違い [chigai]

di __roje
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


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違い [chigai]

L’arbitro aveva assegnato il terzo punto alla squadra della Kuromiya, e decretò che la partita era finita. Al fischio finale le grida dei spettatori investirono il campo. La vittoria segnava l’ingresso della squadra alle regionali, grande orgoglio per la scuola. Tutti erano in fermento, c’era aria di festa e tutti i complimenti erano per i ragazzi ma in particolare rivolti verso uno di loro.
Se si prestava ascolto alle loro urla si poteva distinguere un solo nome: Ren Tomomi. Il mio nome.
Attraversai il campo, andai sotto la platea per salutare chi era venuto a vederci ma anche per godermi quel momento. I miei compagni mi piombarono addosso per festeggiare, tra abbracci e pacche sulla spalla sentivo di aver finalmente raggiunto uno degli obiettivi che mi ero prefissato quell’estate prima delle vacanze estive. Potevo riposarmi col sorriso sulle labbra, consapevole che saremmo andati alle regionali.
Un po’ alla volta tutti andarono via. Allora anche io e miei compagni andammo dritti verso gli spogliatoi che erano compresi all’interno dell’edificio principale, ormai a quell’ora e in quel periodo dell’anno non c’era più nessuno in giro. Seguii i miei amici con la gioia nel cuore, percorrevo l’ampio corridoio della scuola vedendo le spalle dei miei compagni. Potevo leggere i loro numeri, e nel sentire le loro risate non riuscivo ancora a credere che ci eravamo riusciti per davvero.
Ero troppo preso della mia gioia quando un profumo molto dolce mi attraversò le narici stordendomi. Subito dopo una spalla quasi sfiorò la mia, mi andai a voltare appena per dare una sbirciata a chi apparteneva quel dolce odore e vidi la figura di un altro ragazzo che andava nella direzione opposta. Anche lui si era voltato appena, i nostri sguardi si incrociarono per un istante brevissimo. Il mio stupore fu tale per l’inespressività di quel ragazzo, che subito dopo continuò per la sua strada e io per la mia. Furono occhi così freddi che mi lasciarono perplesso, ma scacciai via quel pensiero ripensando alla gioia di quel momento.

Era giunto il periodo primaverile dei mie diciassette anni quando varcai per l’ultima volta i cancelli di quella scuola. Sapevo che quello sarebbe stato un anno grandioso per me e la mia squadra, volevo tutti si ricordassero in eterno di noi e del percorso che avevamo fatto vincendo le regionali, e ora puntavamo alla nazionale così da diventare letteralmente immortali, conosciuti come i mai sconfitti.
Quello era l’ultimo anno che indossavo la mia divisa scolastica, faceva così strano credere che quei tre anni erano volati così in fretta. La prima volta che avevo varcato quella soglia ero un ragazzino che non sapeva dove andava, non conosceva nessuno e ora era il capitano della squadra di calcio della Kuromiya.
“Ren! Buon inizio anno!”
“Cho che ci fai già qui? Sono solo le sette del mattino.”
Davanti a me si era palesata una mia compagna di classe, e amica da anni. Per un anno era stata anche la nostra manager, ma poi si era ritirata per concentrarsi nell studio. Quando poteva però era sempre pronta ad aiutarci come poteva, con me soprattutto si era sempre rivelata un ottimo sostegno nei momenti cruenti.
Era una ragazza piccolina, magra ma dal seno prosperoso e per questo motivo bersaglio di commenti sgradevoli che però non la ferivano affatto. Anzi, molto spesso avevo assistito a diverse scene di violenza nelle quali era lei a darle ai suoi molestatori. Era un tipetto vivace insomma.
Portava i capelli corti, che si poggiavano appena sulle spalle e da un po’ di tempo li tingeva di un colore tra il mogano scuro e il castano, aveva iniziato a seguire le bizzarre mode del momento. Naso e bocca erano minuti, le guanciotte rosate e gli occhi tondi, grossi a mandorla e le ciglia belle folte, che incorniciavano dei gradevoli occhi color acqua.
“Lo sai no, se non mi anticipo dopo non riuscirò a vedere in che classe sono stata assegnata vista la mia poca altezza. Aaah, la condanna di essere tappi.”
Ridacchiai per quell’autocritica. “Hai ragione, tra un po’ si creerà il caos.”
Ero proprio curioso di vedere in quale sezioni fossi capitato. Un po’ sperai che nulla fosse cambiato, che con me ci fossero ancora tutti i miei amici. L’inizio di un nuovo anno mi creava sempre tanta euforia, mi svegliavo sempre con l’ansia positiva di sapere cosa ci sarebbe stato di nuovo.
Seguii Cho fino ai tabelloni delle diverse classi, e come aveva previsto la mia amica alcuni ragazzi avevano già occupato la piazzola anticipandosi. La mia compagna sbuffò seccata nel vedere che anche altri avevano avuto la sua stessa idea, avanzò con passo pesante facendosi largo tra tutti, la guardai ridendo e trovai che fosse davvero un personaggio bizzarro.
Improvvisamente tutto si fece buio, qualcuno mi aveva coperto gli occhi con le sue mani. La cosa mi fece agitare nel tentativo di scoprire chi fosse, ma il mio burlone cercava di tenersi lontano per non farsi riconoscere e ridacchiava di nascosto senza farsi sentire.
“Yuuki piantala, lo so che sei tu.”
Le mani mi lasciarono andare e subito partì il classico lamento. Alle mie spalle comparve un ragazzetto minuto, più basso di me di almeno cinque centimetri e dalla corporatura esile. Portava i capelli decolorati, rasati ai lati e il ciuffo lasciato lungo davanti e al centro della testa. Ai lobi delle orecchi portava due orecchini, il viso di un angelo e gli occhi castano scuro dal taglio felino.
Si avvicinò anche Take lanciando un occhiata di biasimo verso il piccoletto, diversamente dal primo quest’ultimo era il nostro carrarmato vivente. In partita era l’anello chiave per intimorire gli avversari, era forte, grosso. Alto come minimo un metro e ottanta, le spalle larghe e muscoloso. All’apparenza una bestia, ma nel suo piccolo era un ragazzo davvero dolce e un amico fidato.
Take aveva i capelli neri, portati corti con una frangia che si fermata all’attaccatura della fronte. Li portava anche lui rasati ai lati della testa lasciando le orecchie scoperte. Aveva la pelle olivastra rispetto a noi, luccicava per qualche motivo al sole facendo risplendere ancora di più gli occhietti verde scuro. Gli zigomi erano pronunciati, il naso era un po’ a patate e la bocca era carnosa ma non troppo.
Entrambi erano miei amici dal primo giorno delle medie. Uno dei due, Take era anche mio compagno di squadra mentre Yuuki era un amico d’infanzia del primo, ed era praticamente la sua ombra anche se all’apparenza sembravano non andare affatto d’accordo.
“Come diavolo fai a riconoscermi sempre!”
“Sei l’unico imbecille che gli fa sempre questo scherzo.”
“Taci!”
Ecco che ricominciavano, come sempre del resto. “Siete venuti anche voi presto oggi.”
I due smisero di bisticciare e mi rivolsero la loro occhiata. Yuuki, come al solito mi si avvinghiò al braccio stringendosi ad esso. “Lo sapevamo che come sempre saresti venuto qui molto prima dell’inizio delle lezioni. Vero Take?”
L’altro annuì sorridendo, “Ti abbiamo raggiunto. Hai già dato un occhiata all’elenco?”
“In verità no.”
Fu in quel preciso momento che ricomparve Cho, sfatta e stanca. Yuuki la guardò perplesso, aveva la divisa in disordine e il suo occhio cadde come sempre sul prosperoso petto della ragazza.
“Mi hanno piazzato nell’altra classe quest’anno” piagnucolò.
La cosa ci stupì non poco visto che eravamo sempre stati insieme. A quel punto cominciai a preoccuparmi un po’ e mi fiondai verso i tabelloni facendomi largo tra le persone. Mi avvicinai abbastanza da vedere l’elenco dei nomi, lo lessi tutto scorrendo i vari nomi e nella nostra vecchia sezione lessi sia il nome di Yuuki che quello di Take. Lasciai andare un sospiro di sollievo quando lessi anche il mio. A quanto pare solo la povera Cho era stata piazzata in un altra sezione, e poteva sentirla lamentarsi in lontananza, povera.
Percepii una sensazione molto familiare in quel preciso momento, non dovetti ruotare di molto la testa per rendermi conto che a pochi passi da me c’era lo stesso ragazzo di quell’estate. Il ragazzo dal profumo dolcissimo, così lo avevo soprannominato visto che non ne conoscevo il nome e ora era di nuovo ad un passo da me. Proprio come l’altra volta quest’ultimo notò che lo stavo osservando e ricambiò con un occhiata veloce con quei suoi occhi neri come la pece, subito dopo andò via.
“Che tipo..” commentai ad alta voce con un sorriso. Avevo una strana curiosità di volerci parlare.
“Allora hai trovato i nostri nomi?”
Comparvero Yuuki e Take, e quell’incontro passò nuovamente al secondo posto. Continuavo però a chiedermi chi fosse, tutti a scuola sapevano chi ero e non c’era stata occasione in cui qualcuno non mi salutasse per incitare me e la squadra ma quel ragazzo era diverso, non mi aveva concesso nemmeno un occhiata completa ma solo di sfuggita, ignorandomi anche per la seconda volta.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo [2]

Il destino ha davvero dei modi strani di agire e forse la cosa non mi stupì nemmeno più di tanto. Scoprire che il ragazzo dal dolce profumo era finito nella mia stessa sezione mi riempì di una strana euforia. Sentivo che era la volta buona per saperne di più, di conoscere il suo nome. Rispetto a tutti gli altri aveva qualcosa di diverso, era magnetico.
Per il resto dei miei compagni, me compreso, il primo giorno era sempre speciale mentre per quel ragazzo sembrava essere un giorno come tanti e se ne stava da solo guardando fuori dalle finestre distaccandosi da tutto e tutti. Era davvero particolare.
“E qui abbiamo Ren Tomomi in persona, ma che onore averti di nuovo qui con noi.”
La voce profonda, e di scherno attirò l’attenzione di quasi tutti i compagni compreso me. Notai subito il tono ironico della persona che avevo davanti, era un ragazzo che non avevo mai visto prima. Aveva la stazza di Take, magro e i capelli nocciola incorniciando un viso segnato da alcuni piercing al sopracciglio, e gli occhi neri come la pece.
“Scusa ma ti conosco?”
Si diede un colpetto alla fronte, “Oh ma che sbadato, non mi sono ancora presentato. Sono Urie Edojima, ho seguito tutto il tuo percorso nel team della Kuromiya e sono affascinato dalla tua prestazione atletica.”
“Ah.. grazie del complimento.”
“Spero anche di entrare in squadra quest’anno, e si seguire le orme del mio senpai. Ne sarei onorato.”
Sul suo viso c’era disegnato un ghigno poco amichevole, quasi di sfida. La cosa risvegliò in me il mio classico spirito competitivo da sfida e la cosa mi fece sorridere. “Ti aspetto ai provini allora.”
Ci scambiammo un lungo sguardo di sfida, poi Urie si allontanò da me. Non era la prima volta che incontravo certi tipi, e la cosa non faceva che far crescere il mio spirito di competizione, era l’occasione per dare del mio meglio non solo nella gara ma anche quotidianamente per non farmi mettere in secondo piano.
Per il resto della lunga mattina non accadde nulla di particolare, aspettai però l’appello della prima ora con impazienza e scoprii quasi subito che il ragazzo sconosciuto che tanto mi interessava si chiamava in realtà Nao Fukuda. Scoprire ciò mi fece sorridere, finalmente aveva un nome nella mia testa e osservandolo da lontano notai che per tutta la giornata non aveva rivolto la parola a nessuno. Aveva indossato i suoi occhiali, dalla montatura nera e se ne era stato con la testa incollato sui libri. Un topo da libri quindi.
Raccolsi diversi dettagli su Nao Fukuda nei giorni seguenti, alcuni che non avevo notato dei nostri due primi incontri. Rispetto agli altri era molto taciturno, e rispondeva solamente alle domande dei professori. In quei piccoli attimi avevo ascoltato una voce profonda, mascolina. Ogni volta che diceva qualcosa i professori non facevano altro che fargli i complimenti per la brillante spiegazione.
Diversi compagni avevano tentato di avvicinarlo ma in tutta risposta Nao aveva prestato loro i suoi appunti tagliando corto alla conversazione. In più occasioni avevo notato che non pranzava in caffetteria, e nemmeno nel cortile dove di solito tutti si recavano. Solo dopo qualche settimane scoprii che si rifugiava sull’ultima rampa di scale che dava al terrazzo della scuola.
Nao ovviamente oltre che essere brillante, era anche notato da diverse ragazze. Queste però, spesso e volentieri erano sue compagne di classe che evitava di guardare e quando queste si avvicinavano non faceva altro che ignorarle. Dovevo ammettere che aveva un modo di fare che mi lasciava perplesso, e ridere allo stesso tempo. Sembrava schifare il mondo intero, ma non sembrava mettersi al di sopra di tutti piuttosto sembrava trovare noioso chiunque, docenti compresi. Quando però restava da solo, e non c’erano lezioni da seguire Nao era assente e non faceva altro che tenere lo sguardo fisso nel vuoto rivolto verso le finestre.
Per quanto riguardava il suo aspetto fisico era il classico nerd sotto certi aspetti. Indossava spesso gli occhiali, ma non sembravano essere fissi, bensì li usava a scuola per leggere o altro. Ogni tanto aveva la mania di sistemarseli sul naso, quest’ultimo piccolo e dalla punta all’insù. Le labbra erano sottili, il viso ovale e a farsi notare in particolare erano due occhi dal taglio felino color notte, bui ed enigmatici. I capelli erano della stessa tonalità, portava un caschetto morbido che gli copriva appena le orecchie e una folta frangia gli cadeva sulla fronte senza però coprigli gli occhi. Le ciocche erano mosse, formando composte onde che creavano un gioco piacevole da vedere.
Trascorsero due mesi e osservare quel curioso compagno di classe sembrava essere diventato il mio hobby.
“Dobbiamo organizzare meglio gli orari degli allenamenti, così non coincideranno con le lezioni.. Ren? Mi stai ascoltando?” mi riprese Take notando che avevo la testa da un altra parte. Notai solo dopo il suo richiamo che sul mio quaderno avevo disegnato senza accorgermene un paio di occhiali.
“Take? Dimmi.”
Sospirò il mio amico “Si può sapere a cosa pensi? Ogni volta che ti parlo sembri avere la testa altrove.”
Un mano mi rubò il foglio da sotto al naso, era Yuuki che ne lesse il contenuto. “A quanto pare hai un fetish per gli occhiali, è la terza volta che ti becco a disegnare una cosa del genere.”
“Ridammelo!”
Glielo strappai di mano e sia Yuuki che Take parvero stupiti della cosa senza capire.
“Comunque tornando a cose importanti, dobbiamo sistemare questi orari o non potremo allenarci.”
“Fa tu, sei più bravo di me in queste cose” me ne tirai fuori privo di voglia.
In quel momento, dalla porta dell’aula che dava sul corridoio notai la sua chioma inconfondibile e quasi come una molla scattai in piedi. Mi parve di sentire il suo buon profumo anche a quella distanza.
“Ren!”
Non prestai attenzione ai richiami di Take, chiesi scusa per tutto ciò e scappai via. Erano mesi che non facevo che guardare da lontano sempre la stessa persona, mi chiedevo perché Nao fosse l’unico a non rivolgermi la parola. Mezza scuola mi parlava, ma non la persona che volevo lo facesse.
Corsi nel corridoio percorrendo il suo stesso tragitto, era l’ora di pranzo e sapevo perfettamente dove sarebbe andato a mangiare. Ormai potevo dire di conoscere abbastanza bene i suoi spostamenti, avevo imparato un po’ a conoscerlo e volevo che anche lui conoscesse me adesso.
Salii gradino dopo gradino con l’ansia nel cuore, non sapevo proprio cosa dire o come presentarmi. Pensai bene di fingere di trovarmi li per il suo stesso motivo e di giustificare la cosa dicendo che volevo cercare un posto tranquillo per mangiare e chissà magari dicendo così avremmo iniziato a parlare.
Quando salii l’ultimo gradino lo trovai seduto in cima alla rampa di scale, le gambe incrociate, il bento poggiato su di esse e Nao intento a mangiare. Restò molto sorpreso di trovarsi qualcuno davanti nel suo angolo tranquillo, vedere che mi stava rivolgendo un'occhiata mi fece sentire euforico.
“Oh non pensavo che ci fosse qualcuno qui sopra, cercavo un posto tranquillo dove mangiare.” Ridacchiai cercando di sembrare naturale. Nao tuttavia mi scrutò severo per qualche ragione, mi domandai se avessi sbagliato in qualcosa e ne ebbi conferma quando vidi che stava raccogliendo le sue cose per andarsene. “Resta non andartene solo perché sono venuto io” lo fermai afferrandogli il braccio mentre era intento ad andarsene.
Nao in tutta risposta mi guardò bieco “Non pranzo insieme ad una capra che sa solo dare calci ai palloni.”
Di colpo era stato insultato senza un valido motivo, e Nao raccogliendo le sue cose mi lanciò un ultima occhiata di disgusto e sparì lasciandomi il suo posto preferito.
Restai li non so quanto, cercando di capire cosa avessi fatto di sbagliato. Mi aveva definito capra che sa solo dare calci ai palloni. Fu la prima volta che provai quasi vergogna per la mia passione.
Tornai dai miei amici, con la testa piena di interrogativi. Per mesi non avevo fatto che osservare quel ragazzo, e la prima frase che mi aveva rivolto era stato un insulto senza motivo.
Ignorai Take e Yuuki, che scherzavano tra di loro punzecchiandosi, presi posto al mio banco e poggiai la testa su una mano facendola ciondolare. Nao mi aveva definito capra, nel senso che ero ignorante?
“Ma le capre non sanno dare calci ai palloni..” borbottai ad alta voce.
Take parve sentirmi mentre parlavo tra me e si avvicinò incuriosito. “Dove te la sei svignata prima?”
Sospirai, “Da nessuna parte.. Take secondo te le capre sanno calciare un pallone?”
“Capre?” inarcò un sopracciglio confuso per quella domanda.
Proprio in quel momento tornò in aula anche Nao, ripensando alla nostra prima pseudo conversazione e capendo che intendeva insultarmi con quelle parole, lo guardai riservandogli un occhiataccia. Quest’ultimo in tutta risposta mi fissò senza battere ciglio, e mi diede le spalle sedendosi. I nervi cominciarono a vibrare, come un stupido avevo anche cercato di farci amicizia, lo avevo trovato interessante e avevo scoperto invece che persona maleducata fosse.
“Sono già passati due mesi dall’inizio della scuola e quel ragazzo non ha ancora rivolto la parola a nessuno. Mi da' i brividi il suo modo di fare” commentò Take rivolto verso Nao.
Yuuki lo sentì e ridacchiò, “Ho sentito che è praticamente un genio, ha un alto q.i. ma è praticamente un antisociale. Non è mai stato visto parlare con qualcuno da quando sono iniziate le superiori.”
Nessuno? Eppure a me aveva dato una sonora risposta. Forse Yuuki esagerava nel dire così, ma per diverse settimane, ascoltando altri pettegolezzi sul nostro misterioso compagno di classe scoprii che era vero. Non rivolgeva la parola a nessuno, e se qualcuno gli poneva una domanda lo ignorava. Ero l'unico con cui aveva parlato, quindi.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo [3]

Trascorsero altre due settimane dall’accaduto e un po’ avevo rimosso la cosa. Mi ero deciso a smetterla con quella strana ossessione che avevo nei confronti di Nao, mi concentrai maggiormente sugli allenamenti e viste le responsabilità da capitano dovetti trovare un manager o qualcosa del genere.
Si offrì un ragazzetto del primo anno, un mio fan che non faceva altro che seguirmi ovunque dandomi ragione su ogni cosa. E più che aiutare la squadra sembrava essere diventato il mio scudiero personale.
“Tomomi-senpai le ho portato il suo succo!” corse verso di me con una bottiglia in mano.
“Grazie Edo ma non te l’ho chiesto” sorrisi ma ormai ero giunto all’esasperazione con quel ragazzo.
Guardai Take alle mie spalle mentre indossava i suoi scarpini e se la rideva sapendo quanto ormai non tollerassi più quella situazione, ma Edo era gentile e rispondergli male era una cattiveria bella e buona.
“Ascoltami Edo, dovresti interessarti di più agli allenamenti della squadra e alle sue attività e non solo a ciò che faccio io. Sei qui per aiutare tutti noi.”
Era l’ennesima volta che gli spiegazioni quali ero i suoi compiti.
“Ma senpai! Senza di te e la tua prestazione fisica la squadra non sarebbe mai arrivata alle nazionali. Tutti ormai ti conoscono come la Fiamma della Kuromiya.”
“Wow sei Mr. Fiamma” mi punzecchiò Take.
Sospirai seccato. Odiavo quel nomignolo, non faceva che ricordarmi quanto strano fosse il mio colore di capelli. Nel corso nella mia vita ero stato chiamato in tutti i modi possibili: pel di carota, Akaren ecc.. e tutto perché i miei capelli erano tendenti al rosso, una cosa insolita per un giapponese.
Occhi color miele e capelli castani tendenti al rosso, quei miei tratti così insoliti non faceva altro che farmi spiccare tra i miei coetanei e la cosa aveva suggerito il nominativo di Fiamma della Kuromiya.
Edo notò la mia disapprovazione per quel nome e abbassò la sguardo, così come spense il suo entusiasmo. Take allora gli diede una pacca sulla spalla, “Non prendertela. Il nostro capitano odia i suoi capelli.”
Mi diedi una scrollata scacciando quei pensieri, “Coraggio iniziamo gli allenamenti!”
Alla fine del pomeriggio di allenamenti ero stremato stranamente, vidi i miei compagni lasciare il campo, tutti mi rivolsero un saluto e pieni di polvere andarono dritti verso gli spogliatoi. Quello era il momento che preferivo di più, quando il campo era vuoto e non c’era altro che una distesa di prato verde. Era stata quella vista a invogliarmi, sentivo che solo li in mezzo potevo dare il meglio di me.
Sistemate le varie cose lasciai il campo, mi feci una rapida doccia e una volta raccolte le mie cose era arrivato il momento di andare a casa. Tuttavia tutto mi aspettai quel giorno, tranne che vedere camminare davanti a me proprio Nao. Era come sempre solo, teneva lo zaino sulle spalle e probabilmente stava tornando a casa anche lui. Qualcosa dentro di me mi spinse a tentare ancora, chissà perché sentivo ancora una strana voglia di parlarci così feci uno scatto e lo raggiunsi.
“Ehi ci si rivede che coincidenza!” sorrisi e mi toccai la nuca un po’ in imbarazzo. Nao in tutta risposta mi rivolse una rapida occhiata, sembrò stupito di ritrovarsi davanti lo stesso ragazzo dell’altra volta ma subito nascose il suo stupore tornando a guardare davanti a se. Come avevo immaginato neppure mi rispose, e un po’ ne rimasi deluso.
Tentai ancora però, “Mi dispiace per l’altra volta, non volevo farti andare via.”
“Non importa.”
Finalmente arrivò una risposta, seppur breve e la cosa mi fece scattare dall’entusiasmo.
“Hai seguito qualche club? Io proprio adesso ho finito con la squadra e sono veramente distrutto.”
Nao a quel punto si fermò di colpo, si voltò a guardarmi dritto negli occhi. Era la prima volta che me lo trovavo faccia a faccia, più alto di me di qualche centimetro e quegli occhi neri fissi su di me che non lasciavano trapelare alcuna emozione a parte l’irritazione. Sul suo volto si dipinse una smorfia di disgusto.
“Ti ho già detto l’altra volta che non pranzo con le capre come te, non capisci nemmeno quando uno ti parla?”
Mi morì la voce dopo quella frase detta in maniera tanto severa. Nao non restò neppure a vedere la mia reazione che ricominciò a camminare, lasciandomi li da solo. Era la seconda volta, e ancora non riuscivo a capire cosa avessi fatto di sbagliato. Forse ero troppo insistente, eppure avevo cercato di essere gentile quindi perché quel ragazzo mi disprezzata a prescindere da tutto.
Il giorno seguente mi sentivo peggio della prima volta che era capitato. Sia Take che Yuuki mi trovarono riversato sul mio banco, assente, continuavo a ripensare a cosa avessi fatto per ricevere un trattamento del genere e quando i miei due amici mi parlarono neppure capii cosa stessero dicendo.
“Fare il capitano lo sta stancando molto” giudicò Yuuki guardandomi.
“Figurati, non fa nulla di diverso da tutti noi, forse ha passato l’ennesima nottata a giocare ai videogiochi” osservò invece Take e in quel momento sospirai ed entrambi sussultarono, “Ren non stai bene?!” mi afferrò per le spalle quest’ultimo riportandomi alla realtà.
“L’ho detto io che sta male!”
“Ragazzi? Lasciami Take sei forse impazzito?”
Il mio amico mi lasciò andare e continuò a fissarmi cercando di indagare, “E’ da un po’ che sembri diverso, e oggi hai la testa da un altra parte proprio come qualche settimana fa.”
Non ascoltai le sue parole, “Take senti, secondo te sono una capra?”
“Ancora con queste capre?”
Yuuki simulò un finto pianto di disperazione “Il mio amico è impazzito ormai!” esclamò.
Take ignorò le idiozie di Yuuki, si mise a sedere davanti a me guardandomi negli occhi “Si può sapere cos’è questa storia delle capre? Non è la prima volta che ti sento dire una cosa del genere.”
“Nulla..” sospirai ancora.
Ero confuso. Di solito le parole degli altri poco mi colpivano, odiavo il nome Fiamma della Kuromiya, eppure sentirmi dare della capra aveva scosso qualcosa dentro di me e il motivo era per me oscuro.
Fu un pensiero che mi accompagnò per il resto della giornata, e diverse volte gettai un occhiata proprio verso Nao che se ne stava tranquillo al suo posto. Ascoltava la lezione come se nulla fosse, ciò che mi aveva detto non lo aveva per nulla fatto sentire in colpa.
Alla fine delle lezioni presi però una decisione, ero stanco di tutto ciò. Dissi a Take e Yuuki di cominciare ad andare, che li avrei raggiunti al campo, e mi accertai che Nao fosse ancora in classe intento a sistemare la propria roba nello zaino. Quella faccenda doveva essere chiarita, così una volta che la maggior parte dei nostri compagni furono andati via mi avvicinai sicuro a lui, anche un po’ irritato.
“Insomma che problemi hai?!” esclamai senza più gentilezze.
Nao neppure mi guardò, aveva riconosciuto la mia voce e continuò a sistemare i suoi quaderni riponendo anche gli occhiali nel loro astuccio.
“Sei peggio di una zecca tu.”
Di nuovo una risposta di biasimo, “Io ho provato ad essere gentile con te e non hai fatto altro che chiamarmi capra entrambe le volte. Sei un maleducato.”
Finalmente mi rivolse un occhiata, tra l’altro glaciale “Io maleducato? Non ti conosco eppure continui ad importunarmi, chi è quello maleducato e molesto.”
“Molesto?!” Nao mi superò per andare via “Ehi aspetta!” lo fermai prendendolo per un braccio e quel tocco fu strano, la consistenza del suo polso era più doppia di quanto pensassi così come avvertii una strana forza provenire da quel ragazzo in apparenza nerd.
“Lasciami stupido.”
“Io non volevo fare altro che parlarti, esserti amico. Siamo compagni di classe!”
Ridacchiò deridendomi apertamente “Allora non ascolti proprio, io non parlo con le capre come te, non ne sei all’altezza perché corri dietro ad un pallone e non sai fare altro. Questa spiegazione ti basta ora?” tirò via il polso liberandosi e detto tutto ciò sparì nuovamente.
Era strano ma mi ferirono quelle parole. Dal primo momento che lo avevo incrociato nel corridoio un po’ lo avevo ammirato, e poco a poco che avevo raccolto informazioni su di lui avevo sentito crescere la voglia di parlarci perché come persona mi piaceva ma lui non voleva tutto ciò. Diversamente da me, per lui non ero altro che uno stupido senza cervello che giocava a calcio, così mi vedeva. Nuovamente, proprio come la prima volta provavo vergogna per la passione che avevo, infatti quel pomeriggio stesso non riuscii ad andare agli allenamenti e neppure nei giorni seguenti.
Fu tre giorni dopo che seduto in classe, mentre tutti erano andati via che Take mi si avvicinò con aria severa. Sapevo perfettamente cosa mi avrebbe detto, un rimprovero per la mia assenza.
“Il mister si chiede che fine hai fatto e gli ho detto che non stai bene.”
“Ti ringrazio.”
“Ren questa scusa non reggerà a lungo, che cosa ti succede? Non hai mai saltato un allentamento.”
Lessi nelle sue parole un insolita preoccupazione, e non sapevo come spiegargli quella sensazione che avevo. Mi sentivo anche uno stupido nel sentirmi in quel modo.
“Hai mai odiato qualcosa che in realtà ami fare?” gli domandai con un sorriso amaro.
“Certo che no. Se amo quella cosa non posso odiarla, mi sembra ovvio.”
Strinsi i pugni dalla rabbia, ero l’unico a sentirmi così quindi. “E ti sei mai chiesto se c’è altro che sai fare a parte ciò che ami?”
“Ren dove vuoi arrivare? Non ti piace più giocare a calcio?!” mi gridò contro.
“Non è questo... mi stavo solo chiedendo chi sarei se non fossi la Fiamma della Kuromiya. Mi sono reso conto che tutto il mio mondo ruota intorno ad un pallone, ma a parte questo chi sono.”
Il silenzio di Take parlò chiaro e fu la risposta che cercavo. Oltre al pallone ero una capra, un nessuno che valeva meno di zero. Sapevo solo dare calci ad un pallone.
“Sei il mio amico Ren” quella frase risuonò con una melodia allontanando i pensieri cattivi, guardai allora Take che mi sorrideva e fui sorpreso dalla sua risposta, “prima ancora che tu diventassi la Fiamma eri e sei anche ora il mio amico Ren, quel ragazzino che amava giocare al pallone anche sotto la pioggia e che per giornate intere si allenava cercando di migliorare il proprio tiro.
Non so cosa ti stia frullando nella testa, ma tu sei già qualcuno a prescindere dal pallone. Il calcio fa parte della persona che sei già, e non è stato lui a farti diventare chi sei ora.”
Mi balzarono per la testa i ricordi di quando ero piccolo. Delle giornate intere passate insieme a Take, a sognare insieme di giocare in nazionale. Le strigliate che ci eravamo presi per ogni finestra rotta, le nottate passate a guardare i mondiali, a sognare di diventare come i nostri idoli. Mi tornarono alla mente anche tutti i lividi, i dolori muscolari legati alle giornate di sforzo per centrare la porta e come lentamente avevo visto dei risultati.
Take aveva ragione. Avevo scelto io cosa amare, e avevo lasciato che il pallone facesse parte di me e non che decidesse chi dovevo essere. Quella non era semplicemente una passione, ma ero io stesso.
Guardai Take, e quest’ultimo colse che ero ritornato me stesso e se ne accorse quando spalancai la bocca in un ampio sorriso e gli andai incontro dicendogli di correre, altrimenti avremmo fatto tardi agli allenamenti.
Aveva ragione il mio amico, ero stato io a scegliere chi essere.
Il giorno seguente alla chiacchierata con Take ero nuovamente me stesso, il ragazzo entusiasta che correva dietro ad un pallone. Partecipai agli allenamenti, invogliai i miei compagni nel gioco e diedi il meglio di me ricevendo anche i complimenti del mister per la prestazione impeccabile.
Fu però il giorno seguente che avrei dimostrato non solo a me stesso che ero qualcun altro oltre che la capra che corre dietro ad un pallone. Infatti nello spacco del pranzo, presi il mio bento, lasciai i miei amici in classe e mi recai come sapevo già nel luogo dove era solito rifugiarsi Nao.
Infatti proprio come mi aspettavo lo ritrovai nuovamente al suo posto, e quando mi vide salire le scale smise di mangiare. Aveva la faccia di chi aveva visto un fantasma apparire nuovamente davanti a se.
Avevo il bento stretto nella mano destra, gli mostrai un ampio sorrisone e con la mano lo salutai.
“Ciao, sono Ren Tomomi e da oggi in poi sarò tuo amico.”

