Music Academy

di la luna nera
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Intro ***
Capitolo 2: *** Let's play ***
Capitolo 3: *** New friends ***
Capitolo 4: *** Ghostbusters ***
Capitolo 5: *** Big little news ***
Capitolo 6: *** Suspected ***
Capitolo 7: *** I am Mathilde ***
Capitolo 8: *** Poltergeist ***
Capitolo 9: *** Music of my heart ***
Capitolo 10: *** The teacher's real identity ***
Capitolo 11: *** Leave them alone ***
Capitolo 12: *** An unusual black-out ***
Capitolo 13: *** So they are ***
Capitolo 14: *** The calm before the storm ***
Capitolo 15: *** Ghosts ***
Capitolo 16: *** Like Eloise and Abelard ***
Capitolo 17: *** Thoughts and words ***
Capitolo 18: *** The Proposal ***
Capitolo 19: *** I am by your side ***
Capitolo 20: *** The End ***



Capitolo 1
*** Intro ***


 
“Chiedo a tutti il perdono,
perché possa avere pace.
Ah, com’è triste compiere questo passo!
Ma cos’altro posso fare?
Nulla. Non v’è altra soluzione.
Ho sbagliato, abbiamo sbagliato.
Ditemi voi: si può comandare al sentimento?
Non ho trovato risposta e mai la troverò:
ecco il motivo di ciò che sto per fare.
Amore mio, spero che una volta scomparsa
da questo mondo ipocrita,
tu possa trovare la felicità,
continuando a vivere per ciò che assieme a me
ti fa brillare gli occhi: la musica.”
 
 
E si lasciò cadere come un angelo.



 




 
 

 
C’era la luna piena quella notte, nessuno riferì mai di aver visto o udito qualcosa. Molti mentirono, preferendo cancellare il gesto che avrebbe compromesso il buon nome dell’Accademia la quale, già nei primi anni di attività, aveva riscosso enormi consensi. Ogni traccia fu cancellata e il corpo della ragazza sepolto in fretta e furia oltre il laghetto del parco della struttura. Sopra quel sepolcro improvvisato venne eretto una sorta cenotafio anonimo, voluto dalla famiglia, in memoria di quella figlia partita per studiare musica e inghiottita dal nulla. Non vi era nulla che potesse far intuire il fatto, c’erano solo le statue di due cigni poste una di fronte all’altra, con i colli sinuosi a formare un cuore.
 
 
Di lì a poco ci fu un’altra morte avvolta nel mistero. Un giovane professore dell’accademia fu rinvenuto privo di vita nel suo letto. Non furono riscontrati segni di violenza sul suo corpo, perciò venne deciso di effettuare un esame autoptico il cui esito non fu mai reso noto.  Per evitare fughe di notizie anche in quel frangente tutto restò avvolto nel mistero, finendo per cadere nell’oblio anno dopo anno. La stanza da letto, situata nel sottotetto, teatro della morte del giovane professore, venne sigillata e nessuno poté mai più accedervi, sebbene in varie occasioni molti avevano sostenuto di udire voci e rumori provenire da quell’ambiente.
Si decise anche di interdire a chiunque di raggiungere la torre dell’orologio che svettava sulla facciata principale dell’edificio e, per evitare scandali simili, agli studenti fu proibito di salire al primo piano se non accompagnati e previa autorizzazione del direttore.
 
Sarebbe stato sufficiente a non far emergere mai più ciò che era accaduto?

 
 
 
Digitalizzato-20200127  
 
 
 
 
 
La campagna inglese si presentava ai loro occhi come un film le cui immagini si susseguivano incorniciate dal finestrino del treno. Londra si allontanava metro dopo metro, riducendosi ad un’immagine seminascosta dalla foschia tipica delle terre di Sua Maestà, foschia capace di dare quel nostalgico tocco romantico ad ogni cosa, agli alberi, alle abitazioni rurali e a quei piccoli borghi di case tutte uguali sui cui tetti svettano le torri campanarie come vecchi guardiani austeri che vegliano il proprio gregge. Sophie sembrava incantata nel contemplare ciò che vedeva fuori dal finestrino, pareva stesse percorrendo per la prima volta la tratta fra Londra e Southampton, tanto era assorta. Di fronte a lei, anch’egli assorto nell’osservare il paesaggio, sedeva l’insegnante di musica, il signor Thomas O’Connor, l’accompagnatore che avrebbe seguito lei e l’amica Charlotte alla Duke of Kent Music Academy, la più prestigiosa accademia di musica dell’intero Regno Unito. Le ragazze infatti erano state selezionate assieme ai migliori talenti nazionali per prendere parte ad un semestre di studi che si sarebbe concluso con un grande spettacolo celebrativo dei più grandi nomi della musica mondiale. Charlotte era ben più interessata all’avventura che avrebbero vissuto piuttosto a ciò che stava fuori dal finestrino ed era impegnata nella ricerca di informazioni sull’accademia e sui futuri compagni di studi.
“La Duke of Kent Music Academy vanta fra i suoi studenti alcuni fra i nomi più prestigiosi della musica del passato come George Dyson, James Hewitt, Megan Burns, John Edwards e anche artisti a noi più vicini. Guarda un po’: ha frequentato l’Accademia gente del calibro di John Taylor, Mick Jagger ed Elton John! Secondo te saremo all’altezza?”
“Come?” Sophie era assorta nella contemplazione del paesaggio.
“Tesoro, va tutto bene? Mi sembri più assente del solito.”
“Sì, sono solo un po’ pensierosa.” Tagliò corto. “Stavi…. Stavi dicendo?”
“Sto cercando info sull’accademia ed ho letto nomi di ex allievi che hanno scritto pagine di storia della musica. Ti dice niente un certo Mick Jagger?  In più…. Ecco qua questi sono alcuni profili social di altri studenti selezionati, è tutta gente che ha i globuli rossi a forma di note musicali. Questa già a tredici anni ha pubblicato una piccola raccolta di brani scritti e arrangiati da lei stessa….  Questo qui invece si chiama David Taylor, polistrumentista dall’età di dieci anni e un curriculum da far invidia a Beethoven.”
“Giovani sicuramente in gamba, però se anche noi siamo state selezionate significa che ci considerano brave, non credi?”
“Beh, sì, non hai tutti i torti. Prof, lei che ne pensa?”
Il giovane insegnante sorrise. “La passione per la musica viene dal cuore e va coltivata con il talento che uno ha.” Rispose con voce pacata. “Voi siete le migliori della nostra scuola e non avete niente da invidiare agli altri giovani musicisti. L’aver pubblicato dei lavori non significa che questi siano migliori di voi.”
Charlotte metabolizzò per qualche secondo le sue parole, poi riportò l’attenzione sullo smartphone alla ricerca di altri futuri compagni. Apparivano tutti come dei fenomeni, mai una sbavatura, un errore o uno sbaglio. “Guarda questo!” Mostrò all’amica la pagina del social appena visualizzata.
“Gary Ascott, venti anni, enfant prodige della musica. Suona clarinetto, oboe, chitarra, violoncello e pianoforte, quest’ultimo dall’età di quattro anni. Ha all’attivo concerti in tutta Europa assieme al padre, anch’egli musicista, ed ha già composto alcuni brani per le colonne sonore di cortometraggi per adolescenti.”
“Gary Ascott?” Intervenne O’Connor. “Lo conosco. Ho assistito ad un suo concerto lo scorso anno e posso assicurarvi che è uno dei migliori talenti che abbia mai sentito suonare. Spero abbiate la possibilità di lavorare con lui, sarebbe un’esperienza estremamente costruttiva per voi.” Si alzò in piedi. “Coraggio, fra poco arriveremo alla stazione di Southampton, iniziate a radunare le vostro borse.”
 
La Duke of Kent Music Academy si trovava poco fuori città, un bus messo a disposizione dalla scuola stava trasportando dalla stazione ferroviaria i giovani musicisti ed i loro accompagnatori giunti a Southampton da ogni parte del paese. L’edificio, piuttosto grande, si presentava nel tipico stile vittoriano ed era composto da un corpo centrale di forma rettangolare. La facciata era austera, vi si affacciavano due file di finestre, quelle del piano terra e quelle del primo piano, ed un balcone posizionato sopra il grande portone di ingresso, in corrispondenza del quale svettava la torre con l’orologio, severa e solitaria come un vecchio guardiano intransigente.
Appena varcato il salone d’ingresso appariva ampio e discretamente luminoso. Protagonista era un’elegante scalinata coperta da un tappeto rosso che conduceva al piano superiore, ai piedi della quale un altro tappeto dello stesso colore accoglieva gli ospiti. Sulla sinistra vi era la reception, sobria ed elegante, mentre la parte opposta era arredata con delle poltrone in stile vittoriano e delle piante dalle grandi foglie. Sulla parete troneggiava l’imponente camino in pietra.
L’enorme sala di musica era situata sul retro del piano terra, era perfettamente insonorizzata e custodiva ogni tipo di strumento esistente sulla faccia della Terra. Charlotte e Sophie non avevano mai visto niente di simile in vita loro e scrutavano ogni angolo di quell’ambiente con occhi spalancati per la meraviglia. Ma non era certo finita lì: sulla parete destra si apriva una porta che conduceva ad un corridoio sul quale si affacciavano altre sale prova più piccole da usare per lezioni individuali o destinate a piccoli gruppi composti al massimo da cinque elementi. Anch’esse erano insonorizzate così bene che era impossibile sentire cosa si stesse suonando in quella accanto.
Al piano superiore, a cui si accedeva attraverso l’elegante scalinata dal tappeto rosso, si trovavano gli uffici del direttore, gli amministrativi e le stanze da letto degli insegnanti. Sul retro dell’edificio invece era stato realizzato un porticato, in parte chiuso, che conduceva all’ala destinata ai dormitori degli studenti ricavata da un ex convento di suore preesistente. Erano ancora presenti tracce di quel passato, come statue e dipinti religiosi a far da cornice al disimpegno centrale ed ai corridoi, così come la chiesa ancora consacrata nella quale venivano officiate le cerimonie e saltuariamente ospitava concerti di musica sacra. L’ala femminile era divisa dall’ala maschile e si trovava dalla parte diametralmente opposta rispetto a quest’ultima. Al centro dell’edificio c’era il vecchio refettorio delle monache con adiacente la cucina monumentale ed una ricca biblioteca che custodiva testi di particolare pregio. Tutto quanto era circondato da un grande parco dotato di un grazioso laghetto in cui viveva stabilmente una coppia di cigni ed un piccolo boschetto ai margini della proprietà.
 
 
Sophie e Charlotte ricevettero la chiave di quella che sarebbe stata la loro camera per i prossimi sei mesi, erano elettrizzate al pensiero di trascorrere quel periodo da sole e lontane da casa! Sistemarono le loro cose nei rispettivi armadi e iniziarono a dare il loro tocco personale alla stanza lanciando sui letti i cuscini che si erano rispettivamente regalate prima della partenza. Notarono poi, sulle due poltroncine ai piedi dei letti, degli abiti ripiegati in maniera impeccabile con un dépliant contenente le informazioni utili alle studentesse durante la loro permanenza. C’erano gli orari dei pasti ed il programma della prima settimana di studi. Vi erano riportate le regole da seguire riguardo l’uso dei cellulari, le eventuali uscite dall’accademia, l’obbligo di indossare la divisa e l’assoluto divieto di recarsi al primo piano dell’edificio centrale se non accompagnati da un insegnante e per un giustificato motivo approvato dalla direzione.
“Chissà perché non vogliono farci salire al primo piano.” Si chiese Charlotte non appena ebbe letto tale norma. “Nascondono qualcosa?”
“Ma dai! Vorranno solo tenere separata l’ala dei prof con quella degli studenti.” Poi prese in mano la divisa e la osservò. “Non è male. Tu che ne pensi?”
“Somiglia all’outfit di Harry Potter. Non mi meraviglierei se ci dividessero nelle quattro case, ci danno mantello e bacchetta magica ed incontriamo il cattivo che vuole impedirci di suonare.”
“Hai sempre voglia di scherzare tu! Dai, vestiamoci da Harry Potter e mi raccomando, comportati bene, altrimenti farai i conti con la strega Sophie!” Mimò il tipo gesto usato da maghi e streghe per lanciare incantesimi con la bacchetta.
“Signorsì!” Si misero a ridere, dopodiché lasciarono l’ala dei dormitori per dare inizio alla nuova avventura.
 
 
 
 
 
Buon Lunedì a tutti!
Ritorno a pubblicare un nuovo racconto dopo un periodo di pausa forzato. Devo scusarmi con gli amici autori se ancora non ho recuperato ciò che mi mio malgrado ho lasciato indietro, spero di rimettermi presto in pari.
Intanto vi regalo questa piccola introduzione formata da una parte dal contenuto vago situato nel passato ed una parte a noi contemporanea in cui incontriamo alcuni dei personaggi che ci guideranno nella vicenda.
Al prossimo aggiornamento!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 2
*** Let's play ***


 


 
“Signori, buongiorno.” Il direttore fece cessare il brusio nella grande sala di musica. “Dopo la prima settimana presso la nostra accademia e dopo che i nostri insegnanti hanno avuto modo di valutare il vostro livello e le vostre caratteristiche, da oggi inizierete a studiare i brani da eseguire al grande concerto previsto a fine semestre.” Fece un cenno ad alcuni collaboratori. “Adesso riceverete il programma selezionato per ognuno di voi con i vari codici da inserire nei tablet che vi sono stati consegnati nei giorni scorsi. Questi vi serviranno per accedere alla sezione del portale in cui troverete ciò che vi riguarda. Noterete che alcuni brani dovranno essere eseguiti singolarmente, in coppia o in piccoli gruppi, altri sono solo per gruppi di strumenti a corda o a fiato, mentre cinque saranno eseguiti dall’intera orchestra.” Si soffermò un istante per sincerarsi che tutti fossero in possesso del proprio programma “Bene, fate attenzione al calendario delle prove, come potete notare si svolgeranno prevalentemente al mattino, lasciandovi il pomeriggio a disposizione per approfondire quanto appreso e per godere di un po’ di tempo libero nel nostro parco. Se lo desiderate, potete esercitarvi nelle nostre sale prova accordandovi con i professori. E’ tutto, se non avete domande, potete andare. Buon lavoro.”
 



 
 
“Che figata!” Esclamò Ethan non appena visualizzato l’elenco dei brani. “Uno dei brani da fare tutti assieme sarà Nothing else matter dei Metallica!”
“Sono proprio curiosa di scoprire come hanno arrangiato questa meraviglia per farla suonare ad un’orchestra come la nostra.” Confermò Sophie, anch’essa entusiasta. “Poi, guarda, c’è un medlay delle musiche della colonna sonora de Il Signore degli Anelli e …..non ci credo! Pure The Wall dei Pink Floyd!”
“E’ una delle mie canzoni preferite. “Charlotte era elettrizzata, non vedeva l’ora di iniziare le prove. “Con gli altri strumenti a fiato dovrò suonare November rain e un medley dei brani dei Beatles. Poi ho Moon river, quello di Colazione da Tiffany, ma…”
“Eh no! Quello è mio!” Iris si intromise con ben poca eleganza. “Non è che hai sbagliato sezione?”
“No, guarda tu stessa.” Le mostrò il tablet.
“E allora? Non ditemi che io devo duettare con te!”
“No, adesso vi spiego.” L’intervento del professor O’Connor placò gli animi che già si stavano surriscaldando. “Avete dimostrato un livello eccellente, per cui abbiamo deciso di far provare ad entrambe il brano e scegliere chi riuscirà ad entrare in maggior sintonia con il pianoforte.”
“Pianoforte?” Chiese Iris. “Significa che suoneremo con Gary?” Attese la risposta affermativa, poi sorrise sicura. “Beh, non c’è bisogno di fare alcuna prova, professore. Io e Gary abbiamo già suonato assieme nelle Royal Junior Orchestra e ci conosciamo già, per cui la ragazza può andare.”
“Ciò che è stato deciso deve essere rispettato. Charlotte proverà il brano con Gary così come farai tu, poi verrà presa la decisione definitiva.” La sua risposta fu secca e decisa. “Fra mezz’ora in sala prove.”
“Dai Iris, che vuoi che sia?” Oliver era divertito dalla faccia della ragazza, spiazzata dalla dura realtà. “Nella peggiore delle ipotesi verrai con me ed Emily, duetteremo suonando The sound of silence di Simon & Garfunkel. Brano stupendo, non vedo l’ora.”
Iris rispose fulminandolo con gli occhi, poi girò sui tacchi e si incamminò a passo svelto e visibilmente stizzito verso la sala prove dove, seduto al pianoforte, Gary stava suonando la parte di Bohemian Rapsody che avrebbe dovuto eseguire assieme agli altri musicisti.
“Quella mi renderà la vita impossibile.” Sospirò Charlotte.
“In bocca al lupo, amica mia!” Sophie le diede due pacche sulla spalla, poi si diresse verso la sala prove assieme al professore ed Ethan.
 



 
“Gary, senti…” Iris si sedette accanto a lui sullo sgabello. “Che ne dici se oggi pomeriggio passiamo un po’ di tempo fuori dall’accademia? Potremmo chiedere il permesso ai professori e andare a bere qualcosa in città, che ne dici?”
“Oggi pomeriggio? Non lo so, te lo dico più tardi perché….”
“Salve ragazzi.” Due insegnanti entrarono nella sala prove seguiti da Charlotte. “Avete già preso visione del brano da provare?”
“Sì.” Rispose Gary. “Se ho ben capito dovete ancora scegliere chi delle due ragazze duetterà con me, giusto?”
“Esattamente. Il brano è estremamente noto, suppongo lo conosciate, per cui possiamo iniziare.”
“Naturalmente.” Iris si posizionò davanti al leggio con il suo flauto traverso e lo spartito di Moon river. “Sei pronto?” Attese il cenno ed iniziarono a suonare.
La ragazza se la cavava benissimo con il flauto, ma ciò che stava lasciando senza fiato Charlotte era indubbiamente lo straordinario talento di Gary: le sue dita parevano accarezzare i tasti, tanto apparivano delicate e veloci. La melodia, di per sé meravigliosa, le stava provocando uno sconquassamento interno pazzesco, si sentiva rapita da quell’accompagnamento: sarebbe stata abbastanza lucida da non lasciarsi trasportare dall’emozione e suonare decentemente? Gary si trasformava letteralmente quando suonava, emanava un fascino del tutto particolare ed era impossibile non fissarlo: era un ragazzo normalissimo, non uno di quelli che fa colpo su stormi di ragazze con il suo bel faccino e il ciuffo ribelle, ma proprio quella normalità unita al suo talento, lo trasformavano in qualcosa di sublime.
“Prego signorina, ora tocca a lei.” Uno degli insegnanti invitò Charlotte ad avvicinarsi alla postazione per eseguire il brano. “Signorina. Ehi, è qui fra noi?”
“Eh?! A-Ah-ehm… Sì, sì…. Stava… Stava dicendo?” Si era così incantata da non rendersi conto che la stavano chiamando.
“Ah!” Sghignazzò Iris. “Hai paura, confessa! Signori professori, io credo non ci sia bisogno di farla suonare.”
Quelli non la presero affatto in considerazione. “Prego, ora tocca a lei.” Le fecero cenno di prepararsi ad eseguire il brano.
Era tutto pronto, tutto tranne le sue gambe che tremavano per l’emozione. Chiuse per un istante gli occhi e respirò profondamente, poi guardò Gary che la fissava con tranquillità e quella sicurezza di chi sa di partire con una marcia in più. “Sei pronta?” Le sussurrò con voce calda ed incoraggiante.
Accennò un lieve sorriso e iniziarono a suonare. Le sue dita erano gelate e dovette fare grandi sforzi per soffiare decentemente nel flauto, tanto che giunta al termine, sentiva la gola secca e al contempo una gran soddisfazione per aver gestito piuttosto bene l’emozione. Non le era mai capitato si suonare con un fenomeno come lui, capace di improvvisare digressioni e di emanare uno charme del tutto unico.
“Bene, molto bene.” Gli insegnanti parevano estremamente soddisfatti. “Comunicheremo a breve la decisione. Colei che non eseguirà questo brano con il signor Ascott, troverà sul suo portale la modifica al programma. Potete andare avanti con le prove, ognuno nella sala assegnata. Buon lavoro, signori.”
 
 
 




 
“Soph! Non ci credo!” Charlotte entrò in camera come un tornado, trovano l’amica con l’asciugamano in testa.
“Che è successo?”
“Me! Hanno scelto me per suonare con Gary!”
“Buah! Fantastico!” Diede il cinque all’amica, congratulandosi del risultato.
“Quello fa paura, credimi! Io non so perché hanno scelto me, sono lontana anni luce da lui! Tremavo come una foglia oggi durante le prove! Iris ha suonato centomila volte meglio di me eppure…”
“Eppure hanno preferito te.” Sophie concluse la frase sorridendo, felice per l’amica, mentre si asciugava i capelli. “Evidentemente hanno visto che fra te e Gary c’è molto più feeling rispetto a miss musicaperfetta. O’Connor mi ha spiegato che qui il talento conta, sì, ma fino ad un certo punto, quello che loro cercano negli studenti è l’amore puro e disinteressato per la musica. Tu sei un vulcano di emozioni e ti lasci trasportare dalla melodia proprio come piace a loro, sono certa che ti hanno scelta per questo motivo.”
“Tu dici?” Osservò il volto sereno dell’amica. Nonostante fossero coetanee, Sophie era sempre stata la parte razionale e matura della coppia. “E tu? Che mi racconti?”
Ripose l’asciugacapelli non appena i suoi capelli furono asciutti, poi si sedette di fronte all’amica. “Oh, un’esperienza fantastica! Tu pensa che io, Ethan e altri due violoncellisti abbiamo provato Smoke on the water ed è uscita una cosa pazzesca! Non mi sono mai divertita tanto in vita mia!” I suoi occhi brillavano ripensando a quei momenti, poi si ricordò una cosa e infatti il suo viso si fece serio. “Sai, ora che ci penso in quella sala prove è accaduto qualcosa di particolare. Avevo appoggiato il mio archetto sul leggio per andare a chiedere una cosa ad O’Connor e quando sono tornata al mio posto l’ho trovato in terra.”
“Sei sicura di averlo lasciato sul leggio?”
“Sì, assolutamente sì.”
“Magari qualcuno l’ha urtato per errore.”
“Non si è mosso nessuno e non c’erano correnti d’aria. Chiedi ad Ethan.”
 Charlotte non sapeva cosa dire, come per incanto le ritornò alla mente quella figura bianca scorta prima sul cornicione della scuola e poi sulla torre, quella sera in cui lei e l’amica erano uscite a far due passi nel giardino ed avevano incontrato Gary ed Ethan. Era solo suggestione o fra quelle mura c’era qualcosa di sovrannaturale? Piombò il silenzio fra le due. Sophie fissava l’archetto del suo violino, lo fissava come a voler cercare una risposta, poi il suo smartphone trillò, annunciando l’arrivo di un messaggio.
Charlotte parve destarsi dal torpore. “E’ di Emily.” Comunicò all’amica. “Vieni! Sta succedendo un casino assurdo!”
“Cosa? Che sta succedendo?”
Appena scese le scale, incontrarono Oliver che, come loro, stava raggiungendo Emily, Ethan e Gary già all’esterno della struttura.
“Lassù! Guardate: luci che si accendono e si spengono nel sottotetto.” Ethan fissava quelle finestrelle senza batter ciglio. “Proprio come quella sera…”  
“Ehi! Qualcuno sta suonando il pianoforte! A quest’ora della sera non sono previste prove!”
“E’ così infatti.” Il professor O’Connor si avvicinò al gruppo di ragazzi. “Le aule di musica sono deserte ed ho visto tutte le porte ben chiuse. Oltre tutto le luci sono spente e…”
“E allora chi c’è lì? Chi sta suonando il mio piano?”
“Non ne ho idea.” Il giovane insegnante guardò le sue allieve, poi riportò l’attenzione sulle finestre del sottotetto le cui luci avevano preso a spegnersi e riaccendersi ritmicamente, come a seguire un codice ben preciso, forse una melodia.
Oliver estrasse il cellulare dalla sua tasca ed iniziò a filmare la zona, concentrandosi prevalentemente sulle finestre del sottotetto e delle aule di musica. Essendo appassionato di misteri, non perse l’occasione e tentò di catturare qualche immagine potenzialmente inspiegabile a fronte di quanto stava accadendo.  Infatti, dopo pochi secondi, controllò quanto acquisito aiutandosi con un’applicazione apposita. “Orbs, ci sono un sacco di orbs qui attorno.” Sentenziò.
Emily si avvicinò all’amico e vide sul display del telefono le immagini del giardino su cui volteggiavano tante piccole sfere bianche. “Che sono ‘sti cosi?”
“Sono orbs. Sono dei piccoli globi di luce invisibili ad occhio nudo, per gli esperti del paranormale sono manifestazioni di entità spiritiche.”
“Che significa? Che qui ci sono i fantasmi?”
“Non lo escludo.”
Quelle tre parole lasciarono tutti senza fiato.
 


 
 
 
Contemporaneamente il direttore Cowen osservava dalla sua finestra il gruppo di ragazzi scesi a curiosare. Con lui c’erano quattro degli insegnanti più anziani, anch’essi in totale silenzio.
“Mathilde è tornata.” Proferì Cowen a bassa voce. “E’ tornata come accade all’inizio di ogni semestre.” Gli altri annuirono. “Ma questa volta è tornato anche Arthur e voi sapete cosa significa, vero signori?”
 
 
 
 
 



 
 
Buongiorno a tutti!
Ancora grazie per il Vostro meraviglioso supporto!
Invito anche i lettori silenziosi a farsi avanti con i loro commenti e suggerimenti, è sempre un vero piacere interagire con tutti voi.
 
Qui iniziamo a parlare sul serio di musica, ho scelto vari generi diversi fra loro perché credo che si possano avere preferenze, sì, ma ogni attimo della nostra vita ha la sua colonna sonora, sia essa composta da musica classica, pop o rock, pure quello duro. A mio parere tutta la musica è bella e non è giusto demonizzare quella che ci va meno a genio, fosse anche solo per l’interprete. Almeno questa è la mia opinione.
E sul finale appaiono fenomeni strani: avete mai sentito parlare di orbs?
E poi: chi è Mathilde? E Arthur?
 
 
Grazie ancora per il vostro supporto e alla prossima!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 3
*** New friends ***


 


“Signori, ben arrivati!” Attese qualche secondo perché l’attenzione dei ragazzi fosse totale. “Permettetemi di presentarmi: io sono Joseph Cowen, direttore della Duke of Kente Music Academy, siate i benvenuti. Siete stati selezionati fra i migliori talenti del paese per un semestre che, come sapete, culminerà con un evento di portata mondiale volto a celebrare i più grandi nomi della musica. Ognuno di voi dovrà studiare i brani che vi assegneremo in base alle vostre caratteristiche, ci saranno brani da eseguire singolarmente, in coppia o in più elementi. Tutte le musiche che suonerete sono state arrangiate dai nostri insegnanti che le hanno adattate ad un’esecuzione orchestrale. Come certamente saprete, la nostra accademia può vantarsi di essere forse la più prestigiosa del paese, da qui sono usciti grandi nomi e dovete essere orgogliosi di indossare la nostra uniforme. Esigiamo il massimo impegno dai nostri studenti, massima serietà e disciplina. Nelle vostre stanze avete trovato, assieme all’uniforme, il dépliant con il regolamento dell’accademia: per i trasgressori sono previste dure sanzioni, inclusa l’espulsione immediata. Se avete domande, dubbi o perplessità, i nostri maestri sono a vostra disposizione. Ed ora prendete posizione nell’emiciclo che andiamo ad eseguire l’inno nazionale. Direttore Brown, a lei il podio.”
Charlotte si sedette con gli altri tre studenti che come lei suonavano il flauto traverso: c’era un ragazzo dalle evidenti origini africane e l’aria estremamente simpatica, una ragazza dai capelli rossi raccolti in una lunga treccia ed il viso punteggiato di lentiggini ed un’altra ragazza dall’aspetto sofisticato che si guardava attorno con aria schifata. Sophie invece si sedette fra i violinisti a non molta distanza dal direttore, accanto ad un ragazzo dal sorriso luminoso e cordiale.
Pochi istanti dopo l’aria si riempì delle note di God save the Queen.
 
 



 
 
“Dunque…noi del flauto traverso dobbiamo recarci nella sala prove numero 14, dovrebbe trovarsi quasi a fine corridoio.” Affermò la ragazza dalla lunga treccia.
“Oh, a proposito, io sono Oliver, lieto di conoscervi ragazze.”
“Charlotte, il piacere è mio.” Gli strinse la mano. “Tu invece sei?”
“Emily, lieta di conoscervi.” Il suo viso si colorò leggermente, segno di una lieve timidezza.
Poi si voltarono verso l’altra ragazza che era rimasta in silenzio e in disparte. “Iris Johnson di Oxford. Studio flauto traverso da quando avevo quattro anni, ho suonato con la Royal Junior Orchestra e dopo questa esperienza frequenterò un corso a Los Angeles per la musica in ambiente cinematografico.”
I tre la guardarono senza battere ciglio.
“Ah-ehm… Complimenti Iris, un curriculum eccellente davvero.” Charlotte si espresse con un sorriso accennato. Già le stava antipatica.
“Coraggio, troviamo questa sala quattordici e vediamo il vostro livello preparatorio.” Girò sui tacchi dirigendosi verso la stanza indicata.
Passarono davanti alla sala numero dieci la cui porta era aperta: si trattava della sala del pianoforte ed era una delle più grandi. Seduto allo strumento c’era un ragazzo dai capelli neri che, eseguendo gli ordini del maestro, iniziò a suonare Don’t look back in anger degli Oasis in versione acustica. Charlotte si soffermò un istante, tanto era rapita dall’eleganza e dall’armoniosità della melodia. Suonava in maniera sublime, incantevole, e le piccole digressioni che si concedeva apparivano naturali, come se fossero la normalità.
“Mamma mia, ma quanto è bravo quello!” Esclamò piena di ammirazione.
“Mh!” La schernì Iris. “Ma da dove vieni tu? Non dirmi che non conosci Gary!”
“Gary?” Le venne poi l’illuminazione, ricordandosi di ciò che aveva letto dai social. “Gary Ascott intendi?”
“E chi altrimenti? Nessuno è capace di suonare il pianoforte come lui.”
Effettivamente era fenomenale, in tanti anni non aveva mai sentito niente di simile.
“Andiamo, non voglio far tardi per colpa tua.”
Charlotte alzò gli occhi al cielo: Iris le avrebbe dato del filo da torcere, non tanto per la sua capacità musicale, piuttosto per il suo carattere insopportabile e antipatico.
 
 
 




 
Sophie e Charlotte rientrarono nella loro camera dopo aver consumato la cena assieme agli altri studenti, dalla finestra potevano osservare la torre con l’orologio che svettava sulla facciata principale dell’accademia. Era illuminata da alcuni riflettori che le conferivano un aspetto piuttosto sinistro, creando giochi di luci ed ombre non troppo rassicuranti.
“Mi domando perché non vogliono farci andare liberamente lassù.”
“Ma che t’importa di salire sulla torre?  Sarà pure piena di ragni e scarafaggi!”
“No, non sulla torre.” Rispose Charlotte senza distogliere lo sguardo dall’edificio. “Intendo al piano superiore dell’accademia dove sono gli uffici e le stanze da letto dei prof.” Restò con gli occhi fissi sull’esterno. “E se andassimo a dare un’occhiata?”
“Che cosa?! Ma ti vuoi far espellere dopo neanche un giorno?!”
Si alzò, avvicinandosi a piccoli passi alla porta. “Voglio solo dare un’occhiata in giro, nel dépliant non è vietato passeggiare in giardino. Dai, non essere fifona e vieni con me.”
“Io non sono fifona!” Rispose l’altra scherzosamente.
“Dai, andiamo.”
Charlotte aprì la porta: nel corridoio non c’era nessuno. L’ambiente era illuminato in modo soffuso dalle piccole luci calde appese alle pareti, sembrava che pure esse non volessero disturbare. Il silenzio era totale e c’era proprio quell’aria strana, silenziosa e apparentemente calma tipica dei luoghi di culto. Eppure erano anni oramai che le monache non vi abitavano più, sebbene tracce di quel passato fossero ancora presenti: infatti lungo le pareti erano state lasciate delle nicchie che ospitavano statue di Santi che parevano sorvegliare chiunque passasse di lì.
Le due ragazze chiusero la porta della loro stanza senza fare rumore e si avviarono con passo felpato verso l’uscita.
“Psss, secondo te finiamo nei guai?”
Charlotte si voltò. “Non ne ho idea, ma questo luogo mi eccita tantissimo! Sembra di stare in certi film ad alta tensione! Un figata!”
“Se lo dici tu…. A me sembra che quella Madonna lì mi guardi male.” I giochi di luce ed ombra in effetti regalavano un volto non troppo rassicurante alla statua, rendendola quasi inquietante. Si voltò e non vide più Charlotte. Un brivido le percorse la schiena da cima a fondo, poi sentì un rumore provenire dal fondo del corridoio che le causò ulteriore ansia. E Charlotte pareva scomparsa. Non si sentiva troppo al sicuro a starsene lì tutta sola con lo sguardo inquietante della statua della Madonna, per cui preferì tornare in camera, ma proprio appena voltata per tornare indietro, una mano sulla spalla sinistra la bloccò, impedendole di proseguire. Il suo urlo terrorizzato fu soffocato da un’altra mano che le chiuse la bocca. “Sh, zitta! Vuoi farci beccare?!”
Riconobbe la voce di Charlotte, si voltò leggermente per sincerarsi che fosse davvero lei e sussurrarle un profondo vaffa. “Idiota! Mi hai fatto prendere un infarto!”
“Io?!”
“Sì, tu!” Respirò profondamente. “Cristo Santo, ti ho detto che questo ambiente mi mette ansia e tu che fai? Sparisci e ricompari all’improvviso alle mie spalle!”
“Va bene, va bene! Scusa! Mi ero avvicinata alle scale e non ti ho vista più, perciò sono venuta a cercarti.” Si giustificò l’altra. “Possiamo andare adesso?”
Annuì in silenzio e seguì l’amica scendendo le scale senza fare rumore. Appena furono all’esterno, percepirono all’istante un brivido gelato lungo la schiena, sebbene l’aria fosse tutt’altro che fredda. Pure esternamente gli edifici apparivano quasi sinistri e non troppo rassicuranti, forse erano i colori scuri delle pareti debolmente illuminate da alcuni lampioncini, forse erano quelle tre finestre accese al piano di sopra, quello proibito agli studenti, forse erano i versi di alcuni animali notturni, forse era la luna piena che diffondeva la sua fredda luce sul parco dell’accademia rendendolo simile ad uno scorcio di pianeta alieno? E fu proprio grazie alla luce lunare che le due ragazze riconobbero le sagome di due individui, di cui uno intento a fumare una sigaretta. Si trovavano ai margini del laghetto, evidentemente non erano le uniche a voler curiosare in giro: quelli erano studenti come loro, non erano insegnanti, altrimenti non si sarebbero mai mossi con la complicità della notte per girovagare nel parco.
“Che dici? Vediamo chi sono?” Charlotte pareva propensa a incontrarli e stringere qualche nuova amicizia.
“Guarda, stanno venendo verso di noi.” Sophie indietreggiò di qualche passo. “Aspetta, quello è Ethan. Suona il violino ed era seduto accanto a me oggi.” Avendo riconosciuto il ragazzo, si fece coraggio facendosi incontro con il volto più rilassato. “Ehi, Ethan!”
Questi si voltò. “Sophie, ciao! Che fai in giro a quest’ora?”
“Oh, niente di speciale, io e la mia amica davamo solo un’occhiata in giro.”
“Ciao, io sono Charlotte.”
“Piacere. Ah, lui è Gary.”
Lo osservò per qualche istante. “Il famoso Gary Ascott…” Charlotte finalmente si era trovata faccia a faccia con quel famigerato talento che aveva sentito suonare Don’t look back in anger in maniera divina.
“Beh, famoso forse non proprio, ma Gary Ascott sì.” Rispose in modo molto amichevole lui. “Lieto di conoscervi, ragazze.” Osservò per qualche istante Charlotte. “Sbaglio o tu suoni il flauto traverso assieme ad Iris Johnson?”
“Sì, esatto.”  Fantastico, il talentuoso è amico della’antipaticona.
“L’ho incontrata alcuni anni fa quando stavamo alla Royal Junior Orchestra ed è molto brava. Tu che ne pensi?”
“Beh, se la cava bene.” Omise di riferirgli quanto la trovava simpatica. “Ad ogni modo non potrebbe essere diversamente dato che anche lei è qui.”
“Giusto. Spero di poter suonare presto anche con te e sentire quanto sei in gamba.”
“Ragazzi, mi spiace interrompere la vostra conversazione, sicuramente avrete modo di conoscervi meglio ma… Credo sia ora di tornare nel dormitorio, ci sono troppe luci accese al piano di sopra, non vorrei ci avessero visto.” Ethan aveva notato la stranezza e si incamminò verso l’ex convento seguito dagli altri.
“Però è strano.” Osservò Charlotte un attimo prima di rientrare. “Le finestrelle con la luce accesa sembrano essere quelle del sottotetto, dubito che i prof dormano lì.”
“Hai ragione.” Confermò Gary. “Guardate, quella si spenge e si riaccende di continuo!”
“Ragazzi, questa storia non mi piace.” Sophie iniziava ad avere la tremarella alle gambe.
“Oh! Chi c’è sul tetto?!” Ethan indicò una figura bianca che stava camminando sul cornicione.
Erano tutti a bocca aperta: all’improvviso la figura scomparve, poi riapparve sopra la torre dell’orologio, aprì le braccia e si lanciò nel vuoto. Pochi istanti dopo sparì definitivamente inghiottita dalla notte.
I quattro ragazzi non sapevano cosa dire, né tantomeno sapevano dare un senso a ciò che avevano visto.
“Incredibile…”
“Ma che cos’era?”
“Non lo so, ma credo sia meglio non farne parola con nessuno.” Sentenziò Ethan trovando tutti d’accordo.
Poi ognuno di loro fece ritorno nelle proprie stanze da letto in totale silenzio.
 
 
 







 
 
Hello everybody!
Permettetemi di dire un GRAZIE enorme ad Emmastory e KarenHumbert che hanno commentato il precedente capitolo: mi state dando fiducia per questa nuova avventura e spero di incontrare ancora il vostro favore.
In questo nuovo capitolo incontriamo altri personaggi che, chi più e chi meno, ci faranno compagnia. Poi sul finale ecco che appare qualcosa di insolito: un’apparizione capace di lasciare tutti senza parole. Cosa potrà mai essere?
 
Vi auguro una buona giornata e, mi raccomando, commentate!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 4
*** Ghostbusters ***


 


 
“Ethan, metti via il cellulare!”
“Ops, Sì, scusi prof.”  Il ragazzo si era fatto beccare per l’ennesima volta da O’Connor. Prese l’apparecchio e lo ripose nella piccola borsetta.
“Troppe spasimanti?” Lo schernì Sophie.
“Che ci vuoi fare? Non è facile resistere al mio fascino.” Si passò scherzosamente la mano fra i capelli, divertendosi a fare il piacione. “E non posso neanche trascurare le mie ammiratrici, non è carino.”
“Oh, capisco.” Lo assecondò lei. “Avanti Mister Universo, vedi di ammaliare con la tua arte anche la professoressa Kelly, fino a che non suoniamo come lei vuole non ci fa respirare.” Cercò sul tablet lo spartito di I will always love you, omaggio alla grande Withney Houston, attese il cenno, lanciò un veloce sguardo ad O’Connor ed iniziò ad eseguire il brano assieme ad Ethan, al violoncellista e alla contrabbassista. Ma proprio nel bel mezzo dell’esecuzione tutti i tablet si spensero in simultanea. “Beh? Che scherzo è?”
“Signori, ci siamo raccomandati più di una volta: dovete sincerarvi che i vostri dispositivi siano sempre carichi!” Sbottò la Kelly. “Ma quante volte dobbiamo ripetere le stesse cose? Non siamo alle elementari!”
“Professoressa, le giuro che tutti i nostri tablet avevano la batteria carica fino a pochi istanti fa.” Cercò di giustificarsi Ethan. “Così come il mio cellulare.” Verificò la cosa dopo aver ripreso l’apparecchio.
“Ah, tutto questo è assurdo.” La donna non sembrava affatto propensa a dare ascolto alle parole degli studenti. “E chiudete immediatamente la finestra, ma chi ha avuto la brillante idea di aprirla?!” Rabbrividì come se fosse stata investita da una corrente gelida, poi si voltò e verificò con i suoi occhi che entrambe le finestre presenti nella sala prove erano ermeticamente chiuse. Guardò O’Connor e gli studenti che a loro volta la fissavano in silenzio. “Io …. ho bisogno di una tazza di the. Facciamo una pausa di trenta minuti, non uno di più.” Ed uscì dalla sala senza voltarsi.
“Quella ha dei problemi.” Sentenziò Ethan scuotendo la testa.
“Sapete una cosa, ragazzi?” O’Connor si sedette accanto a Sophie. “Nonostante tutto io sono sempre fedele alla cara vecchia carta. I tablet sono comodi per altri versi, ma preferisco di gran lunga gli spartiti scritti anche a mano sull’intramontabile pentagramma.” Estrasse dalla sua borsa un fascicolo contenente i brani da suonare scritti alla maniera classica. “Ricordi? Anche a scuola usavamo questi.” Guardò Sophie che annuiva sorridendo. “Sedetevi l’uno accanto all’altro in modo che possiate vedere tutti lo spartito, così andiamo avanti con le prove. Oppure volete attendere che torni la Kelly?” I ragazzi si misero a ridere mentre prendevano posto come aveva suggerito l’insegnante. “Bene, siete pronti?” Lanciò un ultimo sguardo verso Sophie. “Uno, due,…..”
E le lampade da parete che illuminavano la sala esplosero all’improvviso.
“Che è stato?!” Ethan schizzò in piedi come una molla.
Sophie si precipitò assieme agli altri due studenti vicino alla porta. “Io qui non resto un minuto di più.” Afferrò la maniglia ed uscì seguita da tutti gli altri, O’Connor incluso.
“Vuoi vedere che qui ci sono davvero i fantasmi?” Ethan si ricordò delle parole di Oliver e del filmato in cui erano presenti gli orbs.
“Ma i fantasmi escono di notte, mica di giorno!” Sophie tremava al pensiero di trovarsi faccia a faccia con uno spirito.
Il ragazzo non rispose. Tutti si guardavano in silenzio in attesa che qualcuno se ne uscisse con Scherzetto!  Ma quella parola non uscì.
“Vado a controllare se ci sono altre sale prova a disposizione, così possiamo andare avanti con il programma.” Disse O’Connor. “Voi aspettatemi qui.”
Mentre il professore si allontanava, Ethan rifletteva su quanto accaduto: si trovava lì da poco tempo ed aveva assistito a fenomeni incredibili, tanto affascinanti quanto spaventosi. “Soph, dobbiamo indagare.”
“Che?! Ma sei scemo?! Ti vuoi mettere a fare l’acchiappafantasmi?!”
“Voglio solo capire cosa succede fra queste mura. Troviamoci stasera vicino al laghetto del parco assieme agli altri.” Prese il cellulare e notò la batteria carica. “Vedi? Poco fa non funzionava, ora sì e posso messaggiare regolarmente.” Digitò l’invito per quella sera e lo inviò via Whatsapp agli amici.
 
 
 

 
E calò la sera.
 


 
 
“Capite? Qui ci sono quasi sicuramente delle entità che vagano fra le stanze dell’accademia. Io voglio saperne di più.” Ethan aveva esposto tutti i fatti che lo avevano portato a prendere la decisione di indagare. “Siete con me?”
“Contaci.” Oliver fu il primo a mostrare entusiasmo e ad accettare di buon grado.
“Gary?”
Restò in silenzio per qualche istante. “Io…. Ci devo pensare. Insomma, non posso cacciarmi nei guai.” Se per una tale bravata lo avessero espulso, avrebbe dovuto fare i conti con la sua famiglia di artisti e musicisti.
“Nessuno vuole cacciarsi nei guai. Voglio solo fare qualche indagine per capire cosa nasconde questo luogo, nient’altro.”
“Per indagare devi per forza ficcare il naso in zone dell’accademia proibite, come il piano di sopra o peggio ancora la torre.”
“Appunto.” Indicò l’amico. “Hai ragione: il piano di sopra è proibito. Ciò significa che lì qualcosa c’è, altrimenti avremmo libero accesso.”
“E poi le finestre che si illuminano e si spengono all’improvviso si trovano proprio lì.” Confermò Oliver.
“Va bene Gary, tu pensaci e poi fammi sapere. Ragazze, voi che intenzioni avete?”
Sophie, Charlotte ed Emily si guardarono titubanti, dare la caccia ai fantasmi non rientrava affatto fra le loro attività preferite.
“Ecco….” Titubò Charlotte. Poi pensò a quanto sarebbe stato eccitante curiosare e magari scoprire qualcosa di straordinario, percepire l’adrenalina scorrere in ogni capillare e, per una volta, uscire dagli schemi. “Ci sto!”
“Fantastico!” Si congratulò lui. “Emily, non hai voglia di indagare assieme a me?” Si avvicinò alla ragazza dai lunghi capelli rossi sussurrandole l’invito con voce calda. Era quasi sicuro che lei avesse un debole per lui. "Coraggio, ci sarò sempre io a proteggerti.”
Lei abbassò lo sguardo mentre sentiva le guance andarle a fuoco. Se il cuore le diceva di accettare senza riserve, la mente la frenava inesorabilmente, chiedendo di essere quanto più razionale possibile per evitare problemi.
“Ho un’idea!” Charlotte si intromise per spezzare l’imbarazzante situazione. “Emily e Sophie potrebbero aiutarci cercando qualcosa nelle biblioteche, che ne dite? Loro sono più intellettuali e meno propense all’azione, per cui potrebbero frugare fra i vecchi volumi in cerca di notizie interessanti, mentre noi andiamo a caccia di indizi sul campo, che ne dite?”
“Brillante intuizione!” Sentenziò lui. “In ogni squadra che si rispetti ci vogliono sia il braccio che la mente.” Ethan era soddisfatto. “Gary, manchi solo tu, amico mio.”
“Io…. Così su due piedi non posso decidere, devo pensarci su. Domani ti darò una risposta.” Diede uno sguardo all’edificio avvolto nel buio della notte: era tutto calmo e tranquillo. “Buonanotte.” E si avviò verso le camerate con le mani in tasca e la testa bassa.
“Ma che ha?” Charlotte era rimasta meravigliata dal comportamento del compagno di studi.
“E’ fatto così.” Spiegò Ethan. “Lo conosco da anni ed è difficile farlo uscire dalle righe. Già per farlo venire qui stasera ho dovuto faticare, temo non sarà facile farlo unire a noi.”
Gli occhi della ragazza seguirono Gary fino a che scomparve dietro il portone dei dormitori, non si aspettava una simile reazione da uno come lui, sempre sicuro dei suoi mezzi e delle sue azioni. O forse non era così? Si avvicinò alle sponde del laghetto, le cui acque erano immobili e parevano dormire placidamente sotto il velo della notte. Non aveva mai notato che sulla parte opposta c’era una statua, simile ad un monumento raffigurante due cigni che si guardavano dritti negli occhi. Mossa dalla curiosità si avvicinò per osservare più da vicino. “Che belli sono! Sembrano veri!”
“Secondo voi sono i cigni che nuotano nel lago?” Emily si era avvicinata all’amica.
“Potrebbero essere, sì. E mi vien da pensare che siano molto importanti per l’accademia, altrimenti non avrebbe senso una statua come questa.”
“I cigni dove sono? Non li vedo.” Scrutò fra l’oscurità per tentare di scorgere gli eleganti animali, forse il loro nascondiglio notturno si trovava fra i roseti che si specchiavano sulle acque e facevano da cornice al monumento.
“Diamo un’occhiata.” Charlotte prese il cellulare e selezionò la funzione torcia. “Sì, lì sembra esserci una sorta di giaciglio, ma è vuoto… Dove diavolo sono?” Poi puntò la luce verso il basamento della statua e notò qualcosa. “Ehi, ragazzi, venite qui.” Seminascoste fra le piante di rose c’erano due lettere, una “M” ed una “A”.
“Che significano questi caratteri?” Ethan, come gli altri, non li aveva mai notati.
“Potrebbero essere le iniziali dei nomi dei cigni?”
Il ragazzo non rispose, mantenne però l’attenzione su quelle due incisioni. “Char, riporta la luce lì per favore, voglio vedere se c’è dell’altro.” Attese la giusta illuminazione e si avvicinò ulteriormente al basamento della statua. “Aspettate un attimo…. Illumina qui per favore.” Charlotte fece come richiesto e anche lei notò una data. “1898.” Ethan si alzò, voltandosi verso gli amici.
“Potrebbe essere la data di realizzazione, non ci trovo niente di strano.” Affermò Sophie.
“E’ vero, potresti aver ragione. Ma quei caratteri? Sembrano delle iniziali e se così fosse, non possono essere certo le iniziali dei nomi dei cigni. Non so quanto vivono questi pennuti, ma certamente non possono superare i cento anni!” Si abbassò di nuovo verso il basamento e avvicinò la mano, ma come sfiorò quella pietra i due cigni comparvero dal nulla starnazzando come oche e svolazzando verso di loro come a volerli cacciare via. L’improvviso arrivo degli animali colse tutti di sorpresa e, visibilmente spaventati, i ragazzi se la diedero a gambe levate. Corsero fino ai dormitori, entrarono all’interno e pian piano i loro battiti cardiaci presero a tornare regolari.
“Accidenti a quei maledetti pennuti!” Oliver fu il primo a riaprire bocca.
“Credete che ci abbiano visti?” Emily era preoccupata.
“Spero di no.” Sbuffò Ethan. Voleva essere il coraggioso del gruppo e invece era stato il primo a fuggire. “Ok, raga, domani dopo le prove ne riparliamo, per ora acqua in bocca.” Attese il consenso di tutti, poi si diressero nelle rispettive camere da letto.
 
