Our Memories

di Alyssa Ryan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio di ciò che non si sa ***
Capitolo 2: *** Stranger ***
Capitolo 3: *** Chains ***
Capitolo 4: *** Possession ***



Capitolo 1
*** L'inizio di ciò che non si sa ***


Prologo– L’inizio di ciò che non si sa

 

Era lì, inconfondibile,

si agitava ripetutamente

davanti ai suoi occhi

ma lei proprio non riusciva a vederlo.

 

 

Quella mattina, come la precedente, mi ero svegliata presto, avevo fatto colazione bevendo il solito latte al cioccolato, mio padre mi aveva accompagnata in stazione, avevo preso il treno per Napoli ed ero finalmente giunta all’università. Era solo da una settimana che ero diventata ufficialmente una studentessa universitaria ma mi sembrava di essere già entrata appieno nella solita routine. Ero molto entusiasta della scelta fatta di intraprendere lo studio della lingua giapponese nonostante la disapprovazione dei miei genitori. Loro avrebbero voluto che scegliessi qualcosa di più sicuro dal punto di vista lavorativo ma io, da testarda quale sono, non avevo voluto sentire ragioni e mi ero iscritta alla facoltà di  Lingue Orientali. Una scelta decisamente eccentrica se paragonata a quella di mia sorella che si era iscritta  a Medicina. Ma provenivo da cinque anni drammatici di Liceo Scientifico e avevo deciso di tagliare nettamente i ponti con tutto ciò che facesse parte della sfera scientifica. Ero stata indecisa molto a lungo su quale università scegliere ed avevo oscillato più volte tra l’Accademia di belle arti e Lingue ma alla fine aveva prevalso il mio amore per il Giappone. In effetti, anche se fino ad allora non lo avevo mai manifestato così esplicitamente, il Giappone mi aveva sempre affascinato con la sua cultura, la sua lingua con i simboli così carini, le canzoni e soprattutto i manga e gli anime. Pensai che forse avrei potuto diventare una traduttrice di manga o di libri e addirittura di diventare una fumettista giapponese professionista e pertanto seguii la mia strada. Durante l’estate avevo imparato gli hiragana e i katakana, gli alfabeti base, tramite qualche sito internet e così alla prima lezione di giapponese mi sentivo un po’ avvantaggiata. Riuscii a seguire tranquillamente le prime lezione e ciò che mi rendeva perplessa era solo la struttura universitaria e la disorganizzazione generale alla quale poi mi sono abituata.

Ricordo perfettamente di essere entrata in crisi il primo giorno poiché non capivo quale corsi seguire e in quali aule, quali fossero i miei professori, in cosa consistesse il mio corso di laurea, ma anche a questo mi sono abituata.

Tornando a quella fatidica mattina, ero un po’ disperata dal punto di vista sociale. L’unica ragazza che conoscevo era la mia amica Chiara, la quale si era iscritta assieme a me, e temevo seriamente di non riuscire a fare amicizia con nessuno poiché ero sempre attaccata a lei. Nella prima settimana infatti non avevo rivolto parola a nessuno se non a lei nonostante l’aula fosse gremita di gente, soprattutto donne. Ma quel giorno invece riuscii finalmente a parlare con una ragazza, Camilla detta poi Milly, ed entrammo subito tutte e tre in sintonia. Ma fu allora che, senza saperlo, conobbi il ragazzo che sarebbe poi entrato in modo devastante a far parte della mia vita. È strano pensare adesso che la persona che ebbi davanti a me quel giorno per qualche minuto e di cui ignoravo tutto sarebbe poi diventato la persona con cui ho passato più tempo in assoluto e con cui ho condiviso molto. Mai e poi mai avrei pensato di poter entrare in sintonia con uno come lui.

Credevo seriamente che la cosa finisse lì, che non andasse oltre le presentazioni e che non lo avrei più visto se non a qualche sessione di esame rivolgendogli il solito saluto freddo che si rivolge ai conoscenti.

Io, Milly e Chiara stavamo parlando tranquillamente durante la pausa della lezione quando vidi all’improvviso avvicinarsi a noi un essere vivente di sesso maschile, uno dei pochi in mezzo ad una miriade di donne.

- Ciao – salutò Milly tutto felice dandole poi un bacio a destra e a sinistra sulle guance.

- Ciao – lo salutò anche lei mostrando un’espressione non proprio contenta.

Lo scrutai dalla testa ai piedi e pensai che era il primo ragazzo che vedevo all’università. Non avevo mai avuto fortuna con i ragazzi e tutte le cotte che avevo avuto si erano sempre risolte nel peggiore dei modi. Per molti anni non ero neanche più uscita il sabato sera e le occasioni di incontrare qualcuno erano pertanto diminuite se non diventate addirittura nulle. Iscrivendomi all’università avevo perciò pensato che finalmente avrei potuto avere più occasioni di incontrare qualcuno e magari fidanzarmi anche. Forse avevo scambiato l’università per una sorta di supermercato dove puoi sceglierti il ragazzo e la cosa un po’ mi divertiva. Mentre lo guardavo pensai se non avesse potuto diventare proprio lui il mio ragazzo nonostante non spiccasse di alcun tipo di bellezza. Anzi, non era per niente bello ma lui sembrava crederselo parecchio.

- Piacere, Gianluca – si presentò poi guardandomi.

- Jessica – gli dissi io guardandolo poi meglio e giungendo alla conclusione che era decisamente il tipo di ragazzo che non sarebbe mai potuto piacermi.

La mia prima impressione su di lui non fu quindi delle migliori: capelli corti normali, maglia normale, pantalone normale, scarpe normali… insomma un nerd!

Doveva essere un tipo sfigato e forse anche lui, come me, credeva che l’università fosse una sorta di supermercato dove potersi scegliere la ragazza.

Dopo quella breve presentazione si allontanò e sparì nella moltitudine di studenti.

- Ma chi è? – chiesi poi a Milly.

- Ah è una delle prime persone che ho conosciuto venendo qui – disse mostrando la stessa espressione non molto contenta di prima.

Capii che non doveva esserle chissà quanto simpatico.

Mi voltai per cercare di scovarlo in mezzo a tutta quella gente per dargli un’ultima  occhiata per poi tornare a concentrarmi sul giapponese.

 

Nei giorni seguenti ebbi modo di rivederlo e di capire che era decisamente sicuro di essere bello e affascinante poiché non faceva altro che appiccicarsi a molte ragazze, ma con scarsi risultati.  I suoi tentativi di approccio erano decisamente pesanti e ben presto fu soprannominato “la piattola”. Molte ragazze quando lo vedevano arrivare facevano di tutto per evitarlo e anche Milly rientrava tra queste. Inizialmente tutto ciò provocava in me ilarità ma poi mi resi conto che con me non ci provava mai e questo mi turbò un po’ perché mi faceva un rabbia che uno così non fosse attratto da me. Non mi sono mai considerata una gran bellezza, anzi la mia autostima è al di sotto dello zero. Ma ero comunque consapevole di essere almeno carina e il fatto che lui non mi guardasse neanche mi faceva restare un po’ male. Questa sensazione si accentuava soprattutto quando ci provava ripetutamente con Milly con me a fianco, ma poi mi riprendevo pensando che era un sollievo non piacere a uno come lui. Forse è proprio perché ero tra quelle con cui non ci provava  che tra noi iniziò a nascere una sorta di amicizia favorita dal fatto che lo incontravo spesso in fumetteria dove non perdevo occasione di prenderlo in giro.