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo [4]

“Ciao, sono Ren Tomomi e da oggi in poi sarò tuo amico.”
La faccia di Nao era di chi era incredulo di aver sentito tali parole, e immediatamente balzò in piedi per andarsene. Ma senza esitazioni iniziai a seguirlo ovunque sarebbe andato. Lo seguivo a ruota saltellando contento, ormai più nessuno dei suoi insulti mi avrebbe scalfito. Ero una persona testarda, avrei raggiunto il mio obiettivo e sarei diventato suo amico come avevo desiderato dall’inizio.
“Sei veramente stupido o cosa? Sparisci capra.”
“Mi chiamo Ren. E comunque io ho fame, quindi scegli velocemente dove pranzeremo” sorrisi.
Nao mi fissò preoccupato, quasi consapevole del fatto che non avrei lasciato perdere seguendolo ovunque. Capendo ciò Nao si vide costretto a cercare un nuovo posto, sempre lontano da altre persone e nascosto. Si recò sul retro della scuola, in un punto dove vi erano degli alberi e vi si sedette in mezzo ignorandomi.
“Ah quindi è qui che sei venuto l’altra volta quando mi ha ceduto il posto sulle scale.”
Osservai il luogo e lo trovai adatto a lui. La cosa mi fece sorridere, perché si manteneva coerente alla sua persona. Sembrava voler portare avanti un personaggio, il ragazzo schivo dagli occhi bui che nascondeva le proprie espressioni dietro gli occhiali e che se ne stava per le sue.
Mi accomodai accanto a lui, Nao mi gettò un occhiata rapida e si allontanò un po’. La cosa mi fece ridere, ma non lo diedi a vedere, pensai piuttosto al mio pranzo e cominciai a mangiare mettendo in bocca bocconi grossi, facendolo velocemente e rumorosamente.
Nao mi guardò schifato, smise di mangiare e parve annoiato dalla cosa.
“Sei anche un maiale oltre che una capra.”
“Come?” pronunciai con la bocca piena di cibo.
“Sei disgustoso...”
E si allontanò ancora un po’ frapponendo tra di noi altro spazio. Andava bene così però, era un inizio. Diversamente dalla scorsa volta non era andato via, o almeno ci aveva provato ma si era arreso e ora stavo pranzando insieme a lui come due buoni amici. Sentivo che poteva esserci una qualche speranza.
Non ci rivolgemmo altre parole e finito il suo pranzo Nao fu il primo ad alzarsi ignorandomi completamente. Fui io a seguirlo, sapendo che stava tornando in classe, e più volte cercai di affiancarlo ma aumentò il passo per lasciarmi indietro. La cosa cominciò a divertirmi stranamente.
Così fu per tutto il resto della settimana, cercava di nascondersi nell’orario del pranzo ma ormai avevo capito che se ne andava sempre nei posti più isolati ed era sempre li che lo trovavo. La cosa cominciò ad innervosire Nao che ormai non faceva che sgridarmi dicendomi di andare via ma io lo ignoravo, mi sedevo accanto a lui e molto tranquillamente consumavo il mio pasto.
Trascorse un altra settimana e Nao sembrava sempre più rassegnato alla mia presenza, anzi quando mi vedeva arrivare sollevava appena gli occhi per guardarmi. Aveva smesso di insultarmi, forse qualcosa stava lentamente cambiando ma la mia illusione durò poco.
“Farai ancora a lungo così?” domandò un giorno.
Masticai il boccone che avevo in bocca, “Ehi oggi mi rivolgi la parola per primo?” sorrisi, e Nao in tutta risposta mi lanciò un occhiataccia zittendosi di colpo.
Non avevo ancora detto il mio nome nemmeno una volta, a stento mi rivolgeva la parola se non per mandarmi via. Ero armato di pazienza, ma era piacevole pranzare assieme a lui e volevo in qualche modo conoscerlo meglio. Guardandolo da vicino avevo scoperto che faceva parte di un club interessato alla chimica, insieme ad un'altra ragazza oltre lui, nessun altro iscritto e tutto ciò che facevano erano esperimenti in provetta di cui io non ne capivo la natura.
Era un pomeriggio come tanti, era arrivato il momento delle nuove selezioni per rimpiazzare i ragazzi andati via l’anno prima. Era una cosa noiosa, restare li tutto il pomeriggio e osservare chi potesse essere il migliore, non amavo giudicare il prossimo e decidere certe cose: chi meritava e chi no.
Visti i traguardi raggiungi dalla squadra l’anno prima, il club di calcio era quello più seguito e la richiesta di iscrizione fu abbondante. Quel pomeriggio si presentarono come minimo una cinquantina di ragazzi col desiderio di entrare a far parte del team e la cosa mi avvilì. L’unico ad esserne felice era il mister, un uomo brizzolato sulla quarantina.
“C’è il pienone! Proprio come avevo previsto!” esultò infatti guardando l’enorme gruppo di ragazzi.
Io e Take gettammo un occhio verso di loro, ci scambiammo un occhiata annoiata sapendo che ci sarebbe voluta una vita per giudicare tutti loro, ma al vecchio questo non interessava visto il budget alto che avevamo ottenuto quell'anno.
“E’ ovvio che ce ne siamo così tanti, tutti vogliono essere come Tomomi-senpai!” dal nulla apparve Edo, con la sua lista di nominativi e lo sguardo da invasato rivolto verso di me.
Take ridacchiò “Questo ragazzo è innamorato di te.”
“Smettila non è divertente, inizia a farmi seriamente paura” gettai un’altra occhiata verso il numero enorme di ragazzi venuti per il provino, “l’anno scorso eravamo pochissimi e guarda ora, sembra la nuova moda.”
“La nostra squadra è la più citata nei giornali scolastici, e il tuo nome è sulla bocca di tutti. Tutte le scuole delle prefetture vicine sanno del prodigio che porta avanti la Kuromiya.”
“Prodigio eh.”
Non mi sentivo come tale. Tutto ciò che avevo fatto era stato giocare, allenarmi e dare tutto me stesso nelle partite. Mi ero impegnato, avevo dato tutto ed era andata bene. Forse dovevo godermi quella piccola gloria, vivermi il momento ma l’idea che il mio nome fosse sulla bocca di tutti non mi rendeva felice, non facevano altro che fomentare ancora di più un prodigio che loro avevano creato e non io.
“Tomomi vieni qui!” mi chiamò il mister. Lo affiancai, sapendo perfettamente cosa mi avrebbe chiesto di fare, non ero nessuno per decidere chi era forte e chi no, ma a quell’uomo poco importava. “Ragazzo mio oggi formeremo una squadra formidabile che ci aiuterà a vincere prima la gara tra le prefetture e poi le nazionali, ma ho bisogno del tuo aiuto, dovrai giudicare con me chi secondo te ha talento.”
Sospirai “Mister le ho detto mille volte che non si può decidere chi ha il talento e chi no, non spetta a me farlo e nemmeno a lei in tutta franchezza.”
“Sisi è come dici” afferrò un grosso megafono “OK! RIUNITEVI TUTTI STIAMO PER COMINCIARE CON LE SELEZIONI, A GIUDICARE LA VOSTRA PRESTAZIONE SAREMO IO E TOMOMI REN.”
Al suono del mio nome cominciò un chiacchiericcio e quasi tutti gli occhi furono puntati su di me. Non sapendo che fare, o come affrontare quella situazione imbarazzante decisi di sorridere e di salutare con un cenno di mano.
“IL NOSTRO MANAGER PASSERA’ TRA DI VOI E VI DARA’ UN NUMERO, QUANDO SARETE CHIAMATI DOVRETE GIOCARE PER 10 MINUTI CON UNO DEI NOSTRI RAGAZZI E NOI VI GIUDICHEREMO. SPERO DI NON RIPETERMI!” gridò, e un suono stridulo si sentì dal megafono.
Edo passò tra i ragazzi distribuendo degli adesivi con dei numeri, sorrideva a tutti fiero del suo compito. Il mister nel frattempo andò a sistemare le ultime cose, piazzò una grossa sedia a bordo campo, tanto da sembrarmi un trono e al suo fianco ne piazzò un altro per me. Era così imbarazzante tutto ciò.
“Take salvami da tutto questo...” commentai notando che il mio amico mi aveva raggiunto, e se la rideva di gusto..
“L’asso della squadra è forse a disagio?” rise.
Da lontano il mister chiamò chiaramente il mio nome e fui costretto a prendere posto, sotto le occhiate divertite di Take che decise di farmi diverse foto per prendermi in giro anche in futuro. Da parte mia lo maledicevo, mormoravo a bassa voce che lo avrei ucciso ma quest’ultimo continuò a scherzare così.
I provini ebbero inizio, uno dopo l’altro presero parte a quella scenetta organizzata. Molti erano negati, sembravano non aver mai calciato un pallone, mentre altri erano mediocri e pochi invece passabili. Passarono così due ore, guardando facce tutte uguali intimorite dal dover affrontare uno dei nostri e a mio parere quello non era il metodo migliore per far uscire il meglio di una persona. Era sbagliato.
Ad un certo puntò fu chiamato in campo il numero 44, e l’adesivo era sulla pettorina del ragazzo che il primo giorno si era presentato dicendomi che non vedeva l’ora di partecipare ai provini: Urie.
“Sono Urie Edojima, seconda sezione del II anno.”
Si presentò al mister e subito mi lanciò un occhiata strana facendomi l’occhiolino. La cosa mi lasciò spiazzato, da quel primo giorno non ci eravamo più rivolti la parola e ora come promesso stava tentando di entrare in squadra. Incuriosito dal personaggio, dai suoi modi, guardai il suo test con maggiore attenzione rispetto a quelli precedenti e con sorpresa si rivelò un vero talento riuscendo a togliere la palla ad uno dei nostri, e tirò in porta una vera bomba che andò a segno. Vedendo ciò il mister balzò giù dalla sua sedia felice di aver visto un tale spettacolo, così come si riempì di stupore la piccola platea che c’era intorno al campo.
Urie consapevole del suo talento sorrise compiaciuto e si passò una mano tra i capelli nocciola poi si rivolse ancora una volta verso di me ma stavolta mi mostrò un ghigno di scherno. Aggrottai la fronte, confuso del perché di un simile atteggiamento, lo guardai lasciare il campo sotto i complimenti di altri ragazzi e il mister che sembrava aver trovato un altra gemma preziosa. Qualcosa mi diceva che quel ragazzo sarebbe stato tutt altro che un piacevole acquisto.
Quell’interminabile pomeriggio ebbe fine, ci segnammo chi ci aveva colpito e in maniera onesta dovetti ammettere che Urie era il migliore in campo quel giorno, tuttavia la decisione finale sarebbe arrivata solo dal mister e per questo si doveva aspettare ancora qualche giorno.
Lasciato il campo, e raccolte le nostre cose io insieme a Yuuki e Take ci rifuggiamo in una piccola caffetteria della zona per fare il resoconto della giornata ma anche per distrarci un po’.
“Edojima mi preoccupa, è un attaccante che gioca da punta e potrebbe essere una minaccia per te Ren” osservò Take un po’ scontento del provino.
“Io l’ho trovato bravo” si inserì Yuuki che ne capiva molto poco di calcio.
“Zitto tu, qui si parla di cose serie! Che ne pensi Ren?”
“Niente.”
“COME NIENTE?!”
“E’ bravo Take, il migliore che c’era oggi a quei provini e se puo’ aiutare la squadra allora per me merita di entrare e di giocare anche come punta.”
Poggiai il mento su una mano, Take fu scontento delle mie parole e divenne rosso per l’irritazione, “Accidenti Ren ma che fine ha fatto il ragazzo che l’anno scorso voleva giocare a tutti i costi? Vorrei parlare con lui.”
“E’ stanco! Non ne può più di essere usato come l’immagine della squadra.”
“Sei il capitano!! E’ normale che tu sia l’immagine della squadra, senza di te non avremmo nemmeno vinto l’anno scorso. Hai faticato tanto per questa posizione da titolare e ora te ne lamenti.”
Yuuki ci osservò preoccupato che la cosa potesse sfociare in un litigio, e mentre il povero ragazzo cercava di calmarci, sia io che Take ci guardavamo dritti negli occhi, entrambi irritati per le parole dell’altro.
“Anche tu sei titolare eppure non devi beccarti nomignoli strani o il peso di scegliere chi merita di entrare in squadra e chi no. Io voglio giocare a calcio non diventare la Fiamma della Kuromiya!”
“E’ troppo tardi per questo quindi smettila di lamentarti della tua posizione e fa il tuo dovere di capitano.”
La discussione terminò così, con Take non aveva affatto capito cosa mi desse così fastidio. Era mio amico da anni, avevamo coltivato insieme la passione per il pallone ma ora sembrava non capire che quel mio amore lo stavano trasformando in qualcosa di quasi mediatico. Per pubblicizzare il club di calcio avevamo usato il mio nome, tutti non facevamo che guardarmi manco avessero Ronaldo davanti, era qualcosa che non mi piaceva.
Il giorno seguente, nella pausa del pranzo lasciai un po’ perdere il mio solito gioco con Nao, sentivo il bisogno di stare da solo e con Take ancora non riuscivo a parlarci visto il modo in cui mi aveva parlato. Lui la faceva facile, con chiunque parlavo ero un dio del pallone e non un ragazzo come tanti che voleva solamente giocare.
Quella faccenda mi rendeva nervoso tanto che non riuscii più a trattenermi, e lontano dall’edificio principale e da occhi indiscreti mi lasciai andare.
“AAAAAAAH!”
Gridai preso dall’esasperazione, e vedendo qualche sasso sparso qua e là caricai diverse volte per darvi un calcio per sfogare così l’irritazione che avevo. Tutte le piccole pietre volarono come razzi, lentamente cominciai a sentirmi meglio fino a stancarmi decidendo di fermarmi.
“L’ho detto che sei una capra che sa solo tirare calci.”
Quella voce familiare mi scosse e nel guardarmi alle spalle vi trovai Nao in piedi e severo, con i suoi occhiali e un libro sotto al braccio. L’ultima persona che avrei pensato di vedere.
“Non è il momento adesso...”
Con la mano indicò il piccolo edificio poco lontano da dove eravamo entrambi, non capii in quel momento.
“I tuoi dannati sassi arrivano fino al muro della biblioteca, se la smetti è meglio.”
Non mi ero reso conto della direzione che avevano preso, mi sentii uno stupido per aver fatto una cosa del genere, “Mi dispiace...” borbottai con poca voce.
Nao non aggiunse altro e andò via, in quel momento allora decisi di seguirlo e lo vidi entrare nell’edificio di prima, si aprì davanti a me una piccola biblioteca decadente senza custode, nessuno che vi andasse dentro e i vetri delle finestre rotti. Lo stato dell’interno poi era pietoso, sporco, foglie ovunque e gli scaffali gettati a terra con cataste di libri sparsi ovunque. Una tale visione mi lasciò basito.
“Questo posto è decadente.”
Raccolsi da terra uno dei libri e il suo stato era pietoso: le pagine erano consumate, la copertina distrutta.
“Non sorprendertene tanto.”
Nao sistemò un paio di libri su uno scaffale, “Perché è in questo stato. Eppure questa è la biblioteca scolastica, perché non ci viene nessuno?”
“Mancanza di fondi.”
“Impossibile. Proprio una settimana fa abbiamo avuto il budget più alto di tutti i tempi per il team, non è possibile che manchino i fondi.”
A quel punto, rispetto al suo fare mansueto Nao scattò e mi piombò addosso afferrandomi per il colletto della camicia. La sua forza fu tale da farmi mancare il fiato, mi spinse fino alla parete di quell’edificio, la testa contro i muro e i suoi che mi fissavano in cagnesco.
“Impossibile dici? Come potresti capirlo visto quanto sei stupido. E’ normale che abbiate avuto un budget tanto alto, visto che è stato tagliato a tutti gli altri club considerati inferiori. Si è dato priorità alla moda che tu hai lanciato.”
Sgranai gli occhi per tutto ciò, “N-non è vero...”
Nao mi rise in faccia “Ah no? Chiedilo allora al preside e agli altri idioti che l’hanno fatto” finalmente mi lasciò andare e il punto in cui mi aveva tenuto faceva male, “guardati bene intorno perchè tutto questo è a causa tua.”
Il numero di iscritti, l’enorme budget avuto aveva ridotto così quella biblioteca, e forse anche altri club erano ridotti all’osso, proprio come diceva Nao. Che magari mentisse? Non ne vedevo il motivo francamente, Nao era sempre duro nelle sue parole ma non sembrava essere un bugiardo e la cosa mi colpì al punto da farmi odiare ancora una volta ciò che avevo fatto, non ero più fiero di giocare a calcio se ciò doveva penalizzare altro. Quella era la prima volta che mi veniva messa davanti una dura verità.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo [5]

Tornato a casa non feci altro che rimuginare sulle parole di Nao. Nella testa non avevo altro che l’immagine di quella decadente biblioteca, dello stato in cui era tenuta. Nessuno che se ne preoccupasse, nessuno che ne conoscesse l’esistenza visto dove era ubicata, lontano dall’edificio principale e nascosta da diversi alberi.
Mi lasciai cadere sul letto, assorto da un chiodo fisso, dalla domanda che mi aveva accompagnato per tutto il tragitto di ritorno. Ero io la causa dell’aumento del budget, era per colpa mia se c’era stato un taglio così netto su altre cose scolastiche? Volevo credere che non fosse così, e nel rimettermi seduto guardai i diversi trofei conquistati nel corso degli anni, dalla prima volta che avevo calciato un pallone e avevo fatto parte di una squadra. In tutte quegli anni non mi ero mai chiesto se il mio successo avesse reso qualcun altro infelice. Arrivai a chiedermi se anche alle medie fosse capitata una cosa del genere.
Una mano bussò alla porta e subito dopo vi entrò un uomo dai folti baffi rossicci, i capelli ricci dello stesso colore e gli occhioni nocciola,“Oh sei casa Ren, non ti ho nemmeno sentito entrare.”
“Scusami pa’ ma avevo un po’ di mal di testa.”
“Ti sta stancando molto il ruolo di capitano? Mi raccomando non lasciare indietro lo studio.”
Sorrisi, “Certo, sta tranquillo.”
“Eccolo il mio campione” mi fece l’occhiolino, “ti chiamo dopo per la cena.”
Chiuse la porta dietro di se e potei smettere con quel sorriso finto. La verità era che mi sentivo stanco, ma la cosa non era per il calcio ma per tutto ciò che vi era intorno e quelle settimane stavano diventando un incubo, anche se non era proprio da me lasciarmi affliggere in quel modo. Ma c’era qualcosa che potevo fare? Ci ragionai a lungo, in cerca di una soluzione.
Il lunedì seguente, visto che ancora non parlavo con Take, e Yuuki era sempre insieme a lui decisi di chiedere un consiglio all’unica persona da cui non sarei dovuto andare. Ormai conoscevo i suoi spostamenti, la sua routine e quando arrivai davanti al laboratorio di scienze mi salì il cuore in gola, non avevo mai messo piede in quell’aula e un po’ mi salì l’ansia su cosa avrei potuto trovarci dentro.
Fui sul punto di bussare quando la porta si spalancò e comparve davanti a me una ragazzetta occhialuta dai capelli corti neri, la frangia folta e gli occhi invisibili coperti dalle spesse lenti. Fu sorpresa di vedermi li davanti, e sistemandosi gli occhiali sul naso mi scrutò con attenzione.
“Posso aiutarti?”
Sfoderai un ampio sorriso amichevole “Piacere di conoscerti sono Ren Tomomi, sto cercando un mio amico.”
La ragazza sobbalzò nel sentire il mio nome “Tomomi?!” La scavalcai e guardando all’interno dell’aula vidi la persona che cercavo. Nao indossava un camice bianco e delle lenti trasparenti, aveva un aria così concentrata che vederlo così fu una novità, era qualcosa di nuovo che potevo ammirare di lui.
“Scusami ma non puoi entrare senza autorizzazione!”
“Eh? E chi dovrebbe darmela questa autorizzazione.”
La ragazza si ammutolì di colpo non sapendo che dire e divenne rossa, “Comunque non puoi restare!”
“Voglio solo parlare con Nao.”
La ragazza spalancò la bocca, gettò un occhiata verso il compagno alle spalle. Nel frattempo la vena sulla tempia di Nao si era gonfiata, continuava a mantenere la sua concentrazione ma il baccano che stavamo facendo lo stava chiaramente irritando, al punto che l’esperimento che stava portando fallì miseramente in una nuvola di fumo scuro. A quel punto Nao si sfilò via gli occhiali e schioccò la lingua rivolgendosi finalmente verso di noi.
“Come sapevi che ero qui?” mi domandò severo.
“Non sono così difficili da memorizzare i tuoi spostamenti” ridacchiai nervoso.
Nao mi fissò disgustato, “Credevo di averti spaventato abbastanza la settimana scorsa, eppure sei di nuovo qui”, tornò al suo banchetto da piccolo chimico e cominciò a ripulire.
“Spaventato no, ma le tue parole mi hanno parecchio scosso.”
“Era quella l’intenzione ma non ha funzionato.”
Gettai un’altra occhiata verso la ragazza alle nostre spalle, ci fissava basita con la bocca spalancata. Non capii il perché di tanto stupore, mentre Nao per quella reazione si innervosì il doppio.
“Momoka chiudi quella bocca prima che ci entrino delle mosche!” esclamò spaventandola, “E tu sparisci da qui, non è posto per te questo.”
Sbuffai per la solita frase che mi rifilava, sempre la stessa cosa. Nessuno dei suoi posti era per me, sembrava che dovessi essere vincolato solamente al campo da calcio.
“Nao! Ho pensato a lungo a quello che hai detto e non lo trovo giusto” cominciai a dire inseguendolo per tutta l’aula mentre cercava cose a caso per sfuggirmi, “non è giusto che taglino i fondi ai club più piccoli.”
“Sisi tutto molto interessante. Momoka! Dove diavolo è il mio libro?”
La ragazza scattò come un soldato alla ricerca del libro perduto, anche Nao continuava a cercarlo mentre lo seguivo come un cagnolino da tutte le parti sperando che il mio messaggio gli arrivasse.
“Allora ho iniziato a pensare a cosa fare. Bisogna riportare le cose alla pari, tutti devono essere felici e allo stesso livello, credo che questa sia la cosa giusta da fare!”
Finalmente Nao parve placarsi un po’, mi rivolse un occhiata più calma rispetto a prima. La mia speranza era che non rispondesse come suo solito con insulti.
“Sei veramente stupido.”
Troppo tardi... “Oh andiamo, è tutto quello che sai dirmi? Solo stupido e capra?”
Nao mi venne abbastanza vicino da parlare per la seconda volta faccia a faccia, mi guardò dall’alto e un po’ quella differenza di altezza di pochi centimetri mi fece sentire un nano.
“Parli come uno sciocco ecco perché lo dico. Riportare le cose alla pari tsk, non sei nè il preside nè un docente e la tua parola vale meno di zero.”
Cominciò ad irritarmi il suo modo di parlare, prima mi lanciava addosso una simile verità e ora mi diceva che non potevo fare nulla per cambiare le cose.
“Nao-san?”
Nao si voltò di scatto verso la ragazza con una faccia terribile “Che c’è?”
La ragazza sussultò impaurita “H-ho trovato il libro...” e glielo porse tremando.
“Incredibile, hai terrorizzato questa povera ragazza con i tuoi pessimi modi.”
La vena sulla testa si gonfiò di nuovo “Sparisci di qui e forse i miei modi miglioreranno.”
Vi rinunciai. Ero andato da lui in cerca di un consiglio, convinto che forse almeno in ciò mi avrebbe appoggiato e magari chissà, ci saremmo trovati almeno in qualcosa ma da parte sua c’era proprio un muro nei suoi confronti così decisi di andare via, deluso di non essere riuscito a dirgli del mio piano.
Il pomeriggio il mister annunciò finalmente i nuovi ingressi e tra questi c’era appunto Urie, poco sorpreso della cosa. Fin da subito ricevette un caloroso benvenuto da tutti gli altri compagni, ma in particolare cercò proprio me con gli occhi e mi si avvicinò non appena mi vide.
“Quindi saremo compagni di squadra da oggi in poi” disse sorridendomi col suo fare duro.
“Benvenuto nella Kuromiya”
Sorrisi dimostrandomi un capitano anche nelle piccole cose e cercai di stringergli la mano ma in tutta risposta Urie la guardò semplicemente con fare divertito. Piuttosto che stringerla avvicinò il suo viso al mio, puntando all’orecchio.
“Il ruolo di punta centrale è solo uno, sappi che non ho intenzione di restare in panchina a lungo” sussurrò con un filo di voce, nelle sue parole c’era quasi il suono di una minaccia.
Proprio come aveva detto Take quel ragazzo aveva intenzione di prendere il mio posto da titolare e la cosa non mi andava giù. Poteva prendersi il ruolo di capitano, di stella della scuola ma non avrebbe mai giocato al mio posto. Quando Urie si allontanò da me si congedò con un ghigno, sapevo che le cose da lì in poi sarebbero state difficili.
Di colpo avevo due pesi addosso, da una parte la storia del budget e dall’altra Urie che voleva fregarmi il posto da titolare. In più Take non mi parlava, e Nao non faceva che trattarmi male.
Terminato il pomeriggio di allentamento, e uscito dallo spogliatoio trovai il piccolo Yuuki che mi stava aspettando. Vederlo li mi rese felice e gli andai incontro con un ritrovato entusiasmo.
“Pensavo fossi con Take” gli dissi una volta raggiunto.
Scosse la testa “Sono venuto a vedere come stai, è da qualche giorno che non ti sento.”
“Sto bene, tutto come al solito. Take sta bene?”
Yuuki sorrise nel sentirmelo chiedere, “Se ti importa così tanto di lui perché non vai a farci pace?”
“Lui non mi capisce.”
“Ti sbagli Ren, forse è l’unico che ti capisce qui ma vuole spronarti a non abbandonare tutto ciò che hai faticosamente conquistato. E’ preoccupato per te.”
“Lo so..” sospirai.
“Parlaci, non credo sia ancora arrabbiato ma sta aspettando che sia tu a fare la prima mossa, lo sai com’è fatto” ridacchiò facendo riferimento allo smisurato orgoglio del nostro amico.
“Lo farò.”
Lo salutai e corse via con la sua borsa stretta nella mano. Non era un angelo solo di viso, ma anche nei modi. Era l’anello che ci teneva uniti, che rimediava ai litigi miei e di Take, ci faceva ragionare e sebbene spesso sembrasse sulle nuvole, o estraniato dai nostri discorsi era l’unico realmente attento ai comportanti di tutti.
Una volta parlato con Yuuki mi resi conto di aver esagerato. Take aveva sempre cercato di aiutarmi, aveva tifato per me dal primo momento ed era stato sempre il primo a festeggiare il mio esordio da capitano e tutto il successo di dopo. Mi accorsi di essere l’unico ad aver sbagliato.
Decisi di andarlo a cercare, sapevo che dopo ogni allenamento restava per sistemare il campo e rimettere tutto in ordine. Proprio come al solito lo trovai in giro a raccattare palloni sparsi un po’ ovunque. La visione di lui così attento alle cose mi fece sorridere.
“Non dovresti fare da solo questo lavoraccio” mi avvicinai raccogliendo un pallone.
Take mi fissò senza sorprendersi della mia presenza, “Cosa vuoi. Pensavo fossi andato a casa.”
“Mi dispiace per l’altra volta, ho esagerato. Sono il solito stupido, tu cercavi solo di consigliarmi.”
Take posò l’ultimo pallone nel cesto e si raddrizzò sbuffando.
“Ren a volte non ti capisco proprio. In questo ultimo periodo sei stato strano, cerco di capire il perché e mi urli contro. Lo so bene che la posizione che ora hai non è quella per cui hai tanto lavorato negli anni, ma in questo c’è anche del positivo no? Puoi cambiare le cose, fare la differenza proprio perché ora il tuo nome è pronunciato da chiunque.”
“Aspetta.. come hai detto?”
Take inarcò un sopracciglio “Ho detto che puoi fare la differenza e cambiare le cose proprio perché ora sei qualcuno per tutti.”
Quella realtà mi riempì di una grande gioia, sul mio volto comparve il sorriso più grande di tutti i tempi. Cominciai a saltellare sul posto come un coniglio, mi gettai letteralmente al collo di Take abbracciandolo per quelle sue parole. Era il consiglio che cercavo, ciò di cui avevo veramente bisogno anche se lui non capì il perché della mia reazione così esagerata ma non mi respinse, piuttosto mi accarezzò la testa sopportando la mia troppa energia.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo [6]

