Progetto 36

di John Spangler
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Prima ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Progetto 36

 

"Quando non ci sarà più posto all'inferno, i morti cammineranno sulla terra."

-Dawn of the Dead (1978)

 

"Esistono due possibilità: o siamo soli nell'universo o non lo siamo. Entrambe sono ugualmente terrificanti."

-Arthur C. Clarke

 

Prologo

 

Per la prima volta da tanto tempo, Clara si ritrovò a sognare.

 

Lei e il suo gruppo erano alla periferia di un paesino di montagna, accerchiati da almeno una dozzina di quelle creature. Avevano finito le munizioni, e si erano ritrovati ad usare i fucili come clave.

 

Era un sogno strano. Lei era lì, assieme ai suoi compagni di sventura, pronta a difendersi con le unghie e con i denti per non farsi mangiare viva o peggio. Eppure, al tempo stesso era come se osservasse tutto da un luogo lontano, come uno spettatore che guarda un film dall'ultima fila di un cinema.

 

Vide sè stessa stringere la vecchia doppietta di suo nonno con tutta la forza che aveva e caricare uno dei mostri, mentre i suoi compagni facevano altrettanto. Vide teste spaccate, frammenti di ossa e cervello, e sangue che scorreva a fiumi.

 

Vide i suoi amici che venivano sopraffatti uno a uno dai mostri. Suo marito Giuseppe che le gridava di scappare, lei che correva ad aiutarlo. Poi una caduta, un grande dolore in tutto il corpo. E poi il rumore di passi che si avvicinavano, mugolii provenienti da bocche putride...

 

Si svegliò dal sogno urlando.

 

Urlò a pieni polmoni per quella che le sembrò un'eternità, finchè non ebbe sfogato tutto il suo orrore. Smise solo quando la gola iniziò a farle male.

 

Era solo un sogno...uno stupido, fottuto sogno.

 

Prese un paio di respiri profondi e finalmente si calmò. Le era già capitato altre volte di avere degli incubi, ma mai così realistici. Fortunatamente, una cosa del genere non era mai capitata. Lei e gli altri del suo gruppo controllavano sempre scrupolosamente le loro armi, e stavano ben attenti a non trovarsi in luoghi da cui non fosse facile scappare. L'apocalisse li aveva spinti ad aguzzare l'ingegno.

 

Fece per muoversi, senza però riuscirci. Si accorse solo in quel momento di essere sdraiata su quello che somigliava a un tavolo operatorio, mani e piedi tenuti fermi da degli strani blocchi di metallo. Era nuda.

 

"Che cazzo...ehi, che cos'è questa roba?" Diede una breve occhiata attorno a sè, per quanto glielo permetteva la sua condizione. Era in una stanza completamente bianca. Soffitto, pareti, pavimento. Tutto di un bianco asettico. A parte il tavolo su cui si trovava, non sembravano esserci altri mobili.

 

"Dove sono? C'è qualcuno, qui? EHI, RISPONDETE!" Cos'era successo? Dov'erano gli altri? "Giuseppe? Moira, Alberto, dove siete? Se è uno scherzo non è divertente! RISPONDETEMI!" In risposta ricevette solo silenzio. Iniziò ad avere paura. Che posto era quello? Come ci era finita?

 

Proprio in quel momento, sentì alle sue spalle un rumore simile a quello di una porta scorrevole.

 

"Sei sveglia. Meglio così." Non conosceva quella voce. Chi poteva essere? Aveva uno strano accento, quindi forse era uno straniero. Di nuovo il rumore di prima, poi dei passi che si avviarono nella sua direzione.

 

"Ti chiedo solo di non urlare più. Le nostre orecchie non sopportano i volumi alti."

 

Le nostre orecchie? Ma che...

 

Lo sconosciuto entrò finalmente nel suo campo visivo, e il cuore di Clara era un sussulto.

 

"Che...che cosa sei?"

 

Era una creatura dalla pelle verde e le orecchie a punta. Gli occhi, uguali a quelli di un rettile, la guardavano con quella che sembrava curiosità da una testa calva e priva di labbra. Si accorse anche che non era molto alta, e indossava qualcosa che assomigliava a un camice da chirurgo.

 

Dalla sua bocca venne fuori un suono simile a una risata. "Chiedo scusa. Dimenticavo che voi umani non avete mai incontrato specie extraterrestri."

 

Clara non credeva alle sue orecchie. "Extraterrestri? Sei un alieno?"

 

La creatura annuì. "Il mio nome è Day'kl. Sono uno scienziato al servizio del Collettivo Daar."

 

Alieni? Com'era possibile? Gli alieni esistevano solo nei film. Fino a qualche anno prima, però, avrebbe detto lo stesso anche dei morti viventi.

 

"Se ti stai chiedendo come faccio a parlare la tua lingua, è perchè l'ho studiata a fondo. Imparare le lingue aliene rientra tra i miei doveri di scienziato."

