Broken Youth

di Lost In Donbass
(/viewuser.php?uid=628201)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Oliver ***
Capitolo 2: *** I ragazzi di Sheffield ***
Capitolo 3: *** Vaporwave & Kebab ***
Capitolo 4: *** Marijuana ***
Capitolo 5: *** Vieni con noi ***
Capitolo 6: *** Giardinette scassate ***



Capitolo 1
*** Prologo - Oliver ***


BROKEN YOUTH

 

CAPITOLO PRIMO: PROLOGO – OLIVER

 

Und ich sitz' schon wieder, barfuß am Klavier.

Ich träume Liebeslieder und sing' dabei von dir;

Und du und ich – es ging so nicht.

 

(E sono di nuovo seduto qui, a piedi nudi al pianoforte.

Sogno canzoni romantiche nelle quali canto di te;

E tra me e te – alla fine non ha funzionato)

[Annenmaykantereit – Barfuß Am Klavier]

 

 

Oliver suonava il pianoforte. Completamente nudo, appiccicoso di alcol, arruffato e scalzo, si era messo a suonare un notturno di Chopin con grazia estrema, mentre i pallidi raggi del sole nascente lo bagnavano, filtrando dalla finestra del salotto. Aveva trovato un pianoforte per puro caso, in quella grande casa piena di corpi, e si era messo a suonare senza pensarci su un secondo. Era un arrangiamento, il suo, perché stava suonando troppo velocemente e la mano sinistra faceva dei giochi strani. Ma andava bene, per essere le sei del mattino ed essere davanti a un piano sconosciuto. Qualcuno si mosse sul divano ma Oliver non se ne curò, continuando il suo notturno, ondeggiando appena mentre seguiva il ritmo di quella melodia che infinite volte aveva provato. Suonava molto spesso, quel ragazzo ossuto e spettinato. Suonava per ricordarsi chi fosse, per mettere a freno la sua mente selvaggia, per tenersi ancorato a un mondo che non comprendeva completamente. E quindi suonava, anche alle sei del mattino, anche in una casa non sua, in mezzo a corpi dormienti, i capelli sulla faccia e l'espressione annoiata. Ma Oliver aveva sempre un'espressione del genere, anche mentre scopava o mentre era al concerto della band preferita. In generale, Oliver era una persona seccata e piuttosto noiosa, non era sicuramente di compagnia e molti lo consideravano anche antipatico. Probabilmente avevano ragione a definirlo così.

-Cosa stai facendo?

Una voce femminile lo costrinse a smettere di suonare.

Si voltò e incontrò con lo sguardo una ragazza avvolta in una vestaglia di chiffon rosa.

-Mi sembra ovvio.- commentò – Sto suonando.

-Alle sei del mattino?

Oliver decise che aveva una voce decisamente petulante.

-Esatto.

-Potresti andartene?

-Perché?

-Mi dai fastidio.

Oliver si strinse nelle spalle magre e si passò una mano tra i capelli scuri, con quei ciuffi che gli ricadevano sul viso affilato.

-Devo trovare i miei vestiti.- disse infine, lanciando un'occhiata desiderosa al pianoforte. - Potresti prestarmi la tua vestaglia.

-Per fare cosa, scusa?

-Non ho molta voglia di girare per casa nudo.

-Tu sei tutto fuori.- la ragazza si passò una mano tra i lunghi capelli biondi morbidamente mossi – Fila a vestirti e leva il disturbo.

-Non capisco perché ti stai tanto affaticando a cercare di scacciarmi quando sono tutti semi nudi e ubriachi sparpagliati per quella che presumo sia casa tua.

La ragazza sbuffò e roteò al cielo i grandi occhi azzurri, sbattendo il piede per terra. Sembrava molto nervosa e forse Oliver non voleva veramente farla innervosire ancora di più, ma era nella sua natura mettere sotto sopra le persone con le quali parlava. Forse era la sua stranezza, forse era il suo strano modo di comportarsi, forse erano i suoi occhi grigi vacui e vagamente assorti.

-Senti, puoi andartene?

-Non mi sembra un modo carino di trattare gli ospiti. Anche io ero stato invitato alla festa.

-Ti sei messo a suonare il piano alle sei del mattino, quando tutti stavano dormendo. Senti, puoi almeno coprirti i genitali?!

Oliver abbassò lo sguardo e si rese conto di essere davvero, davvero nudo. Non che gli importasse molto, anche se non era abituato di certo a farsi vedere in quelle condizioni.

-Non hanno niente che non vada.- constatò, osservandosi, e tornando ad osservare la ragazza – Vado a cercare i miei indumenti, comunque.

-Grazie, gentilissimo.- commentò acidamente lei, stringendosi di più nella vestaglia quando lui le passò davanti.

-Comunque non sono così nudo, con tutti i tatuaggi che ho. Ti piacciono?

-Non ci tengo a guardare i tatuaggi che hai sul culo, grazie tante!

Oliver si strinse nuovamente nelle spalle e fece per avviarsi su dalla scala, cercando di ricordarsi dove avesse disseminato i suoi abiti. Poi si bloccò e si voltò verso la ragazza che lo guardava ancora fisso, il trucco sfatto sul viso grazioso.

-Non mi hai detto come ti chiami. Io sono Oliver.

-Vanessa.

-Come le farfalle. Quando ero bambino mi divertivo a prenderle col retino e a fissarle in un album con le puntine. Ci mettevano un po' a morire, devo dire.

-Sei disgustoso.- fece una smorfia – Vatti a coprire, per piacere, non so più come dirtelo!

-Continuo a non vedere il problema, di ragazzi nudi ne avrai visti un sacco e io sono perfettamente normale. I miei genitali non presentano disfunzioni.

-Mi stai dando della puttana?

-Forse.

-Esci immediatamente da questa casa, Oliver o come hai detto che ti chiami!

Solitamente non era nelle sue intenzioni stressare così tanto le persone, però era fatto così e non aveva un carattere malleabile. Si grattò i suddetti genitali e si avviò su per le scale, seguito dallo strillo di Vanessa.

 

-Ho conosciuto una ragazza, stamattina.- disse Oliver.

-Carino.- disse Cassidy.

-Era carina, aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri.

-Carina.

-Seh. Molto.

Oliver allungò la mano verso i capelli di Cassidy e li accarezzò lentamente, intrecciando le sue lunghe dita da pianista con le lisce ciocche di lei.

-Penso che ora mi odi.

-Carino.

Cassidy sorrise, con quel suo sorriso bruciato dalla marijuana e si alzò sulle punte dei piedi per baciarlo. Si baciarono a lungo, come erano abituati a fare da almeno un anno, mischiando esageratamente salive, infilandosi le mani tra i capelli, scimmiottando i baci che vedevano in televisione (al pub, ovviamente, tra una pinta e un pacchetto di patatine, commentando sghignazzando le immagini poco edificanti di serie televisive mai davvero comprese). A Oliver piaceva Cassidy perché non faceva mai domande, non chiedeva nulla, fumava marijuana ed era sempre disponibile per una scopata estemporanea. A Cassidy piaceva Oliver perché era carino da morire, portava sempre la camicia ed nonostante l'espressione ottusa a letto ci sapeva fare, eccome.

Lei cominciò a slacciargli la camicia con le sue unghiette dipinte di blu, disseminandogli una scia di baci lungo il petto ossuto e lui le mise le mani tra i capelli, spingendola più giù, verso la zip degli skinny jeans.

