Gay and the city

di My fair lady
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pilot ***
Capitolo 2: *** Waiting for tonight ***
Capitolo 3: *** Trouble in Paradise ***
Capitolo 4: *** I love shopping with friends ***
Capitolo 5: *** Helping Hand ***
Capitolo 6: *** Don't believe in love ***
Capitolo 7: *** Coming Out ***
Capitolo 8: *** I kissed a boy and i liked it ***
Capitolo 9: *** Run Javier Run ***
Capitolo 10: *** Rebirth ***
Capitolo 11: *** Love and Sex ***
Capitolo 12: *** Mr Poptastic part 1 ***
Capitolo 13: *** Mr Poptastic part 2 ***



Capitolo 1
*** Pilot ***


Premessa: 
Questa storia è scritta in maniera molto visiva, e più che un racconto, la considero quasi più una serie tv. Infatti ci sono molti dialoghi. E' una mia scelta personale, ed è il mio modo di scrivere. Ovviamente dove posso, voglio cercare di migliorare, ma non voglio snaturarmi. 
All’interno ci sono alcune parolacce, e alcune descrizioni soft di scene sessuali, ma proprio come in tv, non mostro mai l’amplesso completo. Non è una storia porno.
Alcune situazioni sono state ispirate da serie come “The L Word” e “Queer as folks” ma non ci sono personaggi presenti in questa serie.
 
 Pilot
 
"Hai due minuti per rompermi il culo con i tuoi problemi, Max"
Tre amici erano seduti sul tavolo di un pub, il Galaxy, che andava molto di moda tra i gay di New York.
Max ironizzò "Non bastano due minuti per rompertelo."
John rispose "Allora te ne concedo quattro."
"Ho problemi con il tipo con cui mi vedo ultimamente.... Mi tratta come fossi la sua ragazza. Vuole offrire sempre lui, e a letto…uff… meglio non parlarne. È vero che mi piacciono gli uomini ma sono gay. Sono un uomo. E voglio essere trattato da tale."
John era chiamato da tutti Tato, da Little Potato, come lo chiamava Alex quando si conobbero, e che ormai era diventato il suo nome ufficiale. 
Dave, il suo fidanzato sorrise "Beh, sempre meglio di essere soli, no?"
Max sbuffò "Che cosa potevo aspettarmi da uno che si faceva Alice Band?"
Tato rise più forte "Oh mio dio, si scopava un transessuale? Adesso è tutto più chiaro"
In quel momento un quarto giovane uomo si unì al trio, e si sedette con il morale a terra.
"Ciao ragazze. Ordinatemi qualcosa di forte."
John guardò Alex, il suo migliore amico e chiese "Beh, che è successo?"
"Lucas. Si è addormentato sul più bello...."
John scosse la testa "Che tristezza permettere a dei partner sessuali di condizionarvi la giornata. Fortunatamente io ho chiuso con i rapporti occasionali." e strinse la mano a Dave.
"Non siamo mica tutti così fortunati a trovare l’uomo perfetto." rispose Max "A me non sembra che Dave ti abbia mai deluso sessualmente, a giudicare dalla faccia soddisfatta che hai sempre. Allora non sai cosa si prova ad essere frustrati."
"Come se non avessi avuto anche io la mia quota di relazioni fallimentari"  sbuffò John. Lui e Alex si guardarono a vicenda e dissero all’unisono "Jeremy!"
John annuì "Proprio a lui pensavo. Comunque, ricordatevi che tra tre giorni abbiamo la cena mensile."
Max sbuffò seccato "Ma perché ci tieni a queste stupide cose? Ci vediamo praticamente sempre. Anzi. Forse avremmo bisogno di vederci di meno." poi guardò Alex "Stavo pensando di andare tra poco al Diablo. Che fai, vieni?"
Alex sorrise "Non rifiuterei mai. Venite anche voi pappagallini?"  chiese il ragazzo moro guardando la coppia.
Dave sorrise "Per me va bene. Che facciamo Tato?" chiese guardando il fidanzato.
John scosse la testa "Assolutamente no. Tu sei un bocconcino troppo appetibile. Non mi va di vedere gente strusciarsi su di te. Dopo devo pulirti prima di utilizzarti." ironizzò. "Persino Alex e Max che sono come dei fratelli riconoscono che sei attraente. Sentite, vi piacerebbe fare sesso con Dave?"
Max e Alex si guardarono e risposero all’unisono "Certo che no, tesoro. Non è il nostro tipo, e poi lui sta con te"
"Ragazzi…risposta sincera." disse John.
Max rispose "Me lo farei eccome." Alex annuì "Si, vorrei cavalcarlo fino a…ehm no?"
Dave guardò allibito quelli che credeva essere i suoi migliori amici qualche secondo prima, e invece ora aveva scoperto essere dei pervertiti.
Poi si rivolse al suo fidanzato che lo guardava con aria di trionfo come a dire 'te l’avevo detto' e il biondo sorrise "Sei tremendo…ma è per questo che ti amo."
E così si baciarono di nuovo.
Max fece una smorfia disgustata, e Alex lo imitò. "Uccidetemi se faccio la vostra fine."
Dave rispose "Non è così male, fidati."
Max iniziò ad alzarsi e mise sul tavolo dei soldi. Alex fece lo stesso.
Tato sorrise "Buon divertimento. E fate i cattivi, mi raccomando. E Alex…voglio il solito Selfie!"
Alex strizzò l’occhio.
Tra i due c’era una vecchia abitudine, nata molti anni prima, che ogni volta che uno dei due rimorchiava, doveva fare una foto del fortunato con il cellulare e mandarla all’altro. Anche se ormai per John era finito il tempo del rimorchio, per Alex no. Erano passati dal mandarsi gli MMS, ai selfie su Whatsapp.
Dopo che i due se ne andarono, il biondo si rivolse all’uomo dai capelli castani e gli occhi verdi e chiese "Andiamo a casa o vuoi fare un giro?"
Tato guardò il suo compagno con un’espressione indecifrabile. A volte, a John capitava di pensare al fatto che Dave fosse troppo per lui. Lui non era quel tipo di bell’uomo che faceva girare gli altri. Era più il tipo di uomo mulatto con un po’ di chili in più che passava sempre in secondo piano. Dave invece sembrava un attore.
"A cosa pensi?" chiese Dave.
John scosse la testa "A niente. Al fatto che ti amo."
Dave sorrise "Anche io ti amo."

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Capitolo 2
*** Waiting for tonight ***


“Non posso venire”
John rispose “Max, la cena non è facoltativa, se ti ricordi bene.”
L’uomo dagli occhi azzurri, che risaltavano sulla sua carnagione olivastra era alle prese con i fornelli, e mentre girava le seppie ripiene ascoltava al telefono Max che aveva appena disdetto la cena.
Il povero cercava di spiegare la situazione “I miei genitori mi hanno fatto una sorpresa e sono venuti a trovarmi. Restano questa notte e vanno via domani. E vogliono stare insieme un po’ con me. Ti giuro. Preferirei mille volte venire da te. Credimi.”
John assaggiò il sugo e imprecò perché si era dimenticato di soffiare, ustionandosi la lingua.
Qualche secondo dopo propose “Perché non li porti qui? Così loro staranno in compagnia del figlio e dei suoi amici. E io sto cucinando per un esercito.”
Max rise istericamente “Si. Come no. I miei hanno accettato a fatica il fatto che sono gay, figurati se li invito ad un gay pride ambulante. Poi se fossimo solo noi, si potrebbe anche fare, ma vengono anche Chuck e George.”
Chuck e George erano gli altri componenti del gruppo. In realtà gli ultimi due ad unirsi. E in effetti erano vistosi.
John tentò “Mi rendo conto che loro due siano appariscenti. Ma potresti provare. In fondo siamo un gruppo di amici omosessuali ma eterogenei.”
Max sbuffò “Beh, Chuck sembra Burt Reynolds trentenne, e George è una drag queen. Comunque ne parlerò a loro, ma non aspettarti nulla. Te l’avevo detto che dovremmo smetterla con queste ‘cene di famiglia’”
John sbuffò. “Senti, sono un cuoco, e ho poche occasioni per cucinare per me stesso e le persone che amo, e inoltre è un modo per stare insieme in maniera infornale. Senza che Alex sparisca in qualche vicolo a farselo succhiare, o che George si chiuda in bagno a piangere perché ha visto un tizio che l’ha rifiutato vent’anni fa. E senza che Chuck si tolga la camicia hawaiana, mostrando i peli del petto che crede siano sexy”
Max rimase in silenzio per qualche secondo. Sapeva quanto il suo amico ci teneva. “Ci provo. A dopo”
 
**
 
“Abbiamo quasi finito signora, le metto un po’ di lacca, così i suoi capelli diventeranno soffici e vaporosi come zucchero filato.” sorrise Alex.
L’uomo aveva quasi finito per quel giorno. Dopo quella cliente probabilmente avrebbe chiuso il negozio. Aveva avuto molte clienti. Iniziavano ad avvicinarsi le vacanze Natalizie, e le donne volevano farsi belle.
Alex quando lavorava si trasformava completamente. Diventata molto serio e professionale. Indossava un paio di sottili occhiali trasparenti, una camicia bianca, jeans neri e una cravatta rossa.
I suoi capelli erano un po’ stile soft punk, selvaggi, anche se con un ordine. Il moro era contento al pensiero della cena. Non solo un’occasione di stare insieme ai suoi amici, ma anche di mangiare del cibo casalingo, visto che per il resto del tempo andava avanti a cibo precotto.
Il campanello della porta suonò, ed entrò un ragazzo. Alex lo squadrò a fondo e dovette riconoscere che era molto attraente. Sembrava di origini latine, e lui aveva un debole per gli ispanici. Secondo lui avevano i culi migliori.
Alex sorrise “Ciao. Cosa posso fare per te?”
Il ragazzo rispose “Ehm, volevo tagliarmi i capelli…ma stai chiudendo? Purtroppo, non ho chiamato per prendere un appuntam…”
Il parrucchiere lo interruppe “Ehi, tranquillo. Siediti. Sarò da te tra qualche minuto.”
Guardò la sua assistente, e le chiese di lavare i capelli al ragazzo.
Il ragazzo camminò verso la postazione di lavaggio, e Alex ne approfittò per esaminare il suo corpo da dietro. Sembrava quasi un lupo affamato con la preda.
La signora che stava terminando il trattamento con Alex guardò il ragazzo attraverso lo specchio e sorrise maliziosa “Bel ragazzo, vero?”
Alex sorrise “Hai occhio, Grace.”
Il parrucchiere ultimò la signora e lei pagò alla sua assistente, che nel frattempo aveva finito di lavare i capelli al ragazzo ispanico.
Alex si fece scrocchiare le dita, poi disse “Danielle, grazie di tutto. Finisco io con lui. Ci vediamo domani, ok?”
La ragazza sorrise, avendo capito le intenzioni dell’uomo.
Prese la giacca e uscì dal negozio.
Iniziava lo spettacolo.
Alex fece accomodare il ragazzo sulla poltrona, e iniziò a massaggiargli la testa, spostandogli i capelli. Le sue mani erano magiche. Sapeva fare ottimi massaggi, in grado di rilassare anche la persona più tesa.
Prese forbici e pettine, e guardò il ragazzo attraverso lo specchio. Gli chiese “Come ti chiami?”
Il ragazzo rispose “Javier.”
Alex scoccò uno sguardo di intesa e rispose “Io mi chiamo Alex. Come vuoi i capelli? Hai in mente un taglio particolare?”
Javier rispose solo “Corti.”
Alex non era molto soddisfatto dalla poca loquacità del ragazzo, ma prese la macchinetta e chiese a Javier “Ti va bene se uso la macchinetta?”
Il ragazzo annuì.
Il parrucchiere iniziò l’operazione, e dopo dieci minuti era a buon punto. Non aveva avuto molto successo nel far parlare di sé il ragazzo. Ma lui amava le sfide.
Prese la spazzola morbida e disse “Adesso ti spazzolo un po’, così ti tolgo i capelli tagliati e poi abbiamo finito.”
Spostò leggermente la maglietta del ragazzo e iniziò a spazzolare molto lentamente, passò all’altra spalla, e mentre teneva la maglietta, iniziò ad accarezzare la pelle della spalla, e della schiena, e nel frattempo cercava di vedere attraverso lo specchio se il ragazzo aveva delle reazioni.
Sembrava leggermente teso. Non sapeva se fosse un buon segno o no.
Si girò per posizionarsi davanti al ragazzo, e pulì anche il viso del ragazzo, avvicinandosi sempre di più a lui, con il corpo.  Javier sembrava imbarazzato, ma anche emozionato. Alex premette con il suo corpo verso quello di lui.
Con la mano, sfiorò la pelle del viso di Javier, accarezzandogli la guancia. Javier chiuse gli occhi, e Alex capì che era in suo potere. Lo baciò. Intensamente. Quasi subito la lingua saettò nella bocca del ragazzo, che rispose, giocando con la sua. Alex si avvicinò sempre di più con il corpo, quasi a salirgli sopra. E iniziò a strusciarsi su di lui. La sua mano, entrò nella maglietta di Javier, mentre l’altra, tastò sopra i pantaloni.
Fu proprio quel gesto che ruppe qualcosa. Javier aprì gli occhi, e si separò da Alex. “No, no…questo…” ansimando aprì la porta del negozio e corse via.
Alex sbuffò. “Proprio ora che le cose iniziavano a scaldarsi…”
Poi il suo sguardo cadde in direzione del suo basso ventre. “Torna pure a dormire che per oggi non mangi.”
**
Erano le sette, e i ragazzi iniziavano a venire.
Dave era sulla scala a sistemare il lampadario, che come al solito aveva qualcosa che non andava. Gli svantaggi di vivere in una casa vecchia.
Il campanello suonò. Tato andò alla porta e salutò George con un abbraccio.
Aveva con sé un porta abiti con la zip e sorrise “Rifornimenti! Alcool e film porno!”
John scosse la testa “Cambio di programma. A parte che è passato il periodo in cui mi eccito vedendo due tizi inchiappettarsi, e poi oggi probabilmente avremo due ospiti in più. I genitori di Max.”
George si sedette sulla poltrona. “Uff.”
“A cuccia bello. Cerchiamo di non scandalizzarli troppo con uscite strane. Capito?”
George rise “Che tipo di uscite?”
“Del tipo che si parla di chi scopiamo, di come, quando e perché. Di chi sta con chi, e pettegolezzi vari.”
George sbuffò “Quindi di niente.”
John rise “Praticamente. Dai. Se fai il bravo poi ti concedo mezz’ora di film porno.”
“Ho dei titoli fantastici: “Il signore degli Uccelli” e “Batman e Robin. Super Sex”“
“Interessante” annuì Tato.
Alex disse alle loro spalle “Niente da fare. Stasera si va nei locali, dopo.”
George si voltò e rise “E quando sei arrivato?”
Il parrucchiere si tolse la sciarpa e rispose “Due minuti fa. Mi hai dato tu le chiavi. Ricordi? Ho bisogno di alcolici.”
John disse “Non bere a stomaco vuoto. Fa male. Prenditi almeno degli stuzzichini.”
Alex sbuffò “Non voglio ingrassare.”
George commentò velenoso “Non che ti freghi più di tanto della tua salute, con tutto quello che ti sei messo in corpo.”
“Zitta. Checca fallita.”
John alzò la voce “Ragazzi. Io cerco di evitare proprio queste scene, di fronte ai genitori di Max.”
“Ah, che cazzo. Vengono i genitori alla cena? Lo sai che io odio la gente come loro.”
“Si chiamano eterosessuali.” commentò George.
“Si loro. Mi stanno sul cazzo. Li trovo inutili.”
John sbuffò “Che diavolo hai?”
Il parrucchiere bevve un sorso di vodka pura, e poi parlò “È che oggi è venuto in negozio un ragazzo davvero bello… Eccitante e con un bel culo. Sono riuscito a baciarlo, ma poi è scappato, non appena gli ho messo una mano sul cazzo.”
John rimase in silenzio qualche secondo “Beh, devi ammettere che la mano di un estraneo sul proprio pene non è il massimo degli approcci. Qualcosa di più romantico era meglio magari.”
Alex fece una faccia disgustata. “Romantico? Viviamo in una società, caro mio, dove il romanticismo è obsoleto. Solo pochi idioti come te e il maritino caro ci credete ancora. È solo una scusa per poter scopare.”
John rispose “Rispetto la tua visione, ma non condivido. Non è che dico che devi regalare rose rosse alla gente, ma un pochino di tatto e delicatezza non fa mai male, a proposito… DAVE!! PORTA SUBITO QUI IL CULO!”
Il biondo arrivò in pochi secondi nella stanza e ironizzò “Chi è che bisbiglia soavemente il mio nome?”
John rise “Se volevi la grazia hai sbagliato persona. È pronto il primo?”
Dave si asciugò la fronte e annuì “Si. Ho scolato e condito la pasta. Il lampadario è a posto. Ora vado a fare una doccia veloce e si mangia. Sempre se posso.” sorrise guardando il fidanzato.
John diede un bacio con schiocco al fidanzato e sorrise “Vedete? L’ho educato bene. Vai amore.”
Dave salì le scale per andare al piano superiore.
Il campanello suonò di nuovo e Tato andò ad aprire. Era Max, e insieme a lui c’erano quelli che dovevano essere i suoi genitori. Erano abbastanza giovanili, anche se la madre esibiva con orgoglio i capelli bianchi.
John sorrise a trentadue denti e salutò calorosamente i coniugi “Buonasera signori Patterson. Sono contento che siate riusciti a venire.”
I due sembravano un po’ impacciati, ma poi la madre parlò “Si. Alla fine, Max ci ha convinti. Anche se non capisco come mai dei giovani come voi vogliano passare del tempo con delle mummie”
John rise “Ma quali mummie. Nella mia casa tutti sono i benvenuti. Entrate.”
Il padre si guardò intorno e mormorò “Bella casa. Soprattutto molto grande. Come può permettersi l’affitto di questa villetta in stile spagnolo? Mi scusi. Sono agente immobiliare. Deformazione professionale.”
“Beh, in realtà non pago l’affitto. La casa è della mia famiglia da generazioni. Mia madre vive in Florida, e mi ha lasciato la casa. Certo. Mantenerla ha dei costi, ma io e il mio compagno ce ne occupiamo.”
Alla parola ‘compagno’, i due genitori di Max ebbero un sussulto, ma cercarono di non darlo troppo a vedere “Allora…che lavoro fate, lei e il suo…ehm…”
John rispose “Io sono un sous chef di un ristorantino non molto distante da qui. Il Jungle. Dave, il mio fidanzato è infermiere. Ma accomodatevi. Vi porto gli aperitivi.”
Da perfetto padrone di casa, Tato sistemò i Patterson sul divano nel soggiorno. George era seduto sulla poltrona e Alex era in piedi davanti al mobiletto degli alcolici.
John guardò i due con sguardo da rimprovero, e sorrise “Loro sono George e Alex. Due cari amici. All’appello manca solo Chuck.” ‘sperando che abbia letto il mio messaggio di WhatsApp e che venga vestito bene’ aggiunse mentalmente Tato. 
La madre di Max squadrò George ed Alex come se fossero animali rari, e Alex ricambiava lo sguardo con strafottenza.
Tato se ne accorse e guardando Alex sorrise “Alex, vieni un attimo in cucina?”
Il parrucchiere lo seguì in cucina, e sbuffò “Già mi stanno antipatici”
John scosse la testa “Stiamo parlando di Max. Gli facciamo un favore. Chi ti ha aiutato a contattare tutti i tuoi amanti quando hai preso la Gonorrea?”
Alex sbuffò “Ok. Farò il bravo. Ma voglio una cosa in cambio. Non usciamo insieme da tanto. Stasera molla Dave e vieni con me al Diablo.”
John tirò fuori dal forno la Quiche Lorraine e chiese “Come mai ci rivai? Non hai beccato qualche giorno fa con Max?”
Alex rispose “Ieri era giovedì. E giovedì c’è la serata bear, e a parte pochissime eccezioni non mi piacciono gli orsi. Oggi invece c’è la serata studenti. È da tanto che non mi faccio uno studentello.”
“Va bene, vengo. Anche se non capisco che ci vengo a fare.”
“A rifarti gli occhi, ragazza.”
Tato ed Alex uscirono dalla cucina con la Quiche affettata e John sorrise “Servitevi pure.” La posò sul tavolo da caffè, e il campanello suonò. Andò ad aprire. Era Chuck.
Ovviamente non aveva letto il messaggio. Aveva una giacca di pelle stile John Travolta in Grease, e pantaloni militari. Chuck amava stupire. Il suo look attirava l’attenzione. Aveva baffi e barba che si univano ai capelli in un trittico micidiale. In qualche modo il look lo rendeva affascinante, ma la cosa che attraeva era il fatto che se ne fregava di quello che gli altri pensavano.
“Oh, mio dio, che giornata di merda. Per fortuna c’è la cena. Ma mi sono dovuto fare due seghe per stare di buonumore…e..”
John riuscì solo a dire “Chuck. Abbiamo i genitori di Max a casa. Stasera.”
L’uomo capì e fece un gesto come per sigillarsi la bocca. Max cercò di rimediare “Possiamo accomodarci a tavola?”
John rispose “Aspettiamo Dave oh, eccolo.”
Il biondo stava scendendo le scale. Si era vestito bene, e John entrò in ammirazione estetica.
Dave sorrise in maniera sicura e affascinante ai genitori di Max “Buonasera signori Patterson. Sono felice di avervi come ospiti in casa nostra.”
Prese delicatamente la mano della madre di Max, e la baciò galantemente, gesto che la fece avvampare, e sorridere in maniera imbarazzata ma compiaciuta.
Insomma, con la galanteria, Dave salvò quella parte di serata e riuscì a far dimenticare l’entrata di Chuck. Max scortò i genitori a tavola, mentre John sorrise e baciò Dave “Ottimo Tempismo.”