Take rappresentava la svolta, ora sapevo che cosa dovevo fare. Per la prima vedevo le cose in modo diverso e non consideravo più un male il fatto che tutti sapessero chi ero.
Il giorno seguente mi recai nuovamente nel laboratorio di scienze, vi trovai ancora la piccola Momoka che nel rivedermi sbiancò. Le passai accanto salutandola e andai spedito verso Nao che se ne stava seduto in fondo all’aula tutto intento a scrivere degli appunti, non notando che ero entrato.
Afferrai rapidamente una sedia e mi avvicinai alla sua, poggiai i gomiti sullo schienale porgendogli la mia faccia con un sorrisone.
“So come cambiare le cose!” esclamai felice.
Nao finalmente si accorse della mia presenza, lasciò cadere la penna e roteò gli occhi al cielo. La cosa mi divertì sapendo quanto odiasse essere disturbato in quel modo, ma non mi arrendevo.
“Non riesci proprio a sparire del tutto eh?”
Ridacchiai “No, ma senti qua. E’ come dicevi tu, io non sono il preside nè un docente..”
“Questo è poco ma sicuro.”
“Sì ma sono la capra che tira calci ai palloni no? E il più alto budget è stato dato al mio club proprio per causa mia.”
Nao parve seccato, “Queste cose le ho dette io cento volte e sono ora le stai capendo?”
Ignorai i suoi commenti velenosi, “Se è a causa mia che altri club sono stati lasciati da parte, allora io stesso posso cambiare le cose. Farò notare a tutti cosa è successo, porterò alla luce questa discriminazione, voglio indagare attentamente per capire quali altri danni sono stati fatti oltre alla biblioteca.”
Anche Momoka ascoltò il discorso con attenzione, “Se Tomomi-senpai parlerà la scuola lo ascolterà perché è la stella del calcio” commentò inserendosi nel discorso.
Scattai in piedi e andai verso di lei afferrandole le mani “Esatto Momoka! Così le cose si sistemeranno.” La ragazza impaurita cominciò a sudare, lo percepii dalle mani. Vidi Nao toccarsi le tempie, si tolse gli occhiali poggiandoli sul banco davanti a se. “Che ne pensi Nao?”
“Perché cerchi disperatamente la mia approvazione, non capisco.”
“Come perché.. siamo amici, ecco perche” gli sorrisi gentilmente e la reazione di Nao fu di largo stupore, per un secondo sgranò gli occhi mostrando un emozione diversa dalle sue solite ma subito tornò in se, poggiò la testa su una mano e guardò altrove ignorandomi.
Cominciavo a capire cosa dovevo fare. La prima mossa era capire che altri disastri avevano creato, se c’era qualche altro club che cadeva a pezzi. A giudicare dalle due volte che ero stato nell’aula di scienze, avevo potuto notare che anche li mancavano diverse cose e le condizioni di ogni attrezzatura era pessima. Cominciai a capire che era tutta la scuola a soffrirne.
Quel giorno stesso informai anche Cho, Take e Yuuki, cercando il loro appoggio che non tardò ad arrivare. Cho stessa mi riferì che anche il teatro era in condizioni pietose, e che non vi erano stati investimenti negli ultimi due anni, mentre Yuuki mi confidò il club dei libri era senza iscritti per mancata pubblicità. La situazione era un po’ uguale ovunque.
“Da quanto ne so, il club del nuoto ha ricevuto una bella somma quest’anno, così anche il club del baseball. Non è solo quello di calcio ad averci guadagnato” riferì Take ad un certo punto.
“Sembra che mettano davanti i club riguardanti gli sport.”
Cho prese in mano una lista, “C’è anche da dire che hanno bisogno di più attrezzature e sono nettamente superiori per quanto riguarda il numero di iscrizioni.”
“Si è vero ma non è giusto che mandino avanti solo questi club. Ho visto le condizioni della biblioteca e dell’aula di scienza, non si investe niente in ciò e non va bene.”
Take mi fissò “E come ci sei arrivato in quei posti?”
Ridacchiai “Lunga storia che poi ti spiegherò promesso! Per prima cosa voglio visitare anche le sedi degli altri club, voglio capire un po’ com’è la situazione in generale.”
Cho mostrò una smorfia, “Non sarai il benvenuto Ren, molti incolpano i successi della squadra di calcio se ora i nostri club stanno lentamente morendo. Nessuno li tutela.”
“Andrà bene non ti preoccupare!”
Il pomeriggio seguente mi assentai agli allenamenti, deciso più che mai a visitare il club degli scacchi. Non sapevo neppure che ce ne fosse uno nell’edificio, vista la scarsa pubblicità che se ne faceva. Ma prima di andarvi decisi di passare nell’aula di scienze, dove come sempre trovai una Momoka eternamente sorpresa quando mi vedeva arrivare, mentre Nao ormai era rassegnato alla cosa.
“Fammi indovinare, è ancora per quella storia del cambiare le cose” disse sarcastico.
“Sto andando al club degli scacchi, vuoi accompagnarmi? La mia presenza forse non sarà apprezzata ma se vedono te andrà meglio.”
Lasciò scappare un sospiro profondo, “Solo se mi lasci in pace da domani.”
Mi illuminai, era la prima volta che mi abbozzava un sì. Glielo promisi ma era una promessa che sicuramente non avrei mantenuto, e con l’inganno lo convinsi a seguirmi fino al club citato prima.
Seguii attentamente le indicazioni raccolte per trovare la loro sede, non credevo che l’edificio scolastico fosse così grosso. C’era da sperdersi li dentro, e dietro di me c’era Nao che si guardava in giro incuriosito da quella nuova parte della nostra scuola.
“Ecco dovrebbe essere qui” dissi indicando l’unica porta in quel corridoio.
Nao mi affiancò e guardò le ragnatele ai bordi del corridoio, la porta mal messa e la cornice rovinata.
“Solo per curiosità, una volta dentro cosa hai intenzione di dire? Ti cacceranno a calci.”
Sorrisi, “E’ possibile ma dobbiamo comunque tentare no?”
La sua risposta al mio entusiasmo fu di disgusto per tutta quella mia positività. Senza più perdere tempo feci la prima mossa e bussai alla porta aspettandomi qualsiasi cosa. Passarono alcuni secondi e non sentimmo alcun rumore provenire dall’interno, tanto che avvicinai l’orecchio per sentire qualcosa.
“Non capisco... questo club è ancora attivo, quindi dovrebbe esserci qualcuno.”
“Forse sono morti e nessuno lo sa.”
Ignorai il suo commento cattivo, bussai ancora una volta e chiedendo scusa provai ad aprire la porta. Lentamente mi affacciai all’interno dell’aula e fui investito da una puzza tremenda di polvere e muffa, tanto che fui costretto a coprirmi il naso una volta dentro.
Passato l’impatto, notai che dentro c’era effettivamente qualcuno. C’erano due ragazzi riversati su un banchetto, davanti a loro c'era una scacchiera. Sussultai davanti a quella scena.
“Sono morti davvero!” esclamai.
“Non dire sciocchezze. Ehi!” Nao mi superò mentre con un fazzoletto si era coperto il naso, gridò nelle orecchie di uno dei due poverini. Il ragazzo sussultò, davanti a ciò lasciai scappare un sospiro di sollievo.
Sollevò la testa il ragazzo rivelando un viso anonimo, pallido e nascosto da spessi occhiali. I capelli neri e ricci gli davano l’aria di un otaku o qualcosa del genere. Non aspettandosi delle visite ci fissò attentamente, forse credendo in un allucinazione si pulì gli occhiali.
“Kaito abbiamo visite!” esclamò incredulo ancora assopito sul banchetto.
Anche l’amico, un ragazzo grassottello dai capelli castani e gli occhi piccini, si ricompose guardandoci confuso, ancora assonnato.
Nao guardò entrambi con riluttanza e mi lanciò un occhiata.
“Piacere di conoscervi! Io sono Ren Tomomi, avete proprio un bel club” sorrisi amichevolmente per rompere il ghiaccio ma la reazione fu opposta, dopo la mia presentazione avvertii un brivido di desolazione, tutto piombò nel più assoluto silenzio.
Nao vedendo che non andava scosse la testa esasperato, “Avete un nome si o no?” domandò.
Il quattrocchi ascoltò la domanda e si diede una svegliata, “Oh certo, mi chiamo Rio Kamada, piacere. E lui è Kaito Omura, siete qui per iscrivervi al club?”
“Ehm no..” risposi un po’ in imbarazzo, “veramente siamo qui per vedere con i nostri occhi le condizioni del vostro club, quindi prego illuminatici. Siete soddisfatti di ciò che avete?”
Rio e Kaito si lanciarono un occhiata confusa, poi si fece avanti il più grassottello “Siete del comitato studentesco? Vi aspettavamo mesi fa.”
“Ehm no non siamo del comitato...”
Poi Rio sembrò aver avuto un illuminazione dopo avermi fissato per un po’, sgranò gli occhi iniziando a sudare “Ma tu sei la Fiamma della Kuromiya!” esclamò stupito.
Non sapevo che dire, sorrisi imbarazzato per quel nomignolo odioso “Sì, sono effettivamente io.”
“Incredibile il capitano della squadra di calcio qui con noi, e tu invece sei...” Kaito si rivolse verso Nao.
“Un anonimo studente come te” puntualizzò Nao con le braccia incrociate contro il petto.
“Lasciamo perdere questi dettagli! Sono venuto qui per una ricerca su campo, voglio sapere tutto ciò che pensate della divisione dei budget annuali, delle condizioni del vostro club e dei suoi iscritti.”
Rio indicò l’aula con un espressione priva di emozione, “E’ tutto come lo vedi in verità, noi siamo gli unici due iscritti e fondatori del club. Qui non viene mai nessuno, l’aula è troppo isolata dai corridoi principali, abbiamo poca pubblicità e sembra che gli scacchi ormai siano fuori moda.”
Gettai una rapida occhiata verso la stanza, non sembrava affatto un club ma una normale aula usata per ritrovarsi. Non c’erano tante scacchiere a parte due o tre, molti banchi erano rovinati e messi da parte. C’era un armadio a muro con le ante rotte, molte sedie erano senza schienale e la condizione stessa delle scacchiere era pietosa.
“Il comitato non ha fatto nulla?” domandai perplesso da tutto ciò.
“Abbiamo scritto una lettera mettendo in chiaro le condizioni del club e il rischio del suo fallimento ma non essendo tra i club più richiesti della scuola non ci hanno nemmeno considerato” spiegò Rio con un po’ di tristezza, “anzi pensavamo che voi foste del comitato scolastico e per un momento ho sperato che ci avessero ascoltato.”
“Contento ora?” si intromise Nao dopo la spiegazione.
Ignorai la domanda pungente, cominciai a girare per l’aula preso dalla tristezza che ci fosse un simile stato di abbandono. Sentivo che da solo non potevo cambiare le cose, la voce di una sola persona non bastava per smuovere le cose ma era pur sempre un inizio.
“Rion, Kaito ascoltate, io non ho mai giocato a scacchi, che dite volete insegnarmelo?” sorrisi. I due ragazzi mi fissarono perplessi non capendo quella improvvisa richiesta. Sotto gli sguardi dei tre presenti mi accomodai davanti alla scacchiera, osservai la cosa incuriosito. “Che fai Nao, vuoi giocare con me?”
“Passo.”
Non mi stupì la sua risposta. A quel punto sia Rio che Kaito mi si avvicinarono, quest’ultimo prese posto come mio avversario e con molta pazienza e particolare attenzione iniziarono a spiegarmi un po’ le regole.
Fu un pomeriggio piacevole, partì anche qualche risata nel vedere quanto fossi negato verso quel gioco di strategia. Kaito riuscì a battermi tre o quattro volte, si esaltò molto di essere riuscito a sconfiggere l’asso della Kuromiya e finalmente si lasciarono un po’ andare, iniziarono a parlare di più. Erano due ragazzi squisiti, un po’ impacciati ma amavano il loro club e gli scacchi e me lo dimostrarono nelle strategie, nelle regole, e nei racconti storici che iniziarono a farmi.
Nel frattempo Nao si era seduto lontano da noi, in silenzio aveva osservato tutto senza più dire una parola. Ogni volta che avevo tentato di renderlo partecipe mi aveva risposto con un sonoro no.
Le ore trascorsero velocemente e la stanza si colorò di risate e battute. Giocammo tutti e tre, scambiandoci le turnazioni e organizzando dei mini tornei, quando poi arrivò il momento di andare provai un senso di tristezza ma sarei tornato sicuramente a trovarli.
“Grazie di avermi insegnato questo gioco. E’ davvero divertente!”
Rio e Kaito erano sulla soglia del loro club e ci stavano salutando, “Ci siamo divertiti anche noi. Torna presto a trovarci Ren” disse Rio con un sorriso sistemandosi gli occhiali.
“Anche tu Nao” disse invece Kaito.
Nao annuì e abbozzò un sorriso. Una volta fatti i saluti ci separammo, stando li dentro non mi ero accorto che era già sera ormai e dalle finestre il sole era già tramontato.
“E’ un peccato che un club del genere sia trattato in questo modo, non trovi?” dissi stiracchiandomi mentre percorrevamo l’ampio corridoio per tornare indietro.
“Ora sei soddisfatto? Hai regalato un gioia a quei due, ora puoi sentirti in pace.”
Ridacchiai “Oh ma questo non mi basta. Da domani le cose inizieranno a cambiare.”
Nao parve non capirmi e mi fissò corrucciando la fronte. Amavo quella sua espressione, quel suo tipico broncio mi faceva sempre sorridere. Magari non era espansivo, non mi avrebbe mai chiamato per nome, ma andava bene così. Gli avrei dimostrato che potevamo essere amici, che potevamo essere più simili di come lui credeva, volevo abbattere le differenze che c’erano.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo [7]

Il pomeriggio seguente sapevo di dover affrontare un discorso con i miei compagni di squadra, facendo attenzione al mister. Dovevo far sì che la realtà delle cose fosse chiara a tutti, dovevo permettere anche a loro di prendere una decisione, non potevo obbligarli visto che il budget della squadra non era solo mio.
Dopo gli allenamenti chiesi a tutti gli riunirsi nello spogliatoio, erano presenti tutti i miei compagni comprese le riverse e i nuovi membri. Tutti erano confusi, non capivano del perché di quella improvvisa richiesta da parte del loro capitano, l’unico che ne era a conoscenza era Take che mi appoggiava.
“Grazie di essere rimasti un altro po’ ragazzi, cercherò di essere il più sintetico possibile.”
I ragazzi mi sorrisero, uno di loro mi fece l’occhiolino “Siamo con te Ren lo sai!” disse uno. Tra di loro c’era anche Urie, che in poco tempo si era già perfettamente amalgamato con la squadra, facendosi apprezzare come persona e atleta.
“So bene che non dovrei fare questo discorso, e nemmeno mettervi davanti a questa decisione perché infondo questi sono soldi che ci siamo meritati per tutto il nostro duro lavoro” presi fiato assicurandomi di avere la loro completa attenzione, così proseguii “come sapete il budget di quest’anno è molto alto, il più alto mai registrato negli ultimi anni.”
“Sii! Siamo i migliori per questo!” gridò uno dei ragazzi, raccogliendo i ruggiti degli altri.
“Anch’io come voi ero felice all’inizio ma poi, guardandomi intorno mi sono accorto che da qualche parte quei soldi sono stati presi. La scuola ha tagliato i budget dei club minori, al teatro, all’aula di scienze, e chissà quante altre attività ne hanno risentito perché tutti i soldi sono stati dati a noi. Ognuno di noi ha un amico che fa altro, nel mio caso Yuuki fa parte del club di lettura e la biblioteca è abbandonata, Cho la nostra vecchia manager invece non può recitare perché il teatro cade a pezzi.”
L’entusiasmo di prima svanì di colpo davanti a quella rivelazione. Sentivo che in qualche modo avevo colto la loro sensibilità, forse sarei riuscito ad ottenere il permesso che volevo.
“E allora?” si intromise di colpo Urie distruggendo quel silenzio, “Abbiamo il budget più alto e quindi? Mi sembra anche giusto no? Noi portiamo a casa trofei, pubblicità per la scuola mentre uno stupido club del libro cosa fa? E’ normale che diano priorità alle cose che contano davvero.”
Alcuni annuirono alle parole di Urie. Notai che sul suo volto si era dipinto un sorriso di soddisfazione, non capivo proprio cosa avesse di sbagliato quel ragazzo.
Take si mise in piedi e mi affiancò “E’ sbagliato invece. Non è giusto che la nostra passione debba essere coltivata mentre quella di un altro no, solo perché diversa e meno popolare. Ognuno ha il diritto di fare ciò che vuole e la scuola dovrebbe supportarlo.”
Mi stupirono le parole di Take, era esattamente il mio ragionamento e mi commosse molto notare che anche lui ci credeva quanto me. Gli sorrisi, e lui fece lo stesso lasciandomi spazio, feci un passo in avanti, raccolsi tutta la forza che avevo, indossai i panni del capitano e mi mostrai più duro.
“Ho deciso che il nostro budget aiuterà i club in difficoltà visto che il comitato studentesco non farà nulla. Voglio spendere questi soldi per le attrezzature che mancano, e voglio anche far in modo che tutti siano a conoscenza di questa situazione. La cosa deve partire da noi, se vogliamo che questo cambi dobbiamo essere i primi a metterci la faccia.”
“Ma Ren quei soldi sono nostri!” gridò uno infuriato, “Non puoi farlo quel budget è della squadra!”, esclamò un altro dando corda a quello di prima. Altri invece annuirono d’accordo con quello che avevo detto.
“Non toccherò tutto il denaro, lascerò intatta la somma che di solito ci è sempre stata data ma il resto aiuterà gli altri. Ho anche intenzione di usare i soldi dei nostri premi, e la mia borsa di studio se necessario.”
Take sussultò “Ren la borsa di studio ti serve per l’università, sei impazzito?”
“Tranquillo non arriverò a spenderla tutta, mi resterà sempre qualcosa. Allora che ne pensate?” mi rivolsi ancora una volta verso i miei compagni.
Urie, e altri quattro si alzarono in piedi dicendo di no mentre la maggioranza mi sorrise, erano d’accordo con quello che avevo detto. Molti di loro erano miei amici, fratelli, non solo compagni di squadra e il loro appoggio era sempre vivo, qualsiasi fosse l’occasione. I cinque che invece si erano opposti seguirono Urie fuori, infastiditi dalla cosa, e potevo immaginare che sarebbero andati a dire tutto al mister. Avevo poco tempo per mettere in ordine le cose prima che la fascia di capitano mi fosse tolta, dovevo fare presto.
Dopo quella riunione mi sentivo rinato, sentivo scorrere nelle vene una rinnovata energia. L’appoggio dei miei compagni fu fondamentale, e quando mi recai tutto contento nell’aula di scienze notai che fuori dalla porta c’erano due studenti con la fascia del comitato studentesco che parlavano animatamente con Nao.
“Ti abbiamo già avvisato un mese fa Fukuda, questo club non può avere solo due membri.”
Il più alto dei due stava rimproverando Nao, era un ragazzo alto, spalle larghe, capelli biondicci a caschetto. Gli occhi felini e azzurri, l’aria distaccata e un po’ altezzosa, mentre il suo compagno era più basso sul metro e sessanta, i capelli ricci e neri, le mani ricoperte di cerotti e una serie di fogli tra le mani. Se ne stava in disparte con l’aria disagiata mentre il più grosso inveiva contro Nao.
Nao tuttavia sembrava non lasciarsi intimorire, se ne stava sicuro e severo davanti alla porta, Momoka invece appena nascosta dietro la cornice dell’entrata intenta ad ascoltare.
“Non sono affari tuoi quanti siamo, non puoi chiudere l’aula di scienze.”
Il ragazzo biondo gli rise in faccia “Ho sempre ammirato la tua tenacia Fuduka Nao, hai portato avanti questo club anche se non sei il suo fondatore. Ma ti faccio presente che non puoi occupare inutilmente un aula, altre attività richiedono più spazio quindi mettiti il cuore in pace che presto o tardi dovrete sloggiare. Mahiro andiamo!” e l’altro scattò come un soldatino, seguendolo come un cagnolino.
Entrambi i membri del comitato studentesco attraversarono il corridoio dal lato opposto al mio, per fortuna non ci incontrammo. Quella scena mi aveva scombussolato, sembrava che il vero problema della scuola fosse proprio chi gestiva la cosa e non era nemmeno del tutto errato il loro ragionamento. Un club per esistere doveva avere come minimo quattro membri e un docente che se ne assumesse la responsabilità, oltre ai soldi c’era anche bisogno di iscritti.
Gettai ancora una volta un occhiata verso Nao, se ne stava rigido nel corridoio, i pugni serrati e la mascella contratta dalla rabbia. In quel momento sentivo che non era il caso di farmi vedere, avrei solamente peggiorato il suo umore e sicuramente ero l’ultima persona al mondo che voleva vedere.
Ero sul punto di tornarmene sui miei passi, quando notai che Momoka era uscita dall’aula con le sue cose e nel vedermi non ne sembrò stupita, anzi mi salutò con un cenno della testa e feci lo stesso.
Un po’ capivo la rabbia che aveva Nao, l’ingiustizia che stava vivendo. O forse volevo illudermi di capire le cose quando invece ero ben lontano dalla totale comprensione.
Raccolsi un po’ di coraggio e andai dritto verso l’aula, mi affacciai appena per vedere dove fosse e trovai Nao piegato a guardare attraverso un microscopio, solo, nel silenzio di quella stanza. Lo avevo sempre osservato da lontano, nella sua tranquillità, mentre magari leggeva, studiava oppure come ora era concentrato nelle sue cose, nel suo mondo che per me era ancora incognita perché non mi permetteva di entrarvi.
“Avevi detto che non saresti più venuto” senza accorgermene mi stava rivolgendo la parole, e i suoi occhi neri erano puntati su di me dal fondo della stanza.
“Scusa ma mentivo” ridacchiai entrando e andandogli incontro, “sei da solo oggi.”
“Momoka doveva tornare a casa prima.”
Nao tornò ad osservare il suo vetrino, mi avvicinai per scrutare meglio la cosa. Mi domandai cosa stesse guardando di così interessante, ero una vera frana in tutto ciò che era scientifico, ne capivo molto poco ma lui aveva l’aria di chi sapeva ogni cosa. Già in classe dimostrava continuamente quanto fosse bravo. Mi avvicinai un po’ incuriosito, e senza accorgermene avevo oltrepassato il limite concesso, a quel punto Nao sospirò seccato.
“Cosa vuoi oggi?!” esclamò esasperato.
Indietreggiai e gli sorrisi “Nulla, sono solo venuto a trovarti come sempre.”
“Sei peggio di una piattola. Non hai uno dei tuoi allenamenti?”
Scossi la testa “A proposito di questo, oggi ho riunito i ragazzi e ho raccontato loro della situazione degli altri club. Credo che questa cosa debba essere resta pubblica a tutti gli studenti in qualche modo.”
Nao spostò il vetrino e lo portò in alto per osservarlo meglio “Affascinante” rispose indifferente.
“Ho detto loro che vorrei usare il nostro budget per aiutare i club minori, se questo non bastasse userò anche i soldi vinti con i miei trofei, e quelli del gruppo. Ovviamente molti non erano d’accordo ma la maggioranza ha detto sì.” Finalmente le mie parole riuscirono a scuotere qualcosa in Nao, si fermò di colpo e mi rivolse un occhiata stupita. La cosa mi fece sorridere, ero contento di aver catturato la sua attenzione.
“Stai dicendo che vuoi spendere il tuo budget per altre persone?”
“Sì esatto, se vogliamo fare la differenza dobbiamo fare così.”
“Che idiota.”
Il mio entusiasmo si spense con l’ultima parola, mi sentii sconfitto. Nulla riusciva a stupirlo, sembrava non credere affatto in ciò che volevo fare, sembrava che mentissi per lui.
“Possibile che tu sappia solo chiamarmi così? Nao?”
“E’ quello che sei, ma sei vuoi tentare fa pure. Sono proprio curioso di vedere cosa farai.”
Mi diede le spalle mentre riordinava le varie cose da laboratorio. Osservai meglio l’aula e notai che anche li mancavano un sacco di attrezzature, e molte erano vecchie e consumate. Le manopole del fuoco non erano a norma, molte fiale erano rotte, o sporche e non c’era acqua dai vari lavandini. Mi accorsi che non dovevo andare troppo lontano per vedere che un po’ tutto andava in pezzi, e iniziai a chiedermi se solo i soldi del mio club bastassero per tutto quel lavoro, forse avrei dovuto davvero mettere in gioco la borsa di studio.
La settimana seguente cominciò il mio grosso progetto, al quale parteciparono quasi tutti i membri della squadra, compreso Yuuki e Cho che si misero a disposizione per darmi indicazioni, visto quanto ero ignorante in materia di libri e teatro.
Cominciai a stilare un lista delle cose più urgenti da fare, per prima cosa il teatro doveva essere rimesso a nuovo, serviva un nuovo tendone, dei costumi decenti, e un impianto di luci nuovo.
Prima di allora non ero mai stato davanti al nostro teatro, era la prima volta che lo vedevo dal vivo. Una struttura imponente ma non curata, ad accompagnarmi in quel primo giro furono Take, Yuuki, Cho già presente nel teatro e altri due compagni di squadra che avrebbero dato una mano.
Ci accolse un ragazzo dell’ultimo anno, il suo nome era Eiji Goiya, il responsabile del club. Un ragazzo magrolino, alto, dal naso a patata e i capelli cenere, mentre gli occhi erano piccoli e verdi.
“Benvenuto Ren Tomomi e anche a voi. Cho ci ha detto che volete aiutarci a rimettere in sesto il teatro.”
Strinsi la sua mano con cordialità “Sì, vogliamo aiutare se possiamo.”
Gli altri quattro membri del gruppo, a parte Cho, si tenevano a distanza da tutti noi. Se ne stavano in un angolo timorosi, e borbottavano cose che non riuscivo a capire. Take osservò la cosa un po’ confuso, si rivolse a me avvicinandosi al mio orecchio “Altro che attori, sembrano dei conigli impauriti.”
“Smettila. Siamo qui per aiutare, quindi cerchiamo di essere gentili” bisbigliai a bassa voce, “Allo cosa vi serve? Stiamo compilando una lista di cose da comprare, per il momento possiamo solo comprarvi le cose più urgenti.”
Eiji si illuminò “Basteranno! Non so proprio come ringraziarvi. Ragazzi venite a presentarvi su!” gli altri nel sentirsi chiamare sparirono dietro le quinte, scapparono letteralmente via.
“Wow altro che intonaco, qui c’è bisogno di uno psicologo” commentò ironico Take.
Ridacchiai cercando di nasconderlo con la mano, “Sarà più dura del previsto.”
La mia sensazione non era sbagliata. Un lavoro del genere si rivelò più difficile del previsto, e soprattutto stancante tanto che dovetti chiedere l’aiuto di altri compagni di squadra, i quali si prestarono volentieri ai lavori di restauro del teatro e in meno di tre giorni tutti impugnarono martello, pittura e chiodo.
Io oltre che occuparmi della spesa, dovevo anche adempiere al mio ruolo di capitano e fare in modo che il club di calcio andasse avanti senza problemi. Con l’aiuto di Take e Yuuki riuscii a gestire entrambe le cose, ero presente agli allenamenti della Kuromiya e nel frattempo Take mi rappresentava durante le operazioni di restauro.
Una parte del soldi furono usati per comprare delle nuove luci, un tendono rosso nuovo, trucchi e dei costumi decenti. Altre piccole spese le pagai di tasca mia con i soldi dei vari premi ottenuti in quei due anni come miglior giocatore singolo.
La notizia di ciò che stava accadendo volò di aula in aula, tutti i ragazzi cominciarono ad affacciarsi prima un po’ incuriositi e poi molti, divertiti dall’accoppiata di lavoratori che si era creata (da una parte giocatori di calcio e dall’altra attori timidi) cominciò a spingere molto volontari ad unirsi a noi. E un po’ tutti cominciarono a fare amicizia, alcuni miei compagni di squadra riuscirono a far sbloccare gli attori e questi molto lentamente smisero di nascondersi da noi.
“Non vedevo il teatro così pieno da due anni!” esclamò Eiji commosso e quasi inaspettatamente mi si catapultò addosso per un abbraccio che mi lasciò di sasso, ma fu piacevole. Take guardò la cosa disgustato e un po’ stranito.
“Sono felice di avervi aiutato..” dissi appena mentre venivo strangolato, e mentre Eiji mi dimostrava la sua gratitudine gettai un occhio in lontananza, verso le porte che davano sul teatro e notai che nel piccolo gruppetto di curiosi c’era un viso familiare, quello di Nao. Il fatto di vederlo li mi fece esplodere di gioia, tanto che mi liberai dalla presa del mio adulatore, e sotto gli occhi dei miei amici corsi verso quel gruppo in lontananza.
“Nao!” esclamai sventolando la mano. Nao in tutta risposta mi fissò con un espressione seria, non ricambiò il saluto e fece dietrofront per andarsene da dove era venuto. Tutta la mia gioia sparì di colpo, “Sempre il solito eh..” ridacchiai tra me.
“Conosci Nao Fukuda, Ren?” fu la domanda di Take una volta tornato dagli altri.
“Beh non proprio, diciamo che siamo conoscenti al momento.”
“Ma non vi ho mai visto nemmeno parlare, come vi siete conosciuti?” si intromise anche Yuuki curioso.
“Mi sono presentato io.”
Take sistemò uno scatolone accanto al palco “E perché mai? Quel tipo è uno strano, è nella nostra stessa classe e non ha mai rivolto la parola a nessuno.”
“Già” annuì anche Yuuki “io pensavo fosse muto.”
Scoppiai a ridere per quei loro giudizi, “Oh ma con me Nao parla. Anzi anche troppo, specialmente tutte le volte che tenta di cacciarmi via.”
“Hai dei gusti strani Ren fattelo dire, ti piace quel tipo?”
“Sì molto, voglio essergli amico.”
Take e Yuuki mi conoscevano bene, la mia risposta non li stupì affatto. Ero una persona determinata, portavo sempre a termine gli obiettivi che mi prefissavo, e sapevano bene quanto fossi testardo, se c’era qualcosa che volevo me la prendevo e basta. Era anche questo il motivo che mi spingeva a non cedere con Nao, ma c’era anche dell’altro, in lui c’era qualcosa che non sapevo spiegare, sentivo che c’era molto altro oltre a quel broncio. Volevo conoscerlo bene, abbattere quella sua corazza e far sì che mi chiamasse per nome.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo [8]