 

"Che cosa vuoi da me? Perchè sono legata a questo tavolo? Dove sono gli altri del mio gruppo?"

 

L'alieno scosse la testa. "Temo di non poter rispondere a quest'ultima domanda. Gli altri umani che erano con te sono stati assegnati ad altri miei colleghi." Si girò e fece un gesto verso una parete, e in un attimo si aprì uno scomparto in cui infilò una mano. Clara non riuscì a vedere cosa vi fosse all'interno.

 

"Posso però dirti che la tua presenza qui è necessaria per un esperimento." Si voltò, e Clara vide che in mano aveva quella che sembrava una siringa di metallo. "E se tutto andrà bene, il Collettivo ne ricaverà gloria e onore."

 

Gli occhi di Clara si spalancarono per il terrore. Cosa voleva farle quell'essere? "Non ti avvicinare!" Cercò di divincolarsi, ma i blocchi di metallo le impedivano anche il più piccolo movimento.

 

L'alieno ignorò la sua protesta. "Non preoccuparti, umana. Farò in modo che sia il più indolore possibile." Si avvicinò e, individuato un punto adatto sul braccio di Clara, fece entrare in azione la siringa.

 

Clara sentì l'ago penetrarle la pelle e gridò. Finita l'iniezione, uno strano torpore si impossessò del suo corpo. Vide la creatura far comparire dal nulla un rettangolo luminoso simile alla tastiera di un computer, e sentì un leggero freddo ai piedi.

 

E alla fine, non sentì più nulla.

 

 

NOTA: E rieccomi qua! Questa è la storia cui avevo accennato nell’epilogo de “La regina e il generale” (una mia storia di qualche mese fa. Se per caso vi va di darci un’occhiata fate pure). Non so ancora di quanti capitoli sarà (forse quattro), né quando la aggiornerò di nuovo (tra un bel po’, probabilmente), ma sappiate che ho intenzione di terminarla. Che mi possano cecare se non sarà così.

 

(Ehi, chi ha spento la luce?)

 

Alla prossima, cari lettori!

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Prima ***


Capitolo 1: Prima


 

Orbita terrestre

Vascello esplorativo ENTP-127D


 

Il capitano Jen'ard si sedette alla sua scrivania e incrociò le dita, cercando di assumere una posa autoritaria nonostante la sua stazza, minuta anche per gli standard dei Daar. "Sullo schermo."


 

Gli comparve davanti uno schermo olografico su cui campeggiava l'immagine del suo primo ufficiale, Wil'ker. Questi si mise sull'attenti e salutò il suo capitano. "Gloria e onore, capitano."


 

"Gloria e onore, Numero Uno." rispose il capitano. "Allora, cosa hanno scoperto le sonde?" Avevano inviato due sonde sul pianeta dopo diversi tentativi infruttuosi di entrare in contatto con gli indigeni. Stando alle trasmissioni captate da altri vascelli Daar in cicli precedenti, la Terra doveva essere abitata da una razza abbastanza evoluta di primati, e si trattava anche di svariari miliardi di individui. Un mondo così sarebbe stato perfetto per l'integrazione nel Collettivo Daar. Stranamente, però, non avevano ricevuto risposta. Nè dalla superficie, nè dai satelliti sparsi qua e là per l'orbita planetaria. Vi era anche una piccola e rudimentale stazione orbitante, ma una scansione a distanza aveva rivelato la totale assenza di forme di vita. Pertanto, dopo una riunione a cui avevano preso parte tutti gli ufficiali della nave, era stato deciso di inviare un paio di sonde.


 

"Finora hanno setacciato solo una parte di uno dei continenti, ma hanno incontrato pochissime presenze umane. Appena un migliaio. E si trattava solo di gruppi nomadi che si spostavano di tanto in tanto su una catena montuosa. Gli insediamenti urbani sembrano essere del tutto vuoti, signore."


 

Vuoti? Com'era possibile? Dai dati in loro possesso, la Terra doveva essere un pianeta brulicante di vita. Cos'era successo? "Ci sono per caso segni di un conflitto? Magari di tipo nucleare?" Sapeva che i terrestri possedevano molte armi di quel tipo.


 

"Le sonde non hanno rilevato tracce di radioattività, capitano. Molti veicoli distrutti, sia civili che militari, e anche molti cadaveri."


 

"Hmm..." Doveva essere per forza successo qualcosa, su quel pianeta. Il punto era, che cosa. "Le sue impressioni?"


 

"Ritengo probabile che ci sia stato un conflitto su scala globale. Ma può anche darsi che si tratti di un qualche tipo di epidemia. L'unico modo per saperlo con certezza, sarebbe inviare sulla superficie una squadra che entri in contatto con i nativi."


 

Jen'ard annuì. Era un'idea sensata. "Bene. Prepari allora due squadre per lo sbarco. E mi raccomando, che siano ben armati. Non sappiamo come reagirebbero i nativi alla vista di individui extraterrestri."