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Capitolo 3
*** Trouble in Paradise ***


Il cellulare di Chuck squillò, e partì la canzone “Bubblegum Bitch” di Marina and the Diamonds a tutto volume. L’uomo iniziò a scuotere le spalle e poi rispose, e dopo qualche secondo attaccò “Questa canzone mi fa venire voglia di scatenarmi e muovere il culo ogni volta.”
George guardò l’amico e rise “Tu balleresti con tutto, sgualdrina.”
John intervenne “Smettetela.” e li fulminò con lo sguardo
Max cercava di distrarre i genitori il possibile. Dave venne in suo soccorso e sorrise “Avete visto qualche film interessante di recente?”
Chuck rispose “Io ho visto un documentario su Men’s Healts, in cui hanno detto che per ogni dieci chili che perde un uomo, guadagna un centimetro di pene. Non è straordinario?”
John ringhiò.
I signori Patterson stavano bevendo vino a ritmo nevrotico, e mangiavano anche freneticamente.
“Vi piace? John fa magie ai fornelli.” sorrise Max
Alice Patterson sorrise “Si. Penso che io e Henry verremo al tuo ristorante ad assaggiare di nuovo i tuoi piatti, vero caro?” il marito annuì con un grugnito.
Alex rispose “Si, ma non so se lo troverete… Forse se ne va”
John fulminò con lo sguardo l’amico, e Dave si girò verso il suo fidanzato e chiese spiegazioni.
Tato rispose “Niente…è che mi hanno fatto una proposta di lavoro per un altro ristorante…ma non so ancora cosa fare…”
Dave sospirò “Perché non me l’hai detto?”
“Mi è passato di mente.” Il biondo spostò leggermente il piatto e disse “Mi è passato l’appetito.”
Tato penso che la serata ormai non potesse peggiorare, con Dave offeso, Alex, Chuck e George che parlavano di sesso a tutto spiano, e Max al limite dell’esaurimento nervoso.
Suonò il campanello.
John andò ad aprire e vide sua sorella, con i suoi due figli. Non si aspettava minimamente la visita della sorella, per quanto gradita.
Il cuoco la salutò “Meredith, cosa ci fai qui?”
La sorella entrò trafilata dicendo solo “Problema.”
Tato chiuse la porta sentendo la sua testa che scoppiava.
Dave vide Meredith e sorrise “Ciao tesoro. Che ci fai qui?”
Meredith rispose “Vi prego. Dovete aiutarmi. Sto per uscire con un uomo. Potete tenermi Phil e Al? Vi prego. È un anno che non esco con qualcuno. E quante occasioni ha una donna di trentacinque anni, divorziata e con figli a carico di uscire?”
Dave sorrise “Ma certo. È un piacere. Te li vieni a riprendere domani mattina.”
“E raccontaci tutti i dettagli!” urlò Alex dal tavolo, con la bocca piena.
Gli occhi della sorella di John brillarono, e dopo un giro veloce di saluti, si volatilizzò, lasciando i figli all’ingresso. Phil aveva sette anni, mentre Al tre.
E non c’era modo migliore di rovinare una cena tra amici adulti che due bambini urlanti.
John sospirò, e sorrise “Okay ragazzi. Avete mangiato?”
Ovviamente la risposta fu no. “Bene. Adesso lo zio Dave vi prepara qualcosa.”
“Lo zio Dave vi ama tanto, ma in questo momento vorrebbe strozzare lo zio Tato, quindi direi di mandare lui a cucinare no?” ribatté acido il suo compagno.
John sbuffo, e andò in cucina.
Alex stava fumando, e Dave corse verso di lui, strappandogli la sigaretta e spegnendola.
“Che cazzo? Hai problemi Dave?”
“Ci sono i bambini. Non si fuma.”
“Ottimo. Etero e bambini. Le due cose che odio insieme. Basta. Esco. Me ne vado a fare un giro.”
Dave guardò l’amico e rispose “Nessuno ti costringe a stare qui, ma smettila di comportarti come un idiota.”
“Oh Vaffanculo” sbottò Alex. “Guardati. Tu e Tato vi siete fatti lobotomizzare. Siete una coppia triste. Poche uscite. Poco sesso. Praticamente la morte.”
Dopo aver parlato, prese la giacca e la sciarpa e uscì di casa senza nemmeno salutare.
George guardò Chuck e chiese “Gli è venuto il ciclo?” L’amico rispose “E poi sarei io quello kitch che attira l’attenzione.”
Il signor Patterson si alzò e guardò il figlio con disgusto. “Ho visto e sentito abbastanza. E questo sarebbe il tuo mondo che eri così ansioso di farmi conoscere? No grazie. Alice. Andiamo.”
Max cercò di parlare, ma non ci riuscì.
E così per l’ennesima volta in quella giornata, la porta si aprì e chiuse.
Uno strano silenzio avvolse il soggiorno per qualche secondo.
John uscì dalla cucina con due piatti, e notò il netto cambiamento dei suoi ospiti a cena che si erano decimati. Poi guardò Dave e chiese “Che diavolo è successo?”
Dave sospirò, prendendo dalle sue mani i piatti per i nipoti e rispose “Come al solito Alex ha iniziato a ragionare con l’uccello, e i genitori di Max non hanno retto questa full immersion nel mondo gay.”
John annuì “Capisco. Comunque sai come è fatto Alex. Non è cattivo”
Il biondo aiutò i due nipoti a sedersi a tavola e loro iniziarono a mangiare la pasta al sugo che aveva preparato John.
“Smettila di giustificarlo sempre. Non è la prima volta che si comporta così, e ci molla, per i cazzi suoi.”
Dave voleva bene ad Alex, ma odiava a morte questo tipo di atteggiamenti che contraddistinguevano l’amico.
Con la serata ormai rovinata, il gruppo concluse la cena, e poi Max. Chuck e George salutarono la coppia e uscirono.
Al si era addormentato, mentre Phil guardava la televisione.
Dave aiutava John a sparecchiare ma quest’ultimo non poteva non notare il pessimo umore del compagno, e ciò era raro. Infastidire Dave non era facile.
Tato finalmente parlò “Non posso vederti così. Cos’hai?”
Dave sorrise stanco “Beh, è un po’ tutto in generale. Perché non mi hai detto che hai ricevuto una proposta di lavoro, e noi condividiamo tutto. Ma è anche per via di Alex. Non lo sopporto quando si comporta da adolescente. E non capisco perché lo giustifichi sempre.”
John rispose “Perché gli voglio bene. E anche io riconosco che spesso esagera. Ma so anche che quando lo fa, poi ci dorme sopra e torna quello di sempre.”
Dave sbuffò “E ti sembra un comportamento da persona normale e adulta? Non voglio più parlarne. Altrimenti divento velenoso.”
Tato si avvicinò a Dave e lo abbracciò. Poi gli baciò il collo. Dave gli chiese sorridendo “Cosa fai?”
“Ti succhio via il veleno” sorrise John.
**
 
Alex era arrivato al Diablo. Uno dei suoi locali preferiti, dove si era fatto le ossa. Non era enorme, e la pulizia lasciava a desiderare, ma se si voleva sesso, al Diablo lo potevi trovare. Alex non era amante delle App, e delle Chat per trovare partner.
Niente poteva eguagliare il piacere della caccia.
Lasciò giacca e sciarpa in macchina e anche la borsa a tracolla. Non aveva bisogno di niente. Solo di qualche soldo e un preservativo.
Alex respirò a pieni polmoni l’odore del Diablo. Odore di Birra, divanetti sporchi, noccioline, disperazione, e tanta musica house soft.
Si faceva strada tra la gente, usando i suoi occhi di falco per trovare la preda. E fu lì che lo vide.
L’ispanico. Lo stesso ragazzo di qualche ora fa. Era al bar, cercando di farsi vedere dal barista. In quel momento Alex pensò ‘Non me lo lascerò scappare un’altra volta.’
In pochissimo tempo si ritrovò dietro il ragazzo.
Javier era di fronte al barista e urlava “Voglio una Birra!” Questo lo squadrò dall’alto al basso, rispondendo “E io ti ho detto che se non mi dai il documento, io non ti do la Birra.”
Javier diede un pugno al bancone mormorando “Pendejo!”
In quel momento il ragazzo sentì una voce dire “Dammi due birre”
Si girò e vide il parrucchiere.
I due si guardarono e lui riuscì solo a balbettare un “C-ciao.”
Alex sorrise. “Ciao, Javier, giusto?”
“Ti sei…ricordato del mio nome.” sorrise il ragazzo, quasi imbarazzato.
Alex prese le due birre e ne diede una a Javier.
Il ragazzo la prese, poi frugò nelle tasche e gli diede una banconota da venti dollari. “Tieni. Non ti ho pagato poi…”
Il parrucchiere sorrise “Non preoccuparti. Quindi se sei qui, vuol dire che non avevo torto su di te oggi…”
Javier rimase in silenzio qualche secondo, poi rispose “No infatti…è solo che…”
Alex concluse per lui “Fammi indovinare. Hai scoperto da poco di essere gay.”
Javier sorrise “Esatto. Ancora non lo sa nessuno. Non immagino come reagirebbero al liceo, ehm al college.”
“E così frequenti ancora il liceo?” sorrise malizioso il parrucchiere.
Javier assunse un’espressione colpevole. Abbassò lo sguardo e rispose “Sì. Ho diciassette anni.”
Alex vide che sulle labbra del ragazzo c’era un po’ si schiuma di birra, e allora si avvicinò e la leccò. Poi dopo lo baciò. Javier ricambiò. Rimasero per un tempo che sembrava eterno a baciarsi, fino a quando gli altri non iniziarono a lamentarsi che stavano ostruendo la fila per il Bar.
Quando si separarono Alex sussurrò all’orecchio di Javier “Non scappare stavolta.”
Il ragazzo sembrò quasi arrossire, anche se non voleva darlo a vedere.
Alex non sapeva se il ragazzo fosse abbastanza cotto, e pronto, per quello che lui voleva fare dopo, così si piegò e riprese a baciarlo. Ad ogni bacio Javier sembrava diventare meno impacciato e più intraprendente.
Aveva abbandonato la sua birra, per far scorrere le mani per tutto il corpo di Alex, cercando di conoscerlo.
Il parrucchiere gli chiese a voce bassa “Devi tornare a casa?”
Il ragazzo attese qualche secondo prima di rispondere, poi rispose “No. Ho detto che passavo la notte a casa di amici.”
Alex internamente sorrise di trionfo. La strada era spianata.
Baciò un’altra volta Javier, e gli mise una mano dentro i jeans, massaggiando il pube, poi la ritrasse e chiese “Vuoi venire a casa mia?”
Javier sembrò deglutire rumorosamente, poi annuì.
Il moro sorrise “Andiamo, la macchina è qui vicina.”
I due uscirono dall’ambiente caldo e chiassoso, per precipitare in uno freddo e silenzioso. Nessuno dei due parlò molto durante il breve tragitto tra il Diablo e la casa di Alex.
Il moro girò la chiave nella serratura e la porta si aprì.
L’appartamento non era molto grande, ma era completo di tutto. I due posarono le giacche sul divano, e poi Alex spinse delicatamente Javier verso il muro, e iniziò a baciarlo, trattenendogli le braccia. Sollevò la maglia del giovane ragazzo e iniziò a baciare il petto di Javier, posando leggeri baci su ogni centimetro di pelle. Javier mugolò di piacere, segno che apprezzava le attenzioni dell’altro, e Alex tornò a divorare le labbra dell’ispanico, mordendogli il labbro superiore. Poi lo prese per mano e lo portò in direzione del letto.
**
La sveglia del cellulare suonò, ed una mano afferrò il dispositivo, e con il dito scorse verso la disattivazione. Si aggiunse un brontolio parecchio seccato.
Era mattina e Alex e Javier erano sdraiati sul letto, entrambi nudi.
Il parrucchiere sbatté le palpebre e si guardò un po’ intorno. Ogni mattina doveva ambientarsi e capire dov’era. Spostò lo sguardo e vide Javier che dormiva. Avvolto dal lenzuolo.
Sul suo volto c’era un’espressione di puro appagamento ed Alex ricordò i dettagli della nottata, e non poté fare a meno che sentirsi un po’ eccitato.
L’ispanico aprì gli occhi e la sua bocca si allargò in un sorriso quando vide Alex. Accarezzò i suoi capelli dicendo “Buongiorno.”
Il moro rispose “Ciao. Dobbiamo alzarci che devo andare a lavorare.”
Javier non si aspettava una risposta così brusca, ma del resto, lui era stato solo una storia di una notte. Niente di più. Ma non era facile accettarlo.
Alex si alzò a sedere mormorando “Mi gira la testa…”
Javier sorrise “Stanotte…è stato bello… anzi, più che bello.”
“Si. Ce la siamo cavata piuttosto bene eh.” sorrise
“Posso fare una doccia?”
Alex rispose massaggiandosi i capelli “Vai, però sbrigati. Devo aprire il negozio alle nove e mezza.”
Javier si alzò e si diresse in bagno. Alex guardò il corpo nudo del ragazzo da dietro. Inclinò la testa e sorrise famelico.
Camminò verso il bagno, e sentiva il rumore dell’acqua che scorreva veloce. Entrò nel cubicolo e baciò Javier, mordicchiando le sue labbra, mentre le mani afferravano saldamente i glutei del giovane.
Dopo la ‘doccia’ i due si rivestirono, e Alex chiese “Vuoi che ti accompagno da qualche parte?”
Javier arrossì e rispose “Sì. A scuola. Ho la mia materia preferita. Arte.”
Alex annuì “Ah il liceo…che bei ricordi. Dio, ho trovato dei ragazzi disposti a tutto.”
“Non è il caso della mia scuola. I ragazzi passano tutto il tempo a parlare di figa e sport.”
Alex rise “Ma sono proprio quelli i peggiori. Basta un niente, e sono lì a farti una sega. Ma parliamo di te…tu…scommetto che sei un bravo studente, silenzioso, giudizioso, ma che di notte bazzichi per le discoteche in cerca di cazzo. Ho indovinato?”
Javier rimase in silenzio, allacciandosi le scarpe. Poi rispose “Beh. Solo in parte. Io… non l’avevo mai fatto prima con qualcuno…tu…sei il primo.”
Alex sospirò. I vergini erano una brutta faccenda. Potevi essere chiaro quanto volevi con loro, ma si sarebbero comunque innamorati di te.
Ma lui sapeva come farli desistere. “Beh. Lo immaginavo. E come prima volta ti è andata bene, andando a letto con me.”
Javier rise “Beh. Non posso lamentarmi.”

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Capitolo 4
*** I love shopping with friends ***


Max era nel suo monolocale. Stava facendo colazione. Era sabato, e casualmente non doveva lavorare, ma la sua mente lavorava continuamente.
Non poteva fare a meno di pensare al fallimento della cena di qualche giorno fa. Aveva timore di sentire i suoi genitori al telefono.
Suonò il campanello e il ragazzo riccio andò ad aprire.
Sull’uscio c’erano Chuck e George che risero all’unisono “Indovina che giorno è!!”
Max era ancora un po’ assonnato, e a parte odiare i suoi amici per il loro buonumore mattutino chiese “E’ un giorno triste come tutti gli altri?”
Chuck sorrise “Sbagliato! Oggi iniziano i saldi al McClancy!”
Il McClancy era un grande outlet di abbigliamento. Fornitissimo, e con capi di tutte le griffe, ma durante i saldi, i prezzi si abbassavano, e così richiamavano l’attenzione di molti. Chuck e George volevano tirare su il morale a Max per la serata andata in rovina.
Gli occhi di Max passarono da uno e poi l’altro “Cosa? Aspettate che mi vesto e arrivo! Entrate!”
George rise “Lo sapevo che ti sarebbe piaciuto!”
I tre si diressero verso la macchina di Chuck. Max chiese “Avete avvisato anche Tato e Dave?” Chuck annuì “Sì, ma lavorano entrambi. E poi…non pensare a loro. Oggi pensa solo a te!”
Max sorrise commosso “Ragazzi, vi adoro. Ma…non è che c’è qualcosa sotto?”
George sbuffò “Non ti fidi mai di noi…beh… mi hanno detto che c’è un nuovo commesso molto carino.”
Max rise “Guerra?”
Chuck annuì. “Ci puoi scommettere”
Non appena arrivarono a destinazione, il trio decise di dividersi. George andò al reparto sportivo, mentre Chuck e Max andarono al reparto elegante.
“Tra un po’ c’è il matrimonio di mio fratello. Cerco un completo carino con cui andare.”
Max rise “Tu? In completo? L’unico completo con cui ti ho mai visto è camicia hawaiana e bermuda.”
Chuck sbuffò “Sembra strano, ma mi fa piacere andarci. Vedrò tutta la mia famiglia. La mia bisnonna ha novantanove anni.”
“Non arriverà ai cento, quando ti vedrà. Ma…loro sanno che... ti piacciono i maschietti?”
Chuck tentennò “Beh. Non proprio. Ma ho un piano.”
Max scoppiò a ridere “Cos’è, vuoi invitare Darla o Flo e spacciarla per la tua ragazza?”
“Ci avevo pensato ma no. Tu verrai con me.”
“Oh tesoro, io sto malissimo con la parrucca.”
Chuck scosse la testa “Beh, le cose meglio farle bene o non farle per niente. Però se vieni anche tu, sono più tranquillo. Dico che sei il mio ragazzo e mi levo questo peso. Poi dai, se ti sistemi un po’, sei carino.”
“Ha parlato Magnum PI. Comunque ci devo pensare. Anche se credo che sia una pessima idea.”
Max e Chuck attraversarono tutto il reparto, quando l’incubo di Max si manifestò. Appena uscito dai camerini, spuntò Jackson
Jackson era un errore, che Max aveva ripetuto diverse volte. A ventidue anni, ventiquattro e ventisette, quando poi finalmente trovò il coraggio di lasciarlo definitivamente, dopo tutti i tradimenti e le bugie.
Ma quella storia l’aveva provato. Non era riuscito più ad innamorarsi di nessuno, veramente, per paura di ricaderci.
Veloce si nascose dietro Chuck, bisbigliando “Guarda chi c’è”
L’uomo guardò nel punto indicato da Max e vide Jackson. Allora prese per il braccio l’amico e lo allontanò a forza.
George intanto non sapeva decidersi. Stava cercando un completo sportivo per la palestra, ma che avesse comunque stile. Prese il cellulare per chiamare Max e chiedere ai suoi amici di raggiungerlo per dargli una consulenza, ma mentre stava cercando il numero lo vide. Il nuovo commesso.
George mise in tasca il cellulare, e si guardò intorno. Era solo. Purtroppo, per qualche secondo. Lo raggiunsero Max e Chuck. Sembravano un po’ affaticati.
“Cosa è successo?”
Max rise “Abbiamo incontrato un vecchio amico e siamo scappati. O meglio, Chuck mi ha trascinato per tutto il McClancy.” George rise.
Chuck aguzzò la vista e vide il nuovo commesso “E’ lui? Molto carino. Vai George. Ti cedo il passo.”
George chiese stupito “Come mai?”
Max rispose “Perché il ragazzo non fa che guardarti.”
L’uomo magro dai capelli castano rossicci guardò con la coda dell’occhio ed era vero. Il ragazzo gli stava lanciando delle occhiate. Aveva gli occhiali che gli donavano molto. Capelli castani, folti, un po’ di barbetta e un fisico atletico.
“Ok vado.”
Andrò dritto verso il bancone e si avvicinò al ragazzo. Cercò di mostrarsi spavaldo “Ciao. Puoi aiutarmi?”
Il ragazzo sembrava vagamente impacciato. Rispose “Sì…di cosa ha bisogno”
“Quanto costa la tuta blu e bianca? Sai, non ho trovato il cartellino.”
Il ragazzo prese la tuta e andò verso la cassa. George lo seguì con calma, ma senza perderlo di vista.
Con il lettore di codici a barre esaminò la tuta e gli disse “Costa sessanta dollari…La compri?”
George sorrise “Non so…dici che mi starebbe bene ehm…”
Il commesso sorrise “Daniel. E credo che a te starebbe bene tutto…”
“George.” si presentò.
**
Era venerdì sera, e come tutti i venerdì sera, i sei amici si trovavano a casa di Chuck per un poker e un film, anche perché il suo co-inquilino partiva per il week-end.
George chiese ad Alex “Quante carte vuoi che ti cambio?”
“Due” sorrise trionfante lui.
Tato sbuffò “Al diavolo. Io perdo sempre.” Dave rise “Sai come si dice. Sfortunati nel gioco, fortunati in amore.”
“Allora che film ci vediamo?”
Chuck rifletté “John vorrebbe vedersi Chiamami col tuo nome.”
“No basta, non potrei reggere un’altra volta.” Disse Dave.
“Ma ragazzi…è bellissimo… È l’apoteosi…” difese Tato.
George sbuffò “Fate voi, tanto non lo vedrò. Daniel mi viene a prendere alle undici.”
Tato disse “Ma sono le nove e mezza.”
“Si, ma tanto lui sarà qui alle dieci. E questo è parte del problema.”
Chuck chiese “Quale problema?”
“Beh, a me piacciono gli uomini dolci e premurosi, ma qui la cosa va oltre. È onnipresente. E ci vediamo da una settimana.” Sbuffò George
Alex disse serafico “Mollalo. Io uno così non riuscirei a sopportarlo neanche tre secondi.”
Dave sorrise “Non ascoltarlo. Io invece penso che sia bello…vuol dire che tiene a te.”
Chuck guardò Max e disse “Comunque mi devi ancora una risposta.”
Alex guardò i due “Di cosa state parlando?”
“E’ un discorso complicato” sospirò Chuck “In pratica mio fratello si sposa e ho chiesto a Max se può venire con me a fare le veci del mio ragazzo, ma questo stronzo non mi ha ancora risposto.”
Max sbuffò “Il fatto è che non riesco a capire la tua logica contorta, secondo la quale se tu vai da solo e fai coming out non va bene, ma se hai un ragazzo fittizio sì. E poi perché proprio io? Siamo in sei.”
Chuck rise “Vediamo. Alex in un matrimonio etero? Rischierebbe di dare fuoco a tutto dopo cinque minuti. George è una drag queen, e non posso dire di essere gay con una drag queen al mio fianco.  Dave è troppo bello e metterebbe me in secondo piano, e Tato è…è quello che è.”
John si offese “No scusa, cosa sarei io?”
“Beh, sei un po’ ostile a volta… A prima vista potresti risultare antipatico…Ma ti adoro lo stesso.”
“Comunque tu hai bisogno di uno psicologo. E anche bravo” disse Max a Chuck.
Il telefono di George suonò. Lui sbuffò “È Daniel.”
I cinque sentirono la sua voce che parlava in maniera seccata. “Daniel! Avevo detto le undici, non le dieci! Cosa? Vuoi aspettare qui sotto un’ora? Lascia stare, sto arrivando.”
Si diresse verso l’attaccapanni e prese la sua giacca “Ve l’avevo detto. Mi dispiace interrompere la partita ma devo andare.” tutti salutarono l’amico e Max rise “Tanto sto vincendo io”
“Non montarti la testa, Frodo. Non preoccuparti George, accenderemo una candela di lutto per te e ci faremo una sega alla tua memoria” George  rise “Sei davvero confortante” aprì la porta e scese le scale.
Alex guardò gli amici e sospirò “Mi sono stufato di giocare. Vi va di uscire?”
“Dove vuoi andare? Ti prego ovunque ma non al Diablo.” Alex rise “Oggi mi sento buono. C’è il Galaxy, oppure il Boyz”
Chuck propose “Andiamo al Boyz, almeno lì ci sono DJ decenti”
Max guardò il gruppo e disse “Ma vi rendete conto che uscendo rompiamo la tradizione del poker e il film del venerdì sera?”
Dave annuì “Sì. Andiamo!”

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Capitolo 5
*** Helping Hand ***


I cinque amici, erano arrivati al Boyz, un discopub molto spazioso, con una discreta pista per ballare.
Tato guardò Alex e poi gli chiese “Alla fine, mi sono dimenticato di chiederti come è andata una settimana fa, quando sei andato al Diablo”
 Alex rise “Ah è vero, non lo sai…” Tato scosse la testa “Io odio non sapere le cose”
“Beh, ho incontrato il ragazzo di cui ti avevo parlato alla cena. Non me lo sarei mai aspettato! E quando l’Universo ti concede queste possibilità non devono assolutamente andare sprecate. Me lo sono fatto tutta la notte. Vedessi che bello, ha un culo che parla, ed è diciassettenne”
Chuck si intromise “Ma sei pazzo? Hai scopato un minorenne? Ma era consenziente?” Alex ironizzò “No, l’ho violentato…Certo che era consenziente! Ti sembro uno che ha bisogno di stuprare la gente? Casomai mi succede il contrario. Non hai idea di quanti vorrebbero il mio culo. Ma non lo darò mai a nessuno!”
Tato rise “Tesoro, sei già ubriaco? Non hai ancora bevuto niente!”
“E chi ti dice che non abbia bevuto niente prima in macchina? Dolce Tato, sei così ingenuo” gli mise un braccio intorno alla spalla e gli diede un bacio sulla guancia.
Max si lanciò in pista insieme a Chuck.
Alex urlò nel casino “Io vado a prendere da bere e a recuperare un tavolo!!”
Max squadrava la folla per vedere se ci fosse qualche ragazzo interessante, quando gli scappò un urlo “Cazzo…ma mi sta seguendo?”
Chuck guardò nella stessa direzione e vide Jackson l’ex ragazzo di Max. Commentò caustico “Strano che la sua puzza di merda non lo abbia preceduto. Max, fai quello che vuoi ma non andare a parlarci!”
Max guardò l’amico e deglutì nervosamente “Facciamo così, vado ad aiutare Alex al bar. Così non lo incontro.”
E così fece, aveva quasi raggiunto il suo obbiettivo, quando incrociò proprio lui, ‘Il Diavolo veste Prada’ che gli sorrise “Ehi Max, come va?”
“Jack! Ciao! Ma come stai…in forma…” le difese del povero riccioluto stavano cedendo. “Anche tu stai benissimo con questi capelli un po’ più corti…che fai, frequenti qualcuno?”
Chuck si avvicinò ai due, e prendendo la mano di Max rispose “Sì. Io.”
Jack sorrise “Ciao Chuck. Non sapevo che vi foste messi insieme.”
Chuck annuì “Si, da circa un anno, e pensa, ancora non l’ho tradito. Quanto è stato il tuo massimo? Tre mesi?”
Jack sembrò accusare bene la stoccata di Chuck, ma iniziò a secernere veleno “Beh. Questo è ammirevole. Ma sai, credo che si tratti di compromessi. Io e Max a letto eravamo fantastici e gli ho fatto provare sensazioni che non penso tu riuscirai mai a farlo.”
Chuck si avvicinò a Jack e lo guardò dritto negli occhi “Sparisci, se non vuoi che ti spacchi quel naso rifatto, e sì, si vede.”
Jack quasi sibilando sorrise e poi se ne andò.
Max in tutto quel trambusto era rimasto in silenzio. Guardò Chuck con le lacrime agli occhi. L’omone rise “Allora, sono bravo a bluffare?”
Max annuì “Allora insegnami, perché verrò con te al matrimonio.”
Chuck sorrise “Guarda che non l’ho fatto per quello…” Max annuì con la testa “Lo so, proprio per questo. Vengo e farò la mia parte.”
Alex aveva visto la scena in lontananza e sogghignò soddisfatto. Odiava Jack, e aveva in mente di bucargli tutte e quattro le ruote della macchina. Nessuno poteva permettersi di toccare i suoi amici. Specialmente perché Max travolto dall’odio per se stesso era veramente insopportabile.
“Cosa fai? Ridi da solo?” Alex si girò e vide Javier. Il moro non se l’aspettava, ma non per questo la circostanza non era gradita. Ma doveva cercare di essere freddo e distaccato. Non voleva dare false speranze. “Ciao...Julian, vero?”
Si ricordava perfettamente il suo nome, ma in questo modo metteva distanza più facilmente.
La delusione negli occhi di Javier era palese “Veramente sono Javier…posso parlarti? Andiamo in bagno?”
Alex non voleva ma acconsentì. Magari avrebbe potuto fare un altro round con Javier.
Una volta in bagno, la musica era meno forte, e i due potevano parlare meglio.
“Non posso nasconderti che la notte di una settimana fa per me è stata…importante…Sei stato il primo ragazzo con cui…e questo vale qualcosa…non riesco a non pensarti. Vorrei…farlo di nuovo con te… se ti va…”
Alex lo prese e lo spinse verso il muro. Gli disse duramente “Io non cerco una storia. Né seria né occasionale. Voglio solo divertirmi. Con il massimo del piacere e il minimo del dramma. Ma questo non vuol dire che non possiamo scopare. Se rispetti il fatto che non voglio una storia. Dimmi te.”
Javier rimase in silenzio per qualche secondo.  Gli chiese solo “Vuoi fottermi?” Alex rispose “Fino a che non chiedi pietà.”
Al ragazzo tanto bastava, e allora prese l’iniziativa, e spinse Alex in un cubicolo vuoto, che chiuse subito dopo. I due si baciarono con passione, leccandosi le labbra. Javier era molto eccitato e disse con voce roca “Facciamo un gioco. Si può solo baciare, non toccare. Chi tocca prima l’altro deve obbedire a degli ordini. Ci stai?” Alex rise “Mi piace.”
I due ripresero a baciarsi, lasciando solo le loro lingue a toccarsi. L’impulso di toccare il corpo l’uno dell’altro era forte, ma era proprio questo il bello. Alex si staccò dalla bocca di Javier e gli leccò il collo, la clavicola, però poi non resistette, e gli mise le mani sotto la maglietta. Il latino rise trionfante “Hai perso. Adesso devi fare quello che voglio io. Siediti sul cesso.”
Alex eseguì. Javier era in piedi, e abbassò la cerniera dei suoi jeans. Alex con le mani andò a toccare la sua erezione, ma Javier disse “No. Non ancora. Fermo.”
Il ragazzo tirò fuori il suo fallo dai boxer, e si avvicinò, vicino all’altezza della bocca di Alex. Dopodiché pronunciò il suo ordine come un sussurro “Succhialo.”
**
Dave rise “Credo che Alex abbia rimorchiato. E’ scomparso.”
Tato annuì “Sì. Mi chiedo quando finirà il suo periodo promiscuo.”
Chuck guardò Tato e disse “Senti…c’è una cosa che voglio chiederti da quando vi conosco… Tu e Alex vi conoscete fin dal liceo. Avete scoperto di essere gay praticamente nello stesso momento…L’avete mai…fatto?”
Tato arrossì violentemente a quella domanda. Dave spalancò la bocca con fare teatrale, ma poi assunse un atteggiamento più serio “Spiega un po’.”
John si abbandonò sulla sedia e iniziò a raccontare “Beh…non l’abbiamo fatto, però qualcosa c’è stata. Avevamo sedici anni, eravamo in camera mia e faceva freddo. Io avevo il poster di Julian Mc Mahon che avevo rubato a mia sorella, e a quell’epoca beh…era un po’ la nostra fantasia erotica. Alex inizia a toccarsi il pacco, e anche io, e allora…iniziamo a toccarci i peni a vicenda, e ci avviciniamo…e….a quel punto è entrata mia sorella in camera che ci ha sorpresi sconvolta.”
Max rise “Io la conoscevo già questa storia e ogni volta è sempre più divertente”
Tato sbuffò “Vi giuro…non sono più riuscito a guardare in faccia Alex per una settimana dopo quel fatto…”
Dave sorrise “Sono contento che non siate andate oltre...Ma fa uno stranissimo effetto…”
“Anche a me fa uno strano effetto, sapere che due dei miei migliori amici hanno fatto sesso tra di loro…cioè te e Alex…è quasi incesto.”
Tato si difese “Non abbiamo fatto sesso, e grazie a Dio!”
Dave si avvicinò e accarezzò i capelli al fidanzato “E…non c’è una parte di te che per caso avrebbe voluto che succedesse altro? Se ci fosse lo capirei.”
Tato baciò appassionatamente Dave, per parecchi secondi, e dopo sorrise “Ti è bastata questa come risposta?”
Dave ironizzò “Non sono ancora del tutto convinto.”
 