La luce filtrava dalla finestra della soffitta, dove Oliver aveva adibito la sua camera, e li illuminava malamente, mentre il sottofondo di una canzone metalcore teneva loro compagnia. Cassidy fece un sorriso un po' stupido, ottenebrato dalla droga e gli slacciò i jeans, abbassandogli e baciandogli il gonfiore nei boxer. Oliver gemette appena, accarezzandole la testa, appoggiato al muro della stanza, tappezzato dai vecchi poster di Guerre Stellari, e sospirò profondamente quando lei glielo prese in bocca. Sicuramente, Cassidy era l'ultima persona da cui qualcuno si sarebbe fatto fare un lavoro del genere, con i denti ingialliti, l'alito puzzolente di erba e tabacco, gli occhi allucinati e l'espressione decisamente tonta, ma Oliver non era il tipo da porsi quei problemi. Lei rimase ferma prima di cominciare a succhiare, e Oliver fece un sorriso ebete, stringendole i capelli con una mano, socchiudendo gli occhi e pensando alla ragazza di quella mattina, Vanessa. Aveva delle belle labbra, sicuramente era più sana di Cassidy e sembrava avere dei capelli morbidissimi. A Oliver sarebbe piaciuto andarci a letto insieme.

Cominciò a gemere, in quel modo un po' falso, un po' affettato che copiava dai film che vedeva quando era solo in casa e sapeva di essere sul punto di venire che sentirono un sordo bussare alla porta.

-Ragazzi, è pronta la merenda.- disse la mamma di Oliver.

Oliver avrebbe tanto voluto che Cassidy finisse almeno il lavoro iniziato, ma la ragazza non sembrava d'accordo, perché si staccò immediatamente e gli rivolse un sorriso stupido, con quei suoi denti giallognoli.

-Carino!- trillò, alzandosi di scatto.

-Già.- mormorò Oliver, guardando la sua erezione che era a tanto così dall'orgasmo ma che era stata brutalmente lasciata a sé stessa – Potevi almeno finire, però.

Cassidy gli strizzò l'occhio e gli stampò un bacio a stampo sulle labbra. Per essere una perenne cannata, era molto più sveglia di quanto uno potesse immaginare. Oliver si grattò la testa e si rivestì, cercando di soffocare l'impulso di costringerla a finire. Avrebbe aspettato dopo la merenda, perché era in astinenza da sesso. Una terribile astinenza da sesso, che andava colmata al più presto. Cassidy, momentaneamente, era l'unica disponibile per una cosa simile. Certo, quella mattina avrebbe potuto chiederlo a Vanessa, ma non gli era sembrato totalmente il caso. Non sapeva se l'avrebbe rivista, ma decise che se mai fosse successo, glielo avrebbe chiesto. Sapeva di essere piacevole alla vista, dopotutto. E poi aveva la camicia.

Scesero in cucina, dove li aspettava la solita merenda pantagruelica che la mamma di Oliver preparava per entrambi. Il ragazzo si era sempre chiesto se sapesse che Cassidy fosse la sua amica di scopate. Forse pensava che fosse la sua migliore amica. Non avrebbe mai immaginato che suo figlio se la portava in casa solamente per mettere a tacere l'astinenza. Forse però non sapeva nemmeno che Cassidy fosse una tossica con i denti gialli.

-Carino!- urlò Cassidy, avventandosi sul pie di mele come se non mangiasse da giorni. Magari era così davvero.

Oliver osservò il cibo preparato dalla mamma e storse il naso, servendosi solamente una tazza di the. A lui non piaceva granché mangiare, e forse la sua magrezza quasi malata ne era un chiaro segnale. Ma a lui andava bene così.

A Oliver andava sempre tutto bene, d'altronde, non si scomponeva di fronte a nulla. Era fatto per andare avanti lungo la sua strada senza battere ciglio.

Anche se non avrebbe mai immaginato che quell'anno sarebbe successo qualcosa che avrebbe sconvolto per sempre le sue convinzioni, compresa quella che avrebbe indossato camicie per sempre.


***
Siccome non so dove andrà a parare questa storia, limitatevi a godervi capitolo per capitolo finché non decido cosa farne ahaha
Spero che vi sia piaciuta, mi raccomando recensite!
Baci
Charlie

E Buone feste xxx

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** I ragazzi di Sheffield ***


CAPITOLO SECONDO: I RAGAZZI DI SHEFFIELD

We're gutter punks and vagabonds
Street sweepers and tag alongs
Getting high on 5th avenue
Cuz we ain't got nothing to lose

[Sleeping With Sirens - Cheers]

 

C'era una canzone pop punk nelle casse del pub, e i ragazzi tenevano il ritmo con i piedi, contemporaneamente, osservando le Diet Coke e la grassa colazione all'inglese che stavano loro davanti. Abbruttiti, non belli, un po' tristi, un po' sfatti, stavano valutando qualcosa che era solamente nelle loro teste. C'era chi pensava al proprio amore, chi desiderava solamente scomparire, chi ricordava qualcosa di bello che era successo nei tempi passati. Erano stanchi – molto stanchi. Di cosa, in realtà, non lo sapevano nemmeno loro. Forse delle giornate sempre tutte uguali, forse dell'università che non piaceva davvero a nessuno, forse di quanto mancasse alla fine dell'anno o di quanto avrebbe voluto rivoluzionare le loro esistenze piatte. Nel mentre, se ne stavano lì a osservare il loro cibo e ad ascoltare la radio, che alla fine qualche canzone carina c'era sempre.

-Non capisco perché ci abbiano servito del cibo a quest'ora.- commentò Alexandra, per spezzare il silenzio che era calato tra loro. Giocherellò distrattamente con un pezzo di pane che grondava burro e fece una smorfia, ma lei non mangiava mai e nessuno si stupì.

-Perché James sa che dopo una notte di bagordi mangiare un po' non può fare che bene.- le rispose Arden, sbadigliando rumorosamente e cominciando a sbocconcellare i salsicciotti. Aveva un filo di olio che gli colava dal mento, ma nessuno si preoccupò di avvertirlo prima che gli colasse sulla maglietta.

Il proprietario del pub, James, li guardava sorridendo dal bancone.

-Volete qualcos'altro, ragazzi?- chiese, con la sua voce fonda, venata di quell'imbarazzante accento di York.

I ragazzi scossero la testa, cominciando a mangiare mogi i loro panini e a bere le loro Diet Coke. Non piacevano a nessuno, ma James sapeva sempre cosa rifilare loro dopo che se li vedeva sfilare davanti alle otto del mattino, sfatti e ancora un po' brilli, puzzolenti di alcol e bisognosi di una dormita. Avrebbero potuto andare a casa loro, certo, ma era sempre meglio farsi una sana colazione inglese nel pub di James piuttosto che affrontare varie mamme depresse, famiglie distrutte e nonni stanchi. O almeno, questo era quello che pensavano i ragazzi di Sheffield, che avevano sempre ritenuto meglio stare insieme a James, con quelle strane cicatrici sulle braccia e sul collo, a Charlie, la moglie di James, che era schizofrenica e rideva sempre e Holly, la loro figlia autistica e francamente obesa.

-Ho incontrato una ragazza carina.- disse Oliver, ruminando pensosamente i suoi fagioli affogati nella salsa di pomodoro. Aveva la camicia sudata e la giacca del completo spiegazzata. - Si chiama Vanessa e ha la bocca a cuore.

-Te la sei fatta?- chiese Arden, rubando il bacon di Alexandra, che intanto non l'avrebbe mai mangiato.

-No, ma la prossima volta che la vedo le chiederò di venire a letto con me.

Oliver si passò una mano tra i capelli spettinati e si scostò il ciuffo dalla fronte.

-Che cosa carina.- commentò Cassidy, digerendo rumorosamente la Diet Coke e accendendosi una sigaretta.

-Mi viene da vomitare.- disse Alexandra, ma siccome lei aveva sempre nausea nessuno si scompose. Lasciarono che digerisse anche lei e che posasse la testa sulla spalla di Arden.

-Dovresti mettere su peso.- commentò Arden, pungolando la pancia inesistente della ragazza – Sei un osso vestito.

