Tell me who you are

di irinacindy96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Seduta nell'aula magna dell'università, me ne stavo appoggiata allo schienale della sedia con la mente da tutta altra parte. - Sono le 10 e ancora nulla – dissi sistemandomi i lunghi capelli biondi che mi ricadevano sulle spalle come fili d'oro e incrociando le caviglie sotto al banco fin troppo piccolo, perfino per un bambino. - Speriamo duri ancora poco questa lezione - sospirai. - Se tu non avessi passato tutta la notte a guardarti le solite serie tv su Netflix scuramente non saresti così stanca – sussurrò Mary seduta accanto a me. La ignorai e mi misi ad osservare la natura fuori dalla finestra. Il piazzale era pieno di ragazzi e ragazze che passeggiavano felicemente con i loro zaini pieni di libri da dover studiare per un qualche stupido esame e il parcheggio iniziava a riempirsi di macchine. Il professore se ne stava seduto alla cattedra, i capelli biondi brillavano alla luce del sole che entrava dalle grandi finestre. Mentre studiavo i suoi lineamenti, mi guardò, i nostri occhi si incrociarono per qualche secondo. Abbassai subito lo sguardo verso le mille frasi del libro che avevo davanti facendo finta di essere immersa nella lettura più profonda di sempre. - E' un bel ragazzo per essere un professore – sentii commentare la mia vicina di banco. Ero stanca di stare seduta e di sentire gli inutili commenti di Mary riguardo al nuovo professore di Scienze. Mi alzai dal banco nella maniera più silenziosa e mi incamminai verso la porta. Per un attimo mi sentii lo sguardo del professore addosso, uno sguardo che mi fece rizzare tutti i peli del corpo. La mia mente diceva solo – Pericolo – ma la ignorai e uscii. Per i corridoi mi sentivo strana, avevo le gambe pesanti e faticavo a respirare, come se ci fosse qualcuno che da dietro mi stringeva fortissimo. Arrivai alla macchina che praticamente non mi reggevo più in piedi, il peso che mi sentivo addosso e che mi stava lentamente stritolando si faceva sempre più forte. Tutto quello che ricordo è un lampo e poi tutto era diventato nero. Forse stavo sognando ma mi ritrovai come in un mondo parallelo ma tutto era rimasto uguale: le macchine erano li, i ragazzi che passeggiavano erano li, la scuola era lì. E allora dove ero finita? - Sto sicuramente sognando, non ho praticamente chiuso occhio stanotte e questo deve essere il risultato della stanchezza. – cercai di autoconvincermi che fosse veramente così. E invece no. Il peso che sentivo addosso non era stanchezza e sonno arretrato ma era qualcosa di molto peggio. Era vivo, era un essere vivente che si muoveva e respirava. Mi paralizzai e iniziai ad urlare con tutto il fiato possibile che potessi avere nel corpo. Quella cosa mi stava letteralmente stritolando e io ero immobile ad urlare nella speranza che qualcuno si girasse verso di me ma nessuno sembrava essersi accorto della mia presenza. Gli studenti mi passavano accanto senza degnarmi di uno sguardo. Cercai di divincolarmi come meglio potevo ma ad ogni movimento quell'essere stringeva ancora di più; sembrava come essere stritolati da un enorme anaconda (non che io sia mai stata stritolata da un anaconda ma è per rendere l'idea chiariamoci). Capii che più mi divincolavo e più avrebbe stretto così iniziai a rimanere immobile come una statua sperando che quella cosa se ne andasse; e parzialmente funzionò. La stretta si allentò un pochino, quel tanto che bastava perché io riprendessi a respirare normalmente ma rimase li, avvinghiata a me. - Allora è vero – sentii una voce parlare. - Chi c'è?! Chi sei?! -. - Beh, la domanda principale è se tu sai chi sei! – cercai di capire da che direzione venisse la voce ma sembrava come se fosse il buio stesso a parlare. - Chi sono io? Chi sei tu piuttosto! – cercai di rimanere il più possibile calma ma la paura prese il sopravvento e iniziai a divincolarmi