Lui per me era ormai diventato “Giangi” e non ricordo se lo avessi già sconvolto con i miei pensieri perversi e miei racconti gay. Nonostante il suo modo di parlare e pensare fosse anni luce distante dal mio, ci ritrovavamo spesso insieme a discutere del più e del meno.

Il suo senso dell’umorismo non era tra i migliori anche se io ridevo sempre, ma in realtà ridevo per non piangere. Dopo un po’ di tempo entrammo così in confidenza che io iniziai a “sfruttarlo”. Dato che mi sembrava ricco iniziai a farmi offrire più volte da bere, qualche pranzo forse e lo convinsi anche a comprarmi il numero di un manga. Tutto ciò era divertente e mi sembrava ormai di poter farmi dare qualunque cosa. Così, un giorno in fumetteria, lo condussi davanti a una vetrina e premetti il dito contro il vetro per indicargli ciò che volevo.

- Ecco! Lo vedi quell’anello?

- Si… – rispose già immaginando dove volevo andare a parare.

- Tu me lo compri! Lo voglio!

- Tu stai male! Non spenderò mai i miei soldi per una cosa così orrenda!

Fu così che ogni giorno che entravamo in fumetteria lo tormentavo con la storia dell’anello ma la sua risposta era sempre negativa. E a nulla valsero anche i tentativi della commessa che,  intenerita nel vedere con quando ardore desideravo quell’oggetto, lo spingeva a comprarlo. Lui era ormai fermo nella sua posizione ed io mi ero rassegnata.

Venne dicembre. Oramai ci conoscevamo da due mesi e io iniziavo a sentire di volergli bene anche se ancora non si era radicato in maniera decisiva nella mia vita. Rimaneva comunque ancora un amico pressoché relativo. Non avevamo mai parlato seriamente e io non conoscevo praticamente nulla di concreto su di lui. Non sapevo veramente nulla della sua vita e neanche avevo desiderio di saperlo. Tutto ciò che avevo capito su di lui era che, al contrario di me, aveva una forte autostima, sapeva quali erano i suoi obiettivi e voleva raggiungerli a tutti i costi, che amava viaggiare e che era un arbitro di Magic. Quest’ultima cosa la scoprii quando lo ritrovai alla fiera del Gamecon in una domenica di dicembre e, superato lo stupore iniziale nel vederlo vestito da omino della Foot Locker, lì tentai di farmi spiegare in cosa consistesse il suo ruolo. Dato che lo vedevo a perdere tempo mi feci un’idea che il suo lavoro fosse solo una perdita di tempo e forse lo penso tutt’ora. Nonostante ciò quel giorno mi fece davvero piacere vederlo e avrei preferito che stesse un po’ più di tempo con me e le mie amiche ma non c’era da disperarsi perché lo avrei rivisto presto ai corsi. La sua presenza iniziò a diventare una cosa scontata e ormai era entrato a far parte della mia cerchia di amici. Sedevamo sempre tutti vicini io, lui, Chiara e Milly ed ero davvero contenta di aver trovato dei buoni amici.

Quando ormai eravamo agli ultimi giorni di corso Gianluca fu in grado di stupirmi.

Stavo per uscire dall’aula quando mi si avvicinò e infilò una mano nella borsa.

- Tieni – mi disse porgendomi un pacchetto.

Lo afferrai e lo scartai incredula per poi vedere che era il fatidico anello che avevo tanto voluto che mi comprasse.

- Grazie – lo ringraziai mostrando un percettibile sorriso.

Quel gesto mi aveva resa felice anche se forse lui non se ne rendeva conto.

- Vabbè ci vediamo – mi salutò poi scappando via.

Rimasi lì a contemplare l’anello con un’espressione decisamente inebetita.

- Ti ha fatto il regalo di Natale e lo ha fatto solo a te – mi disse una mia compagna di corso che aveva osservato la scena – Credo che tu gli piaccia, altrimenti come lo spieghi?

La guardai accigliata come se avesse detto la cosa più stupida del mondo e me ne andai via continuando a guardare l’anello, anche se qualcosa aveva  iniziato ad instillarsi in me per depositarsi sul fondo del mio cuore. Tempo qualche mese e quel qualcosa sarebbe poi uscito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Stranger ***


Capitolo 1 – Stranger

 

Stranger you look so different
Some other thoughts fill up your mind
And you just made it happen
Got me thinking about you in my life

Elisa- Stranger

 

 

E anche quel Natale era passato senza lasciare una particolare traccia dentro di me tra noiose visite ai parenti, pranzi lunghi e abbondanti, panettoni e spumante giungendo così inesorabilmente al mese di Gennaio. Un mese in cui per la prima volta mi ritrovavo a studiare per poter conseguire i primi esami. Non ero mai stata così diligente nello studio ma la voglia di iniziare per bene mi spingeva ad impegnarmi seriamente. Infatti riuscii ad aprire brillantemente la mia carriera universitaria ottenendo il massimo dei voti ai miei primi due esami. Ero veramente soddisfatta di me stessa anche se sentivo che mi mancava qualcosa, o meglio qualcuno, ed era una mancanza che spesse volte mi gettava nello sconforto anche se tentavo di non pensarci. Avevo 19 anni e fino ad allora non avevo mai vissuto una storia d’amore, significativa o meno che fosse, non avevo mai davvero avuto nessuno. Forse le mie aspettative erano troppo alte ed il mio essere romantica e sognatrice cozzava contro una realtà che non era per niente fantastica. Il principe azzurro non sarebbe mai venuto a salvarmi dalla mia prigionia nella torre più alta del castello se non avessi fatto in modo di farmi notare. Dovevo attivarmi per cercare di condurlo a me, non potevo restare per sempre immobile ad aspettare. Eppure ero sempre lì, priva di ogni forza per potermi sporgere alla finestra e gridare:

- Ehi, principe, sono qui! Mi vedi? -

Forse avevo paura che anche facendo così non avrei ottenuto i risultati sperati poiché lui vedendomi avrebbe forse preferito una principessa di gran lunga più bella. E così non potevo fare altro che incolpare me stessa se ero ancora lì senza nessuno che mi stringeva forte tra le sue braccia e che posava un morbido bacio sulle mie labbra.  Ero sempre lì sospirante e malinconica con tanto amore dentro di me che aspettava solo di essere dato. Ed era un amore che non avevo neanche intenzione di dare al primo che mi passava davanti, bensì a quell’unica persona che avrei ritenuto degna di riceverlo. Forse avevo davvero il cervello troppo imbastito di storie romantiche e avrei fatto meglio a essere come la maggior parte delle ragazze che invece di perdere tempo ad aspettare l’amore eterno riuscivano a cambiare ragazzo ogni mese se non addirittura ogni settimana. Spesso mi sentivo un’aliena rispetto a loro per non essere in grado di divertirmi secondo le loro regole di comportamento. Ma erano appunto le loro regole, non le mie. Io puntavo a trovare l’amore della mia vita, l’unico che avrei amato con tutta me stessa e per il quale avrei fatto qualunque cosa. Non potevo assolutamente accontentarmi di uno qualsiasi.