La ragazza fece un verso poco chiaro e nascose il viso tra le mani scheletrice. Alexandra era magrissima, quasi invisibile. Portava taglie da bambino, anche se era molto alta e i pantaloni le andavano sempre corti, aveva le guance incavate e gli occhi tristi. In molti la consideravano bella, comunque, forse grazie ai lunghi capelli biondo platino, all'espressione dolcemente stupida, al sorriso innocente. In realtà, molti pensavano che fosse una tipa facile, senza capire che Alexandra era troppo stupida per essere una facile. Oliver aveva sempre pensato che l'amica avesse qualche rotella in meno, ma non l'aveva mai detto. Diciamo che si approfittava spesso di lei, per farle fare le cose più imbarazzanti che lui non avrebbe mai fatto. A sua discolpa, portava la camicia: non poteva tingere di onta l'essere un fiero portatore di quel tipo di indumenti. Alexandra, invece, indossava solo stupide magliette di gruppi discutibili che potevano, secondo Oliver, essere infangate senza problemi.

-Io non voglio mettere su peso.- si lamentò Alexandra – Poi non mi guarderà più nessuno, se no.

-Intanto non ti guarda nessuno comunque.- la gelò Oliver, finendo di mangiare i fagioli e attaccando tranquillamente i funghi – Cassidy, vammi a prendere un tovagliolo.

-Andare da solo è troppo difficile, vero, Oliver?- commentò acidamente Arden, lanciandogli un'occhiataccia da sotto il ciuffo rossiccio.

-E le ragazze cosa ci stanno a fare? Comunque, se vuoi puoi andare tu a prenderlo.- rispose tranquillo il ragazzo, finendo con soddisfazione di tagliare la salsiccia a dadini.

Cassidy, però, era già andata a prendergli il tovagliolo ed era tornata saltellando, i lunghi capelli azzurri che sventolavano. Stampò un bacio sulla guancia di Oliver, e lo guardò con adorazione. Spesso Arden si chiedeva come mai tutte le ragazze svenissero dietro a un tipo del genere, che era antipatico, sessista, e supponente. Forse perché era bello. O, più probabilmente, perché aveva la camicia. E a volte pure la cravatta.

-Dov'è finito Denis?- chiese Alexandra, ciondolando. Doveva essere molto stanca, e Arden si ripromise che l'avrebbe riportata a casa a riposare.

-Forse ha trovato qualcuno da scoparsi.- se ne uscì Oliver, scrollandosi Cassidy di dosso. - Lo sapete com'è fatto Denis, appena trova qualcuno che se lo porta a letto scompare dalla circolazione.

-Magari è tornato in Ucraina.- propose Arden.

Denis era ucraino, parlava con un accento russo quasi comico, tesseva le lodi di casa sua, e cercava da anni di raccogliere i soldi per tornare a casa. Una volta aveva chiesto a Oliver di legargli i polsi con una delle sue cravatte e di versargli sopra panna e cioccolato fuso, che avrebbe poi dovuto leccare. Oliver era rimasto vagamente perplesso, ma tutti sapevano che Denis aveva delle perversioni strane. Oliver era anche convinto che pure a Denis mancasse qualche rotella, ma lo riteneva comunque più furbo di Alexandra. Però, non lo aveva assecondato, anche perché, fino a prova contraria, lui era etero. Ne era assolutamente certo. Oh sì.

-Che cosa carina!- trillò Cassidy, spegnendo la sigaretta dentro la Diet Coke e bevendola subito dopo.

Rimasero un pochino in silenzio, tornando a concentrarsi sulle loro colazioni, sulle risate di Charlie che ogni tanto risuonavano nel silenzio del pub, sulla canzone pop punk, e sui loro problemi personali. Che di problemi, i ragazzi, ne avevano a bizzeffe ma erano bravissimi a nasconderli dietro a salsicciotti grassi, bottiglie di birra e battute di bassa lega.

-Devo andare a rifornirmi d'erba.- disse a un certo punto Cassidy.

-Posso venire anche io?

-Anch'io!

La ragazza sorrise, col suo sorriso ebete e annuì, passandosi una mano tra i capelli tinti di azzurro, con quel taglio emo lungo che tutti consideravano imbarazzante, tranne Oliver che ormai ci aveva fatto l'abitudine.

-Dove vai a prendere l'erba?- chiese Arden, lanciando un'occhiata preoccupata ad Alexandra che sembrava a un punto dall'addormentarsi con la faccia nel piatto.

-Da un ragazzo carino.- cinguettò Cassidy – Jessie Vargas Alvarez.

-Quello spagnolo?

-Messicano.

-E' uguale.

-Veramente non è uguale, Oliver.

Che Oliver fosse vagamente razzista non era una novità per nessuno, specialmente per Arden. E non era nemmeno una novità che non sopportasse Jessie Vargas Alvarez, che era uno scricciolo bruciato dal sole del deserto, aveva sempre le catene appese ai jeans e usava intercalari spagnoli che pochi capivano.

-Ha un posto carinissimo dove coltiva un sacco di piantine carinissime.- continuò Cassidy con aria sognante.

-Andiamoci, allora. Voglio vedere dove può tenere le piante in quel buco dove abita.

Oliver non l'aveva mai detto a nessuno ma in realtà aveva paura di Jessie perché una volta lo aveva minacciato col coltello che teneva nascosto nei jeans. Non aveva mai capito il movente di quella minaccia, ma da quel momento aveva tentato di tenersene alla larga. Forse era tutto legato al fatto di quelle cose voodoo. Oliver era sempre stato convinto che Jessie praticasse il voodoo, e che lo volesse rendere uno zombie da usare per i suoi scopi misteriosi, perché sapeva di essere bello e quella strega messicana sicuramente avrebbe fatto di tutto per averlo al suo servizio. Ti potevi aspettare di tutto da quegli occhi troppo profondi e troppo scuri. E poi, si truccava. C'era sempre da tenersi alla larga dagli uomini truccati.

La porta del pub si aprì, ed entrò una ragazza con un enorme cappello a tesa larga in testa e un cappottino rosa. I ragazzi la guardarono e quando la ragazza alzò la testa, Oliver la riconobbe. Capelli biondi, lentiggini e grandi occhi azzurri, visino grazioso, vestiti di marca e bocca a cuore. Vanessa.

-E' Vanessa!- esclamò, additandola mentre lei si dirigeva al bancone.

-Carina.- commentò Cassidy, guardandola con vacui occhi celesti.

Alexandra si era addormentata, alla fine, con la faccia nel piatto sporco di sugo, ma nessuno si preoccupò di svegliarla. Arden fece una smorfia.

-Seh, è carina. Vai a parlarle.

Oliver si aggiustò i capelli e la camicia e si alzò, dirigendosi baldanzosamente verso di lei. Era sicuro che se la sarebbe portata a letto. Poi chissà, l'avrebbe messa nel retino e incollata a un album di fotografia guardandola morire trafitta dalle puntine.

-Ciao, Vanessa.

La ragazza si voltò, e atteggiò il visetto a una smorfia schifata.

-Uh. Sei tu.

-Non sei contenta di vedermi?

-Non propriamente.- si aggiustò il cappotto e lo squadrò. Oliver si rese conto di aver dimenticato la giacca del completo al tavolo ma era convinto che avrebbe fatto una bella figura lo stesso. Certo, la camicia era un po' sudata, ma comunque lui era bello.

-Volevo chiederti se volessi venire a letto con me.- disse.

-Scusa?- lei strabuzzò gli occhi.

-Volevo chiederti se volessi venire a letto con me.- ripeté Oliver – Ci so fare. Casa mia è a un passo, saliamo?

