Morso d'argento

di daisys
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo+Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo+Capitolo 1 ***


Prologo

Non so come tutto sia riuscito ad andare in malora così in fretta.
E’ una domanda che a distanza di tempo ancora mi faccio, quando mi guardo intorno e mi rendo conto del gran caos che è la mia vita al momento.
E’ bastato un singolo momento, una semplice idea bislacca presa pensando di fare del bene, a sconvolgere la mia intera esistenza.
Ora, a posteriori, mi rendo conto che la mia idea non fu delle migliori.
Ma intendiamoci, in quel momento mi sembrava davvero un’ottima idea.
Che poi si sia rivelata una gran cazzata è un altro conto.
Ma andiamo per gradi…

 
Capitolo 1
Se la montagna non va da Hailey, Hailey va dalla montagna… o qualcosa di simile.
 
«Ti prego Hailey, ti scongiuro, dimmi che non hai cambiato il turno con me per poter pedinare Jane, ho capito male vero?»  chiede Clark, fissandomi sospettoso mentre finisco di vestirmi appoggiato contro lo stipite della porta.
Trattenendo un sospiro, chiudo l’armadietto e conto fino a dieci prima di voltarmi, mentre con un movimento veloce del polso mi sciolgo i capelli.
«No Clark, ho cambiato il turno perché stasera voglio uscire, e semplicemente per caso finirò nel locale dove Jane passa tutte le serate, contento?» borbotto, rivolgendo al mio amico un sorriso storto. «Quindi non pedinerò nessuno, mi ritroverò casualmente in un luogo.» concludo, mentre imprecando cerco di dare un senso alla matassa di capelli scuri che mi ritrovo in testa.
L’umidità del pub non aiuta i miei capelli, decisamente no.
Bhe, poco male, non devo di certo attirare l’attenzione di nessuno.
Con un sospiro mi siedo su una delle panche e inizio ad allacciare in fretta gli anfibi.
«Ti rendi conto che tutto questo non ha nessun senso vero?» borbotta Clark, osservandomi con occhio critico «Probabilmente Jane ha semplicemente trovato un nuovo ragazzo, e passa le sue serate a scopare in grazia del signore.»
Lo fulmino, arricciando stizzita le labbra, estremamente irritata dal suo atteggiamento superficiale.
Clark continua ad osservarmi con quel ghigno saputo stampato in faccia.
«E fattelo dire tesoro, sarebbe anche ora che tu trovassi qualcuno, non va bene che tu rimanga zitella e con me come unica compagnia» dichiara divertito, mentre oscilla davanti al mio viso il suo indice.
Innervosita dal suo modo di fare canzonatorio, addento veloce l’indice vicino al mio viso, abbastanza forte da lasciare il segno dei miei denti impresso.
Con un sibilo si allontana da me: «Quando mi chiedo perché tu sia ancora zitella, riesci sempre a ricordarmelo in modo creativo» ridacchia divertito.
«Come quella volta in cui hai minacciato quel poveraccio di staccargli a morsi il pen-» non fa in tempo a concludere che veloce gli chiudo la bocca, mentre divento rossa come un pomodoro in viso.
«È successo una sola cazzo di volta, e tu non la smetti di rinfacciarmelo!» inizio inviperita, con le guance ancora chiazzate. «E non provare a cambiare discorso, con me non attacca.»
Comincio ad infilarmi con gesti secchi e decisi il cappotto e la sciarpa, controllandomi per un’ultima volta al piccolo specchio appeso nel magazzino.
«Se Jane avesse semplicemente trovato qualcuno di nuovo con cui uscire, ce lo avrebbe detto, lo sai anche tu.»
Clark continua ad osservarmi, per poi scuotere la testa e rilasciare un sospiro.
«Non un c’è modo per convincerti a non farlo, giusto?» chiede sconfitto, consapevole di non avere speranza. «Per l’amor di Dio sta attenta per lo meno, e passa a casa a cambiarti.» conclude cominciando ad allontanarsi, tornando verso la sala del pub.
Lo seguo, ritrovandomi in fretta nella calca del locale, totalmente pieno nell’ora di punta.
«Cosa c’è che non va nei miei vestiti?» grido, fermandomi in prossimità della porta, osservando con fare noncurante i miei anfibi, i jeans neri e il maglione, il tutto sormontato da una giacca di pelle.
Il mio amico mi sorride senza aggiungere altro, scuotendo leggermente il capo, per poi tornare ad occuparsi del vassoio che gli viene passato.
 