Ma ormai sentivo davvero l’esigenza di dovermi innamorare e di essere amata e questo pensiero si acuì notevolmente nel mese di Febbraio. Un mese famoso per essere il fatidico “mese dell’amore” poiché si festeggia San Valentino ed io non potevo fare altro che odiare quella ricorrenza giudicandola se non come una patetica festa in cui le cioccolaterie fanno grandi affari e in cui le coppiette sembrano dare il meglio di sé.

- Allora neanche quest’anno festeggerai San Valentino? – mi chiedeva qualche amica.

- Pfu! È solo un giorno come un altro! – rispondevo io al limite dello sdegno - Non capisco proprio che cosa ci sia di tanto speciale e perché si debbano sperperare i propri soldi in stupidi cioccolatini attaccati a stupidi peluche che a loro volta sono attaccati a stupidi cuoricini rossi che hanno sopra la stupida scritta “ti amo”!

Ma era tutta invidia. Mi sarebbe piaciuto davvero ricevere quegli stupidi cioccolatini magari impacchettati in una scatola a forma di cuore e andare da qualche parte col mio ragazzo ,soli io e lui, a scambiarci tenerezze.  E invece no, non avevo nessuno straccio di ragazzo e con tutta la malinconia indosso mi misi così a studiare per il mio terzo esame.

Nei giorni successivi mi resi conto che mi mancava un libro per poter studiare tale esame e così fui costretta a recarmi a Napoli per poterlo reperire. Dato che lo avevo ottenuto molto presto in mattinata e che non avevo la minima voglia di tornare a casa, mi venne in mente che c’era qualcuno che aveva casa lì a Napoli e con cui potevo passare un po’ il tempo. Così presi il cellulare, cercai il suo nome nella rubrica e premetti il tasto delle chiamate.

- Ciao Gianluca! Hai da fare? – gli chiesi avendo comunque deciso che se anche avesse avuto da fare sarei stata con lui – Ti va se vengo un po’ da te?

Fu così che entrai per la prima volta nel suo appartamento in affitto e che vidi la sua stanza. In genere quando si entra nella stanza di un ragazzo ci si aspetta sempre che questa sia in disordine con panni sparsi qua e là, letto sfatto e polvere cadente dal soffitto. Ma le mie aspettative furono deluse quando vidi che era tutto al suo posto per non parlare dell’ordine maniacale con cui erano disposte matite e penne sulla sua scrivania: tutte in fila l’una accanto all’altra in maniera rigorosamente perfetta. Se è vero che una stanza può rappresentare la persona che vi ci vive, allora quella era decisamente adatta a lui. Rimasi per qualche minuto sconvolta nell’osservare quelle penne per poi guardarlo altrettanto sconvolta. E se dietro quella disposizione maniacale si fosse nascosto un animo altrettanto maniacale? In fondo io non lo conoscevo ancora bene e lui avrebbe potuto benissimo essere il lupo cattivo e io l’ignara Cappuccetto Rosso che si era autoinvitata nella sua tana.

- Allora che ci fai qui?- mi chiese poi sedendosi sulla sedia davanti alla scrivania.

- Stavo studiando quando mi sono accorta che mi mancava un libro e così sono venuta a prenderlo. Solo che poi mi scocciavo di tornare a casa e di rimettermi a studiare e così ho pensato di chiamarti – gli dissi aspettando che mi facesse segno di farmi sedere da qualche parte.

Oltre a non essere carino d’aspetto non lo era neanche nei modi.

- Vieni, siediti qui – riuscì a farmi ricredere poi indicando le sue gambe.

Non me lo feci ripetere due volte e mi sedetti subito su di lui in modo non proprio leggiadro iniziando poi a pensare se non stesse iniziando a provarci con me. In effetti io ero una ragazza, lui un ragazzo ed entrambi eravamo soli nella sua stanza. La situazione poteva essere molto intima con me me seduta sulle sue gambe, le sue mani che mi cingevano la vita e il suo viso a pochi centimetri dal mio. Poteva veramente accadere di tutto e di più tra quelle quattro mura. E invece non accadde niente. Rimanemmo lì a parlare come al solito, a ridere e a scherzare senza che facesse qualunque cosa che potesse indurmi a pensare che ci stesse provando ed ancora una volta fui assalita da quella lieve rabbia che metteva in discussione la mia capacità attrattiva. Non riuscivo davvero a capire come mai non avesse sfruttato quell’occasione per provarci con me.

Possibile che non gli piacessi neanche un po’? Ero davvero così terribile ai suoi occhi?

In realtà non era che mi importasse davvero poi tanto di piacergli ma era solo che dato che lo consideravo sfigato e che nessuna ragazza gli andava dietro, credevo che non avrebbe perso quell’occasione per provarci anche con me. Penso che qualunque altro ragazzo ne avrebbe approfittato, ma lui no. A quanto pare non si sentiva così sfigato da abbassarsi al mio livello o forse mi considerava davvero solo un’amica.

Tutta immersa in quegli strani pensieri, che non sapevo neanche perché esistessero nella mia testa,  tornai a casa e ripresi a studiare come sempre.

 

Dopo aver dato anche il mio terzo esame mi accingevo a seguire nuovamente le lezioni del secondo semestre col mio consolidato gruppo di amici con l’aggiunta di un nuovo membro: Sandra. Questa ragazza, non so perché, mi aveva colpito sin dall’inizio. Era come se avvertissi in lei qualcosa di buono, come se percepissi che avrebbe potuto darmi molto affetto. In effetti, non so come spiegarlo, ma nella scelta delle amicizie mi sono sempre affidata al mio sesto senso. Ho sempre attirato verso di me persone che sapevo avrebbero potuto darmi qualcosa e alle quali io stessa non mi sarei mai pentita di dare qualcosa.

Era come se avessi delle lenti a raggi x incorporate nei miei occhi e che queste fossero in grado di rilevare il livello di affetto presente nel cuore delle persone che mi ritrovavo davanti. Fu così che vidi qualcosa dentro di lei e tentai più volte di approcciarla per riuscire a parlarle e quando finalmente ci riuscii ero al settimo cielo. Fare amicizia con lei fu la cosa più naturale del mondo poiché il nostro modo di pensare era pressoché simile e condividevamo anche molte passioni tra cui il disegno e lo yaoi. Non avrei mai pensato di poter incontrare una persona come lei così dolce, così sensibile e così affettuosa.

Davvero penso di essere stata molto fortunata a conoscerla e grazie a lei ho riempito spazi della mia vita che altrimenti sarebbero rimasti tristemente vuoti.

Le giornate all’università passavano quindi veloci e spensierate e ormai quella mancanza che sentivo di avere per forza qualcuno accanto a me stava svanendo così come stava svanendo quella rabbia nel vedere Gianluca non provarci con me favorita dal fatto che lui sembrava ormai essersi calmato e non ci provava più con nessuna. Si poteva dire che avessi finalmente raggiunto una mia tranquillità senza più pensieri angoscianti e negativi, senza più pensare che ero sola. Non ero più sola, avevo dei buoni amici.