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Capitolo 6
*** Don't believe in love ***




 
“Allora come vuoi che ti faccia i capelli?” chiese Alex ad un suo cliente, un ragazzo sovrappeso.
Il ragazzo ci pensò su e rispose “Corti, riga laterale”
Alex rise “La riga laterale è per i vecchi. Io direi una bella cresta soft.” si portò le mani al mento mentre studiava quale stile potesse stare meglio al ragazzo.
“Dici? Ma non è che poi sembro ridicolo?”
“Fottitene degli altri. Tu puoi permetterti tutto ciò che vuoi. Secondo me ti donerebbe uno stile disordinato con una piccola cresta, poi dipende anche da come piace vestirti…che stile hai.” Il ragazzo rispose “E sia. Mi fido di te.”
“Fai male” rise Tato. Alex sorrise e salutò affettuosamente il suo amico. “Ehi tesoro, dai siediti. Sei venuto per il taglio?”
John si sedette e rispose “Sì, mi crescono velocemente.”
Alex prese la macchinetta e iniziò a rasare i capelli del ragazzo ai lati “Ok, aspetta che finisco Patrick. Comunque, dovrei farti iniziare a pagare”
L’uomo mulatto mise il broncio “Siamo come fratelli e mi fai pagare. Stronzo.”
A Patrick scappò una risata. Tato ironizzò “Non preoccuparti, è più bravo come parrucchiere che come persona.”
Il ragazzo si guardò allo specchio e sospirò “Oh mio dio…non starai tagliando un po’ troppo?” Alex rispose “So quello che faccio. Resterai soddisfatto.”
Dopo un po’ arrivò il turno di Tato e Alex gli fece il lavaggio massaggiando il cuoio capelluto facendolo rilassare immediatamente.
Solitamente Alex usava questa tecnica come seduzione, ma stavolta voleva solo far rilassare l’amico.
Lo fece accomodare su una delle poltrone, pettinò un po’ il groviglio di capelli di Tato, che essendo per metà afroamericano tendevano al crespo, mentre lui gli chiese “Allora, com’è andata con quel ragazzo con cui ti sei chiuso in bagno?”
Alex rispose “Molto bene…è sempre Javier. Quello che era venuto a tagliarsi i capelli da me. Cosa vuoi che facciamo ai tuoi poveri capelli?”
“Il solito” rise Tato. Alex scosse la testa “Come sei prevedibile.”
Iniziò a prendere le forbici, perché Tato aveva il terrore della macchinetta per rasare.
“Dopo voglio andare a comprare un regalo per Dave. Oggi facciamo sei anni e mezzo.”
“Cioè, tu conti anche i mesi? Sei proprio una femminuccia. Ma io l’ho sempre saputo che tu eri fatto per avere marito.”
Tato rise “E come facevi a saperlo?”
“Beh, quante storie di una notte hai avuto in vita tua?”
“Cinque.”
“Capisci?!”
Tato rise di nuovo “Forse hai ragione. Ognuno è fatto come è. Io sono per le storie serie, e tu per le toccate e fughe.”
In quel momento la porta si aprì ed entrò un ragazzo molto carino.
Un ghigno soddisfatto comparve sul volto di Alex “Qualcuno è appena entrato nella tana del lupo.”
Javier sorrise “Sono venuto solo a salutarti.”
“Solo per quello? Ci credo poco.”
John guardava i due e riconobbe lo schema tipico di Alex. Quella era una delle sue tante conquiste.
“Non ci presenti Alex?” Il parrucchiere moro lanciò uno sguardo cattivo all’amico e poi sbuffò “Lui è Javier, e Javier, lui è John. Il mio migliore amico.”
Javier sorrise “Piacere”
Tato rispose educatamente.
“Sei occupato? Posso andarmene.” provocò Javier.
Alex sorrise “Non preoccuparti. Qualche minuto e poi ci penso io a te.”
Quelle ultime parole le aveva dette con una voce roca e maliziosa, che non poteva dare esito a fraintendimenti.
Javier si sedette sorridendo.
Tato disse a bassa voce “Non sapevo vi vedeste ancora.”
Alex rispose con lo stesso tono “Me lo trombo e basta. Diciamo che gli faccio un favore. Finché scopa con me non ha stimoli a farsi nessun’altro. I genitori mi dovrebbero ringraziare. Almeno io sono pulito e uso sempre il preservativo.”
“E che ne sai se lui è altrettanto pulito?”
“Tesoro, l’ho sverginato io. Quindi da quel punto di vista non ci sono problemi. Comunque ho finito. Ora vattene.”
Tato nemmeno se ne era accorto di aver finito con il taglio. Ironizzò “Mh, secondo me sono un po’ lunghi.”
“No stai benissimo così. Adesso vai con Dio.”
Spazzolò i capelli dal collo e dal viso e slacciò il telo. Tato si alzò, e Alex lo bloccò “Dove vai senza il pagamento? Mi devi… un bacio”
Tato abbracciò l’amico e gli mollò un grasso bacio sulla guancia, poi lo salutò ed uscì dal negozio.
Alex divenne serio, si avvicinò alla porta e girò il cartello da APERTO a CHIUSO.
Poi sorrise guardando Javier “Stai attento. cucciolo. Io non sono un’alternativa alla routine. Non è che se ti annoi puoi presentarti qui. Va bene?”
Javier si alzò e rispose “Io non sono venuto qui perché mi annoio…ma perché sono eccitato e voglio scopare con te”
Alex sorrise “Allora va bene”
Javier prese l’iniziativa, e cominciò a baciarlo con passione, divorando le sue labbra e intanto sbottonava la sua camicia.
Il parrucchiere apprezzava molto il fatto che il ragazzo diventasse sempre più intraprendete. Javier baciò il collo, poi il petto, e mentre scendeva, si inginocchiava, creando una striscia di saliva che andava dritta verso il pube di Alex, che nel frattempo si era già sbottonato i pantaloni.
**
Alex e Javier erano nel retrobottega del parrucchiere, in un piccolo divano, che a malapena li ospitava. Javier era sdraiato a pancia in su, ad occhi chiusi. Le dita di Alex erano dentro di lui.
Alex disse con voce bassa e roca “Ora siamo a due dita… lasciati andare e intanto visualizza… Sei nello spogliatoio, dopo l’ora di ginnastica. Tutti i tuoi compagni di classe si stanno facendo la doccia. Passano la spugna sui loro corpi nudi sudati…Li vedi?”
Javier ansimò “Si…li vedo…”
“Ora preparati…arriva il terzo dito…tu rimani lì… il ragazzo più eccitante ti prende, ti sbatte addosso al muro…siete entrambi nudi e bagnati. Lui ti massaggia il cazzo…piano, poi veloce…”
Alex iniziò a muovere le dita con ritmi alternati.
Javier ansimò con voce strozzata dal piacere “Sì, lo sento…”
Dopo pochi minuti di questo trattamento, il ragazzo ebbe il suo orgasmo, e il suo corpo vibrò tutto, come se avesse delle leggere convulsioni. Alex sorrise soddisfatto e si distese di fianco al ragazzo e lo guardò.
Javier sembrava ancora fuori dal mondo con la mente. Gli occhi erano chiusi. “Mio dio…Tu sei…dovresti essere illegale.”
Aprì gli occhi e guardò il parrucchiere. La sua espressione era preoccupante. Sembrava che ci fosse una traccia di amore in quello sguardo. Non poteva permetterlo.
Javier sorrise dolcemente “Perché non mi racconti qualcosa di te? Non so nulla a parte il fatto che sei un parrucchiere e che vai in giro per locali. Hai animali? Hai fratelli o sorelle? Qualcosa di simile…”
Alex non rispose, ma si alzò e iniziò a cercare le sue mutande. Javier scosse la testa e si diede mentalmente dell’idiota.
I due si rivestirono, poi Javier guardò l’orologio ed urlò “Cazzo sono le sei! Devo essere a casa per la cena! Non riuscirò mai ad arrivare in tempo!”
Guardò il suo amico di letto e chiese “Potresti darmi un passaggio?”
Alex guardò il ragazzo e chiese “Cosa mi dai in cambio?”
Javier sorrise “Beh, mi sembra che abbiamo appena fatto qualcosa per cui tu potresti esserne grato.”
Alex annuì “Ci sta.  Andiamo dai.”
I due entrarono nella macchina di Alex, mise in moto, e il Bluetooth della macchina si connetté con il cellulare di Alex e nelle casse risuonò Bad Blood di Taylor Swift
Javier rimase stupito “Non ti facevo un tipo da canzoni di Taylor Swift”
Alex sorrise “Beh, alcune hanno un bel crescendo. Mi piace anche Sia. Chandelier è perfetta come sottofondo per scopare.”
Javier rise “Allora vuol dire che la prossima volta la proveremo!” In quel momento sembrava entusiasta come un bambino, e Alex si lasciò sfuggire a bassa voce “Hai un bel sorriso.”
L’ispanico sentì il commento, ma Alex non sembrava essersi accorto di averlo detto, quindi lasciò perdere.
Le sue difese cadevano ogni secondo di più. Stava cercando in tutti i modi di non innamorarsi di Alex, ma sentiva di provare già qualcosa per lui.
I due fecero il tragitto ascoltando a tutto volume Taylor Swift, finché la macchina di Alex non si fermò davanti casa di Javier. Alex disse “Siamo arrivati.”
“Non mi saluti?” sorrise seducente il ragazzo. Il parrucchiere lo baciò appassionatamente.
Sfortuna volle, che proprio in quel momento, il padre di Javier fosse uscito per buttare la spazzatura. Vide una macchina rossa davanti casa sua. Ed essendo sospettoso di natura, si avvicinò, con il sacco della spazzatura come potenziale arma. Quando fu abbastanza vicino vide una scena che mai avrebbe voluto vedere. Suo figlio diciassettenne stava baciando con passione un uomo bianco, più grande di lui di almeno dieci anni.
In un impeto di rabbia strinse la busta di spazzatura e con essa colpì il tetto della macchina. I due sentirono il rumore e si separarono.
Javier guardò fuori dal finestrino e vide suo padre.
L’uomo prese di nuovo la busta e la tirò addosso alla portiera.
Alex aprì la portiera che pendeva spazzatura e urlò arrabbiato “Ehi, la smetta! Lasci stare la mia macchina!”
L’uomo in preda ad una crisi isterica ringhiò “Cosa mi vorresti fare, frocio?? Tu stavi baciando mio figlio!! Ha diciassette anni, schifoso!!”
Tornò di nuovo all’attacco e colpì Alex con la busta, che ormai era rotta da diverse parti.
Il moro si guardò disgustato, e Javier scese dalla macchina, e cercò di frapporsi tra il padre e Alex “Papà, stai calmo! Non mi ha forzato a fare niente!”
Alex guardò il latino e urlò “Ma cosa vai a dire? Senta signore, non è come sembra!”
Le vene della fronte del padre di Javier si erano gonfiate tantissimo, tanto che sembrava che potessero scoppiare da un momento all’altro. Era tutto rosso in faccia “Javier! Con te faccio i conti dopo!” poi si rivolse di nuovo ad Alex “Bastardo! Tu hai violentato mio figlio!” e tornò all'attacco con la busta.
Alex prese il coperchio del bidone e lo usò come scudo, e per rispedire al mittente il contenuto del sacco.
I vicini cominciarono ad uscire dalle case e a guardare cosa stava succedendo.
Alex guardò Javier, imprecò e urlò “Sali in macchina! Subito!”
“Cosa? Così peggioriamo le cose!”
“Senti, io non ti lascio con lui… Sali in macchina, cazzo!” Javier in effetti non aveva per niente voglia di sorbirsi suo padre in un attacco di furia omicida, e così montò in macchina. Questo fece arrabbiare ancora di più il padre che urlò “Dove porti mio figlio, schifoso pervertito!! Ridammi mio figlio!”
Alex mise in moto e sfrecciò, verso l’unico posto sicuro che aveva al mondo.
**
Tato si stava dedicando al suo passatempo preferito, che poi alla fine era anche il suo mestiere. Cucinare.
John amava fare ricette elaborate, e si vantava di aver conquistato Dave prendendolo per la gola.
Dave tornò a casa, entrò in cucina e annusò “Wow…Che odorino…Che prepari amore?”
“Oh niente, solo una cosina per questo giorno speciale.”
Dave iniziò a fare un rapido calcolo mentale. Che giorno era oggi? Che ricorrenza c’era?
Iniziò a sudare freddo. Il suo fidanzato era amorevole, ma poteva anche diventare pericoloso se infastidito.
“Ehm…oggi è… la nostra prima litigata?”
Tato assottigliò gli occhi e sospirò “No. Ritenta e sarai più fortunato.”
Dave sbuffò “Mi dispiace mi sono dimenticato…”
Tato scosse la testa “Oggi sono sei anni e mezzo che stiamo insieme.”
Il biondo sorrise “Il nostro amore è così antico che risale a vite passate, anima mia. Cosa contano sei mesi in più?”
“Bel tentativo.” rise Tato.
I due si baciarono, e ben presto le cose di fecero incandescenti. Tato sfilò la felpa a Dave, e il biondo chiese “E il pesce?”
“E’ quasi pronto.” la sua mano andò a spegnere il forno, e poi riprese a baciare a accarezzare Dave.
Lui ironizzò “E invece dov'è il tuo interruttore?”
“Non ce l’ho…meglio per te.” mormorò seducente John.
In quel momento suonò il campanello.
“Lasciamolo suonare…sarà qualche rompicoglioni.”
“Potrebbe essere importante” rise Tato. I due si separarono, e disse al suo fidanzato “Intanto preparati. Arrivo subito.”
Il biondo salì le scale, buttando la maglietta per terra.
John provò a resistere all'incontrollabile tentazione di raccoglierla e piegarla.
Aprì alla porta e vide Alex e Javier. Dai due proveniva una strana puzza e addosso ad Alex c’erano residui di cibo. Sembravano agitati.
John non sapeva se ridere o piangere, poi chiese semplicemente “Che ci fate qui? E come mai ridotti in questo modo?”
Alex sospirò “Il padre di Javier ci ha sorpreso mentre ci baciavamo…e non ha gradito…È uscito un po’ fuori di testa.”
“Si, l’ho visto andare così fuori di testa solo quando sono finiti i frutti di mare alla comunione di mia sorella.”
“Ma…come farai? E’ tuo padre…cosa succederà?” chiese Tato. Javier rispose “Non lo so… chiamerò mia madre chiedendole di farlo ragionare…però…”
“Non può restare in quella casa in questo momento” disse Alex.
John annuì “Avanti entrate. Immagino che vogliate usare il bagno.”
Javier sorrise “Immagini bene.” Tato sorrise “Ok, vai di sopra, tra un po’ ti porto degli asciugamani.”
Il ragazzo annuì con la testa e salì le scale.
Poi guardò il suo amico e assunse l’espressione che Alex amava chiamare “Mammina è arrabbiata.”
“Cosa cazzo stai facendo?”
“Senti…non lo so… ma non volevo lasciare un nostro ‘collega’ in balia di un pazzo, per poi leggere domani sul giornale ‘padre uccide il figlio perché gay’.”
“Javier non può restare qui. Credo che la cosa migliore sia riportarlo a casa.”
Alex allargò gli occhi e sbuffò “Ma mi hai ascoltato?”
Tato rispose “E’ colpa tua. Assumiti le tue responsabilità. E non è perché non voglio ospitare quel ragazzo… Non ho problemi. Ma non te la caverai così.”
Alex sbuffò “Senti… se lo porto da me, finisce che rifaremo sesso e peggioriamo solo le cose. Se io fossi il padre di Javier vorrei che lui fosse ovunque, ma non da me.”
“Allora ammetti di essere un coglione? La colpa è tua, perché tu…scopi e basta. E non pensi che ci sono persone dietro quei corpi sudati.”
Alex alzò gli occhi al cielo “Hai finito con la predica? Senti…io adesso vado a casa…”
“Cosa devo dire a Javier?”
“Digli quello che cazzo ti pare.”
Detto questo aprì la porta e se ne andò.
John sospirò, e solo in quel momento si ricordò di Dave che lo aspettava nudo in camera.
Salì le scale a velocità supersonica e piombò in camera da letto. Dave evidentemente si era rivestito.
Il suo sguardo non era molto rassicurante
“Saresti così gentile da dirmi che è quel ragazzo che sta in casa nostra? È il nostro regalo per i sei anni e mezzo?”
Tato sospirò e guardò il fidanzato con aria colpevole “Si chiama Javier, ed è un ragazzo che Alex si scopa ogni tanto. Oggi per sbaglio sono stati beccati dal padre di lui mentre si baciavano, e non l’ha presa bene. Ha pensato di portarlo qui…”
“Come poteva non essere coinvolto Alex.”
Tato annuì “Beh, per quanto abbia le sue colpe, stavolta non ha tutti i torti. Lui voleva solo accompagnarlo a casa.”
Dave disse “E come sempre tu fai l’avvocato delle cause perse e lo difendi sempre. Ogni volta che Alex fa qualcosa di sbagliato tu lo giustifichi sempre.” Tato rispose “Non lo difendo…dico le cose come stanno.”
“Povero Alex, vittima delle circostanze, sempre. Non riesci mai ad essere obiettivo con lui. Ogni volta che lui fa un casino, devi sempre porci rimedio. Come se fosse un tuo problema.”
“Alex è un mio problema. Perché mi dici queste cose?”
Dave abbassò lo sguardo “Perché ti amo, e voglio che tu apra gli occhi.”
Tato rispose “Alex è il mio migliore amico. Nel bene e nel male.”
In quel momento Javier uscì dal bagno e guardò i due. “Scusate, dove tenete gli asciugamani per gli ospiti? Mi dispiace se ho interrotto qualcosa.”
Tato guardò il ragazzo, sospirò e sorrise “Non preoccuparti. Abbiamo finito, adesso te li porto.”
Il ragazzo si era levato la maglietta, e Tato dovette ammettere che aveva un bel corpo, pochi peli, corpo asciutto ma non magro, labbra carnose ma non troppo e occhi profondi.
“Lui è andato via?”
“Aveva degli impegni.”
Javier rise “Non sei molto bravo a mentire. Non c’è bisogno che me lo dici. Ad Alex non importa niente di me. Ma a me va bene. Mi basta vederlo.” “e toccarlo, e sentire il suo odore…” aggiunse mentalmente il ragazzo.
Tato capì subito che la situazione era brutta, perché il ragazzo si stava innamorando, proprio della persona più sbagliata al mondo. Guardò Javier e propose “Tra poco la cena è in tavola…Pensavo che sarebbe meglio chiamare qualcuno della tua famiglia... per dire che stai bene. E se tuo padre viene qui, beh, almeno c’è Dave che fa palestra.”
Javier rise “Si, anche se mio padre ha ben dieci pistole che chiama per nome.”
“Cosa?” chiese John basito.
“Lavora nell'esercito.”
Prima di cena Javier chiamò il cellulare della madre, e fu sollevato di sentire la sua voce.
“Mijo, dove sei? Stai bene?”
“Mamma, sto bene. Sono a casa di un amico.”
“Ma cosa è successo? Tuo padre è tornato a casa e voleva prendere Dolores
Dolores era il nome di una delle pistole di suo padre. Una delle sue preferite.
“Mamma…ascolta…avrei preferito dirtelo in un altro modo però…”
Javier spiegò tutto alla madre, e le lasciò qualche secondo per pensare a ciò che le aveva appena detto.
“Mijo, io…lo sapevo. O meglio, lo sospettavo…”
“Come facevi a saperlo?”
“Ti ricordi ai quinces di Pilar, tu avevi otto anni e mi dicesti che volevi sposarti con Roberto, suo fratello.”
Javier si era totalmente dimenticato di quell'avvenimento.
“A proposito, per restare in tema, tua cugina Pilar è lesbiana.”
Il ragazzo era totalmente shoccato, ma in maniera positiva per come la madre aveva accolto la cosa.
“Ok…senti mamma, io per oggi non torno a casa, e nemmeno domani. Non so quando tornerò. Dai le mie cose a Ariana, e domani le prendo.”
“Ma…Mijo…”
“Ti prego Mamma…cerca di spiegare a papà le circostanze e prendigli le chiavi dell’armadio delle pistole.”
“Va bene. A presto.”
Lui attaccò la chiamata e vide Dave, che sorrise “Beh, è andata bene, sembra.”
“Sorprendentemente. Pare che sapesse già che sono gay.”
I due arrivarono in tavola, dove Tato aveva già apparecchiato. La loro intima cenetta era diventata una cena per tre.
Javier guardò la coppia e abbassò lo sguardo “Vi ringrazio per l’ospitalità.”
Dave ironizzò “Non riesco a credere che un ragazzo così educato conosca Alex.”

