Sulla tua scia di alessandroago_94 (/viewuser.php?uid=742337)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tempesta di neve ***
Capitolo 2: *** Mercatino ***
Capitolo 3: *** Dinosauro ***
Capitolo 4: *** Occhi ***
Capitolo 5: *** Terapia ***
Capitolo 6: *** Profumo ***
Capitolo 7: *** Miele ***
Capitolo 8: *** Giro in moto ***
Capitolo 9: *** Frana ***
Capitolo 10: *** Maracaibo ***
Capitolo 11: *** Pixel ***
Capitolo 12: *** Luna piena ***
Capitolo 1 *** Tempesta di neve ***
Tempesta di neve
TEMPESTA DI NEVE
Tempesta di neve sei per me.
E cosa resta di me, sotto questo
manto bianco?
E il tuo vento impetuoso, cosa
lascerà dietro di sé?
Da quando ho iniziato ad amarti
hai portato via tutto,
hai strappato parte del mio animo, e
che fine ha fatto?
Sono stato costretto a rattopparmi da
solo,
a clonare la parte mancante del mio
cuore
con l’unica metà rimasta nel mio
petto.
E non ti basta aver reso la mia anima
un mucchio di macerie!
Hai bruciato tutto, questa estate,
rogo estivo,
e adesso diventi tempesta di neve
e torni a ricoprire tutto;
prima mi hai bruciato con il fuoco
e adesso con il ghiaccio;
tu mi fai morire!
Mi fai morire, non te ne accorgi?
Ed io che prometto di detestarti
poi ti vedo tra la folla e mi
sorridi;
e quale resistenza potrei opporti, a
questo punto?
Sono tuo, il Destino mi ha legato a
te.
E chi se ne frega
quando mi dici tira fuori il
coraggio;
io non sono come te,
tu ruggisci, io miagolo;
quando mi dici che le catene me le
metto da solo,
che faccio la parte della vittima
e che credo di averla sempre vinta;
ed io ti dico che ti amo,
anzi no, non posso proprio dirtelo,
sai?
Ma lo scrivo.
Nel mio teatro in fondo sto così
bene,
anche quando sto male;
basta adesso con questo vento
o andrà via la luce nel mio brandello
di cuore.
Hai ragione, il mio non è un teatro
ma un circo, sì,
guarda la mia maschera, ti piace?
Mi dici che non ho fiducia, non ho
speranza,
tu che credi in me,
tu che mi difenderesti da ogni cosa
ma poi mi abbandoni così, in bilico,
ed io che sono reso tremendamente
fragile
da questo amore maledetto;
ho provato a levarmi l’amore di dosso
ma è rimasto lì,
perché al cuor non si comanda,
certe frecce colpiscono nel segno
e toglierle è come dilaniarsi da soli,
ancora più in profondità.
Non importa il freddo che mi lasci
dentro
tutte le volte che poi te ne vai,
quando dopo avermi trattato da re
poi mi tratti da zerbino;
io a te mi sono donato
e per te sono stato anche pellegrino,
per te ogni cosa,
solo per te.
E adesso che la geografia ci divide,
ancora per un po’,
ancora e ancora,
io sento quel freddo dentro
e la tua mancanza diventa tempesta
di neve bianca
che tutto copre
che il mio cuore congela e sopisce,
perché se solo tu mi mandassi un
segnale
correrei da te, fossi anche in capo
al mondo,
ma tu stai meglio senza di me,
la tua storia te la stai scrivendo,
io invece m’incateno ancora di più
e mi amareggio,
ma anche mi crogiolo;
hai ragione,
sto proprio bene nei panni della
vittima.
NOTA DELL’AUTORE
Non so se è venuta bene, come poesia. Però spero che sia
stata una lettura in grado di donare qualche secondo di intrattenimento.
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Capitolo 2 *** Mercatino ***
Mercatino
MERCATINO
Mercatino
tra cose vecchie e cose nuove;
tra oggetti che non si usano più
e abiti vintage;
e tu eri lì,
ove tutto è cominciato.
Da quel momento in poi
ho solo seguito la tua scia.
Tu vendevi di tutto,
ma nel complesso era ciarpame,
te eri l’icona della bellezza,
diamante nella notte;
è bastato uno sguardo e qualche
parola
per rendere la faccenda complicata.
E impossibile, perché io sono
arrivato
quando tu già avevi scelto,
ed io da parte mia avevo finto di
scegliere
a mia volta;
io che mi accorgevo di amarti
ferendomi da solo.
Tra tutti quei volti amici
non hai mai conosciuto la Solitudine;
io sì, è stata la mia unica compagna
fedele.
Ho scalato la sua piramide a gradoni
fin quasi alla vetta,
mi sono fermato pochi passi prima di
precipitare.
Sai cosa vuol dire sentirsi soli?
Avere un buco nero dentro di sé
che strazia ogni emozione, la
distorce
e ogni evento diventa qualcosa da
evitare a ogni costo?
No?
Ma tu non mi ascolti mai,
ti limiti a guardarmi e sorridi
il tuo splendore non si può arginare.
Ma se il mio amore è frutto del
peccato,
meriterò l’inferno, tu no;
lo merito io.
Pensavo a te mentre mandavo quei
cuori
alla persona che ormai non amavo più,
e che forse non avevo mai amato;
allora solo mi sono accorto che la
maledizione
è quella di volersi accontentare,
pensare che l’Amore non esista
e che sia giusto così, stare assieme
per consuetudine
anche quando non c’è più nulla che ci
lega.
Tu eri quel fiore appena sbocciato
in un prato arso dalla siccità
estiva.
Ancora penso ai tuoi sguardi intensi,
alle belle parole che da sempre mi
riservi,
fino a quanto mi hai detto che per te
ero il meglio;
ma, appunto, erano solo parole al
vento.
