Rei davanti a lui. 
 
Rei: «Bentornato!» sorrise come al solito. «Tutto bene?» chiese retoricamente vedendo che il colore del viso del bambino era blu.
 
Conan: «Ah… sì! Grazie. Ran nee-chan dov'è?» chiese restando leggermente in allerta. 
 
Rei: «Sarebbe un segreto, ma…» si chinò vicino a lui e bisbigliò. «Eri troppo spaventato e non lo senti, ma ha detto di aver preparato il tuo dolce preferito, quindi lo sta nascondendo, dato che momentaneamente non lo meriti.» gli fece l'occhiolino. 
 
Conan: «Coooosa?!» lo guardò perplesso, poi cominciò ad annusare intorno a lui. «Hai ragione…» chiuse leggermente gli occhi. (Crostata di limoni…) 
 
Rei: «Dato che era troppo contenta, ho deciso di cambiare idea e di restare qui a cena! Non mi sarebbe piaciuto deludere le sue aspettative.» si sedette sul divano e accavallò le gambe. 
 
Conan: «Non ti credo, hai qualcosa in mente. Non è da te cambiare i tuoi piani in modo tanto repentino.» assottigliò lo sguardo come per scrutarlo, ma inutilmente. 
 
Rei: «Mpf…» scoppiò in una fragorosa risata.
 
Conan: «Ohi… Mi stai prendendo in giro?» lo guardò perplesso. (Cosa…) 
 
Ran: «Scusa l'attesa, Conan-kun!» finalmente, Ran uscì fuori dalla cucina. «Bentornato!» sorrise radiosamente. 
 
Conan: «Grazie, Ran nee-chan!» le sorrise di rimando. (Questo sorriso… bellissimo… è tutto per me!) si sentì irradiato dall'amica d'infanzia. 
 
Ran: «Non vedevo l'ora che tornassi!!» gli disse, sempre più felice. 
 
Conan: «D-Davvero?» disse un po' titubante. (Ohi ohi, qui è successo qualcosa…) gli diventarono gli occhiali opachi. 
 
Ran: «C'è una novità!» spostò lo sguardo su Rei che, non lo dava a vedere, ma dentro di sé era sia impaziente che morto dal ridere. 
 
Conan: «Amuro nii-chan mi ha detto che ha cambiato idea e che rimane a cena…! Era questo?» cominciò ad accennare qualche tic nervoso. 
 
Ran: «Giusto! Sono felicissima che abbia cambiato idea!! Tuttavia, c'è qualcun altro che ci farà compagnia stasera!» si voltò verso la cucina. 
 
Conan: (Non mi dire…) gli scese una goccia di sudore sulla guancia. 
 
Sonoko: «Da-Daaaan!! Ecco qui Sonoko-sama, la Regina delle Deduzioni!» uscì dalla stanza in modo molto teatrale, con le braccia spalancate.
 
Conan: (Ah… meno male, è solo Sonoko… pensavo ci fosse Sera…) si asciugò il sudore. «Che bella sorpresa, Sonoko nee-chan.» esclamò con una faccia che esprimeva tutto tranne che felicità. 
 
Sonoko: «Ma guardalo! Sempre il solito ficcanaso che rovina qualsiasi cosa!!» gli tirò le guance.
 
Conan: (Come se non bastassi tu a rovinare di per te tutto quello che dici e che fai.) pensò, allontanandosi da lei e accarezzandosi le guance. 
 
…: «Oh! Vedi che ci sono anche io!!» uscì dalla stanza anche lei, ma si recò al più presto possibile ad abbracciare il bambino. «Mi sei mancato così tanto!!»
 
Conan: «Cos--?!» travolto dagli eventi, non riuscì a dire nemmeno una parola. (Nooo… la mia paura è diventata realtà… Sera è qui.) la guardò, ormai consapevole. 
 
Masumi: «Ahahah, questo bambino ha sempre un sacco di entusiasmo con sé!» sorrise soddisfatta. 
 
Conan: (Entusiasmo, eh?) la guardò contrariato. 
 
Ran: «Ti starai mica chiedendo cosa ci facciamo tutte e tre insieme?» annuì felice. 
 
Conan: «Sì, esatto!» sorrise per il nervosismo. (Come se non avessi capito che avete cucinato qualcosa… Ma anche Sera?!?) restò perplesso dentro di sé. 
 
Sonoko: «Macché? È capace di aver già capito tutto quello che abbiamo fatto non appena è arrivato al Poirot!» lo guardò seccata. «Non potrai mai fargli una sorpresa, Ran!»
 
Conan: (Ma sentila!) la guardò contrariato. 
 
Ran: «Non è così! Anche Conan-kun può essere stupito da qualcosa!» annuì gravemente. 
 
Masumi: «Effettivamente… per dirne una, è tipo, rimasto traumatizzato dalla mia visione!» scoppiò a ridere. 
 
Conan: «Più che altro, non ti capita molto spesso di passare da qui, no?» cercò di deviare l'argomento. 
 
Masumi: «Come no?» rise. «In ogni caso, mi ci hanno trascinata a causa di… un caso!» aveva le stelle negli occhi. 
 
Ran: «Esattamente! E sicuramente interesserà anche a te, Conan-kun!» volse lo sguardo su Sonoko. 
 
Sonoko: «Giusto! Giusto!» lo indicò. «È arrivato un nuovo biglietto di sfida da Kid-sama!!» esclamò trionfale.

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Capitolo 7
*** Eyes ***


 

Una notizia aveva appena sconvolto gli animi dei ragazzi lì presenti, quello di uno in particolare… anche se esteriormente non era un ragazzo vero e proprio.

Conan: «Davvero?» il bambino strabuzzò gli occhi. «Eppure, pensavo che in caso mi avrebbe avvisato tuo zio in persona...» prese lo smartphone per controllare le ultime notizie. «Infatti, qui non c’è niente…?» continuò a scorrerle tutte fino ad arrivare al giorno precedente.

Sonoko: «Uh-uh-uh! È normale che non ci sia nulla, perché stavolta non è lo zio che è stato preso di mira, ma un suo vecchio amico!» incrociò le braccia sul petto.

Conan: «Amico?» la guardò come a chiedersi chi fosse.

Masumi: «Mica puoi conoscere tutto di tutti, no?» gli fece l’occhiolino. «Anche se ormai sappiamo che genere di persona sei.» la sua espressione diventò più decisa.
 
Conan: «Non volevo affatto dire quello…!» agitò le mani. «Più che altro, non so come saperne di più, tutto qui!» rivolse lo sguardo verso Sonoko. (Quindi perché mi tieni sulle spine??) pensò imprecando dentro di sé.

Ran: «Ma certo, certo!» guardò il bambino che era chiaramente impaziente. «Conan-kun, che ne dici se vai a lavarti le mani e a cambiarti? Così ceniamo. Papà è fuori per un nuovo caso di... animali scomparsi...» aggiunse con una goccia di sudore sulla guancia.
 
Rei: «Davvero? Non aveva detto che non ne avrebbe accettati più?» le chiese il giovane ripensando alle mille lamentele di Kogoro.

Ran: «Sì, lo dice sempre… Tuttavia, come dire… è meglio non rinunciare mai a niente!» annuì convinta delle sue parole.

Conan: (E certo, non è che non sai quanti soldi spreca lo zietto…) fissò Rei per un attimo e poi volse nuovamente lo sguardo verso Ran. «D’accordo, vado subito!» corse nella sua stanza.

Tutte e tre le ragazze scoppiarono a ridere.

Ran: «Povero Conan-kun, sapesse che glielo stiamo facendo apposta...» bisbigliò agli altri.

Sonoko: «Lascia perdere, te l’ho detto! E comunque, se lo merita… deve guadagnarsi i suoi premi, come un bravo bambino!» annuì soddisfatta.

Masumi: «Già, come un bravissimo bambino, sono d’accordo~» lanciò un’occhiata a Rei. (È lui… non ho dubbi… anche se quella persona aveva un cappuccio in testa…)

Rei: «Mh? Qualcosa non va?» guardò Masumi e le sorrise gentilmente.

Masumi: «No, niente di diverso dal solito, figurati!» ricambiò il sorriso e sostenne il suo sguardo come a intimargli Io non mi sbaglio.

Intanto, Conan, che era andato nella sua stanza, cercò di fare del suo meglio per sbrigarsi al più presto. Il suo problema maggiore, probabilmente, era la testa che gli stava scoppiando per le troppe informazioni che aveva ricevuto e che non riusciva ancora a incastrare correttamente nel puzzle.

Conan: (Dunque… Kaito Kid vuole rubare qualcosa, possibilmente, un gioiello. E questo appartiene a un amico dello zio di Sonoko. Fin qui ci siamo. Devo assolutamente capire che cosa---) si trattò di un unico istante, poi ripensò alle parole di Ran.

Papà è fuori per un nuovo caso di animali scomparsi…

Conan: (Aveva detto questo…! Avevo abbassato la guardia e non ci avevo fatto caso, però… Se si trattasse di gatti, allora---!) si infilò di corsa la maglietta e andò a lavarsi le mani, poi tornò in soggiorno. «Eccomi tornato!!» guardò Sonoko bramando una spiegazione.

Ran: «Eccoti qui! Bene, prendi posto, Conan-kun.» lo guardò e notò che aveva la maglietta messa al contrario, quindi accennò una risata, ma non gli disse nulla.

Rei: «Ran-san, se me lo permetti, per stasera vi servo io.» indicò le portate.

Ran: «No, no, non potrei mai! Siediti pure, Amuro-san! Faccio da sola!» esclamò la ragazza che era sempre stata una persona servizievole e amabile.

Rei: «Insisto.» ribatté il giovane.

Sonoko: «E dai, Ran! Che ti costa? Mica ti capita tutti i giorni!» squadrò attentamente Rei com’è brava a fare di solito con gli uomini.

Ran: «Però...»

Masumi: «OK è deciso! Per stasera lascia fare a me e a quest’uomo qui, Amuro-san! In fondo, potrei essere facilmente scambiabile per un cameriere se indossassi un grembiule adatto, no?» fece un inchino e tutti, tranne Conan, si misero a ridere.

Il bambino, intanto, aveva preso posto e sperava che questa discussione potesse terminare al più presto possibile. Non aveva ancora guadagnato nessuna nuova informazione e la cosa lo stava quasi per mandare in bestia.

Conan: «Sto davvero morendo di fame!» esclamò senza sapere più come poter accelerare i tempi. «Posso darvi una mano anche io, se preferite!»

Masumi: «Pensi che faremmo sgobbare un bambino, eh?» accennò una risata. «Ma essendo un bambino speciale, forse potremmo accettarti tra di noi! Che ne dici, Amuro-san?»

Rei: «Meglio di no, siamo pochi e già in due facciamo in un attimo.» si diresse verso la cucina a prendere le diverse portate.

Masumi: «Aah~ Si è salvato, è sempre fortunato!» disse con tono scherzoso e seguì Rei.

Sonoko: «Sembra quasi che ci sia una guerra in corso… Hai la stessa sensazione anche tu?» guardò Ran.

Ran: «No, credo sia solo un’impressione!» si sedette. «Adesso mi sento un po’ a disagio…!» arrossì.

Rei: «Non devi!» di ritorno con Masumi, poggiarono a tavola le portate. «Ci siamo proposti noi.»

Ran: «Grazie mille a entrambi!» sorrise imbarazzata. «Ma ricambierò in futuro!»

Masumi: «Non serve, basta fare la preziosa!» le fece l’occhiolino.

Conan: (Guardali, come fanno i carini con lei… Certo che se Sera non fosse una donna, non saprei come fare a non farla avvicinare a Ran…!! Ma che vado a pensare?!) scosse la testa mentre il viso gli diventava leggermente rosso. 

Sonoko: «Buon appetito!» guardò Conan. «Che ti prende, moccioso? Non ti piace qualcosa? Eppure non c'è niente di particolare.»

Conan: «Niente, pensavo a un compagno di scuola.» distolse lo sguardo. «Buon appetito!» cominciò a mangiare la zuppa, in attesa che tornassero a discutere del caso. 

Nel frattempo, tutti quanti cominciarono a mangiare la cena. Essa consisteva in delle portate che componevano una cena giapponese tradizionale: come primo una ciotola di riso, zuppa di miso e udon; per secondo, del pesce alla griglia insieme a un contorno di verdure.

Accorgendosi di quanto il bambino sembrasse in allerta, Ran si decise e prese la parola. 

Ran: «Bene, bene… Già che ci siamo, allora, perché non parliamo più dettagliatamente di Kaito Kid?» volse lo sguardo su Sonoko. 

Sonoko: «Certo! In fondo, se potessi, parlerei per ore di lui!» arrossì. «Allora, partendo dalla prima impressione che ho avuto, è come se Kid-sama fosse Peter Pan e io Wendy! È un gentiluomo, sempre sotto i riflettori, pronto a rischiare tutto per intrattenere il suo pubblico… Nessuno l'ha mai visto distintamente in volto, ma sembra davvero un uomo così raffinato e sexy… Quell'abito bianco è ciò che lo contraddistingue di più, insieme al suo cilindro. Solitamente ciò che ruba viene in seguito resti---»

Masumi: «Aspetta, queste sono le tue impressioni insieme a un ulteriore presentazione fisica che conosciamo anche noi… Vai al sodo!» la interruppe la ragazza onde evitare che non finisse più di parlare.

Ran: «Senza contare che è un vizio che non ti togli mai… Kyogoku-san non sarà tanto contento di sapere delle cose del genere.» la guardò di sottecchi. 

Sonoko: «Ah, ma non ti preoccupare, Makoto-san sa quanto lo adoro!» sollevò entrambe le braccia e congiunse le mani portandole adiacenti alla guancia sinistra. «Non vedo l'ora di rivederlo, il mio Makoto-san!!!» esclamò pimpante. 

Rei: «Parli così perché sai che verrà a trovarti a breve?» chiese immaginando che la risposta sarebbe stata positiva. 

Sonoko: «Esatto! Come ci si può aspettare da Amuro-san!» annuì. «Verrà esattamente dopodomani!»

Conan: «È qualche ricorrenza particolare?» disse mentre continuava a mangiare. 

Sonoko: «Sì! È la sera in cui verrà Kid-sama!!» tutti i presenti riuscivano a vedere dei cuori volanti che venivano emanati da lei.

Conan: «Però non hai ancora detto niente a riguardo.» la guardò scettico. 

Sonoko: «Hai troppa fretta! Ci arriviamo con calma!!» esclamò con tranquillità.

Masumi: «Diciamo che in questo caso sono d'accordo con Conan-kun, o si fa troppo tardi.» fece un sorriso a trentadue denti. «Anche io sto morendo dalla voglia di sapere!»

Rei: «A dire il vero, penso che lo siamo un po' tutti.» disse guardando Sonoko, ma poi volse lo sguardo su Ran. «Tutto ciò che hai cucinato è davvero delizioso!»

Masumi: «Ah! Anche secondo me, Ran-kun!» annuì mentre finiva di mangiare il riso. 

Conan: «Ran nee-chan è una cuoca provetta! Ormai è da anni che cucina lei, praticamente da sempre… migliora di giorno in giorno!» annuì orgoglioso con un chicco di riso sulla guancia. 

Sonoko: «Concordo! Shinichi-kun è davvero fortunato! Ma lo sarebbe stato chiunque con Ran!» arrossì. «La vedo già con il grembiulino che accoglie quello scapestrato che torna a casa e gli dice "Bentornato, tesoro! Chuuuu".» imitò le gestualità di una persona che ne baciava un'altra. 

Ran: «Sonoko… Non mi pare il caso…» le diede una leggera gomitata e poi pulì il viso di Conan. «Grazie a tutti! Io faccio soltanto del mio meglio!» sorrise imbarazzata. 

Rei: «Io, però, penso di concordare con Sonoko-san. Quindi abbiamo fatto benissimo ad aiutarti noi con le portate.» concluse con un sorriso. 

Masumi: «Vero! Ma comunque…» volse lo sguardo su Conan. «Hai detto che è da anni che cucina Ran-kun, non ricordavo vi conosceste da così tanto tempo.» esclamò con entusiasmo. 

Conan: (Merda…! Che giornata sfortunata… non me va bene una!!) la guardò. «Dato che quando non mangiamo fuori cucina lei, me ne accorgo! Sai come sono fatto, no?» fece una risata nervosa. 

Sonoko: «Ma sai che a volte ho anch'io l'impressione che questo moccioso sia qui da sempre?» guardò Masumi perplessa. 

Ran: «Converrete con me che ne è passato di tempo!» disse molto casualmente.

Rei: «Scusa, Sonoko-san, potresti continuare a raccontare del caso di Kaito Kid?» le chiese gentilmente. «È vero che potrebbe farsi molto tardi, lo dico più che altro per voi.»

Masumi: «Heeeh…» rise puntando Conan.

Sonoko: «Oddio, è vero… Come ha fatto ad aprirsi questa enorme parentesi?!» esclamò perplessa. 

Conan: (Come?! Semplice, parli sempre a sproposito.) la guardò seccato, quasi esaurito. 

Sonoko: «Dicevamo… Zio Jirokichi mi ha detto che questo suo amico ha dei gioielli molto preziosi, tra i quali, degli splendidi zaffiri che sono incastonati in una statua.» cominciò a narrare mentre tutti erano attenti e ascoltavano meticolosamente ogni singola parola. «Potreste pensare che sono pur sempre zaffiri e ce ne sono tanti… Ma la particolarità sta proprio in questo! A quanto pare, lo zaffiro è blu - come tutti gli altri - tuuuuttavia! Se lo si guarda con attenzione, al suo interno scaturisce una luce particolare che varia durante i vari momenti della giornata. Cambia anche se la luce è naturale o artificiale!»

Rei: «Interessante, davvero… Siamo sicuri che si tratti di uno zaffiro?» chiese con interesse.

Sonoko: «Sì! Anche se quella luce che dicevo, varia da un colore rosso a uno rosa… Quindi la sua particolarità sta proprio in questo!» li guardò tutti entusiasta. 

Conan: «Sbaglio o una pietra non potrebbe mai avere delle particolarità simili? Deve esserci qualche inganno…» cominciò a riflettere. 

Masumi: «Magari sono come te, Non c'è trucco e non c'è inganno~» continuò a punzecchiarlo. «Sicuramente c'è qualcosa dietro, ha ragione Conan-kun!»

Conan: (Sapevo che era meglio che se ne stesse a casa…) la guardò storto. 

Ran: «Però… È strano che tuo zio non abbia voluto acquistarlo, no?» 

Sonoko: «Già, ma il fatto è che non ha potuto.» fece spallucce. «A quanto pare, questo zaffiro è incastonato negli occhi di una statua che possiede questo signore e non c'è modo che se ne voglia liberare.»

Rei: «È la statua della defunta moglie o qualcosa del genere?»

Sonoko: «Naah, macché! È un'enorme statua di un gatto nero!» assunse un'espressione accigliata.

Conan: «UN GATTO NERO?!» urlò mentre balzava in piedi.

Ran: «Conan-kun…? Tutto bene?» lo guardò preoccupata. 

Conan: «Aah… sì! Certo! Benissimo…!» volse lo sguardo su Sonoko. «Non sai altro?»

Sonoko: «Beh, no… O almeno, non sulla statua! L'uomo in questione terrà un ballo in maschera alla sua villa super lussuosa proprio dopodomani sera e siamo invitate!» guardò Ran felicissima. «Io ci vado, appunto, con Makoto-san! Quindi se riesci a rintracciare quell’irresponsabile di marito che ti ritrovi, puoi venirci con lui!!» le strinse le mani. 

Ran: «Ehm… non credo che potrà esserci…» guardò Conan cercando di controllare lo sguardo che lentamente andava rattristandosi. «No, vero?»

Conan: «Non lo so… giusto io, poi!» alzò le mani in segno di resa. «Devi chiederlo a Shinichi nii-chan!» restò pietrificato. (Ma possibilmente non adesso…! E sarebbe anche meglio non parlare di me davanti a questi curiosoni…!) 

Sonoko: «È vero! Mandagli subito un messaggio!!» cercò di affrettare l'amica. 

Conan: (Nooo! Fatti gli affari tuoi, pettegola!!) imprecò dentro di sé.

Ran: «Ma sì, poi vediamo.» arrossì ancora di più. «Però, Sonoko… È un ballo, dove prendo l'abito adatto?» la guardò preoccupata. 

Sonoko: «Domani andiamo a fare spese, non ci sono problemi!» le diede una pacca. 

Ran: «Il problema non è andare a fare spese, lo sai!!» rispose a tono. 

Masumi: «Io sono invitato?» le guardò incuriosita. 

Sonoko: «So che posso invitare chi voglio, senza alcun limite! Quindi, se volete, potete venire tutti.» guardò tutti i presenti con l'aria da ragazza di buona famiglia. «Ovviamente anche il moccioso! Lui è scontato.» lo guardò male. 

Conan: «Non potrei mai mancare!» guardò Ran e poi sospirò. (Bisogna vedere in che forma… dubito che Haibara mi concederà anche solo una di quelle pillole…) 

Masumi: «Peeerfetto! Allora domani vengo anche io a comprare un abito adatto per l'occasione! È deciso, vengo con voi!» guardò Rei. «E tu?»

Rei: «Purtroppo dopodomani ho un impegno… mi sarebbe piaciuto davvero tanto poter partecipare…» le guardò dispiaciuto. 

Ran: «Che peccato… Ma sarà per la prossima volta!» esclamò cercando di sollevarlo.

Sonoko: «Mannaggia, è vero… Davvero un peccato…» sospirò. «Ah, ma… Sera-chan… hai detto che vuoi comprarti… un ABITO adatto?!?!» si alzò in piedi scioccata. 

Masumi: «Sì, un bel completo con la cravatta, magari!» si appoggiò una mano sul mento. 

Sonoko: «Aaah, ecco… dicevo io! Non ti riuscivo nemmeno a immaginare con un abito lungo, tanto sei piatta!» esclamò con nonchalance.

Masumi: «Sarebbe stato impossibile per me!» scoppiò a ridere. «Ma un giorno vedrai!»

Ran: «Io credo che sarebbe comunque bello vederti vestita con un abito da sera, femminile però!»

Masumi: «Non al momento~ Ma dimmi, Ran-kun. In caso Kudo Shinichi-kun deciderà di non venire, che ne dici di farmi da dama? È così che ci si comporta tra invitati quando si parla di balli, no?» fece un inchino davanti alla giovane.

Ran: «A dire il vero… non saprei. Ma in caso, va benone. Grazie, Sera-chan!» sorrise felice.

Sonoko: «Non per rompervi le uova nel paniere, ma spero che per una volta quello lì si faccia vedere. È dai giorni della gita che è scomparso di nuovo!» lamentò la ragazza.

Conan: (Come se dipendesse da me. Ringrazia l’Organizzazione!) sospirò.

Ran: «Vi farò sapere più tardi! Intanto… È arrivato il momento di rivelare a Conan-kun ciò che gli stavamo nascondendo!» lo guardò impaziente.

Conan: «Aaah… Cosa?» la guardò anche lui. (La crostata, ecco cosa…)

Sonoko: «Abbiamo pensato di preparare delle buonissime cose per i nostri mariti! Makoto-san sarà sicuramente felicissimo!» esclamò convinta delle sue capacità.

Conan: «Davvero? Che bello!» cercò di fare del suo meglio per imitare una persona entusiasta.

Masumi: «Non mi sembri tanto estraneo al fatto, ma in questo caso non te ne faccio una colpa… C’è fin troppo profumo in casa!» gli arruffò i capelli.

Ran: «Vado a prendere ciò che ho preparato!» si affrettò ad andare in cucina e prese con sé un piatto con su una crostata di limoni, portandolo successivamente dagli altri. «Ta-daan!» la appoggiò sul tavolo. «Prima l’ho tagliata, servitevi pure!»

Rei: «Grazie mille! Sembra davvero deliziosa.» ne prese una fetta.

Sonoko: «Non posso dimenticare le vicende legate a questa torta e a Shinichi-kun...» ne prese una fetta anche lei.

Masumi e Rei: «Quali vicende?» la guardarono.

Sonoko: «Ecco, in passato c’era---»

Ran: «Momentaneamente lasciamo perdere, davvero! Non mi piace parlare di certi episodi...» la interruppe.

Conan: «In ogni caso, questa crostata è davvero buona!» disse per cambiare ulteriormente la discussione. (Certo che stasera sembrano esserci degli avvoltoi con questi due… Comunque, devo capirne di più sulla statua e anche sullo zietto che non è ancora tornato…)

Rei: «Sì, lo penso anche io.» sorrise. «Mori-san sta facendo particolarmente tardi o sbaglio?» guardò l’orologio.

Ran: «Direi di sì… ma conoscendolo, tra non molto sarà a casa!» sorrise. «Grazie per i complimenti!»

Masumi: «È la verità, Ran-kun!» guardò l’ora anche lei. «Quasi quasi vado.»

Sonoko: «AAAH!!! Aspetta!!! Guardate qui!!» mostrò a tutti il suo smartphone.

I presenti si avvicinarono incuriositi dall’urlo della ragazza che era un misto tra stupore e felicità alle stelle.

Rei: «Questa… è una foto dell’avviso di Kaito Kid? Potresti ingrandirla?»

Sonoko: «Sì, me l’ha appena inviata lo zio!» poggiò lo smartphone sul tavolo ingrandendo la parte del messaggio, che si presentava così:


 

Masumi: «Dunque… “Gentile Itou Mitsunari-sama, tra due giorni, allo scoccare della mezzanotte, mi impossesserò degli zaffiri chiamati "Cat's Eyes". È cordialmente gradito che gli invitati al ballo indossino degli occhiali da sole per non perdersi lo spettacolo in cui mostrerò il mio teletrasporto.” firmato Kaito Kid.» continuò a osservarlo.

Rei: «Teletrasporto…?» guardò lo schermo dello smartphone perplesso.

Sonoko: «Kid-sama è un genio, sono sicura che ce la farà!!» li guardò eccitata.

Conan: «Sicuramente si è travestito da qualcuno o si è finto qualcuno all’interno della villa per avere certe informazioni personali. Addirittura, abbiamo scoperto il nome e il cognome dell’uomo.» cercò delle notizie a riguardo su internet. «C’è scritto che è un imprenditore che ha fatto fortuna all’estero. Ma non ci sono molte informazioni in merito.»

Masumi: «La storia si fa ancora più interessante! Non vedo l’ora che arrivi questo fatidico giorno!»

Rei: «Però mi sorge spontanea una domanda… Come mai tuo zio ti ha inviato la foto dell’avviso? Questo Itou-san non ve l’ha fatto vedere quando vi ha parlato del ballo?» le chiese cercando di capire più a fondo.

Sonoko: «In realtà… lo zio mi ha parlato di questo amico come io ne ho parlato a voi, senza rivelarmi il nome… Ed è stato lui stesso che mi ha detto di portare chiunque volessi al ballo. A quanto pare, questa persona è molto riservata e non voleva fare vedere il biglietto di sfida nemmeno allo zio! Quindi gli avevo chiesto di fotografarlo di nascosto non appena poteva, perché eravamo entrambi curiosi! Ahahah! Meno male che c’è riuscito!» rise in modo pacchiano.

Ran: «Sonoko...» sospirò.

Conan: (Come ci si può aspettare da loro… Tale zio, tale nipote…)

Masumi: «L’importante è esserne venuti a conoscenza, così non mancheremo di portare gli occhiali da sole!»

Sonoko: «Giusto! Anche se gli occhiali da sole e la sera o la notte… hanno ben poco a che vedere…!» si domandò indirettamente.

Rei: «Certo, ma come ha ben scritto lui, hanno a che vedere con il suo spettacolo. Immagino che per distrarre i presenti, lancerà qualcosa di abbagliante o, comunque, qualcosa del genere.»

Conan: «Oppure l’ha detto affinché tutti facessimo come ha detto lui e in realtà è una parte del piano per fare dell’altro.» aggiunse.

Masumi: «Vero, tutto questo non fa altro che rendere il tutto più eccitante, vero?» diede una pacca a Conan. «Beh, io vado, si è fatto tardi!»

Ran: «Aspetta, Sera-chan!» corse in cucina e le diede un sacchetto. «Non dimenticarli, è importante!»

Masumi: «Sì, giusto…!» arrossì lievemente. «Ci si vede!» salutò con la mano i presenti.

Conan: «Ciao Sera nee-chan!» ricambiò il saluto per primo.

Sonoko: «Ciao ciao!» la salutò anche lei. «A domani per il nostro shopping!» le fece l’occhiolino.

Masumi: «Puoi contarci!» alzò un pollice. «Allora, a presto!» andò via.

Rei: «Buona serata! È il caso che vada anche io.» volse lo sguardo su Sonoko. «Sonoko-san, ti accompagno a casa?»

Sonoko: «Magari! Grazie! ♡» annuì entusiasta. «Ran, allora… fammi sapere, OK?» andò in cucina a prendere un sacchetto anche lei. «Ciao ciao, moccioso!»

Conan: «Ciao a entrambi!» li salutò con la manina, felice come non mai.

Ran: «Ci vediamo domani, Sonoko, Amuro-san! Buona serata!» li accompagnò alla porta.

Rei: «Grazie, anche a voi!»

I quattro si salutarono e Conan restò in stanza insieme a Ran.

Ran: «In realtà… Abbiamo preparato dei biscotti, i miei erano un extra!» sorrise.

Conan: «Come mai? Sonoko nee-chan ha insistito perché viene Kyogoku-san, vero?» rispose come se sapesse già tutto.

Ran: «Esattamente! Quindi già che c’era Sera-chan con noi, li ha fatti per una persona speciale che non ci ha voluto nominare, ma è stata costretta, come hai ben potuto immaginare...» si chinò alla sua altezza e lo guardò dritto negli occhi.

Conan: «Aaah… quindi… tu...» non riuscì a reggere il suo sguardo e distolse gli occhi da Ran. «Nel frattempo hai fatto quella crostata, giusto?»

Ran: «Esatto!» annuì. «E adesso mando un messaggio a Shinichi! Anche se conosco già la risposta...» aggiunse con un tono basso.

Non sapendo cosa rispondere, il bambino con gli occhiali restò in silenzio. Non che gli sarebbe dispiaciuto andare al ballo, soprattutto nel sapere che era in maschera e non avrebbe dovuto necessariamente rivelare la sua vera identità. Avrebbe voluto rincuorare l’amata, ma non c’era niente che potesse fare, dato che certezze non ne aveva. Da un lato pensava alla faccia da bisbetica di Ai che gli avrebbe sicuramente detto di no, nel caso le avesse chiesto una pillola. Dall’altro pensava che sarebbe stato meglio per lui sotto tutti gli altri punti di vista: poteva partecipare a un ballo in maschera con Ran, poteva tenere la situazione sotto controllo dal punto di vista di un ragazzo, non rischiava di essere pestato dagli invitati. L’unica nota negativa era solo la ragazzina stizzosa. Non poteva fare altro che contemplare Ran che in quel momento stava sparecchiando la tavola con una faccina che non avrebbe voluto vedere, non in questo caso.

Kogoro: «Sono a casa e sono stanco morto…! Ran, preparami la cena!!!» entrò a casa lamentandosi.

Ran: «Bentornato, papà! Ah, stavo giusto sparecchiando… Non sapevo che saresti tornato adesso. Com’è andata?» andò a prendere la cena che aveva messo in caldo per lui.

Kogoro: «Bene, questi casi non dovrebbero nominarli nemmeno a un grande detective come me!» si tolse la giacca, andò a lavarsi le mani e poi si sedette a tavola.

Conan: «Hai ritrovato questi animali?» gli chiese incuriosito, già che era convinto che si trattasse di gatti neri.

Kogoro: «Sì. Pensare che questa persona avesse a casa quattro cani e due criceti mi fa ancora venire la pelle d’oca. Questi criceti erano riusciti a scappare dalla loro gabbia e non c’era modo che li potesse acciuffare.» continuò a lamentarsi.

Ran: «Meno male che c’eri tu, papà!» gli servì la cena.

Kogoro: «Certo, come ho detto io.» annuì e cominciò a mangiare.

Conan: «Quindi la committente non aveva dei gatti neri, per caso?» chiese onde evitare che l’uomo l’avesse dimenticato.

Kogoro: «Non ti sembrano già abbastanza quelli che ho nominato? Moccioso, ho da fare, fammi mangiare in pace!» gli fece cenno di andare via.

Ran: «Papà, sei sempre il solito!» sbottò la ragazza.

Conan: «Non fa niente, vado a fare i compiti! A dopo!» sollevato, corse nella sua stanza con una stranissima sensazione dentro di sé. 

Di cosa si trattava?

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Capitolo 8
*** Voglia di andare avanti ***


Conan si trovava, dunque, all'interno della sua stanza. Psicologicamente e fisicamente provato, la prima cosa che fece fu stendersi sul futon ancora chiuso. 
 
(Ci vorrà un po' di tempo prima che lo zietto venga in stanza, quindi ne approfitto per rilassarmi prima che si addormenti e russi come un ghiro.) 
 
Chiuse gli occhi per un solo attimo. Cercò di riposare quella testa che ormai da due giorni non faceva altro che pensare e supporre. Per lui era normale, amava i casi più di qualsiasi altra cosa al mondo.
 
(Meno male, almeno una cosa buona… i gatti neri non c’entrano con il lavoro che ha svolto, ma c’entrano con quella statua. Cat’s Eyes, eh? Devo provare a cercare meglio su internet.)
 
Come ci si poteva aspettare, riprese a pensare. Era davvero più forte di lui, ormai gli veniva automatico. Il fatto che il caso non fosse ancora stato risolto lo portava a non poter concepire altro. Inoltre, doveva anche inquadrare quanti fossero i casi in gioco. L'unico elemento che avevano in comune quello del parco e quello della statua era un gatto nero. Per il resto, davvero niente. Ma non poteva credere che fosse solo una coincidenza. L'istinto che aveva era sopraffino, proprio quello di un vero detective, nonostante fosse ancora un liceale. Se era stato costretto nel corpo di un bambino, in fondo, era a causa della sua curiosità e del suo acume. 
 
Aprì entrambi gli occhi, tanto era lo stesso per lui che l'unica preoccupazione che aveva era quella di trovare la verità. In questo caso, non era nemmeno una cosa facile. 
 
(Mancano quasi tutti gli elementi. Quella bambina, inoltre… lei sono sicuro che c'entra qualcosa. Il nostro compagno di scuola mi sembra totalmente innocente, definiamolo così. Perché alla fine è solo una vittima dei problemi che ha avuto all'interno della sua famiglia e che si sono ripercossi sulla sua persona. Dubito fortemente che ci volesse boicottare o qualcosa del genere… anzi, se i bambini decidessero di diventare suoi amici non sarebbe nemmeno male e potrebbero mantenere ciò che avevamo detto a Kobayashi-sensei. Sì, devo assolutamente parlare con loro. Mh?)
 
Lo sguardo del bambino venne catturato da qualcosa che si trovava sul comodino, vicino a dove, solitamente, sistemava la cartella. Era un sacchetto simile a quello che avevano preso prima sia Masumi che Sonoko. Era blu e con un bel fiocco vistoso di colore rosso. Sembrava quasi che fosse ispirato ai colori degli abiti del piccolo detective. Il suo cuore da ragazzo si riempì di gioia. Il suo cuore da fidanzato quasi esplose per la gioia. Quindi era per questo che prima avevano fatto tutte le preziose e Rei gli aveva persino spoilerato cosa aveva cucinato Ran? 
 
(Ran…)
 
Disfece il fiocco, avido di conoscere al più presto com’erano stati fatti i biscotti. Era felice, sorpreso, emozionato. Riusciva a stento a trattenere un sorriso che rivelasse i suoi veri sentimenti. 
 
(Vedo che ha optato per dei fiori… hanno una forma particolare, sembrano quasi delle orchidee.)
 
Conan si soffermò a contemplare i biscotti. La forma era davvero strana, era certo che fosse la prima volta in vita sua che vedeva qualcosa del genere. Rosa, bianco, rosso, giallo, arancione… sulla superficie erano tutti colorati in modo diverso con la glassa. Il profumo che emanavano inebriava il detective che era rimasto davvero a bocca aperta. Altro che le parole di Sonoko che affermava che non è qualcuno che si può stupire: Ran riusciva persino a fare questo. 
 
(Sì, sono delle orchidee, si è impegnata e si vede… anche se di tutti questi colori mica esistono!)
 
Ecco. Fu quello il momento in cui non riuscì nemmeno a trattenere quel sorriso, diventato una piccola risata, che scaturiva dai sentimenti che quei biscotti avevano suscitato in lui: estrema felicità. Forse non sapeva nemmeno come esprimerli al meglio. La premura che Ran aveva sempre nei suoi confronti era unica. Ran non era solo la sua fidanzata, era la sua amica d'infanzia che sin da quando erano dei bambini era stata al suo fianco. Gli preparava da mangiare, lo sosteneva, lo aiutava e addirittura gli puliva anche la casa. Cosa poteva desiderare di più? Non sembrava essere già sua moglie? Gli tornarono in mente quelle volte in cui Eri picchiava entrambi con un sonoro pugno in testa, ma la colpa era sempre di lui. Era lui che era contento che la piccola fosse al suo fianco, anche se finiva sempre per rimproverarla. 
 
(È sempre stata una frignona.) 
 
Il suo sguardo si addolcì. Ne avevano passate così tante insieme, sembrava che si conoscessero da una vita. Il modo di fare di lei, impetuoso e forte, ma allo stesso tempo fragile e delicato, lo facevano impazzire. Non importava cosa accadesse, Ran era sempre pronta ad aiutare gli altri e a salvarli. Ma in fondo era lui che voleva salvare la sua principessa, anche se riusciva a cavarsela da sola persino nei momenti più difficili. 
 
Prese un biscotto e lo mangiò gustandolo più a fondo che poteva. Riusciva a sentire un forte candore dentro di sé, come se la forza di Ran, la sua grinta e il suo coraggio fossero stati incastonati e rinchiusi all'interno di alcuni semplici biscotti. Trasmettevano quel dolce qualcosa che lo faceva sentire in Paradiso. Era come se potesse immaginare la ragazza che li preparava con amore, aspettando il momento in cui gli avrebbe potuto dire "Sapevo che ti saresti accorto subito di questa sorpresa!" o qualcosa del genere. Era sempre piena di buona volontà e di voglia di fare… quella persona che per qualche motivo non riusciva ad andare via dalla sua testa. Ma perché? La risposta non era molto difficile.
 
Conan mandò giù un altro biscotto, assaporandolo come aveva fatto con il primo, ma stavolta lo sguardo del bambino diventò un po’ triste. I suoi sentimenti erano reali ma non poteva dimostrarli in alcuna maniera perché era in quello scomodo corpo. 
 
(Quando finirà questa punizione?)
 
A volte non faceva altro che chiederselo. Più si avvicinava all'Organizzazione, più a volte gli sembrava di allontanarsi da quella che era la sua meta. Quanto tempo era che non faceva altro che aggrapparsi a tutto ciò che poteva per tornare come una volta? Tutti i pericoli a cui era andato incontro gli sembravano quasi infiniti. No, anzi, questi non erano finiti mai, continuavano ancora e chissà per quanto tempo sarebbero andati avanti. Aveva sempre fatto del suo meglio anche per provare a salvare Ran, a tenerla fuori dai guai. Ma per quanto avrebbe potuto continuare a mentirle così spudoratamente?

(A volte ho come l’impressione che, nonostante la mia recitazione, tutti conoscano molto bene la verità su di me. Soprattutto lei, la persona che mi ha guardato sempre meglio di chiunque altro… Devo assolutamente cercare di fare del mio meglio e tornare in me una volta per tutte!)
 
Gettò lo sguardo a terra. Perché i propositi c’erano, ma i mezzi quali erano? Strinse i pugni, sentendo dentro di sé quella sensazione di impotenza che lo portava sempre di più a provare disperazione. Ma era forte, ormai sapeva come fare a superarla. Tuttavia, ricadere nella tristezza di quei sentimenti cupi era una delle cose che a volte non poteva evitare. Voleva essere felice. Voleva che Ran lo fosse.
 
Poi arrivò un messaggio al suo smartphone. Era lei?
 
Come aveva detto durante la serata, avrebbe inviato un messaggio a Shinichi per fargli sapere che ci sarebbe stato il ballo in maschera. Pieno di dubbi, Conan aprì quel messaggio così tanto lentamente che nel frattempo gli sembrava di cadere sempre di più in un buco nero che lo confinava nell’oscurità. Non riuscì nemmeno a guardare lo schermo per leggere che il mittente era lei. Cosa avrebbe potuto rispondere? Nemmeno lui sapeva con certezza se poteva esserci oppure no. Doveva parlare al più presto con Ai. Ma contemporaneamente c’era l’altro pensiero, quello di Masumi, che lo attanagliava. Perché le aveva proposto di farle da cavaliere? La cosa non gli andava affatto a genio, ma come avrebbe potuto intercedere per se stesso in quell’occasione? Sì, giusto. Non avrebbe potuto.
 
Preso dal panico, raccolse tutta la forza che aveva dentro di sé, non poteva fare altro.
 
Gli venne in mente il viso di Ran mentre lo guardava tristemente e gli diceva No, vero?.
 
Volse nuovamente lo sguardo verso lo schermo dello smartphone.
 
Vide il mittente del messaggio.
 
Era Hattori Heiji.

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Capitolo 9
*** Occhio per occhio ***


Dopo una grandiosa défaillance, Conan si apprestò ad aprire quel messaggio che per lui ormai poteva essere definito solo come maledetto. Questo diceva:
 
"Ya, Kudo! Ho appena saputo da Kazuha che dopodomani ci vedremo a una festa da ballo. In che forma ci sarai?" 
 
Conan: «Maledetto…» mormorò con un filo di voce, formando un pugno con la mano sinistra. 
 
Aveva ancora le palpitazioni per la paura che fosse Ran. Sentiva che il cuore gli era arrivato alla gola e non riusciva a calmarsi. Distolse lo sguardo dallo schermo. Notò che gli tremavano le mani, sempre per quella paura che non andava via. Per quel terrore che era diventato nuovamente tristezza.
 
Conan: (Già… come vi prenderò parte?) pensò dentro di sé abbandonando il pugno che aveva formato per poi portarsi la mano al petto. 
 
Conan diede un'ulteriore occhiata al sacchetto di biscotti. Quella sensazione che lo aveva avvolto prima, adesso si rivelava essere quasi un effetto da panacea. Si sentiva meglio e il cuore non batteva più tanto forte, né gli tremavano le mani. Probabilmente su di lui poteva essere chiamato l'Effetto Ran. Già, questo possedeva un certa dualità: gli permetteva di tornare in sé e contemporaneamente di impazzire e non riconoscersi più.
 
Tuttavia, dai comuni mortali poteva essere benissimo considerato solo col il termine amore.
 
Conan si mise una mano tra i capelli e si grattò la testa. Poi rispose al messaggio:
 
"Non lo so, devo ancora parlare con Haibara. Credo che sarà dura."
 
Conan: «Certo che le ragazze sono sempre delle pettegole! La notizia che abbiamo saputo solo da qualche ora si è già diffusa come se non ci fosse un domani!» assunse un'espressione stizzita. «Haibara mi dirà di no, ne sono convinto.» fissò il soffitto per poi sentire che Heiji gli aveva risposto:
 
"Ti dirà di no, ne sono convinto."
 
Conan: «Ahahah…» non riuscì a evitare di ridere ironicamente.
 
E l'ironia era contro se stesso, questa era la cosa che più lo mandava in bestia… ma era la sacrosanta verità. 
 
Conan: «OK, ci sono. Tagliamo la testa al toro. Vado a parlare con Haibara.» annuì a se stesso, convinto di potercela fare. 
 
Kogoro: «Tu non vai da nessuna parte. Mettiti a letto e dormi, moccioso! Voi bambini non siete mai stanchi perché non fate nient'altro che giocare!» lamentò l'uomo entrando in stanza e facendo prendere un semi-collasso a Conan, convinto di star parlando solo nella sua testa. 
 
Conan: «Ma certo, zietto! Ora ci vado!» disse con qualche goccia di sudore sul viso. (È meglio così, oggi è stata una giornata totalmente negativa. Cioè… ci sono stati anche dei lati positivi, ma alcuni rimangono in forse. Aspetterò domani e poi vedrò cosa pensare di concreto.) adocchiò nuovamente i biscotti che gli aveva fatto Ran. (Forse dovrei dirle che li ho trovati…) 
 
Restò imbambolato a riflettere per un po', il tempo che Kogoro si preparasse e si mettesse a letto, distrutto dalla giornata lavorativa. 
 
Conan: «Vado un attimo a parlare con Ran nee-chan…!» esclamò. 
 
Kogoro: «Fai quello che vuoi e lasciami dormire!» si voltò su un fianco. 
 
Conan: «Buonanotte!» uscì dalla stanza. (Certo che per una volta che si impegna, si potrebbe anche dare un contegno, invece di fare così...) sospirò con la sua solita espressione sdegnata. 
 
Un po' titubante, il bambino si avvicinò quatto quatto alla stanza di Ran. Riuscì a sentire che era al telefono con qualcuno. Da bravo ficcanaso, restò fuori dalla porta a origliare.
 
Ran: «Non so ancora che vestito prenderò… a dire il vero, quando prima l'ho accennato a papà, gli è quasi preso un accidenti…» disse leggermente imbarazzata. «Ma in seguito ha aggiunto che vuole venire anche lui, quindi ho chiesto a Sonoko se potevo portare anche lui e la mamma e ha detto di sì! È un'ottima occasione… sperando che possano creare qualcosa di romantico…! Tifo per loro!» esclamò determinata. 
 
Conan: (Non è Sonoko, quindi può essere che sia Kazuha. Ran non è tanto intima con tutti, quindi… sarà lei. Ma non ti fare troppe illusioni con i tuoi genitori… Loro sono un caso disperato.) sospirò silenziosamente. 
 
Ran: «Non lo so… Ti faccio sapere, d'accordo?» l'espressione della ragazza diventò leggermente triste, anche se sorrideva. 
 
Conan: (Quella… È quell'espressione!! In realtà sta dicendo "Non verrà"!! Ma non glielo può dire direttamente… certo, non lo sa nemmeno lei.) controllò nuovamente lo smartphone per vedere se gli aveva inviato qualcosa, ma non c'era niente. (Va bene, se entro domani non mi dice nulla, le manderò un messaggio per primo. No! Le telefonerò!! ...dopo che avrò parlato con Haibara, certo.) scosse la testa e poi decise di bussare, già che non poteva aspettare di essere colto in flagrante.
 
Ran: «Adesso ti saluto, ci sentiamo domani! Ti faccio sapere appena possibile. Grazie. Buonanotte!» chiuse la chiamata e aprì la porta. «Conan-kun, come mai non sei a nanna?» chiese con il suo solito modo di fare gentile, chinandosi verso di lui. 
 
Conan: «Stavo per farlo, ma poi ci ho ripensato perché volevo ringraziarti per i biscotti! Erano davvero buoni. E poi erano a forma di orchidea… un po' come se mi avessi dato una parte di te.» disse leggermente arrostito. 
 
Ran: «Immaginavo che l'avresti capito!» esclamò facendo un grande sorriso. «E dimmi… riguardo prima… non hai niente da aggiungere?» lo guardò intensamente negli occhi. 
 
Conan: «E-Eh? No, assolutamente niente!» rispose chiaramente col carbone bagnato. 
 
Ran: «No? Meglio così!» fece una piccola pausa. «Domani dirò a Sera-chan che potrà farmi da cavaliere.»
 
Conan: «Perch-- Cioè… Non lo chiedi prima a Shinichi nii-chan?» gli scese una goccia di sudore lungo la schiena. 
 
Ran: «E tu come fai a sapere che non gli ho ancora chiesto niente?» lo guardò di sottecchi. 
 
Conan: (Merda…) cercò con tutto se stesso di non distogliere lo sguardo. «Suppongo che me l'avrebbe detto, sai? Ma ho controllato lo smartphone fino a poco fa e non c'era niente!»
 
Ran: «Lui è sempre così impegnato… pensi che ti possa rispondere subito? Io solitamente aspetto una vita per avere notizie… Sei davvero fortunato.» disse con una punta di ironia, come se lo stesse sfidando. 
 
Conan: «Credevo che in caso sarebbe stato troppo felice… e che quindi, entusiasta, me l'avrebbe detto subito!» cercò di giustificarsi. 
 
Ran restò in silenzio per un minuto intero. Quando il bambino fu in procinto di cambiare discorso per chiedere se al telefono fosse effettivamente Kazuha, la ragazza aprì bocca. 
 
Ran: «In ogni caso, sono felice che i biscotti ti siano piaciuti! Adesso a nanna, che domani c'è scuola. Buonanotte, Conan-kun!» esclamò con un sorriso sincero. 
 
Conan: «Buonanotte, Ran nee-chan!» corse in stanza, onde evitare di dover dare ulteriori spiegazioni, o meglio, giustificazioni. 
 
Arrivato lì, sentì Kogoro russare come si aspettava. Si mise immediatamente dentro il futon e prese lo smartphone di Shinichi per controllare se effettivamente la ragazza non gli avesse scritto nemmeno una riga come presagiva. 
 
Conan: (Non c'è niente… Come immaginavo… Ma perché?! Non ha senso, Ran!!) mise entrambi gli smartphone da parte e intrecciò le braccia dietro la nuca. (Non voglio che Sera sia il suo cavaliere… Non deve! Ma allo stesso tempo, non posso mandarle niente per primo… Né fare una telefonata, o comincerà a sospettare nuovamente qualcosa… Aaaargh!! Devo assolutamente parlare con Haibara!!) 
 
Il pensiero che aveva bisogno di saperne di più sul caso, unito a quello di Ran che andava al ballo insieme a Masumi lo facevano impazzire. Avrebbe voluto parlare a Heiji della questione del gatto nero, ma non era riuscito a riflettere decentemente. Disperato, Conan non riuscì a chiudere occhio per tutta la notte. 
 
Certo, non poteva sapere che il giorno dopo sarebbe accaduto qualcosa che avrebbe sconvolto ancora di più tutta la confusione che si era venuta a creare.

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Capitolo 10
*** Le bugie hanno le gambe corte ***


Il giorno dopo, con il falso pretesto di dover sostituire un bambino per occuparsi degli animali, Conan uscì di casa molto presto per andare a parlare con Ai. Quindi si diresse sul suo skateboard, a tutta velocità, verso la casa del dottor Agasa. 
 
Conan: «Forza, aprite… Muovetevi...» imprecò il bambino suonando due volte consecutive per essere sicuro che lo sentissero.
 
Dopo qualche momento, si sentì che qualcuno borbottava lamentando che era stranissimo sentire il campanello squillare a un orario del genere. Aprì lentamente la porta.
 
Dr. Agasa: «Shin--- Conan-kun, che fai qui a quest’ora?» lo guardò perplesso. «Riguarda ciò che è successo in questi giorni?»
 
Conan: «Sì! Ho delle novità e devo assolutamente parlarne con Haibara! È questione di vita o di morte!!!» entrò in casa alla velocità della luce.
 
Dr. Agasa: «Aspetta, Shi-- Conan-kun!!» cercò di inseguirlo. «Ai-kun aveva detto di non voler essere svegliata per nessuna ragione al mondo per---»
 
Conan: «Haibara!!!» accorse alla stanza dove la ragazzina dormiva pesantemente, cominciando, poi, a scuoterla poco gentilmente. «Haibara, svegliati! Devo parlarti a tutti i costi! Haibara!!» continuò, alzando il tono della voce. «HAIBARA!!!»
 
Ai aprì gli occhi non appena si sentì toccare un braccio. Non aveva nemmeno avuto il tempo di dire una parola perché il bambino con gli occhiali l’aveva presa alla sprovvista. Pian piano, prendendo coscienza di sé, passò da un tonfo al cuore, alla voglia di sbattere Conan al muro e poi pestarlo per aver disturbato il suo sonno.
 
Ai: «Cosa vuoi?!» si sollevò e lo spintonò via da lei. «Stavo dormendo, non lo vedi? Non si disturbano così le persone, villano!» lo guardò arrabbiata.
 
Conan: «Ma è importante! Riguarda delle novità sul nostro caso!» disse per incentivare la bambina ad ascoltarlo.
 
Ai: «Anche io ho delle novità, ma avrei aspettato di arrivare a scuola per portarti in disparte e parlarne.»
 
Conan: «Scherzi, vero? Gli altri non sono stupidi, finirebbero per origliare la nostra conversazione e non devono assolutamente!» esclamò quasi fuori di sé. (Non posso nemmeno dirti il vero motivo per cui sono qui perché sei arrabbiata… ora come faccio?!) 
 
Ai: «Allora, per prima cosa ti calmi.» lo fissò negli occhi, una volta tranquillizzata anche lei. «Vai in cucina, così nel frattempo mi preparo. Lì ti dirò quello che so e tu farai lo stesso.» lo guardò di sottecchi. 
 
Conan: «…» avrebbe preferito parlarle direttamente, ma annuì. Era convinto che la risposta alla sua domanda principale sarebbe stata negativa, quindi tanto valeva assecondare i suoi desideri. (Nemmeno se non l'avessi mai vista in pigiama in tutta la mia vita.)
 
Ai: «Invece di restare lì imbambolato, perché non te ne vai? Mi stai disturbando.» disse con tono acido. 
 
Conan: «Stavo pensando tra me e me, scusa, Haibara!» disse gentilmente e uscì dalla stanza, chiudendo la porta. 
 
Ai: «…se si è scusato significa che vuole qualcosa da me. Non è mai stato un maestro di galanteria.» sospirò. «Spero di non tradirmi e comunicargli solo ciò che ho saputo ieri sera… non voglio che venga coinvolto con altro
 
Nel frattempo, Conan si diresse davvero in cucina, anche se camminando alla velocità di un bradipo, sentendo che il dottor Agasa stava preparando la colazione. Probabilmente l'unico stato d'animo che poteva descriverlo era avvilito
 
Conan: «Eccomi qui…» si sedette su una sedia, quasi totalmente depresso. 
 
Dr. Agasa: «Non fare quella faccia! Purtroppo quello che hanno scoperto Ai-kun e Subaru-kun non è molto, ma forse potrebbe aiutarvi con le vostre ricerche.» cercò di incoraggiarlo. 
 
Conan: «Cosa?! Avete coinvolto anche Subaru-san? Perché?» lo guardò con gli occhi che avevano guadagnato nuovamente un po' di splendore. 
 
Dr. Agasa: «Non è che l'abbiamo chiamato noi… È venuto qui come sempre, a portare la cena che aveva preparato per sé. Aveva detto che era troppa, quindi voleva condividerla…» cercò di spiegare l'uomo. 
 
Conan: «Aspetta, fammi capire… È venuto qui mentre Haibara stava già facendo delle ricerche per conto suo?»
 
Dr. Agasa: «Più o meno… Aveva il computer con la schermata aperta su una pagina riguardo le ultime notizie…»
 
Ai: «E quindi ne ho approfittato per chiedergli cosa ne pensasse.» apparve silenziosamente nella stanza, cogliendo di sorpresa coloro che ne erano all'interno. 
 
Conan: «Mi hai fatto prendere un colpo!! Ero tutto intento a parlare col dottor Agasa e tu… ci interrompi così?!» le urlò contro. 
 
Ai: «Sai come si dice, no? Occhio per occhio.» rise sadicamente.
 
Dr. Agasa: «Ai-kun…» la guardò con una goccia di sudore che gli attraversava una guancia. 
 
Ai: «Lo stesso vale per lei, le avevo detto che gli avrei parlato io.» gli lanciò un'occhiataccia in segno di rimprovero. 
 
Dr. Agasa: «Avevo soltanto cominciato il discorso per non farti perdere tempo...» cercò di giustificarsi. 
 
Ai: «Non ci provi nemmeno.» lo fermò, avendo capito le sue intenzioni, poi si sedette e cominciò a bere il caffè. «Allora… Io e Subaru-san abbiamo fatto delle ricerche piuttosto approfondite su internet e abbiamo visto che c'è una persona, un certo Itou Mitsunari che domani terrà un ballo dove, apparentemente, prenderà parte anche Kaito Kid.»
 
Conan: «Sì, questo è ciò che ho saputo anche io tramite Sonoko che ci ha invitati… Ha detto che Kid vuole rubare le gemme che si trovano al posto degli occhi di una statua di un gatto nero.» annuì, diventando serio. 
 
Ai: «Esattamente. Immagino che tu abbia visto il telegiornale o letto qualcosa a riguardo su internet giusto?» gli chiese per essere sicura di ciò che sapesse il bambino. 
 
Conan: «A dire il vero sono corso direttamente qui e ieri sera ero troppo stanco per cercare…» cercò di girare intorno alla discussione evitando di dire che voleva una pillola per tornare in sé e partecipare al ballo. «L'unica cosa che ho trovato su internet riguardo quest'uomo è che si è arricchito all'estero o qualcosa del genere. Ma non c'erano molti articoli su di lui.»
 
Mentre i due parlavamo, il dottor Agasa versò un po' di caffè anche a Conan. 
 
Ai: «Precisamente. Questo è ciò che si trova cercando in modo superficiale. Noi abbiamo fatto delle ricerche specifiche.» aggiunse guardando il bambino con un'espressione seria. 
 
Conan: «Solitamente sei tu che ti occupi di queste cose, no? Ero venuto proprio per questo.»
 
Ai: «Non ti credo nemmeno se me lo giuri. Ho capito che vuoi qualcosa da me, anche se non so ancora cosa nel dettaglio.» lo guardò male. «In ogni caso. Quest'uomo è tornato solo di recente qui in Giappone. Da pochissimo ha perso due figlie e la moglie a causa di un incidente stradale. Si dice che sia caduto in una forte depressione e non sia riuscito a uscirne in alcun modo. Però poi vedi che ha indetto un ballo in maschera...» finì di bere il caffè. «Ha reso noto di voler presentare a tutti la statua che ha personalmente progettato al fine di inserirci quei gioielli ed esporli tramite gli occhi del gatto. Dunque, approfitterà proprio di questo ballo per farlo.»
 
Conan: «Avete capito se la statua e il gatto nero che abbiamo visto potessero avere qualcosa in comune?» chiese curioso. 
 
Ai: «No. A parte che si tratta in entrambi i casi di due gatti neri, non sappiamo altro.» fece spallucce e cominciò a mangiare. «L'unica persona che potrebbe spiegarcelo sarebbe il diretto interessato. Hai detto che sei stato invitato al ballo in maschera, giusto? Dato che è stata Suzuki-san a farlo, immagino che ti presenterà quell'uomo e potrai approfittarne per chiedergli qualcosa e capire al volo cosa c'è dietro tutta questa storia.»
 
Conan: «Mi stai prendendo in giro?» la guardò male e poi fissò il soffitto. «Certo, così penserà che sono un bambino ficcanaso.» aggiunse stizzito. 
 
Ai: «Arere~ Niente di diverso dal solito, no?» rise in modo beffardo. 
 
Conan: «Haibara, sei sempre simpatica, non c'è niente da fare.» sbuffò. «Poi c'è quell'altra faccenda di Aoi… diceva che il suo cognome è Gyoku, ma non combacia con quello di quest'uomo. Quindi forse sono due questioni diverse…» suppose.
 
Ai: «Sì, certo. O almeno, da ciò che sappiamo, potrebbe benissimo essere una pura casualità.» annuì.
 
Conan: «Avete trovato altro su Itou-san? Le dinamiche dell’incidente si conoscono?» chiese per indagare più a fondo.
 
Ai: «No, non c’era altro. Per quanto riguarda l’incidente è lo stesso. Abbiamo letto l’articolo su un giornale locale, ma ciò che riportava era un incidente stradale. Era rimasto coinvolto anche lui stesso, ma le sue ferite non erano molto gravi. Al contrario, sia le figlie che la moglie sono morte sul colpo.» aggiunse.
 
Conan: «Capisco… Però, se è stato lui stesso a voler esporre quei gioielli tramite un gatto, ci sarà un motivo, no? Non è passato nemmeno tanto tempo da quando è tornato, se è stato di recente…» cominciò a riflettere.
 
Ai: «Immagino di sì. Magari gli piacciono i gatti.» fece spallucce.
 
Dr. Agasa: «E se l’incidente stradale in questione fosse stato causato da un gatto nero?»
 
Conan: «Mmmh… Potrebbe essere plausibile qualora si trattasse di un masochista…» lo guardò poco convinto. «Certo, a meno che non fosse legato alla sua famiglia, ma data la depressione di cui parlava prima Haibara, ne dubito fortemente.»
 
Ai: «Oppure, chissà… Ma nell’articolo non diceva nulla a riguardo. Solo che le dinamiche erano incerte. Itou-san era al volante, ma non si capisce se abbia avuto un malore, un colpo di sonno o altro. Lui ha testimoniato di non ricordare niente.» affermò.
 
Conan: «Il mistero si infittisce… Che stia mentendo? Oppure… Aaah! Ho pochissime prove…!» scosse la testa. «Davvero, con che faccia potrebbe presentarsi da lui un moccioso e fare domande specifiche? Solitamente ci giro intorno…»
 
Ai: «Vuoi approfittarne e andare con lei al ballo, no? Tanto è in maschera, non dovresti nemmeno svelare la tua vera identità.» guardò Conan intensamente, notando che aveva praticamente cambiato discorso.
 
Conan: «Ugh…» non riuscì a non incontrare il suo sguardo. 
 
Ai: «Se mentirai e me ne accorgerò, la risposta sarà no in automatico.» continuò a fissarlo e Conan si sentiva quasi come all'interno di una morsa. 
 
Conan: «Va bene… Sì, è come hai detto tu.» annuì. (Diamole ragione, magari mi premierà!) pregò dentro di sé. 
 
Ai: «Benissimo, lo immaginavo.» chiuse gli occhi.
 
Conan restò col fiato in gola, speranzoso che potesse rispondere nel lasso di tempo minore possibile. Lui aveva fatto del suo meglio, in precedenza si era perfino scusato. All’improvviso, Ai riaprì gli occhi e lo guardò, il verdetto era giunto netto e tassativo. 
 
Ai: «Assolutamente NO.»

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Capitolo 11
*** Elaborare gli indizi ***


Niente da fare. Purtroppo per Conan, Ai non aveva acconsentito a dargli una mano e avevano trascorso il resto della colazione in silenzio e in tensione. Il bambino con gli occhiali sentiva dentro di sé che c'era qualcosa che non andava, quella sensazione che non lo aveva abbandonato da quando avevano trovato il gatto al parco. Era sicuro al 100% che Ai gli stesse nascondendo qualcosa. Anche se non era ancora riuscito a capire esattamente di cosa si trattasse, avrebbe messo la mano sul fuoco che fosse qualcosa che aveva a vedere con l'Organizzazione. È vero che di per sé era una persona introversa e di poche parole, ma quando diventava misteriosa, non poteva trattarsi di altro che di ciò che temeva anche lei. In automatico, ponendola sotto questo punto di vista, Conan era sicuro che non gli avrebbe mai e poi mai dato la pillola. Stava già facendo la preziosa per chissà che cosa, quindi non sarebbe stata dalla sua parte per nessuna ragione al mondo. Doveva scoprirlo, doveva sapere che cosa c'era dietro tutto quel silenzio e quella frettolosità. 
 
La giornata scolastica trascorse tranquilla, anzi, forse più velocemente del solito. A questo punto, cosa conveniva fare a Conan? La festa da ballo sarebbe stata l'indomani, il tempo scorreva inesorabile e, sicuramente, non poteva rubare la pillola ad Ai, o sarebbe diventato un ladro come Kaito Kid… no, per lui sarebbe stata l’onta peggiore di cui potesse mai macchiarsi.
 
I Giovani Detective si trovavano sulla via di casa. 
 
Genta: «Allora, Conan! Ci dici come possiamo aiutarti?» sbottò il bambino tondo. 
 
Ayumi: «Non abbiamo dimenticato quello che ci hai detto ieri!» lo guardò stringendo entrambe le mani che formavano due pugni all'altezza del petto. 
 
Conan: (Non l'avrei mai pensato, anche se ci speravo e non lo nego…) distolse lo sguardo. «Certo, non me ne sono mica dimenticato!» esclamò cercando di non dare l'impressione che in realtà non volesse parlare per niente.
 
Mitsuhiko: «A tal proposito, Conan-kun! Ho letto nelle notizie che Kaito Kid vuole rubare degli zaffiri da una statua a forma di gatto nero!! Pensi che possa essere un riferimento al nostro caso?» lo guardò speranzoso. 
 
Conan: «Non credo… Tuttavia, stavo proprio pensando a questo… Ma non trovo altre somiglianze. Quindi direi che per oggi vi lascio fare ciò che volevo dirvi ieri, ma non ho potuto!» annuì. «Cercate di parlare con Shadir.» disse allargando un sorriso sulle labbra. 
 
Genta: «Eeeeh?! Ma io non voglio averci a che fare!! Lui e la sua fidanzata non mi piacciono!» storse il naso. 
 
Ayumi: «Era davvero questo quello che dovevamo fare? Lo dobbiamo interrogare?» guardò Conan perplessa. 
 
Conan: «No, non dovete fare niente del genere. Investigare è importantissimo, ma lo è altrettanto mantenere la parola con Kobayashi-sensei!» esclamò il bambino con gli occhiali.
 
Genta: «Io le ho detto che non m'interessa!» cercò di non demordere. 
 
Mitsuhiko: «Per me va bene, in fondo, sono stato il primo a dirle che ero d'accordo.» annuì. 
 
Conan: «Grazie, mi fido di voi! Magari chiedetegli di investigare con voi, spiegategli qual era la verità sul caso del gatto nero e fate amicizia così!» esclamò guardandoli tutti e quattro. 
 
Ai: «Sì, sì. Vado anche io.» disse mentre sbadigliava. 
 
Genta: «Tsk! Vado, ma non lo faccio per lui, sia chiaro! È perché sono un eroe!» esclamò gonfiando il petto. 
 
Ayumi: «E Conan-kun?» lo guardò preoccupata. 
 
Conan: «Io vado a casa a riflettere un po' sulle ultime notizie che ho avuto… Ehm, che ho letto! Magari riesco a mettere tutti i pezzi al loro posto!» cercò di parlare in modo disinvolto.
 
Mitsuhiko: «Se vuoi una mano, chiamaci! Intesi?» aggiunse il bambino con le lentiggini.
 
Conan: «OK, lo farò. Allora ci vediamo domani, ciao!» li salutò con la mano e loro fecero lo stesso. Quindi si divisero. 
 
Conan: (Bene. Adesso che sono andati via, sicuramente controlleranno dove andrò a finire… e realizzeranno che sono andato davvero a casa, così non mi metteranno i bastoni tra le ruote. Tra l'altro… l'unica persona con cui potrei parlare di tutto questo è Hattori. Appena metto piede in casa lo contatto.) controllò l'orario. (È ancora presto. Quando Ran uscirà da scuola, andrà a fare spese con quelle due. Bah, donne.) 
 
In realtà, aveva il viso incandescente tanto non stava più nella pelle di vedere che vestito avrebbe comprato Ran. Era sicuro che Sonoko le avrebbe consigliato qualcosa di carino che, possibilmente, si addiceva a lei. Non avrebbe mai potuto immaginarla mezza nuda come la sua migliore amica. E poi c'era l'altro pensiero. Questo era scaturito dal fatto che non era arrivato nulla nello smartphone di Shinichi: la paura che Masumi sarebbe stato il cavaliere della sua fidanzata. Purtroppo non poteva nemmeno essere totalmente triste della cosa, perché preferiva così, piuttosto che saperla da sola. In quel caso, immaginare un uomo a caso che le si avvicinava e le baciava la mano per invitarla a ballare, gli faceva credere che era un bene che Masumi si fosse fatta avanti. Eppure, l'opzione migliore sarebbe stata l'unica che non si sarebbe mai avverata. Ovvero, la sua figura adulta accanto a quella della sua amata. 
 
Conan: (Tutto questo pensare a Ran mi sta facendo deconcentrare dal caso… Vai via dalla mia testa!!) scosse il capo. «Vai via, ho detto!!» disse strillando, ormai arrivato nei pressi del Poirot. 
 
Heiji: «Se vuoi, me ne vado!» disse scherzosamente. 
 
Conan: «…Hattori!!» esclamò a bocca aperta, sorpreso di vederlo lì davanti a lui. «Che ci fai qui?»
 
Heiji: «Ieri Kazuha si è messa d’accordo con Ran-san e le aveva detto che sarebbe andata a comprare il vestito con lei. Cose da donne!»
 
Conan: «Ah, ecco com’è andata… Ran, giustamente, non mi aveva detto niente. So che ha parlato con Kazuha solo perché l’ho sentita per caso. Guarda un po’... Forse voleva che mi facessi una sorpresa o qualcosa del genere. Come se mi facesse piacere!» guardò Heiji ridacchiando.
 
Heiji: «Te l’ho detto che se vuoi me ne vado!» gli arruffò i capelli e gli fece vedere la sua valigia. «Stanotte dormiamo da voi!» annuì facendo un ampio sorriso.
 
Conan: «Quindi la tua era soltanto una recita, eh? Non che mi aspettassi la verità da una battuta del genere… ripetuta anche per due volte.» gli rivolse uno sguardo bieco.
 
Heiji: «Ma sì, dai che adesso ci divertiamo… a risolvere il caso!» alzò il pollice. «Entriamo a casa e ne parliamo anche con lo zietto?» fece per salire le scale.
 
Conan: «No, lascialo al di fuori di tutto ciò… Credo che le cose potrebbero solo peggiorare in caso lo coinvolgessimo… sai com’è…!» sospirò.
 
Rei: «Posso darvi una mano io?»
 
Era apparso così, dal nulla, e probabilmente aveva anche ascoltato tutta la conversazione prima di emettere qualsiasi suono o gesto. Aveva la scopa in mano, ma né Conan né Heiji avevano sentito alcun rumore a riguardo. Erano come congelati, fermi e immobili.
 
Conan: «A-Amuro-san…!» lo guardò colpevole con una goccia di sudore che gli scendeva giù dal viso.
 
Heiji: «L’impiegato del Poirot!» notò che Conan aveva delle difficoltà ad affrontare la situazione e decise di salvarlo in qualche modo. «Non si preoccupi, ce la vediamo noi! Solitamente io e Kudo ci divertiamo a sfidarci!» annuì. «Infatti stavamo andando a casa sua!»
 
Rei: «Kudo…? Kudo Shinichi-kun? Casa sua non dovrebbe essere altrove?» esclamò sorridendo tranquillamente. «Come mai hai chiamato Conan-kun in quel modo?» disse limpidamente mentre Conan sobbalzava in preda al panico.
 
Heiji: «No, no! Intendevo che io e Kudo amiamo sfidarci, ma sto andando a casa di questo bambino qui!» accarezzò la testa di Conan. «Capita che io e Kudo comunichiamo tramite lui, quindi---!! Ma è una lunga storia, ora siamo di fretta!!»
 
Rei: «Capisco. Non mi dispiacerebbe ascoltarla, però.» aggiunse. «Giusto adesso ho un sacco di tempo libero, tra non molto finisco il mio turno al Poirot. Vi va se vi raggiungo e discutiamo tutti insieme sul caso, piuttosto che su Kudo-kun?» guardò Conan. «In fondo, dovevamo ancora approfondire ciò che era successo con quel gatto nero che mi dicevi insieme agli altri bambini, no? Chat Noir, se non ricordo male.»
 
Heiji: «Il fatto è che non so per quanto tempo possiamo restare a casa. Stavo giusto per posare la valigia e poi sa---»
 
Conan: «D’accordo, appena finisci il turno, ci vediamo su!» annuì. «Immagino che catturare Kaito Kid faccia gola anche a te! Quindi a dopo, Amuro-san!»
 
Heiji: «Eh sì… A dopo…!» lo salutò con la mano e cominciò a salire le scale.
 
Rei: «Perfetto, grazie! A più tardi!» li salutò anche lui.
 
Una volta arrivati in ufficio, Conan e Heiji si guardarono in faccia non molto convinti di ciò che era successo - soprattutto il secondo. Ma ormai era andata.
 
Conan: «Zietto, sono a casa!» andò a salutarlo.
 
Heiji: «E ci sono anche io!!»
 
Kogoro: «Ah, eccovi. Vi avviso che stasera Ran e Kazuha rimangono a dormire a casa di Sonoko-kun, quindi non le aspettate.» disse mentre leggeva il giornale e fumava una sigaretta. «Ci tocca anche andare a cenare fuori, ma guarda un po’. Non poteva avvisare prima?» lamentò.
 
Heiji: «E Kazuha non mi dice niente?!» prese il cellulare in mano e vide un’e-mail. «Ah. Aveva mandato qualcosa, effettivamente...» la lesse ad alta voce. «”Ciao Heiji, io e Ran-chan restiamo a dormire a casa di Sonoko-chan! Non fate troppo tardi, mi raccomando! So già che finirete col parlare di Kaito Kid per tutta la notte… A domani.” …Non ho parole, davvero!» alzò il tono della voce.
 
Conan: «Meglio così, no? Almeno staranno lontano da noi e dai nostri discorsi. Direi che è preferibile!» annuì soddisfatto.
 
Heiji: «Hai ragione! Non ci avevo fatto caso, ma è proprio come dici tu!! Allora ci conviene affrettarci, prima che...»
 
Kogoro: «Prima che… cosa?» chiese senza nemmeno staccare gli occhi dal giornale.
 
Heiji: «Prima che venga a trovarci quel gentilissimo cameriere del Poirot, lui!» rispose e poi bisbigliò. «A tratti anche abbastanza inquietante...»
 
Conan: «Parleremo insieme del caso di domani sera!» aggiunse Conan. «Ti vuoi unire a noi, zietto?»
 
Kogoro: «Non ho interesse in queste cose. Kaito Kid ha già chi gli sta alle calcagna e non sono io. Quell’Ispettore Nakamori è davvero una persona insopportabile… ho come l’impressione che ogni volta che ci vede, abbia come l’istinto di mandarci via. Si crede chissà chi, ma non è mai riuscito a catturare quel ladro da strapazzo. Dovrebbe prendere esempio da me, il grande Kogoro l'Addormentato! Ahahahah!» rise in modo pacchiano, come al suo solito.
 
Conan: «...» guardò Heiji facendogli cenno col capo di andare via.
 
Heiji: «Il problema principale è proprio che Kaito Kid è un volpone… ma lasciamo perdere, ho solo bruttissimi ricordi in merito.» gettò lo sguardo nel vuoto. «Allora, andiamo?»
 
Conan: «Certo, andiamo...» disse ridendo sotto i baffi.
 
Heiji: «Oh, non mi prendere in giro, sai!!» lo afferrò per la giacca e lo sollevò. «Sono io ad avere il coltello dalla parte del manico, sai, piccoletto?» gli rise in faccia.
 
Conan: «Sì, certo… E sei sempre tu quello che stava per baciare Kid!» esclamò sostenendo il suo sguardo e anche la risata.
 
Kogoro: «Sciò, andatevene! Non mi disturbate oltre con le vostre frecciatine da mocciosi! Io sono serio col mio lavoro!» fece cenno a entrambi di andare via.
 
Heiji: «Ma quale lavoro…? Mah… Ci vediamo per la cena, allora!» mise giù Conan.
 
Conan: «A più tardi, e buon lavoro a leggere le notizie!» esclamò prima di uscire dalla porta e andare al piano di sopra, seguito da Heiji.
 
Kogoro: «Non sapete nemmeno ciò che dite! Tsk!» brontolò. (Loro non possono conoscere la verità sulla mia doppia identità… Quindi li perdono!) esclamò dentro di sé, entusiasta di tutti i casi che aveva portato a termine brillantemente… e anche inconsapevolmente.
 
Una volta a casa, Conan mise via la cartella e si sedette per discutere con Heiji.
 
Conan: «Allora, Hattori. Hai fatto delle ricerche su questo Itou Mitsunari, la persona che possiede i gioielli presi di mira da Kid?» chiese il bambino con gli occhiali.
 
Heiji: «Sì, ma non ho trovato molto. A quanto pare gestiva delle imprese all’estero, ma non ha mai avuto dei problemi o cose del genere. So che è andato via dal Giappone perché aveva un particolare interesse per---»
 
Rei: «Gli Stati Uniti, luogo dove ha tirato su una vasta ricchezza grazie alla sua azienda di abbigliamento. Non è molto conosciuto in altri luoghi che non siano, appunto, l’America, però su internet ha un’ampia rete di fan. Le ragazzine sono coloro che lo conoscono meglio di chiunque altro.» 
 
La voce del giovane detective dell’ovest venne interrotta da quella di Amuro Toru che aveva fatto la sua apparizione all’interno della stanza.
 
Heiji: «Eh sì… Era quello che stavo per dire.» lo guardò di sottecchi. «Non si usa più bussare?»
 
Rei: «Il fatto è che ho portato questi tramezzini, quindi non potevo...e la porta era aperta» annuì. «Mori-sensei mi ha detto che per stasera ha deciso di andare a mangiare fuori, ma se vi fa piacere la mia compagnia, possiamo restare a parlare del caso e mangiarli.»
 
Conan: «Certo, non ci sono problemi. Grazie, Amuro-san!» esclamò il bambino che ormai aveva perso qualsiasi speranza di tenere l’uomo lontano da tutto questo. (Ma sì, probabilmente è meglio così. In fondo… Chissà a quante notizie ben nascoste può aver accesso, conoscendolo.)
 
Rei: «Grazie! Allora metto questi sul tavolo della cucina e torno subito.» si allontanò giusto per qualche secondo e poi fu di ritorno in stanza.
 
Heiji: (Si muove come se fosse a casa sua, non c’è che dire. Non è che è Kaito Kid travestito da lui? Sembra quasi un ladro.) appoggiò il mento sul palmo della mano mentre guardava Rei di sottecchi. (Kudo però si comporta come se fosse tutto normale...)
 
Rei: «Qualche problema?» ricambiò lo sguardo, ma con un’espressione totalmente diversa dalla sua, che esprimeva tranquillità.
 
Heiji: «No, figuriamoci!» fece spallucce. «Allora, dicevamo… Ho letto anche che ha avuto un incidente dove ha perso tutta la sua famiglia e da quel momento ha perso ogni contatto col mondo, o qualcosa del genere. La sua fortuna è andata a un socio che ne è il nuovo possessore e lui è tornato nuovamente in Giappone.»
 
Conan: «Queste sono informazioni che si trovano facilmente su internet?» chiese incuriosito.
 
Heiji: «Non proprio, erano su alcuni siti di cronaca statunitense. A quanto pare, è sempre stato piuttosto schivo e introverso.» fece uno sguardo più serio.
 
Conan: «Ecco perché Haibara ha parlato in quel modo, allora… Alludendo al fatto che poi ha indetto quel ballo in maschera...» cominciò a riflettere sulle parole dell’amico. «Amuro-san, come mai hai fatto delle ricerche anche tu?»
 
Rei: «Mi sono incuriosito dopo aver visto l’avviso di Kaito Kid, quello che ci ha mostrato Sonoko-san. Quindi mi sono chiesto chi fosse questa persona che addirittura possiede una villa così grande e che è amica di suo zio.» rispose in modo pacato.
 
Conan: «Capisco...» disse quasi casualmente mentre continuava a riflettere.
 
Heiji: «Ohi, K--- Conan-kun, tu cosa avresti da aggiungere? Non hai ancora detto niente!» lo guardò perplesso. «Solitamente non la smetti più di parlare! Mi sa che stavolta vinco io!» lo guardò con aria di sfida.
 
Conan: «Cosa vinceresti?» lo guardò in modo obliquo. «Mah… Hatto--- Heiji nii-chan! Sto cercando di riordinare le idee.»
 
Heiji: «Ho capito che ci stai riflettendo, ma questa non dovrebbe essere una seduta di brainstorming, eh? Quindi vorrei sentire anche quello che hai da aggiungere tu!» sbottò il detective dell’ovest.
 
Rei: «A dire il vero, anche io sarei curioso. Nonostante creda che più o meno tutti siamo a conoscenza delle stesse notizie.» incrociò le dita delle mani sotto il mento. «Quello che mi concerne di più è altro...» guardò Conan.
 
Conan: «Su Itou-san, intendi?» volse lo sguardo verso di lui.
 
Rei: «Sì. Perché, sai… Una volta sentito che Itou-san era un fanatico degli Stati Uniti, la prima cosa che mi è venuta in mente, legata al caso di cui mi avete parlato, è che c’era qualcuno che proprio in quel paese si dice che abbia inventato il genere poliziesco...»
 
Heiji: «Eh…? Si riferisce a…»
 
Il bambino con gli occhiali balzò in piedi. Il cuore cominciava a battergli all’impazzata. Non ci aveva impiegato più di un secondo a collegare il tutto. Rei aveva ragione. Forse era quello che poteva collegare le due cose indissolubilmente.

Conan: «Edgar Allan Poe, giusto? Lo scrittore di The Black Cat

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Capitolo 12
*** È ancora tutto da vedere ***


Rei: «Sì, mi riferivo proprio a lui.» annuì assottigliando lo sguardo. «Quel racconto lo avete mai letto?»
 
Heiji: «Diciamo che ne ho sentito parlare. È un racconto dell'orrore, giusto? Ma cosa c'entra con la storia dell'uomo d'affari, poi?» guardò Conan, non capendo la connessione tra le due cose. «Per il gatto nero?»
 
Conan: «Ecco, questo non te l'avevo ancora raccontato. Due giorni fa io e gli altri abbiamo trovato un gatto nero al parco. La particolarità che lo contraddistingueva era il fatto che era un peluche fatto davvero bene, così tanto che sembrava vero. Il fatto inquietante è che l'abbiamo trovato impiccato a un albero.» raccontò il bambino con gli occhiali. 
 
Heiji: «E che cosa ci faceva un peluche appeso in quel modo a un albero?!» strabuzzò gli occhi.
 
Conan: «È ciò che stiamo cercando di capire… non lo so.» lo guardò assumendo uno sguardo serio. «A questo punto, potrebbe davvero essere che le due questioni siano legate. Ciononostante, non riesco a capire…»
 
Rei: «Più che altro, dovremmo capire se è affidabile pensare che tra le due cose ci sia un nesso. A me è venuto quello in mente, ma magari a voi potrebbe venire dell’altro.» li guardò entrambi.
 
Conan: «L'istinto mi dice che hai ragione, Amuro-san. Quando l'altro giorno abbiamo nominato Edogawa Ranpo mi è venuto un lampo, ma non capivo per cosa fosse… Ora sono sicuro che è per questo. Inoltre… L'altra volta ti dicevo che avevamo incontrato due falsi testimoni, ricordi?» chiese per esserne certo. 
 
Rei: «Certo che lo ricordo. Me l'avete detto quando ci siamo incontrati vicino al vicolo.» annuì.
 
Heiji: «Io invece non so niente.» restò col mento appoggiato sul palmo della mano. «Non mi fare sentire come se fossi di troppo!!» lamentò con un'espressione crucciata. 
 
Conan: «Giusto.» sospirò. «Il giorno dopo che abbiamo visto quel gatto, un bambino di seconda della nostra scuola ci ha detto che l'aveva visto anche lui, ma era una bugia. Forse era solo alla ricerca di attenzioni, ha un mucchio di problemi alle spalle. Fatto sta che a fare questa falsa testimonianza insieme a lui c'era anche una bambina che affermava di essere la sua fidanzata.» volse lo sguardo verso Rei. «Effettivamente, la bambina in questione sembra straniera.»
 
Rei: «Aspetta, guarda. La moglie di Itou-san era americana, quindi...» gli mostrò dei fogli che aveva stampato con un articolo dove si potevano vedere delle foto scattate dopo l'incidente stradale in cui era stato coinvolto Itou Mitsunari insieme alla sua famiglia. «La piccola aveva il viso tumefatto, quindi è stata censurata. La maggiore è questa qui. Ti dicono niente?»
 
La maggiore delle due sorelle aveva quindici anni, aveva tratti stranieri, lunghi capelli rossi e gli occhi verdi, la statura era nella norma. Il suo nome era Melanie. La più piccola, invece, aveva i capelli biondi, con un taglio a caschetto. C'era scritto che aveva otto anni, ma il colore degli occhi era sconosciuto a causa della censura. Il suo nome era Raven.
 
Conan: «No. O almeno… la bambina che abbiamo incontrato ha un nome giapponese, anche se fisicamente era del tutto straniera. Si chiama Gyoku Aoi. Tuttavia, quando me l'ha rivelato mi ha guardato con fare curioso… ho avuto l'impressione che mi volesse comunicare qualcosa. Come che quel nome fosse falso… Poi aveva i capelli lunghi.» affermò il bambino con gli occhiali. «Non c’è una foto dove si vede in viso?»
 
Rei: «No, purtroppo. A quanto pare la famiglia era molto riservata e non c’è altro. Itou-san e la sua famiglia non si facevano vedere mai in pubblico. Le relazioni con il pubblico erano gestite da alcuni delegati.» fece spallucce.
 
Heiji: «Mah… Ti potrei anche dire che la lunghezza dei capelli non conta, perché oggi le donne usano le extension e non si capisce più niente… ma una bambina morta qualche tempo fa, per giunta col viso tumefatto, come potrebbe essere la persona che hai visto tu?» chiese il detective dell'ovest. 
 
Rei: «Se fosse davvero così, ciò significherebbe che la polizia ha fatto una dichiarazione falsa, o che c'è dell'altro.» diventò ancora più serio. 
 
Ci fu un solo attimo di silenzio che ai presenti sembrò durare mille anni.
 
Conan: «Aspettate!! Forse…!!» si guardò in faccia con gli altri due. «Capisco...allora era così!» esclamò. 
 
Heiji: «Ci siamo…» spostò il cappellino con il lato della visiera in avanti. 
 
Tutti e tre i detective erano giunti alla medesima conclusione nello stesso identico istante. I loro occhi brillavano di luce propria come se fossero delle stelle e, allo stesso tempo, non potevano fare altro che essere preoccupati, già che la situazione sembrava essere abbastanza grave. 
 
Heiji: «Anche se fino a qualche tempo fa si leggeva in un'altra maniera… il kanji Gyoku significa pietra preziosa.» sorrise beffardo. 
 
Rei: «Se aggiungiamo anche il significato di Aoi, che significa blu…» guardò Conan. 
 
Conan: «Abbiamo Pietra preziosa Blu… ovvero, lo zaffiro!» esclamò poco soddisfatto il bambino con gli occhiali. (Cavolo, era davvero facile… Se non mi fossi distratto con la storia di Ran, ci sarei arrivato subito…!!!) 
 
Heiji: «Direi che possiamo dedurre che le possibilità che non ci sia un nesso tra le due cose sono praticamente dello 0,01%. Poi, se Kudo dice che ha addirittura sentito qualcosa dentro di sé, direi proprio che non ci sono dubbi in merito!» esclamò con entusiasmo. 
 
Rei: «Mpf… Ahahah!» cercò di contenersi, ma non riuscì a trattenere una fragorosa risata. 
 
Conan: «Heiji nii-chan è ubriaco.» esclamò tombale mentre tutte le vene della fronte gli pulsavano all'unisono. 
 
Heiji: «Ma che stai dicendo?! E lei cos'ha da ridere?! La questione è seria!!» li guardò entrambi, non capendo che il problema principale era che si era nuovamente tradito nominando Kudo al posto di Conan
 
Rei: «Diciamo che avevo bisogno di sdrammatizzare…» si portò i capelli indietro con la mano sinistra. «A proposito, Conan-kun, non mi hai più aggiornato sulla questione del ragazzino che avete incontrato. Com'è finita con la vostra insegnante?»
 
Conan: «Come ho detto prima, ci ha svelato che ha avuto diversi problemi familiari e che quindi ha un carattere di quelli che fanno di tutto per attirare l'attenzione. Non siamo riusciti a scoprire niente di nuovo, se non dove abita… ma Aoi ci aveva lanciato un monito, vietandoci di avvicinarci ulteriormente a lui, quindi per ieri avevamo lasciato perdere. È stato in quel caso che mi ha fatto paura, perché era come se riuscisse ad annullare la sua presenza.» lo guardò mentre una goccia di sudore gli scendeva lungo la schiena. 
 
Heiji: «Sembra quasi come se fosse il fantasma della bambina morta nell'incidente. Meno male che non credo a queste cose e che non ci sono quelle due in mezzo ai piedi.» sospirò. 
 
Rei: «Non è molto carino parlare così di due ragazze.» volse lo sguardo su Conan. «Non riesci a ricordare qualche altro particolare?»
 
Conan: «No… niente di interessante…» cercò di riflettere. (Di strano ci sono solo Haibara e il suo comportamento, insieme a tutto ciò che abbiamo già citato. Tra l'altro, sono sicuro che se c'è Subaru-san di mezzo, le informazioni che hanno trovato non possono essere solo quelle che mi ha dato lei. Dovrei chiedere direttamente a lui, ma non posso chiamarlo, né andare a casa…) 
 
Heiji: «Oooh! Ci sei?» afferrò Conan per le spalle e lo scosse con violenza. «Su che pianeta sei finito?!» lo guardò scuro in volto. 
 
Conan: «In nessuno, sono rimasto sempre qui!» esclamò come se non si fosse mai perso nei suoi pensieri. 
 
Rei: «Posso andare a preparare un po' di caffè, vi va?» si alzò dalla sedia. 
 
Conan: «Ma certo, volentieri! Grazie, Amuro-san. Noi ti possiamo aspettare qui, vero?»
 
Rei: «Certamente, non ci starò molto!» sorrise e andò in cucina. 
 
Heiji: «Senti, Kudo… Devo dirti una cosa su questo tizio. Da quando ha messo piede in questa stanza…» lo afferrò e lo avvicinò a sé. 
 
Conan: «Ohi, Hattori… Alla prossima che ti sento nominare Kudo davanti a lui, ti faccio arrivare direttamente alla villa prima del tempo…» bisbigliò guardandolo male. 
 
Heiji: «Aah… Non ci ho fatto caso…! Per quanto è perspicace, non credo che non l'abbia già capito di per sé… Tuttavia, dato che c'è sempre di mezzo il beneficio del dubbio, prometto che farò ancora più attenzione!» bisbigliò a sua volta. «Ma non conosce un po' troppo bene questa casa?» disse a voce ancora più bassa. 
 
Conan: «Sì, ma è normale, dato che si è auto-nominato discepolo dello zietto…» gettò gli occhi al cielo. «Diciamo che viene spesso a trovarci e aiuta anche Ran in cucina, a volte.»
 
Heiji: «Ora è chiaro… E lo fate entrare così tranquillamente? Gli lasciate fare ciò che vuole?» chiese incuriosito. 
 
Conan: «Ma sì, è davvero una brava persona!» sorrise. 
 
Heiji: «Se lo dici tu...» lasciò la morsa nella quale lo teneva stretto a sé. 
 
Rei: «Eccomi qui!» appoggiò un vassoio sul tavolo e distribuì le tazze di caffè. «Prego.»
 
Heiji: «Grazie. Si vede che lavora in un café!» esclamò vedendo i modi eleganti dell'uomo. 
 
Rei: «Non è niente di che, davvero.» sorrise e tornò a sedersi. 
 
Conan: (Se solo Hattori sapesse la verità…) prese la tazzina. «Grazie, Amuro-san!»
 
Rei: «Di niente. Non ho aggiunto né zucchero, né altro, quindi fate voi.» indicò loro la zuccheriera e il latte. 
 
Heiji: «Wow, a momenti non li vedo più nemmeno al ristorante…!» strabuzzò gli occhi per la sorpresa. 
 
Conan: «Amuro-san è molto conteso sia dalle ragazze che dagli uomini, sapessi!» accennò una risata mentre sentì che lo smartphone di Shinichi stava vibrando.
 
Poteva essere finalmente quella fatidica e-mail di Ran che attendeva con ansia dal giorno prima? 
 
Conan: «Ah! Devo andare in bagno!!» si alzò. «Torno subito!!» scappò alla velocità della luce. 
 
Heiji e Rei: (Chissà cosa sta nascondendo…) pensarono dentro di loro, certi che non sarebbe mai stato qualcosa di legato al caso. 
 
Conan, intanto, era prontamente arrivato in bagno. Non sapeva cosa pensare. Come avrebbe potuto dirle di no? Come poteva convincere Haibara a dargli quella maledetta pillola?
 
Conan: (Non dico che farei un patto col demonio, ma siamo lì… per me è importante… lo è davvero tanto.) pensò mentre si sedeva sulla tavoletta chiusa del wc. (Bene…) afferrò lo smartphone con veemenza e chiuse gli occhi. (Devo trovare le parole giuste… forza, Shinichi!!) passò dalla modalità standby a quella normale e per prima cosa vide il mittente.
 
Sonoko.
 
Conan: (Nooooooooo… dopo Hattori anche lei… che vuole questa da me?!) pensò deluso mentre apriva l'e-mail. 
 
Il messaggio diceva questo: "Ciao Shinichi-kun! So che per te la tua cara mogliettina è sempre un optional, ma sono sicura che non appena vedrai questa anteprima, nemmeno tu potrai esimerti dal venire alla festa! ʕ•̀ω•́ʔ✧ Mi raccomando: CHIEDIGLIELO ENTRO LA MEZZANOTTE, O LA MAGIA ANDRÀ VIA! •̀.̫•́✧ Ganbatte! (๑•̀ㅂ•́)و✧ Sonoko."
 
Conan: (Certo, perché dipende da me… Ma che devi sapere, Sonoko?! Poi, entro la mezzanotte… cos'è, Cenerentola?) sospirò e aprì l'allegato che gli aveva mandato.

Sì trattava di un file in formato pdf che si chiamava Programma del ballo in maschera. Conan lo aprì senza pensarci due volte. All'interno del file vide un singolo elemento.

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Capitolo 13
*** In che modo convincerla? ***


L’elemento contenuto in quel file era una foto. No, per dirla con precisione era una foto modificata, perché era tagliata a metà, in modo che fosse composta da due immagini accostate l'una all'altra. 
 
La protagonista di entrambe le foto era la sua Ran.
 
Il primo impatto che ebbe sul bambino fu quello di un ragazzo innamorato – in poche parole, quello che era. Arrossì e cominciò pian piano a sentire la gola secca e la mani sudate. L'emozione lo stava divorando, perché aveva capito che quello che aveva indosso la ragazza sarebbe stato l'abito che avrebbe indossato alla festa da ballo il giorno dopo.
 
Era un abito lungo, azzurro. La gonna, molto ampia, le arrivava fino ai piedi e, nella foto accostata, si poteva vedere che la parte posteriore aveva un piccolo accenno di strascico. La stoffa utilizzata sembrava tulle. Su tutta la lunghezza c'erano delle piccolissime perline che risplendevano come dei gioielli. Al centro dell'abito c'era un corsetto in raso. Il colore era di una tonalità di azzurro più scuro di quello della gonna, anche se, con un occhio poco attento, la differenza poteva non essere notata. Era semplice, reggeva una scollatura da urlo che per poco non faceva svenire il ragazzino che la guardava, diventato totalmente paonazzo. La particolarità di questo corsetto stava nel fatto che nella parte anteriore vi era una chiusura a lacci che lasciava intravedere una piccolissima parte del vestito che si avvicinava al blu cobalto, ma si amalgamava davvero alla perfezione col resto dell'abito. Dietro, il vestito era scoperto tanto quanto nella parte anteriore, infatti, si potevano intravedere le scapole della ragazza che teneva i capelli sollevati con una mano. Dulcis in fundo, dalla parte superiore del corsetto, si dividevano due fasce di tulle che fungevano da maniche. Esse si protraevano fino alla parte posteriore del vestito, ai lati della chiusura a lacci. Le lasciavano le spalle totalmente scoperte e le avvolgevano solo parte delle braccia. Erano bellissime, dello stesso colore della gonna. Applicate su di esse, c'erano delle piccole farfalle color blu, ciano e bianco che servivano da decorazione, anche se il vestito era già abbastanza maestoso di per sé. 
 
Da quando aveva visto la foto, il tempo si era come fermato, squadrando centimetro per centimetro tutto quello che ritraeva. 
 
Il viso di Ran era radioso, anche se non nascondeva l'imbarazzo. 
 
Il viso di Conan non nascondeva l'imbarazzo, ma non era affatto radioso. 
 
Il pensiero che non sapeva come fare per convincere Ai a dargli una benedetta pillola lo mandava quasi in bestia. Voleva stare con la sua fidanzata per quell'occasione speciale. Il battito del suo cuore era facilmente percepibile. Era accelerato per la gioia e la sorpresa, ma anche per la disperazione in cui era - nuovamente -  piombato. 
 
Conan: (Non voglio condividerla con nessuno… Adesso basta. L'Organizzazione me la pagherà… io…) strinse un pugno. (Devo esserci, non voglio deluderla per nessuna ragione al mondo! Sarò io a portare la mia Cenerentola al ballo.) annuì. «Bene, a mali estremi…» rise malignamente e uscì dal bagno, tornando in soggiorno. 
 
Heiji: «Finalmente, K--- Conan-kun! Pensavamo che ti fossi gettato nella tazza per la felicità di aver scoperto qualcosa in più sul caso!» gli rise in faccia. 
 
Rei: «Bentornato, Conan-kun. Tutto bene?» lo guardò come se niente fosse. 
 
Conan: «Sì, è tutto a posto! Heiji nii-chan si diverte sempre un mondo a imitare molto male un bullo.» si sedette e lo guardò male. 
 
Heiji: «Sì, guarda, sono davvero perfetto per essere un bullo!» gli arruffò i capelli. 
 
Rei: «Mpf… Ascolta, Conan-kun, hai riflettuto su ciò che hai letto?» sollevò l'articolo di giornale. 
 
Conan: «Mh?» lo guardò. «Ah, sì, sì! Sicuramente c'entra con il gatto del parco.» annuì convinto. 
 
Heiji: «Non è quello che sta cercando di dirti.» rise come se non ci fosse un domani. «Abbiamo fatto dei ragionamenti sui nomi delle due ragazzine mentre tu eri rinchiuso in bagno.»
 
Conan: «Non ho capito, io vado in bagno e tu ridi?» lo guardò di sottecchi. 
 
Heiji: «È che sai… doveva essere proprio grande, per quanto sei rosso in viso.» gli fece l'occhiolino. 
 
Conan: «…» lo fissò male. «Lasciamo perdere, Heiji nii-chan. Il tuo spirito di oggi mi sta facendo commuovere.» sospirò. 
 
Rei: «In ogni caso, i nomi erano Melanie e Raven, anche se immagino che li ricordi bene.» annuì.
 
Conan: «Sì, eccome se li ricordo! Il primo richiamo che ho sentito è quello del nome della più piccola, ovvero Raven. Se la memoria non m’inganna c’è una poesia di Poe che si chiama così, correggetemi se sbaglio.» guardò Rei cercando di mantenere la calma.
 
Rei: «Sì, non sbagli. E per quanto riguarda Melanie, il nome deriva dal greco e significa proprio oscurità, nero.» cercò di rassicurarlo. «Anche se ci sono tanti riferimenti al nero e addirittura ai corvi, non è detto che tutti portino dalla stessa parte.» sorrise.
 
Conan: «Se lo dici tu, Amuro-san...» tirò un sospiro di sollievo.
 
Heiji: «Beh, c’è da dire che questa persona ha dei gusti particolari e, se posso permettermi, alquanto tetri...» si mise una mano in faccia. «Ma davvero potrebbe interessarci come indizio? Perché se gli indizi riconducono a racconti e poesie horror, siamo davvero a posto. Non presagisco niente di buono.»
 
Conan: «Non lo so. Per prima cosa dovremmo capire cos’è che vuole questa persona. E possiamo stare certi del fatto che se si è premurato di indire una festa da ballo, un motivo ce l’avrà. Non trascuriamo il fatto che si dice sia depresso.» assunse una posa riflessiva.
 
Rei: «Ricordiamoci, inoltre, che è un ballo in maschera. Quindi immagino che ci sarà un motivo anche per questo.» continuò a riflettere anche lui. «Certo, ha detto che è per esporre gli zaffiri, ma sarà la verità?»
 
Heiji: «Se potessi rispondere così, a pelle, direi di no. In realtà, tutto il caso è alquanto strano, non trovate? Una famiglia riservata che fa quella fine tragica e muoiono tutti tranne il conducente, che è la persona che sta organizzando la festa... » guardò sia Conan che Rei. «Credo che dietro ci sia qualcosa di davvero grosso.»
 
Conan: «Ma certo, lo credo anche io. Domani potremo indagare direttamente sul posto e sicuramente capiremo cosa significa.» fissò Rei.
 
Rei: «Ah, io l’ho detto ieri, ma purtroppo non ci sarò. Sono già occupato!» esclamò con un’espressione mite dipinta sul volto.
 
Heiji: «Mi scusi se glielo chiedo, ma allora che ci fa qui a discuterne con noi?» disse perplesso il detective dell’ovest.
 
Rei: «Dato che mi sono trovato coinvolto in questa storia per un fatto totalmente casuale, ho preferito dare la mia opinione in merito e condividere le informazioni che avevo trovato. Tutto qui.» rispose pacatamente.
 
Heiji: «Capisco.» guardò Conan. «Sei stato tu a coinvolgerlo casualmente? Ricordo che prima parlavate di un certo vicolo o qualcosa del genere.»
 
Conan: «Eh sì! Ma lascia perdere, tanto non è qualcosa di rilevante!» agitò freneticamente le mani. «In ogni caso, è davvero un peccato che non ci sarai, Amuro-san. Sarebbe stato un grande aiuto.»
 
Rei: «Sono certo che voi due insieme ce la farete.» fece spallucce. «Eeeh, a saperlo prima...»
 
Heiji: «Sì, anche io credo che ce la faremo, con o senza di lui!» annuì incrociando le braccia al petto, sicuro di sé. «In fondo, ce la siamo sempre cavata così!»
 
Conan: «Già, è vero. Effettivamente, dimenticavo che ci sarà anche Sera nee-chan...» gettò gli occhi al cielo.
 
Heiji: «Non credo che né tu né lei potrete capire come stanno le cose prima di me! Domani lo dirò anche a lei, ma vincerò io!» lo guardò con aria di sfida.
 
Conan: «Sei proprio ostinato, non c’è niente da fare...» sospirò.
 
Kogoro: «Io sto andando a cenare, volete venire?» disse entrando in stanza mentre si metteva la giacca addosso.
 
Conan: «No, mangeremo i tramezzini che ha fatto Amuro-san. Ci vediamo più tardi!» disse con tono squillante.
 
Heiji: «Se non fosse che mi sentirei messo da parte, andrei volentieri...» si accarezzò la pancia.
 
Rei: «Addirittura?» si mise a ridere.
 
Heiji: «Era un modo di dire!» sbottò il detective dell’ovest.
 
Kogoro: «Non litigate! Fate i bravi. Allora ci vediamo più tardi, ragazzi.» si mise le mani in tasca e andò via.
 
Rei: «Buona cena, sensei!» lo salutò sollevando la mano.
 
Heiji: «Mah! A più tardi!» esclamò leggermente irritato.
 
Conan: «Ciao zietto!!!» guardò Rei. «Effettivamente si è fatto tardi… Suppongo ci convenga cominciare a preparare anche per noi?»
 
Rei: «Certo, me ne occupo io. Poi stiliamo una lista dei nostri sospetti e domani vedete di concludere questo caso.» annuì.
 
Heiji: «Ci può scommettere! Sarà un gioco da ragazzi!» si gettò sul divano come se fosse un peso morto. «Sto morendo di fame---»
 
Rei: «Non ti preoccupare, vado subito a preparare. A tra poco!» andò in cucina.
 
Conan: «A dopo!» si assicurò che Rei fosse abbastanza lontano. «Hattori, io devo fare una telefonata a lei.» bisbigliò.
 
Heiji: «Telefona a chi vuoi, io resterò qui a riflettere… anche se a stomaco vuoto non so quanto potrà essere d’aiuto.» guardò verso la cucina.
 
Conan: «Naah, Holmes diceva che così si riflette meglio.» annuì convinto. «La penso esattamente come lui!»
 
Heiji: «Non avevo alcun dubbio in merito, guarda. Sono io a non essere affatto d’accordo!» incrociò le braccia dietro la nuca. «Vai via, va’!» gli fece cenno di allontanarsi.
 
Conan: «Manco fossi un animale...» borbottò e andò nella sua stanza. «Bene...»
 
Prese lo smartphone e chiamò Ai. Il suo telefono squillò tante volte, ma a vuoto.
 
Conan: «Che cavolo fa?!» guardò l’ora. Erano quasi le 19:30. «A quest’ora non dovrebbero preparare anche loro per la cena?! È anche abbastanza tardi… OK, a mali estremi...» telefonò direttamente a casa del dottor Agasa.
 
Dr. Agasa: «Pronto?»
 
Conan: «Dottor Agasa, sono io! Può passarmi Haibara?? Che diavolo sta facendo?? Ho provato a chiamarla ma non mi ha risposto!» sbottò per la rabbia.
 
Dr. Agasa: «Shinichi… abbi pazienza, sai com’è fatta… Era impegnata, stava... lavando i piatti!» affermò con un tono non molto convinto.
 
Conan: «So che questa è una bugia! Non usate la lavastoviglie voi?! Mi passi Haibara! Lo so che lo sta facendo apposta!!» aggiunse, sempre più furioso.
 
Dr. Agasa: «Non… Asp---!!!» la cornetta gli venne confiscata dalla bambina che era esattamente accanto a lui.
 
Ai: «Cosa vuoi, Edogawa-kun?» disse tombale.
 
Conan: «Non mi hai risposto al cellulare e adesso mi stai prendendo in giro! Sai molto bene cosa voglio!» inveì contro di lei.
 
Ai: «In questo caso, non ti posso aiutare. E, comunque, domattina mi vedo con Yoshida-san, quindi non mi disturbare ulteriormente e non mi cercare come hai fatto stamani, chiaro?» aggiunse con tono serio.
 
Conan: «Da quanto tempo avevi sperato che ti chiamassi per rispondermi in questo modo? Ohi, Haibara! Per me è davvero importante… E in ogni caso, sappi che lo so che mi stai nascondendo delle informazioni! Certo, non ne capisco il motivo, ma se c’è qualcosa che non va, sai che puoi parlarmene!» esclamò cercando di impietosirla da un lato e parlando seriamente dall’altro.
 
Conan era sempre stato in questo modo nei confronti della bambina. Era sempre stato iperprotettivo e si era sempre ponderatamente preoccupato per lei quando, in più casi, le aveva salvato la vita o le aveva nascosto qualcosa a fin di bene. Perché lei doveva fare sempre la difficile?
 
Conan: «Sei sempre la solita, Haibara!» sbottò il bambino, dopo aver cercato invano di mantenere la calma.
 
Ai: «Non credo proprio, quello sei tu, Edogawa-kun. Se pensi che io ti stia nascondendo qualcosa… Sì, hai ragione, ormai è inutile nasconderlo. Tanto prenderai parte a quel ballo, no? Lo farai in ogni caso, no? Bene, allora fallo. Ma non sarò io a farti entrare nella tana del lupo, sappilo.» gli rispose con un tono molto tranquillo, come se si fosse già preparata psicologicamente a una discussione del genere.
 
Conan: «Lo so che non puoi capirmi perché non sei innamorata di nessuno e quindi la cosa non ti riguarda. Ma non sarà tenendomi dentro una campana di vetro che le cose cambieranno. Haibara, se credi che ci possa essere la benché minima possibilità che ci possa entrare qualcosa l’Organizzazione e hai paura, lo capisco. Nonostante ciò, vorrei essere io a decidere in questo caso. Sono io che, nell’eventualità, sono d’accordo a espormi. Sono disposto a qualsiasi cosa… Qualsiasi. Non puoi nemmeno immaginare quanto questa scelta sia difficile anche per me, però, mi fa ancora più male il pensiero che Ran non faccia altro che aspettare e aspettare… Per una volta, vorrei essere felice insieme a lei in qualcosa di bello come un ballo, che una principessa come lei merita. Non mi aspetto che comprendi come mi sento, ma se hai almeno un briciolo di buonsenso, dammi ascolto… So di essere un egoista, tuttavia non posso davvero farci niente. Per favore.»
 
Il tono della sua voce era calmo e rilassato, non era più impetuoso come quello che aveva usato precedentemente. Ci aveva messo il cuore in ciò che aveva detto, voleva a tutti i costi che Ai cercasse di immaginare come potesse essere il suo punto di vista, pur non potendolo comprendere. Sapeva che non aveva possibilità, che la ragazzina, per un motivo o per l’altro, finiva sempre per dirgli di no. Ma questo era l’unico modo che aveva per ottenere una chance: essere sincero e cristallino.
 
Ai: «...» restò in silenzio. «Devo pensarci, ma possibilmente, la risposta rimane quella di sempre. E per tua informazione, anche se non sono fidanzata con nessuno, non è che non so cosa si prova a sentire dentro di te un sentimento d’amore. Poi pensa quello che vuoi, la cosa non mi riguarda.» chiuse la telefonata.
 
Conan: (Mica puoi paragonare il tuo amore platonico per Higo-san al mio per la mia fidanzata…) sospirò e posò lo smartphone sul comodino. «Va bene, almeno non è zero...»
 
Rei: «È pronto, vieni di là, Conan-kun?» chiese mentre bussava alla porta.
 
Conan: «S-Sì, arrivo!» rispose, preso alla sprovvista. (Non è che ha origliato, vero? In caso, Hattori se ne sarebbe accorto...) uscì dalla stanza per raggiungere l’amico e lo vide ancora sul divano, appisolato. (Seh… di cosa doveva accorgersi?) lo guardò lapidario. (Quasi quasi non lo sveglio e mangio anche la sua parte, così impara.)
 
Rei: «È pronto!» disse alzando la voce.
 
Heiji: «Aaahh… Mi sono addormentato…!» si sollevò, stiracchiandosi. «Che buon profumino~~!» andò a lavarsi le mani e poi si sedette a tavola. «Grazie per la cena!»
 
Conan: «Sì. Buon appetito.» esclamò con tono solenne. (Niente, in questi giorni non ho alcun tipo di fortuna… Prima o poi girerà anche dalla mia!!)
 
Intanto, a casa del dottor Agasa, Ai aveva appena fatto una telefonata. 
 
Ai: «Sì, sono io. Siamo d'accordo per domani sera?»

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Capitolo 14
*** La scelta giusta ***


La cena era trascorsa nella tranquillità più totale. Anche il dopo cena era andato bene e, come avevano detto in precedenza, i tre detective avevano stilato le parti più importanti che riguardavano ciò che avevano trovato. In seguito, Rei era andato via, Kogoro era tornato e poi era andato a letto, russando come sempre… Ma stavolta aveva accanto a sé la presenza di Heiji che parlava di cibo nel sonno. E poi c'era lui, il depresso della situazione, ovvero, Conan. Aveva da poco ricevuto un'e-mail da parte di Ran che gli aveva chiesto come andava, di lavarsi i denti prima di dormire e, soprattutto, di non entrare nella sua stanza. Lui aveva risposto come faceva sempre: con le sue bugie. Quella sera si sentiva più in colpa del solito. Non sapeva nemmeno perché, dato che alla fine la colpa era solo dell'Organizzazione e non la sua. Ma la coscienza rimordeva… eccome.
 
Conan: (Come devo fare…) disteso nel suo futon, cercava delle risposte che nessuno gli poteva dare né suggerire. (E lei non mi ha nemmeno mandato nulla… Non so più se sperare o no. Giusto, cosa dovrei sperare?)
 
Conan era totalmente avvilito, ma la forza della disperazione gli fece prendere in mano lo smartphone di Shinichi e controllare se era, effettivamente, arrivata questa fatidica e-mail. 
 
Conan: (Sono così convinto che non ci sia nulla che non ho nemmeno più la tachicardia…) sospirò. 
 
La casella dei messaggi era vuota come sempre. Anzi, solitamente era proprio Ran a ravvivare quegli spazi che senza il suo nome forse potevano anche non esistere. La ragazza non aveva mandato un bel nulla e ciò fece rattristare ulteriormente Conan. 
 
Conan: (D'accordo, te la sei voluta tu!!) cominciò a scrivere un messaggio lui stesso. (Allora… "Ciao Ran. Ho saputo tramite Sonoko che domani ci sarà una festa da ballo in una villa di un amico di suo zio. Che fai, non mi dici niente? Vuoi che ci vada con una che non sei tu?!") annuì. (Così dovrebbe andare.) 
 
Era sul punto di inviarlo, ma si fermò. In realtà non sapeva mica se poteva essere lì oppure no. Ma se avesse potuto scegliere, come avrebbe invitato la sua principessa? Quali parole avrebbe scelto? Avrebbe cercato dei paroloni impossibili? Difficili? Parole ricercate che non usa nessuno ma che lasciano un certo impatto? Avrebbe quotato Holmes? No, Holmes si addiceva a lui, lei era Watson! E questo cosa c'entrava? Non lo sapeva nemmeno lui. Confusione. Questa era l'unica certezza che aveva. Il bambino si alzò e si diresse verso un'altra stanza, dove si affacciò alla finestra. 
 
Conan: «Riproviamo… "Ciao Ran. Sonoko mi ha avvisato che domani ci sarà un ballo in maschera indetto da un amico di suo zio, il consigliere generale Suzuki Jirokichi. Dato che mi ha invitato e so che anche tu lo sei, vorresti farmi compagnia?"... Così sembrerà mica che sto invitando un'accompagnatrice?» sospirò. «Fa schifo.» si mise una mano in faccia. «E se poi non potrò esserci? La scusa che dovrei accampare sarebbe ancora peggiore di non posso.» guardò nuovamente lo smartphone e notò che l'ora era appena cambiata e segnava la mezzanotte. «Ora che ci penso, quel vestito ricordava un po' quello di Cenerentola della Disney. Oppure sono solo plagiato da ciò che ha scritto Sonoko? Effettivamente… Quella canzone recita… I sogni son desideri… Peccato che a volte rimangono tali.» guardò la luna che sembrava sorridergli. «Cosa dovrei fare?»
 
Sentì la brezza fresca diventare più movimentata e intensa, come se qualcuno gli stesse passando accanto. Conan fece un passo indietro supponendo che la suggestione l'aveva convinto. Seppur non credesse a queste cose, andarsene era la soluzione migliore oppure ammalarsi si sarebbe rivelata essere la peggiore delle situazioni. Così, mentre fu in procinto di chiudere la finestra, sentì delle parole che sembravano essere bisbigliate dal vento. 
 
Just do it.
 
Conan: «Cosa?!» spalancò nuovamente la finestra per vedere che non c'era nessuno. (Da dove veniva?!) guardò per strada, sui tetti, ma non c'era nulla, nemmeno la piccola traccia di un'anima. (I fantasmi non esistono. O era la mia coscienza, o era qualcuno che vuole prendermi in giro… che però è come se leggesse nella mia mente.) volse nuovamente lo sguardo verso lo smartphone. (OK, ho capito. Magari è suggestione, ma ci provo lo stesso, tanto quelle là staranno ridendo e gracchiando.) l'espressione era sempre bieca, ma quel l'incoraggiamento arrivato da vento l'aveva tirato un po' su e sentiva che poteva farcela. 
 
Cercò il nome di Ran nella rubrica e, senza nemmeno un attimo di esitazione, le telefonò. 
 
Deglutì una volta, poi due, poi tre volte. Sentì uno squillo e il cuore di Shinichi stava per uscirgli fuori dal petto. Due squilli. Tre squilli. Quattro. Il tempo sembrava infinito, ogni squillo durava almeno un'ora per il ragazzo. Poi, il quinto squillo non arrivò mai, perché Ran, finalmente, rispose. 
 
Ran: «Shi… Shinichi?» disse titubante. 
 
Conan: «!!» prese il farfallino e cambiò la sua voce con quella di Shinichi, già che immerso nei suoi pensieri l'aveva totalmente dimenticato. 
 
Ran: «Ehm, ci sei…?» chiese maggiormente titubante. 
 
Conan: «Sì, scusa! Stavo pensando…!» esclamò non riuscendo a trovare una scusa decente.
 
Ran: «Non ho capito… mi chiami a quest'ora e mi dici una cosa del genere? Ti sembra che sono stupida, mio caro? So bene che al 90%, durante la giornata, non fai altro che pensare. C'era bisogno di specificarlo?» sbottò alterata. 
 
Conan: «No, è che… insomma…» arrossì. «Cenerentola dice che un desiderio svelato non si avvera più, ma io farò in modo che il mio possa farlo. E domani sarò lì, al grande ballo… insieme a te, mia principessa. Non lascerò che la matrigna ci separi da una serata importante come questa… Per nessuna ragione al mondo.»
 
Ran: «Shi…Shinichi…»
 
Erano distanti. Si trovavano in due case diverse, in due realtà totalmente differenti. Eppure entrambi riuscivano a percepire il battito del loro cuore. Tu-Tum Tu-Tum Battevano all'unisono. Anche i loro visi erano totalmente arrostiti, ma questi erano differenti. Shinichi era orgoglioso di essere riuscito a esprimere proprio ciò che avrebbe voluto e nel modo che avrebbe voluto. Mentre Ran era totalmente imbarazzata, tanto da avere le lacrime agli occhi per la felicità. Era attorniata dalle sue amiche che stavano morendo dalla voglia di abbracciarla e di sapere come sarebbe andata a finire la discussione. 
 
Conan: «Non piangere, Ran! Non c'è bisogno che tu mi risponda. Sai… riesco a sentire quello che pensi dentro di te… credo che i nostri cuori siano allineati in questo momento. Quindi non ti fare problemi, ma almeno smetti di piangere!» sorrise. 
 
Ran: «Uffa, smettila!!» si asciugò gli occhi. «Allora… domani ti aspetto… Guai a te se non ti farai vivo!» esclamò mentre sorrideva tra le lacrime che le rigavano il viso.
 
È vero, poteva sembrare esagerato, ma ciò che Ran aveva dentro di sé fino a quel momento era totalmente inenarrabile. Non aveva minimamente provato a chiedere nulla a Shinichi perché sapeva che non sarebbe mai venuto. Dentro di sé aveva questa paura che la attanagliava dal giorno prima. Il motivo principale era che non voleva che si sentisse in colpa, per lei non avrebbe avuto senso farlo stare male inutilmente… quindi aveva rinunciato sin dall'inizio. Tuttavia, adesso arrivava questa improvvisa gioia nel bel mezzo della notte. Come poteva non lasciarsi andare alle sue emozioni? 
 
Ran: «Grazie… lo so che lo fai per me. Non te ne farò pentire.» sorrise.
 
Conan: «Ci mancherebbe! Mi fido di te, mettiamola così!» disse cercando di nascondere l'imbarazzo, rovinando l'atmosfera che aveva creato. «Bene, allora ti saluto! A domani, Ran. Buonanotte.»
 
Ran: «Ma cose… Sei davvero uno scemo!» sbottò. «Ma per stavolta ti perdono… Anche perché se mi farai arrabbiare, ti lancerò la scarpetta in testa, te la farò vedere io! Buonanotte, Shinichi. Fai sogni d'oro.»
 
Conan: «Sentila… Me ne ricorderò. Grazie, allora. Fai sogni d'oro anche tu!» chiuse la chiamata.
 
In preda alle crisi esistenziali, chiuse la finestra e tornò di fretta nel suo futon. Il cuore gli batteva all'impazzata. Si sentiva al settimo cielo. Pensava addirittura di non essere mai stato tanto felice. E poi arrivava il momento della consapevolezza: le aveva detto che si sarebbero visti, ma non ne aveva alcuna certezza.
 
Conan: (Aspetta… adesso che ci penso bene… quella voce devo averla sentita da qualche parte… È una voce femminile che non mi sovviene, ma dove l'ho già sentita?) 
 
Nonostante i mille pensieri, quella notte, Conan riuscì a dormire sogni tranquilli. Non sapeva perché, ma era certo di potersi fidare di quella voce, anche se non riusciva ancora bene a capire a chi potesse appartenere.

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Capitolo 15
*** Sorpresa e attesa ***


Bene, il giorno X era arrivato.
 
La mattina Conan fece colazione al Poirot insieme a Kogoro e Heiji.
 
Conan: «Oggi Amuro-san non c’è?» chiese ad Azusa.
 
Azusa: «Oggi ha voluto il giorno libero, aveva da fare, a quanto pare... Dovevi parlargli, Conan-kun?» gli rispose gentilmente.
 
Conan: «No, era per sapere… dato che solitamente lo trovo quasi sempre.» esclamò mentre continuava a mangiare la sua colazione.
 
Kogoro: «Infatti, anche la colazione quando c’è lui è più buona. Cioè, non voglio dire che quello che prepari tu non va bene, Azusa-chan, però--- Ormai sono abituato alla cucina di Amuro-kun!» cercò di riparare in qualche modo a ciò che aveva detto per non offenderla.
 
Azusa: «Non si preoccupi… Ce lo dicono in tanti, ma non posso legare Amuro-san a questo posto e farlo cucinare per sempre, no?» disse un po’ imbarazzata.
 
Heiji: «Mah, secondo me lo idolatrate troppo. È vero che è bravo, ma non esageriamo! Inoltre, conosco chi cucina meglio di lui, ma non ne farò mai il nome!» annuì convinto.
 
Azusa: «Grazie mille, ma in realtà è proprio così… Amuro-san è come se fosse un idol all’interno di questo locale. Non ti dico come gli vanno dietro le ragazzine…! Ah, scusate, devo andare a servire agli altri tavoli!» si chinò e andò via.
 
Heiji: «Guarda un po’, lo immaginavo. Bah, oggigiorno le ragazzine non hanno niente da fare!» fece spallucce e continuò a mangiare. «Ah, ma non è che ha pensato che mi riferivo a lei quando ho detto che non avrei mai nominato quella persona?»
 
Conan: «Eh… non credo.» sospirò. «In ogni caso, se non c’è...» acuì lo sguardo.
 
Kogoro: «Non è normale che, a parte il lavoro, anche lui abbia una vita, moccioso?» lo guardò male.
 
Conan: «Certo che sì, zietto! Però mi manca, sai che è mio amico, no?» parlò con la vocina di un bambino. (Sapessi che di vite ne gestisce ben tre…)
 
Kogoro: «Sta' zitto e mangia!» controllò l’ora. «Certo che se Ran manca per tutta la giornata, non so come sopravvivere fino a stasera.»
 
Heiji: «Potremmo andare a mangiare altrove per il pranzo, no?» lo guardò contentissimo.
 
Kogoro: «Ma ti pare che posso spendere tutti questi soldi?» sbottò irritato. «Stare via per più di una giornata intera, spendere un sacco di soldi di vestiti… Ma cosa si crede di essere? Un’adulta??»
 
Conan: «In realtà oggi è sabato, quindi è anche giusto che di tanto in tanto si riposi anche lei e si diverta con le altre, no?» commentò acidamente. (E non ti lamentare per i soldi, sei tu che li sprechi...)
 
Kogoro: «Sì, certo. Ma almeno che passi a preparare i pasti e vada a comprare qualcosa anche per me!!» finì di mangiare. «Bene, io vado in ufficio. Venite anche voi?»
 
Conan: «Ehm… No! No, zietto, noi dobbiamo andare a fare delle compere!» annuì almeno tre volte.
 
Heiji: «Davvero…?» lo guardò chiedendosi cosa dovessero comprare.
 
Kogoro: «Allora non vi aspetto. Ciao!» si alzò.
 
Conan: «No, infatti… Ci vediamo direttamente stasera per andare alla villa!» esclamò il bambino con gli occhiali.
 
Kogoro: «Ah. Meglio così, allora! A stasera!» se ne andò soddisfatto.
 
Conan: «Ciao!!» sollevò le braccia e lo salutò anche lui. «Hattori, dobbiamo assolutamente andare a comprare un vestito per stasera!!» bisbigliò a voce più bassa che poteva.
 
Heiji: «Ku--- Non te l’avevo detto che l’ho portato in valigia? Non ne ho bisogno!» rispose seccato mentre mandava giù l’ultimo boccone della colazione.
 
Conan: «In realtà ne ho bisogno per me… Non so perché, ma anche se Haibara mi ha detto di no, dentro di me sento che ce la posso fare! Cioè, posso partecipare al ballo… Io! Io, Hattori!» lo afferrò per un lembo della giacca.
 
Heiji: «Stai parlando sul serio? E come faresti senza l’aiuto di quella mocciosa saccente?» lo guardò perplesso mentre si puliva le labbra con un tovagliolo.
 
Conan: «Non ne ho idea… Lei mi ha detto che ci penserà. Quindi adesso passiamo da casa del dottor Agasa e ne parliamo direttamente con lei e poi andiamo a comprare un abito adatto per me!» lo guardò insistentemente. «Muoviti, Hattori!!!»
 
Heiji: «Io non mi fiderei di quella bambina, ma se lo dici tu… tanto non avrei lo stesso niente da fare.» si alzò. «Allora, andiamo?»
 
Conan: «Certo!» il bambino annuì felicissimo e dopo aver salutato Azusa lasciarono il Poirot e si incamminarono verso i negozi.
 
Heiji: «Se posso suggerire una cosa, andiamo prima a comprare il vestito e poi dalla marmocchia oppure ho come l’impressione che non riusciremo a fare niente.» si mise le mani in tasca.
 
Conan: «In realtà, dovrei anche andare a parlare con Subaru-san… Dato che Haibara non vuole dirmi la verità, allora andrò a verificare io stesso. Ma prima devo assolutamente parlare con lei.»
 
Heiji: «Certo che fa la difficile, non te ne passa mai una… Quelle pillole lì sono una salvezza… Ma perché non ne crea una più efficace che ti possa fare restare nelle tue fattezze reali?»
 
Conan: «Ha detto che ci sta lavorando... » sospirò. «Quindi immagino che prima o poi ce la possa fare.»
 
Heiji: «Mmh… Hai mai avuto come l’impressione che, in realtà, ci fosse già arrivata ma che non ti abbia detto nulla in merito?»
 
Conan: «No. Per quale motivo avrebbe dovuto tacermi una cosa del genere?» lo guardò perplesso.
 
Heiji: «Non lo so. Ma ho idea che, per qualche motivo, cerchi di manovrarti come vuole lei, facendoti fare ciò che vuole. Capisco che la situazione in cui ti trovi sia parecchio difficile, ma lei è sempre lì, pronta a dirti che non va mai bene niente. Certo, è anche vero che ti aiuta come può, ma allo stesso tempo ti sfida e ti avvilisce, no?»
 
Conan: «Sì, è vero. Ma è il suo carattere che è fatto così. Non posso dire di conoscerla completamente, ma nel tempo che è trascorso, posso dirti per certo che anche se è piena di difetti… non è poi così male.» disse assumendo un’espressione bieca.
 
Heiji: «La tua faccia dice tutt’altro, ma alla fine deve andare bene a voi. Io non so perché, ma non riesco a fidarmi ciecamente come fai tu.» fece spallucce. «Sarà che ogni volta che ci ho a che vedere mi incute timore!» accennò una risata.
 
Conan: «Addirittura? Naah, si vede che non la conosci.» annuì. «Sono sicuro che il tempo potrà anche aiutarla a diventare una persona più ragionevole, perché al momento le si può dire tutto, ma questa parola non sa nemmeno cosa significhi.» sospirò.
 
Heiji: «Diciamo che l’importante è che ti dia modo di avere quella pillola stasera! Ecco, guarda. Entriamo in quel negozio lì e prendiamo un bel vestito che si addice a te.» ridacchiò.
 
Conan: «Ohi, non mi prendere in giro. Non me ne frega niente di queste cose, ma non voglio assolutamente deludere Ran.» scosse la testa.
 
Heiji: «Capisco, capisco… Ma lei lo sa?» si fermò sul marciapiede.
 
Conan: «Sì, gliene ho parlato stanotte… Sonoko ieri mi ha mandato la sua foto di quando si provava il vestito per stasera e...» lo guardò colpevole. «Non potevo non farmi avanti… Lei non mi aveva nemmeno detto nulla! E Sera si era proposta di farle da partner…! Non potevo permetterlo.»
 
Heiji: «Non poteva andare semplicemente con questo bambino qui?» rise sadicamente mentre si chinò alla sua altezza. «Penso che non ti avesse detto nulla per questo, perché sarebbe stata felice in ogni caso.»
 
Conan: «...» il bambino rimase scioccato, colpito e affondato dalle parole dell’amico. «Lo pensi davvero…?»
 
Heiji: «Certo che lo penso. Sbaglio o l’ho sempre vista a ogni genere di festa insieme a suo padre e a un certo marmocchio? Al massimo c’era anche Sonoko-san, o i bambini… ma non ha mai cercato un ragazzo, no? Avrebbe potuto chiedere anche a quell’Amuro-san se avesse potuto, mi sbaglio?» disse spedito, convinto di ciò che diceva.
 
Conan: «Sì… Cioè, no! La vedi Ran che va in giro a chiedere a vari uomini da farle da cavaliere? E comunque, non è che partecipa tutti i giorni a balli o cose del genere.» distolse lo sguardo, nascondendo l’imbarazzo.
 
Heiji: «Heeeh…! Ho ragione io, ma lasciamo perdere e andiamo a prendere ‘sto vestito o va a finire che passiamo tutta la mattinata a non fare niente e stasera non arriviamo in tempo!» si sollevò. «Senti, Kudo...» alzò lo sguardo.
 
Conan: «Sì?» lo guardò cercando di capire cosa stava osservando - cioè, il vuoto.
 
Heiji: «Non è che insieme alla foto di Ran-san c’era anche quella di Kazuha? Io non ho ricevuto niente… Ma proprio NULLA. E dopo quell’e-mail di ieri, quella scema non s’è nemmeno fatta più sentire...» rigirò gli occhi.
 
Conan: «No, c’era solo Ran.» si mise a ridere. «Ma dimmi un po’. Dopo che Kazuha ti ha mandato quella famosa e-mail… Tu le hai risposto, almeno?»
 
Heiji: «…!!! No che non le ho risposto! Cos’avrei dovuto dirle?!» sbottò il ragazzo.
 
Conan: «Magari “OK” o qualcosa del genere? Poi non te la prendere con lei se ti dice che è colpa tua e ce l’ha con te!» ridacchiò divertito.
 
Heiji: «Ma…! No… Non posso credere che sia come dici!!!» controllò lo smartphone. «Adesso mi sta venendo il dubbio che sia davvero arrabbiata...» strinse entrambi i pugni. «Non deve andare così… Non doveva andare in questo modo...»
 
Conan: «Puoi sempre recuperare mandandole qualcosa tu, no?» fece spallucce, deridendolo. «Entriamo in questo negozio, o non finiremo più, muoviti che devi provarti i vestiti al posto mio!» lo tirò per i pantaloni.
 
Heiji: «Aspetta!! Non mi tirare! Devo prima mandarle un’email e capire…!!!»
 
Conan: «Lo farai dopo, mentre parlo con Haibara!» continuò a strattonarlo.
 
Heiji: «A me sembra che ormai tu sia stato contaminato dall’essenza dei mocciosi… Senti.» gli poggiò entrambe le mani sulle spalle. «Per me questa serata è davvero importante. Quindi non ci sono ma che tengano.» deglutì. (Kudo, non te lo posso rivelare, ma un ballo in maschera è il momento perfetto nella location perfetta per una dichiarazione d’amore… E vedrai che sarà anche migliore della tua a Londra. Le luci saranno perfette… Gli abiti anche… E le mie parole soprattutto. Quindi non posso permettermi che sia arrabbiata con me o rovinerò tutto!!! Inoltre, la mia dichiarazione diventerà più effettiva nel momento in cui risolverò il caso. Devo farcela!)
 
Conan: «Aspetta! Ho capito!» esclamò con entusiasmo.
 
Heiji: «COSA?! Mi hai letto nella mente?!» sbottò il detective dell’ovest.
 
Conan: «Forse sì! Ma posso mandare un messaggio a Ran e chiedere a lei… No, meglio… Lo mando a Sonoko e ti faccio sapere mentre vai a provarti i vestiti. Forza, non perdiamo tempo!» si spostò dietro di Heiji e lo spinse verso l’entrata del negozio.
 
Heiji: «Aaah… Sì, certo. Non mi dispiace come idea. Allora muoviamoci, non abbiamo tempo da perdere!» annuì e fece per entrare nel negozio, ma squillò lo smartphone di Conan.
 
Conan: «Eh?» lo prese. «È Haibara… Cosa vorrà dalla mia vita giusto in questo momento?» guardò lo schermo disgustato. «Pronto?»
 
Ai: «Anf… Edogawa-kun, è successo un guaio...» disse con voce affaticata.
 
Conan: «Ohi, Haibara! Dove sei?! Stai correndo?» sbottò il bambino mentre Heiji si avvicinava ad ascoltare ciò che dicevano.

Ai: «Sì… Cioè, non più… AnfAnf...» cercò di riprendere fiato. «Io mi trovo vicino al parco… Ricordi che ti avevo detto che stamani avrei incontrato Yoshida-san per uscire con lei? Anf… Poco fa… qualcuno l’ha portata via.»

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Capitolo 16
*** Incognita ***


Cosa significava che Ayumi era stata portata via?
 
Dalla voce angosciata di Ai si poteva subito evincere che si trattava di qualcosa di grave. Conan e Heiji accorsero prontamente al parco, dove la ragazzina aveva detto loro che li avrebbe aspettati, seduta su una panchina.
 
Conan: «Haibara!!» si avvicinò di corsa a lei. «Allora?! Spiegami meglio cos'è accaduto!!» le appoggiò le mani sulle spalle e la scosse violentemente. 
 
Ai: «È… È solo colpa mia.» lo guardò affranta. 
 
Heiji: «Prima di dare colpe a destra e a manca, dicci cosa sai!!» sbottò il detective dell'ovest. 
 
Ai: «Non lo so con esattezza… Stavamo attraversando il parco per raggiungere l'altro lato della strada… E non appena abbiamo messo piede fuori di qui, è passato qualcuno in moto. Si è fermato, mi ha sbattuta a terra e ha preso Yoshida-san con sé. Ci ha colte di sorpresa...» guardò il piccolo detective. «Non ho visto bene chi fosse, la targa della moto era coperta… Però… Ho sentito dentro di me quella sensazione.» parlò con voce rotta. 
 
Conan: «Cosa intendi dire?! Che ci sono loro dietro tutto questo?!» le strinse le spalle ancora più forte. «Significa che vi stavano prendendo di mira già da un po'... No, aspetta.» scosse la testa e allentò la presa. «Non hai la certezza che fossero proprio loro, giusto?»
 
Ai: «Non ne ho la certezza… Ma l'ho sentito. Proprio in quel momento, potrei giurare di averlo sentito dentro di me.» abbassò lo sguardo. 
 
Heiji: «Se non ci sono prove, non puoi sapere cos'è successo per certo, no?» si guardò in giro. 
 
Ai: «Dovevo stare più attenta… non avrei dovuto farle correre il rischio di stare da sola con me…» restò con lo sguardo basso. 
 
Conan: «Smettila!» si scostò da lei. «La persona che l'ha portata via… l'hai riconosciuta?»
 
Ai: «No. Aveva una moto di grossa cilindrata ed era nera. Anche lui era vestito di nero… Dalle spalle e dalla stazza sembrava essere un uomo. Ma aveva il casco in testa, non ho notato nient’altro. Inoltre, non c’era nessuno lì fuori, quindi dubito ci siano dei testimoni. Non mi ha nemmeno soccorsa nessuno quando sono caduta a terra.»
 
Heiji: «Che sfortuna… L’uomo che hai visto non ti diceva niente? Magari aveva una silhouette che poteva ricordare qualcosa?» la guardò il ragazzo. 
 
Ai: «No.» scosse il capo. «Aveva un fisico nella norma, non mi sembrava nemmeno particolarmente muscoloso… l'ho visto solo da dietro.»
 
Conan: «A questo punto… l'unica cosa che possiamo fare è denunciare il fatto. Sicuramente la polizia sistemerà il tutto, non temere.» annuì, anche se preoccupato. 
 
Heiji: «Poi ci siamo io e Kudo, non preoccuparti. Risolveremo il caso in un batti---» squillò lo smartphone di Ai. «---baleno…?»
 
Ai: «…» lo afferrò frettolosamente e vide che a chiamarla era un numero sconosciuto. «Forse… Sono loro.»
 
Sgranò gli occhi. Il suo corpo cominciò a sudare e a tremare come una foglia. Se l'avevano contattata dopo aver rapito Ayumi, non aveva più dubbi… dovevano essere loro. Aveva paura, la sua bocca era completamente secca. Aveva la mente totalmente annebbiata dai mille pensieri riguardo ciò che avrebbero potuto fare all’amica, se non avesse dato loro ciò che volevano. Si sentiva quasi impazzire.
 
Heiji: «Ohi, rispondi. Non vorrai mica che ci ripensino e riattacchino, vero?» si sedette vicino alla bambina. 
 
Conan: «Haibara, se fossero stati davvero loro, avrebbero preso te al posto di Ayumi-chan. Ragiona. Che senso avrebbe avuto?» la guardò severamente. «Muoviti, rispondi, cavolo!!!»
 
Ai: «…» guardò nuovamente lo schermo dello smartphone. (Ha ragione… eppure…) rispose alla chiamata. «Pronto?» disse cercando di darsi un tono. 
 
…: «La bambina è con me. Ho preso il tuo numero dal suo telefono. Stasera, alle 20:00 ti manderò le coordinate per farti sapere dove si trova. Se vuoi, puoi venire a prenderla.» rispose una voce modificata con l'elio, quindi non si capiva se appartenesse a un uomo o a una donna. 
 
Ai: «Cosa… Fammi sentire che è lì con te! Passamela!» urlò la bambina. 
 
…: «Momentaneamente dorme. Ti manderò una sua foto. Ah, quasi dimenticavo… fanne parola con la polizia e la ammazzo. Non ci perdo niente in ogni caso.»
 
Heiji: «Chiedi se vuole un riscatto oppure no!» bisbigliò in modo che Ai lo sentisse. (Non ci perde niente in ogni caso… eh?)
 
Ai: «D'accordo… quindi mi darà le coordinate… Ma cosa le dovrò dare in cambio? Mi faccia sapere che sta bene!!» sbottò la bambina che aveva quasi perso la pazienza per la tensione. 
 
…: «Ho detto che manderò una foto. E per avere qualcosa in cambio… Non c’è bisogno che tu faccia niente.»
 
Ai: «Cosa?? Si può sapere chi è lei?!»
 
…: «Qui le domande le faccio io. Tu limitati a venire dove ti farò sapere e all'ora che ti comunicherò. La bambina starà bene, te lo posso assicurare. Non hai garanzie, ma se vuoi provare a fidarti, fallo.» rispose con tranquillità.
 
Ai: «D'accordo... Resterò in attesa.» strinse lo smartphone con tutta la sua forza. 
 
…: «A stasera. E mi raccomando, assicurati di essere da sola, o, in caso contrario, non potrò garantire per l'incolumità della bambina… e nemmeno per la tua.» riattaccò. 
 
Conan: «Maledetto!» sbottò il bambino con gli occhiali. «Haibara, possiamo rintracciare la chiamata?! L'hai registrata per riascoltarla?»
 
Ai: «No. Non ho fatto niente del genere.» rispose tenendo sempre lo sguardo basso. 
 
Heiji: «E adesso cosa dovremmo fare?! Chiamare la polizia sarebbe quasi un suicidio, però…» cercò di riflettere. 
 
Ai: «No. Non voglio correre rischi.» sollevò lo sguardo e guardò Conan negli occhi. «Mi è venuta in mente una cosa. Yoshida-san aveva con sé il gatto che abbiamo trovato l'altro giorno… non è che stavano cercando proprio quello?»
 
Conan: «Può essere… se non hanno fatto richiesta di riscatto e hanno chiesto esplicitamente a te di andare a prenderla, se vuoi... può significare poche cose.» la guardò anche lui. «Non hanno più bisogno di Ayumi-chan.»
 
Heiji: «Beh, è chiaro.» annuì spostando il cappello in avanti dalla parte della visiera. «Volevano prendere il gatto senza che qualcuno li vedesse, ma c'eri tu lì in mezzo e quindi è per questo che vogliono che sia solo tu ad andare a prendere la tua amica.»
 
Conan: «Esatto. Ciò potrebbe togliere l'Organizzazione dalla lista dei sospettati. Inoltre… a questo punto, il fatto che quel gatto si trovasse lì, non è più un puro caso… adesso siamo sicuri che l'hanno messo in quel posto di proposito.» alzò il pollice. «O lo ha appeso una persona che voleva che qualcuno lo prendesse.» sollevò l’indice. «O lo ha appeso una persona che voleva sottrarlo a qualcun altro e l'ha messo lì con l'intento di "nasconderlo" momentaneamente.»
 
Heiji: «A quest'ultima possibilità, si aggiunge anche il fatto che potrebbe esserci dietro un traffico di qualcosa, o uno sbaglio di scambi, o altro.» annuì. «Anche perché, non sarebbe strano cercare di nasconderlo in quel modo? Suppongo che volessero farlo sparire, piuttosto. Un peluche lasciato in un parco, un luogo dove ci sono più che altro bambini… sapevano che qualcuno lo avrebbe preso.»
 
Conan: «Può essere… Forse l’unica cosa che voleva era proprio che si disperdesse… ma per poi riaverlo.» scosse la testa. «Certo, è probabile che possa esserci dietro una questione di scambi illegali, droga o altro. Però ricordo che l’abbiamo controllato e non c’erano aperture.»
 
Heiji: «Forse hanno ficcato qualsiasi cosa fosse all’interno e poi l’hanno cucito in modo che non si notasse?» intrecciò le braccia all’altezza del petto.
 
Conan: «Eppure, era fatto così tanto bene… Non saprei. Tsk! Dovevo portarlo a casa io e vedere da me cosa poteva nascondere!» sbottò il bambino con gli occhiali.
 
Ai: «Lo sapevo che era colpa mia. Se non avessi creato quella situazione in cui anche io ero d'accordo con Yoshida-san e i bambini per farle tenere Chat Noir, tutto questo non sarebbe accaduto.» si strinse la testa tra le mani dopo aver appoggiato lo smartphone sulla panchina. 
 
Conan: «Avermi dato contro è colpa tua, sì. Ma per quanto riguarda il resto, non lo possiamo sapere dato che non abbiamo prove.» guardò il cielo. «Non è colpa tua, Haibara. Ora basta piangere sul latte versato e diamoci da fare. Non possiamo contattare la polizia, ma dobbiamo far sapere alla famiglia che è con noi. Se non la sentiranno, saranno guai.»
 
Heiji: «Basterà dire che resterà a casa del dottor Agasa, giusto? Quel poveretto prima o poi farà una brutta fine, se non sta attento…!» guardò Ai. «Ah, ti è arrivata un'email al telefono!»
 
Ai: «Forse sono loro…!» controllò subito il mittente, che però risultava essere sempre sconosciuto, e poi la aprì in fretta e furia. «Eccola, è la foto di Yoshida-san…!» la mostrò anche agli altri due.
 
Nella foto, Ayumi era sdraiata su un letto, priva di graffi o lividi. Aveva un sorriso disteso sul viso e non sembrava affatto turbata. Il letto in questione aveva una coperta con dei bei ricami a forma di cuore su di essa. Inoltre, il modo in cui la bambina era distesa, creava intorno a lei un piccolo solco che sottolineava quanto il materasso potesse essere morbido e confortevole. 
 
Conan: «Mi pare che stia dormendo tranquilla su un letto che sembra abbastanza comodo?» squadrò tutta la foto al meglio. 
 
Heiji: «Ha anche un gran sorriso sulla faccia… Forse volevano davvero solo il gatto?» guardò Conan incredulo. 
 
Conan: «Non lo so, Hattori… Ma non mi sembra normale.» lo guardò perplesso. 
 
Ai: (Eppure… quella brutta sensazione io l'ho sentita… Non posso credere che loro non c'entrino nulla… Meno male che Yoshida-san sta bene…) tirò un sospiro di sollievo nonostante si sentisse ancora alquanto turbata.
 