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Capitolo 7
*** Coming Out ***


DISCLAIMER
Spero che questa fanfic vi piaccia. Questa storia e relativi personaggi mi hanno accompagnato per gran parte della mia vita, perché in realtà questa storia io la scrissi intorno al 2008-2010(non ricordo precisamente) ispirato a bomba dalle serie tv gay che vedevo, ed è una delle poche storie che sono riuscito a finire. Qualche mese fa l'ho 'riscritta' modificando situazioni e personaggi per renderla più attuale e ancora più mia, perché giustamente da quando l'ho scritta ad adesso io stesso sono cambiato. E quindi è giusto che cambi anche la mia storia.
Amo scrivere, ma il mio stile di scrittura è questo. Visivo, pieno di dialoghi, azioni, pensieri. Non sono propriamente un tipo descrittivo. Spero che vi piaccia.
*
Erano passati qualche giorno dall’incidente con il padre di Javier, e il ragazzo iniziava ad ambientarsi nella grande villa di Tato e Dave.
Loro un po’ meno, pur trovando il ragazzo simpatico, non riuscivano ad adattarsi al disordine che un adolescente può scatenare.
Una sera, i tre stavano cenando, parlando del più e del meno, quando suonò il campanello.
Dave andò ad aprire ed entrarono Max, Chuck e George . Come sempre chiassosi all'inverosimile.
I tre arrivarono in soggiorno e videro Javier. Chuck sorrise “Ragazzi, avete adottato un ‘bambino’? No perché mi sembra già cresciuto e non è niente male. Io sono Chuck, dolcezza.”
Tato sospirò “Certo che voi avvisare mai eh? Lui è Javier. E’ un…amico di Alex. Resterà con noi per qualche giorno.”
George  si sedette di fronte a Javier e rise “Avanti, dicci tutto di te.” Max sbuffò “Lasciatelo respirare”
Javier sembrava divertito dai tre uomini.
George  chiese “Come mai il ragazzo sta qui? Cos’è successo?”
Javier rispose “Beh, sono qui perché mio padre è temporaneamente impazzito…Io e Alex ci eravamo visti…” e tutti e tre in quel momento capirono che tipo di legame c’era tra i due. Il ragazzo continuò “E lui mi ha accompagnato a casa, ma abbiamo incontrato mio padre, che con un sacco della spazzatura ha iniziato a picchiarci e a inveire contro Alex. Vista dall’esterno sembrava una scena comica…ma purtroppo non lo è stato…Adesso sembra che voglia denunciare Alex, ma non ha niente contro di lui, perché io ho superato l’età del consenso, e a chiunque mi dovesse chiedere qualcosa, dirò che sono stato totalmente consenziente.”
I tre erano rimasti in silenzio ad ascoltare la storia, poi George  parlò “Wow, che esperienza… Ma questo vuol dire che…hai fatto coming out!”
Javier sbuffò “Come mai questa faccenda del coming out è così importante? Di solito è complicata?”
Max ironizzò “Beh, chiedilo a Chuck, che a trentacinque anni ancora non ci è riuscito.”
L’uomo con la barba assottigliò gli occhi e disse e mezza bocca “Fottiti. Beh, comunque, per rispondere alla tua domanda ti dico che è una faccenda delicata per tutti. E’ un momento di passaggio molto importante.”
George  sorrise “Ma sentilo che paroloni. E pensavo di essere io il professore.”
“Sei un professore?”
“Si, purtroppo. Alle medie. Insegno letteratura e storia americana e internazionale. Mi viene in mente un gioco…Visto che Javier non ci conosce, perché non ci raccontiamo tutti il nostro coming out, inteso come personale?”
Dave scosse la testa “Che intendi?”
“Quando abbiamo ammesso a noi stessi di essere gay. Chi comincia?” spiegò George .
Tato ironizzò “Perché insisti sempre con questi giochetti? Falli a Daniel” George  sorrise malizioso “Con lui sperimento altri tipi di giochetti.”
Dave sospirò “Dai inizio io. Uhm…come ho scoperto di essere gay…credo di averlo scoperto il penultimo anno di liceo. Ero un ragazzo abbastanza normale, con poche esperienze. Io ed un certo Chris Owen eravamo in punizione, per esserci presi a botte. Eravamo confinati negli spogliatoi, dovevamo pulirli e far brillare il pavimento come uno specchio. Verso metà del lavoro ci siamo concessi una pausa, non so perché il discorso iniziò ad andare verso i dettagli delle nostre scopate, e così ci siamo entrambi eccitati… e da lì… c’è stato un gioco di mano reciproco. E ho capito che i ragazzi mi piacevano eccome.”
Max disse con voce atona “Tutto qui?”
Tato sorrise “Per me è carina. Fa molto film francese.”
Dave si offese “Vaffanculo. Io mi metto a nudo e voi prendete per il culo. Avanti sentiamo le vostre.”
Max ‘prese il microfono immaginario’ e iniziò a raccontare “Io in realtà l’ho scoperto presto. Avevo sette anni. C’era questo bambino, Lucas Wiston, per cui avevo preso una cotta pazzesca. Ogni giorno io andavo da lui e gli offrivo un pezzo di torta di mele che mi dava mia madre. Lui ogni mattina la prendeva, ringraziandomi. E insieme alla torta si è preso anche il mio cuore.” Chuck sorrise “Beh, devo ammettere è che tenera. Adesso tocca a me. La prima volta che ho capito qualcosa è stato al college. Ero al primo anno, e che ci crediate o no, avevo una ragazza, Lisa Calder. Con lei e degli amici avevamo messo su un gruppo rock. Facevamo cover, e Lisa cantava. Iniziammo a diventare abbastanza bravi. Il college organizzò un torneo tra gruppi musicali del college, e fu li che conobbi i “Fluffy Bunnies” era un gruppo composto da ragazzi gay…e fu subito chimica con Larry, il cantante. Io ero innamorato della sua voce, del suo corpo, dei suoi capelli. E lui ricambiava le mie attenzioni. Così ci ritrovammo a farlo nella sua stanza... ragazzi….è stato incredibile."
George  stava ascoltando rapito “E…i dettagli?”
Chuck rise “C’è un minorenne con noi. Chi è il prossimo?”
Javier si schiarì timidamente la voce e disse “Io…l’ho capito grazie ad Alex.”
Max guardò il ragazzo e lo incoraggiò.
“Beh, ovviamente immaginavo di essere gay, o almeno bisex, ma non ne ero sicuro al cento per cento, quando un giorno andai a tagliarmi i capelli da Alex. Fu per puro caso. Non lo conoscevo. Capii che non gli ero indifferente, e sicuramente lui non era indifferente a me…il modo in cui mi guardava…mi ha dato la certezza che cercavo.”
Tato sbuffò “Non so se tu sia stato tanto fortunato ad essere stato con Alex”
“Perché?”
“Perché Alex è una troia.” rise Max “Gli vogliamo bene, ma è così. Ora a chi tocca?”
Tato sorrise “La mia storia è molto noiosa, ma forse anche io devo ad Alex il fatto di essermi accettato come gay. Io e lui l’abbiamo scoperto nello stesso momento, ed avere un altro come me è stato molto d’aiuto per non cadere in paranoie inutili. Potevo confidarmi su tutto con lui, perché sapevo che capiva. E grazie a lui ho fatto sesso per la prima volta, perché io avevo una paura fottuta.”
Max chiese “Chi è stato il tuo primo?”
“Ivan Flaming.”
“Beh, ottima scelta.”
Javier guardò i due esterrefatto “Cioè tu conosci quello che si è fatto lui? Eppure New York non è piccola…come?”
Chuck rise “Ragazzo, la comunità gay è un grande paese. Tutti conoscono tutti. E tutti vanno a letto con tutti. Se tu vai a letto con uno è molto probabile che questo sia andato a letto anche con un tuo amico…e tu poi sei stato con Alex.”
“Si Alex è praticamente il fulcro della vita sessuale gay di New York city. Lui ci ha avuto tutti.”
George  sbuffò “Adesso tocca a me raccontare…nel mio caso la scoperta di essere gay e la prima volta con un ragazzo è successo nello stesso momento. Ero all’ultimo anno di college, ero ad un piscina party di una confraternita. Era fantastico. Gente nuda nell’acqua che ci dava dentro. Proprio nella piscina incontrai Kronos, così si faceva chiamare, un intellettuale appassionato di mitologia greca col corpo di un Dio.”
Chuck ironizzò “Se non sono strani non ti piacciono, eh?”
George  sbuffò “Sì, dici così, ma se l’avessi visto…ti saresti inchinato di fronte a cotanta bellezza… Ci conoscemmo e senza accorgermene ero già in piscina nudo con lui, con la pancia premuta sul muretto della piscina...”
“E poi cos’è successo? La cosa è continuata?” chiese Javier.
George  scosse la testa “No, non l’ho più visto. E non avrei saputo neanche identificarlo. Indossava una maschera.”
Tutti alzarono gli occhi al cielo.
Tato rise “Siamo messi male…e vi prego, non iniziamo a parlare dei coming out ai nostri genitori…altrimenti la cosa si degenera.”
Max sbuffò “Non ditelo a me. I miei genitori si devono ancora riprendere.”
Dave prese la mano di Max e fece un sorriso triste “Vedrai che si risolverà…”
“E anche se non fosse, fottitene!”
Alex era appena arrivato, e aveva già detto la sua.
John sbuffò “Devi smetterla di entrare di soppiatto.”
Alex rise “Mai. Mi diverto troppo, allora come va cucciolo?” riferendosi a Javier, che si seccò di essere chiamato ‘cucciolo’
Chuck sorrise “Javier ci piace. Lo adottiamo noi.” il ragazzo ispanico ricambiò il sorriso dell’uomo. “Mi fa piacere. Anche voi mi piacete.”
“Quanto amore…chi vuole venire al Diablo con me?”
Max scosse la testa “Io passo. Ho una scadenza che si avvicina.” e anche Chuck declinò l’invito.
George  annuì “Volentieri. Voglio un po’ svagarmi.” Javier si accodò “Anche io vengo.”
Tato sbuffò “Alex, riportalo presto che domani ha la scuola.”
“Sì, mammina.”
**
Alex, George  e Javier erano seduti intorno ad un tavolo del Diablo. George  aveva in mano un mojito, gli altri due una birra.
George  parlottava tutto eccitato “E’ vero! Il pene è un muscolo. Perciò puoi allenarlo! A 20 anni schizzi fin sopra la spalla, e 30, sei fortunato se arrivi all'ombelico!”
Alex sbuffò “Cristo George, se ti fissi su queste cose ti rovini la vita. Io ho trentunanni e sono ancora campione mondiale di schizzo.” Javier rise, ma si trovò a confermare, avendo potuto constatare di persone le doti del suo compagno di letto.
George rise “Ci credo, con tutto l’esercizio che fai. Oh mio dio, ma quello è Barney! E’ dimagrito di trenta chili. Sta benissimo!” Alex guardò nella direzione indicata da George e commentò “Sì, però vedo che non ha migliorato il gusto nel vestire.”
George si sistemò i capelli e poi sorrise “Io…penso che andrò a parlare con Barney… e forse qualcos’altro.”
“Non avevi già il ragazzo?” ironizzò Alex, come se la cosa gli importasse effettivamente.
“Beh, senti, ho bisogno di respirare.” e si alzò andando in direzione dell’uomo.
Alex guardò il ragazzo e disse “Tu resta qui Io vado a caccia.”
Il Latino annuì e vide il moro allontanarsi per andare nella pista da ballo. Si sentiva male. Avrebbe voluto fermarlo, guardarlo negli occhi e dirgli cosa provava, ma sapeva che Alex non avrebbe mai ricambiato. Sprofondò nel suo bicchiere, e mentre beveva un uomo sui quarant’anni, ma che ne dimostrava sessanta si avvicinò e sorrise suadente “Vedo che hai quasi finito la tua birra. Posso offrirtene un’altra?”
Il ragazzo rispose secco “Minorenne.”
L’uomo si alzò subito e andò a cercare altre prede.
Si alzò anche Javier, perché doveva andare al bagno e incappò in un ragazzo molto carino, capelli corti, dritti, labbra piene, occhi sottili e un fisico atletico “Povero Brent…non trova nessuno con cui andare.” gli disse sorridendo.
Javier ricambiò il sorriso “Beh…mi dispiace ma non sarò io quel qualcuno. Non cerco mio padre negli uomini.”
“Nemmeno io. Mark, comunque.”
“Io mi chiamo Javier.”    
“Ti va di andare da qualche altra parte? Ci sono molti locali in zona, come il Boyz, il Toys, il Full Metal, la Vitamina G…”
Javier sorrise “Sei una vera regina del giro” e Mark ammise “Si, sono un tipo che esce. Allora, che fai vieni?”
Javier rimase in silenzio per qualche secondo poi annuì “Ma sì dai, vado ad avvisare degli amici con cui sono venuto.”
“Non credo che gli importerà molto… nel senso che sicuramente avranno da fare…tutti qui al Diablo trovano qualcosa da fare…” Javier sorrise “Sicuramente. Ci metto due minuti.”
Il ragazzo sparì tra la folla e cercò con lo sguardo Alex.
Lo trovò, insieme ad un ragazzo attraente, che indossava un paio di jeans attillati e una canottiera sportiva bianca. Alex baciava il collo del ragazzo, e questo aveva le mani ovunque nel corpo del parrucchiere.
Javier provò una fitta al cuore. Avrebbe voluto gridargli “Scegli me!” ma era tutto inutile. Ormai era innamorato di lui.
Tornò da Mark e disse “Mi dispiace, ho cambiato idea. Non posso più venire.”
Mark chiese seccato “Perché? Il tuo amico ti ha detto che non puoi?” Javier rispose “No, è solo che non me la sento.”
Fece per girarsi, quando Mark prese Javier per un braccio e lo spinse addosso al muro. Sempre tenendolo fermo si avvicinò a lui. “Con me non si può cambiare idea.”
“Sei ubriaco, lasciami.” in tutta risposta l’altro ragazzo lo tenne più stretto, torcendogli il braccio dietro la schiena. “Ti ho detto di lasciarmi. Cerca qualcun altro da molestare.” Mark gli sussurrò all’orecchio “Dai, lo so che ti piace che ti prendo con forza…voglio scoparti con violenza.”
Alex comparve, camminando a passo deciso. Guardò Mark “Lascialo stare idiota. Ti do cinque secondi di tempo.”
“E tu chi cazzo sei? Se pensi di intimorirmi, tira fuori almeno un coltello.”
Alex rise, e poi iniziò a contare lentamente con sguardo minaccioso. “1…2…3….”
Mark mollò la presa e gli fece il gesto del dito medio “Ma si, tienitelo questo stupido finocchio.”
Alex si avvicinò minaccioso, poi quando il ragazzo lasciò il locale, si girò verso Javier e sospirò “Ma dico…ti lascio solo un quarto d’ora e ti metti nei casini?”
Javier non rispose. I suoi occhi erano lucidi. “Cazzo Alex, rendi tutto più difficile”
“Cosa è difficile?”
“Non innamorarmi di te. Io lo so benissimo che per te sono solo un ragazzo da scopare ogni tanto, e ho cercato con tutte le mie forze di convincermi di questo. Ma non ci riesco. Mi sei entrato dentro.”
Javier lasciò il locale dicendogli che avrebbe preso un taxi.
Alex pensò di fermarlo, ma poi a cosa sarebbe servito? Scosse la testa “Sono in un mare di merda.”
**
Tato e Dave erano a letto. John stava leggendo un libro, quando Dave provò ad approcciare qualcosa. Piano piano allungò la mano e tolse il libro a Tato che rise “Ehi…ridammelo.”
“Neanche per sogno. Come fai a leggere quando hai uno stupendo…” si avvicinò e baciò il compagno, poi continuò “…Adorabile” e lo baciò di nuovo. “…Vigoroso…” concluse “Uomo come me.”
Tato alla fine cedette e si girò verso il fidanzato. I due si baciarono con passione, quando il campanello suonò.
Dave sbuffò “Questa casa sta diventando un porto di mare…Sarà Javier.”
Tato annuì e scese le scale. Aprì le porte e trovò il ragazzo in lacrime, scosso dai singhiozzi. Tato immaginava la causa delle lacrime del ragazzo. Una causa che aveva anche un nome: Alex McKutchen.
Il ragazzo entrò in casa, mentre il padrone di casa prese un pacchetto di fazzoletti e lo porse a Javier. Si sedettero sul divano. “Cosa è successo?”
“Succede che mi sono innamorato della persona sbagliata.”
Tato rispose, cercando di essere comprensivo “Il cuore ha ragioni che la ragione non conosce. Succede spesso di innamorarsi delle persone sbagliate…credo che ci voglia anche un certo coraggio. Vuoi che ti faccia una bella cioccolata calda?”
Javier si soffiò il naso e sorrise “Tu tendi a risolvere i problemi con il cibo, vero?”
Tato rise “Un po’ sì. Ma credo che una tazza di cioccolata calda non faccia mai male. E io so farla bella densa.”
“Vada per la cioccolata.”

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Capitolo 8
*** I kissed a boy and i liked it ***


Arrivo il fatidico giorno.
Max e Chuck erano in macchina, e Chuck interrogò per l’ennesima volta il povero uomo dai capelli ricci.
“Allora, cosa devi dire a zia Leona quando ti chiede quanti anni dimostra?”
“Quarantacinque. Ma non obbligarmi a farle i complimenti per la pelliccia.” ripeté con voce incolore.
Chuck rispose “Figurati io che sono vegetariano cosa posso pensare della sua pelliccia. Ricordati di fare anche i complimenti a zia Miriam per i suoi orecchini.”
Max sbraitò “Basta! Abbiamo ripetuto queste cose allo sfinimento. Non preoccuparti, farò un’ottima figura. Mi sono messo anche il mio vestito migliore per l’occasione. Piuttosto, adesso ti interrogo io. Come pensi che inserirai il coming out?”
Chuck sospirò “Non lo so…”
“Io pensavo che quando tua madre ti chiederà chi è il bellissimo ragazzo con te, tu risponderai che sono il tuo ragazzo.” propose Max.
Chuck era agitato “Siamo quasi arrivati.”
Per l’occasione si era curato la barba e i baffi, scorciandoli e si era pettinato i capelli.
“E’ strano vederti così… di solito sembri così sicuro di te. E ora sembri isterico.”
“Non lo so…alla fine è la mia famiglia. Penso che se non mi accettassero ci rimarrei male.”
“Andrai alla grande. Facciamo il tifo per te”
I due arrivarono nel luogo dove si svolgeva il pranzo nuziale. C’erano moltissime macchine. Chuck fermò la macchina.
Sorrise nervoso “Non è ancora troppo tardi per tornare indietro.”
Max sbottò deciso “Charlie Bergstein. Smettila di frignare. Dai le chiavi al parcheggiatore e andiamo a splendere.” Chuck annuì. Uscirono dalla macchina, prendendo il regalo di nozze. I due andavano dritti verso il giardino della villa, dove gli invitati si stavano radunando.
Consegnarono l’invito all’addetto e dopo poco furono investiti da un confetto rosa. Era un donna bionda, molto carina, con un abito da sposa interamente rosa.
La donna guardò Chuck e sorrise “Oh mio dio! Finalmente sei arrivato!” e lo abbracciò.
Chuck sorrise “Ciao Alyssa, anzi, da adesso sei mia cognata a tutti gli effetti. Sono felice per voi! Dove sono Porter e i miei genitori?”
Alyssa prese per braccetto Chuck e rispose “Guarda, io e Porter abbiamo appena finito di fare le foto. Sono esausta. Non vedo l’ora di levarmi quest’abito. I tuoi genitori dovrebbero essere vicino alla zia Ella.”
I due si allontanarono a grandi passi da Max, che rimase lì all’ingresso sconcertato, per essere stato messo da parte. Entrò nella giungla di persone e cercò di raggiungere i due prima che fosse troppo tardi. Il DJ aveva messo “In my secret life” di Leonard Cohen.
Ironico, pensò Max.
**
“Chuck tesoro, come stai? E’ tantissimo che non ti vediamo. Ma mangi? Come va al lavoro?”
La madre di Chuck lo tempestò di domande, il povero uomo si sentì circondato. Sorrise timidamente “Certo che mangio mamma, e il lavoro va bene.”
Il padre sorrise malizioso “E con le donne come va?”
Domanda fatidica.
In quel momento, alquanto strapazzato, Max aveva finalmente individuato Chuck.
A grandi falcate lo raggiunse. Sospirò “Finalmente ti ho trovato!”
La madre di Chuck guardò Max e chiese al figlio “Tesoro, chi è questo ragazzo?”
Chuck non riusciva a spiccicare parole. Guardò Max con uno sguardo implorante. Il riccio sbuffò. Scosse la testa in disappunto, poi lo prese per mano e lo baciò di fronte alla sua famiglia.
Dopo qualche secondo, i due si separarono. Max disse solo “Mazel Tov!”
Questa terapia d’urto avrebbe dovuto aiutare Chuck, ma lui era ancora più inebetito. Ormai i danni erano stati fatti.
L’uomo prese tutto il suo coraggio e si dichiarò “Mamma, papà, Porter, Alyssa…Lui è il mio fidanzato, Max.”
La famiglia di Chuck rimase ancora più sconvolta. Rimasero tutti in silenzio. Poi la madre parlò “Charlie…tu sei…?”
Lui annuì “Sì, mamma, sono gay.”
La madre sospirò “Devo sedermi.” Chuck le fece notare “Sei già seduta.”
“Chuckie…ma…da quando…sei…?” chiese il fratello. Lui rispose “Da sempre credo. Ma l’ho scoperto al college.”
Il padre si sedette di fianco alla madre e borbottò “Ma sei sicuro Chuck? Non è che è una conseguenza a qualche trauma?”
Chuck scosse la testa “Io sono sicuro. Avrei voluto dirvelo altre volte…ma non ci sono mai riuscito…”
Porter sorrise “Beh, non c’è niente di male. Non mi importa chi ti piace Chuckie. Basta che mi hai fatto un bel regalo.” Chuck rise.
Porter scosse la testa “Wow…ho un fratello gay…è così…radicale. Io non oso immaginarmi senza donne…o meglio, senza Alyssa.” Alyssa gli lanciò un’occhiataccia poi rise contenta “Ho un cognato gay! Vado a raccontarlo a tutte le mie amiche!”
**
La situazione in poco tempo divenne ingestibile. La voce che Chuck era gay si sparse a tutti gli invitati. Il giovane uomo venne sommerso da parenti e amici.
La nonna piangeva “Sembra ieri quando abbiamo festeggiato il tuo Bar Mitzvah…e ora…almeno lui è ebreo?”
“No, ma non esclude una conversione.”
La famosa zia Leona sospirò “Ma almeno hai provato con una donna? Non ti piace?”
“Zia, ci ho provato, ma non funzionava.”
Zia Ella commentò acida “E’ così magro…che ci trovi in quello?”
La nonna chiese “Adotterete un figlio? Lo farete?”
“E’ presto per parlarne.”
Chuck ormai aveva raggiunto il limite, si alzò adducendo una scusa qualunque, e cercò un angolo tranquillo. Vide che non era stato l’unico ad avere quell'idea.
“Oh mio dio…ma quanto sono curiose le tue zie?” sbuffò Max.
Chuck rise “Hai per caso un po’ di…?” Max si guardò intorno e prese dal borsello una canna. La accese, prendendone delle belle boccate profonde, e poi la passò a Chuck.
“Sembra che le donne della mia famiglia non abbiamo mai visto un omosessuale in vita loro.”
“Quanto dura ancora la recita?”
Chuck sospirò, ad occhi chiusi, facendo uscire il fumo dalla bocca “Almeno fino all’ora di cena. I matrimoni ebraici sono molto lunghi…”
In quel momento furono interrotti da Alyssa che li vide isolati. Quando si accorse che stavano fumando una canna sospirò “Vi prego, passate anche a me.”
Chuck passò la canna alla cognata. Lei aspirò a fondo e poi buttò fuori “Ragazzi, chiedono di voi. Siete le star del momento!”
“Mi dispiace se tu e Porter siete passati in secondo piano” rise Chuck
“Oh non preoccuparti. Molto meglio così. Almeno così io e Porter non ci stresseremo troppo. A sentire le voci in giro, Max piace molto.”
Il riccio scosse la testa “Stupendo. Di alle signore che le aspetto più tardi sulla pista. Tutte tranne zia Esther. Lei è il male.”
Alyssa rise e ne andò, restituendo a Chuck la canna, che ormai era un mozzicone quasi del tutto consumato.
Max guardò Chuck e rise “Per giorni ho avuto il terrore della tua famiglia, immaginandomeli come mostri, ora scopro che sono persone adorabili.” Chuck annuì “Con i miei genitori ci vorrà un po’ più di tempo, ma ci arriveranno.” I due uscirono dal nascondiglio, e beccarono Porter che sorrise malizioso “Se volevate un po’ di intimità bastava dirlo.”
Era arrivato il momento della musica. La DJ disse attraverso gli altoparlanti “Le zie di Porter dedicano questa canzone a Max, e vogliono che balli con loro”
Il ragazzo diventò viola in volto, mentre le signore cominciavano ad invocare il suo nome. Alla fine, si lasciò convincere, e andò dalle signore. Il ragazzo aveva questa sua particolare carica magnetica che sottovalutava, ma che alla fine attirava gli altri con la sua spontaneità.
“Avanti signore! Io basto per tutte!” urlò il riccio con fare da diva.
Il cellulare di Chuck squillo. Il ragazzo lo prese e rispose.
“Ciao Tato!”
“Ciao come va il matrimonio? Max come si sta comportando?”
Chuck scoppiò in una risata.
“Guarda…è una cosa incredibile. Ti dico solo che Max sta ballando i Clean Bandit con mia nonna e le mie zie.”
Tato rise
“Allora l’hanno preso bene, direi”
“Benissimo. Le zie mi hanno travolto con una valanga di domande!”
“Tipo?”
“Lui è ebreo? Adotterete un figlio o farete la gestazione per altri? Mio fratello mi ha chiesto cosa si prova a baciare un uomo.”
“Non temere. Tra qualche mese l’entusiasmo si spegnerà.”
“I miei genitori sono ancora un po’ interdetti.”
“E’ normale Chuky, però vedrai che il tempo migliorerà le cose. Se non altro adesso sai che non ti metteranno al rogo, aspetta un attimo… signora, molli, quello l’ho visto prima io!”
“Ma dove sei?”
“Al supermercato. Ho appena lottato per quattro confezioni di detersivi per lavatrice di cui ho i coupon”
“Hai aperto una lavanderia?”
“E’ per Javier. Quel ragazzo sporca un sacco di vestiti per non parlare delle lenzuola. Mi ero dimenticato che gli adolescenti si masturbano sempre.”
“A proposito, come sta?”
“Beh…insomma. Si rifiuta di tornare a casa, ed è disperato perché Alex non lo ama.”
“Che casino. Adesso ti saluto, vado a salvare Max che mi fa dei gesti”
“Ok, vai a salvare il tuo fidanzato”
I due si salutarono e Chuck si accorse che ormai si stava facendo sera. Finalmente. Tra poco sarebbero potuti andare via.
Alyssa parlò con la DJ che comunicò “Ok, adesso su volontà della sposa, diamo il via ai lenti per tutte le felici coppie. In particolare, agli sposi e al fratello dello sposo. Forza. Diffondiamo l’amore!”
Chuck voleva evitare a tutti i costi di ballare un lento con Max, ma fu spinto in pista, nonostante le sue proteste.  Max lo raggiunse. I due si guardarono e alla fine capirono che erano incastrati. Dovevano ballare.
A quanto pare, Alyssa aveva chiesto come canzone per dare inizio alle danze “Thousand Years ” di Christina Perri. Evidentemente la sposa era una grande fan di Twilight.
I due iniziarono a muoversi.
Max guardò negli occhi l’altro e sorrise “Hai una famiglia fantastica.” Chuck rise “Si, adesso lo dici. Ma non ci sei mica cresciuto.”
La DJ disse “Più vicini!! E questo vale per voi, Chuck e Max!”
I due si avvicinarono, e ormai era impossibile non guardarsi negli occhi. I due erano imbarazzati, avrebbero voluto dire qualcosa per smorzare la tensione ma non riuscivano.
Improvvisamente, era come se tutte le persone fossero scomparse, e ballare ci fossero solo loro due. Avevano smesso di sorridere. Max accarezzò le guance di Chuck, toccando le sue basette, e si avvicinò lentamente e titubante.
Chuck guardava Max in un modo in cui non lo aveva mai visto. Sentiva la voglia di baciarlo, e lo fece. Lo baciò.
Il riccio sembrò titubante, ma solo per un attimo, poi ricambiò. Chuck strinse ancora di più Max a se, con le mani sui suoi fianchi. Continuarono a baciarsi. Chuck non riusciva e non voleva staccarsi. Era successo qualcosa di imprevisto, quasi magica, alimentato dalla dolce canzone. 
Improvvisamente la DJ rise “Ragazzi, la canzone è finita”
I due aprirono gli occhi e si guardarono. La piena consapevolezza di ciò che era appena successo li investì in pieno. Max si separò da Chuck e si allontanò da lui.
Il ragazzo con la barba non sapeva ancora cosa pensare. Si sfiorò le labbra. Le sentiva ancora calde.
Porter si avvicinò a lui e sorrise “Cavoli…ad un certo punto tutti si sono messi a guardarvi.”
Chuck guardò il fratello, e i suoi occhi non erano certi tranquilli “Che cosa?” lui annuì con la testa “Si. Beh…è stato un bel bacio. Quasi da film. Come se vi foste baciati per la prima volta.”
Chuck annuì “Beh…in effetti. Aspetta, vado a raggiungere Max.”
Corse via, ma non lo trovò. Lo chiamò. Nulla. Ci riprovò “Oh mio dio, ma quella non è Ariana Grande?”
“Dove?” uscì da un cespuglio Max.
Poi subito dopo si mandò al diavolo.
“Cazzo…Senti…Va tutto bene. Quel bacio non significava niente. Siamo solo amici e ci vogliamo bene.” Chuck scosse la testa “Ma sì, dai, ignoriamo tutto… anche la magia che si è creata.”
“Ascolta…io mi sono stufato di fare la recita. Ce ne andiamo? Saluta tutti. Sono stanco.”
Detto questo lo lasciò solo.
Chuck era invaso da mille sensazioni e dubbi. Raggiunse la sua famiglia, seduti al loro tavolo.
Il padre sorrise “Ehi…come va? Beh…quel bacio è stato molto… istruttivo.”
Suo padre era sempre lo stesso. Cosa voleva dire istruttivo? Si chiese l’uomo.
Guardò i suoi genitori e disse “Io sto per andare… Ci vogliono tre ore di macchina se va bene per arrivare a New York e sono già le nove di sera.”
La madre disse “Ma perché tutta questa fretta? Rimanete. Questo posto affitta delle camere per gli ospiti del matrimonio. Anzi, facciamo così, te la prendiamo noi. Non mi va di vederti guidare con il buio.”
“Mamma, sei molto carina, ma non possiamo rimanere.”
La signora Bergstein insistette “Charlie, sai che quando decido una cosa è quella.”
Chuck sbuffò “Non ce n’è bisogno, veramente.”
Il padre di Chuck sorrise “Avanti, rilassatevi, godetevi la festa. E poi domani mattina con calma vi rimettete in moto. Domani è domenica. Lo so che sei sempre stato indipendente, però ogni tanto fatti viziare un po’ no?”
Chuck era sconfitto, attaccato da due fronti. Cedette. “Va bene. Resteremo in albergo. Ma non credo che farò molto tardi. Sono parecchio stanco. Credo che andrò a dormire presto.”
La madre sorrise “Beh, sicuramente è stata una giornata piena di emozioni. Comunque…Max mi piace. Hai scelto bene.”
Chuck sospirò, li salutò abbracciandoli e poi si congedò. Cercò di trovare Max.
Il giovane uomo era in compagnia della zia Leona, lo chiamò e lui con una scusa si defilò.
“Ho parlato con i miei genitori. Hanno insistito fino alla morte, e ci hanno prenotato una camera qui.”
Max sembrava visibilmente seccato. “Perché? Lascia stare. Sai, inizio a pensare che tu abbia detto a tutti che stiamo insieme perché vorresti che fosse così…il bacio, l’hotel… vuoi scoparmi?”
Chuck rispose duramente “Vaffanculo Max. Vedi sempre il male in tutte le situazioni. Non voglio scoparti. E se volessi, non ti avrei certo portato ad un matrimonio.”
“Io non so più che pensare. Io non sono nella tua testa malata. Io sono stanco. Io vado nella mia stanza.” alzò le spalle Max.
Chuck rispose alzando la voce “Io, io, io, ma ti senti? Ma c’è qualcosa di cui tu non sia il centro? Sono sicuro che non ti è dispiaciuto per niente stare al centro dell’attenzione, anzi, scommetto il culo che ti ha reso felice avere tutti gli occhi puntati su di te. Vai pure in stanza, ma ricordati di salutare il tuo pubblico. Potrebbe rimanerci male.”
Max rimase in silenzio, mandò Chuck a fanculo, e poi gli diede alle spalle, e cominciò a camminare.
Alyssa vide il cognato e con la sua solita voce squittente disse “Cosa è successo? Litigio fra innamorati?”
“Vaffanculo anche te” ringhiò l’uomo, lasciando solo la povera donna schioccata.
**
Chuck decise di andare in albergo, dopo aver risposto male a metà degli invitati, ma prima fece una capatina all'open bar.
Poi entrò e andò in reception “Salve. Mia madre ha prenotato una stanza. Veronica Bergstein.”
La donna controllò sul computer e sorrise “Ah sì. La 310. Il suo compagno di stanza è già arrivato.”
Chuck compilò la scheda con i suoi dati generali, poi prese l’ascensore.
Non vedeva l’ora di sbottonarsi la camicia e levarsi le scarpe per concedersi finalmente al morbido letto che l’aspettava. Solo in quel momento gli venne alla mente il fatto che la madre aveva prenotato una matrimoniale.
Perfetto. Una degna conclusione di quella giornata.
Entrò in stanza e vide Max seduto sul letto che giocava con il cellulare.
Sollevò lo sguardo e disse “Ehi, sei arrivato… volevo parlarti.”
Chuck si sedette nella sua metà e si slacciò le scarpe “Di cosa?”
“Mi dispiace per le cose che ho detto. Non le pensavo. Sei uno dei miei migliori amici.”
Chuck si tolse la giacca e la buttò sulla sedia. “Si, anche a me dispiace. Diciamo che la recita è stata stancante…e poi c’è stato quel bacio…la classica goccia che fa traboccare il vaso.”
Max deglutì “Ah sì, quello ovviamente non bisogna pensarci…Insomma, chi non si bacia con la musica di Christina Perri?”
“Ovviamente.” rispose Chuck togliendosi la cravatta e appoggiandola sul comodino.
Max sorrise “Tu mi piaci. Mi piace il modo in cui sai prenderti cura delle persone, il fatto che riesci a passare dal fare l’idiota a parlare seriamente nel giro di un secondo, e mi piace il modo in cui scherzi e riesci sempre a rompere il ghiaccio.”
Chuck si senti più rilassato “Anche tu mi piaci. Mi piace la tua spontaneità, la tua ironia pungente, e il tuo voler andare sempre d’accordo con tutti.”
L’uomo con la barba si alzò e iniziò a sbottonarsi la camicia
“Ti spogli qui davanti a me?”
“Perché? Credo che tu abbia già visto un uomo nudo.” guardò Max con aria interrogativa.
“Ma adesso…credo che siamo ancora straniti dal bacio…e poi ci siamo anche detti cosa ci piace l’uno dell’altro.”
Chuck rise “E allora? Non è una cosa bella?”
Max sbottò “Certo che no! Penso che dobbiamo creare dei confini per adesso…”
“Per favore. Sei ridicolo.”
Max rimase in silenzio per qualche secondo, poi disse a voce bassa “Mi piace…quella piccola cicatrice che hai sul sopracciglio, mi piacciono i tuoi occhi…sono i più dolci che ho mai visto…e la tua barba…”
Chuck aveva smesso di sorridere. Si girò verso l’altro uomo. “A me piacciono i tuoi capelli, i tuoi occhi, il tuo naso e la tua bocca.”
Si slacciò i pantaloni e rimase in boxer.
Si avvicinò a Max e lui scosse la testa “No…non esiste. Non stiamo veramente… provando quello che pensiamo di provare. E’…tutta la situazione.”
“Ascolta…siamo due amici. Ci vogliamo bene, no? Siamo già a metà dell’opera. E ci piacciamo anche. Cosa c’è che non va? Siamo adulti e liberi.”
Max sbuffò “Vaffanculo. Placa i tuoi ormoni, bestia. Il sesso rovina ogni cosa. Questa è una lezione che ho imparato a caro prezzo… e non voglio che rovini il rapporto che abbiamo.”
“Capisco…hai ragione…forse non ti piaccio…” disse Chuck sommesso.
Max sospirò “Tu non sai quanto vorrei invece… Oh dio se vorrei… Ma… finché non ci capiremo qualcosa penso che sia meglio non fare passi falsi.”
Detto questo si infilò sotto le coperte, e Chuck fece altrettanto. I due guardarono il soffitto con gli occhi spalancati.
Inutile dire che passarono una notte insonne.