Adesso desidero non gettare altra
benzina sul fuoco,
ma quando ti scorgo
tu mi sorridi
io non resisto
e corro da te;
tu che appunto non mi ascolti mai,
non mi amerai mai,
eppure mi rende felice vedere la tua
spensieratezza
e che te la stai cavando bene,
nonostante le difficoltà della vita.
Se potessi, sarei il tuo angelo
custode.
Se avessi potuto
ti avrei portato ovunque tu avessi
desiderato.
Ora però di questo amore
resta solo un refolo di vento sempre
più lontano,
il tempo che scorre via
e tu lo avverti più di me,
che nella vita hai saputo crearti il
tuo spazio
mentre io mi laceravo senza fare niente
per salvarmi.
Mi basterà e mi emozionerà ancora
vederti al prossimo mercatino,
mentre vendi le tue cose;
scorgerti lì tra la folla,
divinità imperitura;
lì, in quel luogo dove tutto è
iniziato
e dove tutto è andato a morire.
NOTA DELL’AUTORE
Grazie per aver letto anche questa poesia.
(piccola nota; Rimasugli
di pensieri verrà aggiornata ancora ma con meno costanza finché questa
sfida non sarà finita. Comunque sono al lavoro per altre poesie, sono molto
ispirato, ma appunto l’aggiornamento non sarà regolare. Regolare sarà invece
quello riguardante Breve storia del Piccolo
Regno, la mia prima favola. Salterò solo l’aggiornamento di questa sera. Conclusi
questi due progetti in corso, tornerò a pieno ritmo anche con il resto. Grazie per
la pazienza e per continuare a seguirmi).
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Capitolo 3 *** Dinosauro ***
Dinosauro
DINOSAURO
In verità, eri come tutti gli altri;
non hai mai meritato questo amore,
questo desiderio di proteggerti
e di preservarti;
non vendevi cose in più
per poterti comprare qualcosa di nuovo,
ma solo per riempire le dita di
anelli
e il collo sottile di collane.
E ci sono rimasto male
quando ti ho visto ferire il
prossimo,
ingannarlo spudoratamente,
il tutto per truffarlo e averci
guadagno.
Guadagno per cosa, poi?
Cosa te ne fai di tutto quell’oro
addosso?
È poi così importante per te
avere le dita ingioiellate?
Far sfoggio a tutti di quanto ti
senti potente
e la tua potenza nasce dalla
consapevolezza
della tua bellezza,
e allora ridi,
ridi pure in faccia alle persone,
prendile in giro senza garbo né
ritegno;
dall’amore son passato a detestarti.
Se prima quando ti vedevo ti correvo
incontro
adesso ti lascio friggere nel tuo
olio stantio,
ti sento ridere a distanza,
vedo come prendi in giro gli altri,
finalmente il sipario è calato;
io sarò vittima, ma tu non hai un
cuore.
Mi hai riso in faccia dicendomi che
tu di cuori
ne hai ben due;
ed io, violaceo di rabbia,
avrei voluto solo dirti che sì, ne
avevi due
perché uno l’hai rubato.
Eccolo, il tuo animo becero,
dinosauro,
regretto e chiuso
attaccato solo al denaro, al
guadagno;
e i tuoi sorrisi e le tue belle
parole
tutti strumenti per raggiungere i
soldi.
Ma adesso gioca con i tuoi anelli,
giocaci pure,
mettiti le collanine
e finisci di farti tatuare le
braccia;
sono felice di sapere che questa è la
tua libertà,
ma non coincide con la mia.
Dinosauro è il tuo animo
ed io non l’avevo riconosciuto;
tu puoi desiderare oro e fama,
io posso desiderare altro,
maledetto il destino che ci ha fatto
incontrare,
piuttosto che ferirti, un tempo, avrei
preferito morire.
NOTA DELL’AUTORE
Da piccolo, adoravo i dinosauri. Avevo tutti i volumetti con
i fossili e i vari dépliant. Adesso, nel crescere, ho attribuito alla parola
dinosauro anche l’aspetto più becero, perfido e materiale dell’essere umano,
quindi partendo da qui ho collegato la parola suggerita da Kim con un contesto
che fosse coerente con il resto della raccolta in corso.
Non voglio far polemica o altro, quello riguardante l’animo
giurassico è solo un pensiero personale e soggettivo.
Grazie per aver letto!
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Capitolo 4 *** Occhi ***
Occhi
OCCHI
E mi guardavi con quegli occhi,
mi fissavi;
io, impotente,
sentivo il peso dei tuoi sguardi.
Non è stato un caso del Destino
se poi i tuoi sguardi
si sono tramutati in confidenza,
in saluti e sorrisi.
Ma i tuoi occhi,
all’inizio, io me li ricordo come
perle;
di un castano dolce,
profondi, inebrianti.
Davvero, a un certo punto
mi hai fatto impazzire d’amore,
e bramavo quegli sguardi attenti,
m’ingelosivo se non me li riservavi
puntualmente.
Poi, cos’è successo?
Perché adesso i tuoi sguardi
mi danno fastidio,
non ti vengo neanche più vicino;
la magia di una lunga estate
si è infranta durante l’inverno;
adesso non ti sopporto più,
ora che so che quegli sguardi attenti
sono rivolti ai tuoi loschi fini
personali,
al tuo bisogno di avere più degli
altri,
di spiare gli altri;
quegli occhi in fondo
non erano Nutella,
erano occhi di vipera;
non eri dolce,
eri un coltello dalla lama affilata;
quel coltello che ho avvertito forte
forte
tra queste mie costole,
tu che passi la tua vita a non fare
niente,
a ridere in faccia alla gente;
la tua simpatia è piacevole
finché le stai lontano;
le tue parole sono miele
fintanto che hai un doppio scopo;
e allora perché, adesso,
che mi fai così schifo,
io ti penso ancora?
A volte, quando sono solo.