 

"Agli ordini, signore." Wil'ker salutò di nuovo il capitano e chiuse la comunicazione.


 

XXXXXX


 

Sulla superficie terrestre


 

Da quando il tenente Lfo'rdi e la sua squadra erano scesi dalla navetta, erano stati circondati da un vero e proprio silenzio di tomba. Non avevano incontrato neanche un nativo, nè avevano rilevato la presenza di animali. Eppure, quella in cui si trovavano sembrava essere una città abbastanza importante, a giudicare dai dati in loro possesso.


 

"Com'è che si chiamava, questa città?" chiese al vice-caposquadra, il dottor Ben'sko. Questi consultò i dati della missione tramite l'I.A. integrata nel suo casco.


 

"Milano, signore."


 

Lfo'rdi ebbe l'impressione di aver sentito male. "Ha detto proprio così? Milano?" Quel nome era molto simile a un'antica e colorita imprecazione Daar.


 

"Sì, tenente. Sembra che fosse un insediamento urbano molto importante per l'economia dell'area."


 

Il tenente fece spallucce. "Che razza di nome."


 

"Signore, per quanto tempo ancora dovremo andare avanti?" chiese uno dei soldati. "Siamo qui da quasi un'ora, ma non abbiamo trovato un bel niente."


 

"Gli ordini del capitano erano di scoprire cos'è successo ai nativi, soldato. Finchè non ne avremo trovato uno, vivo o morto che sia, continueremo a cercare."


 

Lfo'rdi si chiese per quanto ancora avrebbero dovuto farlo. Cominciava a sospettare che la città fosse completamente vuota. Ma come era possibile, se era davvero così importante come Ben'sko aveva detto? Forse gli abitanti l'avevano abbandonata per qualche motivo indipendente dalla loro volontà? Se sì, qual era questo motivo? Sospirò frustrato. Quella missione presentava fin troppe incognite per i suoi gusti, troppi misteri. Lui non amava i misteri. Era un militare, e per quelli come lui sapere o non sapere le cose poteva fare la differenza tra la vita e la morte.


 

Proprio quando stava cominciando a chiedersi se non fosse il caso di rientrare, dopo un'altra ora trascorsa a camminare per le vie della città deserta (aveva fatto una bella fatica per non mettersi a sghignazzare, ripensando al nome), arrivarono in una larga piazza dominata da un edificio che Ben'sko ipotizzò essere un luogo di culto. E fu lì che finalmente incontrarono un terrestre.


 

"Dei, era ora!" esclamò il tenente. "Presto, dottore, attivi il traduttore universale! E voialtri, tenetevi pronti." disse ai soldati. "Ricordatevi che anche se veniamo in pace, potrebbe sempre rendersi necessario l'uso della forza.


 

"Tocca a lei, Ben'sko." Il dottore, in virtù delle sue doti diplomatiche, era il più indicato per parlare con i nativi. Si incamminò verso il terrestre, che fino a quel momento era rimasto a fissarli. Lfo'rdi notò solo in quel momento le pessime condizioni in cui versava: i suoi abiti erano laceri, e la sua pelle aveva un colorito che non gli sembrava per niente sano. E a giudicare dall'odore, il terrestre doveva aver trascurato parecchio la propria igiene personale. Sperò che quella fosse solo un'eccezione, e che gli altri terrestri fossero più presentabili.


 

"Salute a te, terrestre." esclamò Ben'sko alzando le mani e mostrandone i palmi, il tradizionale gesto di saluto dei Daar. "Come avrai capito dal nostro aspetto, noi non siamo di questo pianeta. Ci chiamiamo Daar, e veniamo in pace." Fece un piccolo inchino. "Il mio nome è Ben'sko. Sono un dottore. Quello dietro di me è il tenente Lfo'rdi. La nostra squadra è stata incaricata di entrare in contatto con la tua specie, e di scoprire le cause dietro l'attuale condizione del tuo pianeta. Potresti per favore illuminarci al riguardo?"


 

Il terrestre non rispose. Si limitò a fissare Ben'sko con un'espressione che Lfo'rdi non riuscì a decifrare.


 

"Hai compreso ciò che ti ho detto?"


 

Silenzio.


 

"Dottore, è sicuro di aver attivato il traduttore universale?"


 

"Sì, tenente. Forse però è guasto..."


 

Il terrestre iniziò a muoversi lentamente verso di loro.


 

"Oh, forse ho capito. Questo terrestre deve avere problemi di udito." Ben'sko allargò le braccia e si avvicinò. "A nome del Collettivo Daar, io..."


 

Fu un attimo. Il dottore si fermò, e il terrestre gli fu addosso. Lfo'rdi e i soldati ebbero appena il tempo di capire cosa stava accadendo, che il terrestre morse il collo scoperto di Ben'sko, strappandone un grosso lembo di carne. Le urla del dottore riempirono il silenzio della piazza.