Purtroppo la tranquillità non dura per sempre e ben presto quel desiderio di avere un ragazzo, che credevo ormai sepolto, riemerse in modo prepotente e all’improvviso allorché iniziai ad entrare nel mirino di un altro studente del corso, Alessio.

Si trattava di un ragazzo decisamente “particolare” e forse tale aggettivo neanche è adatto a rendergli giustizia. La sua passione per gli anime e i manga giapponesi superava ogni immaginazione e spesso veniva a seguire i corsi vestito da cosplay. Credo che non potrò mai dimenticare quel giorno in cui lo vidi indossare un lungo cappotto di pelle nera col cappuccio in testa: gli mancava solo una falce e poi era perfetto per essere la Morte.

Infatti era così che lo avevamo soprannominato inizialmente dato che ne ignoravamo il nome. Insomma, in conclusione si può dire che era un ragazzo che sicuramente non passava inosservato e che si faceva notare. Parlandogli poi avevo capito che i suoi discorsi non riuscivano a spostarsi al di fuori del mondo dei manga e che aveva atteggiamenti che facevano dubitare della sua eterosessualità.

Nonostante ciò qualcosa di malsano iniziò a frullarmi in testa.

- Lo sai che sei proprio bella? – non perdeva occasione di dirmi e io mi sentivo lusingata.

Le mie amiche trovavano questa situazione molto divertente e cercavano di aiutarmi a non farmi cedere alle sue lusinghe.

- Non starai mica pensando di metterti con lui? – mi chiedeva Chiara seriamente preoccupata – Lui non può piacerti veramente. Tu ti stai solo aggrappando a lui perché speri di poter realizzare il tuo sogno di avere qualcuno. Ma lui non è il ragazzo della tua vita, non vi vedo per niente bene insieme e tu lo sai meglio di me.

Eppure io per la prima volta sentivo di piacere a qualcuno e questo era bastato a mandarmi in confusione. Mi sentivo corteggiata come non lo ero mai stata e iniziai a comportarmi come una ragazzina idiota di tredici anni alle prime esperienze d’amore. Non riuscivo più a ragionare in maniera lucida, vedevo solo la prospettiva di un possibile fidanzato e forse volevo anche dimostrare a Gianluca che c’era qualcuno a cui piacevo nonostante lui mi dicesse sempre che ero brutta e grassa. Fu per questo e per tanti altri inspiegabili motivi che mi ritrovai ad avere la mia sorta di prima relazione.

Dico “sorta” poiché purtroppo mi è difficile catalogarla adesso come una relazione vera e propria dato che andando ad analizzarla mi accorgo che non lo era per niente. Mancava decisamente ogni elemento in grado di poter progredire verso uno stadio maturo: non c’era comunicazione, non c’era effettivo interesse da parte mia per la sua vita e non c’era alcun tipo di coinvolgimento né fisico e né soprattutto sentimentale.

È vero stavo con lui, ma era soltanto per avere una specie di trionfo e poter dire:

 – Ecco anche io ho il ragazzo !

Ma non era davvero ciò che volevo e me ne resi conto sin da subito.

- Ti amo! – mi disse lui dopo solo un giorno che stavamo insieme e saltandomi con le braccia intorno al collo – Ti amo!

In quel momento il mio sguardo fu più che allibito, eppure l’idea di avere finalmente qualcuno mi stava offuscando terribilmente. Alessio però si rese conto prima di me della realtà che continuavo a negare a me stessa.

- Tu sei innamorata di Gianluca e anche lui lo è di te. Ti sta sempre attorno e non fa altro che disprezzarti e lo sai no? Chi disprezza compra…

- Ma che dici? Io non piaccio a Gianluca…

E dicendolo mi resi conto che non lo avevo contraddetto sul fatto che non mi piacesse, ma sul fatto che io non piacessi a lui. In effetti, Gianluca non faceva altro che dirmi sempre cose poco carine però poi era sempre lì che mi ronzava intorno. Eravamo spesso insieme solo noi due e forse l’impressione che davamo agli altri era davvero quella di due ragazzi che si piacevano. Eppure io non ero per nulla convinta di piacergli. Fu per questo che in un pomeriggio di studio a casa di Sandra mi ritrovai a porgerle una domanda.

- Secondo te io piaccio a Gianluca? – le chiesi d’improvviso mentre sfogliavo svogliatamente il libro di giapponese – Alessio non fa altro che dire che io gli piaccio.

- Anche secondo me gli piaci– rispose lei decisa.

E trovai conferma anche chiedendolo ad altre persone così che tutte le mie certezze iniziarono pian piano a crollare facendo spazio a nuove certezze. C’era una nuova realtà da affrontare: io piacevo a Gianluca. E la cosa non mi dispiaceva per niente. Da quando mi ero convinta di ciò iniziai a vedere in modo più chiaro i suoi atteggiamenti o forse era la mia mente che , convintasi di qualcosa che in realtà non c’era, vedeva una realtà travisata.

Da quel momento in poi ogni singolo gesto, ogni sua parola, ogni suo atteggiamento veniva filtrato da questa nuova realtà e io mi resi conto che lui mi piaceva. Quel pensiero che mi aveva sfiorata il primo giorno che lo conobbi, e cioè che potesse essere il mio ragazzo , era tornato nuovamente in me e stavolta in maniera più seria. Più volte scossi la testa tentando di allontanare via quel pensiero, ma era tutto inutile, era sempre lì. Eppure lui non era il mio tipo, il suo modo di essere era opposto al mio, ma allora perché c’era qualcosa in lui che mi attraeva così tanto? Anche in lui, come con Sandra, forse avevo visto qualcosa. Ed era tempo di capire cosa.

 

Era un sabato sera e, come gli altri sabati, ero uscita con Alessio e i suoi amici con l’aggiunta di Gianluca. La sua presenza suscitò non poco fastidio nell’animo di Alessio dato che mi aveva vista più volte nel corso della serata col suo braccio intorno alle mie spalle. In realtà i veri fidanzatini della serata sembravamo proprio io e Gianluca e l’atmosfera si caricò ulteriormente di questo equivoco quando mi accorsi, guardando l’orologio, di aver perso l’ultimo treno utile per poter tornare a casa.

- Dannazione! Ho perso l’ultimo treno! E ora come faccio? – iniziai ad agitarmi.

- Puoi venire a dormire da me – propose Gianluca.

Subito io e Alessio la captammo come una proposta maliziosa.

- Ora chiamo mio padre e vedo se può venirmi a prendere- riuscii subito a ritrovare la calma spiegando poi la situazione a mio padre che mi disse di andare alla stazione centrale e di aspettarlo lì.

Guardai Alessio decisamente convinta che lui, in qualità di mio ragazzo, mi avrebbe accompagnata e avrebbe aspettato con me fino a che non si fosse assicurato che fosse veramente arrivato mio padre. Non era per nulla prudente lasciarmi lì da sola e soprattutto a un’ora tarda della sera.

-  Senti, Jessica, qui è scuro ed è tardi e io vorrei tanto accompagnarti ma devo proprio andare altrimenti poi ho paura – si tirò invece indietro come una checca.