***
Comincio a pentirmi di non aver dato retta a Clark.
Mi rendo conto ancor prima di entrare, semplicemente osservando la fila di persone in attesa, che il mio abbigliamento casual non è per nulla adatto a questo tipo di locale.
Mi sento leggermente fuori posto mentre osservo l’insegna brillante del Silver Bite, la discoteca dove Jane ha passato i fine settimana degli ultimi due mesi.
Sono circondata da un mare di pelle, latex e pizzo.
Senza contare l’enorme quantità di pelle nuda che sembra essere in mostra, nonostante sia una sera di gennaio piuttosto fredda qui a New Orleans.
Dai discorsi che sono riuscita ad intavolare con la mia amica avevo inteso che questo non fosse propriamente uno dei miei soliti locali, ma trovarmi davanti una serie di ragazzi in pantaloni di pelle e a torso nudo, con solo un collare che copre la parte superiore del corpo, è un bel colpo d’occhio.
Con un sospiro inizio a spostarmi verso la parte finale della fila, allontanandomi distrattamente dall’ingresso del locale.
Cammino lentamente, mentre cerco di pensare a una spiegazione da dare a Jane per la mia presenza qui, un locale chiaramente fuori dalla mia portata.
Ed è qui che faccio la prima cazzata della serata, perchè essere qui per scoprire cosa combina la mia coinquilina è assolutamente normale, giustamente.
Mentre continuo a riflettere, cercando una scusa plausibile, non faccio attenzione a dove metto i piedi.
Quando sono a pochi passi dall’ingresso, controllato a vista da due buttafuori, mi scontro con una donna, che aggirando la fila si stava dirigendo sicura verso il locale.
«Mi dispiace, ero distratta…» inizio flebile, per poi bloccarmi e sgranare gli occhi di fronte alla persona che mi trovo davanti.
Un paio di labbra carnose, sottolineate abilmente da un rossetto scuro, ammiccano nella mia direzione, così come gli occhi azzurri cerchiati da un trucco pesante.
Indietreggio leggermente, per osservare con un sopracciglio inarcato l’attillato tubino in pelle che evidenzia le forme aggraziate della giovane bionda che ho preso in pieno.
«Nessun problema.» sussurra leggera la donna, per poi aggirarmi con estrema agilità nonostante i vertiginosi tacchi che porta ai piedi, trascinandosi dietro un giovane dai ricchi ramati, che tiene il capo chino.
Li osservo allontanarsi con passi sinuosi, entrambi sciolti e sicuri nell’incedere.
A un suo cenno, i buttafuori che evidentemente la conoscono, aprono le pesanti tende in velluto che celano allo sguardo dei curiosi l’interno del locale.
Poco prima di entrare però si ferma di botto, rischiando di far cadere il ragazzo che si trascina dietro, che non riuscendo a fermarsi in tempo impatta leggermente contro la schiena della donna.
La vedo voltarsi e rivolgere uno sguardo gelido al ragazzo, e nonostante la distanza lo vedo irrigidire le spalle.
«La ragazza è con me, fatela entrare.» dice con voce decisa ai due uomini all’ingresso, indicandomi con un leggero cenno del capo e un sorriso sottile a adornargli il viso.
Con brivido leggero sgrano gli occhi, sentendomi leggermente gelare alla vista di quel sorriso.
Dopo queste parole, la vedo allungare il passo e sparire all’interno del corridoio che porta nell’edificio.
Riscuotendomi dalla trance che sembra avermi pervaso da quando sono arrivata in questa via semi nascosta di Bourbon street, mi affretto ad avvicinarmi ai buttafuori, non volendo riflettere sul perché di questa sfacciata fortuna.
Non mi metterò di certo a discutere se una sconosciuta decide di farmi evitare ore di coda in un vicolo.
Ignorando le persone in fila che mi osservano quasi invidiose, con un sorrisino di straforo mi affretto a superare le pesanti tende che sono state scostate per farmi passare.
Appena le tende ricadono alle mie spalle, piombo in un corridoio scuro, rischiarato solo dalle luci di emergenza sul pavimento.
A tentoni cammino per pochi secondi nell’oscurità, per poi svoltare è ritrovarmi do botto all’inizio di una scalinata che porta su un’enorme pista da ballo.
Appena riabituati gli occhi alla luce, non posso fare a meno di trattenere un gemito e sgranare gli occhi.
Cazzo.

