Riflessioni

di Luna95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dess's reflections ***
Capitolo 2: *** Melissa's reflections ***



Capitolo 1
*** Dess's reflections ***


Tic, tic, tic, tic…

La pioggia batteva sui vetri della camera, distraendo Dess dalla creazione della sua nuova arma: era un coltellino da campeggio, in acciaio inox; certo non aveva un’aria temibile, ma una volta completata la sequenza di tredici simboli sarebbe stata molto utile contro un oscuro di medio livello.

<< Oppugnabilità >> sussurrò Dess, accostando il coltellino alle proprie labbra. Una volta finito il lavoro, il coltellino finì nella sacca, insieme a tutta l’altra “ferraglia”, così soprannominata da Melissa. Diede un calcio alla sacca; un rassicurante rumore metallico confermò che la scorta di armi sarebbe bastata almeno per due notti. Dess guardò l’orologio: mancavano trentadue minuti alla mezzanotte. Ancora centoduemilaquattrocento secondi esatti.

 

Tic, tic, tic, tic, tic…

Questo rumore stava diventando sempre più insistente e fastidioso. A Dess non piaceva il rumore della pioggia. Non c’era una regola che specificasse quante gocce dovessero cadere o con che ritmo. Nessuna proporzione, nessuna equazione, nessuna regola. Era tutto semplicemente dettato dal caso. Non era regolare.

Chiuse la tenda, infastidita. Novantaseimila secondi alla mezzanotte.

 

Tic, tic, tic, tic, tic, tic…

Tra poco il tempo si sarebbe fermato, congelato per un’ora a mezzanotte precisa. Allora avrebbe rivisto Rex, Jessica, Jonathan e Melissa.

Melissa… nutriva una profonda avversione nei suoi confronti. Lei e Rex l’avevano sempre tagliata fuori. Sin dal primo momento si era dovuta arrangiare da sola: temeva la mezzanotte, ha dovuto riporre la propria fiducia solo in se stessa e nella matematica. Anche da quando si era “unita al gruppo” si sentiva sola. Era sempre stata sola. Tra Melissa e Rex c’era già da tempo un legame indissolubile: loro avevano bisogno di lei, ma non la sentivano parte integrante del gruppo a tutti gli effetti. Faceva solo parte della collezione, col suo utilissimo talento di Polimatematica. Lei da loro aveva solo appreso informazioni utili; il suo unico divertimento consisteva nel creare nuove armi, scoprire regole, assorbire informazioni come una spugna.

 

Tic, tic, tic, tic, tic, tic, tic…

Ora che Jessica e Jonathan si erano uniti al gruppo si sentiva un po’ meglio… tra loro c’era affetto incondizionato, dettato dal puro piacere di stare insieme… con loro non si sentiva così usata, non avevano doppi fini… ma avevano tutti segreti, esperienze, emozioni condivisi col compagno. Lei no.

 

Aveva imparato a vivere sola nel suo mondo di numeri; nessuno la capiva.

Stava da sola per la sopravvivenza. Se si fosse abituata alla compagnia, avrebbe disimparato a stare sola. Anche durante l’ora segreta si sentiva terribilmente sola. C’erano Rex e Melissa, Jessica e Jonathan e poi lei. Sola da sempre. Forse per sempre, pensò sconfortata. Sarebbe mai diventata una metà che combaciava perfettamente con un’altra? Ognuno di loro l’aveva trovata. Lei si sentiva solo complementare alla matematica: era tutto quello che aveva e avrà. Solo la matematica non l’avrebbe mai tradita. Lei non mentiva mai. Gli umani sono volubili, pensò, con un sorriso tirato. Trentaduemila secondi.

 

Tic, tic, tic, tic, tic, tic, tic, tic…

Mancava poco.

Dess chiuse la sacca, attenta a non svegliare i suoi. Prese Manipolazione Irrefrenabile Oceanografica, una collanina con trentanove anelli di acciaio, su ognuno dei quali era inciso un simbolo matematico. Se la rigirò tra le dita, ammirando il suo lavoro. Poi la indossò con un gesto fluido. Guardò ancora l’orologio sulla scrivania. Mancavano ancora otto minuti e trenta secondi. A momenti Melissa e Rex sarebbero comparsi sulla vecchia Ford e si sarebbero avviati a casa di Jessica. Con movimenti attenti e silenziosi andò verso l’uscita, aprì di soppiatto la porta e uscì da casa. La strada buia fu tagliata da due strisce di luce. Melissa e Rex erano arrivati. Prese la sacca e si avviò verso la macchina, ben accorta a celare i propri pensieri. Melissa non si sarebbe impossessata anche ciò che apparteneva solo a lei.