I lavori al teatro proseguirono per altre due settimane e tutto iniziava a prendere forma.
Alcune conoscenze, insieme ragazzi esperti in acustica contribuirono al nuovo impianto. Altri ragazzi aiutarono portando vestiti che non usavano più e che sarebbero diventati costumi, così come anche i fan di cosplay portarono delle parrucche. Lentamente tutti stavano partecipando e un po’ con la generosità e volontà di tutti non ci fu più bisogno di mettere mano al budget della squadra.
Tutti i giorni, prima di andare al teatro mi recavo nell’aula di scienze e mettevo al corrente Nao sulle novità. Lo tenevo aggiornato su tutti gli sviluppi, anche se lui mi rispondeva appena, o faceva tutt altro sentivo che un po’ mi stava ascoltando, qualcosa rispetto all’inizio stava cambiando. Aveva anche smesso di cacciarmi e le mie visite cominciarono a diventare all’ordine del giorno sia per lui, che per Momoka che sempre più spesso mi offriva del tè.
Era un giorno come tanti, chissà come riuscii a convincere Nao a seguirmi al teatro per vedere gli sviluppi. Forse riuscii a convincerlo solo perché lo stavo assillando da settimane.
“Vedrai, il nuovo impianto audio è fenomenale!” gli dissi mentre andavamo dagli altri.
“Si, me lo ripeti ogni dannato giorno” sbuffò annoiato.
Non appena entrammo nel teatro notai però c’era un misterioso silenzio. Rispetto al solito baccano notai fin da subito che c’era qualcosa di diverso e la causa di ciò era la presenza dei due membri del comitato studentesco che stavano parlando con Eiji e Cho.
Anche Nao si paralizzò di colpo e sul suo viso comparve una smorfia di odio. Subito mi tornò in mente la conversazione tra lui e quei due, sentivo che nulla di buono sarebbe venuto dal comitato.
Diversamente dalla prima volta non ebbi timore, tutto quel lavoro era frutto delle nostre forze, allora andai spedito verso di loro per sentire chiaramente la conversazione e Nao mi seguì a ruota.
“Forse non vi è chiaro ma non potete organizzare dei provini quando vi pare e piace. Ci sono dei periodi precisi per le iscrizioni, mi dispiace ma quest’anno non ci sarà alcuno spettacolo” li informò il solito ragazzo biondo particolarmente divertito da quella spiacevole notizia che stava dando loro.
Eiji e Cho erano bui, sapevano di non poter trasgredire alle regole. Lessi nelle loro espressioni quella stessa rabbia che avevo visto negli occhi di Nao oltre all’amarezza di non poter fare nulla.
“Andiamo Mahiro, qui abbiamo finito.”
Di nuovo come l’altra volta, il ragazzino come un cagnolino era pronto a seguirlo, ma fu allora che mi parai davanti al più grosso per bloccargli la fuga. Quest’ultimo si stupì di vedersi me faccia e faccia, ridacchiò per la cosa e si guardò intorno notando anche la presenza di Nao.
“Tu sei Ren Tomomi se non sbaglio. Cos’è hai sbagliato club?”
“Se dei ragazzi venissero qui di loro spontanea volontà per iscriversi al club di recitazione andrebbe bene no? Nessun provino, semplicemente dei ragazzi che vogliono farne parte.”
Il ragazzo biondo mi scrutò attentamente senza capire, poi sfoderò un ampio ghigno “Beh sì andrebbe bene, ma fidati ormai nessuno verrà ad iscriversi. E poi tu giochi a calcio, mi spieghi che ci fai qui? E per giunta in compagnia di Fukuda.”
Nao lo guardò in cagnesco.
“Pff, che bella accoppiata. Ti do un consiglio Tomomi evita di sprecare il tuo tempo con loro, sono club destinati a morire e non possono farci niente. La colpa non è loro, bensì dei ragazzi che non vogliono saperne di certe attività ” Tutti noi lo guardammo con disprezzo per quelle parole così crudeli, “Non guardatemi come se io fossi il cattivo, io devo solo dire le cose come stanno. Non basta un po’ di vernice e delle nuove tende per rendere un club popolare, mi spiace.”
Eiji e Cho sembravano consapevoli della cosa, così come gli altri attori si incupirono molto. Tutta la luce che era stata sprigionata nei giorni passati sembrò svanita di colpo e la cosa divertì non poco il membro del comitato studentesco. Nao invece, diversamente dagli altri era ancora furioso e non si lasciò abbattere dalle sue parole, così come nemmeno io.
“Ti sbagli!” dissi infatti all’improvviso spegnendo il suo divertimento, “Molti club non sono nemmeno conosciuti e altri non hanno dato ancora il loro massimo, vedrete che una volta sistemato i ragazzi verranno di loro spontanea volontà per chiedere di farne parte.”
Il bastardo scoppiò a ridere “Voglio proprio vedere. Mahiro andiamo!” l’altro ragazzo, minuto e tremante rispose seguendo il suo padrone, ed entrambi sparirono lasciando il teatro.
“Ti sei davvero uno stupido” commentò improvvisamente Nao severo.
Mi voltai per guardarlo “Perché mai?”
“Credi sul serio che un branco di ragazzi verrà qui spontaneamente per iscriversi? Non basta rimettere a nuovo una cosa per renderla interessante.”
Una mano mi sfiorò la spalla, era quella di Cho con uno sguardo spento “Nao ha ragione Ren, apprezziamo molto l’aiuto ma non possiamo cambiare le cose.”
“Vi sbagliate. Basterà semplicemente mostrare alle persone quanto sia divertente recitare.”
“Ti prego placati..”
Non avrei ascoltato nessuno, non accettavo che quella fosse la realtà delle cose. Se una cosa non va bene si puo’ cambiare, si puo’ sempre migliorare se lo si vuole, questa era la mia convinzione.
“Hyobe ci farà chiudere il teatro, ne sono sicuro” asserì Eiji improvvisamente sconfitto. Scoprii da lui il nome del membro del comitato studentesco.
“Non capisco, il comitato non è formato solo da due persone, dove sono gli altri tre membri?” domandai incuriosito che ancora non avessi visto in giro gli altri. Cho e Eiji si guardarono, quasi stupiti della mia domanda, “Che succede qui?!” riproposi la domanda con meno pazienza di prima.
“Hyobe è il vice presidente del comitato studentesco” intervenne Nao al posto degli altri due, “e da come hai potuto vedere Mahiro è un altro membro, ma manca di spina dorsale quindi tutte le decisioni sono prese solo da lui. Gli altri tre membri di cui parli non esistono, due di loro hanno lasciato a seguito di uno scandalo venuto a galla mesi fa mentre tu eri in giro con la tua squadretta di calcio.” Era la prima volta che sentivo quella storia, nè io, nè chiunque altro facesse parte del club di calcio sapeva nulla di tutta quella storia. Non mi ero mai veramente interessato alla politica della nostra scuola, o a chi doveva deciderne l’ordine. “Quello che una volta era il nostro rappresentante di istituto è sparito dalla circolazione subito dopo lo scandalo, troppo codardo e debole per affrontare la verità che era venuta a galla.”
“In pratica è Hyobe che detta legge ” osservai.
Nao annuì “Vedo che ci sei arrivato” sorrise bieco.
“Lo scandalo ha distrutto la credibilità del comitato studentesco, nessuno ha più avuto coraggio di candidarsi per i ruoli vacanti, e il mandato di Hyobe e Mahiro dura un anno” intervenne Cho con voce preoccupata per la situazione.
Mi resi conto che oltre al problema dei club c’era molto altro, il problema di fondo era che mancava una direzione scolastica. Nessuno rappresentava adeguatamente gli studenti, e ora iniziavo a capire perché nessuno aveva risposto alla lettera del club di scacchi.
Pagare, comprare nuove attrezzature non era sufficiente se non si risolveva il problema di base. C’era bisogno di un nuovo e degno rappresentate che non fosse Hyobe.
Da quel curioso giorno presi una decisione, io non potevo fare tanto ma avrei risollevato i club decadenti mettendo sotto gli occhi tutti la verità che da poco avevo scoperto. Da subito informai anche Yuki e Take, così come i miei compagni. A parte Yuki nessuno era a conoscenza della mancanza di un rappresentante, ne furono sconvolti quanto me e più che mai sentirono la necessità di mettersi al lavoro per aiutare gli studenti che non venivano ascoltati.
Di nostra iniziativa piazzammo un banchetto in uno dei corridoi principali dell’istituto, uno di quelli dove c’era maggiore affluenza di studenti e grazie all’aiuto di alcuni ragazzi bravi nel disegno collocammo un grosso cartellone con su scritto ‘Comitato di Aiuto per i Club in Difficoltà’. Fui fiero di quella iniziativa, andava contro tantissime regole e molto presto Hyobe si sarebbe accorto che qualcosa stava andando diversamente dalle regole che lui voleva far rispettare ma il mio obiettivo era proprio quello. Volevo dare voce a tutti, volevo che fossero gli studenti stessi a interessarsi di quella situazione.
Nei primi giorni nessuno venne a parlarci, nessuno si avvicinò al nostro banco. Nelle ore di pausa aspettavamo in vano alternandoci con altri nostri compagni di squadra, ma nessuno sembrava voler cogliere l’occasione, anzi ci fissavano incuriositi ma titubanti.
Era un giovedì come tanti, l’ennesima pausa pranzo in cui nessuno aveva intenzione di avvicinarsi e me ne stavo scoraggiato e irritato che nessuno volesse aiuto o dire la sua.
“Non ti arrendi proprio mh?”
Roteai appena gli occhi verso quella voce, e immediatamente sussultai nel vedere che era Nao. Tornai dritto e composto sulla mia sedia, un sorriso mi si stampò sul volto.
“Sei venuto a trovarmi Nao? Ti piace il cartellone? I ragazzi del gruppo di disegno sono davvero bravi.”
Nao gettò una rapida occhiata verso il cartellone ma la sua espressione critica non mutò, tornò a porre la sua attenzione su di me. “Dovresti smetterla con tutto questo, è stupido.”
Strinsi i pugni, non era proprio il momento di sentirmi dire la sua solita ramanzina da vecchio brontolone, non quando vedevo che nessuno voleva aiuto.
“Sei venuto qui solo per dirmi questo Nao? Solo per insultarmi?”
Fece spallucce “Ricambio per tutte le volte che sei venuto ad assillarmi.”
Sospirai lasciandomi cadere contro lo schienale della sedia, ero scoraggiato al massimo. “Dove sbaglio. Per il teatro sono venuti tanti ragazzi ad aiutare e ora nessuno. Perché.”
“E’ stato diverso per il teatro” ascoltai, e la sua frase attirò la mia attenzione. Nao rendendosene conto sembrò voler ritirare ogni parola, ma non lo fece e continuò “li non ha messo niente di tutta questa roba, cos’è questo banchetto e quel ridicolo cartellone” lo indicò con disgusto “nella restaurazione del teatro tutti si sono divertiti e gli studenti incuriositi si sono avvicinati spontaneamente.”
Spalancai gli occhi davanti a quella osservazione, in effetti era vero. Molti si erano offerti di aiutare, si era creata una bella atmosfera. Guardai Nao, era la prima volta che mi dava una sorta di consiglio o meglio una sua opinione su qualcosa che mi riguardasse. La cosa mi fece piacere e fece esplodere il mio solito sorrisone. Davanti ad esso Nao distolse lo sguardo chiaramente a disagio.
Sapevo cosa fare ora. Con l’aiuto degli amici, feci la stessa cosa fatta per il teatro, mi recai di club in club, feci la conoscenza dei loro membri e dopo un po’ di diffidenza iniziale offrii loro una mano. Passammo molti pomeriggi a sperimentare le loro attività. La volta più clamorosa fu quando l’intera squadra venne con me nel club di musica e cominciarono a suonare qualche strumento creando un baccano assurdo. Le risate e quel baccano attirarono l’attenzione di chi passava di li, e da un grosso casino cominciò a crearsi una melodia di strumenti e parole abbozzate, composta dai ragazzi del club e da noi. Fu divertente.
Nelle settimane seguenti andai a trovare altri club come quello di economia domestica, quello di disegno, e altri molto piccoli e particolari. Quando andai a trovare Yuki e il suo club di lettura costrinsi i miei compagni di squadra a leggere qualcosa, a tentare un approccio diverso e si dimostrarono rispettosi e silenziosi. Dopo una settimana erano i primi a voler confrontare le loro opinioni riguardo dei testi.
Nel giro di un mese la voce cominciò a girare, la notizia che i ragazzi della Kuromiya stavano passando di club in club per aiutare. Un po’ alla volta furono i rappresentanti di altri club a cercarci in cerca di supporto. Spendemmo gran parte del nostro budget per strumenti, e altri oggetti necessari. Arrivò anche il tempo per il club di scienze, e senza che Nao me lo chiedesse domandai a Momoka di cosa avessero bisogno, seguendo la sua lista comprai ogni cosa servisse. Quando Nao scoprì la cosa era troppo tardi, una mattina come tante si ritrovò l’aula completamente ridipinta, pulita e con nuove attrezzature. La sua faccia per una volta parve sconvolta, ma subito si mostrò furioso nei miei confronti, ma io ero ben lontano da lui e me la ridevo potendo immaginare cosa stesse borbottando. Fu Momoka in seguito a raccontarmi che aveva dato di matto, ma pochi minuti dopo aveva iniziato ad usare le attrezzature con piacere e il suo umore era tornato normale.
Trascorsero due mesi dall’inizio della mia campagna di cambiamenti. Take e gli altri erano entusiasti, negli allenamenti di calcio davano il meglio e cominciarono a sviluppare altri interessi che andassero oltre lo sport Spesso erano loro a chiedermi di andare a trovare un particolare club. Quella novità, quella nostra peculiarità di passare da un club all’altro spinse anche altri ragazzi a fare lo stesso, molti che avevano rinunciato ad iscriversi. Un giorno alcuni chiesero di poter disegnare, o di poter provare a fare delle fotografie e i rappresentanti dei vari club li avevano accolti con piacere, così come lentamente molti si interessarono alla recitazione dopo aver visto le terribili e divertenti scenette tra Cho e Take mentre improvvisavano qualcosa sul palco.
Sentivo che dopo due mesi di duro lavoro ero riuscito in qualcosa, e per tutta la scuola si percepiva un aria di rivoluzione che non tardò ad arrivare al naso di Hyobe che intensificò le sue visite, rimproverando chi partecipava senza iscrizione ai club e la cosa comportò l’effetto opposto, molti decisero di iscriversi proprio per non essere più rimproverati e così facendo il club di recitazione e quello di musica furono salvi.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo [9]

Erano trascorsi due mesi e le cose erano cambiate. Ora la Kuromiya non era più conosciuta solamente per le vittorie a livello calcistico e finalmente molti avevano smesso di chiamarmi Fiammata.
Mi presentai semplicemente con Ren, feci la conoscenza di tantissime persone che da quel momento mi chiamarono solamente con il mio nome, tutti ad eccezione di una persona.
Nao in quei due mesi un po' cambiò, durante il primo mese era quasi sempre assente alle mie irruzioni nei vari club. Ero sempre io a dirgli cosa avevo fatto, a mostrargli il progetto di restauro pensato ma ogni volta si mostrava freddo e poco interessato. Dopo qualche settimana però, e dopo le prime voci che giravano riguardo la cosa, sembrò improvvisamente più interessato e non si fece più pregare, cominciò a venire con me nei vari club ad osservare la cosa da vicino. Ne fui contento, iniziò anche a darmi maggiori consigli, molti dei quali seguii alla lettera. Imparai che Nao aveva molto giudizio, era giusto e sapeva sempre come muoversi in ogni occasione anche quando io mi sentivo smarrito.
“Domani arriva l’ordine per il club di danza artistica e poi c’è quello del club di bandiere” lessi dal cellulare mentre Momoka mi aiutava a fare un resoconto su foglio.
“Arriva altro domani?” mi domandò dopo aver riportato tutto.
Scossi la testa contento “Questi dovrebbero essere le ultime cose che abbiamo comprato. Finalmente abbiamo finito!” esclamai stiracchiandomi, ero felicissimo.
“Ehi, ti ho detto mille volte di non portare qui le tue cose” mi rimproverò Nao vedendo che avevo depositato in un angolo dell’aula di scienze zaino, giubbino e altri fogli.
Lo guardai ridacchiando “Perdonami ma dovevamo assolutamente finire con queste cose. Da domani tutti i piccoli club saranno a posto, abbiamo finito capisci?!”
“Sono fuori di me dalla felicità... finalmente non vedrò più scatole e pacchi arrivare qui” mostrò la sua espressione più apatica, ma nella sua voce finalmente leggevo anche una nota ironica.
“Senti Nao, io, Take e Yuuki dopo la scuola andiamo a prendere un gelato, perché non ti unisci a noi?” sentivo che quella era la volta buona, percepivo che era dell’umore giusto per accettare.
“No.”
E la mia speranza si spense immediatamente “Perché è sempre no? Siamo amici giusto?” mi alzai dal mio posto e andai vicino a lui afferrandolo per un braccio e stringendolo, sapevo quanto il contatto fisico lo infastidisse ma non mi importava e lo facevo comunque.
“Lasciami zecca! Ti ho già detto no un milione di volte e sei sempre qui stranamente.”
Momoka dal suo posto ridacchiò divertita, un po’ alla volta era diventata più aperta con me e aveva iniziato ad divertirsi quando andavo a trovarla. Non mi aveva più guardato stranita.
Nao si accorse delle risatine della compagna di laboratorio e le lanciò un occhiataccia “Che ridi tu?”
“Lo sai bene che non rinuncerà mai, a questo punto ti direi di accettare e basta.”
Sollevò il sopracciglio sconvolto da quel consiglio. Da parte mia invece accolsi divertito quel consiglio e le feci l’occhiolino.
Momoka era timida, ma era una brava ragazza. Raccolse le sue cose e fece per andarsene ma prima di chiudersi la porta alle sue spalle ci augurò buon divertimento. E Nao era sempre più sconvolto.
“Sei riuscito a corrompere anche lei maledetto...” cercò ancora di scollarmi di dosso.
“Ti preego!”
Sospirò sconfitto toccandosi la fronte con una mano, “Se vengo con te mi lascerai in pace almeno per un giorno?”
“Promesso!”
Mi fissò negli occhi “Non ti credo più..”
Tirai fuori una linguaccia, ormai sapeva bene che non lo avrei mai lasciato in pace ma stranamente non ritirò il suo si e mi disse di aspettare all’ingresso. Era la prima volta che mi diceva di aspettarlo, la mia felicità era tale che me ne andai saltellando per i corridoi come un bambino felice, sentivo che andava tutto alla grande.
Fu però quando arrivai all’ingresso, tra le varie file di scarpiere che sentii un lamento provenire da qualcuno che stava piangendo. Cercai la provenienza di quel pianto e quando trovai la fonte di quel lamento riconobbi la sagoma di Kaito Omura, il ragazzo paffuto del club di scacchi che se ne stava rannicchiato a terra, i vestiti fuori posto, la pancia un po’ esposta e i capelli pieni di gesso.
Teneva la testa contro le ginocchia, nascondeva il viso ma sentivo chiaramente che piangeva. Senza pensarci mi avvicinai e dolcemente lo sfiorai. Kaito impaurito, forse, scattò come un giocattolo a molla mostrandomi il suo viso paffuto ricoperto di lividi e arrossato dal pianto. La vista di ciò mi sconvolse al punto che sentii una strana rabbia ribollirmi dentro.
Kaito mi fissò e quando si accorse che ero io si lasciò andare in un pianto liberatorio.
“Chi ti ha fatto questo?” domandai asciugandogli le lacrime. Il povero ragazzo tra un lamento e l’altro non seppe che dire, lo incitai dicendogli di stare tranquillo. “Kaito coraggio, chi è stato?!” ero furioso.
“E’ i-inutile qui non cambierà mai nulla... chi è come me subirà sempre questo...”
In quel preciso momento il mio occhio cadde oltre le porte della scuola e vidi in lontananza un gruppetto di ragazzi. Indossavano la nostra stessa divisa e portavano sulle spalle i borsoni da palestra ma non era i miei ragazzi. Immediatamente pensai che fossero stati loro e il mio dubbio fu dissipato quando uno di loro simulò con la mano un pianto, e gli altri risero gridando “Avete visto la sua trippa come ballava mentre cadeva a terra?”
Non ci vidi più. Quella fu una delle pochissime volte in cui persi completamente la mia lucidità. Lasciai Kaito, quest’ultimo non capì il perché fin quando non si accorse dove ero diretto e pietrificato gridò il mio nome più volte ma ormai non sentivo più niente.
Il gruppetto formato da tre ragazzi, grossi e muscolosi se ne stava andando come se nulla fosse. Camminai a falcate e da dietro afferrai per la spalla uno di loro, quest’ultimo fu quasi costretto a girarsi. Nel vedermi restò basito, ma poi abbozzò un sorriso amichevole, così come i suoi due amici.
“Tomomi sei tu, da quando tempo!”
Li conoscevo tutti, erano membri della squadra di basket. Li avevo considerati dei bravi ragazzi, simpatici e ottimi compagni di uscite ma ora davanti agli occhi non avevo altri se non la figura in lacrime del povero Kaito.
“Perchè avete ridotto voi così quel ragazzo nell’ingresso?”
La mia domanda era stupida ma volevo ancora sperare di sbagliarmi. Dentro ero furioso, ma volevo credere che le cose fossero andate diversamente, che qualcun altro di più viscido avesse osato tanto e non quei ragazzi con cui avevo trascorso diversi pomeriggi a giocarci insieme.
I tre guardarono verso l’ingresso, all’inizio furono muti ma poi guardandosi tra di loro scoppiarono a ridere senza però ammettere nulla, tuttavia quel loro comportamento era una valida risposta.
“Come avete potuto, voi siete il doppio di lui..” commentai disgustato.
“Andiamo Ren, scherzavamo! Non si è fatto nulla.”
Continuavano a ridere, a credere che quello che avevano fatto fosse uno scherzo. Tutto ciò era il lato peggiore di quella faccenda, non solo la violenza usata ma il modo leggero che usavano per parlarne. Risata dopo risata, spiegazione su spiegazione e il mio pugno cominciò a serrarsi, il sangue mi ribolliva sempre di più nelle mie vene e tutta la lucidità, o quel poco che ne restava stava svanendo. Senza che se lo aspettassero scattai come un razzo contro uno di loro, il più alto che preso alla sprovvista sgranò gli occhi, e anch’io quando vidi che tra di noi si frappose una terza figura a dividerci. Quest’ultimo mi afferrò per le braccia fermandomi, e quando sollevai il viso per guardare di chi si trattava notai che era Nao, che buio in viso mi guardò senza dire una parola.
I tre, alle sue spalle restarono basiti da tutto ciò ma subito si fecero una grassa risata e andarono via salutandomi come se nulla fosse.
Nao mi lasciò andare, era davanti a me e severo continuò a scrutarmi, sembrava furioso ma lo era verso di me e non ne capii la ragione. Tutto mi sarei aspettato piuttosto che essere guardato in quel modo.
“Nao?”
“Non abbassarti al loro livello.”
Sgranai gli occhi, colpito da tutto ciò e riguardando ciò che avrei fatto mi accorsi che picchiarli non era giusto, che mi sarei messo al loro posto ricambiando violenza con altra violenza senza far capire loro nulla. Io non ero come quei tipi e Nao aveva evitato che facessi uno sbaglio enorme.
“Nao.. io..”
Con la mano indicò alle mie spalle l’edificio “Kaito ha bisogno di aiuto adesso” disse tagliando corto. I suoi occhi neri, nascosti dagli occhiali mi dissero che dovevo smetterla e tornare indietro. Obbedii stranamente, non feci altre domande e tornai da Kaito gettando ancora un occhiata alle mie spalle e Nao era li che mi seguiva sempre cupo, non più arrabbiato ma quasi con un velo di tristezza celato da quella sua maschera di ghiaccio. Non ne capii il motivo, ma sentivo di aver sbagliato.
Tornati entrambi da Kaito, lo trovammo ancora sotto shock e con gli occhi arrossati. Gli chiesi se voleva chiamare qualcuno ma rispose di no, “Ti accompagniamo a casa.”
Kaito scosse la testa “Vi prego no, se i miei mi vedono in questo stato ho finito di vivere!”
“Vieni con me.”
Lo strattonai per un braccio costringendolo a seguirmi e così fece. Lasciammo rapidamente la scuola, mettendo distanza tra noi e quello che era accaduto. Misteriosamente Nao piuttosto che andare via mi seguì anche lui senza dire una parola, lo sguardo celato dai suoi occhiali e la frangia nera. Con la coda dell’occhio lo guardavo chiedendomi il perché di quel suo curioso comportamento.
Kaito non fece domande e ancora scosso si lasciò condurre da me, in pochi minuti giungemmo davanti ad un edificio molto vecchio, una pila di appartamenti in cemento armato e con la rampa di scale esterna.
“Perché siamo venuti qui?” domandò Nao guardando l’edificio decadente.
“Questa è casa mia. Ho pensato che fosse il posto giusto per farlo calmare e dargli un cambio pulito.”
Davanti a quell’idea Nao parve storcere il naso ma non disse altro e ci seguì lungo la rampa di scale. Salimmo al primo piano dove c'erano una serie di porte numerate e al numero 12 c’era casa mia, un monolocale per due persone.
Afferrai le chiavi di casa dallo zaino e aprii rapido la porta, feci accomodare i miei ospiti che un po’ spaesati si ritrovarono davanti un piccolo appartamento buio e poco confortevole.
Invitai entrambi a togliersi veloci le scarpe e che non avevo pantofole per tutti. Il più incuriosito dei due era Nao che si guardava intorno stranamente interessato alla cosa, con gli occhi tastava ogni superficie, ogni centimetro di quel piccolo appartamento.
“Vado a prenderti la mia divisa, puoi mettere quella per nascondere lo sporco della tua.”
Kaito annuì “Grazie Ren, davvero.”
Gli sorrisi, “Se hai sete la cucina e da quella parte, fa come se fossi a casa tua.”
Veloce andai dritto verso la mia stanza minuscola dove non c’era un letto ma giusto lo spazio per un piccolo futon. Nell’angolo invece, c’era una scrivania di legno con sopra libri e una lampada, accanto una libreria dove tenevo varie cose che amavo leggere e in fondo c’era un grosso armadio dove ci tenevo le mie cose: vestiti, coperte, futon e altra roba a caso.
Cercai nell’armadio la mia divisa di ricambio, era la prima volta che portavo a casa qualcuno che non fosse Take o Yuuki, era una cosa strana e provai felicità a tal pensiero.
“Vivi da solo?”
Preso dai miei pensieri non mi ero reso conto che sulla soglia della mia camera era apparso Nao, incuriosito da quell’ambiente che continuava a studiare con attenzione. Mi voltai di scatto a guardarlo, sorpreso che fosse lui stesso a pormi una domanda.
“No, con mio padre. Ma torna sempre molto tardi quindi sì, posso dire di vivere da solo” ridacchiai.
“Si vede, questa casa è un caos” tagliò corto tornando nell’altra stanza.
Inclinai la testa rassegnato, non mi aspettavo sicuramente altra reazione se non quella. Nao a volte mi sembrava come frenato, non appena iniziava a mostrare un po’ di umanità ecco che tornava ad essere apatico e schivo. A volte non mi sembrava nemmeno umano per le poche emozioni che mostrava, ero arrivato anche a pensare a lui come ad un alieno.
Tornai da loro, che nel frattempo si erano seduti accanto al piccolo tavolino, Nao di fronte a Kaito. Offrii la divisa a quest’ultimo, “Il bagno è da quella parte se vuoi darti una ripulita.”
Kaito accettò l’invito e si recò al bagno con la mia divisa tra le mani.
Senza pensarci a ciò che avevo fatto, mi resi conto di essere rimasto solo con Nao e il viso mi si illuminò. Dal voler semplicemente uscire insieme, ero riuscito invece a portarlo a casa mia.
“Posso offrirti qualcosa? Posso fare del tè se vuoi” dissi andando verso la cucina.
“No, vado a casa.”
Si spense ogni cosa quando Nao si alzò. Afferrò il suo zaino e sembrava seriamente intenzionato ad voler tornare a casa sua. Perché.
“Eh? Ma sei appena arrivato, resta un altro po’”
“Se sono venuto qui è per vedere come stava Kaito, ciò che gli è successo è grave idiota.”
Mi strinsi nelle spalle “Sì lo so.”
“Non mi sembra. Sembri troppo felice di questa storia, sei un idiota per davvero o cosa” e imboccò la strada verso la porta. Quasi senza pensarci mi parai davanti per bloccargli la fuga.
Per quel gesto Nao restò interdetto e mi fissò indispettito.
“Io ero arrabbiato in quel momento...” iniziai a dire con un po’ più di serietà, “se non mi avessi fermato avrei spaccato la faccia a tutti loro, mi hanno fatto incazzare. Ridevano, la prendevano come uno scherzo e non c’ho visto più, ma ferendoli sarei stato al loro stesso livello..”
“Tu sei come loro” sgranai gli occhi davanti alle sue parole, “quelli come te, o come loro credono che il mondo sia un posto fantastico, dove nessuno soffre. Non siete capaci di vedere cosa vi circonda perché guardate solo voi stessi e basta. Anche tutta questa storia dell’aiutare i club in difficoltà, credi sul serio che gli altri siano stupidi? Lo stai facendo per te stesso, per sentirti bene e mettere ancora una volta il tuo nome sull’ennesima coppa, perché solo questo sai fare.”
Corrucciai sempre di più la fronte, sentivo di essere sul punto di piangere ma quelle lacrime non uscirono, “Ti sbagli!”
“Davvero? Mi dispiace ma non puoi farmi cambiare idea su ciò che penso di te. Sono mesi che ti osservo e noto che sei esattamente come appari, un montato che adesso gioca a fare il benefattore” osservò la mia espressione e sempre cupo sospirò seccato “ora con permesso me ne vado” a quel punto non riuscii più a fermarlo, mi passò accanto sfiorando leggermente la mia spalla. La sua scia di profumo era dolce come sempre e preso da quel pensiero idiota non sentii nemmeno la porta chiudersi.
Erano passati più di due mesi da quando avevo rivolto la parola a Nao. Un po’ mi ero voluto illudere che avesse cambiato il suo giudizio nei miei confronti ma in realtà non era così. Dentro di me avevo iniziato a considerarlo come un amico e un briciolo di cambiamento lo avevo visto oppure mi ero voluto illudere? Non ero in grado di fargli dire qualcosa di carino nei miei confronti e in quei lunghi mesi non aveva mai neppure pronunciato il mio nome. Non esistevo affatto per lui.