- Ma come? Mi lasci da sola? – stavo quasi per arrabbiarmi io.

- Non preoccuparti – intervenne Gianluca – Ci penso io a farti compagnia! Non ho paura come lui.

- Grazie – lo ringraziò Alessio cogliendo subito l’occasione al balzo e fuggendo via.

Lo guardai allontanarsi velocemente mentre io rimanevo lì, sola con il ragazzo che ultimamente stava tormentando i miei pensieri.

- Non ci posso credere - sbottai – È proprio una femminuccia! Ha paura che lo violentino?

- Lo sai meglio di me che lo è e infatti non capisco come fai a starci insieme.

Il suo tono era serio e io lo guardavo curiosa credendo di aver scorto un significato nascosto in quelle parole. Poi sentii la sua mano cercare la mia e le sue dita intrecciarsi tra le mie dita mentre ci incamminavamo verso la stazione. Una dolce sensazione mi pervase tutta e ancora una volta sembravamo due fidanzatini.

- Oh no! – si lamentò poi lui divertito - Adesso la gente vedendoci per mano penserà che stiamo insieme e diranno “ Come può quel ragazzo così bello stare insieme a quella ragazza così brutta?”

Gli stritolai la mano visibilmente offesa - Guarda che semmai è il contrario!

Stavo davvero bene con lui e sapevo che, a differenza di Alessio, se avessi voluto fargli un discorso intelligente lui non mi avrebbe mai guardata boccheggiante senza capirmi. Sapevo che io e lui avremmo potuto avere un dialogo migliore, un’intesa migliore.

- Perché non lo lasci? – mi disse poi quando ci fummo fermati spiazzandomi completamente – Tanto quanto può durare ancora? Qualche settimana? Un mese?

Il mio cuore iniziò a battere forte a quelle parole e non potevo credere a ciò che avevo sentito né potevo evitare di interpretarlo come un chiaro segnale che allora avevano davvero ragione gli altri ad aver visto interesse da parte sua.

- E perché mai dovrei lasciarlo? Perché poi dopo ti metteresti tu con me?

Non passò neanche un secondo prima che giungesse la sua risposta chiara e concisa.

- Forse.

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Capitolo 3
*** Chains ***


Capitolo 2 – Chains


But I don't understand how you can keep me in chains
And every waken hour, I feel you  taking power from me

And I can't leave repeating the scenery over again

Sonata Arctica - Shy

 

Nonostante mi sforzi con tutta me stessa di trovarlo, davvero non so dove cercare quel  fatidico passaggio che mi ha condotta a volergli più che bene da un giorno all’altro.

I sentimenti sono davvero come inaspettate gocce di pioggia che cadono in una giornata serena senza nuvole e, dato che non avevo fatto in tempo a ripararmi, ero stata colpita in pieno. Ero stata decisamente travolta da lui e mi sembrava così assurdo. Non riuscivo proprio a capire come potesse essere possibile che qualcuno, di cui avevo ignorato l’esistenza per molto tempo, fosse entrato a far parte della mia vita in modo così prepotente. Fino a che non lo avevo conosciuto la mia vita proseguiva nel più normale dei modi senza tanti tormenti, ma il destino, forse un po’ beffardo, aveva fatto in modo che un bel dì  i fili delle nostre vite si sfiorassero, toccassero, intrecciassero ed infine annodassero. Ed era un nodo che sentivo stringere sempre di più dalla mia parte. La mia mente era confusa mentre il mio cuore la spingeva inesorabilmente a capire qualcosa che volevo a tutti i costi celare.

- Non ci posso credere che Alessio ti abbia abbandonata! – si meravigliò Sandra – E come vedi Gianluca non ha perso l’occasione di starti vicino…

- Su, dai, smettila non è vero! – e mentre lo dicevo non riuscivo proprio a nascondere l’accenno di un sorriso.

L’idea che lui fosse interessato a me mi elettrizzava e forse fu proprio quell’idea ad alimentare ancora di più il mio interesse per lui. Ogni volta che lo vedevo non potevo fare a meno di pensare che gli piacevo e così tentavo di stuzzicarlo in ogni modo. Ogni occasione era giusta per poter fare battute, sedermi sulle sue gambe e anche il povero Alessio finì per diventare solo un mezzo con cui provocarlo e suscitare la sua gelosia. Forse sono stata un po’ cattiva con Alessio, ma davvero non riuscivo a dargli così tanta importanza. I discorsi con lui potevano essere solo frivoli o se proprio dovevano diventare più seri si spostavano all’interno dell’ambito universitario. Ma anche lì le cose non cambiavano molto poiché lui non sembrava prendere così sul serio l’università e un ragazzo che non ha obiettivi futuri non mi attrae molto. In genere quando si sta insieme a qualcuno si cerca di costruire qualcosa insieme, ma con lui mi rendevo conto che non era possibile costruire un bel niente e che stavo solo perdendo tempo. Più andavo avanti e più mi rendevo conto che la situazione stava diventando sempre più insostenibile, ormai lo sopportavo a stento. Le sue continue chiacchiere su cose inutili, i suoi atteggiamenti eccessivi, i suoi continui “ti amo” detti nei momenti più impensabili, il suo continuo starmi addosso e piagnucolare se lo trattavo con più freddezza, erano tutte cose che mi irritavano sempre di più e non facevano altro che aumentare il mio desiderio di voler un altro tipo di persona al mio fianco. Eppure continuavo a stare con lui perché sapevo che mi voleva bene davvero e a modo mio anch’io gli volevo bene, ma forse sarebbe stato meglio lasciarlo e essere solo amici. Non avevo neanche alcun tipo di attrazione sessuale nei suoi confronti e la prima volta che ci ritrovammo soli nella sua stanza iniziai a temere il peggio. Il mio pensiero corse subito a quella volta in cui ero stata da sola con Gianluca e adesso la scena si stava ripetendo: io, Alessio e la stanza a disposizione. Questa volta però avrebbe dovuto accadere veramente qualcosa dato che io ero la sua ragazza e che quindi era autorizzato a farlo. Naturalmente non era che io avessi cercato volutamente di ritrovarmi in una situazione del genere e, se ci avesse provato, io non avrei esitato neanche un attimo  a respingerlo. Ero quindi lì, indifesa, seduta sul suo letto che mi preparavo all’inevitabile e già pensavo al modo più carino per respingerlo senza urtare i suoi poveri sentimenti.

Mi aspettavo davvero che da un momento all’altro mi fosse saltato addosso spinto dall’ardore adolescenziale che caratterizza tutti i giovani ragazzi, specie se hanno tutti i mezzi a disposizione e la situazione è servita su un piatto d’argento.

E invece mi ritrovai con una katana in mano.

- Combatti! – disse poi lui afferrando un’altra katana e mettendosi in posizione da samurai.

Se fossi stata un cartone animato mi sarebbe scesa la tipica gocciolina sulla testa. Non era davvero possibile che queste cose accadessero tutte a me. Iniziai a pensare che o erano loro il problema o lo ero io, altrimenti davvero non riuscivo a spiegarmelo.