 

 

Premesso che è la prima ff che scrivo su questo meraviglioso libro, vi direi che mi sono divertita un mondo a scriverla, ma preferisco dirvi che non sono molto sicura che quello che ho scritto possa piacere… voi che ne pensate?

Mi dispiace rovinare l’insieme delle vostre belle storie infilandoci questa schifezza, ma quando l’ho riletta non mi sembrava tanto orribile…

Ho cercato di pensare come Dess, ma non ho assolutamente nulla contro Melissa, anzi, è uno dei miei personaggi preferiti.

Me lo lasciate un commentino per dirmi cosa ne pensate? Grazie ^^.

Ps: Se vi piace ne farei una anche dal punto di vista di Melissa… voi che ne dite?

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Capitolo 2
*** Melissa's reflections ***


melissa1

Il suono della chitarra elettrica risuonava potente nelle orecchie di Melissa, talmente forte da essere percepito persino da Dess e Rex, seduti nel suo stesso tavolo, in mensa. Tamburellava le dita sul tavolo a ritmo di musica; l’heavy metal s’intonava perfettamente con il frastuono delle menti della mensa scolastica e del suo attuale umore.

“ Solo un’ora, Melissa. Solo un’ora.”, cercava di convincersi, sperando addirittura di riuscirci. Ancora pochi minuti e l’insopportabile rumore sarebbe lentamente scemato con i ragazzi, portando con sé il sapore aspro e sgradevole del senso di costrizione e quello liscio e vagamente dolciastro della noia: uno schifoso mix tra un limone non maturo premuto sulla sua lingua con un retrogusto di bibita sgasata.

La batteria detonò nuovamente e timpani di Melissa, distraendola dall’insopportabile rumore della sua stessa, affollata mente.

Un pensiero arrivò da Rex, chiaro e cristallino: “Forza Cowgirl, sei forte, puoi farcela ”.

Quante volte si era sentita spronata a essere forte?

Lei aveva sopportato per sedici maledetti anni migliaia di voci nella sua testa, credendosi pazza, impazzendo davvero per sopportarle tutte. Si logorava dentro, corrodendo tutto ciò che era, distruggendosi poco alla volta.

Quante volte era scappata dalle lezioni, correndo in bagno a rigettare tutto ciò che nemmeno mangiava, sopraffatta dalla nausea causata del rivoltante miscuglio di sapori?

Quante volte aveva aspettato con impazienza l’arrivo dell’ora blu, il suo maestoso silenzio, la possibilità di avere la propria mente tutta per sé, senza doverla condividere con nessuno?

Quante volte si era rifugiata dietro un paio di cuffie, heavy metal e una maschera fredda e impassibile per nascondere la sofferenza?

Quante volte, per l’esattezza?

“Troppe”.

L’aveva forse resa forte? No, solo più debole e vulnerabile.

Sopraffatta da se stessa e dagli altri.

Tutto questo non la stava uccidendo, distruggendola pezzo per pezzo?

Una violenta ondata di nausea la percosse scuotendola, sino alle fondamenta.

Si portò una mano inguantata allo stomaco e l’altra alla bocca. 

Rex la guardò chiaramente preoccupato; Dess si limitò a un’occhiata nella sua direzione, semi-nascosta dagli occhiali scuri, impossibile da decifrare.

Melissa sentiva maledettamente bene il sapore della forte ansia degli studenti, acida come il latte scaduto e nauseabondo come del formaggio andato a male: durante la prossima ora ci sarebbe stato un compito di storia mostruosamente difficile. 

Allontanò il vassoio del pranzo, disgustata.

Odiava la Bixby High School ogni secondo di più.

Melissa si strappò le cuffie dalle orecchie, con un gesto profondamente irritato, spense il lettore CD e lo ficcò con ferocia nella borsa.

I due midnighter vicino a lei la seguirono con lo sguardo, sgomenti. Lei gli scoccò un’occhiata fredda, che andava a coprire quella di profondo dolore.

Mancava poco al suono della campanella. Avrebbe resistito.

Si concentrò sui pensieri dei suoi due amici. Da Rex percepiva, come al solito, un senso di pacatezza e serenità, mischiato alla preoccupazione per lei. Sapeva di legno e muschio, con un retrogusto leggermente salato.

Dalla piccola Dess, invece, percepiva pura euforia: aveva lavorato tutta la notte a nuove armi, passando ore a scoprire nuovi paradigmi e a fare calcoli, sussurrando nuovi nomi ai suoi amati pezzi di metallo. A volte sembrava che Dess si nutrisse di cifre e numeri. Contemporaneamente un sapore metallico le punse la  lingua, insieme a un nuovo sapore, secco e acidulo insieme.

Ghignò, sondando attentamente la mente di Dess.

La Regina delle stronze”.

Sì, era un titolo che le si addiceva.

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