 
 
 
 










Buongiorno a tutti!
Vi prego, non odiatemi. Ultimamente non sono riuscita a trovare il tempo necessario per aggiornare la storia e ne approfitto per scusarmi anche con gli amici di cui seguo le storie e le poesie, farò del mio meglio per rimettermi in pari sia con la lettura che con le recensioni.
Detto questo, i nostri studenti si trasformano in Ghostbusters e le ultime novità fanno pensare che qualcosa di interessante abbia a che fare con i cigni del laghetto e il monumento che li ritrae: ci sono due iniziale e una data. Sono indizi o iscrizioni casuali?
Se siete curiosi, continuate a seguirmi!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 5
*** Big little news ***





Il direttore Cowen cercò sulla rubrica telefonica, poi selezionò il numero individuato.
“Signora Stanford, salve! Sono Cowen, come sta?”
“Oh, direttore, che piacere sentirla! Ho ancora i postumi di un brutto raffreddore, ma non posso lamentarmi. Lei?”
“Anch’io non mi posso lamentare, tuttavia se l’ho chiamata, nonostante sia piacevole parlare con lei, intuisce che qualcosa non va.”
“Non mi dica che Mathilde la sta facendo preoccupare più del solito!”
“No, lei oramai è una presenza amica e innocua, sappiamo bene come comportarci nei suoi confronti. Il motivo che mi ha spinto a chiamarla è che questa volta è tornato anche Arthur.”
“Cosa?! Ma ne è sicuro?”
“Sì, nel modo più assoluto. Signora, so che lei è molto impegnata, ma debbo pregarla di trovare il tempo per venire qui prima che qualcuno corra dei rischi.”
“Mhm, capisco. Senta, io adesso mi trovo a Banchory, in Scozia: la Dama Verde del Castello di Crathes ha bisogno di trovare quiete…. Mi dia un paio di giorni, poi sarò da lei. La mia vecchia camera è sempre disponibile?”
“Naturalmente! Grazie infinte e buon lavoro.”
“A presto, direttore.”



Cowen terminò la telefonata, tutelare l’incolumità di studenti e insegnanti, specialmente quelli nuovi, era di fondamentale importanza e Sandra Stanford già in più di un’occasione si era rivelata fondamentale. Si alzò dal suo tavolo, dirigendosi verso il quadro del Duca di Kent, lo spostò ed aprì il vano segreto per sincerarsi che quei documenti fossero ancora lì.
 








“Oh, cavolo! E’ tardissimo!” Charlotte aveva indugiato più del dovuto nell’asciugarsi i capelli dopo una rilassante doccia mattutina. Si vestì in fretta e furia, precipitandosi poi verso la sala prove dove Gary la stava aspettando per studiare e perfezionare Moon River. Percorreva il corridoio come una forsennata, sapeva che un ritardo eccessivo poteva costarle una nota di demerito ed era l’ultima cosa a cui ambiva. Non c’era nessuno in giro, ma proprio un attimo prima di entrare nella sua sala prove, con la coda dell’occhio le parve di scorgere un’ombra biancastra accoccolata presso la porta in fondo all’ambiente, quella che portava all’aula magna, dove suonavano tutti assieme. Si stropicciò gli occhi e di quell’ombra non c’era più traccia.

“Ah, signorina Wittel, giusto in tempo.” Il professor Owen salutò l’allieva ritardataria e la invitò a prendere posto. “Bene, signori, proveremo adesso Moon River assieme a Judy e Charles che ci accompagneranno con oboe e clarinetto, poi decideremo se e come proporre il brano al concerto. Siete pronti?”
Al cenno dell’insegnante i quattro giovani talenti iniziarono a riempire la stanza di armonie di rara eleganza.
“Eccellente, eccellente davvero.” Si complimentò l’uomo. “Adesso proveremo solo con il flauto traverso e pianoforte, poi facciamo una piccola pausa. Uno, due tre!” E di nuovo si ripeté l’incanto della musica.




“Ragazzi, noi andiamo a bere un caffè. Venite?” Judy invitò Gary e Charlotte ad unirsi a lei e Charles, mentre il professore era già sceso in caffetteria.
“Oh, no, ti ringrazio.” Gary declinò l’invito. “Preferisco restare qui a suonare.”
“Tu vieni con noi?”
“Io?” Charlotte era propensa ad accettare. Poi guardò Gary, aveva una faccia piuttosto ombrosa. “Vi ringrazio, ma non mi va ora. Sarà per un’altra volta.” Salutò i compagni con un sorriso e si avvicinò silenziosamente al ragazzo che già stava strimpellando. “Va tutto bene?”
Lui smise all’istante di suonare. “Sì, certo. Perché me lo chiedi?”
“Perché mi sembri piuttosto pensieroso. Sappi che puoi contare su di me se hai bisogno.”
Accennò un lieve sorriso. “Tu da quanti anni studi musica?”
Lei restò meravigliata da quella domanda: che c’entrava con la sua presunta tristezza? “Beh… Avevo più o meno dieci anni di età. Ero ancora una bimbetta con le treccine modello Pippi Calzelunghe! Adoravo la musica e quando finalmente ebbi la possibilità di iniziare a studiarla ero la persona più felice del mondo. Avrei preferito studiare pianoforte, ma non era possibile perciò scelsi il flauto traverso.” Notò un sorriso accennato sulle labbra dell’amico. “Tu invece?”
Sospirò profondamente. “Il pianoforte fa parte di tutti i miei primi ricordi d’infanzia, non so dirti con esattezza a che età ho iniziato a suonare.” Sfiorò un paio di tasti. “Avete… Avete già iniziato le indagini di cui parlava Ethan?”
“No.” La sua risposta fu quasi un sussurro. Era evidente l’interesse di Gary, ma per qualche motivo sembrava volesse starne fuori. “Tu non hai ancora deciso cosa fare?”
Il ragazzo si alzò in piedi e si mise di fronte alla finestra con lo sguardo perso nel vuoto. E restò muto.
Lei gli si fece vicino. “Ci conosciamo da poco e non riesco a capire cosa ti fa stare così male, vorrei aiutarti ma non so come.”
“Ti ringrazio Charlotte, ma c’è ben poco da fare” Sospirò.” Io sono venuto qui solo e soltanto per suonare e portare alto il nome della mia famiglia.”
“Tutti noi siamo venuti qui per suonare.”
“Già. Tuo padre è un musicista affermato così come tuo nonno? Tua madre è una cantante lirica? Tua sorella sta già debuttando nei più famosi teatri del mondo?”
Restò in silenzio lei questa volta, fissandolo e mettendo in fila ciò che aveva appena udito. “Credo di aver capito cosa intendi.”
“Io non ho avuto possibilità di scegliere, ho dovuto studiare musica. Mi piaceva la pallavolo, ero affascinato da quello sport, ma dovevo passare i pomeriggi fra lezioni di pianoforte e di solfeggio. E poi scuole private ovviamente ad indirizzo musicale, ore ed ore a fare le scale sulla tastiera del piano intervallate dall’oboe, dalla chitarra e dal violoncello. Sai quando ho suonato per la prima volta in pubblico? A quattro anni. E non era la recita di Natale della scuola materna…. Io non ho mai potuto fare nulla di mia scelta, dovevo e devo essere solo il figlio perfetto, il talentuoso Gary Ascott figlio di Bernanrd Ascott, un figlio da esporre come un trofeo ovunque si vada.” Aveva la voce gonfia di rabbia e pronta ad esplodere. “Se per assurdo mi unissi a voi nel dar la caccia ai fantasmi e venissi espulso, non so cosa ne sarebbe di me. Getterei tanta di quella vergogna e tanto di quel disonore sul mio cognome che…bah, non saprei.”
Charlotte era rimasta molto colpita dalle sue parole: leggendo il suo profilo credeva fosse il classico figlio di buona famiglia, viziato, superbo e altezzoso. Invece, conoscendolo, si era rivelato tutt’altro, quasi le faceva pena, lo vedeva come un uccello chiuso in una gabbia il cui compito è solo cantare melodiosamente per deliziare il pubblico. “Per quello che posso, ti aiuterò.” Gli strinse la mano, tentando di infondergli vicinanza e amicizia. “E poi non è detto che ci sbattano fuori se scopriamo dove si nasconde il fantasma!”
“Grazie e ….scusa per lo sfogo.” Abbassò ulteriormente la testa, era sull’orlo del pianto, quella battuta tuttavia era riuscita a smorzare leggermente la tensione.
“Non pensarlo nemmeno. ” Gli sorrise. “Se hai voglia di dare la caccia ai fantasmi, puoi farlo restando in disparte, ti terrò aggiornato sulle eventuali novità senza che tu debba esporti troppo. Poi se una sera hai voglia di testare il livello della tua adrenalina, sarai il benvenuto.”
Sorrise, mentre la rabbia che poco prima lo aveva invaso stava pian piano affievolendosi.
“Dimmi una cosa: ti piace il rock duro?”
“Come?” La domanda lo destò da quella sorta di torpore in cui era caduto.
“Roba coma Back in Black degli ACDC, Fear of the Dark degli Iron Maiden, l’intramontabile Satisfaction dei Rolling Stones? Ti piace?”
“Certo che sì! La mia playlist è piena di rock…. Camuffato da musica leggera naturalmente.”
“Ah, allora il figlio perfetto trova il modo di trasgredire ogni tanto.” Gli diede due leggere gomitate che lui ricambiò con il sorriso.
“Forza, fammi vedere come te la cavi con uno dei mostri sacri. “Cercò sul tablet The wall. “La conosci?”
“Secondo te?” Prese il faluto e al cenno dell’amico iniziò a suonare.








 

L’orologio dell’Accademia batté le cinque del pomeriggio, Emily era nel chiostro del dormitorio in attesa di Sophie, si sarebbero recate nell’antica biblioteca delle monache a caccia di qualcosa di utile per iniziare a far luce sui misteriosi avvenimenti.
“Ciao Em, scusa il ritardo.” Sophie salutò l’amica con un luminoso sorriso. “Andiamo?”
“Certo.” Si avviarono lungo il corridoio adornato di immagini sacre che conduceva alla grande biblioteca. “Tu hai qualche idea? Voglio dire, da dove potremmo iniziare?”
“Abbiamo una data e due lettere, la A e la M.” Arrivarono davanti all’ingresso, aprirono la porta ed entrarono in un ambiente che sembrava fuori dal tempo. Restarono entrambe a bocca aperta per la meraviglia che emergeva da ogni particolare, a partire dal pavimento, realizzato con pietre intarsiate e marmi colorati. I libri erano collocati in scaffali di legno lavorato ed ogni montante recava uno stemma rifinito in oro. Anche la scala che permetteva di accedere alla balaustra superiore era un capolavoro di falegnameria, per non parlare poi dei due impressionanti lampadari in ferro battuto che pendevano dal soffitto, anch’esso meravigliosamente affrescato con un cielo azzurro, nuvole e putti svolazzanti con cascate di fiori. “Mamma mia, non avrei mai immaginato potesse esserci una cosa simile a due passi da me.”
“E guarda i volumi!” Confermò Emily. “Ce ne sono alcuni davvero incredibili. Non mi stupirei se vi trovassimo formule magiche o pozioni…”
Si lasciò sfuggire un sorriso. “Era la biblioteca delle monache, non di Hogwarts.” Risero assieme. “Mi sa che ci siamo lasciate trasportare troppo da Harry Potter.”
“Già. Per certi aspetti questa accademia mi ricorda molto la Scuola di Magia, almeno per come me la sono immaginata leggendo i romanzi.”
“Coraggio, adesso al lavoro!” Sophie si avvicinò ad alcune teche che contenevano testi risalenti al Medio Evo. “Propongo di partire dalla data: cerchiamo qualcosa che ha a che fare con il 1898.”
Le ragazze iniziarono a scartabellare i registri cartacei in cui figuravano tutti i testi presenti nella biblioteca, sarebbe stato più comodo e veloce utilizzare gli archivi informatici, ma di comune accordo, scelsero la via più sicura per non lasciare tracce nei computer della loro ricerca.
“Potremmo controllare nei registri parrocchiali della chiesa, che ne dici?” Propose Emily.
“Che intendi?”
“Mio nonno è appassionato di ricerche genealogiche e spesso si è appoggiato al registro parrocchiale per ricostruire l’albero della nostra famiglia e quello di altri conoscenti. Ha scovato un sacco di cose interessanti, per cui credo possa essere utile dare un’occhiata.”
“Perché no? Hai visto se sono conservati qui?”
“Uhm….sì, ci sono. Partono addirittura dal 1548, probabilmente questa struttura esiste da quel periodo.” Verificò dove poter trovare i registri e finalmente individuò gli scaffali che li ospitavano. “Sono lì, dobbiamo andare su per le scale.”
Le ragazze salirono velocemente e con circospezione, era trascorsa quasi un’ora dal loro ingresso e non dovevano assolutamente farsi scoprire. “Ecco qua: questi vanno dal 1851 al 1900. Ci sono i registri dei battesimi, dei matrimoni e dei funerali.”
“Io andrei sui battesimi.” Propose Sophie. “Non sarebbe la prima volta che qualche monachella si fa affascinare dal pastore o da qualche galante gentiluomo. Ci va a letto, resta incinta non per opera dello Spirito Santo, ma la sua condizione non le permette di tenere il pargolo, così lo fa battezzare per donargli la Grazia di Dio facendolo passare per trovatello e lo dà in adozione.”
“Il ragionamento non fa una grinza.” Osservò l’altra. “Bene, tu guarda fra i battezzati, io mi faccio i funerali.”
“E i matrimoni? C’erano due iniziali sul monumento, ricordi? Potrebbero essere quelle degli sposi.”
“E’ vero…. Beh, i funerali possono aspettare. Sotto con gli sposi!”
Una volta indossati i guanti, le ragazze presero a consultare i registri parrocchiali su cui scorrevano i nomi dei bambini nati e battezzati nel 1898. Fra le femminucce era di gran moda il nome Victoria, evidente omaggio alla sovrana dell’epoca, così come Mary ed Elizabeth. Per i maschietti i nomi più gettonati erano Albert, come il principe consorte scomparso nel 1861, Edward, George e Arthur.
“Mary e Arthur o Albert: le iniziali potrebbero appartenere a due bambini che sono stati chiamati così.” Osservò Sophie. “Tu hai trovato qualcosa fra i matrimoni di quell’anno?”
“Non si sono sposate molte coppie e comunque nessuna è formata da persone i cui nomi iniziano per A e M.”
“Ok, allora i matrimoni sono scartati.”
Emily ripose il volume dove lo aveva prelevato poco prima e posò la mano su quello dei funerali. “La mortalità infantile era piuttosto alta a fine ‘800, potremmo controllare se il nome di qualcuno dei bambini battezzati si trova pure qui.”
“Da un lato mi auguro di no, però va bene, controlliamo.”
E iniziarono a scorrere tutti i nomi delle persone decedute. “Accidenti, certo che un tempo la speranza di vivere a lungo era un’utopia… Questa ragazza aveva 32 anni, è morta di parto. Ed è morto pure il piccolo… che tristezza.”
“John Blake, eccolo qua. E’ stato battezzato immediatamente dopo la nascita, temevano per la sua vita ed hanno affrettato le cose.” Sophie restò in silenzio, pensando a quel piccolo angelo e alla sua mamma. “Però non è quello che cerchiamo, coraggio Emily.” Entrambe erano enormemente rattristate.
La ragazza dai capelli rossi proseguì, passando in rassegna nomi su nomi. “Guarda questa.” La sua attenzione cadde sulla registrazione di un decesso le cui cause e la data esatta non erano state riportate come per gli altri defunti. “Mathilde”
Sophie osservò in silenzio.
“Non c’è scritto altro, neanche il cognome. Strano.”
“Fammi scattare una foto.” Estrasse il cellulare e catturò l’immagine. “Vedi se c’è qualcos’altro di simile con un nome che inizia per A.”
Emily girò una pagina, controllò e non notò niente di strano. Girò un’ulteriore pagina ma anche lì tutto era regolare.
L’orologio dell’Accademia batté le sei e mezza. “Accidenti, è tardi. Dobbiamo tornare nelle camere e prepararci per la cena. Torneremo domani pomeriggio e…. Cavolo sta entrando qualcuno! Via, via!”
“Aspetta!” Emily la bloccò. “Guarda qui.”
 










 
Buon Venerdì a tutti.

Onestamente ho avuto poco tempo per rivedere il capitolo, non so cosa è uscito fuori e mi scuso per gli eventuali errori. Forse non è gran ché, spero non me ne vogliate ma il periodo che stiamo attraversano non mi sta aiutando ad andare avanti con la storia. Le misure contenitive attuate in tutta Italia hanno mutato gli stili di vita di ognuno di noi e per questo non so dirvi quando riprenderò la pubblicazione, lo farò sicuramente non appena mi sarà possibile e farò del mio meglio per far passare meno tempo possibile.
In questo capitolo ho messo un po’ di carne al fuoco, come l’imminenete arrivo di un nuovo personaggio e un primo tassello del mosaico per quanto riguarda la ricerca dell’identità dei fantasmi che infesterebbero l’Accademia. Più qualcosa sulla vita di Gary.
Grazie a tutti quelli che mi stanno dando fiducia.
Spero di tornare presto.


Un abbraccio

La Luna Nera

 

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Capitolo 6
*** Suspected ***





L’esecuzione di Bohemian Rapsody da parte dell’intera orchestra riuscì ad emozionare gran parte degli insegnanti nonostante fossero sempre a contatto con la musica. Era evidente l’affiatamento nato fra gran parte dei componenti, i quali a loro volta mostravano soddisfazione per la riuscita del brano che, con grande probabilità, avrebbe aperto il grande concerto di fine semestre.
“Eccellente davvero, bravi ragazzi. Devo ammettere che, dopo un mese, il livello qualitativo è altissimo. I miei complimenti.” Il direttore Cowen prese la parola congratulandosi con gli studenti. “Permettetemi ora di presentarvi un nuovo elemento del nostro corpo insegnati, la professoressa Sandra Stanford. E’ esperta di musiche antiche ed ha già collaborato con noi in passato con ottimi risultati per gli studenti.”
La Stanford salutò cordialmente i ragazzi, sorridendo li passò tutti in rassegna senza aggiungere nulla.
Oliver, seduto accanto a Charlotte, fissava la nuova insegnante. ”Mhm, ho l’impressione di averla già vista da qualche parte.”
“Ah sì?” Rispose l’amica.
“Il problema è che non ricordo dove e in che occasione, però non ha l’aspetto di una esperta di musica. Ha come un’aura particolare che…. Boh, non te lo so spiegare.”
“Io invece devo spiegarvi qualcosa.” Si intromise Emily. “Oggi pomeriggio ci vediamo in caffetteria.”
“C’è qualche novità?”
“Forse.”
“Signori, un attimo di attenzione, prego!” Il direttore d’orchestra richiamò tutti quanti. “Andiamo avanti con le prove, adesso abbiamo Nothing else matter, siete pronti?” Attese un istante, poi diede il cenno d’inizio e l’aria si riempì delle note del celeberrimo brano dei Metallica.



 


“Io sono sicuro al cento per cento di aver già visto da qualche altra parte la nuova prof.” Oliver non aveva dubbi ed era in fervente attesa delle ragazze al tavolino della caffetteria assieme a Gary ed Ethan. “Ma non ricordo dove, accidenti!”
“Qualche lezione privata? Qualche breve seminario?” Propose Gary
L’altro scosse la testa. “No, ho sempre studiato musica alla scuola che frequento qui a Southampton assieme alla mia ragazza, per cui lo escludo.”
“Aspetta un attimo.” Esordì Ethan. “Tu hai la ragazza e non dici niente?”
“Perché dovrei?” Si stupì l’altro.
“Perché sì, amico mio. Chi è? Come si chiama? La conosco?”
“Si chiama Brenda e dubito che tu la conosca. Soddisfatto?”
“Mhm, in parte.”
“Ehi maschioni, eccoci.” Charlotte salutò gli amici avvicinandosi con Sophie ed Emily, prendendo posto attorno al tavolino.
“Siete in ritardo.” Controbatté Ethan.
“E tu sei antipatico.” Lei gli rispose a tono.
“Allora tesoro, che ci devi dire?” Lui andò subito al sodo con una mezza sviolinata indirizzata alla ragazza dalla lunga treccia.
“Beh, come sapete io e Sophie siamo andate a dare un’occhiata nella biblioteca delle monache del convento poi dell’accademia che invece era delle monache e….”
“Aspetta un attimo, non ho capito… Monache? Convento?” Da farfallone con un tocco di cattiveria, Ethan iniziò a mettere in imbarazzo Emily che, rossa in viso, balbettava cose senza senso.
“Siamo state nella biblioteca situata vicino ai dormitori.” Sophie si intromise capendo la situazione. “Ed abbiamo controllato nei registri parrocchiali conservati fra gli scaffali.” Abbassò la voce. “In quello dei funerali celebrati nel 1898 abbiamo trovato un nome femminile molto particolare: non c’era il cognome, nessuna data e nessuna notizia circa la morte di questa persona come per gli altri defunti.”
“E allora?” Ethan non capiva.
“Guarda.” Gli mostrò la foto scattata
“Mathilde.” Rifletté un istante. “Inizia per M, ottimo. Potremmo essere sulla strada giusta.”
“Se non sbaglio, da quel che avete detto, su quel monumento c’è pure una A.” Chiese Gary. “Hai trovato qualcosa?”
“Io no, Emily forse sì.” Rispose Sophie. Tutti gli occhi furono puntati sulla ragazza.
Lei cercò la foto che intendeva mostrare agli altri. “Purtroppo non è troppo nitida, l’ho scattata in fretta e furia perché qualcuno stava entrando in biblioteca e non volevamo farci scoprire.” Spiegò lei con un filo di voce. “A differenza dell’altro nome ricordo di aver letto qualcosa sulla morte di questo giovane: si trovava qui per lavoro e sono quasi sicura che il suo nome iniziava per A. Ho letto di fretta ed ho scattato questa foto ma poi ho visto che non è uscita bene.”
“Dovremmo tornare a verificare il nome di questo tipo.” Ethan sentiva di essere molto vicino alla possibile individuazione dei due nomi. “Andiamo?” Si rivolse ad Emily.
“Adesso?”
“Certo. Andiamo io e te. Tu sai dove si trova quel libro, giusto?”
“Lo sa anche Sophie.”
“No, non posso, ho una breve lezione con O’Connor, deve spiegarmi alcuni passaggi che non mi sono chiari.” La ragazza si alzò dopo aver controllato l’orologio. “Fatemi sapere se ci sono novità.”
“Bene, voi restate a far da palo, io ed Emily andiamo a caccia di fantasmi.”
Lei rabbrividì e si lasciò trascinare per mano dal ragazzo che la stava letteralmente mandando in confusione.
 


Il cielo era grigio e soffiava un vento che non prometteva nulla di buono. Le cime degli alberi ondeggiavano senza sosta e qualche foglia non riusciva a resistere al suo impeto, staccandosi dal ramo e perdendosi nella campagna circostante.
Ethan ed Emily erano davanti alla grande porta di accesso alla biblioteca, lui eccitato e determinato ad entrare e sbirciare fra le pagine del registro, lei timorosa e titubante per il semplice fatto di trovarsi lì con lui.
“Bene, dolcezza.” Attese che la porta si chiudesse alle loro spalle. “Dove si trova il registro incriminato?”
“Lassù.” Emily indicò il corridoio superiore. “Sullo scaffale che fa angolo con quella colonna.”
“Perfetto, andiamo.” Prese per mano la ragazza e salirono assieme le scale.
Fuori intanto il vento non aveva smesso un istante di soffiare e aveva iniziato a scendere una scrosciante pioggia accompagnata da lampi e tuoni. Dalle finestre entrava una luce tutt’altro che rassicurante intervallata dalle ombre degli alberi sbatacchiati e l’eco di tutti quei rumori risuonava ovunque in quel locale ampio e pregno di misteri.
“Ecco, si trova qui…. Ci sono tutti i registri a partire dal 1548, quelli del XIX secolo sono su questa mensola.”
“Sei sicura?”
“Certo.”
“L’ultimo è datato 1800 spaccato. Non ne vedo altri.”
“E’ impossibile, quando sono venuta con Sophie c’erano tutti, l’ultimo era quello del 1950. Andavano di cinquant’anni in cinquant’anni, me lo ricordo benissimo.”
“Qualcuno li ha fatti sparire.” Sentenziò Ethan. “Qualcuno che non gradisce le nostre ricerche.”
Emily scese mestamente le scale, si mise seduta ad uno dei tavoli della biblioteca ed estrasse il telefono, visualizzando quella foto sfuocata che stava bloccando le loro ricerche. Era molto dispiaciuta di ciò.
“Se mi giri questa foto su Whatsapp posso provare a mettere qualche filtro e vedere se riesco a renderla più nitida.”  Ethan si sedette accanto a lei tentando di tirarle su il morale. Ma proprio in quel momento un fulmine si abbatté poco lontano e fece saltare la corrente elettrica. I due piombarono nell’oscurità quasi totale poiché la sera era già calata. “Porca puttana, che botto!”
Percepirono entrambi una corrente di aria gelida, rabbrividirono perché non ne capivano la provenienza. “Qui c’è qualcuno.” Sussurrò il ragazzo. Prese il cellulare e selezionò la videocamera, le sue mani erano gelate ed il respiro quasi impercettibile, tuttavia si sforzò di mantenere i nervi saldi per incoraggiare una Emily al limite dell’infarto e tentare di filmare qualcosa. Sì, perché era certo di aver percepito una presenza vicino agli scaffali in fondo all’ambiente. Ed in effetti, puntando il cellulare in tale direzione, sullo schermo apparve qualcosa per una frazione di secondo.




 

 


“Sophie, tu non crederai mai alla bastardata che… Soph, dove sei?”  Charlotte era rientrata nella sua camera credendo di trovarvi già l’amica, ma questa non c’era. “Sei in bagno?” Chiuse la porta del bagno dopo aver verificato che non ci fosse, non capiva il motivo del suo ritardo, visto che Sophie era sempre puntuale e precisa in tutto. “Ha pure dimenticato il cellulare qui.” Notò l’apparecchio sul comodino. “Mah, avrà ritardato in sala prove.” Restò in silenzio per qualche secondo, poi iniziò a prepararsi per andare a cena con gli altri studenti.
La porta si aprì dopo alcuni minuti e Sophie entrò con aria sognante.
“Ehi, bentornata!” Charlotte salutò l’amica.
“Ciao.”  Sorrise all’amica. “Scusa, ho fatto un po’ più tardi del dovuto. Novità?”
“Oh sì, una novità incredibile: non suono più con Gary.” Era visibilmente su di giri.
“Cosa?! E perché?! Cos’hai combinato questa volta?”
“Ma niente, accidenti! Era tutto troppo bello per essere vero, probabilmente qualcuno, anzi, qualcuna ci ha messo lo zampino ed ha ottenuto ciò che voleva.”
“Non dirmi che ti hanno rimpiazzata con Iris?!”
“Sei perspicace, amica mia. Io sono stata spedita a duettare con Elise, quella svampitella che suona l’arpa! Come si fa a suonare Back in black con l’arpa?!”
“Assurdo!” Era rimasta sorpresa. “Gary che dice?”
“Non lo so, non l’ho sentito.” Sbuffò visibilmente scocciata. “Eppure tutti gli insegnanti si sono mostrati entusiasti dei nostri risultati e non riesco a capire perché mi hanno fatto questo.”
In quel momento il cellulare di Sophie segnalò un messaggio in arrivo. “E’ di Ethan.” Lesse il mittente ed il contenuto. “Che cosa?! Ma stanno impazzendo tutti qui?!” Mostrò l’apparecchio all’amica.” Anche io e lui non suoniamo più insieme, lo hanno messo con Liam e Jessica, i violoncellisti innamorati!”
Si guardarono in faccia incredule.
“Vuoi vedere che dividono pure Emily ed Oliver?” Charlotte iniziava a temere che lo stessero facendo di proposito.
In quel momento entrambi i cellulari delle ragazze notificarono l’arrivo di un messaggio nel  gruppo Whatsapp da loro creato per restare sempre in contatto. Lessero contemporaneamente e si guardarono in faccia senza dire una sola parola.



 

 


“Suvvia ragazzi, non mi sembra la fine del mondo.” Iris era l’unica felice. “Che sono ‘ste facce da funerale?”
Nessuno rispondeva, non erano dell’umore adatto e la presenza della ragazza che si era soffermata assieme a loro dopo cena infastidiva tutti visibilmente, anche e soprattutto perché non potevano parlare delle indagini sui presunti fantasmi.
“Io credo sia una gran cosa, sai che pizza suonare sempre e solo con le stesse persone!” Sorrise soddisfatta. “E poi è da tempo che io e te non suoniamo più assieme, non sei contento Gary?”
Non ottenne risposta né da lui, né dagli altri perché oramai erano affiatati anche sotto il profilo degli studi e modificare le cose appariva controproducente e altamente irritante.
“A me dispiace non poter suonare più con Sophie.” Ethan ruppe il silenzio. “Eravamo affiatati io e te ed ora sarò costretto ad entrare in sintonia con i due pollasterlli innamorati…bleah, al solo pensiero la glicemia mi va alle stelle.”
“Eh, che ci vuoi fare? C’est la vie!” Rispose lei non troppo dispiaciuta.
“Se continuassimo a suonare per conto nostro? Che so, magari accompagnando il tutto con un caffè?”
“Caffè? Che intendi?”
“Ah, ma come sei ingenua, tesoro?” La sbeffeggiò Iris intromettendosi. “Ti sta invitando ad uscire, mi sembra lampante.”
“Oh no, no. Non se ne parla proprio. Io sto qui per studiare musica, non per altro.”
“Sophie è una seria e riflessiva, è inutile insistere con lei, non attacca.” Confermò Charlotte. “La conosco da sempre, fattene una ragione.”
“E allora accetto io l’invito.” Iris si propose immediatamente.
“Come? Io mica ti ho invitata.”
“Cambierai idea molto presto invece, in modo particolare quando ti renderai conto del mio talento e della mia bravura.”
“Sì, come no…” Sbuffò, con Iris presente non era il caso di parlare delle loro ricerche sui presunti eventi paranormali, tuttavia moriva dalla voglia di mostrare ad Oliver il breve filmato realizzato con il cellulare in biblioteca. Non sarebbe certo stata quell’oca a fermarli!
Si avvicinò alla finestra che dava sul parco retrostante l’edificio, era buio naturalmente, ma riusciva a scorgere le sagome degli alberi piuttosto bene grazie alla luce della Luna piena che vegliava dall’alto. Gli venne d’istinto di prendere il cellulare ed iniziò a filmare ciò che vedeva all’esterno, senza un motivo apparente ma solo per seguire una strana sensazione che gli suggeriva di farlo.
“Che fai Ethan, filmi le lucciole? Guarda che ora non è la stagione loro e di solito svolazzano nei campi di grano. Vedi forse del grano? Hai le allucinazioni?”
Fermò la registrazione e si voltò verso di lei. ”Sì, ho le traveggole, vedo i mostri e voglio filmarli.” Sorrise quasi sbeffeggiandola. “E siccome Oliver la pensa come me, gli mando questo e un altro filmato così se li guarda per benino e mi dice se gli piacciono o no.”
Oliver non se lo fece ripetere due volte, non appena ricevette il materiale si mise subito a visionare quei filmati: dall’espressione comparsa sul suo volto Ethan capì di aver catturato materiale interessante.
“Ehi bro, ottimo lavoro. Qui c’è roba, devo trastullarmici un po’ ma credo di poterti dare risposte molto promettenti.”
“Di che si tratta?” Iris non capiva e la cosa non le andava a genio. “Avanti ragazzi, non fate i misteriosi, a me potete dirlo.”
“Sai mantenere un segreto, tesoro?”
“Certo che sì.”
“Non dubitavo. Tuttavia non ho nessun segreto, quindi che cosa dovrei mai raccontarti, tesoro?" E se ne andò lasciandola a bocca aperta.
 

 


Era ora di rientrare nelle camere. Charlotte e Sophie indugiavano leggermente, contemplando la pace quasi surreale del parco illuminato dalla pallida luce della Luna piena.
“Che strano.” Sophie rabbrividì e si strinse fra le braccia.
“Cosa?”
“Ho freddo ed avverto una strana sensazione che non ti so spiegare.”
Charlotte non percepiva nulla, non capiva cosa potesse turbare l’amica, ma guardandosi attorno ebbe il sentore di aver già vissuto una situazione simile.” E’ tutto così strano, mi sembra che…..” Le parole si bloccarono all’istante: sulla sommità della torre dell’orologio distinse la figura biancastra che si lanciava nel vuoto scomparendo pochi istanti dopo. Esattamente come era accaduto la sera del loro arrivo all’accademia, in quell’uscita notturna nel corso della quale avevano incontrato Ethan e Gary.

E si ricordò che pure quella sera il cielo notturno era illuminato dalla Luna piena.







 

 

Heilà bella gente!
Siete tutti in casa, non è vero? Bravi, solo così potremo uscire presto da questa situazione surreale che stiamo attraversando. So che è dura, ma dobbiamo fare questo sforzo per proteggere noi e chi ci sta attorno, specialmente se si tratta di persone con qualche anno in più o con problemi di salute.
Scrivere questo capitolo ha richiesto molto più tempo del previsto, ma spero vi sia piaciuto e chiedo scusa per eventuali sviste o errori e per il layout, mi auguro di poterlo modificare prima possibile.
Qualcuno forse ha notato che i ragazzi stanno cercando qualcosa, un qualcosa che invece dovrebbe restare nascosto: il famoso registro dei funerali è scomparso dalla biblioteca ed è sempre lì che Ethan ed Emily vedono una figura evanescente per una frazione di secondo. E poi non vi sembrano strane le modifiche dei gruppi di studio?

 

Attendo con ansia i vostri commenti, senza dimenticare di dire GRAZIE a chi fin ora ha recensito.
A presto e mi raccomando, state in casa!
 

Un abbraccio
La Luna Nera

 



 

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Capitolo 7
*** I am Mathilde ***




 
 

 
 
Nel silenzio della notte Oliver aveva trasferito i file ricevuti da Ethan sul suo portatile. Nonostante l’ora tarda non voleva saperne di aspettare il giorno successivo, aveva già notato cose anomale ed interessanti e la curiosità lo aveva iniziato a divorare fin dalla ricezione del materiale.
Iniziò con il filmato realizzato poco prima da Ethan dalla finestra e che mostrava il parco retrostante l’edificio di notte: c’erano centinaia e centinaia di orbs fluttuanti in aria, non erano microscopici grani di polvere perché si muovevano assumendo direzioni non compatibili con brezze o aliti di vento. Alcuni salivano verso l’alto, poi precipitavano giù e si muovevano armoniosamente come se stessero danzando. Era evidentemente in atto una forte attività paranormale, peccato che non sapeva dell’apparizione del fantasma a cui avevano assistito Sophie e Charlotte prima di rientrare in camera, la sua supposizione circa la connessione fra orbs e entità ultraterrene avrebbe ottenuto conferma. Ma il bello doveva ancora arrivare: dopo aver visionato il filmato più recente, Oliver selezionò quello della biblioteca, breve ma non per questo meno interessante. Lo aprì ed iniziò a guardarlo. Man mano che esaminava quelle immagini, davanti ai suoi occhi sempre più stupiti si materializzava la conferma della presenza di un’entità extracorporea: i pochi frammenti del filmato della biblioteca mostravano una figura biancastra dalle inconfondibili fattezze umane. Era ciò che Oliver desiderava da anni! Finalmente aveva le prove dell’esistenza degli spiriti! I suoi occhi erano letteralmente incollati a quel monitor e nonostante l’ora tarda non aveva la minima intenzione di chiudere tutto e andare a dormire. Anzi, la sua testa era talmente carica che ebbe la brillante intuizione di processare quel breve filmato attraverso un’app per elaborare l’audio. Man mano che l’analisi avanzava Oliver non percepiva più lo scorrere del tempo, gli sembrava di aver lanciato il programma da ore e ancora l’esito non veniva mostrato. Poi all’improvviso un minuscolo segnale acustico segnalò la fine del processo: il file era pronto per essere ascoltato. Il ragazzo indossò le cuffiette  e premette “play”, sentì dei brusii quasi incomprensibili ma non si accontentò e provò ad ascoltare una, due, tre volte con l’ausilio di filtri e opzioni per rallentare lo scorrimento del materiale registrato.

E finalmente udì quello che sperava di udire.

Anzi, forse di più.
 
 
 


 
Le prove individuali si erano concluse nei tempi previsti, prima dell’ora di pranzo dovevano ritrovarsi tutti assieme nella grande aula per eseguire alcuni brani tratti dalla colonna sonora de “Il Signore degli Anelli” ed arrangiati dai maestri dell’Accademia. Fin dai primi istanti fu evidente che Oliver moriva dalla voglia di parlare con gli amici e riferire loro le incredibili novità da lui scoperte durante la notte, ma doveva fare il possibile per apparire tranquillo e non destare sospetti. Aveva lanciato sguardi piuttosto eloquenti verso i compagni di avventura che non erano passati inosservati ai destinatari. Anche loro fremevano dalla voglia di sapere cosa aveva scoperto, in particolare Ethan, autore dei filmati autoproclamatosi caposquadra. Dovevano tuttavia far finta di niente e impegnarsi come tutti gli altri giorni. Sì, perché mentre suonavano seguendo gli ordini del direttore d’orchestra, la professoressa Stanford gironzolava fra di loro, osservando in silenzio ogni singolo giovane musicista. Aveva uno sguardo estremamente indagatore, metteva pure ansia, i suoi passi felpati la portavano silenziosamente in ogni angolo della grande aula di musica. Si strofinava spesso le mani con fare calmo e pacato, sembrava desiderasse tenerle sempre calde ed ogni volta che lo faceva, chiudeva gli occhi per qualche istante respirando profondamente.
Nonostante alla fine il risultato di ogni esecuzione riscuoteva il consenso di tutti gli insegnanti, ai ragazzi veniva chiesto di provare nuovamente e la cosa si ripeté per almeno altre tre volte. E ancora la Stanford gironzolava fra di loro, sempre silenziosa e sempre intenta a strofinarsi le mani l’una con l’altra. Si avvicinò a Gary, concentrato come sempre sul pianoforte, lo osservava, in modo particolare teneva l’attenzione sulle sue mani che sfioravano i tasti con una tale leggiadria che sembravano accarezzarli piuttosto che premerli. Sorrise, sembrava particolarmente compiaciuta del risultato dello studente e mentre lo ascoltava, continuava a strofinarsi le mani. Passò oltre, raggiungendo la parte dell’orchestra dove stavano gli strumenti a fiato, indugiando proprio vicino a Charlotte. Lei suonava con tranquillità, era ben concentrata sulla musica e non si preoccupò più di tanto della presenza ingombrante a pochi passi da lei. Oliver osservava quell’insegnante, non riusciva a ricordare dove l’aveva vista, ma era pronto a scommettere che non si trattava di una semplice professoressa esperta di musiche antiche, c’era qualcosa di diverso e lui l’avrebbe scoperto a qualunque costo. Emily, introversa e timida, teneva la testa bassa e lo sguardo incollato allo spartito. Anche presso di loro la Stanford non smetteva di strofinarsi le mani e nessuno ne comprendeva il motivo. Proseguì oltre, passando in rassegna ma con apparente minor interesse, gli altri musicisti che suonavano corno, clarinetto, oboe e trombe. Si soffermò poi non troppo lontano dalle postazioni dei violini e prese a fissare Ethan e Sophie con occhi sottili, senza aprire bocca e respirando in modo profondo.
“La Stanford mi sta mettendo ansia.” Sophie posò il violino sulle ginocchia non appena ebbe terminato di suonare.
“Ci sta fissando in un modo che non mi piace affatto.” Confermò Ethan. “Secondo te abbiamo sbagliato a suonare?”
“Non credo, così su due piedi mi sembra di aver fatto tutto bene.” Controllò sul tablet lo spartito.
“Ascolta, dopo pranzo vediamoci in caffetteria, lì potremo parlare lontani da occhi e orecchie indiscreti. Oliver ha roba scottante fra le mani, oramai lo riconosco al volo ed è da quando siamo entrati qui che non sta più nella pelle. Se non vuota il sacco, esplode.”
“Sì, l’ho notato anch’io.” Si strinse fra le braccia. “A me comunque quella donna mette i brividi.”
“Tranquilla dolcezza, il vostro fedele e devoto cavaliere vi difenderà sino allo stremo dalla minaccia della sinistra signora.”
Sophie roteò gli occhi e si lasciò sfuggire un sorriso, sorriso che non passò inosservato all’insegnante che mai li aveva persi di vista.
 
 
 
 




 
“Sophie Jackson ed Ethan Foster.” Il direttore Cowen porse i fascicoli dei due studenti alla Stanford che prese immediatamente ad esaminarli. “E’ proprio sicura che possano essere loro?”
“E’ uno di loro, ne sono certa.” I suoi occhi leggevano le informazioni riportare nei rispettivi documenti. “Ho percepito moltissime emozioni fra i ragazzi ed è una cosa più che normale in ambienti come questo.” Ripose il tutto sul tavolo. “Storielle fra gli studenti rientrano nella normalità, vengono qui, si conoscono, si prendono in simpatia, si frequentano e poi quando il semestre termina, termina anche l’infatuazione, ognuno torna a casa e tutto muore lì. Quello che ho percepito e che proviene da uno di questi due studenti è molto più forte e profondo, molto probabilmente esisteva già da prima. Sicuramente Mathilde ha seguito la scia emozionale ed è tornata nella nostra dimensione.”
“E lei ritiene che anche Arthur sia tornato per lo stesso motivo?”
“E’ prematuro azzardare un’ipotesi, devo ancora fare delle indagini più approfondite. Devo muovermi con grande circospezione, non devo assolutamente dare nell’occhio, soprattutto con gli altri insegnanti, ma soprattutto devo agire con estrema cautela per non urtare la sensibilità di Arthur, lui è molto suscettibile.”
“Questo lo so bene.” Si mise seduto facendosi scuro in volto. “Vuole assolutamente evitare che accada di nuovo ciò che ha fatto la sua amata, il problema è che non sappiamo mai come si manifesta, se attacca in modo violento o si limita a mandare segnali di avvertimento. Non posso permettere che sia gli studenti che gli insegnanti corrano rischi, in primis per loro e poi per il buon nome dell’accademia.”
“Stia tranquillo e mi dia un po’ di tempo. Dal 1898 non è più accaduto nulla di simile, io agirò con discrezione e professionalità così come hanno fatto mia madre, mia nonna e la mia bisnonna. Nel caso Arthur o la stessa Mathilde causassero un minimo fastidio, farò quel che devo fare.”
“Ho la massima fiducia in lei.”
 
 
 
 



Gary era seduto ad un tavolino della caffetteria in attesa dell’arrivo degli amici. Aveva il cellulare fra le mani e per ingannare il tempo stava rileggendo i messaggi scambiati in chat con Charlotte. Fra di loro era nata un’intesa incredibile, sembrava si conoscessero praticamente da sempre, infatti gli era venuto spontaneo e naturale confidarsi con lei. E non aveva sbagliato perché Charlotte lo aveva accolto nella sua vita con il sorriso, con la sua spontaneità e il suo calore umano. Lui si era confidato, aveva alleggerito il suo cuore raccontandole le rinunce, le frustrazioni e i suoi sogni nel cassetto, stava bene da quando il loro rapporto aveva preso a crescere e consolidarsi. Suonare con lei gli era venuto naturale, l’intesa era stata immediata e non aveva ancora digerito la sostituzione con Iris. Certo, il loro rapporto non si sarebbe per questo logorato, ma vedere Iris a fianco del pianoforte e non Charlotte non lo spronava a dare il meglio di sé. Man mano che i suoi occhi rileggevano quelle parole, sentiva crescere il desiderio di vederla, di parlarle, di scriverle un messaggio anche solo per chiederle dov’era, solo gli mancava quel briciolo di coraggio necessario. E quante volte si era bloccato, quante volte gli era mancato il coraggio di scriverle anche un semplice “ciao” e premere la freccetta per l’invio, facendosi mille film mentali sul fatto che lei potesse essere impegnata o potesse non gradire, cosa dirle o cosa risponderle….. Si sentiva stupido, eppure non riusciva a seguire la voce del suo cuore e quella scia di emozioni che scaturiva  dai semplici  messaggi scambiati. Com’era piacevole rileggere la loro chat, vedere tutte quelle faccine di commento alle prove, ad Iris, agli insegnanti…. Si lasciò sfuggire un sorriso, mentre sentiva il suo cuore battere sempre più forte. Gli mancavano quelle ore di prova con Charlotte, gli mancavano da morire. Con Iris tutto appariva più pesante e noioso, quasi forzato, come se lei volesse a tutti i costi dimostrare di essere la più brava dell’intera accademia. La maggior parte degli altri studenti si trovava lì per fare esperienza, per migliorarsi e suonare con altri giovani musicisti per puro e semplice amore per la musica. C’era un briciolo di competizione in alcuni, specie nei suoi confronti visto il curriculum, ma erano soggetti isolati. Forse la stessa Charlotte si era sentita a disagio all’inizio, ma tutto si era dissolto nel giro di pochi giorni. Sorrise, aveva lo sguardo sognante, se ne rendeva conto, poi la vide arrivare ed il suo volto si illuminò. Chiuse immediatamente la chat e posò il cellulare sul tavolino.
“Ciao!” Charlotte lo salutò allegramente sedendosi accanto a lui. “Pensavo di essere in ritardo, è tanto che aspetti?”
“Oh no, un paio di minuti.”  Sorrise guardandola, poi abbassò lo sguardo perché sentiva le sue guance sempre più calde. ”A-Allora… come…come va con Elise e la sua arpa magica?”
“Puah, una noia mortale, credimi.” Sbottò visibilmente disgustata. “Tu pensa che prima di  iniziare a provare deve fare esercizi per i muscoli di braccia e mani, poi cinque minuti di rapida meditazione…. Insomma deve fare i suoi comodi, poi suoniamo.” Notò la faccia divertita di Gary.” Vorrei vedere te al mio posto!”
“Scusa, mi sono immaginato la scena.” E la cosa gli aveva strappato una piccola risata.
“Piuttosto…. Come va con Iris?”
“Oh, una favola. Iris è brava, molto brava, anzi, fenomenale! Suoniamo che è una meraviglia, ti farei vedere la soddisfazione dei professori, quando ci ascoltano hanno gli occhi pieni di stelle.”
“Ma dai!” Aveva afferrato l’ironia delle sue parole e decise di stare al gioco. “L’ho sempre pensato anch’io, i fenomeni devono stare coi fenomeni, mica con le schiappe.”
“D’accordissimo con te. E posso dire che come suona lei Moon River, non la suona nessuno.”
“Mhm, non vedo l’ora di ascoltarvi.”
“Resterai senza parole.”
“Immagino. Beh, almeno mi sono risparmiata lo strazio di suonare con te.”
“Strazio?”
“Certo! Io non ho mica voglia di umiliarti con la mia maestria e il mio sconfinato talento musicale!”
“Come?”
“Pensavi fossi io la schiappa? Siete tu e la tua adorabile compagna, cosa credevi?”
“Non l’ho mai messo in dubbio, nemmeno per un istante.”
“Bravo, risposta esatta.”
Scoppiarono a ridere e prima che la loro conversazione potesse continuare furono raggiunti dal resto della combriccola.
“Scusate il ritardo e il disturbo, piccioncini.” Ethan irruppe allegramente come il suo solito. “Ho interrotto qualcosa?”
“No, siediti e risparmiati le battute.” Gary gli fece spazio per dar modo anche ad Oliver, Sophie ed Emily di prendere posto attorno al tavolino.
“Allora… Il nostro amico scalpita da stamani, immagino tu abbia grandi notizie, hombre.”
Quello accennò un sorrisetto. “Grandi notizie? Signori, io ho le prove.” Oliver parlò in modo diretto guardando negli occhi uno ad uno gli amici. Proseguì poi a voce bassa. “Adesso vi mando un video, voi guardatelo e soprattutto ascoltate l’audio. Mettete le cuffiette e fate attenzione.” Attese che tutti fossero pronti ed inviò il filmato opportunamente analizzato.
Come lo ricevettero, scaricarono immediatamente il file ed attesero qualche istante per poterlo visionare: c’era ben riconoscibile  la figura biancastra apparsa ad Ethan ed Emily in biblioteca, nel momento in cui questa muoveva lievemente gli arti superiori si sentiva qualcosa, una specie di fruscio.
“Quello è un fantasma. Incredibile!” Sussurrò Gary. “Ma non riesco a capire se è lui a provocare quel rumore che si sente o ci sono interferenze.”
“Vi mando ora lo stesso file: ho rallentato il filmato e utilizzato dei filtri particolari per rendere l’audio più pulito.”
Come ricevettero quanto detto da Oliver, ascoltarono di nuovo e lo stupore calò contemporaneamente su tutti quanti: le loro orecchie udirono in modo chiaro e inequivocabile la frase I am Mathilde.
 
 







 
Buon Pomeriggio a tutti!
Permettetemi di dire GRAZIE a tutti voi che mi state dando fiducia e continuate a seguire e commentare la storia. Come forse qualcuno sa, ho qualche difficoltà in più a scrivere e devo arrangiarmi come posso, per cui è possibile che ci siano errori o discorsi non chiarissimi. Vi chiedo scusa e, nel caso li notiate, vi sarei grata della segnalazione così da poter correggere.
Per quanto riguarda la storia, continuano i misteri sulla Stanford che già ha incuriosito molti lettori. Continuate a tenerla d’occhio, mi raccomando! E poi Gary sembra sul punto di crollare sotto le frecce di Cupido… Ma la cosa interessante è Mathilde che si è rivelata ufficialmente nel corso dell’apparizione in biblioteca. Perché lo avrà fatto?
 
Ancora grazie a tutti per il prezioso supporto e teniamo duro: andrà tutto bene! Ce la faremo!
 