Mi rendo conto solo ora
che io quei tuoi occhi
li ho idealizzati,
e non erano così come li ho visti,
bensì come li ho erroneamente
interpretati;
perché avevo bisogno di amare e di
fidarmi
e tu, così agli antipodi rispetto a
me,
mi hai facilmente intrappolato al
loro interno.
Dicono che gli occhi sono lo specchio
dell’anima,
ma in realtà, a volte, possono
rivelarsi gattabuie.
Io ci sono caduto dentro
e non sono più stato capace di
uscirne,
almeno fin quando non ho detto basta,
d’ora in poi ti sto lontano,
perché mi fai male,
e fai male anche a chi mi circonda.
Così me ne sono andato da te,
alla fine mi hai perduto.
Ora sono lontano, a scrivere
con un inchiostro che sa di antico,
e tu sei nel tuo mondo di bugie
a preparare chissà quale tranello.
Ma allora perché,
proprio adesso
che tanto ti detesto
vorrei tanto che quei tuoi occhi
tornassero a osservarmi?
Magari fossero qui, assieme a me
a leggere questa mia poesia,
e tu a dirmi che mi sono sbagliato,
che i tuoi occhi sono miei,
che io non ho capito niente?
A correggermi,
a correggere questo testo?
Adesso sei distante
e te ne freghi,
vivi bene e in compagnia,
sei felice.
I tuoi occhi sono trappole che
funzionano sempre.
Spero solo che non faranno male ad
altri.
NOTA DELL’AUTORE
Un immenso, infinito grazie all’autrice che ha suggerito
questa parola. Come potete vedere, mi ha colto nel segno, mi sono ritrovato
subito a scrivere con grande ispirazione.
È una poesia scritta di getto e con il cuore, ancora unita da
un filo invisibile alle precedenti.
Spero di non aver fatto pasticci; ve la voglio donare così,
spontanea, pochi secondi dopo la fine della battitura.
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Capitolo 5 *** Terapia ***
Terapia
TERAPIA
Ho sperato, un giorno,
che tu fossi la terapia consigliata
per poter guarire da ogni mio male
interiore;
invece eri un coltello affilato,
lama insanguinata
pronta all’affondo.
Mi ricordi mio padre;
così infinitamente buono
con gli estranei,
indossando la maschera
del benefattore gentile,
eppure così bestiale tra le mura
domestiche.
E mi tornano in mente
le sue parole;
a te cosa manca?
A me cosa manca?
Padre, un figlio non vive
solo con un piatto di pasta!
Gli umani non vivono
solo per la materia e il cibo,
hai mai sentito parlare di anima?
Come devo fare a spiegargli
che grazie a lui mi sono sentito
un verme inutile,
stupido,
per tutta la mia vita?
Che per lui uno sconosciuto
valeva mille volte più di me?
Per lenire questo dolore
questo abbandono genitoriale
e generale
io sono giunto fin da te;
ma in fondo eri come mio padre,
anche tu;
ed è vero che tantissime persone,
uomini o donne che siano,
sono accomunate dall’animo grezzo,
giurassico e spietato,
dinosauro;
e che i tuoi occhi sono diamanti
che non sanno brillare al buio,
ma solo di riflesso;
la tempesta di neve che hai portato
dentro di me
era quella di sessantacinque milioni
d’anni fa,
la deriva del mondo conosciuto;
ho visto estinguere i miei pensieri
più buoni,
ora vedo solo il buio.
E quel mercatino non era niente,
se non un’altra delle tue avide
maschere.
Che sciocco,
io,
che sciocco che sono
a credere ancora che al mondo
per me ci sia cura,
una terapia che possa gradualmente lenire
il baratro dei traumi subiti,
e un trauma non è solo una percossa
fisica,
ma può essere anche un pugno
all’anima.
Per tutta la mia vita,
gli altri sono venuti prima di me;
così mi hanno insegnato,
gli altri sono meno fortunati, gli
altri
hanno più necessità, e gli altri…
e ancora a parlare degli altri
e mai di me;
sono stato cresciuto per essere un
buon fraticello
con tanto spirito di gratuito
sacrificio,
e non un uomo con gli attributi, un
guerriero.
E non è nemmeno vero che il bene
porta del bene, in fondo.
Ma non me ne lamento;
ogni buona azione verso il prossimo
mi fa stare un po’ meglio,
ma di certo non cura una mancanza
costante.
E l’orrore è lo scoprire
di non essere nemmeno all’altezza
per il prossimo mio,
che mi giudica alle spalle, sparla…
sono ferito da questa umanità
che cerca prede,
che cerca vittime
da sottomettere.
Con te, un’estate di speranza;
la mia terapia,
seppur sperimentale,
per lenire tutto questo interno male.
Invece mi hai ferito come gli altri,
eri, appunto, come tutti gli altri.
Adesso che l’Umanità mi lasci solo
a morire su questa spiaggia di
dolore.
Mi doni almeno
la dignità di calar da me il sipario.
NOTA DELL’AUTORE
Ringrazio l’autrice che ha suggerito quest’ultima parola.
Anche questa è stata un fiume d’ispirazione per me e mi ha concesso di proseguire
in modo lineare la raccolta, senza alcun cambio minimo di soggetto.
Chiedo scusa per tutto il dolore che trapela dalle mie
poesie… per me la poesia è un potente strumento di comunicazione, e quando
riesco a mettere su carta angosce e ansie mi sento un po’ meglio.
Ma continuo a scusarmi per l’evidente negatività dei miei
ultimi testi. Ci sono alti e bassi, ma ricordate che alla fine ci si rialza
sempre… lo si deve fare.
Niente vale più della nostra vita!
Grazie per aver letto e per continuare a seguire questi
umilissimi componimenti.