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Capitolo 9
*** Run Javier Run ***


 
“Ragazzi! E’ domani! E’ domani!”
“Che cosa c’è domani?”
“C’è l’LGBT Moot.” disse George
Dave era sorpreso “Sul serio? L’hanno anticipato.”
Javier chiese “Di cosa state parlando?”
George sorrise “Scusa tesoro, a volte dimentico che sei appena nato come gay. L’LGBT Moot è un incontro annuale che si tiene nel Central Park, una specie di Gay Pride ma più in piccolo. Di solito lo fanno verso febbraio, quest’anno l’hanno anticipato. E’ un’occasione per conoscere molta gente, e suonano anche delle band.”
“Chi si esibisce quest’anno?”
George prese il suo cellulare e con il dito scorse e poi disse “Oh mio dio, viene Pink!”
Tato strabuzzò gli occhi “Pink! Cazzo. E’ il mio sogno.”
George disse a Javier “Sono sicuro che rimorchierai tantissimo!”
“Beh... non so, non mi interessa molto rimorchiare al momento.” il ragazzo si intristì. Poi quando vide che gli altri si erano un po’ preoccupati sorrise “Però sicuramente mi farà bene distrarmi! Andiamo!”
Gli altri tre si sentirono più sollevati.
“Quindi andiamo? Inizia alle 3 e va fino a mezzanotte e oltre.”
Tutti risposero in coro entusiasti.
**
Il giorno dopo Javier uscì da scuola, e aspettò la macchina di Tato e Dave che sarebbero venuti a prenderlo e ad andare insieme al Moot.
Mentre si incamminava verso l’uscita, vide Matt, uno degli atleti più popolari della scuola lo raggiunse e con sguardo provocatorio disse “Ehi Santos, dove vai? Si dice che tu non viva più dai tuoi, ma che ti sia trasferito dai tuoi amici froci.”
Javier imprecò. Quell’idiota di sua sorella minore non riusciva a tenersi un segreto neanche se dipendesse della sua vita.
“E quindi, che vuoi?” chiese Javier seccato.
“Qualcuno potrebbe anche avvertire gli assistenti sociali. Sei ancora minorenne.”
“Non lo farai.” disse Javier.
“Potrei non farlo…ma in cambio…fammi un pompino!” e poi si mise a ridere, come se la battuta fosse divertente.
Alle sue spalle qualcuno rispose “Altro che pompino. Tu vuoi un cazzo in culo. Se vuoi posso accontentarti.”
Era Alex.
“Andiamo cucciolo. Ho ordini dall’alto.” Javier mandò a fanculo Matt e salì in macchina con Alex.
Era abbastanza a disagio. Non vedeva Alex da qualche giorno, e rivederlo gli aveva risvegliato in maniera dolorosa i suoi sentimenti.
“Ma sei cresciuto nel Bronx?” ironizzò Javier.
Alex rispose “Cucciolo, bisogna saper intimorire la gente a parole, così poi il più delle volte non occorre passare a pugni e calci. Tato mi ha detto di portarti al Moot. Loro ci raggiungeranno più tardi.”
“Va bene…speriamo non tardino troppo…ti hanno detto come mai faranno tardi?”
“No.” mentì Alex.
**
Il campanello di casa Hollsman-Turner suonò.
Tato e Dave si guardarono nervosi, e poi aprirono la porta.
Carmen Mariana Aleandra De Pico Morales Santos era lì.
La madre di Javier.
Assomigliava molto al figlio, anche se aveva un colore della pelle più scuro.
Tato cercò di sfoderare il migliore dei sorrisi “Buonasera.”
La madre di Javier sorrise “Salve. Io sono, Carmen. Spero di non darvi fastidio.”
Dave si fece da parte per far entrare la signora Santos e rispose “Assolutamente no. Quando ci ha chiamato, siamo stati d’accordo con lei, ed è normale che sia curiosa di vedere dove vive suo figlio. Vuole qualcosa da bere?”
“Un succo di mela.” rispose Carmen “So che ce l’avete in casa, perché è la bevanda preferita da me e Javier.”
Tato andò in cucina, mentre Dave fece accomodare la donna sul divano. Tato tornò con un piccolo vassoio con il bicchiere pieno di succo e due calici di vino bianco per lui e Dave. Si sedette vicino al fidanzato.
“Spero che mio figlio non vi arrechi troppo disturbo…Questi…sono per le spese” prese dalla borsa una busta bianca e la porse a Dave.
La donna sembrava una donna d’altri tempi, molto educata e morigerata. Dave accettò la busta, perché non voleva che la donna considerasse il rifiuto come un atto poco educato.
I due uomini si presero la mano senza accorgersene, ma la madre di Javier lo notò subito.
Sorrise “Javier mi ha detto che voi due state insieme da molti anni. Credo che sia un buon esempio positivo per mio figlio, vivere con una coppia stabile…volevo chiedervi. Come passa le giornate? Esce la sera? Come sta vivendo?”
Tato rispose “Beh, si comporta come un normale adolescente. Studia, cazzeggia al pc o con il cellulare, guarda la televisione, ogni tanto esce ma non tutte le sere.” “e consuma le lenzuola a forza di seghe” aggiunse mentalmente Tato.
Carmen annuì “E…potete dirmi qualcosa riguardo al ragazzo su cui mio marito ha inveito? Viene spesso in questa casa? Lui e Javier stanno insieme?”
Tato e Dave si guardarono, non sapendo bene cosa rispondere. Dave prese coraggio “Lui, Alex, è un nostro caro amico. Fa il parrucchiere. Loro… non stanno insieme, e anche se a volte è un po’ eccessivo, è una brava persona.”
Carmen sorrise “Sento che non mi state dicendo tutto, ma va bene.”
Tato e Dave si sentivano ancora più imbarazzati. Ma chi era quella donna?
Tato le chiese “Posso chiederle…come ha reagito al coming out di Javier?”
Carmen rispose “Io sono una madre. Sono preoccupata per lui costantemente. Ma Javier è un bravo ragazzo e merita la mia fiducia. In questo momento capisco perché voglia vivere qui. Io e suo padre, ci stiamo lasciando, io vorrei divorziare, ma lui essendo cristiano non vuole acconsentire, e quindi in casa si respira un’aria nervosa. Probabilmente Ariana, la mia figlia minore riesce a sopportarla meglio di Javi.”
“Mi dispiace.” disse Dave.
“Non deve. Posso salire in camera di Javier?”
I due uomini le dissero di sì, e lei iniziò a salire le scale.
Dave guardò il suo fidanzato e disse “Wow…ma chi è quella donna? È una santa?”
“No, credo che sia un angelo. Il che peggiora molto il mio senso di colpa per aver mandato il figlio con Satana in persona.” disse Tato.
“Andremo all'inferno.” concluse Dave.
**
Javier non faceva altro che guardarsi intorno meravigliato. I tecnici stavano finendo di allestire il palco e sistemare le casse per il concerto di Pink.
“Ho sentito che hanno montato uno stand per il sadomaso. Pensavo di andarci. Vieni con me?” chiese Alex a George.
“Neanche morto.” rispose l’uomo biondo.
C’erano già tantissime persone. Alcuni fumavano canne a tutto spiano, altri ballavano, e c’erano diversi stand in cui rappresentati di associazioni parlavano dei loro obbiettivi, autori presentavano i loro libri, e c’erano anche delle interviste a personaggi di spicco della comunità.
George si guardava in giro e ad un certo punto fece un verso al limite dell’isterismo. “Avete visto? Cazzo, quello è Ben Perry”
Alex chiese “E chi è?”
“Come chi è? Ha scritto il libro “Rainbow, guida per l’uso!” è stato il best seller nella letteratura gay per mesi!”
“Ah, ecco perché non lo conoscevo. Chi li legge più i libri? Però è carino. Ma non credo che riuscirai ad avvicinarti molto. C’è una folla intorno a lui.”
George guardò i due con occhi supplichevoli “Dai andiamo!”
“Ma sì, dai tanto sto costatando che qui me li sono fatti tutti.”
I tre si diressero verso lo scrittore, e cercarono di andare più vicino che potevano, per sentirlo parlare.
“Vi sembrerà strano, ma a me piacciono le donne, mi piace il loro carattere, la loro tendenza a vivere ogni esperienza con pienezza” disse lo scrittore.
Un uomo chiese “Davvero?”
Ben Perry rise “Assolutamente. Ma non potrei mai fare sesso con una donna. Sarebbe un continuo di ‘amore, spegni la luce, no accendila, ahi, mi fai male, ahi, il clitoride non è lì, uff, oggi ho il ciclo. Ammettiamolo. Con gli uomini è più bello. Ma anche semplice.”
Alex si intromise “Beh, dipende anche da che uomini sono. Io sono stato con dei ragazzi che sono come hai appena descritto.”
Ben guardò Alex e sorrise “Peccato. Un uomo bello come te merita di meglio.”
“E’ quello che mi dico sempre anche io.”
George sbuffò “Ma io mi chiedo…che cazzo hai tu? Una calamita? Non c’è ragazzo che ti resista, e sì, sei bello, ma ce ne sono molti più belli di te.”
“La bellezza non conta. Io attiro così tanto, perché guardo un uomo come li guarderebbe un Dio. La chiave è trovare quel delicato equilibrio tra il fare sentire un uomo importante e farlo sentire una nullità.”
A quei discorsi Javier si allontanò. Gli faceva male sentire certe cose. Alex se ne accorse e disse a George “Ora vai, te l’ho riscaldato per bene. E ho visto che ti guardava.”
Raggiunse Javier, lo trattenne per un braccio e gli baciò il collo da dietro, poi mordicchiò il lobo delle orecchie. Bastò questo debole contatto per eccitare il ragazzo. Si girò e lo baciò. Rimasero fermi qualche secondo, poi Alex gli disse all’orecchio “Voglio scoparti”
Javier gli chiese “Dove andiamo?”
“Mai sentito parlare di battuage?”
**
La folla si era un po’ dileguata, quando Ben si girò e vide George. Lui sorrise a quarantadue denti “Ciao…volevo dirti che il tuo libro è bellissimo…l’ho divorato.”
Ben rise “Beh, grazie, anche se pensavo che solo gli intellettuali apprezzassero il mio libro.”
“E cosa ti fa pensare che io non lo sia?” ironizzò George”
Ben disse stupito “Sei troppo carino per esserlo, e il fatto che sei qui dimostra che ti piace anche divertirti.”
George rise “Beh, ogni tanto ci si deve pur distrarre”
“Concordo. Come ti chiami?”
“George.” sorrise trionfante lui.
**
Javier e Alex erano nudi, nella sua macchina, parcheggiata, in un angolo molto appartato. Avevano terminato da pochi muniti, e Javier si sentiva appagato come non gli succedeva da giorni
Alex lo guardò e dovette ammettere che era veramente sexy.
Ma non doveva pensarlo. Aveva altri piani, quella giornata.
Si accese una canna e guardò Javier e disse “Perfetto. Ora non ti devo più nulla.”
Javier precipitò nel mondo terreno e gli chiese “Che vuoi dire?”
Alex sorrise freddo “Sai, mi sentivo un po’ in debito con te, perché a causa mia, devi vivere con Tato e Dave, e quindi…scopando con te, ti ho ripagato del debito.”
Javier gli chiese, con gli occhi lucidi “Così….è solo per questo che l’abbiamo fatto? Non perché ti piaccio?”
“Come scusa? Ho anche rinunciato a fottermi un altro ragazzo molto più figo che mi stava spogliando con gli occhi. E poi non è che mi andasse più di tanto di farlo con te. Mi sono un po’ forzato”
Javier guardò le sue mani. Tremavano, per il dolore che stava provando. Poi alzò la voce “Come cazzo fai a vivere così? Scopando persone che nemmeno ti conoscono.”
Alex rise beffardo “Non illuderti di conoscermi, Non sai un cazzo di me. E tu non sei certo diverso dagli altri. Sei stato fottuto da me.”
Alex prese i vestiti di Javier e glieli mise in mano “Ora, per favore, vestiti, che ho bisogno di rifarmi con qualcun altro.”
Javier si vestì quasi meccanicamente, e poi uscì dalla macchina correndo.
Corse, senza fermarsi. Correva. Solamente correndo riusciva a non farsi assalire dal dolore. Nessuna persona l’aveva mai trattato così, e mai nessuno l’avrebbe rifatto.
**
Il campanello di casa di Tato suonò per l’ennesima volta quella giornata, stavolta con parecchia insistenza.
Andò ad aprire e davanti ai suoi occhi c’era un disperato Javier. Ansimava. Aveva il fiatone, le nocche delle mani erano insanguinate. Il suo volto era paonazzo.
Tato si spaventò e lo fece entrare. Lui non disse niente. L’unica cosa da fare era abbracciarlo.
Lo abbracciò stretto, offrendogli le sue spalle. Javier subì l’abbraccio, poi dopo un po’, le sue braccia si strinsero a lui. Ricominciò a piangere, senza essere in grado di fermarsi.
Tato strinse ancora di più il ragazzo, e gli disse solo con voce calma “Sei a casa ora.”
In quel momento Dave scese dalle scale, e osservò la scena. Javier era totalmente distrutto. Gli bastò poco per collegare i fatti e capire chi aveva fatto soffrire Javier in questo modo.
Sbottò “No. Adesso basta. Non può cavarsela così.”
Prese le chiavi della macchina e uscì di casa, sbattendo la porta. Tato non poteva in nessun modo fermarlo, e in ogni caso, la cosa importante era dedicarsi al ragazzo che si scioglieva fra le sue braccia “E’ passato…” disse solo.
**
Dave era arrivato al Moot.
Parcheggiò in malo modo, e appena uscito dalla macchina chiamò George.
Il professore gli rispose “Ciao, dimmi”
“Dove sta Alex”
“Sotto il palco.”
“Perfetto, Grazie.”
L’uomo biondo, con grosse falcate, raggiunse Alex. Lui noncurante di tutto stava flirtando con un tecnico del suono.
Vide Dave camminare verso di lui, e sbuffò “Ecco che arriva il cavaliere senza macchia e senza paura sul suo bianco destriero.”
Il biondo caricò un pugnò e lo colpì.
Alex indietreggiò di qualche centimetro e urlò “Ma vaffanculo”
Dave era furente.
“Senti, prima che dai sfoggio della tua virilità, fammi parlare.”
“No, tu fammi parlare. Quando ho conosciuto John, mi parlava sempre di te, del suo inseparabile migliore amico. Mi raccontava aneddoti su di te. E me ne ricordo uno ancora bene. Di quel ragazzo con cui avevi scopato e si era innamorato di te, tu lo trattasti malissimo. Sai cosa pensai all’epoca? Che fottuto bastardo intelligente.”
Alex rise “Tutto qui? Sei venuto fino a qui solo per darmi del bastardo?”
Dave rispose “Ho detto bastardo intelligente. Tutto quello che hai fatto a Javier, l’hai fatto perché ti odiasse, e perché non ti volesse più. Sapevi che Javier si sarebbe fatto solo del male ad amarti, e allora hai fatto in modo che ti odiasse.”
Alex sbuffò “Speravo che non si innamorasse di me. Avevo messo in chiaro le cose. Spero che un giorno capirà, io l’ho fatto solo per il suo bene.”
“Per il suo bene o per il tuo?”
Alex sbottò “Sai a me cosa ne fregava se continuava ad amarmi? Un cazzo. Avrei continuato a comportarmi come sempre. Ma lui…merita di più.”
“Questa non me la bevo. A te non importa un cazzo di nessuno, perché di Javier sì?”
Alex ringhiò “Che cazzo vuoi che ti dica? E’ solo che… lui è in gamba. E’ una bella persona… E si merita di più di un bastardo anaffettivo come me. Ho dovuto usare le cattive maniere, perché le buone non funzionavano.”
Dave sospirò “E’ la verità?”
Alex sbuffò “Ti sembrerà strano, ma anche io ho un cuore. Per quanto atrofizzato sia. Quel ragazzo si è trovato nei casini per colpa mia, e volevo facilitargli le cose. Non voglio che mi aspetti in eterno per elemosinare le poche attenzioni che potrei dargli.”
“E non c’era un altro modo?”
“Non credo. Adesso, io ho la coscienza pulita e vado a godermi la festa. Per me la conversazione è finita.”
Dave ringhiò cattivo “Va bene. Ne riparleremo al suo funerale quando si sarà tagliato le vene. Perché questa è una cosa che potrebbe succedere.”
Alex non rispose, fece per andarsene. Poi lo chiamò.
“Stategli vicino.”
Poi andò definitivamente via, lasciando Dave da solo, e con mille domande che ronzavano nella sua testa.