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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo [10]

Il giorno dopo tornai a scuola ancora scosso per le parole di Nao, deluso soprattutto che avesse un idea così sbagliata di me anche se un po’ iniziai a chiedermi se non fosse tutto vero. Forse ero davvero come lui diceva, ero alla pari di quei ragazzi che avevano fatto del male a Kaito.
“Ren!” mi sentii chiamare mentre percorrevo il lungo corridoio che portava alla mia classe, e proprio da quella direzione vidi corrermi incontro Cho. Si fermò davanti a me col fiatone.
“Ehi stai bene?” le toccai le spalle.
Sollevò il viso incollandolo quasi al mio “Devi venire subito al teatro. E’ orribile!”
Non feci altre domande, obbedendo alla sua richiesta corremmo insieme verso il teatro. La cosa che già mi fece preoccupare fu che fuori c’era un gruppetto di studenti, alcuni stavano scattando delle foto, altri borbottavano qualcosa che non riuscii a cogliere. Insieme a Cho ci facemmo largo per entrare e una volta varcata la porta, vidi che c’erano già tutti: Eiji, i membri del club, Take e Yuuki con un espressione cupa. Sollevai di poco lo sguardo per accorgermi di ciò che era successo, il tendone rosso era stato strappato, l’impianto audio e delle luci era stato rubato, il palco sporcato di ogni merda possibile e un enorme scritta in rosso si ergeva sullo sfondo del palcoscenico. Era stata fatta con delle bombolette e diceva: ora sì che ha un aspetto migliore.
Ero sconvolto, una tale distruzione fu un colpo durissimo per me.
“Ren hai visto? Questa mattina Eijii e Cho hanno trovato tutto questo” mi raggiunse Take sconvolto quanto me, un velo di preoccupazione dipinto negli occhi.
“Non capisco, chi ha potuto fare una cosa del genere..” parlai ad alta voce.
Eiji si avvicinò scosso “Abbiamo mandato a chiamare anche Hyobe ma ancora non si è presentato. Questo è vandalismo! Hanno rubato tutto, e il resto: i costumi, i tendoni nuovi e le scenografie sono andate distrutte!” esclamò preso dalla rabbia.
Il mormorare degli studenti da fuori copriva le nostre voci, fu in quel momento che Take furioso scattò e si rivolse verso di loro “Andate via! Non c’è niente da vedere qui.”
Yuuki lo fermò facendogli no con la testa e Take un po’ si calmò. Vicino a loro c’era una Cho sotto shock e sul punto di piangere, più guardava quell’orribile scenario e più sentivo che era sul punto di esplodere.
“Andrà tutto bene, state tranquilli” iniziai a dire raccogliendo la loro attenzione, “andrò a parlare io con questo Hyobe, dobbiamo trovare chi ha fatto questo.”
“Non servirà a niente! Il teatro verrà chiuso in queste condizioni” urlò Eiji.
Sapevo perfettamente che ricomprare tutto era una spesa troppo grossa per quel poco di budget che era rimasto alla mia squadra, non avevo il diritto di togliere anche quei soldi dopo tutte le spese fatte. Avevo promesso di prenderne solo una parte.
“Ricompreremo tutto non ti preoccupare, compreso un lucchetto per la porta e delle telecamere per tenere d’occhio la situazione.”
Eijii iniziò a piangere “Dici sul serio?! Grazie Ren!”
Take sussultò sentendo le mie parole e subito mi prese da parte portandomi lontano dagli altri.
“Sei impazzito? Non abbiamo più soldi e questo è uno dei club che ci è costato di più.”
“Non toccherò i soldi della squadra, sta tranquillo.”
“Cosa?”
Mi divincolai dalla sua presa e gli sorrisi serenamente. Senza aggiungere altro lasciai il teatro con Take che mi chiamava ancora, ero intenzionato a parlare con Hyobe e a capire perché non si prendesse cura di certe cose. E poi avevo promesso di ricomprare ogni cosa, pensai allora che era il momento di usare i soldi della mia borsa di studio. Da ottimista pensai che non sarebbe stata una grossa spesa, mi sarebbero rimasti abbastanza soldi per l’università, volevo pensarla così in quel momento.
Stavano succedendo troppe cose strane, prima dei ragazzi che credevo bravi davano addosso a Kaito senza un motivo apparente, poi il teatro ridotto in quello stato. Mi domandai chi poteva aver fatto una cosa del genere, e cosa ci potevano aver guadagnato. Facendo un atto del genere il club avrebbe rischiato la chiusura. Fu allora che qualche conto iniziò a tornarmi, le parole di Hyobe, il suo poco interesse verso tali questioni e il fatto che in quei mesi non si fosse fatto vedere più. Che ci fosse lui dietro?
Arrabbiato come non mai andai dritto davanti alla stanza del comitato studentesco, si ergevano davanti a me due grosse porte in legno che non mi intimorirono affatto, tentai di aprirne una ma questa non si mosse. Erano chiuse a chiave probabilmente, così iniziai a bussare a raffica, ma senza successo. Nessuno rispose e restai li non so quanto in attesa di uno dei due fino a rinunciarvi, normalmente mi sarei recato nell’aula di scienze da Nao in cerca di consiglio, ma sentivo di non essere il benvenuto. Di solito me ne sarei fregato ma quel giorno sentivo che non era il caso, che Nao non voleva avermi attorno perché mi riteneva uno stupido.
Tornai verso il cortile in cerca degli altri, avevo il bisogno impellente di stare un po’ con qualcuno che mi capisse e quando pensavo a qualcuno in quel momento mi venivano in mente i miei compagni di squadra, Take ma anche Yuuki. Dove essere Ren non era uno sbaglio, dove sentivo che il mio mondo aveva un senso. Mi ero impegnato tanto per cambiare le cose, e il risultato era stato ben diverso da come me lo ero aspettavo, nessuno vedeva la differenza, a nessuno importava e forse neppure a me.
Lo avevo davvero fatto per qualcun altro che non fossi io? O per dimostrare qualcosa?
In quel momento in lontananza scorsi Hyobe, seguito dal suo cagnolino Masahiro. Immediatamente gli andai incontro con la ritrovata rabbia di prima. Hyobe fu sorpreso di vedermi e mi sorrise mostrando un espressione stranamente compiaciuta.
“So bene cosa sei venuto a dirmi, non posso farci nulla per ciò che è successo al teatro.”
“Qualcuno ha distrutto il teatro e tu dici che non puoi fare nulla? Sai quanti soldi e tempo abbiamo speso per rimetterlo a nuovo? Hanno rubato tutto!” esplosi contro di lui.
Hyobe incrociò le braccia, sempre con fare calmo “Nessuno ve lo ha chiesto. La scuola non farà nulla, e non possiamo farci nulla. Non sappiamo chi può essere stato.”
Strinsi i pugni “Ti rendi conto che tu dovresti aiutare gli studenti? Tu ci rappresenti!”
Ridacchiò “Si ma non mi va di rappresentare chi non conta. Fidati a nessuno importa di quel teatro.”
“A me importa!” esclamai zittendolo, “E importa ai ragazzi che se ne prendono cura senza il tuo aiuto, importa a chi vuole farne parte e chi ci ha speso il proprio tempo credendo in qualcosa!”
Fece spallucce senza neppure ascoltare “Parlane con i professori, ti risponderanno lo stesso” fece per superarmi, si avvicinò al mio orecchio “sei un campione, perché perdi tempo in certe sciocchezze? Cerca piuttosto di brillare nel calcio e lascia perdere tutto questo.”
Detto ciò se ne andò. Sembravo essere davvero l’unico a fregarmene, a perderci del tempo. Quella sensazione mi fece male, sentivo di aver davvero perso tempo inutilmente. Era successo qualcosa di grave ma a nessuno importava. Fu in quel momento che in lontananza intravidi Nao, camminava affiancato da Momoka ed entrambi portavano qualcosa in alcune scatole. Avrei voluto correre li da loro, dirgli ciao normalmente ma qualcosa mi tenne inchiodato dove ero e quasi come un soffio di vento il mio sguardo si incontrò per un attimo con quello di Nao che mi notò, i suoi occhi neri erano fissi su di me. Parve un momento interminabile eppure tutto stava accadendo in pochi secondi.
“Ehi panzone dove te ne vai di bello oggi?!” una voce grossa urlò poco lontano da dove ero.
“Vi prego lasciatemi in pace, non vi ho fatto nulla.”
Di nuovo la stesa identica situazione del giorno prima. C’era di nuovo Kaito, ma questa volta accompagnato dal minuto Rio e a braccarli c’erano gli stessi tre ragazzi di ieri, che di nuovo con un ghigno divertito li stavano importunando.
Non ci pensai due volte a introdurmi in quella situazione per impedire qualcosa di disastroso.
“Ragazzi” attirai l’attenzione di tutti, i tre del club sportivo come me mi guardarono e mi sorrisero.
“Oh Tomomi sei tu. Come va?” disse il più alto dei tre, e subito riportò la sua attenzione sulle sue vittime preferite, “Negli ultimi giorni ci vediamo spesso, cos’è ci stai seguendo?” ridacchiarono gli altri due.
“Smettetela. Lasciateli stare.”
Rio e Kaito intimoriti se ne stavano in piedi con la testa incassata nelle spalle, pietrificati dall’imponenza dei loro aguzzini.
Il più alto dei tre, Tomoharu, mi guardò con fare seccato “Sai, ti trovo simpatico ma smettila di darci ordini. Non sei il nostro capitano, sarai anche l’asso della Kuromiya ma per me non sei nessuno.”
Ignorai completamente ciò che stava dicendo, non curandomi di ciò andai vicino ai miei amici, “Kaito, Rio state bene? Venite andiamocene di qui.”
I due ragazzini mi diedero ascolto e corsero nella mia direzione, fu allora che però Tomoharu fece lo sgambetto a Kaito facendolo cadere a terra. Quest’ultimo andò a sbattere con la faccia. Nessuno se lo era aspettato, sussultai sconvolto da quel gesto così infantile e a Rio partì un urlo. Immediatamente andammo a soccorrere il nostro amico ma per fortuna Kaito stava bene e si era solo sporcato il viso.
Tomoharu seguito dagli altri si fece imponente davanti a noi, “Non ho detto che potevano andare, Ren.”
“Che ci guadagni a fare questo? Voi non siete così, siete dei bravi ragazzi, io lo so. Quindi smettetela!”
Risero tra di loro come se avessi detto una battuta.
“Ren andiamocene, lasciali perdere” suggerì Rio e gli diedi ascolto. Entrambi aiutammo Kaito a rimettersi in piedi, eravamo li pronti a sloggiare ma questo non era abbastanza.
Non so dire cosa volessero, del perché qualcuno si comporti così. Sta di fatto che a Tomoharu non bastò lasciarci andare semplicemente così, e senza preavviso mi afferrò per una spalla costringendomi a voltarmi.
“Non ho certo detto che puoi portarti via i nostri giocattoli” rise.
A quel punto ogni mia ragionevole voglia di parlarci ebbe fine, e in malo modo mi liberai dalla sua presa spingendolo via bruscamente. Tomoharu non se lo aspettò e ruzzolò quasi a terra, salvato di poco dai compagni. Mi guardò sgranando gli occhi.
“Toccali ancora e dovrai vedertela con me, chiaro? Se vuoi giocare fatti comprare qualche gioco dalla tua mammina, idiota” scandii l’ultima parola come spesso aveva fatto Nao con me, con la stessa freddezza, e usando un tono severo. Un po’ riuscivo a capire come doveva sentirsi nel aver a che fare con me, o con soggetti del genere, ma io ero diverso da tutti loro e lo erano anche i miei amici. Rio e Kaito mi fissarono, rivolsi loro un sorriso per rassicurarli e spegnere quelle loro espressioni così preoccupate. “Andrà tutto bene, nessuno vi farà più nulla.”
Kaito fu l’unico che ricambiò sentendosi meglio. Non ero una guardia del corpo, nè così grosso da contrastare chiunque osasse fare loro del male, ma per quanto potevo ci avrei provato. E diversamente da ciò che poteva credere Nao, non lo facevo per me stesso, o per dimostrare chissà cosa, semplicemente perché era giusto.
Preso da chissà quali pensieri non mi accorsi che Tomoharu era tornato alla carica, ferito nell’orgoglio perché umiliato davanti ai compagni. Preso dalla rabbia mi afferrò per il colletto della camicia, e nella sua espressione lessi solamente rabbia, la furia di chi voleva vendicarsi.
“Tu bastardo..! L’ho detto che ti sei montato la testa ma ora ti faccio tornare io coi piedi per terra.”
Afferrai le sue mani nel tentativo di liberarmi ma stringeva troppo forte, per un momento pensai che volesse strozzarmi. Possibile che si potesse arrivare a quel punto per un non nulla? Ancora non riusciva a capire che stava sbagliando e continuava, doveva per forza prendersela con qualcuno.
“Stai sbagliando Tomoharu, non ti rendi conto.. che stai andando oltre!”
“Al diavolo!” e preparò un pugno.
Chiusi gli occhi, da così vicino mi sarei fatto sicuramente male e forse mi avrebbe rotto il naso. Non avevo paura però, stranamente ero tranquillo e un po’ me l’ero cercata anch’io. Forse vedendomi con un occhio nero Nao avrebbe detto che ero doppiamente stupido, e aveva ragione, lo ero sicuramente. Lo ero perché in un momento del genere pensavo a che ramanzina mi avrebbe fatto una persona che mi odiava.
Il colpo però non arrivò mai e nel riaprire gli occhi notai che il braccio di Tomoharu era stato fermato da Take, più grosso del mio aguzzino.
“Mi dispiace ma devo chiederti di lasciare il mio amico” disse gentilmente nascondendo una forte rabbia, e lo si intuiva dalla mano che gli tremava di rabbia mentre teneva fermo il braccio dell’altro.
Tomoharu perplesso mi lasciò andare e caddi a terra, ancora confuso di come Take fosse arrivato li. Ma non era il solo, a soccorrermi si presentò Yuuki bianco come un lenzuolo.
“Ren stai bene?!” mi gridò nell’orecchio.
“S-sì sto bene.. ma come mai siete qui.”
Tomoharu e i suoi amici scapparono letteralmente via, notando che c’erano anche il resto dei miei compagni di squadra. Tutto si era magicamente risolto con la loro apparizione, troppo miracolosa per essere una mera coincidenza.
“Incredibile. Avrei giurato che Tomoharu fosse un bravo ragazzo” commentò Take, e mi venne incontro aiutandomi a rimettermi in piedi “Stai bene?” mi domandò.
“Si sto bene” mi ripulii i pantaloni “non sono mai stato così felice di vederti al dire il vero” sorrisi, e subito mi voltai verso Kaito e Rio per accertarmi che stessero bene. Erano scossi, ma non si erano fatti male e la cosa mi rincuorò molto.
“Quel bastardo ha stretto così tanto che il tuo collo è tutto arrossato” osservò.
“Non è nulla, poteva andarmi peggio. Ma come avete fatto a sapere che ero qui?”
Take sorrise e si voltò a indicarmi qualcuno alle sue spalle, e non lontano dagli altri ragazzi del mio gruppo c’era una piccola e intimidita Momoka che si guardava intorno spaesata.
“Momoka? Li hai chiamati tu?”
Lei annuì e subito dopo scappò via come un razzo. Tutti restammo perplessi della cosa, tranne me che sapevo perfettamente quanto per lei fosse difficile avere a che fare con sconosciuti, e per giunta ragazzi così grossi.
“Che tipo strano.. quando è venuta a chiamarci ci ha solo mostrato un foglio dove stava scritto che eri nei guai” spiegò Yuuki ridendo.
“Un foglio eh...”

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo [11]

Mi feci raccontare ogni cosa, di come Momoka si era presentata misteriosamente da loro mostrando un pezzo di carta invece di parlare. Una cosa insolita, non la conoscevo bene ma per quel poco che avevo appreso del suo carattere sapevo che non sarebbe mai corsa per venirmi ad aiutare, e poi l’unico momento in cui mi aveva visto era stato quando avevo visto Nao assieme a lei. Fu in quel momento che un pensiero mi balzò per la testa, una speranza più che altro e una volta accertato che Rio e Kaito stessero bene li lasciai nelle mani dei miei amici scappando via senza una spiegazione.
Fui rapido come un fulmine, più del solito e andai dritto verso l’aula di scienze dove sapevo che lo avrei trovato. Non so perché ma sentivo che era li.
Volevo convincermi di qualcosa che forse non era neppure reale.
Entrai nell’aula dove la porta era già aperta, e col sole che creava giochi di luci e ombre notai nel fondo della stanza che era li, ancora ricurvo sul suo microscopio che avevo comprato per il club.
Restai fermo dove ero aspettando che mi notasse, e non ci volle molto. Sollevò la testa da ciò che stava facendo e mi rivolse un occhiata, per poi togliersi occhiali e guanti, e li poggiò sul banco da lavoro.
“Ti avevo detto di non venire più qui.”
“Magari l’unica cosa che so fare è correre dietro ad un pallone, e amo farlo. Ho lavorato durante per raggiungere tutti gli obiettivi che mi ero prefissato, grazie al calcio ho ottenuto una borsa di studio perché mio padre non può permettersi di mandarmi all’università l’anno prossimo. Quindi sì sono una capra che sa solo tirare calci” sorrisi sereno nel dirlo. Fiero delle mie parole, e della mia passione. “Non sono come tu credi. Non sono uguale a quei mostri che hanno ferito Kaito, e tutto quello che faccio non è per sentirmi acclamare, a me questo non interessa.”
Per tutto il mio monologo Nao mi ascoltò guardandomi dritto in faccia, in silenzio, e attento a ciò che dicevo. Non mi interruppe, non mi derise e non sembrò seccato della cosa. Era semplicemente serio, e mi ascoltò aspettando che finissi.
“Non posso farti cambiare l’idea che ti sei fatto di me” ridacchiai tristemente “non posso farci nulla, ma ti prego solamente di non odiarmi per cose che non ho fatto.”
“Lo so.”
Lo guardai fisso “Come?”
“Lo so che non sei come quei tipi, l’ho notato.”
Un sorriso a trentadue denti si aprì sulla mia faccia sentendo quelle parole, mi avvicinai preso da un ritrovato coraggio. Nao seccato, sospirò, aspettandosi quella reazione da parte mia.
“Sei stato tu a mandare Momoka non è vero? Quel foglietto l’hai scritto tu perché sapevi che non avrebbe aperto bocca con i miei amici.”
Distolse lo sguardo, e si voltò altrove “Idiota.”
Sorrisi ancora di più, quella per me non era una prova, lui non lo sapeva ma tutte le volte che ero stato in laboratorio avevo osservato per ore mentre scriveva appunti e ormai conoscevo la sua calligrafia perfettamente. Ovviamente dirglielo avrebbe solo fatto innervosire Nao, così lo tenni per me.
“Credo proprio che Tomoharu e i suoi amici non daranno più fastidio a Rio e Kaito, Take li ha spaventati per bene” ridacchiai ripensando alla cosa “avrei dovuto chiedere a lui fin dall’inizio” Nao tornò a guardarmi, con sufficienza come suo solito ma meno irritato del solito, “bene ora torno dai ragazzi, saranno preoccupati e devo loro parecchie spiegazioni. Ci vediamo più tardi Nao!” lo saluti con un cenno di mano.
“Ren”
Sussultai. Nel sentire il mio nome ebbi quasi paura di voltarmi a guardarlo, temevo che nel farlo vi avrei trovato qualcun altro e non lui e quel timore fu superato dall’idea che quella era chiaramente la sua voce.
Mi girai a guardarlo, gli occhi bene aperti e increduli “Nao?”
“Se vedi Momoka le dici di tornare? Quella stupida dev’essere scappata chissà dove” sospirò indossando nuovamente i suoi occhiali dalla montatura nera.
Era una sciocchezza. Per molti non sarebbe stato nulla di che, ma per me, sentirgli dire il mio nome e chiedermi un favore così piccolo era un enorme regalo. La prova che in quei mesi non mi ero illuso, che lentamente un po’ mi stavo avvicinando a lui e un giorno chissà, mi avrebbe considerato un amico come ormai lo era per me.
Eppure non riuscivo a smettere di chiedermi perché quel giorno a casa mia avesse detto tutte quelle cose, se in realtà non le pensava. Mi lasciai scivolare quella domanda, pensando al fatto straordinario di quella giornata e me ne andai dal laboratorio saltellando contento di quella vittoria.
 