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Capitolo 6 *** Profumo ***
Profumo
PROFUMO
Il tuo profumo;
la prima sera in cui
l’ho avvertito
diventai fiera
selvaggia;
lo seguii, al costo
d’addentrarmi
in una selva oscura
e perder me stesso;
avrei potuto morire,
per esso;
avrei potuto morire
per te;
ma adesso il tuo
profumo
resta un qualcosa che
aleggia
leggiadro nelle mie
narici
quando vado a letto
o quando mi sveglio
presto;
tu che per me non sei
più niente;
ricordo
ancora, il primo
contatto
tra le nostre pelli
in un’estate infinita
e caldissima,
quel tuo profumo
aleggiava come un’aura
tutt’attorno;
esso è diventato
ricordo marittimo,
costiero;
mi ricorderà sempre
il mare,
le spiagge,
i capelli bagnati,
i mercatini serali,
le risate;
e pensare che era ed
è
così anonimo,
ancora non ho saputo
ricondurlo
a marchi o
quant’altro;
solo stimolo per i
ricordi;
quel che fu forse il
mio primo amore
l’amore impossibile,
quello che non deve esistere
perché se no gli
altri ti giudicano,
quello che non puoi
raccontarlo;
e tu puoi amare anche
tanto
e basta solo un profumo
a fartelo tornare in mente,
un odore specifico;
io posso poi
continuare a fingere
a tener su la
maschera di chi ama
chi in realtà non
ama,
ma quel profumo,
tramutato in ricordo,
mi accompagnerà in
eterno;
quando lo ricorderò,
sorriderò.
Un giorno sarò
vecchio,
oppure in procinto di
morire,
tu non ci sarai ed io
sarò così solo
che potrò crogiolarmi
un’ultima volta
con il ricordo di
quell’estate lunghissima
accompagnata da quel
tuo inconfondibile profumo;
e ti giuro, credo che
allora nel mio dolore
fisico e mentale
invocherò il tuo nome
per un’ultima volta;
poi, potrò lasciarmi
andare in pace.
Ma per ora
non rovinare tutto;
resta distante da me,
non farmi nemmeno
avvertire
la tua presenza
con il tuo consueto
odore intenso;
lungi,
io voglio idealizzarti,
voglio amarti per
come ti ho immaginato
e non per come sei in
realtà;
per te io coglierei
un fiore
e te lo porgerei
ma lo meriteresti?
Lo meriteresti per
come tratti gli altri?
Se tu desideravi un
tempio,
divinità antica
io te l’avrei anche
costruito;
ma tu eri
insaziabile,
il tuo mondo
giurassico fatto di risate
di sberleffi
ed è vero che dopo
aver preso confidenza
qualcosa è cambiato;
è cambiato
che non ti amo più
che non ti sopporto
più
che se ti vedo ho
l’impulso ad allontanarmi
che vorrei tanto
dimenticarti;
e in tutto questo,
imperituro,
il tuo profumo
aleggia,
eterno fantasma di
questa storia senza futuro.
Tu, che mi hai fatto
morire
facendo a pezzi il
mio cuore,
tu che mi hai ucciso
a pugnalate
fatte di risate e di
menzogne,
tu che alla fine ho
tanto amato
e che forse amo
ancora.
NOTA DELL’AUTORE
Mi ritengo un uomo fortunato, per
adesso.
Tutte le parole suggerite mi
hanno permesso di proseguire serenamente tramite un continuum coerente e
realista. Seguo la pista del mio cuore e delle parole, semplicemente.
Purtroppo ci sono persone che
entrano di soppiatto nei cuori e ci restano anche quando si rivelano spilli
acuminati. Ma l’esperienza per fortuna insegna.
Grazie ancora a tutti i
partecipanti e a chi legge e commenta.
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Capitolo 7 *** Miele ***
Miele
MIELE
Ho creato un mondo con le parole
e con tali parole l’ho distrutto;
in testa questo casino
questo martellante casino;
io che al pianoforte grido,
te che non mi puoi ascoltare,
per la distanza geografica e
temporale.
C’è tempo a dividerci
Ci sono mesi, giorni, anni,
tutto questo parlare di danni
l’amore mi ha strappato un pezzo di
cuore
l’amore mi ha ferito a morte,
mi ha lasciato morire dissanguato, di
dolore;
e adesso sono cambiato, tutti lo
notaNo
io che calmo
mi sono tramutato in tempesta;
troppi caffè, troppa tensione,
troppa ansia e apprensione
per un mio futuro che non c’è
e tutto avrei donato a te;
adesso, sai, io sono felice solo per
te
perché felice tu sei, veramente;
che l’infelicità e il dolore siano
tutti per me
tu che sei pennellata di miele
nelle giornate in cui so solo gridare
d’orrore,
sono felice che tu sia felice
nel tuo teatro,
tra le tue maschere,
tra volgarità e momenti dolci
tra amori perpetui e inganni rapidi
e spregevoli;
io nel mio teatro ci sto così male
e da tempo lo volevo lasciare,
ma non ne so uscire,
c’è chi non impara mai a volare;
e se le ho le ali
le ho lasciate marcire lì,
o che sono difettoso per natura,
a me stesso nessuna premura;
tu per me eri il miele
spalmato sulla fetta di pane caldo
di primo mattino;
quella dolcezza lì, proprio quella,
hai presente?
Il bello è che tu tutto questo non lo
saprai mai,
terrò tutto per me e per me io ci
morirò,
nel mio dramma interiore
ho visto mulinare certe tempeste
ho pianto di notte
ho saltato punti e virgole nei miei
componimenti;
miele sei per me,
ancora adesso;
cucchiaino di miele sciolto nel latte
caldo,
quando mi sveglio e all’alba ho la
fortuna di vederti;
mi mancano i tuoi momenti dolci
anche se spesso condizionati da altri
molto pessimi;
nessuno di noi però è perfetto,
io meno di tutti,
io meno di te;
ed io per te che avrei dato tutto
e tu che avevi già tutto
ed io che potevo solo amare e basta
e l’amore vero non impari a
conoscerlo
se ricambiato
ma solo quando ti senti infinitamente
lontano;
la tua felicità
almeno, mi consola.