Conan: «Bene, allora facciamo così. Haibara, contatta la famiglia di Ayumi-chan e di’ loro che passerà la notte a casa tua. Nel frattempo, andiamo a parlare col dottor Agasa della questione, così che potrà reggerci il gioco… e poi…?!» si fermò all’improvviso, ricordandosi di qualcosa di davvero importante per lui. «Ha detto che ti farà sapere alle 20:00 di stasera?!»
 
Ai: «Sì, ha detto precisamente così.» annuì consapevole del fatto che il piccolo detective aveva da fare.
 
Heiji: «Kudo, stasera c’è il ballo…! Però un caso… è un caso… e...» vide la sua serata con tanto di location, atmosfera e dichiarazione perfetta andare in frantumi.
 
Conan: «Maledizione… Perché?!» guardò Heiji e placò la sua ira. «Aspetta, aspetta, Hattori. Il ballo in maschera comincia alle 21:00, potremmo riuscire ad arrivare in tempo.»
 
Heiji: «Giusto. Giusto!!!» alzò il tono della voce. (Effettivamente, il pensiero che io possa risolvere ben due casi, di cui uno è un rapimento, potrebbe rendere la dichiarazione ancora più speciale!! Non ci avevo pensato, potrebbe essere un buon segno…) scosse la testa. (So che non dovrei pensare a cose del genere quando c’è di mezzo la vita di una bambina, ma ho atteso così tanto questa serata… Anche se l’ho saputo solo due giorni fa… Ma sì, non importa!)
 
Conan: «Inoltre, la possibilità che i due casi possano essere concatenati non è da scartare.» continuò a riflettere. «Forse è proprio qualcosa che potrebbe aiutarci a capire meglio cosa c’è dietro questa storia… tutto ciò che non riusciamo a capire.» guardò sia Ai che Heiji. «Vorrei che fossero già le 20:00.»
 
Ai: «Posso anche vedermela da sola, in caso. In fondo, non voglio che ci siate anche voi di mezzo. L’avete sentita quella persona, no? Devo andare sul posto da sola, quindi farò così.» disse spedita.
 
Conan: «Non dimenticare che Ayumi-chan è mia amica e per nessuna ragione al mondo potrei trascurare il fatto che è stata rapita. Cosa credi, che mi faccia piacere? O che per me sia solo una questione di trovare il colpevole?!» sbottò il bambino. «Voglio salvarla! Non importa cosa costi, ma voglio esserci anch'io! Se ti hanno detto che devi essere da sola, non importa, attueremo un piano che potrà far sì che vedano solo te. Prima dobbiamo sapere dove, però.»
 
Heiji: «Da quando hanno imparato a contattare me quando hanno problemi, anche io nutro una certa simpatia per quei bambini. Non posso mica ignorare la situazione!» diventò serio. «Ma anche se fosse stata una totale sconosciuta… Sapere che sta correndo un gravissimo rischio non mi fa pensare ad altro che a fare tutto ciò che è in mio potere per salvarla. Inoltre, questo bambino qui non l’ha menzionato, ma non vogliamo nemmeno che accada qualcosa a te.» tornò ad avere uno sguardo più rilassato e le fece l’occhiolino.
 
Conan: «Mah.» sospirò. «È inutile ripetere sempre le stesse cose, Haibara. Ormai avresti dovuto impararlo. Inoltre, se davvero dovesse esserci dietro l’Organizzazione, non posso perdermi la possibilità di esserci!»
 
Ai: «Era una delle cose che vorrei evitare. E in ogni caso… vi farò sapere.» si alzò e prese il suo smartphone con sé. «Vado a casa a parlare col dottor Agasa.»
 
Conan: «D’accordo. E per quanto riguarda la pillola, per caso ci hai ripensato…? So che può anche essere che stasera non ci sarà nessun ballo per me, tuttavia… Non posso non pensarci, sai come sono fatto.» la guardò incerto.
 
Ai: «Nel momento in cui sapremo quando e dove ci sarà lo scambio, ti darò la mia risposta definitiva.» chiuse gli occhi. «Allora, ci vediamo più tardi.»
 
Heiji: «A più tardi!» la salutò con la mano. «Pensa anche a Kudo di tanto in tanto, eh?»
 
Conan: «Lasciala perdere.» la guardò con lo sguardo bieco. «A dopo, Haibara.»
 
Ai: «Ciao.» andò via. (...Grazie.) pensò dentro di sé.
 
La sensazione negativa che aveva sentito non era andata via. Stava meglio dal punto di vista morale, ma non riusciva a smettere di pensare che era come se si sentisse all’interno di un buco nero. Anche se il tempo era sereno e non faceva affatto caldo, Ai non riusciva a sentire altro che tensione dentro di sé e sudava come se si trovasse in estate. La sua libertà era come se fosse stata distrutta in qualche maniera: si sentiva due mani intorno alla gola che non facevano altro che stringere sempre più forte. Quella morsa non la stava abbandonando nemmeno per un secondo. Come poteva pensare che l’Organizzazione Nera non c’entrava niente? Solo lei poteva sentire sulla sua carne quella sensazione. Solo lei poteva sapere che quella sera, forse, sarebbe stata l’ultima al fianco dei suoi amici e, chissà, forse anche l’ultima che avrebbe vissuto.
 
Ai: (Certo, non potevo mica dirti che in realtà ho avuto un colpo di fortuna e che la tua serata insieme alla tua bella principessa è assicurata… O meglio, lo era. Non avrei mai immaginato che potesse accadere qualcosa del genere… Yoshida-san, costi quel che costi, ti salverò.) strinse forte i pugni e mentre era sulla via di casa sentì di nuovo quella sensazione. «Cos…?!» diede uno sguardo intorno a sé, ma non c’era nessuno. (Non vedo nessuno… Ma c’è… C’è, ne sono sicura… da qualche parte...)
 
Il cuore le batteva fortissimo, il panico aveva preso il sopravvento. Non riusciva nemmeno a muovere un passo perché sentiva che l’occhio di qualcuno la stava osservando. Era ferma, immobile come una statua. Poi, all’improvviso, più niente.
 
Ai: (Cosa… cosa significa?) si asciugò il sudore dalla fronte. (Non lo so… Ma ho davvero paura… che mi abbiano in pugno.)
 
Distante da lei, in modo che non la vedessero, Conan e Heiji l’avevano seguita perché sospettavano che le potesse accadere qualcosa. Il loro occhio vigile non si era comunque accorto di niente, se non che la bambina si era fermata all’improvviso in preda al panico.
 
C’era davvero qualcuno che la osservava?

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Capitolo 17
*** Giocare a rimpiattino ***


Ai tornò a casa e raccontò ciò che era accaduto al dottor Agasa che, sconvolto, cercò di fare del suo meglio e di chiamare i genitori di Ayumi per comunicare che la bambina sarebbe rimasta da lui anche per la notte. Nel frattempo, cercò di rilassarsi facendo un bagno, ma seppur riuscì a trarre qualche beneficio per il corpo, non riuscì a trovare alcun sollievo per la sua mente. 
 
Conan e Heiji non demorsero. Dopo essersi assicurati che la bambina fosse tornata davvero dal dottor Agasa, si diressero verso casa di Shinichi al fine di parlare con Subaru. 
 
Heiji: «Kudo, va davvero bene?» suonò il campanello. 
 
Conan: «Sì. Per prima cosa, devo sapere la verità su ciò che hanno saputo quei due. Sicuramente Subaru-san è dalla nostra parte.» accennò un sorriso. 
 
Heiji: «Se lo dici tu… ah!» sentì che qualcuno rispondeva al citofono. 
 
Subaru: «Sì?» disse con il suo solito tono tranquillo. 
 
Heiji: «Buon…» guardò l'ora. «Ehm… pomeriggio. Siamo Hattori Heiji ed Edogawa Conan, le dispiacerebbe se scambiassimo due chiacchiere?» chiese incerto.
 
Subaru: «Buon pomeriggio a voi. Ma certo, entrate pure.» disse senza problemi, dopo aver sentito che Conan era lì.
 
Conan: «Andiamo, Hattori.» entrò in casa. 
 
Heiji: «Come hai detto tu…» fece spallucce e lo seguì. 
 
Subaru: «È un piacere vedervi.» li accolse all'entrata e li fece entrare. 
 
Heiji: «Salve…! Piacere di conoscerla.» chinò il capo. 
 
Subaru: «Il piacere è mio. Dato che sei piuttosto famoso, ti conosco, Hattori-kun. Immagino che tu lo sappia già, ma io sono Okiya Subaru.» sorrise.
 
Heiji: «Beh, c’era da aspettarselo…! Sì, diciamo che ho sentito parlare di lei tramite questo mocciosetto.» annuì.
 
Subaru: «Capisco. Come mai siete qui? È successo qualcosa?» volse lo sguardo su Conan. 
 
Conan: «Effettivamente, sì, Subaru-san.» chiuse la porta. «Ci deve raccontare cosa avete trovato tra gli indizi del caso del gatto nero. Intendo, lei e Haibara.» gli occhiali gli diventarono opachi. 
 
Subaru: «Non ve ne ha già parlato lei?» chiese incuriosito. 
 
Heiji: «Sì, ma a quanto pare, non ha detto tutto ciò che c'era da sapere.» aggiunse il detective dell'ovest. 
 
Subaru: «Beh…» accennò un sorriso. «Immagino bene che lo farà solo al momento opportuno.»
 
Conan: «… quindi, come immaginavo, lei è a conoscenza di qualsiasi cosa sia e non ce ne parlerà, giusto?» cercò di mantenere un tono di voce piuttosto calmo. 
 
Subaru: «Posso dirvi tutto ciò che so sul caso, certo. Ma non posso aggiungere dei dettagli che preferirei ti dicesse lei.» disse a Conan. «Immagino che ci tenga.»
 
Heiji: «Direttamente a lui? Nel senso che a me li può dire, invece?» si indicò con l'indice. 
 
Subaru: «Parlavo con lui perché riguarda Conan-kun, in prima persona. Ma in realtà vi ho praticamente detto quasi tutto ciò che so.» fece spallucce. «Vi posso offrire un caffè mentre parliamo di ciò che è accaduto?»
 
Conan: «Volentieri, grazie!» esclamò il bambino. (Ma cosa diavolo sta tramando Haibara?!) 
 
Heiji: «Ehm, grazie… Ma senta, io posso indistintamente sentire che sta preparando lo stufato. Non è che potrebbe offrirci anche quello prima del caffè? In realtà si è fatto abbastanza tardi e non abbiamo ancora pranzato…» lo guardò supplichevole.
 
Subaru: «Oh… Certo, non ci sono problemi. Se preferite, venite in cucina.» annuì. 
 
Conan: «Heiji nii-chan, in realtà non ce n'è bisogno…!!» lo guardò come a intimargli Abbiamo da fare, l'hai dimenticato?.
 
Heiji: «Per una buona volta… K--- Conan-kun, cerca di capire che non siamo tutti come te e Sherlock Holmes, chiaro?!» guardò Subaru. «Grazie mille! Mai fidarsi dei fan di Sherlock Holmes.» sospirò mentre gli brontolava lo stomaco. 
 
Subaru: «Mpf…» si incamminò verso la cucina. «In realtà, sono uno sherlockiano anche io.»
 
Heiji: «Cos---? Aah…!! Ma almeno lei è uno di quelli che mangiano, piuttosto che fermarsi solo a pensare!!»
 
Lo seguì in cucina e fece lo stesso anche Conan, che non poteva evitare di ridere per la brutta figura che aveva fatto il suo caro amico Heiji. Durante il pranzo, tutti e tre parlarono insieme per prima cosa di ciò che sapeva Subaru riguardo il caso. L'uomo narrò con disinvoltura il poco che aveva trovato insieme alla bambina, citando ciò che Ai aveva raccontato a Conan, ma anche altri dettagli, per giunta documentati, che erano gli stessi che possedeva anche Rei. Passarono poi a parlare di ciò che era accaduto quella mattina e della sparizione di Ayumi (di cui Subaru sapeva tutto tramite le spie appostate a casa del dottor Agasa, ma finse di essere sorpreso e dispiaciuto davanti ai due). 
 
Subaru: «Ho capito. Le informazioni che vi ho dato, effettivamente, le ho trovate insieme alla bambina. Tuttavia, stanotte ho continuato le ricerche e, i dettagli sull’incidente, le foto e il resto devo ancora fargliele vedere… Anche se, essendo piuttosto sveglia, immagino che le abbia scoperte da sola. Quindi, se tra ciò che vi ho detto e ciò che vi ha detto lei, vi ho dato dei dettagli in più, è per questo motivo.» cercò di tranquillizzarli.
 
Conan: «Ah.» restò di sasso. «Però c’è dell’altro che lei sa e che non mi può dire. Non può nemmeno accennarmi qualcosa?» lo guardò supplichevole.
 
Subaru: «Assolutamente no, o poi incomberrei nella sua ira.» accennò una risata. «Te ne parlerà presto, non temere. Comunque, da tutto quello che abbiamo detto… Posso solo supporre che non sia un caso se l’appuntamento sarà stasera. Se potessi dire la mia in tutto e per tutto, scommetterei che il posto in cui è nascosta la piccola è proprio la villa in cui vi recherete.»
 
Heiji: «Vorrei che quello che ha detto fosse la verità...» sospirò il ragazzo. «Anche perché, essendoci già di mezzo un altro caso, vorremmo risolverli entrambi.»
 
Conan: «La vita di Ayumi-chan, però, ha la priorità.» disse con tono serio. «Subaru-san, non è che potrebbe venire anche lei? Intendo, al ballo.»
 
Subaru: «Io?» si indicò. «Non sono invitato, non saprei nemmeno come fare.»
 
Conan: «Non fa niente, la invitiamo noi! Cioè, la invita la nostra amica Sonoko nee-chan. È lei che ci permetterà di andare lì!» annuì contento.
 
Subaru: «Vi ringrazio molto, ma non ho nemmeno un abito adatto.» aprì un occhio e guardò il bambino.
 
Conan: «Aah, capisco.» capì, effettivamente, che dietro c’era qualcosa che non poteva dirgli e restò in silenzio. «È un peccato. Ma sarà per un’altra volta, allora!»
 
Subaru: «Certamente. Magari a saperlo prima, sarebbe stato diverso.» tornò a sorridere tranquillamente.
 
Heiji: «Tuttavia, non credo sarebbe stato un problema. In fondo, dobbiamo ancora andare a comprare quello per te, no, K---!» buttò gli occhi al cielo. «Conan-kun.» accennò una risata nervosa.
 
Conan: «Dannazione, stavo per dimenticarlo…!» si alzò. «Grazie per il pranzo e per tutto il resto, Subaru-san!» guardò l’ora. «Tra una parola e l’altra si è fatto tardissimo...»
 
Heiji: «Non potevamo prevederlo, purtroppo. Ma siamo ancora in tempo!» guardò Subaru. «Grazie anche da parte mia, era tutto davvero buono!»
 
Subaru: «Sono felice di esservi stato d’aiuto. Credo che per quanto riguardi il resto, potrà aiutarvi soltanto la vostra amica.» li accompagnò alla porta. «Buon proseguimento e in bocca al lupo per stasera.»
 
Conan: «Crepi il lupo!» sorrise. «A presto.» il sorriso si allargò, mentre gli occhiali diventarono scuri.
 
Heiji: «Arrivederci!» uscì dalla casa col bambino. «Certo che questo signore è davvero strano… Non è esattamente come il tizio del Poirot, ma ha un che di inquietante anche lui, anche se in maniera diversa.»
 
Conan: «Parli così solo perché non lo conosci, ma è del tutto normale.» lo guardò. «Perfetto, andiamo a comprare questo benedetto vestito e più scappiamo da Haibara, per vedere cosa le scriverà quella persona.»
 
Heiji: «Non lo conosco, è vero… Ma se ci penso su… un po' mi ricorda te, ecco perché andate tanto d'accordo!» accennò un sorriso per prenderlo in giro. «Sì, andiamo che tra una cosa e l'altra, dov'è che chiudono i negozi e rimani fregato.» si incamminò. 
 
Conan: «Ce la faremo, vedrai.» annuì convinto mentre, a un certo punto, gli squillò lo smartphone. «Chi diavolo vuole qualcosa da me, adesso?» notò che la chiamata era di Mitsuhiko. «Ohi, no… speriamo non abbia saputo qualcosa…» continuò a camminare e rispose. «Pronto, Mitsuhiko?»
 
Heiji: «Aspetta…» lo fermò per le spalle e si avvicinò alla cornetta per sentire ciò che diceva il bambino. 
 
Mitsuhiko: «Ciao, Conan-kun. Ti disturbo?» era tranquillo, il che rincuorava il bambino con gli occhiali. 
 
Conan: «S--- No, no! Non mi disturbi affatto, Mitsuhiko! Dimmi, cosa c'è?» cercò di trattenere la verità per non far riattaccare il bambino con le lentiggini. 
 
Mitsuhiko: «Ti stavo chiamando perché volevo fare rapporto su ciò che è successo ieri… te ne sei dimenticato?» chiese preoccupato. 
 
Conan: «No, assolutamente! Dimmi pure!!» esclamò mente cercava di fare mente locale. (Aspetta… ieri… cos'è successo?! Sono andato a scuola e poi li ho salutati, tornando a casa ho visto Hattori e poi ho parlato con lui e con Amuro-san del caso… Ah!!!) ricordò che aveva spedito lui e i Giovani Detective a fare amicizia con Shadir. «Certo, certo! Com'è andata a finire?»
 
Mitsuhiko: «Abbiamo cercato di fare come ci hai detto tu! Quindi lo abbiamo aspettato e poi lo abbiamo invitato a mangiare qualcosa dal dottor Agasa… Ma dato che non voleva in alcun modo, abbiamo deciso di far decidere direttamente lui e quindi siamo andati al parco.» disse con tono pacato. 
 
Conan: «Al parco?» guardò Heiji. «Come mai?»
 
Heiji: «Chissà se ha a che vedere col rapimento di stamani…» bisbigliò più piano che poteva per non essere udito da Mitsuhiko. 
 
Mitsuhiko: «Ha detto che al parco si sente come a casa… o qualcosa del genere! Arrivati lì, comunque, abbiamo solo giocato a nascondino e parlato del più e del meno…!» esclamò. «Ci ha detto che gli piace un sacco il calcio… Ma stavolta lo abbiamo convinto a giocare insieme a noi! La settimana prossima ha detto che gli va bene e cercherà anche di portare il suo fratellino!»
 
Conan: «E poi?» chiese ulteriormente. 
 
Mitsuhiko: «Mmh… Gli abbiamo detto che se non riuscirà a convincere suo fratello, lo faremo noi, andando a casa sua!» riportò tutto contento. «Lui ci ha detto che ce ne sarebbe grato, in caso. In realtà, Conan-kun… Mi ha fatto una certa tenerezza a un certo punto. Era come se avesse abbassato la guardia… così abbiamo potuto socializzare davvero! Adesso non dico che siamo amici… però ha qualcuno con cui giocare, se gli va!»
 
Conan: «Meno male, è bellissimo tutto ciò che avete fatto. Siete stati bravissimi! Sapevo che potevo fidarmi di voi!» sospirò. (E almeno, una delle mille parentesi è chiusa.) 
 
Mitsuhiko: «Grazie! Ma ci siamo impegnati tantissimo, sai? Soprattutto Ayumi-chan! Ha anche cercato di fargli capire cosa fosse Miraculous, continuava a dire che non sapeva cos'era, anche se glielo avrà spiegato almeno venti volte! E alla fine pare aver capito… Ma in ogni caso, anche Genta-kun ha fatto del suo meglio! Adesso sembrano quasi andare d’accordo!» raccontò orgoglioso. 
 
Conan: «Ah… Ayumi-chan, eh? Dimmi un po', ha parlato della sua fidanzatina? Per caso Haibara era strana?» chiese consecutivamente, come se stesse facendo un interrogatorio. 
 
Heiji: «Chiedigli anche se ha detto qualcosa sul gatto nero!» bisbigliò. 
 
Conan: «Ha aggiunto qualcosa sul caso del gatto che abbiamo trovato? Ayumi-chan lo aveva con sé, per caso?» annuì a Heiji. 
 
Mitsuhiko: «Allora…» cercò di ricapitolare tutto ciò che gli aveva chiesto l'amico. «Sì, ha nominato Aoi-san qualche volta… però cercava sempre di non dire troppo perché aggiungeva che è troppo geloso e non la lascerà mai a nessuno! A un certo punto, però, si è interessato solo a ciò che gli dicevamo e non l'ha nominata più… Comunque, ne ha parlato davvero relativamente!» esclamò cercando di ricordare altri dettagli. «Sì, sono sicuro che sia andata così. Per quanto riguarda Haibara-san, lei era come sempre! Intendo, cercava di non sembrare un’amica, ma gli dava buoni consigli tipo da sorella maggiore… un po' come fa con noi!» restò in silenzio per un po'. «Come mai me lo stai chiedendo?» chiese con fare curioso, colpito dalla gelosia. 
 
Conan: «Perché oggi l'ho sentita, ma non me ne ha parlato! E poi sai com'è fatta… avevo paura che lo potesse fare scappare per qualche motivo… o trattare male!» accennò una risata. 
 
Heiji: (Qua non ha nemmeno tanto torto… quella bambina è mostruosa…) lo guardò annuendo.
 
Mitsuhiko: «Ma che stai dicendo, Conan-kun? Tu… dovresti conoscerla meglio di chiunque altro, e invece sei sempre il solito… non capisco se ti piaccia punzecchiarla o cosa… però, ti pregherei di non parlare così di lei quando sei con me!» sbottò il bambino con le lentiggini. 
 
Conan: «Come vuoi, non ti arrabbiare!» gettò gli occhi al cielo. «Cosa mi dici del gatto nero?»
 
Mitsuhiko: «Ecco, va meglio così… dunque, sul gatto nero non ha detto niente! A dire il vero, non ne ha parlato nessuno e lui non ha mai uscito fuori l'argomento… Suppongo che ciò che ha detto l'altro giorno fosse solo un modo per avvicinarci… Sono sicuro che avevi ragione!» disse sicuro di sé. 
 
Conan: «Capisco.» acuì lo sguardo e nello stesso secondo lo fece anche Heiji. «La sua fidanzata non si è fatta vedere, giusto? Quando Shadir ti ha detto che gli andava bene fare una partita a calcio, ha detto che avrebbe portato suo fratello, ma non lei, è corretto?»
 
Mitsuhiko: «Sì, non l'abbiamo vista… e come ti dicevo, a un certo punto non l'ha nominata proprio più. Però… meno male che non sei venuto anche tu, Conan-kun… oppure, altro che fare amicizia!» sospirò esausto. 
 
Conan: «Io ero troppo indaffarato…» guardò l'orologio. «Senti, Mitsuhiko, adesso devo andare…!»
 
Mitsuhiko: «Aspetta un attimo!! Non puoi liquidarmi così! Io ti ho detto tutto ciò che ho potuto, ma tu non mi racconti niente? Sei corso a casa in fretta e furia! Sarai pur giunto a una conclusione, no? Allora?» chiese insistentemente. 
 
Heiji: «Kudo, chiudi, si è fatto tardissimo!!» continuò a bisbigliare il detective dell'ovest. 
 
Conan: «Lo so, ma…» scosse la testa. «Ho capito che l'unico modo per giungere a una soluzione concreta, è quello di parlare con quella bambina. Per questo ti ho chiesto di lei! Lunedì ne parlerò anche a Shadir, sperando che non mi ammazzi, certo…» guardò Heiji. 
 
Mitsuhiko: «A me basta che non distruggi tutto ciò che abbiano creato noi ieri… E per il resto, ti aiuteremo come abbiamo sempre fatto. A maggior ragione, adesso che lo so, ti reggerò il gioco!» aggiunse soddisfatto. 
 
Conan: «Perfetto! Meno male che faccio sempre affidamento su di voi!! Adesso, però, devo davvero andare, Mitsuhiko. Ci sentiamo!!» esclamò, cercando di chiudere la chiamata una volta e per tutte. 
 
Mitsuhiko: «Va bene! Allora ci vediamo lunedì a scuola, d'accordo?» disse contento. «Aaah! Prima che lo dimentico ancora, Conan-kun!!» esclamò frettolosamente.
 
Conan: «Cosa…?» sospirò semi-disperato.
 
Mitsuhiko: «Non abbiamo più parlato con Amuro-san, pensi che è meglio se vado al Poirot e gli raccontò ciò che abbiamo scoperto dopo averlo visto quella sera?» chiese preoccupato che l’amico se ne fosse dimenticato.
 
Conan: «Ah… Amuro-san…! No, lascia perdere! L’ho visto per caso ieri prima di tornare a casa e gli ho detto tutto! Inoltre, oggi è anche il suo giorno libero, quindi non lo troveresti in ogni caso.» disse mentre Heiji gli faceva segno di chiudere la chiamata.
 
Mitsuhiko: «Meglio così, credevo che te ne fossi dimenticato… E io stesso dimenticavo sempre di chiedere…! Ci vediamo a scuola, Conan-kun!» esclamò dopo essersi sentito rassicurato.
 
Conan: «No, sarebbe stato impossibile, credimi!» assunse il suo solito sguardo bieco. «Certo! A lunedì!» chiuse la chiamata. «Sempre se sopravvivo…» sospirò. 
 
Heiji: «Ma quanto parla questo bambino?» chiese ridendo. «Secondo me… si è fatto davvero tardi, Kudo… È meglio se andiamo direttamente dalla bambina e poi vediamo che fare da lì. Inoltre, devo andare a prendere il mio vestito a casa tua e a prepararmi.» lo guardò malamente. (Mica posso dichiararmi a Kazuha senza darmi almeno un contegno!!)
 
Conan: «Ho capito, ho capito…» sospirò. «Già che non so se Haibara è d'accordo o meno, alla fine non importa più.» distolse lo sguardo.
 
Heiji: «Sicuro?» gli indicò la strada che portava ai negozi. 
 
Conan: «Sì. Immagino che anche questo faccia parte della maledizione che mi ha colpito quel dannato giorno.» fece spallucce. «Andiamo a casa del dottor Agasa. Da lì vedremo come proseguire.»
 
Heiji: «Va bene.» gli diede una pacca. «Andiamo giusto il tempo di vedere il messaggio, farci un'idea e scappare all'agenzia investigativa.»
 
Conan: «Tutto il tempo che ci occorre, non ci sono problemi.» sorrise come se tutto stesse andando secondo i suoi piani, mentre anche Heiji faceva lo stesso.

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Capitolo 18
*** Non gettare mai la spugna ***


Conan e Heiji, quindi, si diressero a casa del dottor Agasa. Entrambi avevano uno sguardo complice che stava nascondendo qualcosa. Tuttavia, arrivati lì davanti, cercarono di placare la loro sete di sapere e si fecero più seri in viso. 
 
Heiji: «Poi devo chiederti una cosa che riguarda la bambina di cui abbiamo parlato, quella Aoi-chan.» suonò il campanello. 
 
Conan: «Quando saremo sulla via del ritorno, sarò più che felice di risponderti. Ammesso e non concesso che sia qualcosa che conosco, sia chiaro!» annuì guardando verso la sua casa, dove, anche se nascosto, Subaru era sempre lì, pronto a spiare i loro movimenti. 
 
Intanto, il dottor Agasa andò ad aprire la porta. 
 
Dr. Agasa: «Eccovi qui…» si spostò dall'entrata. «Entrate pure, vi stavamo aspettando...» disse preoccupato. 
 
Heiji: «Buonasera…!» entrò in casa insieme al bambino con gli occhiali. «Ci sono state novità nel frattempo?»
 
Dr. Agasa: «Purtroppo no… Siamo in attesa. Ormai le 20:00 sono prossime ad arrivare.» guardò Conan. «E voi?»
 
Conan: «Non abbiamo fatto altro che riflettere su tutto ciò che abbiamo saputo e tirare nuovamente le somme. Però, finché quella persona non si farà sentire, non potremo dare niente per scontato.»
 
Dr. Agasa: «Lo immaginavo… Ma sono sicuro che ce la faremo!» li guardò cercando di rincuorarli, anche se forse, l'azione era più rivolta verso se stesso. 
 
Heiji: «Non possiamo essere certi che le cose andranno secondo i nostri piani, ma faremo del nostro meglio affinché sarà così!» sorrise pieno di sé. 
 
Conan: «Le garantisco che Ayumi-chan tornerà a casa sana e salva!» esclamò facendo anche lui un sorriso. 
 
Dr. Agasa: «Ragazzi…» non riuscì a evitare di commuoversi. 
 
Ai: «Dottore, suvvia… li ha sentiti, no? L'espressione che hanno dipinta in viso dice che sono sulla pista giusta… e faremo in modo che tutto possa andare come pattuiremo.» gli diede una pacca. 
 
Conan e Heiji notarono che la bambina aveva una mascherina in viso e che la voce le si era leggermente abbassata. 
 
Conan: «Ohi, Haibara, stai bene?» la guardò perplesso. «Fino a qualche ora fa era tutto a posto!»
 
Ai: «Sì, è tutto a posto. Devo aver preso fresco quando ho finito di fare il bagno.» li guardò con determinazione. «Ma lo stesso, farò del mio meglio affinché Yoshida-san possa essere liberata al più presto.» disse dando un colpetto di tosse. 
 
Conan: «Se lo dici tu, non posso fare altro che fidarmi.» guardò Heiji, poi l'orologio. 
 
Heiji: «Credo che tra non molto sarà l'ora X. Sono le 19:58.» restò a fissare la lancetta dei secondi che gli sembrava scandire il tempo più lentamente del solito. 
 
In realtà, il tempo che passava era assolutamente normale, ma i presenti lo percepirono in maniera diversa perché si sentivano addosso l'inquietudine che derivava dal countdown.
 
Dr. Agasa: «Speriamo che non se ne scordi…» deglutì. 
 
Conan: «Impossibile. Ha detto che non ha niente da perdere ed è stata quella persona stessa a dire il tutto ad Haibara. Dubito che tornerà sui suoi passi aspettando proprio le 20:00, in caso, l'avrebbe fatto in un momento casuale della giornata, ma non ora.» guardò Ai sentendo una certa tensione dentro di sé. «Ci siamo.»
 
Ai: «Vediamo…» guardò lo schermo dello smartphone. «Sono appena scattate le…!» tutti e quattro riuscirono a udire la vibrazione del cellulare della bambina che segnalò l'arrivo del messaggio. «Il mittente è anonimo, proprio come oggi.» lo aprì e lesse ad alta voce. «"Ci vediamo alle 0:00 alla villa di Itou Mitsunari. Quando arriverai lì, orientati tramite il numero delle stanze. È la sesta sulla sinistra, al secondo piano. Ripeto, in caso tu l'abbia dimenticato: non fare scherzi e vieni da sola."» riprese un po’ il fiato. «Fine. Come può chiedere a una bambina di andare lì da sola a quell'ora?» scosse la testa. 
 
Conan: «Non lo so… È come se stesse tralasciando qualcosa di proposito.» si mise a riflettere. 
 
Heiji: «Spero solo che non sia una trappola. Ma in caso sapremo come agire.» disse convinto delle sue parole.
 
Dr. Agasa: «Non dice altro? Magari c'è qualche foto di Ayumi-kun?» guardò Ai preoccupato. 
 
Ai: «No, niente… purtroppo.» volse lo sguardo sui due detective. «Allora? Come vorreste risolvere questa storia?»
 
Heiji: «È semplice!» annuì. «Bisogna giocare d'astuzia. Ti faccio un esempio. Come dicevi, ha fatto una richiesta impossibile a una bambina della tua età, eppure, ti ha detto di andare da sola. Ciò implica che sa che ti accompagnerà qualcuno, ma ciò che vuole lui è che tu sia sola al momento del salvataggio. Quindi, quando andrai lì, avrai qualcuno che fungerà da supporto, così che potrai andare via insieme alla tua amica… Senza che ti facciano la festa.»
 
Ai: «E se non dovesse mantenere la parola e mi facesse andare in una stanza sbagliata di proposito?» chiese mantenendo un’aria seria.
 
Conan: «È proprio in casi come quello che chi ti copre le spalle potrebbe darti manforte. Haibara, pensala così: se Ayumi-chan fosse nella stanza, accadrebbe quello che ti ha detto Hattori. In caso non ci fosse, potremmo sentirci lo stesso tramite trasmittente e quindi aiutarti a trovarla. Anche se la sua non funziona per essere localizzata, ciò non significa che non puoi usare la tua.» rispose con naturalezza.
 
Heiji: «Inoltre, se dovessero scoprire il tutto, troveremo un altro modo per cavarcela. Ma ora che ci penso… Mezzanotte non era anche l’ora in cui doveva presentarsi Kaito Kid?» chiese a Conan.
 
Conan: «Beh… sì. Non ci sono problemi, però. È tutto sotto controllo!» esclamò. 
 
Dr. Agasa: «Davvero? A me sembra tutto un rompicapo di quelli impossibili da risolvere… Mi sembra strano che una persona rapisca qualcuno e poi la lasci andare via così, senza ricavarne nulla.» guardò i ragazzi.
 
Ai: «Anch'io la penso così. Inoltre, non riesco a capire il motivo per cui questa persona non avrebbe niente da perdere. Se suppongo, come avete fatto voi, che volesse solo il gatto, allora perché aspettare di arrivare alla festa per restituire Yoshida-san? Non sarebbe stato più normale prenderla, rubare il gatto e poi lasciarla dove capitava? Non avremmo potuto rintracciare in ogni caso questa persona X.» scosse la testa. «Non dubito che ci sia qualcosa che non riusciamo ancora a capire, ma...»
 
Conan: «In realtà, ci sono tantissime cose a noi ignote. Però, se non ci diamo una mossa, finiremo con il perdere tutto quanto. A mezzanotte saremo lì a riprenderci Ayumi-chan.» annuì sicuro di sé.
 
Ai: «Senti, Edogawa-kun. So che stai cercando di tralasciare ciò che ti ho detto e sei così positivo da far paura. Ma io sono sicura che c’è qualcosa dietro… qualcosa di legato a loro.» lo guardò freddamente negli occhi. «Anche oggi, sulla via di casa, ho sentito quella sensazione. C’era qualcuno che mi guardava… Ne sono certa.»
 
Conan: «Non è che non ti credo, Haibara. Però, non c’è niente che possa collegarci a loro… Se dovesse presentarsi la situazione in cui si avvererà ciò che stai dicendo, ti proteggeremo, non preoccuparti.» cercò di rassicurarla. (Non è che quando io e Hattori ti stavamo pedinando hai sentito la nostra presenza e pensavi che fosse qualcuno dell’Organizzazione…?)
 
Heiji: «Non so quante certezze possa darti la mia parola, ma sono positivo! In un modo o nell’altro, che ci siano pericoli o no, li affronteremo e tutto andrà per il meglio!» annuì convinto. (Devo pur sempre portare a termine il mio piano… O non so quando potrà presentarsi di nuovo un’occasione tanto succulenta!)
 
Ai: «Voi siete tanto certi che tutto andrà come dite voi, ma cercate di essere più realisti!» tossì qualche volta. «Qui c’è di mezzo un rapimento! E nel frattempo, dove sarebbe Yoshida-san? Pensate che la terrà fino a mezzanotte in quella stanza? Non la potrebbe aprire chiunque?!» sbottò la bambina. 
 
Conan: «Non lo so, Haibara. Ma impazzire non ci porterà a niente. Possiamo solo fidarci delle parole di quella persona. Avrà un pass o una chiave che può usare solo lei… O chissà. Adesso ascoltami.» la guardò negli occhi anche lui. «Andrà tutto bene. Qualsiasi cosa accada, salveremo Ayumi-chan e anche tu starai bene. So meglio di chiunque altro che negoziare è difficile e tutto ciò mi sembra troppo bello e semplice, ma… Non posso fare altro che armarmi di buona volontà e indagare sul posto. Qui posso fare solo supposizioni, ti pare?»
 
Heiji: «Una volta arrivati lì, non ce ne staremo con le mani in mano. Hai la nostra parola!» esclamò con entusiasmo.
 
Dr. Agasa: «Ai-kun… io mi fido di loro, sono sempre stati quei due a risolvere i casi, no? Risolveranno anche questo e Ayumi-kun starà bene.» cercò di rincuorarla, anche se aveva il cuore in gola lui stesso.
 
Ai: «...» restò un attimo a riflettere. «Non so quanto mi possa fidare della vostra parola.» li guardò con uno sguardo obliquo. «Ma ci proverò, in qualche modo.» sospirò. «Allora, ci vediamo più tardi.»
 
Dr. Agasa: «La… L-La accompagnerò io alla villa.» annuì.
 
Conan: «Ah… eh. Sì.» annuì. (Mi aspettavo che aggiungesse, come minimo Va bene, ti do una pillola solo per stavolta, ma giustamente…) alzò gli occhi al cielo.
 
Heiji: «Infatti, è meglio che andiamo via. Bene, allora ci vediamo stasera! Ci terremo aggiornati, in caso qualcuno si facesse sentire o ci capiterà di scoprire qualcosa, d’accordo?» guardò il dottor Agasa.
 
Dr. Agasa: «Certo… Ma certo, in caso, vi contatteremo.» annuì. «State attenti, però.»
 
Conan: «Lo faremo! Io porterò con me anche i miei attrezzi speciali, così non ci sarà alcun problema!» guardò per un’ultima volta Ai. «A stasera!»
 
Ai: «A stasera.» ricambiò lo sguardo per assicurargli che non gli avrebbe dato niente.
 
Heiji: «Andiamo, che si è fatto tardi!» diede una pacca a Conan.
 
Conan: «Sì...» sospirò, senza più nemmeno una piccola speranza dentro di sé.
 
I due detective andarono via.
 
Ai: «Finalmente.» scosse la testa. «Spero solo che tutto ciò che sto facendo per quell’impiastro non si rivolti contro di me.»
 
Dr. Agasa: «Perché dovrebbe? Non capita tutti i giorni di avere un colpo di fortuna come quello che hai avuto tu… e a me è anche costato tantissimo restare in silenzio e mentire!» lamentò.
 
Ai: «Gli accordi erano quelli, o non ci sarebbe stato nemmeno il bisogno di tutto questo mistero, Dottore.» sospirò. «Non lo so… forse avete ragione voi, devo soltanto rassegnarmi ed essere positiva.» restò a riflettere giusto un momento, perché il tempo stringeva e aveva troppe cose da fare. «Va bene… Farò del mio meglio anche io. È già tardissimo... allora mi preparo e poi vado a casa di Subaru-san. Non vedo l’ora di lasciare spiazzato Kudo-kun.» anche se aveva la mascherina in faccia, poteva essere intravista un’espressione da sadica sul volto della bambina. «Poi vedremo se avrai ancora il coraggio di chiedermi anche una sola e singola pillola.»
 
Dr. Agasa: «Ai-kun, so che dico sempre le stesse cose… Ma sai com’è fatto Shinichi… Lui è preso solo dai casi per la maggior parte del tempo, tuttavia, non è un cattivo ragazzo… Fa sempre del suo meglio e un aiutino per questa brutta situazione in cui si è cacciato ci vuole, no?» accennò un sorriso.
 
Ai: «Dottore… Lei ha idea di chi è la colpa se è accaduto tutto questo, vero?» lo guardò storto.
 
Dr. Agasa: «Certo… è tutta colpa di quell’Organizzazione, no?» rispose balbettando.
 
Ai: «Sbagliato. È tutta colpa di Kudo-kun e delle sue trovate bizzarre.» si appoggiò le mani sui fianchi. «È deciso, vado a cambiarmi… se non mi muovo, mi potrebbe venir voglia di cambiare idea.»
 
Dr. Agasa: «È meglio di no, lascia perdere!! Io continuo a lavorare...» disse mestamente.
 
Ai: «A dopo.» andò in stanza.
 
Dr. Agasa: «Benedetta ragazza… Non potrebbe soltanto essere più sincera con i suoi sentimenti?» sospirò.
 
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Intanto, Heiji e Conan erano tornati all’agenzia investigativa.
 
Kogoro: «Ma quanto ci siete stati? Sapete che ore sono??» sbottò per la rabbia.
 
Conan: «Scusa, zietto! Avevamo da fare, abbiamo perso tempo…!» cercò di scusarsi il bambino.
 
Kogoro: «Vi do dieci minuti, dopo di che me ne vado da solo!» esclamò finendo di fumare una sigaretta.
 
Heiji: «Cosa?! Dieci minuti??» guardò l’orologio. «Ehm… Mi sa che facciamo prima ad arrivare comodamente con un taxi, che ne dici?»
 
Conan: «Che ne dico? Dico che dieci minuti sono più che abbastanza.» lo guardò seccato.
 
Heiji: «Certo, tu non devi preoccuparti, mi sembra giusto! Io, invec---!» si fermò. (Non puoi dirglielo, Heiji, fermati!!!)
 
Kogoro: «Forza, muovetevi, non perdete tempo!» cercò di affrettare i tempi.
 
Conan: «Sì, sì, andiamo!» sospirò. «Heiji nii-chan, se vuoi andare col taxi, fai pure.» sorrise malefico.
 
Heiji: «Ma cose…! Secondo te, come facciamo a farci contemporaneamente la doccia, se ne avete una sola?» lo guardò allibito.
 
Conan: «Beh, io vado per primo e poi te la vedi tu!» fece spallucce.
 
Heiji: «Non esagerare...» distolse lo sguardo, cercando di non perdere la pazienza. «Ho capito cosa stai pensando, ma non mi trovi d’accordo, quindi...» volse lo sguardo su Kogoro. «Sì, noi prendiamo un taxi. Ci vediamo direttamente lì!»
 
Kogoro: «Ti avviso che non sarò io a pagarlo, dato che lo sto già facendo con l’auto che ho preso a noleggio.» lo guardò male, accendendo un’altra sigaretta.
 
Heiji: «Non ci sono problemi, non ti preoccupare! A più tardi!» esclamò rivelando una risata nervosa.
 
Conan: «Aspetta, io ce la faccio a raggiung---!!!» gli venne tappata la bocca dal detective dell’ovest.
 
Heiji: «A più tardi.» disse nuovamente, marcando più che poteva le parole per renderle più efficaci. «Ciao!» trascinò Conan con sé al piano di sopra.
 
Kogoro: «Questi ragazzi di oggigiorno...» sospirò. «È meglio che vada, devono appurare che persona di classe sono! Il miglior detective mai esistito!! Ahahah!» andò via ridendo in modo pacchiano.
 
Conan: «Odskajh---!!!» si dimenò.
 
Heiji: «Aspetta!» lo mise giù e lo lasciò respirare. «Kudo, non puoi abbandonarmi adesso! Lo so che non vedi l’ora di vedere dal vivo Ran-san, ma abbi un attimo di pietà per me!» lo guardò malissimo.
 
Conan: «Che pietà dovrei avere, dato che non ho nemmeno la possibilità di avverare ciò che pensavo… No, ciò che ero convinto potesse accadere? L’unica cosa che siamo riusciti a comprare è questa...» prese in mano una maschera che uscì da una busta del centro commerciale. «Di vestiti adatti ne ho un sacco… e comunque non mi interesserebbe comprarne uno per questo aspetto qui.» sbuffò. (Che delusione…)
 
Heiji: «Ho capito, e mi dispiace davvero che sia andata a finire così. Tra l’altro, lo zietto era piuttosto elegante, fino a oggi l’ho visto sempre con un solo vestito!» accennò una risata.
 
Conan: «E certo… Verrà anche zia Eri, è normale che si comporti così.» sospirò. «Possono avere tutti il loro contentino. Tutti tranne me.»
 
Heiji: «Capisco, ecco perché…! Maaah, almeno sostieni me e facciamo come abbiamo pattuito. Non puoi mica cominciare ad andare lì e a indagare da solo mentre io sono ancora qua a prepararmi!» sbottò il ragazzo.
 
Conan: «Non ti preoccupare, ti sei dato così tante arie che mezz’ora in più o in meno non ti cambierà la vita, no?» rise sadicamente con una vena che gli pulsava sulla fronte.
 
Heiji: «Sai che ti dico?» rise allo stesso modo anche lui. «Chi la fa, l’aspetti!» corse in bagno.
 
Conan: «Ohi, Hattori, aspetta!!!» gli corse dietro anche lui e lottarono perdendo ancora più tempo di quello che avevano già perso.
 
Una volta finiti i preparativi per entrambi, presero un taxi e si diressero alla volta della villa. Erano già le 21:45.

Heiji: «C’era quella cosa che volevo chiederti.» aveva la guancia appoggiata sulla mano e lo sguardo serio.
 
Conan: «Dimmi, Hattori.» anche lui aveva lo sguardo serio e guardava fuori dal finestrino un cielo ormai diventato scuro.
 
Heiji: «Quella bambina, Aoi… C’è una cosa che continua a infastidirmi su di lei. Hai detto che è misteriosa e che, addirittura, una volta è riuscita ad annullare la sua presenza, o qualcosa del genere.» disse con tono pacato.
 
Conan: «Esatto, è così.» gli diventarono gli occhiali opachi.
 
Heiji: «Restando con i piedi a terra e sapendo per certo che i fantasmi non esistono… Sono sicuro che questa sera la vedremo lì alla festa.»
 
Conan: «Lo credo anche io, ma dobbiamo vedere quando e come. Inoltre, Hattori. C’è una cosa che non ho ancora detto a nessuno. Nemmeno quella volta che abbiamo parlato con Amuro-san.» volse lo sguardo su Heiji.
 
Heiji: «Dimmi.» lo guardò a sua volta.
 
Conan: «Quel giorno che io e i bambini siamo andati a parlare con Shadir, in classe, mi sono accorto subito di una cosa. Gli ho fatto delle domande specifiche sulla sua fidanzata e lui non faceva altro che tergiversare. Tutte le volte che ha parlato di lei, diceva sciocchezze.» si fermò un attimo e poi riprese. «Ho pensato che fosse perché lui è il tipo di bambino che cerca di darsi delle arie, ma poi ci ho riflettuto più a fondo e, dopo aver parlato anche con lei, sono giunto a un'altra conclusione.»
 
Heiji continuò a osservarlo e non lo interruppe nemmeno per un attimo, preso dalla discussione.
 
Conan: «Sono convinto che Aoi abbia avvicinato Shadir per qualche motivo legato a questo caso e si sia affezionata a lui in seguito, e che quindi abbia abbandonato l’idea iniziale che aveva. Adesso sta cercando di proteggerlo a modo suo. Non ha voluto che ci avvicinassimo a lui e al suo appartamento. E quando si era trattato di sostenerlo in quella bugia che ci ha detto, lei lo ha supportato al suo meglio.» si appoggiò una mano sul mento. «Chiaramente, nasconde qualcosa di davvero importante. Ma non ho avuto abbastanza tempo per indagare. Avevo lasciato il mio numero di cellulare a Shadir, tuttavia, non mi ha mai contattato.»
 
Heiji: «Forse gli stai antipatico perché fai troppe domande.» rise.
 
Conan: «Ah-Ah. Può essere, ma il fatto che Mitsuhiko mi abbia dato quelle buone notizie non può fare altro che farmi piacere. Solo che non riesco a collegare quel bambino a questa storia.» acuì lo sguardo.
 
Heiji: «Sono sicuro che il tempo ci darà le sue risposte, ormai siamo arrivati.» guardò davanti a sé e vide un’imponente villa in stile occidentale.
 
Antistante all’edificio si trovava una statua marmorea di una donna con le braccia rivolte verso il petto. Essa era circondata da alcuni splendidi roseti composti da fiori variopinti che andavano dal rosa al rosso e poi dal giallo al bianco. Il posto era ben illuminato e si vedevano invitati giungere da ogni dove. Il taxi si fermò poco distante dal cancello e una volta scesi, entrambi i detective, poterono ammirare da più vicino la bellezza della villa.
 
Essa si estendeva su due piani e la facciata principale era tripartita: la parte centrale era più alta delle altre e terminava con un tetto spiovente, mentre le parti ai lati erano piane e ricoperte da tegole. Il colore della villa era bianco, ma tutto il resto, tetto spiovente, tegole, imposte, balconi etc., era tutto nero. Per il grande ballo che si stava svolgendo all’interno, le luci sembravano essere le protagoniste. Inoltre, la musica che i due udirono sembrava essere suonata da un’orchestra dal vivo, tanto che era più che un piacere ascoltarla.
 
Una volta entrati all’interno del cancello, Conan e Heiji videro meglio i dettagli della statua. La donna, in realtà, aveva sì le braccia al petto, ma questo era perché stringeva un gatto. L'opera era scolpita in marmo bianco e il piccolo animale era, invece, nero.
 
Conan: «Non dovremmo stupirci, vero?» restò perplesso.
 
Heiji: «Direi proprio di no…?» osservò meglio la statua. «Guarda l’espressione della donna.» indicò gli occhi.
 
Conan: «Certo, con questo buio, cosa dovrei vedere?» lo guardò con sguardo bieco.
 
Heiji: «Giusto, non la vedi… Mi chiedo come mai sia tutto illuminato tranne questa statua.» incrociò le braccia al petto.
 
…: «È perché, anche se non le somiglia, rappresenta la defunta moglie del proprietario della villa.» disse qualcuno con un tono di voce altezzoso.
 
Conan e Heiji: «Cosa ci fai tu qui?!» chiesero all’unisono alla persona che si parava di fronte ai loro occhi.

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Capitolo 19
*** Ogni bel gioco dura poco ***


Edogawa Conan solitamente vestiva un po' all'antica. Capitava che, quando indossava un completo abbastanza elegante, avesse un farfallino ad accompagnarlo che lo faceva sembrare un giovane uomo piuttosto che un bambino. Altre volte, invece, era vestito come un semplice piccolino della sua età. Quella sera era particolarmente carino. Aveva un abito signorile, che sembrava quasi quello di un giovane nobile. Si trattava di un completo con la giacca blu scuro e il pantalone della stessa tinta, in velluto. La camicia era bianca e usciva leggermente dalle maniche della giacca, lasciando vedere i preziosi ricami che si trovavano sui polsini. Aveva un farfallino al collo ed era rosso, anche se, in realtà, era proprio quello che usava di solito per modificare la voce. Alla luce di tutto ciò che era successo, aveva ritenuto opportuno tenerlo con sé in caso ne avesse avuto la necessità subitanea. La sua maschera era semplice. Ricopriva metà del suo viso, dalla fronte fino al naso, ed era blu. Ai lati era decorata con dei tocchi argentei che rifinivano gli angoli che riprendevano le linee degli occhi. Indossava delle scarpe stringate blu.
 
Hattori Heiji. Lui era un ragazzo molto tradizionalista che era solito indossare kimono e vestiti per lo più verdi. Questa serata, per lui, era molto importante perché voleva dichiararsi a tutti i costi alla ragazza di cui era innamorato e voleva sfruttare il fattore “ballo in maschera” per poterla stupire. Voleva sfruttare anche il fattore incidente e il fattore rapimento, ma questo non gli rendeva molto onore. Il suo vestito era stato scelto con molta cura per fare bella figura con Kazuha. Anche la ragazza era piuttosto tradizionalista, ma si sa, solitamente “abiti importanti, principi e principesse piacciono molto alle ragazze”... aveva pensato il ragazzo. Infatti, Heiji aveva cercato di fare del suo meglio, scegliendo un abito nero con uno stile parecchio elegante. Aveva una giacca lunga fino alle ginocchia, un gilet con una trama a strisce fittissime blu scuro e bianche e al collo un fazzoletto bianco. La camicia era blu scuro, esattamente della stessa tinta del gilet. La sua maschera era una di quelle tipiche veneziane, scelta sempre di un colore scuro, che si avvicinava al nero. Indossava un paio di stivali in pelle dello stesso colore.
 
E poi c'era lui, il nuovo arrivato. 
 
Il suo abito era il più prezioso di tutti, e, molto probabilmente, ci aveva davvero speso una fortuna per comprarlo. Il vestito era composto da un pantalone e da una camicia neri, quest’ultima con su un panciotto dalla trama pregiata, colorata di rosso sul nero. Al collo aveva un fazzoletto bianco, impreziosito dalla presenza di una spilla color corallo. La sua maschera era bianca e somigliava a quella usata dal protagonista de Il Fantasma dell'Opera. Sulle spalle teneva un lungo mantello nero che lo faceva quasi sembrare l'antitesi di Kaito Kid. Indossava un paio di scarpe nere, lucide.
 
…: «Potrei rivolgervi la stessa domanda, sapete?» rispose non perdendo il suo sorriso beffardo dal volto.
 
Heiji: «Avrei pensato di trovare chiunque qui, tranne che te, Hakuba Saguru.» gli lanciò uno sguardo obliquo. 
 
Conan: «Diciamo che chi non muore si rivede…» sospirò. 
 
Hakuba: «Ebbene sì. Sono tornato in città di recente e giusto due giorni fa ho saputo che Kid si sarebbe fatto vedere qui, stanotte.» li guardò. «Non siete cambiati di una virgola.»
 
Heiji: «Nemmeno tu, ti senti su un piedistallo come sempre, eh?» lo guardò con aria di sfida. 
 
Hakuba: «E tu hai la testa calda come sempre, vedo.» rise. 
 
Heiji: «Questo cosa c’entra?! Mah, lasciamo perdere.» si mise a braccia conserte e guardò altrove per non inveire contro il ragazzo e rivale.
 
Hakuba: «Comunque...» diede qualche colpo di tosse per richiamare l’attenzione su di sé. «Prima che mi interrompeste, stavo dicendo che questa statua raffigura la moglie di Itou Mitsunari, il proprietario della villa.»
 
Conan: «E come mai non le somiglia?» lo guardò perplesso.
 
Hakuba: «A quanto pare, Itou-san voleva creare un monumento per la moglie, ma la sofferenza che provava era così tanta che non ha potuto fare altro che richiedere di costruire una statua che fosse puramente simbolica. È stata realizzata in soli tre giorni, sapete?» chiese con disinvoltura.
 
Conan: «No, non ne avevamo idea… Chi ti ha dato tutte queste informazioni?» chiese sbalordito.
 
Hakuba: «Ho scambiato due chiacchiere con il maggiordomo giusto ieri. A quanto pare è una persona che non tiene niente per sé e, se manipolato a dovere, potrebbe anche dare degli ottimi indizi.» dichiarò senza farsi problemi.
 
Conan: «Buono a sapersi, forse potrebbe darci qualche nuovo dettaglio per risolvere il caso.» cercò di fissare meglio la statua. «Ma quindi non è illuminata perché la persona in questione è morta? Heiji nii-chan, puoi fare un attimo luce sul viso, così posso vedere l’espressione che mi dicevi prima?»
 
Heiji: «Sì, certo.» fece luce sul viso della statua.
 
Aveva un’espressione candida e beata, ma nonostante tutto, la fronte era corrucciata. Esprimeva sia dolcezza che dolore e tristezza.
 
Conan: «È bella… e angosciante allo stesso tempo.» deglutì e poi continuò a contemplarla. «È come se chi l’avesse scolpita sentisse qualcosa dentro di sé. Oppure...»
 
Hakuba: «Per rispondere alla tua domanda. Sì, a quanto pare, come ho detto prima, la statua è l’unica a non avere alcuna luce riversa su di sé proprio per questo motivo. Il marito voleva che venisse costruita, ma che non risaltasse durante la notte.» continuò sembrando di conoscere ogni dettaglio sul caso. «L’espressione, inoltre, è emblematica per un motivo in particolare.»
 
Conan: «Ovvero?» lui e Heiji si voltarono a guardare Hakuba.
 
Hakuba: «A quanto pare, è a causa del gatto.» lo indicò.
 
Conan: «Adesso che lo posso vedere indistintamente… Effettivamente, ricorda Pluto, no? Quello di The Black Cat di Poe.» affermò il piccolo detective.
 
Hakuba: «Sì, ma per essere precisi è il secondo gatto della storia. Anche se gli manca un occhio, e questo era qualcosa che accomunava entrambi i gatti, ha quella curiosa macchia bianca sul petto.» spostò il dito indice sul petto del gatto.
 
Heiji: «Sì, è vero… Quindi è chiaramente un richiamo.» guardò Conan.
 
Conan: «Contando che il peluche non ne aveva...» lo guardò anche lui.
 
Hakuba: «Peluche?» chiese dato che era estraneo alla cosa.
 
Conan: «Qualche giorno fa ho trovato un gatto di peluche appeso a un albero del parco e sembrava fosse impiccato. Dato che era un gatto nero, abbiamo pensato a questa storia di Poe e adesso non possiamo fare altro che confermare la tesi.» disse con tono serio.
 
Hakuba: «Capisco. E io che ero venuto qui solo per Kaito Kid… Ho come l’impressione che, invece, ci sarà da divertirsi.» affermò portando una mano sul mento.
 
Heiji: «Bisogna prima vedere se riuscirai a concludere qualcosa!» esclamò stizzito. «Sarò io a risolvere qualsiasi genere di caso! Vedrai!»
 
Hakuba: «Mpf… Vedremo. Mah, per stasera non ho voglia di litigare. Però vi avviso: Kid lo prenderò io.»
 
Conan: (Ohi ohi… Ha praticamente accettato la sfida di Hattori, anche se in modo indiretto…) lo guardò con sguardo bieco. 
 
Heiji: «Seh, meno male che non volevi litigare! Kaito Kid è mio! Capito?!» sbottò il detective dell'ovest, facendo un passo intimidatorio verso di lui. 
 
Hakuba: «Mpf… Come ci si poteva aspettare da te. Però te l'ho detto che non sono qui per litigare. Per giunta, mi ha invitato un'amica e non potrei mai farla dispiacere.» si scostò e sentì che era sbattuto con una figura più piccola della sua. «La prego di scusarmi.» si voltò verso quella persona. 
 
…: «Non si preoccupi, va tutto bene. Ma veda di stare più attento in futuro.» lo guardò male, poi volse lo sguardo su con Conan, ghignò e andò via con passo celere. 
 
Hakuba: «Che figura…» si mise una mano in faccia. 
 
Heiji: «Ben ti sta! Così impari a cercare di sembrare superiore mentre in realtà non lo sei per niente! Tsk! Moccioso, andiamo dentro e lasciamo stare questo qua?» si voltò verso Conan che era come pietrificato. «K-C-Conan-kun…?»
 
Hakuba: «Cos'ha? Mi sembra scioccato.» lo guardò perplesso. 
 
Heiji: «Ohi, ci sei?» gli appoggiò una mano sulla spalla. 
 
Conan: «Ah!!» sollevò lo sguardo. «Hattori… devo andare!!» si voltò come un lampo e corse a perdifiato dietro la figura che aveva visto poco fa. (N-Non può essere…!!!) 
 
Heiji: «Aspetta, dove corri così all’improvviso??» fece per inseguirlo, ma qualcuno lo afferrò per l'avambraccio. «Che cavolo vuoi ancora, Hakuba?!»
 
Kazuha: «Ma quale Hakuba e Hakuba?! Heiji, cosa stai facendo ancora qui fuori??» sbottò la ragazzina.
 
Heiji: «Aaah?! Che ne sapevo io che eri qua fuo---...» non appena Heiji si voltò a guardarla, non riuscì più a fare lo spaccone come sempre.
 
Kazuha aveva un abito lungo e particolarmente ampio. Heiji non l'aveva mai vista sotto questa luce. 
 
Heiji: (Kazuha ha sempre avuto delle scollature abbastanza gentili, ma questa le vince tutte…) deglutì e il tempo per lui si congelò.
 
Era vero che la ragazza era solita vestire con magliette, top o vestiti scollati, ma questa volta era tutto diverso. La magia dell'abito da sera mascherato aveva colpito anche Heiji che non faceva altro che squadrare quel vestito verde smeraldo che lo stava facendo impazzire. Era composto da un corsetto e una gonna. Il primo aveva una scollatura a forma di cuore che non lasciava molto spazio all'immaginazione. Era decorato quasi interamente con dei raffinati ricami floreali bianchi che andavano a creare una splendida fantasia. I lacci nella parte posteriore del vestito erano dello stesso colore dell'abito e si vedeva a occhio che erano stretti particolarmente bene (proprio perché, in realtà, era stata Ran a farlo). La gonna, molto ampia, si estendeva in tre strati: i primi due più piccoli, avevano sul bordo una decorazione con ricami a forma di piccole foglie bianche; mentre il terzo, quello più grande e importante che si trovava alla base, riprendeva i decori floreali del corsetto. Aveva una collana d'oro bianco con un ciondolo a forma di fiore che si avvicinava abbastanza alla cavità del seno. Aveva anche degli orecchini floreali pendenti che risplendevano. La sua maschera era dipinta di un giallo molto chiaro ed era impreziosita dai bordi che avevano applicate su di loro delle pietre luminose. La cosa che più fece strabuzzare gli occhi al giovane detective dell'ovest, seno a parte, fu che la ragazza era diversa dal solito non solo per il vestito, ma anche perché aveva tenuto i capelli sciolti. Erano semi raccolti e legati dietro con un fermaglio di perline bianche, anche questo a forma di fiore.
 
Heiji: (Kazuha… È sempre stata così bella…?) pensò mentre restava imbambolato. (Le sue guance sono così rosee… ci avrà messo su un sacco di trucco.) fece un sorriso sincero, che gli veniva dal profondo del cuore. (Questa è la ragazza che amo. È uno splendore.) le accarezzò i capelli con una mano. (Come sono morbidi, sembrano quasi seta… e i suoi occhi… sono così luminosi…) deglutì di nuovo e le fissò le labbra.
 
Kazuha: «Ohi!! Heiji, ci sei?!» chiese al ragazzo che per descriverlo al meglio, sembrava ubriaco. 
 
Anche lei, tuttavia, arrossì nel vedere l’amico d’infanzia in dei panni che non avrebbe mai immaginato di vedere. Lui che solitamente era sempre impetuoso, stavolta, sembrava in ordine e le pareva quasi un miraggio.
 
Heiji: (Sono sul rosso fragola… mi viene voglia di mangiarle…) afferrò Kazuha per le spalle e continuò a guardarle le labbra. (Kazuha…) 
 
Kazuha: «Mi sto preoccupando, scemo…» lo guardò seriamente impensierita. «Ti è successo qualcosa?»
 
Heiji: «Kazuha… io...» arrossì ancora di più. 
 
Kazuha: «Heiji…» arrossì anche lei. (Può essere che Ran-chan non si sbagliasse? Ma Heiji… non può essere che gliene importi in quel senso di me…) 
 
Heiji: «…» la guardò intensamente negli occhi e, subito dopo, lo sguardo gli cadde sul seno. (...Non…) 
 
Kazuha: «Se non mi rispondi chiamo aiuto, eh?!» lo guardò davvero preoccupata. (No… dicevo che era impossibile… questo… avrà qualche problema…) lo guardò in modo obliquo. 
 
Heiji: «Ah…!» sentì che stava cominciando a perdere sangue dal naso. «La giacca!!!» si tolse la giacca e la appoggiò sulle spalle della ragazza. «Sicuramente stai morendo di freddo! Sei così… scollata... che solo uno scemo non se ne accorgerebbe!» esclamò precipitosamente mentre le dava le spalle. «Vai dentro, ti raggiungo subito.»
 
Kazuha: «Spero che non sia una di quelle volte dove poi scompari… ci tengo, Heiji… a dopo.» disse arrossita.
 
Heiji: «Sapessi quanto ci tengo io…» mormorò mentre si copriva il naso. 
 
Kazuha: (Può essere che abbia detto…!!) arrossì ancora di più. (Che scemo...) sorrise dolcemente. «Non ti do più di cinque minuti, chiaro? A tra poco!» di strinse nella giacca e corse all'interno della villa. 
 
Heiji: (Ho bisogno di un bagno…) alzò lo sguardo verso la statua, notando che nel frattempo Hakuba era andato via. (Quante cose da fare… sarà dura.)

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Capitolo 20
*** Rendez-vous ***


Intanto, Conan, che era scattato come un fulmine seguendo la persona con cui era sbattuto Hakuba, stava continuando a cercarla. Si guardò intorno, a destra, a sinistra, in avanti. Ma niente. Questa persona sembrava come scomparsa.
 
Conan: (Dove sarà andata?! Ma poi… perché?!) pensò dentro di sé. 
 
Correva a perdifiato, l'aveva totalmente persa di vista.
 
Conan: «AnfAnf…» si avvicinò all'entrata della villa, dove c'era la servitù pronta ad accoglierlo. 
 
Anche se erano in tanti, si avvicinò solo un giovane maggiordomo che si chinò verso di lui. 
 
Maggiordomo: «Buonasera, posso aiutarla?» disse con un tono di voce molto leggero ed educato. 
 
Conan: «Sì… Cioè…» continuò a guardarsi intorno. (No, è meglio che non ne parli con nessuno. La priorità è capire cosa diavolo significa e poi procedere.) 
 
Maggiordomo: «Sì…?» lo guardò perplesso, pensando che si fosse perso. 
 
Conan: «No, niente… È che… non avete un registro degli invitati? Deve esserci anche il mio nome, no?» chiese escogitando un piano. 
 
Maggiordomo: «Sì, in realtà c'era. Però, il nostro padrone ha deciso di far entrare chiunque, a patto che sia mascherato.» lo guardò accennando un sorriso. 
 
Conan: «Ma così non potrebbe essere pericoloso?» domandò con innocenza. (Adesso si spiega tutto…) acuì lo sguardo. 
 
Maggiordomo: «Già. Anche tutti noi ci siamo chiesti lo stesso… Tuttavia, gli ordini non vanno discussi. Se al nostro padrone va bene così, allora… non possiamo farci niente.» asserì dispiaciuto. 
 
Conan: «Capisco…! Sarà divertente lo stesso! In fondo, il vostro padrone è amante dei felini, giusto? Insomma, la statua che c’è fuori ha con sé un gatto, e anche l'espositore degli zaffiri ha la stessa forma!» continuò a interrogarlo. 
 
Maggiordomo: «Non so come risponderti, piccolo. Qualche mese fa ti avrei detto prontamente di sì. Ma a oggi… non lo so.» affermò. 
 
Conan: «Eeeeh? Ma allora, come mai tutti questi gatti?» osservò cercando di fingere stupore. 
 
Maggiordomo: «In realtà---»
 
…: «Perché non lo chiedi direttamente a lui, moccioso?» disse una voce abbastanza acuta.
 
Conan: «Mh?» si voltò. «Sonoko nee-chan, Kyogoku-san! E poi…» lentamente, gli occhi del bambino finirono con l'incontrare quelli della sua innamorata. 
 
Ran: «Finalmente sei arrivato...» disse in preda all'imbarazzo.
 
Makoto: «Ciao, ci rivediamo.» sorrise, anche se non nascondeva di essere un po’ turbato a causa dell'abito appariscente della fidanzata. 
 
Sonoko indossava un vestito lungo e bordeaux, interamente scollato e senza maniche, ricamato di nero. Questi erano più accentuati nella parte del décolleté, dove formavano dei disegni simili a quelli delle colonne greche in stile corinzio. Ai fianchi aveva un lungo strascico con balze di colore nero. Questo era allacciato sulla vita con delle piccole rose nere e, applicate su di esse, c’erano delle perline bianche come decorazione. La sua maschera sembrava quella di un gatto nero, anche se era composta in modo particolare. Intorno al collo aveva una costosissima collana a girocollo con diamanti e perle, come conviene a una ragazza del suo rango. Portava anche un bel cappello bordeaux abbastanza ampio con pizzi e merletti neri. Il suo fidanzato, Kyogoku Makoto, invece, aveva uno smoking molto sobrio, di colore nero. La camicia era bianca e la cravatta sempre nera, come anche le scarpe in vernice. La sua maschera era uguale a quella di Sonoko, la quale le aveva scelte insieme precedentemente per fare coppia con lui. 
 
Conan: «Ciao…» arrossì di colpo vedendo Ran. «Mi dispiace se ho fatto tardi…» si guardò intorno. «Sera nee-chan non è ancora arrivata?»
 
Ran: «Sì, è arrivata, ma ci siamo perse di vista poco fa… Kazuha-chan, invece, aveva visto Hattori-kun fuori e gli era andata incontro.» lo guardò più intensamente. «Allora? Che ne pensi?»
 
Conan: «Eh… Il… il vestito ti sta davvero bene!» esclamò il bambino. (Anche se avrei preferito una scena diversa… Ora come glielo dico che Shinichi non…!!! Ho dimenticato di farlo!!! Ho dimenticato di fare ogni cosa… Anche tutti i propositi che avevo nei confronti di Hattori!!! Spero che Kazuha sia stata clemente con lui...) 
 
Ran: «Grazie… Però, mi riferivo a ciò che ti ha detto prima Sonoko.» rispose imbarazzata. 
 
Conan: «Sì, certo…!» accennò una risata. «Sonoko nee-chan, potresti dirmi dove lo posso incontrare?»
 
Sonoko: «Certo! Adesso ti ci porto io, è insieme a un suo collega e allo zio. Sicuramente, anche lui sarà felice di vederti!» annuì incrociando le braccia al petto. 
 
Ran: «Bene, andiamo?» guardò Conan tutta felice. 
 
Sonoko: «Cos'è tutta questa fretta? Non avevi detto che volevi aspettare Shinichi-kun?! Quel cretino non è ancora arrivato!!» sbottò su tutte le furie. 
 
Makoto: «Calmati… forse avrà avuto un contrattempo.» cercò di tranquillizzarla. 
 
Sonoko: «Ma hai visto che ore sono?! E io che mi ero persino presa la briga di mandargli le foto di Ran! Tsk!» esclamò arrabbiata. 
 
Ran: «Cosa??» chiese mentre le diventavano rosse perfino le punte delle orecchie. 
 
Sonoko: «Uffa, Ran… era per convincerlo a venire!! Era a fin di bene!» cercò di convincere l'amica. 
 
Ran: «Non c'è bisogno, davvero… tanto non verrà.» disse in modo consapevole. 
 
Conan restò in silenzio perché non aveva potuto fare niente per cambiare le carte in tavola, anche se ci aveva provato con tutto se stesso. 
 
Sonoko: «Come fai a dire una cosa del genere se lui stesso ti aveva affermato il contrario?» rispose impettita. 
 
Ran: «Diciamo che me lo sento.» guardò Conan e sorrise. «Andiamo?»
 
Conan: «Certo!» annuì. (Ecco, di nuovo quella sensazione… Che cosa mi stai nascondendo, Ran?!) 
 
Sonoko: «Moccioso, ci sei? Ogni tanto ti blocchi e rimani imbambolato come uno stoccafisso!» lo guardò perplessa. 
 
Conan: «Sì… È che mi stavo chiedendo… Mentre aspettavate Shinichi nii-chan, non è che per caso avete visto una donna che correva tenendo la testa bassa?» domandò tornando al quesito iniziale.
 
Sonoko: «Ti rendi conto di quanta gente ci sia? Sarebbe impossibile notarla!» si appoggiò le mani sui fianchi. «E comunque, una persona che corre con la testa bassa non preannuncerebbe niente di buono… non portare sfiga come sempre!» 
 
Makoto: «In realtà, sarebbe proprio al contrario, Sonoko-san. Se una donna entrasse qui di corsa, in mezzo a tutti questi invitati, darebbe nell'occhio proprio perché finirebbe con lo spingere qualcuno, no?» disse mostrando uno sguardo serio.
 
Sonoko: «Hai ragione, Makoto-san!!» si avvinghiò al suo braccio. «Quanto sei figo!!» esclamò mentre gli occhi le diventarono due grandi cuori. 
 
Kazuha: «Ran-chan!!» si avvicinò da dietro di lei e la prese per mano. 
 
Ran: «Kazuha-chan, mi stavo preoccupando…! Dov'eri finita? Hattori-kun?» le chiese guardandola negli occhi. 
 
Kazuha: «Non lo potresti immaginare mai!! L’ho tenuto d’occhio perché non volevo perderlo di vista… o avevo paura che si sarebbe ficcato in qualche guaio e sarebbe scomparso per tutta la serata…!» sorrise radiosamente. «Guarda!» le fece notare la giacca che aveva sulle spalle.
 
Ran: «Ohoh...» la guardò di sottecchi. «È la sua, vero? Ti si addice!» esclamò entusiasta.
 
Kazuha: «Beh...» arrossì ancora di più. «Pensava che potessi avere freddo… È stato stranamente gentile...» si fermò a riflettere. «Aaah!! È già arrivato!!» indicò un punto della stanza con gli occhi.
 
Ran: «Eccolo lì! Sta venendo di qua!» sorrise. «Sembra che si sia fatto bello per te!» le fece l'occhiolino. 
 
Kazuha: «Non posso crederlo… Non voglio farmi false speranze, non più. Te l'ho detto, no?» la guardò con lo sguardo affranto. 
 
Ran: «Però… gli occhi non mentono, luccicano ancora di tanta speranza.» sorrise e le strinse le mani. «Vedrai che il tuo sogno si avvererà!»
 
Heiji: «Quale sogno?» si avvicinò a loro. 
 
Ran: «Quello di…!!!» sgranò gli occhi. 
 
Sonoko: «Aaah!! L'avevo detto io che l'amore non mente!!» esclamò contenta. 
 
…: «Non potevo mancare, no? Ciao a tutti!» disse una voce conosciuta da quasi tutti i presenti. 
 
Ran: «Shinichi…!» restò sbalordita. 
 
Conan: (Ohi ohi, Kid si è già mostrato a quest'ora… non è presto?) lo guardò con lo sguardo bieco e poi spostò gli occhi su Heiji. (Sbaglio o erano insieme…?) 
 
Heiji: «Kudo non mente mai, dovresti saperlo!!» esclamò con una leggera risata e poi guardò Conan, sollevando il dito indice e portandolo sulle labbra. 
 
Conan: (Perché sta aiutando il nemico?! Ohi, Hattori!!!) cercò di tirarlo per un lembo del pantalone. «Vieni un attimo con me, Heiji nii-chan?»
 
Kid!Shinichi: «Ciao Conan-kun! Come, non mi saluti nemmeno?» fece un largo sorriso. 
 
Conan: «Giusto. Ciao, Shinichi nii-chan.» lo guardò storto.
 
Kid!Shinichi: «Che brutta faccia…» gli tirò le guance. «Dato che ci vediamo così di rado, perché non vieni un attimo con me? Per stasera è meglio che i bambini stiano lontani dai guai, non sei d'accordo?» lo guardò cercando di trattenere le risate. 
 
Conan: «Non capisco se vuoi prendermi in giro oppure altro… Ma va bene la prima, immagino.» lo guardò storto. 
 
Heiji: «Dai, non litigate!! Piuttosto, Kudo, andiamo. Mi dovevi parlare?» guardò Conan. 
 
Kid!Shinichi: «Assolutamente no, Hattori. Volevo fare due chiacchiere con questo bambino qui, ma dato che non è interessato, allora dov'è che stavamo andando?» volse lo sguardo su Sonoko. 
 
Conan: «Ho detto che andava bene la prima, nel senso che se mi volevi dire qualcosa in disparte, sono disponibile!!» sbottò il bambino con gli occhiali. 
 
Sonoko: «Stavamo andando a parlare con il padrone di casa! Sono sicura che potrebbe interessare anche a te, Shinichi-kun!» ignorò Conan e gli diede una leggera gomitata, poi bisbigliò. «Perché non fai un po' di più il romantico con Ran? Eh? Eh?»
 
Kid!Shinichi: «Sto aspettando il momento giusto, o non sarebbe più romantico, no?» le fece l'occhiolino. 
 
Sonoko: «Oh…» lo guardò. (Ma… Perché non mi sembra di parlare con lui…? Sembra così determinato… mi sarei aspettata un "Perché dovrei dirle qualcosa? Non devo aggiungere altro!"... Non è da lui… forse adesso che sono fidanzati, ha qualcosa in serbo per lei…! Vai, Shinichi-kun!!) 
 
Makoto: «Sonoko-san, raggiungiamo tuo zio? Così Conan-kun può conoscere Itou-san… come gli hai detto.» disse con una lente degli occhiali bianca perché aveva visto che la ragazza era arrostita. 
 
Sonoko: «Certo che sì! Andiamo!» indicò di superare le due arcate che si presentavano davanti a loro, separate al centro da due scalinate, una sulla destra e una sulla sinistra, che portavano al piano di sopra, anche se in stanze diverse. 
 
Conan: (Bene… quelle scale servono a raggiungere Ayumi-chan…)  si guardò intorno. 
 
Heiji: (Dobbiamo raggiungere quel piano, ma prima è un bene parlare con questa persona e capire che cosa vuole. O meglio… come fare a interpretare la sua pazzia.) sospirò e guardò Kazuha. (Mi sa che devo aspettare… Inoltre, devo parlare a Kudo…) 
 
Kazuha: «Cosa vuoi, Heiji? Perché mi stai guardando?!» cercò di coprirsi la scollatura. 
 
Heiji: «Io? No! Stavo guardando il vuoto e tu eri messa lì per caso. Non guardavo te, non preoccuparti!» sbottò il detective dell'ovest guardandola male.
 
Kazuha: «Ah… la prossima volta sii più educato e guarda dove non c'è nessuno!!» rispose la ragazza, credendogli sulla parola. 
 
Masumi: «Dai, non vi preoccupate! E andiamo, si sta facendo tardi!» strinse un braccio intorno alle spalle di Kid!Shinichi. «C'è qualcuno che aspetta di conoscere Itou-san, no?» gli fece l'occhiolino. 
 
Kid!Shinichi: «Sì… sto morendo dalla voglia, effettivamente…!» distolse lo sguardo. 
 
Masumi: «Perfetto! Dovremmo essere tutti, quindi andiamo!» esclamò su di giri. «Così poi mi dici chi sei… ok?» gli bisbigliò all'orecchio. 
 
Kid!Shinichi: «Chi dovrei essere, se non me stesso?» le chiese facendo una risata nervosa. 
 
Masumi: «Credo che il sottoscritto non sia l'unico ad aver capito qualcosa.» gli indicò Ran con gli occhi. 
 
Kid!Shinichi: «Ohi, ohi… non capisco cosa tu voglia dire, ma Ran mi sentirà dopo. E comunque, la cosa non ti riguarda nemmeno.» fece uno sguardo bieco. 
 
Conan: (Mi fa impressione… Ma come diavolo fa a somigliarmi così tanto?) sospirò. 
 
Ran: «Dai, muoviamoci.» sorrise e guardò Conan. «Non vorremo fare aspettare Itou-san per troppo tempo, no?»
 
Conan: «No, certo…» cercò di sorridere anche lui. (Non puoi sapere quanto mi dia fastidio la presenza di Kid al mio posto… e ancora più di questo, non poter essere io stesso lì, accanto a te. Eppure…) acuì lo sguardo.

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Capitolo 21
*** Testacoda ***


Il gruppone di ragazzi arrivò, così, nella stanza del ballo, ovvero, nella sala principale della villa. Era maestosa, avrebbe lasciato a bocca aperta chiunque per quanto era ampia e decorata. La volta aveva una serie di lampadari in cristallo. Le pareti erano rivestite da una carta da parati in stile classico, damascata color oro, e contenevano dei quadri dalle cornici preziose. La cosa curiosa di questi quadri era che nessuno di essi era conosciuto, perché nessuno era stato realizzato da un pittore famoso. I soggetti variavano di quadro in quadro, ma la maggior parte era composta da nature morte. I tavoli, corredati di sedie, erano posti soltanto in alcuni lati della stanza e facevano da cornice alla sala, lasciata quasi totalmente vuota per consentire a tutti di poter danzare. Una parte di essa era composta da un'enorme vetrata che dava sul giardino. Nel resto della stanza c'erano delle finestre con drappeggi pregiati. La musica era effettivamente suonata dal vivo tramite un'orchestra, come avevano supposto Conan e Heiji nell'arrivare lì. Anche i musicisti e il personale erano interamente mascherati, ciononostante, i loro abiti erano consoni ai loro ruoli e quindi non si mescolavano in mezzo agli invitati. Venivano serviti dei drink sia alcolici che non.
 
Conan: «Era esattamente come la immaginavo…» si guardò intorno a bocca aperta. 
 
Kid!Shinichi: «Wooow! Adesso l'intuito ti consente anche di prevedere come sono le stanze, non solo chi è il colpevole… capisco, capisco.» guardò il bambino ridendo. 
 
Conan: «Hai capito quello che volevo dire, no? Allora, appena finiremo di discutere con quest'uomo…» ricambiò lo sguardo con gli occhiali opachi. 
 
Masumi: «Cosa? Potete includere anche me?» appoggiò un braccio intorno alle spalle di Kid. 
 
Kid!Shinichi: «Se non la smetti di addossarti a me, sembreremo una coppia. E se non lo sai, sono già fidanzato.» la guardò male. 
 
Masumi: «Mpf… Ahahah!» scoppiò a ridere. «Ti sembro tanto scemo?» 
 
Kid!Shinichi: «No, affatto.» la riprese. (E il problema è proprio questo.) sollevò gli occhi al cielo. 
 
Masumi: «Capisco che questo abito possa indurre le persone a pensare male, ma forse… preferisci che vada da Ran-kun?» si portò una mano sul mento. 
 
Kid!Shinichi: «Ecco, mi sembra una buona idea!» annuì. «Anche se… non so quanto potrebbe esserne entusiasta lei.»
 
Masumi: «Beh! Guarda che abito da sballo ho scelto!» lo indicò. «Sembra la divisa di un militare, vero? Ho anche la spada!» la sguainò. 
 
Kid!Shinichi: «Ehm… attenta a dove la metti!» agitò le mani. (Mi hai già picchiato in passato, non è che abbia tanta voglia di bissare…) 
 
Conan: (Immagino che questo vestito sia perfetto per Carnevale… Ma almeno ha la maschera…) fece una risata nervosa. 
 
Masumi: «Non ti preoccupare, per stasera non ti infilzo!» gli fece l'occhiolino. «E comunque, me la cavo meglio con le mani e i piedi!» esclamò orgogliosa. 
 
Kid!Shinichi: «Vuoi che mi complimenti con te?» chiese con un tono che rasentava la disperazione. (Ripeto che ho già sperimentato, lasciami in pace…!) 
 
Sonoko: «Shinichi-kun, Sera-chan, moccioso!! Venite un attimo?» li chiamò la ragazza. 
 
Masumi: «Arriviamo!!» guardò Kid. «Sto ancora aspettando.» raggiunse Sonoko. 
 
Kid!Shinichi: «Niente, in questi giorni sono stato totalmente sfortunato.» mormorò. 
 
Conan: «Non che non ti capisca…» mormorò anche lui mentre insieme si avvicinavano a Sonoko e agli altri. 
 
Heiji: «Oh, finalmente!!» lamentò il ragazzo. 
 
Jirokichi: «Guarda qui chi c'è! Kid-Killer! È un piacere rivederti!!» lo accolse calorosamente. 
 
Conan: «Anche per me è lo stesso!» esclamò in modo squillante. 
 
Jirokichi: «Stavo per presentare il padrone di casa ai tuoi amici, quindi ne approfitto.» volse una mano verso un uomo dalla statura media, vestito di bianco e nero. «Lui è il mio caro amico Itou Mitsunari.»
 
Davanti a lui si parava la figura di un uomo dai capelli corti e leggermente spettinati. Aveva i baffi ed era l'unico in tutta la stanza che non indossava una maschera. Sembrava quasi un cosplayer di Edgar Allan Poe, anche se i suoi tratti erano indubbiamente asiatici. 
 
Itou: «Buonasera, è un piacere conoscervi e, soprattutto… È un piacere conoscere te, giovane detective.» si chinò verso Conan. «Jirokichi mi ha parlato di te in modo esauriente. Sembri un bambino davvero interessante.» disse con una voce molto calma e rilassata. 
 
Conan: «Grazie… Ma ciò che faccio non è niente di che! Ci sono dei detective liceali che lo fanno meglio!» lo guardò con una goccia di sudore che gli scendeva giù dal viso. 
 
Hakuba: «Si riferiva a te perché sei un bambino.» esclamò in modo saccente. 
 
Conan: (Di nuovo lui?) lo guardò storto. 
 
Kid!Shinichi: «Gulp!» deglutì. (Ma che cavolo, Hakuba!! Di nuovo?? Che vuoi dalla mia vita?! Torna in Inghilterra o dove vuoi, ma non mi intralciare!!) imprecò dentro di sé. 
 
Itou: «Eheh… come ha detto Saguru, lo dico perché riesci già a tenere testa a un ladro alla portata di Kaito Kid. Non mi sembri essere affatto un bambino nella norma.» disse con uno sguardo che sembrava in realtà riflettere. 
 
Heiji: «Ha ragione lei! Ma lui fa così perché è il mio assistente! Gioca e mi imita!» cercò di sdrammatizzare perché sentiva un'aria pesante circondare tutti i presenti. 
 
Jirokichi: «Ragazzo, non sai cosa dici. Tutte le volte che Kaito Kid si è fatto vivo, tu non c'eri! E se c'eri ti sei fatto giocare da lui!!» inveì contro il detective dell'ovest. 
 
Itou: «Su, su… non c'è bisogno di litigare. Più che altro… questo giovane ha lo sguardo che mi ricorda quello di mia figlia, la più piccola. Anche lei era particolare.» affermò cercando di fare un sorriso. 
 
Sonoko: «Ah, mi dispiace…» disse dispiaciuta. 
 
Itou: «È tutto a posto.» annuì. «Probabilmente doveva andare così.»
 
Heiji: (Cosa…? Che sua figlia è morta?) lo guardò senza emettere alcun suono.
 
Conan: «Mi dispiace tanto per la sua famiglia…» mise il broncio.
 
Itou: «Grazie, piccolo. Io non riesco a trovare la pace in nessun modo. Ma grazie all'aiuto di un mio fedele collega, sto riuscendo, anche se a tentoni, a capire cosa fare.» sospirò. 
 
Makoto: «Deve essere doloroso, ma non lasciarsi andare è la cosa migliore.» lo guardò dispiaciuto.
 
Itou: «Ci ho provato con tutto me stesso. È difficile… troppo. Ma è stata davvero una fortuna che ci fosse lui.» annuì contento. «Poi anche la servitù… tutti continuano a starmi accanto.»
 
Hakuba: «È anche per loro che ha indetto questo ballo? Intendo… perché è grato?» cercò di andare al punto, incuriosito dalla questione del gatto nero di cui gli aveva parlato Conan. 
 
Itou: «È principalmente per mostrare a tutti i miei zaffiri. Proprio in questo brutto periodo ho ideato qualcosa che mi piace e ne ho approfittato.»
 
Kazuha: «L'espositore, giusto? È davvero carino, dato che dovrebbe avere la forma di un gatto!» esclamò entusiasta. 
 
Itou: «Sì. È stato grazie a un gatto nero che io e mia moglie ci conoscemmo molto tempo fa. La volevo omaggiare, anche se ormai…» abbassò lo sguardo. 
 
Ran: «Sono sicura che non importa il luogo… ovunque si trovi sua moglie, è sicuramente felice di questo regalo che ha voluto farle. Proprio perché, anche se non c'è più con il corpo, c'è e ci sarà per sempre con il cuore e la mente.» gli appoggiò una mano sulla spalla. 
 
Itou: «…» guardò Ran. «Ti ringrazio.» accennò un sorriso. 
 
Ran: «Non deve.» sorrise anche lei. «Lo penso davvero che queste persone non ci abbandonano mai.»
 
Itou: «Capisco... Ah, se potete scusarmi un attimo.» fece un cenno con la mano e raggiunse un uomo poco più lontano da lì. Dopo aver scambiato delle brevi frasi, tornò dagli altri insieme a lui. «Quest’uomo è il caro collega che vi dicevo prima. Ci tengo a presentarvelo.» guardò Jirokichi. 
 
Jirokichi: «Così ci rivediamo, Tsukimi!» gli diede una pacca sulla schiena.
 
Tsukimi: «Già.» annuì. «Piacere di fare la vostra conoscenza. Mi chiamo Tsukimi Ryu. Sono il nuovo presidente delle aziende di Itou-san.»
 
Era un uomo sulla quarantina, con un'aria cortese e un tono di voce piuttosto basso. Aveva un abito nero, composto da giacca, camicia, cravatta, pantalone e scarpe totalmente nere. Anche la maschera era nera ed era molto semplice, quasi ad andare in contrasto con la preziosità delle stoffe usate per il completo. 
 
Conan: (Tsukimi… dove l'ho già sentito questo nome…?) pensò mentre squadrava l'uomo.
 
Masumi: «Piacere. Vedervi insieme sembra quasi un miracolo. Sui giornali è sempre apparso lei o sbaglio, Tsukimi-san?» lo guardò negli occhi.
 
Tsukimi: «No, io sono apparso molto relativamente. Solitamente è chi si occupa delle pubbliche relazioni che si fa vedere di più.» affermò. 
 
Heiji: «Quindi adesso farà come chi l'ha preceduta e resterà nell'ombra?» lo guardò incuriosito. 
 
Tsukimi: «Non credo. Diciamo che, anche se non mi dispiace apparire sui giornali, preferisco tenere la vita privata una cosa a parte.» cercò di giustificarsi. 
 
Sonoko: «Vedo che ha una fede, è sposato?» chiese curiosa. «Sua moglie dove l'ha lasciata?» si guardò intorno. 
 
Tsukimi: «Sì, sono sposato. Ma stasera mia moglie non è riuscita a essere presente.» sostenne dispiaciuto mentre Itou restò in silenzio. 
 
Conan: «Peccato, i balli in maschera non ci sono mica tutti i giorni! Sicuramente si sarebbe divertita un mondo!» esclamò con tono di rammarico da bambino. 
 
Tsukimi: «Non fa niente, non ci preoccupiamo di cose del genere.» sorrise. «Purtroppo lei aveva degli altri impegni e non siamo riusciti a conciliare il tutto.»
 
Conan, Heiji, Masumi, Hakuba e Kid!Shinichi: (Bugiardo, i suoi occhi lo dicono… sta mentendo.) 
 
Itou: «Ma dite un po'... Stavo pensando di fare il mio discorso per questa serata tra una mezz'oretta… In modo da poter esporre a tutti il mio punto di vista sulla creazione dell’espositore. E anche, ovviamente, per mostrare gli zaffiri.» disse cambiando argomento. «Perché non ne approfittate per danzare un po’?»
 
Sonoko: «Ma certo!» si strinse al braccio di Makoto che arrossì sul colpo. «Noi andiamo!»
 
Makoto: «Sonoko-san… avrei preferito chiedertelo, come si conviene.» la guardò dispiaciuto.
 
Sonoko: «Sei sempre in tempo.» lo guardò negli occhi, arrossendo.
 
Jirokichi: «Io aspetto che arrivi la mezzanotte e con lei… KAITO KID!!!» esclamò euforico. «Ma attenderò con ansia anche il tuo discorso.»
 
Kid!Shinichi: «Giusto!! Giusto…» guardò Conan. 
 
Hakuba: «Con grande piacere.» sorrise orgoglioso. «Vado a cercare la mia dama, anche lei, a volte, sembra essere presa solo da Kaito Kid…» sospirò. (Potesse sapere che ci ha a che vedere praticamente tutti i giorni.) 
 
Kid!Shinichi: «Che bella figura che ci fai a venire a un ballo in maschera con una che pensa a un ladro e a te non ti calcola proprio!» disse con tono canzonatorio. 
 
Hakuba: «Mh?» si avvicinò a lui e bisbigliò al suo orecchio. «Kudo Shinichi mi parla per la prima volta e lo fa in un modo del genere? Perché sei tu, no? Cos'è, ti piace Aoko-san, per caso?» lo derise. 
 
Kid!Shinichi: «No, non mi potrebbe mai piacere una come lei!» fece spallucce, seccato.
 
Hakuba: «Ooh… meglio per te, allora.» fece un inchino e si allontanò lentamente. (Non vorrei credere che in realtà…) sorrise malefico. (È lui...)
 
Kid!Shinichi: «Ma chi la potrebbe mai volere una come quella?!» sbottò. 
 
Ran: «Ricorda chi sei, Shinichi. Rimani al tuo posto!» gli pestò un piede. 
 
Kid!Shinichi: «Aaaaah!!» imprecò. «Scusa, Ran… dovevo essere posseduto da qualcosa…»
 
Heiji: «Sì, dalla tua stupidità.» disse ridendo sotto i baffi. 
 
Conan: «Ahah-Ah.» imitò male una risata.
 
Itou: «Allora, a più tardi.» sorrise e si allontanò. 
 
Tsukimi: «Vado anche io. È stato un piacere.» si inchinò.
 
Heiji: «Sì…» acuì lo sguardo. «È stato davvero un piacere anche per me.» si inchinò anche lui e si avvicinò a Conan. «Vieni un attimo con me?»
 
Conan: «Aspetta. Devo prima parlare con questo qua.» indicò Kid!Shinichi. 
 
Kid!Shinichi: «Si dia il caso che… devo andare in bagno.» guardò Ran. «Ti prometto che ci sarò per almeno un ballo!» le fece l'occhiolino. 
 
Ran, alterata, cercò di darsi un contegno e lo portò leggermente in disparte.
 
Ran: «Ma chi ti vuole? Faresti meglio a starmi lontana.» lo guardò storto, avvicinandosi a lui. «Non ti denuncio solo perché voglio aspettare che ti togli questo travestimento da Shinichi, sappilo… Kaito Kid.» bisbigliò all'orecchio del ragazzo. 
 
Kid!Shinichi: «Ma cosa stai dicendo, Ran? Ahahah…» cercò di sdrammatizzare. «A dopo!» la salutò con la mano e andò in bagno. 
 
Conan: (Stupido…) lo seguì. 
 
Heiji: «Aaah, ci vado subito anche io!!» corse dietro i due. 
 
Kazuha: «Non hanno mai niente di meglio da fare che andare in bagno, eh?» guardò Ran. «Ran-chan, andrà tutto bene!» le strinse le mani. 
 
Ran: «Certo che sì.» ricambiò la stretta e sfoggiò un bel sorriso. «Tifo sempre per te!»
 
Kazuha: «Mmmmh… vediamo…» arrossì e distolse lo sguardo poco dopo. 
 
Ran: «Ma no… Se non è stasera, quando accadrà che potrai vedere Hattori-kun così elegante?» le strinse più forte le mani. «Sono certa che significa qualcosa e che è la volta buona!»
 
Kazuha: «Grazie, Ran-chan… Mi supporti con tutta te stessa, e poi va sempre a finire quel cretino di Heiji fa tutto tranne che calcolarmi… Questa volta proverò a fidarmi di te...» cercò di essere positiva.
 
Ran: «Così si fa! Sono sicura che andrà tutto per il meglio.» sorrise gentilmente.
 
Kazuha: «In caso, non mi resterà altro da fare che lasciar perdere definitivamente...» sospirò.
 
Ran: «Ehm… Vedremo! Ma spero vivamente che non accada niente del genere! Ah… scusami un attimo, Kazuha-chan…» si avvicinò a Masumi che stava andando in bagno, dietro ai ragazzi. «Potrei parlarti di una cosa?»
 
Masumi: «E-Eh?! Sssssì, dimmi!» esclamò dopo essere saltata in aria per lo spavento. 



Intanto, in bagno… 
 
Kid!Shinichi: «Cose da pazzi…» prese Conan e si chiuse dentro la stanza con lui, mentre Heiji era rimasto fuori. 
 
Conan: «Non ho capito ancora cosa puoi mai volere da me, Kid. A parte essere arrestato, certo.» lo osservò con sguardo bieco. «Perché ti stai spogliando?»
 
Kid!Shinichi: «In realtà, non dovrei nemmeno dirtelo, ma dato che non ti faccio favori, già che sei tu quello che me ne deve un miliardo, te lo dico lo stesso.» tese una mano verso di Conan. «Questo è per te.» ciò che aveva in mano era una scatolina elegante, di quelle che solitamente nascondono degli anelli di fidanzamento. 
 
Conan: «Eeeeh?!» lo guardò traumatizzato. «Ohi, cosa significa?!»
 
Kid: «Tu prendila e basta, maledizione!! Non ho tempo da perdere!» tese ripetutamente l’oggetto. «È stata quella ragazzina, la bambina con i capelli rossi, la tua amichetta a darmela. Era fuori dalla villa per accertarsi di non so cosa insieme a un uomo che non ho visto bene. Purtroppo, la sfiga ha voluto che mi sgamasse e che mi minacciasse. Maa~ Non è che io sia così tanto sprovveduto, sai?» cercò di darsi un tono.
 
Conan: «Non capisco, cosa significa? Spiegati meglio.» prese la scatolina in mano. (Che sia…) 
 
Kid: «Quando ha visto che mi stavo aggirando furtivamente, nonostante il travestimento, mi ha detto con la sua faccina stizzita "Se non mi obbedisci, ti denuncio, sappilo."» imitò le movenze e l'espressione della bambina. «E io le ho risposto che non me ne poteva importare di meno, dato che anche lei stava per fare qualcosa di illegale entrando in una proprietà che non è la sua, nonostante non fosse ricercata dalla polizia.» fece spallucce. «Si è messa a ridere, nemmeno lo fosse davvero!»
 
Conan: (No, certo… non è ricercata dalla polizia, ma dall'Organizzazione Nera, sì.) lo guardò facendo una risata nervosa. 
 
Kid: «Quindi mi ha detto "Ti propongo un patto", stavolta era molto seria in viso, avevo capito che mirava a questo sin dall'inizio! E ha continuato "Dovrai pur attuare un piano per rubare quegli zaffiri, no? Ti posso fornire un'identità per addentrarti in questo posto senza destare sospetti, la sera del ballo."» annuì, incrociando le braccia al petto. «Ed ecco il nostro patto. Lei mi avrebbe dato questa identità da usare, mentre io le avrei fatto il grandissimo favore di darti un regalino per questa serata.» disse quasi recitando. «Ha aggiunto "Deve soffrire lentamente…"» scoppiò a ridere. «Mi ha quasi fatto paura! E poi ha anche voluto un mio contatto, affinché potesse darmi questa scatolina in modo che nessuno sapesse niente. Ovviamente non le ho fornito il mio numero personale.» annuì. 
 
Conan: «Aspetta… quindi, ciò significa che ha fatto tanto la preziosa per niente? Perché mi ha preso in giro?! Ma ne valeva davvero la pena?!» lo guardò perplesso. 
 
Kid: «Non ne ho idea. Ti so soltanto dire che sono felice di non averci a che fare. Sono già messo abbastanza bene con altre bisbetiche della mia età. Tsk! Accettare l’invito di Hakuba… è stato un colpo basso.» mormorò mentre indossava una tutina nera. «È arrivato il momento che io vada.»
 
Conan: «Ugh… quello… non è tipo... il cosplay di Chat Noir? Quel personaggio di cui parlavano i bambini in questo giorni?» lo guardò ridendo. 
 
Kid: «Ssssh!!» si poggiò un dito sulle labbra. (La maschera mi serve e la tutina nera mi aiuterà a camuffarmi meglio nell'oscurità… fin quando non potrò fare la mia entrata in scena.) aprì la finestra. «Ci vediamo più tardi, Meitantei
 
Conan: «Mah… Vattene, che ho da fare!» lo scacciò. 
 
Kid: «Fate davvero parte di una pessima razza, voi tsundere!» uscì dalla finestra. 
 
Conan: «E me lo dice uno con quella poker face?» chiuse la finestra e aprì la scatolina, contenente una pillola di APTX4869. «Questa… me la paghi, Haibara.» la ingoiò più velocemente che poteva mentre Heiji entrava in bagno e richiudeva la porta a chiave. 
 
Heiji: «Ohi, Kudo...» si avvicinò a lui. «Ho sentito tutto quello che ti ha detto. Certo che quella piccola strega non si smentisce mai.» sbuffò.
 
Conan: «Sì… Non la comprendo, davvero. Ma sicuramente ha fatto una cosa del genere affinché--- uugh… Aaargh…!!» si portò una mano al petto.
 
Heiji: «Eccoci…» sospirò. «Non ti preoccupare, se dovesse accadere qualsiasi cosa, ci sono io a sostenerti!»
 
Conan: «Hat---!! Aaargh!!!» si contrasse accasciandosi al suolo.
 
Heiji: «Maledizione… alla fine va a finire semp---»
 
Mentre Conan si apprestava a ritornare Shinichi, qualcuno bussò alla porta.



In quel momento, Ran continuava a parlare con Masumi.
 
Ran: «Ecco… e poi stavo notando che c’è una persona che non fa altro che fissarti da quando ti ha vista...» bisbigliò in modo che non la sentisse nessuno.
 
Masumi: «Eh? A me?» si indicò. «Effettivamente, ho notato che c’è un tizio che mi sta guardando da un po’ di tempo, ma dato che non ho idea di chi sia… forse mi ha scambiato per qualche suo vecchio amico?»
 
Ran: «In questo caso, non sarebbe venuto a salutarti?» la guardò spostando lo sguardo su quella persona.
 
Masumi: «Non saprei, forse sì… Ma mettiamola così, se è intenzionato ad avvicinarmi per avere un compagno per la serata, che venga pure!» accennò una risata. «Adesso scusa, devo andare in bagno!» esclamò con una certa fretta.
 
Ran: «Aspetta… Più che altro… Non è che magari è un tuo fan o qualcosa del genere? In fondo, dopo la gita, un sacco di persone hanno parlato di te a scuola!» cercò di insistere.
 
Masumi: «Non credo, non c’è mai stato nessuno che mi abbia detto niente del genere...» la guardò con una goccia di sudore che le scendeva giù dalla guancia.
 
Kazuha: «Cosa? Cosa?» si avvicinò. «Riguarda quel signore laggiù, vero?» lo indicò con lo sguardo. «È davvero regale, sembra quasi un principe per com’è vestito!»
 
Masumi: «È vero, ma ricordiamoci sempre che ha una maschera sul viso, magari è lì che medita di uccidere qualcuno.» accennò una risata.
 
Ran: «Io non credo…» guardò verso il bagno.
 
Kazuha: «Vuoi che venga con te, in caso? Perché non vai a chiedergli cosa vuole?» sorrise.
 
Masumi: «Perché non m’interessa… e perché devo andare dove sta guardando Ran-kun, ovvero, in bagno. Quindi scusatemi un attimo, ok?»
 
Kazuha: «Ma certo, fai pure! Quasi quasi ci vado anche io… Ran-chan, tu che fai?» chiese alla ragazza che sembrava quasi ipnotizzata.
 
Masumi: «Ran-kun…?» si voltò da quel lato anche lei e vide tornare Heiji e Shinichi.
 
Heiji: «Cosa c’è? Non mi dite che ci stavate aspettando! Non si può andare nemmeno in bagno, eh?» guardò tutte e tre le ragazze sbigottito.
 
Kazuha: «Figurati cosa ce ne può fregare! Niente, sei sempre il solito!» sbottò la ragazza. «Allora, andiamo?»
 
Masumi: «In realtà...» rise. «Ci ho ripensato, mi sa che rimango. Inoltre... non riesco a vedere Conan-kun, che fine ha fatto?»
 
Heiji: «È andato dallo zietto, adesso non so esattamente dove.» si guardò intorno.
 
Kazuha: «Come mai?» lo guardò perplessa.
 
Heiji: «Ha detto che doveva parlargli di qualcosa di importante! Sai com’è fatto.» fece spallucce.
 
Masumi: «Oh, sì che so com’è fatto. Vado a cercarlo, anche io devo parlargli di qualcosa di importante.» assottigliò lo sguardo.
 
Ran: «Aspetta…! Non è meglio se rimani qui…?» guardò Shinichi arrossita.
 
Masumi: «No, no! Lasciami fare~ A dopo!» li salutò con la mano e si allontanò alla ricerca di Conan. (Se non lo trovo da nessuna parte… Aaah, giusto!) prese il cellulare e gli telefonò. (Non ci possono essere dubbi, lui è lì con Ran-kun, quindi…)
 
Sentì il cellulare squillare diverse volte.
 
Masumi: (Bingo…) si formò un largo sorriso sulle sue labbra, quando a un certo punto sentì qualcuno rispondere.
 
…: «Pronto?»
 
Masumi: «Ah, Conan-kun…! Dove sei finito?» continuò a tenere d’occhio Ran e Shinichi.
 
Conan: «Sono dallo zietto… L’avevo lasciato detto a Heiji nii-chan, non mi dire che ha dimenticato di appuntarlo.» sospirò.
 
Masumi: «No, è che… volevo parlarti riguardo il caso.» disse con tono più rilassato.
 
Conan: «Come vuoi, io sono qua. Anche se sto cominciando a dare un’occhiata in giro anche io. Lo zietto mi ha chiesto di fare diverse cose, quindi, se mi devi parlare, sbrigati a farlo.» disse con una certa fretta.
 
Masumi: «Certo, certo! Dov’è che ti trovi?» si guardò intorno.
 
Conan: «Sono vicino al punto dove c’è una colonna… quella più vicina alla porta da dove siamo entrati.»
 
Masumi: «Va bene, ti raggiungo. E non ti allontanare da lì finché non arrivo, d’accordo?» cominciò a farsi avanti tra gli invitati, passando ai lati per non disturbare le coppie che stavano ballando.
 
Conan: «Come vuoi, non ci sono problemi. Anzi, qua ci sono questi due che non fanno altro che litigare, ci troverai presto.» disse infastidito.
 
Masumi: «Non ti preoccupare, faccio in un attimo!» continuò ad avanzare verso la colonna. (In sottofondo, sento che effettivamente quei due stanno battibeccando… Ma è più importante che trovi lui per capire… se c’è davvero...) si guardò intorno e poi vide la colonna. «Eccola!»
 
Conan: «Bene, vedi di muoverti. Riesco a vederti anche io.» si voltò e alzò una mano per farsi notare.
 
Masumi: «Bingo...» chiuse la chiamata e si avvicinò a lui. «Aaah, c’eri davvero!» esclamò dubbiosa.
 
Conan: «Sono qui già da un bel po’.» parlò di spalle, mentre indicava Kogoro ed Eri che si prendevano a parole, anche se cercavano di darsi un certo contegno.
 
Masumi: «Ehm...» diede qualche colpetto di tosse. (Allora era vero… E quel Kudo Shinichi… lui era sospetto...) scosse la testa. «Scusate, potreste dirmi da quanto tempo siete qui con lui?» indicò Conan.
 
Eri: «È da almeno mezz’ora che questo rozzo non mi chiede nemmeno di ballare!» rispose su tutte le furie.
 
Kogoro: «Non ho capito, lasciami bere in pace! Ti ho detto che appena finisco vediamo!» guardò Masumi. «È come ha detto Eri. Il moccioso ci ha detto che stava arrivando dal bagno una decina di minuti fa, quando lei ha cominciato a insultarmi.»
 
Eri: «È l’unica cosa che ti meriti!!» sbottò la donna.
 
Conan: «...» guardò Masumi perplesso.
 
Masumi: «Ah, ho capito!» esclamò mentre rifletteva dentro di sé. (Kudo Shinichi è in realtà qualcuno che gli somiglia o con il suo travestimento addosso… è mascherato, quindi…) guardò Conan meglio che poteva. (La faccia è la sua, c’è poco da fare… Devo indagare su quella persona di prima, allora… È chiaramente lui quello falso.)
 
Conan: «...» continuò a fissarla come a dirle “Cosa vuoi?”.
 
Masumi: «Effettivamente… Mi chiedevo se avessi notato quella persona lì.» la indicò con lo sguardo. «Per caso lo conosci o ti dice niente?»
 
Conan: «Ah!» gli cadde la maschera dal viso e si chinò a prenderla. «No, nulla. Però ti sta fissando. Forse vuole qualcosa da te.» disse disinteressato.
 
Masumi: «Vero? Lo credo anche io!» si mise a ridere mentre, approfittando che il bambino si era chinato, si voltò a controllare se riusciva a vedere che fine avessero fatto Ran e Shinichi. «Va bene, allora vedo che vuole. A dopo!» lo salutò con la mano. (Il viso è al 100% il suo… adesso che l’ho visto chiaramente, è meglio che torni indietro.)
 
Conan: «A dopo.» la salutò anche lui e la vide mentre si allontanava. (Cavolo, non se ne andava più. Kudo-kun me la pagherà per tutto ciò che ho fatto per lui stasera. Yoshida-san… sto arrivando.) pensò mentre nascondeva il farfallino all’interno del vestito, si sistemava la maschera e, infine, usciva dalla stanza.

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Capitolo 22
*** Sentimenti contrastanti ***


Era lì, davanti a lei. Ma era quello vero? Il cuore le diceva di sì, tuttavia, non era del tutto certa che non si trattasse solo di un miraggio. Era vero che aveva trovato la sua oasi nel deserto: dopo tanta attesa, ciò che poteva toccare con mano le sembrava così effimero. Eh, già. Ormai aveva capito come distinguere il vero Shinichi da un'imitazione. Tutto stava al suo cuore. Quando aveva visto e riconosciuto Kaito Kid sotto mentite spoglie, aveva esitato per qualche momento, seguito poi dalla consapevolezza. Ciononostante, adesso che il cuore le batteva forte, si sentiva le mani sudate e aveva quasi voglia di scappare, non aveva dubbi che quello fosse il suo fidanzato. Kudo Shinichi, quello vero. L'imbarazzo l'aveva fatta diventare tutta rossa, fino alla punta delle orecchie. Non sapeva nemmeno bene come cominciare un discorso. 
 
Ran: (È venuto davvero…) si strinse una mano sul petto. 
 
Shinichi era lì, con addosso i vestiti che aveva precedentemente indossato chi lo aveva aiutato. Era vestito di bianco, tranne i polsini della giacca e il colletto nella parte alta, che erano azzurri. La giacca era ricamata di un bianco più scuro sul petto, sulle maniche e sul colletto. Essa era chiusa e attillata, con la parte posteriore più lunga rispetto a quella anteriore. Il pantalone era semplice e, sulla vita, aveva una cintura grigia. Anche il fazzoletto che si vedeva appena fuoriuscire dalla chiusura superiore della giacca era grigio. Indossava dei lunghi stivali neri che gli arrivavano sotto il ginocchio. La sua maschera argentea, dalla forma lineare, gli copriva il viso fin sotto gli occhi. 
 
Shinichi: «Scusa l'attesa…» le tese la mano, facendo un inchino.
 
La ragazza notò che alle mani aveva dei guanti neri molto eleganti. Anche lui era piuttosto imbarazzato, ma, dato che il tempo che gli era rimasto per indagare su Ayumi era davvero poco, preferì accorciare i tempi, per quanto possibile. 
 
Ran: «…avrei potuto aspettare per tutta la sera…» guardò la mano tesa del ragazzo. (Sta accadendo… davvero…) la prese con dolcezza con entrambe le mani e volse lo sguardo su di lui con le lacrime agli occhi. 
 
Shinichi: «Su, Ran. Non è questo il momento di piangere, no?» si accarezzò una guancia. 
 
Ran: «Hai fatto tutto questo per me… grazie.» si asciugò gli occhi in modo che il trucco non si rovinasse. 
 
Shinichi: «Beh…» distolse lo sguardo, arrossendo sempre di più. «Dopo che ti avevo detto che sarei venuto, sarebbe stato peggio se non l'avessi fatto, no? E poi…» deglutì. «Ci sono delle cose che vorrei dirti… e… insomma… un discorso che dobbiamo finire dai tempi della gita a Kyoto.» disse mentre gli occhi gli diventavano due puntini. 
 
Ran: «Ah… sì…» diventò paonazza, con gli occhi ridotti a due piccoli puntini neri anche lei. 
 
Shinichi: «E poi, sono cose che non ti potevo mica dire prima che fossimo da soli, no?» cominciò a danzare insieme a lei. 
 
Ran: «Eh?» lo guardò perplessa. 
 
Shinichi: «Lo dicevo perché sembri così tanto emozionata... come se mi avessi visto per la prima volta proprio in questo momento.» sbottò il ragazzo. 
 
Ran: «Effettivamente… Più che altro, è che mi hai stupita. Ma lasciamo perdere… Vorrei solo che tu fossi sincero e mi dicessi ciò che hai menzionato prima. Però… più tardi, adesso balliamo.» disse in modo rilassato. (Lasciamo che lo creda… va bene così.) sorrise radiosamente. 
 
Shinichi: «Certo…» la guardò intenerendo lo sguardo. (È lei… È accanto a me… e posso ballare con lei come me stesso… Mi sembra quasi un sogno… Però non posso aspettare, devo parlarti al più presto, Ran! Dopo il discorso di Itou-san immagino che scatterà la mezzanotte… Devo trovare Ayumi-chan, costi quel che costi. Sì che avrò un sacco di tempo, successivamente… Ma andiamo al sodo.) la guardò negli occhi, cercando di fare il serio. «Ran.»
 
Ran: «Shinichi…!» bisbigliò tutta contenta.
 
Shinichi: (Wow, non avrei mai immaginato che mi rispondesse con così tanta gioia…!) la guardò perplesso. «Senti…»
 
Ran: «Guarda, guarda!!» disse con un tono molto basso, indicando con gli occhi qualcosa di distante da loro. 
 
Shinichi: (Ha trovato un posto che le sembra buono per poter continuare quel discorso…? Ma che vai a pensare, Shinichi? Ovviamente si tratterà di…) 
 
Ran: «Mamma e papà stanno ballando insieme!! Spero che possa significare qualcosa di importante!» esclamò speranzosa. 
 
Shinichi: «Ehm, sì. Io non dovrei nemmeno più supporre che possano esistere cose del genere. Nemmeno nei miei sogni più reconditi.» borbottò. 
 
Ran: «Come?» lo guardò negli occhi. 
 
Shinichi: «Volevo dire che è totalmente inut---» decise di zittirsi. 
 
Il ragazzo era riuscito a vedere una luce particolare e bellissima negli occhi della ragazza. Un bagliore che non era solito vedere, ma che gli piaceva perché esprimeva tutta la speranza che c'era dentro il suo cuore. Amava i suoi genitori e da sempre voleva che tornassero insieme, quindi era meglio che per questa volta lasciasse perdere i suoi discorsi pessimistici a riguardo.
 
Shinichi: «Ehm… stavamo dicendo? Continuiamo a ballare. Sono sicuro che anche i tuoi si divertiranno un mondo… sperando che non finiscano per litigare.» disse con una goccia di sudore che gli scendeva giù dalla schiena. (Scusami, ma lo stesso... non posso mentire sul mio punto di vista…) 
 
Ran: «Sì, lo so come sono fatti… Ma magari… questa è una serata magica.» sorrise dolcemente. 
 
Shinichi: «M-Magari sì.» deglutì, poi si spostò e fece un inchino per simboleggiare la fine del ballo. 
 
Ran: «Abbiamo già finito?» lo guardò un po' tristemente, ma conscia che il ragazzo avesse comunque da fare. 
 
Shinichi: «Ecco… no! Facciamone un altro…!» annuì sorridendo forzatamente. (Un altro e basta, giusto perché devo trovare l’attimo giusto per confondermi tra la folla…) 



Nel frattempo, il detective dell’ovest si era allontanato, portando Kazuha con sé. 
 
Heiji: «Molto bene…» diede qualche colpetto di tosse. «Kazuha…»
 
Kazuha: «Kazuha un corno! Ti rendi conto che ieri non mi hai nemmeno risposto al messaggio? Credi che io sia alla tua mercé solo perché prima sei stato decente e mi hai dato la giacca? A proposito, riprenditela!» se la tolse dalle spalle e fece per dargliela.
 
Heiji: «Suvvia, non fare così...» afferrò la giacca con indecenza e la indossò nuovamente. (Non le posso nemmeno dire che Kudo ha dimenticato di mandare quel cavolo di messaggio che mi aveva detto, maledetto!) imprecò dentro di sé. «Mi dispiace, ok?»
 
Kazuha: «Mi chiedi anche una conferma?» sbuffò la ragazza. «E va bene, sei perdonato. Vediamo ancora quante volte dovrò ripetere questa frase, però.» distolse lo sguardo. (Ran-chan, te l’ho detto… è solo un amico d’infanzia che è fatto così, lui… non può provare niente di diverso per me…)
 
Mentre Kazuha era totalmente assorta nei suoi tristi pensieri, Heiji non perse tempo. Fece un elegante inchino davanti a lei e accennò un sorriso che, per la prima volta nella sua vita, era del tutto insicuro. Aveva le guance talmente rosse che sembravano incandescenti, ma nonostante ciò, stava davvero facendo del suo meglio.
 
Heiji: «Vorresti ballare con me?» le chiese prendendo tutto il coraggio che aveva dentro di sé.
 
Kazuha: «...» lo guardò intensamente, senza riuscire a spiccicare una parola.
 
Aveva le gote rosse anche lei e un’espressione stupita, perché non aveva mai visto il suo amico d’infanzia fare una cosa del genere. Un gesto tanto cavalleresco non si addiceva nemmeno a uno come lui. Perché lo stava facendo per un’amica? Non riusciva a trovare una ragione. Poi aveva quel sorriso… un’espressione che aveva raramente visto su quel viso.
 
Heiji: «...» tese la mano verso di lei.
 
Kazuha: «...chi sei?» chiese esterrefatta mentre vedeva romantiche bolle di sapone che risplendevano intorno a lui.
 
Heiji: «Cosa?!» tornò ad assumere la sua solita faccia bieca e il suo tono di voce impetuoso. «Hai perso la memoria da un momento all’altro? Ti sto chiedendo se vuoi ballare con me, ma se non ti va, dimmelo pure, tanto posso trovare altre mille ragazze che vogliano farlo!» sbottò ricomponendosi.
 
Kazuha: «Ecco l’Heiji di sempre...» scoppiò a ridere e fece una riverenza. «Certo che voglio ballare con te!» sorrise e poi gli prese la mano.
 
Sì, sorrise in un modo così candido che, nonostante il piccolo litigio che avevano avuto, il detective dell’ovest si sentiva in Paradiso. Certo, per lui Kazuha non avrebbe mai potuto essere un angelo, tuttavia, la visione che aveva avuto in quell’istante era abbastanza per definirla celestiale.
 
Heiji: (È sempre la solita, non c’è niente da fare.) pensò mentre arrossiva fino alla punta delle orecchie. (Che mano calda… Mi fa tornare in mente quella volta, all’Isola delle Sirene… Sei sempre stata così importante per me, eppure, non l’avevo ancora capito. Ma stasera è diverso. Riuscirò nella mia impresa e vedrai di cosa sono capace!) le strinse la mano a sua volta e cominciò a ballare con lei. «Bene, sarebbe stato strano il contrario.»
 
Kazuha: «Sempre fermo restando che anche io troverei un sacco di ragazzi disposti a ballare con me.» lo guardò ridendo sadicamente.
 
Heiji: «Ma quando mai? Non ci vorrebbe ballare nessuno con te!» cercò di riflettere. «Aspetta, aspetta---» (No, Heiji… questo è l’errore che fai sempre. NON lo fare. Adesso ha quest’espressione orrenda perché te lo sta facendo apposta. Dunque... Guardala negli occhi e dille ciò che pensi davvero.) la guardò dritta negli occhi deglutendo una serie di volte. «Kazuha…»
 
Kazuha: «Sì, perché in caso, vorrebbero solo te, giustamente! Bah… Heiji...» lo guardò anche lei, sospirando. (Lo sapevo… Niente, niente… non c’è davvero niente da fare. I miei sentimenti non lo raggiungeranno mai… pensa perfino questo di me…)
 
Heiji: (Kazuha, tu per me… non puoi capire quanto sei importante. Io… sono innamorato di te, suppongo, da sempre. Sono geloso da morire e picchierei chiunque volesse farti del male. No, in realtà, picchierei anche chi ti guarda con la coda dell’occhio. Hai un carattere discutibile, certo… Però hai anche un lato bello, anzi, bellissimo. Ok, sono diversi lati di te che mi fanno impazzire. Sei gentile, generosa, solare… troppo pazza, non lo nego, ma adoro anche questo di te. Non sei solo la mia preziosa amica d’infanzia, per me sei molto di più. Vorrei che diventassi la mia fidanzata. Vorrei condividere con te il resto della mia vita. Come si dice, nella buona e nella cattiva sorte. Kazuha… Io… Io ti…)
 
Kazuha: «Heiji…? Mi stai ascoltando?» disse parlando al vuoto mentre il detective dell’ovest era troppo impegnato a dirle ciò che provava, sì, ma nella sua mente.
 
Heiji: «Eh? In che senso?» la guardo perplesso.
 
Kazuha: «Ti stavo dicendo che sono felice per Ran-chan, ieri abbiamo parlato fino a tardi di Kudo-kun!» annuì soddisfatta.
 
Heiji: «Ah… Sì, sono contento anche io per Kudo. Ma tu… Non hai niente da dire su ciò che ho detto io, invece?» disse distogliendo lo sguardo.
 
Kazuha: «Riguardo cosa?» chiese non capendo a cosa si stesse riferendo.
 
Heiji: «Ho parlato per almeno due o tre minuti di fila e non hai capito niente perché stavi pensando a Kudo?» sbottò il detective dell’ovest che aveva confuso la realtà con la sua mente.
 
Kazuha: «Heiji… Non hai aperto bocca da quando abbiamo cominciato a ballare. Ti senti bene? Sei tutto rosso, non è che hai la febbre?» gli appoggiò una mano sulla fronte.
 
Heiji: (Eccolo di nuovo… Il tocco della sua mano…) deglutì nuovamente. «Kazuha...» le afferrò la mano che gli aveva appoggiato sulla fronte e la strinse nella sua. «No, sto bene. È che...» si fece serio in viso, restando arrossito.
 
Kazuha: «Ah…» lo guardò incuriosita, strabuzzando gli occhi. (Non è che…?)
 
Heiji: «Io...»
 
Mentre stava per parlare, il detective dell’ovest venne interrotto dagli applausi dei partecipanti alla festa, che avevano appena concluso un ballo.
Quindi cominciò una nuova melodia.
 
Kazuha: «Ah, che peccato… Cos’è che stavi dicendo?» distolse lo sguardo imbarazzata.
 
Heiji: «Stavo dicendo… Che ne dici se andiamo a bere qualcosa?» spostò lo sguardo su uno dei tavoli posti in fondo alla stanza. «Sto davvero morendo di sete!»
 
Kazuha: «Forse è per questo che sei tutto rosso… Certo, andiamo pure!» rispose un po’ delusa. (Era impossibile che potesse dichiararsi… Ma cosa vai a pensare, Kazuha?)
 
Heiji: (Perché va sempre tutto male?! Niente, mi tocca aspettare di acciuffare Kaito Kid e anche quell’altra persona che ha rapito la bambina. Solo in quel momento potrò mostrarle che Kudo non è altro che una mera aggiunta!) pensò seriamente convinto di ciò che diceva.



Mentre Ran e Shinichi ballavano, Masumi era tornata indietro a controllare che fine avesse fatto quella persona che, per lei, stava fingendo di essere Shinichi. 
 
Masumi: (Eccolo, sta ancora ballando con Ran-kun… Mi chiedo che cosa voglia da lei e perché le stia ronzando intorno spacciandosi per lui. Kudo Shinichi non può essere altri che quel bambino, ormai ne ho la certezza. Il problema, adesso, è capire come smascherar-- aspetta. Aspetta!! Ma certo! Quello potrebbe essere Kaito Kid! Giustamente, non sapendo come stanno le cose con Conan-kun, ha preso il posto di Kudo Shinichi.) rise con aria di sfida e fece per dirigersi da lui, quando si sentì afferrare per la spalla. 
 
…: «Scusami, Sera-san. Posso disturbarti un attimo?» disse una voce a lei sconosciuta. 
 
Masumi: «Scusa, ma ho da fare. Non ho tempo da perdere.» si voltò verso quella voce tanto gentile quanto forte che le aveva rivolto la parola. 
 
A vederlo bene, sembrava essere proprio quella persona che precedentemente la stava guardando da lontano. Il fatto che si fosse avvicinato a lei senza indossare la maschera, le faceva venire i brividi. Si trattava di un ragazzo con i capelli castani molto chiari, sembravano quasi biondi. Aveva gli occhi gialli e uno sguardo molto intelligente. Era abbastanza alto; Masumi avrebbe azzardato che si trattasse della stessa altezza di Heiji e Shinichi. Indossava una giacca rosso chiaro e un gilet rosso scuro. Sotto di esso si intravedeva una camicia grigia e al collo aveva un fiocco nero, dello stesso colore di cui aveva anche i guanti. Il pantalone era grigio scuro e ai piedi aveva degli stivali neri che gli arrivavano fin sopra le ginocchia. Sulle caviglie avevano dei ricami molto regali che venivano ripresi anche nei bordi del gilet, entrambi erano color oro. Sulla spalla destra aveva due rose, una rosa e una viola, legate con un nastro giallo. 
 
…: «Pensavo di aver beccato il momento esatto, invece…» sospirò. «Scusami, Sera-san, ma mi permetto di insistere.»
 
Masumi: «Ti permetti di…» acuì lo sguardo. (Una persona che non conosco che è venuta qui da me giusto mentre stavo per andare a parlare con quell'impostore. E non dimentichiamo che mi fissa da una serata intera. Ho capito, quindi era così… meglio di quello che mi aspettassi.) sorrise malefica. «No, no, ho cambiato idea! Disturbami pure, se vuoi!» annuì convinta. 
 
…: «Davvero? Allora, grazie.» arrossì spontaneamente. «M-Mi chiamo Koseki Chihiro. È un caso se stasera sono qui… Ma credo che fosse il destino, perché… ci sei tu.» disse un po' titubante e imbarazzato, rimettendosi la maschera in viso. «È un piacere conoscerti.»
 
Masumi: «Koseki-kun, eh? È un piacere anche per me.» accennò una risata. «Magari è vero che si tratta di destino.» si sostenne il viso con il mento. «Allora, dimmi. La prossima mossa quale sarebbe?»
 
Chihiro: «Immagino… ballare?» si inchinò davanti a lei. «Sempre se ti va. Ne sarei onorato.» accennò un sorriso. 
 
Masumi: «Certo che mi va!» lo guardò e arrossì lievemente. (Sta cercando di sedurmi. Gli sembra che non ho capito che è solo un complice di quell'altro. Chi altri andrebbe dietro a una ragazza che sembra un ragazzo e sprecherebbe il suo tempo chiedendole di parlare? E addirittura… di ballare facendo un inchino! Non farmi ridere!) 
 
Chihiro: «Grazie mille.» le prese una mano e la baciò. (Come immaginavo…) 
 
Masumi: «Co--?!» si scostò da lui in una frazione di secondo. «Senti, non ti allargare, eh?» esclamò diventata tutta un fuoco. 
 
Chihiro: «Ah, scusami, scusami tanto!» la guardò seriamente imbarazzato. «No non avrei dovuto.»
 
Masumi: «Esatto. Mah, andiamo a ballare, allora?» chiese ancora un po’ impacciata. «Così mi parli anche un po' di te. Tipo… come fai a conoscermi e cose del genere.»
 
Chihiro: «Sì, lo farò. Se ti andrà di ascoltarmi.» sorrise dolcemente. 
 
Masumi: «Certo, non vedo l'ora, caro.» rise e si misero a ballare. 



In questo frangente, Ai stava cercando di capire come salire al piano di sopra, dato che era vietato. In entrambe le scalinate che portavano lì, c'erano due membri della servitù - il maggiordomo e una domestica - che non permettevano a nessuno di salire ai piani superiori. 
 
Ai: (Meno male che mi aveva detto che era al secondo piano… come dovrei arrivarci?) controllò l'ora. (Certo, non è ancora mezzanotte, però così i miei piani vanno a quel paese… La polizia sta aspettando fuori l'arrivo del Ladro al Chiaro di Luna… e gli altri poliziotti che chiamerà il dottor Agasa, una volta che Yoshida-san sarà messa in salvo, non ci staranno tanto ad arrivare. Il problema è proprio questo maledetto ostacolo… adesso come faccio? Inoltre, devo ancora cambiarmi.) volse lo sguardo verso la sala da ballo. (Quei due erano convinti che mi avrebbero aiutata, eppure, sono ancora lì dentro, chissà dove, a divertirsi. Non posso far altro che biasimare la loro scelta. Ma… allo stesso tempo, so che arriverà. Senza dubbio, quando meno me lo aspetto, arriverà.)
 
Tornò a controllare la situazione dei due guardiani e vide una persona che non aveva idea di chi fosse andare da loro, indicare fuori e allontanarsi da lì seguito dai due.
 
Ai: (Perfetto! Non so chi tu sia, ma grazie.) 
 
Non aspettò nemmeno un attimo e si fiondò al piano di sopra. 
 
Ai: (Ok… immagino che le stanze siano chiuse.) provò ad aprirne una. (No, è aperta…)
 
Prima di entrare, diede un'occhiata veloce all'interno per vedere se ci fosse qualcuno, e, per fortuna, non c'era davvero nessuno. Quindi decise di tagliare la testa al toro e di procedere. La priorità era quella di cambiarsi, perché la persona che l'aveva contattata si era accertato che ci andasse lei e non voleva sbagliare per nessuna ragione al mondo. Dunque, una volta dentro, chiuse la porta alle sue spalle. 
 
Ai: (Ci siamo.) si spogliò cercando di non fare rumore e si cambiò d'abito, ritornando con quelli con cui era uscita. (Certo che è buio pesto… Ma da questa stanza si vede la Luna…) si avvicinò alla porta finestra che dava sul balcone e aprì le tende. (Speriamo che vada tutto bene…)
 
Al contrario della stanza in cui si trovava, dove le luci non erano state accese onde evitare che qualcuno di passaggio potesse accorgersi della sua presenza, fuori era tutto illuminato, nella sua totalità. Sembrava così tranquillo. Una grande festa tenuta in una villa dove, Kaito Kid, avrebbe poi rubato il gioiello prezioso a cui il padrone di casa teneva tanto… che sarebbe stato restituito in seguito. Già, sembrava tutto nella norma. Peccato che nascosto nell’ombra c’era un criminale che aveva osato rapire una bambina. Per questo non c’era tempo da perdere per pensare e disperdersi nei propri pensieri. Ai si voltò e notò che c'era qualcosa che pendeva dall'armadio.
 
Ai: (Cos'è? Un vestito?) lo tirò a sé, ed effettivamente, era un abito. (Cosa ci dovrebbe fare qui un abito del genere? A meno che non fosse destinato a qualcuno, certo.)
 
Restò un attimo ferma a riflettere, poi si guardò in giro e notò che c'era una foto sulla scrivania all’interno di un portafoto dalla cornice abbastanza infantile. Senza pensarci due volte, si avvicinò a essa e la prese in mano.
 
Ai: (Questa è la famiglia di Itou-san, mi ricordo di questa ragazza. Lei era la maggiore delle sue figlie… e qui c'è la sorellina insieme alla madre. Finalmente la vedo in viso… no, non somiglia a quella bambina.) scosse la testa.
 
Dato che non riusciva a vedere bene, si avvicinò di nuovo alla finestra per capire chi fosse quell'ultima figura maschile di cui notava a malapena i vestiti.
 
Ai: (Questo… non è Itou-san. Perché c'è il maggiordomo nella foto con loro tre? Non ho tempo, dovrei farla vedere a Kudo-kun… Ma sì, a mali estremi…) mise la foto nello zainetto che aveva portato con sé. (Ciò significa che quell'abito era destinato alla figlia? Ma non era morta? Che sia… una trappola?)  si prese la testa tra le mani. (Riesco a vedere congiure in ogni dove, ma non credo sia il caso. Kudo-kun aveva ragione, devo continuare a pensarlo.) ripose i vestiti e la parrucca di Conan nello zaino. (Non si sa mai… In ogni caso, è importante che adesso vada… Yoshida-san è al piano di sopra, devo solo trovarla.) raccolse il coraggio e fece per uscire dalla stanza, ma si fermò perché sentì la voce di un uomo. 
 
…: «Sì, ho fatto come mi avevi detto e non dovrebbero esserci problemi. Sì, sì… No, non l’ho ancora vista, ma credo che per mezzanotte sarà qui, oppure prima. Non può minimamente immaginare che non ci importa un bel niente di quella bambina che ho rapito… Farà la fine che deve. Il peluche? È nel luogo dove doveva stare fin dall’inizio. Ma almeno è tornato nelle mie mani. Non appena lo vedrà, eheh… Ah! Mi ha chiuso in faccia. Che stronza! Le importa solo di fare i suoi porci comodi, ma… anche per me è lo stesso. E adesso… torniamo a recitare. Manca davvero poco.»
 
Il suono dei passi dell’uomo si allontanò pian piano fino a sparire, lasciando Ai nel terrore più totale.
 
Ai: (...cosa significavano quelle parole?!)

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Capitolo 23
*** Un passo alla volta ***


Le danze continuavano come se tutto stesse trascorrendo alla perfezione. Perché era effettivamente così agli occhi di tutti. Nessuno poteva sapere in che razza di putiferio si sarebbero cacciati, nemmeno il detective più eccelso. C'era, però, qualcuno che aveva a che vedere con danze, sì, ma di un altro genere. Sembravano effettivamente quelle effettuate quando si stava a piedi nudi sui carboni ardenti.
 
Ai: (Calma…) cercò in qualche modo di tranquillizzarsi, anche se le mani non facevano altro che tremare. (Ha parlato chiaro… vuole ucciderla… eppure, mi aveva assicurato che non le avrebbe torto un capello… può essere che abbia scoperto tutto il piano di cui ho parlato solo con il dottor Agasa? Stupida… stupida…) scosse la testa. (Devo avvisare Kudo-kun. Sarà meglio scrivere tutto via e-mail e mandargli come allegato quella foto che ho trovato. Sicuramente capirà la verità con una sola occhiata.) 
 
E così fece. Si sedette sul letto. Cominciava a sentire la stanchezza, i sintomi influenzali che aveva percepito precedentemente erano più pesanti, ma non poteva arrendersi. Nell'atto di scrivere l'e-mail, cercò di essere abbastanza concisa: aveva fatto del suo meglio nonostante il tempo stringesse sempre di più. Ma il suo pensiero era che si fidava ciecamente dell'amico e che questo era il minimo, nonché l’unica cosa che poteva fare per la piccola Ayumi.
 
Ai: (Ci sono… adesso mi basta andare da lei.) rimase un attimo ferma a riflettere. (E se… una volta arrivata lì… lui non ci fosse?) si guardò intorno, poi controllò se l'e-mail che aveva inviato fosse stata letta, ma non lo era. (Anche quella volta non aveva fatto in tempo… e per poco non morivamo tutti…) deglutì. (Non vorrei, ma se fosse necessario…) si mise una mano in tasca. (Cosa devo fare…?) scese dal letto. (Non ho tempo per le indecisioni. Se lui non verrà… allora mi vedrò costretta a... Aspetterò fino a che non sarò dentro la stanza. No… e se Yoshida-san fosse sveglia? Come potrei…? No… No. Basta con le indecisioni. Deve essere Ai a raggiungerla, in ogni caso.) annuì e con cautela, diede un'occhiata fuori dalla stanza. (Sembra non esserci nessuno.) socchiuse la porta. (Stavo quasi per dimenticare…)
 
Si chinò e prese la foto che aveva precedentemente nascosto nello zainetto, la fotografò e inviò un'altra e-mail a Shinichi. Successivamente, ripose nuovamente tutto all’interno della cartella e uscì fuori dalla stanza.
 
Ai: (Se n'è andato… bene. Adesso non mi resta che sperare in un colpo di fortuna…) continuò a percorrere il corridoio per tornare alle scale e poi salire per arrivare al piano dove c'era la sua cara amica.



In quel momento, Shinichi e Ran avevano finito il loro secondo ballo insieme. Una giostra di emozioni li aveva legati non solo perché erano mano nella mano, ma anche perché lo erano anche col cuore. Ran era ancora convinta di star sognando a occhi aperti. Eppure, continuava il suo sogno, tenendo in conto che il ragazzo sarebbe scappato via da un momento all'altro. Shinichi era diventato nervoso. Stare lì con Ran era ciò che più di tutto gli aveva fatto fare il diavolo a quattro non solo con Ai, ma anche in generale. Avrebbe potuto riflettere meglio su tutta la storia sin dall'inizio, eppure, non ci era riuscito. Il suo chiodo fisso era quella ragazza che, in quel momento, si specchiava nei suoi profondi occhi blu. Non aveva più il tempo di indugiare, adesso doveva agire. Decise, quindi, di andare in disparte con lei e congedarsi in modo da farle capire che la serata non sarebbe finita lì, in ogni caso. 
 
Shinichi: «Senti, Ran. So che ti ho detto che dovevo parlarti… e non mi dispiacerebbe farlo, anche se non adesso.» distolse lo sguardo verso l'entrata della stanza. 
 
Ran: «Credi che… anche questa volta finiremo con il separarci, vero? Ne sono conscia, eppure…» scosse la testa. «Forse non c'è bisogno che ti dica una cosa del genere. Tuttavia, Shinichi…» gli strinse le mani. «Io ti aspetterò per sempre. Non importa il giorno, non importa la stagione… Finché il mio cuore batterà…» lo guardò, completamente imbarazzata. «Batterà solo d'amore per te… Q-Quindi…» si scostò prontamente. «S-Sono sempre pronta ad aspettarti. L-L'importante è che torni! Ecco…» riuscì, in qualche modo a esternare i suoi sentimenti, ma non così tanto da continuare a guardarlo negli occhi. (Sono stata troppo diretta… Perché l'hai fatto, Ran?!) pensò preoccupata. 
 
Shinichi: «Certo che tornerò. Fosse l'ultima cosa che faccio in questa vita, tornerò da te.» si grattò una guancia. «Però, ricorda che la serata non finisce mica adesso! Ci sarà del tempo che potrò dedicarti… molto di più di questo… Certo, non è lo stesso quel che ti meriti, però è tutto ciò che ti posso dare.» le appoggiò le mani sulle spalle. «Ti chiedo scusa. Avevo sperato che questa serata potesse essere diversa, ma ci sono delle cose che devo fare e non posso rimandare oltre. Io…» 
 
Ran gli appoggiò un dito sulle labbra. 
 
Ran: «Sssh… Qualsiasi cosa accada, tu rimani Shinichi. E per me non ci sarà mai niente di più veritiero in te che quando mi fai capire in tutti i modi che c'è un caso e non puoi mancare. Lo Sherlock Holmes del nuovo secolo non si può smentire. Certo, a volte sei davvero seccante e non mi scrivi né chiami quasi mai… Però...» sorrise determinata. «Non voglio che sia diverso, perché è questo il mio… il mio…» rigirò i pollici. 
 
Shinichi: «…mpf.» sorrise anche lui, sfoggiando il più dolce sorriso mai fatto in vita sua. «Fidanzato.» disse con un filo di voce mentre si avvicinò a lei e le diede un bacio sulla fronte. «A più tardi, Ran.» si scostò e scappò via come un razzo, imbarazzato da morire. 
 
Ran: «Shi…nichi…» si toccò la fronte dove l'aveva baciata il ragazzo. 
 
Certo, è vero che non si trattava di un romantico bacio sulle labbra, ma Ran pensò che era già un miracolo che Shinichi avesse fatto del suo meglio. Anche lei si era impegnata al massimo… era forse questo il potere di una coppia di fidanzati? 
 
Ran: «Sarà meglio vedere cosa stanno facendo gli altri…» andò a prendere un bicchiere d'acqua e vide che Sonoko era in giardino e stava facendo qualche selfie insieme a Makoto. (Sono davvero una bellissima coppia…) notò anche che Eri e Kogoro erano tornati tranquilli e stavano bevendo qualcosa mentre parlavano serenamente. (Speriamo che sia davvero una notte magica…) sorrise, gioendo dal profondo del cuore. 
 
Nell'andare via, Shinichi fece un cenno a Heiji, facendogli capire che erano con l'acqua alla gola e gli conveniva muoversi, se davvero voleva concludere qualcosa. 
 
Heiji: «Tra non molto sarà mezzanotte…» guardò tutto ciò che c'era intorno a Kazuha, ma non lei. 
 
Kazuha: «Beh…» controllò che ore fossero. «In realtà, manca ancora un po'. Ma capisco che tu sia eccitato e che non veda l'ora di vedere cosa farà Kid.» sbuffò. 
 
Heiji: «Assolutamente no!» cercò di dimostrare superiorità. «Non sono qui per vedere cosa farà Kaito Kid. Sono qui per acciuffarlo! Non lascerò che Kudo, la ragazza detective o quell'altro detective da strapazzo di Hakuba mi rubino la scena e la possibilità di dichiararmi!» sbottò il ragazzo. 
 
Kazuha: «…cosa? Ho sentito bene?» chiese perplessa, strabuzzando gli occhi per la sorpresa. 
 
Heiji: «Hai sentito benissimo!» annuì gravemente finché non si rese conto di star parlando con la diretta interessata. (No! No! No… No! Non devo rovinare tutto…!! Che diavolo stai facendo, Heiji?!) in quel momento realizzò il guaio in cui si era cacciato e maledì se stesso. «Dichiararmi… il miglior detective del Giappone! So di esserlo, ma non è mai abbastanza! È meglio che lo sappia tutto il mondo!» cercò di vantarsi per non gettarsi ulteriormente la zappa sui piedi. 
 
Kazuha: «Certo, dovevo immaginarlo.» abbassò lo sguardo, totalmente sfiduciata e persa nello sconforto. «In bocca al lupo, Heiji.» sollevò gli occhioni tristi e ricolmi di lacrime che incontrarono quelli determinati del ragazzo. «Tiferò sempre per te.» cercò di darsi un tono. «Anche se non te lo meriti!» gli fece una linguaccia e andò via, prima di scoppiare definitivamente in lacrime. 
 
Kazuha, in realtà, nel suo cuore, aveva sempre sospettato che Heiji non provasse amore per lei, a meno che questo non fosse quello per un'amica d'infanzia. Pur tuttavia, le era sembrato di sbagliarsi più di una volta. E nel sentire la parola "dichiararsi", aveva davvero riempito il suo cuore di una speranza vera e palpabile… che per lei era sfociata poi nella consapevolezza e nella tristezza. Era per questo che era rimasta particolarmente male, anche se sapeva che sarebbe andata a finire così. 



Il detective dell'ovest, dispiaciuto per tutto il macello che stava combinando da solo (e in questo caso, il detto Chi fa da sé fa per tre, ci sta a pennello) e per aver nuovamente rovinato tutto con Kazuha, si mosse più velocemente che poteva tra la folla per raggiungere Shinichi. Una volta fuori dalla stanza, lo vide nascosto sotto la scalinata, nella parte posteriore. Arrivò così da lui.
 
Heiji: «Non sono riuscito a fare prima di così… allora? Novità?» bisbigliò vicino a Shinichi, in modo che potesse sentirlo solo lui e la voce non rimbombasse. 
 
Shinichi: «Sì. Haibara mi ha mandato un'e-mail e mi ha scritto di aver trovato e sentito delle cose piuttosto interessanti.» lo guardò dritto negli occhi. «Come puoi vedere anche tu, adesso che sei qui, le scale per i piani superiori sono braccate da quei due. Non ne conosco il motivo, ovviamente, ma qualcosa mi dice che c'è qualcosa sotto. Hanno fatto entrare chiunque, a patto che fossero mascherati.» si appoggiò una mano sul mento. «Ciò significa che non hanno niente da nascondere, ma adesso, il fatto che ci siano due persone a fare da guardia… non sembra un controsenso? O forse, i gioielli sono tenuti ai piani superiori, dove sappiamo per certo che c'è…» acuì lo sguardo. 
 
Heiji: «La bambina. Si trovava al secondo piano, no? La tua amichetta è riuscita a salire, per darti queste informazioni?» cercò di scrutare i due di guardia. 
 
Shinichi: «Sì. Mi ha detto che è arrivato qualcuno che non aveva idea di chi fosse e si è allontanato con entrambi, quindi, avendo via libera, ne ha approfittato. A questo punto, immagino si trattasse o di qualcuno molto legato ad Haibara che ha inventato una scusa… oppure di qualcuno di importante per questa casa.» rifletté. (Ma certo… Sarà stato Subaru-san! Avevo capito che sarebbe venuto a parte, dallo sguardo che mi aveva lanciato. Probabilmente l'ha fatto per tenerla d'occhio, come sempre. Quindi, se l'intuito non m'inganna, sarà da qualche parte in questa villa a tenere d'occhio la situazione. Bene, mi sento più tranquillo.) tirò un sospiro di sollievo. 
 