Una solida borsa rosa gli si stampò sulla faccia.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Vaporwave & Kebab ***


CAPITOLO TRE: VAPORWAVE E KEBAB

I'm caught on the fence
I'm either happy or I wish I was dead
My life is a mess
I kinda like it even though I'm depressed

[Chase Atlantic – Even Though I'm Depressed]

 

Denis guardava il vuoto. Era abituato a farlo, d'altronde. Se ne stava sdraiato sul letto sfatto, nudo, le cuffie sulle orecchie che trasmettevano elettronica lofi con elementi vaporwave e fissava il nulla, senza vedere i quadri alle pareti, senza sentire lo scrosciare della doccia, isolandosi completamente dal mondo esterno. Denis era bravissimo a distaccarsi da tutto, a sprofondare nella sua personale dimensione e a lasciare che i suoi pensieri, spesso cupi, spesso oscuri, lo trascinassero nei loro perversi giri. Pensava a tante cose, quel ragazzo. Pensava alla sua depressione, al suo amante, al suo gatto Oppa, alla casa in Ucraina, così bella, laggiù in Crimea, con le piante in fiore, e a quanto fosse bello Oliver con la camicia. Pensava, perché in fondo Denis pensava sempre, e quando lo faceva cadeva sempre di più dentro quell'inferno che era la sua mente, che era folle e faceva di tutto per distruggerlo.

Si passò una mano tra i capelli scuri e aprì le gambe e le braccia, occupando gran parte del letto matrimoniale, con la sua musica nel walkman e la sua aria pensosa. Subito pensò di toccarsi, ma poi si rese conto di essere troppo stanco e lasciò perdere. Denis era sempre stanco, in realtà, stanco di tutto e di niente. Faceva poco, che non fosse studiare svogliatamente cose che non gli interessavano e creare strane combinazioni di vaporwave lofi insieme a musica ucraina dal sapore indie tradizionale. Per il resto, cercava di scopare quanto più poteva e sognare di tornare in Crimea con la mamma e le sue cinque sorelle maggiori brutte. Lui era bello, invece, la mamma glielo diceva sempre.

Sospirò, e pensò a quanto fosse inutile la sua vita da ventenne depresso con strane idee riguardanti il sesso e ancora più strane passioni musicali. Una volta aveva chiesto a Oliver di leccargli il cioccolato fuso dalla pancia e di legarlo con la cravatta. Aveva rifiutato e lui c'era rimasto male. Gli piaceva Oliver, da matti. Così aveva pianto un pochino, in camera sua, e aveva fatto indigestione di dolcetti al miele. Denis era il tipo da fare indigestione se qualcosa andava storto, quindi le sue indigestioni erano molto frequenti, così come il mal di stomaco, la nausea, e il mal di pancia. Ma gli andava bene così. Era abituato in quel modo, d'altronde.

-Hey, amore, la doccia è libera.

Laurie era entrato nella stanza, avvolto nel suo costoso accappatoio e Denis lo guardò con aria triste, togliendosi le cuffie e riponendole lentamente sul comodino.

-Mi fai una sega?- chiese.

Laurie sorrise, con quel suo sorriso un po' misterioso e si sedette sul letto, accarezzandogli i capelli, meticolosamente.

-Vai a farti la doccia, tesoro.

-Te ne fai un'altra con me?

-Forza, Denis, vai.

Laurie si chinò su di lui e gli baciò la fronte. Profumava, come al solito.

Denis sospirò teatralmente e si alzò, dirigendosi verso il bagno strascicando i piedi. A volte Laurie lo trattava come se fosse più piccolo di quello che era, ma Denis pensava che fosse normale. D'altronde aveva trent'otto anni, stava con un ragazzo di venti con seri problemi di depressione e … e niente. Avevano la loro storia. Le loro liti. Il loro amore. Le loro uscite. Le loro riflessioni. Si infilò nel bel bagno e accese l'acqua, sedendosi sul pavimento della doccia e lasciando che l'acqua calda gli lavasse via il sonno di dosso. Si mise a fischiettare una canzone dei Bring Me The Horizon e si rannicchiò su sé stesso. Una volta aveva chiesto a Laurie, che era uno stimato neurochirurgo, di fargli un'operazione al cervello e renderlo normale. Laurie aveva riso e lo aveva baciato, dicendogli che se fosse diventato normale non l'avrebbe più potuto amare, perché lui si era innamorato del Denis fuori di testa. Denis non l'aveva detto, ma avrebbe preferito essere normale per potersi amare a sua volta.

E avrebbe tanto voluto che Oliver andasse a letto con lui.

Quando uscì, si asciugò lentamente, cercò di dare un senso alla massa arruffata di capelli e si rese conto di avere il collo arrossato dai baci di Laurie. A pensarci bene, forse era meglio stare con uno come Laurie che con Oliver. Sicuramente lo avrebbe amato di più, perché Denis ben conosceva i comportamenti arroganti e stravaganti dell'amico. E poi anche Laurie portava le camicie. Bellissime camicie inamidate che lui amava togliere e slacciare, lasciando una scia di baci sul petto dell'amante. Si chiedeva anche se Laurie avrebbe mai reso pubblica la loro relazione, ma non credeva. Gli aveva proposto di sposarlo, ma aveva solo riso. Denis aveva deciso che per il suo matrimonio avrebbe indossato un gigantesco vestito bianco pieno di trine e pizzi e un velo lunghissimo. Aveva anche deciso che al suo matrimonio ci sarebbe stata musica elettronica di nuova generazione e che tutti si sarebbero fatti di LSD. Poi lui avrebbe mangiato il bouquet nuziale e si sarebbe impiccato di fronte alla gente strafatta che lo inneggiava come un dio.

-Laurie.- chiamò, con voce lamentosa.

-Dimmi, amore.- Laurie era riapparso dalla stanza, impeccabile nel suo completo.

-Quando mi sposi?

Laurie sorrise e gli andò vicino, stringendolo a sé e baciandogli i capelli. Profumava di colonia e di muschio, aveva un odore stupendo. Denis lo strinse forte e gli si strusciò contro.

-Adesso devo andare in ospedale, tesoro.- gli sussurrò, con la sua voce dolce e ben modulata – Stasera ti porto a cena fuori e ne parliamo.

-Non voglio andare a cena fuori. Voglio provare qualche tecnica sadomaso.

-Non dire sciocchezze, biscottino. A dopo.

Si baciarono, e Denis avrebbe voluto costringerlo a stare lì con lui a fare sesso e a mangiare un kebab, anche se era mattino presto.

-Ah, e per favore non fare indigestione di biscotti, oggi.

Annuì e guardò Laurie uscire dalla casa. Si grattò la testa ancora umida e decise che avrebbe ordinato un kebab, poi sarebbe andato al parco e avrebbe ascoltato la sua musica vaporwave finché non gli fosse risalito su il kebab. Dopo di ciò, avrebbe fatto indigestione di cioccolatini. Non di biscotti, perché Laurie glielo aveva proibito.

 

I ragazzi trovarono Denis seduto su una panchina al parco intento a mangiare un kebab grondante alle nove del mattino.

-Hey, Denis! Allora non sei morto!- strillò Arden, raggiungendolo di corsa.

-Ti sei trovato qualcuno che ti scopa?- commentò Oliver, guardando con leggero ribrezzo la bocca sporca di sugo dell'amico.

-Hai trovato i soldi per l'Ucraina?- chiese Alexandra, che aveva la faccia sporca di cibo ma nessuno si era preoccupato di aiutarla a pulirsi.

-Carino!- urlò Cassidy e lo abbracciò.

Denis li guardò con aria vuota, finendo di ruminare il boccone che aveva in bocca e si strinse nelle spalle.

-Ho un fidanzato, adesso.

-Ve l'avevo detto che si scopava qualcuno.- Oliver alzò un sopracciglio e si stirò la giacca del completo. - Lo conosciamo?

-Si è rifiutato di operarmi al cervello.

-Oh.- Alexandra fece una smorfia – Perché avrebbe dovuto operarti al cervello?

-Così sarei stato normale.- Denis si leccò le dita sporche – Comunque, ci sposeremo a breve. Siete tutti invitati al mio matrimonio.

-Carino!

-Ti sposi?- Arden alzò un sopracciglio, scostandosi il ciuffo dal viso lentigginoso.

-Sì. Anche perché lui ha 38 anni, non gli rimane più molto da vivere.