Spero che almeno tu possa continuare
a gioire, nelle tue piccolezze
e nelle tue grandezze, sfocate
nel bagliore delle umane debolezze.
Eri e sei miele per me,
che addolcisci l’amaro di un latte
riscaldato
senza premura;
so che per tanti altri sei Musa,
ispirazione,
questo è il tuo potere;
entrare nei cuori
nonostante alcuni tuoi atteggiamenti.
Ora il mio amor è mutato
in qualcosa che non conosco;
miele sei per me,
cucchiaiata di miele nel latte caldo.
NOTA DELL’AUTORE
Niente da dire o aggiungere su questa poesia. Grazie a Gella
per aver suggerito questa parola che, effettivamente, calza a pennello e che mi
permette di nuovo di dare vigore e varietà alla raccolta senza obbligarmi a
variare (nemmeno leggermente) il tema.
(scusate, sono in ritardo con le pubblicazioni. Molto presto
arriva anche la poesia successiva).
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Capitolo 8 *** Giro in moto ***
Giro in moto
GIRO IN MOTO
Da quando ho perso te,
definitivamente,
da quando non mi è rimasto più niente
se non questa quarantena,
questa fine del mondo,
i galli cantano, anche di notte.
Non hai fatto sapere più niente,
è un silenzio che toglie motivazione
e ogni speranza.
In questo silenzio inquietante
osservo dalla mia finestra le strade
senza traffico,
le vie dei pendolari
da sempre illuminate da fari a ogni
ora,
adesso nemmeno uno spettro.
Sono rimasto sveglio una notte,
durante la mia cattività in campagna;
a mezzanotte, solo i galli a cantare,
un canto fuori luogo;
una sinfonia,
erano tantissimi, come un invito a
resistere;
il gallo che canta, il simbolo storico
della Romagna.
E mi sembra, in questo limbo tra
sonno e realtà,
di sentire tintinnare gli anelli
delle caveje,
come se gli spiritelli tanto citati
dagli avi
fossero qui con me, unici a non
abbandonarmi.
Sento la nenia di Madre,
rimasta la sola a tentare di
lavorare,
senza più sonno,
e il russare di Padre;
assieme infrangono questo silenzio
ove la natura ha ripreso il suo
posto.
L’Uomo è sconfitto anche in città;
una sola volta ci andai in questi
giorni,
e tal volta vidi un deserto,
dall’aura apocalittica;
con le lacrime agli occhi sono
tornato
nel mio isolamento completo.
Là, il canto dei galli è soppiantato
ormai
dagli altoparlanti della Protezione Civile,
che invitano a restare a casa, in
casa
e a pazientare, ringraziando per la
collaborazione.
Ammetto che il canto dei galli
è più confortante, sia di notte e sia
di giorno;
in fondo per me è rimasto tutto
uguale,
a parte un isolamento ancora più
forzato,
e le città distanti e così diverse,
più spopolate delle campagne.
Madre, avrei voluto vivere la tua
gioventù
spensierata.
Ma adesso gli anni migliori se ne
vanno,
ho giocato male tutte le mie carte
e anche il Destino non è stato molto
clemente.
Potessi morire ora,
che il cielo è più limpido che mai;
si vedono le colline, i lumi delle
case lontanissime
unico segnale che la vita umana,
nonostante tutto, prosegue;
adesso, ora che ho il batticuore
e che vedo la mia Patria umiliata da
un minuscolo virus
mi sento così impotente;
adesso, nell’ultimo barlume della
ragione,
prima di sprofondare di nuovo nella
mia depressione,
mi ricordo di quel giro in moto che
ti avevo promesso;
alla luce dei tempi che corrono,
quando tutto sarà finito,
tornerà tutto come prima?
Sarò in grado di ritrovarti, anche
solo per guardarti un attimo?
Un giro in moto mi farebbe molto
bene,
ma ora non si può,
e tu
con me
non ci sarai mai.
Il crollo di un Paese mi ferisce;
il silenzio assordante che hai
lasciato dietro di te
mi uccide.
NOTA DELL’AUTORE
Poesia scritta la sera dell’undici marzo duemila e venti.
Dopo diversi giorni di solitudine completa, sono tornato,
prima delle diciotto, nella mia città. Poche le persone in giro, tutte con la
mascherina, e pure quelle in auto. Poco traffico ma soprattutto una piazza
completamente vuota. Unico rumore nel silenzio, l’altoparlante della Protezione
Civile che invitava a restare in casa e a pazientare, ringraziando per la
collaborazione.
L’undici marzo è stata una giornata incredibilmente
soleggiata, più del solito, e il paesaggio è stato mozzafiato, come se la natura
brillasse anche nel mezzo dell’impotenza umana.
Di notte, i galli hanno cantato a decine, a centinaia, un
canto di mezzanotte fuori luogo che ha risuonato nella campagna, inquietante,
eppure così suggestivo… me lo sono ascoltato tutto.
Ecco da dove nasce questa poesia; ammetto che questa volta la
parola consigliata, o, meglio, l’espressione “giro in moto” mi ha ferito; in
questi giorni di reclusione, tutti uguali, un giro in moto per me è sinonimo di
libertà estrema, quella libertà limitata per forze maggiori; questo solo in un
primo momento, mi ha spiazzato così tanto da dire che non avrei scritto una
poesia su ciò, questa volta.
Poi, questa giornata.
Poi, capire che “giro in moto” è un inno alla speranza e ai
giorni belli che verranno, e che raggiungeremo tramite il sacrificio di queste
ore.
Grazie all’autrice che mi ha saputo donare tutto questo,
permettendomi di scrivere questa poesia non con una, ma con due mani sul cuore.
Il coronavirus è un nemico infido, ma se seguiamo le regole e
le parole delle autorità, ce la caveremo.
Grazie di cuore, a tutti.
Per chi non lo sapesse, la caveja è uno dei simboli della
Romagna (assieme al gallo che canta, si accompagnano spesso nelle bandiere).