come una pazza nella speranza di riuscire in qualche modo a liberarmi o che qualcuno si degnasse di venirmi a salvare (non è così che funziona di solito?!). - Se tu sai chi sei, allora perché non sai dove ti trovi in questo momento? – aggiunse la voce. - Se sai così tante cose su di me, allora dimmelo tu chi sono io!! -. - Sai chi erano i tuoi genitori? – mi domandò la voce. - Non li ho mai conosciuti, mi hanno sempre raccontato che sono morti in un indicente. – risposi freddamente. - Sempre le solite scuse, sono morti in un incidente, sono morti in un incendio, sono morti annegati e bla bla bla. Solo scuse! – ringhiò la voce. - Va bene, questo deve essere davvero solo un orrendo sogno che sembra quasi la realtà ma che realtà in realtà non è. – chiusi gli occhi per qualche secondo ma quando li riaprii ero dove ero pochi secondi prima. Niente a fare, era la pura realtà e avevo la sensazione che sarebbe andata a finire molto male. - Facile prendertela con chi non può ribellarsi, eh? – un'altra voce. - Guarda guarda chi è venuto a salvare la povera fanciulla indifesa! Pensavo ti fossi ritirato da questo genere di cose – lo beffeggiò la voce. Okay, ora la faccenda si stava facendo ancora più strana. - Avrò anche degli anni ma questo non vuol dire che mi sia per forza ritirato, tu piuttosto perché sei qui? Non ti eri ritirato anche tu da quel che si diceva in giro? – ribattè l'altra voce. - Sai chi è lei vero? Per questo siamo qui no? – - Non ho idea chi sia questa ragazza, sono stato incaricato di venire fin qui a prelevarla.- - A fare cosa?! – domandai con una vocina fin troppo stridula. - Come dicevo, sono qui per prelevarla e portarla in un luogo sicuro – mi rispose. Ora immaginatevi la scena: io stritolata da questo coso, io che parlo con un essere che non ha forma fisica, spunta un ragazzo/uomo all'improvviso, si mette a discutere con questo essere nell'aria avvisandolo che mi avrebbe portato via da li; cosa dovrei pensare? Sarò impazzita del tutto o che sto per morire. Ma all'improvviso ci fu di nuovo un lampo e quando riaprii gli occhi ecco che ero tornata nel mondo reale. Mi guardai attorno per cercare di capire se qualcuno avesse visto quello che avevo appena vissuto ma nessuno stava guardando verso di me, nessuno a parte il nuovo professore di scienze che mi stava fissando appoggiato ad un albero a una decina di metri da me. Presi le chiavi il più velocemente possibile dallo zaino, entrai in macchina, misi la prima e mi imbucai sulla strada per tornare all'appartamento che avevo preso in affitto poco lontano.

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Capitolo 2
*** 2 ***


Mi svegliai tardissimo ma rimasi ugualmente a letto anche se ero consapevole di perdere tutte le lezioni della mattina. Ripensavo alla mattina del giorno precedente e ancora stentavo a credere a quello che mi era successo. - Perché quell’essere ero così interessato su chi fossi? E perché era a conoscenza della morte dei miei genitori? E a questo punto, come sono morti realmente i miei genitori? – mi domandai. Ad una delle domande era semplice rispondere. Io sono Emilia Enderson, 19 anni, studentessa universitaria e ragazza dalla vita semplicissima fatta di amici e studio. Ma alle altre domande mancava una risposta e ora volevo saperne di più. Una persona poteva darmi ciò che volevo ma solo l’idea di andarla a trovare mi faceva rizzare i peli delle braccia. Zia Cassandra. L’idea di tornare in quella casa, la casa in cui avevo vissuto per 17 anni da dopo la morte dei miei genitori, la casa in cui avevo vissuto i miei peggiori incubi. - No no no! Mai e poi mai tornerò in quella casa! – ma sapevo che lei sarebbe stata l’unica a potermi aiutare nel sapere la verità e mi ripromisi con tutta la mia volontà che nel pomeriggio l’avrei chiamata per fissare un giorno e andare a trovarla. Distratta dai pensieri non mi accorsi che il telefono