-Ti scopi un trentottenne?!

-Per essere precisi, è lui che scopa me. Anche lui ha la camicia.

Denis guardò Oliver con aria di sfida. Non gli era mai andato giù l'essere stato rifiutato dall'amico di una vita. E certo, adesso poteva vantarsi di stare con un neurochirurgo estremamente ricco, bravo nel suo lavoro, richiesto da molti ospedali, affascinante e portatore di completi di alta sartoria, ma continuava a pensare che Oliver stesse meglio con la camicia che Laurie. Aveva quel non so che, con quei ciuffi e gli occhi tristi.

Oliver fece una smorfia e si aggiustò la giacca, cercando di darsi un tono.

-Stiamo andando a prendere l'erba, Denis!- disse Cassidy, prendendolo per mano – Vieni anche tu, ci divertiremo.

-Devo andare a fare indigestione di cioccolatini, così stasera non mi porta fuori a cena e possiamo provare tecniche sadomaso. Ma non posso mangiare biscotti.

-Non dire idiozie, se fai indigestione altro che sadomaso, passerai la serata col mal di stomaco. Vieni a fumare.- Arden gli diede una spinta amichevole. - Manchi solo tu all'appello.

-Forza, Denis. Ti ho già raccontato di Vanessa? E' la ragazza che ho deciso che mi porterò a letto ad ogni costo. Sono sicuro che nonostante oggi mi abbia preso a borsate in faccia capitolerà prima o poi di fronte alla camicia.

Oliver fece un sorriso arrogante, prendendo Denis a braccetto. Denis, che, per l'ennesima volta, si sentì morire.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Marijuana ***


CAPITOLO QUARTO: MARIJUANA

Ты всегда можешь найти нас там, где много дыма.

Белый, белый, будто туман и снова дурман.

мы с ней обсудим новый роман. Выдыхай, ма!

 

(Puoi sempre trovarci là, dove c'è molto fumo.

Bianco, bianco, come se fosse nebbia e ancora oppio.

Con lei parleremo di una nuova storia d'amore. Butta fuori!)

[Mari Kraimbrery – Kazhdij Den Kalijan]

 

Jessie Vargas Alvarez li guardava di traverso da sotto lo spesso ciuffo corvino. Era a torso nudo, e una canzone latinoamericana pompava nelle casse. La casa puzzava di tacos e fumo di sigaretta e tutti si stavano chiedendo come mai ci fosse una ragazza svenuta sul divano.

-Perché c'è una ragazza svenuta sul divano?- chiese Alexandra.

Jessie si voltò a guardarla e si strinse nelle spalle magre.

-Valium.- rispose semplicemente – Cosa volete? Ho da fare.

-Erba!- strillò Cassidy. - Sono venuta a prendere l'erba che ti avevo chiesto.

-Vero.- Jessie le sorrise, e Oliver non poté fare a meno di pensare che avesse un sorriso inquietante. - Se volete posso proporvi delle nuove pastiglie. Vanno direttamente al cervello, ma durano poco. Perfette per uno sballo temporaneo.

I ragazzi di Sheffield si guardarono.

-Perché no. Possiamo prendere qualcosa in prova.- commentò Arden. - Quanto vuoi?

-Mi basta del Valium per tenerla a dormire.- Jessie indicò la ragazza svenuta – Andiamo di là.

Si incolonnarono tutti dietro al ragazzo e lo seguirono dietro ad una porta nascosta da una spessa tenda nera. La stanza in cui entrarono era illuminata da luci artificiali e vi erano, accuratamente disposte, moltissime piante di marijuana. Un paradiso dei sensi, per Cassidy e i suoi capelli blu. Jessie si scostò il ciuffo corvino dal viso abbronzato, e fece un cerimonioso gesto con il braccio

-Benvenuti in paradiso, signori.

-Carino!

-Grandioso.- Arden si guardò attorno ammirato, scompigliandosi la zazzera rossiccia – Ma, non ti hanno mai beccato?

-La gente ha paura dei messicani.- rispose tranquillo Jessie – E soprattutto ha paura di me. Vero, Oliver?

Oliver si morse il labbro inferiore e sbuffò, trincerandosi dietro una smorfia. Lui non aveva paura di quel nanerottolo pieno di piercing, era solo che … oh, okay, al diavolo, forse gli metteva un filo di ansia, con quel coltello nei jeans a vita bassa. Ma non si sarebbe certamente fatto mettere i piedi in testa. Dopotutto, lui aveva la camicia.

-Non credi che la musica potrebbe aiutare le piante a crescere meglio?- propose Denis, sfiorando con un dito una foglia – Tipo, un po' di sano vaporwave. O forse l'hardvapour.

-Quella roba ti rimbambisce e basta.- lo rimbeccò Oliver – Solo te puoi ascoltare quello schifo. E poi ci chiediamo perché sei un sociopatico.

Denis non lo disse ma ci rimase molto male. Decise dunque che quella sera sarebbe andato a cena con Laurie e avrebbe mangiato dieci gelati. Poi avrebbe vomitato e Laurie l'avrebbe soccorso, così, la mattina dopo avrebbero potuto mettere in atto le pratiche sadomaso. Piano perfetto.

Cassidy e Jessie cominciarono le trattative, ma con la ragazza si trattava molto bene. Si faceva andare bene tutto, comprava in grande quantità e non questionava.

-Ce le dai le pastiglie?- chiese Arden, saltellando attorno all'amica.

-Ve ne do due in prova.- disse Jessie, cominciando a preparare i pacchetti per Cassidy – Dividetevele a metà, ammazzerebbero un bue.

-E' per questo che hai una ragazza svenuta in salotto?- Alexandra fece una smorfia vagamente stupida, col viso incrostato di sugo di pomodoro.

-Chi? Valerie?- Jessie si strinse nelle spalle ossute – Nah. Lei è fatta di Valium. Lo prende per l'emicrania. Poi boh, forse è andata in overdose. Vedrò.

-E se fosse morta?

-La chiudiamo nella stanza dell'erba. Non ti preoccupare, bionda. Jessie non si fa fregare da un cadavere qualsiasi.

Oliver pensò che avrebbe voluto avere lo stesso sangue freddo. Se lui si fosse trovato una tipa morta in salotto sarebbe andato in crisi. Probabilmente l'avrebbe semplicemente messa nel compostaggio delle zucchine di sua nonna. Seh, poteva essere un buon piano.

-Dici che non marcirebbe qui?- si interessò Arden.

-Non credo. Ho creato un microclima ideale. E poi ho i frighi. Se avete bisogno di far sparire qualcuno, chiedete a Jessie. Droga e nascondigli sono il mio forte.- il ragazzino messicano rivolse loro un largo sorriso e mise in mano ad Arden due grosse pastiglie bianche – Ripeto, fate attenzione con queste. È roba delicata.

Arden annuì e le infilò in tasca. Sapeva perfettamente che se le sarebbe tenute per sé – non avrebbe mai lasciato quella roba in mano ad Oliver, o a Cassidy. Forse le avrebbe divise con Denis, c'era sempre da divertirsi a vederlo strafatto. O le avrebbe sciolte nel latte di Alexandra. Guardò la bionda che si era seduta sul divano, vicino alla ragazza svenuta, e si chiese se fosse innamorato di lei oppure no. Stavano insieme esattamente da un anno, tre mesi, dieci giorni e venticinque minuti (sì, aveva tenuto il conto), e lui ancora si chiedeva perché avesse scelto lei, che era anoressica e che aveva i capelli quasi bianchi. Forse perchè l'aveva presa come sfida contro sé stesso, o forse perché gli interessava veramente che fine avrebbe fatto quella ragazza così bella e così fragile. Si passò una mano tra i capelli e si sedette accanto a lei, scrutandola da sotto il ciuffo. Aveva il viso ancora sporco di cibo e l'espressione ebete. Arden sospirò e le posò la mano sul ginocchio ossuto. Le piaceva scoparsela, anche se ogni volta era terrorizzato dal romperla. Lei era di vetro e lui si sentiva un mastro vetrario alle prese con un'opera d'arte. Però lei era anche una stupida che avrebbe fatto uscire di testa chiunque – a volte aveva ragione Oliver a considerarla una poveretta con qualche rotella in meno.