Uno strumento contadino, una barra di acciaio lavorata a mano e utilizzata nel
giogo degli animali da soma. Era ornata da disegni e da anelli che, appunto,
nell’incedere degli animali tintinnavano sonoramente.
Chiedo scusa per le note lunghissime ma erano dovute, questa
volta, sia nel rispetto della poesia e sia per tutto il resto. Grazie per la
pazienza ^^
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Capitolo 9 *** Frana ***
Frana
FRANA
Frana;
appunto, tale sono stato
nella vita;
ho investito molto per chi
non valeva niente,
ed ho impiegato poco
per chi valeva tanto;
ho perso amici per il mio egoismo,
per le mie paure,
ma non recrimino queste ultime,
perché ciascuno di noi ha le sue
e affrontarle non è mai semplice;
ci voleva il coronavirus
per aprirmi gli occhi,
per dilatare finalmente il tempo
e farmi precipitare in una realtà
preindustriale;
io che mia mamma nemmeno la conoscevo
per via dei ritmi frenetici;
e correvo dietro all’unica persona
che non mi ha mai risposto
e nemmeno si è fatta sentire;
e investivo tanto su quella persona
per cui io dicevo Amore,
ma amore non era,
amore sia anche amicizia forte,
ma neppure quella c’era;
e da questo silenzio sono nate nuove
impressioni,
all’inizio avevo così paura,
i primi giorni di sconforto si sono
tramutati
in consapevolezza;
ho tutto il tempo per me, per
scrivere,
per leggere in pace…
adesso il tempo è dilatato
e ciò che più voglio curare sono gli
amici veri,
quelli che sono rimasti nonostante i
miei difetti,
quelli che non hanno lasciato
un vuoto silenzio
dopo il loro rapido passaggio;
adesso, amici, io vi voglio essere
accanto a voi
nonostante non possa abbracciarvi
né esservi vicino fisicamente;
adesso io, la frana nei rapporti
umani,
colui che ha mandato tutto da male
inseguendo
qualcosa che non era che un falso
riflesso per sopravvivere,
voglio dirvi tre parole,
sussurrandovele come se fossi a vostro fianco;
vi voglio bene!
E voglio bene a te che mi leggi e mi
sostieni sempre,
e che mi incoraggi e mi insegni
sempre
perché in questo viaggio ho appreso
più da te
che da queste misere, ridicole
paroline in croce;
in croce mi ci sono messo da solo
tante volte,
schiavo delle pulsioni e delle
illusioni,
povero me, che nel mio teatro
quotidiano
ho indossato tante volte la maschera
della vittima
versando lacrime di coccodrillo su un
latte ormai freddo;
ma tu mi hai sostenuto,
amico e amica mia,
tu nonostante tutto hai resistito a
questa sorta
di fragili piagnistei.
Ci rialzeremo, amici miei,
e quel giorno saremo assieme, forti e
decisi,
niente potrà più fermare il nostro
Futuro.
Adesso questo tempo è dilatato,
solo il tic tac delle lancette
dell’orologio
mi ricordano distintamente che
appunto qualcosa scorre,
la mia vita, appunto, la nostra;
però abbiamo tempo,
ci possiamo curare e preservare,
aiutare il prossimo e noi stessi
tramite semplici azioni che non
richiedono troppi sacrifici;
ci rialzeremo, amici miei!
Ed io, la frana umana,
che ho sempre amato distruggermi e
farmi male
combattendo guerre perse in partenza,
io…
io non so se merito
di essere aiutato a rialzarmi
quando cado,
ma amo chi è rimasto a mio fianco
e il mio amore puro, poiché
costituito d’amicizia sincera,
durerà in eterno;
io amo,
e anche questa sarà poesia d’amore,
ma del vero amore
poiché dedicata ai veri amici e alle
vere amiche.
NOTA DELL’AUTORE
Che altro aggiungere? Poesia che parla da sé! Un abbraccio
virtuale a tutti ^^ spero sempre che vada tutto bene, che tutto si aggiusti.
Grazie Sakkaku per la splendida parola suggerita!
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Capitolo 10 *** Maracaibo ***
Maracaibo
MARACAIBO
Mi immagino
lungo le spiagge sudamericane;
Maracaibo
non solo una canzone
ma anche un sogno nel cassetto;
odore di nuovo,
di un’altra Nazione,
sporca del sangue di migliaia di
persone
però così esotica nella sua natura
ancora quasi completamente
incontaminata;
nel mondo delle guerre,
degli eccidi, del traffico di droga e
di organi,
delle tirannie e dei colpi di stato
militari,
una spiaggia paradisiaca che resta
sola;
mi sento come Maracaibo,
la città dimenticata
nel corso di un conflitto interno
ed esterno,
dove non c’è futuro
e anche lì il virus miete vittime;
adesso che le spiagge sembrano così
distanti,
Cervia e la sua sabbia gialla intensa
così
lontana,
non penso più all’amore perso nella
tempesta,
ma solo a quel che sarà del mio
futuro.
Penso al dopo coronavirus,
tanto prima o poi finirà,
ma non ne vedo uscita a breve;
sogno allora la spiaggia caraibica,
i suoni indigeni lontani,
che infrangono quelli dei galli
circostanti;
su quella spiaggia bianca corallo
dove tutto l’anno è estate
resterei lì alla ricerca della pace.
Mi chiedo ora che cosa merito;
in verità della mia vita non me ne
sono
mai fatto niente;
come un re magio
ho inseguito una cometa;
credevo fosse una cometa
ma era solo l’ennesimo fascio di luce
artificiale;
ancora una volta
mi sono lasciato ingannare.
Il silenzio umano mi avvolge,
dicevano che le persone sono esseri
sociali
adesso piovono solo denunce tra
vicini
e si sta chiusi in casa;
mi sento estraniato,
ormai diventerò un alieno,
non saprò nemmeno più guidare come un
tempo;
è questo quello che merito?