Heiji: «Anche se ti vedo più sollevato, in entrambi i casi… noi come potremmo fare?» lo guardò storto. «Effettivamente, potremmo escogitare un diversivo. O aspettare che Itou-san cominci il suo discorso per far sì che si possano distrarre.»
 
Shinichi: «Vada per il diversivo, non abbiamo tempo da perdere e, inoltre, credo che resteranno lì impalati anche per il discorso, quindi…» continuò a riflettere. 
 
Heiji: «Mi è venuto in mente come fare. Se non hai altro da aggiungere, ti dico come possiamo arrivare su in pochi secondi!» annuì in modo saccente. 
 
Shinichi: (Come sempre, parla per Hakuba, e poi fa di peggio.) lo guardò perplesso. «No, aspetta, c'è dell'altro.» accostò una mano vicino alla bocca. «Mi ha detto di aver sentito qualcuno che in realtà si è rivelato essere l'uomo che ha rapito Ayumi-chan. Sosteneva che stesse parlando al telefono con una donna che ha chiuso la chiamata all'improvviso… quindi teniamo gli occhi aperti. Nello specifico, ha detto che non gli importa di lei e che il peluche del gatto nero è tornato dove doveva, ovvero, nelle sue mani. Ha aggiunto che non sembrava molto intimo con la persona al telefono, e, per finire, che sarebbe tornato a recitare. Non mi ha detto altro, ma ho capito che la cosa l'ha fatta spaventare. Immagino che abbia tenuto qualche particolare per sé, conoscendola.»
 
Heiji: «Sì, hai ragione… Però quello che ti ha detto è d'aiuto. Ma quando la mocciosa ha sentito queste cose, Itou-san era dentro la stanza da ballo o no?»
 
I due si guardarono in faccia. 
 
Shinichi: «Diciamo che…» distolse lo sguardo. (Mi ero ripromesso di stare attento e, invece, mi sono distratto con Ran… di nuovo.) cercò di riflettere, poi si arrese. «Non lo so.»
 
Heiji: «Io non riesco ancora a toglierlo dalla rosa dei possibili colpevoli. Insieme a quello Tsukimi-san che era con lui. Mi è sembrato troppo docile e buono. Quelli come lui sono quelli che mordono.» guardò verso il piano di sopra. «Ci sono altre cose che devo sapere?»
 
Shinichi: «Io preferisco non arrivare a parlare di colpevoli se non ho le basi per farlo.» sospirò. «Sì. Haibara ha detto di aver trovato in una stanza, che presumibilmente sarebbe quella dalla figlia maggiore di Itou-san, una foto dove ci sono lei, la sorellina, la madre… e il maggiordomo. C'era anche un abito da sera che le è sembrato come se fosse stato messo lì sull'armadio per essere indossato.» scosse la testa. «Tuttavia, i morti non tornano in vita.»
 
Heiji: «Per l'appunto.» fece per spostare il cappello dal lato della visiera in avanti, ma questa volta non lo stava indossando. «…» sospirò. «Dunque, non so se i due fatti possano essere collegati o no. Però non è affatto normale una cosa del genere. Inoltre, il maggiordomo non è quello adibito a guardia nelle scalinate? Se la ragazzina aveva quella foto, qualcosa significherà.»
 
Shinichi: «Già. E non possiamo nemmeno chiederlo direttamente a lui.» guardò verso l'uomo. 
 
Heiji: «Perché no? Proviamo, poi mettiamo in pratica il mio piano per salire su.» alzò un pollice. 
 
Shinichi: «Però è davvero un rischio…» strinse i pugni. «Quando Haibara ha sentito quell’uomo parlare al telefono, sappiamo per certo che in precedenza il maggiordomo era andato via dalla postazione in cui si trovava. Se fosse lui il rapitore, cosa ne sarebbe di Ayumi-chan?»
 
Heiji: «Noi la salveremo.» annuì. «Ma senza prove non andiamo da nessuna parte. Anche se solitamente siamo un caso a parte, è vero…» ammise ripensando a tutti i casi risolti in passato con Conan, dove finivano quasi sempre con il capire chi fosse il colpevole senza avere uno straccio di prova o di arma del delitto.
 
Capire il meccanismo era scienza, creare delle prove era impossibile. 
 
Shinichi: «Appunto. Non è che voglio rischiare la sua vita… inoltre, non sappiamo se questa persona che ha detto Haibara si sia nascosta da qualche parte, o sia in mezzo a tutti gli invitati.» diventò serio in viso. 
 
Heiji: «Kudo.» gli appoggiò le mani sulle spalle. «So che ci sei dentro fino al collo e ci tieni perché è tua amica. Però, se non te la senti, farò da solo. Lo capisco che esiti per il suo bene, davvero… però, per me è importante portare a termine questo caso. Poi, abbiamo sempre fatto come ci conveniva e, quasi sempre, è andato tutto per il meglio. Posso credere che la fortuna potrebbe non sorriderci più all'improvviso?»
 
Shinichi: «Mah… no, non credo. Sai cosa ti dico? Fai quel che devi e sbrighiamoci a salire su! Però non chiediamo niente su quella questione.» disse esitando ancora un po' dentro al suo cuore. 
 
Heiji: «Peeerfetto!» si avvicinò nuovamente alla porta d'ingresso della stanza da ballo e vide che qualcuno stava per uscire da lì. Con molta nonchalance, fece uno sgambetto a questa persona che cadde a terra volando di qualche centimetro a pancia in giù. «Oooh, scusami!!» si avvicinò a lei e vide che era una ragazza.
 
…: «Non puoi stare un po’ più attento?! Ahiahi...» cercò di sollevarsi.
 
Heiji: «Non volevo mica farlo apposta!» cercò di giustificarsi.
 
Shinichi: «Sei totalmente scemo, Hattori!» porse una mano alla ragazza. «Scusalo, per favore.»
 
…: «A patto che la prossima volta starà attento, magari sì...» sospirò. «E va bene, sei perdonato! Immagino che tu non l'abbia fatto apposta.» prese la mano di Shinichi e si sollevò. «Grazie!»
 
Shinichi: «…! Ran?» la guardò bene. «N-No...?» rimase sbigottito.
 
…: «Ehm… non mi chiamo Ran, ma Aoko. Nakamori Aoko! Forse hai scambiato Aoko per qualcun altro…? Ah, è cascata anche la maschera...»
 
Heiji: «La prendo io, non ci sono problemi!» si chinò e fece per prenderla. «Ecco qua. Non ti sei fatta male, vero?»
 
Aoko: «Aah… Beh… Diciamo di no!» annuì.
 
Heiji: «Sei sicura?» le sollevò il vestito. «Guarda, hai il ginocchio sbucciato!» esclamò come se ciò che aveva fatto fosse del tutto normale.
 
Aoko: «Ma che cavolo fai, pervertito?!» gli diede un calcione nello stomaco. «Guai a te se metti le mani addosso ad Aoko, chiaro??» sbottò la ragazza, diventata incandescente in viso.
 
Shinichi: (Quindi era questo il suo piano… Hattori, ma quanto puoi essere scemo?) lo guardò con sguardo bieco. (Tuttavia… Questa ragazza somiglia davvero tanto a Ran… Meno male che non era lei…) deglutì. «Hai detto Nakamori, giusto? Sei figlia dell’Ispettore Nakamori?»
 
Aoko: «Sì, esatto!» si controllò il ginocchio. «Effettivamente sta sanguinando...»
 
Heiji: «Mi dispiace tantissimo, sono mortificato...» la guardò tristissimo. «Mi scusi?» fece un cenno alla domestica appostata sulle scale. «La signorina è caduta e si è fatta male, potrebbe aiutarla?»
 
Aoko: «La signorina è caduta per colpa TUA e si è fatta male.» lo guardò arrabbiata.
 
Heiji: «Come hai detto tu!» guardò la domestica. (Ma tutte le donne dell’universo sono fatte della stessa pasta?!)
 
Domestica: «Certo, venga con me, signorina.» fece un inchino.
 
Aoko: «Ah, grazie…!» lo fece anche lei di rimando.
 
Hakuba: «Aoko-san, eccoti qu---» notò Heiji e Shinichi accanto a lei. «Ti avevo chiesto di non allontanarti, ma cosa ci fai con questi due?» disse con tono di disgusto.
 
Aoko: «Ci siamo incontrati per caso mentre Aoko stava andando un attimo da suo padre… Ma è tutto a posto! Aoko è solo caduta e questa gentilissima signora la stava aiutando.» guardò malissimo Heiji.
 
Heiji: «Eh… Sono cose che succedono, no?» lo guardò. «È lei a essere la tua dama?»
 
Hakuba: «Sì, è lei.» fece un sorriso nervoso. «Aoko-san, vengo con te.»
 
Aoko: «Non c’è bisogno, credo che Aoko tornerà in un istante!» annuì positiva. «Esce solo un po’ sangue, per il resto non fa nemmeno molto male! Guarda!» tese la gamba coperta dal lungo abito verso di lui. «Ahiahi...»
 
Hakuba: «Immagino che il dolore cominci a farsi sentire… Dai, vengo con te, così poi torniamo insieme. L’ora in cui si presenterà Kid è quasi giunta.» le appoggiò una mano sulla spalla.
 
Aoko: «Se ci tieni… Questa sarà la volta buona che papà riuscirà a catturarlo, Aoko se lo sente!» strinse un pugno.
 
Shinichi: «Avrà chi gli darà del filo da torcere, mi sa.» sorrise sicuro di sé. «Allora, ci si vede.»
 
Hakuba: «Vedrete. Nel momento in cui catturerò Kaito Kid, ci vedremo per forza.» rise sadicamente.
 
Heiji: «Sì, come no. Te l’ho già detto, sarò io a catturarlo!» rispose pieno di passione.
 
Aoko: «Aoko invece scommette che sarà suo padre ad acciuffarlo!» annuì convinta delle sue parole.
 
Shinichi: (Cos’è, una competizione?) sollevò gli occhi verso il piano di sopra. (Non fa nemmeno il tifo per Hakuba, si vede che non è la sua… persona speciale. Ecco il perché di quella risata nervosa. Che fosse un rimpiazzo?) non riuscì a sopprimere una risata.
 
Hakuba: «Andiamo.» come a leggere nella mente del ragazzo, si sentì punto.
 
Aoko: «Sì. Ciao!» saluto i ragazzi con la mano e si allontanò insieme ad Hakuba e alla domestica.
 
Heiji: «Ciao!» la salutò anche lui. «Bene, Kudo. Il primo atto si è chiuso… adesso...» gettò uno sguardo verso il maggiordomo.
 
Shinichi: «Hattori, la prossima volta ti chiederò direttamente cos’è che vuoi fare. Potevi farle molto male, lo sai?» lo guardò bieco.
 
Heiji: «Lo so, ma speravo potesse essere un uomo… che ne sapevo che sarebbe uscita da lì una ragazza, eh?» cercò di discolparsi. «L’importante è raggiungere lo scopo, no?»
 
Shinichi: «Sì, e ponila così, allora… se fosse venuto fuori un uomo di quelli che avrebbe creato un putiferio, invece? O una rissa? Maaah… Ponderare le situazioni non fa per te.» sospirò. «D’accordo, come vuoi procedere adesso? Hai tenuto la sua maschera con te, me ne sono accorto.»
 
Heiji: «Esattamente.» rise. «Guarda un po’.» si avvicinò al maggiordomo. «Mi scusi? Ho dimenticato di restituire questa maschera all’invitata che prima è caduta a terra… Potrebbe raggiungerla e consegnargliela? Non ho idea di dove sia andata a finire insieme a quella domestica, purtroppo.»
 
Maggiordomo: «Ma certo, non ci sono problemi. Credo di sapere dove si sono dirette.» prese la maschera con sé. «Se volete scusarmi...» fece un inchino e si allontanò.
 
Heiji: «Ehm… Questo… come dire...» guardò Shinichi.
 
Shinichi: «È stato più veloce di quanto potessi immaginare… come se non vedesse l’ora di allontanarsi da lì. Purtroppo non possiamo permetterci di pedinarlo, ma speriamo che Hakuba comprenda la situazione e lo faccia lui.» strinse un pugno. «Maledizione… Il fatto che ci fosse quella foto di mezzo e non possa fare niente a riguardo mi fa imbestialire! Ma per il momento, muoviamoci a salire al piano di sopra.» bisbigliò all’amico e con uno scatto cominciò la scalata al secondo piano.
 
Heiji: «Purtroppo non ci possiamo sdoppiare, è vero… ma una volta che la bambina sarà con noi, non ci saranno altri impedimenti.» gli corse dietro.
 
Shinichi: (Infatti… Se riuscissimo a salvare Ayumi-chan in un batter d’occhio, potremmo arrivare in tempo per il discorso di Itou-san e, chissà… magari anche a capire cosa sta nascondendo quel maggiordomo.) dopo aver salito entrambe le rampe di scale, si fermò ad aspettare l’amico. «Ci siamo.»
 
Heiji: «Bene. Era la sesta stanza sulla sinistra, se non ricordo male.» si avvicinò.
 
Shinichi: «Aspetta, Hattori.» lo afferrò per il polso. «Un attimo solo, per essere sicuro.» si nascose in una nicchia.
 
Heiji: «Sicuro di cosa?» lo raggiunse.
 
Shinichi: «Che Haibara sia da queste parti… Non la vedo. Forse è già entrata nella stanza, o magari è successo qualcosa.» prese il cellulare. «C’era un'altra sua e-mail, inviata poco dopo quella che ho letto prima… non me n'ero accorto. Forse non mi era arrivata perché non c'è abbastanza campo?» la aprì. «Dunque.... Ha scritto che aveva dimenticato di allegare la foto che aveva trovato.» la scaricò e la osservò.
 
Heiji: «Senza alcun dubbio, quello è il maggiordomo che abbiamo visto prima di salire le scale...»
 
Shinichi: «Ed è lo stesso che ha raccontato sia ad Hakuba che a me tutte quelle cose…» ingrandì le facce degli individui contenuti nella foto. «La bambina non è Aoi-chan, non ho dubbi su questo.»
 
Heiji: «Quindi… Quella bambina chi sarebbe…?»



Mentre diversi dubbi assalivano le menti dei giovani detective, Masumi era alle prese con il ragazzo che aveva incontrato in quella stanza.
 
Masumi: «Koseki-kun, allora, parlami di te. Chi sei?» lo guardò dritto negli occhi e cercò di non tergiversare.
 
Chihiro: «Per prima cosa… vorrei che sapessi che tutto ciò che ti dirò è la verità. Non mentirò su nulla.» disse diretto.
 
Masumi: «Eh?» strabuzzò gli occhi. «Che vorresti dire?»
 
Chihiro: «Anche se qualcosa non ti convincerà… credi nelle mie parole.» fece spallucce. «Per favore.» accennò un sorriso.
 
Masumi: «Ohi, non mi piace essere preso per i fondelli. Quindi deciditi.» fece una risata malefica. «Se non mi dirai la verità, mi vedrò costretto a passare alle maniere forti.»
 
Chihiro: «D’accordo, d’accordo, scusami.» arrossì e distolse lo sguardo. «Frequento il secondo anno di un istituto maschile. E punto sempre al massimo! Per me è davvero necessario fare sempre del proprio meglio.»
 
Masumi: «E come fai a conoscermi?» continuò a domandare.
 
Chihiro: «La Teitan è una scuola molto conosciuta per il fatto che ci sono ben due detective liceali a farne parte. Uno è Kudo Shinichi e l’altra sei tu. Lascia che ti spieghi meglio...» continuò a danzare con lei.
 
Masumi: «Parla, non ti sto interrompendo apposta… Non so se l’hai capito, ma non ho tempo da perdere!» sbottò la ragazza.
 
Chihiro: «Un mio amico ha una conoscenza nella tua classe e mi ha parlato di te. Anche se sembro più adulto, ho la tua stessa età.» la guardò negli occhi e arrossì. «È proprio perché sono fatto in un modo così autoritario che ho sempre pensato che la persona che fa per me non può essere una ragazza comune. In realtà, sono abbastanza timido con le donne… Però… la tua intelligenza e la tua sagacia mi hanno colpito profondamente. Come dire… Con te pensavo che potessi essere me stesso, che potessi parlarti in modo tranquillo… anche dei miei problemi.»
 
Masumi: «No, aspetta, fammi capire un attimo. Calmo, eh?» lo guardò con una goccia di sudore che gli scendeva giù da una guancia. «Mi stai dicendo che sono… Cioè…!»
 
Chihiro: «Da quello che mi ha raccontato questo amico, ho sempre creduto che conoscerti, per me, sarebbe stato come parlare con la mia anima gemella. Poi magari non è così… Ma mi hai chiesto di non tergiversare e, per come mi guardavi, ho supposto che credessi che ti stessi nascondendo qualcosa di losco… Non vorrei sembrare uno sfacciato, sia chiaro.» disse deciso.
 
Masumi: «Effettivamente… Non è che anche se stai cercando di farmi dei complimenti, posso pensare che tu non abbia a che vedere con questa storia. Perché, sai, delle tue lusinghe non è che me ne faccio nulla.» lo guardò arrossendo lievemente. «Non posso crederti al 100%. E tu non puoi dimostrarmi che non c’entri niente.» ammise senza farsi problemi.
 
Chihiro: «Non saprei come discolparmi, effettivamente…» cercò di riflettere.
 
Masumi: «Non è che sei un detective liceale di un’altra scuola e stai cercando di adularmi perché vuoi estorcermi delle informazioni?» lo guardò storto.
 
Chihiro: «No, non potrei mai essere un detective… credo!» la guardò dispiaciuto, poi si fece leggermente scuro in volto. «Oppure avrei fatto tutto da solo...» bisbigliò. «Per quanto mi dispiaccia, ci sono delle cose che non posso dirti apertamente.»
 
Masumi: «Ho capito!» fece spallucce. (Sì, credo di aver capito davvero.) pensò tra sé. «Niente, non posso non fidarmi di questi occhi, mi sembrano sinceri. Quindi… Koseki-kun, per me è stato… particolare ballare stasera, non era in programma… O almeno, non con un ragazzo. Quindi, adesso ti saluto.» si scostò da lui non appena finì la canzone.
 
Chihiro: «Aspetta!» la prese per mano. «So che non ho ancora acquistato del tutto la tua fiducia, anche se sono felice delle tue parole. Ti ringrazio per fidarti di me. Se posso, e me lo concedi… Non ho idea di cosa tu abbia da fare, ma potrei darti una mano?» chiese diventando serio in viso.
 
Masumi: «Ah, ecco. Non vorrei avere dei ripensamenti… Quindi no, non ti posso dire niente e non voglio che mi intralci, sono stato chiaro?» tolse la mano dalla sua.
 
Chihiro: «Come preferisci, in fondo, va bene anche così.» sorrise. «Però, permettimi di donarti questa.» tolse la rosa viola che aveva sulla spalla e gliela porse. «Per favore, prendila.»
 
Masumi: «Io? Una rosa?» la guardò.
 
Chihiro: «Per favore.» chiese fermamente.
 
Masumi: «Ma cose…!» la prese e se la mise all’occhiello. «Adesso lasciami in pace, ok?»
 
Chihiro: «Ti ringrazio, Sera-san!» esclamò felice.
 
Masumi: «Prego.» distolse lo sguardo, arrossita. «Ciao!» sollevò una mano come cenno di saluto e andò via.
 
Il ragazzo ricambiò il suo saluto e poi andò a bere un po’ d’acqua.
 
Chihiro: (Mi fido di te…) strinse il bicchiere da cui stava bevendo.

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Capitolo 24
*** Kamikaze ***


Non appena arrivò fuori dalla porta, Ai notò che l'ansia cominciava a salirle a mille. Non era ancora mezzanotte, mancava ancora circa un'ora, però non riusciva a pensare ad altro che a quella sensazione che non andava via. Erano trascorsi giorni interi, ma non era cambiato nulla dentro di lei. Angoscia, paura, disperazione, sembravano tutte far capolino nel cuore e nella mente della bambina. Nonostante cercasse con tutta se stessa di fidarsi delle parole del piccolo detective con gli occhiali, non era riuscita a non pensare al gatto nero, Chat Noir. Quel peluche che aveva portato con sé una serie di eventi nefasti. Da subito le era venuto in mente The Black Cat di Poe, e, immediatamente, l'aveva collegato con due elementi che vengono citati al suo interno: il Rum e il Gin. Questo aveva contribuito a renderla nervosa e a farla stare col cuore in gola per tutto il tempo. Persino in quel momento riusciva a percepire che la pressione le saliva alle stelle. Eppure, non poteva esimersi dal salvare Ayumi.
 
Ai: (Credi nelle sue parole… lui… trova sempre la verità.)
 
Deglutì una serie di volte, mise tutta la forza che aveva sulla mano destra e, sollevandosi sulla punta dei piedi, aprì la porta. Davanti a lei si poneva un’anticamera molto piccola e, stranamente, abbastanza spoglia. Da lì si poteva accedere a due stanze diverse, una sulla destra e una sulla sinistra.
 
Ai: (Quale sarà quella giusta…?) si domandò mentre continuava a guardarsi intorno.
 
Cercò, così, di avvicinarsi e dare un’occhiata da fuori, così che potesse capire sin da subito se c’era una camera da letto oppure no. Fece capolino sulla porta alla sua sinistra e restò attonita. La stanza, all’apparenza, era davvero enorme. Ma la cosa che la sconvolgeva di più era la visione orrenda che aveva avuto: sulla parete di fronte a lei vi era appeso un enorme affresco. Esso ritraeva la seconda versione di The Nightmare di Johann Heinrich Füssli. Ai riconobbe subito quel dipinto, ma la cosa che le faceva paura era che potesse entrarci qualcosa con ciò che era accaduto ad Ayumi. Entrò nella stanza e vide che sulla parte sinistra del quadro vi era una didascalia che recitava:
 
During the former the creature left me no moment alone; and, in the latter, I started, hourly, from dreams of unutterable fear, to find the hot breath of the thing upon my face, and its vast weight - an incarnate Night-Mare that I had no power to shake off - incumbent eternally upon my heart!*
 
(*Traduzione: Durante il giorno, la bestia non mi lasciava nemmeno per un attimo; e, durante la notte, mi svegliavo di soprassalto, di ora in ora, da sogni di una paura inesprimibile, sentendo il caldo respiro di quella cosa sul mio viso e il suo peso smisurato - un Incubo incarnato da cui non avevo la forza di liberarmi - disteso eternamente sul mio cuore!)
 
Ai: (Questo… proviene da The Black Cat, invece. È come se stesse descrivendo ciò che c’è raffigurato in quel quadro.) lo osservò nuovamente e poi si guardò intorno.
 
A parte il dipinto, nella stanza c’erano un’antica scrivania in legno e una sedia posta vicino a essa. Sulla prima, c’era una busta che spiccava e, ad Ai, sembrò una lettera. Si avvicinò a essa con il cuore che le batteva a mille e la guardò. Era una comune busta bianca, una vera e propria missiva. Nella facciata posteriore non c’era un mittente, quindi la prese in mano e controllò se, invece, ci fosse scritto qualcosa in quella anteriore. La bambina appurò che c'erano delle scritte e fece un balzo indietro nel leggere due semplici parole.
 
Ai: «ForSherry…» mormorò con un filo di voce. (Quindi… Era come pensavo io…)
 
Aprì velocemente quella busta che sembrava contenere qualcosa al suo interno, dove trovò un singolo bigliettino con su scritto: “Congratulazioni! Hai scelto la stanza sbagliata. Adesso, chissà cosa accadrà alla tua amica?”. La tensione salì nuovamente alle stelle. Se fosse accaduto qualcosa ad Ayumi per colpa sua, non se lo sarebbe perdonato mai e poi mai. Con uno scatto repentino, corse nella stanza alla destra dell’anticamera e lì vide un arredamento totalmente diverso da quella in cui era appena stata. Essa era prettamente composta da un letto matrimoniale a baldacchino in legno laccato con dei tendaggi in stoffa bianca e rosa, ma opaca. Non si riusciva a vedere niente di ciò che poteva esserci all'interno. 
 
Ai: (Sicuramente è lì… Yoshida-san!!) piena di terrore, corse verso il letto. 
 
Allungò una mano e fece per aprire quella tenda che sembrava una linea di confine che divideva l'immaginazione o l'illusione dal mondo reale. Si sentiva male al sol pensiero che Ayumi potesse trovarsi in condizioni disperate, quindi, cominciò a tremare e a sudare freddo. 
 
Ai: «Non… Non posso pensare…» chiuse gli occhi e scosse la testa. (Basta indugiare!) aprì quella maledetta tenda in un attimo e spalancò gli occhi. (Yoshida-san!!) 
 
Ayumi era lì distesa sul letto, con la faccia beata, uguale a com'era nella foto che le era stata inviata da quell’uomo. Indubbiamente, aveva ancora addosso i vestiti di quando erano uscite insieme, non si poteva sbagliare. 
 
Ai: «Yoshida-san, sono venuta a salvarti! Yoshida-san!» la chiamò, cercando di non fare troppo rumore. (Perché non si sveglia?!) 
 
La bambina aveva paura che le avessero fatto qualcosa, quindi preferì non toccarla. Si limitò a controllare che il battito e il respiro fossero regolari. Constatando che effettivamente lo erano, continuava a non spiegarsi perché non riprendesse i sensi.
 
Ai: (Forse è per ciò che c’era scritto in quella lettera…!) con molto stupore, vide che accanto ad Ayumi c’era un’altra busta.
 
Stavolta il colore era scarlatto, ma il destinatario era scritto esattamente nello stesso modo della precedente. Ai aprì subito quella lettera, pensando che, chiunque le avesse fatto uno scherzo di pessimo gusto, probabilmente, si stava divertendo a farla soffrire. All’interno dell’Organizzazione Nera ci sarebbero stati diversi elementi a essere più che felici di una cosa del genere. Senza indugiare, lesse a bassa voce, velocemente, ma con attenzione, il contenuto di quella lettera.
 
Ai: «Bingo! Sei riuscita a trovare la tua amichetta. Ti sarai accorta che sta dormendo, vero? Le ho somministrato un farmaco, sai? Chissà se lo conosci. Però, per certo, conosci Romeo and Juliet. Ecco, la tua amica farà stessa fine della povera innamorata se non farai come ti ordino. E bada bene che ti tengo d’occhio, quindi non ti azzardare a fare di testa tua. C’è un antidoto che ho lasciato sotto il cuscino. Prendilo e potrai risvegliare quella bambina quando vorrai. Adesso che lo sai, fai come preferisci, ma per mezzanotte precisa, fatti trovare all’interno della stanza contenente The Nightmare. Ti è piaciuto, vero? L’ho scelto appositamente per te, con tanto di citazione a tema. A più tardi, Vermouth.» fece schioccare la lingua. «Vermouth...» strinse quella lettera più forte che poté, tanto da stropicciarla. «Ho le spalle al muro...» spostò con cura Ayumi e cercò sotto il cuscino l'antidoto citato nella missiva. «Eccolo.» scosse la testa. «Non posso crederci. Probabilmente… questo è il mio ultimo ballo
 
Lo fece bere alla bambina accanto a lei.
 
Ai: (Dovrebbe riprendersi in pochi minuti… sperando che abbia detto il vero.) frugò dentro la cartella e prese il contenitore delle pillole che solitamente porta con sé. (Le darò questo calmante leggero che la farà riaddormentare per un po’… Mi dispiace, ma non posso fare altrimenti.) nascose nuovamente la scatola dentro la cartella.
 
Ayumi: «Mmh… Nggh...» aprì leggermente gli occhi. «Ai-chan? Cosa ci fai…?» si guardò intorno. «Ah! Giusto! Meno male che stai bene!! Quel signore che ha portato Ayumi via con sé l’ha messa qui dentro… e dopo un po’ le è venuto sonno…! Ma adesso possiamo andarcene, vero? Cos’è questa musica?» la guardò perplessa e un po’ spaventata, man mano che riprendeva quasi del tutto coscienza di sé. «Ayumi… è stata rapita?»
 
Ai: «Sì. Sei stata rapita da quella persona. Ma adesso è tutto a posto, non ti preoccupare.» le accarezzò la testa. «Andrà tutto per il meglio.» cercò di sfoderare un sorriso dolce. «Giù c'è una festa, così ne possiamo approfittare per andare via.»
 
Ayumi: «Meno male che sei qui, Ai-chan...» la abbracciò con tutta la forza che aveva in corpo mentre le venivano le lacrime agli occhi.



Contemporaneamente, Heiji e Shinichi continuavano a riflettere sulla foto che avevano visto. 
 
Shinichi: «Dunque… se fosse davvero così… Aoi-chan potrebbe essere… non lo so, non riesco a capire. Eppure, c'è qualcosa che non riesco a ricollegare…» rifletté profondamente. 
 
Heiji: «Cosa, Kudo? Prova a contattare la tua amica e vedi se è da qualche parte con la bambina, così andiamo ad aiutarla.» suggerì freneticamente. 
 
Shinichi: «La contatto subito.» annuì. «Giusto!! Hattori, ci sono!! Ero convinto di aver già sentito quel cognome, Tsukimi, ma non ricordavo dove!» esclamò eccitato. 
 
Heiji: «Dove? Dove l'hai sentito?» chiese incuriosito. 
 
Shinichi: «Ricordi quando ti ho raccontato che sono andato con i bambini fino a casa di quel compagno di scuola, Shadir?»
 
Heiji: «Sì, tra le varie cose che avevi detto quando eravamo insieme all'impiegato del Poirot.» annuì. 
 
Shinichi: «Era tra i cognomi che c'erano nella lista del citofono del condominio… A questo punto, non vorrei che fosse proprio il suo… In fondo, non lo conosciamo ancora.» inviò un messaggio ad Ai con su scritto "Sei in stanza con Ayumi-chan?".
 
Heiji: «Ponendo che fosse come dici tu, allora il fatto che quella bambina, Aoi-chan, gli fosse tanto attaccata, magari non vorrà significare che hanno qualche relazione parentale?» chiese inarcando un sopracciglio.
 
Shinichi: «Non saprei, Hattori. Ma il fatto che siano fidanzati, quando lui non l’aveva mai vista prima di quel momento… Avevo supposto che potesse essere legato a qualcosa che aveva a che vedere solo con lei, e infatti, credo di non starmi sbagliando. L’intero retroscena della famiglia di Shadir è un mistero. Il padre mantiene lui e il fratello pur essendo scomparso dalla vista delle maestre, mentre la madre è ricoverata in ospedale. Potrebbe, effettivamente, essere tutto ricondotto al fatto che stasera Tsukimi-san è qui da solo e ha cercato di evadere il discorso sulla moglie. Però è solo una supposizione, non c’è nessuna prova, se non quel cognome.» acuì lo sguardo.
 
Heiji: «Ti sembra poco? Secondo me è più che abbastanza.» sfoggiò un grande sorriso. «Kudo, guarda lo smartphone, lampeggia!»
 
Shinichi: «Lo so, ma non si sa mai.» guardò lo schermo. «Hai ragione! Vediamo… “Sì, è qui con me. Muoviti a venire a prenderla, per me è troppo pesante.” ...ha scritto.» rivolse uno sguardo bieco a Heiji, che lo ricambiò prontamente.
 
Heiji: «A quanto pare, le cose non sono messe così tanto male come pensavamo. Se non ti ha accennato ad alcun genere di problema, non ce ne dovrebbero essere, giusto? Muoviamoci, andiamo da lei!» si diresse a passo spedito verso la stanza.
 
Shinichi: «Aspetta, Hattori!» gli corse dietro e, arrivato davanti alla porta, lo guardò negli occhi. «Non lo so, Haibara a volte sa mentire meglio di quanto lo faccia io.»
 
Heiji: «Allora siamo a posto, dato che tu non hai la benché minima idea di come si faccia!» con una punta di sarcasmo, spalancò la porta e si introdusse al suo interno, vedendo che Ai li aspettava insieme ad Ayumi sulla soglia della porta alla destra dell’anticamera.
 
Ai: «Ma quanto ci avete messo?» lanciò un’occhiataccia a entrambi.
 
Shinichi: «Il tempo che ci vuole. Nel frattempo ho avuto una specie di epifania, e quindi… Ma non perdiamo ulteriore tempo!» guardò Ayumi. «Come ti senti?»
 
Ayumi: «Bene! Ayumi sta benissimo, anche se si sente un po’ debole e assonnata...» si stropicciò gli occhi con le manine.
 
Heiji: «Non temere!» si chinò. «Sali sulle mie spalle, ti porto fuori da qui!»
 
Ai: «In realtà, fuori dalla villa, più precisamente, presso l'entrata, dovrebbe esserci il dottor Agasa, quindi adesso la portiamo lì. Intesi?» guardo Shinichi. «Quando l’ho trovata, stava dormendo.»
 
Shinichi: «Capisco. E dimmi, Ayumi-chan. Cosa ricordi dell’uomo che ti ha rapita?» chiese con nonchalance.
 
Ayumi: «Ayumi non ricorda bene… Aveva il volto coperto dal casco… è rimasto in quel modo fin quando si è trattenuto in camera con Ayumi!» salì sulla schiena di Heiji. «Grazie...» si appoggiò comodamente con la testa.
 
Heiji: «Prego! Non ricordi nemmeno che voce avesse? Se magari sembrava strana o manomessa?» la portò fuori dalla stanza, e con occhio analitico, osservò l’anticamera per poi entrare nell’altra stanza, dove c’era il quadro, seguito da Shinichi. «?!»
 
Entrambi fecero un balzo indietro alla visione del quadro.
 
Shinichi: «E questo...» si avvicinò a leggere la didascalia. «Capisco.»
 
Heiji: «È tratto da The Black Cat. E calza anche a pennello col quadro, non c’è che dire.» guardò Shinichi.
 
Shinichi: «Haibara, tu che ne pensi?» rivolse lo sguardo su di lei.
 
Ai: «Ho pensato lo stesso. Ma non ho perso tempo a pormi molte domande in merito, dato che avevo da fare con la ricerca di Yoshida-san.» li guardò in cagnesco. «Come avete, invece, fatto voi.» si appoggiò le mani sui fianchi.
 
Heiji: «È normale, i detective siamo pur sempre noi…» sospirò. «Piccolina, cosa sai dirci di queste stanze, ci hai dato un’occhiata o sei rimasta tutto il tempo nell’altra? Ti hanno minacciato?»
 
Shinichi: «Cosa ti hanno detto per farti stare buona? Hai mai provato a fuggire?» chiese senza sosta insieme all’amico, ma senza ottenere una risposta.
 
Ai: «Si è addormentata, non vedete?!» sbottò la bambina. «Ce ne andiamo?»
 
Heiji: «Calmati, calmati!» cercò di farla ragionare. «Lo capisco che il tuo fine maggiore è portarla in salvo, ma ormai è insieme a noi, non può accadere più niente di pericoloso. E poi, nascosto da qualche parte, dovrebbe esserci qualche indizio, no?» guardò Shinichi. 
 
Shinichi: «È probabile. Però, sì, portiamo Ayumi-chan dal dottor Agasa. Dobbiamo già fare avanti e indietro, ci vorrà un bel po'. Inoltre, poter scambiare quattro chiacchiere in più con questo Tsukimi non sarebbe male.» affermò il ragazzo. 
 
Heiji: «Non sono d'accordo, però… sì, andiamo. Magari tornerò in un secondo momento, se sarà necessario.» annuì e si incamminò con gli altri. 
 
Ai: «A proposito, avete scoperto qualcosa su quel maggiordomo?» chiese casualmente. 
 
Shinichi: «No. Dato che è successo un fatto su cui preferisco sorvolare, pensavo che se ne potesse occupare Hakuba.» accelerò il passo. 
 
Heiji: «Bisognerebbe prima capire se ha compreso la situazione. È pur sempre il detective dell'est tarocco, Kudo!» sbottò il ragazzo.
 
Ai: «Ho bisogno di una giacca a vento, stare vicino a voi mi fa sentire in Antartide.» disse ridacchiando. «In ogni caso, l'importante è che chiunque abbia rapito Yoshida-san la paghi.»
 
Shinichi: «Tutti i criminali devono pagare! Dunque, adesso dobbiamo scendere quest'ultima rampa di scale…» guardò giù e abbassò la voce. «La domestica e il maggiordomo non sono mica tornati…»
 
Heiji: «Non è che non ce l'aspettassimo…» assottigliò lo sguardo. «Spero che quell'Hakuba non se lo sia lasciato sfuggire.»
 
Shinichi: «È anche possibile, ma poco probabile, che ci abbiano scoperti e che ci vogliano fare la festa. In ogni caso, non perdiamo tempo e scendiamo. Se dovessero dirci qualcosa, diremo che non abbiamo visto nessuno e, per curiosità, siamo saliti al piano di sopra. D'accordo?» propose il detective dell'est. 
 
Heiji: «Mai stato più d'accordo di così, Kudo! E aggiungerei anche di correre fino alla macchina che sta fuori. Ci state?» accennò una risata nervosa. 
 
Ai: «Sì, ci sto.» disse con una goccia di sudore che le scivolava lungo la schiena. 
 
Shinichi: «Bene… Tre… due… uno… andiamo!»
 
Corsero verso il piano terra, sperando che nessuno li vedesse. Davanti all'entrata, c'erano, effettivamente, delle guardie, insieme alla servitù. Ma il passo più importante era stato fatto: avevano superato quelle scalinate che sembravano un ostacolo insormontabile. Quindi potevano procedere verso l'uscita come se non fosse accaduto niente. 
 
Ai, invece, a un certo punto si era fermata e aveva approfittato dell'assenza dei due messi di guardia per raggiungere nuovamente la stanza di Melanie. 
 
Ai: (Non ho più tempo da perdere, la mezzanotte è quasi arrivata…) si appoggiò sul letto e poi si distese, respirando pesantemente. (Manca poco…) guardò fuori dalla porta finestra. (Il mio momento è quasi giunto.) si sollevò, mise una mano in tasca afferrando una pillola di APTX4869 e poi la guardò. (Tra non molto tornerò da voi, mamma, papà, onee-chan… Se solo avessi potuto scegliere, vi avrei raggiunti il più tardi possibile, ma forse… il mio destino è questo. Yoshida-san sta bene, non avrà più problemi per colpa mia.) la mandò giù. (Avrei dovuto dirvelo più spesso… no… avrei dovuto dirvelo e basta.) fece un lungo respiro. (Vi voglio bene.) le scesero le lacrime dagli occhi, mentre il suo corpo cominciava subire i vari processi di cui necessitava per tornare adulto.



Poco dopo che Shinichi ed Heiji erano andati via dalla stanza, Ran notò che Kazuha era sola in un angolo e si avvicinò a lei. 
 
Ran: «Kazuha-chan, cos'è successo? Hai gli occhi tutti rossi…» la guardò tristemente. «C'entra Hattori-kun, vero?»
 
Kazuha: «Sì… lui… è solo uno stupido… scemo!!» si asciugò gli occhi. 
 
Ran: «Scusami, forse è stato anche a causa dei miei incoraggiamenti… Che ti ha detto?» le accarezzò la schiena. 
 
Kazuha: «Niente di che, le solite cose… solo che… aveva parlato di dichiarazione e mi ero davvero illusa che potesse essere vero…» abbassò lo sguardo. 
 
Ran: «In che senso?» le porse un fazzoletto. 
 
Kazuha: «Grazie… sniff…» lo prese e si asciugò il naso. «Che doveva dichiarare a tutti che è il detective migliore dell'universo… in realtà è solo un cretino! Il più stupido di tutto il mondo intero!» sbottò la ragazza. 
 
Ran: «Come ci si poteva aspettare da lui…» sospirò. «Mi dispiace…»
 
Kazuha: «Non ti preoccupare, Ran-chan… anzi, riguardo ciò che hai detto prima, non è assolutamente vero! La colpa non è tua, solo mia.» annuì amaramente. «In realtà, credevo che questo fosse un posto magico… e lui… sembrava un principe delle favole. Mi sono illusa da sola. Ma questa era l'ultima volta.»
 
Ran: «Ti vorrei dire che invece sono sicura che possa accadere qualcosa di bello stasera… Ma forse, essere troppo positivi, a volte, non è così tanto consigliato…» la abbracciò forte. «Io sono qui con te.» disse con tono rassicurante e consolatorio. 
 
Kazuha: «Ran-chan…» ricambiò l'abbraccio e chiuse gli occhi per rilassarli un attimo. «Grazie.» sorrise. 
 
Ran: «Ma di cosa? Siamo pur sempre amiche!» si scostò e le appoggiò le mani sulle spalle. «Vieni, andiamo in bagno!»
 
Kazuha: «Mpf… sì, sembrerò un panda come minimo… e non darò a Heiji il sazio di prendermi in giro!» strinse un pugno, risoluta. 
 
Ran: «Resterà ancora più a bocca aperta di prima, vedrai!» le fece l'occhiolino e andò in bagno insieme a lei. 



Masumi, invece, non appena congedatasi da Chihiro, si ficcò in un angolino in disparte. 
 
Masumi: (Qui non dovrebbero vedermi.) si guardò intorno per un'ultima volta e poi prese in mano la rosa che le aveva dato il ragazzo. (Se l'intuito non m'inganna…) 
 
Graffiò lo stelo ed, effettivamente, tutto intorno risultava esserci della carta colorata verde. 
 
Masumi: (Come immaginavo.) esternò un sorriso sadico. (Dicevo io che era impossibile che un uomo mi regalasse una rosa!) ammise dentro di sé anche se con un po' di rammarico. (Mah! Anche io, che vado a pensare?! Vediamo che dice…) 
 
Lo stelo della rosa, una volta srotolato nella maniera corretta, sembrava un papiro. Sulla superficie c'era scritto qualcosa, come se fosse una lettera. Masumi non perse ulteriore tempo e la lesse meticolosamente, nella sua mente. 
 
Masumi: (Vediamo… "Cara detective Sera-san, se sono riuscito a darti questa rosa, per prima cosa, vorrei congratularmi con me stesso per aver vinto la mia paura; per seconda cosa, invece, vorrei chiederti un favore. È stato per caso che ti ho vista qui, davanti ai miei occhi. Non avevo in programma niente del genere, ma probabilmente è il destino a volere che fosse così. Il mio nome è Koseki Chihiro e sono figlio di una persona che originariamente lavorava per Itou Mitsunari. Mio padre, per l'esattezza, l'aveva seguito fin in America, perché era suo amico sin dai tempi della scuola. Il loro era un rapporto di stima reciproca. Io sono cresciuto in Giappone insieme a mia madre e a mio fratello, papà lo vedevamo poco, ma ci sentivamo sempre. Un anno fa, ci aveva comunicato che Itou-san voleva chiedergli di diventare comproprietario della sua attività e ne era entusiasta. In breve tempo avrebbero avviato il processo che gli avrebbe consentito tutto ciò. Ma poi accadde una cosa inaspettata. Papà venne trovato nella sua abitazione privo di vita. Ci hanno comunicato che è deceduto a causa di un pazzo che si è introdotto in casa e l'ha ucciso perché forse era un ladro, o non si sa… Non è mai stato trovato. Le telecamere installate non erano in funzione e, apparentemente, non era stato portato via niente. Quindi hanno archiviato il caso per tentato furto. Io però, ho sempre creduto che fosse accaduto dell'altro. Papà era una persona per bene… In poche parole, sono convinto che l'abbia ucciso qualcuno, e quel qualcuno è Tsukimi Ryu-san. Non riesco a scriverti i miei motivi, ma ho ragione di credere che anche l'incidente che ha coinvolto la famiglia di Itou-san sia colpa sua. La sete di potere di quell'uomo è insaziabile. Detto questo, mi fido della tua opinione e delle tue deduzioni. Se riuscirai a carpire qualcosa questa sera, fammelo sapere, per favore. Nei prossimi giorni mi farò vedere io. Ah, certo, sempre se ti va e sei d'accordo. So che voi detective non vi interessate di tutti i casi nella stessa maniera. Però, sono disperato, non c'è nessuno che può aiutarmi, nemmeno la polizia. Grazie dal profondo del cuore. Koseki Chihiro.") 
 
La ragazza restò un attimo perplessa. 
 
Masumi: (In poche parole… vorrebbe vendicare il padre… non avendo prove? E come potrei aiutarlo in un caso già chiuso?) ripose la lettera in una tasca interna della giacca. (Sai che ti rispondo, Koseki-kun? Io posso tutto, anche questo. Mi dispiace per tuo padre, ma verrà vendicato.) affermò cercando Tsukimi all'interno della sala. (Ma dove sarebbe questo?! Era qui fino a un attimo fa… no… era più di un attimo fa, ok.) cercò di farsi strada tra gli invitati finché non vide un cameriere. «Scusi, dovrei chiederle una cosa. Posso?» disse con una certa fretta. 
 
Cameriere: «Certo, mi dica pure.» rispose con tono pacato. 
 
Masumi: «Non so se è corretto chiedere a lei… Ma sto cercando Tsukimi-san, mi saprebbe dire dov'è? Non lo vedo da un po'.»
 
Cameriere: «Mi scusi, signore. Potrebbe, gentilmente, chiedere più nello specifico?» disse l'uomo che sembrava cercare una conferma sulle parole della ragazza. 
 
Masumi: «Più specifico di così si muore! Senta, sto cercando Tsukimi-san, lei non lo conosce? Giusto uno che lavora qui?» sbottò. (Forse è un complice…?) cercò di scrutarlo. 
 
Cameriere: «No. Mi scusi se le sono sembrato impudente o qualcosa di simile. È che, più che altro, mi chiedevo a quale si riferisse.» rispose cercando di non farla arrabbiare ulteriormente. «Quale dei due?»
 
Masumi: «…eh?» disse attonita.

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Capitolo 25
*** Inside out ***


Masumi: «Non ho capito, potrebbe ripetere…?» chiese sgranando gli occhi. 
 
Cameriere: «Certo, signore. Su quale dei due Tsukimi-san mi sta chiedendo delle informazioni?» ripeté con garbo. 
 
Masumi: «Ah… non riesco a ricordare il nome, l'ho conosciuto giusto prima… Aaah, che sbadato che sono!» si appoggiò una mano sulla testa in modo teatrale. (Vediamo se parla… cosa significa…?!) 
 
Cameriere: «Non si preoccupi. Sono Tsukimi Ryu-san e Tsukimi Akihiro-san.» disse mostrando un sorriso. 
 
Masumi: «Aah, ecco. Lui, quest'ultimo… dove lo posso trovare?» lo guardò di sottecchi. «Sono fratelli?»
 
Cameriere: «Oh, no, no…» gesticolò. «Akihiro-san è il maggiordomo della villa. Lo può trovare fuori dalla stanza, proprio davanti alle scalinate che conducono ai piani superiori.»
 
Masumi: «Come mai hanno lo stesso cognome, allora?» continuò a indagare. 
 
Cameriere: «Mi scusi, ma… non lo so.» si inchinò dispiaciuto. 
 
Masumi: «Ne è certo?» chiese per avere un'ultima conferma. 
 
Cameriere: «Sì… Ma in ogni caso, sarebbero state delle informazioni confidenziali che non avrei potuto darle. Quindi, se vuole scusarmi…» si inchinò nuovamente per congedarsi. 
 
Masumi: «No, aspetti!» lo afferrò per l'avambraccio. «Tsukimi Ryu-san, lui dove si trova?»
 
Cameriere: «Non lo so… immagino sia qui, tra gli invitati…» si guardò intorno. «O, al massimo, con il padrone. Però, mi lasci lavorare, per favore.»
 
Masumi: «Sì, mi scusi… non era mio volere metterla in imbarazzo. Grazie di tutto!» lo salutò con una mano mentre lui si affrettava ad andare via, augurandosi di non incappare più in una persona del genere. (Oh-Oh… quindi ci sono due persone con lo stesso cognome… che sia davvero un caso?) rise sadicamente. (Adesso devo muovermi a cercare il mio uomo, però. Anche se non capisco nemmeno perché io abbia accettato quella richiesta, a dire il vero... non posso deludere le aspettative di Koseki-kun.) 
 
Detto questo all'interno della sua mente, cercò di vagare per la sala affinché potesse trovare l'uomo e, quindi, procedere con una nuova investigazione.



Fuori dalla stanza, un occhio vigilissimo osservava con attenzione ciò che stava accadendo durante la festa, seduto sul ramo di un albero. Forse sarebbe stato meglio dire che stava cercando qualcuno in modo specifico, dato che non riusciva ad adocchiarla in alcun modo.
 
Kaito Kid: «Ma che fine ha fatto quella scema? Da quando sono salito quassù non l’ho vista nemmeno una volta. Sì che c’è un mucchio di gente, però… chi l’avrebbe mai pensato che sarebbe venuta insieme ad Hakuba?! Mpf… Sicuramente si è seccata perché le ho detto che avevo da fare. Non ci possono essere altri motivi. Me la voleva fare pagare, in fondo! Mah!» si morse il labbro inferiore. «Non dovrei nemmeno arrabbiarmi. In realtà non m’importa proprio per niente! Sì, giusto! Non m'interessa… ma dove saresti?» continuò a sbirciare tramite un mini binocolo. «Quel vestito blu… Quei manicotti trasparenti… Non le stava affatto bene! Lei, poi, che seno non ne ha...» distolse lo sguardo, in un misto tra rabbia e fastidio. «Va’ al diavolo, Aoko! Tsk! Tra non molto io e Jii-chan possiamo entrare in azione. Che uno di quegli zaffiri possa essere davvero Pandora…? Sarebbe un ottimo colpo… Papà...» sospirò. «La lascerò di stucco, ancora una volta!» rise. (E se mi rimarrà tempo… chissà se, magari, potrei stupirti…! Eheh… eheh… Aaah!! Che sia…!) pensò, supponendo di averla avvistata.
 
Ran e Kazuha tornarono dal bagno, molto più pimpanti di prima. 
 
Kazuha: «Bene, ora non ci rimane che vedere che fine hanno fatto quei due!» annuì sadicamente. 
 
Ran: «Dove possono essere, se non dietro a un caso dei loro?» accennò un sorrisetto. 
 
Kazuha: «È vero… Ma anche Kudo-kun, eh? Non lo credevo esattamente come Heiji! Ecco perché vanno così tanto d'accordo!» appurò la ragazza. 
 
Ran: «Non c'è niente da fare… quando uno è fissato, non ha altro per la testa!» fece spallucce. 
 
Aoko: «Ehm… scusate?» si avvicinò a loro e le guardò, un po' imbarazzata. 
 
Era una ragazza con un lungo abito blu reale in pizzo e tulle, stretto sulla vita da un corsetto. Questo era quasi interamente decorato da perline bianche luminose che andavano a formare dei motivi preziosi. Essi si estendevano anche sui due piccoli manicotti trasparenti che le cingevano le braccia. Sulla parte superiore del corsetto, proprio nella parte sovrastante il seno, vi era della stoffa leggermente trasparente che andava a finire a collo alto. Essa, nella parte estrema, riprendeva lo stesso motivo del bustino stesso. La gonna era pomposa e si aprivano verso destra e sinistra due ampie fasce di tulle trasparente, ricamato nei bordi con dei ghirigori in bianco. Aveva i capelli mossi legati con una coda molto elegante su un lato e, sul capo, si ergeva una tiara, le quali pietre risplendevano come stelle. Indossava una maschera blu con un fiore e una piuma attaccati su un lato. Aveva un punto luce al collo e degli orecchini pendenti dello stesso genere del diadema. 
 
Kazuha: «Sì, cosa c'è?» rispose gentilmente alla ragazza. 
 
Aoko: «Aoko non vorrebbe intromettersi, ma state parlando di due ragazzi che erano qui alla festa, giusto? Alti uguali e con modi di fare totalmente diversi… di cui uno che non ci sa proprio fare con le donne?» disse con le vene che le pulsavano sulla fronte. 
 
Kazuha: «Sì, esattamente.» continuò mentre cercava di contenersi, ma anche lei finì con l'arrabbiarsi. 
 
Aoko: «Bene! Hattori Heiji e Kudo Shinichi, giusto?» annuì.
 
Ran: «Sì, loro… Come mai? Se posso… tu chi saresti? Io mi chiamo Mori Ran. Piacere!» esclamò gioiosamente. 
 
Kazuha: «Io sono Toyama Kazuha, invece. Piacere!» si ricompose. «Non è che Heiji ti ha fatto qualcosa?» chiese con tono intimidatorio. 
 
Aoko: «Nakamori Aoko, lieta di conoscervi!» fece un sorriso dolce che poi diventò bruttissimo. «Lasciamo perdere, Aoko non ha un bel ricordo di ciò che è successo.» distolse leggermente lo sguardo, sospirando. «La persona con cui Aoko è venuta al ballo ha chiesto di dir loro che "È sulle sue tracce".» recitò quest’ultima frase imitando la voce e le movenze di Hakuba. «Tuttavia, Aoko non sa a chi o cosa si stesse riferendo.»
 
Ran: «Capisco… E questa persona si chiama Hakuba Saguru-kun, vero?» chiese con disinvoltura. 
 
Aoko: «Sì! Aoko è convinta che conosca praticamente tutto il mondo, ma comunque…! Quei due sembrano come scomparsi nel nulla, quindi, magari… potreste chiamarli al cellulare, per favore? Hakuba-kun ha detto che è molto importante… Aoko ha una brutta sensazione dentro di sé…» abbassò lo sguardo. 
 
Kazuha: «Ma certo, non ti preoccupare! Ora ci penso io ad avvisare quel detective da strapazzo!» sbottò la ragazza mentre provava a chiamare Heiji. 
 
Ran: «Nakamori-san, scusa se te lo chiedo… Ma sei per caso figlia dell'Ispettore Nakamori?» chiese incuriosita. 
 
Aoko: «Sì, è il papà di Aoko!» affermò emozionata. «E stasera… catturerà quel ladro da quattro soldi!!»
 
Ran: «Speriamo sia la volta buona! Anche Shinichi, effettivamente… non vedeva l'ora di poterlo catturare.» arrossì. «E dimmi… tu e Hakuba-kun siete…» chiese abbassando il tono della voce, assumendo un'espressione imbarazzata. 
 
Aoko: «Eeeeh?! No, no, no!!» rispose gesticolando freneticamente. «È capitato per caso! Perché un cretino, idiota, stupido e scansafatiche stasera aveva già altro da fare! Aaaargh! Quanto mi fa arrabbiare!!»
 
Ran: «Mi sa che qui c'è un altro combinaguai come i nostri due cari detective scomparsi…» disse con una goccia di sudore che le scendeva sulla guancia. 
 
Kazuha: «Heiji non mi risponde… Non che sia una novità, sia chiaro. Però è via da così tanto tempo…» guardò Ran preoccupata e poi Aoko. «Quando l'hai visto per l'ultima volta?»
 
Aoko: «Se Aoko non ricorda male… Mh… Circa una mezz’oretta fa. Erano proprio fuori da questa stanza!» indicò l’uscio.
 
Ran: «Ricordo che Shinichi aveva una certa fretta, ma mi ha fatto capire che sarebbe tornato… E comunque, entrambi ci tengono così tanto a poter catturare Kid…!» cercò di riflettere. «Tagliamo la testa al toro, provo a chiamare Shinichi e vediamo se mi risponde lui!» prese il suo caro e vecchio cellulare dalla pochette.
 
Kazuha: «Ah, no, no! Aspetta, mi sta telefonando Heiji!!» rispose alla chiamata. «Heiji!! Ma si può sapere che fine hai fatto?!» urlò la ragazza, facendo puntare gli sguardi tutti verso di lei. «Scusatemi…» disse sollevando la mano libera in segno di preghiera.
 
Heiji: «Dove dovrei essere, idiota? Non ti avevo già detto che avevo da fare?» sbottò il ragazzo. 
 
Kazuha: «Sei un cretino!» abbassò il tono della voce. «Hakuba-kun ha chiesto a Nakamori-san di dire a te e a Kudo-kun, che immagino sia lì vicino, che "È sulle sue tracce", anche se lei non sa di chi.»
 
Heiji: «…» osservò Shinichi che, nell'affidare Ayumi al dottor Agasa, scambio due chiacchiere con lui. 
 
Kazuha: «Heiji, ci sei…?» chiese guardando lo schermo dello smartphone, credendo che si fosse interrotta la chiamata. 
 
Heiji: «Stavo riflettendo! E comunque, buon per lui. In ogni caso, tra non molto dovremmo tornare, ok?» disse dando una regolata al suo solito tono impetuoso. 
 
Kazuha: «Sarebbe anche ora!» fece una pausa. «Allora… a tra poco?»
 
Heiji: «Sì, a tra poco!» chiuse la chiamata.
 
Kazuha: «Idiota, mi ha chiuso in faccia! Uffa… Stanno tornando!» disse felice e, successivamente, volse lo sguardo su Aoko. «Ha detto solo "Buon per lui", boh!» fece spallucce. «Heiji non è mai stato in buoni rapporti con Hakuba-kun, forse teme che voglia rubargli la scena!»
 
Aoko: «Aoko non ne ha idea… Ma Hakuba-kun le sembrava piuttosto serio. Beh, che se la vedano loro con queste lotte da detective!» sospirò. «Allora, grazie per l'aiuto! È stato un piacere!» le salutò con la mano destra. 
 
Ran: «No, aspetta! Rimani con noi!» sorrise gentilmente. «Sei rimasta da sola, no?»
 
Aoko: «Sì, ma… Aoko non vorrebbe disturbare…!» disse con un viso che in realtà rivelava felicità. 
 
Kazuha: «Niente paura! L'unico che disturba è solo Heiji.» affermò sfoggiando il suo sorriso peggiore. 
 
Aoko: «Allora Aoko non può rifiutare…! Grazie per la compagnia!!» le prese per mano. 
 
Sonoko: «E dire che da dietro avevo scambiato questa ragazza per Ran…!» si avvicinò con Makoto. 
 
Makoto: «Abbiamo sentito delle urla. È tutto a posto?» guardò Kazuha e Ran. 
 
Ran: «Sì, sì, non vi preoccupate!» gesticolò. «Davvero, Sonoko?» chiese sorpresa. 
 
Sonoko: «Già! Anche se a vedervi così, posso distinguerti a occhio nudo, nonostante la maschera!» le fece l'occhiolino. 
 
Aoko: «Nakamori Aoko, piacere!» esclamò. «Ora che Aoko ci pensa… Anche Kudo-kun aveva scambiato Aoko per "Ran"!» disse portandosi l'indice sulle labbra. 
 
Ran: «Ti ha detto questo? Beh, allora, prima o poi dovremmo vederci senza la maschera in viso!» ridacchiò.
 
Aoko: «Ma certo! Che ne dici se---»
 
In quel momento, si sentì uno strano rumore, e, dalla parte superiore del muro contrapposto alla vetrata, apparve come una simil postazione da loggione. Sembrava quasi fosse stato merito di una magia. Itou Mitsunari prese in mano il microfono e rischiarò la voce per fermare gli invitati che stavano ballando. Tutti, nel sentire l'uomo e nel vedere la scena, applaudirono per concludere le danze e accogliere il padrone di casa, restando poi in silenzio. Cercarono di sistemarsi in modo che lo potessero ascoltare al meglio, quindi, come degli spettatori che assistevano a un’opera di un teatro antico inglese, con lui al centro. Sollevarono tutti il viso verso di lui. 



Dopo la chiamata fatta a Kazuha, Shinichi si trovava ancora fuori insieme a Heiji. 
 
Dottor Agasa: «La polizia dovrebbe arrivare qui a breve…» guardò Shinichi preoccupato. 
 
Shinichi: «Meno male… Mi raccomando, dottor Agasa. Quando Ayumi-chan si riprenderà, cerchi di rassicurarla.» disse parlando a bassa voce. 
 
Dr. Agasa: «Certo, farò del mio meglio…» volse lo sguardo verso di lei. «Mi preoccupa il fatto che Ai-kun non sia più tornata, piuttosto.»
 
Heiji: «Quella mocciosa pensava di credere che non ce ne saremmo accorti… tsk! Ma con chi crede di avere a che fare?» disse seccato. 
 
Shinichi: «Lei è fatta così, appena fiuta l'Organizzazione o qualcosa che potrebbe averci a che vedere, diventa misteriosa e si ammutolisce. L'avevo capito sin da subito, ma ho lasciato che pensasse il contrario, così era contenta e soddisfatta.» fece spallucce. 
 
Dr. Agasa: «Spero solo che non si cacci nei guai…» sospirò mestamente. 
 
Shinichi: «Ecco, su questo, non ci giurerei.» sollevò gli occhi verso la villa. «Ormai si è fatta quasi mezzanotte, dobbiamo andare.»
 
Heiji: «D'accordo. Ho detto a Kazuha che stavano tornando, andava bene, giusto?» cercò conferma. 
 
Shinichi: «Sì, perfettamente. Anche perché, è lì che stiamo per andare.» annuì. 
 
Dr. Agasa: «E come la mettete per Ai-kun? Se fosse davvero in pericolo…!»
 
Shinichi: «Dottor Agasa, si fidi di me!» esclamò come se fosse un'ovvietà. 
 
Dr. Agasa: «Non è che non mi fido, Shinichi...» lo guardò preoccupato.
 
Shinichi: «Allora non tema, è tutto a posto!» gli fece l'occhiolino. «Se dovesse accadere qualcosa, mi chiami, d'accordo?»
 
Dr. Agasa: «Come dici tu… va bene.» accettò con rammarico. 
 
Heiji: «Perfetto, ci si vede!» disse su di giri. 
 
Shinichi: «A presto, dottor Agasa.» sospirò e guardò Heiji. «Hattori, sta per cominciare parte II della serata. Pronto?» sorrise deciso. 
 
Heiji: «Mpf… che domanda ovvia! Sono più che pronto. Prontissimo!» annuì. 
 
Shinichi: «Perfetto. Non appena arriveremo dentro, dividiamoci. Porremo un fine a tutto, ma dobbiamo fare in modo che nessuno rimanga ferito.» disse con lo sguardo fisso verso la villa. 
 
Heiji: «Anche io avevo pensato lo stesso. Ma certo, diamoci una mossa!» esclamò cercando di contenere la fretta. 
 
Si diressero nuovamente verso l'interno della villa, dove Itou stava facendo il suo discorso per introdurre gli zaffiri. 
 
Itou: «Grazie a tutti voi per esservi disturbati a venire qui, nella mia dimora, in una serata come questa… con così poco preavviso. Voi non potete capirlo, ma per me significa davvero molto.» si fermò per un attimo, guardando il vuoto, poi risollevò lo sguardo. «Ci tenevo davvero molto a presentarvi una mia creazione, di cui, immagino, sarete tutti a conoscenza. È per questo che preferivo vedervi con una maschera sul viso: non m’importa chi voi siate, per me l’importante è mostrare la mia opera a tutti coloro che ne sono interessati.» fece un passo indietro e indicò fuori, dal lato della grande vetrata. «Ho progettato una statua a forma di gatto nero che potesse contenere dei gioielli che avrei voluto fossero indossati dalla mia adorata moglie. Questo, purtroppo, non è stato possibile a causa di quell'incidente… Ma il mio sogno, dal giorno in cui ha perso la vita, è cambiato una serie di volte. Dopo una lunga riflessione, sono giunto al mio verdetto finale. Ciononostante, prima di rivelarlo, vorrei concedere a Kaito Kid la possibilità di rubare quegli zaffiri, i Cat's Eyes. È proprio così, in realtà, vorrei davvero che li prendesse con sé.»
 
Questa frase, pronunciata con tono solenne, lasciò di stucco tutti gli invitati che cominciarono a vociferare tra loro. 
 
Itou: «Lui stesso mi ha dimostrato un certo interesse, inviando quel biglietto di sfida, l'altro giorno. Ne sono onorato. Devo, però, aggiungere una cosa, diretta a lui: Kaito Kid, quando ruberai i gioielli, ammesso e non concesso che tu ci riesca, ti prego di tenerli e di non restituirli. Ciò significa che non deve essere fatto né al mittente, né da altre parti che potrebbero sembrarti consone. Tienili tu. Se hai una moglie o una fidanzata, donali pure a lei, ne sarei felice. So bene che il tuo modo di fare implica uno show, ed è per questo che ho fatto del mio meglio per complicarti le cose.»
 
Il vociferare degli invitati aumentò progressivamente.
 
Sonoko: «Eeeeh? Ma ha idea di quanto valgano?!» chiese retoricamente. 
 
Makoto: «Più che altro… non dovrebbero contenere un grande valore affettivo verso la moglie? Qualcosa come tutto il suo amore?» guardò Sonoko rattristandosi. 
 
Sonoko: «Infatti, l'aveva detto perfino un attimo prima!» esclamò strabuzzando gli occhi.
 
Ran: «Io ho come l'impressione… che la cosa non gli interessi… Come se non…! Devo assolutamente parlare con lui!» corse via dalla stanza. 
 
Sonoko: «Ohi, Ran?» la osservò mentre si faceva strada tra la folla. 
 
Kazuha: «Forse ha capito qualcosa e vuole dirlo a Kudo-kun! Cerco di seguirla! A dopo!» le andò dietro. 
 
Aoko: «Aoko… va con loro! A dopo, forse!» corse via cercando di non farsi seminare dalle ragazze. 
 
Makoto: «Sarà il caso che andiamo anche noi?» chiese alla fidanzata, preoccupato. 
 
Sonoko: «Non credo… se sta andando da Shinichi-kun che, a sua volta, si trova con Hattori-kun, allora non ci sono problemi!» annuì. «Non riesco nemmeno a vedere Sera-chan da nessuna parte… che fine avrà fatto?»
 
Makoto: «Le facciamo una telefonata?» si guardò intorno. 
 
Sonoko: «No~» si strinse al suo braccio. «Adesso che sei qui con me, ne devo approfittare! ♡»
 
Makoto: «Però, se la cosa ti preoccupa...» arrossì. 
 
Sonoko: «Non è che mi preoccupa… Insomma, è un'adulta, mica ha bisogno della mia mano mentre si trova a un ballo! Non è in pericolo di vita!» sbuffò. 
 
Makoto: «No, non è questo…» sospirò. «Hai ragione tu.»
 
Sonoko: «Come sempre! Come sempre!» restò avvinghiata a lui. 
 
Itou: «Un attimo di pazienza, signori. Adesso partirà il meccanismo che creerà e aprirà la strada agli zaffiri. Vi chiedo di attendere solo qualche manciata di minuti.» disse con tono pacato mentre qualcuno lo osservava dal ciglio della porta. 



Nel frattempo, due piani più in alto, il corpo di Ai aveva terminato il processo per tornare alla sua età originaria. Aveva davvero paura, ma si sentiva in colpa, come le era capitato spesso anche in passato. Rifiutando l'aiuto che l'FBI voleva darle, forse aveva totalmente toppato. Eppure, per quanto pericoloso, adorava stare insieme si bambini, al dottor Agasa e a Conan; si era abituata alla sua vita spensierata di tutti i giorni. Il suo cuore le aveva sempre detto che così andava bene, ma Ayumi aveva rischiato di morire. Niente sarebbe più stato lo stesso per lei. Quindi aveva deciso di affrontare nuovamente il suo destino. Sia Conan che Ayumi glielo avevano detto in passato: non doveva scappare. Si guardò allo specchio e vide il suo corpo. Dopo tanto tempo, poteva vedere quella parte di sé che teneva nascosta non solo agli altri, ma soprattutto a se stessa. Abbassò lo sguardo e, successivamente, prese il vestito che aveva trovato appeso all'armadio. Era di suo gusto, non c'era dubbio. Certo, si sentiva un po' una ladra, ma non aveva pensato di portare degli indumenti con sé. Anche se aveva pensato alla possibilità di diventare adulta per salvare la piccola amica, sapeva, coscienziosamente, che il piccolo detective sarebbe arrivato a salvarla. Glielo aveva promesso che sarebbe stato così. A volte non ci era riuscito, ma aveva sempre fatto del suo meglio… e anche quella stessa sera era stato di parola. Shiho non riusciva a capire i suoi sentimenti in quel momento. Era assalita dalla paura, ma sentiva come se non avesse alcun rimpianto da lasciare indietro. Forse qualcosa, in effetti, c'era. Lasciava tante, troppe cose non dette. Ma era meglio così, avrebbero soltanto fatto del male a tutti coloro che sarebbero venuti a scoprirle; o magari, chissà, con uno sguardo, Shinichi avrebbe capito tutto ciò che aveva nascosto per tutto quel tempo. Poi arrivò la consapevolezza. Erano le persone che avrebbe lasciato che avrebbero sofferto di più. Come avrebbe fatto il dottor Agasa senza di lei a occuparsi della casa? Come avrebbero fatto i suoi amici, i Giovani Detective, a risolvere i loro casi senza cullarsi sugli allori perché c'era Conan al loro fianco? Come avrebbero fatto sua zia Mary e Shinichi a tornare degli adulti? Ecco, non sarebbe più stato affar suo. Perché, anche in punto di morte, doveva preoccuparsi di tutte quelle persone? Le sue labbra assunsero la forma di un sorriso. Adesso si sentiva davvero meglio. Sapeva di aver vissuto la sua vita nel modo più soddisfacente possibile. Certo, non era il massimo a cui poteva aspirare una persona normale, ma aveva vissuto giorni felici. Quindi aveva deciso di morire con il sorriso. Per lei era abbastanza ricordare tutti i bei momenti che aveva trascorso con le persone che amava. Il suo cuore era tormentato, tuttavia, aveva trovato la pace. 
 
Shiho: «Adesso… non mi rimane che andare in quella stanza.» guardò l'ora. «Mezzanotte è alle porte.» volse lo sguardo sulla Luna. (Lasciare una famiglia e tornare a quella originaria non sarà poi così tanto male.) dentro di sé, riecheggiava anche un'altra voce che non la pensava nello stesso modo. (Sei soltanto una bugiarda.) sorrise nuovamente e si incamminò verso il secondo piano. 
 
La rampa di scale sembrava infinita e, le sue gambe, pesanti come macigni. La sua forza di volontà, però, era più forte di qualsiasi altra cosa e raggiunse quella stanza che aveva quasi visto morire la piccola Ayumi. La porta era ancora aperta, come l'avevano lasciata nel momento in cui erano fuggiti da lì. Lentamente, si addentrò nell'anticamera e, infine, giunse lì, nella stanza con il quadro di Füssli. 
 
Shiho: «Ne avrei fatto volentieri a meno.» ne osservò con attenzione i dettagli, che lo facevano sembrare quasi un originale. «Un incubo… È davvero così che ci sentiamo nel momento in cui quella vocina dentro di noi ci fa sembrare tutto così alterato nel sonno?» si mise a ridere. (Sto perdendo la ragione. Non sento più niente, se non le gambe che continuano a tremare incessantemente.)

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Capitolo 26
*** Mezzanotte ***


Tutto ciò che verrà narrato in questo capitolo si svolgerà negli attimi precedenti alla mezzanotte, salvo dove citato. 



Una volta arrivati nuovamente alla villa, Heiji e Shinichi si fermarono poco dopo essere entrati. 
 
Shinichi: «Hattori, io devo necessariamente andare da un'altra parte. Precedimi, vai dalle ragazze e di' loro che arrivo subito. Se Ran ti dice che vuole chiamarmi, dille che non ho tempo!» disse di fretta. 
 
Heiji: «Ohi, Kudo!» lo afferrò per un braccio. «Kaito Kid sta per arrivare, lo sai, no?» 
 
Shinichi: «Sì… Ma per questa volta passo. C'è una cosa più importante che non può aspettare. A più tardi!» esclamò mentre correva su per le scale. 
 
Domestica: «Aspetti! Non può accedere ai piani superiori!» cercò di fermarlo. 
 
Heiji: «Abbia pazienza! Era solo curioso di vedere cosa c'è al piano di sopra. Tornerà presto!» la trattenne per un braccio. (Non te ne potevi stare dov'eri?!) 
 
Domestica: «Ma il padrone ha dato ordine di non fare salire nessuno… se non lo rispetterò...» cercò di liberarsi dalla presa. 
 
Hakuba: «Se non lo rispetterà… cosa farà? La licenzierà? Oppure è un ordine che le ha "passato" qualcuno da parte del suo padrone?» disse con tono altezzoso. 
 
Domestica: «Scusi, ma lei cosa ne sa?» guardò Heiji. «Mi lasci!!»
 
Heiji: «Risponda prima al tizio con quel sorriso beffardo in volto e poi ne riparliamo.» le rispose lapidario. 
 
Hakuba: «Come ha detto lui. Allora? Chi le avrebbe impartito quell'ordine?» arrivò di fronte alla donna. 
 
Domestica: «No... È stato Tsukimi-san a dirmelo… Era di guardia insieme a me.» volse lo sguardo prima su Heiji e poi su Hakuba. «Ma voi chi siete?»
 
Hakuba: «Sbaglio, o stasera le nostre maschere la dicono lunga? Le nostre identità non contano, l'ha ammesso da poco il padrone di casa. Ha sentito anche lei, giusto?» poggiò una mano sul braccio di Heiji. «Capisco che il tuo modo di fare rozzo non possa essere abbandonato, ma lasciale il braccio. È pur sempre una donna.»
 
Heiji: «Aah?! Come ti permetti??» lasciò il braccio della donna istintivamente, poi la guardò. «Non dovrebbe dar retta soltanto al suo padrone?»
 
Domestica: «Sì, ma tutti noi… in realtà siamo una grande famiglia. Quindi Tsukimi-san non avrebbe motivo di mentire.» disse diretta. «Lui, soprattutto.»
 
Hakuba: «Quindi potrei azzardarmi a dire che quell'uomo è molto vicino a Itou-san?» aggiunse a mo’ di interrogatorio. 
 
Domestica: «Beh, sì. Ma di nuovo, lasciatemi in pace! E tu, vai a chiamare il tuo amico!» inveì contro di loro. «Oppure…»
 
Hakuba: «Se fossi in lei, mi preoccuperei d'altro.» rispose tranquillo. 
 
Domestica: «Cosa sta dicendo?! A cosa si riferisce?» lo guardò perplessa. 
 
Heiji: (Vediamo cos'ha scoperto…) lo guardò di sottecchi. 
 
Hakuba: «Itou-san è un lontano amico della mia famiglia, è per questo che sono stato invitato qui. Conosco da tempo la sua passione per la letteratura, e, soprattutto, per quella di Poe.» annuì sicuro di sé. 
 
Domestica: «Non ci vuole molto a saperlo, a dire il vero.» ribatté ostinatamente. 
 
Hakuba: «Ha ragione lei. Ma ciò che mi preoccupa è un'altra cosa. Non so quanto lei possa conoscere l'autore in questione, tuttavia, in una delle sue opere, un personaggio, per essere precisi, un principe, indice un ballo in maschera. Lo fa cinque o sei mesi dopo che si era rifugiato in un castello insieme a mille dei suoi amici tra cavalieri e dame, per sfuggire da un’epidemia che stava uccidendo tutti in paese.» rispose come se stesse dicendo ovvietà. 
 
Domestica: «Non ne ho idea… Cosa c'entra questo con il ballo di stasera?» lo guardò negli occhi. 
 
Hakuba: «Forse niente.» le fece cenno di stare calma. «Ma, durante il ballo al castello, a un certo punto, arriva un uomo mascherato che lascia tutti di sasso. Non ho il tempo di raccontare nei dettagli, tuttavia la maschera di questa persona, tutta ammantata, è l’unica diversa dalle altre. Queste erano state selezionate secondo il gusto del principe Prospero, quella, invece, raffigurava un cadavere.»
 
Domestica: «Dio mio…!» esclamò sconvolta e, in parte, anche spaventata. «Pensa che possa accadere qualcosa del genere?» si guardò intorno.
 
Hakuba: «Come le ho detto, non lo so. Non sono un indovino e ci sono tante cose che non ricordano quelle della storia di Poe. Nonostante ciò, non posso trascurare questo fatto.» acuì lo sguardo.
 
Domestica: «Perché? Tsukimi-san cosa c’entra con tutto questo? Si scopre che quella persona mascherata era in realtà il maggiordomo?!» alzò leggermente la voce.
 
Heiji: «Negativo. Alla fine, Prospero, prima di cadere a terra e morire, contaminato anche lui dalla Morte Rossa, come veniva definita, lo pugnala. Chi ha il coraggio di avvicinarsi e vedere chi c’è sotto quel manto con cui era ricoperto, vede che in realtà… era vuoto.» chiuse gli occhi in segno di riflessione. «In realtà era la Morte Rossa stessa che aveva contaminato tutti all’interno di quel castello che fungeva da fortezza per testimoniare che, a essa, nessuno avrebbe avuto scampo.» annuì e riaprì gli occhi. «Eh, sì! Nemmeno il saccente principe, era riuscito a sfuggire alla sua morte!» lanciò un'occhiataccia a Hakuba.
 
Hakuba: «Esatto. The Masque of the Red Death, La Maschera della Morte Rossa, finisce proprio in quella maniera.» ridacchiò. «Non pensavo che la conoscessi anche tu, Hattori-kun.»
 
Heiji: «Che ti pare, eh?!» sbottò il detective dell’ovest.
 
Hakuba: «È per questo che volevo sapere se il maggiordomo poteva prendere parte a una farsa o qualcosa del genere. Lei dice che ci si può fidare di lui, ma io non lo vedo dove dovrebbe trovarsi in questo momento.» asserì con sicurezza. «Non le aveva comunicato proprio lui che dovevate restare a guardia di queste scalinate insieme?»
 
Domestica: «Sì… Ma… Sono sicura che non c’entra nulla! Non lui!» continuò a sostenere convinta di sé.
 
Heiji: «Potrebbe rintracciarlo in qualche modo, allora?» disse leggermente imbarazzato per come l’aveva trattata precedentemente.
 
Domestica: «No… Non ci è consentito usare il cellulare durante le ore lavorative. Però, immagino che tornerà qui.» li guardò perplessa. 
 
Hakuba: «Quando prima ha restituito la maschera alla mia amica, ho visto che si allontanava, a dire il vero.» sollevò l'indice verso un corridoio. «Arrivato alla fine di quel corridoio non l'ho più visto, però. È normale?»
 
Domestica: «Credo di sì… Nella stanza posta sulla destra, c'è la cucina.» annuì.
 
Heiji: «E cosa doveva farci lui in cucina? Si occupava di gestire qualcosa in particolare stasera?» suppose il ragazzo. 
 
Domestica: «Che io ricordi, no. Però, non è raro che il padrone gli dia dei compiti e non ne faccia parola con nessuno.» abbassò lo sguardo. 
 
Hakuba: «Capisco. Quindi erano tanto intimi per questo motivo. Senta, potrebbe gentilmente condurmi in questa cucina che ha nominato? I cuochi sapranno, come minimo, se delle direttive c'erano oppure no.» si fece scuro in viso. «Si rende conto di quanto sia importante, vero?»
 
Domestica: «Sì… Ma non sarebbe meglio chiedere al padrone? O parlarne con lui?» lo guardò poco convinta.
 
Heiji: «Non abbiamo tempo da perdere, e il suo discorso è già cominciato. Senta, non stiamo scherzando! E ci vengo anche io con voi.» lanciò un'occhiata obliqua ad Hakuba. 
 
Hakuba: «Se la signora è d'accordo…» la guardò eloquentemente. 
 
Domestica: «Sì… Ma a un solo costo…!» esclamò stringendo i pugni. 
 
Heiji: «Dica, ma si muova, signora.» disse seccato. 
 
Domestica: «Se dovesse entrare davvero qualcuno con la maschera di un cadavere… aiutatemi voi! Proteggetemi!» strinse gli occhi in modo più serrato che poteva, lasciando entrambi i ragazzi perplessi, mentre si guardavano in faccia. 
 
Hakuba: «Direi che per me va bene.»
 
Heiji: «Anche per me.»
 
Con gli occhi a forma di due simpatici puntini neri anche due detective totalmente incompatibili come loro avevano potuto trovare un punto d'incontro. Si diressero, quindi, in cucina insieme alla domestica.
 
Heiji: «Ammazza che cucina…!» si guardò intorno, notando che l'ambiente era parecchio ampio e luminoso. 
 
Hakuba: «Non è del tutto normale, essendo una villa?» si avvicinò ai cuochi. «Scusatemi.»
 
Heiji: «Ohi! Dico ciò che mi pare e piace!» esclamò e poi volse lo sguardo sui suddetti. «Per caso conoscete i compiti che doveva portare a termine, in questa serata, Tsukimi-san, il maggiordomo?»
 
Domestica: «Per favore, rispondete.» disse leggermente preoccupata. 
 
Cuoca: «Se ce lo chiedi tu…» volse lo sguardo sui due ragazzi. «In che senso, mi scusi…?»
 
Hakuba: «Vorremmo sapere se, per caso, aveva da fare qui in cucina insieme a voi.» aggiunse mentre si toglieva la maschera. 
 
Cuoca: «In cucina…? No, qui non aveva nulla da fare.» disse perplessa. 
 
Heiji: «Sappiamo per certo che aveva altro da fare, quindi ne siete davvero certi? Se vi ha chiesto di tenere la bocca cucita, dovreste dircelo lo stesso.» diventò serio e si tolse la maschera anche lui. 
 
Cuoco: «Ve lo assicuriamo, non sappiamo nulla a riguardo… non l'abbiamo nemmeno visto.» disse con timore. 
 
Domestica: «È come ho detto io.» guardò i ragazzi. «È perché stava lavorando insieme a me. Normale che non potesse fare altro!»
 
Heiji: «Ma, in realtà, l'ha fatto, dato che è sparito, non le sembra?» sollevò un sopracciglio. 
 
Hakuba: «C'è solo un altro modo, allora...» guardò fuori dalla porta e rise sadicamente. 
 
Heiji: «Lo penso anche io.» fece un sorriso deciso. 
 
Domestica: «Scusate, potreste farlo sapere anche a me?» chiese non riuscendo a capire in che lingua parlassero i due. 
 
Hakuba e Heiji: «Ovviamente, mi riferisco a un passaggio segreto!» si guardarono in faccia spalancando gli occhi per la sorpresa. 
 
Domestica: «Un passaggio segreto?» strabuzzò gli occhi. 
 
Heiji: «Sì. Se Hakuba l'ha visto arrivare fino in fondo al corridoio, ma qui non aveva niente da fare e nemmeno l'hanno visto…»
 
Hakuba: «Sicuramente è andato via prendendo quella strada a tutti ignota.» ridacchiò. «Ma non ancora per molto tempo.»
 
I due cuochi ripresero a cucinare, anche se erano davvero rimasti scioccati nel sentire delle cose che non avrebbero mai minimamente immaginato. Hakuba e Heiji uscirono dalla stanza, dopo averli ringraziati a dovere e, seguiti dalla domestica, cominciarono a esaminare le pareti, i pavimenti e ogni singolo oggetto che c'era per trovare questo passaggio segreto. L'intuito di entrambi fu infallibile, e, insieme, toccarono una mattonella che fece aprire una sottilissima fessura sul muro. Essa poteva essere attraversata solo passando di profilo. 
 
Hakuba: «Scusi, potrebbe andare via? Suppongo che usciremo fuori da qualche stanza ai piani superiori, o inferiori.»
 
Heiji: «Mi raccomando, acqua in bocca!» le intimò a bassa voce. 
 
Domestica: «E se dovesse spuntare qualcuno con quella maschera p-paurosa?» accennò con un filo di voce. 
 
Heiji: «Non arriverà nessuno.» le fece l'occhiolino. «Me lo sento.»
 
Domestica: «Dato che siete tipo degli indovini, non posso fare altro che credervi… in bocca al lupo! State attenti…» diede loro delle pacche sulla schiena. 
 
Hakuba: «Crepi. Può stare certa che farò del mio meglio.» si addentrò all'interno del passaggio. 
 
Heiji: «Crepi il lupo! Stia attenta anche lei.» sorrise e la salutò con una mano.
 
Domestica: «Farò del mio meglio anche io, prendendo come esempio voi ragazzi!» si auto-incitò stringendo i pugni al petto e si allontanò dal corridoio. 
 
Heiji: (Hakuba è già scomparso… questo passaggio sembra quasi impossibile da percorrere… Ma farò sapere la cosa a Kudo e poi vedremo il da farsi.) gli inviò un'e-mail non molto dettagliata su ciò che era accaduto e procedette anche lui a entrare nel passaggio e a chiuderlo prima che potesse arrivare qualcuno. (A noi…)



Masumi, si era data da fare per cercare l'uomo che stava nel suo mirino che sembrava essersi dileguato nel vuoto, proprio come il suo omonimo. Nell'avvicinarsi all'uscio della stanza, ormai totalmente disinteressata dal caso di Kid, vide che c'era una piccola presenza nascosta dietro un mobile antico. Incuriosita da essa, si avvicinò lentamente a lei. Era una bambina dai lunghi capelli biondi e gli occhi di un azzurro tanto intenso da sembrare di ghiaccio. Era sicura di non averla mai vista in vita sua, ed era anche sicura del fatto che si trattasse dell'unica bambina, insieme a Conan, che avesse visto durante la serata. Pian piano che si avvicinava, la bambina non batté ciglio. 
 
Masumi: (Sembra quasi un corpo senza anima…) le passò una mano davanti agli occhi. «Scusa, ci sei?»
 
…: «Sì. Stavo guardando dentro la sala è ho notato che stavi uscendo da lì. Ti ho vista per tutta la strada che hai percorso. Non è normale?» disse priva di qualsiasi intonazione. 
 
Masumi: «A dire il vero sì… Ma come mai sei rintanata qui tutta sola? La tua mamma dov'è?» le accarezzò la testa. (Non ha nemmeno la maschera… eppure, è riuscita a entrare. Quindi… o l'ha fatto di nascosto, o la conosce qualcuno. Inoltre, ha capito sin da subito che sono una ragazza… Come ha fatto?!) 
 
…: «La mamma è volata in cielo.» disse cantilenante. «Stavo aspettando una persona, ma non l'ho vista. È un bambino come me, solitamente porta gli occhiali, ma stasera sarà sicuramente mascherato. Si chiama---»
 
Masumi: «Edogawa Conan, giusto?» si chinò alla sua altezza, cercando di nascondere un'espressione accigliata. «Io l'ho visto prima, ma ne è passato di tempo! Sei una sua compagna di scuola? Come ti chiami?»
 
…: «No, non sono una sua compagna. Mi chiamo Aoi. Però, sì quello è il suo nome. Lo conosci anche tu? Shad mi aveva detto che è parecchio famoso.» la guardò negli occhi cercando un contatto visivo. 
 
Masumi: «Che bel nome che hai, Aoi-chan!» sorrise, mostrando il dente sporgente. «Io mi chiamo Sera Masumi e sono un detective! Posso aiutarti io al posto suo, ti va?»
 
Aoi: «Non so se posso fidarmi di te, non ti conosco.» la osservò. «Perché ti vesti da uomo? Sei una cosplayer?»
 
Masumi: «Mah, più o meno! Ahahah, come hai fatto a capirlo subito? Che sono una donna, intendo.» la guardò incuriosita. 
 
Aoi: «Non lo so. Diciamo che mi sai di donna.» 
 
Masumi: «Oh-Oh! Sembri anche tu una giovane detective! Sicura che non ti voglia fidare di me? Aaah, no, aspetta, ci sono! Ti aiuterò a trovare Conan-kun e poi… no, no…» restò un attimo in silenzio a riflettere. «Non ho tempo. Però ti posso aiutare lo stesso. Sai, anche io sto cercando una persona, a dire la verità!» sorrise in modo deciso. 
 
Aoi: «Davvero? Dentro questa villa? Chi sarebbe?» stavolta, al contrario delle altre cose che Masumi le aveva detto, sembrava parecchio interessata. 
 
Masumi: «Oh! Magari mi puoi aiutare tu! Sto cercando un tale… Tsukimi Ryu. Lo conosci?» disse sollevandosi e tornando retta sulla schiena. 
 
Aoi: «Lui… anche io lo sto cercando!» le afferrò un lembo del pantalone. «Non so dov'è, ma aiutami a cercarlo! Non riesco più a rintracciare Shad e sono sicura che è tutta opera sua!!»
 
Masumi: «L'hai nominato anche prima… Ma chi sarebbe questo Shad?» chiese incuriosita. 
 
Aoi: «Lui… è il mio fidanzato… nonché il figlio di Tsukimi Ryu. L'ha sempre lasciato da solo… lui… e anche il suo fratellino…» strinse i pugni. «Quando sono andata a trovarlo, ieri, non c'era più… C'era solo suo fratello che guardava il TG, seduto sul divano. Lui stesso non sapeva dove fosse finito…»
 
Masumi: «Cosa?!» si morse il labbro inferiore. (Ma che fa questo?! Maltratta dei bambini e, addirittura, i suoi figli?! Allora è un'abitudine…)
 
Aoi: «Ti prego, andiamo da lui, cerchiamolo!» assunse uno sguardo da guerriera.
 
Masumi: «Sì. Assolutamente. Vedrai che li troveremo! Sia Tsukimi Ryu che suo figlio!» strinse un pugno per infonderle forza. (Una denuncia non gliela toglie nessuno… allora Koseki-kun aveva ragione…) assottigliò lo sguardo. (Bene, non avendo più alcun dubbio, mi serve lui per avere le prove.)
 
Aoi: «Stavo aspettando il mio papà. Lui sicuramente sa dove si trova Ryu-san.» si guardò intorno. 
 
Masumi: «Il tuo papà dov'è? È all'interno della stanza?» chiese scandendo bene le parole. 
 
Aoi: «No. Doveva essere qui a fare da guardia alle scalinate, ma non l'ho più visto a un certo punto. Credo che abbia aiutato una ragazza che aveva perso una maschera o qualcosa del genere…» ammise con tranquillità. 
 
Masumi: «Fammi capire… il tuo papà è… chi?» acuì lo sguardo.
 
Aoi: «Si chiama Tsukimi Akihiro. Lo conosci?» distolse lo sguardo. «Ha lo stesso cognome di quell’altro signore, ma non è cattivo come lui. Papà è bravo.»
 
Masumi: «No, l’ho solo sentito nominare.» sorrise. (Il resto, preferirei verificarlo da me…)
 
Aoi: «Ho capito. Se papà non è ancora tornato, significa che forse dovremmo chiedere a Itou-san… Devo trovare Shad a ogni costo.» volse lo sguardo su Masumi. «Muoviamoci, ti prego.»
 
Masumi: «D’accordo. Proviamo prima a continuare a cercare Tsukimi-san. Sarà da qualche parte. Nella sala non c'è.» si incamminò. (So che è totalmente fuori luogo… ma mi è tornato in mente quando ero piccolo. Quella volta al mare, quando avevo visto per la prima volta Shu-nii. Ero così tanto preso e affascinato da lui, ma non riuscivo nemmeno a fargli fare un sorriso. Questa bambina è il mio totale opposto. Ha un viso serio, a tratti triste, come se avesse attraversato un brutto periodo e non riuscisse a uscirne. E suo padre che fine avrà fatto? È la persona che mi è stata nominata prima da quel cameriere, su questo non ci piove. Ma dove diavolo potrebbe essere questo Tsukimi? Se io fossi lui… un poco di buono… a una festa indetta dal mio ex capo… dove starei, dato che nella sala principale non ci sono?)
 
Aoi: «Come mai stai cercando quella persona?» camminò al suo fianco.
 
Masumi: «Perché so che non è bravo, un po’ come hai detto anche tu. Dato che sono un detective, devo pur svolgere il mio lavoro, no?» la guardò decisa.
 
Aoi: «E se ti facesse del male?» continuò ad andare avanti senza guardare Masumi. «Papà ha sempre detto che è spietato e non si fa problemi se vuole arrivare in alto.»
 
Masumi: «Che paroloni! Te li ha insegnati il tuo papà?»
 
Aoi: «Sì. Ma anche la mamma. Lei era un’insegnante, mi ha sempre fatto leggere molto.»
 
Masumi: «Capisco. E tu hai mai avuto a che vedere con Tsukimi Ryu-san?»
 
Aoi: «Sì. Quando è morta la mamma, lui era lì. Mi ha accarezzato la testa e ha detto che gli dispiaceva molto. Però aveva la faccia normale, non sembrava triste. L’ho detto anche a papà, è stato lui a rispondermi che era normale.» volse lo sguardo su Masumi. «Ha detto che aveva la stessa faccia anche al funerale della famiglia di Itou-san.»
 
Masumi: «Una faccia normale a due funerali diversi…? Forse non è una persona che si affeziona molto facilmente, anzi… direi proprio il contrario.» si fermò. «Senti, Aoi-chan. Che ne dici se andiamo direttamente a parlare con Itou-san? Lui sicuramente può dirci qualcosa in più, o forse… è proprio lì che troveremo questo signore.»
 
Aoi: «Sì, è un’ottima idea.» annuì.
 
Masumi: «Mi dispiacerà disturbarlo, è intento nel suo discorso, ma non possiamo perdere tempo.» alzò il pollice. «Vieni, andiamo!» fece per dirigersi al piano di sopra. (Spero solo che tuo padre non sia insieme a quel tizio e che, magari, gli abbia fatto qualcosa…)
 
Ran: «Sera-chan!!!» la rincorse affannosamente.
 
Masumi: «Mh? Ran-kun, che c’è? Ah, ci sono anche la ragazza con la coda di cavallo e…?» guardò Aoko.
 
Aoko: «Nakamori Aoko!» disse cercando di riprendere fiato.
 
Kazuha: «Ran-chan ha pensato a qualcosa durante il discorso di Itou-san!» volse lo sguardo su Ran.
 
Masumi: «Cosa?» strabuzzò gli occhi.
 
Ran: «Dalle parole di Itou-san, soprattutto dal modo in cui vuole disfarsi di quei gioielli a cui tiene così tanto... Credo che non voglia fare altro che togliersi la vita!» esclamò prendendo fiato. 
 
Masumi: (O magari crede che qualcuno gliela voglia togliere…) appoggiò entrambe le mani sulle spalle di Ran. «Stavamo andando da lui, andiamoci insieme!» 
 
Kazuha: «E questa bambina…?» guardò Aoi. 
 
Masumi: «È figlia del maggiordomo della casa, ma non è questo il momento di parlarne. Più tardi vi racconterò meglio!» corse al piano di sopra insieme a tutte le altre. 



Shiho aveva perso anche la voglia di continuare a contemplare il quadro. Si guardava intorno e batteva freneticamente un piede per terra. 
 
Shiho: (Un quadro scelto da lei, appositamente per me. Certo che ne ha di tempo da perdere e di rancore nei miei confronti. Anche se quella volta aveva detto che avrei dovuto incolpare mamma e papà…) sospirò. (Mah… Sono sicura che Yoshida-san starà bene. Ora, l'importante è capire cosa posso fare… Anche se immagino che sarà ben poco. Come vorrà uccidermi? Un colpo di pistola? Una scossa elettrica? Un veleno? Oppure mi legherà e mi torturerà fin quando non morirò per il dolore?) mentre pensava, continuava a sorridere. (No, questo non è da lei. Però sarebbe stato un bello scherzo da fare ai bambini.) poi si bloccò all'improvviso. 
 
Era quella sensazione che l'assillava sempre quando sentiva la loro presenza. Adesso era certa che Vermouth stava per arrivare. Aveva perfino anticipato la mezzanotte, anche se di poco. Non c'era che dire, sembrava avesse fretta di portare a termine il suo compito… o il suo capriccio? 
 
Tap… tap… tap… 
 
Il suono di quei passi sembrava incessante e martellava l'orecchio della ragazza. 
 
Tap… tap… tap… 
 
Si riusciva a vedere nitidamente qualche goccia di sudore sulla fronte di Shiho. Sentiva come se tutto intorno a sé non ci fosse nemmeno l'aria per respirare, quindi lo faceva affannosamente. Aveva mal di testa; anche se era diminuito molto rispetto a quando era soltanto una bambina. Poi, a un tratto… 
 
Tap… tap.
 
I passi… quei passi, che riecheggiavano nelle orecchie di Shiho, si fermarono. Era arrivata davanti alla porta della stanza. La ragazza non riusciva ancora a vederla, ma sentiva forte dentro di sé la voglia di fuggire. Il problema principale era che non poteva. Poi nuovamente. 
 
Tap… tap… tap… tap… 
 
Era chiaramente entrata nell'anticamera che portava alle due stanze. Shiho percepiva l'adrenalina salire dentro il suo corpo. Per l'esattezza, non capiva nemmeno più lei stessa quello che sentiva dentro di sé. Sapeva solo che l'unica cosa che avrebbe voluto cercare di dimostrare a Vermouth era che era serena e che la morte non la spaventava. Poteva farcela? Se lo chiedeva con tutta se stessa. Poi quei passi incessanti non si sentirono più. La prima cosa che vide davanti ai suoi occhi fu un camice bianco, di quelli usati dai dottori. La ragazza spalancò gli occhi, esterrefatta. Alzando lo sguardo, non riuscì a non notare dei lunghi capelli ramati, esattamente dello stesso colore dei suoi. Quello sguardo, quegli occhiali. 
 
…: «Shiho.» fece un sorriso. 
 
Shiho: «Cos---?!» d'istinto, raccolse tutta la forza che aveva in corpo e si scagliò verso quella figura, afferrandola per la collottola. «Non mia madre!! Vermouth!!»
 
Vermouth: «Mpf…» la scostò via da sé e si tolse il travestimento di Elena che aveva indossato, rivelando la sua vera identità. «Sherry. Che bello vederti.» sollevò una pistola verso di lei. «O forse dovrei dire… che è bello solo per me? Non sembri avere una bella cera.» rise. «Sono stata indecisa per un sacco di tempo, sai? Se farti questo scherzetto o no. Poi mi sono detta che forse era meglio renderti ancora più felice di quanto lo saresti stata. Volevi conoscere tua madre, no? Non ti sarebbe piaciuto morire per mano sua?»
 
Il tono della sua voce era abbastanza alto. Shiho non faticò a percepire la pressione che le suscitavano le sue parole, e, nella sua mente, cominciò a elaborare diversi modi in cui supponeva che potesse riuscire a fuggire. La mente umana, solitamente, nel momento in cui ci si trova alle strette, diventa molto più laboriosa. Ma perché giusto a lei, la bambina che era stata additata come genio, non veniva in mente niente di buono? Era come se sul capo avesse solo un grande mattone bianco che pesava non solo sulla sua testa, ma anche sul cuore. 
 
Shiho: «Per me non c'è modo che la tua possa essere una bella visione. Né col viso di mia madre, né con il tuo.» disse cercando di sostenere il forte tono di voce della donna, ma continuando a provare una grandissima rabbia dentro di sé. (Non ti darò mai la soddisfazione… di vedermi disperare davanti ai tuoi occhi…) 
 
Cercò con tutta se stessa di sopprimere le lacrime che volevano straripare dai suoi occhi con grande forza.
 
Vermouth: «Lo immaginavo. Ma, a dirla tutta, questo è il mio grande giorno speciale. Mi sento così tanto fortunata, davvero!» scoppiò in una fragorosa risata. «Stai pensando a un modo per fuggire da qui, vero? Però, che peccato…» la guardò con uno sguardo che sembrava di ghiaccio. «Non ce ne sono, sai?» abbassò la voce e diventò seria in viso. 
 
Shiho: «A dire il vero, ho pensato a diverse cose.» strinse i pugni. «Se proprio volevi farmi del male, perché hai preso di mira una bambina innocente?! Perché non prendere direttamente me?!» sbottò la ragazza. 
 
Vermouth: «Non hai saputo niente?» si rilassò e tornò a sorridere. «Allora, prima di freddarti, ti racconterò qualcosa di interessante. Che ne dici? Sempre che tu non voglia giocarmi brutti scherzi, ovviamente.» piegò un braccio a 90 gradi e lasciò la pistola all'altezza del suo ventre. 
 
Shiho: «So solo ciò che hai scritto nella lettera che ho trovato. La bambina non ricordava nulla ed era confusa. Ma era ovvio che lo fosse, a causa di ciò che le hai somministrato.» la guardò con astio. 
 
Vermouth: «Capisco. Bene, allora te lo concedo. Mani in alto, non ti dichiaro in arresto, ma ti dichiaro mia prigioniera. Sempre ammesso e non concesso che tu mi voglia ascoltare.» aggiunse deridendola. 
 
Shiho: «Non ho più niente da perdere, no?» alzò le mani in segno di resa. 
 
Vermouth: «In realtà, sì. Ci sarebbero delle cose che potresti perdere, e anche tante, a cominciare dalla tua dignità. Ma dato che sto già tergiversando abbastanza, andrò al sodo.» le fece un cenno con la testa, indicandole di incamminarsi.
 
Shiho restò in silenzio e fece come le aveva indicato. Le passò davanti e uscì dalla stanza, tenendo sempre le mani in alto. Vermouth le appoggiò la canna della pistola sulla schiena e fece in modo che la ragazza progredisse, fino alla stanza dove c'era precedentemente Ayumi. 
 
Vermouth: «Bene. Sai a chi appartiene questa stanza?» disse ironicamente. 
 
Shiho: «No.» rispose in modo secco. 
 
Vermouth: «Nemmeno io, anche se ho qualche sospetto.» si lasciò andare a una risata. «Sai, di zaffiri, gatti neri e simili, ne so davvero poco perché non avevano a che vedere con la sottoscritta. Questo colpo era stato assegnato a un tizio che non avevo mai visto prima! Uno di quelli che non hanno nemmeno un nome in codice all'interno dell'Organizzazione, sai? Adesso non ti sto a dire i particolari, né mi interessa fare il suo nome. Maaa… ho scoperto per puro caso che quel gattino nero di peluche, tanto importante per la riuscita del colpo, fosse nelle tue mani. O meglio, in quelle della tua cara amichetta. Dunque, ho usato quel membro affinché facesse ciò che gli ordinassi. E sai? Ha fatto davvero tutto! È stato anche lui stesso a procurarmi quella pozione magica di cui mi sono servita per la bambina. È davvero affidabile.» sospirò. «Il peccato è che è molto stupido.»
 
Shiho: «Maledetta…» si morse il labbro inferiore. «Sei soltanto una maledetta!!!» abbassò le braccia e strinse le mani in due pugni tanto forti che le cominciavano a farle male. 
 
Vermouth: «Ahahah! Forza, Sherry! Arrabbiati! Sbraita! Urla quanto puoi! Tanto non ti sentirà nessuno. E il bello sai qual è?» si avvicinò a lei e le accarezzò il viso con la mano sinistra. «Che ti ho in pugno.» le puntò la pistola al petto. «Sai perché ho scelto questa stanza?»
 
Shiho: «Tch…!» adocchiò qualcosa di luminoso vicino ai piedi del letto. 
 
Vermouth: «Ah-Ah-Ah… no, non si fa.» spinse la pistola ancora di più sul suo petto. «Hai una pistola anche tu, eh, cara Sherry? O si tratta di un bluff per distrarmi? Se è davvero lì, non riuscirai nemmeno a prenderla, te lo posso assicurare.»
 
Shiho: (Mi sarebbe piaciuto pensare altro… Ma è vero che mi ha in pugno… ormai… lei… Però, se fosse davvero una pistola, forse…) non distolse lo sguardo da quello della donna. 
 
Restava lì, immobile, con lo sguardo rivolto sugli occhi azzurri di Vermouth che in quel momento sembrava tanto felice quanto una serial killer che stava per compiere il suo atto preferito. 
 
Shiho: (Che rabbia… eppure… Fino alla fine… Se, davvero, il mio destino è morire… allora tenterò il tutto per tutto.) 
 
Vermouth: «Dicevo… sai perché ho scelto questa stanza? Ovvio che sì! Perché è la stessa in cui sarebbe morta quella bambina se non ti fossi consegnata a me.» aggiunse, ma, anche se sembrava soddisfatta da ciò che diceva, la sua intonazione non lo lasciava a vedere più di tanto. «Il quadro, in ogni caso, l'avevo scelto proprio perché ho fatto diventare la tua vita un incubo… hai vissuto un incubo… e stai per vivere per sempre in un incubo senza fine. So… che le anime dannate rimangono per sempre legate a questo mondo, se non riescono a trapassare senza alcun rimpianto. Quindi, cara Sherry, muori cercando di pentirti per te stessa e per i tuoi genitori. Non avrebbero mai… MAI dovuto fare ciò che hanno fatto e che tu hai portato avanti e perfezionato.»
 
Shiho: «Io posso rispondere delle mie azioni. Ciò che hanno fatto i miei genitori… mpf...» sorrise. «L'ho rinnegato anche io in passato. Ma alla fine ho scoperto qualcosa di più interessante. Quindi non me la sento di biasimarli.»
 
Vermouth: «Cosa vorresti dire?» disse diventando seria. 
 
Shiho: «Vuoi che odi i miei genitori? No, non lo farò mai. E una cosa che è ancora più importante, per me, è proprio quella pillola che detesti tanto.» cercò di temporeggiare, aspettando che arrivasse qualcuno per distrarla. (Non posso contare ancora su di te, vero, Kudo-kun?) 
 
Vermouth: «Forse… sarà che ormai sei esattamente come loro. Ma non mi prenderai in giro, so… lo so che stai solo cercando di perdere tempo! E io… Non ne perderò altro per ascoltarti.» sentì i fuochi d'artificio provenire da fuori dalla villa. 
 
Affondò lentamente il dito sul grilletto. 
 
«Addio, Sherry.» disse con un filo di voce, mentre dal viso si poteva evincere un'espressione che rivelava più rabbia che soddisfazione.
 
Shiho: «!!!»
 
Poi, uno sparo.



Itou continuava il suo discorso, impaziente di mostrare a tutti la sua creazione.
 
Itou: «Ecco, adesso fate molta attenzione a ciò che accadrà fuori.» indicò a tutti i presenti in sala di guardare verso il giardino dal lato della vetrata. 
 
Le luci si puntarono tutte su una grande roccia, posta in fondo al giardino. Essa si aprì, facendo tremare un po' il terreno e, nelle tempistiche che aveva precedentemente annunciato Itou, si divise nettamente in due. Dal centro della pietra fuoriuscì una statua a forma di gatto nero, che fungeva da espositore per i due zaffiri. Non era imponente. La sua altezza era quella di un uomo di media statura. Era un gatto seduto, abbastanza stilizzato. Tutte e quattro le zampe poggiavano a terra e, le orecchie tese, sembrava che stessero ascoltando qualcosa di interessante. Il musetto era rilassato, quasi stoico. Lo sguardo sveglio e intelligente era ciò che più marcava quel gatto, che, nonostante tutto, lasciava una strana sensazione allo spettatore: era emblematico. Alla sua visione, tutti sentirono un certo calore dentro il loro cuore. Gli occhi, contraddistinti dai due zaffiri, risplendevano emanando una strana luce. Da lontano non si riusciva a differenziare chiaramente che il cuore dello zaffiro fosse di un altro colore. Sembrava in controluce o che fosse un problema causato dalla poca visibilità notturna. All'interno della stanza della villa, scese dal soffitto un grande schermo che riprendeva più da vicino tutto il diorama che incorniciava l'espositore. Dopo qualche minuto, una campana di vetro lo avvolse e lo sigillò. 
 
Itou: «La mia opera… La mia prima e ultima statua. Questa la dedico alla mia amata moglie, nonché alle nostre care figlie. Tutte e tre mi hanno lasciato prematuramente… ed è dura riuscire ad accettare qualcosa di simile. Proprio come un boccone troppo grosso da mandare giù.» fece una piccola pausa prima di continuare a parlare. «Potete andare ad ammirare la statua e i due Big Jewel, i Cat's Eyes, in giardino, o potete farlo da questo schermo. Come avrete già notato, la pietra in cui era nascosta la statua, è diventata un diorama che si estende in una circonferenza abbastanza grande, lasciando la statua nel verde più totale. È praticamente irraggiungibile, a meno che io stesso non apra la campana di vetro che la circonda con una chiave che ho nascosto in un posto che non menzionerò. Adesso… la mezzanotte è quasi arrivata, quindi prego i poliziotti schierati fuori e la sicurezza di stare attenti al nostro ladro, ma di non interferire finché non darò la mia approvazione.» fece un sorriso compiaciuto. «Facciamo un conto alla rovescia?»
 
…: «Il conto alla rovescia lo faccio io.» disse con un ghigno sulle labbra. 
 
Sonoko: «Kyaaa!! Kid-sama!!» esclamò gioendo come non mai. 
 
Makoto: «…Sonoko-san! Si tratta sempre di un ladro!» sbottò il ragazzo che era ancora tenuto a braccetto da lei. «Kid!!»

Kaito Kid: «Ladies ♡ and Gentlemen… Grazie per essere accorsi numerosi.» fece un inchino e poi si risollevò. «Spero vi abbiano rivelato quale fosse il mio avvertimento per la serata…» scese giù con sicurezza da uno dei preziosi lampadari, arrivando in mezzo alla folla e creando scalpore. «Threetwoone…» si sentirono esplodere dei fuochi d'artificio che segnavano la mezzanotte.

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Capitolo 27
*** Inizia il countdown ***


Kaito Kid si avvolse nel mantello ed emanò dei raggi di luce che accecarono alcuni dei presenti che non erano riusciti a mettere in tempo gli occhiali da sole. In solo qualche istante, la stanza si riempì di una luce accecante tanto da costringere i musicisti a dover interrompere la loro performance.
 
Clap Clap Clap
 
Mentre gli invitati lamentavano il fastidio agli occhi, con un vociferare fastidioso, si udì qualcuno che batteva le mani, esterrefatto. Era proprio Itou che si congratulava con il grande Mago del Chiaro di Luna. Una volta finito l'effetto dei raggi abbaglianti, era, infatti, apparso all’interno del diorama davanti alla statua del gatto nero.
 
Kaito Kid: (Tch! Non sono loro… Questi diamanti, indubbiamente, hanno il cuore di un altro colore, ma non perché cambia al riflesso della Luna. Tra l’altro, le uniche lacrime che potrei vedere sono le mie...) una volta che finì di esaminare entrambi gli zaffiri sospirò. (Sigh… Mi viene voglia di lasciarli qui! Ma, in ogni caso… Facciamogli capire come stanno le cose.) sollevò i gioielli verso l'alto con entrambe le mani, in modo che Itou li potesse notare.
 
Itou: «Bravo! Bravo!» fece qualche altro applauso e poi si fermò. «Questo era davvero ciò che ci voleva! Che trucco hai usato per teletrasportarti?»
 
Kaito Kid: «Un mago non rivela mai i suoi segreti~» sorrise. «Questi, però, non li terrò per me. Sono importanti per lei, Itou-san. Dovrebbe riflettere di più sulle sue decisioni, soprattutto se sono dettate da scelte prese tramite consigli di persone che, magari, non le vogliono nemmeno dare davvero il dovuto aiuto.» aggiunse con voce suadente, una volta accortosi di alcuni speaker posizionati lì vicino.
 
Itou: «Mpf… Non è come credi tu. La mia riflessione è durata anche abbastanza.» disse con sguardo sereno. «Ma sbaglio o un ladro non dovrebbe dire tutto ciò? Non dovresti essere interessato solo al furto di quei due gioielli?» 
 
Kaito Kid: «Dipende… se magari in mezzo può esserci qualcosa di più importante.» ribatté con tono serio. «E allora… cosa mi dice di questo?» fece sparire entrambi i gioielli e sollevò un gatto di peluche che aveva appena trovato dietro la statua.
 
Era proprio Chat Noir.
 
Kaito Kid: «Non credo che ce l'abbia messo lei, o mi sbaglio?» 
 
Itou: «Q-Quello…» sgranò gli occhi. «Chi l'ha portato lì?!» urlò, preso dal panico. 
 
Kaito Kid: «L'ho trovato dietro l'espositore creato da lei.» continuò a fissare il gatto. (Fa proprio impressione, sembra davvero vivo… ma che è, un gatto impagliato?!) 
 
Itou: «Quell'animale… gettalo via!» lo indicò con l'indice. «È tutta… È solo colpa sua se…!»
 
Ran aprì frettolosamente la porta che portava alla stanza con il balconcino. 
 
Ran: «Aspetti!! Per favore!» corse vicino a lui. 
 
Kogoro: «Ma quella… non è Ran?» disse perplesso.
 
Eri: «Sì, è indubbiamente lei. Certo, ci vedo ancora un po’ male a causa di tutta quella luce, ma non potrei mai confonderla con qualcun altro.» rispose stranita dalla presenza della figlia in un posto del genere. 
 
Alcuni, al di sotto del balconcino, non facevano altro che chiedersi cosa stesse succedendo e perché Itou-san si stesse comportando in quel modo. C’era anche chi continuava a lamentare ciò che era successo con lo spettacolo di Kaito Kid, e chi, noncurante di ciò che era accaduto al padrone di casa, continuava a esaltare il ladro.
 
Itou: «Non potete capire…» si voltò verso di Ran con le lacrime agli occhi, lasciandosi cadere sulle ginocchia. 
 
Ran: «Sì… immagino che non potremo mai capire i suoi sentimenti, perché solo lei sa ciò che ha passato e ciò che sta passando adesso…» si chinò anche lei è gli strinse le mani. «Però, non è questo quello che sua moglie vorrebbe per lei. Sono sicura che se avesse potuto scegliere, avrebbe scelto la sua vita. E avrebbero pensato lo stesso anche le sue figlie.»
 
Itou: «Il dolore che provo è troppo… sono anche pochissime le persone di cui mi fido… Ho fatto un sacco di sbagli, ho infiniti pesi che porto sulle spalle con me…» disse affranto. «Non ne vale la pena. Sono giunto alla conclusione che vivere non ne vale la pena.»
 
Ran: «Non deve pensarlo nemmeno per scherzo! La vita è un bene prezioso e non deve assolutamente essere sprecato!» le sgorgarono delle calde lacrime dagli occhi. «Tutti sbagliamo… Tutti ci portiamo dei pesi sulle spalle… Può cambiare l'entità, può cambiare il motivo, può cambiare l'effetto che ha su di noi… Ma, per un motivo o per l'altro, tutti soffriamo. Sigh… Non per questo dobbiamo rinunciare alla nostra vita… Quella non ce la darà indietro più nessuno… Sigh…»
 
Kazuha: «Ran-chan…» fece per andare da lei, ma venne anticipata da Aoko. 
 
Aoko: «Inoltre, non pensa a tutti coloro che lascerebbe qui… Tristi e inconsolabili? L'ha detto lei che siete una grande famiglia…» si chinò anche lei a fianco di Ran e strinse forte le sue mani che si trovavano ancora su di quelle di Itou. «Chissà quanto hanno già sofferto per la perdita di sua moglie e delle sue figlie… Eppure, la sostengono con tutto il loro amore. Lo si può vedere da quanto si sono impegnati per l'ottima riuscita di questa serata… e da come la guardano.» fece un sorriso anche se si riuscivano a vedere gli occhi lucidi. 
 
Itou: «Da come… mi guardano…?» alzò lo sguardo verso di lei. 
 
Aoko: «Sì. Sono tutti felici, hanno lo sguardo luminoso e quando si rivolgono verso di lei, è come se brillassero ancora di più.» annuì convinta. «Aoko è riuscita a percepire tutto l'amore che c'è qui dentro! Anche se…»
 
Itou: «Insieme a quello... C'è anche il contrario.» chiuse gli occhi. 
 
Aoko: «Luce e ombra sono ovunque, anche dentro di noi… Però, con tutta la sincerità di questo mondo, no, di questo universo… Se Aoko fosse sua figlia, piangerebbe molto a sapere che sta così male.» cercò di non distogliere lo sguardo dagli occhi dell'uomo. 
 
Kazuha: «Si dia una seconda possibilità anche per chi non può più darle il suo supporto con il corpo… ma solo con il cuore…» accennò un sorriso. «Sono d'accordo con loro due… una volta trovato il coraggio di andare avanti, starà meglio anche lei stesso!»
 
Masumi: (Ma sentile…) fece un sorriso. 
 
Itou: «Grazie… Io… Non so davvero cosa pensare…» aprì gli occhi e le guardò tutte e tre. «Vorrei dirvi che mi avete convinto… ma, davvero… non so cosa pensare…»
 
Tutte e tre lo guardarono insistentemente mentre restava in silenzio, come se stesse riflettendo. 
 
Itou: «…se non che potrei provare a darmi un'altra possibilità… qualora dovessi trovare questo coraggio di cui mi state parlando.» scosse la testa. «Grazie. Davvero, grazie.» fece un sorriso e si lasciò andare a un pianto disperato sotto gli occhi delle ragazze che si sentivano leggermente sollevate. 
 
All'interno della stanza, si continuava a sentire il vociferare degli invitati che non riuscivano a capire cosa stesse accadendo. C'era chi credeva che fosse tutta una scenata, e chi, invece, sosteneva che Itou avesse dei problemi a contenere le emozioni. C'era, ancora, chi fotografava Kid mentre la squadra della seconda divisione della polizia continuava, capitanata da un ferocissimo Nakamori, a scandire i secondi che passavano per poter intervenire. 
 
Masumi: «Senta un po'. Come mai quel gatto nero l'ha mandata fuori di sé? Cosa c'entra con tutta questa storia?» chiese incuriosita. «Ah, c'è anche una persona che vorrebbe parlare con lei. Entrambi dovremmo chiederle la medesima cosa.» fece cenno ad Aoi di uscire fuori. 
 
Aoi: «Sono io.» uscì fuori dalla schiena di Masumi. «Posso avvicinarmi?» disse diretta. 
 
Itou: «Aoi… certo, vieni qui.» guardò Masumi. «Quel gattino nero… Apparteneva alla mia bambina, Raven. È anche la causa dell'incidente mortale della mia famiglia.»
 
La bambina si avvicinò a lui, mentre le ragazze gli lasciavano andare le mani.
 
Aoi: «Stavamo cercando quel signore… Ryu-san. Tu sai dov'è?» lo guardò negli occhi. «Da quando la mamma è morta… anche papà è sempre triste…»
 
Itou: «…» abbassò lo sguardo. «Mi dispiace, piccola… ma credo che io e lui dobbiamo parlare. E per quanto riguarda Tsukimi, non so che fine abbia fatto. Forse è nei dintorni?» 
 
Masumi, notò qualcosa di luminoso che poteva essere intravisto provenire da una parte ben precisa della stanza, in mezzo agli altri invitati. L'oggetto in questione era nascosto da qualcuno vestito di nero con un cappello che gli copriva quasi lo sguardo, che si stava lentamente avvicinando all'uscio della sala danzante. Non appena arrivò lì, si riuscì a distinguere nettamente che si trattava di una pistola.
 
Masumi: «Mettetevi subito giù!» urlò non appena realizzò cosa stava per accadere. 
 
Si udì uno sparo. 
 
Ran e Aoko cercarono di proteggersi a vicenda, mentre Itou fece da scudo su Aoi. Avendo paura per le ragazze accanto a lui, cercò anche di spostarsi per evitare che venissero colpite. Kazuha si gettò a terra tenendosi la testa tra le mani. Masumi, invece, si affrettò a scendere giù dalle scale per raggiungere quella persona che si stava allontanando. 
 
Kazuha: «Ran-chan! State bene??» cercò di sollevare la testa verso la loro posizione. 
 
Ran: «Sì… io sto bene… Tu? Nakamori-san… Itou-san? Tutto a posto?» chiese guardandosi intorno. 
 
Aoko: «Anche Aoko sta bene…» si scostò da Ran. «Aoi-chan…?»
 
Aoi: «Sto bene. Ma…» la sua voce si udì a malapena, dato che il suo corpo era ricoperto dall'uomo che la stava proteggendo. 
 
Kazuha: «Aspettate… Itou-san?!» si avvicinò all'uomo che era stato ferito. 
 
Lo sparo era arrivato dritto sulla sua schiena. 
 
Itou: «Non… vi preoccupate… per me…» disse con un filo di voce. 
 
Ran: «Non lo dica nemmeno per scherzo! Adesso la aiuteremo… e starà bene!» si alzò in piedi. 
 
Aoko: «Non morirà nessuno…» guardò la scena davanti ai suoi occhi, pensando che il brutto presentimento che l'aveva accompagnata per tutta la serata, forse, si era avverato. «Aoi-chan, per favore… resisti e stai ferma finché non verrà qui qualcuno! Ce la puoi fare?»
 
Aoi: «Sì, io posso tutto.» ammise senza problemi. 
 
Kazuha: «Eh… almeno non è terrorizzata come credevo…! Vado a chiamare un dottore?» volse lo sguardo su Ran. 
 
Ran: «No, per il momento non ci separiamo… Prova a chiamare un'ambulanza con il cellulare!» cercò di guardare la ferita di Itou. «Sta perdendo troppo sangue…» si strappò un lembo del vestito e cercò di tamponare la ferita. 
 
Aoko: «Aspetta, Aoko avvisa suo padre!! Sicuramente faranno in fretta!» annuì e chiamò Nakamori al telefono.
 
La folla all'interno della sala era come impazzita. Tutti, udendo lo sparo, cominciarono a scappare da quel posto che non sentivano più sicuro. Anche la seconda divisione della polizia, ancora in attesa di ordini da parte del padrone di casa, decise di entrare in azione e aiutare a evacuare la villa. Nakamori non aveva fatto altro che imprecare per la cattura di Kaito Kid, ma niente sembrava andare per il verso giusto. Soprattutto, non era quello il momento di pensare al ladro, dato che delle vite potevano essere in pericolo. Il suo compito, momentaneamente, era quello di aiutare più persone possibili e lo stesso Itou che era rimasto ferito. Anche Kid era rimasto pietrificato nel vedere cos'era accaduto. 
 
Kaito Kid: (Cosa posso fare? Non volevo creare tutto questo… cioè, so che non è colpa mia se qualche fanatico ha sparato… Ma può darsi che ne abbia approfittato, dato che tutti erano distratti a guardare verso di me e quell'uomo, dopo che ho sollevato il gatto...) diede un'occhiata alla villa e notò che Itou era ancora accasciato a terra, vicino ad Aoko e Ran. (Ma che cavolo fa quella lì?!?! Starà bene?! Tch! Devo andare…) scosse la testa e prese con sé i due zaffiri e il peluche, poi di dileguò. (Devo trovare il modo di non farmi scoprire da Aoko o non potrò aiutarla!) 
 
Nello scompiglio generale, Masumi, scendendo al piano di sotto, non riuscì nemmeno a mettere un piede giù dalla scalinata. Anche se la polizia stava cercando di collaborare, tutti gli invitati correvano come dei matti e finivano con l'ammassarsi, spaventati dal fatto che in mezzo a loro ci fosse un killer. Kogoro ed Eri, insieme a Makoto, cercarono di far capire che c'era un ferito e che dovevano dare a lui la priorità, ma nessuno sembrava ascoltarli. Vedendo che non c'era alcuna collaborazione fecero del loro meglio e, con l'aiuto di Sonoko e di suo zio, per quanto difficile, uscirono dalla stanza e fecero in modo di far scorrere la fila il più velocemente possibile, così da far uscire tutti gli invitati dalla villa e fare delle indagini appropriate al fine di trovare il fuggiasco.
 
Sonoko: «Devo assolutamente andare da Ran! Era lassù, vicino a Itou-san!!» guardò Makoto con gli occhi pieni di paura e disperazione. 
 
Makoto: «Non appena possibile andremo a verificare come stanno e anche cos'è successo. Sonoko-san, ti prego di pazientare, ma potresti finire pestata da tutte queste persone.» rispose dispiaciuto e in pensiero. 
 
Sonoko: «Però...» le vennero le lacrime agli occhi. 
 
Jirokichi: «Fai come ha detto questo bel giovane e lascia perdere al momento! Sicuramente andrà tutto bene, la polizia è qui e staranno chiamando i rinforzi.» cercò di rincuorarla. «Perché è dovuto capitare giusto durante un colpo di Kaito Kid?! Lo so!! È perché vuole essere catturato dal sottoscritto!!» cercò di comportarsi come al solito per non fare impensierire nuovamente Sonoko. (Spero che il mio caro amico stia bene…) 
 
Kogoro: «Ricorda anche che stai parlando della mia piccola Ran. Lei è forte.» annuì preoccupato. 
 
Eri: «Nostra figlia, sì. Anche io credo in lei.» non distolse lo sguardo dalle persone che cercavano di scorrere, seppur lentamente. 
 
Sonoko: «D'accordo…» controllò lo smartphone, ma notò che non c'era campo.
 
Makoto: (So che è riprovevole da parte mia, ma…) si fece strada in mezzo agli invitati che continuavano a spintonarsi per uscire dalla villa e si avvicinò a Sonoko, stringendola forte al suo petto. «Credi in me, Sonoko-san. Andrà tutto per il meglio. Tutti staranno bene… e potrai riabbracciare la tua amica al più presto.» le infuse tutto il calore di cui era in possesso, cercando di scaldarla nell'animo, più che nel corpo. 
 
Sonoko: «Makoto-san…» si strinse forte nel suo petto e le sembrò come se in quella stanza ci fossero solo loro due, isolati dalle masse che erano intorno a loro. (Ran… sì… credo in Makoto-san, ma anche in te…!) 
 
Nonostante ciò, la sua preoccupazione non andava via. L'importante era che fosse riuscita a capire che l'unica cosa che poteva fare era rassegnarsi e aspettare. Se fosse tornata nella stanza, avrebbe potuto verificare da sé le condizioni di salute di Ran. Tuttavia, andare contro corrente sarebbe stato totalmente controproducente in quel frangente. 
 
Intanto, Aoko chiuse la chiamata che aveva effettuato al padre. 
 
Aoko: «Niente da fare, non c'è campo. Aoko crede che suo padre abbia visto la scena e sarà qui al più presto!» affermò cercando di non scoraggiare i presenti. 
 
Ran: «Che sfortuna… Non ci voleva proprio… Probabilmente, tutto il caos che si è generato ha fatto sì che andasse a finire in questo modo.» la guardò dispiaciuta. 
 
Kazuha: «Cosa possiamo fare?» scosse la testa e si affacciò al balconcino. «Per favore, chiamate un'ambulanza!!» urlò avvicinando entrambe le mani alla bocca per amplificare la voce, ma senza alcun risultato. 
 
Ran: «Niente, è come se non sentissero…» guardò Itou che respirava sempre più a fatica. «Credo che almeno la polizia abbia già provveduto a fare qualcosa, ma con tutta questa gente…»
 
Itou: «È… il karma…» restò chino su se stesso. 
 
Aoko: «Bene. Se è il karma, significa che, prima o poi, la sua fortuna tornerà! Non deve mai smettere di credere!!» strinse le mani in due pugni che si portò all'altezza del petto. 
 
…: «Esatto, è anche per questo che i supereroi sono qui!» esclamò saltando sul balconcino. «Hop! Scusate per l'attesa. Fatemi vedere la ferita…» si avvicinò a Itou. 
 
Ran: «Eeeh??» strabuzzò gli occhi. 
 
Kazuha: «M-Ma cosa…» spalancò la bocca.
 
Aoko: «Non può essere…!!» si sollevò in piedi. 
 
Una silhouette molto sottile ma con dei pettorali ben costruiti, una tutina nera attillata, una cintura che fungeva da coda, delle orecchie da gatto, una maschera dello stesso colore della tuta che nascondeva due lucenti occhi verdi e dei bellissimi capelli biondi.
 
Aoko, Kazuha e Ran: «Chat Noir!!» esclamarono all'unisono. 
 
Kaito: «Ebbene sì, il vostro eroe è qui! Ma non ho tempo da perdere, quindi togliti, cortesemente.» fece segno a Ran di spostarsi. 
 
Ran: «Ehm… Chat Noir era così cafone?» chiese mentre gli occhi le diventavano due puntini neri. 
 
Kazuha: «Che io sappia, è gentile e galante…» lo guardò perplessa. 
 
Aoko: «Questo, invece, è totalmente un buzzurro… sembra quasi Kaito.» disse stizzita. 
 
Kaito: (Ma va'...!) cercò di non guardare male le ragazze e analizzò la ferita dell'uomo. «Non ha colpito un punto vitale, ma sta perdendo troppo sangue… Aiutatemi, così me lo carico sulle spalle e lo porto fuori di qui al più presto.» disse con fare tranquillo, ma preoccupato. (Tanto siete tre energumene, ce la potete fare. Se c'è Aoko con voi, non può essere nient'altro.) si lasciò scappare un sorriso dolce mentre la guardava imbambolato. 
 
Aoko: «Ohi! Vedi che Aoko supporta te e Ladybug come coppia, non le sbavare palesemente addosso!» sbottò mentre arrossiva. 
 
Kaito: «No, non mi fraintendere! Stavo pensando proprio a lei! Non potrei amare nessun altro allo stesso modo… La mia Ladybug non la cambierei con tutto l'oro del mondo.» distolse lo sguardo. (Ha un carattere schifoso, è una megera e mi picchia sempre… questa è la mia Ladybug! In confronto, Chat Noir originale è fortunato, altroché!) 
 
Aoko: «Ecco, bravo!» annuì contenta. 
 
Ran: (Eppure… quella faccia non mi è nuova…) lo guardò intensamente, poi volse lo sguardo sulle due ragazze. «Allora andiamo. Io lo sollevo insieme a Nakamori-san e Kazuha-chan lo lega sulla schiena di Chat Noir, siamo d'accordo?»
 
Aoko: «Per Aoko va benissimo!!» annuì.
 
Kazuha: «Anche per me, ma non ho una corda…» si guardò intorno. 
 
Kaito: «Non fa niente, ce l'ho io!» gliela porse. «Non ho nemmeno bisogno del Lucky Charm
 
Aoko: «Meglio così, tanto non lo sai mica usare!» gli lanciò un'occhiataccia. 
 
Kaito: «Ahahah…» fece una risata ironica. (Seriamente, Aoko!!! Sei insopportabile persino con un eroe!!) 
 
Aoko: «Uhuh… Allora, che ne dici se ci sbrighiamo?» chiese a Ran con tono gentile mentre si chinava vicino all'uomo. 
 
Ran: «Bene, andiamo! Tre… due… uno…» si chinò anche lei. 
 
Aoko: «Zero!» con tutta la forza che avevano in corpo, le due ragazze sollevarono Itou e lo appoggiarono sulle spalle di Kaito. 
 
Kazuha: «Perfetto, lasciate fare a me!» lo legò meglio che poteva, in modo da non fargli del male e non farlo cadere. «Fatto! Come lo senti?»
 
Kaito: «Mmh…» si sollevò e tenne Itou con un braccio per assicurarsi che non cascasse. «Ottimo lavoro, fanciulle! Adesso scappo, devo muovermi… Adieu!» le salutò con un gesto della mano e andò via uscendo dalla finestra. 
 
Kazuha: «Wow… Ma secondo voi… cos'era?» 
 
Ran: «Più che altro… Chi era?»
 
Aoko: «Un paladino della giustizia! Proprio come si confà a Chat Noir!!» esclamò soddisfatta. «Adesso aiutiamo questa piccola…» guardò Aoi. 
 
Aoi: «Non abbiamo ancora trovato né mio padre, né Ryu-san. Itou-san era la mia ultima possibilità…» le guardò triste. 
 
Ran: «Giusto… Dobbiamo anche trovare Sera-chan…» si chinò e poggiò le mani sulle spalle di Aoi. «Adesso risolveremo qualsiasi problema, d'accordo?» sorrise sicura. 
 
Aoi: «Sì.» la guardò nei suoi occhioni limpidi che brillavano di luce propria, poi si voltò verso le altre ragazze e notò che anche loro erano uguali. 
 
Aoko: «Che c'è, piccolina? Hai paura…?» le accarezzò la testa. 
 
Aoi: «No.» rispose secca. 
 
Kazuha: «E allora…?» la guardò interrogativamente. 
 
Aoi: «Anche prima… nelle vostre parole ho sentito che c'era tanta speranza. Pure io voglio crederci.» disse senza mostrare alcuna emozione. 
 
Aoko: «E fai bene! La fortuna aiuta chi sorride!» fece un sorrisone e lo indicò con gli indici delle mani. 
 
Aoi: «Per me… è sempre stato solo Shad la mia speranza… Ora andiamo. Se non trovo Ryu-san, non posso ritrovare nemmeno lui.» disse con insistenza. 
 
Kazuha: «Ehm… come hai detto tu, incamminiamoci!» esclamò con una goccia di sudore che le scendeva giù da una guancia. 



Masumi, che stava ancora cercando disperatamente di rincorrere il colpevole, restò bloccata all'imbocco della scalinata, senza la benché minima possibilità di scendere. 
 
Masumi: «Tch! Maledetto… ha architettato tutto in modo che non potesse essere rintracciato…» si morse il labbro inferiore. 
 
Chihiro: «Sera-san!» si aggrappò alla ringhiera della scalinata. «Stai bene?»
 
Masumi: «Sì, io sto bene. Ma non posso dire lo stesso di chi ha fatto tutto ciò… perché appena possibile…» acuì lo sguardo. 
 
Chihiro: «Hop…!» si tirò su e controllò se la ragazza sembrasse stare davvero bene. «Purtroppo non ho visto cos'è successo perché sono stato rapito da Kaito Kid anche io… Ma so per certo che Itou-san è rimasto ferito.»
 
Masumi: «Non mi aspettavo che facessi nulla. Sono pur sempre io il detective.» disse sicura di sé. «Per caso sei riuscito a vedere se Tsukimi è tornato in stanza o fosse da qualche parte al momento dello sparo?»
 
Chihiro: «Non saprei… L'ho cercato con lo sguardo più volte, ma non l'ho mai visto. Credi che sia stato lui?» chiese preoccupato. 
 
Masumi: «Sì. Ho capito che le persone come lui sono senza la benché minima ombra di un cuore.» lo guardò negli occhi. «Però, non mi sembri sorpreso. Sei anche piuttosto agile.»
 
Chihiro: «Te l'ho detto che punto sempre a fare del mio meglio, no?» scosse la testa. «Sì, non te lo nascondo. In realtà, non sono affatto sorpreso. Anche se, in tutta sincerità, non credevo che potesse arrivare a tanto all'interno di una sala da ballo. Come minimo, deve essere davvero un bravo cecchino… o qualcosa del genere.»
 
Masumi: «A questo punto… chissà chi è.» rifletté. «Una volta che ha sparato, poteva decidere se fuggire all'esterno o ai piani superiori. Dubito che si sarebbe mai diretto in una stanza posta su questo piano terra.»
 
Chihiro: «Perché no? Non sarebbe stato più comodo e veloce?» si guardò intorno. «In fondo, successivamente al momento dello sparo, sarebbe riuscito a fuggire ovunque volesse senza incappare in tutta la folla che c'è adesso.»
 
Masumi: «È perché la servitù lo avrebbe visto.» annuì. «E fuori… c'era la polizia ad attenderlo, in caso.» sollevò lo sguardo. «Mi sa proprio che il nostro uomo è ancora all'interno della villa, ai piani superiori. Devo solo capire dove.» rise mostrando il dente sporgente. 
 
Chihiro: «È inteso che stavolta verrò con te, però.» distolse lo sguardo. 
 
Masumi: «No, non voglio zavorre.» si incamminò verso il primo piano. 
 
Chihiro: «Aspetta!» la rincorse e la prese per mano. «Non voglio che ti accada qualcosa! Voglio proteggerti!»
 
Masumi: «Ma dai!» scoppiò in una grande risata. «Non mi conosci nemmeno! Hai solo sentito parlare di me e non puoi mica giudicare!»
 
Chihiro: «Quello che dici è vero. Ma vorrei decidere da me come procedere una volta arrivato qui.» la guardò negli occhi. «Voglio vendicare mio padre… e non perdere più nessuno. Io te l'ho detto con il cuore in mano… vorrei conoscerti meglio. E vorrei che anche tu mi conoscessi per quello che sono. Tuttavia non è questo il momento di parlarne…» diventò serio. «Facciamo così, ok? Io vado per la mia strada e tu per la tua.»
 
Masumi: «Certo, così, per magia, le nostre strade saranno le stesse?» ridacchiò. 
 
Chihiro: «Che tu lo voglia o meno, io farò del mio meglio affinché sia così.» disse con tono solenne. «Ma, al momento, mi limiterò a percorrere una strada che non è puramente costruita dai miei sentimenti.» guardò le scale.
 
Masumi: «Ohi, non ti fare strane idee, chiaro?!» tornò a correre su per le scale, con il volto purpureo. 
 
Chihiro: «Non potrei mai…» le corse dietro. 
 
Masumi: «Credo di sapere dov'è nascosto, quindi non ti fare seminare!»
 
Chihiro: «Non lo farò! Mi impegnerò sempre… sempre.» sorrise. (È pur sempre una promessa…) 



Fu un semplice sparo che riecheggiò nella stanza dove c'erano Shiho e Vermouth. Entrambe si trovavano a terra. Shiho, totalmente disperata, ma senza aver perso la speranza, si era gettata a terra nel tentativo di afferrare quell'oggetto luminoso che aveva notato, pregando dentro di sé che fosse una pistola. Vermouth, dal canto suo, non si era fatta nessuno scrupolo a premere il grilletto, ma qualcosa non era andato esattamente come credeva lei. 
 
Shiho: «Ugh…» si guardò intorno. (Cos'è successo…?) notò che la sua mano era riuscita ad afferrare quell'oggetto che brillava. (Questo… è un taser? Ma Vermouth…?) vide che lei era tutta intera e, al contrario delle sue aspettative, quella ferita era proprio la donna che aveva cercato di portarle via la vita. 
 
Vermouth: «Anf… Con… C-Con chi stai collaborando, Sherry…?!» cercò di guardarsi intorno per trovare qualcosa che le potesse permettere di tamponare la ferita che un proiettile, arrivato da fuori dalla finestra, le aveva inferto alla mano destra. «Te l'avevo detto che dovevi essere da sola…» 
 
Shiho: «Probabilmente… la mia è stata solo fortuna. Non sto collaborando con nessuno… magari era un proiettile vagante?» rise a stento e si affrettò a cercare di recuperare la pistola che era caduta dalla mano di Vermouth. 
 
Vermouth: «Fortuna, eh? Anche io mi sentivo parecchio fortunata, stasera… Anf…» si avvicinò al letto e strappò un lembo del lenzuolo posto sotto la coperta. 
 
Shiho: «Evidentemente il detto "Oggi a te, domani a me", è stato dalla mia parte.» la guardò. 
 
Chi le aveva sparato, era sicuramente qualcuno che ci sapeva fare. La donna era stata ferita precisamente in un punto della mano che non le avrebbe più consentito di poter afferrare alcun oggetto, figuriamoci di stringere una pistola. Era lì, che cercava di fare del suo meglio con la mano sinistra e la bocca, affinché la ferita non peggiorasse. Non rispose alla sua provocazione. 
 
Shiho: (Non posso fare a meno di pensare che il codice etico mi starebbe consigliando di aiutarla. Tuttavia… c'è qualcosa in lei che non mi convince. Le è caduta la pistola dalla mano perché è stata ferita… Ma la Vermouth che conosco io, non si sarebbe arresa tanto facilmente, non ha nemmeno provato a lottare con me per riprenderla… Ha così tanta paura che le accada qualcosa alla mano? Le fa così tanto male?) sollevò la pistola verso Vermouth. (Non devo farmi prendere da inutili sentimentalismi… non con lei. Questa donna ha provato a uccidermi diverse volte, e poi… forse è a causa sia se…) sudò freddo. (Non voglio ucciderla. Non in uno scontro che posso evitare. Quel taser può essermi d'aiuto. Ma chi l'avrà messo lì? Chi ha sparato?) 
 
Vermouth: «Hai già perso troppo tempo, Sherry.» sorrise gelidamente. 
 
Shiho: «Credi che io sia come te?» disse con tono di sfida. 
 
Vermouth: «No. E non vorrei mai niente del genere.» terminò di fasciarsi la mano. «Non potrei mai pensare che ci somigliamo.» si mise a ridere. 
 
Shiho: «Allora, cosa ti diverte tanto?» continuò a tenerla di mira. 
 
Vermouth: «Probabilmente il fatto che, dalla tua espressione perplessa, ho capito che nemmeno tu sai che cosa sia accaduto. O, per meglio dire, chi ti ha aiutata.» si sollevò. «Dunque, ho due possibilità in mente… No, tre.»
 
Shiho: «Addirittura? Però, sono io quella con il coltello dalla parte del manico, lo vedi?» pian piano che Vermouth si sollevava, anche lei faceva lo stesso con la pistola, puntandola meglio che poteva. (Devo atterrarla… o forse, sarebbe meglio spararle in un punto non vitale e consegnarla alla polizia…?) vide con la coda dell'occhio, attraverso la finestra, che stavano per arrivare delle pattuglie. (Sarebbe perfetto…) 
 
Vermouth: «Dici? Io non credo, sai?» aprì le braccia. «Non hai il coraggio di spararmi e di uccidermi. Eppure, sei diventata un'assassina molto tempo fa.» scosse la testa, senza perdere il suo sorrisetto ironico. «Lo capisco, sai? Stando a contatto con delle brave persone si finisce con il diventare migliori. Ah, a me non è successo, tuttavia… Al contrario di qualche anno fa, so per certo che esistono delle persone che si meritano di vivere e altre che è meglio muoiano al più presto possibile. Dato che cogliere il fiore più bello non fa per me, io mi limito a prendere quello che mi piace di meno.»
 
Shiho: «Immagino che tu stia parlando a vanvera. Dì le tue ultime preghiere, perché non rivedrai mai più la luce del sole.» fece un passo verso di lei. 
 
Vermouth: «Mpf… Non mi scapperai. Ricordalo, Sherry… Sono sempre un passo davanti a te.» si lasciò cadere a terra. 
 
Shiho: «Cos---?!» fece per voltarsi, ma non ci riuscì. 
 
Sentì quella sensazione sulla sua pelle. Vermouth si era gettata a terra di sua spontanea volontà. Shiho non aveva capito cosa significasse, ma sapeva molto bene che se non si era precedentemente abbattuta su di lei, c'era qualcosa che non andava. E, in quell'attimo, sentì come il sangue raggelarsi, le gambe pietrificate, le mani sudate, la gola secca. Non ebbe nemmeno il tempo di pronunciarsi che due mani si avvicinarono a lei, piene di forza e di velocità. Senza lasciarle il tempo di reagire, quelle grandi mani callose si strinsero nella sua gola. 
 
Shiho: «Cough… Cough…» cercò di aggrapparsi a entrambe le mani che la stringevano in una morsa con la sola mano libera che aveva. 
 
…: «Pensavi che tutto potesse filare liscio come l'olio o che non avessimo un piano di riserva in caso quello di Vermouth fosse andato in fumo?» parlò a bassa voce. «Dimentichi che tutti noi ce l'abbiamo con te, e io in particolare, Sherry.»
 
Shiho: «Cough… Gin...» gli occhi stavano per uscirle dalle orbite. 
 
Era vero che non si aspettava che ci fossero dei rinforzi. La ragazza era convinta che Vermouth volesse vendicarsi da sola, che non avesse ordito altro contro di lei. Ma, nel riflettere, sarebbe effettivamente stato troppo bello, e, soprattutto, troppo comodo. L'uomo che, insieme a Vermouth era colui che l'aveva sempre perseguitata, colui che la faceva raggelare con uno sguardo, colui che era riuscito a risalire alla sua identità tramite un singolo capello. Era lì, dietro di lei, pronto a metterla a tacere per sempre. Shiho cercò di fare il tutto per tutto, sparando un colpo di pistola sulla gamba destra di Gin.
 
Gin: «Credi che un singolo proiettile possa uccidermi, eh? Sei davvero una sempliciotta. Le cose non vanno come pensi tu…» la sbatté violentemente contro il muro, tenendola sempre con le mani strette al collo. «Ma come dico io.» fece una smorfia di dolore. 
 
Shiho: «Mpf…» fece un sorriso. (Sento le forze che mi abbandonano… non riesco a respirare…) gli sparò altri due colpi, che però, non andarono a segno. (Non riesco nemmeno più a capire se lo colpisco o no… Kudo-kun… dove…) 
 
Gin: «Un abito da ballo del colore del tuo fiore preferito. Hai scelto davvero bene, questo abito sarà perfetto per la tua morte. Ci sono anche delle decorazioni floreali con delle rose rosse, ben quattro.» ghignò malefico. «Ricordi? L'altra volta c'era la neve. E, in seguito, mi avevano detto che eri morta nell'incidente del Mystery Train. Ma non ci ho mai creduto davvero. Sai perché?»
 