Un abbraccio
La Luna Nera
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** Poltergeist ***


 
 
Le prove si erano  protratte più del normale, tardando l’inizio della pausa pranzo, specialmente per i suonatori di strumenti a corda e Sophie dovette adattarsi a quello che era rimasto in caffetteria. Prese l’ultimo tramezzino con il tonno e si mise seduta ad uno dei tavolini in fondo alla sala, tirò fuori il cellulare ed iniziò a giocherellare e chattare. Il programma del pomeriggio prevedeva una lezione privata con O’Connor, poi sarebbe stata  libera di dedicarsi a ciò che più amava fare. A dire il vero studiare musica e suonare per lei era sempre un piacere ed un modo per rilassarsi, poi assieme all’insegnante che l’aveva accompagnata in accademia fare lezione era tutt’altro che pesante e noioso.
“Ehi, principessa, disturbo?” Ethan apparve davanti ai suoi occhi quasi all’improvviso.
“Oh, ciao! Non ti avevo visto arrivare.” Chiuse immediatamente Whatsapp.
“Posso sedermi?” Attese l’assenso dell’amica e si mise nella sedia accanto a lei. “Senti… ti ricordi del famoso registro dei funerali che avevate trovato tu e Treccia Scarlatta in biblioteca?”
Alzò il sopracciglio. “Quella che tu chiami a quel modo ha un nome.” Lo vide assumere un’espressione divertita. “Ah, sei irrecuperabile. Comunque sì, mi ricordo.”
“Pensavo….” Abbassò la voce avvicinandosi a lei per evitare di farsi sentire. “Lo spirito che ho filmato si chiama Mathilde, ora ne abbiamo la conferma e se non ricordo male anche quel nome senza info sul registro dei trapassati era Mathilde, giusto?”
“Sì, è così. Con ogni probabilità si tratta della stessa persona.”
“L’ho pensato anch’io. Vedi come siamo in sintonia? Pensiamo le stesse cose ed è un vero peccato che non ci facciano suonare più assieme, c’era un’intesa perfetta fra di noi.”
“Beh, questo è da vedere. E visto che secondo te pensiamo le stesse cose, dimmi cosa mi è appena venuto in mente.”
“Mhm….” La fissò in volto. “Tu stai pensando ad uscire con me per l’aperitivo di stasera.”
Gli lanciò in faccia il tovagliolo. “Riesci a fare la persona seria per almeno cinque minuti?”
“Ok, scusa.”
“Stavo pensando… La prima sera qui in accademia abbiamo visto una figura biancastra vagare sul tetto che poi si è lanciata dalla torre scomparendo nel nulla.”
“E’ vero. Ora che mi ci fai pensare somigliava in maniera impressionante a Mathilde.”
“Pure l’altra sera io e Charlotte l’abbiamo vista. C’era la luna piena esattamente come la prima volta.” Si fermò un istante vedendo l’approvazione del ragazzo. “Sono sicura che sia lei, probabilmente si è suicidata lanciandosi dalla torre in una notte di plenilunio.”
“E ancora vaga in questo luogo in cerca di pace.” Annuiva conquistato dal ragionamento.
“A riprova di ciò, un tempo la chiesa non concedeva il funerale religioso ai suicidi.”
“Hai ragione. Questo spiegherebbe anche la mancanza di notizie su di lei, forse hanno celebrato una rapidissima funzione per pura pietà.” Era molto soddisfatto delle conclusioni tratte. “Posso offrirti un caffè per festeggiare?”
“Un caffè?”  Aveva appena finito di consumare il suo veloce pasto. “Sì, dai, ci sta un caffè dopo pranzo.” Si alzò avvicinandosi al bancone della caffetteria assieme ad un Ethan soddisfatto. “Però non posso trattenermi tanto, ho una lezione individuale con il professor O’Connor.”
“Capisco.” Attese la preparazione del caffè. “Se mi unissi a voi? E’ un problema?”
Sophie non era particolarmente entusiasta, sorseggiò il caffè riflettendo sulla risposta da dare. “Immagino di no. Non ho cose particolari da provare, per cui…va bene.” Posò la tazzina vuota sul bancone. “Andiamo, non voglio certo far tardi per colpa tua!”
“Ok, arrivo subito. Invio agli altri un audio con le nostre brillanti deduzioni su Mathilde e ti raggiungo.”
Mentre si incamminavano verso la sala prove, Sophie prese il cellulare e digitò rapidamente un messaggio.
A malincuore aveva accettato la presenza di Ethan,  ma sapeva di non poter fare altrimenti.
 
 


 
Nel parco dell’accademia una discreta schiera di studenti si era raccolta a poca distanza dal laghetto in cui notavano pacatamente i due cigni maestosi ed eleganti. Emily e Charlotte avevano appena terminato di ripassare alcuni brani da eseguire con i nuovi rispettivi compagni di studio ed erano appunto uscite all’esterno per godere della bella e tiepida giornata. Notarono il gruppo e, mosse dalla curiosità, si avvicinarono per vedere cosa c’era di così interessante da creare quell’assembramento. Dalla parte opposta allo specchio d’acqua, seduto sotto uno dei salici piangenti, c’era Gary con in mano la chitarra intento ad arpeggiare uno dei brani più belli dei Pink Floyd, Wish you were here.
“Pazzesco… Quello riesce a fare magie con qualsiasi cosa.”
“Già.” Emily era rapita, così come l’amica e tutti i presenti.
“Giuro che uno di questi giorni vado dal direttore e lo picchio se non mi fa suonare di nuovo con lui al posto di quella gallina…”
L’altra si voltò a guardarla. “Ti manca suonare con lui o sei gelosa di Iris?”
Spalancò gli occhi fissandola. “Non dirmi che l’ho detto davvero?!”
“Eh già.”
Sospirò riportando l’attenzione su di lui. L’essere stata rimossa per far posto ad Iris non le era proprio andato giù ed aveva fatto scattare in lei un qualcosa di molto, ma molto simile a quell’infido tarlo chiamato gelosia. E tale sentimento logorante non riguardava solo l’ambito musicale. Quanto nato fra lei e Gary era cresciuto in maniera spontanea e quasi naturale, oltre tutto sembrava voler crescere ancora e la linea fra amicizia e qualcosa di più profondo si stava facendo sempre più sottile.
“Siamo fregate, amica mia.” Diede due pacche sulla schiena ad Emily.
“Eh? Guarda che a me Gary non interessa proprio.”
“Sto parlando di Ethan.” Come sentì quel nome, il viso di Emily si incendiò diventando di un rosso più intenso del colore dei capelli. “Se vuoi posso darti una mano per trascorrere un po’ di tempo con lui, potete iniziare a frequentarvi….”
“Oh no, no! Io non ho affatto voglia di farmi avanti!”  Muoveva nervosamente le mani. “Primo perché non sono il tipo di ragazza che ama frequentare, secondo meglio che me lo tolga dalla testa alla svelta che non funzionerebbe mai fra di noi e terzo…beh, credo sia interessato a Sophie.”
“Sì, l’ho notato anche io, ma stai tranquilla, conosco bene Sophie e posso assicurarti che Ethan non è il suo tipo. Però potresti fare qualcosa per attirare la sua attenzione, no?”
“Mhm, non lo so… Comunque hai sentito l’audio che ha inviato? Hanno fatto un ottimo lavoro di squadra, è evidente che fra loro c’è sintonia. ”
“Hanno avuto una brillante intuizione, almeno adesso sappiamo che la M sta per Mathilde e che lei è lo spirito che vaga fra queste mura.”
Mentre parlottavano, un applauso scrosciante si levò dai presenti: era indirizzato a Gary che aveva smesso di suonare e che, preso com’era dalla musica, non si era accorto del “pubblico”. Non sembrava troppo entusiasta di tutta quella gente ferma ad ascoltarlo, non era sua intenzione dare spettacolo, ma per uno come lui che suo malgrado godeva di una certa fama era difficile passare inosservato. Per tutta risposta indirizzò un sorrisetto piuttosto tirato ai presenti che già iniziavano ad andarsene per fatti loro, tutti tranne Emily e Charlotte. Quest’ultima aveva lo sguardo sognante, il fascino che quel ragazzo esercitava su di lei era incredibile, travolgente e spiazzante.
“Dai, stai un po’ con lui.” La incoraggiò Emily. “Io torno dentro, ho da ripassare alcuni brani. In bocca al lupo!” Salutò l’amica e si incamminò verso le sale prova con la solita testa bassa come a volersi nascondere dal resto del mondo.
“Coraggio Charlie, togliti quel sorriso ebete e vai da lui, ti sta fissando come un puntatore laser.” Charlotte tentò di auto-incoraggiarsi con le parole mentre i suoi piedi iniziavano lentamente a muoversi.
Lui si era accorto di lei che si stava avvicinando, di proposito la ignorò riprendendo in mano la chitarra ed attese che si sedesse vicino a lui. “Ti avverto, non sono disponibile a rilasciare dichiarazioni né autografi.”
“E chi ti ha chiesto nulla?” Rispose scherzosamente. “Volevo solo sapere se hai ascoltato il messaggio vocale di Ethan.”
“No, non ancora. E’ interessante?”
“Altroché! Quella figura biancastra che abbiamo visto lanciarsi dal tetto della torre la prima sera in accademia era Mathilde.”
“Davvero?”
“Sì, ma non voglio rovinarti la sorpresa. Tu ascolta.”
“Ok capo.” Sorrise. Quanto era piacevole la sua compagnia! “Ora resta solo da capire se l’altra cifra sul monumento è l’iniziale del suo cognome o c’è un altro spirito che vaga fra queste mura.”
“Vorrà dire che continueremo ad indagare, ma ora basta parlare di lavoro, voglio rilassarmi sotto queste belle piante rigogliose ascoltando un po’ di musica visto che le lezioni di stamani sono state piuttosto pesanti. Ma voglio ascoltare musica genuina, suonata da gente che sa suonare, non come chi fa finta.” Tirò fuori il cellulare ridacchiando, mise le cuffiette ed aprì la sua playlist.
"E chi sarebbe questa gente che di musica ne capisce?” Si avvicinò a lei, sbirciando fra i suoi gusti musicali.
“Tu no di certo.” Sorrideva divertita mentre lui le si faceva sempre più vicino.
“Fa’ un po’ vedere che sono curioso.” Sbirciando, notò una suddivisione in cartelle. “Ma che ti sei fatta? La divisone in sillabe come in prima elementare?”
“No, è una suddivisione per momenti.” Era piuttosto gelosa della sua privacy, ma per lui tentò di fare uno sforzo: in fondo Gary per primo le aveva raccontato molte cose della sua vita. “Le ho messe così perché posso ascoltare una determinata tipologia di canzoni e musiche a seconda del momento. Vedi? Qui c’è musica rilassante, qui rock più o meno duro, mentre in questa c’è musica romantica, qui le colonne sonore dei film e così via.”
“Niente male come idea. Ma dimmi, che musica vorresti ascoltare adesso? Che momento è?”
Finse di pensare. “Mhm, considerando che sono appena uscita da una lezione con l’arpista-grande-artista e devo sorbirmi la tua compagnia, sarei propensa ad un rigenerante rock duro.”
“Capito. Bene, allora dammi qua che scelgo io.” Le prese il telefono di mano e, di proposito, selezionò la cartella con le canzoni romantiche e tentò di fissare nella sua mente quanti più titoli possibile.
“Ehi genio, cos’è? Per te la musica romantica equivale al rock?”  Riprese l’apparecchio dalle sue mani. “Metti l’auricolare, dai, ci penso io.”
“Agli ordini capo!” Si mise con la schiena appoggiata al tronco del salice così come Charlotte e si rilassò con lei ascoltando musica.
Tanto aveva già visto quello che voleva vedere.
 


 
 
La sera era calata, Oliver da poco aveva terminato la noiosissima lezione di solfeggio assieme ad altri studenti. Prese il cellulare e notò la presenza di molti messaggi Whatsapp, gran parte provenienti da Brenda, la sua ragazza. Ce n’erano alcuni del gruppo di amici, in primis un vocale di Ethan seguito da applausi e pollici rivolti verso l’alto. “Vuoi vedere che quel vecchio volpone ha scoperto qualcosa di grosso?” Mentre raggiungeva l’ingresso principale per poi andare verso le camerate, teneva il cellulare all’orecchio, ben concentrato nell’ascoltare il messaggio. Sul suo volto comparivano espressioni di soddisfazione perché ciò che Ethan e Sophie avevano intuito era senza dubbio plausibile ed interessante. Ma quando stava per rispondere e dire la sua nella chat, dal portone principale vide entrare in modo dirompente due soccorritori che si precipitarono verso le sale prova. Subito altri studenti si avvicinarono incuriositi dagli eventi, poi uno dei soccorritori tornò verso l’ambulanza, prese la barella e raggiunse precipitosamente l’altro. Trascorsero alcuni minuti ed uscirono spingendo la barella su cui giaceva privo di sensi il professor O’Connor. Lo caricarono sull’ambulanza e partirono a sirene spiegate.
Pochi istanti dopo apparvero Ethan e Sophie. Lei piangeva e singhiozzava, aveva un viso stravolto e rigato dalle lacrime; lui pareva una maschera inespressiva.
“Ehi bro” Oliver si avvicinò. “Ma che cos’è successo?”
“Di tutto, fratello, di tutto. Se non lo avessi visto coi miei occhi, non ci avrei creduto.”
Arrivò anche Emily richiamata dalla confusione e poco più tardi anche Charlotte e Gary. Come vide l’amica, Sophie le si gettò al collo piangendo come una fontana.
“Ragazzi….un macello.” Ethan si passò una mano fra i capelli. “Eravamo nella sala prove con O’Connor, tutto era tranquillo, abbiamo accordato gli strumenti e ci siamo preparati per suonare. Neanche ricordo cosa ci aveva proposto il prof, ma chi se ne frega…” Fece una breve pausa. “Ad un tratto siamo stati colti da un’infinità di brividi gelati, faticavo ad avere la sensibilità sulle dita!” Guardava le sue mani e le muoveva, come a volersi sincerare che tutto fosse tornato a posto. “E la stessa cosa è accaduta a Sophie che non riusciva a suonare. Poi tutto d’un tratto le luci hanno iniziato a tremolare sempre di più fino a spegnersi del tutto. Le finestre si sono spalancate all’improvviso e tutti gli spartiti cartacei presenti si sono sparpagliati ovunque. E… “La sua salivazione era quasi zero. “E poi il prof ha iniziato a respirare male, sempre peggio. Man mano che i secondi passavano il suo viso si faceva sempre più paonazzo…. Poi lo abbiamo visto sollevare da terra, non so come è stato possibile, ma è accaduto davvero. Era come se una mano invisibile volesse impedirgli di respirare o quanto meno di continuare a fare quello che stava facendo con noi. Io non sapevo cosa fare, ero paralizzato dalla paura e Sophie è scoppiata a piangere. Quella stessa mano invisibile ha sbattuto il prof sulla parete con una tale violenza che ha perso i sensi.” Si soffermò, vedeva lo stupore incollato al volto degli amici. “A-Allora sono corso fuori ed ho iniziato a gridare e a chiamare aiuto.”
Restarono tutti in silenzio: non c’era bisogno di essere dei geni per capire che dietro l’accaduto si celava un’entità soprannaturale.
“Questi fenomeni sono detti Poltergeist. E’ un termine che deriva dal tedesco: Geist sta per spirito, poltern significa bussare. In sintesi Poltergeist vuol dire spirito rumoroso e si usa questa definizione per indicare ogni manifestazione attribuita a entità spiritiche.” Oliver era ben informato sui fatti. “Secondo voi che eravate presenti è stata Mathilde?”
“No.” Ethan era fermo e deciso. “Ho già avuto a che fare con lei e non si è mai comportata in modo violento, è una presenza innocua e forse quasi amica. Tu stesso hai analizzato il filmato ed hai raccontato di una figura quasi angelica, che non desta preoccupazioni. Io credo che questo sia un altro spirito.”
 


“Signori, un attimo di attenzione per cortesia.”  La voce imperiosa del direttore fece distogliere tutti quanti dai loro discorsi. Cowen aveva appena sceso la scalinata, proveniente dal piano superiore, seguito a ruota dalla professoressa Stanford. “Chi di voi era presente a lezione con il professor O’Connor?”
Ethan si fece avanti, così come una titubante e ancora sconvolta Sophie.
“Seguitemi.”
Si guardarono in faccia, poi Ethan prese per mano Sophie per infonderle coraggio e salirono su per la scala, seguiti dalla Stanford, come disposto dal direttore. Fecero accomodare la ragazza su una delle poltroncine di velluto presenti nel corridoio, con lei restò la professoressa Stevens che già in qualche lezione l’aveva seguita. Ethan invece entrò nell’ufficio di Cowen, un ufficio dai toni piuttosto cupi e dall’aria austera. L’elegante scrivania in ebano scuro si stagliava a contrasto della luce proveniente dalla grande finestra coperta in minima parte da due tende in velluto rosso scuro. Il direttore sedeva su una grande sedia simile ad un trono, tanto era lavorata, che era posizionata proprio davanti la finestra. Ai lati c’erano due scaffali pieni di libri, a destra troneggiava un elegante camino con al di sopra appeso un ritratto di Edward Augustus of Hannover, Duca di Kent e padre della Regina Vittoria, in onore del quale la sovrana aveva fondato l’accademia a metà XIX secolo. Poco distante stava un elegante divano in pelle ed una lampada in stile liberty. Sulla parete opposta stavano appesi tutti i riconoscimenti conseguiti dagli studenti in occasione di eventi, concorsi ed esibizioni nel corso degli anni, più alcune foto di ex studenti consacrati alla storia della musica come Elton John e Mick Jagger.
“Allora signor Foster…” Il direttore richiamò l’attenzione di Ethan che stava osservando l’ambiente. “Lei si trovava a far lezione con il professor O’Connor e la sua collega di studi, la signorina Jackson.” Anche la Stanford si era seduta accanto a lui, pronta a captare ogni singola informazione. “Cos’è accaduto?”
Ethan raccontò per filo e per segno quanto aveva visto, con voce ferma e sicura mantenendo un tono tutto sommato pacato. Cercò di non omettere nessun particolare, sperando che il direttore e la professoressa gli rivelassero qualcosa di interessante ed utile alla loro indagine.
“Capisco.” La Stanford aveva ascoltato con grande attenzione. “Mi dica una cosa: lei in che rapporti è con il professor O’Connor?”
Il ragazzo si sorprese della domanda poiché non ne capiva il nesso logico con quanto accaduto. “Ho normali rapporti come devono essere fra insegnante e studente. Posso affermare che è un eccellente musicista, sa farsi apprezzare e trasmette tutto l’amore che ha per la musica, invogliando ad impegnarti per fare sempre meglio.”
“D’accordo. E fuori dallo studio?”
Scosse la testa. “L’ho visto qualche volta in caffetteria, ma sempre in compagnia di altri insegnanti. Non ho mai avuto nient’altro a che fare con lui fuori dalle lezioni.”
“Grazie.” La donna guardò Cowen facendogli capire che poteva bastare, l’uomo invitò Ethan ad uscire e fece entrare Sophie.
La ragazza appariva visibilmente scossa, aveva gli occhi rossi di pianto e ad ogni minimo rumore sobbalzava guardandosi a destra e a manca. Anche a lei fu chiesto di raccontare cosa era accaduto e, nonostante le varie interruzioni dovute ai singhiozzi, riferì i fatti esattamente come aveva fatto Ethan poco prima.
“Il suo racconto coincide perfettamente con quello che ci ha riferito il signor Foster. Tuttavia lei mi sembra più turbata, signorina Jackson.” La Stanford aveva notato la cosa. “Può dirmi perché?”
Sophie si girò a guardarla. “Perché?! Lei come si sentirebbe se una persona con cui sta studiando musica all’improvviso viene sbattuta al muro da qualcosa che non si vede e non si sente?!” Tratteneva a stento le lacrime.
“Lei tiene particolarmente al professor O’Connor?”
“Lo conosco da più di un anno, ha accompagnato me e Charlotte qui in accademia ed è uno degli insegnanti di musica migliori che abbia mai incontrato. E’ naturale che la cosa mi abbia colpita, tutti i suoi studenti lo sarebbero.” Pareva quasi offesa.
“Ho capito.” Si alzò in piedi. “Bene signorina, la ringrazio. Se il direttore non ha altre cose da chiederle, per me può andare.”
Attese il consenso dell’uomo e si avvicinò alla porta. La Stanford e Cowen non distolsero gli occhi dalla sua figura fino a che non uscì definitivamente dalla stanza.
 
 
 









 
Buon pomeriggio!
Questa volta sono stata brava, vero? Mi sono messa d’impegno e sono riuscita a regalarvi un nuovo capitolo ne giro di una settimana. Il prossimo non garantisco la stessa rapidità, staremo a vedere. Intanto GRAZIE di tutto cuore per il vostro meraviglioso sostegno.
Qui spero di aver messo carne al fuoco sufficiente per farvi aumentare ancora la curiosità: i ragazzi oramai hanno le prove della presenza di Mathilde, ma ignorano ancora l’altro spirito, spirito di cui il direttore e la Stanford sanno molto bene.
Qualcuno aveva sentito parlare del fenomeno chiamato Poltergeist?
 
Non mi dilungo oltre, auguro ad ognuno di VOI di trascorrere una buona Pasqua ed una serena Pasquetta, anche se quest’anno sarà diversa da come siamo abituati. Coraggio, so che è dura, ma la fine del tunnel si sta avvicinando! Restiamo a casa, non vanifichiamo quanto fatto sino ad oggi e non vanifichiamo il sacrificio di medici ed infermieri!



Un abbraccio

La Luna Nera
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** Music of my heart ***


 
 
“Signorina, faccia attenzione al ritmo per cortesia.”  Il professor Beckett richiamò l’allieva per la quarta volta.
Sophie era distratta, faticava a concentrarsi e commetteva errori da principiante. “Scusate, scusate davvero ma proprio non riesco a seguire la lezione.”
Tracy iniziava a mostrare segni di insofferenza e sbuffava ripetutamente per non essere riuscita a terminare neanche un brano. “Senti, se oggi non hai voglia, fatti da parte e lasciaci lavorare come si deve. Io sono venuta qui per diventare una violinista di fama mondiale e non mi posso permettere di perdere tempo!”
“Hai ragione, scusa.” Abbassò mestamente la testa. “Forse è meglio che sospenda qui per oggi.”
“Saggia decisione!”
“Se non si sente bene, signorina Jackson, torni pure nella sua stanza. Si ricordi di esercitarsi per non rimanere indietro quando si sarà rimessa.” L’insegnante permise a Sophie di ritirarsi.
“Grazie.” Si alzò, tenendo sempre lo sguardo rivolto verso il basso, ripose il violino nella custodia, prese il tablet ed uscì dalla sala prove senza fare rumore. Chiuse la porta e sentì due grosse lacrime rigarle il volto.
Erano passati tre giorni dall’aggressione subita da O’Connor, aggressione che aveva sollevato molte chiacchiere per l’assenza di un colpevole in carne ed ossa. Sophie faticava a riposare, non aveva ancora recuperato la tranquillità necessaria per continuare gli studi con la concentrazione necessaria, appariva assente e procedeva a passi lenti ed incerti verso l’ala delle camerate.
Entrò nella sua stanza, Charlotte non c’era, poggiò il tablet sul comodino, si gettò sul letto e scoppiò in lacrime.
Dopo poco, il segnale acustico la avvisò dell’arrivo di un messaggio sul cellulare. Si asciugò una lacrima, lesse il nome del mittente, poi il messaggio e un’altra lacrima le scivolò lungo il viso.
Ma questa volta era una lacrima di gioia.
 
 
 
 


Quando Charlotte rientrò in camera dopo le cinque del pomeriggio, sentì scorrere l’acqua in bagno e capì subito che l’amica non aveva partecipato alle consuete lezioni pomeridiane. Sapeva del suo malessere, si era confidata con lei ed era stata ben felice di ascoltarla, farle gettare fuori tutte le angosce che si teneva dentro, specialmente dopo aver assistito all’aggressione del prof in prima persona. Sophie era rimasta molto turbata, era particolarmente legata all’insegnante e fra di loro era nata una fortissima empatia musicale e quando furono selezionate per frequentare la Duke of Kent lui si era proposto immediatamente per accompagnarle, approfittando dell’occasione per aggiungere il prestigioso nome dell’accademia al suo curriculum di insegnante.
“Ehi, Charlie, non ti avevo sentita rientrare.”  Aveva ancora i capelli bagnati.
“Ho il passo felpato.” Posò il cellulare. “Come stai?”
L’altra fece spallucce. “Così….”
“Dai, sono certa che presto scopriremo altre cose e sapremo difenderci, se mai ce ne fosse di nuovo bisogno. Fortunatamente non è accaduto più nulla di simile, temo che qualcuno possa spaventarsi a tal punto da lasciare l’accademia e allora addio concertone finale.”
“Di’ la verità.” Si sedette accanto a lei. “Tu saresti capace di dirlo ad Iris per farla fuggire a gambe levate ed avere Gary tutto per te!”
“Eh?! Ma che ti salta in mente?!” Avvampò all’istante.
“Ti conosco troppo bene, carina, non sei brava a mentire. E poi da chi mai potranno venire tutti quei messaggi?” Indicò il cellulare dell’amica che segnalava le notifiche con grande frequenza.
“Oh beh…” Charlotte controllò ed effettivamente il mittente era Gary. “Da quando non suoniamo più insieme principalmente  ci sentiamo così. Tutte le volte che termina le lezioni mi fa il resoconto delle performances della sua adorabile partner musicale.”
“Dai, siete fatti l’uno per l’altro, l’hanno capito anche i muri!” Prese le mani dell’amica fra le sue. “Gary è un bravo ragazzo a dispetto delle sua fama e se stare con lui ti fa sentire bene, vai amica mia, vai e non ti fermare.”
Abbracciò forte l’amica. “Spero un giorno tu possa trovare una persona che ti faccia sorridere come meriti.”
Notò un velo di tristezza nei suoi occhi. Nonostante la grande amicizia esistente fra le due,  a volte Charlotte aveva la sensazione che Sophie si teneva molte cose dentro, che non si volesse aprire neanche con lei e preferisse tenere dentro di sé crucci e preoccupazioni. A volte la spronava a lasciarsi andare, ad essere meno riflessiva e più impulsiva, ad essere meno rigida e seguire maggiormente le emozioni, ma lei rispondeva con quel sorriso angelico di apparente serenità, di chi sa già cosa vuole dalla vita ed è pronta ad affrontare l’età adulta, lasciandosi alle spalle infanzia e adolescenza. Sophie era sempre stata più matura di lei, più riservata ed introversa, difficilmente si confidava e se lo faceva, non vuotava completamente il sacco. Almeno questa era la sensazione di Charlotte.
 
 

 
Dopo il pasto serale Charlotte scelse di rilassarsi poltrendo sul letto assieme alla musica da lei scelta per quel tipo di momenti, con indosso il suo pigiama preferito ed accese una piccola candela profumata che si era portata da casa. Poteva  godersi in totale solitudine il momento di relax  perché Sophie aveva preferito fare due passi nel parco, godendo della piacevole serata. Scorreva i titoli delle musiche nella playlist, erano tutte piacevoli e faticava a scegliere quella da cui iniziare. Poi fra i titoli apparve Moon River e non era una di quelle scaricate dal web, era proprio quella suonata da lei e da Gary quando ancora non avevano piazzato Iris al suo posto. Premere play fu automatico e tentò di svuotare la mente dai pensieri pesanti e riempirla di sensazioni positive come solo quella melodia riusciva a fare.
Moon River = Gary.
Chissà cosa stava facendo in quel momento? Magari poteva chiamarlo o quanto meno scrivergli un messaggio, anche solo con la scusa di chiedere se c’erano novità sulle indagini paranormali….
“Ma sì, dai!”  Si autoconvinse ed aprì Whatsapp. Digitò un semplice Ciao!  Ed inviò il messaggio. In una frazione di secondo vide Gary on line che già aveva visualizzato. E la sua risposta non tardò.
Ciao!
Disturbo?
Mhm…. Dipende.
Da cosa?
Da quello che mi devi dire.
E se non ti dico nulla?
Allora me ne vado.
Hai trovato da far bene? Ethan ti ha procurato un appuntamento?
Non ho certo bisogno di lui per queste cose.
Sì, come no! E tu speri che ci creda?
Libera di non farlo.
Volevo solo chiederti se ci sono novità su Mathilde o l’altro spirito.
No, sia Ethan che Oliver non hanno scoperto altro.
E del prof? Si sa niente?
Pensavo ne sapessi qualcosa tu.
Tutto tace.
E Sophie?
Non c’è, mi ha detto di voler fare una passeggiata in giardino.
Curioso…. Anche Ethan mi ha detto la stessa cosa.
Non ci credo!!
Quelli se la intendono di nascosto, te lo dico io.
Sophie me l’avrebbe detto…..forse. Però continuo a credere che fra di loro non può funzionare.
Mai dire mai!  Ethan è un vecchio volpone, pur di ottenere le attenzioni di una ragazza si inventa di tutto.
Può essere, ma non credere, Soph è un osso duro! Ma dimmi un po’, tu cosa saresti disposto a fare per farti notare da una ragazza?
Io? Assolutamente nulla! Sono già impegnato.
Ah, non lo sapevo.
Dispiaciuta?
No. Solidale.
??
Solidale con quella povera disgraziata che ti deve sopportare.
Sempre dolce e garbata.
Lo prendo come un complimento.
Domani che programmi hai?
Mattinata del cavolo a seguito della quale passerò tutto il pomeriggio a letto per recuperare le forze.
Wow, niente male. Ti suggerisco di andare a dormire allora, le bambine come te non dovrebbero essere ancora sveglie a quest’ora.
Altrettanto. Dunque buonanotte e stai attento a non fare la pipì a letto.
Sì mamma. Buonanotte.
 
 

Chiuse la chat. Posò il telefono sul comodino, si stropicciò gli occhi e andò in bagno per sciacquarsi la faccia. Si guardò allo specchio: possibile che Gary avesse una fidanzata di cui non aveva mai fatto parola con nessuno? Lei oramai era entrata in un vicolo cieco e la sua immagine riflessa ne era l’ennesima conferma. Guardandosi osservava i segni inequivocabili dell’irrecuperabile perdita della testa: si era presa una cotta stratosferica per Gary e la sensazione piacevole e fastidiosa all’altezza dello stomaco ne era la conferma. Ma quel sono già impegnato fungeva da insetticida e stava annientando una dopo l’altra le farfalle che fino a poco prima le svolazzavano in ogni parte del corpo.
Sophie rientrò in stanza pochi istanti dopo. Aveva il volto molto più disteso e rilassato. “Ehi tesoro, pensavo fossi già a letto, come mai ancora in piedi?” Si avvicinò notando una luce strana nei suoi occhi.
“Oh, mi è passato il sonno, tutto qui.” Rispose con un filo di voce.
“Questo l’avevo intuito, ma…. Cosa c’è che non va?”  La invitò a sedersi accanto a lei sul letto. “Charlotte, siamo amiche da una vita, vuota il sacco.”
 “Beh…” Sospirò profondamente.  “Si tratta di Gary.”
“Ma guarda un po’.”
“Abbiamo chattato fino a qualche minuto fa.”
“Bene, no?”
“A dire il vero… insomma… ha fatto un discorso strano.”
“Del tipo?”
“Tu sai se ha una ragazza?”
“Chi? Gary?!” Scoppiò a ridere come raramente faceva. “No, è impossibile!”
“Eppure mi ha detto di essere già impegnato.” Le mostrò la chat.
“Sei sicura che si riferiva a una ragazza? No, perché ho seri dubbi, credimi. Lui ha fiato solo e soltanto per la musica.”
“Che se la intenda con Iris di nascosto?”
“Non ci credo neanche se lo vedessi coi miei occhi. Fantascienza pura, fidati, è single. Ed ho i miei informatori di fiducia.”
 “Te l’ha detto Ethan?”
“Sì.” Le spettinò i capelli. “Se devo dirla tutta so che parla fin troppo di te per cui puoi stare tranquilla. E poi mi ha detto che da qualche giorno sta sempre attaccato al suo portatile a studiare un brano di cui non ha voluto dire niente. Fa molto il misterioso.”
“Starà studiando qualche arrangiamento che gli hanno affidato gli insegnanti.”
“Non ne ho idea, ma Ethan mi ha garantito che non c’è nessuna ragazza di cui parla così tanto quanto di te.”
“Vorrei crederti davvero.”  L’abbracciò forte. “E di Ethan che mi dici?”
“Che c’entra Ethan?”
“Ti fa il filo, non lo puoi negare. Eh?  Passate molto tempo insieme, ti spiffera tutto di Gary, siete in confidenza….. Avanti, spara, non puoi tenere all’oscuro la tua migliore amica.” La punzecchiava scherzosamente tentando di scoprire cosa bolliva in pentola.
“Mi sta un po’ troppo intorno ma non farti film mentali, non è il mio tipo e per quanto sia carino con me fa un buco nell’acqua.”
“Sicura?”
“Al mille per mille.” Scoppiarono a ridere in una ritrovata atmosfera di serenità.
“Sono davvero felice di vederti così, stai molto meglio, amica mia. Dopo quella brutta esperienza con il prof e il tuo spasimante mi hai fatto preoccupare tantissimo.”
Il suo viso si abbuiò. “E’ stato orribile, credimi. Ora tutto sembra calmo e il professore è di nuovo in accademia, ma deve stare ancora a riposo.”
“Oh, non sapevo fosse tornato.”
“Ehm, sì, credo sia tornato nel primo pomeriggio a quanto mi hanno detto.” Fece una breve pausa. “Comunque dobbiamo riprendere le indagini, capire se quello che lo ha attaccato è uno spirito violento , ma soprattutto di chi si stratta, cosa vuole e perché lo ha fatto.”
“Dev’essere stato spaventoso.” Si fece pensierosa. “Comunque cerchiamo di riposare un po’, si è fatto tardi. Ho visto il programma delle prove di domani mattina e dovremo essere ben sveglie.”
“Giusta osservazione. Buonanotte.”
Spensero le luci e si lasciarono vincere dal sonno.
 
 
 


 
La mattina successiva, come previsto, si rivelò davvero massacrante per tutti. Il programma iniziava alle 8:30 con due ore ininterrotte di prove tutti assieme nell’aula magna con alcuni dei brani da eseguire al grande evento previsto a fine semestre, fra cui Nothing Else Matter e The Wall ai quali erano stati aggiunte le colonne sonore di Pirati dei Caraibi e alcune delle musiche più belle ed immortali del maestro italiano Ennio Morricone. Per quanto tutti fossero giovani musicisti provetti, due ore ininterrotte di prove erano piuttosto pesanti da sopportare e con la Stanford perennemente in giro l’ansia aumentava passo dopo passo. Teneva sempre d’occhio Ethan e Sophie, ma osservava con maggior attenzione anche Charlotte ed Emily, come se ci fosse qualcosa di diverso in loro rispetto ad alcuni giorni prima.
“Bene, signori, molto bene.” Il direttore attese il termine dell’ultima esecuzione per complimentarsi con gli studenti. “ Sarò breve: alla luce degli incresciosi fatti occorsi di recente, sono costretto a limitare ulteriormente la vostra presenza nell’edificio principale, fatta eccezione per le ore di lezione e qualunque altro giustificato motivo. E’ puramente una misura per tutelare la vostra incolumità, ciò che è accaduto al professor O’Connor ha lasciato tutti senza parole e vogliamo che episodi del genere non si ripetano mai più. Sappiamo chi è il colpevole e sono in corso delle indagini molto particolari che non devono essere intralciate in alcun modo. Prima di lasciarvi andare per i vostri corsi individuali, vi annuncio che sabato sera siamo stati invitati a partecipare ad un festival musicale al Mayflower Theatre. Lo spettacolo inizierà alle 21:00, ma noi ci recheremo in città già nel primo pomeriggio per allestire tutto quanto, fare qualche prova e magari possiamo anche concedervi mezz’ora di libera uscita.”
Quest’ultima notizia fu accolta con favore da tutti i ragazzi, in particolare da Oliver perché essendo di Southampton poteva trascorrere un po’ di tempo con Brenda, la sua ragazza, ma soprattutto perché vicino al teatro c’era la biblioteca cittadina con annesso archivio storico. “Appena possibile dobbiamo parlare tutti quanti assieme, mi è appena venuta in mente una cosa per portare avanti le nostre indagini.”  Sussurrò ad Emily che acconsentì con il semplice movimento della testa.
“Bene signori, potete raggiungere le sale per le prove individuali. Controllate nei vostri tablet perché vi sono state delle modifiche a seguito dell’assenza del professor O’Connor. Buon proseguimento.”
Si alzarono tutti in modo relativamente silenzioso ed ordinato. Oliver, com’era suo solito fare, passò in rassegna tutti gli amici fissandoli con lo sguardo tipico di chi ha urgente bisogno di parlare e rivelare cose interessanti o utili.
 
 



 
 
 
 
Charlotte chiuse la porta della sua camera, era stanchissima e desiderava solo rilassarsi con una doccia bella calda e sprofondare nel dolce far niente per l’intero pomeriggio. Posò il tablet sul comodino, quando erano stati annunciati cambiamenti per le prove in piccoli gruppi aveva sperato di tornare a far coppia con Gary, ma così non era stato. Emily invece era stata affiancata a Jason, quello che in molti chiamavano il mezzo vampiro con il violoncello nero, Sophie continuava a far coppia con Tracy ed entrambe erano sempre seguite dal professor Beckett, Ethan doveva sorbirsi  gli irrecuperabili innamorati,  Oliver era stato assegnato al gruppo in cui stavano Steve, Annette e Camilla ed i loro oboe e clarinetti, mentre Gary ancora duettava con Iris. E Charlotte irrimediabilmente gelosa marcia doveva continuare l’esperienza con Elise, l’arpista-grande-artista. Inutile descrivere la sua delusione, ma ben poco poteva fare. Entrò in bagno, aprì il rubinetto della doccia e si lasciò coccolare dall’acqua calda e dal suo gorgoglio.
 


 
Erano quasi le cinque  del pomeriggio e Charlotte si era assopita sulla poltrona in fondo al suo letto. Sophie non era ancora rientrata in stanza. Lo squillo del telefono la svegliò  e dovette impiegare qualche secondo per realizzare chi o che cosa avesse osato disturbare il suo sonno rigenerante. Prese l’apparecchio fra le mani e lesse il nome di Gary sul display.
“Ahum… pronto…”
“Hai il sonno pesantuccio.”
“No, affatto. Cosa ti fa pensare che stessi dormendo?”
“Il fatto che di solito entro tre squilli rispondi e poi che la tua voce non mi sembra troppo sveglia.”
“Spiritoso.” Sbadigliò di nuovo piuttosto sonoramente. “Allora?”
“Ho bisogno di te nell’aula magna. Adesso.”
“Che… che cosa? Nell’aula magna? Ma è proibita! Che hai combinato?”
“Tu raggiungimi prima possibile e bada bene che nessuno ti veda, ok?”
“Ok… dammi cinque minuti e sono da te.”
“Bene, ti aspetto lì.”
 
Si diresse in bagno per  sciacquarsi la faccia, sistemò rapidamente i capelli, mise le scarpe ed uscì continuando a chiedersi cosa mai poteva essere accaduto di così grosso da chiamarla nell’aula magna con tanta urgenza.
Che accidenti avrà combinato? 
Questa domanda risuonava continuamente nella sua testa, l’unica certezza era che si trattava di qualcosa di scottante perché Gary non avrebbe mai infranto le regole dell’accademia per una stupidaggine. Mancavano pochi metri dall’aula, dei professori non c’era ombra, c’erano solo alcuni studenti che si stavano dirigendo verso le sale più piccole per le lezioni individuali. L’insonorizzazione era eccezionale, nonostante stessero suonando, per quel corridoio non si sentiva il minimo rumore. Giunse a destinazione, diede un’ultima occhiata a destra e a sinistra, non c’era nessuno per cui entrò senza essere vista e in totale silenzio. L’aula sembrava deserta, era buia. Che fosse uno scherzo?
“Gary, sono qui. Dove sei?”
Come risposta vide accendere una piccola luce presso il pianoforte e due secondi dopo l’aria si riempì di quel giro armonico inconfondibile: MI-  DO  SOL  RE  altrimenti detto introduzione di All of me di John Legend, quella canzone che ascoltava fino allo sfinimento nei suoi momenti di romanticismo acuto e che era una delle sue preferite nonostante amasse il rock più o meno duro. Gary gliela stava cantando, la stava cantando solo per lei, tutta per lei, esclusivamente per lei. Non se l’aspettava, tutto poteva immaginare tranne quello che stava accadendo, il battito del suo cuore subì un’impennata pericolosa, lo stomaco andò letteralmente sottosopra a causa del violento sfarfallio esploso in un istante, le gambe tremavano, la salivazione era pari a zero e i neuroni iniziavano a dare i numeri, l’unico senso funzionante era l’udito perché  niente al mondo le avrebbe impedito di ascoltare cotanta meraviglia. Con grande fatica mosse qualche piccolo passo verso di lui che teneva la testa fissa sulla tastiera del pianoforte, evidentemente temeva di bloccarsi o lasciarsi sopraffare dall’emozione se l’avesse guardata in faccia. E non voleva sbagliare nulla, aveva preparato tutto sin nei minimi particolari, non ammetteva sbavature in musica, lui che nel settore era un perfezionista ed era sempre stato abituato a pretendere il massimo da se stesso.
 
‘Cause all of me loves all of you
Loves you curves and all your edges
All you perfect imperfections.
Give you all to me, I’ll give my all to you,
you’re my end and my beginning
even when I lose I’m winning
‘Cause I give you all of me
And you give me you all of you
I give you all of me and you give me all of you.
 
Terminò di cantare, si sentiva enormemente sollevato perché era andato tutto come desiderava e quella era stata per lui la performance più difficile da quando aveva iniziato a tenere concerti. Si alzò in piedi voltandosi verso di lei che aveva la faccia sognante all’ennesima potenza. Charlotte biascicò qualcosa, ma lui la bloccò.
“Aspetta, ti prego, non dire nulla che se mi fermo non parlo più.”  Deglutì e prese coraggio. “Questa è per te. Avrei voluto fare qualcosa di più bello ma l’unica cosa che so fare bene è suonare….e l’ho fatto per te, scegliendo una delle tue canzoni preferite.”  Quasi si maledisse per il discorso che aveva fatto, l’emozione un po’ lo aveva tradito.
Charlotte faticava a realizzare di essere sveglia e che quello che stava vivendo non era frutto della sua immaginazione ma la pura e meravigliosa realtà. Ecco perché l’altro giorno Gary aveva sbirciato nel file delle canzoni romantiche fingendo di averlo selezionato per errore, ecco cosa stava architettando al computer, ma ancora di più lui aveva trasgredito le regole dell’accademia e lo aveva fatto per lei. “Io…. Non so che dire, credimi…. Mi hai spiazzato.”
“Dimmi solo se ti è piaciut….”
Non lo fece finire di parlare, gli si buttò con le braccia al collo con un tale slancio da farlo cadere prima sullo sgabello del pianoforte e poi a terra, ovviamente abbracciato a lei.
“Devo prenderlo per un sì mi è piaciuto oppure per mi ha fatto talmente schifo che ti spacco la testa sul pavimento?”
“La seconda, mi sembra chiaro!”
“Vorrei ben dire, mi hai fatto male sul serio!”
“Scusa….. Comunque è colpa tua! Mi hai fatta emozionare troppo e sono esplosa.” Vide Gary scoppiare a ridere mentre piano piano si rimetteva in piedi aiutandola a rialzarsi. “C’è una cosa che non ho capito….perché mi hai fatto questa cosa meravigliosa se hai una ragazza?”
“Io ho una ragazza? Chi ti ha detto questa stronzata? E’ stato Ethan?”
“No, me l’hai detto tu ieri sera in chat. Hai scritto di essere impegnato.”
Ripensò per qualche istante a quel dettaglio che gli era sfuggito. “Ah, ora ricordo! Ma che avevi capito? Che ero impegnato in quel senso? No, guarda…. Intendevo con la musica!” Non voleva ferirla ridendo, ma non riuscì a trattenersi.
“Stronzo.” Gli diede un piccolo pugno nello stomaco. “Per colpa tua ho passato una notte da schifo.”
“Beh, allora devo assolutamente farmi perdonare.”  Le scostò una ciocca di capelli dal viso, sistemandogliela dietro l’orecchio, poi le accarezzò i capelli e l’attirò a sé.
“E come?” 
“Potrei….vediamo un po’…. Potrei dedicarti un’altra canzone oppure potrei darti un bacio.”
“Mhm, scelta difficile” Prese tempo per tenerlo sulle spine. “Considerando che una canzone me l’hai già dedi….” Non terminò la frase, le labbra di Gary si erano già posate sulle sue. Ed erano la cosa più desiderabile del mondo.
Gary stava impazzendo, da quando era arrivato in quell’accademia ed aveva conosciuto lei sembrava un’altra persona. Se prima aveva mille timori, mille paure di commettere errori che potessero nuocere alla reputazione della sua famiglia, ora stava cambiando tutto. Si stava pian piano liberando di quella gabbia che gli impediva di seguire la voce del suo cuore, quella voce che aumentava di intensità e potenza giorno dopo giorno ed era arrivata ad un tale livello che aveva infranto regole su regole aprendo il suo cuore a quella ragazza che lo aveva conquistato con la sua spontaneità.
Ma qualcosa interruppe il loro momento: il coperchio della tastiera del pianoforte si chiuse all’improvviso facendoli sobbalzare e indietreggiare spaventati. Poi lo strumento emise alcuni suoni, come se una mano invisibile stesse muovendo i martelletti facendoli battere sulle corde e come se non bastasse due delle luci in alto si accesero.
“C’è uno spirito qui, porca puttana…” Gary iniziava ad avere paura sul serio, ripensava all’aggressione al prof e non aveva affatto voglia di emularlo. “Andiamo via.” Prese Charlotte per la mano, afferrò il cellulare e si diressero assieme verso la porta. Man mano che si avvicinavano, le luci si accendevano esattamente seguendo il loro percorso, sembrava che quello spirito volesse indicar loro la strada da seguire ma invece di guidarli verso la porta, quelle luci parevano indicare la parete accanto dove una pesante tenda blu nascondeva alcune stanzette di servizio. I due ragazzi non capivano ed erano in prossimità dell’uscita oramai quando in una frazione di secondo realizzarono che la porta si stava aprendo e qualcuno stava per entrare.









 
 
 
 
 
Buon pomeriggio!
Chiedo scusa per l’attesa, questo capitolo è stato un parto gemellare, nel senso che l’ho riscritto almeno tre volte e spero di aver tirato fuori qualcosa di decente. Di paranormale non c’è tantissimo, quello che accade è piuttosto “terreno” ed è il buon Gary che fa una sorpresa coi fiocchi a Charlotte. Risultato: i due si scoprono innamorati l’uno dell’altro. Ma qualcosa sul finale interrompe il loro momento: chi o che cosa starà succedendo?
 
Grazie di tutto cuore a voi stupendi recensori, spero di non avervi deluso e di non deludervi in futuro.
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 10
*** The teacher's real identity ***


 
La porta si stava aprendo, già si sentivano alcune voci. Gary e Charlotte indietreggiarono in preda al panico, stavano per essere scoperti ed avrebbero rischiato l’espulsione per aver trasgredito una delle regole principali, oltretutto inasprite a seguito dell’aggressione del professor O’Connor. Ma proprio quando li stavano per cogliere in flagrante, una mano invisibile ma estremamente forte li afferrò alle spalle e lì sbatté dentro uno di quegli stanzini di servizio nascosti dalla pesante tenda blu. Due figure fecero il loro ingresso nell’aula magna senza accorgersi di nulla. I ragazzi terrorizzati a stento trattenevano la paura e la voglia di gridare, stavano stretti l’un l’altra per farsi coraggio ed evitare qualsiasi rumore che avrebbe rivelato la loro presenza. Passarono alcuni secondi, poi quelle due persone entrate iniziarono a parlare e grazie all’acustica perfetta dell’aula magna, i ragazzi riconobbero che si trattava del direttore Cowen e della professoressa Stanford. E compresero che l’intervento di  quello spirito li aveva salvati.
“Direttore mi scusi, ma non potevamo parlare nel suo ufficio? Perché siamo venuti qui?”
“L’impresa di pulizie non ha terminato  nei tempi previsti, è ancora tutto sottosopra e probabilmente prima del tardo pomeriggio il mio ufficio non sarà agibile. Qui potremo parlare in totale tranquillità, l’aula è proibita agli studenti e non credo abbiano voglia di farsi sbattere fuori venendo a curiosare qui.” Cowen si avvicinò ad una delle finestre e fece entrare un po’ di luce scostando leggermente la tenda. “Allora, ha qualche novità?”
“Il professor O’Connor è stato aggredito da Arthur, ne ho la certezza.” Attese il consenso dell’uomo.  “Per caso sa se è omosessuale?”
Questi fu molto sorpreso da tale domanda. “Onestamente non lo so, non selezioniamo gli insegnanti in base ai loro orientamenti sessuali e comunque non ho mai riscontrato atteggiamenti tali da farmelo pensare. Perché me lo chiede?”
“Alla luce di quanto accaduto posso affermare con certezza che lui è una delle due parti che hanno risvegliato Mathilde ed Arthur. Quel ragazzo presente all’aggressione, quell’Ethan Foster, emana un’energia pazzesca del tutto simile  a quella dell’insegnante. Se venisse accertata l’omosessualità almeno di uno dei due, potremmo aver già trovato chi cerchiamo.”
“Escludo che Foster lo sia, lo vedo spesso in giro a fare il filo alle ragazze.” Si avvicinò alla finestra e per combinazione lo vide nel giardino in compagnia femminile.
“Potrebbe pure fingere per mascherare la sua omosessualità.  Ad ogni modo, oltre alla Jackson, che pure era presente, negli ultimi giorni ho sentito altre fortissime energie crescere in maniera esponenziale. Ha presente le tre ragazze col flauto traverso? Anche loro emanano tantissima energia e mi stanno mettendo qualche dubbio. E qualche dubbio me lo sta sollevando anche Ascott.” Si massaggiò la fronte. “Suggerisco di tenerli d’occhio e vedere se e che tipo di rapporti hanno con O’Connor.”
“Tenga presente che il professore deve stare ancora a riposo per una settimana.”
“Questo potrebbe essere positivo per tenere a bada Arthur. Domani la luna fa il primo quarto, è un momento favorevole per contattarlo, è morto proprio in coincidenza di questa fase lunare e spero proprio sia collaborativo per capire chi gli sta dando fastidio oltre a quell’insegnante.”
“Non mi chieda di allontanare O’Connor o espellere uno degli studenti senza un valido motivo, sa benissimo che non è possibile.”
“Se ne va della loro incolumità  non glielo chiederò, glielo imporrò.”
“E con quale giustificazione?  Per non essere aggrediti dagli spiriti di due persone che sono morte qui più di secolo fa? Andiamo, la nostra accademia è la più prestigiosa del Regno Unito, non posso metterla in cattiva luce spifferando ai quattro venti questa vecchia storia! Altrimenti non avrebbe avuto senso tenerla nascosta per anni ed anni!”
“Nessuno le chiede di spifferare ai quattro venti quanto è accaduto. Lei mi ha chiamata qui per capire il motivo che ha fatto tornare Arthur ed io glielo ho trovato. Quell’insegnante prova un sentimento per qualcuno, potrebbe pure aver intrecciato una relazione clandestina, se vuole scoprire di più tenga d’occhio chi le indicherò, ma soprattutto tenga d’occhio quel gruppo di ragazzi ficcanaso di cui fa parte lo stesso Foster, si stanno addentrando in un territorio non loro.” La sua voce era ferma e decisa. “I documenti sono sempre al loro posto?”
“Sì, è tutto ben nascosto nel mio ufficio. E c’è anche il registro dei funerali, ho saputo che la Jackson ed Emily Dorington sono state in biblioteca alcuni giorni fa e voglio proprio sperare che non siano andate a frugare proprio lì.”
“Altri studenti vi sono tornati? Di quel gruppo intendo.”
“Il giorno dopo è entrato Foster con la Dorington, poi nessun altro, solo altri studenti e qualche professore.”
Annuì in silenzio. “Lei tenga d’occhio quei ragazzi, domani sera tenterò un contatto con Arthur e poi le farò sapere.”