 
Nei giorni seguenti, tutti noi, Take, Yuuki e i due ragazzi del club di scacchi denunciammo le aggressioni e il bullismo di Tomoharu e dei suoi amici. Una cosa del genere non poteva passare inosservata, e dopo le nostre testimonianze unite al segno che avevo ancora sul collo e i lividi di Kaito convinsero i professori a sospenderli. Tomoharu fu anche costretto a lasciare il club e a rinunciare al campionato. Una punizione severa, ma era giusta, almeno così avrebbe imparato la lezione.
Da quel giorno Kaito si sentì molto meglio, camminava per i corridoi nuovamente con tranquillità e sempre più spesso lui e Rio pranzavano insieme a noi, notai che andavano molto d’accordo con Take, seguendolo anche quando io non ero nei paraggi.
“Abbiamo ricominciato con i lavori al teatro, e spero che questa sia l’ultima volta. Non ho davvero più soldi per ricomprare tutta quella roba” sorrisi pensando a quanto duramente fosse calato il budget della borsa di studio. Ma ero comunque contento di averli spesi per una giusta causa. Nao mi ascoltò mentre mangiava il suo bento e scartando i pomodori. Lo faceva spesso.
“Dovresti mangiarli i pomodori. Sai aiutato ad avere un colorito più sano, e invece sei così pallido..” mi guardò irritato e sussultai “non volevo farti arrabbiare!”
“Non smetti mai di parlare... sei irritante.”
“Tu parli troppo poco invece, e ho notato che non sorridi mai. Su provaci” e prendendo una curiosa iniziativa mi avvicinai abbastanza da tirargli gli angoli delle labbra, quella era la prima vera volta che lo sfioravo e scoprii una pelle straordinariamente liscia. Lo costrinsi a simulare un sorriso e in tutta risposta Nao si divincolò per liberarsi di me, e indietreggiai.
“Non hai qualche club da salvare o che altro? Ora che ci penso non ti vedo mai studiare.”
Ridacchiai nervoso “Certo che studio! Ah lo sai il club di fotografia ha invitato tutti noi alla loro prima mostra che organizzeranno prima di Natale.”
“La tua media è penosa, lo so” continuò su quell’argomento “speri che giocare a calcio ti aiuti ad avere un lavoro un giorno? Idiota.”
“Senti questa ramanzina me la fa già mio padre, non metterti anche tu!”
Nao si alzò raccogliendo le sue cose “Sei una capra.”
Seccato da quell’ennesimo capra scattai in piedi indispettito. Ogni giorno se ne usciva con un commento sgradevole, ora toccava alla mia media, l’altro giorno al mio taglio di capelli, e il giorno prima ancora a come portavo la divisa. Non gli andava bene nulla.
“Se sei così preoccupato del mio rendimento perché non mi dai una mano? Mr genialità!”
“Non posso insegnare a chi è stupido” disse e lasciò il nostro posto segreto, scese le scale per lasciarmi li solo come uno stupido per davvero.
Preso dalla collera raccolsi tutte le mie cose rapidamente, non finii neppure di mangiare e partii all’inseguimento. Lo raggiunsi immediatamente. “Aiutami invece di dire sempre che sono uno stupido!”
“No, questo significherebbe averti intorno anche dopo la scuola e una cosa del genere non la sopporterei.”
Mi piazzai davanti a lui a mo’ di supplica “Ti prego! Farò tutto quello che vuoi, sarò buono e mi impegnerò.”
“Te lo dico sempre quello che voglio ma non mi ascolti, idiota” scandì bene l’ultima parola e mi guardò severo, come un maestro che sta rimproverando il proprio allievo.
Continuò la sua discesa lasciandomi indietro, e indispettito incrociai le braccia contro il petto mettendo il broncio, poi però ebbi un idea.
“Ah volevo dirtelo prima, so che è stato messo a punto un nuovo e sofisticato microscopio. Mi è capitato di averlo a vista nel catalogo di roba scientifica e noiosa che tanto ti piace.”
“Capirai."
“Se qualcuno decidesse di aiutarmi nelle studio potrei comprarlo, la scuola e il laboratorio meritano una cosa del genere e poi mi sono avanzati dei soldi.”
Nao a quel punto si fermò di colpo. Sapevo di aver catturato il suo interesse, era l’unica cosa che potevo dirgli per fermarlo e tenerlo almeno un po’ in pugno. Mi veniva da ridere ma cercai di mantenere il punto, e quando Nao si voltò a guardarmi lo fece in maniera seria.
“Una settimana di ripetizioni, qui dopo la scuola” propose secco.
“Due settimane, e facciamo a casa mia o a casa tua” andai a ribattere.
“Una settimana e facciamo da te. Non accetto altra proposta” asserì severo.
Sorrisi soddisfatto “Ci sto!” saltellai dalla felicità.
“Oh fidati, dopo questa settimana rimpiangerai questa idea” disse e ricominciò a scendere le scale.
Quella minaccia non la ascoltai proprio, ero troppo contento di quella improvvisa svolta. Non pensai minimamente allo studio, o a quanto Nao potesse essere severo come tutor, piuttosto ero felice che sarebbe venuto a casa mia per una settimana intera. L’idea di ciò mi fece nascere una nuova speranza, l’occasione perfetta per conoscersi meglio e stare insieme come due buoni amici.
“Nao aspetta!” lo rincorsi raggiungendolo. Nao si fermò appena vide che avevo il fiatone, e mi guardò confuso. “Scambiamoci i numeri, così possiamo organizzarci tramite line” sorrisi felice.
L’espressione di Nao era tutt altro che felice, sembrò spaventato e disgustato allo stesso tempo “Darti il mio numero significherebbe essere bombardato no stop da te.”
“Dai non lo farò!”
Sembrò dubbioso “A patto che tu non mi contatti mai, sarò io a farlo e tu risponderai solamente. Ok?”
Sbuffai per quella poca fede in me “Accetto...” dissi sconfitto, e dal nulla Nao tirò fuori il suo cellulare, un modello assolutamente normale e lo avvicinò al mio e di colpo la sua mail e il suo numero ero sincronizzati sul mio dispositivo. Quella piccola vittoria era così dolce, guardai quel numero come un tesoro prezioso. “Come mi salvi?”
“I-d-i-o-t-a.” scandì mentre digitava la parola per chiamare il mio numero.
“Ehi!”
Nao non si scompose affatto “Apprezza la cosa e non lamentarti. Ci vediamo per la prima lezione” e detto ciò andò via per davvero sventolandomi il cellulare.
Io e Nao saremmo diventati amici, me lo ero promesso dal primo momento che lo avevo visto e ora avevamo fatto un altro passo in avanti. Avevo il suo numero, anche se non potevo contattarlo di mia iniziativa ma questo significava anche che lo avrebbe fatto lui molto presto per metterci d’accordo e l’idea di ciò scatenò in me una meravigliosa euforia che si percepì anche nei giorni seguenti.
Nei seguenti tre giorni guardavo continuamente il cellulare aspettando un suo messaggio o una chiamata, ero felice e lo dimostravo nelle piccole cose. Sorridevo sempre: durante le lezioni mentre di nascosto sotto il libro guardavo il display nero del cellulare, e durante gli allenamenti mentre non prestavo attenzione a ciò che mi circondava beccandomi anche un pallone in piena faccia. Sembravo rincretinito.
Dopo l’accaduto Yuuki mi aiutò a mettere un bel cerotto in fronte e mi guardò preoccupato.
“Sei troppo distratto ultimamente, potevi farti male” disse.
Non ascoltai nulla ciò che disse e continuavo a guardare insistentemente il cellulare con particolare foga. Take osservò la cosa e corrucciò la fronte confuso, “C’è qualcosa che vuoi dirci?” domandò.
“Nulla, sto bene.”
“Forse la pallonata lo ha un po’ rincretinito” suggerì Yuuki nell’orecchio di Take.
“Fidati questo non è colpa della pallonata” e di scattò mi sequestrò il cellulare togliendomelo di mano.
Sussultai per ciò, e di conseguenza lo rincorsi per riprendermelo ma Take era più alto di me di almeno cinque centimetri e alzando il braccio verso l’alto non riuscii a prenderlo, anche se saltavo non ci arrivavo, “questo non è dovuto alla pallonata Yuuki. Ehi tu stai sentendo qualcuno mhh?” mi sorrise.
“Qualcuno chi? Ridammelo!” saltai ancora inutilmente.
“Sono giorni che non fai altro che guardare il cellulare. Hai conosciuto qualcuno di interessante? Una ragazza magari?”
“Nulla del genere” e dopo tanti tentativi Take calò un po’ il polso e riuscii a riprendermelo, “cosa ti fa pensare che si tratti di una ragazza?”
“Sorridi più del solito, e sembri uno stupido quando lo fai. Poi non fai altro che guardare il display come un assatanato” osservò, cosa a cui non avevo prestato attenzione.
Yuuki si accomodò su una panchina dello spogliatoio, ancora vuoto in quel momento “Allora Ren chi è? E’ carina almeno?” domandò quest’ultimo.
“Ma non è una ragazza.”
I due si avvicinarono tra di loro confusi “E chi è?” domandarono all’unisono.
“E’ Nao” lo dissi come se fosse la cosa più scontata di questo mondo.
Take annuì capendo “Ah Nao... e chi diamine è?!” mi afferrò bruscamente.
L’unico a capire qualcosa fu Yuuki che sgranò gli occhi “Ren non starai parlando di Nao Fukuda della nostra classe vero? Da quando siete amici.”
“Ora che ci penso mi è sembrato di vederlo spesso con noi quando andavamo a trovare i vari club, ma pensavo fosse una coincidenza. Eri tu ad invitarlo!” mi guardò furioso.
“Sì ragazzi, siamo amici da mesi ormai. E’ una storia buffa, e se non ve ne ho fatto parola è perché Nao è un tipo particolare, è già un miracolo che parli con me.”
“Ma questo è straordinario, hai fatto parlare quel ragazzo” commentò Yuuki stupito.
“Oh ma lui parla, anche se dice solo cose sgradevoli...” risposi ripensando a tutti gli insulti, la cosa però stranamente mi fece ridere senza rendermene conto. I miei amici mi fissarono sconvolti.
“E di grazia, da quando tu andresti d’accordo con un tipo del genere? E’ completamente il suo opposto, è un secchione assurdo e ogni volta che ti guarda sembra volerti picchiare” osservò Take severo.
Scoppiai a ridere “L’hai descritto perfettamente!”
“Rispondi prima che ti picchi, seriamente.”
Tornai serio allora “Io e Nao ci troviamo. E’ vero, non siamo uguali ma andiamo d’accordo.”
“Avrei qualche dubbio al riguardo.”
Yuuki mi sorrise invece “Devi presentarlo anche noi, mi farebbe piacere scambiarci due parole. Se è amico tuo, allora lo è anche per noi.”
“Ehi per me non è un amico. Quel tipo è strano!”
Mi avvicinai a Yuuki ignorando Take e le sue affermazioni, “Va bene” gli sorrisi.
Trascorsero altri due giorni e un po’ abbandonai l’idea che una sua chiamata sarebbe mai arrivata.
Era una domenica mattina, quando all’improvviso il cellulare suonò, e ancora assonnato lo afferrai per vedere chi fosse. Istintivamente mi venne da pensare che fosse Take, o Yuuki o chiunque altro ma quando lessi il messaggio balzai giù dal letto sconvolto.
- Oggi vengo da te. Preparati. –
“Oggi?!” esclamai a me stesso.
La casa era un disastro, io lo ero e nel salotto c’era papà che dormiva. Normalmente avrei rimandato, ma farlo con Nao significava un addio quindi armato di pazienza risposi un secco va bene con una faccina sorridente, e Nao non rispose.
Non sapevo quando si sarebbe presentato, o se avrebbe pranzato a casa mia così di fretta corsi per tutto l’appartamento per mettere in ordine.
Mi catapultai anche nel salotto, scavalcai papà e cominciai a gettare nell’immondizia tutta la robaccia che c’era in giro per casa fino a quando non arrivai al punto di togliere il futon da sotto a mio padre. Il poverino ebbe un risveglio traumatico, e ancora intontito si alzò guardandomi perplesso.
“Ren? Che diamine stai facendo?”
“Presto vatti a dare una ripulita. Oggi viene un mio amico di scuola.”
Il povero cadde nuovo a terra e si rannicchiò contro il cuscino stringendolo forte “E’ solo Take no?”
“Ti sbagli non è Take! Su vatti a lavare mentre io vado a fare la spesa.”
Papà obbedì, e sbuffando si rinchiuse nel bagno sbattendo la porta. Sorrisi, ma non avevo tempo di starmene fermo così feci le corse per pulire, e sistemare un po’ la cucina. Spostai poi il tavolino del salotto nella mia stanza, era li che avremmo studiato poi una volta sistemata casa mi affrettai a comprare qualcosa da mangiare, insieme a snacks vari ma una volta al konbini mi domandai cosa potesse piacergli e mi accorsi che non sapevo assolutamente nulla di Nao, e restai fermo davanti agli scaffali per un tempo indefinito. Poi però visto il poco tempo che avevo mi decisi a prendere qualcosa e scappai a casa.
Avevo l’ansia, il cuore mi batteva forte nel petto ma era una sensazione di felicità. Tornato a casa notai che papà era ancora in bagno, così preparai anche il suo bento visto che doveva andare a lavoro.
Guardavo continuamente l’orologio, e il desiderio di mandare un messaggio era forte ma rispettai il patto fatto, anche se l’ansia mi stava divorando dall’interno. Avevo fatto tutto, ogni cosa era in ordine, il carry stava cuocendo e forse Nao non sarebbe mai venuto per ora di pranzo a casa mia.
Proprio quando ero sul punto di pensare che mai Nao si sarebbe presentato così presto a casa mia, ecco che il campanello di casa suonò e sobbalzai dalla sedia precipitandomi alla porta. Cercai di ricompormi prima di aprire, sembravo seriamente uno stupido e la cosa mi fece ridere.
Quando aprii la porta mi trovai davanti proprio lui. Essendo domenica, quella era la prima volta che lo vedevo in abiti casual e sgranai gli occhi davanti ad una tale sorpresa. Indossava un paio di jeans stretti che gli fasciano gambe e cosce, e una felpa nera senza cappuccio che gli metteva in risalto le ampie spalle. Aveva i capelli in disordine come sempre, i soliti occhiali, e lo stesso sguardo glaciale di tutti i giorni.
“Scusa per il ritardo ma mi sono perso” disse inaspettatamente e roteò gli occhi quasi in imbarazzo. Il che mi fece ridacchiare, e lo nascosi con la mano per non farlo irritare, ma lui lo notò comunque e mi lanciò un occhiataccia.
“Prego accomodati” lo invitai ad entrare e stavolta avevo pronto per lui un paio di pantofole nuove.
Nao era per la seconda volta dentro casa mia, e in così poco tempo dall’ultima volta. Volevo esplodere dalla felicità ma mi diedi un contegno. Proprio come l’ultima volta si guardò in giro incuriosito, una curiosità che francamente non riuscivo capire ma lo lasciai perdere e mi feci seguire fino al piccolo salotto, dove ora non c’era nulla a parte una piccola tv e dei cuscini che usavamo come divano.
“Accomodati pure” dissi indicando i cuscini “sto preparando del curry, spero ti piaccia.”
“Non c’è bisogno che tu cucini, ho già mangiato.”
“Cosa?! Ma ho comprato di proposito ogni cosa!”
Nao non si scompose “Nessuno te l’ha chiesto. Allora dove studiamo?”
Come c’era da aspettarsi non era venuto per perdere tempo, così andai in cucina, lasciai perdere i fornelli togliendo tutto di mezzo. Afferrai dalla credenza un panino del konbini e lo mangiai velocemente. Dopo, un po’ rassegnato, tornai da Nao che nel frattempo mi stava ancora aspettando nel salotto standosene seduto composto sulle ginocchia. Era una caso clinico o cosa, perché non riusciva a lasciarsi andare.
“Ren dove hai messo il mio bento?”
Proprio in quel momento sbucò fuori dal bagno mio padre, indossava la sua tenuta da lavoro e la cosa fece sussultare Nao. Fu la prima volta che vidi un mutamento nella sua espressione. Uno stupore tale che sembrò lasciarlo senza fiato nel vedere mio padre nei panni di una donna, truccato e con una parrucca.
Mio padre si accorse del nostro ospite e gli sorrise andandogli incontro, Nao balzò in piedi e attese in silenzio nascondendo la sua reazione sconvolta.
“Tu devi essere l’amico di Ren, piacere di conoscerti io sono suo padre Gin” fece l’occhiolino, mostrando anche le ciglia finte che aveva indossato, “allora io vado Ren, ci vediamo domani mattina!” e salutando entrambi sparì dietro la porta con la sua borsetta sotto al braccio e il bento nell’altra mano.
Nao guardò ancora fisso verso la porta “Ha detto di essere tuo padre o sbaglio?”
Ridacchiai “Sì esatto, fa l’accompagnatrice in un locale notturno ma oggi aveva una cerimonia quindi è andato a dare una mano.”
“Accompagnatrice? Ma è un uomo.”
“E quindi? Maschio o femmina che differenza fa? I clienti adorano Gina” sorrisi.
Nao mi fissò perplesso, allora tagliai corto e andai verso la mia camera seguito a ruota da lui. Lo invitai a prendere posto accanto al tavolino, tornai un attimo in cucina per prendere da bere. Il mio ospite aveva già tirato fuori schiere di libri, impugnato una penna e mi stava aspettando. Sapevo perfettamente che quello sarebbe stato un lungo pomeriggio di studio e non di divertimento, ma ero stato io a proporlo quindi dovevo mettercela tutta e non deluderlo.
Nao decise di iniziare dalla matematica, la materia dove andavo peggio e iniziò volendo valutare il mio livello di preparazione. Aveva portato con se un foglio con alcuni esercizi e mi chiese di svolgerli tutti, nonostante le mie lamentele fui costretto a farlo e il risultato fu ovviamente deprimente, avevo sbagliato tutto ma Nao non se ne stupì e corresse il mio compito annuendo tra se.
“E’ molto brutto?” domandai timoroso.
“Sembra il compito di un bambino appena entrato alle elementari.”
“Cosa?! Dai non esagerare.”
Nao mi guardò serio come non mai “Infatti non esagero.”
Strinsi la testa tra le mani preso dalla disperazione “Non passerò mai gli esami!” esclamai.
“Siamo qui per questo. Alla fine di questa settimana saprai almeno contare” commentò, e mi sembrò quasi di percepire un velo di ironia, il che mi portò a guardarlo in maniera seria e Nao in tutta risposta mi colpì in testa con un quaderno obbligandomi a ricominciare tutto da capo.
Il pomeriggio, l’intera giornata trascorse così. Nao era severo ma molto bravo, le sue spiegazioni erano chiare e forse quella fu la prima volta che lo sentii parlare così tanto. Era piacevole starlo a sentire, era bella la sua compagnia tanto da non rendermi conto che stavo studiando la matematica, e così facendo il pomeriggio volò letteralmente. Avvertii la stanchezza solo verso le sette passate, quando mi lasciai cadere sul tavolino sbadigliando.
“Credo che per oggi possa bastare” osservò Nao guardando l’orario.
“Come sono andato?”
Nao mi scrutò in silenzio “Sei un disastro ma si può lavorare. Ora credo che andrò” si alzò per raccogliere le sue cose. Mi partì quasi senza pensarci e gli afferrai la mano per fermarlo.
“Resta per cena, mi farebbe piacere.”
Nao mi fissò spalancando gli occhi, per poi tornare normale quasi subito “Sei impazzito?”
“Cosa ho detto di male?!”
Continuò a riporre le sue cose nello zaino, con calma “Te ne esci sempre con cose strane. Oggi sono il tuo tutor, non un amichetto del tuo gruppo di calcio, non ti dimenticarlo.”
Usava sempre toni così autoritari, la cosa mi fece sospirare. “Io credevo di avere un amico a casa non il professore Matsuda.”
In quel momento mi ero veramente arreso, normalmente avrei lottato di più ma Nao fece una cosa inaspettata che mi fece rimanere di sasso.
“Il curry c’è ancora?” domandò di punto in bianco nascondendo i suoi occhi dietro gli occhiali.
Sollevai il busto tornando dritto, pensando di aver sentito male per un momento. “Certo che c’è!”
“Allora ne assaggerò un po’ ma poi vado a casa, chiaro?” tuonò severo.
Mi si dipinse il solito sorrisone a trentadue denti, e annuii contento. Inaspettatamente Nao aveva accettato di restare per una rapida cena, e contento finii di preparare il curry del pranzo. Preparai una piccola tavola per entrambi, servii il piatto, Nao era di fronte a me che mangiava in silenzio il suo riso al curry.
Non fu nulla di speciale, non ci fu una vera conversazione mentre si mangiava ma andava bene così. Era l’ennesimo piccolo passo in avanti, potevo vederlo mangiare il mio cibo, nella mia cucina.
Non si lamentò, forse aveva gradito ma questo non lo seppi mai, subito dopo raccolse lo zaino e si preparò ad andarsene. Fuori la porta lo salutai con un cenno di mano mentre lui annuì solo con la testa e lo vidi andare via.
Mi affacciai alla ringhiera per seguirlo con gli occhi mentre si allontanava dalla mia palazzina. Non era facile, avevo scelto una persona difficile da conoscere che non mi avrebbe permesso di entrare facilmente nel suo mondo, ma lentamente stava entrando nel mio anche se a piccoli passi. Rispetto all’inizio era cambiato tutto, da quando mi aveva definito capra ad ora sentivo che non lo pensava più, eppure c’era così tanto che ancora volevo sapere di lui. Mi domandai da dove nascesse quel mio desiderio, lo avrei guardato per ore e ore, senza stancarmene. Era divertente, intelligente, affascinante e tante altre qualità che sicuramente avrei scoperto, e volevo scoprire. Se solo lui me lo avesse permesso.



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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo [12]

Mi sentivo osservato, in maniera intensa e quando guardai nella direzione da cui avvertito quella spiacevole sensazione notai Take, Cho, Yuuki e Eijii che fissavano me, in particolare Take mi stava letteralmente bruciando con lo sguardo. La cosa cominciò a diventare sgradevole, e tutto perchè quel giorno aveva deciso di portare con me Nao per mostrargli quanto andassero avanti i lavori del teatro e per convincerlo avevo dovuto comprargli la colazione.
Nao se ne stava seduto su una delle poltrone del teatro e divorava il suo piccolo panino dolce, mentre io tentavo di spiegargli ciò che ancora mancava ma ogni tanto venivo disturbato dall’aurea potente delle loro occhiate in lontananza, al che Nao cominciò ad accorgersene anche lui e guardò verso di loro.
“Credo che i tuoi amici ti reclamino.”
“Ignorali..” mormorai esausto.
Erano due giorni, che – tra gli allenamenti, i lavori per il teatro e le ripetizioni di Nao – mi sentivo un po’ strano, stanco più che altro e facevo molta fatica a concentrarmi ma non potevo permettermi pause.
“Allora manca ancora l’impianto audio che arriva giovedì, e i costumi. Dopo dovremmo aver finito, e spero che nessuno più venga rubare” commentai terrorizzato della cosa.
Nao mi strappò di mano il foglio e vi diede un occhiata “Sei un idiota. Hai spesso altri soldi per cose che già c’erano e che hanno rubato, e ora potrebbe ricapitare visto che non si è trovato il colpevole.”
“Non avevo scelta! Il teatro sarebbe stato chiuso senza queste cose e tutti hanno lavorato duramente.”
Nao lasciò andare il foglio che volò verso di me e lo afferrai a stento, in quel secondo il mio interlocutore si alzò dal suo posto dopo aver finito la sua piccola colazione.
“Sei un idiota e basta” disse e andò in direzione della porta. Odiavo quando il suo vocabolorio si riduceva sempre alle stesse parole, in una giornata era capace di ripetere la parola idiota cinquanta volta pur di non chiamarmi per nome, e odiavo quando prendeva e se ne andava senza preavviso. Non era mai di aiuto, veniva a guardare e non mi dava mai un consiglio decente, solo insulti.
“Ehi!”
Mi urlò Take nelle orecchie facendomi sussultare. “Sei impazzito?!”
Take incrociò le braccia contro il petto e mostrò una brutta espressione indispettita “Quindi? Ora stai più tempo con il tuo amichetto secchione?”
“Non dire sciocchezze. Volevo mostrargli il teatro ma come al solito non ha detto nulla...” la mia voce si spense un pò nell’ultima parte, e Take mi vide sospirare.
“Domani sera i ragazzi hanno organizzato una serata al Bowling, potresti chiedergli di venire con noi.”
Mi illuminai “Posso?!”
Take mi sorrise, era sempre il migliore! Non controllai la mia reazione e gli saltai al collo abbracciandolo, Yuuki si avvicinò incuriosito e sorrise nel vederci così affettuosi tra di noi.
“Gli hai detto dell’uscita?”
Take annuì “Voglio conoscere questo Nao.”
“Vi piacerà sicuramente! Nao è fantastico, è super intelligente e poi da un sacco di ottimi consigli. E’ molto maturo per la sua età!” ne parlai con particolare orgoglio.
Take mi pizzicò la guancia “Ora non esagerare. Sembra di sentire un padre orgoglio del proprio figlio” Yuuki ridacchiò nel sentire ciò.
Era un idea fantastica. Presentare Nao a tutti significava fare un altro passo in avanti, era l’occasione giusta per riprovare con quella famosa uscita che volevamo fare mesi fa.
Dopo le lezioni, e prima degli allenamenti passai per il laboratorio pieno di entusiasmo per la cosa. Entusiasmo che si spense immediatamente...
“No.”
“Ma Nao possibile che tu dica sempre di no a tutto?!”
Momoka nel frattempo stava passando dei campioni a Nao, e lui li stava catalogando uno a uno mentre rispondeva a me senza neppure guardarmi in faccia.
“Se hai tempo da perdere con certe cose, dovresti impiegarlo per studiare di più. Sono già quattro giorni che vengo da te e le tue facoltà intellettive sono quelle di uno struzzo.”
“Uno struzzo?!” Momoka ridacchiò sotto i baffi, tornò composta sistemandosi gli occhiali e passò l’ennesimo campione. “Ma è solo un uscita! Take e gli altri vogliono conoscerti.”
“Non so chi diavolo siano.”
“I miei amici! Li hai visti decine di volte.”
“Sono come te?”
Ci pensai per un attimo “Sì, siamo fratelli praticamente!”
Nao mi rivolse un occhiata disgustata “Un motivo in più per non venirci. Già devo sopportare te, e ora vuoi portarmi in covo di tuoi cloni.”
Struzzi, cloni. Il vocabolario di Nao si faceva sempre più strano, oltre la capra ora stava dando il meglio di se negli insulti, e dovevo riconoscerlo aveva molta fantasia.
Indispettito dal suo comportamento gli rubai di mano un campione, e Nao ne rimase di sasso.
“Oi!” tuonò guardandomi severo.
“Lo calpesto se non mi dici sì.”
Nao strabuzzò gli occhi perplesso, era rimasto senza parole. Si toccò la fronte esasperato, Momoka alla sua destra mi guardava e continuava a ridacchiare, la cosa innervosì Nao che la fissò male e lei tornò a fare le sue cose allontanandosi.
“Ti rendi conto che quel campione posso rifarlo quando voglio? Non sai neppure cos’è, e questo è il motivo per cui dovresti studiare di più, idiota.”
“Ah si?” mi guardai in giro e notai la solita soluzione che lui usava sempre. Mi avvicinai e la sua espressione sicura iniziò a cedere, lui mi credeva un completo stupido, così allungai il campione verso la soluzione minacciando di gettarcelo dentro e Nao sussultò.
“Aspetta!”
“Oh ma che peccato se questa soluzione del cavolo si rovinasse eh? Costa parecchio vero?”
“Non osare..”
Sollevai le sopracciglia mostrando un ghigno divertito, era la prima volta che lo vedevo realmente preoccupato per qualcosa. Allora avvicinai di più il campione alla soluzione, e Nao sembrò sudare.
“Domani, Shibuya alle 19:00. Non tardare.”
“D’accordo ma ora tieni quel coso lontano dalla soluzione!”
Ritirai il braccio e Nao corse verso la soluzione accertandosi che fosse integra e non contaminata. Mi lanciò un occhiataccia, io invece provavo soddisfazione e lo salutai contento della mia piccola vittoria, ma la vera domanda era: si sarebbe presentato? Prima di imboccare l’uscita Momoka mi lanciò un occhiata divertita e mi fece il segno di vittoria con le dita, ricambiai ridendo.
Il giorno seguente Nao come promesso venne da me per le ripetizioni, durarono come al solito e se ne andò senza darmi conferma di nulla. Non rispose alle domande, e sembrava ancora irritato per il giorno prima. Durante le lezioni fu più severo del solito, e di colpi in testa col quaderno ne ebbi il doppio. Perchè era così difficile chiedergli di fare qualcosa, la sua risposta era sempre la stessa. Magari se lui avesse proposto qualcosa che poteva piacergli lo avrei seguito io, ma a parte le provette non sembrava avere altri hobby.
Pensando a ciò mi feci una bella doccia veloce, e mi cambiai cercando di prepararmi. Indossai un paio di jeans blu notte, una camicia di jeans scura e un capellino sportivo sempre in tinta mettendolo al rovescio. Ero vestito normale, visto ce si trattava di una semplice serata al bowling.
Molto presto si fece l’ora x e mi recai al punto di incontro, più guardavo l’orologio più sentivo il bisogno di chiamare Nao per chiedergli dove fosse ma da accordi io non potevo mai contattarlo. Chissà quale forza mi impediva di farlo, ogni volta che ero sul punto di cedere qualcosa mi faceva ritirare la mano e rimettere il cellulare in tasca. Sembravo seriamente uno stupido.
Davanti alla stazion di Shibuya c’erano già Take e Yuuki, e in loro compagnia altri nostri amici di squadra, notai anche la presenza di tre ragazze.
“Non sapevo dovesse essere un uscita di gruppo” feci notare al mio amico.
“Nemmeno io ma sono carine no?” Yuuki rispose con un occhiataccia e si allontanò da noi. Sia io che Take non capimmo il suo corpotamente e facemmo spallucce in sincronia. “Allora il tuo amico dov’è?”
“Starà per arrivare, forse è un po’ in ritardo.”
“Chiamalo, vedi dov’è.”
Mi rabbuiai per quella richiesta, come gli spiegavo che non potevo farlo. Sarei sembrato ridicolo, e ancora più stupido sarebbe stato dirgli che non sapevo che fine aveva fatto o se mai ci avrebbe raggiunti, forse dovevo rinunciare e dire a tutti di avviarci.
Qualcosa di delicato sfiorò lievemente la mia spalla. Quasi un soffio di vento, e quando mi voltai per darvi un occhiata notai la presenza di chi mi meno mi sarei aspettato di vederci.
“Nao?!”
“Perchè così sorpreso. Perdonate il ritardo ma non trovavo la strada” si riferì a Yuuki e Take, e simulò un breve cenno di inchino “piacere di conoscervi sono Nao Fukuda.”
Take lo fissò perplesso “Ehm guarda che siamo nella stessa classe..” Yuuki gli diede una gomitata per riprenderlo e si corresse “piacere mio sono Takesi Kanjiro e lui è Yuuki Umeda.”
Ero esterrefatto da tutta quella scena. Non solo si era davvero presentato, ma il suo atteggiamento sembrava del tutto mutato, sembrava un altro. Era educato, aveva iniziato per primo la conversazione presentandosi. Che il Nao scorbutico avesse un gemello nascosto da qualche parte?
Lo osservai meglio, non portava gli occhiali quella sera mostrando un taglio di occhi felino e dal penetrante color nero. I capelli erano pettinati dando un senso al semi caschetto che portava, lasciandolo però cadere morbido sulla fronte e le orecchie. Anche lui aveva optato per qualcosa di comodo, un paio di jeans chiari, una maglia nera e sopra un cardigan lungo grigio scuro.
Mi venne di sorridere, era un inaspettata sorpresa vederlo per davvero. Involontariamente cominciai a sorridergli, e la cosa lo stizzì di brutto.
“Non iniziare a sorridere come un idiota” bisbigliò in modo che potessi sentirlo solo io.
“Sei venuto davvero pff e poi è la seconda volta che sento dirti questa cosa delle strade, cos’è non hai senso dell’orientamento?” lo dissi giusto per dire ma Nao sembrò arrossire e distolse lo sguardo, “Davvero?!”
“Taci idiota!”
“Ehi voi due venite?” gridò Take da lontano e fummo sollecitati a camminare.
Da normale serata, improvvisamente tutto divenne più colorato e divertamente. Non mi importava che fosse un uscita di gruppo, della presenza delle ragazze, passai tutto il tragitto a parlare con Nao e quest’ultimo non faceva altro che allontanarsi da me, o spesso mi fulminava con lo sguardo.
Yuuki si avvicinò a noi incuriosito, e gli sorrise “Allora Nao, da quanto sei amico del nostro Ren. Spero non ti causi troppi problemi.”
“Ehi” borbottai offeso.
“Faccio del mio meglio” sospirò Nao.
Yuuki rise per la sua risposta e non la percepì come un offesa, come invece feci io.
“Sono contento di conoscerti, Ren non fa che parlare di te, continuamente.”
Feci cenno a Yuuki di stare zitto ma non capì, e Nao si voltò a guardarmi con fare disgustato notando la cosa, “Parla di me?” domandò.
“Ehmm..” non seppe più che dire Yuuki dopo il mio rimprovero.
“Ci vuole ancora molto per arrivare? Take!” lo chiamai per cambiare argomento, e cammina più velocemente per raggiungere l’altro gruppetto davanti a noi.
“Ren può essere un po’ esagerato ma è davvero divertente, non credi?” sentii alle mie spalle.
Da Nao non arrivò risposta.
In poco tempo giungemmo al piccolo bowling scelto dai ragazzi, notai solo in quel momento che le ragazze, due magroline e una più formosa, erano particolamente chiassose e non facevano altro che ridere, e urlare cose a caso. Erano moleste, si avvinghiavano al braccio di Take in continuazione, e una di loro ci provò anche con me ma la ignorai invitando invece Nao ad entrare.
Il posto dentro era rustico, quasi antico ma accogliente e tenuto bene. C’erano altri ragazzi a parte noi, e chiedemmo per tre partite di seguito, cosa che scelsero le ragazze e non noi altri, ma ci andava bene. Notai che Yuuki, rispetto agli altri sembrava di pessimo umore e se ne stava sempre in disparte. Non era la prima volta che lo vedevo così, era capitato anche altre volte e ormai collegavo la cosa alla presenza del sesso femminile, non riusciva ad andarci d’accordo in alcun modo.
“Allora Nao che numero porti?” domandai.
“Io non gioco.”
Tagliò subito corto mettendosi a sedere su una delle panche a braccia incrociate, ergeva il solito muro.
“Non puoi non giocare! Che sei venuto a fare altrimenti?”
“Perchè mi hai costretto.”
Cercai di tenere i nervi ben saldi, così lo lasciai perdere e andai a ritirare il mio numero di scarpe. Fu li che vidi Yuuki in un angolo e solo, con un broncio dipinto in viso. Mi avvicinai per accertarmi che stesse bene.
“Yuuki va tutto bene?”
“Eh? Oh si tutto bene...” sospirò afflitto “non credevo sarebbero venute anche loro” e indicò le ragazze che continuavano a fare le cretine dietro ai nostri amici e Take.
Gli sorrisi “E’ stata una bella sorpresa, ma non devi darci peso. Resta con noi e non pensarle.” Yuuki sembrò distratto, e lanciò un occhiata furiosa verso Take che nel frattempo faceva lo stupido con una delle tre, quella più formosa. Osservai la cosa senza capire. “Ti ritiro le scarpe?”
“Sì grazie Ren. Ah sai credo che Nao non piaccia stare qui” e gettò un occhiata verso di lui, e lo vedemmo seduto da solo e lontano dal resto del gruppo “forse dovevamo scegliere qualcosa di più tranquillo.”
“Tranquillo a lui non piace nulla a parte lo studio, andrà bene.”
Yuuki mi sorrise “Gli vuoi bene vero?”
Quella domanda mi lasciò interdetto “Bene?”
“Lascia stare... ora vai o troverai fila.”
Che strana domanda da parte di Yuuki. Io volevo bene a Take e Yuuki, erano miei amici e li conoscevo da una vita ma nei confronti di Nao era diverso, non lo conoscevo abbastanza per dichiarare una cosa del genere, eppure nel petto sentivo che un sentimento di quel tipo già c’era. Curioso. Mi strinsi il petto una mano per quella sensazione così piacevole ma al tempo stesso sgradevole che cercai di mandare via.
Tornai poco dopo con le scarpe di Yuuki e Nao, inventai il suo numero e gli porsi il paio di scarpe. Nao le fissò schifato, senza capire “Che dovrei farci?”
“Mettile che giochiamo” sorrisi.
Yuuki alla mia destra infilò le sue, mentre poco più avanti c’era già Take che mostrava a una delle tre ragazze come tirare, mentre quest’ultima non smetteva di ridere come un oca. La cosa cominciò ad innervosire anche a me, ma mi lasciai prendere dal mio ospite.
Lo trascinai verso le palle “Hai mai giocato?”
“No mai.”
Ero incredulo “Sei serio?” Nao fece spallucce con indifferenza per il mio stupore e cominciò a guardare le varie sfere, ne osservò il colore e poi ne prese una tra le mani guardandole con fare interrogativo. Di solito era sempre così sicuro di se, ma li lo trovai come un bambino alle prime esperienze e la cosa mi fece ridere.
“Li vedi i tre fori? Ci devi mettere tre dita dentro, così guarda” e simulai la cosa con la mano.
Nao mi imitò e infilò le dita “E ora che ci faccio?”
“Li ci sono i birrili, devi tirare la palla e cercare di buttarli tutti giù. La prima volta non è mai facile, e la palla potrebbe uscire fuori ma tu non preoccuparti, io ci sono riuscito al terzo tiro” ridacchiai.
Nao non ascoltò altro e tirò, la palla rotolò veloce come una saetta e colpì i birilli centralmente buttandoli tutti giù in un solo colpo. La cosa lasciò stupiti e perplessi tutti i presenti, compreso me.
Take spalancò la bocca “C-cos’era quello..?” domandò quest’ultimo.
“Uao Nao che tiro!” esclamai entusiasta.
“Andava bene?”
Un altro ragazzo della mia squadra guardò Take confuso “Chiede anche se andava bene?”, un altrò rise “Sarà stato un tiro fortunato.”
Andai a porgere un altra palla a Nao per il secondo lancio e quest’ultimo tirò un altra bomba che segnò per la seconda volta uno strike, buttando a terra tutti i birilli. Esultai dalla gioia per tutto ciò.
“Fortunato anche questo tiro?” domandò il nostro amico a Take.
“Un momento cos’era quello?!” si avvicinò furioso a Nao.
“Un tiro credo.”
“Un tiro? Ti facevo topo da biblioteca non un giocatore di bowling, da dove viene quella forza.”
Yuuki rideva per la situazione e l’irritazione di Take. Io osservai la cosa allo stesso modo, trovavo esilerante tutta la faccenda ma ora era arrivato il mio turno di tirare, e lo feci. Buttai a terra quasi tutti i birilli, meno uno. “Accidenti c’ero quasi!” ridacchiai.
“Ren ti rendi conto che il tuo amico ha fatto due strike? Non ti stupisce la cosa?” mi si avvicinò Take.
“Si ho visto. Te l’ho detto che Nao è straordinario.”
“Non me la racconta giusta quello lì” e riversò un occhiata seria verso Nao che non capii.
Nel frattempo Nao si rimise a sedere, tornai da lui tutto contento e presi posto accanto.
“Divertente no?”
Sollevò le spalle per un attimo “E’ così che perdete tempo?”
“Bè non sempre, di solito stiamo in giro per mangiare qualcosa ma nulla di più.”
“Capisco.”
Anche nei turni successivi Nao segnò tutti strike, e ogni suo tiro era particolamente preciso e forte. Verso la fine Take era ormai bello che sconfitto e sempre più furioso per la cosa. Le ragazze che fino a quel momento lo avevano così tanto adulato iniziarono a notare Nao e una di loro si fece coraggio predendo posto accanto a lui. Io notai la cosa di ritorno dal bagno, e una tale scena mi indispettì.
“Quindi anche tu sei in classe con La Fiamma e Take” osservò la tipa.
Nao però non rispose e restò in silenzio mantenendo le distanze.
“Che stai facendo?” domandò dopo aver corso verso di loro e ce l’avevo con Nao.
“Credo che questa ci stia provando con me, ma ha un pessimo modo di farlo.”
La ragazza sussultò e fece l’offesa per quel commento, se ne andò seduta stante. La cosa mi fece ridere, ero felice che Nao fosse così come era. Mi rendevo sempre più conto che c’era una netta differenza tra me e tutti gli altri, ma dentro avevo il pensiero di cosa sarebbe successo che chiunque altro fosse migliore di me, e piacesse per davvero a Nao. Perchè avevo un pensiero così negativo.
Presi posto accanto a Nao ridacchiando ancora per la scena di poco fa, e lo notò.
“Cosa ti ridi?”
“Quella tipa ha proprio sbagliato preda pff.”
Le tre partite terminarono e furono vinte tutte e tre da Nao, con sorpresa aveva segnato tutti strike di fila e la vista di quel tabellone non lasciò perplesso solo Take ma anche tutti gli altri ospiti che fotografarono la cosa, e lo staff del post domandò a Nao se fosse un professionista o qualcosa del genere ma quest’ultimo risposte di no tagliando corto, e senza rispondere ai complimenti di nessuno.
Solo Take era di pessimo umore e non mancava di guardare male Nao. Yuuki rispetto a prima invece sembrava aver ritrovato un po’ di serenità, e seguì il mio consiglio, passò quasi tutta la risata assieme a me e Nao. Gli faceva un sacco di domande, e contro ogni aspettativa Nao rispondeva anche se con frasi brevi.
Dopo il bowling proposero una bancarella che vendeva dell’ottimo gelato, così ci recammo tutti li. Le tre ragazze iniziarono a notare sempre di più Nao, anche un’altra cercò di attaccare bottone ma senza successo. Ad ogni loro due di picche me la ridevo di gusto, e il loro interesse non faceva che irritare ancora di più Take.
“Che gelato vuoi?” domandai a Nao.
“Non lo voglio.”
Ignorai la sua solita risposta acerba “Ok, un cono al cioccolato. Tu Yuuki?”
“Ehi io odio il cioccolato!” scandì.
Era la prima volta che mi rivelava qualcosa di lui, ne fui sorpreso e al tempo stesso apprezzai la cosa. Annuii sorridendo e Nao mi guardò seccato, dopodichè anche Yuuki mi disse il suo gusto e andai a prenderli per tutti facendo un po’ di fila. Una volta davanti al commesso mi venne una brillante idea, e scelsi per Nao un cono artigianale, lavorato a forma di coniglietto e quando glielo portai la sua espressione fu impagabile.
Scoppiai a ridere senza più trattenermi, e col cellulare feci una foto alla sua espressione irritata e al cono a forma di tenero coniglietto. Yuuki mi seguì con le risate.
“Vado a buttarlo” disse Nao semplicemente.
“No! Mi è costato 5450 yen, non puoi buttarlo. Almeno assaggialo” lo incitai mentre avevo pronto la fotocamera per registrare la cosa.
Nao stizzito mi fissò sempre più buio “Oh ma c’è qualcosa sul cono. Cos’è?” disse guardandolo.
Mi avvicinai per guardare “Dovrebbero essere gli occhi, fa vedere..”
In un secondo Nao mi incollò il gelato in faccia. Fu una questione di un attimo, di distrazione o chissà. Che era vendicativo lo sapevo bene, ma fare una cosa così infantile fu davvero una sorpresa. E non bastò, Nao mi strappò il telefono di mano e mi scattò una foto con tanto di flash davanti l’espressione basita di Yuuki.
“Com’è il tuo adorato coniglio eh?” mi derise abbozzando un sorriso. Era la prima volta.
Mi toccai naso e bocca ed erano ricoperti di gelato, osservai la cosa ancora sorpreso. Lo guardai, nella sua espressione c’era soddisfazione. Normalmente, chiunque altro si sarebbe infuriato a morte, ma nel caso di Nao vederlo prendere l’iniziativa anche solo per un gesto del genere mi fece sorridere, scoppiai a ridere piuttosto che arrabbiarmi e la cosa non piacque a Nao, dal suo volto sparì ogni segno di divertimento.
“E’ veramente buono” mi leccai la mano “vuoi provare Yuuki?”
“Bleah assolutamente no! Vado a prenderti dei tovaglioli.”
Nao tornò serio e schivo come prima “E’ impossibile togliertelo quel sorriso dalla faccia.”
“Ho apprezzato il tentativo ahaha posso riavere il mio cellulare?”
Me lo restituì in malo modo e si allontanò indispettito.
Il gelato che avevo sul viso era una prova chiara per me, sentivo una sensazione piacevole di calore che aumentò ancora di più quando dal cellulare guardai le foto fatte. A parte la mia, quella di Nao col cono a forma di coniglio mi fece sciogliere in un sorriso sereno. Una sensazione davvero strana che partì dal petto.
Era stata la nostra prima uscita ufficiale da quando ci eravamo conosciuti, e contro ogni aspettativa era andata molto bene. Yuuki e Take (forse meno del primo) lo avevano accettato, e presentarglielo aveva dimostrato che ormai anche Nao faceva parte della mia quotidianità, anche se dirglielo avrebbe significato beccarmi occhiatacce e sentirmi dire stupido.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo [13]