Shiho: «Cough…» abbandonò la pistola che aveva in mano e cercò di usare anche quella per liberarsi. 
 
Gin: «Giusto, non puoi parlare. Ma te lo dirò lo stesso. La risposta corretta è… Perché dovevo essere io a ucciderti.» disse con tono intimidatorio. 
 
Bang! 
 
Si sentì tuonare un altro proiettile proveniente dalla finestra, anche se da un'angolazione diversa. Era diretto verso la testa di Gin. L'uomo si scostò, ma dovette lasciare la presa di Shiho, che cadde a terra. 
 
Gin: «Chi diavolo è?!» si voltò verso l'esterno. 
 
Le luci erano ancora tutte accese, quindi non faticò a vedere che in lontananza c'era qualcuno.
 
Vermouth: «È quello di prima, vero? Mi ero messa giù così che non gli venisse di nuovo la gentile idea di spararmi.» volse lo sguardo su Shiho per poi tornare su Gin. «Ti sei salvato per un pelo, ma credo tu sia ancora in tempo per il tuo vantaggio.»
 
Gin: «Lo credo anche io. Certo, uccidere Sherry sarebbe stato ottimale, ma non mancherà tanto che si accorgano di questi colpi di pistola.» estrasse la sua. «Direi che è giunto il momento di salutarci davvero.»
 
Vermouth: «Un solo colpo, come tuo solito.» rise soddisfatta mentre tirava giù la serranda della finestra. «Nessun cecchino potrà più salvarti.»
 
Gin: «No. E puoi stare anche tranquilla del fatto che ti raggiungerà in brevissimo tempo.» ghignò. «Sai, pensandoci, l'abito non è abbastanza, perché la stanza di una bambina non ti si addice per niente. Avrei preferito che la tua morte venisse incorniciata da qualcosa di migliore di un posto così squallido.»
 
Shiho: «Cough… Cough…» tossì portandosi entrambe le mani alla gola, mentre cercava di respirare. 
 
Gin: «Non mi sorprenderebbe se non ci riuscissi più, Sherry. Ma la verità è che la mia specialità deve ancora arrivare. Vermouth, direi che non abbiano tempo da perdere. Tu sei ferita, quindi renditi utile cercando di fermare quel cecchino o almeno di capire chi è. Non ti fare scoprire, è pieno di sbirri.» la guardò severamente. «Te lo dirò solo una volta. Non fallire.»
 
Vermouth: «Se non fosse che siamo di fretta, ti direi che nella camera accanto c'è un quadro che fa al caso nostro.» si mise con le braccia conserte. «Qui non sei tu a darmi gli ordini, chiaro?»
 
Gin: «Hai ragione tu.» le puntò la pistola in corrispondenza della testa. «Ma ricorda che potrei parlare al boss di tante cose. E il primo esempio, sarebbe che hai nascosto la verità sulla morte di Sherry. Bourbon ha assicurato che era morta. AVEVI DETTO QUESTO!!» sbottò adirato. 
 
Vermouth: «Ci eravamo sbagliati, capita. Se Sherry ha mille risorse, non è colpa mia!» lo guardò seccata. «Però, ho capito. Vado. Chiunque sia la pagherà, tanto quanto lei. Mpf… Mi sarebbe piaciuto molto ucciderti.» disse mentre le diede un ultimo sguardo e poi uscì fuori dalla porta, ma restò a origliare. 
 
Gin: «Sono rimasto parecchio sorpreso quando ho saputo che eri ancora in vita.» caricò la pistola. 
 
Shiho: «Anfanf…» continuò a prendere fiato. (Se solo non avessi indugiato…)
 
Gin: «Quasi tanto quanto lo sono rimasto anche prima. Una volta, non avresti mai indugiato a sparare, e adesso… ti sei ridotta proprio male. Sei diventata mansueta come un agnellino. La tua personalità mi ha sempre colpito più di qualsiasi altra cosa. Adesso non m'interesserebbe più nemmeno quella. Morirai come devi, come una rammollita e patetica traditrice.» la guardò con odio. 
 
Shiho: «Anf…» si adagiò sul pavimento. (Non ce la faccio più… non riesco a respirare… Mi dispiace… Mi dispiace tanto… Bambini… Dottor Agasa… Kudo-kun… Mori-san… Higo-san… Mamma... Papà… Onee-chan…) le scesero due calde lacrime dagli occhi. (Avrei tanto voluto stare insieme a voi… Ancora… Ancora per un altro po'... Avrei voluto parlare con voi… Consigliarvi… Sgridarvi… Vi amo, con tutta me stessa…) guardò Gin, senza quasi più un briciolo di forza in corpo. 
 
Gin: «…» restò a fissarla. (Non respira quasi più...)
 
Shiho: (Perché non abbandoni tutto e ti fai una vita normale, magari con un fidanzato? Perché mi vengono in mente queste parole…? Onee-chan… mi dispiace… hai cercato di fare così tanto per me… e io… non sono stata in grado di vivere… ma ho fatto del mio meglio…) sorrise dolcemente.
 
Gin: «L'hai realizzato anche tu che questo mondo non fa per te, vedo.» sparò un colpo netto al suo petto. «Io ne sono sempre stato conscio.» si chinò su di lei, premendo la mano sul sangue che cominciava a sgorgare. 
 
Vermouth: «Fatto?» si affacciò alla porta.
 
Gin: «Non sono come te. Non mi fido mai delle azioni degli altri.» si alzò in piedi. «Ma, in questo caso, non poteva andare diversamente. Piuttosto...» sorrise maleficamente. «Andiamo a prendere quel traditore. Sarà felice di constatare che, ovunque si trovi, ha fallito.»
 
Vermouth: «Direi proprio di sì…» guardò Gin. «Cos'è che hai in mente?»
 
Gin: «Di ucciderlo, ovviamente.» leccò il sangue che aveva sulla mano. «Anche se grazie a te, chissà che fine avrà fatto. Dividiamoci. Chi lo troverà per primo, potrà agire. Se non t'interessa, significa che mi dirai dov'è e io andrò a prenderlo. Sono davvero curioso di capire chi c'è dietro… Chiamo Vodka.»
 
Vermouth: «Va bene. Mah, non potevo perdermi la dipartita di Sherry~» scoppiò in una sonora risata. «A dopo.» corse via. 
 
Gin: «Lo immaginavo, per questo non ho obiettato. In fondo, in tanti la odiano.» prese lo smartphone. «Sì, sono io. Procediamo con la seconda parte del piano.»

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Capitolo 28
*** Appetibile speranza ***


Una volta uscito dalla finestra, Kaito fece del suo meglio per scendere giù senza arrecare alcun danno all’uomo che aveva sulle spalle.
 
Kaito: «Lei non è un tipo da supereroe, vero?» chiese mentre si calava giù.
 
Itou: «Non proprio.» rispose affannosamente.
 
Kaito: «Non ha detto più niente alle ragazze che l’hanno aiutata, quindi spero che potrà farlo quando si sentirà meglio.» appoggiò un piede a terra, seguito dall’altro. «Io sono d’accordo con ciò che hanno detto loro. Non dovrebbe mai smettere di vivere la sua vita… Scappare è ciò che riesce sempre meglio a tutti, l’azione che tutti compiamo quando ci succede qualcosa di inaspettato, no? Abbiamo paura e cerchiamo di trovare rifugio in qualcosa che sentiamo conveniente, la prima che ci viene in mente. Ma la morte non ci aiuta. Potrebbe sollevare la sensazione di vuoto o di disperazione che abbiamo dentro di noi, e poi? Poi è tutto finito. Non abbiamo la certezza che un giorno potremo riaprire gli occhi e vivere una nuova vita, magari immaginandola più felice di quella che abbiamo. Anzi, è molto più probabile che non si possa più fare niente di niente.» camminò lentamente verso la polizia. «Mi dispiace non poterla guardare negli occhi, ma mi creda. È vero che ci sono persone che hanno bisogno di lei. Può essere che non se ne accorga, può essere che loro non esternino al meglio ciò che provano per lei con le parole. Però, pensi ai gesti. Ci soffermiamo sempre a fare pensieri superficiali sulle persone, non apprendiamo mai davvero cosa contano per noi se non nel momento in cui smarriamo la strada. Vivere è l’unica cosa che le potrà consentire di capire quanto è importante lei stesso. Vorrei spiegarmi meglio… La sua famiglia è scomparsa in quel tragico incidente, ma lei è vivo. Lei è l’unica persona al mondo che potrà continuare a far sì che il ricordo di chi non c’è più continui a vivere nei cuori e nelle menti di tutti, perché era lei che conosceva i membri della sua famiglia meglio di chiunque altro. Le sensazioni che ha perso non potranno mai più essere recuperate, ma possono essere nutrite dal suo amore.»
 
Itou: «All that we see or seem is but a dream within a dream.» disse dopo aver preso fiato.
(Trad: “Tutto ciò che vediamo o sembriamo non è altro che un sogno dentro il sogno”, tratto da una poesia di Edgar Allan Poe.)
 
Kaito: «Un sogno dentro il sogno, eh? Non penso che sia così. La vita non è un’illusione… a meno che non ce la creiamo con le nostre stesse mani, certo. Anzi, suppongo che potrebbe fare di quel sogno qualcosa che le possa fare aprire gli occhi e sognare davvero. Ma non per fare incubi, sia chiaro! Inoltre… Quella statua che c’è proprio davanti alla villa… credo che dovrebbe riguardarla con un occhio diverso. E poi… ricordi sempre che se non sa per cosa vivere, ci sono un sacco di cose a cui può aggrapparsi e far sì che possano darle il nutrimento di cui necessita. Faccia del bene, si senta utile per qualcuno… lei ne ha ancora la possibilità. Anche chi non c'è più potrà essere felice e potrà riposare in pace sapendo che lei sta bene e non passa le sue giornate a disperarsi… o non le passa per niente. La vita è bella, basta apprezzarla per quello che ti dà. Non è facile, ma nemmeno impossibile. Ha mai sentito di qualcuno che ha detto che l'impossibile può diventare possibile? Basta volerlo.» sorrise dolcemente. «Certo che quelle ragazze sanno ciò che dicono…!»
 
Itou: «...» restò in silenzio a meditare, chiudendo gli occhi.
 
Kaito: «Mi scusi…!» si avvicinò a Sato che guardava da lontano la gente spaventata che usciva dalla villa e travolgeva persino i poliziotti che stavano cercando di placare la calca di gente.
 
Sato: «Povero Takagi-kun… È rimasto coinvolto nella folla per primo...» si mise una mano in faccia, poi volse lo sguardo su Kaito. «Sì?» strabuzzò gli occhi. «Asp--- Aspt--- Aspetta un attimo.» prese la trasmittente. «Chiba-kun, mi senti? Vieni subito dove c’è la nostra pattuglia insieme a un medico e a una barella. Passo e chiudo.»
 
Kaito: «Ehm… Il ferito è Itou-san.» la guardò perplesso.
 
Sato: «Lo vedo. Grazie mille per il tuo lavoro. Adesso il medico chiamerà gli infermieri che lo caricheranno sull’ambulanza. Spero che sopravviva, mi sembra messo abbastanza male.» lo guardò preoccupata, ma con una serie di gocce di sudore sulla fronte.
 
Kaito: «Delle ragazze hanno provveduto a tamponare la ferita, hanno fatto del loro meglio. Credo che non morirà, non è stato colpito un punto vitale.» annuì a rallentatore.
 
Chiba: «Sato-san, eccoci!!!» corse da lei insieme al dottore e agli infermieri e fece un balzo indietro. «Aaaah!!!!» indicò Kaito.
 
Kaito: «!!!!» si indicò. (Ma che hanno fatto, sono tutti ubriachi?!) 
 
Chiba: «Tra gli invitati c’era anche un cosplayer di Chat Noir?? Dire che sei totalmente uguale è il minimo!!» lo squadrò dalla testa fino ai piedi.
 
Kaito: «Ahahah, in realtà, sono quello originale!» disse incrociando le braccia al petto. (Ah, ecco che avevano… beh, sono pur sempre un mago, anche se non potete saperlo~) 
 
Gli infermieri, nel frattempo, sciolsero Itou dalla schiena del ragazzo e lo stesero su di una barella, così che il dottore lo potesse visitare per una diagnosi veloce.
 
Sato: «Ehm… cough cough… Dottore, com’è la situazione?» si chinò vicino a lui.
 
Medico: «Ha perso molto sangue, dobbiamo trasportarlo subito in ospedale.» fece un cenno col capo agli infermieri. «Se riusciamo a operarlo in tempo dovrebbe riuscire a sopravvivere… Devo prima accertarmi dei problemi che potrebbe scatenare la pallottola che è ancora dentro il suo corpo.»
 
Itou: «No, a… aspettate…» aprì gli occhi. «Devo prima parlare con una persona…»
 
Medico: «È importante che la portino in ospedale, non abbiamo tempo da perdere.» rispose senza indugiare.
 
Sato: «Non si preoccupi per la villa, non appena finirà tutto questo caos ci penseremo noi a sorvegliarla. Anche perché dobbiamo esaminare la scena dello sparo e trovare il colpevole.» lo guardò seria. 
 
Itou: «Ma se dovessi morire… io… non potrei nemmeno riposare in pace… devo… parlare con Tsukimi… il mio maggiordomo…» ribatté a stento.
 
Sato: «Quando si sentirà meglio parlerete… Non appena lo vedremo, lo interrogheremo e poi lo manderemo in ospedale da lei.»
 
Itou: «No… devo…» volse lo sguardo su Kaito, mentre gli infermieri sollevavano la barella. «Nella… lettera… C'è la verità sugli zaffiri…»
 
Kaito: «Eh?» rispose perplesso, mentre Itou perdeva i sensi. 
 
Medico: «Forza, non perdete tempo e caricatelo in ambulanza!» si allontanò insieme agli infermieri. 
 
Sato: «Cosa voleva dire?» volse lo sguardo su Kaito. 
 
Kaito: «Prima bisognerebbe capire a quale lettera si riferiva, no?» fece una risata nervosa. 
 
Chiba: «Forse ha messo qualche lettera da parte nella sua stanza…» rifletté. 
 
Sato: «Credo lo stesso… O magari l’ha lasciata da qualche parte all’interno della villa, se non dentro quella campana dove c’era l’espositore dei gioielli. Chiba-kun, vedi se riesci a contattare Nakamori-san, così che possa dirci se sa qualcosa riguardo Kaito Kid o il posto dove si trovava prima. Anche se immagino... che tutta la sua squadra sia ancora lì in mezzo.» guardò verso la folla. 
 
Chiba: «D'accordo. Vedrò anche di comunicare alla scientifica di recarsi sul posto. Magari, anche se non troveranno niente sulla lettera citata prima, ci sarà qualche traccia di Kid!» esclamò serio. 
 
Kaito: «Kid non ne lascia mai tracce!» disse quasi vantandosene. 
 
Sato: «E tu che ne sai? Sei un ladro anche tu?» rise sadicamente. 
 
Kaito: «Non, macché! Io sono il supereroe Chat Noir!» annuì appoggiandosi le mani ai fianchi. 
 
Chiba: «È vero, Sato-san! Lui sconfigge il male insieme a un'eroina con i codini!» arrossì lievemente. 
 
Sato: «Ah, ho capito. Ecco perché le piace così tanto…» rise compiaciuta. 
 
Chiba: «Mh? A chi?» chiese titubante. 
 
Sato: «Niente, niente…» guardò Kaito. «Grazie per l'aiuto che ci hai dato. Ti devo chiedere di recarti in questura a deporre il più presto possibile.» sorrise gentilmente. 
 
Kaito: «Prego, è un piacere! In fondo, abbiamo un bene comune, no? E per la deposizione, può contare su di me!» disse sicuro di sé. (Meno male che l'argomento Kaito Kid è caduto…) 
 
Chiba: «Ricorda di non venire in cosplay… ok?» lo guardò di sottecchi.
 
Kaito: «Ovviamente!» annuì facendo un grande sorriso. 
 
Takagi: «Eccomi…» si avvicinò a loro tutto sporco e spettinato. 
 
Sato: «Wow… sembri uscito dall'oltretomba. Com'è la situazione lì?» gli porse un fazzoletto. 
 
Takagi: «È… orripilante. Grazie, Sato-san.» sospirò e lo prese, cercando di pulirsi il volto. «La gente è come impazzita. Si spintonano tutti ed è impossibile accedere… e, purtroppo, l’unica entrata è quella lì. L'ispettore Megure ha detto che adesso se la vedono loro per mettere un po' d'ordine. Nel giro di un quarto d'ora dovrebbe essere tutto evacuato, così da poterci permettere di ispezionare come dovremmo.»
 
Sato: «Bene.» annuì. «Un ragazzo ci ha aiutati a recuperare Itou-san e adesso l'hanno trasportato in ospedale. Ah! Giusto, puoi dirci il tuo nome?» si voltò verso Kaito. 
 
Chiba: «Cooooosa?! È sparito?» spalancò gli occhi. 
 
Takagi: «Io non ho visto nessuno…!» finì di pulirsi il volto. 
 
Sato: «Chissà se è già andato verso la centrale… Ma cose…» buttò gli occhi al cielo. 
 
Chiba: «Chat Noir… Alla prossima, magari, troviamo Kamen Yaiba!» esclamò entusiasta. 
 
Sato: «È meglio se torniamo a lavorare.» gli diede una pacca. 
 
Poco più lontano...
 
Kaito: (Devo prima accertarmi che quella scema stia bene… Inoltre, non potrei mai andare alla centrale di polizia… non si sa mai. Conta che quell'uomo stia bene… E che non perda la speranza di un domani migliore.) pensò mentre ritornava dentro la villa seguendo vie traverse.



Aoko, Kazuha, Ran e Aoi stavano cercando di raggiungere Masumi che sembrava essere svanita nel nulla. 
 
Aoi: «Quella ragazza mi aveva detto che potevo fidarmi di lei.» disse priva di qualsiasi intonazione. 
 
Ran: «Devi avere pazienza… in fondo, Sera-chan è pur sempre una detective, quindi è andata a fare del suo meglio affinché non si verifichino ulteriori problemi.» sorrise gentilmente. 
 
Kazuha: «Già. Inoltre, a parte lei, anche quello scemo di Heiji è scomparso nel vuoto. "A tra poco", ma dove?!» sbottò per la rabbia. 
 
Aoko: «Aoko spera che non sia rimasto bloccato con tutta la gente che si è ammassata dalla stanza fino all'entrata… Anche Hakuba-kun non si vede da nessuna parte.» si guardò intorno. 
 
Ran: «E anche Shinichi, siamo messe bene!» fece una risata nervosa. «Non ci rimane altro che fare del nostro meglio e vedere da noi come trovare questo signore… Tsukimi Ryu-san, giusto, Aoi-chan?»
 
Aoi: «Sì.» si fermò nel corridoio. 
 
Kazuha: «Qualcosa non va, piccolina?» si fermò anche lei, insieme alle altre. 
 
Aoi: «Pensate che quella persona che ha sparato lo possa fare ancora?» le guardò tutte e tre. 
 
Aoko: «Aoko ti vorrebbe dire di no, ma purtroppo non è da escludere.» disse chinandosi leggermente in avanti verso di lei, appoggiando le mani sulle ginocchia. «Tuttavia, se Chat Noir era qui, ciò significa che può salvare la situazione!» annuì più volte, convinta di ciò che diceva. 
 
Ran: «Hai paura…?» la guardò tristemente. 
 
Aoi: «No. Non ho paura per me, ma per Shad. Se suo padre gli ha fatto del male…»
 
Kazuha: «Per quanto possa essere spietata una persona, a volte fa delle eccezioni per la sua famiglia. Magari questo è il caso!» le accarezzò la testa. 
 
Aoko: «Non temere, andrà tutto per il meglio, Aoko ne è convinta! Solo…» continuò a guardarsi intorno. 
 
Ran: «Cosa…?» guardò dove si era rivolta la ragazza. 
 
Aoko: «Forse sarebbe meglio se ci separassimo… Non fraintendete Aoko!!» gesticolò con le mani. «È per fare prima… o non troveremo mai una persona in questa villa enorme! Senza contare il fatto che potrebbe essere già uscita fuori.»
 
Kazuha: «Questo è vero, ma con un pazzo in giro, come potremmo fare?» rifletté. «Prima mi sei sembrata abbastanza forte. Come te la cavi in quanto ad agilità?»
 
Aoko: «Aoko è fortissima!» sollevò un braccio facendole vedere i suoi muscoli. «Mi alleno tutti i giorni picchiando un cretino!»
 
Kazuha: «Ah… lo mi alleno con l'aikido, ma picchio sempre un idiota. Abbiamo una parte della giornata in comune!» rise malefica. 
 
Ran: «Eheh… Se Nakamori-san fosse innamorata di questo ragazzo, sareste proprio uguali!» la guardò di sottecchi. 
 
Kazuha: «Ma Ran-chan!! Io e Heiji non siamo una coppia!!» lamentò arrossendo. 
 
Aoko: «No, no!! Nemmeno Aoko e Kaito!» sentì il cuore batterle fortissimo.
 
Ran: «Scusatemi, stavo scherzando!» continuò a ridacchiare. «Quindi è Kaito… un po’ come Kaito Kid!»
 
Aoko: «No!! Assolutamente! Kaito dice che è persino migliore di lui, mah...» distolse lo sguardo. (E pensare che avevo anche creduto che potessero essere la stessa persona…!)
 
Kazuha: «In ogni caso… Credo che a breve la polizia sarà qui, quindi abbiamo tutte l’abilità di combattere con un uomo armato, ce la possiamo fare anche separate.» annuì. «Ve la sentite davvero?»
 
Ran: «Sì. Non ci sono problemi per me.» disse con tono secco.
 
Aoko: «Nemmeno per Aoko!» annuì.
 
Kazuha: «Perfetto! Allora...» prese lo smartphone. «So che le linee vanno e vengono, ma scambiamoci i numeri con gli infrarossi, così in caso possiamo contattarci.»
 
Aoko: «Sì, giusto…!» prese il suo anche lei.
 
Ran: «Ed ecco anche il mio...» lo afferrò velocemente e si scambiarono i numeri con Aoko.
 
Kazuha: «Benissimo! Adesso decidiamo dove andare. Io andrò al piano di sopra.» le guardò complice.
 
Aoko: «Aoko resterà su questo piano e controllerà le stanze che non abbiamo ancora visto.» disse sicura di sé.
 
Ran: «E io andrò al piano di sopra con Kazuha-chan, così faremo in un battibaleno!» annuì.
 
Kazuha: «Benissimo! Io porto con me anche Aoi-chan. Ti va bene, piccola?» si voltò verso di lei, ma non vide nessuno. «Aspettate… dov’è finita??»
 
Aoko: «Era qui fino a un attimo fa…!!!» si guardò intorno. «Aoi-chan, dove sei?!»
 
Ran: «Deve averne approfittato per cercare quel suo amichetto da sé… Non si rende conto che c’è ancora una grande possibilità che le accada qualcosa di brutto...» si morse il labbro inferiore.
 
Kazuha: «Ma Ran-chan, gliel’abbiamo detto… l’ha sicuramente fatto apposta!» la guardò dispiaciuta.
 
Aoko: «Bene… Adesso, a parte che cercare questo signore, dobbiamo cercare anche lei...» sospirò. «Diamoci da fare!»
 
Ran: «Sì… Andrà tutto bene!» annuì.
 
Kazuha: «Si spera… comunque, non può essere andata molto lontano. Buona fortuna, ragazze!!» si avviò verso il piano superiore.
 
Ran: «Giusto… Speriamo in bene. A dopo!» salutò Aoko e si diresse anche lei al secondo piano.
 
Aoko: «A dopo!!» si voltò determinata. «Bene, è arrivato il momento di andar---» sentì il rumore di qualcosa che cadeva a terra e si frantumava. «Ehm… Non credevo che avrei trovato qualcosa così velocemente...» disse con voce tremante. (I fantasmi non esistono e non possono essere loro… Sicuramente è Aoi-chan… Sì, deve essere così… Deve… Non indugiare, Aoko… Hai detto che ce l’avresti fatta… e ce la farai…!!!) si avvicinò quatta quatta alla stanza da dove aveva sentito provenire il rumore. (È qui…) vide un’ombra nera in un angolo. «?!» si nascose dietro la porta. (D’accordo… C’è qualcuno… Adesso lo accoppo e poi vedo chi è… È troppo alto… o alta per essere Aoi-chan… gulp…) entrò nella stanza con passo felpato. (Bene, ades--- Dov’è???) vide che nel posto dove prima c’era indubbiamente un’ombra, adesso non c’era più niente.
 
Con il batticuore e qualche goccia di sudore sulla fronte, fece per voltarsi e tornare indietro, ma sentì che qualcuno le copriva la bocca con una mano.
 
…: «Fai silenzio. Adesso farai tutto ciò che ti dico.» 



Nel frattempo, nella stanza dove Shiho era a terra… 
 
Gin: «Devo muovermi, adesso… Sono sicuro che Vermouth è andata davvero a cercare quella persona, quindi non posso indugiare.» si chinò e sentì un dolore acuto. «Ugh… Prima di qualsiasi altra cosa, mi conviene fasciarmi la gamba dove mi ha sparato.» si guardò intorno e, nel vedere che il lenzuolo del letto era in parte a brandelli, ne strappò una parte e la strinse intorno alla gamba a mo’ di laccio emostatico.
 
Si sedette a terra.
 
Gin: «Ahiahi… Hai provato il tutto per tutto… Chissà quanta paura devi aver avuto… Miyano Shiho-san.» la guardò in viso. «Non devo lasciarmi andare al sentimentalismo, vero?» sospirò e si alzò in piedi, poi controllò lo smartphone. «Ancora niente, ma va bene lo stesso. È arrivato il momento di andare.» guardò di nuovo il volto della ragazza. «Scusami.» si chinò e la prese in braccio. «Adesso ti porto in un bel posto, e lì non dovrai più temere.» uscì dalla stanza con cautela, si guardò intorno ed entrò in un'altra, chiudendo la porta alle sue spalle. «Eccoci qui.» con molta cura, stese Shiho sul letto e prese una valigetta che era stata precedentemente riposta sotto di esso. «So che fare una cosa del genere non è da galantuomo, ma diciamo che approfitterò della situazione e ne trarrò vantaggio.»
 
Si tolse il cappello, la giacca, si sfilò i pantaloni e anche il maglione che aveva addosso. Infine, si tolse la maschera che portava aderente al suo viso, compresa di parrucca. Nonostante la luce fosse spenta, si potevano percepire risplendere dei lucenti capelli biondi e una carnagione scura. Si affrettò a cambiarsi con degli abiti che aveva precedentemente portato con sé all'interno della valigetta. Anche se si era cambiato di fretta, era impeccabile: un pantalone nero elegante che faceva da pendant con il gilet e la giacca che indossava. Sotto il panciotto aveva anche una camicia bianca con il colletto alto e, intorno a questo, un fazzoletto fermato da una spilla color porpora. Furuya Rei era tornato in sé ed era pronto. 
 
Rei: «Adesso sì che mi sento bene!» ripose il travestimento all'interno della valigetta da dove aveva uscito fuori i vestiti che aveva addosso. «Se tutto andrà bene, Vermouth non sarà a conoscenza di nulla… e, soprattutto… non lo sarà nemmeno in futuro.» volse lo sguardo su Shiho. «Non ti nascondo che sto morendo dalla voglia di parlarti…» si avvicinò al letto. «Credo che l'ultima volta che lo feci, ti trovavi dentro la pancia della tua mamma.» si sedette vicino a lei appoggiando un gomito sul cuscino e le accarezzò il viso. «Tu e lei… è un po' come se foste legate da qualcosa di più grande del vincolo tra madre e figlia. Anche se forse il modo in cui era gentile, ma irritabile allo stesso momento… l'hai preso totalmente da lei.» sorrise gentilmente. 
 
Il corpo di Shiho era identico a quello senza vita di un cadavere. Il battito era lentissimo ed impercettibile, sarebbe servito uno stetoscopio elettronico per accertarsi del suo funzionamento.
 
Il delicato riflesso della luna era l'unica cosa che illuminava entrambi. Si riusciva a sentire come un tumulto provenire dai piani inferiori, ma a Rei non importava. Il suo piano era andato a buon fine, si sentiva al settimo cielo.
 
Rei: «Adesso scusami, ma non ho trovato nessun altro modo per poterti prendere con me.» si chinò su di lei e la baciò dolcemente sulle labbra. 
 
Sentiva che erano fredde. Ciononostante, le calde labbra del ragazzo, diedero nuovo vigore a quelle di Shiho, che piano piano riprendeva a respirare sempre più regolarmente. Le guance tornarono ad avere un colorito roseo.
 
Rei si spostò non appena sentì che il respiro della ragazza poteva essere percettibile. Arrossì leggermente, più per l'imbarazzo che per altro. 
 
Rei: «Spero che non sarai tu a uccidermi quando ti dirò la verità...» bisbigliò mentre il suo sguardo diventava triste.



Altrove…
 
Tap tap tap tap
 
Il rumore dei passi in corsa riecheggiava in un corridoio. 
 
Omino nero: (Ce l'ho quasi fatta! Ancora un altro po' e sarà tutto finito! Avrò tutto ciò di cui ho bisogno per appropriarmi della sua fortuna!) aprì la porta dell'ultima stanza che dava sul corridoio del primo piano e ci entrò. (Bene! Adesso devo solo…) 
 
Click
 
Sentì il rumore di una pistola che veniva puntata sulla sua schiena. 
 
…: «Pensava di essere riuscito a farla franca, caro… Tsukimi Ryu-san?» pronunciò il suo nome lentamente e con tono intimidatorio, scandendo bene le parole. 
 
Tsukimi Ryu: «Cos---?! C-Chi sei?» sobbalzò cominciando a sudare. 
 
…: «Ed… Ed ecco a lei, il famigerato Sherlock Holmes… Sono un detective.» cercò di mantenere un tono abbastanza regale. (Ma quale Edogawa?! Per poco non sbagliavo… e non posso nemmeno presentarmi come Kudo.) pensò facendo una risata nervosa.
 
Tsukimi Ryu: «Un detective?! E cosa vorrebbe un detective dal sottoscritto?» cercò di non lasciarsi andare all'ira. 
 
Shinichi: «Ad esempio… Vorrei sapere perché lei, un invitato come tutti gli altri, che fino a poco fa si trovava al piano di sotto, è arrivato in questa stanza.» disse con tono serio. 
 
Tsukimi Ryu: «Stavo… Ovviamente, stavo cercando di scappare. Dato che lei è un detective, lo saprà che qualcuno ha sparato a Itou-san, vero?» disse con voce tremante. 
 
Shinichi: «Certo che lo so. E so anche che lei non si trovava in questa stanza quando è accaduto il fatto. Quindi potrebbe benissimo essere un indiziato.»
 
Tsukimi Ryu: «Chiunque potrebbe esserlo! Anche lei, dato che non era qui con nessuno, immagino.»
 
Shinichi: «Immagina bene. Sono sempre stato da solo, perché sapevo per certo che prima o poi sarebbe arrivato qui.»
 
Tsukimi Ryu: «Chi l'ha pagata per starmi alle calcagna?!»
 
Shinichi: «Nessuno. Io appaio sempre dove si verifica un crimine.» sorrise. (Non che mi faccia piacere, sia chiaro…) pensò mostrando un'espressione consapevole. 
 
Tsukimi Ryu: «E allora, mi dica… Cosa vuole da me?! Perché mi ha aspettato in questa stanza?!»
 
Shinichi: «È molto semplice. Dunque, cominciamo dall'inizio. Lei è scappato perché aveva paura, giusto? Bene, allora, non le suona ancora più strano il fatto che non volesse uscire dalla porta centrale, come tutti gli altri invitati, spaventati, avevano deciso di fare? Presi dal terrore, non hanno pensato nemmeno per un attimo di prendere una strada così lunga e, ovviamente, a loro sconosciuta. Perché lei conosce molto bene la planimetria di questa villa. O forse, sarebbe meglio dire che conosce a menadito tutto ciò che riguarda Itou-san, affinché ne possa trarre qualche vantaggio. Ma andiamo avanti. Lei ha scelto questa stanza proprio perché è l'unica che le può permettere di scappare saltando sull'albero che c'è lì di fronte. E non solo per questo. Dato che la villa si trova in mezzo al verde, quello era anche l'unico posto che le avrebbe permesso di andare via lontano dagli occhi indiscreti della polizia che è fuori, degli invitati che stanno scappando, e da quelli di chiunque altro. Questo albero, infatti, dà su alcuni cespugli che le consentirebbero di "atterrare" in tutta tranquillità, per poi potersi nascondere lì vicino e andare via quando le conviene di più. Tutto ciò sarebbe stato possibile, perché il trambusto generale l'avrebbe agevolata.» enunciò come se stesse recitando tramite un canovaccio. 
 
Tsukimi Ryu: «Mpf… Questa, però, è solo una sua congettura. Io non ho fatto niente di male. Sono arrivato qui perché la folla accalcata era troppa e avevo capito che così non avrei avuto scampo.» si guardò intorno. 
 
Shinichi: «Tuttavia, restare in mezzo agli altri avrebbe fatto sì che le possibilità di incontrare nuovamente il colpevole sarebbero diminuite. Non ha pensato anche lei che avrebbe potuto sparare di nuovo sulla folla?» acuì lo sguardo. 
 
Tsukimi Ryu: «Pensa che sarebbe stato così stupido da farsi incastrare? In ogni caso, non ha sparato più nemmeno un colpo e non l’avrebbe fatto comunque perché aveva raggiunto il suo scopo.» ridacchiò
 
Shinichi: «Ah, questo dovrebbe dirmelo lei, dato che non ne sono a conoscenza, anche se posso immaginare che fosse quello di uccidere il padrone di casa per poi impossessarsi dei beni che gli restavano. Ma, al contrario, pare che lei sappia bene che genere di scopo avesse questo assassino. L’ha appena ammesso.» apparve un sorriso soddisfatto sulle sue labbra. 
 
Tsukimi Ryu: «Si sbaglia, non ho detto niente. Questo lo sta alludendo lei.» disse con una goccia di sudore che gli scendeva giù dalla schiena.
 
Shinichi: «In realtà, è stato lei ad affermare che “non l’avrebbe fatto più”. Come le ho detto poc'anzi, per me sarebbe stato normale pensare che chi ha sparato una volta, non si sarebbe fatto problemi a farlo anche una seconda.»
 
Tsukimi Ryu: «Io ho pensato diversamente, invece. Non può accusarmi di niente. Se vuole, può perquisirmi e appurare che l’arma del delitto, così come si può definire, non è in mano mia.»
 
Shinichi: «No, è inutile. È chiaro che dopo aver sparato, prima di giungere qui, lei abbia abbandonato la pistola da qualche parte e poi sia venuto in questa stanza. L’unica cosa che mi potrebbe interessare, sono quei guanti che indossa. Ah, e la sua giacca. Sicuramente la polvere da sparo si sarà annidata in entrambe le cose… forse anche sui polsini della camicia. Inoltre, Tsukimi-san. Sta dimenticando un particolare importante. Il suo atteggiamento non ha fatto altro che dirmi che il colpevole è lei proprio perché sa di esserlo. Se fosse stato del tutto pulito, non mi avrebbe chiesto chi mi aveva assunto per stargli alle calcagna, no? Piuttosto, sarebbe stato più normale restare stupiti e chiedersi cosa volesse un detective senza fare così tante domande. Lei, in realtà… ha a che vedere con molto più di un caso di attentato alla vita di qualcuno, perché è dentro la questione anche per un sequestro che c’è stato, o sbaglio?» alzò il tono della voce. 
 
Tsukimi Ryu: «Mpf… Non ho davvero idea di cosa le abbia potuto far credere una cosa del genere, ma non credo proprio che ciò che sta dicendo possa avere una benché minima prova. O almeno credo. Ha delle prove per alludere a ciò che sta dicendo?» rise divertito. 
 
Shinichi: «Non parlo mai per supposizioni e sono anche solito lasciare per il grande finale la deduzione con la quale posso metterla con le spalle al muro. La mia prova principale è fondata sul fatto che ha rapito una bambina innocente. L’ha portata qui e ha collaborato con qualcuno affinché un’altra ragazzina, che lei ignora chi sia, potesse essere messa alle strette. Inoltre il suo "Tanto non ho niente da perdere", mi ha subito fatto presagire che per lei era una situazione di o la va o la spacca. Dalla parte del suo collaboratore, c’è qualcun altro che voleva assolutamente che recuperasse quel gatto nero che, momentaneamente, non è qui. Quindi, immagino che, insieme al colpo che ha ideato per i suoi fini, ci fosse dell’altro. In poche parole, ciò che voleva questa persona, con molta probabilità, era proprio appropriarsi dei gioielli di Itou-san o di qualcosa che ha a che vedere con loro, che però ha volutamente trascurato. Lei, inoltre, nella sua vita privata, è anche un uomo e un padre pessimo, praticamente inesistente, e su questo non ci piove.»
 
Tsukimi Ryu: «È arrivato a dedurre una cosa del genere perché mi ha seguito nei giorni precedenti? Ma questo cosa c’entra con stasera, la vittima e il resto?»
 
Shinichi: «Le sto facendo capire che ciò che ha fatto per tutto questo tempo, ovvero, collaborare con dei criminali, diventarlo a sua volta, abbandonare la sua famiglia, cercare di uccidere un uomo dopo essersi già appropriato di quasi tutta la sua fortuna… Sono tutti fattori che aggraveranno la sua posizione. Ne valeva la pena? La sua famiglia stava già soffrendo enormemente per l’abbandono da lei causato. Inoltre, ha persino cercato di fare del male a una persona che si fidava di lei e che era pronta a morire, consapevole di ciò che stava tramando alle sue spalle. È riprovevole.» disse con disprezzo. 
 
Tsukimi Ryu: «La mia vita privata non la riguarda. Piuttosto, perché non la smette di parlare a vanvera e chiama la polizia per aggiustare le cose?»
 
Shinichi: «La polizia sta per arrivare. Sanno già che devono arrivare qui e arrestarla, non si preoccupi.»
 
Tsukimi Ryu: «Capisco. Tuttavia, sa, anche se mi ha elencato diverse cose ed eventuali prove contro il sottoscritto, non ha niente di palpabile, che non siano i miei effetti personali.»
 
Shinichi: «Crede che non basteranno per fare delle indagini più approfondite? Io credo che se non le daranno l’ergastolo, sarà fortunato.»
 
Tsukimi Ryu: «Tsk… E va bene. Sì, sono stato io. Non so davvero come sia accaduto e come lei abbia potuto capire tutte queste cose da me. Nessuno mai nella mia vita è riuscito a intravedere un piccolo scorcio di sporco o di sbagliato dentro di me. Sono sempre stato perfetto sotto tutti i punti di vista. Mi viene solo da pensare che lei sia un mago.»
 
Shinichi: «No, non sono un mago. Sono solo un detective. E posso anche azzardare che lei non abbia bisogno che glielo dica, ma di perfetto in lei non c’è davvero niente. Inoltre, chissà in quanti hanno notato tutto ciò, ma sono rimasti in silenzio…»
 
Tsukimi Ryu: «Davvero? Sono convinto che si sbaglia di grosso…!» si chinò e afferrò velocemente il braccio di Shinichi, scagliandolo a terra. «Oh… Bene.» afferrò la pistola che gli era caduta dalla mano. «È arrivato il tempo di dirci addio.» la puntò su di lui. «Sa, ci sono tante altre cose che dovrei dire su questo caso, ma se vuole, potrà ascoltarle una volta che sarà arrivato all’inferno. Addio, signor detective.» premette sul grilletto.
 
Proprio in quell’istante, Masumi entrò di corsa dalla porta e riuscì ad assestargli un calcio sul braccio, deviando il colpo. Nel vedere che il proiettile rimbalzò sul muro, si resero conto che era finto, come del resto anche la pistola.
 
Masumi: «Fermo lì!» lo stese con qualche calcio, facendolo svenire.
 
Chihiro: «Tutto a posto?» si avvicinò a Shinichi e si sporse in avanti verso di lui.
 
Shinichi: «Sì… sto bene.» si sollevò a sedere.
 
Chihiro: «Aspetta, ti do una mano...» gliela tese, facendolo alzare.
 
Shinichi: «Grazie mille.» guardò Masumi che nel frattempo aveva legato gambe, caviglie e polsi dell’uomo.
 
Masumi: «Bene, direi che è fatta!» guardò Chihiro. «C’è anche la tua testimonianza che sicuramente potrà far sì che tuo padre possa riposare in pace.»
 
Chihiro: «Già… vi ringrazio davvero dal profondo del cuore.» sorrise tristemente. 
 
Shinichi: «Ho fatto solo il mio lavoro. Quest'uomo deve assolutamente pagare per tutto ciò che ha fatto. Ci sono anche delle altre cose che dirò davanti alla polizia… e altre che spero dicano le vittime, che come te e la tua famiglia, sono state coinvolte in misfatti causati da questo criminale.» cercò di scrutarlo. 
 
Masumi: «Ho visto che l'entrata è praticamente bloccata, ma suppongo che in poco tempo li faranno uscire per bene. Mpf… come ci si può aspettare da---!!!» squadrò Shinichi. «Aspetta, ma tu sei… sei… quello vero?» disse puntando un dito verso di lui. 
 
Shinichi: «Chi altri, se no?» rispose con sguardo bieco. (Ma sentila, nonostante tutto, è ancora a riflettere sulla questione di Conan…!) 
 
Chihiro: «Kudo-kun, giusto?» gli tese la mano. 
 
Shinichi: «Mh? No, no, Sherlock Holmes!» gliela strinse. «Piuttosto… mentre aspettiamo che venga la polizia a recuperare Tsukimi-san, potresti dirmi chi sei e come sei stato coinvolto in questo caso?»
 
Chihiro: «Sherlock Holmes, eh?» tolse la mano dalla sua si mise a ridere. «Non potrei mai parlare di me a qualcuno che si presenta con uno pseudonimo. Se pretendi che mi metta a nudo io, dovresti farlo tu per primo.»
 
Shinichi: «Sì, certo. Ma non dimenticare che, in questo caso, il detective sono io. Quindi ho necessariamente bisogno di conoscere la verità.» fece una risata nervosa. 
 
Masumi: «Oh, finitela con queste frecciatine! Piuttosto, sono io il detective di questo ragazzo, quindi stanne fuori!» sbottò la ragazza. 
 
Shinichi: «Quindi ha chiesto aiuto a te?» sospirò.
 
Masumi: «Già. E, in ogni caso, Sherlock Holmes è un personaggio finto, per giunta anche morto, a te non l'avrebbe potuto chiedere in ogni caso.» ridacchiò. 
 
Chihiro: «Non l'avrei chiesto a nessun altro, a dire il vero.» disse guardando Shinichi negli occhi. 
 
Shinichi: «No, no… basta. Quegli occhi mi hanno convinto, ho capito tutto.» si mise una mano in faccia. 
 
Masumi: «Ma sentilo…» arrossì in modo quasi impercettibile. «Piuttosto, devo avvisare Ran-kun e le ragazze, dato che questo Tsukimi è qui. A quanto pare, un amichetto di una bambina che si chiama Aoi è scomparso e lui è suo padre. Non appena si sveglierà, dobbiamo chiedergli che fine ha fatto.»
 
Shinichi: «Hai conosciuto Aoi-chan e Shadir? Dove?» chiese sollevando un sopracciglio. 
 
Masumi: «Qui. La bambina è figlia del maggiordomo e lo stava aspettando, ma non è mai più tornato. Questo Shadir non l'ho mai visto.» annuì. «Ran-kun era con lei e le altre ragazze perché volevamo chiedere a Itou-san dove potesse trovarsi e poi è successo tutto quel casino.»
 
Shinichi: «Tch…! Vado a cercarle io! Tu non fare il mio nome a nessuno, mi raccomando!!» corse via. 
 
Masumi: «Non c'è niente da fare…» scosse la testa. 
 
Chihiro: «Ti sei fatta male? Prima, intendo… quando hai colpito Tsukimi-san.» le guardò le mani. 
 
Masumi: «No, sono abituata! Non ti preoccupare. Più che altro, mi meraviglia il fatto che sia andato via, si sia messo un cappello, sia ritornato in sala e poi sia uscito lentamente per non farsi riconoscere. Avrei dovuto capire subito che era lui.» distolse lo sguardo. (Perché Kudo-kun ha avuto dei dubbi su di lui? Può davvero essere che Koseki-kun mi stia nascondendo qualcosa?) 



Intanto, Heiji e Hakuba avevano finito di attraversare il passaggio segreto che li aveva condotti all’interno di una stanza abbastanza grande, tutta grigia, con delle pareti in metallo. Non c’erano né porte né finestre. L’illuminazione era abbastanza fioca, si espandeva tramite delle lampadine molto piccole poste agli angoli della stanza all’interno di alcune torce in stile medievale. Entrambi cercarono di guardarsi intorno, per vedere se l’uomo che stavano cercando si trovava lì. Tuttavia, sembravano essere gli unici presenti.
 
Heiji: «Come immaginavo… lui non c’è.» disse con tono basso.
 
Hakuba: «Dato che la stanza è abbastanza grande e, a quanto pare, vuota… Direi che l’assenza di porte o finestre mi lascia pensare solo una cosa.» aggiunse con tono altrettanto lieve.
 
Heiji: «Che ci sia qualche altra porticina nascosta, eh? Bene, penso non sia molto difficile trovarla. Inoltre, per essere un posto così buio e chiuso… ci troviamo in una soffitta o in un seminterrato.» si guardò intorno con accortezza.
 
Hakuba: «Credo che questo sia un seminterrato. La temperatura è più bassa rispetto a un possibile piano superiore, inoltre, ho avuto la sensazione che man mano che ci dirigevamo verso questo luogo, andassimo verso il basso.» si chinò. 
 
Heiji: «Beh, se conti il fatto che non c’è nemmeno una finestra… immagino che sia proprio così. Quindi… Dove potrà essere un’ulteriore uscita?» toccò le pareti.
 
Hakuba: «Vediamo dove possiamo trovare un qualche appiglio o cose del genere.» guardò le mattonelle con attenzione.
 
Heiji: «Ah---!» si avvicinò a un angolo della stanza. «Qui, a terra… c’è effettivamente qualcosa che possiamo tirare verso di noi. È l’entrata per un posto che sta ulteriormente in basso. Mi chiedo se arriveremo al centro della terra...» fece una risata nervosa.
 
Hakuba: «Mpf… credo proprio che tu non abbia torto. Ma com’è costruita questa villa?» si sollevò e si avvicinò a Heiji.
 
Heiji: «Non saprei… sicuramente, chiunque l’abbia progettata, ha qualche problema. E adesso...» lo guardò negli occhi.
 
Hakuba: «Non ci rimane altro che vedere cosa c’è lì dentro...» si scambiarono uno sguardo d’intesa.
 
Heiji: «Bene. Io lo sollevo e tu vedi cosa c’è dentro. Hai un’arma con te?» disse ridacchiando.
 
Hakuba: «Non ti chiedo nemmeno perché tu stia cercando di dettare legge.» si guardò intorno. «No, non ho nulla con me. Non credevo che mi sarei imbattuto in qualcosa del genere… in un tale mistero. Sono davvero curioso di capire cosa sta succedendo, in realtà...»
 
Heiji: «Bene, non ci rimane che vedere… Ma se non hai un’arma con te...» pensò a Masumi che aveva con sé una spada, nonostante fosse finta. «Eh… Allora, anche se non credo proprio che tu sia abbastanza forte, solleva questa cosa qua e io mi occuperò di ciò che c’è dentro… o meglio, di chi
 
Hakuba: «Non ti sembro forte, eh? Credo che chiunque possa sollevare questa botola da pavimento. Certo, a meno che il nostro caro uomo non sia un culturista e non lo si possa notare attraverso i vestiti...» guardò Heiji divertito. «Ma è normale che la tua forza bruta sia superiore alla mia.»
 
Heiji: «Senti, quando usciremo da qui, te la vedrai con me. Al momento… procediamo e non ci perdiamo in chiacchiere!» disse cercando di non alzare la voce mentre gli pulsavano diverse vene sulla fronte.
 
Hakuba: «D’accordo. Al mio tre.» vide Heiji annuire, poi prese un ampio respiro. «Uno… due… tre…!» sollevò la botola conciliando forza e velocità, meglio che poteva.

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Capitolo 29
*** Keep calm and... ***


Aoko annuì lentamente.
 
…: «Ecco, brava. Adesso mollo la presa.» disse abbassando il tono della voce.
 
Aoko: «Mmh…!» annuì nuovamente.
 
…: «L’unica cosa che ti chiedo è di non urlare.» si scostò, togliendo la mano dalla bocca della ragazza.
 
Aoko: «Tu!!» si voltò verso di lui mentre gli sferrava un calcio volante. «Chat Noir~!! Aoko l’aveva capito dalla voce che si trattava di te!» sorrise contenta mentre il ragazzo era rimasto spiaccicato al muro.
 
Kaito: «Ma che cavolo fai?!» balzò in piedi. «C’era davvero bisogno di colpirmi?!»
 
Aoko: «Sì, hai fatto prendere un colpo ad Aoko! Quello che ha fatto è il minimo.» si voltò su un lato, seccata.
 
Kaito: «Eh, ma sai com’è… Non posso farmi scoprire, perché diciamo… che questa è una missione segretissima!» fece spallucce. «Potresti darmi una mano?» accennò un sorriso. (Certo che potevo immaginare tutto… TUTTO, ma non una reazione del genere…! Manesca! Aspetta… no, giusto. Purtroppo lei è fatta così, avrei dovuto agire in una maniera diversa...) si accarezzò lo stomaco dolorante.
 
Aoko: «Aoko?» si indicò con l’indice. «E Ladybug?» lo guardò perplessa. «Che poi… Aoko stava riflettendo sul fatto che sono personaggi di un cartone animato, quindi---»
 
Kaito: «QUINDI… Se per te va bene, vorresti essere la mia Ladybug per stasera?» le fece l’occhiolino.
 
Aoko: «In… In che senso?» arrossì.
 
Kaito: «Nel senso che se vuoi, puoi collaborare insieme a me. Sto cercando una lettera ed è importante che venga ritrovata prima che la polizia entri in questa dimora.» diventò serio.
 
Aoko: «Ma Aoko ha totale fiducia nella polizia, e soprattutto, in suo padre. Non ti preoccupare, sicuramente ti aiuteranno loro!» annuì contenta.
 
Kaito: «Non che io non mi fidi, sia chiaro…» cercò di sembrare sincero. «Però è un lavoro che mi è stato assegnato personalmente e non posso permettere che lo sappiano. Inoltre, non possono scoprire la mia vera identità...» distolse lo sguardo. (Certo che essere Chat Noir è comodo… Peccato che mi sia imbattuto in lei nel momento sbagliato.) sospirò.
 
Aoko: «Però… Aoko crede che sarebbe più sicuro fare affidamento su di loro… Che ha la tua identità che non va? Non mi dire che in realtà...» lo guardò di sottecchi.
 
Kaito: (Tu… Non avrai mica scoperto che… sono io?!) deglutì.
 
Aoko: «Sei una di quelle persone che fa la voce grossa e poi non fa altro che aiutare gli altri in silenzio, quindi non vuoi rivelare la tua vera identità e ti nascondi dietro quella di Chat Noir…!» sorrise trionfale.
 
Kaito: «No… No, cosa vai a pensare? Io, a fare cose del genere? Sia mai!!» sbuffò. (Vediamo se abbocca all’atteggiamento tipico di uno tsundere…!)
 
Aoko: «Eheheh… Lo sapevo~!» sorrise dolcemente. «Bene, Chat Noir, la qui presente Aoko ti aiuterà come può in questa impresa!»
 
Kaito: «Grazie a Dio… Ehm… Grazie mille, milady~» le fece il baciamano.
 
Aoko: «Aspetta, Aoko non ha detto che puoi fare il ruffiano con lei!» tolse la mano dalla presa del ragazzo. «Bene, quindi dov’è che non hai controllato?» si voltò arrossita.
 
Kaito: «No, no… aspetta un attimo!» le fece segno di avvicinarsi a lui.
 
Aoko: «Se devi fare cose da malandrino, Aoko non si avvicinerà mai!» si voltò dall’altro lato, arrabbiata.
 
Kaito: «Aspetta, non pensare perennemente male di me!» agitò le mani. (Ohi, non ti arrendi mai, eh?)
 
Aoko: «E cosa dovrebbe pensare Aoko? Sentiamo che vuoi.» lo guardò storto.
 
Kaito: «Hai detto che mi avresti aiutato, quindi… ThreeTwoOne!» si mise accanto a lei e nel giro di qualche secondo la travestì da Ladybug.
 
Aoko: «?» si guardò le gambe. «???» controllò anche le braccia per sicurezza. «Oddio! Come hai fatto?! Aoko è vestita da Ladybug!» si specchiò sul vetro di un mobile.
 
Kaito: «Chat Noir è sempre pieno di risorse… Non poteva mica mancare la mia partner, no?» sorrise.
 
Aoko: «In realtà, non avresti nemmeno dovuto sapere che qualcuno avrebbe potuto indossare questo... cosplay? Quindi… mmmh...» lo scrutò.
 
Kaito: «Non fraintendermi! Volevo soltanto… come dire… la mia partner per la serata!» cercò di guardare ovunque all’interno della stanza per evitare lo sguardo della ragazza.
 
Aoko: «Mpf… D’accordo!» gli diede le spalle. «Comunque, anche io devo trovare qualcuno, più che qualcosa… È una bambina con i capelli biondi... Tu l'hai vista da qualche parte?» 
 
Kaito: «Una bambina… quella che prima era con voi?» chiese perplesso. 
 
Aoko: «Sì, esattamente! Si chiama Aoi-chan.» si voltò nuovamente verso di lui. 
 
Kaito: «No, quando sono tornato non l'ho più vista, a dire il vero…» rifletté. 
 
Aoko: «Chissà che fine ha fatto… E Itou-san, invece?» chiese preoccupata. 
 
Kaito: «Lui sembrava star meglio. Non so se è riuscito a capire ciò che gli avete detto, ma sono sicuro che non ha ancora gettato la spugna.» sorrise gentilmente. 
 
Aoko: «Meno male, Aoko si sente più tranquilla…» tirò un sospiro di sollievo. «Allora, facciamo così. Dato che la stanza è piccola, non credo ci saranno problemi a trovare velocemente quella lettera. Quando sarà nelle nostre mani andremo a cercare la piccola! Anche se sono preoccupata…» scosse la testa. «Da dove posso cominciare a controllare questi mobili?»
 
Kaito: «Ecco, guarda.» indicò un posto di fronte a sé. «Ho rovistato in tutta quella libreria, dobbiamo guardare tutto il resto della stanza! E per la piccola, non ti preoccupare. Non credo che sia nelle vicinanze… Ma faremo presto!»
 
Aoko: «Va bene, Aok--- Ladybug farà del suo meglio!» annuì contenta e si mise a frugare in un mobile lì vicino.
 
Kaito: «Bene, io controllo di qui!» andò nel lato opposto. (Perfetto…! Non si è accorta di niente, meno male…!)
 
Aoko: «Se Aoko trova qualcosa, te lo dice subito!» canticchiò. (Aoko potrà anche sbagliarsi… ma questo tipo qui è senza ombra di dubbio Kaito. Tutto di lui… Tutto… Fa credere ad Aoko che si tratti di lui.)
 
Kaito: «D’accordo~» diede un’occhiata sotto i tappeti e dietro al mobilio.
 
Aoko: «Ah---! Sarà mica questa?» si voltò verso Kaito e gli mostrò una lettera chiusa con uno strano sigillo.
 
Kaito: «Wow! Più veloce di quello che pensassi…! Bravissima!!» si avvicinò a lei e la prese tra le mani. «Dunque, vediamo cosa dice...» controllò l’interno. «Eh?»
 
Aoko: «Lascia vedere anche Aoko!!» si strinse più che poteva sulla sua spalla. «C’è un solo biglietto? Cosa c’è scritto?»
 
Kaito: «Non capisco… 中止... Chuushi?» girò il foglio in diversi modi. «È chiaramente scritto male… sembra quel kanji, ma anche no...»
 
Aoko: «Mmmh… E se fosse un’altra lingua?» lo guardò perplessa.
 
Kaito: «Scritto uguale?» disse con disprezzo.
 
Aoko: «Ohi, non parlare ad Aoko con questo tono! È vero che sembra quel kanji, ma come hai detto, anche no! Anzi, non ci somiglia per niente, ecco!» sbuffò.
 
Kaito: «Sentiamo, sapientona! Che lingua sarebbe, allora?» continuò a osservare il foglio.
 
Aoko: «Aoko non lo sa… Forse sarebbe meglio chiedere alla polizia?» gli prese il pezzo di carta dalle mani. «Sarebbe la cosa più giusta, no?»
 
Kaito: «Ti ho già detto di no, ascoltami quando parlo!!» fece per riprenderlo.
 
Aoko: «No! Adesso che è nelle mani di Aoko e insieme non riusciamo a capire cosa ci sia scritto, è meglio che lo controlli chi può capirne qualcosa!!» lo tirò verso di sé.
 
Kaito: «Se non la smetti, finirai per strapparlo!» si fermò.
 
Aoko: «Smettila tu per primo.» disse con voce ferma e un grande sorriso sulle labbra. «Aoko non demorde.»
 
Kaito: «Ricorda che te la sei cercata tu, eh?» sorrise maleficamente.
 
Aoko: «Certo, fatti sotto!» gli lanciò uno sguardo di sfida.
 
Kaito: «Aaaaah!!!» cercò di fare uno scatto repentino e di prendere il biglietto.
 
Aoko: «?! Togliti!!!» gli diede uno spintone.
 
Kaito: «Sapevo che l’avresti fatto---!!!» fece per acchiappare il biglietto.
 
Aoko: «Aoko non te lo permetterà mai!!» si scostò. «Non fregherai Aoko!!»
 
Kaito: «Uhuhu…!!!» la afferrò e la spinse a sé. «Presa~» la guardò dritta negli occhi.
 
Aoko: «...» lo guardò anche lei e arrossì.
 
I due restarono a fissarsi per qualche minuto. Entrambi erano imbarazzati e non avrebbero mai creduto che una stupida battaglia all’ultimo biglietto sarebbe diventata qualcosa del genere. Mentre si fissavano nei loro occhi luminosi, solo nel cuore potevano capire che erano persi d’amore l’uno per l’altro. La mente, al contrario, non faceva altro che dire a tutti e due che non era come ciò che percepivano dentro di loro. Aoko non sapeva se si trattasse di Kaito e, come sempre, cercava di reprimere i suoi sentimenti per lui. Il ragazzo, dal canto suo, sapeva che la persona che aveva di fronte a sé era la ragazza di cui è innamorato. Ciononostante, non poteva farsi scoprire e doveva mentire fino alla fine.
 
Kaito: «È--- Come… Come ho detto io!» afferrò il biglietto e lo ripose nella busta. (Solo per un attimo… Solo UNO… ho pensato che giocare d’astuzia e impersonare Chat Noir mi sarebbe stato utile per baciarla. Ma NON devo… in realtà… non ce la faccio.) avvampò in viso.
 
Aoko: «Ah…!! Alla fine hai giocato Aoko…!» si scostò e distolse lo sguardo.
 
Kaito: «Come ci si poteva aspettare da me~! Maaa… che ne dici di cercare un significato consono in biblioteca? Ce n’è una in un posto speciale! ♡»
 
Aoko: «Sì… Aoko crede che sia un’idea decente.» lo guardò imbarazzata, col cuore che le batteva ancora a mille.
 
Kaito: «Bene, seguimi, milady!» fece strada. (Aoko---!!! Che cosa vado a pensare anche io??!??)



Al secondo piano, invece… 
 
Rei: (Sarà meglio cominciare sin da subito…) prese una maschera nera e la indossò. (Non posso lasciare che capisca qualcosa… Mi dispiace.) le puntò contro una pistola. 
 
Shiho: «Mh…» aprì lentamente gli occhi. «Dove…» notò la pistola sfocata davanti a sé che pian piano diventava sempre più nitida. «??» si sollevò di scatto. «Gin?!»
 
Rei: «Ah-Ah… Mi dispiace, ma non sono lui.» rise sadicamente.
 
Shiho: «Amuro Toru… no… Bourbon…» lo guardò con disprezzo. «Cosa ci faccio qui con te?»
 
Rei: «Diciamo che non dovresti essere tu a pormi delle domande, ma il sottoscritto…» la tenne nel mirino. «Allora, Sherry. Come ti senti?»
 
Shiho: «Come… mi sento…?» si guardò entrambe le mani, poi osservò lui. «Prima Gin mi ha sparato…» si portò una mano sul petto. 
 
Rei: «Sì, esattamente. Con quello, ha finito la sua parte del piano.» ghignò.
 
Shiho: «Eppure, non sono morta… com'è possibile? Lui non fallisce… come ha fatto a non accorgersi che respiravo ancora?» cercò di guardarsi meglio il seno dove era stata colpita, senza scoprirlo. 
 
Rei: «Semplice… perché era vero che non respiravi più.» non spostò la pistola nemmeno di 1 cm.
 
Shiho: «Che significa?! Senti, ho le gambe ancora inibite, quindi non riuscirò a scappare nemmeno se voglio.» gli rivolse uno sguardo obliquo.
 
Rei: «Lo so bene. Ma non posso evitare di tenerti di mira.» restò impassibile.
 
Shiho: «Come dovrei fare a controllare la ferita, allora, eh? Lo vuoi fare tu per me? Non credo che tu sia quel genere di persona. O è solo una maschera… in questo caso non quella materiale, sia chiaro.» rise nervosamente.
 
Rei: «Spogliare una donna non rientra nei miei piani, mettila così.» si allontanò e mise davanti alla porta. 
 
Shiho: «Capisco. Meglio per te.» abbassò la parte superiore del vestito e controllò in che condizioni fosse il suo petto. «È tutto sporco di sangue… ma non è il mio. Non ho nemmeno un buco, anche se mi fa male… Che cosa mi avete fatto?! Si tratta della puntura di un ago, vero?!» sbottò con rabbia. 
 
Rei: «Abbiamo fatto in modo di prenderti viva. Il piano è anche andato a buon fine, quindi non c'è niente da temere.» restò con lo sguardo fisso verso il soffitto. 
 
Shiho: «Cosa ve ne fate di me… viva? E Vermouth?!» si sistemò il vestito. 
 
Rei: «È andata via, non credo che tornerà indietro.» si voltò verso di lei. 
 
Shiho: «Perché non dovrebbe?! Continuo a non capire… non è stato abbastanza ciò che ha fatto? Quanto… quanto devo soffrire ancora affinché sia soddisfatta…?!» abbassò lo sguardo. 
 
Il pensiero della donna che era andata a ucciderla vestita dalla madre le faceva male. Le faceva rabbia. Le faceva venire da piangere. Non si piegò al suo volere, cercò nuovamente di essere forte, anche se l'unica cosa che avrebbe preferito fare sarebbe stata urlare e disperarsi. Probabilmente Vermouth sapeva quanto tutta quella farsa le avrebbe fatto male, quanto sarebbe rimasta ferita nell'animo, e quindi, ne aveva approfittato. Certo, il suo pensiero si fermava con la morte della ragazza, non avrebbe mai potuto immaginare che, in realtà, sarebbe sopravvissuta. 
 
Rei: «…» si avvicinò a lei. 
 
Nel vedere gli occhi lucidi di Shiho, rivolti verso il basso, esitò per un attimo. Il cuore gli gridava di andare a stringerla tra le sue braccia, di consolarla, di confortarla e di condividere con lei quel dolore che attanagliava entrambi. La mente, però, aveva in sé una forza sovrumana che gli imponeva di restare fermo a recitare la sua parte del cattivo. 
 
Rei: «Cambiamo argomento, ti va? Ci sono delle domande che vorrei porti anche io. Quindi, se hai finito con le tue, potrei procedere?» disse con tono tranquillo. 
 
Shiho: «Come pretendi che ti dica qualcosa se tanto diventerò carne da macello?» sollevò lo sguardo e lo guardò piena di rancore. 
 
Rei: «È vero, hai ragione tu. Anche se te l'ho già detto, io non sono qui per ucciderti.» mise via la pistola. «Adesso va meglio?» sollevò entrambe le mani. 
 
Shiho: «…» le guardò. 
 
Rei: «...» la guardò anche lui. 
 
Shiho: «No… non va meglio… ma sicuramente… va meglio di prima!» non finì nemmeno la frase che si gettò sull'uomo e lo atterrò, facendo attenzione a non fargli sbattere la testa. «Adesso… sono io che ho il coltello dalla parte del manico.» si sollevò su di lui appoggiando le ginocchia sulle sue braccia. 
 
Rei: «Credi di farmi paura?» rise sadicamente. «C'è una grande differenza tra me e te, Sherry.»
 
Shiho: «Lo so. Ma adesso che ti ho bloccato entrambe le braccia, come ti comporterai?» rise anche lei. «Credo… di non essere mai stata così tanto disperata.»
 
Rei: «Allora, posso procedere con le mie domande?» chiese lentamente. (Se solo potessi dirti tutto… sarebbe più facile…) 
 
Shiho: «No. Non risponderò a nulla, perché tu e io non abbiamo niente a che vedere.» obiettò in tono secco.
 
Rei: «Mpf… ahahah!!» scoppiò in una fragorosa risata. (Niente da fare con lei...) 
 
Shiho: «Cosa c'è da ridere?!» cercò di far peso sulle braccia di lui. 
 
Rei: «Io e te siamo più legati di quanto tu possa immaginare.» addolcì lo sguardo. «Ti conosco da prima che tu nascessi.»
 
Shiho: «Ooooh, sì. Ho già sentito una battuta del genere. Sembra romantica, eh? Ma in realtà è diventata quasi una frase fatta.» lo guardò arrabbiata. «Non sai quello che dici.»
 
Rei: «No? Allora ti racconto una leggenda. Questa, sicuramente, ti farà capire che ci conoscevamo già almeno in una vita precedente.» rise sarcastico. 
 
Shiho: «Ti senti spiritoso, eh?!» tolse lentamente la mano da sotto la sua testa.
 
Rei: «Dunque… Paul Jones Jr. si innamorò di una bellissima ragazza del sud. Le inviò una proposta di matrimonio e lei rispose che, se la sua risposta fosse stata "Sì", avrebbe indossato un bouquet di rose sul suo vestito per il prossimo grande ballo. Quando si mostrò quella sera, sul suo bellissimo vestito, indubbiamente, stava indossando un accessorio composto da quattro rose rosse. Più avanti, l’uomo chiamò il suo liquore "Four Roses", come simbolo della devota passione per la sua adorabile bella.» assottigliò lo sguardo. «Sai a quale liquore mi sto riferendo?»
 
Shiho: «Mpf… Ovviamente… al Bourbon. La conosco questa storia. E allo---?!» si alzò di scatto e si allontanò da lui. «Non mi dire che…»
 
Rei: «Sì, l'ho scelto io il tuo vestito. Ti piace?» si alzò. 
 
Shiho: «No, è orrendo. Ma non avevo altro da mettere addosso… quindi… sapevi che sarei entrata in quella stanza… Come hai fatto?!» lo guardò perplessa. 
 
Rei: «Credo sia l'istinto… Ho pensato che la prima stanza disponibile andasse bene in ogni caso. Quindi ho provato... e sono stato fortunato.» scosse la testa. «Non c'è niente da fare con te. Sei sempre ribelle, davvero interessante.»
 
Shiho: «Interessante, eh? Allora, perché non mi lasci andare, per una buona volta?» alzò il tono della voce. 
 
Rei: «Negativo, non posso.» sorrise. «Però…! Anche se mi hai atterrato, hai persino fatto del tuo meglio per non farmi sbattere la testa. Grazie.»
 
Shiho: «Non devi ringraziarmi. L'ho fatto apposta, così adesso mi devi un favore.» rise convinta. 
 
Rei: «Ah… Capisco. Allora, avrei preferito battere la testa.» fece spallucce.
 
Shiho: «Sono sicura che ti senti lo stesso in debito con me. Quindi lasciami andare.» lo guardò furiosa.
 
Rei: «Non sono così stupidotto come credi… Sherry… Non sarei così tanto in alto se mi lasciassi giocare da simili trucchetti.» le andò addosso fino a farla finire con le spalle al muro e la bloccò con entrambe le braccia. «Adesso che so che sei viva… Adesso che ti ho trovata… Non ti lascerò andare per nessuna ragione al mondo, potessi morire in questo istante.» disse con tono serio, guardandola dritta negli occhi. 
 
Shiho: «P-Perché…?» disse con un filo di voce. 
 
Il cuore le batteva all'impazzata. Era come se volesse urlare qualcosa che però le era sconosciuto. Quegli occhi erano pieni di sofferenza, tristezza e determinazione. Però, indubbiamente, stavano brillando. Non sembravano nemmeno luccicare perché volevano uccidere, non era un istinto omicida. Un po' le ricordavano i suoi. Ma, lo stesso, non riusciva a comprenderne il significato. 
 
Shiho: (È così strano… non credo che siano gli effetti del kabedon a provocare in me questi sentimenti… È davvero… come se lo conoscessi da sempre. Eppure… ho continuamente cercato di evitare di stare a contatto con lui. Bourbon, un membro dell'Organizzazione… che cosa avrebbe potuto mai volere da me? Sono solo una fuggiasca, eppure… il cuore me lo dice che c'è dell'altro… Batte così forte… Come se volesse uscire fuori dal mio petto.) sostenne il suo sguardo. (Vederlo da così vicino lo rende diverso. Non incrocio quasi mai i suoi occhi… Non mi interessa nemmeno. Forse è solo la paura che…?!) continuò a non abbandonare il suo sguardo, ma, stavolta, con una goccia di sudore che le scendeva giù dalla schiena. (Che cosa mi succede?! Perché all'improvviso non ho più paura di lui?!)



All'imbocco delle stanze del secondo piano… 
 
Kazuha: «Ran-chan, io vado a controllare le stanze in fondo, tu vedi queste qui… d'accordo?» esclamò determinata. 
 
Ran: «D'accordo.» annuì sicura di sé. «Mh?» si accorse che una porta si era chiusa lentamente e le fece cenno di avvicinarsi. 
 
Kazuha: «Cosa c'è?» bisbigliò all'orecchio della ragazza. 
 
Ran: «Credo che sia lì dentro…» disse a bassa voce indicando una stanza. «Aoi-chan, intendo…!»
 
Kazuha: «Sì? Bene, allora… non ci rimane che coglierla alla sprovvista e prenderla di nuovo con noi… Sperando che non fugga più…» la guardò seccata. 
 
Ran: «No, questa volta…??» sentì dei rumori provenire dalle scale. 
 
Kazuha: «Ran-chan, nascondiamoci lì!» indicò una nicchia. 
 
Ran annuì senza aspettare nemmeno un secondo e si misero lì sotto per capire cosa stesse succedendo. Poi spuntò una singola persona. 
 
Shinichi: «Anf… anf… Dove sarà…?» si guardò intorno. 
 
Ran: «!!» uscì fuori dal nascondiglio e non appena incontrò il suo sguardo, gli fece cenno di fare silenzio. 
 
Kazuha: (C'è solo Kudo-kun…?) guardò alle spalle del ragazzo e poi si avvicinò a lui anche lei. «Dov'è Heiji?» bisbigliò. 
 
Shinichi: «Non lo so.» disse a bassa voce. «Cosa state facendo?»
 
Ran: «Aoi-chan è scomparsa da un momento all'altro, ma probabilmente è lì dentro. Ci stavamo preparando a recuperarla, ma poi sei arrivato tu… e non sapevamo chi potesse essere.» disse preoccupata. 
 
Kazuha: «Io ho creduto che potesse essere l'uomo che ha sparato prima…» esitò un attimo. «Perché non sai dov'è Heiji? Non eravate insieme?»
 
Shinichi: «Secondo i miei calcoli, dovrebbe trovarsi con Hakuba in questo momento. E per il resto… Ho incontrato Sera e mi ha detto che eravate con lei, ma ho sentito qualcuno salire le scale e ho fatto lo stesso. Per fortuna sono stato favorito dalla sorte.» sospirò. «Il colpevole è stato acciuffato e verrà arrestato al più presto, non avete più nulla da temere… credo.»
 
Ran: «Credi?» lo guardò perplessa. 
 
Shinichi: «Sì. Però non ho il tempo di dirti tutto. Andiamo a recuperare la bambina e poi vi dirò il resto.» disse con una certa fretta.
 
Kazuha: «Va bene…» abbassò lo sguardo. (Stupido Heiji, dove sarai andato a cacciarti?) 
 
Ran: «Vedrai che starà bene.» le diede una pacca, cercando di confortarla. 
 
Kazuha: «Hai ragione… se non ha la pellaccia dura lui, non ce l'ha nessuno!» annuì speranzosa. 
 
Shinichi: «Bene. Ora andiamo da Aoi-chan, devo assolutamente parlarle.» si scambiò uno sguardo d'intesa con le ragazze, poi entrò all'interno della stanza. «Aoi-chan! Ci sei?» si guardò intorno attivando la modalità fotografica incorporata dentro di sé. 
 
La stanza dava l’impressione che fosse quella personale di qualcuno, ma fuori di essa non vi era alcuna targhetta che potesse specificare a chi appartenesse.
 
Kazuha: «Ci siamo anche noi!» guardò sotto una scrivania. 
 
Ran: «Lì c'è una porta… forse è lì dentro?» la indicò. 
 
Shinichi: «Vediamo subito…» andò ad aprirla. 
 
Aoi: «Ah.» si voltò verso di loro. 
 
Kazuha: «Non ci hai sentiti? Ti stavamo chiamando fino a un momento fa.» si guardò intorno e notò che si trovava all'interno di uno stanzino. 
 
Aoi: «Sì, vi ho sentiti.» disse senza alcuna intonazione. 
 
Shinichi: «Avresti potuto avvisarci, sai?» la guardò storto. «Quello che hai tra le mani è un portafoto?»
 
Aoi: «Sì. A dire il vero, è del mio papà, ne abbiamo uno uguale a casa.» si alzò e lo mostrò ai ragazzi. «Era l'unico album con le foto della mamma. Qui, però, non ce n'è nessuna. Forse voleva farne delle copie?»
 
Ran: «Non sappiamo ancora dove sia il tuo papà, ma non appena lo troveremo, ti risponderà. Può essere che sia lì fuori con le persone che sono state evacuate.» le accarezzò la testa. 
 
Shinichi: «Questo lo prendo io, però.» afferrò il portafoto con una mano. «Ovviamente, lo restituirò.»
 
Aoi: «OK. Avete notizie di Shad?»
 
Kazuha: «Ehm… no?» guardò Shinichi. 
 
Shinichi: «No. Però potrai presto chiedere da te a Tsukimi Ryu-san.» chiuse gli occhi. (Il caso è quasi chiuso. Hattori, mi fido di te.) 
 
Aoi: «Ok.» li guardò. 
 
Shinichi: «Adesso seguici senza scappare più. Se no ti prendo di peso e ti porto io.» le lanciò un'occhiataccia. 
 
Aoi: «Sì.» annuì. 
 
Ran: «Suvvia, Shinichi… non la maltrattare! E meno male che hai trovato Tsukimi-san, finalmente!» le prese la mano. «Andiamo?»
 
Kazuha: «Adesso questo onii-chan ci porta da qualche parte che continua a tenere nascosta.» le prese l'altra mano. 
 
Aoi: «…» le scrutò entrambe, senza dire una parola. 
 
Shinichi: «Certo, è colpa mia di tutto! Mah. Seguitemi!» fece strada.
 
Ran: «Certo che come ti comporti tu è colpa tua!» sospirò. «Strano che non abbia incolpato direttamente me.» scosse la testa. (Giusto, adesso mando un messaggio a Nakamori-san e le dico che può andare via di qui, dato che Aoi-chan è con noi!) 
 
Kazuha: «Questi tsundere…» sorrise. «Su, seguiamolo!» andò con Aoi e Ran dietro Shinichi. (Heiji… fammi sapere che stai bene…) 



Nel frattempo, la villa era stata evacuata da tutti gli invitati e dalla servitù. La scientifica si era messa a lavoro nella sala da ballo e gli agenti stavano facendo altrettanto. L’ispettore Megure era fuori a interrogare la servitù insieme a Takagi, mentre Kogoro, Eri e Sonoko cercavano di convincerli in qualche modo che volevano tornare dentro la villa per vedere che fine avevano fatto tutti gli altri, e soprattutto Ran. La risposta fu, ovviamente, negativa. Sarebbero usciti una volta che i poliziotti li avrebbero trovati.
 
Shiratori: «Sembra proprio dormire bene…» si chinò e ammanettò Tsukimi Ryu.
 
Sato: «Allora… è rimasto svenuto da quando l'hai colpito?» chiese prendendo appunti. 
 
Masumi: «Sì. Prima però stava abbastanza bene, quindi deve solo riprendersi.» annuì. «Sappiamo per certo che il colpevole è lui perché l'ha ammesso.»
 
Sato: «In che situazione te l'ha detto? C'è un testimone?»
 
Chihiro: «Sì, l'ho sentito anche io. Ero insieme a Sera-san.» aggiunse in risposta alla domanda della donna. 
 
Shiratori: «Si qualifichi, per favore.» disse diretto. 
 
Chihiro: «Mi chiamo Koseki Chihiro, ho 17 anni... Stasera ho avuto la fortuna di conoscere Sera-san e le ho chiesto di fare delle indagini sul conto di quest'uomo. L'ho fatto perché avevo idea che c'entrasse qualcosa con la morte di mio padre, avvenuta anni fa. Il caso non è ancora caduto in prescrizione, quindi spero che mi possiate aiutare adesso che sapete per certo che è un criminale.» guardò Sato poco convinto.
 
Shiratori: «Questo non lo stabiliamo noi. Una volta interrogato quest'uomo, vedremo il da farsi.» prese appunti. 
 
Sato: «Non ti preoccupare. Se Tsukimi-san ha fatto qualcosa a tuo padre e non è ancora stato vendicato… Ce ne occuperemo finché non sarai soddisfatto.» annuì rattristata dall'espressione delusa che poteva vedere sul viso del ragazzo.
 
Chihiro: «Grazie.» si inchinò.
 
Sato: «Figurati, è il nostro lavoro. E, ovviamente, la stessa cosa vale per la tua famiglia.» volse lo sguardo su Masumi. «Ha detto chiaramente che era stato lui sin da subito? O in seguito a una discussione, un litigio…?»
 
Masumi: «L'ha detto in seguito a una discussione che ha avuto con una persona che non ero io. Ma ero fuori dalla porta a origliare con Koseki-kun.» rispose con tono secco. (Non farò il tuo nome, ok… ma come posso dirle che sei scomparso?! Tra l'altro… il piccoletto non si vede da nessuna parte… è impossibile che si stia disinteressando al caso… quindi… che mi sia sbagliato? Che il Conan-kun che ho visto fosse qualcun altro? C'è anche un'altra cosa che mi torna in mente… quella ragazza che correva via poco prima che Hattori-kun e Conan-kun arrivassero… che fine ha fatto? Era lei, senza ombra di dubbio.) acuì lo sguardo. 
 
Sato: «Che fine ha fatto questa persona? Abbiamo bisogno anche della sua deposizione.» guardò entrambi i ragazzi. 
 
Masumi: «È andata via perché aveva paura che potesse accadere qualcosa alla sua compagna… o qualcosa del genere!» rispose con una goccia di sudore sulla fronte. 
 
Shiratori: «Quindi è ancora da queste parti?» guardò Chihiro. 
 
Chihiro: «Non saprei… non aveva detto se sarebbe tornata o meno.» fece spallucce.
 
Sato: «Forse è fuori… Dovreste descriverlo, così da poterlo trovare più facilmente.» volse lo sguardo su Masumi. «Senti, Conan-kun non era alla festa?» si guardò intorno. 
 
Masumi: «Ehm… c'era, ma l'ho perso di vista anche io, purtroppo.» accennò un sorriso. 
 
Sato: «Capisco. È che solitamente è in giro a dare indizi, oggi non lo vedo proprio da nessuna parte… Non è da lui!» disse stranita.
 
Shiratori: «Eh, già. Speriamo che non ci porti sfortuna.» accennò una risata.



Heiji diede subito un’occhiata all’interno della botola e vide che c’era una singola persona vestita da maggiordomo al centro di essa, messa di spalle. L'interno era composto da uno stanzino davvero piccolo, non era più alto di 2 m e più largo di 2,5 m. Era illuminato da un lume che, probabilmente, era stato portato dall’uomo che era sceso lì. Il tutto dava proprio l’idea di un ripostiglio. L’unica cosa che Heiji vedeva fuori posto era una serie di oggetti non illuminati dalla luce posti ai piedi dell’uomo.
 
…: «Mpf...» voltò velocemente la testa verso Heiji, facendogli battere fortissimo il cuore per la paura.
 
Heiji: «Ehm… Lei è Tsukimi Akihiro...san?» cercò di focalizzare meglio cosa fossero quelle cose a terra con il cuore che gli era arrivato in gola.
 
Tsukimi Akihiro: «Sì, sono io. Avete bisogno di qualcosa?» si voltò verso di lui anche con il resto del corpo.
 
Heiji: «Diciamo di sì.» cercò di restare tranquillo. (Quindi ci ha sentiti nonostante stessimo parlando più piano che potevamo… mah, in fondo, è pur sempre un posto isolato… anche se questa botola era chiusa.) rifletté.
 
Tsukimi Akihiro: «Prego, ditemi pure.» si diresse verso di loro e salì la scala a pioli che c’era sul muro per raggiungerli e uscire fuori.
 
Hakuba: «Ci rivediamo.» lo guardò. «Come mai si trovava qui?»
 
Tsukimi Akihiro: «Diciamo che avevo qualcosa di importante da fare. Ma potrei farvi la stessa domanda, anche se solitamente sono più bravo a rispondere.» disse con fare tranquillo.
 
Heiji: «L’abbiamo seguita. E adesso non ci prendiamo in giro.» disse senza esitare. 
 
Tsukimi Akihiro: «No, non voglio prendervi in giro, perché dovrei? Non ne ho mai avuto l'intenzione.» sollevò entrambe le mani. 
 
Hakuba: «Infatti, la cosa davvero strana è che ha sempre risposto a tutte le domande che le ho posto, anche se non la riguardavano. Perché?» lo guardò con fare altezzoso.
 
Tsukimi Akihiro: «La risposta corretta, riprendendo le sue parole, è che ho risposto alle domande che mi ha fatto proprio perché non mi riguardavano. Chi non coglierebbe la palla al balzo, quando qualcuno non riesce proprio a piacerti?» li guardò con gli occhi di fuori. 
 
Heiji: «Senta, si calmi, eh?» agitò le mani. «Qua si tratta di qualcosa di importante. Non le vogliamo nemmeno fare niente, vogliamo solo parlare!»
 
Tsukimi Akihiro: «D'accordo, ho detto che vi risponderò.» guardò l'orologio. 
 
Hakuba: «Che cosa stava facendo qui? Questo luogo mi sembra alquanto costruito… con uno scopo, mi sbaglio?» assottigliò lo sguardo. 
 
Tsukimi Akihiro: «Non, non si sbaglia, signore. Itou-san ha chiesto di far costruire questa villa molto tempo fa e ci teneva che contenesse una specie di rifugio, in caso di strane calamità. È per questo che sotto il piano terra si estende un ulteriore piano, che possiamo definire seminterrato. Anche se non ci va mai nessuno, viene sempre pulito e tenuto come se fosse un piano utilizzato.»
 
Heiji: «…perché fare una cosa del genere? Che senso ha?» lo guardò perplesso. 
 
Tsukimi Akihiro: «Per qualche motivo, il padrone ha sempre avuto paura di bombardamenti, attacchi chimici o cose del genere. Nell’ipotesi, qui sarebbe riuscito a sopravvivere. Ogni stanza è collegata a un sistema che, in caso di forti scosse o esplosioni, si possa attivare facendo aprire una botola che condurrà in uno di questi bunker sotterranei.»
 
Heiji: «Eeeeeh?!» esclamò restando a bocca aperta. 
 
Hakuba: «In passato gli è successo qualcosa del genere?» chiese sbalordito.
 
Tsukimi Akihiro: «No. In America era convinto che tutto sarebbe andato bene. Ma temeva che, per qualche motivo, messo piede qui in Giappone, sarebbe accaduto qualcosa. A essere sincero, non ne ho mai capito il motivo.» ridacchiò. 
 
Heiji: «Non ho capito, la cosa la fa ridere? Non dovrebbe prendersi cura del suo padrone, piuttosto che deriderlo?» acuì lo sguardo. 
 
Tsukimi Akihiro: «Non so cos'è che mi spinge a ridere. Forse il fatto che non sono più in me, oppure il nervosismo. Non saprei.» fece spallucce.
 
Hakuba: «Allora… potrebbe dirci con esattezza cosa sta succedendo qui sotto? Perché è qui? Sa cos'è successo a Itou-san?!» sbottò per la rabbia.
 
Tsukimi Akihiro: «Sì, so tutto. Ma sapevo che sarebbe accaduto qualcosa, è per questo che ne ho approfittato per attuare il mio piano.» rispose con tranquillità.
 
Hakuba: «Di cosa sta parlando?!» alzò un sopracciglio, sospettoso.
 
Heiji: «Aspetta…» si avvicinò all'uomo e lo bloccò per le braccia. «Hakuba! Ho un brutto pensiero in testa! Vai a controllare cosa c'è in quella botola!!»
 
Tsukimi Akihiro: «Mpf… ahahah!!» rise con soddisfazione. 
 
Hakuba: «Credo di aver capito...» si avvicinò ad essa e sollevò il coperchio, poi scese giù dalla scala a pioli. «Sì vede solo qualcosa di rosso... Ma è coperto.» prese in mano lo smartphone per fare luce, notando che c'era un telo. «Gulp…» lo tolse facendo attenzione. «?! Lo sapevo…!» uscì fuori dalla botola. «Hattori-kun, sono delle bombe! Sono a orologeria e tra dieci minuti esploderanno! Dobbiamo correre subito via di qui!!»
 
Heiji: «Lo sospettavo! Senta, è lei che ha il telecomando per azionarle e disinnescarle, vero?! Si sbrighi e le disattivi subito!!» continuò a fare pressione affinché l’uomo non si liberasse.
 
Tsukimi Akihiro: «Se volete, potete anche controllarmi, perquisirmi come volete. Ma non ho niente del genere, dato che l’unica cosa che mi bastava era azionarle. Non mi è mai interessato sopravvivere. Ho perso ogni speranza il giorno in cui mia moglie è morta. Ed è accaduto a causa di quell'uomo… Non è un caso se tutta la sua famiglia abbia fatto quella fine. E quella volta… doveva morire anche lui.» non oppose resistenza.
 
Hakuba: «…Itou-san?» deglutì. 
 
Tsukimi Akihiro: «Sì. Non sono mai riuscito a perdonarlo. Come immagino anche lui abbia fatto lo stesso con me. Mpf… ahahah! Spero che Tsukimi-san lo abbia ammazzato! Non deve assolutamente vivere sotto questo cielo!» rise in modo incontrollato.
 
Heiji: «STIA ZITTO!!» mollò la presa e gli assestò un pugno, facendolo sbattere con le spalle al muro e cadere a terra per lo slancio. «LEI NON È NESSUNO PER DECIDERE DELLA VITA DEGLI ALTRI, MI HA SENTITO?!» si chinò e lo afferrò per la collottola. «QUALSIASI COSA ACCADA, LEI NON MORIRÀ! E NEMMENO ITOU-SAN, NÉ NESSUN ALTRO! MI HA CAPITO?!» lo scosse con fermezza. 
 
Tsukimi Akihiro: «Mpf… sei soltanto un ragazzino. Non puoi sapere cosa ho vissuto io. Cosa ha passato mia figlia… Cosa stiamo patendo… L'INFERNO NON SAI COS'È!!!» strinse le mani sulle sue, conficcandogli le unghie dentro la carne. 
 
Heiji: «Sì, non lo so. NON LO SO, MA IN ALCUN CASO DEVE COMPIERE UN GESTO DEL GENERE!! MI HA CAPITO?!?!» lo scosse. 
 
Tsukimi Akihiro: «Cough cough…» rise. «Allora, facciamo così. Ti auguro di passare il peggiore degli inferni. Forse, solo in questo modo potrai davvero capire.»
 
Heiji: «Lurido… bastardo!!» lo sbatté nuovamente al muro. 
 
Hakuba: «Bene, adesso che hai sbollito la rabbia, che ne dici di andare? Rischiamo di finire morti sotto terra…» si chinò verso l'uomo. «Credo che il miglior modo che abbia per trovare la pace non sia la morte, ma l'espiazione dei suoi peccati. Pensi a sua figlia e se ne faccia una ragione, soprattutto, se non ha più una moglie. Lei mi sembra abbastanza giovane, quindi vada avanti dopo essere uscito di galera. Non sarà facile, ma cosa lo è in questa vita?» gli tese una mano. 
 
Tsukimi Akihiro: «Non… ho alcun telecomando.» restò a terra con la testa abbassata. 
 
Hakuba: «Non le sto chiedendo quello. Mi dia la mano e andiamo insieme via da qui. Era anche quello che stava cercando di dirle questo ragazzo prima che impazzisse come suo solito.» aveva un tono sarcastico anche se l'espressione in viso era seria. 
 
Tsukimi Akihiro: «No. Rimarrò qui. Era questo il mio intento, sin dall'ini---»
 
Heiji: «E pensa a tua figlia, cavolo!!» gli diede un colpo sul collo per farlo svenire. «Hakuba, non perdiamo tempo. Mettilo sulle mie spalle e andiamo via di qui.»
 
Hakuba: «E come facciamo? Il passaggio è troppo stretto, ricordi? È già un miracolo se ci passiamo noi messi di profilo.» lo applaudì. «Bravo, se moriremo, sarà per colpa tua.»

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Capitolo 30
*** Incanto e nostalgia ***


All'infuori della villa ci fu un caos totale. Restarono tutti lì perché era pericoloso farli allontanare senza aver prima fatto le dovute perquisizioni. Ciò che, in realtà, avrebbero preferito, non era altro che scappare a casa e cercare un rifugio, terrorizzati dal fatto che un pazzo avrebbe potuto nuovamente sparare sulla folla. Nonostante non avessero ancora la deposizione del diretto interessato, i poliziotti cercarono di placare gli animi spargendo la notizia che il colpevole era stato catturato. Da quel momento in poi, le cose diventarono più facili e pian piano fecero andare a deporre in centrale chi era stato perquisito. Le perquisizioni furono importanti per capire se insieme al colpevole ci potesse essere anche un possibile complice. Tuttavia, gradualmente, la massa di gente rimasta in attesa, cominciò a diradarsi. Nakamori continuò le sue ricerche perché non era soddisfatto di come era andata a finire con Kaito Kid, ma le tracce erano ormai andate perse - e nel peggiore dei modi, dato che non ebbe nemmeno il tempo di provare a catturarlo. La scientifica, tuttavia, continuò a esaminare il luogo dove si trovava il diorama e la sala da ballo, svolgendo il suo lavoro al meglio. 
 
Ayumi non si era ancora svegliata e il dottor Agasa continuò a prendersi cura di lei, preoccupato, perché quasi nessuna delle persone che avrebbe voluto vedere, era uscita da quella villa. Il suo cuore sentì che c'era qualcosa che non andava, ma si fidò di Shinichi al 100% e mai, come in quel momento, si pentì così tanto di avergli nascosto la verità. 
 
Le luci rimasero accese esattamente come quando vennero presentati i due zaffiri. Esse, anche se in modo meno accentuato, arrivarono a illuminare fino al secondo piano. In una delle stanze che si trovava lì, però, vi era un acceso match in attesa di essere concluso. Uno scontro tra due membri dell'Organizzazione Nera, di cui uno non era altri che infiltrato e l'altra una traditrice. 
 
Nel luogo dove si trovavano, si sentì una grande tensione provenire soprattutto dalla parte di Shiho che non riusciva più a capire cosa stesse accadendo dentro di lei. Ciò non fece altro che confonderla, lasciandole mille interrogativi a cui non poteva dare una risposta. 
 
Rei: «Non credo di doverti dare ulteriori spiegazioni, no? Sentire È così e basta, non ti piacerebbe, vero? Ma non ti posso accontentare. O almeno... non adesso.» assottigliò lo sguardo. 
 
Il tono di Rei rimase quello di sempre: provocatorio. Ciò non faceva altro che mandare Shiho ancora più nel caos, perché sapeva per certo che la luce che aveva negli occhi quell’uomo non era fittizia, anche se inspiegabile. Era pur vero, però, che non poteva assolutamente abbassare la guardia, perché aveva appreso altrettanto bene che quella persona era sempre stata un ottimo attore.
 
Shiho: «Non so chi o cosa tu sia. Ho sempre pensato che fossi un mostro, o qualcosa del genere.» continuò a guardarlo negli occhi. «Hai uno strano potere. Solitamente sei calmo e rilassato, non sembri nemmeno un essere vivente. Simpatico, sorridente, sempre disponibile.» ridacchiò. «Cosa ci fa una persona come te all'interno di quel posto? Forse hai costruito una poker face così infallibile da non lasciare a nessuno la possibilità di vedere un piccolo spiraglio della tua vera personalità? Non riesco a pensare a niente di diverso…»
 
Dal canto suo, Shiho cercò di non tradire il suo cuore impaurito e sconvolto da ciò che era accaduto. Si trovò in una situazione che non riuscì a comprendere sotto alcun punto di vista analitico, era questo ciò che la turbava più di qualsiasi altra cosa. Quindi, cercò di controbattere sfruttando la sua personalità pungente e le sue parole taglienti. 
 
Rei: «Forse non mi sono spiegato.» diventò serio. «Adesso mi dirai come hai fatto a sopravvivere quella volta… sul Mystery Train. Ero convinto che fossi morta, e invece… per qualche ragione, Vermouth era sicura del contrario.» fece un largo sorriso. (Bene, mi ha dato il modo di risponderle per le rime.) 
 
Shiho continuò a non capire cos'era che non riusciva ad afferrare in quel comportamento. Il Mystery Train l'aveva aiutata a sfuggire dalle grinfie dell'Organizzazione perché l'intervento di Kaito Kid fu tempestivo. Rei si trovava lì, e, anche in quel caso, voleva portarla con sé. Tuttavia, adesso sembrava così misterioso. Forse il problema di fondo era che non era stata lei in prima persona a parlare con lui su quel treno. Se così fosse stato, il suo sguardo, quei due profondi occhi azzurri, le avrebbero suscitato le stesse sensazioni? Per qualche motivo, Shiho si sentì più tranquilla. Tutta la tensione che l'aveva circondata fino a quel momento era andata via. Non si fidava dell'uomo che vedeva davanti a sé, ma qualcosa le diceva che non doveva assolutamente arrendersi. 
 
Shiho: «Oh… Vermouth, eh? Non l'hai chiesto a lei?» ribatté con naturalezza. (Non riuscirai a sottomettermi al tuo volere.) 
 
Il fatto che Vermouth non gli avesse detto il motivo per cui aveva dei sospetti, la diceva lunga. Per Shiho, infatti, significava che, indubbiamente, i due avevano a che vedere, ma che non fossero del tutto intimi. Abbassò un po' la guardia, convinta di avere ragione a pensare che l'uomo che c'era davanti a lei non fosse pericoloso. Non riuscì a nascondere uno sguardo pieno di sé, come se stesse godendo della disfatta che, piano piano, sembrava avvicinarsi sempre di più a lui. 
 
Rei: «Sì, l'ho fatto. Quella donna, però, è piena di segreti. Non me l'ha detto.» cercò di decifrare l'espressione della ragazza e fece una breve pausa. «…Sherry?» domandò con un tono stranito. 
 
Adesso era Rei a non capire cosa passasse per la testa della ragazza. Da uno sguardo terrorizzato, a uno traumatizzato, a uno scioccato… a uno soddisfatto? Gli scese una goccia di sudore lungo la schiena, perché lui stava recitando, come sempre, facendo del suo meglio. Ciononostante, stavolta le cose non sembravano andare per il verso giusto… oppure era un bluff? Sapeva per certo che poteva fare affidamento sul suo asso nella manica e che, quindi, non aveva di che temere. Cercò comunque di scervellarsi e di capirne il motivo.
 
Shiho: «Sì?» si mise con le mani sui fianchi. 
 
Rei: «Sembri totalmente a tuo agio, non capisco. Non ti incuto più un certo timore perché non sono Gin?» disse esternando le sue perplessità. 
 
Shiho: «Non saprei. È da quando ti ho guardato negli occhi che non percepisco più alcuna pa---...» si ammutolì. (No… Perché gli sto rispondendo? La sua è tutta una tecnica per potermi estorcere delle informazioni importanti. Quella volta, persino io ho saputo della storia di Kaito Kid solo in un secondo momento. E comunque, non è affar suo lo stesso.) assunse un’espressione corrucciata.
 
Eccola. Finalmente aveva in viso uno sguardo che sembrava più consono per il ruolo che si stava impegnando a recitare. Chiaramente, anche lei aveva qualcosa per la testa, e, per Rei, ciò non poteva che rendere tutto più interessante. Adesso gli conveniva procedere lentamente e vedere se, nel frattempo, sarebbe giunto un segnale o una comunicazione che gli avrebbe permesso di capire se avrebbe potuto portarla via con sé o meno. 
 
Rei: «Niente da fare. Preferisci davvero che passi alle cattive, dato che con le buone non vuoi saperne?» disse con tono sarcastico. 
 
Shiho: «Buttarmi con le spalle al muro la definisci un'azione buona, o credi che scegliere il mio vestito possa significare qualcosa di magnanimo? In realtà… non sarebbe stato più corretto credere che fossi venuta qui con un abito da ballo?» afferrò il fazzoletto che Rei aveva al collo e rise socchiudendo un occhio. «Cosa mi stai nascondendo, Bourbon?»
 
Shiho non era più riuscita a trattenersi ed era andata all'attacco, dritta al punto. Voleva assolutamente capire cosa e quanto ne sapesse, così che anche lei avrebbe potuto capire fin dove poteva spingersi. Gli sguardi di entrambi i ragazzi non si staccavano l’uno dall’altro nemmeno per sbaglio. Nessuno dei due sembrava voler mollare. Tutti e due bramavano di conoscere ciò a cui erano interessati e, più di ogni altra cosa, di uscire da quel posto al più presto possibile. Lei voleva farlo da sola, lui soltanto insieme a lei. 
 
Rei: «Sei una gran curiosona, ma non ti piace parlare di te. L'ho capito, sai?» sorrise e avvicinò il suo viso a quello della ragazza. 
 
Non erano più su due piani diversi. Rei aveva volutamente avvicinato il suo viso a quello di Shiho per cercare di incutere in lei più timore. Sapeva che era un tipo abbastanza tosto, ma ciò che gli importava di era portare a termine la sua missione… probabilmente, la più importante della sua vita. 
 
Shiho: «Bene. Allora, adesso che l’hai capito, mi lascerai andare? In caso contrario, posso sempre strozzarti e andarmene.» disse cercando di fare un tono di voce grave. 
 
Rei: «Non morirei per così poco.» scosse leggermente la testa e avvicinò il volto all'orecchio sinistro della ragazza. «Adesso basta giocare.» bisbigliò.
 
Il cuore di Shiho stava per esplodere. Batteva all'impazzata, come se percepisse nuovamente qualcosa. Ciò che le frullava di più per la testa era che quell'uomo era totalmente imprevedibile. Tutto ciò che faceva, non se lo sarebbe mai immaginato… e nemmeno quest'ultima mossa. L'aveva nuovamente presa in contropiede, e, probabilmente, se si fosse trovata su un campo da calcio, Rei sarebbe riuscito a segnare un goal. 
 
Shiho: (Non so cosa rispondergli... Sento il suo respiro sul mio collo… Sento il suo profumo… credo sia di marca.) le venne da ridere e accennò una risata. 
 
Non sapeva nemmeno lei perché le fosse venuto in mente un pensiero così stupido in un momento del genere. Quell'odore, però, era davvero buono, non poteva non percepirlo dato che l'uomo le si era avvicinato così tanto. Era imbarazzante, l'aveva capito anche lei. Ma non era mai capitato niente del genere nella sua vita e non riuscì a non sentirsi a disagio. Il batticuore che le era venuto precedentemente era quasi scomparso del tutto. Com'era possibile che si trovasse in una giostra di sentimenti del genere? 
 
Rei: «Ah, dunque ti faccio ridere?» si spostò leggermente notando l’imbarazzo della ragazza. 
 
Non voleva che si sentisse così. Ma dato che la sua era una recita, gli sarebbe andato bene di tutto pur di non farla scappare da sola. Voleva assolutamente sembrare aggressivo, qualcuno che non si sarebbe mai fatto degli scrupoli. Il fatto che lei fosse scoppiata a ridere, l'aveva lasciato perplesso. 
 
Shiho: «No… cioè, sì.» sospirò. «Non stiamo facendo altro che parlare del nulla, te ne sei accorto? È come se stessi cercando di farmi perdere tempo, girando e rigirando le discussioni. Aah, sì, giusto. Quella volta, sul Mystery Train, avevi detto che mi sarebbe venuto a prendere qualcuno che stava seguendo il treno in elicottero. È lo stesso anche stavolta? Stai aspettando che queste persone mi portino via?»
 
Rei: «Esattamente. Sto aspettando una loro comunicazione e il gioco sarà fatto.» restò impassibile. 
 
Shiho: «Capisco.» si guardò intorno e vide la finestra poco lontano da sé. «E se mi gettassi da lì? È una buona idea per sfuggire dalle tue grinfie, no?» chiese ironicamente e senza esitare. 
 
Rei cercò di non tentennare per farle capire, per una buona volta, che non era lì per gioco. 
 
Rei: «Anche se momentaneamente hai già minacciato di strozzarmi?» volse lo sguardo verso l'alto per riflettere. 
 
Shiho: «…» lo guardò in viso. (Non mi sta nemmeno guardando… Credi di avere la situazione totalmente sotto controllo… Ma ti farò vedere che non è come pensi tu.)
 
Rei: «Sì, ci sono!» la guardò anche lui e sorrise come un bambino. «Mi butterei giù insieme a te.»
 
Shiho: «Cosa…?» arrossì improvvisamente perché non si aspettava una risposta del genere. 
 
Chi mai avrebbe potuto dire qualcosa di simile se, davvero, voleva soltanto riportarla tra le fila dell’Organizzazione? Era nuovamente spiazzata. Esattamente come prima, i suoi occhi non sembravano mentire.
 
Rei: «Non ti piacerebbe?» fece uno sguardo truce. «Peccato che, nel caso accadesse, prima di farlo, mi assicurerei di non restarci secco e di portarti indietro sana e salva. Non ho altri fini, te l'ho detto, Sherry. E lo capisco che stai cercando di capire la verità su di me, ma… non ce la potresti fare nemmeno con la tua intuizione migliore.»
 
Nel sentire quelle parole, Shiho si arrabbiò. Era sempre stata in uno stato di continua lotta con Conan, e, fino a quel momento, erano rari i casi dove le sue intuizioni avevano funzionato davvero. Ciò che mirava a fare, solitamente, non era altro che riuscire a far abbassare la cresta al piccolo detective. Ci provava in ogni modo, ma sporadicamente riusciva a non finire con il chiedere un consiglio o qualcosa di simile. Era come se, più cercasse di rinnegarlo, più il fantasma di Conan non facesse altro che metterle i bastoni fra le ruote, un po' come adesso stava facendo lo stesso Rei. Sembrava un diavolo, non riusciva più a rispondere di sé, perché alla fine andava sempre nello stesso modo. Stizzita e con le guance purpuree, tirò il fazzoletto che l'uomo aveva al collo più forte che poteva.
 
Shiho: «Sei una persona estremamente imbarazzante! Mi fai impressione, è come se tutto ciò che dici lo conoscessi! Come se mi leggessi dentro!! Non me ne frega niente di andare con te! Lasciami alla mia vita! Non voglio più sapere niente di loro, chiaro?! Inoltre, se cadi… muori e non ti puoi salvare in alcun caso. Certo, a meno che non hai già in mente di uscire da lì e di farti salvare da qualcuno. E poi...» strinse il foulard con tutta la forza che aveva in corpo. «Morire… per qualcuno che in realtà dovresti soltanto prendere con te e, magari, uccidere?» scosse la testa, gli ficcò una mano dentro il gilet e prese la pistola che aveva messo via precedentemente. «Bene. Ora cos’hai da dirmi? Te la senti ancora di restare tanto tranquillo e impassibile davanti alla morte? Io non amo perdere tempo come te. Inoltre l'ho deciso… L'ho già deciso molto tempo fa… non permetterò mai che qualcuno impedisca al mio desiderio di esaudirsi!» rise soddisfatta e la puntò contro di lui, abbandonando il fazzoletto e allontanandosi di qualche passo.
 
Rei: «Cough…» sollevò le mani. (È già la seconda volta che tenta di ammazzarmi davvero… Vediamo in che condizioni finirò... Inoltre, mi fa male la gamba… Ma per lei... va bene anche questo.) tossì ancora qualche volta. «Niente da fare, mi dispiace. La mia richiesta è sempre la stessa. E anche la mia risposta lo è.» aveva lo sguardo fermo. «Se vuoi spararmi, fallo pure.»
 
Sapeva che non l'avrebbe mai fatto. Era per questo che continuava a insistere e a fare il temerario. La gola gli faceva abbastanza male, Shiho non ci era andata affatto piano, e, se fosse quasi morto per asfissia, non ne sarebbe nemmeno rimasto sorpreso. Doveva aver toccato inavvertitamente un tasto dolente, ma ormai non poteva farci nulla.
 
Shiho: «Sei stranamente docile davanti a una pistola… Cosa mi stai nascondendo, eh?!» continuò a tenerlo di mira. «Non voglio ucciderti, sia chiaro… a meno che tu non mi costringa a farlo. Voglio solo andare via e sappi che sono disposta a tutto pur di riuscirci.» indietreggiò.
 
Rei: «Mpf… Immagino che ti piacerebbe. Tuttavia… Docile, eh?» con uno scatto repentino, si avvicinò nuovamente a lei e le afferrò il braccio con il quale teneva la pistola, storcendolo e portandolo dietro alla sua schiena. «Adesso sei contenta?»
 
Shiho: «Tsk…» restò con i denti serrati. (Avevo capito che non stava facendo sul serio… Quindi non mi aspettavo qualcosa del genere… Quegli occhi… mi hanno giocata di nuovo…) 
 
Rei: «Lo prenderò come un sì.» la disarmò e controllò nuovamente il cellulare. «…!! Dannazione, non mi ero accorto che non c'è più campo!!» si tolse la maschera e diede uno sguardo fuori dalla finestra senza, però, affacciarsi.
 
Shiho: (Bene, questa è la mia occasione per fuggire… è distratto, quindi posso avvicinarmi alla porta nel minor lasso di tempo possibile, aprirla e fuggire. Mh?) cercò di focalizzare maggiormente lo sguardo sulla gamba destra dell’uomo. (Una ferita…) si guardò intorno e si accorse che su una sedia c'era lo zaino con il quale era entrata nella villa. «E quello?»
 
Rei: «Cosa?» si voltò verso di lei. (In questo modo non posso sapere se posso andare via da qui o quando... Maledizione… Immagino che dovremo provare il tutto per tutto senza di loro… a meno che non sia accaduto un imprevisto, certo. Ma posso fidarmi… o almeno credo.) 
 
Shiho: «Quello. Lo zaino, intendo. Sei stato tu a metterlo lì?» continuò a osservargli la gamba. 
 
Rei: «No, io ho avuto solo il compito di portarti qui.» si scostò leggermente. «Alla fine… Perché non hai provato a scappare?»
 
Shiho: «Perché me ne sono accorta.» si avvicinò a lui e si chinò all'altezza delle sue ginocchia. «Stai perdendo sangue.»
 
Rei: «È normale portare con noi delle ferite da guerra che possono aprirsi in ogni momento, no?» fece spallucce. 
 
Shiho: «Sì. Però non è questo il caso.» si avvicinò allo zaino e rovistò al suo interno. (Se si è riaperta… Probabilmente, quella è una ferita piuttosto fresca… che sia stato Gin stesso a fargliela?) 
 
Rei: «Dannazione…» borbottò mentre cercava di capire perché le linee telefoniche non andassero. (Perché non va? Che ci siano dei campi magnetici in funzione? Sicuramente non è un problema che abbia a che vedere con il mio smartphone…) 
 
Shiho: «Bourbon.» disse con tono solenne, guardandolo dritto negli occhi. «Togliti i pantaloni e siediti.» gli ordinò in modo diretto.
 
Rei: «Cosa…?» la guardò perplesso. 
 
Shiho: «Suvvia, sei un uomo. Chissà da quante donne ti sarai fatto vedere nudo. O in costume, che so.» arrossì e distolse lo sguardo. «Sarò franca: non mi stai simpatico, non lo sei mai stato e, possibilmente, mai lo sarai. Però sei un essere umano… e quella medicazione è chiaramente improvvisata. Lascia che me la veda io. Poi andremo dove vuoi.»
 
Rei: «Oooh… vedo che finalmente riusciamo a comprenderci.» sorrise. 
 
Shiho: «Non ti fare false speranze… accadrà solo ed esclusivamente se riuscirai a trattenermi.» incrociò le braccia al petto, facendo un grande sorriso. «Avanti, non ho tutto il tempo che pensi tu.»
 
Rei: «Grazie, dottoressa.» sorrise tristemente e poi fece come gli aveva detto.
 
Si abbassò i pantaloni con un grande imbarazzo che avrebbe preferito evitare. Ma ciò che aveva detto Shiho era vero. Pian piano che toglieva la fasciatura fatta velocemente con il lenzuolo, sentì il dolore pervadere il suo corpo. Esso era tanto atroce all'esterno quanto il bruciore che sentiva dentro di sé. Sedendosi sul letto e piegando le gambe, si fece ancora più forte, ma cercò di non darlo a vedere. 
 
Shiho: «Fatto?» chiese non avendo più sentito sue notizie.
 
Rei: «Fatto.» non riuscì ad alzare lo sguardo che era rimasto puntato sulla coscia dolorante. 
 
Shiho: «Bene.» si voltò verso di lui e, con altrettanto imbarazzo, si sedette al suo fianco per controllare la ferita più meticolosamente. «È un colpo d'arma da fuoco. È stato Gin poco fa, vero?» non riuscì a guardarlo in viso. 
 
Rei: «Posso assicurarti di no.» anche lui, restò con lo sguardo sempre fisso sulla ferita. 
 
Shiho: «Allora è stata Vermouth?» prese nuovamente lo zaino in mano. 
 
Rei: «No.»
 
Shiho: «Non mi dire che è stato davvero Rum?!» si pulì le mani e poi premette con forza sull’arteria femorale. (Non ce la posso fare.) prese il disinfettante e il cotone idrofilo.
 
Rei: «No. Non partecipava nemmeno alla missione. Ma immagino che tu ci sia arrivata collegandolo al racconto di Poe, vero?» sorrise e volse lo sguardo verso il soffitto. 
 
Shiho: «Vero. Era anche per questo che temevo la presenza di Gin, ma, erroneamente, non quella di Vermouth.» bagnò il cotone idrofilo nel disinfettante. «È inutile che ti dica che brucia, vero?»
 
Rei: «No. Mi piace sentirlo dire.» ridacchiò. «Poi, in realtà, brucia abbastanza già da un po'.»
 
Shiho: «…» fece uno sguardo bieco. «Non ti conosco bene, ma credo che tu abbia gravi problemi. In ogni caso, adesso stringi i denti. Farà male, ma poi andrà meglio.» sospirò. (La pallottola dovrebbe essere ancora dentro…)
 
Rei annuì con un mugolio. 
 
Ciò che non avrebbe mai e poi mai immaginato, stava accadendo. Era come se riuscisse a vedere il passato attraverso i suoi soli occhi. Non si trattava di Elena, ma della bambina che portava in grembo quando era andata via dalla clinica ed era entrata a far parte dell'Organizzazione. Erano trascorsi ben diciannove anni. Non l'avrebbe mai detto, ma il suo carattere litigioso che aveva anche ai tempi, non era cambiato di una virgola… si sentiva sempre lo stesso. Shiho gli stava pulendo la ferita. Lentamente, lo sguardo di Rei finì sul suo. Era lì, intenta a sbrigare il suo lavoro, ma non sembrava avere fretta. Era chiaro che era cambiato qualcosa da quando avevano cominciato a scambiare qualche chiacchiera. Si era presentato come un nemico… Ma non poteva non rivedere Elena in lei. Era come se quell'anima fosse volata in cielo, ma fosse rinata in un nuovo angelo che non aveva niente a che vedere con l'inferno.
 
Shiho: «Adesso metto la garza, un altro po' di pazienza e ho finito.» non lo guardò e continuò il suo lavoro. (L’unica cosa che mi viene in mente… no… non può essere…)
 
Rei, dal canto suo, non rispose. 
 
Restò a guardarla senza esprimere nulla. 
 
Le sensazioni che provava in quel momento erano tante, ma tra tutte, due avevano avuto la meglio: una grande dose di tristezza e un'infinità felicità. Shiho era lì vicino a lui. Se il piano fosse andato a buon fine nella sua totalità, sarebbe stata finalmente libera dall'oscurità dell'Organizzazione. Era ciò che Rei si augurava con tutto se stesso. Sconfiggere quel covo di gente marcia non era più un sogno impossibile. Da qualche tempo, aveva avuto delle certezze.
 
I suoi sogni potevano davvero diventare realtà? 
 
Shiho: «Ti ho fatto così tanto male che nemmeno mi rispondi?» si prese di coraggio e lo guardò dritto in faccia. «Insomma, sei un uomo, queste dovrebbero ess---» restò sbalordita nel vedere che aveva il volto rigato dalle lacrime. 
 
Alla fine, non ce l'aveva fatta. Nella sua vita aveva perso sempre tutte le persone che amava di più, persino i suoi cari colleghi con cui aveva frequentato l'accademia di polizia. Ma adesso lei era lì. Quell'ancora di salvataggio che forse avrebbe ancora potuto portare in salvo ciò che Rei aveva chiuso per sempre con un lucchetto: il suo cuore e, in parte, i suoi veri sentimenti. 
 
Shiho: «Brucia così tanto? È perché la pallottola è ancora lì, vero?» poggiò istintivamente una mano sulla sua, aggrottando lo sguardo. «Sono… sono stata io a farti del male… vero?»
 
Non riusciva a capire cosa fosse accaduto. Aveva evitato di guardarlo perché non voleva vederlo mezzo spogliato, ma non si sarebbe mai aspettata una rivelazione del genere. Stava piangendo davvero perché sentiva dolore? Un po', soltanto un po', gli tremavano le mani. Era come se avesse fatto un incubo a occhi aperti e non riuscisse a dimenticarlo. Poi, con un secondo sguardo più approfondito, notò che l'unica cosa che riuscivano a trasmetterle quelle lacrime era una sensazione catartica. Non poteva credere che fosse davvero per il dolore che provava. Che avesse perso qualcuno che amava, come lei stessa aveva precedentemente perso sua sorella? Ma allora, perché si stava sfogando in quel momento? Credeva di stare per morire?
 
Rei: «No… tu… puoi solo farmi stare bene.» afferrò disperatamente la mano della ragazza e la abbracciò calorosamente, stringendola al suo petto. «Shiho-san… grazie…»
 
Shiho: «Prego…?» restò immobile, non riuscendo a capire se Rei fosse impazzito per il troppo dolore o se fosse, quindi, arrivato il momento delle rivelazioni. 



2 minuti allo scoppio delle bombe.


__________________________________
Angolo dell'autrice.
Questo capitolo e quelli a venire si svolgono tutti nello stesso momento. Ne approfitto per ringraziare nuovamente tutti coloro che stanno leggendo la fanfiction e coloro mi supportano anche con le loro recensioni. Grazie e a presto! ♡

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Capitolo 31
*** Help ***


Era impossibile che un ladro d'eccellenza come Kaito Kid non conoscesse a menadito la planimetria della villa di Itou. Prima di mettere a punto il colpo, infatti, memorizzò la posizione di ogni stanza all'interno di essa, e non solo di queste. L'aiuto di Jii fu fondamentale come sempre. Avrebbe voluto ringraziarlo alla fine della missione, ma, in realtà, si trovava ancora lì a cercare il significato di quella parola che aveva trovato nella lettera che il padrone di casa gli aveva detto di recuperare. Lì c'era la verità… ma cosa poteva mai significare?
 
Aoko lo seguì. Entrambi camminarono con passo spedito, dirigendosi verso una stanza del piano terra. Dal punto di vista di Kaito, ovviamente, la polizia non era ancora entrata in altre stanze che non fossero la sala da ballo dove stava momentaneamente lavorando la scientifica. Quindi, onde evitare di farsi beccare in flagrante, doveva muoversi. A un certo punto, arrivarono davanti a una porta a due ante, intagliata in legno, con dei ghirigori curiosi che ne designavano l'importanza. 
 
Aoko: «Oooh… Si vede proprio che questa è una grande villa!» esclamò con due stelle al posto degli occhi, per quanto brillassero. 
 
Kaito: «Ti entusiasmi con poco, eh? Se già per una porta reagisci così, cosa farai una volta arrivata dentro?» la guardò di sottecchi. (Vediamo se riesco a fregarla per non farle capire qualcosa…) 
 
Aoko: «Sicuramente Aoko si guarderà intorno, e…! Non è affar tuo! Tsk!» si voltò stizzita su un lato. 
 
Kaito: (Perfetto!! Ha reagito esattamente come credevo io!) ridacchiò e scassinò il lucchetto che gli serviva rimuovere per aprire la porta. (Kekeke, ti ho fregata!!) 
 
Aoko: «Siamo sicuri che tu sia Chat Noir e non Kaito Kid nei panni di quest'ultimo?» chiese mentre lo guardava di sbieco, poi gli tirò un orecchio con forza.
 
Kaito: «Ahiahiahi…! Ma che fai?? Ti ho detto di darmi un po' di tregua!!» sbottò mentre si accarezzava l'orecchio indolenzito. 
 
Aoko: «Prima rispondi alla domanda di Aoko.» lo guardò seria. 
 
Kaito: «Sono Chat Noir… te l'ho detto, no?» distolse lo sguardo.
 
Aoko: «Aoko si è stancata di giocare. Sii chiaro e arriva al punto senza avanzare stupide pretese!» insistette alterandosi.
 
Kaito: «E va bene… Facciamo che ti dico la verità non appena usciamo da questo posto?» la guardò nuovamente negli occhi. 
 
Aoko: «Bene! Solo se lo prometti ad Aoko! Ehm… cioè… a Ladybug!» sollevò il mignolo della mano destra. 
 
Kaito: «Non vorrai dirmi… che vuoi fare una cosa così… da bambini?» accennò una risata nervosa. 
 
Aoko: «Non è una cosa da bambini…!» arrossì. «Forza, non perdiamo tempo!» avvicinò con insistenza il dito al suo viso. 
 
Kaito: «E va bene…» sbuffò, e, rassegnato, strinse il mignolo nel suo. «Ihih~ Se la promessa non manterrò, Ladybug bacerò!» aggiunse canticchiando mentre lasciò ciondolare le braccia di entrambi. 
 
Aoko: (Mi sta prendendo in giro! Grrr… Se… questo… non è… Kaito…!!!) gli strinse il mignolo ancora più forte. «Prima che tu possa baciarmi passeranno millenni!» lo guardò adirata. 
 
Kaito: «Ahahah! Stavo scherzando, prendi tutto sul serio---!» stava per togliere il dito dal suo, ma Aoko lo guardò peggio di prima. 
 
Aoko: «Se la promessa non manterrò… su Marte con un calcione finirò.» rise sadicamente e tolse la mano dando un grande slancio a quella del ragazzo. 
 
Kaito: «Mi hai rotto un dito, ohi!» la agitò per cercare di mitigare il dolore. 
 
Aoko: «È tutta colpa tua, pensala così!» girò i tacchi e si diresse all'interno della stanza. «Wow… È… davvero un altro mondo…!»
 
Davanti ai suoi occhi c'era la biblioteca principale della casa, così grande da sembrare quasi la libreria migliore della città. I testi erano perfino divisi per tematiche e ce n'erano sia di vecchi che di nuovi. L'odore che si percepiva era quello tipico dei testi un po' vecchiotti, molto piacevole. La luce era spenta, e sembrava che non ci entrasse qualcuno da abbastanza tempo. Le pareti contenenti delle finestre erano state lasciate libere per far entrare la luce durante il giorno, ma a qualche centimetro di distanza, cominciavano a ergersi delle alte librerie abbastanza massicce. Esse si estendevano per tutte le stanze della libreria e creavano una "stanza dentro la stanza", come se fosse un labirinto composto da libri. 
 
Kaito: «Già! Per questo, prima ti dicevo che…» accese un lume, così che da fuori non si notasse che la luce era accesa. 
 
Chiuse la porta alle sue spalle e fece luce su di lei, guardandola in viso. 
 
Era una scena che non si sarebbe mai perso per nessuna ragione al mondo. Come immaginava, l'espressione della ragazza era totalmente ricca di stupore. I suoi grandi occhioni blu risplendevano come l'acqua cristallina che scorre su un fiume di montagna. Aveva sollevato le mani sul petto e le aveva strette in due pugni. Sembrava quasi una bambina alla vista di un regalo messo sotto l'albero che non riusciva ad aspettare il giorno di Natale per aprirlo. Una delle cose che più adorava di Aoko, erano quei vaghi momenti in cui non lo picchiava o lo insultava. Quei momenti in cui riusciva a vedere quel lato estremamente dolce che mostrava solo in determinate situazioni… ovvero, quelli dove lui non la stuzzicava. Aveva un sorriso tenero, terribilmente gentile e sorpreso. Poi c'era quella sua semplicità che non la abbandonava mai. La sua forza interiore, il suo coraggio in alcune situazioni… ma anche le sue debolezze. C'era davvero qualcosa di lei che non gli piacesse? 
 
Aoko: «Che…?» cercò di riprendere la frase del ragazzo che si era imbambolato. 
 
Kaito: «Che… Ah! Sì! Che ti entusiasmi per davvero poco!» ridacchiò prendendola in giro. 
 
Aoko: «Sei… lo Chat Noir più tarocco che abbia mai visto o sentito in vita mia!» sbottò inarcando le spalle e gonfiando le guance. «Aoko si mette a lavoro!» si avvicinò a una libreria. 
 
Kaito: «Aspetta!!» la rincorse. «Non abbiamo il tempo di cercare in tutti questi testi!» controllò il cellulare. «Se ci fosse campo, potrei cercare tramite le immagini di Google…» sbuffò. 
 
Aoko: «Ah!» controllò anche il suo smartphone. «Adesso come faccio con le ragazze? E Aoi-chan?!»
 
Kaito: «Beh… erano in due, magari l'hanno già trovata e non possono dirtelo…» fece spallucce. 
 
Aoko: «E se fosse ancora dispersa? La villa è così grande…» lo guardò preoccupata. 
 
Kaito: «Non credo! Ma in caso… te l'ho detto no? Non appena troveremo cosa significa questa parola, le raggiungeremo. Vi darò una mano anche io!» annuì. «Poi, conta sempre che presto la polizia scandaglierà tutta la villa, quindi prima o poi, la troveranno.» sorrise deciso. 
 
Aoko: «Mmh…» notò che stavolta il tono del ragazzo era positivo e stava cercando di tranquillizzarla. «Va bene, Chat Noir! Allora procediamo!» ricambiò il sorriso con altrettanta decisione. 
 
Kaito: «Molto bene, milady~» prese di nuovo la lettera e diede un’occhiata al biglietto contenuto in essa. «Allora...» lo abbassò in modo che entrambi potessero vederlo nello stesso modo.
 
Aoko: «Bene… Direi che 中止, anche capovolto o al contrario, sia da escludere, no? Cioè, se lo giriamo e lo rigiriamo, per quanto possa essere in qualche modo simile, Aoko crede che il significato non possa essere quello.»
 
Kaito: «E se l’avesse scritto qualcuno con una pessima calligrafia?» cercò di rimuginare.
 
Aoko: «No, impossibile. Aoko è convinta che, per quanto ignoto a noi, sicuramente se è qualcosa che può avere un significato, è autentico.» gli lanciò uno sguardo obliquo. «Ovvio, no?»
 
Kaito: «Effettivamente è così, però… Mh...» continuò a riflettere. «Forse a questo punto… Potrebbe essere qualcosa che ha a che vedere con il ballo di stasera. Cos’era che per Itou-san era tanto importante da mostrare?»
 
Aoko: «Ovviamente i due zaffiri che ha rubato quel buzzurro di Kaito Kid!» esclamò seccata. «E l’espositore che aveva creato lui.» annuì incrociando le braccia al petto.
 
Kaito: «Esatto! Dunque…!» si zittì. (Maledizione… Continuare il ragionamento potrebbe significare darle modo di capire che Kaito Kid sono io… Vediamo quanto ne sa, magari l’ispettore Nakamori le ha detto qualcosa a riguardo…) diede qualche colpetto di tosse. «Dunque… Chissà se magari gli zaffiri avevano qualche particolarità? O forse, l’espositore? Ricordo bene che le pietre preziose avevano una colorazione particolare… giusto?» la guardò come a intimare di continuare la frase come meglio poteva.
 
Aoko: «Sì… se Aoko non ricorda male, effettivamente… Prima di chiunque altro, papà le aveva parlato di una cosa apparentemente strana!» lo guardò dritto negli occhi. «L’interno della pietra, alla luce cambia colore. Dal rosso al rosa… o qualcosa di simile!» annuì contenta.
 
Kaito: «Bene, bene~ Quindi, magari potrebbe essere qualcosa di correlato? Dovrebbero essere degli zaffiri davvero particolari per essere tanto unici, no? Non ho mai sentito di niente del genere.» fece spallucce.
 
Aoko: «Anche Aoko ha pensato la stessa cosa… Era per questo che ci teneva tanto a vederli! Certo, peccato che qualcuno abbia pensato di rovinarle tutto prematuramente.» distolse lo sguardo, irritata.
 
Kaito: «Aaaah… Cose che succedono!» si guardò intorno. «E se cercassimo qualcosa che ha a che vedere con gli zaffiri? Magari con degli strani colori? Con particolarità speciali?»
 
Aoko: «No, sono scelte, non cose che succedono!» sbottò stizzita. «Sì, proviamo in questo modo…» controllò nuovamente lo smartphone. «Siiigh...» sospirò.
 
Kaito: «Presto usciremo da qui, quindi non ti preoccupare assolutamente!» le diede una calorosa pacca sulla spalla e si diresse verso la zona con i libri che corrispondevano ai minerali e alle pietre preziose. «Prendiamo un bel testo che ci possa illuminare...» cercò tra i vari tomi. (Che perdita di tempo… Aoko, sbrigati a capire!!!)
 
Aoko: «Sì! Aoko pensa che questo faccia al caso nostro!» una volta dopo averlo seguito, ne prese uno abbastanza spesso dal titolo “Pietre preziose da tutto il mondo”. «Aoko cerca qui!»
 
Kaito: «Nnno. Cerchiamo insieme, sono convinto che l’unione fa la forza!» sorrise convinto.
 
Aoko: «Anche Aoko, ma in questo caso non dobbiamo perdere tempo!» esclamò nascondendo il libro nel suo petto.
 
Kaito: (È inutile che lo nascondi in un posto dove non c’è niente…) sbuffò. «Va bene...» osservò gli altri testi. «Ok, prendo questo qua.» prese un libro che conosceva già, dove sapeva che, per certo, ci sarebbe stata la risposta che stavano cercando.
 
Aoko: «Buona lettura!» si sedette. «Senti, fai luce anche qui o Aoko non vede davvero nulla!»
 
Kaito: «Sì, sì...» si sedette vicino a lei e mise il lume sul tavolo, in modo che la luce potesse giungere omogenea per entrambi.
 
Aoko: «Bene! Allora...» scorse velocemente le pagine per arrivare a quella che trattava dello zaffiro. «Perfetto!» esclamò soddisfatta.
 
Kaito la guardò per un attimo e poi fece finta di sfogliare con interesse il testo che aveva preso.
 
Aoko restò a leggere per un po’. Il ragazzo, dopo qualche minuto, si accorse che la ragazza stava osservando sempre la stessa parte di una pagina.
 
Kaito: «Trovato niente?» chiese per giungere alla risposta scontata che si aspettava.
 
Aoko: «Effettivamente… sì! Mi fai rivedere il foglio che c’era dentro la lettera?» non distolse lo sguardo dal libro ma allungò una mano verso di lui.
 
Kaito: «Sì, come no!» le porse il foglio.
 
Aoko: «Ecco… Aoko non ha più alcun dubbio!» dopo averlo scrutato a fondo, puntò un dito verso una pagina in particolare. «Sicuramente quegli zaffiri hanno a che vedere con questi colori qua!»
 
Kaito: «Mh? In che senso?» si avvicinò di più a lei, per leggere la pagina che indicava.
 
Aoko: «Dunque...» arrossì leggermente. «Come ben saprai… ci sono diversi colori di zaffiri e tutti hanno dei significati e delle proprietà diversi.»
 
Kaito: «Sì, più o meno...» la guardò cercando di fingere interesse. (Vai avanti, muoviti, non perdiamo tempo, Aoko!!!)

Aoko: «Lo zaffiro blu, che è quello che tutti conosciamo di più, dona forza, attenzione e ordine mentale. Inoltre, pare che sia un toccasana per lo spirito.» continuò a leggere.
 
Kaito annuì cercando di farla andare avanti senza intoppi.
 
Aoko: «La cosa che ha fatto riflettere di più Aoko è questa. Ci sono degli zaffiri di diverse tonalità e colori, tuttavia, quello rosa significa stimolo delle emozioni. Favorisce l’amore e il perdono.» gli lanciò uno sguardo d’intesa.
 
Kaito: «Oooh~ Non lo sapevo…! Vai avanti!» ricambiò lo sguardo.
 
Aoko: «Se Aoko avesse le prove, ti direbbe che sei un bugiardo, dato che le sembra il contrario… Ma in ogni caso, arriva qui ciò che è davvero interessante!» indicò nuovamente una parte della pagina del libro. «Questo zaffiro si chiama padparadscha ed è un miscuglio di rosa e giallo o di colore arancione.» sorrise. «Stimola la sincerità e unisce creatività e spiritualità… per questo si suol dire che può essere un supporto per gli artisti. Se uniamo le caratteristiche principali dei tre colori che si potevano vedere dalle sfumature degli zaffiri di Itou-san, potremmo avere spirito, amore e sincerità
 
Kaito: «Mmh… non credo che abbiano a che vedere con queste cose…? Forse il fatto che fossero di quei colori, sicuramente sì. Ma cosa c’entra con la scritta che c’era sul biglietto?» la guardò seccato. (Bene, questo era ciò che sapevo anche io, procediamo con le cose serie!) 
 
Aoko: «Ma insomma…!!! Certo, Aoko intendeva fare un discorso generale perché poteva essere utile!» sbottò. «Se non te ne frega, allora fai le tue ricerche da solo!» volse lo sguardo sul lato opposto a quello dove si trovava il ragazzo.
 
Kaito: «Non intendevo questo, aspetta… Volevo che andassi al sodo! Dai, te l’ho detto che non abbiamo tempo!!» gesticolò. «Lo sai anche tu che è un’operazione segreta!»
 
Aoko: «Aoko ha capito! Ma non pretendere che tutto vada sempre come vuoi tu, non gestisci i pensieri degli altri!» si voltò verso di lui e lo guardò male.
 
Kaito: «Va bene, va bene...» fece un inchino con le sole braccia. «Mi dispiace. Vai avanti, milady~»
 
Aoko: «Come…?» continuò a guardarlo storto.
 
Kaito: «Per favore…?» congiunse le mani in segno di preghiera.
 
Aoko: «Mh. Ora va bene.» annuì soddisfatta. «D’accordo, allora...» riprese a leggere.
 
Kaito: (Se non fosse stato per la tua presenza, sarei già tornato a casa da almeno un’ora.) pensò mentre appoggiava il mento sulla mano.
 
Aoko: «Il padparadscha è uno zaffiro rarissimo che viene addirittura prodotto sinteticamente! Il suo nome deriva dal linguaggio definito dagli indiani, la lingua delle divinità. Eh sì, sto parlando del sanscrito!» disse con le stelle che le brillavano negli occhi. «Deriva dalle parole padma कमल e gara रंग che significano rispettivamente loto e colore. Tutto ciò perché la tinta originaria è molto simile a quella del fiore di loto. Allora, Chat Noir! Prendiamo un dizionario di sanscrito e cerchiamo questa parola! La parola che significa loto, mi sembra anche molto simile a quella del biglietto!» la indicò diverse volte.
 
Kaito: «Effettivamente… Va bene, milady! Vado a prendere il dizionario…! Aspetta… Una volta trovato, come facciamo a cercare quella parola…?» la guardò perplesso.
 
Aoko: «Ehm… Aoko non ci aveva fatto caso, ma sarebbe impossibile poter cercare ogni singolo termine… Tu non conosci il sanscrito, vero?» ricambiò lo sguardo con una goccia di sudore che le scendeva lungo la guancia.
 
Kaito: «E come potrei mai conoscerlo?» sbuffò. «Mah, magari possiamo essere fortunati, vado a prenderlo lo stesso.»
 
Aoko: «Ah!!!» balzò in piedi. «In caso, cerchiamo tra gli aggettivi di ogni zaffiro!! Forse ci possono aiutare!» esclamò convinta di aver trovato la soluzione al problema.
 
Kaito: «Dato che non c’è via di scampo… suggerisco di fare così. In caso, non appena andremo via, potremo controllare da un computer o simili.» accennò un sorriso. (Non avrei mai pensato che si sarebbe rivelata tanto fondamentale… Anche se mi sa che la soluzione finale arriverà tra un po’ di tempo, quando sarò già lontano da lei e possibilmente a casa… No… Nemmeno in quel caso sarei lontano da lei.) sospirò e prese con sé il lume. «Io vado a prendere il vocabolario, ok?»
 
Aoko: «Ehm… sì, certo!» lo salutò con la mano, non molto convinta.
 
Kaito: «Torno subitissimo!» fece un cenno col capo.
 
Aoko: «Ma sì, Aoko ti aspetta qui…!» cercò di essere leggermente più determinata.
 
Kaito: «A tra poco...» cominciò a far luce e a dirigersi verso il posto dove vedeva scritto Dizionari. (Certo che se la fa sotto anche se in questa stanza ci siamo solo io e lei… Non c’è niente da fare, è e sarà per sempre solo una bambina.) sebbene le sue parole sembrassero burbere, avanzava con un grande sorriso sulle labbra, intenerito dalla personalità adorabile della ragazza. (Bene, allora… Ma ci sarà un dizionario del genere? Se lo sa scrivere, forse sì, certo… A meno che non sia nella sua stanza… ma speriamo di no, non potremmo andare altrove una volta usciti da qui, o la polizia ci troverà e non deve assolutamente vedermi!)
 
A un certo punto, Kaito sentì qualcosa alle sue spalle. Due mani si stavano stringendo alla sua vita. Percepì che erano spaventate, perché tremavano leggermente. Erano davvero piccole e, non aveva il minimo dubbio che si trattassero di quelle di Aoko. Un posto estraneo come quello non era sicuramente il migliore e fino a poco tempo prima, un pazzo aveva sparato in mezzo a una moltitudine di persone come se niente fosse. Il buio, generalmente, non faceva altro che accentuare il tentennamento delle paure delle persone, figuriamoci di quelle della ragazza che era lì con lui. Solitamente era temeraria, lo prendeva a botte da quando si vedevano a quando si salutavano, ma era pur sempre una ragazza e, nella mente di Kaito, andava protetta. Soprattutto perché si trattava della persona che gli piace. Era vero che avrebbe aiutato o salvato chiunque, ma lei era davvero preziosa e avrebbe sempre fatto del suo meglio per salvarla in ogni situazione, anche la più stupida, come quella in cui si trovano in quel momento, per giunta, in cosplay. Era certo che, essendoci lì detective del calibro di Shinichi, Heiji, Masumi e il suo caro Hakuba, chiunque fosse stato l’attentatore, sarebbe finito in carcere seduta stante. Quindi non aveva alcuna paura per la ragazza, che non poteva mica sapere tutto ciò che sapeva lui. A volte, l’essere il famoso Kaito Kid lo aiutava a crearsi due mondi totalmente diversi. Aveva conosciuto così tante persone che Aoko nemmeno poteva immaginare. Alcuni che, nel tempo, erano diventati delle presenze quasi normali all’interno della sua vita, come Shinichi o Sonoko. Un giorno, sarebbe stato contento di poterle presentare entrambi… anche se, da quello che aveva capito, aveva avuto modo di conoscere nella decenza almeno Ran.
 
Kaito: (Non potrebbe mai nemmeno immaginare che le volte in cui ci ho provato con lei l’ho fatto solo perché volevo provare a fare il galante con te, un giorno. Si somigliano davvero tanto, anche se Aoko non è replicabile in nessuna maniera. Lei… Lei per me è…)
 
Aoko: «Scusa, Chat Noir… Aoko pensava che stare lì senza la luce le avrebbe fatto abbassare la vista…! Sai com’è...» appoggiò la testa sulla sua schiena.
 
Kaito: «Eh… Immagino. Ma io sono sempre qui per darti una mano, non ti preoccupare. Sai che puoi fare sempre affidamento su di me, no?» disse senza voltarsi di 1 mm.
 
Aoko: «M-Ma certo, siamo pur sempre partner. Poi… Dobbiamo muoverci, l’hai detto tu.» restò ferma lì.
 
La sensazione di calore che le dava quella schiena era davvero familiare. Aoko era già riuscita a capire dal respiro del ragazzo e, soprattutto, dal suo comportamento e dall'atteggiamento, che si potesse trattare di Kaito. Non c’era davvero niente di lui che non conoscesse. Il fatto che fosse cresciuta insieme al ragazzo, non solo come sua vicina di casa e amica d’infanzia, ma anche tenendo in considerazione che nel tempo si era innamorata di lui… tutto ciò non aveva fatto altro che cambiare in lei il modo in cui lo guardava e il modo in cui lo sentiva. Non l’aveva studiato in modo approfondito, era qualcosa che sentiva dentro di sé, qualcosa di totalmente naturale che aveva sviluppato nel tempo. Lo conosceva come se fosse sempre stato una parte di sé, ed era in questo modo che, a volte, inavvertitamente, lo considerava. Il cuore le batteva forte. Non sapeva ancora se fosse la verità. Una volta aveva anche scambiato il ragazzo per Kaito Kid e non voleva ricacciarsi nello stesso guaio. Dato che le avrebbe detto la verità una volta andati via da lì, le andava bene aspettare. Si fidava di lui al massimo, non le avrebbe mai mentito… o forse sì? In quel caso, togliergli la maschera non sarebbe stato nemmeno un optional, l’avrebbe fatto e basta. Voleva dire a lui, dritto in faccia, quanto fosse orgogliosa del suo comportamento; di tutto ciò che aveva fatto quella sera, anche se nei panni di un personaggio dei cartoni animati che è pur sempre un grande eroe. Inoltre, si era anche creata delle aspettative: nonostante si fosse premessa di non farlo era inevitabile. Gliel’aveva già detto, ma quel vestito da Ladybug l’aveva sicuramente portato con sé per un motivo. Ed esso poteva davvero essere lei? Chi sarebbe stato, se no? Un’altra ragazza? Questo era l’unico motivo per cui non poteva ignorare la verità sul fatto che poteva non trattarsi di Kaito. Forse voleva farle una sorpresa? Ma andare al ballo vestito da Chat Noir e sperare che lei si vestisse da Ladybug aveva senso? Il ballo in maschera di quella sera non era una festa carnevalesca, era più del genere regale. Continuava a non capire. Ma in quel momento l’unica cosa che le frullava di più per la testa, che si trattasse di Kaito o di qualcun altro che stava impersonando Chat Noir, era di non restare da sola. Era vero che era abbastanza forte e non aveva paura di niente, ma ciò che era accaduto l’aveva scossa abbastanza. L’adrenalina l’aveva aiutata a restare un po’ con i piedi per terra, ma col senno di poi, aveva pensato che avrebbe potuto essere lei la persona colpita dal proiettile, essendosi trovata insieme alla vittima. Da un certo punto di vista era stata davvero fortunata, dall’altro, se avesse potuto, avrebbe preferito che non avessero sparato a nessuno. Ormai, però, non poteva piangere sul latte versato, perché il fatto era accaduto, ma la paura restava insita dentro di lei. La polizia si stava occupando del caso e nessuno, più di lei, era convinto che avrebbero risolto tutto al più presto. L’unica pecca era quella di non potersi mettere in contatto con anima viva, nemmeno con suo padre, per poter capire se il colpevole fosse stato preso o meno. La paura scaturiva da questo, dal fatto che essendo scappato ed essendo quella grande biblioteca un posto momentaneamente non illuminato, poteva sbucare fuori da lì da un momento all’altro. Quindi si sentiva sicura solo là, in quel posto che per lei era quasi come una casa. La schiena del ragazzo le infondeva sicurezza e coraggio, la faceva stare bene.
 
Aoko: (Aoko ne è certa… Tu… sei Kaito. Mai nessuno potrà ingannare il cuore di Aoko… Perché tu… tu per lei sei…) pensò tenendo gli occhi chiusi. 
 
Kaito: «Ehm… Milady?» il viso gli diventò completamente rosso. 
 
Aoko: «S-Sì! Ecco…! Hai trovato ciò che stavamo cercando?» si scostò e si mise alla sua sinistra, davanti alla libreria. 
 
Anche lei era rossa fino alla punta delle orecchie. 
 
Kaito: «Lo sto ancora cercando. Già che ci sei, mi dai una mano?» controllò i testi davanti a sé. 
 
Aoko: «Certamente! Ci vorrebbe un… Lucky Chaaarm!» congiunse le mani a mo' di fotografia davanti a sé e inquadrò una parte a caso della libreria. «Vediamo, vediamo…! Ah, eccolo!!» prese un dizionario enorme dallo scaffale. 
 
Kaito: «Ugh… È abbastanza spesso… chissà se con un po' di fortuna ce la possiamo fare davvero. È inglese/sanscrito e viceversa.» restò leggermente sbigottito. «Il Lucky Charm ha funzionato subito, eh?» fece luce verso la via di ritorno da dove erano venuti.
 
Aoko: «Ci mancava! Aoko è pur sempre Ladybug!» si appoggiò trionfalmente le mani sui fianchi. 
 
Kaito: «Sì, certo! Adesso seguimi.» ridacchiò e fece strada. (Forse, solo adesso e solo un po'... Penso che Aoko sia davvero indispensabile… per me... Ma esclusivamente a volte, non sempre.)
 
Appena giunti al tavolo, si sedettero senza problemi. 
 
Aoko: «Allora...» aprì il dizionario. «Cerchiamo gli aggettivi che ha detto prima Aoko. Se quelli non vanno bene, cercheremo delle parole che cominciano per padma… Dato che la scrittura somigliava a quella del biglietto!»
 
Kaito: «Dato che sei così tanto fortunata, facciamo come hai detto. Io resterò qui, fermo a osservare. Come un bravo Chat Noir~ Mi farò avanti solo se qualcuno cercherà di farti del male.» disse sedendosi nuovamente con la mano sotto il mento.
 
Aoko: «C-Certo! Anche se non ce ne sarebbe bisogno…! Perché Aok--- Ladybug sa badare a sé!» fece spallucce cercando di ostentare sicurezza e volse lo sguardo sul libro. «Dunque… Aoko aveva detto spirito, amore e sincerità. Allora… Spirit… si dice “Ātman” आत्मन्. Non le pare che ci somigli…?»
 