Terminata la conversazione i due uscirono dall’aula magna in totale tranquillità, ignorando che due studenti avevano sentito ogni cosa. Chiusi nello stanzino nascosto dalla tenda Gary e Charlotte non si erano persi una battuta. Erano sempre rimasti abbracciati e immobili, se fossero stati scoperti avrebbero passato un brutto quarto d’ora. Avevano sentito cose incredibili, capito che i fantasmi fra quelle mura erano due, di cui uno particolarmente aggressivo specialmente nei confronti di O’Connor. Avevano avuto anche la conferma che la Stanford non era un’insegnante di musica, pareva più essere una medium ed era ben determinata a controllare ogni loro mossa. Dovevano assolutamente mettere gli altri al corrente di tutto e dovevano farlo prima possibile. Si guardarono in faccia e nonostante l’oscurità, percepirono lo spavento misto a tensione per il pericolo scampato e presero consapevolezza che quello spirito li aveva aiutati. Si scambiarono un leggero bacio di incoraggiamento, poi Gary aprì leggermente la porta affacciandosi timidamente e con circospezione dalla tenda, non c’era nessuno per cui uscì seguito da Charlotte, raggiunsero con passo felpato l’uscita e, dopo aver controllato che nel corridoio non ci fosse nessuno, se ne andarono come se nulla fosse accaduto.
 
 
 
 


Oliver aveva passato metà pomeriggio in sala prove con i nuovi compagni di corso, non riuscivano ancora a trovare la giusta sintonia per suonare armoniosamente assieme e si era chiuso in camera in totale solitudine e tranquillità per rilassarsi un po’.  Aveva chattato con la sua ragazza, poi scelse di gironzolare su YouTube alla ricerca di qualche filmato interessante sui fantasmi e vedere di trovare qualche notizia, idea o informazione utile a far luce sulle presenze alla Duke of Kent. C’erano video davvero impressionanti sulle inquietanti entità dell’Isola di Skye in Scozia, cose che avrebbero tolto il sonno anche ai più intrepidi cacciatori di spiriti. C’era poi un filmato catturato dalle videocamere di sorveglianza dello Skirrid Mountain Inn ad Abergavenny, uno dei pub più infestati del Galles, che mostravano sedie spostarsi da sole, oggetti cadere senza un apparente motivo. Notò poi un video di circa sette minuti realizzato in occasione di una seduta spiritica presso The Haunted Bookshop di Cambridge per verificare la presenza, ipotizzata dall’attuale proprietario e da molti clienti, dello spirito di una donna che si aggira fra le corsie emanando un gradevole profumo di violette. Lo selezionò e si mise a guardarlo con grande attenzione: c’era il proprietario, la moglie, due dipendenti e la sensitiva che avrebbe guidato l’esperimento…. “Che cosa?!” Come la vide Oliver schizzò in piedi. “Non ci credo! Non è possibile!” Fece partire il filmato da capo e ascoltò di nuovo la presentazione: La seduta sarà guidata da Sandra Stanford, medium e sensitiva che da anni collabora con i ghost hunters di tutto il Regno Unito. E’ una persona di enorme esperienza nel settore in quanto discende da una famiglia di sensitivi che in passato hanno riportato importanti notizie e scoperte nel campo del paranormale. “Ecco dove l’avevo vista.” Come un’illuminazione si ricordò della sua presenza in altri documentari e servizi sui fantasmi. “Lo dicevo io che quella non era un’insegnante di musica!”  Era letteralmente raggiante e chiuse immediatamente YouTube per dare la notizia agli amici, ma quando aprì Whatsapp notò che nel gruppo c’era già un messaggio di Gary che annunciava roba scottante: Vediamoci stasera alle 21:00 presso il laghetto. Notizie bomba, vietato mancare.



Nel frattempo Emily aveva appena terminato le prove con il suo nuovo compagno di avventura, quel Jason dai capelli lunghi e neri come la notte e dal carattere piuttosto schivo e riservato che gli avevano fatto guadagnare gli appellativi di mezzo vampiro e bel tenebroso. Non aveva fatto i salti di gioia nell’apprendere di dover duettare con quel tipo ombroso, dovette tuttavia adeguarsi e adattarsi, scoprendo che era un musicista serio, competente e disponibile. Pur restandosene quasi sempre in disparte senza aprir bocca, era riuscito ad entrare in sintonia con lei, mostrando fin dalle prime battute una grande potenzialità.
Riposero i rispettivi strumenti nelle custodie mentre l’insegnante dava loro le ultime indicazioni per lo studio individuale, Emily teneva sempre lo sguardo abbassato, annuendo man mano che il prof parlava. Jason se ne stava in silenzio nell’angolo della sala osservando la ragazza. La trovava estremamente in gamba, nonostante apparisse molto timida ed introversa e con ogni probabilità era riuscita a trovare nella musica un modo per esprimersi al meglio.  L’insegnante salutò i due allievi e se ne andò. Emily provava disagio nel restare lì da sola con lui e si affrettò nel riporre le sue cose al loro posto per andarsene prima possibile. Chiuse tutto e lo salutò con un Ciao, ci vediamo quasi sussurrato.
“Non devi avere paura di me.”  Jason la bloccò sulla porta. “So che ci sono un sacco di chiacchiere sul mio conto, ma puoi stare tranquilla, non sono un vampiro.”
Lei si voltò titubante. “Oh…beh… ecco… Io non l’ho mai pensato.” Non era proprio così, però preferì mentirgli.
“Farò finta di crederti, ma non voglio convincerti con le parole, lo farò coi fatti. E’ facile etichettare una persona a causa del suo aspetto fisico, ma posso assicurarti che se di notte resto sveglio, lo faccio per contemplare il cielo. Sai, è molto più affascinante di andare in giro in cerca di gente da spaventare e sangue da bere.”
In effetti non lo aveva mai visto in giro nelle ore serali, lei che invece usciva spesso assieme agli altri per indagare sui fantasmi. “Sei appassionato di astronomia?”
“No, adoro perdermi nella volta stellata senza chiedermi se quello che sto contemplando è un pianeta o dell’altro.” Si alzò, era piuttosto alto, sicuramente passava il metro e ottanta. “Andiamo, ti va qualcosa da bere?”  
Emily lo guardò stupita, difficilmente veniva invitata, specialmente da un ragazzo, però accettò con un sorrisetto di pura meraviglia.  Uscirono quindi dalla sala prove e si incamminarono verso la caffetteria. Poco più avanti, da un’altra sala prove la cui porta era aperta, uscivano le allegre e spumeggianti note di Viva la vida dei Coldplay eseguite al violino.  I due si soffermarono per vedere chi stesse suonando così bene e in modo così accattivante il brano: era Ethan che si stava esibendo con il compiacimento di un piccolo pubblico femminile. Questi alzò lo sguardo e notò Emily in compagnia di Jason. Continuò a suonare come se nulla fosse, lanciando occhiate da farfallone a tutte le ammiratrici presenti fino a quando la vide allontanarsi assieme a lui.
 
 
 
 
Scese la sera. Muovendosi nel buio quasi come fantasmi, Charlotte e Sophie giunsero sotto il porticato delle camerate. Mancavano pochi minuti alle 21:00 e l’aria era mossa da un venticello piuttosto freddo. Charlotte, nonostante fosse al settimo cielo, non aveva avuto modo di raccontare all’amica quello che era accaduto fra lei e Gary, si era solo limitata ad inviarle un messaggio in cui diceva di doverle raccontare una cosa meravigliosa, ma Sophie lo aveva letto senza rispondere, rientrando in stanza giusto in tempo per prepararsi per la cena.
Pochi istanti dopo arrivarono anche Ethan, Oliver e Gary. Emily li raggiunse dopo due minuti, mentre si avvicinava, teneva il cellulare in mano e stava chiaramente chattando con qualcuno.
“Ehi, principessa, stai chattando col vampiro?” Ethan le andò incontro facendole il baciamano.
Lei alzò il viso, notò che era piuttosto vicino al suo e lo riabbassò immediatamente perché sentiva aumentare la temperatura delle guance. “E’ un  problema per te se chatto con Jascon?”
“Oh, lo chiamiamo pure per nome, qui la faccenda si fa seria.” Gesticolava prendendola in giro.
“Almeno sproloquia meno di un altro di mia conoscenza.”  Mise il telefono in tasca e si avvicinò alle amiche. “Tutto bene, ragazze?”
Charlotte le rispose con un sorriso. “Andiamo vicino al laghetto?” E si avviò con le altre lasciando indietro di qualche passo i ragazzi.
“Bel colpo, Casanova.” Gary sfotté Ethan con due leggeri colpetti, mentre Oliver rideva sotto i baffi.

Giunsero presso il laghetto dei cigni.  Ethan si accese una sigaretta, non era un accanito fumatore ma ogni tanto si concedeva un piccolo sfizio. Oliver invece si accertò che in giro non ci fosse nessuno, fremeva dal rivelare agli amici la vera identità della prof. “Allora raga, siete pronti per la bomba?”
“Vai, ora tu, poi parlo io.” Rispose Gary. “Ho da dirvene di cotte e di crude.”
“La Stanford è una sensitiva.” Scandì per bene le parole, mantenendo sempre la voce piuttosto bassa.
Ne seguirono alcuni istanti di silenzio.
“Perché la cosa non mi sorprende?” Sophie iniziava a capire il perché quella donna le avesse sempre messo ansia.
“E se la Stanford è una sensitiva ha senso pensare che qui la presenza dei fantasmi è ben radicata.”  Continuò Oliver. “Di Mathilde ne abbiamo la certezza, dell’altro ancora no ma è solo questione di tempo.”
“Arthur.” Esordì Gary. “L’altro si chiama Arthur. Ed è quello che ha aggredito il prof l’altro giorno.”
“E tu come lo sai?” Ethan si meravigliò, in fondo l’amico in un primo momenti pareva voler restare distante dalle loro indagini.
“Io e Charlotte abbiamo casualmente assistito di nascosto ad una conversazione fra la Stanford e il direttore nell’aula magna. Da quello che ha detto avevamo intuito anche noi che non fosse un’insegnante, oltretutto domani sera sarà una seduta spiritica per contattare Arthur e tentare di farlo collaborare.”
“Figo….” Ethan era rimasto affascinato. “E poi che hanno detto?”
“I due spiriti sono stati risvegliati da fortissime emozioni, una delle quali proviene dal prof. L’altra…beh… ci tengono d’occhio, sospettano di qualcuno di noi.” Continuò Charlotte.
“In che senso?”
“Hanno fatto il nome mio, di Sophie, di Emily, di Ethan e di Gary. E pure di Iris. Sospettano che il prof si sia preso una bella cotta per uno di noi.”
“Cosa?” Ethan bloccò il racconto. “Aspetta un attimo: non mi verrai a raccontare che pensano che il prof possa essere omosessuale e a breve ci proverà con me?!”
“Sì, ti piacerebbe.” Lo schernì Gary. “Io non conosco i suoi gusti sessuali, ma non è questo il punto. Se la Stanford riesce ad individuare chi, assieme al prof, ha contribuito a risvegliare questi spiriti, potrebbe imporre al direttore l’immediata espulsione di entrambi per tutelarli dai fantasmi di due persone morte fra queste mura più di un secolo fa.”
Restarono a bocca aperta.
“E’ vero.” Emily si ricordò di un piccolo dettaglio. “In quel registro dei funerali avevo notato un altro nome che iniziava per A, era di un giovane deceduto che si trovava qui per motivi di lavoro.”
“E quel registro dei funerali è stato nascosto dal direttore.” Aggiunse Charlotte. “Si trova nel suo ufficio assieme ad altri documenti che riguardano la vicenda di Mathilde e Arthur, una vicenda che vogliono assolutamente tenere top secret.”
“E tutto questo ha a che fare con la loro morte e con l’aggressione al prof?” Oliver aveva ascoltato con interesse ogni singola parola.
“Non hanno parlato di questo. La Stanford farà la seduta spiritica domani sera per chiedere la collaborazione di Arthur e capirne di più.”
“Però noi siamo quasi sicuri che Mathilde si sia suicidata lanciandosi dalla torre.”
“Togli il quasi.” Sophie non aveva dubbi. “Dobbiamo capire in che rapporti erano quei due. Purtroppo accedere alla biblioteca ora diventa un problema, ci tengono d’occhio.”
“Mhm, no. Nella biblioteca dell’accademia non troveremo più nulla oramai, se c’era qualcosa l’hanno fatto sparire.” Il ragionamento di Oliver non faceva una grinza. “Ma non è così per la biblioteca cittadina. Sabato andremo in città e dobbiamo escogitare il modo di andare a dare un’occhiata.”
“E come? Hai qualche idea?”
“Forse sì.” Aveva lo sguardo di chi sa il fatto suo. “Ottimo lavoro raga, adesso conosciamo entrambi gli spiriti.”
“Un po’ di fortuna.”
“Aspetta un attimo…” Ethan fissava Gary con l’aria di chi non si accontenta. “Hai detto di aver sentito la conversazione fra quei due nell’aula magna, giusto? E che eri in compagnia.”  Attese la conferma. “Che ci facevi lì che è un luogo proibito nascosto con lei?”
Sia Gary che Charlotte avvamparono all’istante, nessuno sapeva ancora nulla della loro neonata relazione. “Ehm,… che …che ci facevamo lì?” Farfugliò lui visibilmente in imbarazzo. “Suonavamo!”
“Ma sì, è ovvio!” Confermò lei. “Cos’altro potevamo fare?”
Ethan ridacchiava divertito, diede due pacche sulle spalle all’amico e scuoteva la testa. “Ah, Gary, Gary. Sei talmente abituato a fare il bravo ragazzo che non saresti credibile neanche a un kilometro di distanza.” Continuava a ridacchiare. “Ora tu vuoi farmi credere di esserti intrufolato di nascosto lì con lei per suonare il pianoforte? Ti prego, non sono nato sotto un cavolo.”
“Non farti venire idee strane!” Non c’era verso di venirne fuori. “Beh, diciamo che…. Abbiamo parlato.”
“E che vi siete detti?” Ora iniziava a tartassarli anche Sophie. ”Andiamo, sono o non sono la tua migliore amica? Avanti Charlottina, non puoi tenermi all’oscuro!”
“Rosicate, rosicate.” La ragazza, messa alle strette, tentò di sdrammatizzare. “Intanto io e lui siamo un passo avanti rispetto a chi tanto blatera e niente raccoglie. E sfotte pure.” Guardava Ethan sempre attaccato a Gary.
“Ehi-ehi, chi va dicendo che non raccolgo?!”
“Hai forse una ragazza? A me non risulta.”
“Oh, se dovessi accontentarle tutte…”
“Ma va’, ti piacerebbe averne una tutta per te che ti sopporta!” 
Scoppiarono tutti a ridere, mostrando la loro felicità e tentando per quanto possibile di alleggerire la tensione.
 
Quella sera non ci fu nessun fenomeno strano, soffiava solo un po’ di vento che accarezzava le cime degli alberi, i due cigni con ogni probabilità sonnecchiavano nel loro giaciglio presso il laghetto. Le finestre dell’accademia erano in parte accese ed in parte spente e non vi erano luci che si spegnevano e si riaccendevano all’improvviso. La cosa emersa dalle loro parole lasciava intendere che lo spirito di Mathilde almeno sembrava volerli proteggere, perché era stata sicuramente lei ad avvisare Charlotte e Gary dell’imminente arrivo dal direttore e della Stanford, era stata lei a trascinarli in quello stanzino evitando che fossero scoperti e salvandoli dalle brutte conseguenze.
 
E Arthur?  Era un spirito amico anche lui o c’era da aver paura? 
 
 
 




 
Buon martedì a tutti!

Ancora grazie a tutti per il meraviglioso supporto che mi state dimostrando.
Gary e Charlotte hanno casualmente assistito ad una conversazione molto particolare durante la quale è uscito qualcosa di interessante. Ovviamente c’è dell’altro da scoprire, ma non posso raccontarvi tutto adesso per cui dovrete accontentarvi delle frammentarie informazioni che vi ho dato. Certo è che la Stanford è una sensitiva e non un’insegnante di musica: qualcuno l’aveva immaginato?

Ancora grazie a tutti voi che continuate a seguirmi in questa avventura e in particolare a chi commenta. Coraggio, lettori silenziosi, fatevi avanti!

 
Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 11
*** Leave them alone ***


Sandra Stanford si mise seduta al tavolo dopo aver tirato l’ultima tenda e chiuso la porta a chiave. Assieme a lei c’era solo il direttore. Sfregò il fiammifero sulla parte ruvida della scatola ed accese una dopo l’altra le quattro candele posizionate ai quattro vertici di un quadrato immaginario. Poi mise le mani sulla tovaglia blu con le dita distese ed aperte a mo di ventaglio rivolte verso il centro del tavolo e chiese all’uomo di fare altrettanto. Adesso non restava che portare la concentrazione al massimo e tentare un contatto con Arthur.
La stanza era avvolta dal silenzio e tale situazione doveva necessariamente restare immutata per alcuni minuti affinché la sensitiva potesse evocare il suo spirito guida che a sua volta avrebbe tentato il contatto finale. Dopo  circa cinque minuti dall’inizio percepirono entrambi delle correnti fredde e le fiammelle delle candele presero a muoversi come se vi fossero degli spifferi d’aria.
“Eccolo.”  La donna sentiva distintamente lo spirito in avvicinamento e pareva non avere buonissime intenzioni. “Sir Arthur, il mio umilissimo ringraziamento arrivi a voi che avete risposto alla mia chiamata.” Fissò negli occhi Cowen, non doveva assolutamente perdere la concentrazione qualunque cosa fosse accaduto. “Sir Arthur, vi prego, so che qualcuno vi turba impedendovi di godere della serenità che meritate…. Vi imploro, noi siamo qui per offrirvi il nostro umile aiuto, diteci chi vi turba…. Vi prego.” Il respiro iniziava ad essere più difficoltoso ed opprimente, lo spirito non voleva collaborare. “Vi scongiuro, sir, desideriamo solo aiutarvi, desideriamo accompagnarvi verso la luce assieme alla vostra amat…”  Due delle candele si spensero all’istante, uno dei candelieri cadde sul tavolo e la donna percepì in modo netto e distinto le parole

LEAVE THEM ALONE

“Niente, non collabora.” Sentenziò sospirando. Recitò mentalmente le formule per porre fine alla seduta non appena ebbe la certezza che lo spirito era tornato nella sua dimensione. “Non vuole parlare, anzi, mi ha invitata a lasciarli stare.”
“Chi? Quei ragazzi?”
“Credo di sì. E’ come se volesse proteggerli da noi.” Incrociò le braccia. “Chissà poi perché!”
“Lei conosce meglio di me l’imprevedibilità di Arthur, cose che per noi sono a fin di bene, per lui potrebbero non essere tali.”
“Ha ragione. Suggerisco di andare avanti così e tenere d’occhio i ragazzi, studiamone ogni mossa e interveniamo sottobanco nel caso facciano qualche mossa inopportuna.”
“Ha intenzione di tentare di nuovo un contatto con lui?”
“Per il momento no.”
“E Mathilde?”
La Stsnford si fece pensierosa, l’idea di tentare con lo spirito della ragazza era da considerare. “Tentar non nuoce. Se la sente?”
Cowen si mise di nuovo seduto, attese la riaccensione delle due candele spente e si preparò di nuovo alla seduta. Posizionò le mani come prima seguendo le indicazioni della medium che iniziò immediatamente a contattare Mathilde.
“E’ qui, la percepisco molto bene.” A differenza di prima adesso la sua voce era più rilassata. “Vi ringrazio di aver accolto la mia richiesta. Chiedo umilmente il vostro aiuto affinché possiate intercedere presso…..”
Improvvisamente i quattro candelieri caddero tutti verso il centro del tavolo e la tovaglietta si incendiò, ma fortunatamente le fiamme non divamparono in modo violento, dando modo all’uomo di afferrare il vaso di fiori presente nella stanza e rovesciarvi l’acqua. E di nuovo nella mente della Stanford echeggiarono le parole

LEAVE THEM ALONE

“Niente da fare, Arthur non vuol permettere a Mathilde di collaborare con noi. E’ stato lui ad intervenire e a far cadere i candelieri. Dobbiamo percorrere altre strade, per stasera è meglio fermarsi qui.”
 
 
 
 
 


Arrivò il tanto atteso sabato. Nel primo pomeriggio gli studenti raggiunsero il centro di Southampton a bordo di un bus. Gary era più silenzioso del normale, Charlotte invece era elettrizzata all’idea della loro prima esibizione pubblica da quando aveva intrapreso l’avventura all’accademia. Era altrettanto piacevole poter uscire finalmente da quelle quattro mura, respirare aria diversa, vedere facce diverse e poter gironzolare un po’ senza percepire la presenza asfissiante di certi insegnanti o presunti tali. Non molto lontano dal Mayflower Theatre c’era il porto della città, con quella lingua di mare che si insinua nella terra, ti porta verso il Canale della Manica e poi via, verso l’Oceano Atlantico. Da lì era salpato il Titanic più di un secolo fa con il suo carico di speranze per una vita migliore, con i sogni racchiusi in una valigia di cartone, sogni che purtroppo giacciono addormentati giù negli abissi da quella notte dell’aprile 1912. Inutile dire che il brano My heart will go on, colonna sonora del celebre e pluripremiato film, era uno di quelli che Charlotte aveva suonato piuttosto spesso nei suoi momenti di romanticismo acuto, specie negli anni passati quando doveva esercitarsi per ore ed ore al flauto traverso. Mare e musica: non le sarebbe affatto dispiaciuto fare una passeggiata con Gary ed ascoltare con lui il piacevole sciabordio delle onde mischiato alle loro musiche preferite.
“Sai, uno di questi giorni mi piacerebbe chiedere il permesso di uscire e fare una passeggiata sulla spiaggia, magari prendiamo il traghetto per l’Isola di Wight e ce ne stiamo un po’ per fatti nostri.”  Guardava il suo ragazzo seduto di fianco in attesa di una risposta che invece non arrivava. “Ehi, mi stai ascoltando?”
Lui parve destarsi dal sonno. “Scusa…. Che… Che stavi dicendo?”
“Va tutto bene?” Lo guardava negli occhi ma restava in silenzio. “Gary, hai già dimenticato quello che ti ho detto quando ci siamo conosciuti?  Se hai un problema, puoi contare su di me. Anche se non te lo posso risolvere, sono sempre disponibile ad ascoltarti …. naturalmente se hai voglia di parlarne.”
Era in momenti come quello che si sentiva fortunato ad aver trovato una ragazza come lei, comprensiva, affettuosa, mai troppo insistente o invasiva. “Scusa.”  Le prese la mano e iniziò a massaggiarla dolcemente. “E’ solo che…” Sospirò. “Stasera ci sarà anche mio padre, anzi, probabilmente già si trova qui in città e….”
“Un attimo di attenzione per cortesia.” La voce del direttore interruppe il loro dialogo così come il brusio presente nel bus. “Prima di scendere e raggiungere il teatro vi espongo il programma al quale dovete attenervi scrupolosamente.” Fece una breve pausa per verificare che tutti fossero attenti. “Gli strumenti sono già stati portati all’interno del teatro e disposti nell’area destinata all’orchestra. Non appena scesi, vi recherete immediatamente all’interno per prendere visione delle vostre postazioni e provare alcuni di brani che eseguirete tutti assieme. Ci è stato chiesto anche di accompagnare le esibizioni della Southampton Dancing, si tratta di tre brani tratti dalla Giselle, Il Lago dei Cigni e Lo Schiaccianoci. Sono arie che sicuramente conoscete, ad ogni modo troverete gli spartiti presso le vostre postazioni ed avrete la possibilità di suonarli durante le prove. Non appena queste saranno terminate, avrete del tempo libero e vi aspettiamo in teatro per le 7:00 in punto per una cena veloce e per lo spettacolo che inizierà alle 9:00. Vi comunico anche che avremo il piacere di ospitare Mr Bernard Ascott che ci farà l’onore di esibirsi con il figlio a fine serata. E’ tutto, potete andare.”

I ragazzi iniziarono ad alzarsi in modo composto e regolare, scendendo a terra ordinatamente e dirigendosi verso l’ingresso del teatro riservato agli artisti. Il discorso del direttore era stato molto chiaro e Charlotte aveva compreso subito il motivo del silenzio di Gary, lo prese per mano per fargli capire di essergli vicina sempre e comunque. Non disse nulla, sapeva che in tali circostanze il silenzio era la cosa migliore da dire.
 
 
 
 

 
Le prove durarono più del previsto e nonostante ciò non si rivelarono particolarmente pesanti e noiose, così dopo una Bohemian Rapsody dei Queen e una Never say goodbye dei Bon Jovi, fra una Heroes di David Bowie e la sigla della serie cult Happy Days ripetuti varie volte, più le prove delle arie per accompagnare i balletti, i ragazzi poterono godere di un po’ di libertà, in misura minore rispetto a quanto avevano sperato.
Emily era rimasta indietro a parlare con Jason, nonostante i pregiudizi ed i timori iniziali fra loro era nata una grande empatia musicale. Ethan li guardava, non capiva come la ragazza che aveva un  debole per lui potesse trovare gradevole la compagnia del mezzo vampiro. Provava una sorta di fastidio, era geloso delle sue ammiratrici e mal sopportava quando queste, nonostante lui non dedicasse loro molte attenzioni, si interfacciavano con altri ragazzi.
“Se non conoscessi la tua fama di buongustaio, direi che sei interessato a quella finta giovane.” Iris, acida come sempre, si avvicinò ad Ethan.
“Eh? Io interessato a lei? Ti prego….”
“Vorrei ben dire!” Ridacchiò lei. “Ha uno stile che la mia bisnonna appare un’adolescente in confronto a lei.”
“Potrei dire lo stesso di te.” Charlotte raggiunse i due assieme a Gary e Sophie. “Siamo vestite tutte allo stesso modo.”
“In effetti questa uniforme non mi è mai  piaciuta.” Confermò Sophie sospirando.
“Motivo in più per tuffarci nello shopping più sfrenato! Andiamo?”  Tutti guardavano Iris senza parlare, avevano ben altro da fare e pochissimo tempo a disposizione. “Beh? Ho detto qualcosa di strano? Ragazze, avanti!”
“Ah, non guardate me.” Ethan si tirò subito indietro: uno perché l’idea di vagare per negozi gli dava l’orticaria, due perché moriva dalla voglia di andare in biblioteca a caccia di novità.
“Gary, tu ci accompagni?”
“Beh…. Veramente..” Che diavolo poteva inventarsi? “Ehm, c’è …c’è mio padre laggiù, è da tempo che non lo vedo e… mi capisci, vero?”
“Uh, dov’è? Anche io non lo vedo da tempo e lo saluterei volentieri.”
Ethan colse al volo l’occasione e si avvicinò all’amico. “Portala via, portala da tuo padre, portale dove ti pare, basta che se ne stia lontana da noi.”
La cosa non gli andava affatto a genio, ma era l’unico modo per togliersela di torno alla svelta e iniziare ad indagare sfruttando al meglio quel poco tempo che avevano a disposizione. Aveva pure notato il disappunto di Charlotte, l’abbracciò sussurrandole nell’orecchio e lasciandole un bacio vicino alle labbra .“Tesoro, stai tranquilla. Saprò farmi perdonare”. Poi si rivolse all’altra. “D’accordo Iris, andiamo.” Si allontanò sotto lo sguardo non troppo entusiasta della sua ragazza.
“Non fare la gelosa, zuccherino. Con quella fra i piedi non si può fare nulla, qualcuno deve sacrificarsi per permetterci di andare in biblioteca.”  Cercò di tranquillizzare la ragazza con ben poco successo.
“Tu fai i salti di gioia se la tua dolce metà se ne va in giro con un altro che in passato ci ha provato? Ah, già che stupida, tu non hai la ragazza, certe cose non le capisci.”  Si allontanò incamminandosi verso il complesso culturale dove si trovava la Biblioteca ed i Southampton Archives, presso i quali li stava aspettando Oliver assieme a Brenda, la sua ragazza.
“Beh? Che ho detto di così strano?”
“Tu innamorati sul serio e poi ne riparliamo.” Sophie mal sopportava la superficialità che spesso Ethan mostrava, specie in campo sentimentale. Anche Emily, che nel frattempo li aveva raggiunti, era della medesima opinione e stava facendo di tutto per convincersi di dover fare di tutto per spegnere quella cotta che le avrebbe solo fatto del male.
 
 
 
 
 
Quell’ambiente era completamente diverso dalla biblioteca dell’Accademia, era moderno, futuristico e disponeva di un archivio digitale di prim’ordine. L’ingresso era ampio e discretamente luminoso e tutte le informazioni venivano fornite da un grande pannello chiaro ed esaustivo appeso alla parete destra. Proprio lì stava Oliver in compagnia di una bellissima ragazza dai lunghissimi capelli raccolti in tantissime treccine.
“Ehilà, ben arrivati!” Oliver andò incontro agli amici. “Lei è Brenda, la mia ragazza. Ci aiuterà nelle nostre ricerche.”
“Brenda… enchanté!”
“Lui è Ethan, guardatene bene.”  Il ragazzo scherzava, sì, ma fino a un certo punto. “Loro sono Charlotte , Sophie ed Emily.”
“Lieta di conoscervi.”
“Gary non c’è?”
“E’  in giro con Iris.” Charlotte era ancora scocciata.
“La signorina invece si è unita a noi dopo aver garbatamente interloquito con il suo nuovo compagno musicale.”
“E quindi? Problemi?”  La ragazza dai capelli rossi iniziava ad essere infastidita dalle battute pungenti di Ethan.
“Quel tipo strano che ha il violoncello nero?” Anche Oliver era rimasto vittima delle voci riguardanti Jason.
“Proprio lui.” Confermò Ethan. “Mi domando cosa possa trovarci di così interessante.”
“Doti nascoste.” Oliver si divertiva a stuzzicarlo. “Ad ogni modo ci penseremo più tardi, abbiamo da fare. Muoviamoci, abbiamo già perso troppo tempo.”
“Sentite….” Charlotte non era dell’umore adatto. “Io torno in teatro. Non ci sto con la testa e voglio vedere se quella cretina sta facendo cose che non dovrebbe fare con Gary.”
“Che c’è? Non ti fidi del tuo amoroso?”
“No Ethan, non mi fido della donzella che lo accompagna.” Si allontanò. “Fatemi sapere se ci sono novità.”
“Ok tesoro.” Sophie strinse l’amica. “Tranquillizzati, Gary non è un idiota.”  
Salutò tutti gli altri ed uscì dall’edificio.
Camminava a passo svelto verso il Mayflower, sapeva che Gary si trovava lì con suo padre e quella , sapeva anche dei rapporti tesi fra il suo ragazzo ed il padre, così come sapeva dell’amicizia esistente fra di loro che già avevano suonato assieme in passato. Era gelosa? Sì, lo era. Non poteva negarlo. Anche se la storia con Gary era appena nata, sentiva quel sentimento crescere giorno dopo giorno con grande forza e non avrebbe mai e poi mai permesso a nessuno di stroncarlo sul nascere. Iris voleva primeggiare sempre e comunque, probabilmente era abituata ad avere tutto con facilità e non tollerava eccezioni. A volte sembrava interessata ad Ethan, uno dei più gettonati dell’accademia ed oggetto del desiderio di gran parte delle studentesse, poi faceva le fusa a Gary, affascinata dalla sua notorietà e con ogni probabilità aveva fatto qualche sceneggiata da “vittima di tutti i compagni di studi che ce l’hanno con me”  per duettare con lui e stargli sempre appiccicata.  E immaginarla lì assieme a lui le faceva andare il sangue al cervello. Attraversò la strada ed entrò in Watts Park, per raggiungere il teatro lontana dagli occhi indiscreti di studenti ed insegnanti in giro e all’improvviso le parve di sentire una vocina interna che le suggeriva di voltarsi verso l’archivio: scorse due figure a lei molto familiari avvicinarsi ed entrare proprio lì da dove era uscita lei. Il direttore Cower e la professoressa Stanford, insomma la sensitiva Stanford, stavano entrando nell’archivio storico di Southampton ed era pronta a scommettere che li avevano tenuti d’occhio. Non ci  pensò su due volte, afferrò il cellulare e chiamò Sophie, sperando che in quel locale ci fosse rete.
 
 

Nel frattempo gli altri, guidati da Brenda, proseguirono con le ricerche sull’identità e le storie degli spiriti.
“Venite con me.” La ragazza invitò i ragazzi a seguirla. “Conosco molto bene questo archivio, lo frequento spesso con i miei compagni di corso dell’università. Il personale è gentile e disponibile e ti mettono a disposizione tutto quello di cui hai bisogno per le tue ricerche. Oliver mi ha spiegato cosa cercate e credo di potervi accompagnare nella zona giusta.”
Scesero per una scala non particolarmente larga ma ben illuminata, le pareti erano bianche e prive di quadri o decorazioni. Proseguendo per un corridoio relativamente breve, giunsero in prossimità di una porta di legno dal colore scuro. “Ecco.” Brenda si fermò. “Qui sono conservati tutti i registri cittadini riguardanti la popolazione residente e non  a partire dal XII secolo. Gli atti più antichi sono stati digitalizzati e di conseguenza sono consultabili tramite computer, ma da quanto ho capito ciò che cercate è più recente, giusto?”
“Esatto. Noi cerchiamo informazioni su due persone decedute nel 1898 che si trovavano alla Duke of Kent.” Confermò Sophie.
“Venite.” Brenda aprì la porta: davanti a loro apparvero scaffali metallici contenenti scartoffie su scartoffie. “Ecco: qui ci sono gli atti di morte registrati dalle autorità civili dal 1875 al 1900.” Si fermò davanti allo scaffale su cui erano conservati i volumi ricercati.
“Quindi potrebbero esserci anche quelli di Mathilde e Arthur.”
“Suppongo di sì.”
In quel momento il cellulare di Sophie squillò dopo aver notificato vari messaggi di tentativi di chiamate falliti a causa della bassa copertura: era Charlotte. Rispose. La conversazione durò sì e no dieci secondi. “Ragazzi, dobbiamo andare via.”
“Perché? Cosa c’è?”
Sentirono chiudere la porta del locale: qualcuno era appena entrato.
“Era Charlotte al telefono un attimo fa: ha visto il direttore e la Stanford entrare qui dentro.”  Parlò a bassissima voce e vide una lieve preoccupazione scendere nei volti degli amici. “Quelli ci hanno seguiti.”
“Da questa parte.” Brenda, che ben conosceva l’ambiente, li indirizzò verso la parete di fondo. “Dobbiamo sperare che non stiano troppo a ridosso della porta, purtroppo è l’unica via di accesso e di uscita.”
Sbirciando fra uno scaffale e l’altro, riuscirono ad avere la certezza che erano proprio loro le persone entrate in quel luogo. La Stanford si guardava attorno con circospezione, sembrava percepisse qualcosa e quella situazione sospesa non faceva altro che aumentare loro l’ansia.
“Direttore, non si muova.” La donna bloccò immediatamente l’uomo che si stava muovendo assieme a lei. Aprì il palmo della mano destra e tese il braccio verso gli scaffali. Si diresse proprio lì dove erano conservati i documenti riguardanti i decessi e si fermò proprio di fronte a quello individuato dai ragazzi. Piegò l’angolo della bocca, aveva un’aria soddisfatta: il fascicolo era al suo posto e non era stato violato. Sentiva delle presenze in quell’ambiente ed era quasi certa della loro identità, tuttavia il poco tempo a  disposizione non era stato sufficiente per portare a termine le ricerche. Dovette ammettere a se stessa di aver a che fare con un gruppo di ragazzi estremamente determinati e in gamba, in molti si sarebbero arresi di fronte a certi eventi inspiegabili, preda della paura e del pensiero di aver a che fare con dei fantasmi. Sfiorò quel libro pieno di storia e tornò verso il direttore che la stava aspettando di fronte alla porta. “Andiamocene pure, qui è tutto sotto controllo.” Uscirono entrambi e la donna si preoccupò di chiudere a chiave. “Ah, una cosa, direttore: se eventuali studenti non si presentano in teatro per le 7:00 in punto prevede sanzioni disciplinari?”
“Naturalmente. Potrebbero essere passibili di espulsione. Perché me lo chiede?”
“Glielo spiegherò tornando verso il teatro. Andiamo, non vorrà fare tardi proprio lei!”
E mentre uscivano, nella mente della donna risuonò di nuovo quella frase:

LEAVE THEM ALONE
 
 
 
 
“Se ne sono andati?”  Oliver si affacciò titubante per sbirciare e constatare che l’ambiente fosse deserto.
“Bastardi tutti e due!” Sbuffò Ethan. “Credete che si siano accorti di noi?”
“Non lo so e non lo voglio sapere, ad ogni modo sbrighiamoci a frugare in quel vecchio registro.”
“Ehm… ragazzi, c’è un piccolo problema.” Emily li bloccò tutti. “Sono le 6:45, fra un quarto d’ora dobbiamo essere in teatro e credo sia meglio arrivare con un po’ di anticipo per evitare sospetti.”
“Bastardi tutti e due di nuovo! Siamo così vicini alla meta e non possiamo raggiungerla!”
“Lo fanno di proposito, oramai è innegabile. Mi domando solo perché non vogliono che si sappia la storia di questi due spiriti….”
“Beh, ci penseremo dopo. Adesso filiamocela.”  Sophie  era davanti alla porta.
“Ferma!” La bloccò Ethan. “E se fossero lì fuori?”
“Non credo. Siamo in ritardo noi come lo sono loro.” La ragazza fece per aprire e scoprì che la porta era bloccata. “Merda…. Ci hanno chiusi a chiave qui dentro.”
“Porca puttana! E ora che facciamo?”
 
 
 
 
 
 
 
 


 
Buon venerdì a tutti!
Vi chiedo scusa per il ritardo, ho avuto un blocco di ispirazione ed ho dovuto pazientare perché questa tornasse. Non sono particolarmente convinta del capitolo che vi ho proposto, ma confido nella vostra clemenza!
Qui appare sempre più chiaro che Arthur non gradisce particolarmente le intromissioni di certi personaggi nelle indagini dei ragazzi e questi arrivano vicinissimi a scoprire qualcosa di più, ma guarda caso vengono interrotti. Non solo, restano chiusi nell’archivio mentre il tempo scorre. Che succederà?
Prima di salutarvi e visto che questa storia gira attorno alla musica, permettetemi di ricordare il Maestro Ezio Bosso, recentemente scomparso, che oltre alla sua musica, ci ha lasciato una lezione di vita di raro spessore.
Grazie a tutti per il vostro meraviglioso supporto!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 12
*** An unusual black-out ***



Charlotte era appena entrata nel teatro, sentiva una soave melodia di pianoforte con un’orrenda pseudo musica (per le sue orecchie)  di flauto traverso.

Sapevo di trovarli qui. E stanno pure suonando assieme!

Entrò in platea tentando di non fare il minimo rumore ed avvcinarsi con passo felpato a Gary che era rivolto verso il palco così come Iris che si pavoneggiava come non mai. Presso di loro c’era un signore molto distinto che riconobbe immediatamente come Mr Ascott data la fortissima somiglianza con il suo ragazzo. Era totalmente rapito dalla musica, pareva fluttuare nell’aria e gesticolava con le mani come se fosse lui a suonare. Evidentemente la musica faceva parte del DNA della famiglia Ascott. I due stavano eseguendo alcuni brani di musica classica, estremamente affascinanti ma non così coinvolgenti come certi pezzi di musica leggera e pop che lei amava suonare con Gary. Passo dopo passo si stava avvicinando alla postazione dell’orchestra ed era quasi arrivata alla zona che avrebbe occupato durante la serata quando inavvertitamente urtò contro un leggio che cadde rovinosamente a terra facendo scoprire ai tre la sua presenza.
“Ehm….scusate.” Avrebbe voluto sprofondare. “Prego, prego, proseguite pure!”
“Ah, solo tu potevi fare tutto ‘sto baccano!” Iris era sempre gentile e garbata.
L’uomo la scrutò per bene e le si fece incontro. “Suppongo che questa signorina sia una vostra compagna di studi, dico bene?”
“Esatto, signore. Sono Charlotte Wittel, onorata di fare la sua conoscenza.”
“Mi chiami pure Maestro.” Puntualizzò l’altro.
“Oh, chiedo scusa Maestro.”
“Se ne faccia una ragione, non tutti sono così culturalmente elevati da conoscere i più grandi nomi della musica.” Iris non perdeva occasione di volersi mostrare superiore.
“Charlotte è un’eccellente musicista, suona il flauto traverso ed ha duettato con me fino a poco tempo fa.” Gary intervenne, non sopportava più l’atteggiamento della ragazza. “Non so per quali motivi, ma ci hanno divisi e posso assicurarti, caro papà, che è stato un errore madornale perché io e lei avevamo un’intesa perfetta.”
“Ah sì? E come mai non ho mai sentito il nome della signorina prima d’ora? Non ricordo di averla mai incontrata nella Royal Junior Orchestra o in altre occasioni musicali di rilevo.”
“Sì, infatti non ne ho mai fatto parte, però sono molto gettonata per i matrimoni e gran parte delle cerimonie del mio quartiere.”
L’espressione del suo volto era un qualcosa come disgustato stupore. “Oh, immagino. Evidentemente lei non ha particolari ambizioni di crescita se si accontenta di così poco.”
“Mai dire mai, maestro. Anche il noto tenore italiano Andrea Bocelli, che sicuramente conosce, all’inizio cantava solo l’Ave Maria di Schubert in chiesa e certi produttori dicevano che avrebbe fatto poco di più. Sicuramente io non arriverò mai ai suoi livelli, ma amo la musica e niente mi fa stare meglio di suonare sia da sola che in compagnia.”
L’uomo non rispose, era rimasto piuttosto sorpreso dalla risposta schietta della ragazza.
Gary era rimasto in silenzio, si avvicinò a Charlotte, la prese per mano e si allontanarono. “Vogliate scusarci.”  Uscirono dalla platea, temeva che la chiacchierata iniziasse a degenerare. “Credevo tu fossi assieme agli alti. Come mai sei tornata indietro?” La ragazza indugiava nel rispondere. “Non dirmi che sei gelosa di Iris.”
Esplose dopo qualche secondo di silenzio. “Sì, sono gelosa! “
Lui la catturò fra le braccia e la strinse forte. “Non ne hai motivo, devi stare tranquilla amore mio.” Le depositò un bacio fra i capelli. “Comunque ne sono felice, significa che la nostra storia è importante  per te come lo è per me.”
“Il fatto è che tu e lei vi conoscete da tempo e tuo padre sembra avere molta stima nei suoi confronti. Non sono al vostro livello.”
“Sì, lui stima molto Iris, ma non ha mai avuto modo di sentire quanto sei brava tu.”  Si scambiarono un velocissimo bacio.
“Temo di aver tirato troppo la corda prima, forse avrei dovuto tacere.”
“E lasciarti sminuire? Sappi che mio padre non disdegna le persone che sanno far valere le proprie ragioni, specialmente se amano la musica come te. Non appena avrà avuto modo di conoscerti meglio ti apprezzerà tantissimo, ne sono sicuro.”
E lei non amava solo la musica, ma anche quel ragazzo che la stringeva forte fra le braccia. “Ah, a proposito! Ho lasciato gli altri nell’archivio assieme a Brenda, la ragazza di Oliver. Li stava accompagnando nel locale in cui avrebbero trovato documenti importanti, però mentre stavo tornando qui ho visto il direttore e la Stanford entrare proprio in quell’edificio.”
“Dici sul serio?”
“Sì. Sono riuscita ad avvertire Sophie, spero non siano nei guai.”
Si fece pensieroso e controllò l’orologio. “Non manca molto alle 7:00, può darsi siano già rientrati in teatro. Ora torniamo di là e vediamo se sono arrivati, intanto dimostriamo a mio padre quanto sei brava.”
Un altro bacio veloce e rientrarono in platea. Gary si sedette al piano, selezionò Imagine, capolavoro senza tempo di John Lennon ed iniziò la performance assieme a Charlotte sotto lo sguardo contrariato di Iris e incuriosito di Bernard. Man mano che andavano avanti, l’uomo mostrava sempre più segnali di apprezzamento ed approvazione, quei due assieme si fondevano con la musica diventando una cosa sola, ci mettevano anima e cuore, segno inconfondibile di una passione smisurata che andava al di là del talento.
“Allora papà, che ne pensi?” Gary era curioso di conoscere il parere del genitore.
“I miei complimenti alla signorina. E’ raro trovare qualcuno che riesce a duettare in modo impeccabile con mio figlio e che non abbia mai preso parte a eventi o concerti nazionali.”
“Grazie Maestro.” Charlotte preferì rispondere in modo sintetico: quelle parole di apparente apprezzamento non mancavano di dimostrare che lui e suo figlio erano pur sempre superiori a lei. Fortuna che Gary non era così, ma temeva che la loro relazione non sarebbe mai stata vista di buon occhio a causa della mancanza di musicisti famosi nella sua famiglia. Il ragazzo si era accorto della leggera ombra negli occhi di lei e tentò di tirarla su di morale stringendole forte la mano.
Pochi istanti dopo alcuni studenti iniziarono ad entrare in platea e fra di essi c’erano anche il direttore Cowen e la professoressa Stanford. Fu in quell’istante che Charlotte sentì vibrare il suo cellulare nella tasca della sua giacca: era Sophie. Guardò Gary, prese l’apparecchio e si allontanò di qualche passo per rispondere.
“Soph, dove siete?”
“Nei guai! Ci hanno chiu.. giù nell’..chivio!”
“Cosa?! Oh, cavolo.”
“Sì! Trova .. verso di distrarre quei due st…zi in modo che non si ac…gano che … ci siamo! Fra un quarto d’… dobbiamo esse.. .. teatro altrim… quelli ci sbattono fuori!”
“Ok, ok…. Vedo di inventarmi qualcosa.”
“Stiamo tent…. di contattare i custodi perché ..ngano a liberarci ma qui sotto il ..gn.le va e vien…..” E infatti cadde la linea.
“Pronto! Pronto! Sophie, mi senti?” Niente da fare, la chiamata si era bruscamente interrotta. Charlotte doveva fare l’impossibile per mantenere i nervi saldi e mostrarsi tranquilla, nonostante la fastidiosa presenza di Iris, la superiorità di Mr Ascott e gli sguardi poco raccomandabili del direttore e della sensitiva. Gary aveva compreso che qualcosa non andava e sicuramente aveva a che fare con le loro indagini: guardando negli occhi la sua ragazza capì immediatamente che era opportuno allontanarsi di lì, possibilmente senza dare nell’occhio e senza coinvolgere suo padre ed Iris. Rifletté un istante, erano le 18:50 e il tempo a disposizione era sempre meno. La sua mente era vuota e si sentiva impotente ed inutile nel non poter fare nulla.
All’improvviso però notarono la Stanford mettersi seduta ed abbassare la testa, poi si portò una mano al collo. E le luci in sala si spensero senza un perché.

Charlotte prese Gary per mano e a tastoni raggiunsero il foyer del teatro. “Scommetto quello che vuoi che l’elettricità non è saltata a caso.”
“Tu credi?”
“Hai visto la Stanford? Ha accusato un malore ed ho scoperto che i medium hanno queste reazioni in presenza di spiriti aggressivi. Mathilde ci ha già aiutati in passato e sono pronta a scommettere che l’ha fatto di nuovo, magari con l’aiuto di Arthur.”
“Ci sta aiutando a prendere tempo dunque.”
“Esatto.” Si guardò attorno per farsi venire qualche idea. “Il problema è che….” Si interruppe non appena i suoi occhi incrociarono quelli di Jason che le si era avvicinato. Inutile dire che quel ragazzo un po’ di ansia gliela metteva, quei capelli neri come la notte, lunghi fino alle spalle che contrastavano con il suo viso dalla pelle bianchissima non facevano che alimentare i pettegolezzi sul suo essere un mezzo vampiro.
“Emily ha bisogno di aiuto, mi ha mandato un messaggio.”
“Ehm, sì.” Che le stesse offrendo collaborazione?
“Voi due restate qui, fidatevi di me.”

Senza aspettare una risposta, Jason uscì dal teatro e si diresse verso l’archivio secondo le indicazioni ricevute da Emily tramite Whatsapp. I due rimasero lì, fermi, guardandolo uscire con le mani in tasca e passo regolare, mentre tutti i presenti si stavano facendo prendere dal panico causato dall’improvviso black-out. A conferma di ciò che aveva ipotizzato Charlotte, il Mayflower era l’unico edificio del quartiere sprovvisto di elettricità e molto probabilmente il programma della serata avrebbe avuto dei ritardi, proprio quello di cui avevano bisogno i ragazzi.

Il personale del teatro correva nervosamente, c’era qualcuno attaccato al telefono che imprecava e malediva quell’inconveniente, accusando chiunque di superficialità e incompetenza. Charlotte e Gary uscirono all’esterno, speranzosi di veder comparire gli amici in breve tempo. Videro invece arrivare il professor O’Connor accompagnato lì da un taxi. Credevano dovesse restare ancora a riposo dal momento che aveva sospeso le lezioni a seguito dell’aggressione subita, ma evidentemente non voleva perdersi la prima uscita pubblica dei suoi ragazzi. E infatti confermò a Charlotte proprio quella motivazione, assieme all’orgoglio di insegnante che vede due delle sue allieve suonare in un prestigioso contesto come quello. Poco dopo vennero raggiunti dal Mr Ascott e da Iris che appariva piuttosto scossa dall’essere rimasta al buio.

“Ah, finalmente un po’ di luce e dell’aria fresca. Oh, che esperienza! Speriamo non mi impedisca di suonare ai miei livelli!” Come attrice non aveva rivali.
“Com’è la situazione là dentro, papà?”
“A dire il vero non avevo mai vissuto un’esperienza simile. Dopo il black-out, con il teatro completamente al buio, ho sentito degli strumenti che sembravano emettere suoni in modo autonomo, ditemi voi se è una cosa normale! Avete mai sentito suonare un violino senza che nessuno lo tenga fra le mani? E il pianoforte? Quello che hai suonato tu e che dovresti suonare stasera? Emetteva suoni da solo! Ma dico io! Quasi quasi ti porto via, figliolo!”
“Cosa?!”
“Non deve accaderti nulla, mentre qui stanno accadendo cose strane. Quell’insegnante assieme al direttore, ad esempio,  ha accusato un malore improvviso poco prima che saltasse l’elettricità.” Fece un attimo di silenzio. “Io ho frequentato quest’accademia quando ero ragazzo e circolavano strane voci su presunti fantasmi ad infestarne la sede, ma durante la mia esperienza non ho mai visto nulla, perciò immaginavo fossero solo stupidaggini.” Tacque di nuovo. “Non vorrei trovare adesso la conferma.”
Gary e Charlotte si guardarono in faccia: anche il padre sapeva qualcosa?
“Di cosa stai parlando, papà?”
“Di una vecchia leggenda. Non esiste niente di provato ma sembra ci siano gli spiriti di una studentessa e di un giovane professore che vaghino fra i corridoi dell’accademia. Non dovrebbero essere pericolosi, ma detto fra noi non mi interessa approfondire l’argomento.”
“Però qui siamo in un teatro, non in accademia.” Puntualizzò Gary, non aveva la minima intenzione di tornarsene a casa!
“Lo so ed è proprio per questo che la situazione attuale mi preoccupa.”
O’Connor aveva seguito con grande attenzione ed interesse il racconto dell’uomo: facendo parte del corpo docenti aveva notato comportamenti strani, specialmente nelle ore serali quando volentieri scendeva nel parco per godere della tranquillità del fine giornata. La stessa collega Stanford gli sembrava strana, raramente teneva lezioni in autonomia ed era quasi sempre accompagnata dal direttore, in più sembrava prediligere le prove collettive e passava in rassegna gli studenti uno ad uno senza mai dire una sola parola o suggerire una correzione. Appena possibile avrebbe voluto parlarne con i suoi studenti, in particolare con Sophie e Charlotte, giusto per conoscere le loro impressioni sull’insegnante. Purtroppo l’aggressione lo aveva costretto al riposo e le poche ore trascorse fuori  dalla sua stanza non gli avevano fornito l’occasione di intavolare il discorso, ma gli avevano dato conferma che fra quelle mura c’era qualcosa di assolutamente fuori dal normale. E lui ne aveva avuto la prova concreta finendo al Pronto Soccorso per essere stato malmenato da una mano invisibile.