Questo episodio mi face pensare ancora di più che stavo con un idiota e la mia freddezza verso di lui iniziò ad aumentare. Ma vi fu un altro episodio specifico che più di ogni altra cosa mi fece rendere conto che dovevo assolutamente farla finita con lui.

 

Il giorno prima dell’esame di giapponese Gianluca invitò me, Milly, Sandra e Alessio a dormire a casa sua per poter fare un ripasso generale insieme. In realtà Alessio non era stato invitato perché anche Gianluca, come me, aveva iniziato a sopportarlo a fatica, ma lui era voluto venire ad ogni costo tormentato dall’idea che Gianluca mi avesse invitata apposta per provarci.

- Ha organizzato questa cosa apposta! Vuole dormire lui con te! – continuava a ripetermi.

- Ma che dici? – cercavo di dissuaderlo e nel frattempo illudevo me stessa.

- Ti dico che è così! Lui ti vuole!

Oramai era diventata un’ossessione e qualunque cosa facesse o dicesse Gianluca lui la captava in senso malizioso e ne soffriva molto a quanto pare. Ma stava esagerando.

Quando lo lasciai per un po’ di tempo da solo in camera con Sandra per andare in cucina ad aiutare Gianluca, lui non fece altro che lamentarsi con Sandra facendo fantasie perverse su di me che venivo sbattuta sul tavolo senza pietà da Gianluca.

In realtà era un’idea che forse mi stavo facendo anch’io.

- Alessio crede che adesso stia scopando con te in cucina - gli dissi a metà tra lo scocciato e il divertito.

-  E allora facciamoglielo credere – sorrise per poi avvicinarsi a me e tentare di quasi di baciarmi.

Rimasi un attimo sconvolta da quell’azione pensando se stesse scherzando oppure no, ma fui più propensa per la seconda opzione.

- Jessicaaaaaaaaaaaaaaaaa – iniziò a gridare Sandra, molto probabilmente anche lei scocciata dai piagnistei di Alessio.

- Meglio che vada – mi staccai da lui e me ne andai via con aria rassegnata.

Non potei fare a meno di pensare che forse ci saremmo potuti baciare veramente se Sandra non mi avesse chiamata. Ma poi subito scossi la testa pensando che dovevo essere impazzita e che comunque io stavo con Alessio e non potevo fargli un torto.

Ma ormai dentro di me qualcosa era inevitabilmente cambiato e il peggio venne nel pomeriggio allorché io e Gianluca eravamo solamente seduti vicino sul letto a fare gli esercizi di giapponese quando sentii Alessio singhiozzare.

- Tu lo ami – riuscì a dire tra una lacrima e l’altra – tu vuoi stare con lui, altrimenti staresti seduta accanto a me e invece stai lì con lui che ci prova – e iniziò a piangere forte.

Io e Gianluca ci guardammo accigliati ed io, più di lui, fui invasa dalla malsana voglia di scaraventarlo fuori della finestra. Stava piangendo come una femminuccia davanti a tutti per delle fantasie che si stava facendo da solo e, se anche fossero state vere, non era certo quello il modo più virile di reagire. Avrei davvero voluto gettarlo via e in quel momento mi vergognai di essere la sua ragazza come mai prima di allora. Capii che non mi piaceva per niente e che avevo sbagliato tutto. Forse aveva anche ragione a dire che tra me e Gianluca c’era qualcosa di più di una semplice amicizia e forse aveva sempre ragione a dire che volevo stare con lui. Continuavo a guardare Alessio piangere e, anche se da un lato mi dispiaceva che stesse male per me, dall’altro lato pensavo che ormai era arrivato il momento di mollarlo e di smettere di fargli del male, di farci del male. Mi avvicinai a lui sotto gli sguardi attoniti di Milly, Sandra e Gianluca e tentai di farlo smettere, anche se ormai la tensione era alle stelle. Verso sera decidemmo di ubriacarci un po’ e di fare baldoria dato che avevamo scoperto che la data d’esame era stata spostata al giorno seguente  e così quella sera  io diedi il meglio di me stessa andando fuori al primo colpo con un bicchiere di vodka panna e fragole unito a un bicchiere di Jack Daniel.

- Quel piccione mi guarda storto! Ahahah!– iniziai a farfugliare ridendo come un’ubriaca e cadendo a terra – Ahahahah!

- Non è possibile che sia già fuori – sentenziò Milly che invece era al suo quarto bicchiere e reggeva il liquore meglio di un uomo.

- Gianluca! – d’ improvviso mi avventai su di lui – Io ti amo! Scopami!

Non so se avrebbe accettato se non ci fosse stato nessuno lì presente, ma si limitò ad annuire come si fa con i matti rinchiusi in manicomio.

- Si si- e mi scostò facendomi ricadere a terra.

Fu lì che successe il finimondo. Alessio ritornò a singhiozzare.

- Allora è vero! Lo ami! – mi diceva mentre io non capivo niente ormai – Quando si è ubriachi si dice la verità…

- Ma non ci far caso a quello che dice- intervenne Milly – Ormai è andata! Dice solo scemenze!

- Si ma lei non mi ama… Lei ama Gianluca…-

Non riuscii a sentire altro perché crollai e quando mi risvegliai avevo la testa che mi girava. Ero sdraiata sul letto di Gianluca e mi ricordai che ero nella sua stanza. Mi guardai un po’ intorno e scorsi Milly dormire sul letto superiore mentre Alessio era avvolto in una coperta sul pavimento. Gianluca non c’era. Mi alzai piano piano in punta di piedi e mi avvicinai alla porta per poi aprirla lentamente. Diedi uno sguardo fuori e lo vidi che dormiva sul divano nel corridoio. D’un tratto fui colta dalla voglia irresistibile di stendermi accanto a lui. Non avevo mai dormito con un ragazzo e né avevo mai desiderato farlo, non avevo neanche mai desiderato di fare l’amore con qualcuno. Nessuno mi aveva mai colpito così tanto da farmi desiderare di dargli tutta me stessa e invece in quel momento avevo davvero tanta voglia di stare accanto lui, fosse anche solo per vederlo dormire e sentirlo respirare. Avrei voluto avvicinarmi e accarezzarlo piano in viso per  poi scivolare accanto a lui e stringerlo per tutta la notte. Bastavano effettivamente pochi passi e tutto sarebbe stato perfetto. Ma non lo feci.

Scossi la testa e tornai a letto rimettendomi a dormire pensando che quei pensieri strani fossero dovuti solamente ai postumi della sbornia. Ma quando mi svegliai la mattina mi resi conto che quei pensieri erano reali. Rimasi per un po’ ad osservare Alessio dormire sul pavimento come un barbone e pensai che di lui non mi importava niente. Oramai avevo capito che l’unica cosa che volevo si trovava sul divano nel corridoio. Finalmente avevo capito cosa volevo veramente e forse era ora di fare qualcosa.

Avrei dovuto correre da lui, avrei dovuto dirglielo, ma proprio nel momento in cui mi stavo alzando per correre via sentii qualcosa che mi ostacolava.

- Buongiorno – mi disse Alessio saltando sul letto – Dormito bene?

- Lasciami in pace – iniziai a lamentarmi – Togliti - ma lui non si spostava, era tutto inutile.