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Capitolo 10
*** Rebirth ***


A volte il passato ci perseguita, è la cosa di cui abbiamo più paura.
Ma spesso anche il presente incute molto timore, come succede a Max Patterson, che non sa come evolverà la sua situazione, e non capisce da dove viene l’attrazione che prova per il suo migliore amico. Per Javier, con il suo cuore spezzato che nonostante tutto non riesce a cancellare i sentimenti che prova per Alex.
Una mattina come tante, in casa Hollsman-Turner
Dave e Tato che si stavano vestendo, e Javier faceva colazione. Questo era l’ultimo giorno per lui in casa dei due fidanzati. Aveva deciso di tornare a casa sua.
Non poteva negare di essere triste. Cominciava ad abitarsi a quella quotidianità, però si rendeva conto di quanto era fortunato ad avere una madre che lo accettasse.
Dave guardò l’orologio e chiese a Javier “Sei pronto? Ti accompagno a scuola prima di andare a lavorare.” Javier sorrise “Si, dammi due minuti.”
Dopo poco, i due erano in macchina. Il ragazzo aveva uno zaino e un borsone di vestiti e altre cose.
Il tragitto fu molto silenzioso.
“Oggi è un giorno speciale” sorrise Dave.
Javier annuì “Sì…vi ringrazio davvero tanto per tutto quello che avete fatto per me.”
“Quando vuoi casa nostra è aperta per te, per chiacchierare, vedere un film, per qualunque cosa.”
Javier aveva gli occhi lucidi. Dave gli accarezzò la fronte con fare amichevole e un po’ paterno.
“Stasera penso di andare al Vitamina G. Max me ne ha parlato bene. Magari venite anche voi e ci vediamo.”
“Certo tesoro, non ti liberi di noi!”
I due si salutarono e Javier scese dalla macchina, dirigendosi a scuola. Incontrò Lara Turale, una sua compagna di corso nel tragitto che lo bloccò “Ciao Santos. Proprio te cercavo.”
Lara non aveva mai rivolto parola a Javier, del resto lei era capitano della squadra di basket del Liceo, alta un metro e ottanta e muscolosa. 
Javier sbuffò “Che vuoi da me?” 
In passato Lara l'aveva preso in giro per il suo essere nerd e solitario.
“…Senti… io…sono come te.”
Javier realizzò e rimase basito “Cosa?!”
Lara lo zittì “Zitto, non sono ancora pronta che si sappia. Io non conosco niente del mondo gay... e ho una gran voglia di fare sesso."
“Io non conosco lesbiche.”
“Non importa. Volevo chiederti se ti va di andare in giro per locali con me.”
Javier rise “Certo. Proprio stasera esco. Prendiamo un Uber in due, così dividiamo i costi.”
“Sarebbe il massimo… ma…sono agitata.”
Javier si sentiva un po’ un esperto al confronto con la ragazza. “Ti do un consiglio. La prima volta che vedi una coppia gay baciarsi ti sentirai strana. Non guardarli.”
Lara sorrise “Ovviamente questo rimane un segreto… che sono disposta a difendere a tutti i costi.”
“O dio come ho fatto a non accorgermene prima?”
**
Alla fine delle lezioni, Javier si diresse verso l’uscita, convinto di dover aspettare lo scuolabus, e invece trovò la madre che lo aspettava fuori dalla macchina.
Il ragazzo si avvicinò, e lei lo strinse in un abbraccio soffocante.
Javier sbuffò “Non c’era bisogno che venivi a prendermi. Ti avevo detto che tornavo a casa.”
“Mijo, io sono una donna moderna, ma resto sempre una madre latina. E poi dovevo andare a fare dei giri al centro commerciale. Ti va di venire con me?”
“Sinceramente non mi va molto.”
“Neanche se ti faccio guidare?” propose invitante Carmen.
Il figlio si lasciò convincere e si sedette nel posto del guidatore, fece un piccolo ripasso mentale, poi accese la macchina.
Carmen era euforica, contenta come non lo era da giorni.
“Sono felice che torni a casa. Tuo padre torna tra qualche giorno, è andato a Washington per conto dell’esercito.”
“Molto meglio. Dimmi che hai chiuso l’armadietto delle pistole.”
Carmen rise “Chiuso e ho nascosto la chiave dentro tuo padre non la troverà mai. Nel libro di cucito di abuela…Comunque…cerca di dargli del tempo…anche lui capirà con il tempo che l’unica cosa da fare è accettarti così come sei. E in ogni caso, non azzardarti ad andartene di casa un’altra volta. Ho sempre Eva nel cassetto. E sai che so usarla.”
**
Max era a casa, portatile acceso, caffè e lavoro. Il citofono suonò.
Andò alla porta e vide Chuck davanti al portone. “Che ci fai qui?”
“Ricordi? Il bicchierino del dopo lavoro del martedì! Apri”
Max sbuffò “Neanche per sogno. Ogni momento in cui siamo vicini è deleterio. Non posso farti entrare!”
Chuck guardò sbigottito l’amico “Max, ma sei impazzito? Ci siamo solo baciati. Quando passeremo al frottage cosa farai?”
Max ebbe una sua fugace immagine di lui e Chuck che si strusciavano dolcemente. “Non osare mettermi immagini in testa, diavolo tentatore!” disse infervorato.
“Ok, senti, chiamami quando non sarai più il Max psicopatico.” e fece per andarsene.
Max lo chiamò dall'altoparlante del citofono “Chuck!”
L’uomo si girò. “Ok entra, ma dobbiamo darci delle regole.” disse Max.
Aprì il portone del palazzo, e dopo un minuto, l’uomo comparve nell'uscio di casa sua.
Max lo fece entrare, e si sedettero intorno al tavolo.
“Che tipo di regole?”
“Prima regola: Non baciarci. Mai. Per nessun motivo. Seconda regola: Mai trovarci tutti e due in bagno, o in un posto stretto. Terza regola: Non guardarmi con quegli occhi.”
“Come ti starei guardando?”
Max rispose “I tuoi occhi da cane bastonato mi stanno dicendo ‘Baciami’. Quarta regola: Niente contatti tattili.”
Devon sbuffò “Hai finito?”
“Sì. Pensi di riuscire a rispettarle?”
Devon rise “Stasera andremo al Vitamina G. Pensi che guarderò te con tutti i bei ragazzi che ci saranno?”
“Cosa?” ringhiò Max.
Devon rise “Ci sei cascato! Sei adorabile quando ti arrabbi.”
Max sbuffò “Quinta regola: Mai farmi complimenti.”
“Ma qual è il senso di tutte queste regole?” protestò Chuck.
“Queste sono le condizioni per continuare ad essere amici.”
Chuck guardò dritto negli occhi Max e chiese “E se tra noi ci fosse qualcosa di più dell’amicizia?”
Il riccio rimase in silenzio per qualche secondo “Allora, non lo scopriremo mai, se diamo solo ascolto ai nostri ormoni. Non sapremmo mai se c’è qualcosa di più, o se siamo solo attratti. Aspettiamo.”
Chuck scosse la testa “Forse hai ragione. Però credo che finché non ne sappiamo meglio, nessuno dovrebbe vedere altre persone. Altrimenti divento geloso se penso a te con un altro.”
“Non c’è questo rischio.”
“Se solo ti vedessi con i miei occhi…sei bellissimo.”
Max si alterò “Violazione della regola cinque!”
Chuck sbuffò, si alzò “Non voglio vivere seguendo delle stupide regole inutili. Ci vediamo dopo.”
Aprì la porta ed uscì. Max sentiva i passi dell’uomo tra le scale e sospirò, appoggiandosi alla porta.
**
“Eccoci arrivati! Questo è il Vitamina G!”
“Oh mio dio… quanti gay!” urlò la giovane ragazza afroamericana. 
“Si, ti capisco. Io la prima volta che sono entrato in un locale gay volevo scappare dopo cinque secondi.”
Si diressero verso la biglietteria del locale, e pagarono l’ingresso.
Non c’era ancora tanta gente ma la situazione si stava ascoltando.
La musica del locale era composta per lo più da remix di canzoni disco e house degli anni 90-2000
Javier sorrise “Accogli l’onda gay. Non resistergli. Cedi al tump tump”
Lara rise “Sì, maestro Yogay”
Un immenso uomo con una parrucca rosa vestito di lustrini diede il benvenuto ai due ragazzi “Benvenuti al Vitamina G. Ecco un piccolo cadeau per voi.” e gli consegnò due preservativi. “Usateli prima che potete” sorrise giuliva e poi se ne andò.
“Non credo che li userò, tieni.” rise la ragazza, dando il suo preservativo a Javier che sorrise "Anche io non penso di usarli." O meglio, c’era solo una persona cui avrebbe voluto usarlo.
Guardò tra la folla e vide i suoi amici, si avvicinò trascinando Lara. Si fecero strada tra la gente. Javier salutò Chuck, Max, George, Tato e Dave.
Il gruppo aveva scelto appositamente quel locale, perché era uno dei posti che Alex non frequentava. Troppo pulito per lui.
Ma non lo avevano certo detto a Javier.
“Ragazzi, questo è la mia amica Lara. E' nella nostra squadra. Loro sono Chuck, Max, George, John e Dave.”
Il gruppo fece le presentazioni. Tato sorrise “E’ un pezzo che non venivo qui. Adoro la musica che mettono. Balliamo?” chiese al fidanzato. Il biondo rise “Arrivo!”
I due andarono al centro della pista e iniziarono a scatenarsi.
Chuck guardò Max e sorrise malizioso “Uh guarda quel ragazzo che è appena entrato com'è carino. Credo che andrò a dargli il benvenuto.”
Max guardò l’uomo, assottigliando gli occhi pericolosamente. 
George si appoggiò al bancone “Ed ecco per me l’ennesima serata a fare da soprammobile.”
Max sbuffò “Ma piantala di fare la vittima. E che mi dici di Daniel?”
“Insomma…non ci vediamo più. Povero piccolo, non voleva essere trattato come un trastullo.”
Tato sospirò “Certo che anche tu sei complicato. Vuoi l'amore e poi quando arriva la persona seria che vuole costruire qualcosa con te, tu scappi."
George sospirò "Forse non mi voglio accontentare del primo che mi vuole mettere l'anello al dito." 
Max guardò verso l’entrata, e poi sussurrò al ragazzo ispanico “Tesoro, non vorrei allarmarti…ma è appena entrata una tua vecchia conoscenza.”
Javier guardò in direzione, e vide Alex.
Max sbuffò “Ma che cazzo ci fa qui? Di solito evita questo posto come la peste.”
“Io…mi faccio un giro.” disse solo Javier, e se ne andò al bagno del locale. Dopo poco però entrò proprio Alex.
Tutto questo era ridicolo.
Si videro, e Javier distolse subito lo sguardo.
Alex fece appello alla sua freddezza “Ehi.”
“Ciao. Che fai, mi segui?” cercò di sdrammatizzare Javier.
Pessima scelta.
“Non ruota tutto intorno a te, cucciolo. Ora vai a fare in culo altrove.”
Basta. Javier era decisamente stufo di farsi prendere a calci.
Alzò lo sguardo, fieramente e disse solo “Tu mandi sempre a fanculo tutti. Io spero davvero tanto che presto qualcuno mandi a fanculo te. Scoprirai cosa si prova.”
Alex rimase colpito. Il ragazzo l’aveva affrontato faccia a faccia. Nei suoi occhi ardeva un fuoco che Alex non riusciva a guardare.  Javier uscì dal bagno, lasciando solo Alex, con strani pensieri. In un certo senso, ora che l’aveva perso non si sentiva così tanto sollevato. Il contrario.
Chuck tornò da Max con un drink in mano “Che cos’hai Max? Sembri infastidito da qualcosa.”
Max rispose freddamente “Il mio non è fastidio. E’ rabbia. Prima di dici di non rimorchiare con nessuno e poi ti vai a strusciare addosso ad un sedicenne. Potrei farti arrestare.”
“Abbiamo solo parlato. E tu adesso devi ammettere che sei geloso.” rise divertito l’uomo con la barba.
“Perché dovrei essere geloso? Non siamo una coppia.”
Chuck si avvicinò a lui “Ammetti che c’è un legame chimico che ci unisce. E guarda dove siamo. Ti ho portato in bagno, senza che te ne accorgessi. Ops. Regola infranta.”
Max si guardò intorno, furioso. “Ma…come?”
Chuck si avvicinò e lo baciò. Max fece resistenza per un decimo di secondo, e poi si abbandonò, e solo in quel momento realizzò che era ciò di cui aveva veramente bisogno. Si baciarono a lungo, separandosi ogni tanto con dei piccoli baci a fior di labbra, per poi tornare a divorarsi.
Si separarono ed aprirono gli occhi, e Max accarezzò la guancia di Chuck, e lui gli afferrò la mano e la strinse.
“Finalmente ti vedo sorridere. E’ da quando siamo tornati che non hai fatto altro che essere corrucciato. Io...vorrei che capissi che non voglio farti del male. Non paragonarmi a Jack.”
Max rispose “Lo so che sei diverso…ma…ho paura.”
Chuck baciò il riccio in fronte e poi sorrise “Ok, ti propongo una tregua. Io cercherò di tenere le mani e le labbra a posto, e tu cerca di capire cosa vuoi veramente, di cosa hai paura…Voglio che le cose funzionino.”
Max alzò il tono della voce “Ma è proprio questo che mi fa paura. Tu mi carichi di aspettative, parli di stare insieme, e io non so neanche se voglio una relazione.”
“Non voglio forzarti a fare nulla. Non voglio perderti. Se tu deciderai che mi vuoi solo come amico, io lo accetterò.”
Chuck baciò Max un’ultima volta e poi disse “Nel frattempo ti aspetterò.”
Lasciò il bagno.
Javier si stava annoiando molto. Sentiva che non sarebbe riuscito a divertirsi, né tanto meno a conoscere altri ragazzi.
Decise di tornare a casa. Salutò tutti, e poi raggiunse Lara. “Io torno a casa. Tu come stai andando?”
“Non male. Ho conosciuto una ragazza.”
Javier sorrise “Buon per te. Chi è?" 
Lei gli indicò una ragazza di ventiquattro anni, sembrava ispanica, con i capelli lunghi lisci. Molto femminile. Lara sorrise maliziosa "Ho un debole per Selena Gomez." 
Javier si infilò la giacca e uscì dal locale. Chiamò un altro uber, che dopo cinque minuti arrivò.
Salì sul sedile davanti, accanto a quello del passeggero. Il guidatore era giovane, sui venticinque anni circa, ed era attraente. Sembrava avere origini asiatiche.
Lo salutò, e Javier sentì un saluto caloroso. Ricambiò
“Dove ti porto?”
“Magnolia Crescent.”
Il guidatore rispose “La conosco. Io abito vicino li, e questa è la mia ultima corsa.”
Mise in moto.
Poi chiese a Javier “Sei andato al Vitamina G?”
Il ragazzo ispanico rispose “Sì. Lo conosci?”
“Sì. Ogni tanto ci vado, anche se non sono un tipo molto da locali. Più da Netflix e divano.”
Javier capì che il guidatore era gay, e la cosa gli piacque. Il ragazzo lo attraeva. Il che era una bella novità positiva, riuscire a sentire attrazione per qualcuno che  non fosse Alex.
I due parlarono un po’ di tutto nel tragitto.
Alla fine, quando la macchina imboccò il loro quartiere Robin si fece coraggio e gli chiese “Vuoi...venire da me a vedere...la mia collezione di anime?" rise "Lo so...non  è il massimo, ma mi piacerebbe conoscerti meglio. Io sono Robin, comunque.”
“Mi avevi già conquistato a collezione di anime. Mi chiamo Javier."
Robin parcheggiò e i due arrivarono all'appartamento di Robin. Come questo chiuse la porta, Javier lo baciò, e lui ricambiò senza indugi. Si strinsero, e iniziarono a conoscere i loro corpi.
Poi Robin si separò e sorrise “Fammi almeno accendere la luce.”
E accese la luce. Javier si guardò attorno e vide che la casa era molto carina e accogliente. Non era grande, ma per una persona andava bene. “Mi piace.”
“Grazie. Spesso lavoro in casa e quindi ci tengo che sia bella.”
“Che lavoro fai?”
“Sono un grafico. Ma non lavoro molto, per questo sono anche un autista uber.  Ti prego non fingere interesse per il mio lavoro.”
Javier rise “Beh, io sono totalmente negato per tutto ciò che riguarda computer, seriamente, sono come mio nonno."
“Tu di cosa ti occupi?”
“Beh, io studio...sono all'ultimo anno di liceo. Vorrei fare la scuola di Belle Arti, e diventare un pittore e vivere della mia arte. Parecchio ambizioso, eh?”
Robin lo baciò e rispose “Un po’ sì’, ma adorabile. Allora, vuoi qualcosa da bere?”
“Una birra se ce l’hai, ma mi va bene anche una coca cola.”
Robin andò in cucina e tornò con una bottiglia grande di birra e due bicchieri.
Li riempì e ne porse uno a Javier.
Poi tirò fuori una scatoletta di latta e la aprì, rivelando il contenuto, una bustina di erba, cartine e filtri.
“Ti dispiace?” chiese.
Javier scosse la testa “Fai pure.”
L’ispanico vide l’altro ragazzo rollare uno spinello, con molta bravura e dimestichezza. Le sue mani sapevano cosa fare, presentò a Javier il prodotto finito. “Vuoi farti qualche tiro?”
Javier guardò lo spinello sospettoso. Sua madre gli aveva fatto fin da quando aveva tre anni un terrorismo psicologico sull'accettare ‘caramelle’ dagli sconosciuti. Ma poi sorrise “Ma sì dai…”
Robin accese la canna e iniziò a fare qualche tiro per assicurarsi che fosse accesa, poi la passò a Javier.
Lui la prese e fece qualche tiro, inspirando profondamente, e tossendo anche un paio di volte.
“Prima volta eh?” rise Robin “Cavolo, dovevi dirmelo. La prima volta può mandare un po’ in paranoia. Comunque ci vorrà qualche minuto per sentire l’effetto”
Javier aspirò un’altra volta, poi la passò a Robin. Iniziava a sentire l’effetto. Era una sensazione stranissima.
“Questa è roba di prima scelta. L’ha coltivata un mio ex. Era un pessimo ragazzo ma un ottimo coltivatore di Mariujana”
Poi Robin si avvicinò a Javier e i due ripresero a baciarsi, per minuti, come se vivessero di questo.
Quando la situazione si fece calda, Robin si alzò e disse “Aspetta, vado a prendere i preservativi.”
Javier rimasto solo, si abbandonò al divano. Era così comodo. Sentiva tutti i suoi muscoli rilassarsi.
Robin tornò nel soggiorno e vide Javier che si era profondamente addormentato in circa trenta secondi. Sorrise. Poteva sentirlo quasi russare. Sospirò “Perfetto. Si va in bianco.” però guardare il ragazzo che dormiva era qualcosa di intimo. Era molto bello, già lo era normalmente, ma mentre dormiva ancora di più.  Prese una coperta e lo coprì, e poi andò a dormire.
**
“Javier…scusa…svegliati!”
Il ragazzo sbatté le palpebre, e attese qualche secondo che il suo cervello riprese le sue funzioni sinaptiche, poi vide che non si trovava a casa tua, e c’era Robin.
Javier si alzò a sedere immediatamente “Oh mio dio. Perdonami! Quanto ho dormito? Mezz’ora?”
“Veramente sono le sette di mattina.” rise Robin.
Il ragazzo si sveglio totalmente “Porca merda!  Mia madre! E poi che imbarazzo…dormire in casa di uno sconosciuto.”
Robin sbuffò “Non direi sconosciuto. Sai come mi chiamo. Comunque non è così strano. Molti dopo una canna si rilassano fino ad addormentarsi.”
Javier scosse la testa “Mi dispiace tantissimo. Volevo davvero farlo con te, ti giuro.”
“Beh, a questo servono i cellulari. Potremmo rivederci. Se ti va.”
Javier sorrise “Mi piacerebbe molto.” poi guardò sotto e vide che aveva sopra una coperta “Sei stato tu? E’… molto dolce.”
Robin sorrise “Che dovevo fare? Abusare di te nel sonno?”
Al latino non sembrava vero aver conosciuto un ragazzo che era così diverso da Alex. Era così che meritava di essere trattato. Con rispetto.
Uscì di casa di Robin nel giro di due minuti, e corse verso casa sua. Aveva il terrore di come avrebbe reagito sua madre, però allo stesso tempo era contento per aver conosciuto Robin

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Capitolo 11
*** Love and Sex ***