In quel momento l’orologio della vicina torre del Sea City Museum batté sette colpi: degli amici ancora nessuna traccia e teoricamente entro quell’ora gli studenti si sarebbero dovuti trovare in teatro per un veloce pasto prima dello spettacolo.
 
 
 
 
Nel frattempo la Stanford, rimasta all’interno del teatro assieme al direttore, respirava ancora con un leggero affanno. La sala era ancora avvolta nell’oscurità, fatta eccezione per le uscite di sicurezza debolmente segnalate dalle lampade di emergenza.
“Pazzesco.” La donna reclinò la testa all’indietro, tentando di rilassare i muscoli e godere del comodo schienale della poltroncina. “In tanti anni di carriera non mi era mai accaduto niente di simile.”
“Cosa intende?”
“Quegli spiriti sono dalla parte dei ragazzi, li stanno aiutando!” Fece due profondi respiri. “E’ come se volessero fargli conoscere la loro storia ed ostacolassero tutti i nostri sforzi di tenerli lontani.”
“Non glielo permetteremo, è troppo pericoloso sia per gli studenti che per il buon nome dell’accademia. Qualcuno potrebbe spifferare la notizia ai quattro venti per avere notorietà in rete e farci un bel po’ di soldi. Sa consa vorrebbe dire? Nessuno manderebbe più i propri figli a studiare musica alla Duke of Kent e il danno economico sarebbe enorme!”
“Appunto.” Il peggio sembrava passato. “Lei sa che dietro la storia dei due spiriti c’è un amore proibito, tutto mi porta a pensare che dietro il loro ritorno, specialmente quello di Arthur, ci sia una situazione simile. Trovi il modo di tenere d’occhio tutti gli studenti, in particolare quelli che le ho indicato. Se fra di essi c’è una tresca, li smascheriamo.”
“E Arthur? Potrebbe darci del filo da torcere.”
“Sicuramente. Farò di tutto per renderlo inoffensivo o per lo meno lo metterò nelle condizioni di non interferire. Potremo approfittare del loro ritardo di stasera ed allontanarli per un po’, così vedo come lui reagirà e trarrò le mie conclusioni.”
“Come fa ad essere così sicura che arriveranno in ritardo?”
“Semplice.” Piegò l’angolo destro della bocca. “Erano nell’archivio storico sicuramente per portare avanti le loro indagini, così li ho casualmente chiusi  a chiave lì dentro.”
“Cosa?! I ragazzi sono sotto la nostra responsabilità! Se dovesse accadere qualcosa, siamo noi che ne rispondiamo!”
“Non si agiti, direttore. A me basta che loro non si presentino o che lo facciano con un congruo ritardo, potremmo pure andare a farli uscire noi di persona o delegare qualcun altro a ridosso dello spettacolo, così le avrò fornito su un piatto d’argento il pretesto per allontanarli dall’accademia.”
L’uomo restò immobile e in silenzio: la Stanford aveva davvero una mente diabolica.
In quel momento l’elettricità tornò nel teatro e contemporaneamente ogni traccia del lieve malore accusato dalla Stanford scomparve. “Venga.” La donna si alzò. “Torniamo di là.”

Nel foyer del teatro si erano già radunati moltissimi studenti e gran parte dei professori. Immediatamente i due controllarono se fra essi c’erano anche i ragazzi chiusi in archivio. “Come vede, direttore, non ci sono.” E l’uomo non poté fare altro che confermare. Espellere quattro studenti in una volta sola non era cosa di poco conto, in cuor suo un tale provvedimento preso a fronte di un ritardo poteva apparire eccessivo. Eppure la fermezza della medium lasciava poco spazio a compromessi: se da un lato O’Connor aveva contribuito al risveglio dei due spiriti, dall’altro era necessario individuare chi, assieme all’insegnante, avesse completato l’opera. Non era stato possibile individuare la potenziale partner (o il potenziale partner) del giovane professore e l’unica via di uscita consisteva nell’allontanare anche studenti innocenti. Per la Stanford il gioco valeva la candela.
“Sono le 7:15, l’elettricità è stata ripristinata e credo sia ora di chiamare gli studenti per la cena, non trova?” C’era malizia nel tono di vice della donna.
A malincuore Cowen si vide costretto a radunare i ragazzi ed invitarli ad accomodarsi nelle sale a loro riservate per consumare un veloce pasto.
Con sua grande sorpresa invece vide entrare dalla porta principale del teatro tutti i ragazzi al completo, compresi quelli rinchiusi dalla Stanford. Parevano leggermente affaticati, come reduci da una corsa piuttosto sostenuta, ma vederli lì assieme agli altri studenti per lui fu un vero sollievo. Di tale parere non era la Stanford, appariva meravigliata e contrariata, anche perché non poteva chieder loro alcuna spiegazione. Qualora avesse fatto menzione dell’archivio o avesse chiesto delucidazioni sulla loro presenza, si sarebbe tradita da sola.

Erano arrivati di fronte all’ingresso del teatro giusto un attimo prima della chiamata del direttore e videro nei volti di Charlotte e Gary un sollievo tangibile. Assieme a loro c’era anche O’Connor il cui viso si illuminò nel vedere i suoi allievi capitanati da Jason sempre ombroso e inespressivo.
“Ragazzi, finalmente!” Gary andò loro incontro. “Ci hanno appena chiamati per la cena, dai, entriamo che forse non si accorgono del ritardo.”
“Se scopro chi è stato a giocarci questa bastardata….” Ethan era leggermente irritato sia per il rischio corso che per non aver potuto scartabellare in archivio.
“Usa un po’  di immaginazione, bro.” Ribatté Oliver. “Ad ogni modo Brenda ci darà una mano con le ricerche e mi farà sapere prima possibile.”
“Speriamo!” Sbuffò scaricando la tensione accumulata. “Comunque è davvero singolare dover ringraziare uno come lui, ci ha davvero salvato le penne.” Guardava Jason che camminava a poca distanza.
Come udì quelle parole, si voltò. “Se Emily aveva bisogno di aiuto, tu che avresti fatto, fenomeno?”
Ethan non aveva dubbi: quel mezzo vampiro gli stava veramente antipatico.
“Sai una cosa?” La rossa si intromise. “Esiste un detto secondo cui l’apparenza inganna.”
“E a volte aiuta.” Ribatté Jason. “Ho fatto prendere un bello spavento al custode.” Accennò un lieve sorriso. “Non voleva accompagnarmi giù, ma è bastato uno sguardo di quelli come dico io per persuaderlo.”
La ragazza si fece scappare una risata immaginando la scena. “Sei davvero un amico.” Fra Emily e Jason era davvero nata un’amicizia preziosa.
Sophie invece era visibilmente preoccupata. “Secondo te con un quarto d’ora di ritardo ci sbattono fuori?”
“Dubito. Qui nessuno si è preoccupato di conteggiarci, come vedi c’è una gran confusione. ” Rispose sicura Charlotte. “Ho la netta sensazione che qualcuno ci stia aiutando: è saltata l’elettricità in teatro e proprio in quel momento la Stanford ha accusato un malore. Tutti gli altri edifici invece erano illuminati, non ti dice niente?”
“Ah sì?” La ragazza si fece pensierosa. “In effetti la cosa è strana.”
“Tranquille ragazze.” O’Connor si avvicinò e sfiorò la spalla di Sophie. “Prima di sbattervi fuori devono passare sul mio cadavere. Coraggio, adesso andate a mangiare un boccone e dimostrate a tutti il vostro talento. Dateci dentro!”
“Grazie prof!”
“Non la deluderemo.”
 
 
La serata si rivelò un successone. Per i ragazzi il divertimento fu assoluto, nonostante le quasi tre ore ininterrotte di attività il tempo pareva scorrere velocissimo. E in effetti quando il tempo viene impiegato per qualcosa di piacevole sembra passare molto più rapidamente. Per loro la musica era gioia allo stato puro, linfa vitale e adrenalina, ragion d’essere per il presente e per il futuro. Gli applausi scroscianti del pubblico che chiedeva il bis non facevano altro che riempire d’orgoglio sia i ragazzi che gli insegnanti. O’Connor aveva gli occhi lucidi, nonostante avvertisse sempre qualche doloretto era  entusiasta delle sue ragazze che con mille e più sacrifici avevano raggiunto un livello notevole. Il suo cuore batteva forte per l’emozione e non avrebbe permesso a niente e nessuno di interrompere ciò che stava pazientemente costruendo. Si era quasi commosso nell’ascoltare Heroes, Bohemian Rapsody, Wish you were here, Smoke on the water, Shallow e tanti altri brani eseguiti senza sbavature dai ragazzi.
E anche fra di loro c’era enorme soddisfazione, per la prima volta sentivano di aver fatto davvero qualcosa di eccellente, di contare davvero e non trovarsi lì per puro caso o per un colpo di fortuna. Charlotte si voltò verso Gary, avevano entrambi gli occhi pieni di stelle e se avessero potuto, si sarebbero lanciati l’uno fra le braccia dell’altra per esternare l’incontenibile felicità. Ma per Gary non era ancora finita, infatti il direttore lo stava invitando a raggiungere il palco dove, accanto al pianoforte, lo attendeva suo padre con il violino in mano, pronto a omaggiare il pubblico con la sua arte. Il ragazzo avrebbe evitato ben volentieri, purtroppo il suo cognome e l’ingombrante presenza del genitore gli vietavano colpi di testa, per cui dovette raggiungere lo strumento sotto gli occhi di tutti, accomodarsi sullo sgabello ed iniziare a suonare la celebre colonna sonora del film Nuovo Cinema Paradiso composta dal maestro Ennio Morricone, una melodia struggente fuori dal tempo capace di strappare qualche lacrima a molti dei presenti, dato il trasporto donato dai due esecutori che mostravano un livello per molti irraggiungibile.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
Buon Pomeriggio a tutti!
Forse qualcuno pensava avessi gettato la spugna… Beh, purtroppo ho avuto un blocco che fortunatamente dovrei aver superato grazie ai preziosi consigli di un’amica, senza contare vari impedimenti della vita quotidiana. Non sono entusiasta di ciò che ho scritto, ma ho talmente tante idee in mente che spero di metterle correttamente per scritto e proporvele in tempi decenti.
In sostanza i ragazzi se la sono cavata, anche questa volta grazie ad interventi soprannaturali: sembra chiaro che gli spiriti di Mathilde ed Arthur vogliono aiutare gli intrepidi Ghostbusters a qualunque costo. Resta solo da capirne il perché. E forse Brenda ci potrà fornire qualche dettaglio in più, ma lo scopriremo nel prossimo capitolo.
 
Grazie ancora per il Vostro meraviglioso supporto e scusate ancora per il ritardo.
A presto!
 
Un Abbraccio
 
La Luna Nera

 

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Capitolo 13
*** So they are ***


Il cellulare di Oliver vibrò varie volte notificando l’arrivo di molti messaggi: Brenda aveva mantenuto la promessa, tornando in archivio e trovando le informazioni richieste dal suo ragazzo e dagli amici. Non riusciva a trattenere la sua curiosità e visualizzò immediatamente le foto ricevute. Aveva fatto un eccellente lavoro e la ricompensò immediatamente con un miliardo di cuori, baci e promesse sdolcinate.
Oliver era proprio innamorato!

“Ehi Romeo, siamo in ritardo!” Ethan lo destò dai suoi sogni romantici. “Doppia razione di prove oggi, ultimamente sembra vogliano triturarci a dovere.”
“Sì, arrivo. Dopo le prove incontriamoci con le ragazze al solito posto. Brenda mi ha mandato roba interessante.”
“Wow, la ragazza è in gamba.”
“Esatto.”  Mise in tasca il cellulare e prese la valigetta con il suo flauto traverso. “Ed è per questo che è la MIA ragazza.”
Ethan allargò le mani simulando il segno di resa. “Per carità, mai dubitato!”
“Forza, andiamo in sala prove, non ho voglia di arrivare in ritardo e sorbirmi qualche ramanzina.”
 



 
 
“Buon pomeriggio, signori.” Il direttore salutò come sempre i suoi studenti. “Voglio complimentarmi con voi per l’eccellente serata al Mayflower, ho ricevuto il plauso di tutte le associazioni presenti nonché di alcuni personaggi particolarmente influenti che hanno assistito allo spettacolo. Ho ritenuto opportuno riferirvi tutto ciò perché troviate sempre dei nuovi stimoli nell’impegnarvi, porvi dei limiti e superarli giorno dopo giorno per raggiungere l’eccellenza. A tal proposito vi invito a concentrarvi solo ed esclusivamente sulla musica, tralasciando qualunque cosa possa distogliere la vostra attenzione dal percorso di studi, potrebbe risentirne la vostra futura carriera di musicisti.” Su di lui era posato lo sguardo poco rassicurante della Stanford. “Bene, lascio il posto ai maestri perché possano iniziare la lezione.”
Oliver guardò in modo fugace i compagni di avventura, non aveva bisogno di troppa fantasia per capire il doppio senso del discorso del direttore. Fece buon viso a cattivo tempo, così come fecero gli altri, poi aprì lo spartito ed iniziò a suonare seguendo le indicazioni degli insegnanti.
 



The wall, Nothing else matter, Who wants to live forever, Bohemian rhapsody, Back in black, Yesterday, Thriller, pure Born in the USA che fin ora non avevano mai preso in considerazione!” Gary, nonostante fosse abituato a suonare per ore ed ore, aveva ritenuto esagerato quel tour de force musicale che li aveva tenuti impegnati praticamente per tutto il pomeriggio. “Ho l’impressione che lo facciano di proposito.”
“Lo credo anche io.” Charlotte era stanchissima. “Ad ogni modo dobbiamo assolutamente vedere gli altri, Oliver ha le informazioni che cercavamo in archivio.”
“Sì, non stava più nella pelle. Pure prima a cena ha finito prima di tutti, come se potessimo lasciare il refettorio a nostro piacimento.” Guardò l’orologio. “Comunque….sono quasi le 9:00, andiamo al laghetto, ci aspettano lì.”
“D’accordo.” Sbadigliò profondamente. “Spero solo di non addormentarmi.”
“Oh, ti terrò sveglia io, non preoccuparti.” Le diede un innocente pizzico nella pancia che la fece sorridere. “Ah, ti saluta mio padre, l’ho sentito prima di cena.”
Lesse meraviglia nell’espressione della ragazza, evidentemente non si aspettava i saluti di mister Ascott.
“Andiamo, altrimenti Oliver esplode!”
 
 
 



 
“Bene, bella gente, ho i nomi.” Tutti pendevano dalle sue labbra. “Arthur Chapman, nato a Leicester il 28 novembre 1867.Si trovava qui a Southampton, dove è deceduto il 13 aprile 1898, per insegnare musica alla Duke of Kent. Effettuato esame autoptico, luogo di sepoltura sconosciuto.”
Nessuno apriva bocca, erano in attesa di conoscere l’altro nome con ansia.
“Mathilde White, nata a Basingstoke il 30 gennaio 1879. Studentessa alla Duke of Kent, deceduta il 22 marzo 1898 probabilmente suicida. Luogo di sepoltura sconosciuto.”
Esattamente come prima, nessuno aveva il coraggio o la voglia di dire nulla. Quel silenzio era una sorta di tributo postumo alle due povere anime che oramai sentivano amiche, due vite spezzate per motivi a loro sconosciuti, due storie che si erano incrociate fra le mura dell’accademia e fra le quali ancora vagavano in cerca di pace.
“Questo è quanto.” Oliver aveva retto a fatica la commozione.
“Almeno adesso possiamo dire di conoscerli meglio.” Sussurrò Charlotte. “Conosciamo i loro nomi per interno.”
“Lei era una studentessa e lui un insegnante di musica dunque.” Mormorò Sophie.
“Mi domando cosa possa essere accaduto di così grave per portarli entrambi alla morte nel giro di così poco tempo.”
“Un avvelenamento?”
“No, lo escludo. Ci sarebbero stati altri decessi. Credo piuttosto ci sia stato qualcosa che riguardava solo loro due.”
Emily se ne uscì dopo alcuni attimi di silenzio. “Una relazione proibita?”
“Tu leggi troppi romanzi d’amore, tesorino. Figurati se un professore va a fare il filo alla studentessa!”
“Ethan, guarda che non ha detto una cazzata.”  Gary controbatté immediatamente. “Quando io e Charlotte abbiamo sentito chiacchierare Cowen e la Stanford, volevano individuare la controparte che assieme al professor O’Connor ha risvegliato i due spiriti.”
“E’ vero, ora mi ricordo. Erano andati a sparare che io, Ethan Foster, fossi omosessuale!” Ancora la cosa gli faceva ribollire il sangue nelle vene.
“Arthur era un insegnante così come lo è O’Connor. Se fra lui e Mathilde c’era una relazione amorosa, secondo loro potrebbe essercene una fra O’Connor e qualche studentessa.”
“Mhm, la cosa ha senso.”  Charlotte aveva seguito con enorme interesse il ragionamento del suo ragazzo. “Sinceramente non ho mai saputo nulla della situazione sentimentale del prof. Mi domando se davvero provi qualcosa per una studentessa o al limite per una collega. Tu che ne pensi Sophie?”
“Io?” La ragazza parve destarsi dal sonno. “Io…non saprei.” E si mise di nuovo in silenzio con lo sguardo smarrito.
Oliver rilesse mentalmente le informazioni. “Secondo voi il fatto che il luogo di sepoltura di entrambi sia sconosciuto è casuale?”
“Niente lo è in una tale situazione.” Ethan ne era certo. “Se non ricordo male sul corpo di Arthur è stata fatta un’autopsia, giusto?”
“Sì.” Confermò l’altro. “E ogni autopsia che si rispetti produce un referto.”
“Non vorrai andare a frugare nei sotterranei di qualche ospedale?!”
“Forse non ce n’è bisogno.” Gary si ricordò di un particolare. “Ricordo di aver sentito parlare il direttore e la Stanford di documenti nascosti nel suo ufficio. Potrebbe trattarsi del referto che quindi potrebbe essere più vicino di quanto pensiamo.”
“Hai ragione!” I tre ragazzi si guardarono in faccia. “E sapete cosa significa, vero?”
“No!” Sbottò Sophie. “Non ci pensate proprio!”
“Zuccherino, lì ci sono cose che possono scrivere la parola fine alle nostre ricerche.” Ethan si avvicinò alla ragazza. “Non sto dicendo a te di andarci, ma qualcuno deve fare questo passo.”
“E’ rischiosissimo.”
“Lo so, ma se vogliamo saperne di più, è un rischio che dobbiamo correre.”
“Io non lo so, ragazzi, davvero.” Sophie chinò la testa. “Non me la sento di andare avanti.”
“Ehi, stai tranquilla.” Charlotte abbracciò la sua amica che aveva leggermente gli occhi lucidi.
“Io voglio restarne fuori.” Si alzò asciugandosi una lacrima. “Scusate.” Si allontanò da loro e sparì nella notte.
“Ma che le è preso? Che ho detto di così sconvolgente?”
“Niente, non farci caso. E’ solo che …boh, non lo so. Da quando il prof è stato aggredito Sophie non è più la stessa, è una ragazza molto sensibile e temo che la cosa l’abbia toccata particolarmente.”
“Ha paura che possa di nuovo accadere qualcosa di simile?”
“Forse, ad ogni modo non si è mai voluta confidare con nessuno, neanche con me.”
“Eppure siete amiche da una vita, giusto?”
Charlotte annuì in silenzio e si trovò stretta fra le braccia di Gary che mai mancava di farle sentire il suo affetto.
 
 
 
 
 




“Ragazzi, c’è qualcosa che non va oggi?” O’Connor non era particolarmente soddisfatto della performance.
“Sul serio, non è da voi suonare così.” Anche la professoressa Kelly era dello stesso parere.
Purtroppo fra Jason ed Ethan non c’era molto feeling, era evidente ed Emily, che si trovava lì con loro per le prove, si sentiva come un pesce fuor d’acqua. Oltretutto la ragazza trovava difficoltà nel suonare come era solita fare, faticava ad entrare in sintonia con i compagni e il risultato era stato un disastro totale.
“Sentite…” O’Connor si mise seduto davanti a loro. “Ho la netta sensazione che ci siano problemi fra di voi, problemi che se non riuscite a superare potrebbero andare ad influire negativamente sul vostro andamento accademico. Siamo a poco più di metà percorso e fin ora non avete mai fatto grossi errori, non voglio che roviniate tutto per non so cosa.” Fissò i tre: Emily teneva, come sempre, lo sguardo in basso, mentre Ethan e Jason apparivano visibilmente scocciati l’uno dall’altro. “Va bene, comprendo che non è la sede adatta per discuterne, per cui direi di terminare qui le prove, andare avanti sarebbe controproducente. Però vi do un consiglio: se c’è qualche tensione fra di voi, parlatene. Non credo sia il caso rovinare tutto quello che avete fatto per un malinteso.”
I due si guardarono in modo non troppo amichevole mantenendo sempre un silenzio assoluto. Emily sarebbe stata ben felice di sprofondare, si sentiva a disagio, ma soprattutto si sentiva impotente: da una parte c’era l’amico vero, sincero e disinteressato, dall’altra lo sciupafemmine che le aveva fatto perdere la testa. Non aveva chiaro il motivo del loro astio e sarebbe stata bel felice di poter fare qualcosa per far calmare le acque tra loro. Ripose il flauto nella sua custodia, sentiva gli occhi gonfiarsi di lacrime poiché teneva moltissimo ad entrambi, tuttavia non voleva che i due se ne accorgessero, per cui raccolse tutte le sue cose e scomparve dalla porta.
“La marchi stretta, eh?”
Jason si fermò sulla porta, bloccato dalla pungente domanda dell’altro. Si voltò e gli si avvicinò leggermente. “Non credo di averti fatto alcuno sgarro e se ce l’hai con me per qualche motivo, parla.”
Ma Ethan continuava a fissarlo in silenzio.
“Sei forse geloso di Emily?” Piegò il labbro in un sorriso tipico di chi sa di aver colto nel segno. “Tranquillo, fra me e lei non c’è niente di niente, tranne una sincera amicizia e una profonda passione per la musica dei Muse.”
“Io non sono geloso di Emily.” Sottò l’altro scocciato.  “Ma tu hai idea di quante ragazze mi muoiono dietro? Ho l’imbarazzo della scelta se proprio lo vuoi sapere!”
“Oh, immagino. Ma sai, nella mia poca esperienza con le donne ho imparato che per quanto tu possa essere tombeur de femmes, accade sempre di perdere la testa per quella che ti ignora totalmente.”
“Emily è innamorata di me, ma forse tu non te ne sei accorto. Ah già, tu non sai affatto cos’è l’amore perciò risparmiati la predica che da uno come te non me la faccio proprio fare.”
Lo guardò in faccia. “Emily innamorata di te? Forse del tuo bel faccino da sciupafemmine, ma si sta rendendo conto che tu, caro mio, sei come un bel palazzo deserto con le luci dimenticate accese: bello di fuori ma vuoto dentro.” Lo fissava negli occhi senza batter ciglio. “Credo di sapere molto meglio di te cos’è l’amore: io e la mia ragazza ci facevamo di roba pesante e siamo finiti in comunità. Lì la mia vecchia passione per la musica è riemersa dal passato e grazie ad essa ne sono uscito fuori, lei invece ci è ricascata ed è morta due anni fa di overdose.” Fece una breve pausa, il dolore era ancora troppo presente. “Finita questa esperienza alla Duke of Kent me ne andrò negli States, tenterò l’ammissione ad un’accademia in California con cui ho già preso contatti, altrimenti busserò a tutti i teatri di Broadway, prima o poi qualcuno mi aprirà. Quindi stai pure tranquillo, non mi avrai più fra i piedi una volta terminato il semestre. Ma tu bada bene di non farle del male. Non se lo merita.”
E se ne andò in silenzio lasciando Ethan in quella stanza per la prima volta senza parole.




 
Calò la sera. O’Connor scese nel parco, teneva le mani in tasca ed il cuore pieno di pensieri. La paura di una nuova aggressione da parte dell’entità di cui aveva sentito parlare dal direttore ancora non gli permetteva di stare tranquillo. A togliergli ulteriormente il sonno si erano aggiunte chiacchiere captate fra i suoi allievi su un suo presunto flirt nato e tenuto nascosto fra le mura dell’accademia, flirt che poteva aver giocato un ruolo fondamentale in quanto accadutogli.
E quel flirt era tutt’altro che presunto.
Lei era lì che lo aspettava, con l’aria pacata come sempre sotto il loro albero in fondo al parco dell’accademia, lontano da sguardi indiscreti ma a pochi passi dal laghetto. La strinse forte, restando immobili, avvolti dal silenzio e dal velo della notte.
“La situazione si sta facendo difficile, i miei colleghi e il direttore mi preoccupano sempre di più.” Sussurrò lui.
“Lo so.” Confermò lei. “E non so cosa fare.”
“Sto seriamente prendendo in considerazione l’idea di andarmene.”
“Cosa?!”
“L’alternativa sarebbe lasciarti, ma è impensabile per me. Non potrei sopravvivere.” Affondò il viso nei capelli di lei, beandosi di quel profumo inebriante che oramai faceva parte della sua esistenza. “Ci sto pensando da un paio di giorni, ma non vedo altra soluzione, credimi.”
In quel momento una fitta nebbia si levò attorno al monumento raffigurante i due cigni, sul cui basamento molte sere prima i ragazzi avevano notato la M e la A seguite dalla data 1898. I due maestosi animali si mossero verso i due innamorati con fare elegante, attirando così la loro attenzione e permettendo loro di vedere materializzarsi due figure umanoidi proprio da quella nebbia. Istintivamente O’Connor indietreggiò stringendo forte la sua amata paralizzata dalla paura: e se fossero stati aggrediti?

E se li avessero scoperti?

Sarebbe stata la fine.

Una delle due entità, quella più alta, probabilmente Arthur, abbracciò l’altro spirito, sicuramente Mathilde: sembravano l’esatta riproduzione spiritica dei due in carne ed ossa. E nell’aria della notte risuonarono prima le parole di Mathilde e poi quelle di Arthur che dicevano

Please, don’t go

Stay here

 
 
 
 




Buon pomeriggio, carissimi!
Questa volta vi ho fatto attendere un po’ più del dovuto e mi scuso con voi. Purtroppo fra l’ispirazione che se n’era andata (e ringrazio chi mi ha dato utilissimi consigli per recuperarla) e la mancanza di tempo per scrivere, non sono riuscita a proporvi prima il nuovo capitolo. Spero comunque sia di vostro gradimento e non so dirvi quando arriverà il prossimo.
Adesso conosciamo più da vicino i due spiriti, alcune informazioni su di loro sono uscite fuori, nonostante ancora vi siano cose avvolte nel mistero. E a proposito di misteri, beh, il buon professor O’Connor ha veramente una storia d’amore clandestina con una ragazza sconosciuta: tutto questo sembra avvalorare l’ipotesi secondo cui i due spiriti sono stati risvegliati da questo sentimento proibito. Sarà qualcuno che conosciamo o un nuovo personaggio?
In più qualcosa sul passato di Jason, che ancora non è visto di buon occhio da Ethan.
 
 
Grazie ancora per la vostra pazienza!
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 14
*** The calm before the storm ***


 


Il professor O’Connor piegò il foglio dopo aver riletto più volte il contenuto, lo mise in tasca ed uscì dalla sua camera. Seguendo il corridoio adornato da quadri raffiguranti i grandi compositori del passato, giunse a pochi passi dall’ufficio del direttore Cowen. Nell’aria si udiva una dolce melodia di violino, lo strumento grazie al quale da piccolo si era avvicinato alla musica e che lo aveva accompagnato negli anni fino a farlo diventare un apprezzato insegnante. Quanti ricordi gli tornavano alla mente! Ricordi legati all’emozione del primo concerto da solista, con la tremarella alle gambe e lo stomaco sottosopra, ricordi legati al suo ingresso al conservatorio, le giornate passate ad esercitarsi, il dolore ai polpastrelli delle dita e l’indescrivibile soddisfazione dell’esito finale del suo corso di studi, quando poté fregiarsi di associare al suo nome la parola “maestro”. E dopo una lunga gavetta finalmente arrivò il primo incarico come supplente in una scuola di musica, incarico che grazie alla sua bravura ed un pizzico di fortuna, divenne definitivo. Lì poi accadde quello che accadde. Sfiorò di nuovo quel pezzo di carta che teneva in tasca, tentando per quanto possibile di eliminare dalla sua testa l’ultimo dubbio che lo implorava di restare alla Duke of Kent, chiuse gli occhi e respirò profondamente, ma quando li aprì vide un’ombra appoggiata allo stipite della porta dell’ufficio del direttore. Non aveva dubbi: era Arthur. Quella visione lo colse di sorpresa e i suoi muscoli iniziarono a tremare, facendogli perdere l’equilibrio per qualche istante. Indietreggiò di qualche passo, terrorizzato all’idea che il fantasma potesse di nuovo aggredirlo come già accaduto. Arthur non si muoveva, sembrava intenzionato a sbarrargli la strada, non voleva dargli la possibilità di parlare con il direttore, non voleva insomma che lasciasse l’accademia.

Sì, perché quel foglio piegato era la sua lettera di dimissioni.
Secondo Arthur dunque non se ne doveva andare: perché?
Perché lo stava bloccando?
Gliel’aveva pure lasciato intendere poche sere prima, quando lo aveva visto assieme a Mathilde.
E allora perché lo aveva aggredito quel giorno nell’aula di musica?

Quello non era certamente il momento adatto per chiederglielo, poteva arrivare chiunque e vederlo lì imbambolato, probabilmente intento a parlare col vuoto. Sì, perché le altre persone erano in grado di vedere lo spirito?
Thomas O’Connor indietreggiò di qualche passo, sincerandosi di essere solo prima di far ritorno nella sua stanza, cercando per quanto possibile di apparire normale e tranquillo, mentre i muscoli delle sue gambe tremavano, il suo cuore pulsava in maniera spropositata e il respiro gli moriva in gola. Quel corridoio pareva interminabile, la porta della sua camera non arrivava mai davanti ai suoi piedi e quando finalmente la sua mano poté afferrare la maniglia, aveva l’impressione che fossero passate ore da quando si era allontanato dall’ufficio di Cowen. Chiuse a chiave, come se quel gesto potesse dargli maggiore tranquillità e certezza di essere al sicuro. Si mise seduto sul letto e raccolse la sua testa fra le mani, la sentiva scoppiare. Poi un brivido gelato gli attraversò la schiena facendolo sobbalzare: ebbe la sensazione di non essere da solo, perciò prese a guardarsi attorno, mentre iniziava a sudare e a respirare con affanno. Il suo computer portatile, spento e riposto sulla scrivania, si aprì all’improvviso senza una logica, sullo schermo nero si materializzò la scritta

I’M SORRY I HIT YOU, THAT’S THE REASON

Arthur stava comunicando con lui, si stava scusando per ciò che aveva fatto. Perché?
Il giovane insegnante raccolse forza e coraggio e si avvicinò al dispositivo, poiché sul desktop si stavano formando dal nulla delle frasi di senso compiuto. Si mise a leggere con enorme attenzione quello che lo spirito gli stava scrivendo in un inglese di fine ottocento, spiegandogli molte cose e dando finalmente risposte alle sue mille domande.
 
 
 





Ethan era appena uscito dalle prove. Era molto soddisfatto del suo percorso accademico e già stava iniziando a prendere in considerazione alcuni concorsi per suonare in contesti di alto livello. Però qualcosa si era guastato in lui, quella sua spensieratezza e gioia di vivere che lo avevano accompagnato e reso popolare si erano affievolite sensibilmente negli ultimi giorni. Lui sapeva benissimo la causa di ciò, ma si rifiutava di ammetterlo persino a se stesso, il suo orgoglio lo frenava e la cosa proprio non gli andava giù. Da quando il mezzo vampiro gli aveva raccontato la sua storia fatta di droga, morte e dolore, aveva preso a domandarsi perché lui, Ethan Foster, sciupafemmine rubacuori con un curriculum di conquiste degno di Casanova, provava fastidio nel vedere quel soggetto problematico e disagiato in compagnia di Emily, vedendo il fortissimo legame di amicizia nato fra la ragazza dai rossi capelli e l’altro pallido e sinistro come un cadavere. Sembravano così diversi eppure apparivano dannatamente compatibili. Perché a lui non era mai accaduta una cosa simile?

“Ehi bro, pensieri?”
La voce amichevole e la pacca sulle spalle da parte di Oliver lo distolsero dai suoi pensieri.
“Mhm, più o meno.” Sospirò mentre l’amico, seguito da Gary, si sedeva sull’erba vicino a lui.
“Mamma mia che stress la Travis!” Sbottò il moro.  “Avrà cento anni per gamba, ma perché non se ne va in pensione?!”
“Insegnava qui già quando c’era mio padre.” Confermò Gary.
“Per forza, ha frequentato la scuola di musica assieme a Behetoven! Quella è una vecchia strega, ha scovato qualche intruglio magico per campare mille anni e bacchettare tutti i musicisti passati, presenti e futuri sulla faccia della Terra.”
“Ehi, ce l’hai proprio a morte con lei.”
“Per forza, mi ha fatto ripetere cinquanta volte il mio assolo di Hey Jude, mi sono venuti i crampi alle dita, accidenti!”
Ma Ethan pareva non curarsi dei discorsi degli amici. Questi, stupiti dal suo silenzio, si guardarono in faccia prima di mettersi entrambi a fissarlo. E lui ancora non parlava, né faceva loro alcun segno.
“Secondo te si è addormentato con gli occhi aperti?”
Oliver passò un paio di volte la mano davanti agli occhi dell’amico senza ottenere nulla. “Boh, non dà segni di vita.”
In quel momento il cellulare di Ethan squillò: sul display comparve il nome Sharon e la foto di una ragazza molto attraente. Inspiegabilmente lui non si svegliò da quella sorta di sonno nel quale pareva sprofondato.
“La situazione è preoccupante.” Gary non lo aveva mai visto in quello stato.
“Vediamo se riesco a farlo tornare in sé.” Attese un istante. “Stasera andiamo a caccia dei documenti nell’ufficio del boss.” Niente. “Andiamo a fantasmi stasera.” Gli aveva sussurrato quest’ultima cosa nell’orecchio e probabilmente qualche impulso gli aveva raggiunto il cervello perché finalmente diede segnali di vita.
“Mhm, scusa, stavi….stavi dicendo qualcosa?”
“Ben svegliato Ethan, fatto bei sogni?” Oliver lo fissava con aria divertita.
“Mica stavo dormendo, ero solo pensieroso.”
“Questo lo avevo capito, ma gradiremmo la tua presenza, anche mentale, per il nostro progettino serale.”
“Che volete fare stasera? Niente scappatelle con le ragazze per favore, non sono dell’umore adatto.”
“Bah, tu solo a quello pensi.”
Gary scuoteva la testa ridacchiando. “Stasera mi hanno chiesto di suonare alcuni brani composti da mio padre, che fra l’altro sarà qui per l’ora di cena, per cui i corridoi e le stanze al piano di sopra saranno deserte almeno per tutta la durata dell’esibizione.”
“E vorresti approfittare dell’occasione per andare a frugare nell’ufficio del direttore, giusto?”
“In parte.” Lo corresse Oliver. “Lui intratterrà il corpo docenti, Stanford inclusa, mentre io e te agiremo.”
“E perché io? Non puoi andare con una delle ragazze?”
“Gli unici ad essere entrati nell’ufficio del boss siete tu e Sophie, dubito che lei abbia voglia di seguirmi. Tu sei l’unico che ha visto quella stanza, sai cosa c’è, scaffali, librerie, sedie, poltrone…. Sai come sono dislocati e magari puoi avere pure un’idea di dove cercare i documenti.”
Lui parve iniziare a tornare in sé. “Ehm….. sì, ci sono stato. L’ufficio è al primo piano, la porta è esattamente di fronte alle scale e accanto ci sono delle poltroncine rosse.”
“E dentro com’è? Hai notato qualcosa che potrebbe nascondere i documenti che cerchiamo?”
Ethan si fece pensieroso, poi la sua attenzione fu catturata da una risata cristallina inconfondibile per le sue orecchie. Sospirò profondamente prima di alzarsi. “Devo rifletterci un po’, ci aggiorniamo più tardi. See you, bro.” E si allontanò con le mani in tasca, lasciando gli amici meravigliati dal suo comportamento insolito.
 
 
 



 
“Di’ un po’, da uno a dieci quanto sei nervosa per stasera?”
Charlotte si voltò, non si aspettava una tale domanda dall’amica. “Nervosa? Perché dovrei esserlo, Soph?”
“C’è il padre di Gary, no?” Si sedette accanto a lei, mentre l’altra continuava a ritoccarsi il make-up.
“Sì, comunque ci siamo incontrati quando abbiamo suonato al Mayflower e non sono sicurissima di aver fatto una buona impressione su di lui. Gary continua a dirmi di sì, ma…non lo so, ho l’impressione che mi vedano così diversa, così inferiore rispetto al loro ambiente sociale.” Ripose l’eye-liner nella trousse con aria malinconica.
“Però Gary mi sembra innamoratissimo, o sbaglio?” Diede due colpetti al braccio dell’amica che abbassò lo sguardo mentre le sue guance si tingevano di rosso. “Dammi retta, non permettere che questi pensieri rovinino la vostra felicità, vivi fino in fondo questo momento e vedrai che tutto andrà per il meglio.”
“A dirla tutta non sono neanche sicura che Gary gli abbia parlato di me come la sua ragazza, però….. Hai ragione, proverò a seguire il tuo consiglio.” Sophie era veramente quella sorella maggiore sempre disponibile ad ascoltare ed elargire buoni suggerimenti. “Sono proprio fortunata ad avere un’amica come te.”
Sophie si lasciò abbracciare, voleva un gran bene a Charlotte e in più di un’occasione si era sentita sporca dentro per doverle tacere quel suo pesante segreto. “Anch’io. E spero di non perderti mai.”
Sciolsero l’abbraccio dopo alcuni secondi. “Stasera Oliver vuole provare ad entrare nell’ufficio del direttore per cercare i documenti su Mathilde ed Arthur, te l’hanno detto?”
“Sì.”  Il suo sguardo si fece pensieroso. “Ethan mi ha raccontato che vogliono approfittare del concerto di stasera per andarci senza dare nell’occhio. Non ne ha tantissima voglia, ma si è lasciato convincere.”
“Sul serio? No, perché Ethan è sempre stato in prima fila per dar la caccia ai fantasmi!”
“Infatti, però…. Non lo so, lo vedo strano in questi giorni, non è il solito rompiscatole di sempre.”
“Non ti fa più il filo?”
“Fortunatamente no!” Scosse la testa ridacchiando. “E sinceramente non mi dispiace affatto. Ad ogni modo….”  In quel momento il suo cellulare squillò: lesse sul display quel nome. Rifiutò la chiamata immediatamente per evitare che l’amica notasse il chiamante.
“Chi era?”
“Oh, era….mia mamma. La richiamo dopo, che se inizia a chiacchierare rischio di far tardi.”
“E’ vero, accidenti!” Esclamò dopo aver controllato l’ora. “Gary mi starà già aspettando.”
“Vai pure allora, io ti raggiungo subito. Devo….ehm….andare in bagno.”
Sophie salutò l’amica con il solito sorriso angelico, poi come fu sola, afferrò il cellulare e richiamò. “Ehi, scusa per prima, c’era Charlotte e non volevo che se ne accorgesse……. Dimmi, ci sono novità?.....Davvero?......Non ci posso credere…” Man mano che ascoltava, il suo respiro si faceva sempre più sottile, accompagnato da tremarella alle gambe e pallore in volto. “Ma ne sei sicuro?! No, dico sul serio! Stasera Ethan e Oliver vogliono tentare di trovare quei documenti, se davvero le cose stanno così, dobbiamo fermarli! ……Lo so, lo so! Ma non possiamo permettere che…..Va bene, ho capito, ci vediamo fra poco.” Chiuse la chiamata.
Dopo il concerto anche lei sarebbe stata messa al corrente di tutto quanto in modo dettagliato e il solo pensiero di scoprire ogni cosa le metteva già ansia. A peggiorare le cose doveva escogitare il modo di dissuadere gli amici da quell’impresa che poteva rivelarsi molto, molto pericolosa. Uscì dalla stanza percorrendo quel lungo corridoio, scese le scale ed uscì all’aperto, incurante dell’aria frizzante della sera. Si precipitò verso l’edificio principale tentando di apparire più tranquilla possibile e non esternare troppo tutto il nervosismo che portava dentro. Vide Ethan confabulare con Oliver in un angolo dell’androne, non molto lontano dalla scalinata che conduce al piano superiore. Prese coraggio, fece un profondo respiro e si avvicinò agli amici, mentre O’Connor scendeva le scale con apparente tranquillità.

“Ehi ragazzi!”  Sorrise sperando di non farsi tradire dall’emozione.
“Ciao Sophie, mi sembri in splendida forma.” Nonostante tutto, Ethan amava fare il galante.
Lei arrossì leggermente. “Vi ho interrotti?”
I due si guardarono in faccia per un istante, poi Oliver decise di metterla al corrente sulle loro intenzioni. “Mi raccomando, acqua in bocca, non sa nulla neanche Emily.”
“Io…. Non credo sia una buona idea.”
“Perché?” Ethan si aspettava una reazione del genere. “Tesoro, vado io con lui, tu resti tranquilla in sala ad ascoltare il concerto e non ti accadrà nulla. Credo che Charlotte ti abbia riservato un posto in prima fila accanto a lei e al suo moroso, per cui non puoi vedere quando, se e come usciremo dall’aula magna. Se qualcuno dovesse chiederti qualcosa, noi non ti abbiamo detto nulla.”
Il suo volto si fece buio. “Ad ogni modo credo sia una pessima idea andare lì. Rischiate l’espulsione e non credo sia conveniente a poche settimane dalla fine del semestre. Poi non dimenticate che quegli spiriti potrebbero giocarvi qualche brutto scherzo.”
“No, lo escludo.” Ribatté Oliver. “Ci hanno sempre aiutati quando la Stanford o il boss ci hanno messo i bastoni fra le ruote, perché dovrebbero voltarci le spalle adesso?”
“Aspetta un attimo.” Ethan prese la mano destra della ragazza. “Non è che per caso tu hai scoperto qualcosa che noi ignoriamo?”
“C-come? Come …come ti salta in mente una cosa del genere?” Non si aspettava una tale domanda così diretta.
“Così per dire, zuccherino, visto che tu ami leggere e frugare fra le scartoffie della biblioteca, magari potevi aver trovato qualcosa.”
“No, non sono andata in biblioteca.” La paura di essersi tradita da sola stava diminuendo leggermente. “Vorrei soltanto che non correste rischi, ricordate che il professor O’Connor è finito in ospedale.”
“Tranquilla, non ci accadrà nulla.” La rassicurò baciandole la mano.
“Ragazzi, venite. Il concerto inizia fra cinque minuti.” L’invito del professore pose termine alla loro chiacchierata. Sophie non era riuscita a convincerli, se fosse accaduto loro qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato.
 
 


 
 
Tutti gli insegnanti e gli studenti si erano già accomodati in modo composto ed ordinato nell’aula magna. Il pianoforte era stato posizionato fra le due grandi finestre sul palco allestito per l’occasione, palco semplice ma al contempo elegante. Mr Ascott appariva tranquillo ed aveva trascorso gran parte della serata assieme al figlio, prima di ritirarsi in disparte per concentrarsi come faceva sempre prima di ogni esibizione. Gary sedeva in prima fila, accanto a lui c’era Charlotte seguita da Sophie e dall’altra parte Iris, c’erano poi il direttore, la Stanford, O’Connor e via via tutti gli insegnanti. Emily era alcune file più indietro assieme a Jason, mentre Oliver ed Ethan avevano occupato due posti nell’ultima fila. Diedero un’occhiata alla scaletta dei brani: ne avrebbe eseguiti dieci divisi in due parti, perciò decisero di mettere in atto il loro piano non appena terminata la pausa in programma.
Si spensero le luci ed il concerto ebbe inizio.
 
 
 
 
 




 
 
Buon pomeriggio a tutti.
Sono imperdonabile, lo so, sono scomparsa praticamente per tutto il mese di agosto. Sapete meglio di me quanto il tempo sia tiranno ed ho fatto i salti mortali per completare il capitolo del quale, devo ammetterlo, non sono del tutto convinta. Ho in serbo molte idee che spero di proporvi in tempi decenti, perché oramai avete capito tutti che la misteriosa innamorata del professor O’Connor è Sophie e ben presto anche lei saprà cosa si nasconde dietro la storia di Arthur e Mathilde, perché hanno aggredito l’insegnante e contemporaneamente aiutato i ragazzi, cosa è accaduto e perché non vogliono che il prof se ne vada. Poi ci sono Ethan e Oliver, ben decisi ad indagare nonostante i rischi che corrono. Si cacceranno nei guai?
Grazie di tutto cuore per essere ancora qui, spero che la storia continui ad appassionarvi e che non deluda le vostre aspettative.
A Presto!
Un Abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 15
*** Ghosts ***




Il pubblico era entusiasta e le standing ovations si ripetevano sistematicamente alla fine di ogni brano. Mr Ascott aveva proposto una sua opera ispirata ad un viaggio in oriente, composta da cinque parti dedicate rispettivamente a Giappone, Corea, Cina, Tailandia e Vietnam. Da ogni poro della sua pelle sprizzava un amore smisurato per la musica, ci metteva l’anima e pareva essere tutt’uno con il pianoforte. Le sue mani si muovevano sicure e le dita parevano accarezzare i tasti, mentre le sue labbra erano sempre piegate nel sorriso di chi sa che sta facendo ciò che di più ama. Per l’esecuzione della Seasons Symphony aveva chiesto l’ausilio di Gary, lasciandogli il compito di accompagnarlo al pianoforte, mentre lui suonava l’assolo con l’oboe. Erano melodie frizzanti e piacevoli, non quelle musiche pesanti e noiose, ma nonostante tutto, a differenza degli altri insegnanti, ogni tanto sul volto della Stanford compariva uno sbadiglio che la donna tentava di mascherare in modo piuttosto maldestro, particolare che non era passato inosservato a chi conosceva la sua reale identità.
 


La prima parte del concerto si concluse con tre minuti di applausi meritatissimi. Molti studenti, fra cui Ethan e Oliver, uscirono nell’ampio corridoio per prendere una boccata d’aria in attesa del secondo tempo. Erano tutti compiaciuti del concerto e infatti la maggior parte dei presenti parlava di quanto ascoltato e commentava positivamente, esternando l’entusiasmo e l’impazienza di poter tornare dentro per assistere al seguito. La Stanford stava ritornando dalla caffetteria dopo aver consumato un caffè con la speranza che la bevanda le togliesse un po’ di sonnolenza; scorse Oliver ed Ethan che parlottavano in un angolo non troppo distante dall’ingresso dell’aula magna, assottigliò gli occhi e si avvicinò con indifferenza ai due.
“Buonasera professoressa.” Oliver la saluto con il sorriso. “Gran bel concerto, vero?”
“Salve ragazzi.” La donna si soffermò e prese a scrutarli. “Sì, il maestro Ascott ci sta regalando una serata di rara bellezza.”
“Posso chiederle cosa ne pensa del Crescendo eseguito con l’oboe sulla parte centrale del brano dedicato alla Primavera nella Seasons Symphony?”
“Oh…” La donna, che non era un’insegnante di musica, rimase silenziosa per qualche istante spiazzata dalla domanda. “E’ stata molto…molto…, come posso esprimermi…. Coinvolgente.”
“Naturalmente.” Oliver la stava volutamente mettendo in difficoltà. “Tuttavia credo che il maestro abbia fatto un gran lavoro nell’utilizzo di tutti e dodici i semitoni di un’unica ottava, ha creato armonie eccellenti e una musicalità davvero unica. Lei come trova tale utilizzo? Ha una sua idea, che so, ha mai composto musiche usandoli tutti come Mr Ascott?”
Si finse pensierosa, non sapeva cosa rispondere. Che cos’erano i semitoni di un’ottava?! Sapeva che le note musicali erano sette, forse intendeva i tasti neri del pianoforte? O quei segnetti simili ad un hashtag e ad una b sul pentagramma che ogni tanto i veri insegnanti tracciavano? “A dire il vero…no, non ho mai usato niente di ciò, magari potreste farlo voi come esercitazione nella composizione.” Incrociò le braccia sforzandosi di apparire sorridente e tranquilla. “Vogliamo tornare nell’aula per la seconda parte dello spettacolo?” Per sua fortuna il concerto stava per riprendere.
“Naturalmente. Prego, dopo di lei.”
La donna aprì la porta, visibilmente seccata, poi un attimo prima di entrare si voltò di nuovo verso i due studenti. “Entrate voi, prego.”
“Come vuole.” Oliver si finse tranquillo ed assecondò la richiesta della Stanford seguito da Ethan che la salutò con un sorriso.
Si misero seduti ai loro posti nell’ultima fila, mentre la sospettosa finta insegnante tornò più avanti a pochi metri dal palco accanto al direttore. Gli altri studenti stavano rientrando un poco alla volta, si spensero le luci in sala e proprio in quell’istante Ethan ed Oliver si alzarono con enorme circospezione e si infilarono nello spiraglio della porta giusto un attimo prima che si chiudesse alle spalle degli ultimi studenti rimasti nel corridoio.
“Bene, siamo fuori e nessuno se n’è accorto.” Oliver era ben soddisfatto. “Vieni, avviciniamoci alle scale.”
“Di’ un po’, prima ti ha dato di volta il cervello?”
“Perché?”
“Fare tutte quelle domande alla Stanford ti è sembrata un’idea geniale? Quella ci tiene d’occhio da settimane, probabilmente sospetta qualcosa e tu vai a romperle le scatole in quel modo?”
L’altro ridacchiò. “Mi sono solo voluto divertire a metterla in difficoltà. Non aveva la minima idea di cosa le stessi chiedendo, hai visto la sua faccia? Lei non sa che noi sappiamo chi è veramente e se anche sospetta di noi, se grazie alle sue facoltà medianiche ha capito cosa abbiamo intenzione di fare, deve stare zitta altrimenti rischia di uscire allo scoperto e poi voglio vedere cosa si inventa.”
“Bah, sei incredibile.” Ethan era rimasto a bocca aperta.
“Bando alle ciance, bro, andiamo.”
Un’ultima occhiata di controllo a destra e a sinistra e poi presero a salire su per le scale, muovendo i piedi con il passo felpato di un gatto. Complice la semioscurità, giunsero tranquillamente al piano superiore.
“Però….” Oliver si guardava attorno. “Si trattano bene i signori, che lusso!”
“Controlli dopo se il tappeto e le lampade sono di tuo gradimento, se vogliamo fare quello che vogliamo fare, mettiamoci al lavoro. “Ethan non era troppo tranquillo. “Se ci beccano, ci sbattono fuori a calci nel culo.”
“Ok-ok. Andiamo allora.”
“Ecco: dietro questa porta c’è l’ufficio del boss. Come ci entriamo?”
“Grazie a questo meraviglioso oggetto che si chiama maniglia. E’ utile, sai? Basta piegarla così e…..”
“E non si apre, genio!”
“Hanno chiuso a chiave: significa che lì dentro nascondono qualcosa. Qui nessuno può salire, che senso ha chiudere a chiave?”
“Tu credi che tutti quelli che stanno qui lasciano le loro stanze aperte alla mercé di tutti? Tira fuori il piano B piuttosto.”
“Eccolo.” Estrasse una forcina dalla tasca e la infilò nel buco della chiave tentando di aprire. Ma mentre era impegnato nell’operazione, una corrente di aria gelida fece rabbrividire entrambi.
“Che succede?” Ethan sobbalzò spaventato e sorpreso.
“Cosa vuoi che succeda? Sarà uno spiffero, forse hanno lasciato aperto il lucernario.”
“Siamo in primavera inoltrata, quell’aria era troppo fredda.” Ribatté l’altro per niente convinto. “E se ci fosse… qualcuno?”
“No, lo escludo. Sono tutti giù al concerto.”
“Non intendevo qualcuno in carne ed ossa.”
E infatti nel vento gelido che li accarezzò, percepirono nettamente
 
GO AWAY!
 