 

Lfo'rdi si riprese rapidamente dallo shock. "Non statevene lì impalati! Sparate!" Erano davvero venuti in pace. Ma un atto di aggressione come quello meritava una reazione adeguata.


 

In un attimo, i soldati presero la mira e fecero fuoco in direzione dell'aggressore di Ben'sko, senza fortunatamente colpire quest'ultimo. Il terrestre venne allontanato con forza dalla sua vittima dall'impatto di una dozzina di proiettili al plasma e cadde a terra. Lfo'rdi si precipitò a soccorrere Ben'sko.


 

"Dottore! E' ancora con noi?"


 

"Ngh..." mugolò l'altro. "Fa male..."


 

"La riportiamo immediatamente sulla navetta, non si preoccupi. Soldati, aiutatemi a..." In quel momento, il terrestre si rialzò. I buchi scavati nel suo corpo dal plasma fumavano ancora, ed era anche stato colpito in almeno un paio di punti vitali. Eppure, si stava ancora muovendo. Allungò le braccia verso Lfo'rdi e Ben'sko e gemette.


 

"Cosa..."


 

"Come fa a muoversi ancora?!" esclamò uno dei soldati. Senza attendere risposta, sparò di nuovo, colpendo il terrestre al braccio sinistro e staccandoglielo all'altezza del gomito. L'arto cadde a terra, ma il suo proprietario continuò ad avanzare.


 

"Che razza di creature sono, questi terrestri?!" Lfo'rdi estrasse in fretta la sua pistola d'ordinanza dalla fondina che aveva al fianco, continuando a reggere il dottore con l'altro braccio. Sparò senza prendere la mira, e colpì il terrestre dritto in mezzo alla fronte. Stavolta ebbe fortuna, perchè il suo bersaglio non si rialzò.


 

Il tenente si affrettò a tornare dal resto della squadra. "Svelti, dobbiamo..."


 

"Guardi, tenente! Ne arrivano altri!"


 

Lfo'rdi si girò nella direzione indicata dal soldato. Da un vicolo buio erano comparsi altri cinque terrestri, ed erano tutti nelle stesse condizioni del primo. Masticò un'imprecazione e strinse la presa attorno alla pistola.


 

"Fuoco! E mirate alla testa!"


 

XXXXXX


 

A bordo del vascello ENTP-127D


 

"...giuro, capitano, in tanti anni di carriera non ho mai visto niente del genere. E'...ecco, affascinante."


 

Jen'ard guardò il dottor Day'kl come se avesse appena detto un'oscenità. "Affascinante? Dottore, le ricordo che per colpa di questo...questo virus, abbiamo perso un importante membro dell'equipaggio." Indicò la cabina dove Ben'sko era stato rinchiuso. Il dottore aveva le mani poggiate sul vetro e fissava davanti a sè con occhi privi di espressione. La sua pelle aveva assunto il colorito grigiastro che caratterizzava i cadaveri Daar, e ogni tanto emetteva dei mugolii che gelavano il sangue al capitano. "Se Ben'sko potesse parlare, non credo che troverebbe tutto questo molto affascinante."


 

"Chiedo scusa, capitano. Quello che intendevo dire, è che il virus è estremamente interessante, da un punto di vista puramente scientifico. Stiamo parlando di qualcosa che fa muovere i cadaveri e li rende praticamente invulnerabili, escludendo i colpi alla testa. Il rapporto del tenente Lfo'rdi era..."


 

"Ho ascoltato anche io il rapporto." lo interruppe. L'ipotesi di Wil'ker su un'epidemia si era rivelata esatta. Era stato quel virus a distruggere la civiltà terrestre. L'altra squadra inviata sulla superficie aveva incontrato un gruppo di nativi che aveva spiegato loro tutto quanto. A quanto pare, i terrestri definivano gli individui colpiti dal virus "non-morti", o anche "zombi".


 

Day'kl si schiarì la voce. "Comunque, ho appurato che il virus non si trasmette per via aerea, ma solo tramite lo scambio di fluidi successivo a un morso o un'ingestione di materiale infetto. I membri delle due squadre di sbarco non corrono alcun pericolo."


 

Ben'sko battè il pugno sul vetro della cabina, facendo sobbalzare Jen'ard.


 

"Non si preoccupi, quel vetro è infrangibile."


 

Il capitano prese un paio di respiri profondi, e si rilassò.


 

"Adesso cosa facciamo?" Anche se il rischio di contagio era limitato, era comunque da non sottovalutare. Avrebbero dovuto rivedere i loro piani per la Terra.


 

"Col suo permesso, signore, vorrei dare inizio a degli esperimenti sul virus."


 

"Esperimenti? Di che tipo?"


 

"Come le ho detto prima, il virus ha delle caratteristiche estremamente interessanti. Che potrebbero anche tornare utili al Collettivo."


 

"E come?" Jen'ard si chiese se il dottore avesse perso il senno.