-Alexandra, dovresti pulirti il viso.- le disse – Sei sporca di sugo dei fagioli.

Lei fece un sorriso inebetito.

-Dai, andiamo. Jessie, scusa, dov'è il bagno?

-In fondo a sinistra. Stai attento alle tartarughe nella vasca. Mordono.

Arden accompagnò Alexandra in bagno e le lavò la faccia, anche se era molto più basso di lei e lei riusciva solamente a lamentarsi di come le stesse sbavando il trucco.

-Hey. Hey, tesoro, guardami.- le disse, prendendole il viso tra le mani – C'è qualcosa che non va?

Alexandra fece una buffa smorfia e mise il muso, col viso ancora bagnato.

-Non lo so, Ardy. Ma ora mi si è sciolto il trucco per colpa tua.

-Dovevo toglierti il sugo dalla faccia.

-Non trovi che stia ingrassando?

-Semmai stai dimagrendo. Dovresti mettere su peso.

-Voglio andare a Cuba.

-Non abbiamo i soldi.

-Voglio andare a Cuba!

-Non urlare, Alexandra! Andiamo di là, forza, ora sei presentabile.

La prese per mano e la spinse verso il salotto, ma lei lo fermò, prendendolo per le mani. Sembrava essere sull'orlo del pianto

-Ma te mi ami, Arden?

Arden rimase un secondo zitto.

-Sì, ti amo.

Alexandra si morse il labbro inferiore.

-E se fossi incinta?

-Andiamo di là, Alex.

-Non sto mentendo.

-Muoviti.

In salotto, quando rientrarono, trovarono la ragazza sempre svenuta sul divano, Denis che si dimenava a ritmo della canzone latinoamericana, Cassidy che guardava una puntata di National Geographic sui bachi da seta, e Oliver e Jessie che fumavano, scrutandosi da un capo all'altro del salotto. Arden si chiese perchè tutto quello. Semplicemente, perché fossero così strani i ragazzi di Sheffield e quali problemi li affliggessero.

-Dovreste farmi un favore, chicos.- esordì a un certo punto Jessie, alzandosi e andando a dare un colpetto alla testa della svenuta. Lei non si mosse – Devo portare dell'erba a casa di una ragazza, ma adesso non ho tempo. Lo fareste voi per me?

-A casa di chi?

-Vanessa Bellerose. Abita sulla Victorian.

Oliver si illuminò immediatamente. Vanessa. Avrebbe rivisto Vanessa.

-Ci stiamo!- disse infatti subito, alzandosi a sua volta – Ragazzi, andiamo. È Vanessa, quella che mi devo portare a letto.

-Ma è palese che non ti vuole.- si lamentò Denis – Perché non ti consoli con me?

Oliver lo guardò con schifo e preferì non replicare.

-Carino!- ululò Cassidy, saltando in piedi e assicurandosi di avere il suo carico nello zaino.

-Andiamo.

-Oli, perchè non mi vuoi?

-Perché sono etero, Denis, sono etero!

-Forza, muoviamoci, che così poi andiamo a Cuba.

Jessie guardò i ragazzi di Sheffield uscire rumoreggiando da casa sua, con la scorta di erba per la bella Vanessa Bellerose e pensò che fossero gente molto strana.

Si strinse nelle spalle ossute e guardò la ragazza svenuta sul divano. Sperò solamente che suo padre rincasasse tardi. Per sicurezza, la afferrò per le braccia e cominciò a trascinarla nella stanza dell'erba.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Vieni con noi ***


CAPITOLO QUINTO: VIENI CON NOI

We are young with open eyes
Blinded by the citylights
Lose control to feel alive
Just another day in paradise

[Tokio Hotel – Kings Of Suburbia]

 

Vanessa era sconvolta: non poteva davvero credere che lui fosse di nuovo tornato. Oliver. Con le sue camicie bianche, insieme a una ragazza emo con i capelli azzurri.

Sbatté a lungo le ciglia, sperando che fosse solo un'illusione ma i due ragazzi non scomparivano, anzi, rimanevano lì impalati fuori dalla porta con un sacchetto in mano.

-Si può sapere che volete?

-Scoparti.- disse candidamente Oliver – Hai ripensato alla mia offerta? Dove trovi uno con delle camicie migliori delle mie?

-Siamo venuti a portarti l'erba, ci ha mandato Jessie Vargas.- cinguettò la ragazza emo, allungandole il sacchetto.

Vanessa lo prese titubante e vi lanciò un'occhiata dentro. Effettivamente, c'erano i pacchetti che aveva chiesto. Si chiese da quando Jessie usasse come corrieri i ragazzi di Sheffield, invece che presentarsi di persona come al solito.

-Ah, okay. Grazie.- disse, passandosi una mano tra i capelli. Li guardò a lungo, e sembrava che i due non fossero intenzionati a lasciare il suo uscio – Avete bisogno d'altro?

-Beh, è ora della merenda.- disse Oliver. - Sarebbe carino se ci offrissi un the.

-Che faccia tosta che hai.

-Carino!- la ragazza emo saltellò dentro casa e le rivolse un largo sorriso. Aveva i denti giallognoli, e puzzava terribilmente di erba – Io sono Cassidy.

-Vanessa.- la ragazza non riuscì però a trovarla nauseante, nonostante l'odore poco simpatico e l'espressione vuota. Aveva qualcosa di straordinariamente fresco, con quei capelli colorati e gli occhioni blu. Sicuramente molto meglio di Oliver e delle sue camicie.

-Sei splendida, oggi.- le disse lui, soffiandole un bacio sulla guancia al quale lei rispose con uno spintone.

Senza che lei riuscisse minimamente a dire qualcosa, i due sgattaiolarono dentro casa, trovando immediatamente la cucina e saltellandovi dentro con urletti eccitati. Vanessa sbuffò e li seguì, trovandoli già accomodati al tavolo. Si chiese che razza di gente entrasse in casa altrui pretendendo la merenda.

-Cosa ci offri?- chiese Oliver – Io posso offrirti …

-Taci. Ho della torta di mele e del the verde aromatizzato.

-Carino!

Vanessa organizzò la merenda, osservando Oliver aggiustarsi la camicia e Cassidy fissare con aria stralunata il grosso orologio a pendolo. Servì la torta, mise su il the, e li guardò cominciare ad ingozzarsi selvaggiamente. E poi Oliver pretendeva anche che lei andasse a letto con lui. Urgh. Carino e tutto, certo, ma … urgh.

-Perché non è venuto Jessie in persona?

-Era impegnato con una ragazza svenuta in salotto. Valium, sai.- risposero i due.

-Sei molto carina.- disse Cassidy e Vanessa, assurdamente, si ritrovò ad arrossire. Lei non era il tipo da accettare complimenti da ragazze tossiche.

-Anche tu lo sei.- si ritrovò a dire, stupendosi l'attimo dopo. Lei non faceva cose simili, normalmente. Lei non adulava ragazze, benche meno strafatte.

-Ci stai per una cosa a tre?- si intromise Oliver.

-No!- abbaiò Vanessa – Anzi, sai cosa? Preferirei mille volte scoparmi Cassidy che te!

Appena lo disse, strabuzzò gli occhi. Non poteva pensare di aver appena detto una cosa simile. Guardò i due ragazzi che le avevano invaso la cucina, e mentre lui aveva una vera faccia scandalizzata, lei sembrava pacificamente contenta.

-Carino!- disse infatti Cassidy. Poi guardò Oliver, e Vanessa poté giurare che tutta la patina di sonno e imbecillità fosse stata sostituita da un'aria furba e acuta – Hai visto, Oli? Preferisce me. Che cosa carina.