“Che cos’è stato?” Ethan si voltò nervosamente guardando in tutte le direzioni.
 
GO AWAY!
 
“Di nuovo.” Sussurrò l’altro. “Allora non ce lo siamo sognati.”
“Eppure il corridoio è deserto.”
“Sei troppo nervoso, bro, coraggio, camomillati e stai tranqui.” Infilò la forcina della serratura ma ritrasse immediatamente la mano perché avvertì una leggera scossa elettrica. “Ehi, ma ….che scherzo è questo?!”
 
GO AWAY!
 
“No, non mi piace questa situazione.” Ethan aveva di nuovo percepito la voce misteriosa.
“Senti” Si voltò l’altro. “In tutta onestà ti facevo meno fifone. Dov’è lo spirito di avventura che tanto ostentavi? Dov’è finita l’adrenalina? Nel cesso? Siamo qui per scoprire ciò che loro vogliono nascondere, pure i fantasmi stanno dalla nostra parte!”
“E allora come spieghi tutto questo? La voce che ci chiede di andarcene e tu che avverti dell’elettricità provando a forzare la serratura? Come spieghi tutto ciò?!”
“Arthur e Mathilde ci hanno aiutati in più di una occasione, è chiaro che fanno il tifo per noi, che senso avrebbe adesso starci contro ed ostacolare le nostre ricerche?”
“Ti ricordo che Arthur si manifesta in modo imprevedibile, potrebbe…. Attento!!”
Allontanò rapidamente l’amico dalla porta giusto un attimo prima che un vaso lo colpisse alla testa.
“E che c… Ma come…. Voglio dire… “Oliver balbettava spaventato. “Ma chi….chi ha lanciato quel vaso?”
“Indovina.” Ma i problemi non erano finiti. “Porca…. Qualcuno sta salendo su per le scale! Siamo fottuti!”
Oliver si affacciò furtivamente e scorse un’ombra. “Cavolo cavolo cavolo!! Perché il fantasma stavolta non ci aiuta?!”
“Non puoi sempre sperare che ci tolgano dai guai.” Ethan era nervoso, se li avessero scoperti, automaticamente sarebbe scattata l’espulsione e lui non aveva la minima intenzione di tornarsene a casa.

E invece anche quella volta gli spiriti si fecero sentire, seppur a modo loro. La persona che stava salendo le scale si fermò all’improvviso iniziando a tossire e respirare con un certo affanno. Contemporaneamente le luci presero ad accendersi e spegnersi come impazzite, tutte le finestre e le porte che davano sull’esterno si spalancarono all’unisono, interrompendo di fatto il concerto del maestro Ascott. Poi in tutto l’edificio saltò l’elettricità. L’aula magna era illuminata solo dalla flebile luce di emergenza posta sopra l’uscita e il panico si stava diffondendo fra il pubblico ignaro dell’accaduto. Qualcuno ebbe l’istinto di alzarsi e precipitarsi verso la porta, non curandosi degli altri e finendo per creare ulteriore panico fra urla e spintoni. Sophie ben sapeva che dietro tutto quel caos c’era l’incursione nell’ufficio del direttore da parte di Ethan ed Oliver, incursione che aveva tentato inutilmente di bloccare. Non conosceva l’esito, ma il suo istinto le suggeriva che qualcosa non era andato come avrebbe dovuto perché quegli eventi improvvisi erano stati sicuramente scatenati dagli spiriti. Il suo sguardo andò a cercare quello del suo amore segreto, lo vide, si era alzato dal suo posto come tutti gli altri insegnanti che si stavano preoccupando dell’incolumità degli studenti. Dopo il concerto le avrebbe raccontato tutto nel dettaglio, durante la loro breve telefonata aveva solo capito che il loro amore clandestino aveva risvegliato i due spiriti e che questi contavano su di loro per poter vivere il loro amore liberamente e senza costrizioni. Sophie sentì che qualcuno le aveva stretto la mano, capì che si trattava di Charlotte, la stava aiutando ad uscire dall’ambiente assieme a Gary ed Iris. Anche all’esterno dell’aula magna le luci erano spente e molte persone si stavano riversando all’esterno dell’edificio, dove invece l’elettricità era presente. Mr Ascott si trovava assieme agli insegnanti e al direttore, quest’ultimo visibilmente preoccupato sia per gli studenti che per l’ospite illustre; Charlotte, Gary, Sophie ed Iris si ricongiunsero ad Emily e Jason. Mancavano Ethan e Oliver. I primi tre sapevano, ma decisero con una tacita intesa di far finta di nulla ed affidarsi alla sorte, sperando che l’oscurità li coprisse e che gli insegnanti non facessero troppe domande, in particolare la Stanford.
 
 
 
 


 
 
“E ora che si fa?”
Oliver non sapeva cosa rispondere, aveva sentito le urla provenire dal piano terra, sicuramente molti di quelli che assistevano al concerto si erano spostati nell’androne: scendere dalle scale senza dare nell’occhio sarebbe stato impossibile. “Dobbiamo trovare un modo alternativo per tornare al piano di sotto.” Si guardava intorno sperando in qualche aiuto dell’ultimo minuto. “Andiamo laggiù!” Presero a correre dirigendosi furtivamente verso la fine del corridoio, fra l’altro la persona che aveva accusato il malore si era ripresa leggermente e stava di nuovo salendo le scale. Nella semioscurità, barcollando sotto lo sguardo poco raccomandabile dei musicisti del passato ritratti nei quadri appesi alle pareti, arrivarono in fondo, dove il corridoio proseguiva facendo angolo e terminando con una porta di legno scuro.
“Siamo fregati, porca puttana!” Ethan sbottò pieno di rabbia. “Se ci sbattono fuori io…”
“Shhh! Fa’ silenzio!” Lo zittì l’altro. “Guarda.”  Oliver aveva casualmente poggiato la mano sulla porta e aveva notato che a causa dell’usura del tempo, si apriva con facilità producendo solo un impercettibile cigolio. “Entriamo e vediamo cosa c’è qui dentro.”
“Ma sei impazzito?!”
“Va bene, tu torna pure indietro e fatti beccare dal direttore e dalla Stanford se hai così tanta paura. Ti credevo meno cagasotto, bro.”
Ethan non aveva gradito l’appellativo “cagasotto”. In effetti negli ultimi tempi si era reso conto di aver iniziato ad essere più riflessivo, a pensare con maggiore attenzione a ciò che stava per fare, a comportarsi in modo meno frivolo e superficiale, a giocare meno con le persone e a prendere le cose in mondo meno avventato. Una volta sarebbe stato lui il primo a spingere quella porta, sbirciare ed avere l’esclusiva della scoperta, vantarsi poi con tutti quanti del suo coraggio e del suo disprezzo del pericolo; eppure aveva titubato, lasciando il timone del comando all’amico. Aveva paura di essere espulso e di dover lasciare l’accademia sotto il peso della vergogna, sotto gli occhi degli amici che sicuramente non lo avrebbero considerato più uno di quelli superfighi, senza contare le prospettive per il suo futuro da musicista.
“Beh? Vuoi davvero piantarmi in asso?” Oliver si voltò notando l’amico pensieroso.
“D’accordo, andiamo.” Scosse la testa quasi con rassegnazione. “Nella peggiore delle ipotesi ci nascondiamo qui dentro e attendiamo momenti migliori.”
La porta si chiuse alle loro spalle con un tonfo secco, erano avvolti dalla totale oscurità. Sentivano ancora voci e rumori provenire dal piano di sotto, evidentemente la situazione non era ancora sotto controllo. Oliver accese la piccola torcia che portava con sé ed iniziò ad illuminare l’ambiente per rendersi almeno conto di dove si trovavano. Non c’erano finestre né aperture che davano sull’esterno, solo mucchi di ragnatele penzolanti dal soffitto e dalla balaustra di una ripida scala di legno.
“E questa?” Oliver si avvicinò illuminando con la torcia. “Dove porterà questa scala?”
“Sicuramente nessuno la usa più da tempo, guarda com’è ridotta!” Osservò Ethan. “Ho la sensazione che porti al sottotetto e alla torre, sono luoghi proibiti e sappiamo bene perché oramai.”
“E se andiamo su?” Propose l’altro. “La ricerca dei documenti nell’ufficio del direttore oramai è saltata, ma potremmo trovare qualcosa lassù. Rifletti, amico: Mathilde si è lanciata dalla torre, tutti noi abbiamo visto il suo spirito ed è molto probabile che nel sottotetto alloggiavano gli insegnanti a fine ottocento. Se così fosse, questi potrebbero essere i luoghi teatro della loro storia.”
“Tu speri di trovare qualcosa che….” Si interruppe all’improvviso. “Ascolta.” Sentiva una triste musica di pianoforte. “Sembra provenire da lassù.”
“Hai ragione. Andiamo a vedere?”
Come Oliver mosse i primi passi, la musica cessò e davanti ai loro occhi comparve dal nulla una figura bianca dai lunghi capelli e la testa china. Il display del telefono si illuminò senza un apparente motivo, mostrando assenza di segnale, la torcia si spense e udirono una voce roca che diceva
 
STOP, DON’T FOLLOW ME
 
E chi l’avrebbe seguita?! Nonostante la passione per i misteri e la continua ricerca dell’inspiegabile, trovarsi faccia a faccia con un fantasma ed interagire con esso li aveva letteralmente paralizzati. La figura evanescente attraversò la porta e i due udirono un paio di porte sbattere, urla, sedie cadute a terra e infine passi allontanarsi rapidamente. Dopo alcuni secondi la torcia di Oliver riprese a funzionare e la porta si aprì da sola. Il corridoio era deserto, era scomparso pure il fantasma, tuttavia esitavano ad uscire poiché ancora non si erano ripresi dallo spavento. All’improvviso però percepirono una corrente gelida alle loro spalle, si voltarono e scorsero un’altra figura evanescente, questa volta più alta, poco amichevole e con i capelli corti.
 
GO AWAY! NEVER COME BACK!
 
Come udirono queste parole e videro lo spirito avvicinarsi, se la diedero a gambe levate, senza preoccuparsi di niente e di nessuno.
 
 
 


 
Nel frattempo davanti all’ingresso dell’accademia la Stanford girava fra i presenti tentando di mascherare il nervosismo e la voglia di beccare e smascherare quei due ficcanaso che avevano scatenato tutta quella confusione. Sembrava una tigre rinchiusa e quando si presentò davanti a Gary e alle ragazze i suoi occhi apparivano di fuoco.
“Dove sono Ethan Foster ed Oliver Mitchell?” Sibilò questa domanda stringendo i pugni cercando di controllare la sua rabbia.
“Siamo qui, professoressa.”
La donna si voltò e vide i due studenti avvicinarsi. “Dove eravate?” La sua voce era sempre gelida e carica di rabbia.
“Assieme agli altri.” Rispose Oliver. “Sono caduto a causa di un paio di spintoni ed Ethan mi ha aiutato a rialzarmi e ad uscire dall’aula magna. Ci siamo soffermati un istante nell’androne perché accusavo qualche doloretto alla caviglia, ma non era niente di ché e poi siamo usciti all’esterno.”
Lei sapeva benissimo che mentiva, dovette ammettere a se stessa che il giovane studente era un attore eccellente, tuttavia si limitò ad un cenno di assenso con la testa evitando di ribattere poiché avrebbe rischiato di uscire allo scoperto.
Girò sui tacchi e si ricongiunse con il corpo docenti, mentre la corrente elettrica riprese ad illuminare l’accademia.
 
 
 
 
 
 



Buongiorno a tutti!

E ben ritrovati! Sinceramente avevo sperato di aggiornare prima, ma non mi è stato possibile fare diversamente. A costo di essere ripetitiva, permettetemi di ringraziare tutti i lettori che ancora mi seguono e dedicano una parte del loro tempo alla storia, in particolare i recensori, più i nuovi lettori che spero di non deludervi.
Ethan e Oliver hanno tentato di intrufolarsi nell’ufficio del direttore per cercare i documenti relativi a Mathilde ed Arthur, ma non ci sono riusciti. Sono invece riusciti ad avere un incontro ravvicinato con i fantasmi che, sembra, non vogliono che scoprano tutto ciò che li riguarda. Eppure continuano ad aiutarli: perché?
Spero il capitolo sia stato di vostro gradimento, non so se ho creato la giusta tensione, forse avrei dovuto attendere per l’aggiornamento ma non ho voluto far passare ulteriore tempo.

Attendo i vostri sempre graditi commenti! A presto e buon fine settimana!


 
Un abbraccio
 
La Luna Nera
 
 

 

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Capitolo 16
*** Like Eloise and Abelard ***



 
PICCOLA NOTA INTRODUTTIVA: Fino ad ora, quando i due spiriti hanno “parlato” ho sempre usato la lingua inglese, essendo la vicenda ambientata in Inghilterra. Nel capitolo che andrete a leggere Arthur e Mathilde racconteranno la loro storia, perciò ho preferito scrivere tale parte in italiano. Anche se al giorno d’oggi praticamente tutti conosciamo l’inglese, ho ritenuto opportuno rendere in questo modo più scorrevole la lettura e la comprensione immediata.
Grazie a tutti e buona lettura.

 
 
 
 
 





La luna splendeva alta nel cielo, mancavano due giorni al plenilunio. La sua malinconica ed affascinante luce brillava sul laghetto della Duke of Kent, mentre il silenzio della notte avvolgeva l’ambiente circostante.

Sophie aveva atteso che Charlotte si addormentasse, poi era uscita furtivamente dalla loro stanza ed aveva raggiunto proprio il laghetto, soffermandosi sotto il salice le cui fronde sfioravano il pelo dell’acqua, attendendo Thomas in compagnia dei due maestosi cigni. Dal poco che era riuscita a capire Ethan e Oliver avevano fallito nel loro intento di entrare nell’ufficio del direttore, però avevano avuto un incontro ravvicinato con i fantasmi, i quali li avevano aiutati, sì, ma li avevano anche ostacolati.
Perché?
Chinò la testa, poggiò la mano sulla ruvida corteccia dell’albero che sembrava volerla proteggere dagli sguardi, nonostante in quel momento della notte tutti stessero dormendo. Tutti tranne una persona che avanzava a passi lenti verso di lei. Scostò i flessuosi rami del salice che si aprirono come una tenda, lei lo vide, gli regalò un sorriso malinconico prima di lasciarsi avvolgere dal suo abbraccio caldo e rassicurante.
“Qualcuno ti ha vista?”
“No.” 
“Come ti senti?”
Sophie fece spallucce. “Non so per quanto tempo riuscirò a resistere.”
“Coraggio, amore mio, mancano poche settimane alla fine del semestre, poi tutto sarà finito. E allora potremo uscire allo scoperto.”
“Davvero?”
“Sì. Ho ricevuto una proposta da una scuola di Liverpool, mi offrono una cattedra dal prossimo autunno.”
“Se accetti, ti devi trasferire, giusto?”
Annuì stringendola a sé ancora più forte. “E se così sarà, troverò il modo di farti venire con me, lontano da tutto e da tutti.”
 


 
Era difficile vivere a quel modo, era difficilissimo far finta che quel grande amore non esistesse, ma si può comandare ad un cuore di non amare?
Quando quel giorno oramai lontano più di due anni il giovane insegnante Thomas O’Connor era entrato in quella stanza dove aveva conosciuto la sua classe di giovani aspiranti musicisti, non immaginava che la sua vita avrebbe preso una strada tortuosa e pericolosa. Fra essi fu immediatamente colpito dal sorriso di quella ragazza che suonava il violino e che sprizzava felicità da ogni poro tutte le volte che suonava. Con il passare del tempo, oltre a rendersi conto che la giovane allieva possedeva un enorme talento, iniziava a prendere consapevolezza di ciò che gli stava accadendo e cioè che lei, Sophie Jackson, bussava con disperata insistenza alle porte del suo cuore. Voleva aprire? Certo che sì, ma la ragione lo stava frenando. Il problema non era tanto nella differenza di età, quanto nella sua situazione di insegnante che non può e non deve innamorarsi di una delle sue allieve. Era fin troppo pericoloso, rischiava di far la fine dei due amanti dell’opera su cui aveva studiato a lungo prima di concludere il conservatorio: Eloisa e Abelardo. Come tutte le storie proibite, anche la loro era finita con la morte e la loro vicenda, accaduta in Francia in pieno Medio Evo, aveva addirittura ispirato il grande William Shakespeare per l’immortale tragedia “Romeo e Giulietta”. Sembrava uno scherzo del destino: Abelardo era un religioso, ma era anche un insegnante di enorme fama che si era invaghito della sua allieva Eloisa, della quale tutti decantavano l’intelletto. Il loro amore aveva immediatamente destato uno scandalo senza precedenti, nonostante ciò si erano sposati clandestinamente, avevano avuto un figlio e fra mille e più vicissitudini non avevano mai trovato pace. Abelardo morì, lei gli sopravvisse molti anni e le cronache dell’epoca, forse intrise più di leggenda che di realtà, dicono che quando il suo sepolcro fu aperto per deporvici il corpo della donna, lui tendeva le braccia come per accoglierla a sé e tenerla stretta per l’eternità. Thomas O’Connor aveva trovato stupida la figura dell’insegnante che s’invaghisce dell’allieva e non avrebbe mai e poi mai immaginato di trovarsi un giorno in quella delicata situazione.
 
E lei?
 
Sophie aveva un talento già molto evidente in tenera età. Quando iniziò a muovere i primi passi alla scuola di musica del quartiere, aveva mostrato una capacità di apprendimento non comune e un’abilità di esecuzione davvero sorprendente. Assieme all’amica Charlotte poi aveva fatto domanda di iscrizione ad un altro istituto per perfezionarsi e magari fare di quella passione un lavoro. E lì, nella classe degli aspiranti suonatori di archi, quel giorno era entrato il nuovo insegnante, giovane, brillante e maledettamente affascinante. Quello probabilmente era il suo primo incarico ed aveva avuto la capacità di instaurare un rapporto estremamente amichevole ed informale con i suoi studenti. A lei quel giovane professore faceva battere forte il cuore ed ogni volta che la guardava, si sentiva avvampare e disturbare da un folto stormo di farfalle svolazzanti nello stomaco. Si sentiva una stupida, una stupida scolaretta che si prende una cotta per il prof figo ed era difficile controllare quel sentimento che con il passare del tempo si faceva sempre più forte.
 
Fino a che un sera accadde quello che non doveva accadere.
 
Mancava poco alla fine del corso di studi ed i preparativi per il saggio di fine anno erano quasi ultimati. Sophie si stava esercitando con impegno per arrivare al livello che tutti si aspettavano da lei, ma c’era quel passaggio nella parte finale del brano che avrebbe eseguito da sola che proprio non riusciva a suonare senza errori. Il brano era Romeo and Juliet dei Dire Straits, guarda caso proprio ispirato agli sfortunati amanti per eccellenza. Sophie non era mai stata una loro grande fan, però quella canzone, all’interno di quel contesto, nella situazione che stava vivendo, era capace di farle venire i brividi. Il suo Romeo era lì a pochi passi da lei, appoggiato allo stipite della porta, che la guardava con due occhi tanto innamorati quanto disperati. Anche lei aveva capito che fra loro era nato qualcosa di proibito, qualcosa che entrambi faticavano a trattenere, qualcosa che se non fossero stati insegnante ed allieva sarebbe sbocciato senza tanti problemi.
Accadde tutto in pochi minuti: un suggerimento per eseguire i passaggi difficili, due mani che si sfiorano, tre parole bisbigliate, quattro occhi che annegano e due labbra che si incontrano. Tremavano, tremavano forse più di paura che di felicità: il cuore aveva prevalso sulla ragione, niente sarebbe stato più come prima perché oramai indietro non si poteva tornare. Fu difficile scegliere il silenzio e la menzogna, ma era l’unico modo per poter vivere il loro amore. Confidavano nell’inesorabile scorrere del tempo, sempre troppo veloce, ma per loro dannatamente lento, tempo che li avrebbe portati al diploma e a non essere più insegnante ed allieva. Poi era arrivata l’occasione offerta dalla Borsa di Studio per la Duke of Kent, occasione assolutamente irrinunciabile che avrebbe però comportato un allungamento del loro silenzio. Ma che si poteva fare? Un rifiuto sarebbe stato da incoscienti, perciò si lanciarono in quella nuova promettente avventura in compagnia di Charlotte, anch’essa ignara della storia d’amore la cui protagonista era la sua migliore amica.
 
 


 
“Sai, questa mattina mi stavo recando dal direttore per rassegnare le dimissioni e lasciare l’accademia.”
“Che cosa?” Sophie non se sapeva nulla e fu molto sorpresa dalle sue parole.
“Quello spirito, Arthur, mi ha bloccato.” Ripensare a quell’incontro ancora lo spaventava. “Voleva che restassi. Poi ho capito il motivo, mi ha spiegato tutto quando sono rientrato nella mia stanza. E….. la cosa riguarda anche te.”
Lei lo guardò negli occhi, era spaventata e attendeva solo le parole del suo amato.
“Vieni, siediti qui accanto a me.” Fece come lui aveva detto e senza mai lasciare la sua mano, attese che Thomas le raccontasse ciò che Arthur gli aveva a sua volta raccontato. “Arthur Chapman era un brillante insegnante di musica ed un eccellente pianista. Davanti a sé aveva una promettente carriera, ma l’incontro con Mathilde White gli stravolse l’esistenza. Lei era una giovane allieva ammessa alla Duke of Kent, aveva un talento strabiliante che ben presto la fece diventare la punta di diamante dell’accademia.”
“Somiglia moltissimo alla nostra storia.”
“Infatti. Ed è per questo che hanno bisogno di noi.” Confermò l’altro. “Ben presto divennero amanti e noi sappiamo fin troppo bene in che guaio ci si trova in una tale situazione. Purtroppo furono scoperti ed allontanati, così Mathilde decise di farla finita lanciandosi dalla torre dell’accademia. Poche settimane dopo anche Arthur se ne andò nel sonno e da allora i loro spiriti vagano fra queste mura in cerca di pace, ma soprattutto attendono che ci siano le condizioni per spezzare la maledizione che li incatena e che impedisce loro di amarsi liberamente.”
“Cioè tu mi stai dicendo che loro aspettano da oltre un secolo?”
“Sì. Saranno finalmente liberi solo quando qui, fra queste mura, un insegnante e una studentessa si innamoreranno come accaduto a loro e riusciranno a portare a termine il semestre senza che nessuno li scopra.”
“Quindi… loro vorrebbero il nostro aiuto e….noi dobbiamo restare qui, continuare a stare assieme e nasconderci come due ladri….”
“In fin dei conti è ciò che stiamo facendo da mesi e mesi.” Prese le mani della ragazza fra le sue. “Mathilde è molto sensibile e romantica. In passato si è manifestata in più di una occasione sperando di trovare una ragazza innamorata del proprio insegnante. Purtroppo non è mai accaduto, da quanto ho capito c’è stata solo qualche debole infatuazione non corrisposta. Arthur invece è uno spirito più violento, non si dà pace perché si ritiene responsabile del suicidio di Mathilde, tutte le volte che torna in questa dimensione si sente soffocato dagli eventi e si accanisce contro chi, come me, si trova nella condizione in cui è stato lui.”
“Per questo ti ha aggredito?”
Annuì in silenzio. “Si è scusato per ciò che mi ha fatto. Lì sul momento non è stato capace di controllarsi, almeno così mi ha confessato. Mi teneva d’occhio perché temeva non fossi abbastanza prudente e mi facessi scoprire, forse quel giorno mi sono lasciato andare un po’ troppo e così lui ha fatto quel che ha fatto. C’era stato un episodio simile molti anni fa che si era concluso con le dimissioni dell’insegnante e l’uscita di molti studenti anzitempo.”
“Mandando in fumo le loro speranze di poter finalmente vivere la loro storia d’amore.”  Si strinse a lui come a voler trovare il coraggio di andare avanti. “Ho seriamente temuto per la tua vita quel giorno.”
“Adesso è tutto passato, noi due sappiamo come stanno davvero le cose e se tu sei d’accordo, teniamo duro, andiamo avanti così come abbiamo fatto fin ora e arriviamo alla fine del semestre….. E li rendiamo liberi.”
Il solo pensiero di rendere felici quegli spiriti malinconici le scaldò il cuore, piegando le sue labbra in un sorriso. “Certo, io sono pronta a fare la mia parte. E ti dirò una cosa: più che a Charlotte e gli altri, dobbiamo stare attenti alla Stanford.”
“Perché?”
“Non è un’insegnante.” Lesse lo stupore negli ocche del giovane uomo. “In realtà è una sensitiva. Sicuramente è stata invitata qui per indagare e controllare la situazione quando si sono resi conto che i due spiriti si erano risvegliati.”
“Ma tu guarda! Avevo la sensazione che non fosse un’insegnante o per lo meno che fosse una pessima insegnante considerando il suo percorso, ma non avrei mai immaginato fosse una sensitiva.”
“E c’è dell’altro: sospetta di te, ritenendoti il responsabile del ritorno di Arthur.”
“In effetti ci ha visto giusto.”
“Non è riuscita a capire chi ha risvegliato Mathilde invece, evidentemente sono stata più brava di te.”
“L’ho sempre saputo.” Baciò dolcemente le labbra della sua amata. “Quindi andiamo avanti e rendiamoli liberi.”
Annuì in silenzio. “Sai, oramai li sento come fossero parte di me, una sorta di amici di vecchia data per i quali provo pure dell’affetto.” Il suo sguardo si fece più triste. “Chissà cos’hanno passato, poverini, chissà come sono andate le cose….”


THANK YOU FOR HELPING US


“Li hai sentiti?” Sophie si guardava attorno, era certa che quelle parole le avessero pronunciate Arthur e Mathilde.
“Sì, ma non riesco a vedere se sono qui vicino a noi.” L’uomo si guardava attorno, ma non c’era nessuno. Nessuno tranne i due maestosi cigni vicinissimi alla riva del laghetto. Si andò a formare una nebbia quasi impalpabile attorno ai due animali che lentamente prese le sembianze di due persone che ben presto si rivelarono essere proprio Arthur e Mathilde.

 
THANK YOU FOR HELPING US.

MAY WE TELL YOU OUR STORY?

 
Thomas e Sophie restarono paralizzati dalla paura, dallo stupore, dall’emozione. Videro i due spiriti sedersi sul bordo del laghetto, tranquilli e pacati, ma distanti fra loro. Evidentemente quella maledizione non permetteva neanche il minimo contatto fra di essi.
“Certo….” Sussurrò O’Connor. “Molto volentieri.”
 


THANK YOU


Fu Mathilde ad iniziare. “Rimembro molto bene l’ingresso mio alla rinomata Duke of Kent, era un bellissimo giorno, il sole splendeva nel cielo anche se gelida era l’aria. Ero per molti una promessa della musica, quella sacra mi era più congeniale poiché i miei genitori avevano scelto per me la vita monastica come voto alla Madonna per grazia ricevuta. Mi affidarono all’illustre professor Arthur Chapman, la cui fama ai più era ben nota. Io provavo del pudore nello stare con un uomo per così tante e lunghe ore di studio, eppur mi fu fatale il suo sguardo. Era come pochi capace di trasmetter l’amore per la musica, la passione e l’armonia, il tempo non esisteva più quando studiavo con lui, era sin troppo piacevole come insegnante e come gentiluomo. In breve fui conquistata dal suo sorriso, dal suo charme e dalla sua dolcezza. Avevo vissuto solo in mezzo alle signore prima di allora, mai avevo avuto a che fare con uomini, era considerato un peccato e una tentazione continua da cui stare ben distante. Ma con voi, Arthur, ho scoperto tutto quello che fino ad allora mi era stato tenuto nascosto. Sapevo di sbagliare, sapevo di dovermi trattenere, ma debole è la carne e non sono stata capace di resistere al mio cuore impazzito.”
“Sì,” Proseguì Arthur” anche io rimembro fin troppo bene il primo istante in cui vi ho vista per la prima volta, mia adorata. Eravate seduta al pianoforte, stavate suonando uno dei brani del maestro Bach, vostro beniamino ed il talento del quale eravate dotata mi colpì al pari della vostra bellezza e leggiadria. In tanti anni non mi ero mai sentito rapito a quel modo, bastava un vostro sorriso per farmi smettere di pensare. Era tutto assurdo, talmente assurdo che non ho avuto il coraggio di dire basta.”
“Eravamo consapevoli della situazione improponibile, il nostro era un amore tanto impossibile quanto proibito.”
“Non siamo stati capaci di soffocare il nostro sentimento e così abbiamo dovuto pagare pegno.”
La testa di Mathilde si chinò mestamente. “Un giorno prossimo all’inizio della primavera ci sorpresero, quell’insegnante ficcanaso che bramava di conquistare il vostro cuore entrò in sala prove nel momento sbagliato e vide ciò che nessuno avrebbe dovuto vedere. Gridò allo scandalo, minacciò vendetta perché ben sapevamo del suo un debole per il professor Chapman. E così nel giro di pochi minuti la cosa proibita giunse all’orecchio del direttore, il buon nome dell’accademia era a rischio e fu fatto di tutto per nascondere l’accaduto. Naturalmente dapprima ci divisero, mi affidarono ad un’insegnante donna, mai sposata e per questo acida come poche.”
“Anche io fui punito e costretto a seguire studenti maschi con la minaccia di ulteriori provvedimenti qualora vi avessi rivista. Il direttore era un uomo molto potente e mi avrebbe impedito di insegnare presso le altre scuole di musica del regno se mai avessi fatto qualche passo falso. Voleva indurmi ad andarmene di mia spontanea volontà, ma non ho avuto mai il coraggio di prendere quella drastica decisione. Avrebbero potuto cacciarmi, ma agli occhi del mondo esterno era un vanto potermi annoverare nel proprio copro insegnanti, per cui decisero di farmi almeno portare a termine il semestre. Ma era una tortura non potervi neanche dare il buongiorno, fra di noi potevano esserci solo sguardi fugaci, sguardi pieni di malinconia ma senza rimpianti per ciò che di così bello avevamo vissuto assieme.” Ne seguì un silenzio carico di nostalgia.
“La nostra lontananza forzata fu di breve durata, era assurdo vivere sotto lo stesso tetto e non potersi neanche parlare, io non riuscivo più a sopportare quel peso, sapevo che Arthur rischiava seriamente la carriera ed il suo futuro poteva compromettersi in modo irreversibile per causa mia, così, presa dai rimorsi e soffocata da una prospettiva di vita non mia, una notte di luna piena decisi di porre fine al mio dolore.”  Mathilde lasciò intendere il suo gesto estremo.
“Nei giorni successivi non la vedevo più, era praticamente scomparsa. Nessuno mi voleva rivelare cosa le era realmente accaduto, non sapevo se era stata espulsa, rinchiusa in convento, trasferita altrove….. Niente di niente. Sapevo solo che non avrei mai più incrociato il suo sguardo sfuggente e innamorato nei corridoi dell’accademia. Stavo per cedere alle tenebre della follia. Poi una notte, mentre tentavo di riposare, ricevetti una visita devastante: lo spirito di Mathilde mi apparve mettendomi al corrente dell’agghiacciante verità. Il mio cuore non riuscì più a resistere, mi sentivo responsabile della sua morte, il dolore di averla davvero persa per sempre poi fece il resto.” Si passò una mano sugli occhi. “Ebbi l’istinto di lanciarmi dalla finestra della mia camera nel sottotetto dell’edificio, ma lei mi bloccò proponendomi di seguirla in un altro modo, se davvero volevo farla finita. Mi distesi sul letto ed attesi che Mathilde mi portasse a sé con il bacio della morte.”
 
Tutti quanti furono avvolti dal silenzio più profondo, un silenzio fatto da gocce di dolore e di malinconia.
 
“Vi sono sinceramente grato per aver accettato di donare l’aiuto a noi necessario affinché la maledizione che ci tiene separati possa essere spezzata. Sappiate che faremo tutto per proteggervi, perché la sorte sorrida almeno a voi e al vostro futuro.”
“Grazie.” Thomas strinse forte la mano di Sophie, mentre i due spiriti stavano di nuovo svanendo nella notte come sottile nebbia impalpabile ed evanescente.
 
 
 
 
 



 
Charlotte si svegliò all’improvviso a causa del solito incubo in cui il suo Gary le confessava di averla sempre presa in giro perché in realtà era innamorato pazzo di Iris. “Accidenti a me e alla mia testa bacata.” Mormorò non appena si rese conto che era tutto frutto della sua mente. Si passò le mani sul viso, poi si alzò dal letto cercando di non far rumore e cercò il cellulare, accese la torcia per andare in bagno evitando il buio totale e fu proprio allora che si accorse che il letto accanto al suo era vuoto.
Dov’era Sophie?
 
 


 
 




Buon Pomeriggio!
Ogni tanto riesco ad aggiornare e a fare qualche fugace apparizione da queste parti. Purtroppo la situazione che tutti noi stiamo vivendo influisce tantissimo sulla nostra quotidianità e ci impedisce di portare avanti ciò che più ci piace. Approfitto per rassicurare gli autori di cui seguo le storie che non mi sono dimenticata di loro e che conto di rimettermi in pari prima possibile.

Detto questo, che ne pensate della storia di Arthur e Mathilde? Il passato è pieno di struggenti vicende in bilico fra leggenda e realtà che riguardano amori impossibili, proprio come quella di Abelardo ed Eloisa. Conoscevate questa coppia di sfortunati amanti a cui mi sono ispirata?

Grazie a tutti voi vecchi e nuovi lettori per essere ancora qui, nonostante i miei tempi biblici. Grazie a chi ha costantemente commentato e a chi vorrà farlo.
A presto!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 17
*** Thoughts and words ***


 
Gary era seduto al pianoforte con le cuffie collegate allo strumento da un bel po’ di tempo, non aveva neanche notato i numerosi messaggi di Charlotte, tanto era preso dalla musica. Stava infatti registrando alcune sue arie composte appositamente per la sua ragazza al fine di donargliele alla fine del semestre. Già, perché mancavano poco più di tre settimane al termine della loro esperienza in accademia, un’esperienza unica che aveva permesso a tutti di crescere sia professionalmente che caratterialmente. Lui stesso, nonostante fosse nato e cresciuto in un ambiente intriso di musica e per questo quasi un privilegiato, si era sentito invece apprezzato per quello che era veramente e cioè un ragazzo innamorato perso della musica. Fuori dagli schemi imposti dalla sua famiglia era stato semplicemente se stesso, con il risultato di avere una ragazza ed un gruppo di amici veri. E in cuor suo non aveva poi così tanta voglia di tornare a casa.
 
“Ehi, oggi ti fai desiderare!” Charlotte esasperata dalle sue mancate risposte, aveva seguito il suo sesto senso: se Gary non dava cenni, sicuramente era seduto al pianoforte. E così era. “Yu-hu, ci sei?” Gli passò la mano davanti agli occhi poiché non l’aveva notata.
“Oh, Charlotte…” Tolse le cuffie e le depose sul pianoforte. “Non ti avevo sentita entrare.”
“L’ho notato.” Prese posto accanto a lui. “Che stai facendo di così interessante da non accorgerti dei miei messaggi?”
“Mhm, non te lo posso dire, è una sorpresa.” Raccolse le sue cose in modo che la ragazza non potesse sbirciare.
“Fai il misterioso, eh? Lasciami indovinare: stai facendo una compilation per Iris.”
“Ovvio!” Ribatté lui scherzosamente.
“L’ho sempre saputo che lei ti piace più di me.” Gli voltò le spalle facendo l’offesa.
Gary ridacchiava divertito. “Per forza, lei è bionda e tu no!”
Si voltò di scatto. “Ah sì? E da quando stai a guardare il colore dei capelli?”
“Posso avere delle preferenza?” Scoppiò a ridere e l’abbracciò forte. “Dai, sto scherzando. Sei adorabile quando fai la gelosa e ti arrabbi così.”
“Stronzo”
Si scambiarono un veloce bacio.
“Andiamo a bere qualcosa al bar prima che inizino le prove?” Propose lui.
“Sì, volentieri. Però…” Charlotte abbassò la testa leggermente. “C’è una cosa di cui volevo parlarti.”
“Dimmi, c’è qualche novità?”
“A dire il vero no, però ho notato che ultimamente Sophie si comporta in modo strano.”
“In che senso?”
“Stanotte ad esempio, quando mi sono svegliata a causa di un incubo, lei non era nel suo letto. E non era nemmeno in bagno.”
“Forse era uscita?”
“Probabilmente sì, però stamani ha negato tutto.” Notò le perplessità nello sguardo del ragazzo. “Le ho chiesto perché non era a letto e lei mi ha detto che non si era mai mossa dalla stanza e che sicuramente l’avevo sognato.”
“Strano. Conosco Sophie dall’inizio del semestre e mi è sempre apparsa come una ragazza seria e matura, non capisco perché ti abbia detto una cosa simile.”
“Lei non c’era stanotte, non me lo sono sognato.”
“Io ti credo.” La rassicurò. “E mi viene da pensare che nasconda qualcosa: sarà una coincidenza, ma anche Ethan è rientrato in camera molto tardi.”
“Se avessero una tresca, non vedo che motivo avrebbero per tenerla nascosta, in fondo siamo amici.”
“Già.”  Sfiorò un paio di tasti del pianoforte. “Dai, hai il flauto? Suoniamo qualcosa assieme prima di andare in caffetteria?” L’aveva vista molto giù di morale e ritenne opportuno riaccenderle il sorriso cambiando discorso e concentrandosi su ciò che più amavano: la musica.
“D’accordo.” E come sperato, le sue labbra si piegarono in un sorriso. “A patto che suoniamo Knockin’ on Heaven’s Door.”
“Andata!”
 



 
 
La Stanford uscì dalla caffetteria, si era lasciata alle spalle una nottata da dimenticare ed aveva sperato di riacquisire la necessaria lucidità sorseggiando la calda bevanda, ma invano. Salì al piano di sopra non senza difficoltà e si sedette in una delle poltroncine del corridoio, estrasse il cellulare dalla borsa ed iniziò a controllare alcune app riguardanti la sua vera professione. Alzò per un attimo lo sguardo e si passò una mano sugli occhi. Vide il professor O’Connor venire dalla parte opposta, si avvicinava con tranquillità alle scale, teneva il tablet e delle carte in mano, evidentemente stava raggiungendo i suoi studenti per la lezione. Lo fissò, notando al contempo che anche lui la fissava: erano sguardi di sfida, poiché entrambi sapevano e intuivano l’uno dell’altra, ma ignoravano le reciproche conoscenze.  Lui la salutò con un cenno di mano al quale lei rispose con un sorrisetto, poi scese le scale e scomparve dalla vista della donna.
“Salve Sandra.” La voce del direttore la destò dai suoi pensieri. “Che brutta cera!”
“Oh, buongiorno.” Si alzò massaggiandosi il viso. “Stanotte non ho chiuso occhio.”
L’uomo comprese immediatamente il motivo della sua insonnia. “Venga, andiamo nel mio ufficio.”
Non appena la porta fu chiusa, la Stanford si diresse di fronte al camino, poggiò per qualche secondo le mani sulla mensola e fissò lo sguardo sul quadro appeso sopra, quadro raffigurante il Duca di Kent dietro cui era nascosta la cassaforte contenente i documenti a lungo cercati dagli studenti ficcanaso. “No.” Emise un profondo respiro. “Non sono riusciti a violare questo luogo, gli spiriti glielo hanno impedito.”
“Dice davvero?”
“Sì, lo percepisco molto nettamente.” Si spostò dal camino, sedendosi in una delle due poltrone di fronte al tavolo del direttore. “Ad ogni modo stanotte qualcosa è accaduto, c’era una fortissima attività paranormale qui attorno ed è per questo che non ho quasi chiuso occhio.”
“Riesce ad essere più precisa?”
La donna sospirò profondamente e rifletté bene prima di rispondere. “Arthur e Mathilde si sono manifestati, non all’interno ma all’esterno dell’edificio ed hanno conversato a lungo. Ho la sensazione che abbiano raccontato la loro storia a chi potrebbe liberarli.”
“Mhm, ciò significa che esiste veramente una relazione fra un insegnante ed una studentessa.” Confermò Cowen. “E quell’insegnante potrebbe essere proprio Thomas O’Connor.”
“Esatto. Le mie percezioni mi portano a lui, ma non ho prove concrete. Se mai dovessimo coglierlo sul fatto, riusciremmo a identificare anche la studentessa.” Le rodeva il non aver ancora individuato la ragazza, evidentemente Mathilde aveva un debole per lei e stava facendo il tutto e per tutto per proteggerla. “Potrei tentare di nuovo un contatto con le due entità.”
“Per cosa?” Il direttore fu spiazzante. “Se mai dovesse riuscire a capire di chi si tratta, cosa vorrebbe fare? Espellere O’Connor, se davvero fosse lui, e la ragazza?” Lesse lo stupore negli occhi della donna. “Sandra, noi ci conosciamo da tempo ed ho una grande stima nei suoi confronti, la ringrazio di tutto cuore per aver accolto la mia richiesta di venirmi in aiuto, tuttavia credo sia opportuno abbassare i toni e vivere le poche settimane che ci separano dal termine del semestre in tranquillità.”
“Cioè mi sta chiedendo di lasciar perdere? Di non scoprire chi ha risvegliato i due spiriti mettendo a repentaglio l’incolumità di tutti quanti oltre che al buon nome dell’accademia?”
“Le sto solo chiedendo di utilizzare le sue facoltà medianiche per tenere a bada Mathilde e soprattutto Arthur. Questo gruppo di studenti è uno dei migliori che abbiamo mai avuto, nonostante il loro altissimo livello di preparazione sentono molto la tensione per il grande concerto di fine semestre perché c’è un’enorme aspettativa nei loro confronti. Gradirei solo che fossero lasciati più tranquilli possibile di modo che possano concentrarsi solo sulla musica e nient’altro, lei mi capisce, non è vero?”
La donna non era proprio d’accordo con quanto espresso da Cowen, ma capiva benissimo che non aveva scelta: con lui non poteva più trattare. “E sia, faremo come lei dice.” Si alzò dalla poltroncina. “La saluto, direttore. Adesso ho una lezione in compresenza, ci vediamo più tardi.” E scomparve dietro la porta con la consueta eleganza avvolta dal mistero che le conferiva un aspetto del tutto particolare.
Quando fu solo, l’uomo chiuse a chiave per evitare di essere disturbato spostò il dipinto del Duca di Kent, digitò il codice numerico sulla tastiera della cassaforte e questa si aprì con un leggerissimo rumore metallico. Ai suoi occhi apparvero i due registri contrassegnati dallo scorrere del tempo: contenevano carte ingiallite ma che a distanza di anni ancora permettevano di leggere i segreti che avvolgevano la sfortunata vicenda di Mr Chapman e Miss White, incluso il referto dell’autopsia che sanciva la morte dell’uomo per cause non riconducibili ad alcuna patologia scientificamente provata e conosciuta e riportava il luogo di sepoltura dei due corpi, luogo molto più vicino di quanto molti potevano pensare. Lui sapeva tutto, conosceva la maledizione che teneva i due fantasmi legati alle mura della Duke of Kent e come lui anche i direttori precedenti sapevano, tramandando il segreto di volta in volta. Sapeva cosa doveva accadere perché ogni cosa finisse, per permettere agli spiriti di trovare la pace e la felicità, sapeva che attendevano da anni e, nonostante una parte di lui desiderasse averli ancora lì, l’altra voleva la loro libertà. Arthur e Mathilde erano i quell’ambiente da oltre un secolo e per certi aspetti apparivano come amici di vecchia data e il giorno in cui se ne sarebbero andati, probabilmente avrebbe sentito la loro mancanza. Doveva comunque mettere da parte i sentimentalismi e fare di tutto per aiutarli. Ripose le carte nella cassaforte, chiuse tutto quanto e riposizionò il quadro al suo posto prima di uscire dall’ufficio e scendere al piano inferiore per un piacevole giro fra le sale prova dove gli studenti continuavano i loro esercizi in vista del concerto finale.
 
 


 
 
Ethan ripose il suo violino nella custodia, si era proprio divertito durante le prove assieme ad Oliver e, gli costava ammetterlo, a Jason. Aveva arrangiato assieme ad Oliver una loro versione di I was made for loving you dei Kiss, versione che era piaciuta a tal punto che il professor Taylor aveva invitato pure il mezzo vampiro e ne era venuto fuori qualcosa di davvero sorprendente.
“Devo farvi i miei complimenti, ragazzi.” L’insegnante era molto soddisfatto. “Credo che voi tre assieme potreste fare strada.”
Oliver abbassò la testa tentando di nascondere il suo divertimento nel vedere le facce disgustate degli altri due.
“Per quel che mi riguarda la lezione è finita.” Sentenziò il prof raccogliendo le sue cose. “Ad ogni modo, se volete continuare a suonare, la sala prove è a vostra disposizione.” Ed uscì salutando i tre studenti con un cenno di mano.
Ne seguirono lunghi secondi di silenzio totale. Oliver guardava gli altri due che gesticolavano con i rispettivi strumenti proprio per evitare di incrociare l’uno lo sguardo dell’altro. “Allora?” Spezzò la tensione. “Che si fa?”
Ethan chiuse il suo violino nella custodia. “Se volete suonare, fate pure. Io ho altro da fare.” Si avvicinò alla porta, afferrò la maniglia ed aprì, ma si bloccò all’istante perché davanti a sé comparve la Stanford.
“Salve, signor Foster. Va di fretta?” La donna lo salutò con un sorriso di circostanza.
“Diciamo di sì. Se ha bisogno di me, prego, dica pure, altrimenti sono sicuro che i miei colleghi potranno soddisfare egregiamente le sue richieste.”
“Innanzitutto la invito ad usare un tono più rispettoso, sono pur sempre una sua insegnante.”
Ethan si lasciò sfuggire un sorrisetto di disappunto. “Sì, come no.”
Tali parole, seppur sussurrate, non sfuggirono alla donna che avanzò con passo deciso costringendolo a indietreggiare. Oliver sentiva aria di guai, mentre Jason se ne stava in disparte in silenzio osservando con attenzione quanto stava accadendo. E in quel momento sulla soglia della sala prove comparve Emily.
“Salve ragazzi, scusate se…”  La rossa percepì immediatamente tensione nell’aria, amplificata dallo sguardo poco garbato della professoressa. “Ehm, forse è meglio se…”
“No, non se ne vada, Doringhton.”  La Stanford bloccò Emily che aveva fatto intendere di voler andare via. “Anzi, probabilmente lei potrà darmi delle risposte più soddisfacenti dei qui presenti signori.”
Non capiva il senso di quelle parole, tuttavia si avvicinò a Jason in silenzio mentre fra la donna e gli altri presenti volevano sguardi pesanti.
“So per certo che ieri sera voi due non avete assistito interamente al concerto del Maestro Ascott.”
“Lo può provare?” Oliver sentiva odore di sfida.
“Naturalmente, ma non in questa sede.” Incrociò le braccia. “Perché lei, Mitchell, assieme al signor Foster siete saliti al piano di sopra? Sapete bene che è proibito.”
“Certo che lo sappiamo.”
“Allora perché siete saliti? Perché avete tentato di entrare nell’ufficio del direttore?”
“Sembra che lei, professoressa, sia molto più informata di noi. Lei mi dica come ha saputo queste cose ed io le dirò se è vero o meno.”
La donna assottigliò gli occhi, sembrava volesse scrutare l’anima di Oliver: davvero quel ragazzo sapeva la verità sul suo conto? Le era salito il dubbio in seguito ad una sua percezione: osservando nel profondo le sue iridi scure vi aveva letto tutta la sicurezza di chi sa di avere il coltello dalla parte del manico. “Va bene. Attendo lei e Foster fra mezz’ora nell’aula magna.” Girò sui tacchi, visibilmente stizzita, e scomparve dietro la porta.
Oliver scoppiò a ridere non appena smise di sentire i passi della prof. “Ora viene il bello! Avete visto come era elettrica? Sarà costretta ad uscire allo scoperto e a vuotare il sacco.”
“Tu pensi possa farci vedere i famosi documenti?”  Chiese Ethan.
L’altro si fece pensieroso. “E’ possibile. Se lei esce allo scoperto potremmo chiederglielo. Che ne pensi?”
“Penso che finirete per l’ennesima volta nei guai.” Irruppe Emily che, assieme a Jason, aveva assistito in silenzio alla scena. “Lo dico per voi. Al concerto vi siete dileguati come due ladri e poi si è scatenato il finimondo. Se la Stanford è davvero…ehn…” Si fermò giusto un attimo prima di rivelare la vera identità della professoressa, visto che l’amico dai capelli corvini ne era all’oscuro.
“Sì, la Stanford è una rompiscatole di prim’ordine.” Ethan completò la frase salvando la situazione. “E’ possibile che abbia pensato a noi come motivo scatenante di quel caos, per cui non vedo l’ora di sentire cos’ha da dirci.” Riprese la custodia con il violino e si avvicinò alla porta. “Andiamo, non vorrai farla attendere.” Richiamò Oliver ed uscì senza voltarsi.
“Mah, io proprio non lo riconosco.” L’amico era sempre più meravigliato dal suo comportamento, negli ultimi giorni era cambiato in modo radicale.
“Sta attraversando un periodo particolare della sua vita, ma stai tranquillo, ne uscirà presto e meglio di prima.”
Oliver ed Emily si voltarono stupiti verso Jason che aveva pronunciato quella frase. “E tu come fai a dire queste cose?”
“Ho un sesto senso molto sviluppato, se così si può dire.” Raccolse alcuni spartiti e li infilò nel suo zaino, ovviamente nero. “Ti va un caffè, Emily?”
“Sì… Sì… Arrivo.” Salutò l’altro con un sorriso sospeso. “Ci aggiorniamo dopo. Ciao!”
E pure lei scomparve, lasciando Oliver solo con mille interrogativi in testa.
 