 
***
 
Salve popolo di efp.
Dopo almeno 3 anni, o forse di più, riapprodo sui lidi di efp, presa da una frenesia unica.
Hailey mi chiedeva a gran voce di raccontare la sua storia, e io non me la sono sentita di ignorare un tipetto come lei.
Ancora non la conoscete abbastanza, ma fidatevi, ne vedrete delle belle, soprattutto se sceglierete di continuare la sua storia.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Ah, inoltre sono approdata anche su Wattpad, con il nome di daisy_ss.
In caso preferiste leggere su quella piattaforma io ve l'ho detto, ecco tutto.
Ci rivediamo al prossimo capitolo. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2
So come spedirti in pronto soccorso
 
Sono ferma da qualche minuto.
Credo.
Ho la bocca secca e faccio fatica a respirare, non solo a causa del fumo sottile che sembra avvolgere la stanza.
Non so dove volgere lo sguardo, né in che direzione andare.
Con un respiro profondo chiudo gli occhi, conto fino a cinque e poi li riapro, scrutando con calma ciò che ho intorno.
Non è così male.
Ok, posso farcela suppongo.
Scuotendo il capo con forza, comincio a scendere le scale che portano verso la pista da ballo, gremita di corpi che si agitano al ritmo forsennato della musica pompata dalle casse.
A circondare l’enorme pista, si allungano tre palchetti per lato, dove si trova ciò che inizialmente mi ha sconvolto.
Su ogni palchetto si trovano tre scene molto diverse, ma sono piuttosto sicura che su almeno due di essi siano presenti dei pali, dove ragazzi e ragazze più o meno svestiti ondeggiano sensualmente al ritmo della musica.
Dico di essere piuttosto sicura perché o iniziato ad evitare di guardare in quelle direzioni dopo che ho notato un ragazzo legato e appeso in quella che sembra essere un’esibizione di shibari.
Comincio a capire l’attrattiva di questo locale per Jane, è decisamente nelle sue corde.
Ma capisco anche perché non me ne abbia mai parlato, o non abbia nemmeno tentato di convincermi ad accompagnarla.
Nonostante lo stretto rapporto che intercorre tra noi due, sono sempre stata piuttosto restia a parlare dei suoi interessi legati al mondo del BDSM, non tanto per repulsione o problemi di altro tipo, ma per il semplice fatto che non riesco ad ascoltarla quando parla di cedere totale fiducia a qualcun altro.
Non fa per me.
Facendo guizzare lo sguardo per la sala noto l’enorme piano bar, dove inizio a dirigermi a passo spedito, con la testa china per evitare di vedere qualcosa di troppo.
Mi faccio strada nella calca, evitando di essere palpata nel mentre.
Con un sospiro di sollievo arrivo nei pressi del bancone, dove mi appoggio con il busto.
«Prima volta al Silver Bite?» mi sento domandare con tono allegro dal barista, che mi osserva con un sorriso sardonico mentre finisce di shakerare un drink.
Osservo il suo viso pieno di piercing, i capelli scuri sparati per aria e gli occhi chiari sottolineati da trucco scuro e scuotendo le spalle borbotto qualche parola «E’ così palese?».
Posando lo shaker, si appoggia a sua volta al bancone, per osservarmi attentamente, e ancora una volta non posso fare a meno di pensare che Clark aveva fottutamente ragione.
Con questi abiti spicco decisamente.
«D’accordo, ammetto di non confondermi bene con la clientela», dichiaro roteando gli occhi, per poi osservare il suo di abbigliamento, anche se non credo che quello che posso vedere possa dichiararsi tale, considerato che indossa un paio di pantaloni di pelle e innumerevoli tatuaggi.
Ride con leggerezza, annuendo al mio indirizzo «Appurato che è la tua prima volta», ammicca divertito «Cosa posso offrirti per questo battesimo di fuoco?».
«Una birra”, dico concisa, per poi ruotare leggermente il busto e cominciare a cercare con lo sguardo la capigliatura famigliare di Jane.
«Cosa ti porta in questo tipo di locale?» chiede passandomi la bottiglia appena stappata, per poi poggiarsi nuovamente al bancone di fianco a me.
Lo guardo di sottecchi, con un sopracciglio inarcato in maniera ironica.