Arrivato a casa, Javier trovò sua madre appostata sul soggiorno. Avvolta nella sua vestaglia. Lo stava squadrando parecchio furiosa e con occhi che potevano scrutare l’anima.
“Posso spiegare.”
Carmen rispose “Passi la notte fuori, non dici niente, non avverti…non so dove sei, né con chi.”
Javier decise di mentire, anche se non amava farlo “Ero a casa di Tato.”
“Risposta sbagliata. L’ho chiamato e non eri da lui.”
Javier si sedette sul divano e fu costretto a dire la verità, anche se chi avrebbe potuto crederci? Che non aveva fatto altro che dormire?
“Ehm…sono stato a casa di un ragazzo.”
Carmen guardò il figlio ancora più duramente. “Javier, io ti voglio bene e ti accetto, ma questo non vuol dire che tu possa fare quello che vuoi. Almeno ti sei…protetto?”
Il ragazzo avrebbe voluto dirle la verità, ma la madre non gli avrebbe mai creduto. “Sì.”
“Quanti anni ha?”
“Mamma, ti prego, non farmi queste domande… è andato tutto bene…non mi è successo niente.”
La signora Santos si portò la mano agli occhi e si pizzicò intorno al naso. Sembrava esausta. Probabilmente non aveva chiuso occhi, a differenza del figlio. “Non lo capisci che mi preoccupo per te? Per quanto ne so avresti potuto passare la notte con uno schifoso cinquantenne che ti ha obbligato a fare cose brutte.”
“Io so badare a me stesso, so riconoscere le persone giuste da quelle sbagliate.”
Ora era Javier ad arrabbiarsi “Mamma, è la mia vita, non la tua. Ho diciassette anni. E’ normale che faccia degli sbagli.”
Carmen concluse assertiva “Sì. E io voglio proprio evitare che tu commetta uno sbaglio dal cui non puoi più tornare indietro. Per questo sei in punizione.”
“Mi metti in punizione perché sono gay?” urlò il ragazzo.
“No, ti metto in punizione perché non sei in grado di fare scelte con la ragione. Non lascerai questa casa se non per andare a scuola.”
Javier sbuffò “Ma…tra qualche giorno c’è una cena a casa di Tato e Dave.”
“Non ci andrai.”
**
Tato guardò il pc e poi guardò Dave e gli comunicò “Javier non può venire alla cena. Me l’ha scritto su Facebook. perché la madre gli ha sequestrato il cellulare. E’ in punizione…Che ricordi.”
“E quando mai una punizione ha fermato un adolescente dal fare ciò che voleva?”
Tato rise “Sembra però che Carmen l’abbia presa proprio male. Mi dispiace. Volevo coprirlo l’altra sera, ma ero preoccupato che si fosse messo in qualche guaio.”
I due fidanzati erano entrambi alle prese con i loro portatili, uno di fronte all’altro.
“Lo sai che hanno riaperto il Poptastic?” disse Dave
“Oh wow. Che ricordi. Io e Alex andavamo sempre lì quando avevamo l’età di Javier. Allora eravamo giovani e innocenti.”
“Alex innocente? Non me lo immagino.”
Tato guardò l’evento di inaugurazione della riapertura su Facebook “La festa di riapertura è dopo la cena. Ci andiamo?”
Dave sospirò “Mi piacerebbe…ma non è che ci tieni tanto perché non vuoi affrontare il nostro piccolo problema?”
Tato sbuffò “Amore, eravamo d’accordo che non l’avremmo chiamato problema…E’ un semplice calo del desiderio.”
“Sì…e stavo trovando già la soluzione. Guarda…”
Girò il computer verso il fidanzato e sullo schermo apparvero delle foto di un luogo immerso nella natura, e di interni di stanze arredate con atmosfera da ‘mille e una notte’. “Pensavo di prenotare un week-end lungo in questo Hotel a Montauk. Che ne dici?”
Tato sorrise “Sembra uno di quei luoghi dove ci sono letti a baldacchino, tappeti persiani, cocktail frizzanti e dove non hai altro da fare che rilassarti e fare l’amore tutto il giorno. Dov’è il tranello?”
“Nessun tranello. È una piccola fuga dalla città.”
John baciò Dave e sorrise “Sì, lo voglio. Decidi tu quando. Ora devo andare al Ristorante. Oggi doppio turno.”
“Non so come farò a sopravvivere a dodici ore senza di te.” disse Dave.
“Guarda le nostre foto. Anche quelle piccanti.” sorrise lui e baciò il fidanzato, poi lo salutò e uscì di casa.
Dave sorrise e pensò che non era una brutta idea quella di rivedere le loro foto. Si diresse verso la grande libreria a parete. Prese il loro album e sorrise subito. C’erano tutti i loro momenti vissuti insieme. I loro viaggi, i loro baci, anche qualcosa di più.
Cadde una foto dall'album e Dave la raccolse e subito dopo il suo sorriso si trasformò in un disappunto.
Era una foto vecchia, e raffigurava John e Alex diciottenni. Alex aveva degli occhiali da sole e si atteggiava a duro, mentre John sorrideva e faceva il segno della vittoria con la mano. Erano vestiti con le classiche toghe da consegna di diplomi.
Sembravano quasi una coppia, e questo fece sentire Dave geloso.
La rimise a posto, non senza borbottare tra se e se.
**
Ci sono diversi tipi di baci. Ci sono i baci sulla guancia, che possono significare “Ti voglio bene” oppure “Sono contento che tu sia qui”
Ci sono i baci sulle labbra, che possono voler dire “Ti amo” come i baci di Tato e Dave, oppure possono voler dire “Ti voglio” e ci sono baci dettati dalla passione di un amante.
Non è l’atto in sé, ad essere rilevante, ma è il significato che prendono. Ci sono certi baci infine, che incasinano ogni convinzione, e ci sono baci che si vorrebbe dare, ma non si può.
Max e Chuck erano a casa di Max e stavano facendo per l’ennesima volta la maratona di Sense8
“Ecco. Ogni volta che cantano tutti insieme “Whats’Up” piango sempre…” sospirò il riccio.
“E pensare che non volevi neanche vederlo…Del resto…se non provi prima una cosa, come fai a sapere che non ti piace?” rispose Chuck, ma il tono in cui l’aveva detto era vagamente allusivo, come ad intendere che si riferisse a se stesso.
Max se ne accorse e gli lanciò un’occhiataccia minatoria.
Chuck cambiò discorsi “E poi ci sono certe scene hot fatte benissimo, come le Orge telepatiche.”
“Ti piace solo per quello?” ironizzò il riccio.
“Certo che no, ma è un valore aggiunto.”
Max sospirò, e stavolta fu lui a cambiare discorso “Io credo che…i nostri amici si accorgeranno che c’è qualcosa di strano tra noi due.”
“Ma se finora non ci baciamo nemmeno. Io sto rispettando la tregua. Anche se non è affatto facile.”
“Non lo è neanche per me.”poi guardò il suo amico e vide che si era avvicinato a lui. “Perché ti sei avvicinato?”
Chuck sorrise supplichevole “Anche se non ci baciamo possiamo sempre coccolarci.”
“Sei matto… le coccole portano sempre al sesso.”
Nonostante ciò che diceva, non poteva negare che avere il caldo tepore del corpo di Chuck vicino al suo, gli faceva molto piacere.
Il citofono suonò. Max si alzò controvoglia, perché tutto sommato ci stava bene, e rispose chiedendo chi fosse.
Sentì una voce femminile “Sono la mamma, aprimi.”
Max rimase stupito, aprì il portone, e poi iniziò ad agitarsi. Cambiò canale.
“Che succede?”
“Arriva mia madre.”
Chuck sbuffò “Chissà cosa mi pensavo. Mi devo nascondere sotto il letto?”
“Non sarebbe una cattiva idea, ma no, tranquillo.”
Il campanello della porta suonò, e Max aprì. Sua madre indossava la tuta, segno che era di ritorno dal pilates. Alice Patterson entrò in casa. Chuck la salutò e lei ricambiò.
“Dobbiamo parlare. Possiamo andare in camera tua?” disse al figlio.
Lui annuì con la testa, e si diressero in camera sua. Ovviamente come sempre era disordinata e il letto era sfatto.
Alice Patterson associò il letto sfatto irrimediabilmente a del sesso consumato da poco. E si sentì imbarazzata.
“Tu e quel ragazzo…State insieme?”
Max sbuffò “Beh… lo stiamo decidendo.”
La donna si sedette sul letto “Sarò diretta. Io e tuo padre ci lasciamo. Divorzieremo.”
“Cosa?”
Alice rispose “Ma sì. Dopotutto, anche se sarà difficile abituarsi dopo trentacinque anni di matrimonio.”
Max chiese “E qual è il motivo?”
Alice sospirò “Sinceramente non lo so. Magari ci fosse un motivo, che so una scappatella o qualcosa di simile. E’ lui che vuole divorziare.” la donna cambiò discorso “Mi sono tenuta in forma questi anni, sono ancora una bella donna. Me la caverò.”
“Ma non ti importa niente?”
Alice rispose “Una vera signora non deve mai mostrare le sue emozioni in pubblico.”
Max disse “Allora chiederò a papà il motivo.”
“Oh dubito te lo dirà. Sai com’è fatto. Vive nel suo mondo. Adesso…torno a casa. Ha detto che mi lascerà tutto, e non vuole prendersi niente.”
La signora Patterson se ne andò, senza nemmeno salutare Chuck.
Il povero uomo riccio si trascinò fino al divano. Chuck lo abbracciò “Povero piccolo, che è successo?”
Max si sciolse dall'abbraccio e rispose “I miei genitori sono impazziti. Mio padre ha chiesto il divorzio a mia madre e lei non sa il motivo. E sembra che non le importi niente.”
Realizzò “Forse è per questo che ho così tanti problemi in amore…Perché sono cresciuto con due persone affettive.”
Chuck sorrise “Beh, se ti può consolare io ho tanto amore da dare, anche per te.”
Max sorrise, accarezzò la barba dell’amico e disse e bassa voce “Allora dammelo.”
E lo baciò. Chuck non se lo fece ripetere, e si sdraiò sopra di lui, continuando a baciarlo, quando Max lo guardò e interruppe il bacio “Ma…ti sei già eccitato? Con un bacio?”
Chuck ammise “Sì. Vedi l’effetto che mi fai? Se vuoi mi tolgo…”
Max rise “Neanche per sogno.” e l’attirò a se per la felpa e ripresero a baciarsi.
**
Lara e Javier erano a mensa e stavano mangiando.
“Ho conosciuto un ragazzo molto carino, ma per colpa della Gestapo non riesco né a vederlo né a contattarlo.”
Matt sbuffò addentando il suo panino “E’ un bel problema. Magari ti organizzi e dici a tua madre che vieni a studiare da me.”
Javier sospirò “Anche volendo, non so come chiamarlo. Ho il cellulare sottochiave…Comunque parliamo di te. Com'è andata con quella ragazza del Vitamina G?"
Lara sorrise imbarazzata “Beh sì… si chiama Geena, sta studiando per diventare maestra.  È alta un metro e sessanta. Sono pazza di lei. Mi piacciono le ragazze piccole. Ma lei ha una situazione complicata con la sua ex. Quindi un casino."
“Interessante…e?”
“Beh, ci vedremo presto.…Non vedo l'ora. Parlami di questo Robin.”
“Non c’è molto da dire. E’ carino e dolce. Mi ha messo una coperta addosso quando mi sono addormentato.”
Lei si stupì “Cosa? Ti sei addormentato?”
Javier sorrise imbarazzato “Sì…ci siamo fatti una canna, ed era la mia prima volta. Mi ha fatto molto effetto e sono crollato sul suo divano. Però non mi ha per niente fatto pesare questa cosa. Vorrei rivederlo.”
“Beh…potreste vedervi durante l’orario scolastico. Fai sega a scuola e poi torni a scuola prima che finiscano le lezioni.”
“Ma ci sono tantissimi compiti in questo periodo. Oggi tanto per dire ho il compito di Matematica e Spagnolo.”
Lara alzò gli occhi al cielo “Hai ottimi voti in tutte le materie. Potresti benissimo recuperare delle lezioni."
Javier sospirò demoralizzato “Che vita di merda.”
Mentre tutti stavano facendo il compito di spagnolo, Javier finì prima degli altri. Anche se non lo parlava frequentemente lo capiva e riusciva a leggerlo, anche se non benissimo.
Gli rimase del tempo per pensare a ciò che aveva suggerito Lara, e più ci pensava più la trovava un’ottima idea. Del resto lui era stato sempre un ottimo studente, e mancavano ancora diversi mesi alla fine dell’anno. Avrebbe avuto molto tempo per rimediare a qualche compito o interrogazione saltata.
La cosa più difficile era riuscire a farsi dare il cellulare dalla madre e non farsi scoprire.

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Capitolo 12
*** Mr Poptastic part 1 ***


Max si svegliò. Erano le sette di mattina. Aprì lentamente gli occhi e vide al suo fianco Chuck.
Solo in quel momento realizzò che era stato il loro quarto incontro 'romantico' in tre giorni.  Avevano decisamente esagerato, presi dalla passione, ma allo stesso tempo si sentiva bene.
Era in pace con il mondo e con sé stesso.
Una parte del suo cervello, che non smetteva mai di lavorare iniziò a preoccuparsi, perché in un certo senso, avevano oltrepassato il punto di non ritorno. Ora il loro rapporto sarebbe cambiato. Ma come?
Chuck emise qualche grugnito e poi aprì gli occhi.
Vedendo quelli di Max sorrise dolcemente “Buongiorno.”
“Buongiorno.”
Chuck lo baciò e poi lo abbracciò dicendo “Voglio che tu sia la prima persona che vedo quando mi sveglio.”
Max ironizzò “Non ti facevo così romantico.”
“Non conosci il Chuck innamorato. È un bel tipo.” rispose lui. “Sono esausto. Non avremmo dovuto farlo anche la quarta volta.”
“No decisamente.” sospirò Max. Guardò in giro per la stanza per cercare i suoi boxer.
Chuck chiese “Ti ricordi se abbiamo mangiato qualcosa?”
“Beh…c’è stato quel giochino con la panna e il cioccolato…Ah e poi ti sei fatto fuori i cetriolini sottaceto e due banane. Ridevi dicendo che sembravano tanti cazzi."
“Beh, frutta, verdura, sesso...una vita sana.” ironizzò l’uomo con la barba. Max si mise addosso i boxer e porse quelli di Chuck al suo amante.
“Stasera c’è la cena da Tato e Dave…direi che…per adesso è meglio non dire niente di noi.” disse Max
“E perché? Ormai stiamo insieme.”
Il riccio chiese “Da quando?”
“Pensavo che visto che…”
Max sospirò “Non basta andare a letto insieme per essere una coppia.”
A Chuck cadde tutto il peso del mondo sulle sue spalle. “Credevo che avessi capito che ti piaccio...”
“Tu mi piaci...mente, corpo, anima, ma ho ancora dubbi che non sono magicamente scomparsi.”
Chuck sbottò, alzandosi di colpo, per poi pentirsene, perché aveva parecchi dolori alle cosce. “Io sono innamorato di te. Ma la cosa non può funzionare se continui a fare un passo in avanti e due dietro. Decidi quello che vuoi una volta per tutte.”
Si mise le scarpe, si infilò i vestiti in fretta e poi uscì sbattendo la porta.
**
“Alex, ma tu non lavori mai?”
Il parrucchiere moro guardò Tato e rise “Questi sono i pregi dall'essere un libero professionista. Decido io quando andare in pausa pranzo, e scroccare un pasto al ristorante della mia anima gemella.”
Alex era andato a trovare John a lavoro, alle undici di mattina, e stava pranzando. John cercava come poteva di fargli compagnia quando non veniva chiamato in cucina.
“Il ristorante non è mio, tesoro. Comunque mi fa piacere. È sempre bello stare in famiglia.”
“Ormai a te interessa solo il tuo maritino.” sbuffò Alex.
“A proposito di Dave, ultimamente è un po’ strano nei miei confronti… non mi guarda nel solito modo.”
Alex chiese “Cioè?” Tato rispose con aria sognante “Come se fossi la sua ragione di vita.”
Alex si portò due dita vicino alla bocca, come a mimare l’atto di provocarsi il vomito. “Sono proprio passati i tempi in cui ti strusciavi addosso ad ogni moro.”
“Oh è vero. Avevo un debole per i ragazzi dai capelli scuri, e poi mi sono messo insieme ad un biondo.”
“Si si, intanto è passato il tempo in cui eravamo solo io e te contro il mondo… tu almeno hai Dave, ma io chi ho?”
John inarcò le sopracciglia e disse “Avevi una persona che ti amava molto. Ma l’hai trattata come spazzatura. Quindi non venirmi a dire queste cose.”
Tasto dolente. Tato non aveva ancora perdonato ad Alex il modo in cui si era comportato con Javier.
“Ma non preoccuparti. È andato oltre. Ha incontrato un altro ragazzo e ha passato la notte da lui.”
Alex per poco non si strozzò con il caffè. “Che cosa?”
“Si, me l’ha scritto. Ma guarda un po’. Tutti non fanno altro che rimpiazzarti. Io ti rimpiazzo con Dave, e Javier con un altro.”
Alex sbuffò “E tu saresti il mio migliore amico?”
**
Javier era riuscito con preghiere e lusinghe a farsi ridare il cellulare dalla madre, e a ricreazione, trovò un posto isolato, e chiamò Robin.
“Pronto?”
“Ciao, sono Javier”
“Ah finalmente…pensavo che non mi avessi più richiamato.”
“Io avrei voluto…Ma…sono in punizione.”
“Cosa?”
“E’ una storia lunga, ma sì, ho diciassette anni e mia madre ha esercitato il suo potere mettendomi in punizione e sequestrandomi il cellulare. Ti prego, non farmelo ridire. È già imbarazzante così.”
Sentì dall'altra parte una risata.
“Stai ridendo di me?”
“No, no, anzi un po’ si…ma più che altro mi fa piacere che avresti voluto contattarmi prima.”
“Si. Assolutamente. Vorrei rivederti.”
“Anche io. Vuoi venire da me o ci vediamo da qualche parte?”
“Beh… ho un orario di tempo limitato. Dalle 9 alle 15. Sono ancora in punizione.”
Sentì di nuovo ridere.
“Scusa scusa…è che è…assurdo. Comunque, va bene. Possiamo vederci alle 10, uno di questi giorni.”
“Sarebbe grandioso. Quindi...fammi sapere quando puoi.”
“Certo.”
Dopo un po’ la conversazione finì. Javier sorrise tra sé e se. Il suo primo appuntamento.
All'uscita raggiunse Lara e le disse “Esco con Robin!”
“Bene! Vedo che hai seguito il mio consiglio. Io oggi vado al Vitamina. Tu…non puoi vero?”
Javier sbuffò “Potresti anche evitare di rinfacciarmi il fatto che non posso uscire ogni secondo.”
Lara sorrise chiedendogli scusa.
Javier guardò e come sempre c’era sua madre ad aspettarlo. Puntuale come un orologio svizzero.
**
Max e George furono i primi ad arrivare a casa di Tato e Dave.
“Ecco chi torna dalle paludi della solitudine.” disse George.
“Perché?”
Il ragazzo biondo sbuffò “Non ti si sente da un po’. Hai scopato con qualcuno?
Max arrossì leggermente.
“Oh cazzo. Allora avevo ragione. Chi è?”
Tato disse “Chuck!”
Il colorito di Max diventò violaceo. John concluse “Chuck mi ha appena scritto, dicendo che non verrà alla cena, e neanche dopo. Non si sente bene.”
“Peccato. Ho letto che ci sarà Ben  al Poptastic, stasera. Potrei approfittarne per provarci di nuovo.” sorrise George sognante
Alex sbuffò “Pensi di avere qualche chance? Neanche tra un milione di anni.”
L’uomo biondo ironizzò, bevendosi un bicchiere di vino “Grazie Alex. Senza di te non saprei come fare a distruggere la mia autostima già scarsa? A proposito, nell’evento Facebook c’è scritto che oggi verranno eletti i tre uomini più belli della serata, giudicati dal pubblico, e uno di questi tre diventerà Mr Poptastic.”
“Interessante. So già chi diventerà Mr Poptastic. Io. Dimmi come funziona.”
George prese il cellulare e lesse “All'entrata, danno a tutti un adesivo con un numero da mettere sui vestiti. Mandi un messaggio ai PR e scrivi il numero del tipo che secondo te è il più figo.  I tre che otterranno la maggioranza di voti andranno sul palco, e subiranno una piccola intervista divertente, presentata da Ben.”
Alex fece l’imitazione di Mr Burns dei Simpson, con un ghigno maligno. “Eccellente. Quindi verrò eletto Mr Poptastic e allo stesso tempo potrò flirtare con Ben.”
Max ironizzò “Stai attento. Ultimamente tutti quelli che ti fai si innamorano di te.”
“Questa potevi risparmiartela. E poi non è colpa mia se sono bellissimo, intelligente, adorabile e divertente”
Max continuò ad infierire “E comunque a quanto pare Javier ci ha messo poco a dimenticarti”
Ancora Javier. Ogni volta che sentiva quel nome sentiva quasi il desiderio di vederlo.
“Allora, come ti vestirai oggi Mr Poptastic?”
Alex assunse un’espressione pensierosa e poi disse “Una bella canotta attillata. Classica, che però mette in risalto il mio corpo.”
“Beato te che puoi permettertela. Se la mettessi io sembrerei un wurstel dentro la pasta sfoglia.”
Alex sorrise “Beh, quando vuoi sai essere sexy anche tu. Ricordate la sua lap dance sopra il bancone del bar?”
Max rise “Oh mio dio sì. Beh, devo ammettere che in quel caso eri molto sexy, con quei pantaloni di pelle e la camicia rossa sbottonata. E come facevi twerking”
Tato sospirò “Ragazzi, vi prego non riportate alla mente certe scene. Ero ubriaco e fatto come una zucca.” poi salì le scale e andò in camera da letto.
Dave era seduto sul letto con il pc. “Sono arrivati i ragazzi.”
Il suo fidanzato rispose senza neanche guardarlo “Arrivo subito.”
Il cuoco fece per uscire dalla stanza, poi si girò e chiese “Si può sapere che hai? E’ qualche giorno che ti comporti in modo strano. Ti ho fatto qualcosa?”
Dave guardò il fidanzato e gli chiese solo “Mi ami?”
“Certo che ti amo. Tantissimo.” rispose senza neanche pensarci Tato.
“E allora perché tieni una foto di te ed Alex nel nostro album? Tu parli sempre di lui, lo difendi a spada tratta. Vi siete anche toccati, e…credo che un po’ di voglia ti sia rimasta.”
John si sentì profondamente offeso da quelle parole “Non abbiamo fatto niente, e poi avevamo sedici anni, molto prima di conoscerti.”
“E ti sembra normale tenere la foto del tuo migliore amico nel nostro album?”
La voce di Tato diventò aspra “Dave. Stiamo insieme da sei anni e mezzo. Io ti ho dato tutto quello che ho, corpo, anima, cuore. Come puoi anche solo pensare che ci sia una persona più importante di te? Io capisco che ultimamente non riusciamo a vederci spesso, e abbiamo degli screzi a letto, ma, e forse non ti farà piacere sentirlo, Alex in questo non c’entra niente. Forse senti il bisogno di trovare un capro espiatorio, ma non è così.”
“Ad Alex basterebbe una parola per portarti via da me, se solo lo volesse.” disse Dave.
Tato si avvicinò al fidanzato, e cercò di assumere un tono comprensivo “Non esiste uomo al mondo che potrebbe portarmi via da te.  Sei il primo uomo che ho amato e che mi ha fatto credere davvero in un ‘per sempre’. E poi…sei l’unico che riesce a sopportare il mio essere lunatico e acido.”
Queste ultime parole riuscirono a strappare un sorriso dalla bocca di Dave. “Lo so…Io mi fido di te. Non mi fido di me stesso…Ho paura di non piacerti più…e magari…è per questo che non facciamo l’amore.”
“Tu mi piaci, e mi piacerai sempre. Anche con le rughe, la pancetta e stempiato. Per sempre.”
I due si baciarono, a lungo, poi si separarono abbracciandosi e Dave affondò il naso nella spalla del compagno.
“Adoro il tuo odore…Ora…vai giù dai ragazzi. Io vi raggiungo tra qualche minuto.”
“Ok.”
**
Max guardò l’abbondanza di portate e sospirò “Stasera non hai badato alle calorie, Tato.”
“E’ tutto il mese che provo a stare a dieta. L’unico risultato che ho ottenuto è di non aver preso chili. Quindi per oggi fanculo alla dieta.”
“Bravo, così si parla. Ribelliamoci agli ideali di bellezza mascolini!” disse George.
Tato andò in cucina, e Max lo seguì.
“Posso darti una mano?”
“Certo.”
Tato stava scolando la pasta e la stava iniziando a condire.
“Senti...mi è venuta in mente una curiosità. Posso chiedertela?”
“Certo.”
Max era nervoso “Ti sei mai innamorato di un amico?”
Tato sbuffò “Hai parlato con Dave?”
“No no…semplice curiosità... a volte può capitare di guardare un amico con occhi diversi…. Ma forse una bella amicizia dovrebbe rimanere una bella amicizia, non trovi?”
Tato sbuffò “Credo che dipenda. Non è detto che sia una cosa negativa, se ti trovi bene con l’amico di cui ti sei innamorato. Ora…aiutami a portare i piatti a tavola. Attento che scottano.”
A tavola i tre stavano parlottando tutti eccitati “Dave ha detto che mi presta la sua canotta a rete! Ottimo!” sorrise raggiante Alex.
Tato chiese “Ma non è passata di moda?”
“Si dice vintage Tato. E comunque mi sta benissimo.”
Dave chiese ad Alex “Sei così sicuro di vincere il concorso?”
“Stiamo parlando del Poptastic. Di solito c’è la feccia di New York. Farò una strage di erezioni.”
**
“Ho finito. Posso lasciare la tavola?”
Carmen guardò il figlio e rispose “D’accordo.”
In casa Morales-Santos il clima era molto teso. Era rientrato dal pomeriggio Enrique Santos, il padre di Javier. Lo stesso uomo che aveva inondato di spazzatura Alex e il figlio.
La cena era passata senza danni. Javier prese il suo piatto e lo portò in cucina a lavarlo.
Il signor Santos lo raggiunse portando il suo e disse “Sei tornato a casa.”
Lui annuì con la testa. “E sono anche in punizione.”
“Bene. Non voglio che tu esca quando ti pare. Potrai uscire il venerdì e il sabato sera.”
Javier rispose “Sai che divertimento. Ero abituato a uscire quando volevo.”
Enrique alzò la voce “Finché sei in questa casa, rispetti le nostre regole.”
Il ragazzo guardò negli occhi il padre e rispose “Io rispetterò le vostre regole quando voi rispetterete me.”
Enrique Santos incuteva soggezione. Era alto 1.90, muscoloso e aveva sempre un’espressione severa. Per non parlare delle sue tante pistole, eppure il figlio riusciva sempre in qualche modo a ribellarsi a lui.
“Sappi che non è una fase…Non mi passerà crescendo. È quello che sono, e non puoi farci nulla in proposito.”
“Tu non sei…maricona.”
Javier rise “Non riesci neanche a dirlo in inglese? Gay, gay, gay, gay.”
Enrique sbuffò alterato “Smettila. C’è tua sorella, e non voglio che ascolti queste cose. Comunque…se tu hai deciso così non ti farò cambiare idea e tra qualche mese sarai maggiorenne. Ma ugualmente non voglio che tu esca e frequenti quei…posti”
Javier rise “Certo che te e mamma non andate d’accordo su niente tranne che sul dirmi come devo vivere la mia vita e sul preoccuparvi inutilmente.”
Enrique “Sei stato fortunato che non sapessi dove stavi, altrimenti sarei venuto a prenderti a calci e riportarti a casa.”
“Beh, Mamma lo sapeva. È venuta a casa degli uomini che mi ospitavano.”
Una smorfia di rabbia comparve sul viso di Enrique, e una di paura invece su quello di Javier. Questa volta aveva decisamente parlato troppo.
Il padre del ragazzo strinse i pugni e andò in salotto, dove Carmen stava mangiando una mela. “Chingada.
Porque no me dijiste que habias sido de los hombres que han acogido Javier?”
“Come osi darmi della Chingada? E abbassa la voce”
“Perché non me l’hai detto? Io sarei corso subito a riprendere Javier!”
Carmen guardò il marito con aria di sfida e chiese “Ah sì? E come? Con la forza? Picchiando quei due ragazzi magari? Beccandoti una denuncia? Lo sai che non è la prima volta.”
Enrique urlò “Non parlarmi con questo tono!”
Carmen si fece seria “No infatti. Non voglio parlarti più.”
Chiamò la figlia che stava guardando la televisione e guardò Javier “Andiamo.”
I tre uscirono di casa ed Enrique Santos urlò “Dove porti i miei figli, donna?”
“Sono i miei figli. E li porto dove possano essere lontani da te, Hijo de puta.”
Aprì la sua macchina e i tre entrarono, mise in moto, schiacciò l’acceleratore e corse via sfrecciando.
Javier guardò la madre che era limite di un attacco isterico “Mamma…stai bene?”
Carmen borbottò “Ti farò vedere di cosa sono capaci le donne messicane, mijo.”
E andò ancora più veloce.
Ariana chiese “Ma che è successo? Perché papà è impazzito?”
“Niente, tesoro…diciamo che tuo fratello ha parlato un po’ troppo…ma la colpa non è sua.”
Il ragazzo propose “Conosco un posto dove papà non ci cercherà mai.”
“Non vorrai dire…uno dei tuoi locali?” chiese lei preoccupata.
Javier annuì “Esattamente. Papà non ci cercherebbe mai lì. Saremo al sicuro.”
Carmen sospirò “Ma non dalla droga, dall’alcol, e dal sesso.”
“Mamma, la droga, l’alcol e il sesso sono ovunque. Non puoi proteggermi in eterno. Prima o poi succederà di scottarmi, di ubriacarmi, di andare a letto con le persone sbagliate. Non puoi difendermi da questo.”
“No, infatti. È proprio questo che mi spaventa. Vorrei che tu restassi un bambino per sempre.”
Javier sorrise “Ma non lo sono più. Però ho ancora bisogno di te.”
Carmen sorrise ed accarezzò la guancia del figlio.
Arrivarono al Poptastic.
Javier aveva mandato un messaggio a George dicendo che sarebbe venuto insieme alla sua famiglia. George lo lesse anche agli altri e Tato rise “Oh mio dio. Carmen in un covo di peccatori.”
I tre parcheggiarono e si diressero all’entrata. Carmen disse alla figlia “Non guardare…fai finta di niente!”
Ariana sospirò “Mamma, ho quattordici anni. Non sono una bambina.”
“Eh no. Oggi ne ho abbastanza di questo discorso. Tu non sei più autorizzata a crescere!”
Javier guardò la sorella e le fece segno di lasciar perdere “Non preoccuparti mamma, vedrai che dopo un po’ ti abituerai al locale, e alla gente.”
I tre furono subito accolti da musica allegra, e moltissime persone. Dai branchi ai cacciatori individuali, dalle persone che venivano solo per distrarsi, e da tanta allegria.
Javier vide il gruppo dei suoi amici e li raggiunse.
Si diressero verso di loro, sperando che delle facce conosciute avrebbero aiutato sua madre a rilassarsi.
Javier salutò tutti i suoi amici, con un piccolo abbraccio, poi presentò la sua famiglia all’altra sua famiglia. Alex non c’era.
Probabilmente era andato a prendere qualcosa da bere.
“Spero che il gatto stia bene a casa… appena posso tornerò a prenderlo.” disse Carmen, preoccupata per il loro gatto, Tito.
Tato iniziò ad avere gli occhi lucidi, come ogni volta che si parlava di animali.
Alex arrivò e se ne accorse e rise “Qualcuno ha parlato di animali?”
Tato sbuffò “Mi conosci bene.”
“Non farò mai più l’errore di andare con te in un negozio di animali.”
Si accorse di Javier e di una donna e una ragazza insieme a lui.
Lo salutò, e Javier rispose al saluto in maniera imbarazzata.
La madre li guardò in maniera sospettosa. Il comportamento tra i due era strano…non sembrava essere uno dei suoi amici. Un’intuizione la colse. Lui era quello. L’uomo che aveva preso suo figlio.
Provò subito una forte rabbia per lui, poi cercò di scemarla.
Javier disse al gruppo “Vado a bere qualcosa.”
Si allontanò del gruppo.
Javier vide con la coda dell’occhio che Alex lo seguiva, e ciò lo rendeva molto a disagio. Si mise in coda per il bar e Alex camminando piano lo raggiunse.
“È da un po’ che non ci si vede.”
“Già.”
Alex disse guardandosi le unghie “Sono contento di sapere che ti vedi con qualcuno.”
Javier lo guardò incuriosito, e stava per parlare, ma Alex lo anticipò “Tato è adorabile ma non sa tenersi nulla per lui. Digli qualcosa ed entro un’ora lo sanno tutti. Comunque…che tipo è quello con cui esci?”
“Beh in realtà non siamo ancora mai usciti insieme. Ci siamo conosciuti dopo essere uscito dal Vitamina e ho passato la notte da lui.”
Javier non capiva dove Alex volesse andare. Sembrava quasi geloso.
“Pensi che sia qualcosa di serio?”
Javier scrollò le spalle “Non lo so. Non lo conosco ancora bene.”
Alex annuì “Come mai hai portato la tua famiglia?”
Javier rise, ripensando alla sfuriata di suo padre “Beh…mio padre ha di nuovo dato di matto. Loro hanno litigato, e questo è un posto dove mio padre non ci verrebbe mai a cercare.”
“Beh, il fatto che abbia accettato di venire qui, è una buona cosa.”
Poi lo salutò e se ne andò.
Javier notò che quella era delle poche volte in cui loro due avevano avuto una conversazione normale, senza battute cattive, doppi sensi o altro. Era strano.
Anche un’altra persona reputava strano Alex, e andò a constatare di persona. Carmen si separò dal gruppo dicendo ad Ariana di rimanere con gli amici di Javier, e seguì Alex. Lo vide e lo raggiunse.
Non poté fare a meno di suscitare strane reazioni tra gli avventori del locale. In effetti una donna di quarantaquattro anni in un locale gay era sospetta.
“Ciao.” disse ad Alex.
Il moro si girò “Salve. Lei è la madre di Javier? Si parcheggi o si sposti. Mi sta levando la visuale. Cerco di farmi quel ragazzo prima che avvenga l’annuncio dei tre candidati.”
Carmen cercò di apparire tranquilla. Chiese “Quale?”
Alex rispose “È quello lì, con la maglietta arancione e il pizzetto.”
“Ah sì, lo vedo. Se ti piace quel genere…”
Alex era molto stupito dalla freddezza della donna. “Senta, andiamo al dunque. Immagino che vorrà farmi la predica per essermi fatto suo figlio, che sono uno schifoso che approfitta di innocenti ragazzi.”
Carmen sorrise “A quello ci ha già pensato mio marito. Io invece…volevo solo capire cosa ha visto mio figlio in te. Non sei poi così bello.”
Alex sbuffò “Mi dispiace dirglielo, ma non ha molto gusto in fatto di uomini.”
La donna sospirò “Sarà…ma ci sono ragazzi in giro più belli di te. Mio figlio per esempio. È bellissimo, non trovi? Beh, immagino che sarai d’accordo con me, visto che per esserci andato a letto sarai stato attratto da lui. E comunque…ti stupirà sapere che in un certo senso sono contenta di sapere che tu sia stato il primo di Javier.”
“Questa è una cosa che nessuna madre mi ha mai detto in vita mia.” rise il parrucchiere.
“Beh. Sei sano, credo, sei normale, non ti piacciono cose ‘estreme’ e non ti droghi.”
Alex scosse la testa “Non mi conosce affatto. Io fumo, sigarette e canne, e se mi capita, qualche pasticca in giro me la faccio. Assumo Popper, mi scopo un ragazzo ogni volta che mi va. Però sempre protetto, questo glielo concedo.”
Carmen accusò il colpo, ma dissimulò con arte “Apprezzo la tua onesta. Se non altro non hai trasmesso queste cose a mio figlio, è sano come un pesce e non assume droghe di nessun tipo.”
Alex rispose “Lei ha delle idee molto idealizzate di suo figlio. Non è certo l’angioletto perfetto che lei pensa.”
“Io non mi arrendo mai. Sono una donna messicana, non mi piego, non mi inchino e non mi spezzo.”
Alex rise “Comincia a fare la femminista?”
Carmen ricambiò la risata “Sono donna, sono una madre, sono latina, e ho la pelle scura. Tu non resisteresti neanche due giorni. Per fortuna Dio ti ha creato bianco e belloccio, creandoti la strada spianata, perché altrimenti non avresti potuto fare niente.”
“Io non credo in Dio.”
“Questo non vuol dire che lui non creda in te.” disse e se ne andò.
Alex era provato dallo scontro con quella donna. Iniziava a capire dove Javier avesse preso il suo carattere.
Javier era al bar e prese una birra. “Ma tu bevi solo birra?” chiese una voce.
Javier si girò e sorrise. Dietro di lui c’era Robin.
“Ehi. Non sapevo se fossi venuto.”
L’uomo sorrise “Beh, dopo il tuo messaggio, mi sono liberato a lavoro…e sono corso.”
I due si avvicinarono e si baciarono.
“Vieni…ti presento i miei amici e…mia madre e mia sorella.”
“Wow, mi presenti già la famiglia? È una cosa seria allora.” ironizzò il ragazzo.
Javier rise e lo baciò di nuovo.
Si fecero strada per raggiungere gli altri. Ariana si era lasciata andare al ritmo e ballava.
Carmen vide che il figlio teneva per mano un ragazzo. Questo le fece battere il cuore forte.
Fece tutto il giro di presentazione.
“Ah sì, quello che hai rimorchi…” Javier lanciò un’occhiataccia a George.
Carmen si presentò “Piacere, sono la madre di Javier. Carmen.” Robin le strinse la mano e sorrise.
Javier immaginava che per la madre non fosse facile tutto questo, ma non stava cedendo.
Il ragazzo diede un bacio alla madre “Non ti cambierei con nessuna.”
La madre sorrise e gli diede un leggero buffetto sulla guancia.
Robin sorrise “Vuoi ballare?”
“Certo!”
I due sparirono in mezzo alla folla.
Max disse “Sono carini insieme.”
“Secondo me non durano.” disse caustico Alex.
 