Nel frattempo Ethan aspettava l’amico rimasto in sala prove, giocherellava con il telefono mentre la sua mente era confusa e divisa fra mille e più pensieri. Uno dei più pressanti era ovviamente il colloquio che avrebbe avuto di lì a poco con la Stanford, colloquio che avrebbe potuto dare risposte a tante domande. Poi c’era Emily: vederla sempre in compagnia del mezzo vampiro, vedere la loro incredibile sintonia e complicità lo avevano infastidito più di quanto avesse mai potuto immaginare. Chissà se lei lo considerava davvero solo un amico, chissà se poteva instaurare con lei un rapporto diverso una volta conclusosi il semestre. Gli dava fastidio pensare che una ragazza che si era presa una bella infatuazione per lui lo avesse messo da parte per un altro. Non era abituato a questo smacco e in cuor suo sentiva crescere sempre più il desiderio di riconquistare le attenzioni della ragazza dai rossi capelli. Alzò lo sguardo e vide Sophie che camminava lentamente, anche lei impegnata a guardare il cellulare. Le sue labbra si piegarono in un sorrisetto tirato, decise di andarle incontro perché, nonostante tutto, l’istinto del latin lover non si era spento del tutto.
“Ehi, principessa.” Come la ragazza alzò gli occhi, lui notò immediatamente lo sguardo spento dell’amica. “Mamma mia, che faccia!”
“Buongiorno Ethan.” Rispose lei con voce titubante nascondendo immediatamente il cellulare nella borsa.
“Ti senti bene?”
“Sì, perché me lo chiedi?”
“Hai una faccia che fa quasi spavento ed è un vero peccato perché non ti dona affatto.”
“Ho dormito poco stanotte.”
“Oh, Charlotte russa? Oppure ti sei emozionata al concerto?”
“Ti prego, non sono in vena di battute.”
“Se posso darti una mano, puoi contare su di me.” Sfoderò il suo sorriso da mascalzoncello rubacuori, ma ricevette un’occhiataccia piuttosto esplicita. “Ok, come non detto. Però…” Vide gli occhi rassegnati della ragazza.
“Cosa c’è? Ti avverto: niente inviti a prendere caffè o tisane, né ad uscire dopo le lezioni perché la risposta è no. Sono indietro con un sacco di esercizi e il concerto si fa sempre più vicino.”
“Tranquilla, tesoro, ho solo bisogno di un tuo parere.”
“Un mio parere?” Alzò il sopracciglio sinistro. “Sentiamo.”
“Ecco…” Si guardò furtivamente attorno ed usò un tono di voce più basso. “Si tratta di Emily. Almeno tu riesci a spiegarmi cosa ci trova di così speciale in quel soggetto cadaverico sempre vestito di nero?”
Sophie trattenne a stento una risata e lo guardò in faccia con espressione divertita. “Ma non mi dire! Il famoso conquistatore Ethan Foster si è preso una cotta per una ragazza che non se lo fila! Che notizia!”
“Ehi, ehi, ehi! Piano!”  La invitò ad abbassare i toni. “No, non intendevo questo!” Vide l’amica poco convinta. “E’ solo che…ehm… Insomma, da quando frequenta quello Emily ci snobba ogni giorno di più. Eravamo un bel gruppo con tante cose in comune, davamo la caccia ai fantasmi e adesso? Esiste solo il violoncellista cassamortaro.”
“E che c’è di male?”
“C’è che non esistiamo più per lei, ti sembra bello?”
“Vedi, io credo che non ci sia niente di male se adesso trascorre più tempo con Jason che con noi. Anzi, ti dirò un’altra cosa: da quando la conosco non l’ho mai vista così felice. Evidentemente con lui si sente se stessa, si sente apprezzata per quello che è, senza dover dimostrare niente a nessuno.”
“Perché? Con noi non era così?”
“Mhm, non proprio.”
“Ehi bro! Corteggi dopo la gentil donzella! Non facciamo aspettare la strega!” Oliver diede due pacche sulle spalle di Ethan, invitandolo a seguirlo per andare all’incontro con la prof/sensitiva.
“Dov’è che andate?” Chiese la ragazza ignara dei retroscena.
“A colloquio con la Stanford, ci ha convocati poco fa. Forse uscirà allo scoperto, potrebbe pure darci informazioni su Arthur e Mathilde e magari riusciamo a svelare il mistero.” Il moro, eccitatissimo all’idea, moriva dalla voglia di trascinare via Ethan il quale aveva notato un repentino cambiamento di espressione della ragazza.
“Ehi, piccola, ci andiamo noi da quella, tranquilla.”  Sorrise. “Se vuoi, intanto puoi informare gli altri, poi vi aggiorniamo.” Le baciò la mano strizzandole l’occhio.
Lei non batté ciglio. Restò immobile per lunghi secondi, guardandoli allontanarsi e confondersi fra gli studenti. Restò immobile lei, ma non la sua mente che subito si ricollegò a quanto appreso la notte scorsa: Ethan ed Oliver stavano per parlare con la Stanford?  Avrebbe rivelato tutto? Se sì, i due non si sarebbero dati pace fino alla scoperta sulla verità su Arthur e Mathilde! Se la prof si fosse alleata con loro probabilmente li avrebbe aiutati in modo concreto e pericoloso! E allora? Se avessero scoperto tutto, la sua love story con Thomas O’Connor poteva uscire allo scoperto con tutte le conseguenze del caso. E i due spiriti? Avrebbero dovuto attendere chissà quanti anni ancora per essere liberi! No, oramai aveva promesso ed avrebbe mantenuto. Infilò la mano nella borsa frugando alla ricerca del cellulare, lo estrasse ed aprì la rubrica per chiamare ed informare immediatamente Thomas. Avviò la chiamata e qualcuno le diede un’amichevole pacca sulla spalla.
“Ehi Soph!”
La ragazza sussultò, per poco il telefono non le cadde di mano. “Oh…Ciao.” Era Charlotte in compagnia di Gary.
“Ti ho disturbata? Stavi chiamando qualcuno?”
Chiuse immediatamente la chiamata, spense l’apparecchio e lo buttò frettolosamente nella borsa. “Ehm…No, niente affatto. Stavo chiamando proprio te.”  Sorrise all’amica sperando di averla convinta.
“Ah sì? Beh, allora dimmi pure.”
Lei rimase come spiazzata per qualche istante, con Charlotte e Gary che la guardavano in attesa delle sue parole. “Ah..Ehm… Sì, io volevo dirvi che… Che poco fa ho incontrato Ethan ed Oliver.” Sorrise di nuovo. “Sono stati convocati dalla Stanford, non ho ben capito il motivo, ma a detta loro potrebbe uscire allo scoperto.”
“La cosa non mi stupisce.”  Affermò il ragazzo. “Ieri sera quei due hanno scatenato un caos allucinante, mi meraviglio che nessuno degli studenti abbia deciso di andarsene. Se la Stanford è una sensitiva sicuramente avrà percepito forze ed energie ed avrà tenuto d’occhio quei due volponi.”
“Quindi potremo scoprire davvero qualcosa di più.” Osservò Charlotte. “Mi piacerebbe molto, sapete? Soprattutto se ce la facciamo entro la fine del semestre, in un certo senso li sento come due presenze amiche.”
“Già.” Sophie strinse forte la sua borsa. “Ci vediamo più tardi, chiamatemi se ci sono novità.” E se ne andò a passo piuttosto svelto senza aggiungere altro.
“E’ strana, te l’avevo detto.” Sospirò Charlotte guardando l’amica allontanarsi.
“Già.”  Confermò Gary. “Che abbia paura dei fantasmi a tal punto?”
L’altra fece spallucce. “Non lo so, ma non è la stessa Sophie che conosco.”
“Dai, andiamo.” Cercò di farle pensare ad altro. “Più tardi ho le prove per l’omaggio ai Queen che dovrò suonare al concerto finale, ma prima ho voglia di prendere una boccata d’aria fresca. Stiamo un po’ assieme, ti va?”
Si strinse a lui: certo che le andava!
 
 
 


 
“Ok bro, o la va o la spacca.”  Oliver guardava la porta dell’aula magna con soddisfazione. ” Andiamo?”
“Andiamo.” Ethan bussò ed attese il consenso della donna che si trovava all’interno.
Poi aprì ed entrarono.
 
 









Buon inizio settimana a tutti!

Ho fatto i salti mortali per terminare il capitolo prima delle festività, non sono proprio convintissima di ciò che ho scritto, ma visti i tempi mi sono dovuta accontentare. E spero di aver accontentato anche voi, specie i fedelissimi, che non mi hanno mai abbandonata nonostante tutti i ritardi negli aggiornamenti a cui li ho costretti.
In questo capitolo c’è qualche piccola rivelazione riguardante soprattutto il direttore che pare ben informato sui due spiriti e deciso a spezzare la maledizione che li costringe a vagare in solitudine fra le mura dell’accademia. La Stanford non sembra dello stesso avviso ed è ben decisa a smascherare i due presunti amanti. Uscirà davvero allo scoperto? Come andrà il colloquio con Ethan ed Oliver?
 
Prima di salutarvi, permettetemi ancora una volta di dire un GRAZIE enorme a chi mi ha sostenuta fin ora ed augurare ad ognuno di voi un sereno Natale e un 2021 di rinascita. Ne abbiamo tutti troppo bisogno.


Buone Feste!
 


Un Abbraccio
La Luna Nera
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 18
*** The Proposal ***


 
 
Sandra Stanford era seduta in un angolo poco illuminato, la sola flebile luce proveniva dall’esterno ed era parzialmente bloccata dalle pesanti tende di velluto appese alle grandi finestre. In quella penombra il suo viso serio e imperturbabile era immobile, con gli occhi fissi sulla porta dalla quale i due studenti avevano appena fatto il loro ingresso nell’aula magna.
“Benvenuti signori.”
“Grazie.” Rispose Oliver con voce calma e tranquilla.
“Signori” La donna si alzò dalla poltroncina e mosse qualche passo nella loro direzione. “ho deciso di incontrarvi perché voglio vederci chiaro. Voi e i vostri amici avete assunto dei comportamenti che non sono passati inosservati alla sottoscritta, a molti insegnanti e persino al direttore.”
“Può spiegarsi meglio per cortesia?”
“E’ da un po’ di tempo che siete tenuti sotto controllo e gradirei conoscere le motivazioni di alcuni vostri comportamenti non autorizzati, come ad esempio incursioni nella biblioteca dell’Accademia o peggio ancora in quella di Southampton in occasione della serata di gala. Non per ultimo il caos che avete scatenato ieri sera durante il concerto del maestro Ascott.”
“Beh, diciamo che stiamo facendo alcune ricerche perché siamo desiderosi di conoscenza e questo dovrebbe essere gradito ad ogni insegnante.” Oliver era sicuro di ciò che diceva. “E quale luogo migliore di una biblioteca per imparare ed ampliare le proprie conoscenze?”
“Assolutamente.” Ribatté la donna. “E per caso vi siete recati in biblioteca anche ieri sera durante il concerto, visto che vi siete allontanati senza permesso?”
“Ieri sera io e il mio amico siamo usciti dall’aula, è vero, ma solo per andare in bagno.”
“Esatto.” Confermò Ethan. “Durante l’intervallo non era stato possibile.”
“E vi siete recati in bagno al piano di sopra? Mi sembra una scusa che non regge.”
“Perché? Come può dirlo? Non ha prove per affermare che siamo saliti su. Il bagno non si trova solo al piano terra, per di più era occupato e non volevamo perdere altro tempo aspettando il nostro turno.O forse non crede alle nostre parola perché di solito sono le ragazze che vanno sempre in bagno in coppia? Se per una volta lo fanno anche i ragazzi che c’è di male?”
La donna assottigliò lo sguardo poiché, all’udire quelle parole, l’ipotesi dell’omosessualità di Foster si ripresentò nella sua mente. “Voi due in bagno assieme al piano di sopra durante un concerto, un momento in cui tutti eravamo nell’aula magna e potevate fare i vostri comodi lontano da occhi indiscreti…”
“No, un momento!” Ethan interruppe il discorso in modo secco e brusco. “Sia chiara una cosa: non alluda al fatto che io abbia gusti sessuali particolari e che me la intenda con questo qua che proprio non esiste! Niente contro i gay, ma io non ne faccio parte. A me piacciono le ragazze ed io piaccio alle ragazze e gradirei non rovinare la mia reputazione con chiacchiere da osteria.”
Questa sua uscita strappò un sorriso alla Stanford. “Oh, per carità!” Poi tornò ad essere seria. “E allora posso sapere il motivo della vostra uscita dalla sala del concerto? Cosa siete andati a fare di sopra? Uno degli addetti alla sicurezza è salito su per le scale per controllare, avevano avvertito dei rumori come se fosse stata in corso una colluttazione. Che cosa avete combinato?”
Come la donna pronunciò questa frase, un leggio posizionato a pochi metri di distanza cadde a terra senza che vi fosse un motivo apparente.
I tre si guardarono in faccia sorpresi e spaventati: tutti sospettavano chi era all’origine di quanto accaduto, ma nessuno voleva fare il primo passo ed uscire allo scoperto. Ma il prolungato silenzio dava conferma a tutti quanti che nessuno di loro era all’oscuro della presenza di entità paranormali fra quelle mura.
Come se non bastasse ci fu un crollo improvviso della temperatura senza che vi fosse una giustificazione logica. La Stanford spalancò gli occhi e tentò di mantenere la calma il più possibile: Arthur si stava manifestando in quel luogo e non con le migliori intenzioni. E infatti tutte le sedie dell’orchestra presero a tremare contemporaneamente, alcune di loro caddero a terra trascinandosi dietro molti leggii e spartiti.
“Attenta!!” Ethan urlò appena in tempo per permettere alla donna di voltarsi e schivare una sedia che altrimenti l’avrebbe colpita alla testa. La sedia poi andò ad impattare nella parete di fondo, a qualche metro dalla porta d’ingresso.
“Ragazzi, ma voi….”
“Certo.” Rispose Ethan con la salivazione a zero. “Dovevamo farle spaccare la testa da una sedia volante?”
Finì appena la frase, improvvisamente alcune lampade presero ad accendersi e spegnersi a ritmo intermittente, percepirono di nuovo un’altra corrente gelida e le pesanti tende delle finestre si staccarono inspiegabilmente, volando addosso ai due studenti sospinte da un vento impossibile. Caddero a terra, faticavano ad alzarsi poiché quell’ingombrante tessuto glielo impediva. Poi la tastiera del pianoforte prese ad aprirsi e chiudersi continuamenti, i restanti leggii caddero a terra contemporaneamente, le sedie iniziarono a spostarsi verso il podio del direttore che, come se non bastasse, tremava vistosamente. La Stanford sentiva le grida di aiuto degli studenti intrappolati sotto la tenda che non voleva proprio saperne di liberarli, percepì un’energia smisurata che la fece accasciare su se stessa dandole per fortuna la possibilità di capire che il podio si stava sollevando in aria pronto a colpire lei e i due giovani.
“Va bene, sir Arthur! Avete vinto! Faremo come voi desiderate!” La donna urlò queste tre brevi frasi tenendo le mani giunte a mo’ di preghiera e in un attimo tutto si fermò. Chinò la testa fin quasi a sfiorare il pavimento, si sorreggeva a fatica sulle braccia che tremavano, le gambe erano piegate e pesantissime, così pesanti che proprio non le permettevano di rimettersi in piedi.
Ancora tremanti di paura, Ethan ed Oliver si liberarono lentamente della tenda: videro la professoressa accasciata al suolo con il respiro affannoso. Avevano sentito le sue parole grazie alle quali lo spirito aveva cessato il suo show. Si alzarono senza dire una parola e con grande rispetto si avvicinarono alla donna.
“Va… Va tutto bene, professoressa?”
“Aiutatemi ad alzarmi, vi prego.”
Ethan la tirò su, mentre Oliver recuperò una sedia perché vi si accomodasse.
“Voi due e tutti i vostri amici ficcanaso avevate capito ogni cosa, non è vero?”
I ragazzi si guardarono in faccia. “Si riferisce a… ehm… alla sua reale professione?”
Piegò l’angolo della bocca in un sorriso rassegnato. “E sapete pure chi è Arthur, quell’entità che si è manifestata poco fa, giusto?”
“Sì.” Ethan si sedette di fronte a lei. “E sappiamo pure di Mathilde.”
“Perché siete andati a ficcare il naso ovunque per scoprire la verità su questi due spiriti?”
Fu Oliver a rispondere. “Vede, io sono un grande appassionato di fenomeni paranormali, mi documento spesso e colgo ogni occasione che mi si para per accrescere le mie conoscenze. Circolano voci strane sulla città di Southampton, sulle anime di quelli che avrebbero voluto salpare a bordo del Titanic, sui parenti delle vittime, su studenti e abitanti le cui storie sospese fra verità e leggenda hanno dato vita a dicerie avvolte nel mistero. Qui abbiamo assistito a strani fenomeni sin dal nostro arrivo, abbiamo visto una figura bianca ed evanescente lanciarsi dalla torre dell’accademia in una notte di luna piena e svanire nel nulla: potevo farmi sfuggire un evento simile?”
“Un vero amante del settore, signor Mitchell.” Sorrise. “Ha scoperto qualcosa con queste sue indagini?”
“Noi tutti abbiamo scoperto che qui, fra queste mura, vagano due anime inquiete. Conosciamo i loro nomi, le loro date di nascita e di morte, abbiamo capito che erano un insegnante ed una studentessa che probabilmente hanno intrecciato una relazione proibita e per questo potrebbero essere stati puniti e portati ad un gesto estremo.”
“Esatto, avete fatto un ottimo lavoro.” Oramai era inutile continuare a mentire. “Ed è per scoprirne ancora di più che volevate entrare nell’ufficio del direttore, giusto?”
“Oh beh, diciamo che è così, sì.”
“Però non siete riusciti neanche ad entrare perché Arthur ve l’ha impedito.”
“Non sappiamo se sia davvero stato lui.” Puntualizzò Oliver. “Ad ogni modo non abbiamo ancora capito se sono con noi o contro di noi. A volte ci aiutano, a volte ci mettono i bastoni fra le ruote. Lei può dirci qualcosa a riguardo?”
Ne seguì un silenzio intervallato da alcuni sospiri da parte della donna. I due studenti si guardarono in faccia, forse accusava ancora qualche lieve fastidio?
“Se non può o non desidera rivelarci altri dettagli non importa. L’unica cosa che vorremmo sapere è solo se corriamo dei pericoli. Il professor O’Connor è stato aggredito, poco fa anche noi: a cosa potremmo andare incontro?”
Nell’udire quel nome, la Stanford drizzò la schiena. “O’Connor… Lui è una delle cause che hanno risvegliato Arthur. E assieme a lui c’è un’altra persona che non sono riuscita ad individuare perché protetta da Mathilde.”
“Ne è sicura? Il professore è finito al pronto soccorso perché aggredito da quello spirito.” Chiese Ethan. “Non gli ha fatto sconti, ero presente quando è successo, mi creda, ha picchiato duro.”
“Sì, lo so.” Respirò profondamente e si alzò. “Non ho le prove che vorrei avere, ma ogni mia percezione mi porta ad O’Connor. Tuttavia non è sufficiente per poter allontanare lui e la sua compagna, compagna di cui ignoro l’identità.”
“E spera che noi la conosciamo?”
“E’ sicuramente una studentessa ed essendo voi studenti probabilmente avete notato qualche movimento strano.” Incrociò le braccia. “Potremmo collaborare assieme, che ne dite?”
I ragazzi si guardarono in faccia, non si aspettavano una tale proposta.
“Non pretendo una risposta immediata, pensateci su e poi fatemi sapere.”  Fece qualche passo verso l’uscita. “Il direttore sa ogni cosa, è stato lui ad invitarmi qui e questa non è per me la prima volta che devo fingermi un’insegnate. Fin ora mi sono sempre e solo limitata a tenere Mathilde sotto controllo, ora c’è anche Arthur da tenere a bada e qualora ciò non fosse possibile, l’unica soluzione è allontanare chi ha contribuito al loro risveglio e tutelare così l’incolumità di tutti. Non posso svelarvi ulteriori dettagli, non vorrete essere presi di mira pure voi spero.” Afferrò la maniglia e si voltò un’ultima volta verso i ragazzi. “Pensateci.”
E scomparve dalla loro vista.
 
 
 




 
 
Era tutto così surreale, incredibile, fantastico. Ora che si trovavano ad un passo dalla meta avvertivano una strana sensazione di arrendevolezza.  Oliver aveva approfittato di mezz’ora di pausa fra le prove individuali e quelle di gruppo per informare gli amici sul colloquio avuto con la Stanford. Aveva raccontato tutto per filo e per segno, compreso il suo stupore per l’atteggiamento fermo e deciso ma mai troppo aggressivo della donna. Raccontò lo spavento suo e di Ethan quando erano stati protagonisti del poltergeist causato da Arthur e di come ne erano usciti incolumi. Terminò il racconto. Gary e Charlotte sembravano meditare in silenzio su cosa dire e cosa fare; Emily teneva sempre la testa abbassata forse commossa per la triste storia dei due spiriti essendo lei una ragazza molto sensibile; Sophie stringeva forte il tablet cercando e riuscendo a mascherare il suo nervosismo. Non aveva avuto modo di riferire a Thomas dell’incontro fra i due amici e la prof, ora sapeva che Mathilde la stava proteggendo anche e soprattutto da quest’ultima, si fidava di lei ma la temeva pure: in fin dei conti era sempre un fantasma.
“Ci ha offerto di collaborare.” Ethan spezzò il silenzio che si era prolungato per molti minuti. “Prima di darle una risposta volevamo consultarci con voi, in fin dei conti abbiamo iniziato assieme questa avventura e assieme dobbiamo portarla avanti.”
“E questa collaborazione in cosa consisterebbe?” Chiese Gary.
“Non si è espressa in modo troppo esplicito, però posso azzardare che noi avremmo il compito di individuare la presunta fidanzata del professor O’Connor.” Rispose Oliver. “Qualora accettassimo, credo che Charlotte e Sophie potrebbero essere le persone giuste per portare avanti la missione, se così vogliamo definirla, con il nostro supporto ovviamente.”
“Noi?” Bisbigliò Sophie. “Perché proprio noi?”
“Tesoro, O’Connor è l’insegnante che ha accompagnato qui te e la tua amica Charlotte, lo conoscete meglio di tutti quanti noi e sicuramente avete una marcia in più, magari sapete pure qualcosa che sta al di fuori dell’ambito scolastico. Che ne dite?”
Le due ragazze si guardarono in faccia senza aprir bocca. Se Sophie si fosse rifiutata, probabilmente Charlotte sarebbe andata avanti ad indagare, magari con Gary o con qualcun altro. Se anche l’amica si fosse tirata indietro, così non avrebbero fatto gli altri e lei sarebbe stata all’oscuro dei piani, delle novità e degli eventuali sospetti. Se avesse accettato forse poteva evitare che si arrivasse a scoprire la verità, almeno fino alla fine del semestre oramai davvero vicina. E se si fosse tradita da sola? Già aveva tradito la fiducia e l’amicizia di Charlotte tenendola all’oscuro del suo flirt con il prof e anche se lo aveva fatto per evitare lo scandalo dell’insegnante che se la intende con l’allieva, si sentiva tremendamente in colpa e temeva di perdere la sua migliore amica quando tutto sarebbe uscito allo scoperto.
“Non sono del tutto convinto che sia una buona idea.” Intervenne Gary. “Che rischi potrebbero correre le ragazze? Così come noi se collaborassimo con lei?” Temeva infatti che Charlotte potesse passare dei guai a causa di Arthur e della sua violenza. “Voi due siete stati aggrediti, non siete rimasti feriti ma ve la siete vista brutta. Che cosa ha detto la Stanford a riguardo?”
Oliver ed Ethan si guardarono in faccia. “A dire il vero nulla.” Rispose il primo.
“E in effetti la cosa mi puzza un po’.” Aggiunse l’altro.
“A me non va di far rischiare la mia ragazza.” Gary strinse la mano ad una Charlotte con gli occhi pieni di stelle. “Per quel che mi riguarda non se ne fa di nulla se prima non parlate con lei e vi fate spiegare meglio ogni cosa. Se non ricordo male pure ieri sera durante il concerto di mio padre è venuto fuori un gran caos mentre stavate cercando di entrare nell’ufficio del direttore.”
“Esatto. Abbiamo fallito proprio per l’intervento dei fantasmi.”
“E’ come se non dovessimo scoprire altro, tuttavia ci proteggono dalla Stanford e dal direttore.”
“Se ne parlassimo con lui?” Sophie era rimasta in silenzio fino ad allora.
“No, tesoro. Ne sa molto più di noi ed è stato proprio lui a far venire qui la Stanford facendola passare per un’insegnante di musica. Quei due collaborano assieme da chissà quanto tempo.”
La ragazza chinò la testa, si sentiva in gabbia come un canarino attorniato da gatti famelici. Non poteva raccontare nulla di ciò che Arthur e Mathilde avevano rivelato a lei e Thomas, lei sapeva perché i due spiriti intralciavano tutte le loro indagini e sapeva anche di avere le mani legate qualora avessero deciso di collaborare con la prof sensitiva ed avessero affidato a lei e Charlotte il compito di scavare più a fondo nella vita privata di O’Connor.  


Per sua fortuna l’orologio dell’accademia sancì la fine del periodo di pausa e tutti quanti gli studenti si incamminarono ordinatamente verso l’aula magna dove avrebbero preso parte alle prove di gruppo per il gran concerto finale.



 



 
 
“Ben arrivati signori.” Il direttore Cowen prese la parola non appena tutti gli studenti si furono accomodati nelle loro postazioni. “Voglio innanzitutto congratularmi con ognuno di voi per il livello raggiunto, è raro ospitare un’orchestra formata da elementi come voi e sono certo che molti faranno strada nel campo della musica.” Vide l’orgoglio e la soddisfazione sui volti sia dei ragazzi che degli insegnanti. “Come ben sapete siamo quasi al termine del semestre, ciò un po’ mi rattrista, ma come ogni cosa ha un inizio, così deve avere una fine. E questa fine dovrà essere degna di voi, delle vostre abilità e dell’amore per la musica. Avete già eseguito più volte i brani, sia in gruppi minori che con l’intera orchestra, ed ora abbiamo finalmente completato la scaletta che eseguirete per il grande evento. Adesso vado ad illustrarvela, fate molta attenzione. “Fece cenno alla professoressa Kelly di visualizzare il programma sulla LIM. “Ecco qua: inizieremo con God save the Queen, il nostro inno nazionale, che eseguirete tutti assieme. Proseguiranno poi i fiati per un omaggio a Frank Sinatra con un arrangiamento volto a celebrare The Voice proponendo alcuni fra i suoi brani più celebri. Seguiranno gli archi con un medley dei successi di Elvis Presley, poi l’omaggio alle colonne sonore del grande cinema: vi saranno vari momenti con esecuzioni di piccoli gruppi e duetti come potete vedere qui.” Indicò sulla lavagna luminosa. “Inizierete con Moon River, poi Over the Rainbow, The Sound of Silence, C’era una volta il west, Nuovo Cinema Paradiso, Beautiful that Way e termineremo la prima parte con Can you feel the Love Tonight che come sapete è stata composta da sir Elton John, uno dei grandi nomi che hanno frequentato questa Accademia.” Fece una breve pausa osservando in silenzio i giovani musicisti intenti a seguire il programma con molto interesse. “La seconda parte si aprirà con un omaggio ai Beatles: eseguirete tutti assieme un medley dei loro brani più celebri così come a seguire per Michael Jackson. Dopo, come potete vedere, saranno proposti pezzi di vario genere come Smoke on the Water, Romeo and Juliet, Back in black, Satisfaction, Blowing in the wind, O sole mio, The wind of change, Born in the USA, Careless Whisper, Fix you e Skyfall. Ci avvieremo verso il gran finale con un medley dei Queen e concluderemo con Bohemian Rapsody.” Non appena ebbe terminato di illustrare il programma, notò la soddisfazione del corpo insegnanti e soprattutto degli studenti. Uno dei punti di forza della Duke of Kent infatti era nel proporre musica contemporanea che spesso viene messa in secondo piano rispetto a quella classica. Lo studio dei grandi compositori del passato rientrava certamente fra le discipline accademiche così come i vari stili musicali e le tecniche di composizione, ma così doveva essere anche per quei grandi nomi più vicini al nostro tempo. L’amore per la musica doveva abbattere ogni ostacolo e pregiudizio: questo si trasmetteva a chi aveva la possibilità di frequentare i corsi alla Duke of Kent Music Academy.
“Al termine del concerto avrà luogo la cerimonia di consegna dei diplomi, dopodiché ci sarà un ricco buffet per tutti. Vi lascio ora alle prove della prima metà del programma, ma prima di iniziare, vi invito a controllare con attenzione gli abbinamenti dei gruppi e delle coppie per i duetti ed i brani eseguiti dai vari tipi di strumenti. Come avete constatato, abbiamo cambiato spesso partner durante le scorse settimane e tutto ciò era finalizzato a capire chi di voi dava il meglio di sé e in quale circostanza. Ciò che leggete è la decisione definitiva, chi ha bisogno di spiegazioni può contattarmi dopo le prove.”
“Io mi prenoto fin d’ora, direttore!” Iris alzò la mano visibilmente indispettita: non c’era più il suo nome accanto a quello di Gary per suonare Moon River.
“Bene, signorina Johnson, l’aspetto nell’aula 10 più tardi. C’è qualcun altro?”
Nessuno rispose. Charlotte si voltò verso un Gary radioso: loro avrebbero suonato assieme quel brano, un brano che li aveva avvicinati, legati e che piano piano era diventato la colonna sonora del loro amore.
“Bene. Lascio il podio al professor Brown che dirigerà le prove. Signori, buon lavoro.”
 
 
 
 
 

 
“E’ stato davvero emozionante!” Emily stava raggiungendo i ragazzi in compagnia di Charlotte.
“Sì, hai ragione. E se penso che fra due settimane sarà tutto finito mi fa davvero tristezza. L’avresti mai detto?”
“No affatto.” Sorrise la rossa. “Sono venuta qui per studiare musica e mi sono ritrovata a dar la caccia ai fantasmi, a conoscere tanta di quella gente che mai avrei immaginato e.. insomma, a vivere un’esperienza davvero unica.”
“Alludi a Jason? Come va con lui?”
“Ha già preparato tutto per andare negli Stati Uniti, parte fra quattro settimane.”
“Ti mancherà?”
“Forse, ma è giusto che segua la sua strada e riprenda in mano la sua vita dopo la batosta che ha subito. Eravamo quasi due emarginati dalla società, lui per un verso ed io per un altro, ci siamo trovati ed abbiamo avuto la possibilità di fare questo percorso artistico assieme, di crescere come persone e di prendere consapevolezza dei nostri mezzi.” Notò lo sguardo leggermente malizioso dell’amica e si mise a ridere. “Lo so a cosa stai pensando tu come tutti gli altri: fra me e lui non c’è nulla tranne una sana amicizia che sta facendo invidia a tanti. Molti ritengono che fra un ragazzo e una ragazza non possa esistere amicizia, ma che debba per forza sfociare in qualcosa di più profondo. Liberi di pensarla così, ma se dovesse accaderti ciò che è accaduto a me cambieresti idea.”
Charlotte sorrise: Emily era davvero sincera, l’amicizia con il mezzo vampiro l’aveva aiutata a crescere e aumentare l’autostima. Non aveva mai fatto discorsi lunghi come quello e ora riusciva a tenere quasi sempre la testa alta mentre parlava, guardando negli occhi l’interlocutore senza diventare paonazza. “Sono davvero felice per te.”
“Grazie.” Un lieve rossore però le colorò leggermente il volto. “Tu e Gary?”
“Oh, va tutto benone. Dovrò solo sperare di essere accettata dalla sua famiglia nonostante il mio curriculum non sia …ehm… eccelso come il loro.” Ridacchiarono assieme. “A proposito….” Si soffermarono a debita distanza dai ragazzi. “Ethan?”
“Che c’entra Ethan?”
“Non ti era indifferente.”
“Ethan è uno stronzo egoista ed egocentrico.” La vecchia Emily prese il sopravvento, si strinse nelle sue braccia ed abbassò lo sguardo. “Beh, sì, è vero, non posso negarlo, non mi è indifferente, ma il suo modo di fare superficiale e altezzoso me lo fa detestare.”
“Sai, a dirla tutta ultimamente mi sembra cambiato, in particolare da quando hai preso a frequentare Jason. E’ come se fosse geloso!”
Si fece scappare una risata scuotendo la testa. “Ethan è circondato da nuvole di ragazze strafighe che lo adorano, ha l’imbarazzo della scelta e potrebbe cambiare fidanzata ogni settimana. Che motivo avrebbe di essere geloso di me e di Jason?”
L’altra fece spallucce. “Boh, non lo so. Magari gli piaci?”
“Ti prego!” Scoppiò a ridere come se le avesse raccontato una barzelletta e riprese a camminare per raggiungere gli amici.
“Oh, eccovi qua finalmente!” Oliver accolse con gioia e trepidazione le due ritardatarie. “Ce ne avete messo di tempo!”
“Abbiamo i nostri ritmi.” Rispose secca Charlotte. “Allora? Che bolle in pentola?”
“Un piccolo piano investigativo. Prima di dare una risposta alla Stanford dobbiamo verificare alcune cose.”
“Cioè?”
“Cioè…”
“Dovremmo aspettare di essere tutti prima di parlarne.” Osservò Ethan. “Dov’è Sophie?”
Effettivamente la ragazza non si era ancora presentata all’appuntamento.
“Ha letto il messaggio sul nostro gruppo.” Confermò Gary dopo aver controllata la chat.
Charlotte si guardò attorno sperando di vederla arrivare. Invano.
“Si comporta in modo troppo strano.” Osservò Oliver. “Specialmente in questi ultimi tempi. Avete idea di cosa le stia passando per la testa?”
Nessuno rispose.
“Sapete, a volte mi viene da pensare che nasconda qualcosa.” Confidò Charlotte.
“Tipo…..” Un lampo attraversò la mente del moro. “Tipo che possa sapere qualcosa della presunta relazione di O’Connor?”
“Che possa essere lei la misteriosa fidanzata?” Azzardò Ethan.
“No!” Charlotte fu lapidaria. “No, non può essere lei! E’ la mia mia migliore amica, me l’avrebbe detto!” Aveva gli occhi gonfi di lacrime, qualche sospetto lo aveva avuto e faceva di tutto per autoconvincersi di aver preso un grosso granchio. L’idea che l’avesse tenuta all’oscuro di tutto la faceva impazzire: Sophie sapeva tutto di lei, conosceva ogni suo minimo segreto, i suoi amori passati e presenti, le sue simpatie, le sue antipatie e, insomma, Sophie sapeva ogni cosa di Charlotte. Ma lei poteva davvero dire di conoscerla così a fondo?
Si trovò stretta fra le braccia di Gary, mentre tutti gli altri si guardavano attorno sperando di veder arrivare l’amica.

Ma Sophie non c’era.









 
 
Buon venerdì a tutti e ben ritrovati!
Confesso di non aver mai tirato così per le lunghe un racconto, ma con la situazione che stiamo vivendo (e che speriamo di lasciarci presto alle spalle) fatico sia a trovare il momento giusto per scrivere che le idee. Spero non me ne vogliate e che continuiate a seguire la vicenda, dato che non manca molto alla fine.
 
La Stanford offre di collaborare per smascherare la presunta e misteriosa fidanzata del prof e i ragazzi, ignari della verità, propongono Sophie e Charlotte come investigatrici per indagare nella vita privata dell’insegnante. Tutto con l’incognita dei possibili “attacchi” di Arthur che preoccupano Gary.
Accetteranno la collaborazione?
 
Scusate ancora per il ritardo, vi aspetto al prossimo appuntamento senza mancare di ringraziare VOI meravigliosi lettori che non mi avete abbandonata.
A presto! E buon fine settimana!
 
Un Abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 19
*** I am by your side ***


 
 
Mancava poco al tramonto del sole. Sophie stava camminando con aria sognante sotto il porticato che conduceva verso l’ala dei dormitori. Teneva in mano la custodia contenente il violino, mentre nell’altra mano stringeva un pezzo di carta. Giunse nella sua camera, Charlotte non c’era e questo le strappò un debole sorriso perché poteva godere di qualche ulteriore istante di solitudine. Poggiò il violino in fondo al letto accarezzando leggermente la custodia, poi si avvicinò al comodino, ne aprì il cassetto, estrasse una scatolina, la prese fra le mani e vi nascose all’interno il foglio che teneva in mano. Ripose tutto al suo posto, si avvicinò allo specchio e rimase ferma per alcuni secondi a guardare la sua immagine riflessa.
“Dai, coraggio vecchia mia, manca poco a….”
In quel momento Charlotte entrò in camera sorprendendo l’amica a parlare da sola. “Ehilà! Manca poco a che cosa?”
L’altra si voltò si soprassalto, come una bambina colta in flagrante con le mani sul barattolo della Nutella. “Oh, ciao…”
“Ciao!” Rispose l’altra sorridente. “Allora?”
“Tutto ok.”
“Sicura?”
“Certo. Perché me lo chiedi?”
“Entro in camera e ti trovo a parlare con lo specchio, dovevamo incontrarci con gli altri e ci hai dato buca…”
“Già!” Si portò la mano sulla fronte. “Accidenti, me ne sono proprio dimenticata!” Era la sacrosanta verità.
“E cosa avevi da fare di così importante da dimenticarti di noi?”
Sophie si sedette sul letto, si sentiva a pezzi emotivamente: tenere nascoste tutte le cose che sapeva sui fantasmi, sulle ricerche degli amici e far finta di non essere al corrente di nulla era davvero difficile. “Sto accusando tantissimo stress per il concerto finale, non riuscivo a suonare decentemente e la professoressa Kelly mi ha trattenuta in sala prove assieme agli altri e….” Sospirò profondamente.
“Ti ha fatto perdere la cognizione del tempo, ho indovinato?”
“Già.” Sospirò l’altra profondamente. “Per fortuna manca poco alla fine del semestre e se da un lato so già che sentirò la mancanza di tutto questo, dall’altro non vedo l’ora che sia finito così non avvertirò più lo stress che ci stanno mettendo addosso.”
Conoscendo l’amica, Charlotte non pensava potesse accusare così tanto la tensione per il concerto finale. “E’ strano.” Si trovò lo sguardo sorpreso dell’altra. “Abbiamo suonato a tantissimi concerti ed eventi, mai ti avevo vista così ansiosa.“ Le strinse forte le mani. “Sophie, noi siamo amiche, puoi fidarti di me: se c’è qualcosa che posso fare per te, dimmelo per favore, altrimenti non so come aiutarti.”
“Grazie Charlie.” La strinse forte. “Se proprio vuoi fare qualcosa per me, ricordi quella filastrocca che canticchiavamo prima dei compiti in classe?”  Vide lo stupore impossessarsi del viso dell’altra. “Aveva il potere di ridonarci il buonumore ed ora ne abbiamo tanto bisogno con tutte queste pressioni addosso.”
Capì subito che non aveva né voglia né intenzione di confidarsi con lei, forse era solo lo stress a farla apparire strana? Forse tutte le supposizioni sul suo conto erano infondate ed erano nate pure quelle dalla pressione che avvertivano? Il volto di Sophie appariva stanco, si stava impegnando tantissimo, voleva dare il meglio di sé a qualunque costo e non si sarebbe certo fermata lì. Decise di non insistere oltre, frugò fra i ricordi d’infanzia e tirò fuori quella filastrocca capace di far riaccendere il sorriso sui loro volti per poi andare a dormire con tranquillità. Almeno ci avrebbe provato.
 
 


 
 
Oliver poggiò la tazzina vuota sul bancone della caffetteria, mancava circa mezz’ora all’inizio delle prove e si incamminò con tranquillità verso la sala prove. Non avevano ancora deciso se accettare o meno la proposta di collaborare con la Stanford, non tutti infatti si fidavano della donna che, sì, aveva ammesso molte cose, ma non si era sbilanciata fino in fondo e si era limitata solo a confermare ciò che avevano scoperto senza aggiungere altro. Lui era molto combattuto: erano dannatamente vicini alla meta e potevano collaborare con una sensitiva, ma il tempo di permanenza in accademia era sempre meno e dovevano decidere alla svelta se fare quel passo o no. Capiva pure le preoccupazioni di Gary circa l’incolumità di Charlotte, per questo aveva idea di chiedere chiarimenti alla prof assieme ai due amici che stavano sopraggiungendo.
“Ehi bro, ti abbiamo fatto aspettare troppo?” Ethan si avvicinò salutandolo amichevolmente.
“Oh no, giusto il tempo di bere un buon caffè.”
“Sapete dove poter trovare la tipa?” Gary era ansioso di parlare a quattr’occhi con la Stanford.
“Di solito prima delle lezioni stanno nella sala insegnanti, è quella porta laggiù. Andiamo?”
Ma una volta raggiunta la stanza, non vi trovarono l’insegnante. C’era invece O’Connor che salutò i tre studenti con un sorriso. Questi era finalmente stato messo al corrente dei loro movimenti da Sophie che gli aveva pure confidato i suoi timori sulla proposta di collaborazione avanzata dalla sensitiva. Chiesero se aveva incontrato la Stanford, ma lui non l’aveva proprio vista quella mattina. Li invitò piuttosto a seguirlo in una delle sale prove per affrontare alcuni passaggi del brano Skyfall di Adele che, a suo dire, dovevano essere approfonditi.
La chiacchierata con la prof sensitiva doveva essere rinviata.
E se O’Connor l’avesse fatto di proposito per impedir loro di incontrarla?
 
 





 
 
 
“Dunque è uscita allo scoperto con quei ragazzi.” Il direttore non appariva particolarmente dispiaciuto.
“Sono stata costretta a farlo, ma non ho rivelato più di quanto loro non abbiano già scoperto. E’ stato tutto molto strano, sembrava che Arthur volesse farmi scoprire, ha sollevato una sedia che non mi ha colpita alla testa grazie ai ragazzi che mi hanno avvisata giusto in tempo. Pure loro hanno rischiato ed ho dovuto pregare lo spirito perché ponesse fine al poltergeist. “
“A questo punto che intende fare? Manca poco alla conclusione del semestre, non credo abbia voglia di compiere mosse azzardate proprio ora, tutti gli studenti avvertono tantissimo la tensione e non mi sembra il caso di dar loro altri grattacapi.”
“Oh, certo che no. Capisco perfettamente, però….”
“Però?”
“Mi permette di tentare almeno un ultimo contatto con i due spiriti?”
“No.” La risposta del direttore fu lapidaria. “Non voglio correre rischi inutili. E soprattutto non voglio che quei sei ragazzi corrano rischi inutili. Esigo che li persuada dal continuare le loro ricerche.”
“Sta scherzando?!”
“Assolutamente no. Faccia come meglio crede, prenda tempo, racconti loro qualche storiella, ma li tenga lontano dal pericolo. Sono stato chiaro?”
Non aveva affatto gradito l’imposizione di Cowen: lei aveva tutt’altro in mente, voleva smascherare gli amanti clandestini, non necessariamente davanti a tutti, ma voleva smascherarli e attingere a tutti i suoi poteri di sensitiva per liberare gli spiriti dal limbo nel quale erano relegati e dimostrare finalmente il suo valore di medium. Sua madre e sua nonna prima di lei avevano compiuto grandi cose ed erano riuscite a donare la pace a decine di anime inquiete intrappolate fra le mura di manieri e castelli abbandonati. All’epoca esistevano pochi esperti del settore che potevano dimostrare con prove concrete l’esistenza dei fantasmi, oggi c’erano dei Ghost Hunter hi-tech dotati di sofisticate apparecchiature in grado di rilevare suoni, rumori, persino immagini di entità extracorporee, erano insomma in grado di dare la risposta alla domanda: esistono i fantasmi? Se Arthur e Mathilde fossero stati liberati dai due amanti segreti una volta concluso il semestre ed il concerto, lei non avrebbe mai avuto il suo tanto sospirato momento di gloria. Sì, ci sarebbero state altre occasioni, ma perché farsi sfuggire questa?
“Certo, direttore, è stato chiarissimo.” Lo salutò in modo freddo ed uscì dall’ufficio. Lei era ben decisa ad andare fino in fondo e non sarebbe certo stato lui a fermarla. Per prima cosa avrebbe tentato un contatto con gli spiriti, magari invitando a partecipare Oliver Mitchell ed i suoi amici al fine di smascherare O’Connor e la sua amante segreta una volta per tutte. Poi si sarebbe inventata qualche storiella per giustificare le aggressioni dei ragazzi da parte di Arthur, era certa che non sarebbe stato con le mani in mano, lei lo percepiva molto bene. Sarebbe stato semplice far ricadere la responsabilità sulla loro intraprendenza e voglia di scoprire e ficcare il naso in questioni proibite, il resto poi sarebbe venuto da sé.
 




 
 
I giorni scorrevano fra una prova e l’altra, fra un’emozione e mille tensioni, fra un’apparente tranquillità e suggestioni più o meno fondate. I ripetuti tentativi di Oliver ed Ethan di parlare con la Stanford erano andati a vuoto, era come se qualcosa o qualcuno volesse impedire loro di incontrarsi e discutere della proposta di collaborazione. Era forse meglio concentrarsi completamente sulle prove e lasciar perdere?
Oliver ripose il suo flauto traverso nella custodia dopo averlo accuratamente pulito. Il tempo stringeva e non c’erano stati più eventi strani o fenomeni inspiegabili: perché? Provò a distrarsi navigando in internet senza sapere cosa cercare, ma solo con la remota speranza di pensare ad altro.
All’improvviso il suo cellulare squillò, lo prese in mano cercando di capire chi lo stesse chiamando, dato che quel numero era sconosciuto. Tuttavia decise di rispondere perché poteva essere pure qualche scuola di musica a cui aveva inviato il curriculum. Ma non era nessuna scuola di musica: con sua enorme sorpresa all’altro capo del telefono c’era Sandra Stanford. Stava invitando lui e i suoi amici a prendere parte ad una seduta spiritica quella sera stessa. Non si aspettava una tale proposta!
Prendere o lasciare?
 
 
 




“Bene ragazzi, molto bene.” La professoressa Kelly concordava appieno con il collega O’Connor sull’esito dell’esecuzione di Romeo and Juliet appena conclusa. “Devo dire che avete raggiunto un livello di perfezione che oserei definire raro.”
“Beh, allora ci meritiamo una pausa, non trova?” Ethan ne aveva proprio bisogno. “Andiamo a prendere qualcosa da bere e riprendiamo fra mezz’ora?”
“E sia.” Confermò la donna. “Ve la siete meritata.”
“Anzi, ce la siamo meritata.” Aggiunse O’Connor preparandosi ad uscire. Ma con la coda dell’occhio notò Sophie armeggiare al violino. “Qualcosa non va?”
“Ehm…sì. Temo che non sia accordato come dovrebbe, forse è una mia impressione ma preferirei controllare.” 
“D’accordo. Ti portiamo qualcosa?” Propose Ethan.
“Un caffè, grazie.”
Guardò poi il prof facendogli capire che doveva andare con loro, restare lì con lei sarebbe stato troppo rischioso. Aspettò di essere da sola e si mise in piedi davanti alla finestra con lo sguardo perso nel vuoto. Quella del violino che non andava era solo una scusa per restarsene in solitudine, non le andava di stare in compagnia coi nervi a fior di pelle, con la tensione di dire qualcosa di inappropriato e far sospettare qualcosa. Ethan era un volpone e qualche dubbio probabilmente gli era venuto, perciò preferì far andare Thomas in caffetteria assieme agli altri e non alimentare i sospetti. Fuori nel parco dell’accademia vide Charlotte in compagnia di Gary. Quanto invidiava la sua amica!  Lei poteva starsene in compagnia del ragazzo senza doversi nascondere al contrario di lei che aveva avuto la sfortuna di innamorarsi dell’insegnante ed essere da questo ricambiata. Poggiò delicatamente la mano sul vetro della finestra sospirando con rassegnazione, ma quando tirò su lo sguardo vide riflessa un’immagine che non era affatto la sua! Indietreggiò spaventata, aveva la fortissima sensazione che quella figura evanescente dai lunghi capelli neri fosse Mathilde e dovette far ricorso a tutto il suo autocontrollo per non mettersi ad urlare e darsela a gambe.

I know how you feel, my dear friend. Never give up, I am by your side.