Dopo l’uscita tornai a casa di buon umore, e nel ripulire i resti del gelato notai allo specchio che avevo le guance arrossate. Che fosse dovuto al freddo? Quel lieve rossore stonava tantissimo col lieve rossastro dei miei capelli, ma faceva risaltare ancora di più gli occhi color miele. Non ci pensai oltre, e una volta ripulitomi dal gelato mi gettai sul futon cadendo in un sonno profondo.
Il pomeriggio del giorno dopo avevo gli allenamenti di calcio, e come capitano doveva assistere e accertarmi che tutti dessero il loro massimo. Una volta finiti gli allenamenti dovevo poi correre a casa per le ripetizioni con Nao, tutto ciò era estenuante ma se volevo potevo farcela.
“Ren stai bene? Sei un po’ arrossato” notò Take mentre riprendeva fiato dalla corsa.
“Certo. Devo aver preso solo un po’ di freddo ieri sera.”
“Forse dovresti sederti e startene a riposo, non fare l’allenamento per oggi.”
Il suo suggerimento non era una cattiva idea. Mi sentivo un po’ stanco, ma proprio in quel momento si avvicinò a bordo campo anche Urie che aveva finito il suo riscaldamento, e come al solito, con aria divertita ci raggiunse per punzecchiare. Ormai quello era il suo hobby.
“Wow capitano, ora sì che sembri sul serio una Fiamma!” mi derise.
“Edojima torna in campo!” lo riprese Take, e Urie parve obbedire ma prima congedarsi mi lanciò un occhiolino, “Quel ragazzo se le cerca proprio.”
“Ignoralo, è quello che faccio io.”
Take mi parò una mano in fronte, senza preavviso “Hai la febbre lo sapevo” osservò, ma immediatamente mi liberai dalla sua presa allontanandomi, “torna a casa, per oggi ti sostituisco io.”
“Sono il capitano Take, non posso prendere e andarmene.”
“Vuoi sentirti male stupido?!”
Non ebbe il tempo di rimproverarmi che dal nulla comparve Yuuki, sorridente e con le mani nascoste dietro la schiena. Sembrava un bambino spensierato.
“Come stanno i miei due atleti preferiti?”
“Non è il momento Yuuki!”
“Oh è io che volevo farsi una sorpresa, specialmente a qualcuno” e mi lanciò un occhiata strana, subito dopo di lui comparve chi meno mi sarei aspettato, era Nao, “l’ho beccato per i corridoi, stava tornando a casa così l’ho trascinato qui con me.”
I miei occhi erano spalancati. Nao non era mai venuto ad un mio allenamento, non mi aveva mai visto in divisa da calcio e un po’ mi sentii in imbarazzo sapendo cosa ne pensava di tutto ciò.
“Non farò tardi alla lezione, promesso” dissi per sbloccare la situazione.
“Lo so. Ma visto che comunque devo venire da te dopo, ho seguito qui Yuuki” spiegò brevemente.
Yuuki si intromise tutto contento “Allora noi ci sediamo qui buoni e vi guardiamo mentre vi allenate!” e invitò Nao a prendere posto sulla panchina a bordo campo.
E io dovevo allenarmi con Nao che mi guardava? Improvvisamente il cuore cominciò ad accellerare, la testa mi girava e una strana ansia si impadronì di me. Cosa mai successa prima, giocare a calcio mi aveva sempre portato serenità e ora invece era l’esatto opposto, sentivo il freddo sguardo di Nao su di me.
“Allora capitano! Si comincia o no?” gridò da lontano Urie con tono di scherno.
Insicuro, e debole diedi via alla partita di allenamento. Compagni conto compagni, io attaccante dei blu e Urie dei rossi, Take mio centro campista come sempre.
Notai che la mia concentrazione era pari a zero, il mio sguardo non faceva che cadere verso il bordo campo, dove c’erano Yuuki e Nao, e quest’ultimo se ne stava immobile ad osservare proprio nella mia direzione. La cosa mi provocò un sussulto, sentivo le mani sudate e il fiato corto. La testa era leggera, sentivo stranamente caldo e forse Take aveva ragione, ero raffreddato.
“Attento che sta arrivando Urie all’attacco!” mi avvertì Take preparandosi e andando incontro all’avversario.
Ma il suo avvertimenti risuonò vago nella mia testa, tutto era ovattato. La mia concentrazione era tutta per uno spettatore inaspettato, ma più tentavo di riportare la concentrazione verso l’allenamento più sentivo le forze venire meno.
Quando Urie fu abbastanza vicino, sapevo che era il momento per me di bloccato prima che arrivasse alla difesa ma non appena scattai per placcarlo ogni parte del mio corpo smise di funzionare, ci fu come un black out e tutto divenne improvvisamente buio. L’ultima cosa che ricordo era la voce di Take che mi chiamava forte.
Ebbi un sonno tranquillo, senza sogni. Tutta la stanchezza accumulata fu smaltita da quei pochi minuti di sonno profondo, e quando riaprii gli occhi mi accorsi di essere riversato su una panchina fuori dal campo. C’era un grosso vociare intorno a me, e la prima faccia che mi trovai davanti fu quella di Yuuki che aveva un espressione in pena.
“Fate spazio, fatelo respirare un po’!” intanto gridava Take agli altri che preoccupati o forse curiosi si avvicinavano per dare un occhiata.
Lentamente cominciai a mettere a fuoco, avevo riaperto gli occhi ma mi sentivo ancora male.
“C-cosa è successo..”
“Hai la febbre Ren! Devi tornare subito a casa, ti sei sentito male” mi spiegò Yuuki preoccupato.
“Nao..” borbottai nel delirio della mia febbre.
Yuuki si zittì di colpo dopo avermi sentito pronunciare il suo nome, si morse le labbra “Non so dove sia andato. Dopo che sei svenuto è sparito.” Di cosa mi stupivo. Non doveva essere una sorpresa per me quella, eppure mi ferì così tanto che mi sentii doppiamente più debole di prima. Era la febbre forse, ma sentivo di voler piangere per quella sensazione di abbandono che sentivo nel cuore. “Ora ti portiamo a casa, d’accordo?”
Annuii nascondendo il volto sotto al braccio. Quella era una pessima giornata, e ogni volta di sorridere era sparita.
Appena fui in grado di rimettermi in piedi, sia Yuuki che Take mi accompagnarono a casa. Fui premurosi, prima di arrivare a casa passammo per un supermercato e comprarono una zuppa precotta che potessi mangiare più tardi, sapendo che sarei stato da solo. Una volta rientrato si occuparono di mettermi a letto, di spogliarmi, Yuuki mi mise un impacco di ghiaccio in fronte ed entrambi restarono fino a sera per accertarsi che almeno un po’ la febbre scendesse. Furono degli angeli, e visto che stavo male non avevo parole per dirgli grazie ma qualcosa riuscirono a capire dai miei tentativi.
Da solo non riuscii a dormire, preferii mangiare la zuppa preparata dai ragazzi che trovai deliziosa. Quando stavo così male mi rendevo conto di quanto silenziosa fosse la mia casa, papà sempre fuori a lavorare e mi accorgevo di quanto la mamma mi mancasse. Mi tornarono in mente scene del passato, di quando ero piccolo e spesso mi ammalavano e la mamma era sempre li a coccolarmi, dormiva con me. Mi accarezzava la testa per farmi addormentare e con la sua dolce voce mi cantava una ninna nanna.
Quel ricordo mi fece sprofondare nella più assoluta malinconia. Di solito non mi lasciavo mai così andare, e volevo sempre mostrarmi sorridente verso la vita e il prossimo, ma in quel momento mi sentivo così debole da sembrarmi di essere tornato bambino.
Il suono del cellulare mi riportò alla realtà, mi sollevai un po’ per prenderlo e un po’ immginavo chi potesse essere. Yuuki certe volte sapeva essere troppo apprensivo nei miei confronti, ma quando lessi il nome sul display ogni mio pensiero cessò di colpo.
Lessi rapidamente il contenuto: – Apri la porta stupido. Sto bussando da un ora. –
Mi ero addormentato senza rendermene conto. Dopo aver letto il breve messaggio mi catapultai verso la porta, sconvolto e incredulo che potesse sul serio essere lui!
Andai ad aprire la porta, e la scena che mi si presentò davanti fu inverosimile. C’era Nao, seduto contro la ringhiera a pochi metri dalla porta, le mani nelle tasche del giubbino e una busta poggiata accanto a se.
Sollevò lo sguardo per guardarmi “Finalmente.”
Non aveva senso. Era anche quello uno strano sogno dovuto alla febbre? Probabilmente mi sarei svegliato da un momento all’altro, e sarei tornato nella mia stanza, solo e malato.
Nao si rimise in piedi afferrando la busta e si avvicinò per entrare, il silenzio lo lasciai fare e lo vidi mentre si toglieva le scarpe e senza indossare le pantofole si inoltrava nel mio piccolo appartamento guardandosi in giro con attenzione come sempre.
“Nao che ci fai qui? Non posso studiare oggi, non sto bene.”
“Lo so” e allungò il braccio offrendomi la busta che aveva con se, “sono delle medicine dell’infermeria, qualcosa per far abbassare velocemente la febbre.”
Guardai all’interno della busta e c’erano due confezioni di pasticche. Improvvisamente cominciai a collegare i puntini, quando Yuuki aveva detto che Nao era sparito era perchè era andato in infermeria.
“Prendine uno la mattina e uno la sera per cinque giorni e tornerai a tirare calci velocemente..”
Delle sue parole non stavo ascoltando niente. Ero colpito dal piccolo gesto, dal fatto che fosse venuto fino a casa per portami quelle due scatole. Il petto mi si riempì di un dolce tepore che mi fece chiudere lo stomaco da una sensazione strana, quasi come se volessi vomitare ma non avevo quello stimolo.
Senza più ragionarci, e andando contro le regole di distanta imposte da Nao mi gettai contro di lui stringendolo a me. Era la prima volta che potevo sfiorarlo così da vicino, ingenuamente avevo anche pensato che sarei riuscito a catturarlo tra le mie braccia immaginandolo esile ma in quel momento mi accorti che la sua corporatura era robusta, e non gracile come avevo immaginavo e fui inebriato dal suo docle profumo.
“Ren... che fai?” domandò pietrificato per tutto ciò.
“Grazie Nao, davvero.”
“Sì, ok ma ora lasciami andare stupido..”
Feci come ordinato. Lasciarlo andare fu quasi triste per me, la sensazione di averlo tra le mie braccia fu nettamente differente rispetto a quando lo facevo con Take o Yuuki. C’era qualcoda di diverso che non capivo bene, e guardai le mie mani per un istante chiedendomi cosa ci fosse di strano.
“Bene ora torno a casa” chiuse così la cosa, ma non mostrò irritazione per quell’abbraccio anzi lasciò correre ignorando completamente la cosa.
Lo accompagnai fino alla porta, anche se avrei sperato si trattenesse di più ma non volli insistere. Gli ero grato del gesto, e poi ero ancora un po’ stranito dalla sensazione di prima.
“Grazie di essere venuto Nao. Ci vediamo appena starò meglio e mi dispiace per la lezione di oggi” sorrisi.
Nao mi osservò con un espressione indecifrabile “Ci vediamo. Prendi le medicine come ti ho detto.”
Annuii e Nao andò via.
Due giorni dopo ero già di ritorno a scuola e la mia guarigione miracolosa sorprese Take, che si stupì di rivedermi in caffetteria e con il solo appetito esagerato. Sia lui che Yuuki mi fissarono confusi, anche se quest’ultimo lo diede meno a vedere e mi sorrideva contento.
“Come hai fatto a riprenderti così velocemente? Avevi una febbre da cavallo due giorni fa.”
“Le medicine di Nao sono state miracolose!” risposi col boccone in bocca.
Take mise il broncio “Nao di qua, Nao di là.. ormai hai solo lui in bocca..
Scoppiai a ridere “Sciocco! Sono grato anche voi, senza le vostre cure non mi sarie ripreso così in fretta.”
“Sono felice di questo Ren” commentò invece Yuuki.
In lontananza intravidi Nao che aveva appena comprato qualcosa alla caffetteria, e d’istinto scattai in piedi per chiamarlo, “Ehi Nao siamo qui!” urlai sventolando un braccio, e oltre attirare la sua attenzione attirai anche gli sguardi tutti li dentro, che risero mentre Nao mi fissò con disgusto facendo finta di nulla filando via, “Non capisco perchè è andato via..”
Take si toccò la fronte sconfitto “Che imbarazzo...”
“Ahahah almeno Ren è tornato in forma.”
Quel pomeriggio potevo riternermi ancora libero visto che ero stato poco bene, così pensai di fare un salto prima al teatro e guardare come stavano andando le riparazioni. Cho mi informò che tutto andava a gonfie vele e che entro la fine della settimana il teatro sarebbe tornato a posto. La notizia mi rese contento, e dopo quel piccolo controllo ebbi l’idea di comprare una delle merendine che tanto piacevano a Nao e di fargli visita in laboratorio. Sicuramente mi avrebbe rimproverato per la cosa, ma quello era il bello e l’idea della sua espressione irritata non faceva che farmi ridere.
Da fuori la porta del laboratorio però sentii un tono di voce diverso da quelli che conoscevo. Non era Momoka e nemmeno Nao, allora pensai che fosse di nuovo Hyobe tornato all’attacco. Ero pronto ad intervenire ma quando mi affacciai per darvi uno sguardo trovai un’altra persona accanto a Nao. Era un ragazzetto, indossava la nostra divisa scolastica portando semplicemente camicia e giacca, era minuto, magro e un po’ più basso rispetto a me e Nao. Aveva un viso delicato, ovale e la carnaggione bianca come la neve, bocca rosea, naso piccolo e due occhietti azzurri dal taglio tirato e le folte ciglia scure. I capelli però, divertamente erano biondi ma quasi a sembrare bianchi e portati mossi. Ai lobi delle orecchie spiccavano due orecchini piccoli e neri, se non avesse indossato i pantaloni lo avrei scambiato per una ragazza.
Restai immobile a guardare qualcosa che non avevo ancora visto. Nao che parlava con qualcun altro che non fossi io, ma come sempre sembrava irritato dalla presenza dell’altro e cercava di mandarlo via. Il ragazzo invece gli sorrideva e si avvicinava sempre di più invadendo i suoi spazi. La cosa mi provocò una tale irritazione che senza accorgermene strinsi più del dovuto la merendina comprata, quando me ne accorsi sentii di nuovo quella sgradevole sensazione allo stomaco.
Fu in quel momento che Nao parve notarmi accanto alla porta, e distolsi lo sguardo abbassando gli occhi.
“Cos’è sei diventato educato improvvisamente?” commentò pungente come sempre.
L’altro ragazzo mi gettò un occhiata incuriosito. Visto che Nao mi aveva rivolto la parola dovetti entrare, lo feci gettando un occhio verso il nuovo personaggio che avevo davanti, e questo sfoderò un sorrisetto malizioso e si rivolse nuovamente verso Nao cingendoci il braccio.
“Non sapevo che avessi altri amici oltre me.”
Amico?
Nao insofferente sospirò “Non hai nulla da fare Haruno?” gli domandò senza però rifiutare quel tocco. Continuavo ad avere gli incollati sulle mani di quel ragazzo di nome Haruno che stringeva il braccio di Nao, e quest’ultimo non faceva come suo solito, non metteva le giuste distanze come aveva fatto quella volta al bowling con la ragazza.
“Sai quanto ami stare assieme a te. E poi sono tornato ieri, volevo assolutamente vederti!”
Sembravo essere di troppo. Invisibile. Strinsi i pugni preso ancora da una sensazione di sofferenza interna, eppure la febbre mi era passata ma allora perch mi sentivo così male.
“Che hai in mano?” Nao si rivolse ancora una volta a me.
Sfoderai un sorriso, che però mi sembrò finto “Niente ti avevo preso un panino dolce, uno di quelli che ti piacciono tanto ma vedo che sei impegnato. Ci vediamo dopo..”
“Aspetta. Haruno stava andando via, vero?”
Il ragazzo mostrò un espressione basita per quella domanda ma nascose la cosa dietro ad un finto sorriso, “Si infatti, ho ancora le valigie da disfare a casa e poi devo sistemare le ultime carte del mio trasferimento” spiegò sempre sforzandosi di sembrare normale, ma nelle sottili pieghe del suo viso perfetto leggevo la stessa amarezza di tutte le volte che Nao mi aveva cacciato via. Haruno raccolse la sua borsa, salutò Nao con un sorriso e mi superò lanciandomi ancora una volta un occhiata sfuggente e sparì.
Nao si avvicinò senza che me ne accorgersi e afferrò il panino dalle mie mani, lo aprì e cominciò a mangiarlo mentre si sistemò gli occhiali sul naso.
“Nao ultimamente sei diventato popolare o cosa? Qui dentro viene sempre più gente” ridacchiai nervoso.
“Era solo Haruno, a parte voi due nessun pazzo ci mette piede.”
Perchè pronunciava così facilmente il nome di quel ragazzo. Erano passati tre mesi, eppure a stento mi chiamava per nome, invece in meno di mezz’ora quel ragazzino lo aveva già chiamato per nome usando un tono confidenziale. Una sensazione irritante si fece strada dentro di me, sapevo di dovermene andare, che non ero in grado di affrontare una conversazione come mio solito ma volevo sapere.
“Chi era?” domandai finalmente.
Boccone dopo boccone Nao mandava giù il suo panino dolce, poggiato al bancone da lavoro “Haruno? Nessuno, un amico di famiglia più che altro.”
“Capisco.. bè vedo che sei ancora impegnato. Ci vediamo oggi pomeriggio per la solita lezione!”
Nao mi fissò in silenzio smettendo di mangiare ma non disse altro e accettò che me ne andassi. Probabilmente era un sollievo che me ne fossi andato prima senza stargli tra i piedi, e lo era anche per me. Avevo bisogno di allontanarmi, di schiarirmi le idee, e di capire. Volevo trovare l’origine di quel disagio che sentivo, il perchè qualsiasi cosa avesse detto Nao mi avesse aumentato quell’irritazione che sentivo.
Un amico di famiglia. E io della sua famiglia non conoscevo nulla. Non sapevo doveva viveva, se aveva fratelli o sorella, e che tipo fossero i suoi genitori. L’immagine di Haruno così in confidenza con lui, e l’idea che fosse andato spesso a casa sua mi tamburellò nella testa come un martello facendomi sentire insignificamente.
Immerso in quei pensieri non mi ero accorto di non essermi mai mosso dalla porta del laboratorio, e vi ero rimasto davanti senza andarmene per davvero. Una mano fredda mi sfiorò la fronte, e quel toccò mi risvegliò da quegli strani pensieri. Ruotai gli occhi e vi trovai Nao, mi aveva sfiorato la fronte per davvero.
“La febbre è andata via” constatò ritraendo la mano.
“Nao..”
Mi fissò severo nuovamente “Blocchi la porta fermo qui fuori” sospirò arreso guardandomi meglio, “aspetta qui, chiudo tutto e andiamo.”
“Andiamo?”
“Sì, da te.”
Quell’affermazione così diretta mi fece diventare di fuoco, e sentii caldo alle guance. Che mi prendeva. Lentamente stavo perdendo la testa, quelle curiose sensazioni stavano diventando sempre più strane e senza rendermene conto, e guardandomi nel riflesso delle finestre del corridoio notai di essere diventato tutto rosso ma ormai non avevo più la febbre.
Come aveva detto Nao si occupò di chiudere il laboratorio, e inaspettamente tornammo da scuola insieme. Un’altra novità dopo la faccenda delle medicine. Mi camminava accanto silenzioso, lo zaino sulla spalla. Potevo guardarne il profilo perfetto, la sua espressione enigmatica e come gli occhiali gli cadevano perfettamente sul naso senza coprirgli il bel volto che aveva.
Bel volto? Stavo sul serio definendo bello il volto di un ragazzo? Dovevo ammettere di aver sempre considerato Nao perfetto, sapeva fare ogni cosa e lo ammiravo per ciò. Era stato il motivo che mi aveva spinto a conoscerlo, il suo modo di fare e di essere mi avevano intrigato, e affiscinato. Ma la mia era ammirazione, semplicemente quella.
Incrociai lo sguardo di Nao che si voltò per un attimo a guardarmi, e di scatto distolsi lo sguardo guardando nella direzione opposta. Ero seriamente in imbarazzo, e mi rendevo conto di non star parlando. Dalla comparsa di Haruno mi stavo comportando in maniera molto strana.
Inaspettatamente cominciò a piovere molto forte, e non avevo l’ombrello.
“Accidenti ma il meteo non portava pioggia!” esclamai cercando di ripararmi con lo zaino. Nao fece lo stesso ma non lasciò trapelare alcun espressione di stupore, nè di disagio e cominciammo entrambi a correre in cerca di riparo che però non trovammo. “Casa mia dista ancora troppo da qui uffa!”
“Seguimi.”
Feci come disse, lo seguii correndo nella direzione che stava prendendo. Imboccò strade che non conoscevo e non riuscii a capire dove stesse andando, sicuramente non era alla ricerca di un riparo visto quanti ne avevamo superati tanti. Capii quale fosse la nostra meta quando entrammo in un quartiere residenziale dove si susseguivano enormi ville una dietro l’altra, con davanti immensi giardini con tanto di cancello privato. Una dopo l’altra, e poi Nao si fermò davanti ad un cancello alto e di ferro, bussò al citofono posto di lato e qualcuno aprì permettendoci di entrare.
Avevo un brutto presentimento ma lo seguii comunque.
Percorremmo rapidi l’immenso giardino curato, dove in lontananza vidi anche un piccolo garaga con due auto sportive parcheggiate. La vista di ciò mi lasciò perplesso, di chi era quella casa?
L’enorme porta in legno antico ci fu aperta da una figura anziana, un uomo dai capelli brizzolati e i folti baffi gli incoriciavano le labbra. Indossava un abito elegante e portava dei guanti bianchi. Lo fissai confuso.
Nao entrò come se nulla fosse, gli mollò lo zaino e il cappotto bagnati.
“Bentornato signorino” disse l’uomo accennando un inchino col capo.
Restai immobile sulla soglia della porta, sbigottito la tutta quella scena. Spalancai gli occhi, mi sembrò di trovarmi in qualche strano drama ma quella era la realtà, era la casa di Nao.
Nao si voltò verso di me “Che fai ancora li? Entra prima che si bagni il pavimento.”
Feci come aveva detto “Permesso e scusate dell’intrusione.”
Il vecchio, che sembrava essere il maggiordomo, mi si avvicinò invitandomi a lasciarmi la mia roba. Ero un po’ restìo a farlo, ed esitai un attimo.
“Lasciagli la tua roba, ti asciugerà tutto. George fa pure” e sotto l’ordine del suo padrone il vecchio mi strappò letteralmente di mano zaino e cappotto sparendo in qualche stanza di quell’immensa casa.
Restai di stucco. Più mi guardavo in giro e più mi rendevo conto di non sapere nulla di Nao. Persino il pavimento di quella casa sembrava brillare come un diamante pregiato, e davanti a noi si ergeva una grossa e larga scala centrale che portava ai piani superiori.
L’arredamento era povero, pochi quadri e statue e qualche vaso di piante sparso qua e là ma tutto trasudava lusso sfrenato. Mi ero addirittura scordato di essere bagnato fradicio.
“Vieni andiamo di sopra, prima di prenderci un raffreddore.”
“Nao questa è casa tua?”
Mi guardò con biasimo “No sono entrato in casa d’altri... che dici?”
La mia era stata una domanda idiota ma non potevo crederci che fosse figlio di una famiglia così ricca. Sentivo che oltre alle nostre differenze di carattere si stava ponendo un altro ostacolo, ed era uno stile completamente differente dal mio.
Mi condusse lungo la rampa di scale. Non so dire quanti gradini salii, parecchi forse e mi condusse dopo un lunghissimo corridoio fino alla sua stanza che era grossa quanto il mio appartamento se non di più. Ero nella stanza di Nao però, e profumava come lui.
Nella sua camera non c’era una piccola finestra come nella mia ma ampie vetrate che davano ad un piccolo balcone. Entrava tantissima luce, e diversamente da come me la sarei immaginata quel luogo trasmetteva serenità e pace, le parecchi erano di un tenue azzurrino, c’era un grosso letto nell’angolo, con accanto un comodino e su di esso una pila di libri poggiati. Classico di lui pensai, così come la scrivania e la libreria dall’altra parte della stanza brulicavano di libri, tra i più vari ma c’era anche una tv e la cosa mi stupì, e una pila di dischi posti in ordine di lato, con un piccolo impianto stereo.
Quello era il suo mondo, e la vista di ciò fece svanire ogni brutto pensiero che mi portavo dietro da quando era apparso Haruno. Tornai finalmente a sorridere.
Mi arrivò addosso qualcosa che riconobbi essere un asciugamano. Lo spostai dal viso, e trovai davanti Nao che si stava asciugando “Asciugati prima di riprendere la febbre.”
“Grazie. Hai una stanza bellissima sai” sorrisi nel guardarla ancora.
Nao lasciò cadere l’asciugamano a terra fregandosene, si tolse la giacca della divisa e restò solo con la camicia, sembrò non sentire il mio commento.
“Penso che oggi studieremo qua.”
Sussultai per quella notizia “Qui?!”
“Non ho voglia di andare e venire, e fuori piove quindi ora siediti.” Non seppi dove così mi sistemai sul pavimento e la cosa lasciò di stucco Nao e si parò una mano sul viso scuotendo la testa in segno di sarregnazione. Dove avevo sbagliato? “Dietro di te c’è una scrivania. Non ti piace?”
La guardai e scoppiai a ridere “Scusa! L’abitudine sai” e andai a sistemarmi li. Era così grande, e di qualità buona. C’era una grossa lampada, e tutto profumava di pulito. Di lato c’era una piccola cornice con dentro una foto, e in essa vi erano raffigurati una ragazza e un bambino dai folti capelli neri, e lo stesso sguardo che avrei riconosciuti tra mille. Era Nao da bambino, e sorrideva, cosa che non gli avevo mai visto fare quando lo avevo conosciuto ed in quella foto sembrava essere così sereno, abbracciato stretto ad una ragazza dai lunghi capelli color oro.
Bussarono alla porta e comparve nuovamente il maggiordomo George, silenzioso e con i nostri zaini già asciutti. Me lo restituì geltilmente e lo ringraziai per il lavoro, dopo se ne andò chiudendo la porta.
Tornai in possesso dei nostri zaini potemmo riprendere con lo studio, fu piacevole. Nao se ne stava in piedi accanto a me, controllando ogni mio procedimento e quando cominciò a farsi sera accendemmo la grossa lampada della scrivania e nella stanza si creò un gioco di ombre che rendeva la cosa più intima, costruì del tepore come se in quella stanza ci fossi già stato altre mille volte.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo [14]