Kaito: «No che non ci somiglia!» osservò il biglietto. «Vai avanti.»
 
Aoko: «Ok… Poi… Amore.» detta questa parola, arrossì visivamente.
 
Kaito: «V-Vai, cercala…!» fece lo stesso anche lui.
 
Aoko: «Un attimo, un attimo!!» sfogliò le pagine del dizionario. «Love… Si dice “Sneha” स्नेह… Ma è specificato che significa amore in senso matern---...» si zittì mentre continuò a leggere.
 
Kaito: «Mh? Hai già trovato qualcosa?» si avvicinò di più a lei, accostandosi alla sua spalla. «Vediamo… Sì, è come hai detto tu. Perché la cosa ti sciocca tanto?» continuò a leggere. «Dice ”Motherly, ecc.”, è corretto.»
 
Aoko: «Non è questo… è ciò che segue che ha lasciato Aoko perplessa…!» lo guardò ancora più arrossita di prima.
 
Kaito: «Che c’è scritto? Kamasutra?» sogghignò. «Vediamo… La seconda voce è proprio quella che stavamo cercando!!!» indicò le parole. «Guarda! Combacia del tutto! काम si legge “Kama”... ehm...» si zittì anche lui. (Kamasutra… effettivamente…)
 
Aoko: «Questo è il significato di amore in senso… erotico e sessuale...» non ebbe più il coraggio di guardarlo in viso.
 
Kaito: «Magari… ne ha qualche altro?» si grattò una guancia e sfogliò il dizionario dal verso che andava dal sanscrito all’inglese. «Ehm… Sì, l’altro senso è longing, ovvero “desiderare”.» alzò gli occhi verso il soffitto. (E che diavolo significherebbe che questa è la verità?!)
 
Aoko: «Forse significa anche altro… Aoko non può credere… Non avrebbe nemmeno senso…!» scosse la testa e balzò in piedi. «Dobbiamo andare a chiedere direttamente a Itou-san! Certo, non sarà in grado di rispondere subito… ma nel frattempo possiamo fare ulteriori ricerche!»
 
Kaito: «Mh… Direi che hai ragione. Anche se...» si alzò anche lui. (Per prima cosa, devo trovare un modo per non farmi scoprire, e l’identità di Chat Noir è già nota alla polizia…!)
 


2 minuti allo scoppio delle bombe.

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Capitolo 32
*** Incondizionatamente ***


Non c'era più tempo di indugiare. Ormai il colpevole era stato catturato, quindi la polizia attendeva soltanto che riaprisse gli occhi per portarlo via dalla villa e interrogarlo al fine di capire quali motivi avesse avuto per agire in quella maniera contro una persona che, fino a poco tempo prima, era solo un suo superiore in campo lavorativo. Nel frattempo, Sato e Shiratori stavano continuando a sentire le testimonianze di Masumi e Chihiro per cercare di capire qualcosa in più sull’accaduto che risultava essere ancora un mistero.
 
Sato: «Dunque, potete fornirci una descrizione dettagliata di questa persona di cui parlavate poc'anzi?» guardò sia Masumi che Chihiro. 
 
L'aria all'interno della stanza si fece abbastanza pesante. 
 
Masumi: «Era…» rifletté. (Era un tizio che mi ha chiesto di non dire nulla sulla sua identità… giustamente. Il problema, adesso… è che non posso continuare a mentire.) 
 
Chihiro: «Era molto buio, credo che entrambi non avremmo mai potuto distinguerla… inoltre, al contrario di Tsukimi-san, aveva un tono di voce molto basso, non l'abbiamo sentita bene.» guardò Sato dispiaciuto. 
 
Sato: «Ah… ma aveva una compagna, quindi si sarà trattato di un uomo?» chiese con insistenza. 
 
Masumi: «Sì, era indubbiamente un uomo.» annuì senza farsi problemi e lanciò un'occhiata obliqua a Chihiro. (Koseki-kun, non mentire per lui, non ne vale la pena…!! Inoltre, quando mi ha detto di non fare il suo nome, non ha nemmeno aspettato che gli rispondessi… Non so quanto possa meritare che lo faccia davvero. Mh… Effettivamente, potrei sfruttare questa situazione a mio favore, per vedere se posso ricavarne qualcosa...) 
 
Sato: «Bene, almeno questo…» prese appunti. «Non sapete dirmi più o meno che genere di abiti indossava? Se aveva qualcosa di particolare addosso?»
 
Chihiro: «Che io ricordi… no?» volse lo sguardo su Masumi. 
 
Masumi: «Mmh… non credo. Probabilmente si trattava di un abito dalla silhouette abbastanza semplice.» pensò al completo che aveva addosso Shinichi. 
 
Sato: «Ho capito. È davvero un peccato, il tuo avrebbe dato subito nell'occhio.» sorrise divertita. «È davvero elegante! Poi quella spada ti dà un tocco di stile.»
 
Chihiro: «Lo penso anche io.» sorrise gentilmente. 
 
Masumi: «Grazie…!» rispose leggermente imbarazzata ma impettita, mentre Megure, Takagi e Kogoro facevano il loro ingresso all'interno della stanza.
 
Takagi: «Sato-san, ti piacerebbe vedermi vestito in quel modo?» si avvicinò alla donna dopo aver ascoltato la discussione. 
 
Sato: «Non avrei alcun interesse in una cosa del genere.» sorrise tutta contenta. «Ispettore Megure, ci sono novità?»
 
Megure: «Sì. A parte il fatto che nessuno si aspettava niente del genere…» disse fissando Tsukimi Ryu, poi volse nuovamente lo sguardo su Sato. «Gli invitati al ballo sono quasi andati via tutti quanti, pian piano sentiremo ciò che hanno da dire in merito, ma molti, suppongo la maggior parte di essi, erano chiaramente estranei agli avvenimenti che sono accaduti questa sera. Inoltre, i membri della servitù hanno detto che all'appello manca il maggiordomo. Si chiama Tsukimi Akihiro.» guardò male Takagi a causa della battuta che aveva fatto. 
 
Quest’ultimo si avvicinò a Shiratori facendo finta di niente, ma colpevole. 
 
Shiratori: «Tsukimi anche lui, eh? Come vi avevamo anticipato, questi ragazzi hanno dichiarato che l'uomo che ha sparato è il qui presente Tsukimi Ryu. Proprio in questo istante ci hanno fornito una vaga descrizione dell'uomo che ha parlato con lui, al quale ha rivelato la verità sull’attentato.» posò gli occhi su Chihiro e Masumi. 
 
Megure: «Di nuovo lei…?» si mise una mano in faccia. «Ma, a proposito, Conan-kun che fine ha fatto?» chiese guardandosi intorno.
 
Kogoro: «Per caso avete anche notizie di Ran?! Con questo maggiordomo sembra essere scomparsa anche lei insieme a quei due ragazzi del Kansai e altra gente.» aggiunse l'uomo preoccupato per la figlia. 
 
Masumi: «Eh, già! A quanto pare ogni tanto ci vediamo!» accennò una risata nervosa, poi volse lo sguardo su Kogoro. «Ran-kun è insieme ad altra gente, come ha detto lei, ma credo che non mancherà molto affinché possa vederla qui con noi.» disse con tono rassicurante. 
 
Kogoro: «Ah… meno male…» tirò un sospiro di sollievo mentre si slacciava la cravatta dal collo. 
 
Sato: «Inoltre, ispettore… Koseki-kun, il ragazzo davanti a lei, ha anche menzionato un vecchio caso che riguarda suo padre. A quanto pare, non gli era stato riconosciuto, ma può darsi che abbia a che vedere con Tsukimi Ryu-san.» diventò seria. 
 
Megure: «Di questo… ci toccherà parlare una volta arrivati in centrale. Al momento dobbiamo, per prima cosa, trovare questo maggiordomo scomparso. Poi, quando possibile, sentire la testimonianza di Tsukimi-san.» osservò Chihiro. (Questo ragazzo… L'ho già visto da qualche parte…) 
 
Takagi: «Inoltre, Mori-san e sua moglie stavano facendo il diavolo a quattro proprio perché Ran-san sembrava come scomparsa nel nulla. Per non parlare di quello che stava combinando Sonoko-san…» alzò gli occhi verso il soffitto. «Meno male che è al sicuro.»
 
Kogoro: «Non puoi capire i miei sentimenti perché non hai una figlia! Ma quando un giorno sarai padre, anche tu potrai sapere cosa significa essere in pensiero per qualcuno di così tanto importante! Non parlare come se fosse una cosa da niente!» sbottò il detective.
 
Takagi: «Ma sì, sì, non ne dubito… non volevo sminuire la situazione, la preoccupazione di un padre o qualcosa del genere…» gesticolò cercando di discolparsi. 
 
Sato: «Noi siamo rimasti sempre qui e non l'abbiamo vista, ma per fortuna c'è chi ha potuto darvi delle informazioni più dettagliate. Per quanto riguarda questo maggiordomo, non ne sapevamo niente.» guardò Shiratori per cercare una conferma. 
 
Shiratori: «Affermativo, non abbiamo visto nessun altro, a parte questi due ragazzi. Adesso che il colpevole è qui e tutto il personale è stato evacuato e interrogato, credo convenga far perquisire la villa. Prima o poi, uscirà fuori.» rispose con decisione. 
 
Takagi: «Il problema di fondo è che ci hanno spiegato che dovrebbero esserci anche Conan-kun… nonché i due ragazzi di Osaka… e "altri" senza nome. Solo che non erano fuori insieme agli invitati.» aggiunse cercando di non tralasciare niente di cui aveva preso nota sul prezioso taccuino regalatogli da Date. «Non è che non conosciamo questi ragazzi, dato che ci abbiamo a che fare ormai da tempo e potremmo dire per certo che saranno sulle tracce di qualcosa, giacché il colpevole si trova qui con noi.»
 
Megure: «Se le cose stanno così… Direi che---»
 
Tsukimi Ryu: «Ah… che male…» aprì lentamente gli occhi e notò che aveva le mani ammanettate. «Cosa?!»
 
Megure: «Tsukimi Ryu-san, lei è in arresto per tentato omicidio. Tutto ciò che dirà, verrà usato in tribunale contro di lei.» rispose con tono intimidatorio. 
 
Tsukimi Ryu: «Aspettate! Non avete alcuna prova!!» urlò disperatamente. 
 
Masumi: «Si sbaglia. La prova c'è, eccome. Ha forse dimenticato di aver rivelato la verità a qualcuno che stava parlando con lei? O meglio… che l'ha messa sotto torchio?» si accese sul suo viso un sorriso beffardo. 
 
Tsukimi Ryu: «Tu… sei quello che mi ha colpito, vero?» sogghignò. «È lo stesso, non hai nessuna prova con te. Io non ho parlato con nessuno e tu stai mentendo.»
 
Chihiro: «Anche io sono testimone dell'accaduto insieme alla signorina.» sottolineò lasciando perplesso l'uomo, convinto che Masumi fosse un ragazzo. 
 
Tsukimi Ryu: «Allora le stai reggendo il gioco! Non avrei avuto alcun motivo di fare una cosa del genere.» li guardò entrambi. «Inoltre, non ho parlato proprio con nessuno. Stavo soltanto cercando una via più veloce per andare via da qui, dato che avevo paura di morire.»
 
Masumi: «Mi sa che ha già dimenticato che le menzogne che sta dicendo saranno un punto a suo svantaggio.» cercò di ricordare all’uomo, così da convincerlo a dire la verità.
 
Chihiro: «Farabutto…» strinse i pugni. 
 
Sato: «Non ti preoccupare, non c'è modo in cui potremmo non credere alle vostre parole. Solo che adesso abbiamo davvero bisogno dei fatti.» disse con tono caloroso, appoggiando una mano sulla sua spalla. 
 
Chihiro: «Sì… mi fido di voi.» affermò abbassando lo sguardo. (L'ho deciso nel momento in cui mi hanno detto di fidarmi di Sera-san. Non devo mollare, anche se…)
 
Masumi: «Forza, su quello sguardo!» gli diede una pacca sulla schiena. 
 
Chihiro: «Sera-san…» la guardò con grande stupore. 
 
Masumi: «Andrà tutto bene. No…» il suo sguardo cambiò, diventando più sicuro. «Ancora meglio di così. Te l'ho detto che ti aiuterò a risolvere questo caso. E, qualsiasi cosa accada, lo farò. Puoi starne certo.»
 
Chihiro: «...» arrossì senza nascondere un sorriso. «Grazie.»
 
Masumi: «Prego! Ma adesso, vediamo di risolvere questo casino che si è venuto a creare…» ricambiò il sorriso e poi diventò più scura e seria in volto. (Sono davvero indeciso sul da farsi… La cosa potrebbe giocare a mio vantaggio, ma così lo pugnalerei alle spalle… no. Devo partire dal presupposto che è lui a mentire per primo. Non devo sentirmi in colpa. È per il bene della mia famiglia.) 
 
Megure: «In ogni caso… allora, se Tsukimi-san non vuole collaborare, non ci rimane altro da fare che chiamare una squadra che si occupi di ispezionare tutta la villa. Questo è il primo passo che dobbiamo intraprendere.» affermò guardando Shiratori. «Trovare il maggiordomo, assicurarci che tutti coloro che mancano all’appello siano ancora qui e interrogare Tsukimi Ryu-san.»
 
Shiratori: «Agli ordini.» annuì.
 
Sato: «Ah, giusto. Non dovrebbe esserci un elenco con gli invitati al ballo?» chiese guardando Megure e Takagi. «Potrebbe facilitarci il tutto.»
 
Takagi: «A quanto pare c’era, ma è stato eliminato in un secondo momento da Itou-san. Una delle cameriere ci ha detto che risalire a esso è praticamente impossibile, in quanto chi lo teneva con sé era proprio il maggiordomo. Dovremmo prima trovare lui e poi provare a proseguire su quella pista.» rispose diretto.
 
Megure: «È per questo che è importante fare al più presto. Forza, diamoci da fare!» esclamò in modo imponente.
 
Masumi: «Però---»
 
…: «No, aspettate.»
 
Nell'udire queste parole, tutti i presenti si voltarono e videro sulla soglia della porta un'unica figura vestita di bianco. Era come se il tempo si fosse congelato, mentre gli occhi di tutti erano puntati su di lui. Era insieme a due ragazze e una bambina, ma la sua voce fu l'unica che risuonò per tutta la stanza. 
 
Masumi: (Cosa?!?) pensò perplessa tra sé. (Cosa significa…?)
 
Tsukimi Ryu: «…!!! È lui…!!» esclamò con gli occhi serrati. 
 
Kogoro: «Ran!!» corse ad abbracciarla. 
 
Ran: «Papà… sssh…» lo abbracciò anche lei. «Va tutto bene.» sorrise. 
 
Kogoro: «Tu parli così, ma a me e a tua madre è preso un colpo!!» scosse la testa.
 
Kazuha: «Ehm… zietto, non mi sembra il caso di urlare…» guardò bene quali individui si trovassero all'interno della stanza, cercando Heiji. 
 
Megure: «Mori-kun.» diede qualche colpetto di tosse e poi guardò Shinichi. «Ma… aspetta! Tu sei---!»
 
Shinichi: «Ah! Ispettore Megure, sono Sherlock Holmes, ricorda? Sherlock Holmes!» annuì indicandosi almeno due volte. 
 
Megure: «Sì, giusto. L'avevo dimenticato…» si sistemò il cappello per evitare di far notare l'imbarazzo. 
 
Takagi: «Ma… In realtà, io so per certo che tu sei---!»
 
Sato: «Ha detto Sherlock Holmes, quindi non ti mettere in mezzo con deduzioni scadenti, ok?» chiese retoricamente tappandogli la bocca. 
 
Takagi: (Addirittura scadenti? Sato-san, perché mi fai questo?) pensò imprecando dentro di sé. 
 
Masumi: «Ooh~ Il famoso detective non interessato alle donne tranne che a quella che per lui era la donna è tornato in mezzo a un harem.» ridacchiò cercando di prenderlo in giro per ripicca. «Il signore, qui… Tsukimi-san, si è rimangiato ciò che ti ha detto prima. Come la mettiamo?» si appoggiò entrambe le mani sui fianchi. (Questo è un colpo basso… cos’è, hai cambiato idea all’ultimo momento? Avrei potuto concludere molto di più se solo non avessi cercato di reggerti inutilmente il gioco…)
 
Shinichi: «Che simpatica.» le lanciò uno sguardo malefico. «Ispettore, prima di darle alcuni dettagli sul caso, questa bambina dovrebbe fare una domanda a Tsukimi-san, se possibile.» disse con tono serio. (Non ho ben capito se hai già spifferato tutto alla polizia, Sera… tuttavia, qualsiasi cosa tu avessi in mente, mi dispiace, ma non è andata come avresti voluto.) 
 
Megure: «In realtà, non potrebbe. Dovresti saperlo meglio di me.» spostò lo sguardo sulla bambina. 
 
Aoi: «È importante, perché è da ieri sera che Shad è scomparso.» disse fissando Tsukimi Ryu. 
 
Tsukimi: «Non è scomparso. Chi ti ha detto una cosa simile?!» alzò il tono della voce. 
 
Aoi: «Nessuno, ma suo fratello non mi ha saputo dire dove si trovasse, ed era abbastanza tardi.» lo guardò senza alcuna espressione in viso. 
 
Tsukimi Ryu: «Non ho idea di dove sia andato a finire, allora!! Quando sei andata da lui?!» alzò il tono della voce, preso dal panico. 
 
Sato: «Senta, si calmi un attimo. Sto capendo male, piccola, o è da ieri che qualcuno non si fa vivo e quindi pensi che sia scomparso?» si chinò all'altezza di Aoi così da poterla guardare dritta negli occhi. 
 
Aoi: «Sì. È da ieri sera che Shad non è a casa.» rispose priva di intonazione. «Non mi ha nemmeno risposto al cellulare, non è da lui.»
 
Sato: «Va bene… ma chi è questo Shad?» chiese perplessa. 
 
Aoi: «Il mio ragazzo.» disse con tono secco. 
 
Tsukimi Ryu: «È mio figlio Shadir! Cosa gli hai fatto?! Gli avevo detto di starti alla larga!! Fatemi andare da lui!!» si dimenò. 
 
Shiratori: «Le abbiamo già detto che è in arresto, forse l'ha dimenticato?» sospirò. «Ma in ogni caso, se un bambino è scomparso, dobbiamo assolutamente capire perché e dove si trovi in questo momento. A maggior ragione se si tratta del figlio di un attentatore come lei.»
 
Megure: «Ma ancora di più, abbiamo bisogno di capire cosa si cela dietro tutto questo mistero.» volse lo sguardo su Tsukimi Ryu. «Davvero non sa nulla su questa scomparsa?»
 
Tsukimi Ryu: «Certo che sì! Non so assolutamente nulla su mio figlio!» urlò senza darsi un contegno.
 
Kogoro: «Com'è possibile, ispettore? Io potrei essere certo di aver capito tutto, invece! È chiaro come il sole.» annuì incrociando le braccia all'altezza del petto. 
 
Megure: «… eppure, sei sveglio.» lo guardò di sottecchi. 
 
Kogoro: «Non ho bisogno che quella parte di me… ehm… no.» fermò il discorso sul nascere perché voleva tenerlo per sé. (È meglio che non sappiano che è un altro lato di me! Devo tenerlo nascosto…!!) si schiarì la voce. «Dicevo. Il caso è troppo chiaro, non servono ulteriori approfondimenti.» aggiunse con disinvoltura. 
 
Megure: «Bene, Mori-kun. Allora ci potresti illuminare con la tua deduzione?» lo guardò poco convinto. «Anche se non sono convinto di lasciarti fare…» deglutì.
 
Shinichi: (Sarebbe meglio non sprecare questo tempo, ma non posso fermarlo…) pensò sperando che Kogoro non cominciasse uno dei suoi inutili discorsi insensati. 
 
Masumi: (Bene, un’altra perdita di tempo…) si guardò intorno. (Sono tornati Ran-kun, la ragazza con la coda di cavallo, la bambina e lui. Manca ancora gente all’appello… e la cosa che più mi infastidisce è che non ci sia Conan-kun. A questo punto, c’è dell’altro… Che non so e che quindi non posso capire. Indubbiamente, prima erano insieme nella stessa sala.) assunse una posa di riflessione. (Ed ero convinto che Kudo-kun fosse quello falso. Se penso in modo logico il tutto… Non potrebbe essere che quel bambino in realtà non fosse Conan-kun, ma qualcun altro? E se davvero si trattasse di un altro bambino, a che livelli di somiglianza potrebbe arrivare? La voce… Era anche quella, ne sono certo. Ma… ci sono dei trucchi per camuffarla. Se la ragazza che ho notato che è scomparsa era davvero lei… allora sì, sicuramente l’avrebbe aiutato travestendosi da lui. In fondo, non ho la benché minima idea di come funzionino questi farmaci o qualsiasi cosa siano. Può darsi che sia ritornata una bambina e abbia preso il suo posto mentre Kudo-kun faceva i suoi porci comodi mascherato. A chi avrebbe dovuto dare delle spiegazioni?) sogghignò. (Deve essere andata così. Quindi, lei non so che fine abbia fatto, ma è sicuramente andata via o qualcosa del genere, dato che Conan-kun non c’è e Kudo-kun è rimasto qui, ma non vuole fare sapere che si tratta di lui. Proprio come è accaduto quella volta durante la gita. Sì… dev'essere così. Anche Hattori-kun è scomparso. Che sia stato lui ad aiutare la ragazzina?) osservò Shinichi.
 
Kogoro: «Orbene…» sollevò le braccia davanti a sé con i palmi delle mani rivolti verso l'alto. «Davanti a noi c'è il colpevole, ovvero, Tsukimi Ryu-san che sarebbe l'attuale dirigente della compagnia del presidente uscente Itou.»
 
Megure: «Sì, questo lo so anche io. Vai avanti.» disse spazientito. 
 
Kogoro: «Un attimo, ci stavo arrivando.» si aggiustò il colletto della camicia. «Quest'uomo, in realtà, non aveva la benché minima intenzione di diventare il successore del marchio di Itou-san, ma…! Voleva prendere per sé il denaro dopo averlo fatto fuori senza alcuna pietà. È per questo che ha cercato di cogliere la palla al balzo e di provare il tutto per tutto questa sera. Avrebbe fatto l'utile e il dilettevole. Per giunta, aveva pensato di far credere che suo figlio fosse stato rapito per ricevere un indennizzo oppure per dare la colpa a Itou-san che, ormai morto, non avrebbe più potuto contestare il contrario. Ha perfino corrotto l'altro figlio affinché mentisse qualora qualcuno avesse chiesto direttamente a lui. Ovvio, no? Ah, il maggiordomo, è chiaramente un complice. E, se così non fosse, è una vittima di Tsukimi-san. È molto probabile che avesse scoperto i suoi piani e che l'abbia fatto fuori. È tutto molto chiaro.» ammise come se non ci fossero falle nel suo ragionamento. 
 
La stanza diventò quasi una cella frigorifera per tutti coloro che vi erano all'interno. 
 
Megure: «Mori-kun, non ti offendere, ma il tuo ragionamento mi sembra piuttosto… senza basi. Quindi più simile a un racconto o una storia. Ma prove non ce ne sono. Come potremmo testimoniare ciò che hai detto?» guardò Tsukimi Ryu. 
 
Tsukimi Ryu: «Non so nemmeno cosa dire…» fece spallucce, continuando a restare perplesso per quello che aveva sentito. «A questo punto non m’interessa...»
 
Kogoro: «È davvero palese che ciò che ho appena detto sia la corretta versione dei fatti! Dato che non sa nemmeno cosa dire, rafforza ciò che ho detto!!» disse convinto delle sue parole. 
 
Sato: «A dire il vero, no. Proprio partendo dal fatto che Tsukimi-san è già a capo dell’azienda di Itou-san da qualche tempo, ormai. Ma, in ogni caso, è proprio come ha detto l’ispettore Megure… senza prove, non possiamo andare avanti.» volse lo sguardo su Tsukimi Ryu. «E se non vuole nemmeno collaborare, possiamo solo aspettare di portarlo in centrale e fare le cose per bene.»
 
Megure: «Aspettate, c'è un'altra cosa.» rivolse lo sguardo su Shinichi, che annuì. «Bene. Quindi mi pare di capire che lei è la persona che ha rapito Yoshida Ayumi-kun, che l’ha portata qui e tenuta chiusa all’interno di una stanza per più di 24 ore. È corretto?» enunciò con tono eloquente.
 
Shiratori: «Dato che, a quanto pare, rifiuta in ogni modo di ricordarlo, le ripeto nuovamente che tutto ciò che dirà potrà essere usato contro di lei in tribunale.» rammentò l’ispettore.
 
Tsukimi Ryu: «Tsk...» lanciò un’occhiata piena d’odio a Shinichi. «Sì, sono stato io a rapirla, e sono stato io stesso a trarla in trappola perché ne avevo bisogno. E sono sempre io che ho sparato a Itou-san. Sì, sono colpevole di tutta questa vicenda, meno di una cosa.»
 
Masumi: «Ovvero, della scomparsa di suo figlio?» acuì lo sguardo.
 
Tsukimi Ryu: «Sì. Qualsiasi cosa sia accaduta a mio figlio… Io non lo so. Posso darvi tutte le spiegazioni di cui avete bisogno, ma aiutatemi a cercarlo! Non ho nemmeno idea di cosa sia accaduto a quel maggiordomo… ma aiutatemi, vi prego!» chiese quasi implorando tutti coloro che gli erano davanti. 
 
Sato: «Indubbiamente.» scosse la testa, irritata. «Ci conviene dividerci. Alcuni di noi si occuperanno di trasportare Tsukimi-san in centrale e di interrogarlo, altri di raccogliere le testimonianze per cercare questo bambino… e non dimentichiamo di citare coloro che, invece, si occuperanno di cercare gli scomparsi
 
Megure: «Immagino che Tsukimi-kun stesso possa darci delle informazioni a riguardo. Ma in ogni caso, sono d’accordo. Facciamo così.» guardò Takagi, Sato e Shiratori. «Io e Takagi-kun andremo in centrale, voi preparatevi a indagare su queste scomparse. È necessario cominciare facendo chiarezza su tutti i fronti o non farà altro che crearsi un enorme caos. Se il ragazzino è scomparso da ieri, potrebbe essergli accaduto di tutto… il fatto che a quest’uomo prema per suo figlio è già una gran cosa, riesco a vedere un piccolo barlume di speranza in lui.»
 
Chihiro: «Dipende, ispettore. Dipende dal grado di interesse che ha un genitore verso il proprio figlio. Per lui la cosa è parecchio strana, anzi, no, direi emblematica. A questo punto, ciò che mi pare di capire è che calpesta tutte le famiglie che gli capitano a tiro tranne che la sua. Un comportamento davvero esemplare, non c’è che dire.» aggiunse con una punta di ironia.
 
Megure: «Questo non rientra lo stesso nelle nostre competenze. Capisco che tu ce l’abbia con lui, ma momentaneamente abbiamo un’altra missione da portare avanti.» disse mantenendo la sua posizione.
 
Chihiro lo fissò con rancore.
 
Takagi: «Ispettore Megure, se siamo pronti...» aiutò Tsukimi Ryu a sollevarsi da terra. (Certo, avrei preferito collaborare con Sato-san… Ma oggi non è davvero la mia giornata fortunata.)
 
Aoi: «Aspettate. Lui è davvero l'unico che può sapere che fine abbia fatto Shad! Se lo portate via, verrò con voi.» si avvicinò a Takagi, tirandogli un lembo del pantalone.
 
Takagi: «Piccolina, scusa, ma non è davvero il caso. Questa è una questione importante e dobbiamo fare in fretta. Perdere altro tempo implicherebbe anche il ritardo nei soccorsi al tuo amico… sperando che stia bene.» la guardò dispiaciuto. 
 
Sato: «Inoltre, non dobbiamo dimenticare che Tsukimi-san ha addosso a sé delle prove molto importanti, anche se ha già detto la verità sull’accaduto. Dobbiamo verificare anche quelle, è un iter abbastanza lungo, ma faremo del nostro meglio, non ti preoccupare.» cercò di rassicurarla.
 
Aoi: «Però---»
 
Kogoro: «Niente ma o però. Il tuo amichetto verrà trovato al più presto. Accadrà come ho detto io, ma ora andiamo via di qui, Ran.» annuì soddisfatto. 
 
Ran: «Papà… lo so che il colpevole è stato catturato… però voglio davvero aiutare questa bambina.» disse tristemente. 
 
Kogoro: «Non hai sentito? Lo farà la polizia!» esclamò obiettando. «Su, andiamo fuori che ci sono anche tua madre e gli altri ad aspettarti!»
 
Ran: «Papà, non posso lasciare tutto in aria! Aoi-chan ha bisogno di noi!» ribatté determinata. 
 
Sato: «Ho capito… Non ti preoccupare, Ran-chan. Se all’ispettore Megure va bene, adesso io e Shiratori-kun la portiamo con noi e nel frattempo vediamo di farci raccontare ciò che sa affinché possiamo provare a fare delle ricerche più approfondite. Intanto, avviseranno la centrale riguardo la scomparsa del bambino.» sorrise in modo deciso. 
 
Megure: «Dato che lei è una testimone… si può fare.» acconsentì scrutando lo sguardo di Tsukimi Ryu.
 
Ran: «Posso darvi una mano, allora?» continuò a insistere. 
 
Sato: «Beh…» guardò Shiratori con la coda dell'occhio. 
 
Shiratori: «Direi che sarebbe meglio di no.» affermò schiettamente.
 
Kazuha: «Non dimentichiamo che dobbiamo anche ritrovarci con Nakamori-san… e che Heiji è scomparso da ogni dove. Che fine avrà fatto?» chiese preoccupata. 
 
Shiratori: «Le persone che non riuscite a trovare verranno rintracciate dalla squadra che andrà a cercarle. Anzi, mentre aspettiamo che se ne occupi qualcuno di più adeguato, potremmo chiedere direttamente all’ispettore Nakamori di cominciare il lavoro con i suoi uomini. Ran-chan, non ti preoccupare. La polizia sa ciò che fa, quind---»
 
Shinichi: «Scusate se insisto, ma non ho un buon presentimento. È da qualche tempo che non riesco a percepire niente di buono.» disse con uno sguardo che sembrava ambire alla peggiore delle conclusioni. «Come dite voi, Hattori è uno che si caccia sempre nei guai. Ma il fatto che non si veda e non si senta da un po’ è preoccupante anche per me. A dirla tutta, quel maggiordomo non mi ha ispirato niente di buono sin dall’inizio. Hattori è sulle sue tracce, a questo punto, immagino che sia accaduto qualcosa.»
 
Masumi: «C’è anche da aggiungere che Conan-kun è scomparso, che sia con lui?» guardò Shinichi con aria di sfida.
 
Shinichi: «Non lo so, dovremmo prima trovarlo.» rispose fingendo preoccupazione per il bambino.
 
Masumi: «Oh~ Allora vedremo… Vedremo chi vincerà.» fece un largo sorriso. «In ogni caso, c’è da aggiungere che questo maggiordomo è scomparso da un po’, dato che la figlia, ovvero la bambina che è insieme a noi, lo cercava già da prima che Tsukimi-san sparasse.»
 
Takagi: «Questo potrebbe aiutarci in seguito a ricostruire tutti gli avvenimenti che si sono susseguiti.» lo appuntò sul taccuino.
 
Nakamori: «Non riesco a trovare mia figlia!» irruppe all'improvviso. «Suzuki Sonoko-san mi ha detto che forse qualcuno qui dentro poteva saperne qualcosa!» volse lo sguardo su Ran e Kazuha. «Mi ha parlato di due ragazze che, quasi sicuramente, sarebbero state qui. Siete voi?»
 
Ran: «Immagino di sì. Tuttavia, prima ci eravamo divise per cercare questa bambina che era scomparsa… e ci siamo perse di vista.» disse rammaricata. 
 
Kazuha: «Però, se non ricordo male… Lei doveva controllare questo piano, no? Quindi dovrebbe essere da queste parti!» annuì speranzosa. 
 
Ran: «Sì, giusto!» guardò Nakamori con sguardo deciso. «Credo che sarà qui al più presto. Prima le ho inviato un messaggio per farle sapere che avevamo trovato Aoi-chan!»
 
Masumi: «Sicura che le sia arrivato? Prima ho notato che il cellulare non prende...» lo controllò. «Ma forse, adesso che tutta la folla che c’era fuori è andata via, non dovrebbero esserci problemi?»
 
Ran: «Non saprei… Non me n’ero accorta, a dire il vero!» afferrò il telefono con forza.
 
Shinichi: «Sì, adesso va meglio, ma continua a non prendere bene. Me ne sono accorto anche io, a dire il vero. Ed è per questo che il brutto presentimento che avevo sta pian piano diventando una piccola realtà.» guardò l’ispettore Megure dritto negli occhi. «E mi riferisco al fatto che potrebbe essere un qualche campo magnetico che intercede con le linee.»
 
Megure: «Un campo magnetico…? Non vorrai dire che da qualche parte potrebbe esserci qualcosa che ha a che vedere con un impulso elettromagnetico?» lo guardò perplesso, mentre una goccia di sudore gli scendeva giù sulla guancia.
 
Kazuha: «Aspetta…! Stai dicendo che ci potrebbe essere un’interferenza o qualcosa del genere dovuta a… cosa?!» sbottò la ragazza impaurita per ciò che stava sentendo.
 
Ran: «Kazuha-chan...» volse lo sguardo su Shinichi.
 
Masumi: «Quello che sta cercando di dire, è che, molto probabilmente, qualcuno ha cercato di isolarci o di isolarsi… in modo da poter fare tutto ciò che gli andava.» acuì lo sguardo. «Immagino che si tratti di una bomba o qualsiasi altro genere di ordigno.»
 
Kazuha: «Cosa?! Ma… Heiji è…!» spalancò gli occhi.
 
Megure: «Non ci eravamo accorti di niente del genere… Pensavamo che fosse normale per la mole di gente che stava affollando le linee in preda al panico. Che si tratti di un ordigno pericoloso o di un radiodisturbo, se le cose stanno davvero così, dobbiamo muoverci.» scosse la testa. «Shiratori-kun, Sato-kun portate con voi la bambina e Tsukimi-san. Andrete dritti in centrale e farete come avevamo pattuito prima. Takagi-kun, tu verrai con me. Dobbiamo chiamare una squadra di artificieri che disinneschi questo o questi ordigni, e che lo faccia al più presto. Dobbiamo anche avere il tempo di trovarli… sempre sperando che si tratti di altro e non di bombe, o non so quanto tempo possiamo ancora avere a nostra disposizione.»
 
Nakamori: «Vi aiuteremo anche noi! A maggior ragione se mia figlia non è rintracciabile...» controllò il campo del suo smartphone, che però era assente. «Dannazione...»
 
Megure: «D’accordo. Allora cominciamo a far perlustrare ai tuoi uomini questo piano per accertarci che tua figlia sia ancora da qualche parte.» 
 
Nakamori: «Sì. Darò loro l’ordine in qualche minuto.» annuì con qualche accenno di disperazione nei suoi occhi.
 
Nel frattempo, Kazuha sentì che lo smartphone che aveva in mano stava vibrando. Anche se il campo non era dei migliori, in qualche modo quella chiamata era riuscita a raggiungerla.
 
Era un numero sconosciuto.


Quattro minuti allo scoppio delle bombe.

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Capitolo 33
*** Rabbia ***


Nel frattempo, nei sotterranei la situazione sembrava essere totalmente senza speranze. Con Tsukimi Akihiro privo di conoscenza, come avrebbero affrontato la situazione i due giovani detective?
 
Hakuba: «Dobbiamo andarcene, dieci minuti passeranno in un battibaleno.» si chinò vicino all’uomo privo di sensi. «Niente, è ancora svenuto.» lo perquisì attentamente. 
 
Heiji: «Maledetto bastardo, mi ha fatto male con quelle unghie…» si accarezzò le mani. «Sì, ce ne andremo, ma insieme a lui.» si guardò intorno al fine di trovare qualcosa che lo potesse aiutare nell’impresa. 
 
Hakuba: «Insieme a lui, eh?» accennò una risata. «Ho appena finito di perquisirlo e non ha niente addosso. Quindi stava dicendo il vero…» sospirò amaramente. «Anche io non vorrei vederlo morire. Però sai, la colpa è tua. Non riesci mai a mantenere la calma, in alcun caso. Vorrei dire che spero tanto che una situazione del genere ti aiuti per l’avvenire, ma non so nemmeno se sia corretto affermare che un futuro ce l'abbiamo ancora.»
 
Heiji: «Anche se questo tizio mi ha mandato una grandissima malanova*, non voglio morire per nessuna ragione al mondo. Non a causa sua. Sopravvivremo tutti e tre. Ah, sì! Sempre ammesso e non concesso che tu non voglia crepare, Hakuba!» ridacchiò consapevole del fatto che le possibilità che aveva di uscire vivo da lì erano al di sotto dell'1%.
 
Hakuba: «Ovvio che non voglio. Ma il problema non è quello. Anzi, forse sarebbe meglio dire che non vorrei.» cercò di dare qualche schiaffetto all'uomo seduto a terra con la schiena appoggiata al muro. «Dannazione… si svegli!»
 
Heiji: «Credo che non ci sia niente da fare... Va bene, ho capito!» si tolse la giacca, la gettò a terra e si arrotolò le maniche della camicia per lasciare le braccia scoperte. 
 
Hakuba: «Cosa vorresti fare? Disinnescare le bombe?» si sollevò. 
 
Heiji: «Esattamente! Certo, dobbiamo prima vedere se è effettivamente possibile farlo. Hai con te una tenaglia o qualcosa del genere?» chiese dirigendosi verso la botola. 
 
Hakuba: «No, non ho niente con me. Se così fosse stato, l'avrei già fatto io stesso molto tempo fa.» lo guardò con diffidenza. 
 
Heiji: «Eeeh…» sospirò. «Non c'è niente da fare con te, vero? Devi fare l'antipatico fino alla fine! Bah.» sollevò nuovamente il coperchio della botola. «Provo a vedere cosa trovo, magari dentro c'è qualcosa di interessante. Tu rimani lì, in caso Tsukimi-san si dovesse riprendere.»
 
Hakuba: «Ti avviso che se il tempo dovesse stringere troppo, me ne andrò come se niente fosse.» si chinò nuovamente vicino a Tsukimi Akihiro. «Inoltre, attento a dove metti i piedi, le mani e tutto il resto, o potremmo saltare in aria in un istante.»
 
Heiji: «Seh, seh…» gli scappò una risata nervosa. (Non credo che, in ogni caso, in una manciata di minuti riuscirei a disinnescare tutte le bombe che ci sono lì dentro… ma dare un'occhiata non costa niente.) scese la scaletta a pioli. 
 
Hakuba: (Non posso credere che morirò senza poter catturare Kaito Kid. Né poter parlare faccia a faccia con lui per l'ultima volta. Avrei davvero voluto incastrarlo, ma non ce l'ho fatta.) abbassò lo sguardo. (Kuroba-kun… non posso permettere che qualcuno ti acciuffi prima di me! Trovare un modo per uscire da qui… esiste davvero? Se bastasse la sola forza di volontà, saremmo già fuori. Perfino quel rozzo di Hattori-kun sta facendo del suo meglio. Heh.) fece una risatina. (Pensare una cosa del genere su di lui non fa altro che farmi credere che sia davvero quasi arrivata la mia ora.) 
 
Heiji: (Non voglio e non posso arrendermi…) si avvicinò alle bombe munite di timer mentre questi continuavano a scandire il tempo. (Questa doveva essere la sera dove una favola avrebbe avvolto me e Kazuha. Dove il mio desiderio di dichiararle il mio amore si sarebbe avverato. E invece…) si guardò intorno e cominciò a cercare qualcosa che potesse sfruttare per tagliare i cavi delle bombe, facendo luce in ogni dove. (Invece… questo potrebbe essere solo il luogo dove io e lei ci separiamo per sempre. Non voglio che finisca così! Io e Kazuha dobbiamo avere un futuro insieme! Mai e poi mai la cederò a qualcun altro! Mai!!) 
 
Eppure, nonostante fosse armato di speranza da vendere l'unica cosa che vide davanti a sé era quella serie di bombe. Davvero… ma davvero non c'era più niente che potesse fare? 
 
Heiji: (Il tempo scorre inesorabile. Ogni secondo che vedo in meno sul timer, sento che il mio cuore sta per esplodere sempre di più.) si appoggiò una mano sul petto. (Però… non posso demordere. Deve… deve esserci qualcosa…!!) 
 
Continuò a cercare tramite la luce della torcia del cellulare, ma il feedback fu totalmente negativo. 
 
Tsukimi Akihiro: «Ugh…» mosse, anche se di poco, sia le braccia che le gambe. 
 
Hakuba: «!!» osservò l'uomo accanto a lui. 
 
Heiji: (Destino infame… Mi stai davvero dicendo che dovrei soltanto arrendermi…? Kazuha…) pensò ancora intento nella sua ricerca. (Non c’è nulla…)
 
Hakuba: «Hattori-kun! Vieni, presto! Si è svegliato!!» urlò affinché Heiji lo sentisse. 
 
Heiji: «Arrivo!!» si diresse di corsa verso la scala a pioli e la salì nel minor tempo possibile, raggiungendo gli altri due. «Purtroppo non c'era niente che potessi usare come tenaglia, quindi...» volse lo sguardo su Tsukimi Akihiro. «Ah! Ha ripreso del tutto conoscenza?»
 
Tsukimi Akihiro: «Perché non sono morto…?» si guardò intorno. 
 
Hakuba: «Probabilmente, perché non è ancora arrivata la sua ora, le pare?» lo guardò di sottecchi. «Non ci rimane molto tempo, quindi, si muova e venga con noi!»
 
Tsukimi Akihiro: «Ho detto di no. Io… morirò qui.» disse privo di ogni fermezza. 
 
Heiji: «Senta. Lo so che questo qua non sa parlare, ma ascolti me.» lo afferrò per il bavero della camicia e lo sollevò da terra. «Adesso lei collabora e viene via con noi! Non accetto risposte negative, chiaro?!» lo avvicinò a sé e gli diede una testata sulla fronte. «MANCANO SOLO POCHI MINUTI, DANNAZIONE!!!»
 
Tsukimi Akihiro: «Lo so, mi va bene, davvero. Se vuole, può continuare a colpirmi, ma non cambierò idea. Anche perché, ciò che mi aspetterebbe lì fuori, non mi piacerebbe.» disse senza guardarlo negli occhi. 
 
Hakuba: (Io non so parlare, eh? Diciamo che sei tu che passi direttamente alle mani quando non riesci più a ragionare lucidamente…) sospirò volgendo lo sguardo sull’uomo restio. «Inoltre, è lei stesso il fautore di tutto ciò. La cosa che deve fare è scontare la sua pena e pentirsi di ciò che---!»
 
Heiji non gli lasciò completare la frase perché lasciò Tsukimi e afferrò Hakuba al suo posto. Lo scosse con veemenza. 
 
Heiji: «Ma diamine!! Questo lo sa anche lui, hai capito?! Smettila con queste frasi da idiota!! Lì fuori c'è sua figlia che lo aspetta!! Non importa la galera, non importa cosa sconterà! Quella bambina ha già perso tutto, deve perdere anche lui?!?» continuò a scuoterlo. «Non smetterò di pensare che questa è l'unica soluzione giusta che può permettergli di restare con i piedi per terra!!»
 
Hakuba: «Metti giù le mani, villano.» lo guardò dall’alto in basso. «Non è che non credo che sia importante. Ma è per lui che non lo è. Chiaramente, non gliene importa più nulla.»
 
Heiji: «Va' a quel paese anche tu!» lasciò la presa dandogli uno spintone. 
 
Hakuba: «Niente, io e te siamo proprio incompatibili.» si sistemò i vestiti. «Allora, Tsukimi-san… se non si sbriga a decidere, tra non molto andremo tutti all'altro mondo. Vuole darsi una mossa, oppure no?»
 
Tsukimi Akihiro: «Purtroppo sono irremovibile. E vi dirò, non mi dispiace nemmeno. In ogni caso, mia figlia se ne farà una ragione. Ha qualcuno a cui tiene molto di più di quanto possa tenere a me, va bene lo stesso.» disse con lo sguardo sereno.
 
Hakuba: «Capisco.» prese un grande respiro. «Bene, allora credo di non avere nessun'altra scelta da prendere.» fissò Heiji e poi gli porse il suo smartphone. 
 
Heiji: «Che me lo dai a fare? Vedi che non prende, siamo troppo in basso e incasinati tra una cosa e l'altra...» inarcò un sopracciglio. 
 
Hakuba: «Lo so, ma io ho uno smartphone particolare che, per dirla in breve, prende tramite vie traverse anche quando non c'è campo. Questo, sempre ammesso e non concesso che nelle prossimità di questo posto ci siano dei ripetitori funzionanti o delle connessioni Wi-Fi aperte.» si strinse nelle spalle. «Puoi sempre fare una prova. Immagino che tu debba dire qualcosa di importante a qualcuno, prima di lasciare questo mondo.» fece una brevissima pausa. «Vedi, ormai, calcolando la distanza che c'è tra questo nascondiglio e il posto da dove siamo entrati, ho capito che scappare è totalmente impossibile.»
 
Heiji: «Sì, quello… L'ho capito anche io.» afferrò lo smartphone con forza. «D’accordo, allora…» si grattò una guancia. «Grazie. Non avrei mai immaginato di dirtelo… ma grazie.»
 
Hakuba: «Mpf… Ricorda che mi devi un favore, piuttosto.» ridacchiò. 
 
Heiji: «Ne terrò conto. E stai certo che, anche se dovesse capitare in un'altra vita, te lo ritornerò!» lanciò un'occhiataccia a Tsukimi Akihiro e compose il numero di Kazuha. 
 
Hakuba: «Ma sentilo… A proposito, so che lo farai, ma avvisala subito riguardo queste bombe. Immagino che si trovi ancora qui dentro… e se fosse insieme ad Aoko-san, mi sentirei più tranquillo, quindi chiedile anche questo. In caso la polizia fosse già sul posto, se ne andrebbero e potrebbero salvarsi.» si mise con le braccia conserte. «Così, intanto, questo gentilissimo signore mi spiega che razza di bombe ha progettato.»
 
Heiji: «Lo farò.» alzò il pollice destro e poi sentì che Kazuha rispondeva alla chiamata. 
 
Kazuha: «Heiji?! Dove sei finito?!» chiese alzando il tono della voce. 
 
Dentro di sé sentiva già da qualche tempo una certa agonia. Il fatto che Heiji fosse scomparso non le suggeriva niente di buono. Il senso di angoscia che aveva fin da quando, in diverse occasioni durante la serata, si era accorta che il ragazzo sembrava assente o non fosse ancora tornato, non andava via in alcun modo. Nel vedere che un numero a lei sconosciuto le stava facendo una telefonata, in quel momento, non esitò nemmeno per un attimo a credere che si trattasse di quella persona che sembrava divertirsi a farla arrabbiare. Sempre, di continuo, non faceva altro che mandarla in bestia, prenderla in giro, farla ingelosire, dire cose senza senso. Se avesse potuto mettere su una bilancia tutti i pregi e i difetti del detective, sicuramente, la seconda scelta avrebbe fatto sfiorare il suolo al piatto che la conteneva. Eppure, anche quello le andava bene, perché aveva sempre provato un affetto particolare per il suo amico d'infanzia. Stava ancora lottando nell'ombra per lui, contro una rivale abbastanza dura da abbattere, quale Ooka Momiji. Ma anche quello le andava bene, purché prima o poi potesse riuscire a esprimere quello che aveva dentro. Era anche vero che quella sera, in seguito a ciò che era accaduto, aveva nuovamente perso le speranze, sicura che Heiji non volesse la stessa cosa che voleva lei. Ma in quel momento, non faceva altro che sentire il cuore battere forte, più del solito. Le diceva qualcosa, e quel sentimento che le veniva trasmesso, altri non era che disperazione. Il terrore e la paura di perdere la persona per cui provava dei sentimenti così forti si facevano sempre più solidi, perché sentire che aveva potuto aver fatto una telefonata, ma non fosse lì di presenza, le faceva presagire il peggio. 
 
Il suo corpo cominciò a tremare, ma quando Ran se ne accorse, la abbracciò calorosamente. Era molto preoccupata sia per la sua cara amica che, soprattutto, per Heiji. L’espressione che le vedeva in viso, le aveva fatto capire che, molto probabilmente, la situazione era disperata. Poi si accorse che una lucina sul cellulare lampeggiava.
 
Heiji, dal canto suo, restò perplesso nel sentire che veniva chiamato per nome, così all'improvviso. Si sarebbe immaginato di tutto, ma non una risposta tanto diretta a un numero che non corrispondeva nemmeno al suo. Dentro di sé era totalmente a pezzi e la cosa cominciava a ripercuotersi anche all'esterno. Se avesse potuto, avrebbe sfruttato la tecnica del teletrasporto, ma purtroppo, ne era sprovvisto. L'unica cosa che poteva fare era parlare con Kazuha per il poco tempo che gli restava e sperare che almeno lei, e chi si fosse trovato ancora all'interno della villa, si potesse salvare. Lui, però, la sentiva. Sentiva che la voce della ragazza era rotta e che probabilmente stava trattenendo le lacrime, impensierita per il fatto che non fosse ancora tornato da lei. Quel tono lo faceva stare peggio di prima, ma non c'era altro che potesse fare se non augurarsi che tutto potesse andare per il meglio, almeno per lei. Che la vita di Kazuha potesse essere salva era il suo ultimo desiderio. 
 
Heiji: «Come facevi a sapere che ero io?» cercò di sembrare tranquillo. «Senti, per caso con te c'è una certa nee-chan che si chiama Aoko-san?»
 
Kazuha: «Non lo so, Heiji… forse, perché eri l'unica persona che avrei voluto sentire in questo momento…» si portò una mano davanti alla bocca per cercare di non fargli sentire che due calde lacrime le stavano rigando il viso, anche se non ne capiva il motivo. «Dove sei? Non riesco a vederti da nessuna parte...» cercò di guardare fuori dalla finestra e sul corridoio. «Nakamori-san non è qui, ma presto tornerà, credo… Era con me e Ran-chan fino a qualche minuto fa… Ma la polizia sta cercando di fare del suo meglio e adesso invieranno delle squadre a recuperarvi!!»
 
Heiji, inizialmente restò in silenzio, poi capì che il tempo era quasi giunto al termine e che non poteva indugiare oltre. Sarebbe stato bello poter continuare la conversazione a suo piacimento. Purtroppo, però, non poteva assecondare i suoi desideri, perché anche solo un istante perso sarebbe risultato fatale. 
 
Heiji: «Capisco… Io sono con Hakuba, comunque. Tu sei sola? C'è Kudo lì con te?» guardò il soffitto. 
 
Kazuha: «Cosa?! Non mi hai risposto, Heiji…! Non ti rispondo se non prima lo farai tu con me!» sbottò la ragazza. «Sei con Hakuba-kun, va bene... ma dove?!»
 
Heiji: «Mi dispiace, Kazuha… ma non abbiamo tempo da perdere!! Se Kudo è lì, passamelo subito!!» la riprese con tono autoritario. 
 
Kazuha, dal modo in cui si era rivolto a lei il ragazzo, appurò ancora di più che c'era qualcosa che non andava: ormai ne era certa. Ciononostante, non indagò oltre, perché aveva dedotto che Heiji fosse di fretta
 
Kazuha: «Va bene… ma---»
 
Heiji: «Se ci resterà tempo, gli chiederò di ridarti il telefono, ok?» disse con fare più tranquillo. 
 
Kazuha: «Come vuoi… a dopo, allora…» si avvicinò a Shinichi e gli porse lo smartphone. «È Heiji...»
 
Shinichi: «?!» prese l'aggeggio in mano e poi se lo poggiò all'orecchio. «Hattori, che succede?»
 
La chiamata aveva congelato tutti i presenti. 
 
Non solo in senso letterale, perché la temperatura si era abbassata di parecchio, ma soprattutto perché tutti avevano il cuore in gola. Dalle parole di Kazuha, non sembravano esserci notizie positive sulla posizione di Heiji o sulla sua situazione momentanea. La speranza che potessero trapelare dei dettagli importanti, però, era ciò su cui tutti puntavano di più al fine di arrivare alla verità nel minor lasso di tempo possibile.
 
Heiji: «Kudo, ascoltami senza fiatare. Non ho molto tempo, quindi non appena te lo dirò, comunica subito a tutti ciò che ti sto dicendo, ok?» non attese la risposta del ragazzo e proseguì. «Sono insieme ad Hakuba, in un posto situato nei sotterranei in cui siamo riusciti ad accedere tramite un passaggio segreto vicino alla cucina al piano terra. Qui abbiamo trovato Tsukimi Akihiro, il maggiordomo della villa. Questo tizio è totalmente pazzo, ha piazzato delle bombe a orologeria che esploderanno in pochissimi minuti. Ora non ti sto a spiegare i dettagli, ma non c’è modo che possiamo fuggire di qui… purtroppo. A-A-Ah. Non dire nulla, non fiatare a riguardo.» distolse lo sguardo, consapevole. «Questo immagino che sia il mio addio, Kudo. Spero davvero che ci incontreremo di nuovo.»
 
Shinichi: «Hattori, ma cosa stai dice---»
 
Heiji: «Quello che ho detto. Kudo, muoviti a dirlo alla polizia! Io… passami Kazuha.» disse in modo diretto.
 
Shinichi: «Hattori, no! Verremo a salvarvi! Dimmi solo più nello specifico dove, e---»
 
Heiji: «FAI SUBITO QUELLO CHE TI HO DETTO, CRETINO!!!» sbottò in preda alla rabbia e alla frustrazione. «HAI CAPITO CHE NON C’È PIÙ NIENTE DA FARE?! SCAPPATE! MUOVITI!!! E PASSAMI SUBITO KAZUHA!» si morse il labbro inferiore. «Non puoi capire che tempesta ci sia dentro di me… Sono totalmente devastato. Ma non c’è davvero NULLA che io possa fare… Non so nemmeno se dichiarare i miei sentimenti alla ragazza che amo sia giusto. Ma diciamo… che è il mio ultimo desiderio… anche se so di essere un egoista. Questa serata avrebbe dovuto aiutarmi a farlo, e invece...» ammise con voce rotta. «Fa male… fa malissimo… Però muoviti… voi… almeno voi… dovete salvarvi.»
 
Il detective dell’ovest avrebbe voluto resistere fino alla fine e mentire riguardo ai suoi sentimenti, ma non c’era riuscito. Aveva preferito essere sincero con Shinichi, che era non solo il suo rivale, ma anche il suo migliore amico. In diversi casi, questo compreso, avevano fatto del loro meglio per aggiudicarsi la sfida con una lotta all’ultima deduzione. E, altrettante volte, avevano parlato di argomenti più intimi della loro vita. Questo l’aveva fatto soprattutto Shinichi, e, nel tempo, Heiji aveva realizzato che dei suoi sentimenti per Kazuha non gli aveva detto praticamente nulla a causa del suo grande orgoglio. Aveva sempre e solo pensato di batterlo anche su quel piano, perché avrebbe potuto fare una dichiarazione migliore di quella che Shinichi aveva fatto a Ran in una location splendida come Londra. Almeno nei suoi ultimi istanti, aveva reputato che essere sincero col suo migliore amico, l’avrebbe aiutato a trapassare con qualche rimpianto in meno.
 
Shinichi: «Ho capito. Va bene.» disse abbassando lo sguardo e con un filo di voce. «Tieni, Kazuha.» le restituì lo smartphone.
 
Kazuha: «Sì...» lo prese in mano e dopo averlo fissato per un nanosecondo, lo appoggiò velocemente all’orecchio. «Heiji…!»
 
Heiji: «Senti, Kazuha...» si grattò una guancia.
 
Dopo aver ceduto lo smartphone alla ragazza, Shinichi si precipitò il più velocemente possibile dall’ispettore Megure e gli parlò a bassa voce.
 
Shinichi: «Ispettore, dobbiamo abbandonare questa villa al più presto. Hattori mi ha detto che ci sono delle bombe a orologeria che stanno per esplodere. Non ha potuto dirmi i dettagli, ma se non le ha disinnescate, significa che non ha potuto o che il tempo a sua disposizione è troppo poco. Non mi ha detto dove si trova, solo di scappare al più presto, perché non c’è tempo… Credo che dovremmo andarcene subito. Le dirò il resto una volta fuori di qui.» strinse con tutta la forza che aveva in corpo il portafoto che aveva trovato nella stanza dove era stato precedentemente.
 
Megure: «C-Cosa?! Ma non possiamo andare via di qui e abbandonare quel ragazzo al suo destino…!!!» affermò sbalordito.
 
Shinichi: «Mi creda, anche per me è inaccettabile, ma… Ispettore, sta a lei. Perdere qualche vita contro perdere le vite di tutti. Quale sceglie?» disse cercando di fingere di essere calmo e composto come sempre mentre grondava sudore da ogni dove.
 
Megure: «...» scosse la testa. «Non ci rimane che sperare in un miracolo, allora.» abbassò il cappello più che poteva, dispiaciuto per la decisione che era stato costretto a prendere.
 
Si mise in una posizione dove tutti i presenti avrebbero potuto udire la sua voce. Diede qualche colpetto di tosse per attirare l'attenzione di tutti.
 
Megure: «Ascoltatemi e fate come vi dico senza controbattere.» disse con tono solenne. 
 
Guardò i presenti, uno a uno. Tutti coloro che erano riuniti in quella stanza erano ormai scioccati dalle rivelazioni che erano state fatte. Sapevano che c'era una probabilità che, da qualche parte in quella villa, vi fossero delle bombe e che avrebbero potuto esplodere da un momento all'altro. Fino a qualche attimo prima erano tutti d'accordo a seguire gli ordini che erano stati impartiti dell'ispettore Megure, ma adesso c'era qualcosa che rendeva quella stanza del tutto invivibile. La tensione e la paura non facevano altro che salire di più, anche se non nello stesso modo per tutti. 
 
Megure: «Abbiamo appurato che ci sono degli ordigni che potrebbero esplodere da un momento all’altro, quindi vi prego di abbandonare subito questa villa. Takagi-kun, porta via con te Tsukimi Ryu-san.» lo guardò impassibile. 
 
Takagi: «Eh?! E i ragazzi che sono ancora all’interno della villa?» esclamò sorpreso.
 
Megure: «Il luogo dove si trovano questi ordigni è impossibile da raggiungere ed esploderanno a breve. È inutile indugiare. Inoltre… Ho detto di non controbattere, Takagi-kun! Fa’ ciò che ho detto!» rispose alzando il tono della voce.
 
Takagi: «S-Sì...» portò l’uomo con sé e uscì dalla stanza. (Non sono d'accordo con tutto ciò… ma non posso permettere che anche chi è qui con me perda la vita…) 
 
Sato: «Ispettore Megure, so che a questo punto non dovremmo perdere tempo, però---»
 
Megure: «Sato-kun, vai via con la bambina e fai come abbiamo pattuito prima.» scosse la testa, facendole capire che davvero, non potevano indugiare oltre.
 
Sato: «...» prese in braccio Aoi e corse verso l’uscita. (Io… devo trovare il modo di portare la piccola al sicuro e tornare indietro a dare una mano… quei ragazzi… devono essere spaventati a morte… devo aiutarli!) 
 
Nakamori: «Aspetti, devo ancora trovare mia figlia…!» si avvicinò a Megure.
 
Ran: «Adesso il cellulare prende un po' meglio, Nakamori-san! Può provare a farle una telefonata! Mi ha confermato che si trova ancora all’interno della villa tramite un messaggio… le ho scritto di andare subito via di qui perché ci sono delle bombe, ma sentirla sarebbe diverso! Non so nemmeno se la mia risposta le sia arrivata…» affermò la ragazza avvicinandosi all’uomo quasi preso dal panico.
 
Nakamori: «Sì, lo faccio subito!» uscì dalla stanza e le telefonò.
 
Megure: «Shiratori-kun, di’ a tutti coloro che stanno esaminando la sala da ballo di andare via. E voi tutti, uscite subito da questa stanza e dalla villa. Veloci!» comandò facendo un cenno con la mano.
 
Shiratori: «Sì, vado subito.» corse verso il piano di sotto. 
 
Kogoro: «Ispettore, i ragazzi che sono scomparsi, però… che fine faranno?» chiese quasi esitante. 
 
Megure: «Non so se riuscirò a trovarli, ma farò il possibile. Intanto, ti chiedo di allontanarti insieme a tutti. Mi raccomando, tieni d'occhio questi ragazzi. Non riesco mai a fidarmi della loro parola… e credo che pur di perseguire la verità, farebbero di tutto, anche restare in un edificio che sta per esplodere.» ammise con timore. 
 
Kogoro: «Non ci prendiamo in giro, ispettore… so che lei ha ragione, ma conosco anche il suo carattere. E credo bene che non sarebbero solo quei ragazzi a fare una pazzia del genere.» borbottò guardandolo dritto negli occhi. 
 
Megure: «Fa' come ti ho detto, tieni d'occhio i ragazzi. Al momento non posso fare altrimenti. È vero che è la vita di pochi contro quella di tanti, ma per me non fa differenza.» cercò di fare un sorriso rassicurante. «Adesso vai!»
 
Kogoro: «Non posso permettere una cosa del genere, cerchi di capire anche i miei sentimenti, come io sto facendo con i suoi!» scosse la testa. 
 
Megure: «Mori-kun. Tra questi ragazzi c'è perfino tua figlia. Vuoi che rimanga coinvolta nell'incidente? Inoltre, può darsi che l'entità dell'esplosione non sia totalmente distruttiva. Possiamo affidarci a questo.» cercò di convincerlo. «Pensa anche a tua moglie.»
 
Kogoro: «E lei non pensa alla sua? Sono convinto che Ran sa bene cosa fare. Io mi fido di lei.» annuì. «Gli altri ragazzi faranno ciò che vogliono, o anche loro avranno un grande rimpianto in futuro.»
 
Megure: «Non dire sciocchezze. Se la metti sotto questo punto di vista, può anche darsi che non potranno vedere mai più la luce del sole, ti va davvero bene?!»
 
Masumi, intanto, se l'era filata senza dire nemmeno una parola. Era riuscita a origliare la discussione che Shinichi aveva avuto insieme a Heiji e all'ispettore Megure, dunque, non voleva assolutamente che in sua presenza morissero delle persone. Nonostante avessero detto che la situazione fosse senza speranza, lei non voleva restare con le mani in mano. 
 
Masumi: (Mi dispiace… avrei voluto fare del mio meglio e portare a termine la mia missione. Ma così non è stato… e forse non lo sarà mai. Sono sicura che ce la farai lo stesso, mamma. Tornerai normale e tutto…) le si appannò la vista. (Dannazione, perché in un momento del genere?!) si asciugò gli occhi. 
 
Era vero che era pronta a salvare delle persone che non aveva la benché minima idea di dove si trovassero. Ma era anche vero che, nel peggiore dei casi, ciò significava dire addio alla sua vita. Per come la vedeva lei, la situazione era disperata. Se, addirittura, un ispettore aveva deciso di comportarsi in quel modo, ciò significava che anche se non c'erano delle solide basi su cui poter dire con certezza che non c'era più niente da fare, era come se fosse una chiara verità. Masumi voleva fare giustizia, non sarebbe mai riuscita ad andare avanti con l'incubo di non essere riuscita nemmeno a provare a salvare delle povere anime senza colpa. Anzi, la colpa era loro perché avevano ficcanasato anche troppo in questa situazione… ma lei non era da meno. Anzi, lei era esattamente come gli altri, solo che era stata fortunata a non finire chissà dove con un bombarolo fuori di testa. Era per questo che non riusciva a fermare le lacrime che non facevano altro che essere asciugate dai suoi occhi. Stava per dire addio ai suoi cari, questo era l'unico motivo che aveva per sentirsi così tanto triste. Ma non poteva fare a meno di tentare il tutto per tutto. 
 
Masumi: (Aveva detto che si trattava di un passaggio segreto… Vicino alla cucina del piano terra… Quindi è qui, ci sono quasi!) 
 
Si avvicinò al posto, dopo aver corso a perdifiato per tutto il tragitto, cercando di non farsi scoprire dai membri della scientifica che stavano abbandonando la villa. 
 
Masumi: (Bene… ci siamo.) fece qualche passo in avanti e vide davanti a sé una figura che, ormai, aveva imparato a conoscere bene. «Cosa ci fai qui? Non ti è stato ordinato di scappare?» chiese riprendendo fiato. 
 
Chihiro: «Sì, anche a te è stato impartito lo stesso ordine, no?» sorrise amaramente. 
 
Masumi: «Non sarai mica qui per sbarrarmi la strada, vero? Perché in caso…» estrasse la spada dal fodero. «Non mi farò alcun problema, Koseki-kun.»
 
Chihiro: «Lo immaginavo…» sollevò le braccia in segno di resa. «Ma dato che moriremo qui, a parte che pregare affinché Tsukimi-san confessi e mio padre possa finalmente essere vendicato… devo dirti tutto ciò che non ti ho ancora detto. Questa… è l'altra parte della verità.»
 
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Nakamori: «Rispondi… rispondi, dannazione!» uscito fuori dalla stanza, camminava in lungo e in largo per il corridoio, aspettando che Aoko rispondesse alla chiamata. 
 
Era tornato un campo leggermente decente che di tanto in tanto abbandonava i device perché non era ancora stabile. 
 
Aoko: «Papà?» rispose con un tono abbastanza squillante. 
 
Nakamori: «Grazie a Dio! Aoko, ascoltami! Dove ti trovi?!» si guardò intorno. 
 
Aoko: «Eh? Co-- mai?» la linea era disturbata. 
 
Nakamori: «Non farmi domande, rispondi e basta!!» sbottò l'uomo. 
 
Aoko: «Aoko è in --o--e--ca! Per-- lo vuoi - --pere?» 
 
Nakamori: «Non sento bene… non si capisce nulla, o quasi, ma… Esci subito fuori, mi hai sentito?!? Ci sono delle bombe che potrebbero esplodere da un momento all'altro! Ovunque tu sia, esci da questa villa!» urlò non rendendosi conto che non sarebbe comunque stato il timbro della sua voce a far sì che ciò che stava dicendo raggiungesse la ragazza. 
 
Aoko: «--eh?! Ades-- ---ko -- via! Non -- -----are, papà!» disse con leggera tensione. 
 
Nakamori: «Ci vediamo fuori… muoviti, mi raccomando!! Aoko, prova a ripetermi dove ti trovi!» controllò le stanze adiacenti al luogo dove si trovava lui, ricordando che doveva trovarsi da quelle parti. 
 
Aoko: «Ao--- usc---» cadde la linea. 
 
Nakamori: «Figlia mia… sei sempre stata una ragazza intelligente. Sono sicuro che ne uscirai sana e salva… in fondo, Hakuba-kun è lì con te…» non molto sicuro di ciò che diceva, continuò a controllare le stanze che poteva, poi si sentì una mano sulla schiena e si voltò velocemente, nella speranza di poter vedere la figlia. 
 
Effettivamente, la sagoma e il viso erano simili, ma si trattava di un'altra ragazza. 
 
Ran: «Sono sicura che sta bene. Non so dove sia, né cosa stia facendo… però sono sicura che andrà tutto per il meglio.» sorrise dolcemente, ma con decisione. 
 
Nakamori: «Hai ragione… grazie.» si sentì in qualche modo più rassicurato. 
 
Era spaventato a morte, ma anche se non ne capiva il motivo, qualcosa dentro di sé gli diceva che Ran aveva ragione. Quindi decise di fidarsi di lei. 
 
Nakamori: «Vieni, andiamo fuori.» le indicò il piano di sotto. 
 
Ran: «Sì, subito! È che sto aspettando mio padre. Per favore, vada avanti, Aoko-san potrebbe essere già fuori ad aspettarla e se non la vedesse, potrebbe spaventarsi o addirittura tornare indietro…» lo guardò dispiaciuta. 
 
Nakamori: «D’accordo, ma sbrigatevi! Non sappiamo ancora quanto tempo rimanga a nostra disposizione!» corse subito verso l'uscita della villa. 
 
Ran: (Mi dispiace, non avrei voluto mentire… ma non posso assolutamente lasciare che Shinichi se ne vada in giro per la villa da solo a cercare Hattori-kun… e lo stesso vale per Kazuha-chan.) strinse I pugni. (Qualsiasi cosa accada, la affronterò insieme a loro!!) 
 
Proprio in quel momento… 
 
Shinichi: (Bene… adesso che sono distratti a parlare… posso approfittarne. Vedo che gli altri sono già andati dietro all'ispettore Shiratori… o almeno, così voglio credere.) sgattaiolò fuori dalla stanza avvalendosi di un passo felpato. (Hattori, verrò a salvarti, non importa dove tu sia. Non ti lascerò morire per nessuna ragione al mondo!!) corse giù per le scale, ma ad attenderlo lì c'era Ran. 
 
Shinichi: «Ran…!» sgranò gli occhi. «Pensavo che fossi già andata via! Cosa ci fai ancora qui?! Muoviti, vattene!!» le fece cenno di allontanarsi. 
 
Ran: «Io… non me ne vado. Non se tu non sarai insieme a me.» gli prese la mano destra e la strinse nelle sue. «Nemmeno Kazuha-chan è uscita da lì dentro, quindi aspettiamo anche lei e andiamo tutti insieme a cercare Hattori-kun, d'accordo?» 
 
Shinichi: (Quell'espressione… di nuovo… quell'espressione dolce, buona, troppo gentile, spaventata, triste… Mi distrugge sempre nello stesso modo…) la guardò dritta negli occhi. «Ran, ascoltami… questo non è il caso d---»
 
Ran: «No, ascoltami tu, Shinichi.» gli tappò la bocca con una mano. «Io… avevi detto che c'erano delle cose di cui avresti voluto parlarmi…»
 
Shinichi: «Sì, ma non è questo il momento.» le tolse la mano dalla sua faccia. «Se non l'hai capito, dovrei impiegare questi attimi per fare altro, non per temporeggiare!»
 
Ran: «Temporeggiare, dici…?» abbassò lo sguardo. «Io… non voglio che Hattori-kun muoia… ma solo stesso tempo… non voglio morire nemmeno io senza averti detto che in realtà so che tu…» cominciò a singhiozzare. 
 
Shinichi: «C-Calmati, Ran!» il cuore cominciò a battergli all'impazzata. «Cos'è che mi dovresti dire?»
 
Ran: «Io… sob… in realtà… L'ho sempre saputo, ma sapevo anche che ti avrei potuto mettere nei guai… sigh…» cercò di piangere sommessamente. «Tu… e Conan-kun…»
 
Le pupille di Shinichi si dilatarono fino a che i suoi occhi non diventarono due piccoli puntini neri. 
 
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In biblioteca, Aoko guardò lo schermo dello smartphone che non dava più segnali di vita dato che si era scaricata la batteria. 
 
Aoko: «Chat Noir, hai sentito?! Dobbiamo scappare subito!!» lo guardò in preda al panico. 
 
Kaito: «Certo, milady… ho sentito bene.» cercò di mantenere la calma. (Delle bombe…?! Ohi ohi ohi… qua va a finire malissimo…) diede un'occhiata fuori dalla finestra. «Effettivamente, credo che le cose si stiano muovendo anche lì fuori.»
 
Aoko: «Il papà di Aoko le ha detto di andare via subito… quindi---»
 
Kaito: «Quindi, lascia fare a me.» spense il lume e la prese in braccio in stile principesco. «Adesso andremo fuori… dalla finestra. Te la senti, vero?»
 
Aoko: «Certo che Aoko se la sente! Poi, insomma… Non è che vorrebbe che fossi tu a fare tutto il lavoro.» lo guardò arrossita.
 
Kaito: «Ma insomma! Ogni tanto lascia che possa fare qualcosa anche io!» sbuffò imitando l’eroe vestito di nero. «Ti porterò in salvo anche questa volta… in barba a tutti coloro che dicono che Chat Noir è solo un comprimario.» sogghignò.
 
Aoko: «Ka… Ehm...» distolse lo sguardo. «D’accordo, ad Aoko va benissimo come hai detto tu, almeno per questa volta!» afferrò il biglietto dal tavolo. «In fondo, abbiamo trovato ciò che ci serviva, anche se non possiamo ancora capire fino in fondo cosa significhi.»
 
Kaito: «Sì, è precisamente così! Ma una volta che parleremo con Itou-san, non potremo fare a meno di comprendere la verità.» sorrise gentilmente per metterla a suo agio. (Inoltre, ho ancora quel simil gatto impagliato con me… Quello non riesco proprio a capire cosa possa significare…)
 
Aoko: «Già… Sempre sperando che si riprenda presto!» lo fissò negli occhi. (Tu non puoi saperlo, ma non dimenticherei mai questo tocco gentile che hai quando mi prendi in braccio… Dovresti darmi delle spiegazioni, Kaito… Tuttavia, so bene che non è questo il momento.) scosse leggermente la testa. «S-Se vuoi, possiamo andare!»
 
Kaito: «Bene, non aspettavo altro...» disse quasi mormorando mentre una goccia di sudore gli scendeva lungo la schiena. (Mai… E dico mai e poi mai lascerò che tu rimanga coinvolta in qualcosa di pericoloso. Ti salverò sempre, qualsiasi cosa mi costi.)
 
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Shiho continuò a guardare Rei, allibita per ciò che aveva visto verificarsi davanti ai suoi occhi. Perché si era comportato in quel modo con lei? 
 
Shiho: «Scusa, ma togliti.» si scostò velocemente dall’abbraccio in cui l’aveva costretta l’uomo. «Posso capire che la ferita ti faccia male, ma non capisco cosa stia succedendo.» si alzò dal letto e si appoggiò le mani sui fianchi. «Non prenderti mai più la briga di abbracciarmi in quel modo, sia chiaro. E non ti prendere nemmeno più tutta quella confidenza.» disse con tono autoritario. (Ma chi si crede di essere? Abbracciarmi senza nemmeno un motivo… che io conosca. Bourbon, cosa vuoi davvero da me?) lo osservò mentre si asciugava le lacrime dagli occhi e tornava tranquillo, come se non fosse accaduto nulla.
 
Rei: «Sì, hai ragione tu. Non avrei dovuto… mi dispiace.» si alzò anche lui e si rivestì. «Grazie, la ferita sta meglio. Cioè, continua a farmi male, ma è normale. In ogni caso, è arrivato il momento di andare.» controllò lo smartphone. «Non capisco bene se adesso prenda oppure no. Forse va a scatti. Sarebbe meglio non indugiare...» acuì lo sguardo. (Ma non so ancora se siamo davvero al sicuro...)
 
Shiho: «Ma quindi, fammi capire.» lo guardò dritto negli occhi. «Stavi piangendo perché ti faceva così tanto male la ferita? Non è che non ti creda, ma non mi sembra da te. Quello… Quello non era un pianto di dolore, ne sono certa.»
 
Rei: «Beh, alla fine, cosa potrebbe cambiarti? L’hai detto tu che non vuoi sentire ragioni, no? Non mi prenderò alcuna confidenza con te. Non era nemmeno ciò a cui miravo, a dire il vero.» si portò i capelli indietro.
 
Shiho: «Sì, è come dici tu, ma anche no.» lo raggiunse e si mise a braccia conserte. «Quel Gin che prima mi ha quasi uccisa… eri tu, vero? Quella ferita... Sono stata io a infliggerti quella ferita, è così? Non sono nata ieri, anche io riesco a capire certe cose. Non so perché tu l’abbia fatto, o cosa tu stia tramando. Ma se, davvero, sei arrivato a fare una cosa del genere...» socchiuse un occhio. «Stai nascondendo qualcosa di così grande… tanto da non poterla nemmeno dire alla diretta interessata?» disse in modo diretto. (Sta sudando… Data l’entità della ferita è anche normale. Sta sicuramente bluffando, chissà che dolore che ha. Amuro Toru… Bourbon… Cosa vorrà davvero da me?)
 
Rei: «Esatto.» disse con tono secco.
 
Shiho restò stupita dalla risposta subitanea dell’uomo. Non le aveva nemmeno mentito come pensava che, invece, avrebbe fatto. 
 
Shiho: (Riflettendoci, effettivamente… anche prima non aveva campato storie per aria… Aveva detto la verità su chi gli ha sparato. Certo, non ha fatto il mio nome, ma…)
 
Rei: «Non voglio parlartene. Non adesso, per lo meno.» diede uno sguardo fuori dalla finestra e notò un certo movimento tra le persone che erano davanti alla villa.
 
Shiho: «Bene, allora cosa ne dici di dirmelo e basta? Per arrivare a chiamarmi per nome...» insistette.
 
Rei: «Per quanto riguarda questo… te l’ho detto, no? Ti conosco da prima che tu nascessi.» notò che pian piano stavano uscendo anche i poliziotti.
 
Shiho: «Non era una battuta buttata lì a caso? Poi l’hai legata alla storia del Four Roses… perché?» si avvicinò alla finestra anche lei, occupando la parte opposta a quella di Rei. (Ha sicuramente delle informazioni che potrebbero essermi utili… non posso andarmene se prima non lo costringerò a parlare…) 
 
Rei: «Quella era una semplice metafora. In fondo, a quei tempi, non eravamo ancora nati.» si nascose dietro la tenda e osservò un punto preciso provenire dagli alberi. 
 
Shiho: «Ma insomma, rispondimi!» lo afferrò per un braccio. «Ciò che hai fatto ha dell'incredibile! Non posso davvero pensare che---»
 
Rei: «In realtà, c'è una cosa più importante che dovresti sapere. Questa… credo che ti farà arrabbiare davvero tanto.» fece una risatina, poi notò che tra gli alberi, c'era una luce che stava segnalando pericolo. (Cosa?! Deve essere lui… ma allora…?!) si guardò intorno.
 
Shiho: «Più di così?! Ma credi che io sia un pagliaccio o qualcosa del genere?! E poi, cosa stai guardando lì fuori? Cos'è quella luce? Sono loro, eh?!» strinse forte i pugni, ma si trovò nuovamente stretta tra le braccia dell'uomo. 
 
Rei: «Adesso trattieni il fiato… dobbiamo fare un bel salto.» suggerì alla ragazza, con una leggera punta di ironia. 
 
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Kazuha, nel frattempo, camminava lentamente per il corridoio che l'avrebbe condotta alla scalinata che doveva scendere per giungere al piano terra. 
 
Kazuha: «Cosa?! Cosa, Heiji??» scoppiò in lacrime. 
 
Heiji: «Non piangere, Kazuha… Sai che ho la pellaccia dura! Non morirò. Non c'è davvero modo in cui io possa---»
 
Kazuha: «Basta! Basta, Heiji!! Basta con le menzogne!! Dovresti soltanto dirmi dove diavolo ti trovi, per permettermi di venire da te… o che ci sto a fare? Io… Heiji, io… sigh...» singhiozzò. 
 
Heiji: «Non ci sei mai stata solo per venire da me. Tu, Kazuha, hai sempre brillato di una luce pura che scaturisce da te stessa. Dalla tua bellezza… cioè, quella interiore che esce fuori una volta ogni morte di Papa, ma che esce!» diede qualche colpetto di tosse. 
 
Kazuha: «Sei sempre il solito stupido!! Perché mi stai dicendo delle cose del genere?!» cercò di sopprimere i singhiozzi. 
 
Heiji: «Perché…? Mi chiedi… In realtà, me lo chiedo anche io. Avrei voluto che la serata portasse a un risultato ben diverso da quello che è stato. Avevo programmato delle situazioni che non si sono mai verificate, e che, possibilmente, non avranno più modo di esistere.» diede le spalle ad Hakuba. 
 
Kazuha: «Ma che dici, Heiji?! Abbiamo una vita davanti… potrai gestire i tuoi casi in altri modi, quando sarà possibile… Perché ti dai per spacciato? Dimmelo! Dove ti trovi?!» urlò in preda al panico. 
 
Heiji: «No. No, Kazuha. Per me questa serata non simboleggiava un caso. Ugh… No, va bene. Simboleggiava anche un caso, ma non era ciò che per me aveva più importanza.» disse più velocemente che poteva. «Ciò che avrei voluto più di ogni altra cosa… era poterti dire che…»
 
La ragazza restò in silenzio ad ascoltare cosa le volesse comunicarle Heiji dall'altro lato della cornetta. 
 
Heiji: «La tua allegria, la tua rabbia ferocissima… il tuo visetto dolce, quell'espressione quasi sempre corrucciata…» si mise a ridere. «D'accordo, non lo è quasi sempre, ma tante volte sì. Il tuo carattere forte, ma cristallino…. Il modo in cui mi guardi, il modo in cui mi parli, il modo in cui hai dei riguardi verso di me, il modo in cui cerchi di sostenermi, il modo in cui non mi lasci mai per un istante perché ti preoccupi per me… queste… sono tutte cose che…» prese un grande respiro. «Sono tutte cose che detesto! Già! Le detesto davvero perché so che potresti fare di meglio, anche se l'unica cosa che t'interessa fare è sbraitare tutto il giorno! Heiji qua, Heiji là! Non sono più un bambino!»
 
Kazuha: «Nemmeno io sono più una bambina, Heiji… però i miei sentimenti per te sono sempre gli stessi...» abbassò lo sguardo. «Io…»
 
Heiji: «Asp-- Aspetta! Kazuha!»
 
Kazuha: «Cosa dovrei aspettare, cretino?! Ne ho fin sopra i capelli delle tue scene di incertezza dove poi dici cose senza senso! L'ho capito che in realtà sei solo un timidone! Quindi… quindi…»
 
Heiji: «Ti sto dicendo di aspettare!!»
 
Kazuha: «Hai detto mille volte che non c'è più tempo, no? Allora, così sia! Io non posso permettermi di morire senza averti detto… che… io, Heiji… io…»
 
Heiji: «Ti sto dicendo di aspettare! Quel che sto cercando di dirti è che io---»
 
Il cuore di entrambi batteva all'unisono.
 
Heiji e Kazuha: «Ti amo!»

 
3… 
2… 
1…
 
0!
 
Le bombe esplosero quasi tutte in contemporanea, creando un boato che si udì fino a qualche miglio dall'ubicazione della villa. 



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Note dell'autrice:
Mi dispiace nuovamente se il capitolo può essere in parte caotico. L'azione è tanta e non sapevo bene come descrivere il tutto in modo che i personaggi potessero muoversi contemporaneamente. Ho fatto del mio meglio, ma in caso abbiate dei dubbi, chiedete pure. ^^
Riguardo alla parola malanova detta da Heiji, nel dialetto siciliano, è un augurio di disgrazia.

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Capitolo 34
*** Opinioni - Il caso di Furuya Rei ***


Sì, fu in quell'occasione che accadde il mio incontro del destino.
 
Non facevano altro che prendermi in giro per il colore dei miei capelli. Erano biondi, e allora? Cosa poteva cambiare agli occhi degli altri? Io sono giapponese, lo sono sempre stato. Lo pensavo sempre, ne ero fiero, orgoglioso, eppure… Eppure sì. Quelle parole mi ferivano più di una lama. Era come se questa mi trafiggesse e mi trapassasse. Non importava nemmeno quanto io cercassi di rinnegarlo, il dolore era sempre lancinante… quel dolore che avevo al cuore, era davvero difficile da sopportare. Certo, all’esterno non poteva essere notato, ma era come se sanguinasse più delle ferite che mi venivano inflitte sul corpo. Una lacerazione che si abbatteva su di me di giorno in giorno e a cui non riuscivo a dare una vera e propria connotazione.
 
Fino a quel momento.
 
Ricordo bene quelle parole, dette con un orgoglio molto simile al mio.
 
“Ah, sei ancora tu? Ti deve proprio piacere fare a botte, eh?”
“No! È perché hanno detto che il colore dei miei capelli è strano… Sono nato e cresciuto in Giappone… Sono giapponese, eppure…”
“Può essere che uno dei tuoi genitori sia straniero?”
“E… E allora?!”
“In quel caso, dovresti dire a chiunque fosse dei tuoi amici con cui tu abbia fatto a botte… Che anche se le persone possono sembrare diverse… Tuuutti, alla fine sono soltanto un ammasso di carne e sangue una volta che li fai a pezzi e rimuovi loro la pelle… Come prova… Neri, bianchi, asiatici… Tuuutti, come puoi vedere… Hanno sangue rosso che scorre nelle loro vene, vedi? È questo ciò che dovresti dir loro!! Capito?”*
 
È stata la persona che mi ha fatto scoprire un nuovo mondo, che mi ha fatto aprire gli occhi nonostante fossi solo un bambino rabbioso.
 
“P-Posso tornare la prossima volta che faccio a botte?”
“No! Rifiutiamo i bambini che fanno a botte… Ma se il tuo orgoglio potesse restare ferito nel processo di riappacificazione con chiunque tu abbia litigato… Ci metterò su un cerotto, d’accordo?”*
 
Elena-sensei, lei è stata il mio primo amore. Non vedevo l’ora di vederla, di poter stare insieme a lei. Questi ricordi sono davvero indimenticabili. Ed è stato sempre in quell’occasione in cui ricordo bene di aver sentito di Shiho-san. Elena-sensei aveva detto a suo marito di essere al terzo mese di gravidanza. Non capivo molto bene cosa significasse ai tempi, ero troppo piccolo. La cosa mi aveva incuriosito parecchio, però. Avevo sentito che sarebbero diventati quattro, non facevo altro che chiedermi il perché.
 
Così, quel giorno in cui mi insegnò ad andare in bici**, ne approfittai e glielo chiesi. Eravamo seduti sull’erba di un prato ricoperto di fiori. Il tempo era davvero sereno, si stava così bene. O forse era semplicemente il fatto che fossi accanto a lei che mi faceva sentire così a mio agio? Quel calore… Quel calore che non dimenticherò mai.
 
Rei: «Grazie, per avermi insegnato ad andare in bici…!» dissi con un sorriso radioso in viso.
 
Elena: «Visto? Non era così difficile come credevi! È normale avere paura di ciò che non si conosce. Affrontare l’ignoto, però, è una grandissima sfida che dobbiamo vincere sempre. Non sei d’accordo con me?»
 
Sorrise gentilmente.
 
Quando parlava, aveva sempre uno sguardo dolce. Mi guardava teneramente, mi faceva sentire al settimo cielo. Il venticello gentile le accarezzava i capelli, che cercava di scostare dal viso con una mano.
 
Rei: «Sì che sono d’accordo! Ma non mi sono mica tirato indietro!» dissi voltando la testa dall’altro lato, perché stavo mentendo, ma non volevo assolutamente che pensasse che non fossi all’altezza o che avessi paura.
 
Lei si mise a ridere. Una risata gentile, che non era atta a deridermi, ma si capiva che era divertita da ciò che aveva appena sentito. Al contrario di ciò che avrei voluto che pensasse, la verità la sapeva bene perché l'aveva appurato con i suoi occhi, sarebbe stato impossibile nasconderla.
 
Elena: «No, certo! Però non volevi che lasciassi la presa, no? Oppure saresti caduto
 
Rei: «Basta! Non prendermi in giro!» mi sollevai e strinsi i pugni.
 
A quei tempi pensavo che mi stesse davvero deridendo. Anche se ero soltanto un bambino, volevo che mi vedesse più come un uomo della sua età. Ero totalmente preso da lei, avrei voluto tenerla sempre con me.
 
Elena: «Non ti sto prendendo in giro!»
 
Scosse la testa.
 
Elena: «Però ricorda sempre le mie parole, Rei-kun. A volte è necessario vincere le proprie paure, soprattutto se ciò ti servirà a farti strada. Pensa un po’ se magari, quando sarai più grande, vorrai guidare una moto. Come farai?»
 
Rei: «Beh… Quando salirò sulla moto, ci sarai tu a spingermi?» chiesi innocentemente.
 
Elena: «Non credo. Sai com’è? La moto non si spinge, né si tiene dal sellino. La accendi e paaarti!»
 
Il suo modo di parlare era molto empatico. Agli occhi degli altri poteva sembrare fredda e distaccata, ma ai miei era davvero una stella. Sapeva come comportarsi con i bambini, persino sua figlia la adorava. E quello, per me, era davvero normale.
 
Rei: «Ma io preferisco le macchine! Quelle sono tutte chiuse, hanno ben quattro ruote!» mi misi davanti a lei a parlare con gli occhi che arrivavano alla stessa altezza dei suoi.
 
Mi sentivo davvero grande. Avrei voluto stupirla con tutto me stesso, volevo che sorridesse sempre, volevo che fosse felice.
 
Volevo trascorrere tutto il tempo possibile insieme a lei.
 
Eppure, c’era quella cosa che mi impediva di pensare lucidamente. Quando mi tornò in mente la discussione sul quarto elemento della sua famiglia, cominciai a fare il prezioso. Mi vergognavo di uscire fuori la discussione, come avrei fatto a sostenerla una volta che non capivo nemmeno cosa significasse che Elena-sensei fosse al terzo mese? Che sarebbero diventati quattro? 
 
Elena: «La macchina, eh? Mmmh… Sai che anche se non ha due ruote, può essere davvero pericolosa?»
 
Mi chiese con quegli occhi così belli che il cuore cominciò a battermi forte.
 
Rei: «Sì, lo so! Lo so benissimo! Ma io diventerò un bravissimo guidatore!» annuii convinto delle mie possibilità. «E comprerò una macchina tutta mia!»
 
Dissi con orgoglio.
 
Elena: «Bene, bravissimo!»
 
Mi applaudì.
 
Elena: «Di che colore la prenderai?»
 
Chiese avvicinandosi a me, su quell’erba tanto fresca al tatto.
 
Rei: «Di che colore? Uh...» la guardai perplesso, perché non ci avevo mai pensato. 
 
“Di che colore dovrei comprarla?” chiesi a me stesso, nell’indecisione. Ma davanti ai miei occhi c’era lei, la persona su cui riponevo tutte le mie speranze. Era lei la mia musa.
 
Rei: «Ah! Ci sono, ci sono! Ci sono!!» esclamai saltellando per la felicità.
 
Elena: «Sentiamo, sono curiosa.»
 
Aveva uno sguardo davvero interessato, anche se poteva sembrare una frase detta a caso a un bambino. Lei si interessava sempre a ciò che facevo o a ciò che mi piaceva. Non era invadente, non mi faceva domande non necessarie. Ma se ci trovavamo all’interno di una discussione, forse, chissà… le faceva davvero piacere sentire ciò che ne pensavo sinceramente. A me piaceva parlare con lei, lo adoravo. Come adoravo anche quel suo modo di fare pimpante.
 
Rei: «La prenderò bianca! Come il tuo camice!» lo indicai.
 
Elena: «Come il mio camice?»
 
Lo guardò, stupita. Aveva addosso quello e un abito intero. Probabilmente le piaceva accostarli, perché la vedevo spesso vestita in quel modo.
 
Elena: «Ne sei certo?»
 
Mi chiese meravigliata.
 
Rei: «Sì! Quello… È--- No, no! Era per dire un colore! Mi piace bianco!»
 
Annuii, preso dal panico. Non volevo dirle che era perché bianco era il colore che mi faceva pensare al camice, che a sua volta, mi faceva pensare a lei. Solo poi, in futuro, avrei potuto pensare che a parte che a quello, l'avrei potuta accostare a quel colore per quanto sembrasse pura ai miei occhi. Forse non me ne rendevo bene conto, ma era ciò che sentivo dentro di me. 
 
Elena: «Bianco… è un colore neutro, ma davvero significativo.»
 
Annuiva con la testa, probabilmente aveva capito cosa le stavo nascondendo, ma non tornò sull'argomento. 
 
Rei: «Che significato può avere?» insistetti con sete di conoscenza. 
 
Elena: «Oh… come dire?»
 
Cercava di girarci intorno, ma era chiaro che stava ponderando come usare le parole. Vedevo che rifletteva perché aveva assunto una posa consona a chi è solito farlo. La mano sotto il mento e lo sguardo concentrato non mi suggerivano niente di diverso. 
 
Elena: «Bianco può significare tutto ciò che vuoi.»
 
Disse a un certo punto, come un fulmine a ciel sereno. 
 
Rei: «Tutto… ciò che voglio?» ripetei con stupore e lei annuì. 
 
Elena: «Sì. E non solo il bianco, ma anche tuuutti gli altri colori!»
 
Sollevò l'indice. Ciò significava che stava per spiegarmi qualcosa che per lei era profondamente importante, quindi mi eccitai ancora di più nell'attesa di conoscere il motivo della sua risposta. Senza volerlo, sollevai i pugni quasi all'altezza del mio petto, incitandola a continuare a parlare. Avevo lo sguardo acceso, speranzoso. 
 
Elena: «L'importante, Rei-kun, è che sia tu a pensare ciò che vuoi. Cioè… che quella sensazione istintiva provenga da te, così per farla diventare tua.»
 
Rei: «Come faccio a fare diventare mia… una sensazione?» risposi strabuzzando gli occhi. 
 
Elena: «Basta pensarla.»
 
Mi indicò il fiume che scorreva davanti a noi. 
 
Elena: «Sai di che colore è l'acqua che scorre in quel fiume?»
 
Mi chiese con fare gentile, non abbandonando mai quel suo tenero sorriso. 
 
Rei: «Certo! È blu! No… azzurra!» la guardai soddisfatto della mia risposta, convinto che fosse quella giusta. 
 
Elena: «Mmh… Ne sei davvero convinto?»
 
Chiese suscitando dentro di me uno stato di confusione. 
 
Rei: «Uh… S-Sì! Sì, lo sono!» dissi alzando un po' la voce e continuando a stringere i pugni.
 
Elena: «Molto bene, Rei-kun!»
 
Si alzò e mi accarezzò la testa. Non era solita farlo, ma di tanto in tanto, era come se mi premiasse con quel gesto. Io stesso lo consideravo come un traguardo, perché mi faceva piacere essere coccolato da lei. 
 
Elena: «Hai raggiunto quella sensazione che ti dicevo!»
 
Si avvicinò al fiume e si chinò presso la riva, facendomi segno di raggiungerla. E così feci. 
 
Rei: «Come ho fatto a raggiungere qualcosa che non so cos'è?» dissi interrogativamente, guardando l'acqua del fiume che scorreva. 
 
Elena: «Ricordi cosa ti ho detto che significava?»
 
Mentre me lo chiese, immerse le mani in acqua. 
 
Rei: «Sì, una sensazione… mmmh… mia?» cercai di ricordare. 
 
Elena: «Sì, perché può essere tutto ciò che vuoi. Ricordi? Tuuutto quello che vuoi. Apri sempre la mente alla tua immaginazione. A volte, lascia che sia quella a marciare di più della dura realtà di tutti i giorni. Quella non c'è bisogno di pensare per vederla.»
 
Estrasse le mani dal fiume. Erano congiunte e contenevano dentro di loro un bel po' d'acqua che le riempiva quasi fino a ricoprire del tutto gli indici. Le avvicinò al mio viso. 
 
Elena: «Guarda bene. Di che colore è quest'acqua?»
 
Mi pose nuovamente quella domanda. Stavo per darle la medesima risposta, ma poi osservai con attenzione ciò che mi stava mostrando. 
 
Rei: «L'acqua… è… rosa?» continuai a contemplarla, non capendo perché fosse diversa dal colore che vedevo di solito. 
 
Elena: «È per questo, vedi? È davvero del colore che vuoi tu, Rei-kun!»
 
Gettò l'acqua che conteneva tra le mani nel fiume e mi guardò, tutta contenta. 
 
Elena: «Scientificamente, ti posso assicurare che l'acqua è trasparente. Guarda!»
 
Ne raccolse dell'altra che lasciò cadere quasi subito. 
 
Elena: «È un procedimento che ha a che vedere con il fenomeno della luce del sole che è composta da tante onde luminose che messe tutte insieme, formano la luce bianca che viene anche definita "Spettro". Vedi, è un po' lungo da spiegare, ma diciamo che questi fasci di luce colorati vanno a finire nell'acqua, e si disperdono tutti con delle tempistiche diverse. I fasci di luce blu sono quelli più longevi, perché hanno una maggiore capacità di penetrazione. Quindi sono quelli che durano più a lungo e donano il colore a questa grande distesa!» 
 
Soddisfatta, si sollevò. 
 
Elena: «C'è anche da dire che il colore del cielo influenza di molto quello del mare, ad esempio! È per questo che a volte sembrano dello stesso colore. E ciò si verifica proprio perché l'acqua è come un graaande specchio!»
 
Mi guardò gentilmente. 
 
Elena: «Ora hai capito ciò che intendevo?»
 
Rei: «S-Sì! Mi ricorderò di questi colori che si schiantano in acqua! Ma più di qualsiasi altra cosa… ricorderò che questa è azzurra. Perché l'ho deciso io!» sorrisi perché avevo finalmente capito dove volesse andare a parare. 
 
Per me Elena-sensei era un'enciclopedia vivente. Sapeva sempre tutto, avrei potuto anche chiederle perché ci sono venti freddi o caldi, nuvole di diverso genere e simili… lei mi avrebbe sempre dato una risposta. Non mi interessava nemmeno verificare se fossero informazioni corrette o meno, perché le credevo ciecamente. Era come se fosse un libro che mi sarebbe piaciuto leggere senza mai trovare una fine. Mi dava delle lezioni di vita che nessun altro avrebbe potuto spiegarmi in maniera migliore. Certo, a volte faceva degli esempi molto strani che mi lasciavano perplesso. Però, era proprio per questo che mi restavano impressi.
 
Elena: «Molto bene, bravissimo!»
 
Mi disse con emozione, come se avessi piantato una bandiera sulla Luna. Mi sentii molto lusingato per le sue parole e i suoi modi di fare. Al contrario di quando ero con gli altri bambini, con lei mi sentivo su un piedistallo. Lei non era soltanto "buona". Era quel genere di persona che riusciva a darti la carota, ma anche la bastonata quando era necessario. Però, ciò che avevo capito, è che lei riusciva in qualche modo a specchiarsi in me. Con il suo modo di fare, riusciva sempre a farmi dimenticare dei miei guai e ad andare avanti senza troppi pensieri. 
 
Dopo quei complimenti, sentii le mie guance diventare bollenti. Non c'era niente che mi potesse rendere più felice. Elena-sensei era la persona che risplendeva più di chiunque altro per me. Era bellissima. Aveva un carattere unico. Non avevo mai conosciuto nessuno come lei. E cercavo sempre di scrutarla bene tutte le volte che stavamo insieme. 
 
Elena: «Adesso mi dici cosa c'è che non va? Prima ho notato che eri un po' restio. È successo qualcosa con altri dei tuoi amichetti?»
 
Si chinò verso di me, col suo modo di fare che mi suggeriva un tono di preoccupazione. Ma sentivo che stava per arrivare quella bacchettata che temevo tanto.
 
Parlare con lei mi faceva viaggiare sempre su un altro pianeta, facendomi perdere la cognizione del tempo. Mi faceva perfino dimenticare tutto ciò che mi impensieriva… come in questo caso. 
 
Rei: «Ah… Beh, no. Niente di diverso con loro. Te l'ho detto! Dopo che ho detto loro ciò che mi hai detto tu, sono rimasti al loro posto… anche se si sono spaventati tanto a sentire parlare di sangue, pelle e pezzi di carne!» mi strinsi nelle spalle. 
 
Elena: «Questo non se lo sono cercato loro, però? Ben gli sta!»
 
Esclamò con soddisfazione. 
 
Rei: «Sssssssì, certo che ci sta!» dissi d'accordo con lei, realizzando quale fosse stata la cosa a cui si riferiva. 
 
Elena: «Dunque…? Cosa ti fa esitare a dirmi la verità?»
 
Restò chinata verso di me e continuò a osservarmi con quei due bellissimi occhi. 
 
Cercai di farmi coraggio, in fondo, non c'era niente di male a dirle ciò che mi passava per la testa. Anche se non lo capivo, lei avrebbe avuto una spiegazione. 
 
In fondo, ce l'aveva sempre. 
 
Rei: «Cosa significa quello che hai detto ad Atsushi-sensei?» chiesi in modo diretto, senza indugiare.
 
Elena: «Eh? Riguardo cosa?»
 
Mi guardò inarcando le sopracciglia con grande sorpresa. 
 
Rei: «Ecco… che presto… diventerete quattro…» dissi non riuscendo a guardarla negli occhi.
 
Non riuscivo nemmeno io a capire perché volessi chiederle una cosa del genere. Non ci conoscevamo da molto tempo, eppure… era come se ci conoscessimo da una vita. 
 
Elena: «Aaah! Quella cosa!»
 
Esclamò non perdendo mai il suo entusiasmo, ma, chiaramente, diversa nello sguardo e nell'espressione, che erano diventati un misto tra orgoglio e felicità. 
 
Sembrava fosse qualcosa di totalmente normale per lei. Il modo in cui l'avevo vista quasi esultare era chiaro. Non c'erano stati ostacoli ed era arrivata subito al punto. Io, dal canto mio, ero ancora perplesso. 
 
Elena: «Vedi, quello significa che…»
 
Ricordo come se fosse ieri quel momento. Si sedette nuovamente sull'erba e mi fece cenno di avvicinarmi a lei. Quella mano gentile che mi chiamava era come un invito a nozze per me, quindi non esitai nemmeno per un attimo e mi diressi a passo spedito verso di lei. Mi sedetti lì vicino, ma con grande stupore, lei mi strinse in un caloroso abbraccio. Mi aveva preso con forza, ma soprattutto, con molta cura con una sola mano. Piano piano, mi vidi catapultato con la testa sul suo ventre. Era caldo e confortevole. Mi sentivo quasi a casa. Chiusi gli occhi istintivamente e restai lì, fermo e immobile. Avrei voluto che quel momento non finisse mai. 
 
Elena: «Qui dentro… dentro la mia pancia, sta nascendo una piccola vita!»
 
Sembrava del tutto una mamma che parlava. Con amore, gioia, entusiasmo. 
 
Rei: «Una piccola… vita?»
 
Elena: «Sì. Nascerà la sorellina di Akemi. Momentaneamente è molto piccola, perché ha solo tre mesi. Ma presto crescerà e diventerà una bella bambina! Tra circa sei mesi la potremo vedere nascere e poi…»
 
Restò un attimo in silenzio. Questa attesa durò un po', ma non notai molto la differenza di tempo, dato che mi sentivo in paradiso. Sì, era esattamente così, per me era come se Elena-sensei fosse un angelo. 
 
Elena: «E poi, vedremo quanto ci farà impazzire a starle dietro! Ma magari, chissà, prenderà il carattere dalla sua mamma e sarà più tranquilla!»
 
Esclamò al massimo della felicità. 
 
Rei: «Sei mesi…» fu in quel momento che tornai con i piedi per terra e realizzai che dentro la pancia di Elena-sensei c'era una bimba che sarebbe arrivata in poco tempo. 
 
L'avrei conosciuta anche io? Le sarei piaciuto? Sarebbe stata come Akemi? O come Elena-sensei? O come Atsushi-sensei? 
 
Seguendo le mie preferenze, cominciai a focalizzare nella mia mente la visione della bambina come una Elena-sensei in miniatura. Anche se all'inizio interpretai la notizia con una nota negativa - perché significava condividere la persona che amavo con sua figlia -, me ne feci una ragione subito dopo, pensando che:
 
  1. Era del tutto normale che quella bambina stesse con la sua mamma.
  2. C'era già un'altra figlia con cui la condividevo. 
  3. Elena-sensei non era mia madre. 
  4. Avremmo potuto giocare insieme e diventare amici.
  5. Era impossibile che avesse un brutto carattere, dato che era figlia di un angelo. 
 
Qui cascava l'asino, perché erano i più puri sentimenti di un bambino ignaro degli sviluppi che avrebbe preso quella storia. 
 
Elena: «Sì. Un bimbo ci sta nove mesi per formarsi all'interno della pancia della sua mamma. E così sta facendo anche lei.»
 
Mi accarezzò i capelli. Aveva le mani così delicate e gentili. Forse… per me, tutto ciò che la riguardava era gentile. Mi abbandonai alle sue dolci coccole, non dissi più nemmeno una parola. Mi sentivo troppo bene per poter riuscire a pensare ad altro, se non che avrei voluto bloccare il tempo. 
 
Ma fu lei a prendere parola. 
 
Elena: «Sai? Anche se ne conosciamo il sesso, non abbiamo ancora deciso che nome metterle!»
 
Esclamò in preda alla felicità. 
 
Rei: «Eh?» dissi tornando nuovamente con i piedi per terra. 
 
Elena: «Il nome che avrà questa piccolina!»
 
Ripeté lei, sempre con la sua solita tranquillità. 
 
Elena: «Tu come chiameresti la tua sorellina?»
 
Di nuovo, mi aveva colto alla sprovvista. 
 
Rei: «Io? Sorellina?! Beh…» restai a riflettere per qualche istante. «Sicuramente, sceglierei dei kanji bellissimi che possano descriverla! Ma non si dovrebbe aspettare di vederla? Come hai fatto a scegliere il nome di Akemi-chan?» chiesi incuriosito.
 
Elena: «Abbiamo scelto un nome che potesse suonare bene e che ci potesse piacere… purché fosse di buon auspicio per lei. Akemi significa Bellezza Lucente, non suona davvero bene?»
 
Disse con un tocco di emozione. 
 
Rei: «Sì… tanto che sarebbe stato bene anche a te! Ehm… Cioè…! Non ci fare caso!» mi scostai celermente dal suo grembo. 
 
Fu una delle scelte peggiori che potessi prendere, ma l'imbarazzo mi aveva portato ad allontanarmi. Non avrei voluto dirglielo. Era una cosa che doveva restare per me. 
 
Ma Elena-sensei mi conosceva così tanto bene che, nuovamente, non riprese l'argomento e lasciò cadere la cosa, come se non si fosse mai verificata. Diede qualche colpetto di tosse per schiarire la voce. 
 
Elena: «Allora, un nome che ti piace?»
 
Mi chiese di nuovo. Stavolta non potevo più temporeggiare. 
 
Rei: «Allora… Dato che Akemi ha quel significato, dovrei trovarne uno diverso, ma ugualmente bello… forse… qualcosa che… Mmh...»
 
La guardai. Elena-sensei, come sempre, era interessata a tutto ciò che dicevo. Anche se era una sciocchezza, ne sembrava davvero felice. A volte mi faceva strano, ma non potevo non pensare che mi rendesse davvero felice, quindi dovevo fare del mio meglio. 
 
Rei: «A dire la verità…» stavo cercando di raggirare l'ostacolo. 
 
Conoscevo ancora troppo poco il significato dei kanji e leggerli era abbastanza difficoltoso. Ma volevo assolutamente dire la mia, perché ci tenevo. Non potevo ancora conoscere la bambina che sarebbe nata. Ma sapevo per certo che la visione che avevo di lei era quella di una piccola Elena-sensei. Quindi decisi di essere diretto.
 
Rei: «Vorrei che il nome fosse quello di una persona che ti esprime protezione… gentilezza… speranza.» dissi portando lentamente il mio viso verso il suo, con sguardo totalmente serio ma poco convinto. 
 
Elena: «Un significato degno di te.»
 
Si accarezzò il ventre. Era davvero serena. Il sole stava calando, e riuscivo a vedere il cielo diventare di un colore misto tra l'indaco, il rosa e il rosso alle sue spalle.
 
I suoi occhi erano quasi socchiusi, sorrideva così tanto. Era radiosa. 
 
Rei: «Degno di me…?» chiesi perplesso. 
 
Elena: «Sì. Perché si capisce che sei un bambino che pensa molto profondamente!»
 
Si complimentò. 
 
Elena: «Sono degli aggettivi che mi piacciono. Ne parlerò con mio marito e poi vedremo cosa scegliere.»
 
Rei: «Quindi li terrai davvero in considerazione?» chiesi restando a bocca aperta. 
 
Elena: «Ma certo! Se no, cosa te lo chiedevo a fare?»
 
Scoppiò a ridere. Ma non fu una risata di quelle fragorose. Diciamo che riuscì a contenersi.
 
Elena: «Speranza e protezione… cosa potrei desiderare di più per mia figlia? Forse, salute?»
 
Si portò il dito indice vicino alle labbra, intenta a riflettere. E io restai lì a guardarla. Poi mi avvicinai nuovamente a lei e mi chinai. Inizialmente un po' combattuto, appoggiai una mano sulla pancia di Elena-sensei. Era piatta, come sempre. Come avrebbe potuto uscire da lì una vita? Lo chiesi a me stesso e non a lei, o chissà cosa ne sarebbe uscito. 
 
Rei: «Qualsiasi sarà il tuo nome, io ti proteggerò sempre e farò in modo di darti taaaanta, tantissima speranza! Ah…! E salute!» guardai Elena-sensei sfoggiando il mio sorriso migliore. «Lo farò per sempre, qualsiasi cosa accada!»
 
Elena: «Grazie, Rei-kun.»
 
Un dolce sorriso chiuse quella che fu una delle giornate più belle della mia vita. Da lì a poco tornai a casa, ma solo dopo aver riaccompagnato Elena-sensei alla clinica. Volevo essere sicuro che stesse bene e che non le accadesse niente di brutto. 
 
Mi sentivo un cavaliere, un supereroe, come quelli che si vedevano al cinema o in TV. Il mio orgoglio e la mia determinazione erano forti, mai niente li avrebbe abbattuti. I bambini possono essere davvero fenomenali.
 
Tuttavia, la realtà è ben diversa. Seguendo il sogno di ritrovare quella donna che per me significava tutto, ho intrapreso delle strade che mi hanno portato a diventare la persona che sono oggi. Agente della Polizia Segreta, membro della cosiddetta Organizzazione Nera, cameriere al Café Poirot, Investigatore Privato… Cosa non ho fatto nella mia vita per arrivare alla verità? Cercare Elena-sensei mi ha portato a trovare l’unico membro che era rimasto in vita all’interno di quella famiglia. Era lei, la bambina che non avevo mai visto dal vivo… ma che avevo visto solo con il cuore. Quando seppi della sua esistenza, non esitai a battermi per aggiudicarmi il ruolo di colui che avrebbe riportato indietro Sherry. Sì. Volevo portarla indietro perché sapevo che era in pericolo. Se fosse davvero tornata lì, sarebbe stato in guaio… e tutto a causa di quel farmaco. 
 
Vermouth in questi giorni era più accanita del solito. Era così convinta che Sherry non fosse morta durante il caso del Mystery Train, che ho finito col pensarlo anche io. Quella volta… mi ero convinto di aver fallito. Pensavo di averla persa per sempre.
 
Mi sentivo così triste e rammaricato. Non avevo potuto mantenere la promessa che avevo fatto a Elena-sensei. Mi faceva davvero male. Ed era ancora peggio il pensiero che quella promessa per me fosse diventata una ragione di vita. Sconsolato, l'avevo cercata dappertutto. I giorni successivi a quell'incidente sono stati fondamentali per me. Vermouth era riuscita a distruggere il mio sogno. Altro che eroe. Altro che cavaliere. Quella era la conferma che non ero mai riuscito a difendere nessuno. Però lei era la mia ultima speranza e, sapere che, in realtà, poteva essere ancora viva, era per me un enorme gaudio. Per come si erano messe le cose, avrei dovuto capirlo subito, ma no. Purtroppo, ho dovuto attendere che mi venisse detta la verità, anche se non era direttamente riferito a lei. Era facilmente intuibile. Quella bambina scontrosa che non faceva altro che evitare me e il Poirot, quella piccolina altezzosa, sempre vestita bene e dalla lingua tagliente… non era nient'altri che Shiho-san. Mi viene ancora da ridere. Quella volta, al festival dei ciliegi, lei non poteva saperlo, ma mentre ero travestito, ne ho approfittato per guardarla bene in viso e, non avevo realizzato la verità, perché credevo che fosse impossibile.
 
Il piano che volevamo portare a termine era perfetto. Tutto era stato preparato nei minimi particolari. Saresti venuta con me… avrei dovuto trarti in salvo, portarti in un luogo dove nessuno avrebbe mai più osato torcerti un capello. Lo so che non era la vita che avresti sognato, perché lontana dai tuoi amici. Ciononostante, avevo anticipato le tue mosse. Non avrei mai voluto costringerti a fare ciò che non volevi, però ti avrei spiegato tutto, dall'inizio alla fine. O magari, riuscirò a farlo, chissà. 
 
Quel vestito… È stato un caso che io abbia sentito la vostra conversazione, qualche giorno fa. Sì, ovviamente, non ero lì per caso… questo era chiaro. Ma una discussione sul Bourbon? È stata così inaspettata. Sono rimasto tanto felicemente sorpreso che ho fatto ruotare il tutto sulle rose rosse. Non conosco ancora bene i tuoi gusti, ma mi è bastato fare qualche domanda ad Ayumi-chan per sapere se ti sarebbe piaciuto. 
 
Renderti felice per me sarebbe il massimo, anche se davvero difficile. Devo ammettere che avere a che fare con te è davvero terribile. Sei un terremoto. 
 
Forse, però, ciò che potevo fare era solo questo. Ci ho provato due volte ed entrambe ho fallito. Va sempre a finire nello stesso modo… davvero, non posso proteggere nessuno. 
 
All'improvviso, vedo davanti a me una luce abbagliante. Non capisco bene cos'è e cerco di coprirmi gli occhi per non restarne accecato. 
 
Che bella sensazione… mi sento come se fossi avvolto dal calore. Il dolore alla gamba era forte, ma adesso è come se si fosse volatilizzato. Forse… sono morto? 
 
«No!»
 
Sento riecheggiare una voce. Quella voce… 
 
Elena: «Non darti mai per vinto, Rei-kun! Cosa ti ho insegnato?»
 
Elena-sensei è lì, di fronte a me, con le mani appoggiate sui fianchi e con il suo tono dolce, ma severo. 
 
Elena: «Non ti devi arrendere mai! E devi essere sempre ciò che desideri, perché---»
 
«Bianco può significare tutto ciò che voglio.»
 
Elena-sensei sorrise. 
 
Quel sorriso materno e sincero, mi stava accompagnando ancora per una volta. Anche se non volevo ammetterlo nemmeno con me stesso, avevo paura di aver fallito. Avevo paura di essere morto. Avevo paura di averla fatta morire. Avevo il terrore che lei fosse morta e io mi fossi salvato. Avevo un'angoscia così forte che si rifletteva anche dentro i miei pensieri più reconditi, tanto da non farmi nemmeno aprire gli occhi. Chi poteva assicurarmi che saremmo sopravvissuti insieme e che non avrei avuto rimpianti? 
 
Elena-sensei lo aveva appena fatto.
 
Io potevo vedere ciò che volevo e non volevo veder altro che un futuro dove il mio desiderio di poter vegliare su Shiho-san si potesse avverare. 
 
Svaniva così, quella figura eterea, davanti ai miei occhi. 
 
Però, il calore era rimasto non solo dentro il mio cuore, ma riuscivo a percepirlo anche nel mio corpo. Che quella presenza non fosse poi così tanto astrale?
 
 
 
NOTE
________________________________________________________
*Dialoghi tratti dal capitolo 1011 del manga Detective Conan.
**Questo fatto è accaduto nel capitolo 22 di Zero no Tea Time.

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Capitolo 35
*** Purezza di sentimenti ***


Pick pick pick
 
Delle calde gocce scivolarono sul viso assopito di una ragazza dai capelli di un colore castano dal tono ramato. Quel movimento la portò a riprendere i sensi che aveva perso in seguito all'esplosione che si era verificata alla villa del signor Itou. Lentamente, sentì delle strane sensazioni che le fecero riaffiorare alla mente ciò che era accaduto da quando aveva messo piede in quella villa a prima dell'esplosione. La faccia che più le era rimasta impressa era quella di Vermouth. Il suo sorriso malefico era ormai indelebile nella sua mente e non poté fare a meno di sentire nuovamente la solita angoscia pervadere il suo cuore. Questo cominciò a battere senza sosta, fino al momento in cui non si destò del tutto, aprendo gli occhi di scatto. Aveva il respiro irregolare e non riuscì a ragionare lucidamente finché non fece mente locale.
 
Shiho: (Questo petto… Questo… È Bourbon…?) 
 
Cercò di guardarsi intorno, ma non riuscì a scostarsi nemmeno di un millimetro. Gli unici suoni che riusciva a sentire erano quelli del battito del cuore dell'uomo e del suo, che pian piano tornava normale. 
 
Shiho: (So che mi sto ripetendo, ma… questo tizio… sicuramente ha gravi problemi.) pensò titubante su ciò che era accaduto. 
 
La posizione in cui si trovava, infatti, era esattamente quella che Rei aveva adattato una volta deciso il modo - che era anche l'unico - in cui avrebbero potuto salvarsi: la teneva stretta al suo petto, come le aveva anticipato.
 
Shiho: (Così… però, non va bene… non capisco nemmeno dove siamo andati a finire.) cercò di sciogliersi dal forte abbraccio del giovane uomo e, con un po' di pazienza, ci riuscì dopo qualche tentativo.
 
Shiho: «Certo che ce ne vuole di forza di volontà...» esclamò dopo essersi messa in piedi. «Mi ha tenuta stretta a sé… Cioè, mi ha restituito il favore di quando l’ho fatto io mentre eravamo all’interno di quella stanza…» scosse la testa, perplessa dall'atteggiamento dell'uomo che non riusciva a comprendere. «Quindi… Questa villa sarebbe esplosa…? Bourbon, molto probabilmente, sapeva che c'erano queste specie di rifugi antiatomici qui sotto. Dunque, è stato questo il motivo per cui mi ha detto che avremmo dovuto saltare… E abbiamo davvero fatto un bel salto, ma io non mi sono fatta nulla… perché mi ha protetta con il suo corpo.» volse lo sguardo sul soffitto. (Di nuovo… perché…?) si guardò intorno, e, mentre notava di essere circondata da gelide mura, si pulì il viso dalle gocce che l'avevano bagnata precedentemente. «Non capisco da dove mi sia arrivata quest'acqua addosso… non ce n'è da nessuna par---…» fissò Rei cercando di scrutarlo un po' meglio. «?!» si guardò la mano e notò che quelle che aveva asciugato dal suo viso non erano gocce d'acqua, bensì, di sangue.
 
Nonostante la luce fioca che li circondava, scaturita da lampadine salvavita, notò che Rei stava perdendo sangue dalla testa. 
 
Shiho: «B---!!!» stava per urlare l'alias che l'uomo usava all'interno dell'Organizzazione, ma riflettendo sul fatto che non sapeva cosa avesse voluto dire lui stesso con le sue parole, evitò di farlo. «Svegliati! Apri gli occhi!!» si chinò vicino a Rei e gli controllò la ferita. «A occhio e croce… non sembra grave, ma insieme al fatto che ha già perso abbastanza sangue e ha ancora una pallottola dentro la coscia…» scosse nuovamente la testa e sospirò. (Aspetta… Mi stava stringendo a sé, com’è possibile che sia arrivato del sangue sul mio viso…? Forse, è accaduto durante la caduta, o qualcosa del genere, non ricordo bene…) rimase un attimo a riflettere. «Una volta sveglio, volente o nolente, dovrai dirmi tutto ciò che sai. Ma al momento…»
 
Si guardò di nuovo intorno, ma stavolta, solo per accertarsi che non ci fosse qualcosa che la potesse aiutare a medicare la sua ferita. Di fatti, in quel luogo, non c'era assolutamente niente. 
 
Shiho: «Se uscirò viva da questo posto, mi toccherà anche appurare che il mio zaino non sia finito in cattive mani. Se no… potrebbero accorgersi che, in realtà, l'antidoto non è altro che---»
 
Rei: «…sensei… Elena… sensei...» mormorò in modo poco comprensibile, ma che fece comunque sussultare il cuore di Shiho. 
 
Shiho: «Devi essere davvero fissato con mia madre, eh? Perché…» abbassò lo sguardo, continuando a osservarlo. «È a lei che ti riferisci, vero?» fece schioccare la lingua, in segno che non poteva fare altrimenti.
 
Guardò nuovamente la ferita e poi Rei. 
 
Shiho: «Se potessi, farei altrimenti, credimi. Ma, come dire… sì, giusto. Non voglio rovinare questo bel vestito. E poi… ormai è anche sporco.» si sollevò. (Dunque… qui intorno ci dovrebbe essere una qualche stanza adibita ad abitazione. Chissà se magari al suo interno potrebbe esserci una cassetta del pronto soccorso o qualcosa di simile… Sarebbe ottimo se ci fosse un letto, ma il problema sarebbe portarci lui.) sospirò. «Mi tocca anche preoccuparmi per il nemico.» disse con tono alterato. «Sto solo cercando di sdebitarmi, chiaro?» affermò guardandolo di sottecchi, anche se i suoi occhi tradivano una certa preoccupazione. (Siamo caduti sul morbido, quindi, almeno questo non dovrebbe aver avuto ripercussioni su di lui.)
 
Cercò di affidarsi al suo istinto e si addentrò verso una delle due diramazioni che si aprivano su due lati opposti del posto, una alla sua destra e una alla sua sinistra. Mentre si allontanò, fece del suo meglio per comportarsi come se niente fosse, ma non riuscì a camminare per più di qualche passo senza voltarsi di tanto in tanto per verificare che Rei si trovasse ancora lì. Dopo circa due minuti di passi incerti, ma abbastanza veloci, Shiho raggiunse un muro che si rivelò essere una porta. In seguito all'esperienza con Vermouth, sentiva un certo timore nel pensare di aprirla e a entrare come se niente fosse. I battiti del suo cuore accelerarono, anche se di poco. Tuttavia, non esitò a varcarla perché sapeva che Rei aveva bisogno del suo aiuto o, molto probabilmente, non ce l'avrebbe fatta. All'interno della porta vi era un luogo che sembrava una vera e propria camera da letto. Le pareti erano plumbee, totalmente spoglie. Al centro della stanza c'erano un letto matrimoniale, e ai lati di esso, due letti singoli che sembravano immacolati. All'interno degli armadi, che si trovavano in una posizione opposta ai letti, vi erano degli abiti per uomo, donna e ragazze. Un grande forziere si trovava su un altro lato della stanza. Questo era pieno di ogni genere di necessità: cibo, acqua, coperte e kit di sopravvivenza. 
 
Gli occhi di Shiho si illuminarono. 
 
Non indugiò nemmeno per un attimo e prese subito il kit con sé, correndo verso l'uomo che era rimasto a terra, in stato di incoscienza. 
 
Shiho: «Ecco…» si chinò vicino a Rei e notò che il suo respiro era ancora abbastanza affannoso. 
 
Nonostante tutto, non perse tempo e gli medicò la ferita alla testa, controllandola nuovamente. 
 
Shiho: «Sì, meno male che alla fine almeno questa è quasi a posto...» lo guardò in viso mentre gli parlava. «Il respiro è ancora irregolare, però. A questo punto mi chiedo se non sia a causa dell'altra ferita. Non avrei nemmeno dubbi, a dire il vero. Anche perché il fisico di questa persona è estremamente robusto nonostante possa non sembrarlo di primo acchito. A guardarlo bene, per dirla tutta… ha delle spalle molto largh---» si bloccò all'improvviso, mettendosi una mano in faccia. «Ma… cosa vai a… dire?» sospirò stancamente e gli poggiò una mano sulla fronte, scostandogli leggermente i capelli. (A occhio e croce, direi che la temperatura sarà… 38° o 39°, ma potrebbe peggiorare.) ritirò la mano e sospirò nuovamente. «Ti avviso che se muori, non ti perdono, chiaro?» 
 
Nonostante lui non potesse risponderle, era un po' come se lei si togliesse ogni genere di obbligo nei suoi confronti. Si sentiva strana a discutere da sola. Tuttavia, credeva che fosse quasi lo stesso che parlare insieme a lui perché, nelle verità che le diceva, lasciava sempre un sacco di cose non dette. Secondo lei, si trattava anche degli unici fatti importanti che potevano riguardarla. Non era mai stata fan di Amuro Toru e, da quando aveva scoperto che in realtà, dietro a quell'identità si celava Bourbon, aveva fatto del suo meglio per evitarlo. Lei era convinta di passare inosservata, ma non poteva sapere che il giovane uomo, giorno dopo giorno, si batteva affinché potesse essere libera dalle grinfie dell'Organizzazione. 
 
Troppe cose non dette, aveva ragione, era vero. Ma anche Rei aveva i suoi motivi per non rivelarle la verità. 
 
La ragazza, non sapendo più che pesci prendere, convinta del fatto che pensare di trascinarlo via sarebbe stato più deleterio che altro, andò a prendere una coperta dalla stanza dove si era recata prima. La stese sul giovane uomo e, successivamente, anche lei si sdraiò accanto a lui. 
 
Shiho: «E dopo di questa, ti assicuro che se davvero non mi dirai la verità, te la farò pagare per sempre. Non la passerai liscia.» abbassò lo sguardo, sentendosi in colpa. 
 
Non gli aveva chiesto di proteggerla, tuttavia, lui l'aveva fatto lo stesso, più di una volta. Si era messo perfino contro di Vermouth. Sì, la ragazza non ci vedeva chiaro e andare a tentoni sarebbe stato impossibile. Però una cosa era chiara come la luce del sole in una giornata limpida: nonostante si trattasse di Bourbon, il suo scopo non era di riportarla all'Organizzazione, come lui avrebbe voluto farle credere. Era un altro. E, al fine di raggiungerlo, stava perfino dando la sua vita per proteggerla. 
 
Come si poteva definire una persona del genere? 
 
Shiho: «Totalmente folle…» chiuse gli occhi e prese il coraggio dentro di sé. (Higo-san, perdonami. Non sto facendo niente di male, però… Non voglio sentirmi in obbligo, voglio ricambiare ciò che lui ha fatto con me per non avere dei debiti in futuro. Non si può mai dire… magari… potrebbe ricattarmi, e…) ripensò allo sguardo determinato e sincero di Rei. (Potrebbe solo aspettare che io abbassi la guardia. Quindi, non avrò rimpianti. Anche io farò tutto ciò che posso affinché la sua vita sia salva!) lo abbracciò anche lei, consapevole di star mentendo a se stessa. 
 
La sua non era una bugia cattiva, anzi. Ciò che, in realtà, si era convinta di voler fare, era ricambiare quello che il giovane uomo aveva fatto per lei - non perché avesse paura di un qualche ricatto, ma perché non voleva sentirsi ancora più in colpa di quanto non si sentisse già in quel momento in cui non sapeva nemmeno se Rei si sarebbe ripreso oppure no. L'unica cosa che le dispiaceva e la feriva, era che, secondo lei, era giunto a quel punto a causa sua. Non potendo fare altrimenti, Shiho cercò di accarezzargli la schiena per provare a scaldarlo un po' di più. 
 
Shiho: «Eppure… non riesco a non pensarci. Vorrei che mi dicessi tutto ciò che puoi su mia madre. Se davvero l'hai conosciuta… è stato all'interno di quel gruppo, no? La mamma, però… È morta diciotto anni fa. Quanti ne avresti avuti quando sei entrato a farne parte?» accennò una risata amara. «Non voglio credere che a parte me possano esserci stati degli altri bambini tra quelle fila.»
 
Con il sorriso ancora sul volto, lo guardò attentamente per cercare di scrutare qualcosa in lui.
 
Shiho: (Non sarò Edogawa-kun, ma…) 
 
All'improvviso, le vennero in mente le parole di Elena. 
 
Shiho: (È vero…! Quella volta che io ed Edogawa-kun trovammo le cassette che onee-chan nascose per me… le cassette della mamma…) acuì lo sguardo. (Mi aveva parlato del suo primo amore e mi aveva chiesto se anch'io avessi qualcuno che mi piaceva… beh, per quello, non ci sono dubbi.) arrossì lievemente pensando a Higo. (Tuttavia… ricordo bene che aveva aggiunto di avere come l'impressione che un bambino che aveva conosciuto quando ancora aveva la clinica con papà… sì, si fosse innamorato di lei.) restò perplessa. (Qui, però, le cose non quadrano… quel bambino… aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri. Mamma diceva che si sentiva molto vicina a lui, in quanto mezzosangue… Però…) deglutì. (Quel bambino che si faceva sempre male e approfittava delle ferite per vedere mia madre… se non erro, non si chiamava Rei-kun?) cercò di dissipare qualsiasi dubbio nei suoi ricordi. (No, non mi sbaglio… E il fatto che si trattasse di un bambino di circa dieci anni… Vuoi vedere che…) spalancò gli occhi. 
 
Poi, all'improvviso, una voce le fece sussultare il cuore. 
 
Rei: «Bianco… può…» sibilò trascinando le parole. 
 
Shiho: «…eh?» lo guardò con il cuore in gola. 
 
Rei: «…significare tutto ciò che voglio…» continuò, restando sopito. 
 
Shiho: «Bianco può significare tutto ciò che voglio? Ma… cosa significa?» sbatté le palpebre con stupore. «Senti, è arrivato il momento di aprire gli occhi, mi sono spiegata?» disse con tono intimidatorio, agitando delicatamente le mani sulla sua schiena. 
 
Rei: «…» si destò lentamente, vedendo tutto contorto e offuscato intorno a sé. 
 
Shiho: «Finalmente, ce ne hai messo di tempo!» esclamò soddisfatta. «Allora, come ti senti?»
 
Rei: «Dove…» strabuzzò gli occhi. «Quindi… aveva ragione lei…» sorrise. 
 
Shiho: «Chi? Mi stai ascoltando?!» gli lanciò un'occhiata obliqua. 
 
Rei: «Eh?» la guardò una volta e poi chiuse e riaprì gli occhi due volte affinché si rendesse conto che non si trattava di un sogno. «Shiho-san…? Stai… Stai bene?!» chiese con insistenza. 
 
Shiho: «Quello te l'ho chiesto io, ma a quanto pare non eri ancora su questo pianeta.» sbuffò seccata. «Il problema non è se sto bene io, ma se stai bene tu. Ricordi cos'è accaduto?»
 
Rei: «Ho una gran confusione in testa, mi fa anche un po' male… tuttavia, nulla di insopportabile. Sto cercando di fare mente locale… ma tu come stai, Shiho-san?» la guardò di nuovo e poi diede un'occhiata intorno a sé. (Quindi… quel calore che sentivo… era il suo…?)
 
Shiho: «Ti ho già detto che sto bene.» sentì un certo imbarazzo a essere osservata da lui, quindi si spostò dalla coperta e si alzò. 
 
Rei: «In realtà, no. Ho fatto attenzione a ciò che mi dicevi.» disse con un sorrisetto. 
 
Shiho: «Capisco. Io sto bene, ripeto, quello che sta male sei tu.» lo guardò di sottecchi. 
 
Rei: (Ce l'ho fatta, Elena-sensei… sono riuscito a proteggerla… almeno una volta… ho mantenuto la mia promessa!) pensò dentro di sé, cercando di trattenere qualsiasi emozione all'esterno, anche se, se avesse potuto esprimere il suo stato d'animo, sarebbero scoppiati i fuochi d'artificio. 
 
Shiho: «…» gli diede le spalle. «Ti sei preso la briga di farti sparare al fine di fingerti Gin per giocare Vermouth. Mi hai trattenuta in quella stanza fingendo di volermi consegnare ai tuoi compagni. Mi hai salvato la vita saltando giù da quella botola e sbattendo con la testa chissà dove… perché?» si voltò di scatto verso di lui con gli occhi lucidi, pieni di rabbia, ma anche di commozione. «Perché ti sei esposto fino a tal punto?! Perché l'hai fatto per me?!» sbottò infine. 
 
Rei: «Ah…» si sollevò a sedere, verificando che avesse tutte le ossa intatte. «Sono integro...» esclamò per rassicurarla e poi sollevò il capo verso il soffitto. «La botola da cui siamo scesi giù si è chiusa in automatico… credo che faccia parte di un qualche meccanismo. Effettivamente, nella foga di scendere giù, sono sbattuto con la testa… quindi, anche se era strutturata in modo da non ferirsi, non sono riuscito a evitarlo. Però, l'importante è che siamo riusciti a sopravvivere!» esclamò con nonchalance.
 
Shiho: «Eh, no… Non puoi ignorarmi così. Tu… forse… non hai capito…» abbassò lo sguardo, stringendo forte i pugni e serrando i denti. 
 
Rei: «Cosa dovrei cap---»
 
Shiho non gli fece finire la frase perché si fiondò addosso a lui, scuotendolo per le spalle. 
 
Shiho: «LO VUOI CAPIRE CHE NON CI STO CAPENDO NULLA?! PARLI PER ENIGMI, MA NON SONO NELLA TUA TESTA, NON TI CAPISCO!! VOGLIO SAPERE LA VERITÀ, HO DETTO!!» urlò, cercando di esternare la rabbia e l'impotenza che sentiva dentro di sé. 
 
Rei: «Calmati.» le appoggiò una mano sulla testa e gliela accarezzò. «La verità, eh? Non credo… di poterlo fare. Non adesso.» disse mentre qualche goccia di sudore gli scendeva giù dalla guancia. (Ahi, ahi… Prima mi chiede se sto bene e poi mi scuote… Seriamente.) 
 
Shiho: «Allora rispondimi… chi sei… Chi sei tu in realtà? Bourbon… Amuro Toru… Rei-kun… quale di questi tre è quello che sta disperatamente cercando di salvarmi?» chiese trascinando le parole con voce rotta mentre lui le tolse la mano dalla testa.
 
Rei: «R… Rei-kun…?!» gli si dilatarono le pupille per lo stupore. 
 
Shiho: «Sì… Me ne parlò mia madre. Tu…» lo guardò negli occhi, togliendo le mani dalle sue spalle. «Conosci l'effetto Florence Nightingale?» disse con voce lapidaria. 
 
Rei: «Sì. Devo dedurne che ti sei innamorata di uno dei tuoi pazienti, dottoressa?» disse con tono scherzoso, ma non di scherno, sostenendo il suo sguardo. 
 
Shiho: «Non chiamarmi così.» proseguì. «No. Il mio esempio, voleva essere il contrario. Il cosiddetto Effetto Florence Nightingale sancisce l'innamoramento di chi offre assistenza nei confronti del suo assistito. L'effetto contrario… che ne pensi se lo chiamiamo…» fece un largo sorriso. «Effetto Rei-kun
 
Rei non proferì parola. 
 
Come poteva mai essere che Shiho sapesse certe cose su di lui? Tutto poteva credere, meno che la verità fosse venuta a galla tramite qualcuno. Quindi, doveva essere stato qualcosa. Ma cosa? 
 
Shiho: «Credimi, non avrei voluto metterti con le spalle al muro. Ma non so nemmeno se sopravvivrai, quindi, voglio conoscere la verità, ora e subito.» lo guardò con determinazione. «È importante… davvero importante per me. Capire la verità… Chi sei, cosa vuoi da me… Tutto.»
 
Rei: «Ti concerne così tanto la mia vita che mi sei rimasta vicino, affinché potessi trasmettermi tutto il calore che hai potuto… Mi hai medicato la ferita che ho alla testa… e previamente hai fatto lo stesso con quella alla gamba. Non mi hai nemmeno lasciato solo a morire, quando potevi scappare benissimo. Eppure, volevi mettermi con le spalle al muro, no?»
 
Shiho: «Stai cercando di farmi arrabbiare ancora?» lo guardò truce. 
 
Rei: «No. Sto appuntando che sei una tsundere.» ridacchiò. 
 
Shiho: «Tsk…» si mise una mano in faccia. «Allora...»
 
Mentre Shiho stava per continuare a parlare, Rei si alzò e si guardò intorno.
 
Rei: «Seriamente, ok?» la guardò dritta negli occhi, più serio che mai. 
 
Shiho: «L'unico a non essere serio qui dentro sei tu. Io ti ho già detto ciò che volevo.» ribatté con stizza. 
 
Rei: «No, io… Anche io sono serio.» si voltò verso la porta dove all'interno c'era la stanza che aveva visitato Shiho. «Non ho detto che non te ne parlerò. Ma non so quanto sia sicuro questo posto, quindi dobbiamo fare del nostro meglio per uscire da qui… sperando che le vie di fuga non siano bloccate.»
 
Shiho: «E poi mi dirai la verità?» si avvicinò un po' di più a lui, sostenendo il suo sguardo. 
 
Rei: «Non c'è niente da fare con te, eh? Una ragazza davvero difficile…» si strinse nelle spalle. «Sì, te la dirò. Anche perché, le uniche persone che potrebbero dirtela, ormai non esistono più.» il tono della sua voce diventò un po' triste. 
 
Shiho: «Questo lo so anche io.» si accostò a lui e lo fece appoggiare sulla sua spalla, mettendo un braccio intorno al suo fianco. «Ce la fai?» chiese senza nemmeno guardarlo negli occhi, ma dritto davanti a sé. 
 
Rei: «Sì. Ho fatto il pieno di bei ricordi…» la guardò in viso. «E di piccanti speranze per il futuro. Non morirò così facilmente!» esclamò sorridendo felice. 
 
Shiho: «Anche io ho notato che sembri un immortale...» accennò una risata divertita. «Meglio così, però. No?»
 
Rei: «Diciamo che abbiamo un po' tutti una bella fortuna con questo genere di cose!» ridacchiò. «Quella è la porta che tu non hai controllato, dico bene?» la indicò con un cenno del mento. 
 
Shiho: «Sì. Probabilmente è una qualche uscita, dato che l'altra stanza non aveva altre porte a parte che quella dell'entrata.» si incamminò con lui verso di essa. 
 
Rei: «Ottimo. Non ci rimane che aprirla e percorrerla.» si fermò. 
 
Shiho: «Sperando che non ci siano sorprese al suo interno, certo.» si scostò da lui e aprì la fredda porta che si parava davanti a loro. 
 
Al suo interno c'era un lungo corridoio con luci sempre soffuse, che sembrava una continuazione di quello che avevano quasi abbandonato.
 
Rei: «Bene. Alla fine di quel corridoio dovrebbe trovarsi l'uscita.»
 
Shiho: «Ti eri informato sulla planimetria, vero?» tornò a farlo sorreggere sulla sua spalla e ad avanzare. 
 
Rei: «Quando macchini un piano, deve essere funzionale al 100%. E devono essercene anche abbastanza di riserva, qualora il brillante piano principale che si era pensato fosse perfetto, non andasse in porto.» non fece una piega, come se tutto ciò per lui fosse un gioco da ragazzi. 
 
Shiho: «Questo lo so anche io. Ma diciamo che tutte le volte che cerco di fare qualcosa, va inevitabilmente a finire che accada dell'altro.»
 
Rei: «Gli imprevisti accadono sempre.» rispose con tono secco.
 
Shiho: «Certo. Come accade anche che le persone che sono con me parlano con nonchalance, senza, però, capire che non sono scema e lo capisco che stanno evitando le domande che ho posto loro.» gli lanciò un'occhiata obliqua. 
 
Rei: «Non hai pietà nemmeno nei confronti di un uomo dolorante che si regge in piedi solo grazie al tuo sostegno?» disse scherzosamente. 
 
Shiho: «Ho più necessità di conoscere le tue vere intenzioni, piuttosto che avere pietà, credimi. Allora, da dove vuoi cominciare?» chiese seccata. 
 
Rei: «Mmh… fammi pensare. Ricordi il caso del Mystery Train?» disse senza abbandonare un sorrisetto dal suo viso. 
 
Shiho: «Non farmi domande retoriche e simili ad altre cose che mi hai chiesto e vai avanti.» replicò stizzita. 
 
Rei: «Mpf…» ridacchiò. «Quella volta ti trovai per puro caso. Perché, per fortuna, eri stata avvistata nelle campagne di Gunma.»
 
Shiho: «Mi vorresti far credere che mi darai delle spiegazioni anche su questa situazione?»
 
Rei: «No. Quella è stata la prima volta che ho davvero creduto di averti ritrovata. Poi non so cosa sia accaduto, ma sei sopravvissuta, non contava altro per me.»
 
Shiho: «Mi fai venire il latte alle ginocchia.» sospirò perplessa. 
 
Rei: «Hai detto che volevi la verità, no?» la guardò seccato. 
 
Shiho: «Cer--- Ah…!» spalancò gli occhi con stupore. 
 
Rei: «Eh? Cos'hai visto?» si voltò a guardare alle sue spalle. 
 
Shiho: «Non ho visto niente, ma sono rimasta a bocca aperta perché non ti avevo mai visto con uno sguardo del genere. Sei sempre sorridente o, al massimo, ti ho visto fingere di fare il duro con sguardi totalmente diversi dai tuoi di sempre.» fece un largo sorriso. 
 
Rei: «Mah, diciamo che non mi conosci. Quindi è normale che la pensi così. In fondo, anche quando abbiamo parlato insieme all'interno di quella stanza ti sei tradita.» sorrise consapevole. 
 
Shiho: «Di cosa mi sarei tradita?» chiese incredula. 
 
Rei: «Anche in quel caso mi hai detto una cosa simile, ricordi? Come se potessi conoscere bene le mie particolarità… O, in questo caso, le mie espressioni facciali.» disse non abbandonando il sorriso nemmeno per un attimo. 
 
Shiho: «Sì, e quindi… ?! Aspetta. Da quello… Tu ne avresti dedotto che…»
 
Rei: «Che in realtà hai avuto modo di osservarmi nel tempo e di conoscere come sono fatto, anche se dal punto di vista di gente comune.» annuì visibilmente soddisfatto. 
 
Shiho: «Non mi prendere in giro. Non ti conviene, sai? Ci sto meno di un secondo a buttarti a terra e a lasciarti lì!» esclamò adirata. 
 
Rei: «Oh~ Meglio non contraddirti più, allora!» si mise a ridere. 
 
Shiho: «Te la stai seriamente cercando.» sbuffò. «In ogni caso, ciò significa che sai tutta la verità.»
 
Rei: «Sulla tua identità, intendi?» la guardò in viso mentre continuava a percorrere il lungo corridoio. 
 
Shiho: «Rispondendomi in questo modo, hai già detto tutto, no?» lo guardò anche lei, arrabbiata. 
 
Rei: «Scusami, hai ragione. Ho esagerato con le domande retoriche.» si portò un pugno davanti alla bocca e si schiarì la voce. «Ma, in ogni caso, sì. La verità sul fatto che tu in realtà sei…» abbassò il tono della voce. «Haibara Ai
 
Shiho sussultò nel sentire quel nome. Aveva capito che lui ne fosse a conoscenza, ma non riuscì a placare la sua sorpresa.
 
Shiho: (Allora… era vero…) deglutì. «Come hai fatto a scoprirlo?»
 
Rei: «Mi è stata detta una cosa… e l'ho dedotto da solo.» sorrise. 
 
Shiho: «Chi ti ha detto cosa?» diventò seria in viso. «È stata Vermouth?»
 
Rei: «Sei totalmente terrorizzata da lei, eh?» addolcì lo sguardo e scosse la testa. «No, ma non ti posso menzionare il suo nome.»
 
Shiho: «Capisco. Beh, immagino che io non debba fantasticare molto per capire a chi tu ti stia riferendo.»
 
Rei: «E invece sì, dovresti. Forse ci arriverai solo per esclusione.»
 
Shiho: «…» continuò a fissare il corridoio davanti a lei. 
 
Rei: «Comunque, quella cosa che mi è stata detta, non era su di te. Te l'ho detto che è stata una mia deduzione, no?» cercò di rincuorarla. (Sembra piuttosto abbattuta. Non è mai felice… prima mi fa domande e insiste per avere delle risposte… poi si irrigidisce e si rattrista. Non volevo arrivare a niente del genere, ma non posso dire la verità su ciò che è successo… la verità su di loro.) 
 
Shiho: «Sì, credo di aver capito quello che vuoi dire.» lo guardò con sufficienza. «Non è niente di che, comunque.»
 
Rei: «Non puoi dire che non è niente di che… di per sé, non è qualcosa di comune!» dissentì.
 
Shiho: «Hai capito ciò che volevo dire, giusto?»
 