Quello che significa essere umano?
Adesso non m’importa più,
a tutto questo, gradualmente, mi sono
abituato;
non ho fratelli,
né chi mi parla né chi mi cerca;
passo il giorno a sistemare libri,
poi li risistemo ancora,
un cerchio che rasenta la più
metodica delle follie;
è l’incertezza, la paura
che attanaglia lo stomaco e toglie il
sonno.
In tutto questo, resta la scrittura
e i bravi amici che mi sostengono,
i miei animali, le mie piante,
la vita nel suo aspetto più solito;
manchi tu, ma non ti sento più
come prima del virus,
quando ero disposto a perdonare tutto
e ad amare incondizionatamente
nonostante fosse tutto così
complicato,
impossibile;
adesso vedo solo mascherine
e gente che dice; pensa alla salute!
La salute non è solo un malanno
fisico,
ma anche quello mentale
che crea un tempo tutto uguale.
In tutto questo, appunto,
non ti penso più;
non amo più,
non mi interessi più,
resta nel tuo silenzio
lontano da me
così remoto;
io mi concedo, intanto,
quel viaggio esotico
e lo faccio con le ultime forze
mentali;
Maracaibo,
sogno di primavera;
vorrei dire mi manchi,
ma sarebbe una bugia.
NOTA DELL’AUTORE
So che è tutto così complicato. Ma non fa niente, è tutto a
posto.
Prendete questa come una semplice poesia, niente di più; non
vuol fare polemica o altro, è semplicemente l’espressione del momento in cui l’ho
scritta.
Per fortuna sono ancora in forma e tutto sommato non ho nulla
di cui lamentarmi, quindi speriamo bene e speriamo appunto che si trovi una qualche
soluzione alla dolorosa situazione.
Grazie per il sostegno <3
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Capitolo 11 *** Pixel ***
Pixel
PIXEL
E osservo
quella foto;
i pixel sfocati
non rovinano la tua immagine,
quell’immagine che ho di te;
questo tuo silenzio ormai
non mi spaventa più
durante queste lunghe
giornate primaverili
in cui non mi sono mai annoiato;
ed Il limbo dei bugiardi
mi aspettava, ogni sera,
fedele amico da scrivere
e portare a termine;
di giorno,
gli animali,
le cure alle piante,
l’agricoltura;
chiamare gli amici
e i conoscenti,
sincerarsi che fosse tutto a posto,
aiutandoci nel bisogno;
tutto questo, andando d’accordo.
Poi, la questione riguardante te;
la tua sparizione, questo tuo
silenzio esemplare
lasciato dopo un rapido passaggio;
cometa fosti per me,
cometa che ho inseguito
come un Re Magio,
ma nessuna novella
ha solcato questi cieli sempre
sereni;
e anche ora, che guardo
dalla finestra della mia stanza
il mondo che s’illumina,
colline e città,
Cesena è là,
San Marino,
Forlì,
Forlimpopoli,
la Riviera;
tutte le luci
che incendiano all’orizzonte il buio,
segnale che ancora
tutto è rimasto inalterato
anche se mi sono chiuso
nel mio piccolo e isolato mondo di
campagna,
lontano chilometri e chilometri
dal primo centro abitato di rilievo.
Questo si è rivelato il mio Paradiso
quando invece è sempre stato la mia
prigione;
per una volta sola mi sono goduto la
vita,
la campagna, appieno,
ed è stata questa.
Il bello è stato sentirsi vicino a
tutti
ora più che mai,
chiamarsi, tenersi in contatto;
e il tempo è volato.
Ma ora mi spieghi perché
ho tutti qui con me,
e manchi solo te?
L’unica persona scomparsa;
forse l’unica a cui veramente
non importavo niente.
A te che ho amato
quando non sapevo niente,
niente,
della tua vita;
niente.
Ora rifletto;
era amore oppure solo un mio diletto?
Non era niente,
perché questo vuoto
è quello che non si colma
e d’altronde alla fine di te
non ho mai davvero saputo niente.
In tutto questo niente
di te mi è rimasta una sola foto;
questa dannata foto
dai pixel sfocati;
e a volte, di sera, la guardo
con sincero affetto
sapendo in fondo dove sei
che stai bene
e che a te va sempre tutto bene,
che la vita è generosa nei tuoi
confronti.
Ebbene, sono felice per te,
per me,
e questa foto
dai pixel sfocati
la lascio infine a riposare
nella memoria del mio cellulare,
dove un istante pare durare
in un eterno secondo immutabile.
Vorrei dire che mi manca qualcosa,
ma non è vero;
vorrei dire che mi manchi,
ma non è vero;
vorrei dire che basterebbe un sogno
per vivere di rendita,
e questo, forse, è vero;
mi piacerebbe poter affermare
che quel che ho provato per te
in un passato molto recente
è stato qualcosa di vero,
ma anche questo ora non lo so,
so che è giusto lasciarti lì,
a riposare in quella foto dai pixel
sfocati,
a donarti l’eterno
in una memoria di un cellulare
e un solo, rapido secondo
nel mio complesso meccanismo
neuronale.
NOTA DELL’AUTORE
Pixel, come parola, all’inizio mi ha lasciato un po’
perplesso… poi mi ha folgorato l’ispirazione.
Devo ammettere che sono cambiate molte cose da quando ho
iniziato a scrivere questa raccolta, che sta per giungere al termine… la mia
vita di prima e quella di adesso forse non sono nemmeno paragonabili e non so
se alla fine della crisi la mia esistenza prenderà una piega o un’altra, o
forse resterà immutabile. Non so niente. Quello che è certo è che… non provo
più sentimenti forti verso una determinata persona. È appunto qualcosa che
riposa ormai in una foto dai pixel sfocati. E questa parola, appunto,
rispecchia appieno ciò che è realmente accaduto, quindi grazie a chi l’ha
suggerita… in fondo mi ha aiutato a esprimere tanto altro…
E grazie a voi, miei sostenitori! Un abbraccio, vi voglio sinceramente bene!