«Non hai da servire qualcun altro?» ribatto, per poi bere un sorso di birra con una smorfia leggermente disgustata.
Non sono una grande fan dell’alcool.
«Posso prendermi una pausa ogni tanto, non sono solo qui dietro», inizia, indicando con un pollice gli altri due ragazzi che sono dietro al bancone con lui. «E poi diciamocelo, è molto più interessante capire cosa ci fa qui qualcuna come te”, conclude tranquillo.
«Qualcuna come me, eh?» ridacchio appena, sentendolo dire una cosa del genere, non ha tutti i torti, qui sono decisamente fuori posto.
Prima che possa continuare, vengo spinta contro il barista carino da un tizio decisamente enorme, che senza troppa grazia sembra avermi puntata.
Osservo scazzata il fascio di muscoli che mi si è avvicinato con tanta grazia, abbigliato con un sobrissimo completo in pelle, che sembra comprimere al limite l’eccessiva muscolatura.
«Sei sola occhi blu?» chiede con voce decisamente alta, piazzandomi una mano sul fianco con poca delicatezza. «Che ne dici di farti un giro in pista con me?».
Con uno sbuffo leggero scaccio la mano dell’energumeno dal mio fianco, per poi allontanarmi di un passo, sempre più vicina al barista carino.
Lo sento appoggiarsi leggermente sulla mia schiena, mentre si sbilancia in avanti, inglobandomi leggermente tra le sue braccia, poggiate ai lati del mio busto.
Che carino, pensa di dovermi proteggere.
«Lasciala perdere Adam, è la prima visita al Silver, trovatene un’altra per la serata», ringhia leggermente, facendomi rabbrividire per il riverbero che sento lungo la schiena.
«Bene bene, non mi dispiacciono le novelline, non ti intromettere Nat», dichiara a gran voce Adam, a quanto pare. «Su occhi blu, non ti farò pentire di essere venuta al Silver, so essere delicato», conclude allungando velocemente una mano, con cui mi afferra un polso, con tutte le intenzioni di portarmi in pista o chissà dove.
Chiudendo gli occhi cerco di non sbottare, nonostante la voglia sia molta, poi poggio la bottiglia di birra di fianco a me e con decisione cerco di liberare la mano da questa presa sgradita.
Non faccio in tempo ad esercitare più forza che mi sento strattonare con forza in avanti.
«No occhi blu, prima regola, non si discute con un Dom», dice con tono duro l’idiota davanti a me.
Come non detto, non sbottare non è più un’opzione.
Sento dei movimenti dietro di me, segno che Nat - il barista carino – si sta muovendo, ma non ci faccio caso.
Con un movimento veloce lo sbilancio, attirandolo verso di me, per poi ruotarci e buttarlo con tutto il mio peso contro il bancone.
Veloce sposto la mano lasciata libera contro la patta dei suoi pantaloni, per poi stringere senza troppa forza quel poco che trovo.
«Punto primo, io discuto di quel cazzo che mi pare, che tu sia Dom o qualsiasi altra cosa», dico serrando leggermente la presa, mentre mi avvicino con il corpo, per pressarlo maggiormente. «Punto secondo, studio medicina e so perfettamente come spedirti al pronto soccorso con un trauma o una torsione testicolare», continuo con tranquillità, mentre gli sorrido affabile.
Lui di contro mi guarda con gli occhi sbarrati, mentre boccheggia.
«Quindi la decisione sta a te, o te ne vai e non mi rompi più il cazzo oppure ti impedisco di usare il suddetto per un periodo piuttosto lungo, che ne dici?», concludo sbattendo i miei fantomatici occhi blu nella sua direzione, mentre stringo ancora un po' la presa sul suo pacco.
Lo vedo deglutire spaventato, e mollare la presa sulla mia mano.
Mollo anche io la presa.
«Ottima scelta», ridacchio divertita, ma probabilmente nemmeno mi sente, in quanto si è allontanato in fretta.
Torno a prendere la bottiglia di birra dal bancone, dove trovo Nat che mi fissa allucinato.
«Bhe, che c’è? Almeno stavolta non ho minacciato di staccare il cazzo a morsi a nessuno», dico facendo spallucce e bevendo un sorso.
Nat si sblocca, per iniziare a ridere come un forsennato.
«Forse non sei proprio fuori posto sai?», ammette smettendo di ridere. «Posso sapere il tuo nome, occhi blu?».
 