Rei: «Sì, ho capito...» sospirò. «In ogni caso… sai, come ti avevo detto, avevo notato che quella piccina ti somigliasse in una maniera incredibile! Diverse volte, anche quando sono andato con i Giovani Detective a cercare quello strap del calciatore Higo, quello che ti piace tanto e per il quale eri caduta in uno stato di profonda depressione!» sorrise e riprese anche lui a guardare davanti a sé. 
 
Shiho: «Se avessi una persona che rispetti e a cui ti senti così tanto vicino, credo che lo faresti anche tu!» distolse lo sguardo con fare alterato. 
 
Rei: «Mmmh… non credo di poter diventare depresso per questo. Però, poi… non lo so, quindi, non posso proprio parlare.» sollevò lo sguardo verso il soffitto. «Devi ammirarlo davvero tanto.»
 
Shiho: «Non sono affari tuoi.» arrossì lievemente. 
 
Rei: «Sì, lo immaginavo.» scosse leggermente la testa. (Mi dà anche un po' fastidio, a dire il vero.) assunse un'espressione corrucciata. 
 
Shiho: «Bene.» rispose soddisfatta. «Dunque?»
 
Rei: «Dunque… Sono rimasto sorpreso… davvero sorpreso. Mpf…» si mise a ridere.
 
Shiho: «Che ridi a fare, eh? L'ho capito che ti piace prendermi in giro.» disse irritata. 
 
Rei: «Non è questo.» scosse la testa. «È che ci sono davvero così tante cose che vorrei dirti. Così tante che non mi basterebbe nemmeno una giornata intera.»
 
Shiho: «Se continui a tergiversare, potresti anche perderci un anno.» sospirò. «Cos'era che mi dicevi quando hai cominciato a stringermi senza nemmeno un minimo di ritegno? Una cosa che era necessario che sapessi anche se mi avrebbe fatta arrabbiare tantissimo?»
 
Rei: «Mi tratti come se fossi un pervertito.» replicò con un tono leggermente irritato.
 
Shiho: «È quello che sei. Ti attacchi a me come se fossi una sanguisuga. E il bello è che mi conosci ancora da prima che nascessi, ma io non ho idea di cosa tu dica.»
 
Rei: «Lo so. L'importante è che lo sappia io, quindi non ti preoccupare.»
 
Shiho: «Non mi preoccupo, tranquillo.» si fermò. «Esigo che tu mi dica come stanno le cose.»
 
Rei: «Ho detto che lo farò. Ma…!» indicò qualcosa davanti a loro. «Quella non dovrebbe essere l'uscita?»
 
Shiho: «Mh?» guardò verso il luogo indicato dal giovane uomo. «Sì… indubbiamente, è la fine del corridoio, e quindi…» disse leggermente esitante.
 
Rei: «Aspetta…» si avvicinò zoppicando alla porta e fece per aprirla. (Troppo poco… troppo poco tempo… Inventati qualcosa… Adesso… Sì, giusto!) trafficò con la maniglia. «Niente… purtroppo mi sa che è bloccata.»
 
Shiho: «Coooosa?!» si avvicinò anche lei e fece per forzare l'apertura. «Tch…» fece schioccare la lingua. «Niente da fare… dobbiamo aspettare che qualcuno passi ad aprirla.»
 
Rei: «Certo. Sempre se qualcuno avrà modo di farlo. Potrebbe anche capitarci di morire qui… senza che nessuno lo realizzi mai.».
 
Shiho: «…» si strinse nelle spalle. (Non credo… Qualcuno verrà… sapranno com'è strutturata la villa… indubbiamente… sì… indubbiamente…) si sedette a terra. «Ce la fai?»
 
Rei: «Sì, credo.» si sedette accanto a lei.
 
Il silenzio più totale. 
 
Shiho: «Ti fa male…?» disse senza guardarlo negli occhi. 
 
Rei: «Sì, ma è sopportabile.» rispose tranquillamente. 
 
Shiho: «L'hai bloccata tu la porta, vero?» replicò priva di qualsiasi intonazione. 
 
Rei: «Direi proprio di sì, perché mentire?» ridacchiò. 
 
Shiho: «Immagino tu l'abbia fatto per parlarmi, giusto?»
 
Rei: «Sì.»
 
Shiho: «Sei conscio del fatto che potresti perdere una gamba?»
 
Rei: «Sì… ma anche no. So che non accadrà. O adesso, o mai più.» disse con tono rassegnato. «Devo sapere, Shiho-san.» si voltò e la guardò dritta negli occhi. 
 
Shiho: «No. Sono io quella che deve sapere.» replicò marcando il pronome. «Sono tutta orecchi.»
 
Rei: «Eeeh…» sospirò. «Ne abbiamo discusso prima, ma non sono riuscito a entrare nei dettagli. Tu… cosa provi esattamente per Higo Ryusuke?» chiese spedito. 
 
Shiho: «C-Cosa…?! Non avevi detto che mi avresti detto la verità?!» sbottò la ragazza per l'imbarazzo. 
 
Rei: «Sì. Ma te l'ho detto, devo prima accertarmi di una cosa.» non distolse lo sguardo da lei nemmeno per un secondo. 
 
Shiho: «Che te ne importa?! Questi sono affari che riguardano me e me soltanto!»
 
Rei: «Solo per qualche verso… ma sono cose che importano a noi.» disse con voce profonda.
 
Shiho: «Noi? Ma quale noi e noi?! Ripeto… che te ne importa? Cosa sei… impazzito, per caso? Sei uno stalker o qualcosa del genere? Un pedofilo?!»
 
Rei: «Stalker… Pedofilo… mpf… ahahah!» scoppiò in una fragorosa risata. 
 
Shiho: «Non ridere, sto dicendo la verità!! Non capisco cosa vuoi da me!» sbottò non capendo cosa volesse esattamente Rei.
 
Rei: «Non voglio nulla.»
 
Shiho: «E allora…?!»
 
Rei: «Fidati, non sai nemmeno se sopravvivremo. Cosa ti cambia?»
 
Shiho: «Non sono interessata a raccontarti di me e Higo-san.»
 
Rei: «Quindi… C'è del tenero tra di voi?»
 
Shiho: «Eh?!» diventò rossa fino alle orecchie. «Mah! Comunque…»
 
Rei: «Ti parlerò anche dei miei sentimenti se mi svelerai i tuoi. Affare fatto?»
 
Shiho: «Non che mi importi…» distolse lo sguardo. (Forse, morire non avendo mai raccontato a nessuno cosa sento dentro… non sarebbe una delle morti migliori? Dovrei davvero parlarne con lui? Perché vuole essermi amico? O forse... consulente in amore?! Sì che dà l'impressione di saper fare tutto, ma da questo a parlare di cose così intime…) sospirò. «Ci sono delle cose che nessuno, tranne me e un'altra persona, conosce.» fece una breve pausa. «Su Higo-san.»
 
Rei: «Intendi cose non note ai gossip?» rispose sorpreso.
 
Shiho: «Sì. Quindi non te lo posso raccontare, perché ho promesso a chi me l'ha confidato che non ne avrei parlato.»
 
Rei: «Oh… siamo uno pari, allora!» sorrise gentilmente. (Anche se non mi hai detto come hai fatto a sopravvivere sul Mystery Train…)
 
Shiho: «Sì, effettivamente…» ridacchiò. «Ho conosciuto Higo-san, come calciatore, in un periodo non molto felice. Diciamo che ero…» scosse la testa. «Ho pensato che io e lui siamo simili sotto alcuni punti di vista. Io riesco a sentire che siamo compatibili. E potremmo essere il luogo dove entrambi possiamo tornare… l'uno dall'altra.» arrossì.
 
Rei: «Quindi è una situazione di---»
 
Shiho: «No!» esclamò alzando la voce. «Non voglio alcun commento! Fatti tutti i pensieri che vuoi, ma dimmi perché volevi saperlo!»
 
Rei: «Calma, calma…» disse restando impietrito e con gli occhi a puntino.
 
Shiho: «Allora?!» lo guardò col viso tutto rosso, impregnato di vergogna. (Questo qua… ma chi diavolo me l'ha fatto fare?!) 
 
Rei: «Mmh… a questo punto, non so se mi converrebbe scappare.» rifletté. (Che carina~) 
 
Shiho: «Almeno, fallo dopo che mi avrai detto il motivo.» lo afferrò per una mano e la strinse forte. «Non ti lascerò andare.»
 
Rei: (Anche volendo, la gamba mi fa davvero troppo male…) sospirò. «D'accordo, mi arrendo.» proseguì, non abbandonando il suo sguardo. «Arrivata a questo punto, dovresti sapere che anche Vermouth era implicata nel rapimento di Ayumi-chan, giusto?»
 
Shiho: «Sì, anche se si è trovata all'interno di un caso fortuito… a quanto ho capito.»
 
Rei: «Esattamente.» annuì. «Ha colto la palla al balzo… E anche io ho fatto lo stesso.»
 
Shiho lo lasciò parlare senza fermarlo. Quell'uomo le trasmetteva una strana sensazione che non riusciva a decifrare in nessun modo. Le batteva forte il cuore, ma non si trattava di paura, si trattava sicuramente di altro, tuttavia non sapeva cosa. Probabilmente, era anche questo il motivo per cui precedentemente, a un certo punto, non riusciva ad avere timore di lui.
 
Rei: «Conosco bene Vermouth, e sapevo che voleva fartela pagare uccidendoti per una buona volta. Quindi ho deciso di fare di testa mia e di intervenire. Dunque… tralasciando i vari modi in cui sono riuscito a fare ciò che ho fatto per il travestimento di Gin…» cercò di scambiarsi con lei uno sguardo d'intesa.
 
Shiho: (In poche parole, con quegli occhi… mi sta cercando di dare un aiuto… e se non è zuppa…) spalancò gli occhi. 
 
Rei sorrise. 
 
Rei: «Avevo capito che aveva intenzione di farti prendere uno spavento peggiore di quello che ti sei presa. Ovvero… hai presente Romeo and Juliet
 
Shiho: «Sì, ovvio. Ancora quelle domande senza senso.» sospirò. «Vermouth me l'aveva scritto in una lettera che mi ha lasciato… che aveva usato un siero simile.»
 
Rei: «Per l'appunto. Ma avrai anche notato la differenza che c'era tra quello e l'originale, se così vogliamo definirlo, no?»
 
Shiho: «Sì.» annuì. «Quando ho trovato Yoshida-san, ho sentito che respirava, ma non apriva gli occhi… al contrario di Juliet che, quando è stata trovata da Romeo, sembrava morta.»
 
Rei: «Esattamente. Vermouth, però, era convinta di averle somministrato il veleno esatto. In realtà, però, l'ho preso io, in previsione di ciò che sarebbe accaduto una volta che ti avrebbe messa alle strette. Dunque… ho sostituito il veleno con un altro e quello l'ho usato su di te per fingere che Gin ti avesse uccisa.»
 
Shiho: «Ah. Beh…» ci ragionò su. «Sì, sarò sincera. Mi hai risparmiato uno spavento peggiore. Ma non che quello che ho provato fosse così tanto diverso.» lo guardò perplessa. (In realtà… credo che mi sarebbe preso un colpo… vivere la morte di Yoshida-san a causa mia… non so se avrei retto con quello stato d'animo.) 
 
Rei: «Mmh…» sorrise tristemente. (Dallo sguardo si vede che stai cercando di fare la dura…) 
 
Shiho: «E dunque? Pensavi che mi sarei arrabbiata per così poco?» disse sbalordita. 
 
Rei: «No. C'è dell'altro.» si grattò una guancia con la mano libera. 
 
Shiho: «Ovvero?»
 
Rei: «Ovvero… insieme al veleno, ho scambiato anche gli antidoti.»
 
Shiho: «Questo è ovvio, no?»
 
Rei: «Sì, lo è. Ma non è quello il problema.»
 
Shiho: «E quale sarebbe?»
 
Il giovane uomo temporeggiò per qualche istante, poi tornò a essere deciso.
 
Rei: «Come hai fatto a dare l'antidoto ad Ayumi-chan?»
 
Shiho: «Gliel'ho fatto bere. Non è normale?»
 
Rei: «Sì, lo è.»
 
Shiho: «No… Non ti capisco. Cos'è che mi stai nascondendo così tanto? È come se, anche se sei così diretto e il resto, tu non riesca a parlarne.» disse guardandolo di sottecchi. 
 
Rei: «Più che altro, te l'ho detto.» scosse la testa, chiudendo gli occhi per qualche attimo. «Aaah…» sospirò.
 
Shiho: «…?» lo guardò interrogativamente. 
 
Rei: «Eh sì, indugiare non ha senso. Quel che è fatto è fatto, ormai.» tornò a guardarla dritta negli occhi. 
 
Shiho sussultò.
 
Shiho: (Ecco cos'era… solo ora riesco a capirlo…) deglutì. (L'effetto che mi fa quest'uomo… Lui… riesce a farmi imbarazzare con un solo sguardo. È diretto, non si nasconde dietro strane pretese. Sotto qualche punto di vista, è davvero pungente e tagliente.)
 
Rei: «Shiho-san, io non avevo niente con me. Intendo, per farti mandare giù l'antidoto. Tu eri apparentemente morta, quindi, in ogni caso, non avresti reagito…»
 
Il tempo si fermò. Mentre Rei parlava, Shiho sentiva i battiti del suo cuore accelerare sempre di più. E sempre di più non ne capiva il motivo. Ma, data l’incertezza dell’uomo, aveva la sensazione che c'entrasse qualcosa di grosso, o non si sarebbe mai sentita così. Non poteva fare a meno di cominciare involutamente a tremare, le sudavano le mani. Sentiva il cuore arrivare a batterle in gola. Cosa stava succedendo dentro di lei? 
 
L'ansia si placò un instante dopo. 
 
Bastarono poche parole di Rei a farla tornare con i piedi per terra. 
 
Rei: «So che probabilmente mi odierai e che sarà un duro colpo nei confronti della persona che ti piace. Però, per farti tornare in te e somministrarti l'antidoto…»
 
Se Shiho avesse potuto urlare, l'avrebbe fatto. Cosa c'entrava Higo in tutto questo? Cosa stava dicendo? Le parole di Rei diventarono come distorte all'interno della sua mente. 
 
Rei: «Ti ho dato un bacio sulle labbra.» disse con quell'inconfondibile tono diretto che lo contraddistingueva. 
 
Shiho restò sbigottita. Per un attimo, suppose che le si fosse fermato il cuore. 
 
Shiho: «Un… bacio… sulle labbra?» disse trascinando le parole e portandosi una mano sulle labbra. 
 
Subito dopo diventò scura in volto. 
 
Rei: «Sì. Si trattava pur sempre di un veleno, non avrei mai voluto tergiversare… Inoltre, c'è dell'altro ch-»
 
Come sempre, la frase di Rei non riuscì a veder luce tutta per intero. In questo caso, però, fu perché Shiho lo schiaffeggiò con tutta la sua forza. Il giovane uomo restò lì dov'era, senza continuare a parlare. 
 
Shiho: «…»
 
Rei: «So di meritarlo, ma non me ne pento. E anche se suona quasi come una scusa, temevo davvero che ti accadesse qualcosa di brutto restando inconscia per tutto quel tempo, senza respirare a dovere.» inspirò profondamente. «Mi dispiace.»
 
Shiho: «Ahahah… ah.» lo guardò con gli occhi quasi fuori dalle orbite. «Ti dispiace? Non hai idea… di quanto sia rossa la tua guancia. Chissà quanto ti fa male… ma, sai… sono certa che non ti farà mai più male di quanto tu ne hai fatto a me.» strinse i pugni. «Come diavolo ti sei permesso?!» urlò con tutta la sua forza. 
 
Rei: «Te l'ho detto, non cerco giustificazioni. So che è sbagliato, ma lo rifarei per la troppa paura di perderti.» le rispose a tono.
 
Shiho: «…» abbassò lo sguardo, tenendo le braccia a penzoloni. 
 
Rei: (In un caso come questo… cosa dovrei fare?)
 
Lui che solitamente riusciva sempre a trovare una soluzione, al momento, riusciva soltanto a capire che non sapeva come gestire la situazione. Aveva fatto del suo meglio, ma era comprensibile che lei non ne volesse sapere. Ormai il dado era tratto, però. L'avrebbe odiato? Dopo tutto ciò che aveva fatto… era questa l'unica cosa che meritava?
 
Shiho: «Mpfahahah!» scoppiò a ridere. 
 
Rei: «…eh?» la guardò perplesso con gli occhi a puntino. 
 
Shiho: «Pensavi che la cosa mi avrebbe fatto davvero così tanto male?» lo guardò con gli occhi lucidi. «Non sono una bambina.»
 
Rei: «Shiho-san…» la guardò interdetto. (Sta cercando di mascherare i suoi sentimenti… Non posso far altro che lasciarla fare. Cercare di farle ammettere che sta mentendo non mi porterebbe da nessuna parte, se non a peggiorare la situazione.) 
 
Shiho si sedette nuovamente accanto a lui.
 
Shiho: «È una cosa stupida, ok? Cambiamo argomento. Hai così tante cose da dirmi, no?» si rannicchiò con la testa che le arrivava quasi a toccare le ginocchia. (Mi sento morire, ma non voglio che pensi di me che sono una donna a cui interessano cose del genere. Inoltre, è mezzo morto, potrei aggravare la situazione e non voglio assolutamente. Anche se... Il mio primo bacio… Il mio…?)
 
Rei: «Sì, ne ho.» si strinse nelle spalle e rinunciò a guardarla negli occhi. 
 
Shiho: «Era il tuo primo bacio?»
 
Rei: «Non avevi detto di voler cambiare argomento?»
 
Shiho: «È solo una mia curiosità. Vorrai pur soddisfarla, no? Dato che sei un ladro peggiore di Kaito Kid.» disse in tono di scherno.
 
Rei: «Avere a che vedere con te e con una bambina monella è la stessa cosa. A volte mi chiedo se tu non ti stia abituando un po' troppo a stare nei panni di Haibara Ai.»
 
Shiho: «Anche se fosse, non sono affari tuoi, villano.»
 
Rei non riuscì a non tradirsi liberando un timido sorriso. 
 
Shiho: «Avanti, rispondi! Mi devi almeno mille favori, ricordalo.» disse con stizza.
 
Rei: «Mille…?»
 
Shiho: «Almeno mille.»
 
Rei: «E va bene…» sorrise. «Sì, era il mio primo bacio. Ora sei contenta?»
 
Shiho: «Ero convinta che fossi un tipo più ferrato in queste cose. Ma in realtà, la tua è solo apparenza, ormai l'ho capito.» assunse una posa più rilassata, distendendo le gambe. 
 
Rei: «Ho mai dimostrato di essere un donnaiolo, per caso?» chiese tornando a guardarla negli occhi. «Anche prima, quando mi hai detto di abbassarmi i pantaloni, hai detto qualcosa di simile.»
 
Shiho: «So che le clienti del Poirot sono tutte innamorate di te, soprattutto le ragazzine delle superiori. E anche quella Enomoto Azusa. Lei credo sia la tua fan n°1.»
 
Rei: «Mpf… ahahah!! Non credo proprio che Azusa-san possa provare qualcosa per me!» esclamò lasciandosi andare a una fragorosa risata. 
 
Shiho: «L'ho sempre creduto, ma adesso che ho la possibilità di dirtelo in faccia, lascia che te lo dica: hai gravi problemi.» scosse la testa e lo guardò negli occhi anche lei. «Devi aver avuto una vita davvero triste. Quel sorriso che mostri sempre a tutti è in realtà il più triste che abbia mai visto.»
 
Rei: «Non me l'ha mai detto nessuno.» distolse lo sguardo e guardò verso il soffitto. «Non saprei se definire la mia vita come triste possa essere corretto. Ho vissuto con un obiettivo ben fisso nella mia mente. Certo, questo cambiava sempre… ma da quando ero piccolo, non ho potuto fare a meno che darmi uno scopo per andare avanti.» sorrise dolcemente e si voltò nuovamente verso Shiho. «Me l'ha insegnato una persona molto importante. Quella persona che ha cambiato la mia vita per sempre… Elena-sensei, tua madre.»
 
Shiho: «La mamma, eh? Allora è vero ciò che ho ipotizzato prima. Rei-kun sei tu.» ridacchiò.
 
Rei: «Beh…» fece spallucce, come ad ammetterlo silenziosamente. «Elena-sensei era una persona bellissima. Non l'ho mai conosciuta all'interno dell'oscurità. Non so che tipo fosse, o almeno, non personalmente. In tanti possono provare a descrivere ciò che hanno visto o vissuto… ma mai nessuno potrà aver parlato con la stessa persona che scambiava due parole con me o ci giocava.»
 
Shiho: «Cosa facevate di preciso?» lo guardò incuriosita. «Immagino che fosse lo stesso anche per on-- Akemi, giusto? Intendo, anche lei giocava con te? Non è che in fondo ti piaceva lei e la mamma aveva preso una cantonata?»
 
Rei: «No. È capitato che stessimo anche con lei, ma spesso eravamo noi due da soli. Ero pur sempre un bambino, sai?» disse con tono di rammarico.
 
Shiho: «Quindi… Geloso e possessivo?» 
 
Rei: «Mh… più o meno. Ma ero già abbastanza grandicello per capire che non avrei dovuto. Elena-sensei mi faceva stare fin troppo bene, devo ammetterlo. Inoltre, i suoi discorsi avevano un senso e ti entravano dentro, lasciandoti un marchio a vita.» si appoggiò con le spalle al muro. «So che cito sempre la stessa cosa, ma… quando quella volta sul Mystery Train ti ho detto che le somigli molto… Sì, è proprio vero.»
 
Shiho: «Intendi anche come carattere?»
 
Rei: «Esattamente. Fisicamente sei molto simile, anche la tua voce lo è.» annuì convinto. «Il carattere… diciamo che lei era determinata come te, si comportava da bravissima madre anche con un estraneo come me ed era pronta a impegnarsi sempre al fine di proteggere.»
 
Shiho: «E cosa trovi di tutto ciò in me…?» lo guardò perplessa.
 
Rei: «Ti ho elencato ciò che credo sia corretto… perché per il resto… la personalità era molto simile. Elena-sensei era schiva e solitaria, parlava raramente. Però, quando si trovava insieme a qualcuno a cui si affezionava o, come nel mio caso, in cui si ritrovava, e quindi provava una certa simpatia, era totalmente diversa. Sempre sorridente, estrosa… davvero bellissima.»
 
Shiho: «Ma non mi dire… Non è che sei ancora innamorato di lei?»
 
Rei: «Mmh… chissà.» scosse la testa. «In realtà, mi sono ripromesso di amare solo ciò che per me più conta.»
 
Shiho: «Ovvero?»
 
Rei: «Questo paese.»
 
Shiho: «Oh… Questo paese, eh? Capisco.» sorrise, chiudendo gli occhi. «Allora, significa che hai conosciuto la mamma quando era incinta della sottoscritta?»
 
Rei: «Sì. Già la prima volta che la incontrai… fu in quella situazione in cui disse a tuo padre che era in stato interessante. Tre mesi, lo ricordo come se fosse ieri. Ma c’è anche un’altra cosa che vorrei raccontarti più nello specifico, anche se non credo che ti possa interessare poi così tanto.» disse con tono rilassato.
 
Shiho: «Intanto me lo dici, poi lo vedrò da me.» aprì gli occhi e lo guardò con decisione. «Ma tu… ce l'hai una famiglia?» 
 
Rei: «Io? Beh…» rifletté e poi sorrise. «C'è sempre qualcuno che mi aspetta a casa. Ma tornando a noi… Quando Elena-sensei mi confermò che aspettava una bambina, mi chiese anche di darle la mia opinione su---»
 
Bam! Bam! Bam!
 
Dei rumori provenienti dall’altro lato della porta interruppero le parole di Rei e lasciarono i due attoniti. Qualcuno era andato a soccorrerli, oppure…?


Angolo dell'autrice
Eccomi, finalmente, con un nuovo capitolo della fanfic che è ormai quasi giunta al termine. Non sembra, eppure, ho ancora così tante cose da dire...! Avrei voluto cominciare con una spiegazione più chiara su ciò che è accaduto, ma poi non ho resistito e ho proseguito sulla linea di Rei, a cui era dedicato anche il capitolo precedente. Aaaah, so che sono una coppia del tutto tarocca, ma questi due insieme li adoro. Y_Y Quindi le vere risposte le troverete nel prossimo capitolo e, soprattutto, in quelli successivi. Ma, al contrario di ciò che è accaduto con questo, dovrei essere più celere nella scrittura.
Ne approfitto per augurare a tutti un felice Natale!!! Spero che i vostri desideri più importanti si siano realizzati! ❤

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Capitolo 36
*** Esternare i propri sentimenti ***


Lentamente, all'esterno di ciò che restava della villa, il fumo e la polvere che la avvolgevano si stavano diradando. Prima dello scoppio delle bombe, chiunque si trovasse all'esterno era riuscito a mettersi in fuga perché previamente avvisato dalla polizia. Volenti o nolenti, tutti avevano abbandonato il posto che era stato momentaneamente chiuso al pubblico. I familiari e gli amici di chi era ancora "disperso" erano preoccupati come non mai. Avrebbero voluto andare in prima persona a cercare i loro cari, ma essendo il posto pericolante, non era assolutamente consentito alcuno scherzo. E, nel caso di Sonoko, nemmeno uno sconto. 
 
Alcuni erano rimasti riuniti nella stradina che portava alla villa, dove si erano stanziate le volanti per bloccare il traffico che avrebbe condotto lì le macchine. Tra di loro, si erano insediati anche dei curiosi che volevano saperne di più sull'accaduto. Chiedevano informazioni o notizie, ma nessuno era in grado di darne, perché non avevano ancora avuto modo di procedere con le ricerche. L'esplosione aveva creato un boato che aveva fatto perfino vibrare leggermente il suolo. Tutto ciò che restava della villa erano solo macerie. 
 
I vigili del fuoco sarebbero accorsi in breve e, nel frattempo, chi era rimasto fuori, non avrebbe potuto far altro che pregare per le vite dei loro cari. 
 
Sonoko: «Sei davvero sicuro di non poter fare niente, zio? Non so per quanto tempo potrò starmene con le mani in mano… Ran è lì dentro, e non solo lei… anche se è di lei che mi preme di più!!» sbottò con le lacrime agli occhi. 
 
Jirokichi: «Purtroppo, in questo caso non si può andare contro il volere della polizia. Quindi non ci rimane che attendere…» fissò con sguardo deciso la nipote che non si dava pace. 
 
Sonoko: «Però, forse… se autorizzassi una squadra a parte, ce la potremmo fare…!» insistette. 
 
Jirokichi: «Se lo facessi, come minimo mi arresterebbero. Per non parlare a che problemi andrei incontro se morisse qualcuno a causa del mio operato.» scosse la testa. «Mi dispiace, davvero… ma non posso farlo.»
 
Sonoko: «Ma Ran…!!» replicò sopprimendo un singhiozzo. 
 
Makoto: «Vedrai che starà bene.» le appoggiò una mano sulla spalla. «Chi è rimasto lì dentro… tutti coloro che ci sono rimasti, sono degli ossi duri. Non moriranno tanto facilmente.»
 
Sonoko: «Makoto-san...» scoppiò in un pianto incontrollabile. 
 
Makoto: «Io credo in loro… fallo anche tu, Sonoko-san.» le fece un dolce sorriso rassicurante. 
 
Sonoko: «…» lo guardò negli occhi e cercò di tranquillizzarsi. «Farò come dici tu…»
 
Makoto annuì deciso. 
 
Eri: «Ran e mio marito staranno benone. Lui riuscirebbe a sopravvivere anche a una bomba atomica. Per quanto riguarda Ran, una ragazza che ha così tanto coraggio da vendere per aver scelto di vivere con suo padre, non può mica venire a mancare per una cosa del genere.» disse con gli occhi e il naso completamente rossi per il pianto. «Ha ragione lui, staranno tutti bene.»
 
Sonoko: «Kisaki-san…» annuì e si diede qualche schiaffetto in faccia con i palmi delle mani. «Staranno bene, sì!!»
 
Eri: «Precisamente.» le porse un fazzoletto. 
 
Sonoko: «Grazie…» lo prese e si asciugò il naso. 
 
Yumi: «Non per rompervi le uova nel paniere, ma noi abbiamo chiuso la strada. Quindi anche voi dovete andar via al più presto possibile. Capisco che siete preoccupati, ma sono gli ordini.» disse con tono di rammarico.
 
Sonoko: «A dire la verità, non stiamo facendo niente di male! E comunque, non siamo nemmeno vicini ai detriti…!» sbottò per la rabbia.
 
Naeko: «Lo comprendiamo… ci dispiace molto. Ma nonostante tutto, non si sa cosa può accadere. Inoltre, sono gli ordini, non possiamo fare a meno di seguirli anche noi stesse.» replicò cercando di calmare le acque.
 
Yumi: «Forza, andate!» fece cenno con una mano. «Tra non molto arriveranno i vigili del fuoco e le ambulanze, non ci possiamo permettere alcun tipo d’intralcio.» enunciò in modo autoritario.
 
Eri: «Lo capisco, scusateci. Siamo molto in pensiero e, anche se cerchiamo di farci forza… È difficile.» distolse lo sguardo.
 
Makoto: «Scusateci davvero. Andiamo subito via.» si chinò leggermente per scusarsi.
 
Yumi: «Non vi preoccupate...» si guardò intorno. «Comunque, se non state in mezzo ai piedi, potete restare nei paraggi.» bisbigliò avvicinandosi a Sonoko e a Eri.
 
Sonoko: «Davvero??» le brillarono gli occhi.
 
Yumi: «Sì, la mia collega vi dirà tutto quando ne sapremo di più anche noi.» annuì convinta.
 
Naeko: «Io? Ma non credo di---»
 
Yumi: «Come ho detto io! Intesi?» fece un sorriso. «Bene, ora andate!» si allontanò, tornando alla volante.
 
Naeko: «Sempre la solita...» sospirò. «Allora...» si inchinò e andò via anche lei.
 
Sonoko: «Grazie...» si rincuorò leggermente.
 
Jirokichi: «Fatti forza, Sonoko! Ce la faranno tutti quanti!!» disse cercando di essere positivo.
 
Makoto: «Esatto, non perdiamo la speranza. Adesso non ci rimane che andare.» le appoggiò una mano sulla spalla.
 
Sonoko: «Va bene… Andiamo?» chiese a Eri che era ancora vicino a lei.
 
Eri: «Sì. Anche se la cosa non mi tranquillizza molto… Ma non c’è nient’altro che possiamo fare.» scosse la testa e si allontanò insieme a loro.
 
Nello stesso momento, all’interno dell’area chiusa al pubblico…
 
Nakamori: «Mia figlia non è più tornata!! Fatemi andare subito a cercarla!!» urlò con tutta la sua forza. 
 
Shiratori: «Capisco il suo stato d'animo, ma non può assolutamente agire di testa sua.» cercò di spiegargli mentre tre uomini della sua squadra lo tenevano stretto, affinché non facesse di testa sua. 
 
Nakamori: «Non credo che abbia mai vissuto un avvenimento del genere con uno dei suoi figli, quindi lasciatemi andare! Sono io a dare gli ordini a voi!!» si dimenò. 
 
Poliziotto: «In realtà… momentaneamente ne stiamo seguendo degli altri, signore…» disse con un velo di tristezza. 
 
Nakamori: «Coooosa?! Gli ordini di chi?? Siete i miei sottoposti!!» urlò nuovamente. 
 
Shiratori: «Dovrebbe arrivare a breve accompagnato dagli agenti Takagi e Sato. Sto parlando del capo della prima squadra investigativa della Polizia Metropolitana di Tokyo, Kuroda. Credo proprio che non possa trasgredire i suoi ordini.» disse diretto. 
 
Nakamori: «Tch…» si liberò dalla stretta dei suoi sottoposti e restò a guardare le macerie della villa. «Aoko… ti salverò… costi quel che costi…!!» strinse forte i pugni. (Ma… il cuore mi dice che sei ancora viva. Continuerò a fidarmi delle parole di quella ragazza, sperando che anche lei sia salva.)



Fuori dalla villa, dal lato esterno della biblioteca, a distanza di qualche metro l'uno dall'altra, si trovavano a terra due persone prive di conoscenza. Si trattava di un ragazzo e una ragazza che erano riusciti a scappare dalla finestra. Lo scenario intorno a loro era esattamente come ci si poteva immaginare: detriti, polvere e freddo. Uno dei due si sollevò lentamente, tenendo i gomiti ancora a terra.
 
Aoko: «Alla fine… Sembra che sia davvero… esploso tutto...» scosse la testa cercando di fare mente locale. «Qui intorno… non si vede quasi niente...» si sollevò lentamente e si guardò intorno. «Kaito… Kaito?! Ugh...» sentì che la caviglia sinistra le faceva abbastanza male, ma riusciva a muoverla, nonostante sentisse un certo dolore.
 
Aveva paura, si sentiva davvero angosciata. Per prima cosa, perché non riusciva bene a capire dove si trovasse e, per seconda cosa, perché era ancora più spaventata al pensiero che non riuscisse a uscire viva da lì… con la persona che amava. Sicuramente, avrebbe pensato a fare di tutto meno che ad abbandonare la possibilità di capire dove si trovasse il suo amico d’infanzia. Si coprì la bocca con una mano e tossì di continuo per almeno tre volte.
 
Aoko: «Kaito… Dove… Sei?!» si addentrò nella fitta polvere che si era sollevata intorno a lei, che, per fortuna, andava piano piano diradandosi. «Aoko non riesce a vedere quasi niente… Ma se non le risponde… Non potrà significare che… Che...» le vennero le lacrime agli occhi e non riuscì a contenerle per più di due minuti. «Aoko, rifletti… Kaito ha preso in braccio Aoko e è uscito dalla finestra nel momento in cui è saltato tutto… Quindi dovrebbe essere qui vicino… A meno che l’esplosione non l’abbia spazzato chissà dove...» si prese la testa tra le mani. «Non è il momento di disperarsi, ma allo stesso tempo...» camminò senza una meta precisa.
 
Non sapeva esattamente cosa potesse essere accaduto una volta che tutto era saltato in aria. Il suo ultimo ricordo era la stretta di Kaito, tanto forte e salda quanto una roccia. La biblioteca si trovava al piano terra, non avevano fatto chissà quale volo verso il basso, ma il problema era proprio essere riusciti a scappare nel momento che coincideva con l’inizio dell’esplosione. Aoko era certa che se non avvertiva nessun brutto presentimento dentro di sé, Kaito stava bene e sicuramente si trovava in un posto lì vicino. Tuttavia, il terrore di perderlo la attanagliava lo stesso. E non era solo per lui, ma anche per tutti coloro che sarebbero potuti restare coinvolti in quell'esplosione, soprattutto suo padre. Si sentiva tremare le gambe per la paura, per il freddo e per il dolore. Si sentiva quasi del tutto congelata, ma con le guance incandescenti e le labbra secche. 
 
Aoko: «Ma dove sono finiti tutti quanti…?» si chinò leggermente in avanti per cercare di scrutare tutto intorno, facendo del suo meglio. «Se Aoko potesse pensare diversamente, sarebbe convinta che queste macerie e la villa che c'era prima… sono due luoghi totalmente diversi…»
 
I passi che faceva erano lenti e trascinati, ma la sua determinazione era grande. Stringeva i denti più che poteva, non si sarebbe mai lasciata sconfiggere da un destino avverso. 
 
Aoko: «Aoko… deve… assolutamente…» con la gola secca e gli occhi serrati, incontrò qualcosa durante il suo cammino. 
 
Sentì, infatti, che nel proseguire, aveva toccato qualcosa di duro e caldo, che le faceva presagire si trattasse di un corpo umano. 
 
Aoko: «Sarà… Kaito?!» si chinò e cercò di guardarlo bene in viso, mentre il pulviscolo intorno a loro di diradava. 
 
Ciò che trovò a terra non era altro che il corpo svenuto di Kaito. Sembrava abbastanza malconcio per via delle diverse ferite che aveva riportato, ma il respiro, per fortuna, non dava l'impressione di essere così tanto alterato. L'unico problema, era che, vista l'entità dell'esplosione, la maschera con cui si fingeva Chat Noir, era andata in brandelli, lasciando ampio spazio al viso del suo proprietario originale. Aoko aveva capito che il ragazzo non era altri che lui, il suo amico d’infanzia Kuroba Kaito. Il tocco delle sue mani, il suo modo di comportarsi con lei, il suo respiro… Sì, era vero che aveva cercato di recitare al suo meglio la parte di Chat Noir, riuscendoci egregiamente. Persino il tono della voce era uguale a quello originale. Tuttavia, non era abbastanza per giocare né il cuore né la mente di una persona che lo amava con tutta se stessa da così tanto tempo che nemmeno lei riusciva a realizzare da quando se ne fosse accorta. Già, da quando si era innamorata di Kaito? Da quando non era più l’amico d’infanzia a cui teneva così tanto? Colui che la faceva piangere e ridere in modo così repentino, come solo lui sapeva fare? Nonostante tutto, il vederlo lì, le fece spalancare gli occhi. Era pur sempre appurare qualcosa che fino a quel momento non era altro che un sospetto infondato. Il vederlo inerme, però, era ciò che più la feriva e la faceva star male. Sicuramente aveva fatto tutto ciò che aveva potuto per metterla in salvo, quindi era per quel motivo che lei, seppur ferita, non lo era mortalmente. Ma lui? Si poteva dire davvero lo stesso per Kaito?
 
Aoko: «Kaito...» si chinò vicino a lui e fece attenzione a non muoverlo nemmeno di una virgola. «Kaito… Dimmi che stai bene...» sussurrò con voce rotta.
 
La visione del volto del giovane in quelle condizioni le faceva sentire una sensazione che avrebbe voluto reprimere, ma che invece la trascinava nell’oblio. Sentiva che il suo corpo era ancora caldo e che, quindi, era vivo. Anche il suo respiro ne era testimone. Ma allora perché non riapriva gli occhi?
 
Aoko non riusciva a capacitarsene e, più ci pensava, più le faceva male il cuore.
 
Aoko: «Kaito...» sporse la testa fino a metterla parallela a quella del ragazzo.
 
Avrebbe voluto urlare con tutta se stessa, mentre le lacrime che stava cercando di trattenere a forza le scendevano giù sulle gote rosee.
 
Aoko: «Kaito… sigh… Apri gli occhi, ti prego… sob...»
 
Le calde lacrime della ragazza scesero giù come se fossero rugiada, bagnando il viso del ragazzo.
 
Aoko: «Aoko… doveva ancora...» singhiozzò.
 
Kaito, in quel momento, sentì lontana, ma vicina a sé la voce della ragazza. Le lacrime che gli erano arrivate sul viso erano la prova che Aoko era lì, vicina a lui. Non si ricordava bene l’accaduto, quindi restò con gli occhi chiusi a cercare di capire bene cosa stesse accadendo. Non poteva rischiare in alcun modo di fare un passo falso.
 
Aoko: «Aoko doveva ancora dirti che… sigh… nonostante tu lo voglia sempre nascondere… Fai sempre un sacco di belle cose per tutti… Sei scemo, ma aiuti tutti… Anche Aoko… sob… Aoko voleva dirtelo che è tanto, tanto orgogliosa di te… Per favore...» cercò di sopprimere i singhiozzi. «Apri gli occhi...»
 
La tristezza e lo sconforto si erano fatti vivi dentro di Aoko. Anche se avrebbe voluto essere positiva, non riusciva a non pensare che potesse arrivare il peggio. Sembrava che più cercasse di scacciare quel pensiero e più la paura si ingrandisse dentro di lei. Volente o nolente, si trovava costretta ad affrontare un momento molto difficile. Ce l'avrebbe davvero potuta fare se Kaito non fosse stato al suo fianco? Di nuovo, cercò di ricacciare quel brutto pensiero, perché, definitivamente, non avrebbe mai potuto immaginare una vita senza di lui.
 
Aoko: «Kaito… sigh…» scosse la testa. 
 
Kaito: (Aoko… sta piangendo… Sì… Sono uscito dalla finestra mentre è partita l'esplosione, così… chissà dove siamo finiti sballottati… Mi sento abbastanza indolenzito, ma non so se sono ancora tutto intero, azzarderei di sì. Non che non sia abituato a certe cose, ma… delle bombe giusto stasera…) sentì che le lacrime continuavano, di tanto in tanto, a raggiungere il suo viso. (Aoko… mi sta chiamando Kaito. Ciò significa che il travestimento è andato… Maledizione, come riuscirò a salvarmi dai suoi sospetti questa volta? Non posso nemmeno fare finta di niente… Oh… forse… ci sono! Dovrei solo capire se… ma sì, o la va o la spacca!) 
 
Aoko: «Apri gli occhi… sob…»
 
Kaito: «Aaah… T-Tu… oh… sì, Ladybug…» disse con un filo di voce, perché riusciva davvero a parlare con fatica. 
 
Aoko: «Aaah!! Ti sei ripreso!! Grazie a Dio!!» si chinò e lo strinse a sé. 
 
Kaito: «Preferivi che restassi a dormire per sempre, milady? O forse… dovrei smetterla di celare la mia vera identità…» distolse lo sguardo. 
 
Il cuore di Aoko si sentiva finalmente più libero. Era ancora attanagliato dalla paura di aver perso suo padre e le amiche che si era fatta, che fossero morte molte persone… Ma si sentiva decisamente meglio perché quella sensazione di disperazione mista a solitudine era scomparsa. Adesso poteva piangere lacrime di gioia. 
 
Kaito: «Ohi, calmati… così mi fai male, però!» cercò di abbracciarla anche lui, anche se solo con un braccio. 
 
Aoko: «Ah, scusa!! Dov'è che ti fa male? Dillo ad Aoko e lei farà del suo meglio per farti stare bene! È una promessa!!» lo guardò con determinazione, abbandonando il suo sguardo poco dopo, per asciugarsi gli occhi e il naso. 
 
Kaito: «Vediamo…» si sollevò a sedere e si toccò ogni parte del corpo per vedere se era ancora tutto intero oppure no. «Sai che non credevo, ma sono davvero intatto?» la guardò sereno. (Sono totalmente dolorante, ma come glielo posso dire dopo che mi guarda con un viso del genere?? Non ho niente di rotto, penso di potercela fare, dunque…) 
 
Aoko: «Davvero…?» chiese speranzosa. 
 
Kaito: «Davvero! Perché dovrei mentirti?» disse con naturalezza. 
 
Aoko: «Per diversi motivi…» ammise con esitazione.
 
Kaito: «Ma no, non ne dico mica bugie!» si strinse nelle spalle e si alzò. (È più dura di quanto potessi immaginare… ma ce la posso fare…!! La mia forza di volontà non perderà!!) annuì convinto. «Visto?»
 
Aoko: «Sì, Aoko ne è contenta.» sorrise gentilmente. «Ma Aoko si riferiva anche al fatto che in realtà… sei Kaito. Le hai mentito sin dall'inizio…» lo guardò con uno sguardo misto tra rabbia e indecisione. 
 
Kaito: «Beh, quello…» si guardò intorno e indietreggiò di qualche passo, seguito prontamente da lei. (Sapevo che non se lo sarebbe lasciato sfuggire… Questo attimo fuggente…) deglutì. 
 
Aoko: «Cos'hai da dire a tua discolpa, eh? Non è che ciò che hai fatto vada contro ciò che pensa Aoko…! Cioè… Aoko sa che Kaito…» imbarazzata, distolse lo sguardo. «Che Kaito è un bravo ragazzo e ha un cuore grande, quindi…»
 
Kaito: «Asp--!! Aspetta, aspetta…!!» gesticolò e approfittò che la ragazza guardasse altrove per sistemarsi un po' i capelli. «Credo che tu abbia preso un granchio!!»
 
Aoko: «…prego?» lo guardò di sottecchi. «Kai--- Ah!!» esclamò con stupore. 
 
Kaito: «Lo capisci adesso?» si grattò una guancia. «Ecco, non te lo potevo rivelare, ma in realtà, sono Kudo Shinichi!» fece spallucce e la guardò dispiaciuto. 
 
Aoko: «Kudo… Shinichi…?» cercò di scrutarlo bene. 
 
Kaito: «Esatto!!» annuì più volte consecutive. «Non conosco nessun Kaito!!»
 
Aoko: «Effettivamente… con i capelli più sistemati, sembri un'altra persona… ma…» si avvicinò a lui e lo guardò tristemente. «Aoko non ha parlato per caso, l'ha detto perché era sicura che non fosse un presentimento, ma la verità.» si appoggiò una mano sul cuore. «È questo che sta dicendo ad Aoko che, per quanto tu le possa mentire spudoratamente, non c'è modo che la tua identità sia diversa da quella di Kaito.»
 
Kaito: «M-Mah…» non riuscì a trovare una scusa plausibile. (Perché non mi reggi il gioco, dannazione?? Cioè… sì, non avrebbe nemmeno senso, ma… cosa posso risponderle?! Aoko… Non vorrei mentirti… però… non posso dirti la verità…) 
 
Aoko: «Aoko… te lo voleva dire.» gli diede le spalle. «Che ne dici se cerchiamo una vita d'uscita? Qui intorno sembrano esserci solo macerie, ma, per fortuna, la polvere che si era alzata si è quasi schiarita del tutto. Non dovrebbero più esserci problemi. E se, davvero, non hai niente di rotto, Aoko... è felice!» si voltò nuovamente verso di lui, mostrandogli il suo più bel sorriso. «Aoko è davvero felice di essere viva e di essere qui con te. Chiunque tu sia, grazie per aver protetto Aoko!»
 
Kaito non proferì parola. Non capiva se era più perplesso perché l'aveva ringraziato o perché gli stava davvero reggendo il gioco. Forse lo era per entrambi.
 
Kaito: «Prego.» rispose secco. 
 
Aoko: «Allora, andiamo?» annuì e gli porse la mano. 
 
Kaito: «Certo!» la afferrò e la strinse forte al suo petto per un brevissimo istante. «Però, prima…» la prese in braccio in stile principesco. «Ti porto io per un po'. Ho visto che hai la caviglia slogata, deve fatti parecchio male!»
 
Aoko: «A dire il vero… È più grande la preoccupazione dentro di Aoko rispetto al dolore che sente. È come se non ci fosse quasi per niente...» ridacchiò arrossita. «Ma dato che sei stato tanto gentile, per una volta, Aoko ti ringrazia e ne approfitta volentieri!» si mise a suo agio. 
 
Kaito: «Aaah…» sospirò. (Ha già dimenticato che stava cercando di reggermi il gioco? Boh. Ma, è una cosa di poco conto, ormai.) la guardò che sorrideva beata, anche se lo sguardo tradiva una certa preoccupazione. «Staranno tutti bene, ne sono certo!»
 
Aoko: «Anche Aoko…» chiuse gli occhi. 
 
Kaito: «D'accordo, allora io vado!» si mise a camminare davanti a sé, nella speranza di riconoscere uno di quei luoghi, cosicché potesse dirigersi verso l'uscita.
 
Aoko: «Senti… ma tu…» esitò un attimo. 
 
Kaito: «…c o s a…?» disse allungando ogni lettera. (Ho capito che hai capito!! Basta con le domande!!) 
 
Aoko: «Te la ricordi… la promessa che hai fatto ad Aoko qualche ora fa? Quando vi siete stretti i mignoli?» restò con gli occhi chiusi. 
 
Kaito: «Ehm… sì.» continuò ad avanzare. 
 
Aoko: «Aoko sa che non è il momento. Ma sa anche che non è certa che quel momento possa arrivare. Quindi… potresti dirle la verità?»
 
Kaito: «La promessa non si fondava sul fatto che dovevamo uscire dalla villa?» chiese cercando di deviare l'argomento. 
 
Aoko: «Ti sembriamo essere all'interno, scusa?» ribatté con stizza. 
 
Kaito: «No, ma non sappiamo ancora se… aspetta…» strabuzzò gli occhi. «Puoi guardare anche tu poco più avanti e dirmi se vedi a terra delle… Teste?»
 
Aoko: «Questo… Ad Aoko non sembra un bello scherzo da fare, sai?!» aprì gli occhi di scatto e si voltò verso la sua destra, dove poteva vedere ciò che anche Kaito aveva davanti a sé. «Asp---!!»
 
Kaito: «Ohi ohi…» restò allibito mentre cercava di mettere la vista più a fuoco. 
 
Aoko: «Facciamo… in fretta!» disse mentre diverse gocce di sudore le scendevano giù dal viso.

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Capitolo 37
*** Rincorrere i propri sentimenti ***


Kaito si avvicinò velocemente alle teste che aveva visto a terra. Pian piano che i suoi passi diventavano più celeri e si avvicinavano a esse, il cuore non faceva altro che battergli sempre più forte. Anche Aoko, tra le sue braccia, pregava e sperava che ciò che avevano visto non fosse altro che una visione o un’illusione.
 
Kaito: (Sì che in un caso del genere non sarebbe nemmeno impossibile… che due persone, se non di più, fossero morte… L'esplosione avrà lasciato tutti spiazzati. Eppure…Ho visto con i miei stessi occhi che c'era un sacco di gente fuori… credevo che si fossero già messi in salvo. Soprattutto, se la polizia ne era venuta a conoscenza…)
 
Aoko: (Non può essere… Non può essere che degli innocenti debbano pagare con la vita per qualcosa di cui non erano nemmeno a conoscenza… Non sarebbe giusto… E chissà quanto si sentirebbe anche in colpa papà per non essere riuscito a salvarli… Aoko prega con tutta se stessa che tutto ciò sia solo un incubo…)
 
Arrivati vicino alle teste, Kaito mise Aoko giù dalle sue braccia. Entrambi si avvicinarono a esse che però, essendo contornate dal pulviscolo, impedivano di essere viste nitidamente.
 
Aoko: «Eeeh?! Kaito… vedi anche tu quello che vede Aoko??» chiese cercando conferma.
 
Kaito: «Kh!! Ti ho già detto che non mi chiamo Kaito!» sbottò non sapendo che pesci prendere.
 
Aoko: «Aoko non sa se credere che sei totalmente scemo o sei ancora confuso per la botta che hai preso.» si appoggiò le mani sui fianchi e lo guardò con sufficienza. «Questo qui per terra è Kudo Shinichi! Quindi tu chi saresti?? Bakaito!» si chinò velocemente verso la testa del ragazzo, mentre il polverone intorno a entrambe le teste si diradava sempre di più.
 
Si poteva notare che non c'erano solo quelle ma, per fortuna, anche i corpi erano inclusi nel prezzo.
 
Kaito: «Che dire? Almeno sembrano essere interi...» si chinò subito anche lui e controllò che Ran, distesa accanto a lui, stesse bene.
 
Aoko: «Stai a vedere che, in realtà, Aoko ha sempre avuto ragione.» lo guardò arrabbiata per un brevissimo istante e poi cercò di accertarsi che Shinichi stesse bene.
 
Poggiò i ginocchi a terra e la testa sul petto del ragazzo.
 
Aoko: «Aoko crede che respiri abbastanza bene...» volse lo sguardo triste su Kaito. «Come sta Ran-san?»
 
Kaito: «Uuuh, meno male!» le controllò il polso. «Anche lei sembra star bene. Dovremmo solo accertarci che si possano riprendere.» annui cercando di emanare energia positiva. (Tantei-san… vedi che l'ho capito che tu non sei svenuto, in realtà… che cosa stai nascondendo?)
 
Aoko: «Oh… te ne sei accorto anche tu?» chiese con qualche tentennamento.
 
Kaito: (Cosa-cosa…? Come ha fatto a capirlo anche lei???) la guardò perplesso, cercando di non esternare il suo vero sguardo che rispecchiava l'urlo di Munch.
 
Aoko: «Aoko sa che non è il momento giusto per pensare cose del genere… ma è davvero romantico.» arrossì lievemente.
 
Kaito: (Eeeeeh??) sbatté le palpebre sbalordito. «Non ti seguo...»
 
Aoko: «Certo. Aoko immagina bene che tu stia pensando a un modo per mentirle, tuttavia, questa è un'urgenza!» scosse la testa. «E in ogni caso, Aoko si riferiva al fatto che nonostante la situazione critica, si stiano stringendo la mano. Cioè… rischiavano di morire e, prima che accadesse il peggio… hanno pensato di stringersi la mano… Capisci cosa significa?»
 
Kaito: «Sì, che, come hai detto, questa è una situazione d'emergenza e tu appunti cose non necessarie! Inoltre, è davvero strano che si trovassero fuori e non dentro! Non capisci davvero niente!» sbottò perdendo la pazienza. 
 
Aoko: «Ma cose…! Se non sei tu Kaito, allora non ne esiste più nessuno in questo mondo!!» rispose per le rime. 
 
Shinichi: (Ma che diavolo succede stasera…? Mi chiedo… fin dove dovrò spingermi per risolvere questo caso?) pensò cercando di mantenere la calma. 
 
Kaito: «Aaaah! E che ne sai tu? Magari quello tarocco è lui, non sono mica io!» disse pieno di sé, indicando Shinichi. 
 
Aoko: «Questo pessimo carattere non può appartenere a nessun altro, Aoko ne è certa!!» si alzò e si avvicinò a Ran, stringendole l'altra mano. 
 
Kaito: «Tsk! Guarda un po' cosa devo sentirmi dire!!» voltò la testa nel lato opposto a quello dove si trovava Aoko. 
 
Shinichi: (Kid… me la paghi… te lo giuro, non oggi perché è impossibile, ma te la farò pagare con gli interessi. A te… e a quell'altra Haibara… sperando che sia arrivata in tempo…)
 
Aoko: «Ran-san… Aoko ti è vicina, non arrenderti…» le strinse la mano con entrambe le sue. 
 
Kaito: «Abbi pazienza… si riprenderà. Entrambi non sembrano aver riportato chissà che gravi ferite. Inoltre, non credo che manchi molto affinché qualcuno venga a salvarci, sai? Da come parlava tuo padre, mi sembrava piuttosto determinato.» affermò con una strana punta di dolcezza nelle sue parole. 
 
Aoko: «…» sorrise dolcemente. «Grazie.»
 
Kaito: «Di cosa mi staresti ringraziando, eh??» alzò la voce, ma non la guardò in viso perché era arrossito. 
 
Aoko: «Non c'è niente da fare con te… bruttissima malattia quella degli tsundere!» si mise a ridere. 
 
Kaito: «Senti chi parla!!» si avvicinò al volto di Shinichi e bisbigliò. «Tantei-san… cosa stai aspettando a rialzarti e a spiegarmi che ti è successo?»
 
Shinichi: (Maledetto… dipendesse da me…) si mosse lentamente. «Ah…» aprì gli occhi, cercando di recitare. 
 
Kaito: «Wow, che velocità.» disse con poco entusiasmo. 
 
Aoko: «Aaah! Kaito, guarda!! Si è svegliato!!» lo guardò esterrefatta. «Come ti senti?»
 
Shinichi: «Sono… a pezzi…» voltò lentamente il viso verso loro due. 
 
Aoko: «Se non riesci a muoverti, non lo fare! Sicuramente stanno per arrivare i soccorsi!» lo avvisò accortamente.
 
Shinichi: «No, credo… di potercela fare…» si sollevò lentamente, controllando in che condizioni fosse. (O almeno, è ciò che mi ha detto quella vecchia prima di andare via.)
 
Kaito: «Si dice che l'erba cattiva non muore mai.» ridacchiò sotto i baffi. 
 
Shinichi: «Potrei dire lo stesso per te, K---»
 
Ran: «Shi… Shinichi…» gli strinse più forte la mano e fece lo stesso anche con quella di Aoko. 
 
Aoko: «Ran-san!!» la guardò con le lacrime agli occhi. 
 
Shinichi: «Ran…!!!» si avvicinò a lei più velocemente che poteva. 
 
Kaito: (La fortuna mi ha baciato…) buttò gli occhi al cielo che, anche se era notte fonda, era di un colore grigio misto al rosso per via delle esplosioni che c'erano state. 
 
Ran: «Nakamori-san… Shinichi… cosa…» li guardò spaesata. 
 
Shinichi: «Ricordi che sta---!!!» si fermò. (Non voglio ricordarle quella discussione che ha lasciato per aria… o sarebbe davvero pericoloso per me!!) 
 
Aoko: «A quanto pare, sono esplose delle bombe… la villa è andata in pezzi…» scosse la testa. «Come ti senti?»
 
Ran: «Avevi ragione… il tuo presentimento era corretto, allora…» cercò di prendere un po' di fiato. «Sto bene, sto bene…»
 
Shinichi: «Sicura? Ce la fai ad alzarti?» la guardò preoccupato. 
 
Ran: «Sì, forse ce la posso fare.» li guardò con un'espressione non molto convinta. «Potreste aiutarmi, per favore?»
 
Aoko: «Ma certo!! Lascia fare ad Aoko!» le tese la mano, tutta contenta. 
 
Shinichi: «Uhm…» guardò prima Ran, poi Aoko e viceversa. (Sarebbe meglio se parlassi direttamente con lui, allora…) si guardò intorno. (È vero, hanno fatto crollare tutto… Se saremo fortunati, riusciremo a uscire da qui vivi e senza imbatterci in incendi o cose del genere.) annuì. «Assolutamente. Come potrei mai lasciarti aiutare solo da questa ragazza? Necessiti soprattutto della mia man--- Ohi!!» esclamò vedendo che Ran si alzava tramite il solo aiuto di Aoko. 
 
Ran: «Rimani pure perso nei tuoi importanti pensieri, grande detective.» lo guardò con sufficienza. 
 
Shinichi: «Non era ciò che avrei voluto, però.» ribatté con stizza. 
 
Ran: «Non ti preoccupare, già che ci sono, la prossima volta, magari ti chiamerò Piccolo Detective, può darsi che sarai più felice o soddisfatto.» disse per ripicca.
 
Shinichi: «M-Ma va'!» rispose impettito con qualche goccia di sudore che gli scendeva lungo la schiena. 
 
Aoko: «Più che altro… Aoko pensa che è meglio deciderci e andare via, o potrebbe caderci tutto addosso… siamo già stati abbastanza fortunati, non credete?» li guardò preoccupata. 
 
Kaito: «Io sono d'accordo con lei, quindi, che ne dite di non litigare e di vedervela tra di voi più avanti, in caso?» fece spallucce. «Da questo lato non sembrano esserci incendi o simili, ma potrebbero scoppiare da un momento all'altro. Inoltre, è pieno di fumo e polvere… Rischiamo di intossicarci se non ci diamo una mossa.»
 
Aoko: «Meno male che ogni tanto dai ragione ad Aoko!» annuì soddisfatta. 
 
Kaito: «M-Ma io non so nemmeno chi sei, cosa vuoi dalla mia vita?!» rispose sentendosi quasi in colpa. 
 
Shinichi: «È simpatico che prima dite a noi di non litigare e poi lo fate voi.» sospirò. «Tuttavia, in linea di massima, sono d’accordo con voi. Quindi…» si voltò verso Ran. «Non ti fa male niente, vero?»
 
Ran: «Eh? Come fai a saperlo?» sbatté le palpebre con fare stupito. 
 
Shinichi: «Beh…! Ovvio, no? Ti vedo stare tranquillamente in piedi, senza alcun problema! Se avessi accusato male da qualche parte, me l'avresti detto, no?!» sbottò senza quasi capire cosa stava dicendo. «Ma andiamo, non perdiamo tempo!!!» si avvicinò a Kaito. 
 
Kaito lo guardò con fare interrogativo. 
 
Shinichi: «Andiamo?» ribadì.
 
Kaito: «Ah, ehm… certo!!» annuì. (A quanto pare, c’è qualcosa che non so. Anzi, che non so io e che non sa nemmeno lei.)
 
Ran: «Oh… guarda un po'.» ridacchiò guardando Kaito. «Non la smetterai mai di fingerti Shinichi, vero---»
 
Aoko: «Kaito... Kid?» le diventarono gli occhi infuocati. 
 
Kaito: «D'accordo...» scosse la testa e alzò entrambe le mani. «Mi arrendo, ma…!»
 
Aoko: «Ma…?!»
 
Kaito: «Manterrò la nostra promessa quando saremo fuori di qui, adesso è davvero importante che ci mettiamo in cammino verso l'uscita. Non sappiamo se possano esserci scosse d'assestamento o qualcosa del genere, dopo l'esplosione che c'è stata. Siete d'accordo?» disse in tutta sincerità, anche se in realtà era tutto detto affinché si potesse giustificare in qualche modo. 
 
Ran: «Non so cosa ci sia tra voi due, ma io sono d'accordo… Inoltre, c'è davvero tanto freddo…» si abbracciò le spalle intrecciando le braccia al petto. (Se non ho nemmeno capito male… Lui dovrebbe essere anche lo Chat Noir che ci ha aiutato…)
 
Aoko: «No, non c'è niente tra lui e Aoko… uffa…» sbuffò. «Però è vero che fa freddo…»
 
Shinichi: «Senti, la questione è seria.» disse già arrivato a debita distanza insieme a Kaito. 
 
Ran: «Ehm… ci hanno seminate…» bisbigliò con gli occhi a puntino. 
 
Aoko: «Quel ladro da strapazzo…» strinse i pugni. 
 
Ran: «E quel detective pieno di sé…» le pulsarono le vene sulla fronte. 
 
Aoko: «…la pagherà ad Aoko!»
 
Ran: «Me la pagherà!!»
 
Esclamarono all’unisono.
 
Aoko: «Comunque… Aoko ha un po' male alla caviglia, ma ce la fa a camminare! Cerchiamo di non perderli di vista, d'accordo?» accennò un sorriso. 
 
Ran: «Mi dispiace… io sono stranamente intera… non riesco a capire come abbiamo fatto… eravamo all'interno della villa… e adesso siamo fuori...» si avvicinò a lei e la sorresse.
 
Aoko: «Grazie…! Eh… L'importante è essere vivi, no?» disse con positività. 
 
Ran: «Ma sì, hai ragione tu!» sorrise anche lei. «Shinichi mi racconterà anche questo, quando se la sentirà. Intanto…» la abbracciò calorosamente. «Magari ci scaldiamo tra di noi mentre camminiamo!»
 
Aoko: «Sì…!» disse con stupore. «Aoko ne è davvero felice…!» la abbracciò nello stesso modo e seguirono i due davanti a loro.
 
Kaito: «Tantei-san...» bisbigliò. «Ti dirò ciò che so, ma devi prima dirmi perché prima, mentre eri a terra, eri già sveglio e non ci hai detto nulla… Quella si è anche preoccupata, sai?»
 
Shinichi: «Dov'è finita la tua parte da gentiluomo, eh?» ridacchiò. «In realtà non lo ero da subito… diciamo che ho incontrato una persona che mi ha detto che era tutto a posto e potevo restare lì a terra, vittima, per tutto il tempo che volevo. Dovevo solo fare attenzione a chi si avvicinava.»
 
Kaito: «Eeeeeh?? Ma che senso ha? Chi era questa persona?? Quindi ci sono altri superstiti o persone rimaste coinvolte in tutto ciò?» chiese perplesso. 
 
Shinichi: «Sì, purtroppo… altre persone sono rimaste coinvolte nell'esplosione.» distolse lo sguardo. «Tuttavia, non posso parlarti di questa cosa. È importante che mi dici ciò che è accaduto mentre rubavi quei gioielli.»
 
Kaito: «E che ti devo dire di quel momento, scusa?» rise. «Visto che bella la mia esibizione?»
 
Shinichi: «Dunque… per prima cosa, sappi che ho subito capito che il tuo teletrasporto, non era altro che… una mera corsa.» ammise senza farsi alcun problema, quasi a canzonarlo.
 
Kaito: «Una… mera corsa…? E tu la definiresti così?!» sbottò, ma abbassò il tono della voce non appena si accorse di averlo fatto. «Ho lavorato molto affinché potessi apparire dal lato della statua, sotto quella grande campana!»
 
Shinichi: «Un trucco noioso, rimane un trucco noioso, non importa da quale punto di vista lo vedi.» Kaito fece per prendere parola, ma lui lo bloccò. «Hai approfittato del fatto che ci fossero dei passaggi segreti in questa villa e ne hai sfruttato almeno uno o due per poter passare sotto terra e uscire dove ti conveniva meglio. Ovviamente, nessuno poteva sapere che ci fossero delle botole, erano troppo impegnati a guardare te e poi la statua per realizzarlo.» fece spallucce.
 
Kaito: «Parli così, ma non eri nemmeno all'interno della stanza! Tsk! Cooomunque, mi dispiace, caro detective, ma la tua deduzione è sbagliata!» annuì convinto. 
 
Shinichi: «Impossibile… non ci sono altri metodi. Inoltre, la magia non esiste. Cosa riscontri di sbagliato in ciò che ho detto?»
 
Kaito: «Diciamo che ci sono delle cose che non potevi sapere, ma il sottoscritto, ovviamente, sì.» si lasciò scappare una risata. «Però è davvero un peccato! Se non conosci a fondo le cose, lo dovresti sapere meglio di me che è impossibile apprenderle tirando a indovinare. E questo è il bello della magia! Tutto appare luminoso e splendido davanti agli occhi degli spettatori. È davvero ammaliante, insomma, sia per loro che per me. ♡»
 
Shinichi: «Non ho capito, dove avrei sbagliato?» lo guardò con sufficienza. 
 
Kaito: «Un mago non rivela mai i suoi trucchi! Kekeke!» rise sguaiatamente.
 
Shinichi: «…confido nella polizia, facciamo così. Tanto, non appena sarà possibile, mi spiegheranno loro ciò che sembro non aver capito.» sospirò. «Ascolta. Anzi, no, dimmi… hai i gioielli con te?»
 
Kaito: «Ovvio.» si ricompose. «Non ho solo quelli, sai… ho trovato anche qualcosa di piuttosto interessante che non si ferma a un solo gatto impressionante perché sembra vero.»
 
Shinichi: «Ovvero?» lo guardò con interesse. 
 
Kaito: «Prima di essere trasportato in ospedale, Itou-san aveva detto che doveva parlare col suo maggiordomo e, quando ha capito che non poteva… Mi ha intimato di una lettera nel suo studio, dove c'era tutta la verità su ciò che è successo, sugli zaffiri in particolare. Quindi sono andato a cercarla insieme a quella lì e l---l'ho trovata in pochissimo tempo.»
 
Shinichi: «Falsi meriti e tempismo non m'interessano, vai avanti.» disse turbato. 
 
Kaito: «I miei non sono falsi meriti!! Ma comunque… dentro la lettera c'era un carattere che pensavo fosse scritto male, ma che si trattasse di un kanji. Alla fine, sono giunto alla conclusione che non è affatto così, ma che in realtà era una parola derivante dall'alfabeto sanscrito e significa "Amore"... Cioè, è la parte iniziale della parola kamasutra, riesci a capire il significato?» lo guardò con gli occhi spalancati.
 
Shinichi: «Ovviamente. Kama. Si tratta di “amore in senso carnale”, giusto?» affermò senza problemi.
 
Kaito: «Seh. Mi chiedo anche perché ti dico le cose, dato che sembra che tu le conosca di già…» borbottò. (A volte pare davvero che non ci sia nulla che non conosca 'sto qua. Mah!) 
 
Shinichi: «Sai com'è, non si sa mai. È sempre meglio conoscere tutto a 360° prima di tirare le somme.» tossì qualche volta per la polvere. «Aspetta…» rifletté sugli indizi che aveva trovato da sé durante i giorni precedenti e, soprattutto, durante la serata. 
 
Kaito: «Mh? Cosa devo aspettare?» continuò a camminare di fianco a lui. 
 
Shinichi: «Sappiamo, da quello che vi ha detto Itou-san, che lui amava genuinamente sua moglie… ma poi è morta con le altre figlie in seguito a quell'incidente.» si portò una mano sotto il mento, assumendo una posa meditativa. «Sì… ora non ci sono dubbi…!!»
 
Kaito: «Lascia che indovini… ci sei arrivato in seguito a dei dettagli che non conosco, eh?» lo guardò di sottecchi. 
 
Shinichi: «Non so cosa tu sappia, ma Haibara aveva trovato una foto nella stanza che credeva appartenesse a una delle due figlie. Questa…» scosse la testa. «Purtroppo non ho più nulla con me, ma vi erano ritratti la signora, le figlie e il maggiordomo della casa, Tsukimi Akihiro. La cosa era parecchio strana, ma adesso… tutto sembra combaciare.»
 
Kaito: «Stai pensando al fatto che potrebbe essere stato un delitto passionale o qualcosa del genere?» cercò di riflettere anche lui. 
 
Shinichi: «Sì. Ne sono quasi sicuro, ormai. Servirebbe solo la testimonianza dell'assassino. Eppure, ci sono ancora delle lacune nel mio ragionamento. Devo riflettere più attentamente… soprattutto sul ruolo di Aoi-chan e su quello di Shadir che era addirittura scomparso.» continuò ad avanzare, facendo attenzione a dove metteva i piedi. 
 
Kaito: «Io non so assolutamente niente su di loro. Però ti so dire per certo che Itou-san sembrava essere d'accordo sul parlare con lui. Le ragazze gli hanno sicuramente fatto aprire gli occhi.» sorrise orgoglioso per l'operato e le parole di Aoko. 
 
Shinichi: «Lui lo potrà affermare con certezza, sì.» annuì. «Ma sono convinto che quella bambina ne sapesse di più di quanto ci dava a credere. Da ciò che hai detto prima… ne evinco che hai quel gatto di peluche con te?»
 
Kaito: «Sì. E ce l'ho ancora addosso, ma non riesco a collegarlo con tutto ciò che stai dicendo. Quel gatto fa davvero paura!» esclamò con ribrezzo. 
 
Shinichi: «È vero, è molto particolare. Così tanto unico che sembra quasi vero. Ma dove l'hai trovato?» chiese con perplessità.
 
Kaito: «Era insieme ai gioielli, a dire il vero. L'ho trovato per caso quando sono andato a rubarli.» ammise con tranquillità. 
 
Shinichi: «Immagino, dunque, che non fosse stato lasciato lì per caso. Dato che, persino durante il discorso, aveva detto che preferiva che tenessi tu i gioielli, suppongo che l'avesse fatto apposta. Oppure…» acuì lo sguardo. (Non devo dimenticare che è fondamentale il fatto che ci fosse anche parte dell'Organizzazione a collaborare. Per cosa e perché lo ignoro… Ma Tsukimi Ryu-san aveva confermato di essere stato lui a rapire Ayumi-chan. Anche se, giunto a questo punto… azzarderei un'ipotesi… Ma mi servirebbe Hattori qui con me.) sollevò lo sguardo verso il cielo. (Ti prego, Hattori… cerca di stare bene.)

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Capitolo 38
*** Verdetto d'amore ***


Avrebbero preferito continuare a parlare, in fondo, avevano molte cose da dirsi. Anche se non fossero stati costretti a farlo, in realtà, non sarebbe stato poi così male cominciare a muovere i primi passi. Era ciò che Shiho voleva reprimere con tutta se stessa, ma che aveva appurato dentro il suo cuore. Nonostante ciò, però, sia il suo petto che quello di Rei, sentivano che qualcosa non andava.
 
Qualcuno stava per aprire la porta che si parava davanti a loro.
 
Ma di chi poteva trattarsi? 
 
Entrambi erano riusciti a farsene un'idea.
 
Rei sentiva una sensazione conosciuta, riusciva a riconoscere quel tocco deciso e allo stesso tempo disperato. Non era quella persona con cui aveva comunicato durante la serata affinché potesse uscire vivo da lì insieme alla ragazza che stava cercando di difendere con tutte le sue forze, a denti serrati. Il dolore alla gamba si faceva sempre più acuto, ma lo sopportava come poteva. Sapeva che ormai era questione di poco tempo affinché sarebbe riuscito a uscire da lì. Certo, non sapeva se sarebbe riuscito a farlo da vivo o da morto. 
 
Shiho sentiva la sensazione che la colpisce ogni volta che un membro dell'Organizzazione si avvicina a lei. Il cuore le batteva a mille, le mani le sudavano freddo, aveva la bocca totalmente secca. L'aveva capito, non c'erano molti dubbi in merito. Il suo unico pensiero andava al fatto che era braccata, anche se per una sua scelta. Proprio per questo motivo, era certa di una cosa sola: non se ne sarebbe mai andata. 
 
Rei: «Shiho-san… ascoltami.» bisbigliò, avvicinandosi a lei senza produrre alcun rumore. 
 
Shiho: «Prima che tu dica qualsiasi cosa…» gli poggiò un dito sulle labbra, parlando a voce bassa a sua volta. «Non me ne andrò. Non importa cosa accada, non ti lascerò da solo ad affrontarla.» 
 
Parlava con un tono così tanto fermo e deciso da fargli capire che non avrebbe voluto sentire nessuna contraddizione e, dunque, aveva deciso di non fare inutili questioni. In fondo, non era nemmeno nelle condizioni di farlo. Il giovane uomo, tuttavia, restò colpito dalle parole della ragazza. Era lui che fino a quel giorno aveva lottato con tutto se stesso per proteggerla. Adesso era lei che stava facendo lo stesso con lui, di nuovo, come da quando aveva riaperto gli occhi. Nonostante lo avesse insultato e denigrato più volte, adesso sembrava essere dalla sua parte. Aveva gli occhi spalancati e la bocca socchiusa. Anche se il tono di Shiho era lapidario e ostentava una certa sicurezza, Rei riusciva ad avvertire il tremore che scaturiva dalle sue mani e il cuore che le batteva in gola. Aveva paura, chissà quanta ne aveva. Eppure l'ultimatum era arrivato: non avrebbe abbandonato quel posto. 
 
Si sentì una zavorra, ma non poteva far altro. Il corpo non glielo consentiva più e, quindi, si doveva arrendere all'evidenza. Era lei ad avere il coltello dalla parte del manico. 
 
Rei: «Va bene.» le prese gentilmente la mano e la strinse nella sua. «…per sempre. Finché morte non ci separi.» farfugliò con un tono così tanto basso che Shiho non ne afferrò il significato. (Già… com'è che si dice? Nella gioia e nel dolore... in salute e in malattia? Per me va bene tutto... tutto. Tutto al solo fine di proteggerti.)
 
Shiho: «Cosa…?» si avvicinò di più a lui. 
 
Rei: «Non ti preoccupare.» scosse la testa. «Non è questo il momento…» si voltò verso la porta. «L'hai capito, no?»
 
La ragazza annuì.
 
Shiho: «Sì.» volse lo sguardo sulla porta che non si muoveva nemmeno di un millimetro, nonostante le continue botte che riceveva. «È lei… Vermouth.» ammise con tono secco. 
 
Rei: «Probabilmente se n'è accorta…» si strinse nelle spalle. «Ero sicuro di aver fatto del mio meglio, ma l’aver temporeggiato così tanto non ha giovato in bene sotto tutti i punti di vista. Quindi… non posso fare altro che questo… mi dispiace.» la tirò al suo petto tramite la mano che le aveva preso. (Mi tornano in mente le parole di Ayumi-chan… Non conta quanto sei forte o quanto fai… l'importante è che lo fai col cuore e che ci metti tutto l'impegno del mondo solo per quell'unica persona che vuoi proteggere! Darebbe la sua vita per salvare Ladybug, ti pare poco eroico? Eh… ero d’accordo, ma a questo punto… la mia vita basterebbe davvero…?)
 
Rei sentiva che, per quanto quella mano fosse fredda, riusciva lo stesso a infondergli un calore unico. 
 
Shiho: «…» si liberò dalla stretta alla mano del giovane uomo e lo abbracciò anche lei. 
 
Rei restò perplesso e il cuore gli cominciò a battere più celermente. 
 
Shiho: «Diciamo… che io non mi arrendo.» afferrò la pistola che Rei aveva messo nella tasca interna del gilet nella stanza dove si erano trovati precedentemente. «L'ho capito, sai? L'ho capito…» lo guardò negli occhi. «Anche se il mio passato fa schifo… Anche se da piccola non avevo nessuno al mio fianco e venivo bullizzata… Anche se la mia famiglia è stata sterminata…» strinse gli occhi, mordendosi il labbro inferiore. «Non scapperò mai più dal mio destino… le amo… le persone che mi stanno intorno… le amo e voglio restare per sempre al loro fianco. Quella pillola, l’APTX4869… quante volte ho pensato che non avrei mai dovuto portarla a termine… Quante volte me ne sono pentita…? Non lo so nemmeno io. E poi, la luce. Ascoltando le parole della mamma e conoscendo tutte le persone che ho incontrato che, in caso contrario, non avrei mai e poi mai visto in tutta la mia vita… non posso pentirmi delle mie scelte.» si asciugò delle piccole lacrime sul nascere. «Mai più… Non guarderò mai più indietro. Niente e nessuno mi fermeranno… voglio essere felice anche io.» si alzò e caricò un colpo. «Basta sofferenze… basta disperazione… voglio essere libera… libera di poter restare me stessa… per sempre.»
 
Rei: «Shiho-san…! Non farlo! Non puoi sapere se lei ha delle altre armi con sé, o---» fece per alzarsi, ma lei glielo impedì. 
 
Shiho: «Non hai capito…?» scosse la testa e liberò un sorriso sulle labbra. «A me va bene così. Quindi non ti immischiare.» si allontanò leggermente e tenne la pistola puntata verso l'altezza di Vermouth, a occhio e croce. «Non ti muovere, peggiorerai solo le tue condizioni fisiche.»
 
Rei: «Ugh…» si strinse la gamba per il dolore. «Shi… Shiho-san…»
 
Shiho non disse altro, le andava davvero bene così. Ciò che era stato fino a quel momento era pesante per lei. Per colpa sua, molte persone avevano rischiato di perdere la vita e, ciò che più la fece arrabbiare e star male, era che in cima a tutti c'era la sua cara amica Ayumi. Mai e poi mai avrebbe perdonato Vermouth e nessuno che aveva avuto a che vedere con quel rapimento. Però in quel momento si sentiva più sollevata. Sapeva che se fosse morta, almeno una persona all'interno di quel vasto pianeta sarebbe stata al corrente dei suoi veri sentimenti. Sentimenti d'amore che non avrebbe mai pensato di provare e che, invece, non facevano altro che assillarla ormai da quando aveva cominciato la sua nuova vita. Quella come Haibara Ai. 
 
Rei: «Se… sopravviveremo… ti inviterò a cena…» disse col sorriso sulle labbra, ansimando. (Spero di non stare davvero per morire… Mi viene in mente anche quel ricordo… quando da bambino pensai quelle cose su di lei… Era del tutto normale che quella bambina stesse con la sua mamma...)
 
Shiho: «Te lo devo perché non mi stai intralciando?» continuò a tenere la pistola salda verso la porta. 
 
Rei: «Diciamo di… sì? Anf…» mormorò respirando a fatica. (C'era già un'altra figlia con cui la condividevo… e poi, Elena-sensei non era mia madre...)
 
Shiho: «Le possibilità che abbiamo di sopravvivere sono poche… quindi… ne vale la pena farti una promessa. Poi…»
 
Il rumore alla porta si fece più forte. 

Rei: (Avremmo potuto giocare insieme e diventare amici…)
 
Shiho: «Scommetto che anche la mamma ne sarebbe felice.» accennò un sorriso, mentre la porta si aprì. 

Rei: (Era impossibile che avesse un brutto carattere, dato che era figlia di un angelo.
 
Il tempo si congelò per qualche istante. Shiho continuò a tenere di mira la porta, rassegnata a lasciare tutto in mano non più al fato, ma alla sua giurisdizione. La paura che aveva, però, era davvero tanta, così che le gambe le diventarono tanto dure da sembrare cemento. Non riuscì a scrollarsi di dosso qualcosa che non colpiva direttamente la sua pelle, ma le sue sensazioni. 
 
All’improvviso, Rei non vide altro che il labiale della ragazza a rallentatore. 
 
Bye bye da ne, Rei-kun, era ciò che lui aveva letto. 
 
Spalancò di nuovo gli occhi. Il cuore gli batteva ancora più velocemente di prima, come se stesse per uscire fuori dal suo petto. 
 
Erano quelle le ultime parole che aveva sentito dire a Elena quando lo avvisò che non si sarebbero visti più. Cosa significava? Non avrebbe mai voluto dire addio anche a Shiho. 
 
Non significava quello, vero? 
 
La ragazza sparò a vuoto, perché davanti a lei non si parò nessuno.
 
Il proiettile rimbalzò sul muro all'esterno della porta. Tramite essa, entrò in quella zona blindata un'aria gelida che in qualche istante si propagò per tutta la stanza. Nello sgomento generale, si sentì una voce interrompere quel silenzio che stava diventando un'arma pericolosa. 
 
…: «Non ci vedevamo da così tanto tempo, Sharon! Cosa ci fai in un posto del genere?» disse melodiosa e priva di qualsiasi paura. 
 
Vermouth: «Mpf… ma guarda, alla fine eri tu… Yukiko.» rise sadicamente. 
 
Nel momento in cui Vermouth era riuscita ad aprire la porta che la separava dai due traditori, Yukiko l’aveva sorpresa alle spalle e l’aveva allontanata di qualche passo. L'aveva afferrata e trattenuta stringendole entrambe le braccia tramite una presa immobilizzante.
 
Yukiko: «Eh sì… È stata una bella festa, non trovi?» la guardò divertita. «Come mai non provi a liberarti? Vedo che sei ferita…»
 
Vermouth: «Mpf. Come se non lo sapessi già. Ormai l'ho capito che eri nei paraggi sin dall'inizio. Non posso vederti in viso, ma riesco a sentire quanta sicurezza stai ostentando tramite le tue parole.» volse lo sguardo sulla porta, poco lontana da lei, ma dalla quale non riusciva a vedere nulla all'interno. «La mia preda è lì. E giuro che questa volta… non mi fermerà nessuno.»
 
Yukiko: «Aaah…!! E io che ero venuta con la speranza che, invece, potessimo fare qualcosa di carino!!» la strinse più forte che poteva. «Perché per questa volta non ti arrendi e basta?»
 
Vermouth: «Non c'è modo che io possa farlo, Yukiko. Ognuno ha le proprie colpe, anche io ho le mie. Ma questa è una missione che mi sono prefissata di portare a termine molto, molto tempo fa. È una grande possibilità che non posso assolutamente sprecare. Ma so che lo sai bene, o non saresti qui. Giusto?» ipotizzò incuriosita. 
 
Yukiko: «Beh, come dire… diciamo che avevo delle cose da fare e non potevo rimandarle in alcun modo!» si strinse nelle spalle. «Però, Sharon… Tutto ciò che ti ho detto l'ultima volta, per me non è cambiato.»
 
Vermouth: «Quella volta sei riuscita a giocarmi in una maniera assurda… come ci si poteva aspettare da te!» rise divertita. «È per questo che stavolta non indugerò. E Sherry non sarà l'unica a pagarmela…»
 
Yukiko: «Che brutte cose che dici!!» cercò di stringere ulteriormente la presa perché aveva sentito che il corpo di Vermouth era diventato più malleabile e che quindi avrebbe fatto presto il suo prossimo passo. «Che ne dici di---»
 
Vermouth: «Ho detto…» concentrò tutta la sua forza e disperazione sulle gambe e sulla schiena. «...che non cambierò idea! E ora levati di torno, non farmi perdere tempo!!»  la gettò violentemente a terra. 
 
Yukiko: «Aaah!!! Che maniere!!» si sollevò a sedere e si accarezzò la schiena. (Se solo sapesse di Shin-chan, sono sicura che correrebbe da lui e da Ran-chan, altro che preoccuparsi di questa povera ragazza…!! Speravo così tanto che si imbattesse in loro, così che avessimo più possibilità di non averci a che vedere…!)
 
Vermouth: «Non sono qui per giocare!!» si voltò verso la porta e allungò una mano verso di essa. «Non lascerò che, ancora una volt---»
 
Non riuscì a completare la frase perché venne colpita da uno spillo sul collo. Era proprio uno di quelli che solitamente usava Conan per addormentare Kogoro. Ma, ovviamente, non era stato sparato da lui. 
 
Yukiko: «Oplà!» si alzò e afferrò Vermouth al volo. «Come si deve fare con te? Eeeh…» la stese a terra e poi volse lo sguardo sulla persona che l'aveva aiutata. «A un certo punto, pensavo che non saresti arrivato più…!» lamentò crucciata. 
 
L'individuo si portò un dito sulle labbra e le fece cenno di dirigersi all'interno della stanza il più velocemente possibile. 
 
Yukiko: «E va bene…» fece spallucce e si avvicinò piano piano alla porta dove si affacciò una volta giunta sulla soglia. «Sono io, non mi sparare, per favore~!»
 
Shiho: «La…. Madre di Kudo-kun…» la guardò con gli occhi sgranati. 
 
Nel frattempo che Yukiko aveva immobilizzato Vermouth e stava cercando di prendere tempo, Shiho aveva ascoltato la loro discussione, ma era rimasta totalmente pietrificata per la paura. Tanti pensieri si erano affollati nella sua mente, non era più riuscita a connettere per lo shock. Probabilmente, se Vermouth fosse davvero entrata all'interno della stanza, la ragazza avrebbe sparato a caso tutte le pallottole che erano rimaste in quella pistola. 
 
Yukiko: «Come siete messi male…» volse lo sguardo su Rei, notando il viso sofferente e stremato con una guancia incandescente, ma si avvicinò a Shiho. «Adesso siete in salvo, non avere alcun timore.» la abbracciò per rassicurarla. 
 
Shiho: «Però… Re- Bou- Amuro-san…» si lasciò stringere nel suo caldo abbraccio che sapeva di madre. «Come lo porteremo via di qui? E…» deglutì. «…Vermouth?»
 
Yukiko: «Lei… diciamo che dormirà per un po'...» le accarezzò i capelli. «Mentre per lui… arriverà presto un omaccione che se ne prenderà cura. Lo stava aspettando da ore, ma non è mai riuscito a raggiungerlo per via di quelle bombe che erano state piazzate… Tuttavia, per fortuna adesso non c'è più niente da temere. D'accordo?» sorrise dolcemente. 
 
Era un sorriso che solo lei avrebbe potuto fare. Quel sorriso che la rasserenava e la faceva stare bene. Da quanto tempo non sentiva una sensazione come quella? Avrebbe quasi preferito restare lì a passare il resto dei suoi giorni, coccolata e immersa nel calore di un seno materno che le era sempre mancato. Però non poteva lasciarsi andare ai sentimentalismi. La persona che tra tutti rischiava di più non era lei, ma Rei. Adesso non poteva più perdere l'opportunità di poterlo salvare e ricambiare ciò che lui aveva sempre fatto per lei. 
 
La menzogna era sempre la stessa. Però, nel più recondito dei suoi pensieri, sperava davvero che si potesse salvare solo perché sarebbe stata contenta così. Lo era, dal profondo del cuore. 
 
Shiho: «D'accordo…» accennò un sorriso. 
 
Yukiko: «Peeeerfetto! ❤ Adesso, affinché quella persona possa venire qui, noi dobbiamo andare via per non intralciare il suo cammino, ok?» le accarezzò la schiena. 
 
Shiho: «Sì.» annuì convinta, lasciando un ultimo sguardo su di Rei. 
 
Lui ricambiò con degli occhi che lasciavano tradire un'agonia pura, che sembrava corroderlo fino all'interno. Soffriva. Stava davvero male. Eppure stava bene. Dentro di sé stava benissimo.
 
Shiho: «Fidati di questa persona… Anche se immagino che vi conosciate già, per qualche motivo.» disse lapidaria. 
 
Rei, cercò di accennare un sorriso. 
 
Shiho: «Guai… Guai a te se muori. Ricordati che mi devi almeno mille favori e anche… una cena.» disse distogliendo lo sguardo e uscendo fuori dalla porta. 
 
Rei: «Mo…rire…? Mpf…» sorrise beffardo. «Non finché… non potrò proteggerti… come desidero…»
 
Yukiko: «Uh, che romantico! ❤» uscì con Shiho, mentre Rei, ancora appoggiato con le spalle al muro, perdeva lentamente i sensi. (Koi no Yokan*! 🌟) 
 
Pochi minuti dopo, giusto il tempo di accertarsi che Shiho e Yukiko si fossero allontanate, un uomo con un berretto di lana entrò all'interno della stanza e si chinò verso di Rei. Era seguito da un altro uomo muscoloso, vestito di nero per l'occasione. 
 
…: «Alla fine ce l'hai fatta. Hai fatto un ottimo lavoro.» lo stese su una barella che l'altro uomo aveva appoggiato a terra. «Andiamo, Camel. Portiamolo via. Deve essere operato al più presto.»
 
Camel: «Certo, Akai-san.» insieme sollevarono la barella e se ne andarono facendo molta attenzione.


Note:
*Koi no Yokan (Previsione d'amore) è un sentimento, o sensazione, che si ha quando due persone sembrano essere fatte per stare insieme anche se all'inizio del loro rapporto sembra non esserci nulla di eclatante.

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Capitolo 39
*** Entrust my life to you ***


Il tempo continuava a trascorrere e, mentre i pompieri stavano per giungere sul posto, alla centrale, gli agenti avevano avuto delle novità. 
 
Sato: «Mi stai dicendo che quel bambino, Shadir-kun, in realtà non è mai sparito?!» sbatté le mani sulla scrivania, restando successivamente interdetta. 
 
Takagi: «Calmati, Sato-san…» gesticolò con le mani. «Sì, mi hanno appena comunicato che un bambino che si chiama Tsukimi Shadir è sempre stato in ospedale con sua madre… da circa... Ieri.»
 
Sato: «Ormai è come se fosse lì da quasi due giorni…» si accarezzò le tempie con le mani. «Scusami, hai ragione tu. È che non abbiamo più saputo nulla dell'Ispettore Megure e degli altri, soprattutto dei ragazzi… sono in pensiero.»
 
Takagi: «Sono…» deglutì. «Sono sicuro che stanno bene. I soccorsi li salveranno da quel cumulo di detriti e polvere! Hanno tutti delle teste durissime, sicuramente non è successo il peggio!» le prese una mano e la strinse nelle sue. «Lo penso davvero, Sato-san… non è solo per tirarti su di morale.» la guardò dolcemente, ma determinato. 
 
Sato: «Takagi-kun…» sollevò lo sguardo e sorrise tristemente. 
 
Aoi: «Quindi adesso mi potete portare in ospedale?» disse dal nulla, priva di intonazione. 
 
Sato e Takagi la guardarono entrambi con gli occhi a puntino. 
 
Sato: «Ehm… No.» si fece seria in viso. «Momentaneamente tu rimani qui insieme a noi. Anche se l'interrogatorio che ti stiamo facendo non ci sta dando dei nuovi indizi, abbiamo ancora bisogno di te.»
 
Takagi: «Inoltre, piccolina…» si avvicinò a lei. «È qui che porteranno il tuo amichetto, quindi stai tranquilla!» la guardò con un'espressione rasserenante. 
 
Aoi: «Ok.» tornò a osservare Sato che, però, si era già messa a parlare al telefono e a disporre gli ordini. 
 
Sato: «Bene.» mise giù la cornetta. «Sto facendo mandare degli uomini a casa Tsukimi. C'è un bambino che è solo da due giorni. Per la situazione in cui si trova, è necessario capire come procedere. Immagino che ci vogliano degli assistenti sociali o qualcosa del genere…»
 
Takagi: «Credo anche io, ma per procedere ci servirebbe comunque l'approvazione di qualcuno. Quindi per il passo successivo è meglio aspettare.» annuì convinto. 
 
Sato: «Sì, assolutamente. Anche perché, domattina, come minimo, dovremo interrogare anche lui e capire che genere di stile di vita sta seguendo. Ma non serve davvero un genio per capirlo, data la situazione in cui si trova.» sospirò amaramente. «Sua madre è in ospedale… suo padre, molto probabilmente, passerà in prigione così tanto tempo che, giunto il momento in cui ne sarà fuori, si ritroverà già adulto.»
 
Takagi: «Eppure… Tsukimi-san sembrava seriamente preoccupato per lui. Chissà cosa c'è dietro tutta questa questione in realtà.» si accarezzò il mento con l'indice. 
 
Sato: «Non ne ho idea. Lo stanno interrogando ancora. Ma da ciò che ho capito, non ha altro da dire, a parte tutto ciò che sappiamo già.» scosse la testa. «La storia non mi convince… sicuramente in quest'uomo c'è qualcosa che non va.»
 
Aoi: «È sempre stato spietato e una persona che non si fa problemi se vuole arrivare in alto.» ammise con freddezza. 
 
Takagi: «Ehm… in che senso?» si asciugò una goccia di sudore che gli stava scendendo giù dalla guancia. (Ci sarebbe anche da tenere a mente che questa bambina sembra di gran lunga molto più inquietante di lui…)
 
Aoi: «Me l'ha detto papà.» rispose secca. 
 
Sato: «E a te che impressione ha fatto, invece?» domandò incuriosita dalle parole della bambina. 
 
Aoi: «Quella. Era freddo anche se cercava di essere gentile. Aveva la faccia "normale", mi ha detto papà. E io sono d'accordo con lui.»
 
Takagi: «Ti ha mai trattata male?» la guardò stranito. 
 
Aoi: «No. Però a volte sembrava avere dei problemi con papà. Papà non gli ha mai fatto nulla.»
 
Sato: «Capisco. Ma tu ne hai le prove? Che genere di problemi erano?» guardò il registratore e poi volse nuovamente lo sguardo su di lei. 
 
Aoi: «Non lo so. Aveva paura di lui. E anche di me. Ma io non gli ho rivolto la parola quasi mai.»
 
Takagi: «E come facevi a saperlo? Te l'ha detto lui?» deglutì. (Al suo posto, anche io avrei paura di te…) 
 
Aoi: «No, ma l'ho capito da sola. Non voleva che stessi con Shad.» ammise con un filo di voce. 
 
Sato: «Come… mai?» acuì lo sguardo. (Finalmente ha cambiato tono… Sembrava quasi un automa mentre parlava persino del padre… ma con questo ragazzino è una cosa del tutto diversa…) 
 
Aoi: «Non lo so.»
 
Sato: «Capisco.» volse lo sguardo su Takagi. «Immagino che queste siano cose che sapremo solo da Tsukimi Ryu-san, allora.»
 
Takagi annuì. 
 
Takagi: (Il problema di fondo… è capire che cosa sia accaduto a questa bambina… Parla in modo strano ed è inquietante… non sta chiedendo nemmeno di suo padre, ma stava facendo il diavolo a quattro per trovare il suo fidanzatino… Davvero, c'è qualcosa che non va. A questo punto… credo che si tratti di un problema che lega entrambe le famiglie.) 
 
Si scambiò uno sguardo d'intesa con Sato. 
 
L'interrogatorio fatto a Tsukimi Ryu venne effettuato in più riprese per appurare che i fatti combaciassero con tutte le versioni che aveva dato. Erano tutti racconti uguali, delle stesse cose che aveva rivelato a Shinichi. C'erano, però, delle lacune in alcune risposte che aveva dato circa degli avvenimenti che avevano a che vedere con il rapimento di Ayumi. 



Nel frattempo, Aoko e Ran continuarono a percorrere la strada che avevano cominciato per cercare una via di fuga. 
 
Ran: «Come va la caviglia, Nakamori-san?» chiese con tono pacato. 
 
Aoko: «Tutto bene… certo, fa un po' male, ma è totalmente sopportabile!» annuì contenta. 
 
Ran: «Meno male…» sorrise. «Speriamo di riuscire a raggiungere un'uscita al più presto…!»
 
Aoko: «Eh sì… Ma qualcosa dice ad Aoko che ce la faremo… ci sono con noi anche quei due, nonostante si dedichino solo ai fatti loro e non ci calcolino nemmeno di striscio!» ammise stizzita. 
 
Ran: «Shinichi è sempre così. Non importa dove sia, con chi sia e perché sia lì: non appena si presenta un caso da risolvere davanti ai suoi occhi, lui non si tira indietro!» ridacchiò. «Però c'è da dire che tira nella spazzatura tutto ciò che resta, caso a parte…» sospirò. 
 
Aoko: «Deve essere un vero e proprio impiastro… Un po' come Kaito. Lui è totalmente scemo, infastidisce sempre Aoko, sembra che lo faccia apposta!» esclamò guardandosi bene intorno. 
 
Ran: «Sì, anche Shinichi!» annuì. 
 
Aoko: «Prende in giro Aoko e le guarda anche le mutandine quando può!»
 
Ran: «Ehm… anche Shinichi...» annuì perplessa. 
 
Aoko: «Poi…» diventò un po' più seria. «Aoko ormai l'ha capito che le sta mentendo. Ma sicuramente, ha i suoi motivi. Quindi è perdonato. Però, Aoko non garantisce per quanto tempo ancora potrà esserlo!» disse risoluta. 
 
Ran: «Mpf… ahahah!» scoppiò a ridere. «Sembra che quei due siano molto simili! Anche Shinichi è così…» scosse la testa. «Sono davvero fortunati quei due!» sorrise. (Anche io l'ho capito… Che questo Chat Noir in realtà è il tuo amico… ma forse non sai che in realtà è anche…) 
 
Aoko: «È vero! Potrebbero solo imparare da due come noi! Tsk! E meno male che non abbiamo bisogno di loro, o che fine facevamo?» sbuffò. 
 
Ran: «Mmh… meglio non pensarci!» sorrise. 
 
Aoko: «È che loro cercano di non farci capire che mentono…» distolse lo sguardo. 
 
Ran: «E, allo stesso tempo, non possono sapere che conosciamo le loro mosse ancora prima che le facciano!» annuì compiaciuta.
 
Aoko: «Quant'è vero!» sorrise anche lei. «Prima o poi saremo tutti liberi di agire come vorremo.»
 
Ran: «Tu credi? A volte ho come l'impressione che quel giorno non arrivi mai. E continuo ad aspettare… ma voglio essere positiva… sarà come dici tu!» esclamò soddisfatta. 
 
Aoko: «Sì! Aoko te lo augura con tutto il cuore!!» disse liberando un sorriso estroso. (È anche per questo che Aoko farà finta di non conoscere la tua vera identità fino alla fine… Solo perché lei, in realtà…!) 
 
Ran: «Anche io te lo auguro con tutto il cuore!» ricambiò il sorriso della ragazza. (È anche per questo che momentaneamente abbandonerò la possibilità di parlargli… Se non lo facessi, non potrei nemmeno essere degna di definirmi la tua fidanzata…!) 
 
Si guardarono entrambe imbarazzate e poi scoppiarono in una risata, perché dai loro sguardi si capiva che avrebbero affidato la loro vita ai due ragazzi di cui erano innamorate. 
 
Intanto, Shinichi e Kaito continuarono a discutere sul caso, agendo come se le ragazze non ci fossero. 
 
Kaito: «Comunque, Tantei-san…» si guardò intorno. «Io ti ho detto cosa ho trovato, adesso perché non mi illumini anche tu?» appuntò sprezzante. 
 
Shinichi: «Non ti ho già detto tutto?» continuò a riflettere mentre camminava. 
 
Kaito: «Non credo proprio. O almeno, alla prima domanda che ti ho fatto, mi hai detto che non puoi parlarne. Ma dovresti farlo, ti pare?»
 
Shinichi: «No. Non sono tenuto a dirti cose che riguardano solo i diretti interessati.» gli rivolse uno sguardo bieco. 
 
Kaito: «Ma… i diretti interessati, chi??» insistette. 
 
Shinichi: «Le persone che ci stanno dando una mano.» annuì. «Allora, ricapitolando, da ciò che sappiamo…»
 
Kaito: «Sì, sì…» sbuffò. «Io non sono stato aiutato da nessuno, comunque!»
 
Shinichi lo ignorò. 
 
Shinichi: «Facendo un sunto molto veloce… Muore la moglie di Itou-san in seguito a un incidente. Si trovava in macchina insieme al marito e alle figlie, rimaste coinvolte fatalmente anche loro. Itou-san dà un ballo dove un suo fidato uomo, quale Tsukimi Ryu, nonché il nuovo capo della sua azienda, cerca di ucciderlo per far sì che non erediti solo la fortuna aziendale, ma anche tutto ciò che rimane.» rimuginò. «Capisco l'avarizia, ma a questo punto… ci sono davvero troppe cose che non si spiegano.» 
 
Kaito: «Io ci metterei in mezzo anche il fatto che c'era quella fatidica parola nel biglietto~» suggerì con disinvoltura. 
 
Shinichi: «Sì. Quella parola non fa altro che suggerirmi la possibilità di un delitto passionale.» si appoggiò il mento su una mano. «Inoltre, c'è anche quel tipo che era insieme a Sera. Chi era?» volse lo sguardo su Kaito. 
 
Kaito: «Eh?» si indicò con un dito. «E cosa dovrei saperne io?»
 
Shinichi: «L'unica cosa che so per certo, è che ha a che vedere con Tsukimi Ryu-san. Probabilmente ha ucciso suo padre o qualcosa del genere… E questo confermerebbe la tesi secondo la quale lui è il colpevole di tutto…»
 
Kaito: «Eppure, sappiamo che per colpa di un pazzo, quale, il maggiordomo Tsukimi Akihiro-san…. Questa villa ha fatto una brutta fine…»
 
Shinichi: «Sì. Tsukimi Akihiro-san è colpevole del piazzamento delle bombe. Inoltre, è molto probabile che avesse a che vedere con la moglie e una, se non entrambe, le figlie di Itou-san. Quindi, potrei azzardare che la signora in questione, abbia avuto un rapporto con Tsukimi Akihiro-san e che quindi ci siano stati dei dissapori tra lui e Itou-san… Addirittura, il nostro maggiordomo, potrebbe essere il vero padre della primogenita, Melanie, in quanto, nella sua stanza c'era quella foto.»
 
Kaito: «Sì, ma questo significherebbe che la signora è morta perché uccisa dal maggiordomo che non poteva averla per sé?» rifletté. «Ricordo che, prima di essere trasportato in ospedale, Itou-san aveva espresso il desiderio di parlare con Tsukimi Akihiro-san, ma non ne ha avuto il tempo, dato che dovevano fare in fretta. Inoltre, quando ho sollevato il gatto di peluche, aveva detto che Era colpa sua se… Chissà che cosa.»
 
Shinichi: «Può essere che fosse un regalo o qualcosa di simile. Ma io e i bambini l'avevamo trovato impiccato al parco… e, in seguito, è stato portato via insieme ad Ayumi-chan… che poi ne era sprovvista e, per qualche motivo, l'hai trovato vicino ai Cat's Eyes. Itou-san, sicuramente, non c'entra nulla con questa storia, o non sarebbe rimasto scioccato dalla sua visione, come dicevi poc'anzi. Ci metterei la mano sul fuoco che dietro tutto ciò, a parte che per il tentato omicidio, ci sia lo zampino di Tsukimi Akihiro. Il problema di base, sarebbe discutere con lui, perché è l'unico che può dirci come sono andate davvero le cose.» disse con tono serio, ma subito dopo abbassò lo sguardo, stringendo i pugni con rabbia. (Anzi, no… sono certo che l'unico che potrebbe darmi una mano… l'unico sarebbe…) 
 
…: «Tsukimi Akihiro è un assassino. È per colpa sua se la moglie di Itou Mitsunari-san e le sue figlie sono morte. Non ci sono altri colpevoli per quanto riguarda quel caso, Kudo!»
 
Delle parole dette con tono squillante e compiaciuto fecero eco tra le diverse macerie, mentre gli occhi di Shinichi si spalancarono come le ante delle finestre in primavera. 
 
Shinichi: «Hattori!!» corse da lui più celermente che poté. 
 
Nemmeno lui sapeva con certezza come esprimere la sua felicità, ma vedere il suo migliore amico davanti a lui era un sogno… che finalmente si era avverato. 
 
Heiji: «Come faresti senza di me, eh??» chiese retoricamente, dandosi delle arie. 
 
La visione che ebbero Shinichi e Kaito venne seguita da quella di Ran e Aoko. Heiji era apparso da ciò che restava della villa di Itou Mitsunari, come se non fosse mai accaduto nulla. Era un po' lercio e malconcio, pieno di graffi, ma sicuramente messo meglio di Aoko e Kaito. Teneva Kazuha tra le sue braccia, in stile principesco. Sembrava che avesse perso conoscenza, tuttavia, anche lei non aveva riportato gravi ferite. 
 
Ran: «Kazuha-chan!!» urlò mentre si avvicinava lentamente insieme ad Aoko. «Hattori-kun, come state? Ha perso i sensi ma sta bene, vero??»
 
Aoko: «Aoko riesce a vedere che respira, però…» lo guardò perplessa. 
 
Heiji: «Ehm… sta bene, non vi preoccupate!! È successo un miracolo, ma momentaneamente non posso raccontarvi i dettagli!! È meglio allontanarci da qui e concludere questa storia una volta e per tutte, Kudo. Adesso, tutti i tasselli saranno messi nel posto giusto e potremo incastrare questi farabutti!» annuì contento. 
 
Shinichi: «Sì, credo che con le testimonianze di tutti, dovremmo riuscire a farcela. Soprattutto la tua, Hattori.» sorrise sollevato. «Hakuba non era con te?»
 
Aoko: «Meno male, Aoko è sollevata che stiate bene entrambi!!» tirò un sospiro di sollievo. «Hakuba-kun…?»
 
Heiji: «Lui ha preferito dirigersi direttamente alla stazione di polizia! Aveva delle cose da dichiarare e non poteva perdere tempo… Quello sbruffone, bah!» sbottò arrabbiato. 
 
Ran: «Ma dai, l'importante è che state bene… pensavamo che sareste morti e, in seguito, che saremmo morti tutti… Quindi, alla fine non conta davvero chi risolverà questo caso al 100%, no? Conta solo che venga risolto e chi ha sbagliato paghi… no?» guardò malissimo prima lui e poi Shinichi. 
 
Heiji: «C-Come hai detto tu...» deglutì. 
 
Ran: «Mh.» disse compiaciuta. «A proposito… per caso hai visto Sera-chan da qualche parte? Anche se stiamo avanzando verso un'uscita, non ne abbiamo alcuna notizia…» lo guardò dispiaciuta ma speranzosa. 
 
Heiji: «No. So di Hakuba perché era con me, ma per il resto…» fece spallucce. 
 
Aoko: «E Tsukimi-san, il maggiordomo… che fine ha fatto? Hakuba-kun l'ha consegnato alla polizia, vero?! Quel farabutto!!» sbottò per la rabbia. 
 
Heiji: «Ehm… non saprei…! Io sono scappato a cercare Kazuha, quindi dovrebbe saperlo lui… magari è come dici tu!» disse cercando di fingere sincerità. 
 
Aoko: «Stai… mentendo palesemente...» lo guardò con sufficienza.
 
Heiji: «Seh… ce ne andiamo? Kazuha non è un peso piuma, quindi muovetevi!!» esclamò, indicando a Shinichi di proseguire per dove si stavano dirigendo precedentemente. 
 
Aoko: «Mamma mia… un carattere quasi peggiore di quello di Kaito!!» disse punta dalla rabbia.
 
Kaito: «Ma senti---te!! Allora, andiamo?» si auto corresse prima di continuare. «Ci siamo quasi.»
 
Aoko: «Sì, andiamo.» gli lanciò un'occhiataccia e si appoggiò nuovamente a Ran. 
 
Ran: «Non so davvero chi possa essere il peggiore tra voi tre… ma diciamo pure che ve la battete.» li guardò male anche lei e cominciarono a incamminarsi. «Povera Kazuha-chan… Se solo potesse rispondere di sé…!»
 
Aoko: «Aoko spera che possa farlo al più presto! Tsk!» fece la linguaccia a Heiji. 
 
Heiji: (Ma fatevi un po' gli affari vostri, che qua non si scherza…) deglutì. (Non so nemmeno per quanto tempo io possa continuare a tenerla tra le braccia… nonostante tutto, riesco a sentire il suo profumo… e questa faccina qui mi dice che…) 
 
Shinichi: «Ohi, Hattori… seriamente. Tu cosa ne pensi?» chiese una volta che Aoko e Ran si allontanarono abbastanza per non sentire. 
 
Heiji: «Vorrei tanto baciarla…»
 
Shinichi e Kaito diventarono di ghiaccio e con due puntini al posto degli occhi. 
 
Kaito: «Tantei-san, dicevamo? Andiamo?» ridacchiò. (Dopo quella volta, non voglio saperne più niente…!) 
 
Shinichi: «Eh sì… è la soluzione migliore.» rispose assumendo uno sguardo bieco. 
 
Heiji deglutì nuovamente. 
 
Shinichi: «Hattori, noi ce ne stiamo andando!!» alzò il tono della voce. 
 
Heiji: «hdhskeofndbwo!! Certo! Andiamo!!» si incamminò anche lui insieme a loro, dopo essersi destato dall'idillio. 
 
Shinichi: (Un miracolo, eh? Allora le parole della mamma significavano quello… Sono stati loro anche con Hattori e gli altri, sicuramente… ora ho capito tutto… È successo perché era qualcosa di voluto… altro che fato.) rise sicuro di sé. (E tramite ciò che ha detto Hattori, più tutto il resto che mi dirà quando mi sarò sbarazzato di Kid… direi che mi rimane solo da capire perché l'Organizzazione Nera era coinvolta in tutto ciò e sono a posto. Il caso è quasi chiuso, manca poco… Davvero poco.)

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Capitolo 40
*** Non ti ho mentito davvero ***


All'esterno della villa, si poterono vedere i pompieri giunti finalmente sul posto. Si apprestarono a spegnere gli incendi che si stavano formando lentamente. Insieme a loro, su un altro mezzo era arrivato anche Kuroda Hyoue. 
 
Caposquadra: «Lasci fare a noi. Cercheremo di fare del nostro meglio nel minor tempo possibile.» affermò con orgoglio. 
 
Kuroda: «A noi interessa solo che lo facciate bene. Il tempo non conta, perché va bene sfruttare tutto quello che sarà necessario al fine di riuscire a salvare chi è rimasto intrappolato all'interno dell'abitazione.» disse con tono serio. 
 
Shiratori: «Sperando che ci siano dei sopravvissuti, certo.» disse con un filo di voce. 
 
Kuroda lo guardò senza aggiungere nemmeno una parola. 
 
Caposquadra: «Bene!» si mise sull'attenti. «Se mi dà il suo consenso, allora, noi procediamo!»
 
Kuroda: «Sì, certo. Cominciate pure.» annuì senza distogliere lo sguardo dalla villa. 
 
Caposquadra: «Signorsì!» tornò dalla sua squadra. 
 
Shiratori: «Non appena avranno finito, sicuramente avremo una visione migliore e, soprattutto, più completa sull'accaduto.» si voltò anche lui a guardare in che condizioni fosse la villa.
 
Kuroda: «Sì, indubbiamente. È brutto da dire, ma non ci rimane altro che sperare e lavorare sodo, fino alla fine.»
 
Chiba: «È vero… la speranza è sempre l'ultima a morire!» cercò di essere positivo, vedendo tutti interdetti intorno a lui. 
 
Nakamori: «Sovrintendente Kuroda!! Io voglio andare a cercare mia figlia!! Si troverà lì dentro… devo vederla e accertarmi che stia bene!! Mi faccia andare!» cercò di supplicarlo. 
 
Kuroda: «È assolutamente vietato allontanarsi da qui.» disse impassibile. 
 
Nakamori: «Ma il sovrintendente Chaki non è nemmeno stato interpellato a riguardo! Io prendo gli ordini da lui!!» insistette. 
 
Kuroda: «Ci ho già parlato io ed è d'accordo con me. Quindi la prego di non insistere.» rispose stoico.
 
Nakamori: «Aoko…» guardò nuovamente le macerie. 
 
Kuroda: «Sono al corrente del fatto che tra i dispersi ci sia anche sua figlia. Ma sono certo che starà bene, e, come lei, anche tutti gli altri.» sollevò lo sguardo. «Ormai il tempo è quasi giunto.»
 
Nakamori: «…eh?» esclamò perplesso dalle parole dell'uomo. 
 
Lentamente, si avvicinò a loro una figura di un ragazzo zoppicante, che si teneva a stento un braccio chiaramente ferito. 
 
Kuroda si voltò verso di lui. 
 
Hakuba: «Sono Hakuba Saguru. Ho assoluto bisogno di raggiungere la stazione di polizia per poter dare la mia testimonianza sull'accaduto…» disse trascinando le parole. 
 
Nakamori: «Hakuba-kun!!» si precipitò da lui e lo sostenne. «Dov'è Aoko?!»
 
Hakuba: «Mi dispiace, ma purtroppo non era insieme a me già da tempo.» scosse la testa. «Da ciò che mi ha chiesto… ne deduco che non è ancora uscita da lì.»
 
Nakamori: «Esatto… dannazione…!» strinse il pugno che aveva libero. 
 
Chiba: «Aspetti...» aiutò Hakuba anche lui. «Lo accompagno io in centrale.»
 
Kuroda: «No. Accompagnalo in ospedale. Una volta medicato, potrà deporre.» affermò con voce ferma. 
 
Chiba: «Signor sì!» annuì. 
 
Hakuba: «Grazie.» si voltò verso la villa. (Dover mentire mi manda in bestia, ma non ne posso fare a meno. Tsk… Kuroba-kun, Aoko-san… cercare di stare bene!) 
 
I due si allontanarono insieme e Chiba lo accompagnò in ospedale.
 
Nel frattempo, i pompieri si diressero in direzione della villa e cominciarono a cercare di spegnere degli incendi che si erano inevitabilmente formati in alcune parti dell'abitazione. Alcuni di essi non furono insistenti, mentre, uno in particolare, non accennava a smettere di bruciare. Era esattamente quello in concomitanza con la parte dove si trovava la cucina. 
 
L'interno, infatti, stava bruciando da un po', ma era uno dei pochi luoghi a non essere ancora crollato. I pompieri stimarono che non ci sarebbe stato ancora molto tempo affinché anch'esso diventasse solo un cumulo di macerie come la maggior parte delle zone di quell'abitazione ormai fantasma, andate sgretolate.



Facendo un passo indietro, nel preciso attimo in cui erano appena scoppiate le bombe… 
 
Masumi: «L'altra parte della…?! Aah!» cercò di reggersi in piedi appoggiando la mano sul muro e sostenendosi da esso. 
 
Chihiro: «Alla fine… sono esplose davvero…» anche lui cercò di appigliarsi a qualcosa, come meglio poteva. 
 
Masumi: «Pensavi che non avrebbe fatto sul serio?!» sbottò innervosita. 
 
Chihiro: «Non lo so… Ero convinto che solo Tsukimi Ryu fosse il colpevole di tutto ciò. Questa è la prova contraria… c'era qualcun altro che stava tramando alle spalle di Itou-san. E chissà…» rifletté. 
 
Masumi: «No. Non credo che c'entri anche tuo padre con questo stupido maggiordomo!» fece per sorpassare Chihiro e controllare dove fosse il passaggio segreto. 
 
Lui la afferrò per l'avambraccio. 
 
Chihiro: «Fermati!! Non lascerò mai che tu muoia!!» urlò con disperazione. 
 
Masumi: «Non m'importa se sta tremando tutto e se stanno esplodendo delle bombe!! Devo fare del mio meglio affinché quei due… tre… escano vivi da lì!!» replicò con altrettanta angoscia. 
 
Chihiro: «Ma non sai nemmeno dove sono! Dovresti cercarli ulteriormente! Perderesti troppo tempo!!»
 
Masumi: «Ne vale la pena per salvare tre vite!!»
 
Chihiro: «No!! No che non importa se devi rimetterci la tua!»
 
Masumi: «Come potrei continuare a vivere con questo peso sul cuore?! Tre persone morte a causa mia! Anzi, almeno tre! Non so se possano esserci anche dei complici o simili! O il bambino che è scomparso!!»
 
Chihiro: «Tch…» strinse il pugno. «So di essere prepotente e anche ingiusto.» serrò i denti. «Però andare lì significherebbe per certo trovare almeno tre persone prive di vita, come hai detto tu. A maggior ragione se è il luogo dove si trovavano le bombe. Vuoi ragionare per una buona volta, eh?! L'unica che morirebbe davvero sei tu!»
 
Masumi lo schiaffeggiò. 
 
Masumi: «Ascoltami bene.» lo guardò dritto negli occhi. «Sono libero di fare ciò che voglio senza doverti dare spiegazioni, chiaro? Non hai il diritto di scegliere per gli altri, men che meno per il sottoscritto!»
 
Chihiro: «Sto solo cercando di---» si tenne la guancia schiaffeggiata che, nel frattempo, era diventata di una tonalità rossa incandescente e gli bruciava da morire.
 
Masumi: «Non me ne importa! Lasciami o farò di testa mia e ti posso assicurare che se sopravviverai, finirai comunque in ospedale!» disse interrompendolo. 
 
Chihiro: «Mpf…» accennò un sorriso triste. «E va bene, come vuoi tu, Sera-san.» le lasciò il braccio libero.
 
Masumi: «Guarda quanto tempo che mi hai fatto perdere!!» si scostò e cercò di individuare il luogo esatto per aprire la porta. «Tu prova pure a fuggire, vattene!»
 
Chihiro: «Ma come? Io non posso darti ordini e tu, invece, sì?» rispose consapevole.
 
Masumi: «Era un suggerimento, come hai fatto anche tu con me, no?» rispose casualmente, presa dalla ricerca del passaggio. 
 
Chihiro: «In qualche modo… hai ragione.» si guardò intorno. «Però, resterò con te.»
 
Masumi: «Non devi, non ne ho bisogno. Ooh!» trovò il meccanismo che fece aprire il passaggio. «Sarà per di qua!»
 
Chihiro: «È davvero stretto…» lo guardò e ponderò le possibilità di sopravvivere che si prospettavano a entrambi. «Una volta dentro non potremo più scappare.»
 
Masumi: «Non credo che sia poi così diverso dalla realtà. Intendo… non so nemmeno se riusciremmo a scappare da qui, in ogni caso.» sospirò dandogli le spalle. «Koseki-kun.»
 
Chihiro: «Cosa?» le guardò le spalle. 
 
Masumi: «Chi sei tu in realtà?» chiese facendo un passo verso l'entrata del passaggio. 
 
Chihiro: «Sono chi ti ho detto di essere.» ammise senza esitare. 
 
Masumi: «…però?» 
 
Chihiro: «Dopo l'incidente, a causa della scarsa quantità di prove e del disinteresse della polizia giapponese, ho discusso con alcuni agenti dell'FBI. Sono stati loro a farmi sapere che qui in Giappone ci sono degli studenti… dei detective liceali.» chiuse gli occhi. 
 
Masumi: «L'FBI…?» ripeté esterrefatta.
 
Chihiro: «Esattamente. Non ti posso dire niente di più preciso perché non saprei cosa posso aggiungere. Ma sono stati loro ad aiutarmi con le ricerche in America. Solo che la questione compete la polizia locale, a maggior ragione se la vittima era un cittadino giapponese.» riaprì gli occhi e guardò nuovamente la schiena della ragazza di fronte a lui. 
 
Masumi: «E dunque… ti sei appoggiato a me.» distolse lo sguardo. 
 
Chihiro: «Sì. È stata una mia scelta credere in te.» rispose secco. 
 
Masumi: «Però ti hanno consigliato un detective liceale. Non è partito tutto da te.»
 
Chihiro: «No, non è affatto così. Io sapevo che esistevano delle persone assolutamente fuori dalla norma, tanto da essere definite detective nonostante l'età. Ma non potevo mica essere sicuro del vostro operato… La questione era troppo delicata per esporla a un ragazzo della mia età pensando di non coinvolgerlo in grossi guai. Tuttavia, il resto era come ti ho raccontato quando ci siamo conosciuti qualche ora fa. Ti ho vista alla festa e credevo che fosse destino… non ho più avuto dubbi che fosse così… Quindi ho deciso di provare. »
 
Masumi: «…»
 
Chihiro: «…»
 
Masumi: «Hai scelto di credere in me per via delle circostanze, perché non c'era altro modo che qualcuno ti potesse aiutare.»
 
Chihiro: «No, ti sbagli!»
 
Masumi: «Dove mi starei sbagliando, eh?!» si voltò verso di lui e lo afferrò per le spalle, scuotendolo. «Non avevi altre alternative!!»
 
Chihiro: «Sì che ne avevo…» assottigliò lo sguardo. «Tu non eri la mia unica via di scampo, anche se ho creduto che fosse un caso fortuito vederti lì, davanti ai miei occhi.»
 
Masumi: «No?? Qual era l'altra?! Kudo Shinichi che non c'è?!»
 
Chihiro: «No. Anche io sapevo che non c'era per via di quanto si è sentito parlare di lui riguardo il caso di quegli attori a Kyoto.» scosse la testa. «I miei parenti e amici mi avevano consigliato di rivolgermi a un detective privato, cosa che non ho fatto e nemmeno ho contemplato.»
 
Masumi: «C-Cosa?! Perché?!?» si scostò da lui. 
 
Chihiro: «Perché mi sono fidato della tua fama e del mio sesto senso. Mi sono informato sia sul tuo conto che su quello degli altri detective liceali e tu eri quella che mi sembrava la più indicata per il mio caso… Sei anche stata in America, non potevo chiedere niente di meglio. A me andava bene così… e ti ho spiegato i miei motivi, sono autentici.»
 
Masumi: «…» si morse il labbro inferiore. (Dunque, mi sono davvero sbagliato sul suo conto…? Non capisco nemmeno più… perché me la prenda così tanto a cuore. Forse è solo una questione di orgoglio…) 
 
Chihiro: «È la verità che non ti sto nascondendo più niente!» cercò di spiegarle per convincerla che era sincero. 
 
Masumi: «Avevo già deciso di fidarmi di te. Nel momento in cui ho accettato ciò che mi avevi proposto… Mi sono fidata.» distolse lo sguardo e gli diede nuovamente le spalle. «Quindi non tornerò sui miei passi, non importa ciò che accadrà.»
 
Chihiro: «Grazie.» fece un sorriso, ma tornò serio subito dopo. «Perché credi che Tsukimi Akihiro non c'entri con ciò che è accaduto a mio padre?»
 
Masumi: «Perché lui non era interessato alla fortuna pecuniaria di Itou-san. È una spiegazione veloce e semplice, ma racchiude alla perfezione il mio ragionamento. Se c'è un colpevole per la morte di tuo padre, quello è Tsukimi Ryu. Ma sono certo che si costituirà non appena sarà possibile. Certo, ammesso e non concesso che gli sarà permesso far---»
 
I due sentirono un rumore provenire dal soffitto e, con pochissimo preavviso, si staccò una trave da esso, proprio sopra le loro teste. 
 
Chihiro: «Attenta!!!» la tirò a sé e la strinse più forte che poté, facendo un salto indietro.
 
Masumi: «Koseki-kun!!» urlò con tutta la voce che aveva in corpo. (No… potevo salvarmi da solo… dovevi… dovevi pensare a te!!) 
 
Chihiro: «Ugh…» si girò su se stesso per fare da scudo e proteggerla.
 
Masumi: «Koseki-kun!!» si scostò da lui perché sentì che la presa non era salda come in un primo momento. «Koseki-kun!!» lo guardò con gli occhi travolti dalla preoccupazione, una volta constatato che aveva la parte posteriore della testa sanguinante. (Probabilmente, si è ferito nel fare quel salto indietro…) scosse la testa. (Avrebbe dovuto lasciarmi passare da lì da sola… doveva…) sentì che c'erano degli scoppi e, pian piano, tutto intorno sembrava esserci un leggero fumo. 
 
Chihiro: «Sera-san…» la guardò negli occhi, cercando di mantenere lucidità. «Grazie per tutto ciò che hai fatto per me. Te ne sarò riconoscente per il resto della mia vita…» strinse gli occhi per il dolore. 
 
Masumi: «Stupido!» afferrò il fazzoletto che aveva sul collo del completo e cercò di tamponare il sangue che continuava a uscire dalla ferita. «Fa' almeno in modo che questa riconoscenza possa durare per un sacco di tempo e non giusto nel momento in cui l'hai detto!»
 
Chihiro: «Mpf… non ho mica detto di voler morire… no…?» disse trascinando le parole. 
 
Masumi: «No, non l'hai detto. Ma lo dico per certo io… che non morirai… tsk!» gli fasciò la testa come poteva e lo appoggiò sulla sua spalla, sollevandolo con sé. «Adesso vedi di non intralciarmi! Il fumo si fa sempre più visibile… ma ce la possiamo fare!» 
 
Chihiro: «Mi dispiace… cough…» cominciò ad avere la vista appannata. «Io… arrendo…»
 
Masumi: «No che non ti devi arrendere!! Devi ancora riscattare tuo padre!!» disse cercando di avanzare, ma non sapendo esattamente dove dirigersi dato che il fumo stava invadendo sempre di più la stanza. 
 
Chihiro: «…no… io…» cercò di coordinarsi per camminare insieme a lei. (Non riesco nemmeno più a parlare… mi dispiace… ho fatto del mio meglio…) 
 
I due sentirono una voce. 
 
…: «Follow me! Quickly!*»
*Trad: "Seguitemi! Presto!"
 
Era chiaramente la voce di una donna. Si era avvicinata a loro, porgendo a Masumi una maschera antigas e mettendone una a Chihiro. 
 
La ragazza la guardò perplessa per un attimo e poi la indossò. Nel farlo, si accorse che quella donna aveva preso Chihiro dall'altro lato, facendolo reggere dalla sua spalla. 
 
Masumi: «…F… FBI?» tossì una serie di volte. 
 
…: «None of your business. Right, charming boy?**»
**Trad: "Non sono affari tuoi. Giusto, ragazzo affascinante?"
 
Masumi: «Ma cose...» si incamminò con entrambi, fino a giungere fuori dall'abitazione, come se quella donna sapesse per certo che quella fosse la via giusta da seguire. (E se non lo avesse saputo un agente dell'FBI, chi avrebbe dovuto?) 
 
Una volta giunti all'aperto, sia Masumi che la donna, sentirono dei rumori che segnalavano lo sgretolamento dei locali interni della villa. Anche se per miracolo, ce l'avevano fatta. Adesso non restava altro che avanzare il più velocemente possibile per raggiungere un posto dove avrebbero potuto raggiungere la salvezza. La terra tremava ogni volta che si distruggeva qualcosa all'interno della villa e, il posto, era diventato abbastanza pericoloso. 
 
A un certo punto, videro che proprio davanti a loro c'era un gruppo di persone. 
 
Shinichi: «E voi… da dove uscite fuori?» chiese perplesso. 
 
Masumi: «Da dentro la villa, da dove se no? Non fare domande stupide e aiutami, Kudo Shinichi!» rispose alterata, ma mantenendo la calma. (Ecco, lui è Kudo Shinichi… e…) 
 
Kaito: «Certo, eccomi!» si avvicinò a Masumi e alla donna. «Aiutami anche tu, come ti chiami!» disse puntando Shinichi. 
 
Shinichi: «Coooosa?! Ovviamente sono io quello v--!!!»
 
Masumi: «…» li fissò per un secondo con gli occhi a puntino. (Non credo di avere dubbi sulla sua vera identità… Ma non è questo il problema adesso.) 
 
Kaito: «Kekeke!!» rise sguaiatamente per qualche secondo, ma poi si diede un contegno, sentendo una strana aura dietro di lui. 
 
Aoko: «Senti senti, la risata di Kaito…» lo guardò storto, poi si fece seria. «Come state? Questo ragazzo è ferito, sta perdendo sangue dalla testa!»
 
Ran: «Sera-chan!! Come stai?! Cos'è successo?» la guardò preoccupata. 
 
Masumi: «Ragazze, ne parliamo dopo, ok?» fece l'occhiolino per far capire che stava bene. «Come ha detto anche lei… È necessario che andiamo via di qui al più presto per Koseki-kun e non solo…»
 
Ran annuì senza infierire oltre. 
 
Ran: «Già… ne va dell'incolumità di tutti.» volse lo sguardo sulla donna che era con loro.
 
Lei la guardò senza aggiungere una parola in merito.
 
Kaito: «Dai, muoviamoci che questo qua sta seriamente male!!» si incamminò reggendo Chihiro, ormai svenuto, insieme a Shinichi. 
 
Heiji: (E questi… da dove usciranno fuori?) li guardò con interesse. (Quella donna, soprattutto… posso credere che facesse parte del piano anche lei?)

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Capitolo 41
*** Dubbi e bugie ***


Alla centrale di polizia, nel frattempo, era arrivato il piccolo Shadir. Era appena entrato nell'ufficio dove Sato e Takagi stavano cercando qualche indizio sull'accaduto tramite le testimonianze di Aoi. 
 
Poliziotto: «Eccoci, scusate il ritardo.» si mise sull'attenti.
 
Sato: «Non fa niente. Grazie del suo lavoro.» sorrise gentilmente. 
 
Poliziotto: «Dovere.» si mise di nuovo sull'attenti e andò via. 
 
Shadir: «Oooh!! Aoi-chan!!» la guardò sbalordito. 
 
Aoi: «Ciao Shad.» si alzò velocemente e corse da lui, saltandogli al collo e buttandolo a terra. «Finalmente sei attivato.»
 
Shadir: «Sì, il tempo che mi ci portassero!» la abbracciò fortissimo, nonostante fosse sbattuto con la schiena. «Non mi avevano detto che mi avresti aspettato qui!»
 
Aoi: «Come no?» si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Mi sei mancato un casino, Shad.»
 
Shadir: «Anche tu, Aoi-chan.» sorrise sghembo.
 
Sato: «Ehm… bambini, scusate se vi interrompiamo, ma avremmo bisogno delle vostre testimonianze. Magari i convenevoli li fate più tardi?» disse con una goccia di sudore che le scendeva giù dalla guancia. 
 
Takagi: «E infatti…» spostò una sedia dal tavolo. «Piccolino, che ne dici di venire qui? Così parliamo tranquillamente!»
 
Shadir: «Scusa, stai parlando con me?» si indicò. 
 
Takagi: «Sì, con chi altri, se no?» lo guardò perplesso. (Non mi dà nemmeno del lei… questo bambino come sarebbe stato cresciuto?) 
 
Aoi: «Lascia in pace Shad.» rispose secca. 
 
Sato: «Eh no!» si avvicinò ai due e si chinò. «Adesso voi due fate i bravi e vi sedete lì, perché abbiamo bisogno di conoscere la vostra situazione.»
 
Aoi: «A me interessa solo stare con Shad.» guardò il bambino. 
 
Shadir: (Mmmh!! Bona!!) osservò Sato a 360° e poi fissò Aoi-chan negli occhi. «Che ne dici se facciamo come dice questa bella signora?»
 
Aoi: «Sei solo un cretino.» si alzò bruscamente e tornò a sedersi dov'era prima. 
 
Shadir la seguì e si sedette anche lui. 
 
Shadir: «Cosa mi offrite?» chiese tranquillamente. 
 
Takagi: «Ah… se ti serve, un bicchiere d'acqua.» glielo porse. 
 
Shadir: «Io voglio qualcosa di buono!!» replicò facendo i capricci. 
 
Takagi: «Non siamo un distributore automatico, sai?» rispose cercando di stare calmo. 
 
Aoi: «Non ti daranno niente, Shad. Vogliono solo farti delle domande.» disse stoicamente, secondo ciò che avevano già fatto con lei. 
 
Shadir: «Che seccatura!! Non ho davvero niente da dire!!» sbottò quasi arrabbiato.
 
Sato stava per prendere parola, ma Takagi la anticipò. 
 
Takagi: «Ora basta!!» si sedette al suo posto. «Smettetela di lamentarvi e parlare tra di voi! Rispondete alle nostre domande!! Chiaro?!»
 
Ci fu un silenzio che durò circa un minuto. 
 
Shadir: «OK...» distolse lo sguardo, seccato. 
 
Aoi guardò Takagi freddamente, mentre Sato rideva sotto ai baffi. 
 
Sato: «Però… questa non me la sarei mai aspettata da Takagi-kun! Ma passando alle cose importanti…» incrociò le dita sotto il mento e guardò seriamente i due bambini, Shadir in particolare. «Allora… Come mai non hai avvisato nessuno che saresti stato via per tutto questo tempo? Non hai pensato che il tuo fratellino potesse sentirsi triste o avere bisogno di te?» fece uno sguardo più severo. 
 
Shadir: «No.» scosse la testa. «Io voglio bene a mio fratello, ma una volta dentro l'ospedale, con la mamma…» distolse lo sguardo. «Non sono più riuscito ad andare via.»
 
Takagi: «Però, l'orario delle visite non dura per sempre. Chi ti ha detto che potevi restare in ospedale per tutto quel tempo?» chiese mentre si asciugava il sudore su una guancia. 
 
Shadir: «Nessuno. Mi hanno detto di andare via e così ho fatto.» ridacchiò. 
 
Sato: «Cosa ci sarebbe da ridere? Lo trovi divertente?» gli lanciò un'occhiataccia.
 
Aoi: «Smettila di guardare male Shad. Non ti ha fatto niente.» la guardò in cagnesco. 
 
Sato si mise una mano in faccia. 
 
Sato: «Lascia che mi risponda lui, piccola.» cercò di sorvolare sull'accaduto. 
 
Shadir: «No, cioè… sì. In un certo senso sì! Mi sono nascosto all'interno dell'ospedale e non mi ha notato nessuno!» disse trionfale. 
 
Sato: «…capisco.» cercò di riflettere. «Quindi sei rimasto lì finché non ti ha trovato qualcuno e ce l'ha comunicato.»
 
Shadir: «Sì… cioè, no! Sono stato io a uscire fuori perché sono troppo magnanimo!» affermò impettito. 
 
Sato: «…» lo guardò perplessa. (Va bene… questa è chiaramente una bugia.) 
 
Takagi: «Dimmi, piccolo. Come sta tua madre?» chiese pacatamente. 
 
Aoi: «Giusto, Shad. Come sta tua madre?» si alzò e si sedette su di lui. 
 
Sato: «È meglio se torni a sederti dov'eri, Aoi-chan. Fai la brava e non interrompere più la nostra discussione.» la rimproverò con tono severo. 
 
Aoi: «Ma io voglio stare con Shad.» rispose priva di intonazione. 
 
Sato: «D O P O.» scandì ogni singola parola per essere più efficace.
 
Aoi tornò a sedersi sull'altra sedia, sbuffando. 
 
Shadir: «Anche io voglio stare con te, Aoi-chan.» cercò di sbrigarsi a rispondere. «La mamma sta molto meglio!»
 
Takagi: «Ah, molto bene, ne siamo contenti!!» si sentì in parte sollevato. 
 
Shadir: «I medici hanno detto che tra un paio di mesi potrà tornare a casa!» agitò le gambe, dondolandole sotto la sedia. 
 
Takagi: «Ehm… scusa. Sta molto meglio e tornerà a casa tra un paio di mesi?» rimase a bocca aperta. 
 
Sato: «Mi sa che ci conviene parlare direttamente con i medici. Dobbiamo capire che fine farà questa donna, o non so, a loro volta, che fine faranno Shadir-kun e suo fratello.» scosse la testa. 
 
Takagi: «Eh, sa anche a me…» sospirò dispiaciuto. «E tuo padre?»
 
Shadir: «Mio padre cosa?» ribatté poco convinto. 
 
Takagi: «Tuo padre, solitamente, ogni quanto lo vedi?» aggiunse. 
 
Shadir: «Non tanto, ma capita che si faccia vedere.» annuì più volte. 
 
Sato: «Aoi-chan ci ha detto che non voleva che voi due steste insieme. Vedo che tu non eri d'accordo con questa sua scelta, no?»
 
Shadir: «Ma certo!! Come potevo essere d'accordo? Io amo un casino Aoi-chan, è così figa che non lo può capire nessuno cosa provo per lei! Nemmeno mio padre!» sbottò il bambino. 
 
Sato: «Calmo, non volevo farti arrabbiare! Era per capirne il motivo.» agitò le mani all'altezza del petto. 
 
Shadir: «Il motivo, eh?» distolse lo sguardo e poi lo posò su Aoi. «Mi ha detto che Aoi-chan è pericolosa. Che è posseduta… e che suo padre è un poco di buono. Ma a me non interessa affatto dei loro problemi!»
 
Aoi: «Shad…» gli strinse forte una mano. «Anche papà mi ha parlato male del tuo.»
 
Shadir: «Lo so che mio padre è uno schifo… ma cosa ci posso fare? Gli piacciono i soldi e a me piaci tu, Aoi-chan, la mia ragazza. Non ti cambierei mai per niente di diverso al mondo.» ricambiò la stretta alla mano. 
 
Aoi: «…» lo fissò in silenzio. 
 
Sato: «Hai qualcosa da aggiungere, piccola?» la guardò determinata. (Sta nascondendo qualche dettaglio e sta riflettendo sul dirlo. Bene, ci siamo quasi!!) 
 
Takagi: (Sì!! Ci siamo quasi!!) cercò uno sguardo d'intesa con Sato che, troppo presa dall'osservare Aoi-chan, non lo ricambiò. (Non è serata…) 
 
Aoi: «In realtà…» restò in silenzio per qualche minuto, poi guardò Shadir negli occhi. «Prima che ci conoscessimo di persona, io sapevo già chi eri, Shad.»
 
Shadir: «Eh, ma io che ho detto sempre??» strabuzzò gli occhi. «Aspetta, cosa??» la guardò scioccato. 
 
Aoi: «È così. Mio padre mi ha sempre parlato male del tuo e della tua famiglia in generale. E poi… sapevo anche che aveva una certa antipatia per Itou-san.» disse priva di intonazione. 
 
Sato: «Perché aveva questa antipatia per lui?» controllò che il registratore stesse funzionando correttamente. 
 
Aoi: «Non lo so, esattamente. Però mi ha sempre detto di non fidarmi ciecamente di lui, perché era colpa sua se era morta la mamma. Ma anche se gli ho chiesto delle spiegazioni, non me ne ha mai date.» scosse la testa.
 
Takagi: «Dunque, conoscevi Shadir-kun perché tuo padre aveva a che vedere con la famiglia di Itou-san, e quindi, anche con quella di Tsukimi Ryu-san?» disse con tono serio. 
 
Aoi: «Sì, perché capitava che mi parlasse di loro e delle loro famiglie. C'erano delle volte che si soffermava anche a parlarmi tanto della figlia più grande di Itou-san, ma non so perché.»
 
Sato: «Ti ha mai detto qualcosa di particolare su di lei?» cercò di indagare meglio su questo nuovo dettaglio. 
 
Aoi: «No.»
 
Sato: «… Allora… come mai si soffermava a parlarti di lei, se finiva col non dirti nulla di particolare?» le scese una goccia di sudore lungo la schiena. 
 
Aoi: «Non lo so. Mi parlava tantissimo di lei in confronto a sua sorella.»
 
Takagi: «Di cosa ti parlava, esattamente? Tu le hai mai conosciute?»
 
Aoi: «Di quando giocava, a cosa giocava. Oppure cosa leggeva. I suoi gusti in fatto di cibo. Queste cose qui. No, io non ci ho mai avuto a che fare. Papà non voleva che le conoscessi. Non so perché.»
 
Takagi: «Tuo padre… è davvero un uomo misterioso…» si mise una mano in faccia.
 
Shadir: «Ma allora, se ti aveva vietato di stare con me, perché ti sei fatta viva?»
 
Aoi: «Perché sapevo che papà è bravo e volevo fidarmi di lui. Ma, allo stesso tempo, avevo capito che c'era qualcosa che non andava. Perché nell'ultimo periodo era più strano del solito e non vedeva l'ora che arrivasse il giorno del ballo. E tu non gli sei mai piaciuto.»
 
Shadir: «Solo perché non gli piace papà??»
 
Aoi: «Anche. Mi ha detto che sei truzzo per stare con me e non voleva che così piccola avessi un fidanzato.»
 
Shadir: «Come si permette, Aoi-chan?! Io ti amo un casino...»
 
Aoi: «Anche io, Shad. Ma non è questo il punto.» si voltò verso Takagi e Sato. «Cosa farete a papà?»
 
Sato: «Per prima cosa, lo interrogheremo come stiamo facendo con voi… poi vedremo.» disse cercando di non farle capire che stava mentendo. (In realtà, è molto più probabile che sia morto…) 
 
Aoi: «Lo metterete in carcere?»
 
Sato: «Non lo so… ripeto, dobbiamo prima sentire cosa deve dirci su ciò che è accaduto alla villa. Poi prenderemo la decisione migliore.»
 
Aoi: «Quello che dico io influisce sul suo destino?» continuò a chiedere con insistenza. 
 
Sato: «Sì. Ma se vuoi che tutto vada per il meglio, devi dirci ciò che sai… o non potremo mai fare giustizia.» cercò di giungere al punto. 
 
Aoi: «OK.» guardò il soffitto, poi nuovamente Sato. «Ho deciso di stare con Shad perché avevo paura che il suo papà volesse fargli qualcosa. Dato che il mio era convinto che fosse una brutta persona, ho pensato che avrebbe potuto fargli del male e quindi mi sono avvicinata a lui.»
 
Mentre parlava, lo sguardo di Shadir si fece triste. 
 
Shadir: (Quindi… era la mia ragazza solo per questo…) 
 
Aoi: «Ma conoscendolo, mi sono perdutamente innamorata di lui. Io lo amo con tutto il cuore.»
 
Takagi: (Sembra il discorso di una ragazzina delle superiori…) la guardò perplesso. 
 
Shadir: «Davvero, Aoi-chan?!» le disse col cuore che gli esplodeva per la felicità. 
 
Aoi: «Certo, Shad. Non potrei mai mentirti. Tu sei il mio ragazzo e non ti abbandonerò mai. Starò sempre dalla tua parte, anche se si dovesse trattare di mio padre.» ammise con sincerità. 
 
Shadir: «Aoi-chan…» gli si riempirono gli occhi di lacrime. 
 
Sato: «Capisco…» fece un sorriso per aver realizzato che tipo di sentimenti c'erano tra due bambini delle elementari. 
 
Sicuramente non si potevano definire dei veri e propri sentimenti d'amore. Però, nella loro ingenuità, erano proprio la cosa che più si avvicinava a ciò che avevano dentro di loro. 
 
Takagi: «Quindi, come avevi deciso di proteggerlo?» disse interrompendo l'idillio che si era creato. 
 
Aoi: «Ho trascorso del tempo con lui e con suo fratello. E mandavo via tutti quelli che non mi piacevano. Oppure, li testavo per vedere se potevano essermi d'aiuto.» annuì convinta. 
 
Takagi: «In che senso…?» raggelò. (Fredda e calcolatrice, siamo messi bene per l'età che ha… dico sempre lo stesso, ma è davvero inquietante...) 
 
Aoi: «Ti faccio l'esempio di Edogawa Conan, il detective. Al contrario dei suoi amici, l'avevo capito che lui era davvero intelligente. Quindi gli ho proposto un trucco per capire se lo fosse davvero.»
 
Takagi: «Che genere…?» la guardò ancora più perplesso.
 
Aoi: «Gli ho detto che il mio cognome era Gyoku, così che capisse che avevo a che vedere con la storia dei gioielli di Itou-san e sarebbe venuto al ballo. Lui c'era, quindi aveva possibilmente capito tutte cose.»
 
Takagi: «In realtà… sì, credo che tu abbia ragione, anche se magari ci sarebbe andato lo stesso…» rifletté. «Ma stiamo pur sempre parlando di Conan-kun, quindi… direi che non ci sono dubbi.»
 
Aoi: «No che non ce ne sono.» annuì. «Anche se poi non l'ho più visto e spero che non sia morto. Avevo chiesto aiuto anche ad altre ragazze, ma poi siamo andati via, quindi…»
 
Shadir: «Perché doveva morire?!» balzò in piedi.
 
Sato: «Non ti hanno informato, ma qualcuno ha messo delle bombe alla villa di Itou-san stasera… E sono esplose tutte quante, distruggendo l'intera costruzione. Ci sono anche dei dispersi, ma tuo padre sta bene.» cercò di confortarlo. 
 
Shadir: «Meno male… adesso che la mamma si è quasi ripresa, non ci sarebbe voluta una cosa del genere!» tirò un sospiro di sollievo.
 