Oliver boccheggiò più volte, prima di tirarsi il colletto della camicia e sbottare

-Stai zitta, Cassidy.- poi si voltò verso Vanessa – Stai scherzando, spero.

-No.- Vanessa incrociò le braccia al petto – Non sei per niente il benvenuto. Quindi, porta via le suole.

-Ma, dico, mi hai visto bene?

-Anche troppo!

-E preferisci Cassidy?

-Almeno lei non tenta di stuprarmi!

I tre rimasero un po' in silenzio, rimestando con le dita il the che cominciava a raffreddarsi nelle tazze prima che Oliver si alzasse e si sistemasse la camicia.

-Penso che dovrei andare.

-La porta è di là.

-Cassidy, andiamo.

Vanessa osservò Cassidy guardarlo con aria vagamente ironica e poi la sentì cinguettare

-Vai tu, Oli. Io rimango qui.

-Cosa?!

Cassidy si passò una mano tra i capelli e si strinse nelle spalle magre.

-Vanessa è più carina di te. Voglio stare con lei.

Oliver lasciò lo sguardo vagare tra Vanessa e Cassidy finché la padrona di casa non incrociò le braccia al petto e sbottò

-Lei rimane qui quanto vuole. Tu, fuori.

Vanessa si godette in silenzio Oliver che tentava di articolare una frase, che si alzava, che strabuzzava gli occhi, e che finalmente usciva di casa, sbattendosi la porta alle spalle. La ragazza sospirò di sollievo e si concentrò su Cassidy. In realtà, non sapeva perché avesse deciso di tenerla lì con lei e nemmeno cosa ci trovasse di interessante in capelli azzurri e denti ingialliti dalla nicotina.

-Scusa per il suo comportamento.- disse Cassidy – Ma non è cattivo.

-E' un maniaco.

-Però a letto è bravo.- Cassidy si strinse nelle spalle – Anche la torta era molto buona. Grazie.

Vanessa si ritrovò a sorriderle e a sedersi nuovamente al tavolo, guardando le piccole manine con le unghiette dipinte di blu e un anello al dito. Per un secondo, le venne voglia di toccarla, quella mano. Sentire la morbidezza della pelle, il calore o il gelo che avrebbe emanato. Aggrottò le sopracciglia, perché quello non era il suo usuale comportamento. Lei le persone se le mangiava a colazione, e non si interessava di ragazze emo con ovvi problemi di dipendenza da erba. Però Cassidy aveva qualcosa di diverso. Forse negli occhi, nella voce, nel modo di sorridere. Chissà chi è davvero, si chiese. Chissà quali demoni nascondono i suoi occhioni blu.

-Come mai frequenti ancora Oliver? È un cafone.

-Ci conosciamo da sempre.- Cassidy abbassò le ciglia – Siamo i ragazzi di Sheffield. Se vuoi ti presento gli altri. Vuoi diventare una ragazza di Sheffield?

Vanessa rise e scosse la testa.

-Ti ringrazio, ma no. Ho i miei giri. Ho la mia vita.

-Ma noi siamo speciali.- c'era un'urgenza nuova nella voce cinguettante di Cassidy. Spalancò gli occhi e la fissò in quel modo un po' tossico, un po' sbalestrato – Vieni con noi. Almeno una volta.

-Cassidy, io di Oliver non ne vorrei più sentire parlare.

-Ma non c'è solo Oli. Ci sono Arden, Alexandra e Denis. C'è il pub di James. Ci sono le merende della mamma di Oli. C'è Jessie e la sua erba. C'è il pop punk nelle casse. Ci sono io.

Vanessa rimase interdetta e scoppiò in una breve risatina. Pensò a quello che avrebbe perso a non andare con Cassidy. Beh, in realtà niente. Ragazzi strambi, un pub ancora più strambo e cose assurde che la sua perfetta esistenza borghese non capiva. Poi pensò a cosa avrebbe guadagnato, e di nuovo realizzò che probabilmente niente di speciale sarebbe successo, con gente del genere. Valutò tutto, ed era sicura che avrebbe detto “no, grazie, ne faccio a meno”. Lei non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Non sarebbe andata in giro con scarti sociali, a mangiare panini unti in quel pub di pazzi, a girare con le casse che sparavano musica alternativa, a fare merenda in casa di quel maniaco. Lei aveva i suoi perfetti amici borghesi, le sue sale da the, il suo divertimento perfetto.

-No, guarda, Cassidy, io …

-Per favore.- la interruppe la ragazza emo – Solo una volta. Vieni, conosci gli altri, fuma con noi, vieni a mangiare le patatine di Charlie e James, ascolta le nuove canzoni degli Story Untold, fatti raccontare di musica da Denis, ascolta le storie di Arden, accarezza i capelli di Alexandra, ignora pure Oli. Parla con me. Vieni, Vanessa.

Le due ragazze si guardarono a lungo, e Vanessa giocherellò distrattamente con una ciocca di capelli. Cosa avrebbe dovuto fare? Continuare a negare, oppure lasciarsi andare e provarli a conoscere davvero, questi ragazzi di Sheffield? Non era esattamente certa di quello che avrebbe trovato una volta che sarebbe stata con loro. Probabilmente non si sarebbe divertita e li avrebbe trovati solo una manica di freak fuori di testa.

-Per favore.- ripeté però Cassidy, prendendole una mano.

Le aveva tanto calde e un po' ruvide, piene di calli. Un tipo di mani che però Vanessa non poté non trovare bellissime e immaginarsele per un secondo sulla guancia. Forse furono le mani a convincerla. Forse quel “per favore”. Forse la noia. Forse …

-Va bene, Cassidy. Se vuoi vengo. Ma solo una volta.

Cassidy le sorrise.

-Carino!- urlò.

Vanessa non poté fare a meno di ridere.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Giardinette scassate ***


CAPITOLO SESTO: GIARDINETTE SCASSATE

It's hard to know what's real
Lack of iron and not sleeping
I've seen your face before
But now I feel so used
[Bring Me The Horizon – Like Seeing Spiders Running Riot On Your Lover's Grave]

 

Denis si stava chiedendo cosa stesse succedendo. Era in macchina. Con Oliver. Di notte fonda. Diretti chissà dove.

Si passò una mano tra i capelli e lanciò uno sguardo interrogativo al suo amico, che fissava la strada e stringeva il volante, la camicia appena slacciata e i capelli spettinati. Ovviamente, era contento. Non avrebbe mai pensato che proprio Oliver lo coinvolgesse in una fuga notturna a bordo di una giardinetta decisamente male in arnese. Strofinò le mani contro la stoffa dei jeans e sfarfallò gli occhi. Non c'era quasi nessuno sulla strada, mentre filavano in mezzo alla campagna. Oliver era arrivato da lui poco dopo cena e aveva semplicemente detto “facciamo un giro, Den?”. Denis non se l'era fatto ripetere due volte e l'aveva seguito come un cagnolino, senza porsi domande e ora erano lì, insieme, in silenzio, senza davvero aver capito il perché.

-Oli, dove stiamo andando?- chiese Denis, guardando fuori dal finestrino la campagna inglese che correva veloce.

-Ashford.

-E perché?

-Non so.

Rimasero zitti per minuti interminabili, e Denis si chiese se forse non lo volesse uccidere e buttare nella spazzatura. Sospirò. Intanto la sua era una vita inutile, finire morto nell'umido o meno non faceva differenza.

-Mettiamo un po' di musica? Tipo, la vaporwave? È rilassante.

Oliver scosse la testa, cercò alla cieca nel cruscotto e tirò fuori un cd. Era dei The Jealous Sound. Denis odiava quel disco.

-Metti questo.

-Non mi piace.

-Ma a me sì. Mettilo.