***
 
Osservo il locale rilassata contro il bancone, mentre sorseggio la mia seconda birra.
Nat si è allontanato un attimo per servire dei clienti.
Appena lo sento di nuovo alle mie spalle mi volto in fretta.
«Ascolta, posso farti una domanda?», dico velocemente, mentre in fretta e furia sfilo dalla tasca dei jeans il mio telefono.
«Per caso conosci questa ragazza?», domando, mostrando il blocco schermo, dove fa bella vista di sé una foto mia e di Jane. «E’ la mia coinquilina, si chiama Jane, è qualche mese che c’è qualcosa che non va, vorrei capire se ha incontrato qualcuno qui»,
Lo vedo sbiancare, per poi iniziare a scuotere la testa, con gli occhi che si muovono impazziti per il locale.
Scavalca in fretta il bancone, gettando il grembiule verso gli altri due baristi.
Mi prende per un braccio ed inizia a trascinarmi verso l’uscita, mentre continua a guardarsi alle spalle come se avesse il diavolo alle calcagna.
Sono troppo scioccata per parlare, non capisco cosa sia successo in questi pochi secondi.
Non riesco nemmeno a reagire quando nelle vicinanze dell’uscita, la nostra fuga si interrompe di colpo.
Due uomini si sono parati davanti a noi, bloccando di fatto l’accesso alla scalinata.
Vedo Nat deglutire spaventato.
Sono entrambi ben piazzati, scuri di capelli e molto in forma.
Uno dei due non sembra molto felice di trovarsi qui, e mi osserva corrucciato, quasi sofferente.
L’altro, che ha una lunga cicatrice che gli attraversa il viso in diagonale, mi sorride leggermente, in modo tutt’altro che rassicurante.
«Dove vai Nathan? Dovresti stare dietro al bancone in questo momento», sibilla lo sfregiato, per poi rivolgersi a me. «Signorina, la stavamo aspettando».
Lo guardo confusa, non capendo bene dove vuole andare a parare, non conosco nessuno qui dentro oltre a Jane, e lei non ha idea del fatto che le sono venuta dietro.
«Jane ha parlato di te al suo accompagnatore, Logan Smith». Inizia sorridendo al mio indirizzo. «E’ il proprietario del Sliver Bite, e Nathan, è il momento che torni al tuo turno di lavoro».
Vedo Nathan indeciso, oscillare nella mia direzione non molto sicuro a lasciarmi nelle mani di questi due.
Per tagliare la testa al toro, e non metterlo nei guai, lascio decisa la sua mano, per poi avvicinarmi allo sfregiato, che mi sorride incoraggiante.
Non mi fido di nessuno dei due, ma da come occupano il vano dell’uscita, dubito che mi faranno uscire in fretta.
Iniziano ad incamminarsi nuovamente verso la calca, in direzione di alcuni palchetti, dove nascosta si erge un’altra scalinata.
 
***
Sono stata lasciata da sola in una stanza per le lap dance private e … altre cose.
Mi è stato gentilmente detto di attendere qui, mentre vanno ad avvertire “il capo” che sono arrivata.
Una brutta sensazione mi serpeggia lungo la schiena da quando sono salita ai piani superiori, scrutando le stanze chiuse.
Se non sapessi che è impossibile, giurerei di aver sentito dei ringhi riverberare lungo il corridoio.
Rabbrividendo comincio a rendermi conto che la situazione non è delle migliori, e probabilmente Jane è invischiata in qualcosa che è più grande di noi.
Non è stata una buona idea venire qui.

NOTE DI FINE CAPITOLO
La situazione inzia a sbrogliarsi più o meno.
La nostra protagonista non la manda a dire, decisamente.
Sarcastica, aggressiva e molto impetuosa, darà filo da torcere alla stragrande maggioranza dei personaggi che incontreremo nei prossimi capitoli.
Hailey fa la conoscenza del giovane Nathan, barista del Silver Bite che cerca in tutti i modi di allontanarla dal locale, appena capisce cosa sta cercando, o meglio chi.
Il vero movimento inizierà nei prossimi capitoli, dove la vita di Hailey verrà totalmente stravolta, da nuove scoperte e grandi cambiamenti.
Sono ben accetti giudizi, che siano positivi o meno.


 

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