Grazie!!
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Capitolo 12 *** Luna piena ***
Luna piena
LUNA PIENA
La Luna
e Venere
danzano nel cielo di Primavera;
il loro è un ballo lento,
dura ore al calar del sole;
la Luna è a falce,
ma Venere compensa la sua mancanza;
sembra che la Luna
sia rivolta verso il pianeta
in un moto romantico.
Ma su questa Terra
di romantico non c’è rimasto più
nulla;
ora vedo ancor più
il vero volto di chi mi circonda,
odo le loro parole
rabbiose
frustrate
sibilate
in modo infame, nella notte
a turbare la danza nel cielo,
a devastare l’Amore Supremo;
gente che, col virus,
è scomparsa con soldi altrui
e il cuore di chi l’amava;
Umani che hanno approfittato del
periodo oscuro
per dire; sono giorni no,
e sparire così, misteriosamente.
Ma la Luna,
oh, no, la Luna no,
non mi lascia mai!
E quando è piena,
io sotto la sua fioca luce mi siedo
nel parco, tra alberi e animali,
di notte
avverto il cuore pulsante
della Natura
e dell’Universo,
e mi chiedo cosa sono
io, nemmeno un puntino
nella sua infinità…
non sono niente,
io non sono niente
ma nell’angoscia dei tempi bui
sono tornato ad amare
non una persona,
ma la Vita, il Cosmo,
la serenità del contatto interiore
col Divino
e l’Assoluto.
Quanto meno, nella mia infinita
umiltà,
per una volta ho percepito tutto
dentro me
e sono rinato, come lo zafferano
quando tornano le piogge
sono sbocciato di nuovo
al chiaro di una Luna piena
che mi fa da Madre;
sono rinato,
del dolore umano
mi sono lavato,
depurato;
le mie cellule sono quelle di un
neonato,
ho sfidato il Tempo e il Buio
per vincere il mio conflitto
interiore
e capire finalmente quanto valgo,
che quando stavo tra la falsità umana
mi sentivo uno zerbino,
ma durante il momento più critico
ho resistito e ho cercato,
annaspato
per trovare appigli e salvarmi;
prima, che io mi odiavo,
che mi sentivo inutile,
ora che sono uomo, finalmente,
ora che so che la Vita vale
e vale in ogni sua forma.
E alla Luna piena
io dono il mio voto d’amore;
quando anche l’Uomo tornerà a
contaminare
il mio animo,
a farmi sentire miseria e zerbino,
io brucerò tutto col fuoco che ho
dentro;
dalle rovine di un castello
ho costruito un impero interiore;
una rinascita che ormai non mi
aspettavo più,
ma saprò salvarmi, continuare così,
a posare ogni giorno un nuovo, fresco
mattone
alla metropoli festosa che ora vive
dentro me?
Luna,
con te ho vissuto
tempeste di neve,
visitato mercatini serali,
affrontato dinosauri e paure,
occhi roventi,
inalato dolce profumo di miele,
ho sognato Maracaibo,
ho fissato a lungo una foto dai pixel
sfocati
di tempi ormai passati,
mi sono sentito una frana
ma tu, in fondo, sei stata la mia
terapia;
il Creato mi ha salvato la vita,
non l’Uomo, mio Fratello,
consanguineo che mi ha abbandonato,
Caino del mio animo.
NOTA DELL’AUTORE
Credevo che questa quarantena mi avrebbe ucciso. Annientato,
immerso com’ero nel pessimismo.
Invece mi ha illuminato.
Ho ritrovato sonno e armonia. Ho ricostruito me stesso,
risorgendo dalle rovine.
Il tempo si è dilatato, di sera ho potuto osservare il cielo,
i pianeti, la Luna.
Anche se non ho mai smesso di lavorare per via dei miei
animali e delle attività agricole impellenti, ho trovato la pace che… non ho
mai conosciuto.
Questa raccolta è iniziata quando mi credevo il niente.
Quando avevo ‘’amici’’ che poi con l’emergenza hanno preferito non parlare più
con nessuno, o quanto meno con me(anche solo telefonicamente, ovviamente), e
quando amavo chi invece non provava niente per me, se non invidia… invidia per
cosa, poi? Non l’ho mai capito. Ma non era interesse, alla fine era invidia…
Questa raccolta termina quando, solo la sera prima, mi sono
messo a sedere sull’erba e ho meditato, la Luna e Venere sopra la mia testa,
immerse in un tramonto magnifico. Ho avvertito tutto sulla mia pelle, dalla
vita del grillo al movimento continuo dell’Universo.
Amici e amiche, voi che avete resistito come me, ricordate
sempre che la vostra vita vale e nessun altro essere umano deve permettersi di
screditarla. La vita è bella così com’è, in ogni sua forma, è preziosa, è sacra.
È limitata, fatene buon uso. È un dono.
Il giorno in cui ho buttato nel bidone il sudicio parere
nefasto altrui è stato quello in cui finalmente mi sono sentito bene, altro che
un misero orgasmo… è stato come andare direttamente in Paradiso. Ricordate che
la verità su voi stessi la potrete sempre trovare in fondo ai vostri cuori…
anche se a volte bisogna scavare un po’…
Ma non vi annoio oltre. Ringrazio tutti gli altri
partecipanti alla sfida, che mi hanno permesso di scrivere e di sognare… avevo
previsto di scrivere poesie non impegnative, ma alla fine è venuto fuori un
progetto completo. Grazie Soul per avermi voluto e inserito tra i partecipanti
e per avermi così concesso di crescere e di fare del mio meglio.
Scusate per l’umiltà dei miei componimenti.
Scusatemi per tutto, sono noioso, lo so.
Un abbraccio a tutti… spero ci ritroveremo presto, siete
fantastici ^^
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