Denis sbuffò ma obbedì e presto la musica di Kill'Em With Kindness invase l'abitacolo. Oliver mosse la testa a ritmo, cominciando a fischiettare e abbassò il finestrino, lasciando l'aria gelida della sera farli tremare. Denis sorrise appena, e poggiò una mano sul ginocchio dell'amico, che, con sua grande gioia, non lo scacciò. Era una sensazione surreale, quella di essere su una giardinetta, con lui, accompagnati da musica rock leggera, nella tetra notte inglese.

-Oli, perché io?

Oliver si voltò verso di lui e per un attimo Denis vide un'ombra oscurargli il viso. La macchina decelerò un pochino mentre prendevano la via trasversale che portava ad Ashford.

-Non fai domande. E sei fuori di testa.

-Non ti piaccio, vero?

-Non lo so.

Denis si ritrovò a sorridere, perché, per una volta, Oliver non gli aveva abbaiato contro un infuriato “no”.

-Oli. Sono depresso.

-Lo so, Den. Cosa posso farci?

-Portami più spesso in macchina con te.

-Sei fuori.

-Lo so.

La macchina cominciò a sobbalzare finché non superarono il cartello “Ashford”. Oliver posteggiò la macchina lungo la strada, spense il disco e scesero, tremando appena nell'aria gelida della notte. Si guardarono, e Denis pensò che era un posto inquietante, perché potevano esserci lupi mannari appostati in giro, in quella campagna solitaria. Poi pensò che avrebbe voluto essere strafatto di LSD, con la sua vaporwave, vestito da coniglietto e un coltello infilzato nello stomaco. Avrebbe spalmato il sangue sulla macchina e poi sul suo stesso viso, lasciandosi morire in una trascendenza dei sensi. Magari Oli sarebbe stato lì con lui a leccargli il cioccolato fuso dalla pancia.

Oliver lo spinse delicatamente verso una stradina secondaria che si snodava su una piccola collinetta e i due cominciarono a salire in silenzio, fianco a fianco. C'era la mezzaluna che illuminava la strada ma spesso inciamparono, o si ritrovarono a tremare quando il sordo schiocco di qualcosa risuonava nel silenzio. Arrivarono dalla chiesa del paese, circondata dal cimitero, il solito, bellissimo, cimitero inglese. Era aperto, nessun cancello a vietare loro l'accesso.

-Oli, perché stiamo entrando nel cimitero di notte?- chiese Denis, stringendosi le braccia attorno alla vita.

-Chiediti perché non dovremmo.- gli rispose Oliver, inoltrandosi in mezzo alle lapidi, tirando finalmente fuori una torcia e guidando l'amico lungo un sentiero muschioso.

Denis si strinse nelle spalle e lo seguì, guardandosi intorno, osservando con crescente inquietudine la chiesa stagliarsi contro il cielo. Si chiese se qualcuno lassù non stesse pensando di fulminarli.

-Eccoci, Den.

Oliver stava illuminando una piccola tomba dietro alla chiesa. Sulla tomba c'era scritto Anastasia Griffiths, insieme alla foto di una ragazza con i capelli rossi.

-Chi é?

-Mia cugina.

-Oh.

Oliver si sedette per terra, accanto alla lapide, e Denis lo imitò, raccogliendo le gambe al petto e osservando la foto della giovane. Era molto bella.

-Si è suicidata quando avevo quindici anni.

-Oh. Mi dispiace.

-Quando mia madre era venuta in camera a dirmelo, mi stavo masturbando. Mia madre non mi ha più guardato nello stesso modo, dopo.

Denis e Oliver si guardarono a lungo in silenzio, bagnati dalla luna, prima che Denis gli dicesse

-Vuoi che ti faccia una sega?

-Denis, sei fuori di testa.

-Me lo dicono tutti.

-No, intendo dire. Tu sei su un altro piano. Sei alieno a qualunque senso del pudore.

Denis si strinse nelle spalle e lasciò una breve risatina prorompergli dalle labbra.

-Non so perché ti ho portato qua.

-Non mi dispiace.

-A me sì. Andiamo via.

-Oliver.

-Cosa?

-Eri innamorato di Anastasia?

-Non lo so.

-E io ti piaccio?

-Non so nemmeno questo.

-Hai pianto al suo funerale?

-No. Ho sputato per terra per la prima volta, però.

Si alzarono e si incamminarono nuovamente verso la giardinetta. Scesero la collina in silenzio, le mani che si sfioravano, gli occhi fissi sulla strada. Quando arrivarono dalla macchina, Oliver si strinse nelle spalle

-Forse è stato un errore averti portato qui.

-Ma ero l'unico che potevi portare.- ribatté Denis – L'unico che non avrebbe fatto domande e che non ti avrebbe compianto.

-Sei strano, Denis.

Denis lo baciò, e Oliver non si staccò. Non seppe perché non lo spinse via, perché non lo scacciasse, perché rimanesse lì, ancorato a quel bacio che sapeva di follia, di LSD, di vaporwave lo-fi, di cioccolato fuso. Denis gli mise le mani tra i capelli e Oliver lo strinse e sé, in un gioco di lingue che sapeva di sporco. Forse lo stava facendo solamente per togliersi dalla mente il ricordo della ragazza suicida, o forse perché in fondo Denis era la cosa più assurda che si poteva sperimentare. Sentì la mano di Denis scivolargli dentro ai pantaloni e si staccò dal bacio.

-Cosa stai facendo, Denis?

-Ti sto toccando, Oli.- Denis gli sorrise, con quel suo sorriso storto. - Mi vuoi?

Oliver non sapeva se davvero voleva Denis, o se poi si sarebbe pentito, ma in quel momento decise che ci avrebbe provato. Si tirò giù i jeans e sbatté Denis contro la macchina, armeggiando con la cerniera degli skinny.

-Denis, tu non stai bene.

-Ma mi vuoi.

Oliver non ribatté, e lo baciò di nuovo, chiedendosi di nuovo il motivo di tutto ciò. Lui non era gay, e sicuramente non era attratto da Denis. Un gemito gli sfuggì dalle labbra quando la mano di Denis cominciò a toccarlo. Poi successe. Denis che si tirava giù gli skinny, lui che lo voltava, e poi tutto quello che ne conseguì. I gemiti di Denis, i suoi ansiti, gambe leggermente aperte e un'eccitazione sbagliata che scorreva sottopelle mentre lo prendeva così, di notte, contro la giardinetta scassata, mentre sprofondava dentro di lui e pensava che scopare Denis fosse una cosa strana e speciale, mentre si chiedeva se non stesse impazzendo anche lui. Fu il primo a venire, soffocando un gemito contro il collo di Denis.

Si staccò da lui e si tirò su i pantaloni, fissando il corpo sporco dell'amico e una chiazza biancastra sulla portiera della macchina.

-Den, mi hai sporcato la macchina.

-Ne è valsa la pena.- ribatté Denis, rivestendosi a sua volta.

A Oliver parve di aver vissuto una sorta di sogno. Denis era etereo, era vaporwave e anche quel loro rapporto era stato etereo, quasi falso. Non sentiva il piacere che ne conseguiva, non sentiva il sudore, non sentiva niente. Sapeva solamente di aver scopato Denis contro la macchina, di notte fonda, ad Ashford. Basta.

-Ti stai chiedendo il perchè di tutto questo, credo.

-Sali in macchina.

Salirono in macchina e mise in moto, rimettendo il disco di prima e facendo inversione per tornare a Sheffield. Guidò per un po' in silenzio, e gli parve che Denis si fosse addormentato, la testa poggiata contro il finestrino.

-Den. È tutto uno sbaglio.

-Non ti è piaciuto?

-Non so.

-Magari la prossima volta …

-Non ci sarà una prossima volta.

-Perché no?

-Perché … dormi.

Silenzio, che durò per un tempo interminabile, finché la voce semi addormentata di Denis non lo fece sobbalzare.

-Oli?

-Cosa vuoi?

-Credi che io sia matto?

Oliver non rispose.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3878101