Sato e Takagi si sentirono male nel vedere gli occhi speranzosi di un bambino che avrebbe solo voluto avere una vita normale insieme alla sua famiglia. Sapevano che Tsukimi Ryu non sarebbe tornato a casa, non così presto come Shadir avrebbe desiderato. Ma la giustizia andava prima di qualsiasi altra cosa, quindi mandarono giù quel boccone amaro. 
 
Sato: «Aoi-chan, per caso c'è altro che devi aggiungere?»
 
Aoi: «Credo di no.» rifletté. «Io voglio stare con Shad.»
 
Sato: «Questo lo definiremo più avanti. Non sta né a me, né a Takagi-kun deciderlo, quindi non ti posso promettere niente.»
 
Aoi: «Non ho bisogno di promesse, lo leggo nei tuoi occhi che sei brava.» distolse lo sguardo. «E non come il mio papà… lui… volevo solo convincermi che fosse così.» si strinse due lembi del vestito. 
 
Shadir: «Aoi-chan…» si avvicinò a lei. 
 
Aoi: «Lo so che papà non è bravo come speravo che fosse… ma…» si morse il labbro inferiore. «Non voglio che muoia… voglio stare con lui… è pur sempre il mio papà…»
 
Aoi scoppiò in un pianto che sembrava quasi senza fine. Nemmeno lei aveva la benché minima idea di quando fosse stata l'ultima volta che avesse pianto. Eppure, non riusciva a fermarsi in alcun modo perché aveva paura che suo padre fosse morto e non l'avrebbe mai più rivisto. Tra di loro non c'era più in rapporto sincero da tempo, e chissà, forse non c'era mai stato. Però era indubbio che l'affetto li legasse, anche se in modo contorto. In quel momento, Shadir fece del suo meglio per stringerla tra le sue braccia e consolarla, mentre veniva circondata anche da Sato e Takagi che preferirono non intervenire, se non in un secondo momento. Cercarono di confortarla con incoraggiamenti in cui non sapevano nemmeno loro se credere o meno. Ma sapevano per certo che nel loro cuore, la cosa che più speravano, era che quella bambina potesse tornare a sorridere. Anche se a quel punto, dubitavano che l'avesse mai fatto dal profondo del suo cuore.
 
A un tratto, sentirono bussare alla porta. 
 
Sato: «Avanti…!» accarezzò la testa ad Aoi e poi tornò a sedersi dov'era. 
 
Chiba: «Scusate se magari vi stiamo disturbando…» entrò nella stanza e poi si fece da parte per far passare qualcun altro. 
 
Hakuba: «Buonasera… o meglio, buongiorno. Ormai è quasi l'alba.» disse con un sorriso beffardo sulle labbra. 
 
Takagi: «Ehm, ciao…?» volse lo sguardo su Chiba, non capendo cosa stesse facendo lì. 
 
Chiba: «Il sovrintendente Kuroda mi aveva chiesto di portarlo all'ospedale e così ho fatto.» chiuse la porta alle sue spalle. «Dopo di che, l'hanno medicato e, in seguito…»
 
Sato: «È sconvolgente vederti qui, Hakuba-kun… ne sono lieta.» sorrise felice. «Spero che ti abbiano detto che stai bene.»
 
Hakuba: «Grazie per l'interessamento.» annuì. «Sì, è tutto a posto, a parte qualche graffio e qualche escoriazione. Ma niente di che.»
 
Takagi: «Aspetta… ma tu eri il ragazzo che era insieme a Tsukimi Akihiro-san… come hai fatto a uscire vivo da lì?!» sbottò scioccato. 
 
Hakuba: «Beh…» alzò lo sguardo su Aoi, implicando di non credere di poter parlare. 
 
Aoi: «Per favore… dimmi come sta il mio papà.» lo guardò con le lacrime ancora negli occhi. 
 
Hakuba chiese con lo sguardo a Sato se potesse rispondere o meno e lei annuì, sudando freddo. 
 
Hakuba: «La villa di Itou-san era costruita in un modo particolare. Alla base c'erano delle stanze che erano state costruite contro ogni genere di bombardamento. È grazie a questo che io e Hattori-kun ci siamo salvati la vita.» scosse la testa. «Qualche secondo prima dell'esplosione, Tsukimi-san è entrato all'interno della botola dove aveva previamente posizionato le bombe e si è chiuso lì.» strinse i pugni. «Purtroppo non c'è stato modo di poterlo fermare… per salvarlo a sua volta. A quanto pare, gli ordigni non erano solo quelli, ma erano seminati anche in diverse parti della villa. Mi dispiace molto, piccola…» si chinò verso di lei, abbracciandola. «Il tuo papà non ce l'ha fatta.»
 
Nemmeno Aoi sapeva cosa pensare o dire. Restò in silenzio. Chiuse gli occhi. Tutto ciò che avrebbe voluto dire a suo padre sarebbe rimasto lì dov'era. Non avrebbe più avuto la possibilità di fargli sapere che gli voleva bene. Il dolore non faceva altro che attraversarle il corpo, rimasto inerme, perché non capiva esattamente come comportarsi. 
 
Chiba: «Tra l'altro… Questo ragazzo mi aveva fatto presente che Tsukimi Akihiro-san sembrava totalmente impazzito… e che, in tutta probabilità, avesse seminato delle bombe anche nella sua abitazione. Mentre lo stavano visitando, ho telefonato al sovrintendente e gli ho chiesto di poter inviare una squadra sul posto e ha acconsentito… Quindi si sono recati lì in qualche istante.» gli scese una goccia di sudore lungo la schiena. «Hakuba-kun ha insistito per fare lo stesso anche noi, perché voleva vedere con i suoi occhi cosa fosse accaduto. E così ho fatto, insomma… mi sono fidato.»
 
Takagi: (Ovvero, cioè facciamo sempre un po' tutti anche se sappiamo che non dovremmo.) annuì. 
 
Chiba: «Arrivati lì, era tutto a posto, per fortuna! La scientifica è rimasta comunque a fare un sopralluogo per essere del tutto certi che non ci fosse niente di sospetto.» guardò l'ora. «Immagino che controlleranno tutto il resto, già che ci sono… per cercare delle prove. E, a proposito di queste! Noi abbiamo preso degli oggetti che secondo questo ragazzo potrebbero contenere degli indizi importanti.» 
 
Sato: «Ovvero?» guardò Hakuba. «Avevamo intenzione di inviare una squadra domattina, il tempo di raccapezzarci. Dunque, non capisco tutta questa fretta.»
 
Hakuba: «Lo chiamerei il sesto senso di un detective.» rise come suo solito. «Non si poteva mai sapere che magari avesse dei complici o qualcosa del genere, no? Quindi ho preferito fare da me e, per mettermi al sicuro, ho preso degli album fotografici che sicuramente ci potranno dare qualche indizio in più.»
 
Sato: «Aaah.» sospirò mettendosi una mano in faccia. «Il tuo modo di fare è piuttosto autoritario e non lo approvo per niente. Tuttavia… avevamo l'approvazione del sovrintendente… certo, non so se potevate anche prendere degli oggetti arbitrariamente, ma… Ciò significa che sai quale fosse il movente?» acuì lo sguardo. 
 
Chiba: «Li abbiamo consegnati alla scientifica per maggiori approfondimenti, comunque!!» gesticolò. 
 
Hakuba lo guardò e poi riprese il discorso con Sato. 
 
Hakuba: «Sì, prima di impazzire del tutto, ha rivelato la verità a me e ad Hattori-kun.» ammise rammaricato. 
 
Sato: «Va bene, allora… Chiba-kun, per favore, porta i bambini altrove, noi ascolteremo la sua deposizione per poter fare chiarezza sul caso.» disse dispiaciuta. (Spero che arrivino presto delle notizie anche su tutti gli altri…) 
 
Chiba: «D'accordo!» prese i bambini con sé.
 
Shadir: «Aoi-chan…» la guardò sconsolato mentre lei non gli rispose. 
 
Chiba: «A più tardi, allora.» disse con un'espressione tristissima sul viso. 
 
Takagi: «A do--»
 
Un poliziotto aprì la porta di scatto ed entrò nella stanza. 
 
Poliziotto: «Mi dispiace disturbare così! Anf…» si mise sull'attenti. 
 
Sato: «Cos-... Si calmi!! Cosa sta succedendo?!» lo guardò perplessa.

Poliziotto: «Ci hanno appena contattato alcuni membri della scientifica da casa di Tsukimi Akihiro-san… Anf… E tutto… Sta bruciando.»

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Capitolo 42
*** Eco ***


Pian piano i ragazzi e la donna misteriosa si avvicinarono a un luogo dove era facilmente visibile la polizia, anche se in lontananza. Il cuore di tutti si riempì di gioia, perché potevano rivedere la luce dopo un breve periodo di oscurità che avevano attraversato.
 
Shinichi: «Anf… Ci siamo… quasi…!» continuò ad avanzare tenendo Chihiro sulla spalla destra. 
 
Kaito: «Sì… anf… definitivamente, dovremmo essere salvi…» affermò portando il ragazzo sulla spalla sinistra. 
 
Heiji: «Vi vorrei dare ragione, ma ho come l'impressione che finché Kudo sarà vicino a noi, non potremo avere certezze… Anf…» disse mentre camminava di fianco ai due. 
 
Ran: «Ma guardali come si lamentano…» li osservò sbigottita. (Tra l'altro… quella donna è travestita, credo… ma… di primo acchito mi è parso di vedere Jodie-sensei… Se fosse davvero così, si spiegherebbero i capelli lunghi e scuri… tuttavia, mi fa quell'impressione… forse penso troppo… cosa dovrebbe farci qui Jodie-sensei? Suvvia, Ran! Che vai a pensare? Magari è solo una donna straniera, in fondo, era pieno di gente al ballo!) 
 
Aoko: «È vero… ma Aoko è sicura che lamentarsi sia nel loro DNA…» sorrise dolcemente nonostante l'azione andasse in contrasto con ciò che aveva appena detto. «A proposito, non è che aiutare Aoko a camminare ti affatica?» 
 
Ran: «No, no, tranquilla!! Anzi! Sono felice di potermi rendere utile!» le rivolse un sorriso soddisfatto. 
 
Aoko: «Sicura…?» la guardò preoccupata. 
 
Ran: «Sì, davvero!» annuì convinta. «Non ti fare problemi! Sei anche abbastanza leggera.»
 
Aoko: «D-Davvero…? Ogni tanto Aoko deve mettersi a dieta perché a volte esagera…» distolse lo sguardo, colpevole. 
 
Ran: «Mpf…» si mise a ridere. «Anche a me piace molto mangiare, in generale! Io e Sonoko, la mia migliore amica, andiamo spesso in diverse inaugurazioni di vari posti per divorare dolci! Oppure… con papà, in diverse località, finiamo col…!» rimase perplessa per un attimo. «Giusto, papà… lui non era uscito dalla villa!! Spero tanto che si sia messo in salvo…»
 
Aoko: «Aoko è convinta di sì!» annuì con le stelle negli occhi. «Vedrai che starà bene! Aoko se lo sente che andrà tutto bene da questo momento in poi!!»
 
Ran: «Voglio credere in te!» disse speranzosa, poi volse lo sguardo su Masumi. (Sembra piuttosto pensierosa… Chissà se magari è successo qualcosa che l'ha turbata fino a tal punto…) 
 
Dopo qualche secondo, la detective si accorse dello sguardo di Ran. 
 
Masumi: «Ran-kun!!» si avvicinò alle due. «Che sguardo misterioso… cosa succede?»
 
Ran: «Beh… Stavo pensando che non so se papà sia salvo o meno, ma ho modo di credere che sia così!» rivolse un sorriso ad Aoko. 
 
Aoko: «Aoko pensa che non accadrà più niente di brutto!!» annuì felice. 
 
Masumi: «Ahah! Anche io ne sono sicuro! Tuo padre ha la pellaccia dura, non morirà per… delle bombe!» ridacchiò. 
 
Ran: «Vero?» rise pure lei. «Tra poco lo appureremo! Ma in ogni caso, Sera-chan… tu, invece… cosa nascondi? Non sembri la solita di sempre…»
 
Masumi: «Io?» si indicò.
 
Ran: «Sì, tu! È come se… fossi seriamente preoccupata… ma ce la faremo!!» cercò di farle coraggio. 
 
Masumi: «Lo so, lo so!» fece un sorriso a trentadue denti. «Non ti preoccupare, sto bene! Ma è normale essere sconvolti dopo una cosa del genere, no? Rischiare di morire, insomma…»
 
Aoko: «Sei preoccupata per il tuo fidanzato?» chiese dal nulla, con semplicità. 
 
Masumi: «Eh?? No, ma quale ragazzo?? Quello è un cliente, niente di che!! Ahahah!» sembrava ridere da sola per nascondere l'imbarazzo. 
 
Aoko: «Ah… Scusa, Aoko aveva notato che tenevi lo sguardo fisso su di lui, quindi…!» rispose ingenuamente. 
 
Masumi: «No!! Non potrei mai interessarmi o addirittura… innamorarmi di un tizio tanto galante! Non fa per me!» fece spallucce. 
 
Ran: «E io che, quasi quasi, credevo che quei biscotti dell'altro giorno li avessi preparati in tutto segreto per lui…» ammise dispiaciuta. 
 
Masumi: «Ma assolutamente no! Davvero, non è il mio tipo!!» gesticolò. 
 
Ran: «Eppure… quella rosa che hai ancora all'occhiello… te l'ha regalata lui, no? All'inizio della serata non ce l'avevi!» la guardò più dettagliatamente. 
 
Masumi: «Non pensate male…! Non posso dirvi come stanno le cose, ma…!» scosse la testa. (Qui c'erano le informazioni per studiare la situazione!!) 
 
Aoko: «Sicura sicura?» la osservò con occhio indagatore. 
 
Masumi: «Sicurissimo!!» alzò le mani ammettendo di stare dicendo la verità. 
 
Aoko: «Strano…» rifletté. 
 
Masumi: «Cos'è strano…?» le diventarono gli occhi a puntino. 
 
Aoko: «La rosa viola ha un significato ben preciso!» arrossì. «Modestia, generosità e umiltà, nonché timidezza! È questo ciò che significa! Inoltre… rappresenta gli incantesimi… e chi te la regala… ti sta dicendo che si è innamorato di te a prima vista!»
 
Ran: «Whaaaa!! È davvero romantico!!» guardò Aoko entusiasta. 
 
Aoko: «Vero? Vero?! Allora, Aoko direbbe che se tu non sei interessata a lui in quel senso---»
 
Masumi: «Aspetta…!! Ra… Rappresenta… gli incantesimi?» strabuzzò gli occhi. 
 
Aoko: «Sì!» annuì riflettendoci su. «Aoko si ricorda benissimo che è così!!»
 
Masumi: «…» si voltò a guardare prima la schiena di Chihiro e poi la sua testa fasciata. (Questo… è davvero un caso… vero…?) fissò anche i due Shinichi. (Mahotsukai*… No… non voglio credere che fosse un inganno e che conoscesse quel momento della mia infanzia…) sorrise soddisfatta. «Sarà un caso!»
 
Aoko e Ran: «Eh?» la guardarono perplesse. 
 
Masumi: «Lasciate perdere… piuttosto, la polizia si sta dirigendo verso di noi, ci siamo!!» indicò alcuni poliziotti che si avvicinarono a loro per soccorrerli.
 
E così fu. Una volta raggiunti dai poliziotti, però, vennero informati del fatto che all'appello sarebbero mancati solo Kogoro e l'ispettore Megure, i quali, non erano ancora usciti da lì. Com'era possibile che ci fossero tutti, ma non loro? Il dottor Agasa aveva detto precedentemente che, dopo aver affidato Ayumi ai suoi genitori, in modo che la potessero visitare dei medici in ospedale, aveva portato Conan a casa con sé per proteggerlo da eventuali problemi. Quindi erano solo loro due le persone le quali sorti erano ancora sconosciute. Nonostante i pompieri stessero ancora spegnendo gli incendi, la donna che aveva tratto in salvo i ragazzi si propose di fare strada e di portarli di nuovo all'interno della villa, cosicché avrebbero avuto qualche probabilità di trovarli in vita. Se si fosse trattato di un caso diverso, le avrebbero risposto che non avrebbero mai fatto rischiare la vita a un civile. Tuttavia, era necessario che si prendesse una decisione immediatamente e, dopo l'approvazione di Kuroda, la donna e una squadra di pompieri tornarono all'interno della villa. 
 
Ran: «Papà…» si voltò verso le macerie. 
 
Shinichi: «Anche se non ti hanno fatta andare con loro, non significa che tuo padre non sentirà la tua presenza. Vedrai che lo troveranno vivo e vegeto!» cercò di tirarla su di morale. 
 
Ran: «Lo so già, che ti pare? Me l'hanno detto sia Nakamori-san che Sera-chan, quindi non ho il benché minimo dubbio!» sbottò non guardando in viso il ragazzo. 
 
Shinichi: «Ma sentila… prima è preoccupata, poi fa la preziosa… E io che volevo solo tirarla su di morale!» rispose stizzito. 
 
I medici si avvicinarono a loro e presero Chihiro, adagiandolo su una barella. 
 
Masumi: «Mi duole dovervi lasciare.» lanciò un'occhiata malefica a Shinichi. «Però devo assolutamente andare… la prossima volta non mi scapperai!» si avvicinò a lui e gli sussurrò in un orecchio. «Edogawa-kun.»
 
Ridacchiò e raggiunse i medici mentre salirono sull'ambulanza e portarono via Chihiro. 
 
Shinichi: (Non importa il modo, non importa il caso, non importa il luogo… Sono e sarò sempre circondato da gente isterica e pazza.) guardò Ran con sguardo bieco mentre restava abbracciata ad Aoko.
 
Heiji: «Kudo, io vado con Kazuha in ospedale. Non si è ancora ripresa, anche se lo farà presto… però devo accertarmi che stia bene.» disse a bassa voce. 
 
Shinichi: «Ma certo, è naturale… Sembra avere il respiro regolare, quindi non---»
 
Heiji: «Che hai capito?? Sono io quello che deve stare bene, non lei!» sbottò arrossito perché non voleva scoprire il fianco. «A dopo…»
 
Shinichi: «A dopo…»
 
Heiji e Shinichi: «Con la risoluzione del caso!» bisbigliarono prima che le loro strade si separassero. 
 
Ran: «Non c'è niente da fare…» sospirò amaramente, impensierita dalla situazione. 
 
Aoko: «Andrà tutto per il meglio, Aoko te l'ha detto!!» sollevò i pugni all'altezza del petto per incitarla. 
 
Ran: «Sì… credo tanto nelle tue parole, anche se la questione mi angoscia…» scosse la testa. «Ce la farà… papà è forte…!»
 
Aoko: «Sicuramente sì!!» la abbracciò calorosamente. 
 
Nakamori: «Aoko!!» corse da lei e la strinse fortissimo al suo petto. «Come stai?! Cosa ti è successo??»
 
Ran li guardò commossa, mentre si scostava leggermente da loro. 
 
Aoko: «Papà…!!» lo abbracciò anche lei, con le lacrime agli occhi. «Meno male che stai bene… Aoko sta benissimo!! Si è solo fatta un po' male alla caviglia, ma non è niente di che!» cercò di tranquillizzarlo. 
 
Nakamori: «Meno male… Adesso ti porto in ospedale, così ti visiteranno e potrai stare meglio al più presto!» la strinse un altro po' e, successivamente, volse lo sguardo ormai sollevato su Ran. «Grazie per averla aiutata.»
 
Ran: «Non ho fatto niente! Ci siamo sorrette a vicenda!» disse con una punta di entusiasmo. 
 
Aoko: «Non è vero!! Aoko è stata in ottime mani con te!! E ne è davvero grata!» esclamò decisa. 
 
Nakamori: «Di nuovo, grazie anche da parte mia. Non solo per mia figlia, ma pure per avermi incoraggiato quando stavo per perdere la speranza.» si inchinò. 
 
Ran: «Non è stato niente, davvero!» gesticolò. 
 
Shinichi: (Sempre troppo modesta…) scosse la testa. 
 
Kaito: «Tantei-san…» si avvicinò a lui mormorando. «Hai già pensato a come uscire da questa situazione?»
 
Shinichi: «No. Ma sono sicuro che non ne avrò bisogno, dato che ci sarà chi mi coprirà le spalle… se non l'hanno già fatto. Il mio nome non verrà fuori da questo caso. E tu…» lo guardò storto. «Vedi di smetterla di travestirti da me, hai capito?!» si avvicinò a lui ancora di più. «Sbaglio o Haibara ti aveva dato in prestito la sua identità?»
 
Kaito: «Seh… ma ho capito che non mi conviene indossare quei panni, cosa credi?» riepose acido. 
 
Shinichi: «E cosa ti fa credere che, invece, indossare i miei ti giovi di più?» ribatté stizzito. 
 
Kaito: «Niente!» fece spallucce. «Però non ho bisogno del travestimento, ti pare poco? Facile e veloce!» ridacchiò. 
 
Shinichi: «Tsk…» distolse lo sguardo. «Non farlo mai più!»
 
Kaito: «Non te lo posso promettere~ In compenso, c'è ancora un mistero che non ti ho svelato!» disse cercando di trattenere le risate. 
 
Shinichi: «Non avevi detto che un mago non svela mai i suoi segreti?» chiese seccato. 
 
Kaito: «Questo non è mica un segreto!» rise. «Quella notte… ricordi?»
 
Shinichi: «Cosa…?» lo guardò con sguardo indagatore.
 
Kaito: «Uhuhuh...» schioccò le dita di una mano e scomparve, ma Shinichi riuscì a sentire delle parole che dicevano "Just do it" contornate da risate divertite. 
 
Shinichi: «…!!!» strinse i pugni. (Maledetto!! Quella notte… quella frase che mi ha spinto a pensare che potessi farcela… quella voce femminile… eri tu! Tu che già avevi programmato tutto con Haibara… Maledetti…!!) 
 
Shiratori: «Siamo lieti che tutto sia andato per il meglio e che stiate bene. Adesso, seguite i poliziotti che vi porteranno in centrale o in ospedale.» guardò Aoko nello specifico. 
 
Ran: «Però, mio padre…» scosse la testa. «Vorrei aspettare qui per vedere se lo trovano, e---»
 
Shiratori: «Credo sia impossibile.» le fece cenno di guardarsi intorno. «Non lo vedi da te? È pericoloso, dovete assolutamente allontanarvi da questo posto. Immediatamente.»
 
Ran: «Però…» lo guardò supplichevole. 
 
Shiratori: «Fuori dal cancello, sulla strada… ci sono anche i vostri parenti e amici. Sono rimasti lì nonostante glielo avessimo vietato in ogni modo. Non fateli impensierire ancora di più.» rispose cercando di non farsi comprare. 
 
Ran: «…» abbassò lo sguardo. 
 
Shinichi: «Sono sicuro che ha ragione lui, Ran.» annuì. «Anche se…» sorrise soddisfatto.
 
Ran: «Cosa?» disse con un filo di voce, mentre le lacrime le offuscavano la vista. 
 
Aoko: «Aaah!! Quello! Quello è tuo padre, vero?» esclamò entusiasta. 
 
Ran si voltò velocemente verso il luogo che sia Aoko che Shinichi stavano puntando con lo sguardo e vide che i pompieri e la donna stavano tornando indietro, portando insieme a loro sia Kogoro che l'ispettore Megure. Erano entrambi su una barella, chiaramente feriti. Tuttavia, tutti intorno a loro sembravano determinati ma felici, quindi si poteva chiaramente presumere che stessero bene. 
 
Ran: «Papà!!» guardò la scena con il cuore in gola, non riuscendo a ragionare lucidamente. 
 
Pompiere: «Per favore, fateci passare.» avanzarono a passo veloce. 
 
Ran: «Come stanno?!» si avvicinò a loro per cercare di capire la situazione più nello specifico. 
 
Pompiere: «Da quello che abbiamo visto, sembrano stare bene. Pare che siano solo svenuti, per fortuna.» rispose mentre si fermavano per un attimo. 
 
Kuroda: «Molto bene, dirigetevi in ospedale. Vi raggiungeremo lì.» disse con tono autoritario mentre si avvicinava al gruppo. 
 
Pompiere: «Signor sì!» si allontanarono di corsa. 
 
Ran: «Meno male… sigh…» scoppiò in un pianto consolatorio, conscia del fatto che era andato tutto per il meglio. 
 
Shinichi: «Mah! Io non avevo dubbi che sarebbe andata a finire così!» fece spallucce sorridendo felicemente solo dentro di sé e sfoggiando un sorriso saccente all'esterno. 
 
Aoko: «Aoko è felicissima!!» abbracciò Ran più forte che poté e le accarezzò la schiena.
 
Ran: «Sì… Hai sempre avuto ragione tu… ma alla fine, l'incertezza e lo sconforto stavano cominciando a prendere il sopravvento… Grazie, Nakamori-san!!» la strinse forte anche lei. 
 
Aoko: «Quando Aoko ha detto che ha trovato un grande supporto in te, è perché lo pensa… quindi è felice di esserlo stato a sua volta!!» disse con le lacrime agli occhi. 
 
Ran: «Anche io… sono felice di averti conosciuta…» esitò un attimo. «Aoko…» arrossì. 
 
Aoko: «Anche Aoko lo è… Ran!» arrossì a sua volta. «Adesso non ci rimane altro che andare a farci controllare!»
 
Ran: «Sì… Inoltre, già che saremo lì ho un'idea…» la guardò negli occhi. 
 
Aoko: «Aoko crede di aver capito…» annuì. «Se sarà possibile farlo, Aoko sarà con te!»
 
Ran: «Bene, allora è deciso!» si asciugò gli occhi. 
 
Kuroda: «Adesso vi chiedo di allontanarvi per lasciar lavorare i pompieri e non ostruire il loro cammino.» li guardò tutti, in particolare si soffermò su Shinichi. 
 
Shinichi: «Certamente. Andiamo?» guardò le ragazze con una goccia di sudore che gli scendeva giù dal viso.
 
Ran: «Sì, certo! Grazie… e scusate per il disturbo…» si inchinò. 
 
Kuroda: «Prego. Capisco la vostra preoccupazione.» diede un'ulteriore occhiata alla villa. 
 
Aoko: «Aspettate, manca…» si guardò intorno.
 
Shinichi: «Se cerchi quel coso, è lì.» indicò Kaito vicino all'entrata. 
 
Aoko: «Aaah!! Scemo!! Adesso lo prendo e mi sente!!» strinse i pugni e si diresse verso di lui, camminando meglio che poteva. 
 
Nakamori: «Ma chi è quel tizio, a proposito?» volse lo sguardo su Shinichi. «Tuo fratello?» rifletté. «Dov'è che vi ho già visti…»
 
Shinichi: «Non ce ne dovevamo andare?» scosse la testa. «Io non l'ho mai vista, comunque! Quindi, se ci può scusare…!» si incamminò. 
 
Ran: «Ehm… Che ne dice se andiamo anche noi?» sorrise poco convinta, seguendo Shinichi. 
 
Nakamori: «Sì, certo… Ma quella faccia… E la vicinanza con mia figlia…» rimuginò mentre si allontanò anche lui dal posto. 
 
Ran e Shinichi raggiunsero chi li stava aspettando all'esterno. Lì fuori, tutti avevano già avuto la conferma che stessero bene, ma vederli con i loro occhi era tutt'altra cosa. Finalmente il loro cuore poteva smettere di battere all'impazzata pensando che non si sarebbero più rivisti. L'abbraccio che si scambiarono Ran ed Eri fu davvero caloroso. Anche quello che si diede con Sonoko. 
 
Tutto ciò, mentre la misteriosa donna che aveva aiutato prima i ragazzi e, in seguito, i pompieri, si dileguava nell'ombra.



Nel frattempo che i presenti si preparavano a salire sulle ambulanze, Aoko raggiunse Kaito. 
 
Aoko: «Perché sei scappato all'improvviso?! Tu e Aoko non avevate un discorso da fare?!» lo guardò arrabbiata. «Oppure pensavi che te la saresti svignata così tanto facilmente?!»
 
Kaito: «Le mie più sentite scuse.» si inchinò, appoggiando un ginocchio a terra e portandosi una mano al petto. «Mi pento davvero dal profondo del cuore del mio errore. Tuttavia… la verità è sempre stata questa.»
 
Aoko: «C-Co-Cosa?!» lo guardò perplessa, presa alla sprovvista. 
 
Kaito: «In realtà, io sono…» le baciò la mano e poi si spostò da essa, sogghignando. «Il famigerato Phantom Thief.» fece un balzo indietro. «Kaito Kid!» si vestì col suo elegante completo bianco in qualche secondo. «È stato un piacere collaborare! See you… next illusion~»
 
Scomparve nel fumo e poi volò via con il suo deltaplano. 
 
Aoko: «Aoko lo sapeva!!» scosse la testa. «Non importava quanto Aoko gli stringesse forte la mano… mh?» la aprì e notò che al suo interno c'era qualcosa. «E questa?» strabuzzò gli occhi. 
 
Nakamori: «Ma quello era Kid?!?! Aoko!!!» sbottò disperato. 
 
Aoko: «Aoko non ne aveva idea…!!» si discolpò. «Mica avrebbe voluto che andasse via!!»
 
Nakamori: «Ki---!!!»
 
Shiratori: «Basta così, ormai è andata… pensi a salvarsi la vita, piuttosto.» diede una pacca sulla spalla a Nakamori. 
 
Nakamori: «Tsk…!! Non mi sfuggirai, Kid!!» urlò prima di entrare in ambulanza con Aoko. 
 
Una volta che tutti andarono via di lì, i pompieri cercarono di aumentare il loro lavoro, ma fu tutto inutile. Dopo circa un'ora, furono costretti a mettersi al riparo perché ci furono delle nuove esplosioni che distrussero tutto ciò che restava della villa, lasciando solo un cumulo di polvere e detriti. In seguito a ciò, durante la mattinata, il fuoco venne estinto definitivamente.


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NOTE:
*Mahotsukai (Mago).

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Capitolo 43
*** The truth ***


Era ormai mattina inoltrata. 
 
Tutti i telegiornali locali e alcuni più importanti sul territorio giapponese riportarono la notizia del ballo in maschera e della conseguente tragedia che era avvenuta alla villa di Itou Mitsunari. Per fortuna, gli invitati riuscirono a sopravvivere tutti, anche se una porzione abbastanza importante aveva finito con l'essere rimasta ferita. Il padrone di casa stesso era stato operato in seguito a un tentativo di omicidio da parte di un suo fidato amico e collaboratore, Tsukimi Ryu. Quest'ultimo, infatti, si costituì e, dopo un lungo interrogatorio, venne rinchiuso in carcere, in vista di un processo che stabilisse a quanto sarebbe ammontata la sua pena definitiva. Il colpevole di tutto il resto, invece, Tsukimi Akihiro, fu l'unico a non essere sopravvissuto all'accaduto. La scientifica si mise a lavoro per cercare di individuare la posizione del corpo, ma probabilmente, dopo ricerche estenuanti, avrebbero forse trovato solo le ossa e la dentatura. In compenso, la sua casa venne trovata ridotta a un braciere. Cosa significava?
 
In ospedale, Heiji era seduto al capezzale di Kazuha che non aveva ancora riaperto gli occhi. 
 
Heiji: «…» la guardò in viso. (E dai… Kazuha, che stai facendo?! Tsk… Ma era davvero così tanto necessario addormentarla in questo modo? Capisco che sarebbe stata la prima a parlare e a far saltare il piano, però…) giocò freneticamente con le mani, cercando di lottare contro se stesso. (Gliela stringo… o no? Forse… è meglio di no… però… potrebbe sentire la mia vicinanza…) scosse la testa, poi cominciò a battergli fortissimo il cuore. (Aspetta!! Aspetta… Io e Kazuha ci siamo dichiarati al telefono… adesso… come farò a parlarle decentemente?!) scosse la testa più velocemente, diventando totalmente rosso. (Vabbé… che c'è di male? Magari pensa che siamo già una coppia, oppure…) 
 
*Inizio pensiero di Heiji*
 
Heiji: «Kazuha…» le strinse le mani e la guardò dolcemente, ma deciso. 
 
Kazuha: «Heiji…» lo guardò dritto negli occhi. 
 
Heiji: «Quando ci siamo dichiarati al telefono, ieri notte… ho pensato che non ci saremmo mai più rivisti.» disse pieno di sé, con le bolle in stile shoujo che gli facevano da contorno. 
 
Kazuha: «Anche io ho creduto di---»
 
Heiji le poggiò un dito sulle labbra, facendole capire di non continuare il discorso perché doveva parlare lui. 
 
Heiji: «Quindi… ciò che ti ho detto… corrisponde alla verità.» appoggiò le mani della ragazza sul suo petto, facendo uno sguardo da bishounen. «Io ti amo, Kazuha. Con tutto me stesso. Lo senti... questo muscolo che batte? Batte solo d'amore per te!»
 
Kazuha: «Oh… Heiji!» arrossì visibilmente e le vennero le lacrime agli occhi. «Quanto sei figo!! Questa è la dichiarazione più dolce e determinata che potessi aspettarmi da te… No, ma che dico?! La migliore al mondo!» non riuscì a staccare lo sguardo dal suo. «Anche io ti amo tanto!! Heiji, ti amo!»
 
*Fine sogno di Heiji*
 
Heiji: «Eh sì, deve essere proprio così!» accennò una risata. 
 
Kazuha: «Cosa deve essere così, Heiji?» volse lo sguardo su di lui, leggermente confusa. 
 
Heiji: «Ah… eh… cosa? Cosa deve ess--- coooosa?! Kazuha!!» si sollevò di scatto, appoggiando entrambe le mani sul lettino. «Come ti senti?! Vado subito ad avvisare un medico che hai ripreso conoscenza!!»
 
Kazuha: «Dovevano… scoppiare delle bombe… Tu… pensavo che saresti morto…» le vennero le lacrime agli occhi. 
 
Heiji: «Ah, ssssiiiiiì… in realtà, ci hanno salvati i pompieri! Sono stati davvero coraggiosi!!» cercò di deviare il discorso. 
 
Kazuha: «Meno male… e gli altri? Come stanno?» cercò di fare mente locale. 
 
Heiji: «Chi meglio, chi peggio… ma sono tutti vivi e vegeti, ed è questo che conta!» annuì felice. 
 
Kazuha: «Non ricordo quasi nulla di ciò che è successo… però…» gli strinse un lembo della manica della giacca. «C'è una cosa che ricordo nitidamente…» arrossì leggermente, nonostante la confusione. 
 
Heiji: «Ma certo… certo! Anche io ricordo benissimo tutte cose! Ahahah!» rise per il nervosismo. 
 
Kazuha: «Allora… quando stavi parlando da solo, prima… Riguardava questo…?»  strinse la stoffa più forte. 
 
Heiji: «Ah… No!» cercò di giustificarsi. 
 
Kazuha: «Ma ti vedo strano… La cosa ti imbarazza così tanto?» distolse lo sguardo. «Cosa deve essere proprio così, Heiji?»
 
Il ragazzo si bloccò come una statua di marmo. Nella sua mente il discorso filava davvero liscio, ma nella realtà… sembrava totalmente il contrario. 
 
Kazuha: «Allora, Heiji?» non riuscì più a guardarlo. 
 
Heiji: «Eh… Era… Era…» si guardò intorno, come a cercare una risposta sul soffitto o sulle pareti. «Giusto!! Eh sì, deve essere proprio così!! A-ha! Cosa può essere, se non la mia deduzione perfetta?» si spostò e si appoggiò le mani sui fianchi. «Ho capito tutto sul caso e l'ho praticamente risolto, che idee ti sei fatta??»
 
Kazuha: «Eeeh?! C-Che idee avrei dovuto farmi?! Non ho mica pensato niente!! Davvero niente di particolare!!» si nascose il viso sotto le coperte. «Va' a chiamare il dottore che dicevi, stupido!»
 
Heiji: «Ma certo, come ho detto prima! Allora a dopo!» la salutò sollevando la mano destra. 
 
Kazuha: «Non tornare mai più!!» gli tirò addosso il cuscino che aveva sotto la sua testa, ma Heiji era già prontamente fuggito. (Come puoi aver dimenticato di avermi detto che mi ami?!) restò a riflettere, assumendo uno sguardo sconcertato. (Che l'abbia… solo sognato…?)
 
Mentre Kazuha restava perplessa riguardo ciò che era successo qualche ora prima e faceva diverse supposizioni in merito, Heiji andò a chiamare davvero un dottore, così che la potesse visitare e accertarsi che stesse bene. Giustamente, però, lui non se la sentì di entrare nuovamente nella stanza. Anche se nella sua mente era un figo da urlo, nella realtà se la faceva sotto per aver dichiarato il suo amore alla ragazza. 
 
Heiji: (Non doveva accadere così… non in un luogo come quello, dove, per giunta, eravamo separati e… parlavamo al telefono!! Ma stiamo scherzando??) scosse la testa. 
 
Mentre si trovava a camminare lungo il corridoio, sentì delle voci a lui familiari provenire da una stanza. Si avvicinò a origliare per capire meglio chi fossero e cosa stessero dicendo.
 
Itou: «Grazie per essere venuti a trovarmi. Volevo parlare proprio con voi, ragazze.» disse un po' debolmente, steso sul letto. 
 
Ran: «Era una nostra priorità, non deve ringraziarci!» esclamò felice di vedere l'uomo sorridere. 
 
Aoko: «A dire il vero, comunque… eravamo abbastanza preoccupate per lei… speravamo tanto che potesse star bene nonostante lo sparo!» disse dispiaciuta.
 
Shinichi: «Ah, io le ho accompagnate, spero di non disturbare!» lo guardò con una goccia di sudore sul viso. (Certo non gli posso dire che voglio la verità su tutto ciò che è accaduto… l'ultimo tassello…) 
 
Itou: «Siete state davvero gentili. Mi auguro che anche l'altra ragazza che era insieme a voi stia bene… e anche Aoi e quel ragazzo che era con lei. Avete notizie?» volse lo sguardo su Shinichi. «Se sei un loro amico, puoi restare. Non ci sono problemi.»
 
Shinichi: «Grazie!» si inchinò per esprimere riconoscenza. 
 
Itou ricambiò il gesto annuendo con uno sguardo gentile.
 
Ran: «La nostra amica, Kazuha-chan… Non si è ancora svegliata, ma lo farà presto! O almeno, così dicono i dottori…» ammise rattristandosi un po'. «Aoi-chan, invece, sta bene!! E anche Sera-chan!»
 
Shinichi: (Se ci fosse Hattori, direbbe che è fatta della tua stessa pasta, e che quindi, si riprenderà molto facilmente!) rise dentro di sé. «I medici sono molto positivi, si riprenderà presto.»
 
Heiji: (Eh sì, tanto è fatta della stessa pasta di Ran-san, figuriamoci se poteva stare così male!!) pensò tra sé e sé fuori dalla porta. 
 
Itou: «Sono felice di sapere che almeno in due stanno bene, ma per la vostra amica mi dispiace… soprattutto perché è accaduto nella mia dimora.» distolse lo sguardo. «Tuttavia, ci tenevo a ringraziarvi davvero. Vi prego, cercate di pensare a questo mio ringraziamento come all'essere riuscite a salvare la vita di qualcuno. Perché è ciò che si è avverato grazie a voi.» prese un profondo respiro. «A volte, non si riesce a capire da soli tutto il bene che si fa agli altri. Siamo soliti rispondere che non è niente, o che l'avrebbe fatto chiunque. Però non è così. Non sono tutti disposti a dare la propria vita in cambio di quella di uno sconosciuto. O a dare dei buoni consigli a qualcuno di cui, in generale, non dovrebbero importarsene affatto. Voi avete fatto un miracolo. No! Che dico? Ne avete fatti almeno due.»
 
Aoko: «Almeno… Due…?» si scambiò uno sguardo sorpreso con Ran.
 
Itou: «Due, sì.» sorrise gentilmente. «La prima cosa è quella che vi ho detto poc'anzi. Mentre l'altra è relativa all'avermi restituito la voglia di vivere che avevo perso. Io me lo sentivo che Tsukimi avrebbe fatto qualcosa contro di me, ma non mi aspettavo arrivasse a così tanto. E non mi aspettavo nemmeno che agissero entrambi gli Tsukimi.» sorrise amaramente. «Ma con il mio maggiordomo avevo un conto in sospeso dal passato. In realtà, avrei voluto scusarmi con lui, gli avrei davvero voluto parlare. Tuttavia, mi hanno comunicato che purtroppo si è fatto esplodere con le bombe che aveva creato lui stesso. È stato scorretto… ha perfino abbandonato sua figlia così piccola.»
 
Shinichi: «Evidentemente, è arrivato a sentirsi come lei. Aveva perso ogni voglia di vivere e non gli importava nemmeno di abbandonare la figlia che, in ogni caso, avrebbe vissuto felicemente lo stesso. Lo sapeva quanto ci teneva a quel suo amichetto, Shadir. Quindi ha semplicemente pensato che non sarebbe mai rimasta sola e che avrebbe avuto qualcuno al suo fianco, a cui, magari, poteva appoggiarsi anche di più che al suo stesso padre. Inoltre, chissà quanto si è sentito marcio per non avere rimpianti su tutto ciò che ha fatto e causato. Per colpa sua, sarebbe potuto morire un numero di persone inenarrabile. Eppure, ironia della sorte, è stato l'unico a lasciare questo mondo.» acuì lo sguardo. 
 
Heiji: (Cavolo… su alcune cose ci ha anche preso… Questa cosa mi fa altamente incazzare…) continuò a spiare. 
 
Itou: «Non lo so. Non so cosa gli sia passato per la testa, ma… Adesso anche io non potrò mai riposare in pace. Sicuramente, col trascorrere del tempo, potrò mandare giù, in parte, questo boccone amaro. Però non mi potrò mai scusare con lui e questo mi duole.» chiuse gli occhi. 
 
Shinichi: «Mi scusi se le sembro invadente, ma potrei capirne il motivo?» chiese casualmente, ma in realtà, davvero interessato a saperlo. 
 
Ran: (Shinichi!!) sbottò nella sua mente, ma sapeva già che avrebbe dovuto aspettarselo. 
 
Aoko: «Certo che sei davvero un maleducato!! Non vedi in che condizioni è?!» disse senza farsi problemi. 
 
Shinichi: «Ho chiesto, in caso, può anche dirmi di no.» ribatté assumendo uno sguardo bieco. 
 
Aoko: «Certo, ma non potevi aspettare che si riprendesse, almeno?» sbuffò. 
 
Shinichi: (Che me puoi sapere tu? Ho pur sempre le ore contate!!) imprecò nella sua mente. 
 
Itou: «Non ti preoccupare, va bene così.» sollevò una mano. «Va davvero bene. In fondo… È qualcosa di relativo a una storia che avevo già cominciato a narrarvi, quindi posso concludere quel discorso.»
 
Aoko: «Beh, in questo caso… Anche Aoko è interessata ad ascoltare!» si sedette vicino a lui. 
 
Ran annuì ma restò in piedi, mentre Shinichi si appoggiò al muro, soddisfatto. 
 
Itou: «Vi ho raccontato che io e mia moglie ci siamo conosciuti grazie a un gatto nero, giusto?» si sollevò lentamente. 
 
Ran: «Sì, ce l'aveva detto durante la serata di ieri.» lo aiutò a sedersi appoggiando la schiena sul cuscino, affinché non sentisse dolore. 
 
Aoko: «Aoko ricorda di aver sentito dire che era a causa del gatto di peluche se c'era stato l'incidente della sua famiglia…» mentre Ran sosteneva Itou, si occupò del cuscino. 
 
Itou: «Vi ringrazio.» accennò un sorriso e poi si mise più a suo agio.
 
Ran: «Si figuri!!» scosse la testa. 
 
Aoko: «Ci mancherebbe!!» tornò a sedersi. 
 
Shinichi: «Stava dicendo?» disse poco interessato a tutto il resto. 
 
Aoko e Ran gli lanciarono un'occhiata malefica, ma non se ne interessò minimamente. 
 
Itou rise per un istante, ma nel sentire che la ferita gli faceva male, cercò di calmarsi. 
 
Itou: «Non ti preoccupare, non lo dimentico mica.» lo guardò dritto negli occhi. «Molti anni fa feci un viaggio in India e fu lì che conobbi mia moglie. Era una donna bellissima, ne restai ammaliato.»
 
Shinichi: «Come mai fece quel viaggio?» cercò di addentrarsi in maggiori dettagli. 
 
Itou: «Ai tempi ero interessato a costruire un'azienda per i fatti miei e avevo sentito che alcuni tessuti di quel paese erano tra i migliori al mondo. Non persi l'occasione, ero troppo focalizzato nel mio intento.» rispose tranquillamente.
 
Shinichi: «Quindi abitava ancora in Giappone, giusto?» continuò a chiedere come se stesse facendo un vero e proprio interrogatorio. 
 
Itou: «Sì. Ma quando conobbi mia moglie, cambiò tutto… Durante questo viaggio, stavo passeggiando tranquillamente, quando vidi un gatto nero correre verso di me. Mi sembrò pazzesco, perché giusto il giorno prima finii di leggere The Black Cat… Quindi feci per inseguirlo, ma mi accorsi che, nel farlo, venni superato da qualcun altro che era già sulle sue tracce. Si trattava proprio della persona che successivamente sarebbe diventata mia moglie. Quella volta, me ne innamorai all'istante e decisi di rivolgerle subito la parola, una volta raggiunto il gatto. Quando si presentò e mi disse che il suo nome era Virginia… per me fu come una rivelazione del destino.»
 
Shinichi: «Perché ai tempi era già fan di Edgar Allan Poe? Se non ricordo male, anche sua moglie di chiamava così… morta prematuramente, tra l'altro.» assunse una posa riflessiva. 
 
Itou: «Sì, è per questo.» congiunse le mani. «Mi disse che era americana e che si trovava lì in viaggio con la sua famiglia… e col suo gatto. Si chiamava Sammy, era ancora molto piccolo, ma giocherellone. Le raccontai che mi aveva incuriosito perché mi piaceva Poe e lei si illuminò. Non dimenticherò mai quel sorriso… Mi disse che anche lei era appassionata di questo scrittore e di letteratura in generale, quindi ci scambiammo i numeri di telefono per restare in contatto.»
 
Shinichi: «Ma abitavate in continenti diversi, no? Capisco la felicità di incontrare qualcuno con lo stesso interesse, ma addirittura continuare a sentirsi… non avrete avuto amici o qualcosa di simile con cui parlarne in ogni caso?» chiese diffidente. 
 
Itou: «No.» scosse la testa. «Io non sono mai stato un uomo di molte parole… E gli appassionati di letteratura straniera non sono così facili da trovare, se non se ne ha il tempo. Lei aveva delle amiche, ma a nessuna piaceva Poe in particolare. Te l'ho detto, ragazzo… Fu il destino a farci incontrare.»
 
Shinichi: «Sì… ma a quanto ho capito, anche a farvi separare.» aggiunse con tono secco. 
 
Ran: «Ma insomma…!!!» lo fulminò con lo sguardo. 
 
Aoko: «L'ha detto Aoko che è solo un maleducato…» lo guardò di sottecchi. 
 
Itou: «Hai centrato il punto, ragazzo.» sollevò lo sguardo sul soffitto. «Era davvero una donna gentile e interessante. Dopo qualche anno, riuscii a trasferirmi in America e a fare fortuna lì. Ci frequentammo e dopo pochissimo tempo, arrivò il nostro matrimonio.» chiuse gli occhi. 
 
Shinichi acuì lo sguardo. 
 
Itou: «Era davvero gentile e interessante, ma allo stesso tempo, si rivelò frivola e senza cuore.»
 
Aoko e Ran lo guardarono deglutendo. 
 
Itou: «Non riuscivo a trascorrere molto tempo a casa per via del lavoro e questo fu il primo passo che fece vacillare la nostra relazione. Lei mi disse che si sentì abbandonata e che non poté farne a meno.» scosse la testa. «Si sentiva così tanto sola che l'unico rimedio che trovò, fu quello di tradirmi con il nostro maggiordomo.»
 
Aoko: (Aaaah!!! Ecco il perché di quella parola… allora era davvero così…) restò inizialmente perplessa nel riflettere e poi abbassò lo sguardo. 
 
Ran: «Aspetti… era lo stesso maggiordomo che---»
 
Itou: «Tsukimi Akihiro, sì, si trattava sempre di lui.»
 
Shinichi: «Oh, questa è bella!» si mise a braccia conserte. «Come mai ha consentito a una persona del genere di continuare a lavorare per lei, nonostante tutto?» fece un largo sorriso. (Dai, ho solo bisogno della conferma…) 
 
Itou: «Quello accadde perché…» sospirò. «Virginia rimase incinta di quell'uomo. In un primo momento, la perdonai perché lei mi disse subito cosa fosse accaduto e che se n'era pentita… mi pregò in ginocchio, mortificata… non riuscii a negarle il mio perdono. In seguito, cominciai a lavorare a casa al fine di trascorrere più tempo con lei e continuammo il nostro matrimonio, fino a quella notizia…» riguardò Shinichi negli occhi. «Fecimo degli esami più approfonditi per essere certi che il padre non fossi io. Ma non ci furono dubbi… soprattutto alla nascita. Quella bambina somigliava a Virginia, ma aveva un colore di capelli molto simile a quello del padre. Decidemmo di tenere la verità nascosta a Tsukimi, ma, nonostante la promessa che mi fece, mia moglie non riuscì a mantenere la parola e disse tutto al diretto interessato… rovinando le nostre vite per sempre.»
 
Shinichi: «Capisco. Quindi il maggiordomo covava rancore nei suoi confronti?»
 
Itou: «No. Decidemmo tutti e tre insieme di dire la verità a Melanie e parlammo con lei. Nel frattempo nacque anche Raven… A lei non dicemmo mai nulla, anche se in realtà, essendo una bambina molto perspicace, credo che lo avesse capito da sé.»
 
Aoko: «Scusi… ma come fa a essere certo che Melanie non l'abbia detto alla sorellina, tenendo il segreto nei confronti di tutti gli altri? Se Aoko avesse una sorella lo farebbe sicuramente!» esclamò interdetta. 
 
Itou: «Già… Sarà che avevo molta paura che me ne parlasse, e, contando che non l'avesse mai fatto, ho preferito pensare che avessi ragione.» annuì. «Questo non lo sapremo mai… Tuttavia, la verità è che successivamente Tsukimi si fece una nuova famiglia insieme a sua moglie, dalla quale ebbe un'altra bambina, ovvero, Aoi.»
 
Ran: «Loro… vivevano insieme a voi?» chiese rattristata dalla storia. 
 
Itou: «No. Ma avevano delle stanze nella nostra dimora, un po' com'era nella villa di questa città. Io ho sempre cercato di far sentire la servitù a suo agio, volevo che fossimo una grande famiglia.»
 
Shinichi: «Come mai?» chiese incuriosito.
 
Itou: «Perché un'atmosfera del genere era ciò che avrei preferito per le mie bambine. Non volevo che crescessero con dei pregiudizi nei confronti degli altri.»
 
Shinichi: «Tuttavia, erano stati loro stessi a scegliere il loro lavoro, no?»
 
Itou: «Sì. Però io la pensavo in quel modo, ragazzo. E lo penso tutt'oggi.» aggiunse con un sorriso. 
 
Shinichi: «Capisco.» fece spallucce. «Ma quindi, poi com'è stato possibile che si arrivasse a questo, se è certo che Tsukimi Akihiro-san non provasse rancore nei suoi confronti?»
 
Itou: «È semplice.» lo guardò con uno sguardo cristallino. 
 
In quel momento, Shinichi capì tutto prima che l'uomo potesse finire di parlare e spalancò la bocca per lo stupore. 
 
Itou: «Il motivo è che ero io a nutrire del rancore verso di lui. In realtà, non riuscii a perdonarlo. Era come se, nonostante lui avesse un'altra famiglia e, nonostante tutto andasse bene con mia moglie, la paura che mi potesse tradire di nuovo mi attanagliasse.» strinse le mani congiunte. «È così. Non riuscivo a stare tranquillo in alcun modo. La paura mi assaliva ogni volta che mia moglie usciva o non ci vedevamo per qualche ora. Lo sapevo che non mi tradiva, ma odiavo me stesso per dubitare di lei. E ancora di più, odiavo la persona che mi aveva portato a diventare uno psicopatico.»
 
Aoko e Ran restarono paralizzate dalle parole dell'uomo.
 
Aoko: (Chiaramente… quella parola… non era stata scritta per caso… ma non voleva che qualcuno la capisse con molta facilità…) strinse parte del lembo della gonna che indossava. 
 
Ran strinse i pugni per il nervosismo. 
 
Itou: «Persi totalmente la ragione e finii col provocare un incidente. Si trattava dell'incidente in cui morì Jasmine, la madre di Aoi.»
 
Ran: «Cosa?!» sbottò per lo stupore e la rabbia. 
 
Aoko: «Lei… Non sta dicendo che quell'incidente venne macchinato da lei, giusto?!» si alzò di scatto. 
 
Sentì la caviglia farle male, ma restò a guardare con sguardo fermo l'uomo davanti a lei. 
 
Itou: «Sì. Sono stato io. È stata tutta colpa mia.» rivolse lo sguardo su di lei. «Mi duole ammetterlo. Fa male anche a me. Ma ai tempi non ragionavo per niente. Pagai un uomo affinché facesse tutto lui e io ne uscissi pulito perché sarebbe sembrato solo un incidente.»
 
Aoko: «Questo non la giustifica affatto!!! Lei…» due calde lacrime le rigarono il viso. «Ha lasciato una bambina senza la sua mamma… un marito senza una moglie… sigh… ha distrutto una famiglia intera…»
 
Ran si avvicinò a lei e la sostenne, abbracciandola.
 
Ran: «Ma non si vergogna?! Come ha potuto vivere fino a questo giorno con questo senso di colpa?!» cominciò a piangere anche lei. 
 
Itou: «Non lo so nemmeno io… So solo che non ero davvero più in me.» ammise palesemente addolorato. 
 
Shinichi: «In pratica, ci sta dicendo che è diventato un assassino e non ha nemmeno pagato per il suo crimine… se non ieri.» lo guardò dall'alto in basso. «Un comportamento deplorevole… peggiore di quello della persona che le ha fatto del male. Non è ricambiando con la stessa moneta che ci si sente meglio, però. Mi sbaglio?»
 
Itou: «No, infatti.» scosse la testa. «Immagino che l'abbia scoperto in qualche modo. Era per questo che avrei voluto parlargli prima di morire… e il motivo per cui avrei accettato il mio destino di morte. Stavo scappando dal mio problema… ma poi mi avete detto quelle parole e ci ho davvero riflettuto. Ho lottato e sono sopravvissuto. Quindi adesso pagherò per ciò che ho fatto.»
 
Shinichi: «Aspetti, manca qualcosa.» assunse una posa più rilassata. «Cosa c'entrava quel peluche in tutta questa storia?» lo guardò con astio. 
 
Itou: «Il gatto di peluche… Ecco… Per cercare di ritrovare la pace insieme alla mia famiglia, in uno dei periodi successivi alla morte di Jasmine… Decisi di fare un viaggio insieme alla mia famiglia e andammo in India, dove c'eravamo conosciuti io e Virginia. Era l'ultimo giorno di viaggio e stavamo per tornare a casa, ma in aeroporto, Raven mi supplicò di comprarle un regalo, che era esattamente simile a quel peluche che avete visto anche voi…» si massaggiò le tempie. «Era follemente innamorata di Sammy, che vedeva abitualmente ogni volta che andavamo a trovare i suoi nonni materni. Quel peluche sembrava vero… era cucito nei minimi particolari, faceva quasi impressione. Raven aveva dei gusti strani, ma pensavo avesse preso da me… e decisi di comprarlo.»
 
Shinichi lo guardò perché continuava a non spiegarsi cosa potesse significare. 
 
Itou: «Fin qui niente di insolito… ma quella volta che ebbi l'incidente con la mia famiglia… fu perché vidi quel gatto per strada…!» guardò i presenti, alzando un po' il tono della voce che diventava affannoso. «Di primo acchito pensai che si trattasse di un gatto vero! Solo dopo aver fatto la manovra mi accorsi che era quel peluche… mi sembrava… No… era… era lui…» abbassò sguardo. «Ne sono certo… eppure, non trovarono niente… né un segno per strada, né nulla… Mi dissero che l'avevo sicuramente sognato… o che magari era un gatto vero e che era riuscito a fuggire in tempo… io ne sono convinto… che fosse quello. Vederlo in mano a Kaito Kid è stato un trauma per me… eppure, non ho nemmeno le prove di tutto ciò che vi sto raccontando.» si mise la testa tra le mani. «Ciò che è certo… è che da quel giorno non lo vidi mai più. È per questo che credo in ciò che vi ho detto… anche se non c'è niente di tangibile…»
 
Shinichi: «Non ho bisogno di prove. Io le credo. Ma piuttosto… spero che il cuore puro delle ragazze che le hanno parlato e di quella bambina che adesso è rimasta orfana anche del padre la faranno ragionare davvero.» gli puntò un dito contro. «Esiste solo una verità in questo mondo. Una sola!»
 
Itou si voltò a guardarlo col volto ricolmo di lacrime. 
 
Shinichi: «Dica la verità alla polizia e paghi per tutto ciò che ha fatto di sbagliato! Forse quello è l'unico modo in cui potrà sentirsi meglio… anche se, al suo posto, io non potrei più guardarmi in faccia.» gli diede le spalle. «Viva. E stavolta, lo faccia per essere fiero di se stesso. Viva a testa alta. Anche se non si può tornare indietro e non si possono cambiare gli avvenimenti…» si avvicinò sempre di più alla porta. «Ci sono un sacco di cose che può ancora fare.» sollevò la mano destra in segno di saluto e abbandonò la stanza, chiudendo la porta alle sue spalle. 
 
Itou: «…mi dispiace…»
 
Aoko: «Se… se le dispiace davvero…» si asciugò il naso. «Faccia come ha detto quel buzzurro che se n'è appena andato!» si portò le mani davanti al petto. «Glielo abbiamo già detto che la vita è un dono prezioso… ora sta davvero a lei decidere cosa farne… però… Non è più solo il peso di una decisione che dipenderà da quello che vorrà…. Ma il peso di tutte le vite che adesso non ci sono più. Aoko è convinta che finché c'è vita, c'è speranza… ma anche se non c'è più una vita, la speranza rimane. E in questo momento… non ci sono più tante persone, ma lei c'è ancora… E anche Aoi-chan…» abbassò lo sguardo per un istante e poi lo guardò nuovamente. «Dovrà lavorare duro, ma ce la può fare! E quando se la sentirà… dica tutta la verità a quella bambina… è giusto che sappia.»
 
Itou: «Io… credo che sia troppo piccola… Sarebbe uno shock per lei…»
 
Ran: «Per certe cose non conta l'età… e poi, Aoi-chan è una bimba molto sveglia… sicuramente capirà ciò che le sta dicendo… e ne farà tesoro per il futuro.» si asciugò una lacrima. «Anche lei dovrà trovare la sua ragione di vita… sigh… ma cominciarne una nuova sulla base di bugie… sob… sarebbe anche peggio… sigh…»
 
Itou: «…» spalancò gli occhi e scosse la testa. «Ho davvero… ancora troppe cose da imparare. Grazie, ragazze. Da oggi in poi… finché potrò e mi sarà concesso… farò del mio meglio e mi impegnerò a essere un uomo migliore… o meglio, un uomo.»
 
Aoko: «Migliore… sì. Ma uomo lo è già.» porse un fazzoletto a Ran. «Non dimentichi che errare è umano, ma perseverare è diabolico.»
 
Itou: «Sì… non lo dimenticherò.» guardò fuori dalla finestra. 
 
Ran: «Ci sono così tante cose che potrà fare una volta fuori di qui…»
 
Aoko: «Fuori dalla prigione, vorrai dire!» riprese Ran. 
 
Ran: «Giusto… ma anche da lì potrà fare tantissime cose! L'importante è crederci.» addolcì lo sguardo dopo essersi asciugata il naso. 
 
Itou: «Sì… avete totalmente ragione. E forse…» le guardò sorridendo. «Ho già in mente qualcosa.»

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Capitolo 44
*** The truth II ***


Una volta fuori dalla stanza, Shinichi si accorse della presenza di Heiji. I due si scambiarono uno sguardo d'intesa, anche se non sembravano affatto soddisfatti. Al contrario, erano piuttosto abbattuti ma consci di ciò che conoscevano dalla loro esperienza, dalle parole di Itou e per scienza infusa. 
 
Heiji fece cenno a Shinichi di uscire fuori, ma quest'ultimo dissentì. Chiaramente, era perché non avrebbe potuto rischiare di farsi vedere alla luce del sole. 
 
Heiji: «Beh? Allora, dove parliamo?» chiese spazientito. 
 
Shinichi: «Troviamo un luogo interno che possa evitare di espormi, Hattori.» si mise le mani in tasca.
 
Heiji: «E secondo te, dove do---»
 
…: «Ho io il posto che fa per voi.» rispose al suo posto una voce suadente dal tono beffardo. 
 
Heiji: «Ah. Sei tu, Hakuba. Non mi sei mancato affatto!» sbottò guardandolo male. 
 
Hakuba: «Vale lo stesso per me. Il fatto che abbiamo dovuto necessariamente collaborare non cambia le cose tra di noi.» si avvicinò a loro. «Ma, allo stesso tempo… dobbiamo fare il punto della situazione, non credete?»
 
Heiji: «Tsk!» si grattò la testa. «Sì. Mettiamola così, dobbiamo farlo e basta. Quindi va bene!»
 
Shinichi: «Hattori, smettila di urlare, o sortirai l'effetto contrario.» assunse uno sguardo bieco. «Dunque, dov'è che dovremmo andare?»
 
Hakuba: «Non puoi cambiare la natura delle persone.» ridacchiò. «Seguitemi, vi farò strada.» si incamminò. 
 
Heiji: «Non capisco perché uno come questo si senta così importante, non è niente di che!» lo seguì. 
 
Shinichi: «Quello che ha detto per te, vale perfettamente anche per lui, infatti.» fece spallucce mentre seguiva entrambi. 
 
Hakuba: «Sì, e anche per te.» sospirò stancamente e poi uscì da una porta-finestra scorrevole. 
 
C'era un giardino interno dove non c'erano telecamere. Queste erano installate solo all'entrata e all'uscita delle stanze, quindi non avrebbero mai registrato ciò che stavano dicendo né come audio, né come video. Il giardino era situato in una posizione centrale all'interno dell'ospedale e si poteva accedere a esso tramite due entrate. Il fatto che facesse abbastanza fresco, però, aveva fatto credere ad Hakuba che non li avrebbe interrotti nessuno.
 
Heiji: «Bene!» si sedette su una delle panchine che erano state installate a mo' di salottino, con un tavolino davanti a esse. «Allora, direi che Hakuba può parlare per primo.» avanzò ridendo. 
 
Shinichi: «Io credo che sia meglio dirgli ciò che sappiamo noi, Hattori.» scosse la testa. 
 
Heiji: «Ma che ne so?? Fa' come vuoi!!» voltò la faccia dal lato opposto, appoggiandola sul palmo della mano. 
 
Hakuba: «Dunque…» si sedette anche lui e Shinichi fece lo stesso. 
 
Quest'ultimo gli raccontò ciò che Itou aveva detto loro, il che non stupì particolarmente il detective londinese. Aggiunse anche il particolare della lettera che gli aveva dato Kaito, ma senza menzionare il suo nome. Heiji, in seguito, narrò a Shinichi ciò che Tsukimi Akihiro aveva raccontato loro mentre erano nel nascondiglio nei sotterranei. 
 
Hakuba: «Essendo un amico di famiglia, l'avevo capito che c'era qualcosa che non andava in Itou-san. Era anche questo uno dei motivi per cui non potevo non essere al ballo e indagare su di lui. Certo è che non avrei mai potuto immaginare un risultato del genere.» accavallò le gambe. 
 
Shinichi: «Nemmeno noi. Ma la verità è che non avevamo gli elementi per stabilirlo, in ogni caso.» congiunse le mani. «Inoltre, le testimonianze che abbiamo avuto in generale da tutti, non avrebbero mai potuto portarci a uno scenario del genere. Non a stabilire e ricostruire tutto il passato di quell'uomo.»
 
Heiji: «Sì, ma anche di ciò che ci ha confidato Tsukimi Akihiro-san… cioè, era stato abbastanza facile, a un certo punto, capire che dietro tutto c'era lui. Soprattutto quando non è più tornato a fare da guardia alle scale, dopo che ci teneva così tanto. Aah! Questo era un caso composto da tre mentecatti da rinchiudere in manicomio al più presto possibile!!» li guardò con aria seccata. (Senza contare il fatto che tutti i miei piani sono andati in fumo… e Kazuha…) deglutì. 
 
Shinichi: «Non sarebbe male come idea.» si strinse nelle spalle. «Anche se ora come ora, il nostro massimo può essere sperare che chi non ha pagato con la vita, possa pagare in altri modi, pentendosi per come ha agito. Io ero riuscito ad arrivare al fatto che potesse essere il padre della primogenita di Itou-san, ma per il resto…»
 
Hakuba: «Eh. Magari, per te che avevi delle prove, era diventato qualcosa di semplice.» volse lo sguardo su Heiji. «A tal proposito, Tsukimi Akihiro… o meglio, la sua casa, alla fine ha finito davvero con l'andare in fiamme. Quella donna aveva ragione.»
 
Heiji: «Forse era una qualche complice, o non saprei… ma a questo punto, è stato davvero un bene che sia arrivata al momento giusto. Se no, credo proprio che saremmo morti…» deglutì. 
 
Shinichi: «Ah, giusto. Spiegatemi cos'è accaduto in quella stanza.» acuì lo sguardo.
 
Hakuba: «È successa una cosa assurda.» assunse un'espressione accigliata. «Nel momento in cui sarebbero dovute esplodere le bombe, tutto è rimasto com'era… cioè, era tutto intatto.»
 
Shinichi: «Eeeeeh?!» rispose con stupore.
 
Heiji: «Poi sono io quello che urla! Va'!» lo riprese. 
 
Shinichi: «Più che altro…» scosse la testa. «Non capisco, io ho visto le esplosioni con i miei occhi e le ho sentite con le mie orecchie! Com'è possibile?» strabuzzò gli occhi. (Mia madre non mi ha raccontato tutto nei minimi dettagli… però ho capito che c'era qualcosa che non andava, dal momento in cui ha addormentato Ran e mi ha chiesto di restare a terra con lei, nella speranza che Vermouth si avvicinasse a noi e loro potessero fare il loro lavoro…) 
 
Hakuba: «Prima che arrivassimo in quel posto e, immagino anche prima che ci arrivasse Tsukimi-san, qualcuno le aveva disinnescate, senza però disattivare il timer che ha continuato il conto alla rovescia. Infatti, le bombe che sono esplose non erano quelle, ma altre piazzate da questa donna misteriosa… o almeno, così crediamo, dato che lei non ci ha dato una spiegazione. È spuntata all'improvviso, poco dopo che avevamo udito le esplosioni.» spiegò ancora perplesso, cercando di ragionare. 
 
Heiji: «Ciò che importava più di tutto sia a me che a lui era di farla pagare a Tsukimi-san per aver ordito tutto quell'ignobile complotto! Tuttavia quella donna ci ha intimato di andarcene e che era la nostra ultima possibilità. Non è che avesse torto… ci siamo fatti prendere dal panico e siamo andati via, lasciando Tsukimi Akihiro insieme a lei.» distolse lo sguardo. 
 
Hakuba: «Aspetta, se parli così, sembrerà che ce ne siamo andati con la coda tra le gambe!» sospirò. «In un primo momento non abbiamo demorso e le abbiamo detto apertamente che avremmo portato in carcere anche lei. Abbiamo insistito fino al momento in cui non ci ha puntato una pistola contro, facendoci desistere. Credo che la paura di morire ci abbia scosso troppo. Io ero fermamente convinto che sarei saltato in aria, quindi, vedendo che mi si poneva nuovamente la possibilità di sopravvivere, non ci ho pensato due volte ad andarmene.» 
 
Heiji: «Ma cose!» lo riprese. «Comunque… Purtroppo, è stato lo stesso anche per me. Inoltre, questa persona era la stessa che, in seguito, ha aiutato tutti noi a uscire dai detriti dell'abitazione. Ma in quel frangente, quel criminale non era con lei, chissà che fine ha fatto!» sbottò stringendo un pugno. 
 
Shinichi: «Non saprei, ma evidentemente sapeva cosa faceva. Forse erano complici.» disse interessato al discorso. 
 
Hakuba: «È ciò che ho creduto anche io, la conclusione più logica.» rise. «Ma credo che non lo potremo mai sapere, dato che anche la polizia ne ha perso le tracce.»
 
Heiji: «Già. Pare che sia scomparsa poco dopo il recupero dell'ispettore Megure e dello zietto…» assunse una posa di riflessione. «Però ci ha detto che faceva tutto parte di un piano, nonostante non abbia specificato nulla a riguardo. Quindi ho pensato anche io che potesse essere tale.»
 
Hakuba: «Tuttavia, c'è anche un altro dettaglio che mi ha fatto credere che quei due fossero complici.» disse continuando a riflettere. 
 
Shinichi: «Ovvero?» alzò un sopracciglio. 
 
Hakuba: «A un certo punto, mentre stavamo per andare via, mi ha fermato per un braccio e mi ha chiesto di testimoniare il falso affinché quell'uomo si potesse salvare.» ammise rammaricato. «Ovviamente, non ero d'accordo, ma mi ha praticamente costretto a farlo o, in caso contrario, sarebbe arrivata a uccidere le persone che amiamo senza farsi alcuno scrupolo.»
 
Heiji: «Dunque, ha accettato.» sospirò seccato. «Non avevamo molte alternative…» rigirò le dita delle mani.
 
Shinichi: «Quali testimonianze false avreste fatto? A parte la morte di Tsukimi-san… perché a quanto ho capito, dato che lì dentro non è scoppiata nessuna bomba… è vivo, giusto?» li guardò perplesso.
 
Heiji: «Sì, esattamente. Dopo tutto ciò che ha fatto… se l'è anche cavata. Mah, meglio così. Sempre ammesso e non concesso che quella persona fosse una complice, perché in caso contrario, chissà che fine avrebbe potuto fare.» rifletté. «Quella donna aveva detto ad Hakuba che era sicura che la casa di Tsukimi-san non sarebbe arrivata intatta a stamattina, quindi, di avvisare la polizia per eventuali indagini o piste disponibili. Hakuba non ne voleva sapere di collaborare e lei gli ha assestato un calcio bello forte, così che se avesse dovuto mentire sulle sue condizioni fisiche con la polizia, non avrebbe avuto problemi!»
 
Hakuba: «Infatti non ne ho avuti.» gli lanciò uno sguardo poco rassicurante. «Ma il fatto che poi è effettivamente accaduto ciò che quella donna aveva previsto, può significare solo due cose.»
 
Shinichi: «O che ha cercato di distruggere delle prove… O che ti ha dato modo di fare dell'altro… Hai avuto il tempo di indagare una volta che ti hanno dimesso?» chiese rimuginando sulla situazione. 
 
Hakuba: «Ho avuto del tempo ma non ho trovato niente di che. Piuttosto, credo che ci sia un qualche significato dietro a tutto questo, ma non riesco a capirlo. E il fatto che quell'uomo possa essere salvo da qualche parte, mi fa salire i nervi…» strinse un pugno e poi si alzò. «Bene, direi che è arrivato il momento di andare a vedere se posso capire come sta Aoko-san.»
 
Shinichi: «So che non sarà di consolazione, ma magari sconterà in qualche altro modo, anche se non lo conosceremo.» annuì. 
 
Heiji: «Già il fatto che volesse crepare e che, con tutta probabilità è ancora vivo, la dice lunga!» ridacchiò. 
 
Shinichi: «La tua amica, invece, era nella camera di Itou-san, non so se ci sia ancora.» 
 
Hakuba: «Conoscendola… forse sì.» sorrise. «Ah, giusto. Che fine ha fatto Kaito Kid?»
 
Shinichi: «Mh? In che senso?» sbatté le palpebre. 
 
Hakuba: «So per certo che aveva preso le tue sembianze e si era spacciato per te. L'ho capito da come si comportava… e, soprattutto, da come parlava di Aoko-san. È vero che è un abile ladro, ma a volte si fa scoprire con poco. Inoltre, all'inizio della serata, si era travestito da donna. Era lui la persona che mi è sbattuta addosso quando ero ancora fuori dalla villa. Mi chiedo se l'abbia fatto apposta, ma immagino di sì.» ammise seccato. 
 
Shinichi: «Ah… Non lo so. A un certo punto è scomparso dalla mia vista e non ho più capito dove fosse andato… Purtroppo non era davvero il caso di indagare su di lui. Anche se, la prossima volta… non mi sfuggirà per certo!» esclamò con gli occhi che brillavano di luce propria. 
 
Hakuba: «Strano. Allora immagino che per stavolta abbiate stipulato un qualche armistizio.» ridacchiò. «Alla prossima!» se ne andò, salutandoli con la mano.
 
Heiji: «Seeeh, a mai più!» guardò Shinichi. «Devo aspettare domani per parlare umanamente con te?»
 
Shinichi: «Che ci posso fare io?» lo guardò male. 
 
Heiji: «Per farti un riassunto più dettagliato---»
 
Shinichi: «Non ce n'è bisogno, credo di aver capito.» si alzò. «Ma in caso, sì, domani andrà più che bene!»
 
Heiji: «Anche perché, tu stesso devi darmi delle valide spiegazioni!» insistette. 
 
Shinichi: «Io? E su cosa?» chiese perplesso. 
 
Heiji: «Poi ne parliamo, va'...» si alzò e fece per tornare dentro l'ospedale con Shinichi, ma si fermarono non appena videro una scena particolare. 
 
Davanti a loro c'erano Hakuba, Sato, Takagi, Aoi e Shadir, quindi restarono a origliare ciò che stessero dicendo. 
 
Sato: «Non vogliamo rubarti molto tempo, ma ne vorrebbe approfittare…» puntò Aoi con lo sguardo. 
 
Hakuba: «Mh?» si chinò all'altezza della bambina. «Cosa c'è?»
 
Aoi: «Volevo ringraziarti.» allungò le braccia davanti a sé, mostrandogli un album di foto. «Mi hanno detto che è grazie a te che posso averlo con me. Quindi grazie. Qui ci sono tutte le foto della mamma, anche quelle dov'è insieme a me e papà. Se non l'avessi salvato, l'avrei perso per sempre. E anche gli altri… grazie.»
 
Hakuba: «È stato un puro caso, piccola. Ho ben pensato che potesse essere una prova sfruttabile e me ne sono appropriato.» sorrise gentilmente. 
 
Aoi: «Io ti sono grata lo stesso, non importa il mezzo. Importa che tu l'abbia fatto. Quindi, grazie.» ritrasse l'album e lo strinse forte al petto. 
 
Hakuba: «Se la metti così… prego, non c'è di che.» rispose casualmente.
 
Shadir: «Sì, ma ora ti levi da Aoi-chan?!» si mise tra i due. 
 
Takagi: «Ehm… non voleva fare niente di male… quindi evita.» lo spostò da lì. «Grazie anche da parte nostra.»
 
Sato: «In realtà, non è stato affatto utile per le indagini, ma immagino che tu lo sapessi bene. Quindi te lo meriti questo ringraziamento.» ridacchiò soddisfatta. (Da come si era comportato in precedenza, non l'avrei mai detto…)
 
Hakuba: «Mpf…» scosse la testa. «Non credo di aver fatto niente di che. L'ho detto che era una questione di intuito, no? Tuttavia, se potete scusarmi.» si inchinò. 
 
Aoi: «Ciao.» fece per sollevare un braccio e salutarlo, ma esitò e poi lo abbassò. 
 
Shadir: «Eh, no!» lo sollevò e lo mosse per lei. «Devi darti da fare, che ti hanno detto??»
 
Aoi: «Sì, lo so, Shad.» guardò Hakuba andare via. 
 
Shadir: «Allora la prossima volta fallo da te, siamo intesi?» la guardò negli occhi. 
 
Aoi: «Ci proverò.» annuì. 
 
Shadir: «Bravissima!!» la prese per mano. «Ti amo un casino, Aoi-chan!»
 
Aoi: «Anche io, Shad.» accennò un piccolo e timido sorriso. 
 
Takagi: «Ecco, bravi!» li accarezzò in testa. «Adesso venite con noi, così vi potrà visitare il dottore e poi potremo tornare in centrale.»
 
Aoi: «OK.» rispose senza alcuna intonazione. 
 
Shadir: «A me basta stare con Aoi-chan!! Ovunque…» rivolse un sorriso sghembo a Takagi. 
 
Takagi: «Ehm… come avete detto voi…» sospirò. «Andiamo, Sato-san?»
 
Sato: «Sì, andiamo!» fece strada verso gli ambulatori. «Ah… voi andate avanti, io devo fare una cosa.»
 
Takagi: «Eh? Cosa dovresti fare?» chiese perplesso.
 
Sato: «Devo parlare con due persone. Ma non ci starò molto!» li salutò con la mano. 
 
Takagi: «Come hai detto tu…» sospirò e andò via con i bambini. 
 
Sato si avvicinò all'angolo dove Heiji e Shinichi stavano origliando. 
 
Sato: «Scusate, vi disturbo?» diede qualche colpo di tosse per far capire loro che li aveva visti. 
 
Shinichi: «N-No, si figuri!!» gesticolò, riempiendosi di gocce di sudore in viso. 
 
Sato: «Meno male… Ho provato a contattare il dottor Agasa per sapere come sta Conan-kun, ma non ci sono riuscita in alcun modo!» fece spallucce. 
 
Shinichi: «Aaah, ma lo sa com'è fatto…!» forzò un bruttissimo sorriso sul viso.
 
Sato: «Più o meno… volevo parlare con quel bambino per dirgli una cosa in particolare.»
 
Heiji: «Cosa? Il dottor Agasa mi sta ospitando e potrei dirglielo io!» disse improvvisamente per cercare di togliere Shinichi da eventuali guai. 
 
Sato: «Davvero…?» lo guardò perplessa. 
 
Heiji: «Certo! Quando sono nei dintorni, io e Ku--- Co-Co-Conan-kun siamo sempre insieme!!» rispose balbettando. 
 
Sato: «Anche questo è vero…» si mise una mano in faccia. «D'accordo, ma acqua in bocca ok?» li guardò male ma speranzosa. 
 
Loro annuirono senza farsi problemi. 
 
Sato: «Riguarda Aoi-chan. Quella piccola ha ricevuto una perizia psichiatrica qualche tempo dopo che sua madre è venuta a mancare, a causa del fatto che fosse diventata "assente".» si fece seria in viso. 
 
Shinichi: «Intende… come l'abbiamo conosciuta noi? Tipo un fantasma?»
 
Sato: «Sì. Quando era piccola, era una bambina del tutto normale. Tuttavia, la morte della madre l'ha turbata al punto da annullare quasi se stessa… fino a diventare la bambina che è oggi.» disse con rammarico. 
 
Heiji: «Ciò a cui sta alludendo è il fatto che c'è un modo affinché possa sembrare più norm--- umana?» cercò di trovare le parole più corrette per definirla. 
 
Shinichi: «Guarda, Hattori… detto da te suona ridicolo.» mormorò. 
 
Sato: «Sì. Anche lei lo sa e insieme a Shadir-kun, faranno del loro meglio.» annuì. «Volevo che lo sapesse anche Conan-kun al più presto, dato che si conoscono. Così ne parlerà a tutti i bambini.»
 
Shinichi: «Ma certo, non ci sono problemi! Non appena li vedrò a scuola, ne parlerò con tutti loro.» annuì contento. 
 
Sato: «Aah, quindi hai deciso di tornare anche tu, Kudo-kun?»
 
Heiji trattenne le risate per un pelo. 
 
Shinichi: «Ah… No! No! Io… No! Ma chissà se riuscirò ad accompagnare Conan-kun a scuola e vederli tutti…!!!»
 
Heiji: «Naaaah, glielo dirò io!» si asciugò le lacrime dagli occhi. 
 
Shinichi lo fulminò con lo sguardo. 
 
Sato: «Per me, l'importante è che lo sappia. So che mi posso fidare di voi!» sollevò una mano per salutarli. «A presto e grazie!!»
 
Heiji: «Arrivederci!!» la salutò anche lui con la mano.
 
Shinichi: «Arrivederci!!» finse un sorriso fin quando non la vide sparire all'orizzonte.
 
Successivamente, si mise una mano in faccia per la brutta figura che aveva fatto. 
 
Heiji: «Vabbé, Kudo! Non avrà mica capito nulla! Stai tranquillo!» gli diede una pacca. «Penso che adesso possiamo uscire allo scoperto…» si guardò intorno. 
 
Shinichi: «Lo so, ma ho abbassato troppo la guardia… non avrei dovuto.» sospirò. «Sì, dovremmo essere io, tu e qualche infermiera, al massimo.» fece lo stesso anche lui.
 
Heiji: «Sì, su!» fece spallucce. «Più che altro, quell'Hakuba è davvero allucinante, non c'è niente da fare!» esclamò lamentandosi. 
 
Shinichi: «Come ho detto prima… vale anche per te, Hattori!» rise. 
 
Heiji: «Ma va'!» sospirò e poi si mise le mani in tasca. «Questa volta ce la siamo vista brutta…»
 
Shinichi: «Davvero…» rifletté. «Se non fosse stato per l'aiuto che ci hanno dato tutti, saremmo morti.»
 
Heiji: «Mmh…» sollevò gli occhi. 
 
Shinichi: «Comunque, Hattori. Riguardo ciò che mi avevi detto durante la nostra ultima telefonata…»
 
Heiji: «Aah---! Quale telefonata?? Io non ricordo niente!» disse con una goccia di sudore che gli scendeva giù dal viso. 
 
Shinichi: «Fai pure il finto tonto, tanto le carte in tavola non cambieranno.» lo guardò male. «Volevo dirti che, per quanto tu non mi abbia parlato di quella questione in modo chiaro e tondo, sono pur sempre un detective.» rise pieno di sé. «Quindi l'avevo già capito che ti piace Kazuha e che non sai come dichiararti a lei!»
 
Heiji: «…» diventò una lastra di ghiaccio, poi scosse la testa. «Che strane idee che ti vengono in testa, Kudo!» si mise a ridere come uno scemo. «Perché non cambiamo argomento?? Ecco! Piuttosto, come farai adesso con Ran-san?»
 
Shinichi: «Beh… le dirò che torno al mio lavoro di sempre.» sollevò il viso verso il soffitto. «Prima che crollasse tutto, lei mi ha detto qualcosa che mi ha lasciato un trauma.»
 
Heiji: «Mh? Cosa?» lo guardò stupito. 
 
Shinichi: «In poche parole, mi ha fatto capire che lei conosce il mio segreto.»
 
Heiji: «Eeeh?? Kudo, ma hai idea di cosa significhi??» sbottò scioccato. 
 
Shinichi: «Sì… che è in pericolo, Hattori.» rispose crucciato. 
 
Heiji: «Veramente… io mi riferivo al fatto che tu l'hai presa in giro per tanto tempo, ma a quanto pare… è lei che lo sta facendo con te.» rise con tono di scherno.
 
Shinichi: «Sì, certo. Tu ridi e scherzi, ma la verità è che non puoi capire i miei sentimenti!» ribatté con stizza. 
 
Heiji: «Questo è vero. Ma mettila così, sarebbe un buon inizio se le volessi raccontare la verità.»
 
Shinichi: «Ti ho già detto che non lo farò e sicuramente non cambierò idea. Non adesso che potrei essere tanto vicino a loro…» acuì lo sguardo. 
 
Heiji: «Già… ma alla fine, cosa voleva quell'Organizzazione dalla bambina che hanno rapito? O da quel gatto?» lo guardò perplesso. 
 
Shinichi: «Non ne ho idea, Hattori. A voi Tsukimi-san non sembra aver detto nulla a riguardo, da ciò che ho capito.»
 
Heiji: «Non l'abbiamo mica visto, sai?» lo guardò storto. «Intendo Tsukimi Ryu-san.»
 
Shinichi: «Sì, ovviamente lo so. Ma mentre ragionavo, ho pensato che forse… Non sia stato davvero lui a collaborare con l'organizzazione, ma Tsukimi Akihiro-san. Se tu non ne sai niente, sono sicuro che qualcun altro ce lo farà sapere, non appena possibile.»



In un'altra ala dell'ospedale, Masumi si trovava davanti alla porta di una stanza. 
 
Masumi: (Bene, non mi rimane altro da fare che entrare e parlare con lui.) prese un grande respiro. (Credo di non essere mai stato così tanto nervoso prima di parlare con qualcuno. Non mi resterà altro da fare che sperare che non mi faccia battute delle sue.) fece per bussare, ma sentì parlare qualcuno dall'interno e appoggiò l'orecchio alla porta per origliare. 
 
…: «D'accordo… Allora vado a prenderli e ritorno, va bene?»
 
Chihiro: «Sì. Mi raccomando, portane più che puoi!»
 
…: «Non c'è niente da fare con te.»
 
Masumi: (Chi sarebbe questo qua che parla con Koseki-kun??) si spiaccicò ancora di più con l'orecchio sulla porta. 
 
Chihiro: «Ricorda che sono in un letto d'ospedale e li necessito…»
 
…: «Lasciamo perdere.» aprì la porta di scatto, vedendo Masumi che gli stava per precipitare addosso. «Aaah!!» fece per sostenerla, ma lei tornò dritta sulle spalle dopo aver barcollato un po'. 
 
Masumi: «Ah, scusa! Eheheh~» accennò una risata cercando di non dare tanto nell'occhio. 
 
Chihiro: «Sera-san! Che bello sapere che stavi origliando!!» esclamò entusiasta. 
 
Masumi: «Non ho fatto niente del genere, che ti pare?? Cioè…» volse lo sguardo sull'altra persona che era con lui. «Fammi capire, tu sei suo fratello gemello?»
 
…: «Sì, mi chiamo Koseki Hotaru. Tu, invece…?» guardò Chihiro. «Non l'ho mai visto a scuola…»
 
Chihiro, seduto sul letto con le spalle appoggiate sul cuscino, scoppiò a ridere. 
 
Chihiro: «È la bellissima ragazza di cui ti ho parlato!» sorrise soddisfatto. 
 
Hotaru: «Mi stai prendendo in giro?» squadrò Masumi in lungo e in largo. 
 
Masumi: «Io mi chiamo Sera Masumi, piacere!» cercò di nascondere l'imbarazzo per il complimento ricevuto. «Tuo fratello riesce a essere un cafone e a fare sentire le persone fuori luogo quando vuole!» disse con stizza. 
 
Chihiro: «Ma che dici? È semplicemente nor---»
 
Hotaru: «È un tipo piuttosto imbarazzante, mi dispiace.» scosse la testa. «E scusa anche il mio comportamento, Sera-san. Pensavo fossi un ragazzo.»
 
Masumi: «Figurati, non sei il primo e non sarai nemmeno l'ultimo, credimi!» rise, riprendendo piene facoltà di sé. 
 
Chihiro: «Vedi che ci conto.» guardò Hotaru negli occhi. 
 
Hotaru: «Sì.» si mise una mano in faccia. «Credi di esserci tra un quarto d'ora, Sera-san?»
 
Masumi: «No, sono passato per un saluto veloce. Ma è stato lo stesso un piacere!» sorrise decisa. 
 
Hotaru: «Capisco, lo è stato anche per me. Arrivederci!» la salutò con una mano. 
 
Masumi: «Ciao!!» ricambiò il saluto e il ragazzo andò via. 
 
Chihiro: «Potresti chiudere la porta, per favore?» la indicò. 
 
Masumi: «Non posso rispondere di no, eh?» la chiuse. «Non vi somigliate molto, ma avete gli stessi occhi!»
 
Chihiro: «Siamo eterozigoti, infatti.» annuì contento.
 
Masumi: «Aaah, ecco perché!!» annuì. «Comunque, vedo che stai bene! Fai parte della squadra degli immortali anche tu?» ridacchiò. 
 
Chihiro: «Immortali? Mah, forse dopo oggi… direi proprio di sì.» sorrise. «Mi dimetteranno domani se dopo ventiquattro ore di osservazione risulterò idoneo.»
 
Masumi: «Ottimo!! Immagino che dovrai restare a casa almeno per una settimana, però… data l'entità del trauma. Ti sei pur sempre spaccato la testa.»
 
Chihiro: «Sì, ma sto già meglio. E quando mio fratello mi porterà i miei dolci, starò ancora meglio di adesso!!» sorrise felice. 
 
Masumi: «Ti porta dei dolci benedetti?» si mise a ridere. «Scherzi a parte, è un bene che non sia successo niente di grave.»
 
Chihiro: «Davvero! Certo, mi dispiace per chi ha tirato le cuoia, però la colpa è tutta sua.» scosse la testa. «Ma dimmi, sei qui perché hai saputo qualcosa dalla polizia?»
 
Masumi: «Più o meno…» si sedette vicino a lui. «Non ho trovato i soliti agenti che comunicano tutto a chiunque, quindi non mi hanno saputo dire niente, tranne che posso stare tranquillo. Dunque, ne deduco che faranno qualcosa per te.»
 
Chihiro: «Esattamente. Mi hanno detto che riapriranno il caso. Tsukimi Ryu-san ha confessato… ed è stato davvero lui a uccidere mio padre.» strinse forte due lembi delle lenzuola. «Non avevo dubbi, ma sentire la conferma mi ha… del tutto… distrutto.» serrò i denti. 
 
Masumi: «Non è di molta consolazione, ma almeno… giustizia è stata fatta.» guardò i pugni del ragazzo e pensò al suo stesso padre. 
 
Chihiro: «Sì. La mamma è ancora alla centrale di polizia.» sospirò, cercando di distendere i nervi. «Adesso posso andare avanti. Posso guardare al mio futuro con un approccio positivo… ed è grazie a te.» la guardò negli occhi. «Grazie, Sera-san.»
 
Masumi: «La verità è che sei stato fortunato che Tsukimi-san abbia vuotato il sacco, ma, prego, non c'è di che! Era pur sempre il mio lavoro!» annuì soddisfatta. 
 
Chihiro: «Giusto.» assunse un'espressione seria. «Come posso ripagati? Cioè, io ti sono grato per ciò che hai fatto, quindi vorrei ricambiare, in qualche modo.»
 
Masumi: «No, non c'è bisogno!» gesticolò. «A me interessa solo risolvere i casi, non ricevere qualcosa in cambio!!»
 
Chihiro: «Però ti sei messa nei guai a causa mia… permettimi di fare qualcosa per te!» disse determinato.
 
Masumi: «Ma non voglio niente, te l'ho detto! E non voglio che tu faccia niente.» rifletté. «Anzi, sì. Una cosa c'è, ma è già in atto, quindi non mi serve!» si alzò. «Allora io vado!»
 
Chihiro: «Aspetta!! Cosa sarebbe…?» la guardò perplesso, mentre una gentile brezza che partiva dalla finestra si levava su Masumi, irradiata anche dalla luce del sole. 
 
Masumi: «Vai avanti e sii orgoglioso di te e della tua famiglia!» gli fece l'occhiolino. «Arrivederci, Koseki-kun.» gli diede le spalle. 
 
Chihiro: «Questo suona come un addio, sai? Ma io non demorderò mai. Non importa quanto tempo ci vorrà. Io… sono davvero felice di averti conosciuta.» il tono della sua voce era fermo ma triste. 
 
Masumi: «Sei sulla strada sbagliata, ma fa' pure come preferisci! Ci si vede!» aprì la porta, uscì e la chiuse alle sue spalle. 
 
Chihiro: «A presto… Sera-san.» sorrise interdetto, ma con il cuore che gli batteva forte per l'adrenalina. (Un giorno… conquisterò il tuo cuore!) 



In tutt'altro luogo, ben nascosto dalla popolazione di Beika… 
 
Shiho: «Potrebbe spiegarmi con esattezza cos'è accaduto ieri notte?» chiese guardando l'orologio che era appeso al muro. 
 
Yukiko: «Beh… Credo di poterlo fare, sì… Ma non preferiresti che a farlo fosse qualcun altro?» le fece l'occhiolino. 
 
Shiho: «Come?!» rispose di soprassalto. «Non so a chi si stia riferendo, ma lei va più che bene.» cercò di ritrovare la sua compostezza di sempre. 
 
Yukiko: «Eppure, sai… Io mi sono fatta delle idee a riguardo~» la punzecchiò.
 
Shiho: «Mi sa che nella vostra famiglia pensate troppo.» sollevò gli occhi verso l'orologio e sbuffò. 
 
Yukiko: «Eh eh eh… Ma io ho una certa esperienza in questo campo!!» le diede qualche leggera gomitata. 
 
Shiho: «Io ho esperienze solo relative ai campi di calcio, invece.» volse lo sguardo su di lei. «Se non me ne vuole parlare, faccia pure come le pare, aspetterò.»
 
Yukiko rise divertita. 
 
Punzecchiare una ragazza col carattere difficile come quello di Shiho non le dispiaceva per niente. In quel momento, si trovavano all'interno di una casetta poco distante dalla cittadina di Beika. Era piccola e dalle pareti sottili, ma situata in un posto strategico. Le due donne stavano cucinando qualcosa per il pranzo ed erano in una cucina non molto grande e abbastanza dismessa. Shiho era arrivata lì da circa due ore, accompagnata da Yukiko, mentre Rei era stato portato in quel luogo da Akai e Camel poco dopo averlo tratto in salvo. Era stato operato da un medico underground, così che nessuno venisse a conoscenza della sua identità. 
 
Yukiko: «Mpf… ahahah!» si portò una mano davanti alla bocca. 
 
Shiho: «La faccio ridere così tanto?» assunse uno sguardo bieco, per poi voltarsi nuovamente a guardare l'orologio. 
 
Yukiko: «Sì, sei troppo carina!» si asciugò una lacrima dagli occhi.
 
Shiho: «Carina? Io?» continuò a guardarla in modo obliquo. «In che senso?»
 
Yukiko: «Fai tanto la dura, ma in realtà, chissà quanto non vedi l'ora di parlare con lui!!» annuì felice. «Eh sì, anche questo fa parte del potere della gioventù!!»
 
Shiho: «Si sta sbagliando di grosso. A me non importa proprio un bel niente di quell'uomo lì!» replicò con stizza. 
 
Yukiko: «No, eh? Eppure…» si portò l'indice sulle labbra. «Non fai altro che controllare l'orologio…!»
 
Shiho: «È chiaro! È perché tra non molto andrò via!» rispose a tono. 
 
Yukiko: (Certo… dove, in questo stato, per l'esattezza?) ridacchiò. «E allora… cosa mi dici di ciò che stai cucinando? Non è una porzione per una sola persona? Mi sbaglio?» sbatté lentamente le palpebre. 
 
Shiho: «Non è colpa mia, non c'erano abbastanza verdure…!» cercò di discolparsi. 
 
Yukiko: «Eppure… il frigo era ben rifornito… Se guardi bene in questo momento, vedrai che---»
 
Shiho: «E va bene!» sospirò. «Non c'è niente da fare con lei...» sorrise amaramente. (Chissà se con la mamma avrei avuto un rapporto del genere…) 
 
Yukiko: «Ecco, ecco!!» si avvicinò a lei. «Dimmi, cosa ti piace di più di lui?» ridacchiò. 
 
Shiho: «Non so a chi si stia riferendo, ma preferirei che la smettesse di provocarmi.» la guardò male e poi scoppiò a ridere. 
 
Yukiko: «Adesso ti faccio ridere io, eh?» sorrise dolcemente. «Ma almeno, sono riuscita a rompere il ghiaccio!! Evviva!!»
 
Shiho: «Mpf… che donna particolare…» scosse la testa. «Vado a vedere se si è svegliato… se no, gli lascio in caldo questa zuppa di verdure e vado via. Credo di aver fatto abbastanza.» mise il piatto e un bicchiere d'acqua su un vassoio. 
 
Yukiko: «Fai come preferisci.» annuì. «Io controllo un po' cosa c'è nei paraggi per essere sicura che sia tutto a posto.»
 
Shiho: «D'accordo. In caso, le farò sapere quando andrò via.» le diede le spalle e fece per uscire dalla stanza. «Credo… che sia il cuore. È quella la cosa che mi piace di più di quell'uomo.» arrossì e si allontanò prima che Yukiko potesse risponderle. 
 
Yukiko: «Eeeh… quanto c'è voluto?» ridacchiò. «Anche Shin-chan ha un carattere orrendo, ma forse… Nooo, mio figlio ha il peggior carattere su tutti! Forse è secondo solo a mio marito! Quanto sono monelli! ♡» andò via, uscendo dalla porta secondaria. 
 
Shiho, intanto, raggiunse la porta che la divideva dalla stanza dove si trovava Rei. 
 
Shiho: (Contando il fatto che starà dormendo… Forse… Farei prima a lasciargli un biglietto? Mi sento patetica ad avergli rivelato cose di me che non sa nessuno… di avergli parlato dei miei sentimenti…) pensò alle parole di Rei e arrossì. (E… non posso dimenticare che mi ha rubato il mio primo bacio. L'altra volta ho lasciato correre, ma quando possibile… Me la pagherà.) fissò nuovamente la porta, sentendo chiaramente che le guance le scottavano per l'imbarazzo. (Che schifo di situazione…) deglutì. (Non mi rimane altro da fare che entrare e lasciare il biglietto. Bene. Sì. È la scelta migliore!!) aprì la porta più piano che poté, così da non fare alcun rumore. 
 
Una volta dentro la stanza, appoggiò il vassoio su una scrivania che c'era poco lontana dalla porta e poi chiuse quest'ultima, facendo nuovamente attenzione al rumore.
 
Shiho: «Perfetto.» mormorò a voce bassissima. (Adesso non mi rimane altro che scrivere il biglietto e lasciar---) 
 
Rei: «Shiho-san…?» disse con un tono di voce abbastanza tranquillo. 
 
Il cuore di Shiho saltò per la sorpresa e si voltò di scatto verso di lui. 
 
Shiho: «Ma quindi… eri sveglio?!» lo guardò con gli occhi di fuori e il cuore in gola. «Mi hai fatto prendere un colpo! Non potevi dire qualcosa non appena mi hai vista entrare?!»
 
Rei: «A dire il vero… ho sempre avuto gli occhi aperti. Se mi avessi degnato di uno sguardo, l'avresti visto da te.» ridacchiò. 
 
Shiho: «Non ero interessata a farlo, dato che sarei andata subito via.» sospirò stancamente. «Ormai, già che ci sono…» lo guardò in modo altezzoso. «Come ti senti?»
 
Rei: «Abbastanza bene.» sorrise. «Sapere che sono vivo è il dono più bello che abbia ricevuto oggi. Ma, come dire… ero certo che non sarei morto, mettiamola così.»
 
Shiho: «Ho capito che c'era qualcosa che hai fatto… e che aveva lo scopo di farmi scappare dalle grinfie dell'Organizzazione… ma non è andata a buon fine. Mi sbaglio?» acuì lo sguardo. 
 
Rei: «Sì, però… siamo ancora in tempo, se---»
 
Shiho: «Non ci sono se. La mia vita me la scelgo da sola. E già qualche tempo fa ho capito cosa fare affinché io possa essere felice. Non ho bisogno di essere protetta da nessuno. Io…» restò in silenzio per qualche attimo. «Ho solo bisogno di essere libera. Libera di poter fare ciò che mi pare e piace con chi voglio io, quando lo dico io e come lo dico io. Voglio essere padrona della mia vita e ti assicuro che mai nessuno riuscirà mai più a togliermela.»
 
Rei: «Una risposta così diretta… La sento quasi come un rimprovero in seguito a ciò che ho provato a fare. È così?» chiese in modo retorico. 
 
Shiho: «Rimprovero, dici?» rifletté. «Certo. È tutto ciò che meriti per avermi presa in giro e avermi rubato un bacio. Anzi, ti meriti di peggio. Ma prima che ti possa dire altro… ce la fai a sollevarti? È importante che tu metta qualcosa nello stomaco. Aiuterà la guarigione. Yukiko-san ha preparato tutte le verdure migliori che ti garantiranno una guarigione celere.»
 
Rei: «…» la guardò negli occhi. 
 
Shiho: «Che c'è?!» cercò di non vacillare. 
 
Rei: «Niente… la ringrazierò sicuramente, quando sarà possibile.» rise. «Credo di potermi sollevare per mangiare, sì.» cercò di farlo, facendo forza sulle braccia.
 
Shiho: «Aspetta.» cercò di rendere i cuscini più compatti e lo fece distendere con la schiena su di essi. «Così ti fa male?». 
 
Rei: «No, va bene!» si mise comodo. «Però mi fanno male i muscoli delle braccia.»
 
Shiho: «Non accampare scuse, non sono stupida!» lo guardò piena di rabbia. «Vuoi soltanto essere imboccato, l'ho capito, sai?»
 
Rei: «Eh?» la guardò perplesso. «Perché dici una cosa del genere?»
 
Shiho: «Perché da quel che ho capito di te, non sei solito lamentarti di ciò che ti fa male o no.» prese il piatto e lo scoprì. «Ma in ogni caso, pensavi davvero che ti avrei fatto fare da solo, eh? Sei pur sempre stato operato da qualche ora, è normale che ti faccia tutto male, anche perché, in seguito a ciò che è accaduto… hai preso un sacco di botte.» si sedette su una sedia vicino al letto. 
 
Rei: «Mpf… mi hai scoperto!» sorrise un po' imbarazzato. «Anche se, proprio come hai detto, non è una bugia. Ma dimmi… tu sai chi mi ha portato qui? Dopo che tu e Yukiko-san siete andate via, credo di aver perso conoscenza.»
 
Shiho: «Non lo so. Yukiko-san ha fatto di tutto pur di non parlarmene, quindi sarà una persona che vuole restare nell'anonimato.» lo guardò male. (Ma non è che non lo abbia capito… che nonostante volessi metterlo nel sacco io, in realtà lui ha fatto il doppio gioco…) 
 
Rei: «Ho capito… allora credo di averla inquadrata… questa persona X.» fece spallucce.
 
Shiho: «Ovvio.» sollevò il cucchiaio. «Forza, o si fa freddo!»
 
Rei: «Buon appetito!» aprì la bocca. 
 
Shiho lo imboccò anche se la cosa la imbarazzava parecchio e non voleva darlo a vedere. Non ci aveva mai fatto caso, ma Rei a volte sembrava avere l'espressione di un bambino. 
 
Rei: «È buonissimo!!» esclamò soddisfatto.
 
Shiho: «Ti piace davvero?» chiese curiosa. 
 
Rei: «Sì, moltissimo!!» sorrise felicissimo. «Devo davvero ringraziare tantissimo Yukiko-san per avermi permesso di mangiare una prelibatezza simile!»
 
Shiho: «È naturale che fosse buono, ci ha messo un sacco d'impegno a farlo! Perché vuole che ti riprendi presto.» continuò a imboccarlo. «Quindi… forse non c'è bisogno che la ringrazi, l'ha fatto perché doveva.»
 
Rei: «Eh?» la guardò perplesso. «Shikuha he shia coshì*?» disse con il boccone ancora in bocca. 
(Sicura che sia così?) 
 
Shiho: «Ovvio!!» gli porse un tovagliolo. «Quello era il tuo ultimo boccone.» si alzò dalla sedia e gli diede le spalle. «E comunque, ricorda ciò che mi hai detto qualche ora fa. Devi ancora raccontarmi ciò che è accaduto.» si voltò verso di lui. «Tutto, anche di loro. È chiaro?»
 
Rei: «Lo farò.» si pulì le labbra. «Anche se ci sono cose che hanno maggiore priorità.» sorrise. 
 
Shiho: «Lascia che decida io la priorità da dare alle cose che m'interessano! Certo che prima lo dici a me, ma il caratteraccio che ti ritrovi tu non lo tieni in conto?!» scosse la testa. «Sempre buono, bravo e gentile… È proprio vero che ti devi spaventare di questo genere di persone!» gli porse il bicchiere con l'acqua. 
 
Rei: «Grazie.» lo prese e la bevve tutta, poi glielo restituì. 
 
Shiho: «Prego.» lo mise nuovamente sul vassoio. «Tuttavia…» lo aiutò a mettersi giù. 
 
Rei restò a fissarla senza dire nulla. 
 
Shiho: «Sono felice che tu sia sopravvissuto… e che sia andato tutto per il meglio.» non riuscì a trattenere un sorriso. 
 
Rei: «Anche io lo sono, gr---»
 
Shiho: «Prego! Sei un tipo davvero noioso! E comunque, sappi che sono felice solo perché non avrò rimpianti, hai capito?» prese il vassoio con sé. «Me ne vado!»
 
Rei: «Sì, sì, ho capito.» ridacchiò. «Ti farò sapere.»
 
Shiho: «Spero di essere libera per quando accadrà!» rispose con stizza, ma ridendo. 
 
Rei: «Lo spero anche io! O al massimo… niente cena e ci vedremo solo quando capiterà, senza poter parlare di nulla.» fece spallucce, convinto di ciò che diceva. 
 
Shiho: «Ma sentilo...» sospirò. «Bye bye.»
 
Rei: «A presto.» sorrise e chiuse gli occhi.
 
Shiho andò via più velocemente che poté. 
 
Rei: (Non c'è davvero niente da fare con te… Facciamo che terrò per me il fatto che ho inavvertitamente sentito tutto ciò che avete detto tu e Yukiko-san… Grazie per l'ottimo pranzo, Shiho-san.)
 
Mentre Shiho e Rei parlavano, Yukiko si era diretta fuori come aveva precedentemente annunciato alla ragazza che era con sé. 
 
Yukiko: «Sei sicuro di non volerle dire la verità? Tanto lo scoprirà lo stesso~» si avvicinò a un uomo con un berretto di lana in testa. 
 
Akai: «Sì. Al momento è la cosa migliore da fare.» rispose stoico. 
 
Yukiko: «Io non credo… penso che le dovresti parlare riguardo---»
 
Akai: «No. Credo che lei abbia già capito tutto e che stia aspettando una conferma… che non arriverà presto.» annunciò non perdendo il sorriso che aveva sulle labbra. 
 
Yukiko: «Oh… quindi sai essere anche un sadico… non l'avrei mai detto!» ponderò secondo le parole dell'uomo. 
 
Akai: «Non so se mi potrei definire tale. Però non è ancora arrivato il momento, tutto qui. Ma le parlerò, anche se sotto mentite spoglie.»
 
Yukiko: «E per quanto riguarda… lui?» chiese incuriosita. 
 
Akai: «Non c'è bisogno che gli dica niente. Sapeva che sarei andato in suo soccorso, comunque. Era pur sempre con me che avrebbe dovuto vedersi, se il piano fosse andato a segno.» rifletté. «In ogni caso, se ci penserà, lo potrà capire senza che io gli dica niente.»
 
Yukiko: «Questo è vero, ma… insomma, sei sempre di così poche parole!» gonfiò le guance in segno di protesta. 
 
Akai: «Ogni cosa a suo tempo. Arriverà anche il momento in cui sapranno la verità sul resto...» acuì lo sguardo. «Ma non sarà oggi.»
 
Yukiko: «Come vuoi, come vuoi~» si rasserenò. 
 
Akai: «Credo che per me sia giunto il momento di andare.»
 
Yukiko: «Eh? Di già?» rispose perplessa. «Ho perfino preparato qualcosa per il pranzo!»
 
Akai: «Allora lo mangerò non appena lei andrà via. Grazie, Yukiko-san.»
 
Yukiko: «Di nulla!!» esclamò arrossendo. «Allora io tornerei dentro!»
 
Akai: «A più tardi.» si accese una sigaretta e guardò verso l'orizzonte. (Anche se non sei più qui… manterrò per sempre la nostra promessa, costi quel che costi.) 
 
Il pensiero dell'uomo era rivolto alla donna che amava, Miyano Akemi. Avrebbe sempre fatto tutto il possibile affinché il loro legame restasse vivo nonostante la sua morte, tramite quella promessa che non avrebbe mai spezzato per nessuna ragione al mondo… fin quando gli sarebbe stato possibile.

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Capitolo 45
*** Arrivare a te ***


Nel tornare indietro, Hakuba vide sia Aoko che Ran uscire dalla stanza di Itou. 
 
Hakuba: «Ah, eccoti qui, Aoko-san!» le fece un cenno con una mano.
 
Aoko: «Hakuba-kun!!» si avvicinò a lui insieme all'amica. «Come stai?»
 
Hakuba: «Piuttosto bene, direi. Tu, invece? Noto che muovi la gamba in modo poco naturale. Ti sei fatta male alla caviglia?» la guardò preoccupato. 
 
Aoko: «Sì, ma non è niente di che, Aoko sta benone!!» si mostrò piena di energie. 
 
Hakuba: «Mi dispiace molto per non esserti stato accanto ieri sera… solo che, a un certo punto, avevo intuito che ci fosse qualcosa che non andava.» disse dispiaciuto. 
 
Aoko: «Beh… diciamo che Aoko ha avuto da fare lo stesso, quindi non è stato un problema!» disse mettendo una mano in tasca, senza riuscire a guardarlo negli occhi. 
 
Hakuba: «Beh, quello… so che sei stata a contatto con Kaito Kid. Sei riuscita a estorcergli qualche informazione? O magari, a capire qualcosa in più sulla sua identità?» al contrario di lei, cercò di non farla sfuggire al suo sguardo che brillava perché sapeva bene chi fosse in realtà il ladro. 
 
Aoko: «No, niente… Aoko ha capito solo alla fine che si trattasse di lui! Quindi non poteva minimamente tirare delle conclusioni dal nulla!» fece spallucce. 
 
Ran: «Scusami, Hakuba-kun, ma l'hanno già interrogata, sai?» gli lanciò uno sguardo tagliente. 
 
Hakuba: «Lo so, ma non si sa mai… a volte ci sono dei dettagli che sfuggono sul momento, tipo…» acuì lo sguardo. «Che Aoko-san ha qualcosa di importante nella tasca della giacca e in questo momento lo sta stringendo. Sbaglio?»
 
Ran: «Eh?» guardò Aoko. 
 
Aoko: «Beh… sì, Aoko ha una cosa importante con sé, però---»
 
Hakuba: «Ho capito, non vuoi mostrarmelo.» si strinse nelle spalle. «Non ti preoccupare, non volevo costringerti a farlo.»
 
Ran: «Ci mancava.» aggiunse con il sorriso sulle labbra e le vene che le pulsavano sulla fronte. 
 
Aoko: «Appunto… Ma! L'importante è che stiamo tutti bene!» cercò di sdrammatizzare. 
 
Hakuba: «Sì, mettiamola così.» annuì poco soddisfatto. «Vuoi che ti accompagni a casa?»
 
Aoko: «No, non c'è bisogno! Aoko andrà via con papà. Grazie del pensiero, però!» gesticolò freneticamente. 
 
Hakuba: «Figurati, per me sarebbe stato un piacere! Allora a presto!» fece un gesto di saluto con la mano. 
 
Ran: «Sì… ciao!» ricambiò il saluto. 
 
Aoko: «Ci vediamo a scuola!!» lo salutò anche lei, fin quando non lo vide sparire all'orizzonte. «Fiuuuu~» sospirò vedendo che il problema era andato via. (Aoko non voleva destare maggiori sospetti… mentire non l'avrebbe portata da nessuna parte se non a peggiorare la situazione…) 
 
Ran: «Allora…» guardò Aoko decisa. «Io posso saperlo, invece?»
 
Aoko: «Beh… sì…» arrossì ed estrasse la mano dalla tasca. «Ecco…»
 
Una volta aperto il pugno che lo conteneva, Ran poté vedere un fermaglio a forma di coccinella. 
 
Ran: «Oh, che carino!!» la guardò entusiasta. «E quindi… te l'ha lasciato lui?»
 
Aoko: «Sì, giusto prima di andarsene…» arrossì. «Ma Aoko pensa che l'abbia fatto come ricordo, perché l'aveva vestita da Ladybug!»
 
Ran: «Allora, potrebbe essere!» rifletté. «Anche perché, non credo che possa averti regalato un fermaglio a forma di coccinella per il suo significato, no?»
 
Aoko: «Eh? Ma… in caso avesse pensato che avrebbe voluto augurare fortuna ad Aoko, non sarebbe andato bene lo stesso?» la guardò perplessa. 
 
Ran: «Certo che sì! Ammesso e non concesso che volesse…» scosse la testa. «Naah, sono io che vado sempre a pensare cose senza senso!»
 
Aoko: «Aoko non riesce a capirti… cosa vorresti dire?» inclinò la testa di 30° su un lato. 
 
Ran: «Che è vero che la coccinella significa fortuna… ma un altro significato è…» cercò di trattenere una risata. «Che chi trova una coccinella troverà presto l'amore!»
 
Aoko: «Coooome?!» esclamò all'improvviso, senza riflettere. 
 
Ran le fece cenno di non alzare la voce, quindi Aoko si tappò la bocca. 
 
Aoko: «Scusa…» la guardò perplessa. «Aoko aveva totalmente dimenticato quella connotazione… Ma Aoko dubita fortemente che possa significare quello…!» scosse la testa. «Che gliene dovrebbe importare??»
 
Ran: «Questo te lo dovrebbe dire lui…» rifletté. «Magari, glielo potrai chiedere in futuro! Sempre se vi vedrete di nuovo!»
 
Aoko: «C-Ci puoi giurare che Aoko lo vedrà di nuovo!! Poi… non è che ha bisogno di quel genere di fortuna, dato che c'è già…» ripose il fermaglio in tasca e arrossì del tutto. 
 
Ran: «…Kaito, giusto?» arrossì anche lei. 
 
Aoko: «N-No!! Assolutamente no!» scosse la testa e si appoggiò una mano sul petto. «Maah… Ciononostante, Aoko è davvero felice. Durante la scorsa notte sono successe così tante cose strane… però adesso è qui ed è salva. Non potrebbe essere più felice di così!»
 
Ran: «Anche io! In realtà… ho capito che c'è sempre qualcosa da imparare, non importa quanto possa essere disperata la situazione!» sorrise decisa. 
 
Aoko: «Eh, già…» fece un sorriso consapevole. «Aoko ha anche imparato dai suoi errori che spera di non ripetere qualora quel cretino di Kaito continui a infastidirla!»
 
Ran: «Nel senso che ti sei pentita di essere andata al ballo con Hakuba-kun?» ridacchiò. 
 
Aoko: «No… cioè, sì… cioè… Aoko non farà più lo stesso errore, ma non garantisce che farà la scelta giusta!» farfugliò velocemente. 
 
Ran: «Mpf… alla fine… credo che basti solo essere felici e soddisfatti. E noi abbiamo fatto del nostro meglio, anche con Itou-san. Adesso non gli rimane che riprendere la sua vita, come più crede sia meglio per lui.»
 
Aoko annuì. 
 
Aoko: «Sì… finché sarà possibile, Aoko spera che possa vivere felice e sereno.» mise a fuoco la vista. «Ah, guarda! Quello non è il tuo fidanzato?» lo indicò. 
 
Ran: «fjsgakfkrpgna!» si voltò e avvampò in viso. «Shì!»
 
Aoko: «Eh eh… che carina!» le diede un abbraccio. «Allora Aoko va da Toyama-san, sperando che quell'altro che è con lui faccia uguale!»
 
Ran: «Non so se riuscirò a parlargli decentemente… ma… grazie… allora a dopo!» sorrise. «E poi… Sono davvero felice di averti conosciuta!» ricambiò la forte stretta. 
 
Aoko: «Anche Aoko ne è davvero felice!!» si scostò. «A dopo!!»
 
Ran: «Va bene… a dopo!» la salutò con la mano, mentre la ragazza si allontanava. 
 
Heiji e Shinichi la raggiunsero. 
 
Heiji: «Ran-san! Stai andando da Kazuha?» chiese casualmente. 
 
Ran: «Sì, Aoko mi ha preceduta! State andando lì anche voi?» disse mentre le diventavano gli occhi a puntino. 
 
Shinichi: «Sì, più o meno… ma ora ci andiamo! Solo che…» lanciò un'occhiataccia a Heiji. 
 
Heiji: «Sì, me ne sto andando! Facciamo che vi precedo, ok? A dopo!» si allontanò con passo celere per poi restare a spiarli dietro uno dei corridoi che portavano alla stanza di Kazuha. (Sono curioso di capire cosa vuole fare Kudo…)
 
Shinichi sapeva che, anche se il tempo a sua disposizione non era ancora scaduto, questa volta non avrebbe voluto aspettare fino all'ultimo secondo come suo solito. Dentro di sé si aggirava anche il timore che Ran potesse riprendere il discorso che aveva cominciato prima che esplodessero le bombe, quindi non sapeva esattamente da dove cominciare per giustificarsi. 
 
Shinichi: «Ehm… Senti, Ran…» parlò senza nemmeno guardarla negli occhi. 
 
Ran: «Sì?» non lo guardò nemmeno lei. 
 
Shinichi: «Ecco, io… non posso trattenermi per altro tempo, anche se mi piacerebbe. Cioè, un caso è un caso e rimane tale anche se ho fatto uno strappo alla regola…» imparò a memoria com'erano fatti il soffitto e i pavimenti per quanto li osservò. 
 
Ran: «Lo immaginavo. Come fai sempre, del resto. Però, questa volta è diverso.» al contrario di lui, si fece forza e cercò di guardarlo negli occhi per sembrare seria. 
 
Shinichi: «Diverso…? I-In che senso?» trascinò le parole. (Certo… è perché stavolta… ha capito che la verità…) 
 
Ran: «Nel senso che… sei tu a essere diverso…» distolse lo sguardo. 
 
Shinichi: «Non ti seguo, Ran!» la guardò confuso. (Cosa posso dirti per cambiare discorso?!) 
 
Ran: «Eppure, tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro, no?» lo fissò dritto negli occhi. «Tu, Shinichi… in realtà…»
 
Shinichi: «I-In realtà…?» deglutì. (Va bene! Stavolta… non indietreggerò! Stavolta… le dirò la verità. Ho deciso.) cercò di farsi serio in viso. (Basta mentire. Ran… sicuramente capirà… No, ma che dico? Lei l'ha già capito... Mi libererò da questo peso… ora.)
 
Nella sua mente si vedeva tranquillo e normale, ma all'esterno, si capiva con una sola occhiata che stava male. Stava sudando e lo sguardo che aveva assunto, nonostante ostentasse sicurezza, trasmetteva solo disperazione. A questa visione, Ran fece un sorriso gentile. Ma non perse tempo e si mise a braccia conserte per lamentarsi. 
 
Ran: «Come se non lo sapessi che ogni volta che ci vediamo finisci col sentirti male e abbandonarmi, non importa quale sia il luogo!» sbuffò. «Almeno stavolta mi abbandoni, ma stai bene!»
 
Shinichi: «Eh?» gli occhi gli diventarono due puntini neri. 
 
Ran: «Forza, ora dimmi che non è così!» brontolò, appoggiandosi le mani sui fianchi. 
 
Shinichi: «Ehm… sì, ma quello è perché---»
 
Ran: «Perché sei totalmente scemo e, possibilmente, devi scappare in bagno! Proprio come fa anche Conan-kun. Come se non lo sapessi!» sbottò. 
 
Shinichi: «Cosa…?» sbatté le palpebre degli occhi, ancora a puntino. 
 
Ran: «Esattamente. Vuoi dire che non è così? O magari mi stai nascondendo dell'altro? Tipo… una…» acuì lo sguardo. «Doppia identità?»
 
Shinichi: «Ma chi? Io? No, no! Non potrei mai! Ahahah! Mi ci vedi a gestire ben due identità??» rise come uno scemo. 
 
Ran: «No! Sei troppo stupido per farlo! E devi già gestire te stesso e il tuo lato da detective che non combaciano per niente!» gli fece la linguaccia. 
 
Shinichi: «Questo non puoi dirlo proprio per niente!» la guardò negli occhi, poi si mise a ridere. (Forse… dovrei riprendere il discorso… che ho lasciato in sospeso a Kyoto…) 
 
Ran: «Come no?» si mise a ridere anche lei.
 
Shinichi: «Senti, Ran… ciò che volevo dirti sin dall'inizio… ma poi non ho potuto…» cercò di guardarla negli occhi seriamente. 
 
Ran lo guardò perplessa, ma arrossì non appena vide che il ragazzo si era fatto serio. 
 
Shinichi: «È che… È da quando a Londra… cioè, da quando ti ho detto quelle parole che… cioè…»
 
Ran deglutì. 
 
Shinichi: «Che non riesco a smettere di pensare che… vorrei restare al tuo fianco e non vedo l'ora di poterlo fare per sempre.» diventò rosso come un peperone. 
 
Ran: «Shinichi…» diventò rossa fino alla punta delle orecchie. «A-Anche io… non vedo l'ora…» rispose balbettando. 
 
Shinichi: «Io… I-Io…» la guardò in viso, poi passò sulle labbra e deglutì.
 
Ran si imbarazzò ancora di più. 
 
Shinichi: «Io ti…»
 
…: «Tu, cosa?!» disse alzando la voce, una volta apparsa da dietro di lui. 
 
Shinichi: «Ah… io… ti devo salutare, sì!! Già che ci sono, arrivederci Kisaki-san, è stato un piacere!! Stavo giusto andando via!!» farfugliò dopo un iniziale sobbalzo. 
 
Eri: «Ah. Mi pareva. Allora ciao.» continuò a guardarlo in cagnesco. 
 
Ran: «Ci vediamo presto, Shinichi!» rispose con gli occhi a puntino anche lei. 
 
Shinichi: «A presto!!» se ne andò a passo normale, aumentandolo gradualmente. (No, io… potrò dirti quelle parole quando saremo solo io e tu… Io e tu. Non è ancora giunto il momento della resa dei conti… ma non tarderà, Ran.)
 
Heiji: (Bene, sono rimasti fermi anche loro!! La partita è ancora tutta da giocare, Kudo!!) corse nella stanza di Kazuha. 
 
Eri: «Cosa stavate facendo?» le diventarono gli occhiali opachi. 
 
Ran: «Proprio niente, mamma! Era venuto a salutarmi prima di andare via!» gesticolò, cercando di nascondere l'imbarazzo. 
 
Eri: «Io sono tua madre, lo capisco quando ti succede qualcosa di… importante.» si sistemò le lenti. 
 
Ran: «Non è questo il caso! Infatti, anche lui te l'ha detto, no?» accennò un sorriso. 
 
Eri: «Io credo a te, in caso, mica a lui. So bene di che pasta è fatto!» insistette. 
 
Ran: «Ribadisco che non è questo il caso… piuttosto, papà come sta? Stamattina sembrava alquanto intontito…» chiese preoccupata. 
 
Eri: «Lui sta bene.» si irritò. «Sta cercando di fare il malato, ma l'ho visto mentre guardava il sedere a una delle infermiere.» cercò di mantenere la calma, ma intorno a lei c'era una strana aura malevola. 
 
Ran: «Come ci si poteva aspettare da papà…» si mise una mano in faccia. «Però, l'importante è che stia meglio!»
 
Eri: «Non so quanto sia un bene che stia meglio per correre dietro a varie donne. Ora torno da lui, mi sentirà!» disse con stizza. 
 
Ran: «Ti raggiungo tra un po', sto andando a vedere come sta Kazuha-chan che si è svegliata poco fa!» esclamò piena di speranza. 
 
Eri: «Spero che possa stare bene al più presto, è una cara ragazza.» sorrise. «Allora a dopo! Sempre se non mi metteranno in galera a causa di tuo padre. Ma no! Al massimo, ci metteranno lui!!»
 
Ran: «Ehm… magari sarebbe meglio che non ci finisse nessuno…! A dopo!» la salutò con una mano. 
 
Eri: «A più tardi.» se ne andò.
 
Ran: «Aaah…» sospirò. «Sarà meglio andare…»



In quel momento, nella stanza dove c'era Itou, l'uomo sentì un rumore provenire dalla finestra. 
 
Itou: «Cosa c'è…? Chi va là?» si voltò verso di essa, ma la vide chiusa. «Chi---»
 
…: «Si era dimenticato di me?» si avvicinò al suo letto. 
 
Itou: «Kaito Kid…?» spalancò gli occhi. «Come hai fatto a entrare?»
 
Kaito Kid: «I maghi non rivelano mai i loro segreti~ Però, dovevo necessariamente restituirle ciò che ho rubato. Anche perché non è quello che stavo cercando.» fece apparire i gioielli sul palmo della sua mano. 
 
Itou: «Sempre bravissimo, non c'è che dire.» tese una mano verso di lui. «E di parola.»
 
Kaito Kid: «Non avrei mai potuto tenerli per me, glielo avevo già anticipato, si ricorda?» si avvicinò e glieli porse. «Non sono l'unica cosa che le ho portato.»
 
Itou: «Ho capito… Hai con te il gatto di Raven, giusto?» strinse i gioielli in un pugno. 
 
Kaito Kid: «Esattamente!» lo fece apparire. «Eccolo qui. Non fa più tanta paura, vero?»
 
Itou: «Sì. Un po'... Ma solo un po'... Continua a farmene.» abbassò lo sguardo. «O forse, è solo il fatto che mi rattrista.»
 
Kaito Kid: «È molto probabile che questa tristezza non la abbandonerà nemmeno in un secondo momento. Tuttavia, il domani è sempre di fronte a lei, non lo dimentichi mai.» appoggiò il gatto accanto a lui. «Per quanto la disperazione possa prendere il sopravvento, ricordi che se siamo vivi, c'è ancora qualcosa che dobbiamo fare. Bisogna solo capire cosa.»
 
Itou: «Sì. Farò del mio meglio.» volse lo sguardo sul peluche. «Piuttosto… volevo ringraziarti.»
 
Kaito Kid: «Non deve, non ho fatto niente per lei.» scosse la testa. «Tutto ciò che è stato mi è servito a organizzare al meglio il mio colpo.» 
 
Itou: «Non so quanto ciò possa essere vero. Però ti ringrazio lo stesso. Tu e quelle ragazze mi avete davvero aperto gli occhi.» accennò un sorriso. 
 
Kaito Kid: «Ne sono lieto. Ma sappia che non era mia intenzione sin dall'inizio. Tuttavia, il mio tempo qui è scaduto.» fece un ghigno. «See you next illusion~» fece un elegante inchino e sparì in una nube di fumo. 
 
Itou: «È andato via… che peccato… È proprio vero che i ladri gentiluomini sono di tutt'altra classe. Buona fortuna, Kaito Kid.» abbracciò il peluche. (Non dirò mai a nessuno che conosco la tua vera identità… È una promessa.) 
 
Itou Mitsunari aveva sempre avuto un certo occhio per i dettagli, ma non avrebbe mai potuto immaginare che potessero esistere due persone uguali nelle fattezze e nella voce. Quindi si convinse che Kaito Kid era in realtà Kudo Shinichi che era precedentemente andato a trovarlo con le ragazze che lo avevano salvato. 



Nel frattempo, Ran aveva raggiunto Aoko e Heiji nella stanza di Kazuha. 
 
Ran: «Scusatemi… È permesso, vero?» fece capolino nella stanza. 
 
Kazuha: «Ma certo, Ran-chan!! Entra pure!» disse squillante. 
 
Ran: «Che bella voce! Si sente proprio che ti senti meglio!» entrò nella stanza e chiuse la porta alle sue spalle. 
 
Heiji: «Kudo non è con te?» cercò di controllare dietro di lei, ma c'era solo la porta. 
 
Ran: «Shinichi è andato via. Oh, non te l'aveva detto?» lo guardò male, ma ridendo. 
 
Heiji: «No! Io sono il suo migliore amico, è normale che mi dica certe cose, però!» rispose con stizza. 
 
Kazuha: «Allora perché non vai a cercarlo, così te ne vai?» gli fece la linguaccia. 
 
Heiji: «Ah…! Ottima idea! Ci vediamo più tardi!! Tanto stai bene, non ci sono problemi!» la salutò con la mano. 
 
Aoko: «Ma certo che con te non c'è niente da fare!» sbottò arrabbiata. «I ragazzi con dei caratteri pessimi ormai sono all'ordine del giorno!»
 
Heiji: «Questo perché non vi siete viste voi! Bah!» fece per andare via.
 
Ran: «Gentilmente, non tornare troppo presto! Ciao.» disse con una vena che le pulsava sulla fronte. 
 
Heiji: «Ma co---»
 
Kazuha non lo fece finire di parlare che gli lanciò un cuscino in testa. 
 
Kazuha: «Dato che quello che ti ho lanciato prima non era abbastanza… prenditi anche questo e… non tornare più, hai capito?? Non me lo fare ripetere una terza volta!!»
 
Heiji: «Eh no, prima non mi avevi mica preso! Tsk! Ciao, scema!»
 
Kazuha: «Deficiente!» ribatté arrabbiata. 
 
Heiji se ne andò borbottando e chiuse velocemente la porta una volta fuori dalla stanza. 
 
Aoko: «Sarà anche un bravo ragazzo, ma non lo è sicuramente del tutto! Che pessimo carattere!! È normale che ti tratti così?»
 
Kazuha: «Sì, è fatto in questa maniera… è davvero fastidioso.» distolse lo sguardo. 
 
Ran: «Mi sa che non se ne salva nessuno… l'unico uomo che conosco a questo mondo che non ha un brutto carattere forse è solo l'agente Takagi.» sospirò. 
 
Aoko: «Mah…» scosse la testa. «Dicevi che ti sentivi meglio?» volse lo sguardo su Kazuha. 
 
Kazuha: «Sì, va molto meglio…» sorrise. «Prima mi sentivo intontita, adesso mi sento quasi di dire che è tutto a posto!»
 
Ran: «I medici ti terranno in osservazione, giusto?» si sedette vicino a lei. 
 
Kazuha: «Sì, ma solo fino a domattina! Anche perché è vero che non sono intontita, ma mi sento molto confusa.» abbassò lo sguardo. 
 
Aoko: «V-Vuoi che chiamo un medico?» si avvicinò a lei, preoccupata. 
 
Kazuha: «No, no… è che…»
 
Aoko e Ran la guardarono seriamente preoccupate. 
 
Kazuha: «Quando Kudo-kun mi ha dato il cellulare e ho parlato con Heiji, prima che esplodessero le bombe…» arrossì. «Dato che pensavo di morire, non ho indugiato e gli ho detto che lo… che lo…» le batté fortissimo il cuore. 
 
Aoko: «Che…» deglutì. 
 
Ran: «Cioè… ti sei dichiarata?» deglutì anche lei. 
 
Kazuha: «Eh, sì…» disse in totale imbarazzo. «Ma la cosa più assurda è che anche Heiji ha fatto lo stesso con me. Cioè, lui ha cercato di ignorare questa cosa da quando mi sono svegliata, tuttavia… sono sicura che me l'abbia detto… ce lo siamo detto insieme…»
 
Aoko: «Uuuh… romantico…! Ma perché non gliene parli? Aoko pensa che in questi casi, solo lui potrebbe…» arrossì. 
 
Kazuha: «Lo so, ma nel provarci, è scappato… Cioè, mi ha detto che ha risolto il caso e ci ha girato intorno senza farmi finire di parlare… credo che fosse imbarazzato?» guardò prima Aoko e poi Ran. 
 
Ran: «Conoscendolo… non avrà mica inventato una scusa?» le scese una goccia di sudore sul viso. 
 
Kazuha: «Può essere, è pur sempre uno stupido! Il più cretino di tutti!!» strinse i pugni. 
 
Aoko: «Aoko pensa sempre che…» deglutì. «Se ci tieni a saperlo, dovresti parlargli…!!»
 
Kazuha: «E come glielo dico…?» la guardò imbarazzata. 
 
Aoko: «Beh… non sei una ragazza diretta? Insomma… in realtà ti sei già dichiarata, e anche lui, quindi…»
 
Ran: «Secondo me, ha ragione lei… basta trovare il coraggio!!» annuì mentre stringeva un pugno. 
 
Kazuha: «Mmmh… avete ragione voi, lo so… Tuttavia…» rigirò i pollici. «Facciamo che se capiterà l'occasione, glielo dirò!» annuì convinta. 
 
Aoko: «Benissimo!! Aoko ti augura di poterci riuscire!» la abbracciò. 
 
Ran: «Anche io!! E soprattutto… che Hattori-kun possa essere sincero per una volta!» la abbracciò pure lei. «Mi sa che lui è l'ostacolo più difficile da superare…»
 
Kazuha: «Sì, perché non dipende da me… lui non serve davvero a niente!» strinse le mani di entrambe. «Grazie Ran-chan… e grazie, Aoko-chan! Seguirò i vostri preziosi consigli!»
 
Aoko: «Figurati! Ehm… Kazuha-chan, allora!!» arrossì. 
 
Ran: «Per me è sempre un piacere!» sorrise felice. 
 
Kazuha: «Grazie davvero… e speriamo in bene!»
 
Le ragazze sorrisero felici, strette nel caldo abbraccio in cui avevano avvolto Kazuha.
 
Cosa riservava loro il futuro?


______________________________________________________
Angolo della scrittrice
Ciao a tutti! Ero davvero certa che questo potesse essere l'ultimo capitolo della fan fiction, e invece... no. Non vi siete ancora liberati di me! XD Nonostante manchi davvero pochissimo, non avrei mai voluto fare un capitolo di troppe pagine (anche se sono solita scrivere davvero tanto, a volte! >_<). In ogni caso, spero tanto che, nonostante questo periodo sembri davvero buio e senza vie d'uscita, tutti troveremo la forza di sopravvivere. È dura, ma ce la possiamo fare! ^v^❤ Anche la scrittura aiuta tanto a distrarsi e a far volare queste ore giornaliere... non lo pensate pure voi?
A presto~!

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Capitolo 46
*** Aumentano i sospetti ***


Trascorse una settimana dalla tragedia accaduta alla villa. Tutti erano tornati alla loro vita quotidiana e, nonostante i giorni volassero come sempre, coloro che erano stati all’interno di quel luogo non avrebbero mai dimenticato la tensione che avevano provato. Più di qualsiasi altra cosa, era stata testata la loro tenacia, messa a dura prova dal loro spirito di sopravvivenza. In un altro piano, ma non meno importante, c’era il loro cuore. Quanti segreti tenevano dentro di loro? Cosa avrebbero voluto dire o sapere prima di morire? Avrebbero avuto la possibilità di farlo, ma, purtroppo, il momento della verità era ancora lontano. Certo, chi aveva dei forti dubbi già in passato aveva delle nuove prove dalla sua - tuttavia, amare il proprio partner implica anche esserne complice e capire quando è meglio restare in silenzio. Non è anche questa una prova d’amore?



Alla fine della giornata scolastica alla scuola superiore Teitan… 
 
Sonoko: «Aaah, che giornata stressante!» sospirò stancamente. 
 
Ran: «Beh, dai… Pensa che tra non molto sarà Natale e potrai organizzare qualcosa di carino insieme a Kyogoku-san!» sorrise tutta contenta. 
 
Masumi: «Eeeh~ Sbaglio, o sarà lo stesso anche per te, Ran-kun?» le diede qualche gomitata leggera per stuzzicarla. 
 
Ran: «Ehm… Molto probabilmente no!» disse mentre le scendeva una goccia di sudore su una guancia. 
 
Sonoko: «Magari ti farà una sorpresa come al ballo, chissà!» ridacchiò. «Anche se, conoscendolo… verrà solo se morirà qualcuno!» fece spallucce, assumendo un’espressione schifata. «Ma voi ci pensate che a quel ballo Kid-sama si è travestito da lui per arrivare al suo scopo?? Cioè… Io l'avevo capito sin da subito!! Era troppo strano il suo comportamento… era fin troppo cool per essere quello lì!»
 
Ran: «Maah, io no, invece! Era davvero tale e quale all'originale!» guardò Sonoko. «Infatti, credo che Kyogoku-san ci abbia fatto capire benissimo che non ha apprezzato ciò che hai fatto…»
 
Sonoko: «Makoto-san è una persona estremamente ligia al dovere!» arrossì. «Però è piuttosto strano che tu non abbia percepito nulla, Ran! Shinichi-kun è pur sempre il tuo fidanzato, no?»
 
Ran: «Eppure è così… non ho sentito davvero niente!» cercò di essere convincente. 
 
Masumi: «Davvero?» le cinse un braccio intorno alle spalle. «Ciononostante, Ran-kun era diventata molto sospettosa quando avevo detto che sarei andato in bagno! Ci avrei scommesso tutto l'oro del mondo che giusto tu lo sapessi già! O avessi carpito qualcosa da quel ladro…»
 
Sonoko: «Eeeeeh?? Quello che sta dicendo Sera-chan è vero?!» sbottò incredula. 
 
Ran: «Ma no! Non avrei mai potuto mentire! Perché avrei dovuto proteggere l'identità di un ladro?» gesticolò. 
 
Masumi: «Perché magari non avresti voluto proteggere l'identità di un ladro, quale Kaito Kid… ma piuttosto, quella di un moccioso con un carattere molto strano?» fece un sorriso di circostanza. 
 
Ran: «Eh? A cosa ti stai riferendo?» la guardò perplessa. 
 
Masumi: «A Conan-kun, no?» ribatté sicura di sé. 
 
Sonoko: «Mh? Cosa c'entrano il moccioso e Kid-sama, adesso?» chiese sorpresa. 
 
Ran: «L'unica cosa che mi viene in mente è che lo vuole acciuffare… a cosa ti riferisci nello specifico, Sera-chan?»
 
Masumi: «Beh…» sollevò lo sguardo al cielo. «A un certo punto, l'ho perso di vista e mi ero preoccupato che magari gli fosse accaduto qualcosa!»
 
Ran: «Ah, è per quello…» rifletté. «Effettivamente, mi ha detto che aveva ricevuto una telefonata del dottor Agasa ed è uscito un attimo a parlare con lui!» 
 
Masumi: «E non è mai più ritornato?»
 
Ran: «Questo non gliel'ho chiesto… so che poi è andato via col dottore perché era in pensiero per Ayumi-chan, ma non ti saprei dire per certo che ore fossero, mi dispiace…» disse amareggiata. 
 
Masumi: «Non ti preoccupare!!» le fece l'occhiolino. 
 
Sonoko: «Eheh~ Era troppo presa dal suo cavaliere~» la canzonò. 
 
Ran: «Daai, Sonoko!!» formò una croce con le braccia, facendole capire di non andare oltre. 
 
Masumi: «Mpf… È normale che fosse presa da lui!» ridacchiò. «Ma a proposito! Per caso, vi siete accorte di una ragazza con i capelli ramati con un taglio a caschetto?»
 
Sonoko: «Eh? A scuola, dici?» inarcò un sopracciglio. 
 
Masumi: «No, intendo al ballo in maschera! Ho visto di sfuggita una ragazza che sembrava l'esatta copia di… Mmmh… com'è che si chiama? Ai-chan?» fece finta di riflettere. 
 
Ran: «Ai-chan? Intendi l'amichetta di Conan-kun?» inclinò la testa su un lato. 
 
Masumi: «Esattamente!! Era tale e quale!!» sollevò l'indice della mano destra. 
 
Sonoko: «Ah, aspetta, Sera-chan! Ma quella è una bambina, non ti stavi riferendo a una ragazza poco fa?» la guardò stranita. 
 
Masumi: «No, no, ho detto giusto!!» annuì convinta. «Ho visto una ragazza che era identica a lei!»
 
Ran: «Davvero?» sbatté le palpebre. «Non mi pare di averla vista, però…» si portò un dito davanti alle labbra. «Nemmeno Ai-chan… so per certo che era con Ayumi-chan quando è stata portata in salvo, però! Me l'ha detto proprio quest'ultima!» sorrise felice. 
 
Sonoko: «Sì, ha detto che la sua amichetta è rimasta al suo fianco per tutto il tempo… Forse l'avrà presa il dottor Agasa prima di portarla in ospedale!» continuò incuriosita. «Ma non mi sono mai accorta di una sua eventuale sosia adulta! Dov'è che l'hai vista esattamente?»
 
Masumi: «Era vicino all'entrata… ma non fa niente, era solo una curiosità!» sollevò le spalle. 
 
Ran: «Beh, piacerebbe tanto vederla anche a me!! Ai-chan è così carina!!» annuì. 
 
Sonoko: «Mettila così, è carina, ma se in realtà fosse una strega nel corpo di una bambina, la cosa non mi stupirebbe!» scosse la testa.
 
Masumi: «Addirittura? Anche secondo me è davvero carina!!» rise. «Tornando al discorso iniziale, per quanto riguarda Kaito Kid, diciamo che alla fine abbiamo tenuto la bocca chiusa. In fondo è rimasto insieme a noi, ma eravamo troppo intenti a salvarci la vita. Quindi…» sospirò. «La smetterò di prenderti in giro su questa cosa!!» rise e si scostò da Ran. 
 
Sonoko: «Certo che bella sfortuna per me, siete state davvero fortunate a incontrare Kid-sama e, addirittura, a trascorrerci del tempo insieme! Vi invidio!!» sbuffò. 
 
Ran: «In realtà, potevamo benissimo morire tutti quanti, non che ci sia così tanto da invidiare, Sonoko…» scosse la testa. «Ciò che conta è che ne siamo usciti quasi tutti sani e salvi, però.»
 
Sonoko: «Questo sì… ho temuto così tanto, soprattutto per te, Ran!» la abbracciò. 
 
Ran: «Anche io ho avuto paura per tutti…» ricambiò l'abbraccio, asciugandosi gli occhi inumiditi dalle lacrime. 
 
Masumi: «Non ci pensiamo più, quel che è fatto, è fatto!» le superò e si mise davanti a loro. «Vi scatto una foto, che ne dite?»
 
Ran: «Mmh…» rifletté. 
 
Sonoko: «Mmh…» rifletté anche lei. 
 
Le due si guardarono in faccia e si scambiarono uno sguardo d'intesa. 
 
Sonoko: «No, grazie, non la vogliamo!» scosse una mano. 
 
Masumi: «Eh? Perché?» sbatté le palpebre. 
 
Ran e Sonoko si avvicinarono a lei e la guardarono sorridendo radiosamente. 
 
Ran: «Perché siamo qui in tre e vogliamo farla tutte insieme!» 
 
Sonoko: «Poi le mie foto sono un cimelio, quindi ti conviene averne una con la sottoscritta!» assunse una posa teatrale. 
 
Masumi: «Ma sentile!» si mise a ridere e appoggiò una mano sul fianco di Sonoko. «Dato che ne siete così convinte, allora… in posa!» posizionò lo smartphone davanti a tutte e tre, così che si potessero vedere bene. 
 
Ran e Sonoko: «Cheeeese!!» sorrisero stringendo la loro amica al centro. 
 
Masumi: «Mpf...» sorrise anche lei, nonostante si sentisse imbarazzata e, soprattutto, in colpa. 
 
Nel momento in cui sembrò essere tornata quella di sempre, quindi più decisa, scattò la foto.
 
Masumi: «Ecco qua a voi!» rivelò loro la fotografia sullo schermo del cellulare. 
 
Sonoko: «Uuuh, siamo venute davvero bene!» esclamò entusiasta. 
 
Ran: «È vero! Guarda che begli effetti di luce!!» disse con enfasi. 
 
Masumi: «Eh eh! Ho fatto in modo che potessero esserci tramite la posizione del sole!» sorrise di cuore. «Ve la mando subito!»
 
Sonoko: «Sei stata bravissima!! Ma non è che la invii anche a quel bel fusto che hai conosciuto al ballo? Com'è che si chiamava?» ridacchiò. 
 
Masumi: «Aah… non mi ricordo!» rispose casualmente. 
 
Ran: «Koseki-kun, giusto?» disse gioiosa. 
 
Masumi: «No, davvero… non mi ricordo! Ah! Ma si è fatto tardi, torno a casa!! Ciao ragazze, a domani!!» le salutò in fretta e furia e corse via alla velocità della luce. 
 
Ran: «Non volevo metterla in imbarazzo...» rammaricò. 
 