Volevo andare da lui, dovevo assolutamente andare da lui.

- Togliti – gli ripetevo .

In quel momento la porta si aprì e Gianluca ci vide insieme nel suo letto. Non so bene che tipo di espressione avesse in volto e non so neanche bene quale fosse la mia, ma lo vidi subito chiudere la porta e sparire altrettanto prontamente dietro di essa.

 

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Capitolo 4
*** Possession ***


Capitolo 3 - Possession

And I would be the one
To hold you down
Kiss you so hard
I
ll take your breath away
And after I
d wipe away the tears
Sara McLachlan - Possession

Quel giorno ero agitatissima. Tra solo poche ore mi sarei ritrovata davanti ad un compito scritto interamente in giapponese e non mi sentivo assolutamente in grado di svolgerlo. Era il mio primo esame di lingua dopo aver seguito il primo anno di corso e non volevo assolutamente deludere né me stessa e né i miei genitori. Volevo superare quell’esame nel modo più eccellente possibile per dimostrare che avevo fatto la scelta giusta, che era quella la mia strada e così mia madre e mio padre avrebbero finalmente smesso di darmi contro ogni giorno pretendendo che cambiassi università. Tutte quelle pressioni creavano in me ancora più agitazione del dovuto e non potei fare a meno di manifestarlo.

- Ho paura di non farcela – iniziai a lamentarmi con Sandra.

- Ma si che ce la fai! Tu sei brava! Infatti spero che mi suggerirerai qualcosa…

- Si certo, dobbiamo collaborare… ma dove sono gli altri?- le chiesi poi guardandomi intorno per cercare di scrutare o Milly o Gianluca, ma non vidi nessuno dei due.

- Mi sa che non hanno sentito la sveglia! Arriveranno in ritardo…

- Se fanno tardi non li faranno entrare – iniziai a preoccuparmi.

- Stai tranquilla, arriveranno. Sei preoccupata per Alessio eh?

- Eh? – non avevo neanche minimamente pensato a lui – Mah… per tutti e tre…

- Ragazzi si entra! – gridò una ragazza non appena le porte dell’aula si aprirono.

Io e  Sandra deglutimmo all’istante.

- Ecco… ci siamo… - la guardai impaurita.

- Possiamo farcela! – mi incoraggiò – Su, entriamo!

Prima di entrare cercai di vedere ancora se non fosse arrivato almeno uno dei tre, ma a quanto pare avrebbero davvero fatto tardi. Una volta entrata nell’aula passai le tre ore più disperate della mia vita guardandomi intorno, riguardando sul foglio, scrivendo, rimuginando, cercando di carpire qualche suggerimento, poi pensando a dove erano quei tre, riguardando sul foglio, scrivendo ancora e poi pensando di nuovo a loro e così via.

Quando tutto finì e consegnai il mio compito mi sentii veramente sollevata ma non potei fare a meno di pensare per l’ennesima volta a dove  erano finiti Milly, Alessio e Gianluca.

- Ma dove stanno?- iniziai a preoccuparmi finché non sentii il cellulare vibrare – Milly! Ma dove diavolo siete?

- Siamo arrivati tardi e ci hanno spostato da un’altra parte! – mi spiegò – Raggiungeteci!

E fu così che ci ritrovammo, anche se mancava Alessio.

- Alessio dov’è? – chiesi, ma senza che me ne importasse davvero qualcosa.

- Ha consegnato il foglio in bianco e se n’è andato via – rispose Gianluca sghignazzando.

- Chissà perché lo immaginavo – risi anch’io - Ma è andato a casa?

- Non lo so.

- Vabbè, meglio così! Non avevo neanche voglia di vederlo. L’esame mi ha angosciata.

- A chi lo dici… Io credo di non averlo superato. Anzi lo so.

- Su dai non essere tragico – cercai di consolarlo avendo così la scusa di stargli addosso.

Sandra mi lanciò prontamente un’occhiataccia.

- Ragazzi– intervenne Milly – Io devo andare a prendere il bus altrimenti si fa troppo tardi per tornare a casa! Ci sentiamo! – e scappò subito via.

- Tu che fai? – domandò Sandra – Vai via anche tu?

- No mi rompo di andare a casa…

D’improvviso fui folgorata da un’illuminante idea e spostai prontamente lo sguardo sul povero Gianluca.

- Che ne dici se vengo da te?

- Ok – accettò subito lui.

Sandra mi lanciò un’altra occhiataccia per poi salutarmi leggermente offesa. Avrebbe preferito che trascorressi il pomeriggio con lei, ma io ormai avevo deciso si non farmi assolutamente lasciarmi sfuggire quell’occasione. Quel giorno sarebbe potuta avvenire la grande svolta.

 

Come era già accaduto mesi fa, ero di nuovo sola con lui nella sua stanza. Ma stavolta  sarebbe accaduto finalmente ciò che avevo sempre immaginato potesse accadere tra una ragazza e un ragazzo rinchiusi in una stanza e, se anche non fosse dovuto accadere, io lo avrei fatto succedere a tutti i costi. Ero davvero stufa di non sfruttare al meglio le occasioni che mi si presentavano davanti e, anche se è vero che non esiste due senza tre e quella era proprio la terza volta, sarei riuscita a sovvertire alle regole perché quello era il mio momento, lo sentivo. Non appena entrammo lui si gettò subito a pancia sotto sul letto.

– Fammi un massaggio!

- Eh? – sgranai gli occhi poiché ho sempre odiato fare massaggi.

- Fammi un massaggio, dai… consolami…- tentò di convincermi col faccino triste.

-  Ok…- non riuscii a resistere e così salii su di lui per acconsentire alla richiesta.

Mentre lo massaggiavo avvicinavo il mio viso sempre di più al suo collo e lui iniziò seriamente a preoccuparsi, forse aveva inteso le mie intenzioni.

- Che stai facendo? – mi chiese voltandosi verso di me con aria smarrita.

- Niente… - le mie labbra erano a pochi millimetri dalle sue.

- Jessica… ma ho capito bene…?

- Mh? Non hai il coraggio di farlo? – lo provocai.

- Si ma…

- Ma cosa? - mi avvicinai ancora di più e attesi di sentire quel contatto tanto bramato.

Ci baciammo. Le sue labbra erano finalmente sulle mie ed io sentii che mai prima di allora avevo così tanto desiderato qualcosa come quel momento. Lui era finalmente lì, mio, ed io lo stringevo a me e lo baciavo ancora e poi ancora e ancora. Non avrei mai voluto smettere di farlo, avrei voluto che quel momento continuasse per sempre, sentivo che le mie labbra avevano cercato da sempre le sue e si muovevano da sole in modo frenetico. Passammo così tutta la giornata a baciarci sul suo letto ed io non avrei potuto essere più felice.

- Senti… - esordì lui poi – Ma tutto questo che dovrebbe significare?

- Niente – risposi  – Io sto con Alessio… Dimentichiamoci di quello che è successo… Non significa niente…

E mentre pronunciavo quelle parole sapevo di non essere per niente sincera. In realtà quel bacio di significato ne aveva eccome, significava dare un senso ai battiti del mio cuore.