Studiare fu un po’ pesante, soprattutto dopo la febbre e Nao parve notarlo. Pose fine alla lezione lui stesso, chiuse il libro che aveva in mano e lo poggiò sulla scrivania spegnendo la lampada.
“Come sono andato?”
Nao mi riversò addosso i suoi occhi da giudice, “Poteva andare meglio.”
Non mi sarei aspettato commento differente, ma chiederglielo era giusto per sentirgli dire qualcosa che non fossero formule o capitoli di storia giapponese.
Senza rendermene conto erano già le sette passate, e pensai che fosse il momento di tornare a casa.
“Penso che me ne andrò, ha pure smesso di piovere fuori” indicai il balcone.
“Pare di sì. Vieni ti accompagno alla porta.”
Mi fece di nuovo da guida lungo i grossi corridoi di quella casa, ma della sua famiglia non c’era traccia. Non osai fare domande, Nao odiava il mio essere ficcanaso così lo seguii in silenzio. Una volta davanti allora porta, il suo maggiordomo mi consegnò un ombrello per prevenire l’episodio di poche ore fa e lo ringraziai.
“E’ davvero gentile” osservai davanti a Nao.
“Sì, lo è.”
Sorrisi mostrando la dentatura “Grazie dell’ospitalità, ci vediamo a scuola domani!” e feci per andarmene.
“Ren” mi chiamò e nel sentirgli pronunciare il mio nome il mio cuore ebbi un sussulto, mi voltai per guardarlo e trovai Nao sulla soglia, sempre con la sua espressione cupa.
“Si?” mi avvicinai per sentirlo meglio.
“Oggi era il settimo giorno, abbiamo finito.”
Il mio buon umore si spense davanti a quella rivelazione. Non avevo più portato il conto dei giorni, e quella nostra settimana insieme era letteralmente volata.
“Oh, è vero..”
“Se continuerai a studiare come ti ho mostrato non avrai problemi agli esami.”
Gli sorrisi, aveva avuto così tanta pazienza con un caso disperato come il mio, “Grazie Nao, senza di te non avrei capito neppure come aprirlo quel libro di matematica” ridacchiai su me stesso.
“Ci vediamo.”
“Ok! A domani ciao!” e corsi via prima che rimonciasse a piovere.
Lungo il tragitto verso casa feci un piccolo resoconto di quella curiosa settimana. Mi ero divertito tanto, e con Nao era diventato quasi naturale studiarci insieme e vedersi dopo la scuola. Non sarebbe stato lo stesso adesso, non proprio ora che mi aveva mostrato la sua casa, così bella.
Andava tutto bene, fino a quando qualche giorno dopo mentre me ne stavo seduto in caffetteria da solo si presentò davanti a me Haruno con in mano un cartone di latte alla fragola.
“Posso disturbarti solo per un momento?” mi chiese sorridendo.
L’ultima persona al mondo che mi sarei aspettato di trovarmi davanti. Avevo addirittura rimosso la sua esistenza, dopo essere stato a casa di Nao ero tornato normale, e ogni cattivo pensiero era stato scacciato via per fortuna.
“Certo, siediti pure” e lo invitai a sedersi di fronte a me con fare gentile.
Haruno ricambiò con un sorriso e spostò la sedia per mettersi seduto. Poggiò il cartone di latte sul tavolo, aveva davvero un bel aspetto, era carino e i suoi capelli brillavano come tanti piccoli diamanti.
“Non ho capito bene il tuo nome. Io comunque sono Haruno Mikage.”
“Ren Tomomi.”
“Hai un nome davvero molto bello Ren” commentò così chiudendo gli occhi e assaporando ogni lettera del mio nome. Mi sentii un po’ a disagio, “sai io sono nuovo qui, sono stato in Inghilterra per quasi buona parte della vita, da quando avevo dieci anni e ora mi trovo un po’ smarrito. L’unico che conosco è Nao, ma sai no com’è? Chiuso, scontroso e non ama molto parlare.”
“Si immagino” ridacchiai.
“Credo metta in difficoltà anche te no? Col suo carattere intendo.”
Non capivo il senso della domanda, e mi feci più serio, “In verità no. Non è un problema.”
“Capisco. Sono contento che Nao abbia trovato un amico che lo accetta così com’è, vorrei avere la tua stessa pazienza quando certe volte Nao mi fa arrabbiare.”
“Arrabbiare?”
“Sì insomma quando vuole cacciarti, o smette improvvisamente di parlare e ti fissa come se fossi immondizia. Vedi certe volte non tollero proprio questo suo modo di fare, lo rende antipatico, e poi si crede sempre chissà chi, solo perchè sa fare due calcoli.”
Che gli prendeva. Parlava male di Nao davanti a me, non erano amici d’infanzia in qualche modo? L’ultima volta che lo avevo visto quasi gli si attacava addosso, e ora sembrava mettere in duscussione quello che Nao era come se nulla fosse.
“Vive una sua campana di vetro, non permette a nessuno di entrarvi. Irritante non trovi?”
“No..” mormorai appena.
“Come?”
“Ho detto no!” scattai in piedi stranamente arrabbiato “Nao non è cattivo. E’ vero sembra che odi il mondo intero ma in realtà è gentile, pazienza soprattutto quando nessun altro lo sarebbe ed è sempre pronto ad aiutare come puo’.”
Mi resi conto troppo tardi di essere esploso. Restai sorpreso dal tono convinto con cui avevo pronunciato quelle parole in difesa di Nao.
Haruno sorrise compiaciuto della cosa e nascose la cosa dietro ad un sorriso finto, “Capisco. Bè sono davvero felice che Nao abbiamo un amico come te, ne ha davvero bisogno.”
“Perdonami non volevo gridarti in faccia...”
“Tranquillo. Scommetto che sei un tipo impulsivo Ren, il che è strano perchè Nao ha sempre odiato persone di questo tipo. Le trovava seccanti.” Seccanti aveva detto, “Be ti ringrazio della compagnia, ma ora devo proprio tornare in classe. Ci si vede in giro” e andò via mostrando un ghigno di soddisfazione per chissà cosa.
Sembrava quasi essere venuto solamente per capire qualcosa ma cosa. Era improvvisamente tornato quel nodo allo stomaco, e quella sensazione di disagio che avevo sentito il primo giorno che lo avevo visto.
Non solo in squadra avevo un personaggio come Urie a lanciarmi frecciatine, ma ora era arrivato anche Haruno. La mia scuola sembrava attirare personaggi curiosi uno dopo l’altro.
Tentai di scacciare ogni pensiero, di dimenticare le parole di Haruno e tornare me stesso. Fu fuori dal bagno che vidi girare come un anima persona Momoka, lontana dalla sua classe e dal laboratorio. Mi domandai allora cosa ci facesse in quella zona della scuola, mi avvicinai allora toccandole le spalla per farla girare e questa sussultò come un giocattolo a molla.
“Sono io Momoka!” esclamai.
“Ren? Perdonami, non ti avevo riconosciuto..” mormorò timidamente ricomponendosi.
“Come mai sei qui? Di solito non sei nel laboratorio a quest’ora?” Momoka s’incupì di colpo a tale domanda “Stai bene?” domandai allora.
Scosse la testa, e gli occhi le divennero lucidi “Senti, posso farti una domanda?”
Ero perplesso, “Certo che puoi” cercai di sorriderle per darle un po’ di serenità.
“Secondo te sono una brutta ragazza?”
Quella domanda mi lasciò senza parole per un momento, non capendo il nesso con la sua espressione afflitta e il suo girare a vuoto per la scuola.
“Certo che no! Perchè pensi questo?”
“Eppure.. mi è stato detto il contrario” e strinse forte contro il petto i libri che aveva con se, e abbassò lo sguardo mostrando tanta tristezza.
“Chi è stato a dirti questo è crudele. Non devi credergli assolutamente.”
Una lacrime si versò sulla sua guancia “Mi sono dichiarata a un ragazzo Ren. Mi ha risposto che sono ridicola anche solo a sperare che qualcuno mi noti, che resterò sola per sempre perchè sono brutta.”
“Cosa?”
Di solito Momoka era sempre enigmatica, all’inizio neppure mi guardava in faccia ma dopo un po’ di tempo aveva iniziato ad accettarmi e si era aperta. Mi aveva mostrato il suo lato più dolce, le sue risate e ora vederla così triste mi spezzò il cuore, tanto che mi venne spontaneo accarezzarle la testa non sapendo che altro fare per cancellare tutto ciò.
Accompagnai Momoka in caffetteria e le offrii della cioccolata, non sapendo che altro fare. Nelle faccende di cuore non sapevo come comportarmi, ero un novellino. Non mi ero mai innamorato, nè dichiarato e non riuscivo proprio a comprendere lo stato d’animo della mia amica, ma potevo percepirne la tristezza e la delusione del rifiuto.
“Ti senti un po’ meglio?”
Momoka annuì “Sì, grazie Ren. Non volevo scocciarti con questa storia” e si sistemò gli occhiali.
“Figurati. In verità non so come comportarmi, non ne capisco tanto di amore ecc..”
Sembrò sorpresa nel sentirlo dire “Non ti sei mai innamorato?”
“No mai, ma da ciò che mi hai detto posso capire come ti senti, e stai tranquilla questo ragazzo è uno stupido. Sei una brava persona, e una bella ragazza che merita molto di più.”
Sembrò quasi sul punto di piangere nuovamente ma si trattenne e mi sorrise “Sei gentile grazie..”
Le sorrisi “Figurati. E se vuoi che qualcuno gli dia una lezione, chiamami pure. Gli amici servono a questo no?”
“Amici?”
“Io e te siamo amici no?” le feci l’occhiolino.
Lei arrossì e nascose lo sguardo sotto gli spessi occhiali “I-immagino di sì..”
In quei tre lunghi mesi non avevo conosciuto solamente Nao. Mi rendevo sempre più conto di essere circondato di ragazzi straordinari, a partire da Momoka gentile e sempre presente, ma anche Rio e Kaito si era rivelato dei ragazzi formidabili e ingegnosi, per non parlare di tanti altri che avevo conosciuto nei vari club. Mi avevano mostrato il loro lato migliore e tutto ciò lo dovevo a Nao che mi aveva aperto gli occhi, facendomi uscire dal mio mondo faccio di calcio e campo.
In quel preciso momento suonò la campanella che segnava la fine delle lezioni, annunciando il pranzo.
“Oh ma quindi è qui che eri finito” comparve Take seguito da Yuuki.
Momoka alla vista dei miei amici si fece piccola, e incassò la testa nelle spalle.
“Tranquilla Momoka, sono miei amici. Lui è Take, e il più piccolo è Yuuki.”
Momoka fece un cenno con la testa e la cosa lasciò basito Take che ricambiò con un sorriso forzato. Mi si avvicinò all’orecchio “La smetti di fartela con gente strana o no?”
“Stupido. Allora Momoka che ne dici se raggiungiamo Nao in laboratorio?”
Lei mi fissò ad occhi spalancati “Ma lui non è li. Doveva vedersi con un suo amico ora.”
“Come?”
Take scoppiò a ridere “Sei appena stato scaricato dal tuo amato Nao!” Yuuki gli diede una gomitata.
Quando si parlava di amico non poteva essere altri che Haruno, mi morsi il labbro per l’irritazione e potevo anche immaginare dove fossero.
“Scusate ragazzi ma devo andare un attimo.”
Fu allora che il viso sbiancò di colpo, e gli occhi le si spalancarono di colpo. Non capii il motivo, e anche Take e Yuuki la fissarono preoccupati. Guardai alle loro spalle e notai che Momoka teneva gli occhi puntati verso una sola persona che era appena entrata nella caffetteria, e notai che era Urie accompagnato da altri ragazzi ella squadra.
Dal volto di Momoka riuscii a capire chi fosse il bastardo senza cuore che le aveva detto quelle terribili parole, e capendo che era Urie non mi sorprese neppure così tanto.
Take non capì del perchè della mia espressione improvvisamente così severa “Che succede?”
Momoka mi afferrò per il braccio per fermarmi, mi guardò con un espressione di supplica “Ti prego no. Lascia perdere, non ne vale la pena” disse con poca voce.
“E’ davvero lui?”
Lei distolse lo sguardo vergognandosene.
“Che succede Ren?” domandò anche Yuuki preoccupato.
“Tenete d’occhio Momoka, io devo fare un attimo una cosa.”
Momoka cercò nuovamente di bloccarmi ma Take glielo impedì “Ren ti prego..!”
La guardai e le sorrisi “Non voglio picchiarlo tranquilla, Nao non sarebbe felice se mi abbassassi a suo livello.”
La sua preoccupazione sembrò placarsi un po’.
Urie era una pessima persona. In squadra non amava il gioco di gruppo, non mi rispettava come capitano e l’unico di cui sembrava avere un briciolo di timore era Take, ma solo perchè era più grosso di lui. Non riuscivo proprio a credere che fosse un verme fino a quel punto, tanto da dire parole così terribili a una ragazza che gli si era dichiarato.
Mi avvicinai al suo tavolo, dove aveva preso posto con altri nostri compagni. Quando si accorse di me non ne sembrò stupido e rise divertito. “Capitano! Cosa ti porta nell’umile plebaglia della tua squadra mh?”
“Possiamo parlare da soli?”
“Tutto ciò che vuoi dirmi dovrai farlo davanti ai nostri compagni” e li indicò. Chi lo seguiva erano quei quattro che si erano anche rifiutati di condivedere il nostro enorme budget.
Ogni parola, ogni frase di Urie diventava il suo personale teatrino per fare il pagliaccio. Mi vidi costretto a parlare comunque, perchè tanto non mi avrebbe mai seguito.
“So che hai rifiutato la confessione di una ragazza oggi.”
Rise “Ne ricevo tante sai. Non so a quale ti riferisci di preciso.”
“Non avevi il diritto di dirle quelle cose orribili, va da lei e chiedile scusa. C’è modo e modo di rifiutare qualcuno e tu hai sbagliato” gli spiegai con calma mantenendo la mia autorità di capitano.
“Mi stai ordinando di fare qualcosa per caso?”
“Sì, da tuo capitano non ammetto queste cose nella mia squadra.”
Urie sorrise, ma fu un sorriso spaventoso di chi era seriamente furioso ma che gelò con ritrovata ironia ridendoci su. In un istante il mio sguardo cadde non lontano dalla porta che dava alla caffetteria e vidi entrare Nao seguito da Haruno, che gli stava come al solito incollato al braccio. Tale scena fu peggio di uno spillo piantato nel petto.
“Ehi capitano, cos’è sei partito? Torna sulla terra bello” mi punzecchiò con un dito Urie e lo guardai negli occhi tornando alla nostra conversazione, “E’ da un po’ che voglio dirtelo ma il tuo di modo di fare non mi piace affatto. Sarai pure l’asso della Kuromiya ma per me non sei affatto un talento, ma solo un bambino stupido che gioca a fare il capo. Vuoi che mi scusi con quella befana? Beh non lo farò, diglielo pure” e la indicò con la mano.
Momoka sotto gli occhi di chi stava ascoltando la discussione si fece minuscola, e Yuuki capendo un po’ la situazione la strinse a se con l’aria furiosa quanto la mia.
Anche Nao e Haruno si erano accorti della cosa, e proprio Nao aveva visto Momoka e immediatamente le andò incontro per accertarsi di come stesse. La piccola gli sorrise sforzandosi, ma aveva gli occhi lucidi. Allora Nao arrabbiato si voltò nella mia direzione, e quanto me, riversò il suo odio verso Urie.
“Che c’è capitano? Ti ho zittito?” poi si rivolse ai nostri compagni che la ridevano “Vedete? Non è in grado di fare il capitano, non ha le palle.”
“Ti sbagli. Semplicemente non uso i tuoi modi” lo zitii raccogliendo l’attenzione di tutti “Non alzo la voce come fai tu, non amo ferire le persone e giocare con le loro debolezze. Racconta ai ragazzi, racconta a tutti come ti sei sentito bene a ferire i sentimenti di una ragazza che era venuta da te per dichiararsi. Non avevi il diritto di farlo, e questo dimostra solamente quanto tu sia un verme che finge di farsi forte su chi non sa proteggersi. Probabilmente io non sono adatto come capitano e lo so di mio, ma valgo dieci anzi cento volte più di te, quindi ora scusati con quella ragazza e con la caffetteria per il trambusto che stai creando, prima che ti metta in panchina senza mai farti giocare.”
Dal fondo del posto partì un debole battito di mano. Si era alzata una persona, un ragazzo grassottello di mia conoscenza, sì era proprio Kaito, seguito a ruota da Rio che lo segui nell’applauso che non volevo. Dopo di loro altre mani, e mi capì di scorgere le facce familiari di chi avevo conosciuto in quei mesi nei vari club, c’eranche Eijii, Cho e molti altri.
Davanti a ciò Urie si ammutolì di colpo. Perse anche l’appoggio dei compagni che lo avevano seguito fin dall’inizio, fischiarono urlando il mio soprannome: Fiamma!. Ma a me non importava tutto ciò, ero li e non me ne sarei andato fin quanto non si fosse deciso a chiedere scusa.
Feci cenno a Take di far avvicinare Momoka, e il mio amico mi sorrise pieno di fierezza per quel momento. La ragazza si avvicinò impaurita al massimo sotto troppi guardi, e si fermò proprio a pochi metri da Urie che messo con le spalle al muro su costretto a pronunciare quelle parole.
“Chiedo scusa..” mormorò a fatica.
Momoka esplose in un pianto liberatorio e si lasciò andare su di me “Grazie! Grazie!”
Le accarezzai la testa per consolarla ma sapevo che piangeva non più per tristezza. Quella la seconda volta che qualcun giocava con chi era più debole e avevo iniziato a stancarmi.
“Ascoltate bene tutti!” gridai attirando gli sguardi tutti, e sperai che fosse almeno buona parte della scuola li o che dopo ci fosse un passaparola “Questa storia deve finire. Questa volta è capitato a una mia amica, ma potrebbe capitare ad ognuno di voi. Non è giusto che qualcuno debba ferirci, o deridere i nostri sentimenti. Persone del genere non devono restare impunite, e se il comitato studentesco non ha intenzione di tutelare noi studenti beh allora lo faremo da soli!”
Partì subito dopo un boato. Applausi, accompagnati da urla e diversi piedi sbattuti a terra crearono un baccano che mai si era sentito nella sua scuola negli ultimi tre anni.
Il mio obiettivo fin dall’inizio era stato quello che cambiare le cose. Non attraverso il denaro, ma far capire a tutti che c’erano troppo cose sbagliate. Il caso di Kaito, e ora la povera Momoka. Nessun altro doveva più subire una cosa del genere, chiunque esso fosse.
In mezzo a tutto quel casino Urie sparì dalla circolazione, mentre io portai via Momoka da quel caos. Ci allontanammo lasciando la caffetteria e una volta lontano, la feci respirare un po’.
“Mi dispiace di averti esposto così tanto. Non volevo assolutamente che diventasse una scenata del genere, e forse mi sono fatto prendere la mano, sono proprio uno stupid-“
Momoka mi zittì con una mano e mi sorrise dolcemente accarezzandomi il viso delicatamente “Ha ragione Nao, parli davvero troppo” e inaspettatamente mi stampò un bacio sulla guancia.
Restai di sasso per quel gesto, le sue labbra furono inaspettatamente morbide e quel tocco così tiepido. Quello era il suo modo per dirmi grazie. Non avevo mai visto Momoka con un espressione così serena, il viso le si era illuminato diventando dieci volte ancora più carina.
Le sorrisi ricambiando quel momento “Grazie” le dissi.
Le scosse la testa “A te, Ren.”
“Eccolo è li!” gridò Yuuki indicandomi e fummo raggiunti da lui e Take, “Sei stato fantastico Ren!” esclamò Yuuki abbracciandomi.
“Finalmente hai mostrato a quel cretino chi è il capitano della Kuromiya.”
Sorrisi ad entrambi, “Ho creato un bel casino li dentro, invece” sospirai.
Take mi sfiorò una spalla “Sei stato un grande invece. Hai dimostrato che tutta la tua forza non parte certo dai tuoi piedi ma da qui” e con l’indice mi sfiorò il petto.
Mi sentivo in imbarazzo per tutti quei complimenti, non ero a mio agio e se lo avevo fatto era per mettere in chiaro il concetto, così facendo chiunque la prossima volta sarebbe corso in aiuto di qualcuno in difficoltà.
Fu davvero una giornata estenuante. Dopo quella storia nella caffetteria ovunque andassi venivo sempre fermato da studenti che avevano o assistito di persona alla cosa, o che avevano sentito tutto da altri, e mi porgevano tutti i loro complimenti mostrandosi d’accordo con me.
Era strano camminare ovunque e sentirsi chiamare. Improvvisamente non ero più la Fiamma della Kuromiya, ma ero Ren che aveva dato di matto nella caffetteria.
Era tardo pomeriggio quando lasciai l’edificio, e preso da tutti quei ragazzi e dalla storia di Momoka avevo completamente rimosso Nao e il fatto che fosse insieme ad Haruno. Chissà perchè riuscivo ad esprimermi perfettamente quando dovevo parlare con chiunque, ma quando si trattava di Nao mi accorgevo che non riuscivo a mettere insieme un discorso sensato, che fosse intelligente e per ciò non facevo che dimostrare solamente la mia stupidità. Anzi forse lo ero davvero.
Mi arrivò un colpetto sulla testa dal nulla, e mi fu dato proprio da Nao che era comparso dal nulla vicino all’ingresso della scuola, dove di solito di cambiavano le scarpe.
“Nao..”
“Oggi Momoka era particolamente felice sai, mi chiedo di chi sia la colpa.”
Abbassai lo sguardo “Ho fatto una scenata in caffetteria come hai potuto vedere. Ho esagerato.”
Nao mise le mani in tasca “Solo un po’.”
Mi feci un po’ più buio vedendo che lui non apprezzava, poco me ne importava che tutti mi dicessero bravo quando poi l’unica persona da cui volevo sentirmelo dire non lo pensava.
L’unica persona? Che cosa vevo appena pensato?
“Nao credi ancora che io sia una capra che sa solo tirare calci ad una palla?”
“Sì lo penso ancora.”
Mi lasciai crollare, spalle e capo sotto quell’affermazione e cercai di prenderla a ridere.
“L’hai difesa pero’, e li sei stato figo devo ammetterlo.”
“Come?!” lo guardai fissò stupito che avesse ammesso una cosa del genere.
Nao in tutta risposta guardò dal lato opposto nascondendosi al mio occhio “Ma resti comunque uno stupido che non pensa alle cose stupide che fa” commentò per finire severo servendomi un altro colpo.
“Sì, hai ragione come sempre.”
Il mio interlocutore rilassò mascella e spalle, non aveva più la sua solita espressione severa ma era stranamente più silassato del solito. I nostri occhi si incontrarono in un attimo che parve infinito, riuscii a vedere il mio riflesso nei suoi occhi completamente neri, e forse un po’ dei suoi sentimenti celati.
“Hai gli allenamenti?”
“Oggi no per fortuna”ci dicemmo mentre indossavo le scarpe per andar via. Una volta messe lo guardai ancora, e gli sorrisi come mio solito e sembrava essersi ormai abituato al mio atteggiamento mantenendo però sua compostezza, che avevo imparato ad apprezzare, “andiamo a casa insieme?”
“Ho scelta?”
Ridacchiai “Credo proprio di no.”

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