Sonoko: «Ma che si imbarazza a fare per un nome? Comunque, l'unica cosa possibile è che quel tizio l'abbia contattata per aiutarlo con la storia del padre e poi l'abbia salutata per sempre! Non per qualcosa, ma come potrebbe essere interessato a una ragazza che sembra un uomo?» fece spallucce. 
 
Ran: «Sonoko.» la fulminò con lo sguardo. «Non parlare così, sembra quasi un insulto! Sera-chan è una ragazza bellissima, non tarderà ad avere una schiera di pretendenti!!»
 
Sonoko: «Mah, allora mettila così. Se fossi un uomo, non mi innamorerei mai di lei!» si mise a braccia conserte e annuì. «Piuttosto… Alla fine, hai parlato con Shinichi-kun?»
 
Ran: «Ehm…» arrossì. «Di cosa avremmo dovuto parlare?» chiese cercando di evitare di rispondere. 
 
Sonoko: «Ma uffa! Oggi siete tutti così evasive!! Tsk!» voltò il viso dal lato opposto e tornò sulla via di casa. «Non vi meritate nemmeno che io vi rivolga la parola!»
 
Ran: «Come vuoi tu, Sonoko…! Io non ho niente da dire in ogni caso! A domani!!»
 
Sonoko: «Sì, a domani!!» proseguì verso casa sua. 
 
Subito dopo, si incamminò nuovamente anche Ran.
 
Ran: (Mica ti posso raccontare della discussione bizzarra che abbiamo avuto quel giorno. Non lo dimenticherò mai… E pensare che, a sera inoltrata, Shinichi mi mandò anche un messaggio dove mi diceva che era dispiaciuto che il vestito si fosse strappato, ma che sapeva che l'avevo fatto io stessa sin dall'inizio. Quindi, nonostante fosse triste, era contento allo stesso tempo… Shinichi…) sorrise e alzò lo sguardo verso il cielo. (Anche se avrei mille domande da porti, terrò sempre tutto nel mio cuore e nella mia mente. Anche l'atroce dubbio che ho avuto sulla presenza di Jodie-sensei… perché se era presente l'FBI, sicuramente c'era dietro qualcosa di più grosso. Magari non era solo la situazione legata a Koseki-kun… tuttavia, attenderò sempre il momento in cui mi dirai la verità… non ho fretta. Voglio solo che tu stia bene… e finché potrò far sì che questo accada, non lascerò mai che il tuo segreto venga alla luce.) sollevò una mano per tenere fermi i capelli che ondeggiavano a causa del vento. (Ti amo tanto, Shinichi…)
 
Pensò tra sé e sé. Qualche istante dopo, quando si rese conto di ciò che aveva pensato, le diventarono gli occhi a puntino per l'imbarazzo. 

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Capitolo 47
*** Mille pensieri ***


Una volta corsa via alla velocità della luce, Masumi ritornò nella sua camera d'albergo. 
 
Mary: «Bentornata, Masumi.» andò ad accoglierla. 
 
Masumi: «Mama! Oggi ho fatto piuttosto presto, eh?» posò la cartella e si tolse la giacca. 
 
Mary: «Già, strano da parte tua. È successo qualcosa?» acuì lo sguardo. «Hai qualche… cough… novità su di lui
 
Masumi: «Aaah… No, purtroppo no! Ma non è nemmeno successo niente di che, solo… non mi sono fermato a parlare con le ragazze per molto tempo! Anzi, vado a farmi una bella doccia rilassante!» la salutò con la mano. 
 
Mary: «Solitamente inserisci più dettagli in ciò che mi dici… e poi decidi di fuggire. Cough… Come potrei mai pensare che non sia accaduto davvero niente di che?» disse con stizza, ma restando tranquilla. 
 
Masumi: «Mah… non è che sia tanto sbagliato…» distolse lo sguardo. «Ho chiesto di entrambi. Per Conan-kun la versione era quella ufficiale che aveva dato il dottor Agasa. Mentre per quanto riguarda lei… Sia Ran-kun che Sonoko-kun mi hanno detto non solo di non averla mai vista, ma anche che al ballo non c'era nessuno che corrispondeva a quella descrizione!»
 
Mary: «Allora può essere che si sia nascosta da qualche parte.» rifletté. 
 
Masumi: «Non saprei… ma probabilmente è solo molto abile perché sa il fatto suo. Sonoko-kun ha aggiunto di sapere che è stata con la bambina che avevano rapito quand'era in ospedale, o qualcosa del genere…» rifletté. «Quindi, in caso…»
 
Mary: «Qualcosa del generein caso? Non sei stata molto attenta mentre ti raccontavano questa cosa?» restò perplessa. 
 
Masumi: «Sì, sono sicuro di ciò che ti sto dicendo!» annuì con una goccia di sudore sulla guancia. «Tuttavia…»
 
Mary: «C'entra quel ragazzo, Koseki Chihiro, vero?» si sedette su una poltrona e continuò a osservarla. 
 
Masumi: «Ecco… so che è inutile mentirti. Ma non è che avrei voluto farlo, in ogni caso, eh?» prese nuovamente la cartella in mano e frugò al suo interno. «Non è che non volevo ascoltare bene ciò che hanno detto! L'ho fatto e poi… mentre parlavamo di altro, è uscita fuori un'altra storia e mi è venuto in mente---»
 
Mary: «Non sei costretta a dirmi nulla, lo sai. Certo, a meno che non riguardi l'antidoto.» osservò la figlia con curiosità, anche se cercava di nasconderlo. 
 
Masumi: «L'ho trovato nel mio armadietto, ma per fortuna non l'ha visto nessuno.» le mostrò un pacchetto. «Sono riuscito a metterlo via prima che potessero darci un'occhiata.» 
 
Mary: «Non l'hai nemmeno aperto?» si alzò e lo scrutò con attenzione. 
 
Masumi: «No… perché avevo paura che mi notassero e potessero capire… cioè, non mi andava!» scosse la testa. 
 
Mary: «In fondo, sta a te decidere cosa fare.» fece spallucce e versò un po' di tè in una tazzina. 
 
Masumi: «Certo, certo!! Ugh… È anche piuttosto pesante…» girò e rigirò il pacchetto dalla forma strana, piuttosto tonda, ricoperto da carta da regalo rossa e un fiocco giallo. 
 
Mary cercò di fare la gnorri, ma continuò a guardare le mani di Masumi che scrutavano il pacchetto come ad aver paura di aprirlo. Tossì qualche volta. 
 
Masumi: «Vabbé, tanto cosa potrebbe essere?» lo scartò all'improvviso, non potendo più resistere alla curiosità. «Eh?» sbatté le palpebre. 
 
Mary: «Cos'è? Un vaso?» lo guardò perplessa. 
 
Masumi: «È un vasetto di ceramica… e dentro c'è una rosa viola, insieme a un biglietto.» appoggiò il vaso sul tavolo e prese in mano il biglietto. 
 
Mary osservò con attenzione ciò che adesso era davanti a sé, tenendo le orecchie ben aperte. 
 
Masumi: «Mmh…» si schiarì la voce. «"Cara Sera-san, mi dispiace essere tanto invadente perché so che la cosa non t'interessa. Nonostante tutto, volevo che avessi questo. L'ho fatto io, sai?"»
 
Mary: «Si vede…» mormorò con un tono quasi impercettibile. 
 
Masumi: «"Ci ho messo dentro qualcosa che ormai mi fa sempre pensare a te. Spero che non ti dispiaccia così tanto. E magari, prima o poi, andiamo a mangiare qualcosa di buono insieme, se ti va. Io ci terrei. Con affetto, Koseki Chihiro."»
 
Mary guardò Masumi.
 
Masumi: «Che cose allucinanti… meno male che gli avevo detto che non ci saremmo più visti!» sospirò. «Perché mi stai fissando, mama?»
 
Mary: «Mi stavo chiedendo… perché questo ragazzo ti infastidisce così tanto? Si è innamorato di te?» indicò la rosa viola all'interno del vasetto. 
 
Masumi: «Ti ho già detto di no! E in ogni caso, non sono mica interessato!» prese il vaso in mano. «Si vede che voleva ricambiare ciò che ho fatto per lui!»
 
Mary: «Stai mentendo a te stessa. Sii più realista e comprendi le tue priorità. Quante volte devo dirti che sei una ragazza? È normale che l'altro sesso sia attratto da te, come anche lui.» poggiò la tazzina da dove stava bevendo sul tavolo. «Ne sei davvero certa?»
 
Masumi: «Non facciamo sempre lo stesso discorso! Io… conosco bene le mie priorità! E momentaneamente stare a contatto con dei pazzi non è la scelta che preferisco prendere! Questo è anche convinto che facendo delle semplici ricerche, sappia tutto su di me! Non capisco chi si creda di essere… ma non può nemmeno sapere che tutto ciò che sa è falso. Non sono nemmeno stata in America come ho fatto sapere a tutti… Non mi conosce, non sa niente della vera me. Quindi tutto ciò che prova è solo un sentimento falso.» abbassò lo sguardo. «Vado davvero a fare la doccia, a dopo!!» si allontanò. 
 
Mary: (Masumi… Vedrai che quel giorno arriverà prima di quanto tu ti possa aspettare. Ricordo ancora come fosse ieri il momento in cui decidesti di parlare come un maschio.) distolse lo sguardo, restando imperturbabile. (Nonostante fossi ancora molto piccola, volevi starmi accanto perché tutte le mamme dei tuoi coetanei avevano un marito al loro fianco e io no. Per te, imitare il tuo papà significava farmi sentire meno sola… eri davvero una bambina ingenua e lo sei ancora. Non importa quanto tempo passerà e quanto cercherai di fingerti un uomo. Per me resterai sempre la mia preziosa bambina. Ma dovrai andare avanti come una donna, non potrai ignorare per sempre la tua vera natura.) 
 
Masumi ripose il vasetto su un mobile. Si diresse verso il bagno e, dopo essersi spogliata, entrò nella doccia. 
 
Masumi: (Non sono mai stato così sicuro in vita mia… sicuro di aver preso la scelta migliore.) aprì l'acqua, assaporandone il getto che finiva sul suo viso. (Quel ragazzo si è fatto un sacco di strane idee su di me. E, a parte non avere idee su chi io possa essere davvero, non sa praticamente nulla di me. Ho anche provato a parlare con quell'amico che mi aveva menzionato, ma la versione dei fatti che mi aveva dato era uguale alla sua.) chiuse gli occhi. (Non tornerò indietro, tutto ciò mi sembra così assurdo… insistere così tanto con me? Che senso ha? Nessuno. A maggior ragione se non ha la benché minima idea di ciò che dice o pensa. Perché è così, no? Io lo credo davvero… Credo anche che a volte, i pensieri fanno più male delle parole. Io sono convinto di ciò che sto pensando. Ma avrà davvero lo stesso significato per lui che ostenta tanta sicurezza? Poi c'è quella storia del mago…) fece un sorriso triste e abbassò la testa, riaprendo gli occhi. (Ce n'è solo uno che ha rubato il mio cuore quando ero piccolo. Colui che mi ha abbagliato come un raggio di sole in una calda giornata d'estate. Quello che ai miei occhi compiva delle magie per far sorridere Shu-nii… cosa in cui io avevo totalmente fallito. Quello che poi ho ritrovato con la sua solita battuta dell'essere l'apprendista di Holmes dopo ben dieci anni.) chiuse il rubinetto e prese la spugna. «Forse sarebbe solo il caso di abbandonare questi ricordi.»
 
Mary: «Oppure, sarebbe il caso di abbandonare questi brutti pensieri e di andare avanti.» ribatté da dietro la tendina.
 
Masumi: «Eeeeeh?! Mama, co---»
 
Mary: «Ti ho sentita per caso mentre mettevo un cambio qui fuori. A quanto pare, l'avevi dimenticato.»
 
Masumi: «Aaah… grazie! Lascialo pure lì, dopo me la vedo io!!» rispose frettolosa. 
 
Mary: «Sei ancora giovane per capire come prendere la scelta giusta senza avere dei rimpianti. Ma prima che torni di là, lascia che ti dica una cosa: hai una sola vita, non trascorrerla rimuginando sulle cose che ti accadono. Ti ha chiesto di vedervi? Accetta. Se non ti dovesse piacere, puoi sempre capirlo al vostro primo appuntamento. Ma se non ti avesse colpito, non ti imbarazzeresti ogni volta che viene nominato.» sospirò. «Queste cose so che le sai e non c'è bisogno che te le dica io. Ma ragionaci su, dato che, a quanto pare, ci giri sempre intorno senza prendere nessuna decisione in merito.»
 
Masumi: «Ma io la decisione l'ho---»
 
Mary: «Le probabilità sono al 50%. Questo non cambierà mai. Ma se non comprendi l'altra faccia della moneta, non potrai mai capirne il vero valore.» tornò in camera. 
 
Masumi: «Il vero valore…» rifletté. (Non lo so… ce la potrei fare davvero?) 
 
Masumi pensò a una se stessa spensierata che usciva serenamente con la persona che le piace… quando a un tratto, le si presentava un caso di omicidio davanti agli occhi e lo seguiva come fa di solito. 
 
Masumi: (Mah… diciamo che al momento, la nostra resterà solo amicizia… questa è sicuramente la scelta giusta!)
 
Non appena finita la doccia, Masumi mandò un'e-mail a Chihiro. 
 
Testo: "Ciao! Grazie per il dono per dovere, ti avevo già detto che non era necessario. L'ho apprezzato comunque perché era fatto a mano. In ogni caso, se proprio devo, allora ti posso concedere un momento del mio tempo. Masumi" 
 
Masumi: «Perfetto! Sono stato bravissimo! Adesso non mi rimane che aspettare la risposta.» si tamponò i capelli con un asciugamano. «Certo che ci sta un'eternità a rispondere, è così lento!» vide che lo smartphone si illuminava e nel prenderlo, notò che si trattava di una chiamata. 
 
Il nome sullo schermo era proprio quello di Chihiro. 
 
Masumi: «Cos-- Chi ti ha detto di telefonarmi??» si guardò intorno, nel panico più totale. (Beh, cosa dovrà mai dirmi?) deglutì. 
 
Mary, intanto, si posizionò dietro al muro adiacente alla stanza per origliare. 
 
Masumi: (Perché continua a squillare?? E va bene…) rispose. «Pronto?» disse nel modo più casuale possibile. 
 
Chihiro: «Ciao, Sera-san! Sono contento che il vasetto ti sia piaciuto! Ci ho messo un sacco d'impegno a farlo!» esclamò eccitato.
 
Masumi: «Hai degli strani hobby, tu…» si sedette sul letto. 
 
Chihiro: «Parli così perché non ci conosciamo bene… ma troveremo il modo di farlo, allora! Quando sei disponibile?»
 
Masumi: «Diretto come sempre, eh?» ridacchiò. «Mah, dipende dal caso.»
 
Chihiro: «Ah… ti hanno già chiesto di seguirne un altro?» rispose con un tono abbastanza felice. 
 
Masumi: «No, intendevo… che dipende dal---la possibilità che io possa avere degli impegni!» si corresse onde evitare di parlare di destino. 
 
Chihiro: «Capisco… In caso, non mi sarei mica stupito! Avendoti conosciuta dal vivo… so di che pasta sei fatta!» disse con orgoglio.
 
Masumi: «Macché, tu non sai niente di me. Io non sono come credi che io sia.» distolse lo sguardo. «Credimi… non sai nulla.»
 
Chihiro: «Bene! Allora che ne dici di parlarmene? Solo se ti va, certo…! Un po' come farò anche io con te.»
 
Masumi: «Mmh…» rifletté. «…solo se riuscirai a guadagnare la mia fiducia. Ok?»
 
Chihiro: «Ok. Farò del mio meglio, non ci sono dubbi. Se è per avvicinarmi un altro po' a te, mi andrà bene anche fare un passo alla volta. Non sono mai stato più serio di così.»
 
Masumi: «Ahahah!!» scoppiò a ridere. «Devo pensare che non sei mai stato serio in vita tua?»
 
Chihiro: «Mpf… ahahah! No, io lo sono sempre. Ma così, come in questo momento, mai.» ridacchiò divertito. «Ti va domani?»
 
Masumi: «C-Che velocità!! Di già?!» alzò il tono della voce incredula. 
 
Chihiro: «No? Allora… dopodomani?»
 
Masumi: «Mmh…» alzò gli occhi verso il soffitto. «Facciamo dopodomani.»
 
Chihiro: «Perfetto! Vengo a prenderti io, dove abiti?» chiese al settimo cielo. 
 
Masumi: «Nooo, che stai dicendo?» si mise a ridere. «Ci vediamo da qualche parte. Vedremo domani, va bene?»
 
Chihiro: «D'accordo! In caso, ti va bene un café? Ne conosco uno dove fanno dei dolci squisiti e vorrei che li assaggiassi!» esclamò entusiasta. 
 
Masumi: «Boh, vediamo… mandami l'indirizzo, così ci incontriamo direttamente lì, allora!» aggiunse determinata. 
 
Chihiro: «D'accordo, fatto!!»
 
Masumi: (E io che pensavo fosse lento…!!) 
 
Chihiro: «Allora… è una promessa, ci conto.» disse con tono serio.
 
Masumi: «Sì…» arrossì leggermente e sorrise dolcemente. «È una promessa.»
 
Mary: (Prima è riuscito a rompere la tensione che aveva creato Masumi. Direi che non si sembra essersi rivelato qualcuno che potrebbe essere contro di noi.) tirò un sospiro di sollievo. (Può davvero essere che finalmente Masumi superi la sua prima cotta? Il futuro… ci farà capire la verità.)

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Capitolo 48
*** Osaka nel periodo dei ciliegi spogli ***


Quel giorno, a Osaka, proprio come a Beika, l'ora delle lezioni era finita e gli studenti si apprestarono a tornare a casa.
 
Kazuha: «Heiji!!» lo raggiunse. «Stai andando a casa?» cercò di prendere fiato dopo averlo rincorso. 
 
Heiji: «Eh? Non è normale che io lo faccia?» la guardò di sottecchi. 
 
Kazuha: «Sì, certo, cretino!!» sbottò in risposta. «Questo lo so anche io! È solo che…»
 
Heiji: «Cosa?» si fermò. 
 
Kazuha: «Ecco, mi stavo chiedendo…» distolse lo sguardo. 
 
Heiji: (!!!) gli arrivò il cuore in gola. (Aspetta… non è che vuole ritornare su quell'argomento?!) 
 
Kazuha: «Facciamo la strada insieme?» disse mentre una goccia di sudore le scendeva giù dalla guancia. 
 
Heiji: «Eh?! Bah, se ci tieni, fa' come ti pare!» continuò a camminare. 
 
Kazuha: «Bene!!» si portò al suo pari. 
 
Heiji: (Fiuuu… mi era preso un colpo!!) guardò altrove mentre arrossiva. 
 
Kazuha: (Devo trovare il coraggio… Ran-chan e Aoko-chan mi hanno dato la spinta giusta… devo assolutamente farlo!!) 
 
I due continuarono a camminare insieme con i volti arrossiti e con gli occhi a puntino per un bel pezzo, senza aggiungere nemmeno una parola. 
 
Kazuha: (Ecco… ma come potrei mai riprendere quell'argomento?? Cosa gli dico? E se mi dice che glielo avevo già chiesto, cosa faccio?? Uffa… Cosa gli dico??) 
 
Heiji: (Dai, non manca più così tanto per arrivare a casa, un altro po' di pazienza e, qualsiasi cosa voglia da me, io non saprò nulla e non avrò visto nulla…!!) la guardò con la coda dell'occhio. 
 
Kazuha: «Ecco, Heiji…» prese parola, balbettando un po'. 
 
Heiji: «Ah? Dimmi, che c'è?» si voltò velocemente dal lato opposto a dove era situata lei. (Così non va bene!! Non dovevo guardarla nemmeno per scherzo! Non dovevo scoprire il fianco…!!!) 
 
Kazuha: «Senti… quel giorno… sì, quello del ballo alla villa…» rigirò i pollici. (Forza!!) 
 
Heiji: «Sì?» deglutì. «Cosa vuoi sapere?» cercò di guardarsi intorno. (Allora è proprio vero che vuole tornare su quell'argomento! No!! Dimmi altro! Come che magari ero strafigo o qualcosa del genere!!! In fondo, non l'hai ancora fatto…!!) 
 
Kazuha: «Riguarda la telefonata che mi avevi fatto… Tu… Non ricordi cosa mi hai detto prima che si sentissero quelle esplosioni?» diventò rossa fino alla punta delle orecchie. 
 
Heiji: «Io… mi ricordo tutto quanto, certo!!» continuò a guardare intorno a lui. «Eppure, lo sai che ho un'ottima memoria! Come potrei dimenticare una cosa così importante?»
 
Kazuha: «D-Davvero?» deglutì, mentre il cuore le batteva all'impazzata. «Quindi ricordi tutto… tutto fino alla fine?»
 
Heiji: «Ovvio! Se vuoi te lo ripeto: ricordo tutto ciò che ho detto!» fece spallucce. «E allora?»
 
Kazuha: «Eh?» lo guardò perplessa. «Allora…? Dici?»
 
Kazuha si fermò e abbassò lo sguardo. 
 
Kazuha: (È come se parlasse di qualcosa che non ha a che vedere con la frase che mi ha detto… Cioè... Che mi…) scosse la testa. 
 
Heiji: (Che devo fare?! Fosse per me, me ne andrei dritto a casa… ma forse… mi conviene azzardare a questo punto, o non me la scrollo più di dosso…) deglutì e si fermò. «Certo! Cosa vuoi sapere con esattezza?» chiese senza riuscire a trattenere l'imbarazzo, sfoggiando una risata nervosa.
 
Kazuha: «Ma sentilo! Stupido!!» si appoggiò le mani sui fianchi. «Per esempio…!!!» lo guardò dritto negli occhi. 
 
Heiji: «Cosa, aah??» la guardò anche lui, sempre più in imbarazzo. 
 
Kazuha: «P-Prova a ripetere quello che mi hai detto, forza!!» sbottò spazientita, ma imbarazzata come non mai. 
 
Heiji: «E che ci vuole?? Ti ho detto che ti… che ti a…» balbettò. 
 
Kazuha: «S-Sì---» lo fissò senza distogliere lo sguardo, anche se era indecisa se ascoltare fino alla fine o no. 
 
L'opzione "fuga" era sempre dietro l'angolo. Tuttavia, stavolta era diverso, perché insieme alla sua risolutezza, c'erano anche la forza e la tenacia delle sue amiche. Stavolta non avrebbe rimandato niente, quindi lo lasciò fare e continuò ad ascoltarlo. 
 
Heiji: «T-Ti am…» si grattò la testa. «Ho detto che ti am---monisco!!»
 
Kazuha: «…» spalancò gli occhi, sbattendo le palpebre. «Eh?»
 
Heiji: «Io ti avevo detto di aspettare e tu mi hai risposto che non volevi! Non puoi dettare legge, soprattutto con me, hai capito, cretina??» la guardò nuovamente male, ma sempre arrostito. 
 
Kazuha: «Heeeeiiiiijiiiiii…» diventò furiosa.
 
Heiji: «È inutile che te la prendi con me! Fallo con te stessa che mi hai anche parlato addosso senza farmi capire nulla di ciò che dicevi! Sono persino arrivato a capire che mi ammonivi anche tu, guarda un po'!!» le fece la linguaccia. 
 
Kazuha: «Certo! Adesso è anche colpa mia!! Se ti prendoooo!!!» lo inseguì per tutta la strada di ritorno che mancava. 
 
Heiji: (Non era il caso che ti dicessi la verità. Io… devo superare Kudo! Non posso permettere che la mia dichiarazione venga sprecata in questo modo… scusa Kazuha, ma non posso…!!!) 
 
Kazuha: (Devo smetterla di illudermi!! Dovrei… smetterla, ma non ci riesco… Tu sei importante per me, Heiji… Io ti amo con tutto il cuore… prima o poi… Prima o poi riuscirò a farti capire che per me sei più importante di un semplice amico d'infanzia!! Ma al momento… terrò tutto per me, come ho sempre fatto da quando me ne sono accorta. O almeno… fin quando non ti deciderai…)
 
Heiji: «Allora, ci vediamo domani?» chiese mentre restava con lo sguardo rivolto verso un altro posto. 
 
Kazuha: «Che domande fai? Certo che sì!» gonfiò le guance, arrabbiata. 
 
Heiji: «Sai com'è, è pur sempre sabato!» ridacchiò. 
 
Kazuha: «Ah---» arrossì. «M-Mi stai chiedendo di uscire con te?»
 
Heiji: «Nah, volevo solo fare una battuta!» disse con naturalezza. 
 
Kazuha: «Sei totalmente scemo, Heiji!!!» lo afferrò per le spalle. «La smetti di non guardarmi in faccia mentre ti parlo??» volse lo sguardo verso ciò che stava fissando lui.
 
Heiji: «Ah… Mi ero perso nei miei pensieri, effettivamente.» sorrise. 
 
Kazuha: «Ma se mi stavi parlando…!» portò entrambi i pugni all'altezza del petto. 
 
Heiji: «Vero, ma sai, stavo riflettendo su quante volte abbiamo giocato sotto questo ciliegio.» lo indicò. 
 
Kazuha: «Sì, lo ricordo anche io…» sorrise dolcemente. «Solo che non è ancora arrivato il periodo della fioritura, quindi è un po' spoglio…»
 
Heiji: «Effettivamente…» si portò una mano sul mento, assumendo una posa contemplativa. «Per me… sei… come un albero di ciliegio in pieno inverno!! Anzi, una foglia di ciliegio! In fondo, ci sta, secondo il tuo nome, no??» 
 
Kazuha: «Il mio nome non significa mica quello!! Significa "Foglia giapponese"! Quindi… Cosa vorresti dire, eh?!» strinse i pugni e sollevò le spalle. 
 
Heiji: «Sì, anche io so cosa significa il tuo nome, cretina!» assunse un'espressione accigliata. «Mi riferivo solo alla foglia, ovviamente!»
 
Kazuha: «E che ne so io, dato che non parli in modo che ti possa comprendere, eeeh??» sbottò per la rabbia. 
 
Heiji: «Ha! Adesso ti faccio capire io, così vedrai quanto sarà facile comprendere una cosa tanto elementare!» si arrampicò sull'albero. 
 
Kazuha: «Heiji…! Stupido, che fai??» cercò di tenerlo d'occhio. «Stai attento o finirai col cadere!!»
 
Heiji: «Tranquilla, tranquilla!!» si sedette su un ramo. 
 
Kazuha: «Heiji…!!!» esclamò, in realtà preoccupata. (Guarda se deve farmi preoccupare sempre… Prima mi insulta e poi mi fa prendere un colpo! Stupido Heiji…) lo vide prendere qualcosa da un ramo e poi scendere tranquillamente. 
 
Heiji: «Mah!» si avvicinò a lei pulendosi i vestiti. «Visto che non è successo niente?»
 
Kazuha: «Per fortuna, direi!!» gli diede le spalle, arrabbiata. «Mi fai preoccupare sempre…»
 
Heiji: «Il fiore di ciliegio rappresenta le qualità di un samurai. Egli è un uomo onesto, coraggioso, leale… e puro.» enunciò parlando con un tono stranamente solenne. 
 
Kazuha: «Eh…?» fece per voltarsi, ma Heiji le mise una foglia davanti al viso.
 
Heiji: «Questa è una foglia di ciliegio!» disse squillante. 
 
Kazuha: «Sì, questo lo vedo anche io…» si voltò verso di lui. «Ma cosa c'entra tutto questo?»
 
Heiji: «È ancora autunno, quindi i ciliegi non sono in fiore. Questa foglia, però, vorrei che l'avessi tu.» sorrise. «Tieni, prendila!» gliela tese nuovamente. 
 
Kazuha: «Ah…» la prese, arrossendo alla visione del sorriso del ragazzo. 
 
Non era il solito sorriso di scherno che era solito fare. Al contrario, era come se Heiji fosse stato sostituito da una sua copia gentile. O almeno… era ciò che la mente di Kazuha cercò di bisbigliare al suo cuore, in modo da non illudersi per l'ennesima volta. 
 
Heiji: «Ricordalo sempre, Kazuha…» la guardò negli occhi. «Anche se il tempo passa, tu rimani sempre una persona speciale per me. L'unica a cui potrei augurare di non cambiare mai.»
 
Kazuha restò senza parole. 
 
Il pensiero che Heiji fosse posseduto o fosse stato scambiato con un sosia si fece sempre più concreto nella sua mente. 
 
Heiji: «Il ciliegio è famoso per essere un albero che fiorisce e sfiorisce nel giro di un mese, ma è proprio quell'attimo che lo rende tanto magico. Io… non voglio che con te sia un mese… o una breve tappa della mia vita.»
 
Kazuha aveva il batticuore. La mente cominciò a non pensare più nulla, si trovava nel panico più totale. Cosa avrebbe dovuto rispondere?
 
Heiji: «Io esigo che ti metti in testa che---» arrossì all'improvviso, rendendosi conto di stare per entrare nella fase più importante di una dichiarazione. 
 
Kazuha: «Ah.» lo guardò storto. «No, basta. Non aggiungere altro, ho capito.» ripose la foglia in un fazzoletto e la mise in un libro dentro la cartella, poi gli strinse le guance con entrambe le mani. «Mi vuoi dire qualcosa di schifoso per concludere, come fai solitamente! Ma non ci casco più!» aggiunse stizzita. 
 
Heiji: «Gnò! Ashpetta!!*» cercò di discolparsi, gesticolando con le mani.
(*No! Aspetta!!)
 
Kazuha: «Basta! Non ti voglio credere più, Heiji!! E ci puoi credere che non cambierò! E che non cambierà mai niente grazie a te!» gli lasciò libero il viso. 
 
Heiji: «Ahi…» si accarezzò le guance. «Non sei un'indovina!! Non puoi sapere cosa volevo dirti!!»
 
Kazuha: «Ah, sì? Bene, sei ancora in tempo per farlo, se vuoi!!» si mise a braccia conserte davanti a lui. 
 
Heiji: (Sì, ormai che hai rovinato tutto, te lo sogni!!!) distolse lo sguardo, arrossendo. 
 
Kazuha: «Allora?» continuò a guardarlo male. 
 
Heiji: «Tsk! Esigo che ti metti in testa che… io sono un detective, quindi credo solo a ciò che è concreto e vero, non a qualcosa di astratto come lo spazio e il tempo.» fece spallucce. 
 
Kazuha: «E questo come lo ricolleghi con la frase precedente a quella che mi stai dicendo, eh?» rise. 
 
Heiji: «Aaah… non riesco a ricordarla bene… com'era?» rise anche lui, ma per il nervosismo. 
 
Kazuha: «Era "Io voglio che stare con te non per un solo giorno o per una sola volta nella mia vita…"» arrossì innocentemente. 
 
Heiji: «Eeeeh???? È poco ma sicuro che non ho detto niente del genere!!» se avesse potuto, sarebbe diventato l'"Urlo" di Munch. 
 
Kazuha: «No? Io lo ricordo esattamente così! Quindi, vedi che ho ragione io??» voltò la testa sul lato opposto di quella di Heiji. 
 
Heiji: «Kazuha… Pensa quello che vuoi.» le appoggiò le mani sulle spalle e poi corse via. «Ma bevi di menoooo!!!»
 
Kazuha: «Che cavolo dici??? HEIJIIIIIIII!!!» lo rincorse. (Niente, non cambierà mai…) 
 
Nonostante questo pensiero la rattristasse un po', data l'ennesima illusione, questa volta si sentiva un po' più felice del solito. Heiji, sicuramente, non ci sapeva fare con queste cose. Tuttavia, adesso Kazuha era certa che nonostante i continui litigi e battibecchi, il ragazzo che lei amava si augurava che lei restasse per com'era e non cambiasse mai.
 
Kazuha: (Quella foglia… la custodirò per sempre con cura.)

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Capitolo 49
*** Ritrovarsi ***


Al liceo Ekoda di Tokyo, i ragazzi della 2-B stavano ultimando le pulizie della classe. 
 
Kaito: «Vabbé, io ho finito! Me ne torno a casa! Ciao!!» fece per andare via, ma venne prontamente afferrato al braccio da Aoko. 
 
Aoko: «Aspetta.» sorrise con una vena che gli pulsava sulla fronte. «Non hai ancora finito un bel niente, Bakaito.»
 
Kaito: «Veramente, ho fatto la mia parte!» le indicò il sacco dell'immondizia pieno zeppo. 
 
Aoko: «Allora spiega ad Aoko… com'è possibile che la spazzatura sia già pronta da buttare via se gli altri stanno ancora finendo di pulire?» lo guardò di sottecchi. 
 
Kaito: «Perché… Loro hanno un altro sacco, no?» gli scese una goccia di sudore giù dalla guancia. 
 
Aoko: «Errato. L'hai chiuso solo apparentemente, in modo che si potesse davvero credere al fatto che stavi andando via perché avevi finito.» si fece scura in viso. 
 
Kaito: (Ohi, ohi, ohi… Ma che ha oggi??) deglutì. «E allora, come mi spieghi che ho riempito il sacco, se non ho fatto il mio lavoro di raccogliere la spazzatura?»
 
Aoko: «Stai prendendo in giro Aoko, o cosa? Sicuramente ci avrai messo altro al suo interno, in modo che potesse sembrare gonfio!» ribatté arrabbiata.
 
Kaito: «Ma no, no!! È che la classe era sporca… Davvero tanto! Quindi è normale che sia enorme!» gesticolò con le mani. (Ohi, Aoko… Non farmi perdere tempo!!) 
 
Aoko: «E cosa ci poteva essere di così tanto sporco da riempire un intero sacco, eeeh??» indicò il sacco della spazzatura che sembrava esplodere. 
 
Kaito: «Ha! Per esempio, tutti i flaconi di detersivo usati per disinfettare il banco di Hakuba!» lamentò mettendosi a braccia conserte, ma ridendo. 
 
Aoko: «Che stai dicendo? Mica c'era bisogno di disinfettare qualcosa del genere!!» sbottò. 
 
Kaito: «Ceeerto! Sì che ce n'era bisogno, stiamo pur sempre parlando di Hakuba!» fece una risata di scherno. «Ma immagino che a te andasse bene anche solo per andare al ballo con lui! Anzi, no! Eri troppo felice che qualcuno potesse farlo!! Intendo, invitarti!»
 
Aoko: «Questo cosa c'entra?? Eri tu che avevi da fare! E, comunque, Aoko non era costretta ad andarci con te! Chi sarebbe mai stato contento di averti al suo fianco per un banale ballo in maschera??» le diventarono le gote rosse. 
 
Kaito: «Tu, per esempio?» ridacchiò tutto felice. 
 
Aoko: «No, Aoko cancellala dalle possibili pazze interessate a fare una cosa del genere!» sbuffò. «Ti credi sempre chissà chi, ma in realtà sei soltanto uno stupido!»
 
Kaito: «Boh, che vuoi da me, Aoko? Ho da fare, quindi fammi andare!» si grattò la testa, alterato. 
 
Aoko: «Eh no… Aoko ormai ha capito che non gliela conti giusta!» scosse la testa. 
 
Kaito: «Che ti dovrei dire, suvvia?? Lascia che me ne vada e basta!!»
 
Compagna: «Eh sì, mi sa che ve ne potete proprio andare!» disse con tono seccato. 
 
Compagno: «Noi abbiamo finito, non c'è più niente da fare…» mormorò nello stesso modo. 
 
Kaito: «Ecco, siete stati bravissimi!» alzò un pollice. 
 
Aoko: «Ma… Aoko si è persa a parlare e non ha---»
 
Compagna: «Facciamo che la prossima volta finite voi, non vi preoccupate!»
 
Aoko: «Eh… Aoko immagina che non possa rispondere di no per colpa di questo scemo…» tirò un orecchio a Kaito. 
 
Compagno: «Esatto!» rise.
 
Kaito: «Ahi, Ahoko!!» si scostò da lei. «Allora l'avete fatto apposta! La prossima volta vedrete!! Tsk
 
Compagna: «Diciamo che abbiamo fatto l'utile e il dilettevole, o chissà quando saremmo andati a casa… E se non ve ne foste accorti, tutti gli altri sono già andati via!» fece spallucce. 
 
Aoko: «Cheeee???» si guardò intorno. 
 
Compagna: «Sembravate così intenti a litigare come due piccioncini che non vi ha voluto disturbare nessuno! Ah, comunque, quel fermaglio è davvero carino!!» indicò un fermaglio che Aoko aveva tra i capelli. 
 
Aoko: «G-Grazie…!» lo toccò e successivamente arrossì. 
 
Compagna: «Di niente! Alla prossima settimana, ciao!»
 
Compagno: «Ciao!» uscirono dall'aula. 
 
Aoko: «Ciaooo!» si voltò a rallentatore e le si infuocarono gli occhi. «Kaitoooo!!!»
 
Kaito: «Non mi dire che è colpa mia perché sei tu che mi hai fermato prima che me ne andassi.» disse seccato. «Che cos'è quel coso che hai in testa, a proposito?» indicò il fermaglio. 
 
Aoko: «E te ne accorgi solo adesso dopo quasi una settimana che Aoko lo indossa??» si appoggiò le mani sui fianchi. 
 
Kaito: «Boooh… chi ti capisce oggi è bravo, io no di certo! Mica ti sto a fissare e lo vedo che hai un coso in testa!» sbadigliò. «Almeno il sacco se lo sono portato loro, hanno fatto una cosa buona.»
 
Aoko: «Certo, cerca di prendermi in giro come vuoi, tanto ad Aoko non interessa!» gli fece la linguaccia. 
 
Kaito: «Non ti sto prendendo in giro, è la verità!» le indicò la cartella, disinteressato. «Che ne dici di prenderla e di andare?»
 
Aoko: «Comunque…!» indossò la giacca e prese in mano la cartella. «Ad Aoko l'ha regalata---»
 
Hakuba: «Kaito Kid.» apparve all'entrata della classe. 
 
Aoko e Kaito: «AAAAAAAH!!!!» presi dal loro discorso, non si accorsero della presenza di Hakuba e urlarono per lo spavento. 
 
Hakuba: «Ah. Mi dispiace, non volevo farti spaventare, Aoko-san…» disse dispiaciuto. 
 
Kaito: «Grazie mille, eh???» sbottò con la pelle d'oca.
 
Aoko: «C-Come avrebbe dovuto reagire una persona normale che credeva di essere sola con un'altra?!» si appoggiò una mano sul petto, anche se sentiva il cuore batterle in gola, tanto era veloce. 
 
Hakuba: «E io che pensavo che fosse una discussione che aveva a che vedere con il ballo in maschera…» ridacchiò. «Vi ho disturbati mentre avevate intenzione di fare altro
 
Aoko: «C-C-Coooosa??? Con questo qui?! Assolutamente no!!» arrossì. «E poi, che discorsi sarebbero da un detective come te?? Non lo capisci con una sola occhiata cosa stavamo facendo?»
 
Hakuba: «È proprio perché sono io che non posso fare a meno, purtroppo, di arrivare a capire certi dettagli che non tutti conoscono… o capiscono.» sorrise beffardo. 
 
Kaito: «Sì, sì, lo sappiamo… il grande detective che non sbaglia mai nulla! L'infallibile!!» sospirò. «Bye!» fece per andare via, ma Hakuba lo fermò appoggiandogli una mano sulla spalla. 
 
Hakuba: «Aspetta. Non ho detto che sono qui per disturbarvi o sbaglio?» strinse di più la mano per bloccarlo. 
 
Aoko: «Aoko non ha capito cosa ci fai qui, a dire il vero…» lo guardò perplessa. 
 
Kaito: «Oi, mi stai facendo male!!» si voltò, scostandosi da lui. «Insomma, che cavolo vuoi, Hakuba??» si accarezzò la spalla. «Oggi ce l'avete tutti con le mie braccia…» aggiunse mormorando. 
 
Hakuba: «Per prima cosa, volevo essere certo che quel fermaglio a forma di coccinella fosse davvero un regalo di Kaito Kid.» ridacchiò. «Per seconda cosa, volevo scusarmi nuovamente con Aoko-san per averla abbandonata al ballo. In questi giorni sono stato impegnato a causa di alcune indagini relative al caso della festa da ballo e non ho potuto contattarla. Inoltre, volevo sapere come stava.»
 
Aoko: «Ma Aoko te l'aveva detto che non ce n'era bisogno, no?» scosse la testa. «Certo, non ti aspettare che accetti mai più una tua proposta… ma non se l'è mica presa!» annuì contenta. «La caviglia è guarita del tutto dopo due giorni!»
 
Kaito: «Ah-Ah!» rise in faccia ad Hakuba. «Non si preoccupa nemmeno se la scarichi per uno dei tuoi casi, visto quanto ci tiene a te?» fece spallucce. 
 
Hakuba: «Ciò non ti riguarda.» volse lo sguardo su Aoko. «Sì, lo immaginavo, ma volevo esprimerti il mio rammarico. Tuttavia, sono davvero felice che tu ti sia ripresa in un paio di giorni.»
 
Aoko: «Grazie…» sorrise. «Anche se la faccenda legata al fermaglio non ti riguarda davvero!»
 
Kaito: «La prossima volta che sarà invitata, Aoko non avrà nessuno ad accompagnarla! Ah-Ah-Ah-Ah-Ah🎵» intonò canzonandola. 
 
Aoko: «Insomma, Kaito!!» gli tirò un calcio che lui schivò prontamente. 
 
Kaito: «Non è ancora abbastanza!! Bleah!!» le fece la linguaccia. 
 
Aoko: «Aaappena Aoko ti prendeee!!» fece per tirargli un pugno, ma videro che un segretario scolastico si stava avvicinando a loro e corsero via prima che potessero essere ripresi. 
 
Kaito: «Ma cose…» rise. «Non ci si può nemmeno sfogare!»
 
Aoko: «Ovviamente non dovremmo farlo a scuola! Ma Aoko non si è mica resa conto di tutto ciò che è successo…» camminò dispiaciuta. 
 
Hakuba: «Non ci faranno niente, non vi preoccupate, poi ci parlerò io.» annuì. «Piuttosto… il fermaglio, Aoko-san. Come te l'ha dato…? Perché indossi qualcosa che ha a che vedere con un ladro?»
 
Aoko: «Aoko ti ha già detto che non ti dirà niente!» gonfiò le guance. «Prendila… come una punizione per averla abbandonata al ballo, ecco!»
 
Hakuba: «Eppure, ero stato perdonato…» la guardò dispiaciuto, ma poi sorrise. «Immagino di aver capito, quindi non ti tartasserò più.»
 
Kaito: (Cheee?? Giusto quando avrei voluto sapere anche io che cavolo se lo mette a fare!! Cioè, le sarà piaciuto… spero… No! Ma che spero?? Non me ne frega niente!!) 
 
Aoko: «Ok, allora tu e Aoko siete d'accordo!!» sorrise contenta.
 
Hakuba: «Diciamo che me lo merito. Ma! Se ti dovesse venire la strana voglia di dirmelo, sai come contattarmi.» si fermò. «La mia tata mi sta aspettando, quindi vi saluto qui.»
 
Kaito: «E meno male! Ciao!» lo salutò con la mano. 
 
Aoko: «Ciao, Hakuba-kun!!» lo salutò con la mano anche lei. 
 
Hakuba: «Kuroba-kun, non cambierai mai… davanti a tutti sei sempre un pagliaccio, poi fai i fatti davanti alle telecamere e agli spettatori.» fece per entrare in macchina. 
 
Aoko: «Infatti…!» esclamò seccata. 
 
Kaito: (Ohi, che vorresti dire??? Lui ha fatto quella battuta perché sa della mia identità, ma tu?!) 
 
Aoko: «Sarebbe ottimo per il circo!» rise tutta felice. 
 
Kaito: «Ma va'!!!» li guardò seccato. 
 
Hakuba: «Esattamente!» rise. «Buon ritorno a casa.» si sedette sul sedile posteriore del mezzo. 
 
Aoko: «Buon ritorno anche a te!!» annuì. 
 
Kaito: «Seh, ciao!» non lo guardò nemmeno in faccia.
 
La macchina si allontanò e Kaito e Aoko si incamminarono verso casa. 
 
Aoko: «Ne, Kaito…» alzò gli occhi verso il cielo. 
 
Kaito: «Cosa, ancora?» rispose scorbutico. 
 
Aoko: «Non pensi che oggi il cielo abbia davvero un bel colore?»
 
Kaito: «Mmh…» lo guardò anche lui. «Effettivamente, nonostante la stagione, è davvero limpido e azzurro!»
 
Aoko: «Già! L'ha notato anche Aoko!» sorrise contenta. 
 
Kaito: «Piuttosto! Che volevi sin dall'inizio?» 
 
Aoko: «Eh? In che senso?» lo guardò stupita. 
 
Kaito: «E me lo chiedi?» rise con una vena che gli pulsava sulla fronte. «A un certo punto mi hai afferrato per un braccio e non mi hai nemmeno fatto andare via come avrei voluto!»
 
Aoko: «Aoko te l'ha spiegato come prima cosa a dire la verità.» si appoggiò l'indice sul mento. 
 
Kaito: «Invece no, Ahoko!» sbottò. «Se non me lo ricordo io, allora ricordamelo!»
 
Aoko: «Aoko ti ha detto che non avevi ancora finito di pulire, ora te lo sei ricordato?» gli fece la linguaccia. 
 
Kaito: «Eeeh?? Ma che c'entra?» strabuzzò gli occhi. «Io intendevo la vera ragione, mica la scusa che hai usato!»
 
Aoko: «Quale scusa? Aoko non stava mica scherzando, ha detto la verità!» ribatté arrabbiata. 
 
Kaito: «Sono sicuro che fosse una scusa o non mi avresti nemmeno detto niente a riguardo! Forza, spara!» la guardò con fare investigativo. 
 
Aoko: «Ma è la verità, insomma!» gonfiò una guancia. «Non c'è modo che Aoko possa inventare una storia quando si parla di te!»
 
Kaito: «Ahahah, lo dici giusto tu?» si mise a ridere. 
 
Aoko gli diede uno scappellotto. 
 
Aoko: «Basta, insomma! Se vuoi credere ad Aoko fallo, se no, smettila di insistere! Tsk!» si voltò seccata. 
 
Kaito: «Heee…» sospirò. (Adesso fa anche l'offesa… ma so bene che vuole parlarmi solo di quella sera, del fermaglio e della mia identità… meglio prevenire che curare, no?) rifletté. (Beh, in realtà sarebbe meglio di no… ma non fa niente, ho preparato un discorso da farle! Non appena lo sentirà, vedrà!) 
 
Aoko: «In ogni caso, domani non dimenticare di venire da noi per i pasti!» ricordò a Kaito. «Certo, sempre ammesso e non concesso che tu non abbia già qualcosa da fare.» disse alterata. 
 
Kaito: «Eeeh? Cosa dovrei avere da fare? Ovvio che verrò! Quindi prepara tante cose buone per me!» aggiunse con impeto di comando. 
 
Aoko: «Sì! Aoko farà del suo meglio!!» annuì tutta contenta. (Con un ottimo pranzo a base di pesce! Così impari a mentire e a trattare male Aoko!)
 
Kaito: «…» la guardò stranito. «Ohi… Quando fai così, mi fai paura, Aoko…»
 
Aoko: «Non dovresti avere paura di una tua amica d'infanzia!» brillò, accecandolo. 
 
Kaito: «Eh… Ho capito che stai macchinando qualcosa…» sospirò. (Ma so anche che saprai come farti perdonare… spero.) 
 
Aoko: «Senti, volevo chiederti una cosa…» disse con lo sguardo un po' pensieroso. 
 
Kaito: «Cosa?» deglutì. (Eccola che arriva!! Ma io sono preparato!!) 
 
Aoko: «Conosci Ladybug e Chat Noir, i protagonisti di Miraculous?» si voltò a guardarlo negli occhi. 
 
Kaito: «Sì, so chi sono, ma solo perché sono famosi. Mica a me interessano certe storielle da mocciosi!» ridacchiò. 
 
Aoko: «N-No, nemmeno ad Aoko, figurati!!» arrossì visibilmente. «Era solo per sapere!»
 
Kaito: «Che pensi, di essere Marinette? E magari io Adrien? Oh, non penserai mica che Hakuba è Luka e Akako è Kagami, vero?!» la guardò perplesso. 
 
Aoko: «Ma che stai dicendo??» scoppiò a ridere. «Meno male che lo conoscevi per sentito dire, eh?»
 
Kaito: «Ma infatti, figurati se so altro! Queste cose le ho sentite da alcuni mocciosi in giro! Pensa per te, piuttosto!» incrociò le braccia dietro la testa. 
 
Aoko: «Aoko te l'ha detto! Se vuoi le credi, se no, fai come vuoi!» rise. «Oggi Kaito è davvero miscredente!»
 
Kaito: «Sei tu che fai la misteriosa!» si fermò. «Siamo a casa! Bye~!» la osservò. 
 
Aoko: «C-Che vuoi?» si fermò anche lei. 
 
Kaito: «Niente, niente! È che pensavo…» sollevò il viso. «Che avevi davvero ragione, oggi il cielo è tinto di una bellissima tonalità di azzurro.»
 
Aoko: «Eh? Ah, sì…!» si voltò a guardarlo nuovamente anche lei. 
 
Kaito: «Chissà se anche Aoko è dello stesso colore…»
 
Aoko avvampò in viso. 
 
Aoko: «C-Come mai questa gentilezza… all'improvviso?» chiese con un filo di voce mentre il cuore le batteva forte. 
 
Kaito: «Eh?» aprì la porta di casa e la guardò nuovamente. «Perché tu mi sai di blu, Aoko. Non è normale? E poi… guarda che colore profondo… credo sia… sì, perfetto.»
 
Aoko: «M-Ma sei sicuro? Cioè… non è che Aoko non ti creda, ma…» arrossì fino alla punta delle orecchie. (Sta praticamente dicendo ad Aoko che è bellissima…!) 
 
Kaito: «Ci manca che non mi credi! Ci vediamo!» si fermò per un attimo. «Anzi, no! Mi rimangio ciò che ho detto, ovviamente è riferito solo al cielo e a nessun altro! Kekeke! Ciaaao~» rincasò. 
 
Aoko: «Ah…! Bakaito!!» vide che aveva appena chiuso la porta. (Aoko avrebbe voluto chiedergli un'ultima cosa… Ma… ormai...)
 
Aoko entrò in casa e si buttò sul letto.
 
Aoko: «Perché Kaito ha detto ad Aoko una cosa del genere per poi rimangiarsela? Cioè, è normale che lo pensi, ma…» si sollevò a sedere. «È stato davvero un peccato che Keiko oggi non ci fosse a causa dell'influenza… magari Aoko potrebbe scriverle e chiedere un consiglio su tutta la faccenda…» sentì lo smartphone vibrare. «Non mi dire che mi ha anticipata…?» lo controllò e vide un'e-mail di Kaito. (Kaito…) abbassò lo sguardo e aprì il testo. 
 
Testo di Kaito: "Prima, sai, ci ho pensato solo a un certo punto, come se un fulmine avesse causato in me una scarica elettrica improvvisa e non potessi fare a meno di dirtelo." 
 
Aoko: «Sì, Aoko l'ha capito…» sospirò e continuò a leggere. 
 
Testo di Kaito: "Aoko non ha bisogno di cose come un colore per essere particolare, visto quant'è bisbetica! :p" 
 
Aoko: «SEI SEMPRE UN IDIOTA, KAITO!!» sbottò per la rabbia prima di continuare a leggere. 
 
Testo di Kaito: "Aoko è una pazza che solo io conosco come nessun altro e questo mi basta. Guarda un po' che privilegio! Kekeke!" 
 
Aoko: «Fa lo scemo, ma sembra sincero… anche se ha detto la cosa più stupida che avrebbe potuto dire…!!! Tuttavia…» guardò fuori dalla finestra. «Vai, Aoko!! Non devi guardarlo in faccia, non c'è! Quindi, approfittane!!» rispose all'e-mail.
 
Testo di Aoko: "Sì, sai che grande privilegio! Piuttosto… quale significato hanno le coccinelle, secondo te?"
 
Restò un attimo a guardare lo schermo. Rilesse mille volte l'email alla velocità della luce e poi inviò il messaggio. 
 
Aoko: «Male che vada, farà qualche altra battuta stupida delle sue…» sospirò, ma vide che il ragazzo aveva risposto seduta stante. «Aoko…» deglutì e lo aprì. 
 
Testo di Kaito: "Eh? Che domande! Ovviamente, le coccinelle portano fortuna anche per il sottoscritto! Pensi che possa trovare dei significati alternativi a quelli degli altri, quando si tratta di qualcosa che sanno tutti??" 
 
Aoko: «Aoko lo immaginava...» abbassò lo sguardo mentre si stringeva una mano sul petto. «Mah, sarà che oggi è più strano del solito, questo scemo!!» il volto rattristato della ragazza si trasformò in un sorriso di cuore. (Anche se le rispondi male e sei uno scorbutico di prima classe, Aoko continua a sentire il suo cuore battere più forte di prima… come se nella tua e-mail avesse letto ciò che si voleva sentir dire…) 
 
Testo di Aoko: "Stupido Kaito…!! (*`へ´*)" 
 
Kaito: «Ma sentila! Come se volesse sentirsi dire che in realtà so bene che l'amore non lo troverà presto perché ce l'ha già…? O qualcosa del genere? Era questo che avrebbe voluto sentirsi dire?» mormorò seduto davanti allo schermo del computer. «Avevo anche l'appuntamento con mamma, ma non si vede nemmeno da lontano! Che razza di giornata sfortunata quella di oggi! Ultimamente è uno schifo di periodo…» si grattò la testa, poi sorrise. (Bah… momentaneamente non posso fare altro, Aoko… abbi pazienza e, quando tutto questo sarà finito, allora quella coccinella diventerà davvero solo un portafortuna, perché ci sarà ben altro a renderti felice.)

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Capitolo 50
*** Oltre ogni aspettativa ***


Nel primo pomeriggio, a casa Kudo, delle persone si erano riunite a discutere sull'accaduto del ballo in maschera… 
 
Conan: «Beh, alla fine, siamo anche stati fortunati.» sbuffò. 
 
Yukiko: «Vero?» gli versò un po' di tè nella tazza. «Meno male che siamo intervenuti in tempo!»
 
Conan: «Già… ma come avevate fatto a capire che ci sarebbero stati dei problemi grossi e addirittura… che ci sarebbero stati… loro?» acuì lo sguardo. 
 
Subaru: «Ce ne ha parlato qualcuno prima che chiunque altro avesse potuto immaginarlo. Anche perché, molto probabilmente, nessuno avrebbe potuto prevederlo, se non la sera stessa… quando sarebbe stato troppo tardi. È anche stato bravo a far saltare in aria il suo piano.»
 
Conan: «Vermouth…» appoggiò una guancia sul palmo della mano. «Ho provato fino alla fine a far stare tranquilla Haibara, ma non c'è stato niente da fare. Aveva capito tutto anche lei.»
 
Yukiko: «Ecco, questo è perché pensi sempre di essere troppo intelligente e gli altri troppo stupidi!» disse con nonchalance, sedendosi accanto a lui. 
 
Conan: «Macché. All'inizio pensavo che Haibara fosse visionaria, o che sentisse angoscia dentro di sé a caso. Solo poi ho capito che effettivamente era come diceva, ed è stato in quel momento che ho provato a tranquillizzarla… A maggior ragione, perché avevo capito che si trattasse di Vermouth, l'unica tra tutti a conoscere la nostra situazione… Insomma, ho fatto del mio meglio, ma senza nessun risultato.» lamentò seccato. 
 
Yusaku: «Figurati se giusto lei non si aspettasse o sentisse qualcosa del genere.» sorrise. «Pensare che avresti voluto risolvere tutto da solo…»
 
Conan: «Nah, in realtà, mi sono appoggiato a Subaru-san fin dall'inizio. Quando Haibara mi ha raccontato che c'era qualcuno che l'ha aiutata a salire al piano superiore della villa, non ho avuto dubbi che si trattasse di lui, quindi "gliel'ho affidata" e ho fatto il resto.»
 
Yukiko: «Giustamente, senza nemmeno accertartene! E se non fosse stato lui, ma un brutto ceffo, come ti saresti sentito adesso?» lo riprese. «Sei davvero uno screanzato!» gli tirò una guancia. 
 
Conan: «Ahia!» cercò di liberarsi dalla presa. «Sapevo che non le sarebbe accaduto niente di che! Avevo capito che c'era qualcosa dietro già quando sono passato da qui prima di andare alla villa con Hattori! Poi c'era anche il fatto che il dottor Agasa non sa mentire e avevo capito che qualcosa non andava, anche se non sapevo cosa! Haibara si era anche fatta accompagnare da Subaru-san alla villa… chiaramente aveva qualcosa in mente!» 
 
Yukiko: «Quello che è successo lo definisci niente di che? Certo che sei proprio cocciuto!!» lamentò irritata. 
 
Subaru: «Sarà che ho fatto in modo di farmi capire.» cercò di placare le acque. «Inoltre, credo che quella ragazzina abbia dei sospetti sulla mia identità. È per questo motivo che ha chiesto esplicitamente a me di accompagnarla alla villa quella sera… e anche qualche giorno prima.»
 
Yusaku: «Sfortunatamente per lei, però, non ha carpito alcuna informazione, giusto?» bevve un po' di caffè. 
 
Subaru: «Esattamente. Il nostro complice è migliore di una tomba, non saprà mai niente nemmeno da lui.» annuì. 
 
Conan: «Questo complice deve essere qualcuno su cui fate molto affidamento…» si accarezzò la guancia che gli era stata tirata da Yukiko. «Anche se non volete fare il suo nome, non è che non ho capito la sua identità, eh?»
 
Yukiko: «Non potremmo mai pensarlo!» ridacchiò. «Ma in ogni caso… scoprire che Tsukimi Akihiro-san in realtà faceva parte di quell'Organizzazione ci ha lasciati perplessi!»
 
Conan: «Addirittura?» la guardò come se ciò che aveva appena detto fosse scontato. 
 
Yukiko: «Sì!! Perché non potevamo perdere l'occasione di sfruttarlo!!» lo guardò determinata. 
 
Conan: «Ecco, mamma… spiegami meglio come sono andate le cose dal vostro punto di vista.» bevve il tè che Yukiko gli aveva versato in precedenza. 
 
Yukiko: «Facendo un riassunto molto veloce…» rifletté. «Ci è stato detto che Sharon si stava muovendo nell'ombra e che, in tutto ciò, sarebbe stato coinvolto uno tra i pesci piccoli dell'Organizzazione.» annuì. «Non ci è stato detto nulla dei particolari sul motivo. Sapevamo che dovevamo agire perché, molto probabilmente, la vita di Ai-chan sarebbe stata in grave pericolo. Quindi ci siamo documentati un po' su quella villa, sulle vite delle varie figure che la abitavano… E abbiamo scoperto la presenza delle bombe sotterranee! Siamo rimasti scioccati!! Ma non potevamo assolutamente lasciare le cose come stavano… dovevamo salvare tutti!!»
 
Conan: «In relazione a questo, Hattori mi ha detto che mentre erano entrati nel passaggio segreto, lui e Hakuba sono arrivati in una stanza dove Tsukimi-san li ha sentiti nonostante fosse all'interno di una botola… ne sapete qualcosa?»
 
Yusaku: «Sì, certo. Era perché si erano introdotti lì precedentemente per spianare la strada. È stata creata una via di accesso invisibile dall'interno della stanza dove sono arrivati loro, che però ha lasciato qualche falla perché è stata creata con troppo poco preavviso. È per questo che, in una parte soltanto, le mura erano più sottili; esattamente dove si usciva o entrava da quella botola. Quello Tsukimi Akihiro aveva macchinato tutto fin troppo bene…»
 
Subaru: «È per questa ragione che ho chiesto anche l'intervento dei miei colleghi. Loro erano lì per un altro lavoro che coinvolgeva uno dei ragazzi presenti al ballo, quindi abbiamo preso due piccioni con una fava.» aggiunse. 
 
Conan: «Quel Koseki, giusto? L'ho visto solo una volta mentre era cosciente, ma mi è sembrato un tipo piuttosto intelligente.» rifletté. 
 
Yukiko: «Vero!! È anche molto carino!!» ammise annuendo. 
 
Subaru: «Sì, era lui. Non so molto a riguardo, probabilmente, Camel o Jodie potrebbero dirti qualcosa in più.»
 
Conan: «No, no… tanto ormai è andata… Inoltre, non aveva niente a che vedere con me. Aveva chiesto persino a Sera di aiutarlo col caso, bah! A proposito, Hattori e Hakuba mi hanno raccontato ciò che è successo con Jodie-san…» si mise una mano in faccia. 
 
Subaru: «Sì, riguardo loro, Jodie ha fatto davvero un ottimo lavoro.» rise di gusto. 
 
Yusaku: «È stato molto importante cercare di essere convincenti. Ma almeno, adesso… quell'uomo sconterà la pena che gli spetta.» diventò serio in viso. 
 
Conan: «A tal proposito, che fine gli avete fatto fare?» chiese inarcando un sopracciglio. 
 
Yusaku: «Lo aiuteremo a cambiare identità. In fondo, anche l'Organizzazione pensa che sia rimasto coinvolto in quella tragedia. Noi abbiamo solo fatto sì che capisse che anche la sua vita è importante.»
 
Yukiko: «Faremo in modo che in futuro, non appena si saranno calmate un po' le acque, potrà adottare la sua figlioletta, così da poter stare con lei. Non è meraviglioso?» sorrise felice. 
 
Conan: «Eeeh?? Ma non sarà troppo pericoloso anche per lei??» chiese alzando il tono della voce. 
 
Yusaku: «Non accadrà a breve, c'è una burocrazia infinita da affrontare.» sorrise. 
 
Conan: «…c'è una cosa ancora più importante e da non trascurare, però…» gli diventarono gli occhiali opachi. «Io sono convinto che ha sbagliato… quindi… Dovrebbe scontare la pena per tutti i reati che ha commesso! Così è troppo comodo per lui!» sbottò aggrottando le sopracciglia. 
 
Yukiko: «Vuoi che ti prepari una camomilla?» lo guardò malissimo, con una vena che le pulsava sulla fronte.
 
Yusaku: «Non posso negare che sia stata tua madre a optare per questa decisione. Tuttavia, ci ha fatto riflettere.» disse pacatamente mentre Yukiko annuiva fiera di sé. «Tsukimi Akihiro ha fatto dei reati incredibili e orrendi. Io la pensavo esattamente come te, infatti, avrei voluto consegnarlo alla polizia… solo che tua madre ha insistito ponendomi un quesito interessante.» volse lo sguardo su di lei. 
 
Yukiko: «Esatto!» sollevò l'indice della mano destra. «Se facciamo rinchiudere in carcere, Tsukimi Akihiro-san, mettiamo, con l'ergastolo… cosa accadrebbe?»
 
Conan: «Ovvio, no? Finirebbe con lo scontare i suoi reati, come dovrebbe!» rispose arrabbiato.
 
Yukiko: «Oooh…» lo guardò con sufficienza. «Dimmi un po'... Tu sai che fine ha fatto la sua casa?»
 
Conan: «Certo che sì! Ah… aspetta…! Forse ho capito dove vuoi arrivare.» si appoggiò una mano sul mento e rifletté su ciò che gli avevano appena detto i suoi genitori. 
 
Yukiko: «L'Organizzazione, con il timore che parlasse di loro e rivelasse qualcosa, l'avrebbe ucciso nel giro di pochissimo tempo. Come avrebbe scontato la sua pena, in questo modo? Con la morte?»
 
Conan: «Mh… giusto.» continuò a riflettere. 
 
Yukiko: «Quando sarà possibile, lo sfrutteremo e ci faremo dare le informazioni che ha! Anche se saranno relative, ma meglio di niente!» gli fece l'occhiolino. «E poi, siamo sul piede di guerra! Quell'Organizzazione ha le ore contate!!»
 
Conan: «Mmmh… sull'ultima parte non ne sarei così sicuro. Però, ti so dire per certo che se avete optato per la vita, era la scelta migliore.» distolse lo sguardo. 
 
Yukiko: «Eh, avevamo davvero bisogno della tua approvazione, sai?» lo prese in giro. 
 
Conan la guardò poco convinto. 
 
Conan: «Ma alla fine sei andata tu ad aiutare Haibara, mamma? Non c'è modo che lei voglia parlarmi di ciò che è accaduto quella notte! Avevo anche paura di attivare la trasmittente perché credevo che ci potessero rintracciare e, così, mandare in aria il piano per il salvataggio di Ayumi-chan. Quindi ci eravamo sentiti solo via e-mail e poi niente più!»
 
Yukiko: «Colpa tua che te ne sei curato poco, oppure… meglio così?» ridacchiò divertita. «Oooh!! Ti è finito il caffè!! Vado a prenderlo in cucina!!» si allontanò. 
 
Yusaku: «Mpf… era il tè!!» alzò la voce affinché lo potesse sentire. 
 
Yukiko: «Quello che vuoi!!!» continuò a ridere. 
 
Conan: «Quando non volete farmi sapere le cose, non c'è niente da fare.» sospirò. 
 
Subaru: «Mettila così: stiamo tutti bene, Tsukimi Akihiro avrà il tempo di pentirsi e di stare con sua figlia quando sarà; Tsukimi Ryu non ha più l'aggravante del rapimento e sconterà ben dieci anni di carcere, ma i suoi figli adesso staranno con la madre che è guarita quasi del tutto… e Itou Mitsunari trascorrerà tutta la sua vita in carcere, perché gli è stato conferito l'ergastolo. Ma potrà vivere svolgendo lavori utili alla comunità. Ha anche deciso di stanziare tutti i suoi averi per la costruzione di un ospedale e un centro d'ascolto. Poteva andare peggio, no?»
 
Conan: «Sì, certo… ma il fatto che non mi abbiate detto la parte che ha a che vedere con Haibara e l'Organizzazi---»
 
Yukiko: «Se vuole, te lo racconta lei!! Ma, per l'appunto, dubito che lo farà! Eheheh…» sorrise senza un motivo apparente e poi cominciò a canticchiare. 
 
Conan: «Sembri una donna innamorata…» assunse uno sguardo bieco. 
 
Yukiko: «Ma che stupidaggini!!» prese Yusaku a braccetto. «Lo sono già!! E anche da un sacco di tempo!! ❤»
 
Conan: «Ohi ohi… ciò non toglie che---»
 
Subaru: «Se vuole, te lo dirà lei, come dice Yukiko-san. Sbaglio o in questo momento è al parco con gli altri bambini?» controllò l'orologio. 
 
Conan: «Sì… oggi andavano al parco a giocare con Shadir. Lui ha detto che quel posto gli piace perché da piccolo ci andava sempre con la sua famiglia, quindi… spero che anche suo fratello possa star meglio al più presto, così potrà far parte del gruppo insieme ad Aoi-chan.»
 
Yukiko: «Eeeeeh?? E tu cosa ci fai qui a parlare con noi???» lo riprese. 
 
Conan: «Volevo sapere la verità! Mica potevo aspettare per sempre!! Era da una settimana che aspettavo solo il momento giusto!» cercò di discolparsi. 
 
Yukiko: «Dovresti divertirti di più, dato che ti è stata data questa possibilità!» annuì convinta, mentre Yusaku si liberava dalla stretta. 
 
Yusaku: «Dato che non durerà per sempre, ti posso solo consigliare di divertirti con loro finché puoi.» rise compiaciuto. 
 
Conan: «Nah! Lo farò domani…» si rilassò sulla sedia. 
 
Yukiko: «In tutto questo, però… c'è qualcosa di favorevole!!» esclamò all'improvviso. 
 
Conan, Subaru e Yusaku: «Eh?»
 
Yukiko: «Dato che Sh--- Conan-kun è qui con noi, possibilmente, non morirà nessuno per oggi!! Ahahah!»
 
Subaru: «Questo sì… ma chissà quando tornerà a casa?» ridacchiò. 
 
Conan: «Ohi… non sono io a portare sfortuna agli altri!!» lamentò seccato. 
 
Tutti si misero a ridere, perché si sa, ovunque vada quel bambino, muore sempre qualcuno, o non si tratterebbe di Edogawa Conan. 
 
Yukiko: «A parte gli scherzi, non abbiamo altro da aggiungere, quindi, fila a giocare con loro!»
 
Conan: «Eh no! Ci sono delle altre cose che devo chiedervi!» si mise a braccia conserte. 
 
Yukiko: «Noi, però, non siamo intenzionati a risponderti, quindi vai!!» lo sollevò dalla sedia e lo mise giù. 
 
Conan: «Mamma…! Non sono un bam--!!!» arrossì. 
 
Scoppiarono nuovamente tutti a ridere tranne lui. 
 
Subaru: «Andiamo, ti accompagno io.» si alzò. 
 
Yukiko: «Secondo me, lo vizi troppo! È meglio se fa qualche passo da solo!» mise il broncio. 
 
Subaru: «Ne approfitterò per fare delle spese.» guardò Conan. «Ti va?»
 
Conan: «Sì…» sbuffò. «È meglio che me ne vada al più presto. Ciao!»
 
Yusaku: «A presto, Conan-kun.» sorrise. 
 
Yukiko: «Mi raccomando, stai attento quando sei solo per strada!» si chinò e lo sbaciucchiò come poteva. 
 
Conan: «Mam--…» sospirò stancamente. 
 
Subaru: «Bene, allora a più tardi.» sorrise gentilmente e poi andò via con Conan.
 
Yukiko: «Ma quando crescerà…? Ha il carattere tale e quale a quando aveva ancora quell'età… dieci anni fa!» guardò Yusaku contrariata. 
 
Yusaku: «Ogni cosa a suo tempo.» sorrise. «Lo scontro finale lo porterà a crescere, vedrai.»
 
Yukiko: «Se lo dici tu… ❤» annuì e sparecchiò la tavola. (Anche Sharon… spero che prima o poi capirà.)

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Capitolo 51
*** Sentire una risonanza ***


Al parco, contemporaneamente alla discussione a casa di Shinichi, i Giovani Detective stavano giocando a calcio insieme al loro nuovo amico. 
 
Ayumi: «Goooooal!!!» esultò sollevando le mani al cielo. 
 
Genta: «Uffa, non è giusto!!» sbottò per la rabbia. 
 
Mitsuhiko: «Shadir-kun, sei davvero bravo a giocare calcio, proprio come dicevi!!» si complimentò con gentilezza e sincerità. 
 
Shadir: «Che vi avevo detto, eeeh??» sollevò un braccio verso l'alto. «Sono più bravo di un professionista! Ma che dico?? È come se lo fossi di già!»
 
Ai: «Beh, adesso non te la tirare troppo.» sbadigliò. «Ne hai di strada da fare.»
 
Aoi: «Bravissimo, Shad!» lo acclamò seduta su una panchina. 
 
Mitsuhiko: «Dimmi un po'... Da grande vuoi fare il calciatore?» chiese incuriosito. 
 
Genta: «Ma che deve fare?? Meglio diventare un eroe come Kamen Yaiba!» strabuzzò gli occhi. «Aspetta, vorresti diventare un calciatore per davvero?» 
 
Shadir: «Non ho bisogno di diventare un calciatore! Mi acclameranno tutti in ogni caso!» si appoggiò le mani sui fianchi. 
 
Ayumi: «E cosa ti piacerebbe fare, invece?» si avvicinò a lui, curiosa come Mitsuhiko. 
 
Shadir: «Mmmh… non lo so. Voglio stare per sempre con Aoi-chan, questo te lo so dire per certo!» fece un sorriso sghembo e volse lo sguardo su di lei. 
 
Mitsuhiko: «Ooh… quindi… la vorresti sposare?» arrossì mentre osservava Ai con la coda dell'occhio. 
 
Shadir: «Ovvio che sì! Lei è la mia dea, non potrebbe essere diversamente!» annuì convinto. 
 
Aoi: «Ben detto, Shad. Anche per me è lo stesso.» si avvicinò a loro. 
 
Shadir: «Ti amo un casino, Aoi-chan.»
 
Aoi: «Anche io, Shad.»
 
Ai li osservò perplessa. 
 
Mitsuhiko: «C-Come mai li stai guardando, Haibara-san?» le andò vicino, imbarazzato. 
 
Ai: «Penso di aver sentito frasi di quel genere almeno un centinaio di volte… nell'arco di una settimana.» rispose casualmente. 
 
Ayumi: «Aah! Non sarà mica che ti sei innamorata di qualcuno, Ai-chan?» sorrise contenta. 
 
Mitsuhiko deglutì e affinò l'udito. 
 
Genta: «Ma come, non era innamorata del calciatore Higo??» guardò Ai cercando di aver ragione su ciò che stava dicendo. 
 
Shadir: «Ti piacciono i calciatori, Haibara-san?» fece per voltarsi verso di lei.
 
Aoi: «Appena la guardi ti picchio, Shad.» disse lapidaria mentre si toglieva gli occhiali da sole per fulminarlo con lo sguardo. 
 
Shadir: «Era per sapere!!» si prostrò ai piedi di Aoi. «Scusami!!»
 
Aoi: «Bravo, sei perdonato. Ora alzati.» disse con tono autoritario. 
 
Genta: «Io non ho parole!! Ma da dove siete usciti??» chiese sbalordito. 
 
Aoi: «Da casa.» rispose priva di qualsiasi intonazione. 
 
Shadir: «E da dove, se no??» sostenne ciò che aveva appena finito di dire la fidanzatina. «Io e la mia ragazza al momento stiamo sotto lo stesso tetto, ve l'ho già detto!! Ci divertiamo un sacco con mia madre e Gaku!!»
 
Genta: «Ehi, non vi ho detto niente di che, finitela di fare la voce grossa!» esclamò seccato. 
 
Ai: «Smettila anche tu, Kojima-kun.» sospirò.
 
Ayumi: «Allora, Ai-chan?» la guardò con le stelle negli occhi. 
 
Ai: «Ma che domande.» le diede le spalle. «Ovviamente, non m'interessa nessuno in quel senso.»
 
Mitsuhiko: «Cosa? Ne sei sicura, Haibara-san??» chiese insistendo. 
 
Ai: «Certo che sì.» annuì. «In ogni modo, non vi sembra che si sia fatto abbastanza tardi per giocare ancora a calcio?»
 
Genta: «Effettivamente… dopo che Ayumi è stata rapita senza che ne sapessimo niente, la mamma mi ha detto di tornare a casa prima! L'avevo dimenticato!!» prese il pallone in mano. 
 
Mitsuhiko: «Già… ci conviene tornare… ma meno male che Ayumi-chan sta bene!!» esclamò commosso. 
 
Ayumi: «Sì! E tutto per merito di Ai-chan, Heiji onii-chan e…»
 
Ai la guardò eloquentemente. 
 
Ayumi: «Giusto! E del dottor Agasa!!» annuì contenta.
 
Ai: «È stato un puro caso che fossimo stati invitati all'ultimo momento anche noi, infatti.» incrociò le braccia al petto. (Meno male che io e il dottore le abbiamo detto di non includere mai il nome di Kudo-kun in tutto ciò che è successo…) 
 
Genta: «E appunto, potevate dircelo!! Avremmo voluto salvare Ayumi anche noi!!» esclamò arrabbiato.
 
Mitsuhiko: «Io passo… avrei avuto paura di restarci secco…» scosse la testa. «Però anche io avrei fatto del mio meglio per salvare Ayumi-chan, se fossi stato presente!!» alzò la voce, pieno di grinta. 
 
Ayumi: «Grazie, ragazzi…» ammise commossa. 
 
Aoi: «Giusto. Mi dispiace per tutto il macello che ha combinato mio padre.» disse rammaricata. 
 
Shadir: «Ma che dici?? Mica è colpa tua!! Quello che hanno fatto i nostri genitori non è colpa nostra!!» cercò di discolparla. 
 
Aoi: «Lo so, ma mi dispiace lo stesso.» abbassò lo sguardo. 
 
Ayumi: «Non ti preoccupare, Aoi-chan!!» le strinse le mani. «Ayumi è felice di tutto ciò che è accaduto perché è servito affinché diventassimo amiche! Quindi, finché siamo qui a giocare e sorridere, è tutto a posto! Poi, adesso frequenti anche la nostra scuola, cosa potrebbe esserci di più bello?»
 
Aoi: «…» sollevò il capo e la guardò negli occhi. «Non odi me e mio padre? So che lui non c'è più, però…»
 
Ayumi: «Beh… Ayumi è tanto arrabbiata col tuo papà perché non è stato corretto nei confronti di nessuno, soprattutto con te!» scosse la testa. «Ma non lo odio e, soprattutto…!» le diede un bacio sulla guancia. «Ti voglio tanto bene, Aoi-chan!!» sorrise arrossendo leggermente. 
 
Aoi: «…» si toccò la guancia senza dire una sola parola. 
 
Mitsuhiko: «Come ci si poteva aspettare da Ayumi-chan…!» le guardò soddisfatto. 
 
Shadir: «Sì, ma non ti avvicinare troppo, ok??» fece un passo in avanti verso Ayumi. 
 
Genta: «E smettila!! Ayumi è una bambina, non ti tocca la tua ragazza!!» disse imitando il tono di voce del bambino. 
 
Shadir restò perplesso perché non si aspettava una risposta del genere e tutti si misero a ridere. 
 
Aoi: «Allora noi andiamo a casa.» disse sollevata dal peso che sentiva sulle spalle. 
 
Shadir: «Ciao! Alla prossima, sappiate che porterò mio fratello Gaku!» annunciò entusiasta. 
 
Mitsuhiko: «Non vediamo l'ora di conoscerlo!» esclamò contento. 
 
Ayumi: «Ci contiamo!!» annuì felice. 
 
Genta: «Spero che non sia uno sbruffone come te!» lanciò un'occhiata obliqua a Shadir. 
 
Ai: «Senti chi parla.» rispose stizzita. 
 
Risero nuovamente tutti insieme e videro che i due bambini, nell'allontanarsi, camminavano mano per mano. 
 
Ayumi: «Anche se sono strani, Ayumi li trova davvero romantici!» esclamò pensando a lei e Conan che si tenevano per mano. 
 
Mitsuhiko: «Sono stati fortunati a trovarsi insieme nonostante tutto…» aggiunse con una punta di tristezza. 
 
Genta: «È vero! Con la sfortuna che hanno avuto con le loro famiglie, almeno sono fortunati in questo!» annuì dispiaciuto. 
 
Ai: «Mah, ci sono tante fortune diverse nella vita. A volte, anche se non hai una famiglia, sei fortunato perché finisci inevitabilmente col fartene una col passare del tempo.» alzò lo sguardo verso il cielo che era diventato di un colore tra il rosa e l'indaco. «La famiglia non è solo quella in cui si nasce, o quella che ti cresce… la famiglia è composta da tutte le persone che ami e che sono disposte a custodirti nel loro cuore.»
 
Ayumi: «Ayumi è d'accordo con te!!» la guardò con le lacrime agli occhi, ma con sorriso sulle labbra. 
 
Mitsuhiko: «Haibara-san…» sorrise anche lui. 
 
Genta: «Ooh… Mmmh…» rifletté sulle parole di Ai, non comprendendone appieno il significato. 
 
Una leggera folata di vento avvisò Ai che si stava avvicinando qualcosa a lei. 
 
Ayumi: «Oh, c'è Conan-kun!!» esclamò tutta contenta mentre videro che Subaru accostava la macchina vicino al marciapiede e la parcheggiava. 
 
Conan: «Aaah… mi sa che sono arrivato in ritardo! Ho fatto del mio meglio per arrivare in tempo!!» disse cercando di fingersi dispiaciuto mentre scendeva dalla macchina. 
 
Mitsuhiko: «Sì, purtroppo…» lo guardò dispiaciuto per davvero. 
 
Genta: «Aoi e Shadir se ne sono appena andati!!» indicò la strada che i due avevano intrapreso dove, però, non si vedevano più nemmeno all'orizzonte. 
 
Ayumi: «È perché i nostri genitori vogliono che rincasiamo presto a causa del rapimento di Ayumi!» strinse i pugni all'altezza del petto. 
 
Subaru: «Ed è corretto che sia così.» si sporse leggermente verso di loro, una volta sceso dalla macchina.
 
Mitsuhiko: «Eh… l'abbiamo imparato, Subaru-san!!» rispose gentilmente. 
 
Conan: «Vabbé, ci vedremo lo stesso a scuola, lunedì!» fece spallucce.
 
Genta: «Ti sei perso una partita straordinaria!!» annuì soddisfatto. 
 
Ayumi: «Già!! Shadir-kun è davvero bravissimo a calcio!» sorrise entusiasta. 
 
Subaru: «Davvero? Cos'ha fatto di tanto prodigioso?» chiese incuriosito. 
 
Mitsuhiko: «Sa fare la sforbiciata, per esempio!!»
 
Ayumi: «Oppure dei dribbling da paura!!»
 
Genta: «Sì, ma si monta anche tanto la testa, anche troppo!!» circondarono Subaru. 
 
Conan: «Pssst!» si avvicinò ad Ai che aveva una faccia del tutto seccata. «Haibara, approfittiamo di questo momento, ti devo parlare!» disse quasi sibilando per non farsi sentire dagli altri bambini.
 
Ai: «Che vuoi?» rispose con acidità e senza abbassare il tono della voce. 
 
Conan: «Tsk!» la afferrò per l'avambraccio e la portò poco più lontano dagli altri. 
 
Ai: «Dunque?» lo guardò storto. 
 
Conan: «Poco fa ho parlato con mia madre e mi ha detto tutto.» la guardò eloquentemente. «Intendo, su ciò che ti è successo al ballo in maschera.»
 
Ai: «C-Cosa?!» abbassò il tono della voce. «Tua madre avrebbe fatto una cosa del genere??»
 
Conan: «Esattamente. Non sapeva più come trattenersi dalla voglia di dirmelo!» fece spallucce. 
 
Ai: «…» scosse la testa, in preda al panico. 
 
Conan: «Non ci sarebbe stato niente di male se me l'avessi detto tu, comunque.» sollevò entrambi i palmi delle mani. 
 
Ai: «Eh, immagino.» all'improvviso, lo fulminò con lo sguardo. «È per questo che ti sto prendendo in giro, caro Kudo-kun.» rise malefica. «Perché io mi fido più della parola di tua madre che della tua. Ergo, non ti ha detto niente e tu stai cercando di bluffare per saperlo.»
 
Conan: «Eeeh??» gli si spostarono gli occhiali di 35°. «Non è affatto così! Solo che---» si aggiustò gli occhiali. «È così. Volevo solo sapere cos'è successo davvero.»
 
Ai: «Pensi davvero che te lo possa dire?» gli lanciò un'altra occhiataccia. «La prossima volta, se vuoi, vieni a salvarmi tu. Così non avrai problemi a vedere con i tuoi occhi cosa succede.» gli diede le spalle e si incamminò verso gli altri. «Anche se non credo che ti sarà possibile.»
 
Il tono di voce che aveva usato era un misto tra una risata sadica, una consapevole e una felice. Così tanto felice che non riuscì a trattenere un vero sorriso che, in quel momento, aveva stampato sulle labbra. 
 
Conan: «Aspetta, dammi almeno qualche indizio!!» la rincorse. 
 
Ai: «Non mi seccare.» si avvicinò ad Ayumi.
 
Ayumi: «Ai-chan!» si voltò verso di lei. «Tu non dici niente a Subaru onii-san?»
 
Ai: «Non dovevamo tornare a casa, piuttosto?» chiese seccata. 
 
Mitsuhiko: «Sì, ma… il tempo è volato mentre stavamo parlando di ciò che è successo!!» acuì lo sguardo. «Ah, ma quella macchina che si sta dirigendo verso di noi…!»
 
Subaru: «Ooh…» fece un sorriso. 
 
Conan: «Una RX-7 bianca… Amuro-san?» esclamò sbigottito. (Che ci fa qui??) 
 
Effettivamente, Rei aveva accostato la macchina vicino a loro e, non appena si avvicinò lentamente, abbassò il finestrino. 
 
Rei: «Ciao bambini! Ancora in giro a quest'ora?» sorrise in modo spensierato. 
 
Mitsuhiko: «Stavamo proprio per tornare a casa!! Ma poi abbiamo cominciato a parlare e…»
 
Subaru: «Colpa mia, sono rimasto ad ascoltare il loro racconto fino a poco fa.»
 
Conan: (Bravo, Subaru-san! Nel tragitto per venire qui, gli avevo chiesto se avesse potuto creare una situazione dove sarei riuscito a parlare con Haibara in privato… Anche se forse… alla fine non ne valeva nemmeno la pena…) fece uno sguardo bieco. 
 
Rei: «Ah.» sorrise forzatamente. «Capisco.»
 
Subaru: «Purtroppo io ho da fare delle compere, quindi non posso accompagnarvi a casa, bambini. Anche se l'avrei fatto più che volentieri.» si chinò verso di loro. «Mi dispiace.»
 
Ayumi: «Devi fare la spesa?» chiese innocentemente. 
 
Subaru: «Sì, ottima osservazione, detective!» sorrise gentilmente. 
 
Ayumi arrossì sia per la felicità del complimento che si era appena sentita fare. 
 
Genta: «Mmmh… Allora, Amuro nii-chan, non è che ci dai un passaggio tu?»
 
Mitsuhiko: «G-Genta-kun, non fare il maleducato!!»
 
Rei stava per rispondere, ma Ai lo anticipò. 
 
Ai: «Sì, giusto. Direi che può andare.» lo guardò in cagnesco. 
 
Ayumi: «Oh…» guardò Ai perplessa. 
 
Ai: «Che c'è?» la guardò male. 
 
Ayumi: «N-Niente!! È che solitamente, appena incontriamo Amuro-san, tu ti nascondi… o non vuoi venire al Poirot con noi perché hai improvvisamente qualcosa da fare!!» gesticolò freneticamente. 
 
Ai: «Non ci posso fare niente se sono una persona impegnata! E comunque… non mi nascondo mica, capita! E ancora di più…! Fate scorrazzare quest'uomo per tutta la città, è meglio per lui!»
 
Genta: «Meglio per noi, vorrai dire! Che gliene importa a lui se non di fare un favore a noi?»
 
Ai: «Che ne so? Magari ha un sacco di favori da scontare con altre persone e pensa di cavarsela così!» rispose acida. 
 
Mitsuhiko: «Haibara-san… sembri una moglie gelosa così…» bisbigliò in modo che Rei non potesse sentire. 
 
Lui sentì lo stesso e si mise a ridere. 
 
Rei: «Dai, salite! La vostra amica ha davvero ragione, ma vi avrei accompagnato anche se non avessi dovuto scontare dei favori a terzi
 
Ayumi: «Incredibile! Ai-chan ci ha preso per davvero!!» esclamò esterrefatta. 
 
Genta: «Non vale, sicuramente te l'aveva detto mentre noi non c'eravamo!!»
 
Ai: «Non importa.» aprì la portiera della macchina e lo spinse dentro. «Forza, fate i bravi.»
 
I Detective Boys risposero di sì all'unisono e si sedettero nei sedili posteriori della RX-7 di Rei, mentre Ai occupò il sedile del passeggero accanto a quello del conducente. 
 
Conan: «Ohi, aspettatemi!!!» fece per avvicinarsi alla portiera della macchina, ma si sentì prendere in braccio. (Questo tocco---) 
 
Ran: «Tu torni a casa con me!» si mise a ridere. «Buonasera Amuro-san, Subaru-san e ciao bambini!!»
 
Ayumi: «Ciao Ran onee-san!!» le fece le feste.
 
Conan: «Eh? Ma cosa ci fai qui, Ran… n-nee-chan?» chiese sorpreso mentre anche tutti gli altri tranne Ai la salutavano. 
 
Ran: «In realtà, sono andata a fare la spesa ed ero sulla via di casa. Mi sono imbattuta in voi per puro caso!» lo mise giù. 
 
Conan: «C-Capisco…» arrossì. 
 
Subaru: «Direi che sei arrivata giusto in tempo, piuttosto.» volse lo sguardo su Conan. «L'avevano lasciato fuori dalla macchina.»
 
Ran: «Oh...» guardò i bambini comodamente seduti sui sedili. «In effetti… Mi sa che era proprio destino!» annuì contenta. 
 
Rei: «Sa anche a me.» fece un sorriso bruttissimo e guardò Subaru. (Non finisce qui… nonostante tutto… Non posso passare sopra ciò che è successo tra di noi in passato, Akai…!) 
 
Subaru sostenne il suo sguardo. 
 
Subaru: (So a cosa stai pensando, ma non è ancora arrivato il momento di parlarne. Ciò che sai è abbastanza… al momento.) volse lo sguardo su Conan. «Allora io vado. Ci vediamo presto.» salutò chinando il capo. 
 
Tutti lo ricambiarono prontamente tranne Ai e Rei che utilizzò lo stratagemma della voce di tutti in risposta al saluto, per sperare di non passare per maleducato.
 
Ran: «Allora andiamo anche noi! Ciao bambini, ciao Amuro-san!» tese la mano a Conan. 
 
Rei: «Ci vediamo presto.» sfoderò un sorriso tranquillo e cominciò a calmare un impeto tumultuoso interiore che aveva nei confronti di Akai. 
 
Ayumi: «Ciao!! A domani, Conan-kun!!» lo salutò tutta contenta. 
 
Genta e Mitsuhiko: «A domani!» lo salutarono anche loro.
 
Conan: «Domani?? Ma cos---» rispose perplesso. 
 
Ai: «Il dottor Agasa ha detto che vuole farvi provare una nuova invenzione. Ciao~» sogghignò.
 
Conan: «E cosa aspettavate per dirmelo?» brontolò sollevando gli occhi al cielo. 
 
Ai: «Puoi partire.» si allacciò la cintura di sicurezza. 
 
Rei: «Ai vostri ordini!» mise la prima e partì a una velocità moderata. 
 
Conan: (Ohi… Cosa voleva dire Haibara con quella frase?!) spalancò la bocca per lo stupore. 
 
Ran: «La mia presenza ti ha scioccato così tanto, Conan-kun?» lo prese per mano lei, vedendo che lui non si era nemmeno accorto che gliela avesse tesa. 
 
Conan: «Ah…!» la guardò stupito. «Più che altro… stavo riflettendo, ma niente di che! Ahahah…!» le strinse la mano. (Non lo puoi sapere, ma prenderti per mano mi imbarazza…!!) 
 
Ran: «Uffa… tu e i tuoi pensieri…» sospirò rassegnata. «Anche se ormai posso dire di essermici abituata del tutto.» fece oscillare il suo braccio con quello del bambino. 
 
Conan: «Eh…» volse lo sguardo su di lei. (Vederla di nuovo tutti i giorni dal basso all'alto… Anche io mi ci sono abituato e non vedo l'ora di poter smettere di farlo. Se la mamma ha ragione, presto potremo porre fine a quell'Organizzazione… ma sarà davvero così? Ci sono ancora così tante incognite, quella di Rum per prima… e allo stesso tempo, tante verità non dette…) 
 
Ran si voltò verso di lui e poi arrossì. 
 
Ran: «Ti voglio bene, Conan-kun.» riuscì a dire quelle candide parole nonostante l'imbarazzo. 
 
Conan: «Cosa?! C-Cioè… perché lo dici così all'improvviso?!» rispose con stupore. 
 
Ran: «Non saprei, mi andava di dirtelo e l'ho fatto… sarà che dopo aver visto la morte in faccia per una volta ancora, sono diventata più sensibile?» sorrise. 
 
Conan: «Più sensibile? Beh, non credo proprio che tu ne abbia bisogno!» scoppiò a ridere. 
 
Ran: «No, vero?» assunse uno sguardo perplesso. «In ogni caso, sono davvero felice di poter tornare a casa insieme a te! Ti sei divertito con gli altri bambini?» 
 
Conan: «Mah… diciamo di sì!» forzò un sorriso. «Però, che fame!! Non vedo l'ora di mangiare la cena! Cos'hai comprato di buono?» cambiò argomento per non finire nei guai, dato che i Giovani Detective li aveva visti sì e no cinque minuti in più di lei. 
 
Ran: «Eh eh… Oggi mangeremo carne!» esclamò entusiasta. 
 
Conan: «Ma? Ho dimenticato qualche ricorrenza importante?» cominciò a pensare che giorno fosse con annessi e connessi. 
 
Ran: «Dimenticare… diciamo di no! Ma ho capito che tutte le giornate sono importanti, anche se alcune lo sono di più di altre, come i compleanni, per esempio. Quindi festeggiamo la vita! Anzi… la nostra vita.» esclamò con una punta di entusiasmo. 
 
Conan: «Come vuoi tu…» fece spallucce. 
 
Ran: «So che per te è quasi normale che abbiamo vissuto un pericolo come questo. Lo è anche per me, ma in un certo senso… sento che è cambiato qualcosa… nel mio cuore.» sorrise consapevole. (Sono finalmente riuscita a mettere a tacere i miei sentimenti nei confronti della tua storia… e aspetterò come ho sempre fatto, tutto il tempo che ti sarà necessario affinché tu mi possa svelare ciò che ti è successo… Non avrò fretta e nemmeno paura. Veglierò su di te come ho sempre fatto, anche se con una diversa consapevolezza.) 
 
Conan: «C-Cosa? Nel tuo cuore??» arrossì. «C-Cioè nei miei-- nei confronti di Shinichi nii-chan??» restò sbalordito. (Come possibile che mi abbia già dimenticato?!?!)  
 
Ran: «Sì, sia nei tuoi confronti che in quelli di Shinichi… che ottimo istinto, come sempre!» si mise a ridere.
 
Conan: «Normale…! Sì… normale. Ma… in che senso lo stai dicendo?» distolse lo sguardo. (No… Non può essere… chissà cosa sta pensando, in realtà.) 
 
Ran: «Mmmh… non te ne parlerò! Se vuoi, prova a indovinare da solo. In fondo…» si fermò e si chinò alla sua altezza. «Per te è normale avere un ottimo istinto, quindi puoi farcela a capirlo!»
 
Conan: «Eeeh??» si sentì come pietrificato.
 
Ran: «Oppure… non riesci a decifrarlo?» disse con un tono piuttosto serio. 
 
Conan: (Ohi, questo è un chiaro riferimento alla mia dichiarazione…) arrossì. «Lascia che indaghi, sicuramente ci arriverò prima di quanto tu possa credere!» rispose casualmente cercando di nascondere il terrore nei suoi occhi. 
 
Ran: «Bene, bene! Non vedo l'ora!!» canticchiò. «Vieni, andiamo a casa!» indicò le scale che portavano all'agenzia investigativa. (Solitamente ha sempre la risposta pronta e quell'aria piena di sé, quindi vederlo in difficoltà è sempre particolare… Quanto mi piace quando fa così!!) 
 
Conan: «Sì…» sospirò e si incamminò. (Questo… credo che sia il tuo modo di farmela pagare. Ma accetto la sfida! Un giorno, ti mostrerò un futuro che nemmeno hai idea di quanto sarà roseo per te… e per me.) 



Tornando all'interno della macchina di Rei… 
 
Ayumi: «A proposito!! Ayumi domani vuole farvi sentire una canzone bellissima!!»
 
Genta: «Che canzone sarebbe??» chiese spazientito. 
 
Ayumi: «Eh eh… è una sorpresa!!» arrossì. 
 
Mitsuhiko: «È un peccato che Conan-kun non sia qui, o l'avrebbe indovinata subito!!» la guardò contrariato. 
 
Ai: «Mpf…» rise sadicamente. «Ne dubito davvero tanto, Tsuburaya-kun.»
 
Mitsuhiko: «Ah… ahahah, giusto, hai ragione…» gli scese una goccia di sudore lungo una guancia. 
 
Rei: «Come mai non era con voi, a proposito?» chiese interessato. 
 
Genta: «Perché è venuta una sua zia da non ricordo che paese straniero e aveva da fare con lei! Ci aveva detto che forse ci raggiungeva quando poteva!»
 
Rei: «Aaah, capisco…» sorrise assottigliando lo sguardo. 
 
Genta: «Infatti!! Sai che seccatura se dovevamo andare a giocare a calcio anche con sua zia!!»
 
Mitsuhiko: «Ma non l'avrebbe mai portata, suvvia!» si mise a ridere. 
 
Genta: «Non lo puoi sapere!» ribatté convinto. 
 
Ayumi: «Ayumi non crede!» ridacchiò divertita pensando a un'ipotetica zia che giocava a calcio con loro. «Ayumi è arrivata a casa!!»
 
Rei fermò la macchina e la fece scendere. 
 
Ayumi: «Grazie per il passaggio!!» arrossì e poi si fermò a fare qualcosa. 
 
Rei: «È stato un piacere.» sorrise.
 
Genta e Mitsuhiko: «Ci vediamo domani!!» la salutarono agitando le mani. 
 
Ai: «A dom---?» notò che la bambina stava bussando al suo finestrino, quindi lo abbassò. «Che c'è?»
 
Ayumi: «Tieni!» le porse un biglietto. «Ayumi vuole fare le cose per bene, quindi, solo tu puoi sapere di che canzone si tratti!!» annunciò orgogliosa. 
 
Ai: «D'accordo.» dapprima perplessa, poi contenta solo dentro di sé, prese il foglio e lo mise dentro la cartella. «A domani.»
 
Ayumi: «Ciao ciao!!» li salutò e poi corse verso il portone degli appartamenti dove abitava. 
 
Genta: «Però non è giusto, Haibara!!» lamentò. 
 
Mitsuhiko: «Anche io sarei curioso di saperlo, a dire il vero…» sbuffò. 
 
Ai: «Non lasciate che la curiosità vi divori.» disse mentre sbirciava il foglio che le aveva lasciato l'amica. «Domani lo saprete.»
 
Genta e Mitsuhiko: «Uffa!!» esclamarono all'unisono. 
 
Rei: «Mpf… a questo punto, incuriosisce anche me.» ridacchiò e ripartì. 
 
Nel giro di un quarto d'ora, Rei accompagnò a casa sia Genta che Mitsuhiko, restando da solo in macchina con Ai. 
 
Ai: «Non siamo sulla strada verso casa del dottor Agasa, lo sai, vero?» mormorò mentre trafficava con lo smartphone. 
 
Rei: «Direi proprio di sì, dato che non era un caso se mi sono ritrovato a passare di lì mentre c'eravate voi.» sorrise. 
 
Ai: «Ti dirò: lo immaginavo.» continuò a guardare lo schermo del telefono. 
 
Rei: «È quella canzone, vero? Ha attirato la tua curiosità?» continuò a guidare. 
 
Ai: «No. È per vedere se la conosco già.» rispose casualmente. 
 
Rei: «Ah, anche io immaginavo che mi avresti risposto qualcosa del genere!» si mise a ridere. 
 
Ai: «Non cominciare a darmi sui nervi perché potrei non garantire per la tua salvezza.» disse trascinando le parole. 
 
Rei: «Sei intenta a leggere, eh?»
 
Ai: «Mh.» non staccò gli occhi dallo schermo. «Ah.»
 
Rei: «È di tuo gradimento?»
 
Ai: «Più che altro… a volte ho come l'impressione che quei bambini vedano ben oltre ciò che mostro loro.» alzò il volume della musica. 
 
Itami ga nageki ga kimi no yume o musaboru
Demo mata hikari ga kimi no yume o terasu yo
Dareka no kodou ga kimi no mune ni kasanaru you ni
Kowaresou na konna sekai de deatta no wa guuzen janai
Kimi to no resonance… kanjiteru
Yami e to koe yo kakenukero
(Trad: La sofferenza e il dolore sono cose che possono divorare i tuoi sogni
Ciononostante, la luce li manterrà sempre accesi
Affinché un giorno il battito del tuo cuore entrerà in contatto con qualcuno e vi incontrerete 
In un mondo che sembra sia prossimo alla distruzione, il fatto che ci siamo incontrati non è una coincidenza 
La nostra risonanza… posso sentirla! 
Fai attraversare l'oscurità alla tua voce (affinché la raggiunga)) 
 
Rei: «Oh, concordo con te… e chi sarebbe questa persona che è nel tuo destino?» fece una chiara allusione per punzecchiarla. 
 
Ai: «Ovviamente lo sai, è inutile che io specifichi, me l'hai detto tu l'altra volta.» chiuse l'applicazione sul cellulare. 
 
Rei: «Quale tra tutte le cose che ti ho detto? Fammi indovinare…» fece finta di riflettere. «Sì, giusto. Higo Ryusuke. Ti riferisci a quello che mi hai detto su di lui?»
 
Ai: «Anche.» lo guardò male. «Smettila di prendermi in giro, sei fastidioso.»
 
Rei: «Sì, scusa, scusa! Dai, siamo quasi arrivati.» sorrise. 
 
Ai: «Tsk.» accavallò le gambe. «Cose da pazzi…» si guardò intorno. (Già, le coincidenze a volte non esistono. Le creiamo noi affinché diventino tali, nel bene o nel male. Ma se ci fanno felici, perché non approfittarne?) nascose un sorrisetto dietro la sciarpa che stava indossando. 
 
Cosa aveva in mente Ai?

 

Angolo dell'autrice

Ciao a tutti! ^^ La canzone che viene menzionata in questo capitolo è Deep Resonance delle Aqours, la conoscevate già? *w* Nonostante segua il progetto, questa è una delle poche canzoni di questo gruppo che mi piace da morire. Da quando l'ho sentita per la prima volta, non ho fatto altro che pensare a quanto descrivesse Shiho nel suo essere e quanto spero che quella persona che viene menzionata nella canzone possa davvero essere Rei nel suo caso specifico. Un pensiero mistico? Direi proprio di sì. Ma è anche per questo che è bello che esistano le fan fiction. ❤ Siamo giunti alla fine: il prossimo sarà davvero l'ultimo capitolo. Penso al fatto che l'idea di scrivere questa fan fiction mi sia venuta proprio intorno a questo mese (un anno fa) e mi rendo conto di come sia volato il tempo, wow! O_ò
Alla prossima e grazie a tutti coloro che leggeranno fino alla fine! ✬

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Capitolo 52
*** Amore ***


Poco dopo, Rei parcheggiò la macchina e scesero entrambi. Si trovarono di fronte a un condominio abbastanza lontano dal centro. Mentre Ai si guardò intorno per cercare di focalizzare meglio cosa ci fosse nei paraggi, l'uomo le si avvicinò. 
 
Rei: «Ecco, così ti posso far conoscere chi mi aspetta a casa tutti i giorni.» le fece cenno di precederlo.
 
Ai: «Credevo che te ne fossi dimenticato.» procedette come le aveva indicato il giovane insieme a lei. 
 
Rei: «Io non dimentico mai nulla.» disse con lo sguardo un po' nero, ripensando ad Akai. «Se è una cosa che mi fa piacere, poi… a maggior ragione.» sorrise scacciando via il brutto pensiero che aveva avuto e, dopo aver salito delle scale, la guidò fino alla porta di un appartamento. «Pronta?»
 
Ai: «Mmh… sì.» deglutì. 
 
Non sapeva esattamente cosa aspettarsi. Per qualche motivo, aveva in mente una figura che, secondo dopo secondo, diventava sempre più nitida. Aveva capito che dentro di sé, da quando ne avevano parlato, aveva creato una sorta di idea dalla quale non riusciva a scostarsi in alcun modo. Era convinta che in quella casa ci fosse una donna ad attenderlo e che avesse le sembianze di Enomoto Azusa. Poteva davvero essere?
 
Rei: «Mi sembri piuttosto turbata. Ma sono certo che andrete d'accordo!» aprì la porta e tutto si mosse troppo velocemente per Ai. 
 
Lei si aspettava di sentire una voce che dicesse "Bentornato, AaaAAAaaamuro-saAaaAAan" o qualcosa del genere. Era convinta che ci sarebbe stata una donna col grembiule e con un mestolo in mano, lì ad attenderlo. Eppure, non fu così. L'unica cosa che i suoi occhi riuscirono a distinguere fu una massa bianca correre verso di Rei e strusciarsi sulle sue gambe. Lui si chinò. 
 
Ai sbatté le palpebre più volte, fin quando la massa bianca si voltò verso di lei, rivelandosi anche pelosa. 
 
Rei: «Buono, buono!!» volse lo sguardo verso di lei. «Dovrei fare le presentazioni, eh?»
 
Ai: «Beh…» lo guardò. 
 
Era un cagnolino bianco dal visetto intelligente e sereno. La stava annusando perché non l'aveva mai vista in vita sua e, a modo suo, voleva fare conoscenza.
 
Ai: «Come ti chiami?» si chinò e lo accarezzò sulla testolina. (Incredibile…)
 
Aveva il pelo morbido e lucente, simbolo di una corretta alimentazione. La bambina continuò ad accarezzarlo. 
 
Rei: «Si chiama Haro. A quanto pare, gli stai simpatica!» esclamò felice mentre chiuse la porta. «Vi lascio un attimo soli, devo fare una cosa.»
 
Ai: «Fa' pure ciò che devi, non m'interessa minimamente.» disse con disinteresse. 
 
Rei: «Perfetto. Te la affido, Haro!»
 
Haro: «Wof!» scodinzolò tutto felice mentre Rei lasciava la stanza. 
 
Ai: «Quindi…» il pensiero sulla donna si ruppe in diversi frammenti. «Sei tu che condividi questa casa con lui.»
 
Haro: «Bau! Bau!» continuò a scodinzolare. 
 
Ai: «Cos'è, hai fame?» lo prese in braccio. «Effettivamente ne ho anche io. Giocare a calcio fa consumare tante calorie… e stare dietro ai bambini me ne fa consumare ancora di più.» sospirò. «Però, sai, Haro… tutto ciò mi piace, non ne potrei più fare a meno.»
 
Haro: «Au!!» si sporse verso di lei per darle dei bacetti. 
 
Ai: «Ma guardalo… sei un marpione come il tuo padrone!» si lasciò baciare la guancia. (Quant'è carino!! Ricordo ancora quando avrei voluto prendere Doyle, il papillon di quell’amico del dottor Agasa… proprio in seguito alla volta… in cui avrei voluto suicidarmi all’interno di quell’autobus.) sorrise amaramente, ma poi si rasserenò. «Il passato è passato, ormai… è tutto diverso. È un bene che tu mi conosca adesso, sai, piccolo?»
 
Haro: «Bau?» inclinò la testolina su un lato, come a cercare di capire cosa stesse dicendo. 
 
Ai: «Sono diventata forte e sono anche orgogliosa di dirlo.» sorrise. 
 
Haro: «Ahu! Ahuu!!» tornò a scodinzolare, più felice di prima. 
 
A un certo punto, sentirono un buon profumino provenire da una stanza adiacente. Ai pensò che lì ci fosse la cucina. 
 
Ai: «Posso posare la cartella? Ho notato che non hai dimenticato la cena che mi dovevi!» alzò la voce in modo che Rei la potesse sentire. 
 
Rei: «Fai come se fossi a casa tua!!» rispose facendo lo stesso. 
 
Ai: «Bene!» continuò a tenere Haro con sé. «Dovrebbe essere quella… la camera da letto.» entrò dentro una stanza e mise giù il cagnolino. (Sì, non mi sbaglio. C'è un letto… ed è piuttosto spoglia. Come ci si poteva aspettare da lui.) rise compiaciuta. (C'è anche una chitarra, non avrei mai immaginato che avesse un passatempo del genere…) squadrò ogni minima parte della stanza. 
 
Chiaramente, tutto parlava di lui, ma allo stesso tempo, non eccessivamente. Era davvero una camera sobria, come solitamente si conviene a un adulto.
 
Ai: «Bene, adesso vedremo cosa mi ha preparato di buono.» si tolse la cartella dalle spalle e la mise giù. «E poi, gliela farò pagare con gli interessi per ciò che mi ha fatto.» borbottò con un'espressione sadica in viso. 
 
Haro la guardò perplesso. 
 
Haro: «Bau! Bau!» le girò intorno, indicandole che la pappa era pronta.
 
Ai: «Si vede che ti ha educato bene. Mi chiedo se ci sia qualcosa che non sa fare… questo Rei-kun.» borbottò tra sé e sé.
 
Uscì dalla stanza e andò alla ricerca del bagno per lavarsi le mani. Haro la abbandonò non appena scorse la cucina con la sua ciotola in bella vista. Ai, una volta raggiunto il bagno, lo controllò nei minimi dettagli per la curiosità. Tuttavia, anche quello era parecchio ordinario e non si poteva evincere niente di particolare.
 
Ai: (È chiaramente fatto apposta. È probabile che, nella possibilità che qualcuno lo possa scoprire, si nasconda dietro questo anonimato. Oppure, gli piacciono le cose semplici. Eh?) vide che accanto al lavello c'era uno sgabello. (Posso credere che l'abbia messo qui per me? Credo di star cominciando a sragionare.) sospirò e, una volta finito di lavarsi le mani, si diresse in cucina. 
 
Rei: «Vedo che riesci a gestirti bene anche se è la prima volta che vieni qui.» disse col sorriso sulle labbra, mentre riempiva la ciotola di Haro.
 
Ai: «È un appartamento e nemmeno molto grande, direi che è normale. Lo sgabello in bagno era per me?» chiese quasi come se la cosa la seccasse. (E adesso, dire che è normale mi fa venire in mente Kudo-kun.) sospirò. «Pensavo che gli avessi già messo la pappa nella ciotola.»
 
Rei: «Siamo soliti mangiare insieme, anche se lui è un ghiottone. Adesso può darsi alla pazza gioia!» aggiunse spensierato. «E… Certo che era lì per te.»
 
Ai: «Capisco.» disse casualmente. 
 
Una volta sistemata la pappa, Haro si avvicinò alla ciotola, ma restò a guardare Rei, come se gli stesse intimando di muoversi a cominciare a mangiare. 
 
Rei: «Ecco qua…» scostò la sedia dove sarebbe andata a sedersi Ai. «Prego.» fece un inchino. 
 
Ai: «Stai cercando di recuperare tutte le volte che hai perso la possibilità di parlarmi al Poirot?» si sedette. «Grazie.»
 
Rei: «No, diciamo che è tutto incluso nel pacchetto "Mi dispiace", disponibile solo oggi e in questo luogo.» spinse la sedia verso il tavolo e si sedette a sua volta. «Buon appetito!»
 
Ai: «Buon appetito.» osservò Haro con attenzione e vide che alle parole di Rei cominciò a mangiare. «Haro è davvero bravissimo… Quante volte l'hai minacciato prima che diventasse tanto ligio al dovere?» ridacchiò. 
 
Rei: «Credi che possa mai fare qualcosa del genere?» cominciò a mangiare. 
 
Ai: «No. Ma è questo ciò che ho continuato a pensare per tutto questo tempo. Perché non sono riuscita a capire bene che razza di persona tu possa essere. Un carattere particolare e assolutamente bizzarro, oserei dire.»
 
Rei: «Addirittura bizzarro?» si mise a ridere.
 
Ai: «Sì. Sei tranquillo da far paura, ma diventi anche un pazzo disposto a qualsiasi cosa pur di raggiungere il tuo obiettivo… Te l’ho già detto... Allora, qual è quello vero? Quale dei due è Rei-kun?» disse guardandolo negli occhi. 
 
Rei: «Nessuno dei due.» continuò a mangiare. 
 
Ai restò colpita dalle sue parole perché si aspettava una risposta più concreta. 
 
Ai: «Allora, l'alternativa del folle è sempre la migliore.» 
 
Rei rise di gusto. 
 
Rei: «Ci tieni così tanto a saperlo? A conoscermi meglio, intendo… chi sono davvero? Come sono davvero?»
 
Ai: «No, assolutamente. Ma dovrò impiegare il tempo in qualche modo, no?» distolse lo sguardo, arrossendo leggermente. 
 
Rei: «Beh, per esempio… potresti benissimo dirmi cosa te n'è parso di ciò che ho cucinato.» annuì orgoglioso. «So che sei una persona abbastanza salutista, quindi ho preparato una cena a base di verdure.»
 
Ai: «È passabile.» disse con indifferenza, ma continuando a mangiare di gusto. «Non hai imparato a cucinare così al Poirot, vero? Lo sapevi fare già prima.»
 
Rei: «Esatto. E tu, invece?» versò un po' d'acqua nei bicchieri di entrambi. «Come te la cavi in cucina?»
 
Ai: «Sono sempre stata abituata a cavarmela da sola, quindi ci so fare abbastanza bene.» sospirò. 
 
Rei: «Come ci si poteva aspettare da te.» sorrise. 
 
Ai: «Perché, cos'è che ti aspetti dalla sottoscritta?» lo guardò con uno sguardo tagliente.
 
Rei: «Niente in particolare, davvero. Però…» si pulì le labbra con il fazzoletto. 
 
Appoggiò i gomiti sul tavolo, atti a sostenere le mani incrociate sotto il mento. 
 
Rei: «Ci sono delle cose che suppongo di aver capito nel tempo, quindi immagino che siano così, come credo io. Tuttavia, solo tu potresti dirmi se corrispondono a verità, oppure no.»
 
Ai: «Capisco.» fece spallucce. «Dato che non ho tutta la giornata da perdere, che ne dici di passare al sodo? Per prima cosa, vorrei sapere ciò che stavi per dirmi quando ci ha interrotti Vermouth.»
 
Rei: «Ah, quello.» annuì, poi assunse una posizione più rilassata. «Riguardava una cosa abbastanza simpatica che accadde quando dovevi ancora nascere. Sai, non ti ho mai vista materialmente, se così posso definirlo, quando sei nata o da bambina. Ma quando Elena-sensei mi disse che ti aspettava, beh…» decise di sorvolare sui dettagli più personali. «Quella volta mi chiese come avrei voluto chiamare una mia eventuale sorellina. Non ne avevo davvero idea, ma le dissi gli aggettivi che mi ispiravano di più… quelli che esprimevano un nome bello, per me.»
 
Ai: «Non mi dirai che quindi sei stato tu a scegliere il mio nome?» inarcò un sopracciglio. 
 
Rei: «Non proprio… ma Elena-sensei ha preso spunto dagli aggettivi che le avevo suggerito!» disse trionfale. 
 
Ai: «Eh…?» lo guardò perplessa. 
 
Rei: «Ricordo che quella volta le dissi che avrei desiderato un nome che esprimesse protezione, gentilezza e speranza.» cercò di mantenere un certo tono. «Anche se con la gentilezza, mi sa che ho toppato.» rimarcò con una punta di ironia. 
 
Ai: «Ah-Ah. Spiritoso.» gli lanciò un'occhiataccia. «Chissà che problemi doveva avere mia madre a fidarsi così ciecamente del consiglio di un bambino come te.»
 
Rei: «Tua madre… ti somigliava molto, anche nel modo di fare. Immagina quando ti comporti da madre con i Giovani Detective, un po'... Sì, è come Elena-sensei si comportava con me. Gentile, ma non troppo.» ridacchiò amareggiato. «Nutriva una certa simpatia per me a causa del fatto che avessi delle origini miste, come lei.».
 
Ai: «Ah.» cercò di pensare a ciò che sapeva dalle cassette che Elena le aveva lasciato. «Quanto tempo siete stati insieme?»
 
Rei: «Purtroppo, non molto… ma abbastanza per farla restare indelebile nel mio cuore.» ammise con rammarico. 
 
Ai: «Per diventare il tuo primo amore, come minimo…» rifletté. (Non voglio entrare nei dettagli, ma suppongo che la sua vera madre… non sia… o non fosse chissà che brava persona. O, come per tanti bambini, magari il suo primo amore sarebbe stata lei…)
 
Rei: «Ti ho lasciata senza parole?» si alzò. 
 
Ai: «No, stavo pensando ad altro. Piuttosto, cosa mi dici di Vermouth? Cosa c'entravano loro con tutta questa storia?» accavallò le gambe. 
 
Rei: «Hee…» sparecchiò la tavola e mise al centro un piatto con una torta al cioccolato. «Sono informazioni private, lo sai?»
 
Ai: «Certo che lo so. Ma adesso siamo solo io, tu e Haro. Nessuno ne farà parola con esterni. Ti posso garantire che non ne parlerò nemmeno con Edogawa-kun, se è ciò che ti preoccupa. Ammesso e non concesso che lui non lo sappia già.» osservò la torta. 
 
Rei: «Ti piace? È una Sachertorte.» ne tagliò una fetta per lei e la servì su un piattino.
 
Ai: «Non saprei, dipende se è buona.» aspettò che si servisse anche lui per cominciare a mangiarla. 
 
Rei: «Immagino che lo sia, ma sta a te deciderlo!» si sedette nuovamente. «È cominciato tutto quando Tsukimi Akihiro, tra i membri meno importanti, ha iniziato a spargere delle voci sul fatto che gli zaffiri appartenenti a Itou-san nascondessero delle particolarità… nello specifico, che potessero portare all'immortalità. Vermouth si è proposta di andare a rubarli lei stessa, così che il boss si sarebbe accertato della veridicità delle informazioni e, dunque, le ha dato carta bianca. Lei, ovviamente, non ha perso tempo. Non ci voleva chissà quale genio a portare via i Cat's Eyes dalla villa di Itou Mitsunari, ma quella donna ne sa una più del diavolo… e, una volta compreso che, in realtà, era tutta solo una trovata di Tsukimi Akihiro al fine di poter uccidere la persona che odiava, ha escogitato uno stratagemma, in modo da farti cadere nella sua trappola.» acuì lo sguardo. «In pratica, seppe quasi subito che l'informazione era infondata… ma continuò a fare di testa sua e a prendere tempo col boss, finendo col collaborare con Tsukimi Akihiro. Lui avrebbe usato il gatto che aveva tenuto con sé dai tempi dell’incidente per sconvolgere Itou-san, dato che ne aveva il terrore a causa del ricordo della figlia scomparsa… mentre Vermouth avrebbe avuto te. Personalmente, credo che quella donna abbia solo sfruttato la situazione e che non abbia mai creduto alle parole di Tsukimi. Inoltre… quando avete trovato il gatto al parco, impiccato… Era una pessima metafora organizzata sempre da lei, sicura che l'avreste preso.»
 
Ai: «In pratica, ha sollevato tutto questo polverone solo per uccidermi? Non avrebbe potuto farlo in qualsiasi altro momento? E poi... era lei che ha rapito Yoshida-san, vero?» disse irritata, dopo aver fatto mente locale. (Quindi, quella volta, ho percepito quella sensazione perché sulla moto c'era lei travestita da uomo… Maledetta…) 
 
Rei: «Non ho idea di quale sia il motivo che la spinga a non essere tanto diretta… però, sì, è stata lei a rapire Ayumi-chan. Ma non dubito che, sin dall'inizio, non abbia mai pensato realmente di farle del male. Sapeva che l'avresti salvata. Tuttavia, allo stesso tempo, suppongo che non si sarebbe fatta tanti problemi a farla fuori per ricattarti, se le cose non fossero volse a suo favore, com'è stato.»
 
Ai: «Come ci si può aspettare da lei.» vedendo che Rei era intento a parlare, cominciò a mangiare la torta con gusto. (Ma… questa torta… Buona!!) 
 
Rei notò uno sguardo entusiasta e sorrise compiaciuto.
 
Rei: «Era totalmente determinata a farti fuori… Ed è per questo che sono intervenuto io. Certo, non come Bourbon, ma solo come me stesso. Per me, il sol fatto che tu fossi viva, significava tantissimo.» addolcì lo sguardo, arrossendo lievemente. «Quand'ero un bambino, ho promesso che ti avrei protetta.»
 
Ai: «Eh?» lo fissò per qualche secondo. 
 
Mai avrebbe immaginato di vedere quell'imbarazzo dipinto sul volto dell'uomo di fronte a lei. 
 
Rei: «Scusami se non ci sono mai riuscito fino a oggi. Scusami se ho cercato di fare solo ciò che volevo. Non avevo intenzione di costringerti a prendere la stessa decisione che avevo scelto io per te, ma non vedevo vie di scampo.»
 
Ai: «Mh… non so se sei perdonabile.» si pulì le labbra. «Che mi dici di quando mi hai sparato mentre eri travestito da Gin? Come sono riuscita a sopravvivere a una cosa del genere?»
 
Rei: «Quello… è stato fatto di proposito. In realtà, non era esattamente un proiettile vero e nemmeno uno di quelli a vernice… diciamo che rilasciava vero sangue, così che Vermouth potesse credere che ti avessi fatta fuori per davvero.» annuì. (E credo che non lo saprai mai, ma abbiamo chiesto al dottor Agasa stesso di crearlo.) 
 
Ai: «Avevi pensato a ogni particolare… anche il taser è stata opera tua giusto?»
 
Rei: «Certamente.» annuì. 
 
Ai: «E chi era che stava collaborando con te? La persona che è riuscita a sparare a Vermouth, prima che mi potesse uccidere?»
 
Rei: «Una persona… di cui non posso rivelarti l'identità.» scosse la testa. «Quello non è affar mio.»
 
Ai: «Oh… Diciamo che ho immaginato chi potesse essere, solo che non è caduta adeguatamente nella trappola che le avevo teso.» assottigliò lo sguardo. (Moroboshi Dai…)
 
Rei: «Magari, non ci è caduta per niente.» rispose limpidamente. 
 
Ai lo fulminò con lo sguardo. 
 
Ai: «La torta non è male, comunque.» disse con fare altezzoso. 
 
Rei: «Sono contento che ti sia piaciuta.» sorrise. «Non sapevo se scegliere cioccolato o frutta, quindi ho optato per entrambi.»
 
Ai: «Conta che fosse mangiabile, no?»
 
Rei: «No, volevo che fosse di tuo gradimento. Mica posso permettermi una cena con te ogni sera!» ridacchiò. 
 
Ai: «Ovvio, possibilmente, non accadrà più.» rifletté. «E il mio zaino… l'avevi messo tu in quella stanza, vero?» 
 
Rei: «Sì, ho mentito. Ma era necessario, affinché potessi fingermi più cattivo.» chiuse gli occhi, poi diventò serio. «A proposito, mi avevi detto che non avresti mai permesso che qualcuno impedisse al tuo desiderio di realizzarsi. Posso sapere qual è?»
 
Ai: «Essere felice. Vivere una vita libera… non desidero altro.» rispose secca. 
 
Gli occhi di Rei sorrisero. 
 
Rei: «Non posso far altro che augurarti che possa essere così.» annuì. «Il mio sogno, invece---»
 
Ai: «Alt! Chi ti ha detto che mi interessa saperlo?»
 
Rei: «Mi sembri abbastanza curiosa, pensavo che fosse così.»
 
Ai: «Beh, se proprio vuoi dirlo, allora fallo e basta.» 
 
Rei: (Tsundere è dir poco…) pensò divertito. «No, non te lo dirò. In realtà l'ho già fatto, ma se non ti interessa…» fece spallucce. 
 
Ai: «Immagino che sia un po' come la storia del Bourbon che mi hai detto tanto casualmente.»
 
Rei: «Eh, no! Non era affatto casuale!» la guardò deciso. «Quello era fatto di proposito, anche per il tuo abito.»
 
Ai: «Giusto, quello che avevi scelto tu…» arrossì visibilmente. «Guardandolo bene, non era malaccio.»
 
Rei: «Sapevo che ti sarebbe piaciuto, te l'ho detto!» annuì contento. «Alla fine, volevo solo esprimere quanto io mi senta legato a te, nonostante tutto.»
 
Ai: «Nonostante tutto, eh?» scese giù dalla sedia, interrompendo bruscamente la discussione. «Ho dimenticato di chiamare il dottor Agasa. Non voglio farlo preoccupare prima di tornare a casa.»
 
Rei: «Ah… chiamalo pure, io intanto comincio a lavare i piatti. Poi ti riaccompagno.» si alzò anche lui. 
 
Haro: «Wof!!» si avvicinò a Rei e gli fece le feste. 
 
Ai: «Cosa c'è, non vuoi che vada via?» lo guardò intenerita. 
 
Rei: «Eppure, hai appena detto che non tornerai più in questo posto, no?» ribatté ironico. 
 
Ai: «Esatto. Ma non ho detto che non vedrò più Haro.» gli diede le spalle. «Vado a chiamare il dottore e a prendere la cartella.»
 
Rei: «Mmh…» rispose dubbioso. «Fai con comodo, a tra poco!»
 
Haro: «Bau!!» scodinzolò. 
 
Ai: «A tra poco.» tornò nella stanza di Rei. (Bene… il piano sta andando come previsto. Inoltre… mi ha detto la verità. Mi ha davvero detto solo la verità… È sincero. L'avevo già capito, però…) sollevò lo sguardo verso l'armadio. (Mamma… Davvero ti piaceva così tanto, solo perché ti sentivi simile a lui? Non so cosa pensare, se non che devo assolutamente accettarmi di quella cosa… È ovvia, palese, tuttavia… Davvero mi avresti salvato la vita?) deglutì e ne aprì un'anta. (Che la seconda parte del piano abbia inizio.)
 
Rei, nel frattempo, si trovava ancora in cucina. 
 
Haro: «Bau, bau!» portò un giocattolo a forma di osso vicino a lui. «Arf!»
 
Rei: «Vuoi giocare?» guardò l'ora. «Si sta facendo un po' tardi, non sarebbe meglio se andassi a dormire, piuttosto?» si chinò e prese l'osso. 
 
Haro: «Bau!» tenne d'occhio il gioco, poco interessato a ciò che il suo padrone gli aveva appena detto. 
 
Rei: «Sai…» si chinò e gli accarezzò la testolina. «A me piace davvero un sacco… Shiho-san.»
 
Haro: «Uuuh…» si lasciò accarezzare, ma continuando ad avere lo sguardo fisso sull'osso. «Bau!!»
 
Rei: «Ho capito… ho cap---»
 
All'improvviso, sentì un rumore sordo. Questo venne accompagnato da lamenti, che parevano di dolore, nonostante sembrassero soppressi. 
 
Rei: «Cos---?!» realizzò che il tutto era proveniente dalla sua stanza e corse lì, senza pensarci nemmeno un attimo. (Cosa sarà successo?! Avevo capito che stava nascondendo qualcosa, ma---)
 
In men che non si dica, raggiunse la camera da letto, prontamente seguito da Haro. La sua visione fu strana: davanti ai suoi occhi non c'era niente. Eppure, non era una stanza molto grande e la porta era aperta. Ci era andata lì Ai, giusto qualche minuto prima. Saranno stati in totale una decina quelli che li avevano separati, ma agli occhi di Rei, giunto a quel punto, sembrarono dei momenti interminabili. Il cuore cominciò a battergli così forte da riuscire a percepirlo in ogni parte del suo corpo. Fece un passo all'interno della stanza, con la mente del tutto bianca e vuota. 
 
Rei: «Ai… cha---» sentì due mani che uscivano fuori dal lato della porta che era rimasta aperta verso l'interno. 
 
Queste lo afferrarono con forza e lo tirarono verso di loro, mentre, contemporaneamente, anche tutto il resto del corpo faceva lo stesso. 
 
Rei spalancò gli occhi, restando inerme.
 
Sentì un tocco sulle labbra, deciso e timoroso nello stesso tempo. Quelle mani che erano riuscite a coglierlo alla sprovvista, adesso si trovavano intrecciate tramite le dita dietro la sua nuca. Erano quelle di Shiho. 
 
Rei esitò solo per qualche istante, poi cominciò lentamente a realizzare. Nonostante tutto, non sapeva esattamente cosa fare, era stato preso alla sprovvista e avrebbe potuto immaginare qualsiasi cosa, ma non un risvolto del genere. 
 
Lentamente, la ragazza si scostò da lui, liberandolo dal suo abbraccio. Un solo istante, questo era il tempo che impiegò per separare le sue labbra da quelle dell'uomo. 
 
Rei la guardò con stupore, continuando a non capire come reagire. 
 
Shiho: «Perché l'ho fatto? Te lo stai chiedendo, vero?» arrossì guardandolo con aria di superiorità. «È la mia ripicca. Tu mi hai baciata mentre avevo perso i sensi, anche se non l'avresti mai fatto, se non per salvarmi la vita. Tuttavia…» lo guardò in modo altezzoso. «Questo sì che era un bacio.»
 
Rei deglutì, mentre qualche goccia di sudore gli scendeva giù dalla guancia. 
 
Rei: «Ed è così che mi punisce il tuo bacio…?» 
 
Shiho: «No, è così che ti punisco io. Non avevo abbandonato il discorso senza un motivo, quella volta… Inoltre, ho preso una delle tue camicie, direi che è abbastanza grande affinché possa fungere da abito fino a domani, quando l'effetto sarà svanito. Ovviamente, non te la restituirò.» affermò con tono secco. 
 
Rei scoppiò a ridere. Il viso imbarazzato della ragazza non rispecchiava per niente le parole che stavano uscendo dalla sua bocca. Eppure, stava cercando con tutta se stessa di trattarlo male, anche se, indubbiamente, lo stava facendo a modo suo
 
Rei: «Puoi tenerla tranquillamente, ne ho molte tutte uguali. Una non mi farà la differenza. Inoltre, se la terrai con te, non può che farmi piacere.» sorrise. 
 
Shiho: «Proprio non ti va di sottostare a ciò che dico, eh? Hai sempre la risposta pronta… hai la lingua tagliente.» rispose seccata. 
 
Rei: «Dunque, in qualcosa ci somigliamo, eh?»
 
Shiho: «Non credo proprio.» gli diede le spalle. «E poi… Quella notte… mi hai detto… che ti saresti buttato giù con me da quella finestra.»
 
Rei: «Sì, lo ricordo bene.» le guardò la schiena. 
 
Shiho: «L'avresti fatto davvero… Davvero l'avresti fatto per salvare la mia vita?» abbassò lo sguardo. «Anche se hai fatto delle promesse a mia madre, non devi sentirti in obbligo di mantenerle per me. Noi siamo alla stregua di due estranei. A me non importa nulla di te, non voglio che la mia vita cambi in un modo tanto enorme da un giorno all'altro.»
 
Sentendo quelle parole, Rei addolcì lo sguardo.
 
Rei: «Io non voglio proteggerti solo perché l'avevo detto a Elena-sensei. Io lo voglio fare perché-»
 
Shiho restò a guardare il pavimento, mentre Haro si arrotolava a dormire in un plaid sistemato a terra.
 
Rei: «Perché sei importante per me.» sentì il cuore battere forte dentro al suo petto. «Certo. Io lotto ogni giorno per diversi motivi. È vero che non sei l'unico, non posso mentirti sotto questo punto di vista. Per me è importante fare giustizia. Io sono diventato un poliziotto perché volevo assolutamente trovare delle informazioni su Elena-sensei, che era scomparsa all'improvviso… ma da quel momento in poi, la mia vita è cambiata.» prese un respiro profondo. «Per quanto io ami la giustizia e la rispetti… ciò che mi preme di più è la tua vita, Shiho-san. Mai e poi mai potrei continuare a vivere se anche tu morissi. Io… ho già perso così tanto nella mia vita.» strinse il pugno destro, spalancando contemporaneamente il braccio sinistro. «Non vorrei mai perdere anche te. Ti sembrerà strano, ti suonerà folle, ma è come se il mio cuore parlasse da sé.»
 
Shiho: «Se hai degli altri obiettivi, allora perché non li raggiungi e mi lasci in pace?»
 
Rei: «…» osservò le mani della ragazza. 
 
Shiho stava tremando.
 
Shiho: (Ho paura che cambi tutto. Non voglio soffrire di nuovo. Non voglio addentrarmi in un tunnel dove l'uscita sarebbe sbarrata per sempre. Però… Il mio cuore non smette di battere così forte… finirà per uscirmi dal petto…) si strinse tra le braccia. 
 
Rei: «Non posso farlo, perché ti-»
 
Shiho: «Stupido!» urlò. «Non pronunciare quelle parole… Non… Non credi che rubare il cuore di qualcuno sia illegale? Tu… che ami così tanto la giustizia, dovresti saperlo.»
 
Rei continuò a osservarla, ripetendo le parole che aveva appena sentito a rallentatore dentro di sé. 
 
Gli aveva dato del ladro? L'aveva appena detto, sì. Quelle parole erano state decisive. 
 
Rei: «Rubare è illegale, certo.» si avvicinò a lei e la strinse da dietro, avvolgendola tra le sue braccia. «Ma non se si tratta di qualcosa di reciproco, non credi? Io non ti sto rubando niente, ti sto solo dando tutto me stesso.»
 
Calore. Tanto calore. Esso proveniva sia dal corpo dell'uomo che da quello della ragazza. Entrambi erano imbarazzati. Entrambi avevano cercato di fare del loro meglio per esternare i loro sentimenti. Entrambi non sapevano bene come comportarsi, ma una cosa era certa. 
 
Shiho: «Non lo so più...» si lasciò stringere in quell'abbraccio forte, che le infondeva sicurezza. 
 
Si sentiva bene, come non lo era mai stata. Una sensazione a lei del tutto estranea, si era impadronita della sua mente e del suo cuore. Da quel sabato notte, aveva pensato molto all'accaduto, a tutto ciò che avesse suscitato in lei… ma non riusciva a capirlo. Le incertezze e i perché affollavano sempre la sua testa, fino al momento in cui non sentì quelle parole provenire dell'unica persona che avrebbe potuto pronunciarle nonostante non si sentisse ancora pronta a udirle.
 
All'improvviso, Rei la voltò verso di lui. Lentamente e con gentilezza, le sollevò il viso in modo che lo potesse guardare negli occhi. 
 
Rei: «So che è assurdo da credere… ma io ti amo, Shiho-san.»
 
I suoi occhi brillavano come non avevano mai fatto, di una luce diversa. Era serio, ma continuava a mantenere un'espressione dolce che sarebbe riuscita a convincere chiunque, trasmettendo la sua sincerità. 
 
Shiho non rispose. Si limitò a guardare quegli occhi azzurri, perdendosi al suo interno. La sensazione di paura che aveva dentro di sé andava scemando man mano. Il cuore continuava a batterle fortissimo, ma sentiva che per lui era lo stesso.
 
In quel momento, non esisteva più nulla: Karasuma, l'Organizzazione, Vermouth, Gin, le perdite che avevano subito nelle loro vite, i continui dispiaceri che avevano vissuto insieme alle angherie e alle umiliazioni. Brutti pensieri e persone malvagie scomparvero per qualche istante dalle loro menti e dai loro cuori. 
 
Due. 
 
Erano solo loro due l'unica cosa che esisteva in quel momento e in quel luogo. 
 
I loro sguardi erano fermi, increduli.
 
Shiho: (Mamma… Hai visto del buono in lui… E riesco a vederlo anche io. Mai lo avrei immaginato… mai in vita mia. Lui tra tutti…) gli avvolse le braccia intorno alle spalle. (Ha sconvolto il mio mondo che barcollava di per sé… che andava avanti senza una meta precisa…) 
 
Rei si chinò verso di lei, cingendole le mani sui fianchi. 
 
Fu un solo attimo, preceduto da un lungo respiro da parte di entrambi. Le loro labbra si incontrarono di nuovo. Non per necessità, non per ripicca, accadde per un sentimento ben diverso da quelli. Non era più qualcosa di individuale, era diventata una questione di due.
 
Shiho: (Calde e morbide…)
 
Rei: (Candide e profumate…) 
 
I due continuarono a baciarsi fin quando non riuscirono a separarsi.
 
Restarono in silenzio per qualche minuto, senza riuscire a dire una parola. Nessuno dei due sapeva bene come reagire e, soprattutto, come avrebbe reagito l'altro. Fu Rei il primo a rompere il ghiaccio. 
 
Rei: «Direi che… è andata.»
 
Shiho: «Andata… oltre la mia immaginazione... Anzi, no… azzarderei che ci siamo spinti oltre.» rispose farfugliando parole senza senso in preda all’imbarazzo.
 
Era strano, ma anche Rei aveva fatto lo stesso: aveva detto la prima frase che gli era passata per la testa al fine di non restare in silenzio. 
 
Rei: «Chiamare il dottor Agasa era una scusa, vero?»
 
Shiho: «Sì. Questo… era ciò che avrei voluto fare sin da subito.»
 
Rei: «Baciarmi?» la stuzzicò, ma stavolta, Shiho non si lasciò prendere in giro da lui. 
 
Shiho: «Esatto.» mantenendo un colore rosso fuoco sulle gote, non evitò il suo sguardo. «Per me era importante capire cosa sentisse il mio cuore. Ma stavolta non ho provato a mettere a tacere i miei sentimenti, ho deciso di affrontarli e comprenderli.»
 
Rei: «Sei stata brava.» annuì. 
 
Shiho: «Non mi trattare come una bambina. Ci ho messo davvero molto impegno. Anche perché, per me… era soprattutto importante capire cosa fosse Higo-san.»
 
Rei: «Capisco. Non so perché, ma quel nome continua a irritarmi.» nonostante avesse uno sguardo gentile, aveva una vena che gli pulsava sulla fronte. 
 
Shiho: «Non deve. Lo stimerò sempre come calciatore e come persona. Come una persona affine a me perché abbiamo vissuto una situazione analoga. Ma il mio cuore è solo uno.»
 
Rei: «Io… Farò del mio meglio, te lo prometto.» disse con tono serio. 
 
Shiho: «Non temo più che le tue promesse non vengano mantenute. Ma… non ho detto nemmeno che c'entri tu con i miei sentimenti.» rise. «Vado a fare una doccia, dammi un tuo maglione o meglio, un pigiama.»
 
Rei: «Mh… la discussione sul pigiama, rimandiamola, dato che non ne uso.» annuì e le porse una tuta. «Sarà sicuramente enorme, ma so che te la caverai.»
 
Shiho: «Come sempre, del resto.» la prese e fece per andare via, imbarazzata. 
 
Rei: «Shiho-san…!» la fermò. 
 
Shiho: «Cosa?» si voltò verso di lui. 
 
Incontrando il suo sguardo, Rei esitò. 
 
Rei: «Ah---» si guardò intorno e poi le diede degli asciugamani. «Non dimenticare questi.»
 
Shiho: «...giusto.» li prese. «Senti.»
 
Rei: «Cosa?»
 
Shiho: «Anche...» sollevò lo sguardo. «Anche io ti amo. Ma… Cioè… Non lo so, credo di amarti. Ma non farti delle strane idee!» si fiondò in bagno con passo celere.
 
Rei: (Incredibile…) si lasciò cadere sul letto, mettendosi una mano sul viso. (Non ci posso credere… Può davvero essere che Shiho-san e io… Immagino che non possa fare altro che aspettare…) sorrise. (Elena-sensei… Sono sicuro che grazie a lei, anche io potrò tornare a essere me stesso.)
 
La notte trascorse tranquilla. Rei lasciò a Shiho il dominio del letto, accontentandosi di una poltrona. Nessuno dei due, però, riuscì a chiudere occhio, travolti dai forti sentimenti che avevano provato e continuavano a provare. Il giorno dopo, una volta che la ragazza tornò a essere una bambina, Rei la accompagnò a casa. Durante il tragitto, nessuno dei due riuscì a emettere nemmeno un suono.
 
Una volta di fronte all’abitazione del dottor Agasa, Ai si tolse la cintura di sicurezza.
 
Ai: «Ci vediamo.» disse mantenendo una certa calma.
 
Rei: «Spero che adesso verrai a trovarmi al Poirot di tanto in tanto!» rispose allegro.
 
Ai: «No. Non mi vedrai mai mettere piede in quel posto. Ricorda...» si voltò a guardarlo in cagnesco. «Che se a te non piace Higo-san, io non potrò mai vedere quella Enomoto Azusa. Chiaro?»
 
Rei: «Ma Azus---»
 
Ai: «EQUIVALE.» urlò mentre una vena le pulsava sulla fronte.
 
Rei si grattò una guancia.
 
Rei: «Hai ragione tu. Allora… A presto.» sorrise dolcemente.
 
Ai scese dalla macchina.
 
Ai: «Quando tutto questo sarà finito...» distolse lo sguardo. 
 
Rei: «Ti renderò la donna più felice di questo mondo… e, nel frattempo, ti proteggerò sempre, soprattutto quando Vermouth tornerà alla carica… Perché ti amo.»
 
Ai: «Kh--!! Non ti fa impressione dirlo a una bambina?» cercò di prenderlo in giro per nascondere l'imbarazzo.
 
Rei: «Riesco a vederti solo come te stessa, non importa come sei fuori.» le fece l’occhiolino.
 
Ai: «Mah...» arrossì. «In fondo… anche io...»
 
Rei restò ad ascoltarla.
 
Ai: «Anche io… Niente.» cercò di non distogliere lo sguardo da quello dell’uomo di fronte a lei. «Quando ci rivedremo, sarà tutto diverso.»
 
Rei: «Ci puoi contare.» annuì.
 
Ai: «Bye bye.» fece un cenno con una mano.
 
Rei: «Ah---! Ai-chan! C’è una cosa che dovrei appuntare. Sul tuo nome, Haibara Ai.» sorrise. «Io l'ho sempre e solo pensato con la connotazione sbagliata. Perché è quella che ti si addice di più.»
 
Shiho: «Ma cos-?! Quanto puoi essere imbarazzante? Se hai problemi, te la vedi tu, ma non ha mai significato amore, sappilo!» il viso le diventò di tutti i colori.
 
Rei: «Lo so, ma l'ha sempre significato per me. Un giorno, mi piacerebbe chiamare così… nostra fig---» arrossì leggermente anche lui.
 
Ai: «Tsk!» tornò a casa e chiuse la porta alle sue spalle.
 
Rei: «Mpf… ce ne vuole ancora… mi sa che per queste discussioni, sarà meglio attendere.» rise divertito. 
 
Dottor Agasa: «Bentornata, Ai-kun…!» la guardò, poco convinto.
 
Ai lo fulminò con lo sguardo.
 
Ai: «Non dica niente! Lo so che mi stava spiando!!! Vado a farmi un bagno, piuttosto!!» corse nella loro stanza.
 
Dottor Agasa: «Benedetta ragazza… Non che avesse tutti i torti… Ho come l’impressione che dovrò affrontare la sua rabbia...»  si asciugò un rivolo di sudore.
 
Una volta arrivata in camera, guardò la macchina di Rei che si allontanava.

Ai: (Non so nemmeno io… cosa sia accaduto…) si appoggiò una mano sul cuore che sentiva in corsa. (Non riesco nemmeno a capire cosa gli abbia detto… O meglio, so cosa gli ho detto… Ma andrà davvero bene? Una volta… Una volta… Nella mia vita… Sono stata sincera. Forse è così che devo proseguire…? Cercando di essere più sincera nei confronti degli altri? So che finirò sempre con il negare ciò che sento, ma credo che sia come una parte di me. E suppongo che tutti lo sappiano come sono fatta… ciononostante… mi amano per quello che sono. Non si tratta più solo di amore inteso come di amicizia, ma…) sorrise dolcemente. (Queste sensazioni nuove, che avevo pensato di provare per un’altra persona, sono in realtà ben diverse… Amuro Toru, Bourbon… Rei-kun… O meglio, Rei-san.) ridacchiò. (Arriverà anche per te il giorno in cui riuscirò a dirti apertamente che il mio cuore non riesce più a fermarsi. Batte all’impazzata. Batte per te… e spero che questo sentimento non si fermerà mai. Da oggi… credo che comincerà un nuovo capitolo della mia storia e stavolta… Avrà un lieto fine.)
 
FINE



Angolo dell'autrice
Ciao a tutti! Che dire... finalmente, questa storia è giunta al termine. Ancora non mi sembra vero, ma è così. Sono stata in lotta con me stessa fino alla fine per capire bene quanto volessi rendere la storia a modo mio e alla fine mi sono lasciata trascinare dai sentimenti. ❤ Non ci posso fare davvero niente, io adoro questi due! XD Spero tanto che la storia in sé vi sia piaciuta. Mi sono impegnata davvero tanto a scriverla! ^^ Colgo l'occasione per ringraziare nuovamente chi l'ha letta e chi la leggerà in futuro: siete stati coraggiosi ad arrivare fino alla fine! Mi rendo conto di essere abbastanza prolissa e pesante, alcune volte. Ma non riesco a essere sintetica quando si tratta di qualcosa che non ha a che vedere con test o simili. *cough* Grazie ancora, spero di risentirci in futuro!! ❤❤❤
Giusto, giusto... Vi siete accorti di quale frase forma la prima lettera di ogni capitolo? ^^

Miriallia

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