 

"Ci pensi un attimo. Se riuscissi a eliminare gli...aspetti più sgradevoli, il virus potrebbe creare dei super-soldati. E questo ci darebbe un grande vantaggio in una guerra."


 

Il capitano soppesò le parole del dottore. Messa così, la faccenda assumeva tutto un altro aspetto. Un'arma in più poteva sempre fare comodo, specie considerando che il Collettivo era letteralmente circondato da nemici. Però...c'era sempre il rischio che le cose prendessero una brutta piega.


 

"Ovviamente, prenderei tutte le dovute precauzioni, e mi assumerei la piena responsabilità in caso di incidente."


 

Jen'ard si mise a riflettere. Un tentativo potevano anche farlo, in effetti. Avrebbero dovuto stare molto attenti. E se proprio le cose fossero andate male, si sarebbe sbarazzato personalmente di Day'kl. Quel tipo non gli era mai stato simpatico.


 

"Dovrò prima parlarne con l'Alto Comando..."


 

XXXXXX


 

ALL'ATTENZIONE DEL CAPITANO JEN'ARD, VASCELLO ESPLORATIVO ENTP-127D


 

L'ALTO COMANDO AUTORIZZA UFFICIALMENTE GLI STUDI SUL VIRUS SCOPERTO SUL PIANETA TERRA. L'OPERAZIONE, DA QUI IN POI DENOMINATA "PROGETTO 36", SARA' CONDOTTA PERSONALMENTE DAL DOTTOR DAY'KL E DA CHIUNQUE EGLI RITERRA' OPPORTUNO COINVOLGERE...


 


 

NOTA: E finalmente rieccomi qui, dopo un'eternità. Ho dovuto riscrivere un paio di volte il capitolo, e spero davvero che sia venuto bene. Con un pò di fortuna, il prossimo arriverà in tempi più brevi (e se nel frattempo voleste ingannare l'attesa, potete sempre dare un'occhiata al resto delle mie storie).


 

A presto, gente!

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

Laboratorio del dottor Day'kl

 

Ben'sko continuava a fissarlo con quell'espressione vuota.

 

"Ti sarei grato se la smettessi di guardarmi."

 

Dopo qualche attimo di silenzio, ridacchiò. "Scusa. A volte mi dimentico che non puoi più parlare." Finì di armeggiare col suo risequenziatore molecolare e sospirò soddisfatto. "E che probabilmente neanche capisci quello che dico. Ma è bello avere qualcuno che ti ascolta senza interrompere, una volta tanto."

 

Ben'sko emise un paio di mugolii che potevano significare qualunque cosa. Ma potevano anche non significare nulla. Day'kl si girò verso la cabina di contenimento. "Ci sono ancora tante cose che non capisco di questo virus, sai? La sua origine, per esempio. Non ha le caratteristiche di una malattia naturale. Potrebbe essere un prodotto di laboratorio. Se è così, vorrei poter incontrare il terrestre che l'ha creato e complimentarmi. E'...è davvero incredibile." Infilò le mani nelle tasche del camice da laboratorio che indossava e prese a camminare attorno alla sua postazione di lavoro. "Il virus mantiene il corpo in uno stato a metà strada tra la piena funzionalità e la decomposizione, abbastanza da mandarlo in giro a spargere il contagio e cercare nutrimento. Perchè proprio la carne dei non infetti, poi..." Si fermò proprio davanti al suo collega. "Sai, mi piace pensare che anche tu ne rimarresti affascinato, in circostanze normali."

 

L'altro Daar scattò in avanti come per saltargli addosso, venendo però bloccato dal vetro della cabina.

 

"Una drastica riduzione delle capacità intellettive." Scosse la testa. "Un vero peccato. Il tuo era uno dei cervelli migliori a disposizione del Collettivo. Non a livello del mio, certo, ma comunque..."

 

Fece una breve pausa, poi riprese a parlare. "Le possibilità che offre questo virus sono infinite. Immagina se i nostri soldati non dovessero più preoccuparsi delle ferite. O della mancanza di atmosfera respirabile." La bocca gli si allargò in un sorriso vagamente inquietante. "Devo solo eliminare gli...effetti spiacevoli dell'infezione. Ci vorrà del tempo. Molto, molto tempo. Ma quando avrò finito...oh, quando avrò finito..." Si avvicinò ancora di più al vetro, fino a fissare Ben'sko dritto negli occhi. "Credo che come minimo mi daranno un posto d'onore al Ministero delle Scienze. Magari mi nomineranno addirittura ministro! Entrerò nella storia!" La sua risata riecheggiò nel laboratorio.