stava squillando come un matto. Quando finalmente mi decisi a prenderlo trovai una decina di chiamate perse di Mary e altrettanti messaggi chiedendomi che fine avessi fatto e come mai non ero andata alle lezioni mattutine. Decisi di non risponderle. Scesi dal letto e andai in bagno a prepararmi come meglio potevo. Avevo delle occhiaie che facevano paura. - Già avevo dormito poco la notte scorsa, quella di stanotte l’ho passata praticamente quasi tutta in bianco. –dissi alla me riflessa nello specchio (come se potesse rispondermi!). Tornai in camera, mi misi una felpa, un jeans e scarpe da ginnastica ed ero pronta per uscire e andare alle lezioni del pomeriggio. Ci misi il doppio del tempo per arrivare nel parcheggio dell’università ma l’idea di rivivere l’esperienza del giorno prima mi metteva ansia. Nemmeno il tempo di scendere dalla macchina che mi trovai Mary accanto allo sportello. - Allora? Che fine avevi fatto? È tutta la mattina che cerco di chiamarti ma non ti sei degnata di rispondere a nessuna delle mie chiamate. – - Avevo da fare. – tagliai corto. Ci incamminammo verso l’aula di biologia insieme e dato che volevo distrarmi un po’ e smettere di pensare a quella voce e al ragazzo/uomo misterioso chiesi a Mary come era andata la serata con il suo nuovo ragazzo (non c’era argomento che la facesse partire a razzo almeno per un po’). - Oh, non puoi immaginare Emy, lui è così romantico – - Lo era anche il tuo ex da come ne parlavi fino a qualche mese fa. – commentai. - Nono, lui è tutta un’altra cosa. Lo sai che mi ha portato un mazzo di fiori quando è venuto a prendermi? – - No, dai! Davvero? – risposi facendo finta di essere euforica quanto lei ma l’idea mi fece venire i brividi. Rose. Io odiavo le rose. Solo in un posto portavo delle rose e non era certo ad un appuntamento. - Sisi, e poi mi ha portato in quel ristorantino in cui vanno tutte le coppiette… - Mi bloccai di colpo, mi girai e iniziai a camminare a passo svelto verso l’uscita dell’edificio. - Emy, ma dove stai andando? – mi urlò Mary alle mie spalle. Fece per seguirmi ma quando vide che si stava avvicinando il nuovo professore di scienze decise di riprendere la sua strada e andare a lezione. Mi girai indietro e vidi che mi stava seguendo e che ad ogni passo che facevo lui sembrava essere sempre più vicino. - No no no, e ora cosa vorrà mai? – mi domandai. Decisi di fermarmi accanto alla mia macchina e fare finta di star cercando le chiavi nella borsa piena di libri e sperare che non si fermasse proprio accanto a lei ma eccolo, sempre più vicino e quando arrivò alla mia macchina si fermò. - Lo sapevo, mi stava seguendo. – pensai. - Sali in macchina! – mi ordinò. - Come scusa? – - Ti ho detto di salire in macchina. Ora e subito. – ripeté. - Non credo di aver capito bene, mi stai ordinando di salire nella mia macchina? E tu chi credi di essere? Ti chiedo gentilmente di allontanarti subito o chiamo la polizia! – gli risposi cercando di mantenere la calma. - Se non Sali in macchina dovrò farlo con la forza e la cosa non potrebbe piacerti! – - Non credo proprio. La avverto nuovamente, se non si allontana… - non finii nemmeno la frase che mi ritrovai in macchina seduta e con le chiavi che stavano accendendo il motore. - Ma cosa diavolo… - ero scioccata, non mi ero accorta di essermi mossa. - Ora parti e ti darò io le indicazioni. – mi ordinò. Decisi che forse era meglio seguire ciò che diceva e iniziai a guidare lungo la strada che portava ai lunghi viali alberati per il fuori città. - Vorrà uccidermi, ne sono sicura. – mi dissi con le lacrime che iniziavano a scendere lungo le guance. - Smettila di piangere, non ti voglio uccidere. – Come diamine faceva a sapere quello che pensavo lui avesse voluto farmi? Ripensai al giorno prima. - Eri tu vero? – gli chiesi freddamente e senza degnarlo di uno sguardo.

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