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Capitolo 13
*** Mr Poptastic part 2 ***


Carmen iniziava a rilassarsi. Molto. Grazie anche all'aiuto di un paio di birre.
“Come mai hai accettato di venire qui?” chiese Dave.
“Beh, non era certo nei miei programmi…ma temo che dopo la scenata di mio marito non avessi molta scelta.”
George sospirò “A quanto pare è un’abitudine.”
Max sbuffò “Non fare l’inopportuno!”
“No no…ha ragione. Lui non ha mai alzato le mani su di me o sui miei figli. Ma le sfuriate sono all'ordine del giorno. È anche per questo che voglio divorziare.”
Tato sorrise “È passato…pensa a distrarti…Ariana è tranquilla, Javier è a portata d’occhio. Casa nostra è aperta per voi.”
“Grazie, John. Mi sono già organizzata con la mia migliore amica. Io e Ariana andremo lì, ma forse Javier è meglio che stia da voi. Non voglio allontanarlo dal suo mondo.”
Tutti questi discorsi fecero effetto su Max, visto l’annuncio del divorzio dei suoi genitori. Decise che sarebbe andato a trovarli presto, e avrebbe parlato con loro a brutto muso. Se occorreva.
“A cosa pensi?” chiese George.
Max sbuffò “I miei sono impazziti. Parlando di divorzio senza motivo.”
Alex era appoggiato al muro con le braccia incrociate e disse spavaldo “Il divorzio non è necessariamente una cosa brutta. Almeno tu hai un padre.”
Questa frase di Alex fece scattare un campanello d’allarme in Tato. Quando Alex parlava della sua famiglia, c’erano grossi casini in giro.
“Vado a farmi una pisciata.” disse sempre lui.
Dave obbiettò “Alex, c’è una signora. Potresti anche evitare questo linguaggio.”
Carmen, che aveva in mano la quarta birra rise “Non preoccuparti.”
Ormai era decisamente sullo sbronzo andante.
George rise “Comunque devo farti i complimenti cara. Stai affrontando benissimo la cosa.”
Tato si lasciò andare “Si veramente. Mia madre dice che basta non pensare alla ‘cosa del sedere’ e va tutto bene.”
Carmen rise istericamente. “Oh la cosa del sedere…per carità…e l’ho anche fatta una volta!”
“Cosa?” chiese George, che ormai aveva molto preso in simpatia la donna.
“Oh sì sì. Con mio marito, il mio ‘signore e padrone’. Si sono sentite le mie urla per tutta la casa. Ai bambini ho dovuto dire che era stato un litigio tra gatti!”
Tutti quanti risero.
Alex si faceva strada tra il mucchio delle persone, sempre attento a mettersi in mostra, per vincere la gara, ed entrò in bagno. Quel che vide però non gli piacque molto.
Javier era addosso al muro, e Robin gli baciava e leccava la pancia, e gli accarezzava il membro.
Il parrucchiere provò una strana sensazione, quasi di fastidio. Era molto forte. Uscì subito dal bagno.
Javier si era accorto della sua presenza, e il suo sguardo divenne spento e vuoto.
“Ehi, cos’è successo?” chiese Robin.
Javier sorrise “Niente.”
Ma la sua eccitazione era scemata.
La musica nel locale cessò.
Si sentì la voce all’altoparlante di Madame Silvie, la proprietaria del poptastic. Una splendida drag queen cinquantenne.
“Carissimi amici e amiche. Benvenuti a questa inaugurazione del nuovo Poptastic. Per celebrare l’occasione, come avevamo scritto sui vari social, abbiamo organizzato un piccolo concorso di bellezza, tanto perché ci piace mostrare sempre un po’ di carne! Per tutta la serata avete votato i ragazzi e gli uomini più belli. Ora tre di questi, quelli che avranno raccolto più voti ascenderanno a Dei. Adesso conteremo i voti e tra circa dieci minuti comunicheremo i vincitori!”
George vide Ben dirigersi verso il bar, e sorrise. Si diresse verso di lui a passo sicuro.
“Ciao.” Ben stava bevendo un vodka lemon si girò e sorrise “Ciao. Hai già votato?”
“Sono stato uno dei primi! Non so se ti ricordi di me…sono…”
“George. Sì, mi ricordo. Ci siamo visti al Moot. Come va?”
Il professore dentro di se esultò per il fatto che si fosse ricordato di lui.
“Bene…anche se…no scusa, non voglio annoiarti.”
Ben scosse la testa “Tranquillo…dimmi.”
“Quando sei un professore delle medie e sei gay è sempre un campo minato con le madri degli alunni.”
“Cosa insegni?”
George rispose “Letteratura e storia americana a internazionale.”
Ben finì il suo cocktail e sorrise “Interessante. Anche io ogni tanto faccio delle lezioni al college, poi ho lavorato come giornalista per qualche anno e adesso mi sono dato alla scrittura. Sto scrivendo la mia autobiografia…e parlo anche di come l’incontro con il paganesimo mi abbia cambiato la vita.”
“Sei pagano?” chiese George.
“Beh, sì, hai qualcosa al contrario? Non siamo quei matti new-age che si vedono in giro. Non tutti almeno.”
George sorrise “Credo che non faccia per me. Sono troppo materialista.”
Ben rise “Chissà, magari posso farti cambiare idea.” e gli porse il suo biglietto da visita.
“Stai cercando di convertirmi?” ironizzò George.
Ben rise “No, sto solo cercando di fare in modo di rivederci. Mi piacerebbe. E ora…devo andare. Sono finite le votazioni.”
I due si salutarono e George raggiunse fiero i suoi amici.
“Ascoltate tutti! Ben  mi ha dato il suo numero di telefonooooo!!”
Tutti risero contenti per lui.
Alex sbuffò “Non montarti la testa. Non è detto che finirete felici e contenti.”
George annuì “Sì, è vero. Però sono contento che si sia ricordato di me.”
Tato guardò Dave e chiese “Oggi sei così silenzioso, che c’è? Sei ancora arrabbiato per la foto?”
“Niente…”
John sospirò “Non è niente.” poi lo baciò.
Dave propose “E se…facessimo l’amore qui? Al bagno? Magari ciò di cui abbiamo bisogno è solo un posto insolito dove farlo.”
Tato guardò il fidanzato. Sembrava molto serio. Gli disse di sì.
Dave prese per mano il fidanzato e insieme si fecero posto tra la gente, ed andarono in bagno.
Aprirono un cubicolo ed entrarono.
“È così squallido…”sbuffò Tato.
“Squallido è il nuovo sexy” ironizzò Dave.
I due iniziarono a baciarsi con passione, poi Tato scese e gli baciò il collo, poi tornò alla sua bocca e alla lingua di Dave che giocava con la sua. Con le mani gli slacciò la camicia, e iniziò a stuzzicare uno dei capezzoli dell’infermiere.
Dave sollevò la maglietta di Tato.
Le mani del mulatto erano veloci, ed erano già arrivate ad accarezzare l’erezione di Dave, o meglio, quella che avrebbe dovuto essere l’erezione.
Dave se ne accorse e sussurrò all'orecchio del fidanzato “Dammi tempo.”
Tato continuò a dedicarsi al suo corpo, baciando, succhiando, leccando, e massaggiando.
Prese in mano il fallo di Dave e iniziò a muoverlo.
“Ahi…hai le mani fredde.” disse lui.
Tato sorrise “Si scalderanno presto.”
Ciò che non si scaldava invece era Dave.
Lui sospirò, e si spostò, allacciandosi i pantaloni “Lasciamo perdere prima che diventi patetico.”
Tato baciò Dave e gli disse serio “Tu non potresti mai essere patetico…Sicuro che non mi vuoi lasciar provare?”
Dave cercò di sorridere, nonostante non fosse facile in quell’occasione “Ci riproveremo.”
**
Ben e Madame Silvie erano saliti sul palco. Ben si era cambiato d’abito. Indossava un completo smoking con i lustrini. Erano state posizionate tre sedie a forma di labbra.
La luce dei riflettori li inquadrò.
Ben sorrise con entusiasmo “Eccoci qua, al momento della verità. Sono stati selezionati i tre bellissimi uomini che sono stati scelti dal pubblico. Ora…rullo di tamburi.” partì l’effetto sonoro per circa dieci secondi, poi Madame Silvie urlò “I tre candidati sono… i numeri 114, 50 e…210!! Avanti! Non fate i timidi!”
Alex rise trionfante. “Sì. E vai.” Lui era il numero 114.  Più distante si sentì la voce di un uomo gioire. “Eccomi! 50!”
Ma c’era un’altra persona che aveva colto il fatto di essere scelto con stupore.  Era Javier.
“Cosa??” chiese a Robin.
“Hanno fatto bene a sceglierti.”
“No invece. Hanno fatto malissimo. Mi terrorizza parlare in pubblico!”
“Avanti ragazzi, salite qui sull’Olimpo!” urlò Madame Silvie.
Javier sbuffò e si incamminò. Alex lo raggiunse. Era stato scelto anche lui. Vicino a loro si unì un uomo più grande, sui trentanove anni, dalle mascelle squadrate e un bel corpo.
Salirono sul palco.
“Ecco a voi i ragazzi più belli del Poptastic!”
Si udirono diverse urla generali e fischi di approvazione.
Carmen chiese “Cosa ci fa mio figlio sul palco?”
“A quanto pare è stato scelto. Ne vedremo delle belle.”
Ben fece accomodare i tre sulle sedie rosa.
“Bene. Adesso diteci i vostri nomi. Tra poco inizierà il quiz.”
Alex guardò Ben e sorrise malizioso “Che premi ci sono?”
“Popolarità a fiumi e un ingresso annuale per te ed un’altra persona qui. Consumazioni incluse. Che ne dici?”
Alex rispose “Si può fare.”
Ben si rivolse verso il pubblico e disse “Diamo modo di fare le presentazioni a questi ragazzi. Inizia te.”
Alex si alzò dalla sedia e sorrise sicuro “Credo che molti mi conoscano qui, ma per quei pochi che non hanno ancora avuto il privilegio…Io sono Alex.”
Si sollevò la canotta mostrando il suo corpo, fece anche qualche mossa di ballo, poi si girò dando le spalle al pubblico e buttò la sua canotta tra la folla.
La gente urlava e strepitava, facendo cenni di approvazione ad Alex.
Dopo di lui si presentò l’uomo, che disse di chiamarsi Aidan, si sbottonò la camicia, mostrando un corpo muscoloso rigonfio, che per Javier era anche troppo. Però al pubblico sembrò piacere molto.
Arrivò il suo turno, si presentò e decise di provare a fare qualche mossa di twerking, sperando di ricordarsi quello che aveva visto in un tutorial di Youtube.
Diverse grida di approvazione si levarono dal locale.
Arrivò Madame Silvie che si sventolò con un ventaglio di piume
“Oh wow, la situazione qui si sta scaldando. Facciamo i complimenti dinnanzi a tutta questa carne sexy…E ora…Quizzone!”
La drag queen fece diverse domande ai tre candidati, quasi tutte a sfondo sessuale o con doppi sensi.
“Bene… siete stati tutti bravissimi, Javier tu sei adorabile. Sei arrossito a quasi tutte le domande.”
Ciò fece arrossire ancora di più il povero ragazzo.
“Non è carino? Io me lo vorrei portare a casa.” sorrise Madame Silvie.
Tutti risero.
Poi disse seria. “Adesso…passiamo all’ultimo test. Il Poptastic vuole azione! Scegliete uno dei candidati a cui dovrete fare una danza sexy. E se la cosa dovesse andare oltre…per noi va benissimo, ma magari dopo la gara.”
Javier ormai era arrivato al limite dell’imbarazzo.
Incominciò Hayden che guardò i due, poi si alzò, e si diresse da Alex. Fece un piccolo ballo, e Alex si prestò al gioco, infatti gli toccò i bicipiti e si portò la mano alla bocca.
Fu il turno di Alex.
Javier sperò con tutto sé stesso di non essere scelto, ma il parrucchiere andò proprio davanti a lui. Alex non stava giocando in quel momento. I suoi occhi erano seri.
Iniziò a muoversi muovendo i fianchi, ruotando la testa, si sedette sulle gambe di Javier
Il contatto fu intenso e doloroso per il ragazzo.
Alex faceva su e giù, poi lo guardò negli occhi, e, nonostante non fosse chiesto nel gioco, lo baciò. Lentamente e poi staccandosi dalla sua bocca velocemente, fu così intenso, da lasciare Javier con la bocca socchiusa, a chiedere di più.
Tornò nel suo posto, senza dire nulla.
Sembrava che la folla del Poptastic si fosse calmata.
Madame Silvie sospirò “Oh mia Madonna. Non credo di riuscire ad arrivare a fine serata.”
Tato scosse la testa. Sì, decisamente c’era qualcosa che non andava in Alex.
Anche Carmen era rimasta basita. Sembrava che la sbornia stesse passando.
Javier scelse di fare la sua danza ad Aidan. Si diresse tranquillo verso di lui, e cercò di fare un po’ di scena, ma fu molto breve.
“Ma cosa vi insegnano oggi a scuola? Ballo sfrenato? Peccato che non sia prevista la regola di ballare con la conduttrice.”
Alex rise “Se vuoi, non hai che da dirlo.”
La giuria, composta da Madame Silvie e Ben prese qualche minuto per deliberare sul vincitore.
Alex vinse il titolo, e lui soddisfattissimo ricevette la corona da Ben.
Javier non vedeva l’ora di andarsene dal palco, e scese con un salto.
Si sentiva molti sguardi addosso. Alcuni si avvicinavano per fargli i complimenti e dargli dei foglietti con i loro numeri.
Tutto sommato questo non gli dispiaceva.
Cercò Robin e tornò da lui.
Il ragazzo sorrise “Ehi, quasi Mr Poptastic.”
Javier non riuscì a ridere.
“Meritavi tu di vincere.” poi lo baciò. Javier si sentì meglio. “Io devo andare. Domani ho un cliente.”
Javier annuì. “Beh…dimmi tu quando vederci. E non far passare troppo tempo.”
“Per me anche domani.”
Javier sorrise “Mi piacerebbe.”
Si baciarono e poi il ragazzo ispanico tornò dai suoi amici e dalla sua famiglia.
Dave sorrise “Ehi bentornato, secondo classificato.”
Javier sbuffò “Non me ne parlare. Ma…dove sono gli altri?”
“Beh…tua madre ha bevuto un po’ troppo e Ariana e Tato l’hanno accompagnata al bagno a dare di stomaco.”
Alex era nella pista, era circondato da uomini che lo volevano. Le persone sono semplici. Quando sanno che qualcosa è difficile da avere, la vogliono ancora di più.
Lui cercava solo il meglio.
Ritrovò il ragazzo che stava guardando prima. L’aveva ritrovato. Si avvicinò a lui. Iniziò a guardarlo con approvazione.
Alex gli disse qualcosa all'orecchio, e poi lo baciò. Il ragazzo rispose con entusiasmo e poi baciò il collo e la spalla del parrucchiere.
La sua attenzione fu distratta da un altro ragazzo, molto attraente, con un top argentato, e capelli dritti.
Alex sorrise e lo invitò ad avvicinarsi.
Questo ricambiò lo sguardo voglioso. Sorseggiava un cocktail.
Si avvicinò ad Alex e l’altro ragazzo, molto lentamente. Alex lo baciò, e gli passò la mano sotto il top.
Questo porse il bicchiere ad Alex e lui bevve un sorso. Poi si abbassò e leccò il collo del ragazzo.
Infine, lasciò i due ragazzi a conoscersi nel modo migliore, con una bella pomiciata.
Alex alzò lo sguardo soddisfatto verso i suoi amici.
George rise “Solo lui riesce a portarsi due ragazzi a letto dopo solo due minuti di conoscenza.”
Max annuì “Ancora non capisco quale sia la sua arma.
“Credo che sia la fottuta sicurezza in sé stesso ad attrarre tanto.” rispose Tato.
Javier vedendo Alex e le sue due conquiste provò una sensazione orribile.
La madre non si sentiva ancora proprio bene.
Disse “È arrivato il momento di andare. Porto mamma e Ariana da Ingrid e poi verrò da voi, se non vi do disturbo.”
Dave rispose “Certo che puoi. Anche noi tra poco andiamo. Ci troverai a casa.”
Salutò tutti. Max rise “La prossima volta devi raccontarci tutto di quel Robin!”
Javier rise “Lo farò, non preoccupatevi.”
E uscì dal locale, con la madre a braccetto.

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