 

"Ora però devo lasciarti, Ben'sko." disse infine. "Ho bisogno di riposo. Tornerò domani. Non temere, però. Ti lascio in buona compagnia..." Indicò la postazione, dove giaceva il corpo della femmina terrestre che gli era stata assegnata in origine. Day'kl era particolarmente orgoglioso di come stava procedendo l'esperimento, su quel fronte. L'umana rispondeva magnificamente ai trattamenti, e finora non aveva mostrato gli effetti collaterali riscontrati nei suoi simili. Avrebbe dovuto continuare a studiarla e a sperimentare, certo, ma poteva ritenersi sicuro che il Progetto 36 stesse andando nella direzione voluta.

 

"Passa una buona notte, collega." disse Day'kl con un ghigno di soddisfazione. Lasciò il laboratorio pochi secondi dopo.

 

Ben'sko rimase tutta la notte a fissare la porta da cui Day'kl era uscito.

 

XXXXXX

 

Da qualche parte nel settore degli alloggi

 

Un giovane Daar entrò nella propria stanza e aspettò che la porta si chiudesse alle sue spalle. Attese qualche secondo, poi toccò un punto preciso sul proprio collo. La sua immagine iniziò a tremare, come avrebbe fatto uno schermo per le comunicazioni con un pessimo segnale. In un attimo si dissolse, rivelando il suo vero aspetto. Si trattava infatti di un insettoide alto all'incirca quanto un Daar, dotato di quattro arti come un Daar, ma che decisamente non era un Daar.

 

Era infatti un Beronyano, una specie in guerra con il Collettivo Daar da tempo immemore. Una delle tante spie infiltrate qua e là nella speranza di carpire un segreto che finalmente permettesse agli insettoidi di prevalere sugli odiati nemici.

 

E forse, quel momento era finalmente arrivato.

 

Il Beronyano si portò le mani alle tempie, e attivò il collegamento telepatico con i suoi superiori.

 

Qui parla l'agente Forhy. Rispondete, prego.

 

Dopo un paio di secondi di attesa, ebbe risposta.

 

Ti sentiamo, agente Forhy. Che novità hai?

 

Preoccupanti. I Daar hanno dato inizio a degli esperimenti su un virus da loro rinvenuto su un pianeta del Sesto Quadrante. Sembra che vogliano utilizzarlo per ricavarne delle armi biologiche.

 

Ne sei certo?

 

Assolutamente. Lo hanno chiamato "Progetto 36". Lo dirige il dottor Day'kl.

 

E a che punto sono, gli esperimenti?

 

Non lo so con certezza, ma sembra che stiano ottenendo buoni risultati. Devo intervenire?

 

Un attimo, dobbiamo consultarci. Passò qualche istante di silenzio.

 

Per il momento, limitati a osservare e riferire a noi eventuali sviluppi, agente Forhy. E' possibile che questo Progetto 36 non vada come sperano i Daar. In caso contrario, decideremo il da farsi.

 

Sia fatta la vostra volontà. Lunga vita a Beronya.

 

Lunga vita a Beronya.

 

Al che il collegamento telepatico si interruppe. Forhy riprese il suo aspetto Daar e andò a dormire.

 

XXXXXX

 

Qualche tempo dopo

Laboratorio del dottor Day'kl

 

Il capitano Jen'ard e il primo ufficiale Wil'ker arrivarono in perfetto orario. Day'kl si diede un'ultima sistemata al camice e andò loro incontro. "Gloria e onore, signori."

 

"Lasci perdere le formalità, dottore." tagliò corto il capitano. "Spero abbia avuto un buon motivo per convocarci qui a quest'ora."

 

"Un ottimo motivo, capitano, mi creda." sorrise Day'kl. "L'esperimento è giunto a un punto di svolta."

 

"Spero per lei che sia così." disse il primo ufficiale. "Sono giorni che promette risultati, ma finora non si è visto un bel niente. La pazienza dell'Alto Comando non è infinita, dottore."

 

"Comprendo la diffidenza, Numero Uno, ma stavolta ci siamo davvero. Vogliate farmi la cortesia di accomodarvi." Indicò un paio di sedie levitanti sistemate accanto alla postazione di lavoro. I due ufficiali si sedettero.

 

"Allora?"

 

"Solo un attimo di pazienza, capitano." Si schiarì la voce. "Dunque, dopo lunghe ricerche, sono riuscito a comprendere grosso modo il funzionamento del virus..."

 

"Grosso modo?" Il capitano non sembrava per nulla contento di ciò che aveva appena sentito. "Dottore, non ci avrà convocati qui per comunicarci un fallimento, spero."

 

"Tutt'altro, capitano. Tutt'altro." Day'kl non stava più nella pelle. "Sono finalmente riuscito a modificare il virus in modo che i soggetti infettati siano più...come dire, gestibili. Ma permettetemi di darvi una dimostrazione pratica..."

 

In quel preciso istante, una delle porte in fondo al laboratorio si aprì, e ne venne fuori una creatura che i due ufficiali riconobbero subito.

 

"Ma..."

 

"Dottore, che ci fa qui questa umana?"