- Noi due non potremmo mai stare insieme – continuai – Siamo troppo diversi. Non andremmo mai d’accordo perché tu sei praticamente il mio opposto! Sarebbe una tortura, quindi non ti preoccupare…

- Infatti – concordò lui – Non potremmo mai stare insieme. Io non lo sopporto il tuo carattere. Sei troppo scema…

- E tu sei troppo freddo e razionale! Io invece sono dolce, affettuosa e mi preoccupo per gli altri…

- Anche troppo… Ma che dirai ad Alessio? Aveva ragione lui allora! Se ci vedesse adesso insieme si metterebbe a piangere sicuramente – e iniziò a ridere di gusto.

- Oddio, si, piangerebbe e inizierebbe a fare “Ma allora è vero! Tu lo ami!” – e iniziai a ridere anch’io – Però dai, poverino, in fondo lui era buono e quando non ancora stavamo insieme prese il treno con me per accompagnarmi fino a casa e poi se ne ritornò indietro! Decisamente folle, ma anche molto romantico…

- Beh… Non pensare che domani venga da te… - e detto questo ci baciammo di nuovo.

Fuori iniziò a piovere dolcemente, le gocce di pioggia si infrangevano contro il vetro della finestra lasciando la loro scia mentre nell’aria si diffondeva quell’odore di umido misto al  caldo. L’atmosfera era decisamente l’ideale per stare in casa a baciarsi.

Poiché ormai si era fatto tardi e non avevo neanche un ombrello a disposizione, Gianluca si offrì di accompagnarmi alla stazione e lungo tutto il tragitto non facemmo che parlare del più e del meno. Quando fui lì pronta per prendere il treno lo salutai.

- Allora ciao… - mi voltai poi avviandomi alla macchinetta per obliterare il biglietto.

- Ciao… - mi salutò anche lui.

Proprio mentre stavo per obliterare il biglietto mi fermai, mi voltai e corsi istintivamente verso di lui dandogli un ultimo bacio. Lui rimase a dir poco spiazzato ma non gli diedi il tempo di dire niente poiché subito tornai dov’ero prima, obliterai finalmente quello stupido biglietto e sparii velocemente nel mio treno.

 

L‘indomani pomeriggio lui era nella mia città, era venuto a trovarmi. Mi venne da sorridere pensando che solo il giorno prima mi aveva detto che non sarebbe venuto a trovarmi, invece era lì. Passeggiamo per un po’ nella mia desolata città come due normali amici per poi andarci a rifugiare nella tranquillità della villa comunale. Ci sedemmo sul muretto di fronte al laghetto, luogo molto romantico, e iniziammo a guardarci.

- Allora io e te siamo amici come prima – parlò lui.

- Si, abbiamo già chiarito che non deve più succedere niente tra di noi – il mio sguardo non era per nulla convinto.

- Quello che è successo ieri ce lo dimentichiamo allora.

- Si, assolutamente. Non è successo proprio niente ieri e non è che io mi aspettassi che baciandoci dovevamo fidanzarci. Lo sai, io non mi vedo assieme a te.

- Sarebbe davvero una cosa sbagliata…

- Già…

- È stato solo un bacio scambiato tra due amici…

- Si è così…

- Ti voglio bene come amica, ma non sono innamorato di te…

- Si, neanchio… - sentii una morsa allo stomaco, avrei voluto dirgli l’opposto.

D’un tratto il suo cellulare squillò e pose fine a quella conversazione che stava diventando man mano sempre più imbarazzante. In realtà avevo voglia di baciarlo ancora e di stare con lui perché lo amavo, ne ero decisamente certa. Non so bene come successe, ma mentre era al telefono a parlare d’improvviso mi baciò. Fu così che dopo quel bacio ne seguirono molti altri e passammo di nuovo l’intero pomeriggio a baciarci. Ormai io avevo le idee chiare mentre lui davvero non riuscivo a capirlo. Fino a pochi minuti fa eravamo lì a discutere che ciò che era successo il giorno prima non avrebbe dovuto ripetersi, e invece ecco che tutto si stava ripetendo. Non riuscivo davvero a capire che cosa passasse nella mente di quel ragazzo, ma sapevo che era tutto ciò che volevo.

Non toccammo più l’argomento del perché ci stavamo baciando e su quale significato arcano potesse avere dal momento che lui mi aveva detto chiaramente che non era innamorato di me. Ci limitammo semplicemente a vivere quel momento e chiunque fosse passato in quel momento e ci avesse visti avrebbe pensato tranquillamente che eravamo una coppietta felice. Questa idea fu alimentata anche dal fatto che dopo aver smesso di baciarci eravamo a camminare insieme, mano nella mano, come due perfetti fidanzati.

- Allora ciao – lo salutai poi tutta sorridente quando fu ora di andarsene.

- Ciao – mi salutò anche lui sorridente.

Oramai non capivo più niente, tutto ciò che capivo era che per la prima volta nella mia vita ero felice, ero davvero felice di stare con lui e forse anche lui lo era di stare con me.

Tornai a casa con la testa tra le nuvole come accade di norma a chi è innamorato.

- Dove sei stata? – sbottò mia madre – Non vedi che è tardi? Dove sei stata?

- Con Gianluca – le risposi sospirante.

- Gianluca? E Alessio?- mi domandò non riuscendo a capire.

- Alessio è a casa sua – le risposi seccata.

- Ma che stai combinando?

- Niente ! Lasciami in pace – me ne andai poi nella mia stanza.

Sarebbe stato davvero alquanto complicato spiegarle che non avevo mai provato nulla per Alessio e che mi ero perdutamente innamorata di Gianluca. Non lo avrebbe mai capito, e neanch’io riuscivo a capacitarmene. Se avesse saputo poi che avevo trascorso l’intera giornata a baciarmi con lui mi avrebbe sicuramente ammazzata. Ed ero così visibilmente felice che forse se ne era accorta ma non osava chiedermelo. Ma non me ne importava niente di cosa potesse pensare mia madre, tutto ciò che sapevo era che finalmente avevo baciato un ragazzo di cui mi importava davvero qualcosa. Fino ad allora nessun bacio mi aveva mai suscitato particolari emozioni, invece ogni volta che baciavo lui mi sentivo come ubriaca. Ancora tutta eccitata per la giornata trascorsa insieme decisi di chiamarlo perché non ce la facevo più a trattenere quelle forte emozioni. Le sentivo premere forte contro il mio petto e traboccare in cerca di una via d’uscita.

- Pronto? – mi rispose subito lui.

- Ehi… c’è una cosa che devo assolutamente dirti…

- Dici .

Trassi un respiro molto profondo poiché ciò che stavo per dire non era per nulla semplice ed erano parole che molto spesso si dicono senza saperne il vero significato. Ma io sapevo bene quale significato avessero, mi avevano tormentato a lungo quelle parole e forse era ora che venissero finalmente ascoltate da qualcun altro oltre che dalla mia coscienza. Sapevo che nel momento stesso in cui le avrei pronunciate sarebbe potuto cambiare tutto o forse non cambiare proprio niente, ma valeva la pena rischiare.

- Allora? Che cosa devi dire? – incalzò lui.

Respirai nuovamente e mi preparai all’inevitabile.

- Io… ti amo.

 

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