Quanto doveva aver sofferto quella sfortunata ragazza! Le sembrava molto dolce e le sue parole, per come le aveva percepite, erano intrise di una fortissima malinconia. Tuttavia la stava incoraggiando a non mollare perché almeno il suo sogno d’amore non finisse in tragedia come il suo. Si voltò verso la porta e proprio in quell’istante davanti a lei comparve Thomas, comparve quello che per lei era l’unico motivo valido per resistere ed andare avanti nonostante le mille difficoltà incontrate sino a quel momento, senza contare quelle che si erano aggiunte negli ultimi giorni. Senza riflettere Sophie gli si buttò fra le braccia e lo strinse forte. “Io non so per quanto riuscirò a nascondere tutto.” Stava per scoppiare in lacrime.
“Shhh, calmati per favore.” Le accarezzò i capelli e la allontanò dolcemente da sé. “Oramai manca poco, coraggio, non possiamo mollare adesso. Ricordati Liverpool, ricordati il contratto di lavoro che mi hanno offerto e l’appartamento in affitto che ti ho fatto vedere l’altra sera. Resisti ancora qualche giorno e poi saremo liberi di vivere la nostra vita.”
Fece due profondi respiri per tranquillizzarsi. “Scusa.” Lo guardò negli occhi. “Ogni tanto crollo e… e… Non lo so, avrei solo voglia di urlare al mondo intero che ti amo più della mia stessa vita mentre devo tenermi tutto dentro, mentire a me stessa e a tutte le persone che mi stanno accanto, sentirmi sporca, falsa e bugiarda con chi invece mi vuole bene come Charlotte.”
“Sistemeremo tutto, abbi fiducia.” Le sorrise spettinandole i capelli. “Allora, fammi vedere cos’ha il tuo violino che non va.”
“Il mio violino?” Si ricordò poi di ciò che aveva detto per declinare l’invito ad andare in caffetteria con gli altri. “Oh, beh… a dire il vero non ha nulla.” Lo prese ed iniziò a fare alcune scale. “Sai, poco fa Mathilde è apparsa lì, riflessa sul vetro della finestra, mi ha detto di non mollare e che mi starà vicina fino all’ultimo momento.”
“Davvero?”
Annuì in silenzio. “Sai, ho la sensazione che mi mancherà quando tutto sarà finito.”
“Già.” Fece una breve pausa. “Coraggio, adesso suonami qualcosa.”
“La nostra canzone può andare?” Aprì lo spartito di Romeo and Juliet ed inizò con l’introduzione, ma fu interrotta poche battute dopo dall’ingresso di Ethan nella sala prove.
“Ecco il caffè Sophie.” Si avvicinò all’amica porgendole il bicchierino.
“Grazie mille Ethan, sei stato gentilissimo.” Accettò la bevanda con entusiasmo sotto lo sguardo apparentemente indifferente di O’Connor.
“Il violino? Hai risolto il problema?” Notò il professore intento a consultare il tablet, sembrava far finta di niente, tanto era concentrato sul dispositivo.
“Sì, sì, è tutto ok, grazie.”
“Che cosa c’era che non andava?”
“Ecco…”  E ora cosa poteva inventarsi?
Per sua fortuna il telefono suo e di Ethan segnalarono in contemporanea l’arrivo di un messaggio: era di Oliver, aveva scritto nel gruppo dedicato alle loro indagini paranormali.
Stasera la Stanford terrà una seduta spiritica. Ci ha invitati tutti a partecipare. Vuole tentare un contatto con Arthur e Mathilde.
I due ragazzi si guardarono negli occhi senza batter ciglio. L’insegnante continuava a consultare il tablet per i fatti suoi, ma teneva l’orecchio ben teso pronto a captare qualsiasi segnale.
Ethan fece un cenno a Sophie, poi digitò rapidamente un messaggio nel gruppo: Dopo le prove al solito posto.
 




 
 
“Che si fa?” Chiese Gary
Oliver sbuffò. “Non lo so. Insomma… sì, ok, dare la caccia ai fantasmi mi fa schizzare l’adrenalina alle stelle e l’occasione che ci si presenta è ghiotta. Però… non lo so, qualche timore ce l’ho.”
“Io ne ho più di uno.” Confermò l’altro. “Insomma, se la tua ragazza si mettesse a dar la caccia ai fantasmi con una pseudo insegnante che ci ha messo i bastoni fra le ruote fino a pochi giorni fa, per di più i fantasmi in questione non si sono mostrati troppo amichevoli, tu che faresti?”
Ne seguì un silenzio totale, interrotto solo dal lieve rumore dell’acqua del laghetto nel quale si trovavano i due maestosi cigni. Stavano a pochi centimetri dalla riva, sembrava fossero interessati ai loro discorsi. Uno dei due, avvolto nel silenzio, si avvicinò a Sophie e la sfiorò leggermente con il becco.
“Ehi, vuoi fare amicizia?” La ragazza si accovacciò fino a trovarsi quasi faccia a faccia con l’animale. Fu allora che scorse nei suoi occhi una figura biancastra che riconobbe immediatamente come Mathilde. Ebbe un sussulto, ma fu bravissima a non farsi scoprire dagli altri.
I am by your side, my dear friend. Go!
Di nuovo Mathilde le aveva parlato e l’aveva incoraggiata a non mollare, ad andare avanti senza paura che tanto lei le sarebbe sempre stata vicino.
“Se avete paura, vado io.”  Sophie si trovò gli occhi di tutti incollati addosso, una volta che fu di nuovo in piedi ed ebbe pronunciato quelle parole. “Che ho detto di strano?”
“Oh, no, niente niente.” Ethan fu il primo a rispondere. “Ci hai solo colti di sorpresa, non è così ragazzi?”
“Beh sì, insomma… Tu hai sempre avuto paura di affrontare queste cose e sinceramente non mi aspettavo una tale cosa proprio da te.”
“Ecco… Diciamo che prima di terminare il semestre voglio anch’io uscire un po’ dalle righe e fare qualcosa che difficilmente potrò fare in una circostanza diversa.”
“D’accordo. Allora rispondo alla prof e…”
“Aspetta.” Gary lo fermò. “Non hai risposto alla mia domanda.”
“Alla tua…” Oliver si era completamente dimenticato. “Oh, sì, hai ragione.” Si fece pensieroso per alcuni secondi. “Proporrei che a partecipare alla seduta spiritica siano solo quelli che se la sentono. Far indagare solo Charlotte e Sophie forse è un azzardo ed effettivamente potrebbe essere troppo rischioso. Che ne dite?”
Si guardarono in faccia.
“Abbiamo iniziato assieme quest’avventura e assieme la finiremo.” Ad Ethan piacevano le frasi ad effetto. ”Io ci sto. Dimmi dove e quando e sarò lì bello e pronto a far due chiacchiere con gli spiritelli.”
“Hai sempre voglia di fare lo spiritoso.” Sophie scosse la testa. “Sei irrecuperabile.”
Scrisse un breve messaggio alla prof per comunicare la decisione chiedendo ora e luogo dell’appuntamento. “Alle 22:30 in biblioteca.” Comunicò Oliver leggendo la risposta della Stanford giunta nel giro di pochi secondi. “Ci attende lì, poi raggiungeremo una stanza segreta e tenteremo il contatto con Arthur e Mathilde.”
“Wow, eccitante.” Ethan pareva entusiasta. “Beh, allora io vi saluto: vado a farmi bello per la serata.”
“L’ho detto e lo ripeto: sei irrecuperabile.”
“Voi che fate?”
“Io vengo.” Sophie, fra lo stupore di tutti, confermò la sua adesione.
“Beh, a questo punto...” Charlotte era leggermente titubante, ma vedendo l’amica così decisa, si fece coraggio. “Ok. Gary, tu non mi lasci da sola, vero?”
“Certo che no.” Confermò l’altro. “Emily, manchi solo tu.”
La ragazza dai rossi capelli era rimasta in totale silenzio fino a quel momento. “Ehm, eh… A questo punto manco solo io e… va bene.”
“Se hai paura non preoccuparti, non devi sentirti obbligata a venire.” Oliver cercò di tranquillizzarle.
“No, no. Ci sarò.” Aveva superato tanti di quegli ostacoli che voleva superare pure l’ultimo e dimostrare che era cresciuta anche sotto quel punto di vista. E poi aveva promesso a se stessa e a Jason che la vecchia Emily fifona, paurosa e pasticciona apparteneva al passato.
 





 
 
 
L’orologio dell’accademia batté il colpo che sanciva lo scoccare delle 22:30. L’aria era immobile ed interrotta solo dal canto fugace degli uccelli notturni. Sei figure si muovevano furtivamente nell’oscurità, mentre nei corridoi dell’edificio regnava solo uno strano ed impalpabile silenzio. Nessuno era in giro tranne loro. Con passo felpato raggiunsero l’ingresso della biblioteca, un cenno di intesa e quella porta venne aperta. Se quell’ambiente sprigionava un fascino sinistro durante il giorno, di notte pareva ancora più inquietante. Tutto era avvolto dall’oscurità, tutto tranne un angolo illuminato dalla flebile luce di una candela posata sul tavolo.
“Ben arrivati.” Una voce femminile a loro nota li salutò con cortesia.
“Grazie.” Ethan rispose a nome di tutti.
La Stanford, seduta presso l’unica fonte di luce, si mise in piedi, prese in mano la candela e mosse tre passi verso di loro illuminando il gruppo. “Siete tutti.” Restò sorpresa. “Bene, molto bene.” Percepiva tensione nell’aria, evidentemente nutrivano più di un timore per quanto stavano per vivere. “Volete seguirmi?”
Si incamminò versò uno scaffale, sfiorò una decorazione e si aprì una porta proprio come nel più classico dei film fantastici. “Prego, da questa parte.”
Entrarono in un ambiente di cui ignoravano completamente l’esistenza, era avvolto dalla penombra, non c’erano finestre ma solo candele sparse ovunque. Al centro era sistemato un tavolo rotondo coperto da una lunga tovaglia rossa con un candelabro a tre bracci e nient’altro.
“Non ho preparato sedie, non sapevo sareste venuti tutti. Mi fa piacere però che siate presenti, più energia avrò a disposizione, maggiori saranno le probabilità di successo.” Girò attorno al tavolo, portandosi dalla parte opposta rispetto all’ingresso. “Prego, disponetevi attorno al tavolo, prendetevi per mano e concentratevi.” Verificò che tutti avessero assecondato le sue indicazioni, dopodiché congiunse le mani. “Bene, cominciamo.”
La donna congiunse le mani mantenendo lo sguardo fisso sui ragazzi, inspirò profondamente per tre volte ed iniziò a recitare le formule per invocare il suo spirito guida. “Si dissolvano le nubi del tempo, si aprano i cancelli dell’ignoto perché tu possa venire a me nella tua sostanza, nella tua energia. Vieni, o mio fedele compagno, ascolta la mia preghiera e porgi la tua mano affinché tu possa guidarmi verso la luce.”
Improvvisamente tutti avvertirono delle correnti gelide sferzare ogni angolo della stanza, le fiamme delle candele tremolavano vistosamente senza spegnersi. Sapevano di non dover lasciare le mani l’uno dell’altro e di rimanere concentrati, ma la tensione avvertita saliva vertiginosamente e nell’aria percepivano tutti qualcosa di strano, fastidioso e quasi opprimente.
“Grazie, grazie mio fedele compagno.” Proseguì la medium “Grazie per aver ascoltato la mia preghiera. Ti supplico ora, vieni in mio soccorso, donami il tuo aiuto perché possa conferire con Sir Arthur Chapmann e Miss Mathilde White…” Tossì un paio di volte, contemporaneamente la temperatura della stanza crollò repentinamente e le fiammelle delle tre candele presenti sul tavolo aumentarono di intensità. Sophie iniziava a percepire brividi ovunque, evidentemente entrambi gli spiriti stavano arrivando.
“Vi prego di accettare i miei umili omaggi e i più sentiti ringraziamenti per aver accolto la mia richiesta.” Fece tre respiri profondi. “Vi chiedo ora di ascoltare queste mie parole, parole semplici e piene di speranza, speranza che mi porta a desiderare la vostra libertà, libertà che vi spetta di diritto a fronte della grande ingiustizia che avete patito.” E man mano che andava avanti con l’invocazione, le fiamme delle candele si facevano sempre più grandi iniziando a consumare la cera in modo vistoso e piuttosto rapido. “Vi scongiuro, ditemi chi ha risvegliato le vostre nobili anime richiamandole in questa dimensione, ditemi chi ha osato farvi ripercorre i dolorosi momenti della vostra vita terrena. Fatemi i nomi ora, vi prego, perché possa aiutarvi a trovare pace!” Il silenzio però era ovunque, non arrivava alcun segnale dagli spiriti, nemmeno una minima percezione mentale da parte della sensitiva. L’unico effetto tangibile era il progressivo consumarsi delle candele le cui fiammelle avevano consumato quasi completamente la cera. “Pronunciate quei nomi, fatelo ora, vi prego! Datemi conferma delle mie percezioni, forse qualcuno è qui presente adesso? E’ qui? Ora?!”
Evidentemente quell’ultima domanda pronunciata con voce troppo irrispettosa non era stata gradita dalle entità presenti: le fiamme avvolsero i candelabri fino a raggiungere la tovaglia.

Fu questione di un attimo: l’incendio divampò e in pochi secondi avvolse l’intera stanza.
 
 






 
 
 
Buon venerdì a tutti!
E grazie di tutto cuore per essere ancora qui nonostante il mostruoso ritardo. Questa volta credo di aver battuto ogni record….
E’ sempre più difficile organizzare vita quotidiana (già di per sé monotona, grigia e pesante da un anno a questa parte) e vita su EFP. L’ispirazione si fa piatta come i giorni che si susseguono sempre uguali, ma finalmente sono riuscita a portare a termine il capitolo e sto già lavorando al nuovo che molto probabilmente sarà l’ultimo.
La Stanford non molla e nonostante i dubbi dei ragazzi, riesce a convincerli a prendere parte ad una seduta spiritica. E’ presente anche Sophie che, confortata dalla presenza di Mathilde, accetta di prendervi parte. Ma qualcosa non va come dovrebbe e scoppia un incendio: che succederà?
 
Ancora grazie per la vostra pazienza, so che forse il capitolo non è perfetto, ma non sono riuscita a far di meglio.
Buona Pasqua a tutti e a presto!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 20
*** The End ***


 
L’ultima camionetta dei Vigili del Fuoco si allontanò nella notte, fortunatamente il loro tempestivo intervento aveva impedito alle fiamme di propagarsi nella biblioteca e causare danni irreparabili. Il direttore Cowen aveva ancora gli occhi incollati alla finestra e dava le spalle ai sei ragazzi salvati dalle fiamme grazie all’allarme dato dalla professoressa Stanford, anch’essa presente nella stanza. Nessuno era rimasto ferito, i danni erano rimasti circoscritti a quell’ambiente del quale quasi tutti ignoravano l’esistenza, ma lo spavento era stato enorme. Oltretutto la medium se l’era data a gambe levate appena le fiamme avevano incenerito la tovaglia ed avevano iniziato ad espandersi ovunque con una velocità spaventosa. I ragazzi si erano insomma ritrovati in trappola, da soli e senza avere la minima idea di come poter fare per salvarsi la pelle.
“Signori, avete idea di quello che sarebbe potuto accadere?” L’uomo finalmente si voltò verso le loro facce ancora spaventate. “E’ un miracolo, avete seriamente rischiato il peggio se la professoressa non avesse dato l’allarme.”
Tutti si guardarono in faccia leggermente sorpresi ma ancora frastornati dall’accaduto.
“Quello che non capisco e che francamente mi lascia stupito è cosa ci siete andati a fare in quell’ambiente nascosto. E come sapevate della sua esistenza?”
“Come… Come dice?” Ethan parve destarsi dal torpore.
“Nessuno era a conoscenza dell’esistenza di quella stanza, nessuno tranne pochissime persone.” Rispose il direttore. “E da quanto ne so gli studenti non rientrano fra esse. E dunque voi come ne siete venuti a conoscenza?”
“E’ stata la professoressa qui presente a guidarci fin lì.” Ribatté il ragazzo alzandosi in piedi. “Noi ignoravamo totalmente che dietro gli scaffali della biblioteca ci fosse un ambiente segreto.”
“Signor Foster, la invito a portarmi rispetto.” Intervenne diabolica la Stanford. “Quello che ha appena detto è grave, sta incolpando una sua insegnante, la sta accusando di essere stata lei a invitarvi in quel luogo. Una simile calunnia potrebbe costarle molto cara.”
“Sto solo dicendo la verità.” Il ragazzo si rimise seduto cercando di domare la rabbia.
“Gliela dico io la verità, signor Foster.” Proseguì la donna. “Lei, assieme agli altri signori qui presenti, è stato salvato da un incendio scoppiato in un locale nascosto per cause sconosciute, un locale in cui lei ed i suoi amici vi eravate recati chissà per quale motivo e per colpa della vostra negligenza la biblioteca come tutta l’accademia ha rischiato di scomparire fra le fiamme. In più sta accusando un’insegnante verso la quale dovrebbe portare rispetto! Sa cosa si merita lei e tutti i suoi amici?”
“Va bene, va bene, calmiamoci un po’ adesso.” Il direttore intervenne prontamente per placare gli animi. “Professoressa, lei è stata davvero determinante per salvare la situazione e la biblioteca, riguardo gli eventuali provvedimenti disciplinari ci penso io, non si preoccupi.” Sorrise serenamente, vedendo l’espressione meravigliata dell’altra. “Lei ha già fatto più di quanto doveva. Ora si vada a riposare, con i ragazzi me la vedo io.”
“Ma direttore, io ritengo che…”
“Grazie ancora del suo aiuto. Se non sbaglio ha altro di cui occuparsi.” La fissava negli occhi, non era il caso di ribattere e quello sguardo era più eloquente di mille parole.
La Stanford, visibilmente contrariata, girò sui tacchi e se ne andò senza dire una sola parola sbattendo la porta.
“Ragazzi…” Il direttore tirò un sospiro e si mise seduto al suo tavolo. “State tranquilli, non sarete espulsi dall’accademia. Anzi, vi porgo le mie scuse per quanto causato dalla professoressa. Che poi una professoressa non è, so che ne siete al corrente.”
Tutti parvero destarsi dal torpore per le parole dell’uomo.
“Beh, sì, sappiamo che è una medium.” Gary biascicò qualche parola. “Ma… chiedo scusa direttore, perché dovrebbe scusarsi?”
“Perché sono stato io a convocare qui Sandra Stanford non appena mi sono reso conto del ritorno degli spiriti che da decenni vagano per i corridoi della Duke of Kent. Ci ha dato una mano varie volte in passato, così come sua madre e sua nonna prima di lei limitatamente nel tenere a bada queste entità e proteggere l’incolumità di tutte le persone presenti in accademia. Purtroppo stavolta la cosa ha preso una piega diversa dal solito, sono subentrati dei fattori maggiori che hanno stravolto i piani, senza contare la vostra intraprendenza.”
“Dunque lei sapeva?” Chiese Oliver.
“Sì, ho seguito tutti i vostri movimenti restando nell’ombra e devo dire che siete stati davvero in gamba. Purtroppo però ci sono dei limiti che non possono essere superati, bisogna aspettare il momento opportuno per evitare i pericoli. Avete visto coi vostri occhi cosa è in grado di fare Arthur e quindi vi suggerisco di non infastidirlo oltre.”
“Non siamo stati noi, direttore, mi creda.” Charlotte intervenne. “E’ stata la professoressa ad invitarci a prendere parte alla seduta spiritica. Forse avremmo dovuto rifiutare, tuttavia….”
“Basta così.” L’uomo appariva tranquillo. “Due giorni, ragazzi. Due giorni e tutto sarà finito. Una volta concluso il concerto finale ogni cosa tornerà a posto. Ciò che ancora non sapete, vi verrà rivelato al termine dell’evento.”
“Quindi c’è dell’altro?” Mormorò Charlotte.
“Sì, ma dovete avere pazienza ed attendere i tempi giusti. Resterete nelle vostre stanze fino alle prove generali, così nessuno correrà ulteriori rischi. Ora andate e cercate di rilassarvi.”
“E la professoressa Stanford?”
“Oh, la professoressa Stanford ha un impegno che dovrà assolutamente onorare. Me ne ha parlato giusto ieri ed ho ritenuto opportuno congedarla immediatamente: al Castello di Windsor c’è bisogno di lei e delle sue facoltà medianiche. Non si può far attendere Sua Maestà, non vi pare?”
 
 



 
 
Mancava mezz’ora all’inizio del gran concerto finale. I ragazzi avevano avuto modo di riabbracciare i propri familiari prima di rientrare nei camerini allestiti per l’occasione. La tensione era davvero alle stelle, la voglia di suonare era enorme così come le aspettative per quell’orchestra composta di giovani talenti. Sophie aveva appena finito di sistemarsi i capelli, li aveva raccolti tutti in uno chignon di modo che non le finissero in faccia durante l’esecuzione dei brani. Ancora poche ore e Mathilde sarebbe stata libera di ricongiungersi all’amato Arthur dopo più di un secolo. E lei? Mamma mia, poteva davvero smettere di nascondersi? Poteva davvero iniziare a vivere quella storia d’amore alla luce del sole, come la sua amica Charlotte che, in barba ai gufi, era sempre più felice? Già, Charlotte… Chissà come avrebbe reagito nel venire a sapere tutto quello che le aveva nascosto? Si guardò allo specchio cercando di capire se la sua immagine lasciava trapelare felicità o preoccupazione, anche perché non aveva la minima idea di come sarebbero potute andare le cose. Fece un profondo respiro, si alzò e davanti a lei comparvero Emily e Charlotte.
“Sei una strafiga, amica mia.”
“Anche voi non siete da meno.”
“Ammetto che queste divise non mi sono mai piaciute, però… non lo so, ho la sensazione che mi mancheranno pure loro.” Emily guardava la sua uniforme. “Vi sembro scema?”
“No, anzi. Tutto questo mancherà a ognuno di noi.” Rispose sorridendo Sophie. “E stasera dobbiamo dare il meglio di noi.”
“Ci puoi scommettere.” Charlotte abbracciò entrambe le amiche. “Andiamo a vedere se i ragazzi sono pronti?”
Uscirono dai camerini e raggiunsero il corridoio. Qua e là gli altri studenti parlavano fra sé, qualcuno provava qualche accordo, qualche nota, qualcuno stringeva fra le mani il tablet mimando i gesti. C’era poi qualcuno che andava giù e su a piccoli passi con le cuffiette alle orecchie, chi giocherellava con il cellulare e chi scattava qualche selfie con i quasi ex compagni di accademia.
“Ragazze, ma ci pensate che questa è l’ultima volta che suoniamo assieme?” Emily si stava facendo prendere dalla nostalgia.
“Motivo in più per rendere la serata memorabile.” Ethan sorprese le ragazze alle spalle sopraggiungendo assieme ad Oliver e Gary.
“Sapete, nonostante tutto mi mancheranno le nostre serate, le nostre indagini… Mi mancherà tutto questo insomma.” Oliver si guardava attorno, anche lui preda di un pizzico di nostalgia.
“Già.” Confermò Gary. “Questo non significa che ogni cosa finirà con il concerto di stasera. Sarà piacevole rincontrarsi in futuro, andare a mangiare una pizza, bere qualcosa insieme. Che ne dite?”
“Sarebbe bellissimo.” Charlotte si avvicinò a lui e gli strinse la mano.
“Piccioncini, non credete di tagliarci fuori che se organizzate qualcosa, veniamo tutti.”
“Oh, non ti preoccupare Ethan.” Rispose l’altro. “Quando ho voglia di organizzare qualcosa solo per me e lei, stai sicuro che non ti dirò un bel niente.”
“Bell’amico che sei!”
“Ti ho mai disturbato durante le uscite clandestine con le tue fidanzate più o meno occasionali?”
“Ragazzi, andiamo!” La voce imperiosa del direttore d’orchestra Brown richiamò tutti: lo spettacolo stava per cominciare.
Un abbraccio finale di incoraggiamento e si diressero con gli altri studenti verso il backstage per poi raggiungere le loro postazioni e dare inizio al gran concerto finale.
 





 
 
Dire che era stato epocale sminuiva l’entusiasmo sia dei ragazzi che di tutti gli spettatori. Anche gli insegnanti avevano la pelle d’oca e qualcuno pure gli occhi lucidi, tanta era stata l’emozione provata. Quei ragazzi ci avevano messo l’anima, cosa essenziale per chi della musica vuole farne il futuro. Molti si considerano cantanti o musicisti, tentano la carriera artistica sperando di acciuffare la fama ed il successo. Sì, questo può arrivare se indovini il brano giusto che fa presa sul pubblico, ma se non metti l’anima in ciò che fai, in ciò che proponi, tutto passa come un soffio di vento e finisce per essere dimenticato. Se invece riesci a trasmettere a chi ascolta la passione, l’emozione e l’amore che arde dentro di te, qualcosa resta e quel qualcosa resisterà anche allo scorrere del tempo. Ecco: il grande parco della Duke of Kent, per l’occasione trasformato in teatro all’aperto, era saturo di passione, di emozioni e di tutto ciò che la musica eseguita dagli studenti era stata in grado di creare. C’erano riusciti, le lunghe settimane di studio, prove, esercizi e test li avevano fatti diventare delle vere e proprie promesse pronte a decollare nel mondo della musica di altissimo livello.
“Bravi ragazzi.” Il direttore Cowen raggiunse il podio del direttore d’orchestra mentre tutti pian piano smettevano di battere le mani, mettendo fine ad un applauso che andava avanti da quasi un quarto d’ora. “Devo dire che siete riusciti ad emozionarmi come raramente accade. Il semestre di studi è stato impegnativo e so che molti di voi hanno attraversato momenti di sconforto, tuttavia avete dimostrato un’enorme forza di volontà, una grinta sempre crescente che vi ha permesso di rialzarvi in ogni momento. Auguro ad ognuno di voi di non mollare mai, di non perdere mai la speranza, di credere sempre in voi stessi: solo così sarete in grado di trasformare i vostri sogni e i vostri desideri in realtà.” E scoppiò un altro fragoroso applauso. “A questo punto non mi resta che consegnarvi i diplomi, per cui vi invito ad avvicinarvi per la cerimonia e le foto di rito prima di passare al buffet.” Scese dal podio, avvicinandosi agli addetti che avevano preparato i diplomi, tutti arrotolati e fermati da un elegante nastro azzurro al quale era fissata una medaglietta recante lo stemma dell’accademia e sull’altra faccia il nome dello studente, disposti su un tavolo ai lati del quale troneggiavano due eleganti composizioni floreali. Man mano che il direttore chiamava, gli studenti si avvicinavano ordinatamente a ritirare il prestigioso riconoscimento e posare per la foto di rito.

“Bene, posso dichiarare che questo semestre è ufficialmente chiuso.”

Come il direttore ebbe terminato di pronunciare quelle parole, la campana posta sulla torre dell’accademia iniziò ad oscillare e suonare in completa autonomia, nessuno si trovava lassù a spingerla, non c’erano corde ma solo un martelletto che scandiva le ore. E non era certo stato lui! All’improvviso i due cigni del laghetto si alzarono in volo e, fatto piuttosto inusuale data la stazza dei due uccelli, raggiunsero la sommità della torre e presero a girare attorno ad essa per poi posarsi ai piedi della campana che lentamente stava ritornando ferma. Fra i presenti lo stupore e la paura cresceva attimo dopo attimo perché lassù iniziava a formarsi una nebbia, sembrava che i due uccelli, muovendo le ali, generassero del vapore o comunque qualcosa di impalpabile. L’aria attorno era immobile e totalmente silenziosa, non si udiva niente di niente, tutto pareva assorbito da quanto stava accadendo lassù.
Sophie sapeva, sapeva che la sua amica Mathilde stava per riacquistare la libertà, la sua schiena era un brivido continuo, percepiva una fortissima attività generata dallo spirito della ragazza e molto probabilmente Thomas stava vivendo le sue stesse sensazioni all’origine delle quali c’era Arthur. Sentì gli occhi inumidirsi, doveva resistere e aspettare il segnale della definitiva liberazione, non si sarebbe mai perdonata se per una sua leggerezza qualcosa fosse andato storto. Charlotte, Emily, Oliver, Gary ed Ethan erano lì con lei, con gli occhi incollati alla cima della torre in attesa di vedere cosa sarebbe accaduto. Erano tutti certi che si trattava dei due fantasmi che tanto avevano cercato, sicuramente le risposte alle loro domande stavano per arrivare e, come aveva preannunciato il direttore, avrebbero scoperto ciò che ancora non sapevano.
Progressivamente quella sorta di nebbia che pareva generata dalle ali dei cigni iniziò ad assumere sembianze antropomorfe, a danzare nell’aria, a volteggiare come sospinta da una brezza inesistente. Si distinguevano in modo sempre più netto le braccia e la testa di due figure, gli arti inferiori erano meno delineati e confusi nella fischia. Poi dal pianoforte che Gary aveva suonato fino a poco fa uscì una struggente melodia, con i tasti che si azionavano da soli. E quei due spiriti danzavano, danzavano nell’aria mentre la folla spaventata iniziava ad andare via, esortando i propri figli a seguirli e lasciare immediatamente quel luogo. I sei amici non ne volevano sapere, si tenevano per mano e fissavano quella scena incredibile. Nessuno li avrebbe portati via fino a che quello spettacolo sospeso fra le nebbie avrebbe avuto termine.
Laggiù, oltre l’orizzonte, il sole iniziava a scendere dietro le dolci colline della campagna inglese: la notte stava calando e, si sa, la notte appartiene alle anime in cerca di pace. Infatti non appena l’ultimo raggio di sole fu scomparso, i due spiriti che mai avevano smesso di danzare e volteggiare in aria, si diressero con grazia e leggiadria verso il laghetto, seguiti dai cigni che con altrettanta eleganza planarono sul filo dell’acqua. Solo i sei ragazzi assieme al direttore e qualche intrepido insegnante fra cui O’Connor, erano rimasti ad assistere a quello spettacolo, nel parco dell’accademia non c’era rimasto più nessuno. I due spiriti si fermarono davanti al monumento, posarono i piedi (o quello che erano) a terra e le piante di roso si sposarono per fare spazio e permettere ad Arthur e Mathilde di piegarsi ed immergersi nel terreno. Come furono scomparsi, i rosi non ripresero le loro posizioni abituali, ma lasciarono ben in evidenza il basamento del cenotafio dove, al posto delle due iniziali, ora si leggevano i nomi completi incluse le date di nascita e di morte di Arthur Chapman e Mathilde White.

“Finalmente sono liberi.” Sussurrò il direttore. “Ora riposano in pace e sono liberi di vivere il loro amore.”
Sophie si voltò. “Dice davvero?”
“Sì.” Rispose l’uomo. Gli altri cinque ragazzi si voltarono verso di lui, desiderosi di scoprire ciò che ancora non conoscevano. “E non vi nascondo che sentirò la loro mancanza, dopotutto sono stati fra queste mura per anni e anni. Ma allo stesso tempo sono felice, la maledizione che li condannava a restare qui è stata finalmente spezzata.”
“Di che maledizione si tratta?” Chiese Oliver con voce bassa e rispettosa.
“Come già sapete Mathilde era una studentessa della Duke of Kent e Arthur un insegnante. Si innamorarono e questo amore non era concepibile all’epoca, per di più la famiglia della ragazza aveva già deciso del suo futuro che prevedeva l’ingresso in convento. Quando furono scoperti, scoppiò un gravissimo scandalo che portò la ragazza a suicidarsi. Poche settimane dopo anche Arthur fu trovato morto nel suo letto qui in accademia. Non è mai stata chiarita la causa del decesso, nemmeno con l’autopsia il cui referto si trova nella cassaforte del mio ufficio, quella cassaforte che voi avete imprudentemente cercato.”
Ethan ed Oliver si guardarono in faccia capendo che il direttore sapeva molto più di quanto loro avessero mai immaginato.
“Ebbene” Proseguì l’uomo “Dopo circa un anno dal loro decesso iniziarono a manifestarsi delle entità fra le mura dell’accademia, in particolar modo nel sottotetto dove alloggiavano gli insegnanti e sulla torre, sempre in concomitanza con le notti di plenilunio e saltuariamente con la luna in ultimo quarto.”
“E c’è un motivo particolare?” Chiese Ethan.
“Sì, perché Mathilde è morta in una notte di luna piena, mentre Arthur in una notte di ultimo quarto.” Fece una breve pausa. “Chi ha diretto l’accademia prima di me ha sempre cercato di tenere nascosta questa triste vicenda perché la presenza di spiriti avrebbe potuto ledere il buon nome della Duke of Kent ed ogni volta che si verificavano eventi paranormali si faceva intervenire una medium così da tenere sotto controllo le entità ed evitare problemi.”
“Come ha fatto lei con la professoressa Stanford, giusto?”
“Esatto. Discende da una famiglia di sensitivi e già sua madre, sua nonna e la sua bisnonna ci hanno dato aiuto. Di solito era Mathilde a manifestarsi perché era sicuramente una ragazza sensibile e romantica ed ha seguito le scie emozionali di molti studenti e studentesse innamorati. Ma il violento ritorno di Arthur, cosa verificatasi forse un paio di volte prima d’ora, significava solo una cosa: si stava ripresentando la stessa situazione che ha portato alle loro morti violente e misteriose.”
“Cioè durante questo semestre c’è una studentessa innamorata di un prof e… un prof innamorato della studentessa.”
“Eh già. La Stanford ha avuto molti sospetti, ma i due spiriti le hanno spesso messo i bastoni fra le ruote perché se i due innamorati clandestini fossero giunti al termine del semestre senza essere scoperti, li avrebbero liberati dalla maledizione ed avrebbero permesso loro di amarsi.”
“Ora dunque Arthur e Mathilde sono liberi?” Chiese Sophie con un filo di voce.
“Sì, finalmente sono liberi. Infatti i loro nomi sono comparsi nel luogo in cui sono stati frettolosamente sepolti per cancellare ogni traccia dell’accaduto. Non hanno ricevuto il rispetto dovuto, anzi, sono stati nascosti come se fossero colpevoli di chissà cosa e questo ha impedito loro di trovare la pace. Pace che adesso finalmente hanno raggiunto.”  Restò lì per una decina di secondi, poi salutò gli studenti e si incamminò verso l’accademia. Come lui anche gli insegnanti rimasti all’esterno stavano rientrando, chi per ultimare i preparativi per la partenza, chi per rilassarsi dopo il gran concerto.
Sophie chinò la testa, sentiva già le prime lacrime di gioia inumidirle gli occhi: c’erano riusciti, lei e Thomas erano riusciti a liberare Arthur e Mathilde e questo per loro ripagava tutti i momenti difficili vissuti prima e durante la loro permanenza alla Duke of Kent.
“Ehi, tutto bene?” Charlotte aveva notato l’amica visibilmente toccata da quanto appreso.
“Sì. Sì, tutto benissimo.”  Alzò lo sguardo e vide Thomas appoggiato ad uno degli alberi del parco: comprese che era arrivato il momento di uscire allo scoperto.
“Sei rimasta molto colpita dalla storia dei due fantasmi, non è vero?” Sorrise all’amica. “Beh, adesso è tutto finito e grazie a due misteriosi innamorati...” Notò che il suo sguardo non era rivolto verso di lei, ma in avanti. Si voltò e riconobbe il professor O’Connor a poche decine di metri: e quel dubbio che già da un po’ si era affacciato nella sua mente iniziò a consolidarsi attimo dopo attimo. “Sophie… non dirmi che…”
Gli occhi dell’altra si gonfiarono di lacrime. “Perdonami Charlotte, cerca di capirmi… io non potevo…” Non riusciva a trattenere i singhiozzi. “Io non potevo dire che…”
 Scoppiò in un pianto liberatorio, da troppo tempo desiderava liberarsi da quel macigno, raccontare il pesante segreto alla sua migliore amica, non doversi più nascondere come una ladra, ma allo stesso tempo ne temeva la reazione. Charlotte dal canto suo l’aveva presa malissimo. Si sentiva stordita, come se fosse stata colpita da qualcosa di enorme, qualcosa che le era piombato addosso e che quasi le toglieva la forza di respirare: un conto è avere il dubbio che può rivelarsi pure infondato, un conto è avere la certezza servita lì davanti ai suoi occhi su un piatto d’argento.
“Charlotte, ascolta…” O’Connor si avvicinò alla ragazza sconvolta.
“No professore, scusi, non ora." E si allontanò con la testa abbassata con Gary che la seguiva in silenzio.
Anche tutti gli altri erano rimasti in silenzio, stupiti e allo stesso tempo sorpresi per aver cercato una persona che in realtà avevano avuto al loro fianco sin dal principio.
“Ragazzi, almeno voi ascoltatemi per favore.” Il giovane insegnante fece qualche passo verso di loro. “Cercate di capire la situazione, vi prego. Quello che è nato fra me e Sophie non è un qualcosa di effimero, non lo è mai stato. Però nella nostra posizione la storia era improponibile e lo sarebbe rimasta tale fino a che non saremmo più stati insegnante e allieva. Quando questo stava per accadere ci si è presentata l’occasione della Duke of Kent, un’occasione irrinunciabile per lei come studentessa che per me come insegnante, così abbiamo dovuto continuare a nasconderci. E poi è subentrata la storia dei due fantasmi.” Guardò Sophie che sembrava iniziasse a calmarsi.
Nessuno voleva parlare. Sicuramente era stato difficilissimo ed estremamente duro far finta di niente.
“Ora che tutto è finito io e lei ce ne andremo.” O’Connor proseguì, attirando di nuovo l’attenzione su di sé. “Ho ricevuto una proposta di lavoro in una scuola di musica a Liverpool, proposta che ho accettato, così ho preso un appartamento in affitto nel quale andrò a vivere con lei. Spero così di dover smettere di nasconderci come due delinquenti, come se fossero gli altri a dovermi dire di chi posso innamorarmi. So che probabilmente la sua famiglia non la prenderà troppo bene, ma sono pronto a dimostrare al mondo intero che ho intenzioni serie.” Si avvicinò alla ragazza che si lasciò abbracciare e che ricambiò l’abbraccio dopo qualche attimo di esitazione. “Vedrai che si sistemerà tutto, abbi fiducia. Charlotte è una ragazza intelligente e capirà.” Poi si rivolse agli altri che ancora non avevano aperto bocca. “Ragazzi, spero comprendiate la situazione e che non portiate rancore verso di lei.” La sua preoccupazione principale riguardava Sophie.
Si guardarono in faccia, non sapevano cosa rispondere: effettivamente la situazione era tutt’altro che semplice e ben capivano i motivi del loro silenzio. Tuttavia Sophie, se davvero si considerava una sorella per Charlotte, avrebbe dovuto parlarne almeno con lei. Ma era meglio restarne fuori e lasciare alle due ragazze il modo di chiarire ogni cosa.
“Vi auguro buona fortuna.” O’Connor salutò gli oramai ex allievi e si allontanò assieme a Sophie.
“E dunque siamo arrivati alla fine.” Mormorò Ethan.
“Già, pare proprio di sì.” Confermò Oliver.
Emily, sempre silenziosa, si avvicinò al monumento funebre dei due sfortunati amanti. Fissava i loro nomi con gli occhi colmi di tristezza. “Spero adesso siano liberi di fare ciò che è stato loro impedito quando erano in vita.” Si fece il segno della croce e si incamminò a passi lenti verso l’edificio, seguita dagli altri due.
Davanti all’ingresso dell’ala adibita a dormitori c’era Jason pronto per la partenza assieme al suo violoncello e ad un bagaglio di medie dimensioni. “Ciao Em, che è successo? Hai una faccia spenta, non è da te.”
Sorrise forzatamente, Jason non sapeva nulla della storia dei fantasmi. “Stress post concerto.”
“Beh, oramai è finita. Sei stata molto brava.”
“Anche tu, ma lo sai meglio di me.”  Sorrisero entrambi. “Quando parti?”
“Domani a mezzogiorno ho il volo per Los Angeles, fra due ore ho il treno che mi porterà direttamente all’aeroporto di Londra, ho prenotato una camera per stanotte proprio di fronte ad esso.”
“Non potevi restare qui?”
“Ho preferito di no.” Raccolse il suo bagaglio. “Tutti mi associano alle tenebre ed io me ne voglio andare con le tenebre.”
“Abbi cura di te, amico mio.” Si lasciò abbracciare da Jason sotto lo sguardo divertito di Oliver e quello meno divertito di Ethan.
Il ragazzo sciolse l’abbraccio, recuperò il violoncello e salutò l’amica allontanandosi con la consapevolezza che avrebbe sentito la sua mancanza. Vide Oliver ed Ethan,
li salutò con un cenno di mano, passò oltre poi si fermò e si voltò. “Ehi Foster, ti è rimasto poco tempo per fare quello che sai di dover fare. Non perderne altro.” Detto questo, scomparve nella notte.
“Ma che ha detto? Che devi fare?” Oliver non aveva capito nulla.
L’altro non rispose, seguiva solo il “vampiro” con lo sguardo fino a che non lo vide scomparire dietro l’angolo.
 




 
Charlotte aveva il viso bagnato di lacrime con le quali aveva inzuppato la camicia di Gary che la stringeva forte cercando di tranquillizzarla. La ragazza non aveva ancora aperto bocca, singhiozzava e stringeva il fazzoletto. Dentro di lei si era scatenato un conflitto devastante perché se da un lato desiderava andare da Sophie, parlarle e chiarire, dall’altro si sentiva pugnalata alle spalle da quella che considerava una sorella, non solo un’amica. Si sentiva frastornata e l’unica luogo in cui si sentiva tranquilla e protetta erano le braccia di Gary.
“Perché non me l’ha detto?” Finalmente Charlotte aveva rotto il silenzio. “Chissà da quanto va avanti la loro storia… Chissà da quanto tempo tradiva la mia fiducia…”
“Abbi fiducia, vedrai che troverete il modo di chiarire tutto, ma a tempo debito. Adesso tu sei troppo scossa e sicuramente anche lei non se la starà passando bene. Anzi, ti dirò di più: Sophie avrà bisogno anche di te quando dovrà affrontare i suoi genitori e tutte le malelingue che spunteranno come funghi attorno a lei e al prof. So che ti senti tradita dalla tua migliore amica, lo capisco benissimo ed hai tutte le ragioni del mondo, ma vedrai che superata la botta iniziale riuscirai a vedere la situazione sotto una luce diversa e a fare pace con lei.”
“Non lo so.”
“Sì che lo sai. Sei una ragazza forte, altrimenti come faresti a stare ancora con me?”
Le strappò una risata, solo lui aveva il potere di ridonarle il sorriso anche nei momenti più bui. “E come faresti tu senza di me?”
Si regalarono un veloce bacio, lui le asciugò l’ultima lacrima e raccolse le mani nelle sue. “Dai, è ora di andare, i nostri genitori ci staranno aspettando già da un po’.”
 




Emily chiuse la porta di quella che per sei mesi era stata la sua camera, guardò con un pizzico di nostalgia quel corridoio che, se all’inizio le metteva leggermente ansia, adesso era diventato un luogo talmente familiare che un po’ le dispiaceva lasciarlo. Fece un profondo sospiro, prese il trolley e si incamminò verso le scale che l’avrebbero portata al piano terra e da lì, attraversando il porticato sarebbe giunta nel piazzale antistante l’edificio principale dove i suoi genitori la stavano aspettando. E proprio mentre stava sotto i portici, vide Ethan venire dall’ala maschile anche lui con il suo bagaglio e la custodia del violino. Ethan… quanto l’aveva fatta tribolare! Si era presa una bella cotta per lui, per quel faccino da affascinante mascalzone rubacuori. Se ne era probabilmente reso conto e in più di una occasione aveva fatto il piacione nei suoi confronti, omaggiandola con complimenti di circostanza volti solo a metterla in imbarazzo. Adesso quella cotta le era passata, non del tutto, ma le era passata sebbene continuasse a considerarlo pericolosamente figo.
“Ciao Em, anche tu sei in partenza stasera?”
“Sì, lo siamo un po’ tutti.” Si sentiva leggermente in imbarazzo.
“Sai una cosa? I capelli slegati ti donano moltissimo.”
Avvampò all’istante. “Oh, beh… Non ho avuto il tempo di farmi la treccia, dovevo ancora finire di preparare alcune cose. Comunque… Ti ringrazio.”
“E’ un bene secondo me.” Sorrise pensando a quello che stava per dirle nonostante dentro di sé percepisse un grande nervosismo. “Senti… Ci rivedremo in futuro, vero?”
“Naturalmente! La nostra amicizia non potrà certo finire qui. Sì, dovremo ancora metabolizzare il fatto di Sophie e il prof ma credo che con un po’ di tempo tutto si aggiusterà. E poi…”
Non terminò la frase perché le labbra di Ethan posate sulle sue glielo impedirono.
“Ethan ma cosa…?” Biascicò il nome del ragazzo che l’aveva appena baciata.
“Io non intendevo una rimpatriata con gli altri. Sì, certo, anche quella mi sta a cuore ma intendevo tu ed io.”
“Tu ed io in che senso?” Aveva capito, ma le pareva talmente assurdo da volerlo sentire con le sue orecchie.
“Mi piacerebbe uscire con te perché mi piaci Emily e penso che potremo stare bene insieme.”
Glielo aveva detto, quello che pensava fantascienza glielo aveva detto. Abbassò lo sguardo, aveva pochissimo tempo per riflettere prima di dargli una risposta e quella risposta doveva essere giusta, senza farsi trascinare troppo né dal cuore né dalla mente.
“So che non mi sono comportato in maniera impeccabile con te, ma questa esperienza in accademia mi ha permesso di crescere sia come musicista che come persona ed io ora mi sento diverso, credo di sapere quello che voglio. E sei tu.”
Lei alzò lo sguardo e lo fissò negli occhi: le parevano sinceri e non c’era quel luccichio del conquistatore che spesso aveva notato. “No, non credo possa funzionare. Tu ed io siamo troppo diversi. A parte il fatto che non credo di essere più tanto sicura di ciò che sento per te, io non mi voglio impegnare con uno che tempo un mese va a correre dietro alla bellona di turno.”
“Credi che sia così?”
“Fin ora l’Ethan che ho conosciuto si è comportato in questo modo.”
“Allora permettimi di farti conoscere il nuovo me stesso, ti dimostrerò che sono cambiato.” Lei però non rispondeva. “E’ per via di Jason? Sei innamorata di lui?”
“No, non lo sono mai stata. Ma lui si è dimostrato molto più coerente di te e mi è stato molto di aiuto per togliermi di dosso paure e insicurezze.”
“Ti prego Emily…”
“Mi dispiace, ma non me la sento.”
Prese di nuovo il trolley e se ne andò, lasciandolo da solo con la consapevolezza di essere stato per la prima volta rifiutato.
 
 
 
 





Gli studenti avevano fatto ritorno alle loro abitazioni così come accadeva alla fine di ogni semestre. Il direttore Cowen ricontrollò i registri dei vari corsi di musica scorrendo i nomi di tutti gli allievi: poteva andare fiero di loro perché avevano conseguito ottime valutazioni e il livello acquisito era stato davvero notevole. Ogni volta che un semestre terminava era sempre la stessa sensazione a fargli compagnia: il silenzio che si udiva per quei corridoi, per quelle sale e nel parco era insopportabile. Ma quella volta gli sembrava ancora più pesante perché se presto sarebbero arrivati nuovi studenti a fronte delle molte iscrizioni già pervenute, due persone che da anni tenevano compagnia a chi in accademia trascorreva gran parte del suo tempo non c’erano più e non sarebbero mai più tornate. Arthur e Mathilde se n’erano andati definitivamente e non ci sarebbero state più luci accese all’improvviso, spartiti che cadevano da soli, il pianoforte che suonava in autonomia, lamenti e scricchiolii notturni. Sapeva che ne avrebbe sentito la mancanza, doveva farci l’abitudine e prendere consapevolezza che ora erano felici. Chiuse i registri, ripose la penna nel portapenne e si alzò dalla sua scrivania avvicinandosi alla finestra: era tutto vuoto. Nel parco non c’era nessuno, non si vedevano neanche i due cigni del laghetto, ma si vedeva la tomba dei due sfortunati amanti. Sorrise, tirò la tenda ed uscì dal suo ufficio per tornare a casa prima di iniziare un nuovo semestre con nuovi studenti e nuove avventure da raccontare.
 
 
 
 

 
Termina qui, dopo lunghi mesi difficili, l’avventura di sei ragazzi incontratisi in un’elegante accademia inglese. E’ stato un viaggio lungo, resomi difficile dalla pandemia che ci ha stravolto la vita ma dalla quale ora forse possiamo iniziare ad uscire davvero. Non so se sono riuscita ad emozionarvi, tenervi con il fiato sospeso o a farvi immaginare quei luoghi con la musica di sottofondo, ma sappiate che ce l’ho messa tutta per non lasciare il lavoro a metà. E forse un po’ in sospeso il finale lo è davvero perciò ecco un piccolo epilogo di come ho immaginato i sei studenti a qualche mese di distanza.
 
 
 

 

GARY & CHARLOTTE
 
La storia nata fra Gary e Charlotte va avanti fra alti e bassi come in tutte le coppie. Dopo mesi Charlotte riesce a parlare con Sophie e a riallacciare i rapporti con lei e nonostante non si fidi più di lei come prima, la loro amicizia non è andata perduta. Gary ha iniziato la carriera di compositore e riscuote discreti consensi un po’ ovunque. Non ha un percorso semplice davanti a sé perché il cognome che porta è pesante e su di lui ci sono moltissime aspettative.

SOPHIE & IL PROF

I due innamorati oramai usciti allo scoperto si trasferiscono a Liverpool, dove O’Connor ha trovato lavoro come insegnante in una scuola di musica. Sophie lo ha seguito, ha deciso di seguire il suo cuore rendendo sempre più freddi i rapporti con la sua famiglia che non ha ben accettato la sua relazione con l’insegnante (anche se adesso ex) un po’ troppo grande per i loro gusti. Fortunatamente l’aver riallacciato i rapporti di amicizia con Charlotte è stato provvidenziale per non aver più il deserto attorno a sé.

OLIVER

Lo 007 del mistero ha creato un suo blog personale sui fantasmi in cui propone dei brevi brani musicali di sua creazione che accompagnano i filmati e i brevi documentari che lo hanno reso discretamente popolare in rete. Accanto a lui sempre l'affidabile Brenda.

EMILY & EHTAN: CHE SUCCEDERA’?

Emily ha trovato lavoro in una scuola per l’infanzia dove collabora con le insegnanti occupandosi di avvicinare i bambini alla musica. E’ rimasta in contatto con Jason che sta piano piano iniziando la sua nuova vita negli Stati Uniti ed ha già preso parte a vari musical ricevendo pareri positivi. Ma ogni tanto la ragazza dai capelli rossi ripensa alla sua spina nel fianco: Ethan. Ha saputo da Charlotte, Oliver e Brenda, la sua ragazza, che ha davvero messo la testa a posto: lavora un negozio di strumenti musicali e ogni tanto suona per concerti, eventi e cose simili. Nonostante molte ragazze gli ronzino attorno, non ha mai accettato le avances di nessuna di loro. Così, spronata dagli amici, dopo il grande concerto di Natale tenutosi nell’Abbazia di Westminster alla presenza di Sua Maestà, ha deciso di dargli quella possibilità che gli aveva negato alla fine del semestre. E se in un primo momento non era del tutto convinta, ora sa di aver fatto la scelta giusta.



 
 
 
Basta, adesso è davvero finita. Chiedo scusa per la lunghezza forse eccessiva, ma creare un ulteriore capitolo significava ulteriori tempi biblici per aggiornare.
Ringrazio ognuno di voi, in particolare i recensori costanti alessandroago_94, Emmastory e Giadastales, grazie anche ai lettori silenziosi e occasionali.
Grazie di tutto cuore!
 
Buona Estate a tutti! Che sia l’estate della rinascita
 
Un Abbraccio
La Luna Nera

 

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