 

Si trattava infatti della donna terrestre con cui Day'kl aveva iniziato l'esperimento. Il suo aspetto era però radicalmente diverso da quello di un tempo: indossava infatti una tuta rossa fatta con materiali Daar e creata apposta per lei; era pallida, e le sue orbite erano spente. In più, aveva la testa completamente rasata, ed emanava un olezzo tollerabile per i Daar, ma che avrebbe fatto vomitare un umano.

 

"E' la dimostrazione pratica di cui stavo parlando prima, Numero Uno." Day'kl fece un cenno verso l'umana. "Cara, saluta i nostri ospiti."

 

L'umana aprì lentamente la bocca, come se quel gesto le costasse fatica. "G...gloria e...onore." gracchiò con in tono stridulo. Anche la sua voce era diversa. Se prima la si sarebbe potuta giudicare melodiosa e sensuale (secondo gli standard umani, ovviamente), ora era più simile al rumore delle unghie su una lavagna.

 

"E questo sarebbe un risultato? Ha insegnato all'umana la nostra lingua?" sbottò Jen'ard. "Non mi sembra granchè."

 

"Mi perdoni, capitano. Avevo dimenticato di specificare che l'umana era stata infettata col virus. In circostanze normali, ora sarebbe un vero e proprio cadavere ambulante. E invece..." indicò di nuovo l'umana. "grazie alla mia manipolazione del virus, sono riuscito a renderla ubbidiente e capace di svolgere alcuni compiti.

 

"Cara, afferra quel risequenziatore e colpiscimi."

 

L'umana afferrò il risequenziatore molecolare sulla postazione operativa e fece per scagliarlo contro Day'kl. Tuttavia, prima ancora che il capitano o il primo ufficiale potessero dire o fare alcunchè, si interruppe e rimase immobile, il risequenziatore in mano e gli occhi spenti fissi su Day'kl.

 

"Visto?" disse lo scienziato. "Ho fatto in modo che potesse obbedire ai nostri ordini, senza però essere in grado di farci del male."

 

"Dottore, continuo a non capire come questo possa essere considerato un risultato importante." disse Wyl'ker, sempre più scettico sulla salute mentale dello scienziato.

 

"Provi a immaginare, Numero Uno. Coltivando la versione trattata del virus, potremmo utilizzarlo per infettare le truppe nemiche e fare in modo che combattano tra di loro. E non solo. Continuando con i trattamenti effettuati finora, sono sicuro di poter eliminare anche i segni di decomposizione che potete ancora vedere sull'umana.

 

"In quel caso, potremmo anche infiltrare spie tra le fila nemiche. Spie che saranno sotto il nostro totale controllo, e che non rischieranno di essere individuate. Credo sia superfluo ricordarvi le perdite che abbiamo avuto nei cicli scorsi, in quell'ambito..."

 

I due ufficiali annuirono mesti. Il Collettivo era stato a dir poco sfortunato, nel settore dello spionaggio. Ogni singola spia Daar inviata nelle varie zone d'interesse della galassia, aveva fatto una brutta fine. I più fortunati ora erano in compagnia dei loro antenati.

 

"Mi serve solo altro tempo, e altre cavie umane. E se possibile, anche esemplari di altre specie, così da poter verificare la compatibilità."

 

Il capitano e il primo ufficiale rimasero un attimo in silenzio a riflettere sulle parole dello scienziato.

 

"Devo dirlo, dottore. Lei ha superato le mie aspettative." annuì il capitano Jen'ard. "E' effettivamente un ottimo risultato. In quanto alla sua richiesta, sarà l'Alto Comando a decidere. Ma non ho dubbi che acconsentiranno..."

 

XXXXXX

 

Nell'alloggio di Forhy

 

...e questo è quanto.

 

Il Beronyano aveva appena riferito ai suoi superiori gli ultimi sviluppi sul Progetto 36. Inutile dire che essi non ne erano per nulla entusiasti.

 

Questa è una pessima notizia. Se l'esperimento andrà a buon fine, i Daar avranno un'arma che gli permetterà di vincere la guerra.

 

Devo intervenire?

 

Sì, agente Forhy. Ti ordiniamo di sabotare l'esperimento e provocare quanti più danni puoi. Se si renderà necessario, abbandona la tua copertura e torna da noi...

 

XXXXXX

 

Laboratorio del dottor Day'kl

 

"Dunque, se spostassi questo...hmm, no. Meglio di no. E se..."

 

Day'kl stava lavorando alacremente da più di un'ora. Il punto di svolta che tanto aveva cercato era sempre più vicino, se lo sentiva. Ancora qualche modifica, e il virus sarebbe stato perfetto. Già pregustava la gloria che avrebbe accompagnato il suo nome nei cicli a venire. Il Collettivo sarebbe finalmente riuscito a pacificare la galassia, senza più doversi preoccupare di quei fastidiosi Beronyani, o dell'Alleanza di Silicio. E sarebbe stato tutto merito suo.

 

Ma all'improvviso, accadde qualcosa che interruppe quei pensieri felici. Tutte le luci del laboratorio si spensero, e si attivò una sirena d'allarme.

 

ATTENZIONE, SI E' VERIFICATO UN GUASTO IN SALA MACCHINE. SI PREGA DI ATTENDERE L'ATTIVAZIONE DEI SISTEMI DI EMERGENZA.

 

Day'kl imprecò sonoramente. Senza energia, la sua postazione di lavoro era inutilizzabile. E non aveva neanche fatto in tempo a salvare nella memoria del laboratorio i risultati ottenuti in quella sessione. Si mise a camminare in cerchio, borbottando. Non gli restava che attendere il sistema d'emergenza.

 

Che non si fece attendere molto, in verità. Qualche istante dopo, le luci si accesero, e Day'kl tirò un sospiro di sollievo. Si girò, pronto a rimettersi al lavoro...

 

...e cacciò un urlo di terrore. Perchè davanti a lui, a fissarlo con quegli occhi vuoti e l'espressione intontita, c'era Ben'sko.

 

"Ben'sko, che..." Poi capì. L'interruzione di energia riguardava anche la cabina di contenimento. Che era programmata per aprirsi in un'emergenza simile. Un brivido freddo gli corse lungo la schiena. Questa proprio non ci voleva.

 

Prese a indietreggiare lentamente. "Collega...cerchiamo di non..."

 

Ma non riuscì mai a finire la frase. Ben'sko gli fu addosso e lo buttò a terra. E in men che non si dica, lo azzannò alla gola.

 

Day'kl non ebbe nemmeno il tempo di gridare.

 

 

NOTA: E finalmente, rieccomi qua con il secondo capitolo di questo orrore. Mi scuso per aver fatto passare così tanto tempo tra un aggiornamento e l'altro, e spero che abbiate gradito. Entro la fine del mese arriverà l'epilogo (e teniamo le dita incrociate). A presto, gente!

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Capitolo 4
*** Epilogo ***


Epilogo

 

Il silenzio avvolgeva Clara come un mantello.
 

Non era sempre stato così. Fino a poco tempo prima, il posto in cui si trovava era pieno di rumori. I versi elettronici dei macchinari. Il rumore dei passi e le voci delle strane creature che la circondavano. Poi erano arrivate le grida. I rumori di lotta, gli spari (almeno, a lei sembravano spari. Le creature utilizzavano armi molto strane), ordini urlati a destra e a manca. Poi altre grida. E infine, il silenzio.

 

Clara camminava lentamente in un corridoio. Non sapeva dove fosse di preciso. Ricordava a malapena chi fosse, e cosa era successo negli ultimi tempi. Ma anche quello, un pò alla volta, stava svanendo. La sua testa era come avvolta nella nebbia. Non sapeva bene cosa fare, o dove andare. Anzi, una cosa la sapeva: aveva fame. Una fame nera, che non aveva mai provato prima d'ora.
 

Era un problema. All'inizio si era nutrita di quelle strane creature che l'avevano portata lì, sebbene il farlo le provocasse sempre una strana sensazione di fastidio. Tuttavia, ormai le creature non erano più in grado di fare da nutrimento. Alcune erano ormai morte, e i loro resti costellavano l'ambiente in cui si trovava. Qui una parete sporca di sangue e budella, lì un cadavere mezzo masticato.
 

Altri erano diventati come lei, e per qualche strano motivo avevano preso a seguirla. Formavano una strana e lugubre processione, tutti ad aggirarsi per i corridoi deserti in cerca di qualcosa da mangiare. Ma non era rimasto più nulla. Nemmeno quell'altro, strano essere, quello diverso dagli esseri che la seguivano. Clara non sapeva chi fosse, o che fine avesse fatto. Lei non lo aveva mangiato, e nemmeno gli altri (ne avrebbe sentito l'odore sulle loro labbra, altrimenti). Forse era scappato. Forse si era nascosto da qualche parte.
 

Valeva la pena cercare di trovarlo. La sua carne avrebbe riempito per un pò il suo stomaco.
 

Passò davanti a un monitor su cui era scritto qualcosa. Di cosa si trattasse, non lo sapeva. Anche se non fosse stata in quelle condizioni, sapeva solo parlare la lingua delle creature, non leggerla. Continuò a camminare, in cerca di cibo.
 

ATTENZIONE. RILEVATA SITUAZIONE DI EMERGENZA. EQUIPAGGIO NON RAGGIUNGIBILE. ATTIVATA PROCEDURA DI RIENTRO SUL PIANETA MADRE.
 

NOTA: Ed eccoci qui con la conclusione di questa storiaccia, giunta prima di quanto mi aspettassi (mi sono messo a scrivere, e le parole sono iniziate a scorrere come acqua). Spero abbiate gradito, e vi chiedo umilmente di lasciarmi un piccolo commento. Tornerò più in là con qualche altra storia, forse più allegra di questa qui (seee, come no).